Ciro

di Jean Valjean
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Quaranta giorni ***
Capitolo 2: *** 2 - Non così male ***
Capitolo 3: *** 3 - Caccia alle talpe ***
Capitolo 4: *** 4 - La femmina ***
Capitolo 5: *** 5 - L'osso di prosciutto ***
Capitolo 6: *** 6 - La tettoia di plastica ***
Capitolo 7: *** 7 - Il branco ***
Capitolo 8: *** 8 - L'odore inebriante ***
Capitolo 9: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** 1 - Quaranta giorni ***


E' facile la vita quando sei uno dei cuccioli più forti e sani della cucciolata e io lo ero. Eravamo in sette, io e i miei fratelli, e le nostre giornate erano felici. La mamma era con noi, ci proteggeva, gli umani con cui vivevamo la nutrivano e ci davano coperte calde per dormire e quando si avvicinavano a noi ci accarezzavano ed erano felici. Noi fratelli ci sentivamo protetti e passavamo le nostre giornate a giocare, mangiare e dormire, il tutto sempre in presenza della nostra mamma e dei suoi umani.

Una sera la femmina umana mi stava accarezzando, la mamma la lasciava fare e io non avevo paura, perché sapevo che se lo permetteva significava che andava tutto bene. Mentre mi coccolava lei e il suo maschio comunicavano con gli stani suoni che gli umani sanno emettere:

- Non possiamo tenerne almeno uno? - Diceva e io percepivo che era vagamente dispiaciuta. - Questo è così carino!

Il maschio le rispose scuotendo la testa.

- No. Questi cuccioli non valgono niente. Regina è un beagle con pedigree e quello che è accaduto è una vera sfortuna. Dobbiamo liberarci dei piccoli il prima possibile e impedire che avvenga di nuovo una cosa del genere. Una cucciolata di meticci, un calore completamente andato a vuoto. Nessun guadagno. Che palle!

Non capii nulla di quello che dicevano, ma quando mi guardarono fui sicuro che qualcosa non andasse. Si percepiva dalle loro espressioni, dalla postura, dall'odore che emettevano. Mi avvicinai alla mamma, il suo odore era buono e quando ero vicino a lei stavo bene. Mi addormentai.

***

I giorni passavano e un sacco di umani venivano a trovare la mia mamma e noi fratelli. Solitamente si limitavano a guardarci, a mamma non piaceva, ma siccome non si avvicinavano mai molto si limitava a rimanere di guardia senza fare niente.

Un giorno però cambiò tutto. Un gruppo di umani, un maschio, una femmina e due cuccioli femmina, arrivarono vicino alla nostra cuccia e quando una delle due piccole ci vide fece per allungare la mano. Mamma non voleva che ci toccassero, eravamo ancora troppo piccoli, avevamo solo quaranta giorni, così quando vide quello che stava succedendo avvisò il cucciolo impertinente fingendo di morderlo, battendo i denti a pochi centimetri dalla sua mano e ringhiando forte.

- O mio Dio! Regina! No! - La sgridò la sua umana e poi continuò a comunicare con gli altri. - Mi dispiace infinitamente! Non so proprio cosa le prenda! Non lo aveva mai fatto prima d'ora! Ora la porto via così potete vedere i cuccioli con calma.

Dopo aver emesso tutti questi suoni prese la mamma in braccio, la quale si dimenò e lottò con tutte le sue forze per non lasciarci soli. Vedendola in preda al panico noi fratelli fummo pervasi dal terrore. Istintivamente andammo nell'angolo più lontano della nostra cuccia e salimmo uno sull'altro vicini vicini. Tremavamo tutti per la paura e chiamavamo la mamma guaendo il più forte possibile, ma lei non c'era più e venimmo presi tutti dallo smarrimento.

Cercai di nascondermi sotto ai miei fratelli, ma ero uno dei più grossi ed era del tutto inutile.

- Quello mamma! Voglio quello cicciottello tutto marroncino!

Piagnucolò una dei cuccioli d'umano, ma non me ne interessai, troppo spaventato e intento nel trovare riparo. Quando sentii le mani della mia umana raccogliermi e dividermi dai miei fratelli il cuore cominciò a battermi fin quasi a scoppiare. Ero talmente spaventato che nemmeno mi accorsi di piangere e guaire come un pazzo. Continuavo a chiedermi dove fosse la mia mamma. Volevo tornare da lei. Volevo accucciarmi di nuovo vicino alla sua pancia e respirare il suo odore.

Quattro piccole zampe umane mi cinsero da ogni lato. Ero disperato. In un ultimo tentativo di chiamare mia madre tentai un ululato, ma ero ancora troppo piccolo, uscì solamente l'ennesimo guaito.

- Mamma! Mamma! E' bellissimo!

- Vogliamo questo! Vi prego!

Cinguettavano i cuccioli di umano verso gli altri.

- Va bene!

Disse loro padre e si avviarono verso la porta da cui avevano portato via mamma.

Avevo paura di morire. Guardai i miei fratelli mentre mi allontanavo. Ancora non sapevo che non avrei mai più rivisto nessuno di loro.

 

 

Ciao a tutti!

Lo so… E' una storia molto, molto diversa da quelle che ho scritto fin'ora, ma ci tengo a pubblicarla perché tratta di un argomento a cui tengo particolarmente: i cani. Ho sempre avuto una spiccata empatia per questi animali e spero che questa storia possa appassionarvi nonostante sia scritta in modo così particolare.

Inoltre ci tengo ad informarvi che questa E' UNA STORIA VERA. E' la storia del mio cane, fedele amico e compagno di mille avventure. I primi capitoli sono più romanzati, li sto scrivendo ricostruendo ciò che ho potuto scoprire sul suo passato. Da un certo punto in poi la storia diventerà quasi autobiografica. Comunque vi sarà tutto più chiaro man mano che i capitoli avanzano.

Voglio tuttavia avvisarvi, contro ogni mia consuetudine, che potrei non essere puntuale nelle pubblicazioni, per un motivo molto semplice: scrivere di Ciro mi stanca dal punto di vista emotivo e a volte devo smettere per ricaricare le pile.

Spero di non deludervi e che le avventure di Ciro possano appassionarvi. Sarà una storia di viaggio, di amicizia e di rispetto. Sappiatemi dire cosa ne pensate! A presto!

Jean Valjean

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Capitolo 2
*** 2 - Non così male ***


Gli umani mi hanno caricato insieme a loro su una sorta di scatola che vibra, si muove e fa rumore, un luogo terrificante. Non sono riuscito a smettere di tremare nemmeno un secondo e ancora, ogni tanto, tento di chiamare la mamma, ma ho capito che è del tutto inutile, non percepisco il suo odore da nessuna parte. Lei non è più con me.

Una delle due cucciole d'uomo mi tiene in braccio e istintivamente io mi sono schiacciato contro la sua pancia. E' calda e non ha un cattivo odore. Inoltre i cuccioli d'umano sembrano molto felici, quindi non penso mi attaccheranno, per il momento.

Quando la scatola si ferma mi ritrovo improvvisamente in una nuova casa. Ci sono mille odori, è tutto nuovo per me e sono completamente spaesato. Di solito io e i miei fratelli stavamo nella cuccia e quelle poche volte che abbiamo visitato luoghi nuovi la mamma ci precedeva controllando che non ci fossero pericoli. Devo assolutamente nascondermi, non conosco nulla di questo posto e mi serve un angolo sicuro dove attendere. Magari la mamma mi verrà a cercare.

Vedo un mobile rialzato da terra abbastanza da strisciarvi sotto, il quale crea un angolo buio. Sfrutto il fatto che gli umani sono distratti per correre al di sotto di esso. Poi aspetto, aspetto e ancora qualche tremore mi scompiglia il pelo. Continuo ad annusare l'aria in cerca di odori conosciuti, ma non ne percepisco a parte quelli degli umani.

Dopo qualche minuto tutti gli umani iniziano a urlare lo stesso suono e scorrazzano ovunque.

- Chiccoooooo!

- Chiccooooo!

- Chiccoooo! Dove sei?

- Ma che è già scappato?!

Non capisco cosa sta succedendo, prima, quando vivevo con gli altri umani, era sempre tutto tranquillo. Sono terrorizzato. Mi spingo nell'angolo più remoto del mio nascondiglio, mi appallottolo e tremo. Cerco di non piangere per non fare rumore, finché il maschio umano non si china e mi trova. Urla tenendo il viso quasi appoggiato a terra:

- Ma che cavolo ci fai qui Chicco?! Esci fuori!

Capisco che tutto quel movimento non era altro che una caccia atta all'obbiettivo di stanarmi. L'umano è enorme confronto a me. Allunga la mano per afferrarmi e la paura è troppa: mi ritrovo in una pozza della mia stessa urina. Sono disgustato, ma talmente spaventato che la calpesto ancora di più nel tentativo di sfuggire alla presa che si avvicina, inutilmente.

- Tesoro… - Dice l'umano, ignorando i miei guaiti disperati. - Credo che il cucciolo abbia fatto la pipì sotto al mobile.

- Noooooo!

Sento provenire un urlo dall'altra stanza. Non capisco. Non capisco niente. Cosa sta succedendo?

- Iniziamo già? - E' la femmina di umano ad urlare. - Sposta il mobile! Mi hanno detto che dobbiamo mettergli il naso nella pipì o lo farà sempre… E poi devo pulire.

Li osservo mentre smantellano il mio nascondiglio. L'uomo si china tenendomi tra le sue mani che sono grandi quanto tutto il mio corpo. L'odore di urina diventa più pungente. Mi spinge col viso verso di essa. Capisco che mi vuole immergere nella mia stessa sporcizia. Sento l'acido pizzicarmi le narici. “No. No, ti prego, non lo fare!” cerco di comunicargli come avrei fatto con i miei fratelli, ma guaire e dimenarsi è del tutto inutile. Mi sporca tutto il muso e io mi rassegno e soffro.

Mamma, dove sei?
***

Ci sono voluti alcuni giorni perché il mio pelo smettesse di puzzare di urina. La mamma mi avrebbe pulito in pochi minuti, ma io non sono bravo come lei e ho dovuto leccare a lungo e ignorare il sapore acido a cui non sono abituato.

Però non tutto è brutto con questi umani. Sembra non vogliano farmi del male, anche se non capisco cosa vogliono e non riesco a comunicare quello che mi serve. L'altro giorno la ciotola dell'acqua è rimasta vuota fino a sera. La mia bocca e il naso si erano tutti seccati.

Il cibo almeno non se lo sono mai dimenticato, anche se quello che mi danno a volte non lo riesco a digerire e mi viene mal di pancia. Ho imparato che per avere qualcosa da mangiare bisogna sempre seguire i cuccioli d'umano, loro spesso mi lasciano mangiare del cibo molto più buono del mio. Oppure devo stare vicino a loro mentre mangiano. La femmina umana spesso mi lascia mangiare il loro cibo mentre lo mangiano loro. Il maschio non lo fa, dev'essere lui il capobranco. Però è strano perché la femmina umana mi tratta come se fossi un suo pari, ma poi pretende di comandare. La gerarchia di questo branco ancora mi sfugge.

La parte preferita delle mie giornate è la passeggiata. Ne facciamo una tutte le sere. Io vorrei camminare più a lungo, ma i cuccioli d'uomo hanno fretta di arrivare al parco e giocare, così a volte mi tirano con la corda a cui mi tengono sempre legato. Non sempre riesco ad annusare gli odori come vorrei, ma almeno pian piano sto conoscendo questo luogo. Non è male, ho sentito le marcature di moltissimi altri cani e a volte li sento comunicare informazioni attraverso le recinzioni che delimitano i loro territori. Alcuni hanno dato segno di avermi sentito a loro volta, magari prima o poi ci incontreremo.

Un altro momento che mi piace è la notte. Di notte tutti gli umani dormono e mi lasciano stare con loro, proprio come avrei fatto coi miei fratelli. Ho capito che posso salire su ogni letto, sul divano e in più mi hanno dato una cuccia bellissima con dei giochi divertenti dentro. In alcuni momenti sono così felice da dimenticarmi della mamma e dei miei fratelli. Soprattutto i due cuccioli stanno con me tutto il tempo. Al mattino le sveglio leccando loro la faccia e alla sera ci addormentiamo tutti vicini sul divano.

Gli umani adulti invece sono spesso fuori casa e vengono sostituiti da un'umana più anziana che mi da sempre un sacco di biscotti dolci, mi fanno venire un terribile bruciore di stomaco, ma sono buonissimi e li mangio lo stesso!

A volte invece in casa non c'è nessuno, in quei momenti mi annoio e mi torna in mente la mia mamma, i miei fratelli. Mi sento terribilmente triste e mi prende un nervosismo per cui devo assolutamente fare qualcosa. Allora prendo i miei giochi e li scuoto, li mordo e li sbatto, finché non trovo qualcosa di meglio da fare.

Tutto sommato sto bene. Spero che prima o poi riuscirò a capire i miei umani e che loro capiranno me.

 

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Capitolo 3
*** 3 - Caccia alle talpe ***


Il periodo caldo sta finendo. Il colore dell'erba è diverso e anche gli odori sono cambiati.

Qualche settimana fa ho temuto il peggio: tutti i miei umani sono improvvisamente spariti dopo alcuni giorni di trambusto in cui hanno spostato oggetti per tutta la casa. Solamente l'umana più anziana veniva due volte al giorno per darmi da mangiare e farmi uscire un po' in giardino. In quei giorni mi sono mancate tantissimo le passeggiate. Addirittura mi erano cresciute le unghie e le sentivo battere fastidiosamente per terra quando camminavo.

Dopo una settimana trascorsa chiuso in casa la noia era diventata talmente tanta che ho iniziato a vagare per le stanze in cerca di cose interessanti. Ho trovato le ciabatte dell'umana femmina, avevano un odore incredibilmente invitante così ho provato a morderle. Quando i miei denti hanno affondato in esse ho scoperto che la consistenza era invitante quanto l'odore e non ho più resistito: come al solito ho scosso, morso e sbattuto fino a distruggerle completamente. E' stato divertentissimo!

Però quando il giorno dopo l'anziana umana ha scoperto i resti delle calzature ha fatto una cosa strana. Ha iniziato a parlarmi fittissimo con un ritmo altalenante:

- No Chicco! Non va bene quello che hai fatto! Se la mamma lo scopre ti sgrida e ti riporta indietro! Non devi mangiare le ciabatte, hai capito? Prometti che non lo farai più? Da bravo ora, vai fuori che devo spazzare e non fare marachelle!

Non ho capito niente. Il tono di voce e il ritmo mi sembravano avere un andamento positivo, come se avessi fatto la cosa giusta, eppure la vecchietta mi ha dato una piccola sculacciata, come quando mamma mi avvisava che stavo facendo qualcosa di sbagliato con un morsicotto accennato. In più ha buttato i resti del mio nuovo gioco, così non ho più potuto morderli. Non ho proprio capito se in quell'occasione ho fatto una cosa bella o brutta. Chissà! Questi umani sono strani. In ogni caso, non c'erano altre ciabatte in casa, quindi, perso quello, avevo già terminato i miei giochi.

I miei umani sono tornati due settimane dopo e mi hanno fatto un sacco di coccole. Io mi sono goduto le feste, non ne potevo più di stare da solo.

Purtroppo però qualcosa è nuovamente cambiato: adesso anche i due cuccioli al mattino se ne vanno e io rimango solo fino a che non tornano tutti per mangiare. E' una noia mortale, anche perché non ho modo di uscire in giardino. Così ho ricominciato ad esplorare casa. Ci sono due cose che ho scoperto essere divertenti: gli angoli dei mobili se li mordi si sbriciolano e se gratti i cuscini fino ad aprirli esce un'imbottitura bellissima.

Peccato però che entrambe le volte in cui mi sono divertito in questo modo l'umana femmina mi ha urlato contro come una pazza. Inizialmente non avevo capito perché lo facesse,ma poi mi ha trascinato contro i mobili rovinati e mi ha strofinato sulla faccia l'imbottitura dei cuscini e ho capito. Non lo devo fare. Ok, ma allora cosa posso fare tutta la mattina? Penso che lo farò ancora, devo solo trovare un modo per non farmi scoprire.

In ogni caso non c'è alcun bisogno di urlare in quel modo. Non si capisce niente di quello che vuole. Basta semplicemente dire “no” (quella parola l'ho imparata), darmi un avviso, mordendomi appena come avrebbe fatto mamma, ma questi umani non mordono, urlano e non sono capaci di farsi comprendere.

Ultimamente, inoltre, i due cuccioli d'umano non giocano più così spesso con me e alla sera non vogliono fare la passeggiata. Una sera ho preso in bocca la corda con cui mi legano per uscire (loro la chiamano “guinzaglio”) e mi sono messo davanti alla porta ad aspettare. Quando mi hanno visto erano felicissimi, mi hanno festeggiato, accarezzato e poi siamo usciti. Pensavo di aver trovato il modo per comunicare loro la mia necessità di uscire, ma dopo un paio di volte nemmeno in quel modo mi hanno più capito. Anzi, quando mi vedono mi ordinano di spostarmi dalla porta.

Sono già due settimane che non esco dal mio territorio e le unghie stanno crescendo di nuovo. Ho notato che la rete del giardino è lievemente rialzata dal suolo in un angolo, penso che utilizzerò quel buco per fare un giro. Non credo che i miei umani si offenderanno per il fatto che vado da solo, loro non vogliono mai passeggiare!

***

L'altro giorno ho messo in atto il mio piano. Ho scavato sotto alla rete per allargare il buco che avevo notato, ho anche morso e tirato i fili di ferro per aiutarmi ancora di più. Si era creato un bel varco abbastanza grande da farmi passare comodamente. Pochi secondi e… Via! Ero libero!

Ho camminato tantissimo ed è stato meraviglioso! Mi sono preso tutto il tempo per annusare e rimarcare i segni degli altri cani. Ho persino cacciato una famiglia di talpe che avevano scavato la tana in un campo. Erano in tre e sono riuscito a prenderne due. Cacciare è stata una delle esperienze più esaltanti che abbia mai vissuto, non l'avevo mai fatto prima, ma mi è riuscito del tutto naturale.

Dopo qualche ora ho incontrato una cagnolina con il suo umano e siamo subito andati d'accordo. L'umano le ha permesso di giocare con me a lungo, fino a quando eravamo entrambi stanchi e con la lingua di fuori per la sete. Poi ha tirato fuori una ciotola e ha fatto bere entrambi. E' un umano simpatico, ha un buon odore e non sembra pericoloso.

Mi ha fatto capire di seguirlo fino al centro del paese in cui abito e poi si è fermato a parlare con qualche altro umano. Penso che abbia scoperto dov'è il mio territorio perché guarda caso siamo arrivati proprio lì. L'ho osservato suonare al campanello dei miei umani e poi ho visto uscire il maschio dalla porta di casa.

- Scusi se la disturbo! - Gli ha detto l'umano sconosciuto con i soliti suoni che non capisco. - Ma credo di aver trovato il suo cane!

Io ero felice di rivedere il mio umano. Pensavo mi avrebbe accolto in casa e non vedevo l'ora di dimostrargli il mio buon umore per le avventure appena vissute, ma quando mi ha guardato è cambiato tutto: nei suoi occhi ho letto la rabbia. Persino il suo odore è cambiato e potevo sentire l'energia del furore del suo corpo. Ciò nonostante si è comportato in maniera strana, come fanno sempre gli umani, e invece che agitarsi e dimostrare la propria rabbia è rimasto calmo.

- Grazie mille! Eravamo preoccupatissimi! Stavo giusto per uscire a cercarlo!

Ha risposto allo sconosciuto e ha aperto il cancello per farmi entrare.

- Meglio così allora! Buona serata!

- Grazie ancora e arrivederci!

Avevano entrambi alzato la mano, poi il mio umano mi aveva preso in braccio di peso, mentre l'altro se ne era andato con la sua cagnolina. Lo sentivo, sentivo dall'odore del suo sudore che era arrabbiato e venni preso dalla paura. Mi sdraiai a terra e gli diedi la pancia in segno di sottomissione, ma niente. L'umano mi diede ordine di alzarmi, come se non ci fosse bisogno di sottomettersi, ma poi mi picchiò sul sedere più e più volte. Abbassai la testa per proteggere il collo e le orecchie nel caso in cui avesse voluto attaccarmi e infilai la coda tra le gambe tenendo il bacino basso per lo stesso motivo. Non mi fece molto male in realtà, ma mi spaventò a morte, perché come sempre non capii cosa voleva dirmi. Non mi permise di sottomettermi dandogli la pancia, ma comunque mi picchiò come avrebbe fatto un capobranco per rimettere in riga un membro del gruppo. Come sempre gli umani erano un incognita ai miei occhi.

Da quel giorno mi fecero uscire molto più raramente in giardino e io cominciai a sentirmi sempre più agitato, sempre più claustrofobico. Cercavo di sfogare la mia energia giocando in casa, ma venivo puntualmente punito. Non sapevo proprio come fare per risolvere la questione, i quanto ancora non avevo trovato una chiave di comunicazione con loro.

Quello fu un inverno difficile.

 

 

Buona sera!

Devo ammettere che scrivere questa storia si sta rivelando molto più difficile di quanto immaginassi. Immedesimarmi in quelle che probabilmente sono state le sofferenze vissute da Ciro, le quali sono, tra l'altro, comuni a moltissimi cani in moltissime famiglie, si sta rivelando più complicato del previsto. Per ora gli avvenimenti sono molto romanzati e li ho ricostruiti basandomi su quello che ho potuto dedurre sull'animale, forse in futuro vi spiegherò in che modo o, forse, lo capirete dal continuo della storia.

Spero, fin'ora, di non avervi annoiato. A presto!

Jean

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Capitolo 4
*** 4 - La femmina ***


Dopo svariate settimane la convivenza in casa con gli umani sta diventando un vero incubo.

Al momento il mio problema primario è la pipì. I miei umani si sono dimenticati di mettermi il telo dove posso farla e non vogliono lasciarmi uscire. E' da più di un'ora che gratto alla porta per far loro capire che DEVO assolutamente andare in giardino, ma non mi danno retta. A volte è come se non esistessi.

Oggi ho grattato talmente tanto la porta nella speranza che mi aprissero da lasciare i segni dei miei artigli. Non è stato poi così difficile visto che, non portandomi mai a passeggiare, sono diventati smisuratamente lunghi.

Ad un certo punto sento una delle cucciole urlare disperata. Mi fermo e rimango in ascolto, cercando di capire se è il caso di andare a vedere cos'è successo. L'umana adulta le ha urlato qualcosa dal piano terra e la cucciola ha risposto gridando altrettanto forte dal primo piano. Decido di rimanere dove sono, c'è troppa confusione in casa e in queste situazioni non si sa mai cosa può succedere. Gli umani sono imprevedibili.

Infatti, dopo qualche secondo, sento gridare un suono che, invece, conosco moto bene:

- Chiiiiccooooo!!

E' il mio nome. Il tono di voce non promette nulla di buono. Faccio finta di niente, ma nel dubbio mi siedo e assumo l'aspetto più contrito possibile.

- Chiiiiiiiiccooooooo!!

Urla di nuovo l'umana e la sento avvicinarsi con passo pesante. E' sicuramente arrabbiata. Mi spingo con la schiena contro la porta e non emetto un suono, se potessi smettere perfino di sprigionare odori lo farei, ma lei mi trova lo stesso. Continua ad urlarmi addosso per tutto il tragitto, in queste occasioni ho smesso di cercare di capirci qualcosa. Lei urla, urla e non si capisce niente di quello che vuole, come sempre.

Mi trascina per il collare tirandomi su per le scale fino alla camera da letto delle cucciole. Una volta entrati capisco. Osservo le piccole umane in lacrime con in mano i brandelli del loro tavolino di plastica. L'adulta prende quello che rimane di una tazzina da thè di plastica rosa e me la sventola davanti al naso urlando.

Un paio d'ore prima spinto dalla noia ero andato in camera ad aspettare le cucciole d'umano per giocare, ma loro stavano facendo i compiti. Così, trovandolo proprio davanti ai miei occhi, avevo dedicato una buona mezz'ora nel mordicchiare il loro tavolino da thè. Le due giovani umane dovevano essersi accorte della mia marachella e avvisata loro madre, mi avevano messo in questa brutta situazione.

L'umana adulta sembra arrabbiarsi sempre più man mano che strepita. Poi, perso il controllo a causa dell'ira, la vedo sfilarsi una ciabatta e alzarla al soffitto. Non aveva mai fatto niente del genere e rimango pietrificato per il terrore, finché la calzatura non si abbatte contro la mia coscia. Non è stato poi così doloroso, però quell'azione improvvisa mi terrorizza e scappo.

Corro giù per le scale e vengo immediatamente inseguito da tutte e tre le umane. Nella casa regna il caos. Mi dirigo inizialmente in salotto saltando sul divano e scaraventando per terra tutti i cuscini. Poi torno indietro attraverso il corridoio, nella speranza di trovare la porta aperta, ma vengo stretto all'angolo dall'umana, la quale oramai mi ha raggiunto.

Trovarmi con le spalle al muro mi procura un picco di panico e scatto: abbaio, ringhiando verso le mie inseguitrici, e poi emetto un lungo ululato, seguito da un latrato. Torno in me e mi faccio piccolo piccolo nell'angolo alle mie spalle. In quel momento entra nella stanza anche l'umano maschio. Lo guardo e scodinzolo appena, nella speranza che sia venuto ad aiutarmi.

- Che cosa sta succedendo qui?

Chiede alla sua femmina e lei riprende ad urlare:

- Io non ne posso più di quel cane! E' fuori controllo! Scappa! Sporca dappertutto! Gratta tutte le porte! Mangia tutto quello che trova! E adesso si è messo anche a rovinare i giochi delle bambine! Ti avevo avvertito! Gli hai lasciato prendere il cane e poi tocca sempre a me tenergli dietro!

Non so cosa si stanno dicendo, ma quando l'umano mi guarda capisco immediatamente che non è venuto per aiutarmi. Impera su di me e si unisce alla femmina nello sgridarmi. Ormai sono un tutt'uno con la parete e dal basso vedo tutti e quattro i miei umani sovrastarmi nel pieno del furore. Non ho scampo. Non resisto. Faccio la pipì, quella pipì che chiedevo di fare oramai da qualche ora.

Gli umani si zittiscono, capisco di averli spiazzati e poi il boato: ricominciano ad urlare tutti insieme. Il maschio mi prende per il collare e mi trascina verso la porta, appena si apre uno spiraglio scappo fuori e schivo di poco un calcio nel sedere.

Sono spiazzato, atterrito, desolato, contrito e triste, tanto tanto triste, per aver deluso i miei padroni. Vado a fare il resto della pipì nell'erba e mi tengo alla larga dalla casa fino a quando, di notte inoltrata una delle due cucciole mi richiama all'interno.

***

Nelle ultime settimane gli umani mi hanno tenuto fuori di casa il più possibile. Tra l'altro il maschio ha comprato una bellissima casetta di legno dove posso ripararmi dal sole e l'ha posizionata nell'angolo del giardino. Poi ha piantato una palo e creato un recinto usando una rete di fil di ferro. Inizialmente ero incuriosito dal suo operato, mi piaceva, mi dava la sensazione di avere un luogo mio e solo mio. Tuttavia quando vidi l'umano appendere un lucchetto al cancello del recinto capii che, sì, era un luogo tutto mio, ma una prigione.

Da quel giorno non sono più uscito fuori dal mio piccolo recinto. Non so quanto tempo è passato, ma oramai le giornate si stanno allungando e ho percepito i primi profumi del calore delle femmine nell'aria.

E' un vero disastro! Questi pochi metri mi stanno facendo impazzire. Il mio più grande desiderio ogni giorno, tutto il giorno, è quello di poter andare in giro, correre e annusare. Da quando poi l'odore di sesso aleggia nell'aria vengo preso da un desiderio irrefrenabile e non capisco più niente. Sento che potrei fare qualunque cosa pur di raggiungere la femmina che rilascia questo aroma. A volte per sfogarmi ululo, ululo fino a che la voce non viene a mancarmi o finché uno degli umani non mi grida di smetterla da una finestra.

Ci sono volte però in cui il profumo di femmina è così ammaliante da spingermi a scappare e cerco nel recinto un punto debole da cui passare. Oggi è uno di quei giorni. L'ho sentita: è una meticcia come me, sana, giovane, questo potrebbe essere il suo quinto o sesto calore. Il suo odore mi fa vedere rosso, devo assolutamente corteggiarla.

Inizio a fare avanti e indietro lungo il lato più esterno della rete. C'è un solo punto in cui posso provare a romperla, dove alcune maglie romboidali si sono usurate e poi arrugginite. Mordo quel punto e tiro, scuoto la rete per quel che è possibile, cerco di spezzare il fil di ferro perché è impossibile tagliarlo coi denti. Il metallo mi urta le gengive e fa scricchiolare le zanne, ma non smetto, l'unica cosa a cui penso è che devo andare da quella femmina.

Dopo qualche ora di lavoro sono riuscito a spezzare la rete in più punti. Sento il sangue scorrermi tra i denti e bagnarmi la lingua ricoprendola del suo sapore ferroso. Vado a bere, finisco tutta l'acqua che c'è nella ciotola, ne vorrei ancora, ma non so quando verranno per riempirla. Guardo il buco da me creato con tanto sforzo, scavando un po' al di sotto di esso, in modo da creare un piccolo buco, dovrei riuscire ad allargarlo abbastanza per passare. Mi metto subito all'opera dimenticando la sete.

In pochi minuti raggiungo il mio obbiettivo e, pregustando la libertà, mi accingo a infilarmi nel passaggio appena creato. Alcuni pezzi di fil di ferro sporgono su entrambi i lati del mio passaggio e mentre striscio mi tagliano. Fa male, mi sono grattato via la pelle che ricopre la parte iniziale delle zampe dietro e subito inizia ad uscire il sangue. Ignoro il dolore e varco la rete con tutto il corpo. Una scarica di adrenalina mi fa dimenticare di tutto, sono fuori! Vado correndo verso l'odore che mi chiama a sé in nome della continuazione della specie.

***

Mordo con gli incisivi e i primi canini la corda che da settimane, ormai, mi lega il collo. All'inizio lo facevo nel tentativo di romperla, ora solo per avere qualcosa da fare. L'umano entra nel recinto e subito vado da lui scodinzolando, nella speranza che oggi sia il giorno buono, il giorno in cui andremo a fare una passeggiata, ma no, lui mi da una pacchetta sulla testa, mi riempie la ciotola d'acqua e se ne va.

Ricomincio a mordicchiare nella stessa posizione di prima, ripensando a quanto è stato meraviglioso il giorno in cui mi sono messo in questa situazione.

 

Ero dolorante, ma entusiasta della mia rinnovata libertà e subito cominciai a marcare il territorio nel tragitto verso la fonte di quel aroma tanto inebriante. Quando finalmente raggiunsi il giardino da cui l'odore veniva vidi che la femmina era un meticcio dal pelo fulvo poco più scuro del mio e più alta di me al garrese di quindici centimetri. Tuttavia il dettaglio che percepivo più lampante era il fatto che era pronta ad accoppiarsi. Il suo odore non mentiva e scatenò in me una tale frenesia che la richiamai dalla recinzione. Lei si avvicinò per annusarmi attraverso le inferriate, ma non mi bastava. Sotto la spinta dell'adrenalina e dell'eccitazione saltai la recinzione di slancio e corsi immediatamente ad annusarla. Era perfetta, calda, fertile e giovane, ed io le piacqui.

Avevamo già consumato il rapporto e stavamo giocando in giardino, quando i suoi umani si accorsero di me. Anche loro erano un coppia e la donna invece che cacciarmi corse subito ad avvicinarmi, mi diede da mangiare e mi coccolò. Sembrava molto preoccupata a causa del sangue, il quale uscito dai miei tagli sui fianchi e sulle zampe si era raggrumato sporcandomi tutto il pelo. Mi aveva curato e nutrito, addirittura mi aveva permesso di sedere sul divano in casa insieme alla sua cagnetta. Ero felice di essermi accoppiato con quella femmina e ancora di più di aver incontrato quell'umana. Rimasi a casa loro quella notte.

Il giorno seguente i due umani parlarono a lungo e io li ascoltai senza capire, tuttavia comprendevo la loro gestualità e la prosodia del loro comunicare. Erano calmi, ma si stavano sfidando confrontandosi su qualcosa.

- Potremmo tenerlo se non troviamo i suoi padroni. E' un bel cane, sembra poco più di un cicciolo.

Diceva la femmina.

- No, è meglio di no. Dovremmo sterilizzarli o potremmo ritrovarci con sei o sette cuccioli per casa due volte l'anno. Poi sono impegnativi, già con Lissi a volte ci troviamo in difficoltà e dobbiamo lasciarla sola per più ore chiusa in casa… E' meglio portarlo in canile nel caso non trovassimo i suoi proprietari in due o tre giorni. Ho pubblicato le sue foto sul gruppo facebook del paese, se il suo padrone è iscritto alla pagina lo riconoscerà.

Appoggiai la testa alla zampa. Da come drizzò le spalle e gonfiò il petto sembrava che il maschio avesse vinto lo scontro, mentre la femmina si appoggiò con le mani al tavolo incurvando le spalle e guardando giù, aveva sicuramente perso.

Quel giorno ad un certo punto l'umano mi chiamò con un fischio. Lo raggiunsi, mi accarezzò e mi disse:

- Abbiamo trovato i tuoi proprietari! Stanno venendo a prenderti! Sei contento?

Capii che era molto felice e in un qualche modo mi invitava ad unirmi alla sua contentezza. Scodinzolai e gli leccai la faccia appena per un secondo. Lui rise e presa la pallina della sua cagnetta me la lanciò. Corsi subito a mordicchiarla. Ero felice.

Riportai la pallina in casa e dal corridoio sentii in lontananza il rumore della macchina dei miei padroni. Mi agitai terribilmente. Da un certo punto di vista ero eccitato perché avrei rivisto i miei umani e io li adoravo perché… Bé… Loro sono i miei umani! Dall'altro invece ero consapevole di essere scappato, di aver disobbedito ai loro ordini e di conseguenza ero spaventato da quello che sarebbe successo.

Appoggiai il sedere a terra, pestando con le zampe davanti e guaii. L'umana sentendo il mio rumore venne a vedere e mi chiese:

- Cosa succede piccolo? C'è qualcosa che non va?

Mi accarezzò e io continuai ad agitarmi in quel modo per farle capire quello che provavo. Lei capì che stava succedendo qualcosa. Si accorse che col muso indicavo il cancello di casa e andò alla finestra per guardare il quella direzione. Poi si girò verso di me e disse:

- Oh! Ma ti sei accorto che ci sono i tuoi padroni! Ma che bravo! Sei felice?

Mi accarezzò ancora, continuando ad osservarmi mentre mi tormentavo e poi divenne seria.

- Ohi, piccolo, ma che hai? Stai bene?

Cercò di calmarmi e con le sue carezze un po' ci riuscì. Proprio in quel momento suonò il campanello e la mia coda schizzò impazzita a destra e a sinistra mentre stavo seduto teso come un elastico. Quando i miei umani entrarono dalla porta ricominciai a pestare sul posto per l'agitazione.

Tutti gli umani si presentarono e subito dopo si girarono contemporaneamente a guardarmi. La mia umana si chinò e mi chiamò:

- Chicco! Ma cosa hai combinato?! Ci siamo preoccupati tantissimo!

Allungò le braccia nella mia direzione e io, vedendo che sembrava di buon umore, mi ci fiondai in mezzo. Non accadeva da tantissimo tempo di venire abbracciato dai miei umani e sperai che la punizione temuta questa volta non sarebbe arrivata.

Mi sbagliavo. Appena arrivati a casa il mio umano mi ha trascinato nel mio recinto, mi ha colpito la schiena sgridandomi con ferocia e poi mi ha legato. Non mi ha fatto male, ma la cattiveria con cui mi ha trattato mi ha spaventato. Adesso c'è un palo piantato nel centro del mio quadrato di terra e ovunque mi sposti la corda che mi lega ad esso è di intralcio.

Sono passato dall'essere ilare di felicità alla più cupa tristezza. Non solo sono di nuovo rinchiuso, ma soffro per aver deluso i miei umani. In questo branco io sono il reietto.

 

Così le mie giornate si sono susseguite tutte uguali all'interno del mio recinto. Un lieve miglioramento c'è stato quando gli umani se ne sono andati lasciando nuovamente l'umana anziana a portarmi da mangiare. Lei mi apriva il recito e mi lasciava correre per il giardino. Poi mi richiamava, mi dava qualche biscotto e mi richiudeva nuovamente.

Giorno dopo giorno le giornate calde sono passate e alla sera ricomincio ad appallottolarmi su me stesso per tenermi caldo. Spero che non piova spesso perché la casetta che mi ha dato il mio umano perde e durante l'ultimo acquazzone mi sono completamente bagnato.

Sospiro e cerco di ignorare la sensazione di afflizione che sento dentro. Mi manca il mio branco, mi mancano le passeggiate, mi manca l'affetto che ogni tanto gli umani mi concedevano.

 

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Capitolo 5
*** 5 - L'osso di prosciutto ***


Mi stendo al sole per scaldarmi le ossa, con scarsi risultati in quanto il terreno è ancora umido dalla nottata passata. Nelle ultime due settimane è arrivata la poggia e non so come comunicare al mio umano che la casetta è rotta. Mi sono fatto trovare completamente bagnato, una mattina, e lui mi ha semplicemente parlato, senza poi intervenire nell'aiutarmi.

- Ti sei divertito ad entrare in una pozza, Chicco?

Aveva detto, per poi ridacchiare e andarsene.

Però ieri mi è successa una cosa interessante. La mia recinzione confina con il territorio di un'altra umana e per la prima volta, mentre tagliava delle piante, si è accorta di me. E' rimasta circa mezz'ora ad accarezzarmi e a farmi i complimenti, poi se ne è andata. E' tornata poco dopo con dei biscotti e dopo averli mangiati mi sono steso sulla schiena e le o aperto le gambe. L'ho resa felice e questo mi ha reso felice. E' rimasta ancora un po' con me e poi mi ha salutato dicendomi:

- Ciao bello! Ti prometto che ci vediamo domani!

“Domani” non so cosa vuol dire, ma l'ha detto in un modo che mi piace.

Alzo la testa, mi si è congelato l'orecchio a contatto col terreno, guardo la recinzione nel punto in cui era apparsa l'umana del territorio affianco. Vorrei rivederla, magari essere accarezzato ancora un po' e non guasterebbe un altro biscotto.

Attendo fin quasi al tramonto e la mia speranza non risulta mal riposta. Mi chiama ancor prima di arrivare alla rete:

- Hey bello! Ciao bello!!

Corro subito da lei e le lecco la mano. Sono così felice di avere una distrazione e una coccola che la mia coda sembra impazzita, mi batte perfino forte il cuore. Alla parola “biscotto” quasi ho un infarto. Mi da due o tre biscotti e poi si dedica ad accarezzarmi.

- Sai, mi sono messa d'accordo col salumiere. Domani mi tiene da parte l'osso di un prosciutto, così avrai qualcosa a cui dedicarti per un paio di giorni…

Mi fa l'occhiolino e mi batte dolcemente sulla schiena. Dopo qualche altro biscotto e altrettante coccole si alza.

- A domani bello!

Avevo intuito bene: “domani” è proprio una bella parola.

***

L'umana del territorio affianco viene a trovarmi tutti i giorni, mi fa giocare, mi coccola e mi da qualcosa da mangiare. Mi piace tantissimo. Quando sento dal suo odore che è in giardino subito mi sveglio e mi metto in attesa della sua comparsa. Non mi delude mai.

Oggi però piove forte e non penso verrà. Il mio umano non ha alcuna intenzione di riparare la casetta e così sto aspettando che la pioggia cessi per poter uscire ad asciugarmi al sole. Il freddo penetra nelle ossa quando si è bagnati e mi sembra di essere duro come un sasso nella mia posizione rannicchiata. In più la corda che ho perennemente legata al collo gratta contro il pelo strappandolo e logorandolo. La corda ruvida a contatto con la pelle esposta e bagnata mi brucia, la sento gonfia e irritata.

Devo attendere tutta la mattina per poter uscire dalla mia casetta malconcia. Ha smesso di piovere ma il sole non illumina abbastanza per potersi scaldare. Rimango comunque all'aria aperta nel tentativo di asciugarmi. Dopo qualche tempo lei arriva, mi saluta, mi guarda e poi si acciglia. Qualcosa non va.

- Ma bello, ti hanno lasciato fuori sotto la pioggia? Povero, sei completamente bagnato!

Mi tocca attraverso la rete.

- Ma sei congelato!!

La vedo alzarsi e guardare verso la casa dei miei umani. Con una mano si tocca i capelli, poi si appoggia ai propri fianchi, poi si copre la bocca e fa avanti e indietro. Sembra indecisa. Poi sospira, mi guarda e dice seria:

- Adesso ci penso io a te.

Torna verso casa propria. Dopo qualche minuto eccola che riappare. Ha con se un secchio fumante e altri oggetti, si guarda attorno e poi scavalca la rete. Corro subito da lei, che mi accarezza frettolosamente e poi mi solleva, facendomi passare nel suo territorio. Vado subito ad annusare la siepe e a marcarla, lei torna da me e mi fa avvicinare al secchio fumante di fronte a me. E' pieno d'acqua e negli ultimi giorno ho imparato che l'acqua non mi piace affatto. Faccio per allontanarmi, ma lei mi tiene e mi rovescia un po' di acqua addosso lentamente. E' calda ed è una sensazione meravigliosa. Mi sento immediatamente meglio e, per quanto irritato dell'essere nuovamente zuppo, mi godo il calore dell'acqua che mi scivola addosso.

Una volta svuotata la bacinella mi asciuga con una grande panno e mi solleva tenendomi avvolto in esso. Si dirige verso la sua casa. Entriamo in una stanza e la padrona mi secca con l'attrezzo che usano gli umani per asciugarsi il pelo. Non mi piace, ma anche questo è caldo e sto fermo. Quando ha finito ho il pelo tutto arruffato e me lo lecco pian piano per lisciarlo.

L'umana se ne va nuovamente e mi lascia solo. Non so che fare, ci sono molti odori interessanti, ma non conosco il posto e non so se ci siano dei pericoli in giro. Fortunatamente torna dopo pochi secondi con un paio di coperte in mano. Esce e mi chiama con se, la seguo. L'aria fredda esterna mi fa rabbrividire, dopo che il mio corpo si era finalmente scaldato in un luogo chiuso.

L'umana mi rimette nel mio recinto e quasi mi dispiace, stavo così bene in casa con lei. Poi vedo che scavalca di nuovo ed entra con le braccia nella mia casetta.

- Maledizione, ma dormi dentro a una pozza!

La sento grugnire e cerca di stendermi le coperte all'interno in modo da tenermi il più all'asciutto possibile. Ci vado subito sopra, è un regalo bellissimo! L'umana mi saluta e, come sempre sento pronunciarle la parola “domani”.

***

Durante la notte ha piovuto di nuovo e poi tirato un vento freddo che mi ha completamente ghiacciato. All'inizio le coperte hanno aiutato, ma poi, inzuppandosi pian piano di acqua, hanno peggiorato la situazione.

Dopo qualche ora mi sento veramente male. Ho freddo, tremo, mi fanno male tutte le ossa e il mio cervello va a rilento, oscillando da uno stato di dormiveglia ad uno semi cosciente. Quando vedo la luce del sole spuntare al mattino lascio un respiro di sollievo. Cerco di alzarmi per andare subito ad asciugarmi al sole, ma non ci riesco. Mi gira la testa e ho le vertigini. Cerco di stendermi il più vicino possibile all'ingresso della casetta, in modo da raggiungere l'aria tiepida esterna.

Con il passare delle ore il mio malessere non migliora. Non voglio mangiare e, nonostante la sete, non riesco nemmeno a muovermi per bere. Aspetto che il mio umano arrivi per farmi vedere, sperando che mi aiuti, ma poi l'umana del territorio affianco spunta dalla siepe.

- Hey bello! Dove sei?

Sento che mi chiama, ma non riesco ad alzarmi. Muovo a malapena la coda, ma quel piccolo movimento a quanto pare basta per attirare l'attenzione dell'umana. Come il giorno prima si guarda attorno e poi scavalca la rete. Viene da me e mi tocca, mi guarda gli occhi, le orecchie e poi fa un lungo respiro.

- Va bene! - Dice alzandosi. - Torno presto, cerco aiuto.

Se ne va, lasciandomi nel mio stato confusionale. Fa tanto freddo.

Dopo qualche ora un umano sconosciuto appare vicino alla mia casetta. Lo sento parlare con l'umana del territorio affianco.

- Cosa sai di questo cane?

Dice l'umano mentre mi appoggia un attrezzo sul petto.

- Niente. Solo che se ne disinteressano. Sembra mansueto, è affettuoso, addirittura obbediente, non so perché l'hanno relegato qui.

Risponde la femmina, non so cosa stia dicendo, ma sembra agitata. L'altro annuisce e mi infila qualcosa in un luogo in cui non dovrebbe essere infilato mai niente. Cerco di scappare, ma nella mia situazione gli basta una mano per tenermi fermo.

- Ha la febbre e le ghiandole ingrossate. Ha bisogno di antibiotici e di stare all'asciutto, al momento è anche un po' disidratato. Dovresti avvisare i suoi padroni, io non dovrei nemmeno essere qui.

Dal tono sembra vagamente preoccupato anche lui, chissà che cosa sta dicendo…

- Si… Adesso prendiamolo in casa, nel mentre penserò a cosa dire ai suoi padroni.

Venni sollevato e trasportato fino ad un luogo caldo, non riuscii ad aprire gli occhi per vedere, ma ormai avevo sentito quell'odore, ero nella casa dell'umana.

Mi curò fino al giorno dopo, mi sentivo già meglio. Quando il campanello suonò e sentii la voce del mio umano. Ero contento di rivederlo, ma non ero ancora abbastanza in forze per correre da lui. In ogni caso non servì perché fu l'umana del territorio affianco a portarlo da me, mentre gli parlava:

- Si, il vostro cane è a casa mia. L'ho trovato in giardino e stava molto male, non so come abbia scavalcato la rete. In ogni caso ho chiamato il veterinario e ho iniziato una cura per guarirlo.

Il mio umano era visibilmente sorpreso a causa delle parole dell'altra.

- Ah… Mi dispiace averle creato tanti problemi. Farò in modo che Chicco non possa più disturbarla.

- No anzi, amo i cani e il vostro è adorabile. Sono sicura che stesse solamente cercando aiuto, Giustamente.

Li osservavo parlare e notai immediatamente che l'ultima parola pronunciata dall'umana aveva turbato il mio umano. Lei non lo lasciò ribattere e continuò:

- In ogni caso il veterinario mi ha dato questi antibiotici, questi integratori e questa crema da applicare sulle abrasioni attorno al collo. Tenga, questo è il suo biglietto da visita, lo chiami tra una settimana e prenda appuntamento per un controllo.

La donna mentre pronunciava tutti questi suoni mi prese tra le sue braccia e mi lasciò in quelle del mio umano, poi afferrò un sacchetto e vi mise dentro un pezzo di carta e si avviò verso la porta per permetterci di uscire. Il mio umano, spiazzato dal comportamento dell'altra rimase in silenzio. Poi sulla soglia cercò nuovamente il dialogo per ringraziarla.

- Io devo risarcirla delle spese per le medicine e per le cure! - Disse. - Non pensavo di averle arrecato così tanto disturbo!

- Gliel'ho detto… Io amo i cani. Nessun disturbo! - Rispose all'umano, lasciò passare qualche secondo prima di continuare. - E… Signore… Sistemando la mia siepe ho notato le condizioni in cui versa il cane. Se non inizierà a tenerlo in maniera più umana io la denuncerò.

Quella frase cambiò qualcosa tra i due umani. Percepii immediatamente la rabbia nel mio umano ed ebbi paura. Cosa avevo mai fatto? Stavolta io non centravo niente! Era stata l'umana a prendermi senza che potessi oppormi!

- C-certo. - Rispose il mio umano tenendo i denti più stretti del solito. - Pensavamo che gli piacesse stare in giardino, ma è evidente che è meglio tenerlo in casa.

L'umana annuì.

- E… - Il mio umano si stava dirigendo verso l'auto, ma, tenendomi ancora in braccio, al richiamo dell'umana si fermò. - …il veterinario è mio amico, se non lo cura lo scoprirò.

Il mio umano piegò il capo e grugnì, caricandomi in malo modo nel retro della macchina. Non sapevo cosa sarebbe successo arrivati a casa, ma, in base all'umore del mio padrone, niente di buono.

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Capitolo 6
*** 6 - La tettoia di plastica ***


Dal giorno in cui l'umana del territorio affianco mi ha curato in casa sua anche i miei umani mi hanno ripreso in casa. Addirittura hanno ricominciato a portarmi al parco e a coccolarmi sul divano tutte le sere. Così sono passati tanti, tantissimi soli in maniera sempre simile. Stagioni fredde si sono susseguite a stagioni calde, giorno felici a giorni tristi, punizioni a premi e io mi sono abituato ai ritmi del mio gruppo di umani, anche se ancora a volte non li comprendo.

Qualcosa nella mia vita è cambiato quando, un giorno, l'umana anziana che talvolta frequentava la casa arrivò. Mi resi immediatamente conto che il suo odore era diverso. C'era qualcosa di sbagliato in esso, quasi di ammoniaca. Poi si muoveva in modo diverso, aveva un aspetto diverso. Capii che quell'umana non sarebbe sopravvissuta ancora a lungo.

Qualche tempo dopo la mia umana tornò a casa. Era tutta vestita di nero e aveva pianto come fanno spesso le sue cucciole. Si sedette sul divano e io, fedele, mi stesi affianco a lei e appoggiai la testa a pochi centimetri dalla sua gamba. Speravo che capisse il mio gesto. Ero li per lei, per condividere i suoi sentimenti come i membri di un buon branco fanno. Lei mi appoggiò una mano sulla testa e rimanemmo a lungo stesi in quel modo a coccolarci.

***

Quell'anno con l'arrivo del periodo caldo si ripeté l'abitudine dei miei umani di impacchettare casa e andarsene, tuttavia in quell'occasione mi vestirono della pettorina, afferrarono il guinzaglio e mi portarono con loro.

Fu un viaggio infernale. Ero seduto tra le due cucciole, non avevo nemmeno modo di stendermi se non sulle loro gambe, dal tanto l'auto era stipata di valige e borsoni. Al disagio si aggiungeva il caldo e presto la mia lingua cominciò a gocciolare sulla coscia della cucciola maggiore.

- Mammaaa! Chicco sbava!!

La madre le passò un pezzo di carta e lei me lo passò sul muso sfruttando la mia incapacità di scappare da quello spazio angusto. Lappai via i pezzettini di carta che mi si erano attaccati al labbro spargendo bava ovunque.

- Nooooo!! Chicco!! Che schifo!!

- Dai fermati in quella piazzola. - Intimò l'umana al compagno. - Facciamo bere il cane.

- Ma che due coglioni…

Rispose lui evidentemente scocciato.

Ore dopo arrivammo in un luogo dove non ero mai stato. Parcheggiammo in un paesino dove incontrammo un altro umano, il quale quando mi vide mise subito le mani avanti.

- Oh. - Esclamò. - Mi dispiace molto, ma nella prenotazione non avevate accennato al cane. I regolamenti del palazzo vietano l'accesso agli animali. Sono desolato.

Disse e come sempre, non avendo capito niente di quello che diceva mi trovai spiazzato quando gli occhi di tutti caddero su di me. L'umana ebbe un tic nervoso e sbuffò e le due cucciole iniziarono a lamentarsi. Il mio umano rispose all'altro:

- Ma non si può fare un'eccezione, per una volta? E' un cane educato.

- No, mi dispiace. Molti condomini trovano alloggi alternativi ai loro animali per soggiornare qui e non possiamo fare eccezioni.

Il mio umano sbuffò dal naso e mi fissò in un modo che mi diede i brividi. Poi dedicò la propria attenzione nuovamente all'altro.

- Va bene. Non c'è problema. Ci darebbe il tempo di organizzarci per trovargli sistemazione? Poi ci rivediamo per prendere le chiavi dell'appartamento, magari dopo pranzo.

Il mio umano doveva aver detto qualcosa che aveva sistemato la situazione, in quanto l'altro annuì e lo salutò con un sorriso.

Ci rimettemmo in macchina. Arrivammo in un posto molto interessante. Nell'aria percepii immediatamente l'odore di altri cani, tanti altri cani. Quelli più interessanti mi colpirono immediatamente, erano gli odori di cani senza umani. Il loro pelo non era impregnato dei profumi dei detergenti che gli umani usano per pulire tutto, ma delle erbe su cui riposavano e della terra che scavavano. Era odore di libertà.

Il mio umano parcheggiò in uno spiazzo ghiaiato e scendemmo tutti. Io li seguivo allegramente al guinzaglio, annusando e marcando tutto il territorio. Percorremmo una strada dritta, larga e piena di gente. Ai bordi si susseguivano i negozi e le cucciole subito corsero a vedere le vetrine.

Ad un certo punto di fronte a me vidi qualcosa che non conoscevo e mi spiazzò. Di fronte ai miei occhi si accumulava un'enorme quantità d'acqua in movimento. Mi fermai e cercai di capire se mi trovassi in pericolo o meno. Annusai l'aria e capii che dall'acqua proveniva l'odore di pesce tanto particolare che avevo sentito sin dal primo momento. I miei umani mi tirarono per il guinzaglio e li seguii anche se titubante.

Continuai a guardare quell'enormità e notai che in mezzo all'acqua, su una sorta di isola collegata alla terraferma, c'era una costruzione umana fatta di tantissimi blocchi di pietra rettangolari. Desiderai immediatamente andare a marcarli tutti, ma i miei umani mi tirarono verso un tavolino a ridosso della grande acqua. Mi sedetti affianco a loro sperando che qualcosa di buono cadesse dal tavolo.

- Allora che facciamo?

Chiese l'umano alla compagna. Le due cucciole si stavano sporgendo da una ringhiera poco lontano per giocare. L'umana scattò:

- Io non lo sopporto più questo cane! Te lo avevo detto che le bambine lo volevano solo per capriccio! E poi..! Prima piscia ovunque, poi rovina tutti i mobili e le ciabatte e i giocattoli delle bimbe! E le cazzo di passeggiate! Poi scappa! E poi la vicina ficcanaso che rompe i coglioni! Adesso le vacanze che rischiano di saltare! Non ne posso più! E' stato uno dei peggiori errori abbia mai fatto!

Il marito non si scompose.

- Senti… - Si schiarì la voce e si guardò attorno per controllare che nessuno li ascoltasse. - E se lo lasciassimo qui?

L'umana mi guardò a bocca aperta e io la scrutai di rimando, sperando di capire cosa stesse succedendo. Poi serrò le labbra e si drizzò verso il compagno.

- E cosa diremmo alle bambine?

- Pensavo di distrarle con un regalo e dire loro che abbiamo trovato un signore che ce lo tiene.

L'umana stette in silenzio a lungo, pensando. Poi affermò.

- Ci sto.

- Pensavo di farlo dopo pranzo.

- Ok.

Da quel momento nessuno dei due mi guardò più in faccia.

***

Dopo pranzo, tornati alla macchina, l'umana e le cucciole stavano cercando di caricare due nuovi giocattoli insieme al resto della roba in auto, mentre l'umano mi portò con sé al guinzaglio per fare un giro. Entrammo in una strada ghiaiata e fui immediatamente distratto dal forte odore dei cani senza umano che permeava l'aria in quel luogo.

Ero talmente indaffarato a seguire le tracce da non accorgermi nemmeno che l'umano aveva staccato il guinzaglio dalla pettorina e se ne stava andando. Mi accinsi subito a seguirlo, pensando che il nostro giretto fosse finito, ma lui alzò il braccio e disse:

- No! Fermo! - Mi sedetti immediatamente sul posto, lui mi guardò. - Aspetta li! Fermo… Torno subito. Stai fermo li!

Io non mossi nemmeno un muscolo. Rimasi li, fermo, ad aspettare, sicuro che sarebbe tornato.

Dopo parecchie ore la necessità di bere e fare pipì era a tal punto impellente da farmi spostare dalla mia posizione di attesa. Poco sopra la strada ghiaiata, scorreva quella di asfalto che usano gli umani e già da un po' avevo notato la fontanella che di tanto in tanto perdeva qualche goccia d'acqua. La raggiunsi stando ben attento a non perdere mai la mia postazione di vista, nel caso i miei umani fossero tornati proprio in quel momento.

Mentre bevevo mi accorsi che poco distante c'era una tettoia di plastica con una panchina in ferro, seduta sulla panchina se ne stava un'umana anziana. Notai che mi guardava, mi sorrise e mi avvicinai. Mi disse qualcosa e mi diede un pezzo di pizza. Pensai che quello fosse un buon luogo dove attendere: c'era l'acqua, avevo trovato subito del cibo, era ombreggiato e rialzato rispetto al punto in cui avrei dovuto essere, quindi potevo vedere l'arrivo dei miei umani. Mi stesi accanto alla panchina e tenni tutto sotto controllo.

Ogni tanto un'enorme macchina, contenente decine di umani, si fermava di fronte alla tettoia, alcuni scendevano, altri salivano e poi ripartiva. Nel giro di un pomeriggio raccattai una quantità considerevole di cibo, stando semplicemente steso in quel luogo a guardare gli umani fare avanti e indietro. Loro mi vedevano, si avvicinavano, mi coccolavano e mi davano cibo quasi ogni volta. Era il luogo perfetto dove attendere il ritorno del mio branco.

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Capitolo 7
*** 7 - Il branco ***


I primi tre giorni rimasi sempre sotto alla tettoia e scoprii che era uno dei luoghi migliori in cui stare. Proprio come il primo giorno, ogni tanto passava una di quelle lunghe ed enormi auto, alcune persone scendevano, altre salivano, ma tutte avevano con sé qualcosa da mangiare. Trovai più cibo in quei tre giorni che in tanti anni con il mio branco di umani e venni coccolato e riverito da tantissimi umani sconosciuti. Tuttavia i miei non si erano ancora fatti vedere.

Poi, pian piano, cominciai a guardarmi intorno. La strada sterrata in cui il mio umano mi aveva lasciato aveva un odore diverso dalle altre strade del paese. Era impregnata dell'odore dei cani liberi, mi fu chiaro che quello fosse il loro territorio. Ne avevo visto qualcuno all'alba passare sul marciapiede dall'altro lato della strada in direzione della grande acqua e qualcun altro proseguire lungo la strada in direzione di un luogo dove un umano tutte le mattine lasciava del cibo. Avevo conosciuto anche quest'ultimo e mi aveva dato da mangiare e coccolato facendomi mille complimenti. Dopo una settimana avevo iniziato a seguirlo nel breve tragitto dalla tettoia di plastica al luogo per il cibo.

Poi conobbi un altro umano il quale aveva un odore veramente irresistibile. Lavorava nel supermercato di fronte alla tettoia e di mestiere tagliava la carne. Il suo odore di carne fresca e deliziosa lo seguiva ovunque, diventammo immediatamente amici e io mi garantii una quantità di carne giornaliera. Insieme all'umano della carne lavoravano tanti altri umani maschi e femmine, li conobbi tutti. Mi bastava attraversare la strada ed ero accerchiato dai miei amici.

Al contrario il branco di cani liberi non accettò mai i miei tentativi di interazione. Non si fidavano di me, avevo l'odore degli umani addosso e non ero ne abbastanza grosso, ne abbastanza forte per farmi rispettare.

Ogni giorno che passava mi allontanai sempre più dalla mia postazione sotto alla tettoia, in cerca di cibo, affetto, attenzioni e conobbi tantissimi umani. Alcuni rimanevano una settimana o due e poi sparivano, altri c'erano sempre e li andavo a trovare giornalmente per controllare se avessero qualcosa da darmi.

Mi spinsi fino alla costruzione umana in mezzo alla grande acqua, la quale avevo imparato chiamarsi “mare”, e marcai i blocchi di pietra come avevo sognato fin dall'inizio. Andai al porto e scoprii che i pescatori mi davano più che volentieri gli scarti del pesce.

Un giorno seguii una famiglia di umani lungo la strada dove veniva lasciato il cibo. Avevo percepito l'odore invitante dei panini che l'umana aveva nella borsa e speravo me ne concedessero un pezzo. Li pedinai per cinquecento metri circa e arrivammo in un boschetto dove abitavano molte famiglie. Vivevano dentro a delle tende o a delle lunghe automobili al cui interno avevo intravisto un divano e un lavandino.

Notai la presenza di molti cuccioli d'uomo e di altri cani. Pensai che quello era un buon luogo dove cercare di ottenere del cibo e dove riposare durante il caldo, visto l'ombra che gli alti pini creano ai loro piedi. Tutto il boschetto era attorniato da una recinzione in fil di ferro, ma mi accorsi immediatamente che il branco di cani liberi aveva creato vari passaggi attraverso di essa. Tuttavia in quel momento non mi servirono, seguii semplicemente la famiglia umana attraverso l'entrata fino alla grande macchina che usavano come casa. Mi tenni poco distante, scavai una piccola buca per stare comodo e mi rannicchiai per fare un pisolino.

Quel pomeriggio tutti gli abitanti delle tende e delle case-auto si fermarono a farmi i complimenti. In particolare notai un umano, era l'unico a vivere in una casa di pietra e attraversava spesso il boschetto in bicicletta chiacchierando con tutti gli altri umani. Dal suo atteggiamento intuii che quello era il suo territorio e che gli altri umani avevano il permesso di viverci. Istintivamente mi avvicinai a lui, lo conobbi e mi accarezzò. Mi feci vedere da lui più volte, vicino a un tronco o contro un muretto mentre riposavo, e non mi scacciò mai dal suo territorio.

Col passare dei giorni tutti gli umani che vedevo abitualmente, l'uomo che tagliava la carne, quello che portava il cibo ai cani liberi, il padrone del territorio delle case-auto e molti altri, divennero miei amici. Creai una routine quotidiana durante la quale sostavo prima dall'uomo che taglia la carne, poi andavo in centro al paese a farmi vedere dai negozianti e dai turisti, all'ora di pranzo gironzolavo da un ristorante all'altro, nelle ore più calde mi scavavo un buco vicino alle case-auto, poi di nuovo giro in centro, ultimo saluto all'uomo che tagliava la carne e infine riposo notturno sempre in uno dei miei buchi nel boschetto delle case-auto.

Ero felice, anche se continuavo a trascorrere molte ore sotto alla tettoia di plastica per aspettare i miei umani, non potevo di certo lamentarmi, mangiavo, dormivo e andavo dove volevo! C'era solo una cosa che mi mancava: un branco, il mio branco.

In qualche occasione cercai di seguire il branco di cani liberi. Avevo notato che tutte le mattine, quando ancora gli umani dormivano e c'era appena un filo di luce nel cielo, il branco di cani liberi scendeva attraverso la stradina che costeggiava il territorio delle case-auto verso il mare. Li avevo seguiti e avevo scoperto che i cani liberi facevano il bagno in mare ogni giorno. Capii immediatamente che era il loro modo per ripulirsi dalla sporcizia e dai parassiti. Effettivamente anche il mio pelo era ricolmo di polvere e spesso gli insetti vi si incastravano in mezzo, ma l'esperienza mi aveva insegnato a tenermi ben lontano dall'acqua e dai luoghi bagnati in genere. Così rimasi in cima alla discesa che conduceva alla spiaggia per osservarli.

Il capobranco mi notò immediatamente. Era un cane molto grosso, molto più di me. Aveva il pelo bianco, macchiato di marrone e una lunga coda dritta. Uscì dall'acqua e si piazzò con le zampe ben piantate nella sabbia, come a sbarrarmi la strada da lontano. Non gli piacevo e non sembrava propenso ad accettare un altro maschio nel branco, ancor meno se il cane in questione ha contatti con gli umani.

Insistetti, mi sarebbe piaciuto entrare nel branco libero. Non avevo alcuna intenzione di sfidare il maschio alpha, ma semplicemente fare parte di gruppo solciale. Così rimasi fermo dov'ero nonostante la postura dell'alpha lasciasse ben capire l'ordine di andarmene. Il secondo nella gerarchia, un lupo completamente nero, gli si affiancò e una volta preso il suo posto iniziarono ad abbaiare e ringhiare, intimandomi di andarmene. In pochi secondi molti altri cani arrivarono e cominciarono ad avvicinarsi risalendo verso la strada, dove mi trovavo. Erano troppi, era meglio per me andarmene. Quando mi videro allontanarmi si fermarono e mi osservarono finché il canneto che ricopriva la linea di costa non mi nascose.

Tornai alla tettoia di plastica, avrei ritentato un altro giorno.

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Capitolo 8
*** 8 - L'odore inebriante ***


Sono appoggiato sulla gradinata della casa di mattoni in cui vive il proprietario del territorio delle case-auto, ho scoperto che si chiama Gianni. Sospiro e mi guardo attorno. A quell'ora non c'è quasi nessuno, tutti gli umani sono al mare, ma fa troppo caldo per camminare sulla sabbia, così me ne sono rimasto qui. Gianni è seduto su una sedia alle mie spalle, guarda il telefonino.

Noto il furgoncino del suo aiutante percorrere la strada d'entrata alzando un gran polverone. Mi alzo e mi avvio verso la fontanella per bere. Nel tragitto incontro tre o quattro umani, li saluto scodinzolando e loro salutano me. Me ne torno verso la scalinata, ma mentre mi avvicino noto che Gianni e il suo aiutante mi stanno guardando. Sembrano divertiti e parlano tra loro:

- Oh, sto cane qua ormai lo conoscono tutti in paese!

- E' buono come il pane… Poveretto! Hahaha! Sai chi mi ricorda?

- No. Chi?

- Ciro! Ciro il napoletano che ovunque va tutti lo conoscono! Hai presente??

- Aaaaah! Si è vero!

Li vidi ridere insieme.

- E pure a lui allora lo dovremmo chiamare Ciro!

- Si, ci sta bene!

Da quel momento iniziarono a ripetere “Ciro! Ciro!” e, siccome non avevo la più pallida idea di cosa significasse, rimasi a guardarli senza capire, partecipando tuttavia con uno scodinzolio all'ilarità del momento.

Quel suono, “Ciro”, mi accompagnò per i giorni a venire. Ogni volta che mi vedevano lo ripetevano, tanto che alla lunga diventò un richiamo per attirare la mia attenzione, quasi un secondo nome. In fondo, da quando i miei padroni erano spariti nessuno mi aveva più chiamato Chicco.

***

Questa mattina, mentre dormivo in uno dei miei buchi vicino ad una casa-auto arrivata da qualche giorno, sono passati vicino a me i cani liberi. Andavano, come ogni mattina, a fare il bagno. Rimasi fermo per non farmi vedere, ed annusai l'aria per riconoscere eventuali odori.

Immediatamente percepì un aroma, un aroma che riconobbi immediatamente: una femmina era in calore. Mi si drizzò il pelo per l'eccitazione. Era un odore irresistibile, inebriante. Fui immediatamente preso dalla frenesia. Sgusciai fuori dal mio giaciglio e senza farmi notare seguii il branco libero stando dal lato opposto della recinzione. In pochi minuti la trovai.

Una femmina maculata, dal pelo chiaro tempestato di mille macchioline nocciola, molto più alta di me, slanciata, con una coda dritta ed affusolata camminava in mezzo al branco, pochi passi dietro al maschio dominante e al suo secondo. La volevo, era pronta e calda e dovevo assolutamente corteggiarla. Usai uno dei buchi della rete e marcai il territorio, così che potesse sentire il mio odore. Avevo intenzione di seguire il suo e, una volta allontanata da branco, accoppiarmi con lei. Così rimasi nascosto, in attesa e non persi più le tracce di quella femmina.

L'occasione si presentò quella sera: mentre il branco si avvicinava alla strada dove trovava il cibo riuscii a farmi notare da lei. Mi vide, marcai il ciglio della strada e mi allontanai appena. Venne immediatamente ad annusare la mia marcatura. La aspettai in piedi e quando lei alzò la testa capii di potermi avvicinare per annusarci meglio. Aveva un odore incredibile, il sangue mi friggeva nelle vene e iniziammo immediatamente a giocare, entrambi presi dall'euforia. Gioco chiama gioco e riuscì a montarle sopra. Fu fantastico, riuscimmo ad accoppiarci e soddisfatti per quell'unione ricominciammo a giocare.

La magia del momento si spezzò quando due cani liberi apparvero a poca distanza da noi. Ci fermammo immediatamente tutti e quattro a guardarci, poi i due maschi emisero un richiamo per il capobranco. Ero in pericolo, dovevo immediatamente scappare. Cominciai ad arretrare, la femmina rimase dov'era, doveva tornare al suo branco. Quando l'enorme mole del maschio alpha apparve fortunatamente ero abbastanza lontano e mi affrettai a tornare nel territorio degli umani, dove i cani liberi non andavano mai di giorno.

Nei giorni a seguire riuscii a vedere altre volte la femmina in calore, sempre con la possibilità di incappare nei maschi del branco libero, ma accoppiarmi con lei mi faceva letteralmente impazzire e così continuai a rischiare.

Un giorno però qualcosa andò storto. Avevo lasciato un richiamo per la femmina vicino all'entrata del paese e lei lo aveva sentito. Ci stavamo accoppiando quando sentii un ringhio alle mie spalle. Cinque cani liberi erano ormai a pochi metri da me e mi sbarravano la strada verso la tettoia, la quale, a quell'ora del giorno, era completamente deserta a causa del caldo torrido. Iniziai a indietreggiare e mi guardai ai lati per cercare una via di fuga. Mi resi conto di essere entrato in un agguato. Sia a destra che a sinistra altri tre cani liberi si stavano avvicinando attraverso i vicoletti, bloccandomi e obbligandomi ad arretrare verso il mare e l'enorme costruzione di blocchi di pietra. Già a metà strada alcuni di loro avevano tentato di mordermi le caviglie o la base della coda, ma ero riuscito ad indietreggiare fino al capolinea: sui blocchi c'erano il maschio alpha, il beta e altri due cani.

Mi sentii perso, perché sapevo che non avrei mai potuto fare niente. Avevo sfidato il capobranco e ora il branco faceva rispettare le proprie regole.

Mi si avventarono addosso tutti assieme cercando di colpire i punti più sensibili, mordendomi la schiena, il collo, le articolazioni delle gambe. Sentivo i loro canini perforarmi le orecchie e brandelli di pelle e carne staccarsi dal mio dorso. Ero consapevole che molto probabilmente non sarei sopravvissuto a quell'attacco, ma feci quel poco che potevo per difendermi.

Ad un certo punto sentii una gran confusione di voci superare quella dei ringhi e degli ululati. Una decina di uomini si erano avvicinati al trambusto che stavamo creando per disperdere i cani liberi. Alcuni avevano in mano le gambe delle sedie di plastica del bar poco distante e le impugnavano come bastoni, scuotendole per allontanare i cani inferociti, e gridando forte con atteggiamento aggressivo. Nel giro di qualche minuto i cani liberi si dileguarono, erano terrorizzati dagli umani, ed io rimasi dov'ero, steso a terra, a coprire la sabbia col mio sangue.

Nei giorni seguenti venni raccolto e curato. Il signore che lasciava il cibo ai randagi mi permise di dormire nel suo cortile e mi curò e disinfettò le ferite, le quali si stendevano su quasi la totalità del mio corpo dalla testa alla coda. Persino gli amici del supermercato si impegnarono nel tenere disinfettati i morsi ricevuti e Gianni mi tenne d'occhio in ogni momento mentre ero nel territorio delle case-auto.

La pelle impiegò quasi due mesi a ricrescere ed era nera e rovinata. Non mi sarei stupito se in quei punti non sarebbe mai più rispuntato il pelo. Inoltre divenni un banchetto prelibato per i parassiti, i quali, trovando un fisico già parzialmente debilitato, avevano iniziato a riprodursi nel mio pelo senza essere mai debellati, in quanto io non facevo il bagno in mare.

Le cose cambiarono. Il mio nuovo aspetto non piaceva più agli umani, i quali (a parte i miei amici più stretti) non avevano il coraggio di toccarmi. In quel periodo capii che non basta bere e mangiare, ma che per essere felici si ha bisogno di compagni e di affetto. Proprio queste due cose andavo cercando, compagnia e affetto, quando incontrai loro.

 

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Capitolo 9
*** AVVISO ***


Ciao a tutti!

Mi dispiace davvero tanto scrivere questo avviso, ma nell'ultimo mese ho vissuto alcune esperienze che mi hanno totalmente svuotata e sfinita dal punto di vista emotivo. Per questo ho deciso di fermarmi MOMENTANEAMENTE dallo scrivere questa storia. Riprenderò appena sarò a mente più lucida e nel frattempo mi dedicherò a progetti più “leggeri”.

Il caso ha voluto che io riuscissi a scrivere tutti i capitoli più “romanzati” della storia, quelli che ho ricostruito attraverso caratteristiche fisiche e comportamentali di Ciro: le sue cicatrici, il suo stato di salute, i suoi atteggiamenti, quello che sapeva già fare prima che ci incontrassimo.

Dal prossimo capitolo, quando lo scriverò, cambierà tutto. Spero di riprendermi presto e di eliminare questo avviso per pubblicare il resto del racconto.

Grazie a chi mi ha letto fin'ora! A presto!

Jean Valjean

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