Adatto a te

di LorasWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kea x Natsu 1 ***
Capitolo 2: *** Kea x Natsu 2 ***
Capitolo 3: *** Kea x Natsu 3 ***
Capitolo 4: *** Kea x Natsu 4 ***
Capitolo 5: *** Kea x Natsu 5 ***
Capitolo 6: *** Haru x Diane 1 ***
Capitolo 7: *** Haru x Diane 2 ***
Capitolo 8: *** Haru x Diane 3 ***
Capitolo 9: *** Haru x Diane 4 ***
Capitolo 10: *** Haru x Diane 5 ***
Capitolo 11: *** Haru x Diane 6 ***



Capitolo 1
*** Kea x Natsu 1 ***


Buongiorno e buona domenica! Approfitto di questo spazio per fare alcune precisazioni che consiglio di leggere prima di andare direttamente al capitolo.
 
-Questa storia, come le altre, fa parte della serie dei bambini MA consiglio di leggerla solo se avete letto quelle precedenti. In questa storia infatti i bambini sono ormai adolescenti e saranno molto più protagonisti dei genitori, quindi per chi non conosce suddetti bambini gli verrebbe difficile comprendere molte cose citate o loro modi di fare.
-I personaggi di questa storia saranno il “gruppo di Tokyo”, ovvero quei bambini che secondo il mondo che ho creato hanno vissuto a Tokyo per il lavoro dei genitori e qui hanno fatto amicizia tra di loro (dentro la storia verrà spiegato il perché si sono incontrati, come sono diventati amici, che scuola frequentano etc…). Questi personaggi sono: Kea (kuroken), Haru (iwaoi), Diane (ushiten), Ami (semishira), Maru e Naoya (bokuaka).
-Tuttavia, nonostante appaiano tutti i personaggi sopracitati, la storia seguirà due trame principali: quella di Kea per prima e poi quella di Haru e Diane come coppia.
-La prima parte di storia durerà 5 capitoli, la pubblico da oggi al 7/8 agosto (probabilmente aggiornamento ogni due giorni) e sarà incentrata su Kea e su un ragazzo di cui non faccio spoiler. Spero che capirete di chi è figlio questo ragazzo dalla scuola che frequenta e dal suo cognome ;), fatemi sapere nei commenti se ci arrivate subito!
-La seconda parte di storia avrà un salto temporale di un anno e vedrà come protagonisti Diane e Haru e tutti i loro problemi. Durerà 6 capitoli e la pubblicherò a fine agosto dopo una pausa di circa due settimane.
 
Per il momento è tutto, vi lascio quindi all’inizio di questa prima parte di storia e non perdetevi i prossimi aggiornamenti! Buona lettura,
Deh <3
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Adatto a te
Kea x Natsu

 


Parte 1
Tetsuro si fermò con la macchina davanti alla villa dove si stava svolgendo la festa organizzata per gli studenti più "cool" di Tokyo. 
-Grazie signor Kuro- disse velocemente Haru dal sedile posteriore prima di scendere dalla macchina. 
Tetsuro gli sorrise, poi si rivolse al figlio che era seduto al suo fianco -Quindi vi viene a prendere Iwaizumi, giusto? E dormi da loro? 
-Sì, poi ci sentiamo domani- rispose Kea mentre si spingeva in avanti e lo salutava con un bacio in guancia, infine scese anche lui dalla macchina. 
-Kea- lo chiamò suo padre dal finestrino aperto, il ragazzo si voltó nuovamente e Kuro riprese a parlare -Hai bisogno di preservativi? 
-No papà, conservali per voi visto che avete la serata libera. 
Tra i due, quello imbarazzato era solo l'adulto. 
-Inoltre ho sedici anni- continuó a far presente l'adolescente -quando avete iniziato tu e papà a fare sesso? 
-Bene!- quasi balbettó Tetsuro -Divertitevi! 
E così com'era arrivato, andò via velocemente. 
Haru rise e gli mise un braccio intorno alle spalle mentre i due si dirigevano dentro la villa, poi commentò -solo tu riesci a fare discorsi del genere senza scomporti minimamente. 
-Qual è il problema? È un discorso come un altro, non vedo perché debbano esserci ancora dei taboo al giorno d'oggi. Guarda che anche i tuoi genitori fanno sesso. 
Ad Haru scese un brivido lungo la schiena, poi borbottó -non ricordarmelo. 
-Eccoli qui i miei due uomini!- Diane comparve dal nulla e si mise in mezzo a entrambi con un braccio sulle spalle di ciascuno. Per quanto con Kea le venisse facile considerando che erano quasi alti uguali, con Haru era un pó più difficile, visto che a soli diciassette anni era già alto un metro e ottantacinque. Tutto ciò, tuttavia, non sembró preoccuparla e continuó a chiedere -Di che state parlando? 
Kea rispose -Dei nostri genitori che ancora fanno sesso. 
Diane annuì consapevole -Vero, oggi papà stava facendo dei cioccolatini al rum, so che li fa quando vuole che papà Waka diventi più… aperto. 
-Basta!- quello di Haru fu per lo più un urlo -mi state rovinando la festa! Vado a salutare i gemelli Bokuto! 
E così schizzó via verso i due fratelli che stavano discutendo di qualcosa davanti il tavolo delle bevande (analcoliche), non una grande novità. 
Rimasti soli, Diane si rivolse a lui -Ami non viene? 
Kea scosse il capo -Sai quanto odia andare a più di una festa al mese, inoltre è impegnata a parlare con quel ragazzo che ha conosciuto online, quello di Miyagi. 
Diane fece un sorrisetto -E tu non sei geloso? 
-Dovrei? Vi ho detto mille volte che vedo Ami solo come un'amica. 
La ragazza alzó le mani in segno di resa -Dico solo che non ti piace mai nessuno, come farai a capirlo se neanche ci provi? 
-Papà Kenma mi raccontó una volta che a lui non è mai interessato nessuno se non quello che adesso è suo marito. Immagino quindi che debba semplicemente aspettare. Inoltre non è vero che non mi piace nessuno!
Diane scosse la testa –Isak non vale, è un modello e va nella lista delle celebrità che non ci calcoleranno mai. Io qui parlo di esperienze! Dovresti fare esperienze! 
-Come sta facendo Haru in questo momento provandoci con quella ragazza?
Diane si voltò di scatto, strinse gli occhi e iniziò a marciare verso quello che era il suo ragazzo, forse, Kea ormai non riusciva più a tenersi al passo con i loro tira e molla. 
Adorava sia Haru che Diane, erano praticamente i suoi due migliori amici, ma messi insieme erano troppo da gestire. Litigavano due volte su tre dei loro incontri e si lasciavano più volte di quanto sarebbe stato normale, ma riuscivano sempre a farla funzionare in qualche modo, quindi Kea non giudicava.
Haru si era trasferito a Tokyo da Miyagi quando aveva all’incirca cinque anni, questo perché suo padre Oikawa era stato comprato da una squadra di pallavolo con sede in quella nuova città, quindi si era trasferita tutta la famiglia. Qui Haru aveva iniziato una nuova scuola, la stessa di Kea. Fu in uno di quei primi giorni che Hajime e Tetsuro si riconobbero facendo presentare anche i due bambini, fu poi grazie alle diverse uscite e partite di pallavolo che avevano organizzato le famiglie che i due bambini iniziarono a diventare amici giorno dopo giorno.
Con Haru poi arrivò anche Diane, era una bambina della sua stessa età con la quale litigava sempre, ma che aveva anche deciso che sarebbe stata la sua fidanzatina. Diane comunque non era male, quindi a Kea non era dispiaciuta come aggiunta al loro gruppo. Gruppo nel quale già stavano Ami (che si erano conosciuti con Kea da piccoli a un club di lettura) e i gemelli Bokuto (che conosceva fin da quando erano piccoli essendo i loro genitori migliori amici).
Arrivati alle medie e poi al liceo, sia Kea che Haru furono mandati al Nekoma, mentre Diane ed Ami all’Itachiyama e i Bokuto al Fukurodani. Kea era andato al Nekoma perché era la scuola dei loro genitori, mentre Oikawa aveva deciso di mandare suo figlio lì perché aveva esclamato “lasciano quella scuola solo persone ricche”. Kea non era tanto sicuro di quella generalizzazione ma, considerando quanto la sua famiglia fosse effettivamente ricca grazie ai lavori di entrambi i genitori, non poteva di certo dire nulla.
Diane fu mandata all’Itachiyama semplicemente perché Ushijima aveva grande rispetto di quella scuola e delle persone che l’avevano frequentata.
Nonostante quella separazione, per i due ragazzi non fu difficile mantenere i rapporti con Diane e quella serata ne era una prova. Così anche come per il resto del gruppo.
Kea sospirò, cercando di decidere velocemente se era meglio cercare di placare la litigata tra Diane e Haru o unirsi ai casini dei gemelli Bokuto. Pensandoci bene, Kea capì di doversi decisamente fare nuovi amici.
 
-
 
Natsu rise tirato alla battuta che uno dei suoi amici aveva fatto. Anche se definirli "amici" era un po' troppo, non erano quelle persone che invitava a casa e non erano di certo quella categoria di umani che avrebbe mai voluto presentare a sua madre.
Ma erano i "fighi" della classe, coloro ai quali non potevi dire di no se non volevi passare degli anni di liceo di merda.
Natsu sapeva bene come doveva comportarsi e le risposte sempre pronte per ogni occasione. Andava già avanti così da un anno, era sicuro che avrebbe continuato fino al diploma, ma quella sera un imprevisto cambiò ogni sua previsione.
Natsu fece l'errore di dire che non era andato a letto con la ragazza che la settimana prima gli aveva chiesto di uscire. Non che non si fosse trovato bene con lei, ma neanche la conosceva. Un'uscita di due ore al cinema non poteva essere considerato un modo per conoscersi. A stento Natsu ricordava il suo nome, non voleva perdere la verginità in quel modo e non voleva soprattutto fare qualcosa per la quale non si sentiva pronto. Solo perché aveva diciassette anni non significava che fare sesso diventava un qualcosa di obbligatorio.
Nessuna di quelle frasi, tuttavia, riuscì a lasciare la sua bocca. Balbettó qualcosa che nessuno riuscì a comprendere e questo portó i suoi amici ad attaccarlo.
-Femminuccia- lo schernì uno.
-Cosa sei, una checca?
Natsu sentì il suo volto andare a fuoco, aprì nuovamente la bocca per cercare di difendersi da quelle accuse che non si aspettava, ma fu una nuova persona a intervenire.
-Avete qualche problema?
Il ragazzo che intervenne era più basso di lui di almeno mezza testa, i suoi lunghi capelli neri erano legati malamente sul capo con diverse ciocche che erano sfuggite al suo controllo e i suoi occhi dorati erano tranquilli ma decisi.
-Chi sei tu?- domandó infastidito quello che gli aveva dato della "femminuccia" -Ti senti toccato da questo discorso? Sei una checca anche tu?
Il ragazzo rimase impassibile a quell'insulto, poi rispose calmo e pragmatico come se stesse commentando le previsioni del tempo con un amico di vecchia data –Chi lo sa? Forse, ma puoi stare tranquillo visto che non saresti nella mia lista.
Senza aspettare che la vittima delle sue parole riuscisse a rispondere a tono, spostò lo sguardo sul secondo e sorrise impercettibilmente mentre gli si rivolgeva -Bella giacca, sono sicuro che il mio papà non sarebbe molto felice di sapere che persone come te che pensano certe cose la indossino, ma posso farti il favore di non dirlo a casa. Sai, l'altro mio papà è una persona molto protettiva con la sua famiglia.
La risata di una ragazza li raggiunse, Natsu spostò lo sguardo su questa bellissima straniera dai capelli rossi e le lentiggini che commentò con un tono che trasudava ironia -Che figura di merda, non puoi andare in giro a sfottere i gay e poi indossare una giacca di Kodzuken. Non sei coerente, capisci? Devo insegnarti tutto io?
Il ragazzo era ormai rosso dalla rabbia, i pugni chiusi mentre sibilava -Lui non è gay!
La ragazza si limitó a continuare a ridere mentre il ragazzo dai capelli lunghi si voltò verso di lei, si portò una mano al cuore e con un finto tono sconvolto disse -Oh no, quindi da chi sono stato cresciuto per sedici anni?
-Ti sei intromessa in una situazione che non ri riguarda, strega!- urlò il primo per cercare, probabilmente, di distogliere l'attenzione dal suo compagno.
-Invece mi riguarda- rispose subito lei -Sai quanto sarebbero delusi i miei due papà se sapessero che non ho preso parte a una discussione del genere?
A quella scena che era ormai diventata surreale, si avvicinò un terzo ragazzo: alto, muscoloso, i capelli castani con più gel di quanto Natsu avrebbe mai usato e i suoi occhi scuri che lanciavano lampi di rabbia.
-Hai forse chiamato la mia ragazza strega? Nessuno ti ha detto che sono l'unico a poterlo fare?
Neanche trenta secondi dopo, i suoi due amici erano fuggiti tra la folla come se non fossero mai stati lì.
A quel punto la rossa si voltó verso l'ultimo arrivato con un sorriso malizioso in volto e gli occhi luminosi, gli disse -Eri così sexy- e i due iniziarono a baciarsi al limite dell'indecenza.
Natsu, a quel punto, poté solo concentrarsi sul primo ragazzo che era intervenuto per difenderlo, questo incroció il suo sguardo e offrendogli un sorriso dolce gli domandó -Tutto bene?
E mentre il cervello di Natsu andava completamente in blackout, la sua bocca urlava -Non sono gay!
Il ragazzo lo fissò confuso, sbattè più volte le palpebre e poi rise brevemente. Una risata completamente diversa da quella che aveva rivolto alle sue vittime di poco prima.
-Va bene, non è importante. Inizi sempre le conversazioni così?
Natsu si sentiva il viso talmente caldo che era sicuro ci avrebbero potuto cucinare sopra.
Era talmente imbarazzato che non riuscì a rispondere nulla, fu quindi sempre il ragazzo a prendere la parola.
-Ricominciamo, ti va?- gli porse la mano -Mi chiamo Kuro Kea, ho sedici anni e frequento il primo anno del liceo Nekoma.
Okay, quello era facile.
-Daisho Natsu- rispose piano mentre gli afferrava la mano -ho quasi diciassette anni e frequento il secondo anno del Nohebi.

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Capitolo 2
*** Kea x Natsu 2 ***


Parte 2
Maggio
Sono Kea, spero di aver salvato correttamente il tuo numero!” Natsu sorrise nel leggere quel nuovo messaggio che gli era arrivato.
Si trovava in cucina e stava aiutando sua madre ad apparecchiare la tavola per il pranzo.
-Chi ti scrive?- domandò curiosa Mika Yamaka nel vedere la sua reazione.
-Nessuno- si affrettò a dire l’adolescente mentre posava il telefono in tasca e correva a prendere i piatti.
La madre continuò a scrutarlo, poi sembrò decidere di cambiare argomento –Com’è andata la festa di ieri sera?
-Bene- le sue guance si fecero rosee –Ho conosciuto delle nuove persone di altre scuole… sono simpatici.
Mika gli sorrise sincera –Sono felice, sei talmente uguale a tuo padre che avevo paura potessi avere problemi a socializzare come lui.
-Io non avevo alcun problema a socializzare!- intervenne l’uomo raggiungendo la famiglia in cucina, fresco di doccia.
Natsu non poté fare a meno di ridere nel vedere come i suoi genitori iniziarono a scherzare prendendosi in giro e un pensiero attraversò la sua mente “anche io voglio questo”.
 
Giugno
Kea, mentre aspettava che il colore di base sulla tela si asciugasse, lasciò il club di arte e corse fuori verso la palestra di pallavolo.
Sapeva grazie ad Haru che, quel pomeriggio, il club di pallavolo del Nohebi avrebbe raggiunto il Nekoma per disputare un’amichevole.
Si affacciò dalla porta cercando di rimanere nascosto e guardò un po' in giro.
Non avevano ancora iniziato la partita, ma si stavano riscaldando. Proprio in quel momento Haru schiacciò dall’altra parte del campo talmente forte che il rumore lo sentirono tutti.
Kea alzò gli occhi al cielo sorridendo e borbottando uno “sbruffone” pianissimo.
Infine individuò Natsu. Il ragazzo dalla divisa verde era seduto a terra mentre scioglieva i muscoli, il colpo di Haru gli aveva fatto alzare lo sguardo e Kea riuscì a vedere la sorpresa nei suoi occhi nell’accorgersi di lui.
Kea lo salutò brevemente con una mano e il ragazzo gli sorrise in cambio.
Era la prima volta che si rivedevano dalla festa del loro primo incontro, ma avevano iniziato a messaggiare quasi ogni giorno.
Kea si ritirò per tornare al proprio club, non prima di aver preso il telefono e avergli scritto “buona partita”.
 
Luglio
-Hai una ciocca di capelli azzurra- fece presente Natsu quando raggiunse Kea.
Il più piccolo si portò subito una mano ai capelli e poté sentire tranquillamente la ciocca dura ricoperta di acrilico.
Rise piano, poi rispose –effetti collaterali del mio club.
Natsu sorrise divertito –Ti sta bene, ti fa sembrare di più un artista.
Kea corrugò la fronte –Dovrebbe essere un insulto?
Natsu non rispose e Kea gli diede una gomitata tra le costole, poi entrambi risero e iniziarono a camminare fuori dalla scuola.
Qualche giorno prima i due ragazzi avevano iniziato a discutere su quale fosse la migliore gelateria di Tokyo ed, essendo che Kea prendeva molto seriamente discussioni del genere, avevano concordato di andare a provare insieme i gelati la prima volta che Natsu fosse tornato al Nekoma per disputare un’amichevole con la sua squadra.
-Comunque tieni- Kea gli passò un sacchettino e Natsu lo guardò confuso e curioso, poi lo afferrò per aprirlo con devozione. All’interno vi era un bracciale verde e rosso di fili intrecciati.
-L’ho fatto io- specificò Kea –ma se non ti piace posso farne un altro con altri colori. So che il trentuno è il tuo compleanno, giusto? Non sono sicuro che riusciremo a vederci, quindi ti do il regalo in anticipo- sorrise –ma non ti faccio gli auguri, tranquillo.
Natsu non riuscì a rispondere in alcun modo.
 
Agosto
-Ti sento ringhiare, Haru- fece presente Kea impassibile, come se non fosse una grande novità.
-La stanno guardando tutti- ringhiò per l’appunto il suo amico.
Kea mise il proprio telo all’ombra dell’ombrellone e, solo dopo essersi sistemato, lanciò un’occhiata al mare.
In effetti c’erano abbastanza sguardi nella direzione di Diane e Ami, le quali stavano giocando a palla con l’acqua che arrivava loro alle ginocchia.
Natsu disse –Insomma, sono straniere e sono una rossa e una bionda, è difficile vedere delle ragazze così in giappone.
Haru si voltò verso di lui ancora più incazzato –Stai dicendo che la mia Diane non è bella?
Natsu spalancò gli occhi spaventato, poi con lo sguardo cercò aiuto in Kea.
Questo sorrise, poi si rivolse all’amico –Sta dicendo che devi correre a marcare il territorio se non vuoi che tutti inizino a darle il loro numero di telefono.
Lo spinse anche verso la direzione della riva con un piede e pochi secondi dopo i due ragazzi rimasero soli.
Natsu si sedette al suo fianco e sospirò afflitto –Non riesco mai a dire qualcosa di giusto davanti a lui.
Kea rise –Non devi preoccuparti, Haru ha preso le qualità peggiori dei suoi genitori, nessuno sa come prenderlo. Io stesso ci ho messo anni a capire come rispondere e comportarmi in ogni situazione, soprattutto quando si tratta di Diane, imparerai anche tu.
Natsu fissò la coppia in acqua che, come previsto, aveva iniziato a dare spettacolo mentre Ami cercava di dire qualcosa, probabilmente lamentandosi che fossero in pubblico. Sospirò e tornò a fissare Kea.
-Con te è così facile parlare.
Kea gli sorride, poi gli si avvicinò parlando piano, come se fosse un segreto -Anche con te è facile stare.
I loro volti erano più vicini di quanto fosse considerato normale, ma non ebbero tempo per rifletterci perché la voce di Naoya interruppe qualsiasi cosa.
-Ehy ehy ehy!- lui e la sua gemella li raggiunsero facendo cadere i loro borsoni lì accanto, Naoya aveva una palla sottobraccio -Partita a calcio?
 
Settembre
Kea vide Natsu seduto in una delle panchine del parco e lo raggiunse da dietro. Spió il gioco che stava facendo nella sua console portatile e sorrise, poi palesó la sua presenza facendo il giro per sedersi accanto e parlando -Ho finito quel gioco qualche settimana fa, carino il finale.
Natsu alzò uno sguardo sconvolto su di lui mentre il suo personaggio sullo schermo moriva, poi sbottò -Ma è uscito oggi!
-Davvero? Mio padre li riceve sempre in anticipo, quindi non lo sapevo.
Natsu arrossì nel rendersi conto della figura di merda che aveva appena fatto -Ah già… avevo dimenticato che tuo padre è uno streamer di videogiochi. Stupido da parte mia invitarti qui a giocare.
Kea si diede dell'idiota nell'avergli fatto pensare quello, poi provó a rimediare affrettandosi a dire -Non mi dispiace! Inoltre non ho ancora provato la versione multiplayer.
Natsu gli lanciò uno sguardo non convinto mentre borbottava -Non giochi con tuo padre?
-Non esiste! Da quando ho fatto dieci anni papà ha smesso di farmi vincere perché "non sei più un bambino, devi conoscere la triste realtà del mondo".
Natsu rise all'imitazione di quella voce, il suo malumore completamente dimenticato, pronti a divertirsi insieme per un intero pomeriggio.
 
Ottobre
-Quindi Gilgamesh III ha iniziato a correre fuori del giardino e io piangevo, allora papà Tetsuro ha iniziato a correre dietro di lui e l'ha salvato dall'essere investito. Certo, lui ha finito per rompersi il braccio ma quel gatto non si è più allontanato da lui- stava raccontando Kea mentre le sue dita modellavano un pezzo di fil di ferro che aveva trovato poco prima -Papà Ken era furioso che fosse finito in ospedale, lo accusava di non essere abbastanza intelligente per aver trovato un modo per salvare il gatto senza farsi male, mentre papà gli urlava in risposta che non siamo tutte persone dei suoi videogiochi. I loro litigi sono sempre divertentissimi perché iniziano a usare citazioni stranissime ai videogiochi o alla chimica o al primo argomento che gli passa per la testa, inoltre finiscono sempre per fare pace la sera stessa, si credono tanto superiori ma poi non riescono a stare separati neanche un'ora senza piagnucolare che gli manca l'altro.
Lui e Natsu si trovavano nel giardino sul retro della festa alla quale stavano partecipando, i due avevano deciso di allontanarsi dalla folla poco prima e avevano iniziato a chiacchierare nella privacy e nel buio del posto che si erano trovati.
Natsu era seduto al suo fianco, lo fissava divertito e alla fine di quel racconto commentó -Non so se mi stupisce di più il fatto che in un'ora tu mi abbia detto più nomi di gatti di quanti riuscirò mai a incontrare nella mia intera vita, o che i tuoi genitori te li abbiano fatti tenere tutti.
Kea rise -I miei genitori sono più gattari di me.
Il fil di ferro tra le sue mani era ormai diventato un portachiavi a forma di gatto, Kea ne fu abbastanza soddisfatto e lo porse all'altro -Per te.
Natsu rimase totalmente sorpreso da quel regalo inaspettato, arrossì talmente forte che poté solo sperare che il buio non lo rendesse troppo evidente e strinse l'oggetto nella sua mano.
Si alzò di scatto e andò a sedersi dietro di lui.
-Che fai?- domandó quindi Kea confuso.
-Posso toccarti i capelli? Voglio fare anche io qualcosa per te.
-Uh?- fu il turno di Kea di rimanere sorpreso -Sì.
Si sciolse la crocchia scomposta che aveva sul capo e l'odore del suo shampoo al gelsomino si diffuse tra di loro.
Natsu infilò le dita tra i suoi lunghi e morbidi capelli neri pettinandoglieli, per poi iniziare a fare una treccia.
Il silenzio era carico d'imbarazzo e, più andava avanti, più il ragazzo del Nohebi voleva solo scappare via chiedendosi cosa diavolo gli fosse preso.
-Dove hai imparato a fare le trecce?- domandó Kea distraendolo.
-Ho imparato da piccolo per mia mamma. Lei fa l'infermiera e molto spesso torna a casa stanca e distrutta, quando ero piccolo lo era ancora di più perché ovviamente doveva occuparsi di me. Vedevo sempre che papà, per farla rilassare, le pettinava i capelli in questo modo, quando gli ho chiesto perché lo facesse mi ha risposto che lei si rilassava un sacco quando le persone le toccavano la testa. Così gli ho chiesto di insegnarmi in modo che avrei potuta aiutarla io a rilassarsi quando lui era a lavoro.
-Devi essere stato un bambino adorabile.
Natsu arrossì di nuovo, poi borbottó -mai quanto te mentre rubi tutti i gatti del vicinato.
Kea rise piano, poi si voltò a guardarlo.
I suoi occhi dorati lo stavano scrutando intensamente e senza alcun tipo di imbarazzo, erano vicinissimi e non fece nulla né per tirarsi indietro né per farsi più avanti.
-Io…- balbettó Natsu.
-Sì?
La magia fu interrotta dalla voce di Maru che urlò il nome di Kea.
I due ragazzi si tirarono indietro l'istante prima che la ragazza con le ciocche di capelli tagliati in diverse misure e la tinta grigia rubata al padre li trovasse.
-Oh! Menomale che sei qui!- esclamò sollevata. Se notó la loro posizione compromettente o il fatto che fossero isolati rispetto agli altri non disse nulla -Hai il numero dei genitori di Haru, vero?
Kea corrugó la fronte -Sì, perché?
-Haru è stato coinvolto in una rissa.
E quelle semplici parole bastarono per fargli capire la situazione e quello che avrebbe dovuto fare.
Ma soprattutto, capì che la serata di lui e Natsu era appena finita.
 
Novembre
Kea non era stupido. Sapeva che quello che lui e Natsu stavano facendo già da diversi mesi era flirtare.
Non avrebbe fatto come i suoi genitori che, come concordavano tutti i loro amici del liceo, si comportavano da fidanzati già anni prima che lo diventassero ufficialmente perché troppo stupidi per rendersene conto.
Kea, inoltre, non si era mai imbarazzato a parlare di preservativi e sesso con i suoi papà, figurarsi chiedere a qualcuno di iniziare a uscire insieme ufficialmente. Cosa che aveva effettivamente fatto con Isak più volte di quante potesse contare su una mano, ma quella era un’altra storia.
Quindi, di norma, Kea non avrebbe avuto problemi a mettere le cose in chiaro con Natsu già diverso tempo prima, se non l'aveva fatto era stato solo nel rispetto della confusione dell'altro ragazzo.
La prima cosa che Natsu gli aveva detto quando si erano incontrati era stata "io non sono gay" che, per quanto fosse stata esclamata in un contesto di quasi forzatura, frenava Kea dal fare quel semplice passo avanti.
Kea avrebbe aspettato, avrebbe aspettato anche diversi anni se era quello che serviva a Natsu per mettere in chiaro le sue idee. Sapeva bene quanto fosse un argomento delicato e non l'avrebbe spinto in alcun modo.
Tuttavia, non dovette aspettare tanto quanto si era immaginato.
Quello era il giorno in cui si sarebbero giocate le semifinali e le finali di pallavolo per decidere i due rappresentanti di Tokyo. Kea era lì insieme ai gemelli Bokuto, a Diane e ad Ami a tifare per il Nekoma e per Haru. Ma buona parte del tifo di Kea era riservata anche al Nohebi dove per la prima volta Natsu stava giocando da titolare.
-Sia messo a verbale che io non volevo venire- commentò Maru mentre entravano nella palestra e cercavano una serie di posti liberi.
-Perché?- chiese Kea.
Fu Naoya a rispondere mentre si abbassava il cappello della felpa di più sulla fronte per nascondersi –Perché c’è nostro padre a commentare la partite. Insieme allo zio Sakusa. Sarà un massacro, speriamo che nessuno si accorga di noi.
Kea rise –Un massacro? Sarà divertentissimo.
Come predetto dai gemelli: fu un massacro. Con una telecronaca che fece chiedere a molte persone perché quei due venissero pagati per lavorare insieme in quel campo da ormai due anni.
“Oh mio dio Omi, hai visto la schiacciata del figlio prodigio di Oikawa!? Si vede che vuole diventare l’asso della sua squadra! Anzi, possiamo già dire che lo è visti i punti che ha fatto oggi! Ma ti ho mai detto che ho giocato contro Oikawa una volta?”
“Due volte” corresse Sakusa con un tono da funerale “Una alle olimpiadi e una per lo special match. E non hai bisogno di dirmelo perché c’ero anche io.”
“Davvero?”
“Abbiamo giocato nella stessa squadra alle olimpiadi. E nello special match ero in squadra con Oikawa. Sei scemo!?”
“Non ricordo proprio.”
“Quindi non ricorderai neanche che quel ragazzino che stai idolatrando una volta ti ha fatto piangere, aveva solo quattro anni.”
Kea si era appuntato mentalmente di chiedere al suo migliore amico come fosse riuscito a far piangere lo zio Bokuto senza essere ucciso da Akaashi.
Scene del genere capitarono fin troppo spesso: dove i due telecronisti si scordavano di commentare la partita e ripercorrevano i ricordi del loro passato, ovviamente furono rimproverati, come fu rimproverato Sakusa nel particolare per una serie di imprecazioni quando Bokuto lo fece arrivare al limite (Kea lo capiva benissimo).
Telecronaca a parte, sia il Nohebi che il Nekoma vinsero le semifinali e, anche se in finale vinse la squadra dei gatti, entrambi erano ormai rappresentanti di Tokyo.
Ci furono urla e festeggiamenti in campo, finché quasi mezz’ora dopo non riuscirono a riunirsi con Haru. Commentarono tutti insieme la partita fino a quando i gemelli non annunciarono che sarebbero andati da loro padre, a quel punto gli occhi di Ami si illuminarono e li seguì affermando –Riuscite a presentarmi Sakusa Kiyoomi? Gli devo chiedere una cosa su una storia che sto scrivendo!
Kea rimase solo con Haru e Diane che, in meno di mezzo secondo, finirono a baciarsi come se fossero soli. Beh, era strano che non l’avessero ancora fatto in realtà.
Decise quindi di prendere il cellulare e scrivere a Natsu se fosse ancora lì, ricevette subito una risposta affermativa e si incontrarono fuori dalla palestra.
Non appena si videro il più grande era ancora così esaltato e felice che lo abbracciò con talmente tanta enfasi da alzarlo da terra.
-Avevo l'adrenalina a mille!- esclamò quando lo rimise a terra ma senza staccarsi da lui -è totalmente diverso dal giocare in allenamento! Andremo ai nazionali! Ancora stento a crederci, sono così felice!
-Sei stato molto bravo- gli sorrise Kea sincero.
Natsu si bloccò a fissarlo, nella sua mente si accavallarono milioni di pensieri uno diverso dall'altro.
Kea avrebbe tanto voluto capire cosa stesse pensando e agire di conseguenza, ma prima che riuscisse a pensare anche solo se fosse stato meglio tirarsi indietro da quell'abbraccio, Natsu si sporse in avanti e lo baciò.
Non era il primo bacio di Kea, ma fu il primo bacio che gli fece provare qualcosa: sentì il suo petto riscaldarsi, il suo cuore saltare un battito e le sue labbra formicolare.
Durò il tempo di un respiro e quando Natsu si tiró indietro il suo sguardo era spaventato.
Kea addolcì il suo, preferì non dire nulla, lasciandogli il tempo di metabolizzare quello che aveva fatto e cercando di esprimergli quello che pensava semplicemente guardandolo.
Va tutto bene, puoi tirarti indietro o puoi tornare a baciarmi, io resto qui.
Natsu sembrò decidere per la seconda opzione, perché lo afferró per le spalle e se lo spinse nuovamente contro, sbattendo le loro labbra insieme in quella che poteva essere definita una collisione, ma che si trasformò presto in un bacio vero e proprio.
Kea non avrebbe saputo dire quanto duró, sapeva solo che era totalmente concentrato su tutti quei nuovi sentimenti che stava provando, così concentrato che quando fu spinto all'indietro con violenza dalle mani di Natsu, fu preso talmente alla sprovvista che non riuscì a reagire.
Inciampó e cadde. Non ebbe il tempo di chiedersi cosa diavolo fosse successo che sbatté la testa e tutto si fece nero.

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Capitolo 3
*** Kea x Natsu 3 ***


n.a. Vi lascio il link IG del disegno che GReina ha fatto del bacio di Kea e Natsu nello scorso capitolo (seguitela se volete vedere tutti i disegni di questa serie dei bimbi che sta realizzando!) 
https://www.instagram.com/p/Cg1SRSnrXH4/?igshid=YmMyMTA2M2Y%3D




Parte 3
-Papà sto bene- provò a dire Kea per la milionesima volta.
-No che non stai bene!- ruggì Tetsuro per poi decidere di lasciare la stanza dell’ospedale alla ricerca di un infermiere da solo.
Kenma sospirò e andò a sedersi al fianco del figlio, allungò una mano verso la sua testa e gli scostò con delicatezza i capelli dal viso, evitando accuratamente la fronte dove gli avevano dato cinque punti.
-Siamo solo preoccupati per te- gli disse piano.
-Lo so- sospirò il ragazzo.
-Mi vuoi dire che è successo?
Kea distolse lo sguardo mordendosi il labbro, non aveva mai mentito ai suoi genitori e non avrebbe iniziato in quel momento.
-Sono scivolato- mormorò piano.
Non era una bugia, non del tutto almeno. Certo, era scivolato, ma solo perché era stato Natsu a spingerlo.
Kea non ricordava molto, come un’immagine sfocata ricordava del loro bacio, del suo essere spinto all’indietro e del dolore alla fronte dopo che sbatté contro una roccia. Quando si risvegliò era già in ospedale e il dottore che l’aveva curato l’aveva informato che aveva perso molto sangue e che poteva avere un trauma cranico, doveva rimanere ed essere controllato per almeno un giorno. Gli avevano già cucito la ferita chiudendola con cinque punti, gli sarebbe rimasta la cicatrice, ma era abbastanza alta e poteva tagliare i capelli in modo tale da coprirla.
-Kea…
Kenma non era stupido e sapeva che suo figlio stava nascondendo qualcosa, tuttavia non riuscì a finire la frase perché Tetsuro tornò in camera seguito da un’infermiera.
-Kenma! Guarda chi lavora qui!
Kea guardò la donna ma non riuscì a riconoscere in lei alcun tipo di volto familiare, probabilmente era amica dei suoi genitori quando ancora non avevano adottato lui.
-Mika, ciao- esclamò Kenma alzandosi dal letto.
Lei sorrise –Ehy ragazzi, è da tanto che non ci si vede. Di sicuro non mi aspettavo di incontrarvi qui mentre Kuro urlava imprecazioni contro i miei poveri colleghi.
Kenma lanciò un’occhiataccia al marito, poi disse per lui –Si farà perdonare facendo una grossa donazione al vostro ospedale.
Lei rise, poi si avvicinò al ragazzo –Ciao, ti chiami Kea, giusto?
Questo annuì mentre lei iniziava a controllargli diverse cose e, per distrarlo dall’ago con il quale gli stava prendendo un campione di sangue, iniziò a parlare con lui –Conoscevo i tuoi genitori quando avevo la tua età, Tetsuro è sempre stato una testa calda, ho sempre saputo che la persona destinata a lui fosse Kenma dal primo momento che li ho visti. Hai dei genitori davvero fantastici, non dovresti farli preoccupare così.
Kea arrossì imbarazzato, poi borbottò di nuovo –è stato un incidente.
-A proposito di relazioni- si intromise Tetsuro e il cuore di Kea mancò un battito, si rilassò quando si rese conto che non stava parlando con lui –stai ancora con quel cretino?
Mika rise –Quel cretino è mio marito.
Kenma aggiunse –Ed ecco perché non ci vediamo da ventanni.
Kea non aveva idea di cosa stessero parlando, ma era felice di non essere più al centro della conversazione. O almeno, questo fino a quando in stanza non lo raggiunsero Ami e Haru.
-Possiamo?- chiesero bussando brevemente alla porta.
Mika si allontanò da lui e si avvicinò a un tavolino per sistemare tutto quello che aveva preso –Prego, ho finito qui.
-Stai bene?- chiese preoccupata Ami mentre lo raggiungeva al capezzale del letto –Posso chiedere a mio padre di farti curare da lui!
-Lascia stare tuo padre Ami, ha già tanto lavoro di suo. Inoltre sto bene, davvero.
Haru era più incazzato che preoccupato, quando sentì quelle parole iniziò a sbraitare –Stai bene solo grazie a me! Quel pezzo di merda ti avrebbe lasciato lì a terra!
-Haru- lo ammonì Kea.
-Cosa? Tu eri svenuto e non lo sai! Ma quando vi ho trovato non stava facendo nulla per aiutarti!
A quel punto Kea vide i suoi genitori farsi subito seri e rigidi.
-Papà…
-Di chi stai parlando, Haru?- chiese subito Tetsuro con lo sguardo di chi poteva uccidere qualcuno.
Haru si voltò verso di lui senza neanche rendersi conto di quello che aveva appena fatto, rispose gesticolando –Quel suo nuovo amico, Natsu Daisho o come diavolo si chiama!
Kenma sussurrò –Che cognome hai detto?
E prima che Haru potesse ripeterlo, fu l’infermiera a intrometteri. Con il volto pallido e la voce rigida e fredda, domandò –Cosa ha fatto mio figlio?
 
Natsu era chiuso nella sua stanza dal giorno prima, ancora sotto shock.
Fu nel pomeriggio che qualcuno bussò alla sua camera, non rispose e sua madre entrò subito dopo.
-Vorrei restare da solo- le disse nascondendosi meglio sotto le coperte. Stringeva nella sua mano il bracciale di fili intrecciati che Kea gli aveva regalato per il compleanno. L’aveva sempre indossato, ma quel giorno non si sentiva degno di averlo addosso.
-Oggi a lavoro ho incontrato dei vecchi amici del liceo- disse lei entrando in stanza e ignorando qualsiasi sua richiesta –erano lì per loro figlio. Ti dice niente Kea Kuro?
Natsu sussultò, i suoi occhi che si facevano lucidi mentre si metteva seduto di scatto e la guardava con rammarico e angoscia –Come sta?
Sua madre aveva uno sguardo serio e le braccia incrociate al petto, lo scrutò a fondo e, quando sembrò decidere che la sua reazione era sincera, sospirò afflitta e ammorbidì la sua espressione.
Andò a sedersi al suo fianco e addolcì anche la voce –Sta bene. Mi vuoi dire cos’è successo?
-Io…- una lacrima gli solcò la guancia, poi iniziò a raccontare come un fiume in piena –L’ho conosciuto mesi fa a una festa. Lui è intelligente e simpatico e siamo diventati amici- singhiozzò –e a me… a me piace davvero stare con lui. Ma non sono gay, okay? Io non sono come loro, però… però ieri volevo baciarlo e l’ho fatto e non è stato brutto. E ho continuato a farlo e non stavo pensando più a nulla, poi ho sentito i rumori di qualcuno che si avvicinava e sono andato nel panico, l’ho spinto per staccarlo e lui è scivolato e ha sbattuto la testa. Ero sotto shock e non sapevo cosa fare, vedevo il sangue che continuava a sgorgare dalla sua ferita e io non riuscivo neanche a muovermi. Poi fortunatamente è arrivato un suo amico e se n’è occupato lui. Ma se lui non fosse arrivato io… Kea…
A quel punto i suoi singhiozzi erano talmente forti che non riusciva neanche più a parlare, Yamaka lo strinse tra le braccia cullandolo come quando era bambino, poi iniziò a parlargli con un tono dolce.
-Shss Nat, va tutto bene amore, non l’hai fatto di proposito e lui sta bene, l’ho controllato oggi io stessa.
Rimase a consolarlo per minuti interi fino a quando il suo pianto non si calmò pian piano.
Natsu si staccò da lei con gli occhi spalancati solo quando sentì il rumore della porta d’ingresso aprirsi, fissò Mika e sussurrò –Non dire a papà che ho baciato un ragazzo.
Il volto di Yamaka si fece più dolce –Amore, papà non sarà delus…
-Non dirglielo!
-Va bene, va bene, è una cosa tua e glielo dirai quando sarai pronto- sussurrò in risposta poco prima che l’uomo annunciasse di essere a casa.
Natsu si asciugò il volto e diede le spalle alla porta per impedire a suo padre di vedere che stava piangendo.
Suguru li raggiunse proprio in quel momento e la sua voce si fece più seria quando vide la situazione –Cos’è successo?
Yamaka gli sorrise e si alzò per baciarlo –Nulla di grave, solo litigi tra adolescenti, una cosa in cui eri molto bravo se non ricordo male.
L’uomo arrossì imbarazzato.
-Ci pensi tu alla cena?- continuò Mika –Io e Natsu stiamo per uscire, andremo in ospedale, nostro figlio deve delle scuse a un suo amico.
Suguru corrugò la fronte, vide che Natsu non aveva il coraggio di alzare lo sguardo verso di lui e non ci mise troppo ad affermare –Vengo con voi, possiamo comprare la cena mentre torniamo.
Yamaka si morse il labbro, poi disse –Ecco vedi… l’amico di Natsu… è il figlio di Kuro Tetsuro.
-COSA!?
 
Il sole era già tramontato oltre l'orizzonte quando il dottore che aveva preso in cura Kea gli disse che poteva tornare a casa. 
I suoi genitori si occuparono di tutta la faccenda burocratica e, mente Kuro firmava per il rilascio, gli altri due si misero all'ingresso ad aspettare. 
-Pensavo che non ci dicessi le bugie- affermò Kenma con voce bassa e tagliente. 
Da quando avevano scoperto tutta la situazione non avevano avuto tempo per parlarne, prima perché Haru ed Ami erano rimasti in camera e poi per l'arrivo del dottore e di tutti gli accertamenti che avevano fatto.
Ma adesso Kea sapeva bene che non sarebbe potuto scappare da quello. 
-Non vi ho mentito!
-No, certo- concordó Kenma -hai omesso una parte.
Kea si morse un labbro abbassando lo sguardo. 
-Credi di poter usare il trucco che io stesso ti ho insegnato senza che me ne accorga? 
-Scusa papà… non volevo che vi preoccupaste più di quanto fosse necessario. 
Kenma lo scrutò a fondo, fu facile considerando che ormai avevano la stessa altezza. 
-Lo stai difendendo perché hai paura di lui? Ti ha fatto del male altre volte? Sei stato bullizzato? 
Kea strabuzzò gli occhi fissandolo con uno sguardo spaventato -No!- si affrettò subito a negare -No papà, te lo giuro, lui è… qui. 
Quell'ultima parola fu detta in un sussurro mentre metteva a fuoco il ragazzo in questione attraverso le porte in vetro dell'ospedale. 
-Cosa… 
Ignoró suo padre e corse fuori per raggiungerlo. Natsu era insieme a un uomo che era la sua copia adulta, l'unica differenza del ragazzo era il colore dei capelli della madre, anche lei stava al suo fianco. 
Natsu lo vide e si bloccò di scatto congelato sul posto, quando poi l’altro fu abbastanza vicino si inchinó profondamente. 
-Perdonami Kea, è stato un incidente, non volevo… non avrei mai voluto farti del male. 
Kea sorrise intenerito, poi fece per rispondere, tuttavia i suoi genitori lo precedettero. 
-Cosa ci fate voi qui?- quella era la voce di Tetsuro mentre si avvicinava. 
-Signori Kuro- Natsu si inchinó anche verso di loro -Sono profondamente dispiaciuto per quello che è successo ieri. 
Tetsuro rispose -Forse dovevi pensarci prima di spingerlo!
-Papà!- quasi urlò Kea mentre Kenma lo ammoniva con il tono di voce che usava solo per lui. 
Il signor Daisho fece un passo avanti e, con sguardo assassino, prese le difese del figlio -Gli incidenti capitano e mio figlio è pure venuto qui per scusarsi. Tu invece alla sua età facevi solo il pezzo di merda senza mai scusarti con nessuno! 
-Suguru- fu il turno di Mika di ammonire il marito. 
Kuro rise -Io? Forse mi stai confondendo con te! Tu che non facevi altro che fingere di essere un bravo ragazzo, comportandoti bene davanti agli arbitri e insultando le persone alle spalle. Non mi stupirebbe se quel ragazzo avesse preso le tue qualità peggiori!
Suguru lo afferrò per il colletto della maglia -Non provare mai più a insinuare qualcosa su mio figlio. Magari hai sbagliato tu qualcosa nel crescere il tuo. 
-Adesso basta, tutti e due- intervenne Kenma. 
-Sembrate due ragazzini ancora al liceo, anche i vostri figli sono più maturi di voi- aggiunse Mika. 
I due uomini si allontanarono l'uno dall'altro, ma non smisero di guardarsi in cagnesco. 
Infine, Tetsuro annunciò -Non vi voglio più vedere intorno a mio figlio. 
Daisho rispose -Vedi piuttosto tu di tenere tuo figlio lontano dal mio! 
E se Kea aveva pensato di trovarsi in una situazione complicata nell'essersi fatto male alla testa per colpa della propria cotta, quello che era appena successo con i genitori di entrambi non avrebbe di certo aiutato la situazione. 

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Capitolo 4
*** Kea x Natsu 4 ***


Parte 4
Kea gli aveva mandato messaggi per un'intera settimana.
Aveva iniziato la notte stessa in cui era stato dimesso dall'ospedale con un semplice "Ahaha chi avrebbe mai detto che i nostri padri avessero dei trascorsi da drama queen?".
Natsu sapeva quello che stava facendo: fingere che nulla fosse accaduto e tornare a com’erano prima. Ma lui non poteva accettarlo, non avrebbe più potuto guardarlo negli occhi senza ricordare quello che gli aveva fatto.
Natsu non meritava quei messaggi e non meritava di stare accanto a una persona tanto preziosa. Fu per questo che non rispose.
Il giorno dopo Kea gli scrisse nuovamente "Oggi mi sono svegliato con il culo di Kosmos sulla mia faccia, spero che il tuo buongiorno sia stato migliore!"
Natsu non rispose neanche a quello.
Il giorno dopo ancora Kea si fece più serio "Sai… possiamo dimenticare quello che è successo, non importa, davvero."
E ancora.
"Mi manchi".
Natsu non rispose a nessuno di quei messaggi e dopo una settimana Kea rinunciò.
Passarono i giorni. Natsu era sempre distratto e poteva solo ringraziare che fossero iniziate le vacanze invernali, altrimenti sapeva che avrebbe fatto un casino sia a scuola con i suoi voti che nella pallavolo.
Fu proprio in uno di quei pomeriggi che sentì il suo malessere aumentare, decise di uscire di casa per fare una passeggiata e infine si trovò di fronte casa di Kea.
Non aveva idea di come fosse arrivato lì, né del perché l'avesse fatto.
Una parte di lui voleva suonare, chiedere di Kea sperando che i suoi padri non lo picchiassero e abbracciarlo nella speranza che lo perdonasse di tutto.
L'altra parte però aveva iniziato a ricordargli quello che aveva fatto, le immagini del sangue di Kea che si diffondeva sul terreno e le urla degli amici e della famiglia di Kea che gli avevano rivolto contro.
Il suo corpo aveva iniziato a tremare e il suo sguardo si fece offuscato, il respiro era diventato troppo veloce e l'unica cosa sensata che riuscì a pensare fu che stava avendo un attacco di panico.
 
Kea stava studiando alla sua scrivania quando sentì un leggero bussare alla sua porta, subito dopo fece il suo ingresso suo padre Kenma con una tazza in mano.
-Pausa per una cioccolata calda?- domandó questo appoggiandogli la tazza accanto.
Kea sorrise -Come posso dire di no?
Kenma allungò una mano e gli sistemò una delle ciocche ribelli sulla fronte -Dovresti decisamente andare dal parrucchiere- commentó -potrei farti compagnia, magari torno biondo.
-Uccideresti papà, ti rendi conto di come guarda innamorato le vostre foto del liceo? Se lo farai, non voglio essere in casa la prima notte.
Kenma sorrise divertito, anche se le sue guance si erano fatte più rosee.
-Visto che stiamo parlando senza filtri, c'è qualcosa tra te e Daisho Natsu, vero?
Il fiato di Kea si bloccò, fissò senza vedere davvero per interminabili secondi il cioccolato sciolto all'interno della sua tazza e infine sussurrò -Non c'è niente.
-Pensavo che non ti imbarazzassi a dirmi queste cose. Se è per quello che è successo con tuo padre fuori dall'ospedale, sai bene che posso convincerlo a…
-Non è per papà e non ti sto mentendo. Non c'è niente, non più almeno, non quando non risponde ai miei messaggi dall'incidente.
Kenma rimase in silenzio per qualche secondo, poi annuì comprensivo.
-Va bene. Mi sembrava solo giusto informarti che Natsu era qui fuori poco fa.
Kea alzò lo sguardo su di lui velocemente, i suoi occhi dorati che si facevano enormi per lo stupore.
Kenma continuò -L'ho visto per caso mentre uscivo fuori per dare i croccantini ai gatti. Stava avendo un attacco di panico e l'ho aiutato, ma quando si è ripreso è scappato via, non sono riuscito a fermarlo in tempo.
Kea non disse nulla, la sua mente piena di domande sul perché Natsu si fosse presentato fuori da casa sua, sul perché avesse avuto un attacco di panico.
-Ascolta, amore- Kenma riportò l'attenzione su di lui -sai quanto ha dovuto lottare tuo padre per convincermi ad avere un appuntamento? Non sono mai stato facile, mi annoiavo e non capivo il senso di metà delle cose che Tetsuro voleva fare. Ma lui non si è mai arreso. E sai quanto ho dovuto lottare io per farmi accettare da te? Hai pianto per mesi ogni singola volta che mi vedevi e io ero nel panico, perché non potevo essere tuo padre se tu mi odiavi in quel modo. Ma Tetsuro mi ha detto di provarci "giorno dopo giorno" e così ho fatto. Non mi sono mai arreso neanche io con te e adesso eccoci qui.
Kea sentì i suoi occhi lucidi -Papà…
-Non sto dicendo che Natsu sarà l'amore della tua vita. Dico solo che, se è importante per te, allora non dovresti arrenderti.
 
Era già sceso il buio quando Kea, sotto il suo strato di cappotto, sciarpa e cappello, si presentò a casa dei Daisho.
Sospirò e si sedette sulle scale del portico senza suonare, semplicemente raccolse le gambe al petto e prese il cellulare.
Aprì la chat con Natsu e digitò un nuovo messaggio.
"Sono fuori casa tua. Puoi anche non scendere e continuare a ignorarmi, mi basta solo farti sapere che sono qui, che sarò sempre qui. Prenditi tutto il tempo che ti serve."
Passarono venti minuti prima che Natsu si decidesse a raggiungerlo. Tra le mani aveva il suo bracciale, quello che gli aveva regalato per il compleanno. Non lo indossava ma lo stava torturando con le dita.
Si sedette al suo fianco e rimasero così, insieme e in silenzio mentre i loro fiati formavano nuvole di condensa nell'aria.
-Mi dispiace- sussurrò infine Natsu.
-Lo so. Ti perdono.
-Non dovrebbe essere così facile.
Kea sorrise, poi alzò gli occhi verso il cielo e iniziò a raccontare -Quando avevo sette anni ho discusso con Haru perché lui diceva che i cani erano migliori dei gatti, così gli ho dato un pugno che gli ha fatto saltare un dente da latte. Quel giorno ha perso un sacco di sangue.
Fece una pausa, poi riprese -fino al mio primo anno, ho fatto soffrire il mio papà ogni singolo giorno perché gli facevo credere che non lo amavo e che non volevo stare con lui.
Prese un'altra lunga pausa -Quello che sto cercando di dire è che tutti gli umani feriscono, volontariamente o meno, le persone che amano. Non possiamo farci niente e non possiamo cambiare il passato, quello che possiamo fare è capire i nostri errori e imparare da essi. So perché mi hai spinto, so che sei entrato nel panico e so che non volevi farmi male. Ti ho perdonato, Natsu, perché non provi a perdonarti anche tu?
Natsu non rispose ma a Kea andava bene così, sapeva che non doveva mettergli fretta e che tutto sarebbe arrivato, a suo tempo.
-Per la cronaca- volle concludere -è stato uno dei più bei baci che abbia mai ricevuto. Ma va bene se per te è stato solo un errore, non lo dirò a nessuno e non sei obbligato a fare nulla, possiamo restare amici.
-Io… non lo so cosa voglio. Possiamo solo rimanere così per un pó?
-Certo. Tutto il tempo che ti serve- allungò la mano e gli afferrò il bracciale, per poi portarglielo al polso e qui legarlo –questo però lo rimettiamo al suo posto.
Rimasero ore seduti su quegli scalini freddi mentre il vento sferzava i loro corpi, stavano in silenzio a godere semplicemente la compagnia l’uno dell’altro.
Kea non avrebbe saputo dire con certezza quanto tempo fosse passato quando la porta alle loro spalle si aprì e la voce di Mika si rivolse direttamente a lui –Kea, resti a cena?
Il ragazzino si voltò sorpreso verso la donna, poi fissò Natsu al suo fianco.
Questo non disse nulla, aveva solo le guance rosse e lo sguardo basso, ma non fece nulla per contrastare la proposta della madre.
Fu solo per quel motivo che Kea sorrise leggermente e tornò a voltarsi verso la donna –Se non porto disturbo, grazie mille. Avverto i miei genitori.
La donna alzò una mano in aria –Ho già scritto a Kenma e mi ha detto che non ci sono problemi. Ora venite dentro prima di prendervi una broncopolmonite.
 
La cena non fu imbarazzante come tutti avrebbero potuto immaginare. Certo, Natsu rimase rigido e in silenzio per tutto il tempo, ma nessuno glielo fece pesare, soprattutto quando Kea era così disponibile a chiacchierare e scherzare con i suoi genitori.
-Sei uguale a tuo padre ai tempi del liceo, quello buono- disse a un certo punto Suguru, mentre si prendeva la libertà di scrutarlo considerando che aveva già finito di mangiare –immagino che abbiano usato il suo seme per…
Kea lo interruppe ridendo –No, no, nessuno dei due è un mio genitore biologico. Sono stato adottato quando avevo tre mesi, papà Tetsuro racconta sempre questa storia di lui che mi ha visto in orfanotrofio identico a Kenma e ha capito che sarei stato il loro bambino.
Il pallavolista strabuzzò gli occhi –Questo è… impressionante.
-Immagino che fosse destino- si intromise Mika con un sorriso mentre iniziava a sparecchiare. Poi lanciò uno sguardo all’orologio –Oh, è tardi, a breve inizia il mio turno notturno, pulisci qui tu?
Suo marito annuì senza farsi alcun problema e la donna, già vestita, si alzò per recuperare la sua borsa rivolgendosi distrattamente a Kea –Se vieni con me ti lascio a casa.
-Oh, non voglio disturbare più di quanto…
-Sciocchezze! Non ti faccio tornare a casa a piedi a quest’ora e con questo freddo, nessuno vuole che tuo padre si lamenti di qualcos’altro, vero?- sorrise a quella battuta senza aver bisogno di specificare di quale padre si stesse riferendo.
Kea rise a sua volta –Va bene, grazie.
Si alzò per indossare il suo giubbotto e la sua sciarpa, poi ringraziò Suguru con un profondo inchino e infine si rivolse a Natsu –Adesso però rispondimi ai messaggi, okay?
Le guance del ragazzo si colorarono di rosso mentre l’unica cosa che potè fare fu annuire.
Nel mentre del loro scambio, la donna aveva salutato il marito con un profondo bacio e lui le aveva dato indicazioni sullo scrivergli una volta che fosse arrivata in ospedale.
Fu dopo questo che Mika e Kea indossarono le loro scarpe all’ingresso e lasciarono la casa, così Natsu rimase solo con suo padre.
I due iniziarono a sparecchiare e pulire in silenzio, fino a quando Natsu non si fece coraggio prendendo un bel respiro e chiedendo –Non ti piacciono i genitori di Kea perché sono gay?
Per poco Suguru non fece cadere a terra il piatto che aveva tra le mani, Mika l’avrebbe ucciso.
-Cosa?- sbottò incredulo mentre si voltava verso il figlio.
-Sì, insomma… non era per questo che lo prendevi in giro al liceo?
-Assolutamente no!- rispose con un tono un po' troppo duro che fece alzare lo sguardo sorpreso del figlio su di lui.
-Precisiamo intanto il fatto che non ho mai avuto nulla contro Kozume, ma solo contro Kuro. O almeno, ero un po' una merda al liceo e mi divertivo a sfottere l’intera squadra del Nekoma, ma solo Kuro rispondeva alle mie provocazioni. La nostra rivalità è nata quindi per la pallavolo ed è sempre stata di tipo sportivo. Con Kuro c’era un rapporto diverso perché ci conoscevamo fin da bambini e siamo sempre stati rivali per un motivo o per un altro. Ma prendere in giro una persona per il suo orientamento sessuale non è mai stata una cosa che ho trovato divertente. Cosa può fregarmene di chi vuole chi? Poi al liceo avevo così tanti problemi con tua madre che avere un possibile pretendente in meno in giro non poteva che essere una bella notizia.
Natsu lo stava fissando con uno sguardo indecifrabile, i suoi occhi leggermente lucidi –Quindi non t’importa…
Suguru non era stupido come Kuro aveva sempre voluto far credere, era ovvio che avesse capito quale fosse il problema di suo figlio.
Lo abbracciò cercando di trasmettergli tutto quell’amore che magari non sempre era riuscito a dargli, gli baciò la testa e sussurrò –Sei mio figlio Nat, nessuna cosa che potrai mai fare o essere ti farà amare di meno da me o da tua madre, hai capito?
L’adolescente annuì e si strinse a lui piangendo come quando era bambino –Io non sono gay- gracchiò poi.
-Va bene- rispose Suguru mentre gli accarezzava la schiena con dolcezza.
-Però… però…- non riuscì a spiegare a parole quello che gli passava per la testa, non ebbe bisogno di farlo perché suo padre terminò –Va bene Natsu, Kea è una bella persona.

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Capitolo 5
*** Kea x Natsu 5 ***


Parte 5
Ad aprirgli la porta fu Oikawa Tooru che, senza neanche accertarsi che fosse lui, aveva già salutato –Ciao Kea.
-Salve signor Oikawa- rispose con un sorriso il ragazzo sapendo che quell’appellativo l’avrebbe fatto infuriare.
-Piccola peste, devi smetterla di farmi sentire più vecchio di quello che in realtà sono- rispose con il broncio quello che Kea considerava ormai come uno zio.
Oikawa poi alzò lo sguardo sul suo volto e strabuzzò gli occhi nel vedere il cambiamento che aveva fatto quel pomeriggio.
-I tuoi capelli!- esclamò sorpreso.
-Già, era arrivato il momento di tagliarli un po'.
In realtà Kea li aveva tagliati più di un po'. Inizialmente si era solo fatto fare la frangetta per coprire la cicatrice ancora rossa sulla fronte, poi però aveva deciso che non gli piaceva e aveva fatto tagliare tutti i capelli nel classico taglio “a scodella”.
-Sembri più piccolo della tua età adesso, ma approvo. Dai l’impressione di essere un bravo ragazzo che verrà amato dai genitori della tua futura fidanzata. O fidanzato.
Kea rise mentre entrava in casa e si toglieva le scarpe.
-Sono andato dal parrucchiere con papà, lui è tornato biondo.
-Oh beh, immagino che Kuro sia molto felice della cosa.
Ed ecco soprattutto il motivo per il quale Kea si trovava a casa di Haru con una borsa in spalla, pronto a passare la notte lì.
Chiacchierò con Oikawa per altri diversi minuti, infine raggiunse il suo migliore amico nella sua camera.
Haru era seduto a terra con le gambe incrociate, la lingua stretta tra le labbra mentre si concentrava a passare un livello alla play.
-Hai iniziato senza di me perché vuoi provare l’ebbrezza di vincere di tanto in tanto?- rise Kea mentre gli si sedeva accanto e prendeva il secondo joystick.
-Non vale perdere contro di te se conosci tutti quei trucchi che ti ha insegnato tuo padre.
-Mhmm, curioso che sia detto da te, considerando che reagisci molto male quando i ragazzi ti dicono lo stesso sulla pallavolo.
Haru corrugò la fronte e sbuffò –Stai zitto e gioca.
Kea rise, poi fece come gli era stato detto.
Giocarono e scherzarono per tutto il pomeriggio, facendo una pausa quando Iwaizumi portò loro dei dolci che aveva appena sfornato.
-Iwa-chan!- sentirono urlare il marito dalla cucina –Vuoi farmi diventare grasso?
-Quelli non sono per te! Tu non mangiarli!- urlò in risposta Hajime mentre lasciava in fretta la stanza del figlio e si chiudeva la porta alle spalle.
I due adolescenti risero, il gioco in pausa mentre si riempivano di dolci.
Fu a questo punto che Haru si fece un po' più serio e iniziò un discorso che non gli aveva mai fatto.
-Devo confessarti una cosa.
Kea alzò un sopracciglio curioso e lo incitò ad andare avanti.
Haru prese un respiro profondo e lo fece –I miei genitori erano migliori amici prima di mettersi insieme, così come anche i tuoi. E questo pensiero mi ha sempre reso ansioso, come se fosse una specie di legge non scritta che anche noi due saremmo dovuti finire insieme.
Kea non poté fare a meno di iniziare a sorridere divertito per l’assurdità di quel discorso –Cosa?
-Insomma- Haru si agitò –Non che tu mi faccia schifo o altro, però Diane… lei è tutto per me, capisci?
Kea iniziò a ridere più apertamente –Haru, nessuno ti ha chiesto di diventare il mio ragazzo, per cosa ti stai giustificando?
-È che tu non hai mai mostrato interesse per nessuno! E non dire Isak perché non conta!- disse ancora più frustato che Kea non capisse il suo punto –Quindi che ne potevo sapere? Per me potevi anche avere una cotta e nasconderla bene, aspettando il momento in cui avrei aperto gli occhi e tutte quelle cose che raccontano i miei sulla loro storia.
-Ew, Haru, non voglio essere il tuo babysitter.
L’amico gli lanciò un’occhiataccia –Comunque, ora che finalmente l’ho capito mi sono potuto togliere questo peso.
Kea non riusciva a smettere di ridacchiare –E come avresti avuto questa grande illuminazione?
-In realtà credo di averlo iniziato a capire dalle prime settimane che Daisho ha iniziato a frequentare il nostro gruppo, il modo in cui lo guardavi o ci parlavi mi ha fatto capire che non stavi nascondendo nulla prima, che dovevi solo trovare la persona giusta. Tuttavia non ero molto convinto di lui e a ragion veduta, visto quello che ti ha fatto.
Kea sbuffò –Senti, se torniamo ancora su quest…
Fu interrotto da Haru che riprese –Non ho intenzione di dirti con chi devi o non devi stare, non sono tuo padre. Stavo solo dicendo che non ero d’accordo e, di conseguenza, non volevo raccontarti tutto questo, non almeno fino a una settimana fa.
-Cos’è successo una settimana fa?
-Il primo giorno del torneo primaverile, Daisho è venuto a parlarmi negli spogliatoi. Gli ho risposto male e gli ho detto che non avevo intenzione di ascoltare nulla che provenisse dalla sua bocca. Ma lui aveva uno sguardo risoluto e si è imputato di seguirmi fino a quando non gli avrei dato ascolto. Così abbiamo parlato in privato e… non starò qui a dirti tutto quello che mi ha detto, però l’ho capito un po' di più. Come ho detto a te, ho detto a lui che non sono tuo padre e che non doveva spiegare a me quelle cose, però lui ha insistito sul fatto che se voleva provare a iniziare qualcosa di serio con te, allora doveva mettercela tutta per farsi accettare, oltre che da te, da tutta la tua famiglia.
Kea sorrise un po' di più, questa volta commosso –Mi stai dando la tua benedizione?
Haru sorrise a sua volta –Sì, diciamo di sì. Sei il mio fratellino.
Kea gli diede un calcio.
Erano già passate diverse settimane da quando Kea si era presentato a casa di Natsu e lì avevano fatto quel breve discorso nel freddo portico di casa sua. Da quel giorno il ragazzo, come aveva promesso, riprese a rispondergli ai messaggi, ma presero le cose con molta calma.
Non c’era alcun messaggio troppo spinto tra di loro o nessun gesto che potesse mettere l’altro in una situazione scomoda. Il fatto che avessero dovuto passare la maggior parte del tempo tra il capodanno e le festività con i parenti aveva aiutato molto. Senza contare il torneo primaverile che aveva preso tutte le energie e il tempo di Natsu.
Kea sentì il calore diffondersi sul suo petto quando si rese conto che, per andare a parlare con Haru, Natsu doveva essere pronto a fare quel passo in più.
 
-Ehy Pà- chiamò Kea mentre si metteva in bocca una cucchiaiata di cereali e latte.
Tutti e tre erano seduti intorno al tavolo a fare colazione. Kea mangiava, Kenma era al suo settimo cucchiaino di zucchero messo nel proprio latte e Tetsuro lo fissava con uno sguardo non troppo convinto.
-Mh?- risposero entrambi i genitori nello stesso momento.
Kea in realtà si stava rivolgendo solo al corvino, ma gli andò bene non specificare mentre con leggerezza diceva –Mi sto frequentando con una persona.
Kenma alzò lo sguardo per rivolgergli un sorrisetto consapevole, mentre Tetsuro rimase stupito, poi fece un grande sorriso esaltato –Oh! Neanche ci speravo più che avresti mai superato Isak! Chi è?
Kea continuò a fingere leggerezza mentre rispondeva –Natsu.
-È un ragazzo o una ragazza?
Sia Kea che Kenma lo fissarono come se fosse scemo, così l’adulto si mise subito sulla difensiva –Cosa? È un nome sia maschile che femminile!
Kea lanciò uno sguardo disperato all’altro genitore e questo, mentre metteva nel latte il suo ottavo cucchiaino di zucchero, rispose –Tranquillo, ora ci arriva.
Kuro fissò entrambi come se fossero loro quelli scemi, poi pian piano la consapevolezza stravolse il suo volto –Natsu. Quel Natsu?
-Sì.
-Il figlio del mio acerrimo nemico?
-Sì.
-Il figlio di quella serpe?
-Sì.
-Perché!?
-Scusa papà- rise Kea –non si comandano queste cose.
-Non puoi farmi questo!
-Stai esagerando, Kuro.
Quello era stato detto da Kenma, intromettendosi nella discussione utilizzando il suo cognome, facendogli capire quanto fosse serio.
-Non capisci Kenma! Quel ragazzo è identico a suo padre e nostro figlio è, beh, te! Vederli insieme sarebbe come vedere te e quel coglione di Daisho stare insieme!
-Papà, ma che diavolo dici!?- rise Kea tra l’incredulo e il divertito.
-E poi non è sincero! Non mi fido di lui! Sono sicuro che faccia come suo padre: si finge un angioletto all’esterno ma dentro è un infido serpente!
Prima che Kea potesse dire qualcosa per difendere il ragazzo, Kenma intervenne –Kuro, quanto siamo stati bravi a crescere Kea?
-Tantissimo- rispose meccanicamente l’altro.
-E quanto è intelligente il nostro bambino?
-Più di chiunque altro.
-Allora non pensi che sappia capire da solo se Natsu lo sta prendendo in giro o meno?
Kuro corrugò la fronte, per nulla convinto da quel discorso ma senza parole per poter protestare.
Kenma aggiunse –Stasera noi due andiamo a cena fuori, in quel posto dove hanno quel vino buono.
Tetsuro, con il broncio di chi nessuno lo capiva, chiese piano –Posso ubriacarmi?
-È quello lo scopo, tesoro- poi lanciò un breve sguardo a Kea e gli fece un occhiolino.
Questo gli sorrise grato e si affrettò a prendere il telefono scrivendo nella chat di Natsu “stasera ti va di venire da me?”
La risposta arrivò subito “tuo padre mi vuole picchiare?”
Kea rise e continuò a digitare “i miei non sono a casa”, rendendosi conto dopo averlo inviato quanto potesse essere fraintendibile quella frase, si affrettò a scrivere che non voleva intendere che dovevano fare qualcosa che lo avrebbe messo a disagio, ma non riuscì a inviare questo secondo messaggio in tempo perché Natsu aveva già risposto “okk”.
 
-Devi nasconderti sotto il letto.
-Cosa!?- Natsu lo fissò come se gli fosse cresciuta una seconda testa.
-Veloce! Se mio padre Tetsuro vede che ci stanno lasciando a casa soli, non andrà mai a quel ristorante!
Natsu arrossì mentre, spinto dalle mani dell’altro, si inginocchiava per fare quello che gli aveva detto –Cosa pensa che dovremmo fare? Mio dio ci sono due gatti qui sotto!
-Ignorali. Evidentemente pensa quello che lui faceva molto bene alla mia età- rispose Kea senza alcun imbarazzo, ricordando tutte le volte in cui il genitore gli aveva chiesto se avesse bisogno di preservativi.
Tutto quello stava succedendo solo perché Kea aveva detto a Natsu di andare a casa sua alle sette e mezzo, orario in cui effettivamente il ragazzo era arrivato, ma aveva calcolato male il tempo e i suoi genitori non erano ancora usciti, quindi l’aveva fatto entrare di soppiatto e adesso lo stava nascondendo.
A quel punto, Kea salutò i suoi genitori con la tranquillità di chi non aveva nessuno nascosto sotto il letto.
Ma Kenma era pur sempre Kenma e mandò il marito a mettere a moto la macchina con la scusa che “finché la stufa non avrà riscaldato il veicolo non ho intenzione di entrarci”.
Tetsuro fece come gli era stato richiesto e fu il primo a lasciare la casa.
Non appena la porta si fu chiusa alle sue spalle, l’adulto si rivolse all’adolescente –Torneremo per le undici, quindi ti raccomando di non perdere di vista l’orologio, sai che non riuscirei a fermare tuo padre ubriaco che insegue Natsu per il quartiere con la sua mazza.
Kea rise divertito ma anche con un filo d’ansia, perché la sua mente riusciva a immaginare benissimo quella scena così probabile.
-Tranquillo papà.
-E comportatevi bene.
Kea annuì.
Kenma gli lasciò un bacio sulla fronte e si rivolse al letto del figlio –Ciao Natsu.
Ci fu silenzio per qualche secondo, poi una mano uscì da sotto il letto che salutò vagamente nella direzione di Kenma –Salve signore, buona serata.
 
Rimasti soli, Kea e Natsu avevano ordinato una pizza, l’avevano mangiata sul tavolino del soggiorno e, infine, si erano accoccolati sul divano (dove stavano già diversi gatti) sotto una calda coperta a vedere dei film d’azione un po' troppo scontati.
-Oh no, sta facendo un discorso carino con una musica triste in sottofondo- si lamentò Kea –morirà a breve.
-Non puoi saperlo!
Kea gli diede una leggera spallata –è tipo l’ABC di ogni film.
-Magari qui è diverso, magari…
Non riuscì a finire la frase che al personaggio saltò la testa.
Kea iniziò a ridere cercando di trattenersi, Natsu sbuffò –ma che film di merda è?
-Ormai l’abbiamo iniziato, quindi si finisce- rispose il più piccolo mentre si sistemava meglio, provando a poggiarsi contro la spalla di Natsu.
Non era sicuro di poterlo fare, quindi ci andò piano, in attesa di una reazione dell’altro.
Questa reazione avvenne sottoforma di movimento, con Natsu che spostava il braccio e Kea che si tirava su capendo che non era gradito.
Ma aveva frainteso, perché Natsu aveva solo alzato il braccio per dargli la possibilità di stringersi contro il suo petto e usare quello per abbracciarlo meglio.
-Oh…- mormorò felice, per poi sistemarsi su di lui.
Natsu iniziò ad accarezzargli la schiena distrattamente mentre Kea sentiva, sotto il suo orecchio, il cuore dell’altro battere impazzito. Nessuno dei due stava più prestando attenzione al film.
-Kea…- mormorò piano a un certo punto –ti va se… proviamo di nuovo a baciarci?
-Sì- rispose l’altro in fretta e in un sussurro mentre alzava la testa.
I loro volti erano così vicini che i fiati si mescolavano. Rimasero in attesa per diversi secondi, nell’aspettativa di quello che sarebbe stato che rese tutto ancora più reale.
Natsu portò la mano libera contro il mento del più piccolo, poi lo guidò verso le sue labbra in un gesto cauto e delicato.
Stavano entrambi aspettando quel secondo bacio anche più del primo, le labbra morbide e calde che scivolavano insieme e si rincorrevano senza, tuttavia, alcuna fretta.
La musica, gli spari e le urla della tv completamente dimenticati, tutto il loro mondo ormai pieno degli schiocchi dei baci, dei sospiri e della mani che si stringevano.
Fu Kea il primo a mettere la lingua e Natsu s’irrigidì.
Il più piccolo si tirò subito indietro e senza fiato si premurò di chiedergli –Scusa, va bene? Non voglio fare nulla che ti metta a disagio senza chiedertelo.
Natsu lo fissò come se fosse una visione –mi hai solo preso alla sprovvista- rispose sincero –ma con te andrebbe bene qualsiasi cosa.
Kea lo fissò per capire se fosse sincero e Natsu si perse a guardarlo, i capelli corti scompigliati sulla fronte, i suoi occhi dorati che erano acquosi e le sue labbra gonfie per colpa dei suoi baci.
-Cazzo- si ritrovò a borbottare –sei bellissimo.
E fu in quel preciso momento che Kea arrossì.
Quando si rese conto della cosa abbassò lo sguardo e si passò una mano sul viso come a voler cancellare quel colore sulle sue guance.
Natsu rimase stupito e ancora più colpito dalla situazione –Aspetta, tu che non ti imbarazzi di niente ti sei appena imbarazzato per… questo?
Kea divenne ancora più rosso mentre portava anche l’altra mano a coprirsi il viso, poi borbottò –Non puoi semplicemente dire cose simili di punto in bianco!
Natsu gli afferrò i polsi e lo costrinse a togliersi le mani dal volto –Mi dispiace ma posso, visto che mi hai accettato come tuo fidanzato.
In realtà non avevano mai parlato di quello direttamente, insomma, era ovvio che si stessero frequentando da mesi, ma non avevano mai detto quella parola ad alta voce. Che fosse stato Natsu il primo a dirlo fece solo sorridere felice Kea.
Tornarono a baciarsi e tutto il resto non ebbe più alcuna importanza.








Buongiorno!
E questo è l'ultimo capitolo di come Kea e Natsu si sono conosciuti e hanno ufficializzato la loro relazione! Ovviamente le loro avventure non sono ancora finite quindi non disperate, avrete motivo di rivederli in futuro, ci sono ancora tante cose da scrivere su loro e i loro genitori.
Questa storia invece, come già avevo scritto nelle note del primo capitolo, non è finita qui. Ci sono altre 6 capitoli su Diane e Haru come protagonisti, ambientata esattamente un anno dopo quest'ultimo capitolo e dove saranno presenti molto di più il resto "della banda" dei ragazzini di Tokyo (quindi sempre Kea e Natsu, i Bokuto ed Ami).
Ora vado in vacanza e spero che abbiate modo di divertirvi anche voi, ringrazio tutti per essere arrivati fino alla fine, soprattutto chi continua a recensire, grazie di cuore per le gioie che riuscite a darmi anche con un semplice piccolo commento! Tornerò tra il 22/23 di questo mese con la storia di Diane e Haru, quindi non perdetevi i nuovi aggiornamenti di questa storia in quella settimana!
Buone vacanze e a presto!
Deh

P.S. Vi rinnovo l'invito a seguire greina_draws su Instagram poiché sta pubblicando i disegni sui bambini di questa serie e nel particolare ha appena pubblicato un disegno di Kea e Natsu che amo alla follia! Qui il link: https://www.instagram.com/p/Cg_ovfTrN84/?igshid=MDJmNzVkMjY=

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Capitolo 6
*** Haru x Diane 1 ***


Ciao! Spero abbiate passato tutti delle splendide vacanze (anche se ha tipo piovuto in tutta Italia ma vabbé).
Vi avevo detto che sarei tornata ieri, ma era il compleanno di Goshiki e non potevo non pubblicare una OS su di lui, quindi eccomi qui oggi con il continuo di questa storia!
Oggi iniziano le vicende di Diane e Haru, come vi avevo anticipato saranno sei parti e come per l'altra pubblicherò ogni due giorni!
Spero possa piacervi questa storia come quella di Kea e Natsu, fatemi sapere che ne pensate!
Deh
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Adatto a te
Haru x Diane

 


Parte 1
Diane sapeva di essere una persona intelligente.
Fino ai suoi quattro anni aveva vissuto per strada, vagando sola e sopravvivendo grazie al fatto che capiva e comprendeva le situazioni che la circondavano, sapendo di conseguenza cosa poteva e non poteva fare.
Dopo che Satori e Wakatoshi l’avevano adottata, si era trasferita in Giappone e qui aveva imparato una nuova lingua completamente diversa dal francese, adattandosi a quella nuova cultura facilmente.
Certo, magari non rientrava in quel tipo d’intelligenza di chi riusciva a ricordare a memoria tutte le formule chimiche che le facevano studiare in classe o di chi riusciva a ricordare quale fosse la capitale del Brasile e la sua bandiera, ma non era stupida.
E poiché sapeva bene di non esserlo, la cosa che più la faceva infuriare era la consapevolezza di essere come quelle ragazze stupide che vanno dietro allo stronzo di turno.
Diane avrebbe potuto avere chiunque, si sarebbe potuta innamorare di qualsiasi ragazzo nella sua scuola. E invece no, doveva incarnare il cliché di andare dietro allo stronzo figo quale era Haru Oikawa-Iwaizumi.
Nessuno avrebbe scommesso neanche un centesimo su di loro: venivano da due mondi completamente diversi, i loro genitori non avevano buoni rapporti ma, soprattutto, loro due litigavano ogni volta che si vedevano.
Non c’erano le basi per alcun tipo di relazione, neanche un’amicizia poteva andare avanti così, figurarsi una relazione romantica. Eppure l’avevano fatta funzionare.
L’avevano fatta funzionare alle elementari quando andavano nella stessa scuola e alle medie quando lei andò all’Itachiyama e lui al Nekoma.
Divennero più grandi, andarono al liceo e tutti i loro amici si aspettavano che pian piano avrebbero smesso di vedersi e sentirsi, facendo scemare la cosa.
Così, tuttavia, non era stato, poiché continuavano a gravitare l’uno intorno all’altra in un modo che nessuno dei due riusciva a spiegare.
Non mancavano però le litigate, le urla o i pianti. Tutto quello aveva sempre fatto parte del pacchetto, Diane lo sapeva. Ma a tutto c’era un limite e il suo era stato superato da un pezzo.
Quella sera fu il suo punto di rottura.
Tornò a casa e trovò i suoi genitori mezzi addormentati abbracciati sul divano a guardare un film.
-Tesoro- la salutò Tendo con voce assonnata -Tutto bene?
-No- gracchiò mentre le lacrime si accumulavano nei suoi occhi e un singhiozzo le scuoteva il petto.
Tendo ebbe il tempo di mettersi seduto con uno sguardo preoccupato che lei li aveva raggiunti gettandosi su di loro alla ricerca di conforto.
-Non ce la faccio più- mormorò pianissimo tirando su con il naso -non posso andare avanti così, non ce la faccio.
-Lo uccido- Tendo sussurrò pianissimo stringendo i suoi pugni -se quel ragazzo si avvicina ancora a te, io lo uccido.
-È finita- lo rassicurò Diane stringendosi di più contro di loro mentre sentiva Ushijima che le accarezzava la schiena -Questa volta è finita davvero.

-
 
Non era stato difficile per Haru trovare Kea, considerando che Natsu aveva pubblicato una storia al parco con il video di Kea circondato da tre gatti e la didascalia "il mio ragazzo ama i gatti più di me" e tante faccine tristi e cuori spezzati.
Trovò, infatti, i due ragazzi su una panchina, seduti uno di fianco all'altro a ridere mentre giocavano a qualcosa sul cellulare del suo amico.
-Eccoti qui!- esclamò sedendosi in mezzo ai due anche se non c'era spazio, costringendoli quindi a farsi indietro.
-Haru!- esclamò il suo amico con un tono di voce strano.
-Ciao?- disse invece Natsu con un tono confuso.
-Devo parlarti.
-Durante il nostro appuntamento?- adesso Kea era decisamente scettico, anche un po’ infastidito a voler essere sinceri.
-Diane non mi calcola da due settimane!
-Beh?
-Due settimane!- ripeté Haru come se il suo amico non avesse capito la gravità di quella frase.
-Forse è arrivato il momento di smetterla di fare lo stronzo e prenderti le tue responsabilità.
Haru si infuriò, si alzò di scatto per poterlo guardare meglio e rispose a tono -Non sono io lo stronzo! O almeno, non solo io! Anche lei ha le sue colpe!
Kea alzò un sopracciglio come se non gli credesse, ma gli lasciò il beneficio del dubbio non commentando nulla, piuttosto strisciò sulla panchina per tornare accanto a Natsu e chiese -Per cosa avete litigato questa volta?
-Boh, qualcosa di stupido, neanche me lo ricordo!
Ed era vero che non lo ricordava, non per mancanza di interesse, ma perché per loro era una cosa talmente frequente che il ragazzo faticava a stare dietro a tutti i loro problemi.
Natsu e Kea si scambiarono uno sguardo che ad Haru non piacque, così si infervorò ancora di più e quasi urlò -Cosa?
-Non lo so, amico- Kea sospirò sincero e alzò le spalle -magari è come sempre e fra qualche giorno ritornerà tutto come prima, magari sta solo aspettando un tuo segno, magari vuole fartela pagare più del solito, o magari… magari si è stancata di questa situazione.
Haru rise per l'assurdità di quella opzione -Non dire cazzate, ci conosci, sai che non può finire tra di noi.
-Stavo solo mettendo sul tavolo tutte le possibili alternative. Non ho detto che l'ultima sia quella giusta.
-Beh, comunque non mi hai aiutato. Almeno fra poco più di una settimana andremo in settimana bianca e non potrà evitarmi più così bene.
-Non ti scordare a farle il regalo di Natale se non vuoi peggiorare la situazione!
Gli urlò dietro Kea mentre Haru si allontanava dalla coppia lasciandola al loro appuntamento, lo stomaco chiuso per una leggera angoscia che non capiva perché avesse iniziato a provare.
Diane lo amava, vero? Era sicuro di amarla, era una delle pochissime cose di cui era sempre stato sicuro in tutta la sua vita. Non poteva finire tra di loro, non importava cosa, ce l'avevano sempre fatta.
Non si sarebbero mai lasciati, giusto?

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Capitolo 7
*** Haru x Diane 2 ***


Parte 2
Un sabato di qualche settimana prima che Diane decidesse di chiudere ufficialmente con Haru, i due si trovavano al pub insieme al loro solito gruppo di amici.
Chiacchierando, avevano scoperto che Ami non era mai stata a sciare.
“Cosa!? Ma tuo padre è un cantante!” aveva detto Maru.
Ami l’aveva guardata non capendo “Quindi? Non vedo come le due cose possano essere collegate… comunque a papà Ken non piace troppo il freddo da quando ha passato un’intera notte a prendersi cura di un gruppo di cinque persone che è caduto in un lago ghiacciato…”
Storie traumatiche a parte, Naoya aveva preso un po' troppo sul personale che Ami non fosse mai stata in settimana bianca e avevano deciso di partire tutti insieme nelle vacanze invernali.
Ormai avevano organizzato e avevano pagato, così Diane non se la sentì di disdire nonostante ci fosse anche Haru. Non voleva perdersi la vacanza per colpa sua e sapeva che Ami, sua migliore amica che era stata trascinata lì a causa loro, non gliel’avrebbe perdonato.
La parte più difficile fu convincere i suoi genitori a lasciarla andare. Non che avessero mai avuto problemi di questo tipo, ma da quando aveva singhiozzato tutta la notte per Haru… beh, era anche logico che non fossero felici di vederla partire con lui.
-Se è per i soldi…- provò a dire ancora Tendo.
-Voglio solo stare con i miei amici- lo bloccò con un sorriso –fidatevi di me, andrà bene, promesso.
Tendo non era felice, ma non disse più nulla perché non voleva privarle di quelle esperienze.
Ushijima disse –Se ci sono problemi, ti basta chiamare e verremo subito a prenderti, va bene? Prenderò il primo aereo disponibile e saremo da te subito.
Diane sorrise commossa, sapeva che intendeva esattamente quello, che non importava che ore fossero o che cosa stessero facendo, ma che se li avesse chiamati loro sarebbero arrivati da lei in un istante.
-Sì, vi voglio bene.
Si abbracciarono e salutarono, poi la ragazza si diresse fuori, dove Ami e suo padre Kenjiro la stavano aspettando in macchina.
Il tragitto da casa sua al punto di incontro con gli altri fu abbastanza breve, ma Kenjiro non smise un secondo di parlare ricordando alla figlia a cosa servissero tutti i medicinali che le aveva messo in borsa e cosa fare in caso di ipotermia e tutto quello che poteva accadere in montagna.
Quando Diane scese dalla macchina si sentiva come se fosse pronta a svolgere un test di medicina.
Si guardò intorno e, come sempre, il primo verso cui rivolse lo sguardo fu Haru. Il ragazzo stava sistemando la sua attrezzatura attaccandola al tetto della macchina, ma quasi subito si voltò nella sua direzione come se quello sguardo l’avesse chiamato. Le sorrise e Diane si affrettò a distogliere lo sguardo verso gli altri suoi amici.
Erano tutti in gruppo nello stesso posto, c’era Bokuto Koutaro che parlava al figlio con lo sguardo più serio che Diane avesse mai visto sul suo volto, si avvicinò a loro e iniziò a sentire cosa stava dicendo l’adulto -…è la mia bambina, capito? Deve tornare così come sta partendo! Intesi Nao?
Diane era confusa, da quando li conosceva i genitori dei gemelli non li avevano mai trattati in modo diverso solo perché uno era maschio e l’altra femmina. Nessuno aveva mai chiesto a Naoya di occuparsi di Maru perché semplicemente i due si proteggevano a vicenda, non importava il sesso. Quindi perché adesso le cose erano diverse?
-Ho capito, papà! Non ti fidi della mia guida?
Maru ridacchiò –Meglio la mia.
Bokuto sbiancò –Ecco, mi preoccupo di voi due insieme!
Ed ecco che Diane capì che l’uomo si stesse riferendo alla sua macchina e non a Maru.
-Dai Bo, andiamo!- si lamentò Kuro Tetsuro, ancora lì dopo aver accompagnato Kea e Natsu solo perché doveva riportare a casa Bokuto che aveva lasciato la sua preziosa macchina sportiva ai figli.
I capelli del pallavolista si afflosciarono mentre raggiungeva l’amico e sospirava afflitto –Mi mancherà.
-Dovrebbero mancarti i tuoi figli- rispose questo mentre si allontanavano.
Poi Kuro si voltò ricordandosi di salutare il suo di figlio –e mi raccomando- concluse –letti separati!
-Certo papà!- rispose Kea con un tono per nulla credibile.
Diane raggiuse l’amico e chiese confusa –Mi sono persa qualcosa? Tuo padre non era quello che ha iniziato a lasciarti i preservativi alle feste quando avevi quindici anni? O forse quattordici?
-Oh sì, ma ha da un anno che cerca di non immaginare me e Natsu insieme perché dice che gli sembra di vedere papà Kenma con il papà di Nat- Diane spalancò gli occhi ancora più confusa e Kea la precedette –Lo so, non fare domande.
Naoya si intromise in quella discussione –Allora, chi viene in macchina con me e Maru?
Kea e Diane risposero in contemporanea –Noi!
Ovviamente Diane si stava riferendo a lei ed Ami, Kea a lui e il fidanzato.
-Ehy!- Haru urlò avvicinandosi –Com’è che nessuno vuole venire con me?
I due diretti interessati non risposero, ma iniziarono a lottare con lo sguardo per prevalere sull’altro. Diane sapeva che di norma avrebbe vinto l’amico, ma questa volta sembrò che Kea riuscì a leggere qualcosa nel suo sguardo, perché si fece confuso per un attimo, poi sembrò capire.
Sospirò e afferrò tutta la sua attrezzatura mentre si allontanava dalla macchina dei Bokuto –Va bene, andiamo noi con Haru.
Diane sorrise grata, Kea le puntò un dito contro –Ma mi devi una cioccolata calda.
Haru la fissò confuso, ma lei continuò a ignorarlo come se questo non esistesse, così corse dietro l’amico urlando –Davvero sono diventato invisibile?
Diane rilasciò un sospiro e si voltò per sistemare la sua roba sulla macchina che aveva scelto. Ami le sussurrò –Stai bene?
-Benissimo.
 
Haru si era lamentato di Diane mentre guidava per mezz’ora prima di scoprire che Kea, seduto nel posto del passeggero e con i piedi sul cruscotto, aveva messo gli airpods.
Lo capì quando Natsu si spinse in avanti, ticchettò sulla spalla del suo ragazzo e questo si tolse una cuffietta per sentire il "mi passi uno snak?".
-Mi spiegate perché cazzo nessuno sta ad ascoltarmi oggi?- ruggí infastidito da tutto quello che era successo da quando aveva incontrato i suoi amici quella mattina.
Kea sospirò, si tolse anche l'altra cuffietta e disse -accosta.
-Cosa?
-Accosta.
Haru dovette farlo. Spense il motore e si girò verso l'amico cercando di capire cosa diavolo stesse succedendo.
-Ascoltami bene Haru, perché non ho intenzione di ripetermi in questa vacanza, chiaro?
Il più grande alzò un sopracciglio mentre il fastidio che si sentiva dentro aumentava, chi si credeva di essere per parlargli in quel modo? Suo padre?
Non disse nulla ma Kea continuò comunque -Io ti voglio bene, te ne voglio davvero tanto. Sei il mio migliore amico e questo non cambierà mai. Ma siamo in vacanza, okay? E io ho intenzione di rilassarmi come immagino anche tutti gli altri. Saremo costretti a vivere nello stesso appartamento per sette giorni e, detto sinceramente, non frega un cazzo a nessuno dei problemi tuoi e di Diane. Fate sempre così. Sempre. E va bene se questo è il vostro modo di avere una relazione, se voi siete felici avete tutta la mia benedizione, sarei persino felicissimo di farvi da testimone al matrimonio! Ma non puoi lamentarti di lei ogni singolo giorno Haru, non puoi! Perché non sei credibile, perché sei tu che vuoi questa situazione e se poi ti da fastidio, allora c'è un errore al principio!
Haru si sentì colpito nel profondo mentre una mano invisibile gli stringeva il petto in una morsa.
-Kea, tesoro…- provò a intromettersi Natsu con il tono di chi cercava di ammonirlo.
-No, Nat. Questo non è normale e se Diane non gli parla da tre settimane e se oggi ha deciso di far finta che non esistesse… allora credo che se ne sia resa conto anche lei.
-No- Haru distolse lo sguardo e strinse le mani sul volante.
-No?
-No. Solo perché tu hai la tua bella relazione carina e perfetta non vuol dire che puoi andare a criticare chi è diverso da voi! Nessuno del gruppo può capire quello che noi abbiamo.
Kea sorrise sincero e malinconico, poi sussurrò -Spero che tu abbia ragione amico, lo spero davvero.
Nessuno parlò più, si prospettavano davanti a loro diciotto lunghe ore di macchina.

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Capitolo 8
*** Haru x Diane 3 ***


Parte 3
Diciotto ore di viaggio in macchina e una notte in un B&B di passaggio dopo, i sette ragazzi erano infine arrivati in Hokkaido.
L’Hokkaido era la prefettura con i migliori impianti sciistici del Giappone e, quello che avevano scelto, era quello che i Bokuto e Kea frequentavano da bambini insieme ai loro genitori, quindi sarebbe stato più facile per loro portarli nelle piste e orientarsi.
Certo, quando andavano con i loro genitori stavano nei resort di lusso, ma non era ciò che loro sette potevano permettersi e Kea lo sapeva bene, tuttavia non poté fare a meno di rimanere bloccato all’ingresso di quella che sarebbe stata la loro casa in quella settimana. Chi aveva avuto la brillante idea di lasciare la prenotazione del loro appartamento ai gemelli Bokuto?
-É uno scherzo?- Haru fu felice che il primo a fare quella domanda fosse stato il suo migliore amico.
-No- rispose Naoya con il sincero volto di chi non capiva quale fosse il problema -perché?
-C’è un bagno. E due letti.
-C’è anche il divano!- esclamò Maru con un sorriso.
-Siamo in sette!
-Non dobbiamo stare in casa, siamo qui per sciare!- e dopo quell’affermazione per Naoya la conversazione fu chiusa.
 
Sistemarono brevemente i loro bagagli e poi iniziarono a vestirsi con i vari strati, pronti per la prima giornata di sci. Nel mentre, iniziarono a discutere su chi e dove avrebbero potuto dormire.
-Kea e Natsu prendono il divano- disse Ami e nessuno ebbe nulla da protestare.
-Io posso dormire con mio fratello- fece presente Maru.
-No- si affrettò a dire Diane -Tu dormi con me e Ami in uno dei letti. I ragazzi dormiranno insieme.
Haru la fissò stupito, quindi era così? Non lo voleva neanche per dormire nello stesso letto? Bene. Ci perdeva lei, e lui non aveva intenzione di protestare e passare da sfigato.
Deciso quello, arrivarono al deposito e qui noleggiarono l'attrezzatura per chi non ne aveva di propria (come Natsu, Ami, Haru e Diane) e affittatorono due armadietti: uno solo per i gemelli che avevano sia snowboard che sci ed erano terribilmente incasinati, e uno per tutti gli altri.
Fecero lo skipass e finirono di indossare l'abbigliamento adatto. A quel punto presero l'ascensore e si trovarono direttamente in mezzo al comprensorio, dirigendosi verso la prima pista.
Fu una giornata divertente nel complesso: Ami cadde più volte di quanto fosse necessario perché "non hai bisogno di un insegnante, andare sugli sci è facile, ci pensiamo noi!", mentre a Natsu andò un pochino meglio solo perché Kea era un insegnante migliore dei gemelli. Fecero delle gare, fecero foto e video divertenti. Maru perse un guanto dalla seggiovia e passarono una buona mezz'ora a cercarlo. Haru mostrò le sue acrobazie che, tuttavia, venivano completamente superate da quelle che Naoya e Maru facevano subito dopo di una difficoltà molto più elevata. I Bokuto si persero perché troppo veloci e troppo esaltati di andare a provare tutte le piste, di conseguenza Kea divenne la guida del gruppo. Diane decise di provare lo snowboard con risvolti pessimi.
Haru rise divertito nel vederla cadere, poi le si avvicinò -Posso aiutarti io- propose gentile, quasi come se fosse un ramoscello d'ulivo per tornare alla loro normale relazione. Questo perché Haru, al contrario di Diane, era negato negli sci ma molto bravo nello snowboard.
-No, grazie- rispose lei con un tono freddo e senza guardarlo in volto neanche una volta -faccio da sola.
Non fu l'unica volta che Diane lo liquidò velocemente e senza degnarlo di uno sguardo: lo ignorò quando, durante la pausa pranzo, il ragazzo le porse un cerotto da mettere sotto le calze, lo ignorò quando le chiese cose volesse comprato da mangiare e lo ignorò quando, facendo una foto di gruppo, Haru provò a metterle il braccio intorno al collo e lei sgusciò via.
Passo così l'intera giornata fino ad arrivare al pomeriggio, quando il sole stava per tramontare e le strutture per chiudere.
Haru era arrivato al limite, era incazzato e frustrato e, lo sapeva bene, aveva bisogno di parlare con Diane prima che la sua rabbia si espandesse verso i suoi amici, rovinando la vacanza a tutti esattamente come gli aveva detto Kea.
Diane era andata a prendere una cioccolata calda in una baita insieme ad Ami, fu al loro tavolo che Haru le raggiunse e, con lo sguardo furente, annunciò -Dobbiamo parlare.
Diane alzò lo sguardo e forse fu la prima volta in tutta la giornata che si comportò come se finalmente esistesse.
Ami si alzò dal suo posto -Vado dagli altri.
Così Haru si sedette al posto lasciato libero dalla bionda, poi iniziò la discussione.
-Quindi? Ti sembra il modo di fare? Non mi parli e non mi calcoli da settimane, Diane. Cos'è, un nuovo modo per farmela pagare? Pensi che tornerò da te strisciando?
Di norma, come per ogni altra loro discussione, era il turno della ragazza di urlare e rinfacciare le cose, ma non fu così quel giorno. Diane si limitò a sospirare, poi parlò piano e con la voce di chi era arrivata al limite.
-Non ce la faccio più, Haru. Non voglio più passare le nostre giornate a litigare e piangere, è troppo e sono stanca di vivere in questo modo.
Haru spalancò gli occhi rimanendo completamente spiazzato -Cosa?
-Pensi che la nostra relazione sia normale? È tossica, Haru. L'abbiamo sempre saputo, ma abbiamo continuato a nascondere la testa sotto la sabbia. E se pensi che tutto questo sia sano… allora c'è qualche problema in te. Non possiamo continuare così, io non posso continuare così.
-No. Non puoi lasciarmi, non davvero.
-Sì invece, posso perché ho bisogno di stare bene e tu non mi fai stare bene. So che per te è lo stesso, non voglio che tu viva con questa perenne rabbia addosso, non è salutare per nessuno dei due, Haru.
-No- Haru sembrava un disco rotto, ma era in fase di negazione ed era sconvolto -Avevamo detto che non ci saremmo mai lasciati, che eravamo noi due contro il mondo.
-Forse non era destino, non come immaginavamo. Perché siamo passati dall'essere noi due contro il mondo a noi due l'uno contro l'altro e questo non mi piace- si alzò lentamente -sono stanca, Haru. Quindi, per favore, lasciami andare.
Andò via e Haru non fece nulla per fermarla, ancora preso dallo shock di chi aveva appena ricevuto una notizia che non pensava sarebbe mai arrivata nella sua vita. Lui sapeva che non si sarebbero mai lasciati, sapeva che l'avrebbe sposata fin da quando aveva otto anni. Allora come erano arrivati a quel punto? Quando aveva iniziato a incasinare irreparabilmente una delle cose più belle di tutta la sua vita?

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Capitolo 9
*** Haru x Diane 4 ***


Parte 4
Il giorno successivo, Haru passò dalla rabbia e la negazione alla consapevolezza e alla tristezza. Passò la sua seconda giornata come se non fosse proprietario del proprio corpo, vivendo tutto passivamente e non intromettendosi direttamente nelle conversazioni.
-Vi odio tutti per non avermi detto che esisteva lo sci di fondo!- s’infervorò Ami a cena.
Diane rise, Naoya sbatté le mani sul tavolo e urlò indignato -Quello non è sciare!
-Ho degli sci ai piedi, quindi lo è!
-Non lo è!!- si intromise Maru.
Kea sbuffò -Perché urlate? Non siete stanchi dopo tutta la giornata di oggi?
Nao si voltò verso di lui -Ma lei dice le bestemmie!
Tutti risero, Diane cambiò argomento -Voi quando avete imparato a sciare?
-Noi a tre anni- risposero con orgoglio i due gemelli, dimenticandosi velocemente di quello che stavano discutendo solo qualche secondo prima -anche a fare snowboard.
-Vero- annuì Kea -eravamo insieme.
-Anche tu hai imparato a sciare a tre anni?- domandò Natsu -Non ti ci vedo.
-Non volevo- ammise il più piccolo -Ma i miei mi hanno corrotto con la carta Isak.
Ami rise -Dio, con la carta Isak ti possiamo convincere a fare qualsiasi cosa!
Natsu corrugò la fronte -Chi è Isak?
Scese il silenzio e tutti spalancarono gli occhi, guardandosi con la paura di aver detto qualcosa che non avrebbero dovuto dire.
Ma Kea rimase tranquillo e alzò le spalle nel rispondere -La mia cotta etero, sono sicuro di avertene parlato.
-Non l’hai fatto. Hai una cotta…?
-É un modello russo albino, bellissimo, è più grande di me di quindici anni e non ha mai ricambiato il mio amore- sospirò afflitto.
-Quindi fammi capire, hai una cotta per un modello russo albino e ti sei messo con me!?
Kea rise -Tranquillo, anche con te mi piace stare.
-Anche!?- quello fece ridere di più Kea, poi Natsu continuò -Vabbè, almeno è un personaggio pubblico, quindi rientra nelle celebrity crush, non c’è motivo per cui debba essere geloso. Non lo conosci mica.
-Riguardo a quello…- Kea fece un colpo di tosse -è il figlio di amici di famiglia, diciamo che passiamo insieme un capodanno su due. Poi scendono spesso a trovarci. A cinque anni è stato il mio primo bacio!
-Io non… non so che dire, davvero.
Kea rise di più e gli si avvicinò per abbracciarlo e baciarlo, poi gli sussurrò qualcosa che nessuno riuscì a sentire, ma che fece colorare di rosso le guance di Natsu.
-Anche io ho dato il mio primo bacio a un ragazzo più grande- ricordò Maru con uno sguardo luminoso -era l’assistente di papà Keiji e si era addormentato sul tavolo, era così carino che non baciarlo sarebbe stato uno spreco! Nao poi ha rotto la magia andando a denunciare la cosa ai nostri genitori.
Naoya rispose con una gomitata e la linguaccia.
-Stessa situazione! La mia prima cotta è stato il manager di papà Semi, ho iniziato a immaginare storie solo per lui!- aggiunse Ami la sua esperienza alla conversazione.
Parlarono ancora per tutta la cena e, senza che Haru avesse ancora detto una parola, finirono di mangiare e iniziarono a sparecchiare.
-Haru?- Kea si avvicinò a lui e lo chiamò piano per mantenere una certa privacy, anche se era impossibile visto lo spazio piccolo -stai bene, amico?
Haru si riscosse, rendendosi conto solo in quel momento che, non solo non aveva detto una parola, ma che aveva anche mangiato poco. Soprattutto però si rese conto che da quando avevano iniziato a parlare delle loro prime cotte, una pietra si era bloccata sul suo stomaco.
Lui sapeva chi era stata la sua prima cotta: Diane. Aveva avuto la fortuna di non conoscere cosa fossero le delusioni o cosa fosse l’amore non ricambiato. Non aveva mai passato notti insonni a pensare al perché la persona che voleva non si era neanche accorta di lui. Lui aveva avuto tutto, aveva avuto ogni fortuna e l’aveva data per scontata, finendo per perderla.
Si sentì soffocare a quella consapevolezza ed era quasi certo di essere vicino a un attacco di panico.
Kea lo stava ancora guardando in attesa di una risposta e lui si limitò a sussurrare velocemente -Sì, devo chiamare mio padre che prima, quando ero in doccia, non ho risposto alla sua chiamata.
Era una bugia, ma aveva bisogno di fuggire.
Così si mise in fretta il giubbotto, afferrò il telefono e lasciò la casa.
Haru si chiude la porta alle spalle e il gelo lo colpì. I suoi denti iniziarono a sbattere e tutto il suo corpo si preparò a correre nuovamente dentro alla ricerca di calore.
Ma aveva già avviato la chiamata con suo padre e prima ancora che riuscisse a fare un passo indietro questo rispose.
-Bambino mio- cantilenò Tooru -non è già tardi?
In realtà erano passate le nove di sera da pochi minuti e a quell'orario probabilmente i suoi genitori dovevano ancora cenare dati gli impegni che entrambi avevano tutto il pomeriggio, ma era anche vero che la settimana bianca era talmente stancante che a quell'ora era normale che le persone fossero pronte ad addormentarsi.
-Io…- iniziò a balbettare e non per il freddo -Papà non so che sto facendo- sussurrò infine. Usò lo spagnolo e questo mise in allerta il genitore.
Haru era bilingue, aveva iniziato a imparare lo spagnolo fin da quando era piccolo e suo padre giocava per l’Argentiva avendo la doppia nazionalità, ma era l’unica cosa di cui non si era mai vantato e che quasi nessuno sapeva.
Lo spagnolo era la lingua sua e di Tooru (e anche un po' di Hajime), era il loro modo di comunicare dei segreti o, come in quel caso, dire cose imbarazzanti. Perché era molto più facile parlare una lingua che chi ti stava intorno non capiva per dire cose simili.
Tooru entrò subito nella sua modalità protettiva e, portando il suo tono di voce a uno serio e preoccupato, domandó usando lo spagnolo anche lui -Che succede? Ci sono problemi?
-Ho fatto un casino- si rese conto di aver iniziato a piangere mentre la sua voce si era fatta molto roca -Io la amo, papà. La amo così tanto che fa male. Ma lei… ha detto che non ce la fa più, che non possiamo andare avanti così e che soffriamo solo entrambi. Io… non posso perderla.
Si portò il braccio libero sul viso per strofinare la stoffa ruvida del giubbotto sugli occhi asciugando le lacrime, ma queste continuavano a formarsi imperterrite.
-Tu come hai fatto con papà? So che anche voi… avevate problemi al liceo.
Oikawa sospirò malinconico -Haru, amore… vedi, io sono sempre stato un pó una merda. Flirtavo con le persone anche se stavo con lui, non lo facevo perché volessi tradirlo o perché non mi trovassi bene, ma semplicemente… mi divertivo ad avere un potere su quelle persone. Io ero stupido e piccolo perché non mi rendevo conto che questo mio scherzo faceva male a tuo padre. Abbiamo litigato pesantemente una sera, eravamo sul punto di lasciarci e lì ho capito che non ne valeva la pena. Non valeva la pena far soffrire Hajime in quel modo solo perché volevo divertirmi quando c'erano milioni di altri modi per farlo. Sono stato una merda, Haru. Ma ho capito i miei errori e ho passato il resto della vita cercando di rimediare.
-E io?- singhiozzò Haru -Io come faccio a rimediare?
-Devi volerlo davvero, amore. Se Diane è così importante… se ne vale la pena… allora perché non provi ad ascoltarla? A capire di cosa ha bisogno? So che u litigi e le sfide fanno parte di voi, non penso che dobbiate cambiare questo perché se per stare con una persona si deve cambiare, non è quella giusta. Tuttavia, hai mai provato a fermarti un attimo, riflettere e dirle "hai ragione"?
-Non credo… non credo di essere adatto per questo, manderò tutto a puttane come sempre.
Oikawa rise piano -Non lo saprai mai finché non ci provi. Ma non ti arrendere, perché quella è comunque una sconfitta.
Parlarono per qualche altro minuto, poi si salutarono e, in una delle sue rare volte, il ragazzo lo ringraziò dicendogli quanto gli volesse bene, il tutto sempre e solo in spagnolo.
A quel punto era sicuro che si sarebbe congelato e tutto il suo corpo gli diceva di tornare dentro, ma stava ancora piangendo e le sue lacrime non avevano alcuna intenzione di bloccarsi, quindi capì che era meglio congelarsi che farsi vedere in quel modo da tutti i suoi amici. Così si sedette sui gradini in legno e nascose il volto tra le gambe.
Non sapeva dire quanto tempo fosse passato quando sentì la porta d’ingresso aprirsi e dei leggeri passi avvicinarsi. Era Kea, ovviamente poteva essere solo il suo migliore amico.
Il ragazzo si sedette al suo fianco e allungò una mano iniziando ad accarezzargli la cute con i polpastrelli.
-Non hai bisogno di prendere freddo insieme a me- gracchiò il castano dopo qualche secondo.
Kea rispose senza neanche pensarci -Sei il mio migliore amico, quindi stai zitto e lasciati consolare.
Ed Haru pianse più forte, pianse come quando era bambino e stava tra le braccia dei suoi genitori, ma questa volta con il suo migliore amico.
-Vuoi sapere un segreto?- sussurrò Kea quando il ragazzo tra le sue braccia iniziò a calmarsi.
Haru non rispose, ma questo non impedì all’altro di continuare -Non penso che tutto sia perso… Diane è ancora innamorata di te. Lo so io come lo sanno tutti, è palese. Quindi forse non è propriamente un segreto.
Haru si irrigidì.
-É innamorata di te non perché sia masochista, ma perché riesce a vedere oltre il tuo essere stronzo. Lo so perché è quello che faccio io, altrimenti non saremmo mai potuti essere amici. Ora però, per quanto io odi vederti in questo stato, odio anche vedere lei soffrire a causa tua, perché è mia amica e le voglio bene quanto ne voglio a te. Quindi ti prego, ti prego Haru, lotta per lei e non farla più soffrire.
-Sistemerò le cose- sussurrò Haru risoluto mentre si staccava da lui e si asciugava le ultime lacrime che avevano bagnato le sue guancie.
Kea sorrise -eccolo di nuovo qui il mio migliore amico.

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Capitolo 10
*** Haru x Diane 5 ***


Parte 5
Rompendo definitivamente con Haru mentre erano in viaggio insieme, Diane sapeva cosa avrebbe dovuto sopportare.
Era pronta quindi all'ira del ragazzo, alle sue frecciatine, alle sue urla, al suo fare di tutto per costringerla a ripensare alla loro storia. Ma non era pronta a quello che accadde davvero, non era pronta a quella versione di Haru che piangeva (anche se pensava di essersi nascosto bene), che esprimeva apertamente i suoi sentimenti e che non l'assillava. Era destabilizzante e non sapeva come prenderla.
La routine mattutina era complicata in una casa così piccola quando erano in sette, ma quel giorno Diane era riuscita ad entrare nella stanza in questione per seconda, una enorme vittoria.
Quando uscì dal bagno pulita e sistemata, vide che sopra la sua tuta da sci che era poggiata su una sedia c'era un piccolo pacchettino.
Si guardò intorno confusa e, quando vide che nessuno la stava calcolando, si decise ad aprirlo.
All’interno vi era una collana d’argento con un piccolo ciondolo di un fiocco di neve, era bellissimo e lo fissò stupita per diverso tempo, finché non fu Kea a farla tornare alla realtà.
-Ah, quindi alla fine te l’ha dato.
Diane saltò sul posto e si voltò di scatto per lo spavento -Cosa?
-Il ciondolo, ero con Haru quando te l’ha comprato come regalo di natale una settimana fa. Te l’ha dato lui, no?
-Ho solo trovato il pacchetto sopra la mia tuta.
Kea corrugò la fronte, poi si voltò verso il suo ragazzo -Hai visto Haru?
-É uscito prima, ha detto che andava a comprare la colazione.
-Oh, questo è strano- mormorò Kea prima di alzare le spalle e andare alla porta del bagno per urlare a Naoya di darsi una mossa.
Diane era ancora più destabilizzata: Haru le faceva un regalo e non rimaneva a guardare la sua reazione? Senza alcuna pretesa sulla questione? Cosa stava succedendo?
 
Quel giorno Kea non andò alle piste perché “il freddo che ho preso ieri sera mi ha fatto venire mal di gola, penso che passerò la giornata nella piscina riscaldata dell’hotel qui accanto”, quindi di conseguenza diede buca anche Natsu.
A quel punto, i loro punti di riferimento divennero i gemelli Bokuto e… non fu la migliore cosa che gli potesse capitare. Dopo due ore non erano più neanche sicuri se sarebbero riusciti ad arrivare vivi a sera.
I gemelli li avevano portati fin troppe volte fuori pista senza rendersene conto, erano tratti piccoli certo, ma che li avevano fatti cadere tutti quanti. La seconda strage era arrivata con le lastre di ghiaccio, i gemelli infatti avevano deciso per quel giorno di usare gli snowboard e con questi avevano spazzato la neve portando chi aveva gli sci a cadere inesorabilmente. Un’altra volta avevano persino sbagliato pista e avevano fatto una curva che però non era esattamente come l’avevano immaginata che, di conseguenza, li aveva tutti portati a sbattere contro pali e rocce.
Insomma, non era stata la giornata ideale, ma almeno avevano fatto video divertenti.
In tutto questo, Haru si era comportato nel modo più calmo e disponibile possibile: aveva comprato una cioccolata calda a tutte le ragazze, aveva aiutato Ami a rialzarsi tutte le volte che era finita a terra, era stato il primo a proporre di tornare indietro quando aveva visto Diane iniziare a faticare… era una serie di piccole cose che, Diane ne era sicura, il ragazzo aveva fatto senza neanche rendersene conto e questo non faceva altro che farla infuriare di più.
 
Quella sera fu Diane a chiudersi fuori di casa con il telefono in mano, pronta a chiamare i suoi genitori per lamentarsi. Ma il suo dito non riuscì mai a cliccare sull’icona verde accanto al numero, perché sapeva perfettamente cosa pensavano della situazione.
Sbuffò e si sedette sui gradini in legno, il telefono ormai spento tra le mani guantate e mille pensieri nella sua testa.
Ami la raggiunse quasi subito, la bionda si sedette al suo fianco e sospirò -Quindi eccoci qui, eh? É arrivato il momento dei consigli logici della tua migliore amica che poi comunque non ascolterai scegliendo di fare la cazzata, vero?
Diane sorrise -Sì, ma voglio comunque sapere cosa ne pensi tu.
-Va bene- annuì la bionda -partiamo dal presupposto che voglio bene ad Haru anche se sappiamo tutti che è un idiota. Non riuscirei mai a starci, ma io non sono te quindi questo non è il punto principale del mio discorso. Penso che sia un idiota, ma penso anche che sia davvero innamorato di te, tuttavia il suo modo di comportarsi di oggi potrebbe essere tutta una tattica per farti tornare da lui e cambiare idea.
Diane ovviamente aveva già pensato a quella possibilità, c’erano tutti i precedenti per poterlo pensare, però sentiva dentro di lei che non era quello il caso, l’aveva capito subito nel momento in cui l’aveva visto piangere e parlare a telefono in spagnolo con suo padre proprio lì dove lei era seduta. Non sapeva cosa i due si stessero dicendo, ma in quel momento aveva solo sentito il bisogno di raggiungerlo, stringerlo tra le braccia e dirgli che sarebbe andato tutto bene, che c’era lei con lui e che sempre ci sarebbe stata. Ma non aveva potuto.
-Quello che ha fatto oggi… non aveva un secondo fine. Lo so. Lo sento.
-Non penso che le persone possano cambiare in una giornata- ammise Ami dopo averla scrutata qualche secondo -però… in realtà non penso neanche che Haru sia cambiato, penso solo che abbia lasciato uscire quella parte di sé che tiene sempre nascosta.
-Già… è normale che sia ancora innamorata di lui, giusto?
-Sarebbe strano il contrario.
-Quindi cosa… cosa dovrei fare?
-Non è cosa dovresti fare, ma cosa vuoi fare. Se vuoi comunque un mio brutale parere ti direi di lasciarlo stare, devi solo resistere fino alla fine di questa settimana e poi troncare ogni tipo di rapporto con lui, smettere di vederlo e di sentirlo.
Una mano gelida gli strinse il cuore a quel pensiero, poi sussurrò pianissimo -Non posso. Non riesco neanche a immaginare il domani senza la sua presenza, figurarsi un’intera vita.
Ami rise e Diane la fissò confusa, così la bionda spiegò meglio -sapevo che avresti risposto così, sapevo bene che il mio era un discorso inutile, ma andava fatto, giusto?
Diane sorrise triste a sua volta -Giusto.
Rimasero lì in silenzio per altro tempo e, proprio quando Diane stava proponendo di rientrare prima che morissero di freddo, furono raggiunte da Maru -Ehy, ehy, ehy! Che amiche di merda siete a lasciarmi tutto questo tempo da sola con quattro maschi?- ma aveva un bel sorriso in volto ed era ovvio che stesse solo scherzando.
-Sappiamo che sai tenere loro testa- rispose Ami mentre la vedeva sedersi all’altro fianco di Diane.
-Vero- concesse Maru -li ho battuti a braccio di ferro.
Risero piano tutte e tre, poi Maru alzò lo sguardo e iniziò a guardare le stelle.
Infine parlò -Lo sapevate che i pinguini si accoppiano per tutta la vita?
-Mh?- furono prese alla sprovvista le altre due, non avendo capito bene il punto della frase.
-In natura ci sono alcuni animali, soprattutto tra gli uccelli, che si accoppiano per la vita. L’ho sempre trovata una cosa super carina. Io ho sempre pensato che tu e Haru foste come dei pinguini, che dal primo momento che vi siete visti avete capito che eravate destinati a stare insieme. L’ho sempre trovata una cosa carina perché ho sempre pensato che fosse lo stesso che è successo ai miei genitori, papà Keiji mi ha sempre raccontato di essersi innamorato di Kou fin dall’istante in cui è entrato nella palestra di pallavolo del loro liceo e l’ha visto mentre schiacciava una palla. Tra di loro non va sempre benissimo, ci sono giorni in cui papà Kou stressa papà Keiji fino al limite senza rendersene conto, altre in cui papà Keiji è così preso dal suo lavoro da non accorgersi dei bisogni del marito… ma immagino che sia così per ogni coppia, è normale avere problemi, giusto? Anche l’altro giorno, nel documentario che stavo vedendo, c’erano due pinguini accoppiati che stavano litigando per un pesce. E se persino i pinguini hanno problemi con il compagno che si sono scelti, perché non dovrebbe essere lo stesso per gli esseri umani?
Diane e Ami la stavano guardando con gli occhi spalancati per la sorpresa, non avevano mai sentito l’amica fare un discorso simile e pendevano dalle sue labbra.
Maru rise e continuò -Ho salvato tanti animali fin da quando ero piccola, molti sono riusciti a sopravvivere, altri sono morti tra le mie braccia. Ho pianto tantissimo tutte le volte che succedeva, finché un giorno papà Keiji mi ha detto “stai male perché ci tenevi, non sei comunque felice di averlo conosciuto? Avresti preferito averlo lasciato per strada? Non averlo visto?” ed è stato in quel momento che ho capito: soffrivo tantissimo ma l’avrei rifatto. E se avessi avuto la possibilità di rifarlo, magari avrei cambiato qualcosa, ci avrei messo più impegno, avrei capito dove stavo sbagliando per fare in modo di arrivare a un risultato diverso.
Prese una pausa, una lunghissima pausa, infine concluse girandosi a guardarla -E tu, Diane? Tu lo rifaresti?
-Lo rifarei- rispose in un sussurro la rossa senza aver bisogno di pensarci.
-Penso che se vi impegnerete entrambi, potrete arrivare a un risultato diverso.

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Capitolo 11
*** Haru x Diane 6 ***


Parte 6
La settimana passò in fretta e arrivò la vigilia di capodanno, l’ultima notte del loro viaggio.
Per quell’occasione decisero di partecipare alla festa nella baita del luogo con tutti gli altri gruppi in vacanza per celebrare insieme la fine dell’anno. C’era musica, cibo, alcool (anche se non per loro) e giochi a volontà.
Mancava quasi mezz’ora alla mezzanotte e il loro gruppetto si era riunito fuori, seduti intorno a un fuoco con delle tazze di cioccolata calda tra le mani.
-Va bene, è arrivato il momento di parlare dei vostri buoni propositi per l’anno nuovo- sorrise Ami mentre abbassava la sua tazza e li fissava curiosa -il mio è confessarmi a Yuki, ho capito che è arrivato il momento.
-Direi che hai pure aspettato troppo!- la prese in giro Diane.
Naoya invece commentò -Oh finalmente, così smetterai di baciarci la notte di capodanno.
Si riferiva a lui e a sua sorella, perché Ami aveva questa strano hobby di baciare in bocca per capodanno tutti quelli che nel suo gruppo di amici non avevano una relazione.
La bionda però ampliò il suo sorrisetto e commentò -Ma non sono ancora fidanzata, quindi non potete scappare.
Naoya alzò gli occhi al cielo, poi fu il suo turno -Il mio proposito è quello di giocare da titolare almeno in una partita della nazionale.
Tutti sapevano che non sarebbe stato difficile, il ragazzo infatti era già stato chiamato per allenarsi nel campo centrale di Tokyo dopo che un allenatore aveva visto la sua partita alla finale dei nazionali di calcio del liceo.
Maru si appoggiò alla spalla del gemello e disse -Il mio è quello di salvare ancora più animali di quest’anno!
-Tieni il conto?- chiese curioso Natsu.
-Diciamo che documento tutto in una raccolta, faccio loro delle foto e mi scrivo tutto prima di lasciarli liberi.
-É una cosa carinissima!- esclamò sincero.
Maru sorrise -Grazie! Il tuo proposito invece?
-Oh, facile! Farmi accettare dal papà di Kea.
Molti risero, Kea gli diede un pugno sul braccio affermando -guarda che ti ha accettato!
-Non è assolutamente vero.
Kea alzò gli occhi al cielo, poi cambiò argomento -Anche il mio proposito riguarda mio padre, ed è quello di riuscire a portarlo a una mostra d’arte senza che distrugga tutto.
Naoya scoppiò a ridere -Ma non è mica nostro padre! Perché dici così?
-Ma è il migliore amico di zio Koutaro, quindi la cosa non cambia! E poi vi ricordo di quella volta che l’ho portato a una mostra di arte moderna e ha mangiato una mela che era lì esposta. Papà Kenma era furioso per i soldi che hanno dovuto spendere per ripagarla.
Tutti continuarono a ridere per quel ricordo, Ami esclamò -É una storia che sfiora i limiti dell’assurdo. L’ho messa in una mia fanfiction e…
-Perché usi i nostri racconti per le tue fanfiction?
Ami si voltò di scatto verso Diane e fece finta di non aver sentito l’amico mentre si rivolgeva alla rossa -Tocca a te!
Diane fu presa alla sprovvista, sbatté più volte le palpebre e rispose sicera -Io… non ci ho ancora pensato.
-Io sì- prese parola Haru con un tono risoluto, la guardò fissa negli occhi e continuò -il mio proposito è riuscire a farti innamorare nuovamente di me.
Scese il silenzio nel gruppo, tutti che guardavano Haru con espressioni diverse.
Diane stava ancora cercando di capire quella frase e, di conseguenza, il miglior modo per rispondere, ma Haru non glielo permise, perché si alzò in piedi e iniziò un vero discorso.
-Diane Noel, ti amo così tanto che fa male. Ti amo così tanto che non averti accanto mi fa paura. Ti amo così tanto che stare in una stanza affollata nella quale tu mi ignori mi fa sentire così solo e piccolo come nient'altro era mai riuscito a fare. Ti ho amato dal primo momento in cui ti ho vista, dieci anni fa, tra i corridoi della scuola, mi sono innamorato di te dal primo momento in cui ti ho posato gli occhi addosso e sei diventata una costante nella mia vita. Ho fatto l'errore di darti per scontata, di crederti mia, un qualcosa che non avrei mai potuto perdere, non importava come l'avessi trattata. Ma tu non sei mia, non lo sarai mai, tu sei libera di fare le tue scelte, sei libera di decidere e agire come meglio preferisci. E io l'ho capito troppo tardi, l'ho capito solo dopo averti persa. So che se ti amo dovrei lasciarti andare, dovrei lasciarti libera di disintossicarti da me e libera di crearti quella vita che meriti, ma non ci riesco, sono egoista e sono qui a pregarti di darmi un'ultima possibilità, perché adesso ho capito e farò di tutto per amarti come meriti, dimostrandotelo giorno dopo giorno, non dandoti mai più per scontata e non facendoti più piangere, mai più.
Haru aveva parlato con un tono risoluto, senza alcun tipo di imbarazzo mentre esprimeva tutti i suoi sentimenti davanti ai loro amici, ma i suoi occhi erano lucidi e il suo cuore stava battendo troppo velocemente per la paura di una sua risposta negativa.
-Per favore, dammi la possibilità di riconquistarti. Farò le cose per bene questa volta, è una promessa.
A quel punto tutti si voltarono verso Diane con il fiato sospeso, in attesa di una sua risposta come quando si segue una serie tv e si arriva al momento clou.
-Va bene- riuscì a rispondere lei dopo un tempo che parve infinito -ti darò un’ultima possibilità, ma faremo le cose con calma questa volta… le faremo bene.
Haru semplicemente sorrise, poi le urla del resto del gruppo si persero nel rumore dei fuochi d’artificio che iniziarono a esplodere in cielo: era mezzanotte.
Tra il caos del momento, Ami riuscì a raggiungere la sua migliore amica e farle presente -Non hai detto il tuo proposito alla fine.
Diane rise -Immagino che sia evitare che i miei genitori uccidano Haru dopo che li avrò informati di questo cambio di programma.
 
-
 
-Cosa? No! Era l’amico il miglior personaggio!- sbottò Diane gesticolando.
-Assolutamente no, il compagno di stanza era mille volte migliore di quell'altro!
Diane e Haru stavano discutendo da quando erano entrati in macchina. Ma era… diverso dal solito. Non era un litigio, era uno scambio di opinioni sul film che erano andati a vedere al cinema per il loro appuntamento.
Erano passati cinque mesi da quando, la notte di capodanno, Diane aveva risposto che sì, gli avrebbe dato una seconda opportunità. Haru non aveva alcuna intenzione di sprecarla e ci stava andando piano, corteggiandola come non aveva mai fatto e dimostrandole il suo amore in ogni modo che riuscisse a pensare.
Non si erano baciati, non ancora. Ed era strano considerando che il loro primo bacio era stato scambiato a otto anni e da quel momento era stato solo un crescendo. Ma Haru non voleva rovinare le cose, non voleva farle credere che stesse con lei solo per una questione fisica.
In quei cinque mesi fecero le passeggiate al parco, le uscite con gli amici, le serate al cinema da soli e lunghe chiamate al telefono chiacchierando semplicemente del più e del meno. E discutevano, perché era nella loro natura, ma erano discussioni più tranquille, discussioni dove iniziarono ad ascoltare l’altro e capire cosa volesse dire o perché fosse in disaccordo.
Era bello stare insieme, vivere quei momenti in compagnia dell’altro. Ricordarono e scoprirono cosa voleva dire avere una cotta e le farfalle nello stomaco. Si innamorarono di nuovo, piano piano, giorno dopo giorno in un processo che era naturale, che era destino.
Diane rise -Va bene, facciamo così, convinciamo Kea e Natsu a vedere il film e vediamo a chi daranno ragione.
Haru rise a sua volta -Kea andrebbe al cinema a vedere un film del genere solo per pomiciare nei sedili in fondo.
La rossa sbuffò -Dannazione, hai ragione.
Haru posteggiò a diversi metri di distanza dalla casa di Diane, poi entrambi scesero dalla macchina.
-Potevi lasciarmi al volo- fece presente lei.
-Voglio accompagnarti- rispose subito il ragazzo mentre le prendeva la mano.
Si incamminarono in un silenzio tranquillo lungo il marciapiede, arrivando quasi subito davanti casa della rossa.
-Ci sentiamo domani- sussurrò Haru mentre si girava per starle di fronte -Buonanotte.
Diane lo fissò in silenzio per qualche secondo, poi sembrò prendere una decisione. Si spinse in avanti e lo baciò con dolcezza. Non lo facevano da così tanto tempo che capirono quanto gli era mancato solo quando tornarono a sentirsi di nuovo pelle contro pelle.
Haru gemette felice e sorpreso e non perse tempo a circondarle i fianchi con le braccia per spingersela contro.
Non seppero dire quanto tempo rimasero a baciarsi, a recuperare tutto quello che non avevano fatto in quei mesi. Seppero solo che tornarono alla realtà quando li interruppe un colpo di tosse.
Diane stava dando le spalle a casa sua, quindi fu Haru il primo a notare Tendo Satori all’ingresso, uno sguardo impassibile in volto mentre li fissava dalla sua posizione con le braccia incrociate e poggiato allo stipite della porta con la spalla.
Haru avrebbe dovuto averne paura, ma era così felice in quel momento che nulla e nessuno avrebbe potuto rovinare il momento.
-’notte- rispose lei in un sussurro prima di staccarsi e correre verso casa.
Haru salutò cortesemente il padre di quella che, sperava, fosse nuovamente la sua ragazza, poi fece per tornare verso la sua macchina, ma fu bloccato quasi subito.
-Ti dispiace se parliamo un attimo?
Haru si bloccò di scatto, Diane esclamò “papà!”.
Era arrivato anche Ushijima Wakatoshi, Haru lo vide mettere le mani sulle spalle della figlia e convincerla ad entrare in casa -Lasciaglielo fare, sai che non si darà pace altrimenti.
Diane avrebbe voluto protestare, ma Haru le sorrise per rassicurarla e alla fine cedette.
Rimasti soli, Tendo lo raggiunse sul vialetto, la sua espressione non era cambiata di una virgola e Haru non aveva idea di come interpretarlo, quell’uomo era un’incognita peggiore di suo padre Tooru.
-Diane ti ha raccontato la sua storia, vero? Quella a Parigi.
Haru annuì lentamente, cercando di capire dove quella conversazione li avrebbe portati.
Tendo annuì a sua volta, pronto a parlare liberamente -Quello che Diane ha passato da bambina tu non puoi neanche lontanamente immaginarlo e quello che ho imparato grazie a lei nel mio anno in Francia è indescrivibile. Diane è la persona più forte che conosca, lei è sopravvissuta a situazioni che la maggior parte delle persone non vive neanche per tutta la propria vita. L'ho vista piangere e disperarsi sul cadavere della madre solo quando aveva quattro anni ed è stato lì, in quel preciso momento, che le ho promesso che non avrebbe pianto mai più. Che l'avremo protetta dal mondo intero. E poi sei arrivato tu, Haru. Tu che continuavi a farla piangere e per il quale io non ho mai potuto fare nulla, tu che hai distrutto la mia promessa come se non avesse mai contato nulla. Hai idea di come mi sia sentito? Di come io e Wakatoshi ci sentissimo ogni volta che la vedevamo spenta e con gli occhi lucidi? Non posso costringervi a non vedervi, non sarò quel tipo di genitore. Ma adesso basta giocare, non siete più dei bambini. Devi prendere una decisione, Haru: o ti impegni davvero oppure lasci questa casa all'istante, andando a giocare da qualche altra parte.
Haru raddrizzò la schiena e rispose velocemente e senza neanche pensarci -So di essermi comportato di merda, ma la amo. La amo così tanto che non riesco a lasciarla andare e ho promesso che sarei cambiato.  Diventerò l’uomo che merita di amarla.
-Come faccio a crederti?
-Non può, deve solo fidarsi. So di non meritare questa fiducia ma… mi dia un'ultima chance.
Tendo rimase in silenzio per diversi secondi, il tutto mentre Haru tratteneva il fiato, poi sembrò prendere una decisione e, sconfitto, iniziò a minacciare -Se la vedrò di nuovo piangere…
-Non succederà mai più, la proteggerò anche da me stesso. Diventerò la persona che merita di avere al fianco. È una promessa.





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E finisce qui anche questa seconda parte di storia.
Rispetto a Kea e Natsu, loro due sono stati troppo difficili da scrivere, quindi spero che nel complesso vi sia piaciuta. Chi avrebbe mai immaginato che la prole della ushiten e della iwaoi mi avrebbe dato così tanti problemi?
Preciso che Diane ha come cognome "Noel" perché la ushiten ha voluto lasciarle il cognome della madre (spero abbiate letto la storia "Dolci rossi"), era giusto così.
Spero che nel complesso vi siano piaciuti tutti e sette, un gruppo che è stato messo insieme a caso ma che riescono a farla funzionare in qualche modo. Penso che scriverò altre storie su di loro perché ci sono ancora tante idee che ho in mente (tipo Haru che distrugge la macchina di Iwaizumi o Natsu che incontra finalemente il fantomatico Isak) ma questo più avanti.
Per il momento vi dico che tornerò prossima settimana con due bimbi di Miyagi, due bimbi che ormai anche loro non sono più bimbi e anche loro potrebbero avere una storia ;) riuscite a indovinare?
Deh <3

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