Lacrime nella pioggia

di elenabastet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Dovere di soldato ***
Capitolo 2: *** 2- L'immensità del silenzio ***
Capitolo 3: *** 3 - La casa vuota ***
Capitolo 4: *** 4 - NIENTE ***
Capitolo 5: *** 5 - L'AMICA PERDUTA ***
Capitolo 6: *** 6 - Le parole uccidono ***
Capitolo 7: *** 7 - Chi salva una vita ***
Capitolo 8: *** 8 - Vivere d'arte ***
Capitolo 9: *** 9 - Sole di luglio ***
Capitolo 10: *** 10 - Giorni perduti ***



Capitolo 1
*** 1. Dovere di soldato ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

1. DOVERE DI SOLDATO

Dall’alto dei bastioni, tra il calore e il fumo della polvere da sparo dei cannoni, comparve un drappo bianco.

“Si sono arresi, hai visto? Ce l’abbiamo fatta, abbiamo fatto bene a continuare a combattere!”, disse Pierre al suo comandante, che annuì. Sì, avevano vinto, e ora poteva tornare da lei, dove sarebbe dovuto rimanere fin dall’inizio.

Il suo comandante, il suo comandante adorato, quella splendida, bionda guerriera dal nome da uomo e dall’animo più valoroso e coraggioso di qualsiasi altro uomo. Lei, ferita dall’alto dei bastioni mentre portava avanti l’attacco alla Bastiglia davanti ai cannoni e in bella mostra, e in quel momento lui si era reso conto che avrebbe dovuto impedirle di esporsi così e che lei l’aveva fatto volutamente, per raggiungere al più presto il suo amato morto il giorno prima.

Ma ora basta combattere, si sarebbe preso cura di lei in memoria del suo migliore amico, e perché ormai non la ammirava solo, ma la amava anche. L’avrebbe sostenuta, consolata, accudita e avrebbe amato ogni cosa sua, anche la creatura che forse cresceva nel suo grembo, frutto di quel grande amore di cui lui era stato testimone. E se un giorno lei avesse deciso che lui poteva diventare il suo uomo bene, altrimenti sarebbe stato il suo angelo custode comunque.

Mentre correva verso il vicolo dove l’avevano portata, pensava a quella volta che l’aveva creduta colpevole dell’aver venduto Gerard La Salle al tribunale militare, a come l’aveva aggredita e picchiata: se ne vergognava tanto, non le aveva mai chiesto scusa, ma l’avrebbe fatto, e quanto prima. Povero Gerard, anche lui era volato via il giorno prima, come troppi altri.

Arrivò all’imbocco del vicolo: erano tutti immobili intorno a lei, lui sapeva che lei era lì in mezzo, ma come mai i dottori non stavano facendo niente, bisognava incidere, toglierle le pallottole, suturare, se volevano una mano non avevano che da chiedere, non era un medico ma poteva rendersi utile.

Poi vide il giornalista, Bernard Chatelet, a capo chino, che si voltò verso di lui e lo guardò con tristezza. Si scostarono tutti e vide la sua comandante, la sua splendida comandante, distesa, con sopra il suo petto ferito la moglie del giornalista, Rosalie, si chiamava così se non ricordava male, che singhiozzava in silenzio.

E di colpo capì.

Alain de Soissons capì che la sua valorosa e meravigliosa comandante, Oscar François de Jarjayes, aveva raggiunto per sempre il suo grande amore André Grandier. Non gli avrebbe più dato ordini, non gli avrebbe più dato consigli, non avrebbe più pianto tra le sue braccia, non avrebbe più potuto salutarla sull’attenti, non avrebbe più visto quei meravigliosi capelli biondi brillare nel sole. Non avrebbe più potuto chiederle perdono per aver dubitato di lei, non avrebbe potuto prendersi cura di lei e del possibile bambino suo e di André, non avrebbe potuto dirle che lei era il migliore comandante che aveva avuto e che stare ai suoi ordini era il più grande onore e la più grande gioia che gli poteva capitare.

Non poteva più fare niente, quella vita che sognava era sparita, quelle infinite possibilità insieme erano andate per sempre. Oscar François de Jarjayes era caduta lottando per gli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità, perché lui e quelli come lui potessero avere una vita migliore, perché nessun Gerard La Salle dovesse più vendere il suo fucile per sfamare i suoi genitori anziani e i fratelli minori, perché nessuna Diane de Soissons venisse più lasciata dal fidanzato perché troppo povera dopo essere stata usata per il suo piacere, perché nessuno si permettesse di dire che un uomo come André non avesse il diritto di amare e di vivere con la donna amata, solo perché non nobile.

Era morta e l’aveva lasciato solo, per sempre solo, per unirsi di nuovo al suo André. E Alain urlò di dolore, avrebbe voluto mettersi sull’attenti ma anche abbracciare quel corpo, tenerlo stretto, fare in modo che la vita tornasse in lei, che ci fosse un futuro per entrambi, che potessero vedere quel mondo migliore nel ricordo di André. Illuso, non sarebbe mai stato possibile, e avrebbe dovuto capirlo subito.

La rabbia lo prese di colpo, mentre il dottore e Bernard lo guardavano con tristezza e solidarietà, non poteva nemmeno dirle che la Bastiglia era caduta, ormai era andata per sempre, in un posto migliore, non in quell’inferno in cui lui era rimasto.

Alain si allontanò dal vicolo e tornò verso la fortezza, in cui stavano entrando tutti, a cominciare dai Soldati della Guardia, trascinando fuori i soldati e il comandante della Bastiglia, il marchese de Launay.

Conosceva abbastanza bene la vita militare per aver capito che avevano sparato ad Oscar su preciso ordine, perché avevano visto in lei il comandante di quell’impresa da abbattere e cancellare, uccisa lei si sarebbero fermati tutti. Non era stato un incidente o un ferimento accidentale, l’avevano voluta uccidere, e sapeva benissimo chi aveva dato l’ordine. Ma avrebbe pagato, avrebbe pagato in quel pomeriggio di luglio, per ogni giorno perso da lei, per la sua vita spezzata, per il dolore di chi rimaneva.

Alain si avventò contro il marchese de Launay, e fu solo il primo a farlo.

Dopo, molto dopo, si diresse verso la chiesetta in cui l’avevano portata e ricomposta, accanto al suo André. Doveva salutarla ancora una volta, ci avrebbero dovuto essere mille e mille giorni insieme, doveva esserci un mondo in cui le cose erano andate in maniera diversa, un mondo dove lei non era distesa lì, con la sua anima volata via per sempre.

Il caldo incombeva ancora, ma di colpo una folata di vento gli scompigliò l’uniforme ormai lacera e sporca di sangue, non suo. Poi iniziò a piovere, e Alain lasciò che l’acqua gli bagnasse il corpo e il volto. Le lacrime del cielo e della pioggia si confondevano con le sue, e questo era tutto quello che poteva dedicare loro. Al suo migliore amico e alla sua meravigliosa comandante, tante lacrime nella pioggia di luglio, quel giorno e per sempre.

 

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Capitolo 2
*** 2- L'immensità del silenzio ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

2. L’IMMENSITÀ DEL SILENZIO

Non ricordava quando aveva perso la fede in Dio, forse da ragazzino, a causa di quell’ignobile abate che gli aveva fatto per un po’ da precettore, prima di andare a fare l’Accademia militare, che gli era sembrata un paradiso a confronto.

O forse l’aveva persa man mano, tutte le volte che la sua adorata Julie, sua sposa promessa da sempre e sua cugina, vedeva morire senza speranza le vite che avevano provato a germogliare in lei. Senz’altro, era svanita per sempre quando Julie se ne era andata, in pochi mesi, volando via come una falena, per quella malattia che aveva sporcato di sangue le loro lenzuola, la stessa malattia che aveva visto apparire nella sua comandante.

Ma quel giorno, dopo aver saputo le intenzioni dei Soldati della Guardia e del loro comandante, di unirsi ai rivoltosi in una battaglia per la libertà, tornò in chiesa.

Non avrebbe avvisato il comando militare della loro scelta, lui poteva anche non saperne niente. Voleva stare in un luogo in silenzio, dove non arrivassero i rumori di quello che sarebbe successo, che temeva sarebbe stato un massacro.

Entrò nella chiesa di Notre Dame de Versailles e si mise in ginocchio di fronte ad una statua della Madonna con il bambino, chiudendo gli occhi e cercando di allontanare i pensieri negativi che si agitavano nella sua testa.

Rivolse un’invocazione a chiunque volesse ascoltarla, lassù, perché tutti quei ragazzoni che aveva imparato a stimare tornassero, perché non ci fossero conseguenze per nessuno di loro, perché la sua comandante riuscisse a stare meglio, non volasse via come Julie, ora che si era legata al suo ex attendente. Dovevano avere maggiore fortuna di lui e Julie, non poteva sempre finire tutto male per chi si ama.

Si alzò dall’inginocchiatoio e si sedette: in chiesa non c’era nessuno, erano tutti indaffarati in altre questioni, e provò serenità per un po’, magari quando fosse uscito da lì tutto sarebbe stato diverso e sarebbe andato a posto.

Sapeva cosa succedeva a Parigi, c’erano vari reggimenti in armi, come il Royal Allemande, e l’esito di ogni scontro poteva essere incerto. I Soldati della Guardia erano valenti, ma in battaglia potevano succedere tante cose.

Si beò del silenzio, ma di colpo una mano lo scosse:

“Allora siete qui, colonnello D’Agoult. Vi vuole il generale Bouillé, è urgente”.

Henri D’Agoult guardò con fastidio il comandante Labourne, con cui anche la sua comandante si era scontrata. C’era sempre qualcuno che diceva qualche parola di troppo e che svelava dove uno era.

Lasciò con rimpianto il silenzio della chiesa di Notre Dame e seguì Labourne dal generale Bouillé, al comando centrale a Versailles. Sapeva cosa gli avrebbe detto, e sperava che fosse solo quello.

La luce del giorno era ancora piena, ma pian piano il tramonto si stava avvicinando. Bouillé lo ricevette furioso:

“Colonnello D’Agoult, chi vi ha autorizzato a prendervi un giorno di permesso? Ma voi sapete cosa è successo?”

“Il comandante de Jarjayes ha autorizzato una mia richiesta, oggi è l’anniversario della morte di mia moglie e ho voluto avere un attimo di raccoglimento. Lei non c’entra, è una cosa decisa ieri”.

“Ah, davvero? E scommetto che non sapevate niente delle sue intenzioni! Oscar François de Jarjayes si è unita ai rivoluzionari, ha rinunciato al suo nome e al suo titolo e sta combattendo contro le truppe fedeli a Sua Maestà il Re a Parigi. Comunque, dagli ultimi dispacci, pare che i Soldati della Guardia si trovino in gran difficoltà. Vi ordino di tornare in caserma e attendere nuove istruzioni”.

Henri D’Agoult obbedì: nella caserma vuota c’era silenzio, troppo silenzio, non gradevole come quello in chiesa. Restò lì da solo tutta la sera, con un oscuro presagio che gli stringeva il cuore, ad un certo punto scoppiò un temporale, e nel rombo del tuono gli sembrò di udire un urlo, un urlo di donna, l’urlo della sua comandante, ma forse era solo suggestione.

L’indomani mattina, dopo una notte insonne, arrivò un nuovo ordine da Bouillé portato dalla persona di Labourne, doveva andare anche lui a Parigi perché le cose si stavano mettendo sempre peggio. Non seppe dettagli e non ebbe istruzioni ulteriori.

Arrivato a Parigi, incontrò due soldati del Royal Allemande, che erano rimasti isolati dal resto del reggimento: si capiva che il giorno prima era stato un inferno e che non avevano speranze che quel giorno andasse meglio.

“Voi siete dei Soldati della Guardia, vero? Sapete che la loro comandante ha disertato?”

“L’ho sentito dire”, disse D’Agoult cercando di mantenere un tono distaccato.

“Comunque ho sentito dire che in tanti di loro sono caduti e che la stessa comandante stanotte si è lanciata in un attacco quasi suicida contro un drappello di militari. Ma forse si è salvata. Comunque, pare che vogliano attaccare la Bastiglia, conviene andare là”.

In realtà, non riuscirono ad arrivare alla prigione, perché furono bloccati da varie scaramucce. Solo quando tutto fu finito, anche nel peggiore dei modi per la guarnigione che la presidiava, D’Agoult arrivò davanti alla fortezza, cercando qualche volto familiare.

“Colonnello, colonnello D’Agoult...”

Louis Perrier, uno dei soldati del reggimento dei Soldati della Guardia, gli si era parato davanti, era tutto sporco di polvere da sparo e sangue, ma non era ferito. Era esausto e addolorato.

“Oh, Perrier, dove sono gli altri?”

“È stata una carneficina...”

“Credo di aver capito, comunque io non ho detto niente agli alti comandi. Ma dove sono il comandante de Jarjayes, Alain e gli altri...”

Louis Perrier era un omone grande quasi quanto Alain, ma di colpo i suoi occhi si riempirono di lacrime e scoppiò in singhiozzi come un bambino:

“Colonnello, noi ci siamo schierati con il popolo, per la libertà. Ma sono morti, tutti morti, tanti morti. Alain, no. Ma è caduto La Salle, è morto Grandier, ieri sera, tra lo strazio generale, sapete, era diventato il compagno della nostra comandante...”

D’Agoult si sentì gelare il sangue nelle vene, malgrado il caldo. No, non doveva succedere, non questo.

“E poi è morta anche lei, le hanno sparato dall’alto della fortezza, ha voluto che continuassimo a combattere, abbiamo vinto ma lei è volata dal suo André. Colonnello, cosa faremo senza di lei!”

D’Agoult vacillò, ma poi chiese dove fosse. C’erano delle cose da fare, ma prima doveva salutarla, ancora una volta.

Arrivò in quella chiesa camminando in mezzo ad una folla ebbra che beveva e urlava. In chiesa c’era silenzio, e Oscar non era sola, era accanto al suo André, e vicino c’erano persone che lui non conosceva che pregavano. D’Agoult rimase un attimo in raccoglimento, poi se ne andò, doveva fare una cosa, la cosa più difficile, ma era suo dovere.

Doveva portare la notizia della morte di Oscar e André a casa, prima che qualcuno lo facesse in maniera cattiva e sbagliata. Si mise a cavallo, era buio, ora era tutto silenzio e si incamminò verso palazzo Jarjayes. Il caldo si era smorzato e stava piovendo. Meglio, pensò, almeno nessuno si accorgerà che sto piangendo.

 

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Capitolo 3
*** 3 - La casa vuota ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

3 – LA CASA VUOTA

Era rimasto per ore davanti al quadro, con stretto in mano quel messaggio laconico, poche parole che l’avevano sconvolto. Aveva urlato Non ti perdonerò mai, di fronte agli occhi attoniti della fedele governante Marie, e quell’urlo aveva richiamato anche sua moglie Marguerite, che da qualche tempo viveva come in un mondo tutto suo, dopo aver lasciato il servizio come dama di compagnia della regina a Versailles alcuni mesi prima.

“Ma no, dai, vedrai che torna, torna sempre a casa”, aveva detto Marguerite e poi si era allontanata.

Aveva guardato quel quadro per tanto tempo, quel meraviglioso quadro di rara bellezza, un vero capolavoro, di quelli che superano i secoli, e che sarebbe stato ammirato dalla gente del futuro. E alla rabbia si era sostituita la preoccupazione, perché di colpo si era sentito smarrito e solo.

“Vivi come il tuo cuore ti suggerisce. Se vuoi sposare André vi darò la mia benedizione, se vuoi seguire le idee liberali del marchese de Lafayette anche, ma torna a casa, torna, continua a comandare i tuoi uomini, continua a vivere qui con noi, con il tuo André o con chi vorrai, ma voglio solo rivederti sana e salva, insieme a lui”.

Poi, ad un tratto, François Augustin de Jarjayes venne informato che c’era un messo per lui: era uno degli uomini del generale Bouillé, che lo convocava con urgenza al comando centrale.

Arrivò con il cuore in gola e cercando di stare calmo, probabilmente c’era l’ordine di partecipare alla repressione dei disordini a Parigi con il suo reggimento, strano che non si fossero limitati a portare il dispaccio.

Ma lo attendeva una dura sorpresa.

“Generale de Jarjayes”, disse Bouillé, “vi devo comunicare che i Soldati della Guardia al comando di vostra figlia Oscar hanno disertato e si sono uniti al popolo in rivolta nella città di Parigi. Questa è un’onta che resterà per sempre sulla vostra famiglia, vostra figlia ha superato la misura. Auguratevi che non torni viva, pare che il suo reggimento abbia subito delle perdite considerevoli, altrimenti dovremo prendere dei provvedimenti severi. E non pensate di salvare voi stesso da questa onta, perché non ci riuscirete”.

No, non poteva augurarsi che Oscar non tornasse viva. Era sicuro che il suo antico amico avesse frainteso il tutto, non poteva essere come lui diceva, senz’altro sua figlia aveva cercato di impedire una carneficina tra la popolazione. Avrebbe chiarito ogni cosa con lei quando l’avrebbe riabbracciata, ma di colpo capì che quello che aveva di fronte non era un amico, ma un rivale, che l’aveva sempre osteggiato per quella figlia migliore di tanti figli maschi, a cominciare senz’altro dal suo debosciato erede. Forse questa era una vendetta, una vendetta di Bouillé contro di lui.

“Vi chiedo di rimanere a casa vostra finché Sua Maestà non prenderà provvedimenti contro la vostra famiglia”.

Certo e finché la situazione non si fosse chiarita.

Tornò a casa, sicuro che le notizie che arrivavano da Parigi fossero confuse e frammentarie. Certo, era così, doveva essere così.

Non disse niente alla moglie e alla governante, la prima tanto non ci avrebbe fatto caso, la seconda non doveva essere impensierita. Ma notava che era già preccupata di suo, anche se non osava chiedere.

François Augustin de Jarjayes passò tutta la notte e il giorno dopo davanti al ritratto di sua figlia, certo che tutto sarebbe andato a posto. Ad un tratto arrivò sua moglie, ormai così sfuggente, che guardò il quadro e disse:

“Sembra un eroe di leggenda, come nostra figlia. Un eroe che cavalca sulle nuvole, verso un mondo migliore”.

Lui cercò di allontanare quel pensiero. Poi si fece sera e arrivò la notte.

L’indomani mattina, in un’alba sempre meno precoce, sentì un rumore di cavalli che arrivavano. Erano loro, erano quei due scapestrati di Oscar e André che tornavano, avrebbero dovuto dargli delle spiegazioni, ma non avrebbe più tentato di fare loro quella pazzia dell’altra volta, ucciderli. No, sarebbero vissuti sotto la sua protezione e avrebbe lottato con tutte le sue forze per strapparli via dalla vendetta di Bouillé.

François Augustin de Jarjayes si affacciò e vide che c’era un solo uomo, conosceva di vista il colonnello D’Agoult, conosceva il suo valore, e vide che era stanco e addolorato. Certo, aveva partecipato agli scontri, senz’altro era stanco per quello, doveva essere così, e poi arrivare così presto, doveva dormire, doveva mangiare, lui lo avrebbe aiutato.

Gli andò incontro e si accorse dopo che dietro di lui erano sbucate dalla casa anche anche Marie, la fedele governante, e sua moglie Marguerite.

D’Agoult smontò da cavallo e si mise sull’attenti:

“Generale de Jarjayes, è mio dovere portare a termine questo compito. Devo comunicarvi notizie sulla sorte di vostra figlia”.

François Augustin sentì il suo cuore che balzava nel suo petto e poi rallentava.

“Vostra figlia ha partecipato all’espugnazione della Bastiglia ieri a Parigi dalla parte dei ribelli”.

Allora l’aveva fatto, aveva davvero voltato le spalle a tutto. Come avrebbe potuto perdonarla? Ma forse non sarebbe più tornata a casa, sarebbe fuggita con André e lui avrebbe loro mandato la sua benedizione. Avrebbe accettato tutto, pur di saperla sana e salva, anche se lontana da lui.

“Purtroppo è rimasta ferita durante l’assedio”.

No, non poteva essere. Ma da una ferita si guarisce, era rimasta ferita altre due volte, quel giorno da ragazza per quell’incidente a cavallo, e quell’altra volta in quell’agguato. Ma era venuto il buon dottor Lassonne, e André aveva vegliato su di lei, e Oscar si era salvata, perché doveva salvarsi.

“Devo comunicarvi che vostra figlia è deceduta a causa delle ferite”.

No, non poteva essere, non era possibile, non sua figlia. No, sua figlia era come una leggenda immortale, viveva in quel quadro, ma viveva anche nel mondo, era la sua meravigliosa figlia, migliore di qualsiasi figlio maschio, questo pover’uomo stava sragionando.

“Purtroppo alcune ore prima era rimasto ucciso in uno scontro anche il luogotenente André Grandier, già attendente di vostra figlia, e ora suo sposo”.

No, ma il caldo doveva aver dato alla testa a questo poveraccio, sapeva che era rimasto vedovo da un anno, e poi si sa, ci sono dei dispacci sbagliati, era senz’altro un errore. Oppure no, era in combutta con Bouillé per dargli notizie false, non era vero, non era vero niente, Oscar e André erano vivi e vegeti, senz’altro erano rimasti insieme quella notte, e se ora erano marito e moglie erano un loro sacrosanto diritto.

Un gemito lo fece voltare: Marie si era portata le mani davanti alla bocca e si era afflosciata a terra in ginocchio, piegando la testa verso il petto e dondolandosi. Sua moglie Marguerite si chinò ad abbracciarla, piangendo anche lei, mormorando frasi sulle cavalcate sulle nuvole di Oscar, sulle leggende, sui cavalieri senza macchia e senza paura.

Jarjayes guardò il colonnello D’Agoult, che stava sforzandosi di mantenere un contegno, ma che stava spezzandosi. No, non era un amico di Bouillé, non lo era mai stato.

“Purtroppo è vero. Sono stato nella chiesa di Sainte Geneviève, dove vostra figlia e il suo sposo giacciono, mi è stato riferito che vogliono seppellirli insieme, mi spiace avervi dato questa notizia”.

Morta. Sua figlia era morta, con il suo amato André. Era andata in un luogo dove non avrebbe mai più potuto vederla, dove sarebbe stata al sicuro dalle rappresaglie di Bouillé, dove non sarebbe mai invecchiata, dove non avrebbe mai visto inaridire il suo cuore, dove il suo amore per André sarebbe durato per sempre, oltre il tempo e lo spazio. Era andata nel paradiso degli eroi, nei Campi Elisi, a Tir Na Og, come gli aveva detto quella volta quel soldato irlandese che aveva incontrato, nella terra dell’eterna giovinezza, nel Valhalla.

Era morta, e di colpo tutto diventò gelido, anche se era luglio, anche se era caldo. Doveva vederla, voleva vederla per un’ultima volta, per darle quella carezza che non le aveva mai dato, per unire le mani sue con quelle di André e benedirli, doveva farlo, ma non riusciva a muoversi.

Iniziò a piovere di nuovo, quei temporali rapidi ma violenti estivi, D’Agoult non osava avvicinarsi al generale, aiutò la governante ad entrare in casa, mentre la contessa de Jarjayes si mise accanto al marito.

D’Agoult seppe poi che aveva portato Marie sul suo letto di morte, perché da lì non si sarebbe più alzata.

François de Jarjayes rimase fermo, mentre la pioggia gli scorreva addosso, mentre sua moglie gli stringeva le mani con dolcezza e passione. Si sarebbe mosso poi molto dopo, per ora restò lì, a mescolare le lacrime con la pioggia, sempre più copiose, pregando che un fulmine lo mandasse da sua figlia, ma sapendo che non avrebbe più potuto vederla mai più.

Lui non era un eroe, lui poteva solo piangere nella pioggia, non cavalcare sopra le nuvole con Oscar e André. Solo lacrime, più forti della pioggia che impietosa, come a punirlo, cadde dal cielo sopra il suo volto.

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Capitolo 4
*** 4 - NIENTE ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

4 - NIENTE

Forse aveva ragione sua moglie, quando storceva il naso vedendolo partire per la caccia e poi tornare: ultimamente era diventato tutto un disastro, non prendeva più niente, ma era una tradizione della sua gloriosa famiglia andare a caccia di animali, non era questione di crudeltà o altro. L’altro tipo di caccia, quella alle donne, non gli interessava, gli bastava la sua bella e esuberante consorte, non avrebbe saputo che farsene di marchese, baronesse e contesse belle e disponibili, e nemmeno di cameriere e ragazze del popolo, non era come suo nonno o come il suo celeberrimo bisavolo.

Non lo trovava giusto, verso sua moglie, verso la Francia e verso le donne in generale. Sapeva che sua moglie non l’avrebbe mai amato come lui la amava, ma erano ormai buoni amici e li univano due figli, oltre al dolore di averne persi altre due, quella piccina durata un soffio e l’altro, che sognava di cavalcare sulle nuvole e forse ora era lì, ma che se ne era andato troppo presto.

Sapeva benissimo chi amava sua moglie e non solo in modo platonico, ma non ci poteva fare niente, solo vegliare che non si mettesse nei guai. Una volta non era solo in questo, una volta c’era lei, quella creatura uscita da una leggenda, bellissima, bionda, coraggiosa, leale, l’unica a cui avesse trovato la forza di confidare i suoi veri sentimenti per la bella moglie. Un vero angelo custode, un’amazzone votata alla lealtà più assoluta, sapeva cosa aveva fatto, quella volta al ballo, per tutti loro e gliene era grato.

Ecco, lei era molto più abile a caccia di lui, e non solo, non aveva mai provato per questa amazzone guerriera, che sembrava uscita dagli antichi poemi epici, desideri strani, ma aveva invidiato l’uomo a cui lei avrebbe concesso il suo cuore e non solo. E forse aveva anche individuato chi poteva essere, aveva una sua ombra, definita il suo attendente, ma era ben altra cosa il loro legame, era qualcosa di mistico e magico, che l’aveva colpito e l’aveva fatto sognare da ragazzino. Ecco, avrebbe voluto avere quel rapporto con sua moglie, perché l’amazzone e l’attendente sembravano davvero due sposi uniti da un sentimento profondo per l’eternità, come si legge nelle fiabe, nei miti e nelle leggende.

Comunque, la meravigliosa guerriera aveva scelto di allontanarsi dalla corte, dove aveva mostrato ancora di più il suo senso di lealtà e generosità: l’aveva sollevata con grande piacere e stima da quella brutta accusa di tradimento, e non solo perché gliel’aveva chiesto sua moglie. C’erano cose che non si potevano dimenticare, come quello che lei aveva fatto per il loro sfortunato bambino e in fondo aveva fatto quello fuori dall’Assemblea per evitare una carneficina inutile.

Chissà perché in quella sera di luglio gli veniva in mente proprio lei.

Arrivò in camera sua, era stanco, voleva andare a dormire, non aveva nemmeno voglia di leggere qualche buon libro di Storia inglese, la sua grande passione, ma dopo poco qualcuno bussò alla sua porta.

“Vostra Maestà, sono il duca di Liancourt. Devo darvi una notizia”.

“Certo, entrate pure”.

“Il popolo in armi ha avuto la meglio sugli eserciti che presidiavano Parigi e ha assaltato e espugnato la Bastiglia”.

Luigi Augusto, al secolo Luigi XVI, restò interdetto.

“Ma allora è una rivolta?”

“No, sire, è una rivoluzione”.

“E i Soldati della Guardia cosa hanno fatto”

“Purtroppo, il reggimento della caserma di Rue Chaussée d’Antin è passato dalla parte del popolo, sotto il comando di Oscar François de Jarjayes, che ha disertato rinunciando al nome e al titolo”.

No, Oscar non poteva aver fatto quello… o forse sì, lei si sentiva sempre dalla parte dei deboli e degli oppressi, e questa volta non erano loro, e senz’altro c’entrava lui, la sua ombra, il suo attendente, André Grandier, ecco come si chiamava.

“Dovrò prendere dei provvedimenti, ma voglio prima avere ben chiara la situazione, siamo legatissimi alla famiglia Jarjayes e ad Oscar...”

“Vostra Maestà, purtroppo non è finita qui. La comandante Oscar François de Jarjayes è stata gravemente ferita durante l’assedio della Bastiglia, pare insieme al suo sottoposto e marito André Grandier. Sono morti, mi spiace molto”.

“Sua Maestà la Regina lo sa?”

“No, si trova al Trianon...”

“Benissimo, domani mattina glielo dirò io stesso. Non voglio che lo sappia da nessun altro, sono stato chiaro?”.

Luigi Augusto passò la notte in bianco, sapendo cosa lo avrebbe aspettato, il più gravoso dei compiti. E pensò ad Oscar, alla meravigliosa Oscar, che sua moglie adorava e anche lui, alla Oscar che aveva dato gioia e conforto al suo bambino morente, ad Oscar, che sembrava ad una creatura delle leggende, ad un’amazzone mitica. Alla fine allora aveva sposato André e sarebbe rimasta con lui per sempre, e quella era l’unica cosa che gli dava conforto.

E gli eroi muoiono giovani sempre, perché sono cari agli dei, questo l’aveva letto in tante storie e succedeva anche nella vita.

Luigi XVI capì che ora era più solo, erano più soli, lui e sua moglie: con Oscar se ne era andata l’unica che poteva salvarli. Ebbe uno strano presagio di qualcosa di terribile che sarebbe successo, qualcosa che senza quella guerriera uscita da una leggenda per passare un tempo così breve in questo mondo non era più evitabile.

Si affacciò alla finestra, pioveva, e sentì che insieme alla pioggia sulle guance scorrevano anche le sue lacrime, portando via speranza e gioia. E quello era solo l’inizio, lo sapeva bene.

 

 

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Capitolo 5
*** 5 - L'AMICA PERDUTA ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

5 – L’AMICA PERDUTA

Andare all’Hameau era sempre fonte di soddisfazione e pace per lei, soprattutto quando era con i suoi figli, gli unici due che le erano rimasti. Poi, era appena nato un adorabile vitellino, e questo era stato un momento davvero unico e toccante, aveva visto gli occhi dei due bambini luccicare per l’emozione, erano stati anche bravi, nessuna domanda imbarazzante, non era ancora il momento si sapere certe cose per loro.

Però si sentiva triste da quando lei era venuta a trovarla in quello strano tramonto struggente, perché aveva sentito che quello era un addio definitivo. La sua migliore amica, l’unica che con la sua presenza la confortava da quando era arrivata in Francia, di cui non aveva mai capito le motivazioni che l’avevano spinta a lasciare il servizio alle sue dipendenze, ma che aveva rispettato come scelta, si era allontanata nel fuoco di una fine giornata torrida, come portata via da un vento, e lei aveva sentito una morsa al cuore.

Era stato un suo dovere sollevarla da quell’accusa infamante, sapeva quanto avesse a cuore valori come giustizia e lealtà, dai tempi in cui l’aveva sospesa per quel famoso duello, di cui conosceva benissimo le motivazioni, ed era anzi ben felice che il duca di Germaine fosse poi sparito da corte. Ma nello stesso tempo bisognava fare qualcosa per fermare quei folli dell’Assemblea nazionale, ne andava del prestigio dei Borboni, già pesantemente attaccato dallo scandalo della collana orchestrato da quell’ignobile Jeanne de La Motte.

Non capiva come mai la buona e leale madamigella Oscar non capisse le sue motivazioni, e quando, quella sera, mentre quel vento caldo e inquietante muoveva i capelli ad entrambe, aveva visto nei suoi occhi quelle calde lacrime mentre la supplicava di fermare i soldati a Parigi, qualcosa in lei si era spezzato.

No, non poteva essere un addio, loro erano amiche da una vita, si sarebbero riviste e avrebbero superato i loro dissapori. Sarebbe tornata a corte, avrebbe giocato con i suoi figli, avrebbero parlato.

Quella mattina, poi, Maria Antonietta, regina di Francia, aveva saputo da suo marito Luigi XVI che i Soldati della Guardia capitanati da madamigella Oscar dovevano unirsi agli altri reggimenti incaricati di sedare la rivolta a Parigi. Un ordine non partito dal sovrano stesso, che si era molto arrabbiato per essere stato scavalcato, ma dal generale Bouillé.

“Vi prego, fermate Oscar, mandate un messo, non può rischiare così la sua vita e quella dei suoi uomini!”

Luigi aveva obbedito alla moglie, e non solo per amor suo, ma anche perché non amava essere prevaricato. Aveva fatto partire un messo, e poi era stato visto convocare il generale Bouillé scuro in volto, e pare che il fiero e tronfio militare avesse ricevuto una serie di rimproveri dal suo re di solito tanto mite e riservato di quelli che non si scordano.

Maria Antonietta si era poi occupata dei suoi figli e dell’andamento delle cose all’Hameau, pregando che tutto fosse a posto. Da Parigi tutto taceva e nessuno le aveva più detto niente.

Ma una strana inquietudine la attraversava, e per la prima volta aveva pensato che lei in fondo conosceva poco quell’amica così leale e silenziosa, che aveva ascoltato i suoi sfoghi, conosciuto anche i suoi segreti più intimi, fatto giocare i suoi figli e l’aveva servita sempre con dedizione. Non sapeva perché se ne era andata dalla Guardia reale, qualcuno le aveva raccontato una storia circa una bellissima contessa misteriosa stranamente somigliante ad Oscar, che era apparsa ad un ballo a corte danzando con il conte di Fersen, ma poi era sparita ad un tratto come Cenerentola, la protagonista della fiaba preferita da sua figlia Maria Teresa, quando scocca la mezzanotte.

Maria Antonietta aveva sempre visto il rapporto stretto che c’era tra Oscar e la sua ombra André, un rapporto che le ricordava uno dei pochi libri che aveva amato leggere nella sua vita, Paul e Virginie di Henri Bernardin de Saint Pierre. Ricordava ancora come aveva interceduto con Luigi XV per salvare André da morte certa, ufficialmente lui era il suo attendente, ma in realtà si capiva che c’era ben altro.

La regina di Francia sapeva bene che legami anche torbidi univano le nobildonne ai loro servi, per non parlare di quelli presenti tra nobili e serve, Laclos con Le relazioni pericolose non aveva inventato e raccontato niente di nuovo. E poi c’erano anche le storie sordide, come quelle di cui era stata accusata anche lei da Jeanne de La Motte e dai libelli nati sulla sua onda, tra donne e tra uomini.

Ma Oscar non era tipo da quelle cose, lei era bella, pura, coraggiosa, e il suo amore per André, perché era amore, era al di sopra delle chiacchiere. Maria Antonietta ricordava bene André che le stava sempre dietro, come un angelo custode, ricordava gli sguardi non certo edificanti di certe dame verso quel bel ragazzo, che sembrava una statua di un dio greco diventata viva, ma ricordava anche come lui guardava Oscar, e sapeva che si era arruolato nei Soldati della Guardia.

“Una volta vi chiederò di André, madamigella Oscar”, disse tra sé Maria Antonietta, “perché ci rivedremo presto, dobbiamo rivederci”.

Passarono due giorni senza notizie su cosa stava succedendo a Parigi, nessuno parlava alla regina, e lei da un lato fu grata per questo, dall’altro avrebbe voluto saperne di più.

Faceva caldo quel mattino, e lei si era alzata presto, sperando di avere presto notizie. Forse era davvero il caso di tornare a Versailles da suo marito.

“Maman, andiamo a vedere di nuovo il vitellino?”, disse suo figlio.

“Certo, Charles, e se va bene entro domani al più tardi dovrebbero nascere anche i paperotti. Poi tra qualche giorno ci saranno anche i piccoli cigni nel lago”.

“Così li disegnerò”, disse Maria Teresa. Certo, tutto doveva andare avanti come sempre, e Oscar sarebbe venuta a trovarli.

Un rumore di cavalli la fece sobbalzare. Non era un buon segno, e dire che di solito amava le visite.

“Papà, papà”, disse Louis Charles correndo incontro a suo padre, “lo sapete che è nato il vitellino e che devono nascere i paperotti?”

“Ma che bella notizia”, disse il re di Francia a suo figlio e poi guardò sua moglie.

“Devo parlarvi, madame. Noi due soli”.

Maria Antonietta pensò per un attimo che volesse biasimarla per qualche spesa folle, anche se sapeva che ultimamente quel discorso lì non aveva più senso. Ma il volto di suo marito era addolorato, non arrabbiato, e capì che era successo qualcosa di triste. E il pensiero di Oscar, in lacrime in ginocchio davanti a lei mentre la implorava di fermare i soldati, le attraversò di colpo la mente.

“Madame, vi devo comunicare che purtroppo il nostro messo non è riuscito ad allontanare i Soldati della Guardia di madamigella Oscar dagli scontri di Parigi”.

“Oh, no”.

“Madamigella Oscar e i suoi soldati hanno deciso di unirsi al popolo contro le forze mandate a presidiare la città”.

Maria Antonietta si sentì venire meno. No, non poteva essere, Oscar le aveva detto di fermare i soldati, di fare in modo che non puntassero le armi contro donne e bambini, ma non si era fermata a quello, aveva agito, perché non poteva rinunciare a proteggere gli innocenti e gli inermi.

“Non la punirete, vero? Non possiamo dimenticare tutto quello che ha fatto per noi”.

“No, madame. Purtroppo, ieri mattina, gli insorti hanno dato l’assalto alla Bastiglia, dopo che la fortezza aveva puntato le sue armi sulla città di Parigi, e madamigella Oscar ha guidato il fuoco dei cannoni. Ma una raffica di spari l’ha colpita...”

“No, ma è grave? L’hanno curata? E i suoi uomini, sono mica finiti in carcere per insubordinazione? E André?”

Luigi Augusto restò scuro e addolorato in volto, sapeva che sarebbe stata dura, ma non fino a questo punto.

“Gli uomini di madamigella Oscar non saranno puniti, il marchese di Lafayette ha già intercesso per loro e la situazione diventerebbe insostenibile con gli insorti. I sopravvissuti, perché ci sono stati diversi caduti, non subiranno nessuna condanna e nessuna persecuzione”.

Maria Antonietta si rilassò visibilmente.

“E quindi anche Oscar...”

“Purtroppo madamigella Oscar è deceduta in seguito alle ferite, così come il suo sposo, André Grandier”.

No, non poteva essere, non poteva essere, Oscar non poteva essere morta, insieme ad André…

Maria Antonietta guardò il volto addolorato di suo marito e capì che era tutto vero. Di colpo, qualcosa nella sua anima si spezzò, qualcosa di antico, qualcosa di buono e di sereno che l’aveva accompagnata per tutti quegli anni. La sua amica le era sempre parsa come una creatura giunta da un regno di fiaba per vegliare su di lei, e ora capiva che senza Oscar non c’era più protezione.

Se ne era andata via con il suo André, verso un mondo migliore. Invece, per lei era rimasto l’inferno, e capì che senza più Oscar le cose si sarebbero messe per il peggio, e in un attimo si pentì di non averla ascoltata di più, di non averla convinta a rimanere al suo fianco, di non averle, quell’ultima sera che era venuta da lei, dato appoggio e soddisfazione alle sue richieste.

Maria Antonietta corse verso la finestra del Trianon, un violento temporale si stava scatenando sul palazzo e la tenuta, ringraziò che i suoi figli erano al sicuro, ma per quanto? Appoggiò la fronte al vetro, bagnato di gocce grosse e lasciò che anche le sue lacrime scorressero. Non sarebbe durato tanto, ci sarebbero stati i paperotti e i cignetti da vedere, e anche il vitellino, ma Oscar era andata via, via per sempre, e lei era ormai era sola, come non si era mai sentita.

Il suo cavaliere senza macchia e senza paura, la sua amazzone, la sua meravigliosa amica guerriera era via. E di colpo il mondo le sembrò vuoto e pieno di dolore.

 

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Capitolo 6
*** 6 - Le parole uccidono ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

6 – LE PAROLE UCCIDONO

“Gaston, per piacere, vedi di procurarti anche le gazzette, voglio essere informato su cosa sta succedendo. Mi hanno escluso dal servizio attivo, ma non voglio certo isolarmi da tutto”.

Gaston annuì, trovava davvero assurdo che il suo padrone, che serviva da ormai più di vent’anni i reali francesi, dovesse stare chiuso nel suo alloggio a due passi dalla reggia senza poter uscire per nessun motivo, mentre la situazione là fuori stava degenerando e senz’altro ci sarebbe stato bisogno di un soldato valoroso come lui.

La pena avrebbe dovuto essere di un mese, il mese era quasi finito, ma era comunque assurda, tenendo conto che il suo padrone era senz’altro più utile al servizio del re che non a riposo, chiuso in casa a leggere gazzettini di notizie e romanzetti. Certo, bisognava dare un esempio per la sua insubordinazione, ma con quello che stava succedendo era davvero eccessivo.

Il suo padrone era quindi rinchiuso da circa tre settimane nell’appartamento spoglio e sobrio che aveva a due passi dalla reggia di Versailles, con solo lui che gli faceva da tramite con il mondo.

Il palazzo di famiglia, verso Jossigny, era chiuso da anni, e la famiglia del padrone viveva da tempo nel castello in Vandea, che lui tra l’altro non amava, troppo umido e isolato. L’appartamento in cui lui e il suo padrone avevano vissuto per anni era perfetto se si tornava lì solo per dormire, ma non da starci tutto il giorno a girarsi i pollici, c’era da impazzire, piccolo, soffocante, poco confortevole, anche se in quei giorni lui pian piano aveva provato a portargli qualcosa, una poltrona, un cuscino, un quadro, un po’ di libri.

Tempo prima, il suo padrone gli aveva detto in via confidenziale di informarlo se c’erano residenze in vendita nella zona di Versailles, perché stava per cambiare vita, stava per sposarsi. Gaston sapeva benissimo con chi avrebbe voluto sposarsi, con l’unica donna che avesse mai suscitato il suo interesse, malgrado per anni fosse stato corteggiato, e non solo con intenti lussuriosi, da dame e damigelle a corte, con anche alcune proposte matrimoniali cadute nel nulla.

Ed era proprio a causa di quella donna che amava così tanto che gli era successo quel guaio, ma lui l’aveva accettato con filosofia:

“Non potevo farle del male, ma scherziamo? Io farei qualsiasi cosa per renderla felice, quando avrò finito questo mio periodo di isolamento andrò a trovarla, voglio parlarle e chiarire un po’ di cose. Non vederla per me è una sofferenza”.

Gaston annuiva e capiva, ricordava ancora il primo incontro tra il suo padrone e la meravigliosa donna dei suoi sogni, in quella radura sotto i ciliegi in fiore, quando lei l’aveva sfidato a duello in privato, perché non voleva esibirsi davanti al re. Gaston aveva una manciata d’anni in più del suo padrone, ma si sentiva a volte come un genitore verso di lui. Una parte di lui avrebbe voluto che realizzasse il suo sogno, ma sapeva che era un amore impossibile, non era stupido.

In quel periodo di inattivismo forzato, il suo padrone aveva scoperto le gioie delle letture, del resto, come gli aveva detto, la mia amata ama molto leggere, e spero un giorno di poter condividere con lei questa passione. Gaston evitava di raccontargli quello che si diceva su di lei e sul suo inseparabile attendente, un ragazzo tra l’altro che aveva sempre trovato simpatico, oltre che bello, ma quello faceva parte delle sue cose che doveva tenere nascoste, meglio che nessuno sapesse i suoi segreti.

Per cui, Gaston procurava al suo padrone ogni giorno le gazzette con le notizie, ma anche edizioni di classici e traduzioni di romanzi inglesi, oltre che gli ultimi successi francesi. Non che gli dispiacesse, era bello occuparsi di lui, ma sperava che le cose cambiassero presto, perché meritava una vita diversa.

Il giorno precedente gli aveva preso l’unica gazzetta che aveva trovato e l’aveva visto rabbuiarsi: sul foglio, in bella evidenza, c’era scritto Da oggi anche il reggimento di Soldati della Guardia di Rue de Chaussée d’Antin al comando di Oscar François de Jarjayes parteciperà alla repressione dei disordini a Parigi. Si tratta di una prova di lealtà richiesta dal generale Bouillé.

No, non andava bene, e Gaston aveva visto la preoccupazione sul volto del suo padrone, il visconte Victor Clement de Girodel: Madamigella, abbiate cura di voi aveva mormorato il suo padrone. Gaston sapeva che avrebbe voluto scendere in campo per aiutarla, e la giornata, torrida, era passata mentre lui cercava di leggergli le appassionanti e piccanti avventure di Moll Flanders di Daniel Defoe, da poco tradotte, senza che il suo padrone lo ascoltasse.

Quella mattina, oltre a cercare qualcosa da mangiare, pane, formaggio, frutta e un cavolo, secondo gli ordini del padrone, doveva cercare qualche gazzettino con le notizie. C’era poca gente per le strade, probabilmente erano tutti a Parigi o chiusi in casa per paura, Gaston riuscì a trovare un po’ di cose da mangiare da un bottegaio di fiducia, che però aveva ritoccato i prezzi:

“Sapete, la situazione è sempre peggiore”. Lo sapeva, ma temeva che se ne stessero approfittando in troppi.

Poi vide un ragazzotto con in mano ancora un paio di gazzette e ne prese una. Nella prima pagina, un articolo gli ghiacciò il cuore:

I Soldati della Guardia si sono schierati dalla parte dei rivoltosi, per scelta della loro comandante, la contessa Oscar François de Jarjayes, hanno disertato e ora combattono contro le truppe reali. Pare che la decisione sia maturata nella militare a causa del coinvolgimento sentimentale che prova per il tenente André Grandier, suo sottoposto e ora suo consorte. Le notizie sulla loro sorte sono però confuse, a causa della situazione di immenso pericolo che c’è in queste ore a Parigi.

No, il visconte de Girodel non doveva leggere questo. Gaston comprò anche l’altra gazzetta, per poi distruggerle entrambe, buttandole in un braciere. Poi, acquistò invece una copia delle Mille e una notte nella traduzione di Antoine Galland e tornò a casa.

“Grazie, Gaston, volevo leggerlo da tempo. E le gazzette con le notizie?”

“Non ce ne era più nessuna, ho girato vari posti...”

“E io come faccio ad essere aggiornato su cosa sta succedendo a Parigi? Non posso comunicare con nessuno, ti prego, fai un altro giro, tanto qui io mi arrangio, e cerca di avere notizie sulla mia amata madamigella Oscar”.

Gaston obbedì, ma le strade di Versailles erano vuote, tranne che per qualche carrozza con sopra gente che partiva per fuggire lontano. Girò a lungo, ma anche volendolo non c’era nessuno a cui chiedere notizie. Ad un certo punto, mentre stava tornando verso casa, ormai quasi a sera, vide un soldato lacero a cavallo, che sembrava essere arrivato dall’inferno.

“Buon uomo, mi date notizie di cosa è successo a Parigi? Il mio padrone, il visconte de Girodel vuole saperlo”.

“Hanno preso la Bastiglia, è stata una carneficina, io sono scappato, troppe morti e troppe lacrime...”

Gaston non osò chiedergli niente di più e cercò di mantenere un contegno silenzioso con il suo padrone.

“Allora, Gaston, hai saputo qualcosa?”

“Poche notizie e tutte contraddittorie. Pare che ci siano stati dei problemi alla Bastiglia, ma è tutto molto confuso”.

“Oh, io non ce la faccio più. Ascolta, domani non preoccuparti per me, mi arrangio, ho qualcosa da mangiare, ma tu vai in visita dal generale Jarjayes e chiedigli notizie della figlia”.

“Va bene, visconte”.

L’indomani mattina un grido scosse anche la via secondaria dove c’era l’alloggio del visconte de Girodel.

“Tutti i particolari dell’assedio della Bastiglia!”

“Gaston, hai sentito? Vai a prendere subito una copia, voglio leggerla. Hanno preso la Bastiglia, ma è una follia!”.

Gaston scese, lo strillone era preso d’assalto, tutte le persone che nei giorni precedenti stavano chiuse in casa erano uscite di colpo per comprare il foglio con le notizie.

Riuscì ad assicurarsene un esemplare e lo prese in mano, e di colpo si sentì morire:

La Bastiglia è caduta, grazie anche agli sforzi dei Soldati della Guardia, passati dalla parte dei rivoltosi, che hanno orchestrato l’attacco dei cannoni, sotto gli ordini della loro comandante, Oscar François de Jarjayes. Nell’ultimo, disperato tentativo di difendersi, la guarnigione del marchese de Launay ha provato ad abbattere il capo degli insorti…

Gaston non riusciva ad andare avanti, ma doveva. Sentì come se quelle parole sulla gazzetta fossero proiettili, pronti ad ucciderlo, ma anche ad uccidere il suo padrone.

La comandante Oscar François de Jarjayes è morta, colpita dal fuoco della Bastiglia, poche ore dopo il decesso in battaglia del suo sposo, André Grandier. Sono già in corso commemorazioni e preghiere in onore di chi è considerata la protagonista di questa impresa, e ormai un’eroina leggendaria di questa rivoluzione.

Gaston barcollò e si guardò attorno, no, non poteva andare a casa con questo in mano. Cercò un braciere dove bruciarlo, un fuoco per cancellare tutto, un po’ più lontano c’era un fabbro con la sua fornace, ma di colpo si sentì chiamare.

“Gaston!”

Il suo padrone era sceso per strada ed era davanti a lui.

“Poco dopo che sei uscito è arrivato un messo da Versailles, devo andare a corte, la mia punizione è finita, hanno bisogno di me. Ma tu devi andare a casa Jarjayes, hai trovato la Gazzetta?”

Gaston cercò di allontanare dal suo padrone quel maledetto foglio di giornale, quell’arma con i proiettili scolpiti sopra pronti a colpire, ma Victor de Girodel fu più rapido e glielo prese in mano.

“Andiamo, Gaston, devo capire cosa sta succedendo”.

Lo vide scorrere con gli occhi le frasi, diventando sempre più pallido e poi di colpo vacillare, in preda al dolore. Rimase in silenzio, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime, mentre cercava di restare in piedi, restando poi immobile come una statua, distrutto da quella verità.

La pioggia iniziò a scorrere, presto avrebbero dovuto fare qualcosa, avrebbero dovuto dire qualcosa, ma Gaston vide le gocce dal cielo mescolarsi alle lacrime del povero visconte, e capì che da quel momento in poi sarebbe stato sospeso tra la vita e la morte, non più vivo e nemmeno morto, ma non come quelli dei romanzi gotici con cui si erano divertiti entrambi, ma perché l’afflato del suo amore impossibile era svanito per sempre. Anche Gaston lasciò che le sue lacrime si mischiassero alla pioggia, perché sapeva che questo dramma era solo il primo di molti, e tutto sarebbe andato distrutto. E niente poteva essere fatto, non più.

 

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Capitolo 7
*** 7 - Chi salva una vita ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

7 – CHI SALVA UNA VITA

Si era chiesto in quei giorni se il suo dovere non fosse andare a Parigi a portare soccorso ai feriti di quella che si preannunciava come una carneficina, comunque uno la pensasse. Ricordava le parole di un suo amico di gioventù, Isaac Meyer, un medico di religione ebraica che aveva conosciuto a Marsiglia, Chi salva una vita salva il mondo intero.

Ma di vite da salvare ce ne erano tante anche non andando a Parigi a soccorrere i feriti dagli scontri, nuove vite che dovevano nascere, persone che dovevano salutare questo mondo, infortunati.

Cercava di concentrarsi sul lavoro, ma due persone continuavavo a venirgli in mente, due persone che conosceva da una vita. La bella figlia guerriera del generale de Jarjayes, Oscar, e il suo attendente, o meglio gemello spirituale, André Grandier, figlio della governante, ma per lei molto di più. Negli anni aveva conosciuto tante persone, molte le aveva perse di vista non solo per eventi fatali, lui non era così alla moda rispetto ad altri suoi colleghi, ma di Oscar e André si ricordava da quando erano piccoli.

Era arrivato a Jossigny quando Oscar aveva una manciata d’anni e l’aveva curata da un raffreddore, che si era presa insieme ad André, dopo aver giocato come due pazzi in mezzo alla neve. Da allora, ricordava ogni sua malattia, poche a dire la verità, e anche le due volte che l’avevano ferita, ma conosceva anche il dramma segreto di André, la sua cecità imminente.

André era andato sempre meno da lui, forse per evitare una diagnosi sempre più spietata, e non aveva visto Oscar per tanto tempo. Fino a tre giorni prima, quando era arrivata di sera a casa sua, e aveva constatato il suo stato di salute.

Stava male, e le probabilità che si trattasse di tisi erano più che concrete, se non altro per il sangue che perdeva quando tossiva. Le aveva dato il suo parere di medico, cercando di convincerla a lasciare il servizio militare, ma lei era determinata: non voleva morire, ma nemmeno rinunciare alla sua vita. Era una donna diversa dalle altre, indubbiamente, così bella, ormai eterea, come appartenesse ad un altro mondo, come la fata guerriera di una leggenda.

Il dottor Pierre Lassonne non poteva obbligare Oscar a lasciare l’uniforme, ma aveva dovuto informarla, su cosa poteva aspettarla e anche sulle condizioni di André. In cuor suo, sperava che si sarebbero ritirati da qualche parte, magari in quella tenuta che la famiglia Jarjayes aveva vicino a Mont Saint Michel. Si sarebbe sentito rinfrancato, gli sembravano davvero un unico essere, da sempre aveva capito che si amavano profondamente, e poi erano comunque troppo giovani per morire, troppo belli, troppo importanti.

Pierre Lassonne era sempre stato impegnato con il suo lavoro, e diceva ridendo che aveva sposato i suoi pazienti, da ragazzo era troppo timido, in seguito la solitudine l’aveva avvolto sempre di più, era vissuto attraverso gli amori degli altri, le vite degli altri, i figli degli altri. Ora, dopo aver superato la boa del mezzo secolo, sapeva che sarebbe rimasto solo per sempre, salvo cercare la compagnia di qualche signora compiacente, cosa che faceva ormai poco, ma ogni volta che salvava una vita si sentiva felice, e alle loro vite teneva, c’era qualcosa in loro che glieli rendeva più cari.

Uno dei suoi pazienti del giorno prima, un anziano notaio, lo aveva ragguagliato su cosa stava succedendo a Parigi:

“Mio figlio e la sua famiglia sono arrivati a casa mia, sono scappati, a Parigi si combatte in ogni via, è invasa dai soldati stranieri, vogliono sciogliere l’Assemblea nazionale. Hanno dato ordine anche ai Soldati della guardia francese di sedare i disordini”.

I Soldati della guardia francese, dove c’erano Oscar e André. Pierre Lassonne pregò che si fossero allontanati dal servizio, ne avrebbero avute tutte le ragioni. Oscar non si era mai consultata con lui per le cose da donna, era come se il suo essere donna non esistesse, eppure lo era eccome, e per un attimo lui la immaginò finalmente felice tra le braccia di André.

Quel mattino, caldo e con uno strano e inquietante silenzio, la situazione sembrava tranquilla, quando di colpo qualcuno bussò alla porta della casa di Pierre Lassonne.

Un militare, forse della sua stessa età, ma con tanto dolore e stanchezza sul volto che lo invecchiavano, gli si parò davanti.

“Potete venire con urgenza a palazzo Jarjayes?”

Guarda, combinazione, pensava proprio a loro. Ma dallo sguardo che aveva, non c’era niente di buono nell’aria.

“Scusatemi se non mi sono presentato. Sono il colonnello Henri D’Agoult, dei Soldati della Guardia. Purtroppo Marie Grandier, la governante di palazzo si è sentita male, e anche il conte e generale e sua moglie non stanno bene...”

“Non dovete nemmeno darmi spiegazioni, arrivo subito”.

Marie Grandier… non una donna, ma una roccia, avrebbe seppellito tutti, a cominciare da lui stesso, e ora gli dicevano che stava male. Un fosco presagio gli mozzò il fiato.

“Perdonatemi, ma devo dirvi cosa è successo. Come forse saprete, ai Soldati della Guardia era stato chiesto di sedare i tumulti a Parigi...”

“Certo, l’ho sentito, ho avuto vari impegni con i miei pazienti, ma ne ero al corrente”.

“I Soldati della Guardia, sotto l’ordine del comandante Oscar François de Jarjayes, hanno deciso di disertare e unirsi ai rivoltosi”.

No, questo non lo sapeva, ma ricordando l’animo nobile e pieno di senso di giustizia di madamigella Oscar non si stupì. E quindi non aveva seguito i suoi consigli, mettendo a repentaglio la sua salute. Ma forse, se dopo quegli scontri, si fosse ritirata da qualche parte con André, c’erano delle possibilità di vita, magari non sarebbe arrivata all’età che aveva lui, ma ancora qualche anno, qualche primavera, qualche compleanno, avrebbe potuto viverli, al meglio, trovando un po’ di felicità.

“Purtroppo, la situazione è degenerata presto. Sto cercando di chiarire la dinamica dei fatti, ma a quanto ne so il luogotenente André Grandier, lo sposo di Oscar, è stato ferito mortalmente la sera del 13 luglio...”

No, non poteva essere vero, non André. Pierre Lassonne capì in un lampo che non avrebbe mai più visto quell’uomo buono e gentile, che aveva il potere di spargere serenità e dolcezza intorno a sé. Sarebbe stato un medico migliore di lui. Si erano sposati, allora ci aveva visto giusto…

“Il comandante Oscar ha preso ieri il comando dell’assedio della Bastiglia, che minacciava con i suoi cannoni Parigi, in un tentativo disperato, ed è stata ferita...”

Pierre Lassonne interruppe il suo interlocutore, mentre usciva con lui per andare verso palazzo Jarjayes.

“Ma allora dovrò curare anche lei!” Certo, doveva essere così, come quella volta che era caduta malamente da cavallo, rimanendo ferita con un ramo e rischiando di morire dissanguata, o come dopo quell’agguato, con quella brutta ferita alla spalla. Non era poi mai tornata a farsi controllare le cicatrici. Ma come avrebbe mai potuto vivere Oscar senza il suo André?

E prima che D’Agoult continuasse, il dottor Lassonne capì cosa gli stava per dire.

“Il comandante Oscar è deceduta poco dopo per le ferite ricevute. Vi prego, a palazzo Jarjayes hanno bisogno di voi”.

Chi salva una vita salva il mondo intero. Ma non riuscendo a salvare Oscar e André il mondo era distrutto, e niente sarebbe più stato come prima. Pierre Lassonne corse fuori, mentre cominciava a piovere, perché il suo dovere era salvare vite, per provare a salvare il mondo. Ma stavolta si sentiva impotente, non doveva andare così.

Pioveva tanto, e ringraziò la pioggia, perché nascondeva le sue lacrime, mentre correva verso vite già perdute. Chi perde una vita perde il mondo intero, capiva anche questo, adesso.

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Capitolo 8
*** 8 - Vivere d'arte ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

8 – VIVERE D’ARTE

Amava il suo lavoro, lo amava da sempre, ma c’erano dei momenti in cui lo amava di più, ed era convinto di aver svolto il suo compito migliore proprio in quei giorni, con un’opera che, ne era certo, lo avrebbe reso famoso anche presso i posteri.

Per il resto, c’era da preoccuparsi e non poco, un paio di suoi ragazzi di bottega erano partiti verso Parigi, perché volevano combattere per la libertà. Ma gli era arrivato un nuovo lavoro da fare ritrarre un’antica bellezza, anche lei arrivata dal suo passato.

Quel giorno di tanti anni prima, mentre ammirava il corteo reale a Parigi, era stato colpito da quell’amazzone, da quella guerriera, di cui tutti sapevano la sua vera identità e che tutti ammiravano. Per anni l’aveva sognata e aveva pensato a quanto sarebbe stato bello ritrarla, e, quando gliel’avevano proposto, era stato davvero felice e onorato.

Oscar François de Jarjayes era una delle migliori modelle che avesse mai avuto, gentile, misurata, cordiale, umile e bellissima. Certo, si era accorto presto che c’era qualcosa che non andava in lei, stava male, e anche parecchio, e si era sbrigato a fare il quadro, perché sentiva che qualcosa poteva strapparla via da questo mondo.

L’aveva raffigurata come Marte, perché sentiva in lei il desiderio della battaglia, una battaglia per ideali superiori, ma aveva cercato anche di mettere in luce il suo aspetto più segreto, il suo coraggio, i suoi sentimenti, la sua limpidezza. Aveva visto quel giovane bruno, si chiamava André, e aveva capito che c’era qualcosa tra di loro, qualcosa di profondo e eterno. Gli sarebbe piaciuto ritrarli insieme, come due creature da leggenda, l’amazzone e il suo cavaliere, e magari ci sarebbe riuscito, certo, ci doveva riuscire, una volta finito questo lavoro la avrebbe ricontattata.

Adesso, mastro Armand Pardieu doveva ritrarre nientemeno che la contessa Du Barry, la favorita di Luigi XV, nel suo castello di Louveciennes: anche lei era cambiata rispetto a come la ricordava, la sua bellezza si era un po’ spenta, ma era serena, molto più serena, da quando aveva trovato l’amore nel duca Louis de Brissac, un militare vicino ai reali.

Certo, ritrarre Oscar era stato più stimolante, quasi un lavoro mistico, ma madame Du Barry era gentile e generosa.

Quel giorno arrivò da lei, nel castello di Louveciennes, e la vide preoccupata.

“Il mio duca è andato a Parigi, ha ricevuto l’ordine di andare a sedare anche lui le rivolte, non bastava che ci avessero mandato i Soldati della Guardia sotto il comando di madamigella Oscar...”

“Conoscete madamigella Oscar? Le ho fatto uno splendido ritratto proprio pochi giorni fa...”

“Non era dalla mia parte a corte, lei parteggiava per la principessa Maria Antonietta, ma è stata leale e generosa con me, e io non me lo dimentico”.

Così, mentre posava per mastro Armand, Jeanne du Barry raccontò al suo interlocutore cosa Oscar aveva fatto per lei, come l’aveva difesa dalle angherie dei cortigiani e dei soldati quando era caduta in disgrazia, nonostante lei in passato non si fosse comportata in maniera corretta con la giovane. Jeanne du Barry non entrò nei dettagli di cosa aveva fatto, perché era un passato che preferiva non rivangare, se ne vergognava anche. Ma Oscar era per lei il ricordo di qualcosa di puro e unico, una delle poche persone che si era occupata di lei con lealtà e senza secondi fini. Un’anima rara, e rimpiangeva di non averla frequentata in quegli anni.

“Come sta madamigella Oscar?”

“Sembra un essere uscito da una leggenda, aveva poco tempo da dedicarmi, ma l’ha fatto volentieri e il quadro che le ho fatto è rimasto nel mio cuore, senza offesa ma credo che non riuscirò più a rifare qualcosa di simile”.

Mastro Armand preferì non raccontare alla contessa le condizioni di salute di Oscar, forse era solo stanchezza, ma aveva maturato abbastanza esperienza per capire che c’era qualcosa di grave in lei.

Di colpo, sentirono un cavallo che arrivava galoppando in maniera forsennata. Jeanne Du Barry si affacciò alla balconata e vide il suo amante, il duca de Brissac, con gli abiti sporchi, stanco e distrutto. Non era ferito.

“Mio caro, cosa è successo?”

“A Parigi è un inferno, ormai i ribelli si sono organizzati, anche perché i Soldati della guardia di Oscar François de Jarjayes sono passati dalla loro parte..”

“Davvero?” Jeanne du Barry non era stupita, conosceva il senso di giustizia di Oscar, e avendo vissuto anche lei in mezzo ai più poveri, sapeva le loro condizioni. Le persone come lei non potevano restare indifferenti, proprio perché sono anime rare, devote alla creazione di un mondo migliore.

“Sì, ma è stata una carneficina, comunque ho qui una gazzetta che racconta tutto. Hanno attaccato la Bastiglia, ma Oscar è morta mentre conduceva l’attacco, pare che fosse legata ad uno dei suoi soldati, André Grandier. Per fortuna, mi sono messo in salvo”.

Mastro Armand vacillò, pensando a che aveva messo su tela un pezzo di eternità, che non sarebbe mai tornato, e Jeanne Du Barry restò in silenzio, pallida. Madamigella Oscar… una creatura ultraterrena, fatta della materia di cui sono fatti i sogni e le leggende. Avrebbe voluto ringraziarla come meritava, avrebbe voluto rivederla, invitarla lì a Louveciennes, raccontarle di come era pentita per quello che aveva fatto, parlarle del fatto che aveva finalmente trovato un vero amore e che si augurava che anche lei lo trovasse. Ma l’aveva trovato, era André, lo ricordava come la sua ombra, un uomo che già anni prima mostrava per lei una dedizione senza fine, non certo solo un servo.

Lei era viva, il suo duca era vivo, mastro Armand era vivo. Ma gli eroi vengono sempre chiamati prima dagli dei, gli eroi muoiono sempre giovani.

Mastro Armand cercò di ricordare il volto di Oscar, il volto della protagonista di una leggenda. Era davanti a lui, ma era come se non ci fosse più, lui aveva vissuto con la sua arte e la sua arte aveva fermato quella creatura da mito sulla tela per sempre. Quel poco che era riuscito a fermare di lei, perché Oscar era molto di più.

Forse Oscar se lo sentiva che sarebbe morta, forse lo sapeva, forse aveva già fatto la sua scelta di campo, forse era stata travolta da un destino di amore e di morte. Ma il pensare che non era più sulla stessa terra percorsa da loro lasciò mastro Armand e Jeanne Du Barry preda di un grande dolore.

Fuori, aveva iniziato a piovere, mentre Armand cercava di catturare l’essenza della contessa. Pioveva e c’era meno luce, ma gli occhi di mastro Armand erano gonfi di lacrime. Alzò gli occhi dalla tela, dalla sua arte, e vide che anche la sua modella aveva le guance segnate dalle lacrime.

“Il cielo fuori piange con noi”, disse Jeanne Du Barry, “ci sono esseri che incrociamo per poco e che ci illuminano per sempre con la loro luce”.

“Quanto è vero. Ma forse, madamigella Oscar non era poi una creatura di questo mondo”.

“Lo penso anch’io, ma almeno voi avete avuto la possibilità di ritrarla con la vostra arte, e di imprigionare un pezzo della sua anima”.

“Cosa volete, contessa, io vivo di arte, io vivo con l’arte, e provo a fare questo ogni volta, dare l’immortalità a chi ritraggo”.

“Siete fortunato… oltre che nel vostro cuore è rimasta nella vostra arte...”

Non aggiunsero altro. Entrambi sentivano un vuoto nel cuore, un vuoto che non si sarebbe mai più colmato. Il vuoto che lasciano le leggende quando svaniscono, gli eroi quando se ne vanno.

 

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Capitolo 9
*** 9 - Sole di luglio ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

9 – SOLE DI LUGLIO

Il sole non calava mai a quelle latitudini in luglio e quell’anno gli era più pesante che di solito, sarà che per tanto tempo era vissuto altrove, dove le ore di luce e di tenebra erano divise in maniera più equilibrata. In Italia, in Germania, nelle colonie americane ora diventate indipendenti, il luglio era diverso.

Anche in Francia era diverso luglio, anche se torrido, ora più che mai.

Doveva starsene per un po’ a casa sua, anche per sistemare gli affari del padre morto l’anno precedente, e per evitare altri problemi alla corte francese. Ma ogni giorno si aggiornava sui giornali e con i messaggeri, ogni giorno leggeva le notizie che arrivavano, e tutto stava degenerando.

Scontri, saccheggi e questa Assemblea nazionale che tirava su la testa e osava dare ordini ai sovrani, per fortuna che vari reggimenti di soldati stavano andando a soffocare la rivolta, non osava pensare come stava lei, la sua amata, l’unica donna a cui sarebbe stato legato per tutta la vita.

Per fortuna, la sua amata aveva un angelo custode, Oscar, la meravigliosa madamigella Oscar, il suo migliore amico di sempre e per sempre. Rimpiangeva a volte di essersi comportato così con lei, Oscar si era innamorata di lui come una ragazzina e quella meravigliosa dama in abito da sera era ancora nei suoi occhi, era ancora tra le sue braccia.

Forse avrebbe dovuto parlarle di nuovo, la loro amicizia non poteva finire così, e ripensandoci, sposare la figlia di una nobile famiglia francese di antico lignaggio legata alla famiglia reale, avrebbe potuto essere una soluzione per tutti, per lui, che avrebbe messo a tacere le malelingue, per Sua Maestà la Regina, che avrebbe potuto contare sulla lealtà di loro due uniti e per Oscar, che avrebbe realizzato il suo sogno d’amore.

Ma forse era troppo tardi: era rimasto stupito quando aveva saputo che Oscar François de Jarjayes aveva lasciato l’incarico di Colonnello della Guardia reale per finire a comandare i Soldati della Guardia, che strano colpo di testa, chissà cosa era maturato in lei. Poi c’era stata la sera di quei disordini a Saint Antoine, quando con il suo reggimento era andato in soccorso di Oscar e André, e quell’urlo Il mio André gli aveva aperto gli occhi. Oscar era stata infatuata di lui, ma la presenza di quell’attendente, ma no, era molto di più per lei, una sorta di fratello spirituale, di anima gemella, di parte di lei, gli aveva sempre dato l’idea di un rapporto particolare tra di loro.

In fondo, non ci sarebbe stato nulla di strano, le relazioni tra ceti diversi avvenivano, soprattutto quando si conviveva sotto lo stesso tetto, sposarsi era un altro affare, ma dove spesso l’amore c’entrava poco. Eppure, il rapporto tra Oscar e André, così uniti fin da bambini, era qualcosa di talmente intimo e totale da essere oltre qualsiasi regola e qualsiasi convenzione. Come marito, chiunque si sarebbe sentito di troppo di fronte ad un simile legame.

Ma le avrebbe parlato non appena fosse tornato in Francia.

Il conte Hans Axel von Fersen sentì la porta che sbatteva: il suo factotum, Olag Nielsen, doveva essere rientrato e dalle voci capì che non era solo, c’era anche sua sorella Sophie.

Dai volti scuri, capì che era successo qualcosa di grave.

“Axel, ci sono pessime notizie dalla Francia, il popolo ha assaltato la Bastiglia e sopraffatto i reggimenti che erano a Parigi e il re ha dovuto accettare una serie di richieste da parte dell’Assemblea nazionale. La situazione è davvero esplosiva”.

“Devo partire al più presto. Ma intanto devo scrivere una lettera, devo avvisare Oscar de Jarjayes, lei saprà consigliarmi, devo anche farle una proposta...”

Olag e Sophie lo guardarono addolorati.

“Cosa c’è?”

“C’è sui giornali”, continuò Sophie, “e poi è arrivata una lettera dal padre di Oscar… Mi spiace, ma madamigella Oscar si è schierata dalla parte dei rivoltosi, pare per amore di quello che era diventato suo marito, il luogotenente André Grandier...”

Allora la sua proposta non avrebbe più avuto senso, Oscar si era sposata, e per amore, del resto gliel’aveva detto tanto tempo prima come la pensava su questo argomento, Come potete pensare di sposarvi con qualcuno che non amate? Però la notizia della sua adesione alla causa rivoluzionaria gli era nuova, come era possibile? Forse quell’André l’aveva influenzata? E dire che era così misurato e signore, sembrava anche lui un nobile, e invece sotto sotto era un sovversivo.

“Madamigella Oscar è caduta durante l’assedio alla Bastiglia il 14 luglio scorso, pare poco dopo la morte del suo sposo André. Già la celebrano come un’eroina, una sorta di amazzone di questa rivoluzione, una novella Giovanna d’Arco. Axel, mi spiace, so che ti era cara..”

Hans Axel von Fersen guardò sia Oleg che Sophie, scuri in volto. Lui era addolorato perché con Oscar era come se ne fosse andata la sua parte migliore, ma anche furioso, perché aveva perso un’alleata, e per scelta di lei. Perché aveva tradito, perché aveva disertato, perché si era schierata contro la regina?

Fuori si stava rannuvolando, e il sole eterno di quell’estate svedese fu presto spezzato da tuoni, fulmini e pioggia. Hans Axel von Fersen uscì sulla terrazza e lasciò che l’acqua lo bagnasse.

Oscar era passata dalla parte del popolo… chissà perché, lei era così cristallina, decisa, coraggiosa, pronta a morire per i suoi ideali, chissà cosa aveva trovato in quei rivoltosi senza regole. Già, ed era morta, era morta con l’uomo amato, per non essere mai più divisa da lui.

Di colpo, Hans Axel von Fersen si sentì vacillare dal dolore: quanto avrebbe avuto il coraggio di Oscar, quanto avrebbe voluto che lei fosse ancora lì, quanto avrebbe voluto avere qualcuno da amare e che lo amasse apertamente, come si erano amati, e lo era certo, Oscar e André.

Il suo migliore amico, il suo migliore amico per sempre, se ne era andato via. La pioggia inondò le sue guance, mescolandosi alle sue lacrime, e qualcosa gli disse che ormai era tutto perduto, che niente sarebbe stato come prima, e che, senza Oscar, nessuno si sarebbe più potuto salvare.

Da bambino aveva sentito parlare del Valhalla, il paradiso degli antichi vichinghi in cui andavano gli eroi, ecco dove erano adesso Oscar e André, perché se c’erano due che meritavano quel posto, comunque fossero andate le cose, erano loro.

Già, ma c’era ancora bisogno di lei qui, non nel Valhalla: e Hans Axel von Fersen urlò nel tuono il nome di Oscar, sperando che lei lo sentisse e lo aiutasse, come nelle antiche leggende, da lassù, tornando in questo mondo. Chiamò il suo migliore amico, la più bella dama che aveva mai visto, la guerriera coraggiosa, la donna disperata che voleva salvare il suo amore. Chiamò tutto quello che sarebbe potuto essere e non era mai stato. Ma lei non gli rispose, e forse in un lampo la intravide tra le nuvole, per sempre con il suo André.

 

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Capitolo 10
*** 10 - Giorni perduti ***


LACRIME NELLA PIOGGIA

 

Rating: lutto, ricordi, morti di personaggi, rimpianti.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa serie di one shot, sotto il titolo collettivo di Lacrime nella pioggia (omaggio nominale ad un celebre film che quest’anno compie anche lui quarant’anni, Blade Runner), nascono per celebrare i giorni di luglio dell’universo di Oscar, attraverso una serie di missing moments, cioè le reazioni di vari personaggi alla notizia delle morti dei due eterni innamorati. Poi, tornerò a scrivere storie birichine, e anche storie più lunghe dove si salvano, promesso.

 

10 – GIORNI PERDUTI

Quell’estate non era potuta andare a Jossigny dai suoi parenti, era troppo pericoloso con quello che stava succedendo proprio lì vicino, a Versailles, ci aveva sperato fino all’ultimo ma non c’era stato niente da fare.

Le era molto dispiaciuto: anche se non era più una bambina, aveva ormai sedici anni, e come le ricordava sua madre c’era chi alla sua età era già sposata e con prole, adorava quel palazzo, dove aveva passato i momenti più belli della sua infanzia, durante le estati. Senza contare le belle avventure che aveva vissuto le poche volte che sua zia era venuta a trovarla.

Certo, il tempo era passato per tutti, e tante cose erano cambiate. Rosalie non abitava più con sua zia, aveva sposato un giornalista, uno di quegli uomini che scrivevano cose scomode per la famiglia reale sulle gazzette. Sua zia non era più al servizio dei reali a Versailles, comandava i Soldati della Guardia, il drappello di militari che si occupava di mantenere l’ordine in città, e André non era più il suo attendente, ma si era arruolato alle sue dipendenze.

Da bambina aveva pensato che André fosse il fidanzato di sua zia Oscar, la sesta figlia del nobile generale e conte de Jarjayes, cresciuta dal padre come un maschio per essere destinata alla carriera militare. Se pensava all’amore, non pensava alle fiabe di Perrault e di Madame Le Prince de Beaumont, ma pensava a sua zia Oscar e ad André, a come lui la guardava, ma anche come lei guardava lui.

Una volta, gliel’aveva anche chiesto ad André, e solo tempo dopo aveva capito quanto era stata impertinente:

“Sei il marito di zia Oscar?” Lei era una bimbetta di pochi anni, e lui l’aveva guardata con un sorriso che solo dopo lei aveva capito essere molto triste.

“No, sono molto di più. Sono la persona che le vuole più bene e a cui lei vuole più bene”.

“Ma allora sei suo marito… o il suo innamorato!”.

“Forse non c’è un modo per definirmi, sapete madamigella? Ma siete piccola, lo capirete quando sarete più grande”.

Man mano che cresceva, Marie si era chiesta che rapporto ci fosse davvero tra Oscar e André, ma su una cosa era certa: se pensava all’amore continuava a pensare a loro, anche se ormai aveva capito che la situazione era complicata.

Chissà quando sarebbe riuscita a rivederla, a rivederli. Le mancavano molto, anche perché voleva da loro un parere su cosa stava succedendo in Francia, sua madre pensava solo a fare confetture, suo padre a collezionare volumi.

Certo, vivere in quel maniero a due passi da Nantes e dall’Oceano Atlantico non era male, c’erano cavalcate da fare e letture quando pioveva, ma Marie Louise de La Laurencie, detta Loulou, sentiva la mancanza di sua zia Oscar. Era l’unica zia che le mancava e a cui era legata, anche se non è che fossero vissute poi tanto insieme, mentre le altre sorelle di maman Hortense vivevano in varie parti della Francia, e erano per lei ricordi sfumati dei giorni di festa.

Oscar, con André accanto, erano tra le poche persone che lei avesse care al suo cuore, a cui aveva sempre voluto un bene dell’anima e che adorava.

Era andata a fare una cavalcata e stava rincasando, era pomeriggio tardi, e la calura stava per lasciare spazio ad un temporale. Arrivata a palazzo, capì che era successo qualcosa.

Mireille, una delle cameriere, le disse:

“Madamigella Loulou, è arrivato un messo da Jossigny, credo che ci siano notizie da parte della famiglia di vostra madre!”

“Oh che bello”, disse. Magari zia Oscar sarebbe passata a trovarli, o magari la invitava ad andare da lei, in fondo l’estate non era ancora finita, ci doveva ancora essere la festa del raccolto, quella che i contadini chiamavano Lammas.

Entrò nel salotto dei suoi genitori e li vide immobili: di fronte a loro c’era senz’altro uno dei soldati di zia Oscar, con l’uniforme blu impolverata e l’aria stanca. Era un omone dal volto simpatico e non privo di fascino.

“Ora che c’è anche mia figlia, parlate, signor… Alain de Soissons”, disse sua madre.

Il soldato si girò a guardarla, lei gli fece una riverenza, perché le piaceva essere gentile con tutti.

“Così voi sareste mademoiselle Loulou? Felice di conoscervi, André mi parlava spesso di voi”.

Perché diceva mi parlava? Loulou non capiva. Avrebbe dovuto dire mi parla spesso di voi.

“Buon giorno, io vi ho portato alcune gazzette, ci sono articoli scritti dal giornalista Bernard Chatelet, che si esprime certo meglio di un povero soldato ignorante come me. C’è anche una lettera scritta da Rosalie, che è vissuta a lungo con Oscar e André. Il nostro comandante, Oscar François, ha scelto di appoggiare la battaglia di libertà, uguaglianza e fraternità e si è schierata dalla parte del popolo”.

Suo padre e sua madre ebbero un moto di stupore, Loulou sorrise, sapeva che sua zia era come l’eroina di una leggenda e che il suo scopo era lottare contro le ingiustizie.

“Tra l’altro, lei era ormai la sposa di André Grandier”.

Sua madre strabuzzò gli occhi, un po’ indignata, Loulou avrebbe voluto saltare di gioia, lo sapeva, lo sapeva. Si amavano.

“Purtroppo sono morti entrambi. Non sapete come mi addolora dirvelo, sono morti da eroi, a poche ore di distanza l’uno dall’altra...”

Hortense si portò una mano davanti alla bocca, mentre suo marito la andava a sostenere. Loulou rimase immobile, avrebbe voluto parlare con quel soldato, abbracciarlo, piangere con lui, chiedergli come erano morti. Ma non ci riuscì.

“Ho voluto venire io a darvi questa notizia. Per loro richiesta, che è stata rispettata, sono stati sepolti sulla collina di Arras...”

Arras… Loulou non ci era mai stata, ma ricordava cosa dicevano zia Oscar e André, le bellissime albe di Arras, le rose selvatiche che crescevano ovunque ad Arras, il buon vino di Arras, il prato di Arras…

No, non doveva succedere. Lei voleva rivedere zia Oscar e André, voleva parlare con loro, congratularsi per il loro matrimonio, vivere con loro nuove avventure, nuove estati di giorni meravigliosi, adesso ancora più belli perché loro si amavano.

Voleva vedere il mondo cambiare grazie a loro, voleva essere parte delle loro vite e che loro fossero parte della sua. Tutto era perduto, tutto era andato, tutti quei giorni erano persi per sempre. I giorni del passato, delle loro avventure, delle loro risate, delle corse inseguita da André, di zia Oscar che le insegnava ad andare a cavallo e a tirare con la spada. I giorni del presente, di quello che sarebbe potuto esserci quest’estate tra di loro. I giorni del futuro, mai vissuti e perduti per sempre, tutti gli anni che avrebbe vissuto senza zia Oscar e il suo André, anni lunghi, fino al giorno in cui li avrebbe rivisti, per sempre giovani e belli, come in una leggenda.

Loulou si riscosse e si girò, correndo fuori. Avrebbe voluto e dovuto parlare con quel buon soldato, avrebbe voluto e dovuto leggere gli articoli di Bernard Chatelet e la lettera di Rosalie Lamorlière. Avrebbe voluto e dovuto scrivere a Rosalie, al nonno e alla nonna, e pensare anche di andare da loro. E avrebbe voluto e dovuto pensare di andare ad Arras, anche da sola.

Ma corse a prendere il suo cavallo e si buttò a correre sotto la pioggia, che lavava via tutto, i giorni del passato vissuti e perduti, i giorni del futuro mai vissuti e persi per sempre, le lacrime per due vite spezzate che uscivano dai suoi occhi. Lacrime per quello che era stato, per ogni giorno felice passato insieme, per ogni lettera arrivata, per ogni gioco, lacrime per quello che non ci sarebbe mai stato, per ogni frase mai detta, per ogni ricordo mai avuto, per ogni vita mai più vissuta. Per sempre, e questo non poteva nemmeno pensare di sopportarlo.

 

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