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di Fuyuko_takahashi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** avviso ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


"Aitor? Hai preso tutto?" Jordan mi corre accanto, recuperando il mio zaino e lanciandomelo contro.

"Si" rispondo mantenendo lo sguardo su di lui. È da tutta la mattina che corre per casa.

"Vuoi che ti accompagniamo noi?" Si ferma di fronte a me e si abbassa, con l'espressione più dolce del mondo sul viso.

"Si, posso accompagnarti io. Tanto devo fare comunque quella strada" Xavier mi si avvicina e mi scombina i capelli.

"Va bene, ma lasciami un po' prima. Non voglio che tu vedano"

"Aspetta! Fatti fare una foto!" Jordan corre in cucina a recuperare la fotocamera e torna, sotto i nostri sguardi confusi.

"Che hai, Jojo?" Xavier si avvicina a me.

"Xavier! Oggi è il primo giorno di medie del nostro Aitor! Tu non sei emozionato?" L'altro lo guarda, leggermente divertito.

"Tsk" metto lo zaino in spalla e mi incammino verso la porta, ma subito vengo raggiunto da due braccia che mi stritolano da dietro.

"Buona giornata, cucciolo" Jordan mi stampa un rumoroso bacio sulla guancia e poi mi lascia andare sotto mie proteste.

Xavier ride, poi mi raggiunge e insieme andiamo in macchina. Arriviamo dopo poco vicino scuola e mi lascia poco prima, così come gli ho chiesto.

"Entrerai nel club di calcio?"

"Ci voglio provare"

"Ce la farai" gli faccio un sorriso tirato e mi giro per scendere.

"Aitor" fermo la mano sullo sportello, girandomi verso il mio tutore. "Non devi vergognarti"

Addolcisco i tratti del mio viso, perennemente tirati e abbasso la testa. I capelli mi ricadono sugli occhi, coprendomi la faccia.

"Non mi vergogno, ma ho dovuto già cambiare scuola una volta"

"Lo so. E so, come anche Jordan, quanto questo sia stato difficile a circa un mese dall'inizio. Ti promettiamo che non succederà più."

Xav mi sorride e io gli credo, perché con loro è sempre stato così. Ogni promessa è sempre stata mantenuta.

"Ci vediamo dopo" scendo dalla macchina e percorro a piedi quei pochi metri che mi separano dal cancello.

Arrivato in classe, il professore fa la mia presentazione e poi vado a sedermi nel posto libero. Per tutta la durata delle lezioni mi sento osservato e, quando mi giro, un ragazzo con i capelli castani mi sorride e scuote energicamente la mano per salutarmi.

Faccio una smorfia e mi giro verso il professore, sperando che questa tortura finisca presto.

Quando finalmente posso alzarmi, la mia visuale viene oscurata da tre ragazzi, tra cui anche il castano di prima.

"Ciao! Io mi chiamo Arion, loro sono Skie e Jp. Tu sei Aitor, giusto?"

Annuisco semplicemente e inizio a camminare verso l'uscita della classe, con loro al mio seguito.

"Hai intenzione di iscriverti a qualche club?" Mi chiede il più basso.

"Calcio"

"Perfetto! Noi facciamo parte di quel club. Vieni! Ti portiamo alla sede!"

Non ho tempo di dire una parola, che subito vengo trascinato per un polso tra i corridoi della scuola e, una volta fermati, mi ritrovo dentro una stanza con tanti occhi puntati su di me.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


"Sei in ritardo, Arion!" Un ragazzo castano sgrida il ragazzino al mio fianco, che in risposta si porta le mani nei capelli, grattandosi la testa imbarazzato. Poi il ragazzo si rivolge a me. "E tu chi sei?"

"Mi chiamo Aitor, vorrei entrare nel club di calcio." 

"Aitor, questo è lo spogliatoio della squadra e loro sono i componenti. Lui è Riccardo Di Rigo, il capitano" Arion mi presenta al ragazzo, che fa un cenno con la testa. Successivamente, tutti i ragazzi si presentano.

"Quindi la prima cosa che faremo oggi è il provino per il nuovo arrivato?" Un ragazzo con i capelli neri e degli strani occhialini sulla fronte si rivolge al Mister Evans, che per tutto il tempo non ha fatto altro che guardarmi. So che mi ha riconosciuto, spero solo che non dica nulla. Non voglio dover cambiare scuola di nuovo.

"Dimmi Aitor. Ti piace il calcio?" Guardo il Mister che, con un sorriso stampato in viso, si piazza davanti a me. Annuisco.

"Si. Certo"

"Allora benvenuto in squadra" Annuisce anche lui, lasciando gli altri sbigottiti. 

Era questo il provino? Patetico.

Andiamo in campo per allenarci e il mister subito vuole vedere le mie capacità. Riesco a prendere palla ad Arion, facendolo però cadere. Nonostante il mio gioco un po' duro, mi prendo i complimenti dalla maggior parte dei ragazzi, tranne uno.

Gabriel Garcia

Per tutto l'allenamento non fa altro che tenermi d'occhio, controllando ogni mia mossa.

Cosa vuole? È snervante.

Quando finalmente abbiamo finito, mi fiondo sotto le docce e mi lavo. Mentre sto per uscire dal campo, però, qualcuno mi chiama.

"Aitor! Vieni un attimo qui!" Mi avvicino al Mister Evans, al cui fianco c'è il Mister Sharp che ci ha raggiunti a metà allenamento comunicandoci che sarà il vice-allenatore della Raimon. "Come stanno i tuoi genitori?"

"Non lo so, non li vedo da quando mi hanno lasciato alla stazione." 

"Sai bene di chi parlo" Faccio una smorfia, calciando un sassolino con il piede.

"Stanno bene" 

"Quindi è vero. I tuoi tutori sono Xavier Foster e Jordan Greenway" Sposto per un attimo lo sguardo sull'allenatore Sharp per poi riportarlo sull'altro.

"Non voglio che nessuno lo sappia" 

"Perché? Essere figlio di due ex giocatori dell'Inazuma Japan, fossi in te lo direi a tutti." Stringo i pugni. Evans è bravo a giocare a calcio, ma è una vera scocciatura.

"Non voglio e basta" Devo apparire nervoso, o turbato, perché l'allenatore Sharp posa una mano sulla mia spalla in un gesto di conforto.

"Va bene. Non lo diremo a nessuno." Alzo lo sguardo e faccio un cenno di riconoscimento. Poi lui allunga una mano e mi porge una busta da lettere. "Puoi portar loro questa? Digli che è da parte mia e di mio marito" 

Afferro la busta e annuisco. "Cos'è?"

"Nulla di preoccupante, tranquillo. Non è su di te" Rilascio un sospiro e li saluto, per poi avviarmi verso casa. 

"Aitor!" A metà strada mi giro di scatto, trovandomi due occhi celesti di fronte a me.

Tsk, che scocciatura.

"Hey! Sto parlando con te!" Gabi mi afferra un polso e mi si para davanti, costringendomi a fermare il mio passo.

"Che vuoi?" 

"Ti ho visto parlare con gli allenatori!" Sbianco di colpo e arretro di un passo. I suoi occhi non smettono di scrutarmi il viso.

"Hai sentito qualcosa?"

"No. Ma sembrava importante. Cosa nascondi?" Libero il mio polso con uno strattone, serrando gli occhi.

"Non sono affari tuoi" 

"Lo sono, se hai intenzione di distruggere la squadra"

È questo che pensa? Che idiota!

"Sei un imperiale, vero?" Continua il suo attacco, vedendo che io non rispondo.

"Lasciami in pace." Provo a superarlo, ma Gabi mi blocca nuovamente la strada.

"Scoprirò cosa nascondi"

"Buona fortuna, Babol." Finalmente riesco a oltrepassarlo, ma lui mi chiama di nuovo.

"Babol?"

"Assomigli ad una gigantesca Big Babol." Ghigno e mi allontano, ridendo della sua espressione furiosa.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


"Sono a casa!" Jordan si fionda subito da me, non lasciandomi spazio neanche per togliere lo zaino e posarlo.

"Come è andata? Sono simpatici i tuoi compagni? Xavier mi ha detto che volevi entrare nel club di calcio, l'hai fatto?"

"Jojo, lascialo respirare!" Xavier tira verso di se suo marito, che in risposta mette il broncio. "Allora, ci racconti?"

Alzo gli occhi al cielo e vado verso la cucina. "Possiamo mangiare nel frattempo?"

"Certo, stavo giusto per fare i piatti. Puoi aiutarmi ad apparecchiare?" Annuisco verso Jordan e prendo le stoviglie dai cassetti, posandole sul tavolo mentre racconto ai miei tutori di oggi.

Quando abbiamo finito di mangiare l'argomento si sposta sulla squadra di calcio.

"Come sono i compagni? E l'allenatore?" Rido a questa domanda di Xavier.

"Gli altri bravi, non li conosco molto comunque. L'allenatore lo conoscete. È Mark Evans. E il vice allenatore è Jude Sharp." Gli occhi del verde si illuminano, emozionato nel sentir i nomi dei suoi ex compagni.

"Davvero? Sapevo che avrebbero fatto grandi cose, quei due! Manca solo Axel e il trio è al completo" 

Al contrario di Jordan, Xavier va subito al sodo.

"Mark ti ha riconosciuto? Ti vedeva spesso quando eri piccolo."

Annuisco, portando i piatti sporchi nel lavandino.

"Si, e l'ha detto al Mister Sharp. Però mi hanno promesso di non dire nulla a nessuno." Entrambi annuiscono e io mi ricordo della lettera. "A proposito. L'allenatore Sharp mi ha chiesto di darvi questa." 

Vado vicino al mio zaino, cacciando la busta e porgendogliela. Loro la aprono, curiosi, e leggono ciò che vi è scritto. Subito dopo, Xavier punta il suo sguardo nel mio, sorridendomi.

"Preparati Aitor. Stasera siamo invitati ad una festa."

***

"Ripetetemi perché mi sono fatto convincere a venire con voi" 

"Perché i nostri amici hanno organizzato una serata per riunire l'Inazuma Japan e hanno invitato tutta la famiglia." Grugnisco alla risposta di Jordan e gioco con la mia maglia quando suona al campanello e ci viene ad aprire il mister.

"Jordan, Xavier! Siete arrivati! E ci sei anche tu, Aitor." Si sposta per farci passare e noi entriamo nell'enorme casa Sharp.

Veniamo subito circondati da tutti gli ex giocatori dell'Inazuma Japan, che salutano i miei tutori e si presentano a me.

Come se ce ne fosse bisogno, idioti.

"Manca qualcuno, vero?"

"Si, purtroppo Shawn e Hurley non sono potuti venire e da Axel e Austin non abbiamo ricevuto risposta." 

"Non siete rimasti in contatto con Axel? Da ragazzi tu, lui e Mark eravate legatissimi." 

"Purtroppo no. Abbiamo continuato a sentirci per qualche mese dopo il FFI, poi ci siamo allontanati quando lui e Shawn si sono lasciati e ognuno di noi aveva i vari impegni." Xavier annuisce e subito dopo, da una porta, sbuca Caleb Stonewall.

Rimango a bocca aperta davanti il calciatore, a mio parer, più forte di tutti. 

"Aitor, sei rimasto incantato?" 

"N-no. Io... Io. Tu, s-sei Caleb S-Stonewall." I miei tutori e il diretto interessato ridono. "Sei il mio idolo. Il calciatore più forte dell'Inazuma Japan"

"Ah! Grazie, Aitor. Sono felice di sapere di non essere il tuo calciatore preferito. D'altronde sono solo tuo padre" Xavier incrocia le braccia offeso e mette su una specie di broncio poco credibile, facendo ridere tutti.

"Scusa, ma senza di lui non avreste vinto la maggior parte delle partite."

"Il piccoletto mi piace!" Caleb ride e posa il vassoio che ha in mano sul tavolo, sedendosi poi accanto all'allenatore Sharp. "E poi, se dobbiamo dire tutta la verità, se non fosse stato per me, questo cocciuto sarebbe ritornato da Dark" 

"Su questo ti do ragione"

"Mi ricordo quella partita. È stato bello giocare con Paolo e i ragazzi della nazionale italiana." L'allenatore Evans annuisce e, subito dopo, sento uno sbuffo da parte di Caleb.

"Quante volte ti ho detto che non voglio che tu stia con quei cosi dentro casa?" La domanda è rivolta all'allenatore Sharp che, sentendo l'altro, sbuffa a sua volta e si toglie gli occhialini.

Quando vedo i suoi occhi rimango scioccato. Sono rossi, particolari. Per niente scontati, così come lui.

"Ora va meglio" Caleb sorride e si sporge a baciarlo, poggiano un braccio sullo schienale della sedia dell'altro.

"Ew" Il sono lascia le mie labbra prima che io possa controllarmi e tutti quelli accanto a me ridono.

"Mi traumatizzate il figlio, voi due." Jordan li sgrida scherzosamente e i due si staccano, sorridendoci.

"Vado a chiamare Fede, è tutto pronto per cenare" L'allenatore annuisce alle parole del compagno, che sale le scale alle nostre spalle.

"Allora Aitor, giochi anche tu a calcio?" David Samford si sporge per guardarmi meglio, dato che sta seduto a parecchie sedie di distanza da me.

"Si. Gioco nella Raimon, sono entrato oggi" 

"La squadra allenata da Mark" Annuisco alle parole di Nathan Swift.

"Ed è molto bravo. Deve solo trattenersi un po' per quanto riguarda alcuni interventi ed essere meno duro. Mi ricorda leggermente Caleb da giovane. Domani giocheremo una partita amichevole contro la squadra di Scott, vediamo come se la caverà." L'allenatore Evans sorride, elogiandomi.

"Beh, siamo sicuri che farà molta strada. La Raimon è la squadra adatta a lui." Xavier mi scombina i capelli, ricevendo un'occhiataccia da parte mia. 

"Si, peccato che sia arrivato da poco. Se fosse stato con noi dall'inizio avremmo avuto meno problemi sin dall'inizio. Come mai hai cambiato scuola?" 

Mi irrigidisco e Jordan deve notarlo, perché poggia un braccio sulle mie spalle e mi accarezza con la mano la spalla.

Per fortuna posso evitare di rispondere, dato che una voce femminile a me familiare ci interrompe.

"Aitor?"

 

 

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Spazio Autrice

Da quanto non scrivevo uno spazio autrice? Non ne ho idea

Comunque volevo scusarmi per il capitolo un po' (forse troppo) più lungo degli altri. Ho cercato di accorciarlo, eliminando anche alcune parti, ma questo è il massimo che sono riuscita a fare. Non volevo prolungare questa scena della cena con gli ex giocatori in più capitoli, per questo non ho potuto far altro che rendere il capitolo un po' più lungo. Scusate se ci sono errori, ma ho appena finito di scriverlo e per ora non ho tempo di revisionarlo, lo farò domani!

Comunque sia, spero che questa storia vi stia piacendo! È da un po' che ho l'idea di voler scrivere una storia un po' più lunga su Aitor, invece delle solite one-shot, ma tra l'esame di maturità che ho dovuto affrontare quest'anno e i miei impegni personali ho trovato il tempo di dedicarmici solo pochi giorni fa. Speriamo solo vada bene!

Al prossimo capitolo! (Se riesco, domani pubblico un po' prima)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


"Aitor?" 

Mi giro di scatto, questa voce la conosco. E non la sento da anni.

"Fede?" Mi alzo, correndo ad abbracciarla. La alzo e la faccio girare, scatenando la sua risata.

"Mi sei mancato" 

"Anche tu" Le lascio un bacio sulla guancia e lei mi scompiglia i capelli.

"Vi conoscete, voi due?" Mi giro verso Jordan che, come tutti, ci guarda sorpreso.

Abbasso lo sguardo, tornando a sedermi accanto a Xavier.

"Non ricordo tanto del mio periodo in orfanotrofio. Ricordo solo una bambina bionda, con gli occhi verdi più brillanti che avessi mai visto. Lei stava sempre con me, grazie a lei non mi sono chiuso completamente in me stesso."

"Ricordo che una mattina mi sono svegliata e la direttrice mi ha presentato ad Aitor. Quando è arrivato al Sole dell'Infanzia non parlava, piangeva solo. Se ne stava seduto isolato sul ramo di un albero all'angolo del giardino." Fede si siede accanto all'allenatore Sharp, recuperando un piatto di cibo.

"Me lo ricordo quell'albero. Xavier ci saliva sempre" 

"Davvero?" Mi giro verso il verde.

"Si. A quanto pare sei più simile a lui di quanto pensi" Jordan mi sorride e io ricambio.

"Quando, dopo due settimane, ho visto che restava lì seduto, senza interagire con nessuno, ho pensato che dovessi avvicinarmi io. E Aitor è diventato il mio migliore amico, fino a quando non sono stata adottata e non abbiamo più potuto sentirci. Ma ora che so dove sei finito, non ti libererai più di me."

"Anche perché da domani Fede frequenterà la Raimon." l'allenatore Sharp sorride a sua figlia e poi si alza per chiedere ai camerieri di portare via i piatti.

"Si, mi trasferirò lì. Però non saremo in classe insieme, dato che sono un anno più grande di te. Ci vedremo spesso in campo, comunque. Papà mi ha detto che da oggi ne fai parte anche tu ed io intenzione di diventare manager, così come lo ero per la Royal."

"Allora sarai in classe con Riccardo, Eugene, Michael, Adé e Gabi. Altri ragazzi del club di calcio." Fede alza le spalle alle parole dell'allenatore Evans.

"Non li conosco" Poi si rivolge a me "Sono simpatici?"

"Non li conosco nemmeno io, sono entrato solo oggi e non ci ho parlato molto."

"Però quando te ne stavi andando stavi parlando con Gabi, giusto? Io e Jude vi stavamo osservando, sembrava steste litigando."

"Era lui che litigava, io volevo solo tornarmene a casa." Davanti agli sguardi curiosi dei miei tutori alzo le spalle. "Non gli sto molto simpatico"

"Sono sicuro che risolverete, d'altronde dovete solo conoscervi. Anche Jude e Caleb erano così all'inizio"

"Già, non li sopportavamo più. Un giorno hanno litigato così duramente che abbiamo dovuto chiuderli dentro una stanza per farli fare pace." 

"Però ne siamo usciti più uniti che mai" L'allenatore Sharp fa intrecciare la sua mano con quella del marito e poi si gira verso gli altri.

Quando finalmente finiamo di mangiare e ci alziamo per tornare a casa, Fede mi si avvicina.

"Dicevo sul serio prima: mi sei mancato. Sei sempre il mio migliore amico, nonostante questi anni in cui non ci siamo visti." L'abbraccio e mi avvio verso la porta con lei al mio fianco.

"Rimani la mia migliore amica anche tu. Dato che domani verrai a scuola ne possiamo approfittare per parlare, nel frattempo ti porto a vedere la scuola."

***

Le prime ore di lezione passano in fretta e, quando finalmente suona la campanella che ci annuncia l'inizio dell'intervallo, esco in fretta dalla classe per recarmi in cortile.

Appena arrivo vengo subito assalito da qualcuno che mi abbraccia. Cado per terra a causa del contrasto, con Fede sopra di me che scoppia a ridere.

"Ahi. Idiota mi hai fatto male. Non ridere" Lei, in risposta, ride ancora di più.

"Scusa. Ma sei troppo adorabile con il broncio" Mi punzecchia la guancia con un dito e io glielo mordo. Quando sento un piccolo lamento da parte sua, sorrido vittorioso e mi alzo, aiutando anche lei.

"Voi vi conoscete?" Mi giro, trovandomi la maggior parte della squadra a guardarci. A parlare è stato Riccardo.

"Si. Da quando siamo piccoli. Siamo stati all'-" 

"Si, ci conosciamo" Le lancio un'occhiataccia, intimandole di tacere. 

"A proposito, ieri sera hai lasciato questa a casa."  Mi passa la giacca, non ricordavo nemmeno di averla portata.

"Sei stato a casa sua ieri sera? Che avete fatto?"Adé, con un tono lascivo, fa ridere gli altri.

"Idiota. Mi ha solo invitato a cenare da loro."

"Aspetta. Se sei andato a casa sua e la conosci da quando sei piccolo, vuol dire che conosci da tempo anche i suoi genitori. Cioè l'allenatore Sharp e suo marito." Gabi mi guarda sospettoso.

"No. Non sapevo fosse loro figlia fino a ieri sera."

Gabi mi guardò storto. Non mi credeva, ma non mi importava.

"Aitor! Ti abbiamo trovato, finalmente. Dobbiamo tornare in classe. Il professore ti cerca." 

"Uff, okay." Saluto Fede e la squadra e mi avvio, affiancato da Arion e JP, in classe per seguire il resto delle lezioni. 

"Pronto per la partita?" Il castano si avvicina al mio banco, emozionato.

"Calma Arion. È solo un allenamento."

"Ogni partita è importante." Annuisco, semplicemente per farlo stare zitto, e poi mi avvio verso il campo da calcio.

Gli altri sono già lì, così ci cambiamo e li raggiungiamo.

Durante la partita Gabi non fa altro che osservarmi. Quando il suo tentativo di controllarmi diventa palese, decido di intervenire. Per il resto dei minuti che ci separano dal fischio finale, gli causo qualche problema. Intervengo al suo posto, mi sposto sul suo lato e lo provoco.

Così almeno avrà qualcosa di reale per cui odiarmi.

 La partita finisce 1 a 0 per noi, ci andiamo a fare la doccia e Gabi mi si avvicina.

"Non so a che gioco tu stia giocando, ma devi smetterla."

"A calcio, Babol. Pensavo conoscessi questo sport, dato che ci sei anche tu in squadra." Non gli do il tempo di ribattere che metto in spalla il mio borsone ed esco dagli spogliatoi, ghignando.

Non riesco, però, a tornare a casa, perché gli allenatori mi chiamano da lontano.

"Perché ti sei comportato in quel modo, in campo? Hai infastidito un tuo compagno di squadra."

"Gabi non la smetteva di fissarmi, si è fissato che io voglia distruggere la squadra o non so cosa. È lui che infastidisce me."

"E per vendicarti hai deciso di provocarlo in campo?" L'allenatore Sharp alza un sopracciglio e io faccio spallucce. Poi sbuffa una risata. "Sei proprio uguale a Caleb."

"Lo prendo come un complimento."

"Cerca di non fare così durante le partite. Gabi vuole solo il meglio per la squadra."

"Anche io, è lui che gioca a fare Sherlock Holmes" Mi allontano, con in sottofondo le risate dei due allenatori e due occhi che mi seguono da lontano, attenti ad ogni mia mossa.

Gabi non ha capito di aver iniziato un gioco in cui sono molto più bravo di lui. Se ne pentirà.
 

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Spazio Autrice

Buonasera! Avevo promesso di pubblicare prima oggi e invece ho pubblicato più tardi. Scusatemi, ma purtroppo oggi sono stata fuori casa tutto il giorno e ho trovato il tempo di scrivere solo dopo cena.

Vi sta piacendo questa storia?

Mi piacerebbe sapere i vostri pensieri, magari commentate e ditemi che ve ne pare, accetto anche le critiche, purché siano costruttive!

Poi avevo un'idea: mi piacerebbe alternare il POV dei capitoli tra Aitor e Gabi. Personalmente i libri con i POV alternati mi piacciono di più rispetto ad un solo punto di vista. Trovo che così sia possibile avere la visione completa di tutta la vicenda. Voi che ne pensate?

Volevo anche dirvi che, dato la mia ignoranza per quanto riguarda le modalità della scuola giapponese, in questa storia userò come 'base' quella italiana.

Buona lettura!



 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Gabi

"Sta nascondendo qualcosa" Lancio la pallina di gomma che ho in mano e la riprendo prima che mi cada in faccia, dato che sono sdraiato di schiena sul letto.

"Lo dici da quando l'hai conosciuto" Riccardo piega la divisa da calcio appena lavata per infilarla nel borsone, già pronto per domani.

"Perché è così! Me lo sento!"

"È solo un ragazzo del primo anno. Che segreto vuoi che nasconda?" Si butta sul letto accanto a me e mi toglie la pallina dalle mani, iniziando a giocarci.

"Non ne ho idea. Però voglio scoprirlo."

"Secondo me sei solo paranoico"

"Hai visto come si è comportato nella partita contro l'Età dell'oro. Ha fatto di tutto per infastidirmi."  

"E non ti è venuto in mente che magari è stanco dei tuoi continui attacchi e lo ha fatto per zittirti?" Mi giro verso il mio migliore amico, scettico.

"Aitor nasconde qualcosa. Ne sono sicuro. E scoprirò cos'è"

"Il fatto che abbia un segreto può anche essere vero. Ma tu sei sicuro che riguardi la squadra? Potrebbe anche essere qualcosa di personale. Perché dovrebbe venire a dircelo?"

"Si comporta in modo strano, Riccardo. Sembra Victor appena entrato alla Raimon, solo più discreto."

"Stai dicendo che è un imperiale?" Alzo le spalle. "Okay, ora viaggi con la fantasia."

"Non mi credi nemmeno tu." 

"Il fatto è che ti sei creato un castello solo perché ha un gioco un po' più duro del nostro. Gioca molto bene, le sue abilità sono strabilianti e ha già una tecnica speciale tutta sua." 

"Appunto! Non ti sembra strano? Un ragazzino del primo anno è già così bravo, come se avesse ricevuto insegnamenti da qualcuno di speciale. Qualcuno davvero bravo a giocare a calcio."

"E tu pensi che abbia ricevuto l'allenamento degli imperiali?"

"È l'unica cosa che mi viene in mente."

"Non lo so, Gabi. Secondo me stai sbagliando." Quando vede che non rispondo, recupera il telefono e legge la notifica che compare sullo schermo. "Michael ci sta aspettando al bar in fondo alla strada. Andiamo"

Annuisco e entrambi usciamo di casa, raggiungendo il celestino. Con lui ci sono anche Adé e Eugene, intenti a litigare.

"Che succede?" Faccio un cenno verso i due e Michael sbuffa.

"Stanno litigando per uno stupido gelato. Adé ha fatto cadere quello di Eugene e lui si è arrabbiato."

Alzo gli occhi al cielo, prendendo posto tra Mike e Riccardo.

Parliamo un po' di scuola e poi l'argomento si sposta sul club di calcio e la partita di domani.

"Dobbiamo vincere, per forza. Solo noi possiamo fermare il Quinto Settore."

"Vinceremo, Adé. Ne sono sicuro." 

"Ma Riccardo, l'Accademia Militare Mare Lunare è fortissima! L'anno scorso è riuscita a giocare molto bene durante il cammino imperiale." Mi giro verso di lui, con gli occhi sbarrati.

"Lo so, ma lo siamo anche noi." 

Gli altri annuiscono alle parole del capitano, poi la mia attenzione viene attirata da altro.

In lontananza, due figure camminano verso il bar ed entrano, non notandoci.

Riccardo e gli altri seguono il mio sguardo, soffermandosi sui due ragazzi che stanno prendendo il gelato. 

"Dio Gabi, hai il radar." Riccardo ride, continuando a tenere lo sguardo oltre le porte di vetro del locale.

Quando i due escono, Adé richiama la loro attenzione scuotendo un braccio.

Aitor e Fede si avvicinano a noi, il primo infastidito e la seconda sorridendo.

"Ciao ragazzi!" Lei agguanta due sedie e le unisce al nostro tavolino.

"Che avete preso?" Eugene si sporge per osservare i due gelati.

"Io fragola, lui liquirizia." Poi si gira verso il turchese. "Ora che ci penso, da piccoli lo prendevi sempre. I tuoi gusti non sono cambiati" 

Lui si limita ad alzare le spalle, e mettere in bocca un po' di gelato con la paletta.

"Sei diventato muto?" Incrocio le braccia, alzando il mento in un gesto di sprezzo.

"E tu hai finalmente ritrovato il tuo cervello?"

"Aitor!" La ragazza al suo fianco gli da uno schiaffo sulla nuca, mentre gli altri ridono.

"Che c'è? È lui che non fa altro che insultarmi e insinuare cose sbagliate dalla mattina alla sera!" Poi si alza, va a buttare la coppetta di cartone nel cestino e torna al tavolo, afferrando il suo zaino e rivolgendoci nuovamente le spalle.

"Se magari dimostrassi che di te ci si può fidare, potrei smetterla" Ribatto seccato.

"Tsk. Perché dovrei dimostrarti qualcosa?" Stringo i pugni. Il suo atteggiamento è sbagliato. Tutto ciò che fa è sbagliato. E poi dicono che io esagero: non è vero. È lui il problema!

"Okay ragazzi. Basta così." Riccardo mi poggia una mano sulla spalla, fermando il nostro piccolo litigio. Giro la testa di lato, spostando lo sguardo e rilasciando un piccolo sbuffo.

"Io me ne vado. Ormai Jo sarà rientrato." Fede annuisce, lasciando una carezza sul braccio del turchese, e lui si allontana a testa bassa.

Subito dopo, tutti gli occhi sono puntati su di me.

"Che c'è?"

"Devi proprio trattarlo così? Non ti sta simpatico, ed è chiaro a tutti questo. Ma non è un buon motivo per fare lo stronzo" Eugene mi guarda da sotto i suoi enormi occhiali e, a giudicare dalle espressioni degli altri, sono tutti d'accordo con lui.

"Quando voi capirete che nasconde qualcosa, finalmente avrò la mia rivincita."

"Aitor è una brava persona. Si, forse è arrogante, a volte egoista e antipatico. Ma non è cattivo. E se non riesci a vederlo, quello ad avere problemi sei tu, non lui." Fede si alza e corre dietro al turchese.

"Stai esagerando, Gabi. Avere dei sospetti è lecito, ma fin quando restano tali, non hai il diritto di trattarlo in questo modo. Devi scusarti."

"Me ne vado. Domani c'è la partita contro la Mare Lunare." Riccardo scuote la testa, ma per fortuna non aggiunge più nulla. Mi alzo, sistemo la sedia e poi mi incammino verso il lato opposto rispetto al turchese.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Aitor

"Muoviti Aitor! O farai tardi!" Sento la voce di Xavier dal piano di sotto e mi affretto a scendere con il borsone sulla spalla.

Oggi c'è la mia prima partita con la Raimon ed io sono nervoso. Non ho mai giocato una vera partita, mi limitavo perlopiù a divertirmi con i bambini dell'orfanotrofio, oppure con i miei compagni alle elementari.

Arrivo davanti ai miei tutori, che mi stanno aspettando vicino all'ingresso.

"Sei pronto?" Annuisco, portandomi il dito al labbro e mordendo le pellicine.

Come faccio a chiedergli di venire alla partita senza risultare un idiota? 

Li guardo, stanno aspettando una mia risposta.

Oh, 'fanculo.

"Voi venite?" Sposto lo sguardo sulla porta, imbarazzato.

"Ci stai chiedendo di venirti a vedere, Aitoruccio?" Mi giro verso il rosso, con l'intenzione di dargli un pugno, ma mi limito a sogghignare quando Jordan gli da uno schiaffo sulla nuca.

"Ti verremo a vedere, Aitor. Se è ciò che vuoi." Mi guarda fisso, con i suoi occhi neri che mi hanno da sempre rassicurato, e allo stesso tempo, intimorito di più rispetto a quelli color verde-azzurro del rosso.

"Io... Si. Vorrei che veniste." Riporto il mio sguardo sulla porta, ma non mi sfugge il sorriso che cerca di trattenere Jordan. "Però non fatevi vedere, va bene?"

Loro annuiscono, poi tutti e tre saliamo sull'auto e ci dirigiamo allo stadio.

Raggiungo gli altri, che si trovano nello spogliatoio e subisco subito il primo attacco.

"È la tua prima partita e arrivi in ritardo?"

"Eddai Gabi, basta. Almeno per oggi" Il rosa sbuffa, rimproverato da Riccardo. "Tranquillo Aitor, sei nervoso?" 

Alzo le spalle, nonostante dentro stia morendo d'ansia.

"Andiamo ragazzi, è arrivato il momento. Mettetecela tutta." Evans ci dice la formazione per questa partita e strabuzzo gli occhi quando sento che partirò titolare, al posto di JP.

Quando tutti escono, fermo il Mister Evans con un braccio.

"Perché?"

"Perché, cosa?" 

"Perché titolare? Sono appena entrato in squadra."

"Sei bravo." È la sua unica risposta, ma non mi basta.

"È per Xavier e Jordan?" Stringo i pugni. Non voglio trattamenti di favore solo perché loro sono i miei tutori. Non li ho mai voluti.

"Aitor ascoltami." Il mister mi posa le mani sulle spalle, guardandomi negli occhi. "Ti ho messo titolare perché sei bravo. I tuoi tutori non c'entrano. È vero, sono miei amici, ma non faccio favoritismi per questo. Sei sei così bravo, però, suppongo sia anche merito loro. Riconosco molto di Xavier e Jordan nel tuo stile di gioco, si vede che ti hanno allenato." Abbasso lo sguardo, annuendo leggermente. "Ora andiamo. Abbiamo una partita da vincere!"

Una partita che non è affatto semplice. Penso quando l'arbitro fischia la fine del primo tempo. 

Sono stanco e arrabbiato con me stesso. Per dare fastidio a Gabi ho lasciato che segnassero, e sono stato un idiota. So che quel goal è tutta colpa mia.

Alzo lo sguardo verso gli spettatori. So che è impossibile trovarli, ma il solo sapere che Jordan e Xavier mi rassicura. E mi preoccupa. E se li avessi delusi? 

Idiota, idiota, idiota!  

Perché ho lasciato che Gabi mi infastidisse fino a questo punto? Di solito riesco a controllarmi meglio. Ora sicuramente il mister mi sostituirà nel secondo tempo e io non riuscirò a dimostrare al Quinto Settore quanto sia sbagliato il loro gioco.

Butto con forza la borraccia per terra, quando gli allenatori ci comunicano i cambi.

"Inoltre Gabi rimarrà fuori per il secondo tempo." Alzo la testa di scatto.

Gabi? Perché lui e non io? Per quanto odi ammetterlo, Gabi stava solo tentando di risolvere i problemi che io ho creato in questa partita. 

Riccardo prova ad opporsi, ma il mister è irremovibile. Gli lancio un'occhiata, che lui ricambia. Ma non riesco a leggerci nulla dentro.

Rientriamo in campo, la partita inizia di nuovo.

Ora giocherò come so di poter fare.

Mi ritrovo subito un avversario davanti e un tornado che cercano di portarmi via palla. 

Chiudo gli occhi e respiro. Posso farcela.

Lancio la palla nel tornado, incoraggiando Arion e, finalmente, riusciamo a segnare.

Xavier e Jordan ecco il mio modo di giocare. Ecco cosa mi avete insegnato.

Purtroppo, però, gli avversari riescono a segnare nuovamente. Doug ghigna di fronte al nostro portiere, da come ho capito prima che arrivassi faceva parte della Raimon.

Nonostante il goal, non ci scoraggiamo. Riesco a mantenere l'equilibrio ed essere abbastanza agile da tenere testa agli avversari. 

Sento un fischio ed una testa rosa si avvicina a me.

"Ascoltami Aitor, possiamo neutralizzare l'attacco tattico. Ma per farlo, devi seguire le mie istruzioni."

"Ah, ora ti fidi di me?" Ghigno, non riuscendo a trattenermi. "Come mai?"

"So che vuoi vincere. Tanto quanto lo voglio io. Non so perché mi hai detto, poco fa, dicendomi di essere un imperiale. Ma so che hai mentito. Vedi Aitor, c'è una cosa che puoi fare solo tu."

Arion e Riccardo si aggiungono a noi incoraggiandoci e, quando riprende il gioco, la Mare Lunare si porta subito avanti.

Gabi mi da le istruzioni per neutralizzare l'attacco tattico e, con il suo aiuto, ci riesco. Passo la palla ad Arion, poi guardo il difensore. 

Quando incrociamo i nostri sguardi, capisco. E lo capisce anche lui. Possiamo vincere questa partita. Solo se lavoriamo insieme. 

Lui annuisce, io gli faccio un cenno. Ci concentriamo sulla partita e, nonostante gli spiriti guerrieri, portiamo a casa la vittoria.

Alzo lo sguardo verso gli spettatori. Spero siano fieri di me.

 

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Spazio autrice

Buonasera, come state? Scrivere questo capitolo non è stato facile, continuavo a digitare parole e poi cancellarle subito. Ciò che cerco di fare è caratterizzare i personaggi. In molte storie che ho letto su Inazuma Eleven, anche nelle più belle, i personaggi sono poco caratterizzati. Non c'è una backstory interessante, che invece è ciò che cerco di creare io.

Vi è piaciuto il capitolo? La partita contro l'Accademia Militare Mare Lunare è la mia preferita, forse perché é la partita in cui Aitor e Gabi capiscono di doversi fidare l'uno dell'altro, o semplicemente perché rivedo Daug. Qual è la vostra partita preferita?

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Aitor

"Aitor! Aitor, aspetta!" Gabi mi si affianca, una volta fuori dagli spogliatoi.

Rallento il passo, mi sistemo il borsone e mi guardo intorno.

Non sia mai che a Xav e Jo sia venuta la brillante idea di aspettarmi qui intorno.

"Allora..." Mi giro verso il rosa, che si tortura la punta dei capelli con le dita. 

"Cosa?"

Lui sbuffa, mentre io continuo a guardare avanti.

"Scusami." 

Non sono certo di aver sentito bene. Mi fermo, proprio in mezzo al corridoio che porta al treno roulotte e mi giro verso di lui. Credo che il divertimento mi si legga in faccia perché, appena posa gli occhi su di me, un altro sbuffo infastidito lascia le sue labbra. E io mi soffermo a guardarle.

Solo per due secondi. Giusto il tempo per accorgermi di ciò che sto facendo. E pensando. Soprattutto, pensando.

"Ho detto che mi dispiace. Per aver dubitato di te. Per averti trattato male. Per- Beh! Lo sai" Fa un gesto con la mano, per minimizzare il tutto.

"Okay" Faccio spallucce e mi allontano, volendo trovare il prima possibile un posto a sedere. Sono stanco, dopo la partita.

"Ma... Aspetta!" Mi fermo nuovamente, aspettando che Gabi si muova.

"Cosa vuoi, ancora?"

"Tu non mi dici nulla? Dovresti scusarti anche tu! O per lo meno far vedere che ti dispiace un minimo, per come mi hai trattato."

Alzo gli occhi al cielo.

Datemi la forza.

"E perché dovrei scusarmi? Sei tu, ad avermi trattato da schifo!"

"Tu, però, non hai fatto niente per smentire le mie supposizioni. Anche perché non puoi negare che, da un lato, sono vere. Dove hai imparato a giocare così?"

Stiro le labbra in un sorrisetto arrogante.

"Talento" Lui sbuffa e io mi mordo il labbro inferiore per non ridere. 

"E comunque, accetti le mie scuse?"

"Stai tranquillo, Babol. Mi è stato detto molto di peggio rispetto a ciò che hai supposto tu." E sono sincero nel dirlo, ma prima che Gabi possa farmi altre domande, sguscio a sedere tra Arion e Riccardo, che parlano della partita.

"Aitor! Stavo giusto dicendo a Riccardo che non so se avremmo vinto questa partita, senza di te."

"Si. Tu e Gabi siete stati fondamentali." Mi giro verso il rosa, intento a litigare con Michael. 

Possibile che non stia mai tranquillo?

"Ho solo giocato a calcio." Minimizzo, non mi piacciono i complimenti. E non mi piace stare al centro dell'attenzione.

"Allora ragazzi." Il mister Evans richiama la nostra attenzione appena scesi dal treno. "Ora le partite diventeranno sempre più impegnative, lo sapete benissimo anche voi. Per questo, abbiamo deciso che domani andremo in ritiro. Staremo via una settimana, le assenze a scuola saranno giustificate dal club di calcio. Però dovete far firmare l'autorizzazione ai vostri genitori, in quanto minorenni. Ci troviamo domani pomeriggio alle quattro al campo al fiume. Partiremo da lì." 

Le menagers ci distribuiscono le autorizzazioni e io mi dileguo prima che qualcun altro voglia parlarmi. Arrivo nel parcheggio e entro subito in macchina, dove i miei tutori mi aspettano.

"Ciao" Faccio un saluto generale, per poi posare il borsone al mio fianco. 

"Sei stato bravissimo, Aitor!" Alzo lo sguardo su Jordan, trovando i suoi occhi tanto emozionati come quando sono riuscito a fare gol per la prima volta. E avevo cinque anni, il pallone era più grande della mia gamba e in porta c'era Xavier. Quindi non lo considero proprio colpo di talento. Più che altro mettere il rosso come portiere equivale a supplicare gli avversari di riempirti di goal.

"Non proprio. Ho lasciato che segnassero il primo gol. È stata colpa mia." Xav allunga una mano, poggiandola sul mio ginocchio. 

"Gli errori capitano. Non riuscirai mai a giocare una partita perfetta, nessuno può riuscirci. Ma l'importante è riuscire a rimediare. E tu sei riuscito a riportare la tua squadra in vantaggio."

"Sei bravo, Aitor. D'altronde, hai preso molto da questo zuccone qui al mio fianco, non solo il carattere." Jordan ridacchia e io sorrido.

"Ah, dovreste firmarmi questo." Caccio dal borsone l'autorizzazione, passandola al verde che la legge e se la mette in tasca.

"Ricordamelo appena arriviamo a casa." Annuisco e così faccio, appena superiamo l'ingresso.

"Ti aiuto a preparare il borsone?" Chiede Jordan subito dopo cena e io annuisco.

Più che aiutarmi, dovrei ammettere che sta facendo tutto da solo. Semplicemente perché se metto io le mani, combino un casino. Parole sue, non mie.

"Fatto" Chiude la zip, poi poggia il borsone sul letto e viene vicino a me. "Ora vai a letto, Aitor. Domani devi alzarti per andare a scuola." 

Annuisco e, dopo un'ultima carezza e un bacio sulla fronte, lascia la mia stanza. 

Mi giro verso la finestra, dando le spalle alla porta.

"Aitor?" Volto il viso, incrociando gli occhi vivaci di Xavier.

"Dimmi." 

"Sono fiero di te" Sussurra, poi lascia la stanza.

E io torno con gli occhi sulla finestra, ma stavolta lucidi di emozione.

Vi voglio bene.

 

 

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Spazio autrice

Okay, lo so. Odiatemi, insultatemi, crocifiggetemi. Sono pronta a tutto. Spero solo che questa mi assenza non vi abbia fatto perdere interesse per la storia, ma purtroppo ho dovuto portare il computer in riparazione ed essendomi abituata a scrivere con questo, mi è difficile farlo con il telefono.

Oggi abbiamo poco Gabi, ma tanto, taaaaanto, Aitor e i suoi tutori.

Non riuscirò più ad aggiornare come facevo prima, almeno per un po', però prometto (o almeno provo) a non farvi aspettare così tanto per un nuovo capitolo come ho fatto per questo.

Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Gabi

"Io vado!" Saluto i miei genitori e mi precipito fuori, arrivando di fronte casa di Riccardo che mi sta aspettando, come sempre, per andare insieme a scuola.

"Bella idea, questa del ritiro. Farà bene alla squadra." 

"Hai ragione, con l'entrata di Lucian di oggi, abbiamo bisogno di passare un po' di tempo tutti insieme. Così da unirci come squadra."

"E magari non trattarlo come hai trattato Aitor." Riccardo fischietta e io vorrei tirargli un pugno, se non fosse che una macchina ci sfreccia di fianco e riconosco una chioma turchese.

"È Aitor!" Indico la macchina con enfasi, scatenando la risata del mio migliore amico. "Cosa?"

"Ne sei ossessionato!" 

Sbuffo, poi mi concentro sul sentiero di breccia sul quale stiamo camminando, calciando un sassolino.

Non sono ossessionato. È solo che penso spesso a lui. Vorrei solo sapere perché si comporta così con tutti. È sempre sulla difensiva.

"Eccoli!" La voce del mister Sharp ci arriva chiara all'orecchio e Arion ci corre incontro.

"Capitano! Gabi! Mancavate solo voi!" Poggia le mani sulle ginocchia e ci sorride "Gli altri sono già sul pullman"

Saliamo dietro di lui e noto subito Aitor sorridere per qualcosa che sta dicendo Fede, seduta accanto a lui. Ed è un sorriso vero, non uno di quelli di scherno che riserva a me.

"Ciao, ragazzi." Ci saluta lei, una volta che io e Riccardo prendiamo posto dietro di loro.

Riccardo si intromette nella conversazione, mentre io infilo le cuffie e sposto lo sguardo fuori al finestrino, aspettando di arrivare.

Quando il pullman si ferma, scendiamo. La prima cosa che vedo è un grande campo da calcio, dietro il quale si estende un'enorme casa di campagna. 

"Eccoci ragazzi. Venite, entriamo" Seguiamo i professori, con in spalla i borsoni per l'allenamento e in mano le nostre valigie. 

"All'ingresso, sulla sinistra, abbiamo fatto appendere un foglio con le camere segnate. Mi raccomando: siate educati! Non è un hotel, questo vuol dire che non ci sarà nessuno a sistemare le camere, cucinare e pulire per voi. Cercate di essere responsabili."

"Brutto colpo per lei, vero principino?" Fede fa un inchino verso Riccardo, che ride in risposta. Sorrido anche io, insieme a tutta la squadra: sappiamo tutti che il mio migliore amico è pieno di comfort a casa sua, circondato dalle cameriere.

"Smettila, scema" Le da una piccola spinta, ma lei inciampa e lui, per non farla cadere, la tira a se. Trattengo la risata, vedendo Riccardo diventare completamente rosso, mentre lei si stacca e si avvicina ad Aitor che le sussurra, divertito, qualcosa all'orecchio.

"Allora ragazzi, entrate e sistemate la vostra roba, poi raggiungeteci al campo per l'allenamento." Annuiamo tutti e ci incamminiamo in casa. 

Come detto da i mister, non c'è nessuno in casa e Riccardo si fa avanti per leggere le stanze.

Sospiro quando sento che sono in camera proprio con il mio migliore amico e non posso fare a meno di lanciare un'occhiata ad Aitor quando annunciano la sua stanza, da condividere con Lucian. Voglio vedere la sua reazione, ma è inespressiva come sempre. 

Ci avviamo tutti verso le nostre stanze e butto vicino ad uno dei letti la valigia, mentre il borsone lo poggio sul lenzuolo.

"Muoviti Ricky!" Mi sono già cambiato, al contrario suo che sta prima sistemando i panni.

"Inizia ad andare, arrivo subito!" 

Arrivato al campo, noto subito la testa turchese di Aitor, l'unico ad essere al campo. 

Mi blocco a bordo dell'erbetta verde. Voglio prendermi qualche minuto per osservarlo. 

Cioè osservare il suo gioco. Quello intendevo.

Calcia con forza il pallone e, quando invece di centrare la porta colpisce il palo, lui stringe i pugni e sbatte un piede per terra.

Perché si arrabbia così tanto per un tiro? È un difensore, non un attaccante. Perché ci prova con così tanto impeto?

Raccoglie il pallone, lo posiziona, prende la rincorsa e...

"Vuoi avvicinarti o vuoi rimanere lì a fissarmi ancora per molto?" Poi calcia fortissimo, ma con poca precisione.

E capisco tutto: non si sta arrabbiando perché i suoi tiri non vanno a segno, nonostante l'assenza di un portiere, ma sta tirando quei rigori perché è arrabbiato. Ha bisogno di sfogarsi per qualcosa.

"Sei solo?" Mi avvicino.

Lui sbuffa una risata. 

Domanda stupida, Gabi. Perché sei così idiota? Perché non riesci a trovare un modo per parlargli senza risultare ridicolo?

Lui deve cogliere la mia frustrazione e prenderla per qualcos'altro, perché calcia ancora il pallone con forza, prima di rispondermi.

"Hai bisogno di un paio di occhiali, Babol?" Faccio una smorfia per il soprannome con cui continua a chiamarmi da giorni.

Lo odio. Ma se devo essere totalmente sincero, un po' mi piace. Tra tutti, ha dato un soprannome solo a me. Nonostante sia per schernirmi, però lo ha fatto. Rimango ad osservarlo, con i capelli che ondeggiano ad ogni sua mossa, gli occhi ambra che si assottigliano quando si avvicina al pallone, per concentrarsi meglio. Se non fosse sempre così arrabbiato, magari non sarebbe male.

"Ti va di fare un tiro?" 

"Eh?" Mi sveglio dai miei pensieri, guadagnandomi uno sguardo scettico.

"Il pallone, Gabi. Vuoi tirare o vuoi stare ancora lì fermo a guardarmi?"

Gli prendo la sera dalle mani, posizionandola dove mi è più comoda e tiro. Purtroppo però, colpisco la traversa e il pallone rimbalza, finendo dritto tra le mani di Aitor.

"Dovresti colpire più internamente, così la palla avrà un effetto migliore. Ricorda che è un tiro, non un passaggio." Cammina verso di me, posizionando la palla in un punto diverso da dove l'ho messa prima. "E prova a prendere una rincorsa laterale, non posizionarti nella traiettoria del pallone, questo ti faciliterà il tiro."

"Okay" 

Seguo il suo consiglio e la palla va in rete. Tutto ciò che mi ha detto mi ha davvero aiutato. Ho percepito come questo tiro fosse più preciso rispetto al primo, nonostante sia ancora molto debole. Non al livello di un attaccante, comunque.

"Sei un difensore, ma mi hai dato consigli come se fossi un attaccante." Recupero la palla, tenendo lo sguardo fisso su di essa. La faccio roteare un paio di volte tra le mani, prima di alzare lo sguardo e incontrare l'oro liquido negli occhi di Aitor. "Chi ti ha insegnato a giocare a calcio?"

Con una mano prende a giocare nervosamente con un braccialetto di filo rosso sul suo polso, che si trova accanto ad un altro uguale, ma verde. Abbassa gli occhi proprio sui due bracciali e accenna un sorriso triste.

"Mio padre" 

Non ho il tempo di fargli altre domanda, che il campo viene invaso dagli altri. 

Durante l'allenamento, nonostante i suoi scherzi verso il povero Lucian, vedo per la prima volta il vero Aitor. Quello che ha provato a nascondermi in questi giorni. E capisco una cosa. Osservarlo, scambiarci misere battutine e studiare i suoi comportamenti da lontano non mi basta più.

Voglio conoscerlo. Voglio conoscerlo per davvero. 

 

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Spazio autrice

Ce l'ho fatta! Ho scritto il capitolo e spero vi piaccia. Prima che iniziassi a scriverlo, in realtà, nella mia mente avevo un'idea ben precisa di ciò che sarebbe dovuto succedere. Quando poi ho cliccato su 'scrivi nuova parte' e ho aperto una pagina totalmente bianca, le dita hanno preso vita propria e hanno cominciato a danzare autonomamente sulla tastiera. E il risultato è un capitolo COMPLETAMENTE diverso da ciò che avevo in mente. A partire dal fatto che a narrare sarebbe dovuto essere Aitor, non Gabi.

Nonostante questo, sono molto soddisfatta di come sia uscito.

AVVISO: Ogni consiglio, dettaglio, regola di calcio che inserirò nella storia, potrebbe essere, e nella maggior parte dei casi lo è, una stronzata pazzesca. (Come il consiglio di Aitor sul calciare un pallone per effettuare un tiro. Non ho idea di come si faccia e non ho idea nemmeno del se veramente ci sia una differenza tra un tiro in porta ed un passaggio)

Ora, comunque, vi ho trattenuti fin troppo. 

Buona lettura!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Aitor

"Allora, Aitor è pronto? Fede ci sta aspettando in macchina" 

"Si, è di sopra." Xavier sospira, si sente che è preoccupato per qualcosa. E non sono l'unico ad accorgermene.

"Che succede?" Mi nascondo dietro il muro, consapevole del fatto che se entrassi ora nel salone, lui si bloccherebbe. Non si fa mai vedere scosso davanti a me, così come Jordan. È come se si impegnassero a fondo per farmi sempre pensare che vada tutto bene.

"Posso farti una domanda?" Sento qualcosa che striscia, probabilmente stanno portando la valigia vicino alla porta d'ingresso. "In realtà... volevo chiedertelo da un po', dalla cena a casa vostra."

"C'è qualcosa che ti preoccupa?"

"È che... Non dirlo a Jordan, perché anche lui ci sta male. L'altra sera abbiamo notato come Fede non si facesse problemi a chiamarvi 'papà', nonostante non foste i suoi genitori biologici. Aitor non è così... Lui... Aitor non ci ha mai detto che ci voleva bene, non ci ha mai chiamato 'papà'. È solo.." Fa una piccola pausa, in cui il silenzio più assoluto è interrotto solo dal battito del mio cuore che non riesce a stare fermo. "Perché Aitor non ci riesce? È da anni che è con noi, lo abbiamo adottato che ne aveva sei e a volte mi chiedo se sia stata la scelta giusta."

"Ti stai pentendo di aver adottato Aitor?" Il cuore mi salta, Xavier non mi vuole più come figlio?

"Cosa? No! No, assolutamente! Aitor mi ha colorato la vita! La mia e quella di Jordan. Amo mio figlio. Ma è proprio questo il punto. Io lo considero a tutti gli effetti mio figlio. Lui non riesce neanche a dirci che ci vuole bene. E lo vedo che ci prova, solo che poi si trattiene. Come se pensasse che non fosse giusto. Io mi chiedo soltanto se lui sia felice con noi, se non avrebbe preferito qualcun altro. Se non avrebbe preferito i suoi veri genitori..." La sua voce si affievolisce sulla fine e io vorrei solo avere il coraggio per corrergli incontro e abbracciarlo. Ma sono un codardo e non ci riesco. Non ci riesco. Perché non riesco a farlo?

"Aitor vi vuole bene, Xavier. Ve lo assicuro. Lo so perché vedo come vi guarda. Lo vedo. Con voi si sente protetto, come non si sente con nessuno. Il fatto che non riesca a mostrarvi a parole i suoi sentimenti, non significa che non ne provi. Fede è diversa. Lei, fin da piccola, è stata una bambina espansiva. Quando l'abbiamo presa con noi, non faceva altro che trotterellare in giro per casa. Fede corre da noi anche se si buccia un ginocchio. Aitor, da quel poco che ho visto, è più il tipo da correre via e disinfettarsi da solo, senza farsi scoprire, perché ha paura che anche una semplice ferita possa essere un peso, per voi. Lui fa di tutto per non farvi pentire di averlo preso con voi."

"Ma lui non potrebbe mai essere un peso, per noi! E io non so come farglielo capire."

"Sapete perché io e Mark non lo abbiamo sostituito, alla fine del primo tempo? Perché sapevamo che voi due eravate sugli spalti. Siamo stati sicuri nel tenerlo in campo, ma non per questione di favoritismo. Lui doveva essere lì perché lo voleva. Lo voleva così tanto. Il suo non è solo un giocare a calcio. Il suo è metterci cuore e passione nel dimostrare il vostro calcio. Quello che tu e Jordan gli avete insegnato. E, nonostante l'errore, abbiamo capito che lui doveva rimanere in campo per riscattarsi. Perché se fosse uscito, non avrebbe avuto occasione di rimediare all'errore e vi avrebbe delusi, nella sua testa. Voi dovevate vederlo giocare al massimo, in una vera squadra, perché è ciò che lui aveva bisogno di farvi vedere. È così che vi dimostra quanto vi vuole bene. Quanto è fiero di essere vostro figlio."

"Io vorrei solo che sapesse che noi ci siamo, sempre. Per lui, per ciò di cui ha bisogno. Non sarà un calcio ad un pallone, o una partita a renderci fieri di lui. Noi lo siamo già." Sospira, mentre io mi asciugo con il polso della felpa la lacrima sfuggita ai miei occhi. "Sei sempre stato un bravo osservatore, Jude. Grazie per le tue parole, mi servivano."

Dopo qualche minuto mi ritrovo in macchina del mister, a fare finta di non aver sentito nulla,  diretto verso il campo al fiume. 

"Non sei emozionato? Io non vedo l'ora!! Una settimana solo noi, che bello!"

"Andiamo per allenarci, Fede. Non è una vacanza."

"Tsk, dettagli" Mi zittisce con un gesto della mano. 

Faccio un sorriso tirato e non aggiungo più nulla, nella testa ho ancora le parole di Xavier. Per questo, neanche sul pullman presto attenzione al discorso di Fede e Riccardo, nonostante tentino sempre di coinvolgermi. Rimango girato verso di loro, facendo finta di essere interessato. Ma in realtà ho la testa piena di pensieri.

Quando arriviamo corro nella mia stanza, che condivido con Lucian e scendo subito al campo, dopo aver infilato un pantaloncino e la maglia a mezze maniche. I tacchetti sprofondano nell'erbetta, mentre recupero un pallone e mi posiziono di fronte alla porta. Colpisco con tutta la forza che ho. Il dolore che ho nel petto, da quando ho lasciato casa, deve essere scaricato in qualche modo. E allora perché non trasformarlo in rabbia, e la rabbia in forza?

La palla colpisce il palo e rotola fuori.

"Aitor non ci ha mai detto che ci voleva bene, non ci ha mai chiamato 'papà'."

Stringo i pugni, sbatto un piede per terra. 

Corro a riprendere il pallone, lo riposiziono ed è in quel momento che lo vedo. Con la coda dell'occhio noto Gabi al bordo del campo. Mi sta osservando, con una faccia confusa.

"Vuoi avvicinarti o vuoi rimanere lì a fissarmi ancora per molto?" Sputo fuori. Perché mi irritano i suoi occhi, che mi scrutano come se stessero cercando di studiarmi.

"Io mi chiedo soltanto se lui sia felice con noi, se non avrebbe preferito qualcun altro. Se non avrebbe preferito i suoi veri genitori..."

Calcio nuovamente la palla, con la stessa forza di prima. Anche questa volta non entra in porta.

"Sei solo?" Rido di scherno. 

"Lui fa di tutto per non farvi pentire di averlo preso con voi."

Vorrei urlare. Piangere e urlare. Ma non posso. Mi limito a colpire di nuovo il pallone e rispondergli come mio solito.

"Hai bisogno di un paio di occhiali, Babol?" Lui si zittisce, dopo aver fatto una smorfia. Non avrei dovuto essere così duro, forse. E dovrei smetterla id chiamarlo così. Ma oggi non è giornata.

"Perché se fosse uscito, vi avrebbe delusi."

"Ti va di fare un tiro?" Chiedo, perché forse concentrarmi su di lui potrebbe distrarmi dal vortice di pensieri nella mia testa. E magari riesco anche a distrarre lui, che sembra perso a guardarmi da un po', ormai.

"Eh?"

"Il pallone, Gabi. Vuoi tirare o vuoi stare ancora lì fermo a guardarmi?" È già la seconda volta che lo becco a studiarmi con gli occhi, e non lo sopporto. Ho capito che pensa che io nasconda qualcosa, ma non è facendomi la radiografia che lo scoprirà.

Mi strappa la palla dalle mani e tira, ma oggi siamo entrambi baciati dalla sfortuna, perché colpisce la traversa e il pallone finisce tra le mie mani. Glielo riposiziono e lo incito a riprovare.

"Dovresti colpire più internamente, così la palla avrà un effetto migliore. Ricorda che è un tiro, non un passaggio. E prova a prendere una rincorsa laterale, non posizionarti nella traiettoria del pallone, questo ti faciliterà il tiro."

Il mio consiglio gli è utile e io sorrido debolmente. 

Va a recuperare la palla, mentre mi rivolge una domanda, che mi spiazza.

"Sei un difensore, ma mi hai dato consigli come se fossi un attaccante. Chi ti ha insegnato a giocare a calcio?"

Porto la mano sul braccialetto rosso al mio polso.

~"Forza, Aitor! Colpisci il pallone" Xavier allarga le braccia, pronto a prendere il pallone dopo il mio tiro. Calcio, ma inciampo sulla sfera e cado. Due braccia mi sollevano, Riportandomi in piedi. "Avanti, piccolo! Colpisci così!"~

Alzo lo sguardo su Gabi, mentre la mia mente è ancora persa in quel ricordo.

"Io lo considero a tutti gli effetti mio figlio"

"Mio padre"

Un attaccante.


 

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Spazio autrice.

Due capitoli in due giorni? Devo essere impazzita!!

Devo ringraziare TonyeChiaraCazador per avermi dato l'idea di scrivere un capitolo temporaneamente parallelo a quello precedente. Volevate il pov di Aitor ed eccolo qui! Come ho detto nel commento all'altro capitolo, questo è un esperimento. Sentitevi liberi di dirmi che fa schifo.

La parte iniziale di questo capitolo, comunque, era già nella mia mente e sarebbe stata comunque presente sotto forma di flashback, nell'idea iniziale. Io, personalmente, sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo.

Spero piaccia anche a voi. 

Buona lettura.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Aitor

Mi guardo intorno, stringendo tra le braccia l'orso di peluche che porto sempre dietro. Si chiama Ottie. Me lo hanno regalato i miei genitori quando ho compiuto tre anni. Ora ne ho cinque, sto diventando un bimbo grande.

Mamma e papà hanno detto di aspettarli qui. Loro devono solo comprare i biglietti. Ora tornano e partiamo tutti insieme. Mi hanno detto che andiamo in un nuovo posto, una nuova casa. Non vedo l'ora che tornino. Magari mi portano anche delle caramelle!

Continuo a far vagare gli occhi tra i treni e le persone che aspettano. Dondolo le gambe, la panchina su cui sono seduto è troppo alta e io sono troppo piccolo, i miei piedini non arrivano per terra. Però papà mi ha detto che quando sarò grande, sarò alto alto. E anche muscoloso. 

Intravedo una chioma azzurra e mi giro, però non è il mio papà. E accanto a lui non c'è la mia mamma. Quanto ci mettono? Forse stanno avendo dei problemi. O forse si stanno nascondendo! Si! Vogliono giocare con me!

Salto giù dalla panchina e scruto tutti i possibili nascondigli dove potrebbero essere. Corro dietro ad un muro, ma non li trovo. Mi giro, ritorno vicino alla panchina. Non posso allontanarmi troppo, perché poi non mi troverebbero più. E io rimarrei senza mamma e papà. Non voglio rimanere senza mamma e papà.

"Aitor?" Mi giro verso la voce gentile che mi chiama. Una signora con i capelli neri e gli occhi blu mi sorride.

"Chi sei?"

"Ciao, piccolo. Io mi chiamo Lina."

"Dove sono mamma e papà?" Qualcosa passa dentro ai suoi occhi. Non capisco cosa.

"Loro sono dovuti andare via. Mi hanno chiesto di venire a prenderti"

"Ma noi dobbiamo partire! Hanno detto che dovevamo trasferirci. Vedi? Lì c'è la mia valigia!"

"Piccolo, ascoltami. I tuoi genitori hanno dovuto lasciare la stazione. Ora la valigia la portiamo con noi, okay?"

"Ma poi tornano?"

"Andiamo, piccolo. Ti porto a casa con me." Non risponde alla mia domanda, mi afferra una mano, con l'altra prende la valigia e iniziamo a camminare verso l'uscita della stazione.

Andrà tutto bene, Ottie. Mamma e papà torneranno a riprenderci.

 

 

Mi sveglio di soprassalto. Sono tutto sudato e agitato. Il petto mi si alza e abbassa irregolarmente.

'Fanculo! Non meritano il mio pianto, non meritano neanche un mio pensiero. Non possono intrufolarsi nei miei sogni, ora. Mi hanno abbandonato.

Corro in bagno, o almeno ci provo. Perché uscendo dalla mia camera mi scontro con qualcuno e finisco per terra, con un corpo addosso. 

Sento odore di fragola e panna e quando alzo gli occhi, noto che Gabi è caduto addosso a me.

"Ahi!"

Lo spingo via, mettendomi seduto.

"Stai bene?" Alzo lo sguardo verso di lui, ancora steso a terra. Annuisco, ma non pronuncio nemmeno una parola. È come se avessi un groppo in gola che mi impedisce di parlare.

Avvicina una mano alla mia guancia, lasciandomi una carezza leggera. Per un secondo, mi lascio andare al suo tocco. "Stai piangendo" 

Mi alzo di scatto, e continuo la mia corsa verso il bagno.

"Aitor! Aspetta!" 

Mi sciacquo la faccia e mi fisso nel riflesso dello specchio. Anche da solo riesco a vedere il dolore in cui le mie iridi sono immerse. Perché non riesco a superarlo?

"Sto bene. Lasciamo in pace!" Corro al piano di sotto, ma lui non mi molla.

"No! Non stai bene. Che hai?"

Scuoto al testa, mentre prendo un pentolino e verso un po' di latte all'interno. Gabi segue i miei movimenti, mi osserva afferrare una tazza e svuotarci il latte dentro. 

Chiudo gli occhi, mi appoggio al mobile e bevo un sorso di latte caldo. 

Jordan me lo prepara sempre.

"Che hai?" Riapro gli occhi. Sembra preoccupato.

"Ho solo fatto un brutto sogno"

"Un brutto sogno o un brutto ricordo?"

"Cosa?" Fede gli avrà detto qualcosa? Oppure i mister?

"Non lo so. Sembri troppo scosso per essere stato solo un sogno. Sembra più che tu voglia toglierti dalla testa un ricordo."

"Era solo un sogno." Scuoto la testa. "Tu perché sei sveglio?"

Fa spallucce.

"Non riuscivo a dormire. Stavo scendendo a prendere un bicchiere d'acqua." Noto che però non ha nulla tra le mani. Quindi apro il ripostiglio da dove ho preso la tazza, afferro un bicchiere e poi recupero l'acqua in frigo, riempiendolo.

Lui mi guarda come se avessi tre teste. "Grazie"

Mi volto e raggiungo il divano, sedendomi sopra. Afferro il computer sul tavolo, probabilmente di Riccardo, e lo accendo entrando su Netflix.

"Che stai facendo?" Lui si mette accanto a me, con il bicchiere d'acqua ancora stretto tra le mani.

"Voglio guardare un film. Provare a dormire è inutile, non ci riuscirei." Annuisce, poi porta le gambe sopra il divano e le incrocia dietro.

"Che stai facendo?"

"Mi metto comodo. Vuoi guardare un film, no? Allora guardiamolo."

"Ho detto che io voglio guardare un film. Tu tornatene a dormire"

Fa una smorfia. "Riccardo russa troppo, non riuscirò mai a prendere sonno." Poi si allunga e afferra la coperta sulla poltrona affianco. "Dai metti questo film"

Che scocciatura.

"Okay. Ma è il mio film preferito. Non provare a parlare o a interrompere. E non commentare troppo."

Cerco il film nella barra di ricerca e mi sistemo meglio, rubandogli un pezzo di coperta.

"Che film è? Non l'ho mai visto!" 

"Allora rimediamo." Premo play, sotto il suo sguardo attento.

"Questa è Berk. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di morire di freddo, si trova esattamente sul meridiano della miseria. Il mio villaggio. In una parola: solido. Ed è qui da sette generazioni, ma ogni singola costruzione è nuova. Abbiamo la pesca, la caccia e un'incantevole vista del tramonto. L'unico problema sono le infestazioni. In molti posti hanno topi, o zanzare. Noi abbiamo..." Rimango con gli occhi fissi sullo schermo, mentre il film, che ormai so a memoria, scorre davanti ai miei occhi. Miei e di Gabi. "I draghi.

 

 

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Spazio autrice

Qui solo per dirvi che se qualcuno riconosce il film avrà la mia stima eterna! E anche per dirvi che scrivendo la prima parte del capitolo ho quasi pianto, però era necessario per farvi capire un po' di più il mio Aitor.

Buona lettura.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


"Quindi?" Fede inforna la ciambella che abbiamo finito di preparare e poi si gira verso di me, con le braccia incrociate.

"Quindi cosa?" So il perché mi guarda così. Stamattina, quando è scesa dal piano di sopra, mi ha trovato addormentato accanto a Gabi, con la mia testa sulla sua spalla. Lo so perché è esattamente la posizione in cui mi sono svegliato quando mi ha chiamato.

"Non fare il furbo con me, Aitor! Stanno tutti dormendo, puoi raccontarmi cos'è successo ieri." 

"Non è successo niente!"

Mi punzecchia il fianco con il mestolo, che ha appena finito di lavare e asciugare.

"Ahi!"

Alza gli occhi al cielo. "Sei proprio delicato" mi passa uno straccio e mi spinge verso il lavandino. "Io ho lavato, tu asciughi."

Annuisco e mi rassegno. È inutile combattere con lei. Da piccola se voleva qualcosa, se la prendeva. E suppongo non sia cambiato nulla in questi anni. Così inizio a parlare prima che lei possa tartassarmi di domande. Tanto non si rassegnerà.

"Ho sognato i miei genitori" Fermo il movimento della mano, che sta asciugando un bicchiere, e chiudo gli occhi, pendendo un respiro. "Quelli biologici." 

Sento che sposta la sedia, prendendo posto. Lascio tutto sul marmo accanto al lavandino e mi siedo accanto a lei, sapendo di poter parlare tranquillamente. Celia e le ragazze sono andate a fare la spesa e gli altri dormiranno per tutta la mattinata, dopo l'allenamento di ieri. L'unico di cui devo preoccuparmi è Gabi, ma da qui riesco a tenerlo d'occhio. Non può svegliarsi senza che io me ne accorga.

"Ieri sera?"

Annuisco. "Quando tuo padre è venuto ha prendermi, ho sentito che parlava con Xavier. Lui... Xav sta male. Non dico mai di volergli bene, non lo chiamo mai 'papà' come tu riesci a fare con Caleb, o l'allenatore Sharp. Gli pesa tutto questo. E so che pesa anche a Jordan. È solo che..."

"Che dopo ciò che è successo con i tuoi genitori biologici, hai paura." La guardo, lei sorride. "Lo so perché ho avuto la stessa paura, quando Jude e Caleb mi hanno adottato. La prima settimana mi sentivo strana, era come se nella mia testa pensavo che mi stessero sottoponendo ad un esame. Stavo attenta a ogni cosa che facevo, o che dicevo."

"Però non mi sembrava. Quella sera a casa tua non hai avuto problemi a esprimerti, con loro."

"Perché dopo quella settimana, ho capito quanto stupida fosse quella paura. Loro mi hanno adottata, hanno scelto me. Tra decine di bambini, loro hanno deciso che volevano me. Ed è successa la stessa cosa a te Aitor. I tuoi genitori biologici non ti hanno voluto, ma Jordan e Xavier sì. Loro ti hanno scelto come loro figlio. Quando capirai questo, quando nella tua testa entrerà l'idea che loro volessero proprio te, allora sarà facile esprimere i tuoi sentimenti."

"È che non sono abituato. Quando mia zia Lina è venuta alla stazione, io pensavo davvero che sarebbero tornati da me. Che mi stavano facendo qualche scherzo oppure, che ne so, che si fossero dimenticati qualcosa. Nei giorni successivi, quando era già passata più di una settimana, ho capito che non sarebbero più venuti a riprendermi. E che si erano semplicemente stancati di me. Andavo sull'albero e ricordavo i momenti con loro. Solo lì mi ero reso conto di quanti pochi fossero. Di quanto raramente passassero del tempo insieme a me, di come non mi tenessero mai la mano, non mi dicessero mai che mi volevano bene." Stringo i pugni, Fede lo nota e allunga una mano per afferrare la mia. "Per te è stato diverso. La tua infanzia è stata piena di amore. I tuoi genitori biologici ti volevano bene. Loro non hanno potuto rimanere insieme a te. I miei non hanno voluto. C'è differenza in questo."

"Lo so, Aitor. Penso spesso al fatto che se quella sera non avesse piovuto, o magari il conducente del camion non avesse bevuto troppe birre, loro sarebbero ancora qui con me. E ti capisco, ti capisco davvero. Per te è difficile. Non solo per i tuoi genitori. Suppongo sia difficile legarti a qualcuno in generale. Sbaglio?"

"A te sono legato, però." 

"Quello perché io non ti ho mollato un attimo all'orfanotrofio. Come sta facendo Gabi in questi giorni..."

"Ieri sera, dopo essermi svegliato, sono andato in bagno e mi sono scontrato con lui. Stavo piangendo e lui era... non so, curioso?"

"O forse era preoccupato?"

"Gabi non si preoccupa per me. Ti ho già detto che mi odia."

"Ti odiava, suppongo che le cose siano cambiate se stamattina dormivate abbracciati."

"Non dormivamo abbracciati!"

"Vai avanti! Gli hai raccontato del sogno?"

"Sei pazza? No! Ho solo detto che ho fatto un incubo. Non sa nemmeno che sono stato adottato. Non lo sa nessuno, in realtà."

"Non vuoi dirlo?"

"Non m'importa in realtà. Voglio solo che non scoprano di Xavier e Jordan. Ho cambiato scuola proprio perché tutti pensavano che fossi raccomandato e chi era mio amico, lo faceva solo per avvicinarsi a loro. È stato bruttissimo."

"Posso immaginare. Ma credo che con loro non succeda nulla, hai visto con me? Sanno tutti che sono la figlia di jude e Caleb, ma non mi trattano diversamente."

Alzo le spalle. Comunque sia, non voglio che si sappia. 

"Lui mi ha seguito qui giù, ha detto che non riusciva a dormire e voleva un bicchiere d'acqua. Io ne ho preso uno di latte e poi siamo finiti, non chiedermi come, a guardare un film sul divano. E ci siamo addormentati, in qualche modo."

Lei fa un sorrisetto, poi si alza e sforna la ciambella.

"Cosa?"

"Nulla" Il sorriso insolente continua a colorarle le labbra e io mi imbroncio.

"Parla, fede."

"È che non sei il tipo da passare del tempo con qualcuno che non ti piace. Ti stai ricredendo?"

"Ieri non è stato antipatico. Abbiamo parlato e non è male, quando smette di avercela con me per qualche assurdo motivo." Poi mi avvicino a lei. "Me ne dai un pezzo?"

"No" 

"Perché?" Metto il broncio come un bambino.

"Deve raffreddarsi, Aitor. Non posso aprirla ora." La toglie dallo stampo e la ripone sul vassoio. "Perché non provi a conoscerlo? Ci parlo più di te e ti assicuro che è simpatico, e dolce."

"Odora di panna e fragola" 

Le scappa una risatina. "Non stento a crederlo."

Quando la torta è ormai fredda, Fede ci spolvera lo zucchero sopra e la taglia a fette. 

"Vado a Svegliare papà, non finirla tutta." 

"Stai tranquilla, ne mangio una fetta e poi vado a fare una corsetta al campo. Ho bisogno di pensare un po'." Mi siedo, prendo un tovagliolo e inizio a mangiare una fetta di ciambella al cioccolato. 

"Va bene, però non allontanarti." Annuisco e lei mi lascia un bacio sulla guancia, prima di salire al piano di sopra. 

Quando finisco di mangiare, bevo un sorso d'acqua e esco dalla cucina. I miei occhi si soffermano sulla figura di Gabi, che ancora dorme beatamente sul divano. 

"Perché non provi a conoscerlo?" Le parole di Fede risuonano nella mia mente. 

Torno indietro e recupero un altro tovagliolo, poggiandoci una fetta di torta sopra. Lo poggio sul tavolino da caffè davanti al divano, poi prendo un pezzo di carta e una penna.

Grazie per ieri sera, Babol.
-A

Lo poso accanto al dolce e poi mi alzo, riportando i miei occhi sul rosa. Gli sistemo la coperta e poi salgo di sopra, per cambiarmi e uscire a correre.

 

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Capitolo 12
*** avviso ***


Ciao! Questo è più una domanda per voi, che un avviso... Sto continuando questa storia su wattpad, ma non so se continuare a pubblicarla qui, dato che non ci sono molte interazioni. C'è qualcuno che la sta seguendo con piacere anche qui? 

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