Beauty in the pieces

di Nat_Matryoshka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Estate ***
Capitolo 2: *** Estate - Interludio ***
Capitolo 3: *** Autunno ***
Capitolo 4: *** Autunno - Interludio ***
Capitolo 5: *** Autunno - Halloween ***



Capitolo 1
*** Estate ***


Beauty in the pieces
 
 



TW, CW: di nuovo, menzioni di disturbi alimentari e diet talk.
 
 


Estate
 
 


“I want something else
To get me through this semi-charmed kinda life.”
 
 
 

I.
 

Ormai si è così abituata al canto delle cicale che le sembra strano non sentirle più in città, dove gli alberi sono di meno e le auto ne coprono il canto, i motori scoppiettanti che rendono l’atmosfera ancora più calda e pesante. Meno male che non sono poi così tante, e che gli abitanti di Hawkins scelgano di andarsene in vacanza in massa e di liberare le strade non appena le temperature salgono di qualche grado. Che Dio, o chi per lui, li benedica. Ma ogni volta che gli alberi del bosco in periferia la accolgono con il loro profumo di corteccia e di segreti sepolti da secoli, le cicale riprendono a tutto volume e solo in quel momento Chrissy sente di poter respirare davvero, a pieni polmoni.

Le lezioni di chitarra con Eddie continuano anche dopo il diploma, e se sulle prime ogni bugia raccontata ai suoi le sembrava un gioco pericoloso destinato a fallire, ora mentire è più facile, quasi liberatorio. Li saluta rapidamente, con un sorriso preimpostato, e corre verso la biblioteca come avesse le ali ai piedi, senza curarsi del sole che picchia sulla sua schiena, né di chi potrebbe incontrare lungo la strada. Ha una borsa a tracolla con sé, ci ha messo dei libri: cosa potrebbe avere in mente di così terribile e spaventoso? E comunque, alla fine si è diplomato anche Eddie, no? Cosa dovrebbero avere da ridire?
Lo sai benissimo qual è il problema, mormora una vocina cattiva che ogni tanto si fa sentire e che somiglia a quella di sua madre. Cerca di scacciarla scuotendo la testa: Eddie è troppo sincero, troppo schietto. Dice quello che pensa con il cuore in mano, mentre i suoi preferiscono seppellirlo in un angolo del loro essere, il cuore. Sono talmente abituati a ragionare per apparenze che non li ha mai visti davvero felici, o prendere una posizione diversa da quelle che ci si aspetta da loro. Abiti costosi, cene di classe, l’abito più elegante per il ballo di fine anno, il matrimonio del cugino a cui hanno voluto invitare anche Jason, solo per presentarli come una coppia perfetta. Sorrisi che non raggiungono gli occhi. Avrebbe voluto urlare, ma si è sentita mancare il fiato.

Eddie non è nulla di tutto quello, e non può fare a meno di desiderarlo disperatamente per ciò che è.

Ogni pomeriggio trascorso nel suo trailer è una boccata d’aria fresca, che conserva con la disperazione di chi non sa cosa potrebbe accadere. Cerca la sua bocca con urgenza, una fame che si calma solo quando lui le prende il viso tra le mani e la bacia con devozione, come per ringraziarla. Ha imparato qualche accordo di Minutes 2 Midnight, forse riuscirebbe a suonare le prime tre note senza sbagliare, ma dopotutto lo scopo di quegli incontri non è mai stato quello di diventare una virtuosa.

“Continua così, miss Cunningham, e presto potrai aprire i nostri concerti.”

Eddie ha una pazienza infinita, e la rimprovera sempre quando si dà della stupida per non aver azzeccato subito l’accordo giusto. Come ogni altra lezione, la accoglie tra le braccia su una grossa pietra vicino al tavolo da picnic fuori dal suo trailer, lasciando che si appoggi al suo petto mentre tiene la chitarra davanti a lei. La sua chitarra rosso scuro, lucida e perfetta, senza nemmeno un graffio. L’ultimo regalo di suo padre prima che succedesse quel che è successo, come le ha spiegato con una scrollata di spalle durante la prima lezione, e lei ha accettato quella spiegazione senza chiedere nulla. Le dita di Eddie hanno sfiorato le sue senza invadere i suoi spazi.

“Mi piacerebbe tantissimo,” sorride, e lui la ricompensa facendole l’occhiolino. Chissà se si rende conto di che razza di uragani le provochino quegli occhiolini. “Posso suonare quello che voglio?”
“Sì, ma solo se possiamo riadattarlo in chiave metal.”
“Landslide?”

Lo guarda da sotto in su, sbattendo le ciglia, e Eddie scoppia a ridere. La abbraccia continuando a ridere contro la sua spalla, mentre Chrissy si gira e cerca di zittirlo come può con le mani sulla bocca, fallendo miseramente. “Perché no?” risponde, una volta che la risata si esaurisce contro la sua pelle tiepida. “Potremmo essere la prima band al mondo a offrire i Fleetwood Mac alla scena metal!”

“E sarebbe merito mio!”

“Ovviamente… io sono solo un umile scopritore di talenti. Eddie Munson, reietto e dungeon master, capo dell’Hellfire Club, e da oggi anche colui che porterà alla ribalta una giovane promessa della chitarra.”
“E cantante,” puntualizza Chrissy, “non ho una voce così incredibile, ma mi piace cantare.”

Si accoccola tra le sue braccia con l’abbandono di chi si accomoda per restare, proseguendo quello scambio di battute solo per avere una scusa per prolungare al massimo quel contatto fisico. Eddie non le chiede di alzarsi: è come se anche lui sperasse che quei pomeriggi durassero all’infinito. Anche se l’ora di riportarla verso la strada di casa arriva sempre, quando il sole sta per calare e le ombre si allungano sull’asfalto che inizia finalmente a perdere calore.

L’estate sa di quelle vaschette di gelato appiccicoso e troppo dolce comprate all’emporio per pochi dollari, e profuma come i boschi dopo un temporale. Ha il colore azzurro splendente del lago, una striscia luminosa che i raggi del sole coprono di diamanti, e quello verde e confortante delle foglie degli alberi. Ed è incredibile di quante cose nuove si accorga, pensa, mentre scende dal furgone e corre verso la riva, con un entusiasmo che probabilmente provava solo da bambina, quando la notte prima di un viaggio restava sveglia a immaginare scenari, fino ad addormentarsi per la fatica qualche ora o minuto dopo. Forse è la nuova Chrissy ad averle riportato quella gioia, o forse è merito di Eddie.

O magari entrambe le cose.

Ai suoi genitori ha raccontato che Tamara ha organizzato una gita al lago, sua madre è talmente impegnata con i preparativi della festa di quartiere da non farle alcuna domanda in merito. Eddie conosce quel lago come le sue tasche, soprattutto gli angoli più nascosti e le radure da cui osservare i dintorni protetti da un tetto di foglie. Guida il furgone che usano di solito per i concerti e trascorre tutto il viaggio d’andata a raccontare che razza di facce avessero Jeff e Gareth quando gliel’ha chiesto in prestito per un giorno, e quante domande gli abbiano fatto per cercare di scucirgli la verità. Lui non si è tradito: voglio presentarti come si deve, ha sorriso guardandola di sottecchi, e il cuore di Chrissy ha spiccato un altro salto all’indietro.

La sua pelle scottata dal sole del lago è bella, calda contro le sue labbra, anche se ogni volta che la sfiora gli strappa un mugolio di dolore perché non si è messo la crema solare come lei aveva raccomandato. La tela ruvida dell’asciugamano che ha tirato fuori dal ripostiglio proprio per quella gita le sfiora le gambe nude, la accoglie mentre le spalle di lui la sovrastano e le sue labbra esplorano il suo corpo con un’avidità trattenuta a stento. Gli ha permesso di toccarla sotto alla canottiera bianca, oltre al reggiseno del costume due pezzi rosa scuro e, dopo una prima esitazione, le dita lunghe di Eddie l’hanno accarezzata con delicatezza, quasi a voler imparare a memoria la curva dei suoi seni, la forma dei capezzoli. Quelle stesse dita tanto abili a muoversi sulla chitarra, il metallo degli anelli che la fa fremere da capo a piedi, scaldando la pelle raffreddata dalla nuotata di qualche attimo prima.

L’ha baciato con la bocca aperta, la lingua che sfiorava la sua e si lasciava avvolgere, un gemito tremante che saliva dal bassoventre a ogni carezza più approfondita sulla pancia e sui fianchi, senza aver paura di risultare troppo volgare, troppo rumorosa. A Eddie piace. Eddie la ama per quella che è, si ripete all’infinito dopo ogni bacio, una sorta di mantra che la culla come le onde lievissime del lago, un increspatura più intensa sulla superficie della sua vita sempre uguale. Eddie la desidera, e lei desidera lui. Ed è così bello, così giusto, da farle riempire gli occhi di lacrime.

Non ha smesso di sentirsi protetta nemmeno per un attimo.
 
 
 

II.
 

Ogni volta che le capita di pensare al college – anche distrattamente quando è da sola, o mentre è seduta sul bordo della piscina dei Driscoll e Lizzie e Tamara nuotano pigramente avanti e indietro, discutendo delle lettere che hanno appena inviato e delle risposte che sperano davvero di ricevere – trattiene in mente quell’idea solo per un attimo, per pigrizia, per poi ricacciarla subito indietro. Troppe idee, nessun progetto concreto in mente. Le è sempre piaciuto fare qualcosa che coinvolga le persone, aiutare. Medicina, forse? Ma vorrebbe anche viaggiare, vedere il mondo. Raggiungere le due estremità del paese, magari, vedere cosa ci sia di tanto diverso dall’Indiana. Camminare tra le strade di New York, o di Los Angeles. Di una sola cosa è certa: vuole di più di quanto la vita perfetta che le hanno prospettato i suoi abbia da offrirle. È l’unico pensiero che mette in ordine gli altri e li trascina via come il vento sparge le nuvole nel cielo, mentre Lizzie prospetta scenari orribili in cui l’Università di Chicago la rifiuta senza se e senza ma (il motivo non lo conosce nemmeno lei, e a volte Chrissy ha quasi il sospetto che a Lizzie piaccia sguazzare nei drammi che crea da sola), e Tamara annuisce rincarando la dose con un pensa se ti prendessero a F. invece, ricevendo in cambio un’occhiata al cielo. Raggiungono l’altra estremità della piscina e si lasciano cadere all’indietro senza quasi sollevare spruzzi, allargando i capelli nell’acqua, mentre lei sfiora la superficie con la punta di un dito, sovrappensiero.

Vedere le due estremità del paese. Aiutare la gente. Viaggiare. Per una che si è allontanata dallo stato solo una volta per una gita scolastica l’anno prima è una prospettiva meravigliosamente estranea e nuova, affascinante. Un richiamo a cui non sa resistere. E se scappassi davvero, come hai proposto anche a Eddie?
 
“Voglio solo cose belle,” ha sussurrato il giorno prima, affondando la testa in quel punto tiepido tra i suoi ricci scuri e il collo. Lui l’ha stretta tra le braccia, come a voler rispondere a quella richiesta con quello che aveva. “E la vita che vogliono farmi scegliere non può darmele, lo so già. Vorrei solo essere felice.”

“Lo sarai.” L’ha baciata sulla testa con la delicatezza di sempre, per non spettinarla. “Sei intelligente, verrai letteralmente invasa dalle lettere di risposta… andiamo, quale università non ti prenderebbe? Sei tra i migliori del nostro anno, Chris. E se non…”

“Non sarei mai felice senza di te.”

Ha parlato prima di riuscire a trattenersi, e un attimo dopo voleva solo mordersi la lingua per essersi lasciata sfuggire molto più di quanto avrebbe voluto dire. Ma si è ripromessa di non nascondere più quello che la fa stare bene: la nuova Chrissy non rifiuta i sentimenti. Li espone con orgoglio, lascia che la loro forza la scuota da capo a piedi, per poi accoglierli nuovamente dentro di sé, pacificati. È il modo migliore per sentirsi nuova, per non vivere un’esistenza solo cucita addosso, che non le appartiene davvero.
Eddie è rimasto in silenzio, poi ha sorriso. Ha sentito le sue labbra incurvarsi contro la sua pelle, prima che un altro bacio arrivasse. Un bacio che sapeva, ancora una volta, di ringraziamento.
 
Andiamo via, ha sussurrato nel bel mezzo di quel bacio, un attimo dopo. Nella città di tua madre, dove hai detto di voler tornare da anni. Eddie le ha parlato di lei, qualche volta: aveva i capelli ricci come i suoi e gli occhi buoni, si chiamava Alexandra ed è morta quando lui aveva solo sei anni. Era nata in una città del Colorado di cui ha ancora una cartolina infilata in un cassetto del comodino, comprata l’ultima volta in cui ci è stato in vacanza. Alberi, fiori che crescono ad alta quota, viali ombrosi e case di legno. Una pace naturale, strade che non ha mai visto ma che riesce a immaginare attraverso i suoi racconti, un mondo dai colori vividissimi. Andiamo via, cerchiamo la nostra strada. Lui ha sorriso con un po’ di tristezza, poi è rimasto a fissare le fronde degli alberi che danzavano piano, nella brezza che finalmente dava un po’ di tregua alla periferia. Ogni tanto un velo di malinconia sembra scivolargli addosso, isolandolo dal resto. Darebbe di tutto per sollevarlo e incontrare il suo sguardo, rassicurarlo che va tutto bene e che qualunque cosa accada lo aiuterà come lui ha aiutato lei, ma sente di dovergli lasciare i suoi spazi. Un attimo dopo Eddie le ha rivolto il solito sorriso luminoso e quella frattura si è chiusa, come se nulla fosse accaduto.

Tamara e Lizzie si schizzano l’acqua addosso a vicenda, chiedono qualcosa a cui Chrissy risponde distrattamente, e il pensiero del Colorado passa e ripassa nella sua mente spostandosi senza tregua, come le foglie che tremano sull’albero accanto a loro. Esiste qualcosa di più bello della brezza che fa vibrare gli alberi? È uno dei miei suoni preferiti, le ha confidato Eddie, mentre le fronde disegnavano macchie di sole e d’ombra sul terreno arido. L’erba è corta e secca, ogni tanto zio Wayne tenta di innaffiarla per farla riprendere un po’, ma il calore ha sempre la meglio. L’erba dei Driscoll è così verde, sua madre è sicura che spendano milioni di dollari in bollette dell’acqua per farla restare tale. Hanno un sacco di soldi, i Driscoll, e anche i Marshall, e la famiglia di Tamara. Abiti costosi, cene di classe, le migliori università a cui mandare la richiesta. Desiderano davvero una vita così?

Scivola nell’acqua per non pensarci più. Le gambe si immergono completamente, il costume si inzuppa e diventa pesante, un’appendice estranea al suo corpo. L’ha comprato sua madre, perché tutte le ragazze del suo anno ne avevano uno uguale. Chrissy rabbrividisce, poi ride: Lizzie si è accorta del suo arrivo e l’ha schizzata dritta in faccia. Tamara si gira e scoppia a ridere insieme a loro, infrangendo l’aria immobile e bollente del pomeriggio.
 
 

III.
 

Il 4 luglio arriva come ogni anno, con il solito caldo asfissiante e il giro di telefonate per organizzare la grande uscita in occasione dei fuochi d’artificio. Le bancarelle del piazzale iniziano ad animarsi non appena cala la luce, con il loro seguito di musica e di risate che salgono fino al cielo che dall’azzurro vira al rosso e al violetto, mischiando le nuvole in una tavolozza di colori mai visti. Sua madre si sventola con un ventaglio che una zia le ha portato dall’Europa, insofferente al caldo e alla confusione, anche se alle amiche racconterà che non vedeva l’ora di festeggiare, e che aspetta sempre con ansia che il 4 luglio arrivi.

Quando Chrissy esce, alle sette in punto e con indosso la sua maglietta di Madonna e una gonna a fiori lunga fino alle caviglie, si lascia sfuggire uno dei suoi soliti commenti, qualcosa su che aria sciatta e trascurata diano quelle gonne così lunghe, e sul perché non possa indossare qualcosa di più carino e adatto alla capitana delle cheerleader. Chrissy si morde le labbra, ma non risponde: non le darebbe mai la soddisfazione di farsi vedere ferita. Le è sempre piaciuta quella gonna. E, da quando Eddie le ha detto che le sta benissimo, ha iniziato ad amarla ancora di più.

Eddie guarda i fuochi da casa sua, assieme allo zio Wayne e a Gareth e Jeff, una specie di rito che ogni anno si ripete, come l’uscita di gruppo con le ragazze della squadra. Non le ha chiesto nulla, ma è bastato il suo sguardo a farle capire tutto: se anche all’ultimo momento decidesse di lasciar perdere le amiche e di piantare in asso Jason, a casa sua ci sarebbe sempre un posto per lei, come le ha già detto quel pomeriggio a casa sua. Ma non la metterebbe mai di fronte a una scelta in grado di provocarle tristezza, come farebbero invece sua madre e il suo ragazzo, ed è questa la vera differenza. Lei l’ha baciato sulle labbra, per salutarlo e ringraziarlo di tutto. Se è riuscita a scappare di casa e a raggiungerlo in piena mattinata, sfidando la possibilità che Jason venisse a cercarla, è stato solo per merito di un miracolo.

Ogni tanto sembrano accadere davvero, anche lì a Hawkins.

I festeggiamenti iniziano dopo la cena, che in realtà non è altro che una passeggiata tra le bancarelle di snack per sceglierne una da cui comprare qualcosa. Mele caramellate, popcorn. Hot dog che grondano senape. Hamburger con contorno di patatine, così tante che non riesce a contarle. Chrissy osserva il cibo e sente lo stomaco annodarsi, i palmi delle mani coperti di sudore. Chissà perché, riesce a mangiare solo quando è con Eddie: lui le propone sempre qualcosa di nuovo da assaggiare, e non fa alcun commento quando la vede lottare contro porzioni anche minuscole per finirle. Non la forza, non le lancia occhiate di sbieco perché ha cenato con un hamburger intero, e Chrissy dovresti contenerti, sai che non puoi permetterti di prendere peso, e l’idea di svuotarsi lo stomaco è sempre più allettante, la tenta come quelle creature mitologiche che facevano impazzire i marinai solo con il potere della loro voce. Eddie allontana i fantasmi con un gesto, con una naturalezza che le fa chiedere come mai Jason non ci sia mai riuscito. Ma quando è da sola, così vicina ai suoi demoni da poterli quasi toccare, il potere che le infonde sembra sparire nel nulla.

Chrissy si morde le labbra per la seconda volta in quella serata, inghiotte la saliva e gira lo sguardo. Al banco dei dolci, quello rosso e bianco con la macchina dello zucchero filato accanto, hanno delle ciambelle. All’improvviso le torna in mente quella che ha mangiato qualche giorno prima, il sorriso di Eddie che le ha fatto trovare il sacchetto di carta sul tavolino di casa. Sono rosa, mi hanno fatto pensare a te. Ne compra una, la mangia insieme a Tamara, a Lizzie e a Monica, e quasi non le sente parlare di calorie e di quanta ginnastica dovranno fare per smaltire la cena di quella sera, se davvero vogliono entrare nei vestiti nuovi. Si gode la glassa dolce e la granella bianca che la ricopre, morso dopo morso, immaginando cosa stia facendo Eddie in quel momento.

Senza accorgersene riesce persino a finirla, senza nemmeno sentirsi in colpa.

Jason arriva forse un’ora dopo assieme ai compagni di squadra, che si disperdono subito chiamandosi a gran voce. Per quanto durante il loro ultimo incontro gli abbia chiesto di prendersi una pausa di riflessione, si comporta come se nulla fosse cambiato: forse non vuole mostrare agli amici che, dopotutto, non sono più la coppia perfetta che tutto il liceo di Hawkins invidiava. Le circonda i fianchi con il braccio, ma quando le chiede come sta lei non riesce a rispondere come vorrebbe. Si limita a mormorare un “bene” che spera suoni sincero, aspettando che Jason si stanchi di cingerla con il braccio nonostante il caldo soffocante. Dura solo qualche minuto ma, quando si allontana, si ritrova a sospirare di sollievo.

Perché dovremmo lasciarci, Chris? le ha chiesto con un sorriso quasi condiscendente l’ultima volta in cui hanno parlato, quasi si trovasse ad avere a che fare con una bambina capricciosa, e anche in quel caso lei non ha saputo come rispondergli. Non avrebbe mai potuto dirgli di Eddie: sa bene quanto lo detesti, e come non perderebbe occasione per sfogare la sua rabbia contro di lui. Così ha provato a improvvisare qualcosa sulla paura di una relazione a distanza durante il college e sulla necessità di cambiare scenario lasciando aperte tutte le possibilità, senza costringersi a un rapporto che sarebbe difficile mantenere.

Quanto si è detestata per aver tenuto gli occhi bassi per tutto il tempo, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi e mormorare solo la verità, ossia che si è innamorata di un altro. Ma Jason non l’ha ascoltata comunque: ha sorriso, le ha detto che ci avrebbe certamente ripensato. Siamo una coppia perfetta, ha ribadito. E poi, non troveresti un altro migliore di me. Era così convinto da non lasciarle spazio per ribattere, se non il tempo di stringere i pugni di nascosto, la mente piena di tutte le parole che non è riuscita a lasciar andare, masticate con rabbia fino a inghiottirle.

Il problema è che Jason è davvero convinto di essere l’unico per lei, perché la piccola Chrissy è sempre così accondiscendente, così gentile e silenziosa da confondersi nello sfondo di ogni scenario condiviso. Si prende la sua fetta di ribalta solo quando guida le compagne prima delle partite, e quando la lanciano in aria ricade leggera come una stella cadente. È bella perché non chiede altro, ai suoi occhi: la compagna perfetta per uno come lui, sempre al centro dell’attenzione, con gli occhi puntati al premio e a nient’altro.

Peccato che non si sia mai fermato a chiederle come stesse, durante il percorso, se ci fosse qualcosa che la turbava, se quella vita tanto sfavillante in fondo non le andasse stretta, come un anello che stritola il dito e non si riesce più a sfilare…

Monica la richiama sfiorandole un braccio, facendo svanire quei pensieri.

I fuochi stanno per iniziare, ma il suo avvertimento si confonde nel frastuono della musica delle giostre, tra le grida e le risate della gente. Praticamente tutta Hawkins si raccoglie in quel piazzale polveroso, che nel resto dell’anno è occupato solo dalle automobili. Per un attimo le è sembrato di intravedere Dustin Henderson e Lucas Sinclair, due amici di Eddie, con cui l’ha visto sedersi al tavolo e darsi appuntamento per i loro eventi fuori da scuola. Gli svitati, gli sfigati. Sarà, ma da quello che le è capitato di vedere, darebbe di tutto per far parte di un gruppo così affiatato. Persone a cui confidare i propri problemi, con la certezza di non perdere la faccia solo per aver confessato una debolezza. Gente con cui non è necessario averla, una faccia da perdere.

Amici.

Da quant’è che non pensa alle ragazze in quel modo? Tamara e Lizzie erano sue amiche prima che le loro vite iniziassero a divergere, binari che si allontanano su linee opposte. Ma ora le sente irrimediabilmente lontane, e per quanto tenda la mano non riesce a raggiungerle. Quando hanno smesso di essere amiche e sono diventate due estranee, persone dai contorni sbiaditi, impossibili da rimettere a fuoco? E soprattutto, provano anche loro la stessa sensazione nei suoi confronti?

Il primo fuoco artificiale la prende alla sprovvista, esplodendo nel cielo in una pioggia di frammenti oro e rossi. Un attimo dopo ne sale un secondo, la coda schizza nell’oscurità sibilando e allargandosi in un nuovo scroscio di scintille. Poi il terzo, e il quarto. Sulla piazza è sceso il silenzio: persino le giostre hanno abbassato il volume, il cigolio della ruota panoramica è l’unico suono che spezza il silenzio tra un fischio e l’altro. Le ragazze si sono raccolte tutte assieme col viso rivolto in alto. Jason le si avvicina di nuovo, senza dire nulla, e per la frazione di secondo che separa il sesto scoppio dal settimo, Chrissy spera che abbia capito. In qualche modo oscuro, forse leggendole nel pensiero, o esercitando quel potere che si dice tutti gli innamorati abbiano, quello di comprendere la persona che hanno accanto senza bisogno di parole.

Ma Jason le prende il viso tra le mani, e il bacio che si scambiano sa di bugia, un sapore che è sia acido che amaro e le brucia la gola. Non ha la forza di sottrarsi, né di dirgli la verità, non ancora. È tante cose, la nuova Chrissy – sfrontata ingorda stupida felice pronta a sacrificare una vita di sforzi per vederla andare in fumo – ma non abbastanza coraggiosa da lasciarlo lì, in mezzo a tutti, per Eddie Munson.

In cuor suo si ripete che sta solo cercando di proteggerlo, e se è pur vero che Eddie sa benissimo cavarsela da solo, vuole almeno fare del suo meglio perché non finisca nei guai. Jason la lascia andare di nuovo, resta ancora un attimo e poi si allontana con gli amici, rivolgendole solo un ultimo sguardo che non riesce a decifrare. Tornano nel loro rifugio, quel casotto coperto di scritte in cui si ritirano a festeggiare dopo le partite, quello in cui le ragazze non sono ammesse. Si allontana mentre gli ultimi echi dei fuochi si spengono in alto, sibilando nell’aria densa di fumo biancastro e odori di cibo, mentre la gente sembra rianimarsi da un attimo di stasi collettiva e riprende con le attività di poco prima.  
La musica rimbomba. Le giostre girano di nuovo. La ruota panoramica cigola con più forza, le gabbiette rosa si innalzano verso le stelle, una coda di persone ai piedi che attendono il proprio turno per avvicinarsi al cielo notturno.

Chrissy corre via, verso casa, verso un posto che nemmeno lei sa dove sia, e sente la sua vecchia vita sgretolarsi alle sue spalle, come un colpo secco che fa precipitare tutte le tessere del domino, e non esiste più un prima. C’è solo un dopo. Un dopo Jason, un dopo diploma, un mondo intero che le apre le braccia accogliendola nella sua ombra, che nasconde più punti di luce di quanto immaginasse.
 
 

IV.
 

“All’Hideout, giusto?”

“Assolutamente sì.” Eddie le allunga un manifesto disegnato a mano. Il caldo ha sciolto parzialmente l’inchiostro: nell’angolo destro del foglio c’è una macchia che corrisponde all’impronta del suo pollice. “E dove, sennò? I nostri cinque ubriaconi ci aspettano. È un concerto importante.” Sorride, ma non riesce a capire se sia un sorriso malinconico o meno. “Loro, e i ragazzini. Una bella banda, ti piaceranno sicuramente.”

Chrissy punta il piede nel terreno, scavando una piccola buca. Per quanto conosca di vista sia Gareth che Jeff – con Jeff ha frequentato qualche lezione, condividendo un silenzio confortevole – non si è mai presentata direttamente a entrambi, e quell’idea la mette in agitazione. Sa bene che Eddie non farebbe mai grandi proclami (non è Jason, dopotutto), ma la sola idea che Chrissy Cunningham, ex reginetta del ballo e ragazza più popolare del liceo di Hawkins, si presenti ad un concerto metal in un minuscolo locale della periferia è sufficiente a distruggere ogni certezza.

Senza accorgersene, sposta un paio di sassolini a destra e a sinistra, sovrappensiero. Eddie le prende la mano, sedendosi accanto a lei sulla panchina di legno cigolante.

“Chris, non preoccuparti. Piacerai a tutti, e loro ti piaceranno tantissimo. Te lo assicuro. E poi… probabilmente sarà l’ultimo concerto per un bel po’.” Distoglie lo sguardo per spostarlo verso gli alberi, le auto parcheggiate attorno a loro, il trailer in cui vive da sempre, tra le reti metalliche che anche un bambino potrebbe scavalcare e i tavolini traballanti, l’unico elemento che ingentilisce il piazzale polveroso. “Prima che scelgano cosa fare dopo la scuola, sai.”

Eddie lascia cadere la frase senza aggiungere altro, e nemmeno lei riesce a trovare qualcosa da dire, qualcosa che li salvi dall’impaccio di quella situazione e risollevi il morale di entrambi. Il problema è che, per quanto l’idea di essere considerata un’estranea dai suoi amici la preoccupi, non è comunque il motivo principale per cui si sente tanto smarrita. Il problema è che ogni giorno che passa la avvicina a quello della partenza, una tappa inesorabile che sembra aspettarla all’orizzonte con la pazienza di un predatore. Ha già accennato a quel piano di fuga, un giorno in cui un acquazzone ha interrotto ogni progetto di tornare al lago e li ha costretti a rintanarsi in casa per una lezione non programmata di chitarra, ma si trattava di piani nebulosi, sogni con la stessa consistenza delle nuvole che si ammassano e si diradano. Forse non li aveva presi sul serio nemmeno lei, come tutti quei piani immensi e inutilmente dettagliati che si fanno solo in estate, quando tutto sembra bellissimo e destinato a durare secoli. Ma ora che luglio scorre, e le lettere di ammissione iniziano ad arrivare con frequenza sempre maggiore, quello scenario si è trasformato in qualcosa di diverso.

“Non so nemmeno io cosa farò.”

La confessione viene accolta dal solito frinire di cicale. Eddie tormenta la buca che lei ha iniziato a scavare con un bastoncino raccolto lì accanto, ed è così intento che sulle prime nemmeno le risponde. Ma un attimo dopo raddrizza la schiena, sospirando, lanciandole uno sguardo che è sia malinconico che pieno di comprensione.

“Nemmeno io. Non credevo nemmeno che sarei mai arrivato a diplomarmi… probabilmente non lo pensavano neanche i professori.”
Fa una smorfia, strappandole un sorriso che almeno è sincero. “Non ho idea di quello che succederà. Forse sto solo cercando di non pensarci… ma so solo che meriti di più di quanto io possa darti, Chris. Meriti il miglior college che esista, e una vita con qualcuno che ti offra più di… questo.” Indica il trailer con un cenno della testa, e quella smorfia da divertita si trasforma in triste. Desolata. “Meriti di essere felice. Non…”

“Ma io voglio te.”

Nei suoi occhi si accende una luce che le fa stringere un nodo in gola. È bella, è così dolce e pura da spiazzarla, da farle venire voglia di piangere e di ridere insieme, perché se qualcuno in quell’esatto momento le chiedesse che forme possa assumere l’amore, probabilmente cercherebbe di descriverla. Eddie le sfiora il viso con una mano, apre appena le labbra per dire qualcosa ma le richiude, e Chrissy colma quella distanza con un bacio. Si lascia abbracciare, desiderando per l’ennesima volta che il tempo si fermi. Sarebbe bello controllarlo, spostarlo a piacimento. Far arrivare subito il giorno della partenza, osservarlo e tornare indietro all’oggi per scoprire come affrontarlo, cosa dire e come fare per non sbagliare, per scavarsi uno spazio in cui essere veramente felice come desidera lei e non come vorrebbero gli altri…

Il bacio si esaurisce e Eddie appoggia la fronte contro la sua, inspirando il suo profumo. Poi le stringe di nuovo la mano, per avvisarla che il pomeriggio avanza e il concerto sta per arrivare e che, se vuole arrivare in orario alle prove, deve sbrigarsi ad accompagnarla a casa. A sua madre ha già detto che Nancy Wheeler ha organizzato un invito a casa sua: è stato Eddie a offrirle quell’appiglio. Dopotutto, Laura Cunningham non ha mai fatto domande sulle amicizie di genere femminile che frequenta.

Le prende la mano, accompagnandola verso l’auto. Quel percorso dalle panche all’angolo in cui è parcheggiata le sembra ogni giorno più familiare.

“Andiamo. Saranno felici di vederti, vedrai.”
 
 
V.
 

L’Hideout è piccolo, puzza di fumo e di birra scadente come il primo giorno in cui è sgattaiolata fin lì per assistere al loro concerto, ma la vista degli strumenti sul palco la riempie di gioia. Questa volta non si è nemmeno calcata in testa il solito berretto da baseball per non farsi riconoscere: Eddie le ha regalato una maglietta con il logo della band, rosa chiaro invece del solito nero e grigio che indossano lui e gli altri, realizzata solo per lei. L’ha arrotolata con un nodo sull’orlo, perché la giornata è troppo calda per indossarla così com’è, lunga fino quasi all’orlo della gonna a pieghe. Lui ha detto che le sta benissimo, e lei ha scelto di crederci. È incredibile quanto basti un solo complimento fatto di sfuggita per farla sentire più leggera, per darle la sicurezza di indossare qualcosa di carino anche il giorno successivo, senza dar peso alla voce di sua madre che la rimprovera da un angolo della mente.

Poco lontano dal palco intravede un gruppo di ragazzini, che riconosce come gli amici di Eddie: il fratello di Nancy, Mike Wheeler, Max, Lucas Sinclair e Dustin, quel ragazzino riccio con cui Eddie ha scambiato un saluto e un gesto di vittoria poco prima. Parlottano e ridono tra loro, sembrano rilassati. Una bella banda, ti piaceranno sicuramente, le ha detto Eddie, e per un attimo è quasi presa dalla tentazione di avvicinarsi a loro, anche se il solo pensiero di presentarsi basta a farla avvampare. Forse anche loro la considerano cattiva e spaventosa, una di quelle persone talmente popolari da vivere in una dimensione tutta loro, inaccessibile al resto del mondo. È strano che i loro mondi si mescolino: ogni dettaglio in quel posto sembra fatto apposta per respingere quelle come lei. La musica alta, il fumo, i tizi con le bottiglie di birra in mano già alle sette del pomeriggio. Le sue amiche ci penserebbero due volte, prima di farsi vedere lì dentro. Sua madre probabilmente chiamerebbe la polizia, la trascinerebbe fuori a forza. Ma le ragazze non sanno nulla di quel cibo lasciato intatto nei piatti ormai da mesi, e sua madre vive attraverso di lei la giovinezza sfavillante che non ha mai avuto.

Basta quel pensiero a farla sentire improvvisamente nel posto giusto al momento giusto.

Un attimo dopo Eddie sale sul palco. Chrissy sporge la testa e allunga una mano per salutarlo e, nonostante non sia molto vicina al palco, lui ricambia subito il saluto. Non le sfuggono gli sguardi curiosi dei ragazzini, che si sono girati tutti insieme per osservarla. Dustin Henderson le rivolge persino un sorriso enorme, quasi avesse capito tutto. Le porte si chiudono, il fumo si dirada. Qualcuno accende le luci sopra il palco, ed è un’attesa completamente diversa da quella dei fuochi di qualche giorno prima, molto più inaspettata, carica di una tensione elettrica ed eccitante. Senza quasi accorgersene, Chrissy si spazzola la maglietta con un gesto della mano, sfiorando il logo in lettere nere.

Corroded Coffin. Chrissy Cunningham. Le iniziali sono le stesse.

Se anche fosse una coincidenza, sarebbe la più bella di tutte.

“Salve, popolo dell’Hideout!” esclama Eddie, avvicinandosi il microfono. Dopo un primo fischio, sembra funzionare meglio della volta precedente. “Stasera vogliamo offrirvi solo il meglio del repertorio come ultima tappa estiva. Siete pronti a far crollare il soffitto?”

Un paio di voci gridano un sìììì talmente convinto da trascinare anche le altre.

“Bene, perché quello che vogliamo proporvi è un primo pezzo assolutamente nuovo, e decisamente lungo. Ma se amate i Metallica come noi… e sappiamo che li amate come noi” – altre voci che gridano, altre esclamazioni di gioia che si estendono all’intera platea – “non vi dispiacerà. Master of Puppets, gente!”

Un altro boato assordante copre gli applausi che scrosciano. Eddie ha il viso più raggiante che abbia mai visto, un misto di gioia indescrivibile e orgoglio, la felicità di chi si sente nel proprio elemento e non ha alcun timore nel dimostrarlo. Fa scivolare le dita sulla chitarra, quella chitarra che ormai anche lei conosce bene, e sorride.

“Chrissy… questo è per te.”

Tiene lo sguardo fisso davanti a sé, guardandola dritta negli occhi. Chrissy lo sostiene e, anche se non la vede, sente la folla attorno aprirsi appena, i visi prima rivolti verso il palco che, senza ombra di dubbio, ora si girano verso di lei.

Le prime note la colgono alla sprovvista mentre sta ancora elaborando quanto ha appena sentito, mentre i quattro ragazzini si girano tutti contemporaneamente a osservarla, e Dustin le rivolge un altro sorrisone felice. Eddie dà il via al brano, Jeff e Gareth lo seguono e il quarto membro della band – Joe o forse Dylan, non ricorda come si chiami, in quel momento meno che mai – si unisce un attimo dopo, in una combinazione perfetta. Non l’ha mai visto così energico, così preso dal ritmo che riescono a creare insieme, tanto che un attimo dopo si ritrova a saltellare senza ritegno insieme al resto del pubblico, le braccia sollevate come a volerli toccare, come le accade solo tra quelle quattro mura piene di fumo e di musica assordante. L’ha ascoltato suonare altre volte, ma è come se stesse dando del suo meglio in maniera del tutto nuova, con un vigore che contagerebbe anche una persona a cui il metal non è mai piaciuto. La parte vocale lascia il posto a un assolo di chitarra, Eddie si piega in avanti e ride, fingendo di gettarsi in mezzo al pubblico, agitandosi incalzato dagli altri. Ed è per lei, solo per lei. Le ha dedicato quel pezzo, l’ha resa protagonista della prima canzone: non è più la Chrissy reginetta, richiamata dal suo fidanzato perché tutti invidino la loro relazione, ma una creatura misteriosa a cui il frontman ha dedicato una performance. Può essere chiunque e nessuno, lì dentro, e quella sensazione le fa girare la testa. La fa sentire nuova, euforica. Come se tutto, davvero tutto, potesse accadere.

La canzone termina tra i cori entusiasti del pubblico: persino lei si ritrova a cantare il ritornello, presa dalla foga generale. In ginocchio, Eddie suona l’assolo finale e si rialza, le braccia spalancate, una risata di gioia che quelle quattro mura non potrebbero mai trattenere.
 
Una volta finite le tre cover e i quattro pezzi originali che ormai tutto il locale conosce, Eddie si è gettato dal rialzo di mezzo metro che tutti chiamano il palco, solo per essere sostenuto da un mucchio di braccia e spalle. Ha riso ringraziando tutti, si è sottoposto al solito rito a base di pacche sulle spalle e complimenti, poi ha tirato dentro anche Jeff, Gareth e Dylan – alla fine ricordava il nome giusto – perché ricevessero la loro meritata dose di complimenti e pacche. A Chrissy non è sfuggito l’abbraccio silenzioso che si sono scambiati, una dimostrazione di affetto così intima e raccolta da farla restare in disparte per paura di interromperla.

Si è chiesta se, in fondo, Eddie non gli abbia parlato dei suoi piani. Forse ha già spiegato cosa hanno in mente e quel concerto è stato una sorta di arrivederci, di pausa temporanea prima di decidere cosa fare delle loro vite. Jeff e Gareth gli battono ciascuno una mano sulla spalla, ma non sembrano tristi: semmai, speranzosi, quasi sapessero che, in fondo, quel concerto non sarà certo l’ultimo nella carriera dei Corroded Coffin. Gareth si gira nella sua direzione e le rivolge quello che è indubbiamente un sorriso accogliente.

“Chrissy!” la chiama Eddie, facendole cenno di avvicinarsi e, prima che le gambe possano cederle per l’emozione, riesce miracolosamente a staccarsi dal suo angoletto per avvicinarsi a loro. Jeff spalanca gli occhi in maniera tanto comica e inaspettata che, se non fosse così tesa, probabilmente scoppierebbe a ridere. Anche i ragazzini si sono mossi per avvicinarsi a Eddie: Max Mayfield la riconosce immediatamente e le rivolge un cenno del capo, che può voler dire ah, sei tu come bel concerto, o anche se stasera ti serve una copertura ci sono, ma il braccio di Eddie attorno alle spalle la distoglie immediatamente da quei pensieri, liberandola dall’impaccio di dover trovare una risposta.  

“Bene, è arrivato il grande momento. Miei amati compagni di gioco, e miei stimati colleghi musicisti… Probabilmente già la conoscete, forse l’avete vista agli altri live, ma… lei è Chrissy. Ex reginetta della scuola, nuova svitata del gruppo.”

Si stacca appena da lei per piegarsi in un inchino formale e tracciare un ampio arco con il braccio nella loro direzione, quasi la stesse presentando a una serata di gala, un sorriso sghembo sulle labbra che le strappa una risatina spontanea. Poi si riavvicina per abbracciarla come ha fatto poco prima, come a volerla rassicurare che sta andando tutto bene. “Usciamo insieme già da un po’.”

“Ciao,” saluta lei, timidamente, ma stavolta riesce a sostenere il loro sguardo.

Non c’è nulla di cui avere paura, Chrissy. Nulla. Sei al sicuro, qui.

Gli occhi di Jeff sono così spalancati che quasi minacciano di cadergli dalle orbite, ed è la pacca sulla spalla ricevuta da Dylan a chiudergli la bocca aperta per la sorpresa. “Lo sapevo!” esclama invece Dustin Henderson, al settimo cielo, ed Eddie gli pianta una mano sulla testa, spettinandogli i capelli ricci.
 
 
VI.
 

“Torniamo al mio castello?” ha sussurrato, mentre erano sul punto di lasciare l’Hideout ormai vuoto. Mike, Lucas, Max e Dustin sono tornati a casa poco dopo il concerto, la folla si è diradata dopo l’ennesimo giro di pacche sulle spalle, complimenti e cori. Fuori l’aria è resa più respirabile dalla brezza della sera, ma il caldo non dà comunque tregua a Hawkins. Le auto che sfrecciano lungo la strada buia sembrano lucciole, i fari tremano nell’oscurità e si confondono con il buio, sempre più lontani.

Sua madre la crede dai Wheeler, impegnata in un pigiama party o qualcosa di simile. Il pigiama c’è davvero, una maglietta a caso, tanto per avere una scusa in caso dovesse venirle in mente di aprire la sua borsa per frugarci dentro (una volta l’ha fatto, probabilmente per controllare se si fosse portata dietro degli snack proibiti da mangiare di nascosto), ma il resto della serata è nelle sue mani, ancora tutto da decidere.

Jeff, Gareth e Dylan sono tornati a casa, così come i ragazzini. Sulla strada deserta ci sono solo loro, in piedi contro il muro sgretolato dell’Hideout, due sagome scure stagliate contro un miliardo di possibilità.

Ci ha messo un secondo a fare la sua scelta.

“Andiamo,” ha sussurrato, e quando le dita di Eddie hanno raggiunto le sue ha capito quanto fosse felice di quella risposta. Hanno percorso la strada del ritorno con i finestrini aperti, l’aria della sera che entrava e riempiva l’abitacolo, una carezza distratta sui loro visi accaldati. Eddie mormorava pezzi di canzone a mezza bocca, lei non ha potuto fare a meno di guardare fuori, le mani tese a catturare la frescura. Le luci si allontanavano insieme al mondo in cui è sempre vissuta. E la vecchia Chrissy? Che fine ha fatto quella ragazza silenziosa, che si nasconde ogni giorno, tranne quando è costretta a far vedere chi è davvero? Un fuoco d’artificio che sale in alto e brilla nel suo massimo splendore e poi ricadere in basso, di nuovo confuso tra la folla? Che fine ha fatto la Chrissy che si accontenta delle briciole che una madre onnipresente e un padre assente le lasciano sul piatto, troppo triste, troppo sconfitta per chiedere quello che le spetterebbe?

Si è girata per guardare Eddie, e ha capito tutto.

Lui le ha aperto la portiera come fa sempre, poi anche la porta del trailer, incespicando per non colpire la cornice con la testa. “Il castello riabbassa il suo ponte levatoio solo per voi, Altezza,” le ha detto, inchinandosi di nuovo per farla entrare. Riesce sempre a trovare il modo giusto per farla ridere, quella singola parola che, pronunciata, riesce a farle dimenticare tutto il resto. Non potrebbe essergliene più grata. Ed è stata quella gioia incontenibile a portarla a buttargli le braccia al collo per baciarlo di nuovo, con ancora più trasporto, come se il mondo potesse davvero finire da un momento all’altro e quella fosse la sua ultima possibilità di dichiarargli i propri sentimenti.

Eddie l’ha stretta tra le braccia, affondando il viso tra i suoi capelli ormai sciolti, facendola girare in un modo che, ormai l’ha capito, adora con tutta se stessa. Poi l’ha presa per mano, e l’ha portata nella sua stanza. I vestiti sono sparsi ovunque, una lattina di birra è rimasta appoggiata sul cassettone, i poster dei suoi gruppi preferiti la osservano dalle pareti, ma è piena di quella sensazione di familiarità e di calore che prova solo quando è con lui. Ha chiuso gli occhi, inspirandone il profumo, godendosi quell’istante tanto prezioso, spaventata all’idea di vederlo sparire in un soffio, come le luci che si allontanavano lungo la strada.

Lui ha ripreso il bacio da dove si era interrotto, accarezzandole le guance con la punta delle dita. Un bacio gentile, appena esitante, quasi desiderasse qualcosa che aveva paura di chiederle, o forse che non pensava di meritare. È stata lei ad approfondirlo, schiudendo le labbra quel tanto che bastava per permettergli di continuare, le dita affondate tra i suoi capelli, il profumo della sua giacca che le si attaccava addosso, avvolgendola insieme alle sue braccia. Eddie ha interrotto di nuovo quel momento per togliersela (fa troppo caldo per comportarsi da rockstar completa, ha dichiarato con uno sbuffo), poi l’ha sollevata ancora una volta e, tra le sue proteste e le risate, sono finiti sul letto.

Eddie la sovrasta come qualche giorno prima al lago, tra la terra calda di sole e il profumo di biancheria tenuta per mesi nell’armadio del suo telo, guardandola negli occhi con la stessa luce pura a cui non saprebbe dare un nome. Il bacio riprende di nuovo, stavolta più lento. Lo sente sospirare contro la sua pelle, il battito del cuore intrappolato sotto alle sue dita, al sicuro da tutto il resto, coperto da quella maglia identica alla sua, colore a parte. Quella che ha fatto realizzare perché fosse a suo agio e si sentisse la benvenuta tra i suoi amici… che è più di quanto chiunque altro abbia mai fatto per lei.

Eddie non si aspetta che si conformi a un ruolo prestabilito: la lascia essere ciò che è, perché è lei che vuole, la nuova Chrissy che forse c’è sempre stata, ma si mostrava solo a chi sapeva apprezzarla davvero. Eddie che la bacia sul collo e poi sulla gola, per scendere ancora verso le spalle e sfiorare il tessuto della maglietta con altri baci silenziosi, mentre le dita stringono l’orlo, tormentandolo appena ma senza permettersi di più. Eddie che alza lo sguardo per incontrare il suo, con una dolcezza che rischia di farla piangere ogni volta.

È una richiesta muta, delicata come le sue mani. Se anche non volessi, c’è scritto in quegli occhi così scuri e intensi, andrebbe bene lo stesso. La rispetta troppo per non accettare ogni sua decisione: la sua presenza è un dono che ha accolto con amore, e che cerca di ripagare in ogni modo, come può. Non la toccherebbe mai senza il suo permesso. Quella consapevolezza e il suo respiro caldo, appena spezzato, le spediscono un brivido lungo la spina dorsale.

Annuisce, allungando le dita per sfiorare le sue.

“Eddie… voglio te,” mormora, con voce quasi spezzata, interrotta da un breve gemito quando lui le solleva la maglietta e prende a baciarla nell’incavo tra i seni, poi poco più in basso, sulla pancia. “Solo te. Non posso… non posso pensare di andarmene da qui da sola. Ti prego…”

Lui sorride contro le sue labbra, interrompendo quel flusso di frasi troppo urgenti.
“Sono qui… non vado da nessuna parte, e nemmeno tu.” La bacia ancora, sfiorandole la pancia con un’altra carezza, strappandole l’ennesimo brivido. “Il resto non conta. Godiamoci il momento, e basta.”

Di cos’altro ha bisogno?

Lo abbraccia più forte che può, seppellendo il viso nella sua spalla, respirando il profumo dei suoi capelli. Eddie continua a sfiorarle con metodo, con dolcezza, sollevando anche l’orlo della gonna per sentire se la pelle è calda quanto quella delle braccia. Chrissy sospira, le dita affondano con più forza tra le ciocche. Tra le gambe è fradicia, pensa quasi con stupore, e le viene da ridere senza motivo. È felice. È mai stata così felice in una situazione simile, prima d’ora?

Deve essersene accorto anche lui, mentre passa piano dall’orlo elastico delle mutandine all’inguine e la sfiora con una lentezza così cauta da farle trattenere il respiro. Non insiste: appoggia appena il palmo della mano contro la sua pelle e, al primo gemito abbandonato che le strappa, approfondisce il bacio che ha interrotto per riprendere fiato, cercando la sua lingua, ansimando a sua volta nella sua bocca. Senza quasi accorgersene, Chrissy cerca di sfilarsi di dosso la gonna, lottando contro la chiusura con un sola mano perché si allontani dalla sua vita e permetta a Eddie di continuare, e pensa che se anche accadesse, se finissero davvero per farlo lì a casa sua, sul letto semi disfatto nel trailer in periferia in cui ha trascorso gran parte di quei pomeriggi estivi, sarebbe il finale più bello da poter desiderare per quella serata.

E sua madre la crede a casa dei Wheeler. Sarà meglio chiedere a Eddie di dire a Mike di garantire per lei, il giorno dopo, e di avvisare anche Nancy, nella remota possibilità che sua madre incontri la signora Wheeler da qualche parte e dica che le fa così piacere che la sua Chrissy approfondisca l’amicizia con ragazze già uscite dalla Hawkins High…

Si lascia andare a una risata piena, liberatoria.

Sollevandosi appena, afferra l’orlo della sua maglietta e Eddie risponde all’invito sfilandosela, poi aiutando anche lei a liberarsi della sua. Chrissy apre le braccia per accoglierlo, felice di sentirsi finalmente sfiorare dalla sua pelle nuda e tiepida, il metallo degli anelli che corre sulla coscia, strappandole un altro brivido. Ha un profumo inebriante, meraviglioso. Il profumo più intenso che abbia mai avuto la fortuna di sentire e anche il più dolce, e la testa le gira sempre di più.

“Sei bellissima,” sussurra Eddie, staccandosi appena da lei per guardarla meglio. Deve essere un disastro, rossa e accaldata, con la coda quasi sciolta e i bottoni della gonna tutti aperti, ma i suoi occhi sono pieni di una gioia così luminosa che, per un attimo, le sembra quasi di vedersi per come la vede lui. Non abbassa lo sguardo, non nega piegando la testa come le hanno insegnato che sarebbe giusto fare, come una brava ragazza dovrebbe fare: sorride. Allunga un dito per sfiorare uno dei tatuaggi sul petto, quello più vicino alla spalla, chiedendosi quando l’abbia fatto esattamente e cosa possa aver significato un ragno per lui…

Finché Eddie non si avvicina di nuovo a lei, posandole un bacio proprio al centro del petto. La stringe tra le braccia e Chrissy si lascia andare, abbandonandosi alle sue carezze, aspettando il momento giusto. Se arriverà. Quando arriverà. E se fosse ora? pensa, lasciandosi distendere di nuovo sul letto, mentre lui si sistema tra le sue gambe e le sfiora un seno con altri baci, scendendo in basso, più vicino all’orlo di pizzo color crema del reggiseno. Qualunque momento sarebbe quello giusto, basta che sia con lui.

“Chris… sei sicura?”

Si interrompe per guardarla negli occhi, preoccupato come non l’ha mai visto durante tutta quella serata, e se la situazione non fosse tutto tranne che comica quasi le verrebbe da ridere di nuovo. È incredibile quanto impacciato possa rivelarsi uno come Edward Munson, sempre ironico e con la battuta pronta in tasca. Non conosceva quel lato di lui, ma le è bastato poco per innamorarsene perdutamente.

“Sì.”

Annuisce, accogliendolo ancora una volta, demolendo quel muro che la circonda, già a pezzi, solo per lui.
Eddie le sorride con la sua solita dolcezza disarmante, la sovrasta chiudendole le labbra in un nuovo bacio e, con un’avidità difficile da non ricambiare, le sfiora i fianchi fino ad arrivare all’orlo delle mutandine, per abbassarlo mentre continua a baciarla, e Chrissy non può fare altro che rispondere baciandolo a sua volta con foga, alzando i fianchi per incontrare le sue dita lunghe e abili, e…
Il rumore della porta del trailer che si apre li blocca sul posto. Un attimo dopo, la voce di zio Wayne riempie l’ingresso, piena di una nota decisamente allegra.

“Come è andato il concerto?”

Si guardano negli occhi, trattenendo il respiro. Zio Wayne non dà segno di voler uscire: dopotutto, deve essere appena tornato dalla sua solita serata al bar. Si sposta in cucina, apre i cassetti, lo sentono mormorare una canzone a mezza bocca, forse in cerca di una birra o dell’accendino che non trova. Eddie le lancia uno sguardo preoccupato, ma un attimo dopo le sue labbra si piegano in un sorriso. Chrissy appoggia la fronte contro la sua, una risatina trattenuta a stento che le riempie le guance, allargandosi presto alle labbra. “Ci è mancato poco,” sussurra, e lui le posa un bacio rapidissimo sulla spalla prima di alzarsi di scatto e avvicinarsi alla porta. Si volta prima di aprirne uno spiraglio, un dito sulle labbra per chiederle di non fare alcun rumore.

“Benone! Dammi un attimo e ti racconto tutto!”

Chrissy si copre la bocca con le mani, soffocando le risatine che la scuotono da capo a piedi, mentre Eddie fruga freneticamente in uno dei cassetti in cerca di qualcosa. Si avvicina al letto per riprendere la t-shirt che indossava poco prima e se la rimette in un attimo, tendendo una mano a Chrissy perché si alzi.  

“Non pensare nemmeno di nasconderti nell’armadio,” la avvisa, indicandolo con un cenno della testa, con una smorfia divertita. “Zio Wayne ti adora… sarà contento di sapere che ci sei anche tu.”
 
 

VII.
 

Wayne Munson è veramente felice di vederla. Quando Eddie la indica casualmente come “Chrissy che ha deciso di restare qui, a parlare di musica con un esperto” i suoi occhi si illuminano, e si affretta subito a sciorinare un intero elenco di bevande e cibo da offrirle, dalla birra al latte con i biscotti. Non gli sfugge l’occhiata che lui ed Eddie si scambiano, ma è sicura che in quel breve attimo in cui è rimasta in camera sua a riabbottonarsi la gonna e risistemarsi la maglietta Eddie l’abbia rassicurato che la sua permanenza nel trailer è stata regolata da un piano molto preciso.

Trascorrono il resto di quella serata sul divano, a parlare del concerto raccontandone i momenti fondamentali a Wayne, che annuisce e non smette più di fare domande, ricompensando Eddie con complimenti pieni di orgoglio. È una persona profondamente buona, l’ha sempre pensato: glielo dicono gli occhi chiari che sembrano spalancarsi ogni volta che il racconto compie una svolta, le mani ruvide che gli scompigliano i capelli nello stesso gesto affettuoso che Eddie rivolge sempre a Dustin. Chrissy siede sul divano, in mano un bicchiere di latte e un biscotto con le gocce di cioccolato che Wayne ha recuperato da una scatola di latta in cucina, e lascia che quella sensazione di familiarità la avvolga dalla testa ai piedi.

Le luci basse della cucina che rischiarano appena la stanza. Fuori, solo il rumore della brezza, una civetta che grida e smette un attimo dopo. Auto in lontananza, inghiottite dal buio della strada che lascia Hawkins, Indiana. Zio Wayne che le offre un altro biscotto, si preoccupa per lei e le chiede se, per caso, non voglia qualcos’altro. Una famiglia ricostruita con fatica, tazze sbeccate e una cucina economica malandata, ma tutto l’amore che potrebbe desiderare, se non di più.

Quando arriva l’ora di andare a dormire, Eddie le passa una delle sue t-shirt, una vecchia maglietta dei Metallica. La stampa di Ride the Lightning è quasi del tutto scolorita dai troppi lavaggi e il tessuto inizia a cedere attorno al collo, ma è così soffice e impregnata del suo profumo che la accetta immediatamente con gioia. Quasi non riesce a credere di essere davvero lì, che sia notte, e che Eddie si sia appena girato per lasciarle un po’ di privacy mentre la indossa, rivolto verso la parete su cui è appoggiata la chitarra e una quantità di poster di gruppi mai sentiti. Lascia in un angolo la gonna e la maglietta dei Corroded Coffin e sale sul letto, dopo un altro dei suoi buffi inchini e la promessa che non le darà alcun calcio ma se ne starà in un angolino del letto zitto e buono, e che non russerà perché non ha mai russato, posso promettertelo sulla chitarra Chris, mai fatto, nemmeno una volta…
 
Quella notte, Chrissy Cunningham la trascorre nel trailer di Eddie Munson, l’ultimo posto in cui qualcuno si aspetterebbe di trovarla, l’unico in cui voglia davvero stare. Accoccolata vicino a lui, la testa appoggiata al suo petto, le dita che cercano le sue sfiorandole solo appena, come ad assicurarsi che sia davvero lì e non un sogno destinato a svanire al suono della sveglia. Si distende accanto a lui e, per la prima volta dopo anni, riesce a non pensare. A sua madre, a Jason che non può nemmeno contemplare l’idea che voglia iniziare una nuova vita senza di lui, al college e a tutto quello che verrà. C’è spazio solo per il respiro regolare di Eddie, le sue braccia piegate che la sfiorano appena, la t-shirt dei Black Sabbath che indossa sopra ai boxer neri, i capelli sparsi sul cuscino. Per lui e per quel microcosmo di serenità che riesce a donarle, fragile come un cristallo e altrettanto prezioso.

Per la prima volta dopo mesi, nessun incubo spezza il suo sonno.  
 






___________

Dopo aver terminato Teenage Dirtbag, e accompagnata dalle fanart di buriedbloom e NamiYouffie, che sicuramente già conoscete, ho avuto la mente piena di situazioni e di dialoghi tra Chrissy e Eddie, tanto da doverli assolutamente trasformare in qualcosa. Così, senza che nemmeno me ne rendessi conto e passando da quelle che pensavo sarebbero state massimo quattro pagine a quindici (ehehe), è nata anche questa storia, che si propone come una sorta di seguito espanso di TD, ma che potete leggere e apprezzare benissimo anche senza aver letto l'altra. 

Piccolo appunto: il fatto che Corroded Coffin, il nome della band di Eddie in inglese, abbia le stesse iniziali di Chrissy non è una mia scoperta, ma un headcanon molto diffuso nel fandom anglofono. Probabilmente si chiamava così già prima che si incontrassero, ma è una coincidenza talmente adorabile che non potevo non citarla anche qui! 

Grazie ancora per tutto l'amore, i complimenti, le recensioni e i preferiti alla mia storia precedente: mi avete scaldato il cuore. Anche questa storia arriva in un momento abbastanza difficile, ma ho adorato provare a descrivere il sentimento che lega Eddie a Chrissy, e immaginare per loro un futuro felice in cui sono finalmente insieme come meritavano. Spero possa piacervi anche questa nuova avventura, quanto avete amato la precedente! 

Fede 



 

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Capitolo 2
*** Estate - Interludio ***


 
2. Estate - Interludio 





“They’re telling me that I’m fine
They’re telling me there’s nothing wrong
Game over – nothing’s real”
 
 



I.
 
L’estate continua la sua corsa, insieme alle lettere che arrivano a cadenza regolare e al caldo che imperversa. Ad agosto Hawkins si svuota durante il giorno, ripopolandosi solo la sera di persone che passeggiano, bambini che mangiano il gelato, coppie in auto dirette verso il primo drive-in fuori città.

La pista di pattinaggio al parco si riempie poco prima del tramonto, la piscina comunale è sempre piena: quando era più piccola Chrissy ci andava spesso, con i suoi o con i genitori di qualche amica, di solito quelli di Tamara. Ma da quando i Driscoll hanno fatto costruire la piscina nel loro giardino, quelle occasioni si sono ridotte drasticamente. Troppa calca, troppa gente che urla e troppe schifezze da mangiare, ripete sempre sua madre, una smorfia di disapprovazione che le piega le labbra perfettamente truccate. Laura Cunningham, in fondo, non ha mai apprezzato particolarmente l’estate, o forse riesce ad apprezzarne solo una sua personalissima versione, riveduta e corretta, priva di qualunque eccesso.
Se sapesse, pensa Chrissy, trattenendo a stento un sorriso. Se sapesse che la figlia perfetta che ha allevato è tutto tranne che perfetta, probabilmente non le parlerebbe con tanta condiscendenza, facendole i complimenti perché, alle feste, mangia sempre meno delle sue amiche. Chissà cosa farebbe, cosa direbbe per rimetterla in riga.

Ma in fondo, non ha nemmeno senso chiederselo.

Tamara e Lizzie hanno aspettato che tutti i college a cui hanno scritto inviassero la loro risposta prima di decidere a quale rispondere, coinvolgendo anche lei in un pomeriggio interminabile di pro e contro vagliati attentamente davanti a tre milk-shake e terminato con la solita nuotata in piscina. Sono riuscite ad entrare proprio dove volevano, senza piani B: la parte più difficile della giornata è stata fingere che anche per lei fosse lo stesso. In realtà un paio di lettere sono arrivate – è stata sua madre a raccoglierle e a portarle nella sua stanza, raggiante – ma quelli che fino a poco tempo fa le sarebbero sembrati successi da festeggiare, ora le interessano poco. Medicina, letteratura, arti applicate. Quale college è il più adatto per mettere in atto il suo piano? Qual è più vicino alla loro meta, il trampolino di lancio per una fuga che ha atteso troppo tempo a organizzare? Se lo avesse saputo prima ne avrebbe scelto più d’uno in Colorado, basta che fossero abbastanza lontani da Hawkins, ma ora… sua madre pensa che voglia studiare letteratura, come le hanno suggerito all’orientamento finale, e lei glielo ha lasciato credere. In fondo, non le dispiacerebbe studiarla davvero, prima o poi: ha sempre amato scrivere. Magari tra qualche anno, dopo aver guadagnato i soldi necessari, potrebbe prendere seriamente in considerazione la possibilità, ma sono tutte ipotesi che svaniscono con la rapidità della brezza, confondendosi tra sogni e progetti. Prima deve pensare a trovare una città verso cui fingere di spostarsi, il resto si vedrà.

Per la prima volta dopo mesi, il peso di quella bugia le grava sulle spalle, incrinando le sue certezze.

Tamara e Lizzie festeggiano quel risultato con un’altra festa in piscina, invitando più o meno tutte le compagne appena diplomate, più i rispettivi fidanzati. Jason, con suo enorme sollievo, non c’è: deve avere da fare con degli allenamenti preliminari di cui le ha parlato tempo fa, o qualcosa di simile. La sola idea di non essere costretta ad ascoltare i suoi progetti fingendo di essere interessata la fa sentire decisamente meglio. Sa bene che dovrebbe dirgli tutto, troncare con lui in maniera più decisa di quanto abbia fatto in precedenza, ma è un altro di quei pensieri che, semplicemente, non riesce ad affrontare. Non quando l’estate è più calda e bella che mai e ogni possibilità sembra aprire la strada a mille altre, tutte altrettanto incredibili e possibili allo stesso tempo.

Quel pomeriggio trascorre come gli altri, tra chiacchiere incolori in cui non riesce più a inserirsi e progetti dichiarati ad alta voce tra un tuffo e un giro di bibite, mentre il caldo costringe tutta la città a correre ai ripari e la madre di Lizzie fa capolino ogni tanto dalla porta che dal giardino conduce di nuovo in casa, chiedendo se abbiano bisogno di qualcosa. L’aria sembra ferma, intrappolata tra le fronde di alberi così immobili che potrebbero essere finti, quelle riproduzioni in plastica disseminate per il centro commerciale che ingannano chiunque passi loro davanti. A volte le sembra che solo gli alberi nella zona dei trailer siano veri, querce e aceri antichi che sollevano la testa fino al cielo, chiome folte pronte a ripararla con la loro ombra.

Lizzie chiacchiera di college e futuro, dell’università che forse le servirà, forse no, dipende che progetti avranno in mente lei e Trevor. Probabilmente il matrimonio, anzi, sicuramente il matrimonio. Monica annuisce con tanta forza da svuotare quasi il bicchiere di aranciata che tiene in mano. Trevor si è iscritto in Indiana, che senso avrebbe andare altrove? A lei in fondo non piace girare il mondo, Richmond le va più che bene. Basta farsi una posizione, avere abbastanza soldi per comprare una casa e poi…

Chrissy ascolta distrattamente, ma la sua mente continua a vagare verso un posto preciso: una cartolina in un cassetto, alberi che sfiorano il cielo, case in legno dall’aria pacifica. Il Colorado, Eddie che le parla di sua madre, la voce che si abbassa e si impregna di una malinconia sottile ma incredibilmente intensa.
 
 


II.
 
“Ho pensato a quello che mi hai detto tempo fa, Chris. Anzi… a quello che abbiamo detto.”
“E…?”
“E potrebbe funzionare. Forse non subito, non tanto facilmente. Ma potrebbe.”

Chrissy si gira di scatto, guardandolo negli occhi con quella che deve essere un’espressione stupefatta, perché Eddie scoppia a ridere all’istante. Sono riusciti a fuggire per l’ennesima volta verso il lago, cogliendo la palla al balzo quando la signora Cunningham ha annunciato di avere una riunione impossibile da saltare al circolo femminile di Hawkins, una di quelle con pranzo incluso. Lei non ha dovuto far altro che organizzare una scusa in quattro e quattr’otto, – frequentare Eddie le offre sempre a possibilità di chiedere una copertura a Nancy e a Max, o persino a Robin – riempire la borsa con il solito telo e correre a casa sua il prima possibile, il fazzoletto in testa e il cuore che batte all’impazzata, un uccellino irrequieto che si agita nel petto. Eddie l’ha accolta nel suo furgone e hanno percorso la strada verso il lago nel sole, accompagnati dalla radio e da quell’unica stazione che trasmette musica rock e che lui è riuscito miracolosamente a trovare.

“Ho una persona, in Colorado, che potrebbe aiutarci. È una vecchia amica di mia madre con cui sono rimasto in contatto da sempre. Cartoline, biglietti per il Ringraziamento, mi ospitava per l’estate qualche volta… insomma, hai capito.” Sorride, spostandole una ciocca finita sul viso, poi si stende di nuovo accanto a lei. “Non so se è ancora in contatto con chi affittava la casa in cui mia madre ha vissuto per un periodo, ma forse potrebbe avere qualcosa per noi. Io cercherei lavoro lì, mentre tu decidi cosa fare con il college…”
Chrissy lo osserva sospirare e sollevare una mano sopra di sé. Osserva gli anelli che indossa come se non li avesse mai visti davvero prima di allora, il respiro appena trattenuto, girando e rigirando le dita contro i raggi del sole. “Ma, Chris… non voglio che sprechi la tua vita, dico sul serio. Ho sempre saputo che dopo il diploma me ne sarei andato da Hawkins e avrei vissuto con quello che capitava, tanto per non marcire nello stesso schifo per tutta la vita… ma tu sei sempre stata una dei migliori del nostro anno. Non voglio costringerti a rinunciare a qualunque possibilità tu possa avere, non sarebbe giusto.”
“Eddie…”
“Metterò da parte dei soldi per aiutarti ad andare al college. Ma se dovessi cambiare idea e scegliere di andare direttamente lì, io resterei comunque qui ad aspettarti…  e se volessi altro, diamine, Chris, mi farei da parte per fartelo ottenere. Sei troppo preziosa per vivere una vita intera con un fallito come me, e…”
“Edward Munson, vuoi stare zitto?”

Si gira nuovamente per appoggiargli un dito sulle labbra, bloccando quel flusso ininterrotto di parole. Questa volta è lui a spalancare gli occhi, rapito dalla visione fin troppo rara di una Chrissy davvero seccata, che lo fulmina con gli occhi grandi, azzurri e colmi d’indignazione.

“In meno di un anno sei riuscito a fare molto di più per me di quanto abbiano fatto quelli che mi circondano in tutta la mia vita. Voglio stare con te perché mi rendi felice… e perché, quando sono con te, mi sembra di capire meglio anche me stessa.” Si ferma un attimo, senza distogliere lo sguardo, prendendo fiato quel tanto che basta per continuare. Il cuore le batte ancora all’impazzata, ma ha imparato ad amare quella sensazione. “Non so ancora cosa accadrà, se farò domanda a un college o cercherò un lavoro per andarci in seguito… e in questo momento non me ne importa nulla. Voglio solo andarmene da qui. Voglio scoprire se esiste una vita nuova per me, diversa da quella che ho vissuto finora… e voglio scoprirlo con te.”

Sposta il dito, per sfiorare le sue labbra con un bacio. Lui la avvolge con le braccia e la solleva, fino a rotolare sul terreno soffice e irregolare della riva del lago mentre Chrissy scoppia a ridere e lo prega di fermarsi, ma solo per finta. Durante la settimana non c’è mai nessuno, a parte qualche sporadica coppia anziana con borsa di tela e sedie pieghevoli al seguito, o i ragazzini che si tuffano dal molo e giocano a palla. Sembra incredibile che un posto così tranquillo si trovi a soli venti minuti d’automobile da Hawkins e dalla sua atmosfera asfissiante, ma forse è proprio quello il bello: due universi opposti, che paradossalmente convivono in un’armonia perfetta. Un po’ come i loro.

“Per cui, smettila di darti del fallito… sei una delle persone migliori che io abbia avuto la fortuna di conoscere.”

Appoggiata sul suo petto, si allunga per baciarlo ancora e lascia che Eddie la stringa in un nuovo abbraccio, ribaltando nuovamente le loro posizioni. Non è mai stata tanto sicura di qualcosa come in quel momento: una sensazione talmente inebriante da farle quasi paura. Ma va tutto bene, pensa mentre si distende di nuovo sul telo che ormai ha lo stesso odore degli alberi e della terra del lago, Eddie che la stringe a sé accarezzandole la schiena lentamente, con una dolcezza che ha la fortuna di assaporare ogni volta che trascorrono del tempo insieme. È giusto così. Forse merita davvero il meglio, un meglio che non è lo stesso a cui l’hanno destinata i suoi e che deve prendersi da sola, passo dopo passo. La scelta è spaventosa, ma è un baratro che vale la pena di saltare, per atterrare dall’altra parte sulle proprie gambe.

Ora che ne è convinta, nulla potrebbe farla tornare indietro.
 
 


III.
 

Qualche volta la tentazione di raccontare ai suoi almeno una parte della storia è stata forte.

Parlargli chiaro, confessare quel progetto di prendersi un anno di pausa, o magari anche due, per pensare alla sua vita come si deve e mettere insieme i pezzi per capire cosa desideri davvero. Anche se non potrebbe mai parlare di Eddie, esistono alternative migliori a una bugia costruita ad arte: spiegarsi, raccontare loro come è arrivata a conoscere questa nuova Chrissy e come le due parti del suo cuore siano ormai indistinguibili. Parlare del Colorado. Far capire loro che non si tratta di un capriccio ma di qualcosa di fondamentale e che, se Tamara e Lizzie e Monica e Jenny non ci hanno ancora pensato è solo perché quelle vite perfettamente costruite a tavolino sono esattamente ciò che desiderano, mentre lei vorrebbe tutt’altro per sé…

Ma i suoi non capirebbero. Non vogliono capire, perché a Hawkins le cose si sono sempre fatte in un certo modo e non avrebbe senso cambiarle. Chi diverge dallo schema è un fallito, qualcuno troppo stupido o troppo lontano dalla società per accettarne le regole, gente che in ogni caso non andrebbe frequentata. Gente come Wayne Munson, che trascorre ore a lavorare nelle Piantagioni e non si fa mai vedere alle riunioni del consiglio cittadino al municipio, o come la madre di Maxine Mayfield, che ha una brutta storia alle spalle e nessuna voglia di raccontarla. Gente che se ne sta per conto suo, senza nemmeno avvicinarsi al mondo di piscine, feste e automobili lucidate a specchio che quelli come i suoi genitori difendono con tanta cura. Perché la loro figlia non dovrebbe accettare con gioia la lettera di un’università prestigiosa? Perché non dovrebbe laurearsi a pieni voti, per poi tornare a Hawkins per sposare Jason Carver e prendere il posto che le spetta, quello che le hanno faticosamente garantito per una vita intera? Perché deve essere proprio lei la mela marcia, il granello che blocca la ruota, l’ingranaggio rotto che manda in malora l’intero sistema?

Ha pensato di dirlo ai suoi, ma quella sera sua madre si è lasciata scappare l’ennesimo commento crudele su Jenny e su quanto dovrebbe prendere esempio da lei, così bella e magra, sempre sorridente. L’ennesimo commento che le ha stretto lo stomaco in una morsa, mentre rigirava le carote nel piatto e le osservava, quasi fossero capaci dei peggiori crimini per il solo fatto di essere un alimento. È tornata in camera con lo stomaco che brontolava, maledicendosi per non aver pensato a Eddie quel tanto che bastava a buttare giù almeno un boccone: quando è con lui riesce sempre a finire almeno un piatto, con grande gioia sua e di zio Wayne, sempre felice di vedere che la sua cucina venga apprezzata.

Si è distesa sul letto a riflettere, una cassetta nel walkman e le cuffie calate a coprire le orecchie. Forse sua madre dovrebbe imparare a convivere con la sua assenza: con gli anni ha finito per considerare il suo affetto scontato, quasi dovuto. Ai suoi occhi, Chrissy è quella creatura gentile che non dice mai di no, sempre pronta a dare il massimo per la sua famiglia, studiosa, educata, silenziosa quanto basta per essere considerata una brava figlia. Pensa di averla sempre a disposizione, con la testa china ogni volta che le sfugge una parola di troppo, mai offesa, perché una brava ragazza conosce i sacrifici che i genitori fanno per lei e si comporta di conseguenza, senza pesare le parole. Impegnandosi per ricambiare quello che riceve senza chiedere altro, un altro che non dovrebbe interessarle, che in fondo non le serve a nulla.  

Possibile che non si sia accorta di niente? si chiede, mentre Madonna canta in sottofondo, ma i pensieri riescono persino a coprire la musica. Proprio lei, che si vanta di conoscerla perfettamente, come può non essersi accorta di quanto il suo sguardo sia cambiato? Esiste una differenza abissale tra la Chrissy dell’anno precedente e quella di ora, che sorride mostrando i denti come Laura Cunningham le ha sempre detto di non fare e corre felice verso il lago insieme a uno di quei pessimi soggetti da cui le hanno intimato di stare alla larga. Possibile che abbia chiuso gli occhi su tutto, attaccandosi a un’immagine fittizia di sua figlia con tanta forza da arrivare persino a distorcere la realtà?
 
 


IV.
 

Una sera, prima che tutto cambiasse, avevano insistito per invitare a cena Jason. Lui, ovviamente, non si era fatto pregare e alle otto in punto erano tutti seduti attorno al tavolo dei Cunningham, suo fratello Nick compreso, per accoglierlo nel modo giusto.

Avevano parlato di tante cose, quella sera. La carriera di Jason, le partite, che genere di avversari si sarebbe trovato davanti durante il girone successivo, se davvero quelli della Collins High fossero così terribili come li dipingeva l’allenatore. Le ultime verifiche, la pausa di primavera che sembrava lontanissima. Era ancora inverno inoltrato, la neve era caduta a lungo e il giardinetto dei Cunningham era coperto da una coltre sottile e ghiacciata che aveva spinto suo padre a spalare per ore prima dell’arrivo dell’ospite, per assicurarsi che non scivolasse sui gradini dell’ingresso come rischiava sempre di fare Nick quando rientrava di corsa. Lei indossava un maglione rosa chiaro sopra ad una camicetta bianca, il ciondolo d’oro con il piccolo 86 acquistato qualche giorno prima che sfiorava il bottone di madreperla, lucido come appena preso dalla sua confezione di velluto. Sua madre aveva dato fondo alle sue doti culinarie, anche se l’aveva avvertita come al solito di non mangiare troppo per non fare brutta figura davanti a Jason, altrimenti chissà cosa penserebbe di te se ti ingozzassi e quindi cerca di metterti nel piatto il meno possibile Chrissy, sai bene come fare…

Avevano parlato tanto, ma lei partecipava alla conversazione solo di rado, annuendo. Ogni tanto aggiungeva qualcosa, cercava di mostrarsi interessata agli argomenti e Jason la premiava con un’occhiata compiaciuta. Forse era stato quello, il primo segnale che qualcosa stava cambiando: le sue occhiate le avevano lasciato addosso una sensazione aspra, sgradevole. Jason la trattava con una certa condiscendenza, non diversa da quella che mostravano i fidanzati di Lizzie e Tamara, ma aveva sempre pensato non ci fosse nulla di strano. Eppure quella sera, davanti all’arrosto e a una moltitudine di patate che sembravano disposte davanti a lei per sfidarla a prenderne quante poteva, qualcosa in lei aveva alzato la testa per ribellarsi. Qualcosa di piccolo ma insistente, una voce pronta a farsi sentire da un angolo della sua mente: meriti di piùMeriti rispetto. Meriti qualcuno che ti faccia sentire davvero importante, non un ingranaggio sostituibile come tanti.
Fondamentale.

Aveva tentato di zittirla, mandando giù l’ennesimo bicchiere d’acqua. Tanta acqua, poco cibo, non era quella una delle massime preferite di Laura Cunningham?

Nick si ingozzava perché non aveva granché da raccontare sulla scuola media, Jason continuava a dominare la conversazione, sicuro di sé, determinato. Dopo il diploma sarebbe arrivato il college sportivo, aveva già messo gli occhi su parecchie proposte interessanti. E dopo il college, chissà: magari avrebbe finito con il fare qualche provino per squadre di basket dell’Indiana, nella migliore delle ipotesi. Per non spostarsi troppo in vista del matrimonio, aveva aggiunto, lanciando un’occhiata benevola a Laura e Philip Cunningham, che avevano annuito. Nessuno si era preoccupato di chiederle se fosse d’accordo e Chrissy era rimasta lì, immobile, a tormentare il tovagliolo tra le dita sudate mentre quella voce si faceva più urgente, più insistente, premendo contro gli angoli della sua mente per uscire in qualche modo, in qualunque modo, che fosse un urlo o un sussurro.

Il lavoro serve fino a un certo punto, quando il matrimonio è solido
Sì le squadre dell’Indiana sono eccezionali, durante l’ultimo campionato si sono distinte, ovviamente dipende anche dall’allenatore e da quanto ne so non
Hai proprio ragione, non pensi anche tu Chrissy? Ah e tesoro, passami il sale per favore, ne ho messo troppo poco nell’insalata ma in fondo ho letto che fa bene e

Ricordava di essersi isolata con la mente come poteva, cercando di non pensare al futuro. L’idea che quello scenario potesse spaventarla non le era passata per la mente nemmeno per un attimo, fino a quella sera, ma forse era normale: chiunque avrebbe temuto novità enormi come il college o il matrimonio. Anche Tamara, anche Lizzie. Chiunque. Provava a ripeterselo per tranquillizzarsi, a convincersi che ci avrebbe fatto l’abitudine. Era solo una questione di cambiare prospettiva e dare tempo al tempo, verso la fine dell’anno avrebbe di certo accettato quei cambiamenti con uno stato d’animo diverso, più sereno.

Quando era arrivata la pausa di primavera, portando con sé Eddie, si era resa conto che non avrebbe potuto sbagliarsi di più. E ora che tutto era lentamente cambiato, una nuova stagione che trasformava i rami secchi in un trionfo di foglie, la vecchia Chrissy era sparita senza lasciare traccia.
 
 

 
V.
 
Jeff e Gareth sono impegnati a cercare un lavoro che permetta loro di pagarsi l’avviamento professionale, mentre Dylan ne ha trovato uno in un’officina fuori città: per un motivo o per un altro, i Corroded Coffin hanno sempre meno tempo per suonare insieme. Le serate di D&D, però, continuano ogni lunedì e venerdì e il seminterrato dei Wheeler è sempre pieno di schede, pacchetti di patatine, bottiglie di bibite e dadi.

Dopo averle mostrato come funziona un D20 e come si crea una scheda personaggio, durante uno di quei soliti pomeriggi trascorsi al tavolino da picnic fuori dal trailer, Eddie prova ad accennare casualmente “sempre se ti va e se non ha di meglio da fare” alla possibilità che anche Chrissy partecipi a una delle loro serate, ma giusto per provare, ovviamente non voglio costringerti. Magari puoi sistemarti vicino a me e guardarmi mentre svolgo il mio duro ma appassionante lavoro di Master, basta che mantieni il segreto o i ragazzini capiranno subito cosa ho in mente per loro…

Chrissy gli butta le braccia al collo, interrompendo quel monologo, gli occhi che brillano di entusiasmo puro.  

Così, il lunedì successivo si ritrova a varcare per la prima volta la soglia della cantina dei Wheeler, stavolta per un vero invito. Eddie prende posto dietro alla barriera di cartone che protegge i suoi segreti, ma stavolta accanto a lui è seduta un’aiutante, che non sta più nella pelle e si ritrova a fissare il tavolo da gioco con gli occhi spalancati, rapita da tutto ciò che vede. Ha sempre amato immaginare racconti e provare a scriverli, ma mai avrebbe immaginato che esistesse un altro modo per portarli in vita, tramite una persona che ne guida altre verso la creazione di una storia collettiva. E il fatto che questa guida sia Eddie, che narra in tono ispirato le varie fasi, muovendo le mani in gesti teatrali, cambiando voce in base a ciò che sta accadendo, rende tutto ancora più incredibile. Senza rendersene conto si ritrova a stringere i braccioli della sedia, ad alzarsi di scatto mentre il dado rotola, a trattenere il respiro durante i momenti più critici, come le capitava di fare solo a teatro o al cinema, quelle rare volte in cui Jason o una delle ragazze accettavano di andarci con lei. Davanti ai suoi occhi si apre un mondo del tutto nuovo, strabiliante. Un mondo che si sente estremamente fortunata a poter toccare con mano.

Quando la riaccompagna a casa – lasciandola al solito punto all’inizio della strada, per evitare di essere visto dai suoi – Chrissy è felice come non mai.

Non è solo la novità del gioco di ruolo ad averla entusiasmata, ma l’intera atmosfera, quel senso di comunità che lega Eddie al resto dell’Hellfire Club e rende le loro interazioni sincere, piene di una familiarità difficile da descrivere a parole. Mike che protesta per la sorte del suo personaggio per gridare in preda all’entusiasmo solo un tiro di dado dopo, Dustin che si infervora, Max che finge di essere lì solo per accompagnare Lucas ma finisce per appassionarsi alla sessione più di quanto vorrebbe. Il fatto che persino Erica Sinclair, una ragazzina, partecipi alle serate… ce ne sarebbe abbastanza per farla continuare a parlare per ore e ore.  Eddie ride, fermando quelle chiacchiere con un bacio, abbracciandola stretta finché la luce non inizia a calare e la brezza più fresca della sera fa capire a entrambi che è ora di lasciarsi.

Sessione dopo sessione, quella magia sottile che unisce i membri dell’Hellfire Club la trascina sempre di più.
Ormai conosce tutti i personaggi degli amici, le loro caratteristiche, avventure e disavventure, tanto da poter associare ognuno di loro alla classe e alla razza scelte senza sbagliare. Una sera si siede accanto a Erica per non disturbare Eddie e, con sua grande sorpresa, lei non ha nulla in contrario, anzi: a fine sessione le racconta in dettaglio la creazione della sua ladra mezzelfa buona caotica, dalla scelta del nome a quella della classe, e di quanto sia innegabilmente più interessante e bilanciata del ranger di suo fratello. Le brillano gli occhi mentre passa in rassegna le sue avventure, tanto che a Chrissy quasi dispiace di non avere qualche esperienza simile da condividere per rendere il racconto più interessante. I ragazzini si sono abituati alla sua presenza, ormai praticamente fissa, chiedono di lei e la accolgono sempre con gioia, come se l’avessero sempre vista lì, su una delle sedie sgangherate della cantina dei Wheeler, con un bicchiere rosso in mano e il suo sorriso riservato. E lei gli è immensamente grata per quell’affetto incondizionato, spontaneo. Un affetto che, dopo anni, la fa sentire finalmente parte di qualcosa.

Qualche volta, la sola idea di togliergli tutto quello le mozza il fiato. Le serate di D&D, i concerti, quel microcosmo in cui si sente se stesso, amato e accettato per la persona meravigliosa che è. Partire per il Colorado significherebbe lasciare un vuoto, un vuoto che forse lei, da sola, non è in grado di colmare.
 
 

VI.
 

Ai suoi dirà di aver accettato una proposta da un’università diversa da quelle delle amiche, una lettera che a loro è sfuggita ma che rappresenta un’ottima possibilità per chi voglia studiare arti applicate o letteratura. Probabilmente sua madre protesterà, la accuserà di voler buttare via una laurea promettente a Chicago: la parte più difficile sarà guardarla negli occhi e convincerla di quanto importante sia per lei quella scelta, quando in realtà il Colorado rappresenta tutt’altro.

Una nuova casa, nuove amicizie, una vista completamente diversa dalla finestra. Un punto di partenza per una storia che sarà lei a scrivere, solo con le proprie forze. La nuova Chrissy avrà finalmente lo spazio che merita, accanto a chi l’ha sempre desiderata, pensa, e quell’idea è sufficiente a darle coraggio.  

Farà la valigia, portando con sé solo quei ricordi che non la fanno soffrire. La collanina con il numero 86, la maglietta dei Corroded Coffin, il suo diario. Quel telo che hanno usato insieme, al lago, e la gonna che ha indossato al concerto, quella che Eddie ha alzato per sfiorarle i fianchi. Forse la sua divisa da cheerleader, perché dopotutto le ricorda di quella mattina nel bosco, e di tutto ciò che è arrivato in seguito. Qualche libro, la sua maglietta di Madonna. Non le servirà molto, e comunque nessuno si aspetterebbe un trasloco completo da qualcuno che sta per iniziare il college, o no?

A Jason lascerà una lettera. Cercherà di spiegargli il suo bisogno di libertà con le parole migliori che possano venirle in mente ma senza nominare Eddie, per non rischiare che il suo sconcerto si trasformi in rabbia e che decida di cercarlo ovunque per punirlo per ciò che ha osato fare. Sono anni che ha scelto di non capire: come sua madre, ha trasformato l’idea che aveva di lei in una realtà, tanto da non essere più in grado di distinguere quell’immagine di fantasia dalla vera Chrissy, la Chrissy che sta diventando poco a poco. Gli augura di essere felice, di trovare una ragazza che assecondi il suo sogno ritagliandosi una parte che la renda felice in quella vita sfavillante sotto ai riflettori, una ragazza che non può essere più lei. La Chrissy del passato, quella che fissava il piatto mentre gli altri decidevano la sua vita passo dopo passo, è sparita nei boschi quel primo giorno di primavera del 1986, senza fare ritorno.

Spera possa capirla, anche se dentro di sé sa che non accadrà. Ma a questo punto, desidera solo partire con il cuore più leggero: qualunque scenario futuro, anche il più ordinario, ha sempre Eddie al suo fianco. Se davvero esiste un punto di partenza per la sua nuova vita, è una sorta di conseguenza naturale del loro primo incontro al talent show delle medie, quando erano solo due ragazzini ancora ignari di tutto quello che sarebbe venuto in seguito.
 
 

VII.
 
 
La mattina della partenza è più tersa di quanto si aspettasse. Dopo una notte di pioggia incessante – la fine dell’estate non risparmia nessuno, alberi o passanti sorpresi dopo una serata di divertimento – la strada è ancora umida, cosparsa qua e là da rami spezzati, foglie e pozzanghere che si stanno asciugando sotto ai deboli raggi di sole del mattino.

Chrissy si stringe attorno alle spalle una giacca autunnale: l’aria frizzante del mattino punge e la fa rabbrividire appena, anche se indossa un paio di pantaloni rosa a vita alta e una maglietta più pesante delle altre. Presto le mani che stringono il manico della borsa iniziano a intirizzirsi, ma non per molto: è sicura che, una volta che il piano sarà entrato nel vivo, avrà i palmi fradici di sudore. Si sistema il bavero della giacca, nervosa, controllando all’orizzonte eventuali segni dell’arrivo dell’autobus. Suo padre l’ha abbracciata brevemente, senza una parola, prima di andare a lavorare come ogni giorno. Sua madre, invece, ha insistito per restare lì finché il bus non sarà arrivato, ma per fortuna senza dire granché, a parte le solite raccomandazioni sulle lezioni, il cibo e le compagnie da evitare. Scrivi appena puoi. Non riempirti di attività extracurricolari che ti distraggano. Fatti onore. Tieniti in contatto con Jason, magari anche con il resto delle ragazze della squadra. Stai alla larga da studenti strani. Ci vedremo a Natale, vero?

Se sapesse, pensa nuovamente Chrissy, e per un attimo, un solo, minuscolo attimo che è come un granello di sabbia che minaccia di bloccare gli ingranaggi di un orologio regolato alla perfezione, contempla l’idea di partire davvero per il college. Lasciare Eddie alla sua vita e agli amici, salire su quell’autobus ma senza scendere all’altezza della zona dei trailer. Arrivare a Chicago invece che in Colorado, iniziare un altro capitolo della propria esistenza senza sconvolgere la sua. Rinunciare a quel pezzetto di felicità che ha inseguito per mesi.

Potrebbe funzionare. Forse non subito, non tanto facilmente. Ma potrebbe.

L’autobus arriva un attimo dopo, o forse dieci minuti, o trenta.
Nick l’ha salutata a colazione, abbracciandola con un calore che non provava da tanto tempo e che le ha fatto pensare che, in fondo, almeno un membro della famiglia le mancherà davvero tanto. Sua madre la stringe tra le braccia e stringe anche le labbra, una linea sottile e dura, incapace di aprirsi per una sola parola tenera o una gentilezza sfuggita dove nessuno potrebbe sentirla e meravigliarsene. Chrissy vorrebbe staccarsi e allo stesso tempo piangere, dirle quanto avrebbe desiderato fosse diversa, quanto ha pregato arrivasse il giorno in cui si sarebbero finalmente capite. Senza mezzi termini, senza compromessi: sua madre che la accettava per quella che è, che salutava Eddie con un sorriso, che le lasciava decidere della sua vita senza farle pesare ogni scelta diversa da quelle già pensate per lei… ma non ci riesce, e forse non è nemmeno il momento giusto per quella confessione. Forse sua madre deve davvero capire cosa significhi vivere lontana da lei, almeno per un po’. Non darla più per scontata, per imparare qualcosa dalla sua assenza.

Forse.

L’autobus apre le porte. Chrissy appoggia un piede sul gradino di metallo dandosi la spinta, quasi attraversasse un portale oltre il quale si apre un universo sconosciuto, come nelle sessioni di gioco guidate da Eddie. Un altro passo e le porte si chiudono, mentre cerca con lo sguardo un posto che occuperà solo per qualche minuto, fino a giungere all’area dei trailer, oltre la curva e lontana dalla vista di Laura Cunningham.

Le porte sibilano chiudendosi lentamente, l’autobus parte.

Hawkins resta dall’altra parte, grigia e ancora impregnata di pioggia.

Sua madre alza una mano per salutarla, seguendo l’autobus oltre la banchina coperta della fermata. Chrissy risponde al saluto, incerta, poi si siede al primo sedile libero alla sua destra. Solo quando riprende fiato distendendo le spalle si rende conto di quanto fossero tese.

Sua madre è lontana. Jason è lontano. Hawkins e le sue strade si allontanano in fretta, perse tra le pagine di una storia che ha quasi finito di sfogliare, eppure non si sente sollevata come vorrebbe. Non ancora.
In men che non si dica le ultime villette scompaiono alle spalle del bus insieme alla piscina e al cimitero. L’autobus saluta i boschetti e i campi che iniziano a popolare i lati della strada: dal verde carico virano al marrone chiaro e a un giallo tenero, ancora agli inizi. L’estate tra poco se ne andrà insieme al suo incanto che sembrava non finire mai, le scuole ricominceranno tra qualche giorno, gli amici di Eddie frequenteranno il secondo anno. Quando attraverseranno la soglia della loro nuova classe, loro saranno già lontani.

Il tempo di distogliere lo sguardo dalla strada per portarlo verso il corridoio sgombro del bus, ed ecco che l’autista accosta, fermandosi davanti a una pensilina che riconosce immediatamente come quella appena prima della zona dei trailer. Chrissy si alza di scatto trascinandosi dietro la borsa, quasi una forza sovrannaturale la spingesse verso la porta… e forse è così, riesce a pensare scendendo dalla scaletta, un passo alla volta fino a toccare l’asfalto ancora fradicio, tra i rami caduti e le foglie sparse dal diluvio, verso casa di Eddie. Forse è così, anzi è così: vuole crederci, in questa forza, nell’energia che la fa sentire completamente nuova. Corre a perdifiato, incurante del fiatone e del dolore ai polpacci, finché non lo vede uscire di casa con un sorriso enorme solo per lei. Gli butta braccia al collo dopo aver abbandonato la borsa vicino al solito tavolo, finendo quasi per farlo cadere in una pozzanghera, baciandolo con trasporto mentre una lacrima dispettosa, malgrado tutto, le riga la guancia.

Eccolo, il sollievo che cercava.

Eddie la ricambia sollevandola per farla girare come lei ama tanto per poi rimetterla a terra e sistemarle i capelli che le coprono il viso dopo la corsa, rassicurandola senza parole. Si limita a indicarle il furgone con un cenno della testa: aspetta solo una conferma, un gesto qualunque che dia il via a tutto.

Chrissy annuisce.






__________

Ogni singola volta inizio con il proposito di creare un capitolo di mezzo che sia breve, ogni singola volta finisco per scrivere almeno otto pagine.....
Scherzi a parte, quando ho iniziato a delineare la trama di questa storia non avrei mai pensato di riuscire a scrivere più di una one-shot su di loro, ma le idee sono arrivate con più facilità del previsto. Raccontare storie su Eddie e Chrissy è immensamente liberatorio e piacevole e spero davvero di riuscire a trasmettervi un po' dell'amore che provo ogni volta che mi siedo davanti al PC per buttare giù qualche idea. 
Grazie per tutto l'amore e le letture, Hellcheer fam! E grazie anche a te che stai leggendo, per essere arrivatx fin qui 
♥ 

Fede 

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Capitolo 3
*** Autunno ***


 
3. Autunno 



“If you fall I will catch you, I will be waiting
Time after time.”
 



I.
 

La prima parte del viaggio verso il Colorado la trascorre guardando il paesaggio che scorre fuori dall’auto, gli occhi spalancati, pieni di meraviglia.

Eddie guida piano accanto a lei – Steve Harrington esagerava: dopotutto sa anche prendere le curve con dolcezza, quando vuole – canticchiando le canzoni che passano alla radio e ogni tanto le rivolge un’occhiata, mentre sono fermi al semaforo o durante una delle pause. La strada è bagnata da un velo sottile di pioggia che schizza ai lati delle gomme del furgone, uno sciacquio che accompagna la musica. I Fletwood Mac per lei, una cassetta che le ha fatto trovare sul sedile, i Dio per lui, seguiti dai Black Sabbath e poi di nuovo da Madonna, per bilanciare la situazione. “Un giorno ti farò una compilation metal come si deve,” promette con il tono di chi lo sta ricordando a se stesso più che riferirlo all’altro, ma Chrissy lo guarda nuovamente con gli occhi spalancati e la sua risposta entusiasta è così pura da lasciarlo spiazzato. Deve ancora abituarsi a quella dolcezza, a qualcuno che desidera coinvolgerla nel suo mondo apprezzandola per quello che è, senza pretendere in cambio un cambiamento radicale.

“Certo! Anche con gli Iron Maiden?”

Lui si finge offeso. “Certo che sì! Pensavi forse che li avrei dimenticati, Cunningham?”
Sta ridendo, lo vede benissimo con la coda dell’occhio. Chrissy allunga un braccio fuori dal finestrino, catturando l’aria fresca di settembre con le dita, godendosi quella sensazione di libertà che le gonfia il cuore, zittendo i pensieri disordinati che minacciano di aggredirla ogni volta che il silenzio scende tra loro. La sua borsa è nel bagagliaio, accanto a quella di Eddie. Lui ha lanciato la giacca di pelle sul sedile posteriore: alla prima pausa alla stazione di servizio ha tirato fuori una camicia a scacchi rossa e nera e l’ha indossata sopra alla t-shirt, il tessuto morbido che odora di erba, consumato all’altezza dei gomiti. Profuma di un tempo che non hanno vissuto insieme, di ricordi di cui solo lui ha memoria. Gli sta benissimo. Vorrebbe dirglielo, ma è da tutta la mattina che cerca di mettere in ordine quello che pensa senza riuscire a trarne nulla, a parte risposte brevi e piccoli sorrisi.

Passerà. Forse deve solo abituarsi, come ha fatto finora per ogni altra cosa. Abituarsi al dolore dello stomaco vuoto che protesta chiedendo nutrimento, alla presenza costante di Jason al suo fianco a ogni singola festa, alle intromissioni di sua madre nella sua vita. Almeno stavolta non si tratta di qualcosa di negativo.

La cartina che Eddie ha infilato nel cruscotto riporta una dicitura a penna, in una scrittura che non è la sua: 17 ore, non lontano da Steambot Springs. Una volta distolto lo sguardo dal paesaggio, infila la mano nel cassetto per prenderla, rigirandosela tra le mani come se non sapesse bene cosa farsene. “È stata Cassie,” spiega lui, senza staccare lo sguardo dalla strada. “Mia zia,” aggiunge un attimo dopo, come se bastasse quella parola a spiegare tutto, mentre il sole fa capolino tra i filamenti di nuvole e scalda il cofano del furgone e la punta delle dita di Chrissy. “Mia madre le faceva visita spesso, a volte portava anche me. Chiederemo a lei di trovarci un posto dove stare, ha sempre un sacco di risorse.”

Le piace quella parola: risorse. Eddie sa sempre come fare, ha un asso nella manica per tutto e la forza di rivoltare con una risata anche le situazioni peggiori. Vorrebbe possedere quel potere, quella forza gentile di mettere in disordine il mondo ridendo in faccia a chi vuole impedirgli di essere se stesso, ma forse è solo un’altra delle cose che imparerà in quella nuova vita. Un passo dopo l’altro, dimenticare quella che è stata per costruire una nuova se stessa, quella nuova Chrissy che si è fatta strada con tanta fatica nel suo cuore.

Forse, sì. Quel meglio di cui parlava con se stessa e che sta arrivando, veloce come le nuvole che scorrono davanti al sole. Chrissy sorride, si permette di immaginarlo mentre le osserva, sfidandosi a trovare un significato nelle loro forme come faceva da bambina.

Dopo la seconda sosta il vento inizia a spirare dolcemente, si infila nello spiraglio di finestrino lasciato aperto per accarezzarle il viso. Eddie ha cambiato cassetta, le note di Life On Mars riempiono l’abitacolo insieme alla voce di David Bowie e Chrissy si addormenta con la testa appoggiata al poggiatesta, cullata dal rombo del motore. Sogna sua madre che le allarga la gonna della divisa, nervosa perché non ha abbastanza filo per completare il lavoro, suo padre che guarda la televisione senza dire una parola, le guance segnate da due righe lucide di lacrime che finiscono sul giornale, bagnando la pagina delle notizie del giorno. Sogna Jason che legge la sua lettera senza dire nulla, stringendo nel pugno un pezzo di carta che si accartoccia sempre di più, mormorando le parole che ha appena letto, spero tu sia felice, se puoi non pensare a me, meriti di trovare qualcuno che accetti di vivere il tipo di vita che desideri e tutto il resto. Colori confusi, paesaggi che si sformano e corrono insieme a lei, insieme all’auto, insieme alla musica che resta sullo sfondo senza essere invadente, mentre Chrissy si allontana nella luce e né sua madre, né suo padre, né Jason la seguono.

Sono immagini dure, eppure non le provocano nemmeno un grammo dell’antica paura: basta quella sensazione rassicurante a non farle trasformare in un incubo, come è sempre accaduto finché Eddie non è entrato nella sua vita.

Chrissy sogna, salutando il passato con la mano, e quando si risveglia è sorpresa di ritrovarsi con la testa appoggiata sul morbido, le gambe distese. Il furgone è fermo in quello che sembra un parcheggio o qualcosa di simile, un albero dalle fronde rade cerca di coprirlo come può. Eddie è appoggiato allo sportello del passeggero, fuma una sigaretta con lo sguardo rivolto al cielo. Deve averla presa in braccio e spostata sul sedile posteriore per farla riposare un po’, fermandosi a quella piazzola di sosta per non disturbarla, con la sua solita gentilezza che non chiede nulla in cambio.  
 
 

II.
 

Proseguono fino a che il sole non inizia a calare all’orizzonte, rosso brillante e splendido come solo i tramonti di settembre sanno essere, circondato da nuvole che virano dall’arancio al rosa ad un viola intenso, quasi temporalesco. Mancano ancora sette ore all’arrivo, ma hanno deciso di comune accordo di trascorrere la notte in un motel sulla strada. Chrissy è talmente eccitata da quell’avventura che non avrebbe protestato nemmeno se le avesse proposto di dormire nel retro del furgone, ma lui è stato irremovibile: “Meriti un letto come si deve, piccola, e di mangiare qualcosa di meglio di un pacchetto di patatine,” le ha detto, scompigliandole affettuosamente i capelli.
Così si sono fermati al primo motel dall’aria leggermente più affidabile e con un cartello che indicava delle stanze libere, Eddie ha parcheggiato e sono entrati nella zona già illuminata dai lampioni, una grossa scritta intermittente al neon a indicare la loro nuova dimora temporanea. Stardust Motel, legge Chrissy. Le piace, come nome. Promette bene.

Mentre Eddie allunga i documenti alla donna alla reception, un pensiero rapido come un fulmine la coglie in pieno: e se i suoi – o Jason – la cercassero proprio lì? Non dovrebbero far altro che chiedere se sia passata una ragazza bionda con i capelli legati in una coda e una felpa bianca che risponde al nome di Christine Elizabeth Cunningham, il registro delle presenze farebbe il resto… ma un secondo dopo torna alla realtà, rimproverandosi: i suoi la credono ancora in viaggio. Non la verrebbero mai a cercare in un motel tra due stati, non appariranno sulla soglia della sua stanza per riportarla a Hawkins e costringerla a seguire la strada che hanno scelto per lei. Non sanno nulla di quella fuga e probabilmente non la scopriranno mai, se non nel momento in cui rivelerà finalmente le carte in tavola, sconvolgendo il quadro con il quale hanno scelto di illudersi.

Stringe tra le dita il documento che ha appena ripreso perché la aiuti ad ancorarsi quel presente così nuovo da sembrare quasi spaventoso, poi inspira. Andrà tutto bene, Chris, si ripete. Tutto è spaventoso la prima volta. Devi solo farci l’abitudine.

Non sei più sola.

“Una doppia,” chiede Eddie, esibendo il suo miglior sorriso luminoso e rassicurante, allungando una banconota alla donna a cui ha appena mostrato i documenti. Chissà cosa penserà di loro: forse li considera una coppia giovane partita per una vacanza post-diploma, o magari ci ha preso in pieno e ha intuito subito la situazione. Qualunque sia la risposta, non fa domande: si limita ad allungargli una chiave con un talloncino di plastica blu attaccato. “Stanza numero 5, i distributori automatici sono qui a destra,” offre a mo’ di saluto e li guarda a malapena allontanarsi, due sagome che scompaiono nel corridoio, un ragazzo con una camicia a scacchi e un paio di Reebok bianche sfondate e una ragazza dai pantaloni rosa e lo sguardo schivo.

La stanza è più bella di quanto Chrissy possa sognare: ampia, la carta da parati a fiori rosa ancora integra e le porte in legno scuro, con un letto dalla trapunta beige che sembra appena cambiata. Posa la borsa sul letto e corre ad ammirare il bagno, felice come una bambina alla prima gita scolastica, mentre Eddie si leva le scarpe e le lascia cerimoniosamente accanto al tavolo di legno su cui è sistemata una televisione tutto sommato in buono stato. Il bagno ha un buon profumo, la cameriera ha lasciato alcune saponette sul lavabo, di quelle con la carta impossibile da strappare senza l’aiuto delle forbicine del nécessaire. Sorride prendendone una, se la rigira tra le dita come fosse un tesoro di inestimabile valore, poi si toglie le scarpe anche lei. Nessuna delle sue amiche si sorprenderebbe tanto nel vedere una stanza di motel come quella: niente a che vedere con gli hotel che frequentano, né con quelli che ospitano squadre come i Tigers in trasferta. Ma quella fuga è solo sua, solo loro, e anche le quattro pareti piastrellate di bianco del bagnetto le sembrano quelle di una reggia meravigliosa.

Eddie si è steso sul letto. Allarga le braccia e le gambe sul materasso, sfinito.

“Non ne potevo più. Temevo che avrei finito per fondermi con quel dannato sedile… meno male che questo posto aveva ancora un paio di camere libere, o ci sarebbe toccato lottare per piegare i sedili posteriori del furgone. L’ultima volta che ci ha provato, Gareth si è quasi lussato una spalla.”
Chrissy si siede per terra, appoggiando la schiena al materasso. La moquette è blu scura, con qualche macchia nella zona vicina alla porta. Chissà chi è passato di là, in che direzione l’ha portato la vita. Chissà se tra loro c’erano rockstar mancate, o ex reginette del ballo in cerca di loro stesse. Qualunque sia il caso, spera abbiano trovato la loro strada. Si mordicchia un’unghia, pensierosa, finché le dita di Eddie non scivolano piano a sfiorarle la coda ormai sfatta.

“Chris… non è un problema per te dormire insieme, vero?”

“No!” esclama immediatamente lei, mettendoci tanta foga da strappargli un sorriso. Lui la accarezza ancora, come a rassicurarla. “Perché dovrebbe essere un problema?”

“Beh, sai…” si gira sulla pancia, così da poterla guardare meglio. Chrissy si volta, mentre i suoi occhi scurissimi la avvolgono completamente, facendola quasi rabbrividire per l’intensità di quello sguardo. “Non so, magari volevi stare un po’ da sola. Dormire per conto tuo, riflettere. Ho dato per scontato che volessi restare con me come quando eravamo nel trailer, ma magari…”

Chrissy interrompe quel fiume di parole con un bacio, alzando la testa per premere le labbra contro le sue e  cancellare ogni insicurezza con il suo entusiasmo che, ormai l’ha imparato, sa essere tumultuoso. È stato Eddie a insegnarglielo, oppure ha trovato quella forza dentro di sé, scartando la corteccia di una vita ripetitiva, incolore? Lui ride sotto al bacio, le sposta per l’ennesima volta una ciocca di capelli dal viso.

“D’accordo, d’accordo! Quindi accetta la proposta, miss Christine. Mi fa molto piacere.”

“Non potrei fare altrimenti, Eddie il reietto. Ora che hai accettato di scappare con me, dovrai sopportare tutte le conseguenze. Una per una.”
“Una per una,” ripete lui, assaporando quelle parole con calma. Si solleva, ridendo, e alza la manica della camicia quel tanto che basta a controllare l’ora sul display dell’orologio elettronico nero, l’unico regalo di sua madre che ancora gli resta, a parte i bei ricordi di una parte di vita vissuta al suo fianco. “Tra poco possiamo andare a procurarci qualcosa da mangiare, miss Christine. Ho visto un locale qui accanto che fa proprio al caso nostro… che ne dici?”

Ma Chrissy si limita a emettere una specie di “mh-mh” distratto di assenso, mentre passeggia per la stanza osservandone i dettagli. Sul letto hanno appeso un quadro che rappresenta un paesaggio immerso nel verde, con alberi lussureggianti e quello che sembra un castello bianco in fondo alla valle, lontano anni luce dall’interstatale e dai suoi dintorni polverosi, segnati da alberi e campi che iniziano a ingiallirsi. Le lampade sono carine, ceramica bianca e paralumi retrò, a sua madre piacerebbero moltissimo. Il legno delle sedie è tirato a lucido, hanno i cuscini di velluto abbinato al copriletto. E chiunque abbia sistemato la stanza non si è limitato a rassettare i cassetti e la Bibbia contenuta nel comodino, no: l’ha sistemata in bella mostra accanto alla lampada, come una sorta di invito, o forse di ammonizione. La osserva, le lettere d’oro stampate sulla copertina ed Eddie a breve distanza, con la maglietta dei Black Sabbath e l’orlo blu dei boxer che spunta dai pantaloni che iniziano inesorabilmente a calare per via della posizione, e scoppia a ridere all’improvviso. Una risata piena, liberatoria, che la scuote da capo a piedi, le toglie il respiro, quasi le fa venire il singhiozzo. Ride anche mentre Eddie la afferra e le fa il solletico, agitandosi perché smetta e sperando non lo faccia, ride mentre la prende tra le braccia ancora una volta e la bacia sul collo e sulle spalle. Ride fino a dimenticarsi perché sta ridendo, ma un attimo dopo si rende conto che non importa: è l’inizio del loro viaggio, della sua libertà.

Perché non ridere, quando può farlo senza che nessuno le dica di smettere?
 
                                                                  

            III.                     
 

Eddie aveva ragione: il locale è davvero carino. A pochi passi dal motel e annunciato da un’insegna al neon rosa e blu, ha l’aspetto di un diner anni Cinquanta rimodernato da parecchie luci e da una serie di panche rosse fiammanti dall’aria molto comoda. All’interno convivono una macchina per il karaoke e un juke-box, le plafoniere rotonde rendono l’atmosfera più calda e familiare e un paio di cameriere vestite di verde raccolgono le prenotazioni, accogliendo i clienti con un sorriso.

È assurdo pensare che esista un posto simile, così lontano da Hawkins e così pieno di colore, pensa Chrissy, mentre una delle donne – Brenda, come indica il nome sulla targhetta – gli mostra una panca libera in fondo al locale, dove si accomodano subito. Solo ventiquattro ore prima era seduta a tavola con i suoi, a fissare un mucchietto di piselli con il cuore in gola e con lo stomaco in subbuglio per la fame mentre cercava di ignorare lo sguardo indagatorio di sua madre, e ora è da qualche parte tra il Missouri e il Kansas, in un diner insieme a Eddie. Pronta a scegliere cibo da un menù plastificato popolato di alimenti gustosi, proibiti, pieni di grassi e nutrienti e sostanze che Laura Cunningham non vuole nemmeno sentire nominare, figuriamoci vederle nel piatto della figlia…

Ma sua madre non è lì. E Chrissy non vede l’ora di disobbedirle ancora.

La macchina del karaoke è stata occupata da una donna dai capelli tinti di rosso carico, che smanetta con il microfono nel tentativo di farlo funzionare. Al momento di ordinare – un hamburger doppio con patatine per Eddie, mentre Chrissy opta per un paio di club sandwich – ha già iniziato ad esibirsi in una cover piuttosto opinabile di You Give Love a Bad Name.

“I Bon Jovi la butterebbero subito fuori,” ridacchia Eddie a voce bassa per non farsi sentire, ma la verità è che non lo sentirebbe comunque: il volume è talmente alto, tra la base e la voce, da coprire qualunque altro suono. Chrissy annuisce, ridendo insieme a lui, e Eddie inizia subito un gioco a base di canzoni che potrebbe cantare con il suo stile e di band disposte a scritturarla per un giro di prova, tanto per farla ridere ancora. Te la immagini For Whom The Bell Tolls cantata così? E Don’t You Forget About Me? Like a Virgin avrebbe qualcosa di sperimentale, scherza Chrissy, e le si illuminano gli occhi quando Eddie scoppia a ridere, coprendosi la bocca con una mano per frenare i mugolii che minacciano di farlo scoprire. No no aspetta, che ne dici di The Riddle? Diventerebbe un’esperienza mistica, qualcosa di mai sentito prima! Ma in realtà neppure io sono tanto intonato, dovrei prendere qualche lezione… è inutile che mi guardi così, è vero! Se mi unissi a lei romperemmo i vetri…

La cameriera con il vassoio arriva proprio mentre Chrissy è ancora impegnata a sferrargli un pugno scherzoso sul braccio, ed Eddie a fingere di non riuscire a schivarlo. I club sandwich sono quattro, tostati alla perfezione e bloccati dagli stuzzicadenti, con il giallo dell’uovo e il verde dell’insalata che brillano tra gli strati, come il sale sulla montagna di patatine fritte. Accanto all’hamburger la cameriera ha lasciato una ciotola piena di salsa rosa dal profumo interessante, oltre ad un paio di bustine di ketchup.

Per la prima volta dopo anni interi, Chrissy sente di avere l’acquolina in bocca.

“Inizio io?” si offre Eddie, e il suo solito sorriso scanzonato viene sostituito per un attimo da un’espressione cauta. Sa bene quanto sia difficile per lei lasciarsi andare e mangiare normalmente: tutti i pomeriggi e le serate nel trailer e con l’Hellfire gliel’hanno ampiamente dimostrato. Si è sempre limitato a comprarle qualcosa per cercare di stuzzicarle l’appetito, a farle trovare esattamente quel cibo di cui aveva parlato una volta, anche di sfuggita… ciambelle coperte di glassa, sandwich tostati, pancake. Una volta le ha persino cucinato una specie di sformato di carote, appena un po’ troppo bruciato ma buono, l’ha capito dal suo sguardo pieno di gratitudine. Piccoli passi per farla sentire meno in colpa con se stessa, più felice di condividere qualcosa di nuovo con lui. Finora ha funzionato.

Chrissy annuisce, ma ha già preso il primo sandwich per intingerlo nella salsa e un attimo dopo lo porta alla bocca, chiudendo gli occhi dopo il primo morso. Tua madre non è qui a sgridarti, le sussurra la sua mente, per incoraggiarla. Tua madre non può togliertelo dal piatto urlandoti addosso, non può minacciarti di rifarti la gonna della divisa perché sei ingrassata. È a miglia da qui, a vivere la sua vita senza proiettare le sue insicurezze su di te.
Goditela finché puoi.

Il pomodoro è sugoso, il pane croccante sui bordi, ruvido al centro. L’insalata ha un buon profumo di cibo fresco, così come le fette di formaggio. Dà un altro morso, assaporando con attenzione tutto l’insieme.

È buonissimo.

Senza nemmeno rendersene conto, lo finisce in tre morsi. Poi beve un sorso d’acqua, la lascia scendere nella gola per assaporare la freschezza delle bollicine e sospira, felice. Non ha mai avuto così tanta fame in vita sua, o forse erano anni che non si permetteva di averne.

“È la cosa più buona che abbia mai mangiato.”

Eddie sorride, attaccando il suo hamburger con un morso.
 

IV.
 

“Sai, i primi tempi credevo fossi una di quelle ragazze…”

“Quelle ragazze?” chiede Chrissy storcendo il naso, aspettando che Eddie rida nell’oscurità. Lui non la delude, e fa di più: le posa un bacio tra i capelli, stringendola a sé.

“Sì, le ragazze tutte casa e chiesa, interessate solamente alla scuola durante la settimana e alla Chiesa la domenica. Poi, da quando ti sei seduta su quella panchina e abbiamo iniziato a parlare, ho capito che mi sbagliavo. E quanto! Chi l’avrebbe mai detto che Chrissy Cunningham fosse davvero una svitata?”

Chrissy gli strofina la testa sotto il mento, approfondendo il contatto di poco prima senza nemmeno rendersene conto. Dopo la cena sono tornati in camera ridendo come due ragazzini, il braccio di Eddie sopra le sue spalle e il suo a cingergli la vita, salutando con un sorriso brioso la persona alla reception, ora un uomo calvo con gli occhiali. Per un attimo fugace ha pensato di tirare fuori il pigiama come una brava ragazza e di metterselo prima di infilarsi a letto, ma la sua immagine allo specchio le ha rivolto uno sguardo completamente diverso: nuova vita, nuove regole… meglio che ti abitui subito, ex cheerleader capo. Così si è limitata a sfilarsi i pantaloni rosa, il cardigan e la maglia bianca per restare con addosso solo le mutandine di cotone bianco e il reggiseno abbinato, uno di quei completini che sua madre riteneva un affronto dozzinale al buon gusto.

(Eddie no. Lui le ha sempre fatto i complimenti, qualunque cosa indossi, perché la trova bellissima e non smetterebbe mai di dirglielo. Lei non ha ancora trovato il modo di fargli capire quanto quelle attenzioni le risanino il cuore, pezzo dopo pezzo, un balsamo in grado di far guarire ogni ferita).

Non appena l’ha vista armeggiare con la chiusura dei pantaloni si è voltato, per non metterla in imbarazzo.
Ha aspettato che si infilasse a letto, è entrato in bagno e ne è uscito con la sua inseparabile maglietta-da-notte dei Black Sabbath, quella sbiadita, che è anche uno dei pochi ricordi felici che ha di suo padre.

La stanza è immersa nel buio: solo i lampioni all’esterno proiettano un fascio di luce debole, interrotto dalle righe geometriche delle tapparelle. Ogni tanto un'auto spezza il silenzio, ammortizzatori che sobbalzano e stridore di pneumatici sull’asfalto, o un camion che sferraglia verso il nulla. La lama di luce giallo intenso sotto la porta si è spenta da poco. Deve essere molto tardi, pensa Chrissy, sua madre starà sicuramente dormendo. Forse sogna. Chissà perché non si sono mai confidate a vicenda i loro sogni. Forse, se lei avesse iniziato, anche casualmente, sarebbe stato più facile confessarle che la protagonista dei suoi incubi era proprio lei, e tutte le aspettative (disattese) che riponeva in una figlia perfetta…

Le dita di Eddie le sfiorano i capelli, piano piano, quasi avesse timore di farle male con una carezza più forte delle altre.

“In realtà non andavo molto in Chiesa,” sussurra lei, lo sguardo che non riesce a staccarsi dalle ombre sul muro. “Giusto la domenica, e solo perché mia madre non voleva fare brutta figura con le amiche del circolo femminile. Quando ero più piccola contavo i minuti per uscire e andare a giocare con le altre bambine, ero così impaziente che lei si arrabbiava. ‘Se continui così niente gelato, Chrissy’ mi diceva ogni volta in cui le chiedevo che ora fosse… poi ha smesso di comprarmelo per altri motivi.” Sospira. “Ma tu…”

“Io sono Eddie Munson il satanista, ricordi? Se fossi entrato, le navate avrebbero preso fuoco, come minimo.” Le strappa una risata sincera, che risuona nel bel mezzo della stanza. “Penso di esserci entrato un paio di volte quando ero piccolo, forse per qualche matrimonio di amici di mia madre… lei era un bel tipo, sai. Non ho nemmeno idea di quale religione praticasse, se ne ha mai avuta una. Il tipo religioso della famiglia era zio Wayne, l’avresti mai detto?”

“Sul serio?”

“Assolutamente sì. Per un periodo frequentava moltissimo la Chiesa, soprattutto dopo che hanno messo dentro mio padre. Credo cercasse risposte alle sue domande, e il silenzio che trovava lì dentro lo aiutava a riflettere… finché non hanno iniziato a parlargli alle spalle, per cui ha deciso di smettere di andarci.”

Sospira, lasciandole un attimo per ricordare il viso di suo zio, l’abbraccio che ha dato a entrambi prima di partire, solo qualche ora prima. Non vi mettete nei guai l’ha sentito sussurrare all’orecchio di Eddie, poi ha stretto forte anche lei e le ha rivolto uno sguardo che non aveva mai visto prima, triste ma pieno di fiducia, quasi le stesse affidando ciò a cui teneva di più.

Abbi cura di Eddie.

Quando si è sporta dal finestrino per salutarlo prima di girare la curva, è sicura di averlo visto piangere.

“Poi ha avuto i suoi problemi con il lavoro… insomma, le solite cose. Ma no, nessun altro Munson si è mai rivelato particolarmente religioso. Forse il mio vecchio prega di più ora che è finito dentro, magari proprio ieri si è fatto tatuare una croce enorme sul petto per festeggiare la fede ritrovata…” si lascia sfuggire una risata, tutto tranne che allegra. “In ogni caso, il problema era chi la frequentava, non la Chiesa in sé. Chissà, magari una volta ci siamo anche incontrati, quando eravamo piccoli.”

Una prova in più di quanto quell’incontro avesse un senso già stabilito, nell’enorme quadro cosmico che comprende le loro vite. Chrissy sorride tra sé, traccia segni pigri e confusi sul suo petto, il sonno che inizia a sfiorarla appena. Il letto è sfondato, la rete cigola implacabilmente ogni volta che si girano. Deve averne viste tante, tra persone che l’hanno usato per guadagnarsi una notte di riposo durante una fuga, amanti clandestini e disperati desiderosi di rifarsi una nuova vita partendo da un luogo lontano, in cui nessuno li conosceva. Disperatamente felici come loro, forse. Incoscienti. Qualunque sia la sua storia, Eddie si sistema meglio per farle spazio, emettendo un gemito di fastidio quando una molla si sposta e spinge sul suo fianco.

Eppure è tutto così bello.

La moquette consumata ai piedi del letto, i quadri comprati chissà dove, il posacenere di vetro sulla scrivania. Persino la Bibbia nel comodino e il pacchetto di fiammiferi con la scritta Stardust Motel in rosso, il rumore dei camion e l’asciugacapelli di plastica, di quelli che appena li sfiori si staccano dal muro e iniziano a ronzare, penzolando come tristi anime in pena. È tutto perfetto, un quadro che nessuno avrebbe saputo dipingere meglio, un angolo di normalità che si sono ritagliati come un premio insperato e di cui stanno apprezzando ogni brandello. Ridere di scemenze, gettare le scarpe in un angolo della stanza senza preoccuparsi di metterle in ordine. Infilarsi nel letto accanto a Eddie e sfiorare le sue caviglie con la punta dei piedi, quasi spaventata all’idea di dormire davvero con lui, e allo stesso tempo deliziata per il coraggio di quella fuga.

“Chissà,” mormora, mentre il sonno si fa sempre più avanti, confonde i suoi pensieri mentre la tira a sé con le dita sottili, come fili di fumo. La mano di Eddie affonda tra le ciocche, le accarezza con dolcezza abbandonata, l’incavo del suo braccio la accoglie così come il materasso sfondato e tutto attorno a lei si fa confuso, morbidamente accogliente, sussurrato. In men che non si dica si addormenta, un ultimo pensiero che sfugge trasformandosi, mischiandosi ad un anticipo di sogno: siamo insieme. Sarà
sempre abbastanza.


La prima notte di libertà di Chrissy Cunningham trascorre in una stanza di motel economico, con la moquette consumata e il posacenere di vetro davanti a un televisore che trasmette due canali su sette, tra le braccia dell’unica persona di cui sente di potersi fidare: Eddie Munson, lo svitato dai capelli troppo lunghi. Il satanista capo dell’Hellfire club, il pessimo soggetto che nessuna madre per bene vorrebbe mai accogliere a casa sua, figurarsi averlo come futuro genero. Il ragazzo che nessuno avrebbe mai pensato di vedere con il tocco sulla testa – troppo stupido, troppo ribelle, troppo sfrontato – e che ha reso quel 1986 veramente il suo anno.
Eddie Munson che è anche il suo ragazzo, da qualche mese a questa parte.

Il ragazzo di cui si è innamorata.
 
 
 
 
V.
 
Il Colorado si avvicina e le montagne iniziano a farsi strada tra le prime luci del mattino, tra uno sbadiglio e un bicchiere di caffè ancora troppo amaro nonostante il dolcificante (“non c’è niente di male nello zucchero, Chris” le ha fatto notare lui, accigliato: deve ricordarsi di dargli retta), la luce rosata che presto si trasforma in dorata e poi in azzurra, il cielo che accoglie quei colori passando dall’uno all’altro con grazia, lasciandogli il posto che meritano. Partiamo presto, così avremo tutta la giornata per ambientarci, ha proposto Eddie: lei ha annuito, entusiasta.

Si è svegliata che il sole non era nemmeno sorto ed è sgattaiolata piano fuori dal letto per godersi quella prima alba diversa da tutte le altre, in piedi contro la finestra socchiusa, inspirando a pieni polmoni l’aria dell’esterno. Quei colori che ha ammirato così di rado l’hanno talmente incantata da non accorgersi nemmeno di Eddie, scivolato pianissimo alle sue spalle: l’ha salutato con un bacio sulle labbra ed è rimasta così, con le sue braccia a cingerla da dietro e la sua testa appoggiata a una spalla, ad ammirare il sole che saliva sempre di più.

È la prima di molte albe, ha pensato, scossa da un brivido. E si è chiesta, per l’ennesima volta, cosa succeda davvero il giorno prima che la tua vita cambi del tutto, se qualcosa nel fondo dell’anima se ne renda davvero conto e possa testimoniarlo anche in seguito, aggiungendo un tassello alla storia. Cos’era lei prima di quel 21 marzo, prima del loro incontro nella radura? La Chrissy del 20 aveva idea che, appena sei mesi dopo, al principio di un nuovo autunno, avrebbe ripensato ad Hawkins in piedi nella stanza di un motel tra il Missouri e il Kansas con un misto di tristezza e risoluzione?

La risposta è ovvia e non importante. È il futuro a contare, solo il futuro, quello che ha scelto per sé ormai da mesi. Quello che spera di avere il coraggio di confidare anche ai suoi, prima o poi.

Eddie sembra allegro, spensierato: canta ad alta voce un brano dei Metallica che Chrissy non conosce e ogni tanto controlla la loro posizione sulla carta, ma sembra muoversi con molta più sicurezza rispetto a qualche miglia fa. Sono i luoghi della sua infanzia, riflette lei, probabilmente è la memoria a guidarlo senza sbagliare. Un po’ lo invidia. I Cunningham sono sempre vissuti in Indiana, non si raccontano storie mirabolanti e misteriose su nonni e bisnonni a casa sua… a sua madre, poi, non è mai piaciuto viaggiare, e si è trovata un marito docile, silenzioso, che condividesse quell’antipatia. I viaggi non sono mai entrati nei suoi interessi, c’era il posto di reginetta del ballo a cui pensare, quello che si è guadagnata per ben tre anni di fila. E i voti! I suoi erano i più alti della classe, in tutte le materie! Avrebbe avuto un futuro promettente, ma i nonni erano stati categorici: una donna sposata con l’uomo giusto non ha bisogno di lavorare, né di studiare. Ecco perché Chrissy è stata fortunata a trovare Jason l’ho sempre detto i suoi hanno un’ottima posizione. Certo può andare al college per svagarsi un po’ e farsi una cultura ma una volta tornata dovrà pensare al matrimonio e comunque…

Scuote la testa. Il pensiero di sua madre non la lascia andare, ed è l’ultima cosa di cui ha bisogno in un momento simile.

All’ultima sosta Eddie le ha comprato un muffin ai mirtilli freschi per fare colazione e le ha indicato la cittadina dove sono diretti: Finn Haven, un nome evidenziato da un cerchio tracciato con un pennarello nero tra le linee blu dei fiumi e quelle rosse e gialle delle strade. Ricorda di averlo visto sull’indirizzo delle cartoline nel suo cassetto, un nome che sulle prime non le ha detto nulla, ma che per lui deve significare tutto. Il paesaggio stampato sui cartoncini era molto simile a quello che li circonda, con alberi altissimi e vette maestose, e basta quel pensiero a riempirle il cuore di una gioia sottile, un misto di anticipazione ed entusiasmo. Quella gioia che la bambina che è stata non ha mai dimenticato.  

Sembra un bel posto. Perfetto per ricominciare da capo. 

Questa volta riesce a non addormentarsi: ci sono tante cose da scoprire, tante strade da osservare a occhi spalancati per coglierne ogni dettaglio. I boschi scorrono come un nastro verde oltre il finestrino, Eddie rimette la cassetta dei Fletwood Mac per rallegrarla e in un attimo si ritrova a canticchiare Landslide senza nemmeno accorgersene, le dita che si agitano nella brezza fresca del mattino. Per fortuna ha portato con sé più abiti invernali che estivi, pensa. La notte deve essere fredda, nei boschi probabilmente farà ancora più freddo. Come sarà Finn Haven? Un posto piccolo come Hawkins ma più raccolto, un paese da cartolina natalizia? Avrà un bosco alle spalle, con degli alberi maestosi in grado di proteggerla da tutti i mali, come quelli tra cui si nascondevano a Forest Hills? E dove andranno a dormire quella notte? Immagina una casa piccola, con le imposte di legno e un tavolo da picnic fuori dalla porta, identico a quello fuori dal trailer di Eddie. Una cucina invasa dalla luce, armadi pieni di abiti che nessuno usa più, un paio di sci che la sua immaginazione posiziona accanto alla porta, totalmente a caso, ma basta il pensiero ad allargarle il sorriso.

Una vita anonima, ma piena di bellezza. Come ha sempre desiderato.

Dopo un paio d’ore che sembrano volare come se fossero trascorsi solo cinque minuti, Eddie ferma il furgone. Al di là di un ponte si snoda una cittadina di case dai tetti colorati, alcuni rosso scuro, altri più chiari, intervallati da alberi e aiuole ben curate. Scende per aprirle la portiera e la prende per mano senza una parola: si limita a sorriderle. Chrissy scende con un salto, rassettando la giacca, cercando di eliminare le pieghe dei pantaloni rosa. Il suo desiderio di avere un aspetto ordinato lotta contro la curiosità pura di avventurarsi subito in città, ma in un attimo è la prima ad avere la meglio.

“Prendi la borsa, il resto della strada lo facciamo a piedi. Dopo verrò a riprendere il furgone… credo che Cassie ci stia aspettando.”

Lei annuisce, sistemandosi la cinghia sulla spalla. Allungando il collo le sembra di vedere in lontananza una fontana decorata da quello che sembra un pesce stretto tra le zampe di un orso, o qualcosa di simile. L’acqua gorgoglia cantando una canzone, il vento del mattino sposta le corolle dei fiori nelle aiuole, ancora vividi: l’estate sta finendo, qualche segno della sua bellezza resta ancora. Ma i fiori di Hawkins non sono mai stati altrettanto belli.
Girando la testa verso i negozi – due drugstore, forse una boutique, un ferramenta da cui è appena uscito un uomo – nota immediatamente un’insegna di legno, con una chitarra scolpita in rilievo. Dalle due vetrine si intravede un bancone tappezzato di poster e una serie di scaffali alti, probabilmente pieni di cassette e dischi. Quasi saltella sul posto indicandoglielo, in preda all’entusiasmo, ed Eddie sorride di nuovo.

“Ti piacerà, vedrai.”

Le stringe la mano. Chrissy lo segue lungo la strada di mattoni rossi, lo sguardo che si sposta dagli alberi ai negozi alle aiuole e poi di nuovo agli alberi. È impossibile cogliere tutti quei dettagli con un solo sguardo, tanto che alla fine decide di rinunciarci e si limita a lasciarsi guidare in avanti, la brezza gentile che le scompiglia i capelli. Per un attimo si chiede se è mai stata tanto attenta a quelle piccole cose, il profumo del vento e il modo in cui il sole filtra tra le foglie degli alberi, ma prima che la risposta possa arrivare Eddie si è fermato di nuovo, stavolta di fronte a quella che sembra una lunga passeggiata fiancheggiata da panchine e lampioni. Davanti a loro un albero dal tronco segnato allunga le foglie al cielo, mostrando già qualche ramo in cui da verde tenero sono diventate gialle. Attorno al tronco è stata sistemata una panchina che gira in cerchio, quasi abbracciasse la corteccia ruvida e antica, e sulla panchina è seduta una donna.

Una donna con i capelli scuri tagliati corti e un paio di occhiali da sole calati sugli occhi. A parte il taglio particolare sembrerebbe una persona come tante, con un paio di jeans a vita alta e una canottiera bianca, ma la camicia che indossa aperta sopra la canottiera è identica a quella di Eddie: rossa e nera a scacchi, di flanella morbida. Appena più consumata, come se fosse stata amata e vissuta in parti uguali.

Eddie, di fronte alla donna, le rivolge un saluto con la mano, come a volerle mostrare i suoi rispetti. Lei, per tutta risposta, si alza di scatto e gli corre incontro, afferrandolo in un abbraccio travolgente, stringendolo con l’impeto di chi non vede una persona da un millennio e desidera ricominciare subito a recuperare il tempo perduto… il che deve essere esattamente quello che è successo, pensa Chrissy. La famosa Cassie, l’amica di sua mamma. Una persona completamente senza età, che potrebbe essere loro coetanea come quarantenne, e che sta cercando disperatamente di trattenere le lacrime con una smorfia molto eloquente.

Si allontana di un passo, appoggiandogli entrambe le mani sulle spalle con un sorriso ampio e caloroso.

“Beh, che dire… sei molto più alto di quanto ricordassi, Eds.”





______________

È stato un periodo un po' così (leggasi: non ho avuto un attimo libero per scrivere, sob) dal punto di vista lavorativo e ne ha risentito anche la scrittura. Come al solito con i capitoli di passaggio sento sempre di non essere riuscita a raccontare i sentimenti come vorrei, ma spero vi sia piaciuto tanto quanto gli altri 
♥ 
Molte delle canzoni che trovate nei capitoli fanno parte della playlist che ho creato per loro: è  qui, se volete entrare nel mood della storia. 

Grazie ancora a chiunque è arrivato fin qui, e a chi ha inserito la storia nei preferiti e nelle seguite! Mi fa sempre piacere leggere cosa pensate dello svolgimento degli eventi, ogni singolo commento mi illumina la giornata :3
Fede
 

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Capitolo 4
*** Autunno - Interludio ***


 
Autunno – Interludio
 
 



“This could be the end of everything,
So, why don’t we go somewhere only we know?”
 
 


I.
 

Cassie è sottile come un fuscello e vigorosa come un albero scosso dalla tempesta, di quelli che, per quanto si pieghino al vento, non si spezzano mai. Chrissy lo impara subito, non appena messo piede a Finn Haven: con lei il mondo assume tutta una serie di colori differenti e anche ciò che sulle prime sembrava una follia acquista una concretezza nuova, quasi stupefacente. È davvero piena di risorse come le ha detto Eddie, una di quelle persone in grado di mettere in pratica tutto ciò che le passa per la mente, o quasi. Se qualcosa non viene bene si può sempre aggiustare, ha affermato con un sorriso mentre infilava una chiave tra le sue dita, ed è bastata quella semplice frase a conquistarla.

Di lei non sa molto – Eddie le ha riferito quel poco che bastava a inquadrarla, ossia che è stata la migliore amica di sua madre, che l’ha sempre considerata una specie di zia e che vive a contatto con una comunità di artisti suoi amici – ma sente che ci sarà tempo per impararlo: Cassie li ha accolti con un sorriso e senza chiedere troppe spiegazioni, annuendo a ogni svolta della storia che Eddie le ha riferito. Non le importa che siano praticamente scappati lì, e che i genitori di una ragazza all’apparenza di ottima famiglia siano convinti che la figlia alloggi in un college del Colorado, quando si è invece rifugiata in una cittadina di montagna dimenticata da Dio e dagli uomini: suo nipote è lì davanti a lei dopo anni e sembra felice. Non mi serve altro, ha aggiunto, mentre il cuore di Chrissy faceva l’ennesima capriola per la gioia.

“Casa di Carol è ancora lì dove l’ha lasciata,” conclude, bevendo un ultimo sorso di caffè. La caffetteria più carina della città ha i tavolini di legno e dei piccoli quadri alle pareti, di quelli realizzati a mano da artigiani del posto e acquistati nei mercatini stagionali. “Fino a due anni fa ci abitavo, adesso che ho trovato casa più vicino al lavoro ho iniziato ad affittarla, ma giusto a qualche turista in estate. Potete restarci quanto volete… il riscaldamento fa un po’ fatica ad avviarsi, ma possiamo pensarci io e Mick.”

“Tu dacci un prezzo zia Cas, e noi lo pagheremo,” ha tentato di contrattare Eddie con un sorriso che doveva sembrare assolutamente convincente e destinato a farle accettare in un istante qualunque condizione, ma lei è scoppiata a ridere.

“Stai scherzando? Non esiste che faccia pagare l’affitto al mio nipote preferito, non quando finalmente torna a trovarmi dopo quasi dieci anni. Consideralo un regalo di diploma, Eds… tua madre sarebbe al settimo cielo.” Sorride, spostandosi una ciocca di capelli dal viso, e Chrissy è improvvisamente colpita dalla sensazione che si tratti di una di quelle persone che non amano sbandierare al pubblico i propri sentimenti. “Mi basta sapere che stai… che state bene,  e che magari avete trovato un modo di guadagnarvi da vivere. Qui in città una mano serve sempre,” conclude, e prima ancora che Eddie possa fermarla ha già sistemato i soldi del conto nel posacenere di legno vicino alle loro tazze. “Vi piacerà questo buco dimenticato da Dio, vedrete. Di solito chi viene qui per iniziare una nuova vita poi finisce per restare.”

“Non sarebbe male,” commenta Chrissy prima di riuscire a fermarsi, e Cassie la ricompensa con un sorriso pieno di luce. Anche se non dice nulla, si sente validata dal suo sguardo.

La loro nuova casa è appena fuori città, separata dal centro cittadino da una stradina alberata che profuma di fiori tardivi. Cassie la percorre con passo sicuro, interrompendo il silenzio di tanto in tanto per indicare un negozio o per salutare qualcuno che conduce il proprio pick-up verso la montagna. Lì abita Angie, la proprietaria del negozio di dischi, quella casa è sfitta da anni, quel negozio ha aperto da poco ma i prezzi sono fantastici, ciao Susan, tutto bene a casa? e ogni parola è una novità, il tassello di un puzzle che si ricompone nell’insieme davanti ai suoi occhi, mostrandole un mondo che mai credeva di poter ammirare. Chrissy pensa di nuovo a quanta vita esista oltre a Hawkins, e quanto quel microcosmo sempre immobile, fermo in se stesso, abbia influenzato la sua di vita, in modi che nemmeno immaginava. Cosa sarebbe accaduto se fosse rimasta lì per sempre, incapace di liberarsi da quel bozzolo di aspettative statiche da realizzare?

Scuote la testa, inspirando il profumo che la circonda. La casa che hanno appena superato ha il giardino, dominato da un grande albero dai fiori bianchi. Per un attimo si immagina sotto le sue fronde, a leggere un libro mentre una pioggia di petali bianchi le copre le spalle, e quell’immagine è così vivida che le sembra di sentire il loro tocco gentile sul viso.

Eddie rallenta il passo perché lo raggiunga, allungando le dita per stringere le sue. Ogni tanto cerca il contatto fisico con lei, avvolgendole un braccio attorno alla vita o sfiorandole una mano quasi a chiederle una conferma senza parole ed è dolce, impacciato, quasi spaventato all’idea che possa ritrarsi. Non l’ha mai visto così fragile, ma quel suo nuovo aspetto la rende immensamente felice: è come se l’avesse conservato per anni per mostrarlo solo a lei, condividerlo con quell’unica persona che sente possa capirlo. E Chrissy gliene è immensamente grata, come ogni volta che si trova a contemplare un dono che la vita le fa, con le mani tese per accoglierlo e il cuore pieno di meraviglia.

Così accetta la sua mano. Il palmo caldo avvolge completamente il suo, riscaldandola fin nel profondo, anche se basta il minimo tocco con il metallo freddo degli anelli a spedirle un brivido delizioso fino alla base della spina dorsale. Chi avrebbe mai immaginato che ce l’avrebbero fatta, nonostante tutto e tutti?

Proseguono finché Cassie non si ferma davanti a una casa che spicca sulle altre per il tetto scuro e le imposte di legno, piccola ma circondata da un giardino di tutto rispetto. Il legno dello steccato è sbeccato in alcuni punti, così come quello della porta: il colore che un tempo doveva essere azzurro carico appare sbiadito, roso dagli anni. La cassetta delle lettere è stata probabilmente centrata da quello che sembra un colpo di pallone particolarmente ben piazzato e anche il legno del pavimento del porticato deve aver visto giorni migliori, ma Chrissy la osserva con gli occhi spalancati, ammaliata.

Sente Eddie trattenere il respiro. È un rumore lieve, quasi impercettibile, ma che la colpisce dritta al cuore quanto la stretta alle dita che segue poco dopo. Capisce immediatamente quello che sta provando senza che sia costretto a trasformarlo in parole: stanno per entrare di nuovo a casa di sua madre, quella casa in cui deve essere stato tante volte quando era bambino. Una casa a cui non sono rimasti altro che ricordi di voci e di momenti bloccati nel tempo, che forse restano ancora intrappolati tra le stanze e le tende bianche che fanno capolino dalla finestra affacciata sulla strada. Cassie l’ha abitata fino a qualche anno fa, certo, ma se quei ricordi fossero stati più forti del tempo? Se fossero rimasti lì tutti insieme, in attesa che la persona a cui erano destinati li richiamasse?

Lui abbassa la testa, poi la rialza. Un cenno del capo, impercettibile quando il respiro di poco prima: sono pronto. Chrissy intercetta il suo sguardo e lui le sorride, più sicuro, mentre la sua stretta si allenta appena.  

Cassie si sistema davanti alla porta con l’aria di un’agente immobiliare che sta per mostrare ai propri clienti il pezzo forte del tour tra le abitazioni del quartiere. Il suo sorriso è ancora più ampio e caloroso mentre gli fa strada verso l’ingresso e lascia che Eddie infili la chiave nella toppa, perché sia il primo a varcare la soglia di quella casa.
 
 

 

II.
 

“Un buco Hobbit”, l’ha definita Eddie la prima volta che sono entrati lì dentro, e per quanto Chrissy non conosca bene le opere di Tolkien – fanno parte di quei libri di cui le parla in continuazione con entusiasmo contagioso e che ha promesso di farle leggere – le è sembrata subito la definizione più calzante.

“Non è un buco brutto, sudicio e umido, pieno di vermi e intriso di puzza,” ha declamato passeggiando per il salotto poco dopo che Cassie se n’è andata, un dito che sollevava un filo di polvere restando macchiato di grigio, “e nemmeno un buco spoglio, arido e secco, senza niente su cui sedersi né da mangiare! No, signori miei… è un buco Hobbit, vale a dire comodo. Il miglior buco Hobbit che il Colorado abbia da offrire, pronto a mostrare le sue meraviglie a una raffinata signorina di città.”

Lei ha riso rifiutando quella definizione, poi ha lasciato che le prendesse le mani per improvvisare un ballo frenetico tra il divano sconnesso e il tavolo del salottino, urtando gli scatoloni che Cassie ha sparso ovunque. Quel buco Hobbit ha una cucina che si affaccia sul retro del giardino, un minuscolo salotto, un bagno e una stanza da letto quasi del tutto vuota. I mobili non sono nuovi, ma conservano quel fascino discreto degli oggetti usati con rispetto e conservati perché durino il più possibile: sfiorandoli, riesce quasi a sentire quanto sono stati amati. Cerca di immaginare la mamma di Eddie muoversi lì dentro, sistemare i libri nella libreria a muro fatta a mano, rinvasare le piantine nelle fioriere di pietra coperte di muschio che le intemperie hanno intaccato solo appena, come le imposte. La sua immagine continua a sfuggirle, ma le foto che Eddie conservava in camera sua le hanno fornito informazioni sufficienti a immaginarla: una donna con i suoi stessi capelli scuri e ricci e il naso dritto, il sorriso nascosto dietro una mano, come se l’idea di essere fotografata la imbarazzasse.

Diceva sempre che non era abbastanza fotogenica da sprecare pellicola per lei,  le ha confidato Eddie una volta, in uno di quei pomeriggi al lago in cui le chiacchiere, da distratte e casuali, iniziavano a riguardare più da vicino le loro famiglie. Invece era sempre sorridente. I suoi amici raccontavano che, quando lei sorrideva, io iniziavo a sorridere di riflesso. Lei gli ha accarezzato il viso, cercando di immaginare quella scena familiare così dolce, diversa dal rigore formale che ha sempre unito la sua famiglia. Si è sentita invadere da un senso di pace, ma allo stesso tempo una stilla dolorosa le ha punto il cuore, facendole scivolare una lacrima lungo la guancia. Ci ha messo un po’ per rendersi conto che si trattava di nostalgia. Nostalgia per un sentimento che non è mai esistito, forse anche più doloroso del rimpianto di qualcosa di passato e ormai perso.

Gli occhi no, quelli sono di suo padre. Di lui non sa praticamente nulla a parte quei dettagli che le ha raccontato nella stanza del motel: forse prima o poi avrà la forza di colmare quelle lacune per sfogarsi con lei, affidarle parole che ancora scavano un solco nel suo cuore. Quando verrà il momento, l’ha già deciso, si farà trovare pronta ad accoglierle.

Il loro buco Hobbit ha una lavatrice che funziona a singhiozzo, ma Cassie l’ha rassicurata sull’abilità di Mick di sistemarla in brevissimo tempo. Le finestre si chiudono tutte, l’isolante è stato rimesso da poco. E nella stanza da letto il matrimoniale praticamente nuovo: Eddie è corso a frugare nell’armadio e ne ha tirato fuori una coperta a quadri arancio e marrone, portandogliela con un sorriso enorme sulle labbra.

“Mi ci infilavo sempre dentro la sera, quando guardavo la tv con i miei. Pensavo Carol l’avesse portata chissà dove…”

“Che bella.” Chrissy allunga la dita per sfiorare la lana ruvida. Eddie la apre e gliela sistema sulle spalle, lasciando che giri su se stessa sprofondando in quel tessuto che profuma di vecchio armadio. “Mi fa pensare all’autunno.”

“Per questo l’ho presa!”

Eddie sorride e la distende sul letto, sistemando gli angoli, poi facendo un passo indietro per ammirare l’effetto finale. “La mobilia è un po’ scarsa, ma per ora può andare. Mancano giusto due o tre quadri con le vedute di montagna, un ricamo incorniciato, uno di quelli con scritto ‘Casa Dolce Casa’ o qualcosa del genere… ah, e un salmone di legno intagliato. Ci starebbe bene, che dici? Magari lì vicino alla porta, in quello spazio vuoto. Molto di buon gusto, all’antica.”

“Scemo.”

Lei ride, scuotendo la testa. Eddie si finge indignato.

“Cos’avrebbe contro i salmoni di legno intagliato, signorina Cunningham?”

“Beh, contro i salmoni in sé e per sé, nulla.” Chrissy sorride, avanzando di un passo per posargli un bacio sulla punta del naso. “Ma per quanto riguarda l’arredamento, beh… forse ho un’idea migliore.”

“Un’esperta di arredo d’interno, quindi. Chrissy Cunningham, ex reginetta del ballo, ex cheerleader capo e ora anche arredatrice part-time? Sei piena di risorse!”
Chrissy ride, correndo fuori dalla stanza come un uragano. Cassie ha parcheggiato il furgone fuori dal cancelletto ed è lì che si dirige, per cercare qualcosa sul sedile posteriore. Quando rientra in casa, un attimo dopo, stringe tra le mani la bandiera degli Iron Maiden che Eddie teneva appesa dietro alla porta della sua stanza nel trailer.

“Che ne dici di un tocco più personale?”

“Dico che è un ottima idea.”

Ha visto tante volte brillare i suoi occhi, ma mai in quel modo, mai con quell’intensità. Eddie la afferra e, dopo essere andato in cerca di qualcosa in lungo e in largo per la casa (Cassie farebbe invidia all’emporio dei Buckett di Hawkins, cavolo se non ha tutto quello che può servirti per tenere in ordine una baracca) torna con due puntine da disegno. Chrissy si sfila le scarpe per salire sul letto, lui la segue, e dopo una battaglia a colpi di battute, solletico e lembi spostati e raddrizzati da un verso all’altro, la bandiera degli Iron Maiden, regalo di Wayne per i suoi diciannove anni, domina la stanza da sopra il letto.

Eddie la ammira con le mani suoi fianchi, spostandosi una ciocca di capelli dal viso con aria soddisfatta.

“Ecco, ora si ragiona. Ora sì che è un buco Hobbit più personale e anche molto più metal.”
 
 


III.
 

Rimettendo in ordine la cucina è spuntata fuori una scatola piena di libri, quaderni di ricette e schede sfilate da chissà quale raccoglitore preso in prestito da amici o dalla biblioteca comunale e mai restituite: un tesoro che Carol, la madre di Eddie, ha accumulato per anni ma che non ha mai portato con sé a Hawkins. Lui ha commentato quella scoperta con un sorriso, portando tutto sul tavolo della cucina e suddividendo con pazienza le schede dai foglietti sparsi, osservando con interesse i due quaderni pieni di appunti presi con la calligrafia precisa di sua madre.

“Torta di mele con gelato… questa me la ricordo, la preparava sempre la domenica. Alcune di queste ricette potrei rifartele ad occhi chiusi, le conosco a menadito. Ehi, potrebbe essere una buona occasione per preparare qualcosa di buono! Ho vissuto per anni di cibo della mensa e roba da scaldare al microonde, pagherei per un’insalata con le noci come si deve…”

Lei si è improvvisamente finta molto interessata a una macchia di muffa sul muro della cucina, fissandola come se il suo unico pensiero fosse quello di trovare un modo di toglierla. La verità è che ha pensato da mesi a quell’eventualità, inevitabile e dolorosa: vivere insieme significa doversi occupare della cucina. È sempre stata sua madre a gestire quel regno che per lei contiene solo brutti ricordi, ad amministrare quello che ne usciva e controllare scrupolosamente ciò che entrava. Tolta la giurisdizione di Laura Cunningham, cosa le resta? Le ginocchia che premono sulle piastrelle fredde del bagno della scuola mentre svuota l’intestino nel gabinetto bianco come le pareti di un ospedale, Lizzie che si lamenta di come tutto il gelato le finirà sul sedere, sua madre che la sorveglia attentamente perché prenda solo due patate anziché tre. Il cibo è sacrificio, tensione. Un nutrimento obbligatorio che deve somministrarsi senza eccedere, pena una sfilza di rimproveri camuffati da preoccupazioni. Il cibo non ha nulla di bello da offrirle, a parte ricordi che preferirebbe cancellare, ed è un pensiero che le ha sempre fatto male.

Per fortuna, Eddie le è venuto in aiuto ancora una volta.

“Possiamo iniziare a preparare qualcosa insieme, se ti va. Che ne dici?”

Ha sospirato di sollievo, ma piano, senza farsi vedere. Sì, potrebbe farcela: forse è il genere di scossa di cui ha bisogno per dare uno strappo al passato e concentrarsi su un nuovo presente. Ha annuito appena e l’ha aiutato a scegliere qualcosa di semplice da preparare, qualcosa da mettere insieme con le poche cose con cui hanno riempito le borse di stoffa che Cassie gli ha portato per fare la spesa all’emporio al centro. Alla fine sono riusciti a mettere insieme un pranzo più che dignitoso, ed è riuscita a controllare che le uova non si bruciassero senza cedere e scappare in bagno per non sentirne l’odore. Una piccolissima vittoria.

“Non ne vuoi ancora?” le ha chiesto Eddie a un certo punto, indicando l’insalatiera. All’interno erano rimaste almeno altre due porzioni: quella nel piatto di Chrissy era piccola quanto i menù bambino dei fast food. Quei menù sono stati fatti da gente che se ne intende, ha sempre commentato sua madre in tono benevolo e soddisfatto, senza mai specificare di cosa. Ed Eddie era lì, a osservarla curioso e un po’ preoccupato, la forchetta a mezz’aria, un pezzetto d’uovo fritto miracolosamente in bilico tra i rebbi.

“No, ho mangiato abbastanza.”

“Ne sei sicura, Chris? A colazione hai solo bevuto caffè...”

“Io…”

Ha spostato lo sguardo, abbassandolo verso il piatto ancora pieno. Come è possibile concentrare anni di lotte contro se stessa, di sofferenza e di rabbia, di parole non dette e inghiottite al posto del cibo, in una sola giustificazione?

“Tendo a ingrassare facilmente, sai. Per questo devo mangiare poco.”

“E da quando prendere un chilo sarebbe un problema?”

Chrissy ha tenuto lo sguardo basso, senza aggiungere altro, imbarazzata. Ma come se le avesse improvvisamente letto nel pensiero Eddie si è irrigidito, mordendosi le labbra, e ha posato il tovagliolo.

“Chris…” ha mormorato, in tono ancora più pacato. Si sente in colpa per aver parlato troppo, quel pensiero le ha immediatamente attraversato la mente, e la tentazione di alzarsi di scatto dalla sedia e abbracciarlo con forza è stata difficile da zittire. “Non so cosa ti abbiano fatto pensare per anni e non voglio nemmeno saperlo, o mi incazzerei tanto da non potermi trattenere. Non ti forzerei mai, lo sai. Ma ho visto quanto eri felice al ristorante vicino al motel, quando mangiavi quei club sandwich…”

… grassi e altre schifezze tesoro, assolutamente no, domani sera dopo il cinema torni di filato a casa, lo dirò io alla signora Driscoll…

“E vorrei ti sentissi sempre libera di mangiare quello che ti piace quando vuoi, Chris. In barba alle cazzate di tua madre e di chiunque abbia osato farti sentire inadeguata.”

Ha allungato le dita sul tavolo per sfiorare le sue, di nuovo quel contatto pieno di dolcezza che le rivolge sempre quando gli sembra che stia smarrendo la strada. Lei si è lasciata sfiorare, ancora affamata di qualcosa di più del semplice cibo.  

“Se mangi, ti sentirai meglio. E se ti sentirai meglio, ci aspettano tante di quelle escursioni da farti venire la nausea delle montagne e del trekking, te lo assicuro.”

Lei ha riso di cuore, come non le capitava da giorni. Eddie le ha rivolto uno di quei suoi sguardi raggianti, quelli che riempiono le stanze buie dei suoi occhi di una luce calda, pomeridiana. Non è riuscita a finire tutta la porzione nella ciotola, ma pazienza: qualcosa è cambiato. Qualcosa di minuscolo, una certezza che fino a qualche ora prima non c’era e che quella discussione è riuscita a far nascere miracolosamente. Forse ci vorrà ancora del tempo prima che il cibo smetta di tirarsi dietro la sua zavorra fatta di attimi da dimenticare, ma – se non altro – è sulla buona strada.

Ma stamattina è diverso.

Stamattina si è svegliata con una nuova consapevolezza, che l’ha accompagnata da quando ha percorso i primi passi verso la cucina, ancora scalza, a quando ha bevuto il primo sorso di caffè guardando gli uccellini spostarsi da un albero all’altro nella bruma del mattino autunnale. Eddie è uscito a sistemare il furgone, l’ha sentito canticchiare una canzone che non conosce mentre cercava la cassetta degli attrezzi di suo nonno, lasciandole giusto il tempo necessario a elaborare il suo piano e a trovare il coraggio necessario a dargli il via. È stato il frigorifero a ispirarla, il suo ronzio basso e cupo da elettrodomestico vecchio ma ben funzionante, un anziano saggio che ha visto quella casa riempirsi e svuotarsi e poi ancora riempirsi. Quello, e il sorriso felice di Eddie nell’accogliere lo scoppio della sua risata, quel sollievo che era l’anticamera di un’altra risata piena: è bello vederlo felice. Così bello che non vede l’ora di vederlo sorridere ancora.

La torta di mele.

Per fortuna ne sono rimaste due nella fruttiera, rosse e gialle, che profumano d’autunno. Non ha mai preparato una torta in vita sua, ma il libro di cucina è pieno di foto dettagliate e gli ingredienti ci sono tutti… quanti errori potrà mai fare? E poi, è il risultato che conta. La sfida tra lei e il passato, tra la Chrissy di ora e quella che vive solo nei suoi ricordi, bloccata sulla strada della sua vita incerta come un cervo davanti ai fanali di un’auto.
Ha preso il libro per cercare la pagina giusta e poi gli ingredienti, uno dopo l’altro, per familiarizzare con quello spazio che occuperanno ancora per chissà quanto tempo. Ha stretto i denti per prepararsi a sensazioni che non conosce, ma di cui le sembra di avere meno paura che in passato. Monica correva sempre a controllare se c’era qualcuno in cucina prima di prendere qualcosa da mangiare. Sua madre, in quel regno fatto di piastrelle splendenti e canzoni romantiche alla radio, non faceva mai entrare nessuno. Il libro ha qualche macchia di chissà cosa sull’angolo della pagina ma non riporta le calorie, chissà perché non le scrivono mai? Ma a cosa servirebbe davvero, poi?

Appoggia il libro contro la bilancia, inspirando profondamente. È il risultato a contare. Ogni novità inizia con uno strappo a ciò che ormai è vecchio e immobile. Eddie è così bello quando sorride, così contagioso. Le fa venire voglia di disobbedire ancora, di prendersi tutto lo spazio che – ora lo sa – ha sempre meritato.

Le uova ci sono, le mele anche. La farina è anche più di quanta ne servirebbe, avanzerà per qualcos’altro. Le sembra tutto troppo facile e assurdamente complicato assieme, ma probabilmente è solo questione di tempo: in fondo, è la sua prima torta. Verrà come verrà, l’importante è averci provato, pensa, finalmente sorridendo.

Il tempo le ha insegnato che la cura migliore dopo una ribellione è accettare la nuova realtà appena costruita.

Prendere coscienza di ciò che si è, di quello che manca, del nome che si portano dietro quei tasselli sbeccati che formano la sua anima e che ha finalmente iniziato a reclamare e poi a esaminare con pazienza, con la risolutezza di chi vuole finalmente rimettere insieme una brocca di porcellana infrantasi anni prima. Desiderare amore non è un peccato: ora, almeno, sta iniziando a capire dove può trovarlo e dove, invece, non riceverebbe quello che fa per lei. Respirare profondamente nella nuova consapevolezza, lasciare che penetri in ogni fibra del suo essere fino a rinnovarlo, mentre mischia gli ingredienti nella ciotola.

Ho bisogno d’amore, di essere consolata, di essere accettata. Voglio che chi mi sta vicino mi riconosca per quello che sono, mi aiuti a trovare quello che cerco, mormora, prima solo mentalmente, finché non si accorge che quelle parole stanno davvero lasciando le sue labbra, e che la cucina è piena del loro suono.

Ho bisogno di essere guidata finché non riuscirò a camminare con le mie forze.

Controlla ancora una volta le dosi, stringendo gli occhi all’improvviso, pronta ad affrontare la voce di sua madre e a rispedirla da dove è venuta, ma tutto sembra tacere. Il ronzio del frigorifero è l’unico suono che accompagna i colpetti del mestolo.

So di essere debole. Ma sto diventando più forte.

In ogni caso, sono qualcosa che prima non esisteva.

Chrissy si ritrova a innalzare quella preghiera mentre il mestolo gira ancora nella ciotola e il profumo dello zucchero e delle mele appena sbucciate le solletica il naso, facendole quasi girare la testa. A Eddie piacerà anche senza il gelato, o almeno spera. Non gli ha detto nulla per fargli una sorpresa: l’unico genere di segreto che vorrebbe mai tenere con lui.
 
 


IV.
 

Quella notte si spoglia e scivola tra le braccia di Eddie come se fosse la cosa più naturale del mondo, ed è veramente così. Le sue braccia si tendono verso di lei e
Chrissy si lascia avvolgere, accogliendo il suo bacio come il benvenuto in un rifugio tutto per lei. Sentendosi di nuovo – per quella che sembra la prima volta in una vita ma è una tra le tante volte in cui glielo ha dimostrato – completa.

Eddie la sovrasta gentilmente, continuando a baciarla sulle labbra e sul collo, spostandole una ciocca di capelli dal viso come ha già fatto al lago, la prima volta che gli ha permesso di accarezzarla sotto al tessuto del costume. Baci che iniziano con dolcezza per diventare sempre più intensi, più disperati, finché Chrissy non avvolge la sua schiena con le braccia per tirarlo a sé e approfondire quel contatto, quasi avesse paura che quella casa, quella fuga, tutto l’amore che sta ricevendo siano solo sogni destinati a svanire al mattino, quando la sveglia suonerà e sua madre farà capolino dalla porta per chiederle come mai non sia già in piedi. Ma sua madre non è lì e Hawkins è lontana, si ripete come un mantra, accogliendo un bacio ancora più intenso. Ci sono solo lei e Eddie, e quella vita semplice e bella che ha tanto sognato.

Eddie non si è tolto il braccialetto, ma non importa. Ne sfiora il cuoio scuro con un dito, percorrendolo appena con la punta del dito, mentre lui disegna il profilo delle sue spalle con un’altra serie di baci lievi, delicati. I suoi capelli soffici le sfiorano il seno ormai scoperto, seguiti poco dopo dalle sue labbra. Labbra che esplorano, che baciano, che lasciano una traccia lieve anche quando mordicchiano un capezzolo chiaro, strappandole un gemito che viene avvolto dall’oscurità della stanza. Labbra che sembrano adorare ogni centimetro della sua pelle, seguite dal tocco lievissimo delle sue dita, che modellano e creano e non lasciano alcuna traccia, se non un fremito impercettibile. È così gentile, così attento: ogni suo movimento le fa capire quanta paura abbia di fare qualcosa di sbagliato, di irreparabile.

Di farle male.  

Jason non è mai stato così, nemmeno la prima volta. Le ha promesso che sarebbe stato bello, sì, che la sua prima volta andava celebrata, ma nemmeno dopo aver finito le ha detto ciò che avrebbe sperato dicesse. Il sesso con lui è stato qualcosa di doveroso, quasi sentisse la necessità di mettersi in mostra per offrirle una garanzia futura.
Un solo bacio, niente carezze: si è preso il suo piacere per poi chiederle se qualcosa non andasse, se le fosse piaciuto davvero. All’epoca era convinta che andasse bene così. In fondo cos’altro avrebbe dovuto dire, a parte ringraziarlo per averla desiderata fino a quel punto?

Mentre Eddie la bacia, disegnando una scia sottile che dall’incavo del seno scende fino all’ombelico, si rende conto di non essersi mai sbagliata tanto.

Quello è desiderio che non chiede altro in cambio, piacere che diventa gioia pura di essere lì con lei, in quel momento, nell’intimità gentile di una casa che aspettava solo la loro presenza per brillare di nuovo. I baci di Eddie si fermano ogni poco come i passi di una danza appena imparata, il suo sguardo si solleva per incontrare quello di Chrissy e chiederle se va bene, se deve smettere o se può continuare a venerarla nel suo personalissimo modo. Lei gli accarezza i capelli con un sospiro, affondando le dita tra le ciocche soffici, ringraziando chiunque la ascolti per averle concesso quella seconda possibilità di imparare cosa significhi amare.

Quando si solleva appena sulle ginocchia per sfilarle di dosso l’ultimo capo che ancora la copre, le permette di ammirare i suoi tatuaggi ancora meglio. Chrissy allunga le dita per sfiorarli di nuovo – stavolta la fila di pipistrelli che volano sul suo avambraccio – e lui ne approfitta per prendere la mano e baciarle, una per una.

È così bello, nella penombra della stanza. Così forte e delicato allo stesso tempo, le spalle larghe appena sfiorate dalla cascata di ricci scuri, i tatuaggi che spiccano sulla pelle chiara per raccontare le loro storie, le labbra morbide che sembrano modellate dalla luce stessa. Una bellezza gentile, che accoglie e protegge.

Un dono solo per lei.

“Chris… se non volessi farlo, lo capirei perfettamente.”

“Ma io voglio farlo.”

Lui le regala un altro sorriso dolce, disarmante, in cui Chrissy legge anche una nota diversa, quasi di sollievo. Come fai anche solo a pensare che possa non desiderarti, Edward Munson?

“Lo so. Ma se per un qualunque motivo non te la sentissi più e mi chiedessi di smettere… non ti costringerei mai a fare qualcosa che non desideri. E non dovresti preoccuparti di avermi deluso. Lo sai, vero?”

Chrissy annuisce. Ha imparato che le parole sono superflue, in molti momenti. Che a volte il silenzio possiede una forza ancora maggiore, soprattutto quando viene cercato, e riempito di momenti in cui si rivela un antidoto alla confusione della mente. E quando Eddie scende su di lei, abbassandosi sul suo ventre e facendo scorrere quella scia di baci più in basso, tra le sue gambe, il gemito appena accennato che le sfugge dalle labbra sembra rispondere perfettamente a quella logica.

Lui la ama in silenzio, sfiorandola con le labbra, prendendosi cura di lei senza pretendere di ricevere qualcosa in cambio. Le mostra cosa significhi devozione, che sapore abbia la dolcezza di un amante attento e premuroso. Il sesso non ha nulla di meccanico, con Eddie: è tutto spontaneità, risate, voglia di condividere qualcosa di prezioso, di importante. Se la prima volta con Jason le aveva restituito l’idea di un dovere che avrebbe dovuto imparare lei a trasformare in piacere, beh… questa è drammaticamente, meravigliosamente diversa. Chrissy sospira, affondando la testa nel cuscino, stringendo le lenzuola tra le dita sudate, mentre Eddie scende sempre più in basso e continua a baciarla in quel suo modo speciale, accarezzandola prima con la bocca, poi anche con le dita.

Perché nessuna delle sue amiche le aveva mai detto che potesse davvero essere così bello?

Eddie continua con la sua opera, stringendo la pelle umida dei suoi fianchi tra le dita: il contatto freddo con i suoi anelli le spedisce un nuovo brivido lungo la spina dorsale. È tutto così perfetto che le riesce persino difficile respirare, e ogni gemito si spezza sul più bello, lasciando la sua bocca in una nota così acuta da suonare irriconoscibile. E quando posa la testa tra le sue gambe dopo aver finito, i capelli che finalmente la sfiorano scaldandola, si sente così bene da sciogliersi quasi in lacrime, per scoppiare a ridere solo un attimo dopo. Le tremano le gambe, ed è così felice da non saperselo spiegare.

“Eddie…”

Lui respira piano, un respiro caldo e gentile che la protegge dal freddo della notte, che si è impadronito del resto della stanza. Quando solleva la testa, solo un raggio di luna illumina il suo sorriso e Chrissy si rende di nuovo conto di quanto goffe e imprecise possano suonare le parole in momenti come quello.

Si allunga verso la tasca anteriore dello zaino per cercare qualcosa con passo felpato, i gesti misurati di chi non vuole spezzare un incanto. La sua schiena nuda le dà le spalle, catturando quella stessa luce di poco prima, brillando come una stella vagabonda. Chrissy chiude gli occhi, godendosi quella beatitudine.

Finché un pensiero esterno non si fa strada in lei come un cuneo, facendo breccia e spaccando quella lastra sottile che le avvolge il cuore.
 
Non dovresti essere qui, sussurra una voce, ed è quella di Laura Cunningham. Dovresti essere al college, ad aspettare le prime lezioni e il ritorno a casa per il Ringraziamento. A contare i giorni che ti separano da quello in cui tornerai tra le braccia del tuo fidanzato.
Cosa stai cercando, Christine? Sai già che non troverai di meglio.

Chrissy stringe gli occhi. Cerca di opporsi con tutte le sue forze a quella deriva, di stringere la zattera a cui si è aggrappata con le dita bagnate che perdono la presa, ma il fluire dei pensieri è inesorabile, ruggisce come una tempesta attorno a lei. Alla voce di sua madre si aggiunge quella di Jason, insinuante e sottile, un Jason che non ha mai popolato i suoi pensieri con quell’astio.

Sei felice adesso, Chrissy? Sei soddisfatta che lo svitato ti scaldi il letto? Ma guardati… aveva ragione tua madre: senza di lei non sei niente, e nemmeno senza di me. Una sbandata. Una ragazzina con la testa piena di fantasie idiote. Se tornerai e chiederai scusa, forse sarò tanto gentile da accoglierti di nuovo.
Ma dovrai meritartelo.
Tu non meriti nulla.

Senza rendersene conto, inizia a tremare.

È Eddie ad accorgersene per primo: torna subito sul letto, sovrastandola, e un attimo dopo Chrissy appoggia la fronte contro il suo petto, protetta dal contatto con la pelle calda. Ha gli occhi pieni di lacrime, il respiro affannato, ma non importa: tutto ciò che desidera davvero è dimenticare, zittire quei fantasmi perché non la tormentino più. E magari anche prendersi a pugni per ciò che ha fatto, punirsi per quel momento così prezioso che è appena finito in pezzi tra le sue dita…
Ma Eddie la pensa diversamente. Eddie la accarezza mormorando appena parole che non riesce a capire, le sfiora i capelli distendendosi accanto a lei sotto alla coperta a quadri che hanno sistemato poco prima sul letto. Cullata dal suo calore, riesce finalmente a calmarsi.

“Eddie… scusami, ti prego. Non… non ce la faccio. So che ho rovinato tutto, m-mi dispiace! Forse ti aspettavi di meglio, non…”
“Shhh.”

Lui le appoggia un dito sulle labbra, sostituendolo poco dopo con le sue, di labbra. Quel tocco riesce a calmarla come nient’altro.

“Chris, no. Cosa ti ho detto poco fa? Che se non te la fossi sentita, avresti dovuto dirmelo… e sono felice tu l’abbia fatto. Sul serio.”
“Ma sei stato…” Un minuscolo singhiozzo le spezza il respiro. Perché devo essere così? “Hai reso tutto co-così bello, mentre i-io…”
“Oh, Chris.” Eddie la stringe a sé con un sospiro, spostandole i capelli dal viso per poterla guardare nonostante la penombra. “Ti voglio da sempre, lo sai. E continuerò a desiderarti anche domani, il giorno dopo, quello dopo ancora… ma non potrei mai fare qualcosa che non vuoi, nemmeno in un miliardo di vite. Sei troppo preziosa per me.”

Lei inspira di nuovo, improvvisamente invasa dal sollievo. È un’ondata buona, che la riempie come una boccata d’aria dopo un tuffo da cui sembrava impossibile riemergere, che la tiene a galla mentre il suo mondo sta ancora riprendendo lentamente forma. Eddie le accarezza i capelli piano, infilando le dita tra le ciocche, cercando di rassicurarla perché smetta di tremare.

“Non devi avere paura che ti rifiuti… non lo farei mai.”

Poco dopo infila il preservativo nel cassetto del comodino cercando di non farsi vedere, e lei finge di non accorgersi di nulla, ringraziandolo mentalmente per quella delicatezza. Eddie si infila di nuovo sotto le coperte, aspetta che si rimetta addosso almeno la biancheria intima e la accoglie, abbracciandola come ha fatto nel letto del motel, senza una parola di più. E Chrissy si lascia andare anche lei in silenzio, senza opporre resistenza, grata di quel rifugio e della mano gentile che le sfiora i capelli avanti e indietro, mormorando un pezzo fuori tempo per lei, stringendola quasi avesse paura di vederla sparire da un momento all’altro.

Si addormentano quasi nello stesso momento e, la mattina dopo, ha un vago ricordo di averlo visto uscire di casa presto. Deve averle sfiorato la guancia con un bacio per non svegliarla, un attimo prima che la porta si chiudesse alle sue spalle con un lieve cigolio dei cardini non ancora oliati come si deve: sul piatto mancava una fetta di torta e sul tavolo della cucina era appoggiato un biglietto, scritto su quella che sembra la carta del suo quaderno delle canzoni, quello con la copertina nera e le pagine segnate da una riga blu.

“Vado a cercare fortuna con Cassie… un lavoro, in realtà. Incroci le dita per me, miss Cunningham.”





__________

 
Ormai ho capito che ogni interludio deve contare almeno dieci pagine, per quanto possa iniziarlo pensando che sarà breve.......
Scherzi a parte, nonostante i rallentamenti dovuti al lavoro, sono felice che la storia stia prendendo la sua forma e facendo quello che vuole: io mi limito a scriverla e a cercare di dare una forma al cumulo di idee che mi girano in testa. Tanto che penso ci sarà un terzo capitolo dedicato all'autunno e incentrato su Halloween, dato che siamo nel periodo giusto! 

Grazie ancora a chi continua a seguirmi, silenziosamente o commentando. Spero che la storia continui a piacervi! ♥ 
Fede 

 

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Capitolo 5
*** Autunno - Halloween ***


Autunno – Halloween
 
 
 




“I never opened myself this way
Life is ours, we live it our way
All these words, I don't just say
And nothing else matters.”
 
 
 
I.
 

Ci ha pensato a lungo, a quell’invito.

Ci ha pensato la mattina, mentre sceglie qualche altra ricetta facile con cui ampliare il repertorio (Eddie ha adorato la torta di mele: se non si fosse fermato per lasciargliene un pezzo, l’avrebbe finita in un solo pomeriggio), tra un pasto e l’altro e anche la sera, davanti a un programma trasmesso dal televisore che perde il segnale ogni due per tre e va avanti a furia di pugni ben piazzati. Ci ha riflettuto su, rigirandosi l’idea nella testa come si impasta qualcosa da infornare, con pazienza, cercando di vedere il risultato finale in una forma ancora incompleta. Ma per quanto ci abbia pensato ancora e ancora, non è riuscita a prendere una decisione.

Vedrai che vi piacerà, ha ripetuto Cassie per convincerli, introducendo l’idea con il tono di chi propone qualcosa che di solito viene accettato senza nemmeno pensarci. Non è niente di speciale, ma tutta la città si anima per Halloween… bancarelle di cibo, due o tre artigiani locali, forse anche il tiro a segno, di quelli in cui si vincono i peluche. I bambini bussano alle porte per chiedere i dolcetti, ma prima si radunano nella piazza insieme ai genitori. È un bel momento di condivisione… non so, magari vi aiuterebbe ad ambientarvi.

Non l’ha detto ad alta voce, ma il rimprovero velato a suo nipote e alle sue abitudini da solitario, sempre chiuso in casa per i fatti suoi. A Chrissy sono venute immediatamente in mente le sere di Halloween a Hawkins, i ragazzini che si radunavano per pattugliare la via principale, suo fratello vestito da mummia che sventrava interi rotoli di carta igienica per ricoprire una vecchia divisa da baseball ormai stinta, tra i sospiri disperati di sua madre che era sempre costretta a ripulire tutto il salotto. Le serate organizzate dalle sue amiche, che iniziavano con la proposta di una maratona di film horror e finivano inevitabilmente in un festino clandestino all’insaputa dei Driscoll, con bicchieri di plastica rossi pieni di alcool scadente passati di mano in mano e coppie che si appartavano in ogni possibile angolo della casa. Ma Finn Haven, come sta ormai imparando, è molto diversa. Un’avventura che, suo malgrado, non vede l’ora di intraprendere.

“Non è una vera e propria festa. Possiamo comprare un costume da quattro soldi all’emporio e andare a salutare Cassie, presentarci ai suoi amici e bla bla bla, quelle cazzate da ricevimento che piacciono tanto.” Eddie le ha esposto l’idea senza mezzi termini: probabilmente si è offeso perché sua zia lo considera un asociale, anche se non gliel’ha detto chiaramente. “Una volta finito… liberi! Ce ne andiamo al cinema, facciamo dolcetto o scherzetto per i fatti nostri, torniamo a casa a vedere se l’unico canale trasmesso dal nostro fantastico televisore ultimo modello ha organizzato una maratona di film spaventosi…”

Chrissy ride. Per quanto abbia cercato in tutti i modi di sembrare seccato, ha capito subito che quell’idea ha risvegliato qualcosa in lui, sottintesi di Cassie a parte. Eddie è sempre stato un’amante della compagnia, sempre circondato dai ragazzini dell’Hellfire durante le serate di D&D, o dai membri della sua band alle serate dell’Hideout. È lei, piuttosto, a chiudersi nella solitudine ogni volta che gliene viene data l’occasione, per non rischiare di provare sensazioni che non saprebbe gestire.

“È che qui non mi conosce nessuno, Eddie. E se…”
“Chris.”
Lui la zittisce con la solita dolcezza, sfiorandole il polso con le dita.
“A volte bisogna anche fare qualcosa solamente per se stessi. La domanda è: a te piacerebbe partecipare?”
Le parole le sfuggono prima che possa anche solo pensarci su.
“Sì!”
“E allora ci andremo. Risolto. Per una volta tanto posso anche lasciare il nostro castello delle meraviglie per fare qualcosa di diverso.”

Il sorriso che si allarga sulle labbra di Eddie le scalda il cuore, per l’ennesima volta di una serie che ormai non si preoccupa nemmeno più di contare. In quella nuova vita a Finn Haven i bei momenti non sono più concessioni inaspettate o strappate con la forza, ma qualcosa che arriva con discrezione, come un regalo insperato. Se la sola idea di un evento sociale a Hawkins l’avrebbe messa in crisi per settimane, lì occupa la sua mente solo per un paio di giorni, per essere risolta con una decisione rapida come un battito di ciglia.

“Vada per la festa, allora! Ci resta la parte più difficile.”
“E sarebbe?”
Lui le rivolge un sorriso melodrammatico, allargando le braccia come se stesse mostrandosi a un pubblico adorante per un’esibizione richiesta a gran voce.
“Il costume, Cunningham! Non dirmi che ne sei già scordata!”
 
 


II.
 

Le vetrine sono piene zeppe di quei costumi infilati a forza su manichini snodati dall’espressione vacua: ce n’erano ad Hawkins, ci sono anche lì all’emporio di Finn Haven, più o meno lo stesso numero. Probabilmente le piccole città si assomigliano tutte… e probabilmente le vetrine delle capitali sono piene di abiti da strega, vampiro, zucca, pensa Chrissy, spostandosi una ciocca di capelli dal viso mentre osserva la sua immagine riflessa nel vetro. Sui jeans con le margherite ricamate ricade un maglione verde dall’orlo sfrangiato, uno di quelli che sua madre l’aveva implorata di buttare perché non sembrasse “una stracciona scappata di casa”: è stato uno dei primi che ha infilato nella valigia al momento di svuotare i cassetti dell’armadio. Inspira l’aria pungente di fine ottobre, sospirando, chiedendosi quando l’immagine di Laura Cunningham smetterà finalmente di fare capolino dai suoi ricordi con un rimprovero pungente sempre pronto.

Suo padre, quando Nick aveva sei anni o giù di lì, si era lasciato convincere a portarli a Indianapolis per cercare dei costumi di Halloween diversi da quei due o tre che l’emporio dei Buckett proponeva ogni singolo anno. Erano saliti sulla sua auto felici come solo due bambini potevano esserlo, avevano trascorso tutto il viaggio a cantare canzoni da programma della tv dei ragazzi della domenica mattina e, una volta scesi davanti a un grande magazzino della città, era stato difficile tenerli buoni abbastanza da girare per le corsie del negozio dei costumi. Quel ricordo la fa sorridere: Nick saltava da una parte all’altra, aveva insistito per provare qualcosa come sei costumi diversi e, dopo un’estenuante trattativa con il padre per farsi comprare sia il vestito da pirata che quello da scheletro, aveva scelto il primo, specificando che si trattava di un pirata maledetto con una sciabola infilata in un orecchio, che proteggeva un tesoro razziato da un’intera flotta di navi e composto da una quantità infinita di oro, così infinita che non era possibile contenerla in un forziere enorme…

Non ricordava il costume che le aveva comprato suo padre. All’epoca frequentava le medie e sua madre già la guardava con disapprovazione ogni volta che addentava un sandwich alla festa di una compagna di scuola: per quanto non volesse darlo a vedere, era impossibile non notare quegli sguardi. Probabilmente era uscita dal negozio con un obbrobrio nero e giallo, un vestito dalla gonna lunga e sformata che aveva scelto tanto perché Laura Cunningham non le dicesse nulla che avrebbe potuto farla star male, tanto per partecipare al solito giro di dolcetto o scherzetto con le amiche senza sollevare l’ennesima sequela di domande. Avrebbe davvero voluto essere entusiasta come Nick, comprare un vestito da fatina o da vampira, fare a gara con Monica e Lizzie a chi riceveva più caramelle in quei secchielli a forma di zucca che vendevano al supermercato. La verità era che, quando le sue amiche avevano deciso all’unanimità che l’epoca dei costumi e dei dolcetti era finita, si era unita a loro con sollievo.

Quante cose si è persa, lungo la strada.

Strofina le dita contro l’orlo del maglione, prendendo tempo. I costumi in vetrina sono due, presumibilmente da strega e da vampiro, ma non la attirano particolarmente. Sarebbe semplice dare un taglio al passato, scrollare le spalle ed entrare comprando quella specie di tunica viola con un disegno di pipistrelli sulla gonna, ma qualcosa in lei la ferma, qualcosa che ancora resta attaccata alla parte più triste di quel ricordo del grande magazzino di Indianapolis. E per quanto detesti le situazioni di stallo, i suoi piedi non sembrano volersi staccare dall’asfalto consumato del marciapiedi.

Suo padre le aveva accarezzato la testa quando aveva posato il vestito sul nastro scorrevole della cassa. Lui, che quasi non le parlava, che a malapena le rivolgeva un sorriso quando lo ringraziava per un regalo ricevuto. Chissà perché lo aveva fatto.
Chrissy cerca di aggrapparsi in tutti i modi a quella sensazione, alla sorpresa provata sentendo le sue dita posarsi sui capelli, ma è difficile come trattenere un sogno appena svegli al mattino, quando già i primi echi della giornata si fanno sentire e la lista delle cose da fare quel giorno contribuisce solo ad allontanarlo di più. Se anche chiude gli occhi cercando di concentrarsi sull’aria autunnale e le decorazioni che riempivano ogni angolo del negozio, il viso di Philip Cunningham continua testardamente a restare nell’ombra, quasi rifiutasse di farsi vedere.

Suo padre, che ha sempre ascoltato la moglie senza battere ciglio, il fruscio delle pagine del giornale a sostituire le parole. Eppure, quel giorno si era offerto lui stesso per accompagnarli a Indianapolis. Perché non aveva mai aperto bocca, nemmeno nei momenti più disperati, quando l’aveva guardato aspettandosi che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, per aiutarla ad uscire dal luogo buio in cui si sentiva bloccata?

Si volta e riprende la strada di casa con passo rapido, la voce di Eddie che le riempie la mente e le orecchie, un po’ per consolarla un po’ per sgridarla. La guarigione non è lineare, devi darti tempo, non essere impaziente, ripete, e sei lontana da casa da poco più di un mese, nessuno riuscirebbe a fare progressi enormi in soli quaranta giorni, ma per quanto possa cercare di convincerla a essere meno severa con se stessa, la frustrazione resta. Tanto da farla quasi pentire di aver accettato quell’invito.
 
 

 
III.
 

“Ferma, Chris! Non entrare!”

Chrissy si blocca sulla soglia con la mano sulla maniglia, interdetta. Eddie ha iniziato da poco a lavorare nel negozio di ricambi e accessori per auto di Mick, l’amico di Cassie: deve solo aiutarlo a smistare gli ordini, rispondere alle telefonate e tenere pulito dal lunedì al venerdì mattina, ma il mercoledì di solito mangia qualcosa insieme a lui per tornare a casa solo nel primo pomeriggio. Per un attimo le viene il sospetto di aver sbagliato giorno, ma basta una rapida occhiata al calendario per accertarsi che non è affatto così.

Mercoledì, le ricorda la scritta nera sul foglietto bianco e rosso che verrà strappato il giorno dopo. Allora perché Eddie è in casa, intento ad armeggiare con chissà cosa?

“Aspetta solo un secondo, è importante,” riprende lui in tono drammatico, spuntando dalla soglia della porta della cucina con l’aria più comicamente trafelata che abbia mai visto. “C’è… ho… è una cosa per te,” riesce a concludere, passandosi una mano sulla fronte sudata e guardandola con gli occhi spalancati, quasi voglia assicurarsi che non sia davvero in grado di leggergli nella mente.

Chrissy piega la testa da un lato, curiosa. Non l’ha mai visto così impacciato ed entusiasta, nemmeno quella prima sera all’Hellfire, quando ha quasi sbagliato la svolta per casa dei Wheeler e stava per centrare la cassetta della posta dei loro vicini con il furgone.

“Fammi controllare se l’ho sistemata bene e te la presenterò come merita, va bene? Ma devi promettermi che resterai qui senza sbirciare.”
“Promesso. Ma cos’è? Cosa hai…”

Eddie le rivolge un cenno con la mano per chiederle di avere pazienza e sparisce di nuovo in cucina, lasciandola nel salotto alle prese con la curiosità che ormai la divora. Chrissy inizia a gironzolare per la stanza, osservando i mobili come se non li avesse mai visti prima, chiedendosi perché non le sia ancora venuto in mente di lavare i vetri che riflettono il sole del mattino tra una serie di macchie che non aveva ancora notato, vecchi echi che le riempiono le orecchie riportandola a scenari passati, al ricordo di suo padre che ancora le sfugge e che cerca di scacciare perché non rovini il senso di anticipazione. Passeggia avanti e indietro sollevandosi sulle punte nel tentativo di vedere qualcosa, ma Eddie si è nascosto bene: lo sente solo mormorare frasi indistinte, forse un pezzo di una canzone degli Iron Maiden di cui non riesce a ricordare il nome, mentre armeggia e sposta oggetti pesanti, almeno a giudicare dalla lamentela spezzata che si lascia sfuggire…

Dopo quelli che le sembra un’ora, lo vede finalmente uscire dalla cucina.

Non è più trafelato: ora sorride, il viso completamente illuminato da una luce nuova. Le si avvicina e, sistematosi dietro di lei, le copre gli occhi con entrambe le mani.
“Ora seguimi, Cunningham. E non provare a sbirciare tra le dita!”

Chrissy scuote la testa, ma non c’è pericolo: le dita di Eddie sono così chiuse che non vedrebbe comunque nulla. Sono calde, profumano di buono, di legno e del metallo degli anelli, di qualcosa che non conosce ma che le fa pensare immediatamente a un negozio pieno di oggetti che cercano un nuovo proprietario dopo aver appena salutato il vecchio. Così procede piano, un passo alla volta, guidata da lui e dalla strada che ormai conosce a memoria, fin nella cucina. Un attimo dopo lui si allontana, ma non prima di essersi raccomandato: “Tienili sempre chiusi, devo fare una cosa.”

“Quando posso aprirli?”
“Tra un attimo. Al mio via.”

Il via! che arriva un secondo dopo, e quando Chrissy apre finalmente gli occhi, il tavolo da cucina davanti a lei è occupato da qualcos’altro oltre il centrotavola malconcio che hanno provato a sistemare insieme. Eddie sorride, le mani appoggiate accanto all’oggetto, e la sua gioia è così enorme che nemmeno le pareti di quella stanza sembrano poterla contenere.

Una macchina da cucire.

Sulle prime, non sa cosa dire.

È una macchina vera, funzionante, forse più vecchia del modello con cui sua madre maltrattava le sue divise da cheerleader: il metallo che Eddie deve aver spostato e sollevato brilla appena sotto al sole del mattino, grigio chiaro e lucido, un rocchetto di filo scuro già infilato al suo posto. La spina non è stata ancora inserita nella presa ma tutto è pronto per farla funzionare ed Eddie la picchietta amorevolmente sulla superficie liscia, lanciandole un’occhiata che dal picco massimo della gioia scivola lentamente verso l’apprensione.

“So che… insomma, che non hai dei bei ricordi legati alle macchina da cucire,” mormora, come se all’improvviso si fosse accorto di aver fatto un passo falso. Eppure prosegue, senza vacillare. “Ma stavo parlando con Mick di Halloween, e ad un certo punto mi ha detto che a sua madre ne hanno regalata un’altra e dovevano dare via questa… e insomma, ho pensato potesse farti piacere. Per ricominciare da capo, magari farci i vestiti per la festa, non so.”

Tra loro cade il silenzio.

Chrissy si avvicina alla macchina, la sfiora con un dito mentre Eddie, accanto a lei, trattiene il respiro. Ne traccia il profilo con la punta del dito, sfiorando gli ingranaggi e le varie parti metalliche, respirando l’odore di olio e di vecchi oggetti rimessi a nuovo che emana. Chiude gli occhi, trattenendo il respiro anche lei, preparandosi all’invasione di ricordi che certamente arriverà a breve, ma la sua mente rimane sorprendentemente in silenzio.

Nessun rumore di fondo, nessuna voce cattiva. L’immagine di sua madre è rimasta bloccata da qualche parte, troppo flebile per farsi avanti, sconfitta prima ancora di dichiararle guerra. Al suo posto, la luce che ancora riempie gli occhi di Eddie, che si trasmette anche ai suoi come per una strana magia.

Il silenzio si è dilatato, ma non in modo negativo: li avvolge come una coperta calda. I silenzi che condividono ormai da mesi, sempre sereni, mai tesi.

“È bellissima,” sussurra, e lo pensa davvero. Eddie la stringe tra le braccia e la solleva, e un attimo dopo sta girando nello spazio stretto della cucina, urtando il bancone con il fianco per poi scoppiare a ridere, mentre anche lui ride e le spettina i capelli, felice che il suo regalo abbia ottenuto esattamente l’effetto sperato.
“Non… non potrei mai sdebitarmi per una cosa simile, ti rendi conto? Non…”
“Christine Cunningham.”

Eddie le prende il viso tra le mani, fissandola negli occhi. Finge di essere mortalmente serio, ma quel minuscolo guizzo luminoso che li riempie di luce è impossibile da ignorare.

“Non devi sempre sdebitarti per tutto ciò che fai per me, sai? Anche se…” ci riflette su, grattandosi addirittura il mento con aria pensosa, “beh, potresti sempre avviare un’attività di sarta, e con quei soldi comprare un biglietto sotto il palco per il prossimo concerto dei Metallica. In quel caso, considererei il debito più che ripagato.”
Chrissy scoppia a ridere e lo tempesta di pugni scherzosi sulla schiena, ritrovandosi sollevata di peso un attimo dopo.
 
 

IV.



La guarigione non è lineare. Non sa bene chi l’abbia detto, ma quella frase le è rimasta dentro come un punto di riferimento, come uno di quei quadretti motivazionali che la gente appende in casa, di solito in salone o nella cucina. Sono tanti piccoli tasselli che inizialmente sembrano informi, sbagliati, ma che si integrano perfettamente nell’insieme generale solo se guardati da una certa distanza e dopo che è trascorso del tempo. Non ha senso osservarli prima, quando non hanno ancora assunto la loro funzione: non si vedrebbe nulla. Ed è anche vero che una semplice azione, per quanto banale, può diventare un rito quotidiano che contribuisce a rimetterli in ordine, a farli sembrare più giusti.

Eddie che sceglie con lei le ricette e si prende del tempo per preparare da mangiare, nel weekend. Cassie che li viene a trovare ogni settimana per controllare come se la passino e le ha infilato una rivista nella cassetta delle lettere con un biglietto, senza farsi vedere: per le tue nuove creazioni di Halloween! ha scritto sul pezzetto di carta a righe, e quando Chrissy l’ha aperta ha scoperto il vecchio numero di un mensile di cartamodelli. Sotto, infilato a mo’ di segnalibro, il biglietto da visita dell’unico negozio di abiti e oggetti usati di Finn Haven. I vicini, che sulle prime la mettevano un po’ in soggezione per il loro aspetto di anziani burberi e silenziosi, ma che – a detta di Eddie, almeno – sono estremamente simpatici e amanti delle novità.

In breve tempo, è riuscita a innamorarsi di quella quotidianità.
Martedì ha finito un intero piatto di pasta senza fermarsi a metà, senza lasciare che la sua voce interiore la condizionasse: Eddie l’ha accolta con un applauso. Quello stesso pomeriggio sono entrati all’emporio dell’usato e, dopo aver frugato tra appendiabiti e cesti pieni di cappelli e scarpe ed esserseli provati e scambiati tra le risate, sono usciti con un paio di acquisti perfetti per essere trasformati in abiti di Halloween. Hanno trascorso il resto della serata a indicare i modelli sulla rivista che le ha regalato Cassie commentandoli, immaginando combinazioni, scambiandosi baci e prese in giro mentre appuntavano un’idea dopo l’altra sul diario che Chrissy aveva comprato secoli fa per il college e che ha deciso di destinare a qualunque avventura quella nuova vita le offra, comprese le feste impreviste. Gesti quotidiani, sfide che piano piano diventano parte del ritmo delle giornate. Lanciarsi su Eddie per zittirlo e finire a fare la lotta sul tappeto, sciogliendosi tra le sue braccia, chiedendosi da quando sia diventato così naturale sentirsi parte di quell’esistenza così tranquilla, quasi avesse sempre vissuto lì tra le montagne e gli alberi che mutano a ogni passaggio di stagione.

Forse la terapia non è davvero lineare, forse ci vorrà del tempo prima di riuscire a toccare le ferite del passato senza più sentire dolore, ma se preparare del cibo per qualcuno e mangiarlo le sembra sempre più simile a un atto d’amore, allora tutto può diventare possibile.
 
 

V.
 
 
“Come sto?”

Eddie sfila avanti e indietro per lei, alzando la testa per mostrarle meglio il collo della camicia e i fronzoli della giacca. Qualcuno deve essersi liberato di un completo da ballo della scuola di stile antiquato, che l’occhio di falco del suo fidanzato ha adocchiato subito: con l’aggiunta di un paio di canini finti, di qualche merletto che sono riusciti a cucire dopo svariati tentativi e di un filo di ombretto scuro sugli occhi, ci è voluto un attimo per trasformarlo in un vampiro. Chrissy si è divertita un mondo a truccarlo, seduta sul letto con il vecchio cofanetto degli ombretti sulle ginocchia, un regalo di Monica che per fortuna ha scelto di portare con sé.

“Estremamente spaventoso e molto in tema, Lord Munson.”

Lui  sorride, mostrandole i denti finti in tutto il loro splendore.

“All’altezza della mia accompagnatrice, allora,” si inchina prendendole la mano, e Chrissy non può fare a meno di arrossire. La gonna larga a fiori scuri e la camicetta bianca che ha trovato non sono niente di che, ma è bastato un cestino che Eddie si è fatto prestare da Mick, qualche modifica con la nuova macchina e un cappellino comprato all’emporio per organizzare un costume da strega di tutto rispetto. Invece delle erbe delle pozioni nel cestino ha infilato qualche dolcetto da dare ai bambini… e al bambino cresciuto che ha appena chiuso la porta di casa, e ha fatto lo stesso riempiendosi le tasche di cioccolatini.

“Come sto?” si lascia sfuggire, guardandosi le gambe con aria insicura. È la vecchia Chrissy che ogni tanto torna a fare capolino dalla sua vecchia vita, con il tono incerto della ragazza che si osservava per ore allo specchio prima di ogni esibizione, tentando di zittire le voci che la umiliavano. Per quanto tutto in questo nuovo luogo la rassicuri, non è ancora riuscita a tranquillizzarla come vorrebbe… ma Eddie è sempre pronto a farlo. Eddie che si gira immediatamente, sorridendo, facendole l’occhiolino, quasi avesse capito quanto bisogno ha della sua presenza.

“Sei una strega perfetta. Non so se l’hai capito, ma mi hai già stregato a sufficienza, Cunningham.” Le sposta una ciocca dietro l’orecchio, soffermandosi a sfiorare la guancia quell’attimo in più che porta Chrissy a socchiudere gli occhi, godendosi il suo tocco. “Ormai non posso più toglierti gli occhi di dosso.”

Le strade sono tranquille, illuminate dai lampioni che proiettano la luce dorata sul selciato e sui mucchi di foglie secche arancioni e gialle, raccolte ai lati della strada. Se ad Hawkins è sempre rimasta indifferente all’autunno – era la stagione dell’inizio della scuola e degli allenamenti, delle attese per le feste e dei voti perfetti da inseguire fin da subito – è bastato poco per essere conquistata dalla versione del Colorado. Le montagne sono passate dal verde al marrone in un battito di ciglia, il vento che si infila tra le stradine è più fresco, porta con sé già l’odore dell’inverno. Una volta era una stagione di ripiegamento e silenzio, che le ha lasciato addosso una sensazione di malinconia irrisolta, quasi sofferta. Ma chi riuscirebbe a essere triste lì a Finn Haven, tra la musica che inizia a farla da padrone e il profumo delle mele caramellate?
Eddie le ha appoggiato sulle spalle uno scialle che ha tirato fuori da chissà dove, probabilmente ripescato tra i cimeli adorati di sua madre che conserva con tanta cura. Se lo stringe addosso inspirandone il profumo, affondando il naso nella lana perché quella sensazione di familiarità la culli ancora per un po’, mentre proseguono fianco a fianco lungo la strada e il vociare dei bambini li introduce verso il centro della festa, la zona in cui si sono raccolti tutti insieme per iniziare il giro delle dolcetti.
Se ne sarebbe mai accorta, prima? Di quei sottili cambiamenti nell’aria e nelle stagioni, della sensazione di gioia che le afferra la bocca dello stomaco e la fa sentire leggera alla sola vista dei bambini che corrono verso di loro?

“Va tutto bene?” chiede lui, apprensivo, cercando le sue dita per stringerle. “Preferisci tornare a casa?”
“No. Mi piace stare qui.”

Chrissy si alza sulle punte per baciarlo sulla fronte, guardandolo negli occhi. Va tutto bene, cerca di esprimere senza parlare. Ora che è finalmente riuscita a gettarsi a capofitto in quella nuova situazione, non si tirerebbe mai indietro.

“Eddie!” urla un secondo dopo una vocina che non conosce, e un gruppetto di bambini allegri lo circonda. Gli mostrano i costumi aspettando con trepidazione il suo parere, poi i cestini pieni di caramelle per indicargli le case che distribuiscono i dolci migliori e cosa fare per farsi dare esattamente due barrette di cioccolata invece di una. Eddie li ascolta con attenzione annuendo, con la serietà con cui parlerebbe con dei coetanei. Deve essere proprio questo il motivo per cui i suoi amici più giovani lo adoravano, riflette Chrissy osservandolo a distanza. Non si è mai comportato con aria di superiorità per il solo fatto di essere più grande, non li ha mai guardati dall’alto in basso: gli ha offerto la sua amicizia con semplicità, facendoli sentire coinvolti nel suo mondo come loro lo coinvolgevano nei loro. “Un’unione di spiriti affini” l’ha definita Eddie un giorno, e non esiste termine migliore per immaginare un’amicizia simile.

Anche a lei si è avvicinato per lo stesso motivo. Sulle prime è stato un incontro casuale, uno scambiare quattro chiacchiere con il desiderio di allungare sempre di più il tempo trascorso insieme, ma è bastato poco perché diventasse altro. Eddie è sempre stato gentile, le ha mostrato il suo mondo senza pretendere nulla da lei, prendendola in giro solo per scherzo, con affetto. Quanto è raggiante il suo sorriso, quando la sente citare uno dei suoi film preferiti. Il giorno in cui l’ha portata per la prima volta dai Wheeler per una sessione di D&D non riusciva a smettere di parlare e di ridere e di attirare la sua attenzione su ogni minimo dettaglio della serata, come non aveva mai fatto prima.

Forse è così con gli spiriti affini, ci si trova senza cercarsi. Forse nel mondo di Edward Munson c’era sempre stato uno spazio per lei: aveva solo bisogno di accorgersene, di accogliere quella consapevolezza. Per fortuna è accaduto, pensa, mentre i bambini lo spingono in avanti con impazienza e lui si volta appena per rivolgerle uno sguardo, come a chiederle di seguirlo.

Per fortuna ne ho avuto il coraggio.


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Ennesimo mini capitolo di interludio, ma l'immagine di Eddie e Chrissy che girano per il nuovo quartiere impegnati in una battuta di dolcetto o scherzetto con i bambini è stata una delle prime a venirmi in mente, e ci tenevo a scrivere qualcosina in merito per lo spooky month per quanto riguarda la frase sulla guarigione non lineare, invece, ho ripreso un discorso di Grace Van Dien (l'attrice che interpreta Chrissy) durante una convention: dato il modo in cui si è sempre sentita rappresentata da Chrissy, l'ho trovata molto calzante per descrivere questa fase che sta attraversando anche qui nella storia e il suo tentativo di costruire una nuova vita, tassello dopo tassello.
Finn Haven è un po' ispirata alle bellissime montagne vicino a cui trascorro molto tempo, un po' alle ambientazioni di Life is Strange: True Colors, ambientato proprio in Colorado. 

Spero che un po' dell'amore che nutro per questa stagione e i suoi colori riesca a raggiungervi! Se avete voglia di farmi sapere cosa pensate della storia, sono sempre felice di raccogliere i vostri pareri 
intanto, grazie di aver letto fin qui!
Fede

 

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