The forgotten lands

di dragun95
(/viewuser.php?uid=392357)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
 
 
La calura del sole sembrava non dare tregua, ma per Giran questo non era un grandissimo problema, mentre se ne stava seduto esponendosi agli intessi raggi solari.
Si portò una mano davanti al viso per farsi un po’ di ombra sugli occhi color ametista. Sistemandosi meglio sopra alla carcassa dello scorpione viola, le cui dimensioni erano della grandezza di un cavallo. L’aracnide presentava molti squarci e la coda era stata strappata via.
 
Sbadigliando portò la mano a grattarsi i lunghi capelli color ossidiana tenuti in modo selvaggio. Il suo stomacò si mise a brontolare reclamando del cibo e per sua fortuna ne aveva a portata di mano.
 
Afferrò la grossa coda portandola alla bocca e strappando via un pezzo di carne con i denti, sentendo un sapore simile al granchio che gli invadeva le papille gustative.
Non era di certo un piatto gourmet, ma in quel posto qualsiasi fonte di sostentamento era d’obbligo per tenersi in forze.
 
“Dovrei farlo essiccato o sottosabbia?” si chiese pensando al modo migliore per conservarlo.
Mentre ci stava pensando sentì un sibilo nel vento ed alzò la mano fermando una freccia in volo prima che lo colpisse. Spostò gli occhi sulla freccia assottigliando lo sguardo guardando chi l’aveva scagliata, non trovando nessuno.
 
-Vuoi giocare a nascondino? Va bene!- si alzò in tutta la sua stazza di ben due metri e mezzo o poco più. Annusò l’aria sentendo tutti gli odori intorno a se individuando qualcuno dietro ad una roccia nelle sue vicinanze. Espiro l’aria per poi fare forza sulle gambe lanciandosi contro la roccia e mandandola in frantumi con un pugno scoprendo chi vi si nascondeva dietro.
Dalla stazza notevole di due metri, unito alla carnagione azzurra e ai due corni sulla fronte di cui uno era lungo e l’altro più corto, capì che si trattava di un Oni. In mano aveva un arco con una faretra piena di frecce e una spada al fianco.
 
-Cosa credevi di fare?- chiese spostando la testa di lato, quando l’altro gli puntò contro un’altra freccia. Dal fisico prestante e abbastanza muscoloso ma non troppo capì che doveva trattarsi di un cacciatore.
 
-Dammi la tua preda, se non vuoi che ti usi come bersaglio per frecce!- affermò, mentre le sue mani tremavano per la paura e la presenza schiacciante di chi gli stava davanti.
 
Giran in confronto all’Oni, era alto ben due metri e mezzo con un fisico muscoloso con le spalle larghe. Il viso dai lineamenti marcati era incorniciato da dei lunghi e selvaggi capelli neri come il carbone lunghi fino a metà schiena, tra cui spuntavano le orecchie leggermente appuntite sulla parte superiore, come una foglia.
Ma i suoi tratti distintivi erano di certo i simboli ramificati come le radici di un albero che risaltavano sul suo corpo poiché di colore neri e che ricoprivano tutto il corpo incluso il volto.
 
Quella minaccia non lo turbò minimamente, anzi sembrava annoiarlo. Dato che alzò la mano per guardarsi le unghie nere, le quali erano più simili ad artigli per quanto erano lunghe ed appuntite
 
-Il forte mangia il debole. Questa è la legge delle Terre dimenticate!- così dicendo gli lanciò uno sguardo che fu più che sufficiente per far cadere in ginocchio l’Oni ansimante. L’intimidazione che aveva esercitato con la sola vista, aveva avuto lo stesso effetto di un pugno allo stomaco, che uccise immediatamente la sua sicurezza.
Il corvino continuò a guardarlo per poi lasciargli la coda dello scorpione, così che potesse avere da mangiare. Ma quel gesto di carità e altruismo ottenne solo l’effetto di far infuriare l’Oni che si sentì umiliato. Appena l’altro gli diede le spalle, afferrò la spada estraendola verso il suo collo.
 
“Muori dannato mostro” pensò sicuro di riuscire ad ucciderlo, ma il cacciatore sgranò gli occhi quando lo vide girare la testa di scatto e fermare la spada con i denti.
Una vena iniziava a pulsarsi sulla fronte di Giran, mentre i marchi sul suo corpo emanavano una lieve luce, segno che si stava innervosendo. Aumentò la forza del morso fino a spezzare la lama con i soli denti e sputare i frammenti rimastegli in bocca a terra.
 
“Sono stato un pazzo a sperare di uccidere un Brashak” fu l’unica cosa che il cacciatore riuscì a pensare rassegnato, prima che la sua testa venisse staccata di netto dal collo, dalle unghie del corvino.
Gli aveva dato la possibilità di andarsene con del cibo e lui l’aveva rifiutata, sfidandolo, aveva scelto il suo destino da solo. Scosse la testa dando le spalle al corpo e agitando le dita sporche di sangue imbrattando lievemente la sabbia con un sospiro.
 
 
Le Terre dimenticate erano in breve un deserto roccioso con scarsa vegetazione, insieme ad una fauna coriacea quanto il posto in cui viveva.
 
Nonostante questo il Brashak non aveva problemi, dato che si era praticamente adattato a vivere in quella distesa di morte e sopravvivenza per la vita. Con le corde in spalla si stava trascinando dietro la carcassa dello scorpione, ad occhio e croce sarà stato lo stesso peso di un cavallo, ma per lui era una piuma.
Mentre si dirigeva verso la sua dimora notò però un gruppo di avvoltoi dal becco argentato che volavano in circolo.
 
Voleva significare solo una cosa: preda in vista.
 
Sicuramente una carcassa, vista la natura spazzina di quegli uccelli.  Qualcosa di già morto non era di suo interesse, al massimo solo se c’era carenza di prede.
Quando sentì una vibrazione sotto i suoi piedi e la sabbia che iniziò a sprofondare. Subito saltò per uscire da lì ma il corpo della sua preda venne afferrate dalla grande mandibola di una grossa lucertola che non appena prese il bottino si inabissò di nuovo.
 
-Fottuto drago della sabbia- ringhiò il corvino battendo il pugno contro la sabbia in un impeto di rabbia. Ma non poteva farci niente, per quel giorno era andata così.
 
“A questo punto vediamo cos’hanno trovato” si disse sospirando andando dove volavano gli avvoltoi.         
                 
Quando arrivò, vide che si trattava di una gabbia sferica. E al suo interno c’era una persona. Alzò un sopracciglio sporgendo la testa contro le sbarre per vedere meglio.
 
Si trattava di una donna dall’aspetto doveva avere venticinque o trent’anni. Aveva un fisico slanciato e prosperoso con una carnagione color del miele, la testa era rasata a zero anche se il viso aveva lineamenti graziosi e delle labbra leggermente carnose e rosee.                             
 
-Il mare- sussurrò sentendo su di lei l’odore salmastro, forse viveva vicino all’oceano.
 
Si chiese perché fosse chiusa in una gabbia. E dalla tunica, unico abito che indossava capì che si trattava di un’Esiliata. Sull’indumento c’era cucita una croce rossa e sulla mano sinistra era presente un marchio a fuoco, rappresentante una. Era opera della Chiesa.
 
-Perché non li uccidono e basta, invece di mandarli qui?- sospirò, sentendo un mugugno provenire dalle labbra di lei. Afferrò le sbarre, piegandole come carta per aprirsi un passaggio ed entrare ed abbassarsi su di lei.
 
-Sei viva?- lei aprì lievemente gli occhi, abbastanza perché potesse vedere che fossero di colore azzurro. Sembrava disidratata e stanca. Allungò la mano al suo collo per sentirle le pulsazioni, c’erano ma erano deboli.
Notò inoltre che era incatenata alla gabbia tramite una manetta di spine di ferro che si chiudeva sulla mano destra. Talmente stretta che la mano era diventata pallidissima.
 
“Ormai è andata!” sospirò vedendo che l’arto era privo di circolazione. Gli legò un laccio di pelle al di sopra della, estraendo dalla cintura una lama ossea, ricavata dalla mascella inferiore di qualche animale. La sollevò sopra alla testa un’istante prima di calarla in basso.
 
 
Correre sulla sabbia per lui era il modo più veloce per spostarsi, anche se non si sarebbe detto riusciva a muoversi agilmente senza affondare. Gli bastava fare passi leggeri e veloci.
Diede uno sguardò alla sua “Ospite” che portava sulla schiena. Lasciarla lì fuori a morire non gli sembrava giusto e conosceva il luogo perfetto dove portarla.
 
-Meglio che mi sbrighi- fece forza sulle gambe correndo più velocemente, la sua destinazione era vicina, ne sentiva l’odore.
In lontananza vide delle alte mura di pietra circolari: La Cittadella.
E sua destinazione.
 
“Eccomi qui” arrivò alle mura alzando la testa, che saranno state alte almeno quindici metri o poco più. Appena si avvicinò, alzò di scatto la mano fermando una feccia a pochi centimetri dalla sua faccia.
 
-Fermo dove sei- disse una voce sopra alle muro, doveva trattarsi delle sentinelle che controllavano la zona dall’alto. Non sarebbe stato un problema per lui saltare fino a loro, ma non era questo il suo intento. Si scoprì la parte superiore del corpo così da mettere in evidenza i simboli, che iniziarono a illuminarsi di nero come a dargli un segnale.
 
-E’ Giran!- appena capirono chi fosse, abbassarono tutti le armi. Un elevatore azionato da corde e carrucole venne fatto scendere fino a terra insieme a due sentinelle.
 
-Ci dispiace di averti attaccato-
 
-Si, non ti avevamo riconosciuto- rispose il secondo sudando freddo, per l’affronto che gli avevano fatto. Ma a lui questo non interessava per niente.
 
-Ho trovato una nuova Esiliata. L’affido a voi!- disse adagiandola sulla sabbia, prima di lanciarle un ultimo sguardo.
 
-Benvenuta nelle terre dimenticate- gli disse lasciandola nelle mani delle sentinelle e facendo dietro front per tornare a casa.
 
 
 
 
 
 
Note dell’Autore
 
Nuova storia con un nuovo personaggio. Faccio la premessa che questa storia è ambientata nello stesso mondo dell’altra mia storia: The Thorn plague: White Crow.
Ci saranno nuovi personaggi e un nuovo protagonista. Il periodo temporale si svolge dopo White Crow e saranno presenti riferimenti alla storia e razze già apparse in White Crow.
 
Spero abbiate apprezzato il cambio di scenario. Da una città industriale ad un mortale deserto.
Dato che è il prologo, abbiamo fatto la conoscenza del protagonista: GIRAN. Il quale è un Brashak. Un antica razza, già citato nella storia precedente.
Vediamo che la vita è dura nelle Terre desolate, e anche che il nostro protagonista salva una Esiliata. Dopotutto non è un’animale.
 
Spero che vi abbia incuriositi, ci vediamo al prossimo capitolo a presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1
 
 
 
[Quattro mesi dopo]
 
Giran sfregò l’osso che aveva ricavato da una preda del giorno usando una pietra per scheggiare la parte inferiore.
Alzò gli occhi, vedendo in lontananza, una formazione rocciosa che ricordava delle gigantesche radici appassite che si univano a formare una punta che toccava il cielo come una grande e imponente torre. Che si stagliava in lontananza.
 
Si trattava del: Picco fossilizzato. Tutto ciò che rimaneva del grande albero sacro, che si trovava proprio al centro delle Terre dimenticate. Ormai morto e appassito.
 
Scosse la testa riprendendo a lavorare. Nonostante il luogo ostile, se eri forte da sopravvivere e ti trovavi qualcosa da fare, allora sapevi come passare il tempo.
 
Prese un’altra roccia che aveva trovato nelle vicinanze, alzandola in contro luce per guardarla meglio, ed infine leccarla. Le sue papille gustative sentirono il sapore metallico del ferro. Non era puro ma meglio di niente.
 
Strinse la pietra sfregandola con forza contro la parte scheggiate per affilarla il più possibile. Era una cosa a cui era abituato. Ricavare utensili da ciò che gli offriva la natura, lo facevano i suoi antenati e lui aveva appreso le tecniche dai membri più anziani.
 
-Così dovrebbe andare!- esaminò il falcetto osseo che aveva appena ottenuto, lanciandolo in aria sentendo che veniva tagliata per poi riprenderlo al volo. Strinse il manico muovendola velocemente per tastarne la manualità ed infine si recise una piccola ciocca di capelli.
 
Il lavoro era ottimo e lo soddisfaceva. Agganciò la lama alla cintura prima di rimettersi in piedi e farsi scrocchiare le ossa del il collo.
 
“Credo sia ora di raggiungerla” si disse ma prima che potesse saltare giù dalla sporgenza rocciosa, avvertì qualcosa.
Si voltò di scattò vedendo un’imponente nuvola di sabbia che si muoveva nella sua direzione.
 
“Una tempesta di sabbia!” sospirò infilandosi il cappuccio di cuoio ornato con frammenti ossei animali dandone l’impressione di un teschio completo.
 
 
 
Le tempeste di sabbia erano abbastanza frequenti, almeno due volte alla settimana. Dentro la visibilità era davvero scarsa, tanto che anche gli animali preferivano aspettare che finisse.
 
In mezzo a quel turbine rosso, la figura del Brashak si muoveva incurante del forte vento che gli sferzava contro. Le raffiche di vento erano molto intense tanto che doveva infilare con forza i piedi nella sabbia per restare in equilibrio.
La vista annebbiata, l’olfatto ostacolato e le sue orecchie sentivano solo il rumore del vento. Ma anche se non poteva usare i sensi il suo istinto naturale che non lo deludeva mai.
Seguendo la sua bussola interiore, arrivò ad una piccola caverna rocciosa che si estendeva sotto terra. Quando vi entrò notò che sulle pareti c’erano dei disegno simili a radici che si estendevano  dall’alto verso il basso seguendo la galleria. Vi passò sopra la mano sentendole le scanalature dei disegni sotto il suo tatto, provando una sensazione di familiarità
 
Continuò a scendere fino ad arrivare ad un’ampia stanza scavata nella roccia, piena di simboli di una lingua dimenticata incisi dappertutto . Appena ci mise piede si ritrovò una lama puntata al collo.
 
-Bel modo di salutare- disse guardando la figura femminile che lo stava minacciando. Era una donna abbastanza alta e dal fisico snello e le curve proporzionate, con un’insolita carnagione rossa. Il viso delicato era incorniciato da dei capelli grigio cenere legati in una lunga treccia, un naso greco e due profondi occhi color oro.
Un’altro tratto che la caratterizzava erano le corna che si estendevano da sopra alle sopracciglia ricurvandosi vicino alla testa e delle orecchie appuntiti.
 
-Magari se avvertissi, invece di piombare qui!- disse la donna che apparteneva alla razza dei Fiers e che si chiamava Maya. Allontanando la spada dal corvino.
 
-Sfortunatamente non ne ho i mezzi- rispose.
 
Lei sospirò facendogli segno di accomodarsi, mentre riprendeva a studiare i simboli incisi sulle pareti. Giran si avvicinò ad una parete iniziando a guardare anche lui i simboli.
 
-Questo è un tempio!-
 
-Non ti sfugge niente. Ma dopotutto è stato il tuo popolo ad erigerlo!- questo era il motivo per cui quel posto gli metteva nostalgia, era stato costruito dai suoi antenati.
Si avvicinò ad una colonna crollata, sopra alla quale c’era un quaderno con annotati dei simboli già tradotti.
 
-Ne hai tradotti molti- dopotutto la Fiers era una ricercatrice, era il suo mestiere.
 
-Questo simbolo…- iniziò lei indicandone uno che sembrava raffigurare una donna prosperosa col pancione e le braccia alzate. Anche se in modo molto grezzo e primitivo -…è Gaia!-
 
I Brashak, era uno dei primi popoli che discendevano dalla terra e per questo loro legame venerano la dea della terra: Gaia.
Giran sentendola nominare, portò la mano al collo dove c’era un ciondolo con una piccola statuetta in pietra intagliata attaccata ad un filo, raffigurante proprio il simbolo della dea come era inciso anche sulla parete.
 
-Qui ho finiti. Ma dovrei confrontare i risultati con quelli della Cittadella- disse guardando il corvino che stava bevendo da un vaso di argilla.
 
-Quello cosa sarebbe?- gli chiese. Il vaso era già lì da quando era arrivata e nonostante la curiosità, non aveva trovato il tempo di aprirlo. Lui si asciugò le labbra col braccio prima di rispondere.
 
-E’ Hunkgrok. Un distillato ottenuto dai fiori di cactus…ne vuoi un po’?- offrendogli un po’ di distillato. Maya prese il boccale improvvisato ottenuto da un dente cavo e vi guardò il contenuto. Il distillato era di un insolito color bianco-verdastro con un forte odore di erba. Storse il naso, ma si fece coraggio mandandone giù un piccolo sorso.
Subito dopo sgranò gli occhi sputandolo a terra e tossendo.
 
-Ha un sapore orribile!- affermò, era troppo forte, sapeva di erba e decisamente troppo alcool. Il corvino diede uno sguardo al Hunkgrok nel vaso con aria pensante.
 
-Non saprei, l’ho messo ad invecchiare per solo cinquant’anni. Per me è venuto bene…ma forse servirebbero altri cinque anni di invecchiamento- sospirò mandando giù il resto. Maya avrebbe voluto ribattere, ma infondo era una ricetta di un altro popolo, chi era lei per giudicare i gusti degli altri.
 
-Torniamo alla Cittadella- disse infine iniziando a prendere le sue cose.
 
 
 
I due tornarono in superficie e Maya si portò le dita alla bocca fischiando, un fischio lungo e continuo. Dopo un po’ una nuvola di sabbia si avvicinò e davanti a loro si fermò un Geork.
Un grosso uccello simile ad un uccello corridore con un’altezza di quasi due metri contando anche il collo, aveva un piumaggio color sabbia con alcune penne verdi. Le zampe erano forti e robuste con tre dita artigliate, il becco era a piccozza, spesso e appuntito che usava per mangiare i cactus di cui era composta la sua dieta.
 
L’uccello si avvicinò alla Fiers strofinando la testa contro la sua mano per cercare attenzioni. Quegli uccelli terrestri erano le tra le poche creature addomesticabili delle Terre desolate e anche quelle cavalcabili.
 
-Dici che ce la fa a portarci entrambi?- appena il corvino si avvicinò, il Geork rizzò il collo di scatto gracchiandogli contro, per avvertirlo che non gli piaceva. Un’istante dopo aprì il becco, sputandogli contro delle spine di cactus che conservavano nei loro stomaci e usandole per difendersi
Per sua sfortuna un secondo dopo si sentì afferrare per il collo, venendo costretto ad avvicinare la testa al volto del corvino.
 
-Abbassa la cresta pennuto- gli disse Giran guardandolo negli occhi, l’uccello deglutì abbassando la testa in segno di sottomissione, percependo che era molto più forte di lui.
 
“Inizio a capire perché il tuo popolo abbia preferito la caccia all’allevamento!” pensò scuotendo la testa, sapeva che lui faceva questo effetto intimidatorio a molti animali e persone.
 
 
 
L’uccello correva sulla sabbia nonostante stesse trasportando un peso notevole sulla sua schiena. Giran stava dietro alla Fiers tenendola per i fianchi.
 
-Intendi confrontare i simboli trovati nel tempio, con quelli alla Cittadella?- gli chiese tanto per fare conversazione.
 
-Quello e anche fermarmi per qualche giorno- gli rispose sentendo la presa sui suoi fianchi. Anche se era leggera poteva percepire la forza dei muscoli delle mani dell’uomo.
 
Alla fine videro le mura della cittadella. Giran si tenne per le gambe al volatile e si abbassò a toccare la sabbia, questa vibro sotto di lui sollevandosi e creando un grande ponte fino al sopra il muro. La consistenza era talmente solida che il Geork poté corrervi sopra senza che questa crollasse arrivando a destinazione.
 
Però appena misero piede sulla mura vennero circondate dalle guardie armate di balestre e lance.
 
-Calma signori- disse subito il Giran mentre il ponte di sabbia crollava dietro di loro e lui scendeva dalla cavalcatura. Maya sapeva che non avrebbe voluto fargli abbassare le armi con la forza, ma non servì visto che quando lo videro le guardie si rilassarono.
Una folata di vento le fece cadere il cappuccio. Appena alzò la testa, la figura di un uomo seduta a gambe incrociate si presentò davanti a loro sospesa in aria come se levitasse.
 
Era bello ed atletico con la carnagione chiara, capelli castano chiaro coperti da un turbante di seta arancione. Con ben quattro braccia, di cui il secondo paio dietro alle spalle. Si trattava di un Vearii.
 
-Giran che piacere vederti. Potevi avvertire della tua visita- rise l’uomo atterrando sul muro e sistemandosi il turbante.
 
-Ciao anche a te Ajarys- lo salutò il corvino, mentre l’altro sorrise guardando la Fiers, avvicinandosi ad essa e facendole il baciamano. Lei non sembrò molto impressionata anzi ne era indifferente.
 
-Immagino che siate venuti per le ricerche?-
 
-Oltre che riposare- rispose lei.
 
-Certamente, prego seguitemi- così dicendo invitò i due a seguirlo.
 
 
 
La cittadella oltre le alte mura era composta da delle abitazioni modeste a forma quadrata, il tutto però era ricoperto da verde ed erba. Anche grazie al fatto che fosse stata fondata proprio su una lussureggiante oasi. Uno spazio raro in cui potevi trovare acqua e piante verdi
Le strade erano piene di bancarelle e gente. Maya si stupiva ogni volta che veniva, trovare un posto così tranquillo, quando al di là delle mura c’erano solo pericolo e probabile morte. Invece le persone che erano lì sembravano stare bene, anche se isolati.
 
-Sbaglio o ci sono facce nuove?- chiese Giran guardandosi intorno.
 
-Si abbiamo avuto nuovi arrivi dall’esterno- ammise Ajarys. Nella Cittadella vivevano tutti colore finivano per arrivare nelle Terre desolate, chi per sbaglio, sfortuna o anche per essere stato esiliato.
 
-Anche la ragazza che hai portato qui quattro mesi fa. Sta bene nonostante la perdita di una mano, comunque si chiama Pacifica- gli rispose il Vearii. Il corvino annuì, quando si sentì osservato. Un gruppo di bambini gli andò incontro.
 
-Giran sei tornato- quando vide i volti di quei piccoli sulle sue labbra si dipinse un sorriso. Si abbassò prendendo alcuni di loro facendoli salire sulle sue spalle e alzandoli con facilità.
Ajarys sorrise a quella scena, sebbene lui fosse l’attuale capo della Cittadella, non sarebbe mai esistita senza il contributo di Giran. Lui aveva guidato gli sventurati che volevano seguirlo a quell’oasi e aveva eretto il muro per proteggerli.
 
-Scusate bambini ma ora ho da fare- si scusò il corvino rimettendoli giù, una bambina gli si avvicinò, aveva in mano un frutto simile a spinato delle dimensioni di un mango. Lui sorrise alla piccola prendendo il frutto e con una delle sue unghie lo incise per poi spezzarlo in due.
Ridiede il frutto alla piccola, accarezzandole la testa, prima di salutarli e continuare a seguire Ajarys.
 
Arrivarono al centro della Cittadella nella parte dove c’era la fonte di acqua. Al centro della quale sorgeva una cupola in pietra dall’aspetto molto antico. Si avvicinarono ad essa usando uno dei quattro ponti disposti ai quattro punti cardinali, che permettevano di raggiungere la costruzione senza dover per forza nuotare.
 
Quando furono all’interno della cupola, Giran alzò la testa guardandone le pareti pieni di simboli, gli stessi che c’erano nella stanza sotterranea. Prese un profondo respiro, a naso percepiva l’odore di acqua e vegetazione. Ma ce n’era un altro che sentiva. Non riusciva a distinguere bene cosa fosse, sapeva solo che lo faceva sentire a casa.
 
-Giran- la voce di Maya lo riportò alla realtà.
 
-Tutto bene?-
 
-Si…stavo solo avendo……un ricordo sensoriale- rispose solo andando a sedersi proprio al centro della cupola alzando la testa per vedere il soffitto. Al centro di esso c’era il simbolo della dea Gaia.
 
-Scusa puoi aiutarmi con questi simboli?- ma la Fiers non ottenne alcuna risposta.
Si voltò a guardarlo, il Brashak si era privato del mantello rimanendo a torso nudo mettendo in mostra il suo corpo mentre i simboli su di esso si erano messi a brillare di nero.
Aveva le braccia allargate e la testa china verso il basso. Come se stesse rendendo omaggio a qualcuno, prostrandovisi davanti.
 
-Lascialo finire di pregare. Altrimenti non ti risponderà- gli ricordò il biondo porgendole un bicchiere di succo, lei lo accetto sospirando. Ma sapeva che doveva lasciarlo finire di rendere omaggio alla sua dea, altrimenti si sarebbe innervosito ed era meglio evitarlo.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ecco il primo capitolo. Qui vediamo di come Giran passi la maggior parte del suo tempo nelle Terre desolate.
Inoltre facciamo la conoscenza di nuovi personaggi, tra cui l’amica ricercatrice Maya e diamo uno sguardo oltre le mura della Cittadella e conosciamo il capo di questo luogo Ajarys. Venendo anche a conoscenza che è stato lo stesso Giran a crearla e fortificarla.
Poi vediamo un altro animale delle Terre desolate: Il Geork, un grosso uccello corridore utilizzato come cavalcatura. Questo capitolo è relativamente tranquillo, ma vedremo che succederà nel prossimo.
 
Infine ecco l’angolo delle razze. Una nuova aggiunta, in cui descriverò brevemente le razze di mia creazione introdotte nella storia e che spero vi piaccia.
 
-Fiers: Si tratta di un popolo legato all’elemento fuoco e con una grande affinità con esso. Tanto da essere chiamati “Figli delle fiamme”.
Dato il loro aspetto avvolte vengono scambiati per demoni
 
-Vearii: Razza che si caratterizza per le quattro braccia. Sono ottimi utilizzatori di magia. Alcuni di loro nascono con una voglia a forma di terzo occhio sulla fronte.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 
 
Correre sulla sabbia era qualcosa di faticoso, anche se provava a rendere i suoi passi leggeri, i suoi piedi affondavano appena in quei granelli sabbiosi.
Il giovane però non poteva di certo fermarsi. La sua maestra gli aveva detto di dirigersi da lei dopo aver catturato tre Geork. Sebbene veloci quei pollastri erano caduti nelle sue grinfie, così che potesse spezzargli il collo a mani nude.
 
Strinse la presa sulle corde di pelle che stava usando per trascinarsi dietro i corpi delle sue prede. Ringhiando lievemente sentendo le corde segargli la pelle per lo sfregamento e il sole che batteva incessante sopra di lui.
 
“Sono quasi arrivato” si disse annusando l’aria e sentendo un odore familiare farsi sempre più vicino. Fece forza sulle gambe in un’ultimo scatto per correre verso la provenienza dell’odore, crollando poi sulle ginocchia ansimando.
Cercò di riprendere fiato mentre la sua gola arida implorava dell’acqua, venendo poi oscurato da un’ombra.
 
-Ce ne hai messo di tempo, Giran!- disse la voce autoritaria e forte di una donna.
Il giovane alzò lo sguardo deglutendo.
 
-Mi perdoni Matriarca- si scusò rivolto alla donna che gli stava davanti, alzando la testa per vederla.
Era molto alta tanto da surclassare il giovane con un fisico prestante e scolpito con delle curve sode. La carnagione era del color della terra come quella del ragazzo, così come il giovane anche lei presentava dei marchi ramificati su tutto il corpo, Ma i suoi erano di un colore viola scuro.
Il viso delicato era segnato da tre cicatrici che la deturpavano, nonostante questo il suo sguardo verde trasudava fierezza da tutti i pori.
 
-Non importa. Vedo che hai ciò che ti ho chiesto!- disse soddisfatta tirandosi indietro la folta chioma castana rossiccia tenuta bloccata in una coda, dal teschio di un piccolo roditore come fermaglio.
 
Si avvicinò sollevando i corpi dei tre uccelli con un solo braccio e senza fare alcuna fatica. Lanciando al giovane una sacca di pelle.
Il corvino la prese subito portandola alla bocca e dissetandosi. Non aveva ancora sviluppato a pieno la resistenza al caldo, forse perché era ancora giovane. Ma doveva migliorare in fretta.
 
Dopo aver bevuto, restò a guardare la donna di nome Hireza che squarciava i corpi dei pennuti spargendone il sangue sulla sabbia.
 
-Tieniti pronto, Giran. Questa sarà una dura caccia- lo ammonì la sua Matriarca. Lui annuì mettendosi subito in piedi, guardando la sua maestra e capo del giovane e degli altri membri dei Brashak.
 
Dopo un po’, sentì la sabbia tremare sotto i suoi piedi, mentre il muso di una grossa lucertola spuntava dalla sabbia agguantando il corpo di uno dei corpi e inabissarsi nuovamente. Ma prima che sparisse la donna gli afferrò la coda per trattenerlo e con una torsione del corpo tirarlo fuori, lanciandolo al suolo.
 
-Un drago della sabbia!-
 
-Si. Anche se è ancora un cucciolo. Perfetto per il tuo allenamento…ora abbattilo!- gli disse indicando il drago che si stava rimettendo sulle zampe.
Sarà stato lungo tre metri con delle squame di un color sabbia con qualche sfumatura più scura. La testa triangolare presentava degli aculei sotto il mento come una specie di barba, gli stessi continuavano sui fianchi e sulla larga coda che sembrava una mazza chiodata. Le zampe erano robuste abbastanza da permettergli di sollevare il corpo da terra con lunghi artigli ricurvi.
 
Giran si tolse il mantello lanciandolo a terra, restando a torso nudo e sfoderando gli artigli. Il loro popolo combatteva sempre a mani nude.
 
Prese un profondo respiro lanciando un ruggito e correndo verso il drago. Il quale accettò la sfida aprendo la bocca munita di denti e correndogli incontro. Appena gli fu vicino saltò in avanti cercando di mordere il ragazzo, ma lui si abbassò rotolando e afferrandogli la zampa posteriore.
Fece forza sulle braccia, sentendo i muscoli indurirsi e con un movimento sollevare il drago sbattendolo al suolo. Subito gli fu addosso aprendo mordendolo all’addome, sentendo i lunghi canini affondare nella parte morbida. Il rettile ruggì di dolore iniziando a rotolare sulla sabbia.
 
Infilzò gli artigli nelle squame per tenersi aggrappato, nonostante le rotazioni nell’animale. Stanco di quel movimento gli piantò ancora di più gli artigli nell’addome sentendolo sibilare di dolore. Quando sentì che i suoi movimenti si facevamo più lenti, lo lasciò andare rotolando sulla sabbia.
Prima che il Drago potesse riprendersi saltò verso di lui, ma il rettile mosse di scatto la coda colpendolo al volto e facendolo impattare sulla sabbia.
 
Si rialzò lievemente stordito, portandosi la mano alla testa, ma non aveva tempo. Appena si voltò vide che la sua preda si era inabissato fuggendo via.
 
-Forbandet- ringhiò lui infuriato, per esserselo lasciato sfuggire.
 
-Non lo hai ucciso…ma pensavo peggio- ammise la donna, mentre il giovane si prostrava ai suoi piedi battendo la fronte contro la sabbia. Era tremendamente in imbarazzo e deluso di se stesso per aver deluso la sua Matriarca.
 
-Sono desolato Matriarca…vi ho deluso!- Hireza gli si avvicinò pattandogli la mano sulla testa per tranquillizzarlo.
 
-Non preoccuparti Giran, la caccia avvolte può non andare a buon fine. Ciò che conta è rialzarsi e riprovare!- affermò la donna guardando il ragazzo con un sorriso, lui si sentì rincuorato dalla sua fiducia.
 
Improvvisamente vicino a loro la sabbia esplose ed una creatura usciva da essa. Era un altro Drago della sabbia, ma era molto più grande dell’altro, sarà stato lungo sui diciotto metri e gli aculei sotto il suo mento erano più lunghi e sviluppati. Si trattava di un’adulto.
 
-Ecco la madre del piccolo- disse lei tranquilla, mentre il giovane deglutiva terrorizzato. Se non aveva potuto far niente contro un cucciolo, che speranza aveva contro una bestia di quelle dimensioni.
 
-Tempismo perfetto!- affermo Hireza togliendosi il mantello restando con solo delle fasce di pelle a coprirle il petto e la parte inferiore del corpo.
 
-Guarda bene Giran. Questa è la forza dei Brashak e del Clan della terra!- così dicendo allungò le unghie allargando le braccia verso l’alto mentre i suoi muscoli si ingrossarono invitando il rettile a farsi avanti.
 
 

Uscì da quel ricordo ritrovandosi a fissare il soffitto a mollo nell’acqua completamente nudo. Di solito non aveva tempo per farsi un bagno e data la scarsa quantità d’acqua, preferiva usarne poca per lavarsi.
 
-Tutto bene Giran?- chiese il Vearii immerso nella grande vasca vicino a lui. Il Brashak inizialmente aveva trovato l’idea del bagno pubblico strana. Ma dopo averlo provato lo trovava ideale per rilassarsi e doveva ringraziare Ajarys per questo.
Anche se non sapeva dire se fosse stata una trovata: geniale, folle o entrambe le cose.
 
-Mi sono solo perso in un vecchio ricordo- sospirò alzandosi in piedi per far scrocchiare le ossa del corpo. Ajarys diede uno sguardo alle cicatrici presenti sul suo corpo, ricordi di molte battaglie vinte.
 
“Certo però…potrebbe avere più pudore” si disse riferito al fatto che non usasse asciugamani.
 
-Qualcuno della Cittadella è fuori al momento?- chiese sdraiandosi nuovamente in acqua sentendo i suoi capelli galleggiare e muoversi come una chioma selvaggia esposta al vento.
 
-Si, un gruppo è uscito per ricercare generi di sostentamento. Ma non preoccuparti, c’è Tosak con loro- l’altro non si scompose minimamente, con quell’orco al comando di certo poteva stare sicuro che non sarebbero morti o almeno ci sperava.
 
Uscì dalla vasca, strizzandosi i capelli per togliere l’acqua in eccesso, per poi scuotere la testa come un cane.
Ajarys per quanto fosse amichevole con lui, trovava alcuni dei suoi comportamenti ancora primitivi. Ma visto che non gli davano molto fastidio preferiva sorvolare, anche per evitare di farlo arrabbiare.
 
-Sarebbe il caso che tornino presto. Questa è la notte dei Ghoul- disse rivestendosi. Decisamente non era il caso di restare fuori di notte, soprattutto in quella.
 
-Resterai qui a dormire? Possiamo ospitarti- gli propose il Vearii. Sarebbe stato più tranquillo se lui fosse stato insieme a loro quella sera. L’altro annuì.
 
-Certo, ma prima devo fare una cosa importante-.
 
 
Dopo essersi allontanato dalla Cittadella, il corvino era andato a caccia che fu molto fruttuosa. Strinse le corde che trattenevano un grosso pezzo di carne color rosso scuro.
La sua preda non sarà stata di certo una delizia, ma tanto non era per lui. Continuò a camminare quando si fermò di colpo, guardandosi intorno.
Aveva sentito già di essere circondando sentendo l’odore dei suoi possibili assalitori. Alzò il piede per poi pestarlo contro il terreno e la sabbia intorno a lui esplose a cerchio scaraventando fuori chi vi stava sotto.
 
-Ma che diavolo?- si chiese uno dei quattro che era stata scaraventato fuori dalla sabbia.
Era molto basso, poco più dell’altezza di un nano, con un fisico magro e la carnagione verde con qualche macchia color sabbia. Aveva un volto appuntito con un lungo naso a punta e delle larghe e grosse orecchie come un pipistrello e un pizzetto a treccia gli ornava il mento. Gli arti erano corti proporzionati alla sua statura con quattro dita artigliati per mani e piedi.
 
Il Goblin alzò il turbante che gli era finito sugli occhi, per cercare di capire cosa fosse successo venendo oscurato dalla figura imponente del corvino.
 
-Bene, bene…stavo cercando proprio voi!- affermò Giran. Vedendolo tutti i Goblin sgranarono gli occhi terrorizzati. Lasciarono andare le armi, battendo le teste contro la sabbia in un inchino di prostrazione.
 
-P…Possente Alfa. Non credevamo fosse lei- si scusò subito la piccola creatura verde.
 
-Si, se avessimo saputo, che era lei. Mai e poi mai ci saremmo anche solo sognati di provare a tendervi un’imboscata- Si intromise un altro del gruppo tremando terrorizzato come gli altri.
 
-Alzate la testa- i quattro scattarono subito in piedi ringraziandolo per la sua misericordia.
I Goblin non erano molto forti da soli e per questo si muovevano in gruppo, formando dei popoli nomadi. Di solito tendevano a sottomettersi a chi era più forte di loro e del loro intero gruppo, come avevano fatto loro con lui.
 
-Il resto della tribù?-
 
-E’ vicino Possente Alfa- i quattro tirarono fuori dalle loro vesti dei fischietti e soffiandovi dentro, produssero un suono acuto.
In un’istante da sotto la sabbia uscirono fuori delle teste triangolari di lucertola, appena sentirono il suono risposero aprendo una vela di pelle sotto al mento saltando fuori dalla sabbia.
Si trattava di Kinjii, rettili del deserto. La loro stazza era quanto una persona di taglia media, con una lunga coda. Visto il loro essere codardi venivano usati come fonte di sostentamento. Ma per via della bassa statura dei Goblin per loro andavano bene come cavalcature. Inoltre erano animali erbivori.
 
-Direi che possiamo andare Takar- rispose rivolto a quello con il pizzetto. Il piccolo Goblin in questione era il maggiore esperto dei cacciatori della sua tribù: i Silent sands.
Lui e Giran avevano già avuto il piacere di cacciare insieme, anche se aveva ancora timore del Brashak. Il Goblin annuì salendo in groppa al suo Kinjii e facendo segno ai suoi compagni.
 
-Bene, muoviamoci- disse rivolto agli altri che saltarono in groppa ai loro destrieri.
 
Il loro accampamento era situato su una formazione rocciosa elevata. Appena arrivati, la carne che il corvino aveva portato venne presa in custodia da altri membri della tribù.
Takar fece segno al loro ospite di seguirlo.
 
L’accampamento era formato da una ventina di tende smontabili. Vedendo Giran gli altri Goblin smisero di fare quello che stavano facendo prostrandoglisi davanti e aprendogli la strada, mentre alcune femmine Goblin agitare la coda in segno di rispetto.
 
Le femmine si distinguevano dai maschi oltre ai tratti e fisici femminili, anche per il fatto che le loro orecchie erano ricoperte di una leggera pelliccia, il naso era corto e non a punta. Ma soprattutto per la sottile e lunga coda che termina con un ciuffo di peli sulla punta.
 
-Siamo arrivati- il Goblin cacciatori lo portò davanti ad una grande tenda protetta da due guardie armate, che subito si fecero da parte prostrandosi.
 
-E’ dentro?- Takar annui. Giran si portò la mano al collo per farlo scrocchiare prima di abbassarsi per entrare nella tenda, avvolte la sua stazza elevata era un vero fastidio.
 
Appena entrò venne investito da un odore dolciastro come di zucchero che riconobbe subito. Era un miscuglio di fiori di cactus ed erba, ottimo da bruciare nelle pipe per assaporare qualcosa di dolce.
La tenda era arredata in modo spartano con teschi di animali come ornamento e dei mobili in legno rudimentali.
 
Un ringhio gli fece voltare la testa ritrovandosi a fissare gli occhi di un Seikh. Un felino simile ad un puma, con una pelliccia di colore rosso scuro con alcuni aculei sulla schiena e intorno al collo e due lunghe corna dietro alle orecchie rivolte all’indietro. I due si sfidarono con lo sguardo.
 
-Su, su cocchina mia. E’ questo il modo di trattare il nostro ospite- disse una voce femminile al centro della tenda, Sdraiata su una montagnetta di cuscini una Goblin sorrideva facendo segno al suo animale di andare a cuccia. Il Felino emise un verso dispiaciuto andando a mettersi dietro alla sua padrona.
 
-Azara- La femmina sorrise mettendosi in piedi. Indossava dei vestito di cuoio succinto che mettevano in risalto le sue forme sode nonostante la bassa statura e la carnagione verde smeraldo, aveva un viso delicato con dei capelli biondi tirati tutti sul lato destro, naso a patata e labbra sottili.
Anche lei presentava delle chiazze di color sabbia come il resto della sua tribù. Una di queste era proprio sopra agli occhi dando l’impressione che indossasse una maschera.
 
-E’ un piacere rivederti Grande Alfa- rispose lei con un sorriso a trentadue denti leggermente a punta.
 
-Prego accomodati- lo invitò e lui si sedette proprio davanti a lei. La femmina non smise di sorridergli mentre faceva agitare gli orecchini in argento che le ornavano le grandi orecchie e la coda.
 
-Vi ho portato della carne di Redworm. Fatela affumicare o essiccare prima di mangiarla- gli raccomandò. La Goblin gli si avvicina silenziosamente sfregandosi a lui, le sue narici avvertivano l’odore dolciastro anche su di lei. Sicuramente stava provando a sedurlo!
 
-Grazie per prenderti cura di noi, vorrei poterti ricompensare in qualche modo- disse in tono malizioso.
Azara era la capo tribù dei Silent sands. E da quando si erano sottomessi a lui giurandogli fedeltà, ogni volta che andava a trovarli non perdeva occasione di provarci con lui.
 
 
Nelle tribù dei Goblin delle Terre desolate, erano le femmine a detenere il potere e le decisioni, dato che erano loro che provvedevano alla procreazione della specie. La Goblin più forte e intelligente diventava la guida della tribù scegliendo il maschiò con cui riprodursi per la nuova generazione. Solitamente si trattava del maschio più forte e resistente.
Giran questo lo comprendeva bene. Dato che il sistema matriarcale era qualcosa presente anche tra la gerarchia dei Brashak.
 
 
La afferrò per il vestito sollevandola di peso, rimettendola giù lontano da lui per non avercela appiccicata addosso.
 
-Dimmi più tosto ci sono novità, che dovrei sapere?- chiese lievemente infastidito dai suoi modi. Azara gli porse una caraffa finemente lavorata contenente dell’acqua.
Lui prese il bicchiere sorseggiandone il contenuto per bagnarsi le labbra.
 
-Non più del solito. A parte la fauna delle Terre desolate e i “Figli delle sabbie” che continuano con i loro sproloqui- gli raccontò lei.
I Goblin del deserto erano bravi a mimetizzarsi tra le sabbie, ed oltre a essere un buon meccanismo per nascondersi era ottimo anche per cacciare e raccogliere informazioni.
 
-Capisco-
 
-Abbiamo anche visto i tuoi amici della Cittadella. Stavano cacciando- gli disse la Goblin, mentre Giran offriva l’acqua del suo bicchiere all’animale da compagnia della capa tribù. Era tranquillo, perché sapeva che non avrebbero attaccato chi veniva dalla Cittadella, c’era un patto tra di loro e nessuno dei Goblin osava infrangerlo per paura di ripercussioni da parte sua.
 
-Dove si trovano?-
 
-A qualche chilometro a sud di qui, ma credo si stiano spostando se hanno già fatto caccia grossa- rispose Azara. Lui annuì alzandosi.
 
-Oggi è la notte dei Ghoul. Fossi in voi starei attenti o potreste rifugiarvi alla Cittadella- gli propose Giran, ma la Goblin scosse la testa.
 
-Grazie per l’offerta, ma non è la prima volta ne l’ultima che affrontiamo questa notte. Sappiamo come nasconderci e difenderci- lo rassicurò lei andandogli vicino per poi saltare aggrappandosi ai suoi vestiti con una notevole agilità e salire fino al suo petto.
 
-Torna a trovarmi quando vuoi- gli disse suadente prima di lasciargli un bacio sul collo e sempre sorridendo saltando a terra.
Il Brashak annuì chinando la testa in segno di rispetto prima di uscire dalla tenda. Chiedendosi se non fosse stato meglio andare a controllare come stasse il gruppo della Cittadella.
 
 
 
La sabbia era solida e compatta, non certo liquida. Eppure incredibilmente una nave stava solcando il deserto a vele spiegate. Si trattava di una nave desertica da caccia, che si spostava sulla sabbia grazie al vento e alle grandi vele-aquiloni che raccoglievano i venti le permettevano di muoversi.
 
L’equipaggio era formato da più di dieci persone, tutti appartenenti alla Cittadella e di razze diverse. Posto sulla prua stava un uomo della ciurma della nave, intento a osservare le sabbie.
 
-Tutto bene?- gli chiese una voce, lui si girò incontrando la figura imponente di un orco.
 
-Si comandante Tosak, per il momento nessuno in vista- Tosak era un orco alto e largo come un armadio e muscoloso, come tutti i guerrieri della sua specie aveva la pelle di colore verde che tendeva allo smeraldo. Il volto dei tratti quadrati presentava due zanne che sporgevano dalla mascella inferiore, aveva dei capelli marroni tenuti in una coda bassa e un pizzetto a treccia sul mento e dei tatuaggi stile maya rossi sul busto e braccia e una cicatrice che gli solcava il petto.
 
-Tieni gli occhi aperti e fammi sapere in caso qualcosa- il marinaio annuì. A quel punto l’Orco si concentrò su ciò che la nave stava trasportando: Un grosso Calamaro delle sabbie.
 
Quei cefalopodi si erano adattati a vivere nel deserto ed escludendo i due tentacoli più lunghi non superavano a malapena i dieci metri. Ma comunque erano una grande fonte di cibo inoltre avevano trovato anche altre cose commestibili. Tutto sommato era un buon bottino.
 
Tosak alzò la testa guardando il sole. Era pomeriggio e per quanto il sole fosse ancora abbastanza alto, dovevano tornare alla Cittadella il prima possibile.
Si avviò verso il timoniere della nave.
 
-Allora, come andiamo Pacifica?- lei gli rispose con un sorriso, mentre il vento gli scompigliava i capelli rossi come il fuoco in parte lasciati liberi e in parte legati in alcune trecce.
 
-Il vento è favorevole, arriveremo a casa in poco tempo- gli rispose lei alzando il pollice della protesi in ferro che gli avevano fatto per sostituire l’arto mancante.
 
-Meglio così, non ho voglia di stare fuori in questa notte!- rispose secco il guerriero incrociando le grosse braccia al petto.
 
-Non ho ben capito cosa sarebbe questa notte dei Ghoul. E’ il momento in cui escono fuori?- chiese la rossa.
Pacifica era arrivata da soli quattro mesi nelle Terre desolate e anche se gli abitanti della Cittadella gli avevano spiegato la maggior parte delle cose importanti, gli ci voleva ancora tempo per abituarsi.
 
-In termini semplici si. Capirai stasera, ma a debita distanza- sottolineò Tosak. Di certo non si aspettava che quella ragazza fosse diventata un timoniere in pochi mesi da quando era arrivata, ma anche lui riconosceva le sue abilità di navigatrice.
Quando il suono di un corno, riscosse tutti mettendo in allerta l’intera nave.
 
-Che succede?- chiese subito l’orco.
 
-Predoni- rispose chi stava di vedetta indicando un gruppo di Geork che correva velocemente verso di loro con delle persone sulla groppa.
 
-Proprio adesso. Vorranno il nostro carico!-
 
-Allora dovranno lottare per averlo!- rispose secco Tosak estraendo una mazza Macuahuitl in roccia con i bordi ricoperte di schegge di ferro grezzo seghettate.
Quando i predoni si avvicinarono alla nave, diede l’ordine a chi non stava ammaenando le vele di prendere le balestre e mettersi davanti al parapetto dell’imbarcazione.
 
-Mirate…scoccate- gli uomini scoccarono le frecce contro i predoni, colpendone alcuni, ma altri avevano degli scudi che usarono per difendersi.
 
-Mirate ai Geork, non ai cavalieri- disse il capitano, mentre gli uomini ricaricavano. In quel momento di distrazione lanciarono sulla nave delle sfere che rilasciarono una coltre di fumo. Appena il fumo entrò in contatto con gli occhi iniziò a dare bruciore.
 
“Gas urticante” pensò Pacifica, bloccando in timone e scendendo con un balzo sul ponte lanciando velocemente le sfera di foglie fuori bordo.
Ma approfittando di quel diversivo alcuni predoni assaltarono la nave salendo a bordo, quando si udì uno sparo e uno degli aggressori venne colpito al petto finendo per cadere fuori dalla nave.
 
-Non accetto predoni su questa nave!- affermò la rossa con la pistola fumante in mano. Non si sarebbe di certo lasciata derubassero così facilmente.
Un secondo dopo la pistola gli venne fatta volare via di mano a causa di uno shuriken.
 
-Sembra che abbiamo qualcuno di temerario!- affermò predone davanti a lei che gli aveva fatto volare via la pistola.
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ecco il nuovo capitolo. Qui vediamo una parte del passato di Giran e della sua Maestra/Matriarca: Hireza.
Poi vediamo la sua prima caccia ad un giovane Drago della sabbia, anche se non è riuscito ad abbatterlo, come lo ha rassicurato la sua maestra non tutte le caccie vanno a buon fine.
 
E dopo essere tornati nel presente scopriamo anche la razza dei Goblin che vivono nelle Terre dimenticate e che sono nomadi con una gerarchia Matriarcale e conosciamo Azara. La quale passa informazioni a Giran e che sembra attratta dal Brashak.
Infine la nave desertica della Cittadella viene attaccata dai predoni. Ma se non altro vediamo come sta Pacifica dopo il salto temporale del prologo e conosciamo anche l’orco Tosak.
 
Vedremo cosa succederà con i predoni nel prossimo capitolo.
A presto.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
 
 
Pacifica si strinse la mano con cui un’istante prima reggeva la pistola, guardando il predone che gliel’aveva fatta volare via. O per meglio dire la predona.
 
Si trattava di una donna che dall’aspetto doveva essere una Felinx. I membri di questa razza erano un’incrocio tra uomini e felini.
La donna che le stava davanti infatti aveva un fisico umano ma tratti felini come orecchie e coda e la sua pelle era maculata con macchie nere, proprio come un ghepardo, inoltre il naso era lievemente schiacciato come quello di un gatto.
 
-Anche tu micetta!- rispose la rossa con un ghigno in volto. Anche se dentro era preoccupata, la velocità era il punto forte di un Felinx di tipo ghepardo.
La donna ghignò mostrando i canini e spostandosi i lunghi capelli biondi con un gesto della mano artigliata.
 
-Credo che mi divertirò ad usarti come tiragraffi!- rise prendendo due coltelli e facendoli roteare sul palmo delle mani.
 
In risposta la rossa portò la mano alla spada al fianco, quando Tosak si fece avanti alzando la mazza e calandola dove c’era la donna felina. L’arma si abbatte sul legno della nave spaccandolo, l’Orco era furioso e aveva gli occhi rossi a causa del fumo urticante.
 
-Questo era pericoloso!- affermò la bionda che si era spostata dalla traiettoria della mazza. Mentre alcuni dei suoi compagni indietreggiarono di un passo spaventati.
 
-Ma mi hai mancato!-
 
-Tranquilla provvedo subito a rimediare- ringhiò l’orco muovendo la mazza verso di lei. Ma l’attacco venne arrestato da un bastone in acciaio, piantato nel legno per avere stabilità e bloccare la mazza.
 
-Ti hanno sempre detto di fare attenzione Keila- disse chi stava impugnando il bastone, si trattava di un Wukong alto e muscoloso con una zazzera totalmente alzata in testa di un color mandorla e una cicatrice sull’occhio destro.
 
-Sta zitto Hétào, l’avrei schivato facilmente!- rispose irritata la Felinx.
 
-Si come no- ribatté l’altro stringendo il bastone e alzandolo facendo rimbalzare la mazza dell’orco. Questo preso in contropiede provò a colpirlo al fianco, ma la scimmia si abbasso colpendolo alla gamba e facendolo finire in ginocchio.
 
-Se hai solo la forza allora sarà veloce- sul volto del Wukong si dipinse un sorriso sadico, mentre guardava Tosak.
Pacifica prese una secondo pistola per aiutare il suo capitano, ma la Felinx non era d’accordo. La rossa si accorse appena in tempo della sua presenza e usò la pistola per parare un fendente.
 
-Dove credi di andare rossa? Tu sei mia!- miagolò Keila provando a trafiggerla con il secondo pugnale. Pacifica alzò la spada deviandola e allontanarla da se, per poi riuscire a disincastrare la pistola puntandola alla testa della donna ghepardo.
Prima che potesse tirare il grilletto, la coda della bionda si avvolse intorno al suo polso spostando la traiettoria dello sparo.
 
Anche gli altri predoni e il resto dell’equipaggio della nave avevano iniziato a combattere a vicenda, mentre la nave continuava a muoversi.
 
Tosak cercò di fare a pezzi il suo avversario tempestandolo con una carica di colpi, ma il Wukong li evitava o deviava usando il suo bastone. Quando la sua mazza venne parata nuovamente usò l’altra mano per tirare un pugno al suo avversario.
L’orco era certo di riuscire a prenderlo. Hétào alzò la mano deviando il pugno con un solo gesto e facendo perdere la stabilità all’avversario e colpendolo alla schiena facendolo quasi cadere a terra.
 
-Vedo che manchi di riflessi!- scimmiottò lui deridendolo.
 
L’orco espose le zanne in un ringhio di rabbia, caricandolo con la mazza alzata. Il Wukong rispose separando la distanza  tra loro e colpendolo al petto con il palmo della mano.
La forza dell’impatto fu sufficiente a spedirlo contro la balaustra della nave e fargli volare di mano la sua arma.
 
-Capitano- lo chiamò Pacifica, ma quella distrazione gli costò cara. La predona ne approfittò per fargli volare via la pistola e pugnalarla alla spalla facendola urlare di dolore.
Lei rispose stringendo i denti e assestandogli una testata in pieno volto e un calcio allo stomaco mandandola a terra.
 
-Lurida puttana- soffiò Keila rimettendosi subito in piedi pronta a vendicarsi.
 
-Allora pelle verde, tutta qui la tua spavalderia?- gli chiese il Wukong.
Tosak doveva ammettere di essere molto in difficoltà, soprattutto perché la razza di quelle scimmie era esperta nel combattimento corpo a corpo e soprattutto nelle arti marziali. Ma nonostante questo svantaggio non intendeva arrendersi.
 
-Non credere che mi dia per vinto senza combattere!- ribatté rimettendosi in piedi. Quando la nave si arrestò di colpo e tutti i passeggeri vennero sbalzati in avanti.
 
Sbattendo nuovamente contro la balaustra della nave scosse la testa guardando fuori dalla prua per vedere cosa fosse successo. Una piccola montagnetta di sabbia aveva arrestato la loro corsa.
L’Orco era sicuro che non ci fosse prima, quando percepì una presenza schiacciante a lui familiare.
 
 
 
Giran era in piedi sulla polena osservando tutti i presenti. Appena lo videro gli occhi dei membri dell’equipaggio della Cittadella si riempirono si sollievo, al contrario dei predoni che deglutirono.
 
-Direi che sono arrivato giusto in tempo!- affermò scendendo e andando vicino all’Orco aiutandolo a rimettersi in piedi. La differenza di altezza dei due era molto evidente, tanto che il Brashak superava il capitano della nave di un bel po’.
 
-Fatti da parte Tosak. A lui ci penso io!- il suo era più un ordine che una richiesta. E il capitano fu più che felice di accontentarlo, mentre andava a riprendere la sua mazza.
 
-Così la Bestia dimenticata è arrivata- rise il Wukong guardando il Brashak dal basso verso l’alto.
 
-Vi concedo dieci secondi per andarvene da questa nave. Oppure vi farò ritornare alle sabbie!- disse con tono che non tralasciava alcuna emozione se non la minaccia, liberando la sua aura intimidatoria che fece tremare tutti i presenti.
Hétào si sentì schiacciato da quella forza intimidatoria, ma il suo orgoglio gli stava dicendo di resistere.
 
-Allora fatti sotto…Bestia!- rispose mantenendo il ghigno.
 
Giran serrò la mascella accettando la sfida. Con un movimento veloce separò la distanza che li separavano, muovendo il braccio verso la sua testa.
Il Wukong si difese con bastone e il braccio, ma la forza fu tale da staccarlo da terra e lanciarlo fuori bordo.
 
Hétào rotolò sulla sabbia rimettendosi in piedi. Seguito dal corvino che saltò giù dalla nave.
 
-Occupatevi di quelli a bordo- disse agli abitanti della Cittadella, mentre lui continuava a guardare il suo nemico facendo scrocchiare le nocche.
 
-Pagherai per i tuoi crimini, blasfemo- gli disse la scimmia puntandogli contro il bastone.
 
-Crimini?- in risposta il Wukong si lanciò verso di lui. Giran provò a colpirlo con un pungo al volto, ma l’altro eseguì una piroetta schivandolo e colpendolo alla gamba col suo bastone. Ma rimase sorpreso che non fosse caduto in ginocchio.
L’altro si girò provando nuovamente ad afferrarlo, ma la scimmia alzò la mano usandola per deviare il suo braccio, alzando il bastone, colpendo il Brashak sotto al mento.
 
-Che c’è, ti vedo in difficoltà!- lo derise colpendolo con un affondo allo stomaco seguito da una rotazione del bastone per prenderlo in testa.
Ma intuendo questa mossa alzò la mano afferrando l’arma e con uno strattone strappagliela di mano.
 
-Ora sei disarmato- gli disse mentre piegava il bastone come se fosse stato un ramoscello attorcigliandolo e buttandolo via.
 
-Non importa, mi bastano queste- rispose alludendo alle sue mani.
 
A quella risposta Giran capì che stava vaneggiando, ma se era una sfida a mani nude che voleva, di certo non si sarebbe tirato indietro.
 
Nuovamente separò la distanza tra di loro, tirandogli un calciò basso per colpirlo alle gambe. L’attacco però non andò a segno visto che Hétào salto colpendolo al torace con i piedi uniti facendolo indietreggiare.
Il Wukong gli fu subito addosso colpendolo con pugni e calci sui punti di pressione del corpo. Il Brashak sembrava del tutto inerme contro quella raffica di colpi, quando improvvisamente mosse il collo con la bocca totalmente aperta provando ad mordere il suo avversario.
 
“Futile” pensò immaginando che fosse disperato. Tirò indietro il busto evitando il morso ed assestargli una ginocchiata sotto il mento spingendogli la testa verso l’alto.
 
-Alla fine sei tutto fumo e niente arrosto. Eccoti la punizione per aver ucciso i nostri animali sacri- Usando quella piccolo vantaggio saltò ruotando il corpo e colpirlo al lato del collo con un calcio rotante.
Sicuro di avergli spezzato il collo e che fosse solo questione di tempo prima che cadesse al suolo.
 
-Con animali sacri…ti riferisci ai Draghi della sabbia?- domandò scrocchiandosi il collo. Hétào rimase sconvolto, come poteva essere ancora in piedi dopo tutti i colpi ricevuti.
 
-Impossibile! Il tuo collo dovrebbe essere rotto!- Giran si tolse la sabbia di dosso con disinvoltura.
 
-Se fossi una persona normale, si. Sfortunatamente per te le mie vertebre cervicali, sono sorrette da muscoli robusti che creano come un’armatura. Per ciò è difficile farmi un trauma cranico o rompermi le ossa con così poco- gli spiegò lui.
 
Il volto del Wukong assunse un’espressione animalesca di pura rabbia e si scagliò in avanti contro il corvino. Mise la mano a coltello e colpì con violenza inaudita il torace del Brashak per trapassarlo da parte a parte.
 
Un fiotto di sangue macchiò l’aria e Hétào sorrise trionfante. Ma subito dopo avvertì una forte scarica di dolore alla mano che aveva usato per colpire. Quest’ultima era praticamente distrutta con le dita piegate in modo innaturale.
 
Il Wukong la ritrasse indietro urlando di dolore, tenendosela stretta.
 
-Inoltre noi possiamo indurire ogni singola parte del nostro corpo- precisò infine Giran mentre si toglieva il sangue che gli aveva macchiato il torace.
 
Prima che il suo avversario potesse rispondergli gli assestò un calcio alle gambe sentendole rompersi per il colpo e facendolo cadere sulla sabbia.
 
Subito lo afferrò per il collo con entrambe le mani portandolo alla sua stessa altezza per guardarlo negli occhi, lanciando uno sguardo al marchio a forma di una lucertola che formava un cerchio sul lato del suo collo.
 
-Allora, dove sono i vostri animali sacri? Figli delle sabbie?- gli chiese guardandolo. Il Wukong gli sputò in faccia.
 
-Va a farti fottere Bestia…- un secondo dopo si sentì il rumore di ossa che si spezzavano e il corpo dello scimmiotto che smise di muoversi.
 
 
 
Sulla nave intanto l’equipaggio se la stava vedendo con il resto dei Predoni.
Cassandra intercettò un colpo di pugnale, mentre Tosak calava sull’avversario la sua mazza.
 
Keila assestò un calcio alla rossa saltando indietro evitando la mazza. La donna ghepardo si rigirò i coltelli dalla lama verso il basso, per poi scattare in avanti. I due videro solo una figura gialla prima di ritrovarsi un taglio sul braccio.
 
-Che succede non riuscite a prendermi?- li sbeffeggiò muovendosi velocemente come prima ferendo i due nuovamente che si misero sulla difensiva.
Pacifica cercò di puntargli contro la pistola, ma si muoveva troppo velocemente e l’arma gli venne fatta volare via di mano. Strinse i denti mentre cercava di contrattaccare venendo destabilizzata da un colpo che riuscì miracolosamente a intercettare.
 
“E’ troppo veloce!” pensò l’Orco cercando di colpire la sua nemica inutilmente. Quando la nave si mosse di colpo e tutti i suoi occupanti per poco non caddero a terra.
 
Anche Keila fu costretta a fermarsi, la donna ghepardo fece per riprendere la sua corsa. Ma Pacifica si lanciò su di lei tenendo la spada con la lama rivolta verso il basso.
Sgranando gli occhi ebbe il tempo per fletté gli arti per lanciarsi in avanti evitando l’affondo. Ma subito una fitta di dolore la voltò la testa sulla sua coda notando che non c’era più.
 
-Cercavi questa?- gli chiese la timoniera che teneva in mano la della sua coda felina.
 
-Tu la pagherai per questo!- soffiò stringendo i suoi coltelli quando si immobilizzò sul posto. Giran apparve proprio dietro di Felinx che ebbe il tempo di voltare la testa incontrando gli occhi del Brashak.
 
-Il tuo amico è morto. Volete continuare questo gioco, Figli delle sabbie?- chiese rivolto al resto degli aggressori che trasalirono.
Keila strinse i denti per poi gridare.
 
-RITIRATA- si lanciò lungo il ponte saltando fuori bordo e atterrando in groppa al suo Geork, gli altri fecero lo stesso e scapparono via.
 
 
 
-Sono scappati!- ringhiò la Pacifica guardando i predoni che si allontanavano.
 
-Lascia perdere- gli disse il capitano avvicinandosi al corvino.
 
-Tutto bene?- gli chiese e l’altro annuì sospirando. Se non fosse arrivato lui non ce l’avrebbe fatta contro quel Wukong, anche se era più forte fisicamente l’altro aveva più tecnica.
 
-Si, se non fossi arrivato tu- Giran gli poggiò la mano sulla spalla.
 
-Non importa. Vediamo di portare il carico alla Cittadella- disse e tutti furono d’accordo. Quando sentì la qualcosa di appuntito poggiarsi al suo petto all’altezza del cuore.
Abbassò lo sguardo vedendo la punta di una spada, la stessa che Pacifica stava impugnando e che gli stava puntando contro. Il corvino la guardò dritta negli occhi.
 
-Oh…sei tu-.
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ecco il nuovo capitolo per iniziare o quasi il nuovo anno.
 
Qui vediamo che la Cittadella fuori dalle mura deve fare i conti non solo contro la fauna delle Terre dimenticate, ma anche con gli altri esiliati.
Qui vediamo una nuova razza i Felinx che sono un incrocio di uomini e gatti, molto classici nei fantasy. E rivediamo i Wukong i quali erano apparsi anche nell’altra mia storia “The thorn plague: White crow” che precede questa.
L’equipaggio della Cittadella è stato messo in difficoltà ma per loro fortuna è arrivato Giran. E qui abbiamo potuto finalmente vedere la forza del Brashak all’opera in combattimento e scopriamo anche che quei predoni erano membri dei “Figli del deserto”.
 
Il tutto si conclude con Pacifica che punta la sua spada contro Giran.
Chissà come reagirà il nostro protagonista a quella mossa. Lo scopriremo nel prossimo capitolo. Intanto spero che il combattimento vi sia piaciuto.
 
A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
 
 
 
Nessuno dei presenti si sarebbe mai spettato, una mossa così audace e pericolosa. Puntare un’arma contro un membro delle razze ancestrali, non che il custode della Cittadella.
E ormai l’unica cosa che tutti incluso Tosak si stavano chiedendo, era di come avrebbe reagito Giran.
 
“Oh cazzo…” riuscì solo a pensare il capitano. Mentre nella sua mente si stava immaginando il Brashak afferrare e spezzare facilmente il collo alla donna, staccargli la mano che reggeva la spada o anche solo metterla al tappeto.
Stava immaginando tutti i possibili scenari in cui sarebbe potuta finita.
 
-Oh…sei tu- esordì il corvino, riconoscendo l’esiliata che aveva salvato mesi fa.
 
-Ti ricordi di me?- il suo tono era divertito e arrabbiato allo stesso tempo.
 
-Fammi indovinare ce l’hai con me per la tua mano?-
 
-Considerando che mi sono ritrovata senza un arto dopo essermi svegliata…non lo saresti anche tu?. Anche se devo ammettere che questo rimpiazzo non è male- ammise guardandosi la protesi della mano artificiale.
 
-La catena che avevi attaccata alla mano aveva compromesso la circolazione. Anche se ti avessi portato alla Cittadella sarebbero stati costretti ad amputartela- gli rispose completamente calmo, senza preoccuparsi di avere una lama contro.
Non seppe cosa la fece innervosire se la sua risposta o il suo tono per niente preoccupato.
 
Pacifica lo guardò negli occhi ancora arrabbiata. Ma invece di attaccare, rinfoderò l’arma, tornando al timone. Dopo ciò che aveva percepito quando era arrivato in loro soccorso era certa di non poter fare niente contro quella montagna vivente.
 
In quel momento tutto l’equipaggio emise un sospiro di sollievo. Mentre Giran fece uno sbadiglio andando a sedersi vicino alla polena sulla prua.
 
-Avanti tornate a lavoro, dobbiamo tornare alla Cittadella prima che arrivi la notte- ordinò subito il capitano, facendo mettere sull’attenti il resto della nave. Velocemente tutto tornò efficiente come era prima dello scontro.
 
-Seriamente tu fai un certo effetto alle donne. E avvolte non dei migliori- ammise l’Orco lanciando uno sguardo alla rossa al timone e poi guardando il Brashak che si limitò a scrollare le spalle.
 
-Se lo dici tu. Comunque non l’avrei uccisa, al massimo tramortita- lo tranquillizzò.
 
-Si lo sapevo. Devo ringraziare Huitzilopochtli se sono ancora tutti vivi…e anche te ovviamente- l’altro non ci badò molto a quel commento, alla fine ogni creatura era libera di venerare la divinità che più preferiva e con cui si sentiva più affine. Ma ora l’unica cosa che voleva era tornare alla Cittadella.
 
 
 
Quando la nave tornò fu vicina alla sua destinazione, Giran usò le sue capacità di controllo del terreno per creare un ponte per portarla oltre il muro. Di solito senza il suo aiuto, usavano delle corde e un sistema a carrucola per sollevare la nave e portarla sia dentro che fuori le mura.
 
Appena l’imbarcazione toccò terra, il Brashak saltò giù. Mentre l’equipaggio iniziava a scaricare la merce insieme ad altri abitanti che erano corsi non appena la nave era stata avvistata dalle sentinelle.
 
-Finalmente a casa!- sospirò l’Orco stiracchiando le massicce braccia, contento di essere tornato tra quelle mura. In quel momento un uomo vestiti con un abito bianco e una grossa sega in spalla si avvicinò a lui.
 
-Mi hanno detto che avete fatto pesca grossa!- disse Manner. Lui era il responsabile delle scorte della Cittadella e anche della macellazione delle prede che gli portavano da fuori.
 
-Un Calamaro delle sabbie. Non è gigantesco- ammise Tosak, ma l’uomo rise da sotto il bavero bianco.
 
-Tranquillo, pulito ed essiccato sarà un gustoso snack- gli rispose mentre lui e la sua squadra armati con utensili e seghe per il macello degli animali di grossa taglia saliva sulla nave.
 
-Lo fanno qui?- chiese Pacifica vedendoli salire a bordo.
 
-Il cibo si deteriora in fretta. Ed è meglio lavorarlo subito per non farlo andare a male- rispose Giran avvicinandosi al muro.
 
-Non ci dai una mano a scaricare?- lo riprese subito la rossa.
 
-Devo fortificare le mura per questa notte- rispose notando che il cielo stava diventando color arancio, non aveva tempo da perdere.
 
Poggiò la mano sulla parete e si concentro, dalla parete spuntarono dei pali di roccia tutti in fila come una scala. Fatto ciò al Brashak bastò usarli come scale per salire in cima, sotto lo sguardo dei presenti che vi erano abituati, al contrario Pacifica aveva la bocca completamente aperta.
 
-Chiudi la bocca prima che ci entrino le mosche- gli disse il capitano trattenendo una risata. Le reazioni di stupore come quelle lo facevano sempre ridere, soprattutto da parte dei nuovi arrivati.
 
-Ma come ha fatto?- chiese indicando le scale sconvolta.
 
-Tutto merito dei poteri della sua razza, piccoletta- quando si girò non vide nessuno, ma abbassando lo sguardo vide un uomo basso e con una folta barba nera che la fissava.
 
-Ciao Brock- lo salutò Tosak.
 
-Vedo che avete danneggiato la mia nave- disse l’uomo che a giudicare dalla statura e il fisico robusto doveva trattarsi di un nano. La sua testa calva sembrava brillare per quanto era lucida mentre sospirava grattandosi il naso.
 
-Siamo stati attaccati- gli disse Pacifica.
 
-Allora dovevate proteggerla meglio. Ci vorrà un po’ di lavoro, ma non è niente di grave- ammise il fabbro nano impugnando il suo martello per poi chiamare qualcuno.
 
-POND vieni- subito al suo fianco arrivò un altro figura. Quest’ultimo non era un nano anche se aveva un’altezza media, la sua carnagione era di un colore verde scuro, ad eccezione per le mani che erano nere.
Aveva un volto ovale con un paio di baffi color grigio chiaro, lo stesso colore dei suoi capelli che teneva legati in una coda bassa e un paio di occhi completamente neri. Dal suo aspetto era senza dubbio un Alchimista.
 
-Sono qui Brock- la loro differenza d’altezza era quasi comica agli occhi degli altri, nonostante a vista si capiva che il nano sembrava più esperto.
 
-Da uno sguardo ai danni e dimmi cosa va riparato- l’altro annuì superando il capitano e la navigatrice per verificare i danni.
 
-Facciamo presto, ho voglia di una birra- disse il nano, quando qualcuno lo colpì in testa con un martello facendo sobbalzare i presenti. Si portò la mano alla capoccia dolorante voltandosi per vedere chi fosse stato.
 
-Come al solito fai il lavativo Brock- a colpirlo fu una donna, anch’essa una nana. Aveva dei capelli castano arancio legati in due trecce laterali, occhi neri, naso a patata e labbra sottili. Indossava anche lei abiti da carpentiere.
 
-Accidenti Cylla, ma che cavolo fai?- sbraitò il nano, guardando la donna della sua razza che era anche sua sorella. Lei in risposta gli pestò il piede, facendo saltare Brock di dolore.
 
-Invece di dare ordini, aiutalo. Non lasciare tutto il lavoro sulle spalle di mio marito!- disse secca la donna, lanciando un sorriso a Pond che ricambiò.
 
-Se non gli insegno non imparerà mai- si giustificò il nano, ma sua sorella rispose dandogli una testata, facendolo rotolare a terra tenendosi la fronte per il dolore.
 
-Si come no- rispose Cylla sospirando –Scusate la scenata ragazzi. Ora ci mettiamo a lavoro- sospirò rivolgendosi ai presenti per poi andare a constatare anche lei i danni della nave.
Pacifica non sapeva se mettersi a ridere o altro. A parte che la ragazza si chiedeva se scene simili fossero normali, voltò lo sguardo verso l’Orco che intuendo la sua domanda annuì.
 
-Si quei due sono così- rispose, in quel momento l’unica cosa che voleva era farsi una bella mangiata prima dell’evento principale di quella sera.
 
 
 
Giran chiuse gli occhi prendendo un bel respiro, mentre nella sua testa si formava l’immagine di un muro pieno di spine come il gambo di una rosa.
Le mura che circondarono la città tremarono per qualche istante e dalla roccia si formarono delle spine, proprio come il Brashak le aveva immaginate nella sua testa. Fatto ciò poté staccare le mani da terra e rimettersi in piedi.
 
-Non credo ci abitueremmo mai a questo!- sospirò una delle sentinelle che stavano osservando il moro fare sfoggio delle sue capacità innate.
 
-Ho aggiunto un margine di difensa in più in tutte le mura- disse andando verso le scale per scendere.
 
-La notte si avvicina. Ma per il momento vi consiglio di restare allerta- li raccomandò lui prima di scendere dalle mura. Appena fu giù si incamminò verso l’abitazione che aveva nella Cittadella, mentre nascosta in un angolo Pacifica lo osservava guardinga.
 
“Dove sta andando?” si chiese. Mentre si faceva quella domanda sentì un respiro sul suo orecchio.
 
-Stai spiando?- la rossa si irrigidì di colpo voltandosi di scatto tirando un pugno, ma questo venne fermato con facilità e allora che poté vedere che si trattava di Maya.
 
-Non arrivarmi così alle spalle- gli disse rossa guardando la Fiers che incrociava le braccia. Non sapeva se essere più in imbarazzo per essere stata colta alle spalle o della sua domanda.
 
-Sai se spii gli altri la gente potrebbe pensare male di te- gli disse la Fiers. Aveva conosciuto la rossa tre mesi fa quando era tornata alla Cittadella dopo una ricerca, visto il carattere deciso le due erano diventate amiche. Certo non prima di qualche battibecco e delle testate datesi a vicenda.
 
-Non lo sto spiando!- rispose secca facendo sparire l’imbarazzo.
 
-E allora che fai? Se vuoi regolare i conti per la tua mano lascia perdere…saresti solo una mosca contro un drago- quelle parole la colpirono come un pugno nello stomaco, sapeva benissimo di non potercela fare.
Poteva capire che aveva perso una mano a causa sua, ma gli aveva salvato la vita e portata in un luogo sicuro, oppure era il suo orgoglio ferito che parlava per lei.
 
-Voglio solo parlargli- rispose stringendo i pugni. Maya però non era del tutto convinta, leggendo il suo linguaggio del corpo. Se davvero voleva tanto incontrare il Brashak, avrebbe dovuto stare insieme a lei.
 
La cupola che era situata sull’acqua dell’oasi che era stata costruita dai primi membri del Clan della terra. Sopra ad essa c’era una grande decorazione a forma di punta, incredibilmente ancora intatta.
Giran l’aveva riparata e usata come abitazione per quando si fermava alla Cittadella.
 
L’ingresso era abbastanza alto da non costringerlo a piegarsi per dover entrare e di questo ne era grato. L’interno era ampio, con motivi che ricordavano i vari strati della terra e i suoi colori, con all’interno delle piante rampicanti.
Lui aveva aggiunto all’interno solo un letto e dei contenitori e piccoli utensili grezzi per lavorare la pelle. Al centro della stanza c’era un piccolo piedistallo scolpito nella roccia con al centro un piatto contenente una mazzo di fiori rosati le cui radici circondavano l’intero piedistallo.
 
Si inginocchiò davanti al piedistallo in onore di Gaia, prendendo un profondo respiro e chiudendo gli occhi per offrire le sue preghiere alla sua dea.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Alla fine la situazione si è risolta bene, Pacifica ha preferito mettere via l’arma piuttosto che combattere. Come dargli torto.
Anche se Giran non era per nulla intimorito da quella minaccia.  Di ritorno alla Cittadella facciamo la conoscenza di alcuni nuovi personaggi tra cui i due nani fabbri: Brock e Cylla e l’Alchimista Pond.
 
La navigatrice fa la stalker della situazione, venendo ripresa da Maya e vediamo che le due sembrano andare molto d’accordo.
Nel prossimo ci sarà la “Notte dei Ghoul” se vi state chiedendo di cosa si tratta, dovrete aspettare il prossimo capitolo.
Ringrazio anche solo chi legge e a presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5
 
 
Piegò il corpo verso il basso poggiando le mani chiuse a pugno a terra seguite poi dalla fronte, in segno di prostrazione.
Nella sua mente Giran iniziò a intonare una delle preghiere della madre terra, dedicate a Gaia. Per dimostrare ringraziamento e fede nei suoi confronti.
 
I fiori sul piedistallo sembrarono reagire a quell’azione, iniziando leggermente a sbocciare e liberare un po’ del loro profumo.
Appena questo arrivò alle sue narici, sentì una sensazione familiare e piacevole, come l’abbraccio amorevole e caldo di una madre che stringeva il proprio figlio per riscaldarlo e proteggerlo.
 
Il polline che i fiori fuoriuscirono si diffusero nella stanza. Queste minuscole particelle sembravano danzare nell’aria, in mezzo a loro il Brashak riusciva a distinguere tramite gli altri sensi una presenza. Era molto più vecchia o per meglio dire antica, più della sua razza.
Non ebbe bisogno di aprire gli occhi mentre tra il polline si palesò la figura trasparente ed eterea di una figura femminile. I lunghi capelli si muovevano con l’aria e il suo corpo era cosparso da segni come quelli del moro ma molto più fitti e di più colori diversi.
Nonostante il pancione dovuto al fatto di essere gravida la donna allungò la mano su chi gli era davanti, sfiorandogli appena una ciocca di capelli, come se temesse di andare toccarlo oltre.
 
-Non dovresti sbirciare, lo sai vero?- gli disse Maya dietro a Pacifica. La timoniera dopo ore era riuscita a trovare Giran, doveva ammettere che non credeva che quella decorazione sulla cupola del lago fosse una casa.
 
-Allora perché mi hai seguita?- gli chiese davanti alla porta intenta ad aprirla leggermente per vedere dentro, sperando di non farsi sentire.
 
-Per evitare di farti uccidere da Giran- rispose secca. Quando vide il Brashak inginocchiato a terra con la testa china e le braccia alzate, davanti ad una specie di altare.
 
-Che diavolo sta facendo?-
 
-Prega per la dea Gaia. I Brashak sono devoti a lei…anzi secondo delle voci è state lei ha crearli dalla terra stessa- ammise l’archeologa ricordando di aver decifrato queste informazioni da alcune delle antiche scritture che aveva ritrovato.
 
-Ma dai sul seri…echù- starnutì quando il polline della stanza gli arrivò al naso. Fece un altro paio di starnuti pulendosi il naso che colava, sentendo un ombra coprirle entrambe. Non ebbero bisogno di vederlo per capire chi fosse.
 
-Se volete fare visita a qualcuno, almeno bussate!- disse secco facendole deglutire. Si fece da parte facendogli segno di entrare e le due preferirono non rifiutare.
 
-Questo posto è…-
 
-Primitivo!- concluse la rossa, facendo spiattellare una mano sulla faccia della Figlia delle fiamme. Ciò le fece venire il dubbio se non stesse cercando di infastidire il moro per divertimento o lo facesse inconsapevolmente.
Si mise poi a guardare i disegni sulla parete, raffiguravano degli schizzi di varie persone dall’aspetto anche se rudimentali. Ma tutti avevano in comune di raffigurare donne con i medesimi simboli ramificati sul corpo, dovevano essere anche loro delle Brashak.
 
-Questi disegni, sono del tuo popolo?!- lui annuì.
 
-Sono delle precedenti Matriarche che mi hanno preceduto- rispose.
 
-Giusto, voi avete un sistema Matriarcale-
 
-Quindi potere alle donne!- disse secca Pacifica, beccandosi uno scappellotto dalla cinerea. Lui sorrise a quella scena, le due litigavano ma capiva che andavano d’accordo e in un clan era la cosa più importante; la cooperazione.
 
-Non hai tutti i torti…anche se è passato tempo da quando c’è stata una Matriarca. Almeno nelle Terre desolate- rispose lui avvicinandosi ad un ritratto e carezzando il disegno come a ricordare qualcosa di nostalgico.
 
-La conoscevi?- lui annuì.
 
-Si chiamava Hireza “La sfreggiata”. Era la mia Matriarca e maestra- strinse la mano a pungo così forte da bucarsi il palmo con le sue stesse unghie per la rabbia. Rabbia verso se stesso per non essere stato abbastanza forte quel giorno.
 
-E le altre invece chi sarebbero?- Pacifica guardò tutte le figure nella stanza che tappezzavano i muri.
 
-Magari te lo dirò un’altra volta. Meglio mettere qualcosa nello stomaco, manca poco alla notte- quella risposta fece innervosire solamente la Timoniera che gonfiò le guance come una bambina.
 
-Fa sempre così?-
 
-Avvolte. Ma da quello che mi ha spiegato, posso dirti che le Matriarche dei Brashak, sono come degli individui alfa. In genere sono più forti anche in un normale membro della loro razza-
 
-Davvero? E come vengono scelte?- quell’argomento aveva attirato un minimo la sua curiosità o almeno abbastanza da ignorare il moro. La Fiers sorrise a quella reazione, allungando la mano per accarezzarle la guancia e facendole sentire un piacevole tepore.
 
-Non adesso, ci sono cose più urgenti. Ma dopo questa sera, vieni da me e ti spiegherò tutto- gli fece l’occhiolino e la rossa diventò dello stesso colore dei suoi capelli. Maya sorrise a quella reazione, sorpassandola e raggiungendo Giran per mangiare qualcosa.
 
 
 
La sera era giunta inesorabilmente. Appena il buio era sceso gli abitanti della Cittadella si rifugiarono nelle loro case, mentre sopra alle mura si accesero le luci delle pire con le guardie armate e in attesa.
Tutti erano in fervente agitazione, soprattutto in quelle notti. Ma quelli nuovi erano curiosi di capire che cosa sarebbe successo.
 
-C’è una cosa che mi sto chiedendo-
 
-Sarebbe?- chiese un’altra guardia al novellino appena arrivato.
 
-I Ghoul non abitano nelle grotte o dove c’è oscurità. Perché sarebbero in questo deserto?-
 
-Colpa della Chiesa!- rispose secco un uomo sulla cinquantina con una lunga barba ispida e un armatura a placche in ferro.
 
-Quegli idioti usano questo posto come prigione per chi ritengono Eretico. O anche solo per i mostri pericolosi- Asir lo sapeva benissimo, dato che anche lui era stato esiliato dalla chiesa. Come dimostrata la rosa marchiata a fuoco sulla mano sinistra, il simbolo che usavano per marchiare i prigionieri e riconoscerli in caso scappassero.
 
-E sono riusciti a riprodursi in questo ambiente. Cha sfiga- ammise Pacifica poggiata contro la balaustra delle mura con aria annoiata. Avrebbe voluto che succedesse in fretta quello che doveva succedere, così se ne sarebbe andata a dormire.
Non si accorse che Giran era proprio di fianco a lei. Infatti fece un salto all’indietro quando lo notò. Lui si limitò a guardare oltre le mura annusando l’aria tenendo tra i denti un osso, ciò che restava della sua cena.
 
-Sono qui!- tutti guardarono subito oltre le mura. La sabbia del deserto si alzò formando dei bozzi a grandezza d’uomo mentre i Ghoul uscirono da essi.
 
Le creature avevano fattezze umanoidi, ma erano totalmente scarni e magri, la pelle tendeva al grigio chiaro con sottili e lunghi arti con quattro dita artigliate che formavano una tenaglia.
Le teste erano calze ad eccezioni di alcuni aculei che andavano dal collo fino alla fine della schiena, avevano bocche larghe con denti piccoli ma affilate e delle lunghe e larghe orecchie.
 
-Tenetevi pronti!- ordinò il Brashak mordendo l’osso fino a romperlo in due. Tutti prepararono le balestre e le baliste a ripetizione poste sulle mura.
 
-Sono solo una trentina, sarà facile!- esordì la rossa, anche se quelle cose erano grottesche si aspettava di peggio.
 
-Non dovevi dirlo- Tosak scosse la testa, sconcertato di quelle parole. Anche gli altri fecero lo stesso, sperando che nessuno le pronunciasse, forse per scaramanzia.
La Timoniera invece non capiva il perché di quella reazione. Quando uno dei Ghoul alzò la testa puntando gli occhi lattiginosi verso le mura e gridando a pieni polmoni.
 
Come un richiamo altri ne uscirono dalla sabbia. Se prima erano una trentina adesso superavano le cento unità.
 
-Perché non imparo a stare zitta!-.
 
 
 
Appena i Ghoul iniziarono ad avanzare verso le mura una pioggia di frecce cadde su di loro trafiggendo quelli in prima linea. Ma nonostante la morte di alcuni dei loro simili gli altri gli passarono sopra come se non valessero niente.
 
-Non si preoccupano dei loro caduti?!-
 
-Quelle creature sono come formiche, continuano a combattere anche se perdono qualche unità- rispose l’orco, lanciando un giavellotto. Pacifica si diede da fare, usando la balestra che gli avevano dato.
 
Giran rimase in disparte osservando l’andare della battaglia, vedendo quei fastidiosi parassiti cadere sotto i colpi delle guardie. Alcuni erano riusciti a raggiungere le mura e iniziavano ad arrampicarvisi usando gli spuntoni come appiglio.
Ma appena li afferrarono non riuscirono a salirne che un paio che rimanevano bloccati o perdevano l’equilibrio cadendo di sotto. Questo perché quando aveva creato quei grossi aculei li aveva forniti anche di minuscole spine che laceravano le carni quando si provava ad afferrarli.
 
-Diamogli fuoco- Asir allungò le mani verso il basso creando una sfera di fuoco che sparò verso il basso, altre guardie anche loro maghi fecero lo stesso e una pioggia di sfere infuocate investì le creature bruciandole vive.
 
-Niente male- si complimentò il Brashak mordendo una lucertola cotta allo spiedo.
 
-Invece di stare a guardare non potresti aiutarci! Non puoi modificare la sabbia come hai fatto per sollevare la nave e scaraventarli via?- lo riprese Pacifica, era innervosita che tutti stessero combattendo per proteggere le mura e che lui stesse solo osservando in un angolo. Come se si sentisse superiore.
 
-Devo essere a contatto con gli elementi terrestri per poterli modificare e dargli una forma- gli spiegò lui.
 
-Allora sei inutile!- a quella risposta spezzò il bastoncino con i denti. Si avvicinò alla balaustra toccandola e modificando una piccola sezione per creare delle punte. Ne staccò una e la lanciò in basso trafiggendo uno dei Ghoul e facendo così anche per i successivi.
 
-Non so dire se tu abbia più fegato o voglia di rischiare la vita- tutti alzarono lo sguardo vedendo Ajarys che fluttuava sopra di loro osservando la situazione.
Altri Ghoul stavano venendo fuori dalle sabbia, una parte si avventò sulle mura l’altra si concentrò sui corpi dei loro compagni caduti iniziando a divorarli.
 
-Questo spettacolo è sempre da volta stomaco- sospirò portandosi una mano davanti alla bocca in segno di disgusto.
 
-E’ la natura!- gli rispose Giran, continuando a lanciare punte di pietra come se facesse il tiro al bersaglio.
 
-Piuttosto Ajarys, potresti aiutarci- si rivolse a lui Asir. Il Vearii ghigno alzando tutte e quattro le braccia in alto e muovendole tutte all’unisono verso il baso. Una forte folata di vento si abbatté in basso spazzando via le creature e sollevando un polverone.
 
-Evita di alzare un polverone. Ci impedisce la visuale!- il Brashak ringhio infastidito da quel gesto, anche se voleva essere d’aiuto.
 
-Quanto durerà questo assalto?- gridò Pacifica per sormontare il rumore del vento e sparare nella tempesta di sabbia anche se non vedeva alcun che.
 
-Finché non sarà giorno…o non si stancano- rispose la Fiers lanciando soffiando dalla bocca una sfera di fuoco. Quando la sabbia si diradò poterono vedere che alcuni Ghoul stavano percorrendo le mura per cercare un punto debole.
 
-Si stanno sparpagliando- gli fece notare una delle guardie.
 
-Io seguo gli altri, voi occupatevi di quelli davanti- gli disse Giran prima di inseguire quelli che stavano circumnavigando le mura.
La rossa pensò in quel momento che la notte non sarebbe finita molto presto.
 
 
 
I raggi del mattino finalmente scacciarono l’oscurità della notte. Appena i Ghoul sentirono la luce si rintanarono sotto alla sabbia, mentre davanti alle mura della Cittadella non rimanevano altro che una distesa di cadaveri.
Solo in quel momento tutti poterono tirare un sospiro di sollievo. Pacifica sentì le gambe cederle per la stanchezza, tanto che dovette appoggiarsi alla balaustra per restare in piedi. Finalmente quella lunga notte era giunta al termine.
 
-Fatemi capire…anf…questi attacchi…anf…quanto sono frequenti?-
 
-Solo una volta ogni cinque mesi- rispose Asir bevendo un bicchiere d’acqua e cadendo seduto per la stanchezza di aver usato incantesimi per tutta la notte.
 
-Quindi puoi stare più che tranquilla- la rassicurò l’orco poggiandosi alla balaustra. Giran tornò da loro e Ajarys si voltò verso di lui.
 
-Immagino che non abbiano oltrepassato le mura?-
 
-Per chi mi hai preso Ajarys?- il Vearii alzò le braccia per dire che non voleva intendere niente. Mentre l’altro sbadigliava mostrando i denti affilati simili a zanne di una bestia che a veri denti umani, soprattutto i canini.
 
-Bene, potete andare a riposarvi, presto gli altri verranno a darvi il cambio- ordinò il capo, alzandosi in aria e fluttuando per andare anche lui a riposarsi.
Maya si avvicinò alla rossa toccandole la spalla per attirare la sua attenzione.
 
-Andiamo a riposarci?-
 
-Decisamente SI- rispose sbadigliando e alzandosi, aveva seriamente bisogno di una bella dormita. Le due prima di andarsene, notarono che il Brashak si era seduto a gambe incrociate e braccia conserte e si era stranamente addormentato con la bocca semi aperta.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ecco il nuovo capitolo con l’attesa “Notte dei Ghoul”, spero che abbiate apprezzato l’assedio, devo ammetterlo non sono bravo a gestire troppi personaggi insieme. Ma spero almeno di averlo descritto bene.
 
Qui inoltre facciamo la conoscenza di Gaia, o almeno della sua immagine assunta attraverso il polline dei fiori. Di certo la devozione che il protagonista ha verso la Titanide è profonda e anche per chi lo ha preceduto, anche se prova una delusione verso se stesso…ma del perché si scoprirà più avanti.
Intanto vediamo che Maya si diverte a provocare Pacifica, anche se hanno un legame stretto.
 
Per ora vi do appuntamento al prossimo capitolo e ringrazio anche solo chi legge la storia.
A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6
 
 
Se c’era una cosa piacevole dopo uno scontro durato ore, era osservare il paesaggio, ringraziando di essere ancora vivo per poterlo vedere con i propri occhi.
Anche se il panorama desertico delle Terre Dimenticate non era il migliore. Per Giran era tutto il contrario, quella dopotutto il suo luogo di nascita. Dopo la notte dei Ghoul si era fatto un paio di ore di sonno ristoratore ed era già arrivato il pomeriggio.
 
“Forse è il momento che vada” si disse mettendosi in piedi e tuffarsi dalla cupola all’acqua sottostante, riemergendo qualche istante dopo, raggiungendo la riva. Dove trovò Maya che lo osservava come in attesa.
 
-Stai andando via?-
 
-Si. Tu ti sei appena svegliata?- chiese alludendo al fatto che fosse con addosso solo una coperta leggere che le copriva il fisico messo in risalto dall’intimo.
 
-Stare sveglia tutta la notte mi scombina il fuso orario e mi rende stanca- rispose la Fiels coprendosi la bocca con la mano per nascondere uno sbadiglio.
 
-Immagino che la rossa fosse insieme a te!?- le sue parole non erano una provocazione e nemmeno un rimprovero. Si trattava solo di una semplice e pura affermazione. Anche se la Cinerea sembrò prenderla sul serio storcendo le labbra.
 
-Hai qualcosa da dirmi Giran?- il suo tono cambiò diventando duro e provocatorio. Voleva vedere se il Brashak avrebbe reagito, ma l’unica cosa che fece fu risponderle con un gesto della mano per dirle che non gliene importava delle sue questioni personali.
 
-Perché dovrei? Tolta la tua fede verso la dea Pele sei abbastanza adulta da fare ciò che vuoi- detto ciò la superò per andarsene per i fatti suoi.
 
-Mi sembra che Pacifica sia in parte interessata alla storia del tuo popolo- gli disse infine -Credo che voglia che gli racconti di ciò che ho scoperto su di voi-.
 
-Mi stai chiedendo il permesso per farlo?- apprezzava il fatto che glielo avesse chiesto di persona, prima di condividere con qualcun altro ciò che sapeva. Infondo si trattava del passato della sua razza.
 
-Fallo pure. Anche se credo che quella, voglia più che altro farmi pagare per il suo braccio- almeno questa era la sensazione che gli dava, visto l’astio che provava quando era vicino a lui.
Doveva trovare che quell’umana era cocciuta quanto decisa, Maya se le sceglieva bene.
 
-Mi sembri piuttosto poco curante su chi voglia apprendere la storia dei tuoi antenati- gli fece notare lei.
 
-Conoscere solo la storia di un popolo non vuol dire conoscerlo totalmente Maya! Le tradizioni e ciò che mi hanno insegnato loro sono solo miei e lo saranno fino alla morte!- una risposta profonda su ciò che pensava.
 
-E per quanto riguarda le cicatrici interne?- una domanda fatta leggere come un soffio di vento che non voleva essere udito. Ma che arrivò comunque all’orecchio del moro.
Il corpo di Giran si bloccò come se fosse immobilizzato dalla paura, mentre una sensazione di vuoto, rabbia e delusione iniziava a diffondersi in lui come un virus partendo dal suo cuore. Si portò la mano all’altezza dell’organo come a voler calmare quella sensazione e stringere i denti.
 
Riprese a camminare senza dare risposta alla donna. Ma non ne aveva bisogno, il silenzio che aveva lasciato dietro di se era più che sufficiente.
 
 
 
Tornare fuori dalle mura era un che di rilassante per lui. Anche se la vita nella Cittadella era piacevole, preferiva di gran lunga stare fuori a contatto con la natura.
Ora che la notte dei Ghoul era passata, poteva tornare a riprendere le sue faccende personali. Visto che la stagione delle tempeste si stava avvicinando, si trattava della stagione in cui le tempeste di sabbia si facevano più frequenti e duravano più a lungo. Ciò avveniva durante il periodo primaverile.
 
Per lui significava che doveva raccogliere acqua e provviste. In quei momenti la caccia sarebbe stata faticosa anche per lui. Doveva trovare una grande scorta di cibo e le uniche creature abbastanza grandi da permetterglielo erano i Bloodworm o i Draghi della sabbia.
E stranamente l’idea di cacciare uno di quei lucertoloni non gli dispiaceva affatto, anzi la cosa lo fomentava. Si abbassò portando l’orecchio a terra per ascoltare le vibrazioni restando in attesa di un segnale di una possibile esca. Alla fine la sua attesa venne ripagata quando sentì le vibrazioni di qualcosa che si avvicinava nella sua direzione.
 
Si rimise dritto facendo scattare gli artigli pronto ad uccidere qualunque creatura fosse arrivata. Una nuvola di sabbia si stava avvicinando e a produrla erano dei Kinji. Non erano quello in cui sperava ma sarebbero state ottime esche.
 
Si preparò a balzare su di loro, ma si fermò quando vide che sulle loro schiene c’erano dei Goblin. Appena lo videro fermarono la loro corsa e scesero dalle lucertole prostrandosi davanti a lui.
 
-I nostri rispetti Possente Alfa- erano i membri dei Silent Sands.
 
-State cacciando?-
 
-Esatto Possente Alfa- rispose uno di loro. Non vedeva Takar, quindi doveva essere un altro gruppo di cacciatori, non poteva certo chiedere le loro cavalcature come offerta, non sarebbe stato giusto nei loro confronti.
 
-Capisco. Scusate ma ora devo andare- li superò per lasciargli continuare la loro caccia e lui la sua.
 
-V…volevamo dirle che abbiamo individuato un gruppo di Fanatici- il Brashak si fermò di colpo, sapeva che con fanatici si riferiva ai Figli delle Sabbie. Si voltò lentamente assumendo uno sguardo tagliente che fece trasalire le piccole creature verdi.
 
-Dove?- domandò mentre copriva il Goblin che aveva parlato con la sua ombra.
 
-A…a tre k…kilometri da qui. Stavano trascinando qualcuno con la forza-
 
“Uno sventurato Esiliato immagino” pensò per poi fare un cenno di ringraziamento al Goblin e dirigersi nella direzione indicatagli.
 
 
 
Nel mezzo del deserto un gruppo di Figli delle sabbie era intenta a issare una croce a cui era stata legata una persona.
 
-Che diavolo volete da me?- chiese l’uomo legata alla croce. Dalle lunghe orecchie si trattava di un elfo, ma il fatto che la sua carnagione fosse di un viola tendente al lilla e che le sue orecchie sebbene lunghe fossero ricoperte di uno strato osseo che le rendeva più simili a corna. Si trattava di un Alfveikt, la più antica razza elfica e primitiva anche noti come “Elfi arcani”.
 
-Gioisci fratello, dato che stai per essere messo alla prova- disse uno dei fanatici, indossava una veste fatta di pelle di drago e sulla testa portava una corono di zanne uniti insieme. A prima vista sembrava un vescovo o uno stregone, di certo era lui a capo del gruppo.
 
-Di che prova stai parlando?- l’Alfveikt strinse le mani munite di quattro dita artigliate per cercare di liberarsi. Dopo che era stato costretto a rifugiarsi nelle Terre desolate per scappare dai suoi inseguitori, era stato catturato da quei pazzi.
L’uomo alzò il suo bastone in osso facendo segno agli altri, questi presero dei grossi vasi dalle groppe dei Geork e ne versarono il contenuto poco distante da dove c’era il prigioniero. Quest’ultimo storse il naso riconoscendo l’odore acre del sangue che macchiò le sabbie.
 
-Volete attirare qualche bestia?-
 
-Non una semplice bestia. Il drago che vive in queste sabbia- l’altro sgranò gli occhi neri, sapendo a cosa si riferivano.
 
-Siete pazzi. Ucciderà anche voi!- si stava convincendo sempre di più che quei tizzi fossero pericolosi e fuori di testa.
 
-Abbi fede, se lui ti accetterà senza sfiorarti sarai uno di noi. Avrai un tetto sotto la testa e uno scopo in questo luogo dimenticato- lo rassicurò il Figlio delle sabbie con aria devota e occhi rassicuranti mentre osservava prima il prigioniero e poi la distesa di sabbia aspettando con intrepidazione.
 
 
 
Si mosse a lunghe falcate sulla sabbia, per percorrere più distanza possibile in poco tempo. Sebbene la velocità Giran sperava di raggiungere quei fanatici in tempo, prima che avessero offerto la loro vittima a una di quelle dannate lucertole.
Anche se una parte di lui, avrebbe tanto voluto arrivare nel momento in cui era presente anche il Drago della sabbia, solo per poterlo uccidere con le sue stesse mani.
 
Ma aveva altro a cui pensare in quel momento. Continuò a tenere quell’andatura fino a che non sentì un odore particolare e si fermò di colpo alzando la testa. Una forte raffica di vento piombò a pochi metri da lui alzando un polverone, mentre un’ombra scendeva quasi al suolo.
Aggrottò gli occhi ringhiando appena alla vista di chi o meglio cosa fosse.
 
-Insolito!- disse una voce femminile. Si trattava di una creatura femminile dal corpo esile e slanciato coperto da una toga azzurrina che metteva in risalto le sue forme.
Aveva quattro ali di uccello che spuntavano dalla schiena del colore del sole e dell’alba, anche il volto femminile e delicato presentava le stesse piume su guancia e sopra agli occhi, al posto dei capelli presentava una folta massa di piume più sottili e soffici di un colore arancio e nocciola.
 
-Se intendi uno di voi che viene qui, allora concordo!- rispose secco Giran, mentre la donna scosse la testa incrociando le braccia al petto. Sia le mani che i piedi erano zampe di rapace con dei lunghi artigli ricurvi.
 
-Veramente parlavo di trovare un Brashak ancora qui. Credevo foste migrati verso nord- ciò che diceva era vero, o almeno una parte del suo popolo aveva deciso di cercare un luogo più confortevole dove stabilirsi. Altri invece avevano scelto come lui di restare lì, dove si erano stabiliti all’inizio i loro antenati.
 
-Ti seve qualcosa Filian? Anche se un Avien di rado chiederebbe aiuto a uno di noi!- la donna puntò gli occhi verdi da rapace nei suoi. Gli Avien erano anch’essi un’antica razza come i Brashak, ma al contrario di quest’ultimi che discendevano dalla terra, loro discendevano dal cielo. Come suggeriva il loro aspetto.
 
-Passavo di qui e ho pensato di fare un planata. Sei cresciuto dall’ultima volta che ti ho visto!- Giran sbuffò, non aveva tempo per lei adesso.
 
-Scusa ma vado di fretta-
 
-Se cerchi quei fanatici, li ho visti mentre venivo. Hanno legato un povero sventurato e sono pronti a farlo giudicare- lo informò lei rimanendo lievemente sospesa a mezz’aria. Se erano pronti a richiamare il Drago della sabbia allora doveva sbrigarsi. Superò la donna per continuare.
 
-Pensi che salvarlo, guarirà le tue ferite?- gli chiese facendolo bloccare -Perché continui ad aiutare chi viene esiliato, per quanto voi siate un popolo di gruppo…non sono del tuo clan- subito dopo sentì una forte pressione provenire dal moro e i suoi simboli che iniziavano a brillare di nero.
 
-Non posso lasciarli morire così- rispose soltanto.
 
-Credi che salvandone uno qui fuori, riempia il vuoto di non essere riuscito a salvare i tuoi compagni?- un secondo dopo avergli fatto quella domanda si dovette spostare quando la sabbia sotto di lei si alzò creando uno spuntone acuminato. In risposta mosse un’ala creando una sferzata di vento che tagliò la sabbia, che ritornò non più compatta cadendo al suolo.
Portò lo sguardo sul moro, sentendosi afferrare il collo, ritrovandosi il volto del Brashak davanti al suo.
 
-Il giovane Patriarca si è fatto audace!- disse incurante della mano che gli stringeva il collo, minacciando di romperlo
 
-Filian, se stai cercando di attaccare briga, non è il momento! Fammi passare o te ne pentirai!- rispose secco lui, sentendo le piume affilate delle ali di lei chiudersi intorno a lui come una tagliola pronte a trafiggerlo e una lama ricavata da una di esse puntata dritta all’altezza del cuore.
 
-Io sono pronta a morire! E tu Giran?- gli chiese lei scrutandolo negli occhi.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Eccomi di ritorno con il nuovo capitolo. Questo è relativamente tranquillo per ora.
Vediamo Giran che torna fuori dalla Cittadella dopo aver scambiato quattro chiacchiere con Maya e qui capiamo che ha delle cicatrici nell’anima legate ad un evento passato.
 
Intanto i Figli delle sabbie hanno pescato uno sventurato “Esiliato” più o meno e hanno intenzione di farlo “Giudicare” ad un drago della sabbia. Ma di come si svolge questo giudizio io non faccio spoiler.
Infine vediamo una nuova razza gli Aevin che da come vediamo sono antichi quanto i Brashak e sembrerebbe che tra i due non scorra buon sangue. Anche se Filian ha provocato Giran.
 
Cosa succederà adesso tra qui due? Si uccideranno a vicenda? Dovrete aspettare il prossimo capitolo per saperlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7
 
 
 
Il povero Alfveikt attendeva con il cuore che gli batteva a mille. Se davvero quei pazzi stavano cercando di attirare un Drago delle sabbie, allora doveva fuggire alla svelta. Provò a richiamare la sua essenza magica, ma si sentiva stordito. Evidentemente era stato drogato o lievemente sedato, con qualche sostanza, ma comunque non c’era niente su cui potesse esercitarla la sua magia.
Niente piante e animali e non credeva proprio di poter entrare in comunicazione con una creatura come un drago.
 
-Lo senti? Il giudizio che si avvicina?- lo richiamò il sacerdote dei figli delle sabbie, mentre gli altri si inginocchiavano per pregare quell’evento.
 
-Voi siete malati!- l’elfo cercò di agitarsi per far cedere le corde che lo tenevano legato, ma erano troppo strette e lo sfregamento non faceva altro che segargli la pelle di polsi e caviglie.
Le sue orecchie ossee avvertirono qualcosa che si avvicinava da dietro e una forte essenza magica che aumentava di pari passo. Certo che la sua fine fosse giunta, quando sentì un urlo. Volse la testa in tempo per vedere uno di quei fanatici, essere lanciato violentemente di peso contro la sabbia.
 
-Sono arrivato prima del previsto- sospirò il Brashak, sperando di beccare anche una di quelle dannate lucertole. Scosse la testa incurante dei figli delle sabbie che estraevano le armi e subito dopo un colpo alla schiena.
 
Girò il collo vedendo uno di loro tenere in mano un’ascia con cui lo aveva colpito, ma senza procurargli alcuna ferita. In risposta lui alzò leggermente il piede per poi batterlo violentemente sulla sabbia.
Quest’ultima si mosse formando delle punte che trafissero sia chi lo aveva colpito che gli altri che erano intorno a lui.
 
“Deboli come al solito” sospirò, voleva fare in fretta così da non avere fastidi in caso fosse arrivato il drago. Si concentrò sul loro leader, vedendo una palla di fuoco che gli volava contro. Subito una barriera di sabbia si alzò proteggendolo dalle fiamme.
 
-Ti pentirai di questo affronto!- il sacerdote puntò il bastone d’osso verso di lui e da esso si sprigionò una fiammata. Giran si gettò di lato rotolando sulla sabbia per evitarla per poi saltare indietro per evitare l’ennesimo incantesimo.
L’uomo allora gli sparò contro una scheggia di ghiaccio con la stessa forza di un proiettile, colpendo il moro in testa. Ma il sorriso sul volto del figlio delle sabbie si spense subito quando notò che aveva fermato la scheggia con i denti.
 
-Se questo è tutto quello che sai fare? Allora ti consiglio di andartene- gli disse togliendosi la scheggia dalla bocca.
 
-Continua a fare lo smargiasso. Tanto conosco il tuo punto debole!- l’altro sembrò sorpreso di quelle parole. Anche se forti sapeva che i Brashak non erano invincibili, ma era curioso di vedere che cosa si sarebbe inventato quel tipo.
Il sacerdote mosse il bastone creando una frusta di fuoco che si generò dalla punta. Giran si abbassò per evitare di essere catturato. Da quella mossa capì che voleva usare il fuoco per combatterlo, sebbene gli costasse ammetterlo la sua trovata era buona.
 
Alla prossima sferzata di frusta alzò il braccio lasciando che si avvolgesse intorno al suo arto gemendo appena nel sentire le fiamme bruciargli la pelle.
 
-Ti ho preso Blasfemo, preparati ad incontrare la tua punizio…- prima che il Sacerdote potesse alzare il bastone contro il moro, sentì una forte fitta al petto. Abbassando lo sguardo vide la scheggia che aveva scagliato, Giran dopo aver fermato la frusta ne aveva approfittato per rilanciagliela indietro.
A quel punto strinse la frusta e con una torsione del busto alzare di peso l’uomo a schiantarlo violentemente contro il suolo.
 
-E con questo abbiamo finito!- sputò, guardando il Figlio delle sabbie agonizzante a terra, per poi il suo braccio che presentava delle ustioni dovute alle fiamme. Alla fine il fuoco era molto efficace contro di loro.
 
“Questo è un mostro!” l’Alfveikt aveva gli occhi sgranati mentre formulava quel pensiero. Sapeva che i Brashak erano dei mostri, ma vederne in azione uno, superava di gran lunga le voci che aveva sentito sul loro conto.
 
Si colpo la sabbia tremò un paio di volte e due grandi mandibole uscirono da essa chiudendosi sul Sacerdote, mentre la testa del Drago delle sabbie veniva fuori.
 
 
 
L’elfo arcano sgranò gli occhi dal terrore, l’ultima cosa che mancava era proprio un drago delle sabbia. Ritornò lucido, quando sentì qualcosa appoggiarsi sulla croce improvvisata a cui era legato e le corde che lo tenevano venire tagliate.
 
-Fossi in te mi metterei al riparo- gli disse Filian afferrandolo di colpo e con un battito d’ali alzarsi in volo. Mentre il suo passeggero si stringeva istintivamente a lei per non cadere.
 
-Lo lasciamo da solo?- chiese guardando il moro che osservava il drago.
Anche se aveva visto la sua forza, non credeva che potesse farcela contro una creatura di quelle dimensioni. Il membro del popolo del cielo si soffiò un ciuffò di piume finitegli davanti ad un occhio, prima di rispondere.
 
-Quei due sono nemici naturali, provare a fermarli sarebbe inutile. E poi non mi va di trovarmi in mezzo ad una zuffa che non mi riguarda!-.
 
Giran tenne lo sguardo fisso sul grande rettile. Dalle dimensioni sarà stato lungo almeno dieci o dodici metri, un adolescente della sua specie.
 
Il solo averlo vicino gli stava facendo ribollire il sangue nelle vene. La sua razza provava un odio viscerale per quelle grosse lucertole e tutti i draghi in generale, da dopo gli eventi della “Decadenza”. Almeno stando a quanto si era tramandato dai suoi antenati, l’unica cosa certa era che il solo guardarlo gli stava facendo andare il sangue al cervello.
Strinse i denti così forti da produrre una scintilla e allungò appena gli artigli. Anche il drago sembrò provare la stessa sua emozione, visto che i suoi occhi si tinsero di sangue. Con un ruggito aprì la grande bocca munita di denti e con un salto incredibile per la sua mole si gettò verso il Brashak.
 
Fece forza sulla gamba destra spingendo il piede contro la sabbia per comandarla e farla muovere. Questa si innalzò formando un pilastro che colpì il drago sotto la mascella arrestando il suo slancio. Senza dargli il tempo di riprendere poggiò la mano dentro alla sabbia per farle assumere la forma di spuntoni proprio sotto al suo avversario.
Il drago della sabbia restò ruggì mostrando i denti infuriato. Ma nessuna delle spunte era riuscito a perforare l’addome del rettile.
 
-Cosa? Credevo lo avesse impalato!- l’elfo arcano non riusciva a capire come facesse ad essere illeso. Fu la Avien a rispondergli.
 
-Malgrado dal suo aspetto si possa intuire che l’addome sia il suo punto debole, non è così. Anzi è una delle parti più resistenti- il drago ruggì sputando una sfera di sabbia. Giran scartò di lato per evitarla scivolando sulla sabbia e lanciandosi in avanti.
Il drago fece altrettanto lanciandosi a mandibole spianate. Appena gli fu troppo vicino poggiò il piede a terra per deviare la sua traiettoria, evitando di poco le mandibole che si chiusero serrando l’aria. A quel punto alzò il braccio usando gli artigli per squarciare la zampa anteriore del drago provocando un fiotto di sangue.
 
Il drago ruggì muovendo di scatto la coda, colpendo in pieno petto il moro che venne lanciato contro la sabbia. Sputò a terra strinse i denti cercando di riprendersi velocemente dall’impatto con la sabbia, ringhiando di doloro.
Portò la mano a tastarsi il petto notando che stava sanguinando da dei tagli dovuti alle punte presenti sulla cosa del drago.
 
Non ebbe il tempo per lamentarsi in quel momento. Si rimise subito in piedi vedendo nuovamente le mandibole del drago che si stavano chiudendo su di lui. Alzò le mani in un gesto istintivo, afferrando una delle punte dei denti inferiori e superiori così da tenere aperta la mandibola con le mani nude.
 
-Stiamo scherzando? È impossibile!- vedere una persona tenere aperte le mandibole di una creatura grande cinque volte essa. Era qualcosa a cui l’Alfveikt non riusciva a credere, al contrario di Filian.
 
“Per quanto potrà resistere?” si chiese.
 
Le loro razze si erano scontrate in passato per cui conosceva bene la forza, del popolo della terra. Ma anche loro avevano dei limiti. Grazie alla sua vista acuta, poteva vedere i muscoli del moro in tensione e le vene visibili per lo sforzo immane.
Strinse i denti così forte che si sarebbero potuti spezzare. Giran sapeva che non avrebbe resistito troppo allungo alla forza di quelle mandibole. Mentre pensava ad un modo per togliersi da quella situazione, un vecchio ricordo riaffiorò nella sua testa.
 
 
Giran venne sbattuto contro la sabbia tenendosi dolorante l’addome. Davanti a lui Hireza aveva il braccio alzato in avanti per aver appena colpito il ragazzo.
 
-Avanti alzati!- lo riprese la Matriarca. Lui si tolse la saliva con in braccio e si rimise velocemente in piedi. Fece forza sulle gambe lanciandosi in avanti tentando un artigliata al ventre. Alla quale la donna rispose indietreggiò per evitarlo con facilità. Lui allora eseguì un calcio circolare.
 
Ma ad Hireza bastò alzare il braccio per bloccarlo. Subito gli fece lo sgambetto e prima che il suo corpo toccasse terra assestandogli un calcio, sbattendolo nuovamente contro la sabbia.
 
-Così non ci siamo Giran!- gli disse seria guardandolo vomitare a terra.
Il giovane ringhiò battendo il pugno contro la sabbia per fargli assumere la forma che voleva. Ma prima che riuscisse a modellarla, questa si mosse colpendolo sotto al mento facendolo finire a gambe all’aria.
 
-Niente manipolazione della terra! Devi imparare lo stile di combattimento. È questa la lezione!- la castana si stava innervosendo, anche i suoi marchi stavano iniziando ad illuminarsi accesi dalle sue emozioni.
 
-Non lo sto già facendo?- gli chiese rimettendosi in piedi. Lei scosse la testa facendo ondeggiare la folta massa di capelli.
 
-Quello che stai facendo è più istintivo- iniziò avvicinandosi a lui, -Come tu ben sai. Da generazioni, coloro che hanno guidato il clan si sono tramandati uno stile di combattimento esclusivo-
 
-Lo stile della “Matriarca”- Hireza annuì. Si trattava di uno stile di combattimento corpo a corpo che le Matriarche che guidavano i Brashak si tramandavano da generazioni.
In quel momento mentre lei gli stava dando le spalle il giovane pensò di cogliere l’occasione. Allungò gli artigli verso la sua schiena, ma la mano di lei si chiuse intono al suo polso.
 
-Ottimo utilizzo dei punti ciechi. Ma inutile!- venne sollevato di peso mentre la rossa gli poggiava la mano sul petto ed esercitando una forte pressione lo lanciò verso l’alto. Dopo qualche istante il giovane ricadendo rovinosamente a terra.
 
-Lo stile della Matriarca non sfrutta solo la forza muscolare e l’indurimento del corpo. Ma coinvolge tutta l’energia naturale che sprigiona la terra stessa- si abbassò per prendere della sabbia nel palmo della sua mano guardandola trascinata via dal vento.
 
-Devi imparare ad assorbire tale energia e usarla- Giran dolorante, si mise seduto, sentendo qualche osso scrocchiare mentre lo faceva.
 
-E’ difficile- si lamentò lui. Hireza si sedette davanti a lui guardandolo negli occhi.
 
-Lo so! Ma questo ti aiuterà a creare il tuo personale stile. Così come ho fatto io e tutte le Matriarche che mi hanno preceduto- gli sorrise dolcemente per poi dargli un colpetto sulla fronte facendolo cadere all’indietro.
 
-Ciò che devi fare ora è creare il tuo personale stile Giran- rise divertita.
 

 
Il Brashak espulse l’aria dai polmoni, prendendo un nuovo respiro. Sentiva l’energia del deserto confluire dai suoi piedi fin dentro il suo corpo, come un fiume che imboccava un canale scavato artificialmente.
 
“Stile del Patriarca” facendo forza sulle gambe per darsi stabilità ruotò il busto lanciando il drago della sabbia dietro di lui. L’elfo arcano aprì la mascella per lo stupore tanto che sembrò arrivare a toccare terra.
 
Lasciò andare l’aria trattenuta mentre si girava guardando il drago che si stava rimettendo in piedi, ruggendo infuriato. Sputò nuovamente una sfera di sabbia contro la sua nemesi. Ma innalzò nuovamente una barriere da sabbia davanti a lui per difendersi.
Il drago allora infilò la testa sotto la sabbia per poi inabissarsi.
 
 
Vedendolo nascondersi, si guardò in tutte le direzioni e a sentire le vibrazioni del suolo per cercare di individuarlo. Quando capì dove si trovava saltò verso l’alto, mentre le mandibole del drago uscivano dalla sabbia per prenderlo.
 Giran eseguì una torsione per spostarsi a mezz’aria e aggrapparsi alla mandibola afferrando uno dei denti, restando attaccato ad esso. Strinse le mani sul dente mettendoci tutta la sua forza tanto che tutte le vene delle braccia furono in evidenza sotto la pelle.
Alla fine riuscì a rompere il dente, per poi lanciarlo in uno dei occhi.
 
Il rettile si contorse per il dolore all’occhio, iniziando a muovere a casaccio la testa. Cogliendo l’occasione saltò giù dal drago immergendo le mani nella sabbia per farla rialzare sotto le zampe del rettile per fallo finire a pancia all’aria. Prima ancora che potesse rialzarsi una lunga punta di sabbia lo trafisse proprio nella parte del collo collegata alla testa, il suo punto debole, uccidendolo all’istante.
 
 
 
-Ora è finita!- ansimò rimettendosi dritto e togliendosi il sudore dalla fronte, era da tanto che non uccideva un drago della sabbia. E sentiva i muscoli gridargli per la tensione, dopo lungo tempo.
Ma se non altro aveva guadagnato anche un bel po’ di carne. Avrebbe solo dovuto chiedere aiuto alla Cittadella per macellarlo, da solo sarebbe stato un lavoraccio per lui.
 
-Il vostro stile è grezzo come sempre- gli disse la Avien atterrando e lasciando andare l’Alfveikt che fu sollevato di riavere nuovamente la terra sotto i piedi.
 
-Grezzo, ma utile. Al contrario delle piume!- Filian gli lanciò contro una delle sue piume, che vennero prese al volo. I due membri degli antichi popoli, si guardarono con tono di sfida.
Il Brashak scosse la testa dopo qualche istante, non gli andava di combattere ancora. La superò avvicinandosi all’elfo arcano, il quale sobbalzò quando venne oscurato dalla sua ombra.
 
-Tu stai bene?- annuì intimidito dalla sua presenza. Solo allora il Brashak notò che il suo abbigliamento non era la veste con la croce rossa degli Esiliati e ciò era strano.
 
-Come sei arrivato qui?- gli domandò incrociando le braccia al petto.
 
-I…io…mi chiamo Amleth. Mi sono perso e…sono finito qui- a tale risposta alzò un sopracciglio scrutandolo con i suoi occhi d’argento ed infine fare spallucce.
 
-Sapete dirmi come andarmene?- chiese a quel punto Amleth.
 
-A meno che tu non sappia volare, non puoi andartene dalle Terre Dimenticate- gli rispose la donna.
 
-Restare qui non è sicuro. Filian renditi utile, vola alla Cittadella e portali qui così che possano macellare il drago-
 
-Solo se mi dai il filetto della coda- il Brashak serrò la mascella, aveva chiesto proprio la parte più pregiata. Ma alla fine dovette accettare, lasciare la carne sotto il sole non era l’ideale se voleva conservarla. Inoltre avrebbe avuto modo di parlare meglio con Amleth una volta dietro le mura.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Alla fine c’è l’ho fatta, dopo che non ho avuto molto tempo ed ispirazione ma ho completato il capitolo.
 
Qui vediamo Giran fare fuori facilmente i Figli delle sabbie incluso il loro Sacerdote. Inoltre scopriamo che i Brashak non sono proprio amanti del fuoco e che odiano tutti i draghi in generale, anche se fosse avevo già dato questo indizio.
E dopo di che c’è lo scontro con un drago della sabbia nel quale vediamo in azione uno scorcio del passato del protagonista e lo stile di combattimento tramandatogli dalla sua Matriarca.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ora che misteri potrebbe nascondere Amleth e che cos’è la “Decadenza”? Tutti questi misteri troveranno domande in seguito. Per ora ringrazio anche solo chi legge la storia.
A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8
 
 
-Com’è possibile che esista una cosa simile qui?- chiese Amleth con la testa verso l’alto intento ad ammirare le mura della Cittadella. Era rimasto stupito per la terza volta, dopo aver visto il Brashak combattere e la nave della sabbia che era arrivata a prendere sia loro che il resto del Drago.
Dopo che la carcassa fu smantellata e le parti edibili portate a bordo, la nave salpò per quella che chiamavano la “Cittadella”.
 
-L’ho eretto io- rispose semplicemente il moro masticando un pezzo di carne cruda. All’Alfveikt venne un altro colpo a quella risposta. Trovando incredibile che un solo individuo potesse erigere un muro di tale portata.
 
-La Cittadella, o come la chiamate è oltre il muro?- l’altro annuì, ma tanto l’avrebbe vista da solo con i suoi stessi occhi a breve.
Lo stupore dell’elfo arcano aumentò quando lo nave venne portata oltre il muro, riuscendo finalmente a vedere il luogo abitato. C’era del verde e dell’acqua, una perfetta oasi in quel deserto maledetto.
 
-Bevi avrai sete dopo essere stato li fuori- il Brashak gli porse un bicchiere d’acqua. Amleth prese il bicchiere e si sciacquò la gola.
 
-Quando posso avere la mia parte del bottino?- chiese Filian con le braccia incrociate, aspettando di avere ciò che gli era stato promesso.
 
-Abbi pazienza, Pennuta. Devono ancora macellare per bene le parti che abbiamo preso- Nonostante il corpo del drago fosse grande, la nave aveva preso solo le parti essenziali, come la carne e la pelle lasciando gli organi e la parti non commestibili.
Anche se il membro del popolo della terra era contrariato dal lasciare le frattaglie. Alla fine erano comunque parti che si potevano consumare, ma la stiva era già piena.
 
Una folata di vento li investì e Ajarys atterrò vicino a loro.
 
-Giran, vedo che hai fatto caccia grossa- si complimentò lui per poi notare la presenza degli altri due –Ciao Filian- disse con tono neutrale rivolto all’Avien
 
-Ajarys- lo salutò con lo stesso tono. Il moro non capiva bene l’astio tra i due, aveva sentito delle voci che fossero stati amanti un tempo. Ma francamente credeva che fosse una cosa campata per aria.
 
-Sono qui solo per la parte di carne che mi spetta. Poi tolgo le tende- il Vearii annuì per poi portare l’attenzione sul nuovo arrivato.
 
-Sei un nuovo Esiliato?- l’elfo deglutì e scosse la testa.
 
-Non esattamente…mi sono perso e sono finito qui- lui lo scrutò, il suo sguardo stava iniziando a far venire i sudori freddi all’elfo. Ma alla fine il castano gli poggiò una mano sulla spalla per rassicurarlo.
 
-Mi dispiace. Che ne diresti di parlarne davanti ad una tazza di te, così vedremo cosa fare- gli propose il capo della Cittadella. Giran sapeva che avrebbe discusso con il nuovo arrivato come faceva sempre.
Visto che c’era un sacco di carne voleva proprio una bella bistecca di drago, ma avrebbe dovuto aspettare per quella.
 
 
 
-I Brashak sono il primo Popolo legato alla terra. Si riconoscono per la grande stazza, la forza e manipolazione degli elementi del suolo. Ma il segno più distintivo sono i marchi sui loro corpi simili a radici-
 
-…potresti dirmi qualcosa che già non so?- gli chiese Pacifica con la mano poggiata sotto il mento per reggere la testa. Aveva chiesto a Maya di raccontargli tutto quello che sapeva sulla razza di Giran. Ma al momento si stava solo annoiando.
 
-Meglio partire dalle basi- le disse la Fiers leggendo i suoi appunti.
 
-Ho avuto conferma di queste cose con i miei stessi occhi!- sbuffò la rossa, che avrebbe voluto avere altre informazioni.
 
-Allora sentiamo cos’altro vorresti sapere?- le domandò la cinerea sedendosi sul tavolo in legno accavallando le gambe. L’altra distorse lo sguardo facendola ridacchiare.
 
-Non ho capito la differenza tra un normale Brashak e una Matriarca?- era ciò a cui la navigatrice voleva andare a parare fin dall’inizio: la differenza che si presenta tra un membro normale e uno alpha.
 
-La differenza non sta solo nella loro forza che è di gran lunga superiore a quelle di un normale Brashak. Ma sta anche nei loro marchi- precisò per poi continuare la spiegazione –In genere i Marchi simili a radici sono presenti fin dalla nascita, ma in un Brashak normale questi ricoprono solo il busto e le braccia e in genere sono dei colori dei toni del verde. Hai notato quelli di Giran?-
 
-I suoi sono neri- la ricercatrice annuì.
 
-Nelle Matriarche i Marchi hanno colori molto variabili invece delle tonalità del verde, anche se sono sempre di tonalità scure. Inoltre ricoprono ogni parte del loro corpo- Pacifica si mise a guardare i disegni delle Matriarche sui muri ed in effetti ora che li guardava meglio notava che le linee che rappresentavano i loro Marchi, erano di colore differente e li ricoprivano per intero.
 
-Ma come mai sono solo donne?- era questo che non riusciva a capire. Ma in risposta l’altra scosse la testa non riuscendo a dargli una spiegazione.
 
-In realtà non lo so e nemmeno gli stessi Brashak. L’unica cosa certa è che tutti coloro che sono nati con i simboli di un alpha, erano solo donne-
 
-Quindi Giran è l’unico maschio con questi tratti- l’altra, a quanto sapeva e da come il moro glielo aveva raccontato, non c’era mai stato un solo maschio nato per comandare i Brashak. Almeno fino alla sua nascita.
 
-Hai sentito parlare di persone che vivono al nord e che possiedono dei tatuaggi che si illuminano quando si arrabbiano?-
 
-Intendi i Barbari del nord?- chiese di rimando la rossa.
 
-In realtà si tratta di Brashak che hanno lasciato le Terre Dimenticate, per cercare un nuovo posto dove stabilirsi-
 
-In effetti…questo posto non è esattamente il massimo- ammise, ringraziando l’esistenza della Cittadella. Altrimenti avrebbe cercato di andarsene da quell’inferno dopo neanche una settimana.
 
-Non è sempre stato così- le due sobbalzarono quando l’ombra del Brashak le coprì, non si aspettavano certo di vederlo comparire dal nulla. Nonostante la stazza riusciva a muoversi silenziosamente.
 
-Hai mai sentito parlare del Grembo di gaia?- le chiese lui, Pacifica annuì, si trattava di una leggenda più simile ad una favola.
 
-Se non sbaglio è un luogo leggendario. Una terra o un’isola, completamente verde con un gigantesco albero Yggdrasill. Un luogo dove non ci sono predatori o prede e tutti vivono in armonia-
 
-Leggendario non così tanto, visto che ci stai camminando sopra!-
 
 
La giovane rimase immobile intenta ad assimilare ciò che gli era stato detto. Il suo cervello però sembrava rifiutarsi di credere a quelle parole, pensando che la stessero prendendo in giro.
 
-A…aspetta un momento frena- gli disse mettendo davanti a se le mani per dirgli di aspettare –Mi stai dicendo che questa oasi sarebbe il Grembo di Gaia?-
 
Il Brashak scosse la testa, anche se quello che aveva detto non era del tutto errato.
 
-Non solo questa oasi. Tutte le Terre dimenticate, sono il Grembo di Gaia…o almeno ciò che ne resta- rispose la Fiers abbassando lo sguardo. Adesso la bocca della Navigatrice aveva letteralmente toccato il pavimento. Aveva sempre sentito di un paradiso verde e pieno di vita, com’era possibile che fosse diventato tutto il contrario.
 
-Quindi quelle grosse radici pietrificate…- indicò fuori nella direzione in cui la sua mente si ricordava di aver visto il Picco fossilizzato.
 
- Yggdrasill, Albero madre, L’albero della vita, Albero della conoscenza, la Prima radice…gli hanno dato molti nomi, scegline uno. Sfortunatamente quello che hai visto è tutto ciò che ne rimane- confermò il moro. In tempi passati quello che ora era il Picco fossilizzato, era un gigantesco albero sempre verde che produceva ogni tipo di frutto.
Anche se lui lo sapeva solo dai racconti tramandati dalla sua gente, non aveva mai visto l’albero nel suo antico splendore.
 
-Come mai sei tornato?- gli chiese la cinerea credendo che sarebbe stato per qualche giorno per conto proprio dopo la notte dei Ghoul.
 
-Ho salvato una persona smarrita dai Figli delle sabbie ed ho ucciso un giovane Drago delle sabbie. Sono qui solo per avere la parte che mi spetta- la risposta non la sorprese più di tanto. Sapeva che lui e quelle lucertole non andavano d’accordo, anzi non andava d’accordo con tutti i tipi di draghi e le loro sottospecie in generale.
 
-Un altro drago…avevo sentito di quella storia che gira. Di come hai incontrato una coppia di Draghi della sabbia e che tu ne abbia dissanguato uno e abbia affogato l’altro nel sangue del suo compagno-
 
-Ti prego Maya quel racconto è stato ingigantito- sospirò scuotendo la mano per negarlo. Certo aveva incontrato due draghi insieme ma erano ancora giovani e li aveva uccisi spezzandogli il collo e non nel modo in cui presumevano.
 
-NO ASPETTATE UN MOMENTO- gridò la rossa, assordando i due.
 
-Com’è possibile che questo deserto sia il Grembo di Gaia?- la sua mente proprio non riusciva ad associare un luogo paradisiaco come quello che tramandavano le leggende, ad un posto pieno di morte e sabbia come il luogo in cui si trovava.
 
-A causa della Decadenza che ha colpito questo luogo e tutto ha iniziato a marcire e appassire. Molti millenni orsono- rispose lui, ma dal suo tono era chiaro che non era per niente una bella storia.
 
-Beh io vi lascio continuare la vostra lezione di cultura antica. Devo parlare con Filian-
 
-Lei è qui?- alla domanda della Tiers, annuì per poi uscire.
 
-Chi sarebbe questa Filian?- gli chiese Pacifica scrutando la figlia delle fiamme.
 
-È una Avien o meglio noti come Popolo del Cielo-
 
-Hanno dei Legami con i Brashak?- il fatto che venissero chiamati con il suffisso “Popolo” come la razza di Giran, gli faceva sorgere il dubbio che fossero accumunati.
 
-L’unica cosa che hanno in comune è di fare parte delle Antiche razze- spiegò lei riferendosi alle prime razze senzienti che fossero apparse nel mondo.
 
-Per caso ce ne sono altre, oltre a loro?- la faccenda la incuriosiva. Si sentiva attratta all’idea di conoscere cose che non sapeva e di apprenderne il più possibile. E per sua fortuna la sua “amica” era una vera esperta in materia di cose antiche.
 
-Le razze antiche sono quattro: Brashak “il popolo della terra”, Avien “il popolo del cielo”, Cetusiani “il popolo dell’oceano” e infine Daemon “il popolo delle tenebre”- li elencò tutti cercando di spiegare più facilmente possibile per farla capire.
 
-Con Daemon ti riferisci ai demoni e gli Imp?- conosceva la razza degli Imp solo per sentito dire, ma da come li descrivevano sembravano dei demoni seduttori. Iniziando a chiedersi se le due specie non fossero collegate.
 
-Il tuo ragionamento è esatto solo a metà. Il termine “Demoni” è solo un altro modo per chiamare i Daemon, gli Imp invece sono i discendenti di quest’ultimi- gli spiegò meglio per poi continuare il discorso.
 
-Ma sfortunatamente i Daemon e i Cetusiani sono le uniche due delle quattro razze antiche ad essersi estinti!- spiegò infine. Delle quattro razze solo i popoli della terra e del cielo erano riusciti ad adattarsi ai cambiamenti. Al contrario le altre che non c’erano riuscite avevano finito per sparire dalla faccia della terra, ma non senza aver lasciato delle razze nate dal loro lignaggio di sangue.
 
 
 
Uscì all’aria aperta, sedendosi sul tetto del tempio e ritrovandosi a guardare il cielo. Il sole era così intenso che gli sembrava picchiare ancora di più del solito.
 
-Giornata tosta?- gli chiese la voce di Filian. Lui sbuffò, anche se era grato che quella domanda lo avesse distratto dalle sensazioni e dai pensieri che iniziavano a formarsi nella sua mente. Avvolte avrebbe seriamente voluto poter estirpare tali pensieri e ricordi alla radici.
 
-Non più del solito- rispose guardando le case della Cittadella. Il membro del popolo del cielo, si avvicinò iniziando a guardare anche lei.
 
-Un posto tranquillo e carino- anche se gli costava dargliela vinta. Essere riuscito a creare un posto così nel mezzo delle Terre dimenticate, era sorprendente.
 
-Come sta il tuo popolo?- la sua era più che altro un modo per fare conversazione, anche se non si sopportavano non erano esattamente nemici giurati.
 
-Bene dire, mia nipote ha appena imparato a spiccare il volo. Dovresti vederla è così tenera- come sempre la Avien si scioglieva quando si tirava in ballo suo figlio e sua nipote. Lui sorrise pensando alla piccola che sbatteva forte le quattro ali per alzarsi anche solo di pochi centimetri dal suolo.
 
-Sai non capisco-
 
-Che cosa?-
 
-Sono passati più di centocinquant’anni, da quella notte. Com’è che non hai fatto dei figli? Insomma considerando la vostra longevità e che siete fertili finché non morite, credevo ti fossi dato da fare- le parole della donna, furono più come una fastidiosa puntura per il moro. Sarà stato anche vero che i Brashak restavano fertili per tutta la vita nonostante l’età. Ma ciò non voleva dire che si riproducevano come conigli.
 
-Forse se trovassi la persona giusta. Ma non è d’obbligo che lo faccia- rispose serio, non era certo obbligato a fare figli con la prima donna che capitava. Non era di certo una bestia, aveva anche lui dei sentimenti e un cuore.
 
-Vero. Neanche Hireza alla fine aveva mai partorito. Nonostante avesse avuto…quasi un millennio vero?- gli lanciò un’occhiataccia a quella domanda. Era vero che la sua precedente Matriarca non aveva mai avuto una sola gravidanza e abbia dato alla luce un figlio, nonostante i suoi novecento settant’anni.
Ma era stata una sua scelta e lui non poteva di certo contraddirla.
 
-Ma credevo volessi riformare il tuo clan…essere di nuovo la loro guida?- Giran abbassò lo sguardo a quella domanda, sentendo un grande dolore al petto. Non era qualcosa di fisico, ma interiore che gli stava squarciando l’anima.
 
-Non credo di essere degno di quel ruolo. Non più…- rispose affranto. La Avien lo scrutò con i suoi occhi da rapace, com’era possibile che quello fosse un membro del popolo della terra. Probabilmente uno dei popoli più forti e feroci e invece il giovane che aveva davanti sembrava tutt’altro era solo un cucciolo mortificato e spaventato.
 
-Diavolo, se gli spiriti dei tuoi antenati ti vedessero…sei fortunato che non ci siano qui- sospirò il membro del popolo del cielo. Anche se i Brashak non vedevano o sentivano gli spiriti al contrario di altre razze, potevano avvertire la loro presenza. Ma questo a Filian sfuggiva sempre o non entrava in testa.
 
-Cosa ne pensi dell’elfo arcano?- gli chiese allora lui, forse per sviare il discorso che non gli piaceva e che non voleva affrontare. O forse voleva solo il suo parere sulla questione, anche se in verità avrebbe tanto voluto levarsela dalle scatole.
 
-La sua storia non mi convince. Ma non mi sembra un guerriero o una spia…-
 
-Ma non credi nemmeno che sia uno “sventurato”- concluse per lei vedendola annuire. Avevano come il sospetto che Amleth nascondesse qualcosa, ma forse il Brashak preferiva aspettare e ascoltare anche il parere di Ajarys.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ecco un nuovo aggiornamento, piuttosto tranquillo dire.
 
Amleth arriva alla Cittadella e fa la conoscenza di Ajarys che sembra avere dei dubbi su di lui, così come gli altri.
Poi vediamo Maya fare la maestra e si svela che in origine le Terre dimenticate erano noti come il “Grembo di Gaia” e che i resti del grande albero che abbiamo intravisto nel secondo capitolo è tutto ciò che resta di Yggdrasill.
 
Alla fine scopriamo che in totale le razze ancestrali erano quattro le quali vengono anche elencate.
Se Amleth nasconda qualcosa o meno. Lo si scoprirà nei prossimo capitoli. Ringrazio come sempre anche solo chi legge e ci vediamo al prossimo capitolo.
 
A presto

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9
 
Amleth si guardò intorno notando i mobili finemente lavorati e gli arazzi che ornavano l’ambiente. Ajarys l’aveva accolto nella sua dimora per potergli fare delle domande. Ma non si aspettava un tale livello di raffinatezza.
 
-Impressionato vero?- gli chiese lui notando lo stupore nei suoi occhi. L’elfo arcano annuì, sicuramente stava avendo troppe sorprese in un solo giorno.
 
-Rilassati, voglio solo fare due chiacchiere con te- lo tranquillizzò il Vearii, cercando di far mettere l’ospite a suo agio.
 
-Lo fate con tutti quelli che arrivano qui?- l’altro annuì sorridendogli.
 
-È un modo per imparare a conoscerci. Alla fine siamo tutti qui, chi costretto o come te per sfortuna. Inoltre è anche un modo per capire come inserirti nella Cittadella- si sedette vicino all’Alfveikt, così che possano guardarsi in faccia mentre si parlavano.
 
-Ti andrebbe di raccontarmi un po’ chi sei?-
 
-Beh, che posso dirti…sono il figlio di un mercante itinerante. Mio padre e mia madre viaggiavano in tutto il continente per scambiare e vendere merci. Almeno finché erano vivi- il volto di Amleth si tinse di tristezza mentre abbassava lo sguardo.
 
-Mi dispiace molto. È successo prima di arrivare qui?- l’elfo annuì.
 
-Siamo stati attaccati da dei banditi che hanno ucciso i miei genitori. Mentre scappavo mi hanno inseguito, ma mentre attraversavamo un canyon degli Avvoltoi rocciosi ci hanno attaccati. I miei inseguitori sono stati uccisi, ma io sono riuscito a scappare finendo qui- Ajarys non disse niente. L’unica via d’accesso e di uscita oltre alle montagne che circondavano le Terre dimenticare era tramite il corridoio del canyon che aveva citato Amleth. Ma era sempre sorvegliato dalle creature che lo abitavano presenti in gran numero.
Anche per questo era difficile lasciare quel luogo per la forte presenza di predatori che abitavano sia la via d’ingresso che le montagne vicine.
 
“Se non altro non è stato sparato qui in quelle “Gabbie della penitenza” da quei fanatici della chiesa” abbassò lo sguardo per vedere la rosa tatuata su una delle sue mani destre. Ma scacciò quel pensiero continuando ad ascoltare il nuovo arrivato.
 
-Ho vagato in questo deserto cercando una via d’uscita. Credevo sarei stato mangiato da qualche mostro…e alla fine sono stato catturato da quei pazzi- alludendo ai Figli del deserto. Ajarys incrociò il secondo paio di braccia dietro al collo e l’altro contro il petto.
 
-Mi dispiace molto per la tua perdita- ammise infine abbassando il capo in segno di condoglianze e l’altro ricambio.
 
-Ho fatto della tisana alla menta ne vuoi un po’?-
 
-Si…grazie- il Vearii sorrise andando nella cucina presente nella stanza adiacente dove c’era un piccolo fornello rudimentale alimentato da del carbone vivo, su cui aveva posto il pentolino con l’acqua e le foglie di menta per dare sapore.
 
-Sei venuto a controllare che stessi bene?- chiese rivolto a Giran che era arrivato alle sue spalle senza farsi sentire. Il Brashak lo osservava con la schiena appoggiata al muro e le braccia conserti.
 
-So che puoi cavartela anche da solo!- gli disse con la testa lievemente inclinata. I soffitti troppo bassi erano una vera rottura per lui. Restò ad osservare l’amico che tirava via il pentolino e ne versava il contenuto in delle tazze.
 
-Cosa ti dice il tuo “Terzo occhio della verità”? Sta mentendo?-
 
-Lo sai che io non vedo le menzogne Giran- chiarì lui. I Vearii che possedevano il terzo occhio, avevano una vista molto più acuta del normale. Riuscendo a percepire ogni singolo movimento anche i più impercettibili, inclusi i segnali di stress che un individuo faceva involontariamente quando mentiva.
 
-Comunque SI. Sta mentendo- gli confermò infine lui. Il moro sospirò, faceva bene a non fidarsi di quell’orecchie lunghe. Il suo istinto gli diceva che gli stava mentendo da quando lo aveva salvato.
 
-Come hai intenzione di farlo confessare?- l’altro tirò fuori un barattolo di quelle che sembravano bacche di cacao solo rosso acceso. Ne prese una spezzandola in due e macinandone una parte.
 
-Sai cosa sono vero?- gli chiese mostrandone una al membro del clan della terra. Questi si avvicinò prendendola tra le mani e dopo avergli dato una piccola annusata annuì.
 
-Baca Veritatis…ovvero bacca della verità. Molto astuto!- gli sorrise, mentre Ajarys metteva il macinato di bacche in una tazza ed annuì. Alla fine sarebbe stato proprio lui a dirgli ogni cosa.
 
 
Nel mentre Amleth si guardo intorno notando che nella stanza c’erano dei vasi con delle piante, ben tenute e alcuni fiori. Si stupì di trovarne in un posto desertico, ma poiché erano in una oasi. Il giardinaggio non doveva essere così impossibile.
Il padrone di casa arrivò in quel momento con due tazze.
 
-Ti piacciono le mie piante?- sapeva che gli elfi arcani nonostante il nome erano poco pratici di magia. Erano più portati per le pratiche sciamaniche e conoscevano molto bene la fauna e la flora.
 
-Le stavo guardando…quella è menta?- indicò la pianta nel vaso, riconoscendo le foglie. Il Vearii annuì.
 
-Si, non sai che fatica ho fatto per coltivarla in questo posto- disse porgendogli la tazza, che l’elfo prese.
 
-Posso immaginarlo- rispose soltanto portando la tazza alle labbra, ma si fermò un’istante prima di bere un sorso. Diede una maggiore occhiata al contenuto per poi sentirne l’aroma.
 
-Avete aggiunto qualcosa alla tisana?-
 
-Solo un po’ di menta e limone- ma l’elfo arcano non sembrò per niente contento di quella risposta. Visto che assunse uno sguardo tagliente per poi lasciar cadere la tazza con il suo contenuto che si frantumò a terra.
In quell’istante le piante nella stanza iniziarono a crescere e si mossero da sole fino a bloccare Ajarys. Il quale impassibile guardò il suo ospite.
 
-Stai mentendo. Che cos’era veleno?- domandò subito adirato, mentre ordinava alle piante di stringere di più la presa.
 
-Potrei dire la stessa cosa di te…visto che la tua storiella era tutta una frottola!- le piante vennero tagliate in un’istante da delle piume e Giran spuntò dietro ad Amleth stringendogli il collo in una morsa, sollevandolo da terra come fosse un fuscello.
Il poveretto provò a muoversi ma la voce tagliente del Brashak gli intimò di non farlo.
 
-Non ci provare. Mi basterebbe una piccola torsione per spezzarti il collo!- Filian annuì alle sue parole prima di rivolgersi al Vearii.
 
-Tutto bene?- lui annuì per poi guardare l’elfo tirando fuori un coltello dal vestito e portandolo davanti al suo volto.
 
-Avrei preferito che parlassi per l’effetto delle bacche. Non mi piace usare la violenza, ma se è per mantenere la sicurezza della Cittadella allora- premette la lama contro la sua guancia tagliandolo leggermente. L’elfo gemette mentre un rivolo di sangue color ambra uscì dal taglio.
 
-Ora ti conviene iniziare a dire la verità!- gli disse Giran che lo teneva saldamente stretto nella sua morsa –Fai parte della Chiesa?-
 
-…No…- riuscì a dire nonostante la presa sul collo.
 
-Se non fai parte della Chiesa allora perché ci stavi mentendo?- chiese Filian irritata. Di colpo la presa sul collo svanì e l’elfo cadde a terra tossendo.
 
-Ascolta bene, non vogliamo farti del male. Ti ho salvato da quei fanatici e spero tu ricambi il favore. Per cui ora tu ci dirai la verità e se non è un problema per la Cittadella ti aiuteremo!- il tono del moro era serio ma allo stesso tempo rassicurante. L’Alfveikt, lo guardò troneggiare su di lui, per quanto avrebbe voluto non dire niente era sicura che sarebbero comunque riusciti a farlo parlare. Ma nonostante questo non credeva che fossero davvero pericolosi o almeno che non avevano cattive intenzioni. Volevano solo proteggere quella piccola oasi.
 
-Va bene. Il mio vero nome è Serse…sono un informatore degli Inquisitori-.
 
 
 
-Gli Inquisitori…- Ajarys restò di sasso sentendo quel nome, così come la Veari. La quale sembrò stupita come il Vearii a scoprire che quel piccolo Elfo arcano, fosse un loro informatore.
 
-Gli Inquisitori. E chi sarebbero di preciso?- chiese subito il Brashak confuso. Li aveva sentiti nominare qualche volta da alcuni Esiliati. Ma l’unica cosa che aveva capito era che la Chiesa li disprezzava e che secondo loro erano degli eretici. Serse alzò lo sguardo sull’imponente figura che gli stava davanti con la bocca aperta.
 
-Davvero non li conosci?- Considerando le voci che giravano, era sicuro che fossero noti in tutto il continente.
 
-Devi scusarlo. Non esce spesso dalle Terre Dimenticate- spiegò Ajarys.
 
-Per risponderti zuccone: Sono un’Ordine indipendente che non fa parte della Chiesa. Il cui scopo è quello di debellare una tremenda malattia chiamata “Piaga delle spine”- l’espressione di Giran non cambio dopo aver sentito quel nome. Anzi forse era ancora più confuso di prima.
 
-Non sa nemmeno questo?-
 
-Senti non sono mai uscito da queste terre, neanche una solo volta in uno dei miei 300 anni- rispose lui grattandosi il collo per giustificarsi.
 
-In effetti è apparsa solo centocinquant’anni fa- gli disse il capo della Cittadella –Ma è una malattia molto terrificante-
 
-Cos’avrebbe di così spaventoso?-
 
-Prima di tutto è in grado di mutare l’ospite. Chi ne viene contagiato sviluppa degli aculei su tutto il corpo che all’avanzare della malattia inizia ad assumere più l’aspetto di una pianta di rovi- spiegò l’elfo arcano –Inoltre anche se gli infetti possono essere uccisi, la malattia è estremamente contagiosa. Basta che una sola delle spine ti ferisca o che il sangue infetto entri a contatto col tuo corpo per infettarti…-
 
-Non c’è una cura?- gli altri scossero il capo alla domanda.
 
-L’unica cosa che si può fare è bruciare i contagiati- rispose Ajarys.
 
-Una volta uno del mio popolo è stato infettato dalla Piaga. Gli Inquisitori sono arrivati e sono stati costretti a bruciarlo per dargli la pace- ammise Filian. Giran abbassò lo sguardo sapeva cosa volesse dire perdere uno dei propri cari, soprattutto se e a portarli via è stato il fuoco.
 
-La piaga non è mai arrivata qui?- gli chiese Serse. Anche se non sapeva come si diffondesse, aveva sentito di molte segnalazione in tutto il continente. Solo alcune parti erano state risparmiate.
 
-No…ma se il fuoco distrugge questa Piaga. Posso azzardare una ipotesi- lì le temperature mattutine potevano sfiorare i quaranta gradi. Nel periodo estivo anche di più, forse il caldo teneva lontano la piaga. Ma questa era solo un pensiero del Brashak.
 
-Hai detto di essere una spia degli Inquisitori?-
 
-Non sono una spia ufficiale. Ma conosco uno dei loro Consiglieri, sono i secondi in comando nella gerarchia degli Inquisitori. Visto che la Chiesa è ostile contro di loro ho pensato di tenerli d’occhio-
 
-Senza il loro consenso?- si stupì la Avien –Non so dire se hai fegato o sei un’idiota!-
 
-Per caso questo tuo tentativo di “spionaggio indipendente” è quello che ti ha fatto finire qui?- lui deglutì annuendo.
 
-Ho spiato un membro del loro gruppo armato, sperando di ricavare qualche informazione. Alla fine quando ho scoperto qualcosa mi hanno beccato. Mentre scappavo da loro mi sono diretto qui per cercare di seminarli…e sono stato catturato da quei fanatici- i due membri delle antiche razze guardarono il castano per chiedergli se stesse mentendo, ma lui scosse la testa, stava dicendo la verità.
 
-Vi prego ho bisogno di andarmene di qui. Devo comunicare al Consigliere Varsos cosa ho scoperto. È di vitale importanza- li implorò prostrandosi ai loro piedi, sperando di essere aiutato.
Giran ci pensò su, non stava mentendo e anche se non conosceva di persona la Chiesa. Sentendo di come ne parlavano gli altri e di come trattavano le persone esiliandole. Di certo non avrebbe non accettato di ostacolarli.
 
-Come ti ha detto la Picciona qui. L’unico modo per andarsene è volando. Per cui Filian potresti portarlo fuori dalle Terre Dimenticate?-
 
-Io non prendo ordini da te! E non è nemmeno un mio interesse aiutare questo bugiardo. Quindi spiegami perché dovrei farlo?- si impuntò la Evian chiudendo tutte e quattro le ali e incrociando le braccia al petto.
Non gli piaceva che gli si dessero ordini e ancora dio più che le si mentisse. E visto che quell’elfo aveva mentito dal momento che l’avevano salvato, non sarebbe stato facile convincerla ad aiutarlo.
 
-Ti ricordo che mi devi un favore per averti salvato quella volta il didietro piumato da quel Drago delle sabbie. Credo sia arrivato il momento di riscuotere!- lei storse le labbra, ma non poteva certo dire di no. Soprattutto se si trattava di un favore per avergli salvato le penne.
 
-Va bene. Lo porterò via domani, ma prima voglio la mia parte di drago!-
 
-Si si…ok- sospirò Giran andando fuori, mentre Serse si buttava ai piedi del membro del popolo del cielo ringraziandola all’infinito.
Nel mentre Ajarys raggiunse il moro, dal suo sguardo sembrava avere delle preoccupazioni per la testa.
 
-Forse è il caso di aumentare le difese. Se davvero il gruppo armato della Chiesa lo ha seguito fin qui-
 
-Credi davvero che sarebbero così stupidi da entrare nelle Terre Dimenticate di loro spontanea volontà?- gli domandò divertito da quella preoccupazione, ma il castano non lo era per niente. Anzi era molto serio.
 
-Conosco quei tipi, non si fermano davanti a niente. Sono disposti ad andare incontro alla morte per portare a termine un incarico- Giran sbuffò.
 
-Non li conosco è vero. Ma conosco questo posto, fidati, se non li ucciderà tutti il deserto. Lo farà la disperazione quando capiranno di essere bloccati qui!-.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Dopo una lunga assenza ecco il nuovo capitolo. Devo ammettere che è stato un vero parto, soprattutto immaginarmi la scena.
 
Alla fine scopriamo che Amleth non era quello che diceva di essere. Ma per loro fortuna sta contro la Chiesa e che è a causa loro se è finito nelle Terre Dimenticate.
Alla fine però sembra che abbia trovato un modo per lasciare quel posto, grazie anche ad un’infastidita Filian.
Ma comunque veniamo anche a sapere che forse il gruppo armato della Chiesa potrebbe essere anch’esso in quel deserto. A questo punto non so se sia un bene per loro, visto che ci sono molti che li disprezzano.
 
Ma questo si vedrà nel prossimo capitolo. Ringrazio come sempre anche solo chi legge la storia e ci vediamo al prossimo capitolo.
A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10
 
 
L’aria si era fatta ancora più rovente, di certo non per il sole, dato che era notte fonda. Ma dal fumo e le fiamme che stavano invadendo le Terre Dimenticate pareva di essere finiti all’inferno.
 
Giran mosse la testa per rimuovere il sudore dalla fronte. Intorno a se poteva sentire i ruggiti dei draghi mischiate a quelle dei guerrieri del Clan. Strinse la presa sulle corna e con tutta la sua forza sbatté a terra la testa del drago prima di fargli eseguire una violenta torsione.
Nell’aria si udì il suono di ossa rotte che vennero però sovrastate dai suoni della battaglia.
 
Si voltò vedendo alcuni dei suoi compagni che schiacciavano a terra due viverne di fuoco mentre altre volteggiavano in cielo avventandosi contro i draghi della sabbia.
 
-Giran dietro di te- gli gridò un altro membro del Clan. Lui batté il piede innalzando la sabbia alle sue spalle colpendo la bocca di un drago della sabbia facendogli chiudere la mascella. Il giovane gli saltò sulla testa per poi spiccare un salto verso l’alto aggrappandosi al ventre di una viverna.
Affondò gli artigli nel suo addome sentendolo ringhiare di dolore e abbassò la testa per osservare l’intruso.
 
“Oh, cazzo” pensò vedendo il rettile aprire la mandibola per sputargli addosso una vampata di fuoco. Quando un’oggetto molto veloce gli trafisse la testa uccidendolo sul colpo. Il corpo del rettile precipitò e il moro si staccò cercando di pensare a come atterrare.
Per sua fortuna una colonna di sabbia si formò sotto di lui. Dovette solo usare gli artigli per aggrapparsi e scivolare fino a toccare terra.
 
-Che accidenti stai facendo Giran, il deficiente? Smettila di dare spettacolo, non è il momento!- lo riprese ringhiando Hireza con le mani sporche di sangue. La Matriarca alzò la gamba assestando un calcio ad una viverna di fuoco che voleva morderla.
I simboli sul suo corpo brillavano di viola scuro, mentre portò indietro il braccio assestando un pugno all’addome del rettile. Che venne sbalzato indietro dalla forza del colpo.
 
La donna spostò lo sguardo verso il suo allievo che innalzò un muro di sabbia per bloccare un soffiò di fuoco proveniente dall’alto.
 
-Sono troppi- gli grido e la viola dovette dargli ragione. Il suo popolo si era trovato tra l’incudine e il martello. Con la migrazione delle viverne di fuoco attraverso le Terre Dimenticate e quella dei Draghi della sabbia che erano nella stagione riproduttiva.
Pensò che Gaia ce l’avesse con loro, se si erano ritrovati in mezzo alla lotta tra quelle due specie di draghi. E considerando che non sopportavano la loro razza, le cose si mettevano male.
 
-Dobbiamo uscire da questa situazione- un urlo attirò l’attenzione del moro. Questo si voltò vedendo sua madre a terra.
 
-MADRE-
 
-Vai da lei- non se lo fece ripetere due volte. Scattò verso la viverna che aveva intrappolato sua madre e colpendo il terreno creò dalla sabbia una formazione che colpì il fianco del rettile. Approfittando di questo saltò in avanti usando gli artigli per squarciare il collo al drago.
Un grande fiotto di sangue uscì dalla ferita mentre il rettile faceva qualche passo indietro prima di cadere a terra.
 
-Stai bene mamma?-
 
-Si…ma dobbiamo andare dalle tue sorelle- rispose rimettendosi subito in piedi e raggiungendo le altre donne che si erano raggruppate per proteggere i bambini. Intorno a se gli altri adulti stavano combattendo contro il resto dei draghi. Mentre la seguiva, sua madre lo afferrò di colpo e tirando verso di se un’istante prima che una vampata passasse dove si trovava un’istante prima.
Ringhiò per il calore alla spalla, mentre Niraja creava un muro di sabbia per proteggere se stessa e il figlio.
 
-Giran, tutto bene?- guardò preoccupata suo figlio che era stato preso di striscio dalle fiamme. Lui annuì trattenendo un ringhio.
 
-Si non è niente…Maestra- gridò vedendola circondata da un drago della sabbia e una viverna di fuoco. I due rettili le giravano intorno come a decidere chi di loro avrebbe fatto la prima mossa. Il suo istinto gli disse di correre da lei per aiutarla, ma Hireza glielo negò.
 
-Giran, resta li e proteggi gli altri- lui ringhiò osservando sua madre che stava andando verso le altre per proteggere i giovani. Il Brashak la guardò per poi osservare la sua maestra indeciso su cosa fare.
Una parte di lui gli diceva di ascoltare cosa la sua Matriarca gli aveva detto, ma il suo istinto gli gridava di andare ad aiutarla.
 
In quel momento di distrazione non si accorso del nemico alle sue spalle. Fu il grido di sua madre a riscuoterlo, giusto in tempo per evitare il morso e mettersi al sicuro. Ma non aveva previsto la spazzata di coda che lo colpì con violenza al volto.
 
Rimbalzò sulla sabbia iniziando ad avere la vista sfocata. Provò a mettersi in piedi ma le sue braccia sembravano non reggere il suo corpo facendolo finire a terra. L’ultima cosa che vide prima che diventasse tutto nero era il deserto di notte illuminato dal fuoco con le ombre della battaglia che infuriava.
 
 

 
 
-Giran sei sveglio?- riaprì gli occhi di scatto non sapendo dove fosse. Sbatté le palpebre per ricordare tutto.
Era partito quella mattina con la nave da caccia per aiutare la Cittadella a procurarsi i sostentamenti e doveva essersi appisolato. Alzò gli occhi trovando il volto di Tosak a fissarlo.
 
-Si…mi ero solo appisolato- gli rispose strofinandosi gli occhi, cercando di dimenticare che cosa aveva appena sognato. Avrebbe di gran lunga preferito un incubo agghiacciante, piuttosto che un ricordo del passato.
Si avvicinò al parapetto della nave poggiandovi sopra con tutto il suo peso e mettendosi a scrutare la sabbia.
 
-Tosak…per caso tu hai qualcuno fuori dalle Terre Dimenticate?- l’orco lo guardò piuttosto sorpreso di quella domanda. Lui sembrò pensarci sopra.
 
-Prima di essere esiliato, avevo una moglie. Ma è morta quando quelli della Chiesa hanno attaccato il mio villaggio e mi hanno catturato- il Brashak lo guardò per poi abbassare lo sguardo.
 
-Scusa…non volevo, riportarti alla mente brutti ricordi-
 
-Tranquillo. Il dolore sparisce, ma lentamente- ammise lui sconsolato. Il moro non poté che capire come si sentisse, dato che anche lui aveva provato il suo stesso dolore.
 
-Percepisci qualche drago della sabbia nei paraggi?- sviò infine il discorso, aveva altro a cui pensare. Come preoccuparsi che la nave non subisse un’attacco. Uno solo di quei lucertoloni era sufficiente a mandarla in mezzi.
Il Brashak si sporse dalla balaustra scrutando la sabbia e annusando l’aria, alla fine scosse la testa. Nessun drago nelle vicinanze almeno per ora.
 
-Ehy, ci serve aiuto per scaricare la pastura- li chiamò un membro dell’equipaggio. I due si avvicinarono ad un paio di barili che erano sul ponte aprendone uno, il tanfo intenso che proveniva era prodotto da un miscuglio di bacche e interiora lasciata a fermentare.
 
-Ha un odore terribile!- l’orco si tappò il naso. Non riusciva a capire come facessero alcuni animale ad andare ghiotti per quella schifezza. I due sollevarono il barile e versarono il contenuto fuori bordo per gettare l’esca.
 
-Dimmi, Pacifica ti ha ancora infastidito?- lui lanciò un’occhiata alla navigatrice che al momento si trovava al timone.
 
-Se intendi infastidirmi con le minacce di morte, No. Se intendi infastidirmi sull’avere informazioni sul mio popolo, allora Si- da quando Maya aveva iniziato a condividere le sue scoperte con la rossa, questa aveva iniziato ad investirlo di domande.
 
-Se devo essere onesto. Non credevo sarebbe finita così- ammise e anche l’altro dovette dargli ragione –Comunque cosa ti ha chiesto ultimamente?-
 
Il moro strappò il coperchio di un barile per poi rovesciare la pastura sul ponte della nave. Era un modo per attirare ulteriormente le prede verso di loro, anche se togliere il tanfo poi sarebbe stato uno sporco lavoro.
 
-Voleva sapere del periodo della “Decadenza” e la nostra faida con i draghi- era su questo che Pacifica lo stava assillando. Di sapere del perché odiasse così tanto i draghi.
 
-Si in effetti, questa cosa non è tanto chiara nemmeno a noi. Perché vi odiate così tanto?- tutti all’interno della Cittadella conoscono l’odio reciproco che c’era tra i draghi e i Brashak. Ma solo poche persone tra cui Maya e Ajarys sapevano effettivamente il motivo dietro a ciò.
 
Giran prese un altro barile versandone il contenuto all’esterno della nave per poi appoggiarsi al parapetto. Forse parlarne non era una cattiva idea.
 
 
 
 
-Sai cos’è la Decadenza?-
 
-Più o meno- non sapeva con esattezza cosa fosse, a parte che riguardava la distruzione del Grembo di Gaia. Nel momento in cui divenne le Terre Dimenticate.
 
-In parole povere è quando tutto ha iniziato ad appassire e morire- sospirò, ricordando di cosa gli raccontavano gli anziani della sua tribù –Il Grembo di Gaia, era un luogo dove nessuno aveva un territorio e ogni creatura non pretendeva il dominio di una parte di esso. Ma qualcosa cambiò…tutto iniziò lentamente ad appassire e morire…come se Gaia ci avesse voltato le spalle- era restio a parlare in quel modo della sua dea, in molti avevano creduto che avesse voltato le spalle al luogo che lei stessa aveva creato. Altri che fu a causa di uno scontro tra lei e un’altra divinità. La questione era molto dibattuta e divisa.
 
-È ciò avrebbe causato l’odio tra le vostre due razza?- annuì.
 
-Quando il cibo iniziò a scarseggiare, le creature che restarono dovettero far ricorso ad ogni risorsa per sopravvivere. E una delle maggiori fonti di carne erano gli antichi draghi- i primi draghi erano la primissima e antica razza di draghi, completamente bianchi. Da cui si sarebbero poi separate le altre specie che sarebbero nate nei secoli avvenire.
 
-Sfortunatamente anche noi per loro eravamo una fonte di cibo. Ciò portò le nostre razze un tempo neutrali a scontrarsi per millenni. Con il risultato che l’odio dei nostri antenati si è trasmesso di natura alle generazioni successive- ora tutto aveva un senso. Si trattava di un odio nato dagli albori e continuato fino al presente.
Come un virus che si trasmette da generazione a generazione.
 
-Lasciamo perdere questa roba deprimente. Spero di prendere qualcosa di buono-
 
-Non hai avuto un boccone di carne di drago?- era sicuro che la carne del drago che aveva ucciso sarebbe andata a ruba. Anche perché senza il suo aiuto la Cittadella non sarebbe riuscita ad uccidere un drago adulto.
 
-Si! E devo ringraziarti, era squisita!- al sorriso dell’orco nella sua mente riapparve una scena della sua infanzia. Di quando aveva portato a casa la sua prima preda e le sue sorelle più piccole che lo ringraziavano con dei sorrisi stampati in volto.
 
-In avvicinamento…dietro di noi verso ovest- sentendo l’avvertimento del mozzo sull’albero maestro tutti quanti si misero in posizione. Chi non era addetto alle vele si armò si arpione e si mise davanti al parapetto della nave.
 
-Pronto alla pesca?- gli chiese Tosak lanciandogli un arpione. Il Brashak guardò quello che per lui era uno stuzzicadenti in metallo e annuì. Dalla sabbia iniziarono a saltare fuori dei pesci dal corpo sinuoso e le squame dello stesso colore dell’ambiente. Avevano delle pinne simili ad ali membranose che usavano per balzare e planare per brevi distanze.
 
-Puntate- gridò il capitano mettendosi in modo da lanciare l’arpione non appena i Flysand fossero stati più a portata.
 
-Lanciate- tutti lanciarono gli arpioni colpendo alcuni dei pesci attirati dalla pastura. Alcuni invece si lanciarono sulla nave e l’equipaggio dovette spostarsi per non essere trafitti. Quando saltavano fuori, le teste appunta avevano lo stesso effetto di una lancia che veniva scagliata.
 
-Oggi abbiamo pesca grossa!- affermò l’orco tagliando la testa di un Flysand che era saltato sulla barca. I pesci attirati dall’esca stavano saltando a bordo e non restava altro che finirli con un colpo secco alla testa.
 
-Occhio a non danneggiare troppo la nave Tosak- gli gridò Pacifica tenendo il timone. L’orco sbuffò come se non lo sapesse.
 
-Non è la mia prima pesca rossa! Non vedo l’ora di gustarmi questi pesci alla griglia o in una zuppa. Tu cosa preferisci Giran?-
 
-Ti dirò preferisco la ricetta classica di mia madre. Flysand essiccato sotto al sole- gli rispose alzando di scatto il braccio e prendendo al volo uno dei pesci. Subito dopo aprì la bocca azzannandolo mentre era ancora vivo e strapparne un pezzo –Ma ammetto che non mi dispiace nemmeno mangiarlo crudo!-
 
L’orco fece una smorfia, anche se aveva mangiato carne cruda quando non poteva cuocerla. Veder mangiare un qualcosa mentre era ancora vivo era troppo anche per lui.
Mentre continuavano la pesca, la mente del Brashak era ferma sul Picco fossilizzato. Dopo la battuta di pesca sarebbe andato a fargli visita. Come faceva ogni tanto.
 
 
 
Keila si trascinò sulla sabbia che si era tinta col suo sangue. La Felinx ghepardo strinse la sabbia sentendo il vitale liquido rosso scorrere fuori dal suo corpo.
Una lancia gli aveva trafitto il fiancò e forse gli aveva anche distrutto un rene. Strinse i denti cercando di allontanarsi di lì.
 
-Che cazzo ci fanno loro qui!- un’altra lancia affondò nella sua schiena facendola gridare di dolore, mentre un bastone accalappia umani gli bloccò il collo.
 
-L’abbiamo bloccata- dissero i due che tenevano la donna immobilizzata. Erano due cavalieri che presentavano una croce rossa al centro del petto. Si trattava dei Crociati, il braccio armato della Chiesa.
 
-Lasciatemi andare pezzi di merda- ringhiò la Felinx, quando qualcuno dietro di loro parlò.
 
-Che linguaggio volgare per una femmina!- i due cavalieri si voltarono, mentre una persona si avvicinava con al seguito un altro piccolo gruppo di una decina di persone o poco più.
L’uomo che sembrava il capo indossava un’armatura in argento con sopra con sul petto una croce color oro invece che rossa. Dietro svolazzava un lungo mantello rosso e a nascondergli il volto c’era un grande elmo chiuso ornato ai lati con delle ali d’angelo e una croce rossa incisa sopra.
 
-Ma dopotutto cosa mi aspetto da una bestia come te- la croce d’oro sull’armatura era il segno che si trattava di un comandante dei Crociati: un Templare.
 
Allungò la mano afferrando il volto di Keila per far in modo che lo guardasse negli occhi. Maledisse quella dannata rossa, se non gli avesse tagliato la coda sarebbe stata in grado di scappare. Ma senza di essa aveva difficoltà a correre bene.
 
-Ora se vuoi che ti lasciamo andare, dovrai rispondere alle nostre domande. Hai per caso visto un elfo arcano passare di qui?- gli domandò gentilmente il comandante, lei in risposta gli sputò in faccia macchiandogli l’elmo.
 
-Con tutto il rispetto comandante Dario. Non credo che questa Eretica senza cervello, possa darci informazioni!- disse l’unica figura femminile del gruppo di Crociati. Keila ringhiò offesa.
 
-Vieni a dimmelo in faccia Troia. I nostri sacri draghi vi divoreranno tutti- urlò per poi ricevere un calcio in faccia che gli ruppe il naso.
 
-Porta rispetto quando parli con chi ti è superiore, sporca eretica. Osare insinuare che delle volgari lucertole troppo cresciute siano sacre…è un’offesa contro il signore- la Felinx sputò sangue e un dente.
 
-Eppure delle volgari bestie come le chiami tu. Hanno decimato il tuo gruppo, stupido cane- Dario rimase zitto forse perché punto sul viso. Si rimise dritto mentre da dietro il suo mantello uscì fuori un braccio corazzato in metallo damasco con le dita delle mani formate da delle lame affilate.
 
-Se non hai nulla da dire, allora sei inutile!- le lame che formavano le dita si allinearono insieme formando una spada. L’arto si mosse trafiggendo Keila alla schiena all’altezza del cuore impalandola.
I cavalieri che la tenevano ferma si spostarono, mentre il braccio sollevava il corpo ormai senza vita della donna. Dario mosse l’arto lanciando via il corpo per poi con come se non fosse successo nulla, tirare fuori un fazzoletto e iniziare a pulire le lame del braccio.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Prima settimana di agosto e un nuovo capitolo.
 
Nella prima parte abbiamo un nuovo flashback su ciò che è successo al resto del Clan di Giran. Che sicuramente è stata una vera sfortuna di eventi.
Poi oltre alla battuta di pesca abbiamo anche informazioni su che cos’è la già citata “Decadenza” e sull’odio che c’è tra i draghi e i Brashak.
Infine vediamo ciò che Ajarys temeva. I Crociati sono entrati nelle Terre Dimenticate in cerca di Serse.
E facciamo anche la conoscenza dei Templari, i comandanti a capo dei Crociati. E il crudele Dario, anche se solo in una breve apparizione.
 
Con questo è tutto. Ringrazio chi segue la storia e anche solo chi la legge, vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo.
 
A presto

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11
 
 
-Abbiamo perso troppo tempo con questi Eretici!- esordì Dario voltandosi verso i suoi uomini. Quando erano partiti all’inseguimento della spia erano più di una trentina, mentre ora si erano ridotti a meno della metà.
Aveva decisamente sottovalutato l’ambiente ostile in cui si erano ritrovati. Anche per questo avrebbe torturato personalmente quella maledetta spia quando l’avrebbe avuta tra le mani.
 
-Rimettiamoci in marcia- si avvicinò a Zeus un grosso e possente Leone alato di colore bianco con le ali e la criniera color oro. Questi fungeva da calcatura personale del Templare. Accarezzò delicatamente la criniera, prima di montarvisi in sella scostando il mantello.
 
-Signore, forse dovremmo ritirarci- tirò di scatto le redini bloccando l’avanzata.
 
-Come hai detto?- chiese voltando la testa sul soldato che aveva aperto bocca. Questo deglutì visibilmente spaventato, ma deciso a dire la sua.
 
-Metà di noi è morta a causa del caldo e per la fauna di questo posto maledetto. Così non siamo in condizioni di continuare. Dobbiamo tornare indietro e riorganizzarci!- Il Templare scese dalla sella avvicinandosi al soldato, che deglutì ancora guardando la spada che portava al fianco.
 
-Come ti chiami soldato?-
 
-Finn- rispose il cavaliere. Dario allungò la mano posandola sulla sua spalla in maniera tranquilla.
 
-Il tuo è decisamente un consiglio molto saggio Finn. Ti ringrazio- il giovane cavaliere lo guardò sconcertato che l’avesse ascoltato. Ma tirò un sospiro di sollievo vedendo il suo capitano allontanarsi da lui.
Questi alzò la mano schioccando le dita. Rispondendo a quell’ordine Zeus aprì le ali e fletté le zampe saltando addosso al soldato sotto lo sguardo dei suoi compagni.
 
-Ma io non sopporto che mi si diano, brutte notizie- rispose incuranti delle grida del cavaliere che veniva sbranato vivo.
Se fosse tornato e il resto della Chiesa avesse scoperto che si era fatto scappare una spia con possibili informazioni su di loro. E per giunto che avesse perso dei cavalieri per riuscire a catturarlo senza riuscirci.
Sicuramente ci avrebbe perso la faccia e il suo grado, se non peggio. Ed era qualcosa che non poteva permettersi.
 
-Qualcun’altro ha qualcosa da dire? sono tutto orecchie- a quella domanda nessuno parlò. Dario richiamò Zeus con un fischio, che tornò da lui col muso insanguinato.
 
-Pacificatrice Isla. A rapporto!-
 
-Eccomi comandante Dario- l’unica donna del gruppo si avvicinò inginocchiandosi come se fosse stata in preghiera. Le Pacificatrici erano in precedenza delle suore che si erano unite al braccio armato della Chiesa.
 
Come si poteva intuire dalla sua armatura che ricordava un vestito da suora corazzato in nero con una cotta di maglio a coprirle la testa. Il quale ricordava il loro precedente vestiario delle serve devote a Dio.
Ma erano state addestrate nell’arte della battaglia e degli incantesimi.
 
-Dalle tue perlustrazioni è emerso altro?-
 
-Poco, soprattutto molta sabbia, vista la vastità di queste terre. Tuttavia ho individuato quello che sembra un villaggio di Goblin- disse con una nota di disgusto nella voce pensando a quelle empie creature. Anche il Templare sembrò disturbato, forse perché per la Chiesa i Goblin erano paragonati a creature barbare e malefiche.
 
-Cosa facciamo comandante?- Dario sembrò pensarci per poi avvicinarsi a Zeus prendendo la lunga catena che aveva attaccata al collo e strattonarla con forza fino a far cadere sulla sabbia la donna che vi era legata.
 
La prigioniera era una Imp. Una discendente degli antichi Daemon.
Aveva fisico formoso e attraente dalla carnagione viola bluastro con sfumature rosse segnato da molti tagli e lividi. Era bella anche se i suoi capelli neri che erano stati tagliati in maniera disordinata e da cui spuntavano i moncherini di quattro corna rosse che erano state spezzate e levigate.
Come privazione della libertà gli era stato fatto indossare un abito lungo e logoro come quello che davano agli esiliati, la bocca tappata con una museruola ed era legata con delle catene per impedirle di scappare.
 
-Allora direi di andare a fargli una visita nel nome del signore- tirò la catena per portare a se la Imp afferrandola saldamente sotto al mento per far in modo che lo guardasse. Poteva leggere l’odio che ardeva nei suoi occhi, così come la coda con la punta a freccia che agitava per simboleggiare le sue emozioni.
 
E di ciò Dario non poteva che sorridere sotto al suo elmo.
 
 
 
 
Ogni volta che andava al Picco fossilizzato, si stupiva delle dimensioni di ciò che rimaneva di Yggdrasil. E allo stesso tempo provava una grande tristezza nel suo petto, come se vedere quel luogo ridotto in quello stato gli causasse dolore.
 
-Wow…è gigantesco!- fischiò Pacifica guardando le radici carbonizzate dell’albero. Maya ridacchiò al suo fianco per la reazione della rossa, che poi era perfettamente normale per chi lo vedeva per la prima volta.
 
-Ricardami perché vi ho portate con me?- non gli dispiaceva averle intorno. Ma quel luogo era importante per lui e non gli andava che la Timoniera ficcanasasse in giro.
 
-Perché volevo far vedere questo luogo a Pacifica e non fare l’asociale-
 
-Ha ragione Maya. Dovresti essere grato che due donne da schianto vogliono la tua compagnia- lo provocò Pacifica con voce suadente passandosi una mano sul petto e successivamente sul collo della Fiers.
Non era realmente interessato al Brashak, voleva solo vedere la sua reazione.
 
-Mi spiace per te, ma non mi provocate alcuna “Scintilla”- gli rispose facendo il segno delle virgolette con le dita, prima di incamminarsi verso l’interno delle radici.
La rossa gonfiò le guance sentendosi offesa e presa in giro. Maya rise lievemente, visto che il Brashak non era una persona che si lasciava sedurre facilmente.
 
 
L’interno tra le radici era cavo e molto ampio come quelle di una mangrovia. C’era così tanto spazio che anche se l’intera Cittadella ci sarebbe stata per intero, sarebbe avanzato ancora la maggior parte dello spazio.
 
La rossa rimase a bocca aperto guardando il posto fino a sopra la sua testa, dove le radici si univano formando il tronco. Giran non fece molto caso alla sua reazione, ormai ne aveva viste così tante di espressione sorprese delle persone che arrivavano fin dentro le radici.
 
-Questo posto è immenso. Perché la gente non si traferisce qui?- chiese, alludendo alla grande quantità di spazio a disposizione e che avessero un tetto sopra alla testa del tutto naturale.
 
-Riusciresti a stare qui dentro ventiquattr’ore su ventiquattro?- gli domandò Maya. L’altra ci pensò un po’ e infine scosse la testa.
 
L’aria lì dentro gli sembrava malsana e decadente, come se fosse morta insieme l’albero. E vista la quasi totale oscurità del luogo, gli sembrava di essere entrata in una grotta.
 
-Perché siamo venuti qui?- aveva voluto seguire i due, forse perché era più preoccupata che lui provasse a toccare Maya. Piuttosto che scoprire di più sul popolo della terra.
 
-Lo vedrai, ma tu stacci molto vicina- la Fiers allungando la mano verso di lei. La rossa sorrise stringendo quella della figlia delle fiamme, stando mano nella mano.
Nel vedere il loro legame il Brashak si sentì un po’ invidioso delle due, ma ricacciò quel pensiero nella sua mente.
 
-Un momento. Secondo la leggenda non dovrebbe esserci un grosso mostro tra le radici di Yggdrasill?- Subito la sua mano scattò vicino al manico della spada che portava.
 
-Ah, si quello…è laggiù- gli rispose Giran indicando una direzione con la mano. Ma quando portò lo sguardò pronta a respingere un eventuale attacco, capì del perché gli altri due non fossero preoccupati.
 
Davanti agli occhi c’era un grande teschio di quello che sembrava un serpente con delle corna ramificate sul capo e vicino, quello che restava del suo corpo, solo delle ossa. Evidentemente doveva essere morto da molto tempo.
 
-È morto quando l’albero è iniziato a marcire- Non sapeva molto della creatura che viveva lì prima della Decadenza. Secondo le leggende tramandate dai suoi antenati, doveva essere una specie di regina dei primi draghi e che si nutrisse della linfa prodotta dall’albero per sostentarsi.
 
-Che sollievo- viste le dimensioni del teschio, di certo non sarebbe stata in grado di fare niente contro una creatura di quelle dimensioni.
 
-Fossi in te, non tirerei un sospiro di sollievo- la ammonì il moro, avvicinandosi ad una radice che partiva dal centro dell’albero. Allungò gli artigli strappando via la corteccia ormai talmente marcia, che non appena la tolse questa si sgretolò nella sua mano diventando polvere.
Continuò a scavare strappando parti di corteccia, sentendo dei brividi di disgusto al solo contatto con tutta quella materia ormai morta.
 
Quando all’ennesimo strappo, dalla radice iniziò a fuoriuscire un liquido denso e nerastro che iniziò a ribollire formando delle bollicine.
Il Brashak si allontanò subito per evitare di toccarla, mentre dall’alto si udì un grido che fece ghiacciare il sangue.
 
-Che cazzo è stato?- portò la mano ad estrarre la spada, ma la mano della Fiers glielo impedì. Quando la guardò per chiedergli spiegazioni, la cinerea gli mise un dito sulle labbra per dirgli di stare zitta.
Giran indietreggiò tornando dalle due donne, mentre una figura si muoveva tra l’oscurità in alto tra le radici.
 
Pacifica e Maya restarono dietro al moro, mentre dal soffitto scese la sagoma di uno scoiattolo grande più del Brashak. Ma non era di certo carino.
 
Era completamente privo di peli con le vene in evidenza in tutto il corpo di colore nero, era molto magro e scarno con lunghi artigli affilati e i grandi incisivi che si intravedevano dalla bocca, la folta coda sembrava l’unica parte con ancora del pelo. Ma erano così rizzati da sembrare delle spine.
Il roditore annusò l’aria muovendo la testa munita di corna da cervo dirigendosi verso la spaccatura da cui fuoriusciva la sostanza nera.
 
-Cosa sarebbe quello?- la rossa era rimasta inorridita da quell’essere.
 
-Il mio popolo li chiama Hignisir, ma forse tu li conosci meglio come Budbrisk-
 
-I messaggeri della natura!- l’altro annuì guardando l’animale mettersi a succhiare il nettare nero dalle radici. Giran rivolse uno sguardo alla Fiers.
 
-Hai quello che ti ho chiesto di portare?- la figlia delle fiamme annuì, passandogli un sacco. Lui lo prese tirandone fuori una pianta in un vaso.
 
Fece qualche passo verso il Budbrisk che era troppo preso a nutrirsi per prestargli attenzione. Quando gli arrivò ad alcuni passi di distanza si piegò scavando una piccola bica nel terreno ormai arido e vi ci piantò la pianta con le radici.
Si inginocchiò davanti ad essa e dopo aver fatto qualche respiro chiuse gli occhi portando le mani in preghiera all’altezza del petto.
 
I segni ramificati sul suo corpo iniziarono a brillare di nero, mentre la pianta prendeva a crescere ad una velocità incredibile fino a far sbocciare un grande fiore a campana.
 
Il dolce profumo nettare prodotto dalla pianta fece alzare di scatto la testa del roditore che si voltò con ancora la sostanza nera che gli macchiava gli incisivi. I suoi occhi erano completamente bianchi e lattiginosi come se fosse cieco.
Eppure l’odore che sentiva era qualcosa che aveva sotterrato nella sua mente. Si mosse verso il Brashak separando la distanza che c’era tra di loro. Pacifica alzò la pistola per provare a fermarlo, ma ancora una volta l’altra la fermò facendogli segno di rimanere a guardare.
 
-Così lo ucciderà!-
 
-No…guarda- il Budbrisk si messo ad annusare il grosso fiore aprendo le mandibole facendo uscire una lingua insolitamente lunga per uno scoiattolo. La mosse infilandola all’interno del fiore così da succhiarne il nettare e dopo qualche istante, l’animale iniziarono a versare lacrime bianche come i suoi occhi, come se fosse stato in uno stato di fecilità.
Giran sorrise a quella scena sentendo vicino a se una presenza familiare, quella di Gaia.
 
-Visto…non c’era niente da temere. Ma immagino che ora tu voglia delle spiegazioni- constatò la Fiers guardando l’altra che aveva la bocca completamente aperta dallo stupore.
Allungò la mano portandola sotto al mento della rossa per fargli chiudere la bocca.
 
-Così ti entreranno le mosche cara- Pacifica divenne rossa quanto i suoi capelli distogliendo lo sguardo.
 
-Si gradirei delle risposte!-
 
-Considerando che starà così per molto. Direi che ho tutto il tempo per spiegarti- le passò un braccio sulle spalle per condurla fuori da li. Lasciando Giran inginocchiato a pregare, con il Budbrisk ancora intento a nutrirsi.
 
 
 
Azara strinse i denti per il dolore atroce che provava, sentiva il calore del fuoco vicino al suo volto. Alzò appena gli occhi vedendo uno dei cavalieri infilzare un membro del suo clan a terra completamente inerme e disarmato.
Quando il sole stava tramontando quelle persone pesantemente armate si era presentata al loro accampamento  distruggendolo e prendendo ad uccidere chiunque gli capitasse a tiro.
 
Dopo aver ucciso la maggior parte dei loro guerrieri avevano radunato gli altri e li avevano legati a delle croci improvvisate.
 
-Stai comoda Goblin?- gli chiese la voce di quello che doveva essere il capo. Lei ringhiò provando a muoversi, ma gli aveva bloccato mani e piedi alla croce con dei chiodi di ferro.
Sentiva un male cane agli arti e il sangue che gli macchiava il labbro. Quello che l’aveva stesa doveva avergli rotto il naso visto che gli faceva un male atroce.
 
-Voi chi diavolo siete?- ringhiò mostrando i denti.
 
-Quindi sai parlare la mia lingua, ed anche bene-
 
-Chi diavolo siete?- ripeté. Dario inclinò la testa, per poi portare le mani a togliersi l’elmo.
Era un uomo di bell’aspetto dalla carnagione bianco lattea, capelli biondo grano e occhi azzurri. Ma quando vide i lunghi canini gli sbucavano appena dal labbro capì che si trattava di un vampiro.
 
-Noi siamo i membri della chiesa. Le persone che l’altissimo ha scelto per portare la sua parola e annientare i peccatori- disse il vampiro biondo con tono solenne alzando la mano al cielo. La Goblin ringhiò continuando a guardarlo, per poi ricordare che la maggior parte delle persone delle Terre Dimenticate era stata esiliata da questa chiesa.
 
-Siete quelli che mandano le persone a morire qui. MA NOI NON VI ABBIAMO FATTO NIENTE!- non li aveva mai visti o aveva avuto a che fare con loro. Quindi quel massacro nei loro confronti non era giustificato.
 
-Il solo fatto che voi bestie del male siate qui è una ragione più che valida- si intromise la Pacificatrice con il vestito macchiato di sangue. Azara gli sputò contro.
 
-Se questa è la vostra ragione…giudicarci solo per la nostra razza. Allora siete voi stessi i mostri che etichettate- urlò di dolore quando delle lame si piantarono nelle sue braccia e gambe. Il Templare aveva fatto uscire quattro braccia metalliche da sotto il suo mantello e l’aveva pugnalata.
 
-Non la…passerete li..scia. Lui ve la…farà pagare per…questo- disse tra uno spasmo di dolore e l’altro.
 
-Non temo le tue minacce. Michele mi protegge e guida la mia mano. Dovresti iniziare anche tu a pregare visto che sto per mandarti al cospetto di chiunque tu veneri- estrasse gli arti metallici per poi fare cenno a Isla di procedere.
La donna si avvicinò con in mano un paletto in argento e un martello. E puntò il primo all’altezza del cuore della Goblin.
 
Anche se sapeva di essere finita non voleva dargli la soddisfazione di vedere il terrore sul suo volto. Anche perché aveva la consapevolezza che Giran li avrebbe vendicati tutti quanti. Anche se sapeva che quello che si sarebbe trovato davanti non gli sarebbe piaciuto.
 
Distolse lo sguardo incrociando quello della Imp che era legata vicino al leone cavalcato dal capo dei Crociati. Negli occhi della discendente delle tenebre poté leggere tristezza, dispiacere mentre versava delle lacrime. Come se in parte si sentisse in colpa per la sorte che gli era segnata.
 
Azara lo capì e le lanciò un sorriso debole come a tranquillizzarla. Quella povera donna prigioniera era chiaro che non voleva essere lì ad assistere a quello spettacolo. Ed era di certo l’ultima da incolpare per quello che gli stava succedendo.
 
“Lascio la nostra vendetta a te Possente Alpha…e non piangere per noi, alla fine non è stata colpa tua” fece quel pensiero mentre chiudeva gli occhi rigati dalle lacrime che stava.
Proprio mentre la mano della Pacificatrice colpò il paletto producendo uno schizzo di sangue.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Eccoci al nuovo capitolo proprio prima della fine dell’estate.
 
Qui vediamo la vera natura di Dario ovvero di un vampiro e di quanto sia spietato e crudele oltre che molto devoto. Anche verso i suoi stessi uomini.
Poi vediamo Giran che va a trovare quello che resta del custode dell’albero o almeno ciò che ne resta.
 
Infine abbiamo la disfatta di Azara e dei Silent sands. Chissà quale sarà la reazione del protagonista quando lo saprà. O meglio io lo so, ma per saperlo dovrete aspettare il prossimo capitolo.
Ringrazio chi segue la storia e anche solo chi la legge e ci vediamo al prossimo capitolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12
 
 
-Fammi capire se ho afferrato il tutto…- iniziò Pacifica dopo che la Fiers gli aveva spiegato tutto –Quella era Ambra nera, una delle sostanze più pericolose è allo stesso tempo ricercate al mondo?-
 
Aveva sentito parlare di quella sostanza. Se ingerita o assimilata in qualche modo, pochi grammi conferivano un incremento delle abilità fisiche. Ma era allo stesso tempo una sostanza tossica e letale, tanto che anche assumerne poche gocce poteva debilitare chi lo usava e portava ad una morte atroce a chi ne assumeva troppa.
 
-Tutto corretto- rispose Maya tranquillamente facendo bere il suo Geork. La rossa si voltò verso le radici il sole ormai stava quasi per sparire e il Brashak non era ancora lì dentro insieme al Budbrisk.
 
-Dici che sta bene? È lì dentro da ore-
 
-Ti preoccupi per me?- la rossa sussultò di colpo quando lui gli apparve alle spalle. Odiava seriamente quando lo faceva e non riusciva a capire come facesse a muoversi silenziosamente con il corpo massiccio che si ritrovava.
 
-Certo che no!- rispose secca lei leggermente rossa per la scenata che aveva fatto.
 
-Tutto fatto?- gli chiese Maya e lui annuì.
 
-Quindi viene qui ogni giorno a nutrire quella…cosa mostruosa?-
 
-Quando queste terre erano ancora il Grembo di Gaia. I miei antenati condividevano le radici con gli antichi draghi e i Budbrisk…- abbassò gli occhi, come se spiegare quelle cose ormai passate fosse doloroso. Forse perché era una ferita ancora aperta nello spirito dei Brashak come se pensare a quelle quel dolore si fosse trasmesso anche ai discendenti degli antichi membri del popolo della terra.
 
-Hai preso un po' di quell’ambra nera?- lui la trafisse con lo sguardo e lei si sentì come se due spade gemelle, le pugnalassero il petto.
 
-Io quella roba non la tocco nemmeno con la mia ombra…è troppo pericolosa. Che Gaia mi possa colpire a morte in questo istante, se mai dovessi farlo- il solo pensiero di sfiorare quella sostanza lo disgustava. La rossa deglutì annuendo.
 
-C’è una cosa che non capisco. Ho sentito che è possibile trovarla, sul mercato nero. Questo vuol dire che sono venuti qui a prenderla e sono usciti dalle Terre dimenticate?- Anche se non l’aveva mai vista dal vivo fino a quel momento, aveva sentito che alcune dosi anche piccole erano vendute a peso d’oro.
Il moro però scosse la testa poco convinto di quella teoria.
 
-Alcuni dicevano che le radici dell’albero si estendessero in tutto il mondo, fin sotto all’oceano e riaffiorassero in altre terre lontane. Dai racconti degli Esiliati che ho incontrato alcune di queste radici fossilizzate si troverebbero in altre parti del continente-
 
-Si confermo. Io stessa ne ho vista una nelle isole orientali. Per cui questa teoria è giusta- concordò la Fiers, per far capire dove potessero rimediare l’Ambra nera anche fuori dalle Terre Dimenticate.
 
-Ok ho capito…se abbiamo finito qui, noi torneremo alla Cittadella. È quasi ora di cena- disse la rossa salendo in sella al Geork con Maya.
 
-Non vieni?-
 
-No, starò sotto le stelle- rispose lui respirando l’aria fresca della sera a pieni polmoni.
 
-Fa come vuoi- concluse la rossa facendo partire l’uccello per tornare a casa. Giran rimase a guardarle sparire, prima di incamminarsi. Non aveva una meta specifica, anche se probabilmente avrebbe cercato una roccia su cui sdraiarsi e vedere le stelle nel cielo.
Gli tornò alla mente di quando era solito sdraiarsi insieme alle sue tre sorelle più piccole e giocare a chi individuava per primo più costellazioni degli altri. Anche se erano bei ricordi per lui avevano un sapore dolce-amaro.
 
Fu un ruggito a riscuoterlo dai suoi pensieri. Voltò la testa vedendo una sagoma sulla sabbia sentendo l’indistinto odore di sangue. Si avvicinò vedendo che era l’animale da compagnia di Azara, subito si piegò su di lui vedendo che era ferito da una freccia al fianco.
Il Seikh emise un verso debole, felice di vedere quella faccia che non gli era mai andata a genio.
 
-Che è successo?- il felino lasciò cadere qualcosa dalla bocca prima di emettere un ultimo verso e stramazzare al suolo. Lui deglutì prendendo ciò che aveva lasciato cadere: una collana con una zanna. Era quella che Azara teneva sempre al collo, se gliel’aveva portata non era un buon segno.
Riportò l’attenzione sul corpo del Seikh chiudendogli gli occhi che gli erano rimasti aperti, per poi caricarselo in spalla. Lo avrebbe riportato dalla sua padrona, qualunque cosa fosse successo.
 
Quando raggiunse l’accampamento lo spettacolo che gli si presentò davanti era atroce. I corpi dei Goblin ammassati in una pila di corpi e altri appesi a quelle croci gli fece mancare il respiro, mentre lasciava andare il corpo del felino cadendo in ginocchio.
 
-Che diavolo è successo qui?- mentre se lo chiedeva gli venne spontaneo chiedersi anche dove fosse lei. Alla fine la individuò appesa ad una croce.
 
-AZARA- subito la strappò dalla croce per vedere come stesse. Ma sentì il suo corpo ormai freddo e il paletto piantato nel cuore, ormai era troppo tardi per lei. Gli occhi del Brashak iniziarono a versare lacrime, loro gli avevano giurato lealtà e non era riuscito a ricambiarla, non li aveva protetti.
Guardò il volto della goblin che presentava un sorriso in volto, abbassò lo testa poggiando la fronte contro la sua finendo per bagnarle il volto con il suo pianto. Strinse i denti per il dolore alzando la testa e lanciando un forte urlo di rabbia e tristezza che risuonò lungo il deserto.
 
 
 
 
-Cos’è stato?- i Crociati si misero subito sull’attenti quando udirono il forte urlo brandendo le loro armi. Iniziarono a guardarsi freneticamente intorno, in cerca di cosa avesse causato quel suono.
 
-Calmatevi, probabilmente sarà qualche animale che ne ha mangiato un’altro- rispose Dario appoggiato comodamente contro il fianco del suo leone alato, come se fosse una poltrona.
 
-Si…ha ragione- ammise uno dei suoi sottoposti riprendendo a spostare il corpo di un fanatico. Quando avevano lasciato il villaggio distrutto si erano imbattuti in un accampamento di quelli che adoravano i draghi della sabbia, riservandogli lo stesso trattamento di quei mostriciattoli verdi.
Ma Zeus non era dello stesso avviso. I suoi occhi rimase a guardare l’orizzonte in cerca di qualunque forma di minaccia.
 
Il vampiro lo ignorò, credendo che fosse solo il suo istinto animale. Al gruppo mancava qualche cavaliere e la Pacificatrice, la quale era voluta rimanere indietro a pregare per ringraziare della morte di quelle piccole creature oscure. Anche se avrebbe preferito che fosse lì con lui a cercare quel fastidioso elfo arcano.
Il solo pensiero di non averlo ancora trovato lo faceva uscire di esso, doveva trovarlo e interrogarlo o anche solo trovare il suo cadavere così avrebbe salvato automaticamente la faccia e la reputazione.
 
Quando il suo stomaco reclamò del cibo, doveva rilassarsi e bere per ricaricare le sue forza. Prese la catena a cui era legata la Imp strattonandola con forza facendola cadere sulla sabbia.
 
-Finite di spostare questi corpi, io mi ritiro nella mia tenda. Vedete di non disturbatemi- i cavalieri annuirono continuando il loro lavoro. Sapevano che quello più che un ordine era una minaccia leggermente velata.
 
La tenda del Templare era di colore rosse e bianco finemente ricamata e quasi il triplo più grande di quelle dei suoi uomini. Trascinò dentro la prigioniera legandola ad un chiodo che sporgeva per non farla scappare e si tolse l’elmo. Si lisciò i capelli biondi sentendoli secchi a causa del clima, sospirò infastidito da ciò per poi prendere uno specchio e specchiarvisi dentro.
 
-Ciao splendore- si ammiro spostandosi con la mano una ciocca di capelli che gli era finita sugli occhi facendosi un occhiolino. Per poi liberarsi del mantello e la parte superiore della corazza mettendo in mostra il suo fisico scolpito e le quattro braccia in acciaio Damasco che si trovavano sulla sua schiena.
Si trattava di arti prostatici che venivano fusi col corpo del loro utilizzatore e che poteva comandarli tramite la sua volontà.
 
Quando il suo stomaco brontolò di nuovo, si voltò verso la Imp che lo guardava disgustata. Prese la catena attirandola lentamente a se e afferrandogli il collo, la costrinse a dargli la sua schiena.
 
-Credo sia ora di mangiare…almeno per me- le disse beandosi dell’odore di paura che la discendente delle tenebre emanava. Le tirò i capelli costringendola a spostare la testa di lato per poi affondare i canini nel suo collo. La Imp emise un verso di dolore provando a divincolarsi ma senza successo, iniziando a sentirsi debole quando cominciò a succhiargli il sangue.
 
Si staccò solo quando fu soddisfatto, sentendosi rinvigorito sia a livello di sete che di magia. Trovava gli Imp delle creature impure, ma il loro sangue ricco di magia era ottimo per ricaricarsi. Lasciò andare la prigioniera che cadde a terra debole, mentre lui prendeva un fazzoletto per pulirsi la bocca.
La discendente delle tenebre si strinse in posizione fetale piangendo per la vergogna e il dolore al collo, promettendosi ancora una volta che avrebbe ucciso quella sanguisuga con le sue stesse mani e poi sarebbe morta anche lei.
 
 
 
 
Il cielo stellato era una delle cose migliori che il Brashak aveva trovato in quella giornata di merda. Dopo aver seppellito i corpi di Azara e della sua gente aveva trovato tra i resti dei contenitori pieni di una bevanda alcolica prodotta con i cactus.
 
Porto il contenitore alle labbra tracannando tutto il contenuto e gettarlo sulla sabbia. Per poi emettere un singhiozzo.
 
-Questa roba è molto alcolica- il livello di alcool era così alto che dopo essersene scolati cinque di seguito, iniziava ad essere piuttosto brillo. Gli sembrava che le stelle in cielo si avvicinassero e allontanassero ad intermittenza, tanto che provò ad allungare la mano per prenderle.
Ansimò sentendosi accaldato, come se il suo corpo andasse a fuoco, subito si immerse nella sabbia fredda della sera per provare ad abbassare la sua temperatura corporea.
 
Restò a crogiolarsi nel fresco, quando si sentì un odore strano. Alzò lo sguardo trovando una piantina che spuntava dalla sabbia. Inclinò di lato la testa confuso, non avrebbe dovuto esserci dell’erba in quella zona. Questa crebbe fino a diventare un grosso bocciolo verde che si aprì diventando una figura umanoide.
 
-Oh…wow…- non ebbe parole mentre osservava la figura esile della creatura, era leggiadra come una ballerina con la carnagione verde e un volto delicato senza bocca, solo un paio di occhi verde scuro e una massa di capelli simili a radici di colore marrone, così come il vestito che indossava.
Si trattava di una Ninfa, una messaggera e portavoce degli dei. E a giudicare dal suo tipo intuiva benissimo chi l’avesse mandata.
 
-Quindi Gaia ha avuto pietà di me…eh?- gli chiese uscendo dalla sabbia per poi piegarsi in due vomitando a causa dell’alcool proprio davanti alla messaggera. La quale però rimase totalmente indifferente.
 
-Scusa…sono lievemen…- non finì la frase che un pugno lo colpì in pieno volto sbattendolo a terra. Sgranò gli occhi scuotendo la testa, non sapeva che le ninfe fossero così forti da sbalzare via una della sua mole.
 
-Che cazzo combini Giran?!- alzò la testa di scatto riconoscendo quella voce. Davanti a lui Hireza, la sua Matriarca e Maestra lo stava osservando con il pugno in avanti. Rimase con gli occhi sgranati e la bocca aperta, osservando la donna, non riuscendo a crederci.
Non l’aveva vista morire, ma aveva seppellito il suo braccio destro. L’unica parte che aveva ritrovato quando si era risvegliato dopo la battaglia e invece la persona che aveva davanti aveva ancora entrambe le braccia.
 
-È passato più di un secolo dall’ultima volta che ti ho visto e ti ritrovo ubriaco. Spero tu abbia una spiegazione?- lo riprese incrociando le braccia sotto al seno, si vedeva dal suo sguardo che si stava incazzando a morte. Lui si rimise in piedi traballante, notando che la sua figura era in parte trasparente.
 
-Credo di avere un’allucinazione da sbronza- subito dopo averlo detto Hireza gli assestò due pugni al volto e un calcio allo stomaco facendolo finire di nuovo a terra. Dietro di loro la Ninfa restava in disparte ad osservare senza emettere alcun fiato o movimento.
 
-Sono abbastanza reale adesso?- si rimise velocemente in piedi ancora più stupito. Il suo comportamento e la forza dei suoi colpi, tutto gli diceva che si trattava della vera Hireza e non di un’allucinazione. Deglutì abbassando lo sguardo per non guardarla in faccia, non sapeva cosa dirgli o come comportarsi. L’unica cosa che gli veniva in mente erano i ricordi del giorno in cui aveva perso tutto, i quali lo colpirono come un martello.
 
-Allora dimmi cosa vuoi fare a proposito della morte dei tuoi amici?- gli domandò per riscuoterlo dai suoi pensieri, ma lui continuava a tenere lo sguardo basso –Non riesco a credere che tu ti sia ridotto così!-
 
-Matriarca…io…mi dispiace- gli disse con voce tremante alzando lo sguardo solo per prendersi un calcio in pieno viso che lo fece indietreggiare, ma riuscì a non cadere a terra.
 
-Non mi interessano la l’unghia di un drago del tuo dispiacere per quel fatto Giran! Voglio sapere cosa farai riguardo a chi ha ucciso i Goblin che ti hanno giurato lealtà!- gli occhi del moro si tinsero nuovamente di lacrime che iniziarono a rigargli gli occhi.
 
-Dovrebbe invece. Il clan è morto a causa di un mio errore- la Matriarca sciolse le braccia incrociate al petto avvicinandosi al suo pupillo e poggiandogli le mani sulle spalle. Lui alzò la testa per guardarla negli occhi, solo per ricevere una testata che lo sbatté violentemente sulla sabbia.
 
-Inizio a credere che di aver fatto un errore a credere in te! Provo pena per i tuoi genitori e le tue sorelle, hanno sbagliato a riporre in te la loro fiducia!- sentendole nominare, gli occhi del Brashak si tinsero di pura rabbia. Anche se rispettava la sua Matriarca, non doveva permettersi di insultare le sue adorate sorelle minori.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ben trovati al nuovo capitolo. Qui abbiamo tante notivà, scopriamo che l’amba nera prodotta dai resti di Yggdrasil è tossica e che neanche Giran osa toccarla.
Poi vediamo di come Dario sia ance un narcisista. Di certo la Imp ha giurato sulla sua stessa vita di ucciderlo, ma come non comprenderla visto cosa deve subire.
 
Infine ecco un Giran ubriaco che incontra una Ninfa, una messaggera degli dei e il ritorno di Hireza. O almeno del suo spirito, che subito inizia a riprendere il suo allievo per come si è ridotto, non esitando a colpirlo.
Di certo nel prossimo si prevede uno scontro imminente, ma dovrete aspettare per vederlo. Per ora ringrazio anche solo chi segue o legge la storia e vi saluto.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13
 
 
Lo sguardo che gli stava lanciando era sufficiente a fargli capire che era riuscito a smuoverlo. Giran d’altro canto era carico di rabbia, non importava che fosse la sua Matriarca, c’erano dei principi che andava rispettati. E per lui uno di questi era di non prendersela in alcun modo con la sua famiglia.
 
-Se sei riuscita a colpirmi vuol dire che sei tangibile! Solo mi chiedo se anch’io posso colpire te?- lanciò uno sguardo alla Ninfa che annuì muovendo appena la testa.
 
Il Brashak fece forza poggiando il peso sui piedi così da comandare la sabbia. Questa si mosse creando degli spuntoni sotto alla castana.
Con un semplice movimento però, Hireza saltò sopra alla punta di uno di loro proprio mentre si stava formando, stando in equilibrio su un piede. Appoggiò l’altro piede contro la superficie dello spuntone e questi riassunsero la loro normale forma e consistenza.
 
Il moro si aspettava che avrebbe comandato la sabbia per farla tornare come prima. Strinse le mani fino a far scrocchiare le dita per poi aprirle allungando gli artigli.
Con un movimento fulmineo scattò verso di lei, tirandole un pugno al volto. Questo andò a vuoto, visto che la Matriarca si spostò leggermente per evitarlo. Continuò ad incalzarla con colpi a raffica, ma lei li evitava tutti con prontezza. All’ennesimo tentativo però si sentì bloccato.
 
Abbassò gli occhi vedendo che la sabbia aveva bloccato i suoi piedi. Approfittando di quella distrazione mosse la sabbia creando un martello, colpendolo in pieno petto.
Giran venne spinto indietro dalla forza del colpo, ma strinse i denti riuscendo a non finire a terra e restare in piedi.
 
-Giran non per offenderti, ma le tue movenze…- iniziò muovendosi velocemente trovandosi faccia a faccia con il suo allievo e bloccando con il piede quello dell’altro prima che lo calasse a terra -…sono prevedibili- concluse poggiandogli la mano al petto, il Brashak poté sentire l’energia della terra che si poggiava contro il suo petto per poi venire scagliato all’indietro rotolando rovinosamente a terra.
Sputò sangue mettendosi a carponi, sentendo lo sguardo di lei su di se.
 
-Avanti alzati. Voglio vedere se questa volta riesci almeno a colpirmi- gli intimò facendogli segno di continuare.
 
Si tolse il sangue dalla bocca col braccio rimettendosi traballante in piedi. Sentiva le gambe tremargli per il colpo ricevuto e il fiato corto. Il suo istinto gli diceva di continuare a colpirla, ma sapeva che in quel modo non sarebbe resistito molto.
Strinse il pugno colpendosi di proposito in fronte fino a farsi uscire un lieve fiotto di sangue indietreggiando appena. L’altra lo guardò scrocchiarsi il collo dopo il colpo autoinflittosi e riportare lo sguardo su di lei.
 
-Ti chiedo scusa Matriarca. Ma ora farò sul serio!- disse mettendosi in posizione d’attacco allargando le braccia e piegando leggermente le gambe. Hireza sorrise percependo il cambiamento rispetto a prima, finalmente si era deciso.
 
-Allora fatti sotto!- gli rispose assumendo la stessa posizione pronta a fronteggiare il suo successore.
 
I due si guardarono senza emettere un singolo fiato studiandosi a vicenda in vista della prima mossa. Appena Giran la vide trattenere il respiro mosse la sabbia creando un muro. Ma la donna fu più veloce separando la distanza tra di loro. Non ebbe il tempo di deglutire, vedendo gli artigli dirigersi verso il suo volto, alzò la mano intercettando gli artigli con i suoi fermandola.
 
Dopo averla bloccata si giro eseguendo una proiezione sulla spalla e lanciarla terra.
Questa appena sentì la schiena battere contro la sabbia allungò la gamba sferrando un calcio, Giran portò le braccia incrociate davanti a sé parandolo. La Brashak ne approfittò per rimettersi in piedi con un colpo di bacino e allungò il braccio afferrando il volto del suo allievo. Lui gli afferrò il braccio d’istinto, ma Hireza lo colpì allo stomaco spedendolo nuovamente a terra.
 
-Manipolazione della terra ottima. Ma pecchi in resistenza…su questo non riesci proprio a migliorare!- rispose secca, vedendolo alzarsi barcollando. Sputò a terra scrocchiandosi facendo una scrollata di spalle.
 
-Ne sei convinta?- gli domandò prima di scattare assestandogli un pugno in pieno volto, che venne ricambiato anche da lei. I due Brashak indietreggiarono ed Hireza si portò la mano al naso dolorante.
 
“Quando è stata l’ultima volta che mi ha colpita?” si chiese scavando nella sua memoria in cerca di quel ricordo, ma si fermò dato che non era quello il momento. Dopo un secondo i due ripresero a combattere, questa volta corpo a corpo. Nessuno parò o schivò una singola volta, li stavano entrambi incassando giocando solo sull’indurimento del loro corpo. Continuarono a scambiarsi colpì, quando all’ennesimo pugno incassato la vista di Giran iniziò ad offuscarsi.
 
“Non ora dannazione” strinse i denti per dire al suo corpo di continuare ad attaccare. Ma quell’attimo gli fu fatale, Hireza approfittò della sua apertura per sferragli un pugno allo stomaco con tutta la sua forza. Sentì il dolore propagarsi dalla zona colpita fino al resto del suo corpo sputando sangue.
Barcollò mentre il suo corpo iniziava a cadere in avanti, facendo sospirare la Matriarca.
 
“È finita!” affermò con una punta di delusione nella voce. Sperava davvero che sarebbe stato diverso ed invece, era come negli allenamenti da giovane quando lo batteva. Alla fine non era cresciuto poi così tanto.
 
Ma se pensava che lui si sarebbe arreso si sbagliava, strinse i denti facendo forza sulle gambe per non cadere e alzò il braccio per un montante mentre sentiva l’energia della terra salire lungo i suoi piedi e in tutto il suo corpo fino al suo pugno. Il montante colpì il mento della donna, che sentì in pieno tutta la forza dovuta all’energia della terra, venendo lanciata in aria e ricadendo a terra con un forte tonfo.
 
-Anf…anf…allora…ti piace…anf…la mia FORZA!- affermò ansimando portando il pugno con cui l’aveva appena colpita davanti a se. La Matriarca, non riuscì a parlare o pensare ad altro se non che il cielo stellato era bello. Anche se non poteva sentire dolore visto che la sua forma fisica era temporanea, capì di aver commesso un grave errore: aveva abbassato la guardia.
 
sollevò la testa per vedere il suo allievo, la determinazione che bruciava nei suoi occhi era la stessa che aveva messo anche nel colpo che aveva ricevuto. Per un istante gli sembrò di rivedere se stessa.
 
-Sto proprio invecchiando- ammise lasciando che la testa ricadesse sulla sabbia. Lui rimase a fissarla ingoiando il sangue che aveva ancora in bocca.
 
-Forse mi sbagliavo. C’è ancora speranza per te- ammise infine con un sospiro. Giran si avvicinò lasciandosi cadere seduto vicino alla sua maestra. Non si guardarono, intenti a riprendere fiato sotto l’osservazione della Ninfa.
 
-Ti ho mai raccontato di quando ti diedi il tuo nome?- gli domandò di punto in bianco. Lui le lanciò un’occhiata per poi annuire.
 
-Si…tutto il Clan aveva temuto il peggio quella volta- rise. Hireza non parlo prendendo un respiro dell’aria di quel posto che gli era mancato, rimmergendosi in quel ricordo.
 
 
Inizio Flashback
 
La Matriarca era davanti ad un altare dedicato a Gaia in totale prostrazione. Tutti i marchi sul suo corpo brillavano di viola intenso, mentre rivolgeva le sue preghiere alla sua dea.
Lo faceva perché sapeva che quella notte sarebbe nata la sua succeditrice.
 
Come lo sapeva. Dopo quasi ottocento anni si sviluppava un intuito per certe cose. A lei sarebbe toccato il compito di addestrarla e cedergli la guida del Clan quando sarebbe stato il momento. Così come la sua Matriarca aveva fatto con lei e anche quelle precedenti.
Si rimise dritta prendendo un profondo respiro mentre portava le mani unite in preghiera davanti al petto. Per tutto il giorno e fino a quel momento Hireza stava ancora pensando al nome che avrebbe dovuto dare alla nuova arrivata. Come voleva la loro tradizione.
 
Improvvisamente una donna entrò di scatto nella grotta che ospitava l’altare. Lei si voltò guardando la sua simile ansimante.
 
-Se sei qui è perché la nuova Matriarca è nata giusto?- l’altra annuì tenendo lo sguardo basso. Nei suoi occhi si poteva leggere un certo disagio e preoccupazione. Questo mise in allarme la donna che si alzò di scatto.
 
-È successo qualcosa? La bambina sta bene?- chiese subito. L’altra deglutì scuotendo la testa.
 
-No, è in perfetta salute…solo…- la Brashak cercò di trovare le parole per dirglielo -…è un maschio-
 
-Come scusa?- chiese credendo di aver capito male. L’altra deglutì nuovamente, forse spaventata dalla reazione che avrebbe potuto avere.
 
-Non è una femmina, ma un maschio- Hireza sgranò gli occhi per la sorpresa e la sua reazione fu un totale mutismo e immobilimento. Tanto che anche l’altra si preoccupò per lei.
 
 
-Portami da lui!- gli disse infine riprendendosi. La Brashak annuì terrorizzata, anche se non percepiva alcun intento omicida o altro provenire dalla sua Matriarca.
 
Fuori dalla grotta il villaggio era rumoroso, tutti i membri del clan si erano riuniti intorno a qualcosa. Alla castana non servì certo fare i conti per sapere che cosa guardassero, espirò emettendo un sospiro e tutti gli altri si voltarono verso di lei. Sui loro volti c’era preoccupazione, stupore, ma anche curiosità.
 
-Fatemi passare- manco a dirlo tutti quando si fecero da parte aprendogli la strada. Lei sorrise facendo un cenno del capo con la testa mentre si avvicinava. Sul terreno c’era una cupola di sabbia, non enorme ma abbastanza da contenere una persona. Davanti ad essi uno membro del Clan non dava l’aria di volersi spostare.
 
-Sorag- sussurrò il nome del Maschio che le stava davanti. Era imponente e muscoloso come il resto della sua razza, con una carnagione color della terra, i suoi marchi erano principalmente sul collo e il pesto ed erano di un colore verde scuro.
Rimase davanti alla cupola con i pugni chiusi, era chiaro che la stava sfidando. Ma non poteva biasimarlo, stava solo proteggendo suo figlio.
 
-Matriarca, la prego…so che è scioccante! Però…-
 
-Nessuno di voi si avvicinerà a lui. Nessuno!- gridò Niraja con tutto il fiato che aveva in corpo. A quel punto era chiaro che la situazione sarebbe potuta degenerale.
Hireza allungò la mano poggiandola sulla spalla del giovane padre. Lui incrociò il suo sguardo che sembrava dirgli che sarebbe andato tutto bene, dopo di che lo superò e lui non oppose resistenza o cercò di fermarla.
 
Allungò la mano poggiandola sulla cupola e concentrandosi annullò il potere di chi stava all’interno, scoprendo chi vi nascondeva dentro.
Niraja sgranò gli occhi venendo coperta dall’ombra della Matriarca stringendo a sé il suo bambino. Hireza notò che la donna era macchiata di sangue e che aveva il fiato pesante, il parto doveva sicuramente averla stremata. Ma nonostante questo era lì, pronta anche a sfidare la morte pur di proteggere il suo bambino.
 
-Sembra che tu abbia bisogno di riposarti Niraja- le disse accovacciandosi e allungando le mani per dirgli di dargli il piccolo. La Brashak dai capelli neri le ringhiò contro in segno di minaccia per dirle di non avvicinarsi a suo figlio.
 
-Non me lo porterà via, non ha fatto niente!- non voleva cedere il suo primo figlio in quel modo, perché era terrorizzata su cosa avrebbe potuto fargli. Quella paura era qualcosa che Hireza non poteva capire non avendo mai dato alla luce una vita, ma capiva la paura di dover perdere un membro della famiglia.
 
-Niraja…- iniziò ma venne interrotta.
 
-Ha i marchi di una alfa, lo so. Ma solo perché è un maschio non merita la morte…io non ve lo permetterò- gridò con le lacrime agli occhi, quando sentì il tocco gentile della castana accarezzargli il viso per guardarla negli occhi. Le due donne si scambiarono un lungo sguardo rimanendo lì come se fossero in simbiosi.
 
La Matriarca abbassò lo sguardo sul bambino, era molto piccolo e tutto il suo corpo era ricoperto di marchi neri.
In parte era scioccata e in parte incuriosita, era il primo maschio nato con i segni di un alfa. E lei sapeva benissimo cosa fare.
Prese delicatamente il piccolo tra le braccia della madre per poi rimettersi in piedi e avvicinarsi al fuoco da campo al centro del villaggio. Tutti si misero subito in allarme, soprattutto i genitori che stavano gridando pietà per il loro bambino.
 
Appena arrivò davanti al fuoco con il piccolo in braccio, si tolse la parte superiore del suo vestito rimanendo a torso nudo. Allungò gli artigli della mano libera portandola al petto e incidersi la pelle facendo uscire il sangue per macchiarsi la mano.
Successivamente lo usò per disegnare sulla fronte del piccolo un triangolo rovesciato con una linea orizzontale in mezzo. La piccola creatura aprì gli occhi color ametista incontrando quelli verdi della donna.
 
-Giran…questo sarà il tuo nome d’ora in avanti!- affermò alzandolo verso la luna piena che svettava in cielo.
 
-Benvenuto a casa, mio successore!- concluse sorridendo mentre il bambino iniziava a ridere divertito.
 
 
Fine Flashback

 
 
 
-Tutti pensavano mi avresti ucciso!- lei gli lanciò contro della sabbia offesa da quell’affermazione.
 
-Non ucciderei mai un membro del mio popolo se non costretta. Specialmente un bambino!- gli rispose continuando a guardare le stelle in cielo –Credo sia arrivato il momento per te di andare oltre!-
 
Lui abbassò lo sguardo, non era per niente sicuro che ci sarebbe riuscito. Si sentiva ancora in colpa per quel giorno, il dolore che lo dilaniava era ancora presente nel suo petto. La Matriarca si sollevò avvicinandovisi per posargli la mano all’altezza del cuore
 
-Nessuno di loro ti porta rancore- lo rassicurò, per fargli sapere che la sua famiglia e il resto del Clan non ce l’avesse con lui.
 
-Avrai anche perso la tua famiglia. Ma ne hai creata una nuova! La Cittadella che hai aiutato a fondare è un bel luogo- ammise la Matriarca, sorridendo quando lo vide arrossire per le sue parole.
 
-Non so se tu l’abbia creata per riempire il vuoto o perché pensavi che fosse giusto aiutarli. Ma sono una tua responsabilità, sei il loro guardiano…come lo ero io per il nostro popolo-
 
-Ma non ho protetto Azara e gli altri- gli diede le spalle sentendo di nuovo il fallimento gravare sulle sue spalle.
 
-Non possiamo prevedere tutto quello che potrebbe succedere Giran, nemmeno io ci sono riuscita. Ma rispondi a questa domanda…sai chi può essere stato?- annuì subito.
Non gli servì pensarci per saperlo, visto come erano stati messi in posa i corpi e uccisi. Era ovvio che erano i membri della Chiesa e sapeva anche cosa ci facessero nelle Terre Dimenticate. L’intuito di Ajarys non si sbagliava.
 
-Allora dimmi. Li lascerai impuniti per ciò che hanno fatto? O gli mostrerai il conto?- il Brashak si voltò per guardarla negli occhi, facendole intuire che cosa voleva fare. Lei sorrise poggiandogli una mano sulla testa.
 
-Allora vai, ma ricorda di proteggere anche. E portaci una battaglia con cui vantarti con i nostri antenati e le altre Matriarche…quando giungerà la tua ora, ovviamente- quelle parole lo fecero sorridere per poi stringerla forte in un abbraccio. Hireza rimase sorpresa, ma dopo un istante lo strinse a sua volta ricambiando la stretta e chiudendo gli occhi. Strinse la presa beandosi di quel contatto quasi materno, mentre avvertiva la figura della sua Matriarca diventare sempre più evanescente fino a sparire.
Si ritrovò a stringere l’aria, mentre i suoi occhi si velarono di lacrime.
 
Rivolse poi la sua attenzione sulla Ninfa che lo stava ancora guardando. Si avvicinò a lei per poi inginocchiarsi e portare la fronte a terra in segno di prostrazione.
 
-Grazie per questo dono. Sia a voi che a Gaia- disse con tutta la gratitudine che aveva. La ninfa non disse niente limitandosi ad allungare il braccio e accarezzargli delicatamente la testa. Fatto ciò il suo corpo iniziò ad appassire fino a ridursi ad un seme marroncino.
 
Giran lo raccolse per poi piantarlo nella sabbia, in segno di rispetto. Ora sapeva che cosa doveva fare.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ecco finalmente il nuovo capitolo.
 
Sembra che Giran abbia trovato la serenità nel suo cuore, ma ha dovuto prima affrontare una dura battaglia. Ammetto che creare lo scontro tra i due mi è risultato impegnativo, ma spero che il risultato vi aggradi.
Inoltre qui si scopre anche uno scorcio di passato della venuta al mondo del protagonista, che ha sconvolto tutti. Ora che Hireza lo intima di proteggere ciò che ha ottenuto.
 
Sicuramente i Crociati si sono fatti un nemico potente, ma non dico altro. Per ora ringrazio chi ha letto il capitolo e ci vediamo al prossimo.
A presto

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14
 
 
La legna del piccolo falò scoppiettava mentre il Brashak attendeva che si spegnesse del tutto. Non erano certo le fiamme che gli interessavano, era la cenere quella che voleva. Quando alla fine la fiamma si estinse, tolse i tizzoni restanti raccogliendo la cenere mista a sabbia tastandola con la mano.
Era ancora calda ma per lui non era di certo un problema. Prima di mettersi alla ricerca degli uomini della Chiesa, doveva completare un rituale di guerra.
 
Si tolse il mantello in cuoio restando a torso nudo, iniziando a passarsi la sabbia e la cenere sulle braccia e il corpo. Successivamente si portò il dito alla bocca mordendolo fino a farsi uscire il sangue e usandolo per disegnare sul suo petto il simbolo alchemico della terra.
Era un modo per connettersi al loro elemento e consacrarsi alla terra, così da avere la protezione di Gaia.
 
Fatto ciò raccolse la cenere rimasta e se la passò sul volto come pittura di guerra, così da ottenere tre segni che gli percorrevano il volto.
 
Si rimise in piedi chiudendo gli occhi e concentrarsi solo sul senso dell’olfatto. Prendendo dei profondi respiri, lasciò entrare gli odori nel suo naso e il suo cervello prese ad analizzarli uno per uno. Tra di essi c’erano quelli più familiari della sabbia e delle creature che l’abitavano, ma poi percepì qualcosa di sconosciuto insieme a quello acre del sangue.
 
“Forse li ho trovati!” si disse iniziando a seguire il suo naso nella direzione che gli diceva. Se credevano che avrebbe avuto pietà si sbagliavano.
 
 
 
Nel frattempo i Crociati che si erano distaccati dal gruppo di Dario erano ansiosi di ricongiungersi agli altri cavalieri. Soprattutto perché quel posto li innervosiva, era così selvaggio e pericoloso che non potevano abbassare la guardia nemmeno un’istante.
Isla sembrava l’unica a non avere di questi problemi. La Pacificatrice era inginocchiata con le mani congiunti in preghiera, ringraziando il signore per la sua protezione.
 
-Non so voi, ma a me mette i brividi!-
 
-Che vuoi dire?-
 
-E’ troppo tranquilla…e poi l’hai vista, non sembra provare emozioni- gli altri non poterono negarlo. L’unica nota di emozione era quando pregava.
 
Ma dopotutto sapevano che erano state addestrate a non provare emozioni superflue se non l’amore e la devozione al signore. Isla ignorò quei commenti troppo immersa nelle sue preghiere di ringraziamento per poter rispondere a quei pensieri superflui.
Dal cielo scese un falco che planò fino ad adagiarsi sulla spalla della donna. Il rapace scrutò l’ambiente intorno a sé per poi abbassare il capo come la sua padrona.
 
-Spero faccia in fretta perché qui…- gli altri tre Crociati aspettarono che finisse la frase, ma quando si girarono inorridirono vedendo una punta di sabbia che aveva perforato la corazza e il petto del loro compagno. Indietreggiarono spaventati e il falco gracchio riscuotendo la sua padrona dalle preghiere.
 
-Che succede?- chiese subito vedendo il cavaliere trapassato a morte, la punta di sabbia ritornò nuovamente della sua normale consistenza e il corpo cadde a terra.
 
-Cosa accidenti è stato?- tutti i cavalieri erano spaventati, eccetto Isla che aveva uno sguardo impassibile. Il suo falco intanto era ancora sulla sua spalla guardandosi intono. Quando avvertì una forte aura che lo fece gracchiare spaventato.
 
-Che succede amico mio…c’è un nemico?- subito tutti estrassero le loro armi.
 
-Restate calmi, il signore è con noi e guida la nostra forza- li ammonì subito lei stringendo la croce che portava al collo.
 
“Non mi sembra il momento di pregare questo” si disse un Crociato, sentendosi afferrare la testa e successivamente ritrovarsi a guardare dietro di sé. Trovandosi degli addominali scolpiti. Il cavaliere sputò sangue dato che aveva la testa ruotata al contrario.
Giran spinse via il corpo del cavaliere con un calcio guardando il resto del suo gruppo che sobbalzarono di paura.
 
-Che diavolo è quell’essere…un gigante?- Isla però non sembrò intimorita dalla stazza del Brashak.
 
-Non ricordavo che avessimo mandato qui degli esseri così imponenti!-
 
-Infatti non lo avete fatto…io ci sono nato qui- rispose il moro con tono freddo.
 
-Quindi sai parlare. Che bestia strana!- un ringhio uscì dalla sua gola, non gli piaceva essere paragonato ad una bestia. Ma ancora di più non gli piacque quando il suo naso sentì la puzza di sangue provenire da quella donna.
 
-Rispondi ad una domanda. Siete stati voi ad uccidere il villaggio di Goblin non lontano da qui?-
 
-Quegli esseri delle tenebre. SI, siamo stati noi. La sola presenza di quegli esseri oscuri era un’offesa alla luce- rispose calma stringendo la croce –Per caso eri loro amico? Se è così allora anche tu sei dalla parte del male!-
 
Il Brashak non sembrò essere toccato minimamente dalle sue parole. Capiva che la devozione ad una divinità poteva spingere ad uccidere chi ne venerava un’altra. Ma anche se lo comprendeva, non poteva certo lasciarli vivere dopo quello che avevano fatto ad Azara e gli altri.
 
-Allora temo che stiate per morire!- disse allungando gli artigli e i suoi occhi si tingevano di rosso per la rabbia che stava provando.
 
-Uccidetelo nel nome di Dio- il Crociato più vicino fu il primo a muoversi per effettuare un affondo con la spada. Giran indurì il suo corpo, ma nonostante questo avvertì una fitta all’addome, sconcertato abbassò lo sguardo vedendo che la lama era riuscita a perforare la sua pelle anche se non di tanto.
Il cavaliere provò ad estrarre la spada, ma questa sembrò bloccata. Alzò la testa solo per vedere l’espressione furiosa del membro del popolo della terra prima che gli desse un pugno alla testa piegandogli il collo in modo innaturale.
 
Prese la spada estraendola e guardarla più da vicino. Sembrava una semplice arma in acciaio, ma la lama presentava delle increspature come quelle che si formano quando smuovi la superficie dell’acqua con un sasso.
 
-Quindi anche tu sanguini- si meravigliò la Pacificatrice ma anche fiduciosa nel vedere il loro acciaio Damasco ferire l’imponente corpo del loro nemico.
 
-Se sanguina, allora può essere ucciso!- disse l’ultimo cavaliere sentendosi sollevato. Solo per essere centrato in pieno volto dalla spada che il Brashak aveva lanciato come un giavellotto. La Pacificatrice passò lo sguardo sull’ultimo del suo gruppo ormai morto e poi sui corpi degli altri, senza mostrare alcuna emozione.
 
-Pagherai per questo affronto con il sangue!- gli disse prendendo dalla cintura della veste corazzata una stella del mattino in acciaio Damasco.
 
-Credi davvero che quella basti ad uccidermi?- lei scosse la testa fischiando e un secondo falco piombò dal cielo adagiandosi sull’altra spalla.
 
-I tuoi uccellini dovrebbero farmi paura?-
 
-In verità. Si- strinse la croce che aveva al collo e i due rapaci iniziarono a divincolarsi cadendo a terra. Improvvisamente i loro corpi cominciarono a mutare assumendo una postura più eretta ma leggermente incurvata, ottenendo delle braccia che crebbero terminavano con delle appendici ad uncino in metallo. Anche la loro stazza aumentò raggiungendo quella di una persona media, il becco era diventato simile alla picca di un maglio da guerra in acciaio e gli occhi si erano ingranditi diventando completamente neri.
 
Il Brashak si strofinò gli occhi credendo di aver visto male, ed invece non si sbagliava. Quegli animali erano appena diventati dei mostri.
 
“Ma cosa?” in un secondo una delle due creature si avventò su di lui cercando di colpirlo con il becco. Si spostò di lato lasciando che colpisse la sabbia per poi sferrare un pugno alla sua testa. In risposta la creatura aprì le ali saltando in aria.
Alzò la testa la testa e successivamente le braccia per difendersi dagli artigli del nemico. Strinse i denti avvertendo le lame lacerare la sua carne e conficcarsi nelle sue braccia. Con un movimento le allargò di colpo, costringendo la creatura a mollarlo, tornando a terra.
 
-Ma che diavolo sono questi esseri?- quel metallo era in grado di perforare il suo corpo, certo non erano ferite gravi, ma facevano comunque male. Il suo istinto gli disse di abbassarsi mentre anche il secondo scendeva in picchiata cercando di ghermirlo con i suoi artigli.
 
-Vedo che nemmeno tu sei immune alla forza delle nostre Chimere Mutaforma- disse la Pacificatrice continuando a stringere la croce.
 
-Chimere Mutaforma? Ti riferisci a questi mostri?-
 
-Non sono mostri. Ma fiere che vengono concesse solo ai più nobili e devoti di noi, create per consacrare la nostra causa contro gli eretici e il male- dall’odore che emanavano e che era cambiato assumendo più sfumature come un mix, aveva capito che erano un miscuglio di creature e non.
 
 
 
-Voi avete creato questi Abominii? Il vostro Dio deve avere una bella faccia tosta per avervi permesso una cosa simile!-
 
-Osi insultate il signore, tu sporca bestia. Meriti una punizione divina!- entrambe le chimere si abbatterono contro il Brashak, che in risposta prese a difendersi indietreggiando. Ogni volta che parava un nuovo taglio si apriva sul suo corpo, quando venne ferito alla schiena quello lo costrinse a stringere i denti.
Si voltò afferrando il becco di una delle chimere pronto a torcerglielo con forza, ma la seconda si avventò sulla sua schiena infilzandolo con le lame costringendo a lasciare il suo simile, che gli assestò un calcio al volto facendolo indietreggiare.
 
-Questa è la fine per te. Possa il signore perdonarti per i tuoi peccati- Isla schioccò le dita e le due Chimere si mossero contemporaneamente in picchiata ai lati del Brashak per un attacco su due fronti.
 
-Direi che è ora di smetterla di fare il bravo- poggiò il peso sul piede facendo alzare la sabbia creando due muri per farvisi schiantare contro le due chimere.
 
Prima che si potessero riprendere oltrepasso il muro di sabbia con una mano afferrando il becco della chimera che aveva davanti sbattendolo con forza a terra e afferrargli le ali. Iniziò a tirare con tutte le sue forze sentendole lussarsi e i muscoli strapparsi fino a strapparle via dalla sua schiena. La creatura emise un forte stridulo acuto per il dolore mentre il sangue zampillava dai moncherini delle ali. Ma prima che potesse rialzarsi un aculeo di sabbia lo trapassò da parte a parte uccidendolo.
 
-Tu maledetta bestia- strillò la Pacificatrice oltraggiata da come avesse ridotto uno dei suoi falchi.
L’altra Chimera si alzò in volo per effettuare un attacco in picchiata usando il suo becco affilato come la punta di una lancia. Avrebbe potuto creare un altro muro di sabbia, ma invece rimase immobile fino all’ultimo alzando il braccio e fermandolo a mezz’aria tenendolo per il becco.
 
Isla sgranò gli occhi, mentre la Chimera si agitava cercando di liberarsi dalla presa del Brashak.
 
-Ora tocca a me!- strinse la presa iniziando a sbattere il volatile contro la sabbia molto violentemente, come se stesse sbattendo a terra un ramo.
 
In quella situazione non riusciva a credere che ciò che vedeva fosse reale. Com’era possibile che esistesse una simile forza capace di rivaleggiare con una delle migliori creazioni della Chiesa. Nel cuore della Pacificatrice iniziò a formarsi un sentimento che non provava da tantissimo tempo: la paura.
Ma subito la ricacciò nel profondo dentro di sé come gli era stato insegnato a fare, con tutte le altre emozioni superflue.
 
-Michele, concedimi la tua forza- strinse la croce al suo collo, mentre la sua arma veniva avvolta dalle fiamme. Approfittando della distrazione di quella bestia intenta a prendersela con la sua Fiera. Si mosse silenziosamente per coglierlo alle spalle.
Peccato che avesse sottovalutato i sensi fortemente sviluppati di un membro di uno delle antiche razze. Intuendo la sua mossa, la lasciò avvicinare abbastanza per poi lanciargli contro il corpo del suo animaletto. Quando ebbe la visuale oscurato usò l’energia della terra per scagliare un pugno che lanciò via sia la donna che la Chimera.
 
Isla cadde sulla sabbia sentendo una forte fitta allo stomaco che gli fece mozzare il fiato. Nonostante l’armatura che indossava era riuscita a colpirlo con l’onda d’urto. Alzò la testa con la visuale sdoppiata per la bocca presa, vedendo il corpo della sua Chimera ormai senza vita.
Istintivamente cercò di toglierselo di dosso, ma il piede del moro glielo impedì piantandola con forza a terra.
 
-Ora si che sei in una brutta situazione!- Giran abbassò il busto per guardarla negli occhi, Isla strinse i denti inferocita e alzò il braccio colpendolo al volto con la sua arma avvolta dalle fiamme.
 
-Muori schifosa bestia!- provò a colpirlo nuovamente, ma lui alzò la mano afferrando la sfera chiodata e stringendola. Sentiva che le fiamme gli stavano bruciando la pelle, ma non gli importava poi molto, preferiva vedere l’espressione sbigottita sul volto della Pacificatrice.
 
-Io sono per la parità dei sessi. Non ho problemi a uccidere una donna se lo merita, e tu lo meriti eccome!- aveva alla sua mercé una degli assassini che aveva ucciso Azara e il resto dei Silent sand. Il suo istinto gli stava gridando di strappargli via il cuore e vendicare i suoi amici.
 
Ma in mezzo a quel turbinio di emozioni, gli tornarono in mente le parole dette da Hireza, di pensare anche a proteggere e non solo a vendicare. Chi gli diceva che quello fosse il solo gruppo arrivato nelle Terre Dimenticate e che non ce ne fossero altri. Era qualcosa di cui non poteva essere certo al cento per cento. E forse la donna sarebbe potuta tornagli utile ancora per un po'.
 
Isla però non intendeva arrendersi senza lottare, con l’altra mano prese il paletto in acciaio Damasco, piantandolo nel polpaccio del moro. Questi ringhiò per il dolore e gli assestò un pugno rompendogli il naso e facendole perdere i sensi.
 
-Testarda fino alla fine- ammise lodando in parte la sua tenacia. Gli tolse di dosso il corpo della Chimera e si caricò la donna sulle spalle. Doveva portarla alla Cittadella per costringerla a dargli informazioni di cui poteva essere in possesso.
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Eccomi qui con il nuovo capitolo e l’atteso scontro con i membri della Chiesa, o almeno parte di loro.
Giran di certo non si è risparmiato o ha avuto pietà con loro, nonostante le loro armi riescano a ferirlo e al trucco della Pacificatrice. Non vi aspettava che i Templari potessero disporre di Chimere mutaforma.
 
Anche se il Brashak avrebbe voluto ucciderla, ha fatto la cosa più saggia catturandola per avere informazioni. Anche se credo che gran parte della Cittadella non sarebbe felice di rivedere un membro della Chiesa.
Ma per scoprire cosa succederà dovrete aspettare il prossimo capitolo, io vi saluto qui ringraziando anche solo chi legge la storia.
A presto

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15
 
 
Le ronde sulle mura della Cittadella erano un lavoro piuttosto noioso. Ma dopotutto qualcuno doveva pur farlo per la sicurezza di chi ci viveva, era questo che si diceva Basil.
Ma mentre guardava l’orizzonte di sabbia appoggiato alla balaustra in pietra, la noia iniziava a prendere il sopravvento. Anche se erano anni che era stato inviato lì contro la sua volontà, avrebbe voluto volentieri un po' di azione.
 
“Quanto vorrei una birra fredda!” pensò portandosi la borraccia alla bocca per bere un sorso, così da combattere la sete. Mentre stava bevendo però sentì delle lievi scosse provenienti dal muro, cosa che percepirono anche le altre guardie.
Quando fece per affacciarsi per cercare di capire cosa stesse succedendo, un’imponente figura lo coprì per intero. Alzò lo sguardo sollevato di notare che si trattasse di Giran.
 
-Giran…non ci aspettavamo di rivederti così presto- disse la guardia tirando un sospiro di sollievo. Il Brashak non disse niente scendendo dalla balaustra e lasciando cadere la Pacificatrice ancora svenuta che aveva portato con sé.
 
-Chiamate Ajarys- ma i presenti non sembrarono averlo sentito, troppo sorpresi di vederlo coperti di tagli ancora sanguinanti e che avesse portato con sé una nuova persona.
 
-Okey…uhm è una nuova Esiliata?- gli chiese Basil, lui non sapeva se rispondergli o no. Sapeva però che quando gli abitanti avrebbero saputo che la donna che portava faceva parte della Chiesa, la maggior parte della Cittadella avrebbe volentieri voluto un pezzo di lei.
 
-Un momento…quello è l’abito di una Pacificatrice!- affermò un’altra guardia riconoscendo l’abito che indossava. Gli occhi dei presenti si puntarono contro la donna svenuta, ed era proprio quello che il Brashak non voleva al momento.
 
-Lei è della Chiesa?!- il tono della voce era rabbioso. Appena anche gli altri sentirono quelle parole il loro umore cambiò, tanto che anche il membro del primo popolo poté sentire la rabbia che si formava dentro di loro. Sospirò mettendosi davanti a Isla come a mettere un muro vivente tra loro e la prigioniera.
 
-Si è della Chiesa. E ora uno di voi vada a chiamare Ajarys!- ma sembrò che nessuno lo avesse sentito ancora una volta. Gli altri si limitavano a fissare la donna portando le mani alle loro armi.
 
-HO DETTO ANDATE A CHIAMARE AJARYS- l’urlo che lanciò li costrinse a tapparsi le orecchie. Tutte le guardie rimasero impietrite sul posto sentendo la forte aura intimidatoria che emanava. Il Brashk lanciò uno sguardo alla guardia più vicina, questa annuì capendo cosa volesse dal suo sguardo e corse a chiamare il Vearii.
 
Appena giunse alle mura si stupì di ritrovare il Brashak ridotto in quello stato.
 
-Diamine, che ti è successo? Sembri appena uscito da una rissa con i coltelli, in cui tu eri lo sfidante senza coltello!- ma lo sguardo serio che gli stava lanciando fu sufficiente a fargli capire che non voleva scherzare. Allora spostò lo sguardo su chi aveva portato con sé, alla vista del membro della Chiesa il suo viso si irrigidì per la rabbia.
 
-Avevi ragione- ammise il membro del popolo della terra, prima di afferrare la donna per il colletto dell’armatura e portarla giù per le scale, seguito a ruota da Ajarys e alcune guardie.
 
-Qual è il tuo piano? Perché se è di tenerla qui io sarei contrario!- gli disse subito il capo della Cittadella. Il solo pensiero che una delle persone responsabili di aver esiliato in quel luogo la maggior parte delle persone che abitavano lì, lui incluso, era qualcosa di impensabile. Mentre lo sguardo del Vearii si abbassò d’istinto osservando il tatuaggio di una rosa su una delle sue mani.
Capiva benissimo il suo stato d’animo, ma sperava che avesse almeno capito perché l’avesse portata lì. Mentre attraversava la strada, improvvisamente gli abitanti gli bloccarono la via riversandovisi davanti a lui, girò la testa vedendo lo avevano bloccato da ambedue i lati.
 
-Giran, sappiamo chi stai tenendo in mano- rispose Asir, indicando col suo bastone la Pacificatrice. Si morse il labbro infastidito. Era proprio quello che stava cercando di evitare, com’era possibile che una notizia simile si diffondesse così in fretta. Sicuramente sarà stata la guardia.
 
-Non posso lasciarvelo fare!- rispose subito.
 
Dopo un secondo di silenzio, iniziò il putiferio con tutti che iniziavano ad insultare il Brashak e inveire contro di lui. Ajarys provò a riportare la calma, ma sembrava che nessuno lo ascoltasse. A complicare le cose Tosak si fece avanti attraversando la calca di gente e parandosi davanti al moro con la sua ascia in mano. Nonostante questo però non sembrava per nulla intimorito, al contrario dell’orco che nonostante sembrasse agitato non dava l’impressione di volersi spostare.
 
-Spero tu abbia buoni motivi per difendere questa donna Giran! Ed è meglio che tu ce li dica subito!- gli disse l’orco puntandogli contro la sua arma in segno minaccioso. Tra la folla Maya guardava preoccupata la scena cercando di trattenere Pacifica, che voleva andare più vicino, così da avere la sua occasione per vendicarsi. Non gli andava di trovarseli contro, non era quello il suo intento e doveva cercare di spiegarsi subito.
 
-SILENZIO- l’urlò che lanciò fu sufficiente a far tacere tutti e tapparsi le orecchie, persino l’imponente figura di Tosak era caduta sul sedere per la sorpresa dell’urlo.
 
-Amici miei, sappiate che non ho portato questa persona per dargli asilo…lei e i suoi hanno ucciso Azara e i Silent Sands- disse guardando tutti i presenti uno per uno –Quindi comprendo benissimo la vostra sete di vendetta, ma vi chiedo di aspettare-
 
-Aspettare cosa?- gridò un abitante tra la folla.
 
-In questi momenti, mantenere la calma è essenziale. Potrei farvela giustiziare qui seduta stante è vero. Ma riflettete…lei è l’unica arrivata nelle Terre Dimenticate? Con che scopo? Ci sono altri o arriveranno altri membri della Chiesa?- nessuno dei presentì parlò più, troppo impegnati a farsi anche loro quelle stesse domande. Persino Pacifica tolse la mano dalla pistola iniziando a rifletterci. Il Brashak intanto continuò a parlare.
 
-Per quanto voglia vendicarmi, mi preoccupa più della protezione di questo luogo e di chi vi abita! E se vogliamo prepararci al meglio in caso qualunque cosa potrebbe arrivare, ci servono informazioni!- detto ciò si abbassò inginocchiandosi fino a poggiare la testa a terra.
 
-Quando avremo le informazioni, vi assicuro che la lascerò a voi. Ma vi prego mettete da parte la vostra vendetta…per ora almeno- Ajarys resto ammutolito come tutti i presenti nel vedere un guerriero fiero e minaccioso come erano abituati a vederlo, chinare la testa e implorarli.
Tosak sospirò rimettendo a posto la sua arma, alla fine la protezione della loro casa valeva prima della loro vendetta. Quando vide che la situazione si era calmata il Brashak si rialzò guardando il Vearii che annuì a sua volta dandogli ragione.
 
 
 
Il sole ormai era sorto da poche ore, Zeus stava annusando la sabbia percependo un forte odore di sangue e morte. Dario guardò i corpi dei suoi uomini con aria totalmente indifferente, scendendo dalla sua cavalcatura avvicinandosi ad uno di essi.
 
-Sono stati vittime di una bestia?- gli domandò un soldato, ma il Templare negò. Non riscontrava sui corpi segni di alcun animale e non vedeva il corpo di Isla, ma solo quelle delle sue Chimere mutaforma.
Vederle in quello stato era un vero spreco per lui. La Chiesa aveva messo a disposizione della sua compagna due dei suoi araldi e lei era riusciti a farseli uccidere. Ma in parte si chiedeva chi o cosa li avesse uccisi e ridotti in quello stato.
 
“Chiunque fosse deve essere forte!” il vampiro si portò la mano al mento per riflettere. Nonostante fosse sotto i raggi solari, non sembrava risentirne come gli altri della sia razza. Questo grazie alla croce che portava al collo, che era rivestiti di una magia protettiva gli permetteva di stare alla luce del sole.
 
-Signore, il corpo della Pacificatrice Isla non si trova!-
 
-Questo lo vedo anche da solo!- gli rispose irritato. Decisamente non ci voleva, se avesse davvero perso anche lei insieme a due delle armi viventi del loro ordine, allora sì che sarebbe stato un vero disastro. Non avrebbe saputo come avrebbe fatto a spiegare che si trovavano lì e anche il motivo, se diceva la verità e tornava senza la testa della spia avrebbe perso la faccia e la sua reputazione.
Mentre faceva quei pensieri notò un paletto che brillava tra la sabbia, si abbassò a raccoglierlo notando che apparteneva ad Isla e che sopra c’era del sangue. Quindi era riuscita a ferire qualunque cosa li avesse attaccati.
 
Dario sorrise mostrando i canini, doveva essere un segno di Michele che gli indicava la via da seguire. Fischiò facendo tornare a sé il suo leone alato a cui porse il paletto. Zeus annusò l’oggetto sentendo l’odore del sangue mischiato alla creatura a cui apparteneva, lo lecco assaporandolo per poi fiutare l’aria.
 
-Preparatevi a partire!- gridò lui ai suoi uomini salendo in groppa al suo destriero.
 
-Dove andiamo signore?-
 
-Che domande. A vendicare i nostri compagni!- strinse la catena con cui teneva legata la Imp dietro di se con una mano e le redini di Zeus nell’altra. L’animale ruggì aprendo le ali come a dar ragione al suo padrone.
 
 
 
Un pugno si abbatté contro il volto di Isla, facendola svegliare. Gli ci vollero qualche istante per capire dove fosse. Ritrovandosi a guardare Giran e altri tre individui con lui. Era stata spogliata della sua armatura e aveva il volto gonfio e tumefatto dai pugni ricevuti oltre che altre ferite inflettergli per cercare di farla parlare.
 
-Bene è di nuovo sveglia!- disse Manner –Ora saresti così gentile da dirci ciò che vogliamo sapere?-
 
-Andate al diavolo sporchi eretici. Michele vi punirà per questo!- un urlò gli uscì dalla bocca, quando l’uomo gli piantò uno spiedo in acciaio tra l’unghia e il dito della mano destra, facendo forza per fargliela saltare via. La Pacificatrice si piegò leggermente in due per il dolore. Avrebbe voluto liberarsi, ma le catene con cui l’avevano legata erano in Oricalco. Uno dei materiali capaci di assorbire l’essenza magica.
 
-Non vuole arrendersi vedo- sospirò Ajarys, con al fianco il Brashak. Ormai la stavano interrogando da diverse ore, ma senza risultati.
 
-Posso provarci io se volete?- gli chiese Asir allungando il suo pastone verso di lei. Ma il membro del popolo della terra ci poggiò sopra la mano per farglielo abbassare, avvicinandosi per oscurare la prigioniera con la sua ombra.
 
-Meglio per te che inizi a cantare. E forse avrai una fine veloce- anche se era sicuro che la gente fuori l’avrebbe volentieri giustiziata con un metodo molto lento e doloro. In risposta lei gli sputò addosso, mantenendo uno sguardo di sfida.
 
-Io non parlerò schifosa bestia. Non importa cosa mi farete!- per quanto apprezzasse la tenacia, la cosa iniziava seriamente a stancarlo. Così lanciò uno sguardo all’amico, facendogli segno di prendere quella cosa.
Annuendo il capo della Cittadella, uscì dalla stanza, tornando due minuti dopo con in mano un bicchiere di ceramica. Giran afferrò il volto di Isla costringendola ad aprire la bocca, mentre l’altro gli faceva bere a forza il contenuto.
 
La Pacificatrice sputò cercando di ricacciare ciò che gli avevano fatto bere, anche se dal sapore che aveva sentito sembrava solo della semplice acqua.
 
-Ed ora…dimmi in quanti siete?- gli domandò il Vearii.
 
-Eravamo in trenta, ma più di metà di noi è morta- Isla strinse le labbra. La verità gli era uscita fuori da sola, come se non avesse potuto mentire. Il sorriso di Ajarys si allargò sul suo volto incrociando tutte le quattro braccia.
 
-Nell’acqua che ti ho fatto bere, c’erano delle Bacche della verità polverizzate. Voi della Chiesa le usate, quindi sai quel è il loro effetto e che non puoi più mentirci!- gli occhi della donna diventarono due fessure, quando si rese conto di essere stata fregata da quegli sporchi eretici.
 
-Molto meglio, qual è il vostro obiettivo. Perché siete qui?- gli domandò il mago. La Pacificatrice cercò di tenere la bocca chiusa per non dire altro, ma l’effetto delle bacche era così forte che non riuscì a trattenere le parole.
 
-Stiamo cercando un elfo arcano che ha spiato il nobile Dario e che può aver scoperto alcune informazioni quando è scappato in questo luogo- La cosa non sorprese più di tanto Ajarys e Giran, visto che lo intuivano già. Peccato per loro che Serse fosse già a chilometri dalle Terre Dimenticate da parecchi giorni.
 
-Beh…mi spiace dirti che non lo troverete! Ma chi è questo Dario di preciso?-
 
-È un Templare e comandante che guida il gruppo. Si tratta di un vampiro che si è consacrato alla chiesa e…- non finì la frase che iniziò a sputare sangue. La donna si era morsa la sua stessa lingua con estrema forza quasi fino a staccare la punta per impedire a sé stessa di rivelare altro.
Asir e Manner si avvicinarono subito per impedire che si auto rendesse muta. A quel gesto Giran sembrò piuttosto sconvolto, era la prima volta che vedeva qualcuno arrivare a tanto per non divulgare altre informazioni.
 
-Cos’è un Templare?- chiese mentre gli altri due cercavano di evitare che la prigioniera morisse dissanguata.
 
-Sono dei guerrieri scelti della Chiesa che sono stati promossi a capitani o comandanti. Hanno a loro disposizione un gruppo di soldati che eseguono i loro ordini- quella spiegazione veloce gli fu più che sufficiente per capire che forse poteva essere un problema. Certo anche se erano protette da delle mura era chiaro che un individuo navigato di battaglie sarebbe potuto essere una spina nel fianco. Inoltre non sapevano di cosa fosse capace.
 
-Forse è il caso di allertare le guardie- manco dopo averlo detto sentirono un forte boato provenire da fuori. I quattro si girarono istintivamente verso la porta.
 
-Restate con lei- ordinò Ajarys agli altri due, mentre lui e Giran uscirono di corsa sentendo puzza di bruciato. Alcune abitazioni avevano preso fuoco e le persone avevano iniziato a scappare prese dal panico.
I due si guardarono intorno per cercare di capire come avessero fatto a colpirli oltre le alte mura che circondavano la Cittadella.
 
-Bestione, sopra di noi!- sentì Pacifica, vedendola insieme alla Fiers indicare in alto. Appena alzò la testa vide la figura di quello che sembrava un leone alato.
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Eccomi qui con il nuovo capitolo, ormai siamo arrivati verso le fasi finali della storia.
 
Come previsto la Cittadella non è stata felice di accogliere un membro della Chiesa, tanto da mettersi contro Giran. Ma lui riesce a farli ragionare usando la diplomazia e anche un briciolo di empatia forse.
Alla fine riescono a far parlare Isla, anche se ha detto poco o niente prima di mettersi a tacere da sola. E intanto Dario ha trovato la Cittadella, lo scontro tra lui è il Brashak sembra molto vicino.
 
Ma vedremo nel prossimo capitolo. Ringrazio anche solo chi legge e ci vediamo al prossimo aggiornamento.
A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16
 
 
L’ultima cosa che avrebbe potuto pensare era che avrebbero attaccato dall’alto, questo rendeva le sue mura praticamente inefficaci. Giran guardò il grande felino sputare vampate di fuoco. Istintivamente mosse la terra creando delle mura per proteggere le abitazioni.
 
-Così finirà per dar fuoco a tutto- gli disse Pacifica.
 
-Maya aiuta a spegnere gli incendi. Ajarys, riesci a farlo precipitare?- il castano annuì alzandosi in aria grazie alle sue abilità e dirigersi verso il leone alato. Zeus vedendolo andargli incontro, ruggì sputandogli contro una fiammata, il Vearii innalzò un muro di vento per disperdere le fiamme e non venirne inghiottito.
 
-Non avrei mai pensato che in un postaccio simile ci fosse un luogo così…pieno di eretici- il capo della Cittadella incontrò lo sguardo su chi cavalcava il leone. Nel vedere gli occhi di Dario non si sentì per nulla tranquillo. Aprì le altre due braccia per deviare la lingua di fuoco e mettersi a distanza di sicurezza.
 
-Fossi in te me ne andrei finché sei in tempo- gli disse con voce tagliente, un tono che al Temprare non piacque per niente. Schioccò le dita e Zeus mosse la testa sparando i peli della sua criniera come aghi. L’altro si abbassò per evitarli e richiamando i venti si sollevò al di sopra del nemico creando una corrente discendente per rendere più faticoso lo stare in quota del suo avversario.
Approfittando di ciò si fiondò contro il cavaliere tirando fuori un pugnale. Intuendo cosa volesse fare Dario strattonò la catena portando davanti a sé la Imp. Vedendola Ajarys dovette frenare il colpo, mentre gli occhi della discendente delle tenebre si tingevano di lacrime per la paura.
 
Tutto secondo i piani del Templare. Gli arti prostatici del vampiro si mossero ferendo il Vearii al fianco e spalla, fu solo grazie al suo terzo occhi che riuscì ad evitare ferite mortali.
 
-Che succede Eretico. Non riesci a far del male ad una tua simile?- gli chiese accarezzando il volto della prigioniera. Il Capo della Cittadella indietreggiò e si lasciò cadere per evitare un’artigliata di Zeus. E Controllando la caduta tornò a terra.
 
-Che diavolo ti è preso Ajarys? Perché non lo hai colpito?-
 
-Ha un ostaggio, forse una schiava- rispose, mentre il Zeus gli sparava contro le sue piume. Giran le intercetto con un colpo di artigli guardando la bestia volante, manipolò la terra creando una lancia per poi scagliargliela contro. Ma l’animale la evitò continuando a sputare fuoco.
 
-Che stanno combinando le guardie sulle mura?- sbuffò Pacifica riparata dietro ad un muro di terra.
 
-Ci sono altri Crociati all’interno. Si stanno occupando di loro, ma il fumo non aiuta a prendere la mira- spiegò il castano. Il Brashak guardò il nemico sopra di loro provando un moto di rabbia, se fosse stato solo per la schiava l’avrebbe fatto cadere senza pensarci due volte. Ma non voleva spargere il sangue di chi non c’entrava niente.
 
-Ajarys, riesci a portarmi là sopra?- l’altro fece due rapidi calcoli annuendo.
 
-Ma cosa speri di fare tu che io non ho potuto?-
 
-Ho un piano. Ma prima mi serve un diversivo!-.
 
 
 
Dario continuava a dare ordini al suo compagno di sputare fuoco, era davvero felice di vedere il suo migliore amico scatenarsi. Grazie al suo olfatto era riuscito a trovare un posto simile, cosa che non credeva possibile.
 
“Sono certo che le alte cariche mi premieranno per aver distrutto questa città di Eretici!” dopo aver salvato la Pacificatrice Isla, avrebbe costretto qualcuno dei superstiti a parlare per dirgli se avevano visto o stavano dando asilo alla spia.
Non riusciva a credere che Isla si fosse lasciata catturare da quegli individui. La Imp cominciò ad agitarsi e lui la strattono dalla catena per farla stare ferma il più possibile. Quando improvvisamente notò che si era alzato un gran polverone di sabbia.
 
-Che hanno in mente, offuscarmi la visuale?- una strategia simile non sarebbe funzionata. Zeus mosse vigorosamente le ali per diradare la nube, quando qualcosa lo colpì in pieno dal basso.
Il felino alato ruggì di dolore quando Giran gli piantò gli artigli nell’addome per tenersi aggrappato. Il Templare rimase basito quando vide la figura imponente aggrappata al suo compagno. Il Brashak iniziò a strattonare con forza la criniera del leone per fargli cambiare direzione.
 
-Scendi subito, orrida bestia- il vampiro mosse uno degli arti ferendo Giran al fianco. Strinse i denti per il dolore, lanciandogli uno sguardo di rabbia e vedendo la Imp prigioniera, notando la catena che aveva al collo. Se voleva liberarla doveva spezzarla.
 
Zeus si agitò per il peso eccessivo che aveva rizzando con forza la criniera come un porcospino. Il Brashak sentì un lieve fastidio, per fortuna non erano abbastanza forti per lui. Ma stessa cosa non valeva per le armi prostetiche del Templare, che infastidito si apprestò a mirare bene per prenderlo in pieno.
Ma una forte raffica di vento proveniente dal basso, fece quasi ribaltare il leone alato.
 
“Ottimo Ajarys” si congratulò stringendo la criniera, lanciandosi per afferragli l’ala e piegandola con la forza. Con una sola ala aperta l’animale iniziò a perdere quota velocemente.
Dario per non precipitare mosse mosse le sue lame per costringere il corvino a lasciare la presa, ma era quello che voleva. Appena le vide muoversi, si fece scudo con l’ala facendogliela trafiggere. Zeus ruggì continuando a perdere quota, mentre Giran allungava il braccio afferrando la Imp.
 
Di sotto Ajarys vide solo il leone che perdeva quota e cadeva oltre le mura. Era sicuro che anche da una caduta da quell’altezza il Brashak sarebbe sopravvissuto, ma era comunque preoccupato, visto che il tipo della Chiesa sembrava instabile.
 
-Muori eretico- gli urlò uno dei Crociati alzando la spada, ma per sua fortuna Pacifica intercettò la lama con la sua.
 
-Non dovresti distrarti in combattimento- gli disse la rossa innervosita. Lui in risposta, si avvicinò scostandola e tirando un pugno al volto del cavaliere deformando la protezione dell’elmo e spedendolo a terra.
 
-Dovresti sapere che so difendermi da solo- prese la spada del soldato per poi piantargliela nel collo con forza.
 
-Quanti ce ne sono ancora?- una delle guardie gli si avvicinò col fiatone per la corsa.
 
-Tutti i cavalieri sono stati uccisi o catturati, manca solo…il comandante- alludendo al Templare che cavalcava il leone alato.
 
-Allora andiamo a prenderlo- si intromise la rossa caricando la sua pistola, ma Maya la fermò prontamente.
 
-É meglio che sia Giran ad occuparsi di lui- il Vearii fu totalmente d’accordo con la Fiers. Anche se era forte aveva il sospetto che avrebbe avuto difficoltà ad affrontare insieme sia il cavaliere che il suo destriero. Ed inoltre aveva come il sospetto che Giran, volesse farlo fuori con le sue stesse mani e di certo non si sarebbe messo tra lui e il suo desiderio.
 
 
 
La Imp aprì gli occhi credendo di essere morta, ed invece era ancora viva, nonostante la grande altezza da cui era caduta.
 
-Tutto bene?- gli chiese la voce del Brashak e solo allora si rese conto che era stretta tra le sue braccia contro il suo petto.
Lui digrignò i denti per il lungo taglio che si era ritrovato sulla guancia sinistra fino all’orecchio. Proprio quando era riuscito a prendere la discendente delle tenebre, spezzando la catena che aveva al collo. Il Templare era riuscito a raggiungerlo e ferirlo nonostante stessero precipitando.
 
“Non teme la morte” pensò guardando la Imp negli occhi, leggendovi il terrore, era spaventata e non poteva di certo dargli torto. Dai segni sul suo corpo era chiaro che ne aveva viste troppe.
Allungo la mano al suo volto per togliergli la museruola e spezzare le catene che la teneva imprigionata. Lei si portò la mano al volto non sentendo più quell’orribile oggetto che le bloccava la bocca e guardò il Brashak negli occhi.
 
-G..grazie- sussurrò grata. Gli sorrise, quando il suo istinto gli disse che stava arrivando un pericolo. Strinse la corvina stando attento a non schiacciare il suo esile fisico e spostarsi, prima che una vampata li investisse.
Ringhiò alzando lo sguardo e ritrovandosi davanti il Leone alato, ma era diverso. Aveva assunto un’andatura bipede diventando più massiccio arrivando alla stessa altezza del Brashak. Le sue ali si erano fatte minuscole mentre la criniera era aumentata di volume e da cui sbucavano delle corna, anche gli artigli erano diventati più lunghi e al posto della zampa anteriore sinistra aveva un lungo e spesso tentacolo come una piovra.
 
“Un’altro di quei mutaforma!” il solo vederne uno lo disgustava. Lo trovava un abominio contro natura.
 
-Mi hai fatto precipitare, questa non te la perdono- Dario apparve dietro a Zeus, aveva il volto insanguinato a causa di un taglio sulla fronte procuratosi durante la caduta. La Imp deglutì spaventata riparandosi dietro al Brashak. Lui la guardò per dirgli che l’avrebbe protetta.
 
-Come ti chiami?-
 
-Non ha un nome. È solo una schiava- rispose il vampiro per lei. Lui gli ringhiò contro, guardando la discendente delle tenebre, che ricambiò il suo sguardo.
 
-Himica- era da tanto che non diceva più il suo nome a qualcuno. E pronunciarlo nuovamente, gli fece sentire una sensazione d’indipendenza e libertà.
 
-Corri verso le mura e resta lì. Qui ci penso io- neanche a dirlo fece come gli disse correndo verso il muro di pietra senza voltarsi indietro. Mentre Giran restava a fronteggiare i due.
 
-Ti farò pentire di tutto questo, tu e anche tutti gli altri Eretici che sono dietro a quelle mura- lo minacciò il Templare, rosso di rabbia per avergli sottratto la sua scorta di sangue preferita. Ma l’altro non sembrò per niente preoccupato da quelle parole.
 
-Se stai cercando l’Alfveikt, sappi che non è più in queste terre da vari giorni ormai. Quindi non lo troverai- Il volto del Templare sembrò cambiare colore da rosso diventando pallido, forse per la scoperta di aver perso la spia e di non sapere più dove fosse.
 
-No…stai mentendo. Sicuramente si trova in quelle mura- espose i canini infuriato, mostrando il suo lato oscuro da vampiro. Il corvino sospirò sospettando che non ci avrebbe creduto.
 
-Ti costringerò a dirmelo. Zeus, riducilo in fin di vita- la chimera ruggì partendo alla carica. In risposta creò un muro di sabbia davanti a lui per bloccarlo, ma il leone saltò sopra di esso stupendolo per l’agilità nonostante la stazza.
Prima che potesse fare una mossa l’arto tentacolare si chiuse intorno al suo braccio, quando alzò la testa vide le zanne del leone che si chiudevano sul suo volto.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Un altro capitolo in uscita.
 
Qui vediamo che Dario ha attaccato la Cittadella con i suoi uomini e nonostante le difficoltà iniziali, alla fine con una mossa azzardata Giran e Ajarys sono riusciti a farlo cadere fuori dalle mura.
Poi conosciamo il nome della Imp: Himica. Che il Brashak riesce a salvare e liberare, ma a quanto pare ora dovrà vedersela con Zeus che si rivela anche lui una Chimera mutaforma.
 
Ormai il tutto si avvicina alle parti finale della storia. Ma mancano ancora due avversari da combattere. Vedremo come si svilupperà lo scontro, visto che sembra che il nostro protagonista sia già in difficoltà.
Ringrazio a chi segue la storia e anche solo chi la legge, ci vediamo al prossimo aggiornamento.
 
A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17
 
 
A Giran non erano mai piaciute molto le sorprese e mai come in quel momento. Sentendo le zanne della Chimera gli avevano perforato il braccio, nonostante avesse indurito il suo corpo. Strinse i denti guardando l’animale negli occhi mentre questo non accennava a voler lasciare la presa.
Zeus affondò gli artigli nel fianco del Brashak facendolo urlare di dolore, mentre affondava di più i canini. Doveva assolutamente toglierselo di dosso ma l’altra mano era bloccata dal tentacolo.
 
Strinse i muscoli, portando indietro il busto sollevando anche Zeus per eseguire una suplex e fargli sbattere la testa contro la sabbia. Il colpo improvviso fece mollare la presa sul braccio e collo, permettendo al membro del popolo della terra di assestargli un pugno al muso. Prima di saltare indietro per allontanarsi.
 
Subito però dovette abbassarsi per evitare uno degli arti prostatici, che gli ferì comunque la schiena.
 
-Sembra che l’acciaio Damasco, abbia effetto su di te!- sorrise il vampiro, muovendo due degli arti, che però vennero fermati dalle mani del Brashak.
 
-Sei troppo sicuro di te, idiota- gli disse stringendo le lame sentendole piegarsi sotto alle sue mani, ma erano decisamente più spesse di quelle che aveva visto in mano agli altri cavalieri e quindi più dure. Dario mosse il paio restante conficcandole nelle sue cosce, il corvino gemette ammorbidendo la presa delle mani per mettere più forza sulle gambe per non cadere in ginocchio. Un istante dopo si sentì placcato da dietro finendo a terra con Zeus sopra di lui. La chimera gli avvolse il tentacolo intorno al collo e lo morse sulla spalla.
 
-Zeus, riducilo in cenere!- il leone sentendo l’ordine, aprì le mandibole preparandosi a sputare fuoco.
Giran controllò la sabbia creando un’esplosione sotto di sé, che li scaraventò entrambi in aria. Mentre entrambi stavano cadendo, il corvino assestò un pugno alla mascella del leone per poi mordergli il tentacolo costringendolo a lasciarlo.
Strette la presa su di esso e con un avvitamento lanciò la chimera verso il suo padrone. Dario si spostò di scatto quando vide Zeus cadergli addosso. Mentre Giran indurendo il suo corpo ricadde a terra ansimante.
 
“Da quanto non mi facevano sudare così!” si chiese tenendosi la spalla sanguinante. Il Templare iniziava seriamente a perdere la pazienza, mentre guardava il suo compagno rialzarsi barcollante e ansimante. Stava riuscendo a tenergli testa e questo non poteva succedere ad un cavaliere come lui.
 
-Sembra ti occorra un’ulteriore mano Zeus- tirò fuori una siringa con all’interno un liquido nero e lo iniettò al suo compagno. La chimera ruggì venendo scossa da fremiti in tutto il corpo, mentre le vene sul suo volto iniziavano a diventare nere così come la sclera dei suoi occhi.
Subito si lanciò contro il Brashak a testa bassa, che vedendolo arrivare gli afferrò d’istinto le corna per bloccarlo. Ma avvertiva che la sua forza era incrementata ulteriormente, quando noto il colore delle vene. Riconoscendo i segni dell’uso dell’Ambra nera.
 
Alzando la testa di scatto, sollevò in aria il Brashak. Fu solo per la presa ferrea sulle corna che non venne sbalzato via. Mosse la gamba assestando una ginocchiata alla mascella della Chimera mentre tornava a terra e usò gli artigli per graffiargli il petto. Zeus rispose con un’artigliata che gli squarciò il braccio.
Aveva capito che la sua difesa non avrebbe retto ora che c’era l’ambra nera a potenziarlo. Se non altro non lo rendeva più sveglio anzi, era più istintivo.
 
“La parte difficile inizia ora” pensò stringendo i denti assumendo una posa di difesa.
 
 
 
Continuò ad evitare o deviare gli attacchi che il leone gli rivolgeva, ma anche la sua velocità era aumentata. E non poteva di certo scordarsi del Templare. Doveva farla finita il prima possibile con quel felino troppo cresciuto.
Indietreggiò sulla sabbia sentendo l’energia della terra confluire nel suo corpo, mentre si abbassava afferrando le zampe di Zeus e sollevarlo per poi schiacciarlo a terra. Questi ruggì afferrandolo al collo col tentacolo iniziando a stringerlo per soffocarlo. Giran strinse l’arto per toglierselo di dosso, quando Zeus incendiò la sua bocca per poi azzannarlo al fianco.
 
-Avanti Zeus sventralo! Io intanto mi riprendo ciò che è mio!- gli gridò il suo cavaliere, che stava puntando Himica. Il Brashak conficcò un dito nell’occhio del leone costringendolo a mollare la presa, per poi stringere il tentacolo, sollevandolo da terra e schiantandolo al suolo.
Comandando la sabbia creò una lama che tagliò il l’arto schizzando un liquido nero. La Chimera ruggì di dolore, mentre Giran gli saltava sulla schiena, stringendolo con una morsa da sotto la mascella per soffocarlo. Ma subito avvertì un dolore lancinante alla schiena.
 
-Ti sei dimenticato di me!- Dario stava prendendo a colpire il Brashak senza che questo potesse reagire. Dovette far ricorso a tutta la sua forza per indurire il più che poteva il suo corpo, senza lasciare la presa sul collo della Chimera. La quale iniziava a divincolarsi, per toglierselo di dosso.
 
Improvvisamente una fiamma porpora e nerastra colpì il vampiro in piena faccia facendolo gridare di dolore. Giran spostò lo sguardo, vedendo la Imp con la mano alzata, senza le catene aveva di nuovo i suoi poteri. Gli sorrise grato, mentre con una torsione del busto finire a terra insieme al leone. Continuò a stringere sentendo le vene dei muscoli che si gonfiavano per lo sforzo fino a sentire un crack.
Quando il corpo della creatura smise di muoversi, lasciò andare la presa.
 
-ZEUS- sentì gridare il Templare con parte del volto ustionato. Gli occhi del biondo stavano iniziando a versare lacrime per aver perso il suo destriero. Espose le zanne e si lanciò verso il Brashak muovendo le protesi, in risposta il corvino iniziò ad indietreggiare schivando con più facilità i suoi colpi. Forse perché si stava lasciando andare alla rabbia e le sue mosse stavano diventando troppo istintive.
Deviò la protesi assestandogli un pugno al volto facendolo finire a terra. Gli diede un calcio allo stomaco per poi afferrargli la testa, sollevandolo.
 
-Chi avrebbe ucciso chi?- gli chiese sbeffeggiandolo, preparandosi a sferrargli il colpo di grazia, bloccandosi di colpo per un dolore atroce al fianco. Abbassò lo sguardo vedendo una lama di sangue trafiggergli le carni.
 
-Io…che uccido te e tutti i tuoi amici eretici- gli sussurrò Dario, muovendo gli arti infilzandogli le spalle e morderlo al collo.
 
Il Brashak urlò, staccandosi di dosso il Templare con un calcio, i canini del vampiro non avevano perforato il suo collo. Si tenne il fianco sanguinante, vedendo le punte degli arti prostetici diventate più lunghe grazie all’abilità di manipolazione del sangue di Dario.
Questo di certo non lo aveva previsto. Il Templare ringhiò lanciandosi in avanti, in risposta mosse la sabbia creando un muro davanti a sé, ma questo venne sfondato facilmente. In un secondo le lame si conficcarono nelle sue spalle e ginocchia facendolo finire in ginocchio.
 
-Ora capisci sporca bestia. Io sono un guerriero scelto dalla Chiesa, era impossibile che perdessi contro di te!- gli urlò in faccia, sorridendo nel vedere chi aveva ucciso i suoi compagni e il suo destriero. Le sue mani presero fuoco avvolgendo il collo del Brashak, per cercare di soffocarlo e bruciarlo allo stesso tempo.
 
-Sei tu che hai iniziato...questo sto..ria- gli rispose trattenendo la voglia di urlare a causa delle fiamme.
 
-Un uomo deve fare quello che si sente di fare. E io…ora mi sento di uccidervi tutti, dannati eretici!- c’era una cosa che non capiva da quando lo aveva visto.
Come faceva quel tipo a stare sotto la luce del sole se era giorno. Avrebbe già dovuto indebolirsi e non potersi più muovere. Mentre stava per usare le sue abilità di manipolazione della terra. Himica saltò addosso al Templare mordendogli il collo.
 
 
 
Dario urlò di dolore, lanciando uno sguardo di rabbia alla discendente delle tenebre.
 
-Lurida schiava, come osi mordere la mano che ti nutre- i suoi occhi divennero due fessure per la rabbia, allungando la mano e graffiandogli il petto con gli artigli. Dario ringhio assestandogli un pugno, facendole perdere la presa, staccandosela di dosso. Sentendo però le forze iniziavano a mancargli, come se qualcosa le stesse prosciugando.
Si portò le mani istintivamente alla croce che aveva al collo, non trovandola più.
 
-Perso qualcosa?- sentì la voce della Imp che gli mostrava la sua croce che conteneva la magia protettiva, che gli impediva di indebolirsi sotto al sole. Deglutì agitato, doveva riprendersela subito, ma venne trattenuto per le mani dal membro del popolo della terra.
Giran gli sorrise mostrandogli i denti prima di stritolargli i polsi fino a spezzarli. Il Templare gridò di dolore, provando a muoversi, ma le sue forze stavano diminuendo velocemente. Il corvino si rimise in piedi prendendo gli arti prostatici superiori staccandoli dalle sue spalle e con un violentissimo strattone in cui mise tutta la sua forza, strapparle dal corpo del vampiro.
 
Questi urlò a pieni polmoni quando gli arti artificiali gli furono strappati via con la forza. Il Brashak passò all’altro paio togliendo le lame dalle sue ginocchia e con una torsione del busto, sollevò Dario sbattendolo al suolo, un istante prima di strappargli via anche il secondo paio.
Il Templare digrignò i denti agonizzante a terra, sentiva il sole bruciare le sue forze e l’unica cosa che riusciva a fare era di trascinarsi sulla sabbia. Si sentì afferrare per un braccio e voltato di forza trovandosi a guardare il volto di Giran.
 
-Sembra che questa sia la fine!- il biondo gli ringhiò in faccia in un disperato tentativo di intimidazione.
 
-Credi di aver vinto. Altri Crociati arriveranno, dopo di me. Tu e tutti quelli in quella città siete morti!- cercò di spaventarlo, forse per convincerlo a trattare la loro resa e la sua vita.
 
-Sta mentendo- si intromise la Imp, -Non ha avvisato nessuno dei suoi superiori. E la chiesa non sa che sono venuti qui- sul volto del Templare comparve un’espressione di rabbia e terrore. Dentro di sé iniziava a pregare Michele di venire in suo soccorso a salvarlo.
Giran si mise dritto guardando quello che poco prima era un guerriero spietato e ora invece vedeva solo una misera creatura troppo debole per difendersi. Per un secondo ebbe pietà di lui.
 
-Sai, tra tutte le cazzate che hai sparato, su una mi sono trovato d’accordo. E cioè: Un uomo deve fare quello che si sente di fare!- si abbassò a prendere uno degli arti esaminandone la lama in acciaio Damasco. Ed infine annuì allontanandosi dal vampiro.
 
-Per tanto. Anche se voglio farti a pezzi con le mie mani…non sarò io a finire questa guerra, che voi avete iniziato!- così dicendo lanciò la lama ai piedi della discendente delle tenebre. Lei alzò la testa guardando il Brashak negli occhi.
 
-Prenditi la tua vendetta e torna libera- la incoraggiò.
 
Himica allungò le mani tremanti afferrando la lama del braccio. Per poi guardare il vampiro inerme e agonizzante a terra. Nella sua mente iniziarono a riaffiorare tutti gli abusi e le umiliazioni che gli aveva fatto subire. Con una furia che sentiva nascerle dalle viscere urlò a pieni polmoni prima di avventarsi su Dario, che sgranò gli occhi spaventato a morte.
 
 
 
 
Note dell’autore
 
E così siamo arrivati al penultimo capitolo di questa storia.
 
Giran ha dato una bella lezione a Dario, ma è stata Himica a dare il colpo di grazia, per ciò che il Templare le ha fatto subire. Spero che lo scontro vi sia piaciuto e che non sia risultato troppo pesante.
Con questo vi saluto e vi aspetto al prossimo e ultimo capitolo di questa storia.
 
A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Epilogo ***


EPILOGO
 
 
Giran rimase a guardare la Imp che pugnalava ripetutamente il corpo di Dario con la sua stessa lama. Tanto che ormai il volto del vampiro era irriconoscibile.
Non sapeva bene che cosa dirgli, di certo non di fermarsi. Alla fine quello stronzo se lo meritava come punizione. Voltò lo sguardo verso le mura chiedendosi se fosse il caso di ritornare al suo interno per vedere se anche gli altri cavalieri erano stati sistemati. Quando una folata di vento dall’alto gli spostò i capelli, costringendolo ad alzare la testa.
 
Ajarys scese a terra con un piccolo gruppo di guardie, insieme a Tosak e Asir. Ma al loro arrivo videro che era già tutto finito.
 
-Siete in ritardo- gli disse lui ansimando leggermente.
 
-Vedo, anche se ti ha conciato per le feste- ammise l’orco, era la prima volta che lo vedeva così malconcio dopo una lotta. Si vedeva che aveva faticato. Lui annuì tenendosi la mano al fianco sanguinante.
 
-Cos’è questo affare?- chiese una delle guardie alludendo al corpo della Chimera. Era la prima volta che vedevano una cosa del genere.
 
-è una creatura creata dalla Chiesa. Mi sembra che l’avesse chiamata: Chimera mutaforma- spiegò il corvino. Mentre il mago gli stava dando le prime medicazioni alla ferita al fianco, con la magia.
-Ne ho sentito parlare. Sono delle armi artificiali, ma non credevo esistessero- ammise il Vearii, portando l’attenzione sulla discendente delle tenebre, che stava ancora pugnalando il corpo del Templare.
 
-Che si fa con lei?- gli chiese un’altra guardia. Lui scosse la testa, non se la sentiva di darle delle colpe. Alla fine era anche lei una vittima di quei fanatici, punirla non gli sembrava giusto.
Himica si alzò barcollando esausta, era completamente imbrattata di sangue e i suoi occhi sembravano spenti per la fatica. Si tolse dal corpo del vampiro facendo qualche passo prima di finire in ginocchio. Lentamente alzò la testa guardando i presenti e in fine il Brashak.
 
-Come ti chiami?- gli chiese per la prima volta da quando l’aveva aiutata.
 
-Giran- lei gli sorrise grata.
 
-Grazie, per avermi permessa di avere ciò che desideravo- quelle parole di ringraziamento però, misero in moto il senso del pericolo del membro del popolo della terra. La corvina alzò la testa osservando il sole beandosi di quei raggi, ora che era libera. Lentamente alzò la lama che teneva ancora in mano puntandola al suo collo, sotto lo sguardo sgranato di tutti.
Come aveva promesso, ora che aveva ottenuto la sua vendetta uccidendo il suo carnefice, ora era il suo turno. La lama venne affondata provocando uno schizzo di sangue.
 
Credeva di sentire un dolore lancinante, prima di spegnersi, ma invece non provò niente. Aprì gli occhi vedendo il braccio di Giran che si era frapposto lasciando che la lama lo trafiggesse, al posto del suo collo. Alzò lo sguardo incrociando quello duro del Brashak.
 
-Perché mi hai fermata?- voleva farla finita dopo tutto quello che le era stato fatto passare. Ma lui non glielo aveva permesso. Mosse il braccio strappando l’arma dalle mani della Imp. Gli altri fecero per intervenire ma lui gli fece cenno di non farlo.
 
-Anche se queste terre vedono sangue tutti i giorni. Per oggi ne è stato versato anche troppo!- gli disse togliendosi la lama Damasco dal braccio trattenendo una smorfia di dolore. Lei si alzò tremante iniziando a prendergli a pugni il torace.
 
-Non hai idea di cosa mi ha fatto, di ciò che ho dovuto subire!- gli gridò continuando a prenderlo a pugni, ma per lui non erano che carezze. La stava solo facendo sfogare.
 
-Posso solo immaginarlo, da i segni che porti. Dopo ciò che hai passato vuoi solo che i brutti ricordi e il dolore svanisca- lei annuì stringendo le nocche fino a farle sbiancare, -Ma toglierti la vita non è la soluzione. Vuoi davvero vendicarti a pieno di loro? Allora si libera e rifatti una vita- Himica iniziò a piangere con i pugni contro il suo petto.
 
-Non ho un posto e nessuno a cui tornare- sussurrò tra i singhiozzi.
 
-Proprio come tutti noi- gli disse Ajarys. La discendente delle tenebre guardò gli altri, intimorita da quelle facce che non aveva mai visto.
 
-Se vuoi restare, qui sei la benvenuta!- guardò la mano che il castano gli aveva allungato e poi guardò l’altro.
 
-Io…ero con..loro- sussurrò spaventata che potessero incolparla di essere in combutta con i Crociati, che li avevano attaccati.
 
-Sei una vittima, esattamente come la maggior parte di chi abita la Cittadella! Non credo ti daranno la colpa- le gambe le cedettero a quelle parole cadendo in ginocchio e iniziando a piangere più forte. Ma non erano lacrime di tristezza, ma di gioia.
 
 
 
[Due settimane dopo]
 
Giran era in prostrazione, all’interno della cupola intento a ringraziare Gaia. I marchi ramificati sul suo corpo brillavano di nero, mentre il polline si era espanso per tutto lo spazio. Alzò il busto respirando a pieni polmoni portando le mani congiunte in preghiera verso l’alto e poi all’altezza del cuore.
Aprì gli occhi vedendo per un’istante il polline che assumeva la forma di una figura femminile gravida, sentendo un tocco sulla testa di un secondo.
 
-Hai finito, Giran?- Ajarys era rimasto ad un passo da una delle entrate per non disturbarlo. Si rimise in piedi annuendo e dopo aver dato un ultimo sguardo all’affresco sul muro con un sorriso, raggiunse l’amico.
 
Erano passate due settimane dall’attacco dei Crociati della Chiesa. Ma le cose erano tornate alla normalità. Isla era stata giustiziata pubblicamente all’esterno delle mura, tre giorni dopo l’attacco.
Ma non provò proprio niente al riguardo, visto che aveva già avuto la sua vendetta.
 
-Sai…pensavo di trasferirmi permanentemente qui- il capo della Cittadella si bloccò di colpo. Erano anni che provava a convincerlo a restare, ma lui aveva sempre rifiutato.
 
-C..come mai, questa decisione?- lui sembrò pensarci su un’istante.
 
-Sai…in questi ultimi centocinquant’anni, avevo smesso di vivere quando ho perso la mia gente- ammise lui guardando l’acqua dell’oasi, -Aiutare chi era bloccato qui, credo che in parte lo facessi per una forma di riscatto per non essere riuscito a salvarli-
 
Ajarys restò ad ascoltarlo, non poteva capire che cosa volesse dire perdere la propria gente. Ma di certo era un dolore che aveva quasi spezzato una creatura grande e imponente, come l’amico.
Scosse la testa guardando gli abitanti del luogo che aveva creato, fare come se gli avvenimenti di giorni prima non fossero successi. Alla fine erano riusciti a guarire.
 
-Ed ora invece, cos’è cambiato?-
 
-Ho capito di essermi involontariamente creato un’altra famiglia. Sono stato cieco, ma ora l’ho capito e farò di tutto per proteggerla!- il Vearii sorrise, comprendendo a pieno quello che gli stava dicendo. Allungò la mano dandogli una pacca sul fianco, dato che arrivava a malapena alla sua spalla.
 
-Mi fa piacere sentirtelo dire. Quando Maya ti ha proposto di prenderti una vacanza da questo luogo…- la Fiers gli aveva consigliato di allontanarsi per un po' dalle Terre Dimenticate e di andare a cercare il resto dei suoi simili a nord.
 
-Come se riuscissi ad andarmene. Questa è casa mia!- sbuffò lui. Forse un giorno sarebbe andato a cercarli, ma non al momento.
 
-Mi fa piacere averti qui…a proposito…-
 
-Non voglio il tuo posto come capo, tranquillo- lo rassicurò, anche se aveva deciso di restare, non si sentiva di essere un leader. Un guardiano e protettore sicuramente, ma comandare non era tra le sue corde per ora. L’altro scosse la testa, non voleva parlare di quello.
 
-Veramente, volevo chiederti. La nostra nuova arrivata come se la cava?- alludendo a Himica che avevano accolto dopo la battaglia. Lui fece spallucce.
 
-Hai visto anche tu. Si è ambientata bene e sta guarendo- era sollevato di vedere quanto la gente fosse stata cordiale e attenta con la Imp. La stavano aiutando a guarire, dopo tutto ciò che aveva dovuto passare.
 
-Sembra si stia confidando molto con te- Forse perché era stato il membro del popolo della terra a salvarla e donargli di nuovo la libertà.
 
-Solo perché l’ho salvata-.
 
-D’ora in poi dovremmo stare più allerta. Chissà quali altre sorprese ci attendono!- su questo Giran non poteva ribattere, per la sicurezza di tutti era meglio tenersi pronti al peggio.
 
Tornò nel suo piccolo spazio in cima alla cupola. Appena entrò vide che la Imp stava ancora dormendo nel suo stesso giaciglio. La sera prima l’aveva passata insieme a lei, bevendo e parlando insieme di quanto le era capitato. Per confidarsi e liberarsi dal dolore che ancora provava e alla fine l’alcool avevano fatto il resto.
Quella era la prima volta nella sua vita che passava la notte con una donna, almeno in senso carnale. Dopo tutto ciò che era successo non credeva che sarebbe di certo finita in quel modo.
 
“Quando si dice scherzi del destino” pensò sedendosi vicino al piccolo altare al centro della stanza con il fiore sbocciato. Sentendo un forte senso di casa e sicurezza, Himica si agitò nel sonno strusciandosi contro il giaciglio come un gatto.
 
“Quando fa così più che di Lilith, sembra una devota di Bastet” rise, vedendo che i suoi corni iniziava a ricrescere, segno che si stava riprendendo.
Mentre prendeva una boccata d'aria guardando il fiore sull'altare, sentì come se qualcuno gli stesse dando una pacca sulla schiena. Sorrise sapendo cosa significava e ciò voleva dire che poteva ancora andare avanti. E vista la lunga durata della sua razza, ancora per moltissimo tempo.
 
 
 
La stanza era immersa nel buio e ad illuminarla c’erano solo delle candele, che davano un’atmosfera molto tetra. Seduto ad una scrivania in mogano, una figura stava guardando una grande plico di fogli. Dalla finestra alle sue spalle si poteva sentire il rumore di gocce di pioggia che si abbattevano contro il vetro.
Il temporale era diventato molto violento, ma per lui non era importante.
 
Secondo i resoconti che gli erano arrivati, la Piaga delle spine si stava diffondendo più velocemente rispetto di un secolo fa. E la cosa era decisamente preoccupante. Si portò le mani tra i capelli cercando di pensare, la luce di un lampo illuminò la stanza.
Illuminando sulla scrivania una maschera da medico della peste a forma di becco di corvo di un colore rosso fuoco con motivi oro e neri che ricordavano delle fiamme. Si trattava della maschera degli Inquisitori.
 
“La cosa non va bene!” sospirò pensieroso. Aveva già molto a cui pensare e al momento gli serviva aiuto. Prese una piccola campanella, suonando. Dalla porta dell’ingresso fecero la loro apparizione due persone.
Dall’uniforme pesante e rinforzata che indossavano e gli scudi, era chiaro che facessero parte degli Esecutori. La divisione pesante del braccio armato degli Inquisitori.
 
-Ha degli ordini, Primo Inquisitore?- lui annuì portandosi le mani davanti al volto coperto dalle ombre della stanza.
 
-Mandate subito un messaggio ai Consiglieri. Ditegli di riunirsi e discutere sui fatti e le ultime scoperte!- i due guerrieri corazzati fecero un inchino prima di uscire e chiudere la porta. Lasciando l’uomo nella stanza a meditare su come poter reagire alla situazione attuale.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ed eccoci arrivati all’ultimo capitolo della storia.
 
Vediamo che Giran ha fermato Himica dal togliersi la vita, il Brashak non voleva vedere altro sangue sparso inutilmente. Alla fine tutto sembra tornato alla normalità alla Cittadella e anche che il nostro protagonista sembra riuscire finalmente ad andare avanti.
 
Nel frattempo da tutt’altra parte vediamo una figura misteriosa legata agli Inquisitori. I Consiglieri devono riunirsi, ma chi sono questi individui e chi ha dato l’ordine.
Temo dovrete aspettare la prossima parte per avere più informazioni.
 
Spero che abbiate apprezzato la storia. Ringrazio chi l’ha seguita e anche solo chi l’ha letta. Ci vediamo alla prossima.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4003792