Il sacro messaggero

di MayaPatch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Il ritorno ***
Capitolo 2: *** Cap 2- Le indagini ***
Capitolo 3: *** La riunione ***
Capitolo 4: *** Organizzarsi! ***
Capitolo 5: *** In Florida! ***
Capitolo 6: *** Il rapimento ***
Capitolo 7: *** Il rabdomante ***
Capitolo 8: *** 8- La Fonte ***
Capitolo 9: *** 9- Il parassita ***



Capitolo 1
*** 1- Il ritorno ***


Salve! Non immaginate quanto sia contenta di aver rimesso mano ad una storia vecchissima! Saran passati oltre dieci anni, ormai sono cresciuta e, con me, anche i miei personaggi :D
Sì, ho anche la storia di Ark da mandare avanti, ma ormai sono vicina alla fine dell’università, quindi avrò anche più tempo per scrivere. Spero di tornare ad essere produttiva come un tempo!

Intanto vi lascio qui il link al mio google drive. Il documento in questione contiene le informazioni sulla mia tribù preferita e ciascun personaggio: QUI

Cap1 by MayaPatch

Era notte fonda al villaggio Patch. I vialetti erano vuoti e non un rumore proveniva dalle strutture color sabbia.
Una bambina dai capelli biondi si muoveva furtivamente tra le abitazioni. Si nascose dietro una di esse e si guardò attorno, voleva assicurarsi che non ci fosse nessuno. Prima di ripartire, si aggiustò il vestitino bianco e la piuma nei capelli.

«Sei sicura di quello che stai facendo, Alumi?» sussurrò improvvisamente un coyote dal pelo bianco.

«Silver Tail, è un compito importante. Le è stato affidato direttamente dalla Veggente» intervenne un serpente corallo femmina.

«Ma entrare nella sala dei cimeli non è permesso. Figuriamoci rubarne uno!» esclamò il canide con sdegno.

«Oh, state zitti. Mi farete scoprire! - li rimproverò la bambina stizzita- E comunque non devo rubarlo. Devo nasconderlo. Lo rimetterò al suo posto, dopo»

Silver Tail spostò lo sguardo dal serpente ad Alumi, sospirò «E va bene. Spero solo che ne valga la pena. Mi ricorda troppo quello che ha tentato di fare tuo padre»

«Silver Wing, nella piuma» disse Alumi. Un’aquila dal piumaggio marrone apparve al suo fianco e si impossessò dell’oggetto indicato. Un paio di ali argentee apparve sulla schiena di lei. Volare era più rapido e le bastava tenersi ad un’altezza tale da non essere notata.

Il Grande Spirito torreggiava al centro del villaggio, vorticando su se stesso in un gioco di spiriti e luce. Prima di arrivare alla sala, Alumi gli volse lo sguardo e sussurrò “Fa’ che vada tutto bene” 

Come previsto, non c’era nessuno. D’altronde, chi avrebbe mai provato interesse in oggetti cari solo ai Patch? Eppure, la previsione parlava di un oggetto rubato: un antico fermaglio con una piuma, l’unica che, secondo la leggenda, sarebbe stata donata dal Sacro Messaggero ai custodi prescelti dal Grande Spirito, la tribù Patch.

La bambina prese la chiave che le era stata consegnata dalla Veggente ed entrò nella sala. Chiusasi la porta alle spalle, si appoggiò ad essa e tirò un sospiro di sollievo «Bene, ora prendiamo il cimelio e nascondiamolo»


Qualche giorno dopo, Alumi correva tra gli edifici, le mani sulla testa per proteggersi dal crollo dei mattoni. Ovunque regnava il caos, tra le urla di chi fuggiva e gli sciamani che si combattevano a suon di OverSoul.

«Mamma?» chiamò Alumi, guardandosi attorno dopo essere giunta ad un edificio più isolato. Non la trovò, forse era rimasta indietro. Fece per andare a cercarla ma il crollo di un muro vicino e di uno dei totem la obbligò a rintanarsi nella struttura alle sue spalle.

«Che spreco di tempo. Spero che gli altri siano arrivati a destinazione» commentò una voce femminile con fare annoiato.

La bambina si nascose dietro un vaso per le vivande. Si sporse quanto bastava per guardare chi aveva parlato. Senza dubbio era una donna, ma fu l’aspetto a lasciare Alumi di sasso. La pelle scura, i capelli neri e il vestiario erano tipici delle popolazioni dei Nativi. Sul volto, la donna aveva un disegno, un tatuaggio, probabilmente. La bambina non sapeva cosa significasse quella forma simile ad una freccia con la punta verso il basso. Rimase a fissarla per un po’ quando, per nascondersi, urtò il vaso, facendolo spostare di qualche centimetro. Alumi trattenne il respiro e fece a mala pena in tempo a spostarsi all’indietro per evitare i mattoni che caddero in seguito ad un attacco. Per lo spavento, urlò, tenendosi la testa tra le braccia e rannicchiandosi contro il muro.

«Ma tu guarda, chi abbiamo qui? Un leprottino in trappola.» la donna era ancora all’esterno dell’edificio e guardava Alumi con un ghigno.

Dal canto suo, la piccola alzò lo sguardo e a mala pena capì cosa aveva davanti: un’ombra scura e informe avvolgeva il braccio dell’intrusa. Era un OverSoul?

«Attraction!» esclamò un’altra voce, maschile.

La donna fu trascinata da una forza invisibile verso la direzione della voce e poi sbalzata in avanti con una forza spaventosa.

Alumi si alzò ma non osò muoversi dal suo posto. Volse lo sguardo verso l’alto, dove prima c’era il tetto. Ciò che vide la lasciò di stucco: una enorme creatura dello stesso colore della roccia torreggiava sulla struttura. I segni bianchi sul suo corpo erano inequivocabili: Spirit of Earth, uno dei cinque spiriti elementali, figli del Grande Spirito.

«Hei, piccola! Tutto bene? Siamo arrivati appena in tempo!» esclamò la voce maschile con allegria. Il sorriso sul volto del giovane sciamano dai capelli castani era rassicurante e benevolo.

«Asakura Yoh…» mormorò Alumi. I suoi occhi azzurri erano sgranati e colmi di meraviglia.

Una serie di tuoni rimbombò in lontananza, facendola sobbalzare.

«Ren ci sta dando dentro, a quanto vedo. Non cambierà mai - commentò Yoh con fare divertito - Alumi, giusto? Vieni con me, ti porto al sicuro» le porse una mano.

La bambina sapeva di essere al sicuro e accettò quella mano senza esitazione.

«Tieniti» raccomandò Yoh dopo essere salito sul palmo gigantesco di Spirit of Earth, che si alzò in volo e li scortò dal resto del gruppo.

Da lì, era possibile vedere le conseguenze di quell’attacco improvviso. Era perfino intuibile il punto da cui gli aggressori avevano fatto irruzione: dalla grotta nord si estendeva una scia di distruzione. E, da dove erano entrati, gli intrusi stavano tentando la fuga.

Spirit of Thunder aveva smesso di attaccare. Attorno a lui si estendeva una bolla di colore azzurro. Sotto di esso erano raggruppati i Patch rimasti, o almeno parte di essi. Alumi aveva visto gruppi interi fuggire verso la foresta che cresceva attorno al Grande Spirito. Sapeva che, in caso di pericolo, quella foresta era dotata di un sistema di sicurezza che disorientava gli avventori, spingendoli a perdersi tra gli alberi. Forse anche sua madre era lì.

Anche gli altri spiriti elementali non attaccavano più. Rimanevano immobili, forse in attesa di ordini.

«Ragazzi, avete già finito?» chiese Yoh, giunto in loco.

Lo sciamano con i capelli a punta e gli occhi gialli incrociò le braccia al petto con espressione poco soddisfatta «Ci hai raccomandato di uccidere il numero minore di persone e di limitare i danni il più possibile. Inoltre non ha più senso infierire, sono bastati un paio di attacchi per farli fuggire a gambe levate»

«Codardi! Attaccare di notte!» commentò un ragazzo con i capelli azzurri con le punte verso l’alto.

«Ed è quello che fanno gli aggressori, Horo Horo: cogliere di sorpresa il nemico» disse il ragazzo con i capelli a punta.

«Non c’è bisogno che me lo spieghi, Ren» rispose Horo Horo con stizza.

«È lei Alumi ?» domandò un altro sciamano, aveva i capelli verdi e un mantello in tartan dello stesso colore. Sorrise con dolcezza e allungò la mano verso la bambina.

«Mi chiamo Lyserg Diethel» alle sue spalle c’era lo spirito che aveva fatto parlare di sé durante lo Shaman Fight: Spirit of Fire, appartenuto ad Hao Asakura.

Alumi gli strinse la mano e annuì «Alumi Niumbirch»

«Comunque - iniziò Ren - sono passati a mala pena due anni dalla fine del Torneo e ci sono già problemi»

SpiritiSign by MayaPatch

Nella Comunintà dello Shaman King, Hao Asakura era in attesa. Sedeva sul suo bianco scranno in pietra e osservava il vuoto luminoso davanti a lui.

Il tempo sapeva essere molto beffardo. Questa volta, gli eventi si erano ripetuti ma con esito differente e, probabilmente, più catastrofico, per una tribù come quella dei Patch.
Dodici anni dopo, come in un loop, la tribù intrusa aveva attaccato con le stesse modalità, ma era cambiato qualcosa.

Samari, il capo tribù in carica, aveva comunicato col Grande Spirito, chiedendo consiglio. Chiunque venisse ucciso dagli avversari non poteva essere resuscitato. Inoltre, alcuni feriti non potevano essere curati.
Il risultato fu che i nemici non solo distrussero buona parte degli edifici, attaccando anche le semplici famiglie non combattenti, ma uccisero anche un gran numero di persone, facendo calare sulla tribù Patch il terrore dell’estinzione.

Così come era iniziato, l’attacco era terminato improvvisamente e il nemico si era ritirato.

Hao aveva mandato i suoi consiglieri, ormai ex officianti del torneo, a controllare nella Comunità dedicata e farsi dare informazioni. Quando un morto non poteva essere resuscitato significava che qualcosa lo stava trattenendo lontano dal Grande Spirito o che era stato distrutto. Neanche lo Shaman King poteva fare qualcosa, se a mancare era la materia prima: lo spirito, latore della memoria dell’individuo. Grazie ad esso era possibile ricostruire perfino il corpo fisico, partendo dalle ceneri.

«Shaman King»

I pensieri di Hao furono interrotti da una voce maschile atona, non era un bel segno. Il re abbassò lo sguardo e fece un cenno col capo. «Magna. Che notizie mi porti?»

Il Patch dai voluminosi capelli ricci si inchinò in segno di rispetto, la sua espressione era seria, ma il pugno tremante al fianco tradiva la sua rabbia «Nella Comunità Patch sono presenti sessantaquattro spiriti, su un totale di duecentoventisette morti dichiarate. Non troviamo gli altri, ciò conferma quello che ti ha riferito Lip.»

Hao poggiò il mento sul palmo della mano sinistra «È peggio di quanto mi aspettassi. Su un migliaio di membri, quel numero fa paura»

Magna non rispose.

Il re tirò un lungo sospiro «Mi chiedo cosa sia cambiato dal precedente attacco. Ricordo che tutti i morti erano stati resuscitati. Insegnare questa pratica ai vostri guaritori è stata un’ottima idea. Ma perché adesso non è possibile?»

Incrociò le dita delle mani e guardò in alto, aveva bisogno di un parere «Raggiungi gli altri e aggiornami quando possibile. Devo pensare»

Il Patch si inchinò di nuovo e sparì.

Sapeva che si trattava solo di una proiezione, ma il suo modo di agire e pensare era identico a quello di suo fratello. Gli aveva tenuto compagnia quando aveva più bisogno, così lo chiamò: «Yoh, devo parlarti»

Yoh Asakura si manifestò al suo fianco, ancora di aspetto giovane, come Hao se lo ricordava «Situazione spinosa?»

Il re si alzò dal trono, portò le mani dietro la schiena e passeggiò lentamente «Sono indeciso – iniziò – Credo che, al momento, il villaggio non abbia una protezione concreta. I guerrieri più forti erano loro e il Consiglio è ancora in fase di ricostruzione perché ci sono dei posti vacanti. Quella tribù è importante per il Grande Spirito. Potrebbe non esserci più alcuno Shaman Fight in futuro, se accadesse qualcosa. E il Grande Spirito non avrebbe più dei Guardiani che proteggono il luogo sacro»

«Vuoi mandarli lì?» tagliò corto Yoh.

Hao annuì col capo, era quello che voleva sentirsi dire «Invece di mandarli in giro per le Comunità e controllare la situazione, credo che siano più utili tra i vivi. È fondamentale che indaghino e proteggano la tribù. Il loro Furyoku attuale eguaglia quello degli sciamani di classe Kami. Qualsiasi diavoleria abbiano inventato quegli individui, i ragazzi sapranno fronteggiarla. Per quanto riguarda i loro compiti qui, mi servirò delle loro proiezioni»

La proiezione di Yoh esibì un sorriso «Chissà come la prenderanno. Intanto tu farai qualche ricerca?»

«Non appena riceverò qualche notizia in più. Mi serve un punto di partenza»

Radim si immischiò improvvisamente nella conversazione «Punto di partenza per cosa?»

«Non mancare di rispetto al nostro re» lo redarguì Magna con tono severo.

«Non fa niente. Tanto ho già preso una decisione. Piuttosto, perché siete già qui? Hanno finito?» chiese lo Shaman King. Si era seduto nuovamente sul trono e guardava il gruppo di Patch.

Kalim sospirò, era visibilmente spossato «Il numero è salito a duecentosettantatré. Pare non ce ne siano altri, per ora. E speriamo che non aumentino»

«Sono frustrato! Non poter fare nulla è così…» esclamò il Patch con gli occhiali da sole, gesticolando.

«In realtà qualcosa potete farlo: tornerete tra gli infelici» intervenne lo Shaman King.

«Infelici?» Radim lo scrutava con un sopracciglio sollevato.

Hao sbuffò «I vivi. E li aiuterete.»

Dopo aver esclamato un “Ah”, Radim sollevò gli occhiali, aveva gli occhi sbarrati e fissava Hao con stupore «Cosa? Ho sentito bene?»

L’Asakura dai capelli lunghi ghignava con la sua solita malizia «Sì. È stata una scelta rapida ma non priva di dubbi. Il rischio che finiate come quelle vittime è alto, ma mandarvi lì è la scelta ideale. Eravate i guerrieri più potenti. Con la resurrezione, dovreste guadagnare un quantitativo notevole di furyoku. La vostra presenza solleverà il morale e farà sentire gli altri più al sicuro. Potrebbe anche far desistere i nemici da un nuovo attacco»

«Per quanto tempo rimarremo lì?» domandò Silva.

Hao rifletté, non ci aveva pensato. Sarebbero rimasti lì, per precauzione? Oppure sarebbero tornati al Grande Spirito? Si concesse qualche secondo prima di rispondere: «Dipenderà dalla situazione. Per ora concentriamoci sulle cose concrete. Avvertite Lip e Rap, che diano la notizia e facciano preparare quanto serve. I vostri corpi sono stati recuperati già al tempo e custoditi con riguardo. Non sarà difficile resuscitarvi. Sono lo Shaman King, dopo tutto»

SpiritiSign by MayaPatch

«Bentornato.»

Era la voce femminile che sentì quando aprì gli occhi azzurri. Si mise a sedere e si guardò attorno. Era avvolto in un telo dai disegni tribali colorati e ai suoi piedi era adagiata la tenuta da combattimento. I cinque anelli attendevano di essere nuovamente indossati. La divisa da Officiante era, invece, appesa su una gruccia poco distante. Sorrise. Era di nuovo a casa.

Silva si volse alla sacerdotessa che era in piedi affianco al letto e lo guardava con un dolce sorriso «Ti ringrazio. È bello essere qui»

«La resurrezione sembra essere andata bene. Posso allontanarmi. Per qualsiasi problema, sono fuori la porta»

«Benissimo. Qui sembra tutto a posto, non credo mi manchino pezzi» ironizzò Silva, stiracchiandosi e guardandosi mani e braccia. Ma non era tempo di indugiare oltre. Non vedeva l’ora di rimettersi in piedi. Erano passati quattordici anni, probabilmente il villaggio non era cambiato, ma la nostalgia era tanta.

Quando si fu vestito e uscì dalla stanza, vide gli altri riuniti a discutere. Li raggiunse e chiese di cosa si stesse parlando così animatamente.

Chrom, che era stato resuscitato insieme a loro, rispose con una sollevata di spalle e un sospiro: «Stiamo cercando di organizzarci. Ci sono diverse cose da controllare: gli ingressi alle grotte, i corpi di chi non è stato resuscitato, i totem di protezione…»

«Sarebbe più saggio mandare solo una persona a controllare i corpi, voi altri potete dividervi» disse Magna.

«Voi altri?» fece eco Radim.

«Sì. Preferirei controllare di persona la situazione all’ospedale. Vorrei avvertire lo Shaman King il prima possibile. Trovare qualcosa che gli sia utile è la priorità. Se quella gente può essere resuscitata in qualche modo, sarà lo Shaman King a deciderlo, dopo aver fatto le sue ricerche» rispose Magna con tono tranquillo.

Lo sciamano con gli occhiali lo guardò dapprima con sospetto e poi il suo volto si illuminò «Oh, certo, lo Shaman King. Dimenticavo che sei il suo pupillo. Immagino che sia una mansione che ti ha affidato»

Magna rispose con un ghigno beffardo «Allora, è deciso»

Silva rifletté e poi guardò l’amico di vecchia data: «Hei, Chrom, che ne dici se andiamo a controllare i totem? Vieni con noi, Nichrom?»

Riteneva che fosse giusto coinvolgere anche il fratello minore di Chrom. Per quanto si fossero incontrati nuovamente nel Grande Spirito, ora potevano passare del tempo anche tra i vivi, il che rendeva l’esperienza più preziosa. Non sarebbe stato lui ad impedirgli di recuperare.

Il ragazzino sembrò colto alla sprovvista dalla proposta, ma non rifiutò.

«Benissimo! Allora noi ci dividiamo e controlliamo le entrate!» annunciò Bron.

Il modo in cui ognuno aveva reagito alla resurrezione era stata più che positiva. Lo Shaman Fight aveva sollevato tensioni e perfino inimicizie. Lo stress era stato tanto. Silva fu ben felice di essere tornato e non per un altro torneo. In quel momento erano tutti lì per collaborare ed essere utili. In cuor suo sperò che gli sarebbe stata data l’opportunità di essere nuovamente loro stessi e di andare d’accordo.

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Capitolo 2
*** Cap 2- Le indagini ***


Ed eccoci col secondo capitolo!
Il nome dell’applicazione “SpiritGram” è stato suggerito da Roberto Turati. È il corrispettivo di Telegram!

Sk2 by MayaPatch

«Ragazzi!» chiamò Rutherfor, prima che il gruppo si disperdesse. Distribuiva dei cellulari con touch screen mentre spiegava: «Dobbiamo tenerci in contatto. Appena li accenderete, gli iPatch raccoglieranno le vostre informazioni in un profilo. Potrete tenere d’occhio il vostro furyoku e, in generale, le vostre condizioni» spiegò.

Radim accese il suo cellulare con visibile entusiasmo «Non avete idea di quanto abbia invidiato gli sciamani che potevano utilizzarne uno. Sapete, tanto lavoro per noi e Lip e Rap e non poterli usare»

Magna osservò con indifferenza l’oggetto che aveva tra le mani e lo accese. Effettivamente, dopo una schermata di caricamento, apparve il suo profilo. In cima a tutto, centrale, c’era la sua foto. Seguivano nome, cognome, luogo di nascita, il suo impeccabile stato di salute e il valore del furyoku. Fu in quel momento che rimase a fissare lo schermo per qualche secondo. Il suo furyoku ammontava a 350.860. Era una cifra considerevole. Non ne era stupito, se lo aspettava. Semplicemente non sapeva che tipo di valore avrebbe raggiunto dopo la resurrezione. Si era allenato nel Grande Spirito, come i suoi colleghi, per fronteggiare al meglio le emergenze nelle Comuni.

Dopo aver aggiunto gli altri alla rubrica e sistemato le impostazioni del cellulare, Magna lo ripose in una tasca laterale della veste «Credo sia ora che vada – annunciò – Prima lo Shaman king riceve informazioni, prima può iniziare le sue di ricerche»

«Spero che esca fuori qualcosa» disse Rutherfor con espressione preoccupata.

«Me lo auguro» mormorò Magna prima di andarsene. Se lo augurava davvero. Se quella gente avesse attaccato con le stesse modalità in tempi ravvicinati, il villaggio avrebbe faticato a riprendersi. Non era il tipo che si turbava facilmente, ma era orgoglioso di ciò che era e del suo popolo. Uno dei suoi compiti era quello di proteggere il villaggio, e lo avrebbe fatto a ogni costo.

Mentre camminava, osservava i danni agli edifici. Per ricostruirli ci sarebbero voluti dei soldi, un altro colpo alla loro precaria economia. Sospirò e velocizzò il passo, dirigendosi all’ospedale.

Guardandosi attorno, la sua attenzione fu attratta da un particolare. C’era un edificio che ricordava di aspetto differente. Era stato ristrutturato? Quattro totem erano stati piazzati ai quattro angoli. Era la Sala dei Cimeli e il suo ingresso era custodito da un paio di Patch. Inarcò un sopracciglio. Gli risultava che quella sala non fosse mai stata toccata in migliaia di anni, inoltre nessun esterno avrebbe mai capito il valore di ciò che custodiva.

Decise di effettuare una piccola deviazione e si presentò alle guardie «Buongiorno»

I due Patch, giovani di età, si misero sull’attenti, visibilmente emozionati «B-buongiorno!- esclamò uno dei due- È un onore incontrarla!»

«Troppo gentile» commentò Magna, accennando un sorriso carico di orgoglio «Vorrei delle informazioni»

«Qualsiasi cosa. Chieda, siamo a disposizione!» rispose l’altro Patch.

L’Officiante accennò col capo alla struttura «Me la ricordavo diversa. È stata ristrutturata, immagino. Ma perché questa drastica decisione?»

Il Patch a destra della porta indugiò «Fu distrutta durante l’attacco di tanti anni fa. Ammetto di non ricordare granché, ero abbastanza giovane. Magari, se chiede in giro, troverà qualcuno che ha dei ricordi»

«Capisco -rispose Magna- Grazie lo stesso. Buona giornata e occhi aperti»

I due ragazzi si riposizionarono sull’attenti «Sissignore!»

Li salutò con un fugace cenno della mano e riprese la sua strada. Come aveva sospettato, era accaduto qualcosa quel giorno di dodici anni fa. Forse gli invasori avevano semplicemente distrutto la struttura nella foga della battaglia, oppure cercavano qualcosa. Ma i vecchi mezzi utilizzati dagli Officianti dei precedenti tornei non erano più utili, come non lo erano nemmeno quelli dei precedenti capi tribù: ormai gli spiriti custodi erano con loro nel Grande Spirito. Certo, erano custoditi anche tre mezzi speciali, appartenenti a tre famiglie antiche dei Patch, che sarebbero stati consegnati a chi erano destinati. Ma, anche in quel caso, si trattava di oggetti utilizzabili solo dallo sciamano designato e in OverSoul con un determinato spirito.

Mentre rifletteva, Magna aveva raggiunto la struttura ospedaliera, un edificio più grande e con due sontuosi totem ai lati. Entrò e si diresse alla reception. Prima che potesse chiedere qualsiasi informazione, una voce femminile lo chiamò con tono evidentemente sorpreso. Si voltò.

«Magna? Che ci fai qui?» chiese una ragazza dai familiari capelli ricci e voluminosi. Sembrava la versione adulta di Rutherfor. Indossava lungo abito color crema, le frange all’altezza delle spalle e al bordo della gonna erano color cobalto scuro. Le decorazioni tipiche della tribù Patch lo abbellivano con il loro colore rosato. Tra i capelli indossava una fascia viola a cui erano attaccate due piume «Non sei un fantasma, vedo la tua ombra»

Maya by MayaPatch«Maya?»

La ragazza esibì un sorriso molto dolce «Sì. È da tanto che non ci si vede, eh? Quattordici anni!» esclamò.

«Già» rispose lui. Non amava molto i momenti come quello. Non sapeva cosa dire dato che le sue capacità sociali si fermavano alla formalità.

In quel caso, fu proprio Maya a rompere il ghiaccio, disobbligandolo da qualsiasi frase di circostanza. Lo abbracciò con calore «Sono molto felice di vederti»

Magna si guardò attorno con espressione quasi confusa. Non si aspettava un abbraccio. Così, con rigidità, ricambiò. Si distanziò quasi subito e recuperò la sua aplomb, si schiarì la voce «Fa molto piacere anche a me. Ad ogni modo, si può accedere all’obitorio?»

«Oh, sei qui per quelle persone, dovevo immaginarlo» l’espressione della ragazza si era rattristata. A quanto pareva, neanche lei era rimasta indifferente.

«Lo Shaman King vuole informazioni dirette»

«Allora seguimi. Io sono qui per salutare mia madre. Dovremmo trovarla lì» spiegò Maya, incamminandosi verso le scale che portavano al piano sotterraneo.

Magna la seguì fino al corridoio sottostante. Lì, quasi come se li stesse aspettando, c’era una donna dai capelli neri con striature grigie e gli occhi azzurri. Indossava un lungo abito color avorio. Il Patch se la ricordava bene. Era Lantha, la madre di Ruthefor e Maya ed era una guaritrice. L’aveva incontrata spesso, in passato, quando andava a prendere il pane alla loro panetteria di mattina presto. Sembrava invecchiata più di quanto si aspettasse, probabilmente a causa dello stress.

La donna li accolse con un mesto sorriso, abbracciò la figlia e salutò Magna con un solenne gesto del capo «Sapevo che uno di voi sarebbe arrivato – si volse alla figlia- Sicura di voler venire?»

Maya sembrò sorpresa «Non credo sia diverso dall’ultima volta»

La donna strinse le labbra «Questa volta lo è. C’è… c’è della gente che conosci -poi si corresse- Che conoscete»

«Non sono qui solo perché mi ha contattata Samari. Voglio constatare di persona i danni» rispose la ragazza con risolutezza.

Lantha le volse un sorriso appena accennato e si avviò. Li condusse a una stanza, una delle più grandi e parlò: «Abbiamo seguito le direttive. Sono tutti qui. Un velo di furyoku evita che si decompongano. Spero che questa ricerca non duri troppi giorni, noi vorremo… dargli una degna sepoltura»

«Comprendo il dolore. È lo stesso che stiamo provando tutti, in questo momento» rispose Magna con sentito dispiacere «Non mi tratterrò molto. E spero che lo Shaman King trovi rapidamente una soluzione. Chi può dirlo, forse sarà possibile resuscitarli»

«Sarebbe magnifico» disse la donna con voce tenue e poi li lasciò passare.

Magna osservò il posto. Era una stanza molto grande, occupata da letti sistemati in file, così da permettere il passaggio. Ogni salma era stata ripulita e adagiata con cura sul letto designato. A un primo sguardo, se non fosse stato per le ferite visibili, chiunque avrebbe pensato che quelle persone stessero dormendo. Il team dei guaritori se ne era occupato con molta attenzione.

«Ah, senti, caro -disse Lantha- Prenditi tutto il tempo. Ogni dettaglio è importante. Per il resto, sono a disposizione»

Magna la ringraziò e si incamminò tra i letti. Chiamò Magnescope e gli chiese di dargli una mano. Aveva tanto da esaminare e il suo gufo era un ottimo osservatore. Ma non passò molto e la voce di Maya pronunciò con voce tremante dei nomi, forse suoi amici. L’Officiante si voltò per dare un’occhiata. La ragazza si copriva la bocca con le mani e aveva gli occhi spalancati. Sua madre le parlava a bassa voce e Maya bofonchiava in risposta, era palese lo sforzo che stava facendo per non scoppiare a piangere.

L’uomo tornò al suo compito, non doveva distrarsi. Iniziò a osservare i corpi dei poveri disgraziati, annotandosi ciò che gli saltava all’occhio: ferite non curate, la loro totale assenza oppure delle caratteristiche comuni. Man mano che passava da una salma all’altra, notava che c’era qualcosa che spiccava su ognuna. Era come una macchia che i suoi occhi avevano iniziato a individuare automaticamente, quasi come aspettandosi di trovarla lì, su ogni petto. Sembrava una voglia o un livido. A incuriosirlo era il modo in cui questa macchia si estendeva: da essa, partivano dei filamenti che si diramavano fino alla base del collo, come delle radici. Era sicuro che anche i guaritori avevano notato questa stranezza.

Mentre il Patch rifletteva su ciò che aveva notato, Magnescope lo chiamò, era a qualche letto di distanza da lui, appollaiato sulla testiera. L’uomo lo raggiunse e spostò lo sguardo su quello che il pennuto voleva che vedesse. A causa dei volti sfregiati, gli ci volle un po’ per riconoscere i due sciamani che aveva davanti: i suoi genitori. Erano avanti con gli anni, ma erano loro. Avevano sicuramente combattuto. Magna non si sarebbe aspettato diversamente. Spostò lo sguardo su Magnescope e poi sulle due salme. Per qualche motivo non gli spiacque quella vista, ne era indifferente, anzi percepiva un pizzico di soddisfazione. Quanto li aveva odiati, in passato.

Ordinò al gufo di riprendere l’indagine e fece lo stesso anche lui. Ormai aveva constatato che il nemico uccideva con la stessa tecnica. Così, dopo aver finito il suo giro, Magna tornò dalle due sciamane. Maya sembrava più lucida, ma il suo sguardo si era spento. Sua madre le era accanto e le accarezzava dolcemente il braccio.

«Hai controllato tutto?» chiese la donna.

L’Officiante tirò un profondo sospiro, aveva delle domande «Sì. In realtà, controllati una decina, è stato come vedere una scena ripetuta allo stesso modo. Ha notato quella macchia?»

Lantha si strinse nelle spalle, visibilmente a disagio «Certamente.»

«Non ha idea di cosa sia?»

«No. Io e gli altri abbiamo provato a interagirci, ma non è accaduto nulla. I feriti che abbiamo provato a curare sono morti ugualmente, nonostante non fossero gravi»

«Questo è strano» commentò Magna, la sensazione che aveva era sgradevole «Non è successo nulla, oppure ha notato qualcosa? Quando ha provato a curare i feriti, intendo»

La donna guardava in basso, pensierosa «Era come se il furyoku venisse assorbito. Ne siamo sicuri perché i guaritori lo utilizzavano. Ma non accadeva nulla. Eppure, il flusso di furyoku passava»

Il Patch incrociò le braccia al petto e guardò le salme. Sicuramente quella macchia c’entrava qualcosa. Con ogni probabilità, era quella a bloccare le anime dei morti e a evitare che le ferite venissero curate.

«Ah, i feriti sottoposti a questi tentativi di cura morivano più lentamente. Non so se possa essere utile come osservazione» disse la donna.

«No, è utilissima. Conferma che c’è qualcosa che interferisce con il furyoku. E le persone che sono state resuscitate? Avevano anche loro questa… cosa?»

«No. Parliamo di persone morte a causa del crollo degli edifici. Ma, effettivamente, quella macchia può essere un ottimo punto di partenza. Onestamente, non abbiamo idea di cosa fare. Come rimuoverla» Lantha zittì per qualche secondo, poi parlò nuovamente «Quando ho parlato con i feriti, ho saputo anche un’altra cosa»

Lo sciamano la osservò, corrugò la fronte e attese.

«Mi hanno detto che il loro Oversoul si è dissolto e non sono stati più capaci di generarne un altro. Si sono sentiti improvvisamente deboli e incapaci di fare alcunché. E morivano ugualmente anche per ferite non mortali, come ho detto prima»

«Quando uno sciamano perde tutto il Furyoku in una volta, il suo fisico subisce un tracollo perché non riesce a bilanciare l’improvviso squilibrio energetico. Ma qui c’è qualcos’altro. Sembra che chi venga, a questo punto, marchiato sia condannato a morire, non importa cosa faccia» disse Magna. Ormai era chiaro cosa stesse accadendo, ma gli sfuggiva il come e il perché «Rendono innocuo il nemico e non si prendono neanche la briga di finirlo perché conoscono già l’esito»

Lantha parlò nuovamente, questa volta sembrava scegliere le parole «Quest’altro dettaglio, invece, va preso con le pinze. Mi è stato riferito dodici anni fa da Alumi. Me lo ha anche confermato uno dei Cinque Guerrieri»

«Si ricorda chi era?»

«Il possessore di Spirit of Thunder»

Il suo disprezzo per quel ragazzo non si era ancora totalmente placato. Magna nascose una smorfia dietro il colletto dell’abito tradizionale, fu uno sforzo immane mentre rispondeva e proferiva queste parole: «Per quanto lo ritenga un ragazzino arrogante e presuntuoso, ammetto che ha un buon spirito di osservazione. Cosa le ha detto?»

Lantha si avvolse le braccia attorno al corpo, era palesemente in imbarazzo «Il simbolo tatuato sul loro volto è quello di una freccia rovesciata, o qualcosa di simile. Ma non è possibile. I Seminoa dovrebbero essersi estinti cinquecento anni fa»

SpiritiSign by MayaPatch

La scalinata attraversava l’intero villaggio e conduceva al punto più alto. Da lì era possibile osservare l’immensità della caverna che ospitava il Grande Spirito. La foresta creava un anello verde che separava il villaggio dei Patch dal sacro sito. Era un luogo prospero nonostante fosse situato nel sottosuolo.

Silva osservava il panorama e lasciava che i suoi pensieri scorressero placidi come l’acqua di un fiume. Si sentiva bene, lì a casa. Da quella postazione poteva constatare i danni subiti. Sperava vivamente che la presenza dei guerrieri più forti fungesse da deterrente. In caso contrario, avrebbe dato il meglio di sé in combattimento.
Abbassò lo sguardo, sulla scalinata, e attese Chrom e Nichrome che stavano ancora salendo. Ghignò in modo scherzoso e li prese in giro: «Da quando siete così lenti? Quattrodici anni nel Grande Spirito vi hanno impigriti!»

L’amico rispose con una risata «Ci stiamo solo godendo la salita. Sei tu che corri troppo!»

«Abbiamo un bel po’ di totem da controllare- disse Silva- E non so quanto tempo abbiamo prima del prossimo attacco, se ci sarà»

«Onestamente- iniziò Nichrome, serio- Spero non ce ne siano altri»

Controllare i totem era un lavoro semplice, ma il loro numero, aumentato dall’ultima volta che Silva era stato al villaggio, era notevole. Più totem erano presenti e più ampia era la barriera.

I tre sciamani si riunirono attorno al primo totem e poggiarono le mani sul legno dipinto. Silva percepì l’energia fornita dal Grande Spirito. Era quella ad alimentare la barriera «Mi chiedo come abbiano potuto attraversare le difese. Hanno funzionato benissimo nell’arena, durante il torneo. E questo qui ha davvero tanta energia»

«È probabile che ci sia qualche totem rotto o qualcosa del genere» commentò Chrom.

Silva rifletté «Dobbiamo controllare quelli vicino le entrate, allora. Che cosa hanno detto Lip e Rap?»

«Pare che gli aggressori abbiano fatto irruzione da Nord e Ovest- rispose Chrom- Ma mi chiedo come abbiano fatto a individuare i punti deboli di una barriera invisibile»

«Spie?» azzardò Nichrome.

«Può darsi. Ma ciò implica che ci sia un infiltrato o un traditore qui al villaggio» disse Silva. Questa possibilità non gli piaceva neanche un po’.

Chrom guardava il totem con aria assorta «E se avessero semplicemente un modo per individuare i punti deboli? Qualche tecnica particolare, intendo. Forse c’è qualcuno che può sentire la quantità di energia»

Silva sollevò le spalle «Anche questa è una possibilità. Ma è per questo che dobbiamo indagare e rimediare. Faremo anche dei test, se necessario»

«Allora andiamo. Controlliamo i totem lungo la strada, almeno ci accertiamo che funzionino» disse l’amico mentre si incamminava verso la prima entrata a Nord.

Il villaggio era accessibile dalle rovine in superficie attraverso un unico ingresso, ma le entrare interne erano situate ai quattro punti cardinali. Ad esse si arrivava attraverso il sistema di gallerie e scalinate che si diramava nel sottosuolo come un labirinto. Silva ricordava che ben pochi sciamani avevano trovato gli ingressi, durante il Torneo, e si erano smarriti. Ritenuti non idonei a continuare, il Grande Spirito li influenzava a tal punto da ritrovare la strada di uscita invece di chiamarli a sé. Ma questo sistema non aveva funzionato con gli aggressori e ciò lo preoccupava. Che avessero un sistema di occultamento simile a quello di Renim?

Quando il gruppo giunse all’entrata Nord, Chrom constatò che i due totem erano stati abbattuti. Da lì, si estendeva una scia di distruzione. Gli edifici più vicini erano crollati e anche i totem di tutta l’area. Lo sciamano si volse ad Ovest e osservò «Guarda lì»

Silva seguì il suo sguardo e notò che anche lì gli edifici non se la passavano bene «Caspita- commentò- sono entrati abbattendo quello che avevano davanti»

«Devono odiarci davvero tanto» mormorò Nichrome.

«Credo che ci sia bisogno di misure più drastiche. Ne discuteremo al Consiglio»

Non appena Silva ebbe finito di parlare, tutti e tre i cellulari emisero un suono. Qualcuno gli aveva mandato un messaggio sulla app SpiritGram. Era Samari. Il testo era breve: Quando avete finito con le indagini, vi aspetto in sede. Ho delle novità.

«Beh, a questo punto andiamo. Credo che anche gli altri siano arrivati alle nostre conclusioni» disse Nichrome.

«Già. Infatti sono più curioso di sapere cosa ha scoperto Magna. Lo Shaman King sembrava interessato a scoprire soprattutto cosa è successo a quelle anime» Chrom era pensieroso.

Senza aggiungere altro, i tre si avviarono.


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Capitolo 3
*** La riunione ***


Sk3 by MayaPatch

«Quindi c’è anche mia sorella» constatò Maya mentre si incamminava verso il luogo del rendez vous. Aveva ricevuto anche lei il messaggio da parte di Samari. Non vedeva l’ora di incontrare Rutherfor e il resto del gruppo.

«Ovviamente» le rispose Magna.

La sciamana recuperò parte della sua vitalità, rivedere sua sorella la rendeva felice «Sarà stranissimo incontrarla ora. All’epoca ero anche più bassa di lei!»

«Già, ti nascondevi dietro Chrom, quando cantavi nel coro. E, se ricordo bene, ti nascondevi anche dietro il bancone della panetteria»

«Oh, quello» bofonchiò Maya con grande imbarazzo, le sue guance si tinsero di rosso e le coprì con le mani «Non ricordarmelo»

Magna rise «Consolati, sembra che tu abbia risolto il problema. Mi stai parlando senza scavarti un fosso con i piedi. E sei anche più alta di quanto mi aspettassi»

«Che dire? A quanto pare, la maggiore età ha fatto magie» esclamò Maya muovendo le dita delle mani come per scagliare un incantesimo.

«In un team che ho seguito, le Hana Gumi, dicevano di essere delle streghe. Mi chiedo che fine abbiano fatto. Facevano parte del seguito del Maestro Hao, lo Shaman King. Oh, aspetta, ero anche il supervisore di un altro team le cui componenti assomigliavano molto di più a delle streghe. Erano tre vecchie che volevano tornare giovani. Si chiamavano Magical Princess» disse lo sciamano.

Maya scoppiò in una sonora risata «Cosa? Ma che razza di soggetti vi sono capitati per mano?»

Magna scrollò le spalle «È il nostro lavoro. Sono le doti dello sciamano che dobbiamo valutare, non il nome dei team»

«Sì, okay, però… Magical Princess» la ragazza non poteva non ridere. Aveva sentito solo vaghe notizie riguardanti il torneo. Quando i partecipanti giunsero al villaggio, non ebbe l’opportunità di curiosare in giro. Il regolamento vietava l’interazione dei Patch regolari con gli esterni, soprattutto per motivi di sicurezza. Così Maya fu costretta a spostarsi con la famiglia in uno dei villaggi minori, lontano dal luogo sacro. Quello che stava sentendo in quel momento la lasciava senza parole per la bizzarria. Probabilmente, avrebbe approfittato per chiedere più informazioni, aveva a disposizione le fonti dirette, dopo tutto. Tuttavia un modo per informarsi sugli scontri nei plant lo aveva trovato, a suo tempo. Così era riuscita a seguire lo svolgersi degli eventi.

Magna interruppe improvvisamente il discorso, si era fermato e guardava Maya con attenzione «Parlando di doti sciamaniche. Gli aggressori sembrano avere molti assi nella manica. Non è da tutti superare i Totem od occultare la propria presenza nel luogo sacro. Hanno anche attaccato la Sala dei Cimeli. Hai idea del motivo?»

La sciamana lo guardò incuriosita «Uh? La Sala dei Cimeli? Oh, sì. Successe una cosa molto strana. E credo che non sia stata una coincidenza»

«Ovvero?» incalzò l’uomo.

Maya portò le mani dietro la schiena e volse lo sguardo al Grande Spirito, ricordava quel giorno. «Uno dei cimeli fu rubato qualche giorno prima dell’attacco. La persona incaricata di pulire il posto trovò la teca centrale vuota. Cercammo ovunque, ma niente. Poi fummo attaccati. Per il resto, mia madre mi barricò in casa per oltre una settimana. L’unica cosa che so è che i Cinque Guerrieri erano intervenuti.»

«La teca centrale custodiva il fermaglio, me lo ricordo»

Maya si strinse nelle spalle «Non ne abbiamo più notizia da allora. Dubito, però, che sia stato rubato da questi Seminoa»

«Anche se lo avessero loro, non potrebbero utilizzarlo. È un banalissimo fermaglio nelle mani di chi non è il Custode Spirituale. So che sei a stretto contatto con quella persona, non hai notato cambiamenti?» le chiese Magna.

La ragazza scosse il capo «No, tutto normale. La sua famiglia è ancora preoccupata. Ma fintanto che i Seminoa non sanno chi è il Custode, non abbiamo da temere» Si fermò improvvisamente e valutò la possibilità di parlare di una sua teoria, consapevole che sarebbe stata presa in giro. Si voltò verso lo sciamano e soppesò le parole «Io credo che qualcuno fosse a conoscenza di quell’attacco. È sospetto che il cimelio sia sparito qualche giorno prima. Non so, ha ricevuto una soffiata ed è corso ai ripari?»

Magna non sembrava sorpreso «Ciò implica che ci sia stata una spia, un infiltrato o perfino un traditore. Magari si è pentito e ha cantato.»

«O qualcuno che predice il futuro» aggiunse Maya con determinazione.

A questa affermazione, lo sciamano esibì un sorriso carico di perplessità. Poi strinse il ponte del naso tra pollice e indice e parlò: «Il futuro non può essere previsto con precisione. Anzi, direi che si tratta della tecnica sciamanica più inaffidabile»

Maya se lo aspettava, del resto neanche Goldva nutriva una buona considerazione a riguardo. Cercò di ricordare tutto ciò che aveva studiato, ma sapeva bene che non stava parlando con un idiota  «Certo, ma lascia che ti spieghi una cosa, visto che ho studiato un po’ con la nostra Veggente»

«Vana? La vecchia stramba?»

La sciamana cambiò idea sul fatto che non fosse un idiota, ma tenne per sé questo commento. Doveva aspettarselo, dopo tutto. In effetti, Vana la Veggente non aveva mai mostrato di essere completamente a posto con la testa, neanche quando era più giovane. Ciò aveva inficiato sulla sua credibilità anche se godeva di profondo rispetto per la sua veneranda età. Si morse il labbro inferiore e parlò di nuovo: «Quella stramba aveva un dono che le permetteva di leggere i punti fissi nel tempo»

«Punti fissi?»

Maya incrociò le braccia al petto. Non sapeva se spiegargli la differenza tra l’uso della divinazione e la chiaroveggenza perché il fulcro del problema era quello. Ma decise comunque di provarci: «Chi effettua una divinazione non riesce sempre a carpire i segnali che riceve. Spesso sceglie le variabili, quelle che rendono il futuro così imprevedibile. Il Veggente ha delle visioni che gli mostrano i punti fissi, è infallibile, sa distinguerli»

A giudicare dalla sua espressione, Magna non era ancora del tutto persuaso.

La sciamana continuò il discorso: «L’evento principale non può essere impedito, ma le variabili di cui è composto sì, come le conseguenze. Ti spiego: Hao Asakura doveva diventare Shaman King. Era scritto, aveva un potere incontrastabile, tra i vivi. So che voleva sterminare gli umani e creare un regno solo di sciamani, ma non è successo. Qual è stata la variabile che ha cambiato le carte in gioco?»

«Suo fratello gemello. Ha voluto aiutarlo» rispose l’Officiante con semplicità.

Maya ghignò «E probabilmente neanche lui se lo aspettava. Ma torniamo all’attacco di dodici anni fa. Ipotizziamo che sia un punto fisso in questa ragnatela temporale, la variabile può essere stato il furto del fermaglio. L’attacco è avvenuto ma con esiti inaspettati. È un po’ come quando si prevede un’eruzione vulcanica e si cerca di salvare quanta più gente possibile oppure…»

Magna la interruppe «Ho inteso il concetto. Ma non capisco come tu abbia sospettato una cosa simile. Ma, soprattutto, perché non dirlo ed evitare queste morti?»

La ragazza fece per parlare ma si bloccò. Era ovvio il motivo: «Vana era ritenuta stramba e non affidabile, era normale che non ne parlasse. Ormai aveva capito che nessuno l’avrebbe ascoltata, a parte pochi di noi»

A questa frase, l’espressione dello sciamano mutò: era incuriosito «Quindi tu non sospetti di qualcuno, sei certa che sia lei» affermò con sicurezza.

Maya annuì «Vana aveva le chiavi della Sala. Era “stramba” ma aveva un grande senso di responsabilità. Il Consiglio le affidò le chiavi senza indugi. Potrebbe averle date lei a qualcuno, quel giorno. Oppure hanno rubato anche quelle. Ma le chiavi sono state trovate in casa sua, ora le ha Samari»

«E nessuno ha avuto questo sospetto?»

«Beh, era da un po’ che aveva problemi a camminare ed era quasi mezza cieca. Inoltre sulla teca non erano state trovate impronte digitali. Avranno usato un Over Soul per sollevarla, ne sono sicura» rispose lei con serietà. Si concesse qualche secondo per riflettere, ormai aveva deciso di riferire quanto più possibile, era pur sempre una pista; inoltre, non sarebbe rimasta a lungo al villaggio. Magna avrebbe potuto parlarne con il resto del gruppo in sua assenza. Così iniziò a parlare con tono sommesso: «La mia sicurezza viene anche da una cosa che Vana mi riferì poche ore prima di morire. Non era la prima volta che mi aveva messa al corrente delle sue visioni. Ma quella volta era stato molto diverso, inquietante, direi»

Lo sciamano la guardava con curiosità e attenzione, ma non la interruppe. Così la ragazza proseguì. Si sentiva a disagio a parlare di quello che aveva visto e sentito e non riusciva a nasconderlo, aveva i brividi «Come ho detto, era mezza cieca. Ma quando mi parlò, mi afferrò il polso con una forza straordinaria, aveva lo sguardo annebbiato e parlava con voce atona. Immagino che accada questo quando un veggente è colto da una visione. Ad ogni modo, quelle parole si sono avverate proprio in questi giorni. E temo che la storia sia tutto fuorché finita»

«Cosa ti ha detto?» il tono dell’Officiante era calmo, non aveva più traccia di ilarità. Forse la ragazza era riuscita a sradicare un po’ di incredulità.

Maya si morse le labbra e spiegò: «Non ricordo tutto il discorso. Ammetto di essermi spaventata un bel po’, ma le informazioni più importanti ero riuscita a immagazzinarle. Mi aveva parlato di un antico nemico, che sarebbe tornato con i suoi figli per avvinghiare nelle sue spire le anime innocenti e trascinarle nell’oblio. Mi disse che si sarebbe mosso come un’ombra, impercettibile e silenzioso.  E se le anime innocenti fossero proprio le vittime marchiate? Vana morì un anno dopo il primo attacco, quindi non poteva che riferirsi a questo evento. E l’affidabilità delle sue visioni l’ho sperimentata sulla mia pelle, in questi anni»

Magna si strofinava il mento con l’indice, stava pensando «Inizialmente mi sono chiesto perché lo Shaman King non ci abbia resi al corrente della cosa, visto che i ricordi di questa donna sono nel Grande Spirito. Ma mi sono ricordato che ha bisogno di un punto di partenza. Cercare tra infiniti ricordi è un lavoro lungo e noi di tempo non ne abbiamo tantissimo. Forse…»

La ragazza lo osservava speranzosa, avere anche un piccolo supporto da parte di uno degli Officianti sarebbe stato fantastico. Effettivamente, tanto idiota non era «Cosa stai pensando?»

L’Officiante lanciò uno sguardo al Grande Spirito e rispose: «Potrei informarlo a riguardo. Potrebbe  parlare direttamente con Vana. Sì, lo so, ho detto che è stramba, ma tu non mi sembri una stupida. E assomigli davvero molto a Rutherfor. Se hai il suo stesso cervello, non credo ci sia da dubitare. Avere dubbi è sacrosanto, ma crogiolarsi in essi è un errore. Chiedere allo Shaman King di cercare più dettagli non è una brutta idea, magari hai dimenticato qualcosa»

Maya sorrise entusiasta e lo abbracciò con foga «Oh, sarebbe magnifico! Grazie!»

«Va bene, va bene» rispose lo sciamano con tono spazientito «Meglio andare. Non ci è stato dato un orario, ma non amo far aspettare»

La ragazza lo lasciò andare, percependo l’imbarazzo di lui. Promise a se stessa di non esagerare con quelle dimostrazioni di affetto, almeno non nei suoi riguardi. Per esperienza, ricordava l’imbarazzo provato in situazioni in cui non sapeva come reagire, era stressante. Tuttavia si concesse una domanda: «Mi sei sembrato parecchio dubbioso nei riguardi di Vana, come tutti; ma hai mai ricevuto qualche previsione da parte sua? So che tendeva a rivelarle a caso e all’improvviso. Mi stupirei se non l’avesse fatto a tutti»

A questa domanda, Magna si schiarì la voce «Se bussare alla mia porta in piena notte per dirmi di far attenzione alle saponette è una previsione, sì»

Maya trattenne una risata e prese il suo iPatch «Immagino che queste saponette fossero una pericolosissima variante che ti avrebbe portato a una terribile morte. Comunque, ti aggiungo alla rubrica. Non rimarrò qui per molto, quindi mi farebbe piacere rimanere in contatto»

Al che lo sciamano fece lo stesso e le chiese «Parti?»

«Non vivo più qui da quando ho compiuto diciotto anni. Ho studiato fuori e trovato lavoro. Solite cose, insomma» spiegò lei mentre controllava distrattamente la lista dei contatti disponibili. C’erano anche gli altri Officianti. Li avrebbe aggiunti quanto prima. Trovava quella funzione molto utile. Essendo tutto collegato al Grande Spirito, era possibile trovare le persone che si volevano contattare, queste ricevevano la notifica e potevano accettare o declinare la richiesta.

«Siamo arrivati» annunciò Magna.

I due entrarono e trovarono il gruppo di Silva. Il cuore di Maya batté all’impazzata per la gioia «Ragazzi!»

I tre si voltarono, colti di sorpresa.

«Maya?» chiese Chrom con una punta di insicurezza nella voce.

«Chrom!» rispose Maya. Corse ad abbracciarlo, ricambiata con altrettanto calore. Lo percepiva dal modo in cui le braccia la stringevano e il suono della risata.

«Accidenti, quanto sei alta! Mi arrivi praticamente all’orecchio!» esclamò Chrom, squadrandola da capo a piedi con evidente meraviglia «Silva, a momenti ci supera!»

La ragazza continuò a sorridere, non riusciva a smettere. Corse ad abbracciare anche il discendente di Hao.

«Che bello rivederti!» esclamò Silva mentre ricambiava l’abbraccio.

Maya abbracciò anche Nichrome. Sulle prime, il ragazzino rimase lì rigido come un pezzo di legno, poi parve sciogliersi ed esibì un piccolo sorriso. Un leggero rossore gli tinse le guance.

Appena finirono di scambiarsi i saluti, arrivò anche l’ultimo gruppo, quello più numeroso. Maya ripeté il rituale di abbracci e sorrisi, ricambiati con molto affetto. Bron la chiamava “usignolo”, come aveva sempre fatto in passato, in nome della passione per il canto che l’aveva sempre caratterizzata. Namari le promise che le avrebbe cucinato il suo piatto preferito. Kalim le diede l’abbraccio più delicato di tutti ma colmo di affetto. Thalim, come Namari, le promise di farle assaggiare la sua Moka speciale, bevanda preferita di Maya. Tutti conoscevano la bravura di Thalim come barista, Maya poteva finalmente provare qualcosa di preparato da lui, visto che sua madre le aveva sempre vietato di bere caffè quando era piccola. Renim ricambiò altrettanto affettuosamente e le assicurò che le avrebbe regalato un braccialetto, prima di tornare dal Grande Spirito. Radim le chiese una sfida amichevole al karaoke, non appena si sarebbero liberati.

Il saluto più sentito fu quello con Rutherfor. Maya non poté controllare le lacrime che le rigarono il viso subito dopo l’abbraccio più lungo che lei avesse mai dato. Quanto le era mancata sua sorella. La consapevolezza che sarebbe rimasta lì solo per quell’emergenza la faceva piangere, sia per la gioia che per la tristezza. Per questo motivo stentava a staccarsi da lei. Quando lo fece, la guardò negli occhi del suo stesso colore e le sorrise con dolcezza «Sono così contenta di riabbracciarti. Ma non riesco a smettere di piangere» bofonchiò mentre si asciugava occhi e guance con la manica. La sua emotività era imbarazzante.

Rutherfor ricambiò il sorriso, sembrava divertita, e disse: «Sei sempre la solita. Anche se sono qui per lavoro, spero avremo occasione di passare del tempo insieme»

Una persona si schiarì la voce alle loro spalle e batté le mani una volta sola «È un onore incontrarvi di persona ed è bellissimo vedervi ancora così legati»

Maya si voltò, non lo aveva notato, concentrata com’era sui suoi amici «Scusami, Samari. Non ti ho proprio visto»

Samari era il nuovo capo tribù. Aveva all’incirca una quarantina di anni e la sciamana sapeva che aveva ereditato Big Chief da Goldva non appena aveva ricevuto la carica. I lunghi capelli neri erano coperti dal copricapo in piume, era di bell’aspetto e dal fisico robusto. Sul volto aveva una pittura da battaglia color rosso e sul petto due tatuaggi rappresentanti delle zampe di un rapace. Attorno alle spalle era avvolto un mantello multicolore tipico della tribù, i pantaloni erano simili a quelli della tenuta da combattimento di Silva.

Fino a quel momento aveva amministrato la tribù in modo impeccabile, riuscendo a bilanciare severità e bontà. Ma questo era uno dei motivi per cui il Consiglio degli Offcianti non era ancora al completo. Solo Alumi, figlia di Silva, e lei, Maya, ricoprivano il ruolo della nuova generazione. Se Chrom non fosse morto durante le prime fasi del torneo, probabilmente anche Nichrom sarebbe stato lì, in quel ruolo.

Solitamente, la carica era affidata al parente più vicino, un fratello o un cugino, per garantire la linea di sangue. Le famiglie degli Officianti erano il non plus ultra in termini di Furyoku e doti combattive, oltre che di rispetto delle regole e autocontrollo. Maya era consapevole di non essere esattamente un modello, emotivamente parlando, ma per questo era contenta che non sarebbe toccato a lei il ruolo effettivo di Officiante nel prossimo torneo.
La ragazza sapeva che Samari stava temporeggiando. La tribù aveva ottimi potenziali Officianti, ma accettarli significava passare il testimone ad una famiglia diversa. E la tribù non amava tantissimo i cambiamenti. Quindi il nuovo capo stava valutando con estrema cautela le scelte più appropriate, basandosi sul comportamento della famiglia di origine e il valore di Furyoku.

Samari sorrise «Non preoccuparti. Ho aspettato che finiste i convenevoli. È da tanto che non vi vedete»

«Ti ringrazio. Ma credo che sia il momento di arrivare al punto. Una volta fuori di qui, possiamo dedicarci al resto» rispose Maya.

Poco prima di iniziare a parlare, il capotribù le volse uno sguardo carico di apprensione che la ragazza non seppe decifrare. Samari parlò: «Vorrei sapere a che conclusioni siete arrivati. Se siete qui è perché le vostre indagini sono finite. Dopodiché, vi aggiornerò sulla situazione attuale»

Il primo a prendere la parola fu Magna. Raccontò di cosa aveva visto e scoperto, appoggiato dalla testimonianza di Maya. Al momento, omise il particolare della visione, forse non voleva esporsi troppo. La ragazza ascoltava e osservava le reazioni degli altri. Poteva aspettarselo, molti erano arrabbiati, altri preoccupati. Rutherfor era inorridita.

«Ultimo ma non meno importante- concluse Magna- Pare che siano Seminoa»

Gli Officianti borbottavano tra loro. La notizia doveva averli sorpresi. Samari, invece, non si era scomposto «Ho combattuto contro alcuni di loro. E, sì, sembrano proprio dei Seminoa. Ma il loro Over Soul era particolare»

Tutti si voltarono a guardarlo.

Il capotribù continuò: «Era una massa scura, informe, simile ad un’ombra, attaccata al braccio. Non ero capace di colpirlo e distruggerlo. Cambiava forma a piacimento, in base alla necessità. Non ho idea se ci siano dei limiti e delle variazioni. L’Over Soul è la manifestazione della nostra mente, quindi immagino che ci siano infinite possibilità. L’unica cosa che ho visto è che lo sciamano non può utilizzare forme diverse contemporaneamente. Ciò può giocare a nostro favore, ma c’è ancora il problema dell’intangibilità»

«Beh, se qui per raccontarcelo. Te la sei cavata» disse Radim.

Samari sospirò «Non me la sono cavata. Sono stato trascinato via prima che potessero uccidermi. La nota positiva è che non mi sono beccato quel marchio. Ma ero ridotto uno straccio»

Maya rifletté sulla visione. Il nemico era silenzioso e si muoveva come un’ombra. E quell’Over Soul era impalpabile come un’ombra. Era sempre più convinta che quella visione si riferisse a quell’evento.

«Comunque, voi? Solitamente avremmo controllato le entrare e il sistema di sicurezza, ma l’emergenza ha avuto la priorità» disse Samari guardando gli altri due gruppi.

Silva riferì dei totem abbattuti ai due ingressi. Il gruppo che si era occupato delle gallerie e degli ingressi rimanenti riportò che qualcosa aveva interferito con le difese.

«Se sono capaci di individuare visivamente la barriera dei totem, dobbiamo inventarci qualcos’altro. E hanno eluso l’intercettazione, probabilmente grazie a questo Over Soul così versatile» commentò Namari, pensieroso «Piazziamo delle Patch-Cam, ripariamo i totem e potenziamo la sensibilità. Testeremo con Clear Coat»

«Sempre a disposizione. Quando volete!» rispose Renim con determinazione «Non metteranno più piede qui!»

«E i Cinque Guerrieri?» azzardò Maya all’improvviso, attirando l’attenzione degli altri. Si affrettò a spiegare: «Dodici anni fa intervennero e risolsero la questione senza troppi sforzi. Collaborando, potremmo essere più efficienti. Loro pattugliano e noi ci occupiamo del resto»

Ancora una volta, Samari le volse quel sorriso apprensivo «Non credo sia possibile. La vita va avanti per tutti, loro inclusi. Credo che sia necessaria la loro presenza, viste le notizie che ho ricevuto»

«E qui arriviamo al nocciolo della questione, giusto?»

Lo sciamano annuì e si schiarì la voce «Ho due notizie. Come da copione: una positiva e una negativa. Stando a ciò che i nostri spiriti sentinella mi hanno riferito, la notizia positiva è che la tribù non è più in zona. Ha lasciato l’area poco dopo l’attacco. Li hanno visti prepararsi»

«E quella negativa?» chiese Maya, quasi temendo il motivo di quei sorrisi apprensivi. Il suo sesto senso le fece volgere il pensiero a casa.

Samari la guardò e temporeggiò nella risposta: «Gli spiriti li hanno seguiti facendo attenzione a non essere visti. Sono andati in Florida»

«Cosa?» esclamò Maya con una voce acuta che non sembrava sua. Spalancò gli occhi e fissò il capotribù. Le mani le tremavano. Sentiva il respiro accelerare, farsi pesante. L’aria attorno le sembrava soffocante e i suoni attorno a lei erano ovattati. Qualcuno le stava parlando. Ma non le interessava cosa stesse dicendo. Il pensiero che quella gente fosse andata in Florida la terrorizzava, doveva partire subito. Sentì un’altra voce che la stava chiamando. Quando provò a camminare, le girò la testa, la sua vista si oscurò e sentì il suo corpo cadere.

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Capitolo 4
*** Organizzarsi! ***


Così, de botto, senza senso, vi do una piccola spiegazione sul nome del mio personaggio. Credo sia dovuta perché spesso i personaggi con lo stesso nome di chi li crea vengono scambiati per self-insert. Ebbene, Maya non lo è. È nata prima lei e poi il mio Nickname. Maya è stata creata circa 14-15 anni fa, ed è cambiata tantissimo in questi anni. Il mio nickname è stato scelto proprio perché adoro il nome Maya e, ovviamente, ho aggiunto Patch. È stato all’incirca 9 anni fa :D Inoltre… all’epoca non sapevo del criterio usato da Takei per i nomi dei Patch (Tavola degli elementi), quindi avevo scelto un nome totalmente fuori contesto. Non ho voluto cambiarlo, purtroppo quel nome le si è cucito addosso. Idem per Cassandra, a cui ho modificato almeno il colore dei capelli da rosso a nero. Ma le ho lasciato il nome invariato.

Sk4 by MayaPatch

Nel momento in cui aveva sentito quel tono di voce, Chrom aveva percepito che qualcosa non andava e si era preparato. Grazie ai suoi riflessi, era riuscito ad evitare che Maya si accasciasse sul pavimento e in quel momento la teneva tra le sue braccia priva di sensi «C’è mancato poco»

Samari gli indicò il divano con un cenno del capo: «Adagiala lì. Io prendo dell’acqua»

«Fammi controllare. Ha avuto un attacco di panico» disse Rutherfor con una prontezza tale da sembrare una professionista.

Chrom era sbalordito dalle capacità di quella ragazzina. Era così giovane eppure sapeva molte cose, più di tutti i Patch messi assieme. Il suo spirito custode, Grey Saucer, le aveva tramandato le sue conoscenze, inclusa la medicina. Ciò non la rendeva una guaritrice, ma le permetteva di intervenire tempestivamente con unguenti e medicinali. Inoltre, gli anni all’interno del Grande Spirito le avevano permesso di arricchire ulteriormente il suo bagaglio culturale, parlando addirittura con personaggi storici.

Gli altri Officianti erano rimasti in silenzio, in attesa.

Non passò molto prima che Maya tornasse in sé. Nonostante fosse visibilmente scossa, la sciamana provò ad alzarsi, mormorando un “Devo tornare a casa”. Rutherfor la bloccò sul posto, utilizzando il suo OverSoul, e la guardò con serietà «Sei appena svenuta. Prenditi qualche minuto per riprenderti, altrimenti finirai di nuovo a terra»

Maya si guardò attorno con espressione smarrita. La sua postura si era fatta più rilassata, segno che la gravità era tornata normale «Svenuta?»

Samari intervenne, sul suo volto un sorriso imbarazzato. Le offrì un bicchiere d’acqua e bofonchiò: «Mi dispiace. Avrei dovuto consigliarti di sederti prima di darti questa notizia»

Dopo aver bevuto, la ragazza si tenne la testa tra le mani, i gomiti poggiati sulle ginocchia. Scosse il capo con lentezza e mormorò: «Che figuraccia»

Il capotribù si sedette al suo fianco «Ascoltami. Ho due figli piccoli anche io, lo sai. Capisco perfettamente la tua preoccupazione. Ma non puoi uscire dal villaggio, non ora»

A giudicare dalla sua espressione corrucciata, Chrom ebbe l’impressione che Maya avrebbe preso volentieri Samari a calci. Decise di intromettersi per evitare che la situazione degenerasse in un litigio. Scelse il tono più conciliante che conosceva e parlò: «Sentite, perché non analizziamo meglio la situazione? Rutherfor, aiuta tua sorella con gli esercizi di respirazione. La vedo ancora provata. Samari, credo che abbia tutto il diritto di andarsene, se vuole»

Il capotribù tirò un lungo sospiro «I Seminoa se ne sono andati, ma potrebbero aver lasciato delle spie. Se uno di noi dovesse uscire dal villaggio, da solo, potrebbe essere attaccato. Non voglio altre morti. Inoltre ho già avvertito Cassandra»

Maya si appoggiò allo schienale, sembrava rassegnata «E quando credi che possa andarmene?»

Samari fece un cenno col capo verso gli Officianti «Ti accompagneranno loro dopo aver lavorato alle difese. Devono comunque andare lì»

«Cosa? E io che pensavo che saremmo rimasti qui a goderci casa per un po’» esclamò Radim.

«A quanto pare il destino vi odia» commentò il capotribù con sarcasmo.

Mentre Samari e gli altri si misero a discutere sul da farsi, Chrom si sedette accanto a Maya. Voleva aiutarla a distrarsi un po’ dai pensieri negativi. Appoggiò il mento sulla mano e le parlò con voce amichevole: «Allora, se ho ben capito, hai qualcuno che ti aspetta a casa»

Maya non sembrava in vena di parlare, ma i lineamenti del suo volto si erano ammorbiditi. Dopo avergli volto un sorriso carico di malinconica dolcezza, congiunse le mani sul grembo. Sospirò e guardò il falò spento prima di rispondere: «Ho una figlia di otto anni. Si chiama Selene. Non l’ho portata con me perché non sapevo se fosse ancora pericoloso. Lei è tutto il mio mondo. Se le dovesse accadere qualcosa, non me lo perdonerei mai»

Nonostante fosse capace di scindere la sua vita privata da quella da officiante, Chrom era uno sciamano molto sensibile. Percepiva tristezza dal tono di quelle parole e dallo sguardo dell’amica. Per quanto si mostrasse allegra e sorridente, il destino doveva averle giocato uno scherzo poco piacevole. L’universo sembrava averci preso gusto. Ognuno di loro aveva passato momenti difficili. Durante il torneo, lui stesso si era preoccupato per il fratello e a cosa ne sarebbe stato di lui. Capiva perfettamente i timori di Maya. Le si volse con tono rassicurante: «Immagino che sia una bambina adorabile e che ti stia aspettando. Magari ce la presenterai quando saremo lì»

La sciamana rispose con una singola e delicata risatina, coprendo la bocca con la mano: «E lei sarà molto felice di conoscervi. Le ho parlato di voi»

«Perfetto! Allora, tempo un paio di giorni e saremo pronti a partire!» esclamò Chrom con allegria. Voleva davvero conoscere quella bambina, aveva più o meno l’età di suo fratello. Era fortunata ad avere ancora una madre. Ed era certo che Maya, in quanto Patch, la stesse educando a dovere. La cura e l’educazione della prole erano fondamentali per la tribù.

Probabilmente Samari lo sentì perché richiamò l’attenzione di ognuno di loro: «Ho dimenticato di aggiornarvi sui movimenti burocratici fatti in questo periodo. Abbiamo rinnovato tutti i vostri documenti. Nonostante non sapessimo di questi cambiamenti, prevenire è meglio che curare»

Dopo aver detto ciò, il capotribù si allontanò e tornò con delle cartelle. Le distribuì ad ognuno di loro, ad eccezione di Maya, e spiegò: «Carte di identità, documenti vari e carte di credito. Il vostro stipendio sarà più alto di quello che avete avuto durante il torneo. Dovreste poter affittare un appartamento, ma non voglio entrare nel merito della vostra organizzazione»

«A proposito di soldi…» si intromise Maya.

Samari parve sapere cosa stesse per dire la ragazza. Le rivolse un’occhiata di diniego e borbottò: «No. Non questa volta.»

La sciamana incrociò le braccia al petto e ghignò quasi beffarda «Sai perché sono qui. Devi darmi il preventivo della ristrutturazione. In caso contrario, invierò una cifra a caso»

L’uomo si passò una mano sul volto e poggiò la sinistra su un fianco. Si schiarì la voce, sembrava rassegnato ma anche un po’ spazientito «Non voglio che tu ti senta obbligata. E poi a quanto ammonterebbe il nostro debito?»

Maya rispose con un’esclamazione sdegnata «Debito? Quale debito? Non voglio nulla in cambio!»

Il gruppo si limitava a guardare i due che discutevano.

«Ma non voglio approfittare della tua disponibilità. Hai già fatto tanto in questi anni» disse Samari.

La ragazza fece un cenno con la mano come per chiudere la questione e rispose con risolutezza: «Quando avrai il preventivo, inviami un messaggio. Non voglio scuse. Questa è anche casa mia»

Lasciando Samari senza possibilità di risposta, Maya si alzò dal divano e si volse al resto del gruppo: «Inconvenienti a parte, è stato bello rivedervi. Aspetterò che vi occupiate delle vostre faccende»

Rutherfor rispose con un sorriso «Beh, noi ci vediamo a casa a fine giornata»

Chrom era lieto di sapere che le due sorelle avrebbero passato del tempo insieme. Si ricordava di quanto fossero legate. Al tempo, Rutherfor aveva sedici anni e Maya quindici, facevano molte attività insieme, fino a quando la maggiore non fu impegnata con il torneo.

Dopo averli salutati con un rapido abbraccio e aver fatto un cenno di raccomandazione a Samari, Maya lasciò il luogo dell’incontro.

Chrom incrociò le braccia al petto e lasciò andare un sospiro «Beh, non ci resta che organizzarci. Abbiamo tanto lavoro da fare, immagino»

«Da dove iniziamo?» chiese Kalim.

«Dividiamoci. Un gruppo potrebbe occuparsi delle telecamere, e gli altri due delle difese. Copriremo un’aria maggiore così» propose Magna.

Namari si intromise: «Io, Rutherfor e Radim sistemiamo le telecamere»

Il capotribù li stava osservando in silenzio, sembrava studiarli. Lo sguardo era attento. Chrom pensò che li stesse valutando. In effetti Samari non li aveva mai visti in azione.

Secondo il suo personale giudizio, era un gruppo un po’ disordinato, ma la razionalità di Magna e di Namari riusciva a coordinare le azioni. Chrom invece si era addossato la responsabilità di farli andare d’accordo, calmare gli animi e trovare compromessi. Sapeva che la sua morte prematura aveva provocato delle spaccature all’interno del gruppo. Almeno per questa volta, sperava che tutto andasse bene. Dovevano essere coesi per affrontare quella minaccia, o la tribù non sarebbe arrivata al prossimo Shaman Fight.

«Sentite. Perché non creiamo un gruppo su SpiritGram?» propose Radim con entusiasmo, reggeva il cellulare con la mano sollevata in aria.

Rutherfor annuì con vigore, gli occhi le brillavano. Chrom sorrise intenerito. Qualsiasi cosa riguardasse la tecnologia la entusiasmava come pochi. La sciamana appoggiò il collega con gli occhiali da sole: «Possiamo tenerci in contatto più facilmente in un gruppo. Ogni membro può leggere ciò che viene scritto, così nessuno è obbligato a mandare lo stesso messaggio più volte»

Chrom notò un’ombra di disappunto sul volto di Magna. Disappunto che fu capace di far sparire in un secondo, ma non poté evitare di lasciarsi scappare un “Per il Grande Spirito” quando Radim accennò alla possibilità di condividere foto, gif ed emoji. Chrom osservava. Lo divertì particolarmente e diede una gomitata a Silva per attirare la sua attenzione. Magna non amava la compagnia, soprattutto se c’era Radim di mezzo.

Alla fine lo sciamano dai folti capelli ricci si intromise. Il suo tono era sardonico: «Per carità, non insozzate il gruppo di lavoro con le vostre quisquilie. Non vorrei che diventasse un immondezzaio»

Chrom ghignò divertito, Silva fece lo stesso. Nonostante tutto, l’atmosfera era rilassata.

Aprendo le braccia come se stesse parlando a un pubblico invisibile, Radim controbatté con un malizioso sorrisetto: «Apriremo un secondo gruppo e si chiamerà… Immondezzaio!»

Magna lo fissò con impassibilità, le labbra serrate in una linea. Chrom pensò che stesse combattendo tra la tentazione di uccidere Radim e quella di abbandonare la stanza. Non era la prima volta. Radim era capace di esasperare chiunque, perfino Goldva.

Solitamente Magna sollevava le mani con rassegnazione e taceva. E questa volta non andò diversamente. L’unica differenza fu che rimase immobile con le braccia incrociate e lasciò andare un lungo sospiro. Si limitò a chiedere: «Per quanto riguarda gli altri due gruppi?»

«Giusto. Le difese interne e quelle esterne. Magna, vieni con me e Renim? Possiamo occuparci dell’esterno. Clear Coat ci nasconderà alla vista dei turisti» propose Bron, ricevendo una risposta positiva dal diretto interessato.

«Dovete occuparvi anche delle gallerie» ricordò Samari.

«In questo caso possiamo collaborare con il gruppo di Namari» rispose Bron.

Silva batté le mani: «Benissimo, allora noi possiamo occuparci del resto. Stavamo già controllando i Totem, in fondo»

Chrom concordò e il capotribù li congedò con espressione soddisfatta sul volto. Chrom sperò che avessero fatto buona impressione, a parte la discussione riguardante il gruppo su SpiritGram. A tal proposito, lo sciamano controllò il suo cellulare e accettò l’invito al gruppo “Immondezzaio” e a quello di lavoro, chiamato formalmente “Per annunci importanti”. Era palese chi avesse scelto quel nome.

«Allora? Pronti per metterci al lavoro?» esclamò Silva, rimboccandosi delle maniche invisibili.

Così passarono il resto della giornata a controllare l’integrità dei Totem. Quelli distrutti sarebbero stati costruiti nel minor tempo possibile e collaudati.

L’idea di Radim aveva avuto successo. Il gruppo di lavoro si riempì di messaggi in poco tempo. In questo modo Chrom seppe che l’interferenza all’ingresso doveva essere stata provocata effettivamente da un OverSoul simile a quello di Renim. Non avevano idea se rendesse invisibili anche alla vista perché l’unica telecamera esterna era stata distrutta. Namari aveva suggerito di aggiungere delle telecamere nascoste.

Intanto, aiutato da alcuni Patch, il gruppo di Bron aveva portato i pezzi di totem da piazzare poco prima dell’uscita dal tunnel esterno. Non sarebbero stati visibili ai turisti e avrebbero fornito una protezione. Se fossero stati distrutti, l’interruzione della barriera avrebbe fatto scattare un allarme. Lo stesso sistema fu applicato anche alla barriera interna al villaggio.

Chrom sperava vivamente che le misure prese avrebbero funzionato. Non potevano rimanere lì, altrimenti sarebbe stato il primo a fare ronde e a controllare che tutto andasse bene.

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Capitolo 5
*** In Florida! ***


Sk5 by MayaPatch

«Sveglia, dormigliona!» esclamò allegramente la voce di Rutherfor. Era entrata in camera della sorella e aveva spostato le tende così da far entrare la luce del Grande Spirito.

Maya era completamente coperta dalle lenzuola realizzate da sua madre. Solo una mano pendeva pigramente dal letto. Non voleva assolutamente alzarsi. Rispose con un pigro «Umh»

«Alzati, pigrona!» esortò Rutherfor, sollevando le lenzuola.

Maya si trovò scoperta. Come un vampiro, portò le mani sul volto per proteggersi dalla luce e si lamentò: «Fammi dormire un altro po’!»

La sorella rispose con voce minacciosa: «Se non ti alzi, non potremo accompagnarti. I ragazzi ci stanno aspettando»

«Cosa?!» Maya si alzò a sedere di scatto. Era già il giorno della partenza?

A differenza di quanto promesso da Chrom, riparare tutti i totem distrutti aveva richiesto più tempo del previsto. Gli artigiani si erano messi al lavoro più velocemente che potevano. Nell’attesa, Maya e gli Officianti avevano dato una mano in altri compiti. Alcuni avevano collaborato con le riparazioni, lei e Magna erano stati chiamati per dare una mano all’orfanotrofio, Rutherfor aveva lavorato con Lip e Rap per perfezionare alcune applicazioni dell’I-Patch, Thalim era tornato al suo bar e Namari al ristorante. Così erano volati cinque giorni. Quando i totem furono pronti, gli Officianti provvidero alla loro installazione e potenziamento. Maya invece si concesse del riposo.

In totale, era passata una settimana. Maya aveva contattato la sua amica Cassandra ogni giorno per ricevere aggiornamenti. Nonostante la situazione sembrasse tranquilla, lei non lo era. Se avessero trovato il Custode Spirituale, avrebbero trovato anche Selene.

L’annuncio di Rutherfor la svegliò come una secchiata di acqua fredda. Maya scattò dal letto e corse a vestirsi. Non voleva attendere un minuto di più.

«Come hai detto che torniamo in Florida?» chiese Maya mentre attraversava le gallerie con Rutherfor. Le sembrò strano che avessero un aereo. Dove era parcheggiato? Una strana sensazione la pervase. Aveva sentito delle cose sullo Shaman Fight e di un aereo che aveva fatto precipitare i partecipanti nel vuoto.

«Vedrai» sorrise Rutherfor.

«Eccovi! Sempre ritardatarie, voi signorine, eh?» esclamò Chrom con un sorriso.

Il gruppo si era radunato poco lontano dalle rovine di Mesa Verdede, sotto le quali era situato il villaggio. Era mattina presto e i turisti non c’erano ancora. Tuttavia Renim attivò il suo OverSoul per renderli invisibili.

Maya li salutò. Ognuno di loro aveva dei bagagli a mano, esattamente come Rutherfor. Non erano molto grandi, probabilmente contenevano solo lo stretto necessario. Dal canto suo, la sciamana non si era portata nulla dal villaggio. Aveva lasciato le sue cose a sua madre. Quel giorno aveva indossato i vestiti con cui era arrivata al villaggio: una camicetta bianca a maniche lunghe con ricami tradizionali faceva capolino dalla giacchetta invernale di un gradevole viola. Una cintura porpora le avvolgeva la vita e fissava una gonna lunga in pelle di bisonte. I capelli erano legati in una coda alta e due piume erano fissate all’elastico. Era il suo outfit invernale preferito.

Osservò i ragazzi e notò che non si erano preoccupati troppo del vestiario: indossavano tutti dei jeans o dei pantaloni neri, scarpe generiche e maglie o giubbini con frange che pendevano dalle maniche degli avambracci. Sotto ad un giubbottino nero, Rutherfor indossava un vestitino bianco con frange alla gonna. Ai piedi indossava i suoi stivali preferiti.

Quello che la stupì fu un elicottero a doppia elica. La sua sensazione si era avverata. Maya fissò il velivolo con poca convinzione e balbettò: «È sicuro? Cioè, è un OverSoul questo?»

Radim batté una mano sul fianco dell’elicottero e gonfiò il petto, alzò l’indice e spiegò: «Il nostro Furyoku combinato può creare cose inaspettate. L’ultima volta è toccato a un sottomarino!»

«E i partecipanti che sono precipitati dall’aereo?» chiese Maya.

Silva scoppiò a ridere «Oh, quello faceva parte della procedura!»

La sciamana era perplessa, un altro dettaglio bizzarro da aggiungere alla lista. Decise di non fare altre domande. E, sebbene dubbiosa, accettò di salire sul velivolo quando Radim la invitò con un inchino a salire la scala con un «Madame»

Maya guardò con stupore la cura nel dettaglio. Scelse un posto a sedere e attese gli altri. Si chiese chi fosse al volante.

«La Patch Airline ringrazia i signori passeggeri per averci scelto! Viaggiare con noi è una garanzia. In caso contrario, ci si vede nel Grande Spirito!» annunciò Radim, parlando al microfono come un vero e proprio assistente di volo.

«Quando saremo in Florida, ci dirai dove dobbiamo lasciarti» disse Kalim prima di prendere posto accanto a Magna nell’abitacolo.

Maya sentì un po’ più sicura sapendo quei due al controllo del velivolo. Sorrise e rispose: «Ti darò una posizione dal GPS. Ma sarete capaci di viaggiare per quattro ore?»

«Ah, tranquilla! Dal Giappone al Texas ci son volute quattordici ore! È stata dura, ma abbiamo resistito!» esclamò Silva come se fosse stata la cosa più semplice del mondo.

Renim ridacchiò divertito «Vi ricordate quando abbiamo scaricato i partecipanti?»

Una risata generale riempì l’elicottero. Maya sorrise. A guardarli le sembrò che stessero minimizzando la fatica di quell’impresa. Volare per tutto quel tempo richiedeva non solo una concentrazione notevole, ma anche un quantitativo di furyoku pro capite non indifferente. Non era un caso che fossero Officianti.

«Però era stato interessante vedere come ogni sciamano avesse trovato un modo per non schiantarsi al suolo» commentò Namari.

Maya li ascoltò parlare del più e del meno. La sua impressione era corretta: per quanto ridessero e scherzassero, il Torneo li aveva provati più di quanto ammettevano. Le risate erano malinconiche e si alternavano a momenti di silenzio. Ma era comprensibile. Erano stati in dieci a doversi occupare di tutto.

Durante il viaggio, Maya messaggiò con Cassandra. Non sapeva se i ragazzi avrebbero apprezzato quello che aveva in serbo per loro. Sorrise soddisfatta mentre leggeva la risposta dell’amica e finalmente si volse ai ragazzi: «Spero che vi fermiate a salutare Cassandra e mia figlia»

«Te l’ho promesso. Ne approfitto prima di essere troppo occupato in giro per la città. Immagino ci tocchi lavorare. Lo stipendio è più alto, ma Miami è un luogo parecchio costoso» disse Chrom.

«Se sai dove cercare e decidi di dividere l’appartamento, i costi scendono notevolmente» rispose Maya. Ricordava ancora il periodo in cui aveva lavorato come barista e i sacrifici che aveva fatto. Quando ripensava a quel periodo, si chiedeva come ci fosse riuscita. Per fortuna era stato un periodo breve perché aveva cambiato lavoro poco dopo.

Ormai erano in viaggio da un po’. Finalmente Kalim chiamò l’attenzione di Maya, aveva bisogno di indicazioni. La ragazza ebbe un po’ di difficoltà a indicargli un punto dove atterrare. Era conscia che Renim li stesse nascondendo alla vista, ma doveva pur disattivare l’OverSoul. Osservò con sguardo assente il GPS, la sua memoria stava scandagliando i posti più adatti per un atterraggio. Come un lampo, qualcosa le balenò nella testa. Mostrò la mappa ai due piloti e indicò un punto specifico «Qui, in questo spazio tra Alton Road e West Avenue. Pare stiano discutendo sulla costruzione di un parco, ma al momento è solo terra battuta. Ci sono delle palizzate e possiamo uscire da un passaggio collegato al parcheggio»

«Perfetto. Preparatevi!» esclamò Kalim.

L’atterraggio fu perfetto. Renim disattivò L’OverSoul e furono nuovamente visibili. Maya fece una telefonata, si accordò con Sam Fox, un vecchio amico a cui aveva fatto un favore. Se il ragazzo voleva sdebitarsi, quello era il momento giusto: gli avrebbe dato un passaggio col furgoncino della ditta trasporti per cui lavorava. E, in ogni caso, lo avrebbe pagato ugualmente per il disturbo.

Non dovettero aspettare molto per l’arrivo di Sam, un ragazzo dai folti e ricci capelli rossi. Aveva la pelle bronzea e un paio di occhiali che facevano capolino dai suoi capelli «Hei! Finalmente a casa? Hai portato un bel po’ di gente! Siete venuti a godervi il clima mite di gennaio? Vi capisco»

Maya rispose con un sorriso imbarazzato, non poteva rivelargli il vero motivo per cui erano qui. Si limitò ad annuire affabilmente e a balbettare: «Eh già! Staranno qui per un po’. Direi che tutti si meritano una bella vacanza, no?»

Sam rise e indicò con il pollice il retro del furgoncino «Salite! Destinazione: Star Island!»

Attraversarono il MacArthur Causeway, il ponte che collegava Miami Beach alla città principale, ma deviarono a destra su Bridge Road. Maya si sentì meglio nel vedere che tutto era perfettamente in ordine. Presto sarebbe tornata a casa.

SpiritiSign by MayaPatch

Magna guardava le case di lusso sfrecciare davanti al finestrino. Quel posto era un covo per gente ricca, decisamente quel tipo di persone che lui non apprezzava. Cosa ci faceva Maya in un posto del genere? Lavorava in casa di qualcuno? Aveva il permesso di portarli lì? Non che dovessero rimanerci, erano andati con lei solo per accompagnarla e salutare. Poi si ricordò del discorso con Samari e capì. Spostò lo sguardo sulla sciamana che gli dava le spalle, stava parlando allegramente con Sam e Radim.

Il furgone si fermò di fronte a una lussuosa abitazione a due piani in stile classico, Magna ne aveva viste diverse durante i suoi viaggi. Non aveva da lamentarsene. Nonostante non fosse un patito per l’arte o l’architettura, il suo amore per la precisione era pienamente soddisfatto dalla cura per i dettagli e le misure e gli faceva apprezzare ciò che aveva davanti.

Sorretto da colonne greche, Il portico triangolare era posizionato al centro, sotto di esso c’era un portone blu a doppia anta. Ai lati si estendeva il resto della struttura, abbellita con colonne che sostenevano i balconcini. Le finestre erano alte, probabilmente le stanze erano molto luminose. Il tetto spiovente aveva lo stesso colore blu del portone d’ingresso.

Anche il giardino era curato. Il percorso in ghiaia, che conduceva all’entrata dell’abitazione, si divideva in una rotonda che circondava una fontana decorata con marmo bianco. L’acqua fuoriusciva dalla bocca di cavalli con la coda di pesce che circondavano quello che doveva essere una divinità greca, forse Poseidone. Almeno lo intuiva dal tridente che stringeva in mano. Il complesso di statue era di color verde smeraldo. A incorniciare la proprietà, un basso muretto in marmo dietro il quale era posizionata una fila di totem, che si estendeva lungo tutto il perimetro.

«Quanto hai speso per questo posto?» la voce sorpresa di Radim allontanò Magna dalle sue osservazioni. Lo sciamano con gli occhiali stava fissando il panorama a bocca aperta.

Maya rispose con il suo classico sorriso: «Meno di quanto ti aspetti. La batosta è stata la ristrutturazione. Ma ne parliamo dentro, vi offro un tè»

Selenechar2 by MayaPatchIl gruppo la seguì con un po’ di incertezza. Per un Patch, tutto quel lusso metteva quasi a disagio.

La sciamana non fece in tempo ad aprire il portone che due braccia le si avvinghiarono all’altezza del torso.

«Mami!» esclamò la proprietaria di quelle braccia.

«Si, scimmietta. Sono tornata» rispose Maya, ricambiando l’abbraccio e baciando i capelli neri di una bambina.

La piccola si staccò da sua madre non appena notò il gruppo. Era poco più bassa di Nichrom e i suoi capelli erano legati in due trecce. Indossava un abito rosa con decorazioni rosso opaco. Assomigliava tantissimo a Maya da bambina, ad eccezione dei vispi occhi castani.

«Sai, dovremmo entrare. I ragazzi sono stanchi per il viaggio» disse Maya.

Per quel che lo riguardava, Magna non era stanco. Il Furyoku ottenuto dopo la resurrezione era tale che le quattro ore di viaggio erano state una passeggiata. Non disse nulla per non sembrare sgarbato e si limitò a seguire gli altri.

L’interno della casa aveva uno stile totalmente diverso anche se il pavimento richiamava quello in marmo della fontana esterna. Davanti a loro si estendeva un soggiorno spazioso.

Maya guidò il gruppo a destra, dove erano situati dei divani e un tavolino. I ragazzi si guardavano attorno. In particolare, Rutherfor osservava tutto con occhi luccicanti, sembrava amare quella disposizione e la scelta di un mobilio moderno.

Spostando lo sguardo a sinistra, Magna notò un quadro. Era appeso al muro che divideva il soggiorno dall’ampia cucina open space. Ne rimase affascinato. Era una tela ricamata e rappresentava gli edifici del villaggio illuminati dal Grande Spirito, ricamato utilizzando fili color argento. Senza rendersene conto, si era fermato a studiarlo.

«Ti piace?» chiese Maya.

Magna fece scorrere lo sguardo sui dettagli e annuì «Chi lo ha ricamato?»

La sciamana alzò la mano con un sorriso imbarazzato «Io. Non è perfetto, ma non ricamavo da tanto. E poi ero in attesa di quel gremlin. Diciamo che ho approfittato del tempo a disposizione per dedicarmi a qualcosa di utile. Volevo portarmi un pezzo di casa qui a Miami»

«Notevole» commentò Magna. Effettivamente il villaggio non era il posto più comodo per una donna incinta, con tutte quelle scale. Sapeva che molte ragazze preferivano rimanere a casa mentre i loro mariti si occupavano del resto. Per Maya non doveva essere stato diverso. Ma a quel punto gli venne spontaneo domandarsi dove fosse il padre della piccola Selene. Era rimasto al villaggio?

Magna seguì Maya verso i divanetti, ma una stranezza attirò la sua attenzione. Forse gli altri lo avevano già visto perché si erano seduti e parlavano tra loro. A sinistra, quasi come per avvolgere la scala a chiocciola, era posizionato lo scheletro di un dinosauro. Era in una posizione di attacco, la coda scompariva dietro la scala per apparire dall’altra parte, il corpo era proteso in avanti verso il basso e la testa con le fauci spalancate guardava verso chi entrava.

«Me lo ha regalato un'amica. Non è autentico ovviamente» disse Maya, mentre si sedeva al suo posto.

Cassandra arrivò poco dopo e si scusò per il ritardo. Anche lei era cresciuta molto. I capelli neri erano legati in una treccia laterale e indossava abiti tradizionali color verde e giallo. I suoi occhi color cremisi avevano mantenuto lo sguardo dolce di un tempo.

Magna apprezzò molto che entrambe non avessero rinnegato le proprie origini. Poco importava dove guardasse, riusciva a scovare oggetti e suppellettili artigianali, compresi il teschio di un cervo posizionato sul camino in muratura e un telo ricamato con i simboli della tribù. Tutto sommato, quell'abitazione era un curioso mix di stili.

Radim interruppe nuovamente i suoi pensieri chiedendo informazioni sul prezzo di quel posto. Magna lo trovava irritante. Pensò che non si rendesse conto di come e quando volgere delle domande.

Maya non sembrò infastidita e rispose con tranquillità: «L'ho comprata all'asta. Dopo anni e anni di tentativi di vendita inconcludenti, è passata nelle mani della banca. Ho colto subito il suo potenziale e ne ho approfittato, soprattutto perché dicevano che fosse infestata. Sapete, era un vecchio hotel di lusso, uno dei primi ad essere costruito su quest'isola negli anni 30, circa. Fu distrutto in un incendio in cui morì anche il proprietario. Da allora, nessuno fu capace di demolire questo posto, come se una forza misteriosa respingesse qualsiasi palla da demolizione»

Magna pensò che fosse ovvia una situazione del genere. Gli sciamani avevano la curiosa tendenza ad abitare luoghi infestati. Il prezzo dell’immobile doveva essere stato irrisorio.

Cassandra arrivò con tè e biscotti mentre Maya continuò la sua spiegazione: «Effettivamente ho parlato con il proprietario, il suo fantasma, intendo. Non voleva che il resto della struttura venisse demolito e sostituito. Teneva molto a questo posto. Sapete, solita storia: moglie morta, promessa da mantenere e poi infranta. Era diventato un poltergeist. Inoltre c’era anche il fantasma di una cantante lirica, si era impiccata nella sua camera, dopo aver deciso di chiudere la sua carriera quando era ancora all’apice del suo successo. Alcune persone dicevano che la si poteva sentire cantare. Ma, a ogni modo, dopo un sopralluogo, ho partecipato all’asta. Ho pensato di demolire solo metà della struttura, era davvero messa male visto che l’incendio era partito da lì, risparmiando l’area dove siamo adesso»

La sciamana prese una pausa e sorseggiò il suo tè, sua figlia la guardava rapita mentre mangiava un biscotto. Dopo aver posato la tazzina, Maya si alzò e prese una foto incorniciata dal davanzale del camino. Al suo interno c’era il ritaglio di un giornale d’epoca con una foto. L’edificio immortalato era distrutto a metà. La zona che affacciava sul mare era bruciata ed era collassata su se stessa, Maya aveva fatto ristrutturare quello che era rimasto in piedi. Così, da una pianta quadrata, l’edificio era passato a una pianta a forma di C.

Magna lanciò uno sguardo alla finestra che avrebbe dovuto mostrare il cortile interno. Al posto del giardino c’era samarianimeEFP by MayaPatchuna elegante piscina dai bordi ondeggianti. Era sicuro che il proprietario originario non aveva avuto da ridire sul lavoro svolto. La facciata esterna aveva mantenuto il suo stile e forse anche parte dell’interno. La promessa era stata mantenuta.

«Come ho detto prima, il prezzo non è stato così alto. La batosta è stata la ristrutturazione. Ma ne è valsa la pena. Sono contenta. Ho aspettato cinque anni, ma ho una casa che ci offre tutto quello di cui abbiamo bisogno. E il posto non è male. Ha praticamente tutti i servizi. Ho un bel mutuo da estinguere ma non mi pesa più di tanto per come ho organizzato le rate» disse Maya prima di mangiare un biscotto.

Chrom ridacchiò come suo solito «E immagino che quei trofei sulle mensole siano un indizio sul tuo lavoro, giusto?»

Maya poggiò il mento sul palmo della mano e annuì: «Lavoro da otto anni come cantante in una band. Ma le entrate più remunerative vengono da contratti con enti pubblicitarie e riviste di moda. La gente chiede la mia faccia e mi paga bene. Non ho da lamentarmi»

«Avrai l’agenda piena» commentò Kalim.

«Avevo. Ho organizzato meglio il mio tempo. Per un periodo mi ero caricata così tanto da avere un burnout. Una volta terminati tutti gli impegni, iniziai a selezionare e ad accettare solo determinate richieste. Ora ho più controllo. Ma, capitemi, ero passata da barista a un lavoro di cantante d’opera al Tower Theater all’essere sommersa di attenzioni da ogni parte solo perché ero entrata in un gruppo famoso. Oh, e quanto ho pianto quando ho visto il primo stipendio, non volevo crederci. Sembrava che tutti i miei problemi si fossero risolti» spiegò la sciamana.

«Avevi comprato d’impulso quell’attico in quel grattacielo a Brickell» intervenne Cassandra con un sorriso divertito.

Maya si coprì la faccia con una mano e ridacchiava «Non volevo più vivere in affitto, lo sai. Però ci siamo vissute per sette anni, ne è valsa la pena. Sai che comprare casa era uno dei miei primi obiettivi»

Dopo aver riacquistato serietà, la sciamana dagli occhi azzurri incrociò le mani e guardò i presenti, poi parlò di nuovo: «Parlando di lavoro, soldi e case, ho una proposta per voi. Ne ho discusso con Cassandra in questi giorni. Vorrei agevolarvi la permanenza qui a Miami. Quindi vi invito a stare qui da noi»

Con il mento poggiato sulla mano chiusa in un pugno, Magna ghignò quasi soddisfatto. Aveva sospettato qualcosa da quando erano stati invitati a prendere il tè. Invece, il resto del gruppo era rimasto palesemente sorpreso.

«Ma ne sei sicura?» chiese Kalim.

«Siamo una decina di persone. Non possiamo approfittare della tua disponibilità» intervenne Chrom.

«Perché no?» tagliò corto Magna.

I suoi colleghi lo guardarono con espressione confusa e sconvolta insieme. Sapevano che Magna preferiva essere indipendente e che quella frase non era da lui.

Lo sciamano dai capelli ricci si sistemò sulla poltrona e spiegò: «Sono sicuro che nessuno di noi voglia tornare in strada a vendere oggetti che le persone normali non apprezzano. E il mondo del lavoro è così frenetico che ci toglierebbe il tempo di preoccuparci del motivo per cui siamo qui. La città va tenuta sotto controllo, sempre. Non possiamo permetterci distrazioni»

Sia Maya che Cassandra lo stavano ascoltando con attenzione. E, prima che una delle due potesse dire qualcosa, Magna continuò: «Tuttavia, proporrei di rimanere solo a delle condizioni»

«Condizioni?» fece eco Maya. Il suo sguardo era confuso.

Magna si schiarì la voce: «Certamente. Chrom ha ragione: siamo una decina di persone. Ritengo opportuno stabilire delle regole di civile convivenza.»

La sciamana dagli occhi azzurri sorrise e unì le mani «Oh! Beh, ci sono delle regole da rispettare, questo sì. Io, Cassandra e mia figlia le seguiamo»

«Ovvero?» domandò lui.

Maya contò sulle dita: «Non sono molte, in realtà. Vediamo: non camminare con le scarpe in giro, ma indossare le pantofole. Mettere sempre in ordine. È una casa grande. Mettere in ordine aiuta a tenerla pulita e a pulirla più facilmente. E questo vale anche per l’area svago e il piano bar. Come vedi, sono cose basilari»

Magna annuì, ma volle aggiungere altro: «Io propongo anche queste due condizioni: ognuno deve mettere in ordine la propria camera, e intendo anche pulirla. In qualsiasi casa io sia andato, non ho mai ricevuto lamentele. Ricambiare l’ospitalità in questo modo mi sembra il minimo. Poco importa che si tratti di una casa in affitto o meno. La seconda condizione è contribuire alle spese, almeno per il cibo. Abbiamo uno stipendio, possiamo permettercelo»

«Ha senso» mormorò Chrom.

«Io dico che si può fare» concordò Silva, con sorpresa di Magna.

Il resto del gruppo acconsentì quasi in automatico.

Maya accolse quelle reazioni con un sorriso sollevato «Allora possiamo mostrarvi le vostre camere e il resto della casa»

/////

Non immaginavo che il capitolo sarebbe venuto così lungo! In realtà avrei potuto continuare, c’era altra roba da inserire, ma verrà aggiunta nella prima parte del capitolo successivo.
Una nota: Il parco di cui parla Maya è il Canopy Park inaugurato proprio tra il 2021-2022. La mia storia è ambientata nel 2014, quindi il parco non era ancora stato costruito. Al suo posto c’era ancora della terra battuta.
Il personaggio di Sam Fox è un cameo di un personaggio di Roberto Turati, dalla sua storia su Ark: Survival Evolved: “Ark: l’isola preistorica”

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Capitolo 6
*** Il rapimento ***


Sk6 by MayaPatch

Prima di mostrare le stanze ai ragazzi, Maya volle fare una cosa che non aveva potuto fare a causa dell’intervento di Radim: presentare Selene. Adagiò la tazza di tè ormai vuota sul tavolino e parlò: «Beh, visto che siamo tutti d’accordo, prima voglio farvi conoscere Selene»

La bambina le volse lo sguardo e sorrise. Maya le poggiò una mano dietro la schiena per farle coraggio e la incitò con tono dolce: «Su, presentati»

Selene annuì energicamente e si alzò. Rimase in piedi e si volse in modo da guardare tutti. Portò le mani dietro la schiena e dondolò sulle gambe con movimento lento, recitò: «Ciao. Mi chiamo Selene e ho otto anni e mezzo. Il mio compleanno è il 26 settembre e mi piacciono i giochi di società, disegnare e pattinare! Sono felice di conoscervi!»

Maya sorrise divertita per la performance. Non si aspettava una presentazione simile. Ma non si aspettava neanche la reazione di sua sorella.

Rutherfor aveva ascoltato, guardando Selene con espressione intenerita. Si era poi alzata e aveva abbracciato la bambina con i lacrimoni agli occhi. Squittì: «Sono così felice di conoscerti! Io sono Rutherfor, tua zia! Quanto sei carina!»

Maya sorrise, Rutherfor amava qualsiasi cosa fosse esteticamente adorabile. Ricordava quando la sorella era tornata a casa dopo il rituale per ottenere lo spirito custode. Lantha dovette consolarla perché Grey Saucer non era carino. Al tempo, Rutherfor aveva otto anni e il Grande Spirito l’aveva già confermata come Officiante per il torneo.

Selene ricambiò l’abbraccio ed esclamò: «Mami mi ha detto tante cose di te! Hai davvero uno spirito alieno?»

Grey Saucer si rese visibile all’istante e la salutò con un cenno del capo. La bambina lo guardò con stupore. Rutherfor le mostrò il suo Over Soul armatura e le spiegò: «Posso controllare la gravità»

«Che ne dite di mostrarle anche i vostri spiriti?» propose Maya, rivolta agli altri. Poteva essere un’idea carina. Nonostante fosse una sciamana, Selene non aveva visto molti spiriti in vita sua, ad eccezione di quando andavano al villaggio.

«Perché no?» concordò Chrom.

Selene sembrava una bambina in un negozio di caramelle. A ognuno faceva domande e chiedeva di mostrare l’Over Soul. Non ebbe paura di Blue Net, lo spirito ragno di Bron e nemmeno di Purple Kick, lo spirito cavalletta di Chrom.

Quando fu il turno di Nichrom, Selene gli strinse le mani tra le sue e lo guardò con entusiasmo «Hai anche tu una treccia come la mia. Sei carino! Diventiamo amici?»

Nichrom rispose con un rapido “Eh, cosa?” e guardò il fratello maggiore. Le guance erano rosse e lo sguardo confuso.

Nel guardare la scena, Maya era combattuta. Non sapeva se essere divertita per la semplicità con cui Selene faceva amicizia, oppure dispiacersi per Nichrom, un bambino che era stato costretto a crescere troppo in fretta. Decise di intervenire per togliere il ragazzino da quella situazione e chiese: «Perché non le mostri il tuo spirito?»

Quasi come se avesse inteso il motivo di quella richiesta, Nichrom si rilassò e mostrò Yellow Whip; poi spiegò come funzionava il suo Over Soul, mostrando lo scorpione che prese forma sul suo braccio.

Selene batté le mani con entusiasmo. E la sua reazione fu la stessa con gli altri spiriti. Volle accarezzare Magnescope. Con sorpresa di Maya, Magna lo rese tangibile con il suo Furyoku e la bambina poté coccolarlo. Dopodiché, Selene ascoltò la spiegazione di Radim sulle abilità di Platinum Sword, il suo spirito pellicano. Non mostrò timore con Red Rope, il cobra di Namari; tutt’altro, lo osservò con interesse e volle toccargli il muso. Non capitava tutti i giorni poter essere così vicini a uno dei serpenti più letali del mondo.

Dopo aver finito il giro di presentazioni e aver mostrato le camere agli ospiti, Maya propose di accompagnarli in giro per la città. Miami era grande e caotica. Fortunatamente non era in Giappone e gli Officianti potevano ambientarsi con più facilità.

Dopo la gita, si accordarono sui turni della ronda e si divisero le zone. Al momento, avrebbero pattugliato le vicinanze e poi si sarebbero spostati. A Maya sembrarono reticenti nell’allontanarsi, come se si aspettassero un attacco da un momento all’altro.

L’atmosfera si rilassò verso sera, soprattutto dopo cena, quando Maya mostrò la stanza dedicata agli svaghi al piano sotterraneo. Spiegò loro che potevano usarla quando volevano per rilassarsi dopo il turno di pattuglia.

La stanza era fornita di un angolo bar, con bevande e spuntini di varia natura. In un angolo c’era una parete arredata le cui mensole custodivano videogiochi e console, Maya adorava collezionarli. La sua mania per il collezionismo si manifestava anche per il gran numero di manuali di giochi di ruolo esposti in libreria, da “Dungeon&Dragons” a “Call of Cthulhu”.

Quella visione sembrò catturare Rutherfor come una falena con una lanterna accesa. La ragazza si era fiondata a guardare la parete arredata e poi la libreria. Si teneva il volto tra le mani e squittiva emozionata: «Questo è sempre stato il mio sogno! Guarda la PlayStation! E questa…XboX? È una nuova console? Oh! I manuali! Devo assolutamente leggerli!»

Selene aveva trascinato Nichrom nell’aera dedicata ai giochi di società e gli elencava quelli che avevano. Il ragazzino sembrò molto interessato ai puzzle, giochi di intelligenza in cui si doveva risolvere un rompicapo. Ce n’erano alcuni da risolvere in collaborazione con altri e Selene glieli mostrò volentieri.

Maya fu lieta di vederlo aprirsi un po’ e interessarsi ad altre attività. Sorrise quando lo sentì chiedere anche dei puzzle classici. A quanto sembrava, Nichrom amava usare il cervello anche quando si divertiva.

Il resto degli Officianti era più interessato al biliardo, alle freccette, alla piccola pista da bowling e al bar. Radim diede un’occhiata al karaoke. Come previsto, lo sciamano con gli occhiali ricordò a Maya della sfida amichevole. La ragazza rispose con un’alzata di mani e una promessa: «Aspetteremo che ci siano anche altri avversari. Sarà una bella sfida, visto che i miei amici sono dei professionisti»

«Le cose si fanno interessanti» ghignò Radim, sistemandosi gli occhiali da sole.

«Oh, davvero?» chiese Maya con tono ammiccante e le braccia incrociate.

«Oh, sì! Bron, Chrom! Vi andrebbe di partecipare? E tu, Magna? Andiamo, non te la cavi male! Non fare il solito gufo col broncio»

Bron e Chrom accettarono volentieri, Magna lo mandò a quel paese con un gesto della mano.

«Non sei per niente simpatico, sappilo» commentò Radim.

Maya rise «Non prenderla sul personale. Ci sarà comunque un po’ di gente da sfidare. Uno in più o uno meno non farà molta differenza. E poi gli introversi non amano questo tipo di attività, lo sai»

La sciamana lanciò uno sguardo su Nichrom. Se lo ricordava come un bambino pacifico e testardo, lo aveva visto spesso in compagnia del fratello maggiore e non con altri ragazzini della sua età. La presenza di Chrom sembrava metterlo più a suo agio.

«Che ne pensate se vi preparo qualcosa?» chiese improvvisamente Thalim, che si era piazzato dietro il bancone del bar.

«Uh, volentieri! Finalmente ho l’età giusta!» esclamò Maya, dopo essersi seduta su uno sgabello.

La serata passò piacevolmente, anche se Maya dovette ammettere che erano decisamente un gruppo di casinisti. Silva, Kalim, Chrom e Radim si sfidarono a biliardo. Namari, Bron e Renim a bowling.

Thalim era tranquillo, osservava i suoi colleghi e sorrideva. Guardò Maya e commentò: «Era da tanto che non si divertivano così»

«Diciamo che è un bel modo per scaricare tensione e preoccupazioni. Domani inizierete nelle migliori condizioni» rispose la sciamana.

Intanto Rutherfor aveva mantenuto il suo proposito: si era fiondata alla libreria e aveva preso uno dei manuali di gioco. Si era seduta su una delle poltroncine e leggeva con interesse.

Nichrom stava giocando a Jenga con Selene e si stava visibilmente divertendo. Era la seconda volta che la ragazzina lo batteva e lui non aveva intenzione di dargliela vinta.

Guardandosi attorno, Maya notò che mancava qualcuno all’appello. Magna non c’era. Probabilmente se l’era filata dopo essersi preso il suo bicchiere di gin.

Si alzò dallo sgabello e andò a cercare lo sciamano latitante. Dopo aver girato un po’, lo trovò seduto su una sedia a bordo piscina. Il bicchiere di gin era adagiato su un tavolino alla sua sinistra.

«Ce la metti tutta a stare da solo, eh?» commentò Maya.

Magna rispose con un cenno del capo, buttò giù un sorso e accavallò le gambe «C’è troppo caos lì sotto. Tu, invece, ce la metti tutta per scovarmi. Ti sei perfino proposta per accompagnarmi all’orfanotrofio»

La sciamana si sedette sulla sedia al suo fianco e rispose: «L’alternativa era farti andare con Radim oppure da solo. E hai visto che cosa sono capaci di fare quei monelli. Il blu ti stava bene con quelle treccine»

«Non dirlo agli altri» le raccomandò l’uomo con sguardo severo.

Maya cercò di trattenere una risata, non riusciva a togliersi dalla testa quella scena. Le bambine si erano divertite parecchio quel giorno e i bambini avevano ascoltato volentieri qualche racconto sullo Shaman Fight. Alzò le mani in segno di resa e, con tono divertito, rispose: «Oh, tranquillo. La tua reputazione rimarrà linda come lo è sempre stata»

Magna non sembrava convinto e la scrutava con sospetto. Bevve un altro sorso di gin e si schiarì la voce: «A proposito di bambini. Vista la situazione, credo sia opportuno darti un consiglio»

«Riguarda Selene?»

Lo sciamano si sistemò meglio sulla sedia così da mantenere un contatto visivo e parlò: «Riguarda te e la tua reazione alla riunione»

Maya non seppe cosa rispondere, ma si aspettava una ramanzina. Sapeva che Magna fosse una persona poco loquace. Ma, quando puntualizzava cosa non andava, evitava mezzi termini e arrivava dritto al punto.

«Se ci avessero attaccati in quel momento, saresti stata in pericolo. Perdere il controllo di se stessi in situazioni come quella è la prima cosa che ci insegnano a evitare» spiegò lui con tono calmo ma sguardo severo.

«Selene e Cassandra sono persone importanti per me» rispose Maya sulla difensiva.

«Non lo metto in dubbio. Ma non avevi la sicurezza che i Seminoa fossero venuti qui, a Miami. È stata una reazione spinta da una paura irrazionale. E non va bene. A meno che non ti aspetti che attacchino, prima o poi» Magna proferì l’ultima frase in modo da evidenziarla.

La sciamana prese una ciocca di capelli tra le mani e iniziò a giocarci. Si sentiva a disagio e questo alimentò il suo timore. Evitando accuratamente di ricambiare lo sguardo, Maya rispose, parlando a manetta: «Siamo le uniche Patch qui in Florida. Non avrebbero altro motivo per essere venuti. Magari il fermaglio è qui e potrebbero trovare anche Cassandra, così prenderebbero due piccioni con una fava. E se trovano Cassandra, trovano Selene. Quando Samari ha dato la notizia, ho avuto paura e…»

Magna la interruppe, alzando l’indice davanti al volto di lei «Lo stai facendo di nuovo»

Maya zittì e inspirò profondamente per recuperare la calma e si scusò: «Quando sono agitata. Non riesco a fermare i pensieri»

Lo sciamano sollevò le sopracciglia, sorpreso, e commentò: «Almeno ne sei consapevole. Questo si riflette anche sulle tue azioni in battaglia»

La ragazza sapeva che aveva ragione «Ci ho lavorato su, negli anni. Ma l’arrivo di Selene ha demolito parte dei progressi. Quando si tratta di lei…»

Magna piegò l’angolo delle labbra in un piccolo e rapido sorriso. Il tono che usò questa volta fu più conciliante: «Il problema è sapere come reagire. Ami tua figlia, va bene così. Ma non lasciare che questo amore ti influenzi a tal punto da farti travolgere dalla paura. Le emozioni più perturbanti sono deleterie. Rabbia e paura obnubilano la mente. E la mente è ciò che dà forma all’OverSoul. Se superi un certo limite, potresti non essere in grado di generarlo. Saperti difendere ti permetterà di proteggere anche chi ami»

Maya annuì in silenzio, ma aveva una domanda: «Perché mi stai dicendo queste cose?»

Lo sciamano rispose con una breve e leggera risata e parlò: «Perché nessuno di loro ti avrebbe detto nulla. Non metto in dubbio le loro competenze, ma possono essere abbastanza… superficiali. A modo suo, Chrom ha cercato di aiutarti, ma non ti ha detto altro»

Dopo una pausa di qualche secondo, Magna continuò con una frase che turbò Maya: «Non vogliamo altre morti, e nemmeno altri Nichrom, giusto?»

SpiritiSign by MayaPatch

Non poteva lamentarsi di come stava proseguendo la loro permanenza lì a Miami. Paragonandola con quella a Tokyo, era una passeggiata.

La prima settimana era passata senza incidenti. La ronda iniziava la mattina presto e terminava la sera, a ora di cena. Magna propose di organizzare anche i turni notturni. Silva non la considerò un’idea così malvagia, ma, al momento, ritenne più utile lasciare che se ne occupassero i loro spiriti.

Quel venerdì era passato come i giorni precedenti. Silva osservava la città dalla cima di un grattacielo. A differenza di Tokyo, Miami pullulava di attrazioni turistiche dedicate al puro divertimento. Ovunque si girasse, vedeva bar, ristoranti, discoteche, night club e parchi. Agli occhi di un Patch, era la fiera del materialismo più sfrenato. Si stupì che Maya non si fosse lasciata influenzare da quello stile di vita. Forse il merito andava ai suoi genitori e all’educazione che le avevano dato. Educazione che stava trasmettendo a Selene.

Quel giorno Maya sarebbe tornata tardi. Era stata invitata a un talk show e sarebbe tornata dopo cena. Gli officianti si erano accordati per sorvegliare la zona, ma la sciamana aveva assicurato che sarebbe tornata appena uscita dallo studio. Il parcheggio non era lontano e la città era molto attiva anche dopo la mezzanotte. Un attacco non sarebbe passato inosservato. Avrebbe preferito sapere che fossero a casa a riposare dopo una giornata in giro per la città.

Nonostante i dubbi, Silva si era recato al suo posto e teneva d’occhio le strade. Era un compito noioso ma qualcuno doveva pur farlo.

Quella calma lo rendeva irrequieto. Cosa doveva cercare esattamente? Cosa tenere d’occhio? In che modo i Seminoa si sarebbero manifestati? Dove si nascondevano? Si mimetizzavano tra la gente? Lavoravano durante il giorno?

Sospirò. Queste domande non avrebbero trovato alcuna risposta, lo sapeva. Almeno, fino a che non avrebbero trovato qualche indizio. Si stiracchiò e sbadigliò.

La giornata era trascorsa esattamente come le altre, a parte quando la folla si era riunita in un punto. Dei tizi si erano azzuffati ed era intervenuta la polizia. Nulla di interessante, a parte la naturale tendenza dell’essere umano ad accorrere in caso di eventi potenzialmente pericolosi.

Non appena fu orario, lo sciamano tornò a casa. Avrebbe guardato il talk show insieme agli altri. Tuttavia, non dimenticò di mandare i suoi spiriti a controllare la zona interessata. Non mandò Silver Wing, in caso ci fosse stato bisogno di raggiungere il posto più rapidamente.

Selene non smetteva di sorridere e fu ancora più felice quando Maya entrò in scena, chiamata dal presentatore. La sciamana si sedette su un divanetto insieme ai tre ospiti. Erano tutti suoi colleghi e ovviamente la serata riguardava il loro lavoro e il percorso di studi che avevano fatto.

Maya raccontò con evidente difficoltà l’esperienza successiva alla morte del suo compagno, al terzo mese di gravidanza, e la decisione di accettare il suo attuale lavoro. Misurava attentamente le parole e sorrideva poco, ma fu sintetica. Silva capiva come si sentiva. Anche se non era lo stesso sentimento, l’intensità del dolore di perdere qualcuno di caro era la stessa. Chrom era come un fratello per lui, l’unico che gli era stato vicino nonostante tutto. Incontrarlo nuovamente nel Grade Spirito fu un sollievo e una gioia. E sapere che era lì con loro lo tranquillizzava. Chrom era l’ago della bilancia in quel gruppo così eterogeneo.

Tra un discorso serio e una battuta, il programma finì. Erano le undici e mezza. Maya aveva garantito che sarebbe tornata in meno di mezz’ora; il tempo di raggiungere il parcheggio e partire. Per quanto fosse viva Miami, non c’era traffico a quell’ora. La sciamana aveva anche inviato un messaggio prima di uscire dagli studi.

Passarono dieci minuti e i cellulari squillarono all’unisono. Era l’allarme che Rutherfor aveva abilitato nel gruppo di SpiritGram. In caso fosse accaduto qualcosa a qualcuno di loro, l’iPatch avrebbe squillato con un suono specifico e avrebbe aperto automaticamente la mappa con la posizione dello sciamano in pericolo. Almeno in teoria.

Silva controllò immediatamente il suo cellulare e imprecò: «Sentivo che sarebbe successo qualcosa»

Gli officianti si scambiarono uno sguardo di intesa.

Fu Chrom a prendere la parola con tono risoluto: «Silva, Rutherfor e Magna, andate voi. Potete volare. Siete più veloci»

Silva non se lo fece ripetere. Rutherfor e Magna lo seguirono senza discutere. Non potevano perdere tempo. Lungo la strada, incontrarono i quattro spiriti di Silva, che stavano tornando a casa, forse per avvertire.

«Maya è stata trascinata via! È letteralmente sparita nel buio!» esclamò Silver Shield, agitato.

«L’abbiamo seguita ma non si vedeva niente» spiegò Silver Rod.

«Non fateci perdere tempo. Portateci direttamente lì» incitò Magna, seccato.

Il cellulare di Maya e la sua borsa erano a terra, poco lontano da un cantiere in costruzione. C’era un buco nella palizzata. Silva si avvicinò all’apertura per controllare meglio. Era buio, ma le luci della città illuminavano il posto quanto bastava.

Magna e Rutherfor controllarono nei dintorni, ma sia Maya che i rapitori sembravano spariti nel nulla.

«Cosa è successo esattamente?» chiese Silva.

Silver Tail prese la parola, essendo quello più calmo: «Quando Maya è uscita, ci siamo avvicinati a lei per tenerle compagnia. Stavamo camminando in questa stradina per raggiungere il parcheggio, è proprio dietro quell’angolo. Ma un rumore ha attirato la nostra attenzione. Ci siamo fermati per pochi secondi. Non appena abbiamo ripreso a camminare, qualcosa ha distrutto la palizzata e ha avvolto Maya come tante liane. L’abbiamo seguita ma c’era una folta coltre di oscurità che ci ha impedito di vedere. Abbiamo pensato di tornare per avvertirvi»

«Forse l’oscurità era un OverSoul» mormorò Rutherfor con serietà.

«Qualsiasi cosa sia, dobbiamo dire agli altri di muoversi e aiutarci con le ricerche. Più tempo passa, meno possibilità avremo di trovarla viva» intervenne Magna.

Silva fu d’accordo con lui. Si sarebbero divisi la città e avrebbero cercato.

SpiritiSign by MayaPatch

Le faceva male la testa e non vedeva niente. Era tutto buio e l’umidità le arrivava fino alle ossa. Che cosa era successo? Ricordava solo qualcosa che l’aveva avvolta e trascinata via, mentre parlava con i Silver Arms. Nel processo, aveva battuto la testa e perso conoscenza.

In quel momento sapeva di essere seduta a terra e legata a qualcosa, forse un palo o una trave.

Perché non vedeva niente? Era in luogo chiuso? A giudicare dall’aria immobile e il suo odore, sì. Si schiarì la voce per sentire se ci sarebbe stato un riverbero. Ci fu. Era il tipico eco prodotto in una stanza grande e con pochi ostacoli.

«Purple Bow?» chiamò a bassa voce.

Il suo spirito custode rispose con un bramito soffocato. Non era troppo lontano da lei ma sembrava non poterla raggiungere.

«Bene bene» annunciò una voce maschile.

Maya sentì il legno scricchiolare sotto i passi dell’individuo. Improvvisamente tornò la luce e i suoi occhi ne risentirono. Le ci volle un po’ prima di essere capace di vedere senza lacrimare.

Quando riuscì a mettere a fuoco, si guardò attorno e trattenne il respiro.

Era su un palcoscenico, legata ad una trave laterale. Davanti a lei si estendeva la platea, una fila di sedie color blu consunte dal tempo. Quel posto le sembrava familiare, e non perché fosse un teatro. Lo aveva già visto da qualche parte, forse in foto o in televisione. Diede un’occhiata a Purple Bow, intrappolato all’interno di una gabbia spirituale, e si tastò i polsi in cerca del suo mezzo: un polsino con all’interno un pezzo di palco di cervo. Non c’era. Glielo avevano sottratto, forse perfino distrutto.

«Benvenuta al Cononut Groove Playhouse! Sei l’ospite d’onore!» disse la voce con enfasi.

Coconut Grove? Il teatro abbandonato! Maya ne aveva sentito parlare e si era documentata sui motivi della chiusura permanente. Si diceva che fosse infestato. Spostò lo sguardo verso la voce e poté vedere chi era il suo rapitore.

Era in piedi davanti a lei con le braccia allargate e sorrideva con soddisfazione. Indossava abiti da combattimento tradizionali e aveva un tatuaggio a forma di freccia capovolta sul volto. Era un Seminoa. Aveva il volto lungo e il naso aquilino. I capelli neri erano rasati a sinistra e scendevano lunghi a destra.

L’individuo si inginocchiò e le prese il mento tra pollice e indice «Allora, immagino che tu sappia il motivo per cui ti abbiamo portata qui»

Maya non voleva sfidare troppo la sorte, ma le venne spontaneo rispondere con sarcasmo: «Un concerto privato?»

Il Seminoa si alzò e rispose con una risata: «Per quanto apprezzi l’umorismo, credo che tu non sia in condizione di scherzare»

La sciamana scrollò le spalle. Questa volta rispose con serietà: «Lo so. Su, chiedimi del fermaglio. Tanto sai già la risposta: non ne ho idea»

«Tutti dati in nostro possesso ci dicono che è qui. Quindi, o sei una bugiarda, o sei una bugiarda. Ora mi risponderai che non sai neanche dov’è il Custode Spirituale, giusto?» rispose lui, guardandola con attenzione e le braccia incrociate dietro la schiena.

Maya mosse la testa di lato e lo guardò come se la risposta fosse ovvia. Naturalmente, sapeva dove fosse Cassandra, ma non poteva fare altro che adattarsi alla situazione. Era a teatro, doveva recitare la sua parte. Lo aveva detto lui, era l’ospite d’onore.

«Dannazione, Howahkan. Questa non ti risponderà mai se la tratti così gentilmente, ti sta perfino prendendo in giro!» proruppe una voce femminile irritata.

Una Seminoa era salita sul palco, camminando a grandi falcate. Guardava i due con impazienza. Un’ombra scura si espanse dal suo braccio destro.

Maya ebbe un brutto presentimento. La donna si era voltata e la fissava con disprezzo. Era bella, ma quell’espressione la imbruttiva. La rendeva quasi folle. Era vestita anche lei in tenuta da combattimento. I capelli neri erano legati in una treccia. Il tatuaggio della sia tribù era sul dorso della mano sinistra.

«Devi usare i modi giusti» spiegò la donna, mentre l’ombra aveva assunto una forma che Maya aveva visto da qualche parte: sembrava una sfera con delle estensioni simili a filamenti sottili.

Questi schizzarono ad una velocità impressionante e si attaccarono al braccio e alla gamba sinistra di Maya. Trapassarono gli abiti senza bucarli e, come ventose, aderirono alla pelle. I punti di contatto iniziarono a pizzicare e bruciare, come se qualcuno gli avesse applicato un ferro arroventato.

Ebbe l’impressione che la sua pelle si stesse sciogliendo. E forse era così. Non lo sapeva. In quei secondi non fu capace di pensare. Il dolore era così intenso che le girò la testa ed ebbe la nausea.

Colta alla sprovvista, Maya si lasciò scappare un urlo.

«Devi farla soffrire, come abbiamo sofferto noi per cinquecento anni. E questo è solo l’inizio» spiegò la Seminoa, alzando la voce.

Maya respirava rapidamente per riprendersi. Nonostante l’OverSoul si fosse dissolto, il dolore era rimasto. Aveva ancora le vertigini, ma la nausea si era affievolita.

«È comodo poter arrecare dolore senza ferire, vero? Oh, quasi. Direi che la tua pelle avrà qualche reazione spiacevole» la Seminoa si era avvicinata alla Patch per guardarla direttamente in faccia.

«Allora, Howa è troppo gentile. Io posso andare avanti per ore. Sai, non aspettavo altro!»

Maya non rispose. Scosse il capo e chiuse gli occhi per tornare in sé. Riconobbe i sintomi e li collegò alla forma tentacolare dell’OverSoul: una medusa. Di quale specie fosse non lo sapeva. Sapeva solo che l’aspettavano delle ore infernali prima di essere uccisa o soccorsa. Intanto le avrebbero chiesto le stesse cose, forse aspettandosi che sarebbe impazzita prima o avrebbe ceduto per l’esasperazione. Non l’avrebbero uccisa, almeno non subito.

Quello che poteva fare era prendere tempo. Resistere il più a lungo possibile e sperare che i ragazzi l’avrebbero trovata.

Non avrebbe sfidato i Seminoa apertamente, con il sorriso beffardo sul volto. Non voleva che si arrabbiassero più del dovuto. Ma poteva fare qualcosa per impedirgli di strapparle informazioni.

Sapeva cosa fare. 

Chiuse gli occhi e iniziò a intonare una canzone dal ritmo lento, simile ad una preghiera.  

«Joy and sadness mean nothing to me.
There are no gods or values
No good or bad in the world
We are all lost in the end »

La Seminoa la prese per il colletto e la scosse «Cosa stai facendo?»

Nonostante l’intervento, Maya non smise di cantare, il tono sempre più alto. Si sentiva pervasa da energia positiva, il suo spirito non aveva paura e il suo corpo non percepiva più dolore.

Quando la donna la lasciò andare, la Patch iniziò ad ondeggiare seguendo il ritmo delle parole, sembrava in trance ma era perfettamente cosciente.

Infine, Maya aprì gli occhi azzurri e guardò i due Seminoa con fermezza.

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Ho appena scoperto che è stata rilasciata la Patch Song completa. Spero vivamente che rilascino anche il testo con la relativa traduzione in inglese!
Per ora ho dovuto arrangiarmi con gli spezzoni che abbiamo a disposizione. Ho scelto la traduzione inglese per coerenza (sono americani, non giapponesi!).

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Capitolo 7
*** Il rabdomante ***


Sk7 by MayaPatch

Ci volle un po’ per calmare Selene. La notizia del rapimento della madre l’aveva spaventata a tal punto che era scoppiata a piangere e voleva andare con loro a cercarla. Chrom impiegò le sue strategie migliori per rassicurarla e raccomandarle di rimanere al sicuro a casa. Avrebbero trovato loro Maya.

Rutherfor partì non appena si assicurò che fosse tutto tranquillo. A casa sarebbero rimasti Nichrom e Thalim.

Con il suo OverSoul armatura, Rutherfor fluttuò in giro per la città. Se gli esseri umani fossero stati capaci di vedere, avrebbero chiamato i servizi segreti. Non che fosse normale vedere una persona volare tra i palazzi, ma Rutherfor trovava divertente il gran numero di complotti che giravano sui Grigi, soprattutto dopo aver visto la reazione dei Cinque Guerrieri nel Plant dell’Universo. Per fortuna era notte e buona parte delle persone era andata a dormire.

La sciamana si tenne in contatto con gli altri attraverso SpiritGram. La chat era silenziosa e i pochi messaggi che arrivavano non annunciavano nulla di nuovo.

Tutta la notte andò così fino al mattino presto, quando Rutherfor incontrò Bron, Namari e Magna sulla cima di un grattacielo. Si unì a loro e li salutò. Erano tutti stanchi, lei compresa.

«Stiamo solo perdendo tempo» disse Magna con cipiglio infastidito.

Ruthefor lo guardò indispettita. Non si sarebbe mai aspettata una frase del genere, dovevano trovare sua sorella. Accigliata, esclamò: «Come?»

«Non abbiamo idea di dove sia. Stiamo cercando a vuoto» rispose lo sciamano dai capelli ricci.

A questa frase, Namari parlò improvvisamente e con tono vago: «Scusa tanto, Bron, quel tuo sciamano dai capelli verdi…»

Bron si voltò verso di lui «Lyserg?»

Lo sciamano dagli occhi gialli piegò le labbra di lato in un sorriso soddisfatto: «Sì. Ci ho pensato un po’. Può trovare la gente»

Gli occhi di Rutherfor si illuminarono. Sapeva che Lyserg era un rabdomante. Colta da un moto di entusiasmo, la sciamana abbracciò Namari: «Namari, sei un genio!»

Namari rispose con un lieve inchino: «Prego, Namari trova sempre la soluzione!»

«Non vorrei distruggere le vostre speranze, ma Lyserg vive in Inghilterra» puntualizzò Magna.

Rutherfor non si fece scoraggiare da quelle parole. Potevano contattarlo e chiedergli di venire a Miami.

Come se le avesse letto nella mente, Namari mostrò lo schermo del suo cellulare e parlò: «È nella lista dei contatti raggiungibili. Ciò significa che è nel GSN, il Network del Grande Spirito. Ha un iPatch anche lui. Bron è stato suo tutore, può contattarlo lui»

Magna guardava lo schermo del cellulare, l’espressione era assorta. Dopo qualche secondo sembrò convinto: «Potrebbe funzionare»

«Prenderemo due piccioni con una fava: in primis, non perderemo giorni in ricerche infruttuose; in secundis, Lyserg la troverà in un secondo, se il luogo in cui Maya si trova non è schermato»

«Consiglio comunque di continuare la ricerca, indipendentemente dalla risposta di Diethel. Non mi va di stare fermo durante l’attesa» disse Magna.

Ruthefor concordava con entrambi, ma aveva un dubbio: «E se trovassimo Maya prima che Lyserg arrivi?»

Namari sembrò avere la risposta pronta: «Beh, potrebbe darci una mano a trovare quella gente, se possibile, ovviamente. L’importante è provarci»

Lo sciamano dagli occhi gialli si volse verso Bron e, col solito sorriso, gli parlò: «Che ne pensi? Puoi contattare Lyserg?»

Bron rispose con una poderosa pacca alla schiena: «Ci puoi scommettere! Ma propongo di prenderci almeno un paio di ore di pausa. Dobbiamo mangiare e riposarci. Non ci siamo fermati un attimo»

La proposta di Bron fu accolta senza opposizione. Rutherfor avrebbe voluto continuare le ricerche, ma riconosceva che era stanca. Aveva bisogno di ricaricarsi. Inoltre era quasi l’alba, sarebbe stato difficile passare inosservati.

Il gruppo si riunì a casa di Maya. Cassandra e Thalim avevano preparato una colazione abbondante per tutti quanti. Selene era già sveglia, in realtà non aveva dormito. Aveva il visino stanco. Nonostante crollasse visibilmente dal sonno, scuoteva il capo ogni volta che i suoi occhi si chiudevano. Rutherfor la guardò dispiaciuta.

Intanto Bron stava messaggiando quasi senza sosta. L’espressione sul suo volto cambiava a seconda delle risposte che riceveva: dapprima seria e attenta, poi rilassata e, infine, sollevata. Quando alzò il capo per guardare gli altri, esibì un enorme sorriso compiaciuto ed esclamò: «Signori e signorine, vi ho fornito un detective privato a cinque stelle!»

«Bel lavoro, omaccione!» esclamò Namari.

«In realtà non si è lasciato pregare. Non appena gli ho detto che abbiamo bisogno di aiuto, si è offerto senza indugi. Sapete che è un membro della S.I.S.? Userà un aereo dell’organizzazione. Partirà a breve»

Rutherfor sgranò gli occhi. S.I.S. era il soprannome dei Servizi Segreti britannici. Quello sciamano aveva fatto carriera. Si sentì sollevata.

«Cosa gli hai detto esattamente? Mi sembra strano che possa partire così all’improvviso» domandò Magna.

Bron fece il vago: «Oh, gli ho detto che un nostro membro della tribù è stato rapito da chi ha attaccato il villaggio. E ho aggiunto che è una persona famosa. Lyserg mi ha risposto che, quando persone di questo tipo spariscono, i giornali impazziscono per essere i primi a riportare la notizia. Ed è un problema. Maya è una sciamana, nessuno deve sapere. Se qualcuno dovesse indagare più a fondo…»

Bron non terminò la frase. Tirò un lungo sospiro carico di preoccupazione.

Nascondere il mondo degli sciamani era sempre più difficile. Rutherfor ricordò il rischio corso durante lo Shaman Fight a causa di John Denbat, membro degli X-Laws, che aveva utilizzato un missile sperimentale del governo britannico. I governi preferirono non far trapelare la notizia per pura fortuna.
Se qualcuno avesse indagato su Maya, avrebbe potuto scoprire qualcosa di scomodo. Nessun essere umano doveva sapere del villaggio e dell'esistenza del Grande Spirito. Non era un caso che tutti i Patch nati lì avessero come luogo di nascita Duringo, la città vicina.

La ragazzina dagli occhi azzurri preferì non pensarci troppo. Piuttosto, si concentrò su Selene. La piccola aveva bisogno di dormire. Poiché aveva ancora un po’ di tempo per riposare, Rutherfor decise di farle compagnia e aiutarla ad addormentarsi.

La sciamana passò la giornata a camminare tra le strade. Non poteva usare l’OverSoul, quindi continuò le ricerche a piedi. Gli altri fecero lo stesso. Preferirono non mandare i loro spiriti custodi. Averli con loro gli avrebbe permesso di intervenire tempestivamente.

Per lei fu un modo per stemperare l’attesa. Non poteva fare molto, se non percorrere le strade e studiare i volti delle persone, in cerca di un indizio, un tatuaggio particolare o uno sguardo sospetto. Ogni tanto si fermava a osservare i manifesti pubblicitari, soffermandosi più a lungo su quelli che ritraevano sua sorella. Le piacevano molto quelli in cui Maya promuoveva dei gioielli di rara bellezza. Rutherfor si chiese se glieli regalassero a fine contratto. Non l’aveva mai vista indossarli, ma glielo avrebbe chiesto lo stesso. Con questo pensiero più allegro nella mente, riprese a camminare.

SpiritiSign by MayaPatch

Lyserg Diethel era partito circa un’ora dopo aver parlato con Bron, verso le sette del mattino in America. Ciò significava che sarebbe arrivato prima di cena. Rutherfor non stava nella pelle. Voleva vedere come funzionava la rabdomanzia e come avrebbe trovato ciò che cercavano. Bron le aveva spiegato che Lyserg usava un pendolo in cristallo che si muoveva per indicare la direzione. Non che non fosse più preoccupata per Maya. Solo il Grande Spirito sapeva cosa stesse passando nelle mani dei suoi rapitori. Ma non poteva farci nulla. Rutherfor poteva solo continuare le ricerche e aspettare l’arrivo dello sciamano inglese. Intanto cercava di mitigare la sua preoccupazione, pensando a quando l’avrebbero trovata. Perché ci sarebbero riusciti.

Nel tardo pomeriggio, quando ormai il sole era tramontato, Bron scrisse nel gruppo SpiritGram di lavoro: Lyserg stava per arrivare. Tutti gli officianti si riunirono in giardino per accoglierlo.

Con grande sorpresa, il ragazzo dai capelli verdi era arrivato a destinazione in volo, dal mare. Spirit of Fire atterrò davanti a loro e fece scendere Lyserg dal palmo della sua enorme mano artigliata. In quel momento, il ragazzo indossava un abito formale composto da un paio di pantaloni neri e una giacca nera che copriva la camicia bianca. Da sotto la giacca faceva capolino una fondina con pistola. Lo sciamano salutò con una mano e un sorriso molto cortese «Salve!»

«Lyserg! Sei cresciuto tantissimo!» esclamò Bron senza nascondere la sorpresa. Subito si avvicinò per dargli una pacca sulla spalla.

Dopo in convenevoli, i Patch e Lyserg rientrarono in casa e si sedettero in soggiorno, Spirit of Fire li seguì in forma fuoco fatuo.

«Hei, ciao piccola!» saltò Lyserg quando vide Selene venirgli incontro.

Ancora provata per la giornata, la bambina lo fissò intensamente, quasi incantata. Infine ricambiò il saluto e chiese: «Ci aiuterai a trovare la mamma?»

L’inglese le accarezzò la testa «Tu devi essere Selene. Tranquilla. È il mio lavoro e non ho mai fallito»

Il tono della sua voce non era arrogante, era gentile, rassicurante. Selene sembrò sentirsi meglio. Non recuperò la sua solita allegria ma esibì un lieve sorriso. Si sedette su una delle poltrone e guardò gli adulti.

Prima di tutto, Lyserg si fece raccontare l’accaduto. I Silver Arms riferirono le stesse cose della sera precedente.

Lo sciamano inglese si strofinava il mento con l’indice con fare assorto «Datemi un oggetto importante per Maya e delle mappe, possibilmente della città e della Florida»

Cassandra obbedì e depose i fogli sul tavolino. L’oggetto che gli consegnò era un libro di Jules Verne, “Il giro del mondo in ottanta giorni”. Aveva un aspetto consunto, segno che era stato letto e riletto tantissime volte. Ruthefor ricordava quel libro. Era un regalo del loro papà. Fu il primo libro per Maya, quello che le fece amare la lettura. Mentre osservava il rabdomante al lavoro, la sua testa si riempì di domande. Ma le priorità erano altre. Tuttavia, non poté rimanere indifferente all’aspetto di Morphine, lo spirito fata di Lyserg, e squittì sottovoce un «Quanto è adorabile!»

«Morphine, nel pendolo» ordinò Lyserg dopo aver indossato un paio di occhiali da vista.

Il pendolo di cristallo si animò, sembrava la testa di un serpente in attesa di ordini. L’inglese prese la cartina della Florida e iniziò a cercare. La sua mano sinistra era adagiata sul libro chiuso. Probabilmente voleva assicurarsi che Maya non fosse altrove. Il pendolo eseguiva movimenti concentrici attorno la penisola della Florida. Ogni tanto sembrava perdere il segnale e poi lo ritrovava. L’espressione di Lyserg era concentrata, ma non nascondeva una certa preoccupazione.

Alla fine il pendolo si fermò con la punta sul lato est della Florida: Miami.

«Ok, è qui. Il problema è che ho perso la traccia più volte. C’è qualcosa che fa interferenza» commentò Lyserg.

«Deve essere il loro OverSoul. A quanto pare può renderli impercettibili e questa ne è la prova. Renim, qualcuno ti ha rubato l’abilità!» commentò Namari con sarcasmo.

«Tuttavia è notevole che tu sia riuscito a scovarla lo stesso» disse Magna.

L’inglese tirò un sospiro e cambiò mappa, poi rispose: «Mi è stato possibile solo perché quest’oggetto le è molto caro. Inoltre sembra che questo OverSoul sia meno efficiente di Clear Coat. Forse non sono abituati, non lo so»

Al che Renim rispose con un secco «Pff, dilettanti»

Il pendolo ripeté le stesse azioni. Passò qualche minuto prima che la sua punta si fermasse a sud, sopra Il Coconut Grove Playhouse.

«Il teatro abbandonato?» commentò Cassandra con tono perplesso.

«Ma ci siamo passati io e Chrom questa mattina» disse Silva.

«Fatemi indovinare: non avete mandato i vostri spiriti a controllare al suo interno, giusto?» domandò Magna con tono provocatorio.

Chrom rispose con tranquillità: «È tutto bloccato. Finestre, porte, anche l’entrata sul retro. Non ci sono segni di infrazione di alcun genere. Da dove sarebbero entrati?»

Silva invece sembrò meno tranquillo. Si passò entrambe le mani tra i capelli, spostandoli dal volto, ed esclamò a denti stretti un «Dannazione»

Lyserg ripose il pendolo e Morphine tornò al suo fianco. Si tolse gli occhiali e li mise al sicuro nella loro custodia. Non sembrava agitato. Alzò lo sguardo: «Andiamo a prenderla. È ancora viva»

Rutherfor fu la prima ad alzarsi. Non vedeva l’ora di riabbracciare sua sorella. Sperava solo che stesse bene.

Con lei e Lyserg andarono anche Silva, Chrom, Magna e Bron. Lo sciamano inglese li avrebbe scortati con Spirit of Fire. Era sera, potevano spostarsi volando sul mare, dove non arrivavano le luci della città. Durante il tragitto, i Patch aggiornarono Lyserg sulla situazione così da dargli più informazioni possibili.

Una volta in loco, si constatò che le entrare erano effettivamente tutte sigillate con catene e catenacci.

«Credo abbiano usato un’entrata sotterranea o qualcosa del genere» ipotizzò Lyserg.

«Non abbiamo tempo per cercarne una» disse Magna, studiando la porta.

«Ci penso io» Lyserg si avvicinò alla porta e ordinò a Spirit of Fire di fondere catene e catenaccio. Con un colpo secco, caddero a terra.

«Uh, Lyserg… non dovresti avere un mandato di perquisizione?» chiese Bron.

Il ragazzo dai capelli verdi ridacchiò «È un teatro abbandonato, dubito che interessi a qualcuno»

Una volta dentro, Spirit of Fire generò un po’ di luce. Quel posto era davvero trasandato.

«Guardate. Impronte» indicò Magna. Essendo un cacciatore, aveva un’ottima vista.

Rutherfor si guardò attorno e notò che la polvere sul pavimento era meno spessa che altrove. I segni delle scarpe erano evidenti, ma uno sguardo meno attento poteva perderle facilmente.

Magna le seguì senza dire nulla con passo svelto. Generò l’OverSoul, lasciando che le ali lo avvolgessero come un mantello. La ragazza lo osservava affascinata. Il suo collega si muoveva come se stesse cacciando qualcosa. Era silenzioso e prudente.

Il corridoio che stavano attraversando era lungo. Ai lati c’erano delle porte, alcune distrutte. Erano i camerini. Ovunque erano sparse sedie, pezze, abiti di scena consumati dalle tarme. Sembrava la scena di un film apocalittico.

«Dovremmo raggiungere le quinte da qui. I teatri si somigliano un po’ tutti» sussurrò Lyserg.

E fu così. Le quinte erano un disastro. Gli oggetti di scena, i fari e quant’altro erano stati lasciati lì a raccogliere la polvere. Nessuno li aveva toccati nonostante ci fossero impronte fresche da ogni parte. Quel posto non era servito come rifugio vero e proprio, ma come riparo provvisorio.

«Maya!» esclamò Rutherfor quando finalmente vide sua sorella. Vicino a lei c’era Purple Bow.

Fece per correre ma Magna la prese per un polso e la spostò di lato. La guardò quasi come se la stesse rimproverando «Potrebbe essere una trappola. È troppo facile. Bron?»

Bron attivò il suo OverSoul con Blue Net e sparò una serie di ragnatele invisibili attorno a loro «Se dovesse arrivare qualcuno, lo sapremo»

Solo allora Magna la lasciò andare. Rutherfor corse dalla sorella per vedere come stesse. Non le piacque quello che vide, le venne quasi da piangere. La pelle di Maya presentava una serie di striature simili a delle bruciature. Le trovò sul volto, sulle mani e gli avambracci. Le spostò un po’ il colletto della camicetta e notò che erano anche lì. Il suo corpo era un peso morto, forse aveva perso i sensi. Respirava a mala pena.

«Ragazzi…»

Mormorò lei, spostando lo sguardo preoccupato sugli altri.

Magna si precipitò a controllare «È viva»

«Sì, ma c’è qualcosa che non va» mormorò Rutherfor con un tono più acuto di quanto avesse voluto.

«Aspetta…» disse Magna con voce atona.

«Hei, che combini. No.» Rutherfor arrossì furiosamente quando lo sciamano sbottonò la camicetta di Maya.

«Guarda» indicò lui un punto sullo sterno.

Rutherfor sgranò gli occhi. Sul petto di Maya c’era una macchia nera molto simile a quella descritta da Magna alla riunione.

«Non ci sono ancora i filamenti, questo significa che è stato fatto da poco» constatò lui.

Silva li raggiunse e usò il suo pugnale per recidere le corde. Non appena il corpo fu libero, si accasciò in avanti come un burattino privo di fili.

Magna la prese in braccio e intraprese la strada a ritroso «Andiamo, dobbiamo portarla subito a casa. Forse Cassandra può fare qualcosa»

Rutherfor concordò con lui. Non valeva la pena cercare i rapitori. Sembrava che avessero lasciato quel posto poco prima del loro arrivo. Forse una spia li aveva avvertiti.

SpiritiSign by MayaPatch

Una volta a casa, Maya fu adagiata sul divano del soggiorno. Alla luce del lampadario, i segni lasciati dalle torture furono più visibili. Magna si avvicinò per capire cosa fossero. Erano sottili bruciature simili a filamenti. Avvertì un brivido. Quelle ore non dovevano essere state facili per lei. Nonostante Namari si fosse ricordato di Lyserg, erano arrivati troppo tardi. Avevano trovato Maya, ma cosa fare adesso?

«Non c’era nessuno?» domandò nuovamente Namari con tono incredulo.

«Avranno visto Spirit of Fire e saranno scappati. Non senza lasciarci un regalo» commentò Magna amaramente. Incrociò le braccia al petto e tirò un profondo sospiro. Si voltò per dare un’occhiata a Selene. La bambina non aveva proferito parola da quando erano arrivati. Si era seduta su un divanetto e guardava il pavimento con aria catatonica. Gli ricordò vagamente Maya all’obitorio, quando vide i suoi amici.

Magna sapeva che Cassandra non poteva salvarla. Tuttavia, fin dall’inizio, voleva chiederle di provare a curare almeno le ferite. Voleva verificare una cosa e quello era il momento giusto. Intanto sperava nell’arrivo dello Shaman King, solo lui poteva fare qualcosa. Era pur sempre un dio.

Lo sciamano dai capelli ricci chiese a Cassandra di usare le sue doti da guaritrice. Prese il cellulare di Maya e controllò il suo Furyoku. In quel momento, il valore numerico stava calando a velocità spaventosa. Da un totale di ventimila, era già a metà. Nel momento in cui Cassandra iniziò a curarla, la discesa rallentò la sua corsa fino ad assestarsi del tutto.

«Qualsiasi cosa stia succedendo, il furyoku di Cassandra viene assorbito al posto di quello di Maya» commentò Magna. Mostrò lo schermo del cellulare agli altri. Questo gli avrebbe permesso di prendere tempo. Ma quanto, esattamente? Inoltre, proprio come riferito da Lantha, le ferite non guarivano.

Passarono una quindicina minuti e Cassandra iniziò a vacillare. Il furyoku veniva assorbito rapidamente e la sciamana non nascondeva la fatica che stava facendo. Magna si sentiva sempre più frustrato e spazientito. Quindi il tempo guadagnato con le cure consisteva solo in una manciata di minuti? Oppure dipendeva dalla quantità di furyoku del guaritore?

«Io ho il sospetto che possa trattarsi di qualche parassita» commentò improvvisamente Lyserg, interrompendo il silenzio. La sua espressione era assorta.

Poi continuò: «Pensateci bene. Il suo modo di agire è lo stesso, se quello che mi avete detto è effettivamente così. C’è qualcosa che assorbe furyoku. Dove va questo furyoku? Deve finire da qualche parte. Se si prova a intervenire con del furyoku altrui, questo viene assorbito al posto del furyoku dell’ospite. Ma esiste una cosa del genere?»

«Come sempre, il tuo intuito è impeccabile, Lyserg Diethel» commentò una voce che risuonò nella stanza.

Era lo Shaman King. Magna cercò di nascondere il sospiro di sollievo che si lasciò scappare. Proprio in quel momento Cassandra aveva interrotto il flusso di furyoku. Il countdown verso lo zero era ricominciato. Non seppe se considerarla una fortuna oppure un intervento ben programmato. Lo Shaman King agiva sempre in modi inspiegabili.

Hao Asakura si materializzò di fronte al divano e osservò la macchia. Indossava un kimono rosso.

«Quindi ho ragione?» chiese Lyserg.

Hao lo guardò e annuì «Quando ho ricevuto le informazioni necessarie, ho subito fatto qualche ricerca. Ammetto che ci è voluto un po’. Il mondo è pieno di parassiti spirituali di diverso tipo, ma il modo in cui agiscono è più o meno lo stesso. Questo qui mi è solo sconosciuto perché non ne ho mai visto uno. Ho analizzato i corpi dei Patch e non ho trovato niente. Essendo già stata consumata la loro anima, il parassita deve essere morto poco dopo. Non sono riuscito a estrarlo»

«Ma con lei si può» constatò Namari.

Lo Shaman King posò uno sguardo su Maya e adagiò la mano destra sulla macchia «Ci proverò. Teoricamente la tecnica di Purificazione dovrebbe essere la stessa. Se dovesse funzionare, lei sarà la prima a essere salvata»

Hao chiuse gli occhi e attorno a lui si estese un’aura rossa. Iniziò a recitare un mantra nell’antica lingua nativa dei Patch. Perfino Magna ebbe problemi a capire cosa stesse dicendo. Quelle parole non appartenevano più al vocabolario di uso comune.

L’aura si estese sul petto di Maya, Hao aprì gli occhi e parlò: «Mi serve qualcuno pronto ad attaccare»

«Ci penso io. Quando vuoi» si fece avanti Radim con il suo OverSoul già materializzato. Si mise in posizione.

«Bene. Appena lo vedi, taglia ciò che puoi, ma fa’ attenzione» raccomandò lo Shaman King.

La sua mano si allontanò dalla macchia. Sembrò che facesse fatica, come se qualcosa la stesse trattenendo. Man mano che le dita si allontanavano dal corpo, un’ombra scura fuoriusciva dalla macchia. Non appena fu abbastanza visibile, Hao la prese con la mano sinistra e tirò, aiutandosi con la destra. Stava letteralmente facendo il tiro alla fune con qualcosa.

Man mano che tirava, l’ombra diventava sempre più lunga e al suo interno si intravedeva quello che sembrava uno scheletro lungo di colore scuro. Alle vertebre erano attaccate un gran numero di costole.

«Un serpente?» Namari spalancò gli occhi.

Hao continuò a tirare fino a quando, con un ultimo sforzo, la creatura non fu completamente all’esterno. Le sue spire erano avvolte attorno allo spirito di Maya. Dal corpo d’ombra si espandevano dei filamenti simili a ramificazioni che si attaccavano a gambe, volto e braccia, quasi come per rafforzare la presa. Infine c’era la testa. Era davvero un serpente.

«RADIM!» ordinò lo Shaman King.

Lo sciamano con gli occhiali non esitò. Con la sua tecnica da spadaccino, tagliò la testa al serpente e poi il resto del corpo. Lo spirito era libero.

Hao lasciò andare un sospiro, guardò lo spirito fluttuante e commentò: «Davvero una brutta faccenda»

«Perché è così?» chiese Cassandra con voce tremante, le mani sulla bocca e gli occhi sgranati.

«Posso solo teorizzare che il parassita stesse già consumando il suo spirito. Ha assorbito il furyoku rapidamente»

Lo spirito di Maya fluttuava sopra il suo corpo come se fosse stato in acqua. Aveva gli occhi chiusi e l’espressione sofferente. Le parti scoperte dai vestiti non mostravano la pelle liscia ma era annerita e minacciava di sgretolarsi. Sembrava quasi carta bruciata.

Selene si alzò di scatto, si avvicinò e mormorò a bassa voce un «Ma-»

Hao abbassò lo sguardo e le sorrise con dolcezza «Tranquilla. Tua madre verrà con me nel Grande Spirito per guarire»

Selene aveva le lacrime agli occhi e iniziò a singhiozzare. Probabilmente aveva metabolizzato tutto quanto e aveva capito. Sua madre era morta. Chrom le andò vicino e la prese in braccio.

Lo Shaman King le poggiò una mano sulla testa «Sii forte, come lo è stata lei. Ti prometto che non ci vorrà molto»

«Cosa faremo nel frattempo?» chiese Silva.

«Rimanete qui. Qualsiasi cosa siano venuti a fare, hanno preso di mira Maya per un motivo. Proteggete questa abitazione» rispose perentorio Hao.

Lo Shaman King alzò la mano in direzione dello spirito e lo trasformò in un fuoco fatuo di colore bianco con riflessi viola. Lo guardò con soddisfazione quando lo ebbe tra i palmi delle mani. Lo avvicinò al suo petto e lo assorbì: «È uno spirito forte, nonostante tutto»

Quando ebbe fatto ciò, si volse ai Patch e poi a Cassandra «Capisco»

La sciamana dagli occhi scarlatti sembrò a disagio. Lo Shaman King la guardò con intensità e parlò di nuovo: «Quando Maya sarà tornata, tu dovrai venire con me»

«Cosa?» la ragazza aprì e chiuse gli occhi più volte con espressione sorpresa.

«Hai bisogno di più furyoku e devi lavorare sul tuo legame con quello che hai dentro. Gli altri Custodi hanno già affrontato l’addestramento e ricevuto il loro mezzo. Ma ti darò più informazioni quando sarà il momento. Per ora, fate attenzione»

«Shaman King» chiamò Magna prima che Hao andasse via. Aveva un’idea, ma doveva chiedere il permesso.

«Sì, Magna?» il re gli volse la sua attenzione.

Lo sciamano dai capelli ricci si schiarì la voce e gli si rivolse nel modo più rispettoso possibile: «Shaman King, credo che tutto questo sia accaduto perché Maya non aveva i mezzi adatti»

Fece una pausa. Lo Shaman King non disse nulla e quindi proseguì: «Se il loro OverSoul funziona come quello di Renim, prima dell’attacco, c’è un momento in cui il furyoku può essere percepito»

Lo sguardo di Hao divenne interessato, gli fece un gesto con la mano «Va’ avanti»

Magna chinò il capo in segno di assenso e riprese il discorso: «Vorrei chiedere il permesso di insegnarle il Fumon Tonko. Sono consapevole che si tratti di una tecnica del Cho Senji Ryakketsu, ma credo possa tornare utile»

Nella stanza calò il silenzio. Magna poteva solo immaginare cosa stessero pensando gli altri. Lo Shaman King era geloso delle tecniche che aveva inventato e raccolto nel suo libro. Le insegnava solo ai suoi seguaci. Forse poteva contare sulla stima e la fiducia che il re nutriva nei suoi riguardi.

Hao sorrise quasi intrigato e volse gli occhi castani sul corpo adagiato sul divano: «Insegnarle il Fumon Tonko, eh?»

Il Patch dai capelli ricci annuì col capo, ma non parlò. Lo Shaman King stava riflettendo e non voleva interromperlo. Dopo qualche secondo, l’espressione di Hao si rilassò. A momenti Magna lo avrebbe scambiato per suo fratello gemello.

«Perché no? Sembra interessante. Hai il mio permesso» disse infine lo Shaman King.

«Grazie, Shaman King» rispose Magna con un inchino. La tensione lo abbandonò e si sentì più sollevato. Essere redarguito davanti a tutti sarebbe stata un’umiliazione non indifferente, ma il gioco era valso la candela, in quel caso.

«Tuttavia, dovrai insegnarlo anche a Cassandra. Il suo addestramento continuerà anche qui» disse Hao.

«Certamente. Farò ciò che posso»

«Intanto, continuo le mie indagini. Ho visto con che cosa abbiamo a che fare. Spero di trovare qualcuno in quell’infinità di anime. Non appena scopro qualcos’altro, ve lo farò sapere. Adesso torno al mio lavoro»

Prima di andarsene, lo Shaman King guardò la piccola Selene e le sorrise di nuovo con fare rassicurante. La bambina abbassò gli occhi ancora lucidi ma non pianse. Poi si accoccolò tra le braccia di Chom e tirò su col naso.

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Capitolo 8
*** 8- La Fonte ***


Sk8 by MayaPatch

Una leggera brezza scompigliava i capelli neri sparsi sull’erba e le accarezzava la pelle dolorante. Il canto degli uccelli la cullava come una ninna nanna. Non sapeva da quanto fosse lì, con gli occhi chiusi, a godersi quell’atmosfera di pace e tranquillità. Sembrava un idillio. Una parte di lei le diceva di rimanere lì per sempre. Aprì gli occhi azzurri e guardò il cielo terso.

«Finalmente hai deciso di svegliarti, bambina mia» disse una voce familiare dal tono caldo.

Nonostante le fitte di dolore, Maya scattò a sedere, pentendosene subito dopo. Guardò in direzione della voce ed esclamò: «Maestra?»

La vecchia donna era come la ricordava: magra, più alta di Goldva, ma non era più cieca. Gli occhi avevano recuperato il loro colore e la luce. Indossava il suo solito abito tradizionale e si appoggiava ad un nodoso bastone di legno. I lunghi capelli bianchi erano legati in due trecce.

Maya si rese conto di non avere nulla addosso e si portò le gambe al petto, imbarazzata. La vecchia sciamana le volse un sorriso divertito «Sei nel Grande Spirto, puoi mostrarti come preferisci»

«Il Grande Spirito?» ripeté Maya, sgranando gli occhi. Si guardò le mani e le gambe. Le bruciature erano scomparse, ma la pelle era grinzosa e dolorante. Le ci volle un po’ per realizzare l’accaduto. L’avevano trovata e portata via. Non ricordava cosa fosse successo dopo. Sapeva solo di essere rimasta cosciente, ma non aveva il controllo sul suo corpo. Infine si era ritrovata su quel prato.

«Lo Shaman King ti ha salvata» disse la vecchia.

«Ma sono… morta» quando disse questa frase, Maya rabbrividì. Selene era a casa senza di lei. Chissà come stava e cosa stava passando. Si rannicchiò su se stessa e poggiò la fronte sulle ginocchia per nascondere il volto. Voleva piangere. Pensieri intrusivi le affollarono la mente. Avrebbero attaccato casa sua e chi era lì dentro. Aveva combinato un gaio. Si sentiva in colpa.

«Piccola cara, va tutto bene» Vana le poggiò una mano sulla spalla. Era un tocco delicato e materno, come il suo tono di voce.

«No, non è vero» mormorò Maya a voce bassa.

«Non permettere ai pensieri negativi di sopraffarti. Tu sei più forte. Sei qui, no?»

Purple Bow sembrò darle ragione con un bramito breve, ma deciso. Toccò i capelli di Maya col muso umido e poi le leccò la fronte. La ragazza lo accarezzò. Tirò un lungo sospiro per calmarsi. Era nel Grande Spirito e Vana era con lei.

«Allora? Vogliamo andare?» esortò l’anziana sciamana con tono allegro.

«Dove?»

«Alla Fonte! Il tuo spirito deve rigenerarsi! Un corpo ferito può ospitare il suo spirito, ma uno spirito corrotto non può tornare nel suo corpo. Lo Shaman King mi ha mandata per guidarti. Questa è anche una prova»

Maya non capiva «Prova?»

Vana sorrise amorevolmente «Solo gli spiriti forti meritano di raggiungere la Fonte. Per questo non compaiono direttamente lì. Devi alzarti e camminare. Io sarò al tuo fianco»

Maya non era sicura. Quando si muoveva, il suo corpo faceva fatica e doleva. Se era un fantasma, perché sentiva dolore? Provò ad alzarsi, ma le gambe cedettero e le si mozzò il fiato. Ogni movimento tirava la pelle.

«Tu, cavallo con le corna, aiutala. Sei il suo spirito, no?» ordinò Vana, puntando il bastone da passeggio contro Purple Bow.

Maya si lasciò sfuggire una breve risata soffocata. Vana era sempre la solita. Il megalocero abbassò la testa per permettere alla giovane Patch di usare i suoi palchi come sostegno. Non appena fu in piedi, si guardò attorno. Era in un campo pieno di erba e fiori. Conigli e altri piccoli animali zampettavano tranquilli. Inalò l’aria fresca e si lasciò avvolgere dalla brezza.

«Questo è quello che il tuo spirito ha dentro di sé» spiegò Vana.

«Non sarei dovuta finire nella Comunità della tribù?»

«Non in questo caso, come ti ho già detto. Ora, se vuoi seguirmi, piano piano, arriveremo a destinazione. E indossa qualcosa, non è decoroso andare in giro così» disse la vecchia Patch con un tono simile a quello di una nonna.

Maya chiuse gli occhi e si concentrò. Voleva qualcosa che non le desse fastidio quando si muoveva. Non appena il pensiero le sfiorò la mente, sulla sua pelle sentì il delicato tocco di un tessuto morbido e leggero. Era un abito a mezze maniche, lungo fin sopra al ginocchio. Non aveva decorazioni particolari. Era un semplice abito bianco in lino. Vana ridacchiò «Semplice ma efficace»

Le due Patch si incamminarono e il paesaggio cambiò. Come in un sogno, il prato divenne gradualmente una galleria scura. A Maya ricordò la stessa galleria che portava al Villaggio. Diede un’occhiata fugace alla vecchia Veggente e proseguì. L’uscita era un punto luminoso e fungeva da guida. Appoggiandosi con una mano al fianco di Purple Bow, la giovane Patch avanzava.

Una volta giunta a destinazione, i suoi occhi furono colpiti da una luce accecante. Quando riaprì le palpebre, Maya rimase senza parole. Davanti a lei si ergeva un villaggio Patch che circondava una foresta. Le case erano poco numerose ed erano sparse, collegate da stradine e scale. Esattamente al centro del cerchio, si ergeva un gargantuesco albero completamente bianco. I suoi rami si estendevano al di sopra della foresta e delle costruzioni. Risplendeva di una luce intensa che illuminava il paesaggio.

«Il nostro Cedro Sacro» commentò Vana con un sorriso sulle labbra.

Maya inspirò ed espirò per rilassarsi. Quella visione la fece sentire bene, tranquilla. I pensieri negativi che l’avevano assillata sembravano spariti. Dopo aver osservato meglio il paesaggio, si volse alla Veggente e le chiese: «Questo posto mi ricorda casa. Ma non è il villaggio che conosco, giusto?»

Vana sorrise e scosse il capo: «Credo sia l’aspetto del villaggio quando era ancora il Luogo Sacro sotterraneo. Mesa Verdede era il villaggio principale, lo sai. Non appena arrivarono i coloni, la popolazione si spostò nel Luogo Sacro e protesse l’esterno con una barriera. Come puoi vedere, all’epoca c’erano meno case, quelle dei sacerdoti»

Maya si concesse qualche altro secondo per osservare il villaggio. Si sentì una privilegiata nel vedere il Luogo Sacro alle sue origini. La veggente le prese una mano «Su, andiamo. Dobbiamo raggiungere l’albero»

La giovane la seguì volentieri. Camminare in quel posto era un’esperienza unica. Non c’era nessuno, neanche gli spiriti dei sacerdoti. Era come se qualcuno avesse ripulito quel posto. D’un tratto le vennero in mente la visione e l’attacco al villaggio. Cedette alla tentazione di aprire il discorso: «Per quanto riguarda la visione sull’antica minaccia, si è avverata»

La veggente si voltò senza mostrare alcuna sorpresa e rispose con tono mesto: «Lo so. È un punto fisso. Io ho solo voluto avvertire»

«Si è anche avverata quella che hai avuto su di me, ma ho notato una differenza: i toni sono completamente diversi. Perché sei stata più chiara e diretta quando hai predetto l’attacco?»

La vecchia esibì un sorriso: «I punti fissi rimangono tali. Non si possono cambiare, che senso ha dare informazioni in modo oscuro e parziale? Descrivere ciò che si vede aiuta a evitare conseguenze più drammatiche. Per quanto riguarda la previsione su di te, c’erano troppe variabili. Le variabili confondono e non facilitano il passaggio di informazioni. Essere vaghi permette di dare un quadro generale. Sta poi alla persona capire e prendere decisioni»

Vana la guardò con apprensione: «Cosa avresti fatto se ti avessi detto che ti saresti innamorata, che quel ragazzo sarebbe morto in ogni caso e che avresti cresciuto una bambina da sola? Avresti cercato di evitare oppure avresti seguito il tuo cuore?»

Maya si fermò e abbassò lo sguardo, quella notizia la sconvolse «Sarebbe morto in ogni caso?»

La vecchia sospirò «L’incidente era inevitabile. Mi dispiace»

Maya sentì gli occhi pizzicare. La malinconia e lo smarrimento tornarono a tormentarla. Ma Vana aveva ragione: avrebbe fatto le stesse cose? Avrebbe accettato le conseguenze delle sue scelte? Pagato quel prezzo così alto? Una voce dentro di lei rispose con un “Sì”. Ne era valsa la pena. Aveva passato bei momenti, fatto esperienze. Aveva amato e ricevuto amore. Aveva una figlia che amava più della sua stessa vita. Sospirò a fondo ed espirò lentamente come per cacciare quelle sensazioni negative. Non voleva sentirle, non nel Grande Spirito. Piuttosto, preferiva portare con sé i ricordi più belli.

«Tu trai felicità ed energia da chi ti circonda. Sei sempre stata così. So quanto deve essere stata dura e quanto lo è tutt’ora» disse Vana.

Maya le rispose con un sorriso tirato: «Ebbi dei crolli emotivi, mi sentii confusa e sola. Volevo mollare tutto. Cassandra è stata una grande amica, i miei genitori mi sono stati accanto, ma non è quello che cercavo. Quello che volevo»

La vecchia le prese nuovamente la mano con delicatezza: «Bambina mia, voglio farti un regalo. Non cambierà quello che è stato, ma potrebbe darti qualcosa in cui sperare»

La giovane Patch non rispose, si limitò a volgerle uno sguardo incuriosito.

«La visione ebbe un seguito, da quello che mi parve di capire. Fu prima dell’attacco al villaggio. Non ebbi modo di comunicartela. Credo sia giusto farlo adesso che ne hai bisogno»

«Di che si tratta?»

Fiamma by MayaPatchLa vecchia prese un bel respiro. Man mano che parlava, gesticolava per comunicare quello che aveva visto: «Sei una fiammella piccola che splende nell’oscurità con un bagliore opaco, triste. Vaghi in questo spazio senza una meta. Ad un certo punto, due mani scure ti prendono e ti sorreggono sui loro palmi con inaspettata delicatezza. Sono le mani di chi ha vagato a lungo al buio alla ricerca di una fiammella come la tua che gli facesse da guida. Sapessi il sollievo che ho percepito! All’inizio ti proteggono semplicemente. Non vogliono che ti spenga. Gradualmente la tua fiamma diventa più accesa e calda, piacevole. Poi quelle mani prendono fuoco. Hanno paura, cercano di spegnere quello che non possono controllare. Alla fine, si lasciano avvolgere da queste fiamme e ne diventano parte»

«Hai visto queste cose?» le chiese Maya con voce tremante. Non ci voleva molto a interpretare quella visione. Essere immaginata come una fiammella che scaldava gli altri le piaceva. Era quello che cercava di fare ogni volta che qualcuno aveva bisogno di lei: dare calore e far sentire bene il prossimo.

«Sì. C’erano anche delle variabili. Si insinuavano all’interno della visione come dei presentimenti o dei pensieri intrusivi. Era solo un attimo. Vedevo quelle mani lasciare la fiammella e andare via, oppure rifiutare di cedere pur rimanendone scottate. O ancora la fiammella che si allontanava per non farsi prendere. Sai, le variabili sono ciò che ci permette di scegliere e decidere della nostra vita. Siete due spiriti affini, vi attirerete per vostra natura. Ma starà a voi decidere cosa fare»

Maya si spostò i capelli dietro l’orecchio e, speranzosa, chiese: «Chi è? Non hai visto la sua faccia?»

Vana sollevò le spalle «Non ne ho idea. Ho solo visto queste due mani, nessun volto o dettaglio. Ho percepito le sue sensazioni. Non sarà facile. Probabilmente vi renderete conto voi stessi. Spero solo che tu ora ti senta meglio. Non è un rimpiazzo, sia chiaro. È una seconda occasione, dopo tanti anni di solitudine»

La giovane sciamana ammiccò un sorriso e si sentì in imbarazzo per averlo chiesto «Ti ringrazio. Onestamente, non so come sentirmi per tutto il resto. Però sono tranquilla. Sapere che potrei aiutare qualcuno e me stessa…»

Vana sorrise e la interruppe, esclamando con zelo: «Allora, basta tristezza! Andiamo! Hai bisogno di sistemare questa tua anima raggrinzita! Rischi di assomigliare a me, e non lo vogliamo!»

Maya si appoggiò di nuovo a Purple Bow e seguì l’anziana Patch. Scendere i gradini non sarebbe stata una passeggiata, ma era determinata. Voleva tornare a casa, riabbracciare tutti quanti e affrontare il pericolo a testa alta. Lungo la strada, Vana la informò che era a conoscenza del marchio. Lo Shaman King le aveva raccontato tutto.

Quando giunsero a destinazione, Maya rimase senza parole. Le dimensioni dell’albero erano ancora più impressionanti, viste da vicino. Le sue radici affondavano in una sorgente d’acqua cristallina, che era confinata all’interno di una enorme piscina circolare, delimitata da basse mura. Delle scale conducevano all’interno della piscina e, a pelo d’acqua, galleggiavano dei fiori di loto bianchi.

«Che bel posticino!» esclamò Vana con un sorriso smagliante sulle labbra.

Maya si rese conto che quell’albero era al posto del Grande Spirito. Il Villaggio Patch si estendeva attorno a uno dei punti in cui si manifestava. Qui, invece, c’era questa enorme piscina da cui si elevava l’albero più grande che avesse mai visto in vita sua. Ipotizzò che ci fosse una connessione.

«Allora, vai e fatti un bel bagno rilassante! Lascia che le acque ti curino» le disse l’anziana Patch, indicando le scale con suo bastone nodoso.

La ragazza tirò un lungo respiro. Non aveva idea di cosa fare, ma obbedì. Purple Bow la seguì, accompagnandola fino alle scale e aiutandola a scendere. Il contatto con l’acqua fu molto piacevole. Era fresca e dava sollievo alla pelle raggrinzita. Il dolore si affievolì quasi all’istante. Galleggiò a pancia all’aria e due mani la sostennero per le spalle.

«TI ho detto che ti avrei fatto compagnia. Ora lascia che il Cedro faccia il suo lavoro» disse Vana.

Maya le volse un piccolo sorriso e guardò i rami dell’albero che si estendevano sopra la piscina. Più guardava e più le sembrava che la luce aumentasse di intensità. Cullata dall’acqua e dal silenzio, chiuse gli occhi e si lasciò alle spalle tutto quanto.

SpiritiSign by MayaPatch

Cassandra guardò con preoccupazione il corpo dell’amica, adagiato sul divano. Non avrebbe mai immaginato di vederla così, con quelle ferite. Era certa che Maya non avesse parlato. Questo acuì il suo senso di colpa. Il villaggio, tutte quelle anime distrutte, tutto questo perché cercavano lei, la Custode Spirituale. Il macigno sulle sue spalle pesò di più quando la giovane posò lo sguardo su Selene. La bambina era ancora in braccio a Chrom e si godeva le carezze sui capelli. La ragazza guardò le mani che aveva sul grembo e intrecciò le dita per nascondere il tremore. Una mano con cinque anelli gliele strinse con delicatezza.

«Hei, lo Shaman King ci ha garantito che Maya tornerà. Non preoccuparti» la rassicurò Silva, sorridendole con dolcezza.

Cassandra adagiò la testa sulla sua spalla destra. Non aveva capito nulla. Non era preoccupata, sapeva che Maya sarebbe tornata. E sapeva che sarebbe stata più forte di prima, come faceva dopo ogni caduta. Ammirava quella forza di animo. Era quella che le aveva permesso di andare avanti, fino a quel momento. Invece lei, Cassandra, aveva solo seguito la corrente, come un pezzo di legno. Alla fine, con voce atona, disse:

«È solo colpa mia»

Questa frase attirò l’attenzione su di lei.

«Cosa? Perché? Tu non hai fatto niente» chiese Lyserg con tono preoccupato.

«Appunto. Non ho fatto niente. Non ho mai fatto niente»

«Non dire sciocchezze. Siamo noi che non avremmo dovuto ascoltarla e rimanere in zona» intervenne Radim.

«Giusto, dobbiamo risolvere questa cosa. Sicuramente verrà attaccata di nuovo» disse Namari, pensieroso.

L’attenzione di Cassandra fu spostata su un problema non indifferente: Maya doveva andare a lavorare. Conoscendola, non avrebbe mai accettato di rimanere in casa. Aveva lavorato anche con la febbre, non sarebbero stati i Seminoa a fermarla. Mentre gli officianti discutevano su cosa fare, Cassandra rifletteva su un secondo problema: se Maya non fosse tornata entro lunedì, cosa avrebbe detto al suo datore di lavoro?

«Dobbiamo accompagnarla anche a lavoro» commentò Namari.

«Bene, stabiliremo dei turni» concordò Magna senza un briciolo di esitazione.

«Sì, ma se non dovesse tornare entro lunedì, non avrete nessuno da accompagnare» disse Cassandra.

Calò il silenzio. La sciamana dagli occhi vermigli ne approfittò per continuare: «Devo chiamare la sua amica e collega Jenny. Lei sa come gestire queste situazioni. L’ho già contattata ieri per metterla al corrente di ciò che è successo. Credo che possa avere già una soluzione»

Prese il cellulare dalla tasca e cercò il nome in rubrica, telefonò e attivò il viva voce. Rispose immediatamente una voce femminile dal tono allarmato: «Cassy? Avete trovato Maya? Come sta? Chi devo uccidere?»

Il volto di Cassandra si tinse di rosso per l’imbarazzo. Con un sorriso tirato rispose: «Sì, l’abbiamo trovata, è qui ma…»

Dall’altra parte la chiamata fu interrotta. La sciamana ebbe uno strano presentimento. Jenny stava arrivando. Alzò lo sguardo e ridacchiò: «Credo che stia venendo qui. Oh, Grandi Spiriti»

«Aspetta, sa degli sciamani, giusto? Insomma… sarebbe un po’ complicato spiegarle questo» domandò Lyserg, indicando con la testa il corpo sul divano.

Cassandra non ebbe il tempo di rispondere. Il campanello trillò e la sciamana andò ad aprire. Come un fulmine, l’amica di Maya si precipitò in casa, brandendo una pala con una mano e l’espressione agguerrita: «Allora? Ho una pala e non ho paura di usarla! Posso aiutarvi a seppellire il corpo!»

La ragazza bionda si fermò. Guardò il gruppo nutrito di persone seduto in soggiorno. Abbassò la pala e si ricompose. Aveva i capelli biondo chiaro, spostati sul lato destro, il lato sinistro era rasato. Gli occhi erano azzurri e la pelle chiara. Indossava una maglia bianca, larga e sporca di quella che sembrava pittura. I jeans erano altrettanto larghi e sporchi, con un paio di fori all’altezza delle ginocchia. Un pennello per dipingere era appoggiato all’orecchio destro.

«Hem, salve» bofonchiò con un cenno della mano.

Cassandra le si affiancò e le poggiò una mano sulla spalla: «Maya ti ha già parlato di loro. Non li hai incontrati perché sono sempre stati in giro. Comunque, sì, l’abbiamo trovata. Ci ha aiutati un detective privato»

Jenny si irrigidì, poggiò a terra la pala e la allontanò con un piede «Uh, Detective? Polizia? Non volevo istigare nessuno»

Lyserg rispose con una leggera risata: «Tranquilla, i miei amici avrebbero fatto lo stesso con me. Comunque hai un pennello dietro l’orecchio»

«Oh, ecco dov’era!» Jenny mosse la mano dove indicato e prese il pennello ancora sporco di tempera verde. Lo guardò e lo rimise al suo posto, dietro l’orecchio.

«Allora, dov’è Maya?» chiese, guardandosi attorno.

Cassandra si diresse verso i divani e la invitò a seguirla. Ma non servì spiegare. Jenny aveva notato il divano più grande: non era seduto nessuno lì. Aumentò il passo e sorpassò Cassandra, l’espressione preoccupata sul volto. Quando raggiunse il divano, la bionda sobbalzò e si portò una mano sulla bocca.

«Mio Dio, cosa le è successo? È viva? No…»

«È Tornata momentaneamente nel Grande Spirito. Lo Shaman King in persona è intervenuto per salvarla» spiegò Namari.

«Lo Shaman Kin- oh, capisco» mormorò Jenny, non aveva smesso di fissare l’amica per tutto il tempo.

«Forse dovresti sederti» suggerì Cassandra con gentilezza, accompagnandola con una mano sulla spalla.

Jenny si era improvvisamente calmata. Tutto quel brio l’aveva abbandonata. Una volta che si fu seduta, scosse il capo, si guardò attorno e ripeté: «Che cosa le è successo?»

Gli officianti si scambiarono uno sguardo preoccupato. Cassandra capiva: erano restii a raccontare a un comune essere umano qualcosa che riguardava strettamente loro. Per questo fu lei a prendere la parola e spiegare tutto. Man mano che riceveva informazioni, lo sguardo di Jenny si fece interessato. Ogni tanto annuiva ma non osava interrompere. Solo alla fine commentò:

«Quindi, fatemi capire: tutto questo per un oggetto che non possono usare? Che c’entra Maya? Chissà dov’è quel fermaglio!»

«È questo il punto. Le chiederemo cosa volevano sapere una volta che sarà tornata» rispose Namari.

«Tu… sei?» chiese Jenny.

«Oh, Namari! Officiante. Beh, qui lo siamo tutti, tranne Lyserg Diethel, detective» disse lo sciamano, porgendole la mano e sorridendole con cortesia.

Jenny gli strinse la mano: «Jenny»

Approfittarono di quel momento per le presentazioni generali. Essendo venuta a conoscenza dei loro nomi, Jenny sembrò più a suo agio. Non che ci volesse molto a farla sciogliere. Faceva amicizia molto più rapidamente di Maya e, a volte, la sua esuberanza poteva essere fastidiosa. Quella sera, però, la bionda non si sbilanciò più di tanto, data la situazione.

Cassandra prese di nuovo la parola: «Comunque, ti ho chiamata anche per chiederti un favore»

«Spara» incitò la bionda.

«Non sappiamo quanto tempo Maya rimarrà nel Grande Spirito. La sua anima è messa molto male. Se non dovesse tornare per lunedì o non fosse pronta per tornare a lavoro? »

Jenny la interruppe «Ho capito. Vuoi che avvisi preventivamente?»

«Sì. Magari vorrà rimanere un po’ a casa. Solo il Grande Spirito sa cos’ha passato»

«Hai il suo tablet? Voglio controllare per chi lavora. Cosa volete che dica, in caso dovessi chiamare? Occhio, dovete avere tutti la stessa versione. Non sia mai che la notizia si diffonda e vi facciano domande. Soprattutto se quei segni non dovessero andare via»

Namari fece un gesto di noncuranza con la mano e ghignò: «Lo Shaman King la ripoterà in vita e la curerà completamente. Su questo non devi avere dubbi. Piuttosto, dire che non sta bene? Influenza? Siamo pur sempre a gennaio»

Jenny rise, l’espressione divertita sul volto: «Maya non si prende mai un giorno a casa per malattia. Non l’ho ha mai fatto, tranne che per sua figlia o Cassandra. Ricordo che insistemmo per non farla cantare al concerto, ma no. Lei voleva cantare per non deludere chi era venuto da lontano e aveva comprato il biglietto. Il giorno dopo la obbligammo a rimanere a casa. Per fortuna il concerto si tenne qui a Miami»

«Allora una brutta, brutta influenza, col mal di gola!» esclamò Radim.

«Vediamo prima per chi lavora, sicuramente non con noi. Abbiamo finito di registrare l’ultimo album a dicembre. Però il mal di gola è un’ottima scusa. No aspetta, ci sono: laringite! L’ho avuta una volta e sono rimasta senza voce per qualche giorno! Ho dovuto bere bevande calde e rimanere a casa per un bel po’. Maya canta, non può permettersi di sgarrare con quella. Anche senza febbre, è obbligata a rimanere a casa»

«Direi che è un’ottima idea. Quindi puoi farlo?» Cassandra le consegnò il tablet.

Jenny accese l’apparecchio e attese: «Certamente. Maya ha anche la scusa per aver fatto chiamare me. Allora, dunque, vediamo. Lunedì avrebbe un servizio fotografico per la buotique di madame Lacroix. Posso telefonarle domani. Martedì Maya è libera, per fortuna»

Jenny elencò il resto della settimana e segnò numeri di telefono e nomi sul suo cellulare. Cassandra notò che Maya non aveva esagerato con gli impegni, questa volta.

«Domattina li contatto tutti. Maya mi ucciderà per averlo fatto al posto suo. Ma, hei, è letteralmente impossibilitata a farlo» commentò la bionda.

Cassandra unì le mani e sorrise, sollevata: «Benissimo, ti ringrazio! Adesso posso andare a preparare la cena»

Namari si alzò dal divano e si stiracchiò: «Vengo a darti una mano»

Prima di andare in cucina, la ragazza si volse a Jenny e Lyserg: «Vorrei che rimaniate qui come ospiti. Lyserg, sarai stanco per il viaggio. Non ti sei concesso neanche un po’ di riposo. Dopo ti mostro la tua camera, se non è un problema per te»

Lo sciamano dai capelli verdi le rivolse il suo solito sorriso gentile: «Avrei rifiutato se la situazione fosse stata diversa. So benissimo che siete capaci di difendervi, ma lo Spirito del Fuoco potrebbe essere un ottimo deterrente»

«Oh, già, uno dei nostri tesori» esclamò Namari dalla cucina con tono canzonatorio.

Cassandra ridacchiò, imbarazzata. Salutò il gruppo e si congedò.

«Mi chiedo quando ci restituiranno ciò che ci è dovuto» disse il Patch dagli occhi gialli. Aveva abbassato la voce per non farsi sentire. La sua espressione era seria e concentrata.

La ragazza dagli occhi rossi lo aiutò a preparare gli ingredienti. Poteva immaginare la frustrazione. Una delle regole principali dei Patch fu il motivo per cui l’Hao di cinquecento anni fa fu bandito dalla tribù: aveva osato rubare uno dei cinque Spiriti Elementali. Ai Patch non era permesso entrare in possesso di queste entità. La regola doveva evitare abusi di qualsiasi tipo, vista la posizione privilegiata della tribù. A Namari non andava giù che la regola non valesse anche per gli esterni.

«Almeno sono stati utili, dodici anni fa. Ad eccezione di me. Insomma, sono uno dei Custodi!» si limitò a dire la ragazza. Non sapeva cosa dire se non addossarsi tutte le colpe.

Sentì Namari tirare un sospiro. Lo sciamano dagli occhi gialli si voltò a guardarla: «Non avevi l’età giusta. Hai sentito lo Shaman King: gli altri due Custodi hanno iniziato il loro percorso di recente. Credo che la più anziana tra loro sia proprio tu. Ma, a parte ciò, i Custodi non hanno il compito di proteggere il villaggio, lo sai. Dovete proteggere questi spiriti»

Cassandra guardò un punto indefinito della parete. Non era quello che la turbava.

«I Custodi si allenano per potersi difendere. Io non ho mai iniziato questo percorso. Maya si è allenata con suo padre, io no. Non ho mai capito il motivo»

«Hai una natura pacifica. Un altro motivo per cui sei stata scelta, nella tua famiglia» le disse Namari.

«Lo so, ma ho uno Spirito Custode. Non ho mai avuto l’opportunità di combattere con Sienna, la mia talpa»

L’officiante corrugò la fronte, strinse di tenti in un’espressione dolorante e parlò: «Questo non va bene. Forse è per questo che lo Shaman King vuole che tu vada nel Grande Spirito. Credo che voglia insegnarti qualcosa. Ma, hei, non preoccupartene adesso. Prepariamo questa cena. Abbiamo tutti bisogno di qualcosa di buono da mangiare!»

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Capitolo 9
*** 9- Il parassita ***


Sk9 by MayaPatch

La permanenza in casa di Maya si era rivelata una sorpresa. Lyserg era abituato alle situazioni più strane, soprattutto se ripensava allo Shaman Fight. Vedere i Patch interagire tra loro e con lui al di fuori del torneo fu interessante. Li conobbe meglio e apprezzò le differenze di ognuno. Sembravano una grande famiglia, ma se lo aspettava. Dopo tutto dovevano aver passato molto tempo insieme prima e dopo il torneo, nel Grande Spirito. Erano casinisti, si punzecchiavano a vicenda in continuazione. In un certo senso, gli ricordarono il gruppo di Yoh.

«Insomma, capisci? Il basso è fondamentale!» esclamò Radim. Stava parlando con Jenny. Entrambi erano seduti in soggiorno, su uno dei divani, immersi in una discussione sugli strumenti musicali.

Lyserg notò che i due erano andati subito d’accordo, complice il carattere espansivo ed eccentrico di entrambi. Ma Jenny gli ricordò anche Manta, l’amico di Yoh. Anche lei era un’umana comune che poteva vedere gli spiriti. Si chiese se fosse un’abilità innata o acquisita. Osservò i due amici discutere di musica, aspettando che si aprisse uno spiraglio in cui inserirsi.

Non appena gli fu data l’occasione, lo sciamano dai capelli verdi intervenne, dopo essersi schiarito la voce: «Senti, Jenny… Mi ricordi molto un amico non sciamano che può vedere gli spiriti. Non gli abbiamo mai chiesto se potesse vederli fin da subito, quindi, posso sapere se per te è così?»

Quella domanda attirò l’attenzione dei Patch. Perfino Magna smise di compilare le parole crociate e guardò con curiosità.

Namari e Rutherfor si avvicinarono. Quest’ultima appoggiò i gomiti sullo schienale: «Effettivamente è un mistero. Alcune persone comuni sembrano avere questa abilità dalla nascita, altre la acquisiscono in seguito ad esperienze traumatiche o pre-morte»

«Grey Saucer non ha condotto ricerche anche su questo?» chiese Lyserg. Ormai sapeva che il burattinaio di tutto era quel Grigio, spinto da un’irrefrenabile sete di conoscenza. Gli sembrò strano ricevere una risposta negativa da parte della ragazza.

«Diciamo che non sempre è possibile trovare risposte. In questo caso, concorderei con chi dice “È la volontà del Grande Spirito”. È lui a generare gli spiriti. È un discorso complicato» rispose Rutherfor, appoggiando il mento sul palmo della mano.

Poi continuò: «Quello che sappiamo è che eventi di una certa entità possono sbloccare la mente delle persone comuni, così possono vedere gli spiriti senza essere sciamani. Questo, però, mi fa ipotizzare che tutti gli esseri umani abbiano una predisposizione naturale, ma il loro stile di vita, mentalità e cultura interagiscono con essa e la bloccano. Dopo tutto, ogni potere sciamanico è strettamente legato alle nostre origini, no? Ma, ripeto, è una mia ipotesi. Nemmeno Grey Saucer ha trovato una risposta»

Rutherfor era decisamente una ragazzina intelligente, sempre pronta a porsi domande, a fare ricerca, coadiuvata dal suo spirito custode. Lyserg in realtà fu soddisfatto di quella risposta, anzi, ne fu rincuorato. Neanche i Patch sapevano come funzionasse. Volse nuovamente il suo sguardo verso Jenny.

La ragazza non sembrò turbata, ma era evidente che non sapeva da dove partire. L’indice della mano destra era poggiato sulle labbra e l’espressione era assorta. Lyserg notò solo in quel momento che la ragazza indossava un guanto nero senza dita solo a quella mano. Dopo qualche secondo, la bionda parlò: «Allora… sì, nel mio caso è stato un evento traumatico, ma non ricordo molto. Non dopo essere stata portata in ambulanza, almeno»

«Oh, mi dispiace» disse Rutherfor con espressione triste.

Jenny le rispose con un cenno della mano: «Nah, è tutto okay. Ho scoperto che esistono gli spiriti. Da allora vedo il mondo in modo diverso. Inoltre l’amicizia con Maya e Cassandra è diventata più stretta. Immagino che sia bello poter parlare con qualcun altro senza avere segreti»

«In effetti…» bofonchiò Radim.

«Quando uno sciamano vive tra le persone comuni deve accettare dei compromessi, ma non tutti sono fortunati. Ho sentito di sciamani vissuti in solitudine da giovani, allontanati dai compagni di scuola e senza amici» commentò Silva con serietà.

Lyserg non poteva dargli torto. Durante lo scontro con Kalim, Horo Horo aveva raccontato il suo passato e di Damuko. Non fu difficile immaginare che altri giovani sciamani avessero gli stessi problemi.

«Ora che ci penso, anche gli altri amici lo sanno?» chiese il detective con sincera curiosità.

Jenny annuì: «Il discorso è uscito fuori a causa dei totem che Maya ha piazzato in giardino. Ma comunque sono degli entusiasti del paranormale, ci avrebbero creduto ugualmente. Anzi, per loro è stata semplicemente una conferma, unita al fatto che la cultura dei nativi americani è letteralmente basata sugli spiriti»

La ragazza zittì per qualche secondo e poi si guardò la mano guantata. Rimosse il guanto e mostrò il dorso della mano sul quale correva una cicatrice, sulle nocche. Era più sottile su indice e medio e più spessa su anulare e mignolo. Jenny si limitò a commentare con semplicità: «Il mio evento traumatico, e non è l’unico ricordo che mi ha lasciato…»

Rutherfor allungò la mano per studiare la cicatrice. Aggrottò le sopracciglia. Jenny sembrava in attesa di una risposta, non era infastidita.

La sciamana dai folti capelli continuò a studiare la cicatrice: «Tendini recisi?»

«Già. Ho anche una cicatrice al polpaccio sinistro. Stessa causa» rispose la bionda. La sua espressione era seria.

«Incidente stradale?» azzardò Radim, sollevando gli occhiali da sole per guardare meglio.

Jenny scoppiò in un’improvvisa risata: «Ma magari! Forse avrei avuto meno problemi! Uh, nella mia mente suonava meno inquietante… cioè, avrei preferito che non fosse successo nulla, ovviamente. Ma contrarre un’infezione batterica pericolosa non è il massimo!»

«Infezione?» Rutherfor alzò gli occhi e la guardò con interesse.

Lyserg ascoltava e spostava lo sguardo su chi prendeva la parola.

«Morso di squalo. Ha una carica batterica assurda e l’acqua di mare non è un toccasana. Ora il mio mignolo non ha più sensibilità anche se posso muoverlo e ho problemi di coordinazione con le altre dita. Per fortuna uso il plettro per suonare la chitarra. Comunque, da allora non metto più piede in mare» rispose Jenny, rimettendosi il guanto.

«Surfista?» chiese Radim.

Jenny sospirò: «Già. È Successo durante un torneo, circa 12 anni fa. Due squali bianchi nello stesso posto, cosa abbastanza rara. Dicono che sono stata fortunata. L’impatto che ho avuto col primo ha evitato che finissi con la testa nella bocca dell’altro. Sono scivolata all’indietro, la mano ha sfiorato il dente di uno dei due, facendomi questa ferita. Non ho capito cosa è successo dopo. Ero nel panico più totale. Credo di essere stata afferrata per il polpaccio e poi lasciata. Insomma, non rientriamo nella loro dieta, immagino che si siano resi conto che non fossi cibo. Mi sono risvegliata direttamente in ospedale e c’era la faccia di una tizia che mi fissava»

«Se non ricordo male era una paziente…» intervenne Cassandra.

Jenny si grattò il capo, pensierosa: «Sì. Vederla fluttuare fu stranissimo. E vedere un cavolo di cervo gigante lo fu ancora di più!»

La sciamana dagli occhi cremisi rise: «Già. Lo fissavi come ipnotizzata e poi “Maya, c’è un enorme cervo che ti segue!”»

La bionda scoppiò a ridere: «Sì! Maya faceva la vaga! “Quale cervo?”. E io che glielo indicavo con la mano sana. Non è proprio brava a fingere…»

Disse e poi lanciò uno sguardo al corpo dell’amica. Era ancora adagiato sul divano. Sospirò: «Quando credete che tornerà?»

«Quando lo Shaman King lo riterrà opportuno» rispose una voce.

Jenny spalancò gli occhi. Davanti a lei era apparso Hao. Li fissava tutti con espressione divertita e un ghigno sulla faccia: «Certo che parlate tanto. Per educazione ho aspettato il momento giusto per intervenire»

«Novità?» chiese Magna.

Lo Shaman King annuì: «È pronta per tornare. La corruzione è stata rimossa, ma il suo spirito deve terminare la guarigione qui. Non avrà furyoku per qualche giorno, il recupero sarà graduale. Tenetela d’occhio»

Lyserg ascoltava. Rutherfor intervenne, con la sua immancabile curiosità: «C’è un motivo specifico per cui dobbiamo monitorarla?»

Lo Shaman King scollò le spalle: «Per quanto sia guarita, qualcosa può essere sfuggito. Sembra che il parassita infetti gli spiriti e li divori. Magari la guarigione non è stata completata e può esserci sfuggito anche un solo piccolo pezzo. È solo una precauzione. Ci aiuterà a capire come funziona. Se il suo Furyoku si ricarica, sappiamo che è tutto a posto. Oh, dimenticavo… adesso Maya avrà più Furyoku»

«Mi chiedo quanto ne avrà guadagnato…» disse Namari pensieroso.

Hao alzò le mani: «Non ne ho idea. Il tempo all’interno del Grande Spirito è relativo. Cinquecento anni possono sembrare un’eternità oppure un attimo. Dipende anche dalla modalità della morte, dallo shock e altri fattori. Beh… aspetto che quelle due finiscano di salutarsi»

«Quelle due?» fece eco Rutherfor, piegando il capo di lato come un cucciolo.

«Maya e la sua guida. Ovviamente non è andata da sola» rispose lo Shaman King.

Lyserg si ricordò di quando lui e i suoi amici finirono all’inferno per allenarsi. Ognuno di loro fu guidato da uno spirito incaricato appositamente per quello scopo. A lui toccò Pascal Avaf, lo spirito secondario di Chocolove.

Lo Shaman King spostò gli occhi su Selene. La bambina si era seduta sul divano accanto a Chrom non appena era apparso Hao. Lo guardava in silenzio e con espressione speranzosa. Stringeva tra le braccia un peluche che Lyserg riconobbe essere un Pokémon chiamato Jigglypuff. L’inglese si ricordava del successo mondiale che ebbe quel videogioco durante il periodo del torneo, per lui fu facile riconoscere quel peluche.

Lo sguardo di Hao Asakura si ammorbidì: «Tua madre sta per tornare»

Detto ciò, sollevò la mano vicino al volto, unì pollice e medio e li fece schioccare: «Divertitevi a tempestarla di domande, io ho già raccolto qualche informazione dai suoi ricordi. E tenetela d’occhio!»

SpiritiSign by MayaPatch

I suoi occhi azzurri si aprirono di scatto e fissarono il soffitto bianco. Maya inspirò per assicurarsi che fosse effettivamente viva.

«Mami!»

La voce familiare di Selene le confermò che era tornata in vita e che sua figlia stava bene. No, tutti stavano bene. Maya sentì la voce di Chrom che chiedeva alla bambina di aspettare. Inspirò di nuovo, ma questa volta per rilasciare un sospiro di sollievo. Si mise a sedere e qualcuno la assaltò, abbracciandola con vigore e facendola cadere all’indietro contro il morbido schienale.

«Sei viva!» esclamò la voce inaspettata di Jenny.

Dopo averla stretta in un soffocante abbraccio, la bionda si spostò e la guardò con gli occhi lucidi: «Mi hai fatto venire un infarto con triplo salto carpiato! Ho anche fatto una pessima figura!»

«Cosa?» chiese Maya, smarrita. Il suo sguardo vagò sui presenti, in cerca di una risposta.

«Sì! Sono entrata con una pala quando Cassandra mi ha detto che ti hanno trovata. Ho chiesto chi dovevo seppellire. E, beh…» spiegò l’amica con evidente imbarazzo e le guance arrossate.

Jenny era sempre la solita impulsiva. Maya le volse un sorriso divertito: «Immagino che non ti sia servita per seppellirmi»

«Maya!!» esclamò la bionda con espressione scandalizzata.

La Patch dagli occhi azzurri continuò a ridere: «Non farla così tragica. Non hai ucciso nessuno!»

L’amica balbettava: «Ma- ma- ma…»

Radim le appoggiò una mano sulla spalla e sussurrò: «Umorismo da sciamano»

Jenny spostò lo sguardo dallo sciamano occhialuto e Maya non sembrava soddisfatta della risposta. Continuò a mantenere un’espressione perplessa e un po’ imbronciata.

«Mami!» esclamò di nuovo Selene, saltando addosso a sua madre e stringendola tra le sue braccia.

«Ehi, ranocchietta!» rispose Maya prima di baciarle il capo e le guance. La guardò con dolcezza e strofinò la punta del naso contro il suo.

«Mi sei mancata!» disse la bambina.

Mentre accarezzava i capelli di sua figlia, la Patch dagli occhi azzurri volse lo sguardo ai presenti. Aveva una domanda da porgli: «Come mi avete trovata? So che la zona dove mi hanno portata era schermata»

«Per questo perdevo la traccia. Dovevo aspettarmelo!» esclamò, pensieroso, un ragazzo dai capelli verdi.

A Maya sembrò familiare. Aveva già visto quei capelli e quel volto da qualche parte. La sua impressione fu confermata dallo spirito in modalità fuoco fatuo che fluttuava al suo fianco, lo Spirito del Fuoco: «Sei uno dei Cinque Guerrieri?»

La sua domanda attirò l’attenzione del ragazzo, che ricambiò lo sguardo e sorrise con gentilezza: «Sì, sono Lyserg Diethel. Sono un investigatore. I ragazzi mi hanno contattato per trovarti»

«È un rabdomante!» spiegò Rutherfor con entusiasmo.

«Capisco. Ti ringrazio. Spero che non ti abbiano provocato problemi per venire qui…» disse Maya, chinando leggermente il capo verso Lyserg. Conosceva il potere dei rabdomanti, ma si stupì che i ragazzi si fossero rivolti proprio a lui.

Lo sciamano inglese sventolò una mano all’altezza del volto: «Per niente. Ho chiesto di venire qui per controllare un amico che sta collaborando con la CIA. Ed è quello che farò una volta che mi sono accertato che qui sia tutto a posto»

«Mi rincuora» si sarebbe sentita in colpa se avesse avuto un caso più importante, magari la sparizione di un’altra persona.

«Direi che con i convenevoli possa bastare. Tutto a posto?» si intromise Magna. Era in piedi alle spalle del divano dirimpetto, le braccia poggiate sullo schienale e osservava.

Maya percepì dell’apprensione nel suo tono. Ciò che era successo al teatro era ancora vivido nella sua mente. Si sentiva bene, ma qualcosa, nel profondo, la faceva sentire a disagio, turbata e insicura. Non voleva far preoccupare nessuno, così sorrise e si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio: «Sto bene»

«Meno male!» esclamò Rutherfor.

«Lo Shaman King ci ha detto di tenerti d’occhio. Devi continuare il tuo percorso di guarigione qui e, se qualcosa va storto, possiamo intervenire in tempo» le comunicò sua sorella.

«Perché?» chiese Maya. Vana le aveva solo detto di essere a conoscenza del marchio e nient’altro.

Chrom le raccontò tutto quello che era successo…

«…un parassita spirituale?!» esclamò la Patch dagli occhi azzurri. L’ipotesi che qualcosa deviasse o assorbisse il Furyoku era giusta, ma non si sarebbe aspettata una cosa del genere. Con sguardo vacuo, fissò il tappeto senza davvero vederlo. La sua mente iniziò a viaggiare. Aveva studiato i parassiti del mondo animale, c’era sempre un veicolo che gli permetteva di passare al nuovo ospite. Ma c’erano anche i parassitoidi, che trascorrevano solo una parte del loro sviluppo per poi completarlo altrove, uccidendo la vittima. Maya era sicura che i Seminoa fossero il veicolo. Ma la domanda era: era effettivamente un parassita o un parassitoide? Il destino delle vittime le suggeriva la risposta, ma la sciamana non sapeva se anche nel mondo spirituale funzionasse allo stesso modo.

La voce di Selene la riportò alla realtà, la stava chiamando preoccupata: «Mami?»

La sciamana dagli occhi azzurri alzò il capo, la guardavano tutti con curiosità e apprensione.

«Ti sei incantata per qualche secondo. Tutto bene?» le chiese Kalim.

«Se non vuoi parlare di quanto è successo al teatro…» iniziò Chrom con gentilezza.

Maya scosse il capo con veemenza: «No. È che ho una teoria, ma dobbiamo verificarla. Spiegherebbe anche perché lo Shaman King non ha potuto estrarre nulla dai corpi. E ovviamente non è una cosa positiva perché il problema potrebbe essere più grande di quanto ci aspettassimo»

Poiché aveva l’attenzione volta su di sé, la ragazza spiegò cosa aveva pensato: «Il problema è che il parassita non mira ad uccidere il suo ospite. Nel mondo animale, solo un’infestazione genera problemi, oppure se l’ospite è già debilitato per qualche motivo. Ma, morto l’ospite, il parassita rimane lì e muore, se non ha la possibilità di spostarsi. E non mi pare che questo sia successo al villaggio. Il parassitoide trascorre solo una prima fase di sviluppo nell’ospite, cresce dentro di lui e lo uccide. Se lo Shaman King non ha trovato nulla, può darsi che queste creature abbiano lasciato i propri ospiti spirituali e siano andate via. È anche probabile che abbiano cambiato il loro tipo di prede, come spesso accade»

«Un secondo! Vuol dire che potrebbero esserci oltre duecento serpenti, o quello che sono, in giro?» chiese Radim con enfasi. Si aggiustò gli occhiali sui capelli neri.

Maya sollevò le spalle con fare rassegnato: «Forse»

«Te la senti di spiegarci come hanno fatto con te?» chiese Chrom.

«Mi hanno solo poggiato una mano sulla schiena. Ho avvertito del gelo all’altezza del petto e dopo qualche secondo ho perso il controllo del mio corpo, non vedevo più nulla, ma potevo sentire. So che siete arrivati dopo qualche minuto. Quei due hanno ricevuto una soffiata e sono fuggiti da un passaggio sotterraneo. Hanno deciso di non portarmi con loro, tanto non avrei parlato» spiegò Maya.

La Patch dagli occhi azzurri si guardò le mani e spostò le maniche. I segni dell’Over Soul medusa non c’erano più. Sospirò, sollevata.

«La cosa importante è che sei qui» disse Rutherfor.

Maya le volse un sorriso accorato: «Sì. Eppure, ad un certo punto, ho pensato di non farcela. Ho sentito che la canzone Patch stava perdendo efficacia. Non credevo fosse possibile»

«L’efficacia della canzone dipende dal tuo spirito, dalla sua forza. Se c’è qualcosa che lo turba, anche la canzone ne risente» spiegò Bron.

Maya gli volse uno guardo inquisitorio. Sapeva che Bron e Renim si erano occupati di insegnare la canzone Patch a molti giovani della tribù. In base a quello che sapeva, era stato uno dei loro compiti. Con tono mesto ammise: «Ho pensato che non mi avreste più trovata, che sarei rimasta lì»

Bron alzò l’indice della mano destra e annuì: «Hai perso fiducia»

«Ma basta con questi discorsi tristi!» esclamò Radim, balzando in piedi.

«Sei qui ed è questo quello che conta. Non hai detto nulla e stai bene. Ora dobbiamo solo capire cosa fare» disse infine, sistemandosi gli occhiali tra i capelli.

«Concordo. Lo Shaman King ha ricavato le informazioni che gli servono dai tuoi ricordi. E direi che possano bastargli, per ora» disse Magna.

«Non volete sapere altro?» chiese Maya. In realtà sperava di distrarsi. Al momento, l’unica cosa che voleva era scrollarsi di dosso quella sensazione di disagio e svuotare la mente.

Chrom le poggiò una mano sulla spalla e le sorrise con gentilezza: «Per ora no. Se dovessi ritenere opportuno dirci qualcosa di importante, allora ce lo dirai. Ma ora goditi la compagnia di tua figlia, sembra che non voglia mollarti»

La Patch dagli occhi azzurri non se n’era accorta, abbassò lo sguardo: le braccia di Selene erano ancora avvolte ai suoi fianchi. Maya sorrise perplessa. Aveva bisogno di cambiarsi i vestiti, di fare una doccia. Le venne un’idea: «Ehi, ranocchietta, ci andiamo a fare una bella doccia? Io ne ho bisogno. Che ne dici?»

Selene alzò la testa, il volto era illuminato da un bel sorriso: «Sì!»

«Vi conviene sparire prima che ti abbracci anche io come Selene» minacciò Jenny con un ghigno sulla faccia.

«Sissignora!» rispose Maya facendo un rapido segno dell’attenti con la mano. Passare un po’ di tempo con sua figlia l’avrebbe aiutata ad attutire quel peso che sentiva sul petto, ma non sapeva per quanto sarebbe riuscita a sopportarlo.

«Beh… visto che ci siamo, vado a preparare il pranzo! Chi mi dà una mano?» commentò Namari.

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Non ci credo! Dopo mesi, ho finalmente finito! Ormai ho finito anche l’università. Mi sono concessa un po’ di tempo per riposare. Ora spero di essere più attiva sia con Shaman King che con Ark! La lista delle cose da recuperare è lunga, ma spero di riuscire a fare tutto :D

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