Rebellious Fate

di MIV93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Back to Sindria ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Feast of despair ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - The crew reunites ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Apparent seduction ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Broken heart ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Believe in me ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Can't Fear Your Own World ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Our choices ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - On the wings of the wind ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - The road to destiny ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - The power of nature ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Attenzione: I personaggi che appartengono al manga Magi: The Labyrinth of Magic non mi appartengono, così non mi appartengono le foto che ho usato a puro scopo illustrativo. I personaggi OC sono gli unici che appartengono a me.
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Prologo

 

L'aria era carica di umidità e tutto intorno a loro era un miscuglio tra acqua, roccia e un pungente odore salmastro. Le mura interne di quell'enorme edificio srotolato verso il basso sembravano interminabili e orientarsi in quel posto stava diventando sempre più difficile. Nonostante le pietre del dungeon fossero grigie, più si spingevano verso il fondo dell'edificio e più assumevano uno strano color mare, facendo assomigliare la loro discesa in un vero e proprio abisso profondo.

Un colpo di lancia andò a trapassare una manta gigante dalle sembianze mostruose, ella fluttuava nell'aria come se stesse nuotando nell'acqua:" Oi, Sin, sei proprio certo che la stanza del Dijin sia infondo?" grugnì Proteus, incurvando leggermente la bocca di lato.

"Questo dungeon è certamente diverso da quello che ho sfidato un anno fa ma, non preoccuparti, questa è la strada giusta" ribatté Sinbad, sguainando poi la sua spada e invocando il potere dell'elettricità di Baal.

I due giovani, non che amici di infanzia, si erano trovati circa un'ora prima su un isolotto completamente privo di vita. I due, presi da una inaspettata curiosità, avevano deciso di addentrarsi in una piccola, e unica, macchia di vegetazione presente sull'isola, scoprendo, proprio al centro di essa, una struttura alta circa tre metri che costituiva l'ingresso per qualcosa che stava al di sotto dell'intera isola. Infatti, quell'ingresso era niente di meno di un dungeon. Ma, a differenza delle mastodontiche torri che si dilungavano verso il cielo, quella torre si allungava verso le profondità marine: l'entrata era situata quindi in cima alla torre e la stanza del Djinn verso le profondità del mare.

Era un dungeon particolare, forse praticamente impossibile da vedere proprio perché dentro al mare, ma lo spirito di avventura dei due sedicenni Sinbad e Proteus li aveva attirati come due calamite. Dovevano conquistare quel dungeon e lo avrebbero fatto a qualsiasi costo.

Due temerari o semplicemente due stolti?

Una voce rimbombò, nuovamente, nella stanza.
Quella strana voce era apparsa proprio nel momento in cui avevano messo piede in quel dungeon. Li aveva provocati, derisi, si era preso gioco di loro. Ma Sinbad e Proteus avevano continuato la loro discesa affrontando numerosi nemici e schivando una moltitudine di stalattiti di acqua diventate così dure da ferire la pelle.

"Dannazione, questa maledetta voce non vuole stare zitta" sbottò Proteus roteando gli occhi al cielo, evidentemente scocciato dalle continue derisioni da parte del Djinn.

"Più ti arrabbi e più farai il suo gioco," lo ammonì Sinbad, "non dovrebbe mancare molto alla fine."

Proteus era sempre stato quello più irruento e a tratti quasi prepotente, ma Sinbad era sempre riuscito a condurlo sulla retta via grazie al suo carisma e spiccato senso di coinvolgimento. Erano amici da tanto tempo, avevano passato quasi una vita insieme e il loro spirito intraprendente li aveva portati lontano dalla loro terra natia.

 

[...]

 

Proteus incastonò la pietra ottenuta dal mostro guardiano della porta, poi la aprì e vi entrò con passo deciso. Ciò che apparì oltre la porta lasciò letteralmente a bocca aperta il ragazzo: un'enorme stanza circolare fatta di scogli e muschio si diramava lungo il perimetro, fiumi e cascate di acqua salmastra cadevano dal soffitto seguendo la geometria delle rocce; al centro della stanza vi era un albero con due grosse braccia legnose laterali che si univano in alto a formare una piccola nicchia, quasi simile ad un rifugio, mentre intorno ad esso c'era una enorme piscina marina color smeraldo.

"Ora che siamo qui, Sin, dovremo affrontarci per ottenere il Djinn?" chiese Proteus serrando leggermente la mascella e stringendo con la mano la sua spada.

L'acqua del piccolo lago sottomarino iniziò ad incresparsi sempre di più, finché al centro di esso non si venne a formare un vero e proprio vortice: proprio al centro di quel turbinio di acqua cristallino sbucò la figura di quello che era il Djinn di quel dungeon. L'essere mostruoso emerse dall'acqua e finalmente i due giovani poterono vedere la sua figura: la pelle del Djinn era azzurra, lungo il corpo snello e longilineo vi erano delle tigrature blu, le spalle si diramavano in lunghi tentacoli bicolore che fluttuavano nel cielo, sulla fronte vi erano due corna ripiegate all'insù e, intorno ad esse, una folta chioma castana gli ricopriva la nuca.

"Affrontarvi?" chiese il Djinn con una punta di irritazione, "chi ha detto che è questo che dovete fare?" chiese lui, assottigliando lo sguardo con fare ostile.

"Non era nostra intenzione mancare di rispetto," si fece furbo Sin, "sappiamo entrambe che è il Djinn a scegliere il suo padrone" si affrettò a dire Sinbad con voce ferma e decisa.

"Sulla base della simpatia?" sbottò a dire Proteus, rinfoderando la sua spada e incrociando le braccia spazientito.

L'acqua intorno alle caviglie di Proteus presero vita e si attorcigliarono intorno alle sue gambe come due serpenti fino ad arrivare alla vita, poi la forza incatenante dell'acqua lo sollevarono da terra e lo portarono a pochi metri dal centro della stanza, punto in cui vi era il Djinn.

Il Djinn scioccò la lingua, poi disse: "Sei molto insolente per essere un essere umano."

"Non sono venuto qui a fare troppi giri di parole," il volto di Proteus si rabbuiò per qualche secondo, perdendo per un istante il suo ghigno arrogante, "ho affrontato questo dungeon per diventare più forte."

L'arroganza di quel ragazzo aveva infastidito e, allo stesso tempo, incuriosito il genio. Era giovane, arrogante, sprezzante del pericolo e non aveva paura di affrontare il suo migliore pur di ottenere il suo potere geniesco. "Vuoi diventare più forte, eh?"

"Dannazione sì" ribadì Proteus affamato di potere.

"Sono rimasto indeciso fino all'ultimo, ma alla fine ho deciso" l'acqua intorno a Proteus si dissolse improvvisamente e, mentre precipitava verso la distesa d'acqua, sentì scandire dal genio il suo nome..Malphas, Dijinn 39° del "mistero" e delle "illusioni". Una luce intensa si espanse dal genio fino a farlo scomparire e imprigionare dentro ad un sigillo nella spada di Proteus.

La risata spavalda di Sinbad raggiunse un fradicio e incazzato nero Proteus, quest'ultimo intento a nuotare a riva dal suo amico.

"E così ha scelto te" gli disse l'amico dai capelli violi, abbozzando un sorriso divertito.

Sinbad era stupito della scelta del Djinn, dato che il pirata era fiducioso e convinto delle sue capacità, ma, forse per la prima volta nella loro vita, capì che era arrivato il momento di dividersi. Erano cresciuti insieme, avevano affrontato molte avventure e ora Proteus aveva ottenuto il suo artefatto geniesco. Erano amici, ma era destino che le loro strade prima poi si sarebbero divise.

Proteus estrasse la spada, il sigillo luminoso prese a risplendere: "E così..le nostre strade si dividono" disse il ragazzo passando una mano lungo la lama e assaporando il nuovo potere mistico che proveniva da essa.

"Quando ci rivedremo, vedremo chi dei due è diventato il più forte" Sinbad porse un pugno verso l'amico e Proteus, senza farso ripetere due volte, colpì il pugno con uno dei suoi.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Back to Sindria ***


Back to Sindria


targhetta
 
Intanto a Sindria..

Il sole splendeva alto nel cielo e i venti Alisei soffiavano da nord-ovest gonfiando le vele della Alsephina*, un maestoso veliero a tre alberi color mogano e dalle vele bianche come le nuvole. La navigazione verso Sindria era stata semplice e i venti avevano aiutato la nave a navigare velocemente e instancabilmente. Il veliero aveva navigato per diverse notti lungo la rotta commerciale tra Parthevia e Sindria, incrociando di tanto in tanto navi mercantili o piccoli pescherecci in cerca di pesche fortunate.

Mentre la nave percorreva i suoi ultimi nodi, i quattro giovani pirati si godevano la brezza marina che soffiava salmastra e calda sulla loro pelle. Proteus, non che capitano della Alsephina, era appoggiato sulla ringhiera legnosa a prua con lo sguardo fisso sulle vele che si muovevano spinte dai venti, quasi come se fosse ipnotizzato da quel movimento ritmico e incessante.

“L’ultima volta che sono venuto a Sindria avevo diciotto anni” il timbro della voce calda di Proteus si perse portata via dal forte vento. SI scostò una lunga ciocca di capelli ebano del viso, poi chiuse gli occhi dorati e lasciò che i tiepidi raggi del sole scaldassero la sua pelle ambrata.

Zenko si grattò rozzamente un orecchio peloso, poi appoggiò il suo corpo muscoloso e dall’aspetto lupesco lungo la ringhiera, aguzzando lo sguardo verso l’ormai visibile ingresso per Sindria. “Quindi è vero che te e quel tizio – si schiarì un po’ la voce – Sinbad dei sette mari?..siete grandi amici?”

“Ci siamo incontrati in un piccolo villaggio malmesso e povero a Parthevia – Proteus abbozzò un sorriso divertito – ne abbiamo passate tante insieme, ma un giorno abbiamo deciso di percorrere strade diverse…”

Lo sguardo del capitano e di Zenko si spostarono al terzo uomo, quest’ultimo intento a litigare con il voluminoso turbante che gli nascondeva completamente i capelli e che improvvisamente aveva deciso di slegarsi dalla sua testa e svolazzare sballottato dal vento. “Oh no – borbottò l’uomo nerboruto muovendo goffamente e freneticamente le mani per rimettere a posto il suo turbante – quello che volevo dire, perché proprio ora siamo tornati a Sindria?” finì di dire lui, dall’alto del suo un metro e novanta di muscoli e lunghi abiti color panna che gli ricoprivano tutto il corpo.

“Sono da tanti anni in viaggio, vorrei vedere come è diventata Sindria e, perché no, farvela conosce anche a voi - confidò Proteus – inoltre, gli ultimi avvenimenti nel mondo e l’arrivo di Yunan mi hanno lasciato un po’ perplesso, ho bisogno di ritrovarmi con Sinbad per discuterne”

“Conoscerò il famoso Fanalis di Sinbad?” esultò Lara, in piedi sul parapetto di legno, con le braccia aperte verso la distesa di mare e piedi che si alternavano ad ogni passo per camminare in equilibrio. “Ne avevo sentito parlare tempo fa a Reim, ma mai immaginavo che ci saremmo visti così presto” sussurrò Lara, i lunghi capelli rossicci scompigliati dal vento e il piercing sul mento che scintillava alla luce del sole.

“Almeno la finirai di menare me durante gli allentamenti” piagnucolò Senza Nome, guardando preoccupato Lara e allungando ogni due per tre le mani per la paura che la fanalis volasse in mare.

Lara scese con un balzo felino, poi si avvicinò a Senza Nome e gli diede una leggera spallata “Eddai, non fare così – gli sorrise cristallina – e poi se non mi alleno con te mi rimangono solo quelle schiappe di Zenko e Proteus.”

“AHAHAH i suoi calci hanno temprato il tuo corpo - sbottò Zenko erompendo in una risata grossolana e a tratti mostruosa - “AH? ASPETTA, cosa hei detto?” il licantropo ritornò serio per qualche istante, fulminando con lo sguardo la sua compagna di avventure.

Proteus esplose in una risata divertita, poi andò al timone e condusse la sua nave verso Sindria.

Finalmente l’enorme isola di Sindria apparve in tutta la sua grandezza: ad accogliere la loro nave fu un enorme ingresso scavato nella pietra che collegava il mare con il porto dell’isola, tutto intorno ad essa vi era il mare diviso da enormi mura rocciose che proteggevano la città.     
       
Assieme alla Alsephina, altre due navi mercantili entrarono nel porto, nel mentre, una grossa folla di commercianti e cittadini, si riunirono sulla banchina per aspettare l’arrivo delle rispettive merci.

“Hei, voi” una voce sorpresa e dal tono calmò attirò l’attenzione del trio, ormai sbarcato sulla banchina di Sindria.
L’uomo in questione, un mastodontico Imuchakk di più di due metri e dalla coda di cavallo azzurra, si diresse verso di loro alzando un braccio per farsi riconoscere in mezzo a tutta quella gente. “Ma tu sei…”

“Hinahoho! – urlò cristallino Poteus, allungando poi un braccio per salutare una sua vecchia conoscenza – sei invecchiato un sacco” lo punzecchiò il pirata.

“Non mi vedi da anni e questa è l’unica cosa che sai dirmi? – piagnucolò l’uomo fingendo un certo dispiacere – oh ma tu sei..un Imuchakk?” chiese poi Hinahoho, spostando lo sguardo dietro le spalle di Proteus e notando l’enorme uomo vestito di bianco e con il turbante in testa.

Senza Nome, per tutta risposta, abbassò lo sguardo sconfortato, prima di trovarsi sballottato dal suo amico di spalla Zenko:” Le presentazioni lasciamole a quando ci sarà tempo – abbozzò un sorriso che vagamente ricordava la mimica di un ringhio animale – ho fame, sono giorni che mangiamo porcate sulla nave” si intromise di prepotenza il mezzo lupo, strappando un sorriso divertito a Hinahoho.

“Prima di sguinzagliarvi per Sindria, penso che sia il caso di presentarvi a Sinbad e agli altri generali, eh?” lo rimproverò amichevolmente Proteus, appoggiando una mano sulla nuca pelosa di Zenko e destando in quest’ultimo un ringhio gutturale di disapprovazione.

Gli occhi di Lara scintillarono per un attimo. Aveva passato tutto il tempo in silenzio accanto a Zenko, ma il suo sguardo si era già posato su tutto quello che poteva osservare con i suoi occhi.

La città di Sindria era un’enorme isola caleidoscopica, dove si alternavano grosse distese verdi di piantagioni frutticole, mercati con i cibi e i colori più disparati circondate da rocce chiare e una distesa infinita di mare. Era un’isola rigogliosa, piena di vita, il cibo abbondava e il commercio era fiorente. Le lunghe strade della città erano fiancheggiate da negozi e case, quest’ultime dalle forme squadrate e senza tetto poiché un futuro, se si fossero trasferite altre persone, avrebbero potuto costruire la loro casa proprio sopra di esse. Il centro cittadino si estendeva in linea retta dal porto fino al palazzo reale ed era aperto mattina e sera, intorno e in mezzo alle numerose abitazioni c’erano svariati quartieri con strutture alberghiere di lusso, locali di intrattenimento, bar, teatri e persino un’arena.    

Sindria sembrava un vero e proprio paradiso, così festoso e rilassante da sembrare un posto letteralmente su un altro pianeta, specialmente se considerati gli ultimi avvenimenti bellicosi che si stavano svolgendo nel continente principale.

“Festa del raccolto “Mahrajan”? Il vostro Re ha trasformato una mattanza di creature marine in una performance divertente” sbottò Zenko tirando una spallata al suo amico Senza Nome e facendolo inevitabilmente rotolare giù dalle infinite scale che conducevano al palazzo di Sinbad.

Lara scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: “Perché devi essere sempre così manesco?”

“Z…Zenko…” piagnucolò Senza Nome rimettendosi in piedi, paonazzo in viso per aver fatto quella figuraccia.

“Serve per calmare le paure della gente e per attirare i turisti” rispose abbozzando un sorriso Hinahoho.

“Questa è la città dei Balocchi, ci sfonderemo come disgraziati” ringhiò il lupo scoppiando in un ululato di felicità e attirando sguardi incuriositi e stupiti allo stesso tempo.

“Non preoccuparti Hinahoho, anche se non ci divertiamo da tanto tempo, ti assicuro che non combineremo nulla” lo rassicurò Proteus, anche se alle loro spalle vi era Zenko intento ad urlare ai quattro venti a Senza Nome di tutto quello che avrebbero fatto per svagarsi dopo tanto tempo di restrizioni.

La struttura reale era pressoché mastodontica e si ergeva nel punto più in alto dell’isola esattamente a ridosso della scogliera di protezione posta a Nord. Numerose erano le arcate a volta delle finestre, lungo i lati vi erano tetti spioventi azzurri che circondavano l’intero complesso reale, mentre al centro di esso si arroccava una struttura enorme e dai tetti a cupola di diverse dimensioni. Le nuvole basse dietro al palazzo tipiche dell’oceano facevano assomigliare l’ammasso di mura bianche come sospese nel cielo, dando un senso ancora più forte di potenza e maestosità.

Ad attenderli poco prima dell’ingresso principale vi erano Sinbad assieme a Ja’far, anch’egli vecchia conoscenza di Proteus.

“Proteus, che bello rivederti qui dopo così tanto tempo” l’uomo dai capelli viola si diresse verso il suo amico di vecchia data e lo salutò porgendo un pugno verso di lui; quest’ultimo rispose al saluto facendo lo stesso.

“Sindria è ancora più bella di come la ricordavo – portò il suo braccio lungo le spalle di Sinbad e il suo amico fece lo stesso – hei Ja’far, non mi saluti?” lo infastidì il moro.
“Hei, Proteus” si limitò a rispondere l’albino, sospirando in un misto di velata felicità e rancore.

“Ce l’ha ancora con me, vero?” chiese Proteus inclinando leggermente la testa di lato fingendo stupore.

“È fatto così – scosse le spalle – non è cambiato sai? Non sa ancora divertirsi…” lo canzonò il Re di Sindria.

“Ah? Proteus che storia è questa? Non ce l’hai raccontata a noi” si intromise Zenko, seguito dal loro compagno che strabuzzava gli occhi per l’imbarazzo e che scuoteva la testa continuando a dire “a me non interessa”.

“Il piccolo Ja’far ce l’ha con me perché l’ho trascinato dentro ad un locale divertente per farlo crescere un po’…” iniziò a raccontare Proteus giulivo, seguito poi dal suo amico Sinbad: “peccato che poi si è dimenticato di lui dentro al locale, lasciandolo in balia di una dozzina di bellissime fanciulle che volevano solo divertirsi con lui” proseguì Sinbad fingendosi terribilmente dispiaciuto.

“GUARDATE CHE IO SONO QUI” sbottò Ja’far diventando improvvisamente paonazzo in volto.

“Suvvia, Ja’far, poteva andarti peggio, non ho fatto apposta a dimenticarmi di te, ero solo tremendamente ubriaco” lo burlò Proteus, poi si scambiò uno sguardo divertito con Sinbad e infine i due scoppiarono a ridere ricordando i vecchi tempi.

“Proteus vedo che sei sempre stato un dongiovanni – constatò Lara portandosi una mano sul viso con disapprovazione – peccato che poi non ti fila nessuna” concluse con un sorriso furbetto e divertito sul volto.

E mentre Proteus si deprimeva accovacciato per terra disegnando cerchi sul pavimento con un dito, Sinbad si avvicinò a Lara, si chinò verso di lei e le prese una mano tra le sue:” chi ho il piacere di conoscere, mia signora?” domandò Sinbad guardando Lara con occhi languidi e luminosi.

Lara piegò la testa di lato, poi assottigliò lo sguardo e strinse la mano di Sinbad come solo una donna Fanalis poteva fare:” Lara – sibilò lei – signorina Lara” concluse poi lasciando la presa.

Ja’far sospirò e alzò gli occhi al cielo, mentre Sinbad si guardò perplesso e dolorante la mano diventata incredibilmente rossa dopo la stretta di Lara: “O..ok” sussurrò prendendosi un sonoro due di picche dalla Fanalis.

Hinahoho alzò gli occhi al cielo:” Come ai vecchi tempi” sospirò tra il malinconico e il divertito.
 
 
[…]

 
 
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Sull’isola di Tenoran

La luce filtrava dalle finestre oblunghe posizionate su una parete circolare che si univa in cima a formare una specie di cupola da cui era visibile il cielo grazie ad un foro. Al centro della stanza vi erano sette colonne fatte di mattoni rossi e bianchi che circondavano una piscina scavate nella pietra, al centro di essa vi era una statua di un umanoide che indossava una vistosa e imponente maschera a forma di drago, la cui criniera fatta di piume ricadeva lungo la schiena. Lungo il perimetro della stanza, poste per terra sotto le finestre, vi erano piante di ogni tipo, alcune coltivate nella terra e altre immerse nell’acqua.

Una giovane e alta donna, con in mano un lungo bastone color mogano, guardava fuori dalle oblunghe finestre con uno sguardo malinconico e allo stesso tempo severo: “Mia sorella minore è stata dunque rapita da questa organizzazione ed è morta durante la battaglia” ripeté la donna massaggiandosi una tempia con un certo nervosismo.

Eris si sistemò una lunga ciocca albina dietro l’orecchio, poi punto i suoi occhi cremisi sulla regina, annuendo per l’ennesima volta a Neli: “L’abbiamo incontrata io e Yunan qualche mese fa che vagava da sola, l’abbiamo portata con noi nel nostro viaggio ma poi chi l’aveva catturata l’ha trovata e – esitò per qualche secondo – lo scontro è stato più violento del previsto, ho cercato in tutti i modi di salvarla…” strinse talmente forte i pugni da lasciare il segno delle unghie nella carne.

“Eris, lo so che avete fatto il possibile, stai tranquilla - la rassicurò la regina sospirando – non penso che tu ti sia fatta un viaggio così lungo e difficile se non ti fosse importato nulla” concluse abbozzando un piccolo sorriso stanco.

“Non ho idea del perché l’abbiano catturata e, ad essere sincera, non conosco nemmeno così bene quell’organizzazione, ma il magi che era in viaggio con me ha detto che è molto pericolosa e che ultimamente è molto attiva”

“Il nostro popolo è stato isolato per molti anni, molte delle innovazioni magiche e del commercio che c’è nel continente principale non ci riguardano da tempo..” disse la regina Neli, provando in qualche modo a distogliere l’attenzione di Eris sul perché avessero preso di mira sua sorella.

Neli sospirò nuovamente, si girò verso Eris e disse: “Ti ringrazio ancora per il tuo viaggio, le porte del mio popolo saranno sempre aperte per te.”

Eris si inchinò brevemente, poi uscì dalla stanza e si diresse nella sua stanza privata. Entrò in camera e poi uscì sul piccolo balcone che dava su tutta la capitale di Tenoran.

Tenoran** era la capitale di un arcipelago di tre grosse isole, le quali erano state rinominate “isole di Tenoran”. Nonostante Eris non avesse visto tutti i luoghi che caratterizzavano il continente principale, Tenoran era sicuramente una città completamente diversa dalle altre. L’arcipelago era posizionato a Sud, in mezzo al mare, a diverse miglia di distanza dalla punta del continente appartenente all’Impero di Kou. La capitale era un alternarsi di fiumi e cascate, alberi e distese erbose a perdita d’occhio, le città erano costruite lungo i fiumi e avevano dei tetti in mattoni che si dilungavano verso il cielo con una punta. I mattoni delle abitazioni e delle strade erano bianchi e rossicci, di tanto in tanto si vedevano dei grossi edifici simil-ziggurat color sabbia, ma nel complesso sembrava una città immersa nella giungla e collegata unicamente da fiumi e rari ponti. La capitale Tenoran era la più grande e prosperosa ma, le città minori, seppur più piccole, potevano godere dello stesso commercio e delle stesse opportunità della capitale.  

Fin dai tempi antichi erano state delle terre isolate dal resto del mondo, con una loro cultura e dei tratti fisici che ormai erano ben radicati e solidi all’interno della popolazione; di fatti, la maggior parte del popolo di Tenoran era caratterizzato da un’altezza superiore alla media umana, dalla pelle ambrata con lunghi capelli castani o corvini e dagli occhi quasi sempre marroni e raramente verdi.       

Benché Tenoran fosse isolata dal resto del mondo, il clima mite e il terreno estremamente fertile dato dal vulcano, avevano reso quell’isola completamente autonoma e autosufficiente. Inoltre, grazie ad una propensione alla magia della vita, seppur meno evoluta rispetto al resto del mondo, i Tenoriani erano diventati abili nel produrre piantagioni di qualsiasi tipo, sapevano curare le piante da qualsiasi malattia e ricreare un ambiente perfetto per la crescita di qualsiasi cosa.    

La politica del paese era basata su una monarchia, dove la famiglia imperiale, che da culto discendeva direttamente dal dio Quetzalcoatl, governava da generazioni e generazioni il paese. Sotto alla famiglia vi erano dei nobili minori che tendenzialmente ricoprivano ruoli legati alla forza militare del paese, mentre al di sotto di loro c’era il popolo che si occupava dell’agricoltura, della pesca e anche del commercio all’interno di tutto il paese. La schiavitù non era proibita, ma già da tre generazioni non esisteva più. L’esercito di Tenoran era caratterizzato da dei guerrieri temprati nel fisico, abili con armi inastate e protetti in battaglia da scudi rotondi con incisioni animalesche intimidatorie. Qualsiasi cittadino poteva far parte dell’esercito e le cariche più elevate potevano essere raggiunte da qualsiasi guerriero, sia nobile che no.

In quel paese tutto sembrava essere in perfetto equilibrio.

La giornata a Tenoran passò velocemente, poiché Eris dovette passare la giornata a fare rifornimento in vista del viaggio di ritorno verso il continente madre. Con l’arrivare della notte il clima umido e caldo cessò e la vegetazione rigogliosa e fresca permise ad Eris di avere un attimo di pausa da tutto quel caldo umido.

Neli si trovava all’ingresso del mastodontico ziggurat color sabbia, con lei vi era il suo consigliere Sten, un uomo alto e piuttosto emaciato, con metà testa corvina rasata e la restante metà piena di folti capelli che gli ricadevano di lato.

“Sua maestà – la chiamò Eris – ho finito di fare rifornimento per il mio viaggio, oggi part….” provò a dire Eris prima che un uomo, dai tipici abiti militari, arrivò in sella ad un pennuto dalle zampe sviluppate e un folto piumaggio color canarino e si accasciò a pochi metri dalla regina.

“Re..regina, a nord dell’isola – provò a dire ansimando e gemendo ad ogni movimento - ci stanno invadendo…” ma l’uomo non riuscì a finire la frase, poiché cadde a terra ed esalò l’ultimo respiro in una pozza di sangue.

“Un’invasione? – il suo sguardo sorpreso e allo stesso tempo terrorizzato guizzò da una parte all’altra del paese di fronte a lei – nessuno si era mai spinto così tanto, perché diamine ci stanno attaccando?” la voce della regina vacillò per qualche istante.

Eris si avvicinò all’uomo deceduto e raccolse una piccola toppa insanguinata e impolverata: “Questo è lo stemma dell’impero di Kou.”

“Lo sapevo – urlò Sten strabuzzando gli occhi completamente impazzito e puntando un dito contro Eris – il nostro popolo è stato isolato per anni e anni, protetto e al sicuro dal resto del mondo…ma da quando sei arrivata tu, guarda caso, arriva l’esercito di Kou ad invaderci”.

“Tu sei completamente pazzo” soffiò Eris, stringendo con forza la lancia nella sua mano destra.

Nonostante le grida in lontananza e l’odore acre del fumo trascinato dal vento, per qualche secondo scese un silenzio agghiacciante. Neli si avvicinò ad Eris, appoggiò una mano sulla sua spalla e la guardò con convinzione:” Non dubito di te Eris – lo scettro fatto di legno di Neli brillò per qualche secondo – lo sento, tu non avresti mai fatto una cosa del genere” concluse la donna, guardando la giovane come se avesse di fronte la sorella che aveva perduto pochi mesi addietro.

“Neli-sama, l’impero di Kou ha armi e una forza militare molto più forte di Tenoran, inoltre può fare affidamento su molti guerrieri dotati di Djinn – disse la donna dagli occhi cremisi mostrando alla regina l’arma di cui le aveva parlato pochi giorni prima – ma anche io ho un Djinn, possiamo affrontarli”.

“La nostra forza militare si è sempre addestrata per delle eventualità come queste – intervenne Sten – ma quella gente farebbe di tutto per sottomettere questo posto, mia regina, non siamo in grado di contrastare l’avanzata dell’impero di Kou”.

“Vuoi arrenderti? Davvero vuoi farlo?” si intromise Eris.

“Se ci arrendiamo subito, non morirà altra gente – constatò la regina, cercando di attingere a tutta la calma e alla freddezza che aveva in corpo – non voglio dare questo paese all’impero di Kou, ma cosa possiamo fare?”

“Combattere!? Questo paese è pieno di maghi, conoscete ogni singolo angolo di queste isole, avete un esercito su cui contare e io vi darò una mano con tutta la forza che in corpo, non sottovalutare i vantaggi che abbiamo” continuò imperterrita Eris.

“Rispondere alla violenza con altra violenza non ci porterà a nulla Eris, moriranno solo altre persone innocenti e io non posso permetterlo come regina” una lacrima le rigò il viso e l’unica cosa che riuscì a fare fu distogliere lo sguardo infuocato di Eris.

La regina si irrigidì di colpo, alzò lo sguardo e una strana figura comparve di fronte a loro, il rukh nero che emanava danzava intorno a lui come in preda ad una frenesia. “Vostra maestà, che ne direste di venire con me?” l’uomo di fronte a loro li fissava con piccoli occhi rossi, il volto nascosto da una maschera nera e lunghe ciocche verdi che danzavano al vento e nascoste da un folto turbante legato sulla testa.
 



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*È il nome della nave di Proteus. Il nome deriva da un nome di una stella tradizionale araba. La traduzione di Alsephina vuol dire proprio “nave”. Il nome, inoltre, deriva da un sistema stellare chiamato “Delta Velorum”, che in antichità appunto aveva come nome “Alsafinah”, che si riferisce a sua volta ad una antica costellazione Greco Argo Navis, nave degli Argonauti.

**Tenoran prende ispirazione dalla capitale azteca Tenochtitlàn, di fatti tutta l’ambientazione e la cultura assomiglia a quella azteca (dico che assomiglia e basta perché ovviamente non sono scesa nel dettaglio, ho preso spunto principalmente per il paesaggio, gli abiti e parte della loro politica, ma il resto l’ho rivisitato per adattarlo a mio gusto).

NB: le immagini contenute in questo capitolo non appartengono a me, sono state utilizzate solo come spunto per mostrare dei personaggi. La mappa che trovate nella seconda parte non è fatta da me, ho semplicemente apportato una modifica in basso a destra per far capire meglio la geografia di Tenoran.
 

 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Feast of despair ***


Feast of despair

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Lara si stava specchiando in un enorme specchio posto in uno dei tanti corridoi del palazzo reale. Indossava un top arancione con un enorme spazio vuoto proprio al entro del petto, abbastanza grande da mettere in mostra il seno ma abbastanza piccolo da evitare “inconvenienti”; la gonna arancione e bianca ricadeva lunga nella parte posteriore, ma si accorciava vertiginosamente nella parte frontale, lasciando ben in vista le lunghe e muscolose gambe della Fanalis. Nel complesso il vestito appariva come un vestito tipico delle danzatrici del ventre, coperto nei punti giusti ma abbastanza provocante da stimolare non poche fantasie.

“Non saprei – borbottò Lara eseguendo la terza giravolta per vedersi meglio allo specchio – se mi muovo troppo si vede tutto” arrossì leggermente, poi voltò lo sguardo verso Ja’far, che prontamente distolse lo sguardo in imbarazzo.

Sotto un cielo stellato e cullati dalla brezza marina, Sindria appariva come un enorme perla luminosa che risplendeva nella notte. Lungo ogni via della città vi erano numerosi tavoli di legno su cui c’erano pietanza dall’aspetto invitante e bevande di ogni genere, alcuni uomini portavano enormi piatti ricolmi di cibo da un punto all’altro, mentre le donne servivano da bere. Da ogni lato della città si potevano vedere i tendaggi bianchi delle bancarelle di street food e souvenir, maschere festive dai ritratti mostruosi e bellissime donne agghindate con collane floreali e vestiti candidi ballavano per la strada o distribuivano fiori. 
   
Al di sotto del palazzo reale vi era la splendida visione della festa dei cittadini di Sindria e, nell’enorme spiazzo, composto da giardini e pavimentazione, esattamente tra la scalinata per andare a palazzo e quella per scendere nella città, vi erano dei gazebi in legno dalle tende bianche e ricamate con motivi sindriani. Sotto gli enormi gazebi vi erano lunghi tappeti che ricoprivano il pavimento, le tavolate erano lunghe ma basse e proprio per questo si poteva mangiare seduti per terra o sopra dei cuscini.

Gli otto generale di Sindria, assieme alla ciurma di Proteus, il gruppo di Alibaba e gli ospiti dell’Impero di Kou erano già seduti in maniera piuttosto sparsa sotto ai gazebi. Accanto alle tende vi erano grossi focolai che illuminavano l’intera zona, mentre sotto le tende vi erano delle piccole candele rinchiuse in palle di vetro appese ai supporti del gazebo e che ricadevano verso il basso per illuminare tutto.  

Ja’far si sedette con riluttanza di fronte a Zenko, già abbastanza alticcio e intento a mangiare qualsiasi cosa gli arrivasse a trenta centimetri dal suo viso. Lara spostò lo sguardo lungo tutti i tavoli, alzando una mano in segno di saluto senza troppe formalità, poi incontrò lo sguardo di Morgiana e Masrur, seduti uno di fronte all’altro, e, notando un posto vuoto proprio accanto alla ragazza, si avvicinò timidamente a loro abbozzando un caldo sorriso.     
     
“Lara, finalmente, pensavo ti fossi persa tra i drappi e i merletti!” disse Proteus, andando verso di lei e mettendo in mostra la ricca tunica bianca bordata d’oro, il mantello arancione come il drappo che gli sventolava dalla cinta e l’infinita serie di collane, bracciali e gemme preziose, che tanto lo avvicinavano all’aspetto dell’amico Sinbad.

Lara arrossì vistosamente, fulminando poi con lo sguardo Proteus: “Altro che drappi e merletti, qui c’è più pelle nuda che altro”.

Proteus prese a sudare freddo: “Ma sei bellissima… e poi Sin è sempre stato un… ehm… amante del bello?”

“Cascamorto può andare bene, Proteus…” disse, scocciato quanto la ragazza, Ja’far, salutando gli ospiti e dirigendosi al posto riservatogli accanto a Sinbad, che fissava, da lontano, la scena con un sorriso divertito sul volto.

“Beh dai, almeno oggi potremo fare colpo su qualche abitante di questo bel regno, vedetela così!” cercò di dire Proteus ma Lara sbatté il piede per terra, facendo tremare il suolo: “Ti sembro forse in ricerca di qualcuno?!”

Proteus prese a grattarsi nervosamente la testa: “E va bene allora, mi darò alla pazza gioia solo io! So che anche qui confermerò la mia fama di noto sciupafemmine!”

La festa iniziò anche per i tavoli dei generali e del nuovo gruppo arrivato. Le urla di allegria e i fuochi d’artificio facevano da cornice ad uno scenario festoso e pieno di vita. Proteus e Sinbad si ritrovarono seduti al tavolo a parlare..

“Come mai sei capitato da queste parti, amico mio? Sei un bel po’ fuori dalla tua rotta abituale… non che non mi faccia piacere, mancavi da troppo tempo da Sindria!” chiese Sinbad, dando una pacca amichevole sulla spalla di Proteus. Il pirata, sorridendogli, lo fissò con sguardo cupo: “Ho incontrato Yunan”

Sinbad sorrise, un sorriso carico di cortesia e poco divertimento: “Ah… non me l’aspettavo…”

Proteus si avvicinò all’amico e prese a parlare a bassa voce: “Ho visto i principini di Kou qui a Sindria… e quei tre ragazzi… la fanalis, il biondino e il bambino col bastone da mago… ho sentito strane voci provenienti da Balbadd negli ultimi tempi, voci di un principe, la sua compagna fanalis e un… un magi…”

“Sono stati… tempi tumultuosi, si, te lo concedo” disse Sinbad, sorridendo tristemente.

“Ho incontrato Yunan poco fa… mi ha parlato un po’ e ha tirato fuori una delle sue previsioni del futuro. Sin, queste teorie di Yunan non mi sono per nulla piaciute. Le ho sentite le voci dell’espansione di Kou… le voci dei maghi di Magnostadt che stanno creando il cielo solo sa cosa nella loro accademia… Reim che vuole espandersi ancora di più… e ora Balbadd nel mezzo di una guerra civile e tu che spunti per accaparrartela!” disse Proteus concitatamente.

“Io cerco solo di fare il bene di Sindria e della mia alleanza, lo sai” disse Sinbad, grattandosi il capo.

“Se fosse solo questo, Yunan non mi avrebbe cercato e non mi avrebbe detto esplicitamente di fare rotta verso Sindria per parlare con te. La situazione è critica… o forse Yunan ha solo esagerato?” concluse Proteus mentre Ja’far, in silenzio, osservava la scena.

“La situazione è critica, si. Ma sto facendo di tutto per intavolare delle trattative con Kou e scoprire cosa stanno facendo tutti gli altri stati. Fidati di me, sto lavorando perché qualsiasi scenario abbia dipinto Yunan non diventi mai realtà. Io e te siamo uguali, non vogliamo la guerra… vogliamo la libertà, e unire popoli tra loro distanti! Le nostre compagnie, le nostre ciurme ne sono una dimostrazione, no?!” disse, ridendo, Sinbad, alzando il calice generando un’ovazione collettiva.

Per raggiungerlo Lara dovette letteralmente passare tra Zenko e Senza Nome che fissavano con una certa cupidigia due procaci ragazze che facevano da cameriere.

“Avanti amico, fammi vedere se veramente sei capace di superare il capo!” disse ridacchiando l’uomo bestia, bevendo l’ennesimo boccale di birra senza però soffrirne gli effetti inebrianti.

“Ma… io… l’ho detto solo per scherzare… non volevo mica…” farfugliò Senza Nome, costretto ad alzarsi dal suo tavolo dallo stesso Zenko e che in quel momento avrebbe preferito la stentorea indifferenza di Hakuryuu alla sfida che gli stava proponendo il compagno.

“Avanti, amico! Fammi vedere chi sei, usa il potere del tuo vestito da damerino sindriano!” urlò, ridendo, Zenko, gettando l’amico contro le due procaci cameriere.

Senza Nome si schiarì la voce e cercò di fare l’espressione più attraente che gli riuscisse e disse: “Ehi ragazze… come vaaa? Vi andrebbe di… ehm… farmi compagnia?”

Fu così che, mentre nell’aria presero ad echeggiare gli schiaffi assestati direttamente in faccia a Senza Nome e le risate sguaiate di Zenko.

“Quindi… sei tu il fanalis di nome Masrur, eh?” chiese Lara, un po’ rossa in viso e sorseggiando il suo boccale di birra.

“Si. Tu invece sei Lara, la compagna fanalis di Proteus… ho sentito molto parlare di te” disse, con voce atona, Masrur.

“Anche io di te, sai, e da molto prima delle tue avventure con Sinbad!” rispose, più allegra, Lara.

“Ah si?” domandò l’uomo, curioso.

“Ero anche io una gladiatrice del Colosseo di Reim… a dirla tutto sono stata una gladiatrice fino a non molto tempo fa! E ci sono state solo due cose che mi hanno fatto resistere a quella schiavitù!” rispose, sorridendo, Lara.

Masrur inclinò la testa: “Cosa?”

La ragazza guardò l’orizzonte: “Non ricordo nulla di casa… della nostra gente e a malapena ricordo i miei genitori. Ma quando fui fatta schiava e poi costretta a combattere nel Colosseo, prima vidi i guerrieri del Fanalis Corp andare in parata per le strade… ne fui abbagliata, studiai chi fossero e ne adorai la storia al punto da farmi fabbricare a tutti i costi un’armatura che fosse anche solo vagamente simile alla loro…”

“Sono senza dubbio guerrieri temibili, la loro fama è ben meritata” convenne Masrur, ma Lara continuò il suo discorso.

“… poi però seppi la storia di un ragazzino. Un bambino che aveva la forza di cento uomini, scappato dal Colosseo rivendicando l’orgoglio del suo sangue! Un bambino coi capelli e gli occhi rossi! Masrur… un gladiatore, uno schiavo, che però non aveva fatto morire l’orgoglio di essere un fanalis! Se sono arrivata ad incontrare Proteus e a navigare con lui, è anche merito tuo, nobile Masrur…” continuò Lara, sorridendo radiosa al conterraneo.

Masrur sorrise debolmente, in maniera quasi impercettibile: “Mi avete idealizzato, lì al Colosseo… mi sono ribellato solo perché è stato Sinbad a ricordarmi chi fossi…”

“E io mi sono ribellata all’ennesima scelta imposta solo perché la nave che mi doveva portare a Kou come schiava di chissà chi è stata attaccata da Proteus che mi ha liberata e mi ha offerto un posto come membro della sua ciurma! Siamo simili, così come lo sono quelle due teste di rapa che ci hanno liberato!” disse, ridendo, la ragazza.

“Si, sembrano due sciocchi… ma la loro luce… è la loro luce ad aver liberato entrambi” disse Masrur, guardando verso Sinbad.

“Si… abbiamo sempre avuto il nostro orgoglio Fanalis e la nostra forza… ma senza il loro intervento, senza loro che ci hanno ricordato che potevamo ribellarci alle catene che ci trattenevano…” disse, quasi sovrappensiero, Lara.

“È quello che fanno i Re, i veri Re. La loro luce guida chi decide di seguirli. Ci hanno liberato da qualcosa di ben più soffocante di quelle catene” concluse Masrur e la ragazza, al suo fianco, annuì convinta.

“Ehm… scusate…” disse una timida voce femminile alle loro spalle e, quando i fanalis si voltarono, videro la terza appartenente alla loro stirpe fissarli con estremo imbarazzo e con un ragazzino biondo che la spingeva da dietro le spalle. Al loro fianco, il piccolo Aladdin annegava tra i prosperosi seni delle cameriere che poco prima avevano rifiutato Senza Nome.

“Dai Morgiana! Parla con loro!” disse Alibaba alle spalle della giovane fanalis, incoraggiandola, e Lara si avvicinò a lei, sorridendole.

“Non aver paura! È così raro potersi incontrare con così tanti della nostra razza! Avanti!” disse allegra Lara mentre Masrur offriva a Morgiana un boccale.

“Grazie… non avevo mai avuto modo di incontrare altri fanalis prima di pochi giorni fa! Non vorrei essere indiscreta ma… signorina… ehm…” esordì Morgiana, rivolgendosi a Lara.

La guerriera fanalis le sorrise: “Lara, mi chiamo Lara!”

Morgiana sorrise e annuì: “Signorina Lara! Ehm… lei… lei per caso ricorda qualcosa del Continente Oscuro?”

Masrur sospirò, ma Lara non sembrò farci caso e si avvicinò a Morgiana, cominciando a parlarle di quel poco che ricordava di casa sua e di come non aveva più avuto modo di rivedere quelle terre e nel frattempo Sinbad guardò la scena e sorrise: “Dove, se non qui, tre Fanalis sono liberi di parlarsi senza avere un’armatura di Reim addosso!”

Sinbad e Proteus continuarono a parlare leggermente più in disparte rispetto agli altri e, per quanto i loro sguardi fossero luminosi e le loro espressioni falsamente rilassate, cercavano di mantenere un atteggiamento composto per evitare di dare troppo nell’occhio.

“Ma nel tuo gruppo non c’era anche un’altra ragazza?” chiese Sinbad cercando di scostarsi momentaneamente dai discorsi bellicosi e politici dell’amico.

“Ah, sì, Eris.. – disse distrattamente il moro – è una situazione abbastanza complicata” sospirò, bevendo un altro sorso di vino. “La sua vita passata è sempre stata una sequela di scelte sbagliate e dolorose, così quando la incontrai mi convinsi che potevo darle una vita migliore e feci davvero tutto per aiutarla..”

Sinbad seguì a ruota il suo amico e bevve un sorso di vino, assottigliò lo sguardo e inclinò la testa di lato divertito: “Pensavi di poter cambiare il suo destino?”

Proteus arricciò il naso, poi guardò l’amico di un tempo con un certo risentimento: “In un certo senso sì, ma capii che non ne ero in grado” ammise.

“Cosa è successo dopo?” chiese Sinbad con una punta di curiosità.

“Dopo qualche anno, incontrai Yunan e mi disse che stavo cambiando il mio destino e quelli di tutte le persone che mi circondavano per Eris e che, un futuro, se mai fosse successo qualcosa, non avrei avuto la forza per aiutarla. In sostanza, mi disse che ero libero di fare quello che volevo, ma non dovevo prendere questa sconfitta personale come motivo di vita, poiché lei prima o poi avrebbe trovato la sua strada.”

“Probabilmente Yunan deve aver visto qualcosa, ma ha lasciato a te la scelta” ipotizzò Sinbad.

“Non è stata una scelta voluta, non so cosa abbia detto Yunan ad Eris, so solo che se ne andò via con lui” concluse Proteus piccato.

“La scelta era di entrambe, Eris ha preso la sua decisione – lo sguardo ambrato di Sinbad si spostò sul volto dispiaciuto del suo amico – e tu? Tu hai scelto di prendere la tua strada o stai vivendo nella speranza di un'altra persona?”

Proteus ci rimase a pensare per qualche secondo, maledicendo Sinbad per essere così dannatamente intuitivo. Schioccò rumorosamente la lingua, poi parlò:” Lo sai, sono orgoglioso, esattamente come te, non è bello sentirsi dire che non sono in grado di fare qualcosa..”

Sinbad rise amaro, guardò l’amico con una punta di fastidio, ricordando per un breve momento le conseguenze di alcune scelte sbagliate del passato: “Non crogiolarti nel passato, Proteus, pensa al presente, perché il presente puoi ancora cambiarlo.. il passato no” si limitò a dire il Re.

“Beh penso di sì..ehi ma, senti che baccano fanno – si voltò a guardare nella direzione di Lara – vedo che sono entrati nel pieno clima sindriano” constatò abbozzando un sorriso compiaciuto.

Poco distanti da Proteus e Sinbad, Aladdin si sbracciava per incitare la sua amica:” Perché non facciamo una bella gara di urla!? La nostra Mor, il signor Masrur e la signorina Lara! Gara di urla fanalis!” urlò Aladdin, emergendo dal seno prosperoso di una delle due cameriere.

“Come accidenti fa a sapere il mio nome?!” chiese Lara a Masrur mentre la gente attorno a loro urlava per incitarli.

“VAI LARA! FA’ VEDERE A QUELL’ARMADIO FANALIS CHI HA LE PALLE!” ruggì Zenko prima di bersi l’ennesimo boccale di birra.

“SI, INSEGNATE A MASRUR A FARE CASINO, OGNI TANTO!” urlò Hinahoho, facendo ridacchiare Senza Nome al suo fianco, con ancora le impronte delle mani delle due cameriere ben stampate sul suo volto.

“VAI MOR! FA’ VEDERE IL TUO ORGOGLIO FANALIS!” urlò Alibabà, sollevando il calice.

Proteus e Sinbad presero a ridere e Lara, pur divenuta completamente rossa per l’imbarazzo, annuì con convinzione. Masrur, calmo come al solito, fece spallucce e così la gara ebbe inizio tra l’acclamazione generale e Yamraiha che, usando i suoi poteri magici, pose una barriera praticamente invisibile attorno alle orecchie dei presenti per evitare che le urla dei Fanalis facessero danni.


 
[...]
 
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Lo sguardo di Neli passò dall’essere terrorizzato dal rukh dell’uomo all’essere deciso e combattivo: “Tu chi diavolo sei?”

“Oh, non importa chi sono – disse con voce melliflua – questo paese è ormai in mano nostra e voi nobili verrete spazzati via per far capire a questo popolo che, se non si sottometteranno, verranno sterminati tutti” concluse lasciando intravedere oltre il tessuto simile ad una maschera un ghigno divertito.

“Non voglio vedere altre vittime nel mio popolo, se volete conquistare Tenoran noi ci arrenderemo ma, ti prego, basta versare sangue” lo supplicò la regina.

“Oh, maestà, vorrei che fosse così semplice – piagnucolò fintamente l’uomo, poi il rukh intorno a lui iniziò a danzare più velocemente e dal suo scettro apparve una luce rossastra – ma purtroppo non lo è”detto ciò, scagliò una grossa palla infuocata contro di loro.

Il borg creato dalla regina fece da scudo e riuscì a parare la palla di fuoco e ad evitare che qualcuno si ferisse.

“Non starò qui a guardare” ringhiò Eris, roteando energicamente la sua lancia. Sopra la lama comparve un cerchio magico a otto punte, poi una luce intensa iniziò a propagarsi dalla lama fino a rivestire l’intera lancia: “Genio della Tempesta e del Disordine, vivi in me.”

Il corpo della ragazza si rivestì di energia elettrica e all’improvviso apparve un’armatura di scaglie e placche metalliche di un azzurro accesso, con riporti sulla spalla, sull’avambraccio e sulla coscia destra che ricordavano le creste di un drago, così come le due corna a forma di saetta che le facevano da corona. La lancia invece mostrava una punta ben più elaborata, andando a formare una lama crociata di metallo azzurro con al centro un elaborato motivo a cristallo. Alle sue spalle apparve infine un cerchio di pura elettricità azzurra intervallato da una serie di piccole sfere, come tamburi, sempre composti di elettricità. La chioma solitamente albina divenne color cobalto e la sua pelle, assieme ai suoi capelli, trasudavano letteralmente elettricità, come se fossero composti da quell’elemento.

La donna scattò in aria veloce come un fulmine, poi urlò:” Shalaal albarq” e dalla sua lama iniziarono a piovere cascate di fulmini contro l’uomo mascherato. Il mago utilizzò il borg per proteggersi, ma forza del colpo lo sbalzò a diversi metri di distanza.

“Vostra maestà, deve scappare, se rimarrà in questo posto la uccideranno” Sten la prese per un braccio, strattonandola verso la sua direzione. “Non esiteranno a farlo mia regina, questa gente ama la guerra. Andiamo via di qui, lontano da queste terre avremo modo di escogitare un piano di azione.”

“Dove credi che possiamo andare? – sbottò improvvisamente la regina – hai mai affrontato il mare aperto? Non siamo mai usciti dal nostro territorio, non sappiamo nemmeno cosa ci aspetterà là fuori”
“Noi no, ma lei sì - lo sguardo di Sten si aprì in un sorriso amichevole, forse a tratti quasi inquietante e perverso, indicò la donna sopra di loro sospesa nel cielo e infine urlò nella sua direzione – Eris, devi portare in salvo la regina.”

La donna turchese scese verso di loro talmente velocemente da sembrare un teletrasporto, la bocca incurvata in un ringhio e gli occhi cremisi che lampeggiavano di rabbia “Vuoi davvero questo?” chiese infine guardando Neli.

Stan sbuffò, roteò gli occhi al cielo spazientito: “Considerando che non sei riuscita a salvare Nelial, la sorella della regina, mi pare una buona occasione per redimerti e portare in salvo almeno lei”.

Eris aprì la bocca per ribattere, ma poi il senso di colpa si attorcigliò di prepotenza intorno alla gola facendola quasi boccheggiare. Rimane in silenzio, per una buona volta nella sua vita non ebbe la forza di arrabbiarsi, di urlare, di reagire a quelle accuse. Lei si sentiva ancora in colpa per quello che era successo e, nonostante la ferita continuasse a sanguinare, l’invasione di Kou le aveva dato la botta di grazia: lei in quel dannatissimo mondo cosa aveva combinato di buono?

“Eris, non voglio che tu…” provò a dire la regina.

“D’accordo – rispose atona l’albina – andiamo alla mia nave” si limitò a dire togliendosi l’armatura del suo Djinn.

Eris si voltò a guardare l’uomo che poco prima aveva minacciato Neli, ma quest’ultimo sembrava ancora disteso a terra. Aveva visto il borg attivarsi e parare il colpo, non capiva perché fosse ancora disteso per terra per un colpo poi che, a detta di Eris, non era nemmeno poi così forte. La mano della regina le sfiorò una spalla delicatamente ed Eris si girò a fissarla senza farsi ulteriori domande.

Tenoran era una distesa infuocata, fumi neri si stagliavano da ogni punto delle immense isole e ben presto l’intera popolazione cadde sotto alla forza dell’impero di Kou.

Eris, Neli, Sten, un gruppo di nobili e alcune ancelle si diressero sulla punta più a Sud di Tenoran, esattamente in una piccola baia dove era ancorata la sua goletta, una nave a vela a due alberi.

“Faremo rotta verso Sindria” sentenziò Sten, prendendo improvvisamente il comando di quella fuga.

“Sindria?” chiese perplessa la regina.

Eris aggrottò le sopracciglia, poi fissò stranita la regina di Tenoran: “Per essere un popolo così chiuso siete abbastanza aggiornati su un paese costruito così recentemente.”

“In realtà è capitato spesso di trovare navi che si sono perse nelle nostre acque – si giustificò Sten – semplicemente ho raccolto informazioni per capire cosa stesse cambiando nel continente principale.”

“Perché non sono mai venuta a conoscenza di certe informazioni?” chiese con austerità Neli.

“Mia regina, ha sempre avuto un intero paese a cui badare tutta da sola, faceva davvero la differenza sapere informazioni così futili? L’ho fatto solo per non sobbarcarla di problemi e di cose che, alla fine dei conti, non importavano a noi..”

Neli annuì debolmente poi sorrise caldamente al suo braccio destro Sten.

L’albina, non che capitana della Goletta, srotolò una cartina nautica sul tavolo della sua cabina: “Bene – rispose laconica Eris – andiamo a Sindria.”


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - The crew reunites ***


The crew reunites

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Il viaggio verso la Sindria fu più tranquillo del previsto e, grazie al supporto dei venti, le vele della goletta furono sempre gonfiate dalla forza del vento. Il sole era allo zenit e il vento caldo e secco inaridiva la pelle dei Tenoriani, abituati forse al loro clima caldo e particolarmente umido.

La goletta varcò i cancelli del porto e, nonostante non avesse bandiere o segni di riconoscimento, nessuno sembrò interessarsi dell'arrivo di una nave, probabilmente scambiata da tutti come un piccolo mercantile privato.

La realtà dei fatti, però, fu diversa. Su quella nave scesero tutti i membri delle famiglie nobili di Tenoran, assieme alla regina Neli e al suo fidato consigliere Sten e, sebbene inizialmente nessuno li avesse notati, i loro copricapi piumati, i gioielli d'oro intarsiati di pietre preziose e loro abiti variopinti attirarono subito l'attenzione. Sindria era una città ricca di tante popolazioni, proprio perché era stata formata come paese libero per qualsiasi tipo di nazionalità, ma mai nessuno aveva visto il popolo di Tenoran, forse in qualche leggenda o racconto scritto su qualche libro.

Il popolo di Tenoran si guardò intorno, alcuni di loro erano piacevolmente stupiti di vedere un nuovo paese, mentre altri alternavano uno stato di paura e disorientamento.

"Non ho idea di come funziona la politica a Sindria," disse Eris scaricando dalla nave l'ennesimo sacco pieno di strani chicchi marroni, "in ogni caso dovremmo chiedere un'udienza al re per capire se potete rimanere qui dopo quello che è successo" concluse saggiamente Eris.

La regina Neli annuì, così si misero in marcia verso il palazzo reale di Sinbad, assieme ad una decina di carri che trasportavano dei sacchi, tutti omaggi che Sten aveva deciso di offrire al re della Sindria.

 

[...]

 

Gli otto generali di Sinbad e il gruppo di Proteus sedevano intorno ad una lunga tavolata e si stavano godendo un breve momento di pausa dopo il pranzo prima di dividersi per ritornare alle attività quotidiane.

Il clima allegro e gli animi leggeri vennero perturbati dall'ingresso inaspettato di una guardia, leggermente pallida in volto e a disagio per aver interrotto il pranzo senza nemmeno avvertire del suo attivo:" Re Sinbad, un'ora fa è attraccata al porto una strana goletta, da lì sono scese circa una trentina di persone e ora..." fece una pausa, "ora sono qui per chiederle un'udienza. Dicono di venire da...Tenoran.."

Sinbad socchiuse gli occhi e appoggiò il bicchiere ricolmo di vino che stava per bere, si scambiò una rapida occhiata allarmata con il suo braccio destro Ja'far, poi decise di alzarsi:" Portali alla Torre Bianca dell'Ariete."

Dopo l'uscita della guardia si sollevò un brusio di sottofondo piuttosto concitato e alla fine tutti i presenti a tavola decisero di seguire Sinbad. Nessuno dei presenti aveva mai visto Tenoran, alcuni di loro non sapevano nemmeno cosa fosse, di conseguenza la curiosità era troppo per starsene seduti a continuare a mangiare.

L'ala del palazzo denominata "Torre bianca dell'Ariete" era il centro amministrativo della nazione, dove i funzionari pubblici svolgevano le loro funzioni. La grande sala al piano terra era il luogo dove il Re e i suoi funzionati tenevano quotidianamente riunioni di massa e dove Sinbad concedeva udienze a chiunque volesse parlare con lui.

Una volta entrati nell'ingresso principale, il gruppo di stranieri si ritrovò circondato da enormi edifici con tetti a cupola azzurra, ogni area del palazzo aveva un nome di un segno zodiacale e corrispondeva a luoghi con funzioni ben distinte. Per esempio la Torre Viola del Leone era l'alloggio privato del Re e dei suoi generali, mentre la Torre nera della Bilancia era la biblioteca..

Una delle guardie a palazzo scortò i tenoriani subito a sinistra e, non appena varcata l'enorme porta vetrata dalle rifiniture dorate, si ritrovarono un'immensa sala dalle mura bianche e dalle numerose finestre che illuminavano di luce naturale la stanza. Sinbad li attendeva sul suo trono, dietro di lui un'enorme arcata incastonata nel muro e sorretta da due colonne, mentre proprio sopra alla sua testa c'era la bandiera del regno della Sindria: due grosse fenici dorate che si riflettevano come su uno specchio e divise al centro da quello che poteva sembrare un bastone magico. Accanto all'enorme tappeto rosso che congiungeva l'ingresso con il trono del Re, vi erano gli otto generali posti a lato, seguiti poi dal gruppo di Proteus.

Neli fu la prima ad entrare nella sala, con il volto provato dal viaggio ma l'orgoglio di una regina stampato nei suoi passi e nella sua anima. Dietro di lei comparvero subito dopo Sten, piuttosto indispettito dalla presenza alla sua destra di Eris, quest'ultima stava trasportando uno dei tanti sacchi di iuta proveniente da Tenoran.

"Eris?!" urlarono all'unisono Proteus e Lara.

Ci fu un momento di silenzio, poi il tonfo di un sacco fece concentrare l'attenzione proprio sulla giovane figura dai capelli bianchi dietro alla regina. I chicchi usciti dal sacco di iuta iniziarono a ruzzolare fuori, formando quasi una macchia marroncina intorno ai piedi di Eris. Sten strabuzzò gli occhi, sussurrando un flebile e stizzito "i miei chicchi di cacao".

"Proteus..?" sussurrò Eris con uno sguardo stralunato, come se avesse appena visto un fantasma, "Lar..." ma la loro compagnia dagli occhi cremisi non riuscì a finire la frase, poiché Lara, con la velocità di un felino e la forza di cento tori, le saltò letteralmente addosso stringendola a sé.

Le due ragazze caddero per terra, lanciando chicchi di caco ovunque. Sten serrò la mascella, si avvicinò alla sua regina e poi tornò a guardare le due ragazze che avevano appena dato spettacolo:" Questa è la regina di Tenoran" sbottò poi con sdegno, sottolineando come l'atteggiamento di Lara e di Eris fosse stato estremamente maleducato e irrispettoso.

Ma tra tutti i presenti, chi più di tutti aveva apprezzato quella scena, fu proprio Neli, la quale abbozzò un sorriso gentile nel vedere quel gesto di amore.

Sinbad tossì rumorosamente:" Mia regina, che piacere avere l'erede di un popolo così splendido qui a Sindria – disse prontamente, alzandosi dal suo trono e avvicinandosi a lei – è un onore per me conoscerla" le prese una mano con delicatezza, poi chinò il capo in segno di rispetto.

Neli si irrigidì per un istante, non essendo ancora abituata a così tante interazioni estranee, poi incrociò lo sguardo color oro liquido di Sinbad e gli sorrise timidamente:" È un onore per me essere arrivata fin qui, mi dispiace non aver richiesto un'udienza in tempo, ma siamo appena scappati da una guerra.."

"Non si preoccupi, venga con me e parliamo di questa guerra" Sinbad accompagnò con estrema gentilezza Neli, scortandola con ancora la mano appoggiata sulla sua vicino ad un tavolo rettangolare.

Ciò che rimaneva del popolo di Neli fu scortato fuori e accompagnato al di fuori del palazzo in attesa che la loro regina uscisse fuori. Sten si oppose verbalmente nell'avere in udienza Eris e quella ragazza Fanalis, così assieme agli otto generali rimase solo Proteus.

 

[...]

 

Lara ed Eris finirono a parlare attorno ad una fontana in un pezzo di giardino adibito a chi alloggiava nella Torre Verde del Sagittario. L'erba del giardino era curata in ogni minimo dettaglio e, grazie alle mura della torre, quel piccolo pezzo di giardino era ben nascosto dal sole cocente.

"Ma si può sapere cosa diavolo hai combinato?" urlò Lara, a circa due metri dalla sua amica, quest'ultima si portò un indice alla bocca per indicare all'amica di urlare di meno.

Eris sospirò, poi si portò entrambe le mani sul viso: "È una cosa troppo complicata, non saprei nemmeno da dove iniziare."

Lara schioccò la bocca:" Per esempio potresti iniziare con il dirmi perché te ne sei andata via con Yunan" rispose la Fanalis sottolineando il nome del magi in un mix tra risentimento e rabbia.

Ci fu un attimo di silenzio, poi Eris parlò:" Perché in quel momento della mia vita le scelte che avrei potuto fare avrebbero messo in pericolo voi, specialmente Proteus, e lui non sarebbe stato in grado di aiutarmi. O meglio, forse ci sarebbe anche riuscito, ma il prezzo che avrebbe pagato sarebbe stato troppo grande."

"Da quando sei una che crede in queste cose? Insomma, capisco che Yunan sia un magi e che probabilmente vede cose che noi non possiamo vedere, però..non lo so, andartene così, senza dire niente.."

"Non lo so di cosa stesse parlando Yunan, non ho idea se si siano veramente avverate quelle cose o no. So solo che quando me le disse provai una rabbia incontenibile e, soprattutto, ho avuto paura dell'ignoto – confidò l'amica chiudendo gli occhi per qualche secondo e facendo un respiro profondo – ho avuto paura e sono scappata per cercare di non rendere più doloroso l'addio."

"Però ora sei qui...il destino ci ha fatto ritrovare.." sussurrò Lara.

"Non so se sia una buona cosa, onestamente, in ogni posto che vado porto la tempesta. Sai perché sono venuta qui? Perché mesi fa ho incontrato la sorella della regina Neli, ovvero Nelial, nelle terre di Qishan, la quale mi disse che stava scappando da una strana organizzazione. Yunan mi disse che conosceva questa organizzazione e che se ci avesse seguito l'avremmo protetta da loro, "serrò improvvisamente la mascella" ma ovviamente le cose non andarono così..quei fottuti bastardi ci trovarono.."

Eris si perse per un momento a guardare lo scorrere dell'acqua nella fontana, poi riprese a parlare:" Combattemmo per molto, ma alla fine Nelial si mise in mezzo e il colpo che prese le fu fatale. La vidi morire davanti ai miei occhi.."

Lara abbassò lo sguardo:" Mi dispiace Eris.."

"Prima di morire mi disse che mi aveva fatto un dono speciale, per ringraziarmi di averla aiutata nel momento del bisogno, però aveva ancora un ultimo desiderio: voleva che andassi a Tenoran per riferire alla sorella dell'accaduto. Così Yunan mi aiutò ad arrivare a Tenoran, poiché temeva che da sola non mi avrebbero mai fatta avvicinare alla regina e, quando le riferii quello che era successo, il magi se ne andò e mi lasciò continuare la mia strada da sola".

"Quante cose tutte insieme," Lara scosse la testa per cercare di riordinare le informazioni, "che dono ti avrebbe fatto?"

Eris allargò le braccia e alzò le spalle:" il suo rukh prima di morire si è fuso con il mio"

"È possibile una cosa del genere?" sbottò allibita Lara.

"A quanto pare sì, il mio rukh è cambiato, ora è come se si fosse fuso con quello di Nelial. A causa di questa cosa ho dovuto imparare la manipolazione del magoi assieme a Yunan, dopo aver assimilato il suo rukh non ero in grado di equipaggiare il mio Djinn.."

"Quindi ti ha donato il suo..rukh? Perché?" domandò Lara.

"Non lo so, ma l'organizzazione stava evidentemente cercando qualcosa. Inoltre," si guardò intorno per vedere se ci fossero delle persone, "non mi fido di Sten. La Neli che mi ha raccontato Neliel è completamente diversa da ora" confidò all'amica.

"Ho sentito il suo odore prima, non mi è piaciuto fin da subito, "constatò l'amica, "farò il culo a tutti quelli che ti hanno ridotto così, ci puoi giurare" concluse lei pigiando con forza un piede nella terra umida e facendosi scrocchiare le nocche delle mani.

Per tutta risposta Eris scoppiò a ridere, quasi come se il tempo non fosse mai passato e i chilometri non le avessero mai divise.

 

[...]

 

La riunione con il popolo di Tenoran e Sinbad durò a lungo e alla fine il tutto si risolse con la disponibilità di rimanere nelle terre di Sindria fino ad una nuova decisone. Fino a prova contraria, nessuno era venuto a sapere della regina Neli a Sindria, proprio perché la tratta di mare percorsa da Eris li aveva avvantaggiati nell'affrontare un viaggio veloce e lontano da sguardi indiscreti. Cosa aveva intenzione di fare la Sindria nei confronti delle terre di Tenoran, però, non era chiaro. A causa di numerosi scontri politici e militare nel continente, per il Re della Sindria fu impossibile garantire a Neli la forza militare per affrontare Kou, poiché questo voleva dire dichiarargli apertamente guerra. Allo stesso tempo però, Sinbad acconsentì a Neli e ai tenoriani di rimanere fino a tempo indeterminato nelle loro terre e se, un futuro avessero avuto il momento propizio, Sinbad avrebbe aiutato il popolo di Tenoran a riconquistare le proprie terre.

Neli e Sten vennero quindi messi nella Torre Verde del Sagittario, dando a Neli una stanza particolarmente grande e degna del ruolo che ricopriva. Inoltre, qualora le sue ancelle non fossero state abbastanza, Sinbad aveva messo a disposizione alcuni membri della sua servitù per aiutarla al meglio. La nobiltà che era riuscita a scappare da Tenoran venne messa in abitazioni poco fuori l'ingresso del palazzo reale e gli venne data la possibilità di iniziare qualsiasi tipo di attività commerciale che più preferivano, purché rispettassero ovviamente la legge di Sindria.

Lara aiutò l'amica a trasferire tutti i suoi effetti personali dalla goletta alla sua, ormai da mesi, sua stanza, luogo che sarebbe stato anche la stanza di Eris sotto minaccia di Lara.

Alla fine di tutto quel trambusto, Eris si concesse una piccola pausa nella biblioteca di Sindria, luogo dove fece il suo primo incontro con la maga Yamuraiha. La maga in questione, una prosperosa donna dai lunghi capelli turchesi e un cappello da strega, stava rovistando tra le immense librerie alla ricerca dei libri che Eris le aveva chiesto.

"Sei interessata alla magia?" chiese improvvisamente Yamuraiha, seduta comodamente sul suo bastone levitante mentre armeggiava con dei libri nell'ultimo ripiano della libreria, "oh, eccolo, questo forse potrebbe piacerti.." disse subito dopo, tornando con i piedi per terra e porgendo con un largo sorriso gentile ben cinque libri a lei.

"In un certo senso sì, volevo cercare di capirla meglio.." rispose Eris, tralasciando tutti gli avvenimenti passati che l'avevano spinta a cercare informazioni su quello che le stava accadendo.

Gli occhi della maga si illuminarono. Lei amava la magia, era parte della sua esistenza, e vedere qualcun altro interessato le faceva sempre piacere: "Se hai bisogno di capire qualcosa o vuoi una mano..beh io ci sono, non farti problemi a chiedere."

"Grazie Yamuraiha-san" rispose Eris abbozzando un leggero sorriso.

Buona parte della mattina passò così: Eris che provava a leggere i libri, a capirci effettivamente qualcosa e poi a sbuffava sonoramente dopo non aver concluso nulla. Quei testi le piacevano, davvero, ma non parlavano di quello che serviva a lei.
Girò stancamente un'altra pagina dell'ultimo libro che aveva a disposizione, poi dall'ingresso vide entrare con la coda dell'occhio Sinbad accompagnato da Ja'far e da un irrefrenabile e instancabile Sten, ormai nelle vesti di un perfetto sindriano.

"Re Sinbad, le nostre terre sono fertili, l'acqua è abbondante e i raccolti sono prosperosi," la parlantina di Sten risuonò per tutta la biblioteca, "Neli non vede l'ora di conoscervi, sa com'è, siamo venuti a conoscenza delle sue incredibili avventure e la nostra regina ne è stata completamente rapita" continuò Sten con voce melliflua, tirando fuori un piccolo taccuino su cui segnare un ipotetico appuntamento tra i due.

La voce squillante di Sten fece prudere le mani ad Eris, tant'è che dovette attingere a tutta la sua buona volontà per non lanciargli dietro quel costosissimo e antichissimo libro che Yam le aveva gentilmente passato. La donna albina sospirò piano, sfogliò un'altra pagina, deprimendosi ancora più di prima per non aver trovato ancora nulla.

Per quanto gli occhi della ragazza fossero fissi a leggere il libro, una strana sensazione, che da qualche settimana ormai era diventata pressoché un'abitudine, le percosse il corpo. Istintivamente alzò lo sguardo irritata e si ritrovò a specchiarsi in un paio di occhi dorati che la stavano fissando dall'altra parte della stanza. Sinbad abbozzò un sorriso divertito, a tratti soddisfatto nel vederla a rovistare tra i libri della sua biblioteca. Lo sguardo determinato e sprezzante della ragazza lo aveva divertito, forse perché in quell'atteggiamento così arrogante si riveda pure lui. Ja'far si fermò a fissare Sinbad, poi seguì il suo sguardo fino a ritrovarsi a fissare inespressivo Eris.

"Ah quindi lo prendo come un sì? Perfetto, allora dirò a Neli che stasera sarà attesa" esultò Sten, ritrovando nel sorriso di Sinbad la conferma alla sua proposta di incontro solitaria con Neli.

Eris alzò gli occhi al cielo, spostò lo sguardo disgustata su Sten, poi si alzò dal tavolo e se ne andò in silenzio dalla biblioteca.

Ja'far tirò una leggera spallata a Sinbad e quest'ultimo si ritrovò a spostare nuovamente lo sguardo su Ja'far, ormai esausto e saturo di tutta quella parlantina e delle sue proposte tanto inutili quanto noiose. "Chi sarebbe atteso stasera?" alzò un sopracciglio confuso.

Ma prima che Sinbad potesse ricevere una risposta, Sten si dileguò velocemente, lasciando i due uomini soli a fissarsi nel nulla.

Ja'fa sospirò esasperato:" Se solo fossi stato attento alle sue parole..." lo rimproverò, "la giovane regina avrà una cena con te stasera, a quanto pare non vede l'ora di poterti parlare" disse Ja'far piuttosto incerto sulle sue stesse parole.

"La regina Neli o Sten?" chiese lui scoppiando in una risata.

"Questa è una bella domanda... "Ja'far e Sinbad si scambiarono uno sguardo di intesa, "non combinare qualche cazzata, per piacere, oppure quel tizio non te lo scollerai più di dosso"

"Stai tranquillo, Ja'far" sospirò Sinbad, che per l'ennesima volta aveva ricevuto delle ammonizioni non richieste dal suo braccio destro.


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Apparent seduction ***


Apparent seduction



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La notte arrivò ben presto e con esso anche il fantomatico appuntamento inventato e confermato da Sten. Per l’occasione aveva fatto scegliere alla regina un abito sindriano, dalla lunga gonna con due spacchi laterali e un top aderente con fini ricami marroni sostenuto da un girocollo dorato che risaltava ancora di più sulla sua pelle abbronzata. I lunghi capelli castani le ricadevano sulla schiena e una catenina doro le imbrillantava i capelli, terminando con un motivo a goccia proprio al centro della fronte di Neli.

La donna uscì dalla stanza e le movenze ritmiche ma leggere della regina facevano tintinnare tutto l’oro come se fosse una melodia. Non c’era dubbio, Neli era indubbiamente una bellezza esotica particolare, i suoi lineamenti erano fini e aggraziati e le sue grosse labbra carnose erano messe ancora più in risalto da un velo di rossetto rossiccio.
Neli percorse il lungo corridoio bianco, poi seguì la scia di risate e urla concitate che provenivano dall’immenso giardino poco distante dalla sua stanza. Proprio in quella macchia di verde, si erano radunati alcuni degli ospiti di Sinbad, compresa la sua amica Eris, intenti a scherzare e a parlare del più e del meno in attesa di riunirsi tutti insieme per cenare.

“Signorina Neli è proprio bella” gli occhi di Aladdin scintillarono, ma la sua pulsione maniaca venne fermata da Alibaba, che lo prese per i pantaloni ed evitò che il Magi andasse a sfregare la sua faccia sul prosperoso seno della regina.

Neli rise di gusto, poi si voltò a guardare Eris:” non ho ancora avuto modo di ringraziarti Eris, senza di te non so cosa sarebbe successo” le disse a bassa voce Neli, sospirando poi per scaricare un po’ di tensione.

Eris scrollò le spalle, le sorrise genuina anche se l’ombra di quello che era successo gravava ancora su di lei:” Figurati Neli..ciò regina Neli” disse Eris grattandosi con un indice la guancia con fare piuttosto imbarazzato.

“Tranquilla, chiamami pure Neli” la rassicurò la regina.

Sinbad e Ja’far si avvicinarono a loro, Sten raggiunse la regina e la guardò con adorazione. “Bene – disse la regina voltandosi verso Sinbad – possiamo andare” disse incamminandosi verso di lui.

Il magoi dentro ad Eris iniziò nuovamente a vibrare, fece un passo avanti e prese d’istinto il braccio di Neli. Lo sguardo cremisi dell’albina si incrociarono con quelli color notte di Neli, la regina la guardò con un sorriso, poi con velata confusione e infine si ritrovò a spalancare la bocca persa in un ricordo lontano. Lo sguardo di Eris, nonostante fosse inchiodato nel suo, appariva un po’ lontano e a tratti assopito, come se la volontà di Eris si fosse messa da parte per qualche istante per lasciare posto a qualcun altro.

“Non andare, sorella” sussurrò Eris stringendo ancora di più il braccio della regina.

Il corpo di Sten si irrigidì per un istante, poi la regina Neli ruppe il silenzio tombale che si era venuto a creare:” Eris ma cosa stai..dicendo?”

Eris boccheggiò per qualche interminabile secondo. Era cosciente di quello che era successo, ma poteva dire con certezza che non era stata la sua volontà a parlare. La frase che le era uscita assomigliava più ad un ricordo, una sensazione, qualcosa che aveva vissuto in passato e che l’aveva portata a dire quella cosa. Era stata una sensazione familiare, ma allo stesso tempo sconosciuta. Si voltò a guardare tutti i presenti, sui loro volti era comparsa un’espressione stupita e preoccupata e questo non fece altro che far agitare ancora di più l’albina.

“N..no, cioè, sorella.. visto che siamo in confidenza..” iniziò a dire in maniera confusionaria, non credendo persino lei alle sue stesse parole.

“Siamo tutte sorellone!” urlò Lara, correndo a mettere una mano intorno alle spalle di Eris nella speranza di aiutare l’amica ad uscire da quella strana situazione.

Sinbad affilò lo sguardo, guardò con perplessità Eris, poi allungò una mano sulla spalla della regina e si mise tra Neli e Sten trascinando verso di sé la regina con un ampio sorriso rassicurante:” Regina Neli, mi segua”.

Neli annuì debolmente, si voltò a guardare Eris, ma quest’ultima aveva già distolto lo sguardo da lei. Sten provò ad avvicinarsi a Sinbad, ma Ja’far gli comparve alle spalle e lo guardò tetro:” che ne diresti di fare due passi, eh?”

 

 
[…]


 
Sinbad e Neli erano ormai già da tempo dentro ad una stanza, tipicamente usata per feste o banchetti tra Sinbad e i suoi generali, situata nella Torre Viola del Leone. La stanza squadrata in questione non era molto grande, le finestre erano coperte da lunghe tende viola e su tutti i muri vi erano raffigurati dei dipinti di vario tipo. Al centro della stanza vi erano due gradini che portavano ad un ampio spazio coperto da lussureggianti tappeti viola e oro e numerosi cuscini su cui appoggiarvisi.

Il tavolino basso sopra uno dei tenti tappeti era imbandito di molte prelibatezze e uno strano profumo di incenso inebriava la stanza.

“E così in poco tempo hai costruito Sindria? – chiese stupita, addentando con una certa malizia una piccola oliva – sei veramente un uomo speciale, Sinbad”.

Il Re la guardò attentamente con la testa leggermente piegata di lato e sostenuta dalla sua mano con il gomito che faceva leva sul tavolino per sorreggere il peso. “Non è stato semplice – le sorrise gentilmente – ma sì, come negarlo” il suo sguardo penetrante si inchiodò nello sguardo pece di lei, facendole distogliere poco dopo lo sguardo e arrossendo leggermente. “Il tuo consigliere Sten ha insistito molto per questo incontro...” iniziò a dire Sinbad in maniera calma e gentile.

Neli rimase interdetta:” Di solito si occupa lui di queste cose – fece una pausa - ha voluto semplicemente darmi una mano, sapevo che eri molto impegnato e non volevo disturbarti” provò a giustificarsi lei abbozzando un sorriso in maniera piuttosto sbrigativa.

Sinbad scoppiò a ridere:” Io ho sempre tempo per delle belle e giovani donne” le sorrise sghembo.

Neli si alzò dal suo posto, fece qualche passo nella direzione di Sinbad e poi si sedette accanto a lui, spalla contro spalla, abbastanza vicina da sentire l’aroma del suo profumo, un mix di spezie dove dominava la cannella. Neli si mosse rapida, toccò incerta la mano del Re, poi si allungo fino al braccio:” Mi fa piacere” la voce di Neli era diventata profonda e nella sua malizia lasciò intravedere l’incertezza di una giovane donna inesperta.

Sinbad sorrise furbo, lasciò che la mano della donna salisse fino alla sua spalla e arrivasse a toccargli la guancia. Il tocco della donna era caldo, ma abbastanza esitante da far capire a Sinbad che non era abituata a sedurre un uomo..oppure semplicemente non era esattamente quello che voleva fare.

Sinbad le prese per un braccio e la trascinò con una forza gentile sulle gambe. La schiena della donna premeva sulle sue cosce, mentre il petto e il viso erano completamente esposti alla sua visione. Lo sguardo dell’uomo torreggiava su lei, mentre il suo profumo speziato e il calore del suo corpo la fecero avvampare immediatamente. Sinbad si abbassò su di lei, avvicinandosi a pochi centimetri dalle sue labbra carnose e per reazione il corpo di Neli si irrigidì tra lo spaventato e lo stupito.

“Regina Neli, le auguro buonanotte” Sinbad sorrise furbo, con una mano aiutò Neli ad alzarsi da quella posizione scomoda e poi la congedò.

Neli si alzò piuttosto velocemente, il rossore sul suo viso non l’aveva ancora abbandonata. Tossì leggermente, poi senza guardare Sinbad si avvicinò alla porta della stanza:” Buonanotte anche a te Re Sinbad”.

Ja’far entrò nella stanza proprio nella piccola porta che divideva quella stanza ad un’altra stanza privata. Si avvicinò con passo deciso, sul suo volto si poteva vedere una certa irritazione.

“Dove hai lasciato Sten?” chiese Sinbad divertito.

“L’ho abbandonato giù al paese – soffiò l’albino – non ne potevo più”. Il generale sospirò, poi si lasciò andare su uno dei tanti cuscini purpurei: “Tu cosa stavi combinando? Sei riuscito a scoprire qualcosa?”

Sinbad lo guardò sfiduciato, fingendosi quasi offeso dalla poca fiducia del suo amico:” Io non ho fatto proprio nulla – piagnucolò lui – comunque non ho scoperto molto. Neli non è il problema, anzi, temo che le sue azioni e le sue scelte siano dettate da qualcun altro”.

“Pensi sia quella ragazza di nome Eris? Non mi fido di lei, quello che è successo oggi è stato..strano” disse Ja’far unendo al petto le due grosse maniche bianche del suo abito.

“Strano, sì, ma non penso sia lei il problema. Sten vuole che mi avvicini a Neli, ma ho come il sospetto che l’interesse non si limiti solo ad avere della loro parte una forza militare come la nostra” ipotizzò Sinbad.

Lo sguardo di Ja’far si indurì: “Pensi ci sia qualcos’altro sotto?”

“Temo di sì e, qualsiasi cosa ci sia sotto, ora è a Sindria” concluse in tono grave.
 


 
[…]
 


Una luce fioca proveniente dalla biblioteca illuminava debolmente una finestra, lasciando intendere che, nonostante fosse notte fonda, c’era ancora qualcuno dentro.  
         
Eris stava spulciando gli ennesimi libri, anche se a quell’ora della notte la sua ricerca incessante si era ridotta alla semplice lettura di racconti e storie di vario tipo. Ormai la stanchezza si faceva sentire e il senso di frustrazione dato da continue ricerche vane non l’aiutavano. Così, per passare il tempo e distrarsi un po’, aveva preso l’abitudine di leggere racconti di tutt’altro tipo prima di andare a dormire.

“Sono lieto che la mia biblioteca ti affascini così tanto” constatò Sinbad camminando verso di lei e rompendo quel silenzio quasi tombale con il rumore dei suoi gioielli che tintinnavano ad ogni passo.

Una folata di aria fresca mista a spezie e alcol le arrivò addosso. Lo sguardo di Eris si spostò furtiva verso di lui, come se fosse appena stata colta in flagrante:” Ve lo concedo – sorrise cordiale – non si trovano tutti i giorni biblioteche così fornite” disse piuttosto brevemente.

Spostò lo sguardo sui libri impilati accanto ad Eris: “Ti piacciono libri di avventure, Fantasy…Magia..”

Eris sorrise furba, poi piegò la testa di lato con fare curioso:” Magia? Mio Re, non ci sono libri di magia su questo tavolo”.

Sinbad scoppiò in una risata cristallina:” L’altra volta hai preso numerosi libri sulla magia” la punzecchiò lui, notando con piacere che non sarebbe stato facile avere una trattativa con lei.

“Ah, allora è proprio vero che il famoso re di Sindria ha l’occhio lungo” lo schernì, incurvando le labbra in un sorriso provocatorio.

“Sono sempre attratto dalle belle donne” la mano del Re scivolò silenziosa a pochi centimetri dalla mano di Eris, appoggiata sopra alle pagine del libro che stava leggendo. Ma, non appena il suo indice le sfiorò la mano, la donna ritrasse velocemente l’arto e chiuse bruscamente il libro con l’altramano. Grazie ai riflessi dell’uomo, Sinbad riuscì a togliere la mano prima che l’albina gliela schiacciasse dentro al libro, rimanendo con una espressione piuttosto allibita sul volto.

“Chissà quante volte ci avrai provato con questa frase – sospirò lei annoiata – mi aspettavo molto di meglio. Comunque, puoi anche toglierti quella maschera da perfetto uomo, non perdere tempo con questi mezzi con me, non ci casco” concluse mentre riponeva il libro sopra la pila di libri che aveva a fianco.

Sinbad sorrise cordiale, anche se un velato alone di irritazione gli scintillò nello sguardo, spostò il suo peso verso lo schienale della sedia e mise entrambe le braccia appoggiate al tavolo: “Hai notato per caso notato qualche comportamento strano da parte di Sten?” chiese il Re, arrivando a quello che era fin da subito il succo della questione.

“Sten? – fece finta di pensarci su – l’aria di Sindria non gli fa bene” scherzò lei.

Sinbad si fece serio, forse a tratti confuso dall’atteggiamento di quella ragazza, d’altronde era l’amica di Proteus, quindi si sarebbe aspettato una collaborazione meno forzata. Eppure, fin dal primo giorno non avevano mai avuto modo di incontrarsi realmente, non avevano mai parlato, tuttavia lei si ostinava a tenere le distanze come se nascondesse qualcosa.

“Tu non ti fidi di me, giusto?” chiese infine, arrivando alla conclusione che se non fosse stato diretto e schietto non avrebbe avuto molte risposte da quella donna.

“Hai dato per scontato che essendo amica di Proteus potessi in qualche modo fidarmi come lui si fida di te – disse in tono piuttosto arrogante – ma io non sono Proteus, per me sei uno sconosciuto. Vuoi la mia fiducia? Vuoi che ti aiuti in qualsiasi cosa tu stia cercando di fare? Dammi la prova che posso fidarmi di te”.

Detto ciò, Eris si alzò dal tavolo, sorrise cordialmente a Sinbad e poi disse:” Re Sinbad, le auguro buonanotte”.

Sinbad si grattò la testa con una mano, il volto corrucciato in una smorfia bambinesca tra l’arrabbiato per non aver ottenuto nulla e il divertito per quale situazione che, inevitabilmente, lo stimolavano e lo spronavano a fare meglio per avere la situazione nelle sue mani.

 

 
[…]
 


Il giorno la mattinata iniziò con i preparativi di Alibaba, Aladdin, Morgiana e Hakuryuu per il dungeon di Zagan. Qualche giorno prima Sinbad aveva ordinato ad Alibaba, Aladdin e Morgiana di andare a conquistare il dungeon di Zagan visti i numerosi progressi fatta duranti gli allenamenti con Sharrkan, Yamraiha e Masrur. Inoltre, visti i movimenti e la minaccia dell’organizzazione, portare dalla loro parte un dungeon inesplorato poteva essere un vantaggio non da poco. Al gruppo si unì anche Hakuryuu che, silenzioso e con lo sguardo severo, aveva chiesto il permesso a Sinbad per partecipare all’esplorazione.

Ora il gruppo era riunito davanti all’ingresso principale del palazzo reale, dietro di loro c’era Pisti e il suo fidato uccello che comandava grazie alla sua piuma magica.

“Mi raccomando Mor, prendi a calci in culo Zagan” la spronò Lara, abbracciandola poi con una certa audacia e facendo arrossare la piccola Fanalis.

“Sì, lo farò” sussurrò lei sorridendo.

“Non funziona proprio così…” borbottò Eris a pochi passi da loro, cercando di spiegare alle due ragazze che non sarebbe stata una cosa molto efficace da fare a casa del Djinn in questione.

Proteus si avvicinò ad Alibaba e portò una mano sulle sue spalle del giovane principe:” Mi raccomando piccolo principe, torna vivo – gli strizzò un occhio furbamente – che poi andiamo a spassarcela giù in paese”.

Gli occhi di Alibaba si illuminarono di malizia, Aladdin trotterellò vicino a loro assumendo la stessa espressione del suo amico:” Ci puoi contare” rispose il biondo battendo un cinque con Proteus.

Così il loro viaggio verso il dungeon di Zagan ebbe inizio. Poco tempo dopo Sinbad decise di mandare provvidenzialmente Masrur, Yamraiha e Sharrkan all’ingresso del dungeon per proteggere il gruppo da un possibile attacco mirato di Al Thamen. La strategia di Sinbad si rivelò, come sempre vincente, ma all’ombra della barriera eretta da Yamraiha si stava nascondendo qualcuno che presto o tardi avrebbe creato scompiglio.
 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Broken heart ***


Broken heart




 
Una profonda crepa comparve in cima all’enorme barriera eretta dalla maga Yamraiha e che proteggeva l’intera Sindria da eventuali attacchi esterni. La barriera si ruppe partendo dal centro e cadde come se fosse acqua verso l’interno, lasciando un profondo buco dall’aspetto minaccio sopra le loro teste. Dal foro comparve un ragazzo circondato dal rukh nero, i lunghi capelli, acconciati a formare delle sfere dentro ad una lunga coda, sventolavano in cielo in preda ad una frenesia e gli occhi color rosso scintillavano di piacere nel vedere liquefarsi davanti ai propri occhi quell’enorme barriera magica. Quel ragazzo dagli strani pantaloni vaporosi neri si ergeva orgoglioso sopra l’intera Sindria, facendolo assomigliare ad un terrificamene sole nero.

Judal scese leggiadro davanti allo spiazzo del palazzo Reale e, prima che potesse mettere piede sulla pietra rovente, le guardie reali, alcuni generali e altri ospiti di Sinbad si radunarono intorno a lui in posizione di attacco. Ja’far fu il primo ad intervenire, evocando il potere del suo vaso di metallo per colpire Judal, ma il ragazzo nero sventolò abilmente la bacchetta e lo ribaltò a pochi metri di distanza, facendolo andare a sbattere contro le mura del palazzo.

“Mettiti da parte pesciolino – lo sbeffeggiò Judal - è con Sinbad che voglio parlare”

Lara ed Eris si posizionarono davanti a Sten e Neli, quest’ultima già abbastanza in confusione per quello che era appena successo. Sten si limitò a tacere, stando a debita distanza da tutto, ma abbastanza vicino da poter osservare tutta la scena.

“Che ci fai qui, Judal?” la voce glaciale di Sinbad fece voltare tutti verso di lui.

Lo sguardo di Judal si allargò esaltato, salutandolo poi con un gesto della mano amichevole. “Hei, Sinbad, che idea ti sei fatto di Aladdin? Non trovi strano che sia comparso un nuovo magi nel mondo?” chiese piegando la testa di lato e allargando le braccia davanti a sé in maniera piuttosto teatrale.

Sinbad affilò lo sguardo imperturbabile, aspettando cosa avesse realmente da chiedergli Judal. Così il Magi di Kou proseguì nel suo discorso:” A Balbadd ha utilizzato quello strano potere e i vecchi della mia organizzazione hanno iniziato a bramarlo. Non è che anche tu sei interessato a metterci le mani sopra? Cosa vuoi ottenere con quel nano?”

“Non sono affari tuoi” tagliò corto il Re.

“Che insensibile, perché trattarmi così freddamente? Avresti potuto unirti a me, e invece..” piagnucolò falsamente Judal.

“Tu fai parte dell’organizzazione – ruggì Sinbad – hai dimenticato cosa ci avete fatto quella volta in Partevia?”

I nervi di Proteus si irrigidirono per un attimo, strinse la lancia nella sua mano e digrignò i denti:” Maledetto bastardo” sussurrò nervoso, attirando lo sguardo su di sé di Lara ed Eris, le quali si fissarono preoccupate, successivamente tornarono a guarda la scena davanti a loro.

Judal si fece serio per un attimo, abbassò lo sguardo e poi lo rialzò fissando con le lacrime agli occhi Sinbad:” Non guardarmi così Sinbad, anche io… - iniziò a singhiozzare – sono una vittima di Al Thamen”.

Sinbad lo guardò confuso, i lineamenti del suo viso si addolcirono per un istante, incerto sul da farsi.

“Quel piccolo magi… mi ha mostrato… il mio passato…il rukh ha scelto di farmi nascere in un villaggio a Oriente…ma i miei genitori, gli altri abitanti del villaggio, sono stati uccisi subito dopo dall’organizzazione. Loro mi hanno preso e hanno approfittato del fatto che ero solo un bambino… e da allora non hanno fatto altro che sfruttarmi… e continui a dire… Che è tutta colpa mia…?” urlò disperato, crollò a terra e si premette due mani sulla fronte.

Sinbad e Lara si mossero in sincrono. La scena che Lara aveva appena visto le aveva stretto il cuore, sentendosi per un momento davvero vicina alla disperazione di Judal. Si mosse rapida, porgendo una mano solida ed amichevole al ragazzo ormai scoppiato a piangere, ma per tutta risposta Judal si alzò all’improvviso e scoppiò in una fragorosa risata.

“Muahah non ce la faccio. Ti ho fatto pena? Sei proprio una brav’uomo”.

“JUDAL” ringhiò Sinbad.

Lara indietreggiò nuovamente, sprofondando in un miscuglio di sentimenti che andavano dall’arrabbiato all’imbarazzato per essersi impietosita e lasciata soggiogare dall’atteggiamento bipolare del Magi. La Fanalis abbassò la testa amareggiata, notando che Judal era stato così concentrato su Sinbad da non notare nemmeno quello che aveva provato a fare.

Judal tornò ad indossare il suo solito sorriso divertito e arrogante: “Ehi Sinbad… sei sicuro di non volerti unire a me? Sei un re di contenitori straordinario… Con una quantità sovrumana di magoi, l’unico al comando di sette Djinn e fenomenali utilizzatori di contenitori famigli! Penso che ci divertiremo come matti…a conquistare il mondo insieme!”

Ma l’unica risposta che ottenne fu uno sguardo infastidito da parte di Sinbad.

“Comunque sia, adesso devo tornare. Avvisa Hakuryuu della situazione, ora questo paese è nostro nemico” concluse il Magi con estrema nonchalance.

Judal spostò lo sguardo sui presenti, assaporando con soddisfazione lo stato di inquietudine e malessere che aveva portato. Il suo sguardo annoiato si spostò su Lara, quest’ultima notando i due rubini incorniciati da quegli occhi disprezzanti, iniziò a tremare.

“Lara? – sussurrò Eris avvicinandosi all’amica e appoggiandole una mano sulla spalla – tutto bene?” chiese preoccupata.

Lara trattenne il respiro per qualche secondo, sentendosi inevitabilmente soffocare. Fu come un fulmine a ciel sereno, Lara rivisse per un istante quello che le era successo anni addietro. L’odore della terra bagnata le arrivò alle narici improvvisamente, la pioggia incessante che batteva violenta sul tetto della carovana, quella sensazione di paura e disorientamento che l’avevano accompagnata per diversi giorni e infine lui, quella figura malvagia dagli occhi color inferno, che l’aveva strappata dal Colosseo di Reim per portarla a Kou. Judal l’aveva strappata dalle calde braccia del Colosseo per venderla profumatamente ad un acquirente nel regno di Kou. Lara poté ricordare ancora la sua battaglia contro Judal, terminata con una sonora sconfitta da parte di lei. Il sorriso soddisfatto e orgoglioso di Judal le comparve di nuovo nella mente e, proprio in quel momento, il Magi nero la fissò incuriosito e divertito, riconoscendo la Fanalis che aveva rapito a Reim e che aveva tremato anche quella volta sotto il suo sguardo minaccioso.

Judal spostò lo sguardo verso Neliel e Sten, sogghignando malvagio:” Ah, la megera del popolo caduto è ancora viva?” piegò la testa di lato divertito.

“Tu, bastardo…” soffiò Eris. Lara si frappose tra Judal ed Eris, evitando alla sua amica di andare a cercare rogne che non avrebbe potuto affrontare in quel momento.
Per tutta risposta Judal la ignorò, si voltò verso Sinbad e poi volò via dicendo:” A presto”.

 
[…]
 

Il gruppo di Alibaba, che era partito per il dungeon di Zagan, fece ben presto ritorno e Sinbad li premiò per la riuscita della conquista con una festa in pieno stile sindriano. Nonostante il gruppo avesse subito consistenti ferite a causa dell’attacco di Al Thamen, i tre generali riuscirono a salvarli in tempo. Dopo le cure ad opera di Yamraiha, la maggior parte del gruppo si rimesse in forma, eccetto per Morgiana, le cui ferite e l’esaurimento del magoi nel dungeon di Zagan avevano messo a dura prova il suo corpo.

La festa a Sindria era qualcosa che lasciava il segno: la vita risplendeva sotto al chiarore della luna, una moltitudine di fanciulle ballava a perdifiato agghindate da bellissime collane floreali, il cibo era delizioso e il sorriso dipinto sulle persone metteva armonia nei cuori in tempesta.

Proteus diede una pacca sulla schiena di Alibaba, facendogli quasi andare di traverso il vino:” È un peccato che il vostro amico Hakuryuu non sia venuto” disse Proteus leggermente rosso in viso, dopo l’ennesimo bicchiere di vino.

“Non è un posto molto educativo per un ragazzino del suo casato..” brontolò Senza Nome, guardandosi intorno a disagio. Non era ancora riuscito ad affrontare la sua tremenda timidezza e il due di picche che le aveva dato una giovane donna sindriana qualche settimana prima lo avevano demoralizzato ancora di più.

Zenko ballava divertito con due giovani donne, tenendo con una mano la mano di una ragazza, mentre con l’altra mano l’altra mano della ragazza e un boccale di vino. In bocca teneva un enorme coscia di pollo e ad ogni movimento sparpagliava in giro sputacchi di cibo e vino che cadeva dal suo boccale instabile. “Cavolfdshf…suogkfg” farfugliò il bestione peloso.

Sharrkan, nel divanetto accanto a loro, si godeva la presenza di due bellissime fanciulle sedute proprio sopra le sue gambe:” Non sembra un cattivo ragazzo, ma è troppo rigido”.

“Zietto – miagolò Aladdin, guardando Proteus con occhi sognanti - dove sono le nostre ricompense?” chiese guardandosi da una parte all’altra della stanza del bordello.

“Vero – si unì Alibaba con sguardo famelico – siamo tornati da Zagan proprio per questo” e poi scoppiò in una risata.

Proteus scoppiò a ridere, poi sventolò una mano e una cameriera corse subito a chiamare le donne che aveva prenotato proprio per i due giovani trionfatori. Dalla stanzina accanto fecero il loro ingresso due donne: la prima più piccolina e snella, con dei pantaloni larghi e un top decorato con payette che facevano rumore ad ogni passo, mentre l’altra alta circa due metri con un corpo muscoloso, due occhietti piccolini e un naso aguzzino.

“Grazie ziettoooo” urlò Aladdin lanciandosi come un pazzo sopra il seno prosperoso della donna minuta, sguazzandoci come se fosse appena entrato in paradiso. L’accompagnatrice iniziò a ridere come una matta, mentre si coccolava teneramente il giovane bambino fin troppo precoce.

“Ehi no, aspetta…” borbottò Alibaba bianco in volto.

“Ho chiesto ad Aladdin che gusti avessi, così ho pensato che lei fosse perfetta” ridacchiò Proteus sornione, spingendo l’amico contro l’enorme donna.

Alibaba venne letteralmente spinto contro la pancia dura come la pietra della donna, suscitando l’ilarità di Proteus e Sharrkan e una certa velatura di imbarazzo e timidezza nella donnona. La donna arrossì leggermente, si mise una mano davanti alla bocca, mentre il suo naso aguzzino usciva di prepotenza dalla mano, poi prese la mano di Alibaba e lo trascinò nel divanetto accanto.

 
[…]

 
Neli si guardò intorno piuttosto divertita, sorseggiava lo strano liquore violetto e si godeva la brezza notturna circondata da una moltitudine di persone allegre. L’aria della Sindria le metteva allegria, forse perché le alleggeriva tutti i problemi e le responsabilità che gravavano su di lei, ma allo stesso tempo le metteva malinconia, poiché il suo popolo attualmente era in mano ad un altro sovrano e la sua gente era in balia di persone che non avevano lo stesso amore che aveva lei per il suo popolo.

“Perché vi state ostinando con Sinbad?” chiese a bruciapelo Eris, facendo tossire leggermente la sua amica Lara, che nel mentre si stava concedendo un po’ di vino.

“Se i nostri popoli si unissero, Tenoran tornerebbe un popolo libero, inoltre avremmo la protezione dell’Alleanza dei Sette Mari” rispose Neli.

“Non c’è bisogno di buttarsi nel letto di Sinbad per chiedere un aiuto – rispose piccata lei, forse un con un po’ troppa impertinenza a causa dell’alcol che aveva in corpo – sono certa che vi darà una mano lo stesso..in qualche modo”.

Neli sgranò gli occhi, le guance le si tinsero di rosso:” Il mio popolo è millenario, le nostre terre sono fertili e potremmo commerciare qualsiasi tipo di pianta o frutto con l’alleanza..se ci sposassimo, Sindria diventerebbe la migliore” cercò di giustificarsi la donna.

“La metti sulla politica commerciale ora? Ah, adesso si chiama così!?” soffiò l’albina, scoppiando in una fragorosa risata.

Neli sbiancò di colpo, poi corrugò la fronte in una espressione severa e di disapprovazione e si alzò dalla sedia facendola cadere per terra. Sten le si avvicinò di colpo allarmato, così fecero Sinbad e Ja’far. “Cosa ne vuoi sapere tu? – sibilò la regina – non sai nemmeno da che paese vieni, gironzoli per il mondo non concludendo mai nulla, non sei a capo di un regno..tu non sai cosa vuol dire”.

“Ragazze, ehm no..sua maestà Neli, Eris..per piacere…” balbettò Lara cercando di intromettersi nel discorso per farle smettere ed evitare che altri sguardi indiscreti potessero concentrarsi su di loro.

Eris imitò la regina: si alzò anche lei in piedi, fronteggiando la donna faccia a faccia:” Sindria non ha bisogno di niente, ha già il miglior commercio in circolazione, non saranno due verdure maledette a migliorarlo, l’Alleanza dei Sette Mari è solida e sono una potenza politica e bellica già quasi perfetta così. Chi vuoi prendere in giro tu con questi discorsi politici!”

Ja’far e Sinbad si guardarono con la coda dell’occhio, ma decisero di non intervenire per capire dove i loro discorsi volessero andare a parare.

“Da quando mi remi contro, Eris?” chiese freddamente Neli.

“Da quando hai iniziato a pensare a queste stronzate – si limitò a dire atona – da quando hai iniziato questa stupida sceneggiata a Sindria. Tu stessi amavi il tuo regno proprio perché era così diverso, isolato, unico nel suo genere..mi hai sempre detto che avevate tutto e che non volevate altro perché il vostro equilibrio lo avevate già trovato.. Perché ora vuoi forzare una alleanza in questo modo pietoso con la Sindria?” lo sguardo di Eris si addolcì, prese una mano di Neli e la tenne nella sua per qualche secondo.

Neli rimase in silenzio, abbassò gli occhi sul tavolo imbandito di cibo e per un attimo sembrò quasi che la sua mente vacillasse, come se le parole di Eris avessero fermato quel flusso di pensieri negativi che la stavano ossessionando da settimane, come se la Neli di un tempo fosse tornata a pensare con la sua testa..

Sten si avvicinò a loro schiaffeggiando la mano di Eris per allontanarla da Neli:” Non ti permettere di toccare la regina Neli con le tue sporche mani da popolana – soffiò lui fulminandola con lo sguardo – andiamo regina, ha bisogno di riposare..” concluse mellifluo verso Neli, trascinandola letteralmente via.

Il clima già abbastanza teso di quel momento venne ulteriormente inasprito dai gemiti di dolore di Hakuryuu, che inizialmente si limitò a stringersi la ferita fattosi nel dungeon, poi si alzò e il braccio gli cadde letteralmente per terra, come se qualche entità invisibile gli avesse tranciato di netto quella parte del corpo.

 
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Dal braccio iniziò a fuoriuscire il rukh nero, come se uno sciame di api impazzito avesse appena lasciato il proprio alveare. E mentre il rukh continuava a volteggiare verso l’alto, una strana melma nera iniziò a fuoriuscire dal braccio, diramandosi in tentacoli fuligginosi intorno al rukh e materializzando proprio da quell’essenza nera la figura di Ithan.

“Magi, re Alibaba e re Sinbad sono venuto per recapitarvi un invito”.

Dal suo corpo fuoriuscirono figure grottesche e senza una forma definita che si lanciarono in giro per la folla di persone. Lara, assieme a Shakkran ne affrontarono due, scoprendo con orrore che dopo la loro distruzione non rimaneva altro che rukh nero. Ithnan sogghignò e si lanciò contro Sinbad, accanto a lui c’erano ancora Ja’far e una Eris piuttosto ciondolante a causa del vino, ma, nel momento in cui si parò di fronte a loro intervenne Alibaba sguainando la spada per tagliare in due Ithnan, quest’ultimo esplose in un’ondata di sangue: Ja’far si spostò di lato per evitare il liquido, Eris venne spinta contro il tavolo da Sinbad riuscendo ad evitare il colpo, ma Sinbad e Alibaba non riuscirono a fare lo stesso e il sangue li investì.

“Che razza di sangue è?” urlò terrorizzato Alibaba. Il sangue si attaccò alla pelle dei due uomini macchiandola di nero e piccole emanazioni di rukh nero presero a volteggiavano intorno alla macchia.

“Compiendo la volontà di nostro padre…vi onoreremo con la maledizione della morte. Diventerete re oscuri e vi sottometterete a nostro padre” sibilò Ithnan prima di scomparire.
 

 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Believe in me ***


Believe in me


 
Alibaba e Sinbad vennero portati dentro al palazzo e, poco dopo essersi accertati che quella non fosse una maledizione bensì una magia, Sinbad utilizzò un portale magico per teletrasportarsi all’insaputa di tutti da Ithnan, esattamente pochi nodi fuori dalla barriera di Sindria. In quel luogo silenzioso, sotto una luna piena, Sinbad uccise Ithnan grazia al suo Djinn Focalor e poi tornò da Yamuraiha nel palazzo reale. Sotto incitamento di Sinbad, Aladdin usò la Saggezza di Salomone per mettersi in contatto con il rukh di Alibaba, cacciando così dal suo corpo la “maledizione” che lo stava trasformando sempre di più in un Re nero.

Tirando le somme di quella sera, l’apparizione di Ithnan aveva trasformato una serata di spensieratezza e urla di divertimento in un incubo. E mentre Alibaba dormiva per riprendersi anima e corpo da quello che gli era successo, il sole si alzò nel cielo dando inizio ad una nuova alba. La quiete e la pace che c’erano a Sindria dopo una nottata di baldoria erano qualcosa che disorientava, in giro per il palazzo di tanto in tanto si poteva incrociare il personale della servitù intento a pulire o a riordinare qualcosa a palazzo, ma i generali e Sinbad stesso sembravano ancora rintanati nella Torre Viola del Leone.

Eris sospirò piano, maledicendosi per aver avuto la brillante idea di lasciare la propria stanza così presto. Si guardò intorno un po’ spaesata poiché l’ala della Torre Viola del Leone del palazzo reale era accessibile solo a poche persone ed eludere la sorveglianza l’aveva messa talmente tanto a disagio da farla sentire una ladra.

“Cosa ci fai qui?” chiese Ja’far alzando le sopracciglia stupito e allo stesso tempo un po’ allarmato nel vedere proprio lei aggirarsi da quelle parti.


 
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Eris riuscì a malapena a trattenere un gridolino spaventato, sentendosi una vera stupida nel ritrovarsi in quella situazione così imbarazzante proprio con Ja’far, che da quando era arrivata a Sindria l’aveva guardata con sospetto un giorno sì e…l’altro pure!

L’albina tossì leggermente, si voltò a guardare il generale, poi disse:” Stavo cercando Sinbad”.

Ja’far alzò un sopracciglio:” il re Sinbad? – la punzecchiò lui correggendola - è nella sua stanza, ma è abbastanza presto per andare a disturbarlo, inoltre, per parlare con il Re bisogna richiedere un’udienza” si limitò a dire lui.

Eris roteò gli occhi al cielo e poi si mise con le braccia conserte:” Perché mi odi così tanto?” chiese a bruciapelo. Di solito non le importava cosa la gente pensasse di lei, ma l’ostinazione di Ja’far nel vederla come una persona da sospettare e tenere costantemente sotto controllo l’aveva da una parte anche incuriosita.

“Potrai anche essere amica di Proteus e gli altri, ma c’è qualcosa in te che non mi convince – disse l’ex assassino senza troppi giri di parole – e comunque non ho mai detto di odiarti” concluse con un po’ di risentimento, addolcendo un po’ i lineamenti del viso tirati da una espressione seria.

Eris arricciò il naso con disapprovazione:” Avete permesso a quei due di Kou di entrare a Sindria, senza contare quell’incompetente di Sten che vi sta attaccato come una cozza al sedere - disse in maniera piuttosto risentita - …e io sarei quella che non convince?”

“Siete proprio tu e Sten il problema” soffiò lui fissandola con i suoi occhi color giada.

Prima che Eris potesse dire qualcosa, Sinbad sbucò fuori dall’angolo del corridoio proprio dove era apparso Ja’far, stupendosi di trovare a parlare il suo generale, non che braccio destro, proprio con Eris.

“L’ho beccata a gironzolare senza permesso” si affrettò a dire Ja’far puntandole un dito contro. I due si guardarono in cagnesco, poi con nonchalance intervenne Eris:” Non ho nemmeno il mio Djinn dietro, cosa vuoi che combini?” sbottò poi allontanando con un movimento veloce della mano il dito accusatorio di Ja’far a pochi centimetri da lei.

Ci fu un attimo di silenzio, poi Sinbad scoppiò in una risata divertito: “Ja’far, tranquillo, va bene così – lo rassicurò il re – come posso aiutarti signorina Eris?” chiese poi abbozzando un sorriso divertito. Da quando era arrivata a Sindria, per Sinbad era stato difficile parlare con lei e, nonostante la sua iniziativa nel voler parlare, la ragazza si era sempre ostinata a remargli contro.

“Volevo parlarle – poi si voltò a guardare Ja’far con maliziosa ostilità – ma solo tu e io” concluse allungando il viso in un sorriso furbo, facendo subito dopo una linguaccia in direzione dell’albino, suscitando una punta di irritazione nel generale.

 
[…]
 

Sinbad la fece accomodare nella sua stanza, dove un enorme salone divideva un letto a baldacchino dalle rifiniture minuziose e dalle purpuree lenzuola, da un’area ricolma di divanetti e cuscini di ogni forma e dimensione, posizionato proprio di fronte a delle enormi vetrate che davano su tutta la Sindria. Il re la fece accomodare su uno dei divanetti, poi le offrì una tazza con dentro uno strano liquido semi trasparente marroncino, l’odore forte della cannella le fece pensare che quello fosse un infuso aromatico.

“Credo di doverti dei ringraziamenti – bevve un sorso di quell’infuso, lasciandosi inebriare un po’ dall’aroma pungente e avvolgente – se lei non avessi avuto i riflessi pronti, probabilmente sarei finita anche io come Alibaba”.

“Non essere sempre così formale con me, chiamami Sinbad – disse l’uomo sorridendole cordialmente – comunque sia, non c’è di che” sussurrò piano.

Eris sospirò:” Ja’far mi ha appena sgridata per averti chiamata solo Sinbad poco fa – si lamentò lei – mettetevi almeno d’accordo...”

Sinbad rise piano, trovava quella situazione estremamente divertente e buffa: “ Non ce l’ha con te Ja’far, vuole solo proteggere me e la Sindria..non prendertela troppo”.

Eris lo guardò stizzita borbottando a filo della tazzina un arrogante e sconcertato “non me la sono presa”. Finì di bere un altro sorso, poi guardò incuriosita il volto di Sinbad:” Sei un tipo particolare, Sinbad.. – disse fissando il punto del viso in cui ricordava di aver visto comparire la maledizione – potevi benissimo schivare quel sangue, ma non lo hai fatto, inoltre, sei ritornato da quel teletrasporto senza la maledizione, mentre Alibaba si è fatto aiutare da quella strana magia di Aladdin..” notò con curiosità lei.

Sinbad rimase a fissarla per qualche istante, il volto privo di espressione e concentrato sulla figura che aveva davanti:” Non sarebbero cambiate le cose...perchè io sono già caduto per metà nella corruzione molti anni fa e quella magia non era all’altezza di quello che ho passato, quindi sono riuscito a rimuovermela da solo” concluse, studiando ogni sua piccola mossa.

Eris rimase ad ascoltare, in bilico tra lo stupito e l’allibito. Che razza di persona era Sinbad? Tutti lo temevano, tutti lo veneravano a Sindria e Proteus lo adorava come se fosse un fratello. Sinbad emanava una luce calda, rassicurante ma, allo stesso tempo, intorno a lui aleggiava una certa sfumatura di mistero che Eris non sapeva se definire buona o cattiva.

“Sai, quel tizio che vi ha maledetto…è venuto anche a Tenoran qualche settimana fa – iniziò a dire Eris, provando a ricambiare quel poco di fiducia che gli aveva dato Sinbad con qualcosa che sicuramente avrebbe avuto piacere sentire – ma…è strano quello che è successo”.

Sinbad la fissò incuriosito, poi accavallò le gambe e continuò ad ascoltarla mentre sorseggiava lo stesso infuso che aveva offerto a lei.

Eris si fece seria in volto: “Ci ha attaccato, ha minacciato Neli dicendole che avrebbero ucciso lei e tutti i suoi nobili per costringere alla resa tutto il popolo di Tenoran – fece una pausa - Io ricordo bene ti averlo attaccato Ithnan con il mio Djinn, ma sono certa di quello che ho visto: il suo borg non si è rotto, ma lui è rimasto a terra per tutto il tempo in cui ce ne siamo andati”.

Sinbad affilò lo sguardo, ci pensò su per qualche secondo, poi disse:” Pensi che abbia fatto finta?”

“Ha messo paura a Neli e ai nobili che erano con lei, costringendola a cedere alla proposta di fuga di Sten. È stato Sten a dirmi di venire a Sindria e che aveva raccolto informazioni su questo paese da chissà quale sventurato capitato a caso a Tenoran. Lui sembrava conoscere Sindria e…io ho visto con i miei occhi quel posto, quella gente non ha mai visto qualcuno o qualcosa diverso da loro” disse prendendosi in mano una ciocca di capelli albini, facendo capire a Sinbad che una pelle e una capigliatura come la sua erano sembrati per i tenoriani qualcosa di estremamente nuovo e curioso.

“Quindi Ithnan è stato solo un diversivo per costringere la regina a fuggire qui da me? Si spiegherebbero molti degli atteggiamenti di Sten” concluse Sinbad in tono grave.

“Non lo so cosa voglia Al Thamen da te, ma sembra che sia stato tutto architettato per far arrivare qui Sten e tenerti sotto controllo” lo avvertì lei.

“Ho a che fare con quell’organizzazione da fin troppo tempo, Eris, mi stupirei del contrario – le disse amareggiato – il problema è che non capisco perché ribaltare una piccola nazione isolata come Tenoran e far scappare la regina…”

Ci fu un attimo di silenzio, Eris aprì la bocca, poi la richiuse e tornò a fissare gli occhi dorati di Sinbad. Eris abbozzò un sorriso divertito, poi scoppiò a dire:” Forse perché pensavano di tenerti in pugno servendoti su un piatto d’argento una bella regina così prestigiosa e venuta da una terra di nessun dove”.

Sinbad si strozzò con l’infuso, strabuzzando gli occhi sorpreso da quel momento di ilarità proveniente proprio da quella ragazza che aveva sempre messo decine di muri di distanza tra lei e lui. Si ritrovò piacevolmente stupito, anche se la reputazione che aveva di lui si era abbassata alla stregua di uno stupido re dongiovanni. “Hei, un momento – disse facendo l’offeso – non sarebbe stato così semplice, giusto per la cronaca” sottolineò lui con velata permalosità.

Eris scoppiò in una risata cristallina, notando con piacere che le sue parole avevano avuto l’effetto sperato, scatenando in Sinbad una certa piacevole disapprovazione. “Comunque, penso di avere la risposta alla tua domanda..”

E così Eris raccontò nuovamente di quello che era successo con la sorella di Neli pochi mesi prima, della sua morte, della fusione del suo rukh con quello di lei, del lungo viaggio per avvisare la regina e infine dell’invasione di Kou.

Lo scintillio negli occhi di Sinbad fece capire ad Eris che quell’argomento aveva completamente catturato la sua attenzione:” Ti ha fatto un dono?”

“Non ho idea di cosa sia, il suo rukh si è fuso con il mio…so solo questo” Eris alzò le spalle senza risposta.

“Non sei in grado di metterti in contatto con lei?” chiese Sinbad pensieroso.

Eris lo fissò per qualche istante, poi distolse lo sguardo e si concentrò a fissare il suo viso riflesso nella tazzina con l’infuso: “Sì e no” le confidò lei senza scendere nei dettagli.

Sinbad le sorrise, aveva capito cos’era successo, o meglio lo aveva ipotizzato basandosi sulle sue conoscenze, ma voleva avere la certezza: “Uhm, andiamo da Yamraiha” disse infine.
 

 
[…]

 
 
La stanza magica di Yamraiha era un piccolo locale pieno zeppo di oggetti strani, c’erano numerose candele, molte delle quali erano già state accese in precedenza, sacchi di ogni tipo e ampolline dalle forme e i colori più disparati. Sulle mensole a forma di rombo infossate nei muri vi erano accatastati numerosi rotoli contenenti, molto probabilmente, formule magiche.    

La maga dai capelli azzurri era seduta al centro della stanza sopra un enorme tappetto ricamato, intorno a lei c’erano diverse pergamene aperte e un piccolo stecco di incenso bruciava lentamente, rilasciando nell’aria un delicato profumo floreale.

Yam si voltò a fissare le due figure che varcarono la soglia della sua porta, sorrise cordialmente ad entrambi, poi piegò la testa di lato incuriosita dalla presenza di quelle due figure insieme.

“Yam, ho portato qui Eris perché voglio che controlli il flusso del suo rukh” disse prontamente Sinbad, facendo segno ad Eris con una mano di andare dalla giovane maga.
Yamuraiha le sorrise gentilmente, poi la invitò a sedersi con lei. La maga avvicinò una mano al braccio di Eris, sotto lo sguardo attento e preoccupato di quest’ultima, poi la sfiorò piano per sentire il flusso del rukh che scorreva in lei.


 
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“Uhm – fece pensierosa Yam, tastandole altri punti – il tuo flusso circola in tutto il corpo, o meglio, in questo punto fa più fatica a scorrere, come se fosse rallentato. Temo che se questa parte dovesse rallentare ancora di più, si bloccherebbe completamente e tu non saresti più in grado di manipolare il magoi” concluse la maga.

Eris ritrasse la mano piuttosto infastidita da ciò che aveva appena sentito: “Non sarò mai più in grado di usare il magoi?”

“Non ci sono segni visibili all’esterno, ma sembra quasi che c’è una macchia nel tuo rukh che rallenta il tuo magoi in questo punto – indicò un punto poco sopra la terza costola – come se qualcosa lo avesse contaminato e silenziosamente si stesse espandendo.”

“Ma il mio rukh non è caduto nella corruzione” provò a dire lei ancora più confusa di prima.

A quel punto intervenne Sinbad: “Nelial ti ha detto per caso qualcosa?”

Eris rifletté per qualche secondo: “Dei sottoposti di Al Thamen l’avevano rapita perché erano a conoscenza di questo suo dono, ma non so dirti di più. Insomma, pensi che abbiano provato a fare qualcosa al suo rukh?”

“Forse hanno provato a farla cadere nella corruzione, oppure l’hanno maledetta in qualche modo e, poco prima di morire, il suo rukh maledetto si è unito al tuo, trasferendo in qualche modo la sua maledizione a te” ipotizzò Yamraiha. “Che poi, non esistono delle maledizioni vere e proprie, sono solo delle magie…” si corresse poi la donna dalla folta chioma azzurra.

“Non penso di capirci molto, però la maledizione di Alibaba si stava espandendo velocemente e se non fosse intervenuto Aladdin a quest’ora sarebbe stato completamente corrotto” disse piuttosto perplessamente.

“A quanto pare Nelial sta avendo abbastanza forza per farla progredire poco alla volta, ma se non interveniamo subito rischiamo di arrivare ad un punto di non ritorno” disse Sinbad serio in volto.

Eris rimase in silenzio, la mascella serrata e la preoccupazione che le lampeggiava sul volto…non immaginava che la situazione fosse così terribile. E se non ne avesse parlato con Sinbad, quanto sarebbe potuta andare avanti prima che Nelial avesse perso tutte le forze che aveva per rallentare la maledizione?

“Stai tranquilla, Eris, non appena Aladdin si riprenderà dalla magia che ha utilizzato, parleremo a lui di questa cosa e sono certo che ti darà una mano” concluse Sinbad offrendo una mano ad Eris per alzarsi da terra. L’albina lo fissò titubante, poi tese una mano a Sinbad e si alzò per uscire dalla stanza.

 
 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Can't Fear Your Own World ***


Can't Fear Your Own World
 
 
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“One-san – disse dolcemente il piccolo magi – sei pronta?” chiese il bambino dalla treccia azzurra, mentre impugnava il suo bastone di legno.

Eris era seduta sul bordo del letto matrimoniale che condivideva con la sua amica Lara, i lunghi capelli bianchi sciolti dietro la schiena le davano un’aria un po’ disordinata e lo sguardo perplesso lasciava intendere la sua indecisione. Arricciò il naso infastidita da quella situazione, poi disse: “Non credo, ma dobbiamo farlo, no?” disse più per convincere se stessa che gli altri.

“Non ti preoccupare – la tranquillizzò Aladdin – scioglierò la maledizione come ho fatto con Alibaba”.

Eris si voltò a guardare Sinbad, quest’ultimo aveva insistito per farsi trascinare da Aladdin nella sua magia di Salomone ed Eris era ancora titubante sulle vere intenzioni del re. Aveva avuto modo di vedere che queste cose lo affascinavano e lo rapivano come poche altre cose sapevano fare, ma aveva avuto anche modo di vedere che sapeva trarre vantaggi da ogni situazione, facendolo apparire un uomo subdolo ed egoista. Quindi nella mente dell’albina aleggiavo ancora tanti dubbi e domande: Sinbad era attirato dalla sapienza di Salomone per poterla utilizzare un futuro per i suoi scopi? Oppure l’interesse si limitava alla pura e audace conoscenza dell’ignoto? E poi non mancavano le domande su ciò che nascondeva Eris, su quel famoso dono e come lo avrebbe utilizzato un futuro..contro o assieme a lui?

Eris scosse velocemente la testa per togliersi dalla mente tutti quei pensieri. Ormai era troppo tardi per tornare indietro e, nolente o volente, se non avesse parlato a Sinbad di quella faccenda, l’unica che ci avrebbe rimesso sarebbe stata lei. “Sono pronta” disse infine sospirando.

“Wisdom of Solomon” disse solennemente Aladdin aprendo le braccia davanti a lui: la sua fronte si illuminò e apparve un cerchio con otto punte, poi la mente di Eris si annebbiò completamente e cadde assopita sul letto.

Sinbad e Aladdin comparvero nella mente di Eris, ritrovandosi sopra le loro teste un cielo azzurro e sotto di loro talmente tante nuvole da impedire la visuale oltre di esse. Aladdin strattonò una manica del vestito di Sinbad e poi lo condusse oltre le nuvole. I due appoggiarono i piedi in una distesa di acqua fresca alta circa fino alla loro caviglia, dove dentro di essa vi erano cresciuti dei bellissimi papaveri rossi che facevano sembrare la distesa d’acqua infinita un mare rosso fuoco. Sull’acqua cristallina, oltre al riflesso dei papaveri, vi era quello delle nuvole color panna, grosse nuvole bianche dalle forme più disparate galoppavano in cielo sospinte da una brezza dal sapore marino. Oltre la linea dell’orizzonte, proprio dove era impossibile distinguere dove iniziasse l’acqua e dove i fiori, vi erano i profili lontani e sfuocati di numerose città, probabilmente le stesse città che aveva visitato Eris nel passato e che avevano contribuito a costruire il suo mondo interiore.  

Il fruscio delle piccole piante scosse dal vento era decisamente il suono predominante e uno strano profumo di gelsomino inebriava il naso dei due esploratori. Non che vi fossero piante di gelsomino in giro, ma semplicemente quello era il profumo che più si avvicinava alla presenza di Eris, poiché nella vita quotidiana adorava cospargersi pelle e capelli di quella delicata fragranza. Anche se non era fisicamente presente, quel profumo donava un tocco riservato e intimo a quel luogo, facendolo ricollegare inconsciamente a lei.

Attorno ad Aladdin e Sinbad si radunò del rukh bianco sottoforma di piccole rondini che volava ritmicamente intorno a loro. Il rukh che apparve non era altro che un ammasso di ricordi appartenuti al passato di Eris. I ricordi scorrevano veloci: dalla sua infanzia assieme a sua madre come serva di un nobile, all’uccisione di ella e la sua successiva vendita a quella che un tempo era Maader Umm Mariadel, il capo di una gilda mercantile a Reim, che la costrinse a lavorare come schiva assieme ad altre sue coetanee in un locale fuori da Reim; poi l’arrivo a Qishan, la decisione di unirsi al gruppo di rivoluzionari che volevano far cadere il governo dei nobili, l’incontro con Proteus e i suoi amici, il lungo viaggio con loro in giro per il continente principale, poi il suo addio e il viaggio in solitaria con Yunan e infine la fuga da Tenoran.

“La sorellona ha avuto una vita turbolenta” sussurrò Aladdin, guardando con un accenno di sorriso malinconico una piccola traccia di rukh appollaiata sul suo indice.

Sinbad rimase in silenzio, chiedendosi, forse per la prima volta, se fosse stato il caso di invadere i ricordi e il mondo privato di Eris, che tanto gelosamente teneva per sé, per vedere semplicemente quanto i poteri di Al Thamen fossero diventati subdoli e pericolosi.

Aladdin e Sinbad si guardarono intorno, affascinati dal vedere cosa potesse esserci dentro all’anima di una persona e, allo stesso tempo, in guardia per capire dove fosse la fonte del problema che attanagliava la ragazza.

“Aladdin – sussurrò Sinbad guardando proprio tra i suoi piedi immersi nell’acqua – per di qua” suggerì Sinbad.

I due spostarono lo sguardo proprio dietro di loro, una striscia di acqua nera e dalla consistenza quasi melmosa, si diramava da quel punto tingendo l’acqua e i papaveri di un nero pece. I due seguirono quindi quella scia oscura, notando come l’ambiente sano e puro di prima si stava trasformando in una distesa nera e cupa. L’acqua melmosa aveva una sensazione viscida al tatto e, più si avvicinavano al nucleo che emanava quella cosa, più l’acqua intorno ai loro piedi diventava calda.

Ben presto arrivarono davanti alla maledizione, o più semplicemente alla magia della morte, che era stata scagliata su Nelial e aveva infettato come un parassita anche il rukh di Eris. In mezzo alla distesa di fiori color notte, vi era un enorme nucleo simile ad un bozzo, da cui grondava liquido nero e pulsava come se fosse vivo. Accanto ad esso, seduto su un masso, vi era Ithnan, o quello che rimaneva di lui, fermo ed immobile a fissare il suo bozzolo pronto a infettare tutto il rukh di Eris.

“Non ho mai visto una cosa del genere…” disse Aladdin guardando con disgusto e disapprovazione quella strana magia.

Ithnan si voltò a fissarli, lo sguardo che improvvisamente passò da annoiato ad allarmato. Lui lo sapeva bene, finché la maledizione fosse stata nascosta e fosse cresciuta piano, lui avrebbe continuato a sorvegliarla indisturbato, ma se qualcuno fosse venuto nel mondo interiore di Eris, beh, per quanto la maledizione fosse iniziata, lui non poteva fare nulla per contrastare eventuali intrusi.

“Tks, siete veramente due seccature voi due” sbuffò Ithnan alzandosi dal sasso e guardando con disprezzo il quarto Magi e il re della Sindria.

“Il suo corpo non esiste più, quello che è rimasto è solo una traccia della sua stessa magia” interventi prontamente Sinbad, guardando ciò che rimaneva di Ithnan con sufficienza. Lui sapeva più di tutti che Ithnan non avrebbe potuto fare nulla, dato che qualche giorno prima era stato proprio lui a dargli il colpo di grazia.

“È la stessa magia che hai lanciato sullo zio Sinbad e Alibaba?” chiese Aladdin avvicinandosi al bozzolo pulsante.

Ithan sospirò:” Sì e no – mormorò lui – era un esperimento più che altro. Ho maledetto quella ragazzina tenoriana perché volevo farla cadere nella corruzione e sfruttare il suo potere per i nostri scopi. Non avrei mai immaginato che sul punto di morte il suo rukh corrotto passare anche a quell’altra. Però sono stato piacevolmente stupito, devo ammetterlo, le cose sarebbero andare comunque secondo i miei piani se non si fosse messa in mezzo quella Nelial..”

Sinbad ci pensò su per un po’, poi disse:” Il rukh di Nelial sta rallentando la maledizione”.

Aladdin si illuminò di colpo:” Proprio come ha fatto Cassim con Alibaba” disse abbozzando un sorriso.

“Fate come vi pare, tanto Al Thamen non è ancora sconfitto” Ithnan scoppiò in una risata malvagia.

Aladdin si avvicinò solennemente al bozzolo nero, alzò in alto il suo bastone, che prese ad illuminarsi assieme la stella ad otto punte, e il rukh iniziò improvvisamente a vorticare tutto intorno a loro, sciogliendo come una forza divina la melma nera e distruggendo l’essenza di Ithnan.

Dalla melma nera apparve una ragazza di media statura, dalla carnagione ambrata e un caschetto disordinato color notte. Era appoggiata ad un masso e stava riposando con le braccia appoggiate sulla roccia per formare un appoggio comodo. Nelial si svegliò piano da quel sonno che andava avanti ormai da tanto, si stropicciò gli occhi e rimase a fissare incredula le due figure che aveva di fronte. La melma nera, nel mentre, scomparve dall’acqua e dai fiori, facendoli tornare del loro colore rosso fuoco.

“Voi..chi siete? Non dovreste essere qua” chiese debolmente la ragazza, due occhiaie nere le solcavano gli occhi. Poi si guardò intorno e notò come la maledizione si stava sgretolando piano piano e le sue forze lentamente stavano ritornando nel suo corpo, ormai provato dalla fatica fatta per contenere la maledizione.

“Siamo venuti qui per liberare Eris dalla maledizione – disse Sinbad guardando la maledizione scemare piano piano e rimanendo ancora una volta stupito dalla potenza della Saggezza di Salomone – e ovviamente per liberare te” concluse allargando la punta della bocca in un sorriso.

“Oh, Eris.. – mormorò Nelial dispiaciuta – è da un po’ che non parlo con lei” constatò tristemente.

“Come mai non parlate più con lei, signorina Nelial?” chiese Aladdin avvicinandosi timidamente a lei e sedendosi accanto, proprio in mezzo ai papaveri rosso fuoco.

Nelial guardò i due estranei con titubanza, poi parlò:” Penso si senta in colpa per come sono andate le cose, perché sono morta, perché non è riuscita a liberarmi da questa maledizione nemmeno qui, dove lei aveva più potere. Ho imparato un po’ a conoscerla con il tempo, non ama essere impotente – poi ci pensò su un attimo – ma, d’altronde..chi lo amerebbe?”

Sinbad seguì l’esempio di Aladdin e si avvicinò anche lui a Nelial, o quello che rimaneva di lei. “Temo nessuno” disse semplicemente.

“Comunque sia, si sono susseguiti talmente tanti avvenimenti che non sono riuscita a parlare con Eris di quello che è in grado di fare con il suo rukh – Nelial sospirò – a causa di questa maledizione per lei è stato impossibile utilizzarlo, inoltre non avendo nemmeno idea di cosa sia, dubito che si sia resa conto del suo effetto.”

Lo sguardo ambrato si Sinbad si inchiodò in quelli color cioccolato di lei: “Di cosa si tratta questo potere?”

“È una piccolezza, a dire la verità, ma è una capacità che compare nella nostra famiglia da diverse generazioni. Non tutti i figli possono acquisirlo, Neli è nata maga e tutti pensavano che fosse lei ad avercelo, in realtà sono nata io così. Questo potere mi è servito per tenere Sten lontano da Neli, ma quella strana organizzazione si è intromessa a tal punto da venire a Tenoran e portarmi via”.

Lo sguardo di Nelial si perse in un punto indefinito nella distesa di papaveri, sospirò piuttosto rumorosamente, poi parlò: “Grazie al mio magoi nessuna magia può alterare la mia mente, impedendo il controllo da terzi parti. Questa abilità si può estende anche ad altri, qualora il legame con quella persona sia abbastanza forte da permettere al mio magoi di “rivestire” temporaneamente il rukh dell’altro, proteggendolo dalla manipolazione mentale”.

“Non ho mai sentito di questa abilità, probabilmente è stata così radicata nel vostro popolo che nessuno ne è mai venuto a conoscenza” disse Sinbad.

“Quindi anche la sorellona Eris può farlo?” chiese Aladdin piegando la testa di lato incuriosito.

Nelial annuì debolmente: “Nonostante la maledizione le impedisse di usare questo potere, il suo magoi non era ancora del tutto bloccato per impedirne il flusso al resto del corpo, inconsciamente era già sotto il flebile effetto di questo potere – fece una pausa, abbozzando un sorriso - ora che la maledizione è stata sciolta e il suo rukh ha ripreso a scorrere normalmente, probabilmente sarà in grado di infondere il suo magoi in un’altra persona e proteggerla temporaneamente dal controllo mentale. Il problema è che è temporanea, infatti io stavo accanto costantemente a Nelial per proteggerla da Sten”.

Aladdin si rabbuiò di colpo:” Perché Sten stava cercando di manipolare Neli?”

“Penso che volesse tenerci d’occhio e, quando hanno capito che non potevano controllare Neli a causa mia, mi hanno trascinata lontana per portarmi da loro – poi si voltò a guardare Sinbad – non so perché volessero colpire la Sindria, ma Sten sta influenzando Neli da quando io non ci sono più”.

Sinbad sospirò:” Me lo aveva detto Eris che Sten stava combinando qualcosa”.


Il rukh poco distante da loro iniziò a vorticare dal basso verso l’alto e, man mano che si spingeva verso avanti, il corpo di Eris si delineò sempre di più, arrivando a pochi metri da Nelial. L’albina si fermò a fissarla, incredula nel vedere quell’ammasso di melma nera distrutta e il volto della ragazza nuovamente libero dalla prigionia della maledizione. Ma gli occhi stanchi di Nelial le fecero tornare alla mente tutti i brutti ricordi e il senso di colpa la attanagliò nuovamente. Due timide lacrime iniziarono a rigarle la guancia, poi gli occhi dello stesso colore dei papaveri si chiusero e le lacrime iniziarono a cadere copiose lungo il viso. Si portò istintivamente le mani al volto, vergognandosi per mostrare quel lato così debole e sensibile, mentre cercava di soffocare quel pianto che aveva trattenuto dentro da tantissimo tempo.Aladdin e Sinbad si alzarono in contemporanea per dirigersi verso di lei, ma Nelial li precedette, allungando il passo con le poche forze che aveva in corpo. La tenoriana si avvicinò a lei abbracciandola senza esitazione:” Eris, non devi fartene una colpa – le sussurrò piano – hai trattenuto queste emozioni per troppo tempo, ora sfogati..”

“C’è sempre un modo per cambiare il nostro destino, Nelial, nulla è scritto per certo. Ma non sono riuscita a cambiare il tuo..” la sua voce tremò, nascondendo il viso nella spalla di Nelial.

“Ciò che sei diventata e ciò che diventerai sarà proprio grazie a quello che hai vissuto. Questa cosa ti ha reso più forte e la tua forza la potrai usare per aiutare altre persone” disse solenne Nelial, mentre il suo corpo diventava sempre più leggero fino a diventare rukh giallo nel cielo azzurro.

Eris rimase con lo guardo abbassato, guardò le mani di Nelial trasformarsi in rukh, poi chiuse di nuovo gli occhi e sospirò.

Aladdin zampettò vicino Eris stringendole con forza una mano, Sinbad allungò un braccio verso di lei, prendendo tra l’indice e il pollice il suo mento e alzandolo verso di lui:” Nelial ha ragione – il suo sguardo si indurì per qualche secondo – non abbatterti se le cose non sono andate come volevi, anzi, traine vantaggio per diventare migliore” disse fissandola con fierezza.

“A testa alta, sempre” la incoraggiò lui sfiorandole la guancia con un pollice e abbozzando un sorriso smaliziato.

“Lo farò – annuì l’albina – grazie, grazie a tutti” disse Eris guardando in alto verso il cielo, sperando che quelle parole arrivassero anche a Nelial.

“Dobbiamo tornare, questa magia mi stanca molto e credo di essere arrivato al limite…” disse Aladdin prima di riportare le loro anime nei rispettivi corpi.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Our choices ***


Our choices

 
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Erano passate poco meno di ventiquattro ore da quando Lara aveva lasciato Eris nel suo letto a dormire, dopo che Aladdin aveva usato il suo potere speciale per aiutare la sua amica, e quella mattina aveva deciso di andare giù al mercato del paese per comprare dei frutti particolari da portare ad Eris una volta che si fosse svegliata. Aveva sempre amato curiosare tra gli scaffali, i bancali di cibo e stoffe varie, assaporare nuovi gusti, immergere le mani nei diversi tessuti e sentire il piacere della morbidezza degli intrecci sulla pelle nuda. I colori dei vestiti, i drappi e i merletti, la seta che lasciava spazio all’immaginazione, amava immaginarsi in ogni abito, anche se poi puntualmente finiva per indossare sempre la sua armatura da gladiatrice. Fin da quando si era unita alla ciurma di Proteus, Lara era stata l’addetta ai rifornimenti, saltava da un mercato all’altro alla ricerca dell’offerta migliore, del frutto più bello e stravagante, più qualcosa era particolare e fuori da ogni schema e più lei era interessata ad acquistarlo per provarlo. Amava tutti quei colori diversi, i profumi e i sapori che distinguevano un paese dall’altro.

La giovane Fanalis indicò un enorme frutto dalla buccia spinosa e color rosa:” Me ne dia due” trillò lei scambiando i due enormi frutti con delle monete, poi mise agilmente la merce dentro ad un enorme cestino fatto con foglie secche intrecciate dietro alla schiena.

Guardò ciò che aveva comprato, rimanendo ancora una volta stupita dal tripudio di colori e profumi provenienti dalla cesta. “Bene, direi che posso andare, sono certa che Eris sarà felice di svegliarsi con tutto questa frutta” miagolò lei, arrossendo leggermente in volto e incamminandosi verso la strada del palazzo reale.

Salutò la signora che le aveva venduto gli ultimi frutti acquistati, poi superò tre abitazioni piuttosto alte, scese delle scale e si ritrovò a passare in un piccolo giardino piuttosto riservato e isolato, al cui centro vi era un albero di pesche alto circa 4 metri. Lo sguardo di Lara si svoltò di scatto verso un brusio leggero tra i rami del pesco, muovendo freneticamente gli occhi come un felino alla ricerca di qualche animale nascosto tra le fronde.

“J..judal?” Lara pronunciò quel nome in un sussurro, in bilico tra l’urlare per aver visto un nemico di quel calibro a Sindria, oppure di rimanere in silenzio e pensare che quella era solo una allucinazione data dal troppo sole.

Judal si voltò verso di lei e sul suo viso si dipinse un sorriso furbo e sfacciato, addentò una pesca con voracità, poi si sedette su uno dei rami più grossi lasciando le gambe ciondolanti:” Guarda guarda chi c’è qua.”

“Cosa ci fai qui, Judal?” la voce della Fanalis si fece più graffiante, portò un piede in avanti e flesse leggermente le ginocchia per mettersi in posizione d’attacco.

Judal socchiuse gli occhi, morsicò nuovamente la pesca e iniziò a fissarla con disapprovazione:” Non sono qui per dichiararvi di nuovo guerra – fece un ghigno divertito – anzi, sono piuttosto incuriosito di tutte queste nuove persone che ronzano intorno a Sinbad.”      

Lara alzò un sopracciglio, il timore stava piano piano scemando, anche se l’angoscia, che provava ogni volta in sua presenza, non cessava di andarsene:” Abbastanza arrogante da parte tua, considerando che sei da solo contro una intera nazione” fece notare lei.

Judal sbuffò sonoramente:” Mi ricordo di te – iniziò a dire lui divertito – qualche anno fa sono venuto a prenderti a Reim per portarti in dono a Ren Kouen..”

“Ma ti sei fatto ingannare da Proteus e lui mi ha portata via dalle tue grinfie per donarmi la libertà” sottolineò lei.

Per tutta risposa Judal lanciò il nocciolo della pesca contro Lara, ma quest’ultima lo schivò senza troppi problemi. Rimase a fissarla infastidito, poiché la donna l’aveva appena punzecchiato nell’orgoglio:” Tks, libertà? – soffiò lui scoppiando in una risata roca – hai idea da chi ti stavo portando? Saresti potuta diventare molto più forte tra le file di Kouen. L’impero di Kou è forte e ben presto ogni terra verrà sottomessa sotto la nostra bandiera” la voce sprezzante e la determinazione del Magi lasciarono Lara interdetta e allo stesso tempo preoccupata.

Lara strinse i pugni intorno ai due lacci erbosi che sorreggevano lo zaino: “Io ho tutto quello che voglio, non desidero il potere né ho piani espansionistici in progetto” disse lei con determinazione.

“Pff – la schernì lui – ti accontenti di poco” strappò con avidità un’altra pesca dall’albero e l’addentò, una piccola goccia di nettare gli rigò il mento per un istante, poi con un agile movimento della mano si ripulì il viso.

“Poco, eh? Parli tu che non perdi mai occasione di supplicare Sinbad di unirsi a te” lo punzecchiò lei, trasformando piano piano la sua paura nell’orgoglio e nella forza che tanto contraddistinguevano i Fanalis.

Judal prese la pesca e lanciò violentemente per terra:” Perché avremmo potuto conquistare qualsiasi cosa – ringhiò lui – invece ha preferito accontentarsi di queste cazzate” disse indicando tutta la Sindria e poi soffermandosi su Lara.

“Prova a diventare donna, magari ti prenderà più in considerazione…” lo schernì lei, ritrovandosi piacevolmente sorpresa nel pronunciare quella frase con così tanta spregiudicatezza proprio di fronte a Judal.

Lo sguardo cremisi di Judal scintillò furente, scese dall’albero ed estrasse la sua bacchetta:” Maledetta, ripetilo se hai il coraggio. Ti farò tremare come quella notte” lo sguardo distorto in un ghigno pazzoide e la bacchetta che scintillava di fulmini neri.

Ma prima che Judal potesse fare qualcosa, intorno a loro accorsero delle guardie assieme a Hinahoho e Spartos, entrambi con le armi sguainate e pronti a combattere.

Judal si guardò intorno spavaldo, poi ritrasse la bacchetta e guardò Lara:” Vi ammazzerò tutti, ma prima devo andare a veder come stanno i miei schiavi a Tenoran” detto ciò, volò via e se ne andò.

 
[…]

 
Eris era sotto uno strato di coperte in seta, si era svegliata da poco e, nonostante quello che era successo poche ore prima, si sentiva la mente alleggerita, come se al posto di ventiquattro ore avesse dormito per una settimana intera. Per quanto fosse passato tanto tempo da quanto il suo rukh si era unito a quello di Nelial, l’avanzare di quella maledizione era stata talmente silenziosa da provocarle un lento deterioramento fisico, talmente lento da passare quasi inosservato o scambiato addirittura per qualcos’altro.

La luce mattutina che filtrava dalle tende della sua stanza le colpì il viso con delicata audacia, infastidendola per qualche secondo a causa della luce improvvisa contro i suoi occhi aperti da poco.

“Guarda quante cose buone – trillò Lara aprendo l’enorme frutto con un colpo di mano netto, lasciando i presenti nella stanza stupiti e divertiti – questo è un frutto speciale della Sindria, provalo” gli porse una metà dell’enorme frutto succoso con tanto di cucchiaino per scavare dentro alla polpa.

Aladdin era completamente stravaccato a pancia in giù sul letto, i gomiti sul materasso per sorreggersi la testa con le mani e le gambe piegate all’insù che si muovevano ritmicamente su e giù in maniera piuttosto allegra e spensierata. Morgiana era seduta sul bordo del letto, intenta a mangiare un piccolo frutto, e Yamuraiha, seduta sulla sedia accanto al letto di Eris, li guardava con aria divertita.

“One-san, che cosa hai intenzione di fare ora?” chiese il piccolo Magi, mentre ravanava con una mano dentro ad un barattolo con dentro tanti piccoli frutti grossi come una noce.

Eris si portò un cucchiaio alla bocca e subito venne pervasa dall’aroma fruttato e dal sapore zuccherino del frutto. Rimase per qualche secondo a gustarsi quell’esplosione di dolcezza, poi si voltò a guardare Aladdin per rispondere alla sua domanda: “Non lo so sinceramente, o meglio, se Sten fa parte dell’organizzazione, penso sia il caso di metterlo con le spalle al muro e fargli vuotare il sacco. A meno che Sinbad non abbia già combinato qualcosa…”

Yamuraiha scosse la testa:” Lo ha messo sotto stretta sorveglianza da Ja’far, ma penso voglia aspettare te per l’interrogatorio” rispose abbozzando un sorriso.

Lara si sedette sul letto in maniera piuttosto brusca, facendo inevitabilmente muovere come un terremoto tutte le persone sedute su di esso: “Aspettare te..eh? Non credevo che il Re prendesse queste decisioni importanti con te” disse Lara retoricamente, guardando l’amica di bieco.

Eris alzò gli occhi al cielo, sbuffò sonoramente e poi disse:” Perché quella faccia? Alla fine ho portato io inconsapevolmente Sten qui, sa bene che non era mia intenzione farlo e che avrei fatto di tutto per risolvere questa faccenda…” rispose prontamente lei.

La Fanalis la ignorò completamente, andando dritta al punto: “Cosa c’è tra voi due??” chiese lei avvicinandosi all’amica a pochi centimetri e guardandola dritta negli occhi con una punta di gelosia amichevole.

Yamuraiha scoppiò a ridere, Morgiana divenne subito rossa in volto e Aladdin si mise con le gambe incrociate e lo sguardo aperto in una smorfia maliziosa.

Eris la fissò con gli occhi a mezz’asta, masticando lentamente e in maniera piuttosto svogliata:” Ma che film mentali ti stai facendo..Lara?” a quel punto prese la buccia del frutto vuoto e gliela lanciò addosso, proprio in mezzo alla fronte, macchiandole di rossastro la fronte.

Lara si lamentò, toccandosi poi la fronte lievemente arrossata:” Hei, ma che avete oggi tutti da tirarmi dietro la frutta…” borbottò lei mettendo il broncio e lasciando il resto del gruppo con uno sguardo perplesso sul viso.
 

 
[…]

 
Ja’Far e Proteus prelevarono Sten dalla sua stanza proprio nel cuore della notte. Eris andò a prendere Neli nella sua stanza, poiché l’influenza che stava avendo Sten su di lei le aveva fatto completamente oscurare il suo modo di pensare ed era giusto aprire gli occhi della regina con l’interrogatorio che sarebbe avvenuto da li a poco.

L’uomo era stato messo su una sedia normale, le mani legate dietro allo schienale e la bocca tappata con uno straccio per evitare che durante il tragitto potesse svegliare mezzo palazzo con le sue grida. I lunghi capelli scuri della parte non rasata gli ricadevano in avanti coprendogli un occhio e il suo corpo già abbastanza magro e ambrato lo facevano quasi mimetizzare nella stanza poco illuminata.

“Eris, cosa diavolo è questa storia?” chiese Neli in tono grave.

Eris e Proteus si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi l’albina parlò:” Sten è un nemico e adesso te lo proveremo.”

La regina guardò in maniera stralunata Eris, come se avesse appena lanciato una blasfemia, poi rimase in silenzio, rassegnata nel dover assistere a quella scena.

Ja’far si mosse rapido come un serpente, si avvicinò a Sten e con un movimento agile tolse la fascia attorno alla bocca, rimanendo a guardarlo con evidente disprezzo.

“Mia regina, queste persone si stanno mettendo contro di noi – poi si voltò a fissare Eris con sguardo assassino – è stata lei, vuole lasciarci marcire con l’impero di Kou perché lei è dalla loro parte” soffiò poi.

Lo sguardo di Neli vagò per un istante nel vuoto, come a voler cercare un appiglio sicuro a tutte quelle notizie che la stavano portando fuori strada e che le stavano facendo perdere la fiducia in tutto. Erano successe troppe cose tutte insieme: la caduta del suo popolo, la fuga disperata nel tentativo di trovare un aiuto, una città straniera che non sembrava intenzionata a smuovere il proprio esercito per aiutarla e, infine, quel dannatissimo interrogatorio a Sten, il suo fidato consigliere. Non sembravano più esserci certezze nella sua vita. Anzi, forse una certezza c’era, ma quella flebile certezza ricadeva su una persona estranea al suo mondo e…cosa ne voleva sapere lei di quel mondo? Tutto fino a pochi giorni fa era sconosciuto.

“Ma perché mi vedono tutti come il nemico?” chiese Eris stizzita, cercando supporto nello sguardo topazio di Proteus.

Proteus ci pensò su, poi appoggiò le mani sui suoi fianchi: “Sei spesso ambigua” iniziò a dire lui alzando le spalle.

“Sei troppo sfacciata e arrogante per avere solo un Djinn su cui fare affidamento…o nascondi qualcosa, oppure sei folle” si intromise inaspettatamente Ja’far, proprio affianco a Sinbad, quest’ultimo che li guardava con uno sguardo divertito, con le braccia unite al petto e nascoste dalle enormi maniche bianche del suo abito.

Eris spalancò la bocca sconcertata, facendo saltare lo sguardo da Proteus a Ja’far, ma quest’ultimi si limitarono a guardare il soffitto con nonchalance, rompendo per un istante la tensione e la gravità di quella situazione.

Quel momento di leggerezza, forse inaspettato per Eris, scomparve ben presto, quando Sten si agitò sulla sua sedia e iniziò ad urlare: “Ha ucciso Nelial per trovare una scusa e venire a Teno…” lo schiocco proveniente dalla mano di Eris contro la guancia di Sten rimbombò nella stanza, sballottando la testa del consigliere di lato e lasciando interdetti tutti i presenti nella stanza. “IO NON HO UCCISO NELIAL” urlò Eris prendendo per il colletto Sten in un momento di poca lucidità.

Proteus si fece subito avanti, staccando con forza le mani di Eris dai vestiti di Sten e allontanandola dall’uomo per paura che potesse fare qualche pazzia in preda alla rabbia: “Stai calma, Eris..”

Neli rimase in silenzio, abbassando lo sguardo amareggiata: “Quel Magi errante mi ha fatto vedere cosa è successo a Nelial, non è stata lei ad ucciderla. Eris ci ha salvato quando è arrivato l’impero di Kou, perché continui a dubitare di lei?” la voce le tremò e la sua mente iniziò a vacillare, come se piano piano si stesse liberando da una strana presenza che le stava annebbiando la mente ormai da troppo tempo.

“Cazzo” sussurrò Sten guardando per terra. “Fino a ieri non hai esitato ad ascoltarmi, perché ora inizi a dubitare di me?”

“Perché la sua mente si sta liberando dall’influenza che hai su di lei – Eris abbozzò un sorriso soddisfatto – a quanto pare Nelial aveva fatto di tutto per tenerti lontano da Neli con il suo potere, per questo ve ne siete sbarazzati e l’avete allontanata da lei.”

Il volto di Sten si fece torvo: “Tu come fai a sapere di questa storia?”

“Perché Nelial ha passato quel poter…” ma la frase di Eris si interruppe bruscamente, poiché Sinbad si mise in mezzo alla conversazione impedendole di proseguire:” Perché Nelial ha raccontato ad Eris cosa è successo” concluse il re, guardando l’albina con una punta di disapprovazione.

Ma prima che Eris potesse capire quello che Sinbad aveva già capito, Sten scoppiò in una risata convulsiva, il volto si distorse in un sorriso perverso e l’iride degli occhi si rimpicciolì di colpo, nonostante la luce della candela fosse troppo lontana da innescare una reazione fisiologica così immediata.

“Bene bene – la voce di Sten acquistò un’intonazione femminile – quindi il rukh di Nelial si è unito a quello di una stupida umana” la voce melliflua e femminile proveniente da Sten fece raggelare il sangue di tutti, in particolare alla regina Neli, ormai sul punto di una crisi isterica.


 
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“Immaginavo ci fossi tu dietro tutto questo” la voce scocciata e austera di Sinbad lasciò intendere che quella voce era una sua vecchia conoscenza.

“Vedo che avete tolto il dono che ho fatto a Sten per controllare Neli, peccato. Questo è solo l’inizio e ben presto passerai dalla mia parte, oppure verrai distrutto…non importa che fine farai, ben presto l’oscurità tornerà su questo posto e il caos regnerà.”

Il corpo di Sten ebbe uno spasmo, gli occhi divennero completamente bianchi e infine svenne, rimanendo con la testa a penzoloni leggermente inclinato in avanti.

“I..io – balbettò Neli – di chi era quella voce proveniente da Sten? Cosa diavolo significa che il tuo Rukh di Nelial è parte del tuo?”

“Fa parte dell’organizzazione che ha portato via tua sorella, molto probabilmente se hanno deciso di invadere Kou è perché hanno deciso di conquistare le vostre terre come stanno facendo con molti altri paesi” disse Sinbad grattandosi la testa con una mano, incerto sul da farsi. O meglio, quello è ciò che lasciò intendere al gruppo, poiché nella sua mente si stavano aprendo già svariati scenari che gli fecero pensare che l’invasione di Kou non poteva essere dovuta solo ad una pura sete di conquista.

Sten venne quindi lasciato da solo dentro a quella stanza, dove vennero posti dei sigilli magici per impedire che potesse scappare, o quantomeno per avvisare i maghi che là dentro sarebbe potuto succedere qualcosa di pericolo.

Il gruppo uscì dalla stanza per evitare che, chiunque ci fosse stato dietro quell’uomo, potesse sentire i loro discorsi.

“Sten è quindi uno di loro..?” chiese amareggiata la regina di Tenoran.

“È sotto il controllo di qualcuno – rispose vago Sinbad – ma non posso lasciarlo andare finché non sarò certo che il legame con quella persona si è rotto. Mi dispiace, maestà, ma Al Thamen è pericoloso… è riuscito ad infiltrarsi per ben due volte, non posso nuovamente mettere a rischio il mio paese” disse in tono grave.

Neli guardò Sinbad, sospirò e poi disse: “ N..no, certo, lo capisco re Sinbad”.

“Al diavolo Al Thamen! Neli, andiamo a riprenderci Tenoran – poi si voltò verso Proteus – sei ancora capace di usare il tuo Djinn, oppure no?” chiese poi Eris, abbozzando un sorriso malizioso e lasciando intendere che la proposta per la conquista di Tenoran era rivolta pure al suo vecchio gruppo di scalmanati.

Sinbad e Ja’far si guardarono di sottecchi, mentre il volto di Proteus si allargò in un sorriso divertito:” Non ho idea di cosa tu abbia in mente, ma se c’è da fare il culo a Kou, allora considerami pure nella spedizione”.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - On the wings of the wind ***


On the wings of the wind


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La strana bestia dalla testa di gufo e dal corpo di orso gigantesco ruggì ferocemente, emettendo un verso sgradevole tra l’urlo acuto di un rapace e il ruggito gutturale del mammifero di cui aveva il possente corpo, e abbatté una grossa zampa munita di lunghissimi artigli in direzione dell’esile ragazza, vestita in vesti cremisi che aveva di fronte.

La donna, con sguardo fiero, fece un’agilissima giravolta, scartando sulla sinistra ed evitando la pesante zampata, quindi tese il braccio e, proseguendo nella piroetta, assestò una pesante spazzata con la lunga lancia che aveva in mano, sulla cui lama brillò per una frazione di secondo un sigillo con una stella ad otto punte inscritta in una circonferenza.

La lancia tranciò parte della tozza coscia della creatura e l’impatto dell’asta fece in modo che il mostro cadesse in ginocchio poco prima che la ragazza terminasse la sua piroetta, i lunghi capelli color platino che a stento mascherarono il bagliore cremisi dei suoi occhi.

Il mostro ruggì ancora e la donna sollevò lo sguardo, sorridendo, mentre dalle spalle della creatura un’altra ragazza, ben più robusta e muscolosa, vestita di larghe vesti bianche e armatura dorata, arrivò in salto, atterrando sulla sua testa e assestandogli una violentissima gomitata.

I capelli rossi della selvaggia guerriera ondeggiarono mentre il colpo devastava il corpo della bestia e lo schianto risuonò come il rombo di un tuono prima che cadesse di nuovo la quiete.

“E STAI Giù!” ruggì la guerriera dai capelli rossi, sistemandosi i guanti corazzati in metallo nero sulle cui nocche protrudevano tre lunghi artigli. I suoi occhi rossi dardeggiarono in giro, osservando la decina di corpi di orsigufo sparsi nella grande stanza di pietra grigia e sospirò.

“Anche questa ondata è finita…” disse, anche lei con un sospiro, la donna dai capelli color platino, roteando la lancia.

Dalla lama della lancia fuoriuscì un violento bagliore tra l’azzurro e il violetto, che crepitò come una saetta prima che da esso cominciasse a manifestarsi il grosso faccione, rozzo e sorridente, di un genio dalla pelle blu: “DAI ERIS, FACCIAMOLO ANCORA! MI HAI USATO TROPPO POCO, MI VOGLIO DIVERTIRE! BUAHAHAHAHAH!”

La risata del genio risuonò come un tuono ma la ragazza sua padrona, Eris, sbatté di violenza la lancia contro il pavimento di pietra e il genio scomparve: “Amdukias, quale parte del dover risparmiare il Rukh perché siamo in un dungeon non hai capito!?”

La ragazza, seccata, roteò la lancia e si guardò attorno: la stanza era spoglia, fatta eccezione per muschio e rampicanti sulle pareti di pietra nuda, perfettamente quadrata e con un grosso arco che dominava ciascuna delle quattro pareti; da ogni arco proveniva a intervalli diversi una fortissima corrente d’aria.

Erano entrate nel dungeon e si erano subito ritrovate in quella stanza, già abitata da un paio di quelle strane e solo apparentemente goffe creature. Sistematele con discreta facilità, le ragazze avevano provato ad attraversare uno dei vari archi senza pensare troppo alle correnti d’aria che provenivano da essi, per poi ritrovarsi, dopo un paio di passi, investite da una corrente fortissima che non solo le aveva rispedite indietro nella camera da cui erano partite, ma in qualche modo aveva attivato una sorta di trappola magica con il risultato di far comparire dal nulla altre otto di quelle strane creature.

“Non penso ci sarà permesso prendere una strada a caso e perderci nel dungeon… Dobbiamo capire qual è l’entrata giusta” commentò Eris, fissando le arcate e cercando di capire la logica dietro quella specie di trappola del vento.

Le correnti di aria fischiavano a intervalli rapidissimi nell’enorme camera vuota e la rossa fece un passo avanti, spazientita: “Se sbagliassimo di nuovo cosa succederebbe? Quanti di quei… cosi comparirebbero? Sedici? Trentadue?”

“Non lo so, Lara… non lo so… So solo che non possiamo sprecare le nostre forze a caso. Il mio Rukh non è infinito e per quanto tu sia una Fanalis, anche i tuoi muscoli si stancheranno… Dobbiamo capire che cosa fare e come muoverci…” aggiunse Eris.

Lara, la guerriera Fanalis, si avvicinò ad uno degli archi e strizzò gli occhi: il corridoio non doveva essere troppo lungo e si avvertiva un vago chiarore sul suo fondo, ma allo stesso tempo il passaggio era troppo immerso nella penombra per calcolarne esattamente lunghezza ed eventuali trappole. Una violenta folata di vento investì Lara sul viso e questa fu costretta a strizzare gli occhi, imprecando a mezza voce.

“Questo vento non ci permette di fare nulla e non riesco a vedere un accidente…”

Eris prese ad aggirarsi per la stanza, cominciando a contare a bassa voce. Una risatina sardonica si sparse per la stanza e attirò l’attenzione delle due ragazze.

“Fufufufu… quindi queste due guerriere hanno anche un po’ di cervello! Non me lo sarei mai aspettato da qualcuno che ha con sé quello zuccone di Amdukias… Vediamo allora se avete abbastanza cervello per venire a trovarmi!”

La voce, leggera e incurante, smise di riempire l’aria della stanza, terminando la sua piccola sfida con un’altra risata di sberleffo. Eris mugugnò mentre sentiva il suo genio lottare per uscire fuori come faceva di solito in presenza di donne che solleticavano il suo appetito, solitamente geniesse di bell’aspetto.

“Il tuo djinn e il padrone di casa di questo posto non vanno molto d’accordo, eh?” disse Lara, raggiungendo Eris e osservando nell’arco che avevano a pochi passi da loro.

“Già, ma non possiamo lasciarci distrarre… ogni arco ha folate di vento che partono violentissime e probabilmente fanno scattare la trappola che fa comparire quelle bestie. Questo arco è impraticabile, lancia una folata ogni cinque secondi…” analizzò con freddezza Eris.

Lara annuì: “Quello lì di fronte circa ogni 30 secondi…” disse indicando l’arco da cui si era appena allontanata.

“27 per l’esattezza… quello alle nostre spalle ogni 15 e quello opposto alla nostra parete ogni 32…” concluse Eris, lasciando stupefatta Lara.

“Quindi… dobbiamo correre come delle pazze nel corridoi con il vento a ondate da 32 secondi?” disse Lara.

“Solo se il corridoio è percorribile effettivamente in quel lasso di tempo, altrimenti…” esordì Eris.

“… altrimenti verremmo ricacciati qui a combattere chissà quanti di quei mostri… dobbiamo scoprire quanto sono lunghi i corridoi?” concluse Lara, fissando l’amica.

“Ehm… sì? Riusciresti a farlo?” chiese quindi Eris, sistemandosi la lancia dietro la schiena.

“Non sono sicura di dare una stima esatta dei tempi necessari per correrci dentro ma… tappati le orecchie, ok?” disse, sorridendo, la fanalis, ponendosi al centro della stanza.

“Oh no, oh no, aspetta! Aspetta!” disse Eris, un po’ presa alla sprovvista e tappandosi con tutta la forza che aveva nelle mani le orecchie prima che Lara, postasi al centro della stanza, emettesse un grido di guerra così forte da far tremare le pareti.

Lara chiuse gli occhi e sentì il suo urlo spargersi per la stanza e per i 4 corridoi che da essa avevano origine e finalmente le fu tutto molto più chiaro e visibile, sorrise e si voltò verso l’amica: “Il corridoio più corto è quello lì! Se corriamo veramente, veramente veloci, dovremmo riuscire a percorrerlo in meno di quindici secondi!” disse la ragazza indicando l’arco alle loro spalle.

Eris sospirò: “Dovrò correre veloce per i canoni di una come te… le mie gambe mi faranno un male cane domani mattina!” e Eris si mise al limite estremo dell’arco che dava nel corridoio che avrebbero dovuto percorrere. La folata di vento era in corso, partita da poco, ancora pochi altri istanti e avrebbe potuto tentare la sorte.

“Dai, che sei molto più agile di me! Pronta?!” disse, divertita ed eccitata dall’idea della sfida, Lara.

Eris contò sottovoce, toccandosi nervosamente il bracciale che portava al polso, dono di Proteus ricevuto poco dopo essere entrata a far parte della ciurma, quindi contrasse le gambe mentre il conto della potente folata di vento raggiungeva il quindicesimo secondo e la corrente finalmente si stava fermando: “ORA!”

Le due ragazze scattarono come saette, Eris leggera ed agile, Lara facendo tremare il pavimento con la prima, potentissima falcata, e scattarono alla massima velocità che il loro fisico poteva permettere loro. Entrambe presero a contare mentalmente i secondi e il corridoio buio con una singola fievole luce al suo termine, non faceva che aumentare la loro agitazione.

I secondi trascorsero inesorabili fino ad arrivare alla decina; spazientitasi, Lara ringhiò, fece un’altra falcata devastante e quasi raggiunse, con un ultimo balzo l’estremità del corridoio, lanciò un’occhiata nella stanza in cui stavano per entrare e, voltatasi e tendendo la mano verso Eris, urlò: “PRENDI LA LANCIA!”

Eris, arrivata al dodicesimo secondo del suo conto, lanciò uno sguardo alla compagna e, senza fiato, si accorse della dozzina di creature mostruose che erano già lì pronti ad attaccare. Estrasse la lancia e balzò in avanti, tendendo a sua volta la mano sinistra verso l’amica. Lara, ringhiando di furia, la afferrò, fece un giro su sé stessa, quindi fece una giravolta, entrò nella nuova stanza e lanciò l’amica verso i nemici.

Eris si librò nell’aria, i morbidi tessuti delle sue vesti che ondeggiavano nel vento, quindi roteò la lancia: “Genio della Tempesta e del Disordine, vivi in me” e l’arma geniesca si attivò all’istante.

Il corpo della ragazza si rivestì di energia elettrica e all’improvviso, al posto delle vesti orientali rosse apparve un’armatura di scaglie e placche metalliche di un azzurro accesso, con riporti sulla spalla, sull’avambraccio e sulla coscia destra che ricordavano le creste di un drago, così come le due corna a forma di saetta che le facevano da corona. La lancia invece mostrava una punta ben più elaborata, andando a formare una lama crociata di metallo azzurro con al centro un elaborato motivo a cristallo. Alle sue spalle apparve infine un cerchio di pura elettricità azzurra intervallato da una serie di piccole sfere, come tamburi, sempre composti di elettricità.

La lancia di Eris si ricoprì di folgori azzurre e la ragazza, con innaturale rapidità, scattò verso il gruppo di nemici, cadendo tra di loro come una folgore di devastante potenza. Un mostro si incenerì all’istante e gli altri furono sbalzati via, ma due di loro vennero travolti dalla carica di Lara che, continuando la sua folle corsa, li colpì con entrambe le braccia ben tese all’esterno, spingendoli con forza indicibile verso una nuova arcata e lasciando che il vento, violentissimo, proveniente da quel nuovo corridoio sparasse i due mostri indietro e li rendesse facile bersaglio per i colpi incrociati dei suoi artigli di ferro nero, che tranciarono le creature con sorprendente facilità.

Eris prese a scattare e danzare tra i nemici, avvolta di folgori e roteando la sua lancia come se fosse parte del suo corpo. Le lame di folgore tranciarono i nemici e quando questi provavano assalti dalla distanza, scariche elettriche li raggiungevano senza pietà. Quelli che scampavano alla danza folgorante di Eris ovviamente venivano massacrati dalla forza soverchiante di Lara che, con sguardo gelido e i muscoli da fanalis tesi e guizzanti, finiva le sue prede in pochi istanti.

In breve, i mostri furono tutti annientati e i loro corpi, straordinariamente, presero a divenire sabbia che volava via, dispersa dalle correnti che dominavano quel posto.

Ansimanti, le due ragazze presero fiato per qualche istante e Lara bofonchiò: “L’unica… cosa buona… dei mostri dei dungeon… è che di solito sono… fantocci… del genio… e non persone vive… almeno posso attaccarli… senza trattenermi…”

Eris, con l’armatura geniesca ormai scomparsa, rise: “Una ex-gladiatrice che odia uccidere il proprio avversario… non mi smetterà mai di sorprendere questa cosa…”

Lara le sorrise: “Succede questo quando… quando si è schiavi e non si può decidere… no?”

Eris stava per risponderle ma una voce le interruppe: “Fufufufufu! Ma tu guarda un po’! avete capito il trucchetto del mio dungeon! Quindi per una volta Amdukias s’è scelto un re con della materia grigia? Bene, piccole guerriere… avete fatto un passo… ve ne mancano ancora tre prima di arrivare alle porte di casa mia. Ma da adesso in poi si fa sul serio! Pronte?! ANDATE!”

La voce del genio smise di rimbombare e di far vibrare il genio sigillato nella lancia di Eris prima che la vera prova avesse inizio.

Eris e Lara ebbero appena il tempo di vedere la stanza, notare come fosse identica alla precedente, come anche questa avesse quattro entrate e ritmi di attivazione della trappola di vento diversi; ebbero pochi istanti per realizzare che avrebbero dovuto ripetere i loro conti, le loro stime e una nuova, disperata corsa contro il tempo. Quindi con le nuove folate di vento arrivò un fiume di mostri ibridi tra orsi e gufi, tutti pronti ad attaccare.

Eris guardò Lara con determinazione: “Tu urli, io conto!”

Lara annuì e ubbidì, urlando nuovamente con tutto il fiato nei polmoni. Le bestie in arrivo furono bloccate per qualche istante dall’urlo di guerra mentre Eris, leggermente frastornata dalla possente voce della compagna, riprese a contare i tempi di attivazione delle trappole mentre il potere del suo genio tornava ad avvolgerla. Quindi tutto ebbe inizio e le due dovettero cominciare a combattere, schiantandosi con tutte le forze contro i mostri.

Ogni attivazione di quelle trappole catapultava mostri nella stanza ed Eris, pur scattando e folgorando ogni nemico avesse di fronte, doveva costringersi a fare attenzione alle trappole. Lara, d’altro canto, in pochi secondi si era fatta un’idea dei corridoi che circondavano quella stanza e, in piena libertà, cominciò a malmenare ogni mostro le capitasse a tiro a suon di violentissimi pugni ed artigliate.

Fu un processo rapido, certo, ma per le due ragazze così immerse nella battaglia parve un tempo infinito, finché Eris, folgorando l’ennesimo nemico, urlò all’amica: “Trentadue, quindici, quarantasette e undici secondi… QUALE CORRIDOIO PRENDIAMO!?”

Lara, scaraventando via due mostri con un calcio a dir poco poderoso, urlò: “TRENTADUE, CORRIDOIO ALLE TUE SPALLE, MA DOBBIAMO CORRERE!” e le due ragazze, distruggendo innumerevoli mostri sul loro cammino, corsero, con tutta la velocità che avevano nelle gambe, danzando l’una al fianco dell’altra, spingendosi via, dandosi lo slancio nei momenti di massimo pericolo, coprendosi le spalle a vicenda.

E varcarono le porte di una, due… e infine tre stanze, attraversando in extremis l’ultimo arco prima che il vento si attivasse. Quando finalmente furono nella nuova e presumibilmente ultima stanza, le ragazze caddero in ginocchio, esauste, mentre l’arco alle loro spalle letteralmente spariva, chiudendo definitivamente la parete e tagliando ogni via di fuga.

“Abbiamo… finito? Dove diavolo è quel genio?!” ringhiò Lara mentre Eris, dissipata un’altra volta l’armatura, si rialzava e, col fiatone e a corto di Ruhk, dava un’occhiata alla stanza in cui erano finiti: era molto più grande delle precedenti e di fronte a loro galleggiava una sfera di cristallo azzurrina; dietro questa si stagliava un enorme portone dorato e riccamente intarsiato con motivi tondeggianti, come folate di vento rappresentate da un’artista. Non c’era toppa o cardine che macchiava l’uniformità di quel blocco di metallo, fatta eccezione per una concavità che sembrava fatta appositamente per accogliere la sfera di cristallo.

“Brave ragazze, decisamente piene di forza bruta ma… beh, è presto però per festeggiare no? Aprite la porta delle mie stanze private e allora festeggeremo come si deve! Vi aspetto…” disse la voce del genio di quel dungeon. Sembrava sorpreso ma anche decisamente più minaccioso di prima.

Lara si avvicinò con fare circospetto alla sfera fluttuante ed Eris continuò a guardarla. Alla fine, fu la ragazza dai capelli rossi a parlare: “Non so te, ma penso che questa sia una trappola e che non possiamo fare a meno di farla scattare”

Eris annuì: “Suppongo sia l’unico modo…” e la donna toccò cautamente la sfera con la base della sua lancia e questa, immediatamente, volò via, in alto, molto in alto, verso le volte molto più ampie di quella stanza e cominciando ad accumulare correnti di vento violentissime attorno a sé.

Il vento prese a imperversare per tutta la stanza, costringendo le due ragazze a coprirsi gli occhi e ad attendere mentre l’acuto di un enorme rapace non riempì l’aria. Quando il vento si fu finalmente placato, le due guerriere videro come attorno alla sfera si fosse formato un gigantesco volatile, dalle piume di colori cangianti tra il blu e il rosso, giganteschi artigli e la testa mostruosa di un cervo dai denti aguzzi e dalle corna affilatissime.

La sfera brillava incastonata nel petto gonfio di quella mostruosità che, dopo aver fissato con superbia le due ragazze, prese ad agitare le ali con forza inaudita, scagliando contro di loro una fortissima corrente.

Eris ne fu sbalzata via, andando a sbattere contro la parete che un tempo ospitava l’arco dal quale erano arrivati, mentre Lara resistette un po’, arretrando di qualche metro e difendendosi con le braccia incrociate di fronte al viso. Questo però le fece perdere di vista il volatile che, con uno stridio acutissimo, le piombò addosso in picchiata, ferendola con un’artigliata per poi afferrarla tra le sue grinfie e volare in alto.

“LASCIAMI ANDARE, POLLO DEFORME CHE NON SEI ALTRO!” urlò Lara, stretta tra le zampe di quell’uccello e cercando di divincolarsi con tutta la forza che aveva in corpo. La presa di quel mostro era formidabile e, con un verso canzonatorio, prese a schiantarsi volontariamente contro le pareti della stanza per danneggiare la guerriera Fanalis.

Rimbalzò sulle pareti per tre volte prima che una folgore gli passasse di fianco: Eris, ricoperta della sua armatura e di elettricità, aveva spiccato un salto altissimo sospinta dal potere del suo genio e, sussurrando uno “Scusa, Lara”, colpì con un affondo il mostruoso uccello. La corrente elettrica percorse il suo corpo e si propagò anche a Lara, che grugnì di dolore prima di essere rilasciata dal mostro, in piena agonia. Questo però, stridendo rumorosamente, assestò un colpo con l’ala a Eris che nuovamente fu sbalzata via.

La ragazza atterrò con grazia ma sentì le riserve di Rukh farsi sempre più povere dopo gli innumerevoli scontri di quel giorno. Il mostrò caricò di nuovo in picchiata ed Eris lo evitò, quindi una nuova picchiata diretta a Lara che, tremebonda per la scossa, assestò un calciò al mostro, sbalzandolo via senza però fargli troppi danni.

Gli assalti aerei continuarono e l’uccello mostruoso si rivelò essere veloce e fastidioso, specie per la straordinaria altezza dei soffitti di quella stanza. I pochi colpi che le ragazze riuscivano ad assestare erano quelli dalla breve distanza e, vista la natura di quel mostro, erano troppo poco ben piazzati per fare seri danni. Inoltre, il mostro, agile nonostante l’enorme stazza, era riuscito ad evitare un paio di folgori lanciate dalla lancia di Eris che, pur a corto di energia spirituale, aveva provato l’assalto dalla distanza.

“Dobbiamo portarlo a terra e stordirlo prima di finirlo…” disse Lara, evitando un’altra picchiata e un’artigliata.

“Io non penso di avere abbastanza forza bruta per stordirlo… ma se lo porti a terra potrei dargli il colpo di grazia!” aggiunse Eris, dando due colpi di striscio alla creatura ed evitandone un colpo d’ala. Il volatile riprese quota e il suo verso echeggiò nella stanza, in procinto di sbattere nuovamente le sue ali per creare altre forti correnti d’aria, ma Lara fu più veloce.

La fanalis caricò tutta la forza delle sue gambe e saltò, sforzando i muscoli fino quasi a strapparli, e saltò così tanto da raggiungere l’altissimo soffitto, proprio sopra la testa del mostro. Urlò, urlò di furia cieca e, dandosi la spinta sul soffitto con un ultimo, possente sforzo, cadde sul mostro con un calcio volante talmente forte che quando colpì la nuca di quell’aquila troppo cresciuta emise un rombo secco.

Il mostro precipitò rovinosamente sul terreno e vi rimbalzò anche vista la violenza di quel colpo; Lara cadde a terra rovinosamente, le gambe contratte e impossibilitate a muoversi, ma Eris caricò il mostro a piena velocità, pronta a finire quello scontro con le ultime energie rimaste.

Ammantata di energia elettrica, Eris prese a scattare e a rimbalzare su tutto il corpo del volatile mostruoso, perforandolo con la lama della sua lancia e con le folgori miriadi e miriadi di volte prima di saltare in altro e piovere direttamente sulla nuca della creatura, perforandola e riducendola in cenere con un’ultima, devastante folgore.

Affannata ed esausta, Eris sorrise quando, mentre il corpo del mostro diveniva polvere e la sua armatura spariva, la sfera rotolò ai suoi piedi, decretando la vittoria in quell’ultima prova.

Lara arrivò da lei praticamente zoppicando, i muscoli delle gambe che ancora palpitavano per lo sforzo: “So che non dovrei dirlo, ma nonostante viva buona parte della mia vita su una nave, non voglio più sentire neanche una brezza leggera sulla mia faccia per il prossimo mese!”

Eris rise mentre raccoglieva la sfera e, un po’ affaticata, si dirigeva all’enorme porta dorata. Pose l’artefatto nella concavità e la porta, per magia, manifestò una lunga linea verticale di energia che divise l’enorme portone in due sezioni e permise l’accesso ad una bizzarra camera.

Di fronte alle ragazze apparve un grosso vuoto con rocce galleggianti che davano su un largo spazio, arredato in maniera disordinata con un tavolo, una sedia, astrolabi, candelabri, mappamondi e altro genere di decorazioni, al centro di tutto questo, riparato da una volta di rocce basaltiche e cristalli che facevano da tetto allo strano luogo, c’era una grossa figura umanoide, o meglio la grossa figura del genio di quel dungeon, seduto a gambe incrociate nel bel mezzo del nulla, sospeso per aria come se non avesse peso.


 
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L’essere dalla pelle blu aveva un fisico snello; il volto era coperto da una maschera che ricordava alcuni degli idoli di civiltà distanti dalle sembianze di un volatile e dietro alla maschera si intravedevano dei folti capelli rossi. Il petto nudo presentava numerosi tatuaggi mentre il bassoventre era coperto solo da una gonnella rossa aperta sui lati e tenuta ferma da una cintura con dei canini di lupo; dalla gonna infine avevano origine diversi pezzi di stoffa lunghi color arancione.

Le ragazze, cautamente, saltarono sulle rocce sospese nell’abisso che separava la porta dal resto dell’ambiente e fissarono il genio con circospezione ma questo, sempre a gambe incrociate nel vuoto, non sembrava considerarle troppo. Quando furono abbastanza vicine, però, il genio prese a parlare e ogni traccia di malizia era finalmente sparita dalla sua voce.

“Ora che la recita del padrone del dungeon è finita, posso finalmente conoscervi e devo dire che siete state una sorpresa. Visto che vi accompagnate con quel casinista di Amdukias ho messo su un giochino pieno di caos, ma decisamente semplice per quanto riguarda l’enigma che vi ho proposto… invece voi avete combattuto poco e pensato molto, sono colpito” disse con voce distante, come se la sua mente fosse altrove.

Lara sbuffò: “Combattuto poco?! Ti sembra abbiamo combattuto poco?! E poi che significa che la sfida era semplice?! Ci stai dando seriamente delle stupide?!”

Eris fece un passo avanti: “Abbiamo conquistato il dungeon, ora è il momento che tu ci segua… chi sei e chi scegli, djinn?”

Il genio per la prima volta parve interessato alle due donne e si chinò ad osservarle attraverso la sua strana maschera, concentrandosi prima su Lara e poi su Eris.

“Due schiave… una guerriera di un’arena e una… rivoluzionaria? Viaggiatrici, piratesse… Interessante… dietro tanto ordine e tanta disciplina non pensavo fosse nascosto un desiderio di libertà così intenso… forse però essere così è l’unico modo per tenere a bada il panzone tonante!” disse il genio.

“GUARDA CHE TI SENTO, IDIOTA! NON VENGO FUORI SOLO perché LA RAGAZZA HA FINITO LE FORZE!” urlò la lancia di Eris con la voce del genio Amdukias.

Il genio fluttuante guardò Lara: “Per te, giovane Fanalis, hai già scelto di servire un candidato Re, inoltre il tuo magoi non credo sia abbastanza da permetterti di usarmi a dovere. Anche se non amo mandare in squilibrio situazioni equilibrate… penso che sceglierò la tua amica”

Lara fece spallucce: “Parli troppo e picchi a vanvera, direi che non sei proprio il mio tipo, mi dispiace!”

Il genio rise, quindi guardò Eris, alzando la mano: “Chissà se questa scommessa a cavallo tra libertà e abnegazione sarà conveniente… d’accordo, allora, giovane branditrice di lancia, scelgo te come mia prescelta! Ricorda il mio nome, io sono Eligos, Djinn della libertà e dell’equilibrio! Mostrami la tua visione del mondo… e non farmi stare troppo tempo assieme al panzone!”

In uno scoppio di luce bianca, il genio di nome Eligos divenne una serie di correnti d’aria velocissime e luminescenti che andarono a confluire nel bracciale di Eris, contrassegnandolo con il tipico sigillo da genio sigillato e lasciando le ragazze sole con le ricchezze del dungeon che comparivano attorno a loro mentre la stanza, man mano, sembrava cadere a pezzi.

Ebbe quindi inizio il consueto viaggio magico che avrebbe portato le due conquistatrici fuori dalla magica dimora del genio ormai domato e Lara si affrettò a sistemare le svariate ricchezze raccolte in modo da poterle trasportare più facilmente una volta tornati nel mondo materiale.

“Dici che è una buona idea avere due geni litigiosi come compagni?” domandò divertita ma anche preoccupata per l’amica, Lara.

Eris annuì, sorridendo, quindi sospirò: “Se la mia vita non è incasinata non sarebbe la mia – sospirò lei rassegnata – torniamo a Sindria..Tenoran ci aspetta”.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - The road to destiny ***


The road to destiny

 
capitolo-11

 

Eris e Lara erano finalmente tornate dalla conquista del secondo dungeon di Eris. La nave che avrebbero usato per navigare fino a Tenoran sarebbe stata quella di Eris e infatti era rimasta attraccata al porto per permettere a Proteus e agli altri di caricare sulla nave tutto il necessario per affrontare il viaggio, come provviste di cibo, medicine varie e vestiti di vario tipo per ogni evenienza.

Yumuraiha aveva consegnato un occhio di Rukh ad Aladdin e uno a Neli, dato che nella spedizione erano gli unici maghi in grado di poter utilizzare quello strumento: "Grazie a questa magia della chiaroveggenza, potremmo stare in contatto, per qualsiasi evenienza, "spiegò la maga, "inoltre, potrete utilizzarlo per comunicare tra di voi a Tenoran, purché ovviamente sia ad utilizzarlo un mago".

Neli si rigirò tra le mani, in maniera piuttosto perplessa, quella strana sfera circondata da un serpente d'oro come decorazione. La regina non aveva mai visto uno strumento simile, ma aveva imparato a fidarsi di quelle persone e quindi lo conservò gelosamente con lei: "Grazie Yamuraiha per il tuo aiuto" disse la regina abbozzando un sorriso.

I preparativi erano ultimati e tutti i partecipanti alla spedizione erano già sulla nave pronti per la partenza. L'ultima a salire fu Eris, la quale salì sul ponte e poi lo ritirò per salpare. In mano stringeva la cartina nautica che aveva utilizzato per segnare la tratta percorsa settimane prima durante la fuga da Tenoran e che avrebbe utilizzato nuovamente per cercare un punto di arrivo nascosto e poco visibile.

"Bene, leviamo l'ancora e partiamo" disse autoritaria Eris. Per l'occasione l'albina aveva rispolverato dall'armadio dei vestiti parheviani, dei semplici pantaloni neri con rifiniture d'oro e un corsetto nero sopra ad una camicia di cotone piuttosto morbida e leggera.

Eris si mise al timone, iniziò le manovre per uscire dal porto e, proprio quando il vento li accolse gonfiando le vele, Lara la raggiunse con un'espressione sconvolta e sul punto di scoppiare a ridere:" Eris, "farfugliò lei con le lacrime agli occhi, "ti prego vai sottocoperta..."

L'albina la guardò stralunata, aggrottando le sopracciglia in un misto di confusione e preoccupazione. Sospirò, poi lasciò il timone a Lara e si diresse sottocoperta. Scese le scale di legno leggermente bagnate dall'umidità della notte precedente e ciò che si trovò di fronte la lasciò a bocca aperta: "Ma che cazzo..." imprecò lei sostenendosi con una mano alla parete legnosa e rimanendo a circa quattro gradini prima di arrivare al pavimento.

Una distesa di vestiti, colori, piumaggi e drappeggi ricoprivano il pavimento del sottocoperta, qua e là scintillavano gioielli d'oro e copricapi dalle forme animalesche e dai piumaggi scintillanti. Davanti ad una Neli chinata a cercare i vestiti più adatti c'erano i membri della ciurma di Proteus, il gruppo di Alibaba e...Sinbad circondato da Masrur e Ja'far.

Sinbad si portò le mani ai fianchi, sorridendo giulivo: "Buongiorno bellissima Eris" disse scoppiando in una risata cristallina, come se la sua presenza sulla nave fosse la cosa più scontata e ovvia del pianeta.

Il re della Sindria era stato agghindato da una lunga gonna rossa sormontata da un tessuto viola che gli ricadeva sui fianchi e un vistoso tessuto bianco rettangolare che dall'ombelico ricadeva dritto poco sotto le ginocchia. Una cintura rossa dalle rifiniture dorate gli fermava la lunga gonna, mentre il petto nudo, dipinto con strani motivi tenoriani rossi, era coperto da un simil-poncho color bianco e ricamato di rosso e argento, con un vistoso pelo marrone e piume dorate che gli circondava il collo e fungeva anche da cappuccio per nascondere la folta chioma violacea. Sul viso vi erano dipinte delle righe e dei cerchi rossi, tutti simboli che comparivano normalmente sulla pelle e i volti dei tenoriani.

Masrur e Ja'far erano accanto a Sinbad in attesa che Neli decidesse quale abito fosse più adatto a loro, l'albino aveva un leggero clorito rosso, visibilmente in imbarazzo per quella situazione.

"C..cosa diavolo ci fate voi qui? E cosa diavolo state combinando?" urlò Eris sconcertata da quello che aveva appena visto...dopo tutto, dopo il discorso con Sinbad, non si sarebbe mai aspettata di vedere quei tre sulla sua nave con vestiti tenoriani e pronti per l'imminente battaglia.

"Tranquilla Eris, "la rassicurò Neli, mentre ravanava velocemente tra i vestiti con una espressione piuttosto divertita sul volto, "non vorrai mica arrivare a Tenoran con i vestiti sindriani? Dobbiamo mischiarci con il popolo ed evitare che Kou ci scopra"

In tutto quel casino, sbucò fuori Proteus, con una gonna svolazzante piena di piume, il petto completamente nudo e dipinto con gli stessi motivi di Sinbad ma in nero, un copricapo variopinto fatto con la pelle di quello che sembrava un giaguaro ed un enorme teschio animalesco proprio davanti al ventre. Il pirata si avvicinò ad Eris muovendo ritmicamente il teschio davanti al suo ventre con una espressione provocante sul volto:" Ti piace quello che vedi?" lo provocò lui suscitando l'ilarità di Sinbad, Zenko e Aladdin.

"AHAHAHAH questo è lo spirito giusto" ringhiò Zenko piegandosi in due dalle risate.

Eris aprì la bocca scioccata, poi la richiuse trattenendo a stento un insulto: "Tu sarai il primo a finire in mare se non la pianti, "poi fece un lungo sospiro, "siamo molto diversi a livello fisico, come facciamo a mimetizzarci tra il popolo?" chiese poi avvicinandosi a Neli, fulminando con lo sguardo Proteus e Sinbad, i due si stavano scrutando per vedere chi sarebbe stato il più figo.

"Ho delle erbe particolari che se triturate possono essere spalmate sulla pelle per avere per lo meno la stessa carnagione. Sto cercando di trovare dei copricapi che possano coprire i capelli troppo chiari, mentre per il resto, beh...speriamo che i soldati di Kou non facciano attenzione a troppi particolari. Eventualmente, posso utilizzare una magia per eludere il nostro aspetto" disse Neli chiamando verso di sé un Ja'far abbastanza imbarazzato e a disagio.

Eris sospirò, notando con dispiacere che sarebbe toccato anche a lei e Lara vestirsi in quel modo per destare meno nell'occhio. Si voltò a guardare Sinbad, i due si scambiarono un rapido sguardo, quel tanto che bastava per far leggere nello sguardo di Eris la domanda "perché lo hai fatto?".

 

[...]

 

 
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Ren Kouen era ormai da giorni a Tenoran assieme ai suoi tre generali Kin Gaku, Seishuu Ri, Shoun En e a suo fratello Ren Koumei. Erano stati mandati dal padre in persona per sistemare la situazione politica e per mettere piede su una terra che avevano conquistato e che era stata isolata dal resto del mondo per ormai troppi anni.

Il palazzo reale di Tenoran era rimasto intatto, poiché le uniche abitazioni distrutte erano semplici edifici sparsi qua e là per l'isola, inoltre, dopo la scomparsa della regina, molti villaggi si arresero senza opporre resistenza. Erano giorni che Kouen si aggirava trepidante tra una stanza e l'altra, leggendo quanti più libri possibili, archivi di vario genere e qualsiasi cosa che potesse arricchire la sua fama di conoscenza. Nonostante le leggende che giravano a Kou, il popolo di Tenoran sembrava davvero un popolo tranquillo e dedito solo ad una vita modesta fatta di agricoltura, botanica e tanto rispetto per il prossimo. Ma più varcava le enormi stanze in mattoni e dalle piastrelle finemente dipinte, più iniziava a mettere insieme i pezzi della storia di Tenoran. La sua mente iniziava a viaggiare nel tempo per carpirne meglio il significato e le motivazioni che avevano spinto quel popolo a voler isolarsi e vivere in una realtà così pacifica e solitaria.

Ren Kouen camminava con passo cauto lungo i sotterranei che risiedevano nella città di Tenoran e a cui si poteva accedervi da una stanza che era direttamente collegata con la stanza dell'attuale regina Neli.

Seisshu Ri camminava poco più indietro di Kouen, proprio accanto a Kin Gaku, la sua torcia ben alzata verso l'alto per illuminare lo stretto cunicolo sotterraneo:" Kouen-sama, cosa stiamo cercando di preciso?" chiese Seisshu con estrema riverenza, incuriosito nel vedere il principe così interessato a quella faccenda.

"Probabilmente qualcosa che dimostri che questo paese non è così pacifico come sembra" un ghigno divertito comparve sul volto di Kouen.

Kin e Seisshu si guardarono di sbieco, poi Kin intervenne con una sonora risata:" Hanno una forza militare anche loro, ma con uno scudo e una lancia così misera possono fare poco contro un esercito armato fino ai denti come il nostro" terminò la frase quasi con un grugnito, prima di essere spintonato da una spallata di Seisshu.

"È curioso, infatti, "sottolineò Ren Kouen serio in volto, "sembra che l'esercito sia stato fondato solo per completare l'ideale di nazione, senza effettivamente preoccuparsi se il proprio esercito fosse abbastanza forte da proteggersi da qualcuno" la torcia di Kouen si avvicinò ad una parete, rivelando un grosso dipinto scolorito dal tempo.

"Cosa diavolo è quella roba?" sbottò Kin strabuzzando gli occhi stupito.

"Un colosso..? Non penso sia un umano che ha assimilato un vaso di metallo" provò a dire Seisshu, piuttosto titubante sulla sua teoria.

"No, credo sia qualcosa di completamente diverso, "confermò Kouen, "la domanda è: esiste ancora questa cosa?" quella domanda svanì tra i fitti cunicoli del sotterraneo, non trovando, almeno per il momento, una risposta.


 

[...]


 

 
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Intorno all'isola di Tenoran aleggiava una fitta nebbia e quella particolare condizione climatica servì al gruppo per avvicinarsi alle isole senza destare troppi sguardi indiscreti. La goletta di Eris venne ormeggiata in una piccola insenatura che dava su una enorme parete ripida scavata dalle onde, proprio al di sotto di essa vi era una spiaggia rocciosa che portava ad una caverna scavata nella roccia. La caverna, per lo più nascosta, con la marea bassa permetteva di attraversare la ripida parete rocciosa per arrivare dall'altra parte e sbucare in un luogo piuttosto isolato e nascosto che dava proprio su una delle enormi foreste pluviali dell'isola. Con Neli e la sua mappa dettagliata dell'isola, girare per Tenoran sarebbe stato molto più vantaggioso per loro che per l'esercito di Kou.

Oltre l'interminabile foresta pluviale, vi erano sparsi numerosi villaggi più o meno grandi, alcuni di essi erano quasi arroccati su enormi alberi, altri invece si diramavano lungo le coste e altri ancora erano concentrati in zone in cui la vegetazione aveva dato un po' di spazio anche all'uomo. Nonostante i numerosi villaggi, la struttura delle case e certi edifici simil-ziggurat erano una costante, così come i numerosi canali e la vegetazione bassa che sbucava da ogni più piccolo buco e talvolta si arrampicava sulle case per abbellire le loro già colorate mura verdi e rossicce. Le isole di Tenoran erano un piccolo mondo a parte dove natura e uomo coesistevano e vivevano in simbiosi senza danneggiarsi a vicenda.

Il piccolo villaggio di Totec era situato al centro della fitta foresta più grande ed era letteralmente costruito sopra una enorme parete erbosa con una inclinazione davvero spaventosa. I tenoriani avevano studiato un modo per costruire delle abitazioni leggere ma saldamente agganciate a porzioni di piante e vegetazione che sostenevano letteralmente tutto il peso delle case e delle persone: grazie alle forzute radici delle piante, era praticamente impossibile che il terreno franasse di sotto. Lunghi ponti di legno portavano dalla zona più a est verso la zona ad ovest, le quali erano divise da una cascata alta decine di metri. Nel complesso Totec appariva come un villaggio sospeso, dall'architettura semplice che si mimetizzava con la vegetazione circostante.

L'arrivo di nuove persone allarmò e incuriosì allo stesso tempo gli abitanti di Totec. Benché i loro abiti e il loro aspetto, nonostante per alcuni fosse abbastanza celato da folti cappelli e cappucci animaleschi, per i tenoriani fu abbastanza semplice capire che la maggior parte di quelle persone non apparteneva alla loro razza. A causa di ciò, una folta folla di tenoriani si riunì sul uno dei tanti e saldi ponti di legno armati di lance o bastoni magici.

Neli si tolse il cappuccio piumato che le nascondeva metà volto e i capelli, rivelando il suo vero aspetto:" Fermi, per piacere, sono la regina Neli, "fece una pausa, "non sono dell'impero di Kou loro, anzi, sono venuti ad aiutarci per cacciare via gli invasori" chiarì subito, invitando tutti ad abbassare le armi.

Un silenzio assordante, perturbato solo dal rumore dell'acqua della cascata, scese tra i presenti, tuttavia, man mano che passava il tempo, il silenzio si trasformò in un mormorio, poi in grida di felicità e infine tutti i presenti corsero intorno a Neli per assicurarsi che stesse bene.

"Regina Neli che cosa le è successo? Ci sono arrivate numerose voci dai villaggi di sotto..." disse un anziano signore dalla pelle macchiata dal sole e da una folta chioma bianca.

La moglie dell'anziano signore si avvicinò allarmata a Neli: "Non è prudente rimanere fuori, non sappiamo se l'impero di Kou metterà mai piede qua" poi li condusse nella sua abitazione.

Una volta spiegato l'accaduto e, una volta fatti accomodare tutti i presenti con una bella bevanda al gusto di cioccolato, era finalmente arrivato il momento di fare il punto della situazione.

"Questo villaggio è il più isolato dell'isola, non è molto grande, ma ci servirà per capire come agire ora che siamo arrivati alla nazione" disse Neli, intenta a parlare con il gruppo di stranieri.

"L'impero di Kou è sbarcato a Nord, ovvero la zona più vicina al continente principale, successivamente è sceso verso Sud fino a conquistare la capitale Tenoran" ricapitolò Eris per fare il punto della situazione.

"È un impero vasto e potente, ma dubito abbia movimentato così tanta forza militare per conquistare un paese che sapeva già in partenza che non avrebbe retto un attacco di piccola portata, inoltre i suoi piani espansionistici nel continente principale avranno portato via già abbastanza forza militare per questa invasione. Oltre a Totec, probabilmente ci saranno altri villaggi più piccoli che non sono stati completamente invasi da Kou" disse Sinbad guardando con curiosità e circospezione Totec.

L'anziano signore sorseggiò la sua bevanda, poi parlò:" Qui nelle isole di Tenoran le voci girano molto velocemente, "guardò con intesa la regina Neli, "posso dirvi che i militari non sono molti, ma i problemi sono fondamentalmente due: a Tenoran è arrivata gente troppo pericolosa che usa strani oggetti magici, mentre il resto dei villaggi ha deciso di arrendersi perché la regina è stata data per morta e i nobili sono spariti tutti da Tenoran...non c'è più la speranza per continuare a combattere".

"Ma io sono qui ora e i nobili arriveranno non appena ci saremo ripresi Tenoran" disse con fermezza la regina.

"Qualcuno ha un piano?" chiese Proteus alzando le spalle e scuotendo leggermente la testa.

"Neli, tu mi avevi detto che la tua gente ha una propensione nella magia della vita giusto? Quindi Tenoran sembra costruita su misura per voi" iniziò a dire Eris, trovando una risposta affermativa nel volto della donna.

"Vuoi cercare di bloccare l'avanzare della forza militare usando la natura di Tenoran?" chiese Sinbad piegando la testa leggermente di lato incuriosito, 2potrebbe anche essere una mossa buona, ma sicuramente la rivolta verrà sedata da chi ha preso il controllo a Tenoran" disse rabbuiandosi di colpo.

"Potremmo...dividerci? Se ci dividessimo nei punti in cui inizierà la rivolta, quando arriverà qualcuno di più grosso ci penseremo noi a fermarlo" si intromise Proteus.

Sinbad ci pensò su per qualche secondo:" Il problema è che non sappiamo con certezza chi c'è alla capitale, né tantomeno chi c'è nei villaggi principali, però è anche vero che dividendoci faremo dividere anche loro, quindi potrebbe essere vantaggioso".

L'anziano signore iniziò a fumare un mix di erbe prese da chissà quale piantagione, tossì leggermente dopo aver inalato il fumo e poi parlò:" Attualmente a Nord sembrano essere arrivati tre generali dalle forme piuttosto bizzarre, mentre uno strano mago dai capelli neri viaggia da un posto all'altro, non so bene il motivo, mentre chi è al comando dell'intera spedizione è ancora a Tenoran" disse tossendo di nuovo.

Lara piegò la testa di lato confusa, si voltò a guardare la stessa espressione confusa di Ja'far che ascoltava silenzioso accanto a Sinbad, poi fece un passo avanti e disse:" Avete un sistema di comunicazione molto..." si portò un indice al labbro con fare pensoso, "veloce ed efficiente..? Comunque quel mago nero deve essere per forza Judal, mi aveva detto che avrebbe fatto tappa qui..."

L'anziano scoppiò a ridere, anche se la risata si trasformò nuovamente in una tosse convulsiva:" Ragazzina, con la magia della vita possiamo controllare qualsiasi forma di vita a Tenoran, noi comunichiamo con la vegetazione che ci circonda, mandiamo messaggi tramite gli animali, possiamo comunicare con loro, vedere con i loro occhi..."

Gli occhi di Eris brillarono, ritrovando nelle parole dell'uomo esattamente ciò che voleva fare per liberare Tenoran: usare la cosa più preziosa e abbondante che avevano sull'isola...la natura!

"Al popolo di Tenoran manca il loro Dio a cui credere, "indicò Neli, "ma lei è tornata e grazie a lei rianimeremo gli animi della gente e li spingeremo a ribellarsi. Nonostante non sia un popolo guerrafondaio, sono certa che sfruttando la natura possiamo intrappolare l'esercito di Kou" disse Eris entusiasta.

L'anziano guardò torvo Eris, emettendo dalla bocca del fumo dalla forma circolare:" Tenoran ha scelto da anni di non basarsi sulla guerra, "fece una pausa, "ma un tempo siamo stata gente assetata di potere, finché non siamo stati in grado di controllarlo e ci siamo quasi autodistrutti".

Neli abbassò lo sguardo, mentre tutti i presenti si guardarono in maniera piuttosto confusa e allarmata. Sinbad tossì leggermente, cercando di rompere quel silenzio imbarazzante e mettendo da parte un discorso che sicuramente avrebbe ripreso più avanti:" Bene, quindi diffonderemo la notizia del ritorno di Neli per mezzo della magia, nella speranza che non ci sia qualche altra spia tra di voi, ma temo che sia una evenienza da tenere conto. Diffonderemo questa notizia da Nord a Sud, ci divideremo in gruppi per supportare la rivolta se mai qualche generale o magi dovesse intromettersi."

"Io andrò a Tenoran" disse con voce ferma la regina.

Sinbad scosse la testa con disapprovazione:" Non sottovalutare l'influenza che darai presentandoti al popolo. Da quello che ho potuto capire la famiglia reale è una sorta di divinità, voi siete il loro punto di riferimento, la loro forza motrice. Non puoi andare a Tenoran al momento, starai a Nord assieme a Ja'far e Masrur e vi sposterete sempre più a Nord per prendere il controllo di più territori possibili. Considerando che l'ultima volta la vostra forza militare è stata sopraffatta, questa volta dovrete fare affidamento sui maghi, sulla geografia di Tenoran per nascondervi e tendere agguati"

Nonostante il volto di Neli lasciasse traspirare una certa irritazione e disapprovazione, doveva ammettere a se stesse che in quanto a guerra e strategie belliche non sapeva nulla: "D'Accordo..."

"Io andrò a Tenoran" intervenne Eris cercando di supportare la regina rassicurandola della sua presenza nella sua capitale.

Sinbad corrucciò la fronte ma, poco prima di aprire la bocca per parlare, intervennero Proteus e Alibaba in sincrono:" Noi veniamo con te" dissero impavidi.

Lara scrocchiò le nocche con violenza, mentre un ghigno famelico le induriva il viso aggraziato: "Non mi importa dove andrò, i miei pugni non faranno discriminazioni" disse suscitando l'ilarità di Zenko, il quale scoppiò in una delle sue solite risate animalesche.

Sinbad sospirò:" Io andrò con Lara, Aladdin tu verrai con noi, almeno avrò una costante comunicazione con Neli grazie all'occhio del Rukh che ti ha dato Yamuraiha. Noi andremo a metà strada e cercheremo di spingere l'avanzata di rivoluzionari verso Sud."

Un velo di preoccupazione lo fece tentennare, poiché non gli piaceva l'idea di lasciare i suoi compagni da soli, poi si convinse e annuì con determinazione a Sinbad.

"Quindi rimaniamo io, Senza Nome e la piccola Morgiana a Nord assieme al gruppo di Neli," disse con voce graffiante Zenko, "speriamo di prendere a calci in culo qualcuno" concluse con un ghigno ferale.

I gruppi erano fatti e la strategia di azione era stata programmata. Neli radunò i pochi maghi presenti a Totec e ordinò di inviare messaggeri piccoli e poco visibili a Nord per spargere la notizia del suo arrivo a tutti gli abitanti. La notizia si sarebbe sparsa a macchia d'olio, sfruttando la voglia di ribalta e la fiducia che aveva il popolo in Neli. Non c'era molto da preparare, se non sfruttare i maghi di ogni zona per animare la foresta e renderla parte di quello che sarebbe stato l'attacco principale.

Quattro giorni per spargere la voce, al quinto la rivolta sarebbe iniziata...

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - The power of nature ***


The power of nature
 


 
 
Passi veloci e pesanti rimbombavano tra le mura ricoperte di muschio e degradate dal tempo dentro un lungo corridoio a diversi metri sotto la capitale di Tenoran. L’odore stantio e di muffa pungeva il naso e, nonostante alcuni raggi di luce filtrassero dal soffitto, l’aria non riusciva a circolare bene e nel complesso quell’ambiente risultava particolarmente umido e dal forte odore di stantio. Il lungo corridoio era fatto di mattonelle grigie macchiate di vegetazione verde, mentre il soffittò della galleria era sorretto da diverse colonne e strutture portanti scavate nella pietra oppure costruite con alte colonne di mattoni.

“Dove stiamo andando?” chiese in maniera piuttosto sbrigativa un mago proveniente da Kou.

L’uomo, dalla lunga tunica bianca circondata alla vita da una cintura fatta in corda con numerosi gingilli appesi, si voltò a guardare il mago con irritazione:” Ti sto portando esattamente dove mi avete chiesto tu e quella strana donna” rispose con ovvietà.

“Perché avete nascosto questa…cosa?” chiese il mago con curiosità.

Il tenoriano lo guardò stralunato, alzò poi gli occhi al cielo con nervosismo:” Il nostro popolo ha inventato questo colosso per avere la forza di espanderci e conquistare altre terre. Non ti sarai bevuto anche tu la storia del posto perfetto, senza guerre ne schiavitù... – rise sommersamene, – i tenoriani erano un popolo guerrafondaio, ma non avevano abbastanza conoscenze per portare avanti questo progetto… ma, dato che erano assetati di potere, una volta racimolato abbastanza rukh, i nostri antenati attivarono questo colosso per iniziare il piano di conquista oltre le terre di Tenoran.”

“Ma qualcosa deve essere andato male…” proseguì il mago guardando alcune raffigurazioni dipinte sul muro.

“Non sappiamo spiegarcelo, ma quella macchina tenuta insieme dal rukh ha acquisito una coscienza propria, come se le terre di Tenoran avessero preso vita in quel mostro e si fossero ribellate a noi. Ho ipotizzato che, essendo fatta con materiali proveniente dal cuore di Tenoran, la coscienza del nostro stesso paese si fosse concentrata dentro e, dato che non voleva portare distruzione e sangue nel mondo, si è ribellata a noi.”

“Quindi perché tenerlo alimentato se avete paura di questa cosa?” chiese incerto il mago.

Il sacerdote tenoriano scosse la testa piuttosto indignato:” Dopo l’accaduto, la famiglia reale ha avuto paura e purtroppo per generazioni l’idea di riportarla in vita è stata sempre di più dimenticata, fino a diventare una proibizione con l’ascesa al trono della nonna della attuale regina Neli. Per paura che queste conoscenze potessero andare in mani sbagliate, il nostro popolo è rimasto chiuso su queste terre per anni, rinunciando di esporsi ad altri paesi. Il popolo con il tempo si è arreso a questa vita, trovandola persino piacevole, e pensando che la famiglia reale fosse così potente da essere temuta e venerata proprio per questa forza. Io non credo proprio a niente, voglio la guerra, voglio che questo popolo possa andare a conquistare altre terre, voglio di più…”

Il mago sorrise furbo:” Quindi avete chiesto aiuto a noi?” concluse sornione.

“Siete stati voi a proporci una mano, – sottolineò il sacerdote guardandolo torvo, – e dato che sembrate intendervene più di me, ho deciso di tradire il mio popolo per riportare in vita la vera forza di Tenoran”.

“Il nostro capo ha detto che trasformando il rukh bianco in rukh nero quel colosso diventerà ancora più forte, dato che avrà accesso ad un rukh illimitato, e potrebbe essere abbastanza forte da generare un Dark Spot. Se è vero che quel colosso è alimentato dal rukh di Tenoran stessa, come se fosse un enorme creatura vivente, allora questo oggetto trasformerà tutto quel rukh in rukh nero e la corruzione si espanderà nelle vene di Tenoran come un lento veleno” disse il mago in maniera piuttosto vaga, conscio del fatto che il tenoriano non ci avrebbe capito molto.

Il mago fece una pausa, mentre guardava stupefatto l’enorme mostro che aveva davanti agli occhi, poi si voltò a guardare il sacerdote e gli consegnò una spada nera. “Hai detto di essere un mago, giusto? Quando deciderai di fonderti con quel colosso, assicurati di utilizzare questa spada nera, farà cadere nella depravazione il tuo rukh e poi si diffonderà in tutto il colosso...”



 
[...]


 
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Zona Nord delle isole Tenoran...


L’esercito di Kou nelle isole di Tenoran aveva imposto il proprio dominio e le proprie leggi, ma non erano ancora iniziati i lavori per ricostruire quelle isole e far assomigliare l’architettura delle varie città a quella di Kou nel continente principale. I soldati si erano limitati ad insediarsi nelle città più grandi piazzando fuori dall’ingresso di ogni città o villaggio la bandiera dell’impero dominante, inoltre, dato che la popolazione di Tenoran si era arresa, l’impero aveva concesso al popolo di continuare con la propria vita, purché rispettassero le nuove leggi imposte e obbedissero a quello che ora era il comandante delle isole di Tenoran: Ren Kouen.

Non c’era stato un cambio rivoluzionario nella vita dei tenoriani, ma era anche vero che gli invasori avevano conquistato le terre di Tenoran da poco, inoltre, persino Kouen stesso non aveva avuto le idee chiare su quello che erano venuti a fare a Tenoran. O meglio, aveva avuto modo di capirlo diverse settimane dopo, ma il suo esercito si era limitato a invadere le città principali per assicurarsi di sedare eventuali rivolte, senza però focalizzarsi sulla vera e propria trasformazione di Tenoran. L’esercito era quindi in una sorta di stand-by e alcuni avevano iniziato a pensare che l’invasione di Tenoran fosse solo qualcosa di passeggero e poco rilevante nei piani espansionistici di Kou.

Nonostante i dubbi e le incertezze, quel giorno sembrava essere certa un’unica cosa: era arrivato il famoso giorno, quindi Neli era giunta nella città principale che stava a Nord proprio per dare il via alla ribellione. La notizia del ritorno di Neli aveva fatto il giro delle isole, mobilitando in silenzio tutta la popolazione che, lentamente e discretamente, si era preparata per la ribellione finale.

Quella mattina il sole si era alzato dalla linea dell’orizzonte del mare, mostrandosi in tutta la sua forza e illuminando orgoglioso tutta la distesa di acqua che circondava le isole di Tenoran e la folta vegetazione. Una distesa di nuvole basse, tipiche delle isole in mezzo al mare, copriva l’intero cielo, rendendolo un mare ribaltato dalla consistenza soffice e nascondendo il sole ormai alto nel cielo. La distesa nuvolosa, illuminata dai raggi mattutini del sole, prese a colorarsi di arancione e di tanto in tanto da qualche buco in mezzo alle nuvole cadevano sulla terra lunghi raggi di luce.

 

Neli, accompagnata da Masrur e Ja’far poco distanti da lei, era posizionata in cima ad un’enorme struttura simil-ziggurat alta circa un centinaio di metri. Il vento aveva preso a soffiare e la donna finalmente si tolse il copricapo che le teneva coperta la testa, rivelando un volto dipinto da lunghi tratti neri e rossi e due occhi color nocciola carichi di determinazione e voglia di rivalsa. Alzò solennemente il suo bastone legnoso, che improvvisamente iniziò a risplendere di una strana luce bianca, poi urlò a pieni polmoni:” MIO FEDELE POPOLO, LA VOSTRA REGINA È TORNATA, ORA RIPRENDIAMOCI CIO’ CHE È NOSTRO,” detto ciò, la vegetazione che circondava la struttura prese a crescere e ad allungarsi in maniera anomala, circondando l’edificio fino ad arrivare ai piedi di Neli per sollevarla ancora più in alto. 

Un’ovazione generale si alzò da ogni angolo della città a nord, centinaia di tenoriani uscirono dalle proprie abitazioni, mentre altri si andarono a rifugiare dentro alla foresta per sfruttare la geografia e la vegetazione per nascondersi dentro di essa e far perdere le proprie tracce ai soldati di Kou. Ma la cosa che lasciò allibiti e terrorizzati gli invasori fu la vegetazione della foresta pluviale che prese vita: lunghi rami nodosi si allungarono come serpenti dentro alle città per imprigionare l’esercito di Kou, animali di tutte le taglie e forme uscirono dalla loro tana per attaccare con artigli e morsi, e figure dall’aspetto mostruoso e indefinito si generavano nell’aria per piombare addosso a loro. La natura stava prendendo vita con ogni sua forma, dal più piccolo batterio al più grosso degli alberi, dando vita ad uno spettacolo incredibile e terrorizzante allo stesso tempo.

“C..che diavolo è successo? – urlò un soldato dimenando la proprio lancia per contrastare l’attacco di un grosso felino, – cosa diavolo sta accadendo a questo popolo?”

Il disorientamento e la confusione iniziale dei soldati li portò inizialmente a contrastare l’avanzata della natura con le armi e con la magia, nonostante i maghi di Kou fossero in netta minoranza rispetto a tutta la popolazione di maghi di Tenoran, poi alcuni di loro dovettero battere in ritirata a causa dell’effetto sorpresa che li aveva colti impreparati.

Una risata rimbombò sopra tutto il casino generale: un uomo dalla corporatura robusta, con due grossi baffi neri ripiegati leggermente all’insù e un naso da maiale, si fece strada tra la folla di soldati, ruotando la sua lunga lancia dalla punta a forma di luna: “Cosa diavolo state combinando, idioti!?” tuonò l’omone, mostrando una fila di denti nera come la pece.

Seishuu Ri, ovvero l’uomo accanto a Kin Gaku, sospirò rumorosamente, guardando di sbieco il suo compagno:” Meno male che il principe Kouen ci ha mandato a nord, che avesse previsto tutto questo?”

Kin si limitò a scuotere le spalle in maniera piuttosto sbrigativa:” Non lo so, ma queste marionette di Tenoran sono state buone e remissive fino a qualche ora fa, con il ritorno della loro regina sembrano completamente assatanati”.

Detto ciò, la lancia di Kin iniziò a illuminarsi, così il bracciale al polso di Seisshu, e ben presto le due figure mostruose divennero dei colossi alti decine di metri. Seisshu era un ammasso di muscoli con una folta chioma di serpenti blu che gli ricadeva sulla schiena e che utilizzava per intrufolarsi tra i palazzi e la natura per attaccare qualsiasi cosa, mentre Kin divenne ancora più grosso e il suo viso si distorse ancora di più in quello di un maiale.

Un enorme ramo si avviluppò intorno alla caviglia di Kin, ma quest’ultimo lo afferrò con una mano e lo dilaniò con i suoi denti:” Dirigetevi più a sud, qua ci pensiamo noi a far abbassare la cresta a questi moscerini” ordinò Kin all’esercito.

“Ora o mai più popolo di Tenoran, non lasciateli scappare a sud”. A quel punto fu di nuovo il turno di Neli, che incitò la folla a continuare a combattere, non lasciando scappare per nessun motivo l’esercito a sud.

Zenko si portò di fronte ai due colossi, sputò a terra con disprezzo poi urlò: “Vieni, contenitore di metallo nato da Marchiosia, consacro a te il mio corpo, diventa tutt'uno con me!” e dall’enorme scimitarra legata alla sua cintura, un simbolo magico iniziò ad illuminarsi e la figura animalesca di Zenko si trasformò in un enorme bestione alto quanto Kin e Seisshu, dalla folta chioma bianca che gli percorreva tutta la spina dorsale e dalla dentatura così affilata da poter rompere con le sue mascelle poderose qualsiasi cosa.

“E tu chi cazzo saresti?” sbottò Kin, alzando un sopracciglio e mettendo in mostra il suo solito atteggiamento sboccato e irruento.

Zenko frenò un ringhio, simile ad una delle sue risate animalesche, poi disse in maniera piuttosto sfacciata:” Ti sembro uno che si perde nei convenevoli?” detto ciò, prese uno dei serpenti di Seisshu, che avevano provato ad attaccarlo lateralmente, e lo spezzò a metà con la sola forza delle mani.

“Piccola Morgiana, mi raccomando, stai attenta” Senza Nome e Masrur si avvicinarono silenziosi a Morgiana, la quale era stata in silenzio a guardare la scena proprio dietro all’ormai enorme Zenko.

Morgiana annuì debolmente, poi si voltò a fissare incuriosita Masrur:” Neli dov’è?”

“Con Ja’far," – disse brevemente lui, poi spostò lo sguardo verso i due colossi di Kou, – "vi darò una mano” concluse senza dare troppe spiegazioni.

Mentre Kin e Zenko si confrontavano in uno scontro di pura forza bruta, lo sguardo selvaggio e intimidatorio di Seisshu si spostò verso il gruppo di persone che avevano accompagnato Zenko:” Voi pulci cosa credete di fare?” chiese prima di lanciare contro di loro decine di serpenti bluastri pronti a divorarli.

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