Il risveglio di Sailor Neptune

di Alex Ally
(/viewuser.php?uid=1029362)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 10: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.

Le lacrime le uscivano dagli occhi gonfi e scendevano lungo il viso delicato della bambina di cinque anni fino a raggiungere il suolo ricoperto di neve.
«Ti fa male da qualche parte, sorellina?» chiese la voce di un bambino poco più grande di lei.
La bambina annui allungando le mani verso il fratello, erano tutte rosse e piene di tagli causati dalla prolungata espozisione al freddo.
«Hai dimenticato i guanti Michi?» chiese lui mentre prendeva le mani della sorella tra le sue per riscaldarle.
«Si, fratellone.» rispose la bambina abbasando lo sguardo, quella era la prima nevicata dell'anno e Michiru dalla fretta di andare fuori a giocare non si era accorta di aver dimenticato i guanti e quando se n'era accorta non voleva tornare in casa perciò aveva continuato a giocare come se niente fosse.
«Ti piace suonare il violino?» chiese ancora il fratello facendole un piccolo sorisso e Michiru annui. «Allora devi fare più attenzione di cosi, per una violinista le mani sono la cosa più importante di tutte.»
«L'ho dice sempre anche la mamma.» disse Michiru rialzando lo sguardo.
«Dice anche che hai un talento unico nel suonare perciò non sprecarlo.» continuo il fratello. «Me l'ho prometti che d'ora in poi starai più attenta?»
«Si, fratellone te l'ho prometto.» rispose Michiru sorridendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Capitolo 1.

Il sole stava tramontando segnando la fine di quella giornata estiva. Nell'aria si poteva udire il suono di un violino e infatti dentro una villa c'era una ragazzina su i nove anni con i capelli raccolti in due codini che si esercitava sotto la supervisione di una donna dall'aspetto elegante che seguiva il suono prodotto con grande attenzione.
«Basta cosi per oggi.» disse la donna.
«Sono stata brava mamma?» domando Michiru alla fine della lezione.
«Si, Michiru sei stata molto brava adesso però va in camera tua e preparati per la cena.» disse la madre.
Mentre osservava la madre uscire dall'aula della musica la bambna non poteva fare a meno di guardarla sia con ammirazione che con leggera invidia per quanto apparisse bella ed elegante anche in un contesto cosi semplice come la loro lezione privata di violino. Qualunque cosa Michiru sapesse fare con lo strumento gliel'aveva insegnata sua madre.
Rimettendo il violino nella custodia Michiru usci dalla stanza per andare in camera sua, passo per il lungo corridorio che deva anche alla biblioteca, si fermo lì davanti per un secondo e sorrise prima di rimettersi a camminare.
La villa in cui abitava, abbastanza grande da poter essere scambiatta per un castello dai più, era leggermente fuori mano dalla città ed era propriettà della famiglai Kaiou da varie generazione, ci viveva con il fratello maggiore Yoichi, i genitori e il personale.
Tra tutti spicavano in particolare l'autista Watanabe che lavorava per loro fin da quando il padre era un bambino e la governante della villa, la signorina Emiko assunta lì poco dopo la nascita di Yoichi. Se Michiru non si ricordava male c'era anche il giardiniere un uomo anziano che però non parlava molto anzi che da quel che poteva ricordare non aveva mai parlato, l'ho vedeva in giardino a lavorare qualche volta ma poi sembrava scomparire. C'era inoltre Sakai il maggiordomo e assistente di suo padre.
Michiru entro nella sua stanza e appoggio il violino sul comò per poi spostare l'attenzione se un poster attacato alla parete lì vicino dove c'era raffigurata una giovane donna dai lunghi capelli verde acqua intenta a suonare il violino su un palcoscenico, sotto l'immagine c'era scritto: “Stasera in concerto la violinista Nanami Kastuki.”
Quel poster risaliva ad un periodo precedente il matrimonio dei suoi genitori, ma visto che ormai erano anni che sua madre non suonava più Michiru non era riuscita a trovarne uno più recente.
Salire su un palco come sua madre e suonare il suo amato strumento era il suo sogno più grande.
Ne era certa, un giorno avrebbe suonato su un palco e la sua famiglia sarebbe stata in prima fila per vederla e negli occhi di sua madre avrebbe vista tutta l'ammirazione che provava per la figlia che era diventata una violinista anche più abile di lei.

Quando scesse in sala da pranzo Michiru notò che le sedie di Yoichi e suo padre erano vuote, per quest'ultimo non era una sorpressa aveva già avertito che sarebbe rimasto in ufficio fino a tardi.
Suo padre era sempre cosi, gestiva l'azienda di famiglia e molto raramente poteva trovare del tempo per stare a casa quando non era chiuso nel suo ufficio di Tokyo allora molto probabilmente era impegnato in un viaggio d'affari chissà dove nel mondo.
Michiru pensava che viaggiare cosi tanto fosse qualcosa di fantastico e anche lei avrebbe tanto voluto vedere le varie città del mondo come faceva suo padre invece che acontentarsi semplicemente dei regali che lui le portava a fine viaggio. Forse quando sarebbe stata un po' più grande sarebbe finalmente riuscita a convincerlo a portarla con sé.
C'era un posto però dove avrebbe tanto volutto andare sopra ogni altro, era una specie di palazzo illuminato dalla luna che a volte vedeva in sogno. Non sapeva cosa fosse o dove si trovasse di precisso, ma voleva trovarlo e vederlo di persona perchè per lei non era solo un sogno se l'ho sentiva dentro che era qualcosa di più, qualcosa di reale e un giorno l'avrebbe visto con i suoi occhi e non soltanto mentre dormiva.
Ad rapprezentare il maggiore ostacolo per questo suo sogno però era proprio sua madre, la qualle non voleva che n'è lei n'è Yoichi, che di anni né aveva già undici, stessero lontani da casa per cosi tanto tempo.
«Michiru sai perchè tuo fratello ci mette tanto a scendere?» domando sua madre mentre tamburellava con le dita sul tavolo con aria nervosa.
«Non lo so.» rispose la bambina, inefetti era strano che Yoichi non fosse ancora qui di solito era sempre puntualle.
«Forse dovrei chiedere ad Emiko di andare a controllarlo.» disse la mamma.
Proprio in quel momento Yoichi, un ragazzo leggermente pallido con i capelli blu-verdi, entro in sala scusandosi per il ritardo.
«Mi sono messo a leggere un libro in biblioteca e ho perso la conessione del tempo.» disse sedendosi al suo posto.
La mamma annui e subito dopo la cena fu portata in tavola.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.

L'istituto Titan era una struttura che era se vista da lontano poteva parere più come una piccola città piuttosto che una scuola, ma d'altraparte l'edificio consisteva in elementari, medie e superiori perciò che fosse cosi grande non avrebbe dovutto sorprendere nessuno. Poi c'erano anche le strutture esterne come i campi sportivi e la biblioteca, ma per Michiru esattamente come per la sua casa era perfettamente normale andare in una scuola del genere con le sue uniformi e il resto non immaginava nemmeno lontanamente che certe persone aveva routine completamente diverse rispetto a quella che viveva lei.
Il momento della giornata che preferiva erano di certo le lezioni d'arte e di musica sebbene eccelezze senza problemmi in tutte le materie queste due erano senza ombra di dubbio le sue preferitte tanto che faceva anche parte del club di musica della sezione elementare.
«Ora basta Masato!» senti gridare passando davanti allo studio di suo padre, non le ci volle molto per capire che sua madre era al telefono con il papà e che stavano litigando di nuovo.
«Dovresti stare qui a casa con me e i nostri figli e non in ufficcio con lei!» gridava ancora la mamma prima di riattacare brutalmente il telefono.
Michiru osservava la scena ben nascosta, l'ultima volta che aveva sentito i suoi litigare cosi sua madre aveva gridato anche contro di lei per aver origliatto. Certe volte sua madre aveva delle vere e proprie crisi di nervi e quel suo stato d'animo cosi in subbuglio peggiorava ogni volta che litigava con il marito e sopratutto quando nelle discussioni si nominava questa fantomatica “Lei” che sembrava albergare su i suoi genitori come una presenza angosciante quasi come un fantasma.
Facendo finta di non aver sentito niente Michiru continuo a camminare fino al piano terra dove suo fratello la stava già aspettando per poter andare a scuola.
Durante il tragitto in limousine Michiru teneva lo sguardo puntato fuori dal finestrino senza riuscire a distogliere la mente da ciò che aveva sentito ad un certo punto senti Yoichi prenderle una mano.
«Tutto bene?» chiese lui.
«Si, non preoccuparti.» rispose Michiru cercando di abbozzare un sorisso.
Arrivati davanti scuola Yoichi corse subito verso i suoi amici mentre Michiru rimaneva indietro, lei non aveva molti amici. Se doveva essere sincera però non le importava molto, ciò nonostante una parte di lei sembrava non essere d'accordo perchè a volte le sembrava che le mancasse qualcosa o meglio qualcuno però cercava di ignorare tale sensazione, non aveva tempo di preoccuparsi di cose che nemmeno capiva e che forse erano solo frutto della sua immaginazione.
In ogni caso la cosa che più le importava al momento, dopo la situazione tra i suoi, era contare i giorni che mancvano alle vacanze estive che come ogni anno lei e la sua famiglia avrebbero trascorso alla loro casa al mare, n'è avevano anche una in aperta campagna anche se non ci andavano praticamente mai. Michiru non si definiva proprio un'appassionata di sport, ma nuotare le piaceva quasi come suonare quando lo faceva si sentiva un tutt'uno con l'oceano.
Questo pensiero l'accompagno per il resto della giornata scolastica.

I giorni passavano e come di consuetto la lite tra i suoi genitori venne dimenticata come se non fosse mai nemmeno essistita e finalmente arrivarono le tanto attesse vacanze estive.
«Avete presso tutto?» chiese Nanami ai figli mentre Sakai e Watanabe finivano di mettere le valigie in macchina.
«Non stresargli gliel'hai già chiesto tre volte.» fece notare Masato, la moglie non disse niente limitandosi a fare una smorfia prima di salire in auto.
Michiru osservo la scena in silenzio sentendo delle bille salirle in gola, aveva paura che i suoi tornassero a litigare però i suoi timori si rivelarono infondatti perchè il viaggio fu silenzioso e tranquillo. Alla fine arrivarono alla loro casa al mare.
«Vedrai Michi ci divertiremo tanto.» disse Yoichi e la sorella annui.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.

La cosa che più le piaceva della casa al mare era svegliarsi la mattina con il suono delle onde che si infragevano sugli scogli.
Appena sveglia Michiru si vesti per poter andare subito in spiaggia, ma venne fermata da Nanami che informo la figlia che non poteva andarci da sola e cosi presto senza aver nemmeno fatto colazione.
«Non posso nuotare se faccio colazione.» fece notare Michiru.
«Lo potrai fare se aspetti e adesso vai a tavola.» disse sua madre.
“Ma quando la smettera di trattarmi come una bambina?” si chiedeva Michiru mentre si sedeva al tavolo in cucina dove suo fratello e suo padre stavano già facendo colazione.
«Non abbaterti Michiru ho una sorpressa speciale per te e tuo fratello.» disse suo padre sorridendole e Michiru ritrovo subito il buon'umore.
«Tu hai sempre delle sorpresse speciali...» borbotto Nanami.
«Sopratutto per coloro che amo.» disse Masato sorridendo alla moglie la qualle non disse niente, ma Michiru notò come la mano le stesse leggermente tremando.
«In ogni caso adesso finiamo di mangiare cosi poi possiamo andare in spiaggia.» disse Yoichi.
A sentire ciò Michiru smisse di osserva la madre e torno a mangiare senza però riuscire a distogliere del tutto il pensiero dalla madre.
La vacanza era appena iniziata e lei già sembrava più stressata che quando stavano a casa loro.
Per poter scoprire la sorpressa del padre Michiru dovette aspettare fino al tramonto quando Masato porto in spiaggia un telescopio annunciando che quella sera ci sarebbe stata una pioggia di stelle cadenti. A tale proposta Yoichi era sicuramente quello più eccitato essendo apassionato di astrologia e di astronomia.
«Lo devo ammettere Masato la tua idea non è per niente male.» disse Nanami sorridendo sinceramente per la prima volta da quando erano lì.
«Le mie sono sempre ottime idee.» rispose Masato mettendo un braccio attorno alle spalle della moglie.
Vedendo tali dimostrazioni d'affetto tra i genitori Michiru sorisse felice.
«Vado a dire a Sakai di portare la cena fuori sul balcone allora.» disse Yoichi correndo in casa.
Tutto stava andando cosi bene che nessuno immaginava nemmeno un modo in cui le cose potessero peggiorare.
Ma a volte la realtà supera l'immaginazione.

I giorni passavano e le vacanze procedevano liscie e tranquille come ogni anno, un giorno durante un pomeriggio assolato Yoichi e Michiru stavano nuotando sotto la supervisione di Emiko.
«Michi non allontanarti troppo.» disse Yoichi vedendo la sorella che nuotava verso il mare aperto lontano dalla riva.
«So quel che faccio non preoccuparti.» rispose Michiru continuando a nuotare sempre più a largo. «Piuttosto tu non...»
Voltandosi Michiru non vide nessuno dietro di sé, si guardo attorno pensando che il fratello le stesse facendo uno scherzo però continuava a non vederlo era come scomparso nel nulla. Lo chiamo anche senza però ricevere risposta.
Una forte senzasione di inquetudine le fece stringere lo stomaco e con tutte le sue forze nuoto il più velocemente possibille verso riva, sperava che Yoichi fosse lì tornato indietro senza di lei, ma non era da lui e poi quella fastidiosa senzasione non svaniva anzi diventava sempre più forte.
«Emiko!» grido appena mise piede sulla spiaggia.
«Che succede signorina?» chiese la governante.
«Yoichi è sparito.» disse Michiru, ma la reazione che ottene non fu quella che aveva ensato.
Emiko le accarezzo gentilmente i capelli dicendole che forse Yoichi era andato a largo tanto che non poteva vaderlo e che di sicuro sarebbe tornato per cena, ma Michiru non credeva alle parole della governante e insistette affinche i genitori lo cercassero.
Alla fine ottene ciò che aveva chiesto Emiko la porto dai genitori, il padre ebbe più o meno la reazione della governante sottolineando che Yoichi era abbastanza grande da cavarsela da sola, ma la madre era della convizione che Yoichi era pur sempre un bambino e che forse si era fatto male.
Solo dopo più di un'ora in cui la situazione non muto Masato decise di cercare il figlio con Sakai, ma la ricerca dei due non diede alcun risultato e mentre il tempo passava Michiru si sentiva sempre peggio.
Quell'inquetudine non spariva anzi la sentiva come se stesse cercando di invaderle il corpo.
Il resto della giornata passo tra ricerche e urla sopratutto di Nanami, ma alla fine a notte fonda anche gli agenti che nel mentre erano stati chiamati dovettero smettere.
Se n'è andarono dicendo che avrebbero continuato il giorno dopo, ma Michiru ormai n'è era certa: suo fratello non c'era più era scomparso tra i flutti.
E lei non l'avrebbe mai più visto... e non avrebbe nemmeno nuotato mai più.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.

«Michiru svegliatti devi andare a scuola.» disse la governante ignara che dall'altra parte della porta Michiru fosse già pronta anche se l'idea di andare a scuola non le piaceva per niente.
Quanto tempo era passato? Un mese?
Forse di più o forse anche di meno, doveva ammettere che aveva perso al cognizione del tempo ciò che sapeva era che le vacanze estive erano finite. Sarebbe dovutta tornare a scuola... da sola.
Le ricerche non avevano portato a niente e alla fine anche i suoi genitori hanno dovutto accetare ciò che lei già sapeva, Yoichi non c'era più e illudersi era inutile.
Con un sospiro usci dalla stanza e superando la governante, com'era che si chiamava? Satomi o qualcosa del genere.
Scesse al piano inferiore superando anche lo studio di suo padre dal qualle uscivano die sussurri, ma Michiru riconobbe le voci del padre e di Sakai.
«Signorina si porti dietro l'ombrello hanno detto che pioverà in giornata.» disse Satomi porgendoglierlo.
Michiru lo prese senza dire niente poi salì in macchina, le mancava Emiko ma una parte di lei non poteva biasimare i genitori per averla licenziata. Il viaggio in auto fu silenzioso, del resto da quando Yoichi non c'era più tutto era diventato più silenzioso persino le lezioni di violino avevano perso l'armonia che Michiru tanto amava, aveva persino smesso di farsi i codini preferendo portae i capelli sciolti.
Watanabe le apri la portiare per farla scendere una volta arrivati e dopo averla vista entrare a scuola se n'è andò. Michiru cammino a testa bassa fino alla porta d'ingresso con le spalle che le tremavano.
Sentiva tutti gli occhi puntati su di lei, sentiva i bisbigli e i sussurri degli altri studenti e in lontananza con al coda dell'occhio poteva vedere gli amici di Yoichi fissarla con pietà.
Fu troppo da sopportare, si volto e corse più che poteva fino dall'uscire dalla propriettà della scuola, era cosi concentratta sullo scappare da lì che non si accorse di aver lasciato cadere l'ombrello a terra.

Aveva osservato spesso quel parco giochi durante i tragitti tra casa e scuola perciò quando era scapatta fu quella la sua destinazione. Ma poi era iniziato a piovere e Michiru si era nascosta sotto lo scivolo per evitare di bagniarsi, voleva rimanere lì fino alla fine delle lezioni e poi sarebbe tornata all'istituto Titan giusto in tempo per farsi riprendere da Watanabe.
Non voleva far preoccupare i suoi genitori voleva solo rimanere da sola.
No, era una bugia non voleva stare sola. Voleva stare con suo fratello, voleva trovare quella persona che sentiva le mancava però nessuno dei due era lì in quel momento perciò era sola e molto probabilmente lo sarebbe rimasta se non avesse sentito quella voce.
«Ciao, tu chi sei?»
Michiru si volto e vide che a parlare era stata una bambina più o meno della sua età, aveva le pelle scura e i capelli rosatti ma ciò che la colpi di più fu il suo abbilgiamento: indossava una semplice maglietta rossa e dei pantaloni a Michiru non sembrava una divissa scolastica eppure vista l'ora avrebbe dovutto averne una anche lei la stava indossando anche se non era a scuola.
«Io mi chiamo Elsa Gray e tu?» continuo la bambina porgendole la mano e titubante Michiru ricambio il gesto.
«Michiru Kaiou.» rispose e contaggiata dal sorisso dell'altra né fece uno anche lei e sebbene fosse piccolo era il primo sorisso che faceva da settimane.

La casa di Elsa non era proprio ciò che si aspettava anzi tutto il contrario.
«Questa è casa mia.» disse Elsa facendola entrare in un'appartamente che Michiru vide essere anche più piccolo della sua camera da letto e si chiese come fosse possibille che Elsa potesse vivere in uno spazio tanto piccolo. In realtà l'appartamento di Elsa era abbastanza grande, ma per Michiru abbituata alla villa e al suo ricco stile di vita tutto ciò che vedeva sembrava strano e fuori posto.
«Vuoi un po' di thè?» domando Elsa.
«Certo.» rispose Michiru guardandosi attorno. «Dov'è la cameriera?»
A quella domanda Elsa scoppio a ridere.
«Magari c'è l'avessi.» disse la ragazza andando in cucina per mettere su il thè mentre Michiru la guardava stranita.
Si sentiva a disagio e non solo a causa della poco famigliarita con ambienti similli, ma anche per la situazione in generale aveva saltato la scuola e adesso nello stesso momento in cui avrebbe dovutto essere al club di musica si trovava invece a casa di una bambina, la cui scuola se aveva capito bene era chiusa per una qualche festività o roba del genere, che aveva conosciutto poco fa al parco giochi.
Se sua madre l'avesse saputo di sicuro le sarebbe venuto come minimo un'infarto.
«Ecco c'è anche un po' della torta che ha fatto la mia mamma.» disse Elsa appogiando il vasoio su un tavolino davanti alle due.
Michiru mangio la torta offertole e si stupi di quanto fosse buona, molto meglio di quelle che faceva la cuoca alla villa.
«È squisista!» disse Michiru, non si ricorda nemmeno più da quanto tempo non mangiava qualcosa di cosi gustosso... forse da quella cena sotto le stelle cadenti.
«Mia madre sarà felice di saperlo.» disse Elsa. «Ha sempre dei dubbi riguardo alle sue abilità in cucina.»
Le due ragazzine scoppiarono a ridere prima che Elsa notasse finalmente la custodia del violino che Michiru aveva con sé.
Quando Elsa le chiese cosa fosse Michiru le fece vedere il suo strumento e sotto l'insistenza dell'altra si mise in pozisione per suonare. Ma al contrario di prima non senti la vecchia gioia tornare, continuava a sentire il suo suonare come un gesto meccanico, autonomo senza nessuna vera emozione.
Alla fine ottene un'applauso, ma non la soddisfo per niente anzi Michiru si senti di nuovo intrapolata in quel mondo di sollitudine soffocante cosi prese le sue cose e usci dall'appartamento borbottando una scusa e un saluto frettoloso ad Elsa convinta che tanto non l'avrebbe mai più vista
Quando fu per strada però senti la voce di Elsa: «Ci vediamo domani?»
Michiru arresto la sua corsa e voltandosi verso di lei annui.

Era riuscita a tornate giusto in tempo a scuola, proprio qualche minuto prima dell'arrivo di Watanabe. Cercando di nascondere il fiatone Michiru salì in macchina sperando di sentirsi meglio una volta a casa.
Sua madre l'accolse a casa come al solito anche se non c'era la minima traccia di espressioni sul suo viso, suo padre probabilmente era nel suo studio a lavorare. Aveva iniziato a farlo da casa molto più spesso grazie alla collaborazione di Sakai e ironicamente tra i suoi genitori era scessa la calma che aveva sempre voluto, ma il prezzo che aveva pagato n'è valeva veramente la pena?

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5.

1 anno dopo...
Ormai le strade erano ricoperte di neve e ciò non faceva eccezione per il giardino della villa ricoperto di un manto bianco che non aveva risparmiato nessun angolo del luogo. Mentre i dipedenti addobavano la villa per Natale al piano superiore Michiru si stava esercitando al violino sotto lo sguardo attento della madre.
Nanami osservava la tecnica della figlia, su quel piano l'esucuzione era perfetta come al solito, ma Michiru non risuciva più a mettere il cuore nella musica.
«Basta.» disse Nanami.
«Ho appena iniziato.» obbietto Michiru.
«Se continui a suonare cosi allora oggi possiamo anche finirla qui.» disse Nanami uscendo dalla stanza con una morsa che le stringeva il cuore.
Aveva sempre trovato un modo per riuscire a sfuggire al suo dolore, prima il violino poi però quando le divenne impossibille continuare a suonarlo aveva trovato la gioia nei suoi figli e adesso... Yoichi non c'era più e Michiru si era chiusa in se stessa da quel giorno, non nuotava più e non metteva più il cuore nelle cose che amava e Nanami si sentiva una pessima madre per aver potutto permettere che tutto ciò accadesse.
In ogni caso doveva tenere duro anche perchè se non l'avesse fatto sarebbe crollata e forse non sarebbe più stata in grado di rialzarsi.

Continuava a fissare il suo violino non riuscendo a capire perchè sua madre aveva interroto la lezione.
Era stata brava, non aveva sbaglaitto nemmeno una nota eppure lei stessa doveva ammettere che in realtà quella domanda nasceva dal suo orgoglio. Sapeva cosa aveva sbagliatto il problemma era che non sapeva come tornare a mettere il proprio cuore nella musica, le era sempre venuto naturale e adesso aveva paura che avendo perso quella capacità non l'avrebbe mai più riacquistata.
“Mi renderò ridicola davanti a tutti, tanto vale non andarci.” penso Michiru mentre tornava in camera sua.
Avrebbe dovutto suonare alla festa di natale della scuola era la prima volta che per un assolo veniva scelta una studentessa della sezione elementare... e lei avrebbe rovinato ogni cosa. Se non poteva mettere il cuore nella sua musica, trasmettere le sue emozioni attraverso di essa che senso aveva suonare tutte le note giuste?
«Ah, Michiru com'è andata la lezione con la mamma?» domando suo padre uscendo dallo studio.
«Bene, grazie.» rispose Michiru, suo padre di musica non capiva niente perciò non avrebbe potutto aiutarla e per quanto riguardava sua madre si vergognava di ammettere il suo problemma ad alta voce.
«Non vedo l'ora di vederti suonare su quel palco.» disse Masato accarezzando i capelli della figlia con sguardo basso. Anche se cercava di apparire allegro e sorriente anche lui portava le cicatrici di ciò che era successo, le portavano tutti anche se ognugno in maniera diversa.

In quel momento avrebbe dovutto essere a scuola a preprarsi per il concerto e invece si trovava al parco a giocare con Elsa e altre bambine che non conosceva, ma non le importava. Come il giorno in cui aveva conosciutto l'amica era scappata senza che nessuno se n'è accorgesse.
«Ehi Michiru perchè non indossi i guanti?» chiese una bambina e solo in quel momento Michiu noto di avergli dimenticati, ma continuo a giocare come se nulla fosse.
Il tempo passava e alla fine se n'è andarono tutte tranne Michiru ed Elsa che continauro a giocare fino al tramonto, ma alla fine anche Elsa dovette tornare a casa.
«Vuoi venire a cenare da me?» chiese Elsa.
«No, voglio rimanere a giocare ancora un po'.» rispose Michiru iniziando a costruire un pupazzo di neve. Il sole scomparve, le prime stelle fecero capolino in cielo e i lampioni sulle strade si accessero eppure Michiru non si mosse e continuo a giocare immaginando che ormai il concerto fosse iniziato e che qualcuno si stesse chiedendo dove fosse.
Si lascio cadere sulla neve con il fiato corto, aveva esaurito le energie, ma non aveva intenzione di andare al concerto perciò inizio a pensare a dove andare adesso.
«Ti sei persa?»
Michiru si alzo bruscamente e vide davanti a lei una donna forse dell'età di sua madre con lunghi capelli blu che la fissava.
«No.» rispose la bambina scuotendo al testa.
«I tuoi sanno che sei qui?» continuo la donna e per qualche motivo Michiru si sentiva come se non potesse mentirle.
«No.» rispose nuovamente.
La donna a quel punto annui e frugando nella borsa della spessa che aveva in mano diede a Michiru un panino.
«Sembri affamata, scometto che hai saltato la cena.» disse mentre Michiru afferrava il panino pensando che inefetti il suo stomaco brontollava già da un po' per la fame. Si sedette su una panchina per mangiare e la donna si mise vicino a lei poco dopo.
«Quanti anni hai?» chiese facendole un sorisso affetuoso.
«Dieci.» rispose Michiru.
«Davvero? Pensa mia figlia n'è ha otto invece.» rispose la donna con un sorisso.
«Ha una figlia?» chiese Michiru adentando il panino.
«Due in realtà.» rispose lei. «Ho anche un figlio di quattro anni... sai voglio loro molto bene e mi preoccuperei a morte se sapessi che sono soli in un parco a quest'ora.»
Michiru abbasso lo sguardo provando una leggera vergogna sentendo quel commento e immediatamente imamgino il panico sul viso dei genitori quando gli insegnanti avrebbero annunciato che non era presente al concerto.
«Non... non volevo essere lì.» disse infine Michiru. «Volevo stare sola, io... io mi sento cosi sola.»
Detto ciò scoppio a piangere liberando le lacrime che teneva dentro di sé da più di un anno. La donna l'abbraccio finchè Michiru non ebbe smesso di piangere con gli occhi gonfi e arrosatti la bambina vide che anche le sue mani erano rosse a causa del freddo.
«Sai tutti prima o poi ci sentiamo soli è normale.» disse la donna. «Per questo è importante ricordare che abbiamo sempre qualcuno con noi, se non fisicamente almeno nel nostro cuore a tenerci compagnia.»
Michiru guardo la donna e proprio in quel momento senti un forte soffio di vento.
Spalanco gli occhi e alzandosi dalla panchina inizio a correre verso la sua scuola dando un veloce “grazie” alla donna.
Ikuko guardo la bambina allontanrsi e sorrisse felice vedendola cosi piena di energia, non sapeva bene la sua situazione però sentiva di averla aiutata a prendere la decisione giusta.

Con il fiatone Michiru arrivo dietro el quinte del concerto, per fortuna il momento del suo assolo non era ancora arrivato e cosi andò dall'insengnate responsabille che appena la vide la fulmino con lo sguardo.
«Dov'eri?! Hai fatto preoccupare tutti!» la sgrido.
«Sono qui per suonare.» rispose Michiru.
«Sembra che ti sei rotolata nella neve e per di più le tua mani sono rosse per il freddo, pensi davvero che ti faro suonare?» continuo l'insengnate.
«Che lei sia d'accorod o meno non m'interessa. Io suonero su quel palco.» dichiaro Michiru.
«Hai cinque minuti per cambiarti.» sbuffo infine l'insengnate.
Michiru annui e andò a cambiarsi, quando fu pronta sali sul palco e inzio a suonare e in quella musica lascio fluire tutto il suo dolore, la sua solitudine e ogni cosa che si portava dentro. La sua musica aveva ritrovato la propria anima e tutto questo grazie ad un semplice messaggio che il vento le aveva portato:
“Buona fortuna Michi.”

Aveva le lacrime agli occhi nel vedere sua figlia suonare con tanto cuore, era finalmente tornata e di questo non poteva esserne più felice. Senti la mano di Masato prendere la sua e in quel momento sorrisse perchè la sua famiglia stava finalmente guarendo.
Questo era il loro primo passo assieme ed era tutto merito della musica di Michiru.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.

6 anni dopo...
Mise giù il pennello e guardo il suo dipinto appena terminato, era uguale al sogno che faceva da settimane e pensava che guardarlo lì su tela avrebbe potutto aiutarla a capirne il significato.
«Signorina Michiru!» grido Satomi entrando nella stanza in cui la ragazza era solita chiudersi per dipingere.
«Tutto bene Satomi?» chiese Michiru con un piccolo sorisso in volto.
«Non è qui, vero?» domando la governante guardandosi attorno per la stanza.
«Mi spiace qui oggi non è entrato nessuno tranne me.» disse Michiru.
Satomi sbuffo e uscendo dalla stanza si chiuse la porta alle spalle lasciando Miciru da sola. La ragazza appena ebbe la certezza che la governante si fosse allontanata si inginocchio vicino al tavolo con su le tele ovvero l'unico posto in cui ci si poteva nascondere della stanza avendo una tovaglia bianca lunga fino al pavimento.
«Satomi è andata via puoi uscire.» disse.
Da sotto la tovaglia fece capolino una bambina di circa cinque anni con i capelli verde acqua come quelli di Michiru.
«Non ho ancora capito perchè ti ostini cosi tanto a farla impazzire.» continuo Michiru.
«Perchè è divertente, sorellona.» rispose la bambina uscendo completamente dal suo nascondiglio con un sorisso stampatto in volto. A quella dichiarazione Michiru non riusci a trattenere una piccola risata, doveva ammettere che non poteva obbiettare completamente la logica di Izumi.
«D'accordo, ma adesso va da lei prima che impazzisca del tutto.» disse Michiru e annuendo Izumi usci trotterelando dalla stanza.
Michiru sospiro, proprio non capiva da dove la sorellina prendesse tutta quell'energia, ma forse dipendava tutto dalla sua cosi giovane età.
Stavolta veramente sola torno a guardare il suo dipindo: la fine del mondo.
Qualunque cosa stesse sognando non prometteva niente di buono di questo n'è era certa.
Si senti chiamare per la cena cosi mise da parte i suoi dubbi e andò al piano inferiore proprio in quel momento anche suo padre usci dal suo studio e sembrava strano, Michiru pensava di non averlo mai visto con un'espressione del genere, una che non riuscisse a decifrare.
«Papà tutto bene?» chiese Michiru.
«Si solo... non importa sono facende da adulti.» rispose Masato.
Lo strano umore del padre continuo anche a cena almeno finchè non si alzo in piedi richiamando l'attenione di tutti.
«La società ha firmato un contranto che mi imporrà di andare in Europa.» dichiaro Masato.
«E per quanti mesi?» chiese Nanami al marito.
«Dai cinque ai sei... anni.» rispose Msato.
«Cosa?!» strillo Nanami alzandosi di scatto. «Vorresti andar via per tutto questo tempo?»
«In realtà vorrei che tutta la famiglia si trasferisca in Europa con me.» rispose lui scioccando tutti.

Viaggiare era sempre stato il suo sogno, ma adesso che si stava avverando si sentiva in conflitto senza però riuscire a capirne il motivo. Guardo di nuovo il dipinto che aveva fatto e smettendo di fare le valigie decise di discuttere la situazione con Elsa, chiese a Watanabe di accompagarla al liceo dell'amica visto che quel giorno Elsa aveva gli allenamenti per la prossima corsa ad ostacoli.
Se avesse potutto evitare di andarci l'avrebbe fatto con piacere, ma visto che il trasloco era fissato da lì a tre giorni non poteva concedersi questo lusso. Le compagne di squadra di Elsa non le piacevano e le piaceva ancora meno quando una nuova arrivata le chiedeva se per caso fosse una sportiva, tale domanda risvegliava una ferita aperta l'unica che non era ancora riuscita a risanare del tutto: la sua paura di tornare a nuotare.
Durante il tragitto Michiru noto come Watanabe sembrasse non sentirsi tanto bene, aveva il respiro affanato e sembrava sudare.
«Tutto bene?» domando Michiru.
«Si, signorina non si preoccupi.» rispose l'autista tranne poi fermare di colpo l'auto in una strada isolata prima di stringersi forte il petto.
Michiru si spavento, Watanabe era anziano forse stava avendo un'attacco di cuore o qualcosa di simile e lei non sapeva come chiedere aiuto intorno non c'erano persone, ma solo piccole casa forse avrebbe dovutto andare a bussare ad una di queste?
Stava per farlo quando davanti ai suoi occhi accade qualcosa che non avrebbe mai dimenticato e che avrebbe cambiato la sua vita per sempre.
Watanabe usci dalla macchina urlando e poi accade e fu il turno di Michiru di urlare con tutta la forza che aveva in gola. Non sapeva nemmeno come descirvere il mostro in cu Watanabe si era trasformato, ma in realtà era cosi sconvolta che capiva ben poco di quella situazione.
Ad un certo punto il mostro si volto verso di lei e Michiru si senti bloccata dalla paura, cosa avrebbe potutto fare lei?
E nel pensare ciò senti il dolore, era stata scaraventata lontano e ferita al fianco che le brucciava dal dolore. Con gli occhi pesanti vide il mostro allontanarsi verso le case lì vicino, voleva fare qualcosa chiamarlo e dirgli di non andare di smetterla, di tornare in qualche modo ad essere il suo autista, ma stanca e sfinita perse i sensi.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.

Sentiva il suono dell'oceano e aprendo gli occhi vide che si trovava in spiaggia.
Si guardo attorno chiedendosi come fosse finita lì e quando punto lo sguardo sull'orrizonte vide il castello che sognava da bambina.
«Non è bellissimo?» chiese una voce.
Michiru spalanco gli occhi e senti le lacrime pizzicarle gli occhi in cerca d'uscita, non era possibille eppure avrebbe riconosciutto quella voce tra mille anche dopo tutto questo tempo.
«Yoichi...» sussuro vedendolo lì seduto in spiaggia, non era cambiato dall'ultima volta che la'veva visto e subito Michiru razionalizo dicendosi che era ovvio.
Yoichi era morto da anni ovviamente non poteva cambiare o invecchiare eppure lei era felice di vederlo al di là di ogni logica.
«Sai cos'è?» chiese Yoichi indicando il palazzo dall'altra parte del mare, Michiru si sedette vicino a lui e scosse la testa in segno di negazione.
«Quello Michi è il tuo passato e anche il tuo futuro.» continuo Yoichi. «Ma per poterci andare devi smetterla di avere paura di te stessa.»
«Cosa intendi?» chiese Michiru.
«So che hai paura e non ti biassimo, ma il mare fa parte di te non puoi continuare a ignorarlo, l'hai già fatto per troppo tempo.» rispose suo fratello con un tono di leggero rimporvero.
«Non ci riesco...» mormoro Michiru.
«Il mare puo togliere la vita come ha fatto con me questo è vero, ma non solo può anche darla è una forza dirompente che muta di continuo, in molti lo temono ma solo tu puoi controllarlo.» disse lui porgendogli qualcosa.
Michiru lo prese sembrava una penna o un piccolo scettro.
«Io credo in te Michi, lo sempre fatto.» disse Yoichi sorridendole.


Apri gli occhi, era di nuovo sulla strada distrutta con la limousine danneggiata e nessuna traccia del mostro.
La prima cosa che noto era che aveva in mano ciò che gli aveva datto Yoichi nel suo sogno.
“Ma com'è possibille?” si chiese rimetendosi in piedi, il fianco le faceva ancora male, ma ora doveva trovare Watanabe o qualunque cosa fosse diventato e fermarlo. Era l'autista della sua famiglia perciò un suo dipedente e come diceva sempre suo padre era loro dovere far stare bene i dipedenti ed evitare che si cacciassero nei guai.
Segui le traccie di distruzione fino ad una piazza, per fortuna non c'erano molte persone però doveva comunque trovare una soluzione che ancora non aveva.
Fece un respiro profondo e guardo la penna che le aveva datto Yoichi, doveva avere un significato doveva solo trovarlo. In quel momento un simbollo brillo e Michiru senti qualcosa di caldo in fronte e in quel momento le fu tutto chiaro, vivido come se l'avesse vissuto l'altro giorno e non secoli addietro.
«Potere di Nettuno vienni a me!» grido ignorando il dolore.
Sapeva chi era, sapeva cosa fare e sopratutto non aveva più paura di ciò che era una parte di se stessa.
«Io sono Sailor Neptune e vincerò con la grazia.» disse mettendosi davanti al mostro che appena la vide le andò contro per attacarla. Neptune fece un respiro profondo, suo fratello aveva ragione lei poteva controllare i mari perciò non doveva più temergli.
Gliel'avevano portato via, ma ora sarebbero stati i suoi più forti alleati.
«Maremotto di Nettuno!» grido lanciando il suo attacco, il mostro venne presso appieno e dopo essersi controrto in dolorosse urla si riverso al suolo tornando il suo fidato autista.
Neptune sorrise soddisfata, ma sapeva che se ciò che aveva ricordato corrispondeva a verità allora questo era solo l'inizio per qualcosa di più grande per fortuna sapeva di non doverlo affrontare da sola.
Adesso doveva trovarla, colei che aveva sempre cercato e che finalmente avrebbe riempito quel vuoto che aveva sempre sentito.
Doveva trovare Uranus solo allora avrebbe potuto veramente iniziare la sua missione, solo con lei e con nessun'altro.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8. ***


Capitolo 8.

Come poteva spiegarlo ai suoi genitori?
Watanabe era stato ricoveratto d'urgenza, ma non sembrava avere ferite gravi nel frattempo Michiru cercava un modo per dire ai suoi genitori la sua decisione, di certo sua madre avrebbe datto di matto però lei aveva una missione da compiere e non poteva sottarsi al suo destino.
Il trasloco fu rimandatto di alcuni giorni e questo diede a Michiru più tempo per pensare, ma anche quel tempo aggiuntivo stava per volgere al termine e cosi due gironi prima che la famiglia dovesse andare in Europa, Michriu comunico durante la cena la sua scelta.
«Io non vengo in Europa con voi rimango qui.» disse.
Gli occhi di tutti si puntarono su di lei e le espressioni dei suoi genitori erano identiche: sgomento e incredulità e anche una traccia di paura.
«Michiru non puoi rimanere qui.» disse Masato.
«Sono abbastanza grande e matura per farlo.» sottolineo Michiru. «Vi chiedo solo di mettermi a dispozisione un appartamento in uno degli edifici che possediamo, per favore.»
«Michiru sono felice della tua voglia di avere più autonomia, ma guarda in faccia la realtà non possiamo lasciarti qui.» continuo suo padre.
Michiru si morse il labbro non poteva dire ai suoi genitori il vero motivo per cui voleva rimanere in Giappone e se suo padre non era d'accordo allora era finita.
«Michiru vienni con me un'attimo.» disse sua madre alzandosi dalla tavola e portando la figlia nella stanza in cui da piccola le faceva lezioni di violino.
Michiru era già preparatta a una scenatta e invece vide sua madre tirare fuori qualcosa da un cassetto.
Era la custodia di un violino e quando Nanami la apri Michiru non potè fare a meno di guardare lo strumento con fare rapito. Era uno stradivari e lo riconobbe come il violino che sua madre suonava in gioventù, era impossibille per lei non riconoscerlo visto quante volte aveva osservato i poster della madre.
«È tuo.» disse Nanami.
«Perchè?» chiese Michiru.
«Forse non lo pensi, ma io ti conosce Michiru e so che se vuoi rimanere qui c'è un motivo.» rispose la madre. «Mi preoccupo per te sono tua madre è naturale, ma mi fido perciò... perciò parlero con tuo padre per convincerlo a farti rimanere qui.»
Michiru sorisse e abbraccio la madre, non si sarebbe mai aspettata tanta complicità da parte sua e invece si era sbagliata.
Poteva rimanere e aveva anche un nuovo presiozo violino.

Lo trovava ironico, ma era la prima volta che lasciava il Giappone nemmeno quando suonava era mai andata fuori dal paese e adesso invece lo stava facendo. Stava andando via con la sua famiglia e lasciando dietro di sé la figlia maggiore però stranamente non era preoccupata aveva visto la risolutezza negli occhi di Michiru quando aveva annunciato la sua decisione e in quel momento al posto di una liceale aveva visto una donna in grado di badare a se stessa.
Nanami senti Masato prenderle la mano e sorriderle, in passato l'aveva fatta soffrire, ma dopo aver perso Yoichi era cmabiato tutto sembrava che il marito facesse di tutto per risparmiarle qualsiasi tipo di dolore.
Lo amava e lo aveva perdonato.
Izumi stava già dormendo nonostante il volo fosse appena iniziato e Nanami chiuse anche lei gli occhi sentendosi stranamente in pace per la prima volta da tanto.

Il suo sguardo era ancora rivolto verso il cielo nel qualle qualche ora pirma il volo della sua famiglia era partito.
Una parte di lei era felice che se n'è fossero andati, se avesse fallito nella sua missione tutto il mondo sarebbe stato condanatto però almeno la sua famiglia non si sarebbe trovata nel luogo diretto dello scontro.
Era una magra consolazione, ma almeno aveva quella.
Mentre le onde le bagnavano i piedi Michiru fece un respiro profondo e si tolse la felpa rimanendo in costume. Chiuse gli occhi e poi si tuffo cominciando a nuotare come se non avesse mai smesso e mentre lo faceva si sentiva felice.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Epilogo. ***


Epilogo.

Qualche mese dopo...
«Pronto?» disse Michiru quando senti il telefono squillare.
«Ciao, Michiru volevo sapere se verrai alla gara di sabato?» le chiese la voce di Elsa dall'altra parte della linea.
«Certo.» rispose la guerriera Sailor, aveva passato settimane a cercare indizi sul nemico che ancora opperava nell'ombra e una pausa non poteva che farle bene.
«Perfetto ci sarà anche un'atleta incredibille, si chiama Haruka Ten'ou.» continuo Elsa.
«Bene, non vedo l'ora di assistere.» disse Michiru prima di chiudere la chiamata.
Si sedette sul letto e inizio a pensare a ciò che le aveva detto Elsa, per qualche ragione quel nome le sembrava famigliare come un eco lontano.
In ogni caso adesso voleva tornare alle sue indagini, avrebbe finito il semestre all'istituto Titan poi sarebbe andata nell'istituto Mugen. Quella scuola aveva creato in lei dei sospetti anche perchè era la scuola del nipote di Watanabe e l'autista ci era andato il giorno prima del suo risveglio, ai suoi occhi ciò non era un caso.
Il suo sguardo si poso sul suo album da disegno, forse alla gara d'atletica avrebbe potutto fare qualche schizzo.
Chissà com'era questa Haruka?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4023339