Colei che porta alla beatitudine

di Raf015
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gemma ***
Capitolo 2: *** Beatrice ***



Capitolo 1
*** Gemma ***


Piccarda mi sorrise mentre si voltava.
Continuavo a fissarla, anch’io con il sorriso sulle labbra, lieto d’averla finalmente incontrata; erano passati tanti anni da quando lei me ne aveva parlato.
Lei
Al pensiero di lei sorse nuovamente in me il desiderio di parlare con Piccarda, che intonando l’Ave Maria stava lentamente sparendo… La sua figura sempre più trasparente ed opaca come un oggetto che affonda nell’acqua profonda1.
 
Ave, Maria, grátia plena,
Dóminus tecum…

 
Dovevo affrettarmi, dovevo chiederle ancora una cosa: da anni m’ero posto una domanda che ora risorgeva nella mente mia come una bolla d’aria a lungo intrappolata sotto i ciottoli d’un lago che, finalmente libera dalla sua prigionia, guizzava veloce verso la superficie.
– Piccarda aspetta! Ho ancora da dimandare! –
Subito l’anima della giovane Donati riprese sostanza, non smettendo però d’intonare la preghiera
 
…ora pro nobis peccatóribus,
nunc et in hora mortis nostrae.
Amen.

 
Si volse nuovamente verso me, con labbra ancora sorridenti, ma con occhi che mandavano uno sguardo diverso: parevano gli occhi della Sibilla, occhi di chi sa già il quesito prima che venga pronunciato.
Non mi stupivo di tale espressione: i beati partecipano della Gloria di Dio, dunque sanno molto più di noi che siamo in Terra e vedono il futuro molto più chiaramente dei dannati dell’Inferno.
– Piccarda, sii gentile, dissipa quest’ultimo mio dubbio e nulla più ti chiederò… –
Lei annuì.
– Più di dieci anni fa una persona mi disse d’averti vista in sogno. Ebbene… è vero Piccarda? –
Piccarda emise una risata cristallina: - Ero certa che m’avresti dimandato di quel sogno, caro cugino! –
Giunsi le mani in gesto di preghiera, affinché continuasse.
– Invero sì: Visitai in sogno quella persona. E ti dico anche che non sarà l’ultima volta: non dubitare mai dei sogni suoi quando in essi vedrà me perché saranno sempre veritieri –
Questa nuova consapevolezza mi rasserenò e la ringraziai chinando il capo, ma Piccarda allora mi chiese:
– Dante, ma non vuoi sapere di cosa parlammo in quel sogno? Cosa Gemma mi disse? –
 
Gemma…
Mi ricordo ancora oggi quel giorno, quel San Giovanni: era venuta a Santa Croce a cercarmi, mi dichiarò il suo desiderio, mi offrì la sua mano… ma io non riuscii a risponderle e lei era corsa via, per la strada, finendo sotto gli zoccoli di un cavallo. Rimase incosciente per due giorni prima di ridestarsi.
In seguito mi rivelò d’aver sognato Piccarda, d’aver parlato con lei. Ma quel che si erano dette io non lo seppi mai, tanto le labbra della mia sposa erano rimaste sigillate. Così talvolta la brama di sapere m’aveva roso, come fossi Ulisse anelante per scoprire i segreti di Circe.

Potevo davvero esigere altre spiegazioni? Ne avevo il diritto? Scossi il capo e dissi alla giovane:
– Siamo nel Regno del Signore, buona Piccarda; peccherei di presunzione nel pretendere di fare altre domande quando tu hai già esaudito la mia richiesta, torna pure là dove è volere dell’Altissimo che tu sia. –
– Ma il Signore, caro Dante, è pieno di Carità, ed in virtù di questa Carità, se è tuo desiderio, ti rivelerò ogni cosa. –

Sentii il cuore mio stringersi, un pensiero chiaro come se fosse stato detto ad alta voce iniziò a martellarmi in testa: Ho paura di sapere? Di disvelare altri rimpianti celati nel mio cuore?
– Non è possibile avere altri rimpianti, non in questo luogo, Dante. –

Non ci fu bisogno che mi voltassi per capire che chi mi stava parlando era Beatrice, tanto la sua anima emanava su di me un etereo bagliore.
– Nel Lete hai purgato i tuoi peccati e nell’Eunoè hai rimembrato ogni azione buona: rievocare i ricordi che nel Paradiso Terrestre t’invogliarono alle lacrime non può più nuocerti. –
Nonostante le sue parole fossero per me come balsamo ancora indugiavo, perciò lei mi disse:
– Io ti attenderò. Non temere. –
Mi parve che il bagliore che Beatrice emanava si affievolisse, segno che s’era allontanata d’un poco.

Allora, ripreso il coraggio, mi rivolsi a Piccarda.
– Per favore, dimmi ogni cosa: tutt’ora se ripenso a quel giorno ci sono domande che m’assillano: perché Piccarda? Perché me, quando c’erano tanti altri uomini più ricchi, più importanti? Perché volle me quando io m’ero chiuso nel dolore del lutto di un’altra donna?
– Anch’io glielo chiesi… le dissi: “E tu sei presa di uno che ha dimostrato di saper tanto amare, ma un’altra?” 2  Ma a Gemma non importava, Dante: non le importava che te continuassi ad amare Beatrice anche dopo ch’era morta, perché lei voleva restarti accanto: sapeva che saresti stato capace di grandi cose, e che tra i frati il tuo genio sarebbe stato sprecato –
– Ma c’era anche dell’egoismo nel suo gesto, non è vero? Perché non voleva sposare il sodale di Corso…–
Senza accennare alcun turbamento Piccarda ribatté – Chiameresti egoismo il desiderio di essere felici? Pensi che se lei non ti avesse amato si sarebbe sforzata tanto per tirarti fuori dal monastero? Tu più di tutti dovresti sapere come Amore rende servi dell’amato; ebbene ecco la prova che Amore signoreggia non sull’uomo solo ma sulla donna altrettanto.  –
 
Non seppi cosa rispondere, perché non trovavo fallacia nelle sue parole. Dunque proseguì:
– Le è servita tutta la sua ostinazione per convincere Cavalcanti ad aiutarla e tutto il suo coraggio per dirti quelle parole che le bruciavano in petto. Per premiarla della sua costanza le offrii un consiglio che lei tutt’ora segue –
– E sarebbe? –
– “Bada Gemma, che se lo sposi dovrai essere forte, forte per tutti e due3
 
Dopo qualche attimo di pesante silenzio feci un inchino all’anima pia.
– Grazie infinite Piccarda, per aver placato la mente mia; ora sono pronto a congedarmi –
Lei sorrise nuovamente – Ti chiedo solo che quando tornerai sulla Terra, tu porti alla tua Gemma i miei omaggi ed il mio affetto: ricordale che da quassù veglio sempre su di lei –
 
Compresi bene la sua umile richiesta: ciò che ora era trasparito, quest’ultimo discorso fra me e lei non si sarebbe potuto imprimere sulla pergamena.
Era troppo personale per essere adeguato alla narrazione di questo viaggio che in un certo senso io stavo compiendo per l’umanità intera. Del resto, non avevo potuto e mai avrei potuto scrivere di lei, della mia Gemma, sarebbe stato visto come un gesto disdicevole.
 
Piccarda cominciò di nuovo a scomparire ed io mi voltai, ma mentre venni abbagliato dalla fulgida figura di Beatrice, alle mie spalle sentii un flebile sussurro, le ultime parole di Piccarda:
Mi rivedrai un giorno… l’ultimo…
Cercai di non indugiare a lungo sulle sue parole anche se con un poco d’amarezza avevo intuito il loro significato.
– Quando Dio vorrà, Piccarda… quando Dio vorrà –

 

Note dell’autrice:
1.  Parafrasi dei versi 122 e 123 del III canto del Paradiso […]cantando vanio/ come per acqua cupa cosa grave.
2/3. Citazioni dal romanzo a cui è ispirato il racconto (La moglie di Dante di Marina Marazza)
 

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Capitolo 2
*** Beatrice ***


Raggiunsi Beatrice che, ora lo vedevo chiaramente, aveva una espressione serena in viso.
Ricambiai con un sorriso in cui traspariva tutta la mia devozione: per tutta la vita avevo dedicato le mie parole a lei, che finalmente appariva come l’angelo a cui l’avevo sempre paragonata.
Ma ero timoroso del suo rimprovero. Temevo che lei pensasse che avevo nuovamente distolto il mio cuore da lei. Avevo sbagliato nel trattenermi al pensiero di Gemma quando avevo finalmente ritrovato la mia Beatrice?
L’avevo offesa?
 
– Perdonatemi se ho indugiato, sentivo di non poter lasciare in sospeso questa domanda – dissi con tono sommesso.
– Non c’è alcun bisogno di chiedere perdono. Dante, perché io non potrei essere più felice –
 
La guardai, perplesso dalle sue parole. Pensai si riferisse alla sua condizione nel Regno di Dio, ma poi ella disse:
 
– Tutte le notti ci sono due persone che mi rammentano nelle loro preghiere: una sei tu… –
– …e l’altro è vostro marito, Messer Simone – L’anticipai, ma lei, per mia sorpresa, scosse il capo: – No. Si tratta di tua moglie, Dante –
– Come? Ma… –  
 
Gemma? La stessa Gemma che avevo sorpreso col volto incupito quando avevamo incrociato Beatrice uscire di chiesa?
Quella stessa Gemma ogni sera prima di coricarsi, a mia insaputa, aveva sempre pregato per l’anima della mia Beatrice?
 
– Perché? – Dire che ero incredulo era dir ben poco.
– Per amor tuo. Proprio perché tu hai amato me ella mi rimembra ogni sera, perché sa che mi hai serbato nel tuo cuore anche dopo ch’io raggiunsi il Cielo. Ella sa che è tramite me che viaggia il tuo poetare, a lei tanto caro. Non c’è preghiera più bella di quella fatta per amore del prossimo più che di sé stessi. –
 
Poiché io restavo in silenzio, tanto le sue parole m’avevano colpito, ella proseguì dicendo:
 
– Dante… Quando giunsi al cospetto di Dio presi infine conoscenza del tuo grande amore per me, che faceva da tramite all’Amore per Lui e non potei far a meno di riamarti a mia volta ed avere pietà del dolore nella quale ti chiudesti. Per questo gioisco; perché accanto a te c’è chi con animo forte avrebbe alleviato le tue pene con il suo amore quand’io non potevo più –
 
Ripensai ancora alle parole che Piccarda m’aveva riferito: “Bada Gemma, che se lo sposi dovrai essere forte, forte per tutti e due1
 
Com’è vero, pensai: Gemma era stata tanto forte in quei dieci anni da che l’avevo sposata: era riuscita a superare tutto il dolore che le avevo causato…
Aveva superato le sofferenze del parto e messo al mondo i nostri tre amati figlioli.
Non m’aveva mai rinfacciato l’amore per Beatrice, che non avevo mai abbandonato.
Aveva perdonato i miei tradimenti, passioni passeggere che Beatrice stessa aveva ammonito sulla sommità del Purgatorio.
 
Rimasi ammutolito, chinai il capo, sentii il mio cuore rigonfiarsi di commozione: mai fino a quel punto m’ero reso conto di quanto fossi grato al Signore per aver fatto nascere quella ragazza così testarda, di quanto essa si era fatta strada nel cuore mio.
Tanti rimpianti e tanti ricordi di azioni sconsiderate aveva lavato via il Lete, ma ora ne ero sicuro: il voto che avevo fatto, sposarla in cambio della sua guarigione dall’incidente che avevo mio malgrado causato non era tra queste.

Gemma mia… Pensai, come se lei potesse udirmi, udire quella mia umile confessione. Non sarò mai capace di ripagarti abbastanza.

Come se mi avesse letto ancora una volta nel pensiero, Beatrice pose la sua bella mano sulla mia guancia, sollevando il mio capo affinché i miei occhi incontrassero nuovamente i suoi.
– C’è un modo invece: Gemma è riuscita a superare tutte queste avversità perché il suo amore e la speranza in te risposta l’hanno sorretta: Ti ha salvato dal tuo dolore perché tu potessi continuare a scrivere meraviglie. Ed ora sei qui al cospetto di Dio ed assieme a me anche grazie a lei. Ordunque prosegui, non scordarti del grande dono che ti è stato fatto e mettilo a frutto: scrivi di questo viaggio miracoloso e dimostra a Gemma che fece la scelta giusta nel non arrendersi. –
 
Le lacrime di dolore non avevano luogo in Paradiso: quelle che in quel momento sentivo scendere sul mio viso erano lacrime di gioia
– Lo farò Beatrice, narrerò di questo portentoso viaggio perché il mondo sappia. –
 
Con un cenno d’assenso m’asciugò gli occhi per poi lasciar andare il mio viso porgendomi la mano cosicché potessimo proseguire.
Io la presi, ci librammo nell’etere e lei volse gli occhi avanti a noi.
Guardai la mano di Beatrice stretta alla mia: lei era stata il mio primo amore, la scintilla di tutta la mia arte ed ora era il faro che ardeva di luce divina e mi riconduceva sulla retta via…
 
Mi tornò alla mente cosa m’ero ripromesso anni addietro, quando dopo la sua morte avevo raccolto ogni mio componimento, in sua memoria.
Averla riveduta per la prima volta da che eravamo fanciulli m’aveva dato vita nuova
 
– Beatrice, io scriverò, e dirò di voi quel che non si è detto di alcuna2
 
Si voltò a guardarmi: il suo sguardo era enigmatico – Lo so che lo farai, ma dimmi: se nel tuo poema ci sarà una Beatrice, quante ce ne saranno nel tuo cuore e nella tua vita?–    Mi chiese ed io non compresi subito quel che diceva.
 
– Io resterò sempre la tua musa, e veglierò su di te qui nel Cielo. Ma non sono più l’unica che alberga nel tuo cuore, perciò dimmi con sincerità: Ci sarà una Beatrice a vegliarti sulla Terra? –
 
Il volto di Gemma apparve nella mia mente: il suo sguardo tanto amorevole quanto tenace, i suoi capelli rossi e vibranti come la fiamma da cui risorge la fenice, la sua mano sulla mia ad offrire conforto dopo che m’avevano colpito a Campaldino, la sua voce colma di determinazione, che mi incitava a non affogare nel passato, ad andare avanti, con lei al mio fianco.
 
Non potevano essere più diverse, le mie donne… Ma seppur non alla stessa maniera, le amavo entrambe con la stessa forza.
 
Nella mia mente vi fu solo chiarezza: una sola risposta, veritiera ed esatta: – Si, ci sarà. Nella mia vita e nel mio cuore ci sono e saranno due Beatrice, così come Amore mi comanda.–
 
Lei assentì, lieta della mia risposta, strinse ancor di più la mano mia e tornò a volgere lo sguardo verso il prossimo Cielo.
Il mio sguardo seguì il suo, pronto a proseguire secondo il volere di Dio, pronto a scoprire il Suo Regno.

C’erano due Beatrice nella mia vita, perché quello non era solo il nome di Bice Portinari che avevo amato in gioventù, ora mia fulgida guida nel Regno dei Cieli… Beatrice era innanzitutto un nome che significava “colei che porta alla beatitudine
Con la sua costante presenza Gemma mi aveva impedito di cadere nella Disperazione, mi aveva salvato come Beatrice aveva fatto, mandando Virgilio da me nella Selva Oscura.

Si… Ci sono due Beatrice

 

Note dell’autrice:
1.  Citazioni dal romanzo a cui è ispirato il racconto (La moglie di Dante di Marina Marazza)
2. Rielaborazione di una frase del capitolo XLII de la Vita Nova: “[…]io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d'alcuna.”



 

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