About mittens and sticks of dynamite and what they can do when mixed together

di arashinosora5927
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 for lack of better ideas ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 continuo a non avere idea di come si chiamerà sta storia ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 il titolo manco per sbaglio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 non andiamo meglio ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 e di un titolo neanche l'ombra ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 un titolo manco a pagarlo ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 deve per forza avere un nome? ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 il parto perché ho cambiato centodiecimila cose centodiecimila volte ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 Assafà a Maronn ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ci siamo, mi sta venendo un titolo per questa storia ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 il titolo arriva eh ***
Capitolo 13: *** I was never blind ***
Capitolo 14: *** Non ho un titolo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 for lack of better ideas ***


"Alcune cose sono irreparabili, me ne sono reso conto quando ho visto il vostro cadavere. Le parole non dette, i limiti che non ho saputo superare. I ricordi che non esistono si trasformano in rimpianti."
Tra le mani un tempo una rosa bianca, che senza nessun destinatario che potesse accarezzarne i petali e accogliere tra le sue dita lo stelo facendo attenzione alle spine, sembrava priva di significato.
"Mi manca l'aria se solo ci penso e ho giurato a me stesso che se per qualche miracolo avessi avuto una seconda possibilità non l'avrei sprecata. Per questo ho preso la mia decisione e ho scelto di vivere pienamente stavolta e non nascondere più nulla."
I petali strappati, come se quel malcapitato fiore avesse qualche colpa della sua sofferenza, parole mai dette urlate verso un cielo non più capace di ascoltare a cui chiedeva indietro il tempo perduto.
"Ti amo."

Tsuna alzò un sopracciglio, sul suo viso sgomento allo stato puro.
Non era questo che si aspettava quando Gokudera gli aveva chiesto di potergli parlare in privato, anzi si aspettava una sfuriata sul fatto che gli avesse tenuto segreto il piano, che gli avesse arrecato tanta sofferenza. Era pronto a prendersi le sue responsabilità e spiegare ogni cosa, ma, apparentemente, non ce ne era alcun bisogno e ora guardava solo gli occhi lucidi di Gokudera che attendevano una risposta, una parola.

"Non ti sto seguendo, Gokudera-kun. Stavamo parlando di quanto ti sei sentito abbandonato mentre credevi che fossi morto veramente e quanto dolore hai provato. Come siamo arrivati a questo?"

Gokudera rimase in silenzio, stava ancora elaborando le parole mai dette e la forma che avevano preso uscendo finalmente dalla sua bocca. Era un enorme macigno sul cuore che si trasformava in rugiada delicata rendendolo libero di battere. Faceva un po' paura provare leggerezza dopo anni passati a farsi schiacciare.

"Ah ho capito!" disse il giovane boss destando il suo braccio destro dall'osservazione delle sue emozioni. Per un istante i suoi occhi caldi e avvolgenti rilucerono di fiamme del cielo esprimendo profonda comprensione.

"Intendi dire che mi ami perché sono la tua famiglia. Sì, anche io provo lo stess-"

"No" disse Gokudera, impedendogli di concludere la frase come se non potesse proprio permettergli di farlo.

Un tempo una risposta simile da parte di Tsuna lo avrebbe distrutto facendo crollare ogni speranza a cui si aggrappava e annientando il coraggio racimolato per così tanto tempo. Avrebbe annuito e facendo a pezzi il suo cuore si sarebbe attaccato a ciò che rimaneva per vedere un sorriso sul suo viso e si sarebbe accontentato di continuare a custodire il segreto.

"Intendo dire che sì, ciò che provo per voi è anche un sentimento familiare, ma sto parlando di un altro tipo di amore. Sono innamorato."

Tsunayoshi sgranò gli occhi, Hayato usava sempre una marea di paroloni per esprimere cose talmente semplici e dava decisamente luogo a malintesi.

"Lo so, mi ammiri molto e stimi. È reciproco, Gokudera-kun."

Gokudera si mise una mano in viso, sospirò massaggiandosi le tempie e poi alzò lo sguardo fieramente e affrontò gli occhi del suo boss.

"Quanto devo essere esplicito prima che riceviate il messaggio?" domandò col tono più calmo che riuscisse a mantenere.

Il giovane boss era spaesato, pensava di averlo colto molto bene.

"Non lo so, cerca di essere quanto più chiaro possibile."

Gokudera allora chiamò in suo soccorso tutto ciò che aveva imparato in quegli anni in cui gli erano stati affidati dei sottoposti e aveva dovuto trovare il modo per arrivare a ognuno di loro alla stessa maniera.
Si armò di fiducia, di una sicurezza che non gli era mai appartenuta e per una volta disse esattamente ciò che gli era venuto in mente senza un filtro mente-bocca.

"Il mio amore per voi è quel tipo in cui sogni di tenere per mano una persona, baciarla, fare l'amore..."

Gokudera Hayato, Decimo guardiano della tempesta dei Vongola, osservò come le sue guance assunsero il colore della sua fiamma mozzandogli il respiro e le parole che rimasero bloccate in gola e ricaddero nel petto.

Ventiquattro anni e nessuna esperienza, neanche qualcosa che ci si avvicinasse. Un primo bacio conservato gelosamente così come la verginità, per qualcuno che forse non lo avrebbe mai accolto, per qualcuno che sicuramente non lo aveva aspettato.

"Non dire così!" squittì Tsuna e se Gokudera avesse alzato lo sguardo si sarebbe specchiato nel suo boss che aveva la tempesta in viso.

"Ma è la verità!" insistette Gokudera, ora che le parole gli erano uscite finalmente erano come un fiume in piena e nessuno avrebbe fatto in tempo a costruire una diga per contenerlo.

"Siete davvero un bell'uomo anche se il vostro fascino è qualcosa che non ha niente a che vedere con il genere."

Tsuna si mise le mani nei capelli, cercò di ignorare le parole che seguirono sui suoi muscoli, i suoi occhi, il suo sorriso, tutti complimenti che sarebbe stato contento di ricevere, ma non da Gokudera, non dal suo migliore amico che sembrava sull'orlo di scoppiare in lacrime non appena era venuto a parlargli e ora invece decantava una sua presunta bellezza.

"A ogni modo, Decimo, vi chiedo solo di pensarci, non dovete darmi alcuna risposta in questo momento."

Gokudera si avvicinò alla finestra ampia dell'ufficio del boss e uscendo fuori al balcone si accese una sigaretta, una fedele amica che potesse sostenerlo in quel momento così importante.

"Avete tutto il diritto di rifiutarmi, ma sappiate che non mi arrenderò così facilmente. Se ho anche una sola misera possibilità di conquistarvi ce la metterò tutta."

Il viso di Tsunayoshi era un foglio bianco, come se ogni cosa si fosse cancellata e rimanesse solo una gran confusione.

"Gokudera-kun, io penso che dovremmo rimetterci a lavorare, abbiamo così tante cose da fare che se non ci mettiamo all'opera non riusciremo a finire neanche per la mezzanotte di domani..." cercò di dire.

Hayato accennò un inchino e poi Sawada vide un sorriso delicato dipingersi sulle sue labbra.

"Prometto che avrò il massimo rispetto e che questa questione non avrà alcun impatto sul lavoro."

Tsunayoshi distolse lo sguardo mentre gocce di sudore si concentravano sulla sua fronte e per un attimo Gokudera giurò di averlo visto arrossire

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


"Prometto che avrò il massimo rispetto e che questa questione non avrà alcun impatto sul lavoro" queste erano state le parole di Gokudera con cui si era promesso di non rendere le cose ambigue, strane, imbarazzanti.

Gokudera però, era anche famoso per dire cose che poi sul piano pratico si discostavano enormemente dalle premesse. Così il suo decantato massimo rispetto era diventato esattamente il giorno dopo un salutarlo con un abbraccio e un bacio sulla guancia prolungato per oltre cinque secondi.

Le guance del boss si erano tinte di rosa mentre cercava di convincersi che non c'era niente di strano, gli Italiani si salutavano continuamente in quel modo e lui era solo un Giapponese che ancora non ci aveva fatto l'abitudine.

"Buongiorno anche a te, Gokudera-kun" aveva detto quando si era reso conto che il giovane gli stava ancora attaccato come una cozza e stando all'orologio sul muro erano già passati due minuti interi.

Come se non passassero abbastanza tempo insieme, come se la notte prima non l'avessero praticamente trascorsa a revisionare un manoscritto salvo poi addormentarsi con la testa sullo stesso e risvegliarsi solo perché la posizione era troppo scomoda augurandosi una buonanotte e ritirandosi ognuno nella sua stanza.

Quello sembrò essere abbastanza per Gokudera che si allontanò, ma non senza avergli fatto un occhiolino.

"Diamoci da fare" disse mettendosi seduto alla scrivania in quello che era il suo posto quando Tsuna richiedeva la sua assistenza, cosa che il boss dei Vongola proprio non ricordava aver domandato quella mattina.

******

Era passato un altro giorno e dopo che aveva quasi temuto che Gokudera prendesse la cittadinanza nel suo ufficio lo aveva visto raggiungere quello assegnato a lui.

L'aria era sembrata tutto a un tratto più respirabile, l'aveva sentita fluire nei polmoni percependola assieme a una cosa chiamata "spazio personale" che Gokudera gli aveva fatto mancare.

Anche la poltrona sembrava più comoda e persino la sua pila di documenti, meno alta e spaventosa.

Si stiracchiò sprofondando contro lo schienale, ancora qualche minuto e sarebbe andato a cena e invece la porta si aprì facendolo sussultare e ne emerse un Gokudera, felice come un bambino in un negozio di caramelle, che però purtroppo tra le mani stringeva tutto tranne che deliziosi dolciumi per sollevare il morale, ma una nuova risma di documenti che Tsuna guardò con disgusto.

"La lettera che trovate non c'entra niente con la revisione, è una mia lettera d'amore e ho solo deciso di consegnare le due cose insieme. Per favore dateci uno sguardo."

Depositò tutto sulla scrivania e uscì canticchiando senza neanche richiudere la porta, cosa che non aveva mai fatto prima.

Tsuna sospirò, le guance leggermente più rosee. Scostò la risma su un lato e si gettò sulla lettera, incapace di rimandare la sua curiosità.
Se potessi darti una cosa nella vita, mi piacerebbe darti la capacità di vedere te stesso attraverso i miei occhi. Solo allora ti renderesti conto di quanto sei speciale per me. Frida Kahlo, è lei l'autrice di questa piccola poesia, ma a volte le parole degli altri parlano proprio di noi, Decimo. Ho capito che dichiarandomi non vi avrei fatto niente di male guardando la purezza dei miei sentimenti. Se posso insegnarti ad amarti almeno un quarto di quanto ti amo io ho già vinto._ Tuo, Gokudera Hayato
Tsuna riconobbe un sorriso sul suo viso e poi sospirò nuovamente. Sicuramente Hayato sapeva usare bene le parole, ma poi i fatti erano sempre da verificare.

Un dettaglio attirò la sua attenzione lo spessore della carta sotto il tocco delle sue dita e poi si rese conto che era quella destinata alle lettere per gli inviti al ballo di beneficienza del mese successivo che Gokudera aveva invece usato impropriamente.

Non sapeva se lo avrebbe punito o meno, sapeva solo che un effetto sul lavoro stava iniziando a vedersi chiaro e tondo.

*****

Quarto giorno dalla dichiarazione di Gokudera, giorno seguente alla lettera e no, Tsunayoshi aveva ponderato e aveva deciso che non era il caso di riprenderlo, non ce ne era davvero bisogno, non dopo che lo aveva aiutato fino a notte fonda col discorso da fare al meeting del giorno dopo.

"Deficienti, levatevi di mezzo dalla strada del Decimo!"

Tutta Palermo avrebbe finito per odiarli, Tsuna ne era sicuro mentre Gokudera sbraitava a destra e a manca di liberare il passaggio neanche ci fosse stato un tappeto rosso dedicato al suo boss.

Niente di inusuale finché non sentì una mano calda e accogliente che reclamava la sua e la stringeva forte. Si prese un attimo per osservarle le loro dita intrecciate e percepì chiaramente il calore concentrarsi in viso.

Gokudera avanzava con passo spedito conducendolo anzi praticamente trascinandolo.
Sawada non era più sicuro dei ruoli, forse Gokudera era diventato il suo boss o non si spiegava quell'atteggiamento passivo che aveva assunto.
********

Il meeting era da poco terminato e Tsuna non riusciva a dimenticare il modo in cui Gokudera aveva ammiccato praticamente tutto il tempo, salvo poi masticare il dorso di una penna guardandolo dritto negli occhi e sfiorandogli un braccio di tanto in tanto, così, giusto per rendere le cose più difficili.

"Gokudera-kun, questa cosa impatta sul lavoro, solo sul mio però e su di me" disse a nessuno visto che nella stanza era rimasto da solo a sistemare le carte.

Affondò con il mento contro la scrivania abbandonandosi in lungo sul supporto con un braccio a sostenere la testa.

"Questo è un luogo di lavoro, il mio cuore non ce la fa a starti dietro."

Il viso fino ad allora rivolto in avanti venne a trovarsi contro il legno della scrivania mentre un sospiro lasciava le sue labbra.

"Gokudera-kun, sei uno stupido, stupido, stupido, stupido" ripetè osservando il modo in cui il suono usciva ovattato sbattendo contro la superfice.

"Sei uno stupido bellissimo uomo italiano!"

In quel momento Tsuna vide la sua mente affollarsi di immagini di Gokudera, passando in rassegna tutte le sue espressione. Il suo viso disteso che lasciava spazio all'ammirazione, alla rabbia e ora c'era la disperazione e quel rossore, quel fascino.
Sawada poteva davvero vantare il privilegio di aver visto la tempesta in tutte le salse tranne che beh nudo.

Il solo pensiero gli strappò un urlo di esasperazione. Ci stava pensando fin troppo, doveva decisamente spostare l'attenzione. Se non altro di certo non si poteva dire che non ci stesse riflettendo.

Fuori all'ufficio di Tsuna nel corridoio principale Yamamoto aveva appena fatto in tempo a raggiungere Gokudera che andava nella direzione opposta e farsi testimone di una manifestazione del conflitto del boss.

"Gokudera, vorrei esprimerti quello che penso. Non c'è ragione di essere così impaziente, sai? Tsuna è molto stressato."

La tempesta non lo degnò neanche di uno sguardo e continuando a camminare per la sua strada si lasciò le parole dietro di lui.

"È inutile che me lo ricordi, idiota. Dopo averlo visto morire sono pronto ad andare fino in fondo."

La sua mente volò a quel giorno miracoloso in cui la bara si era scoperchiata e ne era uscito il suo boss, sano e salvo solo con dieci anni in meno. Ricordava chiaramente il modo in cui lo aveva guardato, con ammirazione, rispetto, stupore e apprezzamento, come se in quell'istante si fossero detti un segreto che nessuno dei due avrebbe espresso a voce, non ancora.

"Inoltre il mio amore impossibile potrebbe non esserlo dopotutto..."

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 continuo a non avere idea di come si chiamerà sta storia ***


A un mese dal momento in cui Gokudera aveva messo a nudo i suoi sentimenti la situazione era rimasta pressoché invariata o meglio, Tsuna poteva dire di averci fatto l'abitudine a quella che era diventata la loro nuova dinamica relazionale.

Le continue manifestazioni d'affetto da parte della sua tempesta non lo turbavano più, così come i continui complimenti e le attenzioni.
A pensarci bene, non era poi così diverso da come era sempre stato se non per il contatto fisico e le parole utilizzate scelte per i complimenti da rivolgergli.

"Grazie per il resoconto, Yamamoto. Mi hai salvato" disse il giovane boss accogliendo in una mano il blocco d'informazioni che il suo guardiano della pioggia gli aveva portato.

Gli occhi di Tsunayoshi rilucerono interrogativi davanti alla perplessità della pioggia.

Aveva qualcosa in viso, verdure rimaste incastrate tra i denti? C'era qualche parola che non aveva comunicato? Doveva esserci un motivo per cui l'altro suo migliore amico lo stava guardando con un'espressione mista di confusione e imbarazzo. Che cosa si era perso?

"Comunque..." iniziò a parlare il Takeshi, il tono non faceva mistero del disagio.

"Volete che vi lasci soli?" domandò.

Tsuna alzò un sopracciglio.
Che voleva dire? Perché avrebbe dovuto lasciarli da soli? Dovevano discutere di un importante accordo con un'altra famiglia e serviva che fossero tutti e tre insieme per questo obiettivo.

"Magari" emerse la voce di Gokudera, il giovane boss la sentì pericolosamente vicina alle sue orecchie come se la sua bocca fosse a pochi centimetri da lui, troppo pochi.

Sussultò, continuò a rivolgere lo stesso sguardo confuso a Yamamoto e ignorò la risposta di Gokudera.

"Non c'è ragione per cui dovremmo vedercela solo io e Gokudera-kun, per questa faccenda sei fondamentale, abbiamo bisogno di te."

Yamamoto annuì trattenendo a stento una risata.

"Va bene, ma non avevo intenzione di squagliarmela, volevo dire che passo più tardi visto che siete impegnati.."

"Impegnati?" domandò il giovane boss e solo allora si rese conto della sua reale situazione.

Un gemito di terrore sfuggì alle sue labbra mentre realizzò di avere una mano fermamente salda sulla schiena di Gokudera, l'altra ancora stringeva i documenti e ricadeva lunga verso un fianco del giovane e c'era un motivo se la sua voce gli era parsa così vicina e questo era testimoniato dal calore che ora percepiva chiaramente contro la sua guancia assieme a quei capelli lunghetti che gli solleticavano il viso.

Un senso di agitazione si impadronì di lui quando si rese conto che lo stesso calore lo percepiva anche in tutto il resto del corpo.
Da quanto si stavano abbracciando? E perché erano così vicini?

Con un urlo degno delle migliori soap-opera Tsuna spinse via il suo guardiano della tempesta facendosi cadere di mano la risma di fogli che non essendo stata spillata si riversò confusamente sul pavimento.

Si allentò la cravatta respirando a pieni polmoni per recuperare l'aria che gli era mancata all'improvviso e si rese conto di avere ancora una mano premuta contro la guancia di Gokudera per allontanarlo solo grazie a un verso di disappunto da parte di quest'ultimo.

"Non te ne eri accorto?" domandò Yamamoto carico di sorpresa.

Il giovane boss continuò a boccheggiare cercando di organizzare un discorso coerente.

"Scusa, scusami Yamamoto" alla fine disse.

Gokudera fece un'altra cosa che non aveva mai fatto prima e rivolse al suo cielo un'occhiata glaciale.

Perché si stava scusando? Era stato così terribile abbracciarsi? Gokudera stava vivendo un sogno. Perché glielo dovevano distruggere in questo modo?

Il verde delle sue iridi venne interamente inghiottito dalla pupilla mentre un'aura omicida si dipinse all'interno e Yamamoto vide chiaramente una luce minacciosa.

"Non c'è problema, ho solo paura degli occhi di Gokudera" rise il guardiano della pioggia che già contava i secondi che aveva prima che quello della tempesta gli esplodesse contro.

Il viso del boss ora era solo imbarazzo allo stato puro, le guance due grandi segni purpurei.

"Quindi finalmente vi siete messi insieme?" domandò Takeshi recuperando la sua attitudine calma e allegra sperando che questo avrebbe calmato Gokudera.

"C'è voluto un mese per-"

Sawada lo interruppe ridendo istericamente, agitò rapidamente le mani davanti al viso di Yamamoto come per cancellare quelle parole.

"Di cosa parli, Yamamoto?" rise di nuovo, stavolta in maniera talmente forzata che riconobbe di non poter ingannare nessuno.

"Non stiamo insieme, vero Gokudera-kun?" proseguì Sawada rivolgendo lo sguardo ad Hayato per avere una conferma delle sue parole, conferma che però non arrivò.

"Gokudera-kun?" provò nuovamente, esitando, sentendo il sudore sulla fronte e sui palmi.

"Per tua decisione" disse poi con un tono tagliente Gokudera prima di uscire dalla porta dell'ufficio bruciando quasi il terreno sotto i suoi piedi tanta l'intensità della sua rabbia.

Tsuna rimase pietrificato, poi si mise le mani tra i capelli e sospirò.

"Non riesco proprio a capire che gli prenda ultimamente."

Takeshi sospirò a propria volta, lui sapeva perfettamente perché Hayato avesse lasciato la stanza con così tanta fretta, stava per urlare addosso a Tsuna e non se lo sarebbe mai perdonato, non poteva rischiare tanto.

Come al solito il suo compito si dimostrava fondamentale al funzionamento di tutte le relazioni all'interno della famiglia e solo il suo intervento avrebbe potuto salvare la situazione.

"Tsuna" disse mettendogli un braccio intorno alle spalle mantenendo un sorriso amichevole che però sembrava al contempo spaventosamente coscienzioso.

"Davvero non hai capito?" chiese.

Il giovane boss sospirò, si grattò una guancia e fece dondolare le braccia stanche lungo il corpo.

"Gokudera è sconvolto e sono ormai mesi che delira. Non pensavo di avergli provocato dei simili danni, credo che abbia bisogno di uno psichiatra. Si è fissato con questa storia che è innamorato di me e mi sta molto più attaccato del solito e io penso che lo faccia perché ha paura di vedermi scomparire e io lo capisco, ma siamo arrivati a un livello imbarazzante e insostenibile. Ci manca solo che mi segua anche in bagno. Io mi sento in colpa, ma credo di dovergli dire che ora ha superato ogni limit-"

Stavolta fu Takeshi a interromperlo, lo fronteggiò guardandolo dritto negli occhi.

"Tsuna, è giunto il momento che te ne renda conto" gli disse con il tono più inquietante che il giovane boss avesse mai ascoltato provenire dalla sua pioggia.

"Gokudera fa sul serio, non si è fissato, Gokudera è innamorato di te da quando avevate quattordici anni. Forse questo non dovrei nemmeno essere io a dirtelo, ma credo che sia l'unico modo perché tu capisca. Quando Gokudera dice che ti ama non intende come quello che provo io per te, ovviamente c'è anche quello, ma lui parla di qualcosa di diverso, di romantico. Gokudera vorrebbe che foste una coppia e se non c'è neanche un barlume di speranza per lui allora glielo devi dire perché se non lo rifiuti con sicurezza non farai che illuderlo e allora gli spezzerai il cuore. Soffrirà in ogni caso, ma così non lo aiuterai mai ad andare avanti."

Tsuna sgranò gli occhi, in quel momento si rese conto che non aveva capito niente.
Perché aveva escluso a priori che si trattasse proprio di quello, della cosa più ovvia? Ah già, ora ricordava. Perché mai una persona come Gokudera avrebbe dovuto scegliere proprio lui tra tante persone decisamente migliori? Che cosa avevano loro in comune? Dannazione, se a volte si sentiva ancora il ragazzino sfigato di un tempo e non l'amministratore delegato di una delle potenze economiche e politiche più influenti al mondo.

"G-Gokudera-kun è innamorato di me?! E lo è stato per tutto questo tempo?!" domandò sconvolto sfiorandosi le labbra per una ragione che non seppe reperire.

Improvvisamente una serie di ricordi insieme assunsero tutta un'altra sfumatura. Con Gokudera ci aveva condiviso una vita, una stanza, un letto una volta e pensare a quella volta in cui erano andati a mare insieme.
Quanti favori gli aveva chiesto? E tutte le cose che gli aveva detto?

Oddio, lo aveva messo davvero a dura prova, ma lui davvero pensava che fossero solo cose normali che gli amici fanno quando hanno un alto livello d'intimità.

"Cazzo..."

Yamamoto gli fece rimettere le spalle dritte e lo sorresse mentre Tsuna si era abbattuto stringendosi nel petto.

"Hai aperto gli occhi."

"E tu lo sapevi!" squittì Tsuna indicandolo con aria accusatoria.

"E non hai mai detto niente!"

Takeshi sorrise, ricercò il suo sguardo e lo accolse nel proprio.

"Lo sapevamo tutti, Tsuna. Hayato l'ha sempre buttata sull'ammirazione, ma qualcosa non mi tornava. Ha retto, a lungo, poi piano piano ha iniziato a crollare con tutti e ha solo confermato. La prima a tirare fuori il discorso è stata Haru, lei poteva capirlo più di chiunque altro.."

Tsunayoshi ascoltò ogni singola parola e la sua bocca si spalancò. Quante cose che non aveva notato, se Reborn lo avesse saputo lo avrebbe sicuramente ripreso.

Ridacchiò nervosamente conscio del fatto che Reborn già lo sapeva e sicuramente si stava facendo una scorpacciata di risate ora che la questione era venuta allo scoperto anche per lui.

"È vero, Haru era innamorata di me" disse con la stessa enfasi di un cadavere perché adesso parlava trascinando le parole fuori incapace di processare tutte quelle informazioni.

Che poi come era finita con lei? Non sapeva dirlo, un giorno semplicemente aveva smesso di avere quell'atteggiamento imbarazzante e poi aveva persino trovato un fidanzato.

Tsuna ricordava chiaramente di esserci rimasto un po' male e non perché Haru non avesse scelto lui alla fine, ma perché quella ragazza gli aveva alzato così tanto l'autostima senza neanche che se ne fosse reso conto.

"Haru e Gokudera allora hanno fatto un patto. Nessuno dei due avrebbe più fatto passi verso di te perché non potevano mancarti di rispetto né mettersi l'uno contro l'altro e poi entrambi capivano bene che non sembravi interessato. Per un po' ha funzionato, ma poi chi in un modo e chi in un altro, entrambi hanno rotto il patto finendo per litigare, ma per il tuo bene non hanno tagliato i ponti. Poi si è ricucito tutto e nel passaggio tra le medie e il liceo quando tu hai iniziato a uscire con quella ragazza, Haru è andata avanti e ha trovato qualcuno anche lei, Gokudera no, Gokudera ha continuato a tenersi stretti i suoi sentimenti e guai a dirgli che non era sano e si stava solo facendo del male, che doveva cercare qualcun altro."

Yamamoto strinse la presa sulle sue spalle e guardandolo intensamente negli occhi come forse non aveva mai fatto prima si sincerò che il messaggio di arrivasse dritto al cuore.

"Tsuna, Gokudera non ha mai avuto nessuno perché ha sempre voluto te e ha sperato fino alla fine che tu andassi da lui e io, io faccio da sempre il tifo per voi, ma se ho travisato tutto e tu non provi niente di simile per lui allora devi dirglielo."

Tsuna non sapeva più articolare una sola parola correttamente, le gambe gli tremavano e il cuore batteva all'impazzata.

Pensò alla Haru di un tempo, la paragonò al Gokudera con cui si relazionava adesso e vide lo stesso atteggiamento, percepì le stesse sensazioni.

Perché ci aveva messo così tanto a realizzarlo?  Forse con Haru era stato facile perché era una ragazza e si suppone che una coppia sia formata da un maschio e una femmina.
Si diede una bastonata in testa mentalmente e negò. Dopotutto doveva avere introiettato dell'omofobia a causa di suo padre e il che non era proprio da lui visto che aveva accettato di buon grado la relazione di Mukuro e Hibari che sicuramente preferiva a sbaciucchiarsi in un angolo piuttosto che a distruggere ogni cosa nel loro raggio visivo a suon di tonfa e tridente.

La sua testa fumò, le orecchie fischiarono e il viso divenne talmente rosso da esplodere.

Ripensò a se stesso, a Kyoko, a Saeki, a Miyumi, a Lidia e gli sembrò incredibile realizzarlo.

"Allora io non sono mai stato innamorato" constatò ripensando ad Haru e a Gokudera, al loro atteggiamento così diverso dal suo che forse nasceva solo dal bisogno di sentirsi qualcuno perché finalmente aveva la ragazza che suo padre voleva che avesse e allora magari così avrebbe distrutto la percezione di sfigato che aveva di se stesso.

"Che imbranato che sono, Yamamoto..." mormorò con un sospiro.

Yamamoto sorrise, lo accolse in un abbraccio energizzante.

"Avanti, su col morale. Niente è perduto!" sapeva esattamente come confortarlo ogni volta.

"Io non... io devo scusarmi con lui..." sospirò affranto il giovane boss.

"No, Tsuna. Tu devi fare finta di niente sennò è la volta buona che Gokudera mi fa saltare in aria..." rise la pioggia.

Il cielo annuì e rise a sua volta, lasciò che Takeshi ripassasse più tardi e rimase da solo con i suoi pensieri in quel silenzio assordante.

Dato che la sua vita non era mai tranquilla o dalla sua parte Tsuna ebbe esattamente cinque minuti per tormentarsi poi riconobbe i passi di Gokudera e si girò istintivamente verso la libreria, fingendosi molto occupato a sistemare un volume.

"Decimo, volevo scusarmi per il mio comportamento" disse con molta enfasi il guardiano della tempesta.

Il viso era tutto stress e un tentativo di tenersi insieme dopo circa tre sigarette fumate in fila per calmare i nervi e ritornare sui suoi passi.

"N-Non importa Gokudera-kun, è acqua passata. Scusami se ti ho fatto arrabbiare..." disse il giovane boss assumendo un tono più sicuro via via che proseguiva il discorso.

"N-No, Decimo. Non è assolutamente colpa vostra, sono io il problema...non volevo rivolgermi in quel modo..."

Tsunayoshi scosse la testa continuando a dargli le spalle.

"Siamo molto stressati per via di tante cose. È okay, Gokudera-kun."

Gokudera si gettò a terra come non faceva da anni, supplicando il perdono.

Tsuna rise, era alquanto nostalgico.

"Ci ho messo tanto per farti smettere, non ricominciare" disse voltandosi e avvicinandosi verso di lui.

"Ti ho già perdonato, ma se mi fai un massaggio alle spalle come solo tu sai fare magari ti metti l'anima in pace?" domandò accovacciandosi accanto a lui, sfiorandogli la testa con una mano in una delicata carezza.

Gokudera alzò il viso dal pavimento, i suoi occhi brillarono e Tsunayoshi lo vide chiaramente arrossire intensamente.

"Dite sul serio?" domandò.

Il giovane boss annuì e rialzandosi gli tese una mano per aiutarlo a fare lo stesso. Lo condusse alla scrivania dove prese posto sulla poltrona e gli posizionò le mani sulle spalle.

"Ne ho proprio bisogno" disse.

Gokudera sorrise ampiamente, ogni traccia di nervosismo sembrò svanire dal suo volto mentre le sue dita iniziarono a lavorare sui muscoli accavallati del Decimo.

"Inizialmente volevo farmi perdonare proponendo un film insieme stasera, potremmo metterci sul divano con una coperta e i pop-corn, spegnere la luce così sembrerà di essere al cinema. Lo facevamo sempre quando eravamo ancora a Namimori..."

Tsuna sorrise a propria volta ricordò vividamente quei momenti di cui Gokudera parlava. Aveva davanti Lambo che tirava il telecomando e I-Pin che cercava di riprenderlo, Bianchi che domandava perché non avessero scelto una commedia romantica, Reborn che dopo qualche minuto si addormentava, così come il resto della banda composta da sua madre, Futa, Yamamoto, Chrome, Kyoko e Haru. Rimanevano solo loro a guardare la pellicola fino alla fine, ne parlavano scambiandosi opinioni e tutto sembrava assolutamente perfetto come se non ci fosse bisogno di nient'altro al mondo.

"Magari un'altra volta, Gokudera-kun. Per stasera ho già preso un impegno..."

Gokudera si fermò, prese la sua agenda e la sfogliò rapidamente.

"Io non ho segnato niente" disse sconvolto.

Era così felice al pensiero che dopo aver discusso con Yamamoto le trattative, cosa che a pensarci bene era stata rimandata a causa sua, avrebbero avuto la serata libera per una volta.

Dal momento che organizzare la giornata di Sawada Tsunayoshi era letteralmente il suo lavoro Hayato era a dir poco sotto shock.

"Perché è un impegno personale. Non ti riguarda, Gokudera-kun. Se puoi farmi un piacere avverti Giada che vado a cena fuori, così non cucina anche per me inutilmente."

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 il titolo manco per sbaglio ***


Il mondo sembrava abbagliante, più si guardava intorno, più sentiva addosso gli occhi di tutti ed è proprio per questo si era rifugiato nel menù. Lì dove pensava di trovare un riparo aveva, però trovato un nuovo attacco.

Sospirò intensamente, la sua mente andò a qualche ora prima, alle dita di Gokudera che si erano improvvisamente fermate e al modo in cui il suo tono era cambiato.

"Capisco... allora con permesso andrei a riprendere il materiale per discutere e poi mi occuperò di richiamare Yamamoto, la trattativa non può essere rimandata per sempre."

"D'accordo" aveva detto il giovane boss confermando quelle parole, ma prima ancora di potersi esprimere la tempesta era sparita dal suo raggio visivo.

Tsunayoshi aveva pensato che fosse meglio lasciar correre, ma qualcosa decisamente non tornava nel suo atteggiamento.

Lo aveva forse offeso?

Quel cambio di umore repentino significava solo una cosa e Sawada non riusciva a  identificarla, ma sapeva con certezza che era scattato di nuovo un tasto dolente in Hayato. Forse era una sua paranoia e nel giro di un breve periodo sarebbe passata, ma il suo intuito gli raccontava diversamente.

Ricordò come si fosse alzato dalla poltrona con l'intento di seguirlo e fermarlo e nella velocità con cui si era mosso non aveva notato di aver calpestato i documenti portati da Yamamoto che tempo prima si era fatto cadere di mano sparpagliandoli disordinatamente.

Si era messo per terra a raccoglierli, con una santa pazienza che non sapeva da dove fosse uscita, a rimetterli secondo un criterio e quando ebbe finito trovò i suoi guardiani sulla porta, in attesa che la loro piccola riunione potesse avere inizio.

Ne era sicuro, Gokudera aveva evitato volontariamente il suo sguardo, una, due, tre, quattro volte e durante tutto il suo intervento non si era neanche degnato di dire una parola.
Qualcosa era decisamente fuori posto.

"Ho avvertito Giada che non siete dei nostri comunque."

"Grazie, Gokudera-kun."

Il loro unico reale scambio di parole era stato questo.

"E allora abbiamo litigato e io... Tsuna, mi stai ascoltando?"

"Eh?" domandò il giovane boss riemergendo dalla carta contro la quale aveva nascosto il viso.

"No, scusami Dino-san.." ammise rammaricato.

"C'è qualcosa che non va? Hai una faccia.." indagò il boss dei Cavallone.

"No no, è solo che in questo ristorante fanno le trofie al pesto.." rispose Tsuna con un lamento.

"Ed è un problema? Avresti preferito un altro ristorante?"

Il giovane boss dei Vongola scosse la testa, doveva immediatamente chiarire il malinteso.

"No, questo ristorante è perfetto, non è troppo riservato, ma da quando sono diventato un personaggio pubblico nessun posto lo è davvero e tu sai di cosa parlo."

"Allora cosa ti turba tanto? Se non vuoi le trofie al pesto ci sono una ventina di altre opzioni solo tra i primi" disse Dino accogliendolo in un sorriso che solo un fratello maggiore se pur acquisito poteva avere.

"È il piatto preferito di Gokudera..." mormorò Tsuna più come se stesse parlando con se stesso che con il suo interlocutore.

Dino lo guardò spaesato, si scambiò un'occhiata di sconcerto con Romario seduto alla sua destra, poi la sua mente parve brillare come se si fosse accesa una lampadina e la stessa luce si riflesse nei suoi occhi.

"Problemi in paradiso?" domandò mantenendo un'espressione saccente.

"Il nostro rapporto è strano ultimamente. È tutto strano da quando mi ha detto cosa prova per me..." rispose Tsuna con un lungo sospiro lasciando cadere una guancia contro la mano appoggiata sul tavolo in preda allo sconforto.

Dino sbattè le palpebre due volte, sul suo volto era dipinto sconcerto, poi fece cenno al cameriere che si stava appropinquando al loro tavolo ancora una volta di ripassare in seguito e si avvicinò a Tsuna sporgendosi verso la tavola così che potessero parlare in maniera più confidenziale.

"Stai dicendo che hai avuto dei ripensamenti sulla vostra relazione?" bisbigliò.

Il cielo dei Vongola lo guardò spaesato.

"Di che relazione parli? Gokudera si è innamorato di me e non credo che per questo abbiamo litigato, ma ci siamo andati molto vicini. Io non so cosa fare! Non voglio ferirlo e non voglio perderlo, ma non posso neanche illuderlo, capisci?" disse mantenendo lo stesso tono.

Dino indietreggiò di qualche centimetro sgranando gli occhi, sembrava davvero sconvolto.

"Mi stai dicendo che non state insieme?!"

Tsuna arrossì appena, guardò Dino come se fosse sotto stupefacenti e gli rivolse un'espressione che tendeva più alla rabbia.

"Per quale cazzo di motivo hai pensato che stessimo insieme?"

Il boss dei Cavallone allora sospirò profondamente e guardò dritto negli occhi il suo fratellino acquisto dando voce alle sue perplessità.

"Io credevo che voi due foste una coppia da molto tempo, Tsuna..."

Il quel momento il boss dei Vongola rimase congelato, la voce si bloccò nel petto e il cuore accelerò appena.

Perché? Perché Dino aveva pensato una cosa simile? Cosa mai aveva fatto nella sua vita per dare questa impressione?

Sospirò, nascose il viso tra le mani e si lasciò andare a un lungo lamento.

Osservò Romario che gli versava del vino nel bicchiere e per un istante si sentì sollevato perché almeno non dipendeva dalla presenza del suo braccio destro come Dino o avrebbe dovuto trascorrere ancora più tempo con Gokudera e quella conversazione non si sarebbe mai potuta tenere.

"Perché lo pensate tutti? Dannazione, ci manca solo mia madre che me lo venga a dire..." sospirò nuovamente.

Dino rise appena e poi gli scompigliò i capelli con una mano.

"Non fare così Tsuna, è che sembra. Siete molto affiatati, ma se non è così allora non c'è problema."

Tsunayoshi sospirò ancora, Dino la faceva decisamente troppo facile.

"Sì che c'è!" ribatté animatamente, si ricompose subito dopo.

"In maniera del tutto diversa da come la vede Gokudera anche io tengo a lui e non voglio che il nostro rapporto vada a farsi benedire solo perché non proviamo le stesse cose."

Il naso gli pungeva mentre sentiva le lacrime minacciare di farsi vive, le scacciò brutalmente.

Dino sospirò benevolo rivolgendogli uno sguardo dolce.

"E tu sei sicuro di non provare la stessa cosa?" chiese.

"Sì, certo assolutamente. Gokudera è il mio migliore amico, è come un fratello per me" ribattè immediamente Sawada.

"E poi a me piacciono le donne, non gli uomini."

Dino annuì, sembrava la cosa migliore fare.

"Tsuna, non devi scegliere. Possono piacerti tranquillamente entrambi i sessi. Per esempio io non ho preferenze" ammise tranquillamente.

Tsunayoshi sgranò gli occhi, indietreggiò con la sedia e lo indicò terrorizzato.

"Che stai dicendo? Stai dicendo che sono innamorato di Gokudera? Non è così, è solo la tua immaginazione!"

Dino sospirò, guardò Romario che riempì anche il suo calice trattenendo le risate solo per rispetto.

"Lo hai detto tu, non io. In ogni caso se pensi che non sia così devi solo dirgli come ti senti. Non sarà un cuore spezzato a distruggervi. Il vostro legame è forte e anche se potrebbe volerci un po' di tempo poi sarà come se non fosse mai cambiato niente."

Il giovane boss arrossì vistosamente realizzando quelle che effettivamente erano state le sue parole.

"Comunque stavi dicendo...?" domandò poco sicuro cercando di sviare l'argomento e vedendo che Dino insisteva per approfondire cominciò a sentirsi sopraffatto da quella sensazione crescente di disagio.

Le parole del boss di Cavallone non erano di conforto, Tsunayoshi non sembrò convinto, si gettò sul calice di vino e lo svuotò completamente.
Chiamò il cameriere e ordinò le trofie al pesto per se stesso assieme a un antipasto di fritture all'italiana, poi lasciò che anche i commensali scegliessero cosa mangiare e per tutto il resto della cena evase ogni singola domanda in merito alla questione.

A fine serata si era scolato da solo tre bottiglie di vino ed era sicuro che fosse solo colpa di Romario che gli riforniva il bicchiere ogni volta che lo vedeva vuoto e non sua, non di lui che aveva trattato l'alcol come se fosse acqua.

Si sentiva stranamente allegro e se ignorava il giramento di testa che lo prendeva di tanto in tanto e la nausea incombente si sentiva quasi felice.

Nel percorso ristorante-parcheggio saltellò per tutto il lungomare di Palermo seguito da Dino che ormai si era rassegnato a fargli da babysitter e Romario, unico motivo reale per cui non erano ancora finiti entrambi in acqua.

Le stelle sembravano più lucenti, le persone più tranquille e non gli importava dei loro sguardi, c'era un senso di onnipotenza in lui che lo spingeva a camminare a testa alta.

Si fermò a pensare al cameriere che aveva portato i loro ordini e a come parlando con questo fosse a un certo punto finito a chiacchierare con il titolare. Un uomo affascinante alto e snello dai capelli biondi e gli occhi azzurri. Era stato tanto gentile da regalargli la cena.

Sì, ci sapeva fare con le parole, il suo carisma era un'arma invincibile che gli aveva permesso di ottenere tutto ciò che voleva in quegli anni. Dopotutto dovevano esserci lati positivi nell'essere diventato boss.

L'impatto che le sue mani ebbero col pavimento lo misero al corrente di quanto fuori di se fosse realmente e solo con l'aiuto di Dino e Romario riuscì ad alzarsi.

Si mise a ridere nonostante una mano sbucciata e l'altra decisamente più dolorante perché aveva attutito meglio la caduta.

Allora si sentì sollevare e poi riconobbe i vetri oscurati della limousine di Dino, poi improvvisamente divenne tutto buio.

Quando riaprì gli occhi riconobbe la porta di quella che era diventata la sua casa e distinse chiaramente la voce di Yamamoto.

Gli ci volle ancora qualche istante per capire che doveva essersi addormentato in macchina e che dalle braccia di Dino -o forse era Romario- era passato alle spalle di Yamamoto.

"Gokudera non deve assolutamente vederlo in queste condizioni" qualcuno aveva detto, non sapeva dire chi però.

Poi c'era stato un ulteriore passaggio, il materasso del suo letto.

La voglia che aveva di dormire non sapeva nemmeno descriverla, ciò nonostante afferrò ugualmente Yamamoto per una manica della felpa e lo tirò verso di sé sussurrando.

"Mi piace, avete ragione."

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 non andiamo meglio ***


La prima cosa di cui si rese conto Sawada Tsunayoshi quando quella mattina la sua vita minacciò d'incominciare fu che non era assolutamente pronto.

Il sole gli stava bruciando gli occhi, la testa faceva male come se Reborn lo avesse riempito di martellate e c'erano quei vestiti, gli stessi con cui era uscito, ancora sul suo corpo.

C'era stata solo un'altra occasione in cui si era ridotto così uno straccio, quella volta in cui Xanxus era venuto a lamentarsi dell'atteggiamento Squalo in camera da letto.
Tsuna ricordava perfettamente come quella bottiglia di brandy gli fosse sembrata improvvisamente molto sola e avesse assoluto bisogno di lui.

Per quando Xanxus aveva finito di sputargli addosso ogni tipologia d'insulto, inveendo in realtà contro il suo amante, il giovane boss dei Vongola era completamente andato e nella bottiglia era rimasto solo un residuo di fondo del liquore.

Era una situazione simile, con la differenza che aveva vomitato anche l'anima al risveglio, cosa che almeno per il momento in questo secondo caso non si era verificata.

Si mise a sedere, la situazione non era poi così terribile man mano che il suo corpo prendeva coscienza.

Era ancora intorpidito, indolenzito e una mano faceva decisamente male, ma a parte questo sembrava tutto regolare.

Si alzò, fece una lunghissima doccia per scrollarsi di dosso ogni pensiero, preoccupazione, sensazione.

Si vestì di tutto punto e sorrise alla sua immagine allo specchio.

Non era successo niente, aveva solo alzato un po' il gomito, ne era più che sicuro.

Prese il telefono in mano, chiunque lo avesse messo a letto si era premurato anche di mettere il cellulare in carica.

Chissà chi doveva ringraziare, probabilmente Dino e magari doveva anche scusarsi con lui, oppure qualcun altro. Gli piacque immaginare che fosse stato Gokudera a prendersi cura di lui, del resto lo faceva continuamente, non c'era niente di strano. Accoglierlo tra le sue braccia mentre a stento si reggeva in piedi, guidarlo nella sua stanza e aiutarlo a distendersi sul letto, premurarsi di togliere almeno le scarpe e mettergli una coperta calda addosso, così che non prendesse freddo.
Magari rimanere finché non si fosse addormentato per assicurarsi che non stesse troppo male.

Si scoprì a sorridere e scosse rapidamente la testa. Quanto egoismo nel suo scenario. Perché avrebbe dovuto mettere ancora una volta Gokudera a dura prova? Non che fosse colpa sua, ma perché complicare le cose?

Trovò un messaggio da Dino che gli chiedeva se stesse bene e poi c'erano una serie di messaggi da un certo Takumi di cui non ricordava l'esistenza.

Aprì quella conversazione curioso e in quell'istante sentì bussare alla porta.

"Boss, so io."

Riconoscendo la voce di Giada, la chef romana che aveva scelto come sua cuoca personale quel giorno in cui si erano incontrati all'osteria dove al tempo lavorava, si avvicinò alla porta e lasciò che si accomodasse.

"Takeshi, me fa "ao, carcola che il boss sta fatto come na pera, ce vole l'aiuto tuo" e io me stavo a taglià perché me pare na vita fa che te stavo a fa sta roba pe la prima volta."

Tsunayoshi ridacchiò, aveva ancora difficoltà a capire il suo dialetto, ma accettò di buon grado il beverone che gli venne porto.

Menomale che c'era lei che più che una chef a volte sembrava una maga, una di quelle che sanno guarire ogni tuo male solo con quello che ti fanno bere e mangiare.

La ricetta segreta di Giada non riuscì a reperirla neanche supplicandola in ginocchio, ma almeno poteva sempre contare sul rimedio anti sbornia migliore al mondo.

"Comunque non me pari così malaccio."

Il giovane boss ridacchiò e la abbracciò impulsivamente, dalle sue parole aveva capito che era stato Yamamoto a soccorrerlo e questo gli fece tirare un sospiro di sollievo, era meglio se Gokudera non sapesse niente.

"O sai che me poi di tutto."

Tsuna annuì, era sempre così gentile e premurosa, ma preferiva non inserirla in faccende troppo private.

"Grazie ancora, Giada."

Accompagnandola alla porta provvide a bere quello strano intruglio miracoloso e si sentì subito meglio.

Rimasto solo tornò al cellulare, ai messaggi di Takumi per la precisione.

Guardò la sua foto del profilo e riconobbe qualcuno, chi non sapeva dirlo. Spremendosi le meningi arrivò a identificarlo come il titolare del ristorante dove era andato a mangiare la sera prima con Dino.
Ciao Tsunayoshi, ti scrivo per assicurarmi che tu sia sano e salvo, dopo lo stato in cui ti ho visto ieri mi sono un po' preoccupato onestamente. In ogni caso ci tenevo a dirti che anche io ti trovo molto carino, ma ho già un ragazzo e anche se vive in Giappone attualmente io gli sono assolutamente fedele e non importa se tu me lo ricordi molto almeno nell'aspetto, non ho intenzione di tradirlo. La serata di ieri è stata divertente, forse un po' bizzarra, ma tutto sommato siamo stati bene e questo è ciò che conta realmente. Mi scuso in anticipo per quello che è successo, i miei piatti causano spesso questo effetto, ma con te hanno attecchito diversamente. Spero che verrai ancora a mangiare nel mio ristorante perché un cliente come te dà molte soddisfazioni. PS.: non è con me che dovresti provarci, ma col tuo amico di cui non hai fatto che parlare tutto il tempo paragonandolo a me. Dammi tue notizie.
Leggendo quel messaggio Tsuna urlò e poi si coprì la bocca rendendosi conto che urlare equivaleva a trovarsi i guardiani in camera, a trovarsi Gokudera in camera che era l'ultima cosa di cui avesse bisogno.

Invece era necessario e assolutamente fondamentale chiamare Dino e chiedergli spiegazioni perché se gli era arrivato un messaggio simile doveva esserci un motivo.

Per fortuna Dino rispose immediatamente e dal tono sembrò già preparato a quella chiamata. Non gli diede neanche il tempo di chiedere che iniziò a raccontargli tutto. Era ovvio che la memoria di Tsuna fosse confusa e quindi non ricordasse il modo in cui a stomaco vuoto si fosse fatto fuori già tre calici di vino bianco "Insolia", né che fosse impazzito per un'arancina fatta con il riso allo zafferano. Non poteva sapere il verso estatico che aveva lasciato le sue labbra quando aveva preso la prima forchettata di trofie al pesto e dopo aver attirato l'attenzione di tutti aveva chiesto di parlare con lo chef per complimentarsi e così aveva scoperto che era anche il titolare.

"Sì, era tutto buonissimo, tanto da farti sentire come dopo un orgasmo però tu eri su un altro livello..." commentò Dino mentre Tsunayoshi arrossì fino alla punta dei capelli dall'altro lato della cornetta.

"Dopo qualche discorso per convincerlo a venire a lavorare per te hai iniziato a riempirlo di complimenti e nell'istante in cui ti ha detto che è italo-giapponese hai iniziato a provarci spudoratamente parlandogli di Gokudera però..."

Tsuna squittì, nascose il viso contro il cuscino e sospirò intensamente soffocando un lamento.

"Ci ha voluto spiegare che a volte succede che i suoi piatti abbiano strani effetti sui consumatori e che non è raro che i clienti cerchino di abbordarlo dopo alcune pietanze. Comunque niente di grave, Tsuna. Tanto che hai fatto che alla fine ci ha offerto la cena, abbiamo risparmiato circa 1000 euro e ho potuto conoscere una versione di te senza freni inibitori."

Il giovane boss mugolò qualcosa d'incomprensibile e poi tentò di darsi un tono.

"Dimmi almeno che non ho fatto niente d'imbarazzante come... oh santo cielo..."

Dino rise e lo rassicurò.

"Il massimo a cui ti sei spinto è stato un baciamano, puoi stare tranquillo."

Concordò con se stesso che era meglio non menzionare le proposte indecenti che aveva fatto.

"Ora ti saluto e ti auguro una buona giornata. Non hai da preoccuparti, fratellino."

Tsunayoshi chiuse la chiamata sicuro che invece ci fosse molto da preoccuparsi.
Sto bene e ti chiedo davvero scusa per quello che ho fatto, non ero in me. Neanche mi piacciono gli uomini! Spero di non averti messo troppo a disagio e che il tuo ragazzo non si arrabbi. Sicuramente tornerò nel tuo ristorante._
Una volta inviato il messaggio la giornata vera e propria poteva iniziare e con un po' di fortuna Gokudera non si sarebbe visto prima di pranzo né avrebbe notato le sbucciature sulle mani.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 e di un titolo neanche l'ombra ***


L'orologio segnava le 13:30 precise quando Gokudera fece ingresso nel suo ufficio e Tsunayoshi quasi fosse un bambino di cinque anni si nascose in fretta e furia sotto la scrivania fingendo di non esserci.

Per fortuna la struttura faceva il suo gioco nascondendolo completamente almeno dal retro, ma se Gokudera avesse fatto il giro allora non ci sarebbe stato scampo per lui.

Sawada ascoltò i passi, li sentì vicini, Gokudera doveva aver girato attorno a un lato e poi  invece udì forte e chiara la voce di Ryohei.

"Testa a polpo, dammi una mano che non ci capisco estremamente niente di questa storia dei terreni."

Il giovane boss tirò un sospiro di sollievo, era salvo.

"Secondo te non ho un cazzo da fare, testa a prato? Sono qui nell'ufficio del boss perché mi piace fissare le pareti?"

Nonostante il modo il cui inveì contro Ryohei, Gokudera lo raggiunse ugualmente cosa su cui Tsuna non aveva dubbi per questo rilassò le spalle.

"Sai dove è il Decimo?" chiese poi con un tono più calmo.

"Starà ancora dormendo. Ieri notte è tornato tardi e ub-"

Gokudera lo interruppe immediatamente.

"Quanto tardi?" chiese furioso.

"Boh le 2 o le 3..."

"E c'è un cazzo di motivo?" urlò Gokudera così forte da fare concorrenza Squalo.

"Chiedi a Yamamoto, me lo ha detto lui."

Gokudera bruciò il pavimento sotto i suoi passi e scomparve.

Tsuna tremò: da quando la voce di Gokudera faceva impazzire il suo battito cardiaco? E che sarebbe successo adesso?

Riemerse dalla scrivania solo quando fu sicuro che non ci fosse più nessuno e allora si ritrovò faccia a faccia con Reborn che gli rivolgeva uno sguardo carico di rassegnazione.

"Seriamente, Tsuna? Adesso ti nascondi dai tuoi subordinati?" si sentì domandare.

Scosse la testa e dopo aver fallito a inventare una storia su una vite che si era allentata e lui voleva sistemare crollò mettendo giù la maschera.

"Oh, a chi voglio prendere in giro?" mugolò rassegnato.

"Di sicuro non me" incalzò Reborn.

"Già... quindi non fare finta di niente e aiutami che sai benissimo cosa sta succedendo."

Reborn gli rivolse uno sguardo malizioso e sadico al contempo.

"Dovresti sapere tu come gestire i tuoi subordinati e dovresti anche sapere cosa provi per ognuno di loro. Io non posso risolvertela e sono qui solo per ricordarti che sei un adulto e gli adulti non si nascondono sotto la scrivania per evitare un confronto."

"Ah no?" domandò Tsuna facendo il finto tonto cosa che fece imbestialire nuovamente Reborn.

"Le cose tra te e Gokudera sono affari vostri, ma un boss ubriaco che torna completamente incapace di reggersi in piedi alle 3 di notte è un affare mio e se è il rapporto con Gokudera la causa allora anche questo diventa un affare mio."

"Prometto che non si ripeterà più, Reborn, lo giuro" squittì Tsuna conscio che in caso contrario il suo ex tutor gliela avrebbe fatta pagare cara e amara, si ricordò più un ragazzino che subiva una ramanzina dal proprio padre che un boss che riceveva un avviso dal suo consigliere.

"Hai dei doveri, non voglio storie! Che cosa sarebbe accaduto se proprio ieri notte qualcuno ci avesse attaccato? Tsuna, non hai più diciotto anni, ora sei un adulto a cui non posso più giustificare qualche uscita di testa. La tua famiglia conta su di te."

Le parole di Reborn lo fecero rinsavire, gli ricordarono il motivo per cui nonostante tutto alla fine avesse deciso di diventare Decimo boss dei Vongola, anzi Neo primo come lo avevano chiamato tutti solo per due settimane probabilmente contagiati dal modo in cui gli si rivolgeva Gokudera.

Reborn lasciò la stanza e Tsuna si rimise a lavorare. Mentre esaminava un documento i suoi pensieri gli imposero di pensare a Takumi e non vollero sentire scuse.

Non c'era ombra di dubbio, Takumi aveva così tante cose in comune con Gokudera, però questo non voleva dire assolutamente che a lui piacesse l'uno o l'altro o addirittura entrambi.
Non era vero che nel vino risiedeva la verità, che da ubriachi si realizzavano i desideri nascosti. A volte semplicemente si facevano cose strane come rigare la fiancata di una macchina o baciare persone random o ancora come nel suo caso specifico provarci con un bellissimo uomo italo-giapponese titolare e chef di un ristorante.

Non c'era assolutamente niente di più, niente di niente.

"Idiota del baseball, per quale cazzo di motivo sono l'ultimo a sapere che il Decimo era ubriaco fradicio ieri notte?!" sentì chiaramente urlato a metri e metri di distanza.

"Niente!" squittì arrossendo intensamente.

*****

Era sera tardi quando per la prima volta nella giornata si permise d'incontrare Gokudera.

Per evitarlo fino all'ultimo si era fatto portare pranzo e cena in ufficio da Giada e insieme avevano anche un po' chiacchierato per allentare la tensione.

Nell'instante in cui entrò nella stanza il boss si voltò automaticamente verso il grande stemma dei Vongola posizionato in alto sulla parete dandogli le spalle facendo ruotare la stessa poltrona.

"Perdonatemi Decimo, ho del material-"

Tsunayoshi lo interruppe immediatamente.

"Grazie per il tuo duro lavoro Gokudera-kun. Se è un documento lascialo pure lì.."

"Decimo?" domandò Hayato, il cuore gli si stava spezzando per la freddezza con cui Sawada gli si rivolse.

Tsuna non rispose, troppo impegnato a non andare in autocombustione ogni qualvolta Hayato aprisse bocca.

"Ho capito... alla fine è stato tutto inutile, vero?" disse il guardiano della tempesta con un sospiro.

"Allora se volete scusarmi, io per oggi ho finito..."

Sawada continuò a mantenere il silenzio mentre riusciva solo a pensare che non aveva il coraggio di guardarlo in faccia e le guance erano così rosse da scottare.

*****

Quei pochi passi che fece richiudendosi la porta alle spalle non furono sufficienti a mettere una distanza tra se stesso e ciò che era appena successo.

"Perché è un impegno personale. Non ti riguarda, Gokudera-kun..." così aveva detto appena un giorno prima dopo avergli chiesto un massaggio alle spalle.

Come aveva potuto pensare di avere anche solo una speranza? Come aveva potuto spingersi tanto oltre.

"Che sto facendo?" chiese a se stesso il guardiano della tempesta con un tono spento e il viso smorto.

Proseguì nel suo percorso grato che fosse tardi e con un po' di fortuna sarebbe arrivato nella sua camera senza intoppi.
Come ho potuto non notarlo prima? È ovvio che si sia stancato del mio atteggiamento e adesso mi stia evitando. Stava solo cercando di essere gentile, ma io lo sto soffocando e non ce la fa più a sostenermi.
Proseguendo lungo il corridoio camminare diventava sempre più difficile sotto il peso di quei pensieri a cui si accompagnavano differenti emozioni.

Rabbia verso se stesso, tristezza perché la vita era davvero ingiusta, frustrazione e disillusione. Era la fine dei giochi.
Al cuore non si comanda e non capisco come ho potuto pensare anche solo per un istante che non fosse così, che potessi davvero conquistarlo. È colpa mia, l'ho stressato al punto tale che è andato a ubriacarsi per alleviare la tensione. Sono peggio di Xanxus, mi odio.
La mano che sfiorò la parete fu l'inizio del suo crollo quando vide che le gambe si rifiutavano di procedere e rimasero ferme come se si fossero incollate al pavimento.
E me lo ha tenuto nascosto perché sente di non poter fare affidamento su di me, ha paura che ogni sua minima azione mi spezzi e la cosa peggiore è che ha ragione...
La schiena collise con il muro mentre lacrime amare iniziarono ad annebbiargli la vista.
Il mio egoismo ha causato così tanti problemi al Decimo... non riesco neanche a guardarmi in faccia. Che comportamento riprovevole, non sono degno di essere il suo braccio destro... dovrei solo scomparire.
Ormai c'erano così tante lacrime nei suoi occhi da non vedere più niente anche se Gokudera non osava neanche chiuderli quasi avesse paura di lasciarle andare.

"Io però... voglio stare al suo fianco" sentì la sua voce rotta.
Voglio che almeno le cose tra noi non cambino. Non voglio che ci allontaniamo, cazzo non posso perderlo...
Le lasciò andare, scopendosi a singhiozzare, incapace anche solo di nascondere il viso tra le mani e vivere la sua sofferenza.

"Mi arrendo" mormorò risoluto.
Rinuncio ai miei sentimenti, ma ti prego Decimo, perdonami, continua a proteggermi e non togliermi il posto speciale che ho per te. Non ho bisogno di nient'altro...
In quel momento Gokudera sentì delle braccia accoglienti che lo stringevano forte, non sapeva nemmeno da quanto tempo, ma aveva la sensazione che non fossero appena arrivate.

"È per Tsuna, vero?" riconobbe la voce di Yamamoto e sembrava semplicemente che non aspettasse altro per scoppiare.

"Sì, mi arrendo, ci rinuncio!" urlò.

"Sono comunque fiero di te per averci provato" disse Yamamoto cercando di dargli conforto.

"Fiero di cosa?" sbraitò allontanandolo in malo modo.

"Di come mi sono fatto prendere dall'entusiasmo e ho fatto un casino? Sono un coglione e tu anche di più. Dovevi fermarmi, dovevi capirlo che non ero più in me!"

Yamamoto rimase in silenzio solo per un istante e poi parlò istintivamente.

"Ho provato a dirti di andare con più calma perché era proprio questo che temevo, ma tu mi hai detto di pensare agli affari miei e in ogni caso hai esternato i tuoi sentimenti, non è una cosa negativa."

Gokudera nascose il viso tra le mani, sentì il cuore andare in mille pezzi.

Quanto gli era costato abbracciare Tsuna, rubargli dei baci sulle guance, stringerlo forte illudendosi di appartenere, rivolgergli dolci parole?

"Ora basta" disse improvvisamente asciugandosi le lacrime e scoprendo il viso, il suo tono cambiò completamente e divenne talmente serio che Yamamoto per in istante tremò.

"Presentami qualcuno, voglio andare avanti. Devo farlo."

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 un titolo manco a pagarlo ***


La sala era gremita di invitati mentre una musica lenta e soave si innalzava grazie alle corde di più violini facendo da cornice a tutti i danzatori che si alternavano sul pavimento a scacchi tra le mattonelle bianche e quelle nere.

Il giorno del ballo di beneficenza era arrivato.

Tsunayoshi lo accolse con un sonoro sospiro perché dopo aver ignorato completamente Gokudera per due giorni di fila l'ultima cosa che voleva fare era affrontarlo in un'atmosfera tanto romantica.

Di solito quella era l'occasione per parlare di affari con le altre famiglie, una situazione in cui Gokudera avrebbe dovuto affiancarlo costantemente in veste di braccio destro e invece non ne vedeva nemmeno l'ombra.

Poco male, più tempo per respirare e riflettere oltre che la possibilità dimostrare a se stesso che sapeva cavarsela perfettamente da solo.

Una dama lo urtò leggermente facendo una piroetta e Tsunayoshi si scostò appena.

"Le mie più sincere scuse, Decimo" disse facendo un inchino imbarazzata, anche il suo compagno seguì lo stesso rituale guardando la donna con disprezzo.

Sawada non poté ignorare il fatto che si trattasse di una persona incinta e la aiutò a rialzarsi sciogliendo quella posizione scomoda. Rivolse un'occhiata severa all'uomo che le stava accanto.

"La famiglia che ho costruito io è fatta solo da persone capaci di grande rispetto, non tollero comportamenti differenti" disse guardando dritto negli occhi l'uomo che tremò come una foglia.

Poi le labbra di Sawada si sciolsero in un delicato sorriso indirizzato alla giovane.

"Non è successo niente, continua pure a ballare se è di tuo gradimento."

Si allontanò con uno strano senso di soddisfazione, percependo la gratitudine sulla pelle. A volte si chiedeva davvero quando fosse diventato così carismatico e sicuro di sé. C'erano occasioni in cui le sue doti brillavano e a stento si riconosceva.

In ogni caso adesso doveva raggiungere il boss della famiglia Ersilia dall'altro lato della stanza, lì dove erano stati disposti i tavoli per la cena.

S'incamminò spedito osservando con un bizzarro orgoglio il modo in cui praticamente ove passava si apriva un varco quasi fosse Mosè, capace di dividere le acque.

Quello che non immaginava era la vista alla fine della lunga fila di dame e cavalieri che si erano schierati da un lato e dall'altro per lasciare libero solo il centro.

Rimase in silenzio, paralizzato, poi si rese conto di non avere mai lasciato il calice di vino che aveva preso a inizio serata, ancora pieno e vergine se non per quel sorso che aveva dato solo per degustare.

Gokudera Hayato, il suo guardiano della tempesta stava danzando, non ironicamente con una delle dame presenti all'evento.

Già questo di per sé era strano, ma la cosa più strana in assoluto era la sua espressione, distesa, gaudiosa. Santo cielo, la sua tempesta stava ridendo sinceramente in compagnia di una donna?

Tsunayoshi dovette guardare il pavimento e per un istante si chiese se non stesse sognando o fosse finito in un mondo parallelo, uno in cui Gokudera preferiva la compagnia femminile alla sua.

Sobbalzò sentendo la mano di Yamamoto su una spalla, riconobbe immediatamente quella pressione, l'avrebbe distinta tra migliaia.

"Chi è quella?" sentì provenire dalle proprie labbra prima ancora di poterlo elaborare.

"Non ne ho la più pallida idea" rispose Takeshi.

Era sorpreso tanto quanto Tsuna, specialmente se ripensava ad appena due giorni prima.
Hayato faceva sul serio.

Gli aveva chiesto di presentargli qualcuno e Yamamoto era rimasto sconvolto e in silenzio per un numero interminabile di secondi.

Chi avrebbe dovuto presentargli? Maschi? Femmine? Non che avesse tutti questi amici al di fuori della famiglia.
C'erano i suoi compagni fidati del baseball e non aveva neanche bisogno di parlarne per sentire già le lamentele di Gokudera in merito al non voler conoscere altri invasati dello sport.

Poi c'era qualche amica, di quelle che aveva conosciuto al corso di aggiornamento per spadaccini e quelle con cui si era trovato in missione appartenenti ad altre famiglie. Però Gokudera non aveva mai mostrato neanche per sbaglio uno straccio d'interesse nel genere femminile, almeno non lo aveva fatto mai prima di quella sera.

E poi perché presentargli qualcuno se lui faceva ancora il tifo per Tsuna, perché si svegliasse, perché si rendesse conto, perché la smettesse di negare l'evidenza prima che Hayato ci rinunciasse davvero e qualcuno glielo portasse via per sempre?

Yamamoto osservò il modo in cui quel vestito verde chiaro volteggiava attorno alla figura snella di un'elegante donna dai capelli biondo tendente all'oro, i tacchi a spillo avevano un modo tutto loro di fondersi con la melodia e Takeshi era sicuro che fosse solo grazie a questi se la giovane riusciva a raggiungere Hayato in altezza.

Quindi era questa la grande soluzione che aveva trovato? Buttarsi tra le braccia di una sconosciuta?
Non poteva concordare, ma non si sarebbe neanche intromesso specialmente perché dopo tante lacrime su quel viso stava ammirando finalmente un sorriso.

Pensare che appena due giorni fa lo aveva aiutato a rialzarsi da terra e a raggiungere il proprio letto e avevano parlato fino all'alba mentre Gokudera gli vomitava addosso tutta la sua frustrazione, tutta la sua sofferenza e il suo terrore.

"Cazzo, l'ho appena riavuto indietro, non posso perderlo di nuovo, non per la mia incoscienza..."

Yamamoto aveva sentito il cuore stringersi in petto e i suoi pensieri erano andati dritti a quel maledetto giorno, il giorno in cui il cielo era crollato davvero.

Si voltò alla sua destra e lo vide, il cielo in tutto il suo splendore, vivo e vegeto e non poté impedirsi di sorridere.

Tsunayoshi strinse la stoffa dei pantaloni in un pugno, si rese conto che aveva voglia di fare a pezzi qualcosa o forse qualcuno, non sapeva dirlo.

"L'ho invitata io?" domandò nuovamente.

Takeshi trattenne a stento una risata, qualcosa finalmente si stava muovendo.

"Non lo so, non penso che l'abbia invitata lui. Non saprei identificare un eventuale momento in cui possa averla conosciuta visto che la vita di Gokudera ruota letteralmente attorno a te, sei il suo lavoro."

Tsunayoshi arrossì violentemente e non seppe neanche spiegarsi perché, i suoi occhi fissi su quelle mani, su quelle dita intrecciate, con un colorito fin troppo simile per stare bene insieme.

"Infatti non capisco perché non stia lavorando. Non siamo qui per divertirci e lo sa benissimo!"

Takeshi sorrise, si allontanò con l'espressione di chi la sapeva lunga e osservò Tsuna avvicinarsi con un'aura minacciosa, mantenendo ugualmente assoluta eleganza, a Gokudera e a quella dama. Stava giusto per suggerirgli di andare a dirglielo allora, ma ormai Tsuna era come un candelotto di dinamite: la miccia accesa, era solo questione di tempo prima che esplodesse.

"Chiedo scusa" disse Tsuna toccando con due dita insistentemente una spalla di Gokudera per reclamare la sua attenzione.

La tempesta si girò di scatto assumendo un'espressione vigile e pronta a rispondere a qualsivoglia ordine, ma non cambiò di un millimetro la posizione se non per l'inclinazione della testa.

Sawada si voltò verso la dama che già si stava affrettando a inchinarsi.

"Decimo, che onore fare la vostra conoscenza di persona. Non speravo in così tanto."

"Con chi ho il piacere di parlare?" domandò Tsunayoshi, quasi atono, facendo trapelare il senso di fastidio che si era impadronito di lui che contribuì a un'immagine autoritaria.

"Sono la cugina di Pasquale Cimmino, il mio cognome è Morisieri" rispose la dama.

Il giovane boss forzò un sorriso senza darlo a vedere, annuì.

"Il sostegno della vostra famiglia è fondamentale, apprezziamo davvero molto il contributo che date all'alleanza."

La giovane mantenne il silenzio riverente mostrando assoluto rispetto per l'autorità davanti ai suoi occhi.

"Voi ci onorate con queste parole, Decimo."

Tsunayoshi sospirò, a volte gli sembrava solo di recitare un copione ripetitivo scritto da un pessimo regista che lo dipingeva come una persona tanto composta. Si domandava quanta verità ci fosse nella riconoscenza di tutte quelle persone. Forse era un davvero un bravo boss, ma tutta quella formalità era pesante e puzzava di costruito e fittizio.

"Vedo che avete già conosciuto il mio braccio destro" proseguì imperterrito.

"Ah sì, Hayato è simpatico."

Sawada sentì un senso inspiegabile di rabbia ammontare in lui e fu tentato dallo sputarle addosso tutto l'acido che stava risalendo dallo stomaco all'esofago.

"Hayato è simpatico" disse con disappunto rivolgendo uno sguardo glaciale al suo braccio destro.

Non sapeva spiegarsi il perché ma quel nome suonava dannatamente male in quella bocca. Che poi come si permetteva una sconosciuta di chiamarlo per nome come se fosse qualcuno di rilevante per lui?

"Ma temo di dovervelo rubare. Siamo qui per affari e adesso ho bisogno di lui."

"Capisco perfettamente" disse la giovane lasciando andare la mano di una tonalità tanto simile alla sua stessa carnagione.

Tsunayoshi afferrò quella stessa non appena fu libera e lo trascinò via senza dire una parola, senza alcun contatto visivo.

A metà strada si rese conto di cosa aveva fatto e lasciò andare quella presa spostandosi sul polso, decisamente meno equivoco.

"Decim-" lo sentì parlare e immediatamente lo interruppe.

"Ho un solo braccio destro e non ne voglio uno nuovo. Ho bisogno di te, lo sai che non reggo cinque secondi di conversazione sulla finanza e altri argomenti difficili senza il tuo supporto."

Non disse altro, ma la stretta al polso gli sembrò improvvisamente più una carezza e poi si decise a prenderlo sotto braccio che sembrava decisamente più comodo.

Gokudera sorrise, nascose il rossore dietro il calice di vino che Tsuna ancora teneva nell'altra mano prendendosi la libertà di berne qualche sorso fino a svuotarlo completamente.

Aveva aspettato due giorni interi per riavere un'interazione che fosse almeno un minimo normale con Tsuna e finalmente era stato ripagato.

*******

La negoziazione circa la divisione del territorio era andata perfettamente e gli Ersilia avevano firmato il contratto che vedeva loro riconosciuto il terreno che da sempre gli era appartenuto. Così, si era guadagnato il sostegno di un'altra famiglia.

Gokudera era tornato quello di un tempo, attento, meticoloso e i meeting non prevedevano più occhiatine e provocazioni. Era un vero sollievo.

Ora che aveva finito di fare tutta la parte burocratica Tsunayoshi voleva solo lasciare la sala a chi preferiva ballare e raggiungere la sua stanza, il suo meraviglioso letto a baldacchino con materasso in memory foam, postura regolabile così come la temperatura.

Il modo in cui Gokudera lo precedette lo lasciò esterrefatto, di solito era sempre alle sue spalle, a guardargliele, a proteggerlo, invece si era comportato come se non ci fosse alcun dovere da parte sua.

Era strano, molto, troppo.
Tsunayoshi lo seguì, lo vide lasciare la sala, forse dopotutto avevano le stesse intenzioni. Quando furono sufficientemente lontani da tutto e tutti in uno dei corridoi più stretti della villa Gokudera si voltò di colpo facendolo sussultare.

"C'è qualcosa che dovete dirmi o avete intenzione di pedinarmi ancora per molto?"

Tsunayoshi abbassò il viso verso i propri piedi e si fermò a osservare le scarpe laccate nere che ritraevano lo stemma dei Vongola.

"Scusami, Gokudera-kun. Volevo farti i complimenti per la tua professionalità di oggi. Sei stato veramente molto convincente."

Avrebbe voluto chiedere spiegazioni circa il suo comportamento, ma la risposta galoppò rapidamente verso di lui. Gokudera lo aveva lasciato solo a svolgere tutte le altre trattative e non si era neanche curato di aspettarlo come al solito. Doveva essere davvero arrabbiato.

Gokudera accennò un sorriso, fece qualche passo per accorciare la distanza tra loro.

"È un piacere soddisfare le vostre aspettative."

Tsunayoshi sospirò, sembrava tutto così dannatamente sbagliato, era così dannatamente sbagliato quel tono e lo stesso pronome, freddo, senza nome.

Il giovane boss allungò istintivamente una mano verso il suo braccio destro e poi la ritrasse rapidamente come se si fosse scottato con quel mero contatto.

"I-Io... voglio chiederti scusa Gokudera-kun, non volev-" Hayato lo interruppe seduta stante.

"No, sono io a scusarmi, Decimo. Ho reso le cose prima strane e poi difficili, quando entrambi sappiamo perfettamente che era meglio non toccare niente e lasciarle così come erano, così come sono sempre state."

Tsunayoshi scosse la testa, allungò nuovamente quella mano e stavolta la lasciò su un braccio di Hayato.

"No, io mi sono comportato malissimo. Erano due giorni che non ti guardavo neanche in faccia, ma il punto è che era complicato, che lo è ancora anche se sto cercando di farci l'abitudine. All'inizio credevo che stessi delirando poi però ho realizzato che fai sul serio ed è stato strano, imbarazzante e mi lusinga, mi lusinga quello che provi per me, ma i-"

Gokudera lo interruppe nuovamente, voleva sentire tutto, ma non un rifiuto, non avrebbe mai potuto reggerlo. Si sarebbe spezzato e a Tsuna sarebbe toccato raccogliere tutti i brandelli.

"Non è un problema. Sono già stato fin troppo fortunato a poter essere vostro amico, sono stato benedetto con una posizione anche più rilevante. Io non voglio niente, voglio solo che mi perdoniate e che tutto torni come prima perché io così non ce la faccio, Decimo. Se vi perdo di nuovo io... io non so cosa potrei fare..."

Tsuna lo abbracciò d'impulso, lo strinse forte tra le sue braccia percependo il leggero tremore sulla sua pelle.

"Tu non mi perderai mai, io non ti lascerò mai. Io non vado da nessuna parte senza di te. Mettitelo in testa, okay?"

Gokudera sentì delle lacrime con tutto un altro sapore scorrere lungo le sue guance e si decise a ricambiare l'abbraccio. Strinse forte il retro della giacca in un pugno e affondò il viso contro una sua spalle, s'inebriò del suo profumo.

Era ufficiale, non ne sarebbe mai più uscito.

Rimasero in quella posizione, così, stretti stretti per chissà quanto, a Gokudera sembrarono ore e ore, ma forse erano a stento dieci minuti. Avrebbe potuto vivere tra quelle braccia, ci si era perso, Tsuna non accennava a volerlo lasciare andare e Hayato non avrebbe mai osato farlo per primo.

Poi accadde e lentamente il corpo di Tsunayoshi gli scivolò dalle braccia nonostante lui si fosse attaccato e le sue dita stentavano a rilasciare la stoffa.

Il giovane boss gli sorrise, con uno di quei sorrisi che illuminano il mondo. Si perse per un attimo a osservare la figura stranamente composta di Hayato e forse per la prima volta nella serata notò quanto fosse tirato a lucido.

I capelli sistemati in un codino basso, il completo nero sul quale spiccava una cravatta rossa brillante. Gokudera era davvero affascinante, non c'era che dire e stavolta si era impegnato per esserlo ancora di più.

Nei suoi occhi c'erano le stelle, lucide perché aveva appena piovuto e questo era il reale contrasto nel suo aspetto.

Gokudera lo guardò interrogativo chiedendosi che cosa stesse pensando e a cosa dovesse quell'espressione che gli stava donando.

"Quindi è tutto come prima?" osò domandare.

Nella mente di Tsunayoshi passarono molti scenari, si ricordò seduto sulla poltrona faccia verso lo stemma dei Vongola mentre le guance scottavano, mentre era impossibile incontrare anche solo per sbaglio lo sguardo di Hayato. Dei giorni passati a evitare qualunque interazione con lui perché il suo cuore accelerava di botto ogni volta che si presentava la possibilità e il boss aveva dato tutta la colpa all'agitazione di affrontare qualcuno a disagio per un amore non corrisposto.
Pensò al momento in cui aveva sentito la rabbia di Gokudera addosso e che brutto effetto gli avesse fatto. Non voleva mai più che succedesse.

"Tutto come prima e se posso anche un pochino meglio" rispose.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 deve per forza avere un nome? ***


C'era qualcosa di assolutamente sbagliato nel modo in cui il bacino della giovane Morisieri aveva aderito al suo. Il pezzo sbagliato del puzzle, uno appartenente proprio a un altro disegno che però voleva fare incastrare per forza con se stesso.

I capelli dorati e ricci le ricadevano lungo i seni coprendo i capezzoli a occhi già ciechi in partenza.

"Okay... seriamente quale è il problema?" gli domandò la giovane constatando un'assenza totale di reazione di qualunque tipo.

Hayato riaprì gli occhi cercò di concentrarsi sulla figura davanti a sé, sospirò.

"Non è colpa tua, Vittoria" mormorò arrendendosi alla realtà dei fatti, era solo patetico continuare a provarci.

"Valeria!" tuonò la giovane con un sonoro sbuffo.

"Non sai neanche il mio nome..." sospirò a propria volta.

Gokudera mantenne un silenzio estenuante in cui si chiese quanto tempo mancasse prima che la giovane donna che aveva rimorchiato capisse che avrebbe fatto meglio ad alzarsi rivestirsi e andarsene perché da lui non avrebbe potuto ricevere niente e meritava sicuramente di più dell'indifferenza.

"Ci conosciamo da poco..." cercò poi di giustificarsi.

La giovane sospirò, si sostenne. Poco importava che quello davanti ai suoi occhi avesse le parvenze di un dio greco, col suo atteggiamento tra le gambe adesso vi era il deserto.

"Non sono abbastanza bella per te? Non ti piaccio? Non sono il tuo tipo?" domandò a raffica riversandogli addosso tutta l'insicurezza che celava.

"No, ma non è colpa tua. Nessuna è il mio tipo" rispose Hayato cercando di mantenere qualcosa di simile a un contegno nonostante la situazione veramente imbarazzante.

"Fammi capire bene, tu guardi il mio bellissimo corpo e tutto quello che ricevo da te sono dei sospiri di fastidio? Quali sono i tuoi standard?"

Valeria tirò indietro i capelli approssimando un tuppo creato da un gioco d'incastri scoprendo i seni alti e sodi, grandi per giunta prendendoli tra le mani e congiungendoli.

"Cioè cosa ne pensi di queste? Se ti provoco così non provi niente?"

Hayato sospirò nuovamente, si sentiva davvero come uno studente impreparato che si presenta a un esame senza avere mai aperto un solo libro sulla materia in tutta la sua vita e ciò nonostante spera di passarlo.

"Sono graziose..." azzardò a dire.

"Graziose?!" domandò la giovane Morisieri trattenendo a stento un urlo di frustrazione.

"Non conosco uno, un solo uomo eterosessuale che direbbe una cosa simile."

Gokudera tremò leggermente, guardò altrove, i suoi occhi ricercarono qualunque cosa che non fosse quel corpo.

Valeria gli accarezzò il viso, nonostante il senso di profondo disagio che stava nascendo in lei le sembrava che Hayato fosse quello davvero in difficoltà.

"Okay, te lo dico io. Tu sei gay!" mormorò con un tono tanto calmo quanto sicuro.

Gokudera arrossì violentemente, mosse il capo ricercando la sincerità di quegli occhi.

"Non lo so" mormorò tenendo lo sguardo di nuovo basso.

Valeria lo afferrò per il viso, lo costrinse ad affrontarla.

"Lo so io. Preferiresti che fossi lui, il tuo boss, ho visto come lo guardi, Hayato."

Quello che era già partito come un incubo stava assumendo delle tinte ancora più spaventose.

Al posto di quel petto formoso c'era ora uno piatto se non per i muscoli che disegnavano tutta quella zona fino a nascondersi nel bacino. Il viso ritraeva degli occhi quasi dorati e al posto dei ricci e biondi vi erano delle larghe ciocche color cioccolato che sfidavano la gravità, la reazione fu instantanea.

"Vedi che ho ragione?" domandò quello strano essere col corpo di Tsuna e la voce di Valeria.

Hayato tremò gli sembrò di essere finito all'inferno, poi la voce della giovane Morisieri assunse perfettamente il timbro di quella del suo boss e le loro labbra si trovarono.

"Niente può essere più come prima, Hayato" lo sentì soffiare al suo orecchio.

Un suono incredibilmente forte che sembrò quasi bucargli i timpani lo portò a muoversi di scatto. Un attimo dopo sapeva solo di aver dato un pugno alla sveglia e di essere nel proprio letto con un gran mal di testa, un senso di disorientamento e una pulsante erezione tra le gambe.

Si massaggiò le tempie, sospirò, ne aveva fatti di sogni strani, ma quello era davvero su un altro livello.

Rimase fermo a letto, a crogiolarsi ancora intorpidito.

Era giunto il momento di una doccia fredda e scendere a fare una buona colazione per poi diventare operativo.

Pensare che con la giovane Morisieri aveva solo avuto una piacevole conversazione. Si erano scoperti simili, avevano gli stessi gusti musicali e condividevano la passione per i gatti. Inoltre Valeria aveva anche un gran senso dell'umorismo.

Esclusa sua madre senza dubbio quella donna si garantiva il primo posto in qualità di essere femminile con cui fosse stato meglio in compagnia, ma la cosa finiva assolutamente lì, Gokudera non aveva neanche pensato vagamente di rimanere in contatto con lei o ancora peggio usarla per dimenticare Tsuna.

D'accordo doveva ammetterlo, per un attimo l'idea di lanciarsi per davvero gli aveva attraversato la testa, il pensiero confortante di abbandonarsi a braccia sconosciute che lo facessero sentire amato per una volta. Il suo inconscio quella strana fantasia gliela stava facendo pagare cara e amara.

Ormai ne era sicuro, forse il suo era il destino di un dannato, ma era nato per amare Tsunayoshi e non sarebbe mai stato capace di smettere.

********

"È un po' che volevo chiedertelo, fratellone" disse Lambo avvicinandosi con fare disinvolto alla scrivania del boss appoggiandovi dei documenti.

"Tu e Stupidera avete divorziato?"

Tsunayoshi intento a bere un caffè che non stava realmente gustando finì per sputare il sorso completamente sulla scrivania.

"Che ti salta in mente?!" domandò.

Lambo si mise a ridere, controllò con la coda dell'occhio che i documenti fossero ancora intatti e lo poté confermare. Peccato, sarebbe stato bello potergli nascondere il resoconto delle spese di risarcimento danni dove i danni in questione erano stati provocati dalle granate che aveva lanciato senza controllo.

"Allora è più grave di quanto pensassi..." constatò Lambo.

Tsunayoshi fece roteare gli occhi al soffitto, aveva un'improvvisa voglia di rimanere da solo e rompere qualcosa.

"Lambo, tanto per iniziare, per poter divorziare io e Gokudera-kun dovremmo essere sposati" disse cercando di mantenere un tono calmo.

"E no, prima che me lo dica anche tu, non lo siamo. Non stiamo insieme, non lo siamo mai stati, non capisco perché lo pensiate tutti. Siamo solo amici!" cedette in un cambio totale di espressione dei suoi sentimenti.

Lambo toccò con mano la sua frustrazione, trattenne a stento le lacrime indotte da quel tono così tagliente ed ebbe paura.

"Quindi davvero non si può fare niente per ricucire? È successa una cosa così grave?" domandò.

Tsunayoshi sgranò gli occhi, lo guardò confuso,  allungò una mano per dargli confronto con una carezza sul braccio esposto.

"Non è successo niente, Lambo" disse cercando di rassicurarlo.

"Allora perché vi evitate? Perché non parlate più? Perché quando ci mettiamo tutti a tavola insieme manca sempre uno dei due? Io non voglio che tra voi finisca."

Il giovane boss ascoltò quelle parole, avvolse Lambo tra le sue braccia senza pensarci due volte, lo strinse forte.

Era vero, dopo quello che aveva detto aveva poi passato un'intera settimana a cercare di relazionarsi quanto meno possibile con Gokudera, a evitarlo di nuovo là dove poteva ridurre il tempo passato insieme.

Le loro parole erano state scambi formali del tutto incentrati sul lavoro.

Inutile dirlo, niente era più come prima e niente lo sarebbe più stato.

Considerava già un'enorme vittoria riuscire a guardarlo negli occhi senza avere una crisi nonostante ogni qualvolta il loro sguardo si trovava veniva assalito da una vampata di calore che gli incendiava le guance.

Che situazione davvero insostenibile.

"Lambo, ti garantisco che le cose non saranno così strane ancora per molto, non respirai questo clima di tensione. Ti chiedo scusa se ti ho fatto sentire a disagio" disse il cielo accarezzando i riccioli neri del ragazzo.

Qualche minuto dopo Lambo si era calmato e se ne era andato mentre Tsunayoshi era sempre più tormentato.

Aprì una finestra su Facebook, prese la chat con Gokudera, aveva un'inspiegabile voglia di vederlo.

"Ti va di venire a farmi compagnia?" scrisse e al posto di cliccare il pulsante sulla tastiera del computer per eliminare premette "invio".

La risposta fu immediata e consistette in Hayato alla porta aggraziato nel mostrare un riverente inchino.

"Volentieri" disse.

Tsunayoshi trattenne a stento una risata e gli si avvicinò.

"Che entusiasmo!"

Gokudera tornò in posizione eretta e accennò un sospiro. Doveva ammetterlo, c'era una strana atmosfera tra loro, ma al contempo sembrava non ci fosse bisogno di preoccuparsene.

Dopotutto Sawada stava cercando di capire in che modo potesse stargli accanto senza creargli problemi, avendo rispetto dei suoi sentimenti.

"Ho un sacco di rotture che non voglio portarmi dietro per sempre. Possiamo guardarle insieme?" gli domandò il giovane boss.

Gokudera annuì e procedette a prendere il suo posto alla scrivania.

Lo sguardo gli cadde sul monitor del computer, sullo sfondo del display parzialmente coperto da una finestra Facebook.
Vide chiaramente il proprio sorriso e riconobbe l'immagine: era stata scattata a Venezia qualche anno prima in occasione di una missione in cui erano stati soli soletti per un intero weekend in una delle città più romantiche al mondo.

Un'occasione d'oro che Hayato aveva ovviamente sprecato, ma di cui conservava un bellissimo ricordo.

Quella foto poi era stata scattata da un fotografo che passando di lì li aveva visti e non aveva potuto evitare di ritrarli.
Aveva lasciato i suoi contatti per recapitarla, diceva che era un momento da immortalare e Gokudera aveva sempre pensato che si riferisse al tramonto che si immergeva nella laguna alle loro spalle, in realtà probabilmente intendeva invece gli occhi di Tsuna, protagonisti assoluti della dispositiva.

Non sapeva che avesse messo quell'immagine come sfondo del display, la realizzazione gli scaldò il cuore perché doveva averla cambiata recentemente.

"A cosa devo questo onore?" domandò indicando la sua espressione felice nello schermo.

Tsunayoshi arrossì, distolse lo sguardo, cercò conforto nelle proprie dita che si mossero nervosamente.

"Mi trovo molto affascinante in questa foto, mi aumenta l'autostima..."

Gokudera si morse la lingua, voleva decantare ancora una volta la sua bellezza, ma s'impose di recitare il suo ruolo assegnato e in parte riscelto. Inoltre la risposta di Tsuna sembrava una mezza bugia e per il momento voleva assecondarla.

"Vogliamo iniziare?" domandò.

Tsunayoshi lo guardò sconvolto: dove erano i complimenti di sempre? Dove era finito l'interesse per le loro chiacchierate su tutto e nulla? E quanto sarebbe stato strano se gli avesse detto che qualche giorno prima si era scoperto a ripensare a quel weekend, a quanto, sparatorie a parte, fosse stato tutto così bello e prima di saperlo avesse impostato quel ricordo come sfondo? Che dal momento che non riusciva a stare nella stessa stanza con lui per più di qualche minuto aveva trovato il modo per avercelo sotto agli occhi ugualmente?

Gokudera sbadigliò, aveva già letto tre pagine mentre Tsuna si era perso nei suoi pensieri, meglio mettersi sotto.

*********

Erano prossoché le undici quando finirono di lavorare portando a termine tutto quello che si erano prefissati.

"Grazie per il vostro duro lavoro di oggi. Vi prego di andare a dormire adesso, avere bisogno di riposarvi" disse Gokudera con un tono molto calmo e dolce.

Tsunayoshi sfiorò un bracciolo della poltrona con una mano annuendo.

"Okay, però riposati anche tu, Gokudera-kun. Ti prego..." ribatté con uno strano trasporto. Doveva ammetterlo, separasi da lui gli sembrava davvero difficile.

"Certo. Buonanotte" mormorò Gokudera accogliendo quell'esortazione apparentemente immotivata. Ultimamente non aveva fatto le ore piccole né si era sfondato di lavoro arrivando al collasso quindi non capiva perché Tsuna ci avesse messo così tanta enfasi.

"Buonanotte Gokudera-kun, fai bei sogni" disse Tsunayoshi sentendo le guance bruciare perché il rossore era improvvisamente una presenza costante che non importava quanto cercasse di ignorare si faceva sentire.

Rimase solo, in compagnia dei suoi dubbi, dei suoi pensieri e di un computer lasciato acceso per troppo tempo.

Sospirò, Gokudera lo stava facendo uscire pazzo. Prima tutto quel comportamento, come se fossero una coppietta, poi il distacco improvviso che lo aveva costretto a ritornare sui suoi passi, intervallato da più persone che lo avevano ripreso sui suoi comportamenti sottintendendo una relazione di natura romantica tra lui e Gokudera e adesso dopo che avevano chiarito Hayato si comportava come se non gli interessasse più, come se non gli piacesse più, come se l'amore fosse svolazzato via, come una farfalla che trova il coraggio di portare a termine la metamorfosi perché sa che sarà libera.

Strinse un pugno, appoggiò la schiena contro la poltrona, si abbandonò a un lamento.

Se a Gokudera era passata non avrebbe dovuto festeggiare? Non era forse la cosa migliore che tornasse tutto alla normalità?

Resistette all'impeto di urlarsi addosso da solo perché il cuore aveva accelerato di botto e nella sua testa si stavano alternando altri pensieri poco coerenti.

Mi ha dimenticato? È a causa di quella donna? E a me cosa importa se è andato avanti? Non dovrei essere felice per lui che può finalmente avere qualcuno che lo ricambi? Sono davvero così egocentrico da aver bisogno di qualcuno che mi veneri per stare bene al punto tale che se mi viene a mancare mi faccio i complessi?

Scosse la testa, non serviva a niente arrovellarsi in quel turbine confuso.

Chiuse gli occhi, doveva ammettere di sentirsi piuttosto stanco.

Sfiorò i capelli per sistemarli e lasciò che le sue emozioni si confrontassero quasi come se fosse uno spettatore esterno.

"A me non piace Gokudera!" disse a bassa voce rispondendo alla voce nella sua testa che stava insistendo su questo punto.

"Non mi piacciono gli uomini, Gokudera è un uomo, quindi non mi può piacere Gokudera" disse argomentando la sua dichiarazione a un se stesso in pieno conflitto.

"E l'unico motivo per cui mi dispiace che di recente non abbia detto niente in merito al suo amore per me è che mi piace sentirmi apprezzato, ma non c'entra niente il romanticismo o ancora peggio..."

La sua mente iniziò a proiettare delle strane immagini confuse di uomini mai visti in coppia con altri, che si baciavano, toccavano e improvvisamente si rese conto di non avere idea di come potessero farlo due maschi, di come potessero fare sesso.

"E basta, sono solo curioso, è un argomento come un altro!" rimproverò a se stesso.

Aprì una finestra sul computer e mise a tacere tutte le voci. Cercò il motore di ricerca appartenente alla sua famiglia che con grande fantasia lo aveva chiamato Voongole, una collaborazione di Shoichi, Spanner e Giannini che permetteva di ridurre al minimo le intercettazioni.

"Come fanno due uomini a fare sesso?" digitò nella barra e premette invio.

Il suo tormento interiore non si era messo a dormire e aveva ripreso a solleticarlo insistentemente.

"È solo curiosità la mia, mi voglio informare. Dopotutto a me gli uomini non piacciono e ora lo dimostrerò perché non provo assolutamente niente dopo quello che ho scritto."

Tra i primi risultati c'erano solo articoli lunghissimi e tecnici e dal momento che Tsunayoshi era stato sempre più bravo a capire con la pratica che con la teoria si permise di cercare un video esplicativo.

Il video si caricò rapidamente e iniziò a mostrare due giovani uomini, forse appena ventenni, intenti a scambiarsi dei baci dolci e spogliarsi lentamente a vicenda.

Tsunayoshi rimase incollato allo schermo, doveva ammettere che fossero molto carini, dolci, specialmente il biondo, gli faceva molta tenerezza.

Poi lentamente l'atmosfera iniziò a riscaldarsi con quelle mani nell'interno coscia e poi tra le gambe, insomma tutto normale, finché si trattava di petting il boss aveva le idee molto chiare, non era diverso da quello che gli avevano fatto le sue precedenti ragazze.

Ora erano entrambi nudi, le erezioni belle evidenti sullo schermo in uno zoom di cui Tsunayoshi non sentiva assolutamente l'esigenza.

Ingoiò a vuoto, sentì un senso di disagio crescente. Non importava, avrebbe chiesto di lì a breve a Giannini di cancellare la cronologia, ora aveva solo bisogno di capire.

Con il massimo distacco il cielo dei Vongola osservò il modo in cui il ragazzo castano, il più basso si era sdraiato sulla schiena seguito da quello biondo ben posizionato tra le sue gambe.

In breve tempo gli divenne chiaro come funzionava, che la cosa consisteva in una penetrazione che al posto della vagina vedeva coinvolto l'ano. Rabbrividì, doveva fare malissimo eppure entrambi i ragazzi sembravano star vivendo il meglio della loro vita con sospiri sempre più intensi che esplosero presto in gemiti.

Tsunayoshi doveva ammetterlo, non era male quel video, aveva un buon montaggio e gli attori erano decisamente di bell'aspetto e convincenti. Faceva un po' caldo ed era tutto rosso in viso, ma la ragione era solo nel coinvolgimento della recitazione, niente di più.

"Gokudera-kun ha detto di voler fare qualcosa di simile a questo con me quando si è dichiarato..." mormorò sovrappensiero.

Squittì, sentì nuovamente le guance in fiamme che fino a quel momento non aveva percepito e bastò un attimo perché sostituisse se stesso e Gokudera a quegli attori.

Si vide ritratto nel monitor, sotto al corpo muscoloso e atletico di Gokudera, preda delle sue labbra fameliche.

Cercò disperatamente di fermare il video, ma il computer sembrava essersi bloccato e non voler obbedire ai comandi.

Sentì un profondo senso di disagio assieme a una piccola reazione tra le sue gambe, insignificante si disse, non era niente in confronto all'eccitazione vera.

"Perché non si ferma? Fermati!" inveì contro il portatile premendo tasti a caso sperando che la cosa potesse davvero portarlo da qualche parte.

Menomale che sono da solo e nessuno saprà mai cosa è appena successo pensò.

"Decimo, siete ancora qui? Perdonatemi ho dimenticato un docu...mento..."

Ovviamente nella sua vita poteva andare sempre peggio e quindi ecco Gokudera sulla porta del suo ufficio appena aperta, sconvolgimento al posto della faccia.

Aveva esitato, doveva aver visto o sentito e Tsunayoshi era stato più impulsivo di quanto fosse mai stato prima: con un pugno contro lo schermo aveva distrutto il computer carbonizzandolo.

La fiamma del cielo bruciava alta sulla sua fronte, gli occhi, oro fuso, lava.

"Oh Gokudera-kun, che cosa è quella faccia? C'è qualcosa che non va?" disse con un tono sicuro che al contempo era dannatamente sensuale alle orecchie di Hayato.

"Decimo, è cosa vi è accaduto?!" domandò la tempesta visibilmente turbata.

"Non dovevate andare a dormire?"

Tsunayoshi annuì, rimase composto in silenzio per una manciata di secondi, poi prese tra le mani ciò che rimaneva di quell'oggetto e lo avvicinò ad Hayato.

"Il documento può aspettare. Vieni con me da Giannini, su questo computer c'è tutto, deve essere possibile ripararlo."

Gokudera lo seguì con un rapido inchino. La questione del risarcimento danni passava in secondo piano specialmente perché lui con la sua dinamite aveva causato più spese di quante ne avessero la responsabilità tutti gli altri guardiani messi insieme.

"Sicuramente troveremo una soluzione" disse sollevato.

Forse la sua immaginazione gli stava giocando brutti scherzi o forse davvero Tsunayoshi stava guardando un porno gay.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 il parto perché ho cambiato centodiecimila cose centodiecimila volte ***


"Che ne pensi Giannini, puoi ripararlo?" fu la domanda del giovane boss.

Il tecnico del computer osservò attentamente la strana struttura carbonizzata, ciò che rimaneva di quello che un tempo era stato un laptop di prima categoria.

Gli bastò quell'unico sguardo per sapere che no, non c'era niente da fare con quel computer, ma la tecnologia dei Vongola era andata talmente avanti da permettere vere e proprie magie.

Rimase in silenzio, pensò che l'unica cosa forse possibile fosse salvare la memoria e trasferire i dati su un nuovo computer gemello, ne avevano molteplici in tutta la villa.

Sebbene avesse la tentazione di domandare cosa fosse capitato a quello sfortunato strumento decise di evitare e quando tastando il retro riuscì a vedere come erano messi i circuiti poté finalmente confermare il suo pensiero.

Sapeva di dover dire qualcosa, sentiva l'impazienza del guardiano della tempesta sulla pelle e gli occhi del Decimo addosso come delle videocamere di sorveglianza.

"Nessun problema, lasciate fare a me" esalò agitato mentre una goccia di sudore dalla fronte si faceva strada lungo una guancia.

Doveva ammettere che era molto sotto pressione, le aspettative del boss erano altissime, glielo leggeva in faccia e il braccio destro invece sembrava pronto a farlo saltare in aria qualora i dati fossero andati perduti.

Tsunayoshi si sentiva vagamente sollevato, per fortuna Giannini soleva lavorare fino a tardi quindi non era stato difficile trovarlo nel suo laboratorio senza che ci fosse bisogno di svegliarlo perdendo tempo prezioso e arrecandogli disturbo. Tuttavia il complesso di prodotti gassosi e solidi che fuoriusciva dall'oggetto non era affatto confortante, probabilmente il danno era irreversibile.

"Se riesci a ripararlo è un miracolo, sta uscendo del fumo..." commentò scoraggiato.

Giannini prese il chip con la memoria tra le mani, con degli attrezzi molto piccoli, che Tsunayoshi onestamente non sapeva nemmeno che nome avessero, iniziò a modificare leggermente la struttura finché non riuscì a estrarlo da quello che a conti fatti ricordava più una bistecca bruciata che altro.

Lo osservò poi tirare da un mobiletto una scatola dove vi era dentro un altro portatile, di base identico a quello a cui aveva fuso i circuiti.

"Sì, con le mie capacità posso riportarlo esattamente a come era prima di essere devastato" confermò il tecnico.

Sawada sentì un intenso brivido lungo la schiena, tremò debolmente e mise su una faccia da poker degna del migliore dei giocatori.

La sua mente andò a qualche minuto prima a quando in preda a un conflitto interiore si era lasciato guidare su un sito per soddisfare la sua mera curiosità. Doveva essere il suo piccolo, sporco segreto, niente altro che questo.

"Lo stesso identico stato prima della distruzione?" domandò.

"Esattamente" confermò Giannini.

Tsunayoshi osservò quasi come se non fosse più nel suo stesso corpo il modo in cui l'ingegnere finì di sistemare la nuova base e poi premette il pulsante di avvio.

Tornare allo stato precedente significava solo una cosa e Tsunayoshi non voleva neanche pensarci di trovarsi così esposto con Gokudera a neanche cinque centimetri da lui.

"Aspetta!" quasi urlò.

Giannini fiero della sua opera cliccò dei tasti perché la schermata precedente si ripristinasse precisamente dove era prima che Tsuna l'attaccasse.

"Un attimo!" supplicò il giovane Decimo, in tutta la sua vita non aveva mai desiderato così tanto poter fermare il tempo e muoversi per nascondere la realtà.

"Ora lo faccio partire" disse il tecnico con entusiasmo.

Tsunayoshi allora ritentò.

"Solo un secondo!"

Troppo tardi, la mano che aveva allungato verso il computer rimase sospesa a mezz'aria mentre le sue orecchie si riempirono di gemiti e ansiti provenienti dal monitor. Il video aveva ripreso da dove era stato interrotto.

Al suo fianco Giannini e Gokudera portavano la stessa espressione, quella della tempesta però oltre allo stupore dipingeva sicurezza.

Aveva ragione, in quella frazione di secondo intercorsa tra l'istante in cui aveva aperto la porta e quello in cui Sawada gli aveva rivolto lo sguardo in hyper-mode lui aveva visto bene e ora ne aveva la conferma assoluta.

Con un sorriso spaventoso che cela il più forte degli istinti omicidi Tsunayoshi accettò la sua fine e rimase in silenzio per una manciata di secondi. Nella sua vita gli era capitato spesso di desiderare che il pavimento lo inghiottisse o di avere il dono dell'invisibilità, ma quella volta le batteva tutte.

Nel mezzo di un'atmosfera in cui a stento si respirava Giannini ne approfittò per filarsela, cincischiando qualcosa in merito al suo essere davvero molto stanco al punto che gli si stavano chiudendo gli occhi.

La mano di Tsunayoshi ricadde come un incudine sulla tastiera per interrompere quel dannato video, maledicendo il predecessore del computer i cui comandi non erano partiti quando disperatamente aveva richiesto che si fermasse.

Neanche una mosca osò volare per una lunga manciata di secondi, l'ultima cosa di cui il boss aveva bisogno adesso era rimanere da solo con Gokudera, che lo aveva colto in flagrante e sicuramente già sospettava visto il comportamento inusuale.

Sospirò, era giunto il momento di dire qualcosa, sicuramente la sua tempesta non avrebbe parlato per primo e sarebbero potuti rimanere in un silenzio tagliente per ore e ore e ore e ore.

"Scusami, Gokudera-kun..." mormorò sentendo i palmi delle mani insolitamente sudati e la gola stretta, non osò nemmeno un accenno di contatto visivo.

"È stato spiacevole... stavo guardando qualcosa di strano..." proseguì carico d'imbarazzo sforzandosi di sorridergli tenendo però gli occhi  chiusi.

Spiacevole, strano. Era così che il Decimo dei Vongola reputava un video esplicito in cui due maschi facevano sesso?

Gokudera divenne cupo sulla base di questi pensieri, il comportamento di Tsunayoshi stava diventando talmente evidente che gli sembrava non ci avesse mai visto più chiaro in tutta la sua vita.

Nonostante il senso di sconforto e onesta rabbia, perché avrebbe voluto che aprisse gli occhi e quasi glielo avrebbe fatto fare con la violenza, cercò di mantenere un atteggiamento entusiasta e accogliente.

"Decimo, se avete questi interessi potete chiedere a me. Sarei stato più che felice di aiutarvi" disse cercando di sfoderare una sicurezza che però si risolse in un trasporto eccessivo dal tono lamentoso e tragico.

Tsunayoshi rimase di sasso, sbatté le palpebre per qualche istante. A quali interessi si stava riferendo? Ed esattamente come intendeva aiutarlo?

Avvertì il bisogno di scappare, ma composto rimase e si diede un tono proseguendo la conversazione.

"Perché proprio a te?" domandò.

Gokudera trattenne a stento una risata isterica data dalla mole di frustrazione interiore.

"Beh non ho mai avuto una relazione, qualcosa nel frattempo..." cominciò a spiegare.

Tsunayoshi lo interruppe, non voleva sentire niente altro. Lo fece mettendogli una mano sulla bocca quasi qualunque parola che uscisse fosse stata troppo pericolosa.

I suoi pensieri diventarono un agglomerato di immagini che non voleva vedere, di informazioni di cui avrebbe volentieri fatto a meno.

La sola idea che Gokudera avesse preso un computer e cercato quelle cose, che si fosse masturbato pensando a lui gli faceva accapponare la pelle.

Doveva riconoscere che era normale, Hayato era innamorato e del resto non era diverso da quello che aveva fatto lui stesso prima durante e dopo le relazioni che aveva avuto, ma al contempo parlarne così, a carte scoperte, come se fosse la cosa più normale del mondo, era insostenibile.

"Ho colto!" squittì in un invito implicito a non dire oltre ora che lentamente gli stava permettendo nuovamente di parlare.

La negazione, quella fase che Gokudera non aveva mai avuto bisogno di attraversare, ma di cui aveva sentito parlare tanto. Tsunayoshi ci era proprio dentro fino al collo e nel suo piccolo avrebbe voluto tendergli una mano per aiutarlo a uscirne senza pretese perché questa rivelazione comunque non gli dava nessuna possibilità in più.

"Intendevo dire che se vi interessa..." cercò di parlare nuovamente il suo braccio destro.

"No Gokudera-kun, si tratta di un malinteso!" sottolineo Sawada con enfasi.

La tempesta sospirò, forse doveva solo lasciare perdere, ma era fin troppo testardo per arrendersi.

"Se mi fate finire una fottuta frase volevo dire che posso spiegarvi io come fanno due maschi a fare sesso. La vostra barra di ricerca non è posseduta pertanto avete cercato voi questa informazione e io mi stavo offrendo di esporla allo stesso modo in cui in questi anni vi ho insegnato qualunque argomento di cui non eravate a conoscenza."

La freddezza, la rabbia percepibile nel tono di Hayato congelarono Tsunayoshi per un istante.
Era una bomba e il countdown era già iniziato, gli zeri erano vicinissimi.

Collezionando tutta la calma interiore di cui disponeva Sawada si fece forza e chiarì nuovamente quel punto.

"Non ho questi interessi, non sono come te."

Gokudera sentì una vena scoppiargli sulla sfronte ed esplose in tutta la sua irruenza.

"Come me in che modo, Tsuna? Innamorato del tuo migliore amico senza possibilità alcuna di essere ricambiato?! Grazie tante, ce ne eravamo accorti! Io mi sto ammazzando per cercare di avere un rapporto normale con te dove non ci sia disagio anche solo a stare nella stessa stanza, ma tu me lo stai rendendo impossibile. Non ti sto dicendo più niente, non un solo riferimento a quello che provo per te, ma questi maledetti sentimenti che mi porto dentro da dieci anni, sono dieci cazzo di anni, non possono sparire da un momento all'altro. Magari lo facessero! E tu ogni tanto potresti anche evitare di essere così stronzo facendoti servire e riverire ignorando quanto cazzo mi costa."

Sawada rimase completamente paralizzato travolto da quella furia che vide trasformarsi in disperazione finché il tono non assunse tutta la forma di un lamento.

"Volevo dire che..." provò titubante.

"So benissimo che intendevi dire ed è proprio per questo che non voglio più ascoltarti."

Gokudera raccolse ciò che restava del suo autocontrollo e si avvicinò all'uscita dello studio di Giannini.

"Con permesso" tuonò.

Tsunayoshi lo guardò allontanarsi quasi come se fosse uno spettatore esterno e poi crollò sulle ginocchia.

Mai in tutta la loro vita insieme Gokudera gli si era rivolto in quel modo, mai avevano avuto uno scontro simile, nemmeno quella volta in cui Tsuna aveva proposto un piano in cui la sua mortalità aveva una probabilità del 99,9% e Hayato aggrappandosi a quel 0,01 lo aveva supplicato di non esporsi al fatale rischio. Avevano discusso animatamente parlando delle loro priorità diverse e Gokudera lo aveva supplicato in ginocchio dicendo che il gioco non valeva la candela. Quello era stato il massimo screzio tra loro e la questione era finita con la fiducia che Hayato aveva deciso di riporre nelle sue azioni.

Era la fine? La loro fine? La loro amicizia giungeva al termine?

Non sapeva come sentirsi, l'aveva combinata grossa, questo era sicuro, ma al contempo forse Gokudera aveva reagito in modo eccessivo.

Sentì le lacrime bruciargli la pelle, il cuore come se fosse diventato un mero involucro.

"Non posso perderti..." mormorò con la sensazione che fosse già troppo tardi.

***********

Il giorno dopo era uno straccio, nessuno gli poteva rivolgere la parola e per la prima volta il suo viso incuteva terrore.

Si trascinò nello studio e bloccò la serratura, non aveva chiuso occhio un solo secondo alternando pianti disperati ad attacchi di panico.

Appoggiò la testa sulla scrivania e lasciò andare un respiro.

Gokudera aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato con lui, per essere stanco del suo comportamento.

Il modo in cui aveva detto quella frase prima che Hayato scoppiasse era stato così tagliente e carico di odio che si era fatto schifo da solo.

Doveva ammetterlo, per lui non era un problema che esistessero gli omosessuali, non lo era mai stato, aveva accolto con sorpresa la relazione di Mukuro e Hibari, sì aveva tremato, ma solo all'eventualità che qualora rompessero avrebbero distrutto l'intera nazione. Poi c'erano stati tanti altri annunci come Xanxus e Squalo, Belphegor e Fran e la sua preoccupazione era rimasta sempre la stessa.

Lui non era omofobo, non era come suo padre, però con Gokudera era diverso, accettare i suoi sentimenti era difficile. Un migliore amico innamorato di lui, un altro maschio che voleva fare quelle cose con lui, era decisamente troppo.

Il pensiero andò a Takumi, a detta sua lo aveva corteggiato e anche quello chef aveva una relazione con un altro uomo.

Era circondato!

Questo provava che non poteva essere omofobo e aveva tutto il diritto di non ricambiare Gokudera perché nonostante l'innegabile fascino, il suo adorabile modo di fare quando erano da soli e quel sorriso ampio da togliere il fiato per lui era davvero solo un fratello, anzi proprio perché erano così legati non poteva rischiare di dare nuove sfumature al rapporto, in caso contrario magari un pensiero ce lo avrebbe fatto.

"Cosa?!" sussultò chiedendo tregua al suo cervello assonnato.

Da dove veniva quell'idea losca? La mancanza di sonno lo stava forse portando al delirio?

Si ritrovò costretto a pensare a ciò che di Gokudera gli era sempre piaciuto: il suo coinvolgente entusiasmo, la maschera da killer sopra un cuore grande e dolce, la sua innegabile bellezza, il talento per il pianoforte, la parvenza d' angelo quando si legava i capelli e indossava gli occhiali, il modo in cui era sempre stato capace di amarlo incondizionatamente.

Scosse la testa, non era per come Hayato fosse, né per ciò che facesse che si erano trovati, semplicemente si erano scelti ritrovando nell'altro ciò che era mancato una vita intera. Avevano avuto questo ruolo a specchio nella vita dell'altro, si erano insegnati che nel mondo c'era di più di ciò che già conoscevano e a cui si erano arresi. Il loro incredibile rapporto era nato passo dopo passo tra la paura e l'imparare a capirsi fino a decidere di tenersi stretti in eterno.

"E io ho perso tutto questo?" si domandò a corto di lacrime perché davvero le aveva piante tutte, si sentiva svuotato.

Un improvviso bussare alla porta lo fece sussultare.

"Posso entrare?" la voce di Yamamoto si levò come una carezza nell'aria.

Tsunayoshi si trascinò verso la maniglia bloccata e la tranquillità entrò nella stanza, cullante tanto che Tsunayoshi fu quasi sul punto di addormentarsi ricadendo con la testa contro il petto di Yamamoto.

"Non serve che dica niente, so già tutto" sussurrò soave la pioggia richiudendo la porta alle spalle, una mano morbida nei capelli del cielo.

"Te lo ha detto lui, vero?" sbadigliò Tsuna.

Yamamoto annuì, si fece strada sul divanetto e lo invitò ad appoggiare la testa sulle sue gambe.

"È più o meno nella tua stessa condizione, ma sono riuscito a farlo addormentare. Quando si tratta di te non sa mentirmi."

Tsunayoshi sospirò, chiuse gli occhi abbandonandosi a quello strano stato che gli permetteva di esprimere le cose più spaventose senza paura.

"Non so che fare..." ammise.

Yamamoto annuì, si aspettava quelle esatte parole.

"Devi solo chiedergli scusa, Gokudera sa come stanno realmente le cose semplicemente non vuole sentirsi riutato da te più di quanto tu non lo abbia già fatto."

Tsunayoshi riaprì gli occhi, concordò con un cenno del capo, osservò la piacevole sensazione che traeva dalle dita di Yamamoto che giocavano con i suoi capelli.

"E se non mi volesse perdonare? Stavolta credo di averlo deluso... e Gokudera-kun diceva sempre che non sarebbe mai successo."

La pioggia scosse la testa, mise su il sorriso più rassicurante che avesse.

"È di Gokudera che stiamo parlando, figurati se non ti perdona. Ora però cerca di dormire."

Tsunayoshi chiuse nuovamente gli occhi e lasciò andare un sospiro calmo.

"Posso farti una domanda? Anche a te piacciono i maschi?"

"Sì" rispose sereno Yamamoto coccolandolo.

"Chi? Io? Gokudera-kun?" fu la domanda che seguì immediatamente mentre il boss spalancò gli occhi.

"Tutti voi e alcuni del baseball. Hai un fascino particolare, la bellezza di Gokudera è di un altro pianeta, ma l'unico uomo che mi abbia davvero fatto battere il cuore è Squalo."

"Non dirlo a Xanxus, si stanno per sposare" ribatté Sawada frastornato.

"Ah ormai è una vecchia storia" ridacchiò Takeshi.

Nonostante la pioggia Tsunayoshi si sentiva ancora inquieto, il cuore pesante nel petto e mille domande che non osava porre.

"Tu pensi che a me piacciano i ragazzi?" domandò finalmente lasciando che le parole fluissero semplicemente.

"Io credo proprio di sì, Tsuna, ma lascia che ti dica una cosa: puoi anche sentirti attratto da qualcuno e non sviluppare mai sentimenti profondi per questa persona."

Le parole di Yamamoto rendevano più chiara ogni cosa, sembravano comporre il testo di una ninnananna rassicurante.

"Però a me le ragazze sono sempre piaciute..." mormorò il giovane boss.

Takeshi lo guardò dritto negli occhi da quella strana posizione perché potesse recepire davvero il messaggio.

"Possono piacerti sia maschi che femmine" disse.

Il cielo s'illuminò, sorrise ampliamente.

"Dino-san ha detto una cosa simile giorni fa..." mormorò.

Yamamoto sorrise, gli sussurrò di chiudere gli occhi ancora una volta e Tsunayoshi lo fece.

Il pensiero andò a Dino, alla prima volta che lo aveva visto. Spaesato ricordò quell'antico incontro e le sensazioni che lo avevano attraversato.

"A primo impatto Dino mi sembrava un figo, provavo molta ammirazione verso di lui...pensavo a quanto fosse bello, sicuro di sé, praticamente perfetto. Il suo corpo, quei capelli spettinati che avevano un loro movimento e gli occhi così intensi da perdersi dentro..." proseguì Sawada.

"Tsuna, questa non è ammirazione..." commentò la pioggia approfittando della pausa, testimone delle sue parole anche l'adorabile curva sulle labbra del cielo. Dino era stato il suo risveglio omosessuale e qualcuno doveva dirglielo.

"Stai insinuando che mi piaccia Dino-san? Non è così, lui è il mio fratellone e io lo rispetto..." protestò Sawada agitato scattando seduto contrastando persino le fiamme della pioggia.

"Non sto dicendo che tu sia innamorato, ma solo che non sei indifferente, a nessuno di noi a dirla tutta. Ti ho colto più volte a guardarmi nello spogliatoio, a fissare Gokudera mentre studiava, il senpai durante gli allenamenti e potrei continuare a lungo. Il corpo maschile ti fa  effetto e non c'è niente di male. Non vedo perché continuare a negarlo e tormentarti quando hai la famiglia più accogliente dell'intero universo."

Quelle parole furono una specie di rivelazione, l'accordo dissonante di una sinfonia che cambia l'intero pezzo.

Aveva ragione e come, a pensarci bene anche Enma e persino lo stesso Xanxus. Li aveva guardati, aveva osservato i loro corpi, aveva fatto dei pensieri che gli erano sembrati meri apprezzamenti innocenti.

C'era un motivo se stava continuando a negare tutto questo ed era suo padre, che per una vita intera lo aveva tormentato con l'aspettativa che si trovasse una bella moglie mettendogli addosso tanta pressione ad appena cinque anni. Sentiva di averlo già deluso abbastanza, non voleva dargli il colpo di grazia.

Scosse la testa, si abbandonò a un nuovo stato di torpore, Takeshi aveva rincarato la dose di fiamme.

"Ammettendo che sia vero comunque non vuol dire che io ricambi Gokudera-kun."

Yamamoto sospirò, forse era giunto il momento di dirglielo che quando lo aveva recuperato ubriaco fradicio dalle braccia di Romario e portato nella sua stanza per metterlo a letto prima che si addormentasse sul pavimento, non aveva detto così quindi era chiaro che lo negasse, senza contare la scenata di gelosia al ballo.

"Una volta hai detto che Gokudera ti piace quindi calmati e pensaci a mente lucida perché non vorrei che poi ti pentissi e fosse troppo tardi. Non vuoi presentarti da lui in mutande con una fiamma in fronte, vero? Reborn è già pronto.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 Assafà a Maronn ***


C'erano dei momenti in cui affrontare la vita così come veniva, stare nel presente, sembrava troppo difficile e tutte le vie di fuga erano ben accette.

Questo aveva pensato Tsunayoshi prima di vedersi puntare contro la pistola di Reborn, a distanza di anni, in memoria dei vecchi tempi. La mera immaginazione era stata sufficiente a cedere alle fiamme della pioggia e così si era assopito.

Nel torpore del dormiveglia le piacevoli carezze continuavano ad accompagnarlo, forse come un ricordo, fisico seppur mentale, indagò immediatamente.

A occhi aperti, sebbene poco lucido cercò di capire se Yamamoto fosse rimasto per tutto il tempo. Allungò una mano verso la propria testa e incontrò delle dita affusolate, dita da pianista. Mise a fuoco, intravide filamenti d'argento.

"Gokudera-kun!" disse scattando seduto.

La tempesta sorrise lasciando andare quelle ciocche ampie, posò le mani sulle ginocchia.

"Buongiorno" mormorò.

Tsunayoshi trattenne a stento le lacrime e si impose un contegno, diversamente non sarebbe riuscito a parlare.

"Perché sei qui? Io credevo che tu fossi ancora arrabbiato con me" disse.

Gokudera annuì, rimase fermo a fissare il vuoto.

"Lo sono infatti, però l'idiota del baseball mi ha detto che non stavi bene e sebbene in un primo momento mi sia sentito quasi rincuorato all'idea poi ci sono stato di merda quindi eccomi qui."

Il giovane boss represse l'istinto di scoppiare in una risatina isterica e affrontò il suo sguardo voltandosi verso di lui, posizionandosi in obliquo. Si sentiva decisamente a disagio.

"Sono ancora in tempo per farmi perdonare?" domandò.

Il suo braccio destro scosse la testa.

"Ti ho già perdonato, sennò non sarei qui."

Il cielo sospirò, avrebbe dovuto sentirsi sollevato invece si sentiva sempre più appesantito.

"Io... però...devo scusarmi ugualmente. Perdonami, sono stato un vero stupido, ti ho mancato di rispetto e trattato come se fossi uno zerbino. Ti ho lanciato segnali contrastanti e ho reso le cose ancora più complicate. Quello che volevo dire ieri sera..."

Gokudera lo interruppe, il tono dolce e pacato.

"So benissimo cosa volevi dire, è il reale motivo per cui sono qui."

Tsunayoshi negò con un cenno del capo e con trasporto lo prese per le spalle.

"No, non lo sai. Ora penserai che sono un omofobo come mio padre, penserai che mi disgusti e cazzate simili e io..."

Hayato lo mise a tacere con un suono delicato e un dito sulle labbra.

"Sssh, non penso niente di simile, non potrei mai. Sei in difficoltà, terrorizzato, mi fa male al cuore vederti così, però al contempo se non me lo permetti non potrò fare niente per aiutarti. Hai talmente paura che hai smesso di ragionare lucidamente. Il solo pensiero di ammettere chi sei ti fa mancare il terreno sotto ai piedi."

Tsunayoshi annuì, come se volesse proteggere il suo cuore portò le braccia strette al petto , sapeva che fossero a malapena veli quelle stesse agli occhi di Gokudera ora che i suoi sentimenti erano esposti.

"Io non voglio essere gay... un boss gay è un casino, Gokudera-kun e io sono già abbastanza un disastro di mio" ribatté con enfasi combattendo contro quel dito che era rimasto fermo sulla sua bocca quasi volesse impedirgli di parlare per conservare eternamente l'atmosfera così intima e speciale.

La tempesta lasciò che quel leggero tocco si trasformasse in una carezza lungo una guancia fino a risalire nuovamente tra i capelli e Sawada inconsciamente chiuse gli occhi, al pari di un gatto si strofinò con un piccolo movimento del capo. Si perse a constatare le sensazioni completamente differenti che si potevano sprigionare dallo stesso gesto.

Carezze, solo carezze, l'arte della pelle propria con quella altrui in un movimento lento, carico di sentimenti, sostituto di parole superflue.

Le dita di Yamamoto avevano infuso speranza, trasmesso familiarità, con un calore gentile e fraterno, quietato ogni dissidio interiore. Quelle di Gokudera invece ghiaccio eppure fuoco sulla sua pelle. Capaci di accelerare il battito, incendiare il viso e disegnare il più bello dei sorrisi sulle sue labbra.

Yamamoto e Gokudera, due persone speciali, due tra le persone più importanti della sua vita, due dei suoi migliori amici. Sempre messi sullo stesso piano, sempre guardati allo stesso modo e ciò nonostante capaci di suscitare in lui emozioni del tutto differenti.

Non era la carezza in sé, ma a chi apparteneva, perché, Tsunayoshi poteva giurarci, aveva percepito sfumature che nel rapporto con Yamamoto non c'erano mai state.

Era giunto il momento di guardare in faccia la realtà, se stesso, Hayato.

"E se davvero fosse così...che facciamo?" domandò con un filo di voce.

Gokudera gli prese il viso tra le mani, ricercò il suo sguardo, si avvicinò finché la punta del suo naso non sfiorò la corrispondente sul viso di Tsuna.

"La rivoluzione" disse con grande serietà.

Il cielo rabbrividì intensamente, tremò umettandosi le labbra che sembravano terribilmente secche e si impose di sostenere quel contatto visivo a cui non sarebbe riuscito a sfuggire in ogni caso.

Hayato sorrise, lasciò scendere una mano lungo la nuca e poi sul collo di Sawada seguendo il percorso con gli occhi fino al pomo di Adamo che sussultò a seguito della deglutizione.

"Non avere paura di scoprire se è davvero ciò che vuoi..." sussurrò sulle sue labbra, Tsunayoshi chiuse gli occhi in attesa di un sigillo che avrebbe cambiato tutto per sempre.

Sorprendentemente invece Gokudera si ritrasse, lo osservò con un sorriso carico di malizia e soddisfazione attendere qualcosa che non avrebbe ricevuto.

"Io non farò niente" mormorò davanti a occhi sgranati e a un viso così rosso da rischiare l'autocombustione. Un muto invito che risuonò alle orecchie del giovane boss come 'se mi vuoi, vieni a prendermi.'

L' espressione rilassata che mascherava tensione sul viso di Hayato, il silenzio, che improvvisamente aveva popolato lo studio, spezzato solo dal respiro affannato, il proprio. Tsunayoshi dovette affrontare la sua impazienza, accettarla- e pensare che tecnicamente era Gokudera quello innamorato- riconoscere che aveva bisogno di quel bacio come fosse ossigeno, ma era un codardo e aveva imparato ad accomodarsi quindi aspettava che gli fosse servito al pari di una portata.

Al diavolo, non era questo che voleva essere. Già normalmente si sentiva inadeguato rispetto alle presunte capacità del suo braccio destro che gli permettevano di perdurare imperturbato nella sua bolla senza mai dover fronteggiare niente direttamente.

Hayato, il suo scudo, si prendeva tutti i proiettili, tutti i colpi al suo posto e più volte Sawada si era interpellato circa il proprio valore, se almeno ci fosse un senso nel lasciarsi proteggere, se la persona dietro lo scudo valesse tanto quanto lo stesso.

Era giunto il momento di dimostrare a se stesso di cosa fosse capace, chi fosse realmente e perché meritasse davvero la fiducia che ciecamente quel dinamitardo, senza più niente a cui aggrapparsi, aveva riposto in lui.

"Allora lo farò io..." disse cercando di darsi un tono, si abbandonò all'istinto e si lasciò guidare. Lo sentì fremere sotto quel delicato contatto dato dalla propria mano nei suoi capelli e chiudendo lentamente gli occhi osservandosi lungo il processo reclamò la sua bocca.

"VOOOOOI, SAWADA!"

I notevoli decibel di Squalo fecero sobbalzare Sawada il quale si ritrovò amaramente solo, di Hayato solo il fantasma sulle labbra.

Bonus dell'esperienza appena vissuta un gran mal di testa e la tachicardia.

Con difficoltà si alzò dal divanetto, raggiunse la scrivania, catapultato in una frenetica giornata di lavoro qualsiasi e si massaggiò le tempie.

Adesso allucinava intere conversazioni, ottimo insomma.

Si mise a sedere cercando di dimenticare i pantaloni diventati improvvisamente molto stretti e il calore diffuso in tutto il corpo. Stropicciandosi gli occhi guardò nel monitor del computer, quello stesso che Giannini aveva aggiustato e che poi dopo la litigata con Gokudera era riuscito ugualmente a portare nel suo ufficio, dove apparteneva.

L'amaro in bocca sopravvenne a fargli presente che nonostante lo avesse appena vissuto in realtà non aveva risolto proprio niente con Hayato e con se stesso la situazione forse era anche più tragica.

Gli ci volle qualche istante per mettere a fuoco Uri, che non appena incontrò il suo sguardo iniziò a ringhiare.

Strano perché di solito quel gattino sembrava avere un ottimo rapporto con lui, gli venne la depressione pensando che fosse interprete e messaggero dei sentimenti del padrone.

"Che roba è?" sentì la voce di Xanxus.

"Oh cielo, sembra proprio un culetto" seguì Lussuria.

Sawada cercò disperatamente di spostare il gattino così da liberare la visuale per i Varia rischiando di farsi affettare dagli artigli.

Uri soffiò, colpì con una zampata il suo viso e poi saltò giù dalla scrivania verso il corridoio freneticamente.

Sawada gemette, si massaggiò lì dove era stato colpito, sentì il graffio fresco che bruciava seppur non fosse niente di rilevante. Era stato colpito su una guancia e la crosticina si stava già formando.

Tale era l'intelligenza del gatto da aver accidentalmente risposto a una videochiamata? O forse era la sua solita sfiga responsabile della causalità che aveva combinato il salto di Uri sulla tastiera del portatile col premere il tasto per accettarla? Trovava questa seconda opzione più plausibile.

"SAWADAAA, HAI UN ASPETTO DI MERDA" urlò Squalo, costringendo Tsunayoshi a coprire le orecchie emettendo un gridolino disperato.

Solo vedere Xanxus nello schermo gli provocava male allo stomaco che aggiunto al mal di testa e all'erezione tra le sue gambe ancora presente anche se in via di annullamento formava proprio una combo letale.

"I Varia..." sussultò incapace di tenere lo sguardo fisso sul monitor.

"Il boss ti vuole parlare" disse Squalo facendosi più vicino al trono dove Xanxus sedeva comodamente.

Il Decimo dei Vongola osservò quello che un tempo era stato il candidato suo rivale per quella posizione che avrebbe continuato a dare via volentieri, l'espressione seria sul viso si trasformò nella più sguaiata delle risate.

"D'accordo, parlo io" intervenne Lussuria davanti alla faccia perplessa di Squalo il quale aggiunse "boss, che ti prende?"

Tsunayoshi si sentì vagamente confortato per qualche ragione.

"Mio caro, quando fai certe ricerche assicurati di aver cambiato account."

Dovette ricredersi decisamente davanti a quella dichiarazione. Sobbalzò, aprì Voongole e tirò un urlo: aveva usato il profilo in condivisione con tutta la famiglia, quello che usava normalmente per le riunioni, quello di default del resto, avrebbe dovuto pensarci prima.

Si diede una manata in faccia ed emise un verso disperato sotto le ingombranti risate di Xanxus, cercò di non amplificarle, di non immaginare tutte le famiglie che in quel preciso istante lo stavano canzonando.

"Feccia!" si interruppe questo ultimo divenendo serio di colpo.

"E questo sarebbe il Decimo boss dei Vongola? Un coglione cagasotto senza le palle?"

Tsunayoshi si sentì piccolo piccolo, esposto, nudo come se i Varia lo avessero costretto a spogliarsi e ora stessero giudicando minuziosamente ogni singolo centimetro della sua pelle. Si strinse nelle spalle, avvertì quasi le lacrime scivolare dai suoi occhi.

"Sawada" disse nuovamente Xanxus con un tono sempre più serio.

"Nella tua posizione puoi avere ogni cosa, apri gli occhi! Puoi scoparti e farti scopare da chi ti pare."

"Purché sia consenziente" trillò Lussuria fuori dalla visuale.

Xanxus annuì, poi proseguì.

"Quindi smettila di frignare e caccia le palle. Non sai mai che cosa succederà domani, potresti schiattare e i morti non scopano."

Nel bel mezzo di quella che sembrava una vera e propria ramanzina fatta da un genitore severo Tsunayoshi si illuminò e sgranò gli occhi. Stava quasi per ringraziare, quando vide Xanxus alzarsi, afferrare Squalo per i fianchi e premere sulla sua schiena facendolo inclinare.

"Allora Sawada, uno dei due si piega così" proseguì.

"VOOIII, XANXUS, CHI TI HA DETTO CHE VOLEVO PARTECIPARE?!" protestò Squalo.

"Sto registrando, boss" confermò Lussuria.
"Così Sawada potrà sempre guardare il tutorial in caso si dimenticasse come si fa."

Tsunayoshi inorridito incontrò lo sguardo soddisfatto di Xanxus e seppe con certezza che nella loro muta intesa si fossero capiti.

Era un vero caso umano se doveva fare affidamento su Xanxus per smuoversi, ma almeno si sentiva più leggero.

"Mi raccomando quello che sta sotto va preparato sennò si lagna e sai che palle" sentì proseguire il boss dei Varia incerto su se volesse continuare a guardare o dovesse chiudere tutto prima di bruciare un altro monitor.

Optò per la seconda facendo collidere le due parti del portatile tra loro.

Disperato, cercò di ignorare la consapevolezza che ora l'intero mondo della mafia gli rideva dietro mentre scorreva la cronologia delle ricerche. Avrebbe voluto davvero eliminare ogni traccia di ciò che aveva scritto.

Scosse la testa, Xanxus aveva parlato chiaro: la vita è troppo breve per avere dei rimpianti, per sprecarla a farsi seghe mentali quando è tutto già sotto al tuo naso.

Sospirò, c'era così tanto da fare: innanzitutto scusarsi con Gokudera, cosa che non aveva fatto -dovette ricordarsi- anche se il sogno era talmente realistico da essergli sembrato diveramente.

"Boss, è arrivata una lettera per il vostro guardiano della tempesta, posso darla a voi? Non c'è nel suo studio."

Uno dei sottoposti diretti di Gokudera era entrato improvvisamente nel suo ufficio senza sprecarsi nemmeno a bussare dal momento che la porta era rimasta aperta, cosa che aveva permesso anche a Uri di raggiungere il computer. Per un istante si fermò a pensare a quanti danni avesse fatto Yamamoto solo lasciando la porta aperta: ora poteva starsene nella propria testa a limonare con Hayato e invece...

Sobbalzò scuotendo con forza la testa interrogandosi sulla provenienza del suo pensiero, costrinse il sottoposto a ripetere ciò che aveva detto.

"Posso darla a voi?" domandò nuovamente questi.

"Cosa?" domandò Sawada stralunato, guardò poi la busta tra le mani del giovane. Seguì uno scambio botta e risposta piuttosto surreale.

"La lettera."

"Per me?"

"No boss, per il vostro guardiano della tempesta."

"Ah, per Gokudera-kun?! Sì, lasciala pure a me è in ottime mani."

"Boss... vi sentite bene?"

"Sì sì, mai stato meglio. Mi occuperò di fargliela ricevere. Grazie Roberto, ora puoi andare."

"Non c'è nel suo studio..." mormorò Sawada liquidando il sottoposto di Gokudera con un gesto della mano. Parole comprensibili tanto quanto preoccupanti specie se si rifaceva a ciò che aveva detto Yamamoto.

Ormai conosceva bene i meccanismi di Hayato, sapeva perfettamente di cosa fosse capace e già in passato aveva trascorso intere giornate buttato sul letto senza muovere un dito. Col senno di poi Tsunayoshi capiva meglio i motivi dietro quello stato catatonico.

Osservò la missiva appoggiata gentilmente sulla scrivania, la carta rosa leggermente ruvida che emanava un profumo intenso alla lavanda che trovava spazio nei suoi ricordi.

Sawada non aveva che occhi per quella lettera, per la calligrafia, innegabilmente femminile e la firma sul retro.

"Valeria Morisieri" lesse e immediatamente sentì la gelosia ammontare nel corpo al punto che si ritrovò a stringere la malcapitata carta in un pugno.

La lasciò cadere sulla scrivania nuovamente e si sentì patetico, un vero idiota. Dovette riconoscere che un comportamento simile non fosse normale, c'era da prendere una decisione sulla sua linea comportamentale, almeno per dimostrare di conoscere il significato della parola coerenza.

Recuperando la lettera sul punto di cadere dalla superficie si rese conto di un altro foglio finito sotto la scrivania. Lo raccolse e strabuzzò gli occhi.

Era un caso che gli fosse stata nascosta una simile richiesta di risarcimento danni? E chissà come mai la colpevolezza era principalmente imputata all'uso di dinamite?

Per un attimo gli attraversò la mente il pensiero di portare a Gokudera una rabbia fittizia per evitare il confronto affermando che adesso fossero pari, poi scosse la testa violentemente e si rese conto che non poteva paragonare le due cose e che se Xanxus doveva proprio chiamarlo "coglione cagasotto" almeno non voleva dargli motivi a conferma.

Archiviò la pratica facendo un bonifico alla società che aveva presentato la richiesta, con annesse scuse a nome del responsabile.

Prese poi nuovamente la lettera, cercò di immaginare cosa potesse esserci dentro. Una richiesta di fidanzamento? Una domanda privata? Cosa? La curiosità lo stava uccidendo, però non aveva nessun diritto di aprirla e si ripromise di non farlo.

Sperava davvero di non averlo spinto tra le braccia altrui dal momento che voleva fossero le proprie ad accoglierlo.

Di punto in bianco realizzò quanto fosse possessivo nei confronti di Hayato, forse proprio perché aveva sempre goduto di tutta la sua attenzione e non voleva perdere questa familiarità, queste sensazioni così preziose e l'abitudine, la certezza. Voleva continuare a essere il centro del suo mondo anche se forse era un pensiero sbagliato, un desiderio sbagliato e malsano.

Doveva ammetterlo, era geloso marcio di chiunque gravitasse a una distanza troppo ravvicinata dal suo braccio destro e quel sogno lo stava ancora pregustando, come una parentesi esclusa dalla sua vita, una bolla di libertà in cui ogni cosa era concessa anche osare, perché baciarlo non doveva per forza significare che lo ricambiava, ma anche solo abbandonarsi a una nuova esperienza, respirare a pieni polmoni senza pressioni sociali.

Si tolse la missiva dalle mani, diversamente la curiosità avrebbe finito per uccidere il gatto e peggiorare le cose con qualcuno da cui già si doveva far perdonare tanto.

Dopo qualche fallimentare scenario nel riuscire in quest'ultimo intento il giovane boss decise di rimettersi a lavorare.

Inutile dire che la sua concentrazione ricadde sulla lettera a più riprese finché Sawada non cedette e pur di togliersi dalla mente quel tormento si distrasse con una nuova ricerca, quella circa la propria sessualità.

Onde evitare di dare al mondo della mafia altri motivi per farsi grosse risate ricontrollò di aver utilizzato il proprio account personale una trentina di volte prima di passare a digitare.

Dopo ore d'interminabile ricerca aveva appreso fin troppe informazioni circa gli argomenti più disparati. L'omosessualità repressa e la forma molto più subdola e sconosciuta ai più, quella latente. L'omofobia interiorizzata, il risveglio omosessuale, la bisessualità, l'asessualità, la negazione; Fatto un numero considerevole di test e in tutti veniva identificato come etero tranne per un caso in cui era stata riportata una percentuale bisessuale del 22%.

******

Si fece ora di cena e si mise a tavola con tutta la sua famiglia e un solo posto vuoto. Lambo piagnucolò qualcosa in merito all'assenza ricorrente, Yamamoto cercò di portare il buon umore.

Tsunayoshi doveva ammetterlo, si sentiva stranamente più leggero, carico di fiducia e buoni propositi, ma fu solo quando la cena volse al termine che realizzò di avere ancora la lettera nella tasca interna della giacca.

Poi venne tutto da sé, perché aveva una scusa perfetta adesso per presentarsi da Gokudera e parlargli, non che avesse bisogno di una se non per infondersi coraggio e avere qualche speranza di risultare meno impacciato.

******

Bussò con un piede dal momento che le mani erano troppo impegnate. Come ci fosse finito davanti alla porta della stanza di Gokudera era un mistero, gli sembrava quasi che il suo corpo fosse stato posseduto, ma Mukuro non era nelle vicinanze.

Un lamento arrivò dall'interno in risposta.

"Sono io, Gokudera-kun. Ho portato un po' di cose: il DVD di Rogue One, una vaschetta di gelato e... le mie più sincere scuse."

"La porta è aperta" disse una voce che sembrava quasi provenire dall'oltretomba.

Sawada spinse la maniglia con un gomito e si aiutò con un calcetto per spostare la porta in legno, si addentrò in quello che sembrava un antro constatando che Gokudera non si era neanche degnato di accendere la luce, figurarsi accoglierlo.

Inciampò in qualcosa di non meglio definito e finì con la faccia contro il materasso del letto al centro della stanza.

Gokudera sussultò accese l'abat jour sul comodino e si prodigò in aiuto riconoscendo il profilo nella penombra.

"Tutto bene, Decimo?" domandò allarmato.

Tsunayoshi rispose con un sorriso lasciando andare gelato e DVD su quella superficie morbida e massagiandosi il naso. Era davvero felice, per un attimo aveva temuto che non si sarebbero mai più rivolti la parola.

"Sto bene, sono stato preso alla sprovvista, ma del resto lo sai che sono maldestro e impacciato" ridacchiò.

Hayato scosse la testa, buttò l'occhio in giro, c'era un disordine spaventoso, ma non aveva avuto voglia di sprecarsi anche solo a rendere vivibile la sua stanza dopo ciò che era successo.

"È colpa mia, ho lasciato i miei vestiti per terra e anche il cartone della pizza e anche qualunque altra cosa avessi sottomano dopo averla lanciata contro l'armadio. A tal proposito ho rotto un bicchiere, mi dispiace."

Il tono morto di Gokudera spinse Tsuna a cercare di rallegrare l'atmosfera con una mano su una spalla gentile e un sorriso tenero.

"Mi piace che ti scusi per aver rotto un bicchiere, ma non per i milioni che dobbiamo agli Orione."

Hayato sussultò, indietreggiò di qualche passo e pensò di mettersi in ginocchio a scusarsi, ma Sawada lo interruppe prima che partisse in quarta.

"Non ti preoccupare, ho già risolto tutto. Mi farai impazzire un giorno di questi, ma per me è più importante che tu stia bene. Spenderei anche l'intero patrimonio per questo."

Gokudera, gli occhi irritati dalle troppe lacrime brillarono per un solo istante,  "vi creo solo problemi" mormorò resistendo all'impulso di nascondere il viso contro un cuscino.

"Questo non è vero e comunque sono io qui quello che deve scusarsi. Non confonderti!" disse allegramente muovendo piano quella mano dalla spalla alla schiena in una carezza di conforto.

Il suo cuore tremò, le parole morirono in gola. Non era facile come nel sogno, non sapeva da dove cominciare.

"Sono ancora in tempo per farmi perdonare?" domandò rifacendosi a una delle prime cose che ricordava di aver detto.

Gokudera annuì, lo guardò in attesa, aveva tutta la faccia di chi le scuse le voleva e come e anche con gli interessi se possibile.

Sawada sospirò, decisamente non era il suo sogno e le parole che aveva detto in risposta alla battuta mancante di Hayato non avrebbe mai potuto pronunciarle a voce alta.

"Non volevo dire ciò che ho detto, non volevo offenderti, ti chiedo scusa, Gokudera-kun" disse di getto.

Il battito cardiaco impazzito, i palmi sudati. Perché non poteva sentirsi tranquillo?

"Io non ho niente contro i gay" proseguì.

La tempesta lo interruppe immediatamente.

"Ma?"

Tsunayoshi sobbalzò, aveva appena usato la frase omofoba per antonomasia.

"Aspetta, lasciami spiegare stavolta, ti prego" mormorò, frustrato, abbandonò ogni speranza di seguire un copione che Gokudera non stava rispettando e che non avrebbe funzionato in alcun caso visto che lui stesso era stato il primo a cambiare le battute.

"È uno spreco di tempo avere paura di chi siamo quando potremmo tutti morire da un momento all'altro, praticamente è come crearsi altri tormenti che potrebbero tranquillamente non esistere, per questo ho fatto delle ricerche. So solo che non volevo essere gay, mi sembrava spaventoso, specialmente nella mia posizione..."

Esitò, la mente andò ai molteplici profili indicati per se stesso tra cui spiccavano il bisessuale perché fino a prova contraria le donne gli erano sempre piaciute e quello di chi ha introiettato omofobia, perché si rivedeva specialmente nella definizione che ritraeva una figura genitoriale nel passare questo messaggio. Per quanto gli costasse ammetterlo si era rivisto anche nel profilo dell'omosessuale latente.

Scosse la testa, a questo punto del sogno Gokudera lo aveva illuso con un bacio di cui aveva solo pregustato il sapore per poi ritrovarsi a bocca asciutta, ma per l'ennesima volta si ricordò che questa era la fottuta realtà.

"Mi sono informato e ora credo di poter dire che non lo sono, penso però di essere bisessuale e vorrei che mi aiutassi e mi insegnassi a non sentirmi a disagio con me stesso."

Gli occhi di Hayato si illuminarono e prima ancora che se ne rendesse conto la tempesta lo strinse in un caldo abbraccio che sapeva di lacrime e sudore, ma soprattutto di speranza.

"Scuse accettate" mormorò.

Sawada lo strinse come se da ciò dipendesse la sua stessa vita e lasciò che le dita esplorassero i capelli stringendoli poi in un pugno.

Non appena sciolsero la presa e poterono guardarsi nuovamente in faccia Tsunayoshi prese il cellulare e glielo porse gentilmente, era da quando gli era balzata sotto gli occhi quella pagina che non vedeva l'ora di mostrargliela.

"Ho scoperto, mio malgrado, che c'è un sito dove le persone scommettono sulla sessualità dei personaggi pubblici. La nostra famiglia c'è tutta e la maggior parte degli utenti mi ha votato come bisessuale."

Gokudera lo interruppe doppiamente sconvolto perché forse il suo boss si stava affidando a un sito per una cosa così importante e personale e al contempo aveva appena scoperto che esistevano persone che avevano votato la sua sessualità e a essere completamente sincero con se stesso era molto curioso dei risultati.

"Ed è questo il motivo per cui credete di essere bisessuale?" domandò.

Tsuna negò, raddrizzò le spalle per infondersi fiducia.

"No, ho capito di avere interiorizzato l'omofobia per colpa di mio padre e di aver sempre rifiutato l'attrazione che provo da che ho memoria mascherandola dietro altri sentimenti meno scomodi."

Gokudera lo guardò entusiasmato, illudersi era così facile, ma resistette all'impulso.

"Sono così fiero di voi! Questo avrei voluto dirvi, ma sapevo che non eravate pronto ad ascoltarmi."

Sawada sorrise, si sentiva un po' più leggero, osservò Hayato passare dal suo viso allo schermo del telefono, nuovamente per verificare il sondaggio sul suo orientamento sessuale. La prevalenza era gay, ma anche altre opzioni erano state contemplate, accolse le sue espressioni con una risatina a cuore aperto.

Gokudera si soffermò a riflettere perché per qualche motivo Tsunayoshi continuava a rivolgersi a lui come se Hayato fosse un omosessuale fiero e sicuro del suo orientamento, quando l'unica certezza che aveva davvero era di amare il suo boss e questo dato di fatto sicuramente lo escludeva dall'insieme degli eterosessuali sempre che il cielo dei Vongola non fosse in realtà sempre stato una donna.

Sul suo viso Gokudera lesse qualcosa di misterioso e si domandò in quali pensieri si fosse perso, al punto che quando il loro sguardo s'incontrò nuovamente il Decimo arrossì violentemente e gli ci volle molto impegno per cavarsi fuori da quella fantasia che di nuovo gli aveva accarezzato la mente.

"Comunque ... il gelato si scioglie" disse cambiando discorso.

Gokudera posò il cellulare sul letto e prese la vaschetta tra le mani.

"C'è solo questa perché avete intenzione di farla fuori tutta o speravate avessi già io nella mia stanza qualcosa dove riporre parte del contenuto?" chiese.

Tsunayoshi annuì con una piccola risata.

"Pensavo che potremmo mangiarla intera, come il migliore cliché della depressione e perciò ho portato anche questi" disse estraendo da una tasca della giacca due cucchiai grandi.

"E poi mi domandano perché sei l'amore della mia vita" mormorò Hayato sforzandosi di mantenere un tono allegro. Si morse la lingua, cercò immediatamente di rimediare all'errore.

"Sapete dove trovare il lettore DVD e prenderò questa serata come il nostro film in sospeso."

Tsunayoshi confermò con un movimento del capo. In condizioni normali Gokudera non gli avrebbe mai permesso di fare qualcosa da solo né tantomeno di vederlo in quello stato, il fatto che non stesse proprio accennando alla cosa lo rese improvvisamente molto consapevole di quanto fosse distrutto.

Avvicinò il televisore al letto e si sedette al suo fianco, Hayato espose uno dei cuscini più al centro così che potessero stare più comodi e vi appoggiò la schiena.

Premette il tasto play e affondò il cucchiaio nella montagna di vaniglia che si sciolse sotto il calore metallico del cucchiaio.

Trovava paradossale che a consolarlo per il suo cuore spezzato era proprio l'artefice, se non altro il gelato era buono e la sua compagnia sempre graditissima, senza contare che era da anni che gli stava chiedendo di vedersi insieme Rogue One che lui già conosceva a memoria.

Dopo un'ora e mezza e qualche commento scambiato, Tsunayoshi si rese conto che Hayato si era addormentato, probabilmente sfinito dalla sofferenza, il cucchiaio ancora stretto in una mano, abbandonato all'interno del gelato che avevano condiviso non senza imbarazzo fino a quel momento.

Con gentilezza posò la vaschetta su un comodino recuperando il tappo ed estraendo il cucchiaio, poi lo aiutò a distendersi posizionandogli la testa sul cuscino.

In assenza di coperte reperibili decise di lasciare la propria giacca e per un istante ebbe l'impulso di baciarlo. Decise di non avere paura di quei sentimenti, ma accettarli, lasciò che si fermassero all'immaginazione mentre sistemava l'indumento sul suo petto per tenerlo al caldo.

Non andò in panico, spense la luce e lasciò la stanza.

Fuori la porta trovò Reborn, un pigiama con una fantasia a righe orizzontali bianche e azzurre e il caratteristico berretto, un lumino in mano.

Alzò le mani come se dovesse essere arrestato e tremò, la sua sicurezza era decisamente durata troppo per i suoi standard dunque stava vacillando.

"Quindi ora esci dalla stanza del tuo guardiano della tempesta all'una di notte?" domandò l'ex tutor.

Tsunayoshi squittì un impacciato "non è come sembra!"

Reborn mise su un sorriso sadico, accarezzò Leon che aveva appena preso la forma di una pistola.

"Io fingerò di crederti, ma preferisco pensare di non dover passare alle maniere forti."

non so fare un angolo autrice, ma si ringrazia ghostclimber per alcune perle presenti in questo testo, per il supporto, la motivazione e tutte le cose ottime che vengono dal nostro rapporto.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ci siamo, mi sta venendo un titolo per questa storia ***


Lavanda, l'odore che punse le sue narici alle prime luci del mattino. Strano, non ricordava di aver messo un diffusore nella sua stanza, a pensarci bene non ricordava nemmeno di essersi addormentato.

Strizzò gli occhi e si accinse ad aprirli, la penombra della stanza era creata dal riflesso della luce nel televisore, una pellicola nuovamente ferma sul menù iniziale.

Lentamente i ricordi della sera prima iniziarono a riaffiorare, delicati come una carezza e poi forti come un pugno in faccia.

L'unica certezza reale che stringeva tra le mani era che lui e Tsuna avevano fatto pace, in qualche modo si eran chiariti e adesso sarebbe stato tutto più facile e tranquillo.

Una fitta al petto negò prepotente l'affermazione non detta, ma solo accennata. Il suo cuore spezzato gli ricordò della propria esistenza chiedendo le attenzioni che gli stavano mancando, urlando a squarcia gola.

In un angolo della sua mente sapeva che forse allontanarsi anche fisicamente sarebbe potuta essere una scelta saggia, ma piuttosto che un portatore di verità e conoscenza era un masochista e nonostante gli dolesse ogni singolo respiro non riusciva a negare di non voler smettere di amarlo.

Inoltre, il suo cuore per quanto in frantumi, aveva ripreso una parvenza d'integrità e ciò era avvenuto solo grazie alle sue parole, solo grazie al suo boss che era giunto come un angelo in suo soccorso e gentilmente aveva accarezzato la sua sofferenza alleviandola.

La verità era questa: innamorato o meno, Hayato non avrebbe mai rinunciato alla loro amicizia, a quel rapporto così speciale consolidato negli anni, a quella forma d'amore così pura e incondizionata che li aveva legati indissolubilmente. No, anche solo variare di un minimo quell'equilibrio, modificare il rapporto, prendere le distanze sarebbe stato un oltraggio all'eternità che si erano giurati più volte.

Eppure lo aveva fatto ugualmente e ora sembrava tutto dannatamente diverso e al contempo identico. Non aveva uno straccio di senso e Gokudera si scopriva felice di aver parlato e contemporaneamente sull'orlo delle lacrime nel terrore di perderlo. Perdere cosa? La sua fiducia, la serenità, quelle sensazioni così familiari e dolci dove si era sempre sentito a casa.

Che grave errore innamorarsi proprio di lui, se avesse potuto non lo avrebbe mai scelto. Dopotutto Tsunayoshi aveva parlato di lui come un fratello e Hayato non poteva negare che tra loro ci fosse un legame praticamente di sangue, come se avessero scelto nell'altro un compagno d'anima, un familiare vero e proprio, a prescindere dal vincolo della mafia, ma al contempo Gokudera contemplava l'incesto e in cuor suo si domandava perché non poteva essere un marito piuttosto.

Sospirò, al diavolo quei pensieri inutili, compagni di tutti i giorni da troppi anni, silenzio assordante e ingombrante.

Avrebbe mentito se avesse detto che odiava essere un fratello per Tsuna, ma avrebbe tanto voluto superare quella linea così sottile e al contempo marcata tra chi era e chi avrebbe voluto essere.

Egoista? No, non poi così tanto. Folle d'amore in tutte le sue forme al punto da fare a pezzi il suo cuore pur di tenersi il posto da fratello.

Mentre il suo cervello si arrovellava senza fine su quel conflitto senza uscita tra il suo cuore e il suo cuore, la mente rimandava le immagini della sera prima. Tra loro era sempre stato così, la tentazione di illudersi c'era stata ed era stata forte, ma Gokudera lo sapeva che era tutto frutto del suo desiderio.

Tsunayoshi avrebbe potuto tenerlo per mano, appoggiare la testa sul suo petto ascoltando il suo battito per calmarsi, accarezzargli i capelli e persino dirgli "ti amo" dopo essersi infilato sotto le coperte al suo fianco e niente di tutto questo sarebbe stato intriso di un sentimento diverso dall'amicizia.

Ormai era chiara la differenza, ogni singolo gesto poteva essere fatto con un significato diverso per quanto romantico potesse apparire ai suoi occhi. Il loro livello di amicizia era così intimo che l'intero mondo li credeva fidanzati e invece Gokudera amaramente aveva accettato che era solo stato fortunato nella sua sfortuna.

C'erano amici che si baciavano persino, sempre in amicizia e alcuni finivano anche a scopare. Per un attimo si chiese colpevole perché non fossero questa tipologia. Scosse la testa, realizzare un desiderio per poi trovarsi catapultato nuovamente in una realtà fredda dove può baciarlo, toccarlo, fare l'amore con lui, ma senza uno straccio di sentimento reciproco era suicidio.

La differenza proprio lì, nel sentimento perché il "ti amo" di Tsuna non sarebbe mai equivalso al suo e questo lo onorava e in parte anche rendeva felice perché ciò che provava Sawada per lui era prezioso, ma al contempo lo distruggeva perché non sapeva rinunciare a nessuna delle due posizioni, quella assegnata e apprezzata e quella bramata ardentemente.

Gli venne da ridere istericamente, si domandò per quanto tempo si fosse lasciato coinvolgere dall'ennesimo giro inutile della sua mente che aveva già fatto a pezzi un umore che poteva rimanere stabile e sereno almeno per qualche minuto. Maledisse la sua testa e la tendenza a rimuginare e analizzare. Troppo cerebrale eppure così impulsivo, era una contraddizione vivente.

Si portò le braccia al petto e quello fu il momento in cui si rese conto di dover scavalcare qualcosa per riuscirci, qualcosa di diverso dalle coperte calde sotto le quali si nascondeva, qualcosa di maledettamente familiare.

Gli occhi tenuti puntati nello schermo immobile colsero finalmente quel panno nero gentilmente adagiato sul suo corpo come se fosse un lenzuolino.

Doveva essersi mosso durante la notte perché era scivolato lungo il busto all'altezza degli addominali bassi.

Sussultò sfiorando quella che riconobbe come una giacca, appartenente a un completo che aveva regalato lui stesso, la giacca di Tsuna.

Il suo cuore perse qualche battito mentre le sue mani strinsero forte la stoffa e Hayato soffocò qualche urletto carico di sorpresa ed entusiasmo e affondò il viso nell'indumento inspirando profondamente.

Strano, di nuovo lavanda, quello strano aroma non lo aveva sognato era davvero presente e proveniva dalla giacca di Tsunayoshi.

Insolito perché il suo boss profumava di vaniglia, di arancia, di cannella, la lavanda non la conosceva. Eppure sapeva tutte le sue essenze a memoria, Attimo di Ferragamo era la sua preferita, così intensa e al contempo delicata, perfetta rappresentazione di Sawada Tsunayoshi.

Stringendo la giacca in petto come se non ci fosse niente di più prezioso si perse a domandarsi perché gliela avesse lasciata.

Stavolta poteva illudersi anche solo un pochino o era troppo pericoloso?
Durante tutto il loro rapporto non era mai successo, poteva significare qualcosa, oppure non poteva, ma Hayato voleva che significasse qualcosa, qualunque cosa, anche solo che magari Sawada non avrebbe mai più riavuto quel pezzo del completo perché Gokudera lo avrebbe aggiunto a tutti i piccoli ricordi che poteva toccare di ciò che non avrebbe avuto mai.

Ne aveva una scatola piena e non ne andava fiero a dirla tutta. Finché si trattava di foto scattate di nascosto in ogni situazione, la cosa era anche passabile, ma negli anni aveva iniziato a collezionare qualsiasi cosa Tsuna lasciasse incustodito, il che era piuttosto inquietante se pensava che si era persino appropriato di un paio di sue mutande.

Come poteva spiegarlo? Era il suo modo di elaborare la cosa senza impazzire.

Per fortuna il buon senso lo aveva portato a buttare cose organiche come un dolce smangiucchiato a metà o un fazzoletto usato, ma dannazione, a costo di sembrare uno stalker professionista aveva bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi per avere anche solo un attimo in cui realizzare i suoi sogni e la cosa si era aggravata da quando aveva temuto di averlo perso per sempre.

Patetico, in parte si sentiva così, ma prendersi qualcosa di lui lo faceva sentire più vicino, come se ci fosse speranza e al contempo ricordava di avere un atteggiamento sano nei suoi confronti e gli lasciava i suoi spazi vivendo la relazione con grande maturità senza lasciarsi sopraffare dai sentimenti.

Respirò profondamente, stringere quella giacca equivaleva quasi ad abbracciare il proprietario, poteva sentirne il calore, udire la sua voce, il suo respiro regolare.

Nonostante tutto non riusciva a impedirsi di sorridere e ricordava a se stesso di non andare a mille all'ora perché non significava niente neanche stavolta.

Ovviamente il Decimo gli aveva lasciato la giacca in una fredda notte in cui non riusciva a spostarlo per sollevare le coperte e aveva rispettato il suo riposo, era una persona meravigliosa. Come avrebbe potuto diversamente?

Promettendosi di restituirla perché in questo caso non era qualcosa di abbandonato a se stesso da tempo immemore, ma qualcosa di cui Tsunayoshi aveva bisogno e non poteva privarlo, percepì una certa rigidità al contatto. Esplorò la tasca interna e allora trovò una lettera, la lavanda invase la sua mente.

********

Bene, sì, finalmente aveva dormito bene, ripensando alla trama di un film che tutto sommato non aveva seguito perché gli sembrava ci fosse qualcosa di molto più interessante proprio al suo fianco.

Il modo in cui piroettò giostrandosi con una tazza di cappuccino e un cornetto alla crema prima di sedersi a tavola strappò a Reborn una risata leggera.

"Ti mancano solo degli uccellini intorno e poi sei Biancaneve" commentò tirandogli un'occhiata maliziosa.

"Quello è Kyoya" esordì Mukuro seduto dall'altro lato del tavolo, stava giusto finendo di assaporare il suo caffè al macha.

Stavolta fu Tsunayoshi a scoppiare a ridere di gusto immaginando il suo guardiano della nuvola in quello strano vestitino blu e giallo a canticchiare mentre tanti piccoli Hibird gli svolazzavano attorno.

"Kufufuhahahah" rise Mukuro prima con il suo modo caratteristico e poi esplodendo fragorosamente fino alle lacrime.

Quando Kyoya fece capolino dal corridoio Reborn si limitò ad alzare le spalle e andarsene, aveva la vaga sensazione che la nuvola fosse più di cattivo umore del solito, ma doveva ammettere che l'allegria di Tsuna era contagiante.

"Che cazzo avete da ridere alle sette del mattino?" domandò Hibari con uno sbadiglio.

"Niente, Biancaneve" rispose Mukuro facendo un grave errore. Il suo partner lo congelò con lo sguardo e poi si avvicinò chiedendo spiegazioni minacciosamente. Sawada approfittò per svignarsela.

Raggiunse il suo ufficio senza perdere l'aria da principessa Disney spensierata e allegra pronta ad accogliere il suo principe azzurro.

Scosse vigorosamente la testa. No, la sua felicità non era affatto dovuta a questo, ma trovava le ragioni nel rapporto con Hayato, così prezioso che a volte davvero Tsunayoshi aveva creduto non servisse altro per vivere almeno finché non aveva pensato che comunque si sentiva allo stesso modo anche con gli altri guardiani, però al contempo gli donava talmente tanta felicità che avrebbe potuto respirare solo grazie a quella.

Quindi niente, era solo grato per la loro immensa amicizia e felice che non fosse andato tutto a puttane anche se aveva rischiato di farlo.

Benissimo, la vita gli sorrideva finalmente e a pensarci bene avere ammesso a se stesso di poter essere bisessuale lo faceva sentire molto più sereno.

Aveva appena acceso il computer e stava per controllare il programma della giornata, rigorosamente organizzato da Hayato, quando si rese conto che non c'era niente e il che non era strano dal momento che la sua tempesta aveva saltato la giornata di lavoro per motivazioni più che comprensibili.

Uno strano senso di pesantezza iniziò a cancellare l'allegria euforica che lo aveva accompagnato. Hayato era ridotto a uno straccio e così a pezzi non lo aveva mai visto, neanche quando gli era crollato tra le braccia e aveva pianto sua madre, neanche quando lo aveva stretto come se da questo valesse la sua vita singhiozzando nel momento in cui Tsuna si era risvegliato in quella bara fredda e scura. Era esausto: una botta emotiva dietro l'altra, non aveva retto e Sawada si sentiva schifosamente in colpa.

Gli aveva portato il suo gelato preferito e avevano guardato un film che lui amava, lo avevano commentato insieme e tutto questo solo dopo essersi chiariti e dopo avergli porto le sue scuse.
Eppure non era sembrato abbastanza: Gokudera si era addirittura addormentato, il che era in parte positivo perché significava che si era sentito al sicuro per farlo, ma al contempo era negativo perché era crollato sotto il peso dei sentimenti abbandonandosi all'incoscienza.

Sospirò, si asciugò una lacrima che non aveva visto scivolare lungo la sua guancia e si chiese perché stesse piangendo. Di risposte gliene arrivarono tante, ma nessuna parve soddisfare la richiesta.
D'accordo, lo aveva ferito, ma non poteva di certo obbligarsi a innamorarsi di lui o ancora peggio illuderlo di ricambiare e ancora meno non poteva di certo rimanere con le mani in mano, ma cosa poteva fare?

Eppure la sera prima lo aveva guardato con così tanta passione, come se fosse un quadro che hai visto per anni, ma per la prima volta noti dei dettagli incredibili che cambiano tutto lo scenario nonostante ci siano sempre stati.

Prima di andarsene aveva desiderato di baciarlo e lo aveva accettato e allora poteva dire davvero di non provare niente se non delle piccole fantasie perché Gokudera era davvero troppo bello per essergli indifferente?

Sentì le guance scottare e il battito accelerato, la gola secca al punto tale che pensò di idratarla con un bicchiere d'acqua, il sapore mix di caffè, latte, pasta brioche e crema ancora in bocca.

La mente volò al sapore, a quale sapore dovevano avere i baci di Gokudera. Non ne aveva idea, nel suo sogno ci era così vicino, ma non c'era arrivato e il suo guardiano non era venuto a trovarlo anche la notte in quel luogo dove niente era proibito.

Fumo, sicuramente, considerando che Hayato era davvero incallito e anche se era passato da tre pacchetti a tre sigarette al giorno Sawada credeva che fosse ancora troppo.

Fumo e liquirizia, il retrogusto di quelle caramelle che prendeva per fare salire la pressione naturalmente più bassa del normale.

Fumo, liquirizia e caritè, il profumo del suo burro di cacao che metteva continuamente per evitare che le labbra si spaccassero ancora.

Ricordò con un sorriso incerto il momento in cui il panino di Gokudera si era fuso al sangue delle sue labbra, rotte al centro, in una piccola emorragia che però sembrava non volersi fermare.

Il fratellone aveva detto "ci serve estremamente del ghiaccio" e Sawada era scoppiato a piangere, per un istante aveva temuto che fosse successo qualcosa di grave, ma non avrebbe dovuto dal momento che Hayato aveva continuato a parlare come se nulla fosse successo finché non aveva notato le sue lacrime e con un sorriso dolce aveva detto "Decimo, non è niente. Il mio corpo è strano."

Quel ricordo aveva lo stesso sapore di un bacio mai vissuto eppure erano così diversi, Tsunayoshi sentì uno strano calore all'altezza del petto.

Lo avrebbe visto sorridere ancora in quel modo? Come aveva fatto sempre e solo per lui? O stavolta era stato lui a spezzargli il sorriso per sempre? E se Hayato avesse sanguinato in eterno lui sarebbe rimasto a guardare finché le forze non lo avrebbero abbandonato completamente?

Avrebbe voluto poter cullare il suo dolore, svuotarlo da esso come se fosse un vecchio vaso i cui fiori ammuffiti neanche più necessitano dell'acqua.

Tutto ciò che aveva trovato non era abbastanza. Gli aveva portato un gelato, il DVD di Rogue One, le sue scuse, ma non ciò che voleva.

Gli aveva lasciato la giacca...

Sawada saltò sulla sedia.

"Cazzo, la giacca!" esclamò a nessuno ricordando improvvisamente che aveva portato anche un'altra cosa di cui poi si era dimenticato completamente, una cosa che lo aveva tormentato non poco.

Perché doveva avere una memoria a breve termine così pessima?

Pensò subito di ripresentarsi da Gokudera, nella sua camera e spiegargli perché aveva lui quella lettera non a sé destinata, ma fu preceduto, se lo ritrovò davanti alla porta non appena abbassò la maniglia.

Il fiato gli morì in gola e per un istante dimenticò come si parlasse.

"G-Gokudera-kun!"- squittì, il suo sguardo fisso sulla figura alta e snella del guardiano, il completo rosso che lo disegnava perfettamente, i capelli tirati all'indietro e fermati da due forcine, gli occhi ancora leggermente arrossati, ma vispi - "s-stai...bene."

Hayato accennò un inchino, in una delle mani stringeva la missiva incriminante, nell'altra la sua giacca.

"Grazie per quello che avete fatto per me, mi sento molto meglio adesso."

Tsunayoshi trattenne l'istinto di dire "lo vedo, sei uno schianto" e accennò semplicemente un sorriso procedendo a porre le sue scuse, di nuovo.

"La lettera, non è come sembra, non volevo tenerla io, insomma Roberto me l'ha portata e ha detto che era per te e insomma è da quella Veronica e io non ho idea di cosa voglia quella da te, ma insomma sono affari vostri e io non avrei mai letto quella lettera e volevo dartela, solo che mi sono distratto, con te perdo sempre il senso del tempo e..."

Gokudera lo interruppe agitando con una mano davanti al suo viso, gli porse la giacca e lo pregò gentilmente di fermarsi e respirare perché davvero non lo stava facendo.

"Decimo, non avrei mai pensato che fosse diversamente. Mi fido di voi, so che rispettate la mia privacy anche se io condividerei ogni mio segreto più intimo con voi. Volevo solo ringraziarvi per la consegna e per avermi tenuto al caldo."

Tsunayoshi accolse nuovamente la propria giacca, la percepì diversa, come se non fosse più solo sua e le sue guance divennero paurosamente rosse, Hayato non poté impedirsi di sorridere dolcemente e posarvi una carezza.

"Avete persino lasciato acceso il televisore perché sapete che mi sveglio facilmente se cambia l'atmosfera. Siete stato molto premuroso."

Sawada abbassò lo sguardo, si perse a pensare che da tempo riteneva che per Hayato le pellicole fossero una compagnia per colmare una solitudine interiore, una solitudine esistenziale che non avrebbe risolto il mondo intero al suo fianco. Qualcuno che lo calmasse, che contrastasse con il suo bisogno di rimanere in allerta perché un mafioso non può chiudere gli occhi e l'insonnia è la sua migliore amica.

"Figurati, per te questo e altro. Comunque sia, che dice la lettera?"

Tsunayoshi si morse la lingua, cercò di cancellare il tono acido con cui era uscita la domanda e si sfiorò lì dove sentiva il fantasma della mano di Hayato, non riuscì a dire una sola parola.

Gokudera sorrise, i suoi occhi più luminosi che mai, per un istante gli parve di vivere un sogno, ma poi si svegliò.

"Vorrebbe conoscermi meglio, credo sia interessata a me e dalle sue parole non sembra voler essere solo mia amica."

"E a te lei interessa?" domandò il giovane boss impulsivamente odiandosi ancora perché non sapeva da dove venisse il veleno nel tono.

Hayato alzò un sopracciglio, sbatté le palpebre per un istante e poi esordì con "me lo state chiedendo per davvero?"

Sawada negò con un cenno del capo e si sforzò di sostenere il suo sguardo.

"No, hai ragione. Scusa" disse e gli sembrò assurdo perché un tempo era Gokudera quello che supplicava il perdono a profusione e ora gli sembrava che i ruoli si fossero invertiti.

"È la solita storia che si ripete, Decimo. L'ennesima lettera d'amore di cui non so che farmene."

La sua mente volò lontano, molto lontano, in un tempo in cui il suo armadietto trabordava di missive, ce ne erano così tante che non riusciva ad aprirlo senza farne cadere eppure era  dannatamente vuoto perché mancava l'unica importante, quella che non avrebbe mai avuto.
"Anche questo anno hai ricevuto un sacco di lettere... sei veramente popolare, Gokudera-kun" "Sempre la stessa storia..." "Ma ci vuole davvero tanto coraggio per dichiararsi alla persona che ti piace. Vorrei essere come loro..." "Decimo, sono le stesse persone che mi mandano lettere anche tutti gli altri giorni dell'anno. Sono solo una seccatura..." "Io le ammiro invece, percheé non si arrendono  nonostante continui a rifiutarle...credo che dovresti avere più rispetto per i loro sentimenti...che poi perché le ignori proprio tutte? Non è possibile che non ti piaccia nessuna, oppure è possibile però mi sembra che tu lo faccia per partito preso e ho continuamente l'impressione che sia a causa mia." "Causa vostra, Decimo?" "Sì, perché con questa storia del braccio destro sembra che per te non esista altro, ma io non ti impedirei mai di uscire con qualcuno e più avanti di avere una piccola famiglia tua. Non devi dedicare tutta la tua vita solo a questo obiettivo, Gokudera-kun" "In parte avete ragione, Decimo. Se penso alla mia situazione allora concordo con voi perché nemmeno io ce l'ho questo coraggio... tuttavia penso che innamorarsi sia un altro paio di maniche. Queste ragazze che mi scrivono di cosa sono innamorate? Cosa sanno realmente di me? S'invaghiscono del mio aspetto fisico e poi? Molte non sanno neanche che suono abbia la mia voce." "Non pensi che ci si possa innamorare di qualcuno a prima vista?" "No, non credo che basti guardarsi. C'è bisogno che scatti qualcosa in un incontro di pensieri,  parole e azioni. Può succedere in un istante, può essere un evento casuale, inaspettato e non per forza positivo che ti permette di vedere oltre l'aspetto fisico di quella persona e ti porta a dire "oh cazzo, mi piaci, sono fottuto." "Wow Gokudera-kun, è sempre affascinante parlare con te. Sei molto più maturo di me e delle altre persone della nostra età, si vede dai discorsi che fai."
Gokudera ricordava come se lo stesse vivendo in quel preciso istante la pausa drammatica che aveva anticipato quel sospiro così pesante di Tsuna.
"E anche quest'anno non ho ricevuto nemmeno una lettera..."
Si ricordò con le mani tremanti stringendo una busta che conteneva un testo riscritto sedicimila volte, anticipando il momento in cui le avrebbe dato fuoco perché Tsunayoshi era proprio come lui e non era la sua la lettera che stava aspettando, si sarebbe dovuto chiamare Sasagawa Kyoko perché lo fosse.

Impotente, con le mani che dolevano per i troppi tentativi e il corpo svuotato di ogni forza.
"Sicuramente non hanno il coraggio di consegnarvela."
Il sorriso poco convinto di Tsuna.
"Sei troppo positivo, Gokudera-kun."
Cazzo, se ne aveva fatta di strada, ora giocavano a carte scoperte e non sarebbe mai voluto tornare indietro.

"Come al solito insomma" commentò Tsunayoshi sentendosi spaventosamente rincuorato perché niente era cambiato, Hayato era sempre la stessa persona che rifiutava chiunque nonostante fossero passati anni. Senza saperlo i loro ricordi si erano ritrovati nello stesso punto indugiando sui particolari sconosciuti all'altro.

A Gokudera non sfuggì il sospiro di sollievo che lasciò le labbra di Tsuna e in quel momento ci credette davvero, vide una luce, fioca, ma presente, una piccola fiamma sullo stoppino di una candela, vi mise le mani attorno e giurò a se stesso che l'avrebbe fatta crescere fino a diventare brillante, consumare la cera e incendiare la casa.

"Un po' mi dispiace per lei, sa cosa si perde" commentò il giovane boss.

Hayato arrossì vistosamente e accennò un sorriso.

"Vi andrebbe di passare la giornata insieme? Sarò sincero, non ho alcuna voglia di lavorare e non mi dispiacerebbe fare come ai vecchi tempi."

Tsunayoshi si specchiò nei suoi occhi, annuì piano.

"Se intendi fare filone per andare alla ricerca di luoghi bellissimi e inesplorati per poi farci malmenare da Reborn sono tutto tuo."

Hayato nascose il viso tra le mani e si sentì pericolosamente accaldato. Le cose stavano prendendo una piega decisamente strana e inaspettata e nella stanza c'era un'atmosfera bollente percepibile contro la pelle.

"Allora abbiamo un appuntamento" disse schizzando fuori dalla stanza prima di poter ritornare sui propri passi.

"Sì, abbiamo un appuntamento" disse Tsuna al nulla visto che era rimasto da solo.

Gli ci vollero cinque secondi contati per tornare in sé e perdere quell'aria sognante. Le mani tra i capelli, un senso di abbandono delle gambe, panico nelle vene.

"ASPETTA, CHE COSA?!"

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 il titolo arriva eh ***


"Veronica" così il Decimo aveva chiamato la giovane Morisieri, eppure Hayato era certo che il suo nome fosse Valeria, perché lui stesso in quello che poi si era rivelato solo un incubo l'aveva offesa chiamandola con l'appellativo sbagliato, Vittoria.

Si mise a riflettere su quando fossero simili lui e Tsuna, nessuno dei due ricordava quel nome, forse perché nessuno dei due voleva ricordarlo, il nome di una sconosciuta in cui entrambi avevano visto qualcosa che non c'era. Gokudera una via d'uscita, Sawada una minaccia, niente di tutto questo era reale.

Nonostante la doccia l'avesse già fatta ne fece un'altra e impiegò la bellezza di due ore a fissarsi davanti allo specchio provando più outfit.

Tsunayoshi nel frattempo si stava mangiando le mani chiedendosi perché avesse finito per accettare di uscire con Hayato senza nemmeno rendersene conto.

Che poi c'era da dire che "appuntamento" non era solo un termine romantico, semplicemente sottintendeva "impegno" e inoltre lui e il suo guardiano della tempesta non si erano detti niente di fraintendibile... forse.

Sawada era confusione allo stato puro, le mani passavano dai capelli alla bocca ritmicamente e il corpo gli prudeva come se avesse appena avuto un attacco di orticaria.

Senza contare che erano giorni che lavorava in maniera discutibile e adesso aveva anche deciso di portare al limite la pazienza di Reborn?

"Complimenti Tsuna" disse resistendo alla tentazione di dare una testata nel muro, il cuore batteva così forte da mozzargli il respiro.

Ci volle qualche buona dose di minuti prima che riuscisse a regolarizzarlo e a convincersi che in fondo non c'era niente di strano, niente di diverso dal passato. Lui e il suo migliore amico in giro per le strade a vivere pienamente al posto di fare fronte a quell'aspetto tanto particolare della vita chiamato "dovere".

Si alzò da terra raccogliendo un po' di coraggio e raggiunse la sua stanza cercando di evitare chiunque per sfuggire a eventuali domande che lo avrebbero incastrato in ufficio. Si chiuse la porta alle spalle e ringraziò tutti gli dèi per avere un bagno in camera.

Si denudò rapidamente preparando l'acqua del bagno con dei sali profumati, che tecnicamente lo avrebbero aiutato a rilassarsi. Si fermò a riflettere che prima di confessarsi era stata un'attività relegata al suo braccio destro che si premurava sempre di preparare anche la stanza perché potesse accoglierlo. Ovviamente il suo compito finiva nell'organizzare il tutto, ma qualche volta avevano condiviso quel momento speciale.

Si supponeva essere uno spazio di solitudine rigenerante eppure Tsuna più volte aveva aperto la sua porta ad Hayato permettendogli di tenergli compagnia, quel giusto elemento in più incapace di turbare l'atmosfera rilassante che si era creata, sembrava anzi fatto appositamente per completarla.

Così aveva giocato a scacchi con quella tavola posizionata sul rialzo della vasca mentre Gokudera sedeva sul bordo e lui invece si godeva il trattamento dell'idromassaggio.

Arrossì al pensiero, gli era sembrata una cosa così normale finché Hayato non aveva scoperto le carte. I suoi pensieri volarono rapidamente a tutte le volte in cui Gokudera gli era sembrato troppo imbarazzato all'idea di doversi cambiare in sua presenza.

"Siamo entrambi maschi" gli aveva detto più volte per incoraggiarlo, ma la tempesta aveva sempre rifiutato e motivato la cosa come una mancanza di rispetto al proprio boss e aveva sempre trovato un posto dove nascondersi lontano da sguardi indiscreti e contatti diretti.

Sospirò, a essere sincero si sentiva davvero in colpa. Se solo avesse saputo non avrebbe mai creato certe situazioni, non lo avrebbe mai messo così a dura prova.

S'immerse nella vasca e il calore lo accolse facendolo sentire più sollevato, l'odore di vaniglia lo cullò. Doveva ammettere che Gokudera comunque aveva dei bei gusti e non si riferiva a se stesso.

Appoggiò la testa sul bordo lì dove era più morbida la struttura e abbandonò i capelli nella schiuma i quali fluttuarono nell'acqua.

Quanto tempo aveva? Non sapeva dirlo. L'unica certezza era l'attesa, Hayato lo avrebbe aspettato per tutto il tempo necessario.

Prendendo una spugna strofinò delicatamente la pelle del suo corpo, coccolandosi e lasciando evaporare lo stress.

Doveva ammettere di sentirsi fortunato e non solo per ciò che aveva, ma anche per ciò che era capace di fare. Non era da tutti farsi ricaricare pienamente da un bagno caldo e ancora meno lo era riuscirci con una situazione stressante all'orizzonte.

Quando si sentì soddisfatto uscì dall'acqua e si avvolse in un accappatoio, diede un colpo di phon ai capelli e poi passò a vestirsi.

Il senso di libertà che provò davanti alla sua figura finalmente accolta da comodi jeans azzurri e una morbida felpa arancione con cappuccio. Cazzo, erano anni che non si vedeva con un abbigliamento così casual e rilassato.
Indossò delle converse crema per completare l'outfit e si premurò di inviare un messaggio a Gokudera.

Evadere da Villa Vongola senza essere visti non era una passeggiata, presumeva un percorso a ostacoli che sostanzialmente consisteva nell'ingannare Reborn circa la loro presenza in ufficio e l'utilizzo di passaggi segreti generalmente utilizzati per le emergenze.

Hayato gli rispose che lo attendeva al centro commerciale, il che significava che poteva avere usato solo la via dei sotterranei.
In parte lo invidiava perché era sicuramente molto più scaltro di lui.
Dopotutto boss dei Vongola o meno Tsuna non era nato in quel modo, Gokudera invece ci si era formato per tutta l'infanzia e a seguire.

Quando raggiunse il collegamento dietro i cespugli del centro commerciale per poco non gli venne un colpo.

Qualcuno doveva dire a Gokudera Hayato che le giacche di belle gli donavano decisamente, così come gli occhiali da sole e gli capelli scompigliati senza apparente ordine. Poi era anche il caso di informarlo che i pantaloni attillati anche essi in pelli e le magliette aderenti di colore bianco quasi trasparente, erano un'altra benedizione.

Tsuna sbattè le mani sulla sua faccia dandosi dei piccoli colpetti per imporsi un contegno. D'accordo la storia del bisessuale, ma rimanere imbambolato e a bocca aperta anche no insomma.

Lo osservò guardarsi intorno, doveva attenderlo con impazienza. Si preparò psicologicamente, fece un respiro profondo, guardò il suo riflesso nello specchietto di una macchina parcheggiata lì vicino e con un passo si mise nel raggio visivo di Hayato.

"Eccomi" disse cercando di mantenere un tono stabile.

Gokudera s'illuminò come un raggio di sole che di colpo entra e accende una stanza buia, i suoi occhi brillarono e sul suo volto si dipinse un sorriso molto ampio.

"Menomale" sospirò, sembrava convinto di essere stato lasciato da solo per un motivo o per un altro.

"Vogliamo andare?"

*******

Andare? Sì, ma dove? Questo si era domandato Tsunayoshi mentre aveva iniziato a camminare seguendo Hayato che se tutto andava bene allora doveva avere una meta in mente, in caso contrario lo stava soltanto facendo vagare a vuoto.

Quando si ritrovarono vicino un negozio di vecchi vinili Tsuna si rese conto che non doveva essere stata una passeggiata del tutto casuale, ma che Gokudera avesse architettato qualcosa di ben preciso.

Scorsero per gli scaffali del negozio soffermandosi sulle diverse possibilità musicali. I loro gusti erano nettamente diversi perché Tsuna sostanzialmente si affidava al pop che passava in radio mentre Hayato spaziava dal metal alla musica classica.

Nessuno dei due fiatò quando il loro sguardo cadde su un pianoforte a coda nero pressoché identico a quello che Tsuna sapeva essere appartenuto un tempo al suo migliore amico.

Non poté impedirsi però di ricercare parole non dette nei suoi occhi, lucidi nonostante cercasse di nasconderlo, Tsuna sentì il respiro dell'altro farsi pesante anche solo per quell'istante.

Da quando era diventato così sensibile anche a un cambiamento impercettibile di Hayato?

Dopo il negozio di vinili Gokudera indicò una piccola casetta arroccata sulla cima di una montagna lanciandogli uno sguardo di sfida. Se era una gara a chi arrivava prima Hayato poteva toglierselo dalla testa, aveva già vinto e Tsunayoshi a stento gestiva il suo respiro irregolare a causa dell'ansia che gli trasmetteva la situazione, l'ultima cosa di cui aveva bisogno era di andare in affanno.

Lo seguì ugualmente, lentamente, fermandosi più volte, perché cazzo se era una scalata. Quasi in cima fu sul punto di scivolare, ma Gokudera non glielo permise sorreggendolo per la schiena mentre i capelli di Tsunayoshi quasi avevano toccato terra.

Il loro sguardo s'incrociò e Sawada sentì il viso esplodere, Gokudera rise appena aiutandolo a rimettersi in piedi.

"Sono davvero una frana..." commentò il giovane boss cercando di giustificare il rossore.

Il suo braccio destro annuì.

"Forse un pochino, ma per fortuna ci sono io."

Tsunayoshi sentì un colpo al cuore quando Hayato concluse la frase con un occhiolino. Non gli aveva mai detto niente di simile, di solito non faceva altro che elogiarlo e poi doveva ammettere che era dannatamente sexy in ogni cazzo di cosa che faceva.

Quell'improvvisa presa di coscienza di quanto Gokudera lo vedesse concretamente per quello che era, per la sua umanità e imperfezione, lo indusse a stringersi al suo braccio del tentativo di non cadere ancora, c'era un senso di benessere nel calore che aveva trovato in quel contatto.

"Male che vada cadiamo insieme" aveva poi cercato di dire Tsuna trattenendo a stento una piccola risata isterica.

"No, se cadi tu io ti rimetto in piedi. È così che funziona" aveva sentenziato Gokudera con una serietà spaventosa.

*******

La casetta arroccata sulla montagna si era poi rivelata una piccola taverna, il che era grandioso perché era ora di pranzo e Tsuna dopo una prima chiusura di stomaco aveva sviluppato un'improvvisa fame che si sarebbe mangiato anche il tavolo.

Il posto che diedero loro era proprio vicino alla finestra così che potessero osservare la natura estendersi sconfinata all'esterno.

Il menù fu loro porto da una gentile anziana che sorrise loro e invitò a prendere la loro specialità. Gokudera ringraziò amabilmente -a volte sembrava un'altra persona, Tsuna doveva ammetterlo- e accolse l'invito.

"Strano tu non prenda le trofie al pesto" commentò Tsuna, gli occhi ancora fissi sul menù perché non aveva deciso il secondo.

Gokudera lo guardò luminoso, i suoi occhi brillanti e carichi di speranza.

"Perché?"

Sawada si grattò una guancia leggermente imbarazzato e gli rivolse un sorriso.

"So che è il tuo piatto preferito."

"Ricordi quale è il mio piatto preferito?" domandò Hayato di rimando piacevolmente sorpreso.

"Beh sì, ci sono tante piccole cose di te che ricordo perfettamente. Buona parte delle tue preferenze."

Il sorriso di Gokudera divenne più ampio, intenso, abbagliante quasi.

"Ah ma io ti batto, io ricordo ogni singolo particolare di te."

"Lo so, non mi potrei mai mettere a competere. Hai una memoria molto più forte della mia, Gokudera-kun."

Ci fu un piccolo interludio di risate che aprì ancora di più lo stomaco e mise i due a proprio agio rilasciando completamente la tensione.

"Che poi è strano perché tu sei siciliano, ma le trofie al pesto sono un piatto tipicamente genovese."

Gokudera alzò appena le spalle, gli occhi fissi in quelli di Tsuna.

"Diciamo che ho avuto l'occasione di provare più cucine e la genovese mi ha conquistato. È seconda solo a quella di tua madre."

Sawada ridacchiò, pensare che le lusinghe con Hayato erano sempre all'ordine del giorno eppure non risultavano mai di troppo perché sincere.

"Però perché è il tuo piatto preferito, io credo che ci sia una storia dietro le cose che scegliamo come predilette. Quale è questa storia?"

Dall'espressione improvvisamente cupa di Hayato Tsuna si rese conto che forse non avrebbe mai dovuto porre quella domanda. Le preferenze spesso affondavano le radici nel passato e quello di Hayato era taboo, questa valeva come regola ufficiale nei Vongola.

Solo una volta Gokudera si era aperto con lui circa la sua tragica infanzia, ma non era mai entrato nei loschi dettagli che Tsuna aveva percepito nelle lacrime e quell'esperienza gli era bastata, c'erano voluti mesi perché si riprendesse.

"Non devi rispondere se non vuoi" si affrettò a dire.

Gokudera scosse la testa, mise su un sorriso timido e tenero che nascondeva disperazione amara.

"C'era una persona che cucinava questo piatto per me, è merito suo se è il mio preferito."

Tsuna ascoltò attentamente, cercò di accogliere la confessione di Hayato con quanta più cura possibile.

"Una persona?" domandò.

Gokudera annuì, si strinse nelle spalle e sembrò così piccolo che Tsuna vide un bambino davanti a sé solo per l'atteggiamento assunto.

"Ho molti rimpianti, Decimo, ma questo forse è al primo posto."

Tsunayoshi allungò una mano verso il suo braccio in una carezza gentile, lo invitò ad alzare la testa accogliendolo di nuovo nei suoi occhi.

"Se non vuoi dirmelo non devi, io ti ascolterò quando sarai pronto anche se non dovessi esserlo mai."

Gokudera lasciò andare una lacrima e prima di rendersene davvero conto posò un bacio sul dorso della mano di Tsuna.

"Che cosa ho fatto di tanto buono per meritarti nella mia vita io lo devo ancora capire."

Tsunayoshi avrebbe voluto articolare una frase decente, ma tutto ciò gli era impedito dalla visuale della mano di Hayato che teneva la sua e le orecchie che fischiavano.

"I vostri ordini" disse l'anziana cameriera interrompendo quel momento che Tsuna non sapeva come né voleva etichettare posando i piatti sul tavolo e costringendoli a staccarsi, entrambi ringraziarono frettolosamente.

Il territorio in cui si erano addentrati era pericoloso e Sawada ne ebbe la conferma quando vide che Hayato aveva volutamente cambiato argomento e si era fissato su Rogue One.

"Che comunque poi dobbiamo finire di vederlo visto che ti sei addormentato come una pera cotta" incalzò Tsunayoshi seguendo l'atmosfera che volevano creare a tutti i costi.

"Se stasera non sei troppo stanco possiamo guardarlo in camera mia."

"Sono io che dovrei chiederti se non sei troppo stanco, mi hai lasciato a parlare da solo. Se non mi fossi girato avrei continuato a farlo per sempre."

Gokudera arrossì appena.

"Non mi spiego proprio il motivo, di solito ho il sonno leggero. Mi sveglia anche un respiro e a meno che tu non sia stato in apnea è davvero strano che non sia successo."

"Da quanto soffri d'insonnia?" domandò Tsuna.

Ed eccola di nuovo, quell'espressione che il giovane boss voleva cancellargli dal viso in eterno, quella di un gattino abbandonato per le strade che cerca di sopravvivere con ciò che rimane della sua anima fatta a pezzi per il distacco dall'ambiente domestico in cui credeva ci fosse amore.

"Scusami, Gokudera-kun, però a questo punto parla tu e io ti seguo perché se appena ti faccio una domanda ti vedo così onestamente mi sento in un campo minato."

Gokudera negò con un cenno del capo e riprese a mangiare i suoi spaghetti, dopo aver ingoiato un boccone che sembrò scendere con difficoltà parlò nuovamente.

"Scusami tu, non sono la migliore compagnia quando si tratta di conversare sul tema se stessi e la propria vita. Per questo preferisco ascoltare la storie altrui o meglio la tua, mi sembra di sapere già tutto, ma so anche che molti dettagli mi mancano. Temo si tratti degli stessi dettagli a cui non ti ho mai dato accesso e per questo non è necessario condividerli. Io ti direi tutto di me, lo farei davvero, ma non voglio scoppiare a piangere in questo momento così bello e rovinarlo. Quindi, ti prego, permettimi di continuare a tenere gli argomenti su un altro filo. Un giorno di dirò tutto di chi sono stato e cosa ho fatto, ma per il momento voglio la leggerezza che provo quando sono al tuo fianco anche nelle parole che ci scambiamo."

Tsuna rimase in silenzio, il cuore a mille che rimbombava nelle orecchie, si sentiva davvero onorato.

"Se hai bisogno di me per riposare profondamente allora da oggi in poi mi trasferisco nel tuo letto" disse di punto in bianco.

Gokudera arrossì violentemente, distolse lo sguardo.

"Io penso che non ti rendi conto di cosa stai dicendo..."

Tsuna negò con un cenno secco.

"No, tu non ti rendi conto che per tutto questo tempo anche io ho sempre cercato di proteggerti. Quando eravamo nel futuro condividevano un letto a castello e io ti ho visto e sentito rimanere sveglio anche notti intere. Sapevo che quando proprio non c'era modo ti alzavi e andavi nella sala comune a guardare la televisione, per questo spesso al risveglio non c'eri e ti trovavamo crollato sul divano. Sono passati dieci anni e sei ancora intrappolato in questo problema, che è una cosa seria Gokudera-kun. Ieri notte ti sei addormentato e il mio intuito mi dice che ci sei riuscito perché c'ero io al tuo fianco, per questo mi sono offerto di aiutarti a riposare ogni notte perché credo di poterti tirare fuori da questa situazione."

Gokudera sospirò, accarezzò delicatamente il proprio petto con un movimento morbido.

"No, mi sono addormentato perché ero sfinito. Se tu stessi nel mio letto tutte le notti allora non sarei più capace di chiudere occhio. Forse ancora non lo hai capito, ma mi piaci. Non è una cosa che posso semplicemente dimenticarmi. Averti nel mio letto è la regina delle tentazioni e ho anche io un limite."

Tsuna si congelò, improvvisamente i suoi pensieri persero qualunque coerenza e si sentì un vero stupido, il battito accelerò ancora e gli occhi divennero vagamente lucidi.

"Mi sento così in colpa" mormorò sull'orlo delle lacrime.

"Non avevo capito niente per questo negli anni ti ho trattato come.."

Gokudera lo interruppe "un fidanzato?" chiese.

Tsuna sospirò, scosse la testa violentemente.

"Okay, ammetto che non ho avuto comportamenti convenzialmente associati a un mero rapporto di amicizia, ma è solo perché..."

Gokudera lo interruppe nuovamente "Lo so e mi sento fortunato a essere tutto questo per te. Dopotutto non è diverso da come tratti l'idiota del baseball, testa a Prato o quell'Enma, ma mi sarebbe piaciuto illudermi che fossi più speciale degli altri perché tutto sommato mi sembrava che fosse un po' diverso. Era solo la mia mente a farmi scherzi idioti, non so davvero come abbia potuto pensarlo anche solo per un istante."

Tsuna gli afferrò una mano, gli sembrava così dannatamente lontano, come se ogni parola pronunciata inspessisse il muro tra loro.

"Sei stato il mio primo amico, in un certo senso questo ti rende un po' più speciale degli altri."

Hayato sospirò come se fosse sul punto di scoppiare a propria volta.

"Lo sai a cosa mi riferisco, non ho mai desiderato che tu scegliessi un migliore amico più importante degli altri. Si possono amare più persone allo stesso modo quando si ha un cuore grande e meraviglioso come il tuo e questo non toglie niente a nessuno. È solo normale quando sei innamorato desiderare di essere ricambiato, però ti prego, adesso smettiamola perché volevo che fosse un giorno speciale e felice e invece sembra quasi che stiamo per farci la guerra e io non voglio ferirti più di quanto non abbia già fatto."

Tsuna annuì, ritrasse la mano e riprese a mangiare, per un po' di tempo non volò una mosca.

Quando i piatti furono vuoti fu il momento di lasciare andare anche le parole.

"Grazie per avermi portato qui, era tutto delizioso" disse Sawada cercando di ripristinare un'atmosfera calda e allegra.

"Non ti ci ho portato io, ci siamo finiti insieme. È questo il meccanismo della nostra tradizione, ricordi?"

Tsuna concordò con un cenno del capo e catturò la sua mano nella propria, aveva davvero bisogno di percepire il suo calore.

"Quando siamo insieme succedono sempre cose bellissime e in questo senso ti ringraziavo."

"Vi porto altro, ragazzi?" fu la domanda improvvisa che giunse alle loro orecchie.

Sawada chiese il dolce accettandolo a scatola chiusa, non osò allontanarsi di mezzo centimetro da quella mano.

Dopo un po' arrivò un dessert a base di cioccolato e panna.

"La nostra proposta per le giovani coppie" disse l'anziana signora.

Gokudera fu sul punto di avere un esaurimento nervoso perché il cioccolato era un trauma per lui che aveva subito gli esperimenti di Bianchi soprattutto a base di quell'ingrediente e inoltre le parole della proprietaria del locale stavano giocando pericolosamente con la sua stabilità emotiva già andata a puttane molti anni prima.

Se non altro Tsunayoshi non aveva negato come era solito fare quando già in passato era capitato che li etichettassero in quel modo.

"Siamo una giovane coppia..." mormorò più a se stesso che all'altro tenendo stretta la mano che lo aveva catturato sperando che non rilasciasse mai più.

Sawada sentì ma non osò fiatare né ammettere che la risposta nella sua testa era un altisonante "non lo so".

"Lo pensano spesso..." disse invece rilasciando la mano conscio che la proposta di coppia l'avrebbe consumata da solo.

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Capitolo 13
*** I was never blind ***


Smezzarono il conto e uscirono dalla taverna, poco importava chi pagasse dal momento che i fondi provenivano dalla stessa fonte, ma nessuno dei due aveva voglia di sentirsi come se l'altro avesse offerto, sapeva di squilibrato.

Il silenzio che era calato dopo il dolce non si era più ripreso e a Tsunayoshi era sembrato che niente fosse mai stato più amaro. Anche l'atmosfera nel locale si era spenta e l'esterno non sembrava più così affascinante.

Giocherellò con i cordini della felpa, li avvolse nervosamente attorno a un dito e poi fece le treccine nell'attesa che Hayato lo aiutasse a scendere visto che il percorso in discesa sembrava anche più pericoloso.

Eppure non avvenne niente del genere e Sawada inveì mentalmente contro tutte le divinità conosciute per l'assenza di un corrimano in quelle scale a malapena definite create di fatto dall'usura del tempo.

Si fermò, rimase a osservare il suo guardiano giungere a valle senza voltarsi neanche una volta. Quando scese l'ultimo gradino finalmente gli rivolse uno sguardo, interrogativo per giunta, come se non sapesse che aveva serie difficoltà a scendere senza ruzzolare.

"Potete farcela" urlò da lontano, era poco più che un puntino, la sua voce ovattata dal vento che cercava di deviarla.

Tsuna sospirò, avrebbe voluto sedersi e piangere perché era tutto sbagliato: dal modo in cui Gokudera smesso di parlare fino al trovarsi abbandonato sulla cima di una montagna.

Hayato non poteva vedere la sua espressione, il che era un bene. Le lacrime iniziarono a scorrere -scendere era l'ultimo dei suoi problemi- al ricordo di come erano le cose prima che Gokudera esternasse i suoi sentimenti.

Egoisticamente Tsunayoshi desiderava che non fosse mai successo, che tutto potesse restare immutato in eterno senza che la loro amicizia venisse messa in crisi. Tuttavia, non era giusto che Hayato ci morisse con quei sentimenti, senza mai poterne parlare ed era felice che non avesse finito con l'esplodere come uno dei suoi candelotti.

Si asciugò gli occhi, niente ancora era perduto e Gokudera avrebbe potuto trovare il modo di stare bene nonostante l'amore non corrisposto. Il giovane boss doveva smettere di pensarci e godersi il suo migliore amico cercando almeno di non lanciargli segnali contrastanti che potessero dargli una speranza illusoria.

Impegnato a stropicciarsi gli occhi in un dialogo senza fine con se stesso non si rese conto della scalinata fatta di nuovo in salita da Hayato finché non sentì delle mani gentilmente adagiate su un fianco e tra i capelli.

"Desolatissimo, Decimo. Non avevo capito fosse così spaventoso per voi, non volevo farvi piangere."

Il tono sommesso, il "voi" formale, l'incrinazione di ogni parola, Gokudera era in piena modalità braccio destro.

Tsunayoshi sollevò la testa verso il suo interlocutore, nei suoi occhi brillò una nota di rabbia a cui le fiamme del cielo risposero.

"Sono terrorizzato..." mormorò stringendo i pugni contro le maniche della giacca di pelle.

Era piuttosto sicuro che Hayato non stesse capendo l'oggetto della conversazione, ma non era in grado di specificarlo.

"Posso portarvi sulle spalle se avete troppa paura."

Tsuna sbuffò, incrociò le braccia al petto.

"Non puoi solo aiutarmi senza farti sempre carico dell'intero problema?" sbottò.

Gokudera non era certo che si riferisse solo a scendere una scalinata ripida.

"Adesso che succederà, Gokudera-kun? Io non voglio costringerti a questa situazione, ma non voglio neanche..."

Hayato non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma se c'era qualcosa che in quegli anni al suo fianco aveva sviluppato questo era l'intuito e adesso il suo stava urlando di non permettere a Sawada di concludere quella frase.

Muto alle sue proteste se lo caricò sulle spalle quasi fosse un sacco di patate e scese le scale, Tsunayoshi si aggrappò forte alla sua giacca di pelle ed ebbe la certezza circa la risposta che cercava.

"Però penso sia più giusto che mi lasci andare o finirò per ucciderti" mormorò il giovane boss al terreno nella sua visuale, quello sicuramente sembrava più propenso all'ascolto.

**********

Quando Gokudera lo mise a terra Sawada sentì di poter respirare di nuovo e non poter rimandare quella conversazione. Fortuna che almeno erano in una campagna isolata e nessuno avrebbe potuto disturbarli oppure origliare.

"Non è giusto" mormorò cercando di assumere un tono più simile a quello che manteneva durante i meeting che uno che ricordasse un povero disperato.

Hayato gli rivolse uno sguardo confuso e interrogativo. È vero inizialmente Tsuna aveva urlato in preda al panico e sbattuto i pugni contro la sua schiena, ma poi sembrava essersi calmato.

"Okay, dirti tutto questo mi costa davvero tanto, ma è la dimostrazione di quanto tengo a te" proseguì il giovane boss.

Gokudera attese che le parole proseguissero dando tempo a Tsuna di elaborare il discorso nonostante il suo cuore stesse già scoppiando.

"Non è sano quello che stiamo facendo. Io...non posso permetterti di continuare così. Ammetto che ho trattato i tuoi sentimenti come se fossero qualcosa di passeggero e debole perché desideravo davvero che fosse così. Ora ho capito, ho capito che non posso continuare a fingere di non vedere la potenza di ciò che provi. Insomma, quello che sto cercando di dirti è che forse è giunto il momento che sia io a dirti cosa fare per una volta nella nostra vita insieme."

La tensione che proveniva dalle parole di Tsunayoshi era a dir poco insostenibile tanto che Hayato era sul punto di urlare anche solo per rilasciare quella che si stava accumulando nel suo corpo, ma rimase in silenzio e continuò ad ascoltare.

"Io non vorrei, davvero non vorrei mai che lo facessi, ma devi allontanarti da me, dimenticarm-"

"No!" urlò Gokudera prendendolo per le spalle, i suoi occhi erano velati leggermente di lacrime.

Tsunayoshi si ammutolì, le parole morirono in gola e si trasformarono in un sussulto.

"Ordinami qualsiasi cosa, eseguirò, ma ti supplico, non questo, non voglio."

"Neanche io voglio che tu smetta di stare al mio fianco, ma non voglio neanche distruggerti e lo sto facendo. Quando qualcuno non ti ricambia ci sono più strade possibili da prendere. Non ci hai neanche mai provato a togliermi dalla testa, cioè non puoi riuscirci se stiamo insieme praticamente tutti giorni tutto il giorno."

Hayato trattenne a stento le lacrime e si morse le labbra per non aggredirlo nuovamente col tono di voce.

"Non voglio" ribatté scandendo le due parole con serietà, come se fosse un dogma.

"Ci ho provato a dimenticarti, sia quando eravamo più piccoli che adesso. Inizialmente credevo che fosse ciò che volevo, dimenticarti e trovare qualcuno che mi amasse, ma non è così. Il solo amarti mi rende vivo, che sì fa anche male, ma non mi importa così tanto essere ricambiato quanto sentirmi libero nelle mie emozioni. Non voglio che tu mi impedisca di provare ciò che sento, ti prometto che non te lo farò più pesare. Il mio cuore batte per te, sì okay batte anche per tenermi in vita, ma senza te è tutto morto e lo so che non è esattamente la cosa più giusta al mondo, ma sto bene anche se non mi ami come lo faccio io, sto bene perché posso rimanere al tuo fianco. Non so se mi sto spiegando correttamente, non fraintendermi, non sto dicendo che mi tieni in vita e senza te mi sarei già suicidato, ci siamo già passati su questo punto e non ho alcuna intenzione di farti sentire come se fosse stato tutto inutile e una tua conquista fittizia. Sto dicendo che sto bene con te, mi dai belle sensazioni e non voglio perdere tutto questo. Essere intrappolato in un amore a senso unico fa male, ma perderti, cazzo Tsuna, perderti di nuovo mi ucciderebbe davvero."

Sawada sgranò gli occhi: le volte in cui Hayato lo aveva chiamato per nome ce le aveva segnate sul calendario tanto che erano rare. Il discorso non faceva una piega, eppure qualcosa semplicemente non sembrava giusta.

"E cosa hai intenzione di fare? Continuare a farti dilaniare da questo amore non corrisposto? Se io dovessi sposarmi? Se avessi un figlio? Saresti un fantasma che gira per la magione e io non potrei contare in alcun modo su di te? Perché devo vivere pensando che posso farti del male solo cercando di costruire la mia vita? Perché devo augurarti questo quando potrei spingerti a guarire dalle ferite che ti ho inflitto fino a oggi senza saperlo per poi poterci ritrovare?"

Gokudera sospirò, come facesse ancora a reggersi in piedi era un mistero.

"Mi dispiace, non l'avevo mai vista sotto questo punto di vista, ma mi ero già preparato all'idea della vostra famiglia. Non lo so, effettivamente non è una cosa troppo ragionevole, ma è questa la natura dell'amore che provo. Sono disposto ad aspettare tutta la vita, a dedicare la mia vita anche a qualcosa che non succederà mai e non sta a te scegliere come io debba vivere. Tutto quello che vuoi, ma non cacciarmi di casa."

Tsunayoshi lasciò andare qualche lacrima trattenuta per troppo tempo, Hayato gli fece da specchio

"Non lo farei mai, troveremmo solo il modo di stare un po' più separati e po-"

Gokudera lo interruppe "no, Tsuna. Sei tu la mia casa. Era questo che intendevo con il mio discorso di prima. Sei il mio posto nel mondo."

Sawada arrossì intensamente, le lacrime scorsero lungo le guance purpuree.

"Dopotutto non è che ci sia qualcuno con cui sto pensando di mettere su famiglia quindi credo che questo discorso possa anche essere rimandato."

Hayato annuì, impulsivamente gli scostò i capelli finiti davanti agli occhi.

"Ti prometto che troverò il modo per non farti sentire responsabile di ciò che provo e smetterò di soffrire."

Tsunayoshi accennò un sospiro amaro, sapeva di quelle promesse impossibili che davvero non possono essere mantenute però almeno per il momento avrebbe continuato a essere la sua casa, l'ultima cosa che voleva era che si sentisse abbandonato di nuovo.

************

Silenzio assoluto sovrano interrotto solo dai passi. Era andato tutto a puttane.
Doveva essere una bella giornata, ma a giudicare dal risvolto era stato decisamente un fallimento.

Avevano concordato di continuare a camminare per provarci ancora a rendere speciale e gioioso quel momento, a non sentire troppo il distacco col passato, ma Gokudera aveva iniziato a incamminarsi verso una strada che conduceva alla Villa, era chiaro che si fosse arreso.

Una melodia accarezzò le loro orecchie e prima che se ne rendessero conto come topi attirati dal pifferaio magico si fermarono prendendo parte al cerchio attorno a un artista di strada che stava riproducendo un motivo con la sua tromba.

Gokudera iniziò a canticchiare sottovoce e Sawada si sforzò di individuare il pezzo guidato dalla voce della sua tempesta. Vuoto totale, ma era completamente coinvolto nella performance.

I cuori divennero più leggeri, le menti vuote e i loro corpi energici, il tutto per una semplice colonna sonora di un film.

"Nuovo cinema paradiso" mormorò Hayato, il suo sguardo perso nell'orizzonte.

"Ce lo vediamo insieme dopo aver finito Rogue One?" domandò Tsuna accennando un sorriso, aveva intuito che si trattasse di un film.

"Non lo so, ho paura che potresti addormentarti" scherzò Gokudera.

"Sei tu quello che si è addormentato l'ultima volta" lo punzecchiò Sawada.

La melodia cambiò e divenne più ritmata, stavolta si trattava di una canzone popolare siciliana e alcune delle persone in cerchio avevano preso parte a una strana danza in coppia.

"Tarantella" sospirò Tsuna che scavando nei suoi ricordi aveva riconosciuto i passi, gli stessi che lo avevano sconvolto il primo giorno del suo arrivo in Italia. Sembrava che stessero cercando di evitare di essere punti da un insetto invisibile saltando ora su un piede e ora sull'altro.

Al trombettista si aggiunse una ragazza che iniziò a suonare la tammorra e un vecchio con un flauto.

Rapidamente il cerchio si trasformò in due file, una interamente composta da uomini, l'altra da donne, Tsuna e Hayato ne rimasero coinvolti loro malgrado.

La ragazza iniziò a cantare le parole della canzone e le donne iniziarono ad avanzare con quel caratteristico passo, che a Tsuna ricordava tanto il tentativo di evitare le tracine in mare, in un attimo si ritrovarono trascinati in una danza che avevano solo osservato, ma mai osato replicare.

Il giovane boss osservò gli occhi neri e scuri della donna che lo aveva afferrato per le mani per poi fissare i propri sulla bionda che invece aveva trascinato il suo braccio destro.

Non sapeva spiegare perché, ma credeva che fosse una buona cosa ciò che fosse appena successo nonostante l'imbarazzo perché non sapeva fare niente.

Dopo qualche tentativo riuscì a comprendere il ritmo e si rese conto che tutto sommato non era neanche così difficile, inoltre era divertente.

Un salto, poi un altro, tutta la tensione e la paura gli si stava scrollando di dosso, la rabbia e la sofferenza erano morte in quella giravolta che forse non doveva fare lui, ma andava bene lo stesso.

Saltelli in avanti, saltelli all'indietro, tenersi per mano, giravolta e cambio partner, fino ad arrivare a ballare con tutte le donne in fila.
Dopotutto non era così difficile.

Aveva appena raggiunto la fine della fila per l'ultimo scambio quando si ritrovò tra le mani di Gokudera che alzando le spalle gli sorrise dolcemente.

Tsuna si sciolse e si domandò quale fosse il suo ruolo ora che avevano scombinato le carte in tavola, poi realizzò che non faceva assolutamente differenza, dal momento che i passi erano identici sia per maschi che per femmine, l'unica differenza stava in chi si faceva avanti per la prima volta all'inizio del ballo.

Sorrise vedendo quanto naturale gli venisse continuare quella danza senza più cambiare partner, gli occhi fissi in quelli di Hayato che sembravano finalmente di nuovo luminosi.

La musica cessò e li lasciò sudati come solo gli allenamenti di Reborn sapevano fare, ma divertiti e leggeri come forse mai prima.

Senza dirselo davvero concordarono di andare in un negozio e cambiarsi i vestiti, inoltre anche un parrucchiere non avrebbe guastato vista la situazione.

Camminarono canticchiando il movimento che era rimasto in testa a entrambi per molto tempo in direzione del centro commerciale e Tsuna non si rese conto delle loro dita rimaste intrecciate finché non giunsero davanti all'ingresso e vide il riflesso nelle porte scorrevoli.

Come se si fosse scottato lasciò repentinamente la mano di Hayato e lo precedette all'interno.

Nessuno dei due fece riferimento alla cosa, si diedero invece consigli circa le cose provate da comprare e poi come da programma non comunicato si fecero lavare e acconciare i capelli.

Era strano essere gli unici maschi in un negozio le cui clienti erano prevalentemente donne di mezz'età, ma poco importava finché realizzavano le loro richieste. Dopotutto avevano entrambi una tipologia di capelli che non poteva essere trattata in cinque minuti da un barbiere qualunque.

La sedia su cui si accomodò il giovane boss era così comoda che pensò seriamente di sostituirci la poltrona ancestrale dei Vongola.

Mentre una signorina si occupava dei suoi capelli Tsuna si scoprì nuovamente ad avere occhi solo per Hayato e il ragazzo che si stava occupando dei suoi di capelli, al punto tale che le sue risposte erano praticamente disattenti monosillabi.

Il rosso che stava asciugando i capelli di Gokudera invece sembrava averlo coinvolto in una conversazione travolgente di cui Tsuna riusciva a sentire ogni parola solo perché gli era accanto e il ragazzo aveva un tono di voce particolarmente alto.

"Tesoro, comunque i tuoi capelli sono bellissimi. Cioè vuoi dirmi che non li hai mai tinti? Spettacolo, adoro."

Gokudera ridacchiò, spiegò con calma che era nato con una forma di albinismo incompleta per questa ragione i suoi capelli erano argento, ma gli occhi verdi e non rossi come quando manca la melanina. Confessò di aver pensato più volte che tingerli gli sarebbe piaciuto, ma quando disse che voleva farseli verdi Tsuna storse il naso.

"Amore, un bel colore scuro ti starebbe meglio. Tipo da moro saresti proprio top, più di adesso."

Sawada sentiva le mani prudere e non sapeva dire se fosse l'accento milanese forzato di un parrucchiere che si supponeva essere Palermitano o l'atteggiamento piuttosto equivoco nei confronti del suo migliore amico.

"Non lo so, alla fine non li ho mai tinti perché mi piace rivedere chi non c'è più nel mio riflesso" mormorò Hayato in risposta.

Il parrucchiere proseguì con l'asciugatura, gli mancava solo da passare la piastra, ma Gokudera continuò a insistere sul look trasandato e da cattivo ragazzo perché anche se non lo disse con quelle testuali parole con i capelli lisci e acconciati sistemati con una riga al centro sembrava proprio il fratello del cazzo.

"Okay bad boy, come piacciono a me, tesoro."

Tsunayoshi strinse i pugni sul nuovo jeans che aveva comprato, doveva dirglielo lui che il parrucchiere ci stava provando oppure Hayato si sarebbe dato una mossa a mettere le cose in chiaro.

Quali cose? Si domandò trovando difficile smettere di torturarsi le dita.

"Sei ancora sulla piazza o?"

Eccola, la domanda fatidica che Sawada aveva già visto all'orizzonte.

"No, sta con me" rispose al posto suo sentendo le guance scottare e il fiato corto.

Gokudera si voltò verso di lui sconvolto, il tono alto e la prontezza con cui era arrivata una risposta del tutto inaspettata lo avevano davvero lasciato incapace di articolare.

"Oh scusami, effettivamente lo avevo pensato, ma non ne ero sicuro e non volevo creare situazioni imbarazzanti. Non sapevo fosse il tuo ragazzo" rispose il parrucchiere girandosi verso Tsunayoshi accennando un leggero inchino come da tradizione giapponese, doveva aver riconosciuto la nazionalità o era un'altra di quelle stronzate che fanno quelli che si vogliono atteggiare ad acculturati.

Sawada avrebbe tanto voluto dire "nemmeno io", ma invece portò avanti il discorso diveramente.

"La politica lavorativa include provarci con i clienti? Forse devo aggiornarmi sulla legge, ma mi sembra strano visto che ho ampia conoscenza in materia."

Il giovane dai capelli rossi tremò, riprese a fare i capelli a Gokudera e per tutto il resto del tempo non fiatò se non per fare domande inerenti al lavoro svolto.

Hayato invece non riusciva a capacitarsi di cosa fosse appena successo, la sua bocca spalancata in una sorpresa che non riusciva ad attenuare. La chiuse solo perché non era conveniente ingoiare lacca e poi si affrettò a pagare.

Il ragazzo lo fermò sulla porta del negozio chiedendogli ancora scusa per la situazione imbarazzante.

"Il tuo ragazzo mica è avvocato? Oddio, non posso avere un richiamo disciplinare. Il titolare già mi odia... calmalo tu se puoi sembra che mi voglia denunciare."

Gokudera sospirò, quella situazione era al limite del paradossale.

"Non preoccuparti, non ti succederà niente. Non è avvocato."

Con quella piccola rassicurazione lasciò il negozio e raggiunse Tsuna che lo aspettava su una panchina all'esterno per non dire che se l'era data a gambe in tempo record.

"Quindi sto con te?" domandò Hayato sedendosi al suo fianco, scettico a dirla tutta, ma in qualche modo rincuorato.

Tsunayoshi balbettò qualcosa di incomprensibile per poi scoppiare con un poco articolato "Quel tipo non mi piace, dovevo intervenire."

Gokudera alzò un sopracciglio e trattenendo a stento una risata disse "quanto sei premuroso" con il tono più ironico di cui fosse capace.

Sawada sospirò, non poteva di certo biasimarlo, ma al contempo non sapeva neanche davvero spiegargli per quale altro motivo avesse potuto reagire in quel modo.

"Però se ti interessa torno dentro e gli spiego..." mormorò imbarazzato.

"Nah, se torni dentro gli viene un colpo. È convinto che tu voglia denunciarlo anche se non sono esattamente sicuro che provarci con un cliente sia un movente valido per sporgere denuncia."

Sawada scosse la testa, lasciò andare una semplice risata.

"Ho percepito un pericolo per questo l'ho minacciato."

"I pericolosissimi parrucchieri di Palermo" disse Hayato scettico come se stesse annunciando un nuovo film prossimamente in tutti i cinema.

"Cosa può fare un parrucchiere al decimo guardiano della tempesta dei Vongola?"

Tsuna alzò le spalle e riprese a camminare.

"Non sempre so perché il mio intuito mi dice di fare delle cose. Ti prego solo di fidarti di me."

Hayato sorrise e lo seguì come se fosse un cucciolo che fa le feste al proprio padroncino.

********

Dischi, videogiochi, qualunque negozio di abbigliamento maschile e persino l'alimentari. Il centro commerciale era stato girato da capo a piedi in lungo e largo e a Palermo si stava avvicinando l'orario di chiusura.

Durante i successivi giri gli argomenti erano stati differenti e molto tranquilli, lontani da zone pericolose.

Quando varcarono l'uscita trovarono un incantevole tramonto ad accoglierli.

Il rosso si mescolava all'arancione su uno sfondo viola che andava nell'indaco, il blu e il giallo a chiazze mentre il sole baciava il mare.

"Questi a Namimori non esistono, non così belli" commentò Gokudera, lo sguardo perso a registrare ogni dettaglio.

"No, ma mi manca lo stesso" ribatté Tsuna, entrambi si sederono su una panchina esposta sul lungomare per osservare meglio quell'incantevole spettacolo.

"Ci torniamo in primavera" commentò Gokudera.

"Ma è ancora autunno" si lamentò Tsuna.

Cadde il silenzio, i loro occhi si incontrarono nel riflesso del sole, a breve sarebbe sparito completamente nel mare lasciando il cielo nella notte.

Un'insegna luminosa verde sulla croce della farmacia segnava come data il sette di settembre, le ore 19:59, i gradi erano circa 25.

"Il mondo che avevo sempre odiato mi parve meraviglioso all'improvviso" mormorò Hayato.

Tsuna gli rivolse lo sguardo ascoltando in silenzio, chiedendo solo con un cenno del sopracciglio che cosa stesse dicendo.

"Quando ti ho conosciuto dentro di me è cambiato tutto. Le stesse cose sono diverse viste attraverso i tuoi occhi."

Sawada arrossì, distolse lo sguardo e accennò un sorriso.

"Vale lo stesso per me" mormorò.

"Prima di incontrarti mi ero rassegnato a una vita mediocre in cui tutti avrebbero continuato a ridere di me fino al giorno della mia morte. Odiavo questo mondo e speravo di doverci passare quanto meno tempo possibile. Da quando ci sei tu, beh, mi piace starci dentro."

Gokudera sorrise intensamente, a stento trattenne le lacrime, lacrime di gioia.

"La prima volta che ti ho visto ho avuto la sensazione che fossi diverso da tutte le persone che avevo conosciuto prima."

Tsunayoshi rise amaramente "voglio crederci, mi avevi idealizzato solo perché ero stato gentile con te e come una persona normale mi ero preoccupato per te" disse.

Hayato scosse vigorosamente la testa.

"Non ti ho mai idealizzato. Mi sei sempre piaciuto come sei, nelle tue imperfezioni. Pensavo lo avessi capito durante l'incontro di Shitopi. Non mi serve a niente essere il primo della classe, avere ottimi voti, spaccare nello sport e avere tutte le ragazze dietro. Okay, sarò intelligente, ma tu non sei stupido, la felicità è ben altro che tanti riconoscimenti dall'esterno. La tua purezza, questo è ciò che ho visto il giorno in cui mi hai salvato la vita. Un animo buono, così tanto da perdonare e preoccuparsi del proprio stesso nemico. Mia madre ha sempre detto che ho un cuore grande e buono e che aveva paura io lo dimenticassi. Tu me lo hai ricordato. Che cazzo me ne frega se non sai scendere delle scale senza rischiare di inciampare o se ci sono molte cose che ti spaventano? Io ti amo, sei la creatura più incantevole che questo mondo abbia mai concepito e mi sento fortunato a essere qualcuno per te. Idealizzato? Proprio no, Tsuna. Ho solo visto chi sei mentre tu eri troppo impegnato a fissare l'immagine che avevano costruito per farti credere che non lo fossi."

Tsunayoshi rimase a bocca aperta, per un po' di tempo non riuscì a dire niente se non un sussurrato "grazie" fra le labbra appena accennato.

In un certo senso si sentiva allo stesso modo e poi si sentiva sollevato perché a furia di sentirsi chiamare "Decimo" a volte davvero si domandava dove finisse il boss dei Vongola e dove iniziasse Tsuna nella visione di Hayato.

"Questo "ti amo", te lo sto dicendo come l'amico che sono grato di averti potuto incontrare sul mio cammino. Perché sì, è vero che mi sono innamorato di te, ma non era assolutamente nei miei piani. Ho sempre amato la nostra amicizia e per molto tempo mi sembrava impossibile che mi vedessi come tuo pari in un mondo fatto di capi e subordinati. Ci ho messo del tempo a chiamarmi tuo amico, ma poi ci sono riuscito ed è stata una grande conquista, qualcosa che profumava di felicità. Le mie intenzioni non sono mai state quelle di provarci con te, ero felicissimo del nostro rapporto senza che il romanticismo si intromettesse. Sarei felice ugualmente anche se fossimo esclusivamente migliori amici per tutta la vita. Il mio amore per te è incondizionato e il romantismo è solo l'ultima delle parti che lo compongono."

Gli occhi di Tsunayoshi brillarono, le mani si mossero rapidamente perché cazzo aveva davvero bisogno di abbracciarlo. Nonostante così tanti momenti avessero assunto tinte diverse dalle originalmente percepite la sincerità di Hayato aveva ristabilito in parte il colore principale.

Non era mai stata un'amicizia con secondi fini, era solo successo che per ragioni non meglio comprensibili a Tsuna quel ragazzo incredibile avesse iniziato a desiderarlo.

"Mi sentivo fuori luogo prima di incontrarti, come se fossi sul pianeta sbagliato" confessò Sawada.

"Vedevo le persone così diverse da me e mi domandavo se non dovessi sviluppare della cattiveria per sopravvivere, era tutto così spaventoso. Sei venuto a rassicurarmi che andavo già bene così come ero."

Gokudera si trovò stretto con una mano attorno a un polso, il tentativo di un abbraccio bloccato.

"Ho sempre creduto che io fossi un alieno, mi vedevo troppo distante dai miei simili. Poi ti ho trovato e le opzioni sono diventate due: o siamo entrambi alieni accidentalmente finiti sulla terra o dopotutto la nostra specie conta esemplari davvero differenti tra loro" disse colmando l'abbraccio interrotto, strinse Tsuna tra le sue braccia come se ne valesse della vita.

"Non sei stato il primo a essere gentile con me, ma sei stato il primo a farmi sentire finalmente al mio posto."

Sawada ricambiò l'abbraccio stringendolo più forte e gli sembrò che fosse il momento più intimo di tutta la sua vita, anche più delle volte in cui era andato a letto con qualcuno. Spogliarsi dei vestiti era più facile che denudare i sentimenti.

"Non sei stato il primo a credere in me, ma sei stato il primo a cui ho creduto."

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Capitolo 14
*** Non ho un titolo ***


Sulla bocca di Hayato ogni certezza stava iniziando a vacillare, tra ansiti sconnessi che riempivano ogni cosa: la mente, la distanza, la stanza stessa.

L'idea di baciare qualcuno non lo aveva mai particolarmente entusiasmato e nel suo primo bacio, Tsuna poteva chiaramente rievocare quella sensazione più intensa che era andata a scemare in quelli successivi. Non che gli dispiacesse, ma, ecco, baciare qualcuno non era più piacevole di un sonno ristoratore o di un buon panino e di certo non era la sua attività preferita.

Un primo bacio era sempre completamente diverso da tutti gli altri, intriso di curiosità, sorpresa, ignoto, di quella voglia di scoprire che rendeva tutto più eccitante e poi avvolgente; e tutti i primi baci si somigliavano rivelando il proprio sapore, il sapore della conoscenza di una parte dell'altro e di se stessi. Queste le informazioni reperite dalle sue esperienze pregresse, ma ora Tsuna non ne era più così sicuro.

Del resto di baci ne cantavano le canzoni e parlavano i film dando molta importanza, ogni scena aveva bisogno di almeno un primo piano,  un controcampo e possibilmente tre frame a rallentatore da diverse angolature, proprio per indicare quanto fosse importante quel momento; e se c'erano così tante persone a parlare di un bacio come un'emozione dalla forza travolgente, come quella sensazione di fluttuare a tre metri da terra e come se ogni più piccolo pezzo della propria esistenza avesse finalmente trovato il suo posto, allora doveva esserci un fondo di verità.

Solo che Tsuna non aveva sperimentato niente di simile, mai, almeno prima di quel momento.  Aveva finalmente scoperto di cosa parlavano tutti, si era sentito trascinato da un uragano e ne era uscito col fiato corto e sul punto di venire.

Il sorriso di Gokudera, a occhi chiusi, le lacrime sulle guance, era la conferma di tutto. Tsuna si chiese distrattamente se non fosse dovuto al fatto che Gokudera era italiano, perché era risaputo che gli Italiani baciassero meglio, ma era stato con delle ragazze italiane e non aveva assaporato una briciola della passione che gli stava bruciando in petto.

Non sapeva dare un nome a quelle emozioni e non osava neanche immaginare di soffermarsi sui sentimenti -che forse gli avrebbero indicato la via- l'unica cosa di cui ormai era certo è che fino a quel momento aveva baciato le persone sbagliate.

E questo rendeva forse Gokudera la persona giusta?

Gli era venuto così naturale baciarlo che si era seriamente domandato perché ci avesse messo tanto, perché si fosse opposto a quella sensazione che voleva solo permettergli di sentirsi più vivo.

Era violenta, gli sembrava di essere stato trafitto da mille proiettili dell'ultimo desiderio. Sentiva continuamente mancargli le gambe, la forza, il respiro, ogni cosa e al contempo era come se non mancasse assolutamente niente.

Ogni bacio con Gokudera era come il primo, non accennava neanche a scemare nell'intensità, se possibile, diventava sempre più travolgente. Tsunayoshi si domandava quanti baci si fossero dati in un frangente di tempo così breve, forse Hayato li stava contando, lui no di certo.

Le mani adornate da molteplici anelli a contatto con la pelle dei suoi fianchi erano esattamente come le aveva -sì, lo ammetteva- immaginate: fredde come al solito, eppure così fluide e sensuali da risultare di fuoco. Il contatto tra i loro corpi non era mai abbastanza, Tsuna ne ricercava di più, insinuando le dita tra i capelli che gli solleticavano il viso e cercando di prendersi tutto da quell'attimo.

Si lasciò trascinare per i fianchi, stringere forte e toccare ovunque le mani di Hayato volessero andare. Non aveva la stessa intraprendenza, nonostante tra i due fosse quello con più esperienza, quindi si limitò ad aggrapparsi forte a qualunque appiglio trovasse su di lui come se avesse paura di cadere.

Nella penombra della stanza andò a sbattere contro un mobile non meglio identificato e non riuscì a percepire il dolore della botta. Gokudera era un tornado degno del suo soprannome e a Tsuna non importava di essere sballottato a destra e a manca, era curioso di scoprire dove lo avrebbe portato.

Ogni tanto era il caso di respirare, si disse, di ricaricare i polmoni prima di ricominciare, in quei frangenti Hayato lo guardava come se volesse divorarlo e la cosa lo faceva tremare di piacere. I brividi lungo la schiena li sentì risuonare contro la superficie alle sue spalle e si rese conto che erano arrivati a destinazione.

Aveva alzato bandiera bianca, non che avesse intenzione di combattere, ma ora era pronto a dargli tutto se stesso. Aveva già autorizzato le mani, ora quella libertà la estendeva anche alla bocca e qualunque altra parte di sé Hayato volesse usare.

Si specchiò negli occhi dell'altro chiedendosi se ci fosse un modo per fermare quel momento, scattare un'istantanea da tenere per sempre nel cuore, poi Hayato si fece più vicino baciandolo su collo e Tsuna si trovò a gemere.

La sua mano, insinuata tra i capelli all'altezza della nuca, si strinse in pugno possessivo, Gokudera rispose mordicchiando la sua pelle.

"Goku-" cercò di protestare Tsuna, ma l'altro lo mise a tacere con un bacio, sembrava troppo pericoloso addentrarsi in qualsiasi tipo di discorso.  

Non appena gliene diede la possibilità, Tsuna provò a esprimersi nuovamente, ma questa volta Hayato glielo impedì con lo stesso meccanismo che aveva adoperato nel sogno di qualche giorno prima.

Sawada osservò l'indice posato sulle sue labbra, lo accettò lasciando un bacio sull'ultima falange, poi lo accolse in bocca seguendo l'intuito. Lo avvolse con la lingua, sentì il sapore ferroso dell'anello: procedette a sfilarlo con le labbra trascinandolo fino alla punta del dito. Fece quel gesto senza mai sottrarsi al contatto visivo e quando sentì il suono metallico dell'anello sul pavimento, tornò a dedicarsi a quel dito, succhiandolo stavolta. Gli parve di non aver fatto altro per tutta la sua vita.

Gokudera non avrebbe trovato parole neanche ad avere un discorso scritto da leggere, la sua espressione tanto carica di meraviglia quanto di eccitazione. Non se lo aspettava, neanche immaginava che Tsuna fosse capace di una cosa simile e, a essere sincero, Tsuna stesso non ci aveva mai pensato prima.

Chiudendo gli occhi le sensazioni per Gokudera divennero più intense come se fosse tutto il suo corpo a essere vezzeggiato dalla bocca di Tsuna.

Sawada pensò che Gokudera avesse trovato un ottimo modo sia per metterlo a tacere che per fargli dimenticare ciò che voleva dire.

Faceva caldo, eccessivamente caldo per una serata autunnale. No, a pensarci bene in Italia il sette di settembre corrispondeva all'estate. Comunque il punto non era certo in che stagione si trovassero, ma che i vestiti erano decisamente di troppo, appiccati alla pelle madida di sudore.

Le dita di Gokudera avevano vagato più volte sotto la felpa, stuzzicando la sua pelle, ma ora sembravano del tutto intenzionate a spogliarlo facendo passare l'indumento per la testa. Tsuna lo aiutò a sollevarla, con una mano sola era troppo difficile e non lui aveva alcuna intenzione di restituirgliela se non per quel brevissimo e necessario istante.

Hayato sapeva esattamente di cosa avesse bisogno era come se potesse leggergli nel pensiero, le dita della mano sinistra sul petto sfiorando uno alla volta i capezzoli inturgiditi. Tsuna sorrise dentro pensando che la loro intesa fosse su un altro livello.

In quel momento gli arrivò un altro dito in bocca -Hayato che ansimava così tanto da non permettergli di sentire niente altro- e Tsuna  riservò al medio lo stesso trattamento dell'indice dedicandosi solo a lui, rimuovendo stavolta l'anello della tempesta. Lo tenne stretto tra i denti in bella vista davanti agli occhi attoniti di Hayato. Sembrò volerlo schernire cacciando fuori la lingua e lasciandovelo appoggiato per una frazione di secondo, che ad Hayato parve un'eternità, prima di rilasciarlo così che facesse compagnia a tutto quello che già avevano buttato a terra.

Hayato gli sbottonò i pantaloni, no, questo non era corretto, Tsuna si era liberato dalla costrizione della stoffa con le proprie mani, abbassandoseli quel tanto che bastava per scoprire l'erezione ancora intrappolata nell'intimo.

Hayato però, li fece cadere alle caviglie, trascinando le mutande ed esponendolo completamente, questo sì, questo Tsuna non avrebbe trovato il coraggio di farlo da solo.

Sottrasse le dita e si prese le sue labbra, poi il collo, poi il petto -stuzzicando i capezzoli solo per un breve istante-, poi posò dei baci all'altezza della pancia e a quella del bacino e poi sempre più in basso.

Tsuna si stupì di se stesso, della rapidità con cui passò dal giocherellare con i capelli di Gokudera -arrotolando alcune ciocche intorno alle dita come se volesse fargli i ricci- alla presa con cui lo spinse a mettersi in ginocchio costringendolo a prenderlo in bocca.

Non osò aprire gli occhi, sapeva fin troppo bene che alla vista gli sarebbe mancato il coraggio di proseguire e sarebbe stato persino capace di interrompere tutto. Si lasciò invece stimolare dalle labbra di Hayato, che,  bugiarde, gli avevano giurato di non avere esperienza, cosa che a tal punto non riteneva più possibile.

Quel pensiero gli diede fastidio, così tanto da fargli desiderare di infliggergli una punizione. Chi c'era stato prima di lui? E quanti? Perché Gokudera gli aveva mentito dicendo di essere talmente puro e immacolato da non aver neanche mai dato un bacio a stampo? Perché, ammettendo che fosse vero, allora sembrava così a proprio agio con quello che stava facendo?

Tsuna si rese conto di aver iniziato a dettare il ritmo trascinando Hayato per i capelli solo quando gli parve di sentirlo protestare, allentò la presa e tenne fermo il bacino, lasciò che fosse Hayato a decidere come muoversi e che si aiutasse con la mano destra di cui lui aveva lubrificato due dita. La sinistra era dietro un polpaccio e non accennava a lasciarlo, forse Hayato pensava che così lo avrebbe sostenuto, oppure era il suo di appoggio, ma Tsuna era certo che non si sarebbe accontentato di una sola mano e che la libreria alle sue spalle sarebbe bastata a sorreggerlo.

Naturalmente si abbandonò contro il suo sostegno, si mise più comodo, rilasciando la tensione, si assicurò solo di essere in equilibrio. Avvolto nella bocca calda di Hayato, che lo coccolava e se ne prendeva cura, si sentì protetto.

Mentre la propria bocca rilasciava i versi più osceni che avesse mai pensato essere capace di fare, la mente non poteva fare a meno di vagare e interrogarsi sulla situazione. D'accordo, condividere un momento molto intimo alla luce del tramonto ed esternare i propri sentimenti creava una certa atmosfera, ma comunque da questo a finire a fare sesso nel suo ufficio il passo era bello ampio. Il sole aveva baciato il mare davanti alle loro anime intrecciate e improvvisamente si era fatto buio, a illuminare c'erano solo le stelle e una mezzaluna crescente.

I suoi pensieri vennero sfumati dal suono ritmico della bocca di Gokudera che scivolava lungo tutta la sua erezione per poi rilasciarla e riprenderla, Tsunayoshi sentì i muscoli contrarsi e già pregustava l'orgasmo migliore della sua vita quando il tutto fu interrotto bruscamente.

Non sapeva perché avesse aperto gli occhi proprio in quel momento, forse era stata la curiosità, scoprire se vedere Hayato che glielo succhiava lo avrebbe fatto godere ancora di più, se lo avrebbe portato a sporcargli quel bel viso che aveva con il suo sperma; invece non accadde niente di simile, anzi per poco non gli venne un colpo.

"Gokudera-kun!" squittì terrorizzato, lo costrinse a fermarsi e rilasciarlo immediatamente.

L'altro alzò un sopracciglio alla ricerca di una risposta che giustificasse tanta agitazione.

"Che cosa ci fai tu qui?!" urlò Tsunayoshi. "Dannazione, Lambo!" esclamò turbato. Gli sembrava troppo strano che stesse filando tutto così liscio e che nessuno fosse venuto a disturbare.

Beh il suo ospite non era esattamente di disturbo, ma non era di sicuro neanche la persona con cui avrebbe voluto fare quelle cose. Non c'era nessun problema in Gokudera tranne per il fatto che al posto della sua giacca di pelle ora c'era la divisa della Namimori.

"Gokudera-kun, perché devi sempre metterti a litigare con Lambo?!" piagnucolò.

Gokudera strabuzzò gli occhi, sospirò, puntò lo sguardo in quello di Tsuna cercando una motivazione a quella mano che sembrava tenerlo a distanza di sicurezza dal suo pene. "Avete bisogno di questa risposta proprio in questo momento? Volete forse che smetta, Juudaime?" chiese.

"Per l'amor del cielo, no, non smettere!" lo supplicò Sawada, poi scosse la testa vigorosamente e cercò imporsi un contegno.
 
"Smettere? Tu non avresti mai dovuto iniziare. Sei troppo piccolo per queste cose! Hai quattordici anni!" esclamò.

"Ne compio quindici tra due giorni, per l'esattezza" lo corresse Hayato come se lo stesse sfidando.

Tsuna sospirò, si chiese quale assurdo pensiero avesse spinto quella versione più giovane del suo braccio destro a praticargli del sesso orale solo perché si era trovato in quella situazione. Trovava ancora più assurdo il fatto che non si fosse accorto della differenza, né dello scambio. Allora forse Gokudera era davvero senza esperienza come dichiarava oppure -e questa opzione gli faceva venire i brividi- aveva esperienza già al tempo. Per quanto ne sapesse Tsuna, nel suo innominabile passato, poteva anche darsi che qualcuno lo avesse costretto a fare cose da adulti.

"Non sei obbligato, Gokudera-kun" cercò di dirgli, chiedendo al suo corpo assistenza e la lucidità per non forzare un quattordicenne a farlo venire.

"Ma io voglio" ribatté Gokudera incontestabile, un'espressione estasiata sul viso parzialmente coperta dall'ombra del pene del suo boss.

Era una situazione al limite del paradossale oltre che illegale in molti paesi.

Tsunayoshi non poté impedirsi di arrossire e si chiese se avesse le armi per combattere contro un adolescente arrapato che, chissà, forse in lui aveva il suo sogno erotico proibito.

"A-Aspetta Gokudera-kun... non possiamo..." cercò di dire.

"Perché no?" chiese Gokudera in attesa, un'espressione offesa.

"Perché non è così che dovrebbe essere... io sono troppo... tu sei troppo... " dietro la figura del suo guardiano Tsuna scorse il profilo di una classe, identificò i banchi disposti come un tempo nella sua scuola media e si chiese quando esattamente si fosse teletrasportato a Namimori. Era forse lui a essere finito nel bazooka dei dieci anni? E questo significava allora che Lambo li aveva visti? Beh, dato che era quasi a lutto, magari ne sarebbe stato anche contento, ma Tsuna pensava comunque che fosse un'esperienza traumatica.

Si portò automaticamente una mano sul petto per placare il battito impazzito e trovò la stoffa liscia di una cravatta che non ricordava di indossare perché, stando alle ultime informazioni, Gokudera gli aveva quasi strappato di dosso la felpa lasciandolo a petto nudo.

"Troppo cosa?" indagò Hayato.
"Troppo impaziente? Lo stavo forse facendo male? Se volete smettiamo, lo giuro, ma mi sembra strano visto che questa è stata una vostra proposta" disse gentilmente.

Tsuna non sapeva come rispondere, la sua unica certezza era che se Hibari-san li avesse beccati li avrebbe morsi a morte come mai prima. Non ricordava inoltre di aver proposto niente del genere, non ricordava di aver parlato con un Gokudera quattordicenne e stentava a credere che la sua versione coetanea avesse avanzato un simile invito.

Si chiese se Byakuran non lo avesse trasportato in un mondo parallelo o se non si trattasse soltanto di un'illusione di Mukuro, una di quelle create appositamente per tormentarlo.

"Gokude-" mormorò. La propria voce lo fece sobbalzare, aveva cambiato timbro, era come se fosse tornata a dieci anni prima. Rabbrividì, il suo intuito non lo seguiva e c'era qualcosa in quella situazione che proprio non quadrava. Aveva urgentemente bisogno di una spiegazione, una diversa dell'essere il nuovo cielo degli arcobaleno.

"Sì, Juudaime?" gli venne risposto. Attese, ma vedendo che Tsuna neanche accennava a parlare, Hayato espresse i suoi pensieri.

"Inizialmente mi sentivo in colpa perché è a causa mia se siete stato messo in punizione. Se vi hanno accusato di fumare è solo perché passate tanto tempo con me."

Tsunayoshi, suo malgrado, ascoltò molto attentamente e gli sembrò di rivivere scene del suo passato. Era capitato più volte che fosse costretto a pulire le aule della scuola con Gokudera proprio perché entrambi accusati di violare il regolamento scolastico, in quelle occasioni però, l'amico si era sempre solo limitato a scusarsi con grande prontezza e rammarico.

"A me non dispiace il tuo odore addosso, Gokudera-kun" gli aveva detto una volta e solo adesso si rendeva conto di quanto ambigua risuonasse quella frase che gli era sembrata tanto innocente.

Inoltre, dopo aver finito al massimo si mettevano ad anticipare qualche assegno continuando a chiacchierare del più e del meno, di certo non a fare sesso tra i banchi di scuola.

"Ma adesso non ho rimpianti. Se avessi saputo che oggi sarebbe successo tutto questo, vi avrei fumato direttamente in faccia" sussurrò Hayato.

Tsuna cercò di stare dietro a quel discorso, nonostante la testa gli stesse scoppiando, si ricordò a quell'età e ammise che forse, già al tempo, desiderava Gokudera, che lo aveva guardato tutte le volte senza mai osare allungare un solo dito verso di lui.

"Amore, dimmi qualcosa... non fissarmi come se avessi visto un fantasma..."

Quell'appellativo "amore" era del tutto inaspettato perché non c'era universo in cui il suo braccio destro, che ripeteva la parola "Decimo" come se fosse un mantra, lo avrebbe chiamato così; e già precedentemente aveva notato delle incongruenze tra il comportamento che si aspettava da Gokudera e quello che Hayato aveva effettivamente avuto. Era vero che ultimamente aveva un atteggiamento inusuale -inoltre a letto le persone potevano rivelare lati nascosti di sé-, ma Tsuna aveva troppi segnali preoccupanti, senza contare che gli restava da chiarire la questione del se stesso adulto nel corpo di un quattordicenne. In più alle spalle di Gokudera c'erano delle zone sfocate, quasi ci fosse un filtro di Instagram e oltre quella sedia, abbandonata in un angolo, la stanza pareva interrompersi lasciando spazio al vuoto.

"Amore mio, non vuoi fare l'amore con me?" un'altra frase che non aveva alcun senso nella bocca di Gokudera, non con quell'espressione maliziosa che Tsuna era certo non gli avrebbe mai rivolto.

Gokudera era troppo sicuro di sé, troppo provocante, semplicemente troppo finto.

"Aspetta un attimo... Gokudera-kun... Tutto questo è reale?" domandò.

Gokudera sorrise, si alzò all'impiedi e gli prese il viso tra le mani. "Neanche tu riesci a crederci, vero Tsuna?" gli rispose.

Sawada sentì come se stesse per perdere l'equilibrio, ma rimase ugualmente in piedi, a quattordici anni non c'era modo di strappare a Gokudera di bocca il suo nome, neanche con le minacce, eppure ora gli era uscito così facilmente.

"No perché... tu non mi sembri tu e io...beh neanche io sembro io..." gli fece notare.

Gokudera si mordicchiò il labbro, lo guardò intensamente negli occhi. "Beh dipende dai punti di vista se tutto questo sia reale o solo un'illusione" disse.

Con quella risposta Tsuna chiarì ogni dubbio. "Mukuro!" inveì.

Gokudera scosse vigorosamente la testa e gli bloccò le mani che già stavano partendo in quarta per schiaffeggiarlo. "Non sono Mukuro, Decimo" disse con serietà.

Tsuna gli credette, il suo intuito glielo suggerì. "Allora se non sei Mukuro... si può sapere chi cazzo sei?" gli domandò agitato.

"Sono Hayato, amore mio. Chi altro vuoi che si metta a soddisfare ogni tuo fottuto desiderio a comando?" gli venne risposto con un tono acido.

"Non prendermi in giro!" ribatté Tsuna sentendosi improvvisamente molto esposto e in pericolo. Usò le mani per nascondere i genitali. "Il mio Hayat-"

Venne interrotto. "Ah così adesso sarei tuo? Mi era parso di capire che non mi volevi, sembrava così fino a ieri" disse Gokudera minaccioso.

Tsuna arrossì intensamente. "Intendo dire, il vero Hayato non mi si rivolgerebbe mai in questo modo..." cercò di spiegare. "Sei solo una brutta copia, quindi devi essere per forza una nebbia."

Gokudera rise, il suo viso si deformò in una smorfia. "Vuoi davvero saperlo, amore mio? Vuoi sapere chi sono?" adesso la sua voce ricordava più quella che Tsuna era abituato a sentire da qualche anno anche se il corpo era ancora quello di un ragazzino.

Tsunayoshi annuì terrorizzato, un forte senso di oppressione al petto.

"Eppure dovresti saperlo meglio di chiunque altro chi sono" mormorò Gokudera. Davanti all'espressione perplessa di Tsuna si vide costretto a fornire spiegazioni. "Sono te o meglio, sono quella parte di te che hai rinnegato e incatenato, quella che conosce i tuoi desideri proibiti e inesplorati, quella che sa dove va davvero il tuo cuore quando ti masturbi. Devo continuare?"

Tsuna ebbe la tentazione di aggredire il suo interlocutore, ma rimase fermo e in silenzio, sollevato dal fatto che almeno non si trattava di un nemico della famiglia. "No, hai reso il concetto" rispose stizzito. "Senti queste cose non significano niente, tutti abbiano i nostri pensieri insensati..." cercò di difendersi.

Gokudera divenne rosso di rabbia e gli tirò un pugno in pieno viso. "Lascia che ti dica una cosa, io sono chiunque vuoi che io sia e posso essere il tuo migliore amico o il peggiore dei tuoi incubi e tu, tu sei un codardo Tsuna, hai il coraggio di negare tutto anche davanti all'evidenza."

"Quale evidenza?" ribatté Tsuna massaggiandosi la parte offesa.

Gokudera lo squadrò da capo a piedi con aria di sufficienza e poi fece schioccare la lingua. "Senti la sua voce e ti viene ancora più duro nonostante il suo corpo non ti stia più toccando. Non oso immaginare che effetto ti possa fare vederlo nudo e impaziente di farti suo" disse.

Tsuna lasciò andare un mugolio in preda all'imbazzo e la mano di Gokudera lo accarezzò lì dove aveva lasciato l'impronta del suo gancio.

"Decimo, lasciati amare" lo sentì dire. "Permettici di essere felici e smettila di condannarci tutti a questa sofferenza gratuita."

Tsuna arrossì intensamente, fu tentato di chiudere gli occhi e strofinare il viso contro quella mano, invece si allontanò bruscamente strillando "no!".

La figura davanti ai suoi occhi si deformò in un'ombra scura e spaventosa. "Pensi davvero che Gokudera-kun ti aspetterà per tutta la vita? Cazzate, Tsuna. Lui dice così, ma non ha questa forza. Quando sarà tra le braccia di qualcun altro te ne renderai conto."

Sawada boccheggiò, sentì il terreno mancargli sotto i piedi. "Gokudera-kun non mi abbandonerebbe mai" urlò disperato.

Quell'essere prese le sembianze del Gokudera a cui era abituato e negò con un cenno del capo. "Ti sbagli, amore mio. Io non vorrei, ma mi stai costringendo a farlo, perché stai giocando con i miei sentimenti, mi stai dando false speranze e segnali contrastanti" disse.

Concluse quelle parole, si trasformò nuovamente in un'ombra informe dove spiccavano solo dei grossi occhi rossi.

"Si stancherà e ti chiederà di lasciarlo andare, capirà finalmente che non gli servi per essere felice" tuonò.

"Sta zitto!" urlò Tsuna coprendosi le orecchie con le mani e premendo forte.

"Sta zitto tu, idiota! Hai la fortuna di essere ricambiato e ti permetti il lusso di fingere di non essere innamorato?!" gli venne risposto.

Tsuna non aveva mai sentito un impeto più violento verso Gokudera o meglio verso se stesso. "Perché devo sempre mettermi a ragionare? Non potevo semplicemente vivere questo momento?" mormorò.

"Le tue scelte portano il conto e posso garantirti che questo sarà salatissimo se non ti dai una mossa" gli disse l'ombra di se stesso.

"Ma" cercò di difendersi Tsuna. "Io non sono sicuro di essere innamorato di lui, non so nemmeno che cosa significhi essere innamorati. Lo ammetto, mi attrae, sarebbe folle negarlo, ma prima di dirgli che lo ricambio devo esserne sicuro perché se la mia fosse solo una leggera infatuazione, non potrei mai perdonarmi di averlo ferito di nuovo."

"Ma leggera infatuazione, un cazzo proprio, Tsuna! Come puoi essere così cieco? Anzi tu non sei cieco, è proprio che non vuoi vedere. Di cosa hai paura? Di ammettere che sei innamorato del tuo migliore amico? Di ammettere che lo sei sempre stato? O solo di essere felice?"

Tsuna lo interruppe. "Di perderlo, ecco di cosa ho paura" urlò con quanto fiato avesse in gola.

"Beh Tsuna, ho una cattiva notizia per te, quello che ti spaventa tanto lo stai facendo accadere. O lo rifiuti o ti comporti da fidanzato geloso. In questo modo stai solo stringendo ogni giorno più forte il guinzaglio che gli hai messo illudendolo che lo porterai a fare una passeggiata lì dove vuole andare lui."

Tsuna sentì le lacrime bruciare gli occhi, la rabbia invadere tutto il corpo, specialmente nei pugni, senza contare la frustrazione sessuale che era ancora lì.

L'ombra prese di nuovo le sembianze di Gokudera, gli voltò le spalle senza parlare e si allontanò. Preso da un senso di panico, Tsuna lo afferrò per un braccio. "Dove cazzo vai?" gli disse.

L'ombra si voltò, lo guardò negli occhi e gli sorrise. "Da nessuna parte, Decimo" gli rispose con un tono molto dolce. In quello che non era, ma al contempo era il viso di Gokudera intravide una crepa, poi il sorriso si sgretolò e il buio popolò i suoi occhi e divorò l'intera faccia lasciando solo il vuoto.

Tsuna urlò spaventato, si protesse nascondendosi dietro le mani.

"Ogni giorno... ogni giorno il vuoto che ha dentro lo divora" gli disse l'ombra.

Tsuna cominciò a darsi dei pizzichi freneticamente nel disperato tentativo di svegliarsi perché quello poteva e doveva essere solo un sogno o meglio un incubo.

Al quinto tentativo si arrese e sempre più agitato pensò che non stesse dormendo.

"Che cosa vuoi da me?" inveì contro l'ombra.

"Che cosa vuoi tu da te?" gli rispose questa. Fece apparire due bolle: in una doveva esserci qualcosa, ma nell'altra c'era Hayato che sembrava così felice e Tsuna vide solo quella.

Si sporse per afferarla, ma gli scoppiò in faccia lasciandogli una sensazione umida e spiacevole.

"Ops" disse l'ombra con un tono provocante. "Non sei riuscito a renderlo felice, vero? Evidentemente non spetta a te" lo tormentò.

Tsuna stava perdendo la pazienza, la lucidità, la capacità di esprimersi in maniera coerente.

"Ma io voglio!" disse e gli parve di risuonare come Gokudera quattordicenne dopo che gli aveva detto che non era costretto a fargli un pompino.

"Cosa è che vuoi, Tsuna?" gli chiese l'ombra.

"Renderlo felice" rispose Tsuna senza esitazioni. "Voglio essere io quello che lo rende più felice."

L'ombra sospirò, si fece più piccola e prese la forma di Sawada, così che Tsuna ora parlava con una copia esatta di se stesso.

"Vuoi essere quello che ha più potere su di lui, ma non vuoi dargli quello che lo renderebbe davvero felice. È molto egoista da parte tua. O ti prendi quel posto o ti fai da parte e lo lasci a un'altra persona" gli disse.

Tsuna nascose il viso tra le mani, ebbe la tentazione di accucciarsi e farsi piccolo piccolo fino a sparire in sé stesso, ma non lo fece.

L'ombra riprese le sembianze di Hayato in attesa di una decisione di sorta.

"Allora?" chiese dopo aver atteso una buona decina di minuti.

"Io..." disse timidamente Tsuna cercando di sostenere lo sguardo. "Io voglio tornare a quel momento nel mio ufficio" confessò facendosi un po' di coraggio.

"Perché?" gli chiese Gokudera.

Tsuna sospirò, si fece forza stringendo i pugni. "Perché era bellissimo e io stavo per venir-"

Venne interrotto nuovamente. "Quindi mi useresti solo come un sex toy? È questo tutto ciò che sai fartene dei miei sentimenti? Io ti amo e a te importa solo eiaculare?!" disse Gokudera con un tono aggressivo.

Tsuna rimase immobile sentendosi urlare addosso, poi caricò a sua volta la risposta, sembrava che si stessero sparando a vicenda e ci sarebbero stati feriti se non morti.

"Non ho il diritto di avere le idee confuse? Questo momento insieme non avrebbe potuto aiutarmi a chiarirle?" disse con lo stesso tono.

L'immagine di Gokudera si sfocò e Tsuna rivide se stesso. "Allora perché non ti prendi quello che vuoi? Non capisci che dipende tutto da te?!" gli domandò l'ombra di se stesso.

Ancora una volta assunse le sembianze di Hayato e ancora una volta attese che Tsuna facesse qualcosa.

Tsuna rilasciò la tensione nelle spalle, ricercò la calma. "Perché non sei tu quello che voglio, io voglio Gokudera-kun, quello vero."

L'ombra dalle sembianze di Gokudera gli sorrise e Tsuna avvampò.

"I-Intendo dire che la risposta la devo trovare con Gokudera-kun, ma nella realtà non potrei mai chiedergli di venire a letto con me solo per chiarirmi le idee. Io ho molto rispetto dei suoi sentimenti" disse.

"E poi lui è il mio migliore amico, è una delle persone più importanti della mia vita e io voglio stare per sempre al suo fianco, nessuno dei due vuole vivere senza l'altro, comunque vada, qualunque sia la forma che prende questo amore che ci unisce" precisò.

Gokudera annuì, gli passò le mani attorno alla vita e lo strinse a sé generalmente. "A lui non puoi chiederlo, ma a me sì. Con me puoi sperimentare qualsiasi cosa e decidere se ti piaccia oppure no, puoi lasciarti andare" gli disse.

Tsuna arrossì ancora e abbassò lo sguardo "Non eri tu quello che mi accusava di usarlo?"

Gokudera ridacchiò e gli scoprì il viso tirandogli i capelli all'indietro. "Hayato ti piace così tanto che ti basta vederlo per dimenticare che in realtà sei solo nella tua mente in questo momento" lo prese in giro.

Tsuna sospirò, avrebbe voluto ignorare quel dettaglio così significativo.

"E comunque stavo solo cercando di farti ammettere che provi qualcosa di diverso da quello che ti piace raccontarti. Ricorda Tsuna, che io sono te e che tutto questo tormento te lo stai infliggendo da solo. Se vuoi che finisce devi essere tu a porvi una fine" gli disse Gokudera.

Tsuna annuì, gli sporse leggermente verso di lui e lo baciò. "Lascia decidere a me che cosa provo" sussurrò sulle sue labbra.

"Tutto quello che desiderate, mio Decimo" rispose Gokudera prima di baciarlo di nuovo.

Tsuna si scoprì più intraprendente di quanto lo fosse stato prima, si concesse di esplorare anche lui il corpo di Hayato, mettendo le mani sotto la maglietta o semplicemente permettendosi di sentire il rigonfiamento nei pantaloni a contatto col suo corpo nudo.

Era di nuovo andato a sbattere contro qualcosa, presumibilmente la scrivania, ma stavolta Hayato lo sollevò e lo guidò a stendersi sulla superficie, salendoci a propria volta.

Le dita che aveva succhiato e leccato, Tsuna le trovò tra le proprie natiche, curiose e sfacciate.

"Posso, Decimo?" gli chiese Hayato soffiando direttamente quella domanda nel suo orecchio.
Tsuna gli rispose con un cenno del capo, imbarazzato. "Lo stai già facendo, non ha più senso chiedere" disse.

Hayato lo penetrò rapidamente con ambo le dita, senza scrupoli. Era sorprendentemente piavole e non faceva alcun male. Strano, perché dalle ricerche Tsuna aveva raccolto testimonianze totalmente opposte.

Forse inconsciamente il suo corpo si era preparato a ricevere quelle attenzioni? Le fiamme del cielo potevano far rilassare così? Oppure semplicemente era fin troppo consapevole del fatto che quello non era Hayato e neanche qualcosa di reale e per questo non riusciva più a lasciarsi assuefare dalle sensazioni?

Quello che stava provando si stava attenuando sempre più, a conferma dell'ipotesi. Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi su quel momento per viverlo come se fosse reale.

Si riportò alla sua prima, sostituendo all'immagine della ragazza quella di Gokudera. Si ritrasse così: inesperto come l'altro, il fantasma di Kyoko nel retroscena.

Vide il corpo nudo di un giovane Hayato, nascosto parzialmente da un cuscino, gli occhi lucidi, le guance rosse.

"Davvero volete fare l'amore, Decimo?" lo immaginò domandare. Era così timido e impacciato che Tsuna si chiese se la rappresentazione avesse uno straccio di verosimiglianza.

Il modo in cui aveva figurato se stesso invece era appropriato, si disse, specchio di Hayato nella stessa posizione, ma capace solo di annuire.

Doveva essere Gokudera a prendere l'iniziativa, non c'era altro modo che quella cosa potesse andare da qualche parte altrimenti.

"Posso?" la voce immaginata di Gokudera la sentì diversa da come la stava rievocando e si chiese a quanti livelli di sogni potesse accedere, Inception forse aveva un fondo di verità.

Improvvisamente sentì chiaramente il legno duro della scrivania contro la schiena e le dita di Hayato che sforbiciavano dentro di lui.

Si chiese quando si fosse spogliato e se potesse riempire di baci quel bellissimo petto nudo, si disse che poteva, del resto quello era il suo sogno.

Hayato però non gli permise di muoversi, si oppose al suo alzarsi premendo sul suo petto, sottrasse le dita e si posizionò tra le sue gambe.

"A-Aspetta!" strillò Tsuna anticipando ciò che di lì a breve sarebbe accaduto.

Hayato però non lo ascoltò e lo penetrò tutto in una volta. Stavolta fece male, a Tsuna sembrò di essersi spezzato a metà.

Gokudera lo baciò sugli occhi pieni di lacrime e sussurrò "Ricorda che sei tu a decidere cosa provi, immagina che sia piacevole se non vuoi soffrire."

Sawada seguì il consiglio ignorando chi glielo avesse dato e il suo corpò si rilassò.

Gokudera si mosse, iniziò da subito con un ritmo frenetico, Tsuna gli regalò il suo nome a ogni gemito.

Le spinte erano sempre più frequenti e ognuna rendeva l'orgasmo tanto agognato più vicino.

"Hayato, sto per..." ansimò Tsuna nel tentativo di avvertirlo, ma le sensazioni sempre più lontane lo misero in allarme costringendolo a cambiare la conclusione della frase "svegliarmi?!" disse esasperato.

"Tsuna, amore, ti prego resta ancora un po' con me. Mi sento tanto solo perché di solito a stento mi guardi... invece ora sei mio e ti lasci amare..." protestò Gokudera accelerando il ritmo.

"Non posso controllarlo... vorrei tanto rimanere con te... con te è più facile..." gli rispose il giovane boss.

Con quella frase sulle labbra Sawada riaprì gli occhi, la luce accecante della sua stanza, l'erezione pulsante tra le sue gambe a testimonianza che fosse successo davvero, cioè non davvero davvero, ma ciò nonostante che fosse comunque reale a suo modo.
Hayato era ovunque, sentiva le sue labbra, le sue mani e persino la sua intimità addosso e dentro.

Mentre il cuore sembrava voler evadere dal petto, Tsuna scostò l'elastico del pantalone del pigiama per controllare la situazione e si vergognò come un ladro quando si rese conto che era bagnato. Eppure non era soddisfatto, il suo membro era così gonfio da fargli male.

"Decimo, posso?"

Tsunayoshi perse un numero alto, ma non meglio definito di anni di vita, ma ci mise un po' a convincersi che la voce non proveniva dalla sua testa, ma da fuori la porta della sua stanza. Ah certo, ci mancava solo che Gokudera bussasse proprio in quel momento, era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.

"No, sono impegnato!" urlò impacciato dando spazio a molteplici interpretazioni equivoche.

"Desolato di disturbare i vostri impegni, ma sarebbe una faccenda di una certa urgenza" specificò il suo braccio destro.

Il giovane boss si assicurò di nascondere l'eccitazione sotto le coperte e poi autorizzò la tempesta a entrare.

Ora stava tutto al suo autocontrollo.

"Cosa c'è di tanto urgente?" domandò
 senza nascondere il suo disagio.

Gokudera chinò leggermente la testa facendosi avanti nella stanza. "Volevo chiedervi gentilmente di darmi qualche giorno di ferie. Mi scuso per il brevissimo preavviso, ma avrei davvero bisogno che mi fossero concesse oggi stesso."

Tsuna strabuzzò gli occhi, non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito. In dieci anni Gokudera non aveva chiesto neanche una volta di prendersi una pausa dal lavoro e non c'era ragione per cui dovesse farlo proprio adesso.

La sera precedente, diversamente dal suo sogno, dopo la chiacchierata erano rientrati e ognuno si era dedicato a ciò che aveva preferito. Tsunayoshi si era scoperto molto amareggiato, una bottiglia di Whisky in mano e la compagnia della solitudine, di una porta chiusa alle spalle. Avrebbe dovuto sentirsi sereno invece aveva un brutto presentimento e per questo aveva deciso di farsi un bicchierino. Gokudera già gli mancava.

Gli era sembrato che fosse tutto a posto tra di loro, che fossero d'accordo che sarebbero rimasti amici serenamente e invece.

"Che succede? Vuoi allontanarti da me? È questo, Gokudera-kun?!" chiese senza nascondere il senso di panico crescente che aveva dentro.

"Decimo..." mormorò Gokudera, il suo tono sembrava spezzato come se fosse sull'orlo delle lacrime. "Voglio solo il permesso per prendermi del tempo per me stesso, tempo in cui non devo occuparmi di voi, né della vostra vita."

"Tu mi stai lasciando?!" chiese Tsuna incredulo, forse nel sogno aveva parlato proprio con il suo intuito.

"Noi non stiamo insieme" gli rispose Gokudera lapalissiano.

Tsuna sospirò, cercò di mettere insieme i pensieri e comprendere cosa fosse meglio dire, poi si rese conto che non riusciva a ragionare e che avrebbe meglio a fare di tutto per fermarlo. "Gokudera-kun, ascoltami, se fai così io non ce la faccio, io perdo la testa. Non puoi dirmi che mi ami e poi chiedermi del tempo per starmi lontano come se niente fosse. Pensavo che avessimo risolto tutto ieri, pensavo che avessimo stabilito che la nostra amicizia è più importante di qualsiasi cosa. E poi scusami, dove vorresti andare e con chi perché non mi dici niente?!"

Gokudera ascoltò quelle parole e si avvicinò leggermente al letto. "Decimo, il vostro comportamento mi confonde, mi sembrate geloso."

Tsuna arrossì, scosse vigorosamente la testa e sospirò di nuovo. "Geloso io? Ma figurati. Io non sono geloso, ho solo paura di quello che mi stai chiedendo. Perché non parli chiaro? Lo vedi che vuoi rompere con me?!" disse stizzito.

Gokudera si mise una mano tra i capelli e lasciò andare un lamento. "Decimo, dannazione, smettetela di parlarmi come se fossimo una coppia! Non lo siamo, lo so, lo avete reso ben chiaro. Ho soltanto bisogno di un po' tempo per me stesso, ma se non avete intenzione di concedermelo, allora me prendo da solo in virtù di tutte le ferie arretrate."

Prima ancora che potesse terminare la frase Gokudera era già lontano e a Tsuna quei pochi metri sembrarono incolmabili.

"Aspetta, Gokudera-kun..." urlò rimanendo con una mano ferma a mezz'aria. La lasciò cadere pesantemente sul letto dicendosi che dopotutto non era nessuno per negargli il suo spazio e il suo tempo e soprattutto non era nessuno per impedirgli di essere felice anche a discapito del suo cuore.

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