Carezze e fiocchi di neve

di dreamer_J812
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Qualche anno dopo... ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Amici ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Raffreddore ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Appuntamento prima di Natale ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Missing Moments “Il bene trionfa sul male” ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Non si dice mai di no ad una galleria ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Chi ha paura della friendzone? ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Come rovinare un appuntamento stile Jack Frost ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Test dell'amicizia ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Il giorno preferito di Jack Frost ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Natale a Casa Frost ***
Capitolo 12: *** Festa di Capodanno ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Qualche anno dopo... ***


Capitolo 1: Qualche anno dopo…
 
Jack stava fluttuando davanti alla sua finestra, ad aspettarla, quando Sophie era entrata in camera propria sbattendo la porta e buttando lo zaino a terra, sbuffando frustrata.
Leggermente intimidito dagli stati d’animo alterati e dagli sbalzi d’umore della giovane, si era fatto coraggio e aveva bussato due volte sul vetro. La ragazza si era voltata di scatto ed era accorsa ad aprire la finestra.
-Ei, Jack! Che ci fa qui?– sembrava istantaneamente sollevata alla vista del ragazzo, come se la sua presenza le alleviasse ogni male o alleggerisse ogni pensiero.
-Che domande, ti aspettavo!
Jack era balzato dentro la camera come se il freddo che c’era fuori desse fastidio anche a lui. Si era seduto sul piano della scrivania, studiando l’espressione della giovane. Anche se quando era con lui le tornava sempre il buon umore, capiva che c’era qualcosa che non andava. 
Dopotutto Sophie adesso aveva quattordici anni, aveva subito un’ondata ormonale con l’arrivo delle mestruazioni l’estate precedente e ora era in quell’età intermedia in cui non sei ne’ bambino e ne’ adulto, stai cercando di capire cosa sei venuto a fare al mondo e hai pensieri suicidi per il sessanta per cento della giornata. E in tutto questo c’era l’evoluzione del corpo fisico, i dubbi, le insicurezze, i cambiamenti, il capovolgimento del mondo interiore con lo sfatamento di tutte quelle certezze che nell’infanzia erano pilastri e che ora sembravo essere magicamente andate a puttane; senza dimenticare le cotte, i litigi con le amiche, le crisi davanti allo specchio con i vestiti buttati all’aria per tutta la stanza. E a fare le spese di tutto questo c’era Jack che, tra l’altro, non era affatto preparato! Il punto è che solitamente i bambini crescendo smettevano di credere in lui, di vederlo, raggiunta una certa età. Ma Sophie no, lei ci credeva ancora.
Era stata una delle prime bambine a credere in lui. Il primo in assoluto era stato suo fratello Jamie che aveva coinvolto tutto il suo gruppo di amici nella battaglia tra i Guardiani e Pitch Black, l’uomo nero, e l’avevano sconfitto. Jamie si era interposto tra Sophie e Jack raccontandole la leggenda dello spirito dell’inverno che ti morde il naso e porta neve e divertimento ovunque vada, così che anche lei potesse vederlo. La dinamica non è stata poi chiara neanche a Jack di come di li a poco la sua storia si fosse sparsa a macchia d’olio su tutto il globo e i bambini di tutto il mondo avessero cominciato a vederlo, ma sospettava che l’Uomo nella Luna c’entrasse qualcosa. O forse era scritto nel suo contratto di Guardiano, ma di certo non aveva avuto voglia di leggerlo. Così Sophie era stata una fra i primi bambini a vederlo e tra i primi era rimasta l’unica che, crescendo, aveva continuato a vederlo. 
Jack l’aveva accompagnata in tutta la sua crescita ed erano diventati grandi amici. L’albino c’era sempre stato per lei, anche in questo periodo transitorio adolescenziale in cui si arrampicava un po’ sugli specchi per strapparle una risata, ma alla fine ci riusciva. E Sophie c’era sempre stata per lui, anche (e soprattutto) quando Jamie aveva smesso di vederlo. Per Jack era stato un duro colpo. Non era abituato a… scomparire di nuovo. Aveva fatto presto ad abituarsi al fatto che i bambini giocassero con lui, da secoli non chiedeva altro. Ma una volta che lo avessero visto non si era preparato al fatto che avrebbero smesso di vederlo di nuovo. Jamie aveva smesso di credere in Jack Frost quando aveva tredici anni e mezzo. Così Jack per Jamie era di nuovo invisibile. 
I due fratelli avevano pure avuto un’accesa discussione in fondo alle scale al riguardo. Sophie gli aveva urlato addosso di essere diventato “un insopportabile spocchioso” dopo averlo incitato a provarci e riprovarci, come se dipendesse da lui. Non capiva come, da un giorno all’altro quasi, potesse non vederlo più e non ne capiva il motivo. Jamie dava le spalle alla sorellina mentre lei lo teneva sotto assedio da più di un’ora. 
-Non affronti la conversazione perché hai fatto qualcosa di sbagliato? Che hai? Perché non mi affronti? Facile scappare dai problemi, eh, Jamie Bennett! Esigo una spiegazione! Perché non possiamo affrontare il problema?- Era terribilmente testarda, praticamente incapace di demordere, una caratteristica che a Frost piaceva tanto e che l’aveva portata ad essere la migliore sul campo da hockey. Jamie le rispondeva con apatia, sembrava che non gli importasse e questo menefreghismo misto ad un senso di impotenza aveva fatto si che la bambina sbottasse del tutto cominciando ad infamare il fratello mentre di sottofondo la voce pacata della madre cercava di mediare la discussione e riportare la pace in famiglia. Sophie aveva concluso il suo monologo tirando contro Jamie il peluche che trascinava sempre per casa. Solo a quel punto il fratello si era voltato finalmente verso lei e l’aveva guardata severo: -Cresci, invece di rompermi i coglioni!- ed era uscito di casa sbattendo la porta anche se era quasi ora di cena, facendo così definitivamente infuriare sua madre.
Jack aveva assistito alla scena da in cima alle scale e anche se si sentiva pietrificato aveva trovato la forza per muoversi e raggiungere la bambina che singhiozzava accucciata a terra, l’aveva presa in braccio e l’aveva portata in camera sedendosi ai piedi del letto e tenendola in braccio cullandola finché non avesse smesso di piangere, cercando di ricacciare indietro le proprie lacrime. Voleva essere forte per lei, ma in quel periodo sarebbe stata Sophie, una giovane bambina di otto anni, a sostenere il potente Guardiano dell’inverno.
Scherzi a parte, i poteri di Jack parevano davvero indeboliti da quando Jamie aveva smesso di credere in lui. Ancora una volta le sue emozioni gli avevano giocato male la partita. Era assolutamente sicuro che senza il supporto e l’aiuto della biondina non sarebbero tornati come prima.
Sophie si era presa cura di lui preparandogli dell’ottimo finto tè e circondandolo di tutti i peluches che aveva nella cameretta, che erano veramente tanti. Poi si era vestita da fatina come faceva sempre preparandogli uno spettacolo piuttosto comico e infine gli aveva ricordato quant’era importante il suo compito di Guardiano e che lui doveva esserci per tutti i bambini che credono in lui, lei compresa, promettendogli che non avrebbe mai smesso di credere nel suo Guardiano preferito, affermazione che aveva fatto ingelosire non poco Calmoniglio. Jack aveva cacciato via quel pensiero amaro. Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, sperava solo che arrivasse il più tardi possibile.
 
-Che cazzo hai da guardarmi così?- aveva sbottato Sophie tornando nuovamente ingrugnita.
-Ei piano con le risposte, sai che io e Nord siamo buoni amici… potrei farti mettere sulla lista dei cattivi! - come sempre Jack cercava di buttare la cosa sullo scherzo. Non era un tipo permaloso e, alla fine, sembrava cavarsela abbastanza bene.
-Scusa, Jackie. Sono molto nervosa. Ho appena litigato con mia madre perché ho preso quattro al compito di matematica e in questi giorni devono venirmi le mie cose.
-Di già?? Ma non le avevi tipo la scorsa settimana?- Jack era piuttosto confuso riguardo a certi argomenti riguardanti il mondo femminile.
-No, Jack. Tre settimane fa. Meno male che guardi sempre la luna!
-Devo essermi distratto…
Sophie era sbottata in una piccola risata e l’albino aveva provato molta soddisfazione. Era fiero di se. Far ridere i bambini era facile, ma far ridere un’adolescente era una sfida.
-Andiamo a giocare fuori?- aveva chiesto, allegro.
-Jack devo studiare!- aveva sbuffato Sophie mentre ribaltava i libri dallo zaino sulla scrivania.
-Dai ti prometto che se vieni fuori con me faccio nevicare tantissimo!
-No.- la bionda sembrava convinta e decisa ma Jack era piuttosto testardo, non demordeva.
-Dai, per piacere! -la supplicava.
-Non hai altri bambini con cui giocare?
-Ma io lo voglio fare con te! È tutta la mattina che mi ignori!- si stava veramente impegnando a sfoggiare le peggio espressioni da cucciolo bastonato, cercando di fare gli occhi dolci e il labbrino come fanno i bambini.
-Anche di questo abbiamo già parlato. Non devi venire a scuola. Ai miei compagni sembrerà che io abbia le visioni senza contare che rischi di farmi prendere una nota disciplinare.
-Una nota disciplinare- aveva ripetuto Jack con una smorfia, facendo apparire di nuovo un piccolo sorriso sul volto nella ragazzina.
Quindi Jack aveva deciso di cambiare strategia. L’aveva accerchiata piombandole davanti e interponendosi tra lei e i libri, tra Sophie e le sue buoni intenzioni di studiare.
-Che ne dici se faccio nevicare forte forte?- sul suo volto si era dipinto un sorriso soddisfatto e beffardo, come se avesse già vinto.
-Forte quanto? -gli occhi di Sophie si erano chiusi in due piccole fessure, accesi di quella scintilla che la rendeva ancora una bambina. Jack aveva accostato le labbra al suo orecchio sussurrando:
-Forte da chiuso per neve.- e aveva fatto “involontariamente scivolare” il libro di matematica dalla scrivania alla pattumiera -ops.
I due si erano guardati un istante con fare d’intesa, poi il sorriso di Sophie si era spento.
-Jack ma come faccio ad uscire senza che i miei mi vedano?- aveva mugolato.
Jack si era limitato ad indicare la finestra con un cenno della testa, il solito sorriso sulle labbra.
 
 
Nota dell’autrice 
Come è possibile che non ci siano ff su di loro??? Veramente sono l’unica che se li immagina insieme? Davvero, spiegatemelo! Curiosavo su EFP bazzicando tra vari fandom quando mi sono messa a cercare qualcosa su di loro. E NON C’ERA. Ho ricontrollato tipo sei volte, ma dato che la speranza è l’ultima a morire spero di essermi sbagliata e di averla saltata. In tal caso per piacere fatemelo presente perché HO LA NECESSITÀ di leggere di questi due. Davvero nessuno li shippa o li ha mai immaginati insieme? Vabbè, io sì. Quindi, dato che non trovato una storia su di loro mi sono presa la briga di scriverla io. Non penso sarà lunghissima o impegnativa, semplicemente mi piaceva l’idea di buttare giù quello che ho in testa su di loro, quasi per gioco.
Quindi eccomi, sono tornata!
Dopo tutto questo tempo di nuovo su questo sito. Che bellezza, mi era mancato.
Era tantissimo che non scrivevo, per piacere siate indulgenti. Li shippo praticamente da sempre anche se non ci avevo mai creato niente sopra. In realtà Jack Frost l’ho shippato con un sacco di gente ora che ci penso… Anyway, non sono carini?
Tra le altre cose credo che il personaggio di Jack Frost sia psicologicamente molto più complesso di quanto sembri/si creda; spero di riuscire ad approfondire quest’argomento nei prossimi capitoli.
Ad ogni modo Jack nella storia ha diciassette anni (fisicamente, come spirito più di 300), mentre Sophie ne ha quattordici. Jamie ne ha venti (ho contato sei anni di differenza perché nel film mi ha sempre dato l’idea che Sophie avesse due anni e Jamie otto, idea mia). Okay, ora basta con la matematica.
Spero che sia di vostro gradimento. Le critiche sono ovviamente ben accette, anzi se c’è qualche errore di qualsiasi tipo che volete farmi notare ne sarò contenta.
Grazie per aver speso del vostro tempo tra le mie parole.
A presto.
-Lu
 
PS: Perdonate i titoli, sono pessima.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Amici ***


Capitolo 2: Amici
 
Jack aveva preso Sophie in braccio e, passando sopra i tetti per non farsi notare, l’aveva condotta ad una piccola radura nel boschetto appena fuori dalla città, dove nessuno li avrebbe visti, o meglio dove nessuno avrebbe visto Sophie vaneggiare da sola additandola come malata mentale.
Si erano divertiti un sacco. Avevano giocato a palle di neve e Jack, come promesso, aveva fatto nevicare forte forte, tanto forte che sarebbero dovuti rincasare entro un paio d’ore al massimo altrimenti Sophie avrebbe potuto ammalarsi.
Ad ogni modo, ora erano ancora a giocare a palle di neve e a rincorrersi ridendo. Jack aveva preso sue rami caduti e se li era messi in testa facendo il verso a quella “cornuta della prof di matematica di Sophie” innescando le risate della ragazza. Poi avevano giocato a costruire forme con la neve, abilità in cui l’albino, dati i suoi poteri, eccedeva notevolmente.
-Così non vale però! – Sophie l’aveva detto con un sorriso dolce. Adorava vedere Jack che faceva magie e lui lo sapeva, così aveva creato una piccola farfalla di ghiaccio che aveva fatto volare fino al nasino di Sophie su cui si era infranta in mille cristalli di ghiaccio.
Le guance di Sophie erano rosse, forse anche per il freddo. Lo spirito dell’inverno si era avvicinato ad accarezzarle una guancia, dimenticandosi che l’avrebbe congelata ancora di più. Per togliersi da quel pericoloso momento di imbarazzo l’aveva spinta a terra buttando tutto ancora una volta sul gioco.
-Ei non si picchiano le ragazze!- la sua parte da offesa aveva retto poco, dato che lo aveva detto buttandosi a fare un angioletto di neve. Jack l’aveva imitata stendendosi a suo fianco, distante quanto basta da poter disegnare un altro angioletto.
-Ti pare che sarei in grado di farti del male? – aveva girato il volto verso di lei, serio – Neanche nei miei peggiori incubi.
La ragazza aveva sospirato, anch’essa facendosi più seria, fino a incupirsi e Jack aveva intuito che non si trattasse dei suoi incubi, ma di qualcosa di più reale. Si era girato su un fianco per guardarla meglio.
-Va tutto bene?- aveva chiesto visibilmente preoccupato.
-No, non va bene niente. Perché mi divertono ancora queste cose? Ai miei amici non piacciono più e loro… si atteggiano da adulti, passano il tempo a spettegolare e…
-E cosa?- l’aveva incitata a continuare.
-Loro non ti vedono più! Non vedono più nessuno di voi Guardiani ed è come se tu per loro non fossi mai esistito, come se fossi solo frutto di fantasia. E io ho tanta paura che succeda anche a me!
Sophie aveva gli occhi pieni di lacrime e si era tirata su per asciugarsele. Non voleva che Jack la vedesse in quello stato, anche se per lei c’era sempre stato anche nei momenti peggiori. Era il suo migliore amico.
La bionda si stava stropicciando gli occhi con le maniche della giacca, quando lo spirito dell’inverno si era fatto più vicino a lei per abbracciarla. Detestava vederla stare male e sentirsi incapace di poter fare niente. Non sapeva cosa dire. Con i bambini era decisamente più semplice, bastava qualche fiocco di neve, ma Sophie stava passando un periodo decisamente più buio dell’infanzia, in cui i mostri non si trovano solo sotto il letto o dentro l’armadio. E in più era la sua stessa paura: che lei un giorno – forse presto- smettesse di vederlo. Così aveva sviato la conversazione.
-Ei, Sophie ma che dici? Tu hai tanti amici che ti voglio bene, me compreso.
-Lo so, Jack.- si asciugava il naso con la manica del giacchetto, ancora singhiozzando- Ma stanno cambiando tante cose. Io e la mia migliore amica non abbiamo ancora fatto pace dalla scorsa settimana-
-Ma la farete!- l’aveva interrotta lui nel vano tentativo di consolarla.
-A questo punto non lo so più. E poi la scuola non sta andando bene.
-Hai solo preso un brutto voto, non ne farei una tragedia, sei molto brava invece! E sei solo al primo trimestre, hai tempo per recuperare.
-Si, ma mia madre si è comunque incazzata di brutto prima e stasera dovrò sentire anche mio padre. E vorrei tanto che Jamie fosse qui…
Il fratello si era da poco trasferito per proseguire gli studi al college e da quando se n’era andato Sophie si sentiva molto più sola, specialmente a casa quando nei litigi con i genitori non aveva il suo fratellone a difendere i suoi diritti e mediare le cose. E Jack, dal canto suo, beh, anche a lui mancava molto Jamie.
“Almeno tu puoi rivederlo” aveva pensato, senza dire niente e limitandosi a stare zitto.
-È che mi sento strana- aveva continuato Sophie -è come se tutto improvvisamente si fosse complicato: il rapporto con mia madre, le mie amiche, la scuola…
Come darle torto. Effettivamente era vero.
-Lo sai chi mi sembri con questo giacchettino? Cappuccetto rosso.- aveva detto jack tirandole su il cappuccio.
-Ma è giallo!
-Sì, ma ha comunque il cappuccio.
Sophie aveva sorriso prima di starnutire.
-Andiamo, ti riporto a casa o ti prenderai un malanno.
In un secondo l’aveva presa in braccio riportandola nella sua stanza.
 
Sophie si era rimessa a studiare e Jack si era steso sul letto.
-Sei stanco?- aveva domandato mentre scarabocchiava un’equazione sul quaderno di matematica.
-Mh? Io non sono mai stanco. Okay forse un pochino. Sai che mentre dormivi ero in Europa? C’è un piccolo paesino poco sopra Norimberga… ci abitano due gemelli pestiferi. Ti ricordi quando ho fatto perdere quel dentino a Jamie nell’incidente con lo slittino?
-Ah, sì.- Sophie aveva realizzato solo in quel momento che era opera di Jack.
-Beh, sempre per un incidente con lo slittino oggi uno dei gemelli ha perso il suo primo dentino e l’altro che era invidioso ha cercato di tirarsi via un incisivo che dondolava in tutti i modi. È stato troppo divertente.
-Spero di trovare un lavoro che mi piaccia quanto a te piace il tuo.- aveva sospirato la ragazza.
Jack si era tirato a sedere quasi offeso.
-Ehi, il mio non è un lavoro. Quelle sono noiose cose da adulti. Il mio è un compito, una missione, una responsabilità verso i bambini di tutto il mondo.- aveva affermato con tono solenne.
Sophie aveva ruotato la sedia girevole per guardarlo.
-Hai davvero detto responsabilità?
L’albino aveva annuito fieramente sorridendo divertito, poi era tornato a raccontare.
-Sono stato anche nei Paesi Bassi, in Francia e… oh, questa mi sono scordato di raccontartela. C’è un bambino veramente buffo… Si chiama Liam. Non ricordo il nome del posto… in Canada comunque. Ha fatto un disegno di me a scuola. Avrei voluto avere un cellulare per fare una foto e mandartela, era supercarino!
-Sai io quanti ne ho fatti di disegni che ti rappresentano.- aveva sbuffato Sophie tornando ai suoi compiti.
-Gelosa?
-Sono qui nel cassetto, cercali pure. -aveva indicato il cassetto sotto la scrivania senza dar peso alla sua domanda e Jack, curiosissimo, si era messo a frugare.
A Sophie da bambina piaceva tantissimo disegnare, specialmente con i pastelli a cera. Aveva conservato alcuni dei suoi disegni preferiti, mentre gli altri erano finiti tra la polvere in garage.
-Sophie…- Jack era ammaliato da tutti quei disegni, non se li ricordava -Questo è bellissimo!
Era un disegno che rappresentava, con un po’ di fantasia, Jack e Sophie che facevano pattinaggio sul lago. L’aveva fatto quando aveva sei anni.
-Puoi tenerlo.
-Davvero? – gli occhi di Jack luccicavano come quelli di un bambino.
Sophie gli aveva strappato il disegno di mano per fare una dedica sul retro.
 
“So che hai tanti bambini, ma ricordati della tua preferita. 
Con amore.
-Sophie”
 
Jack era quasi commosso. Aveva piegato il foglio con cura per riporlo nella tasca della sua felpa.
-Grazie, lo conserverò per sempre! – aveva detto pieno di gratitudine. Quasi non gli sembrava vero che, dopo secoli di solitudine, i bambini potessero amarlo così tanto.
Toc toc. Qualcuno aveva bussato alla finestra.
-Dente da latte! – aveva esclamato Jack andando ad aprire. La fatina era entrata tremando infreddolita andando a ripararsi da Sophie che sapeva l’avrebbe riscaldata.
-Oh, quanto sei adorabile! -Sophie si scioglieva sempre davanti alle fatine di Dentolina. Dente da latte, in tutta risposta, era arrossita e aveva squittito qualcosa. Sophie le aveva accarezzato delicatamente le piume sulla testa. Jack osservava con disprezzo.
-A me tutte quelle attenzioni non le dai.
-Vuoi un biscotto?
-Sì, volentieri!
-Dicevo a dente da latte. Poverina con tutto questo freddo, eh, piccina? Hai bisogno di qualcosa?
La fatina era lusingata. Ma aveva solo bisogno di riscaldarsi e una volta ripresasi dal freddo era piombata davanti al viso di Jack squittendo qualcosa in modo molto agitato.
-Cosa? Frena, frena. Colpa mia? Ma di cosa? Ah, non posso crederci. Okay, ora andiamo, vi aiuto io.
-Che succede?- Sophie non era in grado di decifrare la lingua delle fatine.
-Devo andare al quartier generale di Dentolina. Tra Guardiani ci diamo una mano.
-Okay, ci vediamo.
Ma non aveva fatto in tempo a salutarli che erano già spariti fuori dalla finestra. Così Sophie poteva finalmente dedicarsi alla matematica senza distrazioni.
 
In poco erano già al Castello della Fata dei Denti.
-Che hai da rimproverarmi stavolta? -si era gongolato lo Spirito dell’Inverno mettendosi il suo bastone in spalla.
-Non è divertente Jack. – Dentolina era circondata da una decina di piccole fate che pigolavano agitate sfuggendo in tutte le direzioni -In questi giorni siamo super incasinate! Sono aumentate le cadute dei dentini e si vocifera – si era girata a guardarlo seria -che tu c’entri qualcosa.
-Non c’è di che.- aveva risposto l’albino mimando una teatrale riverenza.
-Jack, tutti questi incidenti con gli slittini… potrebbe essere pericoloso!
-Oh, ma vuoi rilassarti! Ci sono io a proteggere i bambini. Lascia fare a me. Si è mai fatto male qualcuno?
-Non so, mi ha detto un colibrì che uno dei due gemelli è finito all’ospedale. Ne sai qualcosa? -aveva le braccia conserte davanti al petto e lo sguardo severo.
-Ops. Starò più attento, promesso.
-Jack, il nostro compito è quello di proteggere i bambini! -aveva detto la fata sottolineando la parola “proteggere” come se fosse la cosa più importante del mondo, poi un altro pensiero l’aveva scossa – Dove è Dente da Latte?
Jack si era guardato la pancia ridendo. Un brusio veniva dalla tasca della sua felpa nella quale si agitava la fatina cercando un po’ di calore. Con un fruscio d’ali era uscita fuori con un foglio tra le manine.
-Ei, ridammelo!- aveva esclamato Jack spiccando il volo per rincorrerla.
-Jack ma cosa- La fata dei dentini cercava di seguirli con lo sguardo.
-Presa!- Jack era riuscito ad afferrare la fatina senza farle male, si era ripreso il suo amato regalo e, buttandosi Dente da Latte alle spalle, aveva cercato di recuperare con cura e attenzione le pieghe del foglio che nel volo si era un po’ sgualcito. Dentolina lo guardava lievemente stranita.
-Ricordi Sophie? Quella bambina che avevi fatto piangere nella tana di Calmoniglio la vigilia di Pasqua.
-Ah, sì, la ragazzina per la quale hai una cotta.- Dentolina stava sistemando e catalogando le centinaia di dentini che le sue fatine stavano portando da tutto il mondo.
-Una che?? Pff, io non ho una cotta!- Jack, che stava ancora cercando di sistemare il foglio alla meglio, era volato accanto a Dentolina, ignorando cosa avesse detto, per mostrarle il regalo che gli aveva fatto la bionda.
-Guarda, me lo ha dato oggi. L’ha fatto quando era piccola e l’abbiamo ritrovato questo pomeriggio.- aveva detto l’albino, fiero del regalo ricevuto.
Dentolina, che aveva finito di sistemare i dentini con la sua velocità da colibrì, aveva portato la sua attenzione al disegno.
-Oh, Jack, ma è adorabile, siete voi due! Quindi anche Sophie ricambia la tua cotta!
-La vuoi piantare con questa cotta? Non ho una cotta e a Sophie piace uno della sua scuola.
Ah, ah. -Dentolina aveva ripreso a sistemare i dentini e ascoltava Jack con un sorrisetto sulle labbra.
-Si chiama Nathan Cooper, ha la stessa età di Sophie e gioca nella squadra maschile di football.
-E tutte queste cose te le ricordi perché…? – adesso Dentolina lo stava guardando.
-Perché me le ha raccontato lei.- aveva concluso Jack con tono ovvio – E poi tu che ne vuoi sapere, stai sempre chiusa qui dentro.
-A parte che non sto “sempre chiusa qui dentro”, sai che ho ripreso ad andare in missione. – aveva detto la fata eccitata, per poi tornare più composta -E comunque ho le mie spie che ti tengono d’occhio.
-Oh, alla faccia della fiducia! E cosa ci sarebbe da tenere d’occhio, scusa?- aveva chiesto ironico l’albino.
-Gli incidenti con gli slittini, per esempio. E tu e Sophie. -Dentolina lo aveva detto con lo stesso sorriso che hanno le ragazzine quando guardano le scene romantiche nei loro film preferiti.
-Ma la fai finita? Non c’è nessun “tu e Sophie”- aveva detto Jack gesticolando le virgolette in aria- E ora se vuoi scusarmi, ho molti bambini da far divertire, anziché star qui a parlare del nulla.
-Ah, ah, certo! E niente incidenti con gli slittini, grazie! -aveva esclamato la fata.
Ma Jack era già schizzato via.
Dente da Latte e Dentolina si guardarono facendo spalluce, per poi tornare al loro lavoro.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Raffreddore ***


Capitolo 3: Raffreddore
-Vaffacculo Jackson! – aveva detto Sophie con voce nasale mentre raccattava decine di fazzoletti mocciosi dal pavimento della sua stanza.
-Te l’ho già spiegato! È una leggenda popolare, non è colpa mia se viene il raffreddore! Sai a me che me ne frega di far ammalare la gente!
Jack era seriamente triste per il fatto che Sophie non si sentisse bene. 
Quel pomeriggio sarebbero dovuti andare a giocare con la neve e invece Sophie aveva cominciato a sentirsi poco bene quando era a scuola. Mal di testa e raffreddore. Nel pomeriggio le era cominciata anche una brutta tosse grassa.
-Posso fare qualcosa? -aveva chiesto visibilmente preoccupato e dispiaciuto, anche se non era davvero colpa sua.
-Do. Hai già fatto abbastazza. – Sophie aveva buttato i fazzoletti nel cestino e si era messa a letto con addosso tre coperte di pile sopra il piumone.
-Sophie, TI GIURO, non è opera mia.
-Sto tanto bale…
-Lo so, piccola, mi dispiace.
Jack si era accucciato accanto al letto.
La mamma di Sophie era entrata in camera per misurarle la febbre.
-Cavolo, ma tu scotti! Vediamo a quanto hai la temperatura. 
La mamma di Sophie era sempre stata molto premurosa con i suoi figli. Alla vista di quella scena a Jack non poté che comparire un sorriso un po’ malinconico. Essere un Guardiano era grandioso, ma capitava, quando si fermava davanti alle finestre delle case per congelare i vetri, che si trovasse davanti a deliziose scene di famiglia e il suo sguardo si coprisse di un velo di tristezza.
Di tanto in tanto, da quando aveva ritrovato i suoi dentini, si ritrovava a pensare alla sua vecchia famiglia: a sua sorella, alla sua mamma e al suo babbo. Dopotutto ce l’aveva avuta anche lui, una famiglia, alla sua vecchia vita. Ma quei ricordi erano così lontani e aveva l’impressione che fosse durato tutto troppo poco.
C’erano delle notti in cui, dopo che la sabbia di Sandman era scesa sugli occhi dei bambini, Jack si sedeva sui rami di un albero qualsiasi e osservava il panorama, i tetti delle case, la Luna.
Non che avesse bisogno di riposarsi, era più un bisogno di trovare tempo per se stesso, per riflettere. Jack Frost era il guardiano del divertimento, delle risate, della spensieratezza che caratterizza l’infanzia e, benché dentro di se lui si sentisse ancora molto bambino, per certi aspetti sapeva di non esserlo. Forse quei trecentoanni e passa da Spirito dell’Inverno lo avevano reso più saggio.
Ora era un guardiano e amava esserlo, ma aveva ancora tante domande a cui la Luna non aveva risposto.
Quindi, certe notti, si ritrovava tra i suoi pensieri, il volto pallido illuminato dalla luce della Luna.
Si domandava cosa avesse fatto sua sorella dopo la sua morte, come fossero stati i loro genitori. Avrebbe voluto essere lì con loro almeno come spirito e poter fare qualcosa, anche se sapeva che non avrebbe potuto fare niente. E poi quando la Luna lo aveva scelto? Quanto tempo effettivamente era passato dalla sua morte? Forse sua sorella l’aveva anche vista per strada, senza riconoscerla. E chissà come le cose sono andate avanti senza di lui. Aveva visto crescere molti bambini, ma non la sua sorellina. Lei aveva avuto dei bambini? Si immaginava come potesse essere, crescere in una famiglia, con una sorella, diventare zio, diventare genitore forse. Crescere, invecchiare. Chissà quale dolore avevano provato i suoi genitori alla sua morte, non li aveva neanche salutati come si deve.
In queste notti di interrogativi e riflessioni c’era sempre qualche lacrima che gli rigava il volto.
Non era sempre il guardiano del divertimento, il giullare di corte, l’animatore della festa, il principe delle risate. Jack Frost aveva anche una parte oscura, una parte cupa, una parte che non mostrava a nessuno. Proprio come la Luna, che mostra sempre il solito volto celando il resto, era così anche Jack Frost. Solo Sophie conosceva questo lato di lui. Era successo la scorsa primavera, in una notte in cui Jack era stato con lei e si era sentito di confidarsi. Forse proprio perché non era più una bambina, Sophie poteva capire queste cose. 
Si era tolto un grande peso perché, anche se Sophie non aveva potuto dagli le risposte che cercava, si era finalmente sentito capito. Non come quando parlava alla Luna che sembrava non ascoltarlo affatto. Con Sophie aveva avuto un feed-back emotivo. Lei si era messa nei suoi panni e aveva compreso come si sentisse tanto che era scoppiata a piangere. Da quella notte la bionda non lo guardava più con gli stessi occhi, anche se Jack forse non se ne era accorto o non gli aveva dato peso. Jack Frost non era solo un burlone, un bambino non cresciuto che non faceva altro che giocare e usare i suoi poteri per fare scherzi. Sophie ora conosceva il suo lato nascosto; un lato più umano, più sensibile, più profondo, pieno di dubbi, insicurezze, paure. Ma questo lato celato nascondeva anche la sua dolcezza e la sua forza d’animo. Jack Frost non era solo quello che porta il divertimento, ma i bambini non potevano saperlo. Jack aveva raccontato a Sophie la sua storia prima di diventare guardiano, le aveva raccontato di sua sorella, dei suoi amici e dell’incidente al lago. 
Sophie era felice che si fosse confidata con lei, ma non tiravano quasi mai in ballo l’argomento. A Jack non piaceva sembrare debole agli occhi degli altri e tanto meno voleva intristire uno dei suoi bambini. Voleva che di lui si vedesse solo la parte luminosa, come la mostrava la Luna. 
 
La mamma di Sophie era uscita dalla stanza per andare a prepararle qualcosa di caldo da mangiare, anche se la ragazza aveva esplicitamente detto di non avere fame. Vedendo che si stava quasi addormentando, Jack ne aveva approfittato per sgattaiolare fuori dalla finestra.
Si era diretto al Polo Nord, più precisamente alla fabbrica di Nicholas North.
-Jack, che bello vedere te! – North lo aveva stretto talmente forte che Jack ha temuto di avere rotta qualche costola -Che fai qui?
Jack stava ancora tentando di riprendersi dall’abbraccio e tornare a respirare normalmente. Si stava sistemando la felpa sgualcita.
-Sono venuto a trovarti. Senti, so che non potrei farlo, ma c’è un bambino a Boston, si chiama Oliver, che vuole da morire una pista dei trenini. Ho cercato di costruirla col ghiaccio ma-
-Non sei bravo quanto me.- North stava lavorando alla costruzione di qualche nuovo giocattolo.
-Ehi, non intendevo questo.
North aveva riso. Intanto uno yeti aveva offerto qualche biscotto con gocce di cioccolato a Jack che non aveva certo fatto complimenti.
-Vedo che siete a buon punto.- aveva detto Jack sgranocchiando il biscotto e prendendone un altro prima che lo yeti se li portasse via.
-Siamo in pieno ritmo e in pari con tempi. A contrario di qualcuno noi non ci prepariamo la settimana prima, ma tutto l’anno! Ci prendiamo di festa solo gennaio!- l’allusione di Babbo Natale a Calmoniglio era palese.
-Dite che sono io lo scansafatiche, ma tra noi Guardiani quello che lavora meno è Calmoniglio!- Jack aveva preso la palla al balzo per rincalzare la dose.
-Ah, Jack, tu fa ottimo lavoro con bambini! Li rendi felici, li fai divertire!
North era sempre stato molto dolce con Jack, l’aveva accolto da subito nel gruppo dei Guardiani, ancora prima che Frost volesse farne parte. Era per lui, in un certo senso, come una figura paterna. Jack aveva sorriso all’apprezzamento di Babbo Natale. Era anche felice che qualcuno notasse il suo impegno; dopotutto, ce la metteva tutta.
-Come sta la tua amica?
-Sophie? Sta… insomma, ha il raffreddore.
-Che ha chiesto lei? Non ho sua lista. Si è dimenticata o è troppo cresciuta?
Jack detestava quando sottolineavano che Sophie stava crescendo. Avrebbe voluto chiedere a North se poteva regalargli per Natale un nastro che riavvolge il tempo per godersi Sophie sempre, ma sapeva che neanche North poteva soddisfare questo suo desiderio.
-Ah, no, caro mio. Eccola qua. Mi ero scordato, me l’ha data qualche giorno fa.- aveva detto Jack tirando fuori una busta sgualcita dalla tasca dei pantaloni. North l’aveva afferrata commosso.
-A quattordici anni scrive ancora lettere a me. L’hai letta? -aveva chiesto accigliandosi alla fine.
Jack aveva scosso la testa. Ci era già passato e aveva imparato a non aprire le buste indirizzate a Nicholas North. L’espressione severa di North si era sciolta nel suo pacioso modo di fare ed era scoppiato in una delle sue grasse risate.
-Bene! Allora tu guarda con me. Forse quest’anno sei in lista di buoni!
E detto questo aveva aperto la busta che come tutti gli anni era piena di porporina. Jack si era affacciato felice alle spalle di North, entusiasta dell’invito.
-Ho ancora un mesetto per rimediare! – aveva ribattuto.
-Le riconosci subito le lettere di Sophie!- aveva esclamato Babbo Natale cercando di togliersi tutti quei brillantini che rimanevano appiccicati alle dita.
 
“Caro Babbo Natale,
sono Sophie. Anche se sono grande mi va di scriverti ancora e spero che questo ti renda felice.
Non so se questo rientra nelle tue competenze ma vorrei che Jamie tornasse a casa per Natale. Jack mi ha promesso che non congelerà le ferrovie. Per favore anche tu rendilo possibile!
Per questo Natale vorrei dei nuovi pattini da ghiaccio perché quelli vecchi non mi stanno più, un pallone da football, un paio di vans e se ti va anche qualcosa per colorare.
Porta una felpa per Jamie, o grigia o di qualsiasi colore basta che abbia il cappuccio! E un gioco da fare insieme, tipo un gioco da tavolo.
Ti voglio bene, spero che tu non abbia troppo lavoro alla fabbrica.
Un saluto agli elfi.
Ciao!”
 
North e Jack si erano sciolti davanti a quella lettera, tanto che l’avevano riletta almeno due volte. Poi si erano risvegliati, North aveva messo la lettera insieme alle altre e aveva battuto le mani.
-Forza! Al lavoro!
Jack era rimasto stupito dalla montagna di lettere.
-Ah, quello è niente! Le altre sono di là! – aveva esclamato North notando l’espressione di Jack e indicando un’altra stanza, divertito.
Era questo il bello dei guardiani: aveva tutti tanto lavoro da fare ma lo facevano con talmente tanta passione che tutto risultava leggero, una leggerezza tipica dell’infanzia che custodivano.
La fabbrica di North era veramente piena di meraviglia e in quel periodo dell’anno era all’apice della sua magia.
Gli yeti correvano per i corridoi e le scalinate, agitati al pensiero di non fare in tempo per la Vigilia, borbottando qualcosa di comprendibile solo a loro. Dal canto loro, i folletti non erano nient’altro che euforici; attaccavano lucine e portavano piatti pieni di biscotti ovunque. C’era aria di preparativi, di festa. Jack aveva sempre amato il Natale. Anche se a volte si era sentito molto solo, negli ultimi anni non era più stato così e questo gli aveva fatto piacere il Natale ancora di più.
Ogni Natale i bambini gli facevano vedere i giochi che ricevevano e Jack provava una gioia indescrivibile nel fatto che condividessero la loro felicità con lui.
Lo spirito del gelo adorava la fabbrica di Babbo Natale. Gli piaceva osservare gli yeti che con attenzione e premura costruivano i giocattoli progettati da North e anche se faceva sempre loro degli scherzi aveva deciso che quest’anno, sotto Natale, non li avrebbe fatti. Forse era davvero diventato un bravo bambino? Solo all’idea aveva scosso il capo e si era messo in volo verso l’uscita nell’intento di combinare qualche marachella firmata Jack Frost.
-Jack, aspetta! Dove tu va?
-A far scivolare qualcuno?
North l’aveva guardato male, poi aveva roteato gli occhi al cielo.
-Fai il bravo.
-Vorrei dirti di sì, ma non si dicono le bugie a Babbo Natale!
Jack era volato via veloce come il vento che lo accompagnava ovunque e North era tornato a costruire e collaudare giocattoli, fischiettando allegre canzoncine natalizie.
 
Un paio di giorni dopo Jack era passato da Sophie. Stanco di aspettare, aveva aperto la porta d’ingresso con un’impetuosa folata di vento.
-Ah, questa dobbiamo proprio farla riparare.- aveva sbuffato la madre di Sophie andando a chiudere la porta.
Jack era sgattaiolato dentro. Sophie era sul divano avvolta in una coperta, stava sorseggiando una tisana, ma al suono improvviso di quel rumore si era voltata.
-Jack!- parlava piano per non farsi sentire dalla madre.
-Ops…- aveva sussurrato Jack, raggiungendola sul divano -Come stai? Cosa fai imbacuccata così? Sembri uno yeti!
-Sto un po’ meglio, ma ho ancora un po’ di febbre. Ti sei ricordato di portare la mia lettera a North?
-Certo! Cosa credi?! -Jack faceva il finto offeso.
-Mh. Bravo.- e si era rimessa a sorseggiare la tisana amara che le aveva preparato la madre. Un rimedio contro il raffreddore, diceva lei, ma a Sophie sembrava solo una schifezza. Per fortuna il raffreddore le impediva di sentire quanto fosse realmente schifoso quell’intruglio di erbe.
-Grazie, Jack. Meno male che ci sei tu! -Jack l’aveva detto con una vocina stridula cercando di imitare la voce della ragazza.
-Ei, io non parlo così!
Sophie aveva appoggiato la tazza sul tavolino davanti al divano.
-Potresti almeno darmi un bacio per ringraziarmi.- l’albino gli aveva porto la guancia aspettando la sua ricompensa.
La bionda aveva aspettato qualche istante, poi gli aveva stampato un veloce bacio sulla guancia.
-Hai paura di attaccarmi il raffreddore? Sai che non posso prenderlo. Dai, fammi posto.
Si era fatto spazio sotto la coperta con Sophie. La TV era accesa su un canale a caso.
-Guardiamo un film! -aveva detto Sophie. In quei giorni di noia, le sembrava di aver avuto l’illuminazione del secolo.
-Okay. Disney o Dreamworks?- aveva chiesto Jack volando in secondo alla mensola dei DVD.
-Mh… Dumbo?
-Dai, ma è triste!
-Allora Shrek? O Lilo & Stitch?
-Vada per Lilo e Stitch.
L’albino aveva inserito il DVD arnesando con la playstation ed era tornato accanto alla ragazza, avvolto nella coperta insieme a lei.
-Mi fai freddo.
Da quando era diventata adolescente Sophie aveva questi momenti in cui diventava veramente odiosa e si lamentava di tutto. Jack aveva buttato giù il rospo anche stavolta.
-Almeno ti abbasso un po’ la temperatura.- aveva detto rimboccandole la coperta, poi aveva continuato- Ti ricordi quando con questa coperta costruivamo fortini?
-Mh.
La ragazza aveva mugolato con disinteresse e si era messa a fissare lo schermo della TV. Sospirando anche Jack aveva fatto lo stesso. Da quando era cresciuta, le priorità di Sophie erano cambiate.
Mentre fissava il logo della Disney col castello blu, Jack aveva immaginato nella sua testa il loro castello dell’amicizia crollare in frantumi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Appuntamento prima di Natale ***


Capitolo 4: Appuntamento prima di Natale
Dopo qualche giorno Sophie sembrava stare meglio ed sarebbe tornata a scuola con la solita voglia di sempre, cioè non molta. Il liceo non era così entusiasmante come si aspettava.
Quella mattina si stava preparando, quando Jack era entrato in camera.
-Che macello…- aveva detto l’albino guardando la miriade di ma indumenti che tappezzava il pavimento- Cosa è esploso?
-Il mio cervello! Non ho niente da mettermi!
Jack si era seduto a gambe incrociate sul letto, preparandosi psicologicamente alla prossima crisi isterica della ragazza. 
Quando era di quell’umore Sophie era come una mina vagante e, per paura di dire qualche parola di troppo, Jack aveva saggiamente deciso di rimanere in silenzio. 
Sophie stava buttando all’aria tutto l’armadio tirandosi i vestiti alle spalle; un maglione era finito in faccia a Jack.
Osservando quello scempio di indumenti l’albino non potè far a meno di notare che l’armadio Sophie non era più pieno di colori pastello, righine, pois e brillantini. Era tutto nero. Nero come Pitch Black.
A quel pensiero Jack aveva deglutito tentando di scacciarlo. Ma la verità era palese e di colore nero.
Sophie aveva sempre vestito in modo molto allegro e colorato ma da un anno a questa parte, specialmente dall’arrivo dell’ultimo autunno, il nero si era disperso a macchia d’olio nell’armadio di Sophie, divenendo il colore sovrano del guardaroba. Aveva conquistato tutto, spargendosi come il petrolio nel mare, come gli incubi di Pitch avevano fatto una decina di anni prima con i sogni dei bambini.
Jack aveva tentato nuovamente di scacciare quel brutto pensiero.
-Devo andare o farò tardi!
Lo spirito del gelo si era svegliato dai suoi sogni, o meglio dai suoi incubi e si era ritrovato Sophie con un paio di jeans neri addosso strappati alle ginocchia, in reggiseno, che tentava di infilarsi un paio di converse rigorosamente nere.
-Sbrigati passami un maglione!
Jack, a caso, ne aveva preso uno e glielo aveva tirato.
Sophie si era vestita mentre scendeva le scale e Jack era uscito fuori dalla stanza lasciandosi quella scura macchia di vestiti alle spalle.
 
Ormai mancavano solo due settimane a Natale e tutta la città era in vena di festa.
Gli elettricisti stavano appendendo le luminarie natalizie nelle vie e i negozi avevano addobbato le vetrine. Un tappeto di neve spessa alloggiava sui marciapiedi ma le strade erano già state sgomberate.
-Potevi fare di meglio.- aveva detto Sophie con tono di sufficienza mentre di allacciava le scarpe- Mi tocca andare a scuola anche oggi.
-Ei, io mi sono dato da fare, non è colpa mia se hanno sparso il sale!
Era vero, Jack aveva fatto nevicare tutta la notte ma non era stato abbastanza. Sophie non aveva avuto da ribattere.
-Ci vediamo oggi?- aveva chiesto il guardiano del divertimento.
-No, oggi esco.
-E con chi?- aveva chiesto Jack, incuriosito.
-Con Justin.- aveva cinguettato Sophie.
-E chi è?
-Ma come chi è? È il ragazzo che mi piace! Mi ha chiesto di uscire ieri, all’uscita di scuola! Non mi ascolti quando ti parlo?
-Ma non ti piaceva un certo Nathan?
Visibilmente confuso Jack stava cercando di rimettere insieme i pezzi. Sophie aveva roteato gli occhi.
-Quello? – aveva detto con un’espressione schifata- Non mi piace più da almeno una settimana! Svegliati Jackson.
E aveva sbattuto la porta di camera correndo giù per le scale; aveva addentato una brioche al volo e si era fiondata in strada prendendo l’autobus per un pelo.
Jack era rimasto immobilizzato per un po’, incerto sul da farsi. Certo che le ragazze erano strane. Poi aveva deciso di seguirla.
Vedendola sedere sul pullman accanto alla sua amica Allison, Jack aveva pensato che non ci fosse niente di strano, ma aveva comunque preferito prendersi la mattinata per andare a investigare a scuola. Temeva di essersi perso qualche passaggio importante.
 
A scuola non aveva scoperto di strano. Doveva solo stare attento a non farsi sgamare da Sophie altrimenti si sarebbe infuriata. Alle prime due ore aveva letteratura e matematica. Non la invidiava per niente. Jack odiava la scuola e odiava che Sophie dovesse andarci.
Durante l’intervallo Sophie era uscita in cortile con le sue amiche Allison e Emily.
-Ma ti viene a prendere lui?- aveva cinguettato Emily.
-Sì, passa da me dopo mangiato.- aveva risposto Sophie addentando una merendina. Faceva finta che non le importasse, ma Justin le interessava davvero, solo che non voleva darlo a vedere davanti alle amiche.
-Cosa ti metterai?- aveva chiesto ansiosa Allison – Devo prestarti qualcosa?
-Mi metterò un paio di jeans, vedrai, con questo freddo!- aveva risposto Sophie. Non solo quella stagione era troppo fredda per i vestiti e cui alludeva Allison, ma Sophie non ci si vedeva affatto vestita in quel modo. Voleva bene alla sua amica, ma non si intendevano per niente in fatto di gusti. Sophie era molto più sportiva. Mentre ad Allison piaceva farsi notare.
Jack si era appostato dietro ad un muretto intento ad origliare anche se non riusciva a seguire tutto il discorso dato il chiacchiericcio dei ragazzi che al suono della campanella avevano invaso il cortile.
-Ma non sei emozionata almeno un po’?- aveva chiesto Allison infastidita dalla carenza d’entusiasmo dell’amica.
-Certo che lo sono!- Sophie si era sciolta in un sorriso.
Avevano continuato a tempestarla di domande fino alla fine dell’intervallo.
Jack sentendole squittire in quel modo aveva pensato che essere una ragazza di quell’età fosse qualcosa di tremendo. Quale assurda metamorfosi avevano subito per diventare in quel modo?
Stufo di non capirci niente, era andato a costruire pupazzi di neve con i bambini della materna.
 
Il cortile della scuola materna era recintato da una rete e i giochi erano per la maggior parte coperti di neve. Alcuni, come i tunnel, erano inutilizzabili, ma ai bambini sembrava importar poco.
Jack stava creando piramidi di palle di neve per metterle a disposizione dei bambini, quando aveva visto sfrecciare qualcosa nel cielo ed era volato in alto nel tentativo di raggiungerlo.
-Dentolina!
La fata teneva un sacchetto pieno di dentini. Jack non capiva come facesse, una volta al castello, a capire a chi appartenessero. Lei gli era volata incontro indicandogli il sacchetto soddisfatta.
-Jack! Come hai fatto a vedermi? Sto forse perdendo colpi?
-Non ti ci facevo da queste parti, sono già tutti svegli.
-Lo so, stavo tornando al quartier generale quando ho pensato di passare a vedere che combinavi.
-Ah, quindi mi stai ancora spiando!- l’aveva accusata l’albino, sorridendo.
-E vedo che hai diminuito gli incidenti con gli slittini, grazie. – si era accarezzata le piume sulla testa.
-Ah, non ringraziarmi. Sto solo conservando il meglio di me per le vacanze di Natale.
La fata aveva scosso la testa, poi le era venuto in mente qualcosa.
-Uh, l’altro ho visto Sophie che usciva da scuola. Ma quanto è bella! E quanto è cresciuta!
-Sì, è molto- -Jack si era interrotto da solo metabolizzando la seconda affermazione della fata- Ei, mica tanto. Cioè, è come sempre, più o meno.- aveva detto con cono di sufficienza.
-A me sembra una gran bella ragazza.
Jack aveva fatto finta di non sentirla.
-Con quei bellissimi occhi verdi… E poi i denti le sono ricresciuti davvero bene! Hai visto che sorriso smagliante? Scommetto che usa anche il filo interdentale per averlo così. -aveva ragionato la fata entusiasta al pensiero che ci fosse una ragazzina così odontoiatricamente educata, mentre la concentrazione dell’albino era inciampata sulla risata di Sophie e sul canino lievemente storto che aveva nell’arcata superiore. 
-Devi accettarlo, Jack- aveva continuato la fata dei denti -ormai non è più una bambina.
La fata l’aveva detto con un sorriso sognante, ma quelle parole l’albino aveva sentito un sentimento negativo crescergli dentro e si era voltato di scatto puntando il bastone contro la fata dei denti. Come spesso accade il dolore aveva lasciato spazio alla rabbia.
-Tu non sai niente! Lei  è ancora una bambina, per questo mi vede!- aveva esclamato Jack, indicandosi.
Visibilmente sorpresa e dispiaciuta alla reazione dell’albino, la fata aveva sussultato e le sue fatine erano accorse mettendosi a scudo per proteggerla. Dentolina le aveva praticamente scavalcate.
-Ma sta crescendo…- si era interrotta vedendo che Jack da adirato era diventato triste. 
I due guardiani si erano spostati sul tetto più vicino per non far notare ai bambini la loro discussione. Le fatine ora lo avevano seguito preoccupate.
Jack si era seduto sulle tegole, triste e la fata aveva lasciato che le fatine facessero squadra per portare il sacchetto carico di dentini al loro palazzo.
-Jack… hai paura che…
-Sì, certo che ho paura. Vorrei che fosse ancora una bambina, ma sta davvero crescendo ed è molto più difficile da gestire ora.
Non trovando le parole, Dentolina gli aveva messo una mano sulla spalla in segno di conforto.
-Vorrei poter fare qualcosa. Ma ci si abitua, sai? All’inizio faceva male anche a me. Ci siamo passati tutti.
-Non voglio perderla. -Jack stava cercando di ricacciare indietro le lacrime. Odiava piangere davanti agli altri guardiani.
-Il fatto è che tu passi veramente tanto tempo con questa bambina…
-È la mia migliore amica! -aveva esclamato lo Spirito dell’Inverno con tono ovvio.
-Ma noi non dobbiamo essere amici dei bambini. Dobbiamo proteggerli, guidarli, ricordare loro che non sono soli. Sennò finisce che ci facciamo male. Ti è già successo con Jamie, ricordi?
Jack si era asciugato il naso con la manica della felpa, annuendo.
-Lo dico per te. Non voglio vederti stare ancora male. -la voce di Dentolina era molto premurosa -Ma al cuor non si comanda e se ti sei affezionato così tanto a lei… e se ti piace…
-Ancora con questa storia?! -aveva chiesto, stufo.
-Guarda che non c’è niente di male se lei ti piace. Come abbiamo detto, non è più una bambina. E poi anche tu sei un bel ragazzo.
-Lo credi davvero? -Jack, sfoderando uno dei suoi brillanti sorrisi, aveva causato lo svenimento di una fatina.
-Certo! E poi guarda che denti perfetti che hai! Brillano veramente come neve appena caduta!- aveva sclamato mettendogli le dita in bocca per controllargli per l’ennesima volta l’arcata dentale.
-Entolina!!! -aveva rantolato Jack lamentandosi. La fata si era ricomposta.
-Ops, scusa.
Lo sguardo dei due guardiani era stato catturato dal suono delle risate e dei gridi di gioco.
Entrambi si erano sporti dal tetto portando lo sguardo verso il basso, verso i bambini che giocavano e ridevano tirandosi le candide palle che Jack aveva creato apposta per loro. Dentolina si era incantata a guardarli.
–Ricordi quando Sophie era così piccola? Era anche riuscita ad entrare nella tana di Calmoniglio!- la fata era scoppiata a ridere a quella memoria- Accidenti! North deve stare più attento a quei globi!
-Decisamente! -Jack aveva sorriso al ricordo di Sophie così piccola.
-Caratterialmente come è adesso?
-Sempre la stessa Sophie.- Jack aveva notato l’espressione malinconica di Dentolina -Dovresti cercare di passare più tempo con i bambini.
-Hai ragione.- aveva fatto una pausa riflessiva prima di risvegliarsi dal suo incanto -Caspita, ma è tardissimo! Se hai bisogno sai dove trovarmi, ma ora devo proprio tornare al castello.
Si era librata in volo e con un fruscio d’ali era sparita all’orizzonte.
Jack aveva raggiunto di nuovo i suoi adorati bambini.
 
Prima dell’appuntamento lo spirito dell’inverno era tornato a casa della bionda che era super agitata. Indossava un paio di jeans blu modello skinny e una maglia nera con un cuoricino di paillettes rosse. Si era messa un filo di eyeliner e di mascara. Jack sorrideva; non si truccava quasi mai, doveva essere una cosa importante. Stava davanti allo specchio a torturarsi i capelli con una spazzola. Aveva sempre i capelli scompigliati. In quel momento si era pentita di non essersi tagliata la frangia perché, effettivamente, l’aveva un po’ troppo lunga.
Ai piedi si era messa un paio di scarponcini. Dato che sarebbero andati a fare una passeggiata e data la neve, indossare delle scarpe di stoffa non sarebbe stata una grande idea.
Si girava scrutandosi nello specchio a parete da ogni angolazione, poi si era voltata verso Jack.
-Come sto?- aveva chiesto agitata, quasi in preda al panico.
Jack era andato verso di lei, calmo, e le aveva messo le mani sulle spalle guardandola dritto nei suoi grandi occhi verdi che truccati in quel modo sembravano ancora più grandi.
-Sophie, non stare tanto a preoccuparti di come appari. Sei simpatica, intelligente, generosa… sei una bella persona, a Justin piacerai per quello che sei.
-Oddio, quindi vuoi dire che così non vado bene??- la ragazza si era voltata verso lo specchio, agitata ancora di più.
Jack le aveva messo le mani sui fianchi nel tentativo di fermarla, poi aveva continuato:
-Voglio dire che sei perfetta così come sei. Non hai bisogno di impreziosirti o di fingerti qualcun altro. E se a Justin non piaci così come sei vuol dire che ha dei pessimi gusti.
Sophie aveva tirato un sospiro di sollievo e si era girata nuovamente verso Jack, con un sorriso stampato in volto. Era a pochi centimetri da lui.
-Lo credi davvero?
-Certo che sì.- Jack continuava a tenerle le mani sui fianchi e gli era venuto da tirarla più stretta a se. Sophie lo aveva abbracciato.
-Grazie- aveva sussurrato al suo orecchio. Jack l’aveva stretta più forte.
-Andrà bene, vedrai.
I due avevano sciolto l’abbraccio e Sophie si era sistemata la maglia per la ventesima volta come minimo.
-Come fai ad esserne così sicuro?
-Ma ti sei vista?- Jack stava quasi ridendo – Sei bellissima, hai senso dell’umorismo e quando sorridi ti vengono queste fossette adorabili. – aveva detto indicandole una guancia e facendole una carezza col dito. Sophie aveva sorriso di nuovo.
-Fidati, se non gli piaci vuol dire che è proprio coglione.
Sophie si sentiva molto più rilassata e sicura di se alle parole di Jack. Si era quasi distratta dal pensiero dell’appuntamento imminente.
-E a te, Jack? Non ti è mai piaciuta una ragazza?
L’aveva preso un po’ alla sprovvista.
-A me? Mh… no, credo di no.
Proprio in quel momento lo schermo del telefono di Sophie si era illuminato. Era un messaggio di Justin. Era sotto casa sua. Sophie si era affacciata alla finestra e lo aveva visto aspettarla accanto al lampione.
-Oddio, è già qui!- aveva ripreso a spazzolarsi e capelli con foga, poi aveva puntato la spazzola verso Jack con fare minaccioso -Ascoltami bene, Frost. Se solo ti azzardi a spiarmi o a seguirmi anche per un breve tratto e io in qualche modo lo scopro, giuro sulle fate di Dentolina che non ti rivolgerò mai più la parola.
-Chiaro.- aveva guardato la spazzola come se fosse una spada. Sophie a tratti faceva veramente paura. Sapeva farsi rispettare.
-Perfetto. – Si era infilata la giacca e guardata un ultima volta allo specchio, poi era tornata dolce, era andata da Jack e lo aveva salutato con un bacio sulla guancia -Grazie di tutto. Sei un coach fantastico e, se oggi andrà bene, non solo per le partite!
Effettivamente Jack era sempre stato il più grande fan di Sophie in tutto. Era lui che le dava la carica prima delle partite e che la tranquillizzava quando era agitata. Se oggi era una ragazza così sicura di se lo doveva anche a Jack.
Lo aveva guardato un ultima volta facendo un respiro profondo, carico dell’emozione e della tensione tipica dei primi appuntamenti.
-In bocca al lupo!- aveva esclamato Jack prima che le sfuggisse dallo sguardo catapultandosi giù per le scale.
Uno di quei giorni ci si sarebbe ammazzata su quelle scale, aveva pensato Jack. 
Era rimasto in camera di Sophie ed era bastato qualche secondo perché dal niente si aprisse una voragine nel pavimento. Era un tunnel di Calmoniglio. Jack non ci aveva pensato due volte.
 
 
*credo di aver coniato il termine odontoiatricamente

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Missing Moments “Il bene trionfa sul male” ***


Capitolo 5: Missing Moments “Il bene trionfa sul male”
Jamie stava giocando con i suoi trenini in salotto, davanti al camino, mentre suo padre gli faceva compagnia rilassandosi con una lettura seduto sulla poltrona. Era un tardo pomeriggio di inizio gennaio e fuori la neve cadeva fittissima.
Da quando era diventato un Guardiano, Jack aveva promesso a Calmoniglio che si sarebbe dato una calmata con le nevicate pasquali e che si sarebbe concentrato di più sulle stagioni che gli competevano. Il patto tra i due Guardiani era stato essenziale affinché non scoppiasse la terza guerra mondiale tra le leggende. In cambio il Coniglio di Pasqua aveva promesso di essere più tollerante nei confronti del giovane guardiano. Ad ogni modo, stavano anche cominciando a costruire una bella amicizia.
Jack Frost era un Guardiano da meno di un anno e  in questi mesi aveva imparato ad apprezzare e dare sempre più valore alla sua carica. Non avrebbe mai pensato che essere un Guardiano gli sarebbe piaciuto così tanto. Ora sapeva chi era e cosa era venuto a fare al mondo o meglio perché, in qualche modo, era ancora qua sotto forma di spirito. Jack Frost amava essere il Guardiano del Divertimento, si sentiva finalmente completo. Aveva trovato le risposte a quelle domande che lo tormentavano da più di tre secoli e quel vuoto dentro di lui si era colmato grazie anche all’amore, alla fiducia e all’affetto che i bambini riversavano in lui. Non l’avrebbe ancora ammesso ad alta voce, ma essere un guardiano era davvero grandioso.
Quello era il primo Natale che i bambini avevano potuto vederlo. Avevano condiviso con lui la gioia di aver ricevuto i doni tanto desiderati e Jack aveva visto crescere nei loro occhi la meraviglia ad ogni decorazione, luce o ghirlanda che vedevano. Jack aveva contribuito allo scarto dei regali di alcuni fanciulli che al risveglio erano accorsi sotto i propri alberi e gli era anche toccato qualche biscotto preparato appositamente per Babbo Natale che l’anziano guardiano aveva condiviso volentieri con lui, strizzandogli l’occhio ogni volta che un bambino gli porgeva un biscotto dicendo:
“Guarda, Jack, ce n’è uno anche per te, tieni!”
Jack Frost era commosso da tutto quell’amore che lo circondava. Non osservava più passivamente da dietro i freddi vetri delle finestre, ma aveva partecipato attivamente allo strappo degli incarti e alla sorpresa dei doni. Bensì quei doni non fossero per lui, la gioia dei bambini era una medicina per la sua anima. Non sarebbe più stato solo.
Sotto l’albero dei fratelli Bennett c’era una scatola enorme e Jamie sapeva benissimo cosa contenesse: Babbo Natale quell’anno gli aveva portato in dono molti nuovi pezzi per la sua pista dei trenini. Jack lo aveva aiutato ad aprire quell’intreccio di fiocchi e quel gigantesco scatolone.
Ah, North deve aver avuto paura che si aprisse durante il viaggio” aveva pensato mentre con le unghie e con i denti tentava di sfare l’intreccio di fili dorati. Nel frattempo Sophie aveva appiccicato il fiocco sulla testa di Elvis dicendo che era una corona, scatenando le risate di Jamie, di Jack e dei genitori.
La magia del Natale avvolgeva i cuori di tutti, anche quello di Jack.
 
La ferrovia di Jamie era quasi triplicata e ora invadeva l’intero tappeto del salotto. Ai piedi del padre, il giovane ragazzo non faceva altro che richiamare l’attenzione del genitore per ogni modifica apportata alla ferrovia. Era un bambino molto intelligente, metodico, riflessivo, che amava trovare soluzioni. In quel momento stava concentrando tutta la sua attenzione e il suo ingegno per creare un nuovo percorso su cui far sfrecciare i suoi adorati trenini. Il padre amorevolmente sorrideva al figlio spostando lo sguardo dalla sua lettura, sulla quale si vedeva però che voleva rimanere concentrato. Intanto Jack Frost era entrato nell’abitazione e ad avvertire Jamie del suo arrivo era stato Elvis, il fedele levriero del ragazzo.
-Ehi, Elvis, ma che- Jack! Che bello, sei tornato! Come hai fatto ad entrare? -Jamie si era alzato in piedi, molto emozionato correndo incontro a Jack e abbracciandolo.
A sentirlo parlare il padre di Jamie aveva scosso la testa con un sorriso dolce e nostalgico, ricordando quanto era bello essere un bambino.
-Ei, piccolo! Ho i miei metodi.
Jack si era stretto forte in quell’abbraccio. Ogni abbraccio che riceveva dai bambini era un dono immenso che Jack non sapeva descrivere, ma a cui attribuiva un immenso valore.
-Ma che bella sorpresa! Papà, c’è Jack Frost!
-Oh ma è fantastico, tesoro!- aveva risposto il padre, facendo ridere i due ragazzi.
-Come stai? Come vanno le piste dei trenini?- aveva chiesto Jack scostando la testa per guardare la pista, una volta sciolto l’abbraccio.
Le vacanze di Natale stavano per finire. Jamie non aveva fatto altro che smontare e rimontare la pista dei trenini e giocare a palle di neve con i suoi amici.
-Oh, sta andando alla grande! Vieni a vedere!
Detto questo aveva condotto Jack sul tappeto sul quale quest’ultimo si era seduto a gambe incrociate. Mentre Jamie continuava a spiegargli un sacco di curiosità su treni e ferrovie, il Guardiano si era incantato a guardarlo. Lui era il primo bambino che aveva creduto in lui. Ce n’erano stati altri ma lui era e sarebbe sempre stato il primo. Jack era molto affezionato a Jamie e alla piccola Sophie. In quel momento le venne proprio in mente la sorellina, mentre Jamie gli stava facendo vedere come sfrecciava in curva il suo trenino preferito, un trenino rosso laccato che North aveva fabbricato per quello stesso Natale.
-È fantastico, Jamie! Questa curva mi sembra molto pericolosa!
Jamie aveva riso divertito continuando a far spostare il trenino con la mano, tanto preso che Jack aveva dovuto sportarsi per non essere investito dal bambino.
-Dove è la piccinaccola di tua sorella?
-Sophie? È di sopra, nella sua stanza.
Il Guardiano era volato su per le scale lasciando una scia di brina leggera e un qualcosa nell’aria che il signor Bennett era sembrato aver percepito. Si era voltato istintivamente verso le scale, abbassandosi gli occhiali da vista come per scrutare qualcosa di invisibile, poi aveva scosso la testa come ridestandosi da un sogno ed era tornato a leggere.
 
-Sophie?
Dalla porta della camera della bambina si intravedeva il caldo bagliore di una luce accesa. Jack si era fermato all’ingresso della stanza, chiamando la bambina.
-Jack Fost, ciao!
Sophie aveva fatto tre saltelli sul posto quando aveva visto Jack, i capelli scompigliati come al solito. Era in biancheria intima -mutande e canottiera- scalza davanti ad un cassettone aperto.
-Che stai facendo? -aveva chiesto l’albino entrando finalmente nella stanza e inginocchiandosi accanto a lei per stare alla sua altezza.
-Scelgo un pigiamino, non vedi? -aveva detto mostrando con le mani il cassetto aperto come se non fosse già ovvio -Solo che, sai, non so ploplio quale scegliele io.
Osservava i pigiamini pensierosa, come se scegliere quello giusto fosse una questione di vita o di morte. Jack per un secondo si era chiesto se potesse esistere un pigiamino sbagliato, ma se per Sophie era così importante evidentemente era una questione da prendere seriamente.
-Ti va se ti aiuto a sceglierlo?
-Sì, che bello!
La bimba si era messa a battere le manine e a ballettare felice, così Jack si era messo a frugare nel cassetto cercando di non fare troppo disordine.
-Questo ti piace?
La bimba aveva scosso a testa.
-E questo? Mi sembra molto carino.- aveva detto afferrando un pigiamino celeste acqua a pois rosa.
-No, non mi piace.
La bimba stava sbattendo i piedi, stufa. Jack avrebbe dovuto impegnarsi di più.
-Che ne dici di questo qui?
Aveva tirato fuori un pigiamino di ciniglia tutto fucsia che la bambina sembrava aver apprezzato molto.
-Wow, sì, è peffetto!
Jack l’aveva aiutata a indossarlo facendola appoggiare a sè mentre, con la lingua di fuori, infilava i piedini nei pantaloni del pigiama. Le aveva rincalzato la canottiera nei pantaloni e l’aveva aiutata a infilarsi la maglia e a rimettersi sopra le sue amate ali da fatina. Non era molto bravo con vestitini e abbinamenti, ma per i fratelli Bennett questo e altro.
Sophie si era messa a saltellare nella stanza e si era arrampicata sul letto mentre la luce soffusa della sua lampadina proiettava nel muro un’infinità di fatine che si muovevano nelle pareti.
Il cielo si stava facendo buio e la camera era praticamente in penombra, ma Sophie non aveva paura. Erano passati nove mesi dalla battaglia contro Pitch Black e anche se la bambina non vi aveva preso parte attivamente, Jamie gliel’aveva raccontata più volte descrivendola dei minimi particolari e rendendo ogni volta la vicenda più nitida. Era con quel racconto che le aveva permesso di vedere Jack, narrandole anche la sua leggenda. Sophie sapeva che il bene aveva trionfato sul male, che Pitch Black non c’era più e che non sarebbe tornato finché che ci fossero stati i Guardiani a vegliare su tutti i bambini del mondo. Sophie non aveva paura del buio, tantomeno se c’era Jack accanto a lei. Era stato lui a spiegarle che non c’è luce senza oscurità e viceversa, che c’è un equilibrio che le nutre a vicenda e che alla fine, come nelle favole, il bene trionfa sempre sul male. Non le aveva spiegato che nella vita reale non è proprio così, ma stiamo parlando di una bambina di neanche tre anni.
Quindi se ora quelle fate dorate danzavano sulle pareti era proprio grazie all’ombra della sera che si stava avvicinando.
 
Jack aveva preso la bambina in braccio sdraiandola sul letto e, facendole le pernacchie sulla pancia, aveva scatenato le sue risate. La piccola si era poi arrampicata su di lui aggrappandosi alla felpa per scompigliargli i capelli da cui sapeva sarebbe sicuramente cascata un po’ di neve.
-Jaaaack -l’aveva chiamato con tono cantilenante. Jack sapeva che avrebbe avuto qualche richiesta.
-Dimmi, Sophie.- aveva detto con tono dolce.
-Mi fai una magia? Ti prego, ti prego, ti prego!
Jack aveva fatto roteare un dito creando un vortice di fiocchi di neve che si era sparato in tutta la stanza: tanti piccoli, candidi e perfetti fiocchi di neve. Sophie rideva e saltava sul letto guardando il alto, qualche fiocco di neve le era cascato sul viso e quando aveva abbassato lo sguardo il Guardiano dell’inverno era sparito e la voce di sua madre la chiamava per la cena e la si sentiva salire le scale. La donna era apparsa all’ingrasso della camera e la bambina le era corsa incontro salendole in braccio. Mentre lasciavano la camera, le manine di Sophie erano affondate nei capelli della madre e  lo sguardo era fisso sulla finestra dalla quale sapeva che il suo amico Guardiano sarebbe tornato.
 
 
 
Nota dell’autrice
Ho deciso di inserire dei “momenti mancanti” per più motivi. Il primo è che mi sto prendendo tempo per strutturare la trama e mi sembrava carino nel frattempo pubblicare qualcosa. Il secondo è perché alcuni flashback mi servono per dare un senso a quello che viene dopo e sono quindi indispensabili per il proseguimento della storia. Il terzo motivo è che credo che siano adorabili, senza contare che fanno parte della storia e la arricchiscono di particolari.
Spero vi piacciano perché credo che ne inserirò altri.
Un abbraccio.
-Lu

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Non si dice mai di no ad una galleria ***


Capitolo 6: Non si dice mai di no ad una galleria
 
-Ei, vecchio mio!- aveva esclamato una volta arrivato alla tana.
-Frost? Ah, per tutte le uova, che ci fai tu qui?- Calmoniglio era visibilmente frastornato.
-Mi si è aperto una delle tue gallerie. Non mi hai convocato tu?
-Io sarei in letargo.- aveva detto secco il coniglio pasquale aggiustandosi il pelo.
-Dormiglione…- aveva borbottato Jack divertito dall’aspetto del guardiano della speranza.
-Gallerie difettose.- Calmoniglio aveva sporto in alto il naso, fiutando qualcosa, come se così potesse capire cos’era che non andava - Ma già che sei qui… che combini in superficie?
-Solite cose. Divertimento, palle di neve, qualche incidente con lo slittino…
Lo spirito del gelo saltellava in qua e in la agitando il suo bastone e congelando tratti della tana di Calmoniglio, che sembrava essersi desensibilizzato alla cosa.
-Sì, Dentolina non ne è troppo contenta. E la piccola succhiapollici come sta?- aveva chiesto curioso, pur sapendo che non fosse più così piccola.
“Te lo dico io cosa succhia quella tra poco…” aveva pensato Jack, ma aveva deciso di cambiare risposta. Sapeva che Calmoniglio era infastidito dalle sue risposte volgari; le definiva “non adatte ad un Guardiano” e lo diceva con un tono talmente solenne che avrebbe fatto venire i sensi di colpa a chiunque, ma non a Jack Frost. Ad ogni modo, non aveva voglia di sentire le sue lamentele. Tra l’altro era stata proprio Sophie che, crescendo, aveva insegnato a Jack un sacco di parolacce che neanche lui conosceva.
-Esce con un tipo. -aveva risposto con nonchalance.
-Sì, ho saputo.- Calmoniglio si era messo a lustrare uno dei suoi boomerang.
-Come “hai saputo”? La stai spiando?
-Beh, diciamo che ti sto tenendo d’occhio.
-Quindi l’hai aperto tu il tunnel?- Jack l’aveva detto quasi come fosse un affermazione.
Calmoniglio l’aveva ignorato, proseguendo nel suo discorso.
-“Grazie di tutto. Sei un coach fantastico e se oggi andrà bene non solo per le partite!” -aveva detto Calmoniglio con una vocina, imitando la ragazza -Andiamo, Jack! Sei a un passo dalla friendzone! Amico, che ti succede?
-La che??
Jack sembrava cascato dal pero, mentre Calmoniglio pareva visibilmente preoccupato per lui, cosa piuttosto bizzarra, anche se da quando l’albino era diventato un Guardiano i due erano riusciti a legare un po’, tra un bisticcio e l’altro.
-La “zona dell’amicizia”, quella zona carina e coccolosa piena di fiorellini in cui non ti vedrà mai come niente di più di un amico. -aveva spiegato Calmoniglio con un tono quasi sarcastico che aveva innervosito un po’ Jack.
-Io sono il suo migliore amico.- l’aveva corretto prontamente l’albino mentre continuava a roteare il suo bastone e a creare disegni di ghiaccio nella tana.
-Jack, amico, ti prego datti una svegliata! Possibile che non ti renda conto? Sophie non è più una bambina, sta crescendo-
-Perché continuate a dirmelo tutti?
-Perché è la verità.- il tono di Calmoniglio era diventato più duro -Vorrei solo riportarti alla realtà. Lei è una ragazza adesso, non ha più gli stessi interessi che aveva prima.
-Sì, ho notato.
Annuendo con la testa, Jack stava ripensando all’ultimo film visto insieme, sconsolato.
-Le piacciono i ragazzi.- Continuava a spiegare Calmoniglio.
-Beh, l’avevo notato anche io, sai? E poi se le piacevano le ragazze non sarebbe stato un problema, mica sono omofobo.
-Sì che sarebbe stato un problema, dal momento che ti piace Sophie!
-Oh, e sentiamo, questa da dove è saltata fuori?
-Dentolina. E non dire che non è così.
-Non lo è! -Jack aveva sbattuto il bastone a terra creando una lastra di ghiaccio intorno a se.
-“Sei perfetta così come sei”- Calmoniglio aveva preso a fargli il verso, gesticolando e aggirando il ghiaccio per non scivolarci sopra – “Ma non ti vedi? Sei bellissima!”
Queste imitazioni al guardiano dell’inverno cominciavano a dare sui nervi. Aveva stretto forte il pugno in cui teneva il suo bastone magico ed era volato a qualche metro di distanza dal Coniglio di Pasqua.
-Stai mentendo anche a te stesso o fai finta con noi? Guarda che abbiamo qualche secolo più di te, non ce la dai a bere.
-Volete smetterla tutti quanti? NON CE L’HO! -Jack l’aveva detto scandendo bene le ultime tre parole. Non sapeva di preciso chi volesse convincere - È una bambina a cui tengo molto. Fine della storia.
Ma non era proprio così. Jack condivideva con Sophie molte più cose rispetto a quelle che il suo compito di Guardiano comprendeva. Lasciando perdere il discorso del tempo -che per i guardiani scorreva differentemente- era proprio il rapporto che era diverso. Lui portava ai bambini divertimento, leggerezza e fiocchi di neve, adorava interagire con loro, giocare con loro e farli ridere, ma il fatto è che quello che aveva con Sophie era totalmente diverso, andava ben oltre il suo compito di Guardiano. Era diventata una vera amicizia, con tutto ciò che un’amicizia comprendeva.
Ed era probabilmente prevedibile che, crescendo (o almeno mentre uno dei due cresceva), in un’amicizia solida basata sulla sincerità, sul rispetto, sulla stima reciproca e su un affetto sincero, quell’affetto si tramutasse, da almeno una delle due parti, in qualcos’altro.
Calmoniglio era determinato a far vuotare il sacco a Frost. Quanto a quest’ultimo, credeva davvero di essere stato sincero con Sophie quando le aveva detto che non le era mai interessata nessuna ragazza; da secoli non pensava altro se non a far divertire i bambini e a trovare risposte alle sue domande esistenziali.
Adesso stava pensando a Sophie con quel “Justin” e al fatto che non si sentiva tranquillo a saperla con lui anche se non sapeva spiegare a se stesso il perché. Era consapevole di aver fatto una promessa, ma voleva almeno sapere chi fosse quel tipo.
Calmoniglio aveva tentato ancora una volta di riportarlo alla realtà.
-Jack, puoi parlarne con noi. -aveva detto col tono più dolce possibile, abbassando le lunghe orecchie grigie e dirigendosi verso Jack, che era andato a sedersi su uno degli enormi sassi-uovo della tana.
Il giovane guardiano era rimasto in silenzio, con lo sguardo basso.
-So che lei è speciale perché può ancora vederti. Può vederci tutti. Ma per te è più speciale che per noi.
-Perché ci ho passato più tempo. -aveva affermato schiettamente Frost.
-E ti piace passare del tempo con lei?
-Altrochè! Ci divertiamo un mondo insieme! -albino si era passato una mano nei capelli scuotendosi un po’ di brina e un sorriso dolce gli era apparso sul volto mentre ripensava ai fortini in salotto nelle fredde giornate d’inverno, alle battaglie a palle di neve, a quando la portava a pattinare sul ghiaccio, a quando la guardava fare disegni che più o meno avevano tutti le stesse tematiche e personaggi: castelli, fiori, fate, principesse, Jack Frost e, a volte, gli altri guardiani. Si sporcava sempre con i colori acrilici, faceva un gran pasticcio. 
-Sto bene quando sto con lei.- aveva concluso -Non che stia male con gli altri bambini, ovvio. E comunque non vuol dire che mi piace. 
-E che ha lei di diverso dagli altri? -Calmoniglio stava cercando di aggirare gli ostacoli, puntava dritto al bersaglio.
Jack era fluttuato a terra continuando a fare piccoli disegni di ghiaccio e ricoprendo di brina qualche filo d’erba.
-Beh, lei è sempre così solare e divertente e sensibile e… -aveva fatto una pausa, riflettendoci bene, come se quella domanda fosse davvero importante – Mh, penso che la cosa che più mi piace di lei è che anche se è cresciuta ha sempre quella scintilla negli occhi, quella che hanno i bambini, che sa di magia. Lei l’ha conservata. -aveva detto con l’entusiasmo di un fanciullo.
-No, hai ragione, non ti piace.- aveva detto Calmoniglio con tono ovvio scuotendo la testa -Mi dispiace Jack, questa volta ci siamo proprio sbagliati!
Jack era un po’ confuso dalla reazione eccessiva e contraddittoria del Coniglio di Pasqua, ma era comunque contento che finalmente qualcuno avesse capito.
-Quando ti piace qualcuno… -aveva continuato Calmoniglio - …non vedi l’ora di passare del tempo con lei, quando siete insieme ti senti tranquillo, sembra che tutti i tuoi problemi in quel momento non esistano e la sua compagnia è talmente piacevole che il tempo vola e vorresti non passasse mai. Il cuore ti batte forte quando la guardi negli occhi. Se la vedi per cinque minuti sei felice per il resto della giornata e a volte a guardarla cadi in trance, come sotto incantesimo, e sorridi come uno scemo. Se sorride viene da sorridere anche a te. Quando nomina il tuo nome perdi un battito. Ti piacciono anche le cose strane e ridicole di lei e trovi particolari in altre persone che ti riportano a pensare a lei. È un pensiero fisso nella giornata, anche quando stai facendo altro. La tua più grande paura è che lei stia male perché vorresti solo saperla felice e fare tutto ciò che è in tuo potere per alleviarle ogni dolore. Quando stai facendo altro non vedi l’ora di andare da lei perché sai che il momento in cui la vedi, anche di sfuggita, è il più bello della giornata. È la persona con cui vuoi condividere tutto, ogni cosa che ti accade, bella o brutta che sia. Vorresti solo starle vicino, tutto il giorno, ad accarezzarle i capelli e… no, no, questo non è il tuo caso, no, assolutamente.
Jack era rimasto un secondo in silenzio, poi si era scosso da certi pensieri e aveva spiccato il volo.
-Sono stanco delle tue chiacchiere, devo andare.- aveva sentenziato e, cercando di rimanere più lucido e centrato possibile, aveva imbucato una galleria.
 
In un secondo era già fuori dalla tana, a viaggiare a tutta velocità sotto la neve, accompagnato dal suo fedele vento. Una velocità e un freddo che avrebbero crepato le guance a chiunque. Jack era confuso dalle parole di Calmoniglio. La sua descrizione risuonava moto con quello che sentiva quando era con Sophie, ma si sentiva ancora fuori binario.
Avrebbe voluto scoprire come faceva Calmoniglio a sapere tutte quelle cose o meglio chi gliele avesse fatte provare, ma ora doveva occuparsi di qualcosa di molto più importante, ancora più importante di far chiarezza sui propri sentimenti: doveva sapere cosa stava combinando Sophie con quel tipo e doveva proteggerla da qualunque cosa potesse succederle di spiacevole.
Quindi, cercando di non farsi sgamare, era passato in tutti i quei luoghi in cui i due ragazzi avrebbero potuto trovarsi, dalla sala giochi al locale che la ragazza frequentava con gli amici, e in fine li aveva trovati seduti su un panchina del parco.
Era metà pomeriggio di un giorno di dicembre e il cielo cominciava già a farsi buio. La neve cadeva rada e i piccoli fiocchi erano illuminati dai lampioni appena accesi.
Jack si era appostato sul ramo di un albero, cercando di camuffarsi tra le foglie aghiformi e tra gli ammassi di neve, non troppo in alto in modo da poter udire la conversazione.
Dopo tutti quei secoli passati cercando di farsi notare, gli sembrava uno scherzo del destino doversi nascondere alla vista di qualcuno. E visto che non ne aveva mai avuto bisogno, non era affatto bravo.
-Sei troppo divertente! -aveva esclamato il ragazzo, ridendo.
Dalle parole udite Jack aveva compreso che stessero parlando di sport. Questo Justin, a quanto pare, era nella squadra di Basket.
Sophie amava tutti gli sport, era sempre stata una sportiva. Da piccola aveva fatto un anno di pattinaggio artistico per poi entrare nella squadra di hockey. Amava pattinare, ma il pattinaggio artistico non faceva per lei. Lei amava gli sport di squadra. Quindi mentre le amiche andavano a danza e a pattinaggio, lei giocava a hockey su ghiaccio insieme ad altri bambini. Aveva anche giocato a football, ma l’hockey era sempre rimasta la sua passione. Era il capo della squadra giovanile ma l’anno successivo avrebbe provato a passare le selezioni per entrare in un’altra squadra. Ne stava parlando con Justin.
-Mai provato il basket?
-No, mai.- aveva scosso la testa con il suo solito sorriso dolce.
-Se vuoi ti insegno a fare qualche tiro.
-Molto volentieri!
Intanto Jack osservava la scena dall’alto del suo ramo. 
Il sorriso di Sophie era radioso, sembrava felice. Lo spirito del gelo stava cercando di associare il ragazzo al bambino che era stato e gli sarebbe stato nettamente più facile se fosse riuscito a vederlo in volto, ma da dove era nascosto vedeva solo il volto di Sophie. Si era spostato su un altro ramo cercando una visuale migliore e così facendo aveva fatto cascare un bel po’ di neve.
-Cos’è stato?- aveva chiesto Sophie voltandosi verso l’albero e scrutando tra le frasche.
Aspetta, ma certo! Justin! Era quel ragazzino pestifero che viveva a pochi isolati da casa di Sophie. Gli occhi castani come i capelli che adesso portava tirati in alto col gel e quelle inconfondibili lentiggini che gli coprivano il naso e le guance. Aveva sempre avuto questa fissa del basket perché gliel’aveva trasmessa suo padre e da piccolo giocava sempre con le macchine. Ora che lo aveva visto era chiaro, anche se i capelli non erano più così arruffati, era palesemente lui! Ed era cresciuto proprio tanto!
-Forse lo spirito del gelo? – aveva risposto Justin ridendo.
-Eh?- Sophie l’aveva guardato storto.
-È una battuta. -si era giustificato il ragazzo – È solo una stupida leggenda popolare. Non crederai che creda ancora a queste cose!
-No, certo! – Sophie aveva emesso una risata imbarazzata, cercando di mascherare la tristezza. Un po’ si sentiva in ritardo rispetto ai suoi coetanei, un po’ non aveva assolutamente voglia di dire addio a tutta quella magia. Inoltre, anche se non lo aveva visto, aveva il timore che Justin avesse ragione più di quanto egli stesso non credesse e che Jack Frost non avesse mantenuto la promessa fatta. Era un po’ arrabbiata per questo dubbio che le era sorto, si era imbronciata.
-Tutto okay? -aveva chiesto Justin accarezzandole premurosamente la mano coperta da un guanto nero di lana.
-Sì, scusa.
Aveva riportato la sua attenzione su Justin. I due avevano continuato a parlare del più e del meno finché, tra una chiacchiera e una risata, neanche Jack sa come, i loro volti si erano avvicinati e le loro labbra si erano incontrate lentamente in un bacio dolce e un po’ impacciato.
Lo spirito del gelo, che era rimasto a guardare quella scena dalla sua postazione, aveva stretto i pugni prima di volare via.
Direzione: Palazzo di Dentolina.
 
Era stata una decisione istintiva, come quelle che Jack prendeva di solito. Non era mai stato un tipo riflessivo o che amasse ragione, eppure in quel periodo pensava proprio tanto. Non sapeva se sentisse di aver bisogno di un parere femminile o se avesse semplicemente bisogno di supporto e qualche coccola.
Da quando Jack era diventato un Guardiano, gli altri si erano sempre presi cura di lui riservandogli attenzioni e premure. Essendo in tutti i sensi il più “giovane” tra i Guardiani, lo avevano preso in cura sotto le proprie ali, come si farebbe con un cucciolo quando lo si adotta salvandolo dalla strada. Dentolina era diventata una sorta di mamma-sorella maggiore, mentre North rappresentava per Jack una figura paterna. Persino Calmoniglio, che era sempre stato un po’ scorbutico con lo spirito del gelo, era diventato un fedele compagno di avventure, imparando ad accogliere con una risata le palle di neve di Jack. Riguardo a Sandy, era il più silenzioso dei consiglieri, ma la sua aura pacifica e il suo pacioccoso modo di fare erano una vera carezza per l’anima. E poi i suoi abbracci erano tra i migliori.
All’arrivo di Jack le fatine lo avevano accolto col solito brusio e Dente da Latte era corsa da lui con un dentino appena raccolto tra le mani.
-L’hai preso adesso? Ma è bellissimo, Dente da Latte, brava!
La fatina era arrossita al complimento di Jack ed era accorsa a mettere il dentino nell’apposita custodia per non far notare il rossore sulle sue guance.
L’albino si era diretto verso Dentolina che, come sempre, aveva molto lavoro da sbrigare.
-Jack, che piacere! Dammi un secondo che arrivo!
Aveva dato delle direttive a delle fatine per poi mettersi a spuntare una lista, probabilmente quella dei dentini da raccogliere e da archiviare.
-Qual buon vento?
Jack non sapeva bene cosa risponderle. Era abbastanza confuso e frastornato da tutti gli avvenimenti della giornata. Non sapeva da dove cominciare.
-Sophie ha un ragazzo. -aveva sbottato.
-Beh, ci esce oggi. Definirlo già il suo ragazzo mi sembra affrettato.
-Cosa? Ma come fate a sapere già tutto?
-Siamo Guardiani, ricordi? Come fa Babbo Natale a sapere chi è sulla lista dei buoni e dei cattivi? Come faccio io a sapere a chi è cascato un dentino?
-Okay, okay…- aveva detto Jack mettendo le mani avanti e interrompendo quella che sarebbe stata una lunga lista- Comunque, quello che volevo dire è che…
Si era fermato un istante. Avrebbe voluto che Dentolina dicesse qualcosa ma si era limitata a guardarlo un po’ perplessa e preoccupata.
-…non so se questo è il ragazzo giusto per lei, ecco.
-E sei venuto qui per dirmi questo? Non sarai mica geloso?- Dentolina gli era svolazzata intorno continuando a spuntare la sua lista.
-Geloso? Non sono geloso. Sono preoccupato per lei.- l’albino stava cercando di scacciare dalla mente il tarlo che gli aveva messo Calmoniglio- Voglio solo che non stia male, ecco. Tanto poi tocca a me consolarla.
-Ah, quindi non c’entra niente il fatto che tu abbia una cotta per lei.
-Ecco, a proposito di questo…
A queste parole a Dentolina erano rizzate le piume come fossero campanellini di Natale, sul suo volto era apparso un radioso sorriso che metteva in luce i suoi denti perfetti.
-L’hai capito, finalmente!- aveva esclamato agitando i pugni emozionata e raggiungendo Jack con un battito d’ali, ritrovandosi ad un palmo dal suo viso.
Aveva lasciato cadere la pergamena che aveva tra le mani; alcune fatine erano accorse a raccattarla per continuare il lavoro.
-Non ho detto questo. -l’albino le aveva puntato il dito contro, serio- Ma… ipotizziamo che io ce l’abbia. -aveva fatto una pausa allontanandosi qualche passo dall’amica e poi voltandosi di nuovo verso di lei- Cioè, come faccio a capirlo?
La fata aveva cercato di placare la sua euforia per far spazio alle esigenze emotive dell’amico. Abbassando le ali aveva raggiunto Jack che stava camminando sulle piastrelle rosa e arancio del palazzo, grattandosi la nuca. Era visibilmente in difficoltà.
-Jack, quando ami qualcuno lo capisci bene.- aveva affermato la fata accarezzandosi il braccio e roteando gli occhi con fare sognante.
-E come?- aveva chiesto il ragazzo voltandosi di scatto.
Dalla sua parte Jack sapeva di potersi fidare cecamente di Dentolina, di potersi mostrare vulnerabile ai suoi occhi. Non l’avrebbe giudicato, ne avrebbe mai usato i suoi punti deboli contro di lui, semmai lo avrebbe aiutato e tutelato.
-Beh, tanto per cominciare si vede che ti piace Sophie.
-E da cosa?
-Tanto per cominciare le tue conversazione sono incentrate su di lei o comunque trovi il modo di infilarla in qualche discorso. Pronunci il suo nome almeno quaranta volte al giorno e quando lo fai sorridi come un fesso-
-Ehi!- aveva esclamato Jack, indignato.
Intanto la fata continuava la sua lista contando le cose che diceva sulla punta delle dita esili e, noncurante della reazione dell’albino, aveva proseguito.
-Quando vieni qui dopo essere stato da lei sei ancora più rilassato del solito, e mi chiedo come sia possibile! Sembri sotto una specie di trance. Ah, e poi quando le capita qualcosa di brutto come un brutto voto o se perde una partita sei imbronciato come se fosse successo a te. Per non parlare di quando sei con lei… Sai, vi ho visti. E tu hai gli occhi a cuoricino.
-È ridicolo.- aveva detto Jack facendo cenno di scacciare qualcosa con la mano.
-No, è adorabile. Sei adorabile quando sei con lei.
-Io sono sempre adorabile.- aveva borbottato Jack, come se non potesse essere altrimenti.
-Jack…- Dentolina lo aveva ammonito con un occhiataccia riportandolo al loro discorso.
Jack aveva sospirato sconsolato, il suo sguardo verso la fata era una richiesta d’aiuto. Lei gli si era avvicinata, mettendogli una mano sulla spalla in maniera dolce e premurosa.
-Jack…- gli aveva tirato su il volto con una carezza sulla guancia, poi, non sapendo bene cosa dire e notando i suoi occhi color ghiaccio velati di lacrime lo aveva abbracciato forte.
Lui aveva ricambiato l’abbraccio stringendosi forte a lei.
-Dentolina, che devo fare?- aveva chiesto una volta cacciate indietro le lacrime e sciolto quel nodo alla gola che gli impediva di parlare senza scoppiare in un pianto.
La fata aveva prolungato l’abbraccio di qualche secondo facendogli qualche carezza. Jack si sentiva proprio come un cucciolo bastonato. Come era potuto succedere? A lui, che in trecento anni non aveva mai avuto una cotta e non sapeva quando fosse successo, ne’ come, ne’ perché. Stava ancora cercando di capirci qualcosa ricollegando quello che aveva detto il Coniglio di Pasqua a quello che aveva detto la fata e ripensando a quel pomeriggio gli ribolliva la pelle e gli veniva voglia di rintanarsi nel suo albero.*
-Jack, guarda che anche tu le piaci.- aveva detto timidamente la fata.
-Che? No, oggi lei e… quello lì… si sono baciati.- aveva detto dicendo “quello lì” con tono irritato e disgustato come se si trattasse di qualche creatura rivoltante.
-Uh, Sophie ha dato il suo primo bacio?
Dentolina l’aveva chiesto con un mix di eccitazione misto a sorpresa, ma Jack l’aveva ammutolita con un’occhiataccia.
-Ehm, intendevo… Secondo me non è niente di importante. Guarda che vi ho visti e sono sicura che anche tu piaci a lei. Le mie piume hanno captato diversi segnali sai?
-Ah, davvero?- Jack l’aveva detto con sarcasmo, mettendosi il bastone in spalla e passeggiando dando le spalle all’amica, lo sguardo sempre basso.
-Jack Frost, stai per caso mettendo in discussione le mie doti di fata e di donna?
-Vorrei solo farti notare che si sono baciati.- aveva scandito bene le ultime tre parole.
-Jack, a quell’età si hanno tre cotte a settimana, si cambiano più velocemente le cotte che gli spazzolini da denti. A proposito, quando la vedi di a Sophie di cambiare il suo o si spaccherà tutte le gengive-
-Dentolina!
-Scusa! Quello che intendevo dire è che tra al massimo un paio d settimane le sarà passata.
-Sicura?
-Vai tranquillo! Sono solo cottarelle passeggere queste!
-E questa cosa che le piaccio… spiegamela, per piacere.
Jack si era messo il bastone sulle spalle aggrappandoci le mani mentre attendeva una risposta dell’amica.
-Le piaci.- aveva affermato convinta la fata- Ti guarda con sguardo sognante e quando è con te il suo sorriso è più bello.
-Davvero?- si era morso istintivamente il labbro nel tentativo di nascondere un sorriso, mentre si appoggiava al bastone che aveva tirato giù dalle spalle.
-Sì! E poi ti chiede aiuto quando non ne ha bisogno. Hai presente quando ti chiede se le porti lo zaino, se le apri un barattolo o se le allacci i pattini?
-Ah ah?
-Che pensi? Che non ci riesca da sola? Vuole solo sentirti vicino.
-Ma le sono vicino!
-Ti ci vuole di più!
Jack si era fermato a ragionare. Sophie da piccola non era così complicata. Quando lo era diventata? Gli sembrava una situazione così assurda e surreale.
-Ma allora -aveva ripreso l’albino dopo una pausa- perché esce con Justin? Perché è successo…
Si era interrotto da solo, Dentolina era prontamente intervenuta.
-È come ti ho detto. Non è altro che una momentanea cotta passeggera. Io penso che come non hai chiara tu la situazione, non ce l’abbia nemmeno lei. Probabilmente ancora non ti vede in quel modo, forse neanche pensa che sia possibile. Insomma, sei… -lo aveva indicato tutto- un Guardiano! Non un ragazzo normale.
-Grazie per la brillante osservazione!- aveva detto Jack col suo solito sarcasmo.**
-Vedi -aveva proseguito la fata- io penso che sia meglio così. Non voglio illuderti, non te lo direi se non fossi sicura. Se Sophie non ha ancora capito quello che prova è perché è qualcosa che sta crescendo piano piano, qualcosa di più profondo di una semplice cotta. Ha bisogno di fare chiarezza sui suoi sentimenti, ma è una ragazza sveglia e non le ci vorrà molto. Devi solo darle tempo.
-E nel frattempo che devo fare?
-Niente. Per ora niente. Cerca solo di non farti male.
Jack aveva pensato che per una volta non sarebbero stati i suoi bambini a farsi male e che quel bacio era stato peggio di ogni caduta con lo slittino. Aveva abbracciato la fata con affetto e riconoscenza.
-Non so cosa farei senza di te.- aveva detto schioccandole un bacio dolce sulla guancia.
 
 
*Nel libro di William Joyce, Jack ha vissuto i suoi anni di solitudine abitando dentro una grande quercia a New York.
**Sorry per il lieve parallelismo con HTTYD, mi è venuto così.
 
 
Nota dell’autrice
Ragazzi, è stato un parto. Una confusione di mille idee sull’intreccio da rimettere a posto. Spero ne sia valsa la pena anche se non sono troppo soddisfatta, ma non lo sono quasi mai. Lascio a voi la parola!
-Lu

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Chi ha paura della friendzone? ***


Capitolo 7: Chi ha paura della friendzone?
 
Quella sera Jack aspettava la giovane sdraiato sul suo letto, con una nuova consapevolezza addosso.
Nell’attesa aveva preso tra le mani il diario scolastico della ragazza e lo sfogliava, ma senza far fatica a leggere cosa ci fosse scritto. Piuttosto osservava con attenzione l’infinità di stikers che erano appiccicati alle pagine, rappresentavano alcune delle cose che piacevano di più a Sophie. Tra lune, stelline, fiori, farfalle e cuoricini c’erano un pacchetto patatine fritte con una faccina che sorrideva, una fragola, Stich e loghi dei suoi album musicali e artisti preferiti tra cui i Green Day e gli Imagine Dragons. Jack aveva sentito tutte le loro canzoni fino alla nausea. Tra lo scudo di Capitan America, dei pattini a rotelle e una rappresentazione fumettistica di Harry Potter sulla sua scopa, c’erano le scritte di Sophie rigorosamente fatte con penne colorate nella sua bella grafia rotondeggiante. Jack era sicuro che tenesse quel diario quasi esclusivamente per attaccarci gli stickes, dato che i compiti per casa e le verifiche venivano segnate sul registro online della scuola.
Continuando a sfogliare aveva trovato un adesivo con lo stemma dei Tassorosso, casa in cui Sophie si identificava da quando a nove anni aveva avuto una cotta per Cedric Diggory, e un piccolo coniglietto stilizzato. Non sapeva se rappresentasse il Bianconiglio o il Coniglietto di Pasqua*, ma a Jack aveva ricordato quello che aveva creato in camera di Jamie quella sera in cui avevano sconfitto l’uomo nero e i bambini avevano cominciato a vederlo.
In mezzo alla miriade di stickers della Disney, Jack aveva notato in cima ad una pagina qualche piccolo fiocco di neve probabilmente appartenente al film Frozen, ma che Sophie aveva decontestualizzato dandogli un altro significato.
I fiocchi di neve erano attaccati al giorno 29 Ottobre, giorno nel quale Sophie aveva stabilito si sarebbe festeggiato il compleanno di Jack. Dato che l’albino non ricordava il reale giorno del suo compleanno ne’ quello della sua morte -perché a Sophie sarebbe andato bene anche festeggiare il complemorte**- la ragazza aveva deciso che ogni 29 ottobre avrebbe festeggiato l’amico, perché anche lui meritava un giorno speciale.
 
Da quando era tornata a casa Sophie aveva passato il tempo incollata al cellulare a messaggiare con le  sue amiche che volevano tutte un’attenta e curata descrizione del bacio.
A cena sua madre le aveva tolto il telefono conquistandosi il silenzio e il broncio della ragazza. L’aveva riavuto appena finito di sparecchiare, prima di tornare in camera dove Jack la stava aspettando, accarezzando i fiocchi di neve appiccicati alla pagina del diario.
-Come è andata?- aveva chiesto allegro, chiudendo di botto il diario e tirandosi su sorreggendosi sui gomiti.
-Non so, dimmelo tu, visto che eri lì!
Sophie non sembrava troppo arrabbiata.
-Ops, mi sono fatto sgamare. In mia discolpa posso dire di essere stato lì per poco e di essere passato esclusivamente per te.
-Per me? -la bionda lo stava guardando storto, si era seduta sul letto davanti a lui. Aspettava l’ennesima scusa della collezione delle scuse di Jack Frost.
-Voglio sapere con chi esci e voglio, anzi esigo, che, chiunque sia, si comporti bene. Nessuno può permettersi di far stare male la mia Sophie.
Le aveva dato un buffetto su una guancia.
-Pena?- Sophie adesso stava sorridendo, alzando il mento con fare solenne.
-Gli congelo la lingua.- aveva sentenziato Jack, con fare altrettanto altezzoso.
I due erano scoppiati e ridere e la ragazza aveva si era messa accanto a Jack, appoggiando la testa al suo petto.
-Quindi… come è stato? -Jack le stava accarezzando i capelli come faceva quando era piccola per farla addormentare. Sophie adorava quando le intrecciavano i capelli con le dita, lo trovava molto rilassante.
-Cosa?
-Il bacio.
-Uff, me lo stanno chiedendo anche tutte le mie amiche! Mh… -Sophie aveva riflettuto un po’ prima di dare una risposta sincera- È stato bello. Un po’ umido, a dire il vero.
-Umido? -Jack era scoppiato a ridere anche se sentiva che una parte di lui in quella conversazione non si sentiva affatto bene. Doveva mascherare il suo stato d’animo per Sophie. E per tutti i bambini del mondo.
-Sì, cioè… è stato il mio primo bacio. Non ho molti termini di paragone.
Era vero. Jack non poteva biasimarla.
Sophie era stanca e si era stesa nel letto accanto a Jack. Lui l’aveva guardata addormentarsi mentre continuava ad accarezzarle le ciocche bionde.
Aveva un sorriso rilassato sul volto e Jack era tristemente consapevole di non esserne la causa.
La sabbia sbrilluccicosa di Sandman cominciava ed entrare dal bordo inferiore della finestra chiusa, come raggi di luce che si erano piano piano annidati sopra la testa di Sophie.
Jack si era scostato dolcemente, stando attento a non farla cascare dal letto, come era successo più volte quando la bimba era piccola, sgattaiolando dalla finestra volando in direzione del suo silenzioso amico.
 
-Ei, Sandman!
Il piccolo omino d’orato gli aveva fatto cenno di stare zitto, per non disturbare il sonno dei bimbi.
-Ops, scusa.- la voce dell’albino si era fatta un sussurro.
Dalla sua nuvoletta dorata, Sanman dirigeva i raggi di sogni come se fosse un maestro d’orchestra. Jack rimaneva ogni volta ammaliato nel vederlo all’opera. Con gli occhi pieni di meraviglia, lo aveva osservato in silenzio fino alla fine del lavoro del piccolo guardiano.
Quest’ultimo si era scosso la sua sabbia magica dalle mani e si era voltato verso l’amico, orientato all’ascolto.
Jack si era seduto sulla nuvoletta dorata a gambe incrociate. L’omino dei sogni si era preoccupato nel vederlo così serio.
-Sandy, come faccio ad essere il guardiano del divertimento se sono così triste?
Sandy gli aveva preso il viso tra le mani, facendogli alzare lo sguardo, poi aveva indicato sopra la propria testa dove aveva preso forma una sagoma d’orata di un ragazzino con in mano un bastone ricurvo, palesemente Jack Frost.
-Sì, so chi sono.- Jack aveva spento il sorriso di Sandy -Solo che sono triste… per quello che sta succedendo.
La sagoma sulla testa di Sandy aveva preso la forma di un enorme punto interrogativo d’orato.
-Sandy, credo che mi piaccia Sophie. -aveva ammesso Jack con tono tragico.
L’omino dei sogni aveva sorriso a bocca aperta emozionato, portandosi le mani congiunte ad una guancia. Sopra la sua testa era apparso un cuoricino.
-No! È sbagliato! Io non dovrei- 
Il cuoricino era crollato in una cascata di polvere d’oro e l’espressione di Sandy era diventata piuttosto confusa.
-Che casino!
Jack si era coperto il volto con le mani, rannicchiandosi. Sandy, con la sua solita dolcezza, si era avvicinato per sciogliergli quell’intreccio di pensieri.
-Grazie, Sandy. Sei sempre molto premuroso.- aveva fatto una pausa, sospirando- Il fatto è che non dovrei innamorarmi dei miei bambini. Cioè, io li amo tutti, ma in un altro senso.
Sandy annuiva nonostante l’espressione smarrita. Faceva molta fatica a seguire i ragionamenti di Jack.
-Il fatto è che io provo qualcosa di molto forte per lei e non mi è mai successo e non credo sia giusto. Io sono un Guardiano.- aveva aggiunto con tono solenne- Il mio compito è quello di proteggere i bambini e di portare loro leggerezza, divertimento e sorrisi! E ora, invece, mi sento così pesante… che mi sento portare giù. Di solito quando vedo Sophie mi sento al massimo ma… oggi ha baciato un ragazzo- a questa rivelazione Sandy si era portato le mani alla bocca aperta per lo stupore -E… Dentolina ha detto che si chiama gelosia, questa sensazione che mi fa venire mal di pancia.
Ora anche Sandy era molto triste. Aveva abbracciato Jack all’altezza dello stomaco e lui aveva ricambiato.
-Che devo fare secondo te? Perché mi sta succedendo tutto questo?
Sandy si era staccato da Jack portando una mano in alto come ad indicare l’altezza.
-Sì, so che Sophie è cresciuta. Ma doveva proprio… non potevamo continuare ad essere amici normalmente, senza tutti questi stupidi sentimenti da adulti?
L’omino del sonno aveva fatto spallucce, poi aveva trasformato la nuvoletta d’orata in un aereo, si era messo i suoi occhiali da aviatore e aveva salutato Jack con una carezza.
L’albino era andato a sedersi sul ramo di un albero con una gamba ciondoloni.
Era una di quelle sere in cui era carico di domande e teneva lo sguardo sulla Luna.
Sapeva che non gli avrebbe risposto, ma la sua luce candida sembrava spazzare via l’oscurità dei suoi pensieri, almeno per un po’.
 
Perché provava qui sentimenti? Perché proprio adesso? Da dove erano venuti fuori? Cosa aveva Sophie di tanto speciale da mandarlo così tanto in confusione? Perché doveva stare male ed essere triste se era il Guardiano che doveva portare gioia e divertimento ai bambini? Che senso aveva provare quei sentimenti se tanto non potevano essere ricambiati? Ed era giusto che li provasse quando l’unico scopo della sua esistenza era essere il Guardiano del Divertimento?
Era L’uomo nella Luna che l’aveva scelto per questo compito. Se i suoi sentimenti per la ragazza lo distraevano dal suo compito, perché li stava provando?
Inoltre, per quanto da una parte volesse crederci, non era convinto che Dentolina avesse ragione. Ripensava al sorriso con cui si era addormentata Sophie… era da tempo che non la vedeva così felice e spensierata. Ed era felice per lei.
Stava pensando alla conversazione che avevano avuto quel pomeriggio con Dentolina. Gli aveva detto che Sophie ricambiava i suoi sentimenti e, sebbene Jack da una parte non desiderasse altro, dall’altra voleva risparmiarle tutti quei dubbi e quelle sofferenze. Voleva che fosse soltanto una bambina il più allungo possibile.
Un velo di lacrime che ricopriva gli occhi e rifletteva la luce della luna. Jack si era stropicciato gli occhi prima di volare dall’altro capo del mondo a giocare con dei bambini, lasciando dietro di se bufere di neve.
 
Solo qualche giorno dopo era tornato da Sophie, bussando con le nocche alla finestra di camera.
-Jack! Dove eri finito? Vieni, entra. -aveva detto la bionda strattonandolo per un braccio.
-A far divertire i bambini, come sempre.
-Devo raccontarti un sacco di cose!
Prendendolo per mano lo aveva trascinato a sedersi sul letto.
-Ma stai bene? In questi giorni al telegiornale hanno parlato di bufere di neve improvvise.- Sophie sapeva che anche se Jack aveva imparato a gestire i suoi poteri discretamente, questi e il suo umore erano collegati.
-Sì, tutto okay.- aveva tagliato corto l’albino.
Sicura che stesse bene, Sophie aveva spostato il focus su di se.
-A parte che ho preso una A a letteratura.- aveva detto sfoderando fieramente il libretto dei voti -Ma c’è una cosa più importante. Ieri con Justin siamo stati in sala giochi e poi stamani entrando a scuola mi ha salutata dandomi un bacio davanti alle mie amiche. Un bacio con la lingua, a scuola, davanti a tutti. Capisci? Vuol dire che stiamo praticamente ufficialmente insieme.
Sophie era fuori di se dall’entusiasmo. Quanto a Jack era indeciso se vomitare, scappare dalla finestra, baciare Sophie meglio di come aveva fatto Justin. Tutte cose che gli erano sembrate fuori luogo e poco galanti e che quindi aveva deciso di evitare. Mentre ascoltava l’amica a denti stretti, le parole “friendzone” e “mai come niente più di un amico” pronunciate da Calmoniglio continuavano a riecheggiargli in testa.
-Mi stai ascoltando?- lo aveva riportato alla realtà Sophie.
-Eh? Sì, certo, sono felice per te.
-Domani verrà qui per studiare insieme. Starà con me tutto il pomeriggio. Non è fantastico?
E mentre gli occhi di Sophie brillavano dalla felicità, nella mente di Jack si faceva spazio un unico pensiero: devo rovinare questo appuntamento.
 
 
*In realtà anche nel film c’è un parallelismo tra il Bianconiglio e Calmoniglio. Le gallerie che portano nella tana del coniglio di Pasqua sono simili a quella che porta Alice nel Paese delle Meraviglie e ad ogni modo sono dei tunnel che conducono a due sottomondi caratteristici dell’infanzia.
**Riferimento a Harry Potter: nella pietra filosofale c’è un capitolo dedicato al complemorte di Nick-Quasi-Senza-Testa

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Come rovinare un appuntamento stile Jack Frost ***


Capitolo 8: Come rovinare un appuntamento stile Jack Frost
 
-No, no, assolutamente e categoricamente no.- aveva sentenziato la fata dei denti.
-Perché no?- a Jack sembrava un’idea brillante.
-Jack, non possiamo influire sul libero arbitrio dei bambini. Il nostro compito è di ricordare loro che non sono soli e di portare loro meraviglia, speranza, sogni e divertimenti e aiutarli a conservare i loro più preziosi ricordi d’infanzia. Ma dobbiamo essere imparziali sulle loro decisioni.
Dentolina lo aveva detto come se lo stesse leggendo dal Codice dei Guardiani.
-E se non lo faccio che succede?
-Tu finisci su lista di cattivi! -aveva detto North puntandogli severamente il dito contro.
-Sai che novità!
I Guardiani si erano riuniti al Polo Nord per quella che definivano un’emergenza. North aveva attivato l’aurora boreale per attirare l’attenzione dei suoi colleghi, sotto il campanellino d’allarme di Dentolina che grazie alle sue fate era sempre aggiornata su tutto.
Jack teneva a se Dente da latte. La fatina aveva paura che il Guardiano ce l’avesse con lei per aver fatto la spia, ma non era così. Anzi, Jack non ce l’aveva con nessuno dei Guardiani. Sapeva che lo facevano per lui e avere tutte quelle attenzioni e quelle premure dopo secoli di solitudine… lo faceva sentire come se fossero davvero una famiglia.
-Jack, ti prego ascoltaci. Fallo per Sophie!- Calmoniglio aveva cercato di far leva sul punto debole, quanto a Sandy stava gesticolando da due ore, ma senza ottenere attenzioni.
-Ragazzi, davvero, apprezzo l’impegno, ma che può succedere di male?- aveva chiesto l’albino mettendo le mani avanti.
-Puoi far arrabbiare Manny.- aveva detto Dentolina a braccia incrociate.
-Ah, sì? -Jack aveva guardato in alto, alla finestra astronomica di North dalla quale si vedeva uno spicchio di luna -Beh, magari per una volta riuscirei a parlarci.- aveva detto con tono provocatorio prima di volare via.
I guardiani si erano guardati sconsolati alzando le spalle.
 
Il giorno seguente Justin era tornato a casa insieme a Sophie.
La ragazza aveva ottenuto il permesso dai genitori di invitarlo a pranzo per agevolare la loro giornata di studio, così i due avevano fatto insieme il viaggio in autobus per scendere alla fermata di Sophie.
In tutto questo, Jack Frost era appostato fuori casa Bennett.
Li aveva osservati pranzare da fuori la finestra. Justin sembrava educato, fin troppo un bravo ragazzo; a Jack c’era qualcosa che non quadrava.
Finito di pranzare i due erano andati in camera di Sophie per studiare.
-Tenete la porta aperta!- aveva gridato la madre della ragazza.
Jack non aveva mai provato tanto affetto per quella donna.
Spiando i ragazzi dalla finestra era stato difficile non farsi notare, ma pareva che i due studiassero veramente.
Qualcuno era apparso alle spalle di Jack facendolo sobbalzare.
-Dente da Latte! Ma sei impazzita? Mi hai fatto prendere un infarto.
La fata aveva pigolato qualcosa prima di sedersi sulla spalla di Jack.
-Ma come cosa faccio? Li sto spiando.
La fatina stava cercando di dire qualcosa, ma Jack le aveva fatto cenno di tacere e non fare altre domande. Doveva rimanere concentrato. 
Aveva cercato di costruire una sorta di cannocchiale di ghiaccio per spiarli senza essere visto, ma non era un grande ingegnere e non aveva funzionato.
Nella distrazione del chiacchiericcio con la fatina Jack non aveva notato che i due si fossero alzati per correre al piano di sotto. A quanto pare avevano finito di studiare in meno di un paio d’ore e ora volevano godersi il resto del tempo guardando un film.
Lo spirito del gelo si era fiondato al piano di sotto, atterrando rovinosamente su una siepe. La ragazza aveva scrutato fuori temendo il peggio.
-Ti prego dimmi che non è vero.- aveva sussurrato tra i denti, ma Justin l’aveva sentita.
-Che cosa non è vero?
-Ehm… Mio fratello mischia sempre i DVD e non li trovo mai!
Dalla grande finestra della sala il guardiano aveva visto la bionda inserire un DVD nel lettore per poi sedersi accanto al suo ragazzo. Nel frattempo la signora Bennett stava uscendo per fare la spesa.
-Cosa?! Li lasci lì da soli?! -aveva detto Jack raggiungendo la donna pur sapendo che non poteva sentirlo. Era furioso. Poi uno squittio aveva catturato la sua attenzione: Dente da Latte stava cercando di tenere aperta la porta.
Jack si era fiondato da lei un attimo prima che la porta si chiudesse. Era filato dentro lasciando la porta chiudersi alle sue spalle.
Sophie si era voltata a guardare se sua madre fosse sempre lì e poi era tornata a concentrarsi sul film.
Jack era nascosto dietro una parete; continuava a studiarli per capire come intervenire.
Justin si era stiracchiato mettendo un braccio intorno alle spalle di Sophie. A quella mossa Jack aveva roteato gli occhi come se fosse la più banale del mondo. Quanto a Sophie non sembrava essere dispiaciuta. I ragazzi, approfittando dell’assenza dei genitori, si stavano baciando.
Jack aveva cominciato a far sbattere le porte in tutta la casa comandando il vento di spostarsi creando sbalzi di pressione atmosferica e facendo sobbalzare i due ragazzi sul divano.
-Ci sono i fantasmi a casa tua?- aveva detto Justin ridendo. Sembrava divertito dalla situazione. Frost era veramente seccato.
-Solitamente no, ma a quanto pare…
La ragazza si era guardata intorno con sospetto, ma il giovane l’aveva riportata a concentrarsi su di lui.
Jack era veramente frustrato. Non poteva permettersi di perdere alto tempo.
Aveva spalancato le finestre facendo entrare impetuose folate di neve. Sophie si era alzata in fretta a richiuderle tutte.
-Okay, questo è strano…-Justin si guardava intorno come se fosse su un set di scherzi o di un film horror stile Paranormal Activity.
Sophie era tornata di corsa da lui sedendoglisi sulle gambe e fiondandosi sulle sue labbra.
Neanche due minuti dopo, un frastuono proveniente dallo stanzino vicino alle scale.
Sophie aveva portato gli occhi al soffitto. “Non può essere vero” aveva pensato.
-Scusa un secondo, devo andare in bagno.
Si era alzata ed era scappata in cerca della fonte del rumore.
-Si può sapere che cazzo state facendo?- aveva detto spalancando la porta dello stanzino e trovandosi davanti Jack, a mezz’aria, assistito da Dente da Latte, che stava smontando il rubinetto del lavabo.
-Sophie! -Jack aveva nascosto la chiave inglese che teneva in mano dietro la schiena -Che sorpresa! Vuoi unirti a noi?
-Ma che diamine state facendo?- la ragazza parlava a bassa voce per non farsi sentire da Justin, era entrata e si era chiusa la porta alle spalle.
-Costruiamo una piscina!
Sophie si era sbattuta una mano in faccia.
-Oddio, ma perché a me!? Mio padre mi ammazzerà!
-Sophie? Tutto bene lì dento?
Era la voce di Justin.
-Sì- aveva mentito la bionda – Due minuti e arrivo.
Poi era tornata a Jack, trascinandolo a terra e tenendolo per la felpa.
-Jack, ti prego. Questo ragazzo mi piace veramente tanto. Se vuoi stasera stiamo insieme e mi racconti cos’hai in questi giorni, ma ora, ti scongiuro, lasciami stare un po’ in pace con lui.
E detto questo era uscita dallo stanzino. Jack non aveva saputo ribattere a quella richiesta.
-Abbiamo fallito.- aveva detto Jack triste rivolgendosi a Dente da Latte – Dai, rimettiamo a posto.
Intanto Justin si stava alzando dal divano. Lo schermo del televisore mostrava i titoli di coda.
-È arrivata mia madre. Devo andare.
Sophie lo aveva accompagnato alla porta.
-Justin, mi dispiace così tanto.
La ragazza era mortificata, ma Justin l’aveva scaldata con un grande sorriso.
-La prossima volta vieni da me, okay, piccola?
E l’aveva salutata con un bacio. La bionda aveva mormorato un “okay” mentre lo guardava avviarsi alla macchina, per poi chiudere la porta e tornare al divano con un sorriso ubriaco stampato in faccia.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Test dell'amicizia ***


Capitolo 9: Test dell'amicizia
 
Jack aveva deciso che non avrebbe più interferito nelle questioni private dell’amica.
Non solo non era riuscito nel suo intento, ma il suo comportamento aveva causato anche un brutto litigio.
Sophie l’aveva accusato di non fidarsi di lei e di trattarla ancora come una bambina, quanto a Jack non era riuscito a rivelarle il vero motivo che lo aveva spinto a tutto ciò. Non era bravo a parlare dei propri sentimenti. Ad ogni modo mancavano solo tre giorni a Natale e i due, da allora, non si rivolgevano parola.
Come a volte faceva, Jack era passato a trovare l’amica, restando al di là del vetro, in silenzio, senza farsi notare.
Era la sera del 22 dicembre e Sophie piangeva a dirotto nel suo letto. Trovandola in quello stato Jack aveva sussultato e si era impegnato per forzare la finestra.
Sentendo il rumore della finestra che si apriva, la giovane aveva alzato la faccia dal cuscino.
-J-jack?
Lo spirito del gelo era entrato nella stanza come un fiocco di neve. Delicato e silenzioso aveva chiuso la finestra per non far prendere freddo alla ragazza.
-Sophie- Jack le si era avvicinato sorridendo calorosamente e si era sdraiato sul letto accanto a lei -Che succede?
-Q-qu-uel c-coglione… di Ju-ustin -aveva singhiozzato- A-a lui no-on gl-glie-ne frega n-niente di m-me.
Jack l’aveva stretta a se. Senza neanche accorgersene si erano dimenticati entrambi della litigata. Il guardiano dell’inverno si stava chiedendo come a qualcuno potesse non importare niente di una bambina così adorabile.
-A lui importava solo -Sophie stava cercando di respirare per proseguire il racconto- Lui voleva-
Si era interrotta scoppiando a piangere di nuovo. Jack aveva continuato a stringerla se, poi l’aveva tirata su sistemandola a sedere come fosse una bambola di pezza. Sophie aveva preso fiato regolarizzando il respiro, gli occhi ancora inondati dalle lacrime.
-Sono stata a c-casa sua come avevamo detto, no? -cercava di parlare in modo comprensibile tra i singhiozzi- Ecco, quando s-sono a-andata da-da lui, lui ha provato a mettermi u-una mano sotto la maglietta e io mi sono sentita terribilmente a disagio. Ho detto che non volevo perché non mi sentivo pronta e lui… -si era asciugata gli occhi con le maniche della maglia- lui ha cominciato a ignorarmi a scuola senza darmi spiegazioni e quando gli ho chiesto se andava tutto bene ha detto che era meglio rompere perché sono troppo piccola per lui e ha bisogno di altro.
Aveva finito il racconto tutto di filata, per poi scoppiare nell’ennesimo pianto spiaccicando la faccia sulla felpa di Jack che subito l’aveva accolta accarezzandole la schiena. Tra i singhiozzi e i capelli arruffati in una codina distrutta, a Jack era scappato un sorriso, approfittando del fatto che, nella posizione che era, non potesse vederlo.
Era strano, provava una gran rabbia nei confronti di Justin per quello che le aveva fatto, ma da un certo punto di vista era anche sollevato.
-Scusa.- aveva chiesto la ragazza staccandosi da Jack, accarezzandogli la felpa sgualcita e bagnata dal pianto in corrispondenza del petto- Te l’ho tutta smoccicata.
Le era scappata in uno sbuffo una piccola risata.
-Oh, non preoccuparti, era già sporca di moccio di altri bambini. Se guardi bene c’è anche qualche caccolina verde!
-Dai, che schifo!- aveva esclamato Sophie ridendo e tenendo ancora le mani addosso a Jack, il quale sperava che quel contatto non si interrompesse mai.
Ma il sorriso della ragazza si era affievolito lentamente ed era tornata seria e triste, portandosi le mani in mezzo alle gambe incrociate.
-Lui voleva solo toccarmi e fare qualcosa per raccontarlo agli amici, ecco.- aveva detto infine.
Gli occhioni lucidi di Sophie fissavano quelli di Jack, aveva l’aria di un cane bastonato.
-Io pensavo di piacergli davvero. -seduta a gambe incrociare davanti a Jack, con un cuscino sulle gambe, aveva continuato guardandolo negli occhi- Lui non si è curato per niente dei miei sentimenti. Mi ha liquidata con un semplice “non credo tu faccia per me”. Io… ci sono rimasta malissimo.
Jack era rimasto in silenzio ad ascoltarla.
Se c’era una cosa che aveva imparato in quei secoli di solitudine era ascoltare: ascoltare le storie, i litigi, le preghiere e le richieste di aiuto di chi aveva più bisogno. In quegli stessi secoli in cui lui stesso non era ascoltato da nessuno -tranne che dall’Uomo nella Luna da cui però non aveva avuto alcun feedback- aveva appreso l’importanza dell’ascolto attivo, quello vero, in cui tutti i tuoi sensi e la tua attenzione sono indirizzati alla persona che ti sta parlando. Aveva imparato inoltre che gli adulti sapevano ascoltare peggio dei bambini perché crescendo dimenticavano due cose importanti, cose che lui come Guardiano doveva ricordarsi bene: sentimenti e sogni. Cioè, non è che gli adulti proprio se li dimenticavano, solo che non li vivevano più in maniera autentica. Li nascondevano dentro un cassetto, li mascheravano, li vestivano di bugie, li sminuivano, li tenevano in ombra. A Jack le ombre, sapete, piacevano ben poco, per questo non voleva che Sophie nascondesse i suoi sentimenti e le sue emozioni dentro di se; voleva invece che li portasse alle luce.
Insomma, Jack Frost non era solo un piantagrane scansafatiche, si era fatto anche un bel bagaglio esperienziale.
La sua innocenza che lo rendeva un Guardiano gli rendeva impossibile comprendere gli atteggiamenti insensibili di questi ragazzini. E poi sta di fondo che Jack aveva un buon cuore, altrimenti l’Uomo nella Luna non l’avrebbe scelto.
Aveva lasciato che Sophie raccontasse quanto le era successo e che esprimesse il suo dolore. Ascoltava le sue parole in silenzio, con le mani unite a pugno sotto il mento, lo sguardo cupo e triste mentre annuiva dando importanza ad ogni suono che pronunciava.
Tutto quel discorso gli faceva salire una gran rabbia e l’istinto di spaccare la faccia a quello scarto umano era grande, ma ora voleva solo aiutare Sophie a stare meglio. 
Comunque era felice che si fosse liberata di quell’idiota. Sentiva fin dall’inizio che c’era qualcosa che non andava in lui e non era solo la gelosia ad appannagli la vista.
Vedendo gli occhi di lei che si riempivano di nuovo di lacrime, l’aveva presa per le braccia dandole una scossa.
-Ehi, calma. Questa non sei tu! Questa è una versione debole e rimbambita di te. Anzi non ti appartiene proprio. -l’aveva detto col sorriso, accarezzandole le guance e asciugandole le lacrime con i pollici. Sophie aveva sorriso.
-Sai quale è il tuo problema? -aveva continuato staccandosi un poco da lei- Che tu non conosci il tuo valore.
Sophie guardava Jack cercando di capire che cosa intendesse. Il ragazzo l’aveva presa in braccio tirandola a se e scatenando le risate della ragazza che finalmente aveva smesso di piangere. Si era seduto con la schiena appoggiata alla testata e all’infinità di peluche e cuscini che alloggiavano sul letto di Sophie, sistemandosi la ragazzina tra le gambe. Aveva portato delicatamente le mani sulle sue poi con una aveva tracciato una linea immaginaria in aria e dal soffitto erano caduti alcuni fiocchi di neve.
Sophie sorrideva come una bambina; adorava le magie.
-C’era una volta una bambina di nome Sophie…
-Che bello, mi racconti una delle nostre storie?
Il Guardiano le aveva fatto cenno di stare zitta e lei si era accoccolata addosso a lui osservando la neve come se fosse lo schermo di un cinema.
Con un movimento della mano lo spirito del gelo aveva accumulato alcuni fiocchi in modo che diventassero delle figure; si erano distinte in due piccole masse rappresentanti una bambina e un ragazzo più grande.
-Questa Sophie era una bambina molto curiosa che amava le fatine e i racconti di fantasia. Ma questa è una storia vera…
Mentre l’albino continuava col suo racconto le due figure di fiocchi di neve si muovevano in aria a ritmo della narrazione. Sophie era incantata da quell’immagine.
-Sophie da grande voleva fare la fatina e invece è diventata una gran rompi scatole-
-Ehi, non è vero!- gli aveva tirato una gomitata nelle costole ridendo.
Le figure si erano dissolte in fiocchi di neve che erano caduti sul letto.
-Te lo ricordi quel librino che avevo da piccola con un sole di stoffa che aveva le manine che si appiccicavano agli occhi?
-Sì, quella volta ce lo siamo scordati in giardino e ci era inciampato tuo fratello!
-Davvero te lo ricordi?
Sophie era sorpresa, mentre Jack stava semplicemente ridendo al ricordo.
-Ma certo…-si era fatto più serio mentre la bionda aveva alzato lo sguardo verso di lui.
-Sophie, io mi ricordo tutto di te. Mi ricordo di quando di vestivi da fatina. Mi ricordo che la tua maglietta preferita quando avevi sette anni aveva una torta di stoffa cucita sopra. Mi ricordo che il tuo più grande desiderio da piccola era avere un pony, che una volta hai perso un dente masticando una carota e che hai sempre avuto paura che ci fosse un mostro con i tentacoli sotto il letto e che ogni volevi che tuo padre venisse a controllare. Eri la bambina più curiosa, più solare e più vivace di tutto l’universo. E anche la più dolce. Io non voglio che uno stupido ragazzo ti cambi, perché non te lo meriti.
Sophie si era tirata  un po’ su per guardare meglio Jack. Era incredula che si ricordasse tutte quelle cose.
-Ti ricordi come eri amorosa da piccolina quando ti stropicciavi gli occhietti perché avevi sonno ma non volevi che ti mettessi a letto perché volevi stare ancora a giocare con me? E poi sbadigliavi e mi crollavi tra le braccia e toccava a me metterti a letto. Oppure quando mi mettevi la coperta per paura che avessi freddo e giocavi a fare la dottoressa mettendomi i bastoncini del gelato per gola?
La bionda era scoppiata a ridere rivivendo quei ricordi.
-Oh, aspetta, aspetta- aveva continuato l’albino – E quando facevi le sfilate di moda con i tacchi della tua mamma?
-Ti prego, no! Che cosa brutta!
-Eri adorabile invece.
I due stavano ridendo a crepapelle, finché un pensiero non aveva spento le risate di Sophie.
-Come fai a ricordarti tutte queste cose? Te le ricordi di ogni bambino?
-Beh, diciamo che ho una memoria ben allenata, ma le cose che mi interessano me le ricordo facilmente e tu sei la mia migliore amica.
-Pff, chissà a quanti bambini lo dici.- Sophie gli era crollata addosso ridendo, ma con un sorriso triste.
L’albino detestava quell’umore altalenante che sapeva mal gestire.
Jack non era mai stato così serio. Si era tirato su cercando il suo sguardo con una carezza sulla guancia.
-Non ti azzardare a dirlo mai più. Tutti voi bambini siete speciali e io vi adoro, vi proteggerò sempre e siete il motivo per cui esisto. Ma tu, Sophie, tu sei qualcosa che va oltre al mio ruolo di Guardiano, tu sei la mia migliore amica. Tutte le cose che ho fatto con te e con Jamie… non le faccio mica con tutti i bambini, sai? 
-Quindi siamo i tuoi preferiti?- aveva chiesto in tono scherzoso.
-Non posso avere dei preferiti come Guardiano, ma quello che ho con voi… con te, è speciale.
-Giura che lo dici solo a me.
Sophie stava sorridendo ma pareva avesse veramente bisogno di una conferma.
-Non ti fidi di me? Hai davvero bisogno di una prova?
-Jack, di quante bambine sei attualmente il fidanzato e sono l’unico amore della tua vita?
-Dai, ma questo è diverso! E comunque… vediamo se mi ricordo le frazioni e le percentuali che abbiamo studiato… un sessanta per cento delle bambine mondiali circa?
Sophie gli aveva tirato una cuscinata, ridendo. Jack aveva una gran voglia di baciarla in quel momento ma si era limitato a guardarla negli occhi e a prenderle le mani.
-Ti faccio un giuramento, okay? Ti giuro che sei la mia più grande amica, che non ti dimenticherò mai per tutti i secoli e i millenni che vivrò e che ti proteggerò sempre.
-Ti credo. Guarda che mi fido di te.- Sophie aveva fatto una pausa guardando fuori dalla finestra. Nevicava fitto. Si fidava davvero di Jack, più di chiunque altro e non voleva che fosse lui a fare le spese delle sue delusioni.
-Che intendevi prima quando hai detto che non conosco il mio valore?- aveva chiesto poi.
-Quello che ho detto, tu non sai quanto vali. Stai crescendo, stai cambiando e stanno cambiando tante cose. Tu ti dai un valore in base a come ti vesti, a come vanno le partite di hockey, ai voti che prendi a scuola, a quanto stai “al passo coi tempi”. Ma io ti conosco come persona, conosco il tuo valore e sarò sempre qui a ricordartelo quando te lo dimenticherai o quando qualche stronzo te lo farà dimenticare.
Toccandole la punta del naso le aveva fatto tornare il sorriso come faceva con i suoi fiocchi di neve.
Quella notte Sophie non aveva voglia di dormire.
Era rimasta a chiacchierare con Jack giocando ai test dell’amicizia -in cui Jack non sbagliava neanche un colpo- finché finalmente Sophie non si era addormentata ad appena due ore dalla sveglia, pronta per l’ultimo giorno di scuola prima delle attesissime vacanze di Natale.
 
 
Test dell’amicizia
 
-Okay. Test dell’amicizia. -aveva proposto Sophie.
-Vai, ci sto.- aveva risposto prontamente l’albino.
A gambe incrociate l’uno davanti all’altro, si fissavano negli occhi con fare di sfida.
-Colore preferito?- aveva cominciato Sophie.
-Celeste.
-Band preferita? 
-Imagine Dragons.
-Come si chiamava il mio cane?
-Elvis.
-Come chiamerò il mio prossimo cane?
-Charlie se è maschio, Tiffany se è femmina.
-Il colore della maglia della mia squadra?
-Bianca e rossa.
-Quando sono nata?
-Scherzi? 13 gennaio 2010.
-Animale preferito?
-Unicorno.
-Di che colore ho gli occhi?- aveva chiesto tappandoseli con le mani.
-Di un verde bellissimo.- aveva risposto prendendole i polsi, ridendo.
-Elenca tre dei miei giochi preferiti da piccola.
-Facilissimo. -li aveva contati sulla punta delle dita- Nascondino, travestirti, viaggiare per universi magici…Devo dirne altri?
-Passatempo preferito attuale?
-Stare con me.- aveva risposto con un sorriso soddisfatto.
-Mh… non ci avevo pensato. Vedi? Ti do troppo per scontato! Film preferito?
-Harry Potter.
-La mia amica del cuore alle elementari?
-Emily finchè è stata la tua compagna di banco, dal quarto anno anche Grace.
-A che età ho smesso di mangiarmi le caccole?
-Cinque anni e mezzo.
Era tutto un botta e risposta.
La bionda aveva sparato un'altra decina di domande a cui l’albino aveva risposto prontamente e in modo corretto. Non c’era versi di farlo vacillare.
-Wow.
Sophie era veramente sorpresa dalla varietà di informazioni che Jack ricordava di lei, della sua infanzia, della sua vita.
-Sophie, questa sei tu, questo è quanto vali. Non donarti al primo cialtrone che trovi. Tu meriti il meglio e non devi assolutamente accontentarti di un amore che credi di meritare solo perché sei circondata da schifezze. Tu sei molto meglio della realtà che ti circonda. Meriti qualcuno alla tua altezza, che capisca i tuoi sogni e ti tratti come meriti.
-Wow…Chi sei tu e che ne hai fatto di Jack Frost?- lo guardava storto e scherzosamente preoccupata.
-Sono serio!
-Questo mi preoccupa!
-Sinceramente anche a me- aveva riso- ma se in questo periodo sono più cupo è solo perché ti vedo… crescere e a volte stai male e vorrei fare qualcosa di più.
-Tu non hai idea di quanto vali per me, Jack Frost, ne’ di quanto è importante quello che fai. -gli aveva dato un bacio sulla fronte- Ma ricorda che anche io so quanto vali e sarò sempre pronta a ricordartelo.

 
 
Angolo dell’autrice
Ciao, ragazzi! Sono tronata!
Ho deciso di aggiungere in blu un’appendice con la conversazione tra Sophie e Jack. Aggiungerla alla storia mi sembrava eccessivo, ma mi è parso comunque carino includerla nella lettura. Spero vi sia piaciuta. Alla prossima!
-Lu

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Il giorno preferito di Jack Frost ***


Capitolo 10: Il giorno preferito di Jack Frost
 
Anche l’ultimo giorno di scuola era trascorso.
Sophie era felice di non essere costretta a vedere Justin per un paio di settimane.
Al suono della campanella i ragazzi erano usciti rapidamente dall’edificio e Jack li aveva accolti all’esterno con una leggera e piacevole nevicata.
Ormai il Natale era alle porte e Jack non vedeva l’ora di spalancarle. Ovunque si sentiva aria di festeggiamenti; la meraviglia che North custodiva era nell’aria tra i canti, le luminare e gli auguri di buon Natale che le persone si scambiavano per strada. Le case erano adornate dalle luci e le corone di agrifoglio erano state appese alle porte. Dalle finestre delle case si potevano vedere gli alberi di Natale delle forme e delle dimensioni più varie e decorati secondo i gusti delle famiglie e le calze appese ai caminetti. I bambini, finalmente liberi dagli impegni scolastici, erano in festa e aspettavano la notte tanto attesa e l’arrivo di quella che da sempre era una delle Leggende più amate.
 
Quell’anno Jack si era volontariamente offerto per dare una mano a North. In quei giorni si era dato un gran daffare per aiutare con i preparativi, facendo lunghi e continui avanti e indietro dalla fabbrica di Babbo Natale ai diversi luoghi del mondo in cui portare neve e divertimento ai suoi amati bambini.
Avrebbe passato la notte di Natale sulla slitta con North; era il premio che l’anziano guardiano gli aveva riservato per essere stato, senza mai vacillare, sulla lista dei buoni, anche se da quando era un Guardiano non poteva che essere altrimenti.
Sebbene fosse in grado di volare, Jack amava viaggiare con la slitta ed era la prima volta che poteva vedere North all’azione nella sua notte speciale. In realtà aveva già accompagnato North in alcune consegne facendo a gara su chi fosse il più veloce e il più silenzioso*, ma non aveva mai passato l’intera e lunga notte sulla slitta a consegnare tuti i regali, per questo era davvero emozionato.
North gli aveva spiegato il giro che avrebbero fatto partendo dalla Russia -o meglio dalla linea del cambiamento di data- e percorrendo il globo in senso orario e dividendo la Terra verticalmente a spicchi. Era l’unico modo per far più veloci della luce del giorno, aveva affermato North, mentre Jack ad ascoltare i suoi ragionamenti pensava solo “se lo dice Babbo Natale deve essere così per forza”.
Le luci del globo in quel periodo brillavano più forte che mai.
 
Ad ogni modo, alla fabbrica di Babbo Natale c’era, come sempre in quei giorni dell’anno, un gran trambusto.
Gli yeti urlavano agli elfi, gli elfi correvano all’impazzata portando ovunque grovigli di luminarie, piatti stracolmi di biscotti e secchi di vernice per giocattoli; niente di utile, nel caso vi fosse venuto il dubbio. I giocattoli, ormai ultimati, ricontrollati ed imballati, venivano accuratamente riposti dagli yeti in grossi sacchi ordinandoli per area geografica di distribuzione. Le lettere dei bambini erano state lette e rilette innumerevoli volte per controllare di aver soddisfatto le loro richieste.
Jack si era fiondato di nuovo tra gli yeti, ma non a disturbare e fare scherzi come faceva di solito. Si era molto responsabilizzato. Il fatto di avere uno scopo come Guardiano aveva fatto si che prendesse a cuore il suo ruolo. Aiutare gli altri Guardiani rientrava nel far parte di questa sorta di famiglia.
North stava controllando la ferratura delle renne e la carrozzeria della slitta, quando Jack lo aveva raggiunto direttamente dal reparto giochi. 
-Come sta andando di là? – aveva chiesto l’anziano guardiano.
-Mentirei se ti dicessi “tutto bene” -aveva detto Jack divertito dal trambusto- ma non è diverso dagli altri anni.
Babbo Natale aveva annuito divertito. In realtà quel caos che per ogni altro si sarebbe rilevato una grande fonte di stress, per lui era la parte più bella della festa: voleva dire che il suo gran giorno stava arrivando.
-Senti, boss, so che ho promesso di darti una mano ma…
-Tu vuoi andare un po’ da tua amica. -aveva concluso North con tono ovvio.
-Sì.
-Ah, ah!- il vecchio guardiano aveva riso tenendosi la grossa pancia- Molto bene! Tu va, Jack, te lo sei meritato. Sei stato di grande aiuto.
Aveva abbracciato calorosamente il ragazzo.
Era felice che Jack avesse dato una mano. Era stato un aiuto prezioso quell’anno e in fondo aveva sempre saputo che era un bravo ragazzo.
-Ricorda che domani devi essere qui presto per cominciare giro! Vediamo, con fuso orario di Sophie… -si era guardato l’orologio astronomico che teneva al polso- per orologio di Sophie saranno le sei di mattina del 24 dicembre. Noi già dovremmo cominciare giro da centottantesimo meridiano-
-In senso orario sul pianeta, dall’alto verso il basso, stando attenti a non svegliare i pargoletti. North, mi ricordo tutto, tranquillo!
-Puntuale, mi raccomando.
-Sarò puntualissimo!- aveva urlato spiccando il volo e sparendo come un puntino nel cielo.
North ridendo e scuotendo la testa, si era armato di paletta e secchio per il mangime: le sue renne dovevano fare il pieno di energie.
 
Jack amava la Vigilia di Natale, era sempre stato il suo giorno preferito**. E da quando era un Guardiano la adorava e la aspettava ancora di più. Ora che aveva dei bambini che credevano in lui e che lo aspettavano e una squadra su cui poter contare, che si fidava di lui e lo supportava, gli sembrava di avere tutto. Finalmente si sentiva amato. Finalmente non era più solo. Finalmente poteva condividere con qualcuno la gioia delle feste, anziché osservare tutto dall’esterno.
Anche se quell’anno non avrebbe passato la Vigilia di Natale a giocare con i bimbi  e ad aiutarli a costruire pupazzi di neve, ne’ l’avrebbe passata con Sophie come era stato negli ultimi anni, era felice. Avrebbe aiutato North nella consegna dei regali e per quell’evento gli yeti gli avevano anche cucito una divisa e cappellino da babbo natale. L’idea di portare tanta gioia ai bambini e di viaggiare con la slitta gli colmava il cuore di gioia e lo rendeva euforico, ma questo voleva anche dire che non poteva passare la Vigilia con Sophie e doveva assolutamente rimediare.
-Ei! Che ci fai in casa? Pensavo di trovarti al lago…- aveva detto l’albino raggiungendo la ragazza seduta sul pavimento della camera. Lo schermo del suo cellulare era illuminato, accanto a lei.
Appena aveva tirato su il volto, Jack aveva notato le guance umide e arrossate.
-Jamie non verrà, il suo volo è stato cancellato.
-Oh, no…
Come avrebbe fatto ora a lasciarla sola? Non poteva, non senza Jamie.
-In realtà sta cercando di prendere un altro biglietto e di arrivare comunque per le feste… ma io non voglio festeggiare il Natale senza mio fratello.
Jack si era chinato e l’aveva abbracciata forte. Era solo felice che non lo incolpasse di quanto stava succedendo. Sophie sapeva che i delicati equilibri della natura non dipendevano da Jack, o per lo meno non totalmente.
-Sono sicuro che in qualche modo ce la farà.
-Tu, piuttosto? -si era sciugata gli occhi con la manica accennando un sorriso- Emozionato?
-Oh, altroché!- aveva detto Jack con gli occhi pieni di gioia e un sorriso radioso.
-Scusa ma come diamine ti sei conciato?
Sophie era scoppiata a ridere. Una volta messi da parte i suoi problemi aveva messo a fuoco che Jack non indossava la solita felpa blu e i pantaloni marroni, ma una specie di completo composto da dei pantaloni a sigaretta celeste ghiaccio e una giacca lunga dello stesso colore adornata di bottoni e spalline argento.
-È la mia divisa come aiutante di babbo Natale.- aveva sbuffato, non ne era troppo entusiasta. Poi aveva allargato le braccia con fare teatrale- Ti piace?
La ragazza continuava a ridere.
-Sembri una guardia della regina di Inghilterra. Anzi no, il principe di Cenerentola!
-Ah-ah. Prendimi pure in giro!
-Ti manca solo la cintura in vita!
-Ce l’avevo, ma mi dava noia e l’ho tolta.
Sophie rideva sempre di più, tanto che era collassata sul letto. Ora aveva le lacrime agli occhi ma dalle risate.
-Oh mio Dio! E quelle scarpette appunta? Ti fanno sembrare un elfo!
-Queste sono le mie scarpette da Guardiano e secondo gli altri dovrei indossarle sempre. Pff!
-Oddio, non respiro! Sei così buffo conciato così.
-Sophie, ti ricordo che ho ancora il mio bastone e potrei congelarti.
-Credo che allora finiresti sulla lista dei cattivi e che ti sogneresti il tuo bel giro sulla slitta. Ti saresti vestito così per nulla!
Sophie rideva a crepapelle, quanto a Jack era abbastanza seccato. Sebbene gli yeti gli avessero cucito quel vestito su misura, lui era convinto che fosse almeno una o due misure sotto. Abituato alla sua comoda felpa si sentiva stringere da tutte le parti; quel completo gli limitava gran parte dei movimenti.
-Che stronza! Dovresti esserci tu sulla lista dei cattivi!
-Mi scusi, cameriere, potrebbe portarmi una cioccolata calda?
-Sai che c’è? Felice di averla fatta ridere signorina, ma ora mi sono un po’ rotto il cazzo.
Si era sganciato i bottoni della giacca facendola finire nell’angolo vicino alla finestra, dove aveva poggiato il suo bastone.
-Andiamo, Jack, stavo scherzando.
-Io no.- si era seduto a terra per togliersi le scarpe e tirarle sopra la giacca.
-North si arrabbierà.
-North non è qui.
-Lui vede tutto.
-Perfetto. Tra poco vedrà quanto sono figo mutande perché questi pantaloni pizzicano.
-Ma sono morbidissimi, come fanno a pizzicare? Sembrano fatti di seta! Dai, Jack, falla finita!
La bionda continuava a ridere. L’aveva raggiunto facendolo alzare e prendendogli le mani per fermarlo, poi, realizzando di trovarsi così vicina a lui, era arrossita, un rossore che Jack aveva subito notato.
-Oh, scusa. Ti ho messa in imbarazzo?- aveva fatto un passo indietro per poi dirigersi verso la sedia della scrivania a prendere la coperta che era stata appoggiata sullo schienale e avvolgercisi dentro.
Mentre lo guardava avviarsi alla scrivania Sophie aveva pensato che fosse proprio bello.
Insomma era consapevole che Jack fosse un bel ragazzo, ma non lo ricordava così. Sarà che era tanto che non lo vedeva a torso nudo e che da piccola non gli aveva dato il giusto peso, ma…accidenti se era bello.
Si era talmente incantata a guardare la sua schiena che non si era neanche accorta che Jack si era fosse sul letto con addosso la coperta e la stava chiamando.
-Sophie? Tutto apposto?
-Oh, sì.- aveva detto ridestandosi dai sogni e raggiungendolo sul letto.
Sophie aveva ripreso in mano il cellulare in cerca di distrazioni e, magari, di un messaggio di Jamie.
Jack voleva davvero togliersi quei fastidiosi pantaloni, ma non voleva mettere in difficoltà la ragazza. Nonostante fosse piuttosto malizioso, non aveva sinceramente considerato che si ritrovava davanti una quattordicenne in balia di un boom ormonale.
-Jamie dice che sta cercando di vedere se riesce con altri mezzi.- aveva spiegato guardando lo schermo.
-Bene, no?
Sophie aveva annuito rimanendo a distanza.
-Sei improvvisamente diventata allergica a me?
-No! È solo che…
-Faccio così schifo vestito così? L’avevo detto a North io…
-No! Sei buffo, ma… vuoi che vada a prenderti dei vestiti di Jamie? Magari una tuta e una t-shirt?
-Te ne sarei infinitamente grato.
Così la ragazza era sgattaiolata in camera del fratello per poi tornare nella propria, tirare addosso a Jack i vestiti di ricambio e buttarsi sul letto a scorrere la home di instagram per lasciargli la propria privacy.
Era strano. Lei si era cambiata davanti a Jack talmente tante volte senza farci neanche caso. Sarà che lo faceva da quando era piccola ed era cresciuta dentro a questa abitudine, ma non si sentiva affatto a disagio a spogliarsi davanti a lui, che non pareva battere ciglio a vederla mezza nuda. 
“Questo è l’effetto che gli faccio” e “sarà che non sono poi tanto bella” erano stati i suoi pensieri mentre scorreva la schermata facendo finta di prestare attenzione alle immagini che passavano.
Intanto Jack si era cambiato.
-Fino a che ore puoi stare?
-Finché non dormi, se vuoi. Quando qua sarà l’alba della Vigilia io dovrò già essere da North.
-Certo che voglio.
Lo sguardo di Sophie si era rattristato mentre guardava la maglia di suo fratello addosso a Jack, il quale capì subito quale fosse il suo turbamento.
-Jamie ce la farà, vedrai.
Sophie aveva sorriso.
-È la prima vigilia che non passiamo insieme io e te.- aveva detto con tono di lagna.
-Ah, lo so. Potessi ti porterei con noi!
Il pomeriggio era trascorso in fretta, anche se Sophie non era voluta uscire. Si era avvantaggiata un po’ con i compiti delle vacanze e aveva messo apposto l’armadio mentre decideva come vestirsi per Natale. Jack l’aveva caricata sulle sue spalle per permetterle di raggiungere gli scaffali più alti. Nonostante tutto fosse coperto da un velo di malinconia e tristezza per il non arrivo di Jamie, Sophie era felice di non sentirsi sola.
La ragazza era a letto quasi addormentata, quando Jack era andato a rivestirsi della sua uniforme.
Si stava riabbottonando la giacca quando…
-Già te ne vai?- aveva chiesto stropicciandosi un occhio.
-Pensavo dormissi. Sì, faccio un giro di ricognizione prima raggiungere North.
-Jack?
-Sì, piccola?
-Buon Natale a Buckingham Palace.
-Fottiti.- aveva risposto l’albino, col sorriso.
Sophie gli aveva fatto la linguaccia prima che lui uscisse e spiccasse il volo.
 
Rimasta sola nel suo letto ripensava a tutte le volte che Jack per qualche motivo si era ritrovato senza felpa e lei da piccola si aggrappata al suo collo come una scimmietta. A quell’età non aveva dato la giusta considerazione ai suoi muscoli dorsali, ora ne era consapevole. Sarà che a otto anni non dai la giusta importanza alle corse rispetto a quando non ne hai -ormai- quasi quindici. Sarà che col tempo le priorità cambiano.
Ma non poteva pensare a Jack in quel modo. Lui era un Guardiano e lei lo vedeva come qualcosa di irraggiungibile e inarrivabile, nonostante fosse il suo migliore amico. Così si era addormentata cercando di scacciare quel pensiero.
 
Mentre Jack volava verso il Polo North e il vento freddo gli sferzava il volto, ripensava alle guance arrossite di Sophie quel pomeriggio, quando si era fatta piccola piccola davanti a lui. Forse aveva ragione Dentolina, forse gli piaceva davvero infondo o forse sarebbe successo con la maggior parte dei ragazzi… Per quanto Jack non sapeva darsi risposta riguardo a questo, una certezza ce l’aveva: Sophie che arrossiva davanti a lui abbassando lo sguardo era qualcosa di assolutamente adorabile. Quell’immagine continuava a ripresentarglisi in mente come un nastro che da solo si riavvolgeva, facendogli fare il viaggio con un piccolo dolce sorriso stampato in volto.
 
Era passato a buttar giù qualche nevicata in qua a in là e a sbirciare da qualche finestra, prima di arrivare al polo Nord giusto in tempo per la partenza.
Gli elfi stavano lucidando la slitta già lucidata e le renne scalpitavano pronte al decollo. Jack era volato a sedersi accanto a North.
-A Sophie è piaciuto tuo vestito elegante?- aveva chiesto afferrando le redini.
-Credo mi apprezzi di più senza.
Babbo Natale preso dall’euforia del suo giorno speciale non aveva dato peso alla risposta dell’albino; aveva detto semplicemente:
-Allacciati! Yee-haw!
E con un colpo di redini le renne avevano cominciato a galoppare nel tunnel di ghiaccio per poi alla fine librarsi in volo, sempre più in alto nel cielo stellato nella notte di Natale.
 
La consegna dei regali era avvenuta come sempre nella maniera più silenziosa possibile.
Jack era molto bravo a intrufolarsi nelle abitazioni. I due Guardiani stavano facendo una scherzosa gara a chi consegnava più regali e lo spirito del gelo cercava di depistare North dandogli indirizzi e pacchetti sbagliati***. Quanto a quest’ultimo ormai aveva imparato a non farsi fregare. Sapeva quali doni lasciar consegnare a Jack: quelli indirizzati ai bambini più solitari e considerati problematici*** e ovviamente quelli di casa Bennett. Era molto empatico nei confronti di queste giovani vite e il fatto di portar loro i regali gli faceva pensare di essere parte di un qualcosa che alleviava la loro solitudine ed emarginazione. Dopotutto c’era passato.
Era stato strano intrufolarsi in casa della sua amica come un ladro, in fin dei conti era quasi casa sua.
Jack aveva passato la notte e bere latte e mangiare biscotti con North e tra un biscotto e l’altro l’anziano guardiano gli aveva fatto una rivelazione.
“Jamie arriverà per tempo.”
Jack non sapeva come facesse a saperlo, ma se l’aveva detto era vero. Improvvisamente si era sentito meno in colpa per aver lasciato sola Sophie per la Vigilia. Non faceva altro che pensare a che faccia avrebbe fatto quando avesse visto suo fratello.
Tra il vento nei capelli e lo scampanellio delle renne, si sentiva inondato da un senso di pace e serenità.
Quella battaglia contro il tempo sembrava impossibile, ma rincasarono alla fabbrica in tempo, stanchi e euforici per aver portato a termine l’impresa.
Era il giorno di Natale.
Erano tutti distrutti ed esausti, elfi compresi. Gli yeti erano collassati sul pavimenti e Jack li aveva raggiunti per crollare addosso ad uno di loro. Il suo fitto pelo un po’ ispido in quel momento gli sembrava una coperta deliziosa.
Erano state giornate intense alla fabbrica.
L’unico che sembrava non aver subito quelle indaffarate giornate era Babbo Natale che nel vedere tutti collassati era scoppiato in una grassa risata.
Rimesse le renne nella stalla e dato loro da mangiare, North aveva congedato Jack con un abbraccio e ringraziandolo ancora per l’aiuto e dicendo:
-Torna a trovarci quando vuoi!
-Nah, ora che non posso più imbucarmi non è più divertente.
Si era cambiato al volo e con la sua amata felpa addosso si era diretto a godersi il risveglio dei bambini.
 
-Sapete che ve li ho portati io questi? Stanotte ero a fare da aiutante a North!- affermava fiero e qualche odioso bambino gli rispondeva:
-Ma che dici! Babbo Natale non ha bisogno di un assistente!
E a quel punto questi bambini si ritrovavano con la lingua ghiacciata o con una valanga di neve addosso.
 
 
* È un fatto realmente ripreso dal libro di William Joyce.
** Nel libro è specificato che la Vigilia di Natale è il giorno preferito del nostro amato Guardiano Jack Frost.
*** Altri due dettagli presi dal libro. Giuro che smetto.
 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: Natale a Casa Frost ***


Capitolo 11: Natale a Casa Frost
 
La casa più “importante” se l’era lasciata per ultima: era quella dove avrebbe passato il Natale.
Quando era arrivato Sophie aveva già scartato i suoi regali.
Aveva ricevuto delle cuffie bluetooth, degli acquerelli, una borsetta e i pattini che voleva.
Nonostante ciò non era particolarmente entusiasta.
Jack era appena arrivato quando qualcuno aveva bussato alla porta. La signora Bennett era andata ad aprire.
-Sorpresa!- aveva urlato Jamie entrando e scuotendosi la neve di dosso prima di togliersi il giacchetto che la madre avrebbe attaccato all’attaccapanni.
-Tesoro, ce l’hai fatta! Come è andato il viaggio?
Il ragazzo non aveva fatto in tempo a rispondere alla mamma perché la sorella lo aveva travolto saltandogli addosso.
-JAMIEEEEEE!- aveva urlato nella corsa prima di avvinghiarsi a lui a mo di koala.
Jack si stava godendo la scena dalle scale, quasi commosso.
-Te l’ho detto che non dovevi preoccuparti!- il castano si era avviato al divano nel tentativo di liberarsi dalla morsa della sorella- Ah, questo è per te.
I due fratelli si erano scambiati i regali. Jamie le aveva regalato un paio di vans nere alte con le borchie e uno skate e aveva ricevuto dai genitori un nuovo portatile. Sophie, che come sempre voleva fargli un regalo a parte, gli aveva preso una felpa.
Avevano trascorso il pranzo insieme mentre Jack era andato a giocare con qualche pista delle macchinine, costruzioni o peluches. In quella casa ormai c’erano troppi pochi giocattoli per i suoi gusti. Sapeva che il pranzo di Natale a casa Bennett non era insopportabilmente lungo, quindi era tornato da Sophie nella prima metà del pomeriggio.
-Ei, Sophie!- l’aveva salutata slittando in piedi sul corrimano delle scale fino ad arrivare in fondo con un balzo.
Lei l’aveva prontamente raggiunto allontanandosi dal fratello con cui condivideva lo spazio sul divano.
-Ei, guarda chi non è più vestito da schiaccianoci!- aveva detto a bassa voce per non farsi sentire dal resto della famiglia.
Jack le aveva lanciato un occhiataccia e fatto la linguaccia, prima di accennare un sorriso.
-Se vuoi stare con Jamie lo capisco, io-
-Oh, no! Ti prego, resta. -l’aveva supplicato prendendogli le mani- Ieri non siamo mai stati insieme. È stata una vigilia tremenda. Sono stata al centro commerciale con le mie amiche e tu sai che non mi piace fare shopping.
Si era guardata furtivamente intorno e, prima che qualcuno potesse sentirla, lo aveva trascinato su per le scale chiudendosi in camera con lui per continuare il suo racconto.
-È stato tutto uno spettegolare e pare che Justin ora esca con Ashley!
-Aspetta, ma non è amica tua?
-Lo era fino a ieri. E comunque amica è un parolone, diciamo che è nel mio gruppo.
-Okay, ma quindi i tuoi sentimenti per Justin…
-Oh, no no no. Lui è morto per me.
-Okay, scusa.- aveva detto Jack portando le mani avanti.
-Oh, scusa se sono così aggressiva il giorno di Natale. Il fatto è che mi fa una gran rabbia che lui abbia già un’altra… Insomma, fortuna che non mi sono innamorata di lui, ma se fosse stato sarei stata davvero male. Ma ora è Natale, tu e Jamie siete qui e questo è il regalo più bello del mondo. -lo aveva abbracciato forte- Buon Natale, Jack.
-Buon Natale, Sophie.- aveva detto ricambiando l’abbraccio, appoggiando il mento sui suoi capelli e intrecciando tra le dita le ciocche sulla schiena.
-Ho un regalo per te!
La ragazza aveva sciolto in fretta l’abbraccio per frugare nel suo zaino.
-Ehm, io non ho niente per te. Eravamo d’accordo che non ci saremmo fatti niente.- si era giustificato l’albino grattandosi la nuca imbarazzato.
-Oh, ma non importa. In realtà questo regalo sarà una tortura per te: ti ho scritto una lettera.
-Dai, fai vedere. Mi aiuti?
Jack si era seduto sul letto e aveva preso in mano la busta con le mani quasi tremanti dall’emozione. Con Sophie al suo fianco l’aveva aperta accuratamente prendendo il foglio tra le mani.
Sophie aveva letto a bassa voce per aiutarlo.
 
“Caro Jack,
so di non essere stata un’amica presente come avrei dovuto e come tu invece lo sei stato per me. In questo periodo ho messo in secondo piano ciò che ti riguarda per far spazio ai miei problemi. Sto crescendo, vorrei che tu sapessi che il bene che ti voglio rimane invariato e che per me sei importante più di quanto tu riesca a immaginare. Mi dispiace e ti prometto che mi impegnerò ad essere un’amica migliore perché è ciò che ti meriti.
Tu mi rendi ogni giorno una persona migliore.
❄︎Buon Natale Jackie❄︎
La tua rompiscatole del cuore
Sophie
 
I due si erano abbracciati, una stretta che era durata diversi secondi finché la bionda non l’aveva interrotta con…
-C’è un regalo che potresti farmi.
-Ogni tuo desiderio è un ordine!- aveva esclamato l’albino facendo una riverenza.
-Mi sono resa conto che tu di me sai tantissime cose e io di te molte meno. So che sembra stupido ma… vorrei conoscerti meglio.
-Ma tu mi conosci meglio di chiunque altro, probabilmente anche dei Guardiani! Comunque chiedimi pure tutto quello che vuoi, sarò sincero.
-Disse il bugiardo.- aveva concluso Sophie ridendo.
-Vedi, mi conosci benissimo!
-Dai, Jack, ti prego. Ho anche una sorpresa per te per più tardi.- aveva ammiccato.
-Che cosa è?- aveva chiesto curioso.
-Ah, ah.  Prima voglio sapere di te.
-Sophie, sai tutto. Del lago, dell’incidente, di mia sorella…
-Sì, scusa, non voglio costringerti a parlare di queste cose, solo che… Tu non ricordi altro della tua vecchia vita?
-Ho… una vaga immagine dei miei genitori. Te l’ho già detto; vivevo qui, quando questa città era ancora un villaggio, più di trecento anni fa. Ho dei ricordi sparsi in qua e là di Emma che muove i primi passi e io che la faccio sbatacchiare da tutte le parti, poverina.
Sophie aveva emesso un suono simile ad una risata anche se aveva gli occhi un po’ lucidi.
-E poi di quando rubavamo pezzi di torta della mamma per mangiarceli sotto il tavolo. Tra me e Emma c’erano molti anni di differenza, quando è nata avevo nove anni. La stessa età che aveva lei quando l’ho lasciata.- si era fatto triste per una frazione di secondo, prima di scoppiare un sorriso- Quando mamma era incinta appoggiavo l’orecchio alla sua pancia per sentire cosa faceva la mia sorellina. Ero felicissimo per il suo arrivo. Anche Jamie lo era quando sei arrivata tu.
-Sì?- gli occhi di Sophie brillavano.
-Io c’ero quando tua mamma gli ha detto che aveva un fratellino o una sorellina che gli cresceva nella pancia. Jamie aveva appena sei anni e ancora non poteva vedermi ma io ero fuori dalla finestra della sala.
-Da quanto tempo spii le persone, Jack Frost?
-Circa trecento anni.- aveva detto strofinandosi le unghie alla felpa- Sono un esperto.
La ragazza aveva riso prima di incitarlo a continuare i suoi racconti.
-Avevo degli amici…
-Avevi una ragazza?
-N-non ricordo. Non che mi ricordi. -aveva scosso la testa.
-È impossibile che tu sia arrivato a diciassette anni senza una ragazza.
-Sophie, non so che dirti. Probabilmente non era importante se non me la ricordo o comunque non lo è più dopo trecento anni.
-Quindi tra trecento anni neanche io e Jamie saremo più importanti.
-Nah, questo non c’entra niente. Io mi ricorderò sempre di voi.
-Scommetto che ti sei fatto la metà del paese e non te lo ricordi.- aveva detto Sophie ridendo.
-Ma guarda questa di cosa va a parlare a Natale!
-E la tua famiglia?
-Ricordo…- Jack aveva chiuso gli occhi per concentrarsi- ricordo l’odore della cucina della mia mamma. Ricordo che mi avevano regalato dei pattini da ghiaccio usati perché non avevamo molti soldi. Mio padre mi rimproverava dandomi dello scansafatiche perché avevo sempre e solo voglia di divertirmi e quando mi davano qualche faccenda o qualche compito da svolgere me la svignavo il prima possibile.- avevano riso entrambi- Ma mi voleva bene. Era un padre molto presente, nonostante il lavoro.
Sophie ascoltava come i bambini ascoltano le fiabe.
-Ti manca avere una famiglia?
-Ma io ce l’ho una famiglia. Ho i Guardiani e ho te. Per me… tu sei la mia famiglia.
Sophie l’aveva abbracciato forte.
-Anche tu per me. Specialmente da quando Jamie si è trasferito, tu sei diventato come un fratello maggiore per me.
Jack aveva fatto finta di non sentire le mille lame che gli si stavano conficcando nello stomaco a quelle parole.
-E poi?- aveva chiesto Sophie, curiosa.
-E poi sono morto. Fine della storia.
-E dopo?
-E dopo cosa? Piccola impicciona! -le aveva fatto il solletico stendendola sul letto sul quale erano entrambi seduti.
-Che è successo dopo, quando sei diventato Jack Frost?
-Sophie sai già tutto.
-Come faccio a sapere tutto di trecento e passa anni?
-Sono stato molto solo.- aveva tagliato corto l’albino, incupendosi.
La ragazza gli aveva fatto rivolgere a lei lo sguardo con una carezza.
-Non sei più solo.
-Perché ora ho tanti bambini che credono in me, non è vero? Quando tu smetterai di vedermi io mi sentirò come mi sentivo ad allora.
-Io non voglio smettere di vederti.
-Neanche tuo fratello voleva e ora sono invisibile per lui.
-Non succederà con me.
-Piccola, non dipende da te. Non te ne farò una colpa.
-Dove sei stato per tutti questi anni da solo?- Sophie aveva sviato la triste conversazione verso qualcosa di più in tono con la gioia e l’allegria del Natale, si era abbassata a cercare il suo sguardo- Dove hai vissuto? Non hai mai avuto una casa?
-Certo, ne ho avute tante. Abitavo negli alberi.
-Come negli alberi?
-Sì, nelle tane che ci sono dentro. Avevo tanti “appartamenti” sparsi per il mondo. Uno è una grande quercia di New York.
-Mi ci porti?
-Quando?
-Adesso.
-Come?
-Volando, ovviamente. Sei rincoglionito?
Jack aveva portato lo sguardo fuori dalla finestra. Sapeva che andare al lago il giorno di Natale era fuori discussione; ci sarebbero state troppe persone e non avrebbe potuto giocare con Sophie. E ad essere sincero, non sapeva cosa lo trattenesse.
-Vestiti bene.- aveva detto prima di spalancare la finestra.
 
-Sei sicuro che riesci a portarmi?- aveva chiesto la ragazza.
Stava aggrappata alla sua schiena, imbacuccata in un piumino rosso, con sciarpa e berretto addosso.
-Dubiti della mia forza?
-Dubito della tua resistenza. È un viaggio lungo.
-Non se ci facciamo aiutare.
Con un fischio aveva richiamato il suo amico vento che era arrivato in una folata spingendoli in direzione della città di New York.
-Reggiti bene!-aveva urlato Jack col vento che gli portava via la voce.
Sophie non sapeva a che velocità avessero viaggiato, ma sta di fatto che in meno di mezz’ora erano a Central Park.
Jack aveva cercato di fare un atterraggio morbido in un punto del parco dove nessuno li avrebbe visti arrivare, in mezzo a delle piante.
Era pieno di gente. Sophie non era mai stata a New York a Natale. Era  piena di luci ed era tutto bellissimo.
-Vieni, seguimi. -aveva detto Jack avviandosi verso la quercia che lo aveva ospitato per interi decenni.
Era una maestosa quercia, la più alta e più vecchia del parco probabilmente.
Jack aveva preso Sophie tra le braccia prima di spiccare il volo diretto all’entrata.
-Ti chiedo scusa se sarà molto in disordine, è tanto che non vengo qui.
-Perché, tu sei il tipo che mette a posto di solito?
Facendosi spazio tra le fitte frasche, attento a far arrivare illesa l’amica, Jack era arrivato ad una cavità dentro l’albero che lui chiamava porta.
Sophie ammaliata dalla bellezza di quell’albero aveva pensato che avesse più foglie delle stelle che ci sono in cielo. Arrivata alla porta aveva gattonato dentro per accorgersi che la cavità si allargava all’interno in grandi spazi connessi tra loro che erano paragonabili a delle stanze, ma non erano vuote. Accatastati ai muri c’erano scudi, lance, cornici, indumenti, porcellane… Sembrava un negozio di antiquariato. Beh, un negozio molto disordinato.
Sophie era ammaliata. Continuava a guardarsi intorno con la bocca spalancata.
-Tutta questa roba è tua?
-Sì, diciamo di si.
Sophie si era messa a frugare tra una montagna di polverosi oggetti.
-Ma guarda qua! Non ti facevo un collezionista.
-Beh, sai com’è, quando sei completamente solo per trecento anni devi farti degli hobby, no?
Sophie aveva percepito il pungente velo di malinconia con cui l’aveva detto.
Tirandosi in piedi e muovendo qualche silenzioso passo dietro di lui lo aveva circondato da dietro con le braccia, spiaccicando una guancia alla sua schiena.
-Non sei più solo. Smettila di sentirti così.
Jack avrebbe voluto dirle che si sentiva più solo da quando i suoi sentimenti per lei erano mutati o per lo meno che gli sembrava che il fatto che lei stesse crescendo gli pareva portarli in direzioni opposte, ma non voleva rovinarle il Natale. Camuffando i suoi pensieri dietro ad un luminoso sorriso si era voltato tornando con lei a quell’aggregato di oggetti provenienti da epoche diverse e da regioni di tutto il mondo; chissà quante storie avrebbero potuto raccontare.
-Stai solo attenta a non far rumore. I miei coinquilini sembrano adorabili, ma sanno essere davvero spiacevoli.
-Quali coinquilini?
-Gli scoiattoli!
-Ci sono scoiattoli qui dentro?- aveva chiesto euforica.
-Sì, ma sono il letargo, facciamo piano.
Sophie aveva continuato a frugare mentre Jack le raccontava della solitudine che aveva vissuto in quei secoli.
Nonostante Jack amasse la compagnia, lo stare in gruppo con i bambini e divertirsi, era sempre stato un solitario. Non perché fosse costretto dal suo essere invisibile, era proprio una necessità che sentiva dentro di lui, tant’è che ogni tanto si ricavava del tempo per stare da solo e raccogliere i suoi pensieri.
Era un lato di lui che pochi conoscevano, uno di quei lati che, come la parte oscura della Luna, non mostrava.
Tutti erano abituati a vedere Jack Frost come il fastidioso piantagrane combinaguai che congelava le gallerie a Calmoniglio e che faceva scherzi e dispetti a tutti o come Jack Frost, il Guardiano del divertimento che vegliava sui bambini portando loro neve e risate.
Alcuni lo concepivano ancora come più anticamente era chiamato Jokul Frosti, re del ghiaccio e del gelo, lo Spirito dell’inverno che viene a spazzar via le foglie dagli alberi d’autunno per portare il freddo e la neve.
Tra quelle facce della stessa medaglia, nessuno riusciva a vedere Jackson Overland Frost per quello che era veramente. Nessuno scavava più nel profondo, si soffermavano tutti a ciò che appariva in superficie.
Sophie era l’unica a conoscerlo per ciò che era veramente.
Jack Frost era, sì, un po’ bugiardo, ma aveva anche un cuore d’oro. Tutti gli scherzi che faceva erano per attirare l’attenzione nella speranza che qualcuno riuscisse a vederlo o per riempire il vuoto che quegli anni di isolamento e abbandono gli avevano portato con un po’ di divertimento. Mentre Sophie lo ascoltava raccontare le sue storie e le sue battaglie contro il male, non riusciva a veder altro che un amabile ragazzo che si era sacrificato per salvare la vita di sua sorella e poi per proteggere i Guardiani dalle ombre. Non riusciva che a vedere un’anima buona che ogni anno lottava con North per convincerlo a togliere i teppistelli dalla lista dei cattivi. Vedeva un ragazzo gentile e coraggioso che affrontava le sue paure e che insegnava ai bambini a ridimensionare le proprie ombre fino a farle diventare un granello di polvere sotto il letto. Vedeva quello spirito che, pazientemente, da piccola le metteva i calzini sebbene lei non volesse e continuasse a prenderlo a pedate, perché temeva di congelarle i piedi lui stesso. Vedeva quel ragazzo che metteva da parte i suoi problemi e le sue domande, pur di portare un sorriso ai bambini di tutto il mondo e di far sì che nessuno fosse senza. Tutti pensavano che Jack Frost fosse uno stronzo, ma perfino Calmoniglio, che in passato era stato un po’ troppo duro con lui, aveva dovuto ricredersi. Era sensibile più di quanto ci si potesse aspettare e incredibilmente empatico.
Era ribelle e il più delle volte voleva fare di testa sua, il che rendeva la collaborazione con i Guardiani un po’ complicata, se non fosse che Jack agiva sempre per le vie del bene. Seguiva sempre il suo cuore e anche nelle decisioni più istintive e impulsive questo si rivelava sempre un aspetto positivo.
Era strano da dire e anche solo da pensare, ma Jack Frost era la persona moralmente più integra che Sophie conoscesse. Non aveva vacillato neanche un secondo quando Pitch gli aveva detto di unirsi a lui, non era mai stata sua intenzione quella di tradire i guardiani. 
E poi, sì, era un po’ piantagrane, ma probabilmente era anche quello che lo rendeva così divertente.
Nonostante i secoli che passavano, Jack sembrava sempre portare fede a se stesso. Sebbene fosse bravo ad adattarsi, sembrava per tanti aspetti “un ragazzo di altri tempi” e questa scissione dal tempo faceva sentire Sophie davvero vicina a lui perché anche lei si sentiva spesso staccata dal suo tempo, dai suoi coetanei.
Il suo modo di essere aveva plasmato Sophie più di quanto lei stessa riuscisse ad ammettere e mentre la giovane pensava a questo e rovistava tra gli antichi oggetti aveva trovato un pacchettino di disegni uniti da uno spago.
-Jack, guarda.- lo aveva interrotto mentre non staccava gli occhi dai suoi vecchi disegni tutti conservati con gran cura.
L’albino aveva risposto con l’accenno di un dolce sorriso.
-È qui che vieni quando vuoi stare solo?
-La maggior parte delle volte sì.- aveva ammesso.
Mentre la giovane continuava a frugare sotto gli scudi e a provarsi braccialetti e ciondoli, Jack non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che avrebbe voluto rivelarle i suoi sentimenti. Li sentiva come un bagaglio sempre più ingombrante da portare e, se non per altro, la sincerità e la fluidità con cui si raccontavano tutto era ciò che più apprezzava del loro rapporto.
Ma come? Con quali parole?
“Sophie, vorrei parlarti di una cosa…” no, troppo serio, pensava.
“Vorrei dirti che mi piaci tanto e non solo come amica…” no, era patetico.
“Sento che i miei sentimenti per te sono cambiati e credo…” no, no, no, nessun “forse”! Sophie meritava qualcosa di più sicuro, qualcuno di più sicuro. Jack in fondo si sentiva solo un ragazzino e non si era mai trovato di fronte ad un dilemma sentimentale come quello.
Non sapendo come cominciare il discorso, figuriamoci come finirlo, aveva deciso di lasciar perdere.
Non voleva rovinare la sua preziosa amicizia, ne’ rovinare il Natale ad entrambi.
Aveva ripreso Sophie in braccio per riportarla a casa, appena in tempo.
 
-Sophie?- aveva chiesto Jamie bussando alla sua porta.
Sophie si era svestita di corsa mentre Jack richiudeva la finestra.
-Sì?
-Vieni a vedere un film?
-Entra pure!
Jack, vicino alla finestra, era rimasto a guardare Jamie.
Era molto cresciuto, alto di diversi centimetri più dell’albino. I capelli erano gli stessi con un ciuffo che gli cadeva continuamente sugli occhi. Portava degli occhiali da vista con una montatura fine e squadrata. Di corporatura era rimasto piuttosto esile, di certo non somigliava a quei ragazzi strutturati con le spalle larghe come un armadio, ma Jack immaginava che all’università dei secchioni andasse bene così. Dopotutto, non si poteva affermare che non fosse un bel ragazzo di vent’anni.
Sophie aveva sceso le scale e Jack si era messo sdraiato sullo schienale del divano a guardare silenziosamente il film. Jamie aveva voluto mettere, per tener fede alle tradizioni, un vecchio film di Natale.
Mentre sceglievano il film Sophie non aveva fatto altro che fare domande sulla sua ipotetica cognata, cercando di spillare qualche informazione al fratello, troppo riservato per cascare nei suoi tranelli. Aveva schivato le sue domande e si era seduto trionfante sul divano, il film stava cominciando.
-Oh, quindi è una tua ossessione quella di ricavare informazioni sulla vita privata e sessuale delle persone!
Sophie aveva tirato un cuscino all’indietro, prendendo Jack in pieno volto e facendolo ruzzolare dietro il divano, giustificandosi con un:
-Mi dava fastidio.
Riferendosi non esattamente al cuscino.
 
Jamie sarebbe rimasto a casa per quasi tutte le vacanze.
Avendo tutti i parenti che abitavano lontani la cena di Natale era stata una tranquilla cena in famiglia, anche se il giorno dopo a pranzo avrebbero avuto come ospiti degli amici dei signori Bennett che avevano due figli di un paio di anni più grandi di Sophie. Lei e Jamie giocavano spesso con loro da piccoli.
Dopo cena Jamie e Sophie avevano parlato del più e del meno e la mamma aveva tirato fuori un vecchio album di loro da piccoli, rievocando vecchi ricordi, fino a quando il maggiore non si era ritirato nella sua stanza e la sorella aveva fatto lo stesso.
-Jamie sta seriamente studiando il giorno di Natale?
-Sì. Decisamente non ho preso da lui.
Sophie era brava a scuola e aveva una buona media, ma diciamo che si impegnava quel tanto che le bastava per ottenerla. Jamie invece voleva sempre il massimo, non tanto per essere il migliore della classe ma per tirar fuori il meglio di se. La sua curiosità per la scoperta lo aveva ridotto a quello che la sorella definiva un secchione-nerd-topo da biblioteca.
-Anche tu sei un po’ nerd però. -aveva affermato Jack.
-In piccolissima parte. Che hai fatto oggi?
-Come che ho fatto? Sono stato tutto il giorno con te!
-No, intendo quando non eri con me. Stamani quando è arrivato Jamie ti ho a mala pena considerato e poi se sparito per diverse ore.
-Sono stato da Brooke, in Colorado. È una bambina adorabile ma soffre di una patologia ai polmoni, non ricordo come si chiama… però è stata dei mesi in ospedale e volevo vedere se era felice di aver ricevuto la sua casa delle bambole.
-Era felice?
-Sì, molto. Ci abbiamo anche giocato insieme. Gliel’avevo incartata io insieme agli yeti. Era uno scatolone enorme, è stata una vera impresa!
Sophie aveva riso come se Jack le stesse raccontando un mucchio di frottole.
-Che c’è? Guarda che è vero! Con lo scatolone abbiamo costruito una casetta per lei, disegnandola con i pennarelli. Poi il vento mi ha portato a trovare dei bambini che stavano giocando condividendo i loro regali in un giardino pubblico in Nord Dakota, così ho giocato a palle di neve con loro prima di tornare da te.
-E poi?
-E poi ho portato la rompiscatole della mia migliore amica nel mio albero in Central Park.
-Beh tu sei sempre a casa mia e io non avevo mai visto dove stai tu.
-Sono felice che tu sia venuta con me oggi.
-Anche io.- l’aveva abbracciato, in piedi in mezzo alla camera- È stato il miglior regalo di Natale di sempre.
-Cosa? -lo spirito del gelo le stava intrecciando i capelli tra le dita come piaceva a lei.
-Tutto! Mi hai fatto volare, mi hai portato nella tua casa, mi hai fatto vedere tutte le tue cose, hai risposto alle mie domande e, soprattutto, mi hai fatto vedere quella parte di te che non fai mai vedere a nessuno.
In quel momento, dopo tanto, si sentivano l’uno molto vicino all’altro e non fisicamente. In quell’abbraccio che sembrava non volersi sciogliere, Jack stava pensando alla lettera di Sophie e al fatto che gli aveva appena chiesto della sua giornata. Non succedeva spesso ultimamente, anzi non succedeva da un pezzo. Forse la loro amicizia non era perduta. Questa speranza si faceva un bagliore sempre più vivo e scacciava il buio delle sue paure; per Jack era il regalo di Natale più bello.
 

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Capitolo 12
*** Festa di Capodanno ***


Capitolo 12: Festa di Capodanno
 
Tra i pranzi, le cene e le uscite con gli amici le vacanze stavano passando troppo velocemente per i gusti di Sophie.
Aveva recuperato un po’ di tempo con suo fratello programmando la vacanza che avrebbero fatto insieme la prossima estate. I compiti li aveva a mala pena toccati e, con la scusa che avrebbe lavorato meglio sotto pressione, non aveva fatto altro che procrastinare.
Non che Jack avesse la minima intenzione di farla studiare. Come si metteva un attimo sui libri, l’albino cominciava a tirare palle di neve sul vetro della finestra per sapere se volesse andare a pattinare, un invito che la giovane di certo non rifiutava.
 
Era il primo pomeriggio del trenta dicembre, subito dopo pranzo.
Jack si era intrufolato in casa Bennett quando Sophie era ancora sotto la doccia, così, dopo aver guardato per qualche secondo con nostalgia la porta della camera di Jamie, aveva deciso di aspettarla sul letto.
In quei giorni Sophie l’aveva congedato diverse volte perché doveva uscire con i suoi amici.
Quando era più piccola e i suoi amici credevano in lui era tutto più facile: si aggregava e stavano tutti insieme, anzi non vedevano l’ora di stare con Jack! Era il capogruppo che li faceva divertire combinando mille pasticci. Ma ora che solo Sophie poteva vederlo le cose erano decisamente cambiate. Quella per cui era più difficile era decisamente Sophie che doveva sdoppiarsi nel tempo per non rinunciare ne’ al suo amato Guardiano, ne’ ai suoi amici.
La ragazza era entrata tranquillamente nella propria stanza, sobbalzando appena resasi conto dell’intrusione.
-Jack, mi hai fatto prendere un colpo!- aveva detto portandosi una mano al petto.
-Io a te? Ma ti sei vista?
Sophie era in accappatoio, con i capelli avvolti in un asciugamano messo a turbante e con una maschera per il viso spalmata in faccia.
-Ah-ah. Molto divertente. Ora fammi stare zitta che devo farla seccare.
Si era seduta sulla poltroncina della scrivania con la testa buttata all’indietro intenta a rilassarsi.
-Devo anche scegliere i vestiti. -aveva sbuffato.
-Per cosa?
-Ah, forse non te l’ho detto. Hanna da una festa domani per l’ultimo dell’anno. I suoi genitori le lasciano la casa libera e sarà presente tutto il biennio.
-Fammi capire bene: tu stai cominciando a prepararti ora per una festa che si terrà domani sera?
-Beh, ovvio!
Jack aveva riso. Ancora non riusciva ad afferrare queste dinamiche da teenager.
-Domani pomeriggio verranno qui Emily e Allison per prepararci insieme.
-E tu credi che i tuoi ti lasceranno andare ad una festa senza adulti a supervisionare? Sei fuori di testa!
-Sì, finché non scopriranno che non ci sarà nessuno a supervisionare e a me basterà che lo scoprano la mattina del primo gennaio.
-Sophie Bennett -aveva sussurrato l’albino con tono sorpreso e affascinato- da quando sei diventata così subdola e meschina?
-Da quando ho avuto l’onore di avere te come insegnante.
Si era alzata per andare in bagno a togliersi la maschera e l’accappatoio ed era tornata dopo pochi minuti con solo il reggiseno e le culotte addosso.
Sedendosi alla scrivania si era messa a farsi le sopracciglia con l’ausilio di uno specchio da tavolo e delle pinzette.
-Che mi racconti?- aveva chiesto con nonchalance.
Sebbene Jack fosse rimasto un po’ imbambolato nel vederla arrivare in quel modo, aveva deciso di distrarsi raccontandole le nevicate che aveva fatto venir giù in quei giorni.
Poi la ragazza si era alzata dirigendosi alla finestra e cominciando a contorcersi davanti al vetro.
-Mi spieghi che stai facendo?
-Controllo se mi sono fatta bene i pelini.- si era seduta sul pavimento per guardarsi dietro le cosce.
Jack si era tappato la bocca con la mano per non riderle davanti.
-Sembri un gatto!
-Molto divertente. Sai che figura di merda faccio domani se non sono perfetta?
-Ma ci saranno talmente tante persone, chi vuoi che ci faccia caso?- aveva detto l’albino, senza pensare.
-Nessuno mi noterà, vero?
-No, no, no, no, Sophie, non intendevo questo. Tu sarai sicuramente bellissima, dico solo che ci saranno tantissime persone e le luci saranno soffuse e… 
Ormai era troppo tardi.
-Domani ci sarà Justin con la sua nuova ragazza e io volevo…
-Frena, frena. Tu ti stai facendo bella per quello là?
Sophie aveva annuito. Jack era disgustato al pensiero.
-Beh, non per lui, per farlo ingelosire e fargli pentire di come mi ha trattata.
Jack si era portato una mano agli occhi scuotendo e abbassando la testa con disapprovazione.
-Sophie, tu non devi andare alla festa per lui, devi andarci per te, per divertirti! Non hai bisogno di far ingelosire, ne’ di dimostrare niente a nessuno. -si era avvicinato a lei accarezzandole le braccia e guidandola davanti allo specchio da parete che aveva in camera, posizionandosi dietro di lei- Guardati, sei bellissima. Tu non hai bisogno di Justin, ne’ di nessun altro coglione. – le aveva fatto alzare il mento con la mano- Testa alta e sguardo dritto avanti, sempre. La tua vita devi viverla per far piacere a te, non agli altri. 
L’aveva fatta voltare.
-Ora voglio che tu mi guardi negli occhi e che mi prometta che domani andrai a quella festa esclusivamente per te e che il tuo unico obiettivo sarà divertirti e stare bene.
-Promesso. -aveva sussurrato Sophie dopo alcuni secondi di interminabile silenzio in cui un nodo in gola le impediva di proferir parola.
Ogni volta Jack la sorprendeva con le tue parole o con un semplice gesto, riportandola sulla sua strada allorché qualche evento provasse a depistarla. In quel periodo si sentiva in balia delle onde e Jack era la zattera in mezzo alla tempesta, il suo punto fermo.
Era sgattaiolata via dalla sua presa per andare a vestirsi e raggiungere sua madre e Jamie in cucina in cerca di qualche biscotto, tornando su per porgerne uno a Jack. 
-Grazie di tutto.- gli aveva detto timida.
-Falla finita.- le aveva stampato un bacio in fronte prima di buttarsi sul letto e addentare il biscotto sbriciolandolo sul piumone- Ti ricordo che non mi hai ancora mostrato la mia sorpresa.- aveva detto sputacchiando qualche briciola.
-Giusto! Chiudi gli occhi e non sbirciare!
Aveva tirato fuori dall’armadio un paio delle sue vecchie ali da fatina, una maglia di quando era piccola e una gonnellina hawaiana fucsia con i fiori, mentre Jack si era portato le mani sugli occhi.
-Non sbirciare!
-Non sto sbirciando!
Ma incuriosito dal trambusto aveva ridotto un occhio ad una piccola fessura tentando di intravedere tra le proprie dita cosa stesse accadendo.
Sophie si era levata la maglia, mettendosi al suo posto la maglia arancione con il cuoricino che ora le stava stretta alle spalle e le arrivava sopra l’ombelico e sopra si era sistemata le sue ali rosa.
Si era legata i capelli in una codina disordinata come faceva da piccola e sopra la testa si era sistemata una tiara messa un po’ storta. Quanto alla gonna, l’aveva sistemata sopra i pantaloni della tuta.
-Sono pronta! Puoi aprire gli occhi!- aveva esclamato in piedi in fondo al letto, agitando i fianchi per muovere i fronzoli della gonna.
-Oh mio…
Jack non se lo aspettava per niente e Sophie era divertita dalla sua espressione. Si era inginocchiata ai suoi piedi buttandosi di peso sul letto.
-Che ne pensi?
-Penso che questa sia la cosa più simile ad un film per adulti che io abbia mai visto.
Si era beccato un pugno sul braccio.
-Dai, dico davvero!
-Penso che questa maglietta ti stia strettissima e ti faccia le tette più grandi di quanto tu le abbia.
-Ei!- aveva esclamato portandosi gelosamente le mani al seno- Guarda che le mie tette hanno appena incominciato a crescere.
-Va bene, va bene, scusa!
L’albino le aveva sfiorato le ali con la punta dei polpastrelli, non riusciva a credere che le avesse conservate e che se le fosse davvero messe addosso.
-Attento, ti prego. Non vorrai farmi del male.- aveva detto la ragazza con voce timida come faceva quando era bambina.
-Mai, mia principessa. -aveva risposto Jack anche lui iconizzando la sua risposta.
Vedendo Sophie in ginocchio davanti a lui con quel sorriso e gli occhi che brillavano, avrebbe tanto voluto baciarla. Se non fosse stato per…
-Sophieeee!
La voce di suo fratello la stava chiamando. La ragazza si era fiondata al piano di sotto correndo sul passamano delle scale e beccandosi un rimprovero dalla madre.
-Ma come ti sei conciata?
-Sono una fatina!
-Quando crescerai?
-Quando mi presenterai la tua ragazza ti prometto che crescerò di un secondo.- aveva detto afferrando un biscotto e facendo l’occhiolino a Jamie.
A quanto pare voleva solo sapere se le andava la pizza per cena così era tornata in camera. Aveva donato a Jack la metà del biscotto mezza mangiucchiata che non le andava più.
-Quindi? Tutto qui? Fammi almeno un balletto!- aveva biasciato visto che aveva tutto il biscotto in filato in bocca.
-Io volevo giocare un po’.
-A cosa?
-A quello a cui giocavamo quando ero piccola!
-Ma non avevi detto che non ti andava più di fare certi giochi?- aveva chiesto Jack ricordando quell’orrendo giorno.
-Sì, ma ora mi va e solo un pochino!
-Okay! Non mi chiedi di fare niente di diverso da ciò che faccio sempre.
Sophie aveva cominciato a saltare sul letto per poi cadere sul materasso ridendo.
-Ciao, io sono la fatina Sophie, la protettrice dei fiori.
-Ciao bella fatina, io sono Jack Frost, lo spirito del gelo.
-Dai, ma che noia!- aveva detto la bionda allargando le braccia- Inventati un personaggio!
-Beh, allora sono uno stregone cattivo!
-Tanto non mi prendi!- aveva detto Sophie facendogli la linguaccia, ma non aveva fatto  a tempo ad alzarsi che Jack l’aveva già catturata. Lei era scoppiata in una risata giocosa.
-Come osi ridere?- aveva chiesto Jack imitando una voce profonda e gutturale.
Le stringeva piano i polsi mentre lei si dimenava.
-Faccio male?- aveva chiesto a bassa voce. Sophie aveva scosso la testa così aveva ripreso a fare il vocione- Ora tu sei mia prigioniera e nessuno potrà liberarti!
-No, perché mi libero da sola!
Si era liberata dalla presa di Jack e afferrando un cuscino glielo aveva sbattuto ripetutamente addosso.
-Mi arrendo, mi arrendo!- aveva urlato Jack in preda alle risate.
La ragazza gli aveva concesso una tregua, stendendosi accanto a lui.
-Sappi che rappresentavo uno stregone molto debole, se avessi interpretato me stesso non avresti avuto scampo.- aveva detto una volta ripreso fiato dalle risate.
-Sottovaluti che sono una fata molto potente.
Una volta che anche Sophie aveva regolarizzato il respiro si era tolta le ali e la tiara mettendole di nuovo nell’armadio.
-Come? Già finito?
Jack si era tirato sui gomiti, la guardava con fare interrogativo.
-Tra poco arriveranno le pizze. Volevi la rivincita?
-Magari. -aveva detto l’albino facendo spallucce.
 
L’indomani le sue amiche erano arrivate subito dopo mangiato e di corsa si erano chiuse in camera a prepararsi e spettegolare. Sophie si era rifatta la doccia per sistemarsi i capelli prima del loro arrivo.
Jack aveva deciso di non intromettersi nelle loro delicate questioni da adolescenti; sarebbe passato a trovare Sophie solo prima della festa.
Le ragazze avevano passato il pomeriggio ad escogitare piani per far passare qualche bianca bugia ai genitori, in modo che le loro versioni combaciassero. Avevano parlato di ragazzi, si erano aggiornate sulle nuove coppie e su quali si erano lasciate per non farsi il regalo di Natale. La differenza tra Sophie e le sue amiche è che lei non aveva fatto nessun commento cinico.
Si erano truccate, messe lo smalto a vicenda e sistemate i capelli. Sophie aveva deciso di indossare alcuni dei nuovi capi che aveva acquistato durante lo shopping della Vigilia, proprio come avevano fatto le sue amiche.
 
Jack aveva approfittato di quel momento per passare a trovare la sua fidata consigliera.
-Dentolinaaa! Ho bisogno di te!- aveva urlato atterrando nel palazzo trasportato da una folata di vento e un migliaio di fiocchi di neve.
Alcune fatine gli erano subito volate incontro prima che la loro regina apparisse.
-Jack, che piacere! Come è andato il giro con North?
-Benone! Ho mangiato un sacco di biscotti.- aveva detto massaggiandosi la pancia.
-Anche North è stato molto felice del tuo aiuto. Sono passata da lui ieri, era bello stanco. Penso che passerà tutto il mese di gennaio a dormire.
-Come stai?
-Oh beh, pare che molti bambini si siano spaccati o abbiano perso qualche dente giocando con i doni di Natale. Non capisco se è North che sta costruendo giochi pericolosi o se sono i bambini ad essere sempre più spericolati. Insomma, non è da lui!
-Oh, no! E come fate con i dentini spaccati?- aveva chiesto l’albino preoccupato per i ricordi.
-Non cambia niente, li prendiamo e li custodiamo allo stesso modo, ovviamente lasciando il soldino. I ricordi sono conservati nella parte interna del dente, nella radice.
-Cosa?! Aspetta, ma quindi perché rompi le scatole con il dentifricio e il filo interdentale?
-L’igiene orale è importante, Jack, non sottovalutarla!- aveva detto sventolandogli davanti l’indice per rimproverarlo, poi si era addolcita- Tu come stai?
-Bene, direi.- aveva detto Jack seguendo in volo la fata.
-E Sophie? Ha rotto con quel Justin?
-Sì, da un pezzo a dire il vero.
-Che ti avevo detto? E con lei come sta andando?
-Beh, a dire la verità non lo so.- si era grattato la nuca.
-Ma come non lo sai?- Dentolina lo stava guardando negli occhi- L’altro giorno c’era suo fratello e lei ha sceltodi passare il pomeriggio con te.
-Aspetta, ma tu come-
-Le mie fate.
-Vuoi smetterla di spiarmi?
-E tu l’hai portata a New York per Natale… è così romantico! -la fata sembrava non averlo sentito- Pare che la vostra amicizia stia crescendo ancora.
La fata stava catalogando dei dentini portati dalle sue fatine riponendoli nei contenitori dorati. Svolgeva il suo compito con grande cura e passione e non con la solita fretta.
-Sì, hai detto bene.- aveva detto l’albino in riferimento alla parola amicizia, aveva sospirato.
-Ma tu cosa vorresti da lei? Insomma vorresti qualcosa di più o no? 
-Non lo so, io…- si era seduto in una delle scanalature del castello con una gamba penzoloni- Io non vorrei incasinarla. So solo che ultimamente quello che provo per lei è cambiato. È come se fosse un macigno sempre più grande e io non sono abituato alle cose pesanti, ne’ ad avere segreti con lei.
-Beh, allora diglielo.- l’aveva fatta semplice la fata.
-Ci ho provato ma non riesco a trovare le parole giuste e non so se lei vuole questo da me. Ho paura di rovinare tutto.
-Ancora?? Oh, andiamo, tu le piaci da impazzire. Non hai notato la sua reazione quando ti sei tolto la giacca? Stava praticamente sbavando!
-E questo come fai a saperlo?
-Me l’ha detto un uccellino…- aveva risposto con tono vago e innocente la regina dei dentini, guardando da tutt’altra parte.
-Dente da latte! -aveva esclamato Jack in tono accusatorio.
La fatina aveva pigolato qualcosa portando i palmi al cielo come per giustificarsi.
- Credo tu debba far chiarezza su quello che desideri. Chiedi una mano a Sandy, lui conosce i sogni di tutti!
-Ma io sono un Guardiano!
-E pensi che per questo non ti sia dato di avere dei sogni?
La fata del dentino stava scrutando un molare con la lente di ingrandimento, quando Jack aveva cercato ancora la sua attenzione.
-Quando… quando sto con Sophie io sento una forte attrazione che mi lega a lei.
-Si chiama attrazione fisica, Jack.- aveva spiegato continuando a scrutare il morale.
-Si ma come la controllo? Mi viene da starle sempre appiccicato e vorrei baciarla e toccarla e-
-Okay, non entrare nei dettagli, grazie.
Riponendo in un secondo la lente, la fata gli era svolazzata intorno di nuovo.
-Voglio solo dire che una pulsazione sempre più forte e io non so come fare a gestirla.
-Hai imparato a gestire i tuoi poteri, questa sarà una passeggiata!
-Non è così, sai che sono molto istintivo! Ho paura che Sophie si accorga…
-E quale sarebbe il problema? E poi, oh… è così carino! Sophie ti piace davvero tanto!- aveva esclamato la fata con gli occhi a cuoricino.
-Sì, ma io continuo a non sapere come fare.
-Sei decisamente adorabile.- aveva detto la fata con in volto un sorriso sognante e intorno alcune delle sue aiutanti con la stessa espressione
-Non mi stai aiutando!
 
Con Dentolina in preda ai suoi filmini mentali, la chiacchierata non era stata così proficua come Jack aveva sperato e si era rimesso in volo verso casa della giovane amica.
L’albino non aveva mai veramente afferrato perché Sophie uscisse con Allison e Emily. Forse il nodo della loro amicizia risiedeva semplicemente nel fatto che erano in classe insieme, vicine di banco e che condividevano, oltre all’aiuto reciproco per i compiti, una marea di pettegolezzi e chewing gum. Il fatto è che a parte questo avevano non molto in comune
Allison era una ragazza alta, dai capelli biondi pieni di ricci che le arrivavano poco sotto le spalle, sul nasino a punta e lievemente lentigginoso portava degli occhiali dalla montatura fine che le incorniciavano gli occhi color verde chiaro. Non era decisamente una sportiva: aveva le unghie sempre rifatte e un armadio pieno di scarpe col tacco, abbastanza inutile visto che la natura l’aveva già dotata di una notevole altezza. Era in bagno a piastrare i capelli a Emily, invidiosa di non poter fare altrettanto con i suoi piccoli e indomabili ricci. Sophie stava finendo di truccarsi nella sua stanza, quando Jack era entrato senza chiedere troppi permessi. La ragazza si era tirata in piedi di scatto, pronta a ricevere la sua sentenza.
-Sono vestita troppo da zoccola?
Jack aveva paura di pronunciare quel  che aveva in testa. Non era mai stato bigotto e bacchettone, ma era abituato a vedere Sophie con le magliettine rosa su cui erano cuciti fiori e farfalle di stoffa e non con calze a rete, una minigonna di pelle, una maglietta attillata  con pietre e brillantini cuciti sulle maniche.
-Ehm… sicura di non avere freddo?
-Non cambiare argomento.
-Dico solo che è pieno inverno e… Come farai ad uscire così senza che tua madre ti veda?
Sophie aveva afferrato un giaccone lungo e un paio di jeans.
-Li infilerò sopra.
-E come ci arrivate alla festa?
-Ci accompagna mio padre fino al cancello.
-E tu credi che non sospetteranno nulla?
Aveva fatto spallucce con noncuranza, si era finita di sistemare al volo il mascara e si era voltata di nuovo verso Jack.
-Puoi dirmi che ne pensi, per piacere?
In quel momento Allison e Emily erano entrate in camera di Sophie e Jack si era spiaccicato alla parete per non essere travolto, o peggio attraversato.
-Non dirmi che vuoi metterti gli anfibi?- aveva detto Allison con tono un po’ spocchioso.
-Sì, perché?
Jack era pronto a giurare che Allison fosse cresciuta altri cinque centimetri dall’ultima volta che l’aveva vista. Ma cosa mangiava quella ragazza?
Ad ogni modo anche lei indossava una gonna nera molto corta con sopra una camicetta verde lucida e degli stivali alti fino al ginocchio. Era molto più truccata di Sophie. Quanto a Emily, indossava degli stivali simili a quelli dell’amica e un tubino nero  che le lasciava le spalle coperte solo dai capelli corvini.
-Eddai, Sophie! Stai sempre con quelle scarpe. Stiamo andando ad una festa!
Tempo di far parlare le amiche che se le era già allacciate.
-Queste vanno benissimo.- aveva sentenziato infilandosi sopra jeans e giacca. Le amiche avevano fatto lo stesso, poi euforiche erano uscite dalla stanza. Sophie aveva lanciato a Jack uno dei suoi sguardi alla “stanne fuori” e le aveva seguite.
Jack avrebbe voluto farsi gli affari suoi. Avrebbe voluto svolazzare in qua e là congelando qualche finestra e facendo scendere qualche fiocco di neve. Avrebbe voluto aspettare il suo rientro seduto sul ramo di un albero a guardare la Luna ed è quello che inizialmente aveva anche fatto, ma poi aveva ceduto alle sue tentazioni e si era precipitato a casa di Hanna.
Era una piccola villetta residenziale alla periferia della città. Jack adorava come i suoi genitori la addobbavano per Halloween. Ora era adornata con tante lucine di natale colorate. Dalla strada si sentiva il rumore della musica. Jack si era fermato un secondo atterrando davanti all’imponente cancello chiedendosi se fosse davvero la cosa giusta da fare, poi si era risposto che di cose giuste non ne faceva poi così tante e che una più una meno cambiava poco.
Aveva fatto un giro intorno alla casa finchè non aveva trovato un accesso da cui entrare.
La festa era cominciata ormai da più di tre ore. La musica rimbombava nelle stanze, scuotendo le pareti e fracassando i timpani al povero Jack che tentava di tapparsi le orecchie mentre tra la folla cercava Sophie.
Aveva provato a chiedere in giro ma nessuno poteva sentirlo e non gli sembrava il luogo dove avrebbe potuto trovare un bambino, ne’ tanto meno l’ipotetico bambino avrebbe saputo rispondere alla sua domanda. Aveva continuato a cercare per neanche lui sapeva quanto, aveva perso la cognizione del tempo. Quando finalmente, eccola lì.
Sophie era un po’ in disparte appoggiata ad una parete. Jack si era fiondato da lei, ma era stato interrotto da un ragazzo che le si era avvicinato, sembrava di un paio d’anni più grande di lei.
-Che fai qui da sola?- aveva chiesto ad alta voce per sovrastare la musica.
-Non mi sento molto bene.
Si sentiva la testa pesante, tutto intorno a lei girava e se chiudeva gli occhi forse era anche peggio.
-Dai, ti porto di là così ti riposi un pochino, eh?
Il ragazzo aveva messo la mano sul fianco di Sophie prima di cingerle la vita. Non c’era tempo. Jack aveva agito d’impulso congelando appena il braccio libero del ragazzo per non infastidire Sophie e aveva fatto correre un brivido lungo la sua schiena costringendolo a staccarsi.
Che strano” aveva pensato lui, ma non aveva intenzione di demordere. Si era riavvicinato a Sophie. Era una preda troppo facile. Jack non poteva permetterlo. Il ragazzo si era avvicinato , tirando il corpo di lei aderente al proprio, ma proprio mentre stava per baciarla una folata di vento e fiocchi di neve l’aveva separato bruscamente da lei. Spaventato, era scappato, lasciando Sophie a barcollare. Si reggeva a stento in piedi. Jack si era prontamente tuffato a sorreggerla, appena in tempo.
-Vergognati, brutto pezzo di merda.- aveva borbottato prendendo Sophie sotto braccio.
Per fortuna era stato a casa di Hanna tantissime volte quando lei era piccola e sapeva benissimo dove si trovasse il bagno più vicino. Aveva chiuso la porta congelandola con i suoi poteri.
-Okay, se vogliono pisciare andranno da un’altra parte. Tanto in questa casa ci sono quattro bagni.
Si era spolverato le mani prima di raggiungere Sophie, che aveva adagiato a terra con la schiena al muro.
-Mh… mi gira la testa.
Effettivamente non aveva un bell’aspetto, ma a Jack non era sembrato carino farglielo notare.
-Quanto hai bevuto?
-Mica tanto… mh… non lo so… ahi!
Si era portata una mano alla tempia.
-Ma non sei abituata! E dove sono le tue amiche?
-Emily è a pomiciare. Allison non lo so.- aveva biasciato con estrema fatica.
-Belle amiche.
La testa le faceva sempre più male.
-Vuoi stenderti? Sophie, bevi l’acqua dal rubinetto.
-Non mi va.
-Devi bere un po’ d’acqua, dai, dai retta a me.
Qualcuno aveva bussato pesantemente alla porta.
-Occupato!- aveva urlato Jack, poi rivolgendosi a Sophie- Non possono sentirmi, diglielo tu.
-Jack Frost ha detto che è occupato!
-Okay, la nostra reputazione a scuola è ufficialmente fottuta.
Si era seduto accanto a lei. Restarono entrambi in silenzio per qualche secondo, poi era stata Sophie a romperlo.
-Non mi hai neanche detto come sto.- aveva detto inclinando la testa verso Jack.
-Sophie… sai che sono sincero con te. Ti direi che stai bene se tu ti sentissi bene vestita così ma… so che non è così. Tu non sei così. Perché lo stai facendo? Per le tue amiche, per moda, per piacere a qualche ragazzo? Comunque ne riparliamo domani quando mi segui di più nei discorsi.
Sophie si era stropicciata la gonna con una mano.
-Justin non mi ha neanche notata. Mi è passato accanto dandomi una spallata.
-Che palle questo Justin!
-Dici che non mi sta bene?
-Che?
-La gonna.
-Dico che saresti bella anche con un sacchetto del sudicio addosso. Ma così non sei tu. Perché vuoi a tutti i costi uniformarti alle altre?
La ragazza aveva fatto spallucce, prima che un conato vomito la assalisse costringendola a piegarsi sul bidet che aveva a fianco. Jack si era improvvisato parrucchiere passandole le dita tra i capelli per raccoglierglieli in una coda che teneva con l’altra mano.
Aveva bevuto qualche sorso d’acqua e si era pulita la bocca col polso.
-Sto di merda.
-Lo vedo.
Si era riappoggiata al muro e Jack l’aveva fatta appoggiare alla sua spalla. Avevano chiuso entrambi gli occhi rimanendo di nuovo in silenzio per diversi minuti, aspettando che Sophie stesse meglio.
-Credo sia perché ho paura di rimanere sola.
-Tu non sarai mai sola.
Mentre pronunciava quelle parole, l’albino aveva intrecciato le dita a quelle della ragazza.
Fuori si sentivano le urla e gli scoppi, probabilmente era appena iniziato il nuovo anno.
-Scusa.
-Per cosa?
-Per questo casino.
-Sophie, è da quando sei piccola che sono accanto a te quando vomiti.
-È una dichiarazione d’amore?
-In un certo senso sì. Stai meglio?
-Sì, grazie.
Le aveva baciato la testa.
-Buon anno, piccola.
-Buon anno, Jackie. 

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