Shadowhunters CityOfWater

di Mark_JSmith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una tipica noiosa domenica ***
Capitolo 2: *** Lo specchio dell'anima ***
Capitolo 3: *** Il sangue nelle mie vene ***
Capitolo 4: *** Occhi che parlano ***
Capitolo 5: *** Non c'è rosa senza spine ***
Capitolo 6: *** The man, or the lion? ***
Capitolo 7: *** Vecchie Ferite ***
Capitolo 8: *** E' ora che io.. ***
Capitolo 9: *** Let him go. ***
Capitolo 10: *** Waiting ***
Capitolo 11: *** Collar ***
Capitolo 12: *** Pieces ***
Capitolo 13: *** Scars ***



Capitolo 1
*** Una tipica noiosa domenica ***


Era una giornata come molte, il sole ormai stava per concludere il suo ciclo giornaliero sparendo dietro le montagne oltre il Lago Maggiore, le foglie mosse dal vento si staccavano e lentamente cadevano a terra oscillando acccompagnate dal vento. L'autunno stava finendo ed il freddo cominciava a farsi sentire sempre più, ma ciò non importava ad una coppia di ragazzi che, mano nella mano, camminavano parlando fra di loro.
-Ma quindi mi stai dicendo che ti hanno rubato il telefono ad una festa?- chiese la ragazza 
-Già- rispose lui mentendo -All'ultima festa che abbiamo organizzato qualcuna deve aver preso in ostaggio il mio telefono, per usarlo come scusa per rivedermi- le rispose accennando un sorriso storto che, come ben sapeva, si rivelava essere irresistibile.
-Sei il solito egocentrico Mark Herondale- gli disse la ragazza, sapendo però che poteva permetterselo. Il giovane Herondale infatti non era per nulla un ragazzo nella norma, nonostante la sua altezza nella media valorizzava ogni cosa del suo corpo, dal fisico asciutto e con i muscoli tirati al biondo scuro dei capelli (anche se più volte aveva pensato di tingerli di nero), ma la cosa che più colpiva di quel ragazzo erano gli occhi, che  in questo momento erano di un blu scuro come il mare. Il ragazzo le rivolse un sorriso e dolcemente la baciò sulle labbra, proprio un istante prima che il suo telefono cominciasse a suonare.
-Ma non lo avevi perso?-
-Shhh- le rispose Mark portandosi l'apparecchio all'orecchio -è Fred- aggiunse freddamente -Pronto?-
-Mark vieni alla chiesa, abbiamo un problema-
-Arrivo subito- rispose attaccando il telefono
-Devi andare?- gli chiese la ragazza intristitasi
-Mi spiace Gaia è per lavoro- si scusò il giovane sorridendo
-Mi chiamo Chiara!- gli urlò la ragazza, ma probabilmente Mark non l'aveva sentita mentre correva verso la chiesa più veloce che poteva.

Perchè? Con tutti i giorni disponibili perchè un vampiro avrebbe dovuto provare ad entrare in una chiesa proprio di domenica!
Si chiese il Nephilim davanti all'ingresso della stessa chiesa continuando a rigirarsi il telefono in una mano, mentre nell'altra stringeva un pugnale lungo metà del suo braccio. Grazie alla runa d'invisibilità nessuno dei mondani che gli passava accanto poteva notarlo, anche perchè era difficile non notare Fredrick Blackthorn se fosse stato visibile. Il fisico slanciato lo poteva far apparire come un corridore, quando in realtà erano più le volte in cui muoveva la spada rispetto a quelle in cui scappava, i capelli marroni erano tenuti corti per comodità nei combattimenti piuttosto che per estetica e gli occhi marroni ora erano fissi nella direzione in cui sperava sarebbe spuntato a breve il suo Parabatai.
-Sto arrivando scusami davvero- sentì rimbombarsi Frederick nella testa.
-sarà meglio che ti muovi- gli rispose ad alta voce senza che mark potesse sentirlo.
Pochi secondi dopo Mark arrivò correndo e si fermò davanti all'amico.
-Ciao Roccia!- gli disse porgendogli l'avambraccio
-Almeno la runa dell'invisibilità potresti fartela da solo Mark- lo rimproverò Fred
-Si ma sai che mi serviva essere visibile oggi pomeriggio-
-una mondana?-
-Si, una certa Gaia, credo, non era niente male fisicamente, ma giuro che non la sopportavo più, mi hai salvato da una possibile ora di "quando ci rivedremo, perchè non mi chiami bla bla bla"-
-Si va bene- commentò il parabatai finendo la runa sull'avambraccio dell'amico -Dovresti deciderti a trovarne una seria-
-Scusa se non sono fortunato come te Fred- rispose Mark sbracciando con le mani e rischiando di far cadere il cappello ad una vecchia signora -Sai non ho trovato "l'amore della mia vita" con una Baywell che guarda caso è figlia di una delle famiglie di Shadowhunters più importanti in Italia- 
Fredrick rise alla provocazione dell'amico, ormai si era abituato a queste scene -Dai entrimo ora- gli rispose indicando la chiesa con un cenno del capo.
Mark lo seguì, e chiusa la porta alle spalle si ritrovarono i soli all'interno dell'edificio. Le tre navate erano separate da due file di panche in legno e dipinti sulle pareti erano troppo nuovi (e troppo brutti secondo Mark) per essere considerati arte.
-Sembra tutto normale- disse Mark facendo rimbombare la propria voce nella chiesa deserta
-E' soltanto un vampiro che è entrato, da quanto mi hanno detto, probabilmente lo ritroveremo vicino ad una candela fatto in cenere-
-Ah un vampiro?- il colore delle iridi del giovane Herondale passò dal blu all'ambrato, la cosa lo eccitava -La cosa comincia a farsi interessante-
-Cerca di controllarti Mark!- gli urlò Fred che stava perlustrando la chiesa -E dammi una mano a cercare dei segni-
Gli occhi del Nephilim tornarono blu e comiciò a cerare delle impronte del vampiro assieme al Parabatai.
Dopo qualche minuto di silenziosa ricerca Fredrick fu il primo a parlare -Mark vieni-
l'amico lo raggiunse -Sembra che il nostro amico non abbia retto alla santità del luogo- disse 
indicando un'urna d'orata riempita di sangue denso e scuro.
-Sembra che il nostro amico Zubat non sia un tipo molto elegante- commentò ironico Mark colpendo il vaso con la punta dello scarpone, facendo muovere il sangue che conteneva al suo interno -Continuiamo a cercare, sta per scendere il buio, se non lo troviamo subito potrebbe scapparci da sotto il naso- rispose Fredrick.
I due Nephilim si separarono e silenziosamente cominciarono a perlustrare ogni centimetro della chiesa, con una mano sempre ben salda sull'elsa della spada angelica che entrambi avevano ad un fianco. 

-Non capisco. Perchè dobbiamo viaggiare in macchina quando possiamo benissimo usare un portale?- chiese indispettita la ragazza vestita di nero seduta nel sedile posteriore del Range Rover, che percorreva a tutta velocità la strada che li separava dal piccolo paese di Ispra, luogo nel quale erano diretti.
-I vostri genitori hanno deciso che era meglio farvi fare un viaggio normale, come ogni mondano fa- le rispose pacato l'autista del mezzo, ormai aveva fatto abitudine ai modi della ragazza, ed ogni volta che era tentato di risponderle male, ripensava a quanto veniva pagato dai suoi gentori. Un buon motivo per starsene zitto. 
-Mondani- disse sbuffando -E' lì che mi stanno mandando giusto? Da Idris ad Intra-
-Ispra- la corresse l'autista effettuando un pericolosissimo sorpasso in curva
-sì sì, stessa roba- commentò la ragazza mentre con un dito disegnava rune sul finestrino appannato. 
Forza, velocità, amicizia, legame, guarigione..
Ripensando dove se l'era fatta e in che occasione.
Il duro carattere della ragazza era l'unica cosa di grezzo che c'era in lei. Il suo volto aveva i lineamenti delicati, i capelli biondi leggermente mossi le ricadevano lungo le spalle e gli occhi azzurri osservavano curiosi tutto ciò che le stava intorno.
-Un paese del cavolo in cui non succederà mai niente di interessate- commentò sarcastica lei pulendo tutto il finestrino con la manica del maglione nero.

-Non avrei mai immaginato- urlò Mark al parabatai mente schivava un candelabro di ottone che gli era stato lancianto -che un solo vampiro potesse diventare un intero clan impazzito- aggiunse rimettendosi in piedi con la velocità e l'eleganza tipica degli shadowhunters e lanciando un coltello,che si infilzò nella spalla di un vampiro dall'altra parte della stanza fino all'elsa.
I due giovani Shadowhunters non si sarebbero mai aspettati che la stanza attaccata al retro della chiesa non fosse terreno consacrato, e nemmeno si sarebbero mai immaginati che in quella stanza ci fosse un piccolo clan di vampiri che stava riposando. Ovviamente non avevano gradito il risveglio che Mark aveva fatto loro, aprendo tutte le finestre e riempiendo la stanza della tremolante luce del tramonto.
-Cerca di non ucciderne nessuno- urlò Fredrick al parabatai -E' soltanto un equivoco e non vorrei far incazzare nessuno!- ma finita la frase un vampiro con la testa completamente rasata lo prese dalle spalle, mentre un altro rompeva il polso col quale Fred teneva la sua lama. Il giovane Nephilim reagì solo con una smorfia, ma nella testa riusciva a sentire chiaramente gli insulti che Mark stava lanciando agli aggressori, mentre si muoveva agilmente verso l'amico in difficoltà schivando senza alcun problema ogni altro essere che lo separava dal parabatai.
In men che non si dica il vampiro che aveva rotto il polso a Fred si ritrovò un gomito sotto il mento, Mark colpì così forte lo sventurato che le zanne che gli erano uscite per la sete di sangue ora giacevano rotte a terra. Il vampiro si portò la mano alla bocca sanguinante, e Fred ne approfittò, facendo forza con le spalle sul vampiro pelato che lo teneva da dietro, e con entrambi i piedì colpì la cassa toracica dello "Sdentato" incrinandogli qualche costola e facendogli colpire il muro così violentemente, che una volta a terra non si rialzò più. Mentre l'amico colpiva il vampiro con entrambe le gambe, Mark gli era scivoltato sotto e aveva afferrato il pelato per le caviglie, facendolo cadere di schiena. Lo sventurato ora si ritrovava un Nephilim, con le iridi rosse come il sangue con cui si nutriva, seduto sulla propria gabbia toracica, con una mano gli schiacciava il plesso solare, mentre con l'altra gli aveva portato una lama splendente alla gola. La pelle del vampiro cominciò a fumare nel punto in cui la lama toccava la sua pelle, ma il ragazzo non diede importanza a ciò e continuò a premere. 
Poi, con la velocità pari a quella di un serpente che parte all'attacco, spostò la lama dal collo del vampiro alla sua spalla, deviando così un proiettile a lui indirizzato.
-Da quando voi sanguisughe usate le armi Mondane- chiese Mark rialzandosi in piedi ma continuando a bloccare a terra il pelato con un piede.
-Herondale..- sbuffò la figura con in mano la pistola, una glock color argento, ancora fumante -..e Blackthorn. La puzza del miscuglio del vostro sangue si sente fin da fuori- aggiunse rimettendo la pistola nella fondina e facendo un passo verso Mark, ora affiancato da Fred, il quale si massaggiava il polso, piegato in un angolo innaturale.
Il misterioso vampiro fece un passo verso i ragazzi, era praticamente calvo e dimostrava più di quarant'anni gli occhi piccoli erano neri e la pelle scura, non ci volle molto per capire chi fosse.
-Alex?- chiese Fred stupito
-In persona- rispose con un inchino 
-Idiota di un vampiro- gli disse Mark ad alta voce rinfoderando la spada ed estraendo lo stilo "passami il braccio" pensò rivolto a Fred, il quale eseguì subito. La sua voce, anche nel pensare era carica di rabbia e odio.
-Ne parliamo dopo, magari mentre vi offro un drink- provò a convincerli Alex, mentre Mark era concentrato nel fare un Iratze all'amico.
-Penso che vada bene- rispose Fred prendendo le veci di entrambi.
-Prima però sarebbe carino se il tuo amico lasciasse libero Oscar- disse indicando il pelato ancora sotto lo scarpone di Mark -e magari sarebbe anche meglio se ti calmassi- aggiunse Fred sottovoce in modo che soltanto il Nephilim potesse sentire e indicando gli occhi. 
Mark avvertiva il rosso nelle sue iridi, si accorgeva sempre quando i suoi occhi reagivano alle sue emozioni. Finì in fretta la runa all'amico, poi cercò di calmare la respirazione e, chiudendo gli occhi si spostò da sopra il vampiro.
"Ora?" chiese nella mente a Fred aprendo gli occhi. L'amico lo osservò e annuii, sorridendo e strizzandogli l'occhio.
-Ora andiamo- decise Fred rivolto ad Alex -Ci sono tante cose che ci devi spiegare- disse prendendolo per le spalle e uscendo all'aria aperta.
Mark si voltò ad osservare la stanza, piena ancora di una decina di vampiri, alcuni erano nascosti negli angoli a far finta di nulla, per i Nascosti era meglio non aver niente a che fare con gli Shadowhunters, mentre altri stavano in piedi, a voler dimostrare di essere usciti illesi dallo scontro, nonostante mostrassero contusioni e tagli su varie parti del corpo.
Poi qualcosa catturò l'attenzione del Nephilim, con passo svelto attraversò tutta la stanza, fino a trovarsi faccia a faccia con un vampiro dagli occhi verdi e con i capelli sporchi di sangue, dalla spalla gli usciva l'elsa del suo coltello. Senza troppe cerimonie Mark lo sfilò dalla carne del Nascosto, che non riuscì a trattenere un urlo misto di dolore e sorpresa.
-Scusate- disse il giovane rivolto a tutti i presenti -Ci sono affezionato- aggiunse facendosi girare l'arma in mano. Si voltò e fece per uscire dalla stessa porta da cui era uscito Fred ma due persone gli bloccavano la strada. Una era il pelato o Oscar, come l'aveva chiamato Alex,
l'altro era lo "Sdentato" che doveva essersi finalmente ripreso.
-Pensi di andartene così?- gli chiese lo sdentato
-E' vero!- rispose Mark colpendosi la fronte con la mano -Mi stavo quasi dimenticando- poi andò verso il muro e con il coltello vi incise tre numeri.
666
-E' il numero di un buon dentista- disse rivolto verso lo sdentato -Ma ti avviso, mi hanno detto che fa un male del diavolo-
I due vampiri che gli bloccavano la strada gli soffiarono contro mostrando le zanne, chi poteva, e Mark repentino estrasse una spada dal fodero, gli altri presenti uscirono, accompagnati dal buio, non volendo averci nulla a che fare.
"Ci metterò più del previsto" pensò Mark rivolgendosi al parabatai, mentre il colore delle sue iridi passava dal blu al dorato.

-Abbiamo scoperto che la stanza dietro la chiesa non era terreno consacrato- disse Alex al Nephilim a cui stava servendo da bere -Così ho deciso di far trasferire il mio clan lì, in modo da essere più vicino al bar-.
Alex, diminutivo di Alexander, era difatti il capo di uno dei clan di vampiri della zona, per quanto riguardava Fred era anche uno dei più simpatici, e gestiva un bar per nascosti, dove, più di una volta Fredrick si è trovato con Cass, la sua ragazza.
-Dov'è Mark?- chiese Alex al cliente
-Starà recuperando le sue armi- rispose Fred dopo aver bevuto un lungo sorso della birra servitagli da Alex -Sai com'è fissato lui con certe cose-
-Già- rispose il barista-vampiro, più volte infatti Mark aveva portato delle ragazze mondane al bar di Alex, facendo ogni volta scappare tutti i suoi clienti, in modo che il locale fosse vuoto solo per loro due. Ma altre volte invece si presentava a notte fonda e cominciava a bere qualsiasi cosa, per scherzo dei lupi mannari una sera gli offrirono del sangue di tonno che bevve senza problemi scambiandolo per fragola, e alla fine finiva per parlare con Alex di qualsiasi cosa, e per lui divenne come un confidente.
-Spero solo che non si metta a litigare con Oscar e Danilo- aggiunse il Nascosto versandosi quella che poteva sembrare una birra rossa.
"Ci metterò più del previsto"  si sentì dire Fred nella mente "Non dire nulla al barman, voglio divetirmi un attimo" il Nephilim soffocò una risata e subitò bloccò il ponte fra lui e Mark, ora doveva sbrigarsela da solo, pensò finendo la birra e chiedendone un 'altra ad Alex, il quale aveva ricominciato a parlare di pesca, come accadeva ogni volta che erano da soli lui e Fred.

-Si svegli signorina- disse l'autista osservando dallo specchietto retrovisore la ragazza che dormiva appoggiata al finestrino -Siamo quasi arrivati- aggiunse quando vide che effettivamente si stava svegliando.
-Finalmente- commentò lei sbadigliando.
Fuori dall'auto nera il sole era già tramonato da un pezzo e le stelle erano visibili nel cielo.
-Che ore sono? chiese ad alta voce la ragazza
-Le sette e un quarto-rispose l'uomo dopo aver dato uno sguardo al Rolex che aveva al polso.
-Fantastico- si lamentò lei -E' uno di quei paesi del cavolo dove fa buio già dalle sei- 
-E' ottobre, è normale che faccia buio presto- le spiegò
La ragazza non rispose e tornò a fissare fuori dal finestrino, erano arrivati ad una piazza, la chiesa al centro era circondata da case buie, l'unica cosa che emetteva un po' di luce era un bar dal lato opposto della piazza. Sopra la porta, inciso su una tavola di legno, c'era scritto il nome "Sanman". 
La ragazza scosse la testa, quel nome le faceva veramente schifo, come ogni cosa per ora vista in quel paese.
Poi dal nulla un qualcuno con una lama angelica cadde dal cielo, finendo in pieno sul cofano del Range Rover, ammaccandolo e scatenando la blasfemia dell'autista.
La Nephilim scese subito dal veicolo e si precipitò a vedere cosa fosse caduto.
"Probabilmente un demone infilzato" pensò fra sè e sè e, ricordandosi l'addestramento, estrasse dalla cintura una lama angelica. 
-Ho vinto io brutti bastardi- sentì urlare dalla creatura sul cofano -Ora mi terrò anche i tuoi di denti! Ci farò una collana e la regalerò ad Azazel in vostro onore stronzi!- aggiunse scoppiando in una fragorosa risata.
La Nephilim non aveva dubbi, conosceva il nome di uno dei demoni superiori e da quanto aveva capito conosceva proprio tale demone. Quindi era un demone.
Le gambe le tremavano, non era mai andata a combattere contro un demone, e contro nessuno in generale, ma si era addestrata, ed ora erano uno contro uno. 
Aveva già vinto in partenza.
Si armò di tutto il suo coraggio e saltò sul tettuccio della macchina pronta a trafiggere la creatura -Malik!- urlò facendo accendere la sua lama di una luce paradisiaca e senza pensarci si lanciò sull'esserre sul cofano. Prima ancora che potesse accorgersene era stata disarmata, la lama era appoggiata per terra al suo fianco e qualcuno la teneva bloccata a terra impedendole i movimenti. Provò a liberarsi in preda al panico, stava per morire.
Poi incontrò il suo sguardo. A tenerla a terra non era un demone, ma un ragazzo, con due bellissimi occhi ambrati che la fissavano come se vedessero oltre i suoi occhi azzurri. Si sentì le guance calde e subito cercò di interrompere lo sguardo.
-Piacere- disse con voce calma il ragazzo -Mi chiamo Mark Herondale ed è un piacere fare la tua..- ma la frase venne interrotta in quel momento, Mark Herondale le cadde addosso privo di sensi. Dietro di lui l'uomo alla guida era in piedi, fiero e con in mano un estintore.
-Stupido Giovanni!- urlò la ragazza spostando il corpo di Mark Herondale -E' un Nephilim!- aggiunse rimettendosi in piedi ed indicandolo.
-Non è nulla per lui tranquilla- disse una voce alle sue spalle -ha avuto giorni peggiori- aggiunse ridendo, poi le porse la mano con una velocità spaventosa -Fredrick, Fredrick Blackthorn- la ragazza la prese e la strinse incerta -Quello- riprese a parlare Fredrick -è il mio parabatai e tu l'hai stordito- aggiunse indicando Giovanni -quindi tu ora lo riporti in braccio fino all'Istituto- poi cominciò a camminare con passo veloce e barcollando.
La ragazza lo seguì, accompagnata da Giovanni il quale teneva in spalla Mark Herondale.
Quelli erano due Shadowhunters, un ubriacone e uno stuntman con gli occhi ambrati. Ripensò la ragazza fra sè e sè. Forse non sarebbe stata un'esperienza così noiosa, specialmente se tutti i ragazzi in quel paese erano come loro. Tutti e due infatti erano perfettamente in forma, con i muscoli tirati che si vedevano da sotto le magliette aderenti. Fredrick era più alto di Mark, ma quest'ultimo aveva un nonsochè che la intrigava da morire.
 
L'istituto di Ispra non era molto lontano dalla chiesa, e di ciò era grato Giovanni, non ce la faceva più a trasportare il corpo di quel ragazzo. Lui stava soltanto facendo il suo lavoro, gli Heartash gli avevano chiesto di portare loro figlia al sicuro nell'Istituto di Ispra, ma fino a quel momento doveva tenerla al sicuro da ogni pericolo, e in quel momento il giovane dai capelli castani gli sembrava un pericolo.
Per non parlare dell'altro poi. Giovanni si chiese come facesse ad evitare ogni singola macchina gli passasse vicino nonostante tutto l'alcool dovesse aver ingerito (e da come si muoveva sembrava veramente tanto pieno)
-Eccoci arrivati- disse finalmente il Blackthorn allargando le braccia.
Davanti a lui vi era un mausoleo. Sembrava vecchio e abbandonato.
-Sicuro che sia qui- disse Giovanni mentre la ragazza che aveva al suo fianco osservava incuriosita il giovane che lui teneva in spalla.
-Ceeeeerto- rispose barcollando -Liz!- cominciò ad urlare -Liiiiiiiiiiiiiiz!-
La porta del mausoleo si aprì e dalle scale scese, vestita con una maglietta e dei pantaloni della tuta, una ragazza dai capelli neri, che spedita si avvicinò al Blackthorn
-Amore- disse lui stupito
In risposta ottenne uno schiaffo che lo fece cadere a terra.
Solo dopo si rese conto delle altre persone.
-Quello è Mark?- chiese col tono di chi sa già la risposta.
-Sì- rispose Giovanni 
-Quanto hanno bevuto?-
-Lui tanto credo- disse Giovanni indicando il ragazzo che, a fatica, si stava rialzando -lui- aggiunse toccando l'Herondale che aveva in spalla -penso nulla-
-Che gli è successo?- domandò la ragazza avvicinandosi
-Un estintore, lo ho colpito..- cominciò Giovanni ma venne interrotto dalla ragazza -Di sicuro non hai fatto male, entrate dai, so che siete Shadowhunters, si vedono le vostre rune- concluse prendendo il Blackthorn a braccetto e aiutandolo a salire le scale mentre lui farfugliava parole di scusa.
Subito a ruota li seguì la giovane Heartash.
Giovanni rimase lì fuori ad osservare l'istituto, sembrava miseramente piccolo. Poi, con il ragazzo in spalla, fece le scale, fino ad entrare.

-Allora di lui mi occupo io- disse la ragazza dai capelli neri -voi portate Mark nella stannza di sotto, poi cercatene una per voi- concluse liquidandolo.
L'interno dell'istituto era stupendo. Il soffitto era a volta e nel punto più in alto c'era una vetrata che faceva vedere il cielo all'esterno, la stanza in cui erano era circolare, un grosso camino era situato esattamente davanti all'ingresso, vicino a quello vi erano delle poltrone, dei divani ed un tavolino, ricoperto di libri, armi e stili abbandonati lì, lungo le pareti correvano delle librerie piene di libri, interrotte solo in due punti dove si aprivano per permettere l'accesso alle scale che portavano al piano di sotto.
-Ah comunque- disse la ragazza che aveva schiaffeggiato Fredrick -Io mi chiamo Cassie Baywell, ma per gli amici Cass, tendo a dimenticare le buone maniere quando questo imbecille torna a casa ubriaco-
-Io sono Giovanni Greenstark e lei è..-
-Sono capace di presentarmi da sola- la interruppe la ragazza dopo aver smesso di provare a prendere lo stilo di Mark -io sono Lexia, Lexia Heartash-
-perfetto, la colazione è alle 8 di mattina, troviamoci qui, buonanotte- li liquidò Cassie -ah Lexi, fammi un favore e fai un'Iratze a Mark credo ne abbia bisogno, grazie-
Lexia non ebbe il tempo di rispondere che Cass era già sparita dalla stanza con un Fredrick zoppicante.
-Scendiamo- ordinò fredda a Giovanni.
Il piano di sotto aveva la stessa pianta circolare, lungo le pareti vi erano diverse porte, molte delle quali erano aperte. Lexia intravide Cass entrare in una di queste trascinando il suo frastornato ragazzo.
-Dove lo lascio?- chiese Giovanni 
-Penso che là vada bene- disse indicando una porta a caso -lascialo lì e poi trovati una stanza, io me ne cercherò una- Giovanni eseguì l'ordine, lasciando cadere il corpo di Mark sul letto presente nella stanza, Lexia entrò a sua volta, pronta per fare l'Iratze che aveva chiesto Cass, mentre Giovanni usciva senza dirle nulla ma chiudendosi la porta alle spalle.
Nella stanza erano solo lei e l'Herondale, anche se era privo di sensi Lexie dovette ammettere che aveva il suo fascino. La maglietta nera si era leggermente alzata, lasciando intravedere la fibbia della cintura e la fine degli addominali del ragazzo. Nella tasca accanto c'era quello che aveva provato a rubare durante il loro viaggio verso l'Istituto.
Lo stilo.
Cautamente Lexia lo afferrò cercando di non svegliare Mark.

Lentamente il buio attorno a lui svanì, e con una immensa fatica riuscì ad aprire gli occhi. Era su un letto, questo lo sentiva, ma di chi era il letto? Si chiese Mark fra sè e sè.
Provò ad alzarsi e solo in quel momento si accorse che aveva qualcosa, anzi qualcuno, sdraiato addosso. Vedeva ancora sfuocato e dopo qualche secondo mise a fuoco la ragazza che aveva provato ad attaccarlo, sdraiata sulle sue gambe, e con una mano nella tasca dei suoi pantaloni.
-Se stai provando a derubarmi ti avviso- disse Mark sfoggiando il suo sorriso migliore -tengo il portafoglio nell'altra tasca- concluse
-Stavo cercando di prenderti lo stilo per farti un'Iratze, me l'ha chiesto Cassie- rispose lei discolpandosi
-Che gentile- ammiccò il ragazzo
-Ma ora che sei sveglio- aggiunse lei -puoi farlo da solo- concluse alzandosi, ma Mark involontariamente (o meglio, in modo che sembrasse involontario) la fece inciampare facendosela ricadere addosso. Ora i due ragazzi erano legati in una specie di abbraccio mancato con i loro volti separati solo da qualche centimetro, e le labbra che si sfioravano.
-Comunque- disse Mark con la voce più bassa che poteva fare -io mi chiamo Mark Herondale, non ho avuto il tempo di presentarmi a dovere-
-Mi chiamo Lexia Heartash io- nel dire questo la ragazza fissò Mark dritto negli occhi.
Il ragazzo sentì il calore salirgli nelle guance e avvertì che il colore dei suoi occhi stava cambiando, ma era una sensazione che non aveva mai sperimentato. Non riconosceva l'emozione che stava provando. 
-Turchese- disse Lexia -i tuoi occhi non erano ambrati?- 
-Già- disse Mark aiutandola ad alzarsi e alzandosi a sua volta dal letto.
Non voleva restare un secondo di più in sua compagnia.
-Cosa significa?- chiese la ragazza stupita dall'improvviso cambiamento del colore dell'iride, ma anche del carattere di Mark.
-Storia lunga- rispose lui -Buonanotte- disse ad alta voce alla ragazza chiudendosi la porta alle spalle senza aspettare una sua risposta. 
Poi a tutta velocità si diresse verso la palestra, luogo in cui sicuramente non ci sarebbe stato nessuno a disturbarlo. Lungo il tragitto passò dal salone e recuperò uno stilo, il suo l'aveva lasciato in camera di Lexia e non aveva intenzione di andare a riprenderselo.
Arrivato in palestra si chiuse la porta alle spalle. La luce tremolante delle Stregaluce illuminava la stanza quanto bastava per non dare fastidio agli occhi, Mark prese lo stilo e si incise due rune, la prima era una runa di guarigione per rimediare a tutte le botte che aveva preso, dalla caduta dal tetto alla botta dietro la testa, la seconda invece era una runa del silenzio, per evitare che i suoi passi facessero rumore. L'ultima cosa che desiderava era svegliare tutto l'Istituto, poi si avvicinò allo specchio e si osservò le iridi.
Erano realmente color Turchese.
Lungo il corso dei suoi 19 anni Mark aveva imparato che il colore dei suoi occhi variava col variare delle sue emozioni, blu era il suo colore normale, rosso quando era arrabbiato, ambrati quando era eccitato, verde quando era annoiato, e grigi quando era distaccato.
In 19 anni non c'era mai stata una volta in cui i suoi occhi avessero assunto quella tonalità.
Mark si sedette con la schiena contro il muro stando di fronte allo specchio, e, senza che se ne accorgesse, si addormentò, ripensando allo sguardo di Lexia che gli aveva scombussolato l'intero animo.

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Capitolo 2
*** Lo specchio dell'anima ***


Dopo che Mark l'aveva lasciata da sola, Lexia era rimasta qualche minuto a ripensare a quanto stava per succedere la sera prima. Mark stava per baciarla (cosa che non le sarebbe spiaciuta per niente) ma quando gli aveva fatto notare che i suoi occhi avevano inspiegabilmente cambiato colore, era scappato lasciandola da sola nella stanza. Dopo qualche minuto era riuscita ad addormentarsi, dopo aver puntato la sveglia del telefono alle 7:30, in modo da potersi preparare prima di colazione.
Quando il telefono vibrò per la seconda volta, facendo tremare tutto il letto, Lexia decise finalmente di alzarsi. Sul comodino accanto al letto c'era un foglio di carta, incuriosita, e speranzosa fossero alcune parole di scuse scritte da Mark per il modo in cui l'aveva trattata, lo prese subito. Rimase peò delusa nello scoprire che erano parole di Giovanni.
"Sono dovuto tornare ad Idris, comportati bene. Non fare cavolate."
-Molto espressivo come al solito Giovanni- disse appallottolando il foglio di carta e lanciandolo dall'altra parte della stanza. Si alzò stirando ogni muscolo del corpo e sbadigliando rumorosamente.
-Buongiorno dormigliona- disse una voce alle sue spalle. Lexia si voltò di scatto, impegnandosi per non gridare dallo spavento -Cassie!- urlò stupita lei dal ritrovarsi davanti la ragazza della notte precedente.
-Già- rispose lei -Ero venuta a controllare che Mark non avesse fatto qualche stronzata- disse lei mettendo a posto la manica della felpa che indossava, comprendo così le cicatrici delle rune che aveva sull'avambraccio. Anche Lexia aveva delle rune e delle cicatrici, ma non così tante. La ragazza si chiese quante battaglie avesse dovuto combattere la ragazza dai capelli neri che ora stava in piedi davanti alla sua camera, quanti demoni aveva ucciso?
Lexia si riprese da questi tristi pensieri -E' rimasto qua un attimo e poi se n'è andato via in fretta e furia-
Cass si bloccò stupita da quanto le era stato detto -Mi stai dicendo che Mark, se n'è andato di sua spontanea volontà senza fare.. niente?- 
-Bhè non proprio- confessò Lexia passandosi una mano fra i capelli e sedendosi sul letto disfatto -Eravamo qui e..-
-Aspetta!- la interruppe Cass voltandosi verso l'esterno della camera, poi chiuse la porta alle sue spalle e si lanciò sul letto accanto a Lexia -dimmi tutto- le disse sfoggiando un sorriso che avrebbe fatto sciogliere un blocco di ghiaccio.
-Allora- cominciò lei -lui era qui privo di sensi, quando ho provato a prendergli lo stilo si è svegliato-
-E ti ha baciato-
-No!- urlò Lexia arrossendo -Io mi sono alzata, solo che sono inciampata e praticamente gli sono caduta addosso-
-Tipico di Mark- sbuffo Cass -Quando sei in sua presenza nulla è casuale come sembra, c'è sempre di mezzo lui, fidati-
-Poi però i suoi occhi sono cambiati..-
Cass tornò seria non appena udì quelle parole -Cambiati come?-
-Bhè, quando l'ho visto alla chiesa aveva gli occhi con l'iride arancione, quasi ambrata. Mentre quando eravamo qui gli sono venuti gli occhi turchesi-
-Turchesi?- chiese stupita Cass -sicura non fossero blu o grigi?-
-Sicurissima- rispose -Ma quindi..- Lexia era leggermente in imbarazzo. Avrebbe voluto sapere di più su questa cosa, ma allo stesso tempo si sentiva in colpa e troppo curiosa. Era nell'istituto di Ispra da neanche un giorno e già voleva distruggere la privacy di tutti.
-E' una cosa normale?- completò la domanda Cass al posto suo -Sì, Mark ha questo.. chiamiamolo "dono", i suoi occhi cambiano colore a seconda delle emozioni che prova-
-E turchese cosa significa?- aveva capito che Cass era una di quelle ragazze che ti fanno subito sentire a casa, una di quelle ragazze con cui parlare fino a notte fonda, senza avere un reale discorso.
-Non lo so- rispose lei scuotendo la testa -Ci sono soltanto due persone che sanno ogni dettaglio di questa roba e sono lui e..-
-..Fredrick- concluse Lexia
-Già, vedo che hai occhio per certe cose- commentò Cass sorridendo
-Grazie- rispose sorridendo a sua volta -Ed è il tuo..?- lasciò volontariamente la frase sospesa a metà, non sapendo che relazione esistesse fra Cassie e Fredrick
-..idiota, stupido, menefreghista, cocciuto ragazzo? Sì, è proprio così- rispose Cassie.
Lexia tirò un sospiro di sollievo, poteva rischiare di fare una figuraccia, ma alla fine era andata 
per il verso giusto.
-Mentre Mark è..- 
-Single- la interruppe ancora una volta Cass
-Cosa!- urlò Lexia arrossendo -Volevo sapere se erano Parabatai!-
-AH!- stavolta arrossì anche Cassie -Che figura di merda!- aggiunse ridendo -Comunque si, i due idioti patentati sono anche Parabatai- 
Lexia non riuscì a trattenersi dal ridere, ed, in men che non si dica era distesa sul letto a ridere come una cretina assieme a Cass, la quale non faceva altro che sparlare di Mark e Fredrick, raccontando alcune delle loro disavventure. Le quali spesso finivano con una rissa, qualche locale distrutto, ed in un caso con una tartaruga che correva a 100 km/h.
-Quindi le cose finiscono sempre come ieri sera?- chiese Lexia fra una risata e l'altra
-Più meno- rispose Cass calmandosi -Ma per fortuna che.. O merda! Sono le 8:10 dobbiamo andare a fare colazione- urlò afferrando Lexia per un braccio e portandola di forza fuori dalla sua stanza.

Se c'era una cosa che Mark odiava più dello svegliarsi, era svegliarsi dolorante. Aprì gli occhi lentamente, abituandosi progressivamente alla luce del sole che entrava dalle finestre in alto della stanza. Il ragazzo guardò l'orologio che aveva al polso, le lancette segnavano le 8:15.
-Forse mi hanno lasciato del caffè- sbuffò alzandosi e stirando tutti i muscoli del corpo. Le rune che si era fatto la sera prima erano sbiadite, lasciando al loro posto delle cicatrici bianche che si unirono alle altre già presenti. Mark si guardò allo specchio e fece l'occhiolino alla sua immagine riflessa, poi raccolse da terra lo stilo ed il telefono che erano caduti a terra durante la notte, poi si avviò verso la cucina.
Mentre scendeva le rampe di scale gli vibrò il telefono. Noncurante, Mark lo estrasse dalla tasca posteriore dei jeans neri e lesse il messaggio. Era da parte di Chiara.
"Sei uno stronzo, Laura mi ha detto cosa hai fatto la sera in cui ci siamo conosciuti, non avrei mai dovuto uscire con te ieri, addio. Non chiamarmi mai più"
Mark rimise il telefono in tasca dopo aver cancellato l'ennesimo messaggio minatorio.
-Ma chi cazzo è Chiara?- chiese ad alta voce, come se qualcuno potesse rispondergli dal nulla.
Dopo qualche minuto, e svariati gradini, finalmente arrivò in cucina. La stanza era vuota, eccezion fatta per il piano cottura nell'angolo ed il tavolo pieno di cibo circondato da diverse persone. I Nephilim dell'Istituto.
-Buongiorno- disse Mark sedendosi accanto al Parabatai, il quale si teneva la testa con entrambe le mani, come se avesse paura che lasciandola potesse staccarsi dal corpo per rotolare chissà dove.
-Ciao- gli rispose Lexia sporgendosi da dietro Fred.
-Ciao Mark- gli dissero in coro Ginevra e Noah.
Ginevra e Noah Baygreen erano due sorelle, le uniche due persone nell'Istituto ad avere un legame di sangue diretto. La prima, Ginevra era la più grande, indossava un maglione verde che le calzava decisamente largo, portava i capelli corti e castani, gli occhi, anch'essi castani, erano nascosti dietro a un paio di occhial da vista neri. Gin e Mark si conoscevano da tutta la vita, e fin da sempre sono stati ottimi amici, Gin sapeva ogni cosa di Mark (spesso lo ricattava usando questa storia come pretesto). Noah era più piccola di Gin di due anni, aveva la strana abitudine di cambiare il colore dei suoi capelli praticamente ogni mese. Quella mattina erano biondi, freschi di tinta (il giorno precedente li aveva rossi), raccolti in una coda di cavallo che le ricadeva fin dietro le spalle. Ad essere sinceri, bionda stava meglio, metteva in risalto gli occhi azzurri come il ghiaccio che aveva.
L'ultima a salutarlo fu Cass, seduta di fronte a Fred. Nel corso degli anni aveva capito che, qualsiasi pasto, i due parabatai sedevano l'uno accanto all'altro.
-C'è un'altra bionda- urlò tutta soddisfatta Noah rivolta a Mark
-Si, la differenza però è che tu ti sei fatta bionda per avere una scusa-
-Una scusa per cosa?- chiese Gin mentre sorseggiava una tazza di latte rumorosamente
-Per essere stupita, ovvio-
Fredrick scoppiò in una fragorosa risata, da sotto il tavolo Cassie gli diede un calcio, mentre Noah, con la rapidità tipica degli Shadowhunters lanciò un coltello in direzione di Mark, il quale lo afferrò al volo per il manico.
-Idiota- gli sbraitò contro Noah.
Mark le rispose baciando l'aria nella sua direzione, appoggiando il coltello sul tavolo.
-Ma fate così ogni mattina?- chiese Lexia 
-Solo quando qualcuno dei due si sveglia male- rispose Cassie
Lexia si sporse oltre Fredrick e osservò Mark negli occhi -Hai dormito male?- chiese con una vena di sarcasmo mentre sorrideva.
Mark venne travolto dalle emozioni della sera precedente, e si impegnò affinchè ciò non mutasse il colore delle sue iridi. I sue pensieri ritornarono al momento in cui lui e Lexia erano sdraiati l'uno sull'altro, ripensò ad i suoi occhi e a come avrebe potuto..
-La puoi smettere per favore- urlò Fredrick dal nulla
-Scusa?- domandò Lexia preoccupata
-Non tu- rispose Fred liquidandola con un gesto della mano -Lui!- aggiunse indicando Mark
-Io?- si stupì 
-Già! Smettila di pensare a quelle cose e a come...- Fredrick si bloccò -Non ci posso credere- aggiunse ridendo
Mark capì al volo a cosa si riferisse "Ti spiego dopo" gli comunicò pensando
-Ti conviene- urlò Fred sorridendo maliziosamente.
-Sono l'unica a non capire cosa sta succedendo?- chiese Lexia attirandosi addosso tutti gli sguardi dei presenti. La ragazza arrossì lievemente e tornò a fissare la tazza vuota di fronte a lei.
-Il fatto è che..- cominciò Gin
Ma venne interrotta dall'ingresso di un uomo nella stanza.
-Buongiorno sfaticati- urlò 
L'uomo in questione era Sergio Goldwain, un'uomo sulla cinquantina, anche se dimostrava molti di meno. Fisicamente ben piazzato, l'unica cosa che faceva capire la sua età erano i pochi capelli ormai bianchi. Lui e sua moglie erano i responsabili dell'Istituto, e da sempre si erano comportati come dei genitori per i ragazzi che vivevano con loro.
Dietro di lui entrò la moglie, Daniela, una donna snella che dimostrava la stessa età. I tratti del viso erano delicati e, al tempo stesso, marcati dal tempo che, nonostante tutto, era stato gentile con lei. L'unica cosa che stonava in lei erano le rune sulle braccia, le quali facevano capire che quella donna esile era in realtà una cacciatrice esperta.
-Avete già fatto colazione? Bene! Perchè avrete una giornata..- Sergio si bloccò quando vide Lexia.
-Mark!- sbraitò avanzando verso il ragazzo
-Eh!?- si stupì lui quando Sergio lo afferrò per la maglietta e lo alzò di peso
-Quante volte te l'ho detto?- 
-Cosa!?- rispose urlando Mark senza capire
Nella stanza calò il silenzio, nessuno fra i presenti stava capendo nulla di quanto stava succedendo.
-Ti avrò detto un migliaio di volte di non portare mondane nell'istituto!-
Gli occhi del ragazzo passarono dal blu al castano, poco prima che questo cominciasse a ridere fragorosamente, staccandosi dalla presa di Sergio e tornando a gustarsi la brioches che aveva sul tavolo. I ragazzi seduti al tavolo cominciarono a ridere a loro volta.
-Amore..- disse Daniela alle sue spalle -Se ti riferisci a quella ragazza- aggiunse indicando Lexia -E' la figlia degli Heartash, siamo stati avvisati che sarebbe arrivata settimane fa- concluse ridendo a sua volta.
Sergio rimase qualche secondo zitto imbarazzato, poi si colpì la nuca e cominciò a ridere a sua volta.
-Comunuqe- disse Mark fra una risata e l'altra -Io non ho mai portato ragazze nell'Istituto, è stata Noah-
Nell'istante in cui finì la frase, un altro coltello lasciò la mano di Noah e per poco non si conficcò nell'occhio di Mark, se quest'ultimo non si fosse spostato quanto bastava per evitare la lama, che andò a conficcarsi nella parete di fronte a lei.
-Qualcuno le tolga i coltelli!- urlò ridendo Cass
-E' successo solo una volta!- urlò Noah alzandosi, in mano aveva un altro coltello.
-Noah!- urlò Daniela sovrastando le risate di tutti
-Dani tranquilla- la tranquillizzò Mark -Stiamo solo scherzando-
Lo sguardo negli occhi di Noah infatti non era minaccioso, anzi divertito, come se fra i due esistesse una sorta di rivalità nel campo degli "insulti coloriti nei confronti dell'altro"
-Poi sa benissimo anche lei che non può colpirmi- aggiunse sorridendo
Noah sbuffò e si sedette mormorando qualcosa che poteva essere interpretato come "sei solo nato fortunato".
-Ora che abbiamo chiarito tutto- prese parola Daniela -Benvenuta Lexia, noto con piacere che hai già fatto la loro conoscenza- 
Lexia annuì arrossendo, Mark la osservò con attenzione. Vide come si chiudevano i suoi occhi quando era in imbarazzo, notò il suo sorriso perfetto, prima che da sotto il tavolo Fred gli colpì una gamba. Mark si voltò. "Che c'è?" pensò, in risposta Fredrick si toccò gli occhi.
Mark se ne rese conto solo in quel momento, cercando di non farsi notare riuscì ad alzarsi da tavola (ora erano tutti impegnati a fare domande sulla vita precedente di Lexia per accorgersi di lui) e corse nuovamente nella palestra.
Si mise davanti allo specchio e si osservò attentamente.
La postura, i capelli, i vestiti.. Tutto era in ordine, nulla fuori posto. Nulla tranne gli occhi, i quali si erano colorati nuovamente di quella tonalità che non aveva mai visto.
Doveva trovare un modo per distrarsi, per smettere di pensare a lei.
Il ragazzo si voltò a destra e a sinistra, fino a quando non trovò un arco appoggiato al muro. Mentre si muoveva in direzione dell'arma si tolse la felpa che lanciò dietro sè, rimanendo con solo la maglietta addosso. Afferrato l'arco, prese la faretra lì vicino e scoccò una freccia, la quale colpì il centro del bersaglio dall'altra parte della stanza.

-Quindi sei ricca?-
-Gin!- urlò Daniela
-Cosa? E' la figlia degli Heartash sarà sicuramente piena di soldi- rispose lei
-Penso che sia giunto il momento di finire la conversazione- disse Cass prima che Lexia potesse rispondere -Voi due non avete altre cose da fare oggi?-chiese rivolta alle sorelle Baygreen
-Già- rispose Gin -Dobbiamo andare a...-
-Fare shopping!- concluse Noah urlando
Daniela scoppiò a ridere -Pranzate qua o no?- chiese 
-No pranziamo in giro- rispose Gin
-Non fate tardi stasera- ricordò Sergio alle ragazze, poi si rivolse a Cassie -Tu che fai?-
-Riaccompagno a casa il fenomeno- rispose indicando Fred che dormiva appoggiato al tavolo -Penso di rimanere lì fino a stasera anche io, così gli faccio anche una bella ramanzina- aggiunse passando affettuosamente una mano fra i capelli del ragazzo.
-Perfetto!- rispose Sergio -Tu invece- disse indicando Lexia -Cerca Mark e vai con lui, ricordagli che deve scusarsi con un paio di persone-
Un'intera giornata assieme a Mark. Lexia non capiva se era contenta oppure no. Una parte di lei gioiva nel poter stare con lui, magari avrebbe potuto spiegarle cosa era successo la sera prima, ma una parte della ragazza temeva che nello stare con lui Mark avrebbe reagito come prima, chiudendosi in sè stesso e scappando appena ne fosse stato capace.
-Va bene- si decise a rispondere
-Mi raccomando- le disse Daniela mentre Gin e Noah uscivano dalla stanza parlando -Mark fa il distaccato all'inizio, ma non lasciare che sia questo a fermarti. Dietro tutto quell'ego c'è una persona dolce- concluse sorridendo, poi prese a braccetto il marito ed insieme uscirono dalla stanza borbottando qualcosa riguardo alle condizioni di Fredrick.
-Se sali al secondo piano c'è la palestra- le disse Cass mentre sollevava di peso Fredrick.
Anche se era esile la ragazza si era caricata il fidanzato sulle spalle senza fare il minimo sforzo.
-E' lì che Mark va di solito quando non sa che fare- aggiunse in risposta alla faccia confusa di Lexia
-Grazie Cass- rispose lei
-Figurati, cerca solo di  non fargli fare stronzate- poi uscì dalla stanza con Fredrick in spalla.
Lexia ci mise qualche minuto ad orientarsi, ma finalmente riuscì a trovare la stanza dove i Nephilim dell'Istituto si allenavano. Solo, con le spalle rivolte verso l'ingresso e con un arco teso in mano, c'era Mark. La maglietta aderente e nera metteva in risalto ogni movimento che i muscoli delle sue spalle facevano mentre tendeva la corda dell'arco. La ragazza deglutì, poi si chiuse la porta alle spalle, decisa che entro sera avrebbe voluto sapere tutta la verità riguardo a ciò che era successo.

23.
Mark nella mente teneva il conto dei centri che aveva fatto. Prese l'ultima freccia dalla faretra, la ventiquattresima, deciso a fare l'ennesimo centro, ottenendo così la performance perfetta. Incoccò la freccia, poi tese la corda portandosi la mano al mento. La lieve pressione della corda gli schiacciava la punta del naso. Chiuse l'occhio sinistro e prese la mira espirando.
-Ciao- disse una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si deconcentrò e involontariamente fece partire la freccia, la quale si conficco molto distante dal centro del bersaglio.
-Cazzo- imprecò sottovoce abbassando l'arco.
-Ti ho fatto sbagliare io?- chiese la ragazza alle sue spalle.
Mark si voltò e si trovò faccia a faccia con Lexia. L'unica, ma allo stesso tempo l'ultima, persona che avrebbe voluto vedere.
-No- rispose mentendo -Sarebbe andata fuori comunque, è storta- appoggiò l'arco a terra -Che ci fa qui?- le chiese cercando la felpa per la stanza.
-Mi hanno detto di stare con te- Mark si incamminò verso la sua felpa, abbandonata al centro della stanza -Con me?- chiese raccogliendola
-Già, hanno detto che dovevo ricordarti di scusarti con qualcuno-
-Alex..- sussurrò il ragazzo
-Come?- chiese lei
Mark si voltò, i loro sguardi si incontrarono. Gli occhi di lei rapirono completamente i pensieri di Mark, senza rendersene conto era già di fronte alla ragazza. Con una mano le teneva il polso affettuosamente. Lei non ci fece caso, e continuò ad osservare gli occhi di lui, che lentamente si schiarirono, tornando del colore della sera precedente. Mark si accorse del cambiamento, e si sforzò affinchè gli occhi cambiassero colore.
Ripensò a quando è in battaglia, l'adrenalina che gli scorre nelle vene, la potenza, la sensazione di avere il mondo in una mano e di poter farci quello che vuole. Sbattè le palpebre, facendo mutare il colore delle iridi da turchese ad ambrato. 
-Affascinante- disse Lexia avvicinandosi a Mark, il quale però mise fra loro due il suo polso, poi estrasse dalla tasca lo stilo e le disegno una runa dell'invisibilità sul braccio.
-Per te è meglio non essere vista dai mondani- disse lui rompendo l'incantesimo nel quale era caduto.
-Ok- rispose lei fredda -Passami il braccio-
-Prego?- chiese Mark sorpreso
-Ti faccio la runa io-
Mark scoppiò in una fragorosa risata -Se dobbiamo stare insieme oggi ti dico subito le regole- poi si schiarì la voce, come se dovesse cominciare un discorso importantissimo -Regola numero uno, nessuno a parte Fredrick è autorizzato a farmi delle rune, secondo si rispetta quello che dico io e terzo- si avvicinò a Lexia -non sono ammesse domande.- poi si voltò verso l'uscita -Andiamo ora, ci aspetta una lunga giornata- disse.
Lexia, però, non si fece intimorire. Entro fine giornata avrebbe fatto in modo di infrangere tutte e tre le regole. Con un sorriso di sfida uscì dalla stanza.

Mark dovette aspettare venti minuti fuori dall'Istituto prima di poter partire. A quanto pare Lexia doveva cambiarsi e armarsi prima di poter uscire. Lui invece aveva semplicemente afferrato una spada angelica e diversi pugnali, che aveva nascosto in modo tale che non si vedessero. Il giorno precedente una signora era scappata dalla chiesa spaventata da un demone, ci mancava solo che il giorno dopo avvistassero un ragazzo armato. Quando Lexia uscì dall'istituto erano le 9.20.
Indossava una maglietta nera con un leggero scollo a v, sopra una giacca di pelle con le maniche tirate su quasi fino al gomito, mettendo in mostra le rune (compresa quella che Mark le aveva appena fatto) e dei leggins neri che le mettevano decisamente in risalto il sodo fon...
-Sono pronta!- urlò saltellando davanti a Mark distraendolo dai suoi pensieri.
-Sicura?- le chiese 
-Sì- rispose lei impegnandosi per non tremare.
Mark sbuffò, e con estrema velocità le prese il braccio e vi disegnò sopra un'altra runa.
-Perchè?- chiese Lexia
-Fa più freddo di quanto pensi, è una runa per il calore, eviterai di patire il freddo e di ammalarti- le spiegò.
-Grazie- disse lei, stupita e contenta del gesto gentile di Mark.
-Figurati- rispose freddo lui -Andiamo ora- aggiunse avviandosi verso la chiesa.
Lexia lo seguì convinta.
-Quindi...- cominciò -Che storia si nasconde dietro ai tuoi occhi?-
-Regola numero 3- rispose -Non sono ammesse domande-
-E se facessimo un gioco?- continuò lei -Io faccio una domanda a te e poi tu fai una domanda a me, dobbiamo rispondere con estrema sincerità-
-E' interessante- disse Mark.
Uno dei suoi più grandi difetti era quello di non poter resistere al fascino delle scommesse, in questo caso la cosa era anche più divertente, avrebbe voluto volentieri conoscere qualcosa di Lexia -Ci sto- rispose alla fine.
-Giura sull'Angelo- disse mettendosi davanti a Mark -Giura sull'Angelo che non mentirai-
Mark sbuffò -Lo giuro-
-Dillo!- lo costrinse lei
-E va bene!- disse Mark ridendo -Giuro sull'Angelo che sarò onesto, ma ora fai lo stesso anche tu-
-Giuro sull'Angelo che farò lo stesso- disse lei mettendo una mano sul cuore con fare teatrale.
Lexia era pronta a tempestare Mark di domande, ma prima di poter aprir bocca una ragazza gli si avvicinò.
-Gaia?- disse lui stupito
-E' Chiara! Stronzo- rispose lei tirandogli uno schiaffo, poi proseguì per la sua strada.
-Ecco di chi era il messaggio stamattina- sussurrò lui fra sè e sè ridacchiando.
La curiosità di sapere chi fosse quella ragazza prese il sopravvento sulla voglia che Lexia aveva di scoprire il segreto degli occhi di Mark.
-Chi era quella?- chiese
Mark la osservò, gli occhi verdi che la guardavano fissa. 
-Prima domanda- annunciò lui alzando l'indice. 
Mentre riprese a camminare verso la chiesa spiegò a Lexia di come avesse abbordato Chiara una sera ad una festa, le spiegò che oltre a lei aveva conosciuto anche una certa Laura (sua grande amica), rimorchiando anche lei. Convinto che le due non si conoscessero, aveva cominciato a frequentare entrambe, poi devono aver parlato ed è uscito il tutto, decidendo così di troncare con lui.
-Non ci credo- fu il commento di Lexia alla storia
-Davvero?- rispose lui -Quella- disse indicando una ragazza snella dai lunghi capelli neri, in piedi davanti alla chiesa -è Laura-
Poi alzò un braccio e urlò -Ciao Laura!-
La ragazza gli rispose con un gestaccio ed una serie di imprecazioni miste ad insulti che fece impallidire Lexia. 
-Ora ci credi?- le chiese Mark
-Decisamente si- rispose lei
-Entriamo ora- continuò Mark indicando la chiesa con un cenno del capo.
-Non è ironico- disse fra se e se -Chiedere perdono in una chiesa, chi l'avrebbe mai detto-
Detto questo entrò in chiesa, seguito da Lexia, la quale teneva una mano ben salda sull'elsa della lama angelica.
La chiesa era deserta, nessuno avrebbe potuto interferire con ciò che Mark doveva fare.
-Da chi stiamo andando?- domandò Lexia curiosa
-Vampiri- le rispose -Ieri sono successe alcune.. cose.. E ora devo andare a scusarmi prima che qualcuno possa lamentarsi del nostro Istituto, teoricamente ho rispettato gli accordi, ma non si sa mai- aggiunse camminando a passo spedito verso l'altare al centro dell'abside.
-E cerchiamo dei vampiri... In una chiesa?- Lexia si fermò stupita in attesa di una risposta.
-Dietro- disse Mark indicando il tabernacolo -C'è una stanza, non è consacrata, e un clan di vampiri si è insediato lì-
-Ma perchè proprio vicino alla chiesa? Perchè stare così vicini a qualcosa che può ucciderti?-
-Nessuno penserebbe di venire a cercarti in chiesa se sei un figlio della notte, nemmeno noi sapevamo che la stanza dietro fosse sconsacrata-
-Come hanno fatto?- domandò nuovamente Lexia -A sconsacrare la stanza-
-Semplice- disse Mark abbassando il tono di voce -Rapisci dodici fanciulle, vergini. Ognuna nata in un mese dell'anno diverso, le porti nel luogo che vuoi sonsacrare. Davanti all'ingresso di tale luogo rubi le due cose più importanti che la ragazza possiede. La sua purezza, ed il suo sangue. Ripeti questo per dodici volte, ma non di seguito. La dodicesima ed ultima volta che lo farai il terreno gemerà sotto i tuoi piedi, il Paradiso non vorrà più avere un luogo macchiato di quei peccati e lo rigetterà all'Inferno, il quale lo accetterà più che volentieri- concluse
La ragazza rabbrividì schifata -Davvero?- chiese impaurita dal sapere altro
-No- rispose Mark alzando le spalle -Semplicemente hanno costruito quella sala otto anni fa e nessuno l'ha mai benedetta-. Poi si voltò e riprese a camminare verso la stanza dietro l'altare, lasciando qualche metro fra lui e Lexia.
-Idiota..- sussurrò lei sottovoce sorridendo.
-Ti sento, non c'è nessuno a parte te qui- le urlò lui facendo rimbombare la sua voce all'interno della chiesa vuota.

Quando finalmente Lexia lo raggiunse, Mark era già davanti all'ingresso della stanza del clan. Aveva approfittato dell'assenza della ragazza per farsi un paio di rune sulle braccia, giusto per sicurezza. 
-Andiamo- disse lei spavalda avvicinandosi alla porta.
-No- la bloccò Mark -Senti fino a prima era un gioco, ma adesso non più. Qualsiasi cosa dicano stai zitta e non allontanarti da me, i vampiri non gradiscono gli Shadowhunters, e questi vampiri non gradiscono me in un modo particolare, okay?-
-Okay- rispose lei.
-Entro prima io-. Con decisione aprì la porta, rivelando la stanza vuota e buia come la notte, nonostante fuori il sole fosse già alto nel cielo. Si chiuse la porta alle spalle, e in un istante successe il degenero.
Dall'alto qualcuno gli lanciò una statua e Mark fece in tempo a spingere Lexia in una direzione prima di lanciarsi nell'altra. Dopo aver fatto una capriola ed essersi rimesso in piedi con la spada angelica stretta saldamente nella mano destra, si accorse dell'errore che aveva fatto.
Si era separato da Lexia.
Quando alzò gli occhi si trovò davanti la scena peggiore che potesse mai immaginare.
Due vampiri tenevano bloccata Lexia, uno per la gola e l'altro per le braccia. Davanti a lei il pelato le passava le lunghe dita pallide e ossute sulla guancia.
-Ma che bel regalo ci fai, Herondale- le ultime parole le sputò fuori con cattiveria -E' veramente un modo carino per chiedermi scusa- aggiunse mentre la sua mano scendeva dalla guancia, passando per il collo e fermandosi sul cuore. Lexia provò a liberarsi ma i due vampiri la bloccarono nuovamente, provocandole un breve grido di dolore.
-Vivace- continuò Oscar, aveva fatto scendere la mano ancora, e aveva raggiunto l'orlo della maglietta.
Mark non resistette più. Le sue iridi si colorarono di rosso, e stavolta non fece niente per placare la rabbia, anzi la alimentò.
Stavolta non sarebbe uscito con le mani pulite da quel posto. 
Con una velocità sorprendente prese un coltello da sotto la felpa e lo lanciò in direzione di Oscar. Dopo aver volto qualche metro la lama si conficcò nella spalla del vampiro calvo.
-Toccala un'altra volta e giuro che sei morto- sbraitò Mark
-Sono già morto, e lo è anche lei- rispose ridendo e sfilandosi il coltello dalla carne.
-Tenete lei- disse mentre si allontanava dai Nephilim -Ma lui- aggiunse entrando in una stanza il cui ingresso era nascosto -Uccidetelo-
Dal buio emersero altri vampiri. Mark ne contò 23, includendo i due che tenevano bloccata Lexia. I due che avrebbe ucciso per primi.
Estrasse la lama angelica da sotto la felpa -Khamael- urlò facendola avvampare. Ma i vampiri parvero non gradire. I più vicini a Mark soffiarono contro di lui come gatti selvatici mostrando le zanne, mentre i due che tenevano Lexia ferma avevano i canini distanti solo qualche centimetro dalla sue pelle. Il respiro di Mark si fece veloce, il giovane cominciò a sentire il battito del proprio cuore pulsargli in testa. Doveva pensare a qualcosa. Con la lama angelica in mano si voltò, cercando un qualsiasi cosa potesse aiutarlo.
-Noi combattiamo disarmati- disse un vampiro mostrandosi a Mark.
Era lo "sdentato" della sera precedente.
-E così farai tu, altrimenti- schioccò le dita -Lei muore, o forse potremmo trovare qualcosa di meglio prima- aggiunse sorridendo maliziosamente. 
Mark lo osservò con gli occhi scarlatti pieni di rabbia e odio. 
Poi lanciò la spada angelica alle sue spalle, la quale si conficcò nel muro fino all'elsa, e tirò un pugno dritto sul naso dello sdentato, mentre con la coda dell'occhio vedeva i canini dei vampiri scendere lentamente verso le vene pulsanti di Lexia.

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Capitolo 3
*** Il sangue nelle mie vene ***


Mark non capì come ci riuscì ma, si scambiò con Lexia proprio un istante prima che i canini dei vampiri gli trafiggessero la pelle. Mark sbuffo e si spostò rapidamente verso destra, con ancora Lexia al sicuro fra le sue braccia, rompendo i canini dei due rapitori, che gli rimasero ben conficcati nella carne.
-Scappa- urlò a Lexia lanciandola, con forse troppa forza, verso l'uscita -Stai al sole!- aggiunse mentre con gli occhi la seguì, fino a quando non fu certo della sua sicurezza. 
Un vampiro provò a colpirlo alle spalle, ma, prevista la mossa, Mark la evito e gli ruppe il braccio in due punti diversi, con un calcio poi lo spedì lontano contro il muro, dove cadde esanime.
-Bene!- urlò Mark,mentre con gli occhi ancora rossi come il sangue cercava i due rapitori di Lexia. Li trovò subito, erano i due che, accovacciati a terra si tenevano la bocca con fare dolorante.
-Bingo- sussurrò Mark sfoderando un ghigno malefico.
Il Nephilim si lanciò subito all'attacco, colpendo con calci e pugni ogni cosa lo separasse dalle sue prede. Quando li raggiunse colpì il mento di uno con una gomitata, facendolo cadere a terra, mentre afferrò l'altro per il collo da dietro le spalle. 
Il vampiro provò a dire qualcosa, ma ormai era troppo tardi. Con una torsione del braccio, Mark gli ruppe l'osso del collo e lasciò cadere il cadavere rumorosamente a terra, prima di gettarsi sulla sua seconda vittima designata. 
Questi provò a scappare, ma il Nephilim era più veloce e più agile, da sotto la felpa prese un'altro coltello e lo lanciò, trafiggendo il tendine d'Achille del vampiro, il quale cadde a terra. In un secondo lo Shadowhunters gli fu addosso e con il coltello gli trafisse il cuore. L'ultima cosa che il vampiro vide prima di morire furono gli occhi rossi del ragazzo che lo fissavano, privi di una qualsiasi paura. Il ragazzo si rialzò, nessuno dei presenti aveva fatto nulla per fermarlo, e non capiva se fossero spaventati o semplicemente se stessero aspettando gli ordini per attaccare. Con una calma forzata, Mark recuperò la spada angelica, la quale brillava ancora, ruotandola più volte nella mano.
-Tutto qui!- urlò
I Nascosti in quel momento partirono all'attacco del Nephilim.
Un vampiro provò ad afferrarlo per la gola, ma il Nephilim fu più veloce del Nascosto e, dopo averlo schivato gli mozzò le mani con un rapido fendente.
Quanto amava quella sensazione, la rabbia fluiva nelle vene del ragazzo. Era come se in quei momenti fosse lui ad avere le redini del mondo, nessuno a dirgli cosa doveva fare o come doveva farlo.
Amava follemente quella sensazione.
Ma al tempo stesso si odiava.
Un secondo vampiro partì all'attacco, le zanne in mostra con fare aggressivo. Il Nephilim scartò di lato, e con la lama angelica mozzò il corpo dell'aggressore, causando una cascata di sangue che lo colpì in faccia. Sentiva il sapore del sangue in bocca e sputò, non voleva ingerire per sbaglio nemmeno una goccia di quel sangue maledetto.
I Nascosti alla vista di cosa aveva fatto ai loro compagni divennero più agguerriti che mai, e si lanciarono in massa addosso al ragazzo.
Mark si guardò attorno, gli aggressori erano sette e il ragazzo li aveva adocchiati tutti con i suoi occhi scarlatti. Nonostante i vampiri provassero ad attaccarlo da ogni direzione, nessuno riuscì nemmeno a sfiorarlo. Il giovane si scansava sempre all'ultimo momento, pronto già al contrattacco. La lama angelica tracciò un arco di luce nella stanza buia quando Mark tranciò di netto la testa di due vampiri, i cadaveri di questi non fecero nemmeno in tempo a cadere che la lama del ragazzo aveva già trafitto il cuore (o quello che ne rimaneva) di un loro altro compagno.
-Tutto qui!?- urlò il Nephilim con la voce tremante di rabbia -Mi aspettavo di meglio dai figli della notte!- aggiunse lanciandosi verso uno degli aggressori che batteva in ritirata.
L'allenamento di Mark ebbe la meglio sulla velocità del vampiro, dopo avergli colpito la nuca con l'elsa della spada lo fece cadere a terra, e con un piede gli sfondò la cassa toracica.
Il ragazzo guardò dritto il vampiro negli occhi. I suoi occhi rossi come il sangue lo squadrarono dalla testa ai piedi, avrà avuto più o meno vent'anni quando fu trasformato.
-Amico mio- disse avvicinando la punta della spada alla gola del Nascosto -Ci vediamo all'inferno.- poi calò la spada sul collo della vittima.
Qualcuno alle spalle del ragazzo lanciò un urlo.
Mark si voltò con la spada in mano, pronto a compiere l'ennesimo vampiricidio, ma davanti a lui, sull'ingresso, c'era Lexia. Una mano alla bocca, come per trattenere le urla che aveva dentro.
-Ti avevo detto di stare fuori!- sbraitò Mark, ma prima che potesse muovere un passo verso di lei, una figura le saltò addosso, facendola cadere e rotolare lontano dalla luce del sole. La figura si rialzò, mostrando un ghigno malefico e tenendo Lexia per la gola, usandola come scudo umano.
-Oscar- farfugliò Mark, stringendo l'elsa della spada fino a far scrocchiare le nocche -Viscido bastardo figlio di puttan..-
-Fermo- urlò lui stringendo Lexia più forte -O la tua ragazza fa una brutta fine- aggiunse ridendo istericamente, anche se non l'avrebbe mai ammesso era spaventato, e quella ragazza rappresentava la sua unica salvezza.
-No- rispose Mark -Basta con questi giochetti del cazzo-
Lasciò la presa sulla lama angelica, e in un attimo fu addosso ad Oscar. Con uno spintone aveva allontanato Lexia, poi aveva afferrato il vampiro per la gola e lo teneva alzato da terra.
Quando il Nascosto si rese conto di non essere con i piedi per terra, sentì il rumore della lama angelica sbattere contro il pavimento.
-Non ne hai il coraggio- farfugliò Oscar, graffiando la mano di Mark cercando di liberarsi.
-Guardati attorno- sussurrò Mark -I tuoi compagni sono immobili, nascosti nell'ombra, oppure sono immobili e morti- strinse con più forza la gola del vampiro, sentendo qualcosa scricchiolare sotto le dita -Secondo te mi farei problemi a far fuori un altro viscido senza palle-
-Mark Herondale- qualcuno chiamò il Nephilim.
Mark si voltò, tenendo Oscar lontano dal suolo.
-Alex- rispose 
-Lascialo- disse avvicinandosi ai due -E' parte del mio clan, è mio dovere risolvere la questione-
Mark strinse ancora più forte il collo di Oscar prima di lanciarlo ai piedi di Alex -E' tutto tuo- rispose mostrando uno dei sorrisi più falsi che riuscisse a fare.
-Alex è tutto un equivoco- provò a spiegare Oscar prima che il capoclan lo colpisse con un calcio.
-Che lui sia d'esempio- urlò rivolto a tutti i vampiri presenti -Del sangue dei vostri fratelli è stato versato inutilmente oggi. Avete infranto l'unica regola che io vi avevo imposto per vivere sotto il mio tetto. Mai attaccare i Nephilim, specialmente se sono dei buoni clienti- mentre parlava molti vampiri sbucarono fuori dal nulla, tutti interessati al discorso del loro capoclan.
-Oscar- stavolta Alex parlava solo a lui -Ti avevo avvisato- aggiunse estraendo la pistola argentata da sotto la giacca di pelle -Avresti dovuto ascoltarmi-
-Alex io non ho fatto altro che..- le sue parole vennero interrotte dall'urlo straziante che gli uscì dalla gola non appena la canna della pistola gli toccò la fronte, facendola fumare vistosamente nel punto in cui l'aveva appoggiata.
Lexia, dolorante, si era rialzata e avvicinata a Mark, il quale però si accorse di lei solo quando gli afferrò la mano sporca del sangue di vampiro.
-Mark?- lo chiamò, in risposta lui le strinse la mano e la avvicinò a sè.
-E' questo ciò che accade a chi non rispetta le mie leggi- continuò Alex staccando la pistola dalla fronte di Oscar -Niente Nephilim, niente Accordi.. Qua dentro io, e solo io, sono il capo!- detto questo si voltò e osservò Oscar -Sei la mia vergogna- detto questo alzò la pistola e fece fuoco.
In tutta la chiesa rimbombò il rumore dello sparo, il proiettile aveva colpito la fronte di Oscar nello stesso punto in cui prima Alex aveva appoggiato la canna della pistola. Negli istanti successivi regnò il silenzio, interrotto solo dal rumore del cadavere di Oscar che cadeva a terra.
-Herondale..- disse Alex riponendo la pistola sotto la giacca -Spero che ciò non rovini nulla fra vampiri e Nephilim-
Il ragazzo scosse la testa -No, tranquillo-
-Te ne sono grato, ora se non ti spiace devo sistemare giusto altre cose- rispose Alex.
Mark si voltò e, tenendo ancora Lexia per mano, raccolse la spada angelica, avviandosi verso la porta.
-Ah Mark, dimenticavo- lo bloccò Alex -Quanti di quanti vi hanno attaccato sono rimasti?- chiese.
-Tre- rispose il ragazzo senza voltarsi -Me ne sono sfuggiti tre-
-Grazie- disse Alex mentre Mark si chiudeva la porta alle spalle.

Lexia non riusciva a credere a quanto appena successo.
Era questa la vita dei Nephilim, nessuna giornata al parco, nessuna cavalcata nel pomeriggio nei boschi.
Solo sangue, sangue e morte.
Sangue che ricopriva molto del corpo del ragazzo che teneva per mano fuori dalla chiesa.
-Scusa- disse lui coprendosi con una mano gli occhi, fingendo di pulirsi la fronte dal sangue.
Lexia aveva visto quegli occhi, aveva visto come l'iride diventò rossa quando fu in pericolo. 
-Tranquillo- rispose lei balbettando -Stai bene?- le chiese lasciandole la mano
-Si- rispose la ragazza -Tu?- chiese a sua volta, non per cortesia, era realmente interessata alle condizioni di Mark, non sembrava stesse completamente bene.
-Non mi sono scaldato bene- le rispose scoprendosi gli occhi, ora tornati blu, e sorridendole -Ma non mi sono stirato nessun muscolo- aggiunse.
Ma Lexia vedeva chiaramente come stava, la maglia era squarciata in più punti lasciando scoperta la pelle, i capelli di Mark erano sporchi di sangue e polvere, tralasciando il fatto che era interamente coperto di sangue. Lexia sperava con tutto il suo cuore che quel sangue non appartenesse a Mark.
-Passami il braccio- gli disse prendendo lo stilo dalla tasca del pantaloni
-Stai scherzando- rispose Mark -Regola numero..-
Ma Lexia lo interruppe afferrandogli il braccio -Non mi importa delle tue regole- disse -Sei mezzo svestito e ricoperto di sangue, non puoi andare in giro fra i Mondani così come se non fosse successo nulla.- Mark smise di resisterle e la ragazza gli tracciò una runa dell'invisibilità sull'avambraccio.
Appena finì Mark spostò il braccio, impedendole di cominciare l'Iratze che voleva fare.
-Non ne ho bisogno- le disse lui -Non mi hanno colpito, mai.-
-E tutto quel sangue che hai addosso?-
-Non è mio-
La ragazza rimase esterrefatta, Mark aveva combattuto contro un intero clan di vampiri e ne era uscito senza nemmeno una ferita. Non si era mai sentita così fuori posto.
-Ora?- gli chiese
Mark osservò l'orologio che aveva al polso -Io direi che mangiamo, poi ci prendiamo il pomeriggio libero- rispose avviandosi verso il centro paese.

Lexia non immaginava che per Mark prendere da mangiare consisteva nel rubarlo, quando gli aveva fatto notare il crimine lui le aveva risposto semplicemente -Come faccio a pagare un Mondano che non può vedermi?- La ragazza però lasciò una banconota da 10 euro sul bancone, in modo da pagare in parte il debito.
Ormai era mezzogiorno, il sole era ben alto nel cielo e Mark l'aveva portata su una spiaggia davanti al lago.
-E' uno dei miei posti preferiti- le disse togliendosi le scarpe e camminando leggero sulla sabbia.
Lei lo imitò, era una giornata calda per essere quasi inverno, o forse era merito della runa del calore che Mark le aveva fatto poco dopo essere uscita.
-Insegnami- urlò Lexia
-Cosa?- le chiese Mark
-A combattere, ti ho visto là dentro. Nessuno era al tuo pari, eri..-
-Veloce- completò lui la frase spostandosi rapidamente dietro di lei
-Si..- rispose lei voltandosi e ritrovandosi faccia a faccia con Mark
-Forte- continuò lui, dandole una spinta delicata che la fece cadere verso terra.
Lexia urlò, ma un attimo prima di toccare la sabbia Mark la afferrò -Rapido- disse
-E' la stessa cosa di veloce- commentò Lexia ridendo.
Mark la aiutò a rimettersi in piedi.
-Era la tua prima volta?- le chiese
-Sì- rispose la ragazza abbassando lo sguardo
-Hai mai visto uccidere qualcuno prima di oggi?-
-Non puoi- rispose lei sorridendo -Le regole erano una domanda a testa, tocca a me ora-
-Stiamo ancora giocando?- commentò ridendo
-Sì! E questa conta come domanda, quindi ora posso farti due domande di fila- 
Mark scoppiò a ridere -Questo è disonesto!- disse lasciandosi cadere sulla sabbia -Sentiamo queste domande allora-
Lexia si sedette accanto a lui, era più forte di lei, non voleva fare altro che stargli vicina -Prima domanda- disse interrompendo i suoi stessi pensieri -perchè il capoclan-
-Alex- aggiunse Mark
-Perchè usa una pistola?-
-Domanda interessante- le rispose osservandola con gli occhi verdi -Alex è affascinato dal mondo dei Mondani, gli piacciono tutte le storie di gang rivali, di bande di cattivi eccetera. Lui si ritiene un buon cattivo, ed è per questo motivo che ha sempre collaborato con noi senza problemi. Un giorno ha deciso di dover comprare il tipico accessorio del buon cattivo. Una pistola. Per renderla più personale l'ha fatta costruire interamente d'argento, eccezion fatta solo per il grilletto e per l'impugnatura, e sopra ci ha fatto incidere simboli sacri di ogni religione. Quella pistola è letale per qualsiasi figlio della notte- concluse lui
-Interessante- commentò Lexia "un atteggiamento un po' da fuori di testa" pensò -Seconda domanda!- annunciò in modo teatrale. La ragazza ci pensò un attimo. Voleva sapere diverse cose su Mark, il perchè dei suoi occhi, che legami aveva con gli altri Shadowhunters, ma sapeva benissimo che lui non le avrebbe risposto. Non le avrebbe risposto ora. 
-Chi è Liz?- chiese alla fine
Mark la guardò stupito -Fra tutte le cose che potevi chiedermi- disse mentre afferrava uno dei panini che aveva rubato -Mi chiedi del cane?- aggiunse ridendo
-Cane?- domandò imitandolo e prendendo un panino, la fame cominciava a farsi sentire.
-Già, Liz è un cane. Un bellissimo Labrador nero. O meglio un Labrador femmina.-
-Come l'avete..- 
-Noah- rispose Mark senza aspettare la fine della domanda -Ha sempre avuto una passione per i cani, ma Daniela non voleva avere animali nell'Istituto. Nonostante questo tre anni fa Noah è tornata dopo un giro di perlustrazione con questo cucciolo sanguinante in mano. Da quanto ha detto il cucciolo si era imbattuto in un giovane lupo mannaro. Era periodo della luna piena, il lupo deve aver reagito male al cucciolo e lo ha aggredito, ma Noah lo ha salvato.-
-Davvero?-
-All'inizio anche io non ci credevo, ma tre giorni dopo che era arrivata Liz, il capoclan del tempo dei lupi mannari si è presentato all'istituto. Era accompagnato da un ragazzino e in uno zaino avevano 37 coltelli da lancio, ognuno marchiato con rune angeliche e due lettere. NB. Le iniziali di Noah-
-Mi stai dicendo che lei..-
-Sì, ha lanciato 37 coltelli contro un tredicenne licantropo, perchè lui aveva ferito un cucciolo-
-Che gesto nobile- commentò Lexia, mentre giurava che non avrebbe mai fatto arrabbiare Noah.
-E' così lei- continuò Mark -Fa tutta la stronza, come se non le importasse di nessuno. Ma poi sotto nasconde un cuore tenero, non ci vuole molto a capirlo, ma ci vuole veramente tanto tempo per far sì che lei si fidi di te- con gli occhi Mark fissava la sponda dalla parte opposta del lago.
-Tocca a me ora- le disse osservandola con gli occhi verdi.
Lexia arrossì e buttò lo sguardo a terra, interrompendo il contatto fra i loro occhi.
-C'è.. - Mark tossì -qualvcunocvetispettvaavcasva- disse velocemente. Così velocemente che Lexia non capì nulla.
-Cosa?- chiese lei guardandolo negli occhi, le iridi lentamente stavano cambiando colore.
Da verde stavano passando al viola.
Stava arrossendo. Lei lo vedeva chiaramente, il sangue lentamente aveva cominciato ad affluire nelle guance del ragazzo. Mark se ne accorse e si alzò in piedi, dando le spalle a Lexia.
-C'è qualcuno- ripetè ad alta voce -C'è qualcuno che ti aspetta a casa?-
Lexia non fece a meno di sorridere, le stava chiedendo se era fidanzata in una maniera tutta strana.
-A parte la mia famiglia nessuno- rispose e vide chiaramente le spalle del ragazzo che si rilassarono. Le sfuggì un sorriso.
-Ti aspetta qualcuno a casa?- chiese Lexia al ragazzo.
Mark si voltò, gli occhi erano tornati blu -Non ho una casa io- le rispose sorridendo
-Che è successo?- chiese lei alzandosi e avvicinandosi a Mark
-Non ho nessuno, tranne Fredrick e l'Istituto- le rispose
Lexia abbracciò Mark. Gli buttò le braccia al collo e lo strinse a sè più forte che poteva. Dopo qualche secondo Mark ricambiò l'abbraccio. Lexia sentiva le sue braccia che la cingevano dietro la schiena. Sentiva il suo respiro sul colle e il battito del suo cuore che si faceva sempre più veloce. Non seppe quanto tempo rimasero così, abbracciati sulla spiaggia, come due normalissimi ragazzi.
-Potresti avere me- disse la ragazza sottovoce.
Mark si staccò da lei, dandole le spalle. 
-Non ho bisogno della pietà di nessuno- le disse afferrando da terra un sasso e lanciandolo lontano nel lago.
-La mia non è pietà-
Mark finse di non sentirla.
-Raccontami la tua storia- le disse come se non si fossero detti nulla -Come era la tua vita prima di venire qui?-
-Diversa- rispose lei -Non c'era tutta questa... Morte. Le giornate erano più tranquille, monotone.-
-Benvenuta ad Ispra- le disse Mark voltandosi verso di lei e aprendo le braccia -Un incasinato paese sul lago Maggiore, dove vampiri, licantropi, fate e sirene impazzite sono all'ordine del giorno- aggiunse facendo un inchino -Nessuno qua si è mai annoiato.-
Lexia scoppiò a ridere e cominciò ad applaudire -Gli autografi dopo- rispose lui passandosi una mano fra i capelli e sorridendole.
-Egocentrico!- urlò lei lanciandogli un sasso.
Mark lo afferrò al volo, senza nemmeno guardarlo, e lo lanciò sulla superficie del lago facendolo rimbalzare più volte.
-Ecco!- gridò Lexia alzandosi -Insegnami questo-
-Sta tutto nel polso- rispose lui -devi prendere un sasso piatto e poi..-
-Non intendevo "insegnami a lanciare i sassi". Insegnami a schivare e ad attaccare- disse seriamente.
Mark sbuffò. 
-Come vuoi- disse porgendole la spada angelica.
Lexia la afferrò -Non è scorretto così?- gli chiese
-Lo so che sono in vantaggio lo stesso- rispose Mark sorridendo -Ma non ho altre armi da darti.-
Lexia lo fisso -Lo rendiamo più divertente?-
Mark ricambiò lo sguardo, gli occhi ambrati come la prima volta che lo aveva visto -Niente scommesse ora, io contro di te. Niente di più facile, cerca di non farti male-
Lexia non aveva detto tutta la verità a Mark, anche se le sue giornate a casa erano monotone aveva imparato fin da piccola a padroneggiare le spade (come ogni Nephilim) e, anche se non aveva esperienze pratiche, sapeva ogni passo adatto a colpire l'avversario. Si ruotò la spada più volte nella mano. -Cominciamo!- urlò e si lanciò all'attacco di Mark con la spada nella mano destra. Il primo colpo fu un fendente diretto verso il collo di Mark, il quale lo schivò senza difficoltà, colpendo poi il braccio di Lexia con una mano, facendola girare su sè stessa come una trottola. -Tutto qui?- le disse ridendo -Senti- aggiunse -Equilibriamo le cose, da adesso non posso usare le mani- concluse infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
-Non sottovalutarmi Mark- rispose Lexia agguerrita. In risposta Mark le fece l'occhiolino, aspettando un suo attacco.
Stavolta Lexia decise di adottare una strategia più sicura, e più infame. Si avvicinò lentamente a Mark, poi fece un salto ruotando la spada, facendo indietreggiare il ragazzo. Lexia fece una capriola a terra, raccogliendo una manciata di sabbia, che lanciò negli occhi di Mark appena fu nuovamente in piedi. -Giochi sporco- commentò Mark chiudendo gli occhi per evitare che la sabbia ci finisse dentro. Lexia non rispose, era il suo momento per colpirlo. Avrebbe colpito, le gambe di Mark, in  modo da farlo cadere. Ruotò la spada e la fece scendere velocemente verso la gamba del ragazzo, ma un istante prima che lo colpisse Mark alò di scatto il piede, bloccando la lama a terra, poi con la gamba libera colpì l'elsa della spada, costringendo Lexia ad abbandonare l'arma.
Mark riaprì gli occhi. -Come diavolo fai?- gli chiese Lexia -Sei prevedibile- le rispose lanciandole la spada ai suoi piedi. Le rimaneva un'unica carta da giocare. La stessa che usava con suo padre quando era bambina.
Raccolse la spada da terra e subito partì all'attacco. Quando la distanza fra i ragazzi si era ridotta a qualche passo, Lexia urlò di dolore toccandosi la gamba con la mano libera. Mark mosse un passo verso di lei preoccupato, ma la ragazza si rialzò di scatto, con la spada che si muoveva in direzione del petto di Mark.
Il tutto avvenne in un attimo, un battito di ciglia per Lexia, ma quando riaprì gli occhi rimase stupita dalla scena. Aveva immaginato che Mark evitasse quel colpo, come tutti quelli precedenti, invece in ragazzo teneva la lama con le mani insanguinate a pochi centimetri dal suo petto.
Rimasero fermi così qualche secondo. Le mani di Mark erano tagliate nel punto in cui aveva afferrato la spada, ma per il resto stava bene.
-Scusa- farfugliò Lexia
-E di cosa?- rispose Mark sorridendo -Stavi per colpirmi, ottimo.- Era la prima volta che Lexia lo vedeva sorridere realmente.
Era un sorriso che partiva dagli occhi, si erano illuminati e la fissavano come se fosse la cosa più bella del mondo, notò in oltre che quando Mark sorrideva realmente, come in quel momento, inclinava la testa verso sinistra, e chiudeva l'occhio sinistro leggermente.
-Bhe- commentò lei -ho vinto io-
-Perchè?- chiese Mark stupito prendendole la spada dalle mani e pulendo la lama sui jeans, ormai macchiati da un miscuglio indistinto di sangue.
-Avevi detto di non usare le mani, eppure le hai usate per afferrare la spada, quindi non hai rispettato le regole, quindi ho vinto io- rispose.
Mark scoppiò in una fragorosa risata -E  va bene lo ammetto, hai vinto tu- confessò sedendosi.
Lexia si sedette accanto a lui, appoggiando la spalla contro la sua, e rimasero lì così a parlare per ore, osservando il sole che lentamente compieva la sua corsa nel cielo, finendo con lo sparire poi dietro le montagne.

Erano quasi arrivati all'Istituto, e Mark non si era nemmeno reso conto del tempo che era trascorso. Aveva perso la cognizione dell'ora stando con Lexia, e tutto sommato, non gli era dispiaciuto per niente.
-Anatre quindi- disse lei -Hai il terrore delle anatre?- aggiunse ridendo adorabilmente.
-Non è terrore. Le anatre sono malvagie, in realtà nascondono un'anima piena d'odio sotto tutte quelle piume-
Insieme i due ragazzi salirono i gradini dell'istituto ed entrarono nella stanza illuminata dalle stregaluci tenendosi per il braccio.
-Mark Herondale!- urlò Daniela appena lo vide -Sei in ritardo e, per l'Angelo! Che ti è successo?- chiese appena si accorse dei suoi vestiti stracciati e completamente ricoperti di sangue -Nulla- rispose il ragazzo sorridendo come Daniela non lo aveva mai visto fare.
Il ragazzo poi fissò Lexia -Ci vediamo dopo cena?- lei annui in risposta, e Mark si allontanò subito da lei e Daniela, in direzione della camera a lui riservata, mentre Daniela faceva il terzo grado a Lexia per capire cosa fosse realmente successo. Non vedeva l'ora di buttarsi sotto la doccia.
Appena arrivò in camera, si tolse subito i vestiti buttandoli in un angolo della stanza e subito si diresse verso il bagno. L'acqua della doccia fu subito calda e in un primo momento si colorò di rosso, mentre lavava via tutto il sangue che ricopriva il corpo di Mark.
Il ragazzo si guardò le mani, su entrambi i palmi erano visibili i due tagli causati dalla lama angelica, avevano smesso di sanguinare ormai, ma Mark aveva deciso di non farsi rune per chiudere in maniera definitiva e rapida le ferite.
Il ragazzo sorrise ripensando al pomeriggio trascorso, nella sua mente ritornava una frase.
"Potresti avere me"
Che idiota era stato.
-Avresti dovuto baciarla scemo- disse a sè stesso colpendo il muro con il pugno. Nemmeno lui seppe spiegare la propria reazione in quel momento. Era spaventato. Non sapeva cosa stava succedendo con lei, ma era certo di una cosa, non voleva perderla e avrebbe fatto ogni cosa per tenerla al sicuro.
Non avrebbe permesso a nessuno di farle del male.
Il pensiero successivo invece era rivolto a Fred. "So che mi senti, vedi di dire qualcosa a chiunque e giuro sull'Angelo che te ne pentirai a vita".
Poi svuotò la mente da ogni pensiero, come gli accadeva ogni volta che si trovava sotto il getto do acqua calda della doccia, e finì di lavarsi lo sporco e il sangue di dosso.
Quando finì di lavarsi si buttò sul proprio letto, facendo cadere alcuni libri che ci aveva appoggiato sopra, e senza neanche accorgersene si addormentò.

-E così Mark si è innamorato della nuova arrivata?- gli chiese Cass mentre si tirava le coperte fin sotto il mento in modo da coprire la pelle nuda.
-Già- le rispose Fredrick uscendo dal bagno. Indossava solo un paio di boxer, il resto dei vestiti di entrambi giaceva in disordine sul pavimento.
-Dai mi piace quella ragazza- commentò Cass
-Anche a me- rispose Fred lanciandosi accanto alla ragazza sul letto
-Potrei essere gelosa- gli disse afferrandogli la schiena con entrambe le mani
-Nessuna- rispose spostando il lenzuolo e afferrando la ragazza per la schiena a sua volta -Nessuna mi piacerà mai come te- le disse prima di baciarla sulle labbra. Cass ricambiò il bacio e in un istante ribaltò il ragazzo sul letto mettendosi a cavalcioni su di lui -Sei un idiota Fredrick- disse lei facendo passare le mani sugli addominali di Fred
-Ti amo- rispose lui accarezzando le gambe di Cass, mentre il corpo di lei aderiva sempre di più al suo, fino a quando lei non fu completamente sdraiata su di lui. Fred le fece scorrere una mano lungo la schiena, era una cosa che faceva impazzire Cass, e lui lo sapeva bene. La ragazza, infatti, reagì, inspirando profondamente e ficcando le unghie nel petto del ragazzo, lasciandogli dei segni rossi. Fred rovesciò la situazione, o meglio, rotolò su sè stesso, in modo da essere lui sopra Cass, ma senza che se ne accorgesse (la cosa non gli dava alcun fastidio) la ragazza lo aveva svestito completamente.
-Ops- disse maliziosamente stringendo la schiena del ragazzo con le gambe.
I due ormai erano un tutt'uno, un unico essere che respirava all'unisono e si muoveva senza indugio. Nella frenesia del momento i due fecero cadere una lampada che si ruppe fragorosamente a terra, ma i due non ci fecero caso. Erano attaccati l'uno all'altra, un bacio continuo, un bacio affamato, come se solo con le labbra non potessero comunicare ciò che volevano l'uno dall'altra.
Poi successe il disastro.
Fredrick si alzò di scatto, lanciandosi dalla parte opposta della stanza, colpendo il muro e accasciandosi a terra, una mano premuta contro la runa di Parabatai che aveva sul petto.
-Fred!- urlò Cass raggiungendolo -Fred! Stai bene?-
-Si- rispose ansimando -Io sto bene, ma Mark no- con una mano indicò la runa di Parabatai che aveva cominciato a sanguinare.
-Non lo sento più- aggiunse spaventato.
Il suo respiro si era fatto sempre più veloce, stava succedendo qualcosa a Mark, qualcosa di brutto. Non era mai stato così spaventato.
-Dov'era l'ultima volta che l'hai sentito?- chiesa Cass mentre si rivestiva in fretta
-All'Istituto- rispose lui.
-Rivestiti- gli ordinò -Andiamo subito lì-

Non capiva perchè, ma la testa gli girò vorticosamente mentre si rialzava dal letto. Mark ci mise qualche secondo prima di ritrovare l'equilibrio, ma appena si sentì sicuro sui suoi piedi schizzò fuori dalla stanza. Teneva gli occhi aperti a fatica, e si sentiva smarrito mentre percorreva i corridoi dell'Istituto. Lexia, era lì che stava andando, non sapeva il perchè.
Voleva solo vederla ancora, salutarla, augurarle la buonanotte, baciarla, baciarla, baciarla.
Senza che se ne rese conto era davanti alla sua porta, e con una mano stava bussando. 
-Lex- chiamò -Lex, sono io-
La ragazza gli aprì la porta, indossava un paio di pantaloni della tuta grigi, ed una maglia a maniche lunghe il cui scollo lasciava intravedere parte del reggiseno.
-Mark- sussurrò lei -Che ci fai qua?-
-Non lo so, io dovevo, sale e scriverti non lo so- le parole uscivano senza controllo dalla sua bocca.
-Mark stai bene?- chiese preoccupata lei
-No, cioè sì, cioè..- si interruppe un secondo.
Sentiva che il colore dei suoi occhi stava cambiando, ma non gli importava altro che stare con Lexia in questo momento.
-Io sto bene solo quando ci sei tu- le disse.
Poi la sua vista si oscurò, le gambe gli cedettero e cadde a terra.
L'ultima cosa che vide furono gli occhi di Lex che lo guardavano, avrebbe tanto voluto allungare una mano e accarezzarle la guancia, dirle che stava bene che non era nulla, ma le tenebre si impadronirono di lui prima che potesse dire nemmeno il suo nome.

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Capitolo 4
*** Occhi che parlano ***


Quando Mark le era svenuto davanti la paura si era impadronita di Lexia, lasciandola di stucco, impedendole di muoversi. Fortunatamente pochi secondi dopo era stata raggiunta da Cassie e Fredrick, quest'ultimo aveva la maglia sporca di sangue, e insieme avevano portato Mark nell'infermeria dell'istituto.
Infermeria.
Più che altro una stanza con una decina di barelle e stilo ovunque, l'unica cosa che poteva far pensare ad un ospedale era il colore delle pareti. Bianche, le quali facevano riflettere la luce tremolante delle varie stregaluci appese lungo il muro.
Lexia ora era lì, seduta su una sedia accanto alla barella dove Mark riposava, sembrava stesse dormendo pacificamente. Lexia giurò di averlo visto sorridere due o tre volte mentre dormiva. Accanto a lei c'era anche Fredrick, non perdeva di vista nemmeno per un secondo il suo parabatai, lui stesso si era preoccupato di tracciare vari marchi della guarigione lungo il corpo dell'amico, e lui stesso gli aveva attaccato le flebo al braccio. Mark infatti era collegato a due flebo, la prima era una comune sacca di sangue, mentre la seconda era più complessa. Al suo interno c'era dell'acqua santa, che, gocciolando lentamente, entrava in circolo nel corpo di Mark, purificandolo dal sangue di vampiro che aveva accidentalmente ingerito. Era impressionante come anche una sola goccia di sangue maledetto potesse rovinare il corpo di un Nephilim. Fin da piccola le avevano insegnato che i Nephilim discendevano dgli angeli, per questo motivo non dovevano assolutamente ingerire del sangue di vampiro, gli angeli bramano la luce, mentre i vampiri ne sono esiliati. Costretti ad errare durante la notte.
E tutto era successo per colpa sua. Cass, dopo che Fred mise Mark in condizioni stabili, le aveva spiegato cosa era successo. Uno dei canini che aveva trafitto Mark gli era rimasto incastrato nella pelle, e lungo la giornata aveva continuato a succhiare fuori il sangue, facendolo quasi morire dissanguato. Gli effetti disastrosi sono accaduti quando era svanita la runa di forza che Mark si era tracciato, lasciandolo all'improvviso debole. 
Fred per sicurezza aveva attaccato il compagno alla flebo di acqua santa, nessuno sapeva con precisione se avesse o no ingerito del sangue. Ottennero risposta solo qualche secondo dopo che l'acqua santa entrò in circolo nel corpo di Mark, il ragazzo infatt'i si svegliò di colpo, senza dire parola, ma vomitando sangue. Dopo di ciò perse nuovamente conoscenza, cadendo sul letto.
-Come hanno fatto a colpirlo?- le chiese Fredrick continuando a guardare l'amico
-Non lo so- rispose Lexia, era tipo la quarta volta che le faceva la stessa domanda, e lei continuava a rispondere nello stesso modo -So solo che stavano per mordere me, ma lui mi ha spostata, forse devono aver morso lui. Poi mi ha lanciata fuori e dopo qualche minuto è uscito- aveva tralasciato apposta la parte in cui lei rientrava nella stanza per vedere il massacro che aveva compiuto.
-Deve essere successo così..- disse Fred parlando fra sè e sè.
Perchè erano così stupiti? Erano Shadowhunters, era normale che ogni tanto finissero mezzi morti. Ma avevano reagito in una maniera diversa da come se lo sarebbe aspettata.
-Perchè fate così?- chiese lei, voleva risposte, e le voleva subito.
-Così come?-
-Perchè vi siete stupiti così tanto nel vedere Mark ferito? Siamo Shadowhunter, per l'Angelo! E' normale che ci feriamo ogni tanto!-
Fredrick la guardò sconvolto, distogliendo gli occhi per la prima volta dall'amico.
-Non te l'ha detto?- chiese stupito
-Detto cosa?- rispose alzando la voce -Non mi ha detto nulla di importante e sono sicura che mi sta nascondendo qualcosa- si interruppe un attimo e fissò Fred -Che entrambi mi nascondete qualcosa- aggiunse
-Mark se la prenderà a morte per questo- disse Fred 
-Non mi importa! Voglio sapere la verità.. voglio sapere perchè i suoi occhi cambiano colore con l'umore-
-Qualcosa sai però- commento Fred
-Si ma non da lui!- rispose acida.
Fred sospirò.
-Per sapere la verità devo cominciare partendo dal passato. In Italia le cose non sono come negli altri paesi, c'è stato un periodo in cui gli Shadowhunters erano allo sbando. Avevano dimenticato la loro missione, e dedicavano la loro vita ai piaceri carnali. Alcool, droghe, donne e demoni. Assieme all'ordine che venne ristabilito, arrivò anche il conto da pagare. La vita frivola dei nostri antenati non aveva fatto altro che creare..- si fermò un attimo -..mostri.-
-Mostri?- chiese Lexia
-Sì, mostri. Degli scherzi della natura, nelle vene di alcuni Nephilim scorreva del sangue macchiato dalle stronzate dei loro genitori o nonni. Nascevano Nephilim con strane capacità, degli ibridi. Mezzi Shadowhunters, mezzi stregoni. Mezzi Shadowhunters, mezze fate e così via. Quando il Conclave lo scoprì gli eliminò, senza pietà. Il sangue dell'Angelo doveva conservarsi puro lungo le generazioni, non erano ammesse eccezioni.-
-Ma nonostante tutti gli sforzi che fecero qualcuno scampò al loro braccio vendicatore, lasciando così una scia di sangue ibrido. 
Lentamente, e con l'andare delle generazioni, il sangue si purificò da solo, e i casi di Nephilim con abilità particolari diminuirono sempre più, facendo dimenticare tutto l'accaduto.-
Lentamente Lexia stava cominciando a capire.
-Quindi dei parenti di Mark?- chiese
-Sì- rispose lui sospirando -Riuscirono a scappare dal conclave e a fingersi normali, poi cominciarono a nascere Nephilim "puri" e nessuno si accorse di nulla. Fino a quando non nacque Mark.-
-Quando Mark nacque sua madre morì durante il parto, da quando ci hanno detto era una donna estremante fragile, il padre di Mark, il signor Herondale, lo riconobbe come l'assassino di sua madre e scappò, lasciandolo da solo. Fortunatamente per lui l'Istituto di Ispra lo accolse e lo allevò come un bambino qualunque, prima di accorgersi delle sue abilità-
-Abilità?- chiese Lexia -Quindi riesce a fare altro oltre che a cambiare il colore degli occhi?-
-Lexia, hai mai sentito il detto "Gli occhi sono lo specchio dell'anima"?-
-Chi non l'ha sentito- rispose lei
-Per Mark è così. Lui non decide volontariamente di cambiare il colore agli occhi. Quello è il marchio che i suoi parenti gli hanno lasciato. E' ciò che simboleggia che non è "puro".-
Fredrick si voltò ad osservare nuovamente l'amico privo di conoscenza.
-Per lui è una maledizione. Non può nascondere mai ciò che prova.-
Lexia rimase zitta qualche secondo. Ogni parola che Fred diceva era una pugnalata allo stomaco. Non avrebbe mai immaginato che nella vita di una persona potesse esistere tanto dolore.
-Ma ogni maledizione- continuò Fred -ha i suoi lati positivi se si guarda dalla giusta angolatura. Gli occhi di Mark sono speciali. Gli permettono di vedere certe cose che non non vediamo-
-Fantasmi- disse Lexia interrompendolo, sapeva che nascevano Nephilim con questa capacità.
-No, no- rispose Fred sorridendo -E' difficile da spiegare ma Mark, vede cose che non sono ancora successe-
-Vede il futuro!?- chiese stupita
-Sì e no, vede cose che non sono successe ma che stanno per succedere. Porco Azaziel se è complicato da dire. Lui riesce a prevedere di qualche secondo le cose pericolose che gli stanno per succedere- concluse lui passandosi una mano fra i capelli.
-Quindi- intervenne Lexia -In poche parole prevede di un istante le cose che possono ucciderlo? Come il coltello di Noah?-
-Giusto!- disse Fred -Esattamente come il coltello di Noah stamattina-
-Ma ancora non capisco- continuò Lexia -Perchè siete così stupiti dal fatto che si sia ferito?-
Fred la guardò stupito -Non hai capito bene allora, in tutti questi anni lui non ha mai subito una ferita in un combattimento, da sempre è stato capace di prevedere gli attacchi e di schivarli. In 12 anni che lo conosco questa è la prima volta che è stato ferito da altri-
-E' per questo che sei così preoccupato per lui?- chiese Lexia
-Già- rispose Fredrick -E' capitato molte volte ad ognuno di noi di finire in questo lettino, me è la prima volta che vediamo Mark così-
Improvvisamente Daniela fece irruzione nella stanza, aveva gli occhi lucidi e la faccia arrossata, dietro di lei entrò anche Sergio, visibilmente più calmo della moglie -Per l'Angelo! Cassie ci ha spiegato tutto, come sta? Sì è ripreso? Dei marchi stanno sparendo? Respira?-
-Daniela per favore stai esagerando- le disse Sergio toccandole la spalla con fare amorevole
-Non dirmi di calmarmi!- gli urlò contro lei
-Sta bene- disse Fred interrompendo il litigio sul nascere -Ci vorrà del tempo affinchè si riprenda bene, ma penso che nel tardo pomeriggio possa svegliarsi-
Daniela si mise le mani fra i capelli, poi si voltò e abbracciò il marito, il quale la circondò con le braccia.
-Fred sono le due di notte vai a letto è tardi- disse Sergio al ragazzo.
In risposta Fredrick fece di no con la testa e indicò una runa della veglia che si era tracciato sull'avambraccio -Io non mi muovo di qui- disse.
Daniela si staccò dal marito e si avvicinò a Fred -Riesci a sentirlo?-
-Qualcosa- rispose lui -Ho avuto un'ora in cui non lo sentivo per niente-
-Come sta? Riesci a comunicargli qualcosa?- chiese Daniela
-No- rispose lui ridendo -Io non riesco a dirgli nulla, posso solo sentirlo-
-Cosa senti ora?- Daniela continuava a fare domande, e Lexia era contenta di non essere l'unica curiosa nella stanza.
-Niente di importante, sta sognando ed è felice-
-Cosa sta sognando?- chiese nuovamente
-Dani ora credo tu stia esagerando- le disse Sergio
Daniela sbuffò allontanandosi da Fred -Sono solo in pensiero per lui, tutto qui-  voltandosi poi si accorse della presenza di Lexia -Che ci fai qua te?- le chiese
-Io.. Io..- balbettò la ragazza
-Stava tornando in camera e lo ha trovato svenuto in corridoio- concluse Fred -Poi sono arrivato io e l'abbiamo portato qua insieme a Cassie, ora lei è tornata in camera sua a dormire-
-Ah, bene- commentò Daniela prima di uscire dalla stanza
-Perdonatela ragazzi- disse Sergio -E' la prima volta da quando Mark è qui che lo vede così, è solo preoccupata- poi seguì la moglie fuori dall'infermeria, augurando prima la buonanotte ai ragazzi.
Nella stanza rimasero solo i due ragazzi, entrambi con gli occhi puntati su Mark. Qualche volta Lexia notava dei movimenti sotto le palpebre del ragazzo, seguiti poi da delle contrazioni muscolari.
-Sta sognando?- chiese a Fred
-Sì- rispose lui
-Cosa?-
Fred non rispose. La osservò e basta. Sapeva benissimo cosa stava sognando Mark, ma non sarebbe stato corretto rivelaro a qualcuno.
-Lo so- disse Lexia -Ho capito che non so come ma voi due riuscite a parlarvi telepaticamente-
Fredrick rise -Non è proprio così-
-Com'è allora?- chiese nuovamente infastidita. Era davvero difficile riuscire a far parlare Fred, ma lentamente ci stava riuscendo, cosa che non era riuscita a fare con Mark.
-Quante domande- commentò Fred, sbuffando come lui -Più o meno la nostra storia è la stessa, sangue sporco e bla bla bla- disse
-Ah- rispose lei
-A differenza sua però io riuscivo a sentire i pensieri delle persone, di tutti.-
-Deve essere una cosa fantastica- commentò lei
-Per niente- rispose lui -Ovunque andassi sentivo i pensieri di tutti, le loro voci che mi rimbombavano nella testa. Codici, segreti, odi. Sentivo tutto e non c'era riparo, ovunque io andassi le voci mi seguivano. Questo rischiò di portarmi alla pazzia, non capivo quali erano i miei pensieri e quali invece appartenevano agli altri.-
-Un giorno decisi di farla finita, i miei genitori mi portarono dai Fratelli Silenti per chiudermi la mente. Ci riuscirono e finalmente mi liberai dalla mia maledizione.-
-Non avrei mai immaginato, mi spiace- disse Lexia sentendosi stupida per il suo primo commento.
-Non sono doni, sono maledizioni che il cielo ha scagliato sulle famiglie che si sono macchiate del peccato della lussuria. "Perchè io il Signore tuo Dio sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione"-
-Che cosa crudele- commentò Lexia
-Vivere non è facile- le rispose lui.
Lexia restò a ripensare alle parole del ragazzo, com'era possibile che, nonostante i Fratelli Silenti avessero chiuso la sua mente, riuscisse a sentire i pensieri di Mark?
-Se ti hanno tolto quella capacità come fai a sentire Mark lo stesso?- gli chiese, voleva sapere ogni cosa ora.
-Il rituale per diventare Parabatai- comiciò Fred -è un rituale antico e pieno di misteri. Quando l'abbiamo fatto io e Mark ci è successo qualcosa, c'è un legame particolare fra i Parabatai, ma questo legame è ancora più forte fra noi due. Nessuno sa spiegarsi il perchè, nessuno. Può darsi che sia per colpa del nostro sangue, ma nessuno lo sa con certezza, e sia io che Mark ci siamo rifiutati di farci fare dei test. Ci siamo rifiutati di diventare delle cavie.-
-Fattostà che, dopo il rituale, nella mia mente si è aperto un canale, solo uno che porta i pensieri di Mark a me. Ma non era come prima, i suoi pensieri nella mia testa avevano la sua voce. Io riuscivo a separare i miei pensieri dai suoi. Ormai sono talmente abituato alla sua presenza qui dentro- disse toccandosi la tempia con un dito -Che è diventato parte di me, non mi accorgo nemmeno della sua presenza. Nonostante ci siano suoi pensieri che non voglio sapere- aggiunse ridendo.
Lexia cominciò a ridere anche lei, finendo poi con lo sbadigliare.
-Vai a dormire Lexia- le consigliò Fredrick -Sei stanca e hai avuto una giornata movimentata, hai bisogno di riposarti.-
Lexia era troppo stanca e la sedia sulla quale sedeva era troppo scomoda per rifiutare il consiglio, così si congedò da Fred, il quale tornò a fissare l'amico.
Prima di chiudersi la porta alle spalle Lexia si voltò, vedendo Fredrick intento a tracciare un'altra Iratze sul collo dell'amico.

-Così Mark è mezzo morto-
-Ah-ah- rispose Gin continuando a sfogliare il libro che aveva in mano, standosene sdraiata sul letto.
Gin e Noah condividevano la stanza non per comodità, ma per spazio. Inizialmente avevano preso due stanze vicine, poi avevano abbattuto il muro che le separava (Sergio ringrazia ancora che non fosse un muro portante) e avevano creato un'unica stanza da condividere.
-Mi stai ascoltando!- urlò Noah a Gin.
-Ah-ah- rispose nuovamente lei.
Noah smise di accarezzare Liz e raccolse da terra una pallina da tennis, e la lanciò contro Gin, la quale si vide arrivare addosso anche Liz, convinta che volesse giocare.
-Cuccia!- urlò Gin lasciando cadere il libro ai piedi del letto-Ma che problemi hai!?- aggiunse rivolta a Noah.
-Ti sto parlando da dieci minuti e tu non mi stai minimamente ascoltando, come sempre!- rispose. Liz nel frattempo aveva recuperato la pallina e la masticava tutta contenta sul letto di Gin.
-Sì che ti stvo ascoltando!-  le rispose recuperando il libro -Mark è mezzo morto, e allora?-
-E allora!? Ma che razza di insensibile sei!- commentò acida Noah
-Ma abbi un po' di fiducia, non è la prima volta che qualcuno si fa male, e non sarà nemmeno l'unica, vedrai che Mark domani pomeriggio starà già meglio- 
Cassie fece irruzione nella stanza.
-Sono le due di notte, o la smettete di urlare o giuro su Raziel che le prossime a finire in infermeria sarete voi due, e non sarà per nulla una cosa piacevole!- urlò sbattendo poi la porta alle sue spalle una volta uscita.
-Secondo me- sussurrò Noah a Gin -Non è andata in porto oggi pomeriggio con Fred-
In risposta Gin cominciò a ridere buttandosi sul letto e affondando la testa nel cuscino. Dopo qualche secondo si addormentò e Noah rimase l'unica sveglia assieme a Liz. 
Stando bene attenta a non svegliare Gin (o Cass) uscì dalla stanza. Appena chiuse con cautela la porta qualcuno le venne addosso, facendola cadere.
-Fai attenzione- disse togliendosi di dosso il corpo di chi l'aveva fatta cadere.
-Lexia?- 
La ragazza che le era caduta addosso era proprio Lexia, i capelli in disordine e le guance rigate dalle lacrime.
-Va tutto bene?- le chiese Noah. Lexia scossè la testa e le passò il telefono che aveva in mano. Sullo schermo c'era un messaggio del padre di Lexia "L'accordo è fatto, sono fiero di te"
-Lexia ma cosa vuol dire?- chiese Noah, ma questa non rispose, prese il telefono dalle mani di Noah e lo scaraventò con violenza contro il muro, rompendolo e facendone cadere i pezzi a terra.
-Quel bastardo- disse con la voce tremante di rabbia -Come si permette di fare così-
Noah continuava a non capire -Di cosa stai parlando?-
Lexia si voltò verso di lei, gli occhi azzurri erano arrossati, e le guance erano completamente bagnate dalle lacrime. Senza rispondere, la ragazza afferrò Noah in un abbraccio e ricominciò a piangere rumorosamente.

L'Italia.
Magnus Bane si era sempre chiesto come avesse fatto un paese così nobile a cadere in rovina, ma in fondo a lui non importavano cose come la giustizia o la politica, era uno stregone, affascinato dal mondo mondano, ma aveva scoperto più volte a sue spese che era un mondo malvagio, ed era meglio starne fuori.
Quella mattina Magnus sfrecciava lungo le strade della campagna Toscana a bordo di una Lotus Elise giallo limone. Ma questa volta lo stregone non era lì per piacere, ma per lavoro. All'inizio era tentato di rifiutare l'incarico, era un periodo in cui le cose fra lui e Alec Lightwood andavano bene, e non avrebbe voluto separarsi da lui, penso mentre eseguiva una curva ad una velocità decisamente eccessiva, Magnus si stupì dell'incredibile tenuta della macchina anche in quelle condizioni.
Sul sedile accanto a lui c'era un fascicolo di carta, Magnus lo afferrò e lo aprì, all'interno c'era il suo incarico. Magnus doveva semplicemente prelevare un giovane fiorentino e portarlo all'Istituto di (non ricordava il nome al momento) in Lombardia, fine. Non era un incarico difficile, anzi. 
Lo stregone non ci mise molto a coprire la distanza che lo separava dalla casa dei signori, merito anche del potente motore della Lotus, e arrivò al cancello delle villa alle 10 in punto. Magnus scese dalla macchina e si avvicinò al campanello, una placca accanto al citofono aveva inciso Lightwell in corsivo con lettere dorate. A Magnus quel nome ricordava Alec, e per un momento fu colto da nostalgia. Lo stregone scosse la testa e suonò con decisione il campanello. Una voce distorta dall'apparecchio gli rispose -Si?-
-Sono Bane, sono stato contattato per...- cominciò lo stregone
Il cancello si aprì automaticamente -Prosegua fino alla villa con la sua vettura- disse la voce dal campanello.
Italiani, pensò Magnus, me li ricordavo molto più educati. Poi salì a bordo della sua Lotus e fece in modo di partire lasciando che le ruote spostassero più ghiaia possibile.
La villa verso la quale si stava dirigendo era uno spettacolo, il giardino era immenso ma spoglio, era un effetto voluto e questo Magnus lo sapeva, le famiglie ricche facevano qualsiasi cosa che potesse farti sentire miseramente piccolo. La villa di per se era tinta di un color ocra, leggermente rovinato dal tempo, che la faceva sembrare ancora più antica e importante, esattamente a metà di esse vi era l'ingresso. Un'enorme portone di legno posto esattamente davanti ad una fontana gotica. Magnus abbandonò la macchina accanto alla fontana e salì i gradini che lo separavano dalla porta. Un istante prima di arrivare all'ultimo gradino, la porta si aprì, rivelando un piccolo uomo vestito con uno smoking che gli fece segno di entrare, quando Magnus fu dentro gli chiuse la porta alle spalle e se ne andò, evidentemente il suo compito era finito lì. 
L'interno della villa era esattamente come Magnus se lo aspettava, un enorme sala dalla quale partivano speculari due scale per raggiungere il piano superiore, ed attaccato al soffitto uno sfarzoso lampadario di cristallo.
-No, non vogliamo metterci in mostra- sussurrò Magnus.
-Bane- urlò un uomo da sopra le scale -Bane, Bane, Bane..- continuò a ripetere mentre scendeva i gradini -La prego si accomodi pure, non faccia complimenti- aggiunse raggiungendo Magnus e stringendogli la mano con (troppo) vigore.
-Grazie- rispose Magnus -Ma preferirei fare alla svelta, non vorrei fermarmi troppo-
-Che efficienza, che serietà- commentò l'uomo -Proprio quello che mi avevano garantito-
Secondo Magnus quell'uomo era  troppo euforico per uno della sua età, dimostrava una cinquantina d'anni, i capelli erano palesemente tinti (ormai Magnus capiva al volo certe cose) di un nero troppo scuro, e parlava troppo, quest'ultima cosa a Magnus non piaceva.
-Immagino che lei sappia già dove deve portarlo?- chiese l'uomo
-Certo, all'istituto di Intra-
-Ispra- lo corresse -Pensavo le avessero dato un fascicolo con tutte le informazioni-
-Credo si siano dimenticati di recapitarmelo- mentì Magnus, non aveva avuto tempo di leggere tutto il fascicolo.
-Non c'è problema- rispose il padrone di casa -Ne ho una copia, potrà leggerla con calma mentre sorseggiamo un buon caffè- aggiunse prendendolo sotto braccio e trascinandolo lungo il corridoio.

Magnus stava sfogliando il fascicolo pagina per pagina, quando arrivò alla parte riguardante Ispra, saltò tutte le pagine con la storia locale ed arrivò subito all'elenco dei Nephilim dell'Istituto. A capo vi era un uomo, Sergio Goldwain, sposato con Daniela Goldwain, con loro vivevano cinque ragazzi, le sorelle Baygreen, Ginevra e Noah, Cassie Baywell, Fredrick Blackthorn, Mark Herondale. 
Lo stregone si fermò a rileggere l'ultima riga più volte. Blackthorn e Herondale, non sapeva che quelle famiglie avessero parenti in Italia.
-E quindi ora abbiamo solo sei puledri- concluse l'uomo seduto di fronte a Magnus riportandolo alla realtà. Magnus sorrise come risposta .
-Fra poco dovrebbe arrivare Enrico- disse nuovamente l'uomo.
E così fu, qualche minuto dopo un ragazzo entrò nella stanza, sbattendosi violentemente la porta alle spalle. Indossava una maglietta a maniche corte aderente, la quale faceva risaltare i muscoli del ragazzo. Le braccia erano piene di rune ma completamente prive di cicatrici. Dopo che gli occhi di Magnus ebbero indugiato sul fisico del ragazzo si permise di osservarne il volto. I capelli biondi erano ricci e lunghi, il ragazzo infatti dovette spostarli con la mano per scoprirsi gli occhi castani. Lo stregone rimase esterrefatto a guardare l'apparizione di quel ragazzo, così simile ad un angelo di Botticelli, scordandosi di Alec giusto per un istante.
-Padre- disse avvicinandosi ai due seduti al tavolo, ad ogni passo lasciava tracce di fango misto a terra sul pavimento candido -Quell'incompetente di Gabriele ha nuovamente ferrato male Zeus, caccialo- aggiunse arrabbiato.
Il padre lo ignorò -Enrico, sono lieto di presentarti il tuo compagno di viaggio nonchè sommo stregone di Brooklyn. Magnus Bane.- Lo stregone mosse una mano verso il ragazzo, scatenando uno scintillio azzurro dalle dita.
-Piacere- disse il ragazzo ricomponendosi.
-Partirete appena sarai pronto- disse il padre rivolto al ragazzo.
-Va bene- rispose -Giusto il tempo di una doccia e sarò pronto a partire- aggiunse voltandosi ed uscendo dalla stanza.
Quando furono nuovamente soli il padrone di casa riprese a parlare -All'inizio può sembrare distaccato, ma è un bravo ragazzo, passerete un viaggio piacevole-
-Ne sono convinto- rispose Magnus, mentre un sorriso malizioso gli si formava in faccia.
-Quel ragazzo non se ne rende conto, ma così facendo abbiamo fatto l'affare migliore per entrambe le nostre famiglie- aggiunse il padre.

Era una giornata stupenda, il sole brillava alto nel cielo e scaldava abbastanza da permettere a Mark di uscire tranquillamente per il paese solo con la maglietta.
-Adoro la primavera- disse la ragazza che lo teneva per mano -Anche io- rispose lui voltandosi e fissando Lexia negli occhi. La guardò con gli stessi occhi con cui l'aveva osservata la prima volta e non riuscì a trattenere un sorriso.
-Che c'è?- chiese lei ridendo e distogliendo lo sguardo dagli occhi di lui -Ho qualcosa in faccia?-
-No- rispose tranquillo lui, fermandosi e afferrandole entrambe le mani -Sei stupenda, come al solito- poi si abbassò verso di lei e la baciò dolcemente sulle labbra.
-Mi freghi ogni volta- disse lei una volta staccatasi da lui continuando a sorridere
-Anche tu- commentò lui -Con quel sorriso potresti farmi fare di tutto-
-A me basta solo che tu sia con me- rispose attaccandosi alla spalla di lui.
Mark la prese in spalla mentre lei rideva e chiedeva di metterlo giù ridendo.
La gente attorno a loro non poteva vedere la tenerezza dei due ragazzi, due rune dell'invisibilità erano chiaramente visibili sulle spalle dei due.
Mark continuò a camminare fino a raggiungere la spiaggia, e lasciò cadere dolcemente Lexia sulla sabbia. La ragazza fece scivolare Mark e si ritrovarono sdraiati ed abbracciati sulla spiaggia. Lei appoggiò la testa sul petto di lui e con un dito tracciava rune sulla sabbia dorata.
-E' stupendo- disse Mark passando una mano fra i capelli della ragazza.
-Sarebbe stupendo se fosse vero- commentò lei
-Come?- chiese Mark mettendosi a sedere sulla sabbia, la ragazza si volò verso di lui -Sappiamo entrambi che non è vero- gli rispose -Stai sognando, o meglio stai vedendo ciò che vorresti succedesse-
-Mi stai dicendo che ora come ora io voglio questo?- disse lui aprendo le braccia 
-No- rispose lei avvicinandosi a Mark -Tu vuoi me- aggiunse baciandolo.
Mark la allontanò e si alzò in piedi -Io non voglio questo- urlò a sè stesso -Io non sono così-
Il ragazzo si voltò e si trovò a guardare sè stesso -Mark- disse il suo riflesso -Sappiamo entrambi cosa vuoi in realtà- 
-Cosa vuoi tu!- disse afferrandolo per la maglietta -Io non voglio lei-
La copia lo colpì con un pugno -Idiota- gli disse ridendo -Sai benissimo cosa vuol dire-
-Cosa vuol dire cosa!?- urlò il vero Mark
-Cosa vuol dire questo!- il riflesso di Mark chiuse gli occhi e quando li riaprì l'iride era color turchese.
-Turchese..- commentò lui -Cosa significa?-
-Lo sai- rispose -Lo sappiamo tutti noi ormai-
-Tutti chi?- chiese nuovamente
-Tutti i tuoi amici tranne te!- disse ridendo -Mark, ti sei innamorato di lei-
La copia di Mark tremolò e sparì nel nulla ridendo, Mark provò ad afferrarlo, ma la copia gli sparì fra le mani lasciando Mark da solo sulla spiaggia.
In preda alla rabbia Mark urlò fino a farsi venire le lacrime agli occhi, poi si accasciò a terra e colpi il suolo con le nocche.

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Capitolo 5
*** Non c'è rosa senza spine ***


-Si sposa!?- ulrò Gin afferrando una fetta di pane dal tavolo
-Shhhh- la zittì Noah portandosi un dito alle labbra -Potrebbe sentirti- aggiunse
Gin non capiva perchè la sorella fosse così preoccupata, il matrimonio non era una brutta notizia, anzi! Era un occasione in più per conoscere altre persone, e magari avrebbe incontrato finalmente il ragazzo dei suoi sogni.
-Com'è?- chiese a Noah
-Non lo sa- rispose secca lei guardandosi le spalle. Qualcosa nel comportamento di Noah le faceva capire che quella notizia non era di dominio pubblico.
-Non lo sa?- domandò nuovamente avvicinandosi la tazza di te alle labbra e sorseggiandolo
-Già, deve essere uno di quei matrimoni combinati che fanno le famiglie ricche- spiegò alla sorella.
-Chissà quando arriva- disse fra sè e sè Gin.
Ormai erano le nove, lei e sua sorella erano le uniche che si erano fermate a far colazione. Lexia non si era ancora vista, non era in camera sua, Cassie era passata a prendere qualcosa da portare a Fred e a Mark, nel caso in cui si fosse svegliato, mentre Daniela e Sergio erano andati subito nello studio, mormorando qualcosa riguardo "Idris" e "Riunione".
-Oggi la porto in giro- rivelò Noah alla sorella 
-Voglio esserci- ribattè lei -Come voglio essere presente nel momento in cui arriverà suo marito- aggiunse
-Futuro marito- la corresse Noah
-Stessa roba, tanto non può tirarsi indietro ormai- disse ridendo, Noah le lanciò contro un biscotto -Sei solo gelosa perchè non sei fidanzata- le disse
-A se per questo nemmeno tu- ribattè
-Io sto bene con me stessa-
-E con le altre ragazze- aggiunse ridendo Gin
-E' successo solo una volta!- urlò Noah.
Nella stanza improvvisamente entrò Daniela, con un espressione addolorata in volto -Avete visto Lexia?-
-No- risposero in coro le ragazze 
Daniela le osservò per un secondo -Immagino abbiate saputo..- le sorelle annuirono.
-Tu invece?- chiese Gin 
-Cosa?- rispose Daniela
-Come hai fatto a saperlo?-
-Diciamo che la famiglia è molto importante qua in Italia e si possono permettere i servigi di una persona altrettanto conosciuta-
-Chi?- chiesero curiosamente le due ragazze
-Si possono permettere di ingaggiare Magnus Bane- rispose loro la donna prima di uscire dalla stanza in cerca di Lexia.

Non sapeva perchè, ma la sera prima non era voluta tornare nella sua stanza, e si era infilata nella prima che aveva trovato, scoprendo poi essere quella di Mark.
La sera prima, quando si era chiusa la porta alle spalle asciugandosi le lacrime si era ritrovata nel caos. Vestiti e libri erano sparsi ovunque in modo disordinato, alcuni libri erano aperti sul pavimento, accanto a vestiti, molti dei quali erano laceri e sporchi di sangue o icore demoniaca. Il letto però era fatto e in ordine, stonando con il casino nel resto della stanza. La ragazza da terra raccolse un libro e lo voltò in cerca del titolo. Era "Amleto". Lo aprì, e sulla prima pagina trovò un nome scritto a penna. "Mark Herondale". Doveva essere la sua stanza quella. Lexia pensò che in fondo le era andata bene, Mark era privo di sensi e sicuramente non avrebbe avuto nulla da ridire se lei si fosse fermata lì a dormire. Dopo aver appoggiato il libro su una scrivania lì vicino (ricoperta di spade e frecce) si era buttata sul letto, addormentandosi subito.
Lexia osservò l'orologio, erano le nove e ormai era in ritardo per colazione. Si alzò dal letto, schiacciando involontariamente una copia dell'Inferno di Dante con la scarpa, la sera precedente non si era tolta nemmeno quello. Dopo essere andata in bagno ed essersi sistemata un attimo uscì dalla stanza di Mark, voltandosi un ultima volta prima di chiudersi la porta alle spalle. Non avrebbe mai immaginato così la stanza del ragazzo, certo le armi se le aspettava, ma non avrebbe mai creduto di trovarci dentro così tanti libri.
Si diresse verso la cucina, ma sulla rampa di scale dell'Istituto incontrò Gin.
-Lexia!- urlò lei -Ti stiamo cercando da mezz'ora-
-Scusami- rispose
-Preparati, c'è un emergenza in centro paese, dobbiamo andare-
-Emergenza?- chiese Lexia
-Demoni, ora andiamo in armeria- disse afferrando Lexia per il braccio e trascinandola di peso -Dobbiamo prepararci al meglio-

Lexia si meravigliò del fatto che in un Istituto piccolo come quello di Ispra avessero così tante tenute da battaglia. C'erano di ogni misura, e non ci mise molto a trovare la sua taglia. Poi afferrò una spada angelica, l'unica arma con la quale si allenava quando ancora viveva a casa sua, mentre Gin e Noah selezionarono con cura le loro armi. Gin scelse una lama leggermente più corta del suo braccio leggermente ricurva, mentre Noah prese diversi coltelli da lancio assieme ad una spada angelica. Dopo essersi armate le ragazze uscirono dall'Istituto, tracciandosi una runa dell'invisibilità sull'avambraccio, assieme ad altre che sarebbero servite durante il combattimento.
-Qualche idiota- disse Gin correndo seguita dalle altre due -Ha provato ad evocare un demone, ma la cosa gli è sfuggita di mano-
-Che tipo di demone?- chiese Lexia
-Eidolon- le rispose
Lexia passò in rassegna nella mente tutto la parte di demonologia del Codice, fino a quando non ricordò che Eidolon rappresentava tutta la categoria di demoni mutaforma.
-Fantastico- commentò lei -Come facciamo a capire se sono Mondani o Demoni trasformati?- chiese.
Noah si voltò continuando a correre e sorrise -I demoni sono stupidi, sarà facile scovarli- poi accelerò il passo.
Lexia stette loro molto vicino, sentiva l'adrenalina circolarle nel corpo. 
Nonostante tutto lei era una Shadowhunter, una cacciatrice di demoni, era nel suo DNA il fatto di essere eccitata prima di una battaglia.

Mark si era svegliato, a fatica si era alzato dal letto, ma non ci aveva messo molto a capire di trovarsi ancora negli incubi della sua testa. In effetti si era svegliato in una stanza completamente bianca, dove le pareti si fondevano col soffitto e il pavimento, sempre che ci fossero. Il letto era scomparso dietro di lui non appena si era alzato, e al suo posto era comparsa una katana.
-Orientale- disse afferrandola da terra. 
Quando sollevò la spada da terra dal bianco si staccarono sette figure, erano nuovamente sette suoi riflessi, ognuno vestito di un colore diverso.
Rosso, blu, oro, verde, viola, azzurro e turchese.
Mark sbuffò -Quante altre volte dovremo fare questa scenetta?- chiese rivolto alle sue copie 
-Fino a quando non ti sveglierai- rispose pacato Blu
-Secondo me dovremmo provocarlo- aggiunse Oro saltellando eccitato
-Provocare me?- Mark rise -Voi forse non capite chi comanda- aggiunse muovendo la katana a destra e a sinistra
-Basterebbe toglierti quella spada dalle mani e mozzarti la testa per cambiare le cose- disse Rosso facendosi scrocchiare le dita.
-Ignoralo- lo interruppe Azzurro rivolto a Mark, parlando come se la cosa non lo riguardasse del tutto.
Mark cominciò a ridere e si piegò su sè stesso.
-Ora ho capito!- urlò indicandoli col dito -Sapete- aggiunse cominciando a camminare avanti e indietro, come un professore che spiega una lezione ad una classe -All'inizio, devo essere sincero, mi chiedevo il perchè del vostro modo di vestire- si fermò davanti  Viola -Non mi vestirei mai di viola io- il suo riflesso vestito di viola abbassò lo sguardo e fece un passo indietro.
-Come immaginavo- disse Mark -Imbarazzo, viola- si avvicinò poi a quello vestito di verde. Il suo riflesso continuava a lanciare occhiate alla katana che Mark teneva in mano -Ti piace?- gli chiese mostrandogliela, Verde rispose annuendo -Sai che sulla lama c'è una scritta in ideogrammi?- aggiunse Mark, Verde spalancò gli occhi incuriosito. Mark abbassò la lama -curiosità, verde- disse proseguendo. In ordine avrebbe incrociato Rosso e Oro.
Mark sbuffò -Rosso, rabbia e Oro, eccitazione. A voi vi conosco fin troppo bene- disse passando oltre, ritrovandosi di fronte a Blu, lo guardò un secondo -Cazzo- disse senza scatenare nessuna reazione nella copia -Ho sempre creduto che il blu mi donasse- passò oltre anche a quella copia e raggiunse Azzurro -tranquillità, blu. Tu invece?- chiese direttamente ad Azzurro -Non penso ti importi veramente ciò che penso- gli rispose. Mark fece un inchino -La ringrazio. Freddezza, azzurro.- disse, poi si alzò e aggiunse sottovoce alla copia -Più che azzurro comunque sembra color ghiaccio, è un po' diverso dall'azzurro normale.-
Rimaneva solo Turchese.
-Voi tutti siete me- disse ignorando apposta Turchese -I vostri occhi sono dello stesso colore dei vostri vestiti, e dello stesso colore dei miei occhi quando provo le emozioni che voi state manifestando separatamente ora- concluse con un applauso -Carino questa volta Superio-
Tutte le sue copie scomparvero, tutte tranne una e Mark se l'era immaginato.
Si voltò verso Turchese con la katana ben salda in mano.
-Devi smetterla di ignorarmi- disse rivolto a Mark
-Tu non esisti- gli rispose
-Anche se sono arrivato da poco non significa che io non esisto in realtà- fece un passo verso Mark.
-Fermati- urlò a Turchese puntandogli la punta della katana alla gola -O giuro che ti ammazzo-
Turchese lo guardò, Mark rivide gli occhi di Lexia in quello sguardo, e fece un passo in direzione di Mark, lasciando che gli trapassasse la gola. Dalla ferita sgorgò tantissimo sangue che si riversò sul pavimento candido, macchiandolo di rosso. La mano di Mark tremava, lui non capiva perchè. Aveva ucciso così tanti esseri, Turchese era solo un frutto della sua immaginazione. 
Ora però non vedeva più Turchese, vedeva Lexia.
Lexia che teneva una katana dall'elsa, Mark si portò subito le mani alla gola, solo per sentire il freddo metallo nel punto esatto in cui gli perforava la carne.
-Questo vuol dire amare- disse la finta Lexia mentre estraeva la lama dalla gola di Mark -Morire per qualcuno-
Gli occhi di Mark si rovesciarono all'indietro e svenne nuovamente, sempre che si possa svenire in un sogno.

I demoni erano veramente stupidi, pensò Lexia mentre tranciava di netto la testa di un Eidolon mentre aveva ancora sembianze umane. Appena erano entrati nella villa dei presunti Mondani si sono presentati ad accoglierli, Gin e Noah erano subito partite all'attacco. Lexia capì solo dopo come avessero fatto a scoprirli in così poco tempo. Loro si erano fatte delle rune di invisibilità, quindi i Mondani non potevano vederli, ma i demoni sì. 
Ammazzato il primo i seguenti non ci misero molto a comparire. Avevano di base la struttura fisica degli umani, tranne il fatto che sembravano fatti di gelatina e riuscivano a mutare forma troppo velocemente.
Una mano sfiorò il viso di Lexia, e lei la tagliò di netto, scatenando una cascata di icore nero che cadde sul pavimento. Da dietro Noah lanciò un coltello che colpì in pieno la fronte del demone, uccidendolo e facendolo scomparire. Ce ne erano veramente tanti appena arrivati, ma ora ne rimanevano solo due che Gin stava tenendo a bada. Lexia corse in suo aiuto, e appena la raggiunse colpì uno dei due demoni con l'elsa della spada, il demone barcollò ma riuscì a strapparle la spada di mano, Lexia colpì il demone su quello che le sembrava il volto. -Lexia!- urlò Noah lanciando un coltello nella sua direzione. Lexia capì al volo l'intenzione dell'amica e afferrò il coltello mentre questo volava, per farlo calare poi con forza in mezzo agli occhi del demone, il quale sparì con un urlo. Alle sue spalle anche Gin aveva liquidato il suo avversario, e ora loro erano le uniche presenti nella stanza.
-Perlustriamo il resto delle stanza disse Gin porgendo a Lexia la lama angelica che le era caduta -Fate attenzione, non sappiamo che sorprese si nascondono qui dentro-
Le tra ragazze quindi si divisero, Noah controllava il piano superiore, Gin quello inferiore e Lexia la cucina. 
Ora che lo scontro era finito Lexia aveva comunque i sensi sull'attenti, a ogni rumore si voltava, con la lucente spada angelica pronta all'attacco.
Entrò in cucina, stranamente sembrava tutto a posto, troppo a posto visto quanto era successo.
Le stoviglie erano riposte con cura dentro le vetrinette e sui mobili non era presente nemmeno un granello di polvere. La ragazza si muoveva silenziosamente sul pavimento, la cosa le avrebbe dato un vantaggio su chiunque si fosse trovato lì. Si stava avvicinando alla finestra, quando sentì qualcuno tirare su col naso, si voltò di scatto, la lama angelica ben salda nelle mani. Nella stanza non c'era nessuno se non lei, con occhio attento si mise ad osservare ogni angolo della stanza, fino a quando non trovò la cosa che cercava.
L'errore di chi si stava nascondendo lì.
Lungo il muro c'era un punto in cui la carta da parati era leggermente storta in basso, la stanza era così curata che quel particolare poteva significare solo una cosa.
Una porta nascosta.
Lexia si avvicino al punto il cui aveva notato l'errore, e tirò un calcio alla parete, sperando di non sbagliarsi, abbattendo il muro di cartongesso. Subito poi ritirò la gamba e allungò la lama angelica verso il buio.
-Ti prego n-non farmi del male- le disse l'uomo che era dentro il nascondiglio. Era piccolo, con gli occhiali ed i capelli scuri, in quelle condizioni poi (ranicchiato sulle sue ginocchia) sembrava ancora più misero.
-Scusa- rispose Lexia -Non trattiamo con i demoni-
-M-ma io non sono un d-demone- balbettò -Sono uno st-tregone-
-Dimostralo- la ragazza estrasse il coltello da lancio di Noah dalla tasca -Tagliati, se esce sangue vivi, se esce icore demoniaca muori- gli ordinò
Lo pseudo-stregone prese il coltello dalle mani della ragazza.
-Basta un taglietto- disse -Non devi mica morire dissanguato-
Lo stregone premette la punta del coltello sul braccio, la lama creò un piccolo solco sulla pelle che si riempì subito di un liquido rosso cremisi.
-Va bene ti credo- lo rassicurò abbassando la spada ma tenendola comunque in mano -Come ti chiami stregone?- chiese la ragazza mentre lui usciva dal suo nascondiglio.
-Lester Boulton- rispose facendo un inchino, la ragazza notò in quel momento che Lester non aveva le orecchie. Ogni stregone aveva una caratteristica fisica che lo faceva riconoscere, ma questa risultava schifosa a Lexia, facevano sembrare la testa dell'uomo troppo.. Tonda.
-Cosa ci facevi qui?- gli chiese
Lo stregone si tirò su, coprendosi la fronte e il punto in cui ci sarebbero dovute essere le orecchie con una bandana -D-dovevo f-fare una cosa p-per dei Mondani-
-Sei stato tu?- chiese Lexia allungando la spada verso lo stregone, ma questo le si buttò ai piedi, la testa bassa e le mani giunte verso di lei -T-ti prego! Ho fatto s-solo quello c-che mi avevano chiesto-
Lexia non ce la faceva a punire chiunque in quelle condizioni, solo una persona priva di ogni briciolo di umanità avrebbe giustiziato così una persona.
-Farò finta di non averti mai visto- disse cercando di nascondere la dolcezza nella sua voce -Ma ora vattene-
Lester si alzò di scatto e si mise a correre verso la finestra -C-come ti chiami?- chiese voltandosi verso la ragazza.
-Lexia, Lexia Heartash- rispose
Gli occhi dello stregone si illuminarono per un secondo "Heartash..."
-Incantato- rispose lanciandosi fuori dalla finestra. Lexia non potè vedere il sorriso malizioso che si era creato sulle labbra dello stregone.
Ignara di ciò si voltò e uscì dalla cucina, diretta verso il salone, dove doveva incontrarsi con Gin e Noah.
Dopo aver svoltato un paio di volte percorrendo a ritroso il corridoio che l'aveva portata in cucina, giunse al punto di incontro.
-Per me è morto- sentì dire da Gin
-No no! E' vivo ma vuole solo delle attenzioni, così fa finta ancora di star male- ribattè Noah
-Chi?- chiese Lexia avvicinandosi
-Mark- rispose Gin -Noah dice che sta bene, mentre secondo me è morto-
Lexia si mise a ridere, ma quando si accorse della serietà delle due sorelle smise subito -Non state scherzando?- chiese Lexia senza ottenere risposta.
-5 euro- disse Gin a Noah porgendole la mano 
-10 euro- ribattè lei
-Andata!- rispose la sorella stringendo con vigore la mano di Noah.
-Scoperto qualcosa?- chiese Lexia alle due che ancora si tenevano la mano
-Deve essere stata opera di uno stregone dilettante- rispose Gin 
-C'erano delle rune di evocazione all'interno di un cerchio alchemico, l'imbranato che l'ha fatto deve essere morto sbranato dal primo demone che è uscito. Tu?- chiese a Lexia
-Nulla, a parte che chi abitava qui doveva essere un maniaco dell'ordine- rispose
-Già-aggiunse Noah -Ho notato la stessa cosa anche io, ora torniamo a casa- urlò -Devo vedere se ho vinto la scommessa.- La ragazza uscì dalla casa senza aspettare le altre due, che però la seguirono a ruota. Prima di chiudersi la porta alle spalle Lexia si voltò, per osservare la casa mezza devastata dall'attacco. Con la coda dell'occhio le sembrò di vedere un movimento al piano di sopra, ma i rilevatori di energia demoniaca erano muti da tempo, così la ragazza si convinse di esserselo immaginato.

Mark non si era mosso di un centimetro, a volte il suo corpo aveva delle contrazioni muscolari, e quelli erano gli unici momenti in cui Fredrick riusciva a percepire qualche straccio dei pensieri di Mark, per il resto era il buio.
La cosa disturbava talmente tanto Fredrick, abituato ormai alla continua presenza dei pensieri del parabatai, che pur di avere un contatto con Mark stringeva il suo telefono in una mano.
Nella stanza entrò Cassie, si chiuse la porta alle spalle e diede un delicato bacio sulle labbra a Fred, mentre con l'altra mano toccava la spalla di Mark con affetto.
-Come sta?- chiese a Fred
-Meglio, ma ora non so cosa sta succedendo-
-Non lo senti ancora-
Fred scosse la testa -Non sempre-
-Cosa senti quando c'è?- domando nuovamente Cass
-Emozioni, un casino di emozioni tutte fuse insieme, come se.. non lo so.. come se stesse litigando con sè stesso- Fred avvicinò le mani agli occhi, colpendosi la tempia con il telefono del parabatai.
Cassie glielo sfilò dalle mani -Perchè l'hai tu?- chiese più per curiosità che per rimprovero
-Mi manca sentire i suoi pensieri, e l'unico modo per non sentirne la mancanza è leggere ciò che scrive- rivelò
-Mark scrive?- domando sorridendo Cass
-Si- rispose ridendo a sua volta -E' da qualche mese che gli è venuta questa mania di prendere nota dei suoi sogni, nel caso dovesse diventare famoso dice che sarà la sua psico-grafia-
-Psico-grafia?- Lexia sbloccò il telefono grazie al codice che Fred le aveva rivelato tempo prima.
24 come le ore del giorno
7 come i giorni della settimana
1 come le volte che vite che abbiamo
-Già, è un termine che si è inventato, la sua biografia della psiche, come vuole giustificarla lui- spiegò.
Cassie aprì le note del telefono, e si stupì quando si trovò davanti a diversi titoli, ognuno composto solo da due numeri.
Il giorno ed il mese.
Ne aprì una a caso, ma si ritrovò davanti solo a due parole, ripetute molte volte.
"Non correre"
Cassie non ne capiva il senso.
-Tranquilla- le disse Fred avvicinandosi -E' scritto tutto così, parole che soltanto per lui hanno significato, tutte tranne..- Fred fece scivolare il dito sullo schermo scorrendo fra i titoli delle note -..questa- disse aprendo una nota.
-Lexia- sussurrò lei, leggendo il contenuto della nota.
Mark si alzò di scatto dal letto, si staccò le flebo dal braccio e corse fuori dalla stanza, Fred lo inseguì chiamandolo, quando lo raggiunse gli afferrò un braccio, costringendo Mark a voltarsi.
-Mark ma che diavolo...- il resto della frase gli si strozzò in gola, Mark lo stava guardando dritto negli occhi.
Fred non aveva mai visto una cosa del genere, l'iride di un occhio era colorata di rosso, mentre l'altra era color turchese.
Ma la cosa che più stupì Fredrick fu che entrambi gli occhi erano lucidi, e le lacrime avevano cominciato a scendere lungo il mento di Mark.
-Devo trovarla..- sussurro a Fred lottando per far uscire quelle parole -..è in pericolo, lo sento-
I muscoli di Mark erano tesi sotto la maglietta, e si stava trattenendo dal liberarsi con fora dalla presa di Fred.
Fred lasciò l'amico, e nello stesso istante si sentirono delle grida di aiuto provenienti dal piano superiore, i due ragazzi corsero subito  vedere di cosa si trattava.
L'ingresso era deserto, la luce del sole entrava dalla porta aperta alle spalle di Gin e Noah.
-Dov'è Lexia?- chiese Mark avvicinandosi alle due
-E' successo in un secondo- si scusò Gin -Quando siamo uscite dalla casa siamo state attaccate da altri demoni, Lexia era dietro di noi, ma quando li abbiamo sconfitti non c'era più-
-Cazzo- commentò Fred -Mark avevi..- aggiunse girandosi, ma l'amico non c'era più.
-Non fare stronzate- sussurrò.
"Porca puttana di una Lilith" sentì rimbombare nella sua testa, era la voce di Mark, finalmente era tornato il contatto, pensò espirando l'aria e sorridendo. Si sentiva più tranquillo ora.

Il ragazzo aveva avuto il tempo solo di recuperare una katana e una felpa da camera sua prima di fiondarsi in camera di Lexia per prendere qualcosa di suo. Mark ora era in piedi sul tetto dell'istituto, la katana attaccata al fianco, in una mano aveva un reggiseno di Lexia (era la prima cosa che gli era capitata a tiro) mentre con l'altra si disegnava una runa sul dorso della mano, una runa localizzatrice.
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, cercando di localizzare la ragazza. Era..
..in comune.
Aprì gli occhi, si infilò il reggiseno nella tasca posteriore dei pantaloni e si lanciò giù dal tetto, atterrando con un tonfo su una macchina parcheggiata lì sotto, cominciando poi a correre il più velocemente possibile verso il comune. 
Mentre stava dormendo aveva avuto una strana sensazione, uno strano istinto. Era qualcosa che accadeva solo quando lui era in pericolo, perchè funzionava solo con lui, funzionava solo per salvare la sua vita.
Ma stavolta era stato diverso, aveva avvertito chiaramente come era in pericolo Lexia.
In soli due minuti Mark si trovava fuori dal comune, estrasse la spada dal fodero, sulla lama c'era una scritta in greco.
"ισχύς"
Mark non sapeva leggere il greco, ma sapeva che ogni spada aveva un nome, quello era il nome della katana -iocsuc- disse Mark storpiando il nome di quella spada.
Mark era fradicio, nella foga del momento non si era nemmeno accorto del fatto che aveva cominciato a piovere copiosamente.
Con un calcio sfondò la porta del municipio, facendola finire contro il muro di fronte, ed entrò con passi sicuri nella home dell'edificio.
Le nuvole in cielo avevano fatto sparire la luce del sole, facendo cadere tutto in una penombra insolita per quell'ora.
Il municipio era completamente privo di ogni luce, ogni lampada era spenta. Mark fece due passi e si abbassò di colpo, evitando di un soffio gli artigli di un demone. Con un fendente rapidissimo mozzò l'arto all'essere e con un colpo ancor più veloce lo decapitò.
L'unica cosa che si vide in quello scambio di colpi fu la lama della katana, la quale si era illuminata durante lo scontro.
-Lex!- urlò Mark, aspettando una risposta.
Sentì un rumore dal piano superiore e Mark cominciò a correre, due altri demoni gli bloccarono la strada. Erano grossi e pelosi come scimmie, ma al posto delle mani avevano degli artigli seghettati, gli occhi erano rossi e brillavano al buio.
Mark rise -Vi levate dalla mia strada se vi do una banana?- mentre parlava una goccia di icore demoniaca cadde dalla punta della spada macchiando il terreno.
Le due scimmie demoni urlarono nella sue direzione.
Mark chiuse gli occhi, aveva bisogno di forza, la runa della forza non bastava.
Aveva bisogno di adrenalina.
L'adrenalina si otteneva solo in due modi, con la rabbia e col dolore.
Afferrò la lama della katana con un mano e strinse sul filo, sentendo il freddo metallo a contatto col palmo. Di scatto fece scivolare la spada, tagliandosi.
Con la mente Mark vagò nei ricordi, fino a ricordare quando i vampiri stavano per stuprare Lexia. Era il ricordo più nitido che aveva, era il momento in cui non era riuscito a contenere nemmeno un po' i suoi sentimenti.
Quando Mark riaprì gli occhi erano cremisi, le due scimmie se ne accorsero e smisero di urlare.
Un ghigno malefico storpiava il volto di Mark. Con una rapidità degna solo di un Nephilim si lanciò contro i demoni, colpì il primo al petto con un calcio, mentre con la katana provava a tagliare a metà l'altro, che però schivò il colpo. Il Nephilim schivò il colpo che il primo demone aveva sferrato e si vendicò conficcandogli la katana nel cranio fino all'impugnatura. Il demone provò a liberarsi, ma dopo qualche secondo cadde a terra privo di vita. Mark estrasse la katana dal cadavere e la pulì sui jeans.
Il secondo demone, che aveva visto tutta la scena, si colpì il petto con i pugni urlando.
Mark si scrocchiò le dita -Balliamo- disse a denti stretti.
Il demone, anche se probabilmente non aveva capito nulla di quanto gli aveva detto, si lanciò addosso al ragazzo. Ma per quanto provasse a colpirlo schivava ogni colpo, da ogni direzione arrivasse,il demone non riusciva a colpirlo. Arrabbiato il demone si lanciò sul ragazzo con l'intenzione di schiacciarlo, ma prima che toccasse terra Mark gli aveva già infilato la katana sotto il mento, bloccandogli la bocca e decapitandolo con un colpo netto.
In mano al Nephilim rimase la pesante testa, piena di denti, che per qualche secondo continuò a muoversi, come se fosse attaccata ancora al corpo, i denti che provavano invano a mordere la mano del ragazzo.
Mark lanciò lontano la testa dell'essere, e, correndo, prese le scale per arrivare al secondo piano, dove immaginava tenessero Lexia.
-Perchè proprio qui- chiese ad alta voce mentre faceva i gradini a due a due.
-Perchè è dove vivo- rispose una voce proveniente dalle mura stesse del municipio
-In quanto Nephilim dell'Istituto di Ispra- si fermò sul pianerottolo -Io, Mark Herondale, ti ordino, appoggiandomi agli Accordi sanciti fra Nephilim e Nascosti, di rilasciare subito la ragazza che avete rapito-
In quel momento tutto tacque.
L'unico rumore che si sentiva proveniva dalle gocce d'acqua che cadendo battevano sul tetto, accompagnate dal respiro lento e regolare del Nephilim.
-No- risposero i muri
-Peggio per te allora- sussurrò ricominciando a correre su per le scale.
Dopo la terza rampa si trovò finalmente al piano più alto del municipio, quello dove abitava il sindaco di Ispra, casualmente un Nascosto.
Mark scardinò la porta con una spallata e si ritrovò al centro di un'enorme stanza circolare, una grossa vetrata permetteva di vedere tutto il paese sotto di lui.
-Mark- urlò una voce.
Il Nephilim si voltò, e vide Lexia legata per le mani e per i piedi ad una sedia, davanti ad una scrivania.
-Lex?- chiese avvicinandosi.
-Ti hanno fatto del male?- chiese una volta raggiunta la ragazza. Lexia scosse il capo. 
-Te ne farò io allora- poi con un fendente della katana colpì la gola della ragazza, che cominciò a sanguinare vistosamente.
-M-Mark- ripetè lei con gli occhi sgranati per lo spavento.
Il Nephilim colpì la sedia, facendo cadere Lexia sul pavimento, nel suo stesso sangue. 
Mentre gli occhi di lei si rovesciarono accompagnati da un ultimo e lento respiro.

-Sono pronto- disse Enrico avvicinandosi a Magnus con una borsa.
-Viaggi leggero- commentò lo stregone, che per l'occasione si era messo un elegantissimo smoking viola.
-Non ho bisogno di molto- rispose sorridendo, era veramente un bel ragazzo pensò osservando gli occhi castani -Poi va bhe- aggiunse Enrico -Quello che mi manca posso sempre comprarmelo-
Eccola, ecco quella cosa che Magnus odiava delle famiglie importanti. Continuavano a sbatterti in faccia la loro ricchezza, vantandosene in un modo che a Magnus infastidiva.
-L'auto è pronta- disse uno dei maggiordomi di cui Magnus non aveva imparato il nome.
-La Maserati spero- rispose acido il padrone
-Ovviamente, la GranTurismo MC Stradale- rispose l'uomo, Magnus notò la risposta priva di ogni rabbia, con gli anni doveva essersi abituato alla gentilezza inesistente della famiglia.
-Guidi tu- disse toccando la spalla a Magnus -Io devo dormire un po', non vorrei che la mia futura moglie possa considerarmi un pezzente.-
Magnus non rispose, si limitò ad annuire mentre il maggiordomo gli passava le chiavi sussurrando "buonafortuna" in modo che soltanto lo stregone potesse sentirlo.
Il ragazzo uscì dalla casa, portando la sua borsa. Lo stregone lo seguì, e sul vialetto davanti alla fontana ad aspettarlo era uno dei veicoli più belli che Magnus avesse mai visto.
Lo stregone adorava ogni cosa che lo facesse finire al centro dell'attenzione, ed era più che certo che la Maserati rosso fuoco sulla quale stava salendo avrebbe aiutato molti ad accorgersi del suo passaggio.
Enrico chiuse il bagagliaio con un po' troppo vigore secondo i parametri di Magnus, e si sedette sul sedile del passeggero, senza più voltarsi verso casa sua. A differenza sua Magnus salutò con un gesto della mano il maggiordomo alla porta, il quale non ricambiò , prima di sedersi al posto di guida dell'auto di lusso.
Appena inserì le chiavi il cruscotto si illuminò, e quando l'accese il motore fece le fusa, non come un gatto ma come una tigre selvatica pronta a mostrare le zanne.
Magnus non riuscì a trattenere un sorriso mentre faceva partire il veicolo sollevando un polverone di sabbia e sassi dietro sè. Il ragazzo con cui viaggiava parve gradire la cosa, ma non espresse nulla.
Sarebbe stato un viaggio molto noioso, pensò Magnus, ma almeno lo avrebbero fatto velocemente. Schiacciò il pedale dell'acceleratore, percorrendo le strade strette ad una velocità decisamente superiore a quella consentita.
Sarebbero arrivati all'Istituto per le 11 di sera, o meglio questo era quanto riferiva il navigatore, secondo Magnus avrebbero fatto prima.
Il ragazzo accanto a lui chiuse gli occhi, cullato dalle leggere vibrazioni causate dall'asfalto irregolare, lo stregone notò che anche mentre dormiva aveva un fascino naturale. 
Il modo in cui i riccioli li cadevano disordinati sugli occhi chiusi creando un groviglio ipnotico, distrassero Magnus il quale rischiò di investire un cane al guinzaglio di un vecchio, che gli urlò contro in un dialetto che lo stregone non conosceva.
Si ripromise di non guardare mai più il giovane mentre guidava.

Era così frustrante non fare nulla, pensò Fred masticando una cicca che aveva in bocca da troppo tempo. Sergio e Daniela erano accorsi alle grida di aiuto delle ragazze e avevano costretto tutti a rimanere nell'Istituto. 
Per evitare che qualcuno uscisse li tenevano rinchiusi in cucina, senza perderli di vista un momento.
-Perchè non andiamo anche noi!?- chiese Noah 
-Possiamo aiutarlo!- aggiunse Gin
-Assolutamente no!- rispose Sergio zittendole -Sono nel municipio, sapete anche voi che noi non possiamo andarci!- aggiunse.
Era per questi motivi che Fred odiava Ispra, durante le elezioni di tre anni prima era riuscito a farsi eleggere Lester Boulton, uno stregone troppo legato al mondo dei demoni per essere considerato un alleato dei Nephilim.
In tre anni era riuscito a migliorare molte cose per il paese, bastava ignorare i demoni che comparivano dal nulla sempre più frequentemente. Quando hai dalla tua parte la magia non hai bisogno di soldi per corrompere le persone.
Lester aveva trasformato il municipio in un ricovero per demoni mandati sulla terra, in qualche modo sconosciuto era riuscito anche a proteggere quel posto dagli attacchi dei Nephilim, definendolo un luogo politico. Ogni attacco da parte dei Nephilim sarebbe stato visto dai Nascosti come un tentativo di sabotaggio verso la carica politica Mondana che lui si era guadagnato. Il Conclave aveva chiuso un occhio, rispettando quanto aveva detto, e in risposta aveva avvisato gli Istituti della zona. 
Ma fino a quel giorno non avevano mai fatto nulla di così azzardato. Rapire un Nephilim.
Non si era mai sentita una cosa del genere.
-E Mark?- chiese Cass -E' andato lì da solo, potrebbe essergli successo di tutto! Non era ancora nel pieno delle forze-
Fred notò Gin che passava una banconota da 10 euro alla sorella, ma decise di non indagare a riguardo.
-Fred- disse Daniela -Come sta?-
-Bene- rispose -In questo momento starà combattendo, perchè le uniche cosa che pensa sono gli attacchi che deve fare e come piazzarli-
Fred non era preoccupato per il parabatai, lui era il migliore e si fidava ciecamente di Mark, quando aveva visto le sue lacrime poi..
..non aveva mai visto Mark piangere, se avesse provato a fermarlo con la forza sarebbe stato inutile.
-Tranquilli- disse Fred sovrastando le voci degli altri -Non farà cazzate, lo conosco-
I presenti nella sala si calmarono e guardarono tutti Fred, l'unico modo per sapere in diretta ogni cosa era lui.
-Torneranno insieme- riprese a parlare Fred -Non succederà nulla, nè a lui..-
Fred appoggiò entrambi i piedi sul tavolo -..nè, tanto meno, a Lexia-

Il sangue di Lexia ormai ricopriva gran parte del pavimento di marmo.
-Non è stato un gesto carino da parte tua- disse la voce dello stregone -Lei si fidava di te-
Mark si abbassò, e con un dito tocco la sostanza che ricopriva il pavimento.
-Non bisogna fidarsi delle persone. Le persone ti deludono..- rispose
Lexia, sdraiata a terra riaprì gli occhi di scatto -Ma tu non mi hai deluso- disse con la stessa voce dello stregone.
-Solo perchè non mi conosci abbastanza- e con la katana tranciò di netto la testa dal resto del corpo, facendolo sparire assieme al sangue sul pavimento.
-Manipolare un demone mutaforma per farlo diventare come Lexia per potermi attaccare. Davvero pensavi fossi così idiota!- urlò Mark colpendo con il pugno il muro dietro alla scrivania trapassandolo.
Oltre il cartongesso Mark finalmente vide la vera Lexia legata ad una sedia, mentre in piedi davanti a lei stava lo stregone, delle scintille rosse si muovevano lungo i suoi polpastrelli.
-Bravo- disse Mark battendo le mani -Un trucchetto davvero credibile, ho visto bambini fare molto di meglio sindaco- sputò queste parole con così tanto odio che quasi le urlò.
Lo stregone si voltò lentamente, accompagnato dal ticchettio che faceva la spada di Mark toccando terra.
Lester guardò il ragazzo dritto negli occhi scarlatti -La rivuoi?- chiese -Allora paga il riscatto- aggiunse lanciando un foglio di carta verso Mark.
-Non tratto con i Nascosti- rispose tagliando a metà il foglio prima che toccasse terra.
Mark coprì in un istante la distanza che lo separava dallo stregone e lo colpì con un calcio, spedendolo lontano da Lexia, poi liberò la bocca della ragazza dallo scotch.
-Mark- disse subito lei respirando a pieni polmoni, il ragazzo era però troppo impegnato con le corde che le bloccavano le gambe per risponderle.
-Herondale!!- urlò di rabbia lo stregone, raggiunto ora dai un demone per lato, come una scorta.
Mark alzò la testa e li vide, proprio mentre uno provava a colpire Lexia.
-Morirete entrambi! E il suo sangue ricadrà sulle tue mani!- urlò ridendo Lester.
Mark doveva riuscire ad andarsene, subito, prima che arrivassero altri demoni.
Usando tutta la forza che aveva in corpo, sollevò la sedia con sopra Lexia, evitando di un soffio i denti seghettati del demone.
La ragazza strillo quando la sedia cadde a terra con un tonfo. Mark recuperò la katana e deviò un colpo diretto verso di lui. Voltatosi di scatto tagliò una corda che teneva prigioniera Lexia alla sedia.
-Finisci te io ho da fare- le urlò mentre con schivava la coda artigliata del mostro con un salto.
Appena i piedi toccarono terra Mark tranciò la coda dell'aggressore, ma questa mutò. Sei paia di zampe uscirono da due lati, e il punto dove la spada aveva tagliato si riempì di denti.
-Merda- urlò Mark mentre allontanava quella cosa con un calcio.
-Fatto- disse da dietro di lui Lexia.
-Fantastico- rispose correndo verso di lei.
Quando la raggiunse la abbracciò, e per un istante Lexia pensò si trattasse di un gesto d'affetto, poi Mark la sollevò e cominciò a correre verso la finestra.
Saltò all'improvviso voltandosi e rompendo i vetri con la schiena, poi cominciarono a cadere verso terra. Lexia si aggrappò con forza alla schiena del ragazzo, conficcando le unghie nella carne di lui, mentre Mark la circondò con le braccia, proteggendola dalle schegge di vetro che cadevano assieme a lui.
I due caddero su una vecchia polo rossa parcheggiata sotto la finestra, incrinando il parabrezza e facendo partire l'allarme. Fortunatamente Lexia era caduta su Mark, quindi non aveva sentito il colpo come aveva fatto invece il ragazzo.
Mark si alzò subito dall'auto, prese Lexia per una mano, nell'altra teneva ancora stretta la katana, e cominciò a correre lungo la strada, ignorando la pioggia che gli cadeva addosso.
Dopo diversi minuti passati a correre Mark decise di fermarsi sotto un albero, sentendo il fiatone della ragazza. Si girò verso di lei.
I capelli bagnati dalla pioggia le cadevano sul petto, mentre piccole gocce d'acqua le scivolavano lungo il collo finendo nella sua scollatura, la maglietta nera ancora più attaccata al suo corpo.
Mark deglutì -Stai bene?- le chiese
-Sì- rispose lei -Tu?- chiese a sua volta
-Sto bene- rispose Mark voltandole le spalle
-Ma che diavolo..- sentì dire da Lexia mentre le sfilava qualcosa dalla tasca dei jeans.
"Merda" pensò Mark voltandosi.
Lexia era sconvolta, in mano aveva il suo reggiseno stropicciato e guardava il ragazzo con due occhi accusatori.
-Cosa ci facevi con questo!- gli urlò contro
-Avevo bisogno di qualcosa che ti appartenesse per rintracciarti- urlò in risposta
-E fra tutte le cose proprio questa!-
-Oh scusa se in questi giorni non ho fatto in tempo a chiederti quale fosse il tuo cimelio di famiglia preferito!- sbraitò lasciando cadere la spada a terra
-Il mio reggiseno..- Lexia sembrava sconvolta, e Mark non ne capiva il motivo. Le aveva appena salvato la vita per l'ennesima volta e lei si lamentava perchè aveva preso il suo reggiseno?
Quella non era una ragazza, era un essere stupido che tentava in ogni modo di farsi ammazzare.
-Ero di fretta, ti stava accadendo qualcosa di brutto ed ero nel panico..- riprese urlando
-Eri nel panico... per me?- chiese Lexia abbassando il reggiseno e osservando Mark dritto negli occhi, ora turchesi.
-Si cazzo!- urlò lui
-Perchè?- chiese lei
Mark la afferrò, la attirò a se e delicatamente poggiò le labbra su quelle di Lexia, baciandola. 
Lexia afferrò la schiena del ragazzo da sotto la maglietta, graffiando la pelle con le unghie. In risposta Mark la sollevò di peso, sbattendola contro l'albero. Le gambe di lei si chiusero attorno alla sua schiena, e lasciò che le labbra di Mark vagassero lungo il suo collo, per poi tornare sulle labbra di lei. Lexia gli morse scherzosamente il labbro, e la cosa sembrò piacere a Mark, il quale alzò Lexia facendo forza sul sedere di lei.
Poi si staccarono l'uno dall'altro, uniti però in quello strano abbraccio. Lexia rimise i piedi a terra, ma Mark non smise di abbracciarla, e nemmeno lei lo fece.
Il corpo di Mark aderì perfettamente a quello di lei, e lasciò che una sua mano vagasse lungo il fianco della ragazza, delicatamente, fino a raggiungere la stoffa del reggiseno.
Lexia sospirò piacevolmente, e si spinse ancor più contro il corpo di lui, cercando con le mani di scoprire ogni incurvatura e ogni cicatrice della sua schiena.
-Vedi un po' te..- disse Mark rompendo il silenzio e osservando la ragazza dagli occhi ipnotizzatori che aveva davanti -..se per baciarti dobbiamo rischiare la vita..- si interruppe per baciare nuovamente la ragazza -..sono disposto a rischiarla infinite volte.- 
Lexia lo osservò per un attimo -Non ce ne sarà bisogno- rispose baciando Mark.
I due rimasero così.
Fermi a baciarsi, mentre la pioggia cadeva attorno a loro ticchettando ogni volta che colpiva le foglie di un albero, accanto a loro una spada poggiata sopra un reggiseno.
Bellum et amor, guerra e amore.
Entrambi erano affamati di qualcosa che solo l'altro poteva dar loro.

Fredrick sorrise e colpì il tavolo con un pugno -Finalmente!- urlò alzandosi -Si sono baciati!- aggiunse aspettandosi un coro di grida felici.
Ciò che ottenne invece fu il silenzio.
I presenti in sala si osservarono uno ad uno, come domandandosi chi dovesse parlare per primo. La responsabilità alla fine ricadde su Cassie -Amore- disse -Lexia..-
Cass deglutì -Lexia è promessa ad un altro..-
-Cosa?- chiese Fred diventando bianco come uno spettro
-Arriverà domani- aggiunse
Fred cadde a terra, le mani che coprivano le orecchie.
Voleva fermare i pensieri dell'amico, non voleva sentire dentro di se la felicità del parabatai, consapevole del fatto che si sarebbe distrutta da lì a poche ore.
Una lacrima solitaria gli scese dall'occhio, rigando la guancia del Nephilim, mentre la mano di Cassie gli toccava la spalla dandogli conforto.

SPAZIO AUTORE:
Mi sono divertito così tanto a scrivere questo capitolo che è stato quasi brutto doverlo condividerlo con voi ahaha.
E' che, purtroppo, mi ritrovo troppo nella figura di Mark (essendo nato come mio alter ego mi sono trovato a scrivere di lui come se parlassi di me).
A differenza sua però certe cose accadono solo a lui.
Spero che vi sia piaciuto almeno quanto è piaciuto a me scriverlo, per il resto che dire, che Raziel vi accompagni e..
..in caso di dubbi, curiosità o altro lasciate una recensione e farò in modo di rispondere. 
Ringrazio di cuore i 30stm per il loro supporto musicale durante la stesura del capitolo
Mark

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Capitolo 6
*** The man, or the lion? ***


Cadeva ancora un leggera pioggia mentre i due ragazzi, mano nella mano, ritornavano sui loro passi in direzione dell'istituto. Era un'immagine unica nel suo genere, e Mark lo sapeva. In una mano stringeva la Katana, l'arma che aveva trovato per caso e che si era rivelata un'ottima compagna, nell'altra invece teneva delicatamente la mano di Lexia, le dita che si intrecciavano. La pioggia aveva ripulito Mark da quasi tutto l'Icore che gli era finito addosso nello scontro in municipio.
-Ma- disse Lexia fermandosi -Ora?-
Mark si voltò osservandola con gli occhi turchesi -Ora è così- disse tirandola verso sè -Io e te, nessun altro- aggiunse sorridendo e baciandola delicatamente sulle labbra.
Mark aeva baciato tante volte, ma nessun bacio gli aveva mai fatto provare le emozioni che gli facevano provare le labbra di Lexia.
-Si- rispose lei staccandosi da Mark -Io e te, mi va bene. Ma che sia chiaro- aggiunse colpendogli il petto col dito -Non ci dev'essere più nessuna Chiara e nessuna Laura, basta-
-Chi?- rispose Mark ridendo e baciandola nuovamente.
Mark fu costretto ad interrompere il bacio con Lexia quando il suo telefono cominciò a vibrare fastidiosamente nella tasca dei jeans. Il ragazzo lo prese e lo sbloccò, non gli capitava spesso che qualcuno gli inviasse dei messaggi, o meglio non capitava a quel numero.
-Chi è?- chiese Lexia avvicinandosi allo schermo per leggere il nome del mittente.
-Fred- rispose Mark -Dice di tornare subito all'Istituto, è urgente-
Mark si fidava ciecamente di Fred, così mise via il telefono e ritornò a camminare verso l'Istituto, tenendosi vicina Lexia.
Non l'avrebbe mai lasciata andare.

Le strade ormai erano buie, ogni volta che passavano sotto un lampione sfrecciando, la luce pareva come un faro puntato direttamente negli occhi da gatto dello stregone. Magnus osservò l'orologio, le lancette indicavano le 10:15, erano in orario con la tabella di marcia, ma Magnus non vedeva l'ora di arrivare, probabilmente nell'Istituto avrebbe conosciuto qualcuno più interessante del su attuale compagno di viaggio. Il bel ragazzo non aveva fatto altro che dormire e girarsi su sè stesso per tutta la durata del viaggio. Lo stregone non aveva mai avuto così tanta voglia di parlare con qualcuno. Con una mano prese il telefono dalla tasca dei pantaloni e lo sbloccò, sullo schermo era presente un avviso di chiamata da parte di Alec. Magnus si maledì per non aver risposto e gettò il telefono nel vano porta oggetti facendolo rimbalzare più volte sul fondo.
-Calmo- ordinò il suo compagno di viaggio svegliandosi improvvisamente.
-Buona sera- rispose calmo Magnus -Dormito bene?-
-Abbastanza- rispose Enrico stirandosi quanto poteva -Fra quanto arriviamo?-
-Venti minuti- rispose lo stregone indicando il navigatore incastrato nel cruscotto
-Ah- si limitò a dire Enrico.
Il silenzio calò fra i due e Magnus non si sentì a suo agio, cosa che di rado gli capitava.
-Senti- chiese il ragazzo -Posso chiederti una cosa?-
-Certo- rispose lo stregone aspettandosi una delle tipiche domande dei Nephilim.
"Chi è tuo padre? Puoi insegnarmi qualcosa di magico? Esiste davvero Hogwarts?" 
Gli era successo più volte di rispondere a queste domande.
-Cosa ne pensi di questa storia?- gli chiese invece
-In che senso?-
-Il fatto del matrimonio. Io non so minimamente chi sia questa ragazza, magari potrebbe anche piacermi, ma se io non piacessi a lei? Se lei non fosse d'accordo con questa storia?-
Magnus osservò il giovane dritto negli occhi.
-Molto tempo fa accadevano spesso cose di questo tipo- rispose sterzando bruscamente a sinistra per evitare un gatto
-Si ma ora non più, le cose sono cambiate. Bisogna conoscere una persona, frequentarsi, poi fidanzarsi e soltanto dopo sposarsi- disse Enrico sbuffando -Qua stiamo facendo tutto al contrario!- aggiunse alzando la voce.
Magnus rise, nonostante tutto il ragazzo non era così presuntuoso come gli era sembrato all'inizio.
-Non ridere- lo sgridò sorridendo -E' vero se ci pensi- aggiunse tornando a fissare fuori dal finestrino.
Magnus provò un po' di pena nei confronti di Enrico, sicuramente non faceva parte dei suoi piani di vita dover sposare una ragazza di cui non sapeva nulla.
Sicuramente non era nei suoi piani lo sposarsi a quell'età, pensò Magnus, mentre con gli occhi vedeva un cartello con scritto "Ispra" in nero a lettere cubitali. 
Aveva nuovamente battuto il navigatore.
-Siamo quasi arrivati- disse ad Enrico, che pareva non ascoltarlo, immerso completamente nei suoi pensieri.

Appena avevano messo piede nell'Istituto, Fred si era precipitato contro Mark, afferrandolo e portandolo nella sua stanza senza permettergli di dire nemmeno una parola. Entrato nella camera da letto si era chiuso la porta alle spalle, e stava in piedi di fronte a Mark, che in una mano stringeva ancora la Katana.
-Hai visto?- chiese a Fred sorridendo
-Sì- rispose lui
-E' stato..- Mark si lasciò cadere sul letto, facendo cadere a terra qualche libro -..stupendo, giuro non avevo provato mai nulla di simile.-
Fred non rispose, si limitava a star lì, davanti alla porta come per impedire a Mark di uscire.
-Va tutto bene?- chiese sedendosi e appoggiando con cautela l'arma sul materasso, avrebbe dovuto trovare un fodero prima di rovinare qualcosa.
Fred non aprì bocca.
-Cosa è successo?- chiese nuovamente
-Tu e Cass avete?-
-Non è successo nulla fra me e Cass- rispose Fredrick freddo
-E allora cosa diavolo hai? Si può sapere?- urlò 
-Devi promettermi che rimarrai calmo- 
Gli occhi di Mark mutarono dal turchese al verde nel momento stesso in cui il ragazzo si alzò di scatto dal letto.
-Fredrick..-
-Promettilo!- urlò il Parabatai.
-E va bene, prometto che resterò calmo- disse Mark portandosi una mano sul cuore con gesto teatrale.
-Giuralo sull'Angelo- proseguì Fred
-Cos'è non ti fidi?- chiese Mark scettico, non aveva mai visto Fred comportarsi in quel modo, e la cosa gli dava sui  nervi.
-Giuralo su Raziel- sussurrò -Ti prego-
-Fred- Mark si alzò dal letto -Parla- ordinò al parabatai
-Sta arrivando un nuovo Shadowhunters all'Istituto- rispose lui
-E quindi?- chiese -Hai paura che possa essere migliore di te?- scherzò
-Non di me- 
Mark osservò Fred negli occhi
-Il ragazzo che sta arrivando- Fred deglutì a fatica.
In quel momento si sentì la gola come carta vetrata, non c'era alcun modo di indorare la pillola all'amico, in qualsiasi modo l'avrebbe detto era una notizia che gli avrebbe distrutto il cuore.
-E' il futuro marito di Lexia-
La reazione di Mark fu veloce quanto inaspettata, con una mano spostò Fred dalla porta, mentre con l'altra afferrava la katana, poi il più velocemente possibile corse verso il salone principale, l'ultimo luogo in cui aveva visto Lexia.

Quando Mark irruppe nel salone questo era pieno di gente, da una parte i suoi compagni d'Istituto, dall'altra due ragazzi erano in piedi, poco oltre l'ingresso.
Uno dei due era vestito in modo eccentrico, quasi fastidioso alla vista. Aveva i capelli laccati e diversi anelli sulle mani.
L'altro invece indossava una camicia bianca, sbottonata per metà, scoprendo la pelle nuda con qualche runa incisa qua e là. Aveva i capelli disordinati e gli occhi fissi su Lexia.
Solo in quel momento Mark si accorse del fatto che tutti, tranne il nuovo Nephilim, lo stavano fissando, ma i suoi occhi si bloccarono su Lexia.
Aveva i capelli ordinati in una treccia che le ricadeva sulla spalla destra, indossava un golfino blu scuro aderente. 
Mark strinse con ancora più forza l'impugnatura della katana, facendo sbiancare le proprie nocche. 
-Mark!- disse Daniela, quasi sorpresa di vederlo all'Istituto -Sei arrivato proprio in tempo per conoscere i nostri ospiti- aggiunse indicando i due -Lui è Magnus Bane, sommo stregone di Brooklyn- disse indicando il ragazzo dai capelli laccati, il quale si inchinò con fare teatrale -Mentre lui è Enrico..- 
-E' morto qualcuno?- chiese improvvisamente Mark interrompendola
-Prego?- chiese il nuovo arrivato
-Il bianco per noi è segno di lutto- rispose avvicinandosi ad Enrico.
Quando gli fu di fronte aveva Lexia al suo fianco, gli sarebbe bastato allungare il braccio per afferrarle la mano, ma non lo fece. 
-Come sei all'antica- rispose Enrico -Non pensi sia ora di lasciarsi certe usanze alle spalle?- aggiunse porgendogli la mano.
Mark ignorò il gesto e si voltò, uscendo dalla stanza proprio nel momento stesso in cui Fredrick vi entrò. 
Ignorò il parabatai e con calma si diresse verso la palestra.
In quel momento voleva solo fare due cose, sfogare la rabbia..
..e spaccare il culo al novellino.

-Scusatelo- disse Daniela agli ospiti -E' un ragazzo particolare-
-L'ho notato- rispose lo stregone sorridendo -Il sangue degli Herondale è sempre stato abbastanza acceso- aggiunse
-Non abbiamo mai detto che fosse un Herondale- disse Cass stupita mentre prendeva dolcemente la mano a Fred.
-Ho conosciuto abbastanza Herondale per riconoscerli a naso- rispose nuovamente lo stregone sorridendo e facendo un gesto con la mano che riempì l'aria di scintille azzurre.
Lexia assisteva muta alla scena.
Dopo che era rientrata con Mark, Daniela l'aveva rimessa a nuovo in pochi minuti e quando avevano finito erano arrivati questi due. Lo stregone, e il suo "fidanzato".
La ragazza doveva ammettere a sè stessa che era davvero bello, il modo in cui i suoi capelli erano ordinati e disordinati al tempo stesso, i suoi occhi curiosi e affamati di luce, il modo in cui vestita..
Tutto ciò lo rendeva unico, come se ogni suo difetto fisico non fosse altro che un modo per manifestare le sue perfezioni.
Ma il momento dedicato ad Enrico era finito quando era arrivato Mark.
Evidentemente lui non aveva avuto il tempo di cambiarsi, aveva la maglietta nera ancora sporca di Icore e i capelli incrostati dal sangue. Ma la cosa che l'aveva più colpita era il modo in cui l'aveva guardata. Per un istante i loro occhi si erano incontrati, ma Lexia non vide il turchese delle iridi, era stato sostituito da un colore simile a quello del ghiaccio di notte. Solo nel vedere quel colore a Lexia erano venuti i brividi.
Ma la cosa peggiore di quello sguardo era cosa le comunicava, odio, disprezzo, distaccamento.
Lexia avrebbe voluto scoppiare a piangere, disperandosi per il suo destino.
-Ovviamente questo se Lexia è d'accordo- disse Daniela riportando la ragazza alla realtà
-Certo- rispose lei d'istinto
-Perfetto quindi noi accompagniamo il signor Bane-
-Chiamatemi pure Magnus davvero- ribattè lo stregone
Daniela sorrise -Noi accompagniamo Magnus alla sua camera, tu porta Enrico a fare un giro per l'Istituto-
Lexia si maledì, non era proprio dell'umore adatto ma annuì, e in un istante si ritrovò da sola con Enrico nella stanza.
-Quindi..- esordì lui sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi -Tu sei Lexia-
"E tu sei Sherlock Holmes" avrebbe voluto rispondergli, ma rimase ipnotizzata dai suoi occhi.
-S-Si- rispose.
"Idiota perchè ti metti anche a balbettare" si rimproverò da sola.
-E' un piacere fare la tua conoscenza- disse Enrico avvicinandosi e dandole un lungo bacio sulla guancia.
Quando le sue labbra si staccarono, la coscienza della ragazza si spaccò a metà.
Da una parte ripudiava Enrico, lo odiava con tutto il suo essere per essere comparso così dal nulla a rovinare tutto quello che era successo in quei giorni.
Da un lato però avrebbe volto conoscere meglio quel ragazzo, in fondo si sarebbero dovuti sposare, sia che lei fosse d'accordo o meno, cosa le costava conoscerlo. Magari poteva addirittura piacerle.
Ma il ricordo del bacio con Mark le era impresso a fuoco nella mente e furono le parole di Enrico a riportarla alla realtà.
-Da dove cominciamo?- le chiese
-Scusa?- rispose, appena arrivato e quel porco pensava già di trattarla come se fosse di sua proprietà.
-Il tour- aggiunse lui sorridendo
Lexia si sentì un idiota e arrossì per aver pensato male del ragazzo.
-Direi.. Dalla palestra, è una delle stanze migliori-

Non appena aveva messo piede in palestra, Mark aveva decapitato il primo manichino che gli era capitato a tiro, ricoprendo il parquet a terra di gommapiuma. Dire che era arrabbiato è dire poco. Da quando era arrivato all'Istituto non aveva avuto tempo per tracciarsi un'Iratze e le ferite sulla schiena continuavano a bruciare e a sanguinare. Estrasse lo stilo dalla tasca e con rabbia si tracciò una runa di guarigione sull'avambraccio, calcando un po' troppo nei tratti finali, dove il nero della runa si mischiava col sangue causato dalla forte pressione.
Afferrò da terra un arco ed una faretra, poi conficcò Iocsuc a nel pavimento, fregandosene del fatto che avrebbe lasciato un segno perenne nel legno.
Incoccò una freccia e la scagliò a bersaglio, mancando di molti centimetri il centro.
Non era concentrato. Ogni parte della sua mente ripensava a Lexia e a quanto successo. 
In quel momento si poteva definire l'umore e lo stato d'animo di Mark con una parola.
Quasi.
Mark si sentiva quasi, quasi male, quasi incazzato, quasi distrutto.
Scoccò un'altra freccia che mancò il bersaglio andando a conficcarsi in alto nel muro. Il ragazzo imprecò, lanciando l'arco lontano da sè.
-Non male dai- commentò una voce alle sue spalle, non c'era sarcasmo nelle sue parole ì, ma a Mark diedero fastidio lo stesso.
-Cosa vuoi saperne te- rispose acido voltandosi verso l'ingresso.
Sulla soglia della palestra c'era il nuovo arrivato, con quella ridicola camicia bianca sbottonata, accanto a lui c'era Lexia. I suoi occhi azzurri si incrociarono un secondo con quelli di Mark, poi lei li abbassò subito, guardando il pavimento. Mark si accorse di quel gesto, ma fece finta di niente. Quando era di quell'umore, ferire le persone che amava era come ferire sè stesso.
-Scusa- sussurrarono le labbra di lei, ma Mark si era già voltato dandole le spalle, osservando il nuovo arrivato che afferrava un arco -Se permetti..- disse mentre faceva vibrare la corda di Septum (Mark passava così tanto tempo in palestra da aver dato un nome ad ogni arma lì presente) -..sono uno dei migliori arceri di tuta la Toscana- aggiunse incoccando una freccia e facendola volare fino al centro del bersaglio. La cosa non stupì Mark, era il migliore arcere dell'Istituto, era il migliore in qualsiasi cosa, ma voleva divertirsi con quel pivello.
-Bravò- gli rispose con accento francese battendo le mani, estrasse Iocsus dal pavimento e se la fece girare nella mano -Il combattimento da lontano è da codardi però, ne sei a conoscenza?- disse puntandogli la punta della katana al petto.
-Sei Mark giusto?- disse il nuovo arrivato voltandosi e afferrando Valery (una katana a doppio taglio con l'impugnatura con venature di puro cobalto, un'arma tanto bella quanto scomoda in combattimento. Motivo per il quale Mark le aveva dato il nome di una sua ex, Valery una ragazza bellissima ma.. particolare)
-Ho sentito molto parlare di te da quando sono qui-
I due ragazzi cominciarono a camminare, come se stessero seguendo un cerchio invisibile tracciato sul pavimento, come due leoni in gabbia aspettavano solo la prima mossa. Le due lama lasciavano dei piccoli graffi sul legno.
-E' normale- rispose Mark -Non tutti hanno l'onore di poter incontrare il miglior Shadowhunter del nord Italia- tossì -pardon, di tutta l'Italia-
Lexia assisteva immobile alla scena, aveva visto combattere Mark e sapeva di cosa era capace, voleva impedire ai due di scontrarsi, ma non riusciva a dire nemmeno una parola.
-Io sono Enrico, Enrico Lightwell- si presentò
-Piacere tuo- rispose Mark, poi si fermò e fece un profondo inchino -Balliamo?- chiese sorridendo, il colore delle iridi che mutava diventando quasi gialli.
Enrico partì all'attacco, i suoi movimenti erano così lenti che Mark non aveva nemmeno bisogno di aspettare che attaccasse per sapere come schivarli. Si spostò verso sinistra col busto, poi si abbassò ed infine arretrò. Gli attacchi di Enrico erano i movimenti base della scherma. 
-Tutto qui?- chiese Mark schivando apposta all'ultimo Valery -Non dureresti un secondo là fuori- rispose evitando la spada di Enrico e assestandogli un calcio sulla schiena, facendolo finire dalla parte opposta della stanza.
-Codardo!- sbraitò lui -Non hai le palle di combattere seriamente con me?-
Mark sbuffò, le sue provocazioni non gli facevano nè caldo nè freddo.
-Sette- disse fissando Enrico negli occhi 
-Cosa?- rispose confuso 
-Avrei potuto ucciderti sette volte, per ora- aggiunse ridendo. Mark poteva vedere chiaramente i segni della rabbia sul volto di Enrico, era troppo facile.
-Egocentrico..- urlò Enrico partendo all'attacco nuovamente, Mark si voltò, fece una giravolta e gli sferrò un calcio sullo stinco, facendolo finire con la faccia per terra.
-Egocentrico?- chiese Mark urlando -Ti mando al tappeto per la seconda volta in cinque minuti e tutto ciò che la tua raffinata mente riesce a elaborare è questo?-
Enrico osservava arrabbiato Mark -Otto- continuò il Nephilim di Ispra.
-Vaffanculo- gli rispose Enrico da terra, una goccia di sangue gli usciva dalla parte inferiore del labbro, rigandogli il mento di rosso.
-Finalmente!- urlò Mark appoggiandosi la spada sulle spalle -Qualcosa di colorito-
Enrico si rialzò a fatica da terra, senza dire una parola si lanciò all'attacco.
Le iridi di Mark mutarono nuovamente, dall'oro passarono al rosso. Spostò la katana dalle spalle al pavimento, la venatura di Adamas cominciò a risplendere. Valery era a pochi centimetri dal collo di Mark, il ragazzo deviò il colpo e piegando il polso disarmò Enrico, afferrando al volo Valery. Disarmato, Enrico osservò incuriosito Mark mentre baciava la lama di Valery, prima di scagliarla con forza al centro del bersaglio per l'arco, tagliando a metà la freccia che aveva scagliato Enrico. Un istante dopo Mark assestò una ginocchiata nello stomaco di Enrico, facendolo piegare in due dal dolore, col gomito lo colpì sulla nuca. Enrico si allontanò da Mark barcollando, ora gli sanguinava anche il naso. Ma Mark gli fu nuovamente addosso in un istante, gli diede un pugno nello stomaco, facendogli mancare il fiato, con due dita poi gli alzò il mento e lo guardò negli occhi sorridendo.
-Evviva gli sposi- gli sussurrò prima di colpirlo in faccia con un pugno, facendolo cadere a terra privo di sensi.
-Enrico!- urlò Lexia precipitandosi sul corpo a terra, poi si voltò verso Mark e gli tirò uno schiaffo -Idiota- gli disse, gli occhi erano lucidi e le si stavano formando delle grosse lacrime agli angoli degli occhi.
Mark la guardò a sua volta, gli occhi color turchese si schiarirono subito, tornando del color del ghiaccio -Da quanto lo sapevi?- le chiese
-Da un paio di giorni- ammise lei
Mark si voltò e cominciò a camminare, gli bruciavano gli occhi ma non avrebbe mai ammesso che stava per piangere, prima di uscire dalla stanza raccolse Iocsuc da terra e lanciò uno stilo a Lexia.
-Fagli un Iratze, starà bene- le disse
-Mark!- lo chiamò lei con le lacrime agli occhi -Ti prego, non farlo- le lacrime le rigavano le guance e stava singhiozzando -Possiamo sistemare tutto, insieme!- concluse.
La porta della palestra si chiuse alle spalle del ragazzo, e Mark si lasciò cadere contro il muro, cominciando a piangere a sua volta.

-Quindi dovrò già ripartire?- chiese lo stregone a Daniela
-Ci spiace doverle dare subito questo compito, ma è meglio se sarà lei ad accompagnare i nostri ragazzi ad Idris- le rispose la donna mentre trafficava in un cassetto della scrivania, in cerca della lettera speditale da Idris
-Nessun problema- rispose Magnus sorridendole -Sentivo un po' la mancanza di quel posto-
Daniela si arrese nella sua ricerca e si lasciò cadere di peso sulla sedia sbuffando.
-Problemi?- chiese incuriosito lo stregone.
-Già- ammise Daniela passandosi una mano fra i capelli.
-Mark- continuò lei
-Il giovane Herondale?- chiese lo stregone
-Sì- continuò la donna -Sembra aver combinato qualche sorta di casino con le autorità mondane, ed è per questo che l'hanno convocato, cioè anche per questo- sbuffò e si massaggiò le tempie 
-In passato ho conosciuto altri Herondale- le rispose Magnus con un po' di nostalgia nella voce -Pare che tutti abbiano dei caratteri in comune tipo..-
-La capacità in combattimento- lo interruppe Daniela
-Sì- rispose
-Presuntuosi?-
-Anche- rispose Magnus ridendo ripensando a Will
-Vorrei partecipare ad una loro riunione di famiglia- rise Daniela
Magnus sorrise osservando la donna, a Magnus piaceva sempre il clima degli Istitui.
Il silenzio calò nella stanza, interrotto solo dal ticchettio dell'orologio che segnava la mezzanotte.
-Forse è ora di andare a riposarci- disse Daniela sforzandosi, senza successo, di non sbadigliare -La accompagno alla sua stanza- aggiunse Daniela.
-No figurati- rispose Magnus -Saprò orientarmi da solo, tranquilla- e sorridendo si alzò 
-Prima prenda questa- disse Daniela passandogli una busta -E' il nome dei convocati ad Idris-
-Oh- commentò Magnus -Grazie mille, buonanotte- disse chiudendosi la porta alle spalle e aprendo la busta, scoprendo il primo nome: Mark Herondale.
Un sorriso si manifestò sulla faccia di Magnus, aveva sempre avuto una simpatia per quella famiglia, e quel ragazzo aveva qualcosa che incuriosiva lo stregone.

Il fumo si disperse nell'aria una volta uscito dalla bocca del ragazzo, i suoi occhi erano puntati verso le stelle, e al suo fianco c'era Iocsuc, la katana che Mark ora portava sempre con sè.
-Bella sera per mandare qualcuno in ospedale, vero?- chiese una voce alle spalle del ragazzo
-Non incontro molte persone sul tetto, di solito- rispose senza voltarsi e continuando a fumare la sua sigaretta -Bane giusto?- chiese espirando il fumo.
-Esatto- rispose schioccando le dita e facendo sparire la sigaretta dalle mani del Nephilim
-Simpatico- commentò il ragazzo 
-Questo era per aver mandato il mio protetto in infermeria- aggiunse Magnus
Mark scoppiò a ridere e prese un'altra sigaretta -Quel cagasotto- commentò accendendosela -Se non fosse figlio di qualche papino ricco sarebbe già morto da anni- aggiunse
-Già- rispose lo stregone sedendosi sul tetto accanto alla katana di Mark. Mark era stupito, pensava che lo stregone avrebbe provato a "maledirlo" o altro per aver ridotto ko quel pivello.
Una stella cadente tagliò il cielo in due metà.
-Hai espresso un desiderio?- chiese Magnus
-Non credo ai desideri o cazzate varie- rispose Mark gelido
-Voi Herondale siete così romantici- commentò Magnus
-Ah, romantici- sbuffò il Nephilim -Non hai mai pensato di fare lo psicologo Magnus? Hai la capacità di capire al volo le persone, davvero- ironizzò il Nephilim
A Magnus cominciava a piacere quel ragazzo, gli ricordava così tanto Will, causandogli una stretta al cuore. Poi era l'unico a chiamarlo per nome, senza dargli il rispetto che gli davano tutti.
-Una volta lo ero- rispose lo stregone -Era il 1845? O il '46-  aggiunse lo stregone voltandosi, solo in quel momento si rese conto che sull'avambraccio del ragazzo era tracciata un'Iratze, la quale stava curando lentamente le nocche lussate della mano destra.
-Muro o il naso di Enrico?- chiese Magnus indicando la mano
-Tutti e due- rispose Mark ridendo -Aveva un naso incredibilmente duro-
Magnus cominciò a ridere e Mark lo seguì. 
-Bella la spada- commentò Magnus
-Grazie- rispose Mark estraendola dal fodero -L'ho trovata per caso oggi pomeriggio- il filo di adamas della spada si illuminò di grigio.
-Interessante..- commentò Magnus osservando il cambiamento
-Già- rispose Mark -Non so perchè ma non riesco a staccarmene, è bilanciata nella maniera perfetta per me, è veloce, leggera..-
-ισχύς!- urlò Magnus
-Iocsuc- ripetè Mark -Sai cosa significa?-
-No- mentì lo stregone -Ed è ora per me di andarmene, si è fatto tardi- aggiunse alzandosi in piedi e avvicinandosi alla finestra dalla quale era uscito -E' stato un piacere parlare con te Mark, staremo insieme più di quanto credi- e detto questo svanì all'interno dell'edificio.
Il Nephilim rimase da solo sul tetto, in compagnia solo della sigaretta, ormai del tutto consumata che teneva in mano. Lanciò lontano il mozzicone e Mark seguì il puntino rosso fino a quando non fu completamente avvolto dalle tenebre, dopodichè rimise Iocsuc nel fodero e si lanciò giù dal tetto, atterrando con una capriola sul prato morbido. 
Prima di andare sul tetto si era cambiato, non indossava più i vestiti logori del pomeriggio, indossava una maglietta (nera) e una giacca di pelle con le maniche tirate su fino al gomito, mostrando gli avambracci pieni di rune. Dalla tasca della giacca estrasse un telefono, ignorò i 19 messaggi su whatsapp osservando di fretta i nomi.
Alessia, Chiara, Laura, Giorgia, Lidia, Fred..
Fred?
Fredrick non scriveva mai messaggi a quel numero. Mark infatti aveva due telefoni, apparentemente identici, in uno teneva tutti i numeri di conoscenti eccetera, nell'altro invece conservava solo i contatti utili nel mondo degli Shadowhunters. Cercò l'altro telefono ma non lo trovò, probabilmente l'aveva lasciato negli altri pantaloni. 
Lesse il messaggio del Parabatai:
"Si può sapere per l'Angelo che cosa hai combinato? Ti avevo chiesto di stare calmo! Sei stato uno sciocco irresponsabile, appena hai finito di cazzeggiare torna a casa, ti ho lasciato l'A1 parcheggiata in cortile"
-Ovvio che l'hai lasciata lì, è la mia macchina- rispose bloccando il telefono e rifilandoselo in tasca. 
Come aveva detto Fred la macchina era parcheggiata al solito posto, una Audi A1 comprata in un modo non del tutto legale.
-Catherine- disse Mark rivolto al veicolo, si avvicinò alla porta del conducente e l'aprì, le chiavi erano inserite nel cruscotto, come facevano sempre quando lasciavano le macchine nell'Istituto.
-Pensavo fossi morto- disse una voce alle sue spalle -Anzi- si corresse -Dovresti essere morto-

Appena Mark era uscito dalla stanza Lexia aveva raccolto lo stilo e aveva fatto come le aveva consigliato, aveva inciso una Iratze sull'avambraccio di Enrico, poi lo aveva lasciato lì, ed era uscita dalla stanza.
Non riusciva a smettere di piangere, e si infilò nella prima stanza che trovò, di nuovo la stanza di Mark.
-Perchè?- urlò lei raccogliendo un libro da terra -Perchè devo sempre finire nella tua stanza di merda!- aggiunse scaraventando il libro contro il muro della stanza.
-Hei- si lamentò una voce sul letto -Potevi quasi colpirmi-
L'uomo si alzò dal letto e afferrò il libro che Lexia aveva lanciato -La Divina Commedia, l'Inferno- commentò -Metà delle robe scritte qui gliele ho raccontate io-
-Chi sei tu?- chiese Lexia afferrando uno dei pugnali che Mark aveva sparsi per la scrivania.
-Magnus Bane- rispose l'uomo inchinandosi davanti a Lexia -Sommo stregone di Brooklyn e un incredibile amante delle storie d'amore-
-Sei l'uomo che ha portato qua Enrico- disse Lexia abbassando il pugnale.
-Stregone, prego- commentò -E non è stato carino da parte tua lasciarlo privo di sensi in palestra- aggiunse sorridendo
-Per l'Angelo devo..- 
-Tranquilla- la interruppe lo stregone -Ora è in infermeria, prego- le disse.
La ragazza lasciò cadere a terra il coltello e si gettò sul letto accanto allo stregone, poi ricominciò a piangere.
Magnus arrossì, non capitava spesso che un Nephilim fosse tanto aperto con un Nascosto.
-Perchè mio padre mi fa questo!?- chiese la ragazza fra un singhiozzo e l'altro
-Per affari- rispose Magnus accarezzandole i capelli biondi.
Era davvero una bella ragazza, non si stupiva di come fosse riuscita conquistare il giovane Herondale in così poco tempo, non si stupiva nemmeno di come fosse riuscita in nemmeno un'ora a conquistare Enrico. 
-Perchè proprio ora..- continuò lei
-Mark?- le chiese lo stregone 
-Ma come?- chiese Lexia mettendosi a sedere, facendo cadere diversi libri
-Mi è bastato un solo sguardo per capire tutto, e poi conosco abbastanza bene il sangue degli Herondale, e Mark non è un'eccezione- le spiegò lui.
-Quindi tutti gli Herondale- sputò quel nome come se lo odiasse -sono degli stronzi, megalomani esaltati?- chiese
-Più o meno..- rispose Magnus, stupito dalla crudeltà di quella descrizione -Ma col tempo migliorano, fidati-
-Fidarmi..- la ragazza scoppiò a ridere -Mi sono fidata una sola volta, proprio oggi pomeriggio, e mi hanno rapita!- urlò -Maledizione, stupido, montato, antipatico- ad ogni parola tirava un pugno al cuscino di Mark.
Il suo delirio fu interrotta dalla suoneria di un telefono.
-Non è il mio- disse lo stregone -Ed il tuo è rotto se non sbaglio- Magnus fece un gesto con la mano, e dalla tasca di un paio di jeans uscì un iPhone bianco che, trasportato da delle scintille azzurre, finì sul grembo di Lexia.
"Fissato col nero dei cacciatori, il bianco è simbolo di lutto.. Poi si prende un iPhone bianco, ipocrita" pensò Lexia mentre guardava il nome che brillava sullo schermo: Fredrick.
-Dovresti rispondere- consigliò lo stregone, mettendosi a posto il colletto della maglietta.
-Pronto?- rispose Lexia
-Brutto idiota, si può sapere per l'Angelo cosa credevi di fare!?- gracchiò la voce di Fred dall'altra parte dell'apparecchio
-Ah vedo che non sono l'unica ad avercela a morte con lui- rispose Lexia
-Lexia? Mark è con te?-
-Gli conviene di no- sbraitò lei stringendo il telefono
-Se lo vedi, digli assolutamente che deve tornare a casa, lo aspetto lì, ciao- poi attaccò il telefono, Fred le sembrava davvero molto arrabbiato, e Lexia non fece a meno di essere contenta. Era quello che Mark si meritava.
Osservò il telefono che aveva in mano, come sfondo c'era la foto di due bambini, entrambi si tenevano la maglietta alzata fino al collo, per mostrare la runa del parabatai sui rispettivi cuori.
Lexia strinse il telefono in mano e si voltò verso il muro, poi si bloccò.
-Penso proprio che questo sarà un ottimo sostituto del mio vecchio telefono- disse rivolta allo stregone.
-Ottima idea- rispose lui
-Ora- Lexia si girò su sè stessa, come se fosse in cerca di qualcosa -Trovato- disse prendendo una collana dal comodino, poi si tracciò una runa sulla mano per rintracciare Mark, gliel'aveva vista nel pomeriggio quando era andato a salvarla.
-Ora?- domandò Magnus Bane nonostante sapesse già la risposta
-Ora andiamo a scambiare due parole con quel deficiente di Mark- rispose lei stringendo la collana nella mano.
-Ottimo- rispose Magnus -Guido io!- disse uscendo dalla stanza e estraendo dalla tasca le chiavi della Maserati.


Spazio all'autore:
Che dire, ho faticato molto per scrivere questo capitolo, specialmente la parte iniziale. Ho sofferto anche io, mi sono così affezionato a Mark che dargli un due di picche così mi ha quasi fatto venire voglia di cambiare il filone narrativo della trama e dargli un lieto fine.
Ma so che a parti invertite lui non avrebbe fatto così se ci fossi stato io nella sua storia.

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Capitolo 7
*** Vecchie Ferite ***


L'auto sfrecciava a tutta velocità fra le vie del paese, alla guida lo stregone seguiva le indicazioni della ragazza al suo fianco. 
-Svolta a destra.. A sinistra... Dritto... Ci siamo- disse alla fine, Magnus premette con forza il freno e la Maserati si fermò su un vialetto di ghiaia, davanti ad una villa leggermente illuminata.
-Impossibile- commentò lo stregone -Non può vivere qui..-
-Sarà solo in visita- ipotizzò Lexia scendendo dal veicolo.
Più si avvicinava al cancello e più si rendeva conto di quanto fosse incredibilmente bello quel posto, Mark e Fred non potevano vivere lì  dentro, avevano due stanze all'Istituto, ma in effetti la villa era molto meglio della camera in cui era stata lei.
Era una casa a tre piani, il piano terra aveva un muro fatto solo di vetro, che permetteva di vedere dentro, il secondo ed il terzo avevano molte finestre, tutte chiuse per la notte.
Lungo il perimetro e sparse per il giardino c'erano delle Stregaluci sparse, che davano un tocco artistico a tutta la casa.
-Wow..- sussurrò Lexia quando l'occhio le cadde sul giardino che si mischiava col buio -Quella è.. una piscina?- chiese allo stregone
-Già- rispose lui, i suoi occhi da gatto riuscivano a vedere meglio di quelli di un essere umano al buio -E anche bella grossa- aggiunse -Entriamo?-
Lexia annuì e schiacciò il tasto accanto alle iniziali B&H incise nel marmo.
"Blackthorn & Herondale" pensò la ragazza mentre varcava il cancelletto dopo che si fu aperto con uno scatto.

Era la terza volta che Fredrick faceva avanti e indietro dal soggiorno alla cucina e Cass non riusciva più a sopportarlo -Se ci passi sopra ancora un paio di volte lascerai il segno- gli disse Cass facendolo fermare.
-Idiota- disse Fred guardando il soffitto -E' un idiota- aggiunse sedendosi sul divano in pelle nera accanto a Cass.
-E' fatto così- provò a difenderlo lei accarezzando una guancia del ragazzo 
-Si ma questo non lo giustifica- ribattè lui alzandosi in piedi. In quel momento suonò il citofono e con uno scatto Fred premette il pulsante per aprire il cancelletto.
-Appena mette piede in casa.. ohhhh..- sussurrò Fred facendosi schioccare le nocche rumorosamente.
-L'ultima volta che avete bisticciato avete dovuto rifare da capo tutto il secondo piano- ricordò la ragazza mentre con fare distratto sfogliava un libro preso a caso.
-Era una cosa seria!- urlò Fred arrabbiato, evidentemente per il ragazzo era seria davvero.
-Avete litigato per il nome di una macchina!- urlò di rimando lei lanciando a Fred il libro.
Il ragazzo lo prese al volo e lo osservò -Harry Potter e il principe mezzosangue, non lanciare i libri di Mark in giro che poi si incazza- disse, mentre il suo sguardo passava dall'arrabbiato al folle -Anzi- aggiunse, poi lanciò il libro in aria e con un pugnale lo tranciò in due, facendo finire pezzi di carta su tutto il pavimento.
-Questo è nulla in confronto a quanto si meriterebbe!- puntualizzò il ragazzo.
La porta che dava sul giardino in quel momento si aprì e nel salone entrò Lexia urlando -Dove diavolo è quel..-
-lo schifoso, bastardo, doppiogiochisa, traditore?- completò la frase Fred -Non lo so!- urlò lasciandosi cadere sul divano.
-Ciao Lexia- la salutò Cass -Magnus giusto?- aggiunse indicando lo stregone
-Sera- rispose lui strizzando l'occhio e chiudendosi delicatamente la porta alle spalle.
-So che è qui- disse improvvisamente Lexia -Dove?- era infuriata 
-Non lo sappiamo- disse con calma Cassie -Davvero, non è qui-
-Impossibile- commentò Lexia -L'ho seguito usando una runa localizzatrice e mi ha portata qui-
-Cosa hai usato come oggetto per trovarlo?- chiese Fred smettendo di giocare con la copertina del libro maciullato
-Questa- rispose la ragazza mostrando una collana con un ancora appesa come medaglione.
-Fred!- urlò Cass apparentemente senza motivo -Mi avevi detto di averla buttata!-
Il ragazzo arrossì -Io.. Non ce la facevo, così ho chiesto a Mark di farlo per me..- ammise
-Quindi da quanto ho capito, questa collana non è di Mark?- chiese Lexia arrabbiandosi con se stessa per l'errore commesso.
-Era un regalo che quella "simpaticona" di Gloria..-
-Giulia- la corresse Fred ottenendo solo uno sguardo accusatorio da parte della ragazza
-..gli aveva fatto per il loro anniversario, e a quanto pare qualcuno non ha avuto il coraggio di buttarla- finì Cass guardando di sbieco il ragazzo, il quale provava a sparire fra i cuscini del divano.
-Sembra che la nostra ricerca finisca qui- disse Magnus sedendosi a sua volta sul divano in pelle.
-No!- urlò Lexia -Non se la può cavare così, devo trovarlo e dirgliene quattro per come si è comportato con..- la ragazza tentennò un attimo "con me" avrebbe voluto dire -..con Enrico- concluse.
-La rissa- commentò Fred
-Rissa? Quella non era una rissa, era come una montagna che se la prendeva con un bambino!- ammise Lexia
-E' stato provocato!- provò a difenderlo Fred, nonostante anche lui fosse arrabbiato con Mark restava lo stesso il suo Parabatai e si sentiva in dovere di difenderlo.
-Ah già..- Lexia si colpì la fronte con la mano -Tu hai visto tutto- ma si pentì subito di quello che aveva detto. Nella stanza c'era anche lo stregone e nessuno al di fuori dell'Istituto di Ispra era a conoscenza delle abilità uniche di Mark e Fred.
-Tranquilli- disse lo stregone drizzando la schiena -So già tutto, sia del tuo ponte telepatico con Mark, sia della sua incredibile.. come possiamo definirla.. Vista?- concluse
-Come fai?- chiese realmente incuriosita Cass
-Bambina, sono in vita da prima ancora che diventasse una moda contare gli anni, ne ho viste di ogni. Loro non sono i primi e non sono gli ultimi ad avere delle capacità particolari- nella mente dello stregone tornarono alla mente Jace e Clary, e di conseguenza Alec. Da quando era in Italia non lo aveva chiamato una sola volta -Ma fidatemi di me, so mantenere i segreti- aggiunse portandosi un dito alla bocca -Ora scusatemi ma devo fare assolutamente una chiamata..- disse alzandosi dal divano -..o Alec mi uccide- sussurrò uscendo dal salone.
-Dov'è camera sua?- chiese Lexia a Fred -Vado a recuperare qualcosa che possa servirmi per rintracciarlo-
-La mansarda- rispose Fred -O il terzo piano chiamalo pure come vuoi-
In quel momento però il legame con Mark si fece più forte, come ogni volta che lui voleva farsi sentire, e Fredrick non riuscì ad ignorarlo.
"Non cercarmi, sono con Kat. Quando finisco torno a casa e ti spiego tutto giuro"
-Idiota..- sussurrò a denti stretti, poi si voltò verso Cass -E' con Kat- le disse. La ragazza si portò subito le mani alla bocca -Vado a fermare Lexia- disse
-Brava- rispose Fred -Non deve assolutamente andare da Mark-

-Cosa vuoi?- chiese scontroso Mark staccando a forza le labbra della ragazza dalle sue 
-Dai non fare il difficile..- gli rispose, mentre con una mano gli accarezzava l'interno della coscia, partendo dal ginocchio fino ad arrivare al..
-Ti ho chiesto cosa vuoi?- ripetè Mark afferrando la mano della ragazza intenta ad abbassare la zip dei jeans.
La ragazza seduta al posto del passeggero era Katerin Westorn, un lupo mannaro. Dimostrava 19 anni, aveva i capelli neri come la notte e gli occhi verdi, un mix di colori letale. E Mark c'era già cascato più di una volta in quella trappola. Lei sbatteva le ciglia, lo baciava, andavano in camera da letto e quando il tutto era finito chiedeva qualche genere di favore a Mark, quel genere di cose che solo i Nephilim potevano fare. 
La ragazza si morse il labbro, mentre con una mano cominciava a sbottonarsi la camicetta a quadri. Mark notò che non portava il reggiseno. 
Il ragazzo stava facendo uno sforzo immane per non saltarle addosso in quello stesso momento, ma sapeva che non poteva cedere. Non doveva.
All'improvviso la ragazza gli si sedette sopra a cavalcioni, e si sbottonò la camicia con violenza, strappando dei bottoni e facendoli cadere nell'abitacolo.
-La tua mente dice no, ma il tuo corpo dice si- sussurrò mordendo l'orecchio di Mark e portando una mano sul bottone dei jeans.
Mark era paralizzato, gli era già successo di andare a letto con Kat, e gli era anche successo (purtroppo) di essere quasi violentato da gruppi di ragazze. Ma in quel momento dentro di lui stavano combattendo due parti di se.
Una avrebbe fatto il solito gioco con Kat, del sesso in cambio di qualche favore particolare, l'altra avrebbe voluto invece mandare al diavolo l'intera situazione e tornare a casa.
Senza preavviso Kat gli strappò la maglietta e cominciò a massaggiargli il petto, mentre gli stringeva sempre di più i fianchi con le gambe.
-L'avevo appena messa- disse Mark cercando di mantenere un tono di voce il più calmo possibile.
In quel momento non era per nulla calmo, vide il riflesso dei suoi occhi nello specchietto retrovisore, praticamente non erano oro ma gialle le iridi tanto era eccitato in quel momento.
-Ah si?- commentò lei mentre gli baciava il collo, quella era una delle cose a cui Mark non sapeva resistere e lei lo sapeva bene -Ti preferisco senza, sai?- aggiunse, facendo scendere una mano dal petto sempre più giù, passando delicatamente sugli addominali per poi infilarsi nei pantaloni.
Mark sentì la fredda stretta ma delicata mano della ragazza e in quel momento reagì senza neanche volerlo, si tolse Kat di dosso e scese dall'auto, riallaciandosi i pantaloni e lanciando via ciò che restava della maglietta.
-Ma che ti prende?- chiese la ragazza scendendo dalla macchina a sua volta
-Non è serata- rispose Mark aprendo il baule, fortunatamente nelle sue macchine teneva sempre qualche ricambio in caso di emergenza.
Più volte gli era capitato di avere un appuntamento dopo essere andato a combattere qualche demone e diciamo che alle ragazze non faceva una buona impressione quando andavi da loro con una maglietta stracciata pieno di icore demoniaca, o meglio non sempre.
-Che è successo?- chiese Kat sedendosi sul bordo del bagagliaio
-Nulla- rispose Mark sforzandosi per non guardarle il seno -Tieni- disse poi lanciandole una t-shirt nera -Ne hai bisogno anche tu- aggiunse
-Grazie- rispose lei mettendosela con troppa calma e mostrando troppa pelle al chiaro di luna.
Mark dovette aggrapparsi a ogni briciolo di lucidità che aveva (oltre che alla carrozzeria della macchina) per non saltarle addosso.
Quando Kat ebbe finito di cambiarsi si rese conto che Mark la stava fissando -Non vorrai mica delle scuse per quelli?- disse accennando al petto del ragazzo, il Nephilim abbassò lo sguardo e vide quattro tagli sanguinanti che partivano dalla spalla destra e finivano fin dentro ai pantaloni, a quanto pare non era stata poi così delicata -Sai che quando sono in quelle situazioni è difficile controllarmi- aggiunse
-Lo so- rispose secco Mark mettendosi addosso una maglietta, non aveva freddo ma si sentiva come una preda per Kat. Una preda che era appena scappata dal lupo.
Kat si avvicinò a Mark, e senza dire nulla lo baciò, afferrandolo per i fianchi. Il ragazzo ricambiò il bacio, lasciandosi trascinare dalla nostalgia del passato, poi si separò da lei.
-Scusa- le disse -Ma questa era l'ultima maglietta che avevo in macchina, non posso permetterti di squarciare anche questa-
Kat rise, con quella risata che aveva catturato Mark parecchi mesi prima -Perchè non mi hai più chiamata?- chiese
-Perchè avrei dovuto? E' finita, tu hai voluto finirla-
-Si ma non mi pare che tu ti sia mai lamentato delle mie.. "visite"-
Mark sapeva di essere nel torto, non si era mai dimenticato del tutto Kat e non riusciva a resisterle, nonostante non volesse mai ammetterlo apertamente.
-Sono la tua puttana, è diverso. Mi porti a letto poi vuoi che io faccia qualcosa per te o per il tuo branco- 
La ragazza lo guardò di sbieco, poi lo baciò nuovamente, questa volta senza provare ad afferrarlo o altro -Vedo che finalmente cominci a pensare con la testa- rispose
-Di cosa hai bisogno stavolta?- le chiese di nuovo
-Come sei monotono con le domande, sto bene comunque, grazie per averlo chiesto..-
-Che vuoi!?- urlò Mark
La ragazza sbuffò..
-Eli..- rispose
-Cosa?- dissi io.
Elizabeth era la sua sorella minore, dopo che Kat venne morsa si trasferì con il suo branco, ma nonostante tutto continuava a vedere la sorellina quando ne aveva tempo.
-E' stata rapita da un altro clan, vogliono farla diventare una di loro,  a meno che...-
-A meno che?- le chiesi
-Vogliono che noi ci affiliamo a loro, diventando loro adepti. Ma quei cani bastonati sono al servizio del comune, e noi non vogliamo dipendere da nessuno stregone-
In due giorni quella sarebbe stata la seconda volta in cui avrebbe fatto incazzare quelli del comune, sapeva che avrebbe ricevuto un richiamo da Idris se fosse andato a fondo della storia.
-Solo tu puoi salvarla senza far scoppiare una guerra fra i branchi- disse Kat adulandolo
-Io non sono bravo con le parole, non sono "quel" tipo di Shadowhunters- rispose
La ragazza lo guardò con i suoi grossi occhi verdi, era bellissimo come gli occhi dei licantropi brillassero al buio. Delle piccole lacrime stavano cominciando a formarsi agli angoli -Ha solo 9 anni..- disse giocando con il colletto della maglietta di Mark
-Merda- imprecò Mark prendendo iocsuc dal bagagliaio e sbattendolo con un po' troppa forza.
-Dov'è?- chiese salendo al lato del guidatore
-Alla vecchia fabbrica abbandonata- rispose la ragazza -Ti aspetto qui io- aggiunse
-Vai al diavolo- rispose Mark una volta messa in moto la macchina.
Lo stereo era silenzioso, e Mark malediceva se stesso. 
Si malediceva per non aver non aver approfittato di Kat.
Si malediceva per essere stato incastrato in quella situazione del cazzo.
Si malediceva perchè da quando era uscito dall'Istituto continuava ad avere in testa solo Lexia.
Il telefono nel vano porta oggetti vibrò e Mark lo raccolse per vedere chi poteva scrivergli all'una meno venti di notte. Fred.
"Torna a casa immediatamente, dobbiamo parlare!"
Mark lanciò il telefono nei sedili posteriori, poi si concentrò per mandare un messaggio mentale a Fred, sperando che non fosse così impegnato da non riceverlo.
Dopo qualche secondo il telefono vibrò nuovamente, era un segnale. Fred aveva ricevuto il messaggio.
Poi con decisione Mark premette l'acceleratore, facendo scattare la macchina oltre il semaforo lampeggiante, non curandosi delle precedenze.
L'unica cosa che voleva ora era salvare quella bambina, poi tornarsene a casa, dove sarebbe potuto rimanere da solo per qualche giorno.

La fabbrica era deserta da una ventina d'anni, i muri erano ancora solidi, ricoperti da graffiti ma solidi, dell'edera si arrampicava ai lati delle varie pareti.
Mark parcheggiò la macchina ad un isolati di distanza, aveva paura che potesse succederle qualcosa, poi si armò alla meglio con le armi che teneva nascoste sotto i sedili dell'auto.
Lame corte e qualche stilo, ma Mark aveva Iocsuc e il solo tenere in mano quella lama gli infondeva fiducia, per sicurezza si portò una spada angelica in più, non si sa mai. Quando finalmente si sentì abbastanza pronto prese lo stilo e si fece le solite rune pre battaglia sull'avambraccio, velocità, forza, furtività..
Finalmente era pronto, fece scrocchiare le dita e si avvicinò all'ingresso della fabbrica, tenendo stretta Iocsuc nella mano destra. Sfondò la porta in legno con un calcio, e si ritrovò subito immerso nell'ambiente buio. I suoi occhi, in quel momento ambrati, gli permettevano di vedere meglio al buio, questo più una runa della visione, non facevano del buio uno svantaggio.
Mark fece dei passi nella stanza, silenzioso non si sentiva nulla che non fosse il suo respiro leggero.
La stanza in cui era aveva pianta circolare, un balcone si affacciava dal secondo piano e della scrivanie erano accatastate ai lati, qua e là si intravedevano delle bottiglie di birra vuote e qualche resto di qualche spinello. Per smaltire il nervosismo Mark si accese una sigaretta, il fumo cominciò a disperdersi nella stanza. I lupi mannari erano molto sensibili agli odori, e Mark sapeva che non avrebbero gradito l'aroma della sigaretta come lo gradiva lui.
-E' vietato fumare nei luoghi chiusi, non te l'ha insegnato la mamma?- chiese una voce, proveniva dal secondo piano ed era di un uomo.
-Purtroppo per lei è morta partorendomi- disse Mark voltandosi, con la punta della katana lasciò un lieve segno sul pavimento, stranamente privo di polvere -Ma parlando di educazione, tu che scusa hai? Non accogli un ospite?- chiese.
Dal secondo piano una figura si lanciò, atterrando rumorosamente sul pavimento, quando si mise in piedi delle luci ai lati della stanza si accesero, avrà avuto una trentina d'anni, indossava dei vestiti logori, una camicia da boscaiolo con le maniche strappate e dei pantaloni della tuta neri, ormai grigi a causa dello sporco. Aveva una barba folta, quasi da Hipster, i capelli neri e unti (Mark si dovette sforzare per non vomitare) erano raccolti in una coda, le sopracciglia erano così folte da non far vedere il colore degli occhi. Era palesemente un lupo mannaro. Bhe primo nessun uomo sarebbe sopravvissuto con tanta nonchalanse da quel salto, secondo erano chiaramente visibili i canini allungati e gli artigli sulle mani.
-Io sono il capo del 17 branco di Licantropi di Roma, Anacleto!- ruggì
Mark lasciò cadere Iocsuc a terra, che rimbalzò con un clangore metallico, poi scoppiò a ridere, cadendo a terra e tenendosi lo stomaco con le braccia -O per Raziel- disse rimettendosi in piedi -Non puoi chiamarti come il gufo di Mago Merlino!- aggiunse asciugandosi una lacrima dall'occhio.
-Ti prendi gioco di me, Nephilim!?- chiese arrabbiato il Lupo
-Capisci il sarcasmo, licantropo!?- rispose Mark imitando il tono autoritario del lupo.
Anacleto lo fissò per qualche secondo, non brillava come intuito, poi ululò. Dal balcone si lanciarono altri licantropi, atterrando come il capobranco e ringhiando come delle bestie.
-Nessuno può prendersi gioco di noi!- ringhiò Anacleto
Mark applaudì due volte -Un 10 per la coreografia, ma un 4 per la presenza scenica- disse girando su se stesso, era circondato da 27 lupi, li aveva contati tutti -Siete praticamente identici- l'unico modo di uscire da lì era farsi strada fra il sangue -Poi rapire una donzella- Mark sbuffò -E' così "old school"-
I lupi lo guardarono chinando la testa di lato -Porco Azaziel non sapete nemmeno l'inglese?- chiese rivolto al branco. Un lupo ringhiò e fece un passo verso Mark -Seduto!- lo ammonì il ragazzo -O ti mando a cuccia!- aggiunse.
Il lupo partì all'attacco ringhiando, ma era troppo prevedibile, il Nephilim fece una giravolta e gli mozzò una gamba. Il lupo cadde a terra e si ritrovò ad osservare il ragazzo, con le iridi d'orate sopra di lui.
-Ho detto seduto- disse il ragazzo prima di mozzargli di netto la testa. Il corpo cadde senza vita sul pavimento, sporcandolo di sangue.
Era questo il brutto dei Licantropi, quando li ammazzavi non sparivano nè niente, restavano lì a sanguinare come degli esseri umani.
Il branco attorno a Mark guaì di dolore, poi partirono all'attacco tutti assieme.
Il ragazzo prese la spada angelica con la sinistra, avrebbe fatto più in fretta con una lama per mano. 
-Balliamo!- urlò lanciandosi verso un licantropo. Atterro sul suo petto e gli conficcò la spada angelica fino all'elsa nel cuore, con un calcio allontanò due sue compagni che stavano per colpirlo alle spalle, mentre con Iocsuc mozzava la testa ad altri due Nascosti. Il filo di Adamas della lama si era colorato di rosso cremisi, con gli occhi del ragazzo. Si abbassò per evitare gli artigli di Anacleto, poi gli assestò un pugno nelle costole che lo fece finire dall'altra parte della stanza. Un altro licantropo stava per mordergli il braccio, Mark fu costretto ad abbandonare la lama angelica per salvarsi la pelle. Scartò di lato per evitare un lupo in corsa, e gli trafisse il costato con Iocsuc, ruppe il collo ad un altro, poi usò il suo corpo come scudo dagli artigli di un sue ex compagno, prima di mozzare la testa anche a lui. Evitò con una capriola un lupo lanciatosi dal secondo piano e ormai completamente trasformato, atterrata la besti gli si lanciò addosso, Mark afferrò a mani nude le fauci della bestia, e le aprì oltre la loro capacità naturale, il lupo cadde a terra senza muoversi più. Lanciò i tre coltelli che aveva nella cintura, due si conficcarono fra gli occhi di due licantropi in corsa, il terzo finì invece nella spalla di uno, che cadde a terra per il dolore. In un secondo Mark gli fu addosso e completò l'opera trafiggendogli il cuore con la lama. Lentamente il branco si stava facendo sempre più piccolo, e più impaurito. I lupi completamente trasformati avevano la coda fra le gambe, mentre gli altri stavano sulla difensiva, arretrando verso l'uscita sempre di più.
Il pavimento ormai era ricoperto di sangue, sangue e cadaveri.
Un lupo mannaro provò a scappare dalla porta, ma prima che ci potesse arrivare la lama di Mark gli spuntava fuori dal petto di venti centimetri netti, il cadavere del lupo cadde all'interno della stanza.
Mark si voltò e osservò i rimanenti. Erano sparsi per la stanza e spaventati. 
-Vi avviso- disse camminando nel sangue versato a terra -Che soltanto quattro avranno l'onore di lasciare questa stanza, vivi- scattò verso sinistra uccidendo con la lama un lupo mannaro che si stava rialzando a fatica, probabilmente aveva una gamba rotta ma a Mark non importava. Prima che il corpo toccasse terra lanciò un coltello da lancio nel costato di un lupo terrificato, uccidendolo sul colpo -Codardi- disse
-Codardi!- urlò -Rapire una bambina- aggiunse -Non siete nascosti, siete BESTIE!- 
Dalle sue spalle un Nascosto, armato con la sua spada angelica provò a colpirlo, Mark si voltò e gli girò il polso, rompendoglielo, e trafiggendolo con la lama stessa. La stretta dell'uomo si strinse attorno all'elsa. "Rigor mortis.. o qualcosa del genere" pensò Mark prendendo la sua spada con la forza.
-Anacleto- riprese a parlare il ragazzo -Tu sopravvivrai, ma prima dovrai dirmi dove posso trovare la bambina- 
Il capo branco deglutì -Lo prendo come un sì- disse Mark voltandosi su se stesso.
Erano rimasti 12 lupi, 8 dovevano morire.
-Finirà subito- disse Mark stringendo Iocsuc con entrambe le mani. 
Durò un istante, fu come se il tempo si fermasse per qualche secondo, Mark sparì e ricomparì ad un passo da dove era partito. Riprese fiato e otto licantropi caddero a terra, con la gola tagliata che spruzzava sangue, sangue che si aggiungeva a quello già presente a terra.
Mark cadde in ginocchio, Iocsuc gli sfuggì di mano.
"Per Raziel, che è successo" si chiese il ragazzo osservando la mano che ancora tremava.
Si rialzò a fatica -Andate- urlò -Non tu Anacleto!- 
I tre sopravvissuti scapparono subito dalla porta, senza farselo ripetere.
-Codardi- urlò loro dietro Anacleto -Ve ne pentirete!-
Mark afferrò il lupo mannaro per la gola e lo alzò di forza dal pavimento, le parole d'odio verso il suo branco gli si strozzarono in gola.
-Portami da lei- gli ordinò lasciandolo cadere a terra.
Lui annuì, tenendosi la gola, poi cominciò a camminare lungo un corridoio illuminato da qualche lampadina appesa al soffitto.
-Non male come l'avete riarredato- commentò Mark sarcastico, senza ottenere alcuna risposta da Anacleto. Logico. Gli aveva appena decimato il branco.
-E' qui- disse il lupo mannaro indicando una porta di ferro chiusa con una spessa catena.
Mark busso con la mano due volte e da dietro la porta una voce cominciò a chiedere aiuto.
-Perfetto- disse Mark avvicinandosi ad Anacleto.
-Ora io pensavo di..- 
La frase del Nascosto fu interrotta dalla lama di Mark che gli trapassava lo stomaco da una parte all'altra, il ragazzo afferrò la testa dell'uomo e avvicinò l'orecchio alla sua bocca -Mi dispiace davvero, ma io non potevo lasciarti vivere- sussurrò -Non perdono chi tocca le bambine, neanche se sono cani di natura- concluse estraendo la lama macchiata di sangue. Il licantropo gorgogliò qualcosa cadendo, dopo qualche secondo smise di muoversi e morì, con gli occhi sbarrati che ancora fissavano quel Nephilim portatore di morte.
Mark afferrò il cadavere per le gambe e lo portò in una stanza laterale, non voleva che la bambina potesse vedere un cadavere, il che era un problema, visto che l'intero ingresso era pieno di sangue, cadavere e arti mozzati.
Mark ruppe le catene con un colpo di Iocsuc e con calma aprì la porta.
-Mi chiamo Mark Herondale- disse con voce calma, i suoi occhi si erano schiariti, tornando lentamente blu -Mi manda Kat, sono qui per salvar..-
La bambina gli si gettò al collo in un abbraccio, stava singhiozzando. Mark era paralizzato, ma alla fine abbracciò la bambina a sua volta, cercando di tranquillizzarla. Quando la ragazzina si fu calmata si stacco da lui e si asciugò gli occhi con una manica del vestito.
-Come ti chiami?- chiese Mark sistemandole i capelli (alcune ciocche rimasero rosse, sporche del sangue dei suoi rapitori)
-Elizabeth- rispose la bambina tirando su col naso. Era incredibile quanto fosse identica a Kat, tranne per gli artigli e le zanne ovviamente, aveva due enormi occhi verdi che riflettevano la luce artificiale della stanza, incorniciati da dei capelli neri come la notte. Era una piccola Kat.
-Torniamo a casa?- le chiese Mark.
Elizabeth annuì e Mark la prese in spalla.
-Qualsiasi cosa succeda- le disse prendendo la rincorsa -Non dire a tua sorella che l'abbiamo fatto- poi ruppe una finestra con la spalla, cadendo verso la strada.
Era l'unica cosa che gli era venuta in mente per evitare l'ingresso.
L'atterraggio non fu del tutto piacevole per Mark, ma Elizabeth sulle sue spalle rideva, il che era un buon segno.

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Capitolo 8
*** E' ora che io.. ***


-Con chi è?- chiese Cass per l'ennesima volta a Fred
-Con Kat- rispose lui
-Chi?- domadò Lexia
-Una sua ex- dissero all'unisono Fred e Cass. Erano così teneri quando si completavano le frasi a vicenda.
-Bastardo- urlò Lexia, le aveva promesso che ci sarebbe stata solo lei, eppure..
-Perchè?- le chiese Fred curioso
Cassie gli colpì il fianco facendolo gemere.
Lexia non rispose alla domanda, ma continuava a camminare in cerchio, aspettando soltanto il momento in cui Mark avesse messo piede nella casa.
Si fermò davanti alla porta di vetro e si mi se a fissare il proprio riflesso, i capelli erano ancora raccolti in quella stupida treccia che le avevano fatto per il suo primo incontro con Enrico.
Se la slegò furiosamente, strappandosi alcuni capelli. Era furiosa, furiosa con suo padre, con Enrico e soprattutto con Mark. Un attimo prima le dichiarava il suo amore concedendole il proprio cuore, l'attimo dopo non le rivolgeva la parola e pestava a sangue Enrico, il quale non c'entra niente con la loro storia, e adesso era chissà dove con una certa Kat, fra l'altro la sua ex ragazza.
Senza dir nulla a nessuno Lexia si avviò verso le scale, Fred provò a fermarla ma Cass lo zittì. In quel momento parlare con Lexia serviva solo a peggiorare le cose.
La ragazza fece i gradini di corsa, e in un attimo fu in camera di Mark. Un immenso open space, un letto a due piazze era ad una estremità della camera, le pareti erano colorate di un rosso pastello, Lexia sbuffò -Che gusti di merda- disse raccogliendo da terra un coltello e lanciandolo nella parete.
Raggiunse il letto e si lasciò cadere, distrutta. La sua mente continuava a pensare e ripensare. Non riusciva a restare concentrata su qualcosa per più di cinque secondi. Si sfilò gli stivali facendoli cadere sul parquet, accanto a lei su una sedia c'erano dei pantaloni della tuta ed una maglietta bianca con un leggero scollo a v. Probabilmente era quello che indossava Mark quando era a casa tranquillo, ovvero mai. Lexia li prese e si cambiò, aveva deciso che avrebbe aspettato Mark in camera sua, poi gli avrebbe fatto una bella lavata di capo, fino a quando non l'avrebbe costretto a chiedere scusa ad Enrico per il suo comportamento di merda.
La ragazza si mise nuovamente a letto, e così rimase per circa mezzo minuto, poi si addormentò, senza nemmeno rendersene conto.
 
-Eccoci- disse il Nephilim alla bambina una volta raggiunta la sorella -Guarda, Kat è lì- aggiunse sorridendo.
-Grazie Mark- rispose la bambina sorridendo innocentemente, Mark era così contento che non le fosse successo nulla.
-Figurati- rispose passandole una mano fra i capelli -E' il mio lavoro- prima che potesse aggiungere altro, Kat aprì la portiera della macchina e afferrò la sorella.
-Amore- disse abbracciandola, due lacrime le rigavano le guance rosse.
Mark scese a sua volta dall'Audi e si accese una sigaretta, non voleva mettersi in mezzo alla riconciliazione delle due sorelle, ed in modo particolare non voleva vedere Kat piangere.
Non sopportava vedere una ragazza piangere, ed in modo particolare non voleva vedere Kat piangere.
La sua Kat. O Katty come la chiamava lui un anno prima..
 
-No!- gli rispose ridendo
-Come no? Pensavo ti piacesse- rispose a sua volta
-Lo odio!-
-Davvero?-
Era davvero una bella giornata, il sole era alto e caldo nel cielo, ma non faceva troppo caldo, considerando che era estate inoltrata.
Mark e Kat camminavano in riva al lago, tenendosi per mano. Il ragazzo indossava una camicia azzurra sbottonata, con le maniche tirate su fino al gomito, mostrando le rune sugli avambracci e sull'addome. I pantaloncini beije lasciavano intravedere l'elsa di un coltello che sbucava dalla tasca posteriore, ma per il resto era disarmato. Il compleanno di Mark era passato da qualche giorno e Kat era finalmente riuscita a costringerlo a prendersi un giorno di pausa dal suo lavoro di Nephilim, per passare una giornata normale con lei.
Era così felice, per una volta aveva Mark tutto per se, senza paura che qualcuno lo portasse via a salvare qualche "principessa rapita".
-Cosa c'è?- chiese Mark abbozzando un sorriso, si era accorto che ormai Kat lo fissava da più di cinque minuti senza aprire bocca.
-Nulla- gli rispose sorridendo
-Ah lo so io che c'è, sono questi vestiti vero!? Non mi stanno bene, lo so. E' che sono i colori, non so mai come abbinarli!- aggiunse
Kat rise e si coprì la bocca, con l'agilità tipica dei lupi mannari gli fu addosso e lo buttò a sulla sabbia calda, baciandolo con dolcezza.
-Quando fai così sei veramente un idiota- gli disse
Mark sorrise e la guardò fissa negli occhi.
-Ti amo- le sussurrò
-Anche io- gli rispose baciandolo nuovamente..
 
-Grazie- gli disse Kat una volta che la sorella fosse entrata in macchina.
-Figurati- le rispose Mark espirando il fumo -Normale amministrazione-
Kat gli si avvicinò, era troppo vicina secondo Mark.
-Te echo de meno- sussurrò la ragazza.
Mark si allontanò in fretta -Io no- le rispose secco.
-Non ci credo!- gli rispose Kat -Non provare a mentirmi dicendo che non hai mai ripensato a quando stavamo insieme- lo afferrò per le spalle e lo costrinse a girarsi
-No, non mi capita mai, sai com'è sono pieno di altri impegni, altre ragazze e qualsiasi altra cosa è meglio che ripensare a noi- le mentì, giusto un attimo prima stava ripensando alla loro storia.
-Potremmo ricominciare da zero, se vogliamo..- sussurrò
-No, no e no!- urlò Mark, sferrando un pugno ad un cartello ammaccandolo.
-Perchè?- chiese
-Io non ti amo più, da tempo-
-Io non ho mai smesso di amarti- aggiunse Kat
-Non provare a fare quel giochino con me- le rispose Mark, i suoi occhi si stavano colorando di rosso -Tu hai voluto finire la nostra storia, due volte mi hai fregato per poi spaccarmi il cuore a metà fregandotene di me-
-Non provi più nulla per me?- chiese Kat a Mark -Nonostante tutte le volte che abbiamo fatto l'amore?-
-Nooo- Mark scoppiò a ridere -Noi scopavamo non facevamo l'amore, non ho mai fatto l'amore con te da quando ci siamo, anzi da quando mi hai lasciato. Tu mi portavi a letto per avere dei favori in cambio, io ti scopavo per il solo gusto di farlo.-
Ok, forse era stato troppo duro con Kat, ma Mark non riusciva proprio a trattenersi, era così tanto tempo che si teneva dentro tutta quella rabbia che ora usciva senza controllo.
-Se è così davvero..- Kat si avvicinò a Mark -Perchè non mi hai scopata stasera? Perchè non ti sei lasciato "pagare" come al solito?- lo baciò sulle labbra prima di avvicinarsi alla sua macchina.
-Tornerò, e tu sarai qui per me, come al solito.- Kat scoppiò a ridere -Mark, le ragazze sono il tuo punto forte, ma anche il tuo tallone d'Achille- chiuse la portiera e partì, lasciando i segni delle ruote sul ghiaietto.
-Fanculo- urlò Mark al vuoto, non c'era davvero nulla che potesse fare per far star male Kat, ormai gli sembrava abbastanza chiaro.
Senza più dir nulla salì in macchina, voleva tornare a casa il più in fretta possibile.
 
-Kat?- chiese la bambina aprendo gli occhi a fatica
-Si, tesoro?- rispose
-Perchè piangi?-
Kat, schiacciò l'acceleratore passando un semaforo rosso.
-Nulla amore- le disse -Torna pure a dormire, fra poco saremo a casa-
La sorellina tornò a dormire, mentre Kat si asciugava il viso col dorso della mano.
 
Quando Mark arrivò davanti a casa sua la prima cosa che lo colpì furono le luci, erano completamente accese.
-Merda- disse colpendo il volante con una mano, era sicuro che lo stavano aspettando in casa per dargli una ripassata.
"Come ti sei permesso di colpire Enrico, vergognati, sei la vergogna di Idris, bla bla bla.."
Non era dell'umore adatto per poter sopportare anche questo nella stessa giornata. Parcheggiò l'auto nel vialetto fuori dal cancello e scese, cercando di fare il minor rumore possibile. Agilmente scavalcò il cancello e furtivamente si arrampicò lungo la parete esterna della casa, fino a raggiungere la mansarda, dove lasciava sempre una finestra aperta. Finalmente gli tornava utile.
La aprì e si lasciò cadere in camera sua a peso morto. Dio era stanchissimo. Appena si mise a sedere qualcuno chiuse a chiave la porta. Facendo appello alle sue ultime forze si alzò in piedi ed estrasse Iocsuc dal fodero.
-Chi è il pazzo che si chiuderebbe in camera con me?- chiese, il filo di Adamas dell'arma si colorò di una lieve sfumatura d'orata.
-IO- rispose dal buio una voce femminile.
"No, no, no, no, no, no ti prego no. Chiunque ma non lei, un demone, un licantropo, un vampiro ma non lei"
La luce si accese, facendo comparire Lexia accanto all'interruttore.
Mark si accorse subito che indossava i suoi vestiti.
-No prego- le disse rinfoderando l'arma -Fai pure come se fossi a casa tua- aggiunse indicandole i vestiti.
-Ah non pensare ora di cavartela così con me!- urlò Lexia
 
-Fred!- sussurrò Cass -Non possiamo andare ad origliare!-
-Ma perchè no?-
-Allora, primo puoi già sapere quello che si stanno dicendo, secondo è scorretto- gli rispose -Poi le urla si sentono fino a qua!-
Fred si concentrò un secondo, captando le parole "idiota, stupido" urlate da Lexia.
-Hai ragione- le rispose ridendo -Non vorrei essere nei suoi panni-
 
Ora Lexia stava esagerando, aveva cominciato a lanciargli i libri che prendeva dalle pareti, urlandogli tutti gli insulti che conosceva.
-Sei un deficiente codardo- Mark afferrò "Cime Tempestose" prima che colpisse il muro.
-Idiota- "L'arte della guerra" gli sfiorò il naso
-Stronzo- con la mano libera deviò la traiettoria di "Sono il numero quattro" che però colpì un vetro, incrinandolo.
-Smettila!- urlò Mark lasciando cadere i libri che aveva in mano -Ma che cazzo hai!?- le chiese
-Chi diavolo è Kat!?- urlò Lexia con in mano "Harry Potter e l'Ordine della Fenice", quello era un libro che avrebbe fatto male.
-Cosa?- chiese Mark
-Avevi detto che avresti chiuso con tutte!- disse mentre il librò colpiva la spalla di Mark, il quale sbuffo per il dolore, in quella spalla si era conficcato un vetro della finestra alla fabbrica.
-E tu invece!- urlò Mark appena ebbe di nuovo fiato -Ti sposi!-
Lexia abbassò lo sguardo, fissando il pavimento, una ciocca di capelli biondi le cadde sul viso, coprendo gli occhi. Mark si prese un secondo per osservarla meglio, i pantaloni della tuta erano troppo larghi per lei e le ricadevano storti, mostrando il pizzo nero delle mutande. Il ragazzo distolse subito lo sguardo, peggiorando le cose, la maglietta con lo scollo le si era stortata e lasciava completamente scoperta una spalla.
"Non indossa il reggiseno" pensò Mark, arrossendo.
In quell'istante Lexia alzò lo sguardo -Che hai ora?- chiese aggressiva, Mark sbuffò e non rispose -Per l'Angelo, stai sanguinando!- aggiunse Lexia osservando la spalla di Mark. Dove il libro l'aveva colpito una scheggia di vetro gli si era conficcata nella spalla, e un rivolo di sangue colava lungo il braccio fino a gocciolare sul pavimento.
-Non è nulla- rispose Mark voltandosi e andando in bagno, dove si tolse la maglietta osservando il suo riflesso nello specchio. Non era nulla di grave, togliendo la scheggia e con un Iratze sarebbe guarita in qualche secondo.
-O cazzo..- disse Lexia entrando in bagno nel momento in cui Mark estraeva la scheggia dalla spalla -Saranno si e no 10 centimetri di vetro- aggiunse lei preoccupata.
-Nulla di che- rispose secco Mark lasciando cadere il frammento di vetro nel lavandino. Quando si voltò si trovò Lexia di fronte, aveva le guance rosse e lo osservava timidamente.
-Ah non dirmi che ora ti senti a disagio in mia compagnia- chiese Mark afferrando uno stilo appoggiato sulla mensola.
-Idiota- rispose Lexia tornando verso il letto
-Cosa credi di fare?- le chiese notando che avanzava con fare troppo spedito verso il letto
-Vado a dormire. Domani continueremo a parlarne fino a quando tu non ti deciderai a chiedere scusa ad Enrico-
-Lex, per quale motivo dovrei chiedere scusa al tuo ragazzo?-
-Non è il mio ragazzo!- sbraitò lei
-Ah giusto, è il tuo futuro marito- con uno scatto Mark si gettò sul letto prima di Lexia -Casa mia, mio letto. Il divano è abbastanza comodo-
-No- rispose subito Lexia gettandosi sul letto accanto a Mark
-Fai come vuoi- le rispose il ragazzo, non era così che si aspettava di finire a letto con Lexia -Buonanotte- aggiunse spegnendo la luce
-Notte- rispose lei.
 
Ormai era notte inoltrata e l'unica cosa che Magnus voleva fare era andare a dormire, non si sarebbe mai aspettato che tre lupi mannari spaventati richiedessero i suoi servigi. Avrebbe voluto dire di no, e probabilmente avrebbe dovuto farlo, ma era troppo curioso e così si era lasciato trascinare al municipio di Ispra, un incontro che sicuramente non aveva nulla di legittimo lo attendeva.
Ora Magnus era seduto su un divanetto della stanza di attesa del comune di Ispra, ad aspettare il sindaco che voleva assolutamente parlargli.
-Magnus, mio caro amico- esclamò Lester Boulton raggiungendo lo stregone seduto sul divano.
-Lester- rispose secco Bane -Non sapevo che tu ti dedicassi a certe cose-
-Ti riferisci al mio nuovo titolo? Fregare i mondani è fin troppo facile, una buona campagna più qualche piccola magia ed il gioco è fatto-
-Sai benissimo che va contro gli Accordi, non possiamo interferire col mondo mondano- ribattè Magnus, si sentiva a disagio e non vedeva l'ora di andarsene.
-Benvenuto in Italia, amico mio.- rispose Lester -I Nephilim sono così occupati a rispedire orde di demoni agli inferi che non possono occuparsi anche di noi. Brandy?- chiese a Magnus facendo comparire un bicchiere pieno di un liquido ambrato nelle sue mani.
-No grazie non bevo- declinò Magnus.
-Quanto a voi..- Lester si rivolse ai lupi mannari presenti -Che diavolo è successo?-
-Ci hanno attaccato i Nephilim- rispose il primo
-Siamo sopravvissuti solo noi- aggiunse il secondo
-E la ragazza? L'avete presa?- chiese Lester
I lupi non risposero e fissarono il pavimento.
-Lurido branco di bastardi, si può sapere cosa avete nella testa! Non possiamo ricattare il branco di Ispra se non abbiamo le carte giuste!- sbraitò il sindaco
-Ricattare?- Magnus si trovava in una pessima situazione.
-Mio caro amico- Lester gli si avvicinò sempre di più -Abbiamo in ballo grandi progetti, tutti i Nascosti che prendono il controllo dell'Italia, e qui- allargò le braccia con fare teatrale -Qui tutto avrà il suo inizio! Senza che se ne accorgano noi prenderemo il potere e ci riprenderemo la nostra terra! –
-Idiota!- gli urlò Magnus –Tu non sai cosa vuol dire mettersi contro i Nephlim! E’ andare in contro alla morte, come è successo a questo branco di lupetti!- aggiunse indicando i sopravvissuti – Tu- col dito indicò il più alto dei tre – Quanti Nephilim ci sono voluti per disintegrarvi? –
Il lupo mannaro sbiascicò qualcosa di incomprensibile.
-QUANTI?- chiese Lester
-Uno- rispose tenendo gli occhi fissi sul pavimento
-Voi quanti eravate?- aggiunse
-Una trentina…-
Magnus si diresse verso l’uscita –Penso che non ci sia altro da aggiungere-
-Magnus, non avrai un’altra occasione come questa- gli disse Lester
Lo stregone fissò il sindaco, gli occhi ridotti a due fessure nere verticali.
-Farò finta che non sia successo nulla stasera, in onore del passato, ma ti avviso- lo sguardo dello stregone si fece minaccioso –Se tu attaccherai i Nephilim non esiterò a rispondere pure io-
Detto questo uscì dalla stanza, ogni suo passo era accompagnato da delle scintille azzurre.
 
“Io non ce la posso fare” era un pensiero fisso che durante la notte continuava a tornargli in mente.
Si alzò dal letto osservando la bellissima ragazza che aveva accanto, forse in un altro mondo ed in un’altra situazione avrebbero vissuto così. Insieme e felici. Osservò l’incurvatura della bocca nascosta dai capelli biondi che le ricadevano sparsi sul cuscino.
Una lacrima solitaria scese dall’occhio destro del ragazzo, attraversando tutta la guancia secca. Non fece nulla per fermarla, era buio e lei dormiva. Non c’era nessuno che avrebbe potuto giudicarlo.
Silenzioso andò in bagno, osservò il suo riflesso nello specchio, cercando di non guardare il proprio viso e di non incontrare il proprio sguardo. Osservò la ferma e nera runa del parabatai che aveva incisa sul petto, proprio all’altezza del cuore. Afferrò uno stilo dalla mensola, e con decisione la appoggiò sopra la runa del legame, tracciando linee curve nuove, non appartenevano alla raccolta di rune contenute nel codice, ma sapeva bene l’effetto che avrebbe avuto sulla runa precedentemente incisa.
Quando ebbe finito la sua opera uscì dal bagno, senza osservare ciò che aveva appena fatto.
Si avvicinò nuovamente al letto, la ragazza era rimasta nella stessa posizione nella quale l’aveva lasciata prima, con molta gentilezza Mark le sfiorò una guancia con la mano, senza rendersene conto si avvicinò a lei e posò delicatamente le labbra sue, rimase così per qualche secondo, assaporando il contatto delle sue labbra, il calore della sua pelle ed il profumo dei suoi capelli. Quando smise di baciarla lei aprì gli occhi, ancora palesemente addormentata, e gli passò una mano fra i capelli –Mark..- sussurrò con dolcezza.
-Addio Lex- le disse allontanandosi da lei.
Prese Iocsuc dal tavolo dove era appoggiata, si infilò una felpa nera e si avvicinò alla porta. Quando provò ad aprire la porta si ricordò che Lexia aveva la chiave, senza nemmeno pensarci tagliò la porta con un fendente, afferrando il legno prima che cadesse rumorosamente a terra. Fece un passo verso le scale e si voltò verso Lexia.
-Io.. Io ti..- sospirò e uscì dalla stanza lasciando quella frase incompiuta nell’aria.

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Capitolo 9
*** Let him go. ***


Un pallido raggio di sole filtrava le finestre dell’Istituto, colpendo in faccia il ragazzo stesso sul lettino dell’infermeria, costringendolo lentamente ad aprire gli occhi. Accanto a lui una ragazza era seduta sulla sedia alla sinistra del letto.
-Buongiorno- gli disse con voce calma
-Ciao- rispose il ragazzo mettendo a fuoco il volto di lei –Tu sei Noah, giusto?-
-Si, hai una buona capacità nel ricordare i nomi- aggiunse Noah
Il ragazzo rise e si mise a sedere, i lunghi capelli riccioli gli ricadevano sulla fronte scomposti, ricoprendo quasi gli occhi.
-Perdona Mark- disse Noah –Non è abituato a conoscere nuove persone, lui è più..-
-Stronzo?- completò la frase Enrico
-Già- rispose Noah ridendo –Sono molti a descriverlo così-
Enrico si sentì ferito nell’orgoglio, il suo primo giorno nel nuovo Istituto con la ragazza, sua futura moglie, si faceva mandare ko senza nemmeno poter fare nulla per impedirlo.
-Non pensavo reagisse così male..- sussurrò Enrico –Alla fine non gli ho fatto chissà quale gran critica-
-Lui non apprezza le critiche, di nessun genere. E’ il miglior Shadowhunter del nord Italia, fin da piccolo non hanno fatto che usarlo come una macchina da guerra, e alla fine è diventato quello che volevano. Un assassino spietato, metodico che non prova alcun sentimento- “fino a quando non è arrivata Lexia” pensò Noah fra se e se.
-Mi.. Mi dispiace..- balbettò Enrico.
Anche in quelle condizioni restava un bel ragazzo, e Noah rimase colpita da quanto non si sentisse a disagio nel mostrarsi fragile.
-Stai arrossendo?- le chiese Enrico sorridendo (e facendo saltare un battito al cuore di Noah)
-No- rispose lei nascondendosi i capelli dietro la faccia –E’ solo che ho dormito poco stanotte- 
Dalla porta entrò Liz scondinzolando –Ciao bella- la accolse Enrico accarezzando il pelo dorato dell’animale –E tu come ci sei finita con questi pazzi?- nel dire l’ultima parola il suo sguardo si alzò verso Noah, sorridendo. Non era un insulto, capì, era un modo scherzoso per cominciare a parlare.
-E’ una storia buffa- cominciò la ragazza
-Sono il genere di storie che preferisco- rispose lui rimettendosi dritto sul letto.
Noah cominciò a parlare del suo incontro con Liz, osservando le reazioni di Enrico, il quale ogni tanto si metteva a ridere con una risata contagiosa, mentre altre volte chiedeva chiarimenti a riguardo. Era incredibile la differenza che esisteva fra lui e Mark, il quale vedendo il cane non aveva detto nulla a riguardo, ignorandolo in presenza degli altri, portandoselo spesso in giro, e facendo assistere Liz anche mentre si allenava da solo in palestra. “Mi serve solo perché aiuta a rimorchiare” aveva detto in sua difesa, non avrebbe mai ammesso di voler bene ad un animale.
Ma Enrico era diverso, era interessato realmente a come l’aveva salvato, in sua presenza Noah avrebbe potuto parlare con lui per ore.

Lexia dovette sbattere diverse volte gli occhi prima di attarsi alla forte luce che filtrava dalle finestre prive di tente. Si girò nel letto, aspettandosi di trovare Mark ancora addormentato, ma accanto a lei non c’era nessuno. Si alzò dal letto così velocemente che le si offuscò la vista per qualche secondo, quando finalmente tornò a vedere chiaramente, il suo sguardo si posò sulla porta di legno, tagliata e appoggiata contro il muro.
-Brutto stronzo- imprecò a denti stretti, questo era veramente un pessimo modo di cominciare la giornata. Si infilò una felpa, rigorosamente nera, presa dall’armadio di Mark e si precipitò al piano terra della villa, aspettandosi di incontrare Mark intento a fare colazione. Quando ansimante raggiunse la cucina questa era deserta, una busta sul tavolo attirò la sua attenzione, delicatamente la prese. All’esterno in corsivo due parole: “Fredrick Blackthorn”. Con la busta in mano Lexia uscì dalla cucina, entrata in salone vide seduto sul divano Cass e Fred, quest’ultimo aveva la testa fra le mani e nascondeva gli occhi. Sul tavolino davanti a lui un piccolo foglio di carta piegato. Senza interrompere il silenzio nella stanza Lexia lo prese e cominciò a leggerne il contenuto.
“Fratello mio, ti chiedo scusa per quello che sto per fare, non avrei mai immaginato che un giorno me ne sarei andato di mia volontà. Ma mi sto rendendo conto che sto perdendo il controllo di me stesso. Se non riesco ad aiutare me, come posso aiutare gli altri? Non so se e quando tornerò, ma non è colpa vostra, non è colpa di nessuno se io ho preso questa decisione. Non provare a cercarmi, sai benissimo che non riusciresti a trovarmi in nessun modo. Stai tranquillo, in ogni modo resteremo sempre legati, ma non nel modo a cui entrambi eravamo abituati. Lo faccio per me, lo faccio per poter tornare quello che ero un tempo. Non mi piace quel che stavo diventando e non potevo far nulla per impedire che accadesse.
Non seguivo più i miei compiti e stavo perdendo la mia strada maestra. Non provare a cercarmi e di agli altri di non farlo, so come non farmi trovare.
Per favore ti chiedo solo di proteggere ciò che non è mio.
A presto,
Mark Herondale"
Lexia appogiò la lettera sul tavolo. Si sentiva vuota, aveva perso ogni briciolo della propria volontà.
-Fred..- disse esitante. Il ragazzo si alzò lentamente dal divano -Sto bene- rispose aggiustandosi i pantaloni -Dobbiamo andare ad avvisare l'Istituto, bisogna discutere su come dividersi le sue attività- e senza aggiungere altro si avviò verso il garage.
-Andiamo- disse Cass prendendo Lexia per mano -Ora arriverà il peggio-.

Il viaggio breve verso l'istituto non fu piacevole, in macchina regnava un silenzio irreale e nessuno aveva il coraggio di romperlo. Quando arrivarono al parcheggio dell'Istituto il sole era già alto nel cielo. Fred spalancò la porta a due battenti, mostrando tutti i Nephilim seduti attorno al tavolo nel salone, sembrava stessero discutendo.
-Ben arrivati- li accolse Daniela -Sedetavi, stiamo per cominciare-
-Non c'è tempo dobbiamo..- provò a ribattere Lexia, ma Cass la zittì e la accompagnò ad una sedia libera. Lexia si sedette controvoglia, incrociando le braccia davanti al petto. Non avevano tempo per fare una stupida riunione, dovevano subito cercare Mark, loro non sapevano nemmeno cosa gli era successo.
-Ora che ci siamo tutti- disse Sergio in tono pacato -Ci sono delle cose di cui dobbiamo parlare. Come già qualcuno sa Mark se n'è andato da Ispra stanotte- lo disse con una nota di tristezza, come se avesse perso un figlio. I Nephilim attorno al tavolo erano stupiti, nessuno osava dire niente. -Se ne è andato dopo che ha sterminato senza motivo un branco di lupi mannari in visita da Roma- lo stupore si trasformò in orrore -E per questo è stato convocato ad Idris per poter spiegare il perchè delle sue azioni-.
-Non era senza motivo- disse Magnus sbucando dal nulla -Ieri notte sono stato contattato da uno stregone, li aveva invitati lui ad Ispra per progettare un colpo di stato contro Idris. Senza contare che avevano rapito una bambina.-
-Sei sicuro delle tue parole?- chiese Daniela
-Sicurissimo- rispose
-Questo ci tornerà utile allora. Idris ha istituito una riunione il 26 dicembre per poter discutere di quello che sta succedendo nel nord Italia. In realtà si tratta di un processo contro Mark, alcuni non sono d'accordo con come opera, ma grazie a Magnus le carte in tavola cambiano- continuò Sergio -Siete stati convocati tutti, eccetto Enrico, che viene considerato un ospite da noi-
-Io invece?- chiese Lexia 
-Tu sei stata trasferita qua ad Ispra, sei un Nephilim del nostro Istituto in tutto e per tutto- rispose sorridendo Daniela.
Dopo la risposta il silenzio calò nella stanza, rotto soltanto qualche volta da i passi di Liz che rieccheggiavano lungo i corridoi deserti dell'edificio.
-Mark ci sarà?- chiese improvvisamente Gin
Sergio inspirò prima di risponderle -Ieri sera è passato da me prima di andarsene, non per chiedermi il permesso ma per avvisarmi, io gli ho detto di questo incontro e lui mi ha promesso di esserci-
-Non so quanto valgano le sue promesse..- mormorò sottovoce Lexia.
-Come?- chiese Daniela
-Nulla- rispose secca
-Non riesci a sentirlo?- chiese Noah a Fred.
Il ragazzo scosse cupo il capo -Subito dopo la cerimonia del Parabatai i fratelli Silenti chi hanno convocato da loro per poter visionare meglio il nostro, come posso chiamarlo, legame empatico. Dopo qualche giorno ci hanno mostrato una runa antica, che non proviene dal libro grigio, la quale è in grado di bloccare il ponte fra i nostri pensieri. Sono più che certo che l'abbia usata ieri sera..- abbassò lo sguardo fissando un punto sul tavolo di legno -..per la prima volta.-
Liz arrivò trottelerrando dal padrone, leccandogli una mano, come per dargli conforto.
-Non lasciamoci andare ai sentimentalismi ora- disse con tono autoritario Daniela -Dobbiamo dividerci i suoi compiti per non lasciare dei vuoti, io e Daniele ora decideremo come dividervi, poi ve li comunicheremo. Fino ad allora state all'erta, se è vero quanto ci ha detto Magnus ci ritroveremo ad avere molti ospiti indesiderati in paese- detto questo si alzò e uscì dalla stanza assieme a Sergio, mentre i ragazzi rimasero seduti attorno al tavolo, a fissare la sedia vuota accanto a Fred, come ad aspettarsi che da un momento all'altro Mark sarebbe arrivato per sedersi, e per raccontare qualche sua stramba avventura vissuta la notte prima.

Mentre tutti gli altri erano in riunione Enrico aveva deciso di tornare in palestra per allenarsi, aveva bisogno di migliorare e molto, se voleva raggiungere lo stesso livello di Mark. Da quanto aveva sentito passando per i corridoi se n'era andato nella notte, lasciando un posto vacante fra i Nephilim di Ispra, un posto che lui avrebbe riempito. Con un secco fendente mozzò la testa ad un manichino, facendola rotolare a terra. Si era ripreso abbastanza bene dalla disavventura della sera precedente (sul pavimento erano ancora presenti delle macchie di sangue, del suo sangue) ma non sarebbe più accaduto. Prese un coltello da lancio che aveva attaccato al fianco e con forza lo scagliò contro la parete, colpendo un bersaglio in pieno centro.
-Sei bravo- disse una voce alle sue spalle.
Voltatosi vide che era Sergio, il capo dell'Istituto.
-Grazie- rispose -Nonostante tutto sono u Nephilim, devo essere sempre allenato-
-Già- rispose -Anche se sul campo le cose sono molto diverse. Come stai?-
-Mi sono ripreso bene grazie- e sorridendo lanciò un altro coltello, il quale colpì il primo sul manico.
-Impressionante- commentò Sergio ad alta voce.
-Come mai sei qua?- domando Enrico -Senza offesa, ma sono convinto che abbiate cose molto più importanti da fare che controllare come sta "il novellino"-
Sergio rise -In effetti sono qua per chiederti una cosa- entrò nella stanza e afferrò una lama angelica -Come ben saprai Mark se n'è andato, quindi abbiamo un uomo in meno e, per quanto mi costi ammetterlo, sentiremo la sua mancanza..-
-Mi stai chiedendo di prendere il suo posto?-
-Esatto, ma prima devo controllare se il mandarti sul campo sia un rischio o un vantaggio- e senza aggiungere altro partì roteando la spada contro Enrico. Il ragazzo parò il fendete con un pugnale, poi si preparò a colpire con la spada. Sergio schivò il colpo con una capriola, finendogli alle spalle pronto a colpire di nuovo, ma Enrico lo allontanò assestandogli un calcio in pieno petto.
-Non male- disse Sergio sorridendo -Ora vediamo per quanto riguarda l'attacco- aggiunse sfidando il ragazzo.
Enrico non se lo fece ripetere due volte, afferrò l'ultimo coltello da lancio rimastogli e lo lanciò verso Sergio, il quale lo schivò abbassandosi. Quando si rialzò però Enrico era davanti a lui, con un fendente diretto al collo dell'uomo. 
"Mi hai fregato" pensò Sergio mentre con una mano afferrava la caviglia del ragazzo mandandolo a gambe all'aria.
-Merda!- sbraitò lui colpendo il parquet con la nuca.
Si rialzò il più in fretta possibile e quando fu nuovamente in piedi Sergio batteva le mani -Ottimo, davvero ottimo!-
-Ma ho perso..- commentò il ragazzo
-Non importa, ti ho battuto con l'esperienza, ma tu hai vinto con l'astuzia. Bravo davvero-
Enrico sorrise e si passò una mano fra i capelli.
-Tu oggi resti con me, ti insegno giusto due e tre trucchi per sopravvivere là fuori, da domani vai in missione con gli altri- continuò sorridendo -Pronto? Cominciamo!-

Lexia camminava per le vie di Ispra, si era stufata di stare a far nulla nell'Istituto, anche perchè più stava lì e più ripensava a Mark. Aveva bisogno di stare un po' da sola per poter mettere a posto i suoi pensieri. In tasca aveva ancora l'iPhone di Mark, senza alcun apparente motivo si era cancellata ogni cosa al suo interno, tutto tranne quell'unica foto sua e di Fred da piccoli. La ragazza estrasse lo stilo e si incise una runa localizzatrice sul dorso della mano, era così che Mark l'aveva trovata quando era stata rapita. 
Finì la runa, chiuse gli occhi e strinse con forza il telefono di Mark nella mano, fino a farsi diventare le nocche bianche. 
Nulla.
-Passeggiamo per schiarirci le idee?- chiese una voce alle sue spalle.
Lexia si voltò, mettendosi il telefono in tasca, trovandosi davanti Magnus. Lo stregone indossava un completo che sarebbe stato molto elegante, se non fosse di un colore misto fra il rosa ed il viola.
-Già- gli rispose 
-Posso unirmi?- chiese lo stregone portandosi al fianco della ragazza 
-Sì, basta che anche tu non cominci a parlare di come poterci dividere i suoi compiti-
Magnus scoppiò in una fragorosa risata -Non sono qui per questo. Penso che tu ora abbia bisogno di parlare, ed io sono un buon ascoltatore- sorridendo fece partire delle scintille dalla mano, le quali misero a posto una ciocca di capelli di Lexia.
La ragazza sbuffò -Fidati- continuò lui -Penso di conoscere abbastanza bene quel sangue da poterti dare alcune risposte-
-Non ho bisogno di risposte da te-  disse la ragazza camminando a passo svelto verso la spiaggia -Ho bisogno di risposte da lui- aggiunse.
Con un rapido scatto lo stregone la raggiunse, fregandosene del carattere burbero di Lexia in quel momento -Mark mi ricorda molto una mia vecchia conoscenza, tu di sicuro non sai chi sia William Herondale, giusto?-
-Mai sentito-
-Immaginavo.. Il fatto è che entrambi hanno nel loro sangue la indole di immolare la propria felicità per poter garantire quella degli altri-
-Quindi?-
Lo stregone la afferrò dolcemente per le spalle -Quindi Mark se n'è andato perchè pensa che facendo così tu sarai felice!-
-E' una cosa da stupidi!-
-La maggior parte dei Nephilim sono stupidi- la ragazza lo guardò offessa -Non tutti- rimediò Magnus.
-Ma tu perchè fai questo?- chiese Lexia -Perchè ti sta così tanto a cuore?-
-Tesoro ho molti più anni di quanti vorrei, c'è stato un periodo in cui ogni relazione era così. Fughe d'amore, amanti nascosti, canzoni scritte per muovere gli animi. Questo è il vero corteggiamento. Poi sono arrivate le teconologie, i telefoni, i computer, Facebook.. Ogni cosa non ha fatto altro che ammazzare il romanticismo. Un like su Facebook non sarà mai come una rosa anonima lasciata sulla porta di casa, un messaggio di Whatsapp non sarà mai come lanciare dei sassolini alla finestra per svegliare l'amata senza allertarne il padre.- Lo stregone aveva lo sguardo fisso sul vuoto, abbandonato ai ricordi.
-Quindi?- chiese Lexia interrompendo le sue riflessioni.
-Lui è così, è all'antica, romantico..-
Lexia scoppiò a ridere con una risata volutamente forzata -Solo romantico? Io avrei detto romanticissimo..- da terra afferrò un sasso e lo lanciò sulla suprficie piatta del lago, facendolo rimbalzare una volta sull'acqua.
-Ma tanto a chi importa. Io mi dovrò sposare con Enrico, quindi..- lanciò un altro sasso il quale però si inabissò subito.
-Almeno per lui potrò essere l'unica- 
-Potresti provare a dargli una chances- le consigliò Magnus afferrando un sasso selezionato da terra -Magari avete più cose in comune di quanto credi-
Lexia non rispose, rimase a fissare i movimenti quasi impercettibili dell'acqua. Forse avrebbe dovuto dare un'occasione ad Enrico, in fondo non era un brutto ragazzo, anzi era molto bello. Poi lui forse sarebbe stato capace di farle dimenticare Mark, anche se non c'era molto da dimenticare di lui.
Ogni volta che ripensava a lui sentiva un vuoto nel petto, come se assieme a lui se ne fosse andata anche una parte di lei, una parte che non sapeva di possedere.
Magnus lanciò un sasso sul lago, facendolo rimbalzare fino a quando non sparì dal campo visivo di Lexia.
-Hai barato- gli disse -Hai usato la magia-
Lo stregone sorrise -Bisogna sempre usare tutte le carte che si hanno a disposizione-

Era stata davvero una serata stupenda, Teo non si ricordava l'ultima volta che si era ubriacato e aveva fumato così tanto. Aveva la vista annebbiata, gli facevano male le gambe, ma non riusciva a smettere di ridere. Assieme a lui c'erano Alessio e Seba, come i bei vecchi tempi, anche loro erano parecchio storti.
-Ho voglia di spaccare il culo a qualcuno!- urlò Seb fra una risata e l'altra mentre aspettavano la metropolitana. Non si ricordava nemmeno dove voleva andare, ma non gli importava.
-Ci sto!- urlò Alessio finendo l'ultimo goccio di birra e gettando la bottiglia a terra, rompendola. I tre scoppiarono a ridere e cominciarono a gettare a terra ogni bottiglia che avevano negli zaini, non importava se era piena o vuota, gli piaceva il suono delle cose che si rompevano e poi, erano già abbastanza ubriachi così, non c'era bisogno di bere ancora. Ma Teo si stappò lo stesso un'altra bottiglia.
-Fate su un'altra canna!- disse ruttando ai due amici -A quest'ora in metro non c'è nessuno ce la fumiamo dentro!- poi scoppiò a ridere rischiando di strozzarsi con la birra.
I due amici cominciarono a lavorare con cartine, vecchi biglietti e sigarette, e quando arrivò la metro si erano già accesi la canna, fumandola avidamente.
Quando le porte del vagone si aprirono i sedili erano vuoti, come aveva previsto Teo. C'era soltanto una persona seduta su un sedile. Aveva le maniche della felpa tirate su fino ai gomiti e gli avambracci erano ricoperti di tauaggi, sembravano Maori, accanto a lui era appoggiata una katana. Teo diede un colpo al fianco dei suoi amici e lo indicò -Questo qua è un nerd che torna da qualche fiera!- disse scoppiando a ridere. Il ragazzo tatuato non si voltò verso di loro, come se non esistessero.
-Hey!- urlò sbiascicando Seb -Torni a casa un po' tardi, mammina non ha paura a lasciarti andare solo in metro- il ragazzo non ottenne nessuna risposta. 
-Figlio di puttana! Stiamo parlando con te!- sbraitò Alessio passando la canna a Seb.
Il ragazzo seduto in metro si accese una sigaretta con calma, come se non gli importasse che in metro è vietato fumare.
-Ora ci penso io a questo- disse Teo sottovoce -Gli spengo quella sigaretta con questa- disse indicando la birra piena nella mano. I due amici cominciarono a ridere, non facendo atro che gasare Teo ancora di più. Silenziosamente si avvicinò al ragazzo, tenendo la birra già alta in mano. Era a meno di un metro e l'alzò, pronto a rovesciargliela in testa. Teo sperava che qualcuno dei due stesse facendo un video, sarebbe diventato un idolo. Inclinò la bottiglia facendo cadere lo prime gocce del liquido contenuto. La birra però cadde sul sedile, il ragazzo tatuato era sparito senza che Teo se ne accorgesse. Quando si voltò verso i suoi amici li ritrovò entrambi a terra, privi di sensi. In mezzo a loro un ragazzo, il cappuccio nero copriva la testa e gli occhi, in una mano stringeva la katana, nell'altra aveva la canna. Teo rimase fermo, paralizzato accanto al sedile, senza capire cosa fosse successo. Lo sconosciuto fece un tiro dallo spinello, espirando il fumo con tranquillità. Poi si osservò l'avambraccio, dove Teo vide chiaro il segno di una cicatrice bianca, troppo complicata per essere un taglio.
-Erbaccia- disse lo sconosciuto buttando per terra il filtro
-Chi diavolo sei!?- urlò Teo puntandogli la bottiglia di vetro addosso
-Mi stai minacciando con una bottiglia?- chiese lo sconosciuto ridendo.
La metro intanto aveva già percorso tre fermate, sbatacchiando di lato ogni tanto, e nessuno era salito.
-Ti spacco la faccia!- urlò Teo.
Il ragazzo tatuato sogghignò, poi con una velocità sovraumana scatto verso di Teo, menando un fendente con la spada. Teo chiuse gli occhi per lo spavento, quando li riaprì la bottiglia che aveva in mano era perfettamente tagliata a metà, il ragazzo non era più in metro.
-Dove sei bastardo!- urlò voltandosi e trovandeselo davanti. Per la prima volta lo osservo negli occhi, le iridi erano colorate di un rosso cremisi, e non era colpa dell'erba.
-Nei tuoi peggiori incubi- disse prima di colpirlo al volto con un pugno facendolo cadere a terra, prima di perdere i sensi, Teo vide il ragazzo estrarre una specie di coltello dai pantaloni, poi si incise qualcosa sul braccio e sparì nel nulla.

Quando avevano finito di decidere i turni Sergio aveva insistito per metterlo in coppia con Lexia, e ad Enrico questo andava bene, gli piaceva l'idea di poter passare un po' di tempo da solo con lei. Erano già diverse ore che correvano da un luogo all'altro per sistemare dei piccoli gruppi di demoni evocati da qualche stregone incapace. 
Avevano appena eliminato il quinto gruppo di quello che sembravano grossi cani in fiamme, ed entrambi avevano il fiatone.
-Come fa Mark a fare tutto questo lavoro da solo?- chiese Lexia mentre camminavano tranquillamente verso l'Istituto, Daniela li aveva appena chiamati e aveva detto loro di tornare, non era saggio lasciarli fuori da soli troppo a lungo, per Enrico alla fine era solo il primo giorno.
-Non lo so- rispose il ragazzo -Ma è veramente un compito estenuante-
Lexia si voltò verso di lui sorridendo, era veramente carina quando rideva, e lo colpì ad un fianco scherzosamente -Non male per uno che ha passato la notte in barella- aggiunse ridendo.
-Hey!- ribattè Enrico -La prendo come un'offesa!- aggiunse incrociando le braccia davanti al petto e fermandosi.
-Dai non fare il permaloso- gli disse Lexia voltandosi verso di lui -Siamo quasi arrivati-
Enrico non rispose e voltò il capo in un'altra direzione. Lexia gli si avvicinò e lo prese di forza per un braccio, provando a tirarlo senza successo -MUOVITI- 
Enrico scoppiò a ridere e afferrò Lexia per un braccio, caricandosela in spalla, facendola scoppiare a ridere.
-Mettimi giù!- gli ordinò
-Prima chiedimi scusa-
-Piuttosto la morte!- rispose lei ridendo.
Alla fine Enrico fu costretto a far scendere Lexia all'ingresso dell'istituto senza che lei gli avesse ancora chiesto scusa.
-Ho vinto io- disse fiera 
-Ti ho lasciato vincere è diverso- rispose Enrico ridendo e scavalcando il muretto che divideva la strada dall'ingresso dell'Istituto.
-E' uguale- disse Lexia imitandolo, ma un laccio dello scarpone di Lexia si incastrò in un chiodo e la ragazza perse l'equilibrio, rischiando di cadere di faccia contro la terra dura. 
Poco prima che toccasse il suolo qualcuno l'afferrò evitandole l'impatto.
Quando Lexia aprì gli occhi si trovava fra le braccia di Mark, il quale la fissava con gli occhi turchesi, un colore che era riservato solo a lei. -Stai attenta, potresti farti male- le disse con la voce suadente.
Lexia lo afferrò per la nuca e lo tirò a se, aspettando il momento in cui le loro labbra sarebbero entrate in contatto. Il vuoto nel petto non c'era più, il pezzo era tornato finalmente al suo posto. 
Improvvisamente qualcosa uscì abbaiando dall'Istituto, Liz correva velocemente verso i due ragazzi, pronta a far loro le feste. Lexia sorrise guardando il golden retriever sporco, poi tornò a fissare Mark.
Ma non era stato Mark a salvarla.
Lei si trovava fra le braccia di Enrico.
La ragazza sciolse subito quello strano abbraccio e si voltò più volte in ogni direzione. Doveva essere lì. Lo aveva visto, aveva sentito la sua voce.
-Tutto bene?- chiese Enrico vistosamente seccato dall'arrivo del cane, aveva interrotto il loro bacio.
-No- rispose Lexia -Mi gira la testa, mi sa che sono stanca. Vado subito a letto- mentì.
-Vuoi che ti accompagno?- le chiese, probabilmente sperava di poter concludere ciò che stava per accadere.
-No grazie- gli rispose sorridendo. Ed in fretta si avviò verso l'ingresso, chiudendosi la pesante porta alle spalle, mentre silenziosa una lacrima le segnava una guancia.

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Capitolo 10
*** Waiting ***


La neve cadeva leggera e incerta nel suo movimento, lasciandosi completamente in balia del vento. Per poi unirsi al bianco che i fiocchi avevano già creato sul terreno, quasi completamente candido e morbido.
E' il 25 Dicembre, e per le strade del paese di Ispra non c'è nessuno. Tutti sono a festeggire nelle proprie case con le rispettive famiglie, i bambini scartano felici i loro regali e le uniche persone che si concedono una passeggiata sono le coppie di giovani innamorati che evadono dalla prigionia delle loro famiglie per potersi vedere anche solo per un istante.
Ma tutte queste sono cose a cui solo i Mondani credono.
Lexia stava strigliando il suo cavallo, Sephir un regalo di Enrico, osservando il respiro regolare dell'animale disperdersi nell'aria fredda della scuderia. La runa incisa sul suo avambraccio le permetteva di stare nella neve senza provare freddo.
-Tanti Auguri- disse una voce alle sue spalle
-Non festeggiamo il Natale noi- rispose voltandosi. Fuori dal box del cavallo c'era Enrico, con in mano un pacchetto con un enorme fiocco rosso.
-Non importa- le disse avvicinandosi -Ci tenevo a farlo- aggiunse baciandola sulla guancia.
Lexia si ritrovò stranamente in imbarazzo.
Negli ultimi mesi si era legata molto ad Enrico, era l'unico che riusciva a farle dimenticare..
..l'altro.
Ma non era l'affetto che pensava lui, e lei non aveva il coraggio di dirgli la verità. L'avrebbe ferito troppo e in questo momento non voleva che anche lui l'abbandonasse.
-Grazie- farfugliò indugiando con le dita sul fiocco -Ma io non ti ho preso niente- aggiunse, non si era mai scambiata regali con nessuno, e non le era nemmeno passato per la testa il dover comprare dei regali.
-Tranquilla, l'importante è dare, non ricevere- un sorriso gli spuntò sulla faccia e Lexia scoppiò a ridere
-Dove l'hai vista?- 
-Era scritta sul volantino del negozio del regalo- 
Lexia non rispose e rimase a fissarlo, continuava a mettere e togliere le mani dalle tasche, era nervoso e lei sapeva il perchè.
-Devo andare ora- le disse -Ci vediamo in Istituo, divertiti- aggiunse indicando il cavallo.
Lexia lo salutò con un cenno della mano e si concentrò sul pacchetto che stringeva sottobraccio. Era grande meno di un libro e relativamente leggero. Lo scartò cercando di fare il minor rumore possibile, non voleva spaventare il cavallo. Dopo un paio i strati di carta luccicante si trovò la scatola di un iPhone 6, sul cartone a penna c'era scritto:
"Così puoi smettere di usare quel rudere di 4s".
Lui non lo sapeva, pensò lei.
Non sapeva di chi era quel telefono, non sapeva perchè lei ci tenesse così tanto a tenerlo nonostante fosse lento e ormai vecchio.
Tirò fuori il nuovo telefono dalla scatola e lo mise nella tasca destra dei Jeans, accanto a quello vecchio.
Finì di mettere le redini a Sephir e si avviò verso il capannone dove andava a montare quando il tempo era brutto.
Si issò sul cavallo e cominciò a trottare lentamente.
Il giorno seguente sarebbe andata ad Idris per la prima volta nella sua vita. Avrebbe visto le torri antidemoni della città di vetro, ci sarebbero stati solo Shadohunters, nessuno l'avrebbe giudicata.
E domani sarà il giorno in cui Mark tornerà. Ripensando al suo nome la sua mente si riempì di immagini, luoghi e momenti che ormai le sembravano lontanissimi.
Un bacio sotto la pioggia, lei tenuta fra le sue braccia mentre cadono contro una macchina, il turchese dei suoi occhi ogni volta che la guardava..
Scosse la testa per scacciare quei ricordi, quando senza motivo il cavallo la disarcionò. Lexia si voltò in aria e cadde in piedi come un gatto, tutti i mesi di addestramento con Noah e Gin non sono stati inutili. Senza nemmeno essersene resa conto aveva gia estratto la Spada Angelica che teneva legata alla gamba. 
Il cavallo era scappato, uscendo dal capannone galoppando nella neve, ma c'era qualcosa di strano in quel capannone. Era più buio di quanto dovrebbe essere. La porta del capannone si chiuse sbattendo e dai quattro angoli della stanza si condensarono delle figure nere, come la notte. Avanzavano lentamente senza lasciare impronte nella terra e in mano tenevano quella che poteva apparire come una spada.
-Gabriel- urlò la ragazza facendo infiammare la lama della spada angelica.
La prima ombra urlò e le si scagliò contro, lei schivò il fendente e lo colpì alla gola. Il demone istintivamente si portò le mani sulla ferita, solo per poi esplodere in una piccola fiamma.
Vedendo il compagno morto i compagni sibilarono verso Lexia e le si scagliarono contro in ogni direzione. Fortunatamente per lei erano lenti e i loro movimenti erano facilmente prevedibili, ma erano comunque troppi. Lexia riusciva ad evitare o parare tutti i loro attacchi, ma non riuscva mai a contrattaccare, non senza esporsi.
Dopo aver parato un colpo alla spalla, alzò la spada per colpire l'aggressore alla gola, scoprendo però il fianco. Colpì il demone che esplose in fuoco e si mise ad aspettare il dolore al fianco, il quale non arrivò mai, e venne sostituito con il rumore di metallo che cozza contro altro metallo. La ragaza si voltò di scatto e vide qualcosa di rosso colpire il demone che a stava per ferire, facendolo esplodere in mille scintille. Lexia abbassò la spada cercando di capire cosa stesse succedendo.  Qualcuno la spinse dalle spalle facendole fare diversi passi avanti e facendole evitare un demone che le si era lanciato addosso dall'alto. Lexia si voltò e in un istante non c'era più nulla. Qualche fiamma ancora era sparsa lungo il capannone, ormai pieno di luce del fuoco, e la porta era aperta. Impresse per terra vi erano delle impronte di stivali, molto simili alle sue, sparse tutt'attorno a lei, quasi a formare un cerchio.
-Chi c'è?- urlò la ragazza -Davvero voglio solo ringraziarti, anche se me la sarei cavata benissimo anche da sola-
Non ottenne alcuna risposta e fece un passo verso l'uscita, quando dall'esterno qualcuno le lanciò qualcosa di simile ad un sasso che le finì accanto ai piedi sollevando una nuvola di polvere. Lexia lo raccolse ì, rendendosi conto che teneva in mano il regalo di enrico, ormai inutilizzabile visto che aveva un taglio profondo sullo schermo che le permetteva di guardare dall'altra parte. Istintivamente si toccò la tasca, l'altro telefono era ancora lì intatto.
Senza stare a pensarci ulteriormente si mise il telefono rotto in tasca, uscendo a passi svelti dal capanno.
Nonostante non sentisse il freddo fuori, era sempre una sensazione piacevole il tornare dentro l'Istituto, ormai quel posto era dientato casa sua.
-Cambiati, andiamo- le disse Sergio alle sue spalle, mentre si allacciava la cintura dei pantaloni, Lexia non era l'unica in ritardo
-Sono già pronta, devo solo prendere la borsa con le mie cose- rispose
-Perfetto, gli altri ci aspettano già nel sotterraneo, il portale non si può tenere aperto troppo a lungo-

Magnus odiava i sotterrnei degli Istituti, erano troppo spogli e bui, e quello di Ispra non faceva eccezione. Una stanza circolare con i muri in pietra e qualche stregaluce appessa sui muri.
-Ripetimi cortesemente chi deve andare?- chiese lo stregone a Daniela mentre questa preparava la zona dove aprire il portale.
-Devi far passare Fred, Cassie, Lexia e Gin. Sergio ed io non siamo stati convocati- rispose spostando rumorosamente una sedia di legno.
-Noah ed Enrico?-
-Enrico è in visita, non lo considerano membro di Ispra, mentre Noah si è offerta di rimanere qui, in modo da monitorare le attività dei Nascosti con me-
La porta del sotterraneo si aprì e i quattro ragazzi entrarono nella stanza, capeggiati da Fred.
-E' pronto?- chiese indicando con la testa il portale
-Quasi- rispose Daniela -Stavamo aspettando voi-
-Bene!- esclamò il ragazzo
Silenziosamente Lexia si avvcinò a Magnus -E Mark?- sussurrò
-Troverà un modo- le rispose -Aveva detto che ci sarebbe stato alla riunione, no?-
-Si- gli rispose sconsolata
-Fidati- le disse strizzando l'occhio.
-Bene!- urlò poi rivolto a tutti -Il portale sarà pronto fra 3.. 2.. 1...-
Lo stregone schioccò le dita e la sagoma della porta si animò, diventando quasi un liquido.
-Andiamo- disse Fred prendendo Cass per la mano ed entrando nel portale, seguito a ruota da Gin e Lexia, la quale prima di entrare si voltò, come in cerca di qualcosa.
-Ciao ragazzi- urlò Daniela salutandoli con la mano, prima di essere interrotta da un grido di Sergio -Diamine- disse rivolta allo stregone -Giuro che se ha bruciato ancora qualcosa lo ammazzo- aggiunse uscendo dalla stanza chiudendosi il portone rumorosamente alle sue spalle.
Appena il silenzio regnò nel sotterraneo, dal soffitto saltò giù un essere, atterrando silenzioso come un gatto, alle spalle di Magnus.
-Sei arrivato- disse lo Stregone alla figura incappucciata.
-Non voglio domande- rispose secco avvicinandosi al portale
-Sono contento di questa tua scelta- gli disse, mentre anche l'ultima parte del ragazzo spariva nel portale.

La piazza di Idris era stupenda, ogni edificio sembrava emanare una propria luce, e il sole si rifletteva sulle imponenti torri antidemoni, Lexia era stupita.
-E' sempre così la prima volta- le disse Gin afferrandole un braccio -Poi ci fai l'abitudine-
-Andiamo- urlò Fred alla coppia di ragazze -Abbiamo giusto il tempo di lasciare i bagagli in casa prima che cominci la riunione-
Le due ragazze si sorrisero a vicenda e seguirono Fred, autonominatosi capobranco, verso uno degli alloggi che gli era stato assegnato.
Dopo qualche minuto a piedi raggiunsero i loro appartamenti, o meglio, una villa a due piani circondata da un enorme giardino e con una scritta in oro che spiccava sullo stipite della porta.
-Heartash- lesse Cassie a gran voce -Ti devono volere un gran bene- aggiunse
-O a te o ai tuoi genitori- aggiunse Fred aprendo la porta.
Gli interni non stonavano con l'idea che uno si faceva guardando la casa dall'esterno. Una sottile moquette era stesa su tutti i pavimenti e enormi ritratti adornavano le pareti.
-Penso che le stanze siano al piano superiore- disse Lexia timidamente, aveva vissuto poco tempo ad Idris per averne ricordi, men che meno si ricordava della casa.
-Perfetto, mettetevi a vostro agio, ma ricordatevi che fra mezz'ora ci troviamo qui per partire- disse Fred toccandosi il polso -Avremo tempo stasera per deliziarci delle cose che ci hanno lasciato- e così dicendo si avviò al piano superiore, seguito a ruota da Cassie.
-Io mi metterò nella stanza più lontana dalla loro, non voglio sentire cosa faranno stanotte- sussurrò Gin a Lexia, la quale non riuscì a fare a meno di ridere sottovoce.
-Scema- le rispose tirandole una gomitata 
-Fai come vuoi!- le urlò in risposta Gin ormai a metà delle scale -Ma non provare a venire a dormire da me stanotte, ti ho avvisata- e ridendo raggiunse il secondo piano, alla ricerca di una camera.
Lexia rimase un paio di secondi immobile nel silenzio dell'atrio, prima di raccogliere il coraggio e andare a cambiarsi nella stanza che ormai troppi anni prima, era stata la sua.

-Bastardo- imprecò il ragazzo sottovoce lannciandosi dalla cima di un pino, atterrando silenzioso come un gatto -Questa è l'ultima volta che gli chiederò un favore- aggiunse.
Guardò l'orologio. Mancavano cinque minuti all'inizio della riunione, o del suo processo. Sapeva di essere l'invitato speciale, e la cosa lo infastidiva molto, specialmente sapendo della presenza di alcune persone.
Estrasse lo stilo dalla tasca posteriore dei jeans ormai logori, si aprì la camicia e ricalcò la runa che aveva sul petto. Non era ancora pronto a riavere quel legame.
-Hey tu!- 
Il ragazzo non si voltò, sapeva che erano in sei, lo sentiva dai loro passi.
"Novellini" pensò ridendo fra sè e sè
-Hey dico a te!- continuò uno dal gruppo.
-So che siete in sei e io sono da solo. Voi non sapete chi sono e io non ho alcuna intenzione di dirvelo, sono atteso e anzi, sono quasi in ritardo. Quindi se non vi spiace..- il ragazzo si voltò di scatto, con un balzo colpì il primo ragazzo alla tempia col palmo della mano, facendolo svenire a terra, con l'elsa della katana colpì il secondo allo sterno, mentre col fodero tramortiva il terzo.
Gli ultimi tre estrassero subito le loro Lame Angeliche, urlando nomi a casaccio qua e la spaventando un uccellino sul secondo ramo del pino, il quale volò via. Non doveva distrarsi, così in un secondo schivò un fendente alla gola e colpì il gomito dell'assalitore, facendo volare la Lama diversi metri più avanti e lo colpì sotto l'ascella, facendo svenire anche lui. I restanti due assalitori provarono ad attaccarlo da direzioni opposte, inutilmente visto che gli bastò saltare per evitare entrambe le spade e colpire con un calcio la testa di entrambi.
Il Nephilim si coprì meglio il volto con il cappuccio e cominciò a camminare, verso il suo processo, lasciando alle sue spalle la seconda compagnia volontaria adibita al controllo dei confini, ma questo lui non lo sapeva.
Guardò l'orologio, la riunione era ufficialmente cominciata e lui era in ritardo, così cominciò a correre, senza nemmeno dar tempo alla sua ombra di posarsi per terra.

Era davvero una scoccitura dover lasciare ogni arma all'ingresso, nonostante la Sala degli Accordi fosse un posto più che sicuro, Lexia si sentiva "nuda" senza la pressione della Lama Angelica sul suo polpaccio.
-Devi lasciare ogni cosa- le disse la Guardia, un omaccione vestito di nero e alto praticamente due metri. Il suo volto privo di ogni qualsivoglia espressione non invogliava Lexia a disarmarsi.
-Ho lasciato tutto- rispose la ragazza toccandosi le tasche.
-Lì cos'hai?- rispose la guardia indicando la tasca posteriore dei suoi jeans.
Lexia si era quasi dimenticata del regalo di Enrico -E' un telefono- rispose -O meglio lo era..- aggiunse infilando il dito nel buco presente sullo schermo.
-Lascia giù anche quello- le ordinò
Lexia lanciò il telefono sul tavolo, facendolo finire sulle varie armi che la "Security" aveva sequestrato.
-Puoi andare- le disse finalmente la guardia.
Lexia non rispose e si limitò ad entrare nell'enorme stanza circolare dove i suoi amici la stavano aspettando. L'atrio era immenso e pieno di Shadowhunters in ogni dove, ogni persona era come una macchia nera che copriva il candido mosaico presente sul pavimento.
Dalla folla emerse un braccio che si agitava nell'aria, era Cass che le faceva segno di andare verso di loro. La ragazza si fece largo fra la folla, scusandosi ogni volta che inciampava nel piede di qualcuno, con molta fatica arrivò al gruppo di Nephilim di Ispra.
-Siediti sta per cominciare- le disse Fred.
Lexia si sedette un secondo prima che un Gong lacerasse l'aria, ammutolendo tutto il brusio che regnava nella sala fino a poco prima. Tutte le sedie in sala erano occupate, ad eccezione di quella accanto  a lei.
Dall'altra parte della stanza vi era un palco, quasi come se tutti loro fossero stati invitati ad uno spettacolo teatrale. Un uomo silenziosamente entrò in scena.
-Salve a tutti, è un onore per me presenziare oggi questa sentenza-
"Sentenza!?" pensò Lexie stupita voltandosi verso le facce esterrefatte dei suoi amici.
-Come tutti noi sappiamo, in base agli Accordi fra Shadowhunters e Nascosti, stipulati per mantenere la pace, ci sono alcuni atteggiamenti che non possono essere tollerati, e in quanto tale vanno puniti. Voi meglio di me sapete che..-
-Dura Lex Sed Lex- completò una voce alla sue spalle -La legge è dura ma è pur sempre legge- aggiunse entrando sul palco.
Dalla voce si capiva che era un uomo, ma il volto era coperto da un mantello nero che ne nascondeva completamente il volto e il corpo.
-Sono contento che tu ti sia presentato di tua volontà..-
Veloce come un lampo l'uomo estrasse da sotto il mantello una spada e la puntò sul collo del presentatore, il quale non si impressionò e continuò il suo discorso.
-...Mark Herondale.-

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Capitolo 11
*** Collar ***


La stanza era completamente immersa nel buio, anche col sole più forte, nessun raggio di luce avrebbe fatto irruzione mostrando i volti dei partecipanto. Lungo il pavimento ad intervalli regolari vi erano piazzate delle stregaluci, il loro tenue bagliore iluminava i piedi degli individui seduti attorno ad un tavolo circolare. Non era la prima volta che si incontravano, e sicuramente non sarebbe stat l'ultima, ma nessuno sapeva il volto o il nome deglli altri partecipanti, le decisioni prese in queste circostanze erano scomode e l'anonimato era l'unico modo esistente per proteggere l'ordine pubblico.
-Herondale- cominciò uno dei partecipanti -Un nome una garanzia-
-Non è come glli altri, loro hanno una morale, un'integrità.. Ogni azione fatta dal giovane va contro i principi morali di quella famiglia-
-Colpa del sangue- 
Il mormorio dei presenti fece capire che erano tutti della stessa idea
-Sangue sporco, angelico e demoniaco, è una sorpresa sia sopravvissuto fino ad ora, Raziel deve aver passione per le pecore smarrite-
-Pecore?- ribattè una figura alzandosi leggermente dalla sedia, il tono pacato dellaconversazione si faceva via via più rabbioso ad ogni parola detta -Non è una pecora, è un lupo rabbioso e famelico che divora ofni cosa gli sta a tiro-
Con molta più calma una voce irruppe nel discorso -Cosa consigli di fare dunque?-
-Giustiziamolo, che lui sia d'esempio ad ogni Bastardo là fuori, non si scherza col consiglio- rispose mettendosi nuovamente a sedere, entrambe le mani erano serrate in pugni.
-E se invece proponesi a voi signori un'altra via?- l'uomo se era alzato e aveva cominciato a passeggiare attorno al tavolo.
L'idea della tavola rotonda serviva a rendere tutti uguali attorno a quel tavolo, ma la sola presenza di quell'individuo metteva tutti gli altri in una posizione di difetto.
-Se lo mettessimo all'angolo pensate che ci seguirà di sua volontà al proprio patibolo? O pensate che si metterà contro di noi?-
-Un singolo Shadowhunters, mezzo sangue per di più, contro l'intero nostro esercito? E seriamente voi pensate che possa essere in grado di uscirne vivo?- esclamò una delle ombre del tavolo ridendo.
L'uomo in piedi sorrise, e per un solo secondo il bianco della sua dentatura perfetta si intravide nell'ombra della stanza.
-Giusto per vostra informazione, signori miei, il nostro caro Lupo, ha recentemente sconfitto la Seconda Compagnia Volontaria. Sei membri di questa sono stati ritrovati privi di sensi nei pressi del bosco a Nord-
Nella stanza regnò il silenzio, interrotto solo dai passi lenti e regolari dell'uomo, i quali come un orologio umano segnavano lo trascorrere del tempo.
-Deve essere stato sicuramente aiutat..- una delle ombre al tavolo provò ad intervenire ma venne bruscamente interrotto
-Io qui propongo a voi una via diversa. Abbiamo tra le mani un'occasione. Un Lupo smarrito, assetato di sangue e distruzione-
-Dunque voi cosa proponete?-
-Nutriamolo- concluse Arthur Goldseed.

Un sottile rivolo di sangue scorreva lungo tutta la lama, cadendo a terra in una piccola pozza cremisi che lentamente si stava formando sul marmo candido del pavimento.
-Signor Herondale- iniziò l'uomo ignorando il bruciore che la lama faceva provare al suo corpo
-Signor Goldseed- rispose il ragazzo, gli occhi cremisi si spostarono dal suo bersaglio alla folla per un istante.
Un singolo istante che bastò per incrociare lo sguardo con lei, Lexia, e per un microscopicomomento avvertì il colore delle sue iridi cambiare.
"Merda" pensò voltando nuovamente la sua attenzione all'uomo che teneva in fil di spada "Desidero davvero così tanto la pubblica giustiziazione?"
-Ti sarei grato se abbassassi cortesemente la tua spada dalla mia gola- chiese Goldees riportando Mark alla realtà 
-Solo per sentire la tua vecchia voce condannarmi alla pubblica esecuzione o peggio?- rispose Mark serrando ancora più la forza sull'elsa dell'arma
Goldseed sorrise -Potrebbe esserci un esito.. Inaspettato giovane Lupo-
-Lupo?- in quel momento le guardie fecero irruzione nella stanza, circondando i due sul palco, le spade angeliche pronte e puntate verso Mark.
-Signori vi prego calmatevi- Goldseed parlava con una voce calma -Tutto questo è solo un enorme malinteso- disse alzando entrambe le braccia - abbassate tutti le armi- ordinò.
Le guardie di sicurezza attesero qualche secondo, ma alla fine rinfoderarono le armi come gli era stato ordinato.
Riluttante Mark seguì l'ordine, abbassando iocsuc dal collo di Goldseed, facendola penetrare di qualche centimetro nel pavimento di marmo.
-Ora che ho nuovamente la vostra meritata attenzione vorrei che tutti voi foste partecipi di quanto avverrà oggi- Goldseed continuò a parlare, mentre una delle guardie aveva prontamente praticato una runa guaritrice sul suo avambriaccio, permettendo alla ferita sul collo di chiudersi quasi completamente in qualche secondo.
-L'imputato qui davanti a me è il signor Mark Herondale, dell'Istituto italico. Egli è accusato davanti a voi e davanti al nostro angelo creatore, Raziel, di aver ingiustamente e in maniera del tutto brutale, di aver assassinato un branco di Lupi Mannari, nostri amici ed alleati in visita al luogo dal quale egli proviene e di essersi successivamente dato alla macchia per fuggire dalle conseguenze di questo suo reato.-
"Proprio per quello stupido idiota" pensò Mark continuando a fissare il pavimento tinto del sangue dell'uomo.
Non poteva alzare lo sguardo, come due magneti i suoi occhi sarebbero stati attratti da quelli di Lexia, e non avrebbe potuto sopportare la pesantezza del suo sguardo. Non in quel momento.
"Sì" si rispose fra sè e sè "Io davvero desidero la morte così tanto"
Immerso come era nei suoi pensieri non si accorse che da dietro una guardia si avvicinò per abbassargli il cappuccio, Mark ebbe giusto il tempo di afferrarle con forza il braccio, piegando leggermente il metallo dell'armatura a protezione dell'avambraccio.
-Se ci tieni alla mano- Mark si voltò guardandolo con le iridi cremisi -Non ti azzardare a toccarmi mai più-
-Non sia così sgarbato, Signor Herondale- interruppe nuovamente Goldseed -E' solamente molto sgarbato presentarsi in vesti così poco eleganti, e addirittura a volto quasi coperto-
Mark lasciò andare il braccio della guardia, il quale arretrò quasi correndo, e si levò il cappuccio. I capelli ormai non più curati come un tempo gli cadderò di poco sopra le spalle, prese un elastico che aveva al polso e li raccolse in una qualche maniera, lasciando solo un sottile ciuffo cascargli sulla fronte.
-Dicevo..- continuò Goldseed schiarendosi la voce con un colpo di tosse -Questo è quanto ci è stato riferito, ma alla luce di nuove testimonianze, che a breve ascolteremo- disse indicando lo stregone Magnus Bane, il quale si alzò e mosse qualche passo in direzione del palco -le accuse, potrebbero incorrere a..-
-Non ve ne è bisogno alcuno- interruppe Mark
"Non so quale sia il tuo obettivo ma non sto al tuo gioco"
-Io- 
Magnus si fermò come pietrificato.
Mark strinse iocsuc con ancora più forza, facendola scivolare ancora più a fondo nel marmo.
-Mi dichiaro colpevole, di ogni accusa mossami in questa occasione.-

-Mi dichiaro colpevole..-
Quelle parole risuonavano come martelli nella mente di Lexia.
"Cosa diavolo sta succedendo!?" Stava andando tutto troppo in fretta.
Lei si era seduta, poi era arrivato quell'uomo sul palco, poi anche Mark come un'ombra minacciandolo e ora si dichiarava colpevole!?
-Magnus..- balbettò lei toccando la tunica dello stregone -che sta succedendo?- sentiva il suo respiro mozzarsi. Le mancava l'aria e ad ogni secondo che passava un pensiero diventava più invadente nella sua testa
"Lo uccideranno"
-Non ne ho idea tesoro- rispose lo stregone mettendosi nuovamente a sedere -Da qui in poi, non so cosa accadrà-
Lexie sentiva la testa vuota, nelle sue orecchie sentiva solo il rimbombare veloce e costante del suo cuore, cominciò ad annebbiarsi la vista.
"Lo uccideranno!"
-Ho.. bisogno di aria- disse a Cass alla sua sinistra dirigendosi fuori dall'edifio il più in fretta possibile.
Nella sua fuga la ragazza non si rese minimamente conto che due piccoli punti di un rosso acceso la accompagnarono lungo ogni suo passo.
L'aria fuori era gelida, ma i polmoni di Lexia furono ugualmente gioiosi di accogliere la nuova fonte di ossigeno, la ragazza collassò contro il muro dell'edificio cadendo in ginocchio.
Una mano strineva forte la maglietta in prossimità del cuore.
"LO UCCIDERANNO"
Sentiva qualcosa rompersi in lei.
Un pensiero si fece strada nella sua testa, il sapore di un bacio sporcato dalle gocce di pioggia, il calore di un abbraccio in caduta libera, il suono di una risata sulla spiaggia.
Cassie correndo verso di lei, le sue labbra si muovevano, ma Lexia non riusciva a sentire alcuna parola.
-Sto bene tranquilla- voleva dirle, ma quelle parole le rimasero in gola mentre con tutto il corpo cascava a terra priva di sensi.

-Non capisco- 
Queste furono le prime parole che ruppero il buio nel quale Lexie si trovava
-Non capisco!- urlò Fred nuovamente lanciando qualcosa che andò in frantumi
-Smettila di rompere cose- lo rimproverò Cassie -Non è casa tua-
-Romperò lui direttamente!- rispose lanciando ugualmente una lampada contro il muro
-Posso guardare?- chiese Lexia tirandosi su col busto e massagiandosi gli occhi con una mano.
Erano in camera sua, Cassie e Fred devono avercela portata dopo che aveva perso i sensi fuori dal "tribunale"
-Piano piano- le fece Cassie dandole una mano a tirarsi su.
Il sole fuori dalla finestra stava lentamente abbassandosi, saranno state circa le 7, il che vuol dire che era rimasta svenuta per più di metà giornata.
-Potete, per favore, dirmi come si è concluso il..-
"Lo uccideranno"
-.. processo?- concluse Cassie
Lexia annuì
Aprì la bocca per raccontare l'esito ma Fred fu più veloce -Assolto-
-Assolto!?- chiese Lexie sentendosi leggera come non mai
-Praticamente sì- continuò Cassie -E' stato costretto a tornare all'istituto di Ispra, non potrà solo lasciare la regione senza prima aver chiesto il permesso ufficiale e ogni mese dovrà venire qui per svolgere delle pratiche utili agli Shadowhunter-
-Lavori forzati e libertà vigilata- commentò Fred, nonostante la rabbia provata nei confronti di Mark per averli abbandonnati tutti si poteva chiaramente vedere quanto anche lui fosse sollevato.
-Ma com'è possibile?- chiese curiosa Lexia -Ha confessato!?-
-Tu ti sei persa il resto ma Magnus è comunque riuscito a confermare la versione secondo la quale il branco di licantropi non era in viaggio con fini amichevoli ma terroristici, ha portato pure la testimonianza di Kat per confermare anche il rapimento della sorella più piccola-
Lexie afferrò un cuscino portandoselo al corpo.
Quindi quando era con Kat era in missione, per salvare sua sorella più piccola non a..
Sentì le guance scaldarsi e un piccolo sorriso nascerle sul volto, abilmente coperto dal cuscino.
-Dov'è ora?- chiese Lexia 
-Sta venendo trasferito ad Ispra in questo momento- le rispose Fred
-Ora!?-
-Sì, a quanto pare non sono stati contenti nel vedere come ha assalito le guardie nel bosco-
aggiunse il parabatai
Lexia parve visibilmente confusa -Poi ti spiegheremo- le disse Cassie poggiandole una mano sulla testa con fare amorevole -Continua a riposarti ne hai bisogno-
-Mentre noi due- continuò afferrando il suo ragazzo per il colletto della camicia -ce ne andiamo prima che qualcuno spacchi altro!-
Fred sorrise e si lasciò guidare fuori dalla stanza della ragazza.
C'era però qualcosa di strano in quel sorriso, qualcosa che però Lexia non aveva forza di interpretare ora mentre la sua mente si inabissava nelle tenebre per la seconda volta quel giorno.

Cassie chiuse delicatamente la porta alle sue spalle.
-Quindi?- chiese rivolta a Fred
-Vuole vedermi, solo a me, prima di tornare all'Istituto-
-E' normale, siete comunque parabatai, per lui sei la persona più imprtante dell'istituo-
-No- la corresse Fred -Sono la seconda persona più importante per lui-
-Lexia?-
-Già, ha sempre fatto tutto per causa sua-
-Allora va- Cassie gli si avvicinò e gli diede un rapido bacio sulle labbra -Sei l'unico che può dargli una mano-


SPAZIO DELL'AUTORE:
Quanti anni sono passati? Forse troppi, chi lo sa.
Solo se sei ancora qui grazie di cuore. 

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Capitolo 12
*** Pieces ***


"Mi stanno scortando ti aspetto al portale Sud"
Da quando la runa sul legame col parabatai era svanita Mark non aveva avuto il tempo di rifarla, ne tanto meno il modo, pensò osservando le sue mani incatenate l'una all'altra.
Era ancora confuso riguardo quello che era successo qualche ora prima, ed era certo che un giorno quello che era accaduto con Goldseed sarebbe stato un problema.
Ma ora aveva problemi ben più grandi.
Fred, il suo parabatai stava arrivando, e non sarebbe stato felice.
Avvertì i suoi occhi mutare dal rosso al viola.
"Ovvio che sono imbarazzato" pensò cercando con lo sguardo la sua spada. Nel corso di questi mes non c'era stato nemmeno un giorno in cui si era separato dall'arma per così tanto tempo.
Guardò in cagnesco l'uomo che teneva la katana attaccata al fianco e i suoi occhi tornarono di un leggero color cremisi.
-Mark?- una voce alle sue spalle interruppe lo scorrere dei suoi pensieri
-Magnus?- chiese sorpreso -Cosa ci fai qui?-
-Torno a Brooklyn- rispose -Il mio lavoro qui è finito da tempo e quel piccolo "Extra" in tibunale contalo come un regalo verso la tua famiglia-
-Non ho chiesto il tuo aiuto- rispose il Nephilim con freddezza
-Tu no, ma altri si, e come te ho un debole per gli occhi azzurri e i capelli dorati-
"Lexia" 
Mark impallidì.
-A presto amico mio- concluse lo stregone entrando nel portale lasciandosi uno sfarfallio di magia azzurra alle spalle -Non vedo l'ora di scoprire..-
Poi sparì prima che potesse concludere.
Mark inspirò, cercando di metabolizzare quanto sentito, era stata Lexia a chiedere aiuto a Magnus per lui? Come faceva Magnus a sapere? Ma soprattutto perchè aveva messo Kat in mezzo a questa faccenda?
-Muoviti non stiamo facendo una gita! Maledetto bastardo- ordinò una guardia spingendo Mark con forza verso il portale
Sentì nuovamente il dolce sapore della rabbia scivolare assieme al sangue nelle sue vene.
-Quanto ci tieni a poter camminare?- chiese Mark
-Mi stai forse minacciando!?- sbraitò la guardia, aveva già la mano chiusa in un pugno ed era pronto a colpire il ragazzo sulla nuca. Dovevano solo portarlo al portale, non avevano specificato le condizioni in cui sarebbe divuto essere. 
Ma proprio un istante prima che il pugno colpisse il bersaglio il giovane scartò a destra, e con un ginocchio colpì la guardia sotto il mento, facendola cadere a terra nel dolore.
-Voglio richiedertelo..- la figura del ragazzo si ergeva sul corpo dolorante dell'assalitore -Quanto ci tieni a poter camminare?-
La sola presenza di Mark rendeva inermi tutte le altre guardie, era come se contemporaneamente fissasse tutti i presenti, con quei suoi maledetti occhi rossi.
-Mark!- era Fred che stava arrivando di corsa al luogo del loro incontro
-Non pensavo saresti realmente- le sue parole vennero bruscamente interrotte da un pugno che colpì il giovane in manette sul labbro, facendolo indietreggiare di qualche passo.
Nella colluttazione probabilmente si era rotto un labbro e il sapore di rame del sangue comincio a farsi sentire nella bocca di Mark.
Il ragazzo alzò gli occhi posandoli sul parabatai, ancora col fiatone per la corsa e con la mano stretta in un pugno. Alcune delle sue nocche erano leggermente sporche di sangue, lo stesso sangue che lentamente correva lungo il mento di Mark.
Nessuna delle guardie di scorta si mosse a protezione del loro "protetto", andando invece a soccorrere il loro compagno a terra.
-Sei un cretino- disse Fred recuperando la calma che era solito contraddistinguerlo
"Mi dispiace.." pensò Mark
I loro sguardi si incrociarono, e Fred avanzò verso il Parabatai, senza fare ostile stavolta.
Alzò le braccia e lo abbracciò fraternamente.
-Non farlo mai più- sussurrò
-Non soffrire da solo-
I due si sciolsero dall'abbraccio, una guardia mormorò qualcosa, vistosamente confuso da tutto quello che stava accadendo davanti ai suoi occhi.
-Ora..- comicniò Mark deglutendo un'abbondante dose di sangue -Dovrei andare-
-Già- rispose Fred -Noi partiremo appena Lexia si sarà rimessa-
"Che le è successo!?" la voce di Mark nella testa di Fred era un misto di spavento e rabbia, e si poteva chiaramente notare una vena sul collo che aveva cominciato a pulsare con più intensità
-Nulla, stai calmo, si sta solo riposando- 
Era ritornata, finalmente, quella presenza in una parte della sua mente, quella voce che gli dava sicurezza, era finalmente tornato suo fratello.
-A domani Mark-
"A domani Fred" gli rispose senza aprir bocca.
Fredrick si voltò cominciando a dirigersi verso la residenza di Lexia, un lieve sorriso si formò sulle sue labbra e dovette trattenersi per evitare che le lacrime cominciassero a scendere.

Una delle guardie si avvicinò a Mark -Ti faremo arrivere nei pressi dell'istituto, ma non dentro, le barriere ci impediscono di portarti oltre- disse
-Ora ti toglieremo le manette, e, come da accordi ti restituiremo le armi con le quali sei arrivato qui- aggiunse riferendosi a Iocsuc
-Ti invitiamo solamente a non commettere azioni a noi ostili, o dovremo intervenire con la forza-
A quelle parole Mark sorrise, le sue iridi mutarono dal rosso all'oro, l'idea di stendere nuovamente un piccolo gruppo di guardie era eccitante
-Siamo intesi?- chiese nel mentre che toglieva con fare poco gentile le manette dai polsi del ragazzo, lacerandogli leggermente le carni e macchiandosi del suo sangue
-Intesi- rispose Mark massaggiandosi il polso ferito -Ma ti consiglio di cambiare partner se ogni volta che le sfili le manette finisce così- nel mentre che queste parole uscivano dalla sua bocca si mosse agilmente per prendere la sua spada
-Signori miei..- urlò avvicinandosi al portale -ricorderete questo giorno come il giorno in cui avete quasi..-
-FINISCILA!- strepitò una delle guardie, colpendo Mark al petto con un calcio, forzandolo in questa maniera ad atraversare il portale.
-..capitan Mark Herondale- concluse cadendo di schiena nella neve fresca.
Il portale si era immediatamente chiuso nel momento stesso in cui lo aveva attraversato e ora il Nephilim giaceva a terra immobile, con una mano serrata sull'elsa della sua spada.
Il cielo era di quel grigio amichevole tipico delle nevicate e qualche fiocco qua e là cominciava a posarsi deicatamente sulla neve già presente a terra.
Mark inspirò profondamente con i polmoni, nel mentre una mano tastò la tasca dei pantaloni, trovando una sigaretta accartocciata.
La portò alla bocca e la accese, inspirando avidamente e lasciando che il fumo poi uscisse dalle sue narici, unendosi al grigio del cielo.
"Sono tornato infine"

L'Istituto si ergeva imponente coprendo la luce del sole pallido, la neve lo colorava di un bianco che non faceva altro che esaltare la sua figura pulita.
Mark cominciò a salire lentamente i gradini che lo portavano all'ingresso, la mano si strinse con forza al fodero della sua fedele arma, l'unica sua compagna.
Inspirò l'aria fredda ed umida. Non era spaventato da cosa potesse aspettarlo dietro le porte dell'Istituto, ma sicuramente non sarebbero state cose buone e piacevoli; da quanto sapeva ad  Ispra erano rimasti solo Noah, Sergio, Daniela ed Enrico, il fidanzato ufficiale di Lexia.
Giusto alcune ore prima i due erano da soli in maneggio.
Lui addirittura le aveva fatto un regalo, forse un dono di fidanzamento..
Probabilmente nei mesi in cui lui era stato via avevano legato, come volevano le loro famiglie, forse la sua Lexia non era più sua.
Nella sua testa rivide il momento in cui una pioggia incessante cadeva attorno a loro, poteva ancora sentire la morbidezza delle labbra di lei sulle sue, avvertiva ancora le sue dita esplorare il suo corpo, bruciando come dei tagli ancora non rimarginati.
Chissà se anche con Enrico..
Mark scosse violentemente la testa colpendosi la tempia con la spada, le sue iridi rosse manifestavano l'astio che provava al solo pensiero di quella scena.
Una goccia cremisi cadde sulla neve candida del gradino.
"Ah vero" ripensò Mark "Ho un labbro rotto"
Estrasse come abitudine lo stilo dal suo cappotto, pronto a praticarsi una runa guaritrice, ma prima che questo toccasse la sua pelle lo ripose nella stessa tasca dalla quale l'aveva preso.
Meritava quella ferita.
Continuò a salire le scale combattendo con tutti quei pensieri che lo invogliavano a fuggire nuovamente.
Mancavano3 gradini.
Forse non era mancato a nessuno..
2 gradini
Da quanto aveva visto, in effetti, sembravano tutti ugualmente felici..
1 gradino
Davvero forse non mi merito tutto questo..
Mise la mano sulla manigllia del portono
Anche Lexia sorrideva in maneggio..
Spinse con forza la porta, la quale si aprì cigolando 
"MAAAAAAAAAAAAARK"
Gli occhi del ragazzo non si erano ancora completamente abituati alla penobra dell'ingresso, quando una figura dall'mbra urlò il suo nome lancindosigli contro e abbracciandolo con una forza decisamente superiore a quanta ne avrebbe potuta avere una ragazza Mondana.
"Noah.." sussurrò Mark passandole la mano libera sulla schiena 
La ragazza lo guardò negli occhi un istante, con le lacrime che le solcavano il viso, prima di immergersi nuovamente nell'abbraccio "Dove sei stato idiota? Mi sei mancato"
Una fitta colpì il cuore del ragazzo, in questi  ultimi mesi gli era mancata la senazione di "Casa" 
"Anche tu" le rispose 
Rimasero così per qualche secondo, con Noah che tratteneva con forza (e con scarso successo) i singhiozzi del pianto, e Mark che, decisamente imbarazzato, la consolava amorevolmente.
Quando vieni cresciuto per tutta una vita con il solo scopo di essere un cacciatore, uno Shadowhunter, è facile perdere la concezione del fatto che, in fondo, siamo tutti esseri umani. 
Mark chinò il capo e con gentilezza si sciolse dall'abbraccio di Noah "Sai dirmo dove sono Sergio e Daniela, devo parlare con loro"
"Sì" rispose lei asciugandosi gli occhi con il dorso della felpa "Sono nell'uffcio di sopra, stavano sistemando alcune pratiche"
"Perfetto grazie" rispose Mark avviandosi a passi svelti
"Mark" urlò Noah quando Mark era ad alcuni metri di distanza da lei "Non andartene più, va bene?" 
"Tranquilla, resto" rispose Mark sorridendo e voltandosi subito dopo continuò a camminare.
Era veramente troppo difficile mentire a qualcuno in lacrime.

La prossima porta che avrebbe aperto era un'altra dura missione.
Sentiva chiaramente le voci di Daniela e Sergio, ma sarebbe stato inutile rimandare, con decisione aprì anche quella porta.
"Buon!" prima di poter concludere la frase afferrò con due dita un pugnale a pochi centimetri dal suo occhio destro "Giorno" concluse abbassando l'oggetto e posandolo su un tavolino da te lì vicino.
"Sono contenta che questa tua vacanza non abbia arrugginito i tuoi riflessi" rispose Daniela mettendosi a sedere accanto al marito
"Non penserai mica che sia rimasto con le mani in mano per tutto questo tempo?" chiese Mark
Nel mentre che si scambiavano questi convenievoli il suo cuore si alleggerì decisamente, era bello vedere che per loro non era praticamente sucesso nulla.
"Siamo già stati informati di quanto successo alla.. riunione, se così possiamo chiamarla" disse Sergio "Ovviamente abbiamo dovuto dare il nostro benestare, anche perchè è gia stato dimostrato sufficientemente che l'Istituto può andare avanti anche senza di te" continuò "Tuttavia, non è una situazione che voglio ripetere" 
Sergio si alzò dalla sedia e si avvicinò con fare imponente.
Nonostante Mark fosse il più alto fra i due, la sola presenza dell'uomo davanti a lui lo faceva sentire piccolo.
Sergio poggiò una mano sulla spalla di Mark "E' un piacere riaverti a casa"
Casa.
Mark abbozzò un sorriso "Grazie, è un piacere ritornare"
"Ma!" continuò Sergio "Sono cambiate alcune cose in tua assenza"
"In che senso?" chiese il ragazzo
"Le diminuzioni di demoni si sono ridotte in maniera preoccupante e siamo quasi del tutto certi che qualcuno stia preparando una particolare festa in occasione del Capodanno Mondano"
"E non mi hanno invitato" continuò Mark sarcastico
"Abbiamo una pista" continuò Daniela "Siamo convinti che si terrà una festa, in una delle ville del sindaco sul lago, saranno presenti solo Mondani"
"Pensiamo che voglia usarli come sacrificio" tagliò corto Sergio
"Quel pazzo vuole evocare un demone superiore!?" chiese Mark stupito
"Questa è un'ipotesi, la peggiore" Sergio si buttò su una poltrona davanti al caminetto "Abbiamo già organizzato un gruppo che possa entrare alla festa, in modo da poter controllare che tutto si svolga nel più normale dei modi, ma visto il tuo rientro inaspettato siamo sicuri che tu riesca a trovare una maniera"
"Fred partecipa?"
"Sì" gli risposero in coro "Fred, Cassie, Lex.." 
Nella stanza calò il silenzio, rotto solo dal costante scoppiettio del fuoco 
"ed Enrico" concluse Daniela "E' l'unico che il Sindaco ancora non ha mai visto in faccia, potrebbe rivelarsi fondamentale per la situazione"
"Capito" rispose Mark "Serve qualcuno che faccia da balia a questa Suicide Squad quindi"
"Mark" Sergiò lo guardò dritto negli occhi "Vorrei prendessi la situazione seriamente, qualcuno potrebbe farsi male, e non parlo solo dei Mondani"
"Fidati Sergio" Mark si voltò congedandosi "Prendo ogni situazione seriamente" chiuse la porta con decisione alle sue spalle.
"Soprattutto quando c'è in gioco la sua sicurezza.." pensò Mark incamminandosi verso camera sua a passi svelti.

Il rientro all'Istituto era stato più facile del previsto, se ignoriamo il labbro tagliato dal parabatai, ma tecnicamente eravamo ancora ad Idris, quindi non conta.
Mark si era rapidamente cambiato, indossando solo una t-shirt nera che lasciava scoperte gli amabracci pieni zeppe di rune, alcune sbiadite, altre nere come la notte.
In una mano teneva salda nel fodero iocsuc, e a passi svelti si stava dirigendo verso la palestra dell'Istituto. Era parecchio che non si allenava decentemente, le piccole incursioni demoniache che aveva affrontato non erano state per lui una difficoltà tale da poter esprimere al meglio le sue potenzialità.
Aprì la porta della stanza trovandosi davanti ad un familiare spettacolo, le armi erano appese ordinate lungo le pareti, e nessuno sembrava aver portato disordine nel suo regno.
Il suo sguardo cadde a terra su un graffio inciso nel parquet, il segno del suo primo (e grazie al cielo unico) incontro col Principe Enrico.
Ma oggi non aveva nulla di cui preoccuparsi, a quanto pare il novellino era più interessato ai cavalli piuttosto che al suo addestramento come guerriero.
Mark estrasse la lama di iocsuc dal fodero, il sottile filo di adamas reagì il suo tocco, colorandosi leggermente di una sfumatura dorata, proprio come i suoi occhi in quel momento.
Menò un fendete in aria, ascoltando il familare sibilo dell'arma che tagliava l'aria.
Era incredibile come quella spada fra tutte lo completasse.
Il ragazzo piroettò su sè stesso decapitando uno dei fantocci da allenamento.
Era stato per anni a cercare e studiare ogni arma presente nell'istituto, ma questa, comparsa quasi dal nulla, sembrava fatta apposta per lui.
Scattò indietro come ad evitare un attacco e con rapidità tagliò il braccio dello stesso manichino.
Il peso della lama, il bilanciamento, il filo, persino l'elsa! Tutto si adattava perfettamente al suo corpo, colpire con quella spada era come muovere una parte attiva del suo corpo.
inspirò e con uno scatto eseguì un ultimo e finale colpo, tagliando di netto il manichino dalla spalla al fianco.
Era un piacere combattere con questa fedele compagna al fianco.
Sorrise guardando il manichino perdere sabbia sul pavimento della palestra, se fosse stata Icore Demoniaca sarebbe veramente una rottura da pulire, pensò Mark ingaggiando già il prossimo bersaglio.

"Siamo pronti!? Guardate che non aspettano noi!" urlò Cassie dalla porta della villa di Lexia, l'aria fredda di Idris faceva capolino nella stanza portando con se' un aroma di aghi di pino
"FREEEEEDRICK! MUOVITI!" strepitò nuovamente la ragazza, colpendo la porta col palmo della mano.
"Giuro che lo ammazzo.." sussurrò a denti stretti
Lexia e Gin, entrambe già pronte all'ingresso, risero assieme 
"Sei sicura che non sia già uscito per andare al portale?" le chiese Lexia
"Sono sicura che non sia andato al portale, ma non sono sicura che non sia uscito"
"Non possiamo controllare nella sua stanza?" le chiese Gin, ma Cassie non le rispose, fulminandola con lo sguardo.
Ovvio che aveva controllato, la sua stanza era la loro stanza.
"Amore?" la voce squillante di Fredrick fece infine il suo debutto in quella movimentata mattina, facendo trasalire momentaneamente Cassie 
Fred era al posto del cocchiere e con mano ferma teneva saldamente le redini dei due cavalli che guidavano la carrozza "Non pensavate di farvela a piedi con questo freddo?"
"N.. no" rispose Cassie arrossendo, era da parecchio tempo che stava con Fredrick, ma ancora si stupiva delle attenzioni che riusciva ad avere non solo nei suoi confronti, ma anche riguardo tutti gli altri.
"Milady" il ragazzo le porse la mano, le altre due giovani stavano già comodamente sedute all'interno della carrozza, la porta ancora aperta per far salire Cassie.
La ragazza sorrise, afferrò la sua mano e con decisione chiuse la porta "Lo sai benissimo" gli rubò un bacio affettuoso e rapido "Io sto davanti" concluse arrampicandosi agilmente al posto del cocchiere. Era leggermente stretto per poter far stare comodamente due persone, ma lo spazio per i due non è mai stato un problema.
Dopo poco anche Fred arrivò al posto di guida, e dopo aver spronato i cavalli li portò sul sentiero diretto al portale.
Diretto all'istituto.
Diretto a casa.
Cass appoggiò la testa sulla spalla del compagno "Senti.." iniziò titubante lei, era un argomento che non sapeva come trattare "..sei riuscito a vedere Mark prima che partisse?"
Fred alzò leggermente la mano destra, sulla nocche erano presenti dei segni violastri e un piccolo taglio all'altezza del medio "Penso di avergli rotto il labbro, o un dente addirittura" rispose.
Cass trasalì "Avete litigato!?" gli chiese spaventata, non era mai capitato in tutti quegli anni che loro due litigassero, erano fisicamente fatti per andare d'accordo "No"rispose Fred ridendo "Abbiamo fatto pace"
Cassie tornò ad appoggiarsi sulla spalla del ragazzo, Fred era stato malissimo i giorni in cui Mark aveva rotto il loro Legame, erano capitate volte in cui Fred si svegliava la notte di soprassalto, con la runa del legame del Parabatai che sanguinava, senza però sapere cosa stesse succedendo all'amico, se fosse in pericolo o meno.
Ogni volta che accadeva Fred era a pezzi, e Cassie si sentiva inutile.
Provava un dolore nel non poter far nulla per la persona che amava, stringeva i pugni così forte che le unghie le penetravano nei palmi delle mani lasciandole piccole ferite che Fred doveva poi curare.
Fredrick, curava sempre tutti, Mark si faceva curare solo da lui, ma quando aveva bisogno lui chi poteva curarlo?
In quesi giorni bui Cassie aveva raccolto il più possibile ogni coccio del ragazzo quando questo accadeva, rimettendolo insieme, pezzo per pezzo, lentamente, come un puzzle.
E spesso quelle serate finivano così, con i due per terra a piangere sottovoce, nel buio della loro stanza, circondati da frammenti invisibili del loro essere, che si mescolavano ogni volta che si rompevano.
Era proprio in alcune di quelle sere che lei si era trovata a sperare che Mark fosse..
Una piccola buca fece oscillare la carrozza
"Amore tutto ok?" le chiese Fred
"Si, perchè?" gli domandò a sua volta
"Stai piangendo.."
Cassie non si era accorta che il solo ripensare a quelle notti aveva permesso ad alcune lacrime di solcare il suo volto "Ah non è nulla" rispose asciugandosele con la manica della giacca "Sai il freddo e il vento negli occhi mi danno sempre un po' di fastidio" aggiunse sorridendo e stringendosi al braccio dell'amato, come per controllare che fosse ancora lì con lei tutto intero. La sua certezza, la sua roccia. Non si sarebbe mai più dovuta rompere.
Il resto del viaggio proseguì con calma e apprezzando i suoni naturali della natura, nonostante l'inverno ormai inoltrato era ancora possibile sentire il conguettio di quale uccellino fra le fronde innevate.
"Siamo arrivati" disse finalmente Fred scendendo rapidamente ad aprire la porta della carrozza alle ragazze 
"Finalmente" esclamò Gin stiracchiandosi soddisfatta "Cominciavo a non sentirmi più le chiappe!" aggiunse fra le risate di Lexia
"Gin" la rimporverò Cassie "Sii più educata" aggiunse sorridendo sinceramente
"Bene!" Fred intervenne "I nostri fratelli Nephilim ricondurranno la carrozza al maneggio, così non dovranno farsela a piedi, mentre noi attraverseremo il portale e torneremo a casa"
Cassie dovette trattenersi dal non colpire una delle guardie. Non le era per niente piaciuto lo sguardo di disgusto che avevano lanciato a Fred quando li aveva definiti fratelli.
Inspirò cercando di calmarsi, lui valeva cento volte loro e a breve avrebbero lasciato quel posto di bigotti.
"Gin, Lexia" Fred indicò il portale "Dopo di voi"
Le due ragazze si presero per mano, varcando assieme la porta lucente diretta a casa, sparendo nell'istante stesso in cui toccavano il bagliore.
Fred prese per mano Cassie e comicniò a sua volta ad incamminarsi, ma questa gli fece resistenza.
"Posso chiederti una cosa?" gli chiese
"Certamente" le rispose
"Una volta a casa.." deglutì, era veramente difficile per lei chiedere una cosa del genere al suo ragazzo, le sembrava.. di usarlo quasi 
"..puoi dirmi dov'è Mark?"

Una goccia di sudore gli scivolava lentamente dalla tempia, si sentiva leggermente in affanno, ma poteva andare avnti ancora per ore, ed il tutto senza uso di rune, solo con la sua unica forza.
Mark si lanciò contro un altro manichino, la sabbia che ormai ricopriva il pavimento per la sua interezza gli fece perdere l'equilibrio, e per questo motivo il fendente non mozzò il manichino da allenamento, squarciandone solo la sacca posta all'altezza del petto.
"Merda" esclamò il ragazzo
Una porta si chiuse rumorosamente alle sue spalle e si udì chiaramente il vecchio chiavistello girare, serrando completamente la stanza.
Mark si voltò di scatto, la lama posizionata orizzaontalmente di fronte a lui, e i muscoli pronti a scattare come una molla, pronto ad attaccare.
Ma ad attaccare chi? L'Istituto era un territorio sicuro, non era possibile che nessuno dei loro nemici potesse far loror visita in quelle mura.
A meno che il nemico non fosse un Nephilim.
Qualcuno venuto magari per un secondo round. Enrico.
Mark sorrise e i suoi occhi tramutarono, un incrocio fra oro e cremisi colorava ora le sue iridi, il filo di adamas della katana reagì nella stessa maniera.
"Se pensavi di riuscire a cogliermi in fallo ti sbagliavi principino" esordì Mark 
Ma dall'ombra dell'ingresso non si presentò Enrico.
"Cassie?" Mark abbassò l'arma, la ragazza continuò ad avanzare verso di lui, senza dire nessuna parola.
"Siete tornati oggi, pensavo vi fermaste un po' di più"
La vista speciale di Mark gli permetteva di percepire in anticipo i colpi che da lì a qualche secondo lo avrebbero colpito infliggendogli delle ferite, era come se potesse percepire la sete di sangue del nemico. Avendo vissuto per una vita con questa abilità il suo corpo si era allenato nel reagire istantaneamente a questi pericoli, facendogli schivare i colpi senza subire alcun danno.
Quell'esperienza in quel momento gli tornò utile, perchè senza rendersi nemmeno conto aveva piegato la schiena all'indietro, schivando uno schiaffo in piena faccia di Cassie
"SMETTILA" urlò rabbiosa lei
"Di fare cosa?" rispose Mark
"SMETTILA DI FARE COSI'!" estrasse dal fodero che aveva sulla schiena un pugnale e cominciò ad attaccare Mark, il quale schivava con facilità ( e sorpresa) i colpi dell'amica
"VOGLIO COLPIRTI" Cassie continuava a provare a colpire il ragazzo, ma senza successo. Esasperato infine Mark bloccò il suo polso, pronto a prenderle l'arma, ma agilmente la ragazza si abbassò colpendolo alla caviglia facendogli perdere l'equlibrio, e allontanandolo definitivamente con un calcio in petto.
I due erano ora a diversi metri di distanza, si rialzarono entrambi velocemente, pronti a combattere di nuovo.
Cassie guardò la sua arma, ma del pugnale teneva solo il manico, la lama era tenuta nella mano di Mark, un rivolo di sangue scendeva lungo tutto il suo avambraccio cadendo a gocce sul pavimento coperto di sabbia.
"Che ne dici se ne parlassimo invece?" chiese Mark, facendo cadere la lama a terra con un piccolo tonfo ammortizzato dalla sabbia
"Parlarne!?" rispose Cassie "Non sapevo ne fossi in grado"
Mark trasalì stupito
"Hai sempre fatto così te no? Agitato la spada a cazzo ferendo ogni persona che provava a venirti incontro"
"Ho soltanto tramortito Enrico, mica.."
"ORA STAI ZITTO" Cassie urlò nuovamente e Mark si ammutolì, non l'aveva mai vista in quelle condizioni
"Tu ferisci in modi che nemmeno sai, te ne sei andato da qui. Ci hai lasciato soli e ci hai lasciato solo UNA CAZZO DI LETTERA!"
"Tu non sai la sofferenza che hai causato a tutti noi! A Fred, a me. Alla tua cazzo di famiglia!"
"Non sai quante notti Fred si è svegliato chiedendosi come stessi! Se fossi vivo! Tenendosi quella maledetta runa che avete sul cuore nel mentre che sanguinava"
Mark osservò il suo petto, dalla maglietta ormai logora si poteva ancora intravedere la lieve sfumautra rossastra della runa di blocco che si era inciso nei giorni precedenti.
"Ci sono state notti.." Cassie continuò "..notti in cui ho davvero sperato tu fossi morto davvero"
Quelle parole colpirono Mark come un macigno, sollevò lo sguardo dalla sua runa del parabatai al volto dell'amica, gli occhi erano lucidi e le lacrime avevano già cominciato a fare la loro comparsa
"Mi sono odiata per quei pensieri" Cassie ormai stava singhiozzando "HO ODIATO OGNI PARTE DI ME CHE HA SOLAMENTE FORMULATO QUELLA FRASE" le sue gambe tremavano vistosamente
"Non hai idea di come ci si senta ad essere abbandonati, e lasciati indietro. In quei giorni non stavi soffrendo solo tu" le sue gambe non reggevano più il peso del suo corpo, stanco, sia fisicamente che emotivamente, e cadde.
Mark fu più rapido della forza di gravità e riuscì a prenderla fra le sue braccia prima che colpisse terra.
Cassie sorrideva fra le lacrime "Io e Fred, soffriamo con te. Siamo più di una squadra, siamo una famiglia. Non devi preoccuparti di essere innamorato"
Mark trasalì a quelle parole "Te l'ha detto lui?"
Cassie scosse la testa "Non ne ha avuto bisogno, i tuoi occhi non mentono, ma non parlo del colore. Vedevo come la osservavi, come sei corso da lei quando aveva bisogno, e poi ho visto l'abisso in cui sei caduto quando hai scoperto la verità."
Cassie sciolse l'abbraccio e si rialzò in piedi
"Non c'è abisso dal quale tu non possa uscire però.."
"Da questo non posso" Mark la interruppe, era ancora inginocchiato a terra, fra la sabbia dei manichini
"Non posso trascinarla con me, non merita di finire nel buio dove vivo. Non posso doverle chiedere di sceglierie, io non mi sceglierei, guardami"
Mark le mostrò le mani, erano ricoperte da piccole cicatrici e calli, senza contare il profondo taglio fattosi con la lama del coltello di Cassie.
"Questo sono io, un buco nero di sangue e sudore. Io uccido, per vivere. Non so fare altro. Non voglio spegnere la sua luce, non riuscirei a perdonarmelo."
"Non posso rubarle la vita per darle solo tutto questo" con le mani indicò i vari manichini fatti a pezzi per la stanza.
"Mark, siamo Shadowhunter, questa è la nostra vita" Cassie fece girare la chiave nella toppa facendo scattare il meccanismo e aprendola
"Noi combattiamo per difendere chiunque, senza ricevere ringraziamenti, ma se non combattiamo per difendere chi amiamo, allora tutto questo non ha senso" Cassie si chiuse rumorosamente la porta alle spalle, lasciando Mark da solo nella stanza in penombra.

"Hai sentito?" chiese un attimo dopo essere uscita dalla stanza
Lexie stava ranicchiata contro lo stipite della porta, le ginocchia al petto e le mani sugli occhi per coprire le lacrime che le correvano lungo le guance
"Tutto.." le rispose
Cassie si iginocchiò poggiandole una mano sulla testa, aveva ancora gli occhi arrossati  e le guance umide "Non stava scappando da te" dette queste parole Cass si alzò, lasciando la ragazza da sola e avviandosi verso la sua camera.
"Sei un'idiota.." sussurrò Lexia "..tu sei già il mio tutto"

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Capitolo 13
*** Scars ***


"Come procede la situazione su da te?" chiese una voce gracchiante dall'altro lato della cornetta telefonica
"Decisamente oltre ogni aspettativa Padre" rispose Enrico titubante, sfortunatamente per lui l'incertezza nella sua voce venne percepita anche dal padre, il quale sbuffò pesantemente alla cornetta
"Non devo ricordarti vero quanto tutto questo sia importante per tutti noi vero"
"Assolutamente"
"Fortunatamente per te ho già trovato qualcuno che può darci una mano, fidati di lui e cerca di non mandare tutto in vacca" senza aggiungere altro l'uomo dall'altra parte del telefono interruppe la chiamata.
Il padre di Enrico era da sempre stato un uomo freddo e privo di scrupoli, ma in cuor suo aveva sempre sperato provasse un briciolo di affetto nei suoi confronti.
Il ragazzo poggiò il telefono sullo scrivania della sua stanza. Ormai si era abituato alle condizioni povere in cui era stato costretto a vivere. Strinse i denti e si buttò sul materasso, accompagnato dal fastidioso cigolio delle molle. Guardò il soffitto per quache secondo, poi si rialzò in piedi di scatto posizionandosi davanti allo specchio che aveva in camera (l'aveva comprato e fatto installare personalmente) e si mise ad osservare la sua figura riflessa.
Un riciolo di capelli biondo gli cascava ordinato sulla fronte, lo spostò delicatamente con un dito, portandolo dietro alle orecchie.
Sorrise.
Era impossibile che chiunque potesse resistergli, anche Lexia avrebbe ceduto infine. 
Di cosa si stava preoccupando?
La data era ormai stata fissata, era solo una questione di tempo, perchè suo padre lo aveva chiamato chiedendo le conidizioni del loro rapporto?
E chi era l'uomo che avrebbe dovuto aiutarlo?
Enrico scosse la testa provand a scacciare quei pensieri, a breve sarebbero cominciate le ronde mattutine, sperava davvero di fare coppia nuovamente con Lexia, dopo che le aveva dato il regalo di Natale non l'aveva ancora incontrata.
Il ragazzo si stiracchiò pigramente, ammirando per un'ultima volta la sua immagine riflessa, poi prese un giaccone dall'armadio e si incamminò verso l'ufficio di Sergio.
Iniziava così l'ennesima giornata monotona all'Istituto di Ispra.

"In questi giorni" esordì Sergio osservando (quasi) tutti i ragazzi dell'Istituto presenti davanti a lui "Non ci sono state molte occasioni per mettervi alla prova" 
"Sembra che abbiamo avuto un piccolo momento di pace per.."
"Per le vacanze di Natale!" completò la frese Noah, guadagnandosi una gomitata prepotente sulle costole da parte di Gin
"Per prepararsi" 
Il silenzio avvolse la stanza, rotto solo da qualche mugolio dolorante di Noah
"Pensiamo" riprese il discorso Daniela "Che chi ha organizzato le incursioni nel mondo mondano stesse solo saggiando la nostra competenza"
"Conosci il tuo nemico" commentò Lexia
"Esatto" si complimentò Sergio "In questi mesi ci hanno testato con un ritmo sempre più incalzante, ma siamo sempre riusciti a gestire ogni situazione nel migliore dei modi"
"Ma ora le cose sono tornate a pendere a nostro favore, con il ritorno di Mark all'Istituto i turni di ciascuno di voi si faranno meno estenuanti"
Cassie si voltò fissando Lexia per qualche istante 
"Che c'è!?" le sussurrò imbarazzata, Cassie non rispose, limitandosi a scrollare le spalle per poi voltarsi nuovamente verso Sergio.
Lei non lo aveva ancora incontrato.
Erano successe così tante cose in quei giorni, la sua "denuncia", il suo affrontare a volto scoperto gli shadowhunters a Idris, le sue ammissioni..
..le parole che aveva pronunciato la sera prima
Lexia sentì il sangue fluirle nelle guance, facendola arrossire.
Enrico le poggiò una mano sulla schiena "Non ti preoccupare anche se sarai da sola te la caverai"
Non si era accorto che non aveva recepito nessuna delle parole che Sergio aveva detto da qualche minuto a quella parte.
"Oh si.." gli rispose forzandosi a sorridere "Sono solo un po' emozionata" mentì.
Negli ultimi mesi senza Mark si era trovata a lavorare spesso con Enrico, si era rivelata una persona meno spiacevole di quanto potesse immaginarsi. Ma non riusciva mai a scrollarsi di dosso l'idea che non stesse forzando tutto questo solo per quella stronzata del matrimonio combinato.
Enrico fece scivolare la sua mano lungo la schiena di Lexia, raggiungendo la fine della sua maglia, facendo trasalire la ragazza, non c'era quel tipo di intimità fra loro due.
Fortunatamente Sergio riportò tutti alla reatà, anunciando a tutti le ronde che avrebbero dovuto seguire per il resto della giornata, congedandosi da tutti con un sorriso.
Fredrick fu il primo ad uscire, seguito a ruota da Cassie e le due sorelle, Lexia li seguì quasi di corsa, mettendo Cassie fra lei e il suo futuro marito.
"Tutto bene?" le chiese l'amica, Lexie annuì, felice di potersi godere una giornata da sola con i suoi pensieri.

Mark ci aveva messo più di qualche ora a ripulire il disastro che lui e Cassie avevano fatto la sera prima e dopo aver sistemato ogni cosa era crollato distrutto, addormentandosi su uno dei materassini da allenamento. Il suo risveglio non era stato dei migliori, il sole che passava dalle ampie vetrate aveva interrotto il suo sonno e vani furono i suoi tentativi di tornare nel mondo dei sogni.
Il Nephilim si alzò sbadigliando, tutte le sue giunture scrocchiarono rumorosamente nel mentre che si stirava. Nonostante la location insolita il suo corpo rispondeva come solito.
"Buongiorno" disse ad altavoce a sè stesso senza ottenere alcuna risposta.
Cercò con gli occhi ancora assonnati Iocsuc, trovandola pioggiata accanto a quello che era stato il suo giaciglio. La prese e la affrancò come solito al lato sinistro dei suoi pantaloni, il peso della lama attaccata al suo fianco era una sensazione piacevole, gli dava un senso di completezza che lo rassicurava, sorrise. Un sorriso falso.
Nella sua testa ancora vi era inciso a fuoco la conversazione con Cass avvenuta la sera prima, le sue lacrime, la sua rabbia, Lexia..
Mark aprì una delle vetrate che davano sull'ampio giardino, oltre il bianco della neve si poteva chiaramente vedere il lago, l'assenza di vento lo faceva sembrare quasi immobile.
Estrasse lo stilo dalla tasca e con rapidità si incise una runa del calore sulla parte interna dell'avambraccio, fra tutte le morti che si era immaginato quella per ipotermia era la meno allettante.
Senza più esitare uscì dalla stanza con un balzo, venendo accolto dallo scricchiolio della neve sotto le sue scarpe, il ragazzo osservò il sole pallido e cominciò ad incamminarsi verso la strada che costeggiava il lago, era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva avuto il lusso di potersi fare una camminata tranquilla, "sfortunatamente" aveva "dimenticato" il telefono all'Istituto e saltando il briefing mattutino non aveva un incarico ufficiale assegnatogli, il che equivaleva ad una giornata libera.
In poco tempo aveva coperto la distanza che separava l'Istituto dalla sponda de lago, accompagnato da qualche timido fiocco di neve che andava lentamente ad unirsi al bianco già presente per terra, Mark inspirò a pieni polmoni l'aria fredda, godendosi la pace di quel momento, completamente senza pensieri.
"Amore non lo so, sarà un qualche cosplayer venuto a fare delle foto con la neve" ovviemente la voce faceva riferimento alla katana che portava ben salda al fianco.
Mark guardò torvo il ragazzo che aveva parlato, la sua mano inguantata stringeva quella di una ragazza 
"Gaia?" esclamò il Nephilim sorpreso
"Coglione" rispose lei strattonando il ragazzo costringendolo a camminare nella direzione opposta a quella in cui andava Mark, lasciandolo sbigottito per qualche secondo.
"Incontri poco piacevoli?" chiese una voce, stavolta familiare accanto a lui.
Mark voltò lo sguardo e, sforzando leggermente gli occhi, riuscì finalmente a mettere a fuoco la figura di Lexia, cammuffata grazie ad una runa dell'invisibilità, la stessa che lui non si era fatto.
"Ne ho avuti sicuramente di migliori" le rispose incrociando il suo sguardo.
L'azzurro degli occhi della ragazza lo osservava profondamente, come se con quel maledetto sguardo potesse leggere fino al punto più profondo e nascosto della sua anima. Era come se il tempo si fosse fermato. Mark sentì il suo battito cardiaco accelerare, le sue iridi si tinsero nuovamente di turchese, come ogni volta che stava con lei.
Distolse immediatamente lo sguardo da quegli occhi, il tempo riprese a scorrere con il suo normale andazzo e la neve tornò a cadere dolcemente.
Era la prima volta che la rivedeva dopo mesi, avrebbe avuto così tante cose da chiederle, così tante cose da dirle. 
Ma non lo fece, invece riprese a camminare con il passo lento di chi ha solo voglia di ammazzare il tempo, o sè stesso.
Lexia lo seguì e fu sempre lei a rompere il silenzio
"Ti sei fatto crescere i capelli?" chiese
Fra tutte le domande che si sarebbe aspettato da lei, questa sicuramente non era fra quelle
"Si.. bhe.. sai"
-Mark ripigliati cosa ti succede!?- 
"Sono particolarmente affezionato al mio parrucchiere, mi sarei sentito in colpa"
Il ragazzo ormai poteva chiaramente sentire il suono costante e fastidioso del suo cuore nelle tempie, stava provando a regolare la propria respirazione e a distrarre i suoi pensieri, ma tornavano puntualmente a posarsi su Lexia. Il colore dei suoi occhi cambiava con talmente tanta frequenza da fargli avere le traveggole.
"Dimmi" continuò lei "Come sono andati questi mesi?"
Mark si chiedeva come facesse lei ad essere così calma. 
Forse davvero era tutto finito fra loro.
La sua partenza aveva avuto l'effetto che desiderava e lei si era finalmente decisa a voltare pagina.
Era davvero un altro legame di cui era riuscito abilmente a disfarsi?
"Vedo che sei rimasta curiosa come sempre" le rispose infine
Lexia sorrise, un sorriso sincero e quasi ingenuo e Mark come uno specchio sorrise a sua volta. Si arrese e smise di provare a mascherare il reale colore dei suoi occhi. Questo era l'effetto che gli faceva. Lexia arrossì leggermente, ma il ragazzo diede colpa del fatto alla temperatura di giusto alcuni gradi sopra lo zero.
"Ti ricordi il gioco che abbiamo fatto alla fine della nos.. mia prima missione?"
"Quello delle domande?"
"Esatto" Lexie gli si parò davanti bloccandogli il cammino, davanti alla faccia gli mise una mano con tre dita alzate "Tre domande. Sincerità assoluta."
Mark rise "Perchè dovrei accettare queste condizioni?"
"E' il minimo che tu possa fare dopo essere sparito senza lasciare tracce" 
Quelle parole lo colpirono come una lama arruginita che ti perfora le carni, il fatto che lei ne parlasse con tanta leggerezza significava che davvero era andata avanti?
"E va bene" sbuffò Mark cercando di non far trasparire il suo senso di colpa
"Ottimo" esultò lei tornando a camminare al suo fianco "Mmmh.. Fammici pensare un attimo.. ecco! Dove sei stato in questi mesi?"
"Allora.."
Mark le parlò per una ventina di minuti abbondanti, principalmente era stato in Toscana, ma più di una volta era capitato anche dalle parti di Roma, aveva evitato tutte le grandi città per non rischiare di essere riconosciuto, preferendo passare per piccoli paesi, più di una volta aveva incontrato persone del mondo nascosto, e aveva aiutato la maggior parte di queste in faccende di piccolo conto, tutte quelle richieste che non vengono nemmeno mandate agli Istituti maggiori perchè considerate inezie. Le raccontò della sua notte passata a dormire nel Colosseo guardando le stelle e della volta in cuie era scappato dagli Shadowhunters di Firenze dopo essersi arrampicato fino al punto più alto della cupola di Botticelli, e di come cadendo si era rotto la gamba in due punti, facendola scoppiare a ridere.
"Sono felice che la mia sofferenza fisica sia una delle cause della tua gioia" concluse
"Non è così" gli rispose "E' che proprio non riesco a smetterla di pensarti zoppicante e sanguinante mentre vieni inseguito da degli adolescenti armati"
In effetti la scena faceva al quanto ridere, soprattutto perchè Mark aveva omesso la parte in cui si era rifugiato nella casa di una vecchia per riposare, senza sapere però che questa aveva la vista.
"Tocca a me ora giusto?" le chiese Mark
"Assolutamente no" rispose Lexia "Io a differenza tua non ho nulla da farmi perdonare, sei tu sotto processo"
"Per la seconda volta in una settimana" aggiunse il ragazzo "Devo aver battuto qualche record"
La mente di Lexia tornò indietro di qualche giorno, a quando lo aveva rivisto per la prima volta, lì davanti a tutti, ripensò a quel giorno. Al giorno in cui ha avuto paura che potessero davvero dargli la pena capitale, le sue parole di ammissione di ogni accusa ancora le rimbombavano nella testa, senza farsi vedere da Mark si asciugò un occhio prima che questo potesse cominciare nuovamente a lacrimare.
"Restando sul discorso" Lexia provò a non far trasparire l'inquietudine provocatole da quella battuta "Perchè lo hai fatto?"
"Andare a processo dici? O questo gioco che stiamo facendo ora?"
"La prima delle due"
"Perchè non mi trovo a mio agio in nessuna delle due situazioni"
"La prima ho detto!" ripetè Lexia ad alta voce
Mark rimase in silenzio per qualche istante, non avrebbe potuto raccontarle quanto era successo senza menzionare per forza di cose Kat, non era decisiamente un argomento del quale voleva parlare con lei.
"Diciamo che ero in debito con una persona e mi andava di saldarlo"
"Ah perchè vorresti farmi credere che tu saldi sempre i tuoi debiti con mutilazioni e spargimenti di sangue?" rispose lei
Mark si fermò fingendo di riflettere un momento "Tendenzialmente si, ma sai è anche parte del mio, del nostro, lavoro se ci pensi"
"Non quando questo non ha motivo" 
-Lo aveva- pensò Mark venendo interrotto improvvisamente da una suoneria familiare, qualcuno lo stava chiamando, ma lui aveva lasciato il telefono all'istituto.
Nello stesso momento Lexia estrasse dalla tasca dei pantaloni il cellulare e rispose alla chiamata interrompendo la sinfonia.
"Ma quello è il mio telefono!?" le chiese Mark, ma lei lo zittì puntandogli il dito a pochi centimetri dalle sue labbra.
"Pronto.. Gin calmati che succede?"
Mark non riusciva a sentire quello che l'amica diceva dall'altra parte della cornetta, ma Lexia sbarrò gli occhi "Arriviamo subito" disse poi concludendo la telefonata.
"Dobbiamo andare. Di corsa!" ordinò prendendo Mark per mano e cominciando a correre
"Gin e Noah sono nei guai"

Avevano fatto solo qualche minuto a correre, secondo Mark avevano fatto meno di 5 km, ma finalmente erano arrivati.
Davanti agli occhi dei due ragazzi si ergeva quella che una volta era sicuramente stata una delle ville più belle che affacciavano sul lago, ora invece non era altro che un cumulo di mattoni e calcestruzzo abbandonati. L'intonaco aveva abbandonato il suo colore iniziale, e il grigio del cemento andava a mischiarsi col grigio del cielo invernale, rendendo la facciata dell'edificio ancora più imponente.
I due Nephilim scavalcarono agilmente il cancello che separava la villa dalla strada e facendosi strada attraverso la neve giunsero finalmente all'ingresso.
La porta era scardinata.
Mark si inginocchiò per controllare alcune schegge di legno poggiate sulla neve
"Sono state sicuramente loro"
"NOAH! GIN!" urlò Lexia
Mark in un istante l'afferrò mettendole una mano sulla bocca interrompendo il suo urlare
"Se hanno chiamato chiedendo supporto forse non è una grande idea annunciarci in questa maniera" le sussurrò all'orecchio. I loro sguardi si incrociarono nuovamente, l'azzurro pieno di quelli di Lexia contro un colore ambrato innaturale che stava prendendo piede nell'iride di Mark.
Lexia annuì e Mark la liberò dalla presa.
Nell'istante successivo si voltò di scatto, in posizione di guarda, con la spada sguainata pronto a colpire, mettendosi fra Lexia e la fonte del rumore che era riuscito a sentire.
Da sotto un pino del giardino però quella ad uscire fu Gin, vistosamente coperta di sangue, con Iratze ancora in rilievo sul collo.
"Gin!" esclamò Lexia passando oltre Mark e correndo ad abbracciarla "Come stai? Che succede? Dov è Noah?" 
"Calmati Lexia" la interruppe Mark scompigliando amorevolmente i capelli a Gin "Dimmi tutto" 
La ragazza al contatto con Mark riacquistò il sangue freddo tipico degli Shadowhunters e cominciò a fare rapporto.
"Stavamo effettuando la nostra ronda come assegnatoci, passando nei pressi di questa villa abbiamo notato un picco di magia provenire dal suo interno. Siamo entrate a controllare, ma siamo state attaccate immediatamente da quelli che abbiamo identificato come degli stregoni.. Non escludo la presenza di demoni in quanto abbiamo trovato traccia di Icore sui nostri indumenti una volta uscite. Abbiamo riportato diverse ferite, le mie stanno già guarendo, Noah purtroppo a perso i sensi e necessita di cure immediate. Fortunatamente sono riuscita ad uscire trascinandomi anche lei, ho immediatamente chiamato Lexia e Cassie. Pensavo che una volta fuori ci avrebbero inseguito per finirci, ma non è stato così"
"Strano" commento Mark voltandosi verso l'edificio
Lexia nel mentre era andata a controllare le condizioni di Noah, appoggiata al tronco dell'albero "Non sembra così grave, si riprenderà sicuramente"
"Gin riesci a portarla all'Istituto?" le domandò Mark
"Ti do una mano" intervenne Lexie
"No" Mark la bloccò voltandosi verso di lei "Ho un pessimo presentimento"
"Fred e Cassie saranno qua in meno di 15 minuti" comunicò Gin ai due caricandosi Noah in spalla "Ti consiglio di aspettar.."
"Entriamo subito" tagliò brusco Mark
"Come vuoi ma.. Mark" continuò Gin 
"Dimmi"
"Fai attenzione.. C'era qualcosa di insolito in loro, per quel poco che ho potuto vedere mi sembrava che combattessero quasi come noi"

L'interno della struttura era esattamente come preannunciava l'esterno della stessa, una parte del tetto era crollata e il pavimento era ricoperto da un sottile strato di neve che copriva quelli che un tempo dovevano essere dei coloratissimi mosaici. I due ragazzi si muovevano silenziosi nel salone buio, illuminato solo dalla lama angelica di Lexia.
Il vento ululava delicatamente passando dalle varie fessure che il tempo aveva causato alla villa.
"Strano.." sussurrò Mark "Da fuori non si sentiva alcun suono, dentro è.. diverso."
"Probabilmente è un incantesimo, per non far sentire ai mondani fuori quello che succede qui dentro"
"Si ma esattamente cosa sta succedendo qui"
Mark si piegò per esaminare le macchie a terra, oltre al sangue erano presenti anche delle tracce di Icore, come aveva detto Gin.
Mark controllò una stanza che si rivelò essere vuota e ci trascinò dentro Lexia, delicatamente la spinse contro il muro.
"Ascoltami attentamente ora"
Lexia arrossì vistosamente
"Qualsiasi cosa succeda stammi vicina, non posso proteggerti se sei lontana da me, coprimi e spalle e qualsiasi cosa prova ad abbandonare qualsiasi stanza in cui entriamo la uccidi o la immobilizzi."
Lexia annuì
"A tutto il resto ci penso io, nella migliore delle ipotesi dovrai solamente stare a guardare, intesi"
"Tutto chiaro" rispose Lexia, la situazione era troppo tesa per scherzarci sopra.
"Andiamo" Mark e Lexie attravesarono la stessa porta dalla quale erano arrivati, fu come fare un tuffo nell'acqua gelida, per lo shock Lexia chiuse gli occhi e solamente quando li riaprii vide che non erano nella stanza che si aspettava.
Si trovavano al centro di una stanza circolare, dai balconi del piano superiore li osservavano dall'alto verso il basso delle figure vestite in toghe rosse.
"Buongiorno a tutti" ruppe il silenzio Mark, la katana gia salda nella sua mano destra "Non sapevo che avrei tenuto uno spettacolo stasera o giuro che mi sarei agghindato con vesti migliori" parlando il ragazzo girò lentamente su sè stesso con fare teatrale, individuando e contando quanti più nemici possibili.
"Vorrei che voi deste un caloroso benvenuto anche alla mia fidata assistente, Lexia" disse Mark indicandola con l'intero braccio "Oggi sarà il nostro dodicesimo evento assieme, quasi come un anniversario per noi prestigiatori"
Lexia afferrò al volo il senso di tutta quella farsa, le stava comunicando quanti nemici fossero lì al momento, dodici.
Ma una tredicesima figura fece capolino nella stanza, palesandosi dall'ombra e battendo le mani con fare sarcastico.
"Herondale, così infatuato dalla tua stessa voce che potresti ascoltarti parlare per ore"
"Comprensibile direi" Mark rispose puntando la punta della spada nella sua direzione "Ho decisamente una voce invidiabile, ma ti avviso, sono pessimo nel canto"
"Per quanto mi riguarda preferisco note leggermente più acute" l'uomo finì la frase e un urlo straziante perforò l'aria, facendo trasalire Lexia.
Mark trasalì, riconosceva quella voce, non laveva mai sentita urlare così però "Kat.." sussurrò
"Ma bravo il mio giovane bastardo" l'uomo schioccò le dita e suoi compagni si lanciarono giù dai rispettivi balconi, circondando i due ragazzi.
Lexia si mise subito contro la schiena di Mark, sentiva il suo respiro acellerare in una maniera incontrollata.
"Che diavolo state combinando?" urlò rabbioso
"Nulla" 
In quell'istante Lexia sentì la schiena di Mark abbandonare la sua, in una frazione di secondo era già davanti all'uomo, con la spada già in movimento pronto a recidere il suo collo.
"E' tutto già successo" 
La lama del Nephilim trovò il collo dell'uomo, recidendo di netto la testa dal busto, cadendo poi a terra in una pozza di sangue cremisi che si allargava sempre più sul pavimento.
"Lexia" Mark si voltò, le iridi rosse come le toghe dei loro assalitori "Dimentica tutto quello che ti ho detto prima" roteò rapidamente il polso per pulire la lama della katana dal sangue
"Non deve sopravvivere nessuno"
Rapidamente si lanciò contro il nemico successivo, erano stregoni quindi si sarebbe trovato in una posizione di vantaggio a combattere a distanza ravvicinata.
Portò la spada sopra la sua spalla pronto ad affondare nella carne del bersaglio, ma lo stregone estrasse una lama da sotto il mantello, paranto il colpo del ragazzo che scoppiò in una pioggia di scintille.
Mark si spostò leggermente a sinistra evitando un attacco alle spalle e girando rapidamente Iocsuc la conficcò nel collo dell'assalitore.
Doveva ridurne il numero o sarebbe stato un problema proteggere anche Lexia.
La ragazza non se la stava cavando male, aveva già disarmato due dei suoi assalitori e finendoli poi con un cirurghico colpo al petto.
Lo stregone davanti a Mark tornò all'attacco con una serie di attacchi tanto rapidi quanto letali, cercando sempre un punto cieco nell guardia del ragazzo senza successo.
Ogni suo movimento veniva intercettato dalla lama del Nephilim, scoppiando in scintille accompagnate dal rumore di metallo contro metallo, l'ultimo attacco dello stregone arrivò però troppo tardi e Mark riusci con due fendenti puliti a reciderne prima il braccio.
Lo stregone cadde a terra afferrandosi il moncherino, Mark provò a finirlo ma venne bloccato da due suoi compagni, il contraccolpo delle armi fece indietreggiare i tre, ma a riprendersi per primo fu lo Shadowhunters, scattando nuovamente verso i due ne trafisse uno al cuore cadendo a terra assieme, l'altro provò ad assalirlo prima che potesse estrarre la katana dal corpo del compagno, ma si ritrovò solo con un pugnale conficcato all'altezza del mento.
Mark si alzò in cerca del prossimo bersaglio, i cadaveri cominciavano ad ammucchiarsi sul pavimento assieme al loro stesso sangue.
Poi il ragazzo ebbe un brivido. Stavano per colpirlo alle spalle, sentiva un bruciore nel punto esatto in cui sarebbe successo.
Si voltò pronto ad anticipare l'assalitore.
Ma non satavano per colpire lui.
Nel panico cercò Lexia con lo sguardo, satava duellando con altri due Nascosti davanti a lei, ma alle sue spalle il Monco stava per pugnalarla.
Mark scatto per proteggere la ragazza e solo per una questione di millesimi di secondo riuscì a mettersi fra il pugnale e la sua schiena.
Colpì con la testa l'assalitore e una ginocchiata in faccia fu più che sufficiente per mandarlo al tappeto.
Alle sue spalle Lexia si ergeva davanti ad altri due cadaveri che si univano al macrabo mosaico che stavano creando in quella stanza.
Mark si estrasse il pugnale dallo stomaco con una smorfia, sentiva il sapore del rame in bocca, nel mentre che un rivolo gli scendeva dalla fronte.
L'aveva colpito così forte da tagliarsi nell'impatto.
"Mark sei ferito!?" chiese Lexia preoccupata
"Dopo" liquidò Mark "Non è finita"
"Interessante" 
Dall'alto dei balconi qualcuno aveva osservato tutto lo scontro senza intervenire
"Non è molto educato presentarsi in ritardo alla propria festa" rispose Mark
L'uomo in rosso schioccò le dita facendo apparire dal nulla una scala a chiocciola che sembrava esser fatta di fuoco puro.
Sceso l'ultimo gradino la scala scomparve in una nuvola di fumo, lasciando come impressa nell'aria la propria sagoma per qualche secondo.
"Dopo tutte le stragi che compi ad ogni tuo passaggio hai ancora il fegato di scherzare, Herondale?" l'uomo sputò quasi nel pronunciare il cognome di Mark
"Ho anche dei difetti" rispose il ragazzo
Ad un occhio inesperto poteva sembrare rilassato al momento, ma l'iride colorata ancora di rosso come il filo di adamas della sua spada indicava solo quanto ogni fibra muscolare del suo corpo fosse pronta a scattare come una molla.
Il sangue della ferita aveva lentamente cominciato a gocciolare, creando l'ennesima macchia cremisi sul pavimento.
"Chi siete e soprattutto cosa stavate facendo?" chiese Lexia da dietro le spalle di Mark
"Stregoni" le rispose Mark "Sono tutti stregoni"
"Esatto Nephilim" l'uomo si abbassò il cappuccio, mostrato una testa completamente priva di capelli o soracciglia, completamente bianca, quasi cadaverica, in netto contrasto con gli occhi neri come la pece.
"Ma non siamo di quella razza con cui siete familiari voi, uomini eccentrici, pigri. Si sono abbandonati alle gioie del mondo Mondano, abbandonando il proprio sangue"
"Il sangue dei Nascosti?" chiese nuovamente Lexia
Lo stregone rise di gusto "Il sangue dei demoni"
Il tenue filo di vento che girava nella stanza improvvisamente si fermo, innervosendo ancora di più Mark.
"Come immagino ben saprai, noi prendiamo l'origine dei nostri poteri dal lato demoniaco dei nostri genitori, ben più forti e saggi di noi.."
Mark sentì una fitta di calore colpirlo al petto, e istintivamente si parò con la katana.
Una pioggia di scintille si accese nell'aria, nel mentre che deviava il colpo dello stregone.
"..ma non abbiamo mai smesso di temprare i nostri corpi"
"Non mi interessano le tue storielle" Mark colpì con un calcio lo stregone allontanandolo di diversi metri da lui "Cosa avete fatto a Kat?"
"Oh.." un ghigno si formò sulla faccia dello stregone "..a quella grande non abbiamo fatto nulla"
I due avevano cominciato a muoversi in cerchio, come leoni in gabbia stavano studiando uno i movimenti dell'altro, pronti a cogliere il minimo segno di esitazione.
"Il suo sangue non andava bene, era sporco, impuro.. e il suo corpo PROFANATO"
Mark si lanciò all'attacco, ogni suo attacco veniva deviato o dalla spada dell'uomo o dall magia con la quale si era ricoperto a mo di scudo.
Le spade si inrociarono nuovamente, l'una contro l'altra. Accompagnato dallo scricchiolio del metallo l'uomo continuò a parlare.
"Ma la sorella invece, lei era perfetta. Un sangue immacolato, un corpo amcora puro.. Un contenitore perfetto!"
Mark urlò, mise tutto il peso del suo corpo nella spada, rompendo quella dello stregone.
L'uomo ululò di dolore saltando all'indietro e portandosi una mano al volto.
"MALEDETTO BASTARDO" strepitò verso il nephilim, un taglio fresco gli segnava il volto diagonalmente, passando sopra quello che un tempo era il suo occhio sinistro.
"NON PUOI FARE NULLA! NON HAI MAI POTUTO FAR NULLA!"
Mark rabbioso lanciò la katana verso lo stregone come se fosse un giavellotto, ma questo prima che potesse raggiungerlo svanì nel nulla, facendo colpire alla spada il muro alle sue spalle, al quale ci si conficcò fino all'elsa.
"Ci rivedremo, Herondale" la sua voce rieccheggiò per tutta la stanza come un presagio di sventura.
Mark corse ad estrarre la spada e, seguito a ruota da Lexie, si precipito più all'interno della struttura.
Disperato cercava ogni tipo di segno, apriva a spallate ogni porta sbarrasse il suo cammino, ma ogni stanza si rivelava vuota.
Dopo una piccola rampa di scale trovò una porta di ferro, chiusa con una pesante catena, con un rapido colpo di spada tagliò la maglia d'acciaio e con una scricchiolio la porta si aprì.
Nella stanza, illuminata solo da una piccola finestra giacevano a terra inermi Kat e sua sorella più piccola, Elizabeth.
Kat era distesa in una pozza del suo stesso sangue, presentava una profonda ferita sul petto, che non accennava a rimarginarsi, Mark si lancio subito su di lei, sollevandola dolcemente.
-Respira ancora-
"Kat! Kat mi senti? Devi svegliarti sono io, Mark!"
La ragazza rispose aprendo solamente un occhio, tossì del sangue "Mark sei davvero tu? Non vedo più nulla.."
"Tranquilla risolverò tutto, ora pensa solo a stare cosciente!" le ordinò lui
Kat cominciò a piangere, le lacrime accarezzavano le guance della ragazza, pulendole leggermente dal sangue incrostato "Le hanno fatto qualcosa, non è più lei" singhiozzò
"Me l'hanno portata via"
"Kat ci siamo qui noi, Elizabeth è proprio qui accanto a te"
"Non è più Elizabeth.."
Mark si voltò trovandosi la bambina quasi appoggiata sulla spalla, che lo fissava con occhi vitrei iniettati di sangue.
"Mi fai soffrire così sorella" disse, ma non era la sua voce era troppo fredda, troppo metallica.
"MOSTRO" Kat provò ad alzarsi, ma tossì nuovamente sangue, stavolta più di prima e cadde nuovamente a fra le braccia di Mark, respirando a fatica.
-contenitore perfetto- quelle parole rieccheggiarono nella mente di Mark
Mark poggiò delicatamente Kat e si voltò verso Elizabeth
"Presentati, in nome di Raziel" le ordinò Mark
La bambina nell'udire quel nome dovette trattersi dal vomitare 
"Io sono Elizabeth, quella laggiù e la mia sorellona Kat, adesso non sta tanto bene ma prima abbiamo giocato tanto tanto.." stavolta la voce era quella di Elizabeth
"Falla smettere.. ti prego.." Kat si portò le mani alle orecchie supplicando
Sulle labbra di Elizabeth comparve un ghigno malvagio, si passò una mano sul collo, stringendoselo "Sai.. Nephilim" tornò a parlare con la voce metallica di prima "Quanto è difficile trovare nella tua era una vergine?"
Lexia, la quale era rimasta fuori dalla stanza si portò le mani alla bocca, aveva gli occhi lucidi, ma aveva finalmente capito cosa era successo.
Avevano fatto possedere quella bambina da uno dei demoni superiori.
Era un procedimento che aveva letto soltanto nei libri, era un rituale lungo e complesso e con un tasso di successo bassissimo, dovevano esserci una serie di fattori in comune fra il demone e il mondano per far si che il tutto potesse accadere..
Nei libri era anche scritto che il processo una volta concluso, era irreversibile.
Nessuno sa cosa succede alle anime delle persone possedute, se queste smettano di esistere nel momento finale del rituale o se continuano ad esistere come nutrimento per il loro nuovo ospite.
"Ma non ti preoccupare" il demone-Elizabeth continuò "Non resterà pura a lungo"
"Mark.." Kat si tirò su per quanto poteva "Ti prego.. Non farglielo fare.. Io non ne ho avuto la forza, ma tu puoi.."
Il demone colpì con un calcio in faccia Kat, sbattendola al suolo.
"NON INTERROMPERMI MENTRE PARLO CAGNA" le urlò, poi tornò a rivolgersi a Mark "Ho una proposta, sento il tuo sangue, mi sommiglia.. Voglio farti un regalo.."
"Sarai il primo, un grande onore per un mortale"
Mark trasalì, sapeva cosa doveva fare, ma non sapeva se aveva la forza di farlo
Il demone cominciò a spogliarsi, la sua voce divenne ancora più profonda "PRENDITI LA PUREZZA DI QUESTA RAGAZZA, MACCHIA COL SUO SANGUE LA SUA IMMACOLATEZZA"
"Ti prego.. Mark.."
Il ragazzo urlò.
Un urlo misto di rabbia e disperazione.
Un urlò seguito poi da due suoni distinti.
Durò tutto meno di un battito di ciglia, Mark si era alzato e con un colpo di Iocsuc aveva tagliato di netto la testa ad Elizabeth, cadendo con un tonfo sordo a terra in un mare di Icore demoniaca. Questo fu il primo suono.
Il secondo invece fu quando Mark in ginocchio colpì con tutta la forza che gli era rimasta in corpo, il muro incrinandone i mattoni e fratturandosi diverse ossa della mano destra.
Lexia era ancora paralizzata dall'accaduto. Immobile sul posto fissava la scena senza poter fare nulla.
"Mark.." Kat tossì, le parole le uscivano oramai a fatica dalla bocca e non ne aveva ancora molte da dire "..grazie.."
"Sai.. io.." un nuovo colpo di tosse la interruppe
"Ho sempre avuto paura di dirtelo.."
"Ti ho sempre.. amat.."
La sua frase rimase così.
Incompiuta nell'aria nel mentre che la ragazza spirava.
La testa mozzata di quella che un tempo era stata sua sorella, giaceva a pochi passi dalla sua.
Mark estrasse la mano dal muro, era ricoperta di sangue e aveva due nocche di svariati centimetri spostati verso il palmo, si alzò e delicatamente andò a chiudere gli occhi di Kat.
"Ave atque vale.." sussurrò nel mentre che una lacrima solitaria solcava il suo volto.
Si tolse poi il cappotto per coprire il corpo mutilato di Elizabeth.
Si strappò un pezzo della maglia e con la mano ancora sana provò a rimuovere il più possibile il sangue demoniaco, no, il sangue di Elizabeth dalla spada.
Senza successo.
Si voltò verso Lexia, le iridi tinte di un viola acceso la fissarono profondamente, nel mentre che le lacrime del ragazzo gli rigavano le guance.
"Che cosa diavolo ho fatto.."

Lexia non ricorda molto di quanto avvenuto dopo, Fred e Cassie sono arrivati con Sergio e Daniela, in qualche modo li avevano caricati in macchina e riportati all'Istituto, non si ricorda nemmeno come, sapeva solo che adesso era nulla sua stanza (non quella che aveva abusivamente occupato di Mark) e si stava lavando via i segni della battaglia appena trascora. Fortunatamente non avevariportato nessuna ferita e il sangue che defluiva nello scarico non era il suo.
Chiuse il rubinetto interrompendo il getto di acqua calda ed uscì dalla doccia, infilandosi immediatamente nell'accappatoio tiepido.
Con una mano rimosse la condensa dallo specchio osservando il suo riflesso, aveva gli occhi scavati. Il sonno non le mancava di certo, ma le ultime ore era come se l'avessero scaraventata in fondo ad un burrone.
Ripensò a Mark.
Nella sua mente rivide nuovamente la scena.
Il suo braccio che scatta, rapido e chirurgico per rimuovere con un solo colpo la testa di quella povera bambina.
Si guardò nuovamente allo specchio passandoci ancora sopra la mano, ma non era condensa. Stava piangendo.
Si asciugo rapidamente e indossò dei vestiti puliti, poi abbandonò la sua stanza.
Qualche metro più in là c'era la stanza di Mark.
Bussò alla porta.
Nessuno rispose.
Bussò nuovamente ottenendo lo stesso risultato.
La porta non era chiusa a chiave e decise di entrare.
"Mark" chiamò lei senza ottenere risposta.
Sentiva l'acqua scorrere e si mosse in direzione del bagno, la porta era aperta.
"Mark sto entrando" 
Appena entrata nel bagno la prima cosa che vide fu lo specchio in frantumi, alcune schegge dello stesso giacevano immobili e insanguinate nel lavandino.
La spada di Mark era poggiata a terra, la lama ancora incrostata di icore.
Poco più avanti nella doccia, ancora vestito, era seduto Mark. Il getto della doccia lo colpiva dall'alto e una volta che raggiungeva lo scarico era ormai colorato di rosso.
"Mark?" la ragazza si avvicinò
Il Nephilim volse lo sguardo verso di lei "Lexia, sei tu?" le chiese
"Si"
"Allora è un sogno.." Mark cominciò a ridere, una risata isterica "E' tutto un cazzo di incubo.."
Poi si portò le mani al volto, la destra con due nocche ancore distrutte, la sinistra con ancora dei frammenti di specchio nella carne.
Lexia prese uno stilo da sopra il lavello ed entrò in doccia assieme a lui, delicatamente gli prese la mano e cominciò a togliere ogni scheggia dello specchio, una volta finito disegno una runa guaritrice con lo stilo sull'avambraccio, per richiudere i tagli.
"Io.. non posso.." il ragazzo stava straparlando
Lexia gli afferrò l'altra mano e con un colpo secco riportò le nocche nella loro sede, accompagnata solo da una leggera smorfia di lui.
"Scusami" gli sussurrò
"Sono ben lontano da poter dare o ottenere perdono"
La ragazza praticò un'altra runa guaritrice, sperando che bastasse per risaldare le ossa correttamente
L'acqua della doccia faceva aderire la maglietta al corpo di Mark, risaltando ancora di più il fisico allenato del ragazzo, d'altro canto facevano aderire anche i vestiti su di Lexia, mettendo ancora più in luce le sue forme.
Mark la afferrò delicatamente dalla nuca, avvicinandola a se.
"Io non posso" si bloccò appena i loro nasi stavano per sfiorarsi "Rischiare di far soffrire anche te così" 
I due si avvicinarono ulteriormente "Non potrei mai vivere con questo peso" nel pronunciare queste parole le labbra dei due gia si sfioravano, e ci volle poco affinchè si trasformasse in un bacio.
Lexia avvolse le sue braccia attorno alla schiena di Mark, sulle sue labbra sentiva il sapore del sangue mischiato a quello dell'acqua.
Ormai era un sapore suo, era il sapore di Mark.
Senza staccarsi dalle labbra del ragazzo raggiunse il bordo inferiore della sua maglietta, e combattendo contro l'acqua riuscì a sfilargliela.
Mark mugugnò nuovamente e si staccò dal suo bacio, la fissò intensamente e fece per avvicinarsi nuovamente a lei.
Poi i suoi improvvisamente si chiusero e cadde privo di sensi.
"Mark!" lo chiamò lei
"Mark che succede!?" lo scosse un attimo e solo in quel momento si accorse di una profonda ferita all'altezza dell'appendice che continuava a sanguinare copiosamente tingendo l'acqua di rosso.
Usando la maglietta di Mark tamponò con una mano la ferita, mentre con quella libera disegnava l'ennesima runa sperando nella sua guarigione.
Quella era una ferita destinata a lei, Mark si era ferito così tanto solo per proteggerla.
Lexie sorrise tristemente e cominciò nuovamente a piangere.
"Io non voglio che tu soffra così al posto mio" sussurrò ad un Mark incosciente, poggiando nuovamente le proprie labbra sulle sue.

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