Ariadna!

di Portuguese D Vanessa
(/viewuser.php?uid=301751)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Heavenly World ***
Capitolo 2: *** Il morso proibito! ***
Capitolo 3: *** Tu guarda i fiori ***
Capitolo 4: *** La colpa ***
Capitolo 5: *** Io ti sento ***
Capitolo 6: *** In trappola ***
Capitolo 7: *** L'asta del destino ***
Capitolo 8: *** Il Sanatorio del Sogno ***
Capitolo 9: *** Il piano di sotto ***
Capitolo 10: *** PARTE 1: There's always a way out ***
Capitolo 11: *** PARTE 2: There's always a way out ***
Capitolo 12: *** La soluzione ***
Capitolo 13: *** Amamelide ***
Capitolo 14: *** La prima volta ***
Capitolo 15: *** Aldo's ***
Capitolo 16: *** Questi ti appartengono ***
Capitolo 17: *** La Mappa ***
Capitolo 18: *** Ariadna-ya ***



Capitolo 1
*** Heavenly World ***



*Isola di Gold, Mare Settentrionale*


Il sole picchiava alla finestra, lasciando che un raggio mi svegliasse col suo tepore.
Era un nuovo giorno, e feci presto a svegliarmi: ancora distesa stropicciai gli occhi con le nocche della mano sinistra, mi grattai la testa quasi ad accarezzarmi e ~Yawn~ uno sbadiglio riecheggiò nella stanza.
La candela era già spenta.
Saltai giù dal mio vecchio e cigolante letto in legno, con non poca fatica, facendomi largo nel disordine della stanza provando a non inciampare fra vestiti e vecchie cartacce.
Disordine.
Disordine? Questo poteva voler dire una sola cosa: lui era già in piedi!
Spalancai gli occhi, cercando di non darla vinta alla sonnolenza, corsi verso la finestra e volsi uno sguardo dapprima al cielo, sereno e senza una nuvola all'orizzonte, più in giù la città aveva cominciato a vivere, da parecchie ore probabilmente.

Questo vuoleva dire che ero l'unica rimasta a poltrire mentre gli altri erano già operativi!
Accidenti, dovevo proprio sbrigarmi!
Mi precipitai, quindi, al piano di sotto raccattando i primi vestiti che trovai e scattai in bagno.
Mi soffermai davanti allo specchio permettendo all' acqua fresca di riportarmi al mondo: ero certa che anche quel giorno le mie lentiggini avrebbero colpo! Del resto, chi potrebbe mai resistere ad una dolce e innocente bambina di dodici anni con un visino così angelico?
Nessuno ovviamente!
Mi schiaffeggiai le guance con i palmi delle mani, quasi a dare il colpo di grazia ai residui di sonno.
I miei occhi verde smeraldo erano finalmente vivi e pronti a stupirsi delle gioie che il mondo aveva da offrirmi: sono piuttosto rari da queste parti, al contrario dei capelli biondi. Eh sì, perché la quasi totalità degli isolani ha i capelli di varie tonalità di biondo, da cui il nome dell'isola "Gold".
Non avendo ancora finito di prepararmi, presi i vestiti trovati prima di tutta fretta: una t-shirt bianca con la stampa "best",una gonna rosa fino alle ginocchia; legai i capelli in una crocchia non troppo composta e poi via con le prime ciabattine a caso!

Filai giù per altre due rampe di scale arrivando al pianterreno dove trovai mamma Manda  intenta a preparare un pasto caldo per pranzo.
Per tutte le lische di mare...Era decisamente tardissimo!
"Ah, ben svegliata! Fa presto, sei in ritardo come al solito!" mi disse. Un modo alternativo per augurarmi il buongiorno, insomma...
"Hai ragione, corro corro!!!"
"Ari-Ari, non dirmi che avete passato un'altra notte a leggere vecchi libri impolverati?" Si portò mani ai fianchi con tono di dolce rimprovero "E pensare che tuo fratello è già sveglio da un pezzo! Non cincischiare se vuoi che questa volta non finisca in parità!"
Girai gli occhi al cielo e sbuffai, perché proprio non mi va di sorbirmi l'ennesima ramanzina sul mio essere una dormigliona -e fifona- e quindi scappai via facendo un cenno con la mano. 
Rinunciai alla colazione: non potevo davvero perdere altro tempo prezioso!

Aperta la porta, aperto un mondo: il mio villaggio, Roubi, quella mattina era frenetico ed anche più del solito, e mi fu facile disperdermi in un enorme via vai creato dalla folla.
Quello era il giorno del gran mercato: infatti per una volta a settimana i commercianti e gli affaristi di tutti i villaggi dell'isola si recavano qui a Roubi, oltre la grande montagna, per vendere nel nostro grande porto approfittando dell'affluenza di forestieri; c'era chi vendeva solamente e chi ne approfittava per rifornirsi di merce, c'era chi di passaggio o chi era in cerca solo di un posto dove sostare, c'era chi inseguiva la fortuna in modi non proprio leciti.

Sì, perché un quarto dell'isola era diviso da una grande montagna che separava il piccolo quarto dalla grande metà. Nella mia zona la gente viveva di semplicità così come nelle altre due città di punta; ma era lì i da noi che si svolgevano le principali attività commerciali e di scambio: frutta, carni, suppellettili, oggettistica di ogni tipo, armi, ostelli e chi più ne ha più ne metta!
Nella grande metà -al contrario- vi era la capitale Smera, separata da Roubi, Lapis e Perla perché lì il tenore di vita e le classi sociali erano completamente differenti da quelle che ero abituata a vedere sin da piccola. Non ci ero mai stata, ma mi è stato riferito che non era strano vedere gente ricca proveniente da ogni mare del mondo venire a Gold Island per creare gioielli con pietre preziosissime fornite e lavorate in miniera direttamente da noi del piccolo quarto.
Insomma, si sapeva: "al piccolo quarto la feccia, alla grande metà oro e vita a volontà".
Mi fu spiegato che per accedere all'altra parte vi erano due modi: per il primo era necessario circumnavigare l'isola, per il secondo boh.
Letteralmente boh, perché meno di dieci persone erano a conoscenza di un modo per passare oltre le miniere della montagna.

Poco importa, io adoravo un sacco il giorno del gran mercato: era l'unica maniera che avevo per conoscere il mondo al di fuori dei libri: un mercato rinomatissimo, vuoi per il commercio di pietre preziose, vuoi perché l'isola Gold è al centro del mare Settentrionale e quindi un facile punto di ritrovo e ristoro per pirati e commercianti. Tutto questo mi rendeva entusiasta e sempre più curiosa di esplorare e conoscere il resto del mare insieme a mio fratello.

Nel frattempo, pensiero dopo pensiero, proseguii per le strade sgomitando fra individui di ogni razza e tipo, 'prendendole di Santa ragione' per via del mio metro e trenta.
Ero quasi vicina al "tredicesimo albero a destra".
Per albero noi di Gold intendiamo 'casa': di fatti era noto a chiunque che noi isolani Gold Island del piccolo quarto vivessimo in degli alberi. Piccoli o imponenti arbusti rigogliosi, sempre verdi e bellissimi, dipinti all'altezza del tronco da colori sgargianti.
La mia, per esempio era azzurra: ho sempre amato la mia casa, la mia stanza con le tendine viola a righe, la poltrona gialla di papà, le margherite curate da Gari e la piccola cucina di mamma Manda dove -magicmente- sbucava sempre spazio per una pentola in più... Però mi ero sempre chiesta come potessero essere le enormi ville, di cui mi raccontava nonna Dana-Dana, situate dall'altra parte (sicuramente niente a che vedere con la naturalezza degli alberi qui!)

Finalmente c'ero: tredicesimo albero!
Scorsi da lontano la pelata di mio padre Petro coperta dalla sua nuova bandana rossa di cotone: spalle possenti e larghe come quelle di chi, un tempo, soleva avere parecchi muscoli. Barba bionda, lunga e folta che toccava in petto il grembiule rosso con la scritta "best". Niente maglietta, perché 'i veri uomini sudano' mi ha sempre ripetuto.
Best era il nome dell'attività da pescivendolo cominciata otto anni fa da papà prima di conoscere mamma Manda... E galeotto fu quel pesce sotto sale!
Vivevamo di questo in famiglia, ed eravamo abbastanza fortunati vivendo in un villaggio prossimo ad un porto, nulla più di persone semplici che sorridono del proprio quotidiano: questo mi era stato insegnato.

"Pepepepepe finalmente Ari-Ari, noi abbiamo già preso a lavorare da un pezzo!" esclamò mio padre con la sua risata singolare e con quel vocione cavernicolo!
"Hai ragione, è solo che..." Non feci in tempo a terminare che qualcosa mi colpì diritto in testa:un cesto scuro in vimini maleodorante poteva fare così male?!
Era Gari, mio fratello: "Per colpa del tuo ritardo ho dovuto fare doppio lavoro! Dai, carica il tuo cesto e datti una mossa o gli altri pescivendoli ci soffieranno i clienti da sotto al naso!" strillò con tono di rimprovero misto a fierezza per essersi svegliato prima di me dopo una notte passata a leggere.
"Pepepepepe!" se la rideva fragorosamente papà "Forza ragazzi miei, facciamo vedere a queste canaglie chi sono i pescivendoli migliori in piazza!"
Tirando su il pugno della vittoria, ci lasciammo andare tutti e tre in un "si" d'incoraggiamento.

Durante il gran mercato, papà Petro si occupava della bancarella: era innamorato del suo lavoro, sarà perché il nonno gliel'ha trasmesso con passione sin da piccolo; io e Gari, invece, ci occupavamo di girare per la piazza con del pesce nei nostri cesti, in modo tale da avere più copertura nella vendita ed attirare più clienti alla bancarella e vendergli varietà più grandi e fresche.
Ma tra me e Gari, il giorno del mercato, si accendeva la competizione: avrebbe vinto chi vendeva più pesce guadagnando di più, chi dei due avrebbe perso avrebbe pagato pegno.
L'ultima volta finì alla pari, purtroppo, ma fremevo  all'idea di stracciare Gari per costringerlo ancora una volta a rifarmi il letto e lavare i piatti al mio posto per una settimana!
Nonna Dana-Dana diceva che l'istinto a prevalere l'uno all'altra era dovuto al fatto che le persone ci ritenevano completamente uguali visto essendo gemelli (un brutto affare visto che eravamo ben distinti ed ognuno coi suoi modi e pensieri). Infondo avevamo solo dodici anni e chiunque come noi poteva  arrivare a comprendere che visino birbante, lentiggini, capelli biondi non rendono uguali due persone. Del resto Gari era più matto e temerario di me: un ragazzino geniale, coraggioso che amava farsi i complimenti da solo, ma anche protettivo e volenteroso. Io invece più riflessiva e pigra oltre che fifona fino al midollo.

Camminammo ancora un po', finché dopo un crampo allo stomaco esordii: "Gari, io non ho fatto colazione, ho fame!"
"Se ti fossi alzata prima non staresti qui a lamentarti mentre cerco di lavor...GRRR" non fece in tempo a finire la frase che il ruggito del suo stomaco lo interruppe, tant'è che scoppiammo in una grassa risata nonostante lui arrossì ferito nell'orgoglio.
Proposi: "Credo che dovremmo cercare qualcosa da mettere sotto i denti."
"Già, hai ragione, ma ho lasciato tutti i berri a papà, le monete di poco fa non bastano e mamma non scenderà fin qui prima di altre due ore..." considerò lui.

Nel frattempo mi fermai ad osservare tutt'intorno i passanti, finché notai qualcosa che attirò la mia attenzione: pirati!
"Gari! Lo vedi quel gruppo di loschi tipi con spade e fucili?"
Non sicuro mi chiese: "Quei pirati intendi?" Indicando con il dito.
Risposi affermativamente per monosillabo, i nostri occhi verde smeraldo si incrociarono e all'unisono partì un bel "Seguiamoli!" con tanto di luccichio agli occhi e sorrisetto vispo.

Cercando di farci notare il meno possibile, accalappiando qualche cliente qua e la per non tornare a mani vuote e beccarcele di santa, ci affidammo alla nostra logica e fantasiosa morale di bambini: coi pirati non esisteva legge!
Era una cosa che abbiamo deciso quattro gran mercati fa dopo che il vecchio orologiaio Maddo fu picchiato per essersi rifiutato di servire gratis il capo di una banda di mare. Ricordo che mamma Manda cercò di non farci assistere alla scena, ma questo non bastò a fermare la nostra curiosità.
Circolavano tante leggende sui pirati dalle nostre parti, al porto soprattutto, ne sentivamo di ogni in piazza e da nonna Dana-Dana, storie di crudeltà ed ingiustizia peggiorate dopo l'esecuzione del re dei pirati Gold Roger, ma anche tanti aneddoti divertenti e pieni di avventura, di cui figuravo i luoghi meravigliosi una volta chiusi gli occhi.
Io e Gari, da quel giorno, decidemmo che per gentaglia come gli aggressori del povero Maddo non ci doveva essere rispetto! Quindi durante i mercati attuavamo il nostro piano per rubargli risorse e divertirci un po'.

Continuammo -con fare molto poco sospetto- a seguire la ciurma, uomini brutti e dalle voci rauche che sembravano turbare il nostro mondo di pace qui a Gold.




 
~Fine primo capitolo~

Dannazione a me! Dovevo solo effettuare una modifica ma ho accidentalmente eliminato tutta la storia... Che disastro! 😭
Grazie a Roger conservo sempre una copia dei files.
Ho eliminato la piccola premessa che si poteva leggere prima, non mi convinceva granché!



Ho deciso di rimettere in pista la storia di Ari-Ari.
È trascorso un decennio dall'ultima volta che ne ho scritto uno capitolo, ma assieme al tempo non è passato di certo il mio interesse nel personaggio di Law: più One Piece prosegue, più abbiamo modo di stupirci e conoscere ogni personaggio creato da Oda-Sensei, compreso Law.
È uno dei miei preferiti, uno dei più reali ed intelligenti, oltre che dallo stile semplice ma che piace! All'epoca, quando ho iniziato a buttar giù Ari -Ari, dall'alto della mia fantasia da tredicenne incantata, non è che si sapesse granché su di lui, e mi ricordo che ogni writer cercava di fare il possibile per descriverlo al meglio senza toppare, trattandolo come un malvagio e distaccato pirata senza scrupoli :')
Rileggendo i vecchi capitoli della mia fan-fic, ho notato di averlo reso un po' più serioso e "cattivo", ma ritengo opportuno farvi notare che ero solo una ragazzina affascinata dalla fantasia di OP!
Insomma, sono cresciuta, e così anche la storia della mia OC Ari... Siete pronti a leggere la sua nuova e vera avventura?!

Ci tengo ad anticiparvi che vi aspettano capitoli più o meno lunghi e che, come ogni storia che si rispetti, conosceremo Ari-Ari partendo dal suo passato e proseguiremo fino al primo incontro con Law che ho deciso di fissare, in un tempo non meglio specificato, durante la permanenza di quest'ultimo sull'isola di Swallow (ovvero durante i fatti narrati nel libro a lui dedicato "One Piece Novel Law").
Da qui passeranno anni: vedremo come e dove vivrà Ari prima di unirsi alla ciurma dei pirati del Cuore, conosceremo il famigerato Akki che non vi avevo ancora presentato nella vecchia fic... Il resto è storia, non posso mica dirvi tutto! Questo era solo un piccolo trailer!

Non so esattamente quanti capitoli possano volerci prima di arrivare al primo incontro con Law, Wolf, Bepo, Shachi e Penguin, pertanto vi chiedo di portare pazienza e godervi la storia dandomi una chance!
Si sa che gli inizi sono sempre noiosi...
Inoltre, ho intenzione di aggiungere ai capitoli delle immagini e, giusto ogni tanto, di fare dei recap o delle riprese di punti salienti che potrebbero tornarci utili leggendo ( un po' come nei primi minuti di ogni episodio); se vi va possiamo cercare di ricreare assieme delle SBS dove risponderò alle vostre domande e teorie sulla mia fan-fic!

Vi ricordo che io (probabilmente cambierò il mio nickname, non ne ho idea lol) sono l'unica e sola creatrice di Ari-Ari dal lontano 2013, il resto sono mere imitazioni! Perché ve lo dico?! Perché tempo fa, una lettrice delle mie FF mi ha fatto notare che soggetti subdoli e privi di fantasia e buon cuore, scopiazzavano le mie storie e quelle di altri per poi ripostarle su questa ed altre piattaforme. Insomma, gente che si commenta da sola e che lascia a se stessa il tempo che trova. 
Non capisco perché fare qualcosa del genere (tolto il fatto che ti prendi tanta di quella iettatura che non arrivi a domani): che problema ha la gente?!
Ogni altro personaggio e luogo presente nella storia One Piece originale, è stato creato dal sommo ed unico Eiichiro Oda! Tutto il resto sono io che trascino la mia fantasia per farvi passare il tempo, scomodando miti, folklore e Roger solo sa che altro!

Io spero davvero di fare del mio meglio e mi auguro vivamente che questa lunga FF vi possa piacere: fatemelo sapere con una recensione, puntatela fra le preferite e consigliatela ai vostri amici!!!
Condividetela anche fuori da queste piattaforme, sui vostri social <3

Spero di riuscire a postare uno o due capitoli per settimana, come avrete intuito sono adulta ora, quindi ho una vita palesemente diversa da quella della me tredicenne.
Spero che il mio italiano sia, appunto, italiano perché ci ho perso un po' la mano (!)

Grazie per aver letto fin qui! ✨
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
Ci vediamo al prossimo "Capitolo 2: il morso proibito".

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il morso proibito! ***


Continuammo a seguire i quattro individui, e mi fermai a pensare che avessero proprio l'aria di essere dei brutti ceffi: sguardi incattiviti, forse anche dalla mezza età e dal sole, abbigliamento spartano tipico di un tradizionale pirata dove il nero la fa da padrona; a dirla tutta la loro falcata scandita dal rumore dei neri tacchi sulle pietre del piazzale mi confermava che sembravano proprio essere usciti da qualche fumetto. Di fatti, se avessi dovuto chiudere gli occhi e pensare ad un pirata senza averne mai visto uno dal vivo descriverei sicuramente qualcuno con le loro stesse fattezze e barba incolta. 

Dopo aver perso di vista Gari per concludere un affarone che quasi mi svuotò il cesto (lode ai clienti del genere), mi feci largo attraverso i passanti in cerca della t-shirt blu "best". E non passò molto prima che io riconoscessi mio fratello accovacciato dietro l'angolo di una locanda.
Mi avvicinoai a lui senza farmi notare dal gruppo di pirati rimasti fermi a parlare d'innanzi ad una piccola fontana in marmo poco distante, non ci avevano notato nonostante fossimo alle loro spalle.
~GRRR~ brontolò il mio stomaco.
"Ari-Ari, vedi anche tu quello che vedo io!?" sogghignò sporgendosi per mettere a fuoco e cercare di capirne di più.
"Mh? Ti riferisci al fatto che sono armati fino ai denti?" effettivamente, non era mica un dettaglio da poco.
"Ma no scema, guarda bene! Quello senza maglietta tiene qualcosa tra le mani."
Mi illuminai: "La cassetta di legno antico! Sicuramente conterrà un tesoro!"
Pieno d'orgoglio per aver fiutato "l'affare gratis" del mese, come usava dire lui, accennò un'espressione concentrata e determinata, segno che stava escogitando un piano dei suoi! 
"Allora, qual è il piano Gari!?" chiesi.
"Io li distraggo, ho già in mente una bazzecola per aggirarli."
"Ah beh...Non dirmi che..." 
"Esatto Ari, mentre li tengo occupati tu fa in modo che non si accorgano di te, apri la cassa e prendi quanta più roba possibile. Intesi?" continuava ad aggrapparsi al muro, sbirciando attendo di tanto in tanto, per non perdere di vista l'obiettivo. 
"Intesi!" esclamai io senza batter ciglio.

Mi erano sempre piaciuti i piani di Gari, lui era più esperto, del resto da un grande appassionato di fumetti e grande fan di "Sora il guerriero del mare" non ci si poteva aspettare altro, è dai suoi stratagemmi contro il Germa66 che aveva imparato ad aggirare mamma Manda e papà per far si che io potessi rubare merendine o per permetterci di scappottarcerla dallo svolgere le faccende domestiche.
Adoravo percepire la sua voce farsi più decisa quando sapeva di non poter fallire.
Litigavamo un botto per la gran parte del tempo, sempre a contendercela, ma sotto sotto io invidiavo molto la sua abilità di pensare alla svelta e così bene. 

Tirò fuori dal pantaloncino in denim una moneta: "Sta pronta" mi disse mentre la lanciava in direzione dei loschi figuri.
La monetina rotolò diritta fino ai piedi di uno dei quattro, dove poi si stoppò scontrandosi contro uno stivalone in pelle enorme.
Let' start!
"Oh accidenti la mia moneta!" Gari corse e si arrestò a pochi passi da loro. 
"Gentili signori potrei, di grazia, recuperare la mia preziosa moneta?" domandò con fare ingenuo e innocente da birbantello con le lentiggini senza un dente.
Trascorsero secondi di imbarazzante agitazione durante i quali i pirati rimasero in silenzio a scrutare il mio biondo fratello. Tutto d'un tratto, la nostra persona d'interesse si chinò posando il forziere per terra lì di fianco (evvai!) raccolse il berri sacrificale e glielo porse.
"Ecco qui moccioso" fece con modo amichevole a dispetto della sua rozza e bruta apparenza "Ecco qui la tua moneta, prendi!".
A quel punto Gari si perdete fra molteplici 'grazie' da leccapiedi fingendo pure un'espressione radiosa ed entusiasta, tant'è che subito si propose: "Voi avete l'aria di gente affamata dico bene?!".
Un po' da scemi  tutti e quattro annuirono con un cenno del capo in contemporanea.
"Sicuramente sarete stanchi per il lungo viaggio in mare, immagino che il vostro sia uno stomaco in cerca di sazietà!"
Attaccò col suo monologo e, per sembrare quanto più convincente possibile, prese a muoversi e gesticolare fino a saltare prontamente sulla bordatura della fontana; era il segnale che mi lasciava campo libero mentre tutti badavano attenti a lui e alle sue dicerie: "Vivo qui da una vita, ho in mente un paio di posti dove potete rifocillarvi come se non ci fosse un domani ad un prezzo stracciato, i migliori di tutta Roubi!". Avvicinò un pollice al petto, sorrise e si tenette il fianco col braccio esordendo: "Ma prima o poi dovrete pur ripartire e si da il caso che il sottoscritto abbia il pesce migliore di tutta l'isola di Gold, chiedere e provare per credere!"

Smisi di gingillarmi nel ridere di gusto a questa assurda gag e di soppiatto con fare da gatta mi diressi, non calcolata dai passanti, verso il gruppo.
Passo dopo passo avvertivo la tensione salire, e se ci avessero scoperti?
Se non fossimo riusciti a darcela a gambe?
Saremmo morti tutti, palese.
Ma non avevo tempo da perdere, il siparietto del mio gemello non sarebbe durato in eterno.
Mi ritrovai in un baleno in ginocchio, ai piedi di un omaccione che pesava probabilmente una tonnellata ed era alto due metri; non potei fare a meno di notare quanta poca distanza ci fosse fra me e la canna della pistola nella sua fondina... 
Sgranai gli occhi preda di quello che più che un dubbio mi parve essere una constatazione: se è di un forziere che staa parlando, come diavolo lo avrei aperto?!
Gari non l'aveva considerato, alla faccia dello stratega infallibile...
Mi tremavano mani e gambe ed il discorso di Gari sul pesce più raro del mare Settentrionale diventò solo il background del mio scenario immaginario in cui eravamo tutto tranne che vivi.
Ma i giochi s'interruppero, a farlo fu proprio colui che supposi essere il capitano fra i quattro; con un cappello napoleonico con tanto di pennacchio e Jolly Roger della sua ciurma impresso, si portava avanti dirimpetto e un po' scocciato, spaventando il pescivendolo: "Non siamo interessati al tuo pesce ragazzino." Me lo sentibo nelle vene, per noi era giunta la fine... Mi impressionoò il suo vocione rauco e altisonante!
"Piuttosto dimmi dov'è che posso trovare un fabbro: abbiamo bisogno di riparare quel forziere lì!" Disse imperativo ruotando il busto di 30° e facendo segno alla cassetta tra le mie mani.

Sputai fuori l'anima: ero certa che col mio sudar freddo il legno sarebbe potuto tornare a vivere; ma miracolosamente nessuno s'era ancora accorto della mia presenza...
C'era mancato un pelo che mi prendesse un accidenti!
 E dunque, se era un fabbro che cercavano il lucchetto dev'essere sicuramente rotto.
"Posso aprirlo!" sussurrai a me stessa.
Sentivo anche puzza di Gari fifone che come me doveva aver temuto il peggio a quel gesto di mano. 
"Posso aprirlo!"
In pochi istanti ebbi un flusso di coscienza sull'intera famiglia sommersa da talmente tanto denaro da star bene per anni.
E se non ci avessi trovato dentro del denaro!? Sarebbe stata magari una corona o un collier di qualche regina/principessa al di là del mare, o chi lo sa, poteva pure essere pieno di gemme preziose!
Oppure...Oppure... Se ci fosse la testa mozzata di qualche altro strano tizio?! Del resto non si parlava di nobili o monaci, ma di pirati! Rabbrividii al sol pensiero.
No no! 
Scossi la testa, trattenni il fiato, e di pancia mi feci coraggio!
Sollevai di poco la parte superiore del forziere giusto per sbirciare e con mia grande sorpresa...
Che diavolo era, uno scherzo!?
Tutto questo teatro, un forziere così grande per solamente quella delusione!?
Volevate davvero dirmi che io e mio fratello avevamo smesso il lavoro per aggirare dei tizi potenzialmente letali solo per fregargli uno strambo frutto verde?
Mi partirono fuori occhi e lingua, tant'è che Gari (impegnatissimo del dare le direzioni più complicate della storia) mi notò e cercò, a modo suo, di chiedermi cos'è che non quadrasse.
Feci segno X con ambo le braccia, ma ancora non continuava a capire e di sottecchi  continuò a guardarmi.
E dunque tirai fuori lo strano frutto, tenendolo con una mano mentre con l'altra facevo gesto di sbuffata delusa.
'GRRR'... Ancora la mia pancia...
Mah, già che c'eravamo!
Mi portai alla bocca quella particolare pesca verde con riccioli e dall'inspiegabile picciolo e viticcio, la morsi contenta di poter finalmente placare la fame.
'BLEAH!' Aveva proprio un sapore disgustoso che mi rivoltò le interiora tant'è che iniziai ad avere i conati.
Non ne valeva proprio la pena ! Rimisi a posto quel crimine contro l'umanità, richiudendo silenziosamente il forziere e me la svignai giusto in tempo prima che anche mio fratello, terminato il piano di distrazione, faccesse a ruota lo stesso.

Mi nascosi dietro l'angolo di poco prima, lui mi raggiunse una manciata di secondi dopo rapido rapido e prima di proferir parola recuperammo i cesti col pesce dandocela a gambe levate quanto più lontano possibile da quei quattro pirati.

"Per tutte le lische, Ari-Ari!!!" cercò di dire vittima del fiatone. "Abbiamo rischiato grosso solo per della frutta, ma che davvero?"
"Bah, frutta pure marcia! E per la paura non so se ho più fame o voglia di vomitare!" mi lamentai io.
"È stata solo un'inutile perdita di tempo, maledizione! Dovevo aspettarmelo che da imbecilli simili non ne avremmo ricavato un soldo bucato... E gli ho pure regalato delle spigole per avere qualche secondo in più per coprirti." Strillò a denti stretti mettendo le mani conserte e gonfiando le guance.
"Mah, sei proprio taccagno Gari. Almeno siamo sani e salvi e non a pezzi in fondo all'oceano!" considerai io ruotando gli occhi al cielo.
"Anche questo è vero. Vabè, pazienza, torniamo più in centro a lavorare." Propose.
Non aggiunsi nulla limitandomi a seguirlo sempre più atterrata dalla fame; avrei dovuto quantomeno prendere un pezzo di pane prima di uscire di casa, che stupida!

Ci mettemmo in marcia a passo svelto, restando vicini nonostante la folla e facendo naturalmente attenzione a non fare cadere il nostro prezioso pesce, altrimenti guai!
Però non so, sentivo qualcosa di strano ad ogni passo in più.
Avvertivo del chiasso, ma non rumore, come una sensazione martellante che dalla testa s'irradia per tutto il mio corpo. Non so ben spiegarlo, mi sembrava di percepire intensamente ogni persona.
Diventò tutto troppo caotico.
Avevo davvero bisogno di fermarmi.


 
~Fine capitolo 2~
 Grazie per aver letto lo scorso capitolo!
Tengo un ritmo lento, lo so... Ma fatemi sapere cosa ne pensate!
Prima o poi arriverà anche Trafalgar Law, lo giuro- quindi restate qui ✨🥰

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tu guarda i fiori ***


Non mi era mai capitato di stare così prima d'ora: la mia testa iniziò a riempirsi di sensazioni mai provate, come un fiume in piena che non smette di scorrere e impossibile da catturare in fotografia.
"Ari! Ma che ti prende?" mi domandò Gari fermandosi.
"V...Vorrei saperlo anche io!" risposi disorientata e con voce esitante.
Si avvicinò a me con fare apprensivo dopo aver capito che qualcosa non quadrava e restò in piedi a qualche passo aspettando delucidazioni.
"Ho come brividi che mi fanno sentire appesantita e di colpo mi sembra di stare di buon umore come mai prima d'ora. Mi sembra tutto confuso, non ci sono voci ma è come se la mia testa fosse talmente piena da non riuscire a pensare ad altro, il caos è troppo e non riesco più a sopportarlo!" 
Le ginocchia quasi non mi sorreggevano più, tremavo, con questi sbalzi repentini mi sembrava di trovarmi in balia di un'onda che mi investiva di continuo e poi mi cullava e poi ricominciava da capo.
"Non sarà mica che quella pesca di prima t'è rimasta sullo stomaco?" chiese lui; non credevo che la frutta potesse fare questo effetto. 
"Gari,ma io non sto bene!" piagnucolai.
Al che mi afferrò per un braccio con fare deciso tirandomi, facendo da guida. Il suo passo era pesante, come quello di un bambino imbronciato la cui madre non ha soddisfatto i suoi capricci.
 
Mentre camminavamo continuavano a persistere le stesse sensazioni che recavano disagio.
Durò finché non raggiungemmo un posto lontano da alberi-casa, un piccolo parco verde con fiori ed aiuole messe a perimetro di una piazzetta larga circa una decina di metri dove eravamo soliti giocare con alcuni amici.
"Forza dai, falla!" mi sgridò con fare prepotente mentre mi spingeva verso un cumulo di terra coltivato a garofani rosa intenso.
Ci cascai come un sacco di patate e, per sbaglio, inevitabilmente ne pestai qualcuno: "E cosa ti fa pensare che la farei qui in mezzo?" dissi io a denti aguzzi.
"Non perdiamo altro tempo, il fallimento di prima non ci voleva. Quindi taglia corto e falla, così ti passerà il mal di stomaco! Stupida di una Ari-Ari!"
"Ma sei scemo o cosa? Ti ho detto che non è la pancia!" 
Però un attimo! D'improvviso aveva smesso: la pesantezza, la leggerezza, non c'era più niente, solo noi due ed il profumo dei fiori. E me ne rendevo conto solo frangente.
"Gari, è passato!" gioii ancora in ginocchio "Non c'è più! Sto meglio adesso!" 
Mi venne da sorridere a non dovermi sorbire più quel contrastante e angoscioso stato d'animo.
"Macché, non dirmi che siamo venuti qui per nulla?" mise le mani conserte al petto; giurerei d'aver visto una venuzza gonfiargli la tempia.
"Guarda che mi ci hai trascinata tu, cretino!"
"Mi ci hai costretto, stavi per fartela sotto!"
"E quando mai ho detto che mi scappava!?"
Si stizzizii: "Sbaglio o non ero io quello ad aver detto di star male?!"
 
Ecco, eravamo alle solite: senza volerlo, o forse si, avevamo finito a battibeccare per qualcosa di relativamente inutile.
Ci capitava spesso, un giorno addirittura perché era convinto di avere più lentiggini di me; ma dico io, chi è quello che accende lite con la propria sorella per delle macchie in viso? 
Sicuramente non io, perché vinco a mani basse con 59 lentiggini a 56.
Eh sì, perché contarle era davvero inevitabile arrivati a quel punto!
 
Ma voleva vendetta, continuò: "Se solo non avessi morso quella pesca marcia non staremmo qui a perdere tempo ma saremmo tornati al mercato ad aiutare papá che sicuramente ci starà aspettando!"
Come se la colpa fosse la mia ora! Mi fece arrabbiare: "Guarda che sei stato tu a voler mettere su uno dei tuoi fallimentari piani!"
"Il mio piano ha funzionato perfettamente!" disse con tono di difesa gesticolando agitato "Se non avessi saltato la colazione non sarebbe successo!"
"Cretino! Avevi più fame tu di me!" 
"Ma non sono stato tanto idiota da masticare del marciume!"
"Piantala! Non era marcio, sapeva solo di schifo!!!"
"Scema! Scema! Scema!" parte in cantilena facendomi le pernacchie.
A volte mi domandavo com'è che facesse da dodici anni a passare ad averne cinque e atteggiarsi a questa maniera.
Ma questi insulti mi facevano stizzire.
Sarà che di fondo anche io ero ancora una bambina tendendo a comportarmi come tale;
sarà lo stomaco vuoto o la voglia di non dargliela vinta;
sarà il sole, ormai alto, che continuava a pungermi la pelle.
Mi si accende come un fuoco, mi sentivo carica come se avessi dimenticato i morsi della fame: "SMETTILA DI CHIAMARMI COSÌ!!!"
Gari sgranò gli occhi: "Ari...Ari-Ari!!! AHH!"
Incredulo e scioccato, come se avesse visto un fantasma, impallidì mentre si lasciava cadere di sedere per terra tirandosi indietro a piccoli colpi: "Per tutte le lische di mare, ahh!"
Pareva davvero terrorizzato, non capivo, avrà forse realizzato che non mi era andato giù il suo atteggiamento?
Faccio qualche passo per tirarmi fuori dai garofani ma, mio fratello, ancora sconcertato mi urla di non muovermi.
Cosa caspita gli era preso? Non aveva mai paura di fare a botte, anche perché era più lui a menare me la gran parte delle volte.
Si portò le mani in testa quasi a reggersela per poi sfregarle sui capelli biondi rasati e divenne preda di lacrime e moccolo: "WAH! MIA SORELLA È UN MOOSTROO!" 
Ancora, sentii amplificarsi la carica di prima, mi sembrava di avere tanta di quella energia da rompere una roccia! 
Basta insultarmi, non reggevo più il gioco! "TI HO DETTO DI SMETTERLA, GARI!"
 
Alzò un braccio e stese l'indice indicandomi continuando a guardarmi con la stessa espressione attonita di poco prima "G...Gu... Gua...Guardaa!"
Realizzai, quindi, di non essere io la causa del suo spavento, già mi pareva strano.
Che fossero i pirati di prima?
Che fosse mamma Manda infuriata perché papà le aveva detto che eravamo spariti?
Che fosse un cinghiale arrivato qui dai piedi della montagna?
Non so, era meglio girami e guardare io stessa prima di fare una brutta fine.
Dapprima volsi lo sguardo in lontananza, ma nulla.
Quindi che stava accadendo? Sarà stato un serpente?
Guardo più vicino a me, fra le sterpaglie ed i fiori.
E non l'avessi mai fatto... Ora vedevo il motivo del reagire a quel modo di mio fratello: i garofani, così come le foglie, perdettero il loro colore; gli steli ed i fili d'erba intorno a me si erano afflosciati creando grigiume di natura morta come se gli avessero portato via la vita.
"Sei tu! Sei tu a farlo Ari!"
 
Mi lasciai sfuggire un urlo con faccia da fumetto: come potevo riuscirci?!
Nel panico più totale riferii al mio gemello di non riuscire a stoppare qualsiasi cosa fosse quella.
"Ma che... Succede?!" Continuai a chiedere con voce vacillante.
Passarono alcuni secondi di interminabile silenzio pieno d'ansia, finché fu proprio Gari a rompere il ghiaccio insinuando un dubbio: "Non dirmi che... Quello che hai mangiato..."
"COS-AHH?!" me la piansi a lacrimoni stretti di pieno petto.
Fattosi coraggio, ma sempre a distanza attaccò un discorso: "Ti ricordi di quando una notte abbiamo letto un libro su alcuni frutti particolari? Quelli che davano i super poteri alle persone!"
"Fratello, ma sei scemo?" piango "Ma gli pareva questo il momento di cambiare discorso?" Che stesse tentando di calmarmi in qualche maniera ricordandomi di un libro di fantascienza?
"NO! Sono reali! Anche nonna Dana-Dana ce ne aveva parlato: al mondo esistono persone con abilità speciali, alcune ottenute col sudore, altre ottenute con frutti rarissimi!"
Gari aveva sempre fantasticato di divenire un supereroe in grado di volare alto nel cielo e di compiere gesta al pari del guerriero del mare Sora, famosissimo nel North Blue.
Eravamo solo dodicenni del resto...
Si rialzò in piedi, strinse i pugni e prese a guardarmi incendiato di serietà.
Quando mi guardva a quel modo voleva dire solo una cosa: non c'erano giochi di mezzo!
"QUELLA PESCA MARCIA ERA UN FRUTTO DEL DIAVOLO, ARIADNA!" e se mi chiamava col nome completo doveva proprio essere così.
'Frutto del diavolo'... Solo in quell'istante me ne rammentavo a dovere! 
Effettivamente la strana pesca somigliava a qualcuno di quegli strani frutti con riccioli illustrati fra le pagine di quel libro. "Gariii!" lacrimai ancora a pieni polmoni.
Impettito e selvaggio si avvicinò al suo cesto posato lì quando eravamo arrivati, prese un pescetto e me lo tirò dritto in faccia.
Ma che diamine?!
 
Strano ma vero, funzionò e mi ripresi da tutto quel caos.
La natura cessò di morire.
Questo spiegava l'ondata di energie che avevo percepito nel bel mezzo del mercato, oltre che quanto accaduto poco prima.
Ma Gari non aveva ancora finito: "Adesso tutto ha senso, e se è vero che quello era un frutto del diavolo, allora l'abbiamo fatta grossa!" asserì sedendosi in terra con le gambe incrociate e le mani conserte; con aria da saputello poi continuò: "Se quegli energumeni dovessero capire che siamo stati noi, ci darebbero la caccia e per noi sarebbe la fine!"
Intervenni io: "Quindi cosa suggerisci di fare ~ sigh-sigh~ dirlo a Manda e papà?
"Ma no scema! Ti è dato di volta al cervello!? Dobbiamo mantenere il segreto!" risponse muovendo avanti e indietro la testa.
"Ma..."
"Niente ma Ari-Ari! Riflettici: più gente lo sa più saranno e saremo in pericolo!"
Beh, effettivamente non faceva una piega.
E riprese: "Dobbiamo far finta di niente."
"E come facciamo col mercato adesso?" mi interrogo.
"Dammi il tuo pesce, ti copro io, tanto non l'avresti mai venduto tutto a differenza mia!" si vanta. 
"E se mi succede di nuovo come la risolvo!? Mi tiro in faccia un altro pesce puzzolente?" 
Dentro di me ci ridevo su, perché per quanto stupido fosse, aveva funzionato poc'anzi.
"Tornatene in casa, dì a Manda che non stai bene, chiuditi in stanza e prendi questi." Si diresse in un'aiuola alla sua destra e colse dei garofani con fare grossolano (del reso vendeva pesce, non bouquet per spose!) e me li porse.
"Se te la fifi, tu guarda i fiori."
 
 
 
 
 
~Fine capitolo 3~
 
Ed ecco un altro capitolo!
Siamo vicini al "grande disastro"! Cosa pensate accadrà nel prossimo?
Lo sto scrivendo proprio ora ✨
Cercherò di pubblicare, finché riesco, con più frequenza possibile, in modo da recuperare in fretta l'inizio che, immagino, vi sembra noioso senza Traf e senza il corpo principale di questa love story.
Prima o poi arriverà, e rimescoleremo le carte della versione 2013.
Nel frattempo fatemi sapere cosa ne pensate, mi aiuta a capire se la storia vi piace oppure no, e mi fa piacere comunque 🥰
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La colpa ***


Facemmo presto a dividerci, uniti dal fatto di esserci cacciati in un grosso, grosso guaio.
Camminavo incerta singhiozzando: avevo davvero paura che accadesse di nuovo, di non riuscire a farcela da sola senza mio fratello.
 
Allungai il tragitto correndo quando e quanto potevo, cercando di aggirare le strade più affollate e nel giro di un quarto d'ora raggiunsi la mia casa-albero, dove trovao mamma Manda intenta a cucire i calzini rossi da notte di mio padre.
Era seduta su una vecchia sedia a dondolo di castagno, quel giorno aveva scelto il cuscino a fiori bianchi e gialli dove posare la schiena. Manda si dava sempre così un sacco da fare per la famiglia e per la casa.
Confesso che non era raro che io la spiassi di tanto in tanto: aveva un viso così armonico e delicato, una pelle bellissima e dei capelli di un biondo talmente chiaro da rasentare il bianco; soleva portarli in una morbida treccia poggiata sulla spalla sinistra. Era stupenda, quasi come un angelo!
Per di più dal giorno in cui lei e papà Petro ci avevano messo al corrente di aspettare un figlio, è logico che io me ne preoccupassi maggiormente e la tenessi d'occhio per vedere se era tutto ok quando gli altri non erano in casa.
Manda era favolosa e ero felice che avesse affiancato lei mio padre dopo la morte della mia madre biologica, avvenuta dando alla luce me e Gari.
Si accorse di me: "Come mai già di ritorno, Ari-Ari?" chiese.
"Ehm...Io...Ecco...Io..." indugiai arrossendo un po', svegliandomi dal suo pensiero.
 "Insomma, mi scappa e devo andare al bagno!" strillai dprutto d'un fiato mentre me la svignavo su per le scale a chiocciola lasciandola un po' perplessa fra la merceria.
 
Badai bene a chiudere a chiave la porta della toilette, abbassai la tavoletta e mi ci sedetti su.
Cercai, per quanto possibile, di rielaborare i pensieri e fare il punto della situazione; mi domandavo come se la stesse passando il mio gemello, oltretutto.
Cosa sarebbe potuto mai accadere adesso?
Nulla di male presumevo, del resto quei quattro pirati non sapevano che il misfatto era ad opera mia, Gari non si era mica avvicinato al loro forziere, quindi di che mi preoccupavo?
Supposi, anzi, ero certa che la parte peggiore sarebbcstata il dover convivere con questi strani poteri. Ma poi, poteri di cosa? Non potevo emettere raggi laser dagi occhi, volare o diventare invisibile? Fino ad allora, per quanto ci avessi visto, era stato uno schifo totale.
Insomma, avevo spaventato a morte mio fratello, che nonostante non lo dimostrasse appieno, deducevo mi credesse ancora un mostro. Avevo non so... seccato (?) un terrario di fiori e desiderato di sboccare mentre camminavo fra la gente. Wow, se questo era un super potere!
Faceva schifo, letteralmente e totalmente schifo!
E se avessi sbagliato qualcosa e rifacendo la stessa roba di prima? Potevo forse ferire qualcuno...
E se in qualche maniera quei pirati sarebbero risaliti a noi, cosa sarebbe accaduto?
E se si fosse venuto a scoprire il nostro nuovo segreto?
Il panico si fece strada in me, poco a poco, ogni dubbio ed ogni preoccupazione sembravano farsi più grandi e reali: era proprio un disastro bello e buono.
Percepii una strana sensazione, che stesse accadendo ancora?
Tirai fuori dalla tasca uno dei garofani rosa colti da Gari 'tu guarda i fiori' mi ripetei, così mi aveva detto.
Io li stavo guardando i fiori, ma nuove lacrime ne ingrandirono e sfocarono l'immagine.
Tenni salda la presa dello stelo fra le dita, tentando di perdermi in un bel ricordo rilassando il respiro e concentrandomi sul profumo dei petali.
Un bel ricordo eh?
Gari con la testa sulle ginocchia di mamma Manda a godersene le carezze, io fra le braccia di papà a fare l'aeroplano gioiosa di andare sempre più su nel cielo incorniciato da un sole sul punto di tramontare; una leggera brezza portava l'essenza del mare sui nostri visi.
Il sole mi faceva star bene, non c'era buio, non avevo paura ed i suoi raggi ci scaldavano.
Un ricordo semplice, come lo siamo noi, essenziale d'armonia e d'amore.
Avrei vissuto in quel pomeriggio per mille anni se ne avessi avuto la chance, solo noi senza tutto il resto.
Questo mi faceva sentire felice.
 
Mi calmai, la strana sensazione mi lasciò e per sigillare quel momento mi sciacquai il viso ed i polsi con dell'acqua fredda.
Tornai di sotto, passai prima per la cucina e presi possesso di un sacchetto di biscotti al cioccolato.
Chissà se Gari e papà stavano mangiando a quell'ora!?
Abbracciai il sacchetto con il braccio destro e col sinistro mi imboccai con ingordigia.
In tutto quel trambusto non mi era certo passata la fame, papà diceva sempre che con lo stomaco vuoto non si va da nessuna parte (sarà per questo che aveva messo su una bella pancia?).
Mi sedetti sul divano posto alla destra della mia matrigna e la osservai passare e ripassare l'ago attraverso i calzini con maestria.
Prima di potermene accorgere, cullata dalla sua dolce immagine col pancione, m'addormentai con la testa china sul bracciolo morbido del piccolo sofà.
Mi ci voleva proprio.
 
 
 
*Three hours later 🧽*
 
 
"Mhh...Altri cinque minuti dai!" mi sentii scuotere all'altezza del fianco.
"Ari-Ari! Ari-Ari!"
"No dai...Gnawn!" Ancora.
Vabè forse mi toccava! Aprii gli occhi a ritmo di un sonoro sbadiglio a bocca larga, mi alzai lasciando cadere le briciole dei biscotti mangiati prima.
Avrò sicuramente dormito cinque minuti, però che pace: mi sentivo molto meglio!
Ma feci presto a parlare, mamma Manda mi smosse definitivamente dalle braccia di Morfeo intimandomi di seguirla fuori.
Ma che...!?
Spostò con noncuranza le lenzuola appese ad asciugare: "Guarda Ari! C'è del fumo nero!!!" indicò con la mano.
E me ne feci capace solo in quel momento: una gigantesca nube nera si stava facendo spazio in cielo "Ma viene dal centro!" convenni.
"Si, è proprio in direzione del gran mercato." Asserì lei con voce assente, fissando oltre il bucato.
"Che sia scoppiato un incendio?" 
"Non lo so, ma credo sia meglio andare a vedere." Era estremamente preoccupata, come biasimarla...
E così, in fretta e furia lasciammo tutto com'era precipitandoci vicino al tredicesimo albero del gran mercato.
 
Per strada vedevamo gente correre in direzione opposta alla nostra finché non incrociammo un volto conosciuto, il panettiere Mallo, il quale fu prontamente interrogato da Manda che lo afferrò improvvisamente per un polso, costringendolo a fermarsi: "Mallo!! Mallo, che diavolo succede?" cercò di chiedere facendo per riprendersi dalla corsa.
"È terribile, pirati!" urlò col fiatone e gli occhi da spiritato.
"Pirati?" ripetè di risposta.
Si scosse, sciogliendo la presa e portadosi le mani ai capelli sfregando nevrotico: "I pirati stanno radendo al suolo la piazza col mercato!" 
Non fece neanche in tempo a finire che giá si stava allontanando consigliandoci di fare altrettanto.
Ma la nostra famiglia si trovava proprio laggiù, non potevamo, dovevamo assicurarci che stessero bene!
Lei mi incoraggiò con sguardo deciso "Forza Ari, andiamo!"
Giunte, finalmente, in piazza, lo scenario era il peggiore che si potesse prospettare: vorrei tanto che si fosse trattato solo di un banale incendio ma non era così...
C'erano persone, anche a me familiari, ferite e distese in terra.
Feroci uomini armati che senza alcun indugio colpivano, come cacciatori spietati davanti ad una preda inerme si confermarono i carnefici in quel putiferio.
Tutt'intorno il clima appariva diverso rispetto a come lo avevo visto dalla finestra appena sveglia: il sole era oscurato dalla nube nera generata dal fuoco appiccato ad un negozio nella foga degli eventi, l'odore di bruciato prevaleva indiscusso ed un polverone sollevato da chi era riuscito a mettersi in salvo faceva da cornice ad un reale teatro di violenza che non avevo mai letto in nessun libro e visto nemmeno in un incubo.
"CARO!" sentii chiamare da mamma Manda.
Seguii il suo sguardo cercare mio padre e trovarlo ferito in piedi davanti ad un uomo armato di fucile. Teneva le braccia distese a mezz'aria, come se facesse da scudo a qualcosa.
"CARO!" continuò a chiamare lei incessantemente fra le lacrime, invano.
A quel punto una voce familiare: "Quel moccioso lo sa, smettila di opporti e consegnarmelo!"
Era la stessa voce del capitano pirata di cui io e Gari ci eravamo fatti beffe al mercato...
E collegai i pezzi: erano tornati per noi, stavano cercando mio fratello per colpa di quel frutto!
In un istante ogni macabro pensiero che cercai di scongiurare si fece di nuovo strada in me, trovandosi conforme alla realtà davanti ai miei occhi.
Un peso mi si poggiò sullo stomaco, facendomi desiderare di vomitare via tutta l'ansia.
"Non ti permetterò di avvicinarti a mio figlio!"
 
"Dobbiamo fare qualcosa!" propose coraggiosamente Manda raccogliendo sassi da terra. 
Si stava riempiendo di ansia, come se non bastasse era reduce da una corsa a perdifiato e ora questo! Era incinta al sesto mese e questo non dovea assolutamente succedere...
Senza gingillarmi oltre preda dei tremolii, la aiutai a raccattare più sassi possibile e la imitai affiancandola dietro ad terzetto di grossi barili di rum accovacciandosi stretta tra le sue braccia.
Era solo colpa mia...
Era solo ed esclusivamente colpa mia!
Brevemente, tra un singhiozzo e l'altro, le raccontai quanto verificatosi prima del mio ritorno a casa, divorata dalla vergogna e dai sensi di colpa.
"Io ti perdono, Ari-Ari." mi disse sorridendo distogliendo lo sguardo dal marito in lontananza. "Arriverà la marina a sistemare tutto, vedrai!" mi guardò, come una madre guarda il proprio figlio, carica di un affetto smisurato, caldo e senza eguali.
 
Io-ti-perdono.
 
Poi si fece decisa, sciolse l'abbraccio e prese un sasso ed al massimo delle sue capacità lo scagliò quanto più lontano possibile in direzione del pirata e di mio padre, attirandone l'attenzione: "Giù le mani da mio marito!" ordinò imperativa dopo essersi alzata. Scagliò un'altra pietra seguita poi da una terza.
"Vedi di piantarla donnaccia!" Ringhio feroce il pirata.
Irruento, approfittando della distrazione, papà sganciò un destro contro il criminale: "Non ti permettere, bastardo!"
Ma due loschi intervennero tempestivamente afferrando mio padre e bloccandolo per le braccia, obbligandolo in ginocchio.
Ma non erano solo quattro? Avevano altri compagni sparsi in giro per la piazza allora...
"NO! LASCIATEMI!" Gari!
Sporcato in fronte da un rivolo sangue, mio fratello venne afferrato alle spalle da un uomo alto e muscoloso, senza maglietta (lo stesso che trasportava il forziere!) "Sta fermo, ragazzino!"
 
Era colpa mia.
Se solo avessi lasciato perdere...
 
Portandosi in direzione del mio gemello, il capitano dallo scuro cappello napoleonico ignorò completamente mio padre, deciso ad opporre vana resistenza contro i due che lo strattonavano per placare l'impeto.
Con tono inquisitorio, prendendone di famelica prepotenza le guance con la mano, gli chiese: "Avanti, sputa il rospo e dimmi dov'è che hai messo il frutto Zeno-Zeno?!"
"Non ho perso proprio un bel niente!" rispose deciso con aria di sfida, seppur terrorizzato a morte e con le lacrime agli occhi.
"So che hai combinato qualcosa, avanti dimmi dov'è prima che ti elimini!" proclamò con tono spazientito, continuando a schermire le preghiere dei miei.
 
Innervosita e timorosa, spostai una mano sul primo sasso disponibile, mi misi in piedi e glielo scagliai contro con ferocia: "Ahia...Ma chi...!?" lo centrò proprio sulla nuca.
"L'HO MANGIATO IO!" 
Non potevo starmene li nascosta dietro a dei barili, dovevo ASSOLUTAMENTE fare qualcosa che si fosse trattato di andare in prima linea o abbattere una montagna intera da lanciargli contro.
Mi allontanai da lì, correndo a centro piazza più decisa che mai, lasciando scivolare il mio braccio via dalla presa della matrigna spaventata che fece per trattenermi.
"Ari!" "No, Ariadna!" tentarono tutti con gli occhi serrati.
Incredulo e infuriato il capitano ripetè, a certificarsi di quanto sentito "Cosa? l'hai mangiato tu?"
Un tic iniziò a battere il suo occhio sinistro, le vene delle tempie gli si gonfiarono; mollò la presa da Gari e mordendosi i denti nella peggiore e più terrificante delle espressioni possibili, si voltò verso di me impuntato a raggiungermi.
Mio padre Petro, sempre più vittima di questo vortice di eventi assurdi, strattonandosi riusì a liberarsi dalla presa e corrergli in contro per fermarlo prima che mi si fosse parato davanti.
~POOM~
"Tu non vai da nessuna parte!" fece gelido e divertito uno di quelli.
~POOM POOM~
~POOM~
 
"AHH, CARO!" papà cadde inerme al suolo, lei strillò a più non posso sotto shock come noi altri rimasti a teatro della vicenda.
Urla, ancora ed ancora.
 
E stava accadendo solo per colpa mia...
 
Mi girai a guardarla, le sue urla di richiamo però si trasformano in urla di dolore: da sotto la lounguette iniziò a colarle sangue. Che stesse subendo un'emorragia a causa dello stress? Con le ginocchia e mani tremolanti quanto la voce, lasciò cadere il sasso che aveva tra le mani.
"Ahh..." Si lamentava "NO! NO! COME AVETE POTUTO, CARO!" si ostinava a ripetere con occhi fradici.
Sentii come se con quella pietra fosse caduta via ogni cosa di lei, era distrutta, come lo ero io e come lo era Gari.
Nostro padre giaceva lì disteso, immobile...
Alle spalle di Manda arrivò un uomo, due metri all'incirca, la cui ombra la sovrasta; bruto l'afferrò per una spalla, spingendola a terra di tutto peso con forza.
 
Iniziai a tremare a più non posso, non avevo più il controllo e l'unica cosa che riuscivo a fare era tenermi la testa fra le mani, colpendola.
 
Sfoderò la sua katana con un gesto rapido e deciso trafiggendola per almeno otto volte all'altezza del ventre fino a quando la vita non abbandonò i suoi occhi violacei, lasciando che cadesse.
 
"Queste merde. VIA TUTTI! Portatemi solo quella maledetta ragazzina!" ordinò il capitano.
Destabilizzato, traumatizzato e in preda al panico, Gari morse il braccio del suo oppressore, riuscendo a svincolarsi. Accecato totalmente dalle lacrime inciampò addirittura di faccia in prossimità dell'ormai cadavere di nostro padre...
 
"Ancora tra i piedi bamboccio?" disse il capitano voltandosi. Puntò il fucile mirando proprio a lui "Questo succede a mettersi contro ai pirati!"
Era convinto d'aver premuto il grilletto definitivo ma...
 
 
 
 
 
 
*Fine capitolo 4!*
 
Povera Ari...!
Siamo a metà della fatica, prima o poi questo squardo shembo al passato finirà!
Nel prossimo capitolo vi anticipo già che sentiremo parlare di Law 😌
Intanto lasciatemi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate!
Ci aggiorniamo molto presto adesso credo sia proprio il caso di andare a dormire, son le 4am!! 
A presto ✨
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Io ti sento ***


Istintivamente tesi in avanti le braccia in un gesto disperato abbandonandomi alla rabbia e alla paura che ormai pervadevano tutto il mio corpo: avevo provocato io tutto questo, la colpa era da imputare solo e soltanto a me...
Se non avessi morso quel frutto tutto questo non si sarebbe MAI verificato e probabilmente saremmo tutti e quattro a casa a godere del guadagno ricavato dal gran mercato. Io, Gari, papà e Manda.
Invece no.
Invece no.
Invece no...

Percepivo la stessa carica delle ore prima farsi sempre più intensa, quasi tangibile.
"LASCIA STARE MIO FRATELLOOO!" Mi venne da urlare con tutta la voce che avevo in corpo, seppur soffocata dalle lacrime.
Non era stato colpito.
Non era stato colpito seppur i miei occhi inondati dalle lacrime abbiano di fatto visto il pirata premere il grilletto del fucile esplodere un colpo rapido.
Com'è possibile? 
Che la disperazione mi stesse giocando brutti scherzi?
No...Non era così e non era quello il momento.
Tutti i presenti (me compresa) rimasero sbigottiti, chi più chi meno con faccia da fumetto. Lo sconcerto era l'ombra che prevaleva in piazza in quel momento, soffocando per qualche istante il terrore di poc'anzi.
Il proiettile s'era fermato e tutti mi guardarono.
Accadde in una frazione di secondo, in una maniera tanto celere da rasentare l'incredibile, che io mi accorgessi che le mie mani stavano emettondo una strana evanescenza dal colore azzurrino; la stessa si frappose fra la figura di Gari e la canna dell'arma da fuoco del capitano.
Il proiettile s'erafermato. (NDA: immaginate come effetto grafico lo stesso utilizzato nei film dei 'Fantastici4' per materializzare i poteri di Susan Storm, la donna invisibile)
Il proiettile s'era fermato ed era stato merito mio. Che fosse un altro strano effetto del frutto del diavolo che avevo morso?!

Ansimai, come se ogni boccata d'aria fosse pesante più della precedente.
"Schifosa mocciosa, è davvero così allora!" assumè il pirata.
Anche la sua mano tremava, ma di rabbia e nervosismo, e la sua presa al fucile si fece così aspra da sbiancarne le nocche, era infuriato.
Mio fratello si trovava ancora lì di fronte diviso tra terrore e sgomento.
Avrei tanto desiderato abbracciarlo come facevo un tempo, avevo bisogno di sentirlo vicino come lui di me.
"Sai ragazzina, tu e tuo fratello avete commesso l'errore più grande che avreste mai potuto fare." pronunciò a denti stretti sfregandoli ossessivo, per poi continuare: "Hai tirato giù un affare da più di un miliardo di berri, sai ne va di mezzo anche la mia faccia sull'intero traffico nero! Quindi come osi usare il potere del frutto Zeno-Zeno davanti ai miei occhi?"
Il suo tic all'occhio non smise, alzando ed abbassando di continuo le leggere rughe attorno ad esso.
"Con quale faccia potrò mai presentarmi davanti a Joker e gli altri ora che tu hai mandato a monte ogni cosa?" si girò completamente verso di me, quasi a dimenticarsi del bambino che stava assassinando prima, e con andazzo lento ma estremamente deciso si avviò da me.
Improvvisamente una voce profonda e grottesca: "Eguoh-Eguoh! Eguoh-Eguoh! Boss, prendiamola!" scoppiò in una grassa risata l'energumeno del forziere, allontanandosi da Manda per raggiungere quell'altro pazzo. Lo fece in maniera distratta e divertita, come se avesse appena comprato un lecca-lecca piuttosto che martoriato una donna incinta davanti a due bambini. Trascinò svogliatamente la katana lasciandola stridere a contatto col pavimento del piazzale.
"Questo lo so già, pezzo d'idiota!" rispose quello a denti aguzzi, per poi riprendere tagliente e serio: "A Joker piacciono molto i bambini, soprattutto quelli particolari AHAHAH" 
Joker!? E chi sarebbe?

Restai all'erta, ma non ne potevo più e mi arresi alla paura rifugiandomi di corsa accanto al corpo disteso della donna che mi aveva cresciuta e curata fino a quel giorno. Era riversa in una pozza di sangue, con gli occhi ancora aperti che avevano spirato la loro brillantezza, svanendo in una tonalità ametista senza profondità. Pensai anche alla creatura che portava in grembo, massacrata senza riguardo, che avrebbe dovuto aggiungere allegria alla nostra casa. Papà stava anche ridipingendo la mia vecchia culla...
Un magone si frappose tra me e la mia intenzione di volerla toccare, accarezzare e piangerla.
Non avevo mai visto morti prima d'ora ed era alquanto ilare che io stessi ancora sperando di sognare ogni cosa vittima del mostro delle ombre.
Già, il mostro del buio pareva proprio una bazzecola in quel momento.
Il tormento di tutte le mie notti, colui che mi costringeva a dormire con la candela accesa e colui grazie al quale Gari mi perculava senza sosta da prima che potessimo ricordarmene.
Niente era minimamente paragonabile a quello scenario.
Mi sentii preda di un vortice, vorrei poter spiegare a parole come mi sentivo ma tutto era annebbiato e non riescivo a realizzare lucidamente neanche uno dei minuti trascorsi dal nostro arrivo li seguendo il fumo.
E me ne stavo ferma, in ginocchio davanti a lei a fissarla colpevole tra mille lacrime.

"P...Papá...!" Anche Gari doveva star provando qualcosa di analogo.
Lo osservai mentre si accasciava traumatizzato al petto del nostro genitore, afferrandone con debolezza il grembiule in due pugni e tirandolo a sé come quando si vuol svegliare chi dorme.
"Papà, ti prego...Svegliati, papà!" Il suo pianto straziante si sommava al mio.
Ma poi...
Preceduto da un inquietante suono gutturale, lo vidi!
Gari rialzò la testa, se n'era accorto anche lui: papà respirava!
Ma lo sforzo era immane, i proiettili lo avevano trapassato, però lui resisteva ancora.
Tossì come a voler sputare via l'anima anziché il sangue e con fatica cercò di dire qualcosa. Guardando prima Gari e poi me, in un interminabile secondo in cui tutto mi sembrava essersi messo in pausa sussurrò flebile un 'vi voglio bene'.
Sorrise prima di spegnersi definitivamente tra le braccia del mio gemello, che cedettero mollando la presa sul grembiule rosso con la scritta "best".
"Papà..." È l'unica cosa che riuscimmo a dire in coro.
Atroce.
L'unica cosa che sentivo in me era qualcosa di atroce atroce.
Gari si lasciò scoppiare in un pianto, devastato.
Se n'era andato fra le sue braccia...

"Adesso basta con questo teatrino, facciamola finita ragazzi!"  La voce di quel sudicio pirata e assassino mi giunse ovattata disperdendosi nel mare della mia rabbia in crescendo.
Non ci vedevo più nemmeno.
"La marina! Presto arriverà qui la marina capitano!" annunciò tutto d'un fiato uno dei sottoposti accorso lì.
"Merda!" Biascicò lui.
"Eguoh-Eguoh! Dobbiamo fare presto allora, boss!" affermò l'altro con un ghigno spettrale, ancora compiaciuto della sua azione.
"Mettiamoci un punto una volta per tu-..." Non fece in tempo a finire la frase che un sasso lo colpì dritto in fronte a pieno regime: non ero stata io, ma Gari!!!
"Va all'inferno, lurido pirata!" avvertì con sguardo da demone in cerca di vendetta.
La furia si era impossessata di lui irradiando le sue iridi verdi.
Si metteva male!
Il bastardo lo afferrò per la collottola della maglietta, alzandolo da terra fino a portarlo alla sua altezza come se niente fosse.
Gari soffocava nel tentativo di dimenarsi dandosi la spinta coi piedi e sovrapponendo entrambe le mani su quella del suo carnefice, quasi a volerne arrestare la forza.
Non potevo stare a guardare, non avrei potuto permettere che accadesse nulla a mio fratello!
"STAGLI LONTANO!"
Ero furente, mi sentivo ribollire dentro.
Dovev impedirgli di fargli del male.
Percepivo tutta la mia ira concentrarsi nei palmi e notai comparire ancora una volta quella chiara evanescenza azzurra.
Non so di preciso perché io sentissi che fosse la cosa giusta, ma qualsiasi cosa fosse dovevo continuare a farla.
Sentii bruciare le mani capendo di poter lasciar andare il colpo...Credo.
Con violenza mossi rapidamente il braccio in avanti partorendo un urlo: una sfera luminescente si distaccò dalla mia mano destra scagliandosi feroce addosso ai piedi dei due pirati, esplodendo sonoramente come una piccola bomba con tanto di fumo.
Che razza di potere era mai quello del frutto Zeno-Zeno?
Non lo so, ma era ok perché funzionò alla grande!
Furbo, approfittando della distrazione e dall'imprevedibilità generata dal momento Gari atterrò prontamente in terra aiutandosi con le braccia.
D'istinto i nostri sguardi si agganciarono, e senza gingillarmi oltre lo raggiunsi come una gazzella in fuga.
Finalmente, avevamo salva la vita!
Mi afferrò saldamente la mano guidandomi altrove, lontano da quel luogo, da quella nube nera di fumo, dai feriti, dalle vittime, dalla devastazione.
 
(NDA: vi consiglio di fare partire "Wings" di Birdy e poi continuare a leggere ❤️)

Trovammo rifugio in un negozio di cornici dove entrammo subito per riprendere fiato.
Ci eravamo nascosti dietro al bancone di cassa con le spalle rigide ammorbiditesi scivolando giù sul legno.
I nostri cuori battevano all'impazzata e rimbombavano nel silenzio della sala, le nostre mani erano ancora congiunte, ci tremavano per fino le ossa.
Pensai che quella stretta era, forse, il massimo che potessimo concederci e aveva lo stesso valore di un abbraccio, di uno sguardo. Aveva le mani sudate e sporche non solo di terra ma anche del sangue delle ferite di nostro padre.
Mi fermai ad osservare: eravamo anneriti dalle polveri, pieni di graffi, sudavamo freddo dalla fifa.
Per l'ansia ebbi come l'impressione di dover vomitare, ma mi trattenni gareggiando con questo peso sullo stomaco.
Gari guardò in avanti senza dir nulla, pensando solo a riprendere il fiato e la ragione.
Quando lo fissai negli occhi tutto intorno a me scomparve: "Ti percepisco." Bisbigliai senza neanche accorgermene.
Tutto di lui mi sembrava così improvvisamente chiaro, cristallino.
Lui si risvegliò dedicandomi la sua attenzione: "Mhh?"
"Percepisco ciò che senti... È paura questa, hai tantissima paura. Ce l'ho anch'io..." I nostri occhi si incastrarono gli uni negli altri, in silenzio, per un lungo istante : "Avverto la tua tristezza." dissi con occhi luccicanti.
È come se avessi avuto chiara in mente lista delle sue emozioni e non ho dubbi che fosse opera del mio potere. Ma com'era possibile?
"Si, ho paura Ari! Io...Io non posso crederci... Papà e Manda... Io...Io..." due umide lacrime trattenute a stento lucidarono i suoi occhi, nervoso si morse il labbro in un'espressione identica alla mia finché non crollammo in un abbraccio rassicurante: avevamo bisogno dei nostri genitori, eravamo da soli e braccati.

Ma fuori non era finita, e loro ci continuavano a cercarci: "Mocciosi! Mocciosi dove siete?" sentimmo gridare a gran voce. Che fossero vicini era palese.
"Che facciamo Ari?" Mi domandò.
Non ero abituata a prendere l'iniziativa, solitamente era lui quello dal piano brillante.
Del resto nemmeno io ne avevo idea, provavo troppa paura per pensare lucidamente ed eravamo entrambi sotto shock. "Restiamo qui..."
"Ok."
Nessuno parlò, solo un silenzio assordante.
"Sai Ari, non appena usciremo di qui dovremmo proprio andare a trovare nonna Dana-Dana" ma gli pareva questo il momento? "Ho proprio voglia di assaggiare i suoi yakitori!"
Capii che stava sicuramente cercando di farmi e farsi coraggio eludendo l'elefante nella stanza, ma direi che funzionò a modo suo perché mi fece sorridere.
Lui sapeva sempre come fare per tirarmi su, eravamo la spalla l'uno dell'altra, lo saremmo stati sempre.
Ci avevano sempre fatto notare che i fratelli gemelli hanno come una sorta di legame speciale, pensai che era proprio vero; lo avevamo sempre saputo, questo ci rendeva più uniti anche se delle volte battibeccavamo. Il valore di Gari  per me era immenso.
Trascorremmo vicini, nemmeno fossimo incollati, un minuto scarso ad osservare persi nel silenzio le varie cornici esposte appese alle pareti prima che lui decidesse di sporgersi a vedere com'era la situazione dietro al bancone.
Sentimmo più voci, segno che evidentemente il gruppo doveva essersi riunito.
Gari si sporse quanto bastava, facendo leva con le mani posate sul bancone e guardando da ogni lato con circospezione.
"Non vedo nessuno!" declamò tranquillizzandosi e mettendosi in piedi.
Ma...

~POOM~ "Beccato, ragazzino!" 
Grasse risate soddisfatte riempirono il negozio, entrarono almeno cinque uomini.
Uno sparo, celere, spinse via il mio gemello sbalzandolo indietro.
E cadde, davanti ai miei occhi, lasciandomi senz'aria.
Restai paralizzata, non riuscendo neanche più a tremare, ma solo a guardarlo con occhi sgranati mentre lottava respiro dopo respiro.
Lentamente sbattè le palpebre in preda a piccole convulsioni: lo avevano colpito alla spalla, ma c'era troppo sangue e non riuscivo a capire se il proiettile fosse affondato vicino al cuore o meno.
In crisi e gonfia di lacrime mi avvicinai a lui gattonando.
Poggiai una mano sulla sua fronte, carezzandola dolcemente con fare tremolante, salendo verso i capelli, con l'altra tenni la sua.
Lo guardai e mugulai un fragile "Resta con me, Gari."
E lui con un ultimo filo di voce, mentre quei barbari si avvicinavano mi disse: "Tu guarda i fiori" lasciandomi lì a percepire la morte gelida portarlo via da me.
Una sensazione di vuoto senza fine, mi sembrava di cadere all'infinito senza fermarmi. Era fredda, sapeva di solitudine e oscurità.
Gli tenevo la mano, non era a solo, non l'avrei mai lasciato da solo.
Mai.
Una delle sensazioni che ti tormentano per sempre.
Straziata e dilaniata da quell'uragano emotivo mi lasciai avvolgere interamente dall'evanescenza del colore del cielo, che esplose al mio urlo travolgendo l'intero locale.
E poi il buio.




*Intanto da qualche parte sull'isola di Swallow, nel mare Settentrionale*

Tre ragazzini e, chissà perché, un orso polare parlante si trovavano nei pressi di un piccolo promontorio che dava direttamente sul mare.
Armati di carta e penna se ne stavano seduti a leggere quanto scritto poco prima con tanto impegno.
"Forza Law, tocca a te, sei rimasto solo tu a dover leggere il tuo piano!" asserì un ragazzetto dai capelli ramati che sbucavano da sotto al cappello con su stampato 'Shachi'.
E poi l'orso: "Dai dai Law, sono curioso!" 
E impettito, essendo stato chiamato all'appello, lui si alzò e con fare fiero si mise in piedi esordendo: "Va bene, ma vi avverto che il mio di piano è il migliore di tutti."
E lesse, con lo sguardo coperto da un morbido cappello maculato, quello che effettivamente si rivelò essere il miglior piano partorito fra i quattro.
"Uffa però ci hai stracciato ancora una volta!" si rassegnò l'altro umano dal cappello a pinguino.
"Ve l'ho detto che per diventare più forti non bisogna allenare solo i muscoli, ma anche il cervello!" fece poi il vincitore con tono di rimprovero.
Il gruppo si allenava spesso, chi con una spada, chi con le arti marziali chi con lo strano potere del frutto Ope-Ope, ma la prestanza fisica non è tutto, si sa.
Di fatti, di tanto in tanto Law costringeva gli altri tre a fare lavorare anche la praticità di pensiero, importantissima in una battaglia.
Lì consigliava ed istruiva, in quanto era il più esperto, loro lo riconoscevano ed ammiravano.

Stranamente prese una bottiglia, la stappò e avvolse su se stesso il foglio che teneva in mano infilandolo al suo interno e richiudendo ben bene.
"Law, ma che fai?" domandò per tutti Penguin.
Non rispose ma chiese a Bepo, il più possente fra loro, di lanciare in mare la bottiglia.
Una volta che l'orso l'ebbe fatto spiegò: "Un giorno il mare ci restituirá quella bottiglia, noi la ritroveremo e rideremo perché fino a quel giorno i nostri piani saranno migliorati da fare sembrare questo una bazzecola!"
Restarono poco in silenzio, fin quando anche gli altri tre compirono lo stesso gesto affidando a Bepo la parte del lancio.

Chissà se un giorno avrebbero mai ritrovato quella bottiglia...



 
*Fine capitolo*✨
E anche oggi sono le quattro de mattino passate, sto crollando!
Spero che abbiate trovato interessante questo capitolo, ci vediamo molto presto in un prossimo!

PS: per chi non sapesse cosa sono, gli Yakitori sono spiedini giapponesi fatti di carne!



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** In trappola ***




Mi svegliai di soprassalto ingoiando un respiro di terrore come uno che torna indietro dal regno dei morti, portandomi indietro mentre facevo leva sulle braccia per potermi sedere.
Cos'era successo? 
Dov'era Gari? E i pirati?
Probabilmente avevo avuto un incubo.
Ma soprattutto... Dove mi trovavo? E perché avevo il vento in faccia?
Strizzai gli occhi con insistenza per mettere a fuoco l'ambiente circostante, e poi la notai subito... Non c'era dubbio alcuno che fosse lei, l'avrei riconosciuta fra mille coi suoi capelli biondo sbiadito, ricci legati in una sorta di strambo pon-pon  proprio in alto al centro della testa da un infallibile nastrino rosso. Rughe non troppo marcate per i suoi 68 anni, smalto giallo sulle unghie lunghe e rossetto viola messo per riprendere il colore dei suoi occhi dal taglio cadente, coperti da un paio di grossi occhialini da corsa poggiati sul naso aquilino.
Pipa, rigorosamente, accesa a gettar fumo sul vestitino scollato a fiori verdi e bianchi.
Era lei, proprio lei! Nonna Dana-Dana!
"Nonna!" esclamai sorpresa catturandone l'attenzione.
Si girò a guardarmi chiamandomi per nome, assumendo che mi fossi svegliata.
"Finalmente ti sei svegliata! Stai bene Ari-Ari?!"
"Ma... Ma dove siamo?"
"Sei a bordo del 'sinister-mine-train', sei al sicuro adesso!"
Al sicuro?

Al sicuro...
Gari!?
Cominciai una ricerca con lo sguardo, preda dell'ansia. Nonna Dana-Dana era al volante, su di lei veleggiavano matte le frange dai mille un colori del baldacchino in tessuto liscio viola scuro del pilota, sembravano seguire il movimento del pupazzetto a forma di scimmia con gonnellino hawaiano appiccicato al cruscotto. A seguire, dietro di lei, disposti in fila indiana, i vagoni senza tettuccio ciascuno di colore diverso e munito di ruote. Il 'sinister-mine-train' (letto. 'treno losco della miniera') ricordava molto una bizzarra versione dei trenini giocattolo per bambini e contava si e no una ventina di carrozze a due posti; io mi trovavo all'interno del n.1, andavamo a tutta birra e pareva d'essere nel bel mezzo del nulla, in un deserto. Mancava poco al tramonto.
Man mano che passavo in rassegna ogni postazione avvertivo un magone ingigantirsi  all'interno dello stomaco ed annodarsi al cuore accelerandone i battiti. Non giunsi neanche alla fine quando realizzai di non aver sognato proprio un bel niente, perché era stato tutto reale.
Mi lasciai cadere tristemente in ginocchio sul sedile rigido, dando le spalle all'autista; Gari non era lì con me e non lo sarebbe stato mai più. 
Strinsi le mani tremolanti sullo spessore del vagoncino, talmente forte da sbiancarmi le nocche. Mi morsi un labbro cercando di soffocare ogni lacrima, fin quando non ne potei più, tirai indietro la testa e mi lasciai andare ad un fragoroso pianto a pieni polmoni.
Non avremmo litigato mai più per delle sciocchezze.
Non avrei più visto il suo naso e le sue lentiggini arricciarsi a causa del polline delle sue margherite.
Non avrebbe più combinato un disastro in camera nostra, ed io non l'avrei più sistemato.
Non avrei più avuto qualcuno con cui vendere il pesce, con cui condividere ogni cosa, qualcuno a cui rubare i biscotti per poi fare finta di niente.
Non avevo più nessuno da capire, da amare, da maledire o sfottere, qualcuno con cui giocare: avevo perduto una metà del mio cuore.
I muscoli sembravano non rispondere e non avvertivo altro che uno straziante e continuo lacerarmi dentro. Un vuoto incredibile il cui silenzio veniva interrotto da ondate di rabbia, senso di colpa e disperazione. Una crudele mancanza che di lì a poco mi avrebbe devastata più di quanto non stesse già facendo.
Papà, mamma Manda, Gari, il piccolo...
Per colpa mia...
Perché? Perché ero stata l'unica a salvarsi e loro no?!

"Cos'è successo laggiù, Ariadna?" chiese nonna con voce commossa.
"Io...Loro..." iniziai ad inspirare ed espirare freneticamente, preda del panico "Io li ho uccisi tutti!" biascicai.
"Che cos'è successo?" mi ripeté seria e nonostante portasse degli occhialini specchiati, giurerei d'aver visto i suoi occhi farsi lucidi.
Poi continuò: "Essendo giorno di gran mercato ho deciso di venire a Roubi in cerca di affari e provviste, ma ho dovuto cambiare i miei piani dopo aver visto del fumo in lontananza. Ho messo il turbo e quando sono arrivata ho trovato la piazza deserta e nel caso completo." Fece un profondo respiro che buttò fuori dopo qualche secondo di pausa; morse fortemente l'osso della sua pipa e fece più stretta la presa nel volante; e quindi riprese: "Girava poca gente, i più andavano in soccorso di altri rimasti feriti. Ho capito dov'eri dopo averti sentita urlare, e Roger solo sa com'è che ho fatto a tirarti fuori da quel negozio in fiamme. E adesso eccomi qui, a scappare da una banda pirata che mi da la caccia perché ti ho portata via con me."
"G.. Gari..." mi ero fermata ad ascoltarla, tra un singhiozzo e l'altro, ma il solo pronunciare il suo nome generava in me amarezza infinita e nuove lacrime.
Venni improvvisamente catapultata giù da sedile da una frenata.
Nonna Dana, ancora salda allo sterzo, rimase immobile spostando solo le lenti alla fronte e voltandosi di poco verso di me.
"Lo so... L'ho visto..." si lasciò andare anche lei, commossa.
Rimasi sul fondo della carrozza, a pancia in su con le le mani che mi coprivano il viso con forza e strazio. Non seppi come, ma tra una sillaba e l'altra le feci capire quale fosse stato il destino di suo genero e mamma Manda.
"Manda, figlia mia...Petro..."
"Nonna...È colpa mia!" Ero preda di un turbinio di emozioni che sembravano sviscerarmi senza pietà ma ebbi brevemente modo di farle comprendere come ho fatto a far arrabbiare quei pirati tanto da causare quel disastro.
Nonna Dana non è mai stata una persona espressiva, infatti non corse ad abbracciarmi così come non lo feci io per ovvie ragioni. Restammo ognuna nel suo dolore per un minuto buono, fin quando del chiasso in lontananza ne catturò l'attenzione facendola esordire: "Arrivano...Presto Ari!"
Scattai su facendo capolino come prima di cadere: non era finita, tutti quei morti che mi porterò sulla coscienza a vita non erano bastati; 
Venivano verso di noi e potevo vedere le loro figure all'orizzonte ingrandirsi man mano.
Guarda caso proprio in quel momento quel catorcio del Sinistro decise di incepparsi.
"Maledizione, dannata vecchia carretta forza!" cercava di spronare la vettura maneggiando coi comandi del motore, ma senza successo.
Volse un ultimo sguardo deciso ai pirati prima di balzare giù dalla cabina di pilotaggio; aprì lo sportello del vagone n.1, il mio, mi afferrò per un braccio raccogliendomi da terra ed esclamò: "Non avrete mai la mia nipotina, bastardi!"
Prendemmo a correre in direzione di una miniera prossima a noi.
Come ho già detto, l'isola di Gold è divisa in due da una montagna che possiede decine di miniere che si estendono per tutto il suo corpo interno. È da qui che si estraggono tutte le gemme preziose che fanno ricca la nostra terra e parte dei suoi abitanti.
Passare dall'altra parte per raggiungere la 'città nuova', Smera, è pressoché impossibile, ma ho sentito di qualcuno che ne è stato capace e non si è perso all'interno delle cave.
"Ari, dobbiamo nasconderci all'interno della miniera se vogliamo avere salva la vita, presto!"
Quasi letteralmente mi trascinò al suo interno perché per l'angoscia e la confusione ero totalmente intontita. Non volevo andarci, il giorno del gran mercato le miniere venivano chiuse, il che vuol dire che non ci sarebbero state luci. Sarebbe sicuramente accaduto qualcosa di spiacevole.
E non è che io non mi fidassi di nonna, perché lei si occupava di trasporto operai e merci, per sapeva bene dove mettere piede.
Il fatto era che io ho sempre avuto paura del buio.
Ma supponevo di non avere alternative, quindi mi lasciai trasportare.

Purtroppo, pur essendo arzilla, Dana-Dana non era di certo una scheggia, e il nostro andazzo lento non fece che accorciare le distanze coi nostri inseguitori.
Riuscivamo a sentirli arrivare.
"Sta qui e non muoverti, fa silenzio fino a quando non se ne saranno andati via, intesi?" Mi disse.
Le risposi con un cenno incerto mentre mi nascodeva dietro un cumulo di macerie di scarto. Non volevo rimanere da sola ed ero anche sotto shock.
Al che si nascose anche lei a sua volta.
Non fu molto prima che quei bruti si facessero largo all'interno della cava guidati dal loro maledetto capitano: "Forza, vecchia! Consegnaci la ragazzina e ti lasceremo andare!"
Camminavano lenti, erano un gruppo di dieci all'incirca, e continuavano a chiamarci ostinati intervallando con delle imprecazioni.
"Maledetta mocciosa, quel frutto del diavolo vale una fortuna, vedi di saltare fuori ora o mai più perché non mi lascerò soffiare da sotto al naso un affare così proficuo!" annunciò il capo con voce agguerrita.
L'altro, quello del forziere e assassino di mamma Manda, diede un calcio ad un masso che lo intralciava. Questo mi fece sobbalzare dallo spavento, ma cercai di trattenere il fiato per non fare rumore.
Iniziai ad agitarmi dalla paura: le immagini di quel martirio continuavano a scorrere nella mia testa e per di più mi trovavo completamente da sola al buio.
Io al buio, da sola, non c'ero mai stata. Quando la notte avevo paura Gari mi perculava assurdamente, ma nonostante tutto leggeva il primo libro a caso per farmi stare tranquilla ed accendeva una candela per me.
Ma chi lo avrebbe fatto in questo momento!?
Passò repentino un topo alle mie spalle, ed io che me ne stavo seduta rannicchiata dietro a quel cumulo non potei fare altro che fifarmela di brutto.
Iniziai a respirare ed inspirare profondamente, sperando che la mia paura più grande non mi assalisse alle spalle mentre cercavo di fare attenzione ai pirati che mi davano caccia.
Tutto questo mi teneva in tensione costante, non reggevo più le lacrime e poi...
Partorii un altro gran casino.

Tutt'attorno alle mie mani iniziò a manifestarsi l'evanescenza blu, segno che i miei poteri si erano arrivati di nuovo.
"TROVATA!" 
"Eccola boss!" 
Esclamarono due farabutti.
Non si gingillò mica lui intimado ai suoi di prendermi con voce stridente.
Cacciai un urlo scossa dal terrore mentre uno di loro mi si parlava davanti deciso a portarmi via. Mi feci piccola piccola, spingendomi indietro ancora rannicchiata.
"NON LA PORTERETE VIA! -WATAH!-" era nonna Dana-Dana che, armata di pala, saltò fuori dal suo nascondiglio e colpì con forza dritto sulla nuca il tizio davanti a me.
"MALEDETTI!" Con uno scatto repentino roteò e prontamente assalì a colpi violenti anche altri due.
"Via di torno, vecchiaccia! Eguoh-Eguoh!" esordì aggressivo il colosso che la colpì con uno schiaffo così violento da scagliarla a terra.
Istintivamente, senza pensarci, fui investita da una scarica di adrenalina e mi tirai su per soccorrerla: "NO! Nonna!"
"Tu non vai da nessuna parte!" mi sentii dire dal capitano. Prima ancora che potessi realizzare, mi ritrovai al polso il freddo di una manetta. Mi tirò a sé riuscendo ad agganciare anche l'altro polso.
Una certa debolezza iniziò a penetrare nelle mie ossa.
"Queste sono manette di agalmatolite, non potrai più usare i tuoi poteri!" ghigno fiero e inacidito.
"Eguoh-Eguoh! Niente più scherzetti bambina!".
Cercai di dimenarmi il più possibile, ma altro non potei fare se non vedere nonna Dana-Dana stesa e priva di sensi.

I pirati non poterono fare razzia di nulla, non essendoci pietre già lavorate e quindi si limitarono a portarmi via con loro.
Fuori mancavano solo alcuni minuti al tramonto.
Prima che potessi dire 'A' ero già a bordo del loro vascello.
Fui letteralmente sbattuta all'interno di una sorta di sgabuzzino sporco e buio che ben si raccomandarono di chiudere a chiave tra ghigno e risate.
"NOO! Non potete farmi questo!" ruggii con tutto il fiato che avevo in corpo rialzandomi e sbattendo i punti contro la porta sperando venisse giù.
Ero sola con me stessa, con tutte quelle immagini orribili e non avevo più una famiglia, solo un incolmabile vuoto e tanto terrore.
Iniziai a tremare accasciandomi con le spalle contro la porta e lasciandomi scivolare.
Avvolsi le gambe con le braccia e mi chiusi poggiando la testa sulle ginocchia: era buio pesto ed io avevo paura.
Le mie orecchie udirono come un sussurro 'Tu guarda i fiori'.
Un brivido mi pervase, ero stanca, sporca e a pezzi a conservavo ancora qualcosa nelle tasche. 'Tu guarda i fiori.'
Estrassi dalla tasca della gonna i garofani rosa che mi aveva dato Gari. Li strinsi con entrambe le mani e le portai vicine al mio naso. Non le vedevo ma ne sentivo l'odore.
'Tu guarda i fiori'
Ero completamente sola e non chiusi occhio, avevo fame e sete.
Avevo bisogno di andare al bagno. 
Avevo bisogno della mia casa e della mia famiglia.
Passai la notte preda delle tenebre, coi sensi sempre all'erta e mille paranoie in testa che rendevano il mio respiro affannato. M'irrigidii da capo a piedi restando dura ogni secondo.
Dal largo sotto la porta osservai crescere una luce, segno che era un nuovo mattino.
Sentii il rumore di una chiave farsi largo nella serratura e girare. Si aprì.



 
*Fine capitolo 6*
Ed anche oggi sono le quattro!
Sono intontita di brutto...
Cosa state pensando di questa storia? Mi piacerebbe sapere la vostra!
Io mi ritiro, sto finendo di stilare una lunga lista di mythological villains e non di cui leggerete in futuro.
Non vedo l'ora che Traffy incontri Ari, e voi?!









Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** L'asta del destino ***


Indietreggiai al rumore della serratura, non sapendo se trovare sollievo da quella nottataccia grazie alla luce che iniziava a farsi strada in quell'angusto sgabuzzino.
Ad aprire la porta furono il capitano ed uno dei suoi uomini: il primo restò poggiato allo stipite della porta, con un ginocchio flesso, le braccia conserte e lo sguardo rilassato della vittoria, mentre l'altro rideva divertito nonostante mi stesse porgendo un boccale pieno d'acqua.
Si chinò a gambe larghe verso di me ed io afferrai con entrambe le mani il boccale, perché diversamente non potevo fare visto che ero ammanettata, e tracannai disperata tutta l'acqua; la foga era talmente tanta che non badai affatto alle copiose gocce che mi stavano bagnando.
Era fresca ed io ne avevo veramente bisogno!
Esordì proprio il boss, godendo del mio stato per il fatto che gli avessi messo i bastoni tra le ruote il giorno prima: "Bevi, mocciosa, bevi! Bada bene a non fare altri scherzi".
Non ci vedevo più dalla rabbia: come poteva quell'assassino rivolgermi la parola?
Strinsi i denti dal nervoso, facendo salda la presa sul boccale: "Sei solo un pirata bastardo!"
Strizzò un occhio indispettito da quanto aveva sentito, cercando di trattenere il suo istinto omicida nei miei confronti: "Tu non immagini neanche che cosa hai combinato!" 
Presumo avesse capito che quanto successo altro non era che una bravata di due undicenni, ma non si mostrava per nulla dispiaciuto della strage a Roubi.
Strinsi forte i denti, ingoiando le parole per paura. Non so neanche perché gli domandai dove fossimo diretti.
Cosa ne sarebbe stato di me?
Come stava nonna Dana-Dana? E il resto dei cittadini?
Avevo troppo caos nella testa. Ero totalmente in pezzi sia dentro che fuori, mi faceva male per fino la faccia per tutto il tempo passato a piangere.
Lui poi andò avanti col discorso, rispondendo alla mia domanda: "Verso un'isola pirata, dove altri come me pagheranno loro colato per averti! Potrei anche venderti a Joker, ragazzina, me ne varrebbe l'intera carriera!" rise estasiato al pensiero.
Ma io continuavo a non capire cosa avesse di così speciale quella pesca marcia che mi aveva portato solo disgrazie dopo quel morso proibito, pertanto chiesi flebile: "Cos'ha questo potere per valere tutti quei berri!?"
"Vedi, mocciosa, il frutto Zeno-Zeno (lett. frutto tutto-tutto) è un rogia con il potere di assorbire e manipolare qualsiasi forma di energia. Non capisci l'inferno che ho dovuto passare per riuscire a trovarlo, è rarissimo e ci ho quasi rimesso la pelle!" 
"E quindi?" Non mi pareva essere così diverso da altri, ma perché valesse tutto quel denaro ancora non l'afferravo.
"Chi ottiene i poteri di questo frutto..." disse staccandosi dalla porta e venendomi in contro, obbligando il suo sottoposto a scansarsi "...Si dice sia in grado di imitare le caratteristiche di altri frutti del diavolo. Se sarai abbastanza fortunata, o sfortunata, da rimanere viva, probabilmente un giorno lo vedrai tu stessa." Si abbassò, accorciando le distanza tra il mio viso ed il suo, mi tirò a sé afferrano per il colletto della maglia e rise sadico: "Diventa brava, mi raccomando! Fa in modo che chiunque ti compri domani non trovi un motivo per trivellati di proiettili o farti a fette lo stomaco AHAHAHAH!"
Si allontanò verso l'uscio con passo lento e fanatico, lasciando al suo uomo il compito di chiudermi di nuovo dentro. Andò via ridendo in un modo che mai avrei potuto dimenticare e che si unì alle grida nella mia testa: una risata profonda, colma di cattiveria ed avidità.
Mi corrucciai tirandomi su di scatto, raccolsi il boccale di legno e lo lanciai con forza verso di loro: "NO! NON PUOI FARE SUL SERIO!"
Mi scagliai furente contro la porta prendendola a calci e pugni come una forsennata.
Rimasi al buio ancora una volta, in compagnia della mia disgrazia e coi fiori in tasca.

Trascorse un'altra notte in cui non chiusi occhio; al di là della porta potevo sentire l'intero equipaggio all'opera ciascuno con le proprie cose.
Da quanto riuscii a capire non ero la sola sulla nave, c'erano altri prigionieri che sarebbero stati venduti proprio come me.
Covai rabbia e risentimento a volontà per tutti i pirati, sentimenti che gareggiavano alla pari con la disperazione e i sensi di colpa.
Perché si, mi sentivo dannatamente colpevole: dopo aver avuto l'idea di mordere lo Zeno-Zeno era stata tutta una escalation di tragici eventi che ruotavano attorno a quello.
Se solo avessi fatto colazione quella mattina...
Se Gari non avesse fatto da esca...
Mio padre Petro, che con coraggio ha provato a difenderci fino all'ultimo...
Pensai anche a Manda, a quel bambino che non sarebbe mai nato e all''afflizione che doveva aver provato mentre la lama le trapassava il grembo...
Nitide nella mia mente, oltre a quelle immagini, c'erano il suo 'io ti perdono'.
Per quanto mi sforzassi io non potevo perdonarmi, per niente al mondo.
L'unica cosa di cui ero certa è che un po' mi consolava era sapere che nonna Dana-Dana era viva.
In cuor mio mi auguravo che una nave della marina venisse a salvarci, a portarci a casa, ma dov'è che sarei dovuta tornare io?
Per tutto il resto del tragitto non mi fu concesso altro che un boccale d'acqua, un torso di pane ed un secchio per i bisogni.
Verso mattinata inoltrata, presumo, la nave attraccò: eravamo giunti a destinazione.
Il diavolo solo sa cosa mi aspettava...
Fui prelevata dallo sgabuzzino e cinta da una catena collegata ad una decina di prigionieri: non vedevo altri bambini, ero l'unica fra quei poveri uomini e donne. Giurai d'aver visto anche un uomo pesce.
Fummo condotti poi ad una casa delle aste, trattati come criminali della peggior specie: "Benvenuti all'inferno vermi schifosi!" Disse un pirata sputando ai piedi di un uomo messo male incatenato al primo posto, generando una risata compiaciuta del suo dannato capitano.
Entrammo e proseguimmo sotto guida attenta, passammo per un'entrata secondaria rispetto alla principale, fino a raggiungere uno stanzone immenso e cupo. Disposte in file regolari vi erano delle enormi celle, gabbie per meglio dire. Solo alcune erano vacanti, altre occupate da merce e beni di ogni tipo, altre da persone.
Non circolava aria, nelle narici penetrava solo un pungente odore di sudore e carne marcia.
Mi misi a scrutare ogni cosa ed ogni persona, chiedendomi cosa avessero fatto di male per meritarsi di stare lì. Chi più, chi meno, con l'aria affranta se ne stava in silenzio, nessuno osava parlare o almeno nessuno dei 'miei compagni', perché altri si dimenavano tra lamenti e vessazioni.
Notai, due celle più in là dalla mia, un carrellino coperto da un telo dal quale si intravedevano delle dita... Dita di una mano...
Distolsi lo sguardo per placare i conati, quando la mia attenzione fu catturata dalle urla di una donna, vestita di corti stracci. Una donna bellissima con fluenti capelli castani.
La vidi mentre veniva trascinata via tra urla stridenti. Sentii per sino dire ad un custode: "Divertiti con quegli insaziabili, signorina!" che la stessero vendendo come cameriera?
Mah, non credo l'avrei mai saputo.
Compresi i meccanismi di accesso alle aste: ogni cella era numerata e registrata a nome di un trafficante e si proseguiva con le aggiudicazioni per ordine numerico.
Mancavano ancora una decina di celle prima della nostra e guardavo passare tutti: ero comunque l'unica bambina quel giorno, di altri nessuna traccia.
Ma calpestata dalla stanchezza, senza neanche accorgermene, mi addormentai rannicchiata sulla panchina sudicia accanto a me.

"Ragazzina! Ragazzina!" fui scossa "Svegliati, fa spazio!.." mi sentii chiamare dall'uomo pesce. Spalancai gli occhi e mi misi a sedere ancora stanca e confusa.
Alcuni dormivano.
Avevo accumulato talmente tanta fatica da crollare e dormire come un sasso nonostante lo stress e la negatività.
Attaccai una serie di pensieri pensando al mio destino, fissando spiritata un punto a caso all'angolo delle sbarre.
E poi lo vidi.
Non ho ancora ben capito perché, ma sentii di doverlo fare: silenziosa scesi dalla panca e raccolsi da terra un piccolo ferraccio simile ad un ferro da cucito. Mi passò anche per la mente che fosse un segno del destino che mi invitava a non arrendermi. Che sciocchezza!
Per un secondo non mi arrivò al cervello nessun pensiero di merda.
Dopo aver appurato che i secondini a guardia se ne fregavano altamente perché troppo impegnati a parlare degli ultimi eventi da giornale, mi misi a sedere di spalle per far corazza.
Non curante di eventuali malattie mortali, perché ero passata attraverso cose peggiori, misi in bocca l'arnese, stringendolo forte fra i denti. Iniziai a contorcermi e armeggiare per diversi minuti senza alcun risultato: l'agalmatolite mi rendeva impossibile un movimento così preciso.
Di sottecchi feci caso all'uomo pesce, che mi fissava imperscrutabile.
Mi fece un cenno col capo per invitarmi ad avvicinarmi. Gli misi l'aggeggio tra le mani, diverse dalle mie in quanto possedevano uno strato di pelle che collegava ogni dito.
 Con discrezione riuscì a togliermi le manette.
Perché mi stava aiutando?
Col piede calciai via le manette sotto la panchina, per nasconderle. Dopodiché massaggiai i polsi arrossati, rimasti costretti per troppo tempo. Mi sembrava d'aver buttato via una zavorra assurda, e per quanto possibile mi pareva di rinsavire.
Ero libera (quasi)! 
"Grazie!" sussurrai al mio complice marino, mordendomi un labbro per soffocare il pianto.
Aveva la pelle violacea; le branchie all'altezza del collo erano semicoperte dai capelli neri sciolti sul collo. Le sue labbra erano insolite e sporgenti. Vestiva un bermuda blu ed una camicia gialla sbottonata che occultava i muscoli scolpiti ma non troppo.
Mi rivolse un sorriso gentile in quel momento, scoprendo i denti aguzzi.
Allungai le mani verso di lui per riprendere il ferro: "Io mi chiamo Ari-Ari!" dissi sottovoce.
Mi ripassò l'oggetto: "Io sono Yam".
I miei occhi verdi si incastonarono nei suoi ametista.
Che avessi trovato un amico?
Non potevo fidarmi, però peggio di così non poteva andare.
Eravamo gli unici in cella ad essere svegli: mi avvicinai alla sua figura imponente (sarà stato alto più di due metri) e con la mano sinistra tirai le sue manette mentre con la destra giravo la chiave.
"Perché lo fai?" Mi domandò.
"Non lo so..." Risposi.
"Questo non è un posto per i bambini" affermò sempre sottovoce. Aveva un timbro particolare e profondo.
"Se è per questo neanche l'inferno in cui mi hanno spedita." Dissi stringendo i pugni "Tu perché sei qui? Adesso siamo liberi e possiamo andare!" 
"Non sempre le persone fanno la cosa giusta, piccola Ari-Ari." 
Mi parve, d'improvviso, di poter percepire qualcosa in lui, qualcosa come una vibrazione positiva che accendeva il mio sesto senso suggerendomi di fidarmi.

Ad interromperci fu la figura di una donna sul metro e settanta, che notammo avvicinarsi ad ogni singola cella, tuttavia non mi pareva di averla vista prima a registrare i prigionieri.
Aveva i capelli ramati, legati un uno chignon basso con una ciocca che ricadeva sugli occhiali sottili che ne ingrandivano le iridi castane. Era di bell'aspetto ed un tailleur grigio ne valorizzava il fisico. Portava il rossetto rosso ed una camicia bianca che metteva in mostra il suo décolleté.
Mentre la fissavo assorta nei pensieri, mi accorsi che lei prese a guardarmi incredula con la coda dell'occhio. Mi sorrise e smise di appuntare chissà cosa sul suo blocco note.
Si voltò più volte con fare sospetto, quasi ad assicurarsi che nessuno stesse facendo caso a lei. Svelta si appropinquò verso il mio corridoio. 
Calzava dei tacchi a spillo che riecheggiavano per la sala ad ogni suo passo, e poi si fermò davanti a me.
Calò la mano con lo smalto rosso all'interno della tasca della sua giacca, tirano fuori un mazzo di chiavi mezze arrugginite. Tentò molteplici volte con diverse chiavi prima di riuscire ad aprire la serratura.
"PSS! PSS!" Soffiettò per chiamarmi gesticolando con l'indice avanti e indietro per invogliarmi ad avvicinarmi.
 Non avevo dubbi che fosse interessata a me: avevamo mantenuto il contatto visivo per tutto il tempo.
 "Non è il tuo posto questo, piccola! I bambini non 'possono' stare qui." Mi disse con tono cordiale badando a non alzare la voce. "Quale sarebbe il tuo nome?"
 "Mi chiamo Ariadna, signora." Attestai io. Giurai che le fosse venuto un piccolo infarto nel sentire la parola 'signora', a giudicare da quanto impallidì ferita nell'animo.
 Boh!
 "Vieni con me, Ariadna!" Tese una mano verso la mia aspettando che le rispondessi.

Una tempesta di emozioni mi investì nuovamente, cosa avrei dovuto fare?
Mi girai verso Yam per cercare un consenso che non trovai, sentendomi dire "La scelta è tua, bambina."
Le guardai dapprima la mano, ben curata, salendo indecisa verso il viso.
"Non abbiamo granché tempo però..." Disse.
Era bella, gentile nel modo di fare e mi stava offrendo un lasciapassare per la libertà.
Decisi d'impeto, appoggiando la mia mano sulla sua in segno di risposta affermativa.
"Io sono Lenora" disse "Andiamo via da qui!"
Uscimmo dalla cella e fece per richiudere a chiave. Pensai a Yam.
"No, per favore!" La bloccai.
Yam mi agganciò con lo sguardo, sogghignando piacevolmente sorpreso. "Grazie, bambina!" Disse.
"Addio Yam."
Io e Lenora ci allontanammo, senza essere notate, passando per un'uscita secondaria sita alla fine delle celle.
Potevo finalmente sperare nella libertà?
Quella fisica almeno, perché in testa avevo lo stesso casino di prima.







*Fine capitolo*
Buon... giorno?! 
Anche oggi un altro capitolo per velocizzare i tempi da flashback.
Nel pomeriggio ho finito di stilare l'elenco dei personaggi futuri ed ho scritto il corpo base della loro intera "saga" se così si può chiamare anche nelle FF.
Sarà una delle prime che leggeremo dopo l'incontro con Law, non vedo l'ora di raccontarvela! Ho dovuto scomodare il folklore slavo ed ho anche creato degli avatar dei personaggi principali.
Ma a parte questo...
Che potere ha realmente lo Zeno-Zeno?
(Non preoccupatevi perché cercherò di non rendere Ari OP , piuttosto la evolverò gradualmente all'altezza degli altri personaggi)
Secondo voi chi è Lenora e dove starà portando Ari?!
Lo vedremo nel prossimo capitolo dove spero di allegarvi un avatar di Lenora!
Ah, tra l'altro se siete curiosi di vedere com'è Ariadna, potete dare un'occhiata alla mia propic: è proprio lei!

PS:  mi spiace tanto di non poter allegare avatar dei personaggi maschili o anziani, ma non trovo app decenti per farlo, a differenza di quelle per giovani avatar femminili.

Lasciate una recensione per farmi sapere cosa ne pensate! Vedo che leggete in molti ed un po' mi scoraggia non avere qualche feed :(
Fate uno sforzo!

Vi aspetto al prossimo capitolo, bye!✨


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il Sanatorio del Sogno ***


Riuscimmo a non dare nell'occhio e salire a bordo di una piccola e scialba nave.
Tutto il personale di bordo vestiva una divisa bianca simile a quella degli infermieri e non v'era granché di interessante neanche da quanto mi parse di vedere in quel lasso di tempo necessario a raggiungere una cabina.
Non era caratterizzata da nulla in particolare, se non da un semplice letto dal materasso piatto e moliccio; sicuramente avevano investito il loro denaro in qualcosa di diverso da comfort e design!
Lenora mi anticipò entrando per prima, si sedette sul letto ed accavallò le gambe con classe restando con le braccia tese, composte, con le dita delle mani intrecciate e posate sulle ginocchia. Notai solo in quel momento i suoi guanti neri in pelle.
Mi fece cenno di sedermi accanto a lei, picchiettando con una mano sulle lenzuola prima di riassumere la stessa posa: così feci.
Non so ben dire quali sensazioni stessi provando in quel momento, probabilmente ero solo grata alla casualità degli eventi o talmente tanto esausta da non riuscire a pensare ad altro.
Ma avevo delle domande che non potevano aspettare! E così da brava bambina di dodici anni le domandai: "Come mai mi hai aiutata? Perché erì lì? Dov'è che stiamo andando?"
Bombardata dalle domande, di tutta risposta, la donna si blocco con una smorfia ed inarcò un sopracciglio risistemandosi gli occhiali alla giusta altezza sul dorso del naso.
Aveva dei lineamenti bellissimi, una donna nel fiore dell'età, probabilmente fra i trenta ed i quaranta, come non ne avevo mai viste ma di un fascino più cupo ed intrigante rispetto a quello puro di mamma Manda.
"Calma! Calma, signorina!" fece un piccolo respiro di rassegnazione e si preparò a raccontare: "Come ti ho già detto, il mio nome è Lenora. Sono un medico ed il mio compito è quello di salvare le persone come te, Ariadna." 
Proseguì con voce calma e paziente, guardandomi negli occhi per tutto il tempo: i miei verdi erano obbligatoriamente incastrati nei suoi ambra.
"Il mio lavoro è quello di aiutare più gente possibile, per questo delle volte mi capita di andare sotto copertura come oggi: le case d'asta pullulano di persone che hanno bisogno di cure.Le persone, Ariadna, sono risorse importantissime." Si scostò l'unica ciocca libera di capelli, portandosela dietro l'orecchio, successivamente con la mano sinistra si sfilò un guanto, e la sua mano si posò delicatamente sulla mia spalla. Era calda, l'unico gesto di familiarità ed affetto provato dopo giorni di strazio.
"Non è giusto che i bambini come te si trovino in un posto del genere, per questo non ho esitato un attimo nel decidere di portarti via. Oltre al fatto che fossi piccola era palese che fossi stanca e disidratata, oltre che mal messa." Con un movimento degli occhi mi squadrò da capo a piedi.
Più l'ascoltavo, più mi sentivo tranquilla e rilassata: Lenora aveva una voce calda e sensuale, parlava elegantemente e senza fretta.
"Ora sei al sicuro." Disse accennando un sorriso.
Sentii un piccola, ma delicata, pressione sulla spalla lì dove lei teneva ancora la mano.
Inspiegabilmente mi addormentai.



*SANATORIO DEL SOGNO - ISOLA DI PILLOW, MARE SETTENTRIONALE*

" Status: attualmente incosciente
Sesso: femmina
Gruppo sanguigno: F
Altezza: 1.32,m
Peso: 38kg
Età compresa tra i 10 e 12 anni
Capelli: biondo platino tonalità 10.3
Occhi: verdi"

Un puntino accecante squarciò le tenebre ed entrò prepotente nella mia pupilla.
Con un movimento pigro strizzai gli occhi, che abbandonarono una lacrimuccia.
In sottofondo il rumore di una penna ed una voce gelida, quasi robotica.
"D...Dove mi trovo?" fui capace di dire con tono flebile ma probabilmente chiunque fosse lì presente non era riuscito a sentirmi.
Aprii finalmente gli occhi: mi trovavo in una stanza molto luminosa, con pareti e pavimento rivestiti dalle stesse mattonelle in cotto bianco, tutt'attorno carrellini e vetrine con oggettistica dall'utilità medica.
In stanza due uomini vestiti di bianco allo stesso modo di quelli di prima.
Riacquistai, pian piano, la sensibilità agli arti serrando e rilasciando le dita dei piedi e delle mani.
Su di me, spenta, una grossa lampada scialitica.
Su di me?
Effettivamente ero distesa, e mossa dall'istinto feci per alzarmi di scatto: mi sentivo spaesata e confusa, non indossavo più la mia t-shirt "best" e la mia gonnella rosa, bensì una vestella in cotone bianco. 
Se non avevo la gonna non avevo più neanche i fiori... Fui presa dal panico ed iniziai ad inspirare ed espirare freneticamente, mi portai le mani alla testa tant'era lo shock accumulato: quei garofani erano l'ultima cosa che mi restava di Gari!
La testa... La testa faceva male ma ma allo stesso tempo era più leggera (anche troppo): cominciai a tastarla scorrendo le dita fra i capelli come per pettinarli con frenesia; sgranai gli occhi e compresi che i miei capelli non erano più lunghi. Impallidii.
Percepivo ancora una volta quella strana carica scorrere in me, drastica e se solo Lenora non fosse entrata probabilmente avrei combinato un disastro: "Ben svegliata, Ariadna!"
Indossava ancora il suo tailleur grigio coperto, però, da un lungo camice bianco con una penna appesa al taschino sinistro all'altezza del petto.
Continuando a trascinare i respiri, le chiesi: "Dove mi trovo?"
"Ti trovi al Sanatorio del Sogno, sei al sicuro qui."
"Che cosa mi avete fatto?" domandai riferendomi ai capelli preda delle palpitazioni.
"Ti abbiamo visitata per accertarci del tuo stato di salute. Eri sporca e disidratata, quindi ti abbiamo lavata e messa sotto flebo mentre eri incosciente." Aveva la mano sinistra nel tascone del camice con fuori solo il pollice. Indossava ancora i guanti in pelle nera.
Si avvicinò di più a me, poggiando la mano destra fra le mie scapole, spingendo un pochino come ad invitarmi di seguirla.
Accadde in pochi secondi, ovviamente, non ci curammo dei due infermieri presi dalle loro faccende: la mia attenzione era completamente tutta per lei.
Mentre uscivamo dalla sala lei proseguì: "Per quanto riguarda i capelli, stai bene così! Non penso ti fossi accorta del fatto che i tuoi erano bruciacchiati." Disse guardando dritto in avanti.
Presi in un pizzico le punte, strofinandole per sentirle meglio: erano corti fin sulle clavicole e non avevo mai avuto un taglio così, perché papà diceva che mi stavano meglio quelli lunghi.
Proseguii ascoltandola, mentre guardavo il pavimento smorto e pulito ed i muri color turchese pastello, caratteristico del lungo corridoio vuoto e spazioso che stavamo attraversando. Un ambiente tipico di un ospedale, si respirava aria di medicine.
"Qui ospitiamo uomini, donne e bambini che come te hanno bisogno di molte attenzioni. Ti troverai bene, vedrai." Al che, spingendo un maniglione antipanico, sbucammo in una mensa illuminatissima.
Un salone non poi così grande, con una decina di tavoli rotondi ed arancioni disposti sparsi.
Alla mia sinistra vi era un bancone vetrato, al cui interno si trovavano delle vaschette metalliche piene di verdure, formaggio, biscotti ed altro cibo ed una donna, da lì dietro impiattava per dei ragazzini in fila.
Le pareti erano dipinte di giallo e colorite da qualche disegnino e appiccicato con lo scotch.
Dopo aver passato ai raggi X l'intera sala, alzai lo sguardo girandomi verso Lenora, la quale si limitò a congedarmi con una pacca ed un "Adesso va'."
Prima che potesse varcare la porta, inconsciamente, mi ero già diretta verso l'angolo ristoro: da quanto non mettevo sotto ai denti qualcosa? Qualcosa di caldo e commestibile poi!
Il mio stomaco aveva agito per me, ma non mi spiaceva affatto.
Feci automaticamente una leggera corsetta per mettermi in fila, con tanto di luccichio negli occhi, e nel mentre notai che tutti gli sguardi dei presenti erano puntati su di me.
Mi provocò del disagio, ma del resto ero letteralmente sbucata dal nulla, ero un volto nuovo lì ed era giusto e normale che gli altri bambini mi guardassero con sospetto.
Sfilai un vassoietto in plastica opacizzata dal carrello delle dispense, portando con me anche  una confezione di posate e continuai l'attesa fino a che una donna robusta, con solo gli occhi scoperti, mi servì il pasto: purea di patate accompagnata da una scodella di brodo e carne. Plus: una mela verde ed un bicchiere d'acqua.
Scrutai con ingordigia ogni minimo dettaglio del cibo fumante mentre mi avvicinavo al tavolo: era effettivamente trascorso poco, ma a me pareva passata una vita intera da quando avevo mangiato qualcosa che non fosse pane sporco e raffermo.
"Ma che fai -oh? Guarda dove metti i piedi -oh!" 
Distratta dai pensieri non mi accorsi di aver urtato un ragazzino con l'angolo del vassoio.
Il suo rimprovero riecheggiò per la mensa, tutti si fermarono a guardare la scena.
"Mi...mi spiace!" 
"Guarda cosa hai combinato!"  disse con accanimento dirignando i denti.
Era un bambino poco più alto di me, aveva i capelli quasi rasi, verdi come le foglie scure degli alberi di una foresta e gli occhi dello stesso colore. Afferrò con pollice ed indice un lembo della sua canotti a ospedaliera spostando la mia attenzione sulla chiazza bagnata creata dal mio bicchiere rovesciato.
Ero lì da neanche tre minuti e ne avevo già combinata una delle mie. Tutti assistevano alla scena imperturbabili, come spettatori passivi in cerca di una scintilla che spegnesse la palpabile apatia.
Mi tirai indietro con piccoli passetti incerti: "Non l'ho fatto apposta..." 
Serrò le mascelle mentre lasciava andare la stoffa per portarsi le mani lungo i fianchi e stringerle in due pugni che si muovevano a ritmo della sua falcata. Si espresse unicamente con un volto rabbioso: narici dilatate, labbra assottigliate che mostravano i denti, sopracciglia abbassate ed occhi fiammeggianti.
"Basta Akki." Lo fermò la voce della donna dietro al bancone, non ammetteva repliche.
'Akki' così fece, sbuffando e tornandosene a sedere.

Molto bene, mi ero giocata un posto a tavola...
Non mi rimase altra alternativa che cercare un altra sedia.
Ancora perplessa, confusa e spaventata, mi guardai attorno; notai una bambina con corti capelli color acquamarina raccolti in due codini ed occhi rosa, seduta da sola. Giocherellava con la forchetta, punzecchiando il purè ormai freddo.
Mi avvicinai: "Posso?"
Distolse lo sguardo dal vuoto e mi guardò con occhi lucenti ed espressione sorpresa. Probabilmente era sola come me! Scosse la testa in segno di risposta affermativa, lasciandomi implicitamente il permesso di sedermi di fronte a lei. Posai il mio vassoietto, un po' sporco per la scossa, e mi sedetti incrociandonle gambe. Lei mi guardava di sottecchi, accennando dei timidi sorrisetti allegri e compiaciuti dal fatto che si trovasse in compagnia di qualcuno.
"Ari-Ari, piacere!" Esordì io spezzando quel momento di totale cringe.
Si smosse tutta, colta alla sprovvista, e si ricompose alla stessa velocità afferrando al volo la forchetta che aveva lanciato per aria poco prima: "Mi...Mi...Mila! Mi chiamo Mila!".
Notai, senza sorprenderne troppo, che anche lei come me, Akki e gli altri, indossava un collare alquanto inusuale. Era stata una delle prime cose a rapire totalmente la mia attenzione dopo il risveglio: uno spesso collare metallico con un una lucina laterale.
"Senti un po', Mila, ma questi cosa sono? Collari antipulci per caso?!"
Sentendo quelle parole ridacchiò, nascondendosi dietro le mani e poi mi spiegò con naturalezza: "Macché! Siamo tutti pazienti qui, servono a tenere sotto controllo il nostro battito cardiaco nel caso ci sentissimo male." 
Ah, era più semplice di quanto potessi credere allora!

Mangiammo assieme e quello fu il sorridente esordio di una lunga permanenza nel Sanatorio dei Sogni.

Mila mi mostrò entusiasta il reparto pediatrico e la stanza ricreativa con tutti i suoi muri dipinti e colorati: saltò i laboratori e gli uffici non accessibili a noi bambini, conducendomi direttamente ai 'dormitori' che, a quanto pare, chiamavano tutti 'la stanza della nanna'.
Maschi e femmine erano separati. 
Ognuna di noi aveva il proprio letto, i muri erano rosa e l'aria era permeata da un sottile odore di fragole.
Mi portò addirittura nel cortile: un grande spiazzo pavimentato, perimetrato da una recinzione; al centro un piccolo albero di limoni e tutt'intorno delle aiuole on fiorellini colorati.
Fummo accolte dagli sguardi ostili del ragazzino della mensa, Akki, e dal suo gruppetto.
"Cos'ha quello che non va?" Domandai a Mila mentre osservavo il verde da lontano.
"Non gli piacciono le persone nuove, tutto qui."
Un tipo strano.

A tirarla breve passarono le prime due settimane: mi trovavo bene e mi sentivo un po' più serena, avevo una nuova amica con cui passare il tempo e non la quale frequentavo le lezioni alla mattina e mi sedevo a scherzare a pranzo. 
La notte le luci erano spente, ma la luna illuminava sempre la nostra finestra e quindi non avevo paura; dovevo solo fare i conti con lo stesso incubo ogni notte: ancora e ancora nella mia mente si riproducevano senza sosta le urla di Manda ed i visi terrorizzati di lei, papà e Gari. Un incubo senza fine dal quale non riuscivo a liberarmi.
Era colpa mia del resto...
Ma riuscivo a nascondere la frustrazione agli occhi degli altri. In fin dei conti era roba solamente mia, troppo cruda e devastante da condividere con altri bambini che già mi guardavano storto perché ero la "novellina pallida, sola e disagiata".
Mi sentivo sola, è vero, ma la mia solitudine era diversa e non poteva essere colmata dall'amicizia. Era qualcosa che andava oltre, che non avrei potuto mai riavere indietro.
Una parte di me era totalmente andata con Gari, mio fratello gemello, il mio cuore e complice.
Quando guardavo i fiori del cortile riuscivo a mantenere la calma, evitando di causare incidenti spiacevoli. Se già ero trattata come un'emarginata e vista come la stramba di turno, figuriamoci se avessero saputo dei miei poteri. 
Decisi di non rivelare nulla a nessuno, e quando potevo mi esercitavo in bagno nei 15 minuti a mia disposizione: controllare quell'evanescenza era indispensabile.

Anche Lenora si curò di illustrarmi i ritmi della clinica: non erano ammessi ritardi a lezione o ai check up, NO ai comportamenti eccessivi ed era vietato infrangere le regole disposte a rispetto di pazienti e ambiente. Era categorico, oltre che impossibile perché sotto sorveglianza, accedere all'ala ricovero degli adulti.
 Dovevamo solo pensare a fare il nostro dovere di bambini e guarire.
 Si ma... Guarire da cosa?
 Era un pensiero che mi balenava in mente da troppo tempo ed approfittai del mio check up del giorno dopo per parlare con Lenora.
 Avevamo raggiunto una certa confidenza, ma lei non si lasciava andare oltre un certo limite, però trovavo divertente salutarla chiamandola 'Signora Lenora', appellativo in grado di ferirla dentro ed al quale reagiva come se venisse investita da una fredda e vorticosa folata di vento.
  Non mi capitava di essere visitata spesso e per troppo tempo, perché mi ero ripresa bene dalla disidratazione e dalla stanchezza di quei giorni, i miei erano più che altro piccoli prelievi di controllo per verificare eventuali squilibri chimici.
 Rimasi seduta sul lettino del laboratorio, facendo peso sulle braccia tese dietro di me mentre dondolavo i piedi.
 "Se sto così bene come dite, perché non posso tornarmene a casa da mia nonna?" le chiesi sovrappensiero e curiosa.
 Lei mi guardò, il riflesso dei suoi occhiali si spostò concedendomi di fissarla dritto negli occhi. Poi mi disse: "Vedi, Ariadna, non esistono solo le malattie del corpo, ma anche quelle della mente. Curare quel tipo di ferite del è difficile, occorre tempo e tanta forza di volontà."
 Mi lasciai sfuggire un'espressione un po' corrucciata in segno di disappunto... Volevo tornare da mia nonna Dana-Dana, a casa mia nel mio albero azzurro. 
 Perché dopo quelle settimane non era ancora tutto apposto?
 Poi continuò: "Non puoi tornare a casa fin quando non avrai imparato ad accettare la tua sofferenza, altrimenti farai soffrire anche tua nonna."
 Si avvicinò a me e dandomi una carezza asserì: "È successo ormai, era destino che andasse così."
  Non replicai, rimasi in silenzio a riflettere su quell'ultima frase. Era destino, eh?
  Gran bel destino di merda il mio, allora!
"Un giorno lo capirai, niente accade mai per caso." Concluse prima di lasciarmi nelle mani degli infermieri. "

Trascorsero, quindi, altri 28 giorni tra lezioni e attività varie.
Tutto sommato ci stavo bene, il sabato e la domenica avevamo perfino i dolci!
Due volte a settimana incontravo Lenora per la terapia perché diceva che parlare è la medicina migliore per i problemi come il mio. In effetti un po' stava funzionando, un po' no, si alternavano notti da incubo (letteralmente) e notti serene.
Nel tempo libero mi nascondevo in bagno per esercitarmi con i poteri del frutto Zeno-Zeno: avevo imparato a controllare l'evanescenza per farla apparire quando desideravo, e sapevo come assorbire l'energia. Era tutto un continuo work-in-progress, e funzionava a dovere solo se ero calma. Ma nessuno, nessuno. Doveva saperne nulla.
Lenora mi aveva anche regalato un libro dal titolo 'Di Destini e Vibrazioni', del quale mi colpì particolarmente una frase che recitava: "Le coincidenze sono il sussurro che tradisce il legame tra il possibile e l'inevitabile."
 Forse stavo cominciando a comprendere il significato di quanto mi disse, che niente accade mai per caso, il perché è da scoprirsi solo vivendo. Tutto funziona tramite un meccanismo sottile al limite tra scelta e casualità dove l'unica certezza è che ogni cosa ha un senso che è ciò che deve essere, anche se fa male o sembra assurdo.
 Non riuscivo, tuttavia, a capacitarmi di come i miei ultimi giorni sull'isola Gold potessero stravolgere la mia vita... Ma lo avrei scoperto, prima o poi.
 Il libro affermava anche che se si pensa e si agisce in positivo, si producono vibrazioni in grado di influenzare positivamente gli eventi, viceversa con la negatività.
 Ogni cosa, ogni persona, ogni emozione ha una vibrazione diversa.
 Grazie a questa lettura riuscii a dare un significato alle mie sensazioni, soprattutto ai primi momenti dopo aver morso il frutto: tutto quello scompiglio mentale, quelle ondate di alti e bassi, quelle percezioni così intense, le avevo perché potevo percepire l'energia delle persone, degli animali... Proprio come accadde mentre stringevo la mano a Gari per l'ultima volta... Quegli istanti tornavano a tormentarmi di notte...

A parte questo, quel giorno avremmo festeggiato il compleanno di un bambino, uno di quelli che con me e Mila non voleva averci a che fare per chissà quale ragione.
Era mercoledì, ed in via del tutto eccezionale, lo staff del reparto preparò una deliziosa torta alle ciliegie ed allestì un tavolino con tanto di palloncini che fecero da bel quadretto alla nostra foto di gruppo.
Mila si era allontanata per prendere le sue medicine, non sapevo quali, ci era stato proibito di parlare e raccontarci della nostra salute, o saremmo stati puniti.
Il "party" si svolse in cortile.
Mentre aspettavo mi sedetti sulla panchina accanto all'albero di limoni, a guardare i fiori delle aiuole, distratta dagli altri che facevano gruppetto. Ad interrompere il mio essere sovrappensiero, fu un garrito proveniente dalla recinzione. 
"Ti sei incastrato? Lascia fare a me, ti aiuto io!" Un gabbiano, con splendenti piume bianche, si era accidentalmente incastrato con una zampa tra le giunzioni della ferraglia; con fare delicato, per evitare di ferirlo, divricai di poco il ferro. 
"È fatta, sei libero adesso!" Gli dissi. 
Per quanto stupido possa essere, sembrava capire ciò che dicevo, tant'è che fece un piccolo inchino col capo come per ringraziarmi.
"Va, sei libero ora!" gli intimai, ma sembrava non volerne sapere. Mosse le ali, aprendole un po', come se avesse voluto dirmi qualcosa.
"Tu che sei libero, adesso vola!" gli sussurrai facendogli una carezza sul lungo becco attraverso la recinzione.
Ma zero, era ancora fermo davanti a me.

                                             •Fine capitolo*




Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il piano di sotto ***


Continuai a guardare il pennuto esterrefatta: "Cos'è, sei ferito e ti vuoi ricoverare per caso?!"
Garrì ancora una volta, spiegando le ali, facendomi sobbalzare indietro per la sorpresa.
Sembrava volesse dirmi qualcosa che io purtroppo non riuscivo a capire; si fece poco più avanti, a separarci c'era solo la recinzione, cercando di infilare il becco attraverso gli spazi liberi. Mi venne automatico carezzargli di nuovo il becco: "Qui non è per te, devi essere libero!"
Nel toccarlo, inaspettatamente, la mia mano si illuminò e tutto sembrò essermi tanto chiaro quanto quell'evanescenza azzurra: percepivo positività in lui, leggerezza!  Probabilmente era contento di aver ricevuto aiuto da parte mia, al punto tale che le nostre vibrazioni sono entrate in risonanza creando il bagliore.
Dovevo ancora controllare a pieno le mie capacità, del resto nel mio stato non era affatto semplice. Ma ciò che accadde sembrava quasi magico!
Non so perché, sentivo solo di doverlo fare, ma decisi di affidargli una cosa: dopo essermi guardata attorno per evitare sguardi indiscreti, presi un bel respiro, chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi il più possibile; unii le mani per creare un flusso continuo di energia, focalizzai in maniera nitida ciò che desideravo, ciò che dovevo avere. Cominciai ad avvertire un piccolo formicolio caldo nei palmi delle mani: era il momento!
"Seeker!"
Aprii gli occhi e distanziai le mani: pian pianino una piccola sfera luminosa ed azzurrina iniziò a prendere forma, c'è l'avevo fatta!
"Tu sei libero gabbianello, vola e porta questa con te, lei saprà dove andare!"
Porsi la palletta energetica al gabbiano, che l'accolse nel suo becco. Mi rivolse uno sguardo intenso e volò via.
Rimasi accovacciata accanto alla ringhiera, con il braccio sinistro ad abbracciarmi le ginocchia e la testa poggiata su di esso; continuavo a fissarmi la mano, soddisfatta.

"Che cosa stai facendo?!" Urlò una voce familiare alle mie spalle.
Mi voltai di colpo, colta completamente di sorpresa. Maledizione, ero stata scoperta!
"Non te lo chiederò un'altra volta, che cos'era quello?!" era Akki, il ragazzino arrogante dai capelli verde foresta. 
Essere stata beccata chissà quali conseguenze poteva portarmi. Sarei stata di certo etichettata come quella da evitare 'definitifamente' , dagli altri almeno, per il resto non osavo immaginare come avrebbe reagito Lenora... Andai nel panico.
Tentai di mantenere la calma, evitando i pensieri negativi a suon di 'inspira-espira'.
"Che cos'era quello, oh!?" domandò ancora con insistenza lui. Eravamo a circa tre metri di distanza, aveva gli occhi spalancati, le mascelle letteralmente a livello terra e mi indicava con il dito a mezz'aria.
"Un...Gabbiano, no?" sorrisi falsissima io, supplicando forze maggiori di poter smettere di sudare freddo e scappottarmela.
"Tu...Tu...Ahh." borbottò spazientito a denti stretti dopo aver abbassato l'indice.  
Wow, cosa avrei dovuto essere? Stranita? Incuriosita forse?
Non proferii parola
Con un movimento rapido si voltò, lasciandomi come un'idiota, e si avviò con passo pesante.
Uno...Due...Tre...Quattro...Cinque passi prima di fermarsi: ma che diavolo...?
Rimase lì impalato, coi pugni stretti, e senza guardarmi mi disse: "Non ti avvicinare troppo alle reti." infilò un dito al di sotto del suo collare, tirandolo verso l'esterno "O questi inizieranno a suonare!"
Risposi con un semplicissimo e perplesso "Eh!?" venendo totalmente ignorata.
Ma cosa stava a significare? 
Che fosse un altro dei suoi scherzi?
Ma nonostante tutto era l'ultimo dei miei problemi, si sarà bevuto la mia bazzecola sul gabbiano?
"Ehiii, Ari-Ari!" Sentii chiamarmi da Mila che mi veniva in contro.
Fra mille domande, mantenni il silenzio, ed andai a 'godermi' assieme a lei il resto della festa.
[...Ciò che non sapevo, era che anche qualcun altro aveva assistito a quella scena...]

Occupai di nuovo il mio posto sotto l'albero di limoni, riprendendo la lettura del mio libro.
Fare bizzarri e ridicoli giochini da poppanti non era da me, e probabilmente neanche dal bambino-foresta che se ne stava seduto per terra in disparte sovrappensiero.
Non che fosse realmente sovrappensiero, credo, sembrava più un pensieroso-arrabbiato come se avesse voluto dar fuoco a qualcosa. Che fosse collegato alla scena di prima?
Boh, me ne tenni alla larga del parere che fosse meglio aspettare la mia ultima ora con speranza e faccia da paraculo.
Mi immersi totalmente nella lettura, o almeno ci provai, di qualche paragrafo. Per essere più precisi, è meglio dire 'ri-lettura': erano i paragrafi sull'attrazione di materia i cui campi vibrazionali entrano in risonanza perché vibrano alla stessa frequenza. 
Avevo creato il 'seeker' apposta per testare e verificare questo principio, incanalando in esso parte della mia energia. Se avesse funzionato avrei attratto qualcosa in risonanza con me, altrimenti ehm, niente... Non avevo caricato la sfera con intento di esplodere, su quello avevo ancora molto da imparare.
"AHIA!" fui distratta da un lamento, seguito da un chiassoso piagnucolio: era Mila che era inciampata giocando. Subito le corsi appresso. Eravamo amiche, questo era certo, ma per me era inevitabile considerarla anche come una sorellina minore visto i suoi atteggiamenti infantili.
"Dai, non piangere! Ti sei solo sbucciata un ginocchio, non è niente di che!"
Soffocò le lacrime e coprì il graffio pressando con le mani, le sorrisi di rimando.
Noi bambine del Sanatorio del Sogno, indossavamo una vestina bianca. Da bravi lettori ora v starete chiedendo il perché di questa affermazione... Ebbene: ero chinata davanti a Mila, la quale era seduta per terra con una gamba flessa e l'altra distesa, essendo più piccola non dava importanza a cose come sistemarsi la gonna in mia presenza. Ma notai un particolare, anzi, due particolari: nella parte interna della sua coscia aveva due lividi.
Mi sembravano familiari, un po' come quelli che mi si creavano dopo che Gari mi dava pizzichi.
Per quanto potesse sembrarmi strano per una serie di lunghi motivi, decisi di non dare peso alla cosa.
Ma poi..."Ehi tu, bambina lentiggine, ti togli di mezzo oppure no?"  disse un ragazzino robustello e con una cresta castana.
"Qual è il tuo problema, non vedi che Mila si è fatta male?" risposi io alzandomi. Se cercava rogne ero pronta ad assecondare il suo desiderio. Mi trovavo al Sanatorio da tantissime settimane, abbastanza da aver capito che con alcuni di loro proprio non potevo e non riuscivo ad andare d'accordo. Beh, senza contare il fatto che ero quella strana e 'la preferita della dottoressa Lenora'.
"Togliti di mezzo ho detto, tu non sei gradita qui, bambina lentiggine." ringhiò portandosi a pochi centimetri dalla mia faccia.
Non avevo la ben che minima intenzione di dargliela vinta: "Che c'è, vuoi prendermi a pugni per caso?" 
Giustamente, il mio tono di sfida venne accolto a braccia aperte: senza farselo ripetere due volte ed approfittando della security distratta dalla festicciola, il ragazzino caricò un pugno.
Presi un bel respiro, consapevole di non poterlo evitare in alcun modo.
Non avevo paura, avevo passato momenti peggiori.
Furono pochi secondi.
Il colpo produsse un rumore quasi sordo, pelle contro pelle. Spalancai gli occhi.
"Oh, lascia stare!" era quello dai capelli verdi, Akki, aveva bloccato il pugno con il suo palmo. Wow!
"Non ti immischiare, Akki!" Ruggì quello.
"Ho detto di smetterla." il verde lo guardò truce, talmente tanto che il ragazzino con la cresta obbedì.
A quanto pare Akki, ed era una cosa che avevo già riscontrato, aveva una certa reputazione nel reparto di pediatria. Una sorta di capetto fra i bulli, a cui tutti facevano la corte.
Più che andare d'accordo, ci eravamo sempre scontrati sin dal primo istante in cui avevo messo piede nel Sanatorio. Ogni tanto lo guardavo da lontano, sembrava uno tosto che sapeva il fatto suo, uno energico e con un bel caratterino. Mi domandavo come mai fosse lì, un po' come me lo domandavo per tutti gli altri che non avevano patologie evidenti.
Strano che avesse fermato uno del suo gruppo, infondo non ci eravamo mai rivolti la parola se non per litigare. Dovevo chiarire!
Riportai però la mia attenzione su Mila, le porsi una mano per aiutarla a rialzarsi: "Mila, va a farti medicare il ginocchio, potrebbe infettarsi!"
"Mh!" mi fece accompagnando con un cenno del capo mentre si avviava.
Ne frattempo lo spettacolo 'aizza lo scemo contro l'emarginata' si era concluso, lasciando scoperto il cortile.
Era rimasto solo Akki con me e per giunta mi dava le spalle.
Spaccai io stessa il ghiaccio: "E questo cos'è, eh?"
Lui non mi rispose, né si voltò. Bastava così poco a farmi perdere le staffe?
Dovevo restare calma, quindi optai per una spintarella anziché per una sfera esplosiva: "Prima non mi sopporti e poi mi aiuti, vuoi avere l'esclusiva del primo pugno o cosa?" Dissi a braccia aperte.
Non si sprecò neanche quella volta, tuttavia mi afferrò per un polso trascinandomi dietro un cespuglio di margherite gialle. Si sedette, portandomi giù con sé.
"Ma che diamine!" dissi scocciata io non capendoci nulla.
"Tieni un profilo basso!"
"Cosa?!" Urlai io incredula, sempre più confusa.
"Ho detto tieni un profilo basso, e -shh- sta zitta, non strillare!" replicò portandosi un indice davanti alla bocca. 
"Va bene, va bene!" Nemmeno so perché, lo assecondai abbassando il tono.
Eravamo col sedere per terra e lui si guardava intorno con fare sospetto per assicurarsi che nessuno fosse nei paraggi.
"Non dare nell'occhio è fondamentale per quelli come noi. Per questo non buttarti nei casini!"
"Non capisco ma cosa inte-AHH!"
"SCEMA TI HO DETTO DI FARE SILENZIO!"
Mi saltarono letteralmente fuori gli occhi dalle orbite, le mascelle arrivarono a toccare terra e la lingua era impalata. Non potevo credere a quanto avevo appena visto, come poteva pretendere che facessi silenzio?!
Letteralmente, e dico dannatamente letteralmente, la terra di fronte a me si era mossa deformandosi in degli spuntoni. 
Sicuramente era un'altra di quelle strane visioni di cui avevo parlato a Lenora, che diceva fossero provocate dal trauma subito.
"Quelli come noi non sono al sicuro qui!" disse lui continuando a tirarmi per farmi riprendere lucidità (o magari sconcertato dalla mia faccia da fumetto).
Quelli come noi? Quindi... "Quella volta... Quella volta col gabbiano tu mi hai vista!"
"Si, è così." Confermo sedendosi a gambe incrociate e mani conserte.
"Tu...Ma come...!?" balbettai.
"In un giorno di fame mangiai il frutto Rock-Rock, e da quel momento ho acquisito la capacità di controllare la roccia."
"Ma perché tu..."
"L'ho fermato perché sospettavo potessi perdere il controllo, nessuno qui dentro deve saperlo." Mi guardò intensamente, trapassandomi coi suoi occhi verdi. Era chiaro che non era uno scherzo.
Ingaggiammo, quindi, un discorso più serio. Ero curiosa di approfondire la faccenda, ma lo era anche lui.
"Tu cos'è che sai fare?" Mi chiese con gli occhi luccicanti, come se avesse appena visto un robot.
Mi lasciai sfuggire una risatina, percepivo del positivo in lui, aveva un'espressione così buffa in quel momento! "Ahahah, sei buffo!" Concentrai le energie nel palmo della mano fino a creare una piccola sfera azzurra dal diametro di pochi centimetri; la manipolai fino a farle raggiungere la cresta rocciosa creata da lui prima, e poi la rilasciai speranzosa che l'esplosione non fosse esagerata.
Fortunatamente, me l'ero cavata! "È una lunga storia... Il frutto Zeno-Zeno mi permette di manipolare le fonti di energia." Ingoiai un respiro: "Ma perché dici che nessuno qui deve saperne niente?"
Quasi non feci in tempo a concludere, notai Akki completamente perso e affascinato da quel piccolo bagliore esplosivo. Le stelline nei suoi occhi iniziavano a diventare inquietanti...
Lo scossi feroce a denti aguzzi : "E piantala di fare l'idiotaaa!"
Si riprese, tessendo un po' e sistemandosi la magliettina bianca "Ehm si...Dicevi?"
"Dah... Perché nessuno deve sapere dei nostri poteri?" 
"Qui non è come pensi che sia, se qualcuno ne venisse al corrente ci manderebbero dritto dal dottor Ombra!"
"E chi sarebbe questo 'dottor Ombra?'" ricalcai il nome.
"Non lo so neanche io... So solo che è così! Accadono brutte cose a quelli che finiscono da lui al piano di sotto...Alcuni non sono mai tornati..."
Confusione. Si era creata troppa confusione e non riuscivo a mettere insieme i pezzi.
"Akki, non capisco! Parti dall'inizio!"
Inspirò ed espirò lentamente, tenendo la sua posizione composta e preparandosi a raccontare: "Ero esattamente come te quando sono arrivato qui otto mesi fa: spaesato e totalmente fuori luogo. Ma questo posto, per uno come me, rappresentava la salvezza e me lo feci andare bene: avevo un tetto sulla testa, cibo caldo, cure e nuovi amici...Ma non ci è voluto molto per accorgermi che qualcosa non andava per costringermi a tenere nascoste le mie capacità."
Lo ascoltavo attentamente, le sue parole sembravano accennare a saziare la curiosità nata in me in quelle settimane. Non era mia intenzione interromperlo, quindi gli lasciai proseguire il suo discorso: "Non mi quadrava la questione dei collari prima di tutto, me l'ero quasi bevuta la storia dell' controllo della pressione. Nel frattempo notavo cose strane... I bambini andavano e venivano in continuazione, alcuni invece andavano e basta, senza tornare... Era strano! Ad alimentare i miei dubbi fu un uomo mai visto, spalancò le porte del cortile e corse come un forsennato verso la recinzione per scavalcarla. Iniziò ad arrampicarsi venne come folgorato da qualcosa nel collare. La dottoressa Lenora lo raggiunse, accompagnata dalla sicurezza, e lo portarono via." Fece una pausa.
Intervenni: "Beh, magari era un uomo violento ed avevano preso precauzioni, no? Poi è normale che qualcuno guarisca e che altri vadano a fare visita ai propri familiari!"
Scosse la testa: "No, no Ari-cosa!"
"Ariadna, il mio nome è Ariadna, capito testa d'albero!?" dissi irritata.
Di tutto tono lui non si placò mica: "Testa d'albero a chi!? Bambina lentiggine!"
"Chiamami ancora cosi e giuro che ti...AHH!" diamine, dovevo proprio calmarmi. " Lasciamo perdere, andiamo avanti prima che ci scoprano!"
"Hai ragione... Ehm, dicevo: secondo te perché mai un ospedale ha le sbarre alle finestre e le recinzioni? Perché ci tengono qui anche se non siamo malati? E chi è quel pazzo che folgora un paziente? Come mai veniamo minacciati di essere puniti se parliamo del nostro quadro clinico agli altri? Perché il collare suona se siamo troppo vicini alla rete? Non credo che gente con una lussazione debba stare qui per mesi e mesi... Non pensi sia strano?!"

Tutte quelle domande accesero un fuoco nella mia mente: effettivamente, a considerare ogni singolo caso, tutto sembrava fin troppo strano. 
"Scommetto che anche tu hai notato i segni sulla tua amica prima, ne avevano anche altri bambini... Per fino io!"
"Beh, siamo ragazzini, ci capita di farci ma..." Fui interrotta.
"No! Non trovare scuse, io non mi faccio male. Chi aveva quei segni, me compreso, non è così distratto come quella ragazzina. Qualcosa non quadra in questo posto, l'ho sempre saputo!" Si mordicchiò un'unghia, forse preso dal rielaborare i suoi pensieri. "Quel tizio...Quel tizio era terrorizzato, farfugliava di vedere delle cose... Così ho iniziato ad indagare."
"E cosa hai scoperto?"
"Che esiste un piano di sotto!"
"Un piano di sotto?"
"Mh,mh!" fece in segno d'affermazione. "Proprio sotto di noi. Il pavimento è fatto di cemento armato quindi mi sono aperto un varco per poter seguire Lenora fin lì. Tu non immagini neanche... I secondi più lunghi della mia vita, fanno delle cose lì sotto...Non so esattamente cosa si preciso, ma lei li consegna ad uno che chiamano 'dottor Ombra'. Lui fa qualcosa... Qualcosa nelle loro teste prende vita senza che loro lo sappiano..."
"Akki, inizio a non seguirti più...Vuoi dire che li torturano?" La cosa stava prendendo una piega decisamente creepy e squallida, roba da non credere.
Probabilmente era notte e stavo avendo un altro dei miei attacchi, magari ero sotto sedativo e stavo sognando qualcosa di oltremodo creativo e fantasioso come un ospedale pieno zeppo casi umani poco umani.
Cominciai ad agitarmi.
Strappai delle margherite dall'aiuola dietro la quale ci eravamo imboscati, le strinsi forte tra le mani e chiusi gli occhi. Secondo Lenora amava bene focalizzarmi su un ricordo positivo e fare esercizio respirazione profonda.
Testa d'albero rimase lì, non me ne curai: non potevo pensare sia a lui sia a gestire il mio attacco... Insomma, sono una sola io!
"Ehi ma...Che succede ai fiori?" Domandò Akki perplesso ma non poi così stupito.
Riaprii gli occhi.
Avevo provato svariate volte coi fiori, avevo deciso che la situazione sarebbe stata sotto il parametro di controllo se non avessi prosciugato la loro energia vitale. "Si...Si...Ehm, scusa..." 
Lancia bizzarramente le povere margheritine nel cespuglio: il cadavere andava certamente occultato!
"Accade, a volte... Cioè, solo quando mi agito troppo. Ma diciamo che infondo Lenora non è poi così male."
"No Ari-cosa! Lei non è così male, hai ragione, lei è il male! Non fidarti di quella dottoressa, non è affatto come sembra, credimi!"
"Sembri piuttosto serio, posso percepire del buono in te, quindi ti credo testa d'albero. Se è come dici, sta accadendo qualcosa qui, dobbiamo scoprire cosa!"
"Ti avverto, non sarà facile..." Si voltò, notando Mila di ritorno dall'infermeria e si rimise in piedi. "...Sta in guardia e da in modo che nessuno scopra il nostro segreto."
"Anche tu!" gli raccomandai.
Corse via, nel vederlo mi pervase un istinto curioso: "EHI AKKI! Siamo amici ora?"
Rallentò fino a fermarsi, si voltò di profilo ed alzò sorridente un pollice all'insù.
Avevo un nuovo amico: Akki!

Passarono altri ordinari giorni lì nel Sanatorio del Sogno, settimane ed addirittura mesi.
Avevo due amici fantastici e nel tempo libero (se così si può dire!) io ed Akki cercavamo di spronarci a vicenda, non sapevamo bene come fare per migliorare l'utilizzo dei nostri poteri visto che non potevamo utilizzarli in pubblico. Non avevamo fatto granché progressi nelle nostre indagini, ultimamente c'erano troppi infermieri di mezzo e non avevamo la più pallida idea di dove saremmo sbucati se avessimo aperto un buco nel muro.
Eravamo, quindi, bloccati. Per sino fare domande in giro agli altri bambini era rischioso, non potevamo fidarci di nessuno.
Le mie sedute con Lenora, nel periodo più recente, avevano più bassi che alti e non riuscivo a smettere di cadere vittima di attacchi; diceva sempre che dovevo rievocare il trauma per capire le emozioni che mi suscitava. Avrebbe funzionato?
Non sapevo cosa farmene di tutta quella rabbia, angoscia e frustrazione.
Provavo a sfogare come meglio potevo, non era raro che soffocassi il pianto nel cuscino o sotto la doccia. 
Oltre che alle margherite e ai cuscini, avevotrosto un'alternativa quasi valida: le pulizie.
Pulire per me era come rilasciare una scossa nel terreno, sola andata. Spolverare e lavare mi aiutava a tenere in ordine i pensieri. Per Lenora era un meccanismo di proiezione: inconsciamente mi sentivo macchiata da tutto quel senso di colpa, quindi ripulire e raddrizzare mi faceva sentire più in pace. Beh, a quanto pare a Mila non dispiaceva, quella bambina era disordinata tanto quanto mio fratello Gari!
Ahh, quanto mi mancava Gari...
Nel frattempo mi impegnavo a scuola e proseguivo la ri-lettura di quel libro sul destino, chissà il 'seeker' che fine aveva fatto!
Avevamo compiuto anche gli anni: io 13, Akki 15 e Mila 11.
Mille domande continuavano a frullarmi nella mente, e se da una parte ero letteralmente perseguitata dai fantasmi del mio passato, se continuavo a trascinare dentro e fuori quella zavorra chiedendomi dove fosse e come stesse nonna Dana-Dana, dall'altra ero felice di essere rinchiusa al Sanatorio.


                                                         *Fine capitolo*

E buongiornoooo!
Chissà cosa accadrà a quei tre adesso!?
Sto provando ad essere meno descrittiva per accorciare i tempi, cerco anche di agglomerare più argomenti in un'unica "scena", con la speranza di non risultare troppo caotica o altro.
Fatemi sapere cosa ne pensate ❤️

Tra due capitoli il primo grande incontro con Law!😁✨
     


Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** PARTE 1: There's always a way out ***


Ogni sforzo fatto da me ed Akki per scoprire i segreti del Sanatorio era stato inconcludente.
Già una volta lui aveva rischiato grosso, avremmo dovuto trovare un'altra maniera.
Avevo fatto richiesta a Lenora di anticipare il nostro solito incontro: non ero sicura di potermi fidare di quella donna, ma era l'unica a comprendere e avere soluzioni ai problemi legati al mio trauma ma que giorno avevo deciso che poteva essere un ottimo escamotage per strapparle qualche informazione.
C'era qualcosa in lei che non potevo percepire, quando mi stava vicina mi sentivo così calma: il mio cuore batteva lento, come se non fosse più costretto a portarsi appresso quel peso a cui ero legata, mi faceva sentire in pace e rilassata con una semplice carezza.
In quei mesi mi era stata parecchio d'aiuto aiutandomi a rimettere insieme qualche pezzo: del resto era grazie al suo lavoro terapeutico che avevo potuto gestire i miei attacchi e imparare a padroneggiare sempre più i poteri del frutto Zeno-Zeno.

Purtroppo avevo fallito! Tornai da Akki al nostro covo: l'aiuoletta di margherite nel cortile! Lo so, un covo che neanche il Germa66 aveva, ma era pur sempre qualcosa visto che gli altri bambini ne stavano lontani... Bambini poi, ormai quelli di noi che erano rimasti erano i più piccoli, chi aveva compiuto già 17anni non c'era da un bel pezzo (un altro mistero su cui indagare!).
"Oh! Beh, hai scoperto qualcosa?" Chiese lui.
"Macché! Questi sanno tenerseli proprio bene i segreti! In compenso mi ha dato delle gocce naturali per calmare lo stress e le visioni."
Inarcò un sopracciglio, dall'alto della sua posa a mani conserte: "Oh, quantomeno la smetterai di dire che tutte le cose brillano quando ti giri perché ti sembra di avere qualcuno alle spalle!"
"Piantala! È così: ogni cosa ha una luce diversa, anche tu!"
"Ari. Ma è una cosa che vedi solo tu ogni tanto..."
"E quindi? Non significa che non sia vero!"
"Si, ma oh, lo sai che..." si cucì immediatamente la bocca, consapevole di star per dire qualcosa di sbagliato. "Vabè, mi aspettano per il solito prelievo, vado!"
Lo lasciai andare senza dir nulla. Diamine se mi faceva innervosire quella testa d'albero!
Certo volte proprio non lo capivo, come adesso; altre invece si comportava in maniera strana come quando lo beccavo di sottecchi a guardarmi tutto rosso in viso. E poi ancora quando cercava di smollare a me suoi waffle della domenica senza un perché. Bah, ma vallo a capire! Ce l'aveva per vizio a lasciare le cose a metà, mi ci stavo abituando. Mi piaceva Akki, era il mio migliore amico e per certi versi mi ricordava mio fratello Gari. Passare il tempo con lui a fare i detective mi faceva star bene, sapevo di poter contare su di lui, non avevo dubbi.
Diverso era per Mila, la mia sorellina maldestra. Mila e Akki, la mia nuova bizzarra famiglia da ospedale!
Restai seduta laggiù ancora un po', ridendo fra me e me per quella volta in cui Mila aveva fatto le treccine ad Akki mentre dormiva, il suo risveglio fu una scena divertentissima!
Ma qualcosa, un garrito in lontananza, sbiadì quel siparietto: alla grata di fronte a me c'era un gabbiano che sembrava voler attirare la mia attenzione.
"Ma sei tu!" esclamai. Non c'erano dubbi, era proprio il gabbiano di quel giorno!
Corsi da lui, senza dare nell'occhio, e mi chinai per poterlo salutare con una carezza sul becco: "Penso che siamo amici ormai, quindi ti chiamerò Aslok! AHH-DAH!" rimasi totalmente di sasso nel vederlo spiccare il volo, ma non quanto quando lo vidi planare alto nel cielo mentre lasciò cadere un oggetto. Miseriaccia, nulla di strano se non fosse che l'avevo schivata per miracolo visto che aveva mollato la presa proprio sulla mia testa.
Volò via, rivolgendomi un garrito mentre si allontanava.
Sorrisi e poi subito raccolsi l'oggetto portandolo con me lontano da occhi indiscreti al covo, dove le foglie mi avrebbero coperta.
Mi accovacciai e iniziai ad esaminare: si trattava di una bottiglia in vetro verde, sicuramente ormai opacizzata e levigata dal mare, al suo interno vi era arrotolato un foglio; curiosissima aprii e ne vuotai il contenuto che lessi senza esitare prendendomi il mio tempo: "Ma...Oh no, non dirmi che...NON DIRMI CHE!?.." 
I miei occhi diventarono lucidi, ma fui capace di trattenere le lacrime per la gioia: il mio seeker, era sicuramente stato grazie a lui, dannazione si, aveva funzionato ed il libro di Lenora aveva avuto ragione!
"Stupida ragazzina, ma che ti salta in mente?!" Persi un battito quando, dalla porta di ingresso al cortile, sentii un gran casino: Mila era stata accerchiata dai soliti bulletti perché, distratta com'era, aveva inciampato trascinando per terra anche il ragazzino di fronte a lei.
Dovevo andare a difenderla, pertanto misi da parte la lettera con la bottiglia nascondendole in mezzo ai cespugli e mi avviai a prendere le sue parti.
"Ma guarda, ovviamente non poteva mancare la tua amica sfigata!" Ringhiò la 'vittima' nel vedermi, generando una risata fra i suoi complici.
"Lasciatela stare!Solo gli idioti fanno gruppo per una scemenza del genere!"  esordii io.
Di tutta risposta, dal solito scontroso con la cresta bruna ricevetti una spinta tanto forte da farmi indietreggiare. 
Fui afferrata per le braccia da chi era dietro di me, ma il mio divincolarmi fu vano. Merda.
"Ari-Ari!" Esclamò Mila intimorita e preda di grossi lacrimoni.
"Sai bambina-lentiggine noi abbiamo una faccenda in sospeso!"
"Sai, se tu avessi tanti neuroni quanto io lentiggini, a quest'ora non saremmo qui a discutere!" Feci beffarda io. Non l'avrei mai data vinta ad un soggetto del genere.
"A...Ari ha ragione, lasciaci stare!" Prese coraggio la piccola.
Vidi chiaramente una vena rigonfiarsi sulla tempia del bullo, le sue mani si strinsero in pugni trasudanti irritazione e nervosismo: "Come ti permetti?..." 
Mi diede un calcio dritto nello stomaco, tanto forte che se non avessi avuto gli altri a tenermi ferma sarei caduta indietro.
"Ti faccio vedere io bastarda!" A quello ne seguirono altri, loro lasciarono la presa e mi ritrovai per terra accasciata: sentivo di dover vomitare l'anima, mi bruciava lo stomaco e avevo dolore in ogni dove, mi fischiavano le orecchie, faticavo addirittura a tenere chiara la vista mentre provavo a mettere a fuoco le gocce di sangue che si shiantavano al suolo precipitando dal mio naso.
"Ari...A..Ari!!" Continuavo a sentire Mila, disperata ed impotente.
"Adesso tocca a te, devi pagare per avermi fatto sporcare!" Fece lui rosso in volo dalla rabbia calcando sul fatto di avere viso, mani ed indumenti sporchi di polvere.
Mentre si allontanava da me, mi bloccai in un flash: scatti della tragedia di quel giorno, i colpi ed i rumori, tutto riprendeva vita di fronte a me ma in un luogo differente e con persone diverse.
Furono secondi: "Lasciala stare!"
Non potevo permettere che le facessero del male, ad ogni passo del bullo avvertivo la rabbia salire al pari dell'angoscia. Ancora una volta avevo peggiorato la situazione, ma non avevo tempo e modo di sperare in un aiuto, dovevo agire io e subito, perché la scena dell'isola di Gold si stava ripetendo.
"Guarda bene bambina lentiggine!" Il ragazzino con la cresta spinse Mila per terra, mentre un suo compare mi aveva sferrato un pugno alla spalla sinistra facendomi sobbalzare.
"Adesso scusati, stupida!" Gli impose lui.
Non c'era la sicurezza, stranamente, agivano liberi certi di questo.
La scena si stava svolgendo in cortile, davanti al largo portone in vernice grigia.
Ero sporca di sangue e la mia vestella era tutt'altro che bianca visto la polvere.
Non riuscii a resistere all'arroganza di quella spinta, non avrebbe dovuto toccare Mila ma distante un paio di metri per potermi mettere in mezzo. 
Mila, poverina, singhiozzando tra una lacrima e l'altra balbettava parole confuse cercando di scusarsi. Quel bastardo me l'avrebbe pagata cara.
Afferrò Mila per la veste, all'altezza delle maniche, tirandola a sé e caricano un pugno diretto alla sua faccia. Non l'avrei permesso: Dovevo. Fermarlo.
L'ira e la preoccupazione agirono per me facendosi strada nel male che sentivano le mie ossa: ancora a terra mi sfogai in un urlo, aprii la mano in un gesto repentino e spinsi via con forza una sfera azzurrina che investì il tipo.
La forza mi venne sicuramente da quel turbinio di emozioni ed era abbastanza da compattare la mia energia in un colpo che lo colpì fino a schiacciarlo contro la recinzione metallica con tanto di tonfo e rimbombo.
Quello si ritrovò k.o. senza neanche accorgersene, come una mosca, e sotto gli occhi scioccati e increduli di tutti i presenti.
Se era stata la scelta giusta? Sicuramente si, alle conseguenze avrei pensato poi per tempo... 
In quello stesso frangente entrarono dal portone Akki e pure quelli della sicurezza.
Il verde si guardò intorno quasi a cercare di ricostruire la vicenda ma il personale invece intervenne per me: ero confusa e dolorante, ed il colpo mi aveva prosciugato tutte le energie lasciandomi sul punto di perdere conoscenza da un momento all'altro.
Fui raccolta da terra e trascinata via.

*PIANO DI SOTTO- Qualche ora dopo*

"Mi sembrava di aver detto niente bugie."
Sentii una voce di sottofondo che mi giungeva ovattata dal ronzio nelle mie orecchie, mentre pian piano aprivo gli occhi: lentamente mi spostai istintivamente su di un fianco facendo poi freno con la mano, rivolgendomi verso la luce.
"Adesso alzati." disse ancora.
Misi a fuoco prima i fatti del cortile anziché la vista e nel frattempo mi portai a sedere: avevo male in ogni dove, maledizione.
A parlarmi, invece, era Lenora: era china e stava ritraendo la sua mano destra da me facendola passare tra le sbarre.
Sbarre? Non potevo crederci... "Dove mi trovo?"
Attorno a me il nulla, ero in una logora cella chiusa fra tre pareti, senza finestre e con solo un misero lettino costruito sul marmo alla mia destra; a due passi da esso un piccolo bagno cinto da una piccola copertura realizzata in acciaio.
Se ne stava in piedi a risistemarsi gli occhiali aldilà delle sbarre. Che fossi finita proprio al piano di sotto?! 
"Ti osserviamo da un po', ero certa che tu fossi speciale ed il mio unico rammarico è quello di averlo provato al Dottore solo adesso, ma non avevo altra scelta." Asserì con calma portandosi le mani in tasca.
"Cosa vorresti dire?" domandai io, e chi era questo famigerato 'dottore'.
"Ti avevo detto che mentire è contro le regole, adesso ti verrà impartita una punizione." Accompagnò questa frase con un ghigno: d'improvviso, nonostante il suo tono calmo, mi sembrò di trovarmi davanti una persona completamente diversa rispetto alla gentile dottoressa che mi aveva salvata, adesso appariva glaciale.
Mi rimisi in piedi: "Cosa hai intenzione di farne di me adesso?"
Fece qualche passo verso le sbarre che ci separavano e disse con tono lento e pungente: "Mamma morta, papà morto, fratello morto, ansie e allucinazioni post-trauma. Ti ringrazio per avermi svelato tutti i tuoi punti deboli."
Spalancai gli occhi soffocando un respiro non capendo dove volesse arrivare, tantomeno cosa aspettarmi; lei continuò: "Al Dottore piace giocare con persone speciali come te." Si voltò e dandomi le spalle mosse qualche passo per allontanarsi. Tirò fuori dal suo taschino un flaconcino: erano proprio le mie gocce calmanti! Me le mostrò, sventolandole a mezz'aria prima di posarle al centro del corridoio: "Prova a prenderle! Ti serviranno mentre starai qui, al buio." Rise un po' curandosi di sottolineare e scandire bene le ultime due parole 'al buio'.
Lei sapeva tutto di me, sapeva che il buio era uno dei miei più grandi terrori.
Iniziai a tremare per l'agitazione, non c'era spazio per le lacrime un quel momento, provavo solo rabbia e paura: me ne lasciai accecare completamente, perdendo il controllo. 
Corsi furiosa verso le sbarre afferrandole e tirandole a più non posso con tutta l'ira che avevo in corpo: "NO! PU****A!" urlai a squarciagola col volto devastato.
Camminava ignorandomi, ed io senza neanche pensarci raccolsi tutta la forza nelle mani cercando di colpirla con una sfera esplosiva.
"AHH!" Inaspettatamente una scossa elettrica mi folgorò scuotendomi da testa a piedi, impedendomi di lanciare l'attacco. Agganciai, dolorante e colma di rabbia, il collare con entrambi le mani, cercando di non tenerlo a contatto con la pelle perché sembrava soffocarmi. Un gesto disperato ed impossibile,mi irrigidii del tutto e caddi a terra battendo la testa.
"Ah quasi dimenticavo: divertiti con il tuo nuovo collare antipulci!" rise malefica Lenora da lontano.
Mentre perdevo i sensi per l'intensità della carica vidi le luci spegnersi, lasciandomi completamente al buio.
Fu lì che il mio incubo ebbe inizio.

Mi risvegliai, non so quanto tempo dopo, tutt'intorno era buio pesto e non ci vedevo ad un palmo da naso. Cercai di non farmi prendere dal panico, inspirando ed espirando pesantemente e con frenesia per la fifa, lasciando che i miei occhi si adattassero all'unico spiraglio di luce prodotto dai raggi lunari che passavano dalle sbarre di una finestrella, quadrata di nemmeno 20cm.
"-Grr-" un feroce ruglio proveniente dall'angolo della cella mi fece accapponare la pelle, mi si fermò il cuore prima che lacrime di inquietudine cominciassero a rigarmi le guance. 
"Nonononono!" Con uno scatto repentino mi aggrappai alle sbarre, ma spingere e tirare non sarebbe stata la mia via di fuga.
Non potei fare altro che piangere mentre un paio di occhi rossi uscivano fuori dalle tenebre.
Strinsi fortissimo il metallo fra le mani, annaspando per ogni boccata d'aria al di là da quelle, mentre il rumore dei suoi stivali blu mi cercava.
A Roubi era raccontato ai bambini che se si fa i monelli un orso nero come la pece e senza nome, alto almeno tre metri, lì avrebbe trascinati nelle tenebrose profondità delle miniere.Una storia che aveva alimentato la mia paura del buio costruendo in me un vero e proprio sistema di blocco tanto da costringermi a dormire nella stanza di Gari e con una candela sempre accesa e le tende mai del tutto chiuse.
Fu un attimo prima che le sue enormi zampe dotate di artigli mi trascinassero nell'oscurità.

Ancora e ancora, ogni giorno non smetteva di accadere la stessa identica cosa.
Ricordavo solo quella scena, circondata da incubi con i miei familiari morti.Cosa ne era del tempo restante? A parte i momenti in cui mi veniva portato del cibo, non avevo memoria di altro. Ma questo è qualcosa che riuscii a scoprire solo grazie ad un topo.
Ogni tanto, mentre mangiavo, appariva un topolino dal pelo grigio ed un po' sporco. Aveva delle piccole orecchie rotonde e rosa ed una codina giocosa. Un normale roditore avrebbero detto molti, ma per me non lo era affatto: avevamo familiarizzato (ma non così tanto!). Sembrava molto arguto, si presentava quando c'era da mangiare e non passava mai attraverso le sbarre per avvicinarsi quindi condividevo il mio pasto con lui attraverso quella linea. Ma qual giorno fu diverso, o almeno era quello che mi auguravo dal momento che avevo completamente perso il senno non riuscendo più a distinguere la realtà dall'incubo in cui ero intrappolata. Stranamente, venne verso di me e si lasciò prendere e carezzare: "Tu sei il mio unico amico quaggiù, io mi chiamo Ari-Ari!" 
Non potevo percepirlo per via del collare, ma mi pareva un bravo topo.
"Io non capisco lo squitt-ese, ma indubbiamente il tuo nome è Fuffy-Fuffy Pelo-Pelo."
Mi morse la mano. "Non ti piace? Facciamo Pelo allora! Pelo!" Ne sembrava contento, tant'è che fece qualche giro su se stesso in segno di approvazione.
Non potevo utilizzare i miei poteri, ogni volta che ci provavo mi ritrovavo k.o: il collare agiva tramite impulsi elettrici che si attivano all'incrementarsi dell'attività neurolettica, inoltre avrebbe fatto saltare la mia testa se avessi superato i confini del Sanatorio. Una vera e propria tortura parte del processo di annullamento della volontà che avevano attuato. 
Avevo quasi raggiunto il punto di non ritorno, mi sentivo letteralmente esaurita, la mia mente non reggeva più ed il mio fisico ne risentiva parecchio, volevo solo dormire.
Tutta quella paura mi stava dilaniando.
"Pelo, ho bisogno che tu le prenda per me,da bravo topolino!" Avevo bisogno di chimica positiva in me, per quanto mi riguarda ormai quelle gocce potevano anche essere scadute, ma io ne avevo bisogno. Dovevo scappare.
Solitudine, angoscia, terrore, disperazione...Erano il sale di quel mare in cui soffocavo.
"Da bravo Pelo, forza!" Il roditore riuscì, mi portò il flaconcino!
Ne presi qualche goccia, assaporandone il gusto amaro come con l'acqua nel deserto: era fatta! "Grazie piccolo!" gli dissi accarezzandolo.
Non so ben dire quanto tempo fu trascorso, ma a giudicare dai miei capelli lunghi ero cresciuta parecchio. Anche il mio corpo era cambiato, di fatti ne approfittai per nascondere la medicina fra i seni.
A differenza degli altri prigionieri impazziti nelle celle adiacenti, io avevo un minimo di lucidità in più. Quando dico impazziti, intendo proprio dire quello: gente che urlava, vaneggiava, si feriva...Un manicomio che aveva infierito fin troppo sulla mia sanità mentale.
Conobbi la reale follia solo in quel momento, quando io ed i miei 'problemi,' ci ritrovammo protagonisti e spettatori coscienti di quel delirio.

Finsi, nei giorni successivi, di essere incosciente e assertiva, prestando bene attenzione a razionalizzare il medicinale.
Dovevo trovare Akki e Mila e andarmene da lì, ma farlo senza sapere a cosa andavo in contro era...da folli!
Avevo pensato e ripensato ad un modo per fuggire, e per quanto fosse ilare la mia unica risposta restava la lettera nella bottiglia: si trattava di un ipotetico piano di fuga, in cui erano ben specificate tutte le fasi di una fuga perfetta; da chi era stato scritto?

~FASE 1: OSSERVAZIONE~ Passai due giorni intensi a scrutare l'ambiente circostante: giunsi alla probabile conclusione che il nemico possedesse un qualche potere in grado di controllare la psiche. Tutti erano mossi da qualcosa di spaventoso che nessun altro poteva vedere, facevano leva sulle nostre paure. Inoltre, sembravano tutti stanchi.
In preda ad una visione, uno aveva anche provato a mangiare il mio amico Pelo, per questo gli avevo detto di non avvicinarsi troppo alle sbarre.
Lo stavo addestrando, lui mi capiva ed andaanpmo d'accordo, era per me una fonte di speranza.

~FASE 2: ISPEZIONE~ c'era scritto che non bisogna mai e poi mai fare mosse avventate, bisogna sempre riflettere prima di agire e questo implicava avere coscienza dell'ambiente circostante. Durante la mia permanenza al piano di sotto, non avevo conservato memoria di quanto accadeva mentre ero incosciente la maggior parte del tempo. Fui assertiva nei confronti dei due uomini che mi scortarono in una sorta di enorme stanza fredda e luminosa.
Memorizzai bene ogni corridoio, ogni minimo dettaglio era indispensabile.
Affidai anche al mio piccolo amico peloso lo stesso compito: da che mondo e mondo, si sa che i topi trovano sempre una via di fuga, ed io mi fidavo di Pelo.

~FASE 3: PAZIENZA~ Ogni strategia che si rispetti richiede attesa, e così feci.
Ogni tre giorni, ognuno di noi prigionieri veniva portato in quella stanza.
Decisi di portare pazienza e stetti al gioco per altre quattro settimane e mezzo (credo), senza sapere come avrei potuto resistere un altro giorno.
Osservavo il tempo scorrere grazie a quella mini finestrella sul muro.
Razionalizzare il medicinale era diventato sempre più difficile, per cui ne conservai per le 'occasioni' più importanti.
Di giorno ero preda di tremolii ed ansie; di notte, inspiegabilmente, mi addormentavo per poi svegliarmi e ricordarmi solo del terrore provato. Alle volte temevo che anche il topo fosse frutto dei miei deliri, non riuscendo a distinguere realtà e fantasia.
Ad ogni modo, venivo prelevata e portata nella stanza, circondata completamente da mattonelle celesti lucide, come il pavimento. Alle mie spalle si chiudeva sempre un portellone blindato in metallo. 


Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** PARTE 2: There's always a way out ***


Fu lì che incontrai per la prima volta il dottor Ombra: un uomo alto ed estremamente magro che portava sempre un camice bianco e dei guanti in lattice arancioni (mi ricordavano quelli che mamma Manda usava per lavare i piatti!). Non so dire di che colore fossero i suoi occhi, portava sempre degli strambi occhiali scuri a forma di cuore. Aveva il naso lungo ed aquilino suppongo, era sempre coperto da una mascherina chirurgica. I suoi capelli erano ingrigiti, sparati a punta verso l'alto. Poteva sembrare un vecchio burbero, ma in realtà era inquietante e con una voce spettrale.
Riuscivo a ricordarmene perché quella volta ero lucida. 
Lenora si avvicinò a me, mi toccò, e iniziai a sprofondare in un sonno profondo.Oltre a ciò di quel dottore il mio unico ricordo era una porta: chiuse pollice ed indice della mano per formare un occhiello (👌🏻) puntandomelo in fronte, da una luce appariva misteriosamente una porta e lui vi entrava, poi il caos ed il vuoto con cui annegavo nella paura.
Una cosa però mi restava sempre impressa: l'idea di sapere ed essere capace di fare più cose. C'era qualcosa di oscuro in quelle persone, qualcosa che non avrei ancora potuto conoscere.

~FASE 4: PENSIERO~ Il piano scritto sul foglio era estremamente dettagliato sembrava fosse stato progettato apposta per me! Presi un paio di gocce ed iniziai a pensare a come adattarlo alla mia situazione, di cui feci il punto con Pelo. 
"Ma guardala! Parla ancora da sola questa!"
"Ne ho abbastanza di questi pazzi, mi serve proprio una vacanza!" Dissero due secondini di passaggio mentre passavano davanti alla mia cella.
Sarebbero ripassati dopo 9 minuti esatti.
Tuttavia per poter fuggire non dovevo solo eludere la sicurezza, ma avevo bisogno di liberarmi dal collare e dalle sbarre, le cui chiavi erano conservate nell'ufficio di sicurezza e luma-videosorveglianza a cui solo quei dannati avevano accesso.
Mi venne un lampo di genio! "Molto bene piccolo, come vedi sono io ad essere chiusa qui, non tu. Per adarcene da qui ho bisogno che tu mi porti quelle chiavi." Gli dissi sporgendomi dalle sbarre ed indicando il mazzo che una delle guardie faceva roteare tra le dita.
Lui comprese facendomi una di quelle mosse che aevo imparato a riconoscere, e zampettò via verso la sua missione.

~FASE 5: AIUTO~ Chiunque avesse buttato giù quel piano sembrava essere abbastanza riluttante nel chiedere aiuto, di fatti quel paragrafo era tutto portato fra parentesi ed appstrofato con 'se puoi, evita'. Bah!
Ad ogni buon conto non dovevo scappare da sola: Akki, Mila e tutti gli altri avevano bisogno di scappare come me. Per tutto il tempo passato lì, non sapevo neanche se aspettarmi dhe fossero ancora 'ricoverati' o no, e non passava giorno senza che mi chiedessi come stavano e dove si trovavano. 
Però dovevo provarci, se Akki era lì, io dovevo trovarlo: nella fase 4, avevo incouso anche la sua parte.
Congiunsi le mani per poi separarle e creare "Zeno: finder!".
Contrastai quanto più possibile la scarica elettrica che mi attraversava e si amplificava man mano che utilizzavo il mio potere, folgrandomi.
Soffocai ogni strillo per non farmi scopire, la fatica vista la mia debolezza era tanta.
Sapevo che sarebero venuti a controllare perché i collare era collegato ai loro macchinari e lampeggiava per segnalarne l'attività.
"Vai finder, portami Akki!" Mugugnai mentre mi sentivo scoppiare la testa e cadevo a terra vittima delle convulsioni.
Però ce l'avevo fatta!
Le guardie non ci misero molto ad arrivare: "Che pena, tu non ti rassegni mai." Disse uno di loro constatando che si trattava dell'ennesimo tentativo di fuga fallito miseramente.

Fui svegliata da un delicato solletico alla guancia: "Ah sei tu Pelo..." 
Raccolsi le forze e mi rialzai per andare a bere dell'acqua dal lavandino; misi le mani a coppetta e ne portai un po' anche al topo per premiarlo di aver avuto successo: come ho già detto, era un roditore molto arguto ed intelligente!
Mi sdraiai sul letto per riprendermi ed aspettare il passaggio dei secondini per poter avere via libera.
Dopo nove minuti da orologio, tirai fuori le chiavi da sotto al cuscino ed ignorando i risolini folli dei miei 'vicini' disattivai il collare e aprii la cella: ero ad un passo dalla libertà, stentavo a crederci talmente tanto che tracannai le ultime gocce calmanti.
La sensazione di non avere più il collo oppresso era magnifica, sapere di poter contare sui miei poteri mi rendeva ancora più determinata.
Potevo passare alla fase successiva!

~FASE 6: DIVERSIVO~ Per non essere notata, dovevo mettere in atto un diversivo, ma nella fase4 avevo pensato anche a quello: ora era giunto il momento!
Aprire le celle di ogni 'inquilino' del mio corridoio non facedomi notare dai secondini.
Insomma, più facile a dirsi che a farsi. Afferrai le chiavi ed allungai una mano verso Pelo che ne fece da ponte per zampettare fin sulla mia spalla.
"Pronto bello? Dobbiamo farcela!" Lui di tutta risposta annuì squittendo.
 Presi un respiro ed andai, ero pronta ad abbandoare quella prigione, quelle mura logore che trasudavano follia. Io ero pronta per tornare a casa, nonostante fossi a pezzi.
Di soppiatto e nel massimo silenzio, aprii quante più celle possibili, lasciando le chiavi all'ultimo pover'uomo che mi trovai davanti e fuggendo nella direzione opposta alla loro.
Scatenarono il caos trvolgendo tutte le guardie.
La via era libera!
Corsi a più non posso con meta l'ufficio di sorveglianza. Entrai frettolosa chiudendomi la porta alle spalle mentre respiravo a fatica. 
"Ma tu... Com'è possibile!" di fronte a me c'era un uomo sconcertato, probabilmente alle prese con la riparazione delle lumacamere.
Ciò che non sapete è che compito di Pelo era stato anche quello rosicchiare i cavi utili alla trasmissione video: insomma, due piccioni con una fava!
"Io mi ricordoi te, signor secondino." Dissi io truce rivolta a quel sacco di merda umana; Concentrai l'energia nella mano destra che iniziò a circondarsi di evanescenza azzurra, sulle mie labbra iniziava a prendere forma un ghigno di vendetta. "Tu, bastardo! Ti sei divertito a bullizzarmi più di chiunque altro tuo collega, ma adesso sarò io a ridere!"
Prima che potesse anche solo accorgersene ed urlare, lo sbalzai con un colpo di spalle al muro tenendolo fermo a mezz'aria. Gli posai una mano sulla guancia ed iniziai ad assorbire la sua energia; scivolò esausto per terra.
Avevo capito di poter fare questo anche con le persone, del resto lo Zeno-Zeno no mi mi permetteva di manipolare qualsiasi forma di energia e se potevo farlo con i fiori perché no anche con le persone?! Lo sentivo quasi come un bisogno, un istino di sopravvivenza he mi spingeva ad assorbire per star meglio.
Iniziai a sentirmi ricaricata e distrussi con una sfera esplosiva tutti i marchingegni davanti a me, sbloccando porte e facendo saltare altoparlanti e le ultime camere.

~FASE 7: VIA DI FUGA~ facendo conto delle informazioni acquisite in quei giorni e da Pelo, non mi restava altro che imboccare la mia via di fuga.
Abbattei a colpi di sfere di energia solida ed esplosioni, ogni stupido sorvegliante che mi si parava davanti. Intanto di Akki nessuna traccia... Che fosse...?! 
"ADESSO BASTA!" fui richiamata da una voce alle mie spalle e da un colpo al centro della schiena: era Lenora!
Mi addormentai.

*Poco dopo*

Mi svegliai di soprassalto, come se non mi fossi mai addormentata.
"Ma.Cosa.Abbiamo.Qui? Dododododo!!!" Rise malefico il cosiddetto Dottor Ombra, battendo furioso i palmi sul lettino dove mi trovavo distesa.
Mi trovavo in una sorta di sala operatoria, un laboratorio, non so.
Su di me un'abbagliante lampada scialitica che mi confondeva la vista.
Non potevo né muovermi, mi irrigidii smettendo di dimenarmi quando realizzai di essere legata alla barella.
Intervenne Lenora: "Quello che hai combinato qui stasera è inaccettabile, sarai punita severamente per aver scatenato il caos tra i prigionieri, aver ferito le guardie ed aver liberato tutti i topi da laboratorio."
"Oh si, le mie preziose cavie, maledetta mocciosa!" rise serio e vendicativo quello con gli occhiali a cuore.
Topi? Non avevo liberato nessun topo io...! Ma decisi di tenerlo per me. Piuttosto, chissà dove si era cacciato Fuffy-Fuffy Pelo-Pelo.
Provai ad utilizzare il mio potere, agitandomi senza riuscirci. 
"È inutile, quei bracciali di agalmatolite ti impediranno di farci altri scherzi." Disse con tono di ammonizione Lenora.
Quella donna restava sempre impassibile, senza tradire mai alcuna emozione.
Visto che potevo almeno parlare non persi l'occasione di dire a oieni polmoni ciò che mi chiedevo e pensavo: "Voi siete dei pazzi, che cosa combinate alla gente del Sanatorio? Maledetti!" 
A rispondere fu il dottore con tono entusiasta e divertito: "Dododo! Qualche esperimentuccio qua e là, che vuoi che sia! Ho iniziato dai topi, per renderli più intelligenti e prestati per poi passare alle cavie umane!"
Sgranai gli occhi... Ma com'era possibile? Di quali esperimenti di trattava?!
Rimasi visibilmente confusa e perplessa, tant'è che mentre camminava a gambe alte e passi lunghi e molleggianti, poi aggiunse: "Visto quello che sto per fare, mi sembra giusto raccontartelo! Vedi a noi piace usare la gente a nostra disposizione per creare un esercito succube! Vero, ogni tanto qualcuno ci è rimasto secco, ma per loro avevamo sempre una scusa pronta." Disse riferendosi a quelli del piano di sopra che ci dicevano esser stati dimessi o in vacanza dalla famiglia.
Continuò: "Malati, feriti, emarginati, schiavi...chi più ne ha più ne metta! Noi non facciamo caso a queste cose! Ogni persona qui è una mia cavia da laboratorio! A me non piace nulla tranne vendetta, denaro e successo e chi è ricoverato qui senza neanche accorgersene mi procura tutte queste cose! Dododododo!"
"Ma come puoi...!" Ringhiai io.
"Vedi, il dottore ha mangiato un frutto del diavolo molto particolare, l'Ose-Ose, che gli permette di aprire una porta nella mente delle persone e manipolarne le più recondite paure. Tuttavia per subirne gli effetti è necessario essere addormentati, senza il potere del mio frutto Sleep-Sleep in grado di addormentare e tranquillizzare chiunque io tocchi, il dottore non potrebbe fare nulla." Concluse Lenora sistemandosi gli occhiali.
"Non svelare i nostri segreti, e non vantarti tanto!" Si agitò imbarazzato lui in giro per la stanza.
"Ma quindi co-..." Provai a dire io vendendo bruscamente interrotta.
"Sisi ho già capito! Dododo!" Si ricompose dalla figura di prima: "Devi sapere che chi è vittima del mio potere resta sotto al mio comando fino a quando non esco dalla porta! È così che sono riuscito a derubare e racimolare denaro, usando bambini e adulti come giocattolini che poi non ricordano più niente!Dododo!"
Adesso tutto sembrava più chiaro: il dottor Ombra, grazie all'aiuto di Lenora, addormentava le persone per poterle manipolare per raggiungere i propri sporchi scopi di malaffare.
"E tu mia cara" Mi carezzò i capelli "Sei la mia preferita, hai un potere strabiliante che Lenora ha saputo coltivare al meglio istrurendoti ed allenandoti in queste settimane. Tu mi hai fatto fare follie, sei la mia arma più potente!"
"Sei stata una sciocca a pensare di poter fuggire via da qui." Esordì la donna mentre mi imbavagliava. "Sei perfetta, grazie a tutte quelle sedute sapevo esattamente cosa far fare al dottor Ombra!"
"Smettila di parlare così, sono io che do gli ordini!" Strabuzzò lui.
Fece qualche passo con le mani conserte dietro la schiena, dandomi tempo di dimenarmi disperata in preda ai pensieri più brutti e spaventosi su quello che mi stava per accadere.
Avevo fallito, nonostante avessi seguito alla lettera ogni parte del piano.
Avevo seguito attentamente ogni fase, senza sbagliare, eppure loro avevano avuto la meglio.
Si spensero le luci principali, lasciando la stanza illuminata unicamente dalla lampada scialitica.
Lenora si avvicinò alla barella con un carrellino sui cui c'era posato uno strumento a cassetta chw non seppi riconoscere.
"Il tuo potere, mia cara, è strabiliante! Puoi fare qualsiasi: puoi sottrarre energia agli altri per farla tua come il Mori-Mori, manipolarla per lanciare attacchi esplosivi, per difenderti creando barriere come il Bari-Bari, puoi lanciare fendenti taglienti, puoi far esplodere le cose, rendere felici o tristi le persone trasmettendo lorp vibrazioni speciali e, anche se ci stiamo lavorando su, puoi curare per fino le persone manipolando l'energia cinetica delle loro cellule!" Disse inneggiando con le braccia per aria.
Questo spiega perché appena tolto il collare mi sentivo un po' diversa, una sorta di sapere dormiente in me; inoltre il pirata assassino responsabile della morte dei miei famigliari mi aveva già detto qualcosadi simile...Che se fossi stata abbastanza brava nel manipolare le energie avrei potuto imitare i poteri di altri frutti del diavolo. Ecco perché quel pazzoide desiderava così tanto venderlo a gran prezzo.
"Ma adesso veniamo a noi" brontolò lui voltandosi verso di me ed avvicinandosi al macchinario. Paura, provavo una paura assurda. 
"Il collare che hai tolto era un regalino di quel bastardo di Vegapunk, e toglierlo è contro le regole. Visto che te ne sei liberata a darti una scossa ci penserò io stesso! Dododo!"
"Te l'avevo detto, Ariadna." confermò Lenora mettendosi in disparte dopo avermi tolto i braccialetti di agalmatolite.
Si svolse tutto in pochissimi secondi: afferrò coi suoi guanti arancioni due piccoli arnesi avvicinò alle mie tempie; Lenora accese il macchinario... Si trattava dell'elettroshock!
Avevo il viso di lui dritto e opposto al mio, potevo percepirne l'espressione divertita ed il sadismo attraverso la sua mascherina.
"Esperimento: vediamo quanta energia riesci ad assorbire!" 
Prima ancora che potesse finire la frase la scossa mi attraversòna pieno voltaggio per intero facendomi contrarre ed irrigidire completamente.
Serrai dita di mani e piedi, chiusi gli occhi ed il tappo alla bocca soffocò ogni mio urlo.
Mi sentivo andare a fuoco, l'unico modo per sopravvivere era assorbire le scariche: così feci.
Aveva ragione quando aveva detto che mi avrebbe fritto il cervello: flash di ogni giorno passato, di ogni trauma o momento felice mi inondarono la mente come un turbine, non capivo più nulla, desideravo solo che fosse la fine.
Come loro neppure io conoscevo il mio limite, quindi oltre ad assorbire rilasciai contemporanea le scariche. Mentre le mie urla disperate e sofferenti graffiavano il laboratorio, anche quelle di quei pazzi si amalgamavano perché potevano provare parte di ciò che avevo subito io, un muro si sbriciolò letteralmente davanti ai miei occhi.
Il macchinario andò in corto con tutta quella potenza rilasciata e si spense lasciandomi in pace.
"ARI-ARI!" I capelli verde foresta che per primi fecero capolino dal polverone non lasciavano spazio ai dubbi: era Akki! E sulla sua spalla c'era ance il piccolo Pelo.
I medicastri avevano rovinosamente perso i sensi, quindi Akki si avvicinò senza timore.
Notò tutte le mie ferite, il sangue che correva giù dal mio naso. Tremavo come una foglia dal dolore e dalla paura.
"Che cosa ti hanno fatto...Ti libero!" Disse accingedosi a slegarmi "Ma...Ma cosa mi succede?!" Intimorito, si guardò le mani notando un bagliore azzurro che gli ondeggiava tutt'intorno.
Ero io, ero io e non riuscivo più a controllarmi in nessun modo! Che fosse colpa dei minuti eterni di tortura di prima? "Il bracciale, prendi quel bracciale! Non ce la faccio a controllarmi se non ti sbrighi sarai spacciatp. Presto!!!"
Akki si precipitò sul tavolo alla sua destra, ma mentre cercava di afferrare il bracciale vacillava "Cazzo oh! È fatto di agalmatolite non ci riesco!" 
Provavo e riprovavo a trattenermi, senza risultati; scoppiai a piangere di brutto: "Mi hanno rotta Akki, mi hanno rotta! Non ci riesco più!" 
A quel punto, dopo un sonoro squittio, intervenne il mio amico topo che afferrò senza problemi il bracciale, facendosi fare da ponte dal verde per poter salire su di me e chiuderlo attorno al mio polso.
Akki si riprese dopo che smisi di assorbire energia dai presenti.
Respiravo affannosamente ancora nel panico, ma nonostante la fatica e lo sforzo immane che mi sarebbe costato dovevamo scappare.
"Akki...Io.."
"Sapevo che eri tu! Lo sapevo! Dopo che ti hanno presa ho trovato quella bottiglia. Si morse le labbra, ma senza piangere perché era uno fin troppo orgoglioso "Ho aspettato per quasi due anni un segnale e poi oggi dopo quasi due anni ho visto una strana sfera luminosa che mi ha portato fin qui, sapevo eri tu!" Mi porse una mano per aiutarmi ad alzarmi, e di avviammo passando sulle macerie, volgendo un'ultima occhiataccia ai due svenuti per terra.
"Non te lo so spiegare, ma era come se da lontano tu mi stessi indicado la strada per trovarti. Allora ho messo in atto un piano come quello scritto nella bottiglia. Ho trasformato le porte in un colapasta, ho distrutto muri e detto a tutti di scappare. Cazzo, ho creato una rovolta dicendo a tutti che qui i dottori sono pazzi, c'è un delirio al piano di sotto!"
Mi teneva saldamente facedomi da stampella: "Ho addirittura fatto scappare un mezzo esercito di topi per distrarre le guardie, e ho chiesto a Mila di smettere di fare la cazzona e chiamare la Marina per soccorrerci, stanno arrivando!"
Sorrisi, contenta di sapere che la mia amica stava bene e ci stava aiutando.
"Dove credeteci andare, eh mocciosi!?" Improvvisamente tre sorveglianti sbucarono fuori di fronte a noi.
Akki mollò la presa dal mio fianco e scostò il mio braccio dalla sua spalla: "Qui ci penso io, stai indietro Ari!" Ghignò sicuro di sé.
Calciò con prepotenza il pavimento sotto ai suoi piedi, rompedolo e facendo alzare una serie di massi che colpì singolarmente con un calcio roteante ed una manata. (NDA: dominatori della terra, vi ho copiato. Ciao!)
Le pietre colpirono e affofarono!
"Visto? Sono una forza!" Si vantò lui luminoso.
"Dai...Smettila e andiamoc-" venni interrotta da un'orda di topi.

Beh...il resto è storia: i topi altro non erano che povere vittime del dottor Ombra, proprio come lo era stato Pelo che però era riuscito a scampare alle sue grinfie. Ci fecero da guida attraverso i corridoi del piano di sotto, conducendoci all'esterno.
"I topi trovano sempre una via di fuga!" Lo sapevo!
Tornati sui riconobbi alcuni dei ragazzini che conoscevo e potei finalmente abbracciare la mia cara amica Mila che mi ckrse in contro stritolandomi nonostante mi avesse vista affannata.
Quanto detto da Akki corrispondes al vero: si era creato un bero e proprio macello tale da rivoltare il Sanatorio come un calzino.
L'entusiasmo e la gioia di essere scampati tutti quanti all'inferno del Sanatorio del Sogno ci accomunava tutti quanti, io ed Akki fummo inneggiati ad eroi anche da chi mi aveva disprezzata.
Grazie alla Marina, che ci schedò e interrogò tutti quanti, salpammo via dall'isola di Pillow, sani (non tanto!) e salvi.
Ricevetti addirittura un primo soccorso dai medici di bordo, medici veri stavolta!
Pelo scelse di restare con me, e fu proprio curioso vederlo salutare i suoi amici roditori che era felice di aver liberato.
Akki salutò tutti i suoi compagni mentre io tra pianti vari lasciai Mila, più commossa di me, con la promessa che prima o poi ci saremmo incontrate di nuovo: "Il mare è grande tanto quanto la nostra amicizia, sta sicura che prima o poi ci ritroveremo!"

Mi rimase solo il verde, a cui chiesi: "E tu dove andrai ora?"
"Oh, non lo so..."
"So che non hai un posto dove far ritorno, o qualcuno con cui stare, per cui se ..." Arrossìi io fissandolo dritto negli occhi prima di biascicare le seguenti parole tutte d'un fiato:" SE TI VA VIENI CON ME SULL'ISOLA GOLD!"

Questo segnò la fine di una storia a mollo nel negativo più totale, dove però ondeggiava una bollicina d'aria chiamata 'amicizia' e dove navigava anche una bottiglia straordinaria...Una bottiglia che sapeva di 'casa'.
Questo era l'inizio di un'altra grande storia!


                                                         *Fine capitolo*


Ed eccomi qui! Un paio di ore fa ho pubblicato la prima parte della fuga da Alca...ehm dal Sanatorio del Sogno, quindi se ve la siete persa, leggetela!
Finalmente si è concluso l'85% del passato di Ari, ed ora tante avventure la attendono!
Nel prossimo capitolo vedremo cosa accadrà ad Ari ed Akki, e finalmente introdurrò la figura di Trafalgar Law. Chissà com'è che si sono conosciuti!?

Ad ogni modo, ho cercato di essere quanto più breve possibile in questo capitolo, quindi scusate se le descrizioni sono disastrate tanto quanto i dialoghi. Nei prossimi capitoli mi farò perdonare!
Ed ora un po' di curiosità!

1) Il Sanatorio del Sogno si trova sull'isola di Pillow: pillow in inglese vuol dire 'cuscino'. Come avrete notato anche i poteri dei due antagonisti rimandano al sonno ed al mondo dei sogni. Mi piaceva tentare di mantenere una linearità tipica di OP dove ogni personaggio ha abilità simili al posto in cui lo si trova (esempio a Wholecake tutti hanno aspetto e poteri legati al cibo,dolci e cucina. A Wano vediamo i soldati di Kaido avere poteri legati al mondo animale mitologico/e non). #Itried!
2) A Lenora servono per forza gli occhiali, senza non ci vede una mazza!
3) Il dottor Ombra ha l'aspetto del classico dottore pazzo, ma in realtà è un personaggio che ho creato basandomi sulla figura del demone infernale Ose.
Ose, oltre ad essere iper sapiente, ha la capacità di causare allucinazioni e follie alle sue vittime; chiunque è vittima del suo potere, però, non ricorda assolutamente nulla. 
4) L'autrice (e cioè io, ragà) ha ammesso che Ariadna è stata addestrata da Lenora per diventare un'assassina e sbarazzarsi della concorrenza del Dottore nel mercato nero degli organi umani. Ariadna inoltre ha, inconsciamente, lavorato come spia e ladra. Sul giornale dell'isola Pillow è presente un articolo che parla di una ragazzina che è fuggita dalla Banca Centrale dopo averla svaligiata.
5) Eventuali mancanze, informazioni su tempi, età, aspetto eccecc verranno spiegati con il prossimo capitolo. Inoltre non intendo rendere Ari un personaggio over-power nonostante la sua abilità.
6) No, il passato di Ari non è così triste se pensiamo che lo stesso Trafalgar Law ha uno dei background più tragici di tutto il manga e che moolti altri personaggi non sono da meno.
7) Al prossimo chapter! Fra poco si parte con tanta fantasie e drama e romance!!
Vi lascio con delle banalissimebanalissime immagini di Lenora ed Ariadna. 1659298177080.jpg 1659298177069.jpg

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La soluzione ***


Un piatto caldo di spaghetti soba con pollo e verdure, il tepore dei raggi del sole sulla pelle, il profumo dei fiori, il cinguettio degli uccellini al mattino, un letto morbido ed una casa accogliente. L'abbraccio commosso di qualcuno che non ha mai smesso di volerti bene e aspettarti, le lacrime di gioia, l'affetto, le cure ed una mano sempre pronta a stringere la tua.
La lista di quello che mi era mancato in quei quattro anni era piuttosto lunga, ma ero tornata a casa, finalmente.
Non eravamo più a Roubi, ma a Perla. Non che cambiasse granché infondo visto che le strade e le case-albero erano pressoché le stesse ma la zona era più contadina.
Rivedere nonna Dana-Dana era stato come un fulmine a ciel sereno e durante il tragitto con i marines che ci scortavano, avevo pensato e ripensato a cosa dirle ma senza trovare mai le parole giuste. E neanche era servito dato che mi era corsa in contro per poi stritolarmi e lasciarsi andare a cuore aperto ad un pianto di sfogo.
Quattro anni.
Erano passati quattro anni da quel giorno al gran mercato che diede vita ad una escalation di tragedie esciagure. L'amore di un famigliare mi era mancato come l'aria, aver ritrovato nonna mi faceva sentire amata ed al sicuro e nelle ultime due settimane non ne avevo mai abbastanza nonostante lei l'affetto lo dimostrasse in un modo burbero e tutto suo.
Non era cambiata di una virgola e fumava ancora la pipa come fosse una ciminiera; beh si, aveva qualche ruga in più ma i vestitini a fiori le donavano comunque.
Non si era fatta problemi a trollarci prima di accogliere Akki in casa come fosse nipote suo.
A me stava bene, voglio dire, io e Akki avevamo passato fin troppo tempo insieme quindi convivere con lui nella stessa casa non mi creava problemi.
Dopo due settimane dal nostro arrivo, ci eravamo ambientati abbastanza bene, creando perfino la nostra routine quotidiana in armonia con i ritmi di ognuno.
Anche Pelo aveva imparato a familiarizzare con quei due, mettendo da parte la sua diffidenza nei confronti degli umani; andava matto per il formaggio, ed ammetto di averlo viziato fin troppo in questo! Del resto lo meritava: anche Pelo non aveva avuto vita facile al Sanatorio essendo stato sottoposto ad esperimenti ai quali era riuscito a sfuggire.

E poi un bagno caldo, maledizione se non mi era mancato uno stramaledetto bagno caldo.
Avevo riempito la vasca con dell'acqua fumante alla quale avevo aggiunto abbastanza  sapone da creare schiuma e bolle.
Mi lasciai scivolare in vasca, cullata dal tepore e rilassata dal buon odore di vaniglia.
Chiusi gli occhi e permisi alla mia mente di distendersi assieme ad ogni singolo muscolo.
Trascorsero dieci minuti buoni prima che potessi ridestarmi da quel piccolo paradiso.
Uscii e mi raccolsi in un grande asciugamano blu per guardarmi allo specchio: avevo sedici anni, quasi diciassette, e la pubertà aveva già bussato alla mia porta iniziando a regalarmi le prime forme, mi piacevo effettivamente! Non conservavo cicatrici per fortuna, ma solo le mie solite lentiggini che davano risalto agli occhi verdi. Dopo essere tornata nonna Dana-Dana mi aveva spuntato un po' i capelli, che per colpa dello stress e del buio si erano schiariti di qualche tonalità.
Mi rivestii indossando un paio di shorts ed una canotta a righe multicolor pima di scendere in salone.
Andando giù per le scale a chiocciola sentii dei rumori provenire dal retro, nel piccolo giardino steccato.
"Ti alleni ancora? Ma non ti stanchi mai?"
Non ricevetti risposta perché probabilmente era talmente concentrato che non mi aveva sentita.
Mi avvicinai, ripetendo la domanda con tono stufo e braccia conserte.
"Ovviamente! Devo diventare più forte, te l'ho detto! Il mare non perdona, Ari, non posso farmi trovare impreparato!" Disse mentre ripeteva una sequenza di ganci e calci.
"Ancora con questa storia di diventare un pirata, Akki! Bah."
Smise di muoversi, accorciando le distanze fra noi due. Mi si parò dritto a pochi centimetri dalla faccia.
Oh, per tutte le lische di mare: avvampai diventando color cremisi!
Akki ormai era prossimo ai diciotto anni ed era cambiato un botto dalla prima volta che lo avevo incontrato al Sanatorio. Aveva fatto crescere un po' i capelli, rimasti sempre del colore verde vivo della foresta, lo stesso dei suoi occhi. Le forme del viso avevano iniziato a plasmarsi in tratti gentili ma allo stesso tempo più mascolini ed adulti; stava lavorando anche ai muscoli accennando ad una parvenza di fisico asciutto ma scolpito ed era diventato più alto di me, ma non di troppo, solo di un paio di centimetri.
Posò le mani sulle mie spalle ed incastrò i suoi occhi dritto nei miei.
Potevo sentirne il respiro caldo sfiorarmi le guance: "Voglio vedere il mondo, non ho intenzione di restare in una gabbia per sempre, lo sai!"
"No Akki, i pirati fanno schifo!"
"Ari, smettila di fare di tutta l'erba un fascio!" Tolse via le mani ruotando gli occhi al cielo in segno di rassegnazione "Piuttosto, come va stamattina?" Disse voltandosi di nuovo verso di me.
"Mh, tutt...Tutto ok, ho già preso la medicina." Feci la vaga.
Si riavvicinò a me ma stavolta per darmi un pizzicotto sulla guancia: "Ahia!"
"Guarda che ti ho sentita stanotte, ti ricordo che dormiamo nella stessa stanza, scema-lentiggine!" Ringhiò furbo con un sorriso sornione.
Alzai le mani per arrendermi e sbuffai come una bambina...cavolo, pensavo dormisse!
"Il solito, non riesco mai a dormire bene, le immagini di quelle follie vengono a trovarmi ogni notte."
"Ari voglio che tu sappia che io sono qui per te, sempre." Affermò prendendomi per mano. Un gesto che mi fece sentire tutta la sua vicinanza ecomprensione.
Dominava la roccia, ma le sue mani erano sempre morbide e calde.
Chiunque avesse vissuto nel piano di sotto veniva devastato, privato della propria identità e dato in pasto ai mostri, letteralmente.
Vivere per quasi due anni in quella cella, con nient'altro che urla di folli allucinati e incubi vividi e terrificanti, aveva sgretolato la mia sanità mentale. Faticavo a dormire per la paura, per il panico, sembrava che tutto quel passato da seppellire tornasse a prendermi ogni notte per tascinarmi all'inferno.
Ero tornata, ma ero a pezzi. Pezzi talmente piccoli da non poter essere sistemati.
Cercavo di non far pesare a nessuno il mio stato, ma nonna ed Akki erano dispiaciuti di sapere come mi stava andando. Ci provavano, davvero, loro ci provavano con tutto il cuore ad aiutarmi, ma io non trovavo pace neanche con i calmanti.
Avevo scoperto pochi giorni prima che il Dottore e Lenora ed alcuni dei loro seguaci erano riusciti a sfuggire alla Marina, la quale aveva aumentato le taglie sulle loro teste.
Conoscendo il loro modo di pensare, sapevo per certo che sarebbero tornati a prenderci per vendicarsi visto che gli avevamo rovinato tutti i piani.
Per di più, dopo quel tremendo elettroshock non riuscivo più a sentire le cose e le persone, ero costretta dal bracciale di agalmatolite per evitare di assorbire l'energia di tutte le cose.
Questo si sommava al senso di colpa, perché io non avevo dimenticato che per causa mia la mia famiglia era stata uccisa. Sapermi di nuovo sull'isola di Gold, vicina a loro, mi metteva agitazione, peggiorando le cose.
Non riuscire ad utilizzare i miei poteri mi frustrava: mancava una parte di me, una parte di me che aveva lottato e cercato un senso alla propria esistenza, una parte di me che non era ancora riuscita a farsi valere e redimersi.

Mi allontanai da casa, recandomi in un campo di grano ad un centinaio di metri distante da lì.
Spesso di nascosto cercavo un posto per me, dove esercitarmi e prendere a pugni il senso di rassegnazione: avevo provato e riprovato a cercare un modo per controllarmi, senza trovarne uno.
Tolsi il braccialetto, chiusi gli occhi e cercai di contrastare un flusso di pensieri così pazzesco da causarmi il mal di testa; tutto quel caos era troppo, non potevo non assorbire. Mi sentivo come un fiume in piena che straripa e non può essere contenuto.
"AHH!" Lottai a più non posso, ma nulla. I fili d'erba ed il grano iniziarono ad appassire tutt'intorno, ne prendevo anche dai raggi del sole.
L'aria si fece elettrica al passaggio di tutta quella quantità di energia.
"BASTA COSÌ!" sentii urlarmi avvertendo il metallo gelido del bracciale tornare ad avvolgermi il polso.
Caddi in ginocchio, esausta.
"È ora di trovare una soluzione!"
"È questa la soluzione, nonna!" Dissi io sarcasticamente irritata e delusa mostrandole la mano, col fiatone.
"Parlo di una soluzione vera, non puoi adare avanti così!" Affermò lei portandosi alla mia altezza. "Ti aggiusteremo, vedrai."
Cercai di soffocare le lacrime: "No nonna, non mi si può aggiustare!" piansi fuori l'anima "Mi hanno rotta, presa e buttata in un buco nero di paura, rabbia e confusione. Per tutto questo tempo ho continuato a vedere e sentire cose che nessun altro poteva, lo sanno anche giù in città che sono fuori di testa! Tuti questo mi spaventa..."
Prima di parlare fece una smorfia al limite rella commozione, carezzandomi la guancia: "Io lo so, lo vedo... Dobbiamo lavorarci ma tu devi volerlo!"
Mi abbracciò con forza, come se fosse l'ultimo addio prima di un lungo viaggio. Ricambiai.
Sapevamo entrambe che capirmi era difficile, ed apprezzavo il suo tentativo di starmi vicino.
"E per questo ho una soluzione" disse indicandomi il polso "Conosco qualcuno che forse può fare qualcosa e che mi deve un favore! Dadada!"

Due giorni dopo ci ritrovammo con lo zaino in spalla pronte per partire.
"Mi raccomando ragazzino! Ti affido la mia casa e bada bene a non far esplodere il mio sinister-train!" Si raccomandò lei. "Ricorda che nessun tipo di arma è in sconto, occhio agli affaristi che entrano nel mio negozio, non farti raggirare!"
"Oh, basta vecchia, sarà almeno la decima volta che me lo ripeti!" Disse seccato il verde.
"Ti affido Pelo, mi raccomando Akki, prenditene cura!" Dissi io stendendo un braccio per fare da ponte al topolino.
"Sisi, ho capito, ho capito!" Rispose accogliendo il roditore sulla sua spalla "E a me chi ci pensa?!"
"Dai testa d'albero, te la caverai!" Gli sorrisi io mentre i nostri pugni si picchiavano per salutarci.
"Andiamo Ari-Ari! Direzione: isola di Swallow!" Esclamò nonna.

*UN GIORNO E MEZZO DOPO - PLEASURE TOWN, NORD BLUE*

Viaggiammo in nave per all'incirca un giorno pima di raggiungere quella che sul cartello di benvenuto era indicata come 'Pleasure Town'. L'isola era piuttosto singolare poiché caratterizzata da un gigantesco promontorio boscoso a forma di rondine. Però, che strana la natura!
"Ma insomma, da chi stiamo andando?"
"Oh, lo vedrai bambina mia, lo vedrai! Dadada!"
Non riuscivo ad ottenere informazioni utili a capire chi stessimo cercando da mezz'ora giù in città. Probabilmente spazientita dall'aver fatto un buco nell'acqua, la bionda si decise a chiedere al primo cittadino a caso.
"Beh?" Domandai tracannando l'acqua dalla mia borraccia.
"Quel vecchiaccio adesso vive fuori città!" Disse ispirando fumo dalla sua pipa e guardando in cagnesco un punto random, portandosi una mano dietro la schiena.
Alzai le braccia al cielo: "Te l'avevo detto, avremmo potuto chiedere prima invece di girare a vuoto!"
Ci rimettemmo in marcia e dopo un bel po' di strada ed imprecazioni, fixing della pipa e vecchi aneddoti su come la sua vecchia 9mm l'avesse salvata in più occasioni, arrivammo a destinazione che era pomeriggio inoltrato.
Sudai freddo non sapendo cosa aspettarmi o se aspettarmi qualcosa; chiunque vi fosse al di là di quel portone, non poteva sicuramente trovare la soluzione ad un problema fuori dall'ordinario come il mio visto che non capita tutti i giorni di trovarsi alle prese con un frutto del diavolo impazzito e potenzialmente letale.
Mi sistemai la treccia e presi un bel boccone d'aria per ignorare il magone da ansia allo stomaco mentre nonna bussava.
Ad aprire la porta fu un bizzarro tizio dal capello a forma di pinguino.
"È qui che abita Wolf?" Chiese lei assottigliando gli occhi attraverso le lenti da sole.
"E chi lo cerca?" Disse lui perplesso trovandosi davanti noi estranee.
"E anche se te lo dicessi come potresti conoscermi?! Non vedo quella mezza calzetta da prima che tu mettessi piede in questo mondo, giovanotto!"
Poverino, nonna se l'era mangiato vivo! Intervenni facendo un passo avanti: "Il mio nome è Ariadna, lei è mia nonna Dana-Dana, una vecchia amica di Wolf."
Lui arrossì leggermente guardadomi e nella scioglievolezza più assoluta ci fece entrare dopo essersi presentato come 'Penguin'. Però, originale e chi l'avrebbe mai detto?...
Ci sedemmo sul divano e nell'attesa il ragazzo ci servì un tè caldo. Neanche cinque minuti dopo sentimmo bussare alla porta; ad entrare furono due ragazzi, uno portava uno strambo cappello a forma di orca ed aveva i capelli ramati e lunghi, mentre l'altro, quello col cappello maculato e dall'aria cupa, sembrava decisamente meno affabile e abbastanza diffidente.
"E loro chi sarebbero, Penguin?" chiese perplesso il rosso.
"Non pensavo che al vecchio piacessero i ragazzini!" Esclamò nonna tirando di pipa in posa da gangstar.
"Avremmo fatto bene a venire?" Le domandai io sotto voce.
"Sta tranquilla, lascia fare alla tua nonnina! Vedrai che il vecchio Wolf sistemerà la faccenda!"
Oltre al sentirmi fuori luogo, a mettermi disagio era anche il ragazzo Orca che mi fissava imbambolato come se fossi un vassoio di carne... "Shachi, il mio nome è Shachi!"
"Ahm... Molto piacere, io sono Ariadna e lei è mia nonna Dana-Dana!" risposi educatamente.
Quello dal cappello maculato, invece, si avviò con fare calmo su per le scale nel disinteresse totale. Però, che tipo!
"Ah Law, te ne vai di già?" gli domandò Penguin.
"Si, ho da studiare. Scenderò per cena, comunque." Rispose atono.
"D'accordo, buon lavoro allora!"
Però sembravano essere grandi amici, di quelli che sono opposti ma vanno comunque molto d'accordo. Tuttavia, trovai un po' sgarbato il fatto che non si fosse neanche presentato, ma vabè, poco importava visto che eravamo lì per quel tale Wolf.
"Non mi pare di avervi mai viste in città, non siete di qui giusto?" Volle sapere l'ultimo arrivato.
"Sei perspicace ragazzino, dadada!" Rise nonna mentre io me ne stetti in silenzio.
"Eheh...Comunque Wolf sarà qui a momenti, lui è sempre l'ultimo ad arrivare la sera."
Non fece neanche in tempo a finire che la porta si aprì nuovamente "Ah, questo deve essere Bepo!"
Sgranai gli occhi nel veder entrare un gigatesco orso di almeno due metri.
"Buonasera!" disse mentre sputavo via l'ultimo sorso di tè impallidendo.
Un orso. Parlante. Di fronte a me.
Oh.Per.Tutte.Le.Lische.Di.Mare.
Iniziarono a venirmi le palpitazioni tant'è che con fare agitato mi affrettai ad estrarre dallo zainetto le mie gocce per assumerne. Passarono quindici secondi di interminabile silenzio in cui aspettavo che il medicinale facesse effetto.
"N..Nonna..." La chiamai posado la mano sulla sua "Le mie gocce non funzionano..." Dissi fra un respiro e l'altro "Adesso andrò fuori a prendere aria..." Annunciai gesticolando per calmare più me stessa che la situazione ed avviandomi verso il portone senza neanche darle il tempo di rispondere, lasciandola perplessa come tutti gli altri presenti.
Stentai a credere di aver avuto un'allucinazione così vivida all'improvviso dato che l'orso scostandosi per lasciarmi passare mi chiese pure "E tui chi sei?" una volta afferrata la maniglia.
Tra un infarto scampato e l'altro pure, lo guardai con la coda degli occhi accennando un tic nervoso all'occhio.
Intervenne nonna: "Ari-Ari, è un orso polare vero ma tu sta cal-"
"AHH!" E con la faccia da fumetto più ebete e spaventata che si possa immaginare svenni dopo aver strillato anche l'anima delle vite precedenti.

*Più tardi quella sera*

"Non sei cambiata di una virgola, continui ad essere la solita rompiscatole anche dopo trent'anni!"
"Parla per te, vecchio raggrinzito che non sei altro! Avrei dovuto ucciderti quando ne avevo l'occasione!"
"Puoi ancora provarci vecchia strega!"
"Ma non erano amici quei due?!"
"Bah...Ehi, si sta svegliando!"

Ripresi i sensi a suon di minacce tra quello che supposi essere un pacato dialogo tra Wolf e mia nonna Dana.
"Ehi! Come ti senti?!" Ero distesa sul divano e su di me facevano capolino i volti sollevati de due ragazzi dagli strani cappelli.
Presi un respiro e feci leva sui gomiti per tirarmi su e mettermi a sedere: "Va un po' meglio, grazie ragazzi!"
Notai quel ragazzo di prima, Law, seduto alle spalle degli altri due che intanto mi fecero presente: "Sei svenuta, abbiamo chiamato Law per aiutarti."  Perché?
"È stato Bepo a spaventarti così? Purtroppo non si rende conto di essere un enorme orso a volte..."
Inspirai profondamente trattenendo l'aria per qualche secondo; mi accorsi che l'orso se ne stava in disparte all'angolo della stanza, incupito e visibilmente dispiaciuto.
"Domando scusa! Scusa,scusa scusa!" Seppur mi avesse terrorizzata, dovevo riconoscergli tantissima sensibilità ed educazione. Trovarmi davanti ad un enorme orso mi aveva trasportata nuovamente nelle celle del Sanatorio, però questo non era quello dei miei incubi. All'effettivo dovevo razionalizzare la cosa: non ero da sola e non mi trovavo al Sanatorio, non era l'orso scuro e malvagio delle miniere che mi aveva torturata ma un piagnucolone orso bianco con una maglietta arancione con su scritto 'Tacos bear'.
Mi alzai dal divano, passando gli altri per poterlo raggiungere. Continuavo ad esserne intimorita, ma dovevo trovare il coraggio di superare la mia paura insensata nei suoi confronti. Ancora una volta, presi un bel respiro prima di allungare la mia mano tremolante verso di lui.
"Bepo..."
Si illuminò e nel mentre nonna e Wolf smisero di battibeccare; tutti ci fissavano ed in particolar modo nonna Dana-Dana che comprendeva lo sforzo e la volontà impiegati in quel mio gesto.
"Bepo, mi dispiace per prima."
Con gli occhi lucidi si inchinò "Scusami!" Disse con un fil di voce. Dannazione, era così carino!!! Come poter resistere ad un musetto così tenero, a delle orecchie così cucciolose e a delle enormi zampine morbidose?! Quel visone aveva tutta l'aria di essere un gran simpaticone!
"Io sono Ari! Piacere!"
Mia nonna si era visibilmente commossa, poco ci mancava che la sua pipa iniziasse a straripare lacrime! Bepo posò la sua zampa nella mia mano e si tirò su: avevo fatto un progresso!

Quella stessa sera, cenammo tutti assieme e da quanto mi parve di capire questo Wolf era uno piuttosto autocelebrativo che basava i suoi rapporti sul giusto bilanciamento dell'applicazione del principio di 'do ut des'. Ma per quale motivo mia nonna avanzava un favore così grande da quell'uomo, tale da ricevere ospitalità e aiuto pratico?
A ripensarci non è io conoscessi granché il passato di Dana, o meglio, sapevo che in gioventù era stata una piratessa che aveva viaggiato per i mari, ma non sapevo nulla riguardo alle sue conoscenze. Il rapporto tra lei e Wolf restava, per il momento, un mistero.
Durante il pasto ebbi modo di chiacchierare con tutti i ragazzi, e non mi sbagliavo: erano tutti simpatici ed easy-going e non si erano fatti problemi ad accettarci alla loro tavola.
Tra me e Bepo la situazione era statica, ma confesso che un minimo di timore lo preservavo.
L'unico che non riuscii ad inquadrare era Law, che ne stava sulle sue e mangiava tranquillamente; ebbi come l'impressione che la nostra presenza lo disturbasse o, quantomeno, trattenesse. Presumevo che lui, come gli altri, avesse all'incirca la mia stessa età ma a differenza loro a pelle mi sembrava più scaltro.
Finita la cena, nonna Dana-Dana e Wolf uscirono a parlare, mentre io Shachi, Penguin, Bepo e Law restammo in casa a sparecchiare e ripulire tra una risata e l'altra.
Mi raccontarono che tutti e tre erano stati accolti da Wolf e che da poco più di un annetto avevano trovato impiego giù in città.
"E tu invece?" Mi chiese curioso Penguin.
Mi aspettavo una domanda del genere, ma non ero decisamente pronta a raccontare a qualcun altro i fatti dell'isola di Pillow, perciò cercai di rigirare la frittata mascherando la tensione con un sorrisetto: "Io...Beh, io ecco...Vendevo pesce al mercato!"
"Vendevi?" Domandò Bepo con espressione di riflessione per poi aggiungere: "Hai cambiato lavoro?"
Beh, in teoria si ma in pratica no... Come spiegargli che avevo causato un dramma familiare mortale e che ero finita fra le grinfie di due dottori pazzi che mi avevano usata come 'mercenaria gratis' per i loro scopi? "Mh, non più, mio padre non è più qui..."
"Si è trasferito altrove?" chiese Shachi.
Non me ne accorsi ma Law, che aveva osservato in silenzio, mi aveva osservata e probabilmente aveva colto del disagio nelle mie parole. Neanche lo realizzai in quel momento, ma il suo intervento mi salvò da spiacevoli spiegazioni: "Dovremmo preparare delle coperte per le ospiti, no? Shachi, perché tu e Penguin non andate a prenderle?"
"Cavolo, hai ragione!" Disse il 'pinguino' battendo un pugno sul palmo della mano.
"Dobbiamo! Di certo non vi faremmo dormire per terra. Andiamo Pen!" commentò il rosso.
Law sembrava avere una certa autorità su loro due, ma non quella da saputello e padrone, bensì aveva tutta l'aria di essere stimato dai due, di essersi guadagnato il loro rispetto.
"Ti ringrazio, Law." Dissi sottile io.
Di tutta risposta, andò avanti a ramazzare limitandosi a rispondere un semplice "L'ho fatto perché mi andava."
Mentalmente feci spallucce, continuando a passare a Bepo i piatti da asciugare.
Nel giro di mezz'oretta ognuno di noi, compresi i due adulti, eravamo a letto; o meglio tutti tranne nonna Dana-Dana che russava beatamente sul divano come se fosse un aspirapolvere impazzito, ed io, che avevo rimediato un futon.
Mi girai e rigirai più volte quella notte, non trovando pace: ero in un posto che non mi era familiare e questo si sommava a tutte le mie solite paranoie e ricordi passati. Nel salone non c'erano finestre, quindi non avevo una fonte di luce a rassicurarmi seppur non fossi sola.
Decisi di uscire a prendere una boccata d'aria e paradossalmente il mondo la fuori mi spaventava meno di quello nella mia testa.
Feci qualche passo lungo il perimetro di tutta la casa trovando, con mia sorpresa, quella che sembrava una enorme serra nella quale entrai.
Vi era una grande quantità e varietà di ortaggi, una bella produzione autonoma si direbbe.  Non mancavano certamente fiori e piante d'altro tipo; era tutto perfettamente curato! Tutto tranne un vaso in particolare, in terracotta scura, nel quale giacevano i resti appassiti di quelli che sembravano essere garofani.
Wow, che coincidenza...!
Tristemente, mi lasciai sfuggire un sorriso. Tenevo ai garofani, erano l'ultima cosa che mi aveva 'regalato' Gari;
"Che ci fai qui?" Mi interruppe una voce. Mi voltai, era Law.
"Non riuscivo a dormire quindi ho pensato di fare due passi. Mi dispiace essere entrata qui senza permesso."
"Qualunque sia il vostro problema, vedrai che il vecchio rottamaio saprà trovare una soluzione."
(NDA: nella novel di Law, quest'ultimo si riferisce a Wolf con l'appellativo di 'rottamaio'. In giapponese Law è solito aggiungere il suffisso -ya ai nomi degli esterni alla sua ciurma; questo 'ya' è usato per indicare una professione, ecco perché in italiano mugiwara è reso con cappellaio e Wolf come rottamaio.)
Ammetto che mi fu un po' di conforto, ma perché mi diceva quelle cose dopo avermi ignorata per tutta la sera?
Era proprio un tipo strano e avvolto dal mistero tanto quanto i tattoo 'DEATH' sulle sue dita.
"E tu invece, perché sei qui?"
"Mah, perché ne avevo voglia."
"Giustifichi tutto con questa affermazione?" Conclusi io.
"Non è una cosa che ti riguarda." Rispose secco lui.
"Effettivamente..." Mi zittii, non potevo pretendere chissà quale dialogo dopo essere piombata in casa sua a disturbare la sua routine e quella dei suoi amici.
Si voltò, stroncando la cosa sul nascere e avviandosi verso l'uscita. Non indossava il cappello, e nemmeno un normale pigiama. Girava con una t-shirt  grigia e dei pantaloncini di cotone blu.
"I ragazzi mi hanno detto che sei un dottore." Iniziai istintivamente. "Io proprio non sopporto i dottori, neanche un po', credimi."
Nel sentire le mie parole, si fermò ad un passo dalla porta della serra.
"Ecco, quello che voglio dire è che ti ringrazio, Law!"
"Per?"
"Per avermi aiutata quando ho perso i sensi, te ne sono grata."
Lui aprì la porta, e poco prima di uscire e confondersi con le ombre disse: "L'ho fatto perché mi andava." Ghignò.
Scoppiai a ridere, cercando di zittirmi tappandomi la bocca con le mani.
Che fosse o meno il suo modo di essere simpatico, mi aveva decisamente alleggerita dal mio fardello. Certo, non si poteva dire che fosse un tipo vivace o tutto pepe, ma in cuor mio sapevo che dietro a quell'aria cupa e quegli occhi ghiaccio si nascondeva un tipo apposto.
Era bastato così poco!

Passai il resto della notte seduta sul divanetto da esterno in veranda, meditando e guardando la luna.
L'indomani, quando Shachi, Penguin, Bepo e Law furono andati a lavoro, ebbi modo di comprendere che il vecchio rottamaio Wolf era davvero un genio come si autoproclamava. Si vantò di alcune sue invenzioni, intervallando battibecchi con mia nonna, e me ne mostrò addirittura qualcuna! Pazzesco, Wolf aveva progettato e assemblato tutte quelle cose da solo!!!
Stupore a parte, mi aveva chiesto di mostrargli quale fosse il problema, per vagliare in prima persona "alcune variabili fondamentali da inserire all'interno del suo progetto segreto per risolvere il problema", o almeno così aveva detto.
Dopo avermi tolto il bracciale di agalmatolite ed aver appurato sulla sua pelle e sull'erbetta del suo giardino quanto fosse indispensabile per me quel pezzo di metallo, si proclamò pronto a mettersi al lavoro.
Chissà quale strana invenzione avrebbe tirato fuori, e qualunque cosa fosse mi auguravo con tutta l'anima che funzionasse. Non a Dana-Dana era probabilmente più sfiduciata di me, ma dava il massimo per non lasciarlo intendere, fingendo che tutto si sarebbe risolto al meglio.
Ce l'avrebbe fatta davvero quel rottamaio?
E dunque, tra dubbi e speranze, volò via quella mattina e poi il pomeriggio e poi la stessa sera.
A tavola quei cinque avevano un nell'atteggiamento conviviale tipico di un'allegra famigliola: si raccontavano della propria giornata, ridevano e scherzavano anche mentre si smezzavano le faccende da sbrigare. Mi mancava quell'atmosfera, ma sapevo che non esisteva un modo per poter tornare indietro a quei giorni felici trascorsi con la mia famiglia.
Mi incupì un velo di tristezza, ma sapevo di essere coperta dalle risate che distraevano tutti quanti, e così feci finta di nulla standomene in disparte.

Beh, non la porterò molto per le lunghe perché non credo sia interessante sapere che nei due giorni che seguirono Bepo era diventato la mia più grande ossessione e fonte di coccole,  e altrettanto indifferente era mia nonna che aveva nominato Shachi come suo parrucchiere personale o non da meno io che ero inciampata in una coltura di carote mentre dovevo annaffiare qualcosa che non fossero i miei capelli. Shachi aveva imparato a formulare frasi di senso compiuto quando mi stava vicino, e assieme a Penguin mi aveva parlato del suo passato e dei suoi zii criminali. Seppi da Bepo che il suo sogno più grande era quello di diventare un ottimo navigatore per poter ritrovare suo fratello, ma Law rimase un mistero.
Wolf si era rintanato nel suo laboratorio per la gran parte del giorno, stava davvero lavorando sodo. E dopo quasi quattro giorni esatti, era pronto!
La soluzione era lì davanti a me. Avrebbe funzionato?

 

                                                         *Fine capitolo*

Ed eccomi qui! In modo breve ho cercato di raccontare anche questa parte del passato di Ari e Law. Purtroppo è un capitolo un po' così perché ho molto da fare in casa, ma ci tenevo ugualmente a farlo uscire.
Intanto ho scoperto dagli spoiler usciti questa settimana sul film RED che ho 'anticipato' a modo mio i poteri del frutto 'Uta-Uta', che dire...assurdo!
Ma faremo finta di niente, lasceremo che tutto coesista tranquillamente nella loro piccola differenza uwu
Intanto fatemi sapere cosa ne pensate della storia, lasciate una recensione!!
Non vedo l'ora, tra un paio di capitoli di arrivare ad iniziare questa grande avventura!
Alla prossima!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Amamelide ***


Era una mattina tranquilla, i ragazzi erano a lavoro e la soluzione lì davanti a me.
Il vecchio rottamaio ci aveva lavorato per giorni interi.
"Avanti, provalo! Constatiamo che anche stavolta il mio genio assoluto è riuscito nell'impresa !" Disse beffardo e sicuro di sé mentre mi porgeva l'oggetto.
"Sicuro che funzionerà vecchio?" Borbottò nonna Dana-Dana a mani conserte mentre fumava la pipa.
Io deglutii perché mai come quel momento mi ero sentita così appagata dalla sensazione di essere vicina alla soluzione del mio problema, ma tuttavia: "Non qui, credo sia meglio andare fuori se non vorrai ritrovarti la casa in pezzi..."
"È così terribile come dici, ragazzina?" assottigliò gli occhi.
"L'ultima volta che ha tolto quel bracciale è sparito un intero campo di carote." Fece seria mia nonna.
Uscimmo fuori, allontanandoci quanto bastava dalla casa e dalla serra; raggiungemmo un piccolo spiazzo erboso privo di alberi o ortaggi.
Eravamo pronti.
Io ero pronta.
Passare il tempo con loro lì a Pleasure Town quei giorni, mi aveva fatto capire di potermi fidare. Credevo in Wolf e nelle sue invenzioni (o almeno in quelle non mortali), aveva ascoltato quanto si poteva dire sul mio potere e su cosa aveva causato quel disastro con molta attenzione, e da quelle informazioni aveva studiato duramente un modo per potermi aiutare.
Sudai freddo mentre riguardavo l'oggetto che avevo tra le mani: un collare metallico pressoché nero, non spesso e più o meno leggero, con delle 'borchie' rotonde e disposte equidistanti per tutta la sua circonferenza. Presi un respiro richiudendolo attorno al collo, sussultando al contatto del metallo freddo con la mia pelle.
"Ok, state lontano però." chiesi prima di accingermi a togliere il bracciale di agalmatolite.
I due fecero qualche passo indietro e restarono a guardare la scena senza proferir parola.
Chiusi gli occhi e liberai il polso dal bracciale, lasciandolo cadere ai miei piedi.
D'improvviso mi parve di riprendere a respirare come quando si è stati per troppo tempo sott'acqua. Il mio corpo iniziò a rilassarsi e la sensazione di stanchezza e limitazione scivolarono via perdendosi nel vento regalandomi un senso di pace ritrovata che mi trapassava il cuore con un brivido.
Alzai la testa al cielo e riaprii gli occhi sfidando i raggi del sole.
"Ho trascorso gli ultimi anni al buio e adesso posso finalmente godere della luce. Mi sento bene, mi sento ricaricata come se potessi fare qualunque cosa!" Avere tutta quella energia termica per me era come saziarsi dopo  aver digiunato per giorni nel deserto.
Potevo avvertire l'energia fluire dentro di me e scorrere libera senza far danni all'ambiente circostante.
"Ha...Ha funzionato?!" Boccheggiò nonna Dana-Dana.
Wolf non rispose, continuando a fissarmi standosene a braccia conserte dietro la schiena.
Iniziai a muovere piano le mani concentrandomi il giusto per attivare il mio potere; apparve la solita evanescenza blu tutt'attorno alle mie dita ed iniziai a giocarci osservandola con una certa superbia mentre mi divertivo a controllarne l'attivazione ed il flusso. Mi lasciai sfuggire un sorriso al limite delle lacrime di gioia: "Lo hai fatto Wolf, tu ci sei riuscito! HA FUNZIONATO!!!" esultai girando su me stessa per la contentezza.
Dal nulla sentii delle braccia cingermi con forza e sentimento: era nonna che per poco non perdeva gli occhiali per tutte le lacrime, aveva addirittura fatto cadere la pipa per lo sgomento. "Oh, bambina mia!"
Ricambiai l'abbraccio, godendomi ogni singolo istante di quel preziosissimo contatto di libertà ed affetto, lasciandomi cullare dalle sue braccia.
Sciolsi l'intreccio e corsi di fronte a Wolf: "Rottamaio Wolf, tu sei un genio! Come potrò mai ripagarti!?"
"Il tuo è un debito già ripagato, ragazzina. È sufficiente che tu ammiri la mia eccezionale inventiva! Ma bada bene, quello strumento funziona da inibitore, quindi non potrai mai usare il 100% delle tue abilità."
"Ehi Wolf, dì un po', come hai fatto? Dadada" chiese nonna ricomponendosi dalla commozione.
"Ho quasi perso un braccio per lavorare così finemente le parti di agalmatolite contenute nelle estremità. Ma a parte questo, maledetta vecchia, non credo che tu potresti mai capire il funzionamento del principio di assorbimento e dispersione energetica applicato ai metalli e all'agal-"
"Sisi, hai ragione, lascia perdere!"
"Come osi interrompere una sublime spiegazione come questa?!"
Li lasciai perdere nel loro solito battibecco, chiedendomi ancora una volta che razza di favore avanzasse nonna Dana-Dana e com'è che si conoscevano. Bah!
Quindi corsi via nel bosco, avevo bisogno di stare da sola.
Mi addentrai tra gli alberi fino a raggiungere una piccola radura composta da enormi alberi di un verde brillante e fiori di ogni tipo.
La pace regnava sovrana scandita dai versi degli animali che abitavano quell'angolo di paradiso, mi gettai di schiena fra i fili d'erba e chiusi gli occhi per riflettere.
Feci un recap degli anni trascorsi prima di quel giorno, continuando ad interrogarmi sul perché di ogni circostanza. E poi, mi soffermai su quello che Lenora mi ripeteva sempre, cioè che tutto accade per una ragione; alzai un braccio per aria permettendo alle verdi chiome degli alberi e all'evanescenza blu di fargli da cornice.
Il frutto Zeno-Zeno mi permetteva di manipolare qualsiasi forma di energia, ed è per questo che la mia fuga dal Sanatorio non era stata casuale. Avevo  impostato la mia energia in modo tale da attrarre qualcosa, una speranza, in risonanza con me e l'avevo affidata ad un pennuto. Strano come funziona la vita: un giorno sei responsabile della morte di tutti i tuoi cari e il giorno dopo senza neanche rendertene conto utilizzi una delle tecniche più portentose di una pesca marcia trovata in un forziere per ottenere una bottiglia con dentro una lettera che ti fa scappare via da un manicomio retto da un avido dottore pazzo che si nutre degli incubi altrui e che ti ha letteralmente fatto a pezzi la mente.
Mi sfuggì un risolino pensando a quanto fosse ridicolo che io e Akki ce la fossimo cavata grazie ad un piano di fuga regalato dal mare. Chissà chi era il suo autore!?
Trascorsi altro tempo immersa nella natura a cercare di collocare il mio stato attuale in una delle cinque fasi di elaborazione di cui mi aveva parlato Lenora, e probabilmente mi trovavo ancora nello stadio del patteggiamento. Avrei mai potuto accettare tutta quella sofferenza?
Ripresi il controllo, cercando di elaborare pensieri positivi e costruttivi.
Non la vedevo del tutto chiaramente, ma io avevo la libertà.
Me ne ero guadagnata una bella fetta grazie all'aiuto di Wolf, e dovevo assaporarla tutta!
Mi misi a sedere e con le mani accarezzai i fili d'erba attorno a me, istintivamente tolsi le scarpe e mi alzai. Mi inebriai del fresco sotto ai piedi, restando ammaliata dallo scorrere della vita della vegetazione tutt'attorno a me. Le piante avevano vita, e la vita è energia che io potevo percepire (anche se con uno sforzo in più per via del collare).
Io ero libera esattamente come lo era il vento e come lo erano quei fiori e quel prato o quegli uccelli.
Aprii le braccia ed inspirai profondamente lasciando che la magia di quell'evanescenza azzurra mi avvolgesse e mi rendesse tutt'uno con la meraviglia nei miei occhi: mi levai dal suolo, io ero capace di volare!
Quella sensazione di leggerezza mi regalò una contentezza unica, proteggendomi da ogni ricordo capace di macchiare quei quattro secondi in aria.
Trascorsi altre ore a testare i miei poteri, perché solo quel giorno dopo quattro anni ne avevo finalmente una visione limpida e perfetta mai avuta.

Tornai a casa dagli altri poco prima di cena, ed aiutai Penguin ad apparechiare mentre Shachi preoarava la cena e nonna raccontava a Bepo di quella volta in cui dovette riverniciare da sola il Sinister-Train perché uno scoiattolo aveva deciso di attaccarla.
Law non avrebbe cenato con noi, e Wolf era appena uscito dalla doccia e leggeva il giornale comodamente seduto sulla sua poltrona.
"Ti vedo raggiante, avete risolto il tuo problema per caso?" Domandò curioso Penguin posando i tovaglioli accanto a ciascun piatto.
Gli sorrisi, confermando implicitamente la sua domanda per poi afferrarlo per una mano e trascinarlo accanto ai fornelli.
"Ehi, fate attenzione voi due se non volete farci trovare tutti a stomaco vuoto stasera!" Urlò Shachi per lo spavento.
Mollai la presa dal suo polso: "State a guardare!"
Perplessi fecero quanto gli avevo chiesto, trovandosi poi sbalorditi davanti ad una me che girava il mestolo nella pentola della minestra senza neanche toccarlo e con un semplicissimo cenno della mano
Avevo due modi per farlo:
1) Proiettare su di esso la mia energia addensandola in modo tale da avere prensilità
2) Sfruttare l'energia cinetica dello stesso mestolo che ruotava ancora dopo che Shachi lo aveva mollato per lo spavento
"Oh Roger, anche tu!!" Fece Shachi quasi perdendo gli occhiali tant'era lo stupore.
"Zitto scemo!" Gli diede una gomitata Penguin per farlo tacere.
"Anche io? Perché conoscete qualcun altro in gradodo farlo?"
"Nono.. È che... Si è che...Insom-" balbettò Shachi.
"Si, lui vuole dire che una volta abbiamo incontrato un tizio...un tizio strano nella neve...ehm, capace di fare cose strane e poi..." Continuò pinguino.
"Siamo scalpati via, si ecco. Lui è scappato via, già."
"Si, è scappato via, già, già."
Rimasi un po' perplessa e confusa dai loro atteggiamenti misteriosi, chissà cosa nascondevano!
"Hai mangiato un frutto del mare?" Domandò Bepo meravigliato ma contento di essersi liberato dalle grinfie di nonna.
Mi rabbuiai un po', cercando di non darlo a notare: "Mh-mh! Guarda!"
Creai una piccola ed innocua sfera luminosa fra le mani, che poi giocai a muovere per tutta la stanza sotto il loro sguardo vigile ed affascinato.
"Che forza!" Esclamarono tutti quanti all'unisono.
"Questo non lo sa fare La-" fu interrotto Bepo.
"Zitto scemo!" Strillarono i due dallo strano cappello colpendo l'orso.
"Forse non dovevo dirlo, chiedo scusa!" Disse il visone rammaricato piegandosi in segno di pentimento.
Sempre più intontita da tutti quegli strani atteggiamenti, cenai per l'ultima volta con loro godedomi quella deliziosa minestra calda di pesce a suon di risate e chiacchiere.
Io e nonna saremmo ripartite appena sorta l'alba, quindi facemmo tutti presto a dormire.
Ovviamente tutti tranne me e la mia paura del buio a darmi la caccia.
Avevo già preso qualche goccia, ma nulla da fare.
Mi tolsi di dosso le coperte verdi del futon, afferrai il giornale sul tavolino ed uscii fuori dirigendomi verso la serra.
Quantomeno era l'unico posto illuminato in quel momento e le piante passavano tutte good vibes, quindi magari avrei potuto sentirmi più tranquilla e meno sola.
Aprii la porta, trovando con sorpresa un Law intento ad armeggiare con i rami di una pianta secca.
"Dovremmo smetterla di incontrarci qui noi due!" Sbadigliai io andadogli in contro ma senza ricevere alcuna risposta differente da una semplice occhiata. "Che fai, Law?"
Mi guardò, nonostante fosse completamente immerso nel suo da fare; sembrava un po' infastidito ed anche abbastanza provato dalla stanchezza. I ragazzi adoravano Law, e ne parlavano spesso; avevo saputo da loro del suo lavoro nella clinica della città e di quanto fosse brillante nella sua professione. Lavorava parecchie ore al giorno e quando tornava a casa lo si perdeva di vista perché studiava per migliorarsi. Avrei tanto voluto avere un dottore come lui piuttosto che due pazzi avidi e sadici, lui sembrava metterci il cuore in quello che faceva. Ma qualcosa di lui non mi era chiara e per di più i suoi tattoo "death" sulle dita mi irrgidivano perché non sapevo come interpretarli. Del resto non sapevo come interpretare lui! Law era sempre così riservato e distante e non sembrava a suo agio dopo il mio arrivo e quello di nonna Dana-Dana. Eppure aveva solo due anni più di me, com'era possibile che non riuscissimo a scambiare due chiacchiere e andare d'accordo?
Fui io a rompere il silenzio, timorosa di disturbarlo: "Sembra morta questa pianta..."
"Però, sei perpicace, Ari-ya." Fece sarcastico.
"Non risanerà di certo solo perché la fissi, eh!"
"Devo trovare un modo, è l'unica Amamelide a mia disposizione e ne ho bisogno per domani." Disse rigirado ancora una volta il vaso fra le sue mani.
"Cos'ha di speciale questa Ama...Ama-qualcosa?"
"Amamelide." Sottolineò. "E possiede proprietà antiemorragiche e lenitive."
Con fare curioso avvicinai la faccia alla pianta, per scurtarla bene e verificare se fosse ancora recuperabile: "Posso aiutarti io." Dissi poi ruotando gli occhi alla mia destra dove trovai gli occhi ghiaccio di Law a letteralmente cinque centimetri dal mio naso.
I miei verdi ed i suoi cerulei rimasero incastrati per qualche secondo, fin quando presi entrambi dall'imbarazzo ci allontanammo d'istinto.
"È ancora recuperabile, ti posso aiutare...Si ecco!..." Dissi io cercando di non mancare qualche battito.
"Come credi di fare visto che è appssita?Non riescono neanche i fertilizzanti." Constatò lui.
"Ma io sono magica, Law!"
Presi un bel respiro e con le mani afferrai il vaso in terracotta, sperando disperatamente di non fare brutta figura. Concentrai la mia energia nelle mani, permettendole di fluire nell'amamelide che iniziava ad illuminarsi dei colori del cielo, avvolta dalla mia essenza. Lentamente, i resti della piantina iniziarono a tirarsi su sotto lo sguardo sicuramente meravigliato ma impassibile dello scapigliato moro al mio fianco.
Poco a poco le estremità raggrinzite della pianta rinvigorirono tingendosi di un vivace giallo sparso nei suoi filamenti: ce l'avevo fatta!
"Penso che ora tu possa continuare con il tuo lavoro." Gli dissi sorridendo e posando il vaso sul bancone. Notai che, dopotutto, non sembrava poi così stupito dal mio potere.
"Perché fai quella faccia?" Mi domandò notando che ci ero letteralmente rimasta di sasso.
Law era la prima persona a non guizzare gli occhi fuori dalle orbite dopo aver visto le mie abilità. Mio fratello Gari per primo, poi i pirati, Akki e tutti gli altri bambini e dottori del Sanatorio, mia nonna, Wolf e persino Shachi,Penguin e pure Bepo... Chiunque sapesse del mio frutto del diavolo restava sconvolto e mai impassibile e composto davanti ad esso come invece aveva fatto Law. "Certo che tu sei proprio fuori dall'ordinario!" Mugugnai sottovoce restandone affascinata.
"Comunque ti ringrazio, Ariadna-ya."
"Non c'è di che, Law."

Dopodiché lui si rimise al lavoro, trattando la pianta e prendendo appunti su di un taccuino e guardando, di tanto in tanto, un vecchio tomo di medicina.
Io mi sedetti in un angolino, portando le ginocchia al petto e cominciai,o almeno ci provai, a leggere il giornale. Era da quando avevo fatto ritorno sull'isola Gold che avevo notato d'aver perso qualche diottria, osservare oggetti da vicino mi era un po' più difficile e probabilmente ciò era dovuto alla mia lunga permanenza al buio che aveva affaticato molto gli occhi.
Provai più volte a mettere a fuoco le notizie sul mondo pirata riportate sul giornale, ed è proprio durante la lettura che mi addormentai forte del fatto che non ero sola e che ci fosse la luce.
Furono orette belle piene quelle prima di svegliarmi di soprassalto come una scema perché ero crollata sul mio stesso peso. (Imparai che dormire seduta non è la scelta migliore...)
Mi tastai il petto con una mano per accertarmi che il cuore fosse ancora all'interno della gabbia toracica e che non fosse scappato per mare dopo l'infarto della scivolata. Mentre riprendevo il fiato, notai con la coda dell'occhio che Law era curvo sul tomo ancora aperto sotto le sue braccia. Della piantina resuscitata invece era rimasto ben poco.
Qualcosa non andava però, potevo percepirlo anche a quei pochi metri di distanza.
Mi alzai facendo qualche passo. Un po' lo invidiavo in quel momento: io ero stata capace di cadere da seduta mentre lui dormiva poggiato su un vecchio sgabello scorciato, composto come da sveglio.
Trasudava negatività da ogni poro e si agitava stringendo i pugni sotto la sua testa.
Non so perché, ma percepivo una irrefrenabile voglia di carezzargli i capelli. "Un incubo eh?"
Sicuramente non se la stava passando bene nel suo mondo onirico e dunque mi chiesi cos'è che poteva tormentare qualcuno così tanto.
Il suo respiro divenne più pesante e frequente: che fosse rabbia? O paura?
Non seppi darmi una risposta certa ma continuai ad osservarlo finché decisi di intervenire.
Posai delicatamente la mia mano destra sul dorso della sua schiena facendola aderire alla sua morbidissima felpa indaco.
A giudicare dalle sue occhiaie, Law sembrava simile a me, uno che di notte si trovava costantemente a combattere i propri demoni. Me ne dispiacqui alquanto, e quindi agii.
Mi era sempre stato detto, dagli adulti più informati, che il frutto Zeno-Zeno era particolarmente abile nell'imitare il funzionamento dei poteri altrui, e per una volta trovai positivo aver pensato a Lenora. Lei aveva il potere di rilassare ed indurre il sonno negli altri e quindi feci altrettanto con Law.
Distesi meglio le dita sulla sua schiena, come per realargli una carezza di conforto. Ovviamente io non funzionavo secondo un principio jnnato come Lenora, ma secondo una lunga riflessione ed attenzione.
Stavo infondendo good vibes in Law, positività derivante dai bei ricordi che conservavo in me. Certamente, avrei anche potuto agire sull'energia cinetica del suo cuore per calmarlo, ma non avendolo mai fatto temevo finisse male.Smise di agitarsi pochi istanti a seguire, dormendo sonni tranquilli ed io feci lo stesso riprendendo il mio posto sul pavimento.

Poche ore dopo, al sorgere del sole, Wolf e Bepo erano pronti per accompagnarci al porto con una specie di pulmino dal nome impronunciabile inventato dal rottamaio.
Shachi e Penguin dormivano ancora, di fatti ci eravamo salutati la sera prima.
Mi sarebbero mancati, nonostante li conoscessi da meno di una settimana e li avessi visti relativamente poco per via dei loro impieghi, loro erano il duo che non mi aspettavo e di cui avevo bisogno. Mi trasmettevano leggerezza ed era colpa loro se soffocavo spesso per le risate, non erano affatto idioti come si può pensare di primo acchito, ma erano solo due ragazzini che avevano imparato ad andare avanti e a non abbattersi. Mi facevano sbellicare dalle risate ed io ne avevo davvero bisogno!
Con Wolf il rottamaio avevo anche già parlato, ringraziandolo ulteriormente. Il suo vivere di 'do ut des' non bastò a farmi sentire in obbligo di ripagargli il favore in qualche modo. "Un'invenzione per un'invenzione!" Gli dissi dopo avergli donato un barattolo da marmellata contenente una sfera luminosa. "Questa sfera è carichissima, sono sicura che saprai farne buon uso con le tue creazioni! Grazie Wolf!" Aggiunsi per concludere.
Bepo lo avrei salutato prima di imbarcarmi visto che era con noi.
Feci per chiudere lo sportello ma qualcosa catturò la mia attenzione: d'un tratto fummo ingabbiati in una sorta di bolla bluastra ed in una frazione di secondo tra le mie mani si materializzò dal nulla una specie di involtino di carta.
"Nonna, dimmi che lo vedi anche tu, non ho voglia di tirare fuori le medicine dallo zaino incasinato..." Dissi tirandole con un pizzico la vestella a fiori, per richiamarne l'attenzione.
"No bambina, lo vediamo tutti..." Rispose lei mancando un paio di tiri alla pipa per via dello sconcerto.
Smisi di guardarmi intorno con circospezione ed esaminai l'involtino cartaceo apparso come per magia: srotolai i fogli bianchi da taccuino e giunsi al nucleo dell'involucro.
Su di un biglietto trovai scritto:
                "L'ho fatto perché mi andava!
                                                         -Law"
Wolf aveva assistito a tutta la scena, scoppiando in una fragorosa risata: "Ahahah questo è il modo di Law di dirti addio!"

Avevo un paio di occhiali nuovi e, finalmente, grazie a quel biglietto avevo anche la risposta alla mia domanda: sapevo chi mi aveva tirata fuori dai guai.



 

~Fine capitolo~

Ed ecco qui un altro piccolo capitolo!
Ne manca solamente uno all'inizio del viaggio più avventuroso del mondo delle fanfiction, pronti?!
Finalmente Ari ha una soluzione al suo problema, nonostante debba ancora fare i conti con il suo trascorso, ma ha dei nuovi amici, una risposta ed un paio di occhiali da lettura adesso!
Chissà come si svolgeranno le cose ora!
Lasciate un commento per farmi sapere cosa ne pensate di questi capitoli super rush vi pregooo!
So che volete la storia vera e propria, avventura, sex, drama, combattimenti ecc, ed arriveranno! Ma almeno pronunciatevi T.T

Vi aspetto al prossimo chap  ✨❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** La prima volta ***


NDA: la fine di questo ultimo capitolo introduttivo è una super sorpresa, fossi in voi leggerei tutto. Arrossisco 🌝😏🤫 
 
 
 "Più veloce, sei una lumacona!"
"Guarda che non ho quattro zampe io, e parla per te!"
"Si ma non posso starti dietro, lumacona!"
Diciamo che azzuffarsi correndo come forsennati dietro alla propria tonnellata e mezza di cena non era il massimo. Io ed Akki lo sapevamo entrambi ma non potevamo farne a meno: sfotterci era parte integrante della nostra routine e rendeva tutto più divertente.
"Smettila di chiamarmi così, fuscello spennato!"
"Zitta e corri cagasotto o non lo prenderemo mai!" 
"Adesso basta!" Gli avrei fatto vedere chi è che comanda, tanto per non dargliela vinta anche quella volta. Akki era un tipo tutto pepe, esuberante, testardo come la roccia che dominava, dinamico costantemente attivo...Un vero e proprio satanasso dalla testa calda!
Sapeva tenermi testa, mi sfidava fino a farmi perdere la pazienza per poi farmela ritrovare cinque minuti dopo. Aveva modi tutti suoi di farsi perdonare e sapeva perfettamente quando lasciar spazio al suo lato comprensivo e gentile.
'Cagasotto' era una parola che detestavo. Per quanto fossi stata fifona sin da piccola, dopo le vicende al Sanatorio avevo un motivo più che valido per avere paura, e lo avevo sperimentato sulla mia stessa pelle ad un caro prezzo, per cui essere additata come fifona non mi stava bene.
Ero certa al 100% che avrebbe fatto qualcosa dopo, seppur entrambi sapessimo che faceva tutto parte del gioco come sempre, quindi tiravamo a ridercela.
Ma tra noi era così: una competizione continua per poter ridere dopo!Mentre lui mi stava aiutando a perfezionare alcune sequenze di combattimento, avevamo avvistato un enooorme cinghiale. E che fai, te ne privi? Ma assolutamente no!
Del resto a cena avremmo festeggiato il settantaseiesimo compleanno di nonna Dana-Dana, quindi quel cinghiale era un ottimo regalo di compleanno di gran lunga migliore rispetto al mazzo di papaveri e al vestitino nuovo a fiori che le avevamo donato l'anno prima (e oserei dire molto meglio anche del cuscino con la federa verde e gialla a pois di due anni prima...)
Perché sì, ne era trascorso di tempo!Più precisamente erano passati altri due anni, ma di questo ve ne racconterò tra poco ---> torniamo alla nostra preda piuttosto!
Forte di tutta la mia superbia, se dicevo 'basta' era basta, e basta! Misi il turbo, riuscendo a sorpassare Akki e coi polmoni al limite arrestai la mia corsa scivolando sui piedi per meno di un paio di metri prima di frenarmi definitivamente. Prontamente agganciai la con lo sguardo e protrassi in avanti le mani: "Zeno-Cage" era un insieme di alti pannelli di energia solida che ero solita utilizzare, come in quel caso, per intrappolare la sfortunata cena e non lasciarla fuggire. "Sei mio!" sorrisi io.
"Woo-oha!" Urlò quel matto di Akki mentre saltava un paio di metri facendo leva su di una roccia che aveva deformato mentre correva. "Non ci penso proprio, cagasotto!" Ghignò fiero lasciandomi completamente sbalordita mentre col potere del suo frutto Rock-Rock estraeva un enorme masso dal terreno per colpirlo a mezz'aria con un fortissimo e preciso calcio rotante. "Mio!"
"Dah, ma non ci credo, Akki l'hai fatto ancora!" sbuffai io sciogliendo la mia tecnica ed avvicinandomi al verde con passo svelto.
Si avvicinò tremendamente a me: "Ovviamente, ci ho pensato io perché tu non avresti mai potuto!" 
I nostri nasi erano letteralmente a due centimetri l'uno dall'altro, questo mi fece venire in mente un ricordo di mezzo anno prima...
~Da quando avevo fatto ritorno all'isola Gold, non ero mai andata a piangere i miei cari sulle loro tombe. Non perché non ne avessi voglia, non perché io mi trovavo a Perla e loro a Roubi dove non ero ben accetta...Ma semplicemente avevo paura. Paura di essere giudicata dai morti forse, paura di non esserne degna. Del loro brutale destino ero io la colpevole, con che faccia avrei potuto presentarmi davanti ai loro memoriali?
"Non sei sola." Mi aveva detto Akki quel giorno poggiandomi una mano sulla spalla "E poi tu hai un posto dove piangerli, non sminuire questa fortuna, sarebbe come voltargli le spalle." 
Poche parole serie d'effetto che bastarono ad aprirmi gli occhi, cos'altro bisogna aggiungere?
L'unico problema era raggiungere Roubi, perché da Perla a lì non c'era certo poca distanza. Quindi, da brave canaglie ribelli e adolescenti, decidemmo di, ehm, 'prendere in prestito' il Sinister-Mine-Train della nonna...La getendi Roubi aveva già reclamato la mia testa in maniera sottintesa, e giustamente io invadevo il territorio a bordo di uno dei tanti vagoncini colorati giudati da un matto con i capelli verdi e un topo in testa. Direi che eravamo proprio i tipi che preferivano passare inosservati. E chissà quante botte ci saremmo beccati dopo che nonna Dana-Dana ci avrebbe visto tornare sul treno... Ma questo è un epilogo che potete facilmente immaginare...
Akki non se la cavava affatto male alla guida ma per quanto spingesse l'acceleratore quel tragitto a tratti desertico continuava a sembrarmi solo un infinito flusso di pensieri: potevo davvero tornare?Era la cosa giusta da fare?
"Sei pronta Ari-Ari?" Akki non mi chiamava mai per nome, sapeva quanto fosse dura per me e quanto avevo bisogno della sua presenza in quel momento. 
Fece per precedermi, ma agguantai un lembo della sua t-shirt bianca e si voltò a guardarmi trovandomi a mordermi le labbra con gli occhi lucidi per la tensione. Afferrò la mano con cui lo tenevo per la maglietta, stringedola dolcemente forte come per dirmi 'siamo insieme'; mi feci coraggio.
Nonna e tutti gli altri cittadini avevano dovuto fare i conti con i morti ed i feriti causati da quella banda pirata, ed immagino che seppellire i propri cari con le proprie mani sia stato straziante per lei. Riposavano tutti e tre assieme, vicini nel verde e curato prato periferico del cimitero della città. Sulle loro lapidi vi erano fiori ancora freschi, accato ai quali posai un mazzolino di margherite e garofani, i preferiti di Gari.
"T..Tu guarda i fiori..." Mormorai lasciandomi cadere sulle ginocchia. Scoppiai in lacrime, a tal punto da non riuscire più a distinguere le immagini con nitidezza e mi morsi le labbra cercando di smorzare i singhiozzi e mettendo a fuoco la mia mano sul terreno sotto di me. 
Ma la terra non poteva restituirmeli... "Mi dispiace...Mi dispiace...Mi dispiaceee!" Continuai a ripetere ad inoltranza battendo i pugni.
Akki, mosso dalla scena, si abbassò e mi afferrò saldamente il viso fra le mani gonfiandomi le guance ed io posai le mie su di lui mentre le lacrime calde mi rigavano il viso.
"Ascoltami bene, Ari! NON È COLPA TUA! Tu hai cercato di salvarli! Loro sono morti col sorriso sapendo di amare te e tuo fratello. Credi davvero che volessero questo per te? Credi davvero che il futuro che immaginavano per la loro figlia fosse buio e triste come quello che ti ostini a vedere tu?" I suoi occhi erano ancorati nei miei, non distoglieva lo sguardo mentre con decisione e commozione continuava: "Se fossero qui vorrebbero vederti vivere felice la vita che ti sei guadagnata. Tu sei sopravvissuta, Ari, vivi libera per loro e per tuo fratello, non lasciare che quello che quei folli ti hanno fatto prenda il controllo su di te, tu sei più forte e non puoi permettergli di vincere. Vivi! Vivi, Ari! Una famiglia è per sempre, loro saranno sempre con te se tu gli permetterai d'essere la luce tra le tue tenebre. Trasforma questo dolore. Vivi libera e vai avanti, per favore!"
Lo fissai in silenzio tra soffocati singhiozzi ed occhi grondanti di lacrime e quando mi disse "Adesso sfogati, io sono qui con te!" mi abbandonai del tutto fra le sue braccia lasciando andare la sofferenza di quegli anni, cullandomi tra i teneri ricordi di una famiglia felice.
Restai seduta accanto ad Akki con la testa china sulla sua spalla, finché non giunse il tramonto a svegliarmi da quella ritrovata calma. 
Lentamente alzai il capo dal suo incavo imbattedomi nel suo viso giovane e perfetto. I suoi occhi riflettevano perfettamente i colori del sole calante, respirava piano come se fino a quel momento avesse avuto paura di portarmi via quel benessere. Non smisi neanche solo un secondo di ammirare la sua perfezione, la sua pelle eterea, da quando era diventato così bello? Lui non distoglieva lo sguardo da me, eravamo tremendamente vicini e nel silenzio della natura erano i nostri cuori battenti a far chiasso. Non resistette e posò piano le sue labbra vive sulle mie.
Ma quello non poté evolversi in nient'altro che un bacio a stampo, perché Pelo zampettò da noi facendoci notare che qualcuno di Roubi mi aveva vista e stava venendo lì per me.~
Da quel giorno non avevamo creato altri momenti così 'romantici' oserei dire, perché?
Diamine, non so neanche il cazzo di perché. So solo che da allora eravamo più uniti che mai.
Akki mi stava sempre appiccicato, non che fosse una cosa negativa eh...Voglio dire lui era il mio migliore amico, la mia spalla, la persona che mi rimpinzava di pancakes fino a farmi scoppiare, l'unico a cui permettevo di rubarmi il cibo dal piatto, l'unico che avrei punzecchiato fino allo sfinimento e che avrei inseguito fino ai confini del mondo.
Se potessi cercare di farvi capire cosa lui fosse per me, direi che Akki era il mio primo amore.
Akki era una scintilla di vita pura nei miei giorni, ed aveva fatto breccia nel mio cuore, a modo suo, già ai tempi del Sanatorio.
"Oh, e quindi?" disse lui interrompendo il flusso dei miei pensieri distraendomi come lo stridio di un disco rotto. Non accennò certamente a tirarsi indietro, rendedomi le cose più difficili.
"Quindi cosa?" 
"Muoio dalla voglia di baciarti, Ari." Senza neanche il tempo di accorgermene percepii le sue mani calde sulle mie guance, ero in trappola.E boom, mi colpì ed affondò come un cannone con una nave nemica. Un brivido si fece strada nel mio cuore, aumentandone i battiti. Arrossii leggermente quando con i pollici prese ad accarezzarmi lentamente le lentiggini, ridendo della mia temperatura corporea che non faceva altro che aumentare. "Parto domani, lo sai."
Scivolai via dalla sua presa. 'Parto domani', certamente come se questo bastasse! Non avrebbe mai potuto farsi perdonare per quello. "Appunto, parti." Mi voltai di schiena, facendo per andarmene. Dio, quanto non sopportavo l'idea di vederlo partire.
Aveva sempre detto di voler essere libero, che lui era nato per realizzare il suo sogno di poter prendere il mare e vivere mille avventure da raccontare. Un pirata, voleva essere un maledetto pirata.
E non mi stava bene, ovvio che no. I pirati commettono reati, fanno cose spregevoli e vivono alle spalle degli altri. I pirati mi avevano portato via ogni cosa.
D'improvviso venni tirata indietro e cinta in vita dalle sue braccia. Non avevo scampo. Chinò la testa per incastrarla perfettamente nell'incavo della mia spalla. Era più alto di me di dieci centimetri, io ne misuravo solo centosettantotto. Strusciò la punta del suo naso contro il mio viso. "Diventerai un pirata, ci vuole molto più di questo per farti perdonare stavolta!" Detto questo, lo costrinsi ad allontanarsi con una gomitata nello stomaco e me ne tornai a casa di corsa imboccando la radura.
Non sapevo proprio dirgli di no, ma stavolta era diverso.
Bastava poco per scrollarmi di dosso il broncio, aveva i suoi assi nella manica quel matto!
Non è che io non lo desiderassi, anzi! Akki era letteralmente l'unico ragazzo della mia vita, la mia prima cotta, la mia prima esperienza sentimentale, il mio primo tutto. Fremevo dalla voglia di buttarmi a capofitto in tutto ciò che potevamo essere. Ma sapere che l'indomani sarebbe salpato all'avventura io proprio non riuscivo ad accettarlo. Non accettavo né l'idea di separarmene né che potesse trovare la felicità senza di me.
Chi avrei rimproverato perché scalzo tutto il tempo? A chi avrei fatto i massaggi dopo l'allenamento? Chi mi avrebbe preparato i pancacke per colazione? Con chi avrei vissuto gli altri giorni della mia vita tra risate e pianti? Con chi avrei scambiato insulti per poi sfidarmici e ridere? Akki era Akki, e basta. Era parte della mia vita da anni e non potevo adattarmi ad un cambiamento così grande.
 
Fatta sera, nonna Dana-Dana rientrò nella nostra casa-albero; sin da bambina non facevo altro che domandarmi cosa diavolo facesse via per il Paese con il Sinister-Mine-Train. Era un mistero più grande dello stesso One Piece, nemmeno mio padre Petro ne aveva mai saputo nulla. Inseguirla con Gari era risultato impossibile quando andavamo a trovarla nell'altra città, quella donna era troppo furba. Bah!
Passammo momenti felici quella sera, festeggiammo un bel compleanno e lei fu fiera del suo regalo perché oltre che mangiare a sazietà per giorni, poteva anche ricavare una bella pelliccia da quell'enorme cinghiale. (NDA: odio io stessa le pellicce, perdonatemi per questo frame...)
Finita la festicciola col vicinato, la notte calava alle nostre finestre e rincasammo tutti, nonostante il cortile fosse illuminato da una seriedi lampadine arrangiate ai fili del bucato.
Ah, ovviamente ho omesso tutta la parte in cui nonna ubriaca ha preso a raccontare (tra un boccheggio di pipa ed un altro) di quella volta che ha truffato un mercante e di quella volta che ha dovuto usare un appendiabiti per salvare una donna. Si era anche addormentata sul tavolo davanti al vassoio vuoto della torta, tant'è che la lasciai dormire lì dopo aver risistemato.
Portai in stanza Pelo, poverino era esausto anche lui da quella giornata piena!
Andai in bagno e feci una bella doccia calda per lavare via tutte le fatiche ed i pensieri.
Si poteva amare un bagno? Boh, ma io lo amavo: era enorme per una casa come la nostra, ed il colore prevalente era il giallo tenue.
Finii e mi avvolsi in un asciugamano che mi arrivava alle ginocchia. Tirai un sospiro.
-Toc Toc- neanche tirai ad indovinare chi potevo trovare dietro la porta, aprii senza troppe storie.
Guardai Akki poggiato allo stipite della porta ma distolsi rapidamente lo sguardo:"Ti concedo di farti perdonare per il cinghiale di oggi." Sbuffai con una smorfia a guance piene.
Senza dir nulla si avvicinò allo sgabello di legno sul quale ero seduta, tirando fuori dal portaoggetti un pettine. Si mise dietro di me, mi sciolse i biondi capelli bagnati adagiandoli lungo la mia schiena. Erano cresciuti un po', mi arrivavano a metà dorso ma avevano comunque mantenuto la tonalità chiara acquisita dopo la fuga dal Sanatorio. Prese a pettinarli con attenzione, cercando di districare per bene i pochi nodi in cui incappava.
"Vuoi continuare a tenermi il broncio sprecando le ultime ore che ci rimangono?" Mi guardava attraverso l'enorme specchio posto di fronte a noi.
Mi alzai di scatto, facendolo sobbalzare per lo spavento tant'è che il pettine gli scappò di mano. "Voglio che tu sia felice, ma voglio anche averti qui con me!" 
"E perché non vieni con me?"
"Sai cosa ne penso, sai che non potrei mai fare la piratessa! Non posso lasciare nonna, non adesso. E poi tu hai il diritto di essere libero, non devi avere vincoli. Io non sarò il tuo limite, non posso iniziare questa cosa e lasciare semplicemente che passi più della metà della vita a trovare la tua strada mentre io sto qui. Ti hanno tolto la libertà per anni, so cosa vuol dire, quindi non sarò la tua prigione. E non ho la minima intenzione di passare il resto dei miei giorni a desiderarti perché mi hai fatta innamorare!"
Lui spalancò gli occhi. Non che non l'avesse realizzato prima che tra di noi ci fosse qualcosa, voglio dire era palese agli occhi di chiunque che ci fosse del tenero fra noi dato che se non ci scannavamo stavamo appiccicati. Lui me l'aveva detto e dimostrato praticamente ogni giorno. Insomma, lasciare la situazione implicita da parte mia era una cosa ma dirglielo finalmente in faccia aveva un altro valore e impatto.
Prese a respirare più profondamente dalla 'sorpresa'.
Non passarono altro che millesimi di secondo in cui ogni fibra del mio corpo mandava un segnale al mio cervello chiedendogli di far qualcosa e reclamare quel corpo perfetto di muscoli asciutti.
Indossava solo dei larghi pantaloncini neri che gli arrivavano alle ginocchia. Era proprio un tipo! Ribollivo a vederlo quasi sempre senza maglietta come in quel momento. Aveva un viso perfetto, senza traccia di barba o imperfezioni, i suoi lineamenti erano armoniosi ed illuminati da quegli occhi che riprendevano il verde foresta dei capelli corti e delle ciocche ribelli sulla sua fronte.
"Spaccherei a pugni l'intera montagna centrale se fosse per te. Mi hai incantato già alla prima sfera di energia al Sanatorio. Ti ho vista crescere sotto ai miei occhi insieme a me, ne abbiamo passate di tuti i colori." Ghignò "Mi hai stregato il cuore, Ari!"
Non resistetti oltre: "Solo per stanotte." E dopo mezzo passo, aiutandomi in punta di piedi lo baciai, mi assecondò.
Un secondo primo bacio vero, sentito, caldo, morbido, piacevole. 
Mi stravolse di brutto staccandosi da me con forza e mi prese in braccio a mo'di principessa e prima che potessi proferir parola si fiondò col mio peso addosso fuori dalla finestra, saltando sui robusti rami dell'albero fino a raggiungere una cima alta e spaziosa, coperta dalla chioma.
Mi mise giù, chinandosi alla mia altezza (NDA: posa gopnik ragazzi. FATE PARTIRE WITHOUT ME-HALSEY FT JUICE WRLD slowed+reverb, poi tornate a leggere!!!).
Vedevo chiaramente la luna che rischiarava quella tiepida notte estiva, creando una certa atmosfera filtrata dalle foglie.
Akki non aveva occhi che per me ma non ne ero imbarazzata ma anzi, mi rendeva sicura.
Con un delicato gesto scostò una ciocca dei miei capelli dietro al mio orecchio. Lasciò scendere la mano sulla guancia, facendo poi lo stesso con l'altra. La sua stretta faceva da cornice ai miei lineamenti ed il suo pollice disegnava dolce cerchi sulle mie lentiggini, appagandosi del contatto con le mie gote calde e rosee per l'emozione del momento. 
"Dio, sei bellissima." Disse prima di guardarmi trapassandomi con intensità.
Chiusi gli occhi. Ci baciammo ancora, fu lui a prendere l'iniziativa. Le nostre lingue danzavano l'una nel sapore dell'altra e nel mentre il torace di Akki mi spingeva giù per farmi stendere. Avrei potuto perdere il cuore da un momento all'altro, ma mi lasciai andare rilassandomi al contatto del legno contro la mia schiena.
Posò le dita sul nodino dell'asciugamano, all'altezza del mio petto. Riaprii gli occhi, abbracciando il suo collo con la mano destra, mentre con la sinistra gli lisciai i capelli per poi spingerlo verso di me per baciarlo. Assaporai ogni singolo millimetro delle sue labbra, mentre scioglieva l'asciugamano scoprendomi completamente le nudità. Aveva il via libera.
Era la nostra prima volta, ma l'istinto libidinoso e l'amore avrebbero fatto da guida.
Si mise a cavalcioni su di me, affondando le sue labbra tra le mie clavicole e scendendo più giù. Sussultai a quel solletico piacevole sulla mia pelle.
Tastò i miei seni morbidi con bramosia, baciandone ogni curva con attenzione. Il mio cuore batteva all'impazzata. Giocai con i suoi capelli.
Ero pronta, avevo diciannove anni e lui venti, era 'insieme' come mai prima d'ora.
Lo desideravo ardentemente, il mio basso ventre fremeva dalla voglia attraversato da continue scariche di piacere e desiderio. Allargai le gambe e lui lasciò scivolare la sua mano dai miei fianchi fino alla coscia, che afferrò veemente.
Aveva ancora indosso i pantaloncini, ma dopo il mio invito implicito percepii ancora più chiaramente il suo membro premere contro di me. 
"Non ce la faccio più!" Dissi io interrompendo il momento per poi abbassargli gli indumenti.
Mi baciò a piccole ripetizioni: "Per fortuna non volevi, eh" sorrise.
Eravamo nudi, l'uno avvinghiato all'altra. 
Qualcosa la sotto continuava a muoversi in cerca di un segnale. Divaricai ancor più le gambe, lasciando che Akki prendesse possesso di me mentre il chiarore della luna ci accompagnava. 
Applicò un po' di forza, spingendo con decisione.
 
Si fece spazio dentro di me con pazienza, capendo che per me la prima volta era inizialmente dolorosa. Del resto non più di tanto, potevo sopportarlo perché mi era stato fatto molto più male.
Ben presto quel bruciore si convertì in pura goduria, spinta dopo spinta, gemito dopo gemito.
Durò il tempo giusto per entrambi e fu bellissimo.
Dopo esserci ripresi scoppiammo a ridere in sincro, prendendoci per mano.
 
Però non potevamo do certo passare la notte intera su di un albero, con le luci ci avrebbero sicuramente visto. Ci rialzammo dopo alcuni minuti di ripresa, ed io mi ripresi l'asciugamano. Probabilmente ero più stanca io di Akki, mi riprese in braccio e scendemmo assieme in stanza. La fortuna delle case albero erano le stanze ad ogni livello, nonna non ci avrebbe mai sgamato trovandosi al primo piano e noi all'ultimo.
Tornammo in stanza, Pelo era già secco al settimo sonno e non si accorse di noi e delle nostre risate.
I capelli nel frattempo mi si erano pure asciugati. Ci stendemmo a letto, un po' distanti. Io mi misi su di un fianco, tenendo le braccia piegate sotto la testa, in modo da tenermi più alta e frenarmi più di quanto facesse il cuscino. Akki se ne stava a pancia in su, con le braccia una sotto la nuca e l'altra fuori dal perimetro del letto.
"Wow..." Mormorò.
"È stato... È stato... Wow" conclusi io.
"Dopo questa mi mancherai ancora di più, dannata bambina lentiggine!"
Con un pugnetto gli picchiai un pettorale "Taci, testa d'albero!"
Akki mi afferrò per il collare regalandomi un ultimo bacio prima di cadere fra le braccia di Morfeo.
 
Fu una delle poche notti più serene della mia vita, senza incubi.
Non avevo mai provato tanta libertà, mi sentivo maledettamente bene.
L'indomani, con il resto del mondo ignaro di quella notte, Akki salpò per il mare portando via con sé una parte di me e del nostro segreto.
Ero triste? Sicuramente.
Ci sarei stata una merda per i mesi a seguire? Ovviamente.
Saperlo felice mi rendeva felice? Molto.
"Devi trovare la tua strada ed essere libera anche tu, capito?" 
Insomma, fu un addio bello carico quello ed indimenticabile. 
"Una famiglia è per sempre, tu e quella vecchia scatenata col topo in testa siete la mia, non dimenticarlo." Mi aveva detto baciandomi la fronte prima di partire.
Per fino Pelo era tutto lacrime insieme a me.
Sarebbe stato bene? Avrebbe vissuto la vita che voleva?
Mentre lo vedevo allontanarsi spinto dalle onde su quella barchetta dove lui ed il suo amico Zamo entravano a malapena, spalancai gli occhi ricordandomi di una cosa.
Dirignai i denti, cercando di vincere il tic isterico all'occhio.
Le scarpe, ancora una volta quel dannato non se l'era prese. Mi lasciai andare ad un grido furioso, lanciandogli le calzature con impeto: "E mettiti le scarpe, brutto scemo!"
Ne afferrò una al volo, mentre l'altra lo colpì sull'addome.
 
Ed andò, andarono, sotto gli occhi di tutti. Sorrisi a mia nonna, che ricambiò con una pacca sulla spalla fissando l'orizzonte, fiera di aver potuto conoscere un ragazzo così cocciuto, determinato che le aveva dato filo da torcere e l'aveva fatta disperare fra casini vari, medicazioni ecc..
Quando ormai furono lontani, mi voltai per lasciare il porto, ricevendo un'occhiataccia da Tiffany, una stronzetta bionda e fanatica da sempre invidiosa di me perché cotta di Akki.
Mi ringhiò contro, ed io di tutta risposta le feci una smorfia con linguaccia.
Se solo sapesse...! Pff!
 
 
 
Passarono i giorni ed anche i mesi, ed un pomeriggio dopo aver terminato il mio allenamento, vidi piovere dal cielo l'edizione odierna della gazzetta.
≤I pirati del buio colpiscono ancora, salvati altri due bambini, ma la banda resta in fuga.≥ 
Recitava il titolo del giornale. Parlava proprio del dottor Ombra e di Lenora.
Restai basita e scioccata, lanciai via il giornale e presi tra le mani Pelo.
Mi si fece sempre più affannoso il respiro, non riuscivo a pensare lucidamente per il panico: "Verranno a prenderci, verranno a prenderci!" Dissi fra le lacrime. Anche il mio amichetto era decisamente spaventato da quella notizia.
Cosa sarebbe accaduto? Avrebbero trovato me o Akki? 
Erano vivi e sapevano che anche noi lo eravamo, si sarebbero vendicati ed era questione di tempo.
"Non oggi, non domani, ma un giorno verrò a prenderti." Aveva ringhiato il dottor Ombra prima di perdere i sensi dopo la nostra fuga.
Merda.
Chi mi avrebbe salvata?
 
 
 
 
                                                       *Fine capitolo*
Ehilà!
Capitolo molto soft, ve lo assicuro, arriverà di peggio in futuro,state pronti perché mi sono trattenuta!
Akki è sempre stato cotto di Ari, fin dall'inizio ma lei non ha mai mollato perché non voleva legarsi 'ufficialmente' sapendo che prima o poi sarebbe diventato un pirata.
Secondo voi lo rivedremo? E cosa accadrà con Lenora ed il dottor Ombra?
Ma chi lo sa! So solo che nel prossimo chap la storia di Ari si intreccerà a quella dei novelli pirati Heart, ed inizierà finalmente!
Questa non sarà la solita fic sbrigativa, qui niente è lasciato al caso e non ho la minima intenzione di trasformare gli Heart in una crew di soliti medici!
Nella novel di Law non sono raccontati i suoi viaggi dopo che ha preso il mare assieme a Bepo, Shachi e Penguin, quindi userò la mia fantasia per raccontarvi di questa giovane ciurma collegando a modo mio i pezzetti che sappiamo già dalla storia principale.
Secondo voi come ha ottenuto la sua nodachi 'lamento spettrale', o collezionato 100 cuori di pirati?
State con me in questo viaggio per scoprirlo con gli occhi di Ari, forza!
Fatemi sapere cosa ne pensate, lasciatemi un commentuccio che per me è importantissimo!
 
Ci vediamo presto al prossimo capitolo!!!✨

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Aldo's ***


"Nonna, ma non avevi detto che avremmo offerto ai ragazzi una buona cena?"
"Esattamente, Ari-Ari, è quello che stiamo facendo!" 
"Allora perché continuo ad impiattare solo zuppa di pesce?"
Mi guardò truce attraverso le sue bizzarre lenti a forma di cuore, sorridendo come una spiritata prima di giustificarsi con un semplice: "Infatti la mia zuppa è buona e non mi pare di aver aggiunto altro alla mia frase, o sbaglio?"
Di rimando troncai le lamentele con una risatina ebete che mi salvò da morte certa se avessi anche solo osato controbattere ulteriormente (nessuno vorrebbe mai restarci secco per colpa di un mestolo!); attesi che anche l'ultima scodella fosse pronta e mi avviai in salone a passo svelto.
"Tutto questo è ridicolo..." Sospirai mortificata davanti ai ragazzi.
Ridicolo era dir poco visto che avremmo dovuto ospitare garbatamente tredici persone; ma a quanto pareva l'accoglienza era stata talmente familiare e senza convenevoli da trasformare il nostro soggiorno in un centro sfollati: avevamo un tavolo da sei, non una panca da banchetto e non avevamo abbastanza sedie e spazio per tutti!
"Dai su...Non è poi così male..." Cercò di sdrammatizzare Penguin.
"Ma ti sembra normale invitare un sacco di gente in una casa così piccola sapendo di potergli offrire solo minestrina di pesce? Non è il massimo far sedere i propri ospiti per terra, Pen..." Dissi io con una pulsante vena di esaurimento, indicando il resto dei pirati Heart sparpagliati alla meno peggio.
Nonna Dana-Dana non aveva una casa albero poi così grande, ma da quando aveva accolto me ed Akki avevamo trovato il modo di farcela andar bene; del resto per tre persone ed un topo era più che perfetta!
La sanza inglobava anche la sala da pranzo: alla sinistra della porta d'ingresso vi era un morbido divano giallo ocra a tre posti, con la poltroncina a pois di nonna posta di lato ed illuminata dalla storica lampada ad altezza uomo in ferro (ab)battuto; alla destra della porta, invece, c'era il tavolo da pranzo con le sedie abbinate dello al suo legno scuro. Padroneggiava, al centro della sala, un gigantesco e rotondo tappeto di pelucchio viola che spianava la strada per la piccola e claustrofobica cucina.
"Ari, non ti preoccupare, stiamo benissimo!" Tentò Bepo.
"Ma parla per te, solo tu occupi due posti! Mi fai soffocare!" Annaspò Uni, detto Riccio di Mare riemergendo dai meandri del sofà appiattito dall'orso. Si sedette in terra, affiancandosi a Shachi che sembrava aver trovato un posto non soggetto alla legge della compressione.
"Mi dispiace..." Sapevo che l'avrebbe detto, quel mink era fin troppo sensibile!
La ciurma di Law, dovetti ammetterlo, era composta da individui alquanto strani. Però erano spassosi, i loro teatrini mi divertivano un sacco! Pareva non avessero nulla a che fare con un soggetto taciturno e riflessivo come il loro capitano il quale si riconfermava il solitario che ricordavo.
Servii l'ultima scodella di zuppa a Clione aka Spugna e mi fermai al centro della stanza per capire dove sistemarmi: nonna per forza di cose occupava il suo solito posto a capo tavola con cinque degli Heart che erano riusciti ad accaparrarsi le sedie per primi; a Shachi ed il suo compare dalle lunghe trecce castane era toccato lo sgabellino, ma quantomeno potevano fare affidamento sul tavolo come gli altri sei. Pen e Riccio erano seduti sul tappeto, Bepo ed altri due avevano monopolizzato il divano ed uno strambo tizio castano con una maschera bianca aveva trovato la pace all'angolino, ai piedi della lampada.
Prima che la mia minestra si freddasse convenni che il bracciolo del sofà sarebbe stato più che decente al contrario del pavimento che si era trasformato in un bancone da bar visti tutti i boccali messi lì a sopperire l'assenza di un tavolino. Pregai le forze cosmiche che Bepo e la sua stazza non mi buttassero giù, perché non ero poi così certa di riuscire a tenermi in equilibrio.
Presi il cucchiaio in acciaio e portai alla bocca un sorso della calda specialità di nonna Dana-Dana, per assaporarla con gusto, perché per quanto potesse sembrare misera e sciatta da preparare agli ospiti era una vera e propria delizia per il palato!
"Quindi, esattamente -um-" mandai giù un pezzetto di pane "Esattamente che ci fate vestiti tutti allo stesso modo?" Domandai generica guardando un po' tutti con aria curiosa.
Effettivamente io di pirati ne avevo visti un bel po', per via del Gran Mercato, ma non ero mai incappata in qualcosa di diverso da canotte sudicie, cappelli napoleonici abbinati a lunghi cappotti o fusciacche colorate e pellicce varie.
Fu Clione a rispondere: "Mah, in realtà sono quei tre scemi ad aver avuto l'idea!" Indicando e riferendosi al vice e ai miei due vecchi compari di risate.
"Ti ricordo che anche tu eri d'accordo!" Ribatté pignolo Shachi col cuchiaio fra le mani.
"Si, ma nessuno era più entusiasta di Bepo!" Esclamò Uni.
"Oh si, moriva dalla voglia di indossare questa tuta!" si aggiunse Penguin.
"E quindi perché la indossate se non vi piace?" Borbottò nonna sorseggiando del vino, ottoma domanda!
D'improvviso tutti quanti si illuminarono come lampadine ad una festa, esordendo in coro: "Perché navighiamo su un sottomarino e ci fa sembrare dei duri!" Per una frazione di secondo mi inquietai preda dei brividi perché mi sembrò di rivederli in posa proprio come quando mi si erano presentati ore addietro... Bah!
"Ma ve lo ricordate quando neanche il nostro captain è riuscito a resistere alla sua richiesta?" Rise di gusto Shachi punzecchiando Bepo, seguito a ruota da tutti gli altri.
Mi feci più indietro, sciogliendo le gambe dal loro intreccio per poterle divaricare e far largo sul bracciolo per posarci su la ciotola che continuava a scaldarmi le mani; badai bene a non scottarmi le cosce, visto che indossavo degli shorts, e soffiai per far dispetto al fumo prodotto dalla pietanza ed evitare di ustionarmi. Sentendo l'affermazione dell'orca scappò un risolino anche a me e mi venne automatico scrutare alla mia destra con la coda dell'occhio quando il mio ginocchio si scontrò piano con quello di Law: occupava la poltrona a pois e con aria composta mangiava senza proferir parola, evitando di partecipare al dialogo.
Sembrava dimostrare una certa educazione dal momento che non indossava il cappello; possibile che un capitano pirata potesse essere uno dalle buone maniere al contrario dei suoi sottoposti?
I nostri sguardi, in quel momento, non poterono fare a meno d'incontrarsi: "Law, pensavo fossi immune al fascino degli animali carini!" Ridacchiai io, con una velata aria di sfida, nascondendomi dietro al cucchiaio.
Lui sbuffò seccato e probabilmente seccato dall'imbarazzo in cui lo avevano gettato, continuando a godersi la minestra ignorando le mie parole.
"Quindi, Ari, come va con la ferita?" Domandò poi Penguin.
"Mh, è guarita del tutto, sto benone, grazie!" Quasi soffocai all'ennesimo morso alla mollica del pane, presa dal discorso. Pelo, che intanto si abbuffava con tutto il formaggio possibile ed immaginabile, scattò e si drizzò subito per potermi avvicinare il bicchiere. Purtroppo per lui, non era così forzuto e pertanto tesi un braccio in avanti ed attvai il mio potere permettendo all'evanescenza azzurra di sollevare il boccale che avevo riempito d'acqua "apparecchiando" e portarlo a me. I più rimasero straniti ma affascinati dalla scena, ma non si posero poi così tante domande.
Effettivamente nel mio ultimo giorno a Pleasure Town scoprii che anche Law possedeva una qualche abilità; ma chissà quale!?
Ma poi una domanda tuonò per la sala, squarciando la gioiosa atmosfera con un silenzio tombale: "Ebbene, ragazzini, come mai vi trovate sull'isola Gold?" disse nonna Dana-Dana assottigliando lo sguardo sotto le lenti nella direzione di Law.
Non sembrò esser colto di sorpresa come i propri compagni, piuttosto continuò a sorseggiare del vino dal suo boccale. Furono giusto pochi secondi, ma mi fermai ad osservarlo attentamente mentre accavallava le gambe e poggiava gli avambracci sui braccioli della poltrona: lanciò un mezzo sguardo di sfida a nonna, o così mi parve di capire, poichè ritirò un po' le palpebre accompagnando quel gesto con un ghigno: "Passavamo da queste parti, tutto qui."
Aveva gli occhi piccoli Law, ma di un grigio talmente glaciale da far paura all'inverno stesso.
Ebbi come l'istinto di doverlo, o meglio, volerlo toccare: non essendo granché espressivo e restio al dialogo, volevo sapere cosa provava, come si sentiva, che energia emanava. Mi morsi il labbro, dovetti soffocare quel desiderio di conoscenza.
"Molto bene!" Concluse la bionda, alzando il boccale per un brindisi al quale risposero tutti prontamente.
In quell'affermazione ci fu qualcosa che non colsi appieno, che ci fosse sotto qualcosa di più?
Solitamente nonna Dana-Dana non usava quel tono e quell'espressione per sapere qualcosa da qualcuno, più che altro ci rideva su o se ne fregava.
Non che poi fosse un avvenimento di rilevanza, ma qualcosa accendeva in me una spia lampeggiante.

E dunque, parlando del più e del meno, tra le bizzarre avventure dei neo Pirati Heart ed il disagio di mangiare come scappati di casa appiccicati gli uni agli altri, passammo una bella serata a suon di gag e risate.
Nonna si lasciò prendere dall'entusiasmo e dalla buona e giovane compagnia, arrivando a consumare un intero barile del suo vino preferito! Visto come si era ridotta, sapevo già che l'indomani il Weapo'n'Pipe sarebbe stato nelle mie mani, ma non ci pensai più di tanto perché preferii concentrarmi a chiacchierare con Bepo lavando ed asciugando piatti e pentole.
Parlandoci ed osservando quei poveri disgraziati brilli ridere e ruttare come fosse una grande festa, mi resi seriamente conto che infondo non tutti i pirati erano come quelli di cui ero stata vittima. Del resto, ognuno sceglie la propria via e la pirateria è libertà, sogno, avventura...Chi l'aveva detto che prendere il mare equivaleva ad essere per forza tiranni? Magari prima avevo solo avuto sfortuna e fatto di tutta l'erba un fascio. Avevo odiato con tutta me stessa gli aguzzini della mia famiglia e gli arroganti come quel dannato di quella mattina. Però, vedere quei ragazzi scherzare e piegarsi in due dalle risate, oltre che mettermi allegria, riaccendeva in me la speranza nel genere umano. Gli Heart mi davano l'impressione d'esser tutti gentili, senza filtri e proprio così come li vedevano i miei occhi.
Che il vero significato della pirateria fosse una chance per vivere come si vuole, da sognatori? Quel tale, Gold Roger il Re dei pirati, aveva innescato un meccanismo a catena il giorno della sua esecuzione. Se gli uomini di mare erano famosi per le scorribande ed i disastri, potevano anche esserlo perché avevano avuto il coraggio di inseguire i propri sogni.
L'unico esente da questa considerazione, per me, restava sempre e solo Trafalgar Law: i suoi erano tremendamente differenti da lui, ma pareva stargli bene!
Non avevamo avuto modo di scambiare due parole, un po' perché mi lasciai coinvolgere dai simpatici discorsi sul mare, un po' perché persisteva una strana ed inspiegabile tensione fra noi due. Non mancai di interrogarmi sul perché quel giovane medico che ricordavo avesse preso quella strada... In effetti, io di Trafalgar Law non sapevo proprio un bel niente!

Dignitosamente brilli a causa del vino, salvo qualche eccezione, i pirati del cuore si ritirarono nel loro sottomarino a notte inoltrata, permettendomi di riposare dopo l'intensa mattinata e le tonnellate di brodaglia di pesce di nonna (che tra parentesi, rimase a dormire sulla sua amata poltrona a pois abbracciata al barilotto di vino). Anche Pelo era visibilmente stanco, depauperare quella banda di balordi ed abbuffarsi di formaggi lo aveva atterrato!
Salii su in camera, accesi una candela per far luce e presi qualche goccia prima di addormentarmi carezzandogli il dorso mentre sonnecchiava beato sul mio cuscino.

Mi svegliai di buon mattino non riuscendo a spiegare a me stessa come avessi fatto visto 'la cena' movimentata della sera prima. Scesi in cucina per mettere qualcosa di più sostanzioso sotto ai denti e diverso da avanzi di minestrina di pesce e poi risalii per fare una doccia fredda; avevo letto da qualche parte che l'acqua gelata portasse benefici alla pelle ed alla circolazione, quindi mi sembrava il buongiorno più adatto per il mio organismo.
Nonna non c'era, quella donna era davvero incredibile! E poi... Dove diavolo spariva ogni volta? Com'è che nessuno sapesse mai nulla di quello che faceva in giro? Che avesse un fidanzato segreto? Bah.
"Dai forza! Ci aspetta un luuungo mercoledì!" Dissi a Pelo, che poveretto, era ancora esausto e tutto sembrava tranne che un allegro e carino topolino.
"Eddai, non fare lo scendiletto!" Sospirai "Ti ho anche preso il tuo formaggio preferito!" Ahimè, neanche la corruzione parve funzionare, così lo presi tra le mani e lo portai con me. Di rimando, forse un po' allettato dalle fantasie formaggiose, arricciò il muso muovendo i baffi. Si sarebbe svegliato, presto o tardi, capitava che ogni tanto fosse più pigro, ahh che bella vita quella del topo ladro!
In pochi minuti raggiunsi il negozio e diedi inizio ad una giornata lavorativa che si prospettava alquanto impegnativa, soprattutto senza qualcuno a darmi una mano.
Mi liberai, come di consueto, nel tardo pomeriggio.
Per tutto il giorno non avevo visto né Law, né Bepo, né Shachi, Penguin o gli altri quindi, curiosa di sapere cosa stessero facendo, i diressi verso il porto.
Effettivamente non sapevo se poterli considerare amici...Del resto, per quanto mi facessero divertire, li conoscevo a malapena. Io di amici, infondo, ne avevo solamente due (Mila ed Akki) e purtroppo avevamo preso tutti e tre strade diverse. Che poi, Akki cos'era per me? Sicuramente il mio migliore amico... O forse non più dopo la sera della sua partenza? Nah, ma che...Ci eravamo detti che non avrebbe avuto senso cominciare qualcosa, eppure non rimaneva che una linea sottile a stabilire il confine tra quello che era e quello che non era. Pensavo che davanti all'autenticità di qualcosa, le etichette non servissero. E a me ed Akki, anche se fosse, non sarebbero mai servite perché a leggerle saremmo stati solo noi due.
"Ma guarda chi si rived-" sentii alle mie spalle. Scossa e spaventata dall'interruzione dei miei pensieri, scattai in difesa colpendo con un pugno che bloccai immediatamente.
"Dovresti fare più attenzione." disse senza spostarsi di un millimetro.
"Law, sei tu!" Sospirai di sollievo abbassando il braccio. Ed io che avevo già immaginato qualche terrificante fantasia delle mie..."Apparire così alle spalle della gente ti si addice in effetti." Continuai.
Il moro, statuario, se ne stava in piedi di fronte a me con le mani nelle tasche dei jeans ed il viso illuminato dal'aranciato tramontar del sole.
"Che cosa sei venuta a fare?" Domandò.
"Boh, a trovarvi. Ci deve essere per forza un motivo?" Risposi io facendo spallucce.
Lui, mi ignorò bellamente passandomi oltre, dirigendosi più avanti verso il sottomarino con estrema nonchalance.
Ma poi, mentre lo vedevo camminare dandomi le spalle, mi illuminai: "Anzi, no ho una risposta migliore... L'ho fatto perché mi andava!" Ridacchiai pensando di sfotterlo.
Non un cenno, non una parola, non uno sguardo... Ero io ad essere diventata inesistente o era lui a fare lo stronzo? Persino Pelo si mostrò contrariato.
"Ohi! Ari!!!" Mi sentii chiamare: erano Shachi e Uni che mi correvano in contro.
Mi illuminai: "Ragazzi!" Salutai energicamente con la mano.
E poi mr.bizzarro cappello d'orca attaccò a far moine con gli occhi a cuore: "Di un po', sei venuta fin qui perché ti mancavo, non è vero?!"
"Ahahah dai scemo!" Gli tirai un debole pugnetto simpatico sul braccio. "Mi chiedevo se vi andasse di passare del tempo insieme. Vi aspettavo oggi, ma non vi siete fatti vedere!" Brontolai a braccia conserte.
"È che ehm...Avevamo da fare!" giustificò Shachi grattandosi la testa.
"Oh si, molto...Mooltissimo da fare!" Ripeté Uni cercando complicitá nell'altro.
"Beh si, sai...Ehm, sui sottomarini... I comandi, le luci..."
"Ah, la polvere, e il bucato...Cavolo, veramente tanto bucato...!"
"E non parliamo delle patate da pelare...Una marea..."
"Tantissime, tantissime patate da pelare...!"
Li fissai così stranita che se avessi potuto vedermi non avrei saputo se ridere di me e della mia espressione o di quello strambo teatrino di quei due! "Potevate anche dirmi che sono segreti da pirati, eh!" Quei due non me la raccontavano giusta!
Piantarono di agitarsi, arrendendosi per essere stati sgamati così facilmente.
Li afferrai per l'avambraccio, tirandoli verso di me: "Dai, fatevi belli, vi porto a mangiare il miglior gelato di tutta Perla!" Sorrisi.
"Squit-squit!" Commentò entusiasta Pelo.
"Beh, se me lo chiedi così!!!" Sbaglio o quella che usciva dalla bocca di Shachi era bava!?
"Io vado a chiamare gli altri!" Propose Uni.

Non fu molto che anhe Bepo, Penguin, Clione ed un paio d'altri fossero dei nostri.
Passeggiammo allegramente, chiacchierando e raccontandoci vari anedoti per passare il tempo.
"Oh si, e dovevi vedere la sua faccia! Ma lo giuro, era troppo buffo!!!" Raccontai loro di quella volta che disegnai baffi e fiorellini sulla faccia di Akki per vendicarmi di avermi inseguito con una blatta; non che questo potesse competere con Penguin che per sbaglio aveva rasato completamente la testa di Riccio di Mare... Cavolo, non doveva essere stata una bella esperienza quella lì!
"E quindi questo Akki sarebbe il tuo ragazzo, Ari-chan?" Domandò Bepo con curiosa innocenza.
Continuai a camminare, evitando un passante che veniva nella direzione opposta alla mia: "È complica-Oh! Siamo arrivati!" Feci una giravolta, tutta entusiasta ed indicai con l'indice la piccola insegna in legno, colorata di giallo e rosso. "Aldo's, fa il miglior gelato del mondo!"
Ma probabilmente l'orso polare era più ansioso di me: "Allora non vedo l'ora di entrare!" Disse correndo verso l'entrata del locale.
"Ehi aspettami!" Lo seguì a ruota Penguin.
"Quelli sono proprio due golosi! Non farci caso, Ari." Sospirò Uni. "Ma non lascerò di certo che si freghino i gusti migliori! ASPETTATE CANAGLIE!!!" come non detto... eh?
Scoppiai a ridere a crepapelle, questi qui mi stavano ammazzando!
"Entriamo anche noi!" Mi invogliò Shachi precedendomi.
Era veramente tanto che non mi sentivo così felice, la spensieratezza dei pirati Heart era contagiosa. Li guardai passare attraverso la porta, sorridendo senza neanche accorgermene. Uno ad uno, tutti ed otto quegli scalmanati, avevano fatto breccia nelle mie tristi giornate, portando colore laddove era ritornato il grigio per via dei brutti pensieri.
Aldo's, dal nome del proprietario, era una gelateria storica a Perla, la più apprezzata anche fra i forestieri. Era salvezza col caldo dell'estate ed in molti dicevano che era il luogo dell'amore: girava voce che se si voleva conquistare qualcuno, bastava portarlo da Aldo ed il gioco era fatto! E sembrava vero, ne avevo viste di coppiette!
Ci ero stata anche con Akki perché quel vecchio disgraziato aveva capito che era un ottimo modo per farsi perdonare ogni cosa. Probabilmente, nella nostra 'storia' anche Aldo's aveva avuto la sua parte visto che era condividendo una coppa di gelato che avevamo iniziato ad essere sempre più vicini.
Ma vabè, questa è una storia a parte!
Entrai e raggiunsi gli altri, trovandoli già con coni, coppette e pezzi di torta fra le mani. Quel poverino di Bepo, chissà perché, era rimasto ultimo in fila e stava ordinando quello che mi parve essere il gelato più grande e vario mai visto in vita mia.
"Ammazza Bepo, sicuro che lo mangi tutto?" Domandò biascicando Penguin fra una leccata e l'altra al suo variegato pistacchio e lampone.
"Aye, aye!"
"Bepo...Ma se poi ti viene il mal di pancia? Ci hai messo qualcosa tipo nove gusti su quel cono..." Feci io apprensiva.
Non fece neanche in tempo a rispondere che Aldo mi notò e mi accolse con un sorriso caloroso da sotto i suoi baffi.

"Ma quanti bei giovanotti mi hai portato stasera, Ari-Ari!? Ormai mi ero abituato alla testolina verde!"
Si girarono tutti a guardarmi, fermi con la lingua sulla crema e col cucchiaio tra i denti. Avvampai di brutto, perché per quanto super fosse, Aldo non sapeva tenere a freno la lingua e Bepo aveva finalmente avuto una qualche risposta alla domanda di prima.
Decisi di dare un calcio all'imbarazzo e scherzarci su cercando di riconquistarli tutti in un colpo solo (si fa per dire, eh!): "Ahahah dai Aldo! Magari tra questi bei giovanotti c'è un buon partito!" Feci l'occhiolino.
Loro partirono in mille moine col cuore in mano, contorcendosi nell'uniforme bianca e dicendo parole incomprensibili.
"Boy-band a parte, cosa desidera stasera la mia piccola Ari-Ari?" Aldo non si sarebbe mai dimenticato quel nomignolo, nonostante fossi cresciuta un bel po' e fossi ormai una bella donna con tanto di curve generose. Diceva di essere troppo affezionato alle mie lentiggini per lasciare andare quel soprannome!
Mi guardò negli occhi ed io feci lo stesso: una scarica di complicità ci aggredì facendoci decantare all'unisono: "Maxi frappè al cioccolato con un un botto di crema di pistacchio, spruzzata di panna sul fondo, topping di cereali e cannuccia verde!"
Yes baby, quello si che era il mio gelataio di fiducia!
"E per quel bel topolino un'intera coppetta di formaggio fresco spalmabile, ho indovinato, vero?" Pelo si drizzò sulla mia spalla, tutto eccitato a quelle parole.
Scambiammo qualche chiacchiera in più e poi raggiungemmo gli Heart al tavolo fuori.
Aldo's non era poi così grande: contava solo cinque tavolini bianchi in ferro battuto all'esterno e delle sedute al bancone al muro all'interno. Uno stile un po' retrò, ma luminoso ed accogliente. Uno dei mie posti preferiti dove qualcuno mi voleva bene ed era gentile con me; un posto dove non ero evitata o presa in giro.
"Questo gelato mi si scioglie in bocca!"
"La base della mia torta è morbidissima!"
"La crema al limone è la migliore che io abbia mai mangiato!"
"È BUONISSIMOOO!"
"Wow ragazzi...Certo che le vostre strane pose ci stanno proprio ovunque eh...?" Dissi io con l'occhio tremolante vedendoli andare in estasi per quella delizia fredda. "Sono contenta che vi piaccia, visto che avevo ragione?!" Sorrisi poi.
"Quindi, Ari-chan, dove si trova adesso Akki?" Chiese Bepo lasciandomi di sasso e beccandosi una gomitata da Shachi subito dopo. Come di consueto si scusò educatamente, ma a quel punto avrei fatto prima a parlargliene...
"Mhh, Akki ed io ci siamo conosciuti da bambini." Dissi mandando giù un altro sorso generoso di frappè gonfiando le guance. "Poi lui è partito, è diventato un pirata... Tengo molto a lui, spero di rivederlo presto." Conclusi con una nota di malinconia.
"Ma stando qui non è così facile incontrarlo, non credi?" Notò Clione.
"Perché non ti unisci a noi, il capitano acconsentirebbe di sic-"
Interruppi Penguin con tono deciso: "No! Non sarò mai un pirata." Come avrei mai potuto diventare una di quelli che avevano massacrato la mia famiglia? "Tornerà, me l'ha promesso e va bene così." Accennai un sorriso per smorzare il tono tagliente della frase precendente; dovevo ancora familiarizzare con il nuovo punto di vista 'pirati=amici'. Ci stavo provando, suvvia...!

Tra storielle ed aneddoti di tesori ed avventure, il sole calò presto.
Mandai avanti Pelo coi ragazzi ed i loro pancioni pieni perché prima dovevo salutare Aldo e ringraziarlo.
"Ehi Aldo stas-" *plof* "Ma che cazzo...!" Un brivido mi percorse il petto non appena quello che pareva frappè alla fragola schizzò su tutta la mia t-shirt annodata in vita macchiandola. Mi colò perfino sugli shorts gocciolando sulle cosce.
Non avevo urtato nessuno e nessuno aveva urtato me. Mi era stato rovesciato addosso di proposito! Avevo dei nervi in corpo tali he avrei fatto esplodere le interiora di chiunque fosse stato.
"Ops, scusa sfigata!"
"Eri così impegnata a guardare la fatina dei dentini che non l'avevi visto? Che sbadata!"
Erano, semplicemente, quella stronza di Tiffany e le sue due oche a comando.
Mi passarono oltre, uscendo dalla gelateria tra grosse (ed acute!) risate.
Quanto perfida poteva essere quella viziatella? Qualcuno doveva pur darle una lezione!
Dirignai i denti stringendo i pugni e facendo per attivare il mio potere per fargliela pagare con tanto di fiocchetti, ma Aldo intervenne e mi fermò: "Lasciale perdere, tu sei meglio di loro, piccola Ari!" Sorrise.
Respirai ed inspirai profondamente una decina di volte per potermi calmare.
"Prendi questi, ecco." Sporgendosi dal bancone Greta, sua moglie, mi porse dei tovaglioli per potermi ripulire.
Li accettai ed iniziai a strofinare la maglietta. "Aldo, mi sa che questa sera il tuo locale non ha funzionato, niente fortuna..." Dissi guardandomi l'enorme alone umido che continuava ad appiccicarsi sul mio addome.
"Non è il locale a fare magie, Ari, è il gelato!" Spiegò porgendomi un sacchetto con all'interno una vaschettina da asporto, come gli avevo precedentemente chiesto.
Ma cosa voleva dire sul gelato?

~Porto di Perla. Poco più tardi, quella stessa sera~

Ancora leggermente stizzita dal comportamento di quelle bulle, arrivai al sottomarino dei pirati Heart.
Non avevo mai badato a quanto fosse enorme: non una semplice nave con le vele, ma un pazzesco sottomarino giallo! Wolf il rottamaio si era riconfermato ancora il solito genio da ammirare. Bepo, Pen e Shachi mi avevano raccontato di come lo avesse costruito da solo per anni ed anni, fornendolo di tecnologie all'avanguardia e comfort sperando di tornare a navigare.
Rimasi in piedi a fissarlo, con la busta tra le mani e la luna che ne rendeva il metallo più lucente: chissà quante altre avventure avevano ed avrebbero vissuto i pirati Heart grazie a quel sottomarino. Chissà com'era all'interno,poi! Ci ero stata, vero, ma solo nell'infermeria e nel corridoio principale, quindi non avevo visto chissà che.
Dovevo riprendermi Pelo, ma non c'era un campanello a cui citofonare e non potevo certamente mettermi ad urlare per richiamare qualcuno all'attenzione, così decisi di salirci su alla buona vecchia maniera: d'abuso!
Creai, grazie alla mia abilità, delle lastre azzurrine di energia solida che mi avrebbero fatto da scale. Salii sulla prima, poi sulla seconda e così via; man mano le lastre scomparivano dietro di me, fino ad annullarsi completamente dopo che saltai giù arrivata a prua.
I miei sandali schioccarono sonoramente quando toccai il pavimento un legno del Polar Tang, e con mia sorpresa trovai Law seduto in terra con la schiena poggiata al parapetto e le braccia incrociate dietro la testa.
"Non mi pare di averti invitata a bordo." Esordì lanciandomi una mezza occhiataccia con la coda dell'occhio.
"Sono venuta a riprendere Pelo." Dissi io camminando nella sua direzione.
Nonostante indossasse il cappello, sembrava bearsi dei raggi della luna sul suo viso, era certamente a suo agio prima che io piombassi lì all'improvviso; magari era lì per prendere una boccata d'aria o più semplicemente per riflettere o starsene in pace da solo come di consueto. Mi chinai ad un paio di passi da lui, poggiandomi con il petto sulle ginocchia ed incrociando le braccia in avanti a peso morto con la busta per le mani.
"Non hai una bella cera, Ariadna-ya."
"Lasciamo perdere..." Ruotai gli occhi al cielo e sospirai. "Comunque ti ho portato il gelato!"
Mi lasciai cadere, di grazia, e sedetti accostando le gambe unite alla mia destra; tirai fuori la vaschetta da sacchetto e la scoperchiai porgendo un cucchiaino in legno al moro accanto a me: "Zuppa inglese, mi sembrava il più adatto ad uno come te."
Si mise a sedere meglio, correggendo la sua posizione, ed afferrò il cucchiaino.
Onestamente non pensavo lo avrebbe fatto o che avrebbe comunque accettato quel pensierino.
"E come mai lo pensi?" Mi domandò affondando il cucchiaio nella delizia sovrumana che avevo posato fra di noi.
Bella domanda, effettivamente non avevo idea di cosa potesse piacergli, quindi avevo chiesto ad Aldo di prepararmi qualcosa apposta per un tipo così. "Perché è un po' come te: si crede che il liquore sia il sapore predominante, ma in realtà si sposa benissimo col cuore dolce di crema e cioccolato. Ha un aplomb del tutto suo, gli somigli, ecco." Sogghignai.
Law mi aveva dato un piccolo accenno di sé, in quel di Pleasure Town, seppur dava l'idea di essere freddo e distaccato, ero sicura che possedesse un lato gentile e fragile dentro di se.
Aveva, poi, uno charme tutto suo e non solo perché era (dannatamente) di bell'aspetto, ma proprio per il suo modo di fare.
Non lo dimostrò, ma sapevo che il gelato di Aldo aveva conquistato anche Trafalgar Law!
"Adesso hai intenzione di dirmi perché mi hai fatto venire qui, Ariadna-ya?" Oh no...Sapevo perfettamente a cosa si stesse riferendo, del resto era un tipo più che sveglio. "Sai bene cosa intendo, ero diretto altrove e non qui a Gold Island. Ma una mattina mi sono trovato una sfera di luce tra le mani che mi ha inspiegabilmente persuaso e condotto fin qui."
Mi fermai lì com'ero, col cucchiaio in mano e stretto tra i denti. Ingoiai il boccone mentre i suoi occhi catturarono i miei. Diventavano meravigliosamente più grigi sotto la luna.
Ne rimasi totalmente affascinata, perdendomici all'interno senza badare a nient'altro.
Ma...Ma che pensieri mi balenano per la mente?! Oh cazzo!
Dovevo riconnettermi!
"Non mi ci è voluto molto per capire che era stata opera tua, ma non mi è ancora chiaro il perché."
Arrossì come una matta, schiacciata dal peso dei miei stessi pensieri e della sua domanda.
Merda, se avessi continuato così avrei fatto evaporare le rimanenze di frappè sulla t-shirt.
Cosa avrei dovuto rispondergli?
"Io...Io non lo so! Avevo bisogno d'aiuto ed evidentemente eri di nuovo tu la persona giusta."
"Cosa vorresti dire?"
"Diciamo che anni fa non sapevo come tornare a casa e che grazie ad un Seeker come quello che hai visto, con una vecchia carta in bottiglia mi hai riportato qui." No. Non gli avrei assolutamente raccontato del mio passato sull'isola di Pillow nel Sanatorio.
Non mi andava di parlarne, non in quel momento. Per rivivere il mio personale inferno avrei avuto tutta la notte e per di più quella stronza di Tiffany mi aveva rovinato la serata in compagnia dei ragazzi. Law era uno perspicace, si vedeva, avrebbe intuito da sé.
Strizzò un po' gli occhi, mantenendo il contatto visivo.
Poi io ammazzai la tensione con una risata, per sviare il discorso: "Forse avrei dovuto rispondere qualcosa come l'ho fatto perché mi andava?"
Di rimando lui ricominciò a gustare il gelato, e disse graffiante: "Non farlo più, io non prendo ordini da nessuno."
Mi sconvolse, davvero. "Non comando io il Seeker, diciamo che eri nel posto giusto al momento giusto...forse..." Era vero, non avevo io il controllo di quella tecnica. "Ma il Seeker non piega la volontà di qualcuno, piuttosto guida e attrae. Sta a te decidere se seguirlo oppure no." Poteva risultare piuttosto fallimentare come giustificazione, ma quella era la realtà dei fatti. Inoltre ero curiosa di sapere come avrebbe risposto.
Nel frattempo il gelato era terminato, lui si rimise sdraiato come prima del mio arrivo.
"Allora è stato un bene, perché ho intenzione di prendermi il tesoro dell'isola Gold."

Spalancai gli occhi e sputai fuori l'anima della mia anima: "T...Tesoro? Quale tesoro?"
"Non è affar tuo, quindi non è rilevante che tu sia informata al riguardo." Ma quanto poteva essere arrogante?
"Questa è la mia isola, dovresti dirmelo!" Gesticolai io; avevo ragione a pensare che gli Heart stessero tramando qualcosa, ecco perché erano così vaghi!
"Anche io ho i miei segreti." Disse tagliente, chiudendo gli occhi ed accennando un ghigno.
Non era sensibile come Bepo, ma sicuramente sapeva come rigirare la frittata quando si sentiva punzecchiato. Probabilmente se l'era presa per la genericità con cui gli avevo spiegato del Seeker, e questo era il suo modo di ripagarmi, che stronzo!
"Ti avevo portato il gelato per scusarmi implicitamente d'averti e non averti trascinato qui, e per avermi curata l'altro giorno e per gli occhiali. Ma non permetterò ad altri pirati di scatenare una tempesta sulla mia isola, neanche se si tratta di voi!" Esclamai di tutto petto alzandomi in piedi.
"Fa come ti pare." Concluse lui con voce gelida, senza neanche guardarmi in faccia.
Ringhiai tra me e me, e schicoccai le dita: "Zeno: Seeker!" Non avevo voglia di entrare o urlare per richiamare Pelo, quindi un piccolissimo seeker di un paio di centimetri sarebbe stato l'ideale.
Questo io non avevo modo di saperlo, ma dentro di se Law si stava ponendo degli interrogativi su di me e sul mio passato. Avrebbe mai trovato la risposta? Boh, nel mentre continuò a rilassarsi come se io non esistessi. Quelli che pensano troppo come lui, sono i peggiori di tutti.
Nel frattempo, con uno scatto, saltai sul parapetto continuando a rivolgere le spalle a Law.
Presto il portellone metallico del Polar Tang si aprì e sbucò fuori il mio amico a quattro zampe, che rapido, mi raggiunse e che sollevai a me con una piccola sfera azzurra.
Non volli neanche salutare Shachi e Penguin corsi fin lì.
Ne avevo una per capello, la mia serata era decisamente stata rovinata dalla preoccupazione. Avrei tanto voluto che Akki fosse lì con me, anche solo per un abbraccio.
Alla faccia del gelato magico di Aldo!

 

*Fine capitolo*

Sono in super ritardo, perdonatemi! Purtroppo ho avuto da fare un sacco di cose ed ogni volta che iniziavo a scrivere mi addormentavo col tablet che poi mi cadeva sulla faccia...!
Però eccomi qui, con un capitolino moolto easy e di passaggio. Ho deciso di non dilungarmi granché in descrizioni ecc, vuoi per le tempistiche che ho avui, vuoi perchè mi sento proprio rincoglionita.
Ma qui, comunque, siamo in attesa della grande rivelazione: c'è davvero un tesoro sull'isola Gold? Che nasconde nonna Dana-Dana? 
Ma soprattutto...A Bepo verrà il mal di pancia? e.e
Chissà cosa succederà adesso ad Ari, che pian piano si sta riconvincendo a detestare tutti i pirati.
Comunque, giusto per precisare, siamo ancora un po' lontani dalla vicenda di Sabaody, perché siamo agli inizi del viaggio dei pirati Heart; questo lo si nota da un piccolo dettaglio mancante che siamo abituati a vedere su Traffy. Presto ne saprete di più!
Nel frattempo il manga va avanti, voglio un sacco sapere cos'è accaduto a Rocky Port T.T
Fatemi sapere cosa nel pensate, un commento mi fa sempre bene e mi incoraggia!

Al prossimo chap (che spero arrivi a metà settimana!)

PS: Scusate eventuali sviste grammaticali, è la parte triste del lavorarci su di notte...! E passatemi "la zuppa inglese", mi piaceva come idea quindi l'ho tenuta.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Questi ti appartengono ***


"Ti ho già detto di no, smettila!"
"Squit-squit"
"Ho detto che non ne ho bisogno!"
"Squit-squit"
"Non squittirmi a quel modo, sto cercando di aiutarci, lo vuoi capire o no?"
"Squit-Squit"
"Sto bene così ho detto!"
Erano giorni che Pelo provava a tirarmi su, ma con scarsi risultati. La tensione generale lo aveva reso nervoso, era ovvio che mi squittisse contro con veemenza, come biasimarlo?
Venire a conoscenza del fatto che il Dottor Ombra e Lenora fossero a piede libero, spaventava anche lui: un piccolo topino nato e cresciuto in un laboratorio per fare da cavia ad estenuanti esperimenti di potenziamento; ne aveva passate tante quante me ed era stato al mio fianco in ogni momento, sempre. Pelo si dimostrava ogni giorno la mia certezza, e nonostante fosse, almeno all'apparenza, un piccolo topo, si dimostrava più forte e coraggioso di quanto non lo fossi io.Da quando avevamo letto quella notizia sul giornale aveva sopportato il mio malessere tanto quanto nonna, perdonando la mia irascibilità nei loro confronti e cercando di strapparmi all'ennesimo decadimento.
L'assenza di Akki, poi, era un plus a tutto quello schifo.

"Per quanto ancora hai intenzione di startene lì, dì un po'?!" mi canzonò nonna dopo aver quasi sfondato la porta con un calcio. Se ne stava lì sulla soglia, a braccia conserte, rigida e truce nei toni, impassibile nei modi: gli occhiali a forma di cuore le coprivano gli occhi, ma il suo sguardo tagliente mi stava addosso comunque.
"Sono giorni che te ne stai ai piedi del letto davanti alla finestra spalancata, non mangi e non dormi visto che continui a fare "le scintille". Quel povero ratto si starà esaurendo a furia di starti dietro!" Sentenziò sbuffando con la pipa. "Sistemati e vieni a darmi una mano in negozio."
Strinsi i denti tanto quanto i pugni, mi alzai emergendo da dietro al letto, scura in volto: "Scintille?! Tu non immagini neanche che cosa ho dovuto passare." Mi parve di ringhiare proprio come una bestia sul punto di attaccare con ferocia la propria preda. "Ho passato quattro anni in quell'inferno. Sono stata usata e torturata, mi hanno messo in testa cose che posso vedere solo io, mi hanno abbandonata in un buco buio di disperazione e confusione e ho pagato la fuga al prezzo del resto della mia integrità mentale, e tutto questo perché ho solo morso una merda di pesca del diavolo!"
"Sistemati e passa in negozio." Impose atona e quasi totalmente insespressiva.
Non ne volevo sapere presa com'ero dalla rabbia: "Tutto quello che voglio adesso è solo una soluzione, ed è quello che sto cercando di produrre da quattro giorni a questa parte. Peccato che quelle stesse persone da cui sto scappando mi abbiano rotto qualcosa dentro che mi impedisce di mettere fine a questa storia." Mi accorsi di essere sull'orlo di una crisi di pianto solo quando Pelo mi salì svelto in spalla e cercò di placarmi graffiandomi gentilmente le guance, ammusandosi con tristezza ed apprensione.
"Quindi non uscirò da qui fino a quando non avrò trovato un modo per smettere di fare le scintille per impedire a quei mostri di portarmi via." Le puntai addosso uno sguardo pesantissimo, decisa più che mai a farmi valere. Probabilmente ero anche conscia del fatto che fosse il modo sbagliato ed ingiusto di pormi nei suoi confronti, soprattutto perché oltre ad essere mia nonna era la prima persona pronta a starmi accanto. Lei mi aveva salvata e mi aveva donato una casa in cui ricominciare, mi aveva tenuto la mano giorno dopo giorno nonostante il suo essere burbera e di poche parole perché non era incline alle dimostrazioni d'affetto.
Che motivo avevo di prendermela con lei?
"Invece della paura, prova ad usare la speranza nella tua rabbia." Professò saggiamente prima di scomporsi ed esplodere come un diavolo lanciandomi contro una ciabatta alla velocità della luce. Feci giusto in tempo a schivarla e per fino Pelo si ritrovò per aria pur di scampare a quella bomba in gomma e paglietta che crepò il muro. Incredibile... Non avrei mai immaginato cr potesse avere una forza del genere...
Ci voltò le spalle, varcando la soglia della porta ed aggiungendo: "La vita non è fatta di rose e fiori, Ari. Non te lo ripeterò di nuovo, scendi adesso con le tue gambe o ti farò fare la fine di quel muro."
Deglutii alla minaccia che pareva, per quanto bruta, aver smorzato quel momento di impeto.
Sapevo perfettamente quanto soffrisse da quattro anni a questa parte, ma il sol pensiero di ricadere vittima di quei folli mi faceva perdere il controllo anche con lei.
Fatto sta che andò via, lasciando me e Pelo con faccia da fumetto ad ammirare il buco sulla parete. Mi era letteralmente volato via il topo ma ero riuscita ad afferrarlo giusto in tempo!
Sentii tirarmi la t-shirt e squittire: "Mh?! Hai ragione! I fiori...I FIORI!"

Mi preparai in fretta e furia, lavando via la tensione di poco prima ed indossando dei vestiti puliti. Presi un paio di gocce calmanti ed appesi i miei occhiali allo scollo della maglietta in cotone ed uscii di casa, portando con me il mio amico topo, ovviamente.
La nonna avrebbe tranquillamente potuto uccidermi dopo o perdonarmi il ritardo, no?
Raggiunsi svelta l'unico giardino pubblico di Perla e per mia fortuna trovai un posticino accanto ad alcune aiuole fiorite lontano da occhi indiscreti, all'ombra di un grosso e storico salice.
Presi Pelo sui palmi delle mani: "Puoi andare se ti va, ma a attenzione ai gatti, non posso venire di nuovo a cercarti in casa d'altri, d'accordo?" mi chinai per permettergli di poter andare a zonzo, come suo solito e lo vidi intrufolarsi fra i fili d'erba ed i petali colorati. Dopodiché mi sedetti a gambe incrociate, rabbrividendo al contatto del marmo fresco con la mia pelle scoperta dagli shorts in jeans. Chiusi gli occhi per potermi concentrare al meglio ed aprii le braccia a mezz'aria; dovevo solo canalizzare l'energia positiva che mi davano i fiori, quella proveniente dai ricordi con mio fratello Gari.
"Forza, forza dai...!" Continuavo a ripetere a me stessa di potercela fare.
Peccato che a parte qualche scintilla fluorescente non producevo altro che fallimenti.
Stizzita, dopo minuti di vani tentativi, mi lasciai andare ad un sospiro di forzata rassegnazione.
Il collarino metallico che stringevo con prepotenza fra le mani mi ostacolava e non di poco: "Così non va, accidenti a te!". Wolf il rottamaio lo aveva creato apposta per me avvertendomi  che non avrei mai potuto utilizzare il mio potere appieno visto il suo principio di funzionamento e le sue componenti di agalmatolite.
Sapevo di aver bisogno di più forze, eppure quella volta al Sanatorio la creazione di un Seeker mi era risultata di gran lunga più semplice. Di fondo, la speranza nutrita in quel momento era differente, volevo solo tornare a casa...
"Non riesco a vederci chiaro, che cosa dovrei fare?! Così non va!" Sospirai.
Mi ero pure sforzata troppo, addirittura la vista iniziava a risentire dello spreco di forze. Staccai gli occhiali dal collo della maglietta e li indossai. Akki li aveva detestati abbastanza, per il semplice fatto che mi erano stati donati da Law: un po' infantile da parte sua essere geloso di qualcuno che mi ha a malapena rivolto la parola! Mi sfuggì un sorriso compiaciuto nel ripensare che, infondo, dovevo davvero tanto a Law. Gli dovevo la mia libertà, perché grazie al suo piano in bottiglia avevo trovato il modo ed il coraggio di poter fuggire da quel folle mondo alternativo pieno di mostri. Mi ero posta parecchie volte il quesito riguardante l'origine di quello stratagemma, che fosse il frutto di un passatempo per ragazzini? Mah, chi lo sa! Inoltre gli dovevo anche la vista, dal momento che i suoi occhiali avevano fatto un piccolo miracolo permettendomi di non comportarmi ogni volta come un anziano davanti ad un giornale o ad un libro scritto in lettere minuscole.
Quel ragazzino taciturno mi incuriosiva parecchio, ammetto. Amava starsene sulle sue e non si era mai esposto più di tanto per scambiare due chiacchiere anche durante la cena.Probabilmente la vicinanza a Wolf il rottamaio, così lo chiamava, doveva aver sviluppato in lui un certo senso del dovere, altrimenti perché mai avrebbe dovuto donarmi degli occhiali? Sarebbe stato ilare ed alquanto ridicolo riuscire a creare un Seeker in grado di entrare in risonanza con Law ancora una volta, perché si sa che un fulmine non colpisce mai due volte lo stesso punto.
Chissà come se la passavano quei cinque lì a Pleasure Town...
Mi persi un po' in quei pensieri, cercando di distrarmi mentre recuperavo le forze sfruttando i raggi solari. Non era malaccio quel parchetto: poche aiuole colorite da fiori profumati e disposte alternate attorno a un grande albero dalla chioma verde e piena. Mi faceva star bene la natura, mi regalava pace e calma cullandomi con il fruscio delle foglie e dei fili d'erba.
Ripresi a concentrarmi, aprii le mani l'una di fronte all'altra e cercai di rilassarmi per permettere al flusso di energia positiva di fluire e raggiungere i miei palmi. Pian piano cominciai a sentire un formicolio estendersi dal collo in giù. Un Seeker altro non era che un'estensione indipendente delle mie vibrazioni del momento, qualsiasi cosa fosse entrata in risonanza con le intenzioni e con le emozioni da cui esso era nato, avrebbe trovato il modo di raggiungermi.
"Zeno: Seeker!" Nacque il mio 'cercatore', la qualcosa che mi avrebbe portato una soluzione, l'ennesimo disperato tentativo di fuga da ciò che non volevo accettare: paura, dolore, solitudine.Ricorrere ancora una volta a quella tecnica mi faceva sentire come un bambino che corre dalla propria madre dopo essersi sbucciato un ginocchio. Un po' sciocco e forse anche egoista da parte mia affidarmi al fato o alle coincidenze sperando che terzi risolvessero i miei dilemmi. Ma che il Seeker attraesse a me una persona, un oggetto o che mi mettesse in certe situazioni o agisse in maniera differente per tutelarmi, questo non mi era dato a sapere. Del resto, per quanto credessi nelle mie ritrovate capacità, non potevo aspettarmi granché con così poca carica energetica e buon umore... Insomma, avrei dovuto accontentarmi!
Mossi, con un cenno verso l'alto, le mani per permettere alla sferuccia di energia azzurra di fluttuare via per adempiere al suo compito. "Ce l'ho fatta!" Mi dissi entusiasta mordendomi le labbra in un ghigno fiero e compiaciuto che mi illuminò gli occhi.
Ma ben presto giunse qualcuno a smorzare quell'entusiasmo: "T-shirt extra large di un verde che non va più di moda da un pezzo, pantaloncini lunghi e monotoni che non metterei neanche sotto tortura, stivali sporchi e occhiali improponibili. Riconoscerei te ed il tuo pessimo gusto in fatto di stile lontano un miglio, sfigata!" Gracchiò sonora una voce alle mie spalle alla quale si accostarono delle risate arroganti.
Sospirai d'impazienza facendo leva sulle braccia per potermi mettere in piedi e voltarmi. Era quella rompiscatole di Tiffany col suo gruppetto di oche starnazzanti al seguito: "Qual buon vento, Tiffany." Dissi scazzata.
"Che c'è, che cos'hai visto stavolta? Un drago?Un mostro marino?" Esordì soffocando le risate dietro al dorso della mano.
"Starà sicuramente parlando di nuovo con quel ratto!" Risero di gusto le altre due accanto a lei.
Tiffany era una mia coetanea, indubbiamente bellissima ma con un sacco della spazzatura al posto del cuore e una biglia per neurone. Il suo essere bella e glamour non faceva altro che aggiungere vigore al prestigioso nome di suo padre, un rinomato medico che viaggiava spesso anche dall'altra parte della montagna.Viziata, vanitosa e presuntuosa, perché con tutti quei soldi che aveva non poteva permettersi un po' di umiltà?
"Ma no, stavi sicuramente pensando a quale pesce vendere, non è così?"
"Non ho tempo da perdere con te, oca." Le risposi atona passandole davanti.
Da quando mi ero trasferita a Perla, non mi aveva concesso un attimo di pace.Pareva quasi che il suo scopo di vita fosse mortificarmi e prendermi in giro e Akki ci trovava gusto a darle del filo da torcere, ma essendo tonta aveva scambiato le sue attenzioni per attrazione, arrivando a detestarmi di più.Come se Akki avrebbe mai potuto avere occhi per una così stupida!
Stizzita dal mio atteggiamento snob, mi afferrò il polso con uno scatto repentino, bloccandomi: "Tiffany, ti avverto: l'ultima volta che qualcuno mi ha fatto una cosa simile non è finita bene." Minacciai io con scarsa pazienza.
Rise superba seguita dalle altre due: "Perché, cosa vorresti farmi? Portarmi dai mostri sotto al tuo letto? AHAHAH!" Tiffany era bella, talmente bella che spesso mi vedevo costretta a sopprimere il mio istinto di tirarle un pugno dritto in faccia per evitare di inimicarmi anche i cittadini di Perla.
Vidi in lontananza un esserino grigiastro zampettare a tutta velocità verso di noi, era Pelo!
"Toglimi le mani di dosso o giuro che ti strappo via la lingua e la do in pasto al mio topo!"
"Quale to-...AHH!"
"AHH!"
Pelo sfrecciò attorno ai loro piedi, facendole urlare per il terrore: non potevo aspettarmi di meno da signorine così graziose! Sembrava averci preso gusto, il bel gusto della vendetta!
Ammisi io per prima che quella piccola scena karmica era troppo divertente: vederle agitarsi e correre in tondo a gambe levate e braccia per aria poteva dirsi una ripicca abbastanza soddisfacente visti i soggetti!
Mi avviai lontano dal parchetto, richiamando il salvatore Pelo al mio fianco che si arrampicò rapido dalla mia gamba fino a salirmi in spalla. Lo ringraziai con un tocco gentile sotto al musetto: "Ti meriti il doppio della merenda al formaggio oggi!"
"Squit-squit!"

~Nel frattempo il Seeker viaggiava diretto chissà dove sorvolando il mare... Cosa o chi avrebbe portato ad Ariadna? O dove l'avrebbe condotta?~

*Diciotto giorni dopo*

"Dovresti dormire di notte nel tuo letto non sul bancone del mio negozio durante il giorno del Gran Mercato di Perla!" mi ammonì nonna Dana-Dana mentre tirava a lucido la canna di un fucile a pompa.
Esausta, non trovai le forze per risponderle diversamente che con un pollice all'insù.
Che io non dormissi la notte per le paranoie ormai era risaputo, ma di recente mi ritrovai a fare i conti con la solitudine: Akki era partito già da un pezzo, lasciandomi in un mare di monotonia e isolamento che competevano tra loro rincorrendosi in tondo e consumandosi nel mio spezzato desiderio di vivere la mia prima cotta.Necessitavo con ogni fibra della mia persona di poter dare e ricevere amore, avevo il bisogno di lasciarmi andare a qualcosa di più grande di me che mi consumasse tant'era bello.
Poi delle volte pensavo a mio fratello Gari: chissà quanto sarebbe stato alto, dome avrebbe pettinato i capelli e quanto mi avrebbe stracciata nella vendita del pesce se fosse stato lì con me... Avevo festeggiato fin troppi compleanni senza di lui, la mia metà, avevo impacchettato fin troppi regali che in realtà non sapevo nemmeno se gli sarebbero mai piaciuti, sperando che corresse giù dalle scale per scartarli con lo stesso entusiasmo di quando avevamo cinque anni.
Ma Akki non c'era e neppure Gari-Gari, Manda o papà e questo non aveva fatto altro che alimentare in me una profonda e gelida tristezza.Brividi di freddo, scarso interesse, giornate vissute nei ricordi con la consapevolezza di non poter tornare indietro nel tempo, insonnia...
"E vedi di mangiar qualcosa se non vuoi continuare a deperirti!" Ah si, e scarso appetito come mi faceva notare nonna.
Stavo, ancora una volta, permettendo al senso di colpa e alla malinconia di corrodermi.
Questi sentimenti mi perseguitavano a tal punto che avevo sviluppato un irrefrenabile desiderio di vendetta: da qualche parte lì nel Grande Blu quei maledetti pirati, Lenora ed il dottor Ombra vivevano ancora. Vendicare la mia famiglia avrebbe senz'altro restituito un po' di pace al mio animo inquieto, avrebbero dovuto tutti provare ciò che avevo patito io per causa loro. "Non oggi, non domani, ma io mi prenderò le vostre teste, pirati!" Sussurrai senza neanche accorgermene poppettando con la voce impastata per via del viso incollato al bancone del negozio.
Nonna Dana-Dana gestiva da anni un negozio di armi; non aveva mia voluto vivere a Roubi con noi, amava starsene con la sua indipendenza e con il suo Sinister-Mine-Train che la portava chissà dove a far cose che a non era dato a sapere. Spariva spesso, infatti, ma non mancava mai di venirci a trovare per raccontarci delle storie sempre nuove.
"Weapo'n'Pipe" si chiamava: un negozio non poi così grande, con pavimenti in legno vivo e pareti dello stesso materiale sulle quali erano appese pistole, fucili e armi da fuoco di piccolo calibro; al centro, poco distante dalla porta del magazzino, vi era un piccolo bancone sul quale ormai avevo fatto la casa: starmene lì, seduta sullo sgabello con la faccia china ed appiccicata alla superficie e con le braccia penzoloni, mi sembrava un ottimo modo per cercare una di risolvermi i dilemmi visto che non potevo esercitarmi.
"Scollati da lì e raccapezzati, presto si riempirà di habituè e pirati che verranno a fare scorta! Fammi il favore di non pensare a niente ed aiutami, prima che ti uccida io al posto dello sfinimento!" Ringhiò nonna con aria minacciosa da gigante spezzando la pipa fra i suoi denti.
Mi drizzai immediatamente, cavolo, quella donna poteva far paura più di un Re del mare se voleva...
Mentre i trucioli della pipa cadevano ancora, ne tirò fuori una nuova dallo scollo del suo vestito lasciando me e Pelo basiti con faccia da fumetto... Ma davvero cazzo?!

Cercando di racimolare un po' di voglia per affrontare il Gran Mercato, iniziai a tirare a lucido anch'io qualche arma; per fino il topo era stato esasperato così tanto da mettersi a spolverare anche lui.
Era già mattino inoltrato, il sole picchiava sulle tende di locali, negozi e bancarelle, regalando un tepore piacevole e riscaldando l'aria. Poco a poco i clienti cominciarono ad arrivare segno che il mercato diveniva sempre più vivo e trafficato. La stanza si era affollata parecchio tant'è che fummo ridotti alle ultime scorte. Avevamo lavorato parecchio: io mi occupavo di far cassa e fornire munizioni, mentre nonna si occupava della vendita e consigliava con la sua bastarda parlantina facendo fuori più merce possibile, Pelo invece passava a nonna gli strumenti per la manutenzione nel momento in cui le veniva richiesta da qualcuno.
Resistetti il tempo necessario e quando finalmente si fu sfollato, ne approfittai per rilassarmi.
Misi su i miei occhiali tondi per dar pace agli occhi, e presi possesso dello sgabello mettendomici su con fare svogliato; posai un gomito sul bancone, sperando d'avere abbastanza forza da reggermi la testa esausta visto che l'altro braccio era occupato a chiedere pietà per poco prima. Pelo cadde esausto di schiena e prese a dormire fregandosene di ogni cosa. Nonna era in magazzino ad aggiornare l'inventario.
Me ne stetti così per qualche minuto, con mente assente sospirando ad ogni morso della fame e resistendo al sonno. Troppi incubi ultimamente, non chiudevo occhio da troppo e cominciavo a risentirne seriamente soprattutto dopo un'intensa mattinata di lavoro.
Sbadigliai a più riprese, lottando per tenere gli occhi aperti e non crollare sul mio stesso peso, probabilmente mi si era arrossata tutta la guancia per tenere quella posizione.
E poi lo vidi...

Fui scossa improvvisamente da qualcuno in particolare che camminava tra la folla.
"Non può essere...!"
Spalancai gli occhi, lasciando lentamente cadere il braccio sul bancone e saltando un paio di battiti, incredula.
"Ma no, me lo sarò sicuramente immaginato come tutte le altre cose...!" Cercai di convincere me stessa che era la stanchezza a giocarmi brutti scherzi ma il mio amico peloso schizzò oltre la soglia della porta, per dar conferma anche a sé stesso.
Sbadigliai ed allungai le braccia verso l'alto stiracchiandomi pigramente: "Dai, lascia stare, non è reale come tutto il resto, torna qui." Mi dissi abbattuta...
Ma lui non volle saperne e continuò a richiamarmi squittendo a più non posso e drizzando il pelo in segno di serietà.
Feci spallucce "Ti starai confond-"
"SQUIT-SQUIT!"
Poche volte avevo visto Pelo così serio e deciso, quindi capii di non essermi sbagliata affatto e che quel cappello maculato tra la folla e l'enorme orso di cui gli avevo tanto raccontato erano reali, ed erano lì.
Mi drizzai in piedi con impeto, facendo ribaltare lo sgabello sotto di me: "Non ci credo..." Mormorai pizzicandomi il labbro inferiore coi denti; spostai gli occhiali neri e tondi sulla testa, a mo'di fermacapelli per evitare che le lacrime che cercavo di trattenere ne sporcassero le lenti. Rimasi, per pochi ma interminabili secondi, a firmare l'uscio con una sorta si morsa all'altezza del cuore: una parte di me era certa che fosse opera del Seeker, ma perché proprio Law di nuovo? Che fosse una coincidenza? Ma il vecchio libro di Lenora diceva che le coincidenze non esistono...
Le mani tremolanti per lo stupore abbandonarono presto la superficie legnosa del bancone, accompagnando la mia corsa fuori dal "Weapo'n'Pipe" alla ricerca delle due sagome.
Mi feci largo fra i passanti, cercando di restare al passo con Pelo, il quale mi stava facendo da guida, che intanto si era portato avanti zampettando audace e svelto fra i piedi della folla.
Mi fermai per riprendere il fiato e guardarmi intorno restando con le ginocchia flesse e le mani poggiate su di esse; mi stropicciai gli occhi per permettermi di mettere a fuoco la vista, ma visto che non mangiavo a dovere e non dormivo da giorni le mie risorse energetiche iniziavano a scarseggiare. Ma non era il momento giusto per potersi arrendere, quelli che avevo visto erano proprio Law e Bepo ed io dovevo assolutamente trovarli!
Così ripresi a farmi strada da dove Pelo si era fermato ad aspettarmi.
Scansai quanti più paesani e stranieri possibile, il Gran Mercato aveva attirato un bel po' di gente e poi, finalmente, scorsi le orecchie di Bepo far capolino una trentina di metri più avanti ferme dinnanzi ad una bancarella.
"Donna, non startene lì impalata e togliti di mezzo!" Sentii improvvisamente tuonarmi nelle orecchie. Davanti a me, statuaria, la figura di un uomo prossimo alla mezza età, vestito in canotta e pantaloni larghi colore sabbia, che con sguardo schifato ed infastidito fisso su di me continuava a lisciarsi la punta della lunga barba castana.
"Che hai da guardare, eh? Il nostro capitano ti ha detto di sgombrare!" Esordì un suo compare dall'aria più beffarda.
"Si, forza fatti da parte!" disse un altro.
Dirignai i denti, mentre il cuore continuava a pompare pazzo il sangue che mi gonfiò una vena per il nervoso. Assottigliai gli occhi stringendo i pugni lungo i fianchi: "Capitano, eh?"
Quella scena iniziava a darmi il voltastomaco tant'era la rabbia che avevo in circolo: troppe somiglianze con quel maledetto giorno... Indossavo addirittura una gonna rosa ed una t-shirt bianca proprio come quella volta! Ed ecco che mi ritrovavo davanti uno degli scenari peggiori che potessero venirmi in mente: il tempo parve essersi fermato, tutt'attorno le sagome sbiadite e rallentate di chi si apprestava a far compere. Nessun rumore, nessun altro se non io ed il mio vivido ricordo dei corpi dei miei familiari.
Poi mi ridestai all'ennesimo ringhio di quel capitano: "Hai sentito o no?Non farmi usare la forza, avanti!"
"Altrimenti?"
"Altrimenti ti farai male, donna, non ti conviene!"
Nessuno pareva far caso a noi.
"A quelli arroganti come te, non è permesso dettar legge sulla nostra isola." Asserì io glaciale.
"Io sono un pirata, faccio quello che voglio dovunque voglio!"
"È troppo seccante questa biondina, capitano, rendiamola la nostra schiava di bordo!"
Schiava: un'altra parola trigger, quella che mi fece perdere completamente il senno: "Io non prendo ordini da un rifiuto umano come te e dal suo lurido compare!"
E fu così che, dopo aver ringhiato la propria furia, quell'uomo mi attaccò scagliandosi contro di me con un pugno.
"Sei troppo lento!" Affermai io bloccando il muscoloso gancio destro. "Adesso togliti di torno!" Ordinai truce. Feci più salda la presa della mia mano attorno al suo arto ed attivai il mio potere che ricoprì con una piccola aura evanescente il mio pugno. Lo colpii in pieno volto con uno scatto rapido, e quello cadde indietro col naso sanguinante ed un dente rotto quando lo lasciai andare.
"Questa stronza ha i poteri di un frutto del mare!" Esordirono increduli i membri della ciurma accorsi a dare man forte ai tre.
"Presto, prendetela!" Urlò il capitano.
"Ti facciamo vedere noi!" "Forza, attacchiamo!" Scattarono gli altri.
Nel frattempo la folla aveva smesso di fluire e chi era rimasto a guardare la rissa appena iniziata aveva formato un cerchio tutt'attorno a noi per 'godersi lo spettacolo ' che, almeno per me, aveva il sapore amaro di un sofferto e sanguinoso déja-vu.
"Dovete solo provarci!" Risi io malefica.
Dentro di me mi sentivo ribollire, sapevo perfettamente di star proiettando su di loro le immagini del mio passato, sapevo che la mia era rabbia repressa che fremeva per venire fuori, ma non potevo lasciar correre aspettando che quei balordi andassero a far casino in giro sulla mia isola.
Si scagliarono contro di me uno per volta e poi tutti assieme, ma Akki mi aveva insegnato a difendermi e sferrare calci e pugni, che io combinavo abilmente al mio potere per intensificarne l'efficacia.
Dopo averne colpito qualcuno, tesi in avanti le braccia, impegnandomi per non perdere la concentrazione, e ne bloccai altri due con una linea di energia solida che li strinse come salami l'uno contro l'altro.
Tuttavia la stanchezza e la fame iniziavano a graffiarmi sempre più, mantenere l'utilizzo dei miei poteri (nonostante fosse pieno giorno ed il sole splendesse alto) mi risultava sempre più complesso.
"Brutta puttana, lasciaci andare!" Piagnucolarono loro in coro.
"Me la pagherai cara, te lo assicuro!" Biascicò il capitano su tutte le furie stringendo la presa attorno all'elsa della propria spada.
Seppur aspramente contenta della mia 'proiettata rivalsa', cominciai a sentire il peso degli sguardi fissi su di me. Ancora una volta avevo creato un casino ma nonostante non vi fossero feriti a parte quei banditi, mi sentivo duramente giudicata ed in trappola, in balia dei commenti mormorati che si accavallavano l'uno sopra l'altro. Avrebbero pensato che ero pericolosa, che lo avevo rifatto, che ero una minaccia...
Però lentamente quei timori si affievolirono quando, più alto rispetto agli altri, vidi un cappello bianco e maculato tra la gente...
"MUORI!"
Mollai la presa a distanza dai due mentre la vista cominciava ad affievolirsi e sfocare quel cappello incastrato nelle mie pupille.
Il respiro mi si fece più pesante, rantolai un po' prima che quel capitano bastardo potesse estrarre dal mio fianco la sua spada facendosi leva con un calcio. "Così impari!"
Caddi a terra a peso morto, lasciandomi sfuggire una smorfia di dolore.
Il mio viso premeva scontroso contro il viale lastricato, schiacciato dal peso dello stivale di quell'odioso rifiuto di mare, le mie mani erano piegate all'altezza del petto, per far presa e smorzare la pressione dalla quale ero sovrastata.
"E voi che avete da guardare? Dopo che avrò finito con questa donna sarà il vostro turno, sporchi vermi!" Strillò fiero.
Non potevo e non dovevo permettergli di torcere un capello a nessuno dei miei compaesani.
Avevo il desiderio ed il dovere morale di impedire una strage. Lo dovevo a chi mi aveva accolta dopo quel mio errore, lo dovevo a Gari, papà e mamma Manda e a tutti quei volti impauriti che stavano assistendo.
Aggrovigliai le dita attorno allo stivale repotente sulla mia guancia e strinsi a più non posso assorbendo quanta più energia potevo da quel pirata.
"Ehi ma che succede?!!" Esclamò lui incredulo. Premette ancor di più col tacco sul mio viso quando uno dei suoi compagni intervenne, alla vista della mia evanescenza azzurra attorno al proprio capitano, mi calciò dritto nello stomaco a pochi centimetri dalla ferita sanguinante causata dalla spada alcuni istanti prima.
Nonostante fossi ad un passo dal perdere i sensi non avrei mollato mai: "N...Non te...lo permetterò!" Biascicai come meglio potevo visto l'impedimento e le lacrime che cercavo di soffocare per spazzar via la debolezza.
Alzai, tremolante, il braccio sinistro e dalla posa sul fianco che avevo cercai di arrivare quanto più in alto possibile mirando a quegli individui. Strinsi forte un pugno così tanto da farmi sanguinare i palmi con le unghie rinchiuse al suo interno. Non avrei mollato, nessuno si sarebbe fatto male. Non avrei lasciato che quel giorno a Roubi si ripetesse, mai!Ira, paura, dolore...Un mix che concentrai nella mano assieme all'energia assorbita da quel tizio poco prima e la lasciai esplodere accompagnata da un urlo che riecheggiò in tutta la piazza, rompendo il silenzio che regnava sovrano sopra i miei rantoli e le risate della ciurma: "AHH!"
Improvvisamente quei balordi furono sbalzati via e storditi da una, non troppo potente, onda d'urto azzurrina che li travolse in pieno come fossero birilli.
A quanto pare, stavolta, me l'ero cavata da sola e non grazie a Law...
Tutto ciò che ricordavo del seguito era solo il fischio delle mie orecchie ed il pungente bruciore al fianco. Il resto fu solo il buio che calò quando le mie palpebre si chiusero esauste sotto il peso della debolezza accumulata.

~Alcune ore dopo, da qualche parte al porto di Perla~

"Si sveglierá presto, tranq-"
"Ohh! Guardate!"

Riaprii gli occhi dopo aver udito delle voci ovattate che mi arrivavano in lontananza.
Non fu una cosa rapida, mi ci volle un po' prima di poter distinguere chiaramente quanto mi stava attorno. Ero stranamente comoda ma mi fischiavano un po' i timpani.
Non sentivo nulla, era come se fossi immobilizzata in quella che mi dava l'impressione di essere una strana stanza dalle luci bianche che si irradiavano nelle mie pupille.
Una lampada scialitica che mi sovrastava imponente fu la prima cosa che la mia vista riuscì a captare. Mi sentii nauseata da un magone allo stomaco e cominciai a tremare come una foglia nel momento in cui capii di trovarmi in un laboratorio.
Provai a muovermi, trovandomi però ancorata ad un tubicino infilato nel mio avambraccio. Nella confusione scandita dall'assurdo batticuore che mi stava lacerando il petto, notai di avere indosso al polso il braccialetto di agalmatolite.
"No...No..." continuai ad urlare a denti stretti.
Loro mi avevano trovata, non c'era dubbio!
Sentii gli occhi gonfiarsi per le lacrime, e nonostante comandassi al mio corpo di agire ed alzarsi da quella barella, non ci riuscivo. Sentivo che mi sarebbe potuto scoppiare il cuore se solo avessi rivisto quel maledetto dottore...
Fui investita da una corrente tempestosa ed assurda di ricordi ed incubi legati al Sanatorio, flash di quei volti maligni e delle loro torture...

"Adesso entrerò nella tua testa." Mi informò con tono sorprendentemente calmo. "Devi solo fare la brava e non resistere a questo."
Spaventata a morte, confusa e disorientata... Ero in trappola, incatenata ad un lettino di sala operatoria, completamente da sola con lui e con il suo ghigno malefico che percepii nonostante la mascherina chirurgica a coprirgli il viso.
Prontamente, trapassandomi attraverso le sue lenti scure, mi costrinse ad afferrare fra i denti uno strumento per evitare che mi mordessi la lingua.
La stanza era in penombra,illuminata dalle luci bianche della solita lampada scialitica che ormai ero abituata a vedere.
Si mise alle mie spalle, poco distante dalla mia testa, con le nocche coperte dai guanti in gomma scostò alcune ciocche di capelli biondi sulla mia fronte per lasciare libere le tempie. Caricò gli elettrodi strofinandoli l'uno contro l'altro, producendo il classico biribiri della corrente: "Adesso fammi entrare!"

"STAI FUORI DALLA MIA TESTAAA!" urlai a squarciagola cercando di attivare il mio potere mentre, col fiato corto mi sollevavo di scatto.
"Wow... La nonnetta aveva ragione!"
"Merda! Si sarebbe distrutto il sottomarino se non le avessimo messo quel bracciale."
"Ari-Ari!"
"Bambina!"
Sentii delle voci e quando la mia mente smise di essere offuscata da quella tenebrosa nebbia, realizzai di non essere al Sanatorio e che con me non c'era il dottor Ombra.
"D...Dove mi trovo?" Annaspai rivolgendomi a nonna Dana-Dana in piedi alla mia sinistra.
"Sei al sicuro, sta tranquilla." Mi informò carezzandomi una ciocca di capelli per poi scostarla dietro il mio orecchio.
Presi qualche respiro profondo, per potermi calmare e razionalizzare. Nonna era alla mia sinistra, stranamente senza pipa, dietro di lei riconobbi l'unico orso polare parlante conosciuto in vita mia; alla mia destra, c'erano entusiasti quelli che riconobbi essere i proprietari dei cappelli più stravaganti in circolo: Penguin e Shachi.
"Ari-Ari! Come ti senti?!" Fu Bepo a chiedermelo con gentilezza ed una punta di preoccupazione.
Prima di rispondergli continuai il mio tour anti-confusione, dato che ero tornata a vederci chiaramente. Mi trovavo su di un enorme letto ospedaliero dalle lenzuola bianche, il pavimento era costituito da mattonelle verdi con una punta di grigio, e le pareti erano del medesimo colore ma caratterizzate da qualche tubo da impianto qua e là. A parte la lampada scialitica vi erano un tavolino con rotelle sul quale notai medicinali e strumenti chirurgici vari, presenti anche in una gigantesca vetrina al lato sinistro della stanza; parte di quel mobile erano anche delle ante scorrevoli in legno, suppongo anch'esse contenenti materiale simile. Al lato destro, invece si trovava una lunga scrivania in ferro con su  libri, quaderni per gli appunti e sostanziosi tomi di chirurgia, chimica e affini.
Ai lati del mio letto vi erano i tipici macchinari da monitoraggio.
"Sto bene, Bepo!" Sorrisi. "Sono così felice di vederti!" Mi si illuminarono gli occhi nel vederlo e nel confermare, ancora una volta, che avevo ragione a dire di averlo visto giù al mercato. Era cresciuto davvero tanto, probabilmente adesso sfiorava i due metri e mezzo d'altezza e si era irrobustito parecchio; nonostante questo restava sempre l'orso carino e coccoloso che ricordavo!
"Certo che gli hai proprio fatto il culo, sei diventata una forza Ari!" Shachi, lo ammetto, si era invecchiato un po' però i capelli più lunghi gli stavano bene!
Poi fu il turno anche di Penguin, che drizzandosi e mimando un pugno esclamò: "Per la miseria, quello lì lo hai proprio steso di brutto!" Lui era rimasto il più grande della gang, ma i suoi lineamenti gentili non lo davano granché a vedere.
"È bellissimo ritrovarvi ragazzi! Ho aspettato a lungo per potervi incontrare di nuovo!" feci io romantica ed un tantino commossa.
Saperli star bene mi faceva un piacere enorme, vedermeli lì di fronte mi regalava tantissima gioia!
Cercai di raddrizzarmi un po' meglio, per mettermi a sedere con più comodità ma fui stroncata da un pizzico all'addome: era la ferita che riprendeva a bruciare. Non era chissà che dolore e mi era stato anche applicato un cerotto per coprire i punti che sentivo tirare. "Ragazzi, mi avete medicata! Non so come dirvi grazie!" Feci io unendo le mani in segno di riguardo.
"A dire il vero è stato il Capitano!" Fece Shachi rivolgendo un pollice indietro per indicare qualcuno.
Quel qualcuno era proprio Law.  Era cresciuto anche lui rispetto a come ne avevo memoria: probabilmente superava il metro e novanta, ma era rimasto fan del maculato come potevo evincere dal suo cappello e dai suoi blue jeans. Non aveva abbandonato nemmeno le felpe: ne indossava una nera, con cappuccio, che cadeva morbida sul suo fisico asciutto.
Aveva addirittura fatto i piercing alle orecchie e qualche tatuaggio in più sul dorso delle mani.
E poi era diventato bello, tremendamente bello.
Sussultai inconsciamente. Per un attimo mi parve di sentirmi più leggera quando i miei occhi verdi si ancorarono ai suoi color ghiaccio. 
Il pizzetto gli conferiva un'aria più adulta, ma aveva comunque conservato le occhiaie. Probabilmente faticava ancora a dormire, chissà cosa lo tormentava...
Non potei fare a meno di pensare che il suo essere lì era merito del Seeker, e non era vero che non mi avesse salvata, lo aveva fatto eccome!
Mi morsi un labbro concludendo che tutta quella faccenda altro non era che uno strano scherzo del destino che avevo attirato a me quando avevo affidato a quel gabbiano il mio primo Seeker.
E continuai a fissarlo imperterrita, poggiato con la schiena sullo stipite del portone metallico, con le braccia conserte ed un ginocchio flesso. Avvertii, proprio in quell'istante, come un brivido attraversami da testa a piedi e deglutii, e mentre io impallidii come se i miei occhi avessero visto il colore più bello del mondo, lui rimase composto nella sua olivastra e nella sua aura di mistero sempre più fitta.
Fui smossa da una mano che mi sventolava davanti agli occhi: "Prontoo! Ci sei, Ari?"
"Si Pen, scusa. È solo che...Ehm..." Non potevo di certo dirgli a cosa stavo pensando, no? "Perché indosso questo coso di agalmatolite?" Fiù, salvata in calcio d'angolo!
"È stata tua nonna a suggerirci di mettertelo, precauzione!"
"Direi che è stata una scelta saggia, quella donna è fin troppo previdente." Conclusi io ragionando sulle motivazioni. "Ma come sono finita qui?"
Intervenne Shachi a fornirmi una spiegazione: "Dopo aver sistemato quei pirati da quattro soldi ed il loro capitano sei svenuta, siamo giunti sul posto nello stesso istante di tua nonna. Quindi il nostro Captain si è offerto di portarti sul nostro sottomarino per curarti. Ci hai fatto spaventare!"
"Non era così che immaginavo di incontrarti, Ari!" Esclamò carino Bepo.
Ma... Un momento... "C...apitano? Sottomarino?" Non credetti a quelle parole...
Li vidi in fretta e furia sistemarsi tutti e tre in una posa artistica degna dei migliori ballerini di teatro, mentre urlavano all'unisono "Noi siamo i pirati Heart,!"
"Che?!" Rimasi sbalordita con gli occhi fuori dalle orbite e le mascelle che potevano toccar terra. "Pirati?" Mi agitai, come diavolo potevano essere pirati? Perché?
Io i pirati li detestavo per innumerevoli motivi ai quali quello stesso giorno se n'era aggiunto uno: i pirati mi avevano portato via la famiglia, la libertà ed in un certo senso mi avevano anche strappato Akki. "Io li odio i pirati..."  Ammisi atona stroncando il loro entusiasmo.
E poi parti Bepo, con il suo "Chiedo perdono!" di rito seguito da un inchino di costernazione e pentimento. Quanto in basso poteva arrivare la sensibilità di quel visone?
Ma ad assorbire del tutto la mia attenzione fu l'aura scura e maligna al mio fianco: "Ti ho detto che non devi fare di tutta l'erba un fascio, dannata ragazzina!" Era nonna Dana-Dana che mi minacciava con un pugno...
"Ma io...Loro son-"
"NON MI INTERESSA! Non tutti gli appartenenti alla stessa categoria sono uguali! Se hai deciso di odiare i pirati allora devi odiare anche me e quel vecchio brontolone che ti ha dato quello!" Fece gelida indicando il mio collare.
"Tu..Tu e Wolf eravate pirati?!" E perché a restare sbalordita ero solo io? Che gli altri lo sapessero già? Bah.
"Adesso forza, odia anche noi e quella testa calda di Akki. Odia chi ti ha aiutato solo perché porta un nome disgraziato!"
Mi rabbuiai, prendendo a ragionare a voce alta: "Hai ragione... Quanto è successo anni fa mi ha portato a giudicare per stereotipi, questo non è giusto..." Strinsi tra le dita le lenzuola sulle mie ginocchia. "L'odio mi ha accecata, non ho il diritto di disprezzare a priori. Esistono sempre le eccezioni così come le rose con e senza spine." Sospirai. "Chiedo scusa a tutti..."
~Grrr~ mi brontolò la pancia.
"Ricomponiti, dobbiamo tornare a casa e offrire una buona cena a questi giovanotti e ai loro compari! Hai cinque minuti, se non ti avrò vista giù da questo letto prima di finire il tabacco nella pipa, giuro che ti lascio a dormire nella cantina!"
Era meglio fare quanto mi diceva, per quanto bene mi volesse nonna era davvero capace di togliermi dalla Terra se non obbedivo. Una volta aveva lasciato me e Gari soli nella miniera solo perché non avevamo apparecchiato il tavolo della domenica per sentire per la centesima volta la storia di come aveva salvato un canguro combattente mentre pranzavamo.
Deglutii mentre la osservavo lasciare la stanza.
"Guarda che essere pirati è bellissimo, Ari!" Mi disse Penguin estasiato.
"Non so quale motivo tu abbia per detestare chi prende il mare, ma sono felice che tu stia capendo!" Aggiunse Shachi.
"Ragazzi...Una domanda: avete per caso visto il mio topo?" Mi ero accorta fin da subito dell'assenza del mio amato Pelo. Che gli fosse accaduto qualcosa?
"Mhh, fammici pensare...la vecchietta ha detto che è rimasto in piazza a derubare quegli uomini che hai steso..."
"Proprio un tipetto il tuo amico!"
Arrossii visibilmente, coprendomi il viso con le mani. Pelo era molto intelligente e a quanto pare aveva preso alla lettera già da un po' quanto gli avevo detto, ovvero che denaro e formaggio sono direttamente proporzionali e che i pirati ne hanno a volontà.
Ad interrompere le fantasie di quei due mattacchioni intervenne lui: "Basta voi due! Bepo, accompagnali fuori." Sentire la voce di Law dopo anni mi faceva uno strano effetto. Era un timbro calmo, freddo e rassicurante se ascoltato ad occhi chiusi, mai scomposto.
"Ti aspettiamo fuori, Ari-Ari!" Disse l'orso prendendo i due compari per la collottola e portandoli via con se dopo avermi liberato il polso dal braccialetto di agalmatolite.
Improvvisamente ci fu silenzio nell'intera stanza.
Law lì lasciò passare, chiudendo la porta al loro passaggio. Venne verso di me e mi sfilò l'ago della flebo: "Questa non serve più, ma ti avverto che non basta. Prova a mangiare ogni tanto, Ariadna-ya." Aveva le mani dannatamente fredde, di un freddo tipico dei medici.
Odiavo pure quelli dopo il Sanatorio, e guardacaso Law era sia un dottore che un pirata; ma tu guarda un po'!
Rabbrividii un po' per la differenza di temperatura quando mi sollevò il braccio con la mano per potermi disinfettare il forellino creato dall'ago. Restai incantata, ancora una volta come fosse la prima, dai suoi tatuaggi ma soprattutto da 'DEATH' inciso sul dorso delle dita. Ben si addiceva ad un soggetto misterioso come lui, mi chiedevo quale fosse il significato.
"Law, io ti ringrazio!" Dissi, notando che comunque non aveva distolto lo sguardo dal braccio da medicarmi. "Ancora una volta tu mi hai salvata, non so come essertene grata!"
Lasciò perdere il cerotto per un momento, fissandomi dritto negli occhi al sentire quella frase.Cazzo... Forse avevo parlato troppo!
"Non serve, l'ho f-"
Lo interruppi: "Fatto perché mi andava, sisi! Certo che alcune cose non cambiano proprio mai eh!"
Parve stizzirsi un tantino, non che lo desse a vedere, evidentemente non sopportava essere interrotto. Finì di medicarmi e si allontanò dalla barella senza proferir parola.
Per un momento fui tentata di muovermi ma il bruciore sul fianco me lo impedì.
Mi guardò con la coda degli occhi, e da bravo dottore mi consigliò: "Non fare sforzi eccessivi o ti si apriranno i punti."
Inarcai un sopracciglio, non avevo la benché minima voglia di fare la mummia nel letto.
Sollevai la maglietta ancora sporca di sangue e lacerata dalla spada, scoprendo una serie di bendaggi poco sopra l'anca. Puntai un indice contro di esse ed attivai il mio potere dato che la flebo mi aveva risanata un po'; bruciai i bendaggi fino a lasciar libera la ferita chiusa da sette perfetti punti di sutura, che bruciai a loro volta.
Law girò la testa per guardare, probabilmente si stava chiedendo cosa diamine mi fosse preso, ma restò comunque inespressivo.
"Sei un bravo dottore, Law! Quasi mi spiace dover rovinare il tuo lavoro." Aggrottai la fronte ed arricciai il naso in una smorfia di dolore. "Però non mi piacciono le cicatrici, quindi farò da me!" Nel tentativo di non piangere tutta l'acqua dei mari, mi affrettai ad usare una tecnica che avevo affinato su conigli ed uccellini dalle ali rotte. "Zeno: heal!" Era una tecnica tutta da perfezionare, e su di me l'avevo usata solo quando caddi giù da un albero perché Akki era stato talmente scemo da buttarmi addosso una cavalletta. Se da qualche parte del mondo esisteva un frutto del diavolo in grado di curare, allora io potevo fare la stessa cosa. Avevo letto in biblioteca le nozioni più elementari riguardo al funzionamento del corpo umano e delle piastrine, quindi avevo pensato di poter agire su di loro.
Non era cosa da poco, risultava complicatissimo su persino su di un canarino se si trattava di persone diverse da me; mi spiego meglio: del mio corpo ne ho piena coscienza, pieno e libero controllo a priori al contrario dei corpi altrui di cui non conosco il funzionamento e le tempistiche. Curare me risultava più semplice, ma ad ogni modo il principio di funzionamento restava invariato: potevo agire sulla velocità delle piastrine, aumentandola in modo da far risanare prima le ferite. Per quanto potesse sembrare figo, per curare un graffio al gatto della vicina ci avevo impiegato esattamente 63 minuti + infinita pazienza per sopportare Akki sfottermi.
Pian piano tutto si rimarginò, ed io fui fiera del mio operato.
A scuotermi fu un paio di occhiali da acchiappare al volo lanciati da Law, che si apprestava ad uscire dalla sala operatoria. Erano gli occhiali che mi aveva regalato lui stesso, mi erano sicuramente sfuggiti nel trambusto della rissa in piazza.
"Questi ti appartengono." Mi aveva detto.


 

*Fine capitolo*

Ed eccomi anche questa settimana, con un pochino di ritardo!
Finalmente ci si rivede eh?! Chissà qual buon vento avrà mai portato i pirati Heart sull'isola Gold! Chissà cosa accadrà ora!
Ma non trovate che nonna Dana-Dana sia una su cui scoprire qualcosa in più?
Non ho granché da aggiungere stavolta, ma come al solito spero che sia stato un capitolo scorrevole nonostante sia ancora un po' di transizione.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!



 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** La Mappa ***


Tornai subito a casa, ancora estremamente innervosita dalle parole di Law.
E poi, più che rabbia e paura, probabilmente mi sentivo sopraffatta dai dubbi: che tutti i pirati Heart si fossero avvicinati a me per ricavarne informazioni? Che avessero finto tutto il tempo solo per guadagnarci? Io i ribelli del mare proprio non li sopportavo, ma come avrei mai potuto credere che le nostre chiacchiere e risate fossero bugie ben costruite?
Tutto quel pensare e ripensare mi stava mandando in tilt, senza contare che una caccia al tesoro sarebbe stata la cosa peggiore che sarebbe potuta capitare all'isola Gold; i pirati, che piaccia o no, hanno sempre portato il caos e qui, ultimamente, di disordine e misteri da risolvere ne avevamo già abbastanza. Una ciurma pronta a far disastri in giro pur di impossessarsi di qualche antica ricchezza avrebbe generato rivolte interne visto che gli isolani non si sentivano più al sicuro e bastava leggere il giornale per capirlo: solo nell'ultima settimana erano scomparsi altri tre uomini nella nostra parte di isola. Tre uomini, tutti e tre minatori i cui volti figuravano dell'immagine a piè di pagina.
Da bambina, per farmi star buona, mi veniva raccontato che se avessi continuato a fare la monella l'orso nero della miniera mi avrebbe portata via come faceva con i minatori. Ad avvalorare quelle paure vi erano dei reali articoli di giornale che riportavano, bianco e nero, di scomparse. Persone mai più ritrovate, inghiottite dall'ignoto.
Proprio per questo non avrei permesso a nessuno, tantomeno a Law e i suoi, di replicare l'incidente di Roubi o seminare il caos: ne valeva la serenità di tutta Gold.
In più non avevo mai sentito nulla riguardo alla presenza di un tesoro, ma ben ripensando a quando nonna aveva chiesto a Law il motivo del suo sbarco sull'isola, vedendo la sua reazione, era possibile collegare la cosa a due alternative: o sapeva del tesoro o temeva per me dato che era al corrente del Seeker e della storia della bottiglia.
L'unico modo per scoprirlo era chiedere alla diretta interessata!

Richiusi la porta in legno dietro di me, trovando nonna seduta sulla poltrona a pois intenta a leggere il giornale. Come sempre aveva una pipa in bocca ed il fumo che esalava veniva attraversato dalla lampada alle sue spalle. La luce gialla, quasi aranciata, colorava i suoi capelli chiari, lasciandola in parte in penombra.
"È vero che sull'isola c'è un tesoro?" Chiesi diretta, in piedi di fronte a lei.
Non distolse lo sguardo dalla pagina sotto ai suoi occhi, ma rispose: "E questo chi te lo ha raccontato? Uno di quei ragazzi?"
"Che importanza ha?" Ringhiai io. "Ti ho solo chiesto se esiste oppure no."
Al che abbassò il giornale ed alzando lo sguardo su di me, bloccò la pipa tra i denti: "Non esiste alcun tesoro." Mi sembrò diversa, quasi tagliente mentre pronunciava quelle parole.
Era estremamente seria per i suoi standard, soprattutto per una domanda così 'sciocca'; giustamente non potevo aspettarmi di meglio visto il mio tono usato in precedenza, ma la conoscevo fin troppo bene: nascondeva indubbiamente qualcosa.
Assottigliò gli occhi prima di riportare la sua attenzione alle notizie ed io ne approfittai ler andarmene.
"Vieni Pelo, andiamo!" Dissi rivolgendomi al mio amichetto che nel frattempo si era sdraiato sul divano. Dovevo ancora lavarmi di dosso il frappè alla fragola, ne avremmo approfittato per fare un bel bagno e schiarire le idee.

Salii, riempii la vasca e nel frattempo mi spogliai per potermi immergere. Pelo mi precedette tuffandosi nella schiuma alla vaniglia.
"Non ce la racconta giusta, se non stesse mentendo avrebbe sicuramente iniziato a raccontare qualche strano avventuroso aneddoto dei suoi. Le sue reazioni la fregano."
"Squit-squit"
"Già! Non so un accidenti riguardo questo fantomatico tesoro, cosa dovrei fare?!" Afferrai un pochino di schiuma con la mano e l'avvicinai al mio viso per poterla soffiare sul pancino di Pelo, che si godeva beato il tepore dell'acqua galleggiando per tutta la vasca. "Pensi che dovremmo seguirla? Troppi misteri attorno a lei, non credi?"

Dopo essermi scrollata di dosso le disavventure del giorno, mi recai in camera, di fronte alla scrivania, per accendere una candela: "Stasera lavanda?" domandai col fiammifero tra le mani. Pelo zampettò nel cestello in cui conservavo tutte le candele e ne estrasse una rossiccia. "Mh, melograno, ottima scelta!"
Passai velocemente il fiammifero sul retro della sua confezione per poterlo accendere; posai il flaconcino di gocce calmanti ai piedi del letto solo dopo averne ingerito un paio e poi mi assicurai che la finestra fosse aperta per godere anche della luce della luna e mi lasciai cadere a peso morto sul letto. Il topo fece lo stesso, posizionandosi accanto alla mia testa, il suo posto preferito. Lo coccolai, solleticandone il pelo grigio con le dita e giocherellando con le sue piccole orecchie tonde. Lo fissai ammaliata, volevo un bene dell'anima a quell'esserino!
Gli sorrisi e lui mi permise di tenere la mano sul suo dorso perché sapeva che avrei avuto gli incubi ma che in qualche modo il contatto fisico mi rassicurava parecchio: "Cerchiamo di dormire, gli agenti segreti si svegliano presto!"
Che giornata, roba da non credere. Che diavolo stava succedendo?

*Il mattino seguente*

Infilai una semplice canotta verde che mi lasciava scoperto l'ombelico e tirai su i miei pantaloncini di jeans preferiti. Per un giorno rinunciai ai sandali ed optai per un vecchio paio di stivaletti neri; legai i capelli in una treccia morbida e misi su un berretto scuro con visiera sul quale Pelo decise di appostarsi.
In fretta e furia preparai uno zainetto con snack, acqua e medicine (ovviamente) perché non si sa mai! Con cautela, badando a non far il minimo rumore visto che ero ancora rintontita, mi sporsi dalla finestra e mi calai giù dall'albero sfruttando il mio potere per creare delle scale.
Nonna Dana-Dana non si sarebbe dovuta accorgere di noi, ci avrebbe gonfiato di botte sia per averla pedinata sia per aver lasciato chiuso il negozio e dio solo sa che altro... Avevo già i brividi al sol pensiero...!
Corsi in punta di piedi nel retro del cortile e salii a bordo di uno degli ultimi vagoncini del Sinister-Mine-Train per nascondermi al suo interno come meglio potevo sotto ai sedili, senza fiatare. Grazie ad una botta di fortuna ce la cavammo giusto in tempo, pochi istanti prima del suo arrivo.
Non si accorse di noi perché, fortunatamente, nel giardino di casa sua non aveva nulla da cotrollare e quindi si mise al volante ed accese il motore che si avviò con un rombo scoppiettante, da brava e vecchia carretta.
Appena fuori dalla città, dopo essere entrati nella grande area della roccia desertica, nonna ingranò la quinta tant'è che dovetti afferrare Pelo per la coda per evitare che venisse sbalzato via! Ricci d'oro al vento che si muovevano al ritmo delle frange del baldacchino viola su di lei, avambraccio sinistro rilassato sulla portiera, destra tesa sul volante, occhialetto fluo tattico e pipa ad incorniciare il suo motivetto fischiettato allegramente... Insomma, se la passava molto meglio di noi povere canaglie che rischiavamo di perdere la pelle controvento!
La Grande Montagna spaccava l'isola Gold esattamente a metà, Perla distava circa un quarto d'ora da essa, ma bisognava fare attenzione a non perdersi nella zona deserta della distesa rocciosa, dove non vi erano né animali né vegetazione.
Nonna conosceva quel posto come le sue tasche dal momento che il suo lavoro consisteva nell'accompagnare i minatori lì e nel trasportare il ricavato della giornata; lo faceva da anni e, fino a qualche tempo fa, addirittura ogni mattina. Visto l'avanzare della vecchiaia, aveva deciso di riaprire il negozio di armi, andando alle miniere giusto di tanto in tanto.

Pian piano il treno iniziò a rallentare la sua corsa: "Siamo arrivati, tieni gli occhi aperti, ok?" Sussurrai non appena il Sinister-Mine-Train si fu fermato ad una trentina di metri dalla muraglia.
"Squit-squit"
Agguantai i bordi del vagone con le mani e mi tirai un po' su, giusto per poter sbirciare.
L'ultima volta che mi ero recata alle miniere era stato anni fa nel tentativo di sfuggire a quei pirati; avevo perfino rifiutato ogni richiesta di Akki di seguirlo nei suoi allenamenti in un ambiente così favorevole al suo frutto.
Osservai attentamente quanto mi circondava: eravamo letteralmente nel bel mezzo del nulla con solo un'altissima montagna ad imporsi sul paesaggio desolato dai colori caldi. Sotto di noi non vi era altro che terriccio secco interrotto da qualche masso sparso a caso e sebbene potesse sembrare un posto ostile, l'aria non era poi così calda come ci si sarebbe dovuto aspettare.
Seguimmo nonna con lo sguardo mentre si dirigeva all'entrata della montagna. Improvvisamente, a far capolino dietro quelle mura, apparvero due uomini con i quali lei si fermò a parlare.
Ma la mia attenzione fu rapita da Pelo che continuava a tirarmi la treccia; mi rivolsi a lui con una smorfia, perché proprio non afferravo cosa volesse dirmi.
Era stato modificato per essere più intelligente rispetto ad un normale topo, quindi davanti alla mia ignoranza trovò un modo per farsi capire: si sedette, quasi come fosse essere umano e mimò alla meno peggio qualcuno che leggeva.
Avevo capito! "Intendi quei minatori scomparsi? Ma com'è possibile che siano loro...Non erano, appunto, scomparsi?" Ero sconvolta!
Fui travolta da una strana sensazione che associai al senso di delusione, non appena i tre si dileguarono all'interno delle ombre della miniera. Che motivo aveva mia nonna di fare ciò? Che cosa stava nascondendo esattamente? E perché quelli lì risultavano dispersi se poi erano vivi e vegeti sotto gli occhi di tutti?
"Qualsiasi cosa sia, io lì dentro non ci vado neanche morta!" Informai.
"Squit-squit"
"È buio pesto...Sto già tremando, sai come funziona..." Degutii fissando l'entrata e mordendomi un labbro per l'ansia. La presa attorno allo sportello si fece più salda e contemporaneamente indecisa. Col cavolo che mi sarei addentrata nella miniera, per quanto fosse mio dovere morale indagare non avrei rischiato di farmi beccare in preda ad una crisi. Non avrei rischiato di farmi beccare, puni. Io proprio non ne avevo il coraggio e già mi tremavano le gambe.
Mi voltai, girandomi e scivolando con la schiena contro lo sportello del vagone, irrigidendomi a causa della tensione. Respirai profondamente a più riprese cercando di non sbattere le palpebre per evitare che ne cadessero le lacrime. Nella mia testa si fecero strada tutti i mostri del Sanatorio, ma soprattutto l'enorme orso nero che ogni notte mi trascinava nel buio e cominciò a diventare così reale davanti ai miei occhi... Entrare in quel posto era l'equivalente del ritornare in cella, preda di una crudele fantasia reale. Portai le mani sul cappello, tirandolo con forza come a proteggermi istericamente, fingendo di non sentire le urla degli altri pazienti nelle mie orecchie.
Sentii poi tirarmi violentemente la punta della treccia: era Pelo che cercava di riportarmi alla calma.
Svelto, andò a mordermi la mano: "Ahia!"
Non ebbi nemmeno il tempo di tentare di capire che subito lo vidi zampettare via di corsa in direzione della caverna. "Merda!" Provai ad acciuffarlo scattando, ma il brusco movimento sbloccò la portiera che si spalancò con il solo ed unico risultato che mi schiantai di faccia al suolo. Fantastico!
Senza neanche scrollarmi la polvere di dosso mi rimisi a sedere, abbracciai le ginocchia e mi ci rintanai con la testa scoppiando in un pianto per sfogare frustrazione ed impotenza. Buttai un occhio allo zainetto che avevo con me, feci un respiro e ne estrassi le gocce calmanti che avevo fatto bene a portarmi dietro, a differenza della paura. I minuti iniziarono a passare...

Era vero che io di cose che non esistevano ne vedevo e sentivo, ma avrei messo la mano sul fuoco se mi fosse stato chiesto di dire che in quel tunnel c'era qualcuno che urlava.
Che avessero sgamato Pelo?
Ma va, probabilmente era solo un'altra delle mie fantasie.
Improvvisamente le urla iniziarono a divenire sempre più insopportabili e frequenti, ma fortunatamente il mio piccolo fece ritorno da me!Aprii lo sportellino per farlo entrare e lo richiusi subito dopo per non dare nell'occhio.
Biascicai piangendo come una fontana tra un singhiozzo e l'altro: "Sapevo che eri un genio, ladro ed esperto di fuga, ma se lo fai di nuovo ti metto in forno...!" Lasciò cadere un foglio ripiegato che si era portato appresso, e l'avvolsi con le mani avvicinandolo alla mia guancia per constatare se fosse reale oppure no. Il suo manto morbido mi solleticò la pelle, rasserenando il mio animo.
"Ma che ti sei portato dietro? Fa vedere!" Raccolsi lo stralcio di carta e lo srotolai piano. "Ma cos'è, sembra una mappa!"
Calai frettolosamente una mano nel taschino dello zaino per prendere i miei occhiali. Pelo continuava ad indicare la montagna. "Pensi sia la mappa delle miniere? Ma sembra un po' troppo estesa, non la trovo affatto simile alle descrizioni di nonna nei suoi racconti." Tirai un sospiro, voltandomi a guardarmi le spalle.  "Qualsiasi cosa sia, dobbiamo andare a casa prima che non-" Non terminai la frase che un altro urlo squarciò l'aria.
Mi venne un colpo, ed improvvisamente il cuore iniziò ad andare a mille per via dell'adrenalina.
Guardai Pelo, che pareva non saperne nulla. "Ok, svignamocela!"
Prima che potessi farmela veramente addosso, misi la mappa al sicuro, saltai fuori dal trenino e cominciai a correre come una forsennata verso la città.
Oh cielo, quanto mi avrebbe fatto comodo saper volare via!

*Weapo'n'Pipe, una doccia e poche ore dopo*

"Ecco la sua polvere da sparo! Torni a trovarci presto!"
"Grazie signorina!"
Dopo aver servito un cliente, mi affrettai nel magazzino sul retro dove Pelo continuava a fare avanti e indietro sulla mappa aperta sul parquet, illuminata da una vecchia lampadina a luce calda.
Mi sedetti per terra a gambe incrociate, posando un braccio sul ginocchio in modo da reggermi la testa."Non riesco proprio a collegare i pezzi." Sbufai risistemando gli occhiali sul dorso del naso. "Boh non ho ipotesi, tu hai sentito qualcosa a parte quelle inquietanti urla?" Chiesi accovacciandomi per guardarlo meglio.
"Squit-squit!"
Sospirai sconsolata: "Purtroppo non riesco a capire...A volte ci servirebbe un interprete!" Piagnucolai sconsolata.
Lui corse nella hall e tornò da me una manciata di secondi dopo trascinando una matita quasi del tutto stemperata; ridacchiai un po' alla vista di un topo che disegnava con una matita addirittura più lunga di lui e per poco non mi incenerì con lo sguardo! Quando ebbe finito, affinai la vista e presi tra le mani la mappa per vedere meglio.
"Un orso?" Feci spallucce, da povera stupida. Lui riprese la matita e disegnò come meglio poteva quello che mi ricordava tanto... "Il Jolly Roger dei pirati Heart?" Scontrai le labbra l'una contro l'altra, schioccando la lingua contro il palato e poi torturando un canino. Sapevo già dove saremmo andati a parare... "Cerchi di dirmi che Bepo può capirti?" Lui annuì. "Ma neanche loro sembrano essere dei buoni! E Law è troppo stronzo! Non sappiamo nemmeno a cosa serva esattamente questa mappa..."
Sentendo l'ultima frase, Pelo iniziò ad agitarsi come fosse arrabbiato. Per comportarsi così, ormai avevo imparato, significava che aveva le sue buone ragioni.
Gli sorrisi, carezzadogli la testolina: "Sei l'unico di cui mi fido, per questo faremo come suggerisci. Spero solo che ne valga la pena!" Poi mi voltai con espressione vispa e 'monella' "E speriamo che alla fine impari a disegnare!" Feci una linguaccia e lui di tutta risposta parve volermi strozzare!
"Con che faccia dovrei andare da loro dopo l'altra sera?" Pelo drizzò la sua coda, assumendo la tipica posizione da genitore incavolato pronto a tirarti contro una ciabatta.
"E se venissero loro da me?" Ghignai malefica mostrando l'evanescenza azzurra attorno alla mia mano muoversi lentamente tra le dita.
"Squit-squit!" A giudicare dalle fiamme nei suoi occhi, avevo fallito miseramente.
Pensare di dover essere io a fare un passo verso gli Heart mi metteva disagio: ero palesemente convinta di non avere torto, anzi, semmai erano loro a dovermi spiegazioni!
L'indifferenza di Law aveva colpito in pieno il mio orgoglio e forse mi sentivo anche un po' stupida per averglielo lasciato fare ed essermi affidata al mio buon senso, sperando che potesse essere un gelato a sciogliere il ghiaccio come con l'amamelide quella sera... Invece no! Del resto cosa avrei dovuto aspettarmi dato che erano passati anni dal nostro ultimo incontro, tutti cambiano e probabilmente anche lui aveva fatto lo stesso crescendo.
Fosse stato Akki al posto suo, non sarebbe neanche servito il gelato a creare un dialogo.
Ma poi, perché cazzo avevo pensato di portargli del gelato? Non aveva senso!
Io gliavevo sistemato la pianta e lui si era sdebitato donandomi degli occhiali.
Lui mi aveva curata ed io e nonna lo avevamo ospitato a cena (per quanto una minestra di pesce possa essere definita tale).
Ma probabilmente era il caso di mettere da parte i diverbi per cercare di risolvere il mistero.
E nonostante tutto, la mia tossica curiosità di capire le persone aveva iniziato a far lampeggiare la sua sirena d'allarme, accendendomi un fuoco dentro.
"Uffa...E va bene! Però in cambio smetti di rosicchiarmi i piedi del letto, affare fatto?" Gli proposi allungando il mignolo verso di lui. Nonostante l'iniziale riluttanza, Pelo accettò l'accordo stringendomi il dito con entrambe le zammpe anteriori.

*Quella stessa sera, porto di Perla*

Come d'accordo mi recai al porto.
Era una sera particolarmente tranquilla, una come tante altre: il cielo, che era sul punto di salutare il sole, sovrastava il mare riflettendosi nelle onde calme e creando un mistico contrasto tra il profondo blu e l'arancio intenso.
Mentre passeggiavo per raggiungere il Polar Tang, pensai che era strano vedere tante navi attraccate e così poca gente nei dintorni. Probabilmente i commercianti, pirati e visitatori ne approfittavano per svagarsi in taverne e locande, godendosi la movida notturna del posto.
Ciò che non avevo notato, però, era una certa nave il cui vessillo ondeggiava seguendo la brezza mossa dal mare... Un'imbarcazione alquanto familiare, che ormeggiata lì in mezzo era diventata una come tante altre.nDel resto, anche se fosse, sarebbe stato impossibile, no?

Proseguii fino a ritrovarmi ai piedi del simpatico sottomarino giallo. Volsi in alto lo sguardo, trovando un Penguin piegato coi gomiti sul parapetto; per quanto ci vedessi da far schifo, indossavo i miei fidati occhiali e avrei riconosciuto il suo bizzarro cappello fra mille.
"Ohi, Penguin!" Strillai a gran voce.
Nel sentirmi fu scosso dal suo stato di riflessione e si guardò intorno prima di realizzare che, magari, ero proprio sotto di lui: "Ari!" Esclamò drizzandosi e staccandosi dalle sbarre.
Mi diressi verso la passerella in legno e salii a bordo, con in spalla Pelo ovviamente.
"Pensavo che non saresti più venuta a trovarci!" Disse.
"E perchè proprio io? Non potevate venire voi da me, scusa?" Risposi io allargando le braccia con espressione delusa -forse-. Usai un tono amaro, in modo che comprendesse il mio disappunto per com'era andata.
"Hai ragione. È che avevamo da fare..." fece grattandosi la nuca accompagnando il gesto con un risolino.
"A fare cose tipo cosa? Derubare il mio Paese? Oh beh complimenti vivissimi!" Mi agitai. Non volevo starlo a sentire, dovevo solo fare il sacrificio di scoprire cosa sapevano per collegare i pezzi e fermare qualsiasi cosa avessero in mente. Gli diedi subito le spalle, facendo per passare oltre il portellone d'entrata, ma neanche un paio di passi dopo che fui afferrata per il polso.
"Senti, io non so cosa ti abbia detto il capitano, ma siamo amici perché ci tratti così? Non capisco!" Penguin aveva la mano calda ed un tocco estremamente gentile per avermi afferrato così di scatto.
"Prima ci porti in giro ridendo e scherzando, poi te ne vai senza salutare e alla fine ti presenti qui da noi come se volessi ucciderci. Ma si può sapere che osa ti abbiamo fatto?" Nel pronunciare l'ultima frase utilizzò un tono più basso, come fosse triste. "Siamo amici, no?"
Lo guardai con aria perplessa perché per quanto mi sembrasse sincero e mi dispiacesse vederlo giù, mi inorridiva notare che non avesse un minimo di coscienza.
"Gli amici non rubano in casa tua, Penguin. Quindi non dirmi che non capisci o che siamo amici, perché se questo è il tuo -vostro- modo di essere amici...Beh, fa proprio schifo!" Con un gesto deciso liberai il mio polso. "Mi avete ingannata per avere informazioni in più!"
Lui fu sorpreso dal gesto e divenne scuro in volto, quasi fosse un macchinario spento. Ma strinse i pugni e si dimostrò deciso: "Ma gli affari della ciurma e te siete due cose diver-... Senti, le cose stanno così, noi vogliamo quel tesoro, è vero! Ma ti giuro che il nostro affetto per te è reale e non costruito come credi!"
C'era solo un modo per capire se mi stesse mentendo oppure no: la tecnica reveal. Tuttavia erano anni che non mi capitava di usarla, probabilmente con Akki ai tempi del Sanatorio del Sogno. Ero molto restia nei riguardi di quell'abilitá visto che era attraverso essa avevo sentito le stesse sensazioni di mio fratello Gari mentre...
Vabè, Penguin non si sarebbe accorto di nulla, mi sarebbe semplicemente bastato toccarlo e mantenere il contatto per una manciata di secondi.
E dunque feci qualcosa a cui lui non seppe reagire: posai una mano sulla sua guancia. Era evidente che si stesse chiedendo cosa stesse accadendo e perché, ma non fu in grado di reagire a parole ed arrossì visibilmente scaldandomi il palmo.
"Ripetilo..." Dissi io concentrandomi.
"Noi siamo amici, Ari!" Improvvisamente le vibes del ragazzo cominciarono ad arrivarmi come un fiume in piena. Penguin mi trasmetteva una sensazione positiva. Aveva passato il test. Potevo fidarmi.
Lui non si accorse, ovviamente, di nulla. Però io, per la contentezza di non aver perso degli amici feci qualcosa che lo lasciò a bocca asciutta: lo abbracciai!
Il mio corpo aderì perfettamente al suo, lo strinsi forte cingendo il suo collo con le mie braccia e rifugiandomi lì con la testa. Ci stavo bene perché mi sentivo totalmente sollevata e meno sola. A lui ci vollero un paio di secondi buoni per realizzare, ma dopo ricambiò la stretta avvolgendomi all'altezza della schiena con impaccio e tenerezza.
Pen era sempre stato gentile con me, alle volte un po' impacciato; lo trovavo un ragazzo bello, solare e più spassoso che arguto. Con Shachi e Bepo facevano proprio un trio formidabile! Anche a Pleasure Town, sia lui che gli altri mi avevano fatta sentire accolta fin da subito, ed amavo cenare in loro compagnia per ridere di tutto.
Io, infondo, a Pen, volevo proprio bene...
Né lui, né gli altri mi avevano raggirata, il nostro legame era reale ed era lo stesso che avevamo creato anni fa.
Non me ne accorsi subito, ma dalla porta facevano capolino Shachi, Bepo, Clione ed altri due che, a giudicare dalle loro mascelle che toccavano terra, avevano assistito alla scena senza rendersi realmente conto della ragione dietro al mio abbraccio. Insomma, roba da pessimo tempismo!
Mi staccai da lui, notando solo in quel frangente gli altri e non appena mi rigirai trovai Penguin steso a terra con un'espressione ebete ed il naso sporco di sangue, che continuava a toccarsi il petto.
"Quel maledetto ha agito alle nostre spalle!" Esclamò Clione, ed io lo guardai con aria più che interrogativa.
"Ha approfittato della nostra assenza per godere del fascino di una bella donna!" Biascicò Shachi indicandolo con un dito da giudice sentenziante, su tutte le furie.
"E non una qualsiasi, ma la donna più bella di tutta l'isola!" No... Aspetta, cosa?
"Buh! Buh!"
"Traditore! Traditore! Traditore!" Iniziarono a cantilenare tutti quanti in coro scuotendo i pollici rivolti all'ingiù. Per fino Pelo si aggregò a loro...
Inutile aggiungere che a quell'ennesimo teatrino scoppiai a ridere! Mi piegai in due dalle risate e dovetti addirittura tenermi la pancia con le braccia!
Non potevo immaginare che un banale abbraccio al sapore di lacrime e divisa pulita potesse scatenare quel caos! Effettivamente, ormai ero ventenne e nulla del mio aspetto fisico era fuori posto: io stessa mi reputavo bella ed attraente e col tempo avevo imparato a valorizzare le mie forme indossando le magliette larghe solo nei giorni peggiori... Akki si diceva stregato da me tanto dalle mie curve quanto dal mio viso, ma avendo interagito unicamente con lui non mi era passato per la mente che Penguin potesse andare in catalessi per una roba del genere... Probabilmente era grazie a quella testa d'albero che avevo cominciato ad apprezzarmi realmente e scoprire la mia bellezza. Lui mi faceva sentire 'osservata', ma non era una cosa negativa. Avete presente quella sensazione di quando si sta talmente bene con qualcuno che tutta quella sicurezza è in grado di far sparire tutto il resto? Akki mi faceva sentire così, come se fossi il Sole al centro dell'universo. La stella più bella, più calda. Pensava che un paio di complimenti non potessero farmi male, anzi esagerava alla grande ad ogni scenata di Tiffany. Ed effettivamente era un po' così, ma suppongo che tutti i suoi sguardi e parole abbiano contribuito ad accrescere la parte vanitosa e sicura del mio ego.

Dato che un po' stronza lo ero anche io, porsi una mano al poverino per terra: "Dai scemo, alzati!" Lo intimai soffocando una risata.
E gli altri non la presero bene piuttosto come un macigno caduto dal cielo impossibile da evitare. Reagirono con faccia da fumetto scioccata, mentre io mi godevo tutta quella gag!
"Che succede qui?" Disse poi una voce sbucando all'improvviso alle spalle dei ragazzi, senza che nessuno lo notasse.
Mi raddrizzai, abbandonando Pen al suo destino. Ammetto che dovetti ingoiare un boccone amaro, ma quantomeno mi fidavo dei ragazzi ed era ora di metterci una pietra sopra, forse Law non era così pessimo come pensavo. Optai per una classica battuta, tanto per fargli capire che ero per la pace ma che non avrei abbandonato il mio temperamento per dargliela vinta.
"Succede che continui ad apparire alle spalle delle persone come un fantasma, Law."
"Non mi pare di averti autorizzata a salire sul mio sottomarino." Disse tagliente. Si fece largo tra i ragazzi cominciando a camminare verso di me con le mani in tasca. Tipico di lui.
"Vacci piano! Sono qui perché mi serve l'aiuto di Bepo." Gli andai in contro, accorciando di colpo le distanze.
"Non prendo ordini da nessuno, mi pare di avertelo già detto."
Oh, e quello fu l'esatto momento in cui lanciai una bomba...! "Beh, sai com'è: fra stronzi ci si aiuta sempre!" Ghignai.
Non la prese affatto bene a giudicare dalla vena pulsante sulla sua tempia. Non pensavo di poter far perdere le staffe ad uno così pacato come lui. Fece per agire, e mentre Bepo e Pelo si frapponevano fra noi per evitare un massacro, io stessa realizzai per prima di aver mandato tutto a farsi fottere.
Chiusi gli occhi e sospirai. Non volevo davvero dargliela vinta. Improvvisamente il collare che avevo al collo si fece più stretto, tant'è che cercavo di soffocare la vena nervosa. Lo afferrai con la mano tirandolo un po', come si fa con le magliette troppo piccole. Ma avevamo altro a cui pensare: "Ascolta, Law... Non sono qui per litigare, ma per impedire un disastro e solo Bepo può aiutarmi a capire dato che non parlo lo...ehm squitt-ese. Sembra esserci roba grossa in ballo..." Dissi con un tono più calmo seppellendo l'ascia di guerra.
Anche lui si rilassò: "E cosa ci guadagno in cambio?"
Aver vissuto con Wolf il rottamaio doveva averlo influenzato parecchio, eh? Dannato do-ut-des! Dovevo assolutamente scendere a patti, ma cosa potevo offrirgli, un altro piatto di minestra?
Presi a punzecchiarmi il labbro coi denti, distolsi lo sguardo e misi le braccia conserte. Gli voltai le spalle, facendo qualche passo qua e là per cercare di partorire un'idea.
Mi voltai di scatto facendo un lungo passo verso di lui: "Cosa vorresti, sentiamo?" Ed ecco, avevo fallito ancora!
I ragazzi assistevano alla scena in silenzio, senza intervenire, chiedendosi come sarebbe andata a finire.
Eravamo l'uno di fronte all'altra,a separarci erano solo pochi centimetri e una spanna di differenza d'altezza. Saltai uno...Due...Tre battiti! Ed i miei occhi verdi presero a fissare i suoi color ghiaccio. Il suo berretto maculato creava una striscia d'ombra sul suo viso, scurendone ulteriormente la pelle. Non c'era granché di differenza d'altezza tra di noi, probabilmente una decina di centimetri che, però, erano abbastanza da dovermi far alzare un po' il capo per continuare a reggere il peso del suo sguardo.
Probabilmente pensava di aver vinto, ed avrebbe avuto ragione se fosse stato così.
Poi un breve ghigno si fece largo sul suo volto: "Voglio il tesoro."
Mi maledissi mentalmente per non avergli proposto altro finché realizzai che magari, essendo coinvolta, avrei potuto evitare casini e spargimenti di sangue. Perché, andava detto, se quel tesoro perduto esisteva, che ci fosse o meno non avrebbe cambiato la vita di nessuno dato che la sua esistenza era sconosciuta a tutti gli isolani.
Magari i pirati Heart avrebbero potuto prenderlo e basta, senza troppe complicazioni.
Però, io davo per scontato che quel tesoro fosse un mucchio di oro, gioielli e coppe ornate da pietre preziose...
Indietreggiai di un passo ed inglobai quanta più aria possibile. Trattenni il fiato e senza rompere il contatto visivo gli porsi una mano: "Affare fatto, Trafalgar Law."
Si voltò avviandosi verso l'entrata del sottomarino ed affermando che: "I pirati non stringono la mano, Ariadna-ya."
I ragazzi lo seguirono a ruota, lasciandomi sa sola come un pesce lesso con la mano a mezz'aria. "Spero per te che tu non mi stia fregando, Law." Sussurrai più a me stessa che a lui.
La mia attenzione si spostò poi all'altezza dei miei stivali, dove Pelo aveva preso a picchiettare per invogliarmi ad entrare nel sottomarino.

*Un breve riassunto dopo...*

"E così confuso! Ma neanche io ci ho capito granché!" Esordì Shachi toccandosi il mento con aria interrogativa.
Eravamo all'interno della stanza comune del Polar Tang: una spaziosa sala dalle enormi mattonelle verde/grigiastro, con muri spogli su cui si estendevano condotti e tubazioni varie; parallelo alla porta, sulla destra, non vi era altro che un angolo cucina abbastanza esteso con fornelli e stoviglie perfettamente puliti e ordinati, mentre al centro si trovava un lungo tavolo rettangolare in plastica dura con i piedi in metallo fissati al pavimento.
Chissà quante altre cose c'erano da vedere su quel sottomarino, non avrei mai pensato che potesse esistere un'imbarcazione simile!
A capo tavola vi era Law, che se ne stava seduto con aria disinvolta: aveva le mani all'interno delle tasche della felpa, le gambe distese dritte ed i piedi accavallati l'uno sull'altro.
Io ero alla sua destra, in una posizione decisamente più composta, ed il resto della ciurma a sedere tutt'intorno come i peggiori studenti di una classe.
"Quindi per farla breve, Bepo-" attaccai io "-Il mio topo dice di aver visto mia nonna distribuire armi ai minatori scomparsi. Giusto?"
L'orso polare annuì, poi continuò Penguin: "Armi che, teoricamente, servirebbero per un certo 'colpo' di cui non sappiamo nulla."
Shachi, invece, poggiava la testa sul braccio e con aria svogliata tipica di chi pensa troppo picchiettava le dita sul tavolo: "E contemporaneamente sappiamo che stanno continuando a scavare dei tunnel; tunnel di cui sei riuscito a rubare una mappa."
In tutto ciò, Pelo se ne stava seduto al centro ad annuire ad ogni affermazione corretta.
"Se invece di continuare a ripetere le stesse cose, deste un'occhiata alla mappa, vi rendereste conto che le gallerie sono scavate in modo anomalo." Intervenne Law dal nulla.
Lo guardai non con aria perplessa ed interrogativa, ma con una sorta di sguardo d'ammirazione, non so ben spiegarlo neanche io stessa! Era stato in silenzio per tutto il tempo, sopportando ogni ripetizione e banalità. "Essendo esperti, dovrebbero sapere che così tanti tunnel non vanno scavati troppo vicini gli uni con gli altri."
A quell'ultima considerazione, allungai una mano per far scivolare la mappa più al centro per poterla osservare meglio: effettivamente Law era stato molto acuto perché a giudicare dai disegni particolarmente dettagliati, sembrava che ognuno di quei quindici tunnel distasse dal successivo meno di un metro. Sulla cartina era ben evidente quanto il tutto fosse si estendesse da parte a parte lungo tutta la Grande Montagna.
"Si, ma perché fare una cosa del genere?" Domandò Bepo.
"Non è rischioso? Potrebbe crollare tutto con un colpo di scalpello..." Disse Riccio di Mare facendo spallucce.
Poggiai i gomiti sul tavolo e mi chiusi con le spalle; afferrai il mio collare e cominciai a giocarci nervosamente mentre fissavo un punto a caso sul pavimento: "Perché è proprio quello l'obiettivo: far crollare ogni cosa..." Bisbigliai.
"Esattamente." Commentò Law inespressivo.
Tutta la sala tacque improvvisamente per un paio di secondi, fino a quando l'incredulità generale degli Heart non sfociò in un sonoro "COOOSA?!" invocato all'unisono. Ma si mettevano d'accordo per caso?
"Ma anche se fosse, come farebbero? Non basta un semplice colpetto a buttar giù l'intera montagna!" Osservò Shachi che intanto aveva preso a camminare avanti e indietro.
"Sono miniere idiota, lavorano con la dinamite! Ne avranno una marea!" Gli fece notare Clione.
"Si, ma quindi perché trasportare illegalmente armi e far saltare tutto per aria?" Ribatté il rosso.
Cominciai a respirare più pesantemente, come se neanche io volessi ascoltare ed accettare quanto stavo per dire... Perché in fondo riguardava mia nonna ed un lato di lei che si conoscevo ma che credevo incapace di spingersi così oltre. "Perché hanno in mente di invadere l'altro lato dell'isola..."
"Cosa c'è oltre la montagna, Ariadna-ya?" Mi domandò il capitano.
"Ricchezza e lusso. Chi vive di là conduce una vita diversa dalla nostra e non vivono neanche in degli alberi. Mi hanno detto che è un bel posto."
"Non ci sei mai stata?" S'incuriosì Bepo.
"No, mai...Ma perché far scoppiare una rivolta? Le conseguenze sarebbero gravissime, interverrebbe addirittura la Marina a sistemare la faccenda, ci sono dei reali da quella parte. Sicuramente hanno anche altro in mente, ma visto che parliamo di mia nonna non diamo per scontato nulla; ci sarà qualcosa di più profondo sotto..."
Law assottigliò lo sguardo, accavallò le gambe e si portò a sedere con il mento coperto dalle dita intrecciate: "Se è così dobbiamo prendere il tesoro prima che i Marines si presentino qui." Ghignò. Aveva l'aria di essere uno che sa il fatto suo, non so se per quello sguardo così deciso o perché la scritta "DEATH" mi incuteva un certo disagio.
"Magari, viste le differenze fra le due parti,anche tua nonna ha intenzione di rubare il tesoro, non credi, Ari?" Domandò Shachi.
"Non ne ho idea ragazzi...Non so neanche da dove cominciare a trovare questo tesoro!" Dissi facendo spallucce con aria di rassegnazione. Continuavo solo a pensare a cosa cazzo sarebbe successo se fosse scoppiata una rivolta.
"Squit-squit!"
Mi voltai verso Pelo-Pelo e subito dopo verso Bepo per poter comprendere quanto mi era stato squittito.
"Un ultima cosa Ari-chan! Dice che è felice di essere scappato con te e che sei bellissima."
Arrossì improvvisamente, per poi mangiarmi un sorriso evitando di commuovermi davanti a tutti: "E tu sei l'amico migliore che potessi conoscere!" Con un dito gli accarezzai la testolina, ignorando completamente ogni richiesta di spiegare la parte del 'essere scappato'

"Ed è qui che entri in gioco tu, Ariadna-ya." Disse Law interrompendo la dolce scenetta. "Noi abbiamo mantenuto la nostra parte di accordo, adesso tocca a te."
"Ma come faccio a far qualcosa se non so nulla riguardo al tesoro?"
Law chiamò "Bepo." all'appello come per aspettare qualcosa da lui.
Ed effettivamente, dopo essere caduto dalla sedia per l'improvvisa richiesta (ovviamente aveva pure chiesto scusa...!), si alzò prontamente battendo i tacchi ed esclamando: "Aye aye captain!". Infilò una zampa nella divisa arancione e ne estrasse qualcosa, che mi porse educatamente.
Osservai attentamente il foglietto che mi era stato dato e sollevai un sopracciglio leccandomi le labbra che poi strinsi assieme: "Una pagina di un libro delle favole?" Stilizzato, sul foglio, vi era illustrato un mucchio di sentieri, uno dei quali era segnato da vari tratteggi. Tuttavia l'immagine si fermava lì, rendendo impossibile completare il disegno perché quella che tenevo tra le mani altro non era che una pagina destra strappata. "Ma scherzi?" Dissi guardandolo con la coda degli occhi. "Law, dicevo io che eri fin troppo intelligente per essere vero!" Commentai sarcastica.
Sembrò spazientirsi un po', ma decise di passarci su replicando semplicemente: "Il miglior modo per nascondere qualcosa è quello di metterlo in bella vista." Sciolse la sua posa, rimettendosi a sedere malamente tanto da restare in equilibrio sui due piedi della sedia.
Il resto della ciurma, che già sapeva, restava in silenzio senza far commenti.
"E quindi hai bisogno di me per trovare l'altra metà del disegno, giusto?" Sospirai fissandolo dritto negli occhi.
Ma perché ogni volta che ci guardavamo mi sentivo... strana? Era così difficile sostenere il peso dei suoi occhi, che fosse parte di una qualche tattica di manipolazione?
Bah. Ma la sfida (sempre se lo era) sarebbe stata accolta tranquillamente!
"Ho trovato questa metà in un libro in biblioteca 'La favola del Cavaliere e dell'orso buono'. L'altra metà si trova in un'abitazione privata." Disse stadosene semplicemente con le mani nel tascone della felpa, dondolandosi un po'.
"E tu come sai che si trova lì, scusa?" Era un veggente per caso?
Chiuse gli occhi, quasi seccato dal dovermi fornire troppe informazioni: "Una tua amica dalla parlantina lunga mi ha detto di essere in possesso dell'unica copia rimasta a Roubi."
OH.NON.CI.VOGLIO.CREDERE.
Tentai in ogni maniera di smetterla di sfregare i denti, far pulsare la giugulare come se non ci fosse un domani, ed eventualmente prendere fuoco. "Quel topo di fogna di Tiffany!" Ringhiai battendo un pugno sul tavolo.
Fu un millesimo di secondo che a raffica partirono "Squit-squit" e "Buh! Buh!" In coro.
Mi placai..."Oh si scusa Pelo, non volevo!" Presi un respiro profondo e, ancora in ebollizione, continuai: "Quella gallina di Tiffany non è per niente un tipo da biblioteca, deve averti seguito perché sei sexy e così ha cercato di attaccare bottone usando come scusa il libro. Che stronza!"
(NDA: Parte una blastata a ritmo di "come on, come on" di S&M di Rhianna)
Fu silenzio tombale: Law per poco non si strozzò con il caffè, Pelo cadde, Penguin sputò la sua tazza di tè su Clione e persino il tizio con la maschera in viso sembrava essere scioccato.
Solo in quel frangente realizzai di aver apertamente detto a Law di essere sexy.
Diventai più rossa di un pomodoro, talmente tanto che gli occhi mi si gonfiarono di lacrime ed il petto s'infiammò. Avrei voluto sprofondare in una voragine, sbattere la testa al muro o gettarmi dritto in mare...Ma non potei far altro che alzarmi in piedi, nemmeno so perché, e coprirmi il viso sperando di sparire.
Mi fissavano tutti quanti! Che figura...
L'unico che sembrava non aver colto era quel tenerone di Bepo...
Non potendo nemmeno scappare, optai per risedermi in un baleno e non guardare in faccia Law e prima di abbassare i miei scudi di carne mi voltai dal lato opposto, aprendo le dita delle mani per creare un varco per i miei occhi.
Meno male che l'innocenza di Bepo intervenne a salvarmi: "Quindi non è tua amica questa signorina Tiffany?" Chiese grattandosi il capo.
Lentamente mi liberai dalla mia stessa prigione e risposi:
"Quella mi rende impossibile la vita da quando mi sono trasferita qui. È una stupida e non la sopporto, deve aver mentito dicendo che siamo amiche, per invidia e per far colpo. Per cui sarò felice di recuperare questo fantomatico libro." Dissi determinata girandomi per far capire a Law che ero disposta a tutto.
"Agiremo stanotte, non abbiamo tempo." Fece con tono autoritario.
"Aye aye captain!" Urlarono in coro gli Heart con entusiasmo.
Possibile che i maschi si gasino per così poco? Bah.

Ad accompagnarmi in quella che avevamo soprannominato "missione stronza" (in barba a Law) c'eravamo io, Law, Pen e Shachi e Pelo ovviamente. Dovevamo essere in pochi e non dare nell'occhio, quindi avevamo convenuto che era meglio lasciare Bepo sul sottomarino, sebbene fosse il vice. Cioè, quando ti capita di vedere un orso polare parlante? Eh!
Mentre ci avviavamo Penguin presena calciare un sassolino e a passarlo al suo compare Shachi, tra risate e battute.
"Smettetela voi due!" Lì ammonì, giustamente, Law.
"Parte del piano è non dare nell'occhio, ricordate?" Li ripresi pure io. "Comunque siamo arrivati, è questa la casa."
"Perché non vive in un albero?" Domandò Pen.
"Perché suo padre è più stronzo di lei ed è un medico ricco. I ricchi hanno le case, i comuni mortali un albero con le lanterne sulla chioma e il tronco dipinto." Sbuffai roteando gli occhi al cielo mentre ci appostavamo alle spalle di un enorme cespuglio.
"Da che parte?" Domandò Law, il quale sembrava essere l'unico realmente concentrato sul piano. Dimenticavo che lui era un genio dei piani, senza farlo apposta mi aveva salvata dal Sanatorio del Sogno...Si guardava attorno tenendo i sensi all'erta, perché sebbene avessimo una buona copertura da parte della notte, non si poteva mai sapere.
Io invece, a parte considerarmi una spia dato che non avevo fatto altro tutto il giorno, barcollavo tra il mio sesto senso che mi diceva che nonna Dana-Dana ed il suo piano avevano a che fare con il tesoro che Law cercava e tra la figura di merda fatta prima a bordo...
Avanzammo di soppiatto e guardinghi fino a trovarci la strada sbarrata da un cancello.
"E adesso!?" Esclamai io sapendo di non poter sollevare tutti vista l'assenza di sole.
Vidi Law chinarsi e cogliere dei sassolini. Li lanciò per poi afferrarli al volo e scagliarli via oltre le sbarre.
"Room!"
Mi guardai intorno incantata, abbozzando un sorriso di meraviglia: avevo già visto quella roba il giorno della partenza a Pleasure Town. "Shambles!" Una bolla azzurra ci aveva avvolti tutti quanti, ma prima che potessi continuare a contemplarla notai che ci eravamo magicamente spostato nel retro dell'abitazione: un enorme giardino con aiuole fiorite, estremamente ben curato e con statue in marmo messe ad ornare. Vi era anche un gazebo con un grande tavolo in vetro e delle sedie in ferro battuto.
"Ma che forza!" Esultai io rivolgendomi al moro. "E la stessa cosa di quando mi hai dato gli occhiali, hai mangiato un frutto del diavolo?"
"Visto? Il nostro capitano è fighissimo!"
Lui non rispose nemmeno, passandoci avanti con nonchalance e raggiungendo un'aiuola prossima alla balconata da cui saremmo dovuti entrare. Però, che stronzo...
Restai con l'amaro in bocca per non aver soddisfatto la mia curiosità. Mi fermai ad osservarlo mentre, all'ombra del suo peloso cappello maculato,  si nascondeva dandoci via libera. Era proprio un tipo... Misterioso, ecco.
I ragazzi lo imitarono, guardandosi attorno per fare da palo.
"Tocca a te, Ariadna-ya."
Gli feci un cenno con la testa, ma da bravi agenti segreti avremmo dovuto accertarci che non ci fossero 'nemici' in casa. "Sei pronto piccolo?" Domandai a Pelo. Attivai il mio potere e ben presto le mie mani vennero ricoperte da un'evanescenza azzurra. La stessa avvolse il topo in una piccola sfera, che controllai fino a farla arrivare sulla balconata. Avrebbe dovuto passare attraverso la porticina del cane (perché sì, in quella casa anche il cane aveva i propri servizi) e darmi l'ok per procedere.
Conoscevo quella casa perché ci ero stata due o tre volte, quando io, Tiffany ed il suo gruppo tentavamo di fare amicizia perché ero quella nuova da cui ricavarne qualcosa; tutto andò, fortunatamente, per aria quando scoprì che uno bello come Akki era mio amico e che stava dietro a me e non a lei, la superstar.
Trascorse circa un minuto prima che il mio fidato amico pelliccioso potesse riaffacciarsi e farsi portare giù dopo la ricognizione.
"Ok, ragazzi, vado!" Dissi mettendo su i miei occhiali. Bizzarro farlo davanti a colui che me li aveva donati...
"Ricorda: la favola del cavaliere e dell'orso buono." Mi rammentò il moro.
Presi un respiro, e guidata dalla luce della luna, attivai il mio potere creando le lastre che mi avrebbero fatto da scala.

*Fine capitolo*

Hola guyz!
Capitolino così, entriamo presto nella parte avventurosa!
Nel frattempo io ho scoperto che su Pinterest esistono cose!!! Ed ho trovato delle immagini che mi fanno pensare moltissimo al viso di Ariadna, almeno per come la immagino io!
Quindi vi lascio le fotine di come sarebbero Ari e Law se fossero reali (secondo me)❤️
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, è un po' di preparazione per assestare la marea di misteri dell'isola Gold.
Fatemi sapere cosa ne pensate, è importante farmi sapere la vostra e mi incoraggia un sacco ✨

Al prossimo chap, io vado a nanna che son già le quattro passate x.x



 

1663640067276.th.jpg

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Ariadna-ya ***


Non fu difficile: salii alla svelta uno ad uno i gradini luminosi che scomparivano al mio passaggio.
Saltai giù, appena sopra le colonne massicce e chiare che costituivano l'attico, ritrovandomi di fronte una gigantesca porta vetrata, priva di maniglie esterne.
«Ma dai, ti pareva!» ringhiai roteando gli occhi al cielo mentre Pelo, attraverso la porta del cane, si portava avanti a a farmi da palo.
Non avevo mai scassinato la serratura di una stronza vanitosa in piena notte con dei pirati a guardarmi le spalle per raggiungere un tesoro prima di quella sera.
Che ridicolo scherzo del cosmo...!
Più che una brillante soluzione a quel piccolo dilemma, la mia mente prese a divagare: probabilmente se fosse stato lì, Akki avrebbe aperto un varco nel muro senza rimuginarci troppo su.
Infatti: cosa avrebbe fatto Akki al mio posto?
Sorrisi al pensiero di lui intento a canzonarmi beffardo con cose tipo "sbrigati lentiggini, io avrei già fatto" o "non ho mica intenzione di invecchiare qui!"; il mio cuore iniziò a scalpitare pesante ed irregolare alla certezza che, nel percularmi, avrebbe preso a torturare una ciocca dei miei capelli, attorcigliandosela tra le dita ed accendendosi con un sorriso superbo dei suoi.

Oh si, avrebbe fatto qualche passo verso di me, concedendo pietà a quella piccolo torciglione morbido solo dopo averlo studiata a fondo col suo tatto.
Mi avrebbe carezzato la testa con dolcezza, lasciando scorrere la sua mano calda vicino al mio orecchio e sistemandomi i capelli con un gesto gentile.
E io non avrei avuto neanche il tempo, neanche il modo, di voltarmi o affondare le mie dita nei suoi capelli verdi come le foglie di una fitta foresta buia.
Mi sarei semplicemente persa nel suo odore, nel suo modo di fare.
Anche dopo un intenso allenamento, l'odore di Akki mi rammentava quello della pioggia che bagna la terra, del petricore. Sapeva di natura, di casa, di corse nel bosco a piedi nudi e libertà...Lui! Ed il mio olfatto, volente o nolente, non si sarebbe mai stancato di percepirlo, d'inebriarsi della sua essenza. Neppure quando avrebbe soffiato sul mio orecchio facendomi rabbrividire e desiderare più del suo respiro tiepido sulla pelle, più di quella mano persa tra i miei capelli, più di quelle boccate d'aria agguantate a fatica che la sua sola presenza portava via da me.
Poi facendo scivolare lentamente il suo braccio attorno alla mia vita, come fosse un orrido serpente gentile con la sua preda, mi avrebbe stretta a sé sussurrando qualcosa come:
«Per la miseria, piantala di startene lì impalata!»
«Ari, forza entra! Sbrigati!»

Cosa!?
Un topolino minuscolo catturò la mia attenzione dopo un paio di graffi sul collo, riportandomi nel mondo terreno: «Pelo?!»
La calda nuvola dei miei pensieri si dissolse.
Akki non era lì, non potevo vederlo, stringerlo, parlargli.
Mi picchiai le guance con due schiaffetti per riprendermi dalle fantasie per nulla caste che il mio cervello era andato avanti a elaborare in un istante.
Il cuore avrebbe rallentato pian piano, da sé.
Diamine se mi mancava.
Avrei dato qualsiasi cosa per riaverlo lì, per riavere i suoi occhi verdi incastrati nei miei.
«Non abbiamo tutta la notte! Muoviti!» fui richiamata ancora una volta da Shachi.
Merda, aveva ragione!
Dovevo fare in fretta ed evitare rumori...
«Pensa, pensa Ari! Pensa!» mormorai a me stessa.
Quindi? Cosa avrebbe fatto Akki?
Gettai fuori un respiro aggressivo per darmi la giusta carica.
Sistemai i miei occhiali sul dorso del naso, non ci vedevo con la luce figurarsi di notte con solo la luna alle spalle mentre facevo la ladra...Porca miseria!

Concentrai un quantitativo minimo di energia nella punta dell'indice, direzionandone il flusso azzurro contro la serratura.
Bastarono pochi istanti prima che quella saltasse via avvolta da una nuvoletta di fumo scura: via libera, era fatta!
Pensai di fare un cenno di riuscita ai ragazzi giù dal balcone, ma abbandonai l'idea pensando a quanto Law mi stesse col fiato sul collo, a quanto mi avrebbe sentenziata se mi fossi persa in cose così inutili. Era sicuramente il tipo!
Silenziosa come una gatta, varcai di soppiatto la vetrata guardandomi attorno e tenendo sempre all'erta tutti i sensi mentre con un gesto deciso l'evanescenza azzurra scivolava dalla mia mano per aggregarsi in una sfera levitante.
Non potevo certamente accendere le luci, giusto? Una piccola palletta luminosa dalle dimensioni di una pigna era il modo più semplice per una talpa come me di cavarsela contro centinaia di libri e la propria smisurata paura del buio.
Perché sì, avevo già preso a farmela sotto come al solito, nonostante avessi Pelo in spalla a darmi coraggio.
«Non possiamo fallire!» mormorai più a me stessa che a lui.
La libreria pareva essere immensa e gli scaffali in legno fissati al muro potevano contare più di sette ripiani in altezza. Ragionai per logica: solo un pazzo avrebbe mancato di dare un'organizzazione sensata a così tanti libri, pertanto "la favola del cavaliere e dell'orso buono" non doveva trovarsi fra i volumi di geografia o aritmetica, quantomeno fra i racconti per bambini o, straordinariamente, in quelli di storia.
Per mia grande fortuna trovai presto la sezione di mio interesse e dopo un'attenta (e silenziosa) ricerca lo notai e lo sfilai via dal suo ripiano: aveva una copertina rossa ed in carta rigida e lucida, come un vecchio manuale. I titoli erano scritti con un font banalissimo di colore blu perlato e non v'era alcuna illustrazione a rederlo particolarmente originale o bello, dava a pensare più ad un ricettario, onestamente.

Poco importava, l'avrei osservato meglio in seguito se proprio ne avevo voglia: dovevo andarmene e subito!
~TUUM~
Di colpo le due ante della porta si spalancarono -mai quanto i miei occhi in quell'istante - sbattendo contro le pareti e rivelando la bizzarra figura di una Tiffany in tenuta da notte.
Le sue braccia erano ancora tese ed i suoi palmi ben aperti contro il legno della porta.
Il mio cuore schizzò fuori dal petto e respirare divenne di colpo più difficile.
Cosa avrei dovuto fare?
Cosa avrei dovuto dire?
Cazzo, ero stata beccta...
Portai le mani avanti, iniziando una serie di giustifiche alle quali non avevo neanche pensato: «I...Io...»
Ma lei, dopo aver emesso uno strano suono gutturale simile ad un rigurgito, mosse un paio di passi ignorandomi come fossi invisibile.
Ma...un momento!
Tiffany la sonnambula, mi correggo!
Ripresi i dieci anni di vita che mi erano scappati: in realtà stava dormendo in piedi!
Mi fermai qualche secondoad osservarla: era ridicola con quei riccioletti scompigliati ed appiccicati sul viso gonfio per lo sbuffo da signorinella ronfante. Le sue labbra erano stropicciate in una smorfia aggressiva e sconnessa e ad accentuarne la bizzarria si aggiungeva un pigiama tutto d'un pezzo a pois rosa e fuxia, simile alle tutine da neonato.
«E poi sarei io quella strana e fuori moda?» bisbigliai portadomi il libro davanti alle labbra per coprire e zittire il mio risolino soddisfatto: se solo avessero potuto vederla tutti!
Ma non potevo gingillarmi oltre, dovevo fare in fretta.
La ignorai completamente allontanandomi verso il balcone, ma senza darle mai le spalle.
Richiusi dietro di me la vetrata e mi precipitai giù dagli altri, più contenta di quella mezza e stramba vendetta che dell'esito positivo della missione.
Si, se lo sarebbe certamente meritata d'essere sputtanata davanti a tutti, proprio come lei si era divertita a fare con me.
Strofinai i denti tra loro per quanto quell'idea mi stesse allettando. Ma, pur volendo, non avrei avuto né modo né tempo.
Non restava che accontentarmi del ricordo di lei che gruniva vestita da pupazzo.

Senza ulteriori distrazioni annullai la sfera luminosa e scattai fuori ricreado la scalinata magica.
Lasciai aperta la vetrata, sperando che il sonnambulismo e la forza di gravità provvedessero a sistemare quel walking-disaster al posto mio.
Per l'ansia di affrettarmi, non badai bene a dove balzar giù, perdendo l'equilibrio e sbilanciandomi in avanti a causa di una radice che sporgeva dal terreno.
Per evitare di cadere, in contemporanea con una sorta di squittio artigliai le unghie della mano destra nel tessuto, raddrizzandomi grazie al mezzo contraccolpo datomi dall'appiglio.
«Oh miseriaccia!» esclamai spaventata dall'improvviso scivolone.
Pelo, intuitivo, era invece saltato sulla spalla di Shachi.
Gli occhiali mi caddero goffamente -e per fortuna- sul naso, tirando in avanti alcuni capelli.
«Cazzo, Ari, tutto ok?» mi domandò Penguin in preda ad un infarto anche lui.
Risollevai la testa, voltandomi per fissarlo e cacciando via un respiro: «Mh, mh!» annuii.
Solo dopo aver realizzato che Pen era alla mia destra e Shachi con in spalla Pelo al suo fianco, compresi che la mano libera dalla presa del libro era posata (o meglio dire disperatamente aggrappata) alla felpa di Law.
No ma dai, non ricordavo di aver firmato per una vita di coincidenze!
Ma fu inevitabile.
Divenne inevitabile.
Puntai i miei occhi su di lui, trovandolo già a fissarmi con le sue iridi di ghiacio, oltremodo stizzito per lo strattone che gli avevo rifilato.
Lui era più alto di me di una spanna o tre, ed era freddo.
Maledettamente freddo. Il suo corpo lo era, quel suo modo di guardarmi lonera, il suo modo di porsi.
Rabbrividii, senza però interrompere il contatto visivo: le sue iridi chiare specchiavano la luna e le luci delle lanterne in lontananza.
Che sensazione era?
Sapeva di tempo fermo, di magnetismo maledetto, di vortice e non vedevo altro che quello.
«Ti stacchi o no, Ariadna-ya?» disse truce con la solita calma.
Non so perché, ma mi limitai ad annuire in maniera sconnessa da cane obbediente, mordedomi piano un labbro come fa chi pensa troppo.
Allentai la presa, cercando di deviare il discorso (che probabilmente esisteva solo nella mia mente!) e riportandolo al libro: «Forza ragazzi, filiamocela!»

~ Poco più tardi, sul Polar Tang ~

«Capitano, allora?!» sarà stata la decima o forse l'undicesima volta che qualcuno glielo chiedeva.
Non erano passati neanche dieci minuti da che eravamo tornati a bordo e l'aria si era permeata di uno strano senso d'impazienza e dipendenza dalle facoltà intellettuali di Law: ma i pirati Heart non avevano teste proprie?
Iniziai a stizzirmi io per lo stesso Law: «Ragazzi, fatela finita! Così non si concentra, insomma!» strillai picchiando una mano sul tavolo per richiamare l'attenzione.
Improvvisamente nella sal comune del sottomarino calò un drastico silenzio tra i pirati Heart, ed il capitano parve apprezzare quel piatto istante.
Ero stata abbastanza convincente?
Probabile.
Mi sporsi dalla sedia, afferrando l'estremitá del tavolo con le dita e forzado per tirarmi avanti;  allungai il collo e tirai su il naso da brava curiosona, non curandomi d'aver invaso lo spazio vitale di Law: «Beh, allora ci hai capito qualcosa?»
«ARI!» fu unanime l'intenzione di tutti di mandarmi affanculo, pure di Pelo.
Law probabilmente aveva sviluppato una certa tolleranza nei confronti dei rompiscatole, ma la tempia pulsante ed il suo respiro pesante davano l'idea che fosse sul punto di sbottare.
Non che poi avessi potuto affermarlo con certezza; che io ricordi è sempre stato così, così calmo e silenzioso, quasi fosse avvolto da una maschera invisibile che lo estraneava dal mondo circostante.
Chissà che tipo di persona era davvero Law.
Chissà quali erano i suoi interessi, i suoi pensieri o le sue reali intenzioni!
Perché, bisognava ammetterlo: per quanto i ragazzi mi davano l'idea di essere trasparenti ed onesti, il modo di porsi di Law mi mandava in totale confusione.
Decifrarlo, leggere tra le righe dei suoi occhi di ghiaccio, mi sembrava impossibile.
Che poi non erano neanche color ghiaccio: di che colore erano?
Né azzurri, né grigi... Avrei voluto fissarli da più vicino, osservarne la trama e rubargli tutti i segreti, capire com'è che funzionava.
Misterioso, criptico, enigmatico: Law era un magnete fuori dalla mia portata.

«Basta!» esordì nella confusione spostando la sedia mentre si alzava «Mi avete stufato, ho bisogno di un caffè.» disse per poi allontanarsi. Un gesto, il suo, che mi riportò coi piedi per terra.
Nessuno parve essere particolarmente mortificato, quanto più un tantinello intimorito. Tuttavia, la superarono in men che non si dica, prendendo a teorizzare sul tesoro:
«Io scommetto su una montagna d'oro!»
«Si, secondo me è un vascello pieno di pietre preziose!» disse un altro.
Poi partì Shachi: «Beh, io spero sempre in un mucchio di belle ragazze ricoperte d'oro!»
Improvvisamente tutte le loro voci cominciarono ad essere più distanti arrivando alle mie orecchie ovattate; la mia mente stava già divagando in pensieri privi della leggerezza che avevano quelli dei pirati.
Che piega aveva preso tutta quella faccenda? In cosa diavolo ero andata a cacciarmi?
Desideravo avere il loro stesso entusiasmo.
Mi accasciai con la fronte sul tavolo, con le braccia penzoloni, e senza far rumore tentai di riappropriarmi dell'aria persa in quei secondi.
Pelo, percependo la mia ansia, si accoccolò al lato della mia testa.
"Segui il flusso" dissi a me stessa.
Qualsiasi cosa fosse, lo era per un motivo: ogni cosa ha una sua ragion d'essere.
Fui colta da un irrefrenabile desiderio di chiudere gli occhi ed addormentarmi lì sul posto, ma di riflesso voltai semplicemente il capo a sinistra agganciando la figura del capitano.

Law era piuttosto alto, wow, magro. Ma dormiva? Stava sul serio bene?
I miei occhi non reggevano più, i bordi della sua silhouette iniziarono a sparire in blur e fondersi con la luce circostante.
Non s'accorse di me.
Nonostante tutto, però, l'immagine del suo profilo, il suo modo di sorseggiare dalla tazza, le sue dita tatuate avvolte attorno ad essa... Rimasero impresse come una foto nella mia mente.
Ma perché p-
«CAPTAIN, CAPTAIN!» urlò Bepo.
Spaventata fino al midollo, mi drizzai su scattando come uno stupido che cade giù dal letto.
«CAPTAIN, HO CAPITO!»
Fu istantaneo e l'attenzione di tutti fu rapita dall'orso polare.
«Bepo, non dirmi che è un'altra delle tue sciocchezze!» concluse presto Clione.
Penguin lo seguì a ruota: «Se pensi che il tesoro sia un mucchio di pesce puzzolente... Ti prego risparmiaci i dettagli...»
Ma quanta stima del proprio compagno...! (Infatti s'avvilì come un nonnulla!)
A me Bepo dava l'idea di uno tanto in gamba quanto sbadato, ma del resto ognuno ha i suoi difetti... Semplicemente, lo sapevo, lui era più sensibile degli altri.
E poi era immensamente carino.
Troppo.
Caspita, quanto avrei voluto affondare le mie dita nel suo pelo, ci avrei scommesso qualsiasi cosa che era super morbido e paradisiaco al tatto!
«Piantatela, lasciatelo parlare.» intervenne, gelido, Law riavvicinandosi al gruppo. Percepii una nota d'interesse dal suo sguardo verso il visone: aveva fiducia in lui.
Bepo, vai a capire perché, corse via tornado una manciata di secondi dopo con tra le man-zampe una scatola di fiammiferi.
«E che hai intenzione di farci con quelli?» domandò il tipo con le trecce.
«Non dirmi che vuoi dar fuoco al libro! AHAHAHAH» rise un altro a pochi posti da me.
Il moro, che intanto si era rimesso a sedere, di nuovo, in maniera sciatta, disse: «È a tutti gli effetti una semplice storia di un cavaliere che salvò un antico villaggio aiutato da un orso buono. Non sembrano esserci indizi espliciti se non un passo in cui si dice che il tesoro si trova laddove sono tutti i tesori dell'isola, nascosto sotto al naso dei traditori.» poi si voltò verso di me «Ti dice nulla?»
Inspirai e mi ricomposi: «Laddove sono tutti i tesori dell'isola... Non so, che parli delle miniere della Grande Montagna?» considerai con gli occhi al cielo prendedo a torturarmi una ciocca di capelli «Ma non ho la più pallida idea di cosa voglia dire la parte sui traditori!» arricciai il naso ed un piccolo grave odore di bruciato mi pervase le narici.

Bepo aveva estratto un fiammifero dallo scatolo senza che lo notassi, accendedolo con una rapida strisciata sul lato della confezione e dando alle fiamme una pagina illustrata del libro.
Inutile dire che, tranne Law, ci trovammo tutti quanti con gli occhi sbarrati dall'incredulitá del gesto:
«AHH!!!»
«NON CI VOGLIO CREDERE!»
«OH PER ROGER, L'HA FATTO DAVVERO!»
«Ma ti è dato di volta al cervello?!»
Insomma, il baccano di prima non aveva fatto altro che degenerare, creando un'aria pervasa da fumello nero e sconcerto.
«Osservate.» fece, semplicemente, notare Law.
Il suo tono fermo e la sua sicurezza, placarono gli animi dei presenti nella sala, portando a focalizzarci sulla pagina tra le zampe dell'orso.
Straordinariamente a bruciare fu una sorta di strato posto a rivestimento dell'illustrazione.
«Questa non è un carta da libro, è un tipo di cellulosa speciale che i cartografi usano per nascondere le informazioni essenziali sui propri lavori. Però è molto costosa e piuttosto rara, è difficile trovarne in giro.»
Affascinati dalle piccole scintille che si disperdevano sopraffatte dalla gravità, realizzammo che effettivamente la pagina illustrata altro non era che un semplice stratagemma atto a celare quella che era palesemente una mappa del tesoro.
Prima che potessi studiarla con lo sguardo per poterci capire qualcosa i ragazzi aggredirono Bepo: «E NON POTEVI DIRLO PRIMA ANZICHÉ FARCI SCERVELLARE FINO AD ORA!?» fecero  furenti in coro.
Affranto, ricorse al suo "motto" di depressa sottomissione chinando il capo: «Perdonatemi, mi dispiace!»
Non sapevo se ridere o dispiacermene, ma convenni che era meglio restar perplesse come lo era Pelo da tutto quel bizzarro teatro.

Law, come un gatto, si avvicinò al mink e prese tra le mani la mappa.
La studiò attentamente come se fosse lì in mezzo ad orientarsi nello spazio reale.
«Avevi ragione, Ariadna-ya.» mi disse rivolgedomi uno sguardo con la coda dell'occhio.
«Mh? Perché, cosa dice?»
Ma perché aveva quella strana abitudine di aggiungere il suffisso -ya a qualunque nome?!
«Il punto indicato corrisponde alle miniere.»
Però, suonava bene e non mi dispiaceva.
Ariadna-ya.

 

~

Angolo desperados

Hola guyz!
Ed eccomi qui, dopo più di un mese d'assenza.
Vorrei scusarmi con tutti gli affezionati alla storia, che non mancano mai di leggere, commentare e votare.
Inizio col dire che, quando tutto andava bene, ho dato vita ad una FF su My Hero Academia, dal titolo Fantasma (magari andate a leggervela!!!) quindi ho spostato la mia attenzione sui suoi primi capitoli per dare uno sprint iniziale.
Tuttavia dopo mi sono ammalata, ho dovuto lavorare anche domenica, ho conosciuto una certa persona e sono stata assorbita interamente da un deprimente ed importante ricovero avvenuto in famiglia.
Per cui non me ne vogliate, ma tra sad e notti insonni il mio unico desiderio era quello di non esistere e recuperare salute!
Ma vi chiedo comunque scusa se questo capitolo è un po' più breve del solito e relativamente poco consistente, ma ci tenevo a farlo uscire perché ho intenzione di portare avanti la storia obvs.
E nulla...! Io vi ringrazio per il sostegno e le letture in continuo aumento, mi fa super piacere ❤️🙏🏻

Spero di pubblicare il prossimo capitolo quanto prima, e di non perire ai prossimi aggiornamenti del manga perché sto letteralmente sudando freddo dopo i recenti avvenimenti... Lol
Ci aggiorniamo presto, un abbraccino ✨

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4028345