L'Ombra

di Eiji Niizuma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** All’ospedale con furore ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***


Dopo tanti anni, torno e provo a scrivere una nuova storia! Di sicuro non mi conoscerà o riconoscerà nessuno, anche perché ho cambiato nickname nel frattempo ahah.

Cosa posso dire? Il fandom di Naruto mi attira e trascina prepotentemente verso sé, e stavolta ho deciso di rispondere al suo richiamo con questa storia, che spero vi possa piacere anche se è piuttosto bizzarra.

 

Disclaimer: Il mondo di Naruto ed i suoi personaggi, luoghi, terminologie e quant’altro non mi appartiene, e sono usati senza scopo di lucro ma solo di intrattenimento quindi nei limiti degli usi concessi dalla legge.

Certo se poteste lasciare una recensioncina sarebbe meraviglioso <3 <3 <3





 

Shikaku chiuse gli occhi, aspettando la fine.

Non poteva vederli ma sapeva che anche Inoichi e gli altri si stavano preparando all’inevitabile.

Non aveva rimpianti, solo gli sarebbe piaciuto giocare ancora una partita a shogi con suo figlio, ma pazienza, così non sarebbe stato.

 

Il silenzio era tangibile nella stanza. Quasi solenne, non fosse che l’occasione che lo suscitava era men che meno lieta.

 

Ecco. Prima un rumore di fondo, poi sempre più forte, fino a divenire un rombo assordante. Shikaku strinse gli occhi al massimo, come se non vedere potesse in qualche modo schermarlo dalle conseguenze di ciò che sapeva sarebbe accaduto di lì a poco.

 

Il frastuono raggiunse livelli inimmaginabili. Qualcuno si lasciò scappare un’imprecazione. Poi più nessun suono. I suoi timpani dovevano essere scoppiati, perché avvertiva un forte dolore alle orecchie e percepiva un liquido colare -sangue di sicuro- giù per i lobi. Senza più udito e con gli occhi ancora serrati poteva percepire solo il tremito sempre più forte e discontinuo del suo cuore, che per tutto l’allenamento e la meditazione del mondo non ne voleva sapere di stare calmo.

 

Dolore. Dolore lancinante in qualsiasi direzione e parte del suo corpo, e poi più nulla.

 

 

 

La prima cosa che notò fu che la luce era fioca, la lampadina faceva le bizze e non illuminava più a pieno regime, poteva vedere i filamenti arroventati, sotto sforzo per la tensione elettrica che correva attraverso, ma non potè fare a meno di notare anche le zanzare più giù, che si preparavano ad affondare le loro proboscidi nella tenera carne di una gamba non coperta dal lenzuolo annodato intorno al corpo leggermente umido di sudore ed ansante della ragazza. Sì perché c’era una ragazza, capelli di un castano sporco selvaggi come una criniera di leone che le coprivano il volto impedendo la visione dei suoi tratti somatici, ma non oscurando completamente lo striminzito pigiamino due pezzi composto da un top risicatissimo ed un pantaloncino inguinale che dire copriva il sedere sarebbe stato un insulto all’intelligenza di chiunque. Tra le lenzuola, briciole di patatine e biscotti sparse qui e là, ed una macchia di qualcosa che somigliava in modo sospetto a marmellata di fragole o qualche altro frutto rosso spalmata sopra al cuscino che la giovane abbracciava con vigore e non le offriva nessun sostegno alla testa, stretto com’era al procace petto della fanciulla. Oltre a ciò poteva notare il generale disordine della stanza, i vestiti sparsi dappertutto anche sotto al letto, e infatti c’era un gran mucchio di calzini ammucchiati in un angolo sotto alla rete sghemba, vicino allo spigolo del muro. Oltre a quello anche due paia di scarpe posizionate come se fossero state lanciate via dal piede e fossero atterrate dove capitava, una su un mastodontico peluche di orso dal pelo lilla ed un’altra sopra la sedia della scrivania, mentre le ultime due ciondolavano mezze dentro e mezze fuori da un terrario che ospitava un piccolo serpente bianco, il quale sembrava non dare peso all’intrusa che occupava il suo spazio vitale, anzi aveva tra i denti uno dei lacci penzolanti della scarpa e sembrava mordicchiarlo nel sonno. Perlomeno gli occhi erano chiusi, così ipotizzò che il serpente stesse dormendo.

Alla scrivania, mucchi di fogli dall’aria importante erano inframmezzati da depliant di scarso rilievo, matite e penne in parte prive del cappuccio tempestavano il ripiano e qualche evidenziatore era caduto a terra e si confondeva con le pile di panni inframmezzate a libri e rotoli di vario genere, i quali erano seminati casualmente in giro ma, a contrasto con il caos della stanza, pullulavano anche in un ordine categorico una libreria pulitissima e organizzatissima che si trovava a pochi passi dalla scrivania, e la cui area sembrava immune alla bomba che pareva scoppiata nel resto della stanza.

 

Tutto questo lo vide nel medesimo istante, e ciò gli creò non poca confusione poiché mai nella propria vita aveva avuto una percezione tanto vasta nell’arco di un istante.

 

Cercò di chiudere gli occhi per frenare la cascata di input che inarrestabile lo sommergeva, ma si rese conto di non averne. Come del resto non aveva più un volto, un collo, delle mani, delle gambe, o qualsiasi altra parte del corpo. Non possedeva più un corpo, nè tridimensionalità. In qualche modo, era, ma cosa? E come? Al muro, accanto ad una cassettiera stracolma di panni dai colori accesi, c’era un lungo specchio rettangolare, decorato da un lato da un tralcio di vigna in lacca bianca, al quale cercò di specchiarsi ma si rese conto di non vedersi. Poteva solo scorgere il disastro di cameretta in cui in qualche modo si trovava.

 

Si rese anche conto di riuscire a distinguere il sommesso sonnecchiare della ragazza, un russare quieto e riservato, come se anche nel sonno non volesse disturbare nessuno con la sua presenza. Come avesse potuto pensare una cosa del genere non lo capì neanche lui, non aveva idea di chi fosse la fanciulla così poco femminilmente accasciata fra le coperte quindi come avrebbe potuto affermare con sicurezza che lei non volesse disturbare nessuno con la sua presenza? Una concezione tra l’altro diametralmente opposta allo stato della stanza, che invece urlava a pieno volume “hey! non mi importa del tuo parere o se ti incomodo ma mi tengo questo porcile e se non ti sta bene, beh, fattelo andar bene lo stesso!”

 

Ma stava divagando. Cercò di fare il punto della situazione.

 

Non aveva occhi ma poteva vedere.

 

Non aveva orecchie ma poteva sentire.

 

Non aveva naso, ma sentì lo stesso l’odore di chiuso della stanza, che evidentemente non era stata areata -aprendo la finestra sovrastante la scrivania- da lungo tempo.

 

Non aveva corpo, e infatti non sentiva tutte le sensazioni propriocettive che aveva sempre dato per scontate. C’erano solo la sua consapevolezza e l’occupante della stanza, che al momento dormiva un sonno profondo.

 

Fosse stato qualcun altro, avrebbe senz’altro dato di matto considerando la situazione impossibile in cui si trovava. Ma era Shikaku Nara, comandante Jounin del Villaggio della Foglia, genio indiscusso specializzato in tattica e strategia, sapeva mantenere la calma in situazioni impossibili. Eppure il tuo cuore tremava come una foglia quando sei morto.

 

Giusto. Era morto. E allora come era possibile che percepisse, in qualsiasi modo questa percezione fosse, il mondo attorno a lui? E dove si trovava? Questo non era certo il quartier generale dell’alleanza degli shinobi.

 

Sembrava in tutto e per tutto la stanza di un’adolescente qualunque, con tanto di teenager in catalessi sul letto.

 

Esamina la situazione, Shikaku, non lasciarti distrarre dal superfluo. Si redarguì, mentre riesaminava a fondo la stanza e la ragazza, scoprendo tra l’altro che indossava delle mutandine bianche a cuoricini rossi, informazione superflua ma che in qualche modo gli rimase vivida in testa. Testa per modo di dire.

 

La stanza aveva due possibili uscite, la porta e la finestra, era pressappoco di tre metri per quattro e mezzo, forse qualcosa di più considerando l’ingombro dei mobili, era quanto più vicino possibile ad un campo minato di vestiti e suppellettili che non avrebbero dovuto in nessun modo trovarsi sul pavimento, ma facilmente evitabili per uno con la sua esperienza, il fattore maggiore di rischio ed incognita era la ragazza, che non poteva vedere in volto ma dalle proporzioni del corpo stimava avesse tra i sedici ed i ventidue anni, ma che al momento era in un sonno profondo che un qualsiasi ninja di bassa lega avrebbe evitato molto facilmente di disturbare.

 

Tutto sommato una situazione tranquilla, ma nelle sue attuali condizioni insormontabile.

 

Provò, pur sapendo che era probabilmente inutile non avendo percezioni corporee, a muovere un dito. Rimase di stucco quando vide che conseguentemente al suo tentativo l’indice della mano sinistra della ragazza si era aperto ed indicava un punto nel muro. Allora tentò di muovere anche le dita di un piede, e nonostante non avesse feedback interni si rese conto che contestualmente si era mosso il piede destro della ragazza, l’ondulazione delle lenzuola in corrispondenza dell’estremità un indicatore inequivocabile.

 

Allora tentò qualcosa di molto più drastico, si concentrò al massimo sull’idea di alzarsi e di andare a guardarsi allo specchio, e la ragazza si alzò e si spostò, ancora russando, verso lo specchio! La situazione era resa ancora più strana dal fatto che la sua visuale ad ampio raggio della stanza e del suo contenuto non era cambiata di molto, si era spostata con la ragazza sì, ma non aveva la visuale in prima persona della fanciulla. Piuttosto, concentrandosi e sforzandosi molto, notò che era una visuale che partiva dal basso. Da terra forse.

 

Non fosse stato per i suoi esperimenti, Shikaku avrebbe creduto di essere reincarnatosi in una mosca, per la visuale a trecentosessanta gradi che rivaleggiava quella di uno Hyuuga e l’altezza del suo orizzonte. Stando com’erano le cose, però, non sapeva darsi una risposta. La ragazza si era mossa al suo volere, come quando in passato legava i nemici con la sua ombra ed erano costretti ad imitare ogni sua minima mossa o a compierne di determinate da lui decise ma non eseguite. Però non c’era stato nessun dispendio di chakra, era sembrato naturale tanto quanto alzarsi autonomamente.

 

Le sue riflessioni vennero interrotte da un “Uh?” proveniente dalla fanciulla, che si era evidentemente svegliata e che si mosse in modo maldestro prima di un passo all’indietro poi d’uno in avanti ed infine diede una gran brutta testata allo specchio, che fece un tonk! sordo. Shikaku si sentì come trascinare da ogni suo gesto, come se fosse costretto a seguirne i movimenti, la stessa sensazione che una vittima del controllo dell’ombra provava ogni volta che un Nara lo soggiogava con la tecnica segreta del clan.

Ma se non aveva un corpo, come era possibile che sentisse questo genere di sensazioni?

La ragazza, nel mentre che lui si perdeva nelle sue elucubrazioni, si schiantò a terra, e Shikaku si sentì di nuovo trascinato, e per un istante non vide più nulla, ma poi la ragazza si rialzò con un’imprecazione per niente elegante “Ca##o!!” E Shikaku ebbe un’intuizione che gli avrebbe fatto girare la testa, se ne avesse avuta ancora una.

 

Non aveva un corpo ma seguiva i movimenti della ragazza perché era un’ombra. Anzi non un’ombra qualsiasi, l’ombra dell’adolescente. Questo non spiegava perché avesse una propria percezione del mondo completa di suoni, odori e vista.

 

“Porca paletta perché questo specchio è qui?!” La ragazza biascicò, stropicciandosi gli occhi. “Anzi, che ci faccio io qui davanti allo specchio? Oddio non sarò mica diventata sonnambula?” Non sei tanto lontana dalla verità. Pensò Shikaku, amareggiato e divertito al tempo stesso.

 

“Ch-chi è? Chi ha parlato?!” Con sgomento del ninja, anzi dell’ombra del ninja che era stato -era proprio il caso di dirlo- la ragazza esclamò, girandosi intorno affannosamente per cercare la direzione della voce. Ci mancherebbe solo questo, che adesso la ragazzina senta i miei pensieri, non bastava essermi ridotto così?! Non riuscì a trattenersi dal pensare Shikaku. Una cosa era il controllo del corpo, degli atteggiamenti, del temperamento e dell’esternazione delle emozioni. Un’altra del tutto era l’insorgenza spontanea delle stesse e dei pensieri ad esse associate.

 

“C-come sarebbe a dire ragazzina?! Guarda che ho già vent’anni, sono un’adulta fatta e finita!! E e e inoltre cosa intendi con sentire i tuoi pensieri? Ridotto come?? Chi sei? Fatti vedere!!!” Strepitò la giovane, ancora ignara della bizzarria in cui si trovava immersa.

 

Non so se mi crederai ‘disse’ Shikaku con il pensiero, già rassegnato alla situazione paradossale di ritrovarsi ombra lui che delle ombre era stato signore e padrone. Ma sono proprio qui, guarda in basso. 

 

“Guarda in basso??? Oddio che sei un maniaco strisciato sotto il mio letto?!” Chiese lei, mentre le sue mani volavano a coprire l’una il basso ventre e l’altra il seno, come non fosse vestita affatto ma in effetti, con quel pigiama ridicolmente minuscolo, era quasi come se fosse nuda.

 

Ehi, maniaco a chi?! Pensò risentito Shikaku, offeso nel profondo. Certo talvolta si era dilettato a sfogliare certe riviste un po’ osé, d’accordo parecchio osé, ma questo era un passatempo innocente e comune nella stragrande parte della popolazione maschile in fondo, no? Non significava nulla, non avrebbe mai compiuto la bassezza di spiare una ragazza nella privacy della sua cameretta, specialmente non una ragazza così giovane che avrebbe potuto essere sua figlia!

 

“Maniaco tu! E fatti vedere, che in basso non c’è nessuno, oddio non sarai tipo un ninja che si è reso invisibile o cosa?!”

 

Se mi fossi reso invisibile che vantaggio avrei a dirti dove guardare per trovarmi? Anzi che vantaggio avrei a ‘parlarti’ punto?!

 

“Hey! Ti ho sentito mettere le virgolette sulla parola parlarti! Cosa intendi dire con ciò?! Che non sono degna di conversare con un ninja?! Che cafone!” Subito si era inalberata la fanciulla, di cui Shikaku ancora non conosceva il nome, scordandosi così del panico e del disgusto dell’essere stata spiata.

 

No no, niente del genere. Uff. Sospirò l’ex ninja. Per favore, ascoltami. Guarda a terra attentamente, e mi troverai. Mi dispiace di averti spaventato ma non era mia intenzione intrudere nella tua intimità. È tutto un malinteso, davvero.

 

“Guarda a terra dice lui. Ma io ho già guardato dappertutto e non ho visto nessuno!” Borbottò la donzella, mentre ancora una volta esaminava -con una certa difficoltà data la quantità di panni e oggetti sparsi per terra- il suolo su cui poggiava i piedi in cerca di qualcuno, o forse qualcosa? L’idea le sembrò talmente ridicola da scacciarla subito via, ma Sì esatto, cerca ‘qualcosa’. La incitò Shikaku, sperando la ragazza arrivasse da sola alla sua stessa conclusione, per quanto assurda fosse.

 

“Sì ma cosa?! Dimmi qualcosa di più, non ci sto capendo nulla!” Sbottò lei, innervosita dalla cripticità del fu ninja.

 

Huh. Va bene, non sapevo come dirtelo per non spaventarti ma… sono nella tua ombra. O meglio sono la tua ombra.

 

“Che razza di scherzo di cattivo gusto è mai questo?! Come sarebbe a dire che sei la mia a—ahh—AAAAAAHHHHHHHHHH!” Il grido disumano che ne seguì sarebbe stato abbastanza forte da spaccare (di nuovo) i timpani di Shikaku, se ne avesse ancora avuti. La ragazza cadde a terra ma Shikaku, stranamente, non fu nuovamente strattonato sotto di lei, al contrario ebbe la sensazione di rimanere fisso al suo posto sebbene con una sensazione come di corda tesa.

 

“Kizuna! Che succede?!” Una voce preoccupata di donna si udì al di fuori della porta, come da un’altra stanza, mentre dei passi si avvicinavano veloci alla cameretta.

 

“Ahh— ahhhh— ahhhhhh!” Balbettò incoerente la suddetta Kizuna, puntando il dito a terra nella direzione dove Shikaku sentiva di trovarsi.

 

“Cosa stai indicando tesoro? Non c’è nulla lì -beh a parte il tuo disordine, dovresti veramente dare una sistemata alla stanza cara te lo dico sempre, è un porcile-”

 

“M-ma come? No-non vedi?” “Cara, credo tu abbia fatto un brutto sogno ed abbia scambiato da sveglia qualcosa sul pavimento per il tuo incubo, adesso ritorniamo a letto e domattina rimetti tutto a posto, mhh?” “S-sì… forse è co-così…” E Kizuna si lasciò docilmente ricondurre a letto. La donna, che data la somiglianza doveva essere la madre, si ritirò dalla stanza dopo averle lasciato un bacio a stampo sulla guancia ed una carezza ai capelli incolti, chiudendo la porta con un sommesso clack.

 

Cosa ti ha fatto urlare a quel modo? Pensò/chiese Shikaku appena il suono dei passi si attutì. “Oddei!” Esclamò lei, balzando a sedere sul letto. “Allora non era un sogno!” Sfortunatamente no, altrimenti a quest’ora mi troverei in una ben più felice situazione che bloccato come l’ombra di una ragazzina. Pensò amaramente Shikaku. “Non sono una ragazzina!” Bisbigliò lei furente, dimenticando ancora una volta la paura. “Ma davvero non sai cosa mi ha fatto urlare? Sei stato tu!” E come, se prima non mi hai nemmeno notato? “La mia ombra, essa, non ha più la mia forma! Sembra la sagoma di un uomo di mezz’età con una cosa strana in testa tutta sparata in alto e a punte.” Quella sarebbe la mia coda, sigh. Cosa sparata in alto a punte, che razza di descrizione. Quindi mi stai dicendo che la sagoma della tua ombra corrisponde alla mia? “Che stai dicendo, non mi avevi detto di essere la mia ombra? Non dovresti corrispondere in tutto e per tutto a me?!”

 

Qui la situazione è complicata, ci vorrà un po’ per svolgere la matassa.

 

 

“E insomma mi stai dicendo che non solo tutti i villaggi ninja non sono più nemici o comunque in cattivi rapporti, ma stanno pure collaborando contro un nemico comune, un esercito di zombie e un mostro enorme chiamato decacoda?! E che tu ti trovavi nel centro di comando a dare istruzioni a tutte le truppe ma dopo aver dato il tuo ultimo ordine sei schiattato?! E che adesso saresti qui al posto della mia ombra?! Ok devo dirtelo ma hai bevuto troppo, torna a casa ciccio.”

 

Capisco che sia difficile da digerire, non dovrei nemmeno parlartene, non sono informazioni da divulgare ai civili, ma le cose stanno così. E credimi, questa situazione non fa piacere neanche a me. Avrei capito la reincarnazione dopo la morte, ma diventare un’ombra? Che io sappia non esistono ombre senzienti, e sono un esperto in materia.

 

“Non mi hai convinto, ma non voglio fare altre scenate, è tutta la settimana che mamma cerca qualunque scusa per farmi riordinare la stanza” Non capisco proprio perché rispose Shikaku grondando sarcasmo da ogni lettera. Kizuna finse di non averlo sentito e continuò come niente fosse. “Adesso con la storia dell’incubo ci marcerà per parecchio tempo.”

 

Vedo che ti sei calmata, bene.

 

“Facciamo finta che io creda al tuo inverosimile racconto, e credimi che tu sia la mia ombra è la parte meno ridicola tutto sommato, e adesso? Cosa dovrei fare con un’ombra parlante?!”

 

Mi trovi spaesato tanto quanto te, ma la prima cosa che ti suggerisco è di riordinare questo porcile, non è adatto alla vita umana.

 

“Uffa, pure l’ombra bacchettona mi doveva capitare! Tutte a me!”

 

Seriamente, nonostante la tua prima reazione stai prendendo in maniera stranamente positiva la cosa, sicura di star bene?

 

“Che carino, si preoccupa per me! Grazie signor ombra!” Lo canzonò la fanciulla.

 

Già, suppongo che non conoscendo il mio nome tu abbia dovuto inventarne un altro per riferirti a me, ma mi sarei aspettato qualcosa di più originale di un banale ‘signor ombra’ “E perché? Manco ci conosciamo, come puoi aspettarti una qualunque cosa da me? Tra l’altro chi mi dice che tu sia reale e non il frutto della mia immaginazione? Magari sto ancora sognando. Oppure, è più probabile che con quella zuccata allo specchio mi sia presa una commozione cerebrale e adesso stia vaneggiando. Oddei forse dovrei andare all’ospedale a farmi controllare!”

 

In effetti è una possibilità assentì l’ombra del ninja che fu, e la ragazza strabuzzò gli occhi “Ma come, a questo punto non dovresti cercare di convincermi che sei reale, usare qualche trucco per dimostrarlo e così suggellare il nostro patto di alleanza recalcitrante che si trasformerà in amicizia eterna nel corso della storia in millanta volumi?!”

 

Se questa è la prima idea che ti è venuta in mente, penso tu legga un po’ troppi fumetti ragazza, dovresti regolarti. “Ehi!!” Però non so dirti se sono reale, certamente io credo di esserlo, ma mi mancano tutte le percezioni corporee, al momento dispongo di una vista dalla visuale troppo ampia rispetto a quella a cui sono abituato eppure non ho occhi con cui vedere, riesco a sentire te e ciò che succede qui intorno eppure non ho orecchie con cui sentire, sento perfino che è decisamente l’ora per una parte di questi stracci “Ma insomma!” di essere lavati, a meno che a te piaccia vivere nella sporcizia e nell’incuria sia chiaro.

 

“OK, ok ho capito, domattina la prima cosa che farò appena sveglia sarà rimettere a posto tutto, lo giuro! Ma tu guarda il mio inconscio che cose mi dice, che colpo basso!” Vedo che sei ancora persuasa dalle ipotesi di sogno o commozione cerebrale. “Beh non mi sembra tu abbia faticato tanto per convincermi del contrario, anzi.

 

Touché. Per quanto riguarda la domanda sul cosa fare ora, ripensandoci ti suggerisco di seguire il tuo piano d’azione e recarti all’ospedale per controllare di non avere una commozione cerebrale, anche se io penso di essere reale e che questo non sia un tuo sogno o allucinazione hai colpito veramente forte la testa, potresti aver riportato dei danni. Guarda, hai anche spaccato il vetro.

 

“Co-cosa? E come mai non me ne sono accorta prima?!” Sbottò stranita la giovane, correndo allo specchio sopracitato. Ma era vero, nel punto in cui aveva dato la craniata si era formata una corona di crepe, e alcuni frammenti di vetro erano caduti a terra. Inoltre del sangue gocciolava tra una crepa e l’altra, e dalla restante superficie riflettente la ragazza si rese conto che, nascosto sotto la sua frangia sulla fronte, c’era un graffio lungo e sottile e anche qualche frammento di vetro che si sbrigò a togliere e gettare via frettolosamente. “Ahi! Uhi! Ahh che pasticcio! Come ha fatto mamma a non notare il danno allo specchio e il sangue?” 

 

Considerando lo stato di incuria di questo posto, mi avrebbe sorpreso maggiormente il contrario. “Oh. Ha senso. Cioè non ha senso ma in qualche modo ha senso, non so se mi spiego.” Silenzio.

“Hey? Signor ombra? Non ci sei più? Sarà mica finita l’allucinazione?”

 

Sono sempre qui, se è quello che chiedi.

“Aaah!”

Non avevi detto niente più scenate?

“Mi hai sorpreso, niente più! Non mi sono spaventata, giuro!”

Certo, certo. “Hhhhh che odio questa supponenza! Basta, ho deciso, vado subito al pronto soccorso e vediamo cosa mi dicono, di sicuro tempo di una medicina o due e smetterò di sentirti e allora saluti!!!” Così detto la ragazza marciò convinta verso il comò con l’intenzione di afferrare qualche ricambio pulito ma si bloccò piegata sul cassetto mezzo aperto quando realizzò una cosa. “E chiudi gli occhi mentre mi cambio, mi raccomando!” Magari potessi, non ho occhi, qualunque sia il modo in cui io veda non posso smettere di farlo neanche volendo. “Oddei! Ma sei un maniaco! Un guardone!!!” Piano con le offese, e non preoccuparti, guarderò altrove (spero) “Ho sentito quello spero!! Ahhh come faccio non posso restare per sempre in pigiama e come farò per andare in bagno?!?! aahhhhhhh” Chiamarlo pigiama è un complimento Si lasciò sfuggire Shikaku che non stava avendo gran successo nel trattenere i propri pensieri. “Eccolo, sempre pronto ad offendere! Sentiamo cosa ha di sbagliato il mio vestiario, eh??!” Nulla nulla, tu cambiati intanto, non puoi restare tutta la vita in quel toppino striminzito e quei pantaloncini inguinali.

“Va bene va bene mi cambio, ma tu smettila di infierire” Sbottò la giovane, mentre frugava tra i cassetti in cerca del necessario.

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Capitolo 2
*** All’ospedale con furore ***


E siamo al secondo capitolo! Grazie per tutte le occhiate date alla storia, spero vi incuriosirete e continuerete a leggere (e, se andrà, a commentare) Stavo pensando di postare un capitolo a settimana così da mantenere una tabella di marcia abbastanza stabile. La storia non è ancora finita ma ho un totale di circa 100000 parole per ora per cui sono ragionevolmente convinta di riuscire a mantenere la tabella di marcia.




Mi spiace, non possiamo vederla immediatamente, si sieda ed aspetti di essere chiamata” L’esausta infermiera del triage annunciò, indicando con un gesto stanco una delle tante sedie della stanza. Kizuna sospirò e sprofondò con l’eleganza di un elefante sopra il sedile indicatole, cominciando a girarsi immediatamente i pollici per combattere la noia.

Sospettavo che le attese non fossero il tuo forte, Kizuna.

“Puoi ben dirlo” bisbigliò la ragazza, cercando di non farsi notare dagli innumerevoli altri pazienti in attesa di essere visitati. Per sua fortuna Kizuna aveva ottenuto un codice giallo, quindi almeno una certa priorità e non avrebbe dovuto aspettare proprio tutti i presenti per essere visitata. [NdA ho usato il sistema di codici ospedalieri italiani perché non si è mai visto un sistema di turnazione degli ospedali nel mondo di Naruto ma me ne serviva uno] “Piuttosto, tu sai il mio nome, ma io non ho ancora capito il tuo” biascicò dal lato della bocca, pensando a quanto doveva apparire scema o ancora peggio matta a parlare da sola. E che nessuno si fosse accorto finora che l’ombra della ragazza non corrispondeva in forma e dimensione alla stessa era per lei allucinante. Possibile che nessuno fosse un minimo attento ai dettagli? Era anche vero che l’ora era tarda, le tre e un quarto di notte, e la maggior parte degli astanti stava dormicchiando o cercando di farlo sulle scomode sedioline scricchiolanti della sala, capacissimo che nessuno avesse le energie o la voglia di stare a guardare le ombre delle persone.

 

Meglio che la smetti di parlarmi a voce, vedo un signore lì sulla destra che ti guarda storto ed è meglio non cercare di far diffondere l’idea che tu non sia sana di mente se puoi evitarlo, hai ragione a pensare di sembrare una matta a parlare da sola. Concordo anche sul fatto che probabilmente nessuno ha la voglia o la forza di stare a guardare le ombre degli altri, per esperienza posso dirti non è qualcosa che la maggior parte delle persone nota anche normalmente.

 

—Oddio questo mi legge nel pensiero! Ma stiamo scherzando? È ancora peggio di quanto immaginassi!!!—

Calmati, non agitarti, rischi di dare spettacolo e l’ultima cosa che vuoi è attirare l’attenzione su di te, credimi.

—È difficile preoccuparsi di dare spettacolo quando si ha un intruso che legge letteralmente il pensiero, non è certamente il primo problema che viene alla mente fidati!—

Posso capire lo spavento e la frustrazione, davvero, del resto è valido anche l’opposto, tu puoi sentire ogni cosa che penso e sto facendo veramente molta fatica a cercare di trattenermi dal ehm pensare troppo diciamo

—Cosa intendi con pensare troppo?? Esiste forse una quantità giusta di pensieri?? Mi sembra ridicolo!—

Intendo, ah, evitare di pensare ad informazioni riservate, segreti, tecniche proibite e tutta una serie di informazioni sensibili ma ti prego non farmi tornare sull’argomento.

—Huh. Io una cosa voglio proprio saperla, però. Prima hai detto di avere una visuale più ampia rispetto a quella a cui sei abituato. Cosa intendevi?—

N-niente

—Ti ho sentito vacillare! Parla! Ammettilo mi hai spiato mentre mi cambiavo, vero?!—

…Non per scelta.

—Maniaco! Maniaco e pure cafone, come sarebbe a dire non per scelta? Mi stai dicendo che non sono una donna attraente, appetibile che verrebbe voglia di spiare nuda?!”—

Hai delle strane priorità nella vita, non immaginavo ci fossero ragazze che volessero essere spiate.

—Certo che NON voglio, ma questo non significa che non mi senta offesa se una volta accaduto il fattaccio il guardone afferma che nemmeno ne valeva la pena!—

Hai un modo quasi interessante di distorcere ciò che ti viene detto, ma se proprio devo —Devi!— non era ciò che intendevo con non per scelta. NON sono un maniaco, non so quanto devo ripetertelo, e non vorrei mai spiare nella sua intimità una ragazza che potrebbe essere mia figlia. D’accordo, lo ammetto, ho qualche rivista un po’ porno a casa, ma si tratta tutte di adulte consenzienti di essere fotografate in pose equivoche, è completamente diverso!”

—Huh.—

Cosa?

—Niente. Mi piace la tua onestà. Penso che finora siamo partiti con il piede sbagliato. Che ne dici di ricominciare da zero con il piede giusto? Io sono Kizuna, Kohana Kizuna, il mio cognome Kohana è scritto con i caratteri ‘piccolo’ e ‘fiore’, il mio nome con ehm il carattere per ‘i legami duraturi tra le persone’ molto poetico e ad essere onesta un po’ pesante da portare come nome. Ho 20 anni e sono correntemente in cerca di lavoro o di un apprendistato perché non ho ancora capito cosa ‘voglio fare da grande’ Mi piacciono i dolci, ma anche gli snack salati, in generale il cibo spazzatura, lo so lo so, non è salutare, ma ha un sapore così buono!! Non mi piace il cibo amaro e aspettare, odio aspettare! E uh, i miei hobby includono guardare le persone e cercare di indovinare che vita fanno, leggere fumetti -ma questo l’avevi già capito-, cercare nuovi caffè e locali carini dove sperimentare nuovi dolci e altri snack.—

 

Ahahah. D’accordo, presentiamoci come si deve. Il mio nome è Shikaku, Nara Shikaku, il mio cognome è quello del clan Nara, tra i fondatori del villaggio della Foglia e i custodi della foresta nostra omonima —No, mai sentito— eh devi vivere davvero fuori dal mondo per non conoscerlo ma capisco. Il mio nome, Shikaku, è un rimando ai cervi che custodiamo e da cui ricaviamo le corna per moltissimi medicamenti segreti tramandati nella nostra famiglia —Ohh questo è interessante!— E sarà l’unica informazione che riceverai in proposito —Uffa— inoltre è un gioco di parole tra la parola assassino, il gioco omonimo, e la parola quadrato. —Uao, i tuoi genitori si sono proprio sbizzarriti con il tuo nome, vero?— Non posso negarlo. Non ho preferenze particolari con il cibo ma se possibile evito le uova sode troppo cotte, i miei hobby includono prendermi cura dei cervi della foresta di famiglia, giocare a shogi e go e studiare le medicine ed i rimedi tramandati dai miei antenati. —Insomma sei un secchione!— Ah i giovani d’oggi. —Perchè, quanto sei vecchio?— Si chiede quanti anni hai, screanzata. Comunque ne ho, o meglio ne avevo al momento della mia morte, 42. —Ah però, potresti davvero essere mio padre!— ehh, suppongo di sì. Sigh —Perché sospiri? Cioè a parte l’ovvio ‘perché sono morto’, che è comunque una ragione più che legittima per sospirare e in effetti se è proprio quella mi scuso per la mia mancanza di tatto mi rendo conto che mi sono comportata in maniera parecchio screanzata come diresti tu e— Calma, calma, non c’è bisogno di correre a scusarti per ogni minima mancanza; non sarà di sicuro l’ultima tra l’altro; —Certo che anche tu non scherzi con le tue frecciatine eh? Ahaha va bene, penso di riuscire a calmarmi, ma continua pure Shikaku, ti ho interrotto.

 

Sentire il proprio nome pronunciato, o meglio pensato dalla ragazza fece uno strano effetto all’uomo. Si chiese come avrebbero pronunciato d’ora in poi il suo nome sua moglie e suo figlio, e si sentì riempire di malinconia. Normalmente avrebbe seppellito la sensazione sotto strati e strati di indifferenza e addestramento, ma si sentì legittimato, essendo morto, a non dover più rispettare pedissequamente certi precetti Ninja che gli erano stati inculcati in vita. Però Kizuna gli aveva chiesto di continuare a parlare, e non aveva intenzione di tradire la propria commozione di fronte ad una ragazzina, una civile, senza un buon motivo. Per cui si scrollò di dosso la sensazione per procedere con la spiegazione.

 

Si tratta della mia famiglia, mia moglie e mio figlio. Non avrei dovuto lasciarmi scappare quel sospiro ma la verità è che stanno correndo un grave pericolo ed io non sono più lì a proteggerli, a sostenerli.

 

—Il decacoda giusto? O la decacoda non è che ho capito bene il genere, se pure quel mostro ce l’ha ma vabbè sto divagando.—

 

Sì, esattamente la decacoda e chi la sta manovrando. In realtà tu stessa sei-

 

Ma non poté finire la frase perché d’improvviso qualcuno gridò “Ehi, guardate cosa sta succedendo alla luna!!!” E tutti si precipitarono alle finestre per vedere con i propri occhi.

 

Quella che una volta era un disco bianco latteo, ora si era trasformata in una sfera di sangue punteggiata da tomoe [NdA le tomoe sono delle “virgole” cicciotte che fanno parte dei motivi astratti tipici delle decorazioni giapponesi, sono anche i simboli che compaiono all’interno degli occhi di un uchiha quando attiva lo sharingan] lungo tre sottili cerchi concentrici. Lo sguardo di tutti era incollato ad essi e uno dopo l’altro gli occhi di ognuno divennero lilla e con una serie di cerchi concentrici al loro interno, ed i loro corpi vennero avvolti da liane che li circondarono come bozzoli circondano bruchi trasformati in crisalidi.

 

Nessuno fece un solo movimento per evitarlo, storditi dall’ipnosi indotta dalla luna, e Shikaku potè solo osservare atterrito mentre ogni civile attorno a sé cadeva nella trappola che era sicuro era opera di Madara e della decacoda. Allora il suo sacrificio era stato vano, ogni speranza era perduta. Anche la stessa Kizuna fu avvolta come tutti gli altri, e Shikaku avvertì come un potente strattone, come se qualcosa stesse… stesse cercando di separarlo da lei. Preso da un panico irrazionale, dalla nozione che se fosse stato separato avrebbe cessato di esistere, cominciò a chiamare la ragazza incessantemente, a dire il suo nome e a ‘strattonare’ a sua volta cercando di usare la sua influenza per muovere il corpo della ragazza e liberarla dalla presa della tecnica che pareva un misto tra una genjutsu ed una ninjutsu

 

Nonostante i suoi sforzi sentiva il legame tra lui e la ragazza farsi sempre più sottile, sempre più sottile, e lei non sembrava udire la sua ‘voce’ non sembrava esserne minimamente cosciente. Con un ultimo strenuo sforzo Shikaku si ‘proiettò’ sopra il corpo della ragazza stessa, scoprendo così due cose, la prima che aveva un controllo non solo sui movimenti della ragazza ma anche della stessa ombra che lui rappresentava, e secondo nell’istante in cui l’ombra colpì il viso della ragazza si sentì proiettare lontano..




 

Aprì gli occhi e si trovò in un negozio di cui non riusciva a capire cosa fosse tra un fioraio, una caffetteria o una libreria per la varietà di scaffali e banconi presenti nel posto. C’erano una quantità enorme di clienti ma tutti stranamente ben distanziati l’uno dall’altro, e ancor più stranamente ben contenuti nella dimensione non eccessiva del locale, che pareva il classico caffè dietro l’angolo, con alcuni tavolini all’interno e qualcuno anche all’esterno. Inoltre, tutte le persone presenti nel caffé/libreria/fioristeria erano senza volto, i tratti somatici del tutto assenti, cosa che lo inquietò non poco. La seconda cosa che Shikaku notò fu che aveva di nuovo il suo corpo, ma non fece in tempo nemmeno a meravigliarsi di ciò che una voce squillante lo strappò dai suoi pensieri “Ecco a lei l’ordine signore!” Kizuna, in una divisa da maid molto succinta e che le evidenziava il seno, si trovava dietro al registro del bancone e stava porgendo al primo cliente della fila un vassoio con su un qualche caffè complicato di quelle cose che andavano di moda tra i giovani, un mazzo di fiori coloratissimi e dalle forme incredibili, che Shikaku non era nemmeno sicuro esistessero, e un fumetto.

 

Dentro di sé Shikaku sentì di doverla raggiungere, così si fece strada tra i presenti, impresa non facile perché essi sembravano non notarlo affatto e gli ostacolavano inavvertitamente la via, verso la ragazza, che in quel momento stava versando del tè dentro ad un libro completamente svuotato del contenuto e di cui era rimasto solo un incavo. “Kizuna!” Chiamò, la voce che si perdeva in mezzo al fitto chiacchiericcio del locale -ma da dove proveniva se nessuno a parte lui e la giovane aveva una bocca per parlare?- “Kizuna ascoltami!” Continuò a chiamare, mentre cercava di farsi spazio tra la folla ed avvicinarsi al bancone che ad ogni passo sembrava allontanarsi piuttosto che farsi più vicino. La ragazza sembrò tentennare un po’ ed il sorriso vuoto che indossava svanì per un istante per fare spazio alla confusione più totale, ma prima che Shikaku potesse in qualche modo farsi vedere tra la folla lei riprese a sorridere con sguardo vacuo al cliente più vicino offrendogli il libro colmo (?) di tè.

 

Visto che le buone non funzionavano il ninja passò alle maniere forti, balzando da un tavolo all’altro e anche tra i candelabri appesi al soffitto con l’agilità di una scimmia.

 

Le pareti ed i muri sembravano allargarsi per impedirgli di raggiungere i vari appigli, ma l’uomo non si rassegnò, usando i mezzi a propria disposizione, principalmente jutsu come la sostituzione, lanciandosi con cloni della moltiplicazione superiore del corpo o le varie tecniche di controllo dell’ombra del suo clan per farsi spazio, proiettarsi in avanti ed eliminare gli ostacoli per proseguire fino alla ragazza. Aveva poco tempo, riusciva a sentirlo nei battiti del proprio cuore, sempre più erratici e discontinui.

 

“Kizuna! Prendi la mia mano!” Esclamò atterrando sul bancone di fronte alla ragazza, che uscì dallo stordimento e lo guardò con occhi spalancati. “Cosa? Come?” “Non c’è tempo, fidati di me!” Disse lui protendendo la mano mentre la stanza continuava a distorcersi cercando di allontanarlo da lei. La fanciulla seguì l’istinto ed afferrò quella mano estranea eppure familiare come se avesse già incontrato il ninja, ed il suddetto prese a correre verso l’uscita trascinandosi la frastornata giovane.

 

“Cosa sta succedendo?!” “É in atto una genjutsu, una tecnica illusoria incredibilmente potente che ti sta facendo vivere questa… questa situazione, dobbiamo romperla e sfuggire." “E come?!” “Dipende dal tipo di illusione… non riuscivo nemmeno a contattarti dall’esterno ma in qualche modo son riuscito a finire dentro l’illusione stessa, per cui dev’essere possibile spezzarla. Salimi in spalla” “CHEEEE????” “Salimi in spalla proverò i metodi più comuni per spazzar via l’illusione, dopodiché se non funzioneranno non resterà che l’ultima strada, uscirne di prepotenza, come da questo caffè quel che è.” “La caffetteria libreria fioristeria dei sogni!” “Ehm cosa?” “No scusa era una cosa che da bambina… ahhh ma non perdiamo tempo!” Mentre parlavano una specie di liana cercò di afferrare la ragazza, mancandola per un soffio solo perché Shikaku aveva scartato di lato ed afferrato la giovane donna tra le braccia, ponendola poi sulle proprie spalle come niente fosse, cosa che impressionò la giovane che non aveva visto mai nessuno tanto forte da movimentare un’altra persona come se pesasse niente. Si sistemò sulle spalle dell’uomo e gli si strinse forte, e mentre sputacchiava perché le erano finiti in bocca dei ciuffi di capelli della coda appuntita svettante verso il cielo del ninja un pensiero la folgorò. “Shikaku?!” 

“Sì?” Chiese lui, evitando un’altra liana scartando a destra. “Sei proprio tu? Il signor ombra?!” “A quanto pare” Un salto carpiato per evitare quattro liane che cercavano di afferrare la fanciulla da quattro direzioni diverse. Nel mentre le sue mani non stavano ferme ma anzi stavano facendo quanti più segni ninja poteva nel più breve lasso di tempo, il risultato fu che alla ragazza parve di vedere un frullio al posto delle mani dell’uomo, che borbottava sottovoce qualcosa che lei non riuscì ad identificare, probabilmente tecniche di rilascio dalle illusioni.

 

“Niente” Mormorò l’uomo dopo un po’, mentre si trovavano pressappoco a due terzi di percorso fino alla porta. “Nessuna tecnica da me conosciuta riesce a liberarci, dobbiamo andarci di forza.” “Va bene, cosa posso fare?” Chiese Kizuna, determinata ad uscire da quell’incubo variopinto in cui fiori spuntavano ad ostacolare il cammino, clienti senza volto tentavano di afferrarli da dietro, libri volavano qui e lì ingombrando la visuale e caffè cappuccini, venti e mocha cadevano a pioggia minacciando di scottarli. “Niente, reggiti forte” “MA come niente?!” “Se proprio ci tieni prova a svegliarti in qualche modo, se riuscissi a farlo autonomamente sarebbe di grande aiuto” “OK! Ehm una domanda… come?” “Logica vorrebbe tentare prima dai classici dopodiché andare a provare sempre più metodi” “Ok ok me la devo sbrigare da me capito. Uhhhm.. Svegliati Kizuna, svegliati!” Borbottò la ragazza andando a schiaffeggiarsi senza alcun risultato. “Ok proviamo con questo, ahiii” E si diede dei pizzicotti sulle braccia e sulle guance, senza risultato. Tentò poi di sbattere ripetutamente le palpebre, cercò di addormentarsi con l’idea che se si fosse addormentata nel sogno magari si sarebbe svegliata nella realtà, cercò di leggere i menù sparsi per tutto il locale, pur distorto com’era, ed altro ancora, ma qualunque metodo provasse non riusciva proprio a svegliarsi dall’illusione. “Eccoci!” Esclamò Shikaku, che aveva pressocché fatto orecchie da mercante ad ogni tentativo fallito della ragazza, ben sapendo che erano sterili, non avrebbero mai dato frutto, le aveva assegnato il compito di cercare di svegliarsi per darle qualcosa da fare e non disturbarlo mentre cercava di salvare entrambi, ma ora erano ad un passo dalla vittoria e tenere Kizuna impegnata non aveva più importanza. Sennonché, proprio a quel punto la porta d’ingresso, fino a quel momento spalancata, si chiuse di scatto, e delle figure si materializzarono dal nulla come del fumo che si diffonde in una stanza, figure che presero i connotati di un uomo ed una donna di mezz’età, la donna l’aveva già vista era la madre di Kizuna e l’uomo, data una certa somiglianza con la ragazza, doveva essere il padre. Ma la terza figura proprio era sconosciuta a Shikaku, si trattava di un giovane uomo sui trent’anni forse, con uno sguardo furbo e delle movenze losche, che fece subito insospettire il ninja, il quale sentì la ragazza sulla sua schiena irrigidirsi. “Mamma, papà, Akihiko, cosa ci fate qui?!” “Ma cara, come potevamo perderci il giorno dell’inaugurazione!?” Esclamò la figura che emulava l’aspetto della madre di Kizuna. “Inaugurazione?” Chiese lei interdetta, mentre Shikaku bisbigliava tra i denti “Attenta, non cascarci, sta fingendo!” “Ma certo sciocchina, l’inaugurazione della tua grande creazione, la caffèfioristalibreria dei sogni! E che gran successo, guarda quanti clienti si sono accalcati qui per celebrare il tuo locale!” Orde di persone dai visi indefiniti comparvero da ogni lato, circondandoli e tagliando loro ogni via di fuga.

 

“Io, io… non credo che” Tentennò la ragazza, ma la figura del padre le circondò le spalle con un braccio, mentre Shikaku lottava contro una massa di clienti che l’avevano afferrato di soprassalto per ogni parte del corpo, stranamente i suoi sensi ninja non l’avevano avvisato in tempo per evitare l’attacco; gli avevano tappato la bocca con più mani e lo stavano spingendo sempre più lontano dalla giovane ancora spaesata che non si era accorta di nulla.

 

“Mmhffgh scappa, liberati! Mghmhhffff” Biascicò il Nara rivolto alla fanciulla cercando di divincolarsi dalla forte presa dei suoi assalitori, mentre vicino a Kizuna il padre stava tessendo le lodi del locale e dell'ingegno della figlia.

 

“Sei stata eccezionale, sei meravigliosa Kizu” Interruppe l’uomo chiamato Akihiko, sovrastando la voce del padre di lei e afferrando a sua volta la ragazza per le spalle, fissandola con sguardo adorante. “Aki… io non capisco, tu mi avevi lasciato…!” “E come potrei mai lasciare qualcuno di così brillante e capace come te Kizu? No, è stato un errore, un errore quasi fatale di cui mi pento e mi dolgo, ma ora sono qui, ora siamo qui, e possiamo restare assieme per sempre, non è vero?” Si rivolse alla fine ad un vecchietto dal viso indefinito ma bardato con una toga cerimoniale che annuì e scandì con voce gracchiante ma chiara “Vuoi tu, Uozomi Akihiko, prendere come tua legittima sposa Kohana Kizuna in salute e malattia, nella gioia e nel dolore, finché morte non vi separi?” “Lo voglio” Disse Akihiko mentre Kizuna esclamava “C-cosa?” E si accorse che il suo vestito era cambiato, dalla sciatta tuta che aveva infilato come prima cosa trovata mentre frugava tra i cassetti, adesso si trovava a indossare un maestoso vestito da sposa gonfio come una bomboniera, tempestato di diamanti e di cristalli, ricoperto di tulle e pizzo. In una parola, barocco. Akihiko indossava a sua volta un completo blu scuro come i suoi occhi, molto elegante e raffinato, e le dava il braccio a cui la ragazza si era inconsapevolmente agganciata e dal quale si staccò immediatamente cercando di patteggiare “Fermi tutti c’è stato un malinteso…” “E vuoi tu, Kohana Kizuna, prendere come tuo legittimo sposo-“ “fermi dico fermi!” Ma nessuno la stava ad ascoltare ed il prete continuò imperterrito “Uozomi Akihiko, in salute e malattia, nella gioia e nel dolore, finché morte non vi separi?” “Non così, non così!” Esclamò lei disperata, mentre intorno sentì uno scroscio di applausi di una folla senza volto tra la quale si trovavano anche le figure di suo padre e sua madre che si stavano asciugando gli occhi, applausi come se avesse detto sì anche lei e infatti il sacerdote continuò il suo discorso: “In virtù dei poteri conferitimi, io vi dichiaro…” Ma non finì mai la frase perché dal fondo della folla si levò come un’immensa sfera d’ombra che inglobò tutti gli astanti che capitavano a tiro, e dalla quale emerse con uno slancio felino Shikaku, che atterrò tra sposo e sposa e afferrò Kizuna per la vita catapultando poi con un balzo se stesso e la ragazza all’ingresso dell’ex locale ora chiesa, ingresso che si ruppe in mille pezzi con un rumore di vetri infranti ed i due sparirono in un vortice nero e rosso.



 

“Gasp!” Annaspò Kizuna, risvegliandosi. Ma il pericolo non era ancora passato, si ritrovò avvolta da un fitto bozzolo di liane che la ricoprivano dalla bocca ai piedi.

“Ohnohnohnohnohno!” Esclamò la ragazza, o almeno ci provò siccome si rese conto che tutti i suoni erano attutiti dal bozzolo.

 

Mantieni la calma, cerca di muoverti il più lentamente possibile, agitarti non serve a nulla con queste liane.

 

“Mffhhggg Shi-fghhfffhhg-kakufghgghhhff!” Biascicò lei, ignorando completamente il consiglio del ninja ed agitandosi sempre più, mentre il bozzolo aumentava la presa su di lei.

 

E ascoltami senza fiatare una buona volta! Non vedi che ti sta stringendo sempre più forte mano a mano che ti muovi?

—E allora cosa dovrei fare?!— Pensò la fanciulla istericamente, il ritratto della donzella in difficoltà.

Ascoltami, per prima cosa. —Va bene va bene ti ascolto, ora sbrigati prima che io diventi una pappetta spiaccicata!—

Respira profondamente e con calma —come fosse facile!!— devi farcela, è in gioco la tua sopravvivenza. —che modo per dare un boost alle persone uhhhh, adesso sì che mi sento carica e positiva!— Kizuna… —ok ok, calma. Respiri profondi. Respiri profondi e che ci vuole? Uuuuhh ahhhhhh uuuuuuhhh ahhhhh…— Ora lasciami prendere il controllo e non farti prendere dal panico —Eh? In che senso lasciarti il controllo?  OMIEIDEI IL MIO CORPO SI STA MUOVENDO DA SO…lo respiri profondi, respiri profondi, uhhh ahhhhh uuhhhhhh ahhhh—

Adesso non spaventarti ma metteremo in atto una ninjutsu. —E come? Non so la minima cosa di ninja e delle loro tecniche!? Manco ce l’ho il chakra io!— è una comune convinzione errata che la gente normale non possieda il chakra mentre i ninja sì, in realtà tutti possiedono chakra, la differenza è che i ninja hanno imparato ad impastarlo, ma la lezione sarà per un’altra volta, adesso tieniti pronta, che parto!

 

Pur al di sotto delle liane Kizuna, o meglio Shikaku in questo caso, aveva abbastanza spazio di manovra per eseguire i segni delle mani e completò rapidissimamente, prima che le liane potessero ‘accorgersi’ che qualcosa non andava, una serie complicata di essi, culminanti in tigre. Una tecnica di fuoco che sparava dalle dita dell’ esecutore una sottile lingua di fiamme che bruciava però ad altissima temperatura. Era una mossa rischiosa perché se non avesse mantenuto bene il controllo avrebbe rischiato di bruciare la stessa ragazza, ma tutto andò secondo i piani ed il bozzolo di liane bruciò senza lasciare traccia mentre la ragazza, tremante, venne liberata dal suo giogo.

 

A Kizuna cedettero le ginocchia e la fanciulla crollò a terra, tremando come una foglia.

 

“È… è fatta?” Mormorò con un filo di voce, non osando alzare lo sguardo da terra, temendo di incrociare nuovamente la luna che l’aveva imprigionata in quell’assurda illusione a metà fra il sogno e l’incubo, anzi decisamente verso l’incubo.

 

Sì. Siamo liberi. Ma gli altri…

 

Kizuna si arrischiò ad alzare di poco lo sguardo intorno a sè, e vide una distesa di corpi avvolti dai bozzoli, tutti con gli occhi lilla e con una serie di cerchi concentrici al loro interno, chiaro segno del loro essere storditi dall’illusione.

 

“Cosa facciamo adesso?” Piagnucolò la giovane, malferma sulle gambe, mentre si rialzava lentamente.

 

 

“Shikaku?”

 

 

“Ehi mi senti? Non sarai caduto anche tu preda dell’illusione andiamo!!”

 

Proviamo a svegliarli, ma potrebbe essere molto molto pericoloso, solo per svegliare te quasi ci restavamo ammazzati entrambi. “Io forse, tu sei già morto?” Ingrata. “A proposito ma che razza di figo che eri nel sogno?! Sembravi un eroe d’altri tempi, un samurai che vagabonda solitario o quelle robe lì-” Sono un ninja, non un samurai, ma grazie del complimento. “Prego, non c’è di che. Quindi dicevi che svegliarli potrebbe essere pericoloso? Cosa possiamo fare allora?” Cominciamo con liberare qualcuno dal bozzolo, ho notato che le liane compaiono ed hanno una parte attiva anche nel mondo dell’illusione, per cui se liberassimo qualcuno dal loro giogo potremmo forse allentare il controllo dell’illusione sulla vittima. Le probabilità che ciò sia vero non sono alte, ma è una possibilità e rientra in ciò che possiamo fare adesso, mentre analizziamo la situazione. Continua ad evitare di guardare la luna, comunque, non sappiamo se sei diventata immune al suo effetto o se non appena la vedrai di nuovo ricadrai nell’illusione, qualcosa che vorrei evitare vista tutta la fatica fatta per salvarti la prima volta. “A proposito” Hm? “Non. Una. Parola. Sull’ultima parte. Nessuna. Nisba. Nada. Rien. Zero.” Ricevuto. Anche se eri davvero graziosa con quel vestito da sposa sai? Ti donava. “NON. UNA. PAROLA. Però grazie”

 

Con un po’ di impegno, e molta partecipazione da parte di Shikaku, che controllò più e più volte il corpo di Kizuna per essere sicuro che i segni venissero fatti nel modo giusto, liberarono un po’ alla volta una decina di persone dalle liane, scoprendo con amarezza che non bastava separarli dalla pianta per liberarli dall’illusione ma sperando di aver fatto lo stesso un po’ di bene. Continuarono così finché, all’improvviso, videro le liane ritrarsi spontaneamente e gli occhi di tutte le vittime tornare normali. Kizuna si arrischiò a guardare la luna e scoprì con sorpresa che non si vedeva più, al suo posto, o meglio più ad est, c’era il sole appena sorto nell’alba ottobrina. Ce l’hanno fatta. Pensò, gonfio di orgoglio e commozione Shikaku, pensando a suo figlio ed i suoi amici che stavano lottando contro forze inequiparabili ad ogni altra mai affrontata prima. Nel mentre l’ospedale si rianimava e tra spaventi, pianti, grida e spontanee manifestazioni d’affetto anche verso sconosciuti (Kizuna evitò per un pelo un signore che piangendo stava abbracciando proprio tutti ed aveva cercato di abbracciare anche lei), la vita tornò a scorrere normalmente.

 

—Sai cosa?—

Cosa? Domandò Shikaku pro forma, perché dagli sguardi che la ragazza aveva lanciato al bancone del triage e anche alla sua ombra (quindi a lui) si era già fatto una mezza idea.

—Non penso andrò a farmi visitare dopotutto. È impossibile che tutto questo sia stato solo un sogno o il frutto di un trauma cranico, è successo veramente, e non c’è ospedale che possa curare dalla realtà per quanto spaventosa essa sia. Torniamo a casa ok?—

Nonostante io apprezzi il sentimento con cui esprimi questa affermazione, preferisco insistere che tu ti faccia controllare, Kizuna. Potresti davvero aver riportato una commozione cerebrale o peggio, molto meglio essere sicuri che restare nel dubbio.

 

“D’accordo, ma l’attesa adesso sarà micidiale! Sarà un vero supplizio”

Borbottò lei poco convinta ma collaborativa.

 

Finì che dalle tre che erano entrati in ospedale, ne uscirono alle otto con una garza sterile sulla fronte di Kizuna e tante raccomandazioni di farsi portare nuovamente in ospedale se nelle prossime ore avesse riportato nausea, cerchi alla testa eccetera. La giovane alla fine aveva tenuto la bocca chiusa sulle presunte allucinazioni e così c’era rimasto ben poco da riferire al dottore incaricato di visitarla, solo che era sbattuta accidentalmente contro lo specchio ed aveva riportato un graffio e vari frammenti di vetro sparsi per la fronte, che però fortunatamente non erano penetrati nella pelle ed erano stati rimossi facilmente dall’infermiere di turno mentre il dottore faceva la ramanzina alla ragazza sullo stare più attenta all’ambiente circostante.

 

La cosa più strana di tutte era che le persone non sembravano ricordarsi di essere state avvolte da delle liane mostruose sotto una luna di sangue. Nel mentre che la luna di sangue svaniva ed il sole faceva il capolino dall’orizzonte, i bozzoli avevano cominciato a sparire nel nulla come se si stessero sublimando al sole. Così quando tutti si erano svegliati la situazione era rimasta inalterata rispetto a prima, con l’unica differenza dell’ora che era più tarda. Se quando Kizuna si era seduta ad attendere il suo turno erano circa le tre ed un quarto di mattina, quando il mondo riprese a funzionare erano ormai le sei passate, cosa che nessuno degli orologi aveva mancato di notare, e se la ragazza ci era rimasta inizialmente di stucco, Shikaku l’aveva fatta poi ragionare che un’illusione non poteva colpire gli oggetti inanimati, essi continuavano a funzionare come niente fosse.

 

Tornata a casa, Kizuna si prese un paio di rimproveri dalla madre, che appena arrivata un’ora da lei determinata sufficientemente tarda perché sua figlia fosse sveglia (o venisse svegliata, quello che avveniva prima) si era preoccupata per la sua bambina non appena aveva visto l’assenza della giovane dal suo letto. La ragazza si era inventata di aver voluto fare una passeggiata notturna, non volendo preoccupare la madre con la craniata che ormai era appurato non si trattava di una commozione cerebrale, alleluia. Per buona misura, nascose come meglio potè la fasciatura sotto la zazzera di capelli indisciplinati, ma non si preoccupò troppo della possibilità che sua madre vedesse le bende al di sotto dei capelli, siccome non si era accorta nemmeno prima del graffio e le schegge di vetro.

 

Una volta in camera sua, Kizuna si sedette, tirò un lungo sospiro e domandò: “E adesso? Cioè abbiamo appurato che sei effettivamente chi dici di essere e sei in qualche modo intrappolato nella mia ombra, ma a questo punto cosa facciamo? Chiamiamo un esorcista?” Posto che non sono sicuro di credere in quei ciarlatani, casomai un esorcismo funzionasse io mi troverei, credo, nella spiacevole situazione di sparire nel nulla, per cui eviterei, grazie.

“Uhm.. sì ha senso. E quindi? Continuo la mia vita di tutti i giorni con te al seguito?”

Non saprei proprio che dirti, che io sappia questa è la prima volta che accade qualcosa di questo tipo quindi non ci sono linee guida per regolarsi. Però, se fosse possibile, mi piacerebbe andare a controllare come stanno mio figlio e mia moglie…

“Andare fino a Konoha?! É un viaggio lunghissimo, sei matto?!” Naturalmente non è un obbligo, si trattava solo di una possibilità.

“Ugh, scusa di averti dato del matto, mi hai appena salvato la vita e io come ricambio? Che ingrata che sono. Senti, per Konoha è veramente un viaggio lunghissimo, non so se tu lo sai ma qui siamo nella città di Yusamatsu, all’estremo sud del Paese del Fuoco, non so se hai presente, siamo nella penisola a forma di T rovesciata, è un posto dimenticato dagli Dei secondo me, non succede mai niente di interessante qui, è proprio una palla.” Affascinante. Centinaia di chilometri di distanza da dove sono morto, com’è stato possibile ritrovarmi proprio qui? So che non puoi saperlo ma è una riflessione interessante. Effettivamente per gli standard civili è un lungo viaggio, capisco che non te la senta di affrontarlo, senza nemmeno altra motivazione che fare un favore all’ombra di un ninja che non vive nemmeno più…

“Fingerò di non aver notato la trappola emotiva che mi hai teso, ma vedi non è nemmeno (solo) questione di distanza, o di soldi se per questo, ma più che altro la burocrazia per entrare nel villaggio ninja è da incubo! Non credo tu possa capire, voi ninja godete ogni sorta di permessi speciali per recarvi ogni dove, mentre per una persona normale spostarsi più in là dei villaggi limitrofi è un’impresa! Senza contare che i Villaggi Nascosti hanno tutta una serie di limitazioni particolari, permessi da accordare e… oh va bene, proviamoci. Fammi mettere qualcosa di più consono addosso e poi, prima tappa della giornata: il municipio.” Ti ringrazio infinitamente, non hai idea di quanto questo valga per me.

“Eh.. in fondo stavo anche facendomi mille problemi da sola, che sarà mai un viaggetto di piacere nella capitale non ufficiale?”

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