L'homRick qui aimait les femMorty

di mortifero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


 



 

L'homRick qui aimait les femMorty

«Era decisamente impossibile provare del piacere senza far soffrire qualcuno»



Parte I

Morty guarda l'orario riportato sul suo computer: sono le dieci di sera di sabato, ed è nel suo appartamento a terminare il saggio di antropologia generale che avrebbe dovuto consegnare venerdì. Si lascia andare a un lungo sospiro, rimpiangendo per la millesima volta in quell'ora le sue scelte di vita. Cosa lo ha spinto a studiare Scienze del Servizio Sociale? Ride amaramente a sé stesso, perché ne sa abbastanza di psicologia generale per capire che il suo è un fastidioso trascinarsi dietro la sua sindrome da crocerossina; vede qualcuno con un problema che gli ricorda il proprio e proietta, proietta all'impazzata. Ha l'insaziabile bisogno di dover salvare le persone da qualcosa dove a nessuno è mai importato abbastanza da salvare lui: è questo il motivo che ha fatto sì che condannasse se stesso nel voler diventare assistente sociale. Si stropiccia gli occhi, sentendosi un relitto, le lettere sullo schermo che appaiono incorporee, ancorate in qualche universo metafisico che gli farà venire solo un gigantesco mal di testa.



È ora di cena, ha gli avanzi della pizza di ieri sera che lo aspettano nel frigo, pronti ad essere riscaldati. Mangia davanti la TV, la riproduzione di The Office appena arrivata alla quarta stagione, e si gode il tempo con se stesso. In casa sua non c’è nessun altro rumore, tranne il suo masticare, e tra il mobilio in stile moderno, dove spiccano solo il bianco e il legno chiaro, e lo spruzzo di colore delle varie piante, non c’è da sorprendersi che Summer, l’unica volta in cui è andata a trovarlo, lo abbia definito asettico. Ma a Morty piace così: pulito, ordinato, minimalista. Senza quel maledetto caos che ha insudiciato la sua vita per anni, ma con le sue piante, perché è come se fosse fisiologicamente portato a prendersi cura di ogni essere vivente. Per lui esistono due famiglie: la propria, quella dei legami di sangue, e quella del mondo, dove tutti son fratelli, ma molto spesso se ne scordano.



La California la sera è bellissima, e si ritrova ad asciugare i piatti con aria sospirante alla vista del cielo illuminato di stelle dalla finestra della cucina. Riconosce le costellazioni, i pianeti visibili, come Venere, ricordi della sua prima adolescenza si scaldano all'attraente immagine dell'infinito — di una vita che sembra essere durata cento anni e per sempre, di una spensieratezza che non ha mai tenuto conto che ogni cosa, dopotutto, è precaria. Niente è davvero eterno. Niente dura cento anni e per sempre, le promesse sono solo aria che esce dalla bocca.



Sente la nostalgia della sua famiglia, perché il Michigan è molto lontano. Non sente per fortuna la nostalgia degli amici, perché non ne ha mai avuti. C'è stato Rick, però, questo lo deve ammettere, ma tutto è cambiato quando…



Un tonfo proveniente da infondo la strada fa scattare le orecchie di Morty, come un cane che sente il suono di un fischio, perché è così familiare e inaspettato che quasi non salta un battito del suo giovane cuore, e non parte a sbavare, da brava cavia comportamentista quale potrebbe benissimo essere.



Quando si parla del diavolo…



Morty fa spallucce e continua a pulire le stoviglie, imperturbato dai rumori che sente provenire dall'ingresso. Se non sapesse di chi si tratta, penserebbe che qualcuno stia cercando di scassinare la porta di casa.



«È aperto!», grida al suo visitatore. Morty sente poi i passi per il corridoio e canticchia contento, non ha bisogno di saluti o altro per capire chi è.



«Ma guardati, chiuso in casa di sabato sera, che sorpresa», Rick commenta spocchioso, appena entrato in cucina. Morty appoggia un piatto sul lavabo e si gira verso suo nonno. Non risponde, ma Rick non ha finito: «Ancora nessun amico, eh?».



«Non fingere che ti importi», Morty decide di chiudere l'argomento in fretta. Rick sa che ha toccato un nervo scoperto, sogghigna ma non aggiunge altro. Morty invece sì, lui sì che ha altro da aggiungere. «Tu, piuttosto, come facevi a sapere che ero a casa?».



Rick si stringe nelle spalle. «Te l'ho detto, sei prevedibile, Morty», appoggia il bacino al tavolo e incrocia le braccia, strafottente. «E ho controllato la tua agenda. Sai, dovresti cambiare password. Hai la stessa da otto anni».



Morty non riesce a trovare nulla per smentirlo, metterlo in una situazione in cui sia in errore. Rick sbaglia sempre, Rick non sbaglia mai.


Usare la ripetizione del nome di Jessica per tre volte non è mai stata una genialata, tutto sommato. Rispecchia però quella parte di sé che lo rende incapace a lasciarsi le cose alle spalle (lo avrà preso da qualcuno in famiglia, pensa, ma non ci dà tanto adito), come una parte impetuosa di lui venga sempre investita dalle passioni, e non riesce a scagionarsene, finché qualcos'altro non attira il centro delle sue attenzioni. E Morty è pigro come la maggior parte delle persone, per questo non pensa che cambiare password sia così urgente — è uguale a tutti, non è unico, né speciale. Rick gliel'ha insegnato molto bene, ripetendoglielo per anni.

Eppure credeva di essere diverso, almeno per qualcuno, quando…



Morty non si lascia terminare il pensiero, si impedisce di trovare una scappatoia tra i ricordi, che pronuncia subito: «Che ci fai qui?». La sua voce sembra estranea alle proprie orecchie, perché la sua mente è ancora persa in un ricordo che per ore, giorni, mesi non ha fatto altro che risucchiare ogni briciolo della sua sanità mentale, come lo abbia ingabbiato in interrogativi come "e se?", "e ma?", "è sempre stato così?", "oppure è cambiato qualcosa?".



«La sparaporte», Rick risponde schietto. Si riferisce a quella che gli ha regalato prima di partire con i corvi, e poi è ritornato, perché Rick non sa stare da solo.



Non è una visita di cortesia, mai stata, e Rick non ci tiene a mascherare le sue intenzioni. Eppure Morty fino a cinque secondi prima ci avrebbe creduto, che fosse solo una scusa stupida per vederlo, ma a Rick questo genere di cerimonie non sono mai piaciute, ed è vero che non si è fatto sentire da tempo. Non gli interessa di lui. Morty invece non l'ha mai chiamato perché è stanco di dare attenzioni a chi non se le merita, di diventare approvvigionamento per i narcisisti patologici. E lui per anni è stato lo snack preferito di Rick, da mangiare appena gli stuzzicava un po' l'appetito di rovinare vite, per questo Morty ha amato ogni singola briciola del potere che si illudeva di avere ogni volta che resisteva alla tentazione di chiamarlo e chiedergli come stesse, di raccontargli la sua giornata. Si è sempre sentito solo, però, perché senza Rick nella sua vita, chi c'era a criticarlo costantemente? Morty ha costruito la sua identità su ciò che non è — intelligente, carismatico, affascinante. Ma cos'è, in realtà? China lo sguardo, le nere ciglia si fondono con i pozzi scuri nei suoi occhi, e ripensa che non ha fatto altro che ignorare Rick da quando si sono detti un arrivederci che ha sempre avuto il sapore agrodolce di una bugia, da quando…



La voce di Rick rioccupa spazio nel campo sonoro, e Morty gli è quasi grato, perché così è costretto a non pensare. «Devo controllare alcune coordinate, delle-delle coordinate molto importanti, Morty. Non-non capiresti».



Il moro annuisce placidamente. «È in camera mia». Non fa altre domande, tanto è come ha detto Rick, no? Non potrebbe mai capire, è fin troppo stupido per farlo. Alza gli occhi al cielo all'ipocrisia di suo nonno, perché nulla conta davvero, tranne tutto ciò che riguarda quell'ego smisurato che si ritrova, e ogni cosa diventa subito questione di Stato.

Si dirige verso la propria stanza, sentendo incanalare in ogni suo muscolo tutta la sua spossatezza. Antropologia non è tra le materie che gli riescono meglio, e Rick sta risucchiando ogni altra energia che gli è rimasta. Morty sente dei passi dietro di sé; il vecchio lo sta seguendo, senza invito.

Ma Rick non ha mai bisogno di chiedere permesso, vive sempre e solo secondo le proprie regole, le proprie condizioni, che in realtà regole non sono mai, ma solo un edonistico e cieco seguire le proprie pulsioni. Rick fa ciò che vuole, perché non gli importa di niente — delle buone maniere —, o di nessuno — di Morty. Rick è una pericolosa mina vagante che può decidere di distruggere, corrompere, schiavizzare intere galassie, soltanto perché gli va. La ragionevole paura di Morty nel venire costretto ad abbracciare la morte si è scontrata un miliardo e più di volte con la certezza che, nonostante tutto, Rick lo avrebbe sempre salvato. È questo che gli ha reso Rick così bello. Sono stati i rari momenti di genuino affetto a rendere Morty incapace di dirgli davvero addio, perché prima che una navicella spaziale si schiantasse sopra casa sua, non ha mai avuto la possibilità di capire come ci si sentisse ad essere amati, amati per davvero, così tanto che qualcuno fosse capace di rischiare la propria vita per lui — anche solo per un secondo.



Alla fine è stato Rick a tagliare i rapporti, e forse è meglio così.



Almeno fino ad adesso.



La fitta agenda di Morty sembra non aver lasciato completamente indifferente Rick, che gongola dentro di sé, leccandosi le labbra alla prospettiva di poter punzecchiare il caro nipote. Non può esimersi, dal dargli fastidio. E perché privarsi di qualcosa che garantisce ottimi risultati con minimi sforzi? Facile, veloce per giunta, rendere le gote e le punte delle orecchie del moro di un profondo vinaccia. Basta davvero poco, come un "Hai ripreso a fare corsi di cucina esotica, eh, nonna papera? Non riesci a fare a meno di ricchi bianchi che interpretano male conoscenze orientali che hanno a che fare con loro come il mio buco del culo ha a che fare con il cesso di casa tua?" o un "Studio dalle tre alle sette? Vuoi davvero buttare la tua vita per rimanere chiuso in un ufficio squallido dove nessuno ti rispetterà mai? Sei proprio la copia di tuo padre. Chissà come fate a sostenere la vostra vita patetica. S-sei coraggioso Morty, devo ammetterlo, nessuno andrebbe mai così fiero di una merdata simile".



Morty rimane in silenzio ad ascoltare, perché non ha mai voglia di litigare, di passare del tempo con Rick, finché non sbuffa e il suo viso inizia a colorarsi. Sánchez no, non può proprio trattenere una risata canzonatoria. Ben gli sta.


Morty è davvero infastidito. «S-sei un tormento!».


«Sì sì, è bello vedere pure te, testa di cazzo».



È bello vedere pure te.



Morty non riesce a concentrarsi su altro e ama come la consistenza delle cose intorno a lui per un secondo cambi, come sia bello fluttuare nella voce di una persona che non sente da tempo. Sarebbe ancora più bello poter avere un contatto, confondersi in un abbraccio, ma con Rick le parole bastano e avanzano, saranno l'unica carezza che mai gli arriverà, e Morty si stringe al petto, ma arriccia le labbra.



È il primo sorriso che si scambiano da mesi, una complicità di pensiero che è sembrata persa, forse solo e addirittura immaginata, perché è passato troppo tempo, e il moro ha sprecato troppe ore a chiedersi cosa sia stato davvero vero, sincero, con Rick. È sempre un'incognita. Morty vorrebbe capire suo nonno, abbastanza da non farsi mille domande ogni volta. O capirlo del tutto, così almeno non avrà mai più brutte sorprese, non si farà più del male, perché ha già prevenuto la pugnalata alle spalle.


Rick è davvero complicato da decifrare e Morty si sente al confronto troppo facile, da leggere e manovrare. Forse è per questo che suo nonno ha sempre fatto scacco matto nella sua vita. Forse è per questo che di Rick non se ne riesce a fare a meno, e di Morty non si sente mai l'assenza. Rick è capace di stregare le persone con la sua divina presenza e il carisma spudorato, Morty rimane indietro e non parla davvero, come la comparsa in un film, senza lasciare nessun segno.



Al moro di certo non sarebbe dispiaciuto qualche messaggio da parte suo nonno, una notifica improvvisa e inopportuna, qualche testo indecifrabile scritto da ubriaco.



Smettono di sorridere, perché si sono ricordati che si vogliono bene, ma purtroppo l'amore non sempre basta per far funzionare un rapporto.



«Ho letto il tuo saggio sulla devianza nelle varie culture, sai?», incomincia Rick, cambia argomento, e Morty si chiede dove abbia trovato il tempo per farlo. «Il tema è cosi-così b-banale, davvero, e devi-dovresti farti una bella ripassata di genetica prima di avventurarti in argomenti che non conosci. Non distingui nemmeno fenotipo e genotipo, e ci riuscirebbe anche un neonato».



«Sei ubriaco?», chiede. È un'accusa, un "stai zitto, stai solo delirando".



«Non lo sono da cinque mesi».



Summer e i suoi genitori glielo hanno raccontato, che per chissà quale intervento divino Rick ha deciso di smettere con l'alcol, e Morty ha riso. Forte, sguaiato, come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie. L'universo ha raccontato la battuta più bella mai sentita, e Morty non ha potuto che agire di conseguenza, divertito — irato, perché per anni si è dovuto subire il lato peggiore di suo nonno, e ora chissà chi si starà godendo gli aspetti più genuini e meno violenti di Rick.



L'universo è proprio una grande testa di cazzo, e Morty vorrebbe spalancare le fauci e scoppiare in un ghigno canzonatorio, bastardo, perché Rick Sánchez non è e non potrà mai essere una persona sana, ma dentro di sé non ne trova l'energia. È solo infastidito. Non sopporta più Rick, non vede l'ora che se ne vada.



Il cervello di Morty mastica ancora le sue parole, quei "cinque mesi" che proprio non gli vanno giù, come carne stopposa in bocca; un insulto ben assestato, colpo preciso in pieno petto, perché cinque mesi è la stessa quantità di tempo da quando è successo…



Morty si accorge di essere davanti alla porta della sua stanza quando per poco non ci va a sbattere. Fra un brevissimo lasso di tempo Rick se ne andrà, e decide così di lanciargli uno sguardo cupo, un invito a sbrigarsi a prendere quella maledetta sparaporte e partire!



C'è della luce nelle sue orbite nere, fiamme impetuose che se solo potessero salterebbero addosso a Rick per dargli fuoco. Lo scienziato non è per nulla terrorizzato, tantomeno colpito. Nessun sentimento domina il suo volto ceruleo, niente tradisce la sua maschera di indifferenza, e Morty comincia a pensare che forse sotto sotto non è più una una misera facciata. Se perfino da sobrio è inespugnabile, allora Morty ha un significato ben preciso nella sua mente: nulla. Non gli importa niente se il moro è arrabbiato o triste a causa sua, perché tanto Morty non rientra nemmeno nella scala dei suoi interessi. Non occupa neanche il posto più infimo fra le sue priorità. Il moro allontana lo sguardo, perché continuare a guardare Rick negli occhi lo ridurrà in lacrime. Lo odia così tanto, suo nonno, perché nonostante tutti gli sforzi, c'è sempre qualcosa che rende Morty debole, fa sgorgare acqua dai rubinetti irrequieti nei suoi occhi, rende molli le ginocchia, trucida il suo cuore. È quello sguardo gelido nei suoi occhi cristallini? Quelle labbra così sottili e rigide? Portano il peccato, portano mille insulti, armi bombardiere contro la povera anima del più giovane. Il fatto che sembri ancora così alto e possente, in confronto a lui? O che Rick sia semplicemente uomo, un concentrato di virilità che vive nell'odore di colonia sui suoi vestiti, nei piccoli manierismi che rendono Lui semplicemente Lui, le mani in tasca e lo sguardo apparentemente distratto.



Morty fa un grosso respiro e spera che Dio, ma chiunque altro andrà bene lo stesso, abbia pietà di lui. Apre la maniglia della porta, e in quanto ad impetuosità Rick è quello che ne ha da vendere: per poco non spintona via Morty, precipitandosi dentro la camera da letto del giovane adulto. Individua la sparaporte su una mensola e si accinge a prenderla. Morty si siede sul proprio letto, senza proferir parola, perché più che un padrone di casa sta iniziando a sentirsi come il commesso di un Costco. Poco dopo anche Rick si siede sul letto, si rilassa e beatamente inizia a farsi i fatti suoi, come se il posto fosse di sua proprietà. Morty ogni tanto si è chiesto quale fosse l'identità dell'anonimo donatore che caritatevolmente gli ha pagato la retta per l’università privata e alloggio, ma preferisce non soffermarsi troppo sulla questione, e il suo sguardo indugia su suo nonno.



Rick domina. È questo a renderlo affascinante a milioni di donne e non solo. Non importa quale azione stia compiendo, dove si trovi, perché anche nel gesto più ridicolo, nel luogo più angusto, Rick ha il potere. E ogni pianeta non è poi diverso l'uno dall'altro, vige la stessa regola ovunque: esiste chi domina, esiste chi subisce.



Ma Morty è veramente stanco.



Sembra una legge dell'universo impossibile da cambiare: il moro non è destinato ad avere grandi amici o amori se non… «Rick?», incomincia, ma non sa dove andare a parare veramente, quindi opta per la soluzione più banale. «Quali coordinate devi guardare?».



Rick brontola. «Cazzo, Morty, ti ho detto che…».



«Voglio saperlo lo stesso», il moro si impunta. «Perché sei a casa mia, a quest'ora, e io dovrei dormire —».



«Dormire? Dormire?!».



«Sì!».



«Cristo, Morty, tu a quest'ora dovresti essere in qualche locale a divertirti, magari a incontrare qualche bella ragazza, o ragazzo, come cazzo ti pare, e—».



«Non mi piace…».



«Stronzate».



«Davvero».



«Non prendermi per il culo».



«Sono serio!», Morty si sorprende a gridare, ma con Rick è inevitabile arrabbiarsi. «Sono stanco di sentirmi dire come dovrei vivere la mia vita! Vorrei non sentire queste voci nella testa, ma tu da sempre non hai fatto altro che dirmi "Morty devi" e "Morty non devi" e io sono stanco, stanco, delle tue stronzate, di come tu voglia comandare la mia vita! Sono anni che mi fai sentire sbagliato, e per cosa, poi? Cosa ci hai guadagnato?».


Rick è visibilmente teso. «Morty…», lo chiama, e ironia della sorte è anche il motivo per cui non ha fatto altro che sminuire suo nipote per anni e anni.

Umiliare una persona di continuo, toglierla di ogni fiducia in se stesso, farle credere che non è nulla senza di lui. Sono stati questi gli ingredienti magici che hanno trasformato da tempo Morty nel docile cagnolino che è sempre stato, e il moro questo lo sa bene, lo ha imparato sulla propria pelle, bastoni e pietre incorporei di materia ma tangibili nel suono, che hanno scalfito i brandelli di ciò che è adesso. Un giovane adulto a metà, perché non ha ancora capito veramente chi è.



Morty si lascia andare a un «Ti odio, Rick Sánchez. Ti odio con tutto me stesso». È liberatorio, ma non privo di una certa sofferenza. La sua voce è tremolante, e a malincuore scopre che anche il suo corpo è incapace di restare fermo. Non l'ha mai provato, un sentimento così. Non è pronto per il rancore — non sente di avere spazio nel suo cuore, ma con Rick ogni volta è la stessa storia: vuole sempre più di quando Morty possa offrirgli.



«Se ti dà così fastidio la mia presenza…», incomincia Rick, visibilmente punto sul vivo. Una parte di Morty gongola per aver scalfito quella sua aria sempre così indifferente e superiore, l'altra si ritrova persa, nell'avvertimento di un bisogno di qualcuno che colmi spazio in casa sua, al suo fianco, nella sua vita. Niente gli è mai stato tanto caro come Rick. Non ha mai provato così tanto affetto, se non per Rick. Lo ama e lo odia al tempo stesso, lo desidera e lo disprezza. Non ha mai compreso Catullo fino a quel momento. E la Lesbia di Morty è l 'unica persona capace di regalargli emozioni così forti da penetrargli sottopelle e prendere il possesso di tutto ciò che gli rimane della propria sanità mentale.



Morty schiude le labbra, in gola gli nasce l'intento di fermare Rick e… blackout.

Le luci si spengono. Il buio li immerge e sembra che intorno a loro ogni cosa abbia smesso di respirare. Il silenzio li conquista, lascia spazio a sospiri, ma ingloba ogni immagine, ogni luce riflettente di realtà. Il suono dell'orologio, che come un cuore pulsante segna il suo battere, cessa di funzionare. Rick e Morty sono prigionieri in un cadavere di mattoni e ferro. Prigionieri tra loro, di quelle parole che non si sono ancora detti.


NdA



Hola!

Ho finito la maturità, ma vivo ancora, quindi rieccomi qua! And guess what...non è un aggiornamento di LTSI! Incredibile, no? Settimana prossima lo riprenderò, ma adesso sono qui con quella che doveva essere una OS, ma è davvero troppo lunga, quindi la sto spezzando in più parti.

È ispirata (prendete con le pinze questa parola) al film «L'uomo che amava le donne», del '77 (da cui ho tratto la cit. a inizio storia), ma anche l'omonima canzone di Nina Zilli ci ha messo del suo, eh.

Ormai io fin troppo amante dei topic in cui Rick e Morty combinano qualcosa ma il lettore deve aspettare gli ultimi capitoli per capire che cosa diamine sia successo LMAOO.

Ho provato a fare sempre un'indagine introspettiva sui pensieri di Morty, ma ci ho aggiunto un pizzico di quelli di Rick, perché so che a voi piashe e questo non è da paraculo (semicit).

Spero che questa sua versione aged up piaccia, perché è un po' particolare con la scelta della carriera, lo stile di vita e gli sbalzi continui d'umore (ma quelli li ha anche il nostro Morty quattordicenne, dai! lol)

Protip: se siete amanti del cinema francese o volete un film che vi mandi RickMorty vibes, vi consiglio un sacco «L'homme blessé», dove un giovane ragazzo solitario si innamora di un criminale, che è anche suo aggressore, e tra i due si crea una relazione ossessiva e contorta. Angst e nichilista, as we like it.

Con questo è tutto, vado a creare una playlist pure su questa ff perché sì, e ricordatevi che su Amazon ma anche nelle librerie potete trovare il mio libro “Anche i pesci sanno mentire” appena uscito!!

Alla prossima!





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Capitolo 2
*** Parte II ***


ATTENZIONE – Nel capitolo e nel successivo saranno presenti spoiler riferiti alla premiere della sesta stagione. Non ho resistito.



 Parte II


«Che cazzo?», sbotta Rick, vedendo anche la propria sparaporte spegnersi. Senza elettricità, non vive neanche lei. Morty ha consumato tutta l'energia perché gli piace svegliarsi presto ma prendersela comoda prima di presentarsi a lezione. Non brilla più nemmeno la luce verde lime.

Rick grugnisce di rabbia non appena vede i dati delle coordinate sparire davanti ai suoi occhi. Impreca ad alta voce e per poco non scaraventa in aria l’invenzione che ha regalato al nipote.

Morty si affaccia alla finestra, e in ogni palazzina la luce è stata risucchiata; c'è un silenzio mortifero intorno a loro, solo la natura sprigiona la sua potenza nella sua vitalità. Le stelle luminose in cielo, la luna regina. La natura sopravvivrà a tutto, anche all'uomo, che disgraziato ha già rinnegato la sua stessa Madre.

«Non hai qualche lanterna nel tuo camice? Tu hai tutto!», Morty esclama, con bambinesca vivacità, le mani ancora ben salde al davanzale della finestra.

Come se pensassero all'unisono, anche Rick ha frugato nel suo camice per trovare qualche invenzione utile. «No, merdina, chi cazzo se lo aspettava un blackout…».

Un breve risolino canzonatorio compare sulle labbra di Morty. «Beh, benvenuto in California, Rick», risponde piccato il moro, che si alza in piedi, attaccandosi al muro come una lucertola e tastandolo, avanzando a passi da pinguino, finché con le mani non trova l'interruttore della luce, che inizia a premere, in speranza di qualche segno di vita.

«Bravo, Morty, prova a spegnere e riaccendere. Grande idea durante un blackout. Chissà dov'è finito il tuo invito al MENSA».

Morty non ha bisogno di vedere Rick per capire che lo sta guardando male. Sputa veleno e sentenze come una vipera che fa da giudice, e disgraziatamente per il moro non ha torto. Il ragazzo però non è pronto alla resa. Pronuncia: «Almeno ho provato a fare qualcosa».

«Cagare sul letto non è meglio di non cagare affatto».

Non è la prima volta che Rick glielo dice. Non è la prima volta che Rick lo fa infuriare.

«Il solito stronzo».

«Il solito rincoglionito».

«Pazzo ubriacone».

«Ho smesso».

«Non guarirai mai», Morty sibila, e la sua voce non è mai stata così cattiva. Si rende conto che forse sarebbe un pessimo assistente sociale, ma scaccia via il pensiero. «Non riesci nemmeno a mantenere le promesse più banali». Rick e Morty, cento anni per sempre insieme, dove erano finiti?

È l'ultima goccia.

«Me ne vado!».

Morty si ritrova con una sensazione di sfuggevolezza nell'aria, sta perdendo una parte di sé, ma quale? Non riesce a trattenerne la materia, a capire qual è la sua perdita.

È davanti ai suoi occhi, però: Rick se ne sta andando, e quando il moro se ne accorge è troppo tardi. Uno spago sembra stritolargli gli organi interni del suo addome, la morsa del suo senso di colpa lo fa vittima e prigioniero. Ha aperto bocca, permettendo a parole sfortunate di uscire. Ha permesso che il suo rancore parlasse e lo trasformasse in un demone rabbioso tra fiamme e insulti, che se n'è andato appena è giunto il momento di affrontare le conseguenze delle proprie azioni.

Ora Morty è solo Morty, non è più mostro, non è più invincibile, e con gli occhi acquosi osserva suo nonno andarsene. Si chiede se Rick si sia mai sentito così in colpa, con dei ripensamenti. Se abbia guardato il viso giovane e fanciullino del moro, pronto a scoppiare a piangere, e sia arrivato a pensare Ho parlato troppo, sono stato uno stronzo. Mi dispiace.

Qualcos'altro in lui prende il controllo. Non è rancore, ma un istinto più primitivo, un sentimento che si è sedimentato talmente al disotto della sua pelle da assumerne l'aspetto.

Rick non può andarsene. Quando varcherà definitivamente la porta di casa, cosa succederà? Rick lo chiamerà mai? Gli invierà qualche messaggio? Ritorneranno le loro avventure?

L’ovvia risposta lo spezza in due.

Morty non riesce a credere, accettare, come una persona talmente significativa nella sua vita, talmente essenziale, possa diventare solo una scheggia tra le dita, un'ombra sfuggente, la mosca che allontani e non ci pensi più. Cosa succederà, tra loro? Rick diventerà quel parente che vedrà solo per qualche sprazzo di tempo durante le feste in famiglia? "Ciao, buon Natale, ci vediamo l'anno prossimo"? Non può, non può, non può!

Forse c'è stato un periodo in cui non ha più voluto saperne di Rick, forse anche adesso una parte di lui è stufa di tutto quanto, ma lui è suo nonno, checché ne dicano la biologia e l'esistenza di dimensioni alternative, e il moro vuole stare soltanto con lui.

«No!» replica Morty, non senza affanni, gettandosi all'inseguimento di Rick. Riconosce suo nonno attraverso il ticchettare delle suole delle sue scarpe, il rumore di passi che per anni lo hanno accompagnato nella sua vita: inseguimenti da criminali, brusche svegliate al cuore della notte, rilassate ma gioiose camminate dentro il grande Blips and Chitz.

Vede poco e nulla, allarga le braccia per capire con le mani se sta andando addosso un muro oppure no.

Conosce casa propria meglio di chiunque altro, pensa il moro, non sarà difficile riuscire a tenergli il passo. Sbaglia di grosso, perché è come se suo nonno avesse sviluppato anche l'abilità di riuscire a guardare nel buio. È sempre uno scontro impari. Morty assottiglia le labbra: non è giusto, ma il concetto di correttezza ha incominciato a sgretolarsi man mano che ha perseguito la sua relazione con Rick, e questa sera non fa eccezioni.

«Smettila di seguirmi, stai andando a sbattere contro tutti i muri».

«Non è ver- Ahia!». Morty prende con la fronte lo spigolo del muro.

«Stai diventando ridicolo». Rick sta trovando tutto ciò estenuante e imbarazzante, ma non sembra fermare il moro dalle sue convinzioni.

«Aspettami!», Morty grida, cercando di afferrarlo, ma trova l'aria. Riesce lo stesso ad avvertire che è vicino, e un'idea attiva gli ingranaggi nella sua mente.

Ancora qualche passo, e attirerà l'attenzione di suo nonno. Deve chiedergli scusa, ripagarlo, fare quello che dovrebbe già aver fatto cinque mesi prima.

«Bast-». Rick si sente afferrato per il colletto del camice e del maglione. Ha fatto in modo che il tessuto sia in grado di ustionare i nemici al primo contatto, ma Morty non è un nemico, nemmeno quando gli urla addosso così tanti insulti. Il giovane adulto riesce a strattonarlo per un po', finché Rick non si libera dalla stretta, riuscendoci con scioltezza. «Che cazzo pensi di fare?».

Blackout.

Morty stringe il suo viso tra le sue mani, e alla cieca le sue labbra si fiondano su di lui; si ritrova così a baciare il mento di Rick, ma la sua bocca fa dei piccoli passettini fino a chiudere quella dell'altro, alla ricerca di calore, divorandone la pelle e il buon senso. Il loro cervello è in blackout out. Lo scienziato non fa altro che non sia restituire il bacio. È più esperto fra i due, si sente, e Morty si chiede quanti, quante, siano stati prima di lui. Chi è stato o stata solo uno svago, per poca sobrietà, per non pensare, per dimenticare. Chi forse ha avuto un ruolo più spesso, dove non è contata solo l'attrazione fisica. Morty non può fare a meno di domandarsi a quale dei due gruppi fa parte, ma si risponde che non è importante, perché finché ha Rick, riesce finalmente a sentirsi a casa, e tutto va bene. Indugia nel contatto, accarezza il suo viso, si lascia andare alla speranza che tutto si concluderà così facilmente; ha risposto dopo cinque mesi, ma l'ha fatto, e ora che i loro intenti sono chiari, possono entrambi macchiarsi dello stesso crimine. Amore (codipendeza, ossessione) è come si chiama la peggiore malattia infettiva che entrambi conoscono.

Morty all'improvviso viene spinto a terra, atterrando sul coccige e con una gamba dietro. Posizione più scomoda non esiste: il dolore infiamma il muscolo e sembra propagarsi in tutto il suo arto posteriore sinistro. È inevitabile quando la forza impressa è maggiore rispetto alla resistenza. Rick conosce abbastanza nozioni di fisica per capire cosa avesse appena fatto al corpo del più giovane. Ma ne sa pochissimo di intelligenza emotiva, che gli rende difficoltoso anticipare la reazione del nipote. Furia, immagina, ed è meglio così. Morty non può amarlo, non dopo ogni cosa.

«Rick!».

«Che cazzo pensi di fare?!», Rick urla, rafforza il suo gesto, e ogni cosa è oscurata dall'alone del rifiuto negli occhi di Morty. Il giovane si sente piccolo, anche perché non riesce ad alzarsi da terra, e davanti a lui si proietta un gigantesco mostro dagli angoli appuntiti. La sua voce tenebrosa rimbomba nelle orecchie del più giovane, lo perseguita nei meandri di un antro buio, una battaglia persa in partenza. E ora Morty è prigioniero tra le sue grinfie.

Vergogna e imbarazzo simulano rabbia ruggente nei polmoni di Morty, riscaldano l'aria con cui escono le parole: «Mi hai baciato anche tu, cinque mesi fa, prima di dirmi addio!».

Prova ad appoggiare la testa da qualche parte parte, ma sbatte il capo su un mobile, e qualcosa cade per terra.

Morty riconosce il rumore. Un cubo di Rubik.

La sua mente naviga nel passato, il giorno prima di partire per il college.

«Sapevo di trovarti qua», la voce di Rick è come un'onda nei suoi pensieri, e Morty si sente teletrasportare in quella fatidica sera. Sul tetto, mentre guarda il cielo nero illuminato di stelle. Il cubo di Rubik tra le mani ma con cui non sta giocando davvero.«D-davvero b-banale, Morty, lasciatelo dire».

È concentrato sulle stelle che ha già visto da vicino, enormi, e ora sono piccolissime. Tutto può essere così gigantesco o insignificante a seconda della prospettiva. Morty ogni tanto si chiede con che lenti lo guardano gli altri. Appare come una minuscola formica? Una possente torre? Forse entrambi, o forse non lo guardano proprio. Talmente privo di significato da essere invisibile. Trattiene un sospiro, aria esce dalle sue narici. Ha bisogno di cambiare vita. Di allontanarsi dalla sua famiglia. Anche da Rick. Vuole capire com'è vivere in un posto diverso da dove le persone lo sminuiscono, che sia intenzionale o meno.

Vuole capire com'è essere, non solo esistere.

Magari l'aria universitaria risponderà a qualche sua domanda. Magari estirperà certi desideri che lo fanno sentire un parassita, essere infido e viscido intorno alla sua famiglia.

«Morty?», Rick lo richiama. Questa è la prima volta che Morty lo sente davvero. Sussulta, tutto intorno a lui trema, scuotono le stelle, ma forse è solo lui a essersi agitato per nulla. Per poco non gli cade per terra il cubo di Rubik, ma Rick riesce a prenderlo al volo, e glielo porge. Morty se lo riprende con un sorriso timido, mentre pensa a cosa dire, iniziando finalmente a osservare con attenzione le facce del suo cubo. Nessuna giusta, nemmeno due colori vicini. Potrebbe iniziare a barare come fanno tutti: staccare gli adesivi e rimetterli vicini a quelli dello stesso colore. Non è il tipo. Non ama mentire, soprattutto ingannare gli dà i conati di vomito. "Ma non è quello che hai fatto per tutto il tempo?", fa una vocina nella sua stessa, affilata nella sua mente, un ago contro un palloncino, ma Morty si risponde solo che non è colpa sua.

«S-scusa», balbetta, come ha sempre fatto a quattordici anni, ma con Rick si sente sempre farsi piccolino. «P-pensavo…». Non sa cosa dire, se non una debole confessione. «Non riesco a dormire».

Anche Rick sembra attirato dal cielo, come se non avesse mai visto una notte stellata. Non guarda suo nipote negli occhi, ma gli risponde: "Posso capire".

Morty gli sorride sornione, ma scuote dolcemente il capo. Rick, nonostante la sua ritrovata empatia, non può avere idea di cosa passi per la mente del più giovane. E va bene. Meno suo nonno ne sa, meglio è.

Rick pensa che sia agitato per il college, non è del tutto in errore. Si allontanerà dalla famiglia, dallo Stato del Michigan. Cambierà scuola, luoghi, persone. Vivrà un'altra normalità, un'altra vita. Più normale, più noiosa, ma seria. Avrà il suo futuro tra le mani, e non potrà permettersi di farselo sfuggire.

Rick nel frattempo fruga nel suo camice del laboratorio, e quello che sorprende Morty non è il fatto che ne tiri fuori la sua fiaschetta, ma che gliela offri. «Vuoi?».

È puntata proprio sotto il suo naso. Sembra quasi una minaccia. Le parole "Ma Rick, è illegale! Non ho ventun'anni!" muoiono sulle sue labbra. Sai cosa gliene importa, a suo nonno, se fa qualcosa di illegale? Niente.

Morty però non è mai stato un grande fan del bere alcolici. Principalmente per sua madre e Rick, perché ha visto gli effetti su di loro. Nonostante ne veda l'attrattiva, crogiolarsi nell'oblio di qualche minuto od ora, capisce che non è così che vuole affrontare i suoi problemi. Punto numero due: vuole evitare di rivelare quel piccolo segreto che vive imprigionato solo nel suo cuore e nei suoi pensieri più sporchi, guai se troverà una via di fuga tra le sue labbra. Nessuno deve saperlo. Nessuno. Soprattutto Rick.

Punto numero tre, se vale: suo nonno ha sempre cercato di farlo stare lontano dall'alcol. Al contrario di ogni bravo adolescente, che lo avvertirebbe come un limitare la propria libertà, il moro ha sempre apprezzato che qualcuno si preoccupasse della sua salute. Questo succedeva anche perché Morty era più piccolo, probabilmente, e ora è diventato un giovane adulto pronto ad affrontare la vita. O almeno a provarci.

Morty annusa il contenuto della fiaschetta, la prende in mano, il cubo di Rubik nell'altra. Si ritrova ad arricciare il naso appena viene colpito dalla sbanfa dell' odore acre e pungente di alcol. «Ha la stessa puzza del solvente per unghie di Summer».

Rick gli sorride. «E lo è».

Le palpebre di Morty si spalancano, sorprese e incredule. «Cosa?!», squittisce, quasi pronto a gridare allo scandalo.

Suo nonno scoppia a ridere, rumoroso, incontrollabile. Si porta una mano alla pancia, sentendosi il fiato mancare, tanto si sta sbellicando dalle risate. Morty teme che continuando così sveglieranno il resto della famiglia, forse anche i vicini, addirittura tutto il quartiere.

È stato preso in giro, e c'è cascato con tutte le scarpe, come una pera cotta.

«Sei sempre il solito», Morty sbuffa, incrocia le braccia, la breve rabbia lo possiede, ma sa già scemerà subito. È un po' permaloso. Se ne accorge solo ripercorrendo i suoi ricordi.

«Avresti dovuto vedere la tua faccia». Rick con una mano si asciuga gli occhi umidi, con l’altra continua tenergli la fiaschetta. «Bevi?».

Guarda di nuovo la fiaschetta. Poi Rick. Ritorna alla fiaschetta. Ancora Rick. Deve prendere una decisione, ma non sa che fare. «Sbrigati prima che cambi idea», comanda suo nonno, e Morty inizia a pensare che uno strappo alla regola non fa mai male. Solo una volta. Forse l'ultima.

Ma ha delle riserve.

«Che succede se bevo troppo e cado dal tetto?». Tipico scenario per chi soffre d’ansia incontrollata.

«N-nonno è qui, Morty». Rick risponde sicuro, genuino. Morty sorride, sente scorrere dentro di sé un certo calore, e non è l'alcol, perché non ha ancora intenzione di bere. Forse. «Anche se non nego che sarebbe uno spasso vederlo».

«Rick!».

«Cosa? Ho solo detto la verità!».

Morty si fa coraggio e decide di prendere un sorso. Uno piccolo, ma non troppo. Rick sorride felice come un bambino che ti regala una delle sue macchinine, vedendoti pronto a giocare con lui.

Mille tratti del suo viso si piegano in una smorfia e anche con gli occhi chiusi Morty sa che il sorriso di Rick sta diventando sempre più grande, tanto da scoprire i denti. Almeno qualcuno si sta divertendo.

Non ha ancora ingoiato il distillato, ma appena lo fa, il suo viso si lascia andare a uno spasmo schifato, e a stento riesce a trattenere un lamento stridulo. Tira fuori la lingua, sentendola secca. Rick scoppia a ridere ancora.

«Cos'era?», domanda Morty, ancora disgustato. Dà indietro la fiaschetta, il più velocemente possibile, come se potesse più facilmente passar via l'amaro che gli ha anestetizzato la bocca.

«Scotch Whisky».

«Ci vai leggero», il moro commenta sarcastico, bramando più di ogni altra cosa un sorso d'acqua.

«N-non si giudica un uomo per il contenuto della sua fiaschetta, Morty», dice Rick, e ne prende un sorso. Lo fa come se fosse il gesto più semplice dell'universo, e il moro rimane quasi incantato dalla sua scioltezza.

«Ho il palato tutto amaro», fa Morty, impastando la saliva, senza curarsi se la frase abbia un senso compiuto o meno.

«Beh, goditi questo momento, perché domani non verrò a salutarti». Rick non sta più guardando in faccia Morty, ma il moro si ritrova attratto dalla sua figura come un'ape al miele. Non riesce a staccargli gli occhi di dosso mentre una fitta al petto lo colpisce. Quasi quasi chiederebbe ancora da Rick un sorso di whisky.

«Hai salutato Summer», dice Morty, e ha tutta l'aria di un'accusa, perché infondo lo è. Il moro sa che sua sorella è speciale, sa che a Rick lei ricorda Diane. Ogni tanto ha dei dubbi, su chi sia il preferito del nonno. Non è mai stato competitivo, ma l'idea che Rick preferisca, ami, qualcun altro gli accende qualcosa di infiammante nelle viscere. Brucia e ribolle nelle vene come catrame. E inizia a sentire sempre più vicina la fiamma della competizione. Lo soffocheranno questi sentimenti, si dice, ma non è mai riuscito a fermarli.

«Con lei è diverso».

Morty non regge lo sguardo, gioca con il cubo di Rubik che non è mai riuscito a finire. «Lo so». Annuisce debolmente. Vorrebbe essere tanto compressivo quanto dà a vedere, ma la gelosia ostruisce ogni altro pensiero, e si morde il labbro inferiore, teso.

«Con te...», inizia Rick, ma le parole si inceppano in bocca. Tossisce, schiarendosi la gola, e fa: «Ci sentiremo, quando andrai via?».

Morty sbatte le palpebre colpito dalla domanda, sorpreso. Per lui la risposta è così ovvia. «Sei mio nonno», asserisce, parchè è basilare.

In qualche modo la risposta non soddisfa Rick. Sembra addirittura offenderlo. «Sì, certo, quindi sarai costretto a vedermi a Natale, Ringraziamento, il possibile funerale di tuo padre, ma… ». L'uomo diventa sempre più riluttante a qualsiasi contatto visivo. «Mi chiedo se… mi chiamerai mai?» Non vuole ci sia un silenzio imbarazzato, quindi continua. «Immagino sarai circondato da mille altri te, anche con la sindrome da crocerossina, per non farsi mancare nulla».

«Hey!».

«E…». Nonostante cerchi ancora di essere più aperto, raramente l'opzione più difficile sarà quella di immagazzinare tutte le sue emozioni in un pacco e tirargli un calcio. È sempre più arduo invece spacchettare la sua psiche, analizzarla da vicino, capendone i perché, indagando sulle incognite. Rick sa di essere una persona pigra e volubile. La sua domanda non detta è “ci sarà spazio per me ancora nella tua vita?”.

Morty ha imparato ormai a leggere nella mente di suo nonno, qualche volta. Riesce a tirargli fuori le parole dalla bocca, o meglio: fa sembrare detti i non detti. Capisce la tristezza di Rick, perché è quella che prova lui, lo stesso dubbio. «Ah, immaginati una stanza piena di Morty», fa, e si sforza di ridere.

Rick viene brevemente contagiato, increspando le labbra sottili. «Insopportabile».

«Vero, no?», Morty gli dà corda. «E quando sarà così…», si avvicina piano piano a Rick, arrivando a toccarlo con la spalla. Si sorridono. Le tensioni e le paure di entrambi diluiscono. «Chi meglio di un Rick per gestire un Morty?» Con la mano, arriva a sfiorare quella dell’altro, in un gesto così intimo che anni prima sarebbe andato in panico alla sola idea, ma adesso non sembra esserci cosa più naturale. Forse Rick lo scaccerà, lo liquiderà accusandolo di essere un molliccio sentimentale, ma non accade nulla di tutto ciò. I suoi occhi azzurri si concentrano su quelli marroni, e Morty sente tutta l'aria del mondo mancargli quando percepisce il calore nella mano di Rick. Mani che lo hanno ferito, minaccia che si è tramutata in salvezza, cura, raro affetto.

Rick, il suo angelo della vita e della morte. O forse demone, sì, un demone dissoluto che gli vuole bene. Non che le definizioni siano più importanti di loro due, insieme, con ancora le dita delle mani intrecciate.

Perché c'è dell'elettricità che non può negare. Un effetto collaterale di ogni tocco, pelle contro pelle, pelle contro tessuto. Ad ogni abbraccio, ad ogni manica tirata, ad spalla sfiorata, tutte insieme causano un fremito, un'energia che si insinua al di sotto della pelle. Ed entrambi sanno che succede anche all'altro, perché ogni volta si guardano come a dirsi "L'hai sentita anche tu?".

Si vogliono bene, nonostante le maniere brusche e le frequenti litigate. È l'unica cosa a cui vuole pensare, e scaccia via tutto il resto.

«Non vorrei mai dirti addio», sussurra piano Rick, talmente leggero che Morty deve avvicinarsi con il viso al suo. La sua voce è vellutata, come mai.

Morty schiude le labbra, sinceramente colto da sorpresa, e sente gli occhi inumidirsi. È scosso dentro, ma è una sensazione piacevole, muove dalle sua fibre qualcosa che da troppo tempo aveva bisogno d'aria. Non vorrebbe scoppiare a piangere in quel momento, per una semplice frase, ma commuoversi facilmente è una caratteristica che lo ha sempre distinto dal resto della famiglia. Dentro di sé sente rimbombare tutte le emozioni nascoste in quelle cinque parole.

La sensazione di star facendo qualcosa di proibito galleggia nell'aria, insieme agli imminenti sensi di colpa. Ma stasera Morty decide di essere un po' più come Rick, non importano le conseguenze, e poi quando gli capiterà più?

Le labbra di Rick sono ruvide, come la sua pelle, e si avvicinano alla bocca del moro con lentezza, ma non prive di voglia. Morty accarezza con entrambe le mani le guance dell'uomo, il cubo di Rubik cade nel giardino, ma a nessuno importa. Il moro è troppo catturato dall'ennesima scossa di elettricità, dall'essenza di Rick, che ora è anche un po' dentro di lui. È un bacio casto, dolce e tenero. Ma ci vuole poco per trasformarlo in qualcosa di più appassionato e travolgente. Non vogliono staccarsi l'uno dall'altro, ma essere forma unica, due pezzi che si sono finalmente ritrovati.

Rick non se ne sarebbe mai andato, lo seguiva come un’ombra. Morty ha sperato di poter scampare alla sua presenza semplicemente spegnendo ogni luce nella sua vita, ma col sole sa chi è realmente, sa dove andrà sempre a finire, cos’è insolubile e imprescindibile tra i suoi legami.

La memoria ricrea Rick che gli sussurra qualcosa, languido, un segreto che solo loro due possono custodire.

«Ti amo, Morty».

Adesso sembra surreale alle sue stesse orecchie.

Morty che per la prima volta si ritrova a pasticciare con la propria voce a parlare di sentimenti. Non gli è mai stato difficoltoso dire "ti voglio bene" o "sei importante per me". Non sono parole regalate, perché lui le pesa, dando importanza a tutto - dal minimo granello di polvere che dà vita a una stella fino all'intera via lattea. Vorrebbe vomitare parole, emozioni: felicità, amore, paura, la vergogna perché ciò che prova non è giusto (l'ha fatto sentire un bugiardo per anni, un disgustoso essere che recita male la parte del figlio, del fratello, del nipote, rovinato dai sui stessi desideri), la rabbia, perché se è così, è solo colpa di Rick. Ma Rick non gli ha mai impedito del tutto di avere storie romantiche. Basta a scagionarlo? Di chi è veramente la colpa? L'incertezza predomina in lui, mentre le labbra finalmente sembrano capaci di schiudersi, e finalmente esce uno strozzato: «G-grazie».

Il più fatale degli errori. Rick lo guarda come se gli avesse appena tirato un ceffone in pieno viso. E forse è proprio quella la sensazione.

La mattina dopo Rick non si è presentato a dirgli addio, come da parola. Solo il cubo di Rubik per terra a ricordargli della sera prima.

Morty vorrebbe prendersi a schiaffi.

Capisce perché Rick l'abbia colpito, perché l'abbia ignorato per tutto quel tempo. Deve essersi sentito rifiutato quella sera, e adesso preso in giro. Ma Morty non gli farebbe mai una cosa del genere.

O sì?


NdA

Ciao a tutti! Come state?

Io sono super in hype per la sesta stagione (che mi sta facendo dimenticare che fra un po' inizio l'università, grazie al cielo). La sua premiere è stata la più bella di tutta la serie, AAA. E Rick Prime è così figo, non ce la faccio. Rick e Morty che decidono di “morire” abbracciati made my day and cleared my skin. Ogni momento in cui si sono sfiorati è stato poesia, POESIA. Che poi chi fosse il vero Rick di Morty lo sospettavo già, ma accidenti, è così soddisfacente vederlo confermato. Ora non riesco ad immaginarmi nuovi scenari, chissà se ritornerà evil morty, e nuove ship: Evil Morty x Prime Rick avrà il mio cuore, mi sa lol.

Parlando della ff, speravo di concluderla qui, ma stava diventando fin troppo lunga. E adesso ho un po’ il timore dell’aver sfiorato l’OOC, ma questa versione di S6 Rick più “aperta” con Morty mi ispira un sacco di fluff.

Btw, vi faccio notare che sul mio profilo ho aggiunto il link al mio twitter (basta cliccare sull’icona browser). Seguitemi pure! Il canale telegram l’ho perso, aiut.

Alla prossima!! <3

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Capitolo 3
*** Parte III ***


Parte III


Prima che suo nonno entrasse nella sua vita, Morty si è sempre dipinto come una brava persona. Ha ritratto così anche la sua famiglia. Forse un po' fredda, un po' soffocante per certi aspetti, ma buona. È sempre stato il suo unico modello e punto di riferimento, tanto da trovare strane quelle famiglie dai mille sorrisi nelle pubblicità, accompagnate da un altrettanto bizzarro senso di attorcigliamento allo stomaco che ha sempre cercato di ignorare: invidia.

Come poter curare questa sensazione? Come tacere dell'aggressività sempre più nascente che lo turba? Perché gli altri sì e io no? L'ammissione rabbiosa di chi è stato negato, di privazione, di sconfitta. Come può occultare tutto ciò? Con la cecità.

Ha vissuto (cercato di vivere) in un mondo dove ogni spigolo può essere smussato, dove ogni difetto è capace di mutare in pregio, ogni falsità è verità. Il vero è mascherato, cosicché possa diventare buono. E tutto può essere assemblato in un'unica armonia artificiosa.

Tutto è cambiato con l'arrivo di Rick.

È lì che i concetti di male e bene hanno cominciato a prendere delle pieghe diverse, a diventare così variabili, relativi. Il perseguimento di un obiettivo che Morty considerava buono lasciava nella sua scia una miriade di pessime azioni. Nietzsche a colazione, pillole di Feuerbach a pranzo, un po 'di Sartre a cena. Pezzo dopo pezzo, la realtà è cominciata a cambiare. E il mondo di Morty non è più stato lo stesso, in un universo dove niente conta davvero, tranne se riguarda Rick, e il tutto ricomincia a diventare importante.

Rick è stato luce. Ha aperto i suoi occhi e gli ha finalmente permesso di piangere, odiare se stesso e la vita che lo circonda.

Non è mai stato cinico come il nonno, cercando sempre di trovare il positivo in tutto, l'importanza in tutto, ma a volte è difficile anche per lui. Ha fin troppe domande nella testa. Soffocanti perché? lo inchiodano nel cuore della notte. Scenari immaginari lo distaccano dalla realtà ogni giorno, e ci vuole sempre uno stimolo sempre maggiore per farlo ritornare con i piedi per terra. Il tonfo di un telefono nascosto che cade, il brusio dei suoi compagni di università che si alzano per cambiare aula. Morty si ritrova ad osservare il mondo reale e a trovarlo insoddisfacente contro il potere del ricordo e dell’immaginazione. Rick entra all’improvviso e lo salva, lo porta con sé nello spazio, gli farà rischiare la vita così non avrà troppo tempo per pensare a come tutto sta andando. Non succede niente, nessuno lo nota. Morty sa che se fosse rimasto a casa, qualcuno avrebbe sempre posato il suo sguardo su di lui. E le domande, le ipotesi, ricominciano.

Non sarebbe la prima volta in cui Morty non sa che pesci pigliare. Molla la lenza, e il bottino lo lascerà sempre in dubbio. Buono? Cattivo? C'è differenza?

Perché la sua famiglia è così buona e cattiva allo stesso tempo? Rick? Perché anche lui è così? E Morty può definire ancora se stesso come buono?

È umano. La sua famiglia è composta da esseri umani. Rick, nonostante lo neghi, è umano anche lui.

Un sillogismo di base non sembra chiudere tutte le domande, ma è rassicurante come qualche parola gentile dopo una figuraccia. Morty sa che non è tutto apposto, ma per il momento può andare bene così.

Nessuno ha mai detto che essere umani è facile.

E questo lo riporta a considerare le proprie azioni. Tiene sempre a mente la dinamicità del pensiero umano, dell'incognita delle emozioni.

Perché quel “grazie”? Una risposta peggiore era impossibile che esistesse. Morty l’ha saputo nel momento esatto che quelle sillabe sono uscite dalla sua bocca e il suono si è propagato nell’aria. Lo sa anche adesso con Rick davanti a sé, furente e umiliato, perché il moro non ne combina mai una giusta. Sbaglia sempre. Non esiste situazione in cui non è in errore. 

Ha voluto davvero difendere Rick da sé stesso? O proteggersi dal disgusto che suo nonno avrebbe provato nei suoi confronti? Perché non si è rilassato quando Rick gli ha confessato gli stessi sentimenti che pure lui prova? Paura poteva corrispondere a una piccola percentuale di tutte le ragioni. Se Rick avesse saputo che anche Morty lo amava, lo avrebbe lasciato partire così facilmente per il college? E Rick cos'altro sarebbe stato capace di fargli, con quell'informazione in suo possesso?

Suo nonno non metteva mai in mezzo i sentimenti, a meno che non potessero diventare strumenti in suo possesso verso un determinato fine. Morty lo conosce fin troppo bene. Ha congelato per anni la figura di Rick come divina o bastarda. L'ha resa immutabile nella sua mente, incapace di cambiare per propria volontà, e quando suo nonno è diventato umano e sensibile, il moro si è sentito tradito da ciò, da Rick, dal suo stesso pensiero che ha fatto i conti con la realtà.

Rick così aperto, vulnerabile, è sembrato una bugia. Una pessima presa in giro. Perché se è arrivato a pronunciare quelle parole, significa che ha sempre potuto dirle, ma ha taciuto finché non fosse arrivato il momento più propizio, dove il vantaggio sarebbe stato maggiore. Morty non riesce a negare che dopo quel "ti amo" il suo istinto sia stato quello di mollare tutto e cambiare vita: in qualche pianeta lontano, solo loro due, tra mille avventure e, chissà, se deve essere smielato e sognatore, si immagina appuntamenti galanti in quei resort di lusso che solo Rick può permettersi, parole sussurrate solo per lui mentre i cieli diventano blu, poi, magenta, poi viola, in una sinfonia di colori suggestiva e dolce.

Abbandonare il proprio futuro, la propria vita, solo per Rick. Ecco che cosa suo nonno avrebbe voluto - cosa avrebbero voluto entrambi, ma Morty non ha ceduto. Perché ha riconosciuto il gioco, gli schemi che hanno portato Rick a dire quelle parole, i possibili risultati. Perché è arrabbiato con suo nonno e capisce che se non riesce a staccarsi da lui, allora deve farlo, il prima possibile. L’attaccamento ansioso dipendente deve pur trovare una fine, giustifica se stesso. Allora perché si sente un mostro? Ha solo saziato un suo bisogno.

O no? Morty non lo sa più. Con Rick intorno, non sa più nulla.

Il bisogno istintivo di cancellare quella dinamica scomposta e impari che ha sempre relegato il moro al ruolo di secondo al comando - ma quando è mai stato al comando?

Perché?

La risposta non tarda ad arrivare. Avidità. Incubo che sembra diventare realtà. Morty sta diventando proprio come suo nonno.

Morty si è ritrovato ad essere improvvisamente affamato di potere, come se non ne avesse mai assaggiato un pezzetto in vita sua, e in quel momento davanti gli si era presentato un banchetto. Morty si è ritrovato a volere tante cose da Rick. Primis, la libertà che gli ha ceduto in cambio della sua presenza nella sua vita. Poi il suo amore, poter strappargli il potere dalle mani, distruggergli il cuore e calpestarlo, come mille volte quello del moro è stato fatto a brandelli. Poteva davvero essere incolpato? L’amore lo aveva fatto impazzire, lo aveva trascinato negli angoli più bui della propria psiche, schiacciato come fosse gommapiuma tra le sue mani, e Morty è stato così coinvolto da non riuscire a pensare ad altro che fosse Rick. E ha voluto uscirne, respirare aria vera, solo per un po’.

Un infimo gioco di cuori e potere.

Morty è stato cattivo. O meglio, egoista e avido. Ama Rick, ma ama di più se stesso, nonostante nella propria persona non riesca a vedere altro che difetti. Questo non significa che il suo amore per Rick sia direttamente proporzionale alla circonferenza di una briciola. Niente affatto.

Magari.

Autodifesa, la chiamerebbero alcuni. Istinto di sopravvivenza, potrebbero avverarsi altri. Qualunque cosa sia, a suo nonno non è piaciuta. Forse è per questo che Rick gli ha fatto il trattamento del silenzio per tutti questi mesi, e Morty capisce che non è del tutto immeritato. Il piccolo stronzetto del nonno, ecco chi è. Nessuno pare essere immune alla cattiveria.

È colpa di Rick, se è così. È colpa di Morty, se è diventato importante nella vita di suo nonno.

Morty si chiede se sia stato l'unico a ritrovarsi ad osservare, quasi con attenzione ossessiva, lo schermo del telefono, chiedendosi se chiamare, o non chiamare affatto. Chiedendosi se l'altro avrebbe mai fatto il primo passo. Che anche Rick si sia ritrovato ad aspettare il suono di qualche notifica, cinque lettere sopra la scritta "ti sta chiamando"?

Perché ha smesso di bere? Perché adesso si è presentato alla sua porta per delle coordinate? Quali coordinate? A che gli servono? Non poteva farlo da solo, e risparmiare a Morty questo supplizio? Perché ora Morty è costretto ad affrontare questo fantasma dei suoi vecchi Natali? L'ennesimo ricordo che nella sua vita quel vuoto può essere colmato solo da una persona? A ricordargli che gli era mancato?

Rick, Rick, Rick. Quanto ama quelle quattro lettere! Quanto è bello farle uscire dalla propria bocca! Che sia con rabbia, tristezza, o entusiasmo, non importa. Basta dirlo. E quante notti in solitaria passate a gemere quel nome e piangere! Morty ora ha voglia di strapparsi il cuore dal petto, intossicato dalle emozioni che prova. Si odia così tanto.

Cosa sono cinque minuti di potere in confronto a cinque mesi d'inferno? Morty si sente uno schifo.

Ma c'è qualcosa, nelle parole di Rick, che lo riscuote dai suoi pensieri, facendolo andare a sbattere contro un nuovo aspetto della realtà. «Ero ubriaco, scemo!».

Lo sguardo di Morty si spalanca, ingrandisce i suoi bei occhi da cervo, e proprio come tale sembra che stia guardando i fari di un auto pronto a investirlo. Catturato dallo scontro improvviso, sente il suo petto fargli male a ogni respiro.

Che Rick, per tutto quel tempo, stesse solo delirando ubriaco, ingigantendo le cose, come ha sempre fatto?

Una lacrima scende solitaria sulla sua guancia. Qualcosa in lui si è appena rotto.

Morty dovrebbe imparare a capire quando Rick mente, quando bluffa, ma sa anche che tende troppo a illudersi, ad idealizzare le persone, e ogni tanto deve ritornare alla realtà, anche se in cuor suo appare assurda. I suoi occhi si fanno molli. «Quindi non era stato niente per te?». Singhiozza, e l’odio per se stesso aumenta ancor di più. L’unica cosa per cui è grato è l’assenza di luce, così non può essere visto piangere, ma Rick lo sa sempre quando sta male, come se avesse un radar impiantato nel suo cervello, e forse c’è l’ha davvero. Forse è solo empatia, ma ne dubita. Morty è grato di non poter far contatto visivo con Rick, perché quei suoi occhi chiari pieni di disappunto lo farebbero morire sul posto.

Rick non risponde, e Morty può sentire ogni parte del proprio viso crollare a pezzi, distruggersi per rivelare nel suo sottosuolo un'enorme distesa d'acqua. «Tutti i mesi a credere che potessimo… sperare… a te non frega un cazzo di me, vero?», l'ultima domanda è un sussurro, una debole rassegnazione che non ha smesso del tutto di essere affamata di speranza. Non ha fatto altro che fantasticare l’impossibile, vero?

Rick non si degna di proferir parola, si volta e basta, con l'intenzione di andarsene. Morty si sente consumare da quella che presagisce come una conferma, la realizzazione che magari la verità è sempre stata davanti ai suoi occhi, "Ai Rick non importa nulla dei Morty", e che lui, il solito cretino, avesse sperato che il suo, che non è proprio suo ma è come se lo fosse, (è suo, se lo ripete sempre) sarebbe stato capace di essere diverso.

«Rick, per favore!», implora, non riuscendo ad alzarsi a terra. Un ginocchio gli fa veramente male, non è sicuro di rimanere in equilibrio. «Nonno Rick!», urla e si dispera. L'emozione non può essere vista attraverso lo sguardo, ma è potente nella sua voce. C'è un bisogno viscerale che non può essere ignorato, un grido d'aiuto per ritrovare se stesso, che non può e non riesce a esistere da solo. Morty si sente come quando aveva quattordici anni — si sente ancora succube, ma sembra che nella sua vita i fili siano stati intessuti e intrecciati in maniera che, non importa quale avvenimento accada, ha bisogno di Rick, sempre e comunque.

Una leggenda in Giappone parla di un filo rosso, un filo del destino, e gli indiani parlano di Anahata, il chakra del cuore, della tranquillità. Morty sa di essere destinato a inciampare nel suo stesso filo del destino, la cui prima estremità parte dal proprio quarto chakra, e finisce con Rick, che ha irrimediabilmente controllo sul centro del perdono del ragazzo; è il suo prana, la sua essenza, incarnata e alienata.

Non potrà mai dirgli veramente addio.

Rick odia la disperazione, la disprezza con tutto se stesso; ha impossessato per anni il suo corpo e l'ha reso debole oltre ogni limite.

Ma ama Morty, e per lui ogni tanto chiude un occhio.

Non si volta verso suo nipote, ma si ferma. E le lacrime del moro pian piano diluiscono, perché tanto gli basta come consolazione.

«Se pensi di poter prendermi per il culo - ».

«Morirei piuttosto». La risposta di Morty è secca, sincera, sanguigna.

«Cazzo, capisci perché non può funzionare?». Il vecchio spalanca le braccia, esasperato, e stringe le dita, come a voler soffocare l'aria. Come se volesse strozzare Morty, ma non può. C'è stato un periodo in cui ha voluto farlo, un periodo in cui l'ha odiato — lui, il nipote di quel Rick, il suo peggior nemico. Ha odiato tutta la famiglia di quel Rick, e l'avrebbe uccisa, solo per ricevere un segno, il minimo cedimento di quell'aurea indifferente, ma niente. L'altro Rick non prova emozioni, e lui ne sente fin troppe.

Soprattutto per Morty.

Sta provando a fare l’azione giusta, ma Morty, il classico stupido, vuole rendergli le cose difficili. Si sta trattenendo, lo fa davvero, ed è nervoso perché sente brulicare dentro di sé la voglia di possedere Morty in ogni maniera immaginabile, nell'opzione più contorta e sadica, ma non può. Ha deciso di essere una persona migliore. Gli fa schifo e riderebbe di sé, perché ironia della sorte è proprio Morty il motivo per cui fa tutto ciò. Sì, Morty, insieme a un certo ritrovato spirito di autoconservazione.

Non può permettere al moro di abbattere un altro muro, di entrare in qualcosa di così intimo, privato, sensibile. Morty avrebbe trovato di meglio alla fine, perché c'è sempre di meglio; lo farà soffrire, proprio come ha fatto Birdperson, proprio come ha fatto la morte di Diane.

Ma l'egoismo lo sta divorando, manca poco che Rick ceda. Suo nipote come al solito si rivela un aiutante pessimo.

Morty stritola un singhiozzo, reprimendosi, vergognandosi. Prova ad azzardare una risposta alla domanda di Rick. «Perché vuoi starmi lontano?».

Finalmente Rick si gira verso di lui, e lo sguardo sul suo viso fa subito pensare a Morty che quella sarà la volta buona in cui lo ucciderà. «Io non voglio starti lontano! Questo è il problema!», grida, a pieni polmoni, e l'aria che trasporta le sue parole rende la situazione statica, la fa calare in un silenzio usato per comprendere a pieno la sua dichiarazione d'intenti. È nel minuscolo dettaglio che si nota l'essenza, l'articolazione di una frase che rende ben chiaro il significato.

«Rick..», Morty respira piano, l'aria che entra ed esce dal suo petto, ma capisce che deve fare attenzione, perché basta un millisecondo e il vecchio ritornerà ad essere irraggiungibile come prima. «È per questo che non bevi? Perché non riesci a starmi lontano?».

«Diventi intelligente nei momenti peggiori», Rick è stanco, tanto quanto Morty se non di più, e si siede accanto a lui. Quel moccioso gli dà fastidio, perché nessun altro è come lui — con nessun altro c'è quell'intesa, quell'intossicante bisogno. Nessun altro lo capisce al volo come fa lui. «Non mi hai sentito entrare la prima volta in cui hai dormito da solo in questa casa?».

«Pensavo fossero entrati i ladri…».

«Tu pensi ci siano dei ladri in casa e rimani beatamente nel tuo letto?».

«È colpa mia se sono così deficienti da entrare in una casa dove non ci sono soldi?».

Scoppiano entrambi a ridere. Sono gioiosi, i suoni delle loro voci volano leggiadri nell'aria intorno a loro. Si crea una nuova luce, e Rick si inginocchia verso suo nipote. Sono alla stessa altezza, è uno scontro tra pari. Morty è finalmente felice da chissà quanto tempo — da cinque mesi — e ha bisogno di rendere vero quel momento, di renderlo concreto. Non vuole essere l'unico a rinascere sotto quel nuovo sole, non vuole che la propria pelle sia anestetizzata al nuovo calore — il suo spirito così alienato al concetto di affetto fisico.

Con le braccia e il busto si sporge verso suo nonno, che indietreggia a velocità fulminea. Morty si ritrova deluso dal rifiuto, ma può capirlo. Ci prova, almeno. Non sa che un altro bacio manderebbe in cortocircuito il cervello di Rick.

«Voglio solo abbracciarti», fa, e suo nonno si rilassa. All'inizio Rick è gelido come il ghiaccio, come i suoi occhi, ma lascia che Morty appoggi le sue braccia sulla sua schiena, chini la testa sulla sua spalla, affondi nel suo corpo. È un calore ritrovato e per tanto tempo agognato. «A me piaceva quando dopo le avventure mi curavi quando mi facevo male… era - era come un abbraccio», mormora Morty. La loro relazione forse sarebbe stata molto più facile se si fossero abbracciati più spesso.

«Dici un sacco di stronzate», Rick indugia e annusa i capelli di suo nipote. Un po’ di sudore miste al profumo al pino e al sandalo comprato in qualche negozio fast fashion.*Lo stesso che Morty ha sempre emanato dopo ogni avventura. Bizzarramente, è confortante. «Era strano non sentirle in giro per casa».

Morty sorride, si gusta quel mi manchi implicito. «E ti toccherà curarmi dopo, perché mi hai fatto veramente male», sussurra, ancora accoccolato all’uomo.

Suo nonno trasale, un suono addolorato e così innaturale esce dalle profondità della sua gola. «Non posso prometterti che non accadrà di nuovo in futuro. Io—è per questo che non può funzionare». E mille altre ragioni. Rick è così sincero da far male. Non ha mai detto la verità, non fino in fondo, e la sua nudità non carnale ferisce Morty distruggendo ancora le sue macerie di certezze. Non è abituato a questo tipo di Rick, sobrio e sincero. Fa paura quanto sia vulnerabile, quanto sia umano anche lui.

Casa loro in Michigan non è stata altro che un tempio per la divinità che Rick ha amato fingere di essere, ma senza più fedeli, che senso hanno i culti? Gli dei muoiono insieme alla fede. E Morty ha smesso di averne da un bel pezzo.

«Mi va bene lo stesso», gli fa, il cuore sulle labbra, sincero e buono. «Quando accadrà, io risponderò». Perdonerà.

«Morty…», è un suono asciutto e pregno di preoccupazione. Rick lo sta avvertendo, che è pericoloso, e che sta pian piano perdendo la pazienza.

«Rick, ti prego…», sussurra il moro, e a tradimento gli stampa un bacio sul collo. «Puoi scoparmi e abbandonarmi come fai con le prostitute. Mi hai trattato anche di peggio, e va bene se…», Morty arriva a volere così tanto Rick da dimenticare se stesso. Ha sentito di pazienti così, durante i tirocini indiretti. Talmente innamorate (dipendenti) da non riuscire a mettere al primo posto i propri bisogni e la propria sicurezza. Capisce la realtà ma al contempo ne si sente distaccato, l’eccezione alla regola. Con Rick non succederà nulla di quello che ha studiato. Bugia e verità.

«No, Morty». Rick è determinato su quel punto, e suo nipote non è come una sgualdrina trovata dietro un vicolo, o qualche bordello interplanetario. È molto di più, ha molto di più da dare, da essere. È questo che fa imbestialire Rick: per Morty è necessario essere, e nient'altro serve per riaccendere il suo vecchio cuore consumato dalla ruggine e dalla risoluzione pratica dell'esistenza. «Non potrei mai». In realtà potrebbe, ma non vuole. Rick si ritrova a non sapere quale delle due cose è peggiore da ammettere. Lasciare suo nipote a tarda notte in un disastro di lenzuola sporche, non esiste cosa più facile. Ma se può ricevere l’amore incondizionato di Morty, perché privarsene?

La maggior parte dei suoi migliori ricordi sono con Morty e, per quanto ci abbia provato, niente li sostituisce, né sconfigge quella loro sacra importanza. Può parlarsi fino allo sfinimento di nomi e tessiture tutte uguali, perché esistono miliardi di Morty, ma nessuno è lui — il suo Morty, vaffanculo a Weird Rick. «Ti distruggerò», dice serio, e non ha bisogno di guardare Morty negli occhi per sapere che brillano, per sentire la sua devozione affettata.

«Mi distruggerai», Morty accetta piano, stringendosi di più all'uomo. «Ci distruggeremo. Ti amo, Rick». Una parte dell'accordo che Rick fatica ad accettare. Perché Rick ha giurato a sé stesso di morire d'amore solo una volta in vita sua, ma il cuore è sempre facile da prendere in giro e spolpare.

A proposito… «Grazie», fa Rick, e quasi gode nel sussulto di Morty. «Brutto quando sei tu a riceverlo, eh?», gongola. «Perché?».

Morty toglie la faccia dalla spalla di suo nonno, e prova a guardarlo negli occhi. Erano a quel punto della conversazione. Doveva pur arrivare, ma Morty sperava che Rick decidesse di fare come al solito e nascondere lo sporco sotto il tappeto. Come al solito, Rick è grande fonte di disappunto. «Perché tu fai sempre così». Il moro perde quel suo dolce tono innamorato e diventa più serio.

Il tono di Rick si riempie di sfida: «Che cosa faccio?».

«Non credo esista persona più felice di me nel sapere che mi ami — un piccolo tremolio nella voce, i nervi impazziscono sulla sua pelle e lo rendono un disastro fremente — o mi amavi», la bocca di Morty diventa improvvisamente secca, e ha bisogno di deglutire per proseguire. Dio solo sa dove ha trovato il coraggio per farlo, per fronteggiare Rick. «Ma me l'hai detto quando stavo per partire, per allontanarmi da te.» Rick è impassibile. Lo sta guardando negli occhi, ma sembra distante, perso in qualche pensiero, e deluso - da Morty? Da se stesso?

Morty deglutisce di nuovo, il suo stomaco si chiude, pensa che vomiterà da lì a breve, e cosa gli sta gocciolando dalla fronte? Sudore? «Perché?», chiede, ma nel suo cuore palpitante e impazzito sa già la risposta. Chiede perché vuole una conferma, che Rick sia lo stronzo manipolatore che conosce. La rassicurazione che suo nonno non è veramente cambiato, non l'ha mai tradito. «Conosco già la risposta, ma…».

«Sì», Rick ammette tutto. «Volevo che tu non te ne andassi». Volevo che tu restassi con me. Rick dice sempre le cose a metà. Ma non ho mentito. E niente è cambiato».

«Lo sapevo». Morty è felice, si sente dal suo tono che è sollevato. Forse è da rinchiudere, pensa, ma riconosce in lui una parte che non avrebbe mai amato un Rick sobrio, un Rick sano, sobrio, che sa quando sta ferendo una persona e così decide di smetterla. Riconosce anche che non disprezzerebbe del tutto suo nonno se fosse più capace di esprimere i suoi sentimenti senza paura, senza troppi secondi fini. E forse è proprio il miscuglio di pregi e difetti di Rick a renderlo la droga perfetta, di cui Morty non rinuncerebbe mai, nemmeno per un giorno.

«Baciami almeno per un'ultima volta», Morty pigola, un sussurro nel suo orecchio che è sempre stato un pensiero frequente, indecente.

Rick è a pezzi. «Non posso trattenermi più di così». Sta combattendo contro tutto se stesso, perché farà ancora del male a Morty e non può permetterselo. Tiene il suo viso tra le mani, però. Le guance sono ancora morbide, immagina che pure le labbra siano così vellutate e dolci. Schiude le proprie, e non riesce a fermarsi. Vuole Morty. Se lo prenderà. Niente e nessuno potrà fermarlo.

Non che Morty abbia intenzione di porgli qualche limite. «Non farlo», sussurra, sentendo l’odore di Rick sempre più vicino. Grasso di automobile, menta, dopobarba al pino.

Finalmente le loro labbra si toccano.



E la luce si riaccende.





Finito il blackout, Rick si decide a prendere in braccio Morty e lo riporta nella sua stanza. Ora deve prendersi cura del suo ginocchio. Quel maldestro di suo nipote è riuscito a sbucciarselo ed è mancato poco che si sia preso una storta da qualche parte.

Morty guarda Rick, gioioso e pieno di gratitudine, come se non fosse stato lui a spingerlo via e a farlo cadere. Il moro pensa sia tutto un riflesso delle sue azioni sconsiderate.

«Ho il kit del pronto soccorso nel cassetto più basso dell'armadio», dice Morty appena suo nonno lo fa sdraiare sul letto.

Rick trattiene uno sbuffo divertito, trovandolo bizzarro. Suo nipote è tutto bizzarro. Si avvicina alla gamba ferita e ne valuta la lesione. Non è niente di profondo. Tira fuori dal suo camice quello che agli occhi Morty appare una crema corpo, ma dalle scritte che non comprende, e inarca le sopracciglia arruffate.

Rick pare leggerlo nel pensiero quando spiega: «L'ho presa nel pianeta Galactis nella stessa dimensione dei ragni giganti e del film di Ball Fondlers. S-sono dei grandi, hanno tutte le fortune del cazzo. Ti basta un po' di questa ragazzaccia e, tiki taki, passa ogni dolore, fidati di me!».

La crema è come un sostanzioso gel e, dopo che Rick ha ripulito un po' del sangue che era uscito, ne viene spalmata in leggera quantità. È fredda al contatto e Morty sussulta, ma è grato che non bruci come l'alcool etilico. Ha un effetto anche rilassante, come I farmaci alla cannabis sativa.

«S-sto da Dio, come un riccio appena nato! Grazie, Rick!». Il moro sospira sollevato, sentendo la sua gamba come nuova.

Rick si siede sul letto con Morty, e lo guarda, come se dovesse trovare le parole giuste. Forse è “mi dispiace” ciò che sta cercando? Ma Morty non lo vuole sentire, perché non è colpa di Rick — perché dovrebbe fare i conti con la realtà dei fatti e ricordare a sé stesso che sì, è proprio colpa di Rick.

Porta invece una mano a stringere quella dell'uomo. È molto più grande della propria, molto più dura (Morty ricorda bene quanto un ceffone o un pugno facciano male) e fredda. Forse è un impianto cyborg, sicuramente lo è, e Morty si chiede quanto di umano sia rimasto in suo nonno. È vero quel cuore che batte? È sincero quel cervello che invia impulsi al suo sistema parasimpatico appena vede suo nipote?

Troppi dubbi, troppe domande, troppi spazi vuoti da colmare.

«Non mi hai chiamato». Morty ha ancora qualche sassolino nella scarpa. È risentito, ma stringe ancora la mano di suo nonno. «Per cinque mesi, non ti sei fatto sentire». Lo avevi promesso. Rick e Morty per sempre insieme.

«Potrei dirti lo stesso». Rick risponde, piccato. Neanche lui lascia andare la mano di suo nipote.

«Avevo paura». Morty pigola, e abbassa lo sguardo. Forse non è risentito solo verso suo nonno. Avrebbe dovuto avere più coraggio, perché un cuore spezzato non uccide, e quello di essere il più vulnerabile sentimentalmente è il suo ruolo.

Rick tace per un po' prima di rispondere: «Anche io». Toglie la sua mano da quella di Morty, indugiando in una piccola carezza sul dorso con il pollice. Appena fa per alzarsi, suo nipote lo strattona per il camice. Richiama la sua attenzione e appena Rick si volta a guardarlo, nota nel suo sguardo una richiesta di restare, e a fare anche qualcosa di più.

Ha bisogno di recuperare ciò che sarebbe dovuto succedere in quei cinque mesi. Entrambi ne hanno bisogno.

Rick non è dolce e nemmeno amorevole, ma Morty non gli ha mai chiesto di esserlo. Non in quel momento. Rick si rifarà pagare più tardi, quando Morty protesterà per qualche bacio sulla fronte o sulla guancia, per qualche abbraccio in più. E suo nonno sbufferà, perché lui sbuffa sempre davanti ai sentimenti, scocciato e strafottente dell'ingordigia di Morty. Come se non fosse bastato il sesso, come se non si fossero sentite le parole. Come se non fosse abbastanza accarezzare quei cespugliosi ricci scuri appena quelle giovani palpebre calano; amare Morty nel suo insieme, nella segretezza di un cuore subdolo e sofferente.

«Sei una piccola canaglia, lo sai?», Rick fa mentre con le labbra traccia una scia che va dalla bocca di Morty al collo per poi ritornare al viso. Il moro ha le unghie conficcate come artigli sulla schiena nuda di Rick, suda in ogni parte del suo corpo, il pene eretto e bagnato. La sua felpa e il maglione di Rick sono stati lanciati da qualche parte sul pavimento, mentre i pantaloni di entrambi sono abbassati fino alle loro caviglie. Morty stringe le dita dei piedi mentre le spinte di Rick dentro di lui si fanno più frequenti. Inviano una sensazione elettrica lungo la sua spina dorsale e Morty non crede esista qualcosa di più paradisiaco.

Il riccioluto sorride. «Ma sono la tua piccola canaglia, no?». Geme un suono umido appena Rick con una mano gli stimola il capezzolo e con la lingua gli solletica il lobo.

L’uomo respira caldo vicino al suo orecchio. Morty pensa che potrà venire da un momento all’altro - è tutto troppo per lui. «Abbiamo imparato a fare gli sfacciati qui, eh?». Rick gli afferra i capelli e si lascia andare a un sussurro ancora più sfacciato. «Mio. Sei solo mio».

Il moro ridacchia, in estasi. «Ho imparato dal migliore». E Rick risponde iniziando a baciargli la parte del corpo che gli fa più solletico.

Morty non sa se si pentirà del sesso. Forse ripenserà a sua madre, la donna che gli ha dato la vita, la figlia dell'uomo che ora lo tiene tra le braccia, e vomiterà, facendosi schifo da solo. Chissà come potrebbe reagire. Cena di Natale, tutti insieme, Space Beth e conquista annuale di Summer inclusi.

Sua madre uscirà fuori di testa, perché Rick e Morty hanno davvero superato il limite questa volta. Oppure, peggio ancora, si scrollerà le spalle come fosse cosa da poco. Magari ripenserà agli strani rumori che ha sentito e dirà «Ah, e io che pensavo fossero tornati i procioni in amore in soffitta».

Quando finiscono, Rick è il primo a pulirsi, rivestirsi e ad uscire dalla stanza. Morty non trova il tempo per esserne ferito perché finalmente riesce a respirare. Emette un suono affannoso e continuo. Gli sembra di essere stato in apnea per tutto il tempo, imprigionato in chissà quale sogno ad occhi aperti. In cuor suo non riesce a credere che tutto sia accaduto per davvero. Rick che lo ama ancora e che lo fa suo, solo nel modo in cui è capace di fare. Paonazzo in viso e sconvolto, Morty cerca di asciugare quel che può del suo sudore. Andrà a reclamare i bacini sulla guancia che non ha ancora ricevuto, ma non è il tempo. È stanco e vuole riposare.

Morty si rende conto di essersi appisolato solo quando un rumore metallico lo sveglia di punto in bianco. Rick ha appoggiato sul comodino una borraccia piena d'acqua. «Bevi», gli fa, «Hai sudato più tu che i pazzoidi in giacca e cravatta che si fanno New York sui mezzi tutti i cazzo di giorni». Gli lancia addosso anche un asciugamano, per ripulire tutto quel pasticcio appiccicoso nelle sue aree genitali.

Morty gli sorride grato, arrossendo alla peculiare dolcezza di suo nonno. Sa che non deve abituarcisi troppo, ma ama sentirsi così speciale almeno per qualcuno che non riesce a fare a meno di crogiolarsi in quelle cure. Come se Rick gli avesse fatto mille carezze e dato altrettanti baci.

Dopo essersi ripulito, prende un sorso d’acqua e chiede a suo nonno: «Ho sonno. Vuoi dormire con me?».

Rick sembra ponderare l’idea ed esordisce con: «È troppo presto». Da quando in qua lui ha mai dormito?

Suo nipote non è pronto a dirgli addio, o arrivederci, quindi cerca un punto d’incontro. «Che ne dici di restare finché non mi addormento?». Gesticola sul letto per fargli segno che c’è posto anche per lui.

Rick scuote il capo, ma la sua espressione facciale sembra tutto tranne che contrariata. «Cominci ad essere già più appiccicoso di quella turylliana che mi scopai qualche anno fa mentre aveva le mestruazioni», osserva, e gongola all’espressione accigliata che assume Morty. Adorerà rendere geloso suo nipote, ma come dire addio a quel faccino? «Fammi spazio!». Rick spintona via Morty senza troppe cerimonie mentre si sdraia sul letto. Suo nipote si accoccola vicino a lui, e appoggia la testa sul suo petto.

Morty si fa spazio oltre Rick e va a spegnere il lume a forma di elefante sul suo comodino. Il buio cala di nuovo su di loro. Il moro crede però che ci debba essere meno tensione di prima, quando l’oscurità era coatta, ma dentro di sé brulica un formicolio. Si sta agitando e non sa nemmeno perché: forse non riesce ancora a credere che tutto ciò non sia un sogno, che qualcuno lo ami, lo ami davvero. Forse perché parecchie domande non hanno ancora risposta.

Si sposta per riaccendere il lume. «Quali erano le coordinate che stavi cercando?».

Rick sospira e schiocca la lingua prima di rispondere, come se farlo gli costasse troppo. «Dimensione 35-C», dice, e Morty aggrotta le sopracciglia perché non capisce tutta questa riluttanza nel rispondere. Notando la confusione del nipote, Rick continua: «Ci siamo stati».

«N-non me lo ricordo».

«Il pianeta dei Mega-semi».

Morty sembra aver avuto un’epifania. «Oh», fa, e si sente uno stupido. «Perché proprio quello? Ti serviva qualcosa?».

Questa risposta sembra costare ancor di più a Rick, che a fatica dice: «No». Non aggiunge altro, ma l’imminente realizzazione gli riscalda il cuore e addolcisce il pensiero, quando assapora il vago senso di nostalgia. Non può dire che pure lui ne è stato privo.

«Mi sei mancato», ammette Morty, di nuovo, e ad accoglierlo è solo il respiro di suo nonno, misto al battito cardiaco. Nessuna parola ad attenderlo. Aspetta un po’, finché con tono teso non dice: «Rick?».

Suo nonno si ritrova a borbottare: «Non volevi dormire?».

«Rick!».

«Vaffanculo!», Rick si altera come se fosse lui quello che vuole dormire e che viene disturbato, «Mi sei mancato anche tu, non te lo ripeterò una seconda volta. Ora dormi.»

Il lume viene spento. Poi riacceso. «È così che andrà, da ora in poi? Ti devo sempre strappare le parole di bocca?».

«Per l'amor del cielo, Morty!», Rick si sta esaurendo. «Si prende quel che passa il convento, piccolo».

Morty non è soddisfatto. «Puoi migliorare».

«Non è una tua responsabilità, crocerossina».

Il dubbio passa nella mente del moro: «Ho fatto la scelta sbagliata?».

«Quella di starmi lontano? Sbagliatissima, Morty».

«Sul serio!», Morty scoppia a ridere, ma il buio ha un suo difetto: gli sembra di star parlando con un essere incorporeo, per questo si allunga verso il suo viso alla ricerca di un bacio, nel tentativo di sentirlo davvero, pelle contro pelle. «Cinque mesi…», sussurra poi, e non riesce a completare il pensiero, perché sopraffatto da tutto ciò che ne consegue. Non riesce a credere sia passato così tanto tempo.

«Cinque mesi», ripete Rick, e non c'è bisogno di altro per comprendersi.

Come hanno fatto a star lontani per così tanto tempo? Cos'è stata quell'eresia?

Morty spegne il lume. «Verrai a trovarmi domani?», lascia che la domanda cada nel buio della notte, perché è ancora terrorizzato che la risposta possa essere un “no” secco, o peggio qualche bugia, quindi meno suo nonno lo sente, meglio è.

Ovviamente niente va come i piani. Rick annuisce, il mento appoggiato sulla sua testa. «Casa è diventata un incubo. Tua madre, la sua versione Battlerstar Galactica e quel citrullo di tuo padre continuano a…»

Morty si agita, disgustato. «Ho capito! Ho capito! Non ho bisogno di sapere dettagli che non mi faranno dormire mai più!». Si stropiccia gli occhi come a voler allontanare quell'immagine dalla sua mente.

Un sorriso spontaneo solca le labbra di Rick mentre fa «Pensa com’è viverci».

«S-sai cosa? Potremmo fare sesso mentre loro pranzano, o-o qualcosa del genere. Sarebbe una bella vendetta», Morty è illuminato dalla sua idea, gustandosi quanto sarebbe esilarante quello scherzo, ma si ritrova a fare i conti con le implicazioni delle sue parole, e diventa particolarmente insicuro. «Se-se ovviamente tu vuoi … magari noi-».

Rick interrompe suo nipote con un bacio sulle labbra. «Succederà ancora. E sarà esclusiva».

Morty non riesce a crederci. «V-vuoi dire c-che…».

«Ah-ah, sì. Ora dormi». Questo è il massimo che Morty riceverà per quella sera, e gli va bene così. Gli andrà sempre bene così, finché potrà avere Rick al suo fianco. Si accoccola all'uomo e gli stampa un bacio sul mento, prima di rannicchiarsi sul suo petto.

Niente nella sua vita gli sembrerà mai così disastrosa e perfetta allo stesso tempo.




NdA



*Il profumo di Morty esiste. L’ho beccato all’OVS ma non ricordo il nome. Lol.


Buongiorno\Buonasera a tutte le mie care primule!! Come state? Spero bene!

Lo so, ci ho messo tanto ad aggiornare, ma la vita da universitaria fuori sede è davvero molto impegnativa + vari svaghi a parte, perché dai, ci vogliono anche quelli u.u. Settimane faticose, ma davvero stupende.

Alla fine anche questa mini-long è arrivata alla sua conclusione. Ben diciotto pagine di capitolo finale, spero ne valgano la pena, davvero. Che ne dite?

I nostri sci-fi husbands hanno avuto il loro happy ending, ma sarà davvero così? Chissà. Per adesso sto seguendo la sesta stagione e, a parte che tutti questi incest jokes stanno capitando con tutti i personaggi della serie tranne QUEI DUE, sto amando questa versione di Rick più soft. Adoro e odio al tempo stesso la sua tossicità, ma finché mi tratta bene Morty, allora ok u.u

Piccola nota per chi seguiva LTSI: mi sa che non arriverà presto una sua conclusione. Ma non voglio lasciarvi a secco, perciò sto già lavorando a una nuova ff su quei due. Spoiler: Hogwarts. Non dirò nient’altro.

Ovviamente per questa mini-long ho creato pure qui una playlist (che fai? Te ne privi? No che non te ne privi) ed eccola qui!

Statemi bene. A presto!




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