Respirando l’aria della Cornovaglia

di BlueBell9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I



AU ambientata nel nostro mondo.
Facciamo finta che siamo in un post Battlefield (non penso che sia necessario conoscere la long per comprendere questo piccolo delirio).
Qui non considero tutti gli avvenimenti che stanno succedendo in
Someone you loved.






Respirando l’aria della Cornovaglia





«Grazie per questo invito» inizia Victoire, riconoscente, dopo che è saltata giù dalla macchina e ha stretto l’altra in un abbraccio affettuoso e stritolante.
Molly scrolla le spalle, sorridendo.
«Mi sei mancata» confida morbida, riferendosi a quei tre anni in cui si sono viste sporadicamente e solo tramite videochiamate. «Dopo questa pandemia globale e tutto quello che ci è successo,  ci meritiamo un po’ di relax» sostiene convinta, alludendo solo di sfuggita e con molto tatto al lutto che ha colpito la loro famiglia.
Lei fa davvero fatica a trattenere l’emozione, gli occhi azzurri che diventano pericolosamente umidi.
Tornare in Inghilterra le ha dato un senso di strana serenità, come se quel posto fosse capace di placare qualsiasi pensiero negativo e farle assaporare di nuovo la vita. 
Non sarà Villa Conchigliae da un lato è meglio così, almeno può evitare di ripensare a quei ricordi che ora hanno un gusto amaro – ma è pur sempre la Cornovaglia, con quell’acqua di un azzurro brillante, le colline piene d’erba giallastra e sbiadita e quelle raffiche di vento che diventa improvvisamente violento e gelido.
È casa.
È ritrovarsi in un luogo nel quale si ha la sicurezza che non succederà nulla, perché ha la forza e la dolcezza dei ricordi dalla sua, è meraviglioso.
Il sorriso di Molly svanisce quando lo sguardo si punta oltre le sue spalle.
«Aspetta… c’è anche lui?» domanda lentamente, corrugando la fronte con quello che minaccia di essere un piglio scontento.
Boccheggia per l’impaccio, sentendosi annegare dall’agitazione per cercare di articolare alla svelta una scusa prima di essere trucidata da quegli occhi marroni, nei quali già brilla una sinistra luce di ferocia.
«Puoi anche smettere di fingere di non essere contenta» sostiene Etienne, leggero, piegando le labbra in un sorriso che sa tanto di provocazione, una volta che le ha raggiunte dopo che ha chiuso la macchina. «Tanto lo so cosa pensi di me» dichiara quasi altezzoso.
«Ne dubito» ribatte l’altra, asciutta. «Altrimenti mi staresti alla larga» commenta sicura. Poi sposta la sua attenzione su Dominique, che, al suo fianco, ha l’espressione di chi si sta sforzando di sopportare qualcosa di terribilmente noioso. «Confesso che se ci fossimo viste in giro, avrei fatto fatica a riconoscerti: sei cresciuta» afferma cortese.
Sua sorella inarca le sopracciglia.
«Dopo quasi tre anni, sarebbe strano se non l’avessi fatto» risponde acida.
Molly si sforza per far un sorriso amorevole, anche se il risultato non è un granché e sa di presa in giro.
«Ma la simpatia è rimasta quella» conviene ironica, quasi tra sé, ignorando l’occhiataccia che segue. «Dai, prendete i bagagli e entriamo dentro!» li sprona benevola.
Pur sapendo che la famiglia della cugina, da parte di madre, è ricca e che quella, come le altre case che hanno sparse in giro per l’Inghilterra è proprietà esclusiva dei Burke, che ci tengono a non intestare immobili a parenti acquisiti –, Victoire rimane favorevolmente impressionata dalla mancanza di opulenza o sfarzo.
Quel cottage
su due piani in mattoni bianchi, con il tetto di un rosso scolorito a causa del tempo, è stato arredato per dare una sensazione di calore e intimità, nonostante le stanze spaziose. 
Si ritrova a respirare a pieni polmoni, una volta che si è fermata nell’ingresso, il trolley ai suoi piedi e gli occhi azzurri che già cercano quel mare, che tanto ama e conosce, al di là delle alte finestre del salotto.
Tuttavia, quando lo sguardo vaga nella stanza e incrocia un paio di iridi che sembrano quasi gialle, Victoire sbarra gli occhi e si lascia sfuggire uno squittio allarmato.
Teddy si alza dal divano, e per una frazione di secondi a lei sembra che il tempo si sia riavvolto. Come se quei tre anni assurdi non fossero mai esistiti.
Come se non si fossero mai detti addio.
«Oh, giusto» cinguetta Molly, serena, sbattendo le ciglia con candore, al suo fianco. «Forse mi sono dimenticata di accennarti che c’è pure Teddy» dice ad alta voce, prima di farsi più vicina fino a trovarsi a un palmo dal suo naso. «Brutto ricevere delle infamate, vero?» ritorce sferzante, gli occhi castani baluginanti dalla stizza, alludendo al cugino che lei si è portata dalla Francia.
«Sì, sì, questa atmosfera da drama è molto bella» taglia corto Dominique, spazientita per quella tensione imbarazzante che è calata all'improvviso. «Dov’è la mia stanza?» chiede con urgenza, desiderosa di allontanarsi da lì il prima possibile.
«Secondo piano, scegli quella che preferisci sulla sinistra» illustra Molly, laconica, prima di sospirare per farsi coraggio e voltare il capo a sinistra. «Delacour, vieni con me in cucina» ordina perentoria, ignorando con grande noncuranza lo sguardo di supplica di Victoire di non lasciarla sola.


*


Dopo essersi trascinata dietro la valigia per le scale, Dominique imbocca il corridoio sulla sinistra senza la minima esitazione.
A dir la verità non sa nemmeno lei perché ogni cosa la irriti, perché sembra sempre così arrabbiata con il mondo. Non le piace essere così ma non ha idea di come fare a tornare ad essere quella di un tempo, la ragazzina spensierata che sembrava avere una vita perfetta e soprattutto un padre.
Il non essere in grado di riprendere il controllo sulla propria vita, su quella rabbia bruciante che è sempre lì, sotto la pelle, pronta a divampare con furia per ogni minima situazione –, la rende più scontrosa e sferzante che mai verso chi la circonda. 
Ironico e desolante che finiamo sempre per prendersela con quelli che amiamo e vorrebbero solo aiutarci.
Apre l’ultima porta del corridoio, buffando seccata quando le ruote del trolley si inceppano ed esercitando maggior forza per tirarlo dentro nella stanza. Dopo di ché, si chiude l’uscio alle spalle, in maniera tale da creare una barriera tra sé e il resto della casa.
Quando si volta, per poco non si lascia sfuggire un urlo per lo spavento quando si accorge che non è da sola in quella camera da letto.
Ci mette un momento per riprendersi, sarà perché non aveva nemmeno preso in considerazione la possibilità di trovarsi a pochi passi da un ragazzo che si è bloccato dal indossare la maglietta nera che ha tra le mani e che ha la sua stessa espressione perplessa.
Facendo forza su se stessa per evitare di apparire come una ragazzina immatura che non ha mai visto dei pettorali, Dominique simula la sua miglior espressione sprezzante.
«E tu che ci fai qui?» pretende di sapere brusca.
«Potrei farti la stessa domanda» sottolinea lui, distaccato, con due occhi azzurri che sono straordinariamente gelidi nonostante il sorriso beffardo che gli arriccia le labbra. «Tu saresti?» si sforza comunque di chiedere, educato.
«Dominique» svela rapida, graziandolo di una risposta.
Lo vede inarcare le sopracciglia, annuendo anche con il capo con fin troppa enfasi.
Non ci vuole un genio per capire che la sta prendendo per i fondelli!
«Senti, misterioso sconosciuto» riprende spazientita, schiarendosi la gola così da assumere un tono chiaro. «Saresti così gentile da uscire dalla mia camera? Sono un po’ stanca dal viaggio e avrei voglia di cambiarmi, per cui…» lascia in sospeso, allusiva, sperando che l'altro capisca alla svelta l’antifona. 
«Vai pure» concede quello, magnanimo, finendo di vestirsi.
Dominique rimane di sasso, presa alla sprovvista.
«No, tu te ne devi andare» puntualizza di slancio, inflessibile, ad alta voce.
A lui quasi viene da ridere mentre scuote il capo, incredulo.
«E perché mai?» indaga divertito.
«Perché sei nella mia camera!»
«Ah sì? A me sembra la mia, di camera».
Dominique molla di botto il manico del trolley che aveva stritolato in una morsa nervosa, prima di avvicinarsi all’altro con un passo svelto e le sopracciglia aggrottate per il nervosismo.
«Okay, forse non hai capito il sottinteso» riprende velenosa, quando gli è di fronte. E poco importa che ci sia un divario di altezza, perché non si lascia intimidire dall'essere più bassa. «Te ne devi andare!» ordina intransigente.
«Fai sempre così?» replica lui, placido, per nulla intimorito, inclinando il capo di lato e socchiudendo le palpebre. «Pretendi invece di domandare?» si informa intrigato.
Rimane per la seconda volta senza parole, a causa di quella domanda che la getta nella più totale confusione.
«Ma che… cioè» biascica in un balbettio, frastornata, interrompendosi quando si rende conto che lo ha fatto ridacchiare. Questa conversazione è durata anche troppo, stabilisca ferma. «Non so nemmeno come ti chiami ma so che devi sloggiare!» decreta tagliente, tornando al nocciolo della questione.
«Lance» svela l’intruso, lieve, permettendole così da dare un nome a quel volto.
E a quegli addominali, le ricorda una vocina maliziosa nelle sue orecchie. «E per quanto mi spiaccia spezzarti il cuore, sei arrivata tardi. Puoi prendere la stanza accanto» concede indulgente, come se fosse un privilegio averlo come vicino.
Dominique serra la mandibola, irritata a morte. 
«Sembra quasi che tu mi stia facendo un favore» sibila tra i denti, pungente.
Lui scrolla le spalle, senza smettere di sorridere. 
«Forse perché è così» commenta sommesso.
«La cavalleria non dovrebbe essere un requisito inglese?» domanda graffiante, portandosi con fastidio una ciocca ramata, che le è dispettosamente finita davanti agli occhi, dietro l’orecchio. «Perché, qui, io vedo solo stronzaggine» sottolinea aspra.
«Una cosa non esclude l’altra» sospira Lance, spassionato, prima di prenderle la mano. E, anche se ha la tentazione di ritrarla, gli permette di portarsela alle labbra in quello che dovrebbe essere l’imitazione
o la presa in giro – di un gesto d’altri tempi.  «Benvenuta a Newquay, Dominique» mormora contro il suo dorso, facendole crepitare la pelle e provocando una fitta di calore allo stomaco. 


*


«Allora» inizia Victoire, impacciata, infilandosi le mani nelle tasche degli shorts e alzando di riflesso le spalle. «Ti trovo bene» se ne esce infine, sentendosi morire per la banalità di quella frase.
Teddy si lascia sfuggire una risata.
«Sto bene» assicura sincero, continuando a guardarla con quegli occhi che l’hanno ossessionata e che le sono mancati per quasi tre anni. «E mi sembra che lo stia anche tu» azzarda piano, appena incerto.
Lei scuote la testa, sperando di risultare credibile con quell’aria limpida.
«Perché è così» sostiene genuina, credendoci davvero. Il tempo delle lacrime è finito e, anche se una parte di sé sarà sempre spezzata, è giusto cercare di andare avanti. «Cioè… questi tre anni sono stati un casino assurdo ma ci stiamo riprendendo. È questo che conta, vero?» domanda quieta, con una punta di timore chiaramente udibile nella sua voce.
Lui sorride rassicurante.
«Immagino di sì» conviene amabile. Abbassa solo un momento le iridi giallastre e, quando torna a osservarla, le vede chiaramente incupite dal nervosismo. «Ti dà fastidio che Molly mi abbia invitato?» si preoccupa di chiedere, diretto.
Victoire sbatte le ciglia, sbigottita.
«Perché dovrei?» rilancia schietta. Si rende subito conto che l’altro si riferisce al suo palese smarrimento quando ha scoperto della sua presenza. «Sono rimasta solo sorpresa. Ti avrei scritto, davvero, solo che…» si blocca, incapace di dire alcunché. «Sarebbe stato strano?» tenta a bassa voce, dubbiosa.
«Perché non ci vediamo dal funerale o perché non ti sei fatta più viva dopo che mi hai chiesto una pausa?» precisa Teddy, un po’ troppo brutale.
Non se la prende. Sa che il tatto non è esattamente una qualità dell'altro, anche se ci ha lavorato per smussare quell’aspetto così affilato e grezzo del suo carattere.
«So di aver sbagliato ad allontanarti ma avevo bisogno di stare da sola» comincia lei, in difficoltà, perché ammettere una colpa non mai facile. Soprattutto se è stata commessa per poca lucidità e in un periodo che si preferirebbe dimenticare.
«Anche da Delacour?» indaga lui, brusco. Poi scuote il capo, voltandolo a sinistra per prendere un respiro e riacquistare il controllo. «Scusa, frecciatina idiota» conviene frustrato, facendo una smorfia insofferente.
«Tra me ed Etienne non c’è stato nulla» afferma Victoire, veritiera, sostenendo senza difficoltà quello sguardo che le fa tremare ancora il cuore. «Però mi ha aiutata con Domi e Louis. Soprattutto con Domi» aggiunge riflessiva, mordendosi appena le labbra, rendendosi conto che la sua famiglia sta in piedi per miracolo. 
«Perché lui se la rigira come vuole?» scherza Teddy, divertito, anche se c'è un pizzico di verità in quell’osservazione.
Una risata le sgorga dalla gola, sincera e cristallina. 
«Sarà il fascino dei biondi» replica rilassata, sollevando con teatralità le spalle. «Però a me sono sempre piaciuti i mori. Dici che sono strana?» domanda quasi preoccupata mentre gli si avvicina fino a trovarsi a un passo di distanza.
Lui sorride ed è sempre bello notare come quel piccolo gesto li illumini il volto, addolcendogli gli occhi.
«No, è solo buon gusto» rilancia fingendosi sdegnato. Socchiude le labbra per qualche istante, prima di allargare appena le braccia. «Posso?» domanda titubante.
Victoire si scioglie in un sorriso mentre si tuffa contro quel petto, sentendo un feroce moto di gioia arderle nelle vene e facendola sospirare per la certezza che, per un mese, non ci saranno altri problemi.
Le ci vuole una piccola pausa dalla vita.
Tanto i guai saranno ancira lì, a settembre, ad attenderla pazientemente il suo ritorno.


*


«Lo ammetto, mentecatto: sei una continua spina nel fianco! Speravo che il Covid qualcosa di buono lo avesse fatto ma chissà come, quando si tratta di sfiga, l’universo ha un occhio di riguardo per la sottoscritta» brontola Molly, malevola, maledicendo ogni singolo pianeta, costellazione e pure galassia. 
Etienne, che ha ascoltato tutta quella lagna con il sorriso di chi si sta divertendo un mondo, prende posto sullo sgabello all’isola della cucina.
«Anch’io sono contento di vederti» dichiara genuino, appoggiando i gomiti sul ripiano in marmo.
Lei serra la mandibola, irritata, ignorando il cuore che ha fatto un balzo fino ad arrivarle quasi in gola. 
«Come no» sbuffa scettica, facendo divagare lo sguardo nella stanza così da togliersi dall’impiccio di incrociare quello dell’altro. «Ma sarò così magnanima da permetterti di restare» concede benevola, sentendosi una persona straordinariamente buona.
«Nonostante quello che c’è stato tra noi?»
Quella domanda, posta a bruciapelo, la costringe involontariamente a spostare le iridi castane nella sua direzione. 
«Non c’è stato nulla tra di noi» precisa Molly, veemente, tra i denti.
«Solo perché abbiamo avuto un pessimo tempismo» replica Etienne, ragionevole, alzando le spalle con noncuranza ma senza smettere un momento di guardarla dritta negli occhi.
Ed è difficile sostenere quelle iridi di un azzurro chiaro e terribilmente attraenti.
«Delacour, ora sfidi la mia pazienza» abbaia brusca. Incamera ossigeno dal naso e ringrazia tutto il creato che almeno ci sia un bancone a dividerli, così da impedirle di mettergli le mani al collo e torcerglielo all’istante. «Ti ho concesso questo mese di vacanza, vedi di non farmi cambiare idea» continua intimidatoria, il volto torvo. 
Gli volta le spalle solo per recuperare dal frigo tutto l’occorrente per fare il Mojito, per poi metterlo sul piano da lavoro in marmo. Recupera dallo scompartimento inferiore dell’isola due bottiglie di rum bianco – perché è estate, crepi l’avarizia e la sobrietà – e, dopo aver lavato la buccia, inizia a tagliare e spremere i lime. 
Stranamente lui l’aiuta senza proferire una parola, dopo essersi lavato le mani, e, per una manciata di minuti, nella stanza si sentono solo i suoni relativi alla preparazione del cocktail.
Solo dopo che hanno mescolato con un bar spoon, così da amalgamare bene gli ingredienti in due brocche di vetro – che si sono opacizzate a causa del freddo del liquido –, Molly crede che ormai il peggio sia passato e che possano tranquillamente divertirti senza accennare a quel piccolo episodio imbarazzante che è capitato. 
«Quindi non ci hai mai pensato?» indaga Etienne, noncurante, cogliendola totalmente alla sprovvista.
Lei rimane basita, la bocca che si schiude per la sorpresa di quel colpo basso assestato così all'improvviso e anche per la paura di quello che la sua espressione potrebbe rivelargli.
«L’ho fatto» ammette scornata, in un mormorio a malapena udibile e vergognoso. Sarebbe sciocco negare, vero? E poi l’altro non ci crederebbe nemmeno per un istante. «Ma non sono il tipo da ossessionarmi su quello che poteva essere» dichiara risoluta, facendogli capire l’antifona. «Anche perché ho una missione da compiere» aggiunge tenace, cambiando rapidamente argomento e spostandosi su un terreno più innocuo.
Lui accenna un sorriso divertito.
«Vuoi farli rimettere insieme?» deduce interessato.
«Ovvio» conferma Molly, diretta, senza provare un briciolo di imbarazzo per quel piano che esalta l’adolescente che è stata. E siamo oneste: non è che quella parte di lei sia scomparsa, altrimenti non avrebbe problemi a relazionarsi con quel miserabile mentecatto. «E sai cosa che divento estremamente letale se qualcuno osa mettersi sulla mia strada» butta lì causale, inchiodandolo con uno sguardo d’intesa.
«E perché dovrei?» replica Etienne, placido, il sorriso che si accentua e assume una sfumatura intrigata. «A me piacciono queste iniziative» confessa deliziato. 
«Perché tu sei subdolo, manipolare, spregevole, doppiogiochist-»
«E tu sei terribilmente testarda quando vuoi ottenere qualcosa» la interrompe rilassato, mettendo fine a quella sfilza di complimenti che non lo infastidiscono minimamente. Abbassa solo per un momento gli occhi verso il marmo, tamburellando le dita sulla superficie fredda e storcendo il viso in un’espressione pensierosa. Infine torna a guardarla, con il viso limpido e un sorriso invitante che la fa rabbrividire. E non per il disgusto, purtroppo. «E se vuoi un consiglio da un subdolo, manipolare, spregevole, doppiogiochista… beh, io lo vorrei il mio aiuto» suggerisce sagace.
Lei piega le labbra, soppesando attentamente quell’offerta.
«So già che me pentirò» biascica sconfortata, scuotendo il capo per la sua idiozia e versando il primo cocktail della stagione in due dei bicchieri che avevano precedentemente disposto sul bancone. «Alla nostra alleanza» brinda, quindi, semplicemente, alzando il suo verso il ragazzo che le sta di fronte e facendo scontrare delicatamente il vetro. «Vedi di non farmi saltare i piani o ti abbatto. Considerala una promessa» lo avvisa sanguinaria, sorridendo amabile.
Etienne ridacchia, per nulla preoccupato.
«E tu le mantieni sempre» puntualizza sommesso. 
«Soprattutto se queste comprendono la possibilità di farti la pelle» conferma lei, radiosa.


*


«Chi ne vuole un altro?» domanda Molly, entusiasta, brandendo la caraffa contenente il Mojito come se fosse una mazza, avanzando nella loro direzione.
Victoire ride ma accetta volentieri un secondo bicchiere.
«Allora, nostro amato Lucifero» inizia la cugina, allegra, appoggiandosi con il fondoschiena al muretto che c’è accanto alla brace. «Come procede la cottura?» si informa, sorseggiando il cocktail che ha fatto nella cucina e studiando la carne che sta rosolando sulla griglia.
Teddy la fissa scettico.
«Adesso mi paragoni al diavolo?» domanda asciutto.
«In senso affettuoso» precisa quella, leggera. «Hai un forcone in mano, sei circondato da fiamme… e hai fatto patire alla poveretta al tuo fianco le pene dell’inferno» sostiene schietta, alludendo a quel periodo in cui il ragazzo non accettava che tra loro ci poteva esserci altro oltre all’amicizia. «Apprezza che ti abbia chiamato così. Potevo darti un soprannome peggiore» lo informa spassionata, nascondendo il sorriso birichino che l’è spuntato dietro il bordo del bicchiere.
«Tipo mentecatto?» la provoca lui, sarcastico.
«Oh, il lupacchiotto fa dell’ironia!» sospira Molly, zuccherina, mostrando un’espressione di teatrale compiacimento. «Si vede che sei proprio di buon umore!» dichiara lanciando a lei un’occhiata d’intesa. Si stacca dal muretto con un movimento davvero fluido per chi deve essersi trangugiata più di mezza caraffa. «Vado a vedere come se la cavano gli uomini con le verdure. Non vorrei che Etienne – sì, Teddy, per i poteri conferitimi dall’universo, ho deciso di chiamarlo così – finisse ammazzato. Lance non sopporta che qualcuno gli dica cosa fare e non è affatto saggio lasciarlo vicini ai coltelli» dichiara tranquilla, come se non affatto preoccupata della possibilità di assistere a un omicidio. Storce le labbra in una smorfia meditabonda, aggrottando per un momento anche la fronte. «Sarebbe comunque legittima difesa: Etienne è insopportabile» dichiara sicura.
Teddy si lascia sfuggire uno sbuffo che assomiglia a una risata.
«Talmente tanto che ti piaceva» afferma brutale, rigirando uno a uno tutti gli spiedini con la pinza da barbecue. 
Molly si sforza di fargli un sorriso.
«Tutte commettono degli errori» dichiara saggia, annuendo anche con il capo. «Vi lascio l’alcol, così magari vi sciogliete un pochino. Vi vedo un pochino rigidi» insinua con una punta di malizia.
Solo dopo che si è allontanata, Victoire si permette di prendere un profondo respiro.
«A me non lo sembriamo affatto» obietta ragionevole, continuando a bere il cocktail e riempiendo il bicchiere ormai vuoto dell’altro.
«Perché non lo siamo» conferma lui, sicuro, ringraziandola con un sorriso. «Il problema di Molly è che, a furia di stare con Delacour, è diventata anche lei una mentecatta» decreta impietoso, scuotendo la testa con compassione.
«Delacourtite?» scherza lei, svagata, rievocando quegli episodi in cui l'altra era convinta, a ragione, di avere quel morbo.
Lo vede annuire, convinto.
«Altamente contagiosa» sostiene Teddy, divertito, inarcando le sopracciglia con eloquenza.


*


«Allora… Sebastian e Chef Louis, come procede la preparazione?»
Li osserva scambiarsi un’occhiata perplessa, ma se l’azzurro di Lance esprime tutta la pena di questo mondo, in quello chiaro di Etienne brilla una lieve luce di apprezzamento.
«È già ubriaca?» si informa suo cugino, distaccato, rivolgendosi all’altro come se lei non fosse presente in cucina.
«No, l’alcol la rende solo più instabile» afferma Etienne, saputo, riprendendo a tagliare le zucchine che ha posto sul tagliere di legno, sopra l’isola della cucina. «Per farla ubriacare, bisogna farne scorrere di litri di alcol. Solo che non ho riconosciuto la citazione» ammette pensieroso, corrucciando appena la fronte.
Molly si siede allo sgabello della cugina, scrollando con le spalle.
«Perché non lo è» precisa con disinvoltura, sfoderando un sorriso disimpegnato. «Sono due personaggi de La Sirenetta, quelli che decidono di imbastire nella cucina una lotta all’ultimo sangue. Mi ricordano voi» continua imperturbabile, ignorando l’espressione perplessa che suscitano le sue parole. «Chiaramente Chef Louis, sei tu» decreta risoluta, puntando gli occhi castani sull’unico biondo presente. «Perché se il mangiarane della situazione mentre tu» si blocca, spostando l’attenzione sul cugino. «Povero Lancie! Da Rampollo Rosierino a granchietto in fuga» cinguetta addolcita, intenerita da quel parallelismo folle che il cervello ha elaborato.
Lance si blocca dal versare la busta di patatine congelate nella friggitrice.
«Molly, riprenditi» consiglia di cuore, dopo essersi scrollato di dosso lo sbigottimento e il disgusto per essere stato paragonato a un misero crostaceo. Il realtà, un po’ del secondo li impregna ancora le labbra, che lui ha arricciate in una smorfia nauseata. «Essere già andate la prima sera, anche no» afferma intransigente.
Le alza le spalle, forse l'alcol la rende stranamente tollerante.
«Ho grandi progetti per questo mese» dichiara vivace, finendo il suo bicchiere e appoggiando sul piano in marmo. «Ci divertiremo un casino, ci ubriacheremo e passeremo un’estate senza rimpianti» elenca sognante, già elettrizzata da quella prospettiva di pace e relax totale.
«Se è un modo per dirmi che vuoi venire a letto con me» inizia suo cugino, sarcastico, interrompendo di colpo quella visione meravigliosa. Dopo aver sbattuto le ciglia per il disorientamento, nota che ha piegato le labbra in un sorriso malizioso. «Passo. Non ho voglia di avere problemi» sostiene spassionato, premendo un pulsante e accendendo la friggitrice ad aria compressa, posta sul bancone della cucina accanto ai fornelli.
Molly ridacchia senza contenersi.
«Hai paura che ti distruggerei?» domanda innocente, riferendosi quasi con pietà alle sue prestazioni sessuali. «Non ti credevo tanto delicato» sospira sovrappensiero, quasi delusa.
«No, di vedervi farvi le ripicche tutto il tempo» replica quello, secco, esponendo quella verità con una semplicità assurda. Solleva le iridi azzurre dall’elettrodomestico, fissando prima l’una e poi l’altra. «Siete stati insieme, no?» deduce tranquillo, affatto impressionato.
Lei boccheggia qualche istante, prima di corrugare le sopracciglia con veemenza. 
«Sai che hai proprio il tatto di un Troll?»
«Ma da che pulpito!»
«Che cosa stai insinuando esattamente, Rosier?»
«Ti sta dando la possibilità di salvarti» gli fa notare Etienne, scaltro, sottovoce, lasciandosi sfuggire un sorrisetto gongolante e infame. 
«Non la voglio» liquida Lance, quasi infastidito da quell'offera, prima di guardarla come si fa con gli idioti. «Cugina, in fatto di delicatezza, sei quasi al mio livello» dichiara implacabile. 
«Non credo proprio. Ci vuole del talento per essere un simile buzzurro».
«Intanto il buzzurro in questione si è trattenuto dal affibiarti qualche nomignolo idiota ma visto che sembrano divertiti tanto… penso che ripiegherò su Medusa»
«Mi stai dando della piovra?» domanda Molly, interdetta, scandendo le parole con una lentezza che rasenta la minaccia
«Intanto era un polipo» corregge suo cugino, paziente, alzando gli occhi al cielo come se avesse appena sentito una bestialità. «No, ti stavo dando della pazza malefica che tesse piani nell’ombra. Anche se quella cercava di dividere una coppia, non riunirla» considera tra sé, accorto, storcendo il viso in una smorfia. 
Suo malgrado, deve serrare la bocca per evitare di farsi scappare una risatina. 
«Lo ammetto, Lancie» constata affettuosa. «Tu sembri la classica persona che sembra non notare nulla ma che, alla fine, è più sveglia di quanto appaia» dice quasi commossa. 
«Tu, invece, sembri la classica pazza che poi si scopre essere san… ah no» ribatte lui, desolato, alzando un braccio per parare la fetta di lime, utilizzata come decorazione, che lei ha recuperato dal suo bicchiere per lanciargliela scherzosamente addosso. 
«Un po’ si vede che siete parenti» dichiara Etienne, ironico, nel momento in cui ha finito di tagliare le zucchine e le ha messe a grigliare sulla padella. Effettivamente avrebbe avuto più senso metterle sulla brace, così da far andare solo un fuoco, ma Molly ha vietato a chiunque di avvicinarsi a meno di cinque metri da Victoire e Teddy. «Non so dire chi sia più folle» continua distratto, mentre si lava le mani nel lavandino della cucina. 
«Io sì» sostiene Lance, rilassato, accomodandosi sullo sgabello dell’isola dato che il suo compito ora consiste solo nel gettare di tanto in tanto occhiate alla friggitrice per vedere quanto manchi alla cottura delle patatine. «Ma per il quieto vivere non lo dirò» li grazia magnanimo.
«Che granchietto gentile!» lo percula Molly, zuccherina.
Volta il capo quando intravede con la coda dell’occhio qualcosa di rosso avanzare nella loro direzione.
Dominique, i capelli legati in una coda alta e il viso corrucciato nella sua ormai famosa smorfia di fastidio, appoggia il sacchetto di carta sul ripiano dell’isola.
«Non era rimasta molta frutta» dice coincisa, riferendosi alla spesa frettolosa e scarna che è riuscita a fare in quel negozio in fondo alla via prima della chiusura. «Non c’era molto» afferma concreta, azzardando a guardare Etienne con quella che pare un’aria colpevole.
«Non fa niente» la rincuora lui, con una dolcezza che gli illumina gli occhi chiari. Afferra la brocca di vetro, versandole due dita di Mojito in un bicchiere pulito. «Visto che non ha brindato prima» spiega sereno, rispondendo alla domanda silenziosa che è apparsa sul volto della cugina più piccola e facendole un occhiolino complice.
«Se Vic la vede bere, ti uccide» lo informa Molly, serafica, senza la reale voglia di iniziare una polemica.
Lui inclina la testa nella sua direzione, inarcando le sopracciglia con scetticismo.
«Per due gocce?» sottolinea eloquente, riempendo i bicchieri anche degli altri. «Come se noi non lo avessi fatto» sostiene realista. «All'estate!» proclama semplicemente.


*


«Come mai qui?»
Dominique sussulta, rischiando di far cadere il cucchiaino che ha affondato nella vaschetta di gelato che ha appena tolto dal freezer.
Si volta, l’espressione di chi è stata appena sorpresa ad affogare tutti i dispiaceri in una valanga di cioccolato fondente.
Sì, forse è da golose senza possibilità di redenzione dopo la cena che hanno consumato ma ci sono dei momenti in cui è indispensabile lasciarsi andare e strafogarsi senza sensi di colpa, fregandosene delle calorie.
Tanto si piangerà comunque quando arriverà il momento di confrontarsi con la bilancia.
«Dove ti aspettavi che fossi?» ribatte seccata, dopo aver chiuso lo sportello dell'elettrodomestico, posando la confezione sull’isola della cucina e prendendo posto sullo sgabello.
Lance scrolla le spalle, avvicinandosi e appoggiando i gomiti sul marmo chiaro del bancone e piegando la schiena in avanti.
«Magari al falò?» ipotizza con una punta di beffa.
«Così da essere costantemente sotto l’occhio di mia sorella?» replica lei, eloquente, infastidita solo dalla prospettiva. Non ci ha pensato un secondo a declinare quell’invito, anche perché non ha nessuna intenzione di fare da quinta incomoda. «No, grazie» sentenzia inflessibile, mangiando con gusto un'altra cucchiaiata di gelato.
«E quindi passerai la serata a deprimerti?» sottolinea lui, perspicace, gettando una lunga occhiata a quella maglietta troppo grande che usa come pigiama e che una volta era di suo cugino. 
Dominique fa una smorfia amareggiata.
«Vedi alternative?» ribatte passiva, deglutendo altro gelato e cattivo umore.
Lance sorride, piegando le labbra in modo che è straordinariamente affascinante.
«Qualcuna, sì» riflette enigmatico, calamitando il suo sguardo e la sua attenzione.







Lo so cosa state pensando: chiuderla così è proprio da infami! 
Avete pure ragione ma se divento logorroica come mio solito, è finita, non ne esco!
E poi questa è la tipica storia estiva che nasce senza troppo impegno ma che mi renderà euforica per tutte quelle situazioni che si creeranno. Anche se temo che non sarà affatto facile gestire tre coppie contemporaneamente.
È meschina questa idea? Può darsi ma che estate sarebbe senza un po’ di dramma?
Spero che risulti comunque divertente, perché l’intenzione è proprio quella.
Vi mando un grosso bacio e vi auguro buona serata, 
Blue


Rampollo Rosierino: nomignolo che gli ha affibbiato Giu.
Delacourtite: riferimento a Battlefield, anche se in realtà è una citazione di The O.C.
Fistral Beach: informandomi su internet, ho scoperto che è una delle spiagge più belle dell'Inghilterra. Non ci sono mai stata ma vedrò di colmare in futuro questa lacuna.






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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II














«Questa sarebbe la tua grande idea?»
Dominique lo fissa con le sopracciglia inarcate, un’espressione di puro disappunto dipinta sul viso.
Lance, appoggiato alla staccionata di quel gazebo posto sull’acqua, ha lo sguardo perso verso l’orizzonte scuro. Non che possa vedere molto, visto che ormai il sole è calato da un pezzo, riducendo il mare e il cielo a una macchia quasi nera, mescolando il confine dell’uno e dell’altro fino a renderlo indistinto.

«A inizio mese non c’è molto da fare» commenta distaccato, i capelli scuri mossi dal vento, aspirando un’altra boccata dalla sigaretta che tiene tra le dita. Poi volta il capo nella sua direzione, il volto ironico. «E visto che avevi messo il veto sul falò…» sottolinea eloquente.
«Potevi andarci senza di me» ribatte lei, seccata, terminando la sua sigaretta e spegnendola nel portacenere che si sono portati dietro dal cottage. «Perché non l’hai fatto?» spia sospettosa, appoggiandosi alla colonna e sedendosi meglio sul parapetto, piegando le ginocchia e appoggiando i piedi nudi contro il legno.
«Non ne avevo voglia» risponde lui, flemmatico, alzando le spalle. «Anche perché poi mi sarei trovato intrappolato nei piani di Molly» conviene lungimirante, piegando le labbra contrariato, per nulla contento davanti alla prospettiva di trovarsi in mezzo a una situazione imbarazzante.
Dominique fa una smorfia di sufficienza, socchiudendo quasi completamente le palpebre.
«Intendi la sua intenzione di far tornare insieme mia sorella e Teddy?» indaga disinteressata, stringendo le mani sugli avambracci così da riscaldarsi da quella brezza che si è sollevata dal mare e che è fredda. Solo quando alza le ciglia sull’altro, nota la sua espressione. «Evita quell’occhiata sorpresa: è palese. Ed Etienne l’asseconda solo perché ne è mezzo invaghito» afferma frustrata, per nulla contenta.
«Tu no?» ritorce Lance, intuitivo, fissandola con due iridi eloquenti. «Guarda che si nota: è l’unico che non vorresti trucidare» svela sottovoce.
«Perché è l’unico che non mi tratta come una bambina traumatizzata» sbotta lei, imbufalita, scuotendo il capo con disappunto e sentendo di nuovo quella rabbia divampare sotto pelle.
«E perché saresti traumatizzata?» indaga lui, fioco, lasciando cadere la sigaretta ormai finita nel posacenere.
Dominique serra di riflesso la mandibola, irrigidendo la postura. Si inumidisce le labbra, indecisa se rispondere o nascondersi dietro un mutismo ostile.
«Mio padre è morto tre anni fa in un incidente d’auto» svela incolore, alzando il mento per la determinazione di non mostrarsi debole. «E mia madre e Vic si sono messe in testa che non sono riuscita a elaborare il lutto» aggiunge, senza riuscire a trattenersi dal roteare gli occhi per il fastidio.
«Beh, non sembri averlo fatto» conferma Lance, secco. «A meno che tu non sia sempre così amorevole» commenta sarcastico.
Lei lo fissa con pena.
«Mi hai fregato la camera» ricorda acida. «L’amore non te lo meriti» rincara brutale, alzando il mento con arroganza.
«Sono arrivato prima» precisa lui, risoluto, scrollando le spalle. «Ma sono stato così gentile da concederti di prendere quella accanto» aggiunge prodigo. 
«Ah beh, allora!» sbotta Dominique, rude. «Come mai sei qui?»
«Che intendi?»
«Io sono stata costretta a venire perché maman ha deciso che mi avrebbe fatto bene lasciare la Provenza» spiega irascibile, staccando la schiena dalla colonna in legno per protendersi verso l’altro. «Ma tu non mi sembri il tipo che accetta di essere spedito dalla cugina per le vacanze. Oltretutto mi è parso di capire che sei anche maggiorenne» deduce razionale, serrando le labbra per la concentrazione.
Lance si lascia sfuggire un sorriso lusingato.
«Io e Molly abbiamo trascorso i vari lockdown insieme con altri cugini» conferma leggero. «E siccome questa è la mia ultima estate prima del college, mi ha chiesto se la volessi passare in sua compagnia» termina spiccio.
«Quindi non c’è niente tra voi» butta lì lei, casuale, fingendo che la risposta non le importi.
Lui scuote il capo, appoggiando i gomiti sul parapetto. 
«Nah» sbuffa lieve, sostenendosi la testa con una mano. «La lascio volentieri a tuo cugino» concede perspicace, mostrandole che ha intuito che tra i due ragazzi ci debbano essere delle questioni irrisolte. «Comunque si vede che sei arrabbiata. E incazzatura e adolescenti insieme sono un mix letale» conviene esasperato, piegando la bocca in una smorfia. 
Dominique piega il capo di lato, guardinga. 
«Non mi pare che tu ne sia spaventato o non saresti qui» sostiene sicura. 
«Mi piace il pericolo» ironizza Lance, distaccato, gli occhi azzurri baluginanti di un guizzo derisorio. «E ho quattro fratelli. Sono abituato a crisi isteriche e azioni cretine dettate dalla ribellione adolescenziale».
«Perché ho la sensazione che tu mi abbia appena insultata?» ribatte lei, sarcastica, tornando ad appoggiarsi alla sua colonna e sentendo il cattivo umore svanire poco a poco.


*


«Ma quanto ci vuole a rimettersi insieme?»
«Non essere impaziente» replica Etienne, leggero, portandosi alle labbra la bottiglia di birra che ha stretta nella mano destra. «A volte il come ci si arriva è molto più stimolante del raggiungimento dell’obiettivo» commenta sicuro, con quel guizzo di arroganza che gli è tipica.
Molly si imbroncia, insoddisfatta, mentre osserva i due ragazzi che, seduti sulla spiaggia a poca distanza dal falò, non stanno facendo altro che parlare da quando sono arrivati. 
«Questo è vero» conviene concorde, facendo una smorfia lieve. Molto spesso non è tanto il finale, quanto la trama che si districa nelle pagine dei libri che l’attrae in maniera ossessiva. «Detesto quando fai il saggio» rivela secca, scoccandogli un’occhiata torva. Poi torna a concentrarsi su quei due disgraziati che occupano tutti i suoi pensieri e preoccupazioni «Però mi uccide il fatto che siano dannatamente lenti. Etienne, fai qualcosa!» espelle frustrata, seccata morte, tutto d’un fiato.
Lui inarca le sopracciglia, scettico.
«E cosa?» commenta perplesso.
«Una delle tue mosse infami» risponde lei, di scatto, fomentandosi di colpo. E poco importa che questo, insieme al tono della voce non proprio basso, abbia attirato l’attenzione di altri ragazzi in piedi poco lontano da loro, sulla spiaggia. «La gelosia lo fa esplodere come una bomba e tu sei da sempre la scintilla più efficace per accendere la miccia» ragiona svelta, aggrottando la fronte con fare pensieroso.
«Piano grandioso, se non comportasse la mia prematura dipartita» conviene l’altro, asciutto. 
Molly lo squadra con finto compatimento. 
«Adesso non dirmi che non sai fare a botte» insinua derisoria. 
«Sono un pacifista» replica Etienne, quieto, bevendo un altro sorso della sua birra. 
Lei storce le labbra in una smorfia scettica. 
«Al massimo un manipolatore» corregge a bassa voce, amareggiata. «Fai fare il lavoro sporco agli altri e tu ne esci sempre pulito» afferma eloquente, scuotendo il capo con disapprovazione. 
È dell’idea che alcune battaglienon tutte perché sarebbe impossibile e potenzialmente letale per il suo equilibrio mentale già precario – vadano combattute di persona. Che gusto c’è nel vincere se non si massacra l’avversario con le proprie mani?
Etienne sorride deliziato, tremendamente lusingato per quello che vuole interpretare come un complimento molto gradito.
«Chiamami scemo» rilancia leggero, alzando le spalle. «Credevo di trovare qui anche Lucy» osserva, accigliandosi appena, dopo aver allontanato la bottiglia mezza vuota dalla sua bocca.
«È in Grecia con mamma» risponde Molly, spiccia, decidendo di lasciar perdere quei due impiastri per concentrarsi sul mentecatto che ha accanto. «Louis?» si informa per pura formalità.
«In Bretagna con i nonni» svela l’altro, impassibile. 
«Cosa non si fa per scampare da Teddy» sospira ad alta voce, scherzosa,  inclinando il capo nella sua direzione e piegando le labbra in un sorriso sarcastico.
«Nah, ormai la paura gli è passata» la contraddice lui, svagato, la voce calma e bassa. «Ha solo il buon senso di tenersi alla larga» afferma oculato, approvando la scelta del più piccolo del ramo anglofrancese della famiglia.
Lei si porta una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio, un’espressione profondamente meditabonda sul volto.
«Mi odierà se torneranno insieme?»
«Sicuro. Tenterà di fartela pagare come può».
«Ma non potrà farmi troppo male» obietta ragionevole, lasciandosi sfuggire un sorriso che sa di consapevolezza. «Io ho Lucy, dalla mia parte. Ha ancora una cotta per lei?» si informa spassionata, osservando il ragazzo che le sta accanto. 
«Ci siamo tutti fissati con qualcuno» risponde Etienne, vago, gli occhi azzurri baluginanti di qualcosa che non riesce e non vuole comprendere. 
Lei distoglie lo sguardo, sentendo improvvisamente uno strano calore addosso, facendolo scivolare a scrutare distrattamente i presenti. Da dove sono, ovvero al limitare del falò, in una zona quasi in ombra, hanno un’ottima visione di quello che succede intorno.
«A questo proposito» riprende, schiarendosi la gola per rimuovere tracce d’imbarazzo. «Ho visto che sei l’unico a cui Domi dà retta» dichiara seria, tornando a guardarlo.
Lui scrolla le spalle, noncurante. 
«Beh, era naturale» commenta leggero. «Con Vicky ha da sempre un rapporto burrascoso, Louis lo considera come una parte di sé da proteggere… era logico che cercasse un punto di riferimento dopo la morte di Bill» spiega logico. 
«Non sta bene» butta lì Molly, dispiaciuta. 
«Non ha ancora elaborato il lutto» conferma Etienne, flemmatico. «E i vari lockdown di certo non l’hanno aiutata» aggiunge appena snervato.
Lei si ritrova ad annuire, completamente d'accordo.
«L’hanno resa solo più scontrosa» afferma spiccia. 
«È l’adolescenza» ribatte l’altro, posato, prima di sorridere eloquente. «Gli ormoni fanno andare fuori di testa. Ti ricordi come eravamo noi?» domanda allusivo.
«Dei cretini» sentenzia Molly, secca, senza però riuscire a nascondere quella piega svagata che le ha incurvato le labbra. Alza il mento, simulando un’espressione dignitosa. «Però almeno eravamo simpatici» conviene con un pizzico di presunzione.
«Ognuno manifesta il dolore a modo suo. Vicky attraverso la depressione, Louis con attacchi di panico e Domi con la rabbia» illustra lui, oculato. 
Lei si ritrova a fare un profondo respiro, annuendo impercettibilmente con il capo. 
«La rabbia la capisco fin troppo bene» riflette amareggiata. 
«Molly…»
«È tutto okay» si affretta ad aggiungere, concitata, sforzandosi anche di fare un sorriso quando l’espressione di Etienne si adombra di preoccupazione. Non ha nessuna intenzione di ripensare a suo padre, è un capitolo della sua vita che cerca di tenere chiuso dentro di sé e che spera di non riaprire mai. «Non dico che l’ho superata ma almeno ho accettato il fatto che non potevo fare nulla» continua con difficoltà, anche perché quel pizzico di senso di colpa, nonostante la sua ragione le ripeta il contrario, non svanirà. «Dicono che sia il primo passo per guarire» sospira razionale. Poi scuote la testa, cercando di allontanare le ombre dai suoi lineamenti. «Senti, lo so che siamo persone profonde e blablabla ma possiamo…»
«Divertirci?» le viene in soccorso lui, premuroso, con un tono basso e dolce. «Beh, sono qui per questo» sottolinea naturale.
«Ora quasi mi piaci, Delacour».
«Quasi?»
«Non rovinare tutto come tuo solito».


*


«Quindi St. Andrews?»
Victoire piega il capo con un guizzo di imbarazzo, portandosi nervosamente un ricciolo biondo dietro l’orecchio. 
«Già» conferma in un sussurro. «Forse è eccessivo andare così lontano ma ho bisogno di prendere un attimo le distanze da casa» ammette in difficoltà, perché è una decisione sulla quale molto spesso torna a riflettere.
«Il clima è così teso?» si informa Teddy, affabile, seduto sulla sabbia accanto a lei. 
Lei scuote la testa, sconsolata.
«Ora va meglio» rivela senza riuscire a trattenere l’amarezza per tutto quello che hanno passato. «E sono certa che il trasferimento a Londra migliorerà ulteriormente la situazione. Da una parte mi dispiace di lasciare maman da sola con Louis e Domi ma…»
«Senti che è la cosa giusta da fare?» azzarda lui, comprensivo.
«Sì» conferma Victoire, d’istinto. Strizza appena gli occhi. «È egoista?» si informa desolata.
«Per nulla» la rassicura Teddy, amabile, spostandole un altro ricciolo dal viso e facendole piegare le labbra in un sorriso autentico per quel piccolo gesto d’affetto. «Hai bisogno di ricominciare e cambiare fa bene» conviene sicuro, tornando a posare quella mano contro il suo ginocchio piegato. «Anche se mi sembra strano che, tra tutte, tu abbia scelto proprio la mia università» insinua sarcastico, inarcando le sopracciglia con eloquenza. 
Si sente avvampare per quell’ipotesi concreta e, soprattutto, vera. 
«Ti mentirei se dicessi che si tratta di una casualità» si contrige a dire, in evidente imbarazzo. «Non vedo l’ora di iniziare» aggiunge entusiasta, cercando di spostare l’argomento di conversazione. «Molly dice che nei nuovi inizi c’è sempre qualcosa di poetico, anche se il vero trucco è saper mantenere quella magia anche nel continuo» afferma spensierata, ripetendo le parole dell’altra.
Lui piega le labbra in una smorfia impressionata.
«Incredibilmente saggio» dichiara quasi sconvolto. «Non me lo aspettavo».
Lei indirizza un’occhiata obliqua. 
«Guarda che lo è sempre stata» afferma determinata, pronta a difendere la cugina. «Perché quel sorriso?» chiede confusa. 
«Perché neppure la sua presunta saggezza è riuscita a salvarla da Delacour» spiega Teddy, asciutto, con una punta di compiacimento. «Questo lo trovo poetico» ammette con un sorrisetto deliziato. 
«Che stronzo!» lo rimprovera senza vero biasimo, lasciandosi sfuggire una risata argentea.
«No, solo realista» la corregge lui, placido, alzando le spalle con indifferenza. Tuttavia dopo un momento vede il suo viso accigliarsi, gli occhi quasi gialli che sembrano esprimere ribrezzo. «Non voglio pensare che a settembre mi troverò tra i piedi Delacour» geme raccapricciato, passandosi una mano con esasperazione davanti alla bocca.
Victoire si appoggia contro la sua spalla, gli occhi puntati verso il fuoco che arde a qualche metro da loro.
«Dici così ma sei felice che torneremo ad essere noi quattro» mormora lieve.
«Di tuo cugino facevo volentieri a meno» stride Teddy, scocciato, ben deciso a metterlo in chiaro. «Ma confesso che saperlo… quasi mi suscita nostalgia» confessa con un filo di voce.
Lei alza il viso, così da incrociare lo sguardo dell’altro.
«Sembra di tornare indietro, vero?» chiede amabile.
«No, Vic» afferma lui, piacevole mentre  le sue iridi la fissano con un’intensità che sembra cancellare tutti gli altri, quella spiaggia e ogni suono. «Sembra un ripartire proprio da dove ci eravamo lasciati» termina stranamente ottimista.


*


«Lo vuoi fare davvero?»
«Dubiti di me?»
«Più della tua capacità di bluffare» sottolinea lui, in un mormorio scettico, abbassando per un momento le iridi verso la sabbia scura e fredda prima di riportarle su di lei. «Non sei proprio un asso in questo» illustra concreto, alludendo a episodi successi nel passato.
Molly sbuffa, senza reale stizza, prima di alzarsi in piedi e spostarsi davanti all’altro, tra le sue gambe aperte e piegate, così da essergli davanti.
«È questo il tuo problema, Delacour» sostiene presuntuosa, sollevando le sopracciglia con finto dispiacere prima di portarsi il bicchiere di carta, colmo di Cosmopolitan, alle labbra. Non sa esattamente perché più di un ragazzo si sia messo improvvisamente a fare il barista della situazione, ma sospetta che siano quelli che abitano nella villetta all’angolo, un gruppo di amici, che ogni anno portano alcol e cibo a volontà in spiaggia. E sarebbe stato scortese non approfittarne, no? «Tu mi sottovaluti» sostiene, storcendo il naso per il fastidio.
«Credimi, non lo faccio mai» ribatte Etienne, sicuro, prima di annuire. «D’accordo, come vuoi. Se ci tieni tanto a perdere» concede magnanimo, appena beffardo. Poi corruga la fronte quando nota che lei sta dando fondo al suo bicchiere. «Però non ti lamentare se verrai brutalmente sconfitta. Stai già bevendo» sottolinea eloquente, facendole un cenno significativo con il mento.
«Guarda che sono perfettamente in possesso di tutte le mie facoltà» ribatte pronta, in maniera un po’ troppo plateale. «E comunque» riprende entusiasta, tirando fuori dalla borsa che ha abbandonato sulla sabbia, lì, a una decina di centimetri, una bottiglia di vetro contenente un liquido trasparente. «Ho la ricarica!» esclama infervorata, sollevandola al cielo come se fosse un trofeo.
Lui sgrana gli occhi, impressionato. E non avviene spesso.
«E quella dove l’hai presa?» si informa sbalordito, corrugando le sopracciglia.
Lei sorride compiaciuta.
«Me l’ha data un ragazzo davvero carino» spiega veloce, senza incepparsi con le parole e facendo spalancare gli occhi dell’altro. «Sai, gli ho spiegato quello che avevo in mente… vabbè, questo non è importante. Sta di fatto che me l’ha regalata, aggiungendo che avrebbe voluto fare lui un gioco con me» continua lusingata, arruffando le piume. «Certo che è proprio estate se uno ci prova con me» ragiona a bassa voce, assorta, a metà tra il divertimento e la desolazione.
Etienne continua a fissarla interdetto, prima di storcere il viso con aria meditabonda. 
«A volte non capisco se sono impaurito o affascinato dal tuo comportamento» confessa lieve, indeciso.
«Propendo per la seconda» replica Molly, certa, sorseggiando con malizia il suo Cosmopolitan. «O non saresti qui» deduce sveglia, sorridendo da dietro il bordo del bicchiere. 
«Probabile» concede lui, tollerante, lasciandosi sfuggire un sorriso e appoggiando i gomiti sulle cosce, così da sporgersi leggermente in avanti. «Quanti tentativi abbiamo a testa?» si informa spassionato.
Si ritrova ad alzare le spalle, titubante. 
«Partirei in maniera soft» azzarda incerta, aggrottando la fronte. «Cinque?» butta lì, fioca.
Etienne ride di gusto, scuotendo anche il capo. 
«Molly» la chiama morbido, guardandola in un modo che le provoca un brivido lungo la spina dorsale. È incredibile come quegli occhi azzurri, sebbene resi scuri dal buio della notte, abbiano un simile potere ammaliante. «Tu lo sai che ti ridurrai in una condizione tale da non riuscire a raggiungere da sola il tuo letto, vero?» le fa notare beffardo, sicuro che sarà presto ubriaca.
Lei si ritrova a sorridere innocente, anche se dentro sta gongolando elettrizzata.
«Mi spiace deluderti» si scusa rammaricata, chiudendo anche per un istante le palpebre. «Non sarà così facile mettermi in difficoltà. Nemmeno per te» puntualizza implacabile, alludendo ad altro.
«Ora sei tu che mi sottovaluti».


*


«Quindi a settembre torni a Londra».
Dominique annuisce scocciata, passandosi con nervosismo le dita tra i capelli ramati. «Maman ha comprato una casa a Mayfair» conferma, per nulla contenta. 
«E l’idea non ti piace?» indaga Lance, partecipe, in piedi lì accanto.
Lei scuote il capo, snervata.
«Non è così» precisa pungente, abbracciandosi le gambe piegate. «Sono contenta di lasciare la Provenza. Troppi ricordi» ammette amareggiata, abbassando gli occhi e ripensando di riflesso a suo padre. «E tu cosa farai questo autunno?» chiede interessata, spostando di colpo la conversazione.
«Eton College» è la risposta apatica. «Secondo anno».
Dominique sbuffa, beffarda. 
«Ma non mi dire!» esclama di getto, tediata a morte. «Si vede proprio che sei uno snob» sottolinea con acredine, fissandolo dall’alto in basso.
Lui ridacchia sommessamente. 
«Domi, tra noi due non so chi sia il peggiore» ribatte oculato, rivolgendole uno sguardo che non cela lo scetticismo. «Programmi per agosto?» domanda vago.
Lei piega le labbra in una smorfia indecisa, alzando le spalle. 
«Rilassarsi è troppo banale?» replica d’istinto. «Non lo so… vorrei qualcosa di inaspettato, completamente fuori dalle regole» confessa ponderata, aggrottando la fronte per quella riflessione.
«Per questo posso aiutarti» si offre Lance, disponibile.
Dominique corruga le sopracciglia, un lampo di disorientamento che attraversa quelle iridi azzurre.
Non fa nemmeno in tempo ad aprire bocca che lui la spinge con un braccio oltre il bordo della balaustra, facendole perdere l’equilibrio e facendole schizzare in gola il cuore per il terrore quando si trova a precipitare nel vuoto.
L’impatto con l’acqua non è violento ma il freddo acuisce quella sensazione di terrore. Rimane un momento immobile, sconvolta che non sia successo nulla, prima che il cervello le faccia muovere gli arti verso la superficie.
Quando riemerge, i polmoni che apprezzano con gioia l’aria, boccheggia più volte e spostando le braccia e le gambe così da galleggiare. 
«Visto?» chiede lui, tranquillo, dal gazebo sopra di lei, attirandosi immediatamente la sua occhiata shockata. «Questo era inaspettato» conviene amabile, i gomiti appoggiati sul parapetto, storcendo il viso con saggezza.


*


«Adesso mi dirai che è un caso che sei stato ammesso a St. Andrews anche tu!»
«Non puoi farmene una colpa se ha una delle migliori facoltà di legge d’Inghilterra».
«Potevi startene in Francia!»
«Vicino a Gabrielle?» fa notare Etienne, eloquente, inarcando le sopracciglia e storcendo il viso in una smorfia affatto contenta. «Manco morto. Più le sto lontano, meglio è» sostiene insofferente. 
Molly vorrebbe mordersi la lingua, maledicendo la sua incapacità di stare zitta.
«Scusa» biascica desolata, abbassando anche il capo per il senso di colpa. Visto quello che ha passato, ci si potrebbe aspettare che abbia più tatto. Forse Lance ha ragione quando dice che si assomigliano. Parte del sangue, effettivamente, è lo stesso. «Non volevo tirarla in ballo» ammette a fatica, conoscendo benissimo il rapporto delicato che c’è tra l’altro e sua madre.
Lui la tranquillizza con lo sguardo, per nulla stizzito. 
«Non fa niente» assicura morbido. «Tocca a te» le ricorda, cercando di scrollarle di dosso quell’impaccio per tornare a concentrarsi sul gioco.
Gioco più adatto a dei quindicenni che a gente che ha appena compiuto diciotto anni ma questi sono dettagli rilevanti. Non è che lo abbiano scelto per dimostrare la loro maturità.
Raddrizza quindi la schiena, assumendo un’espressione imperturbabile.
«Ho conosciuto un ragazzo a giugno» inizia rilassata, inclinando appena il capo di lato. «Siamo usciti un paio di volte. Ci siamo divertiti e abbiamo fatto sesso» termina sbrigativa, attendendo il verdetto. 
«Falso» sentenzia Etienne, senza la benché minima esitazione.
Molly corruga le sopracciglia, indispettita di essere stata beccata a mentire così velocemente. 
«Cos’è, non posso avere una relazione occasionale con qualcuno?» ribatte imperiosa, giusto per capire come abbia fatto a scoprirla. 
«Certo che sì» concede lui, indulgente. «Ma non è vero che ci hai fatto sesso» puntualizza noncurante.
«Non puoi saperlo» ritorce lei, perplessa da tutta quella sicurezza. 
Etienne inarca un sopracciglio, guardandola con eloquenza. E, anche se si sono appartati in un angolino della spiaggia a qualche metro dal falò e la luce è fioca, vede benissimo quel lampo di scetticismo sul suo volto. 
«Molly, tu fai sesso con qualcuno solo se ti piace» le fa notare pratico. «E dal modo freddo in cui lo hai presentato, dubito che fosse così» conviene semplicemente. 
Lei sbatte le ciglia, prima di storcere la bocca verso il basso.
«Ti odio» mugugna minacciosa, pagando pegno e bevendo mezzo bicchiere di quell’alcolico che ha ottenuto come regalo. 
«Solo perché non riesci mai a battermi» ridacchia lui, gongolando per essere in vantaggio e per riuscire a leggerla con una facilità disarmante. Poi sorride, sfoderando quella sua maschera di gentilezza che gli piace tanto sbandierare. «Mi sono visto con una ragazza per circa un anno, restrizioni permettendo. Lei era dell’idea di far diventare il nostro rapporto qualcosa di serio ma io avevo un’altra per la testa» afferra disteso.
Molly rimane di sasso prima di serrare la mandibola e scoccargli un’occhiata di fuoco.
«Non sei divertente» lo riprende sferzante. 
«Non era quella la mia intenzione» assicura Etienne, lieve, chiudendo per un momento le palpebre. «Vero o falso?» la sprona affabile.
«Falso» dichiara decisa, inviperita a morte per quell’insinuazione nemmeno tanto velata che le manda il sangue al cervello per la rabbia. «Non può essere vero» continua inflessibile.
Stranamente lui smette di sorridere e il modo in cui la guarda, le fa contorcere lo stomaco per l’orrore. 
«Perché no?» indaga compassato, stringendo gli occhi chiari con concentrazione. «Perché credi che io sia andato avanti come se nulla fosse?» chiede interessato.
Perché sarebbe stata la cosa più sensata da fare, vorrebbe rispondergli lei. Perché non è normale rimanere bloccati a quel momento. 
Anche se, in tutta onestà, lo ha fatto anche lei. Intendiamoci, non è che ha passato tutti quegli anni a sospirare sul ricordo di quella serata o su quel bacio, chiedendosi cosa fosse successo se le cose avessero preso un’altra piega e se una pandemia globale non li avesse divisi. 
E anche vero che in tutti i ragazzi che ha conosciuto poi, anche quelli che le piacevano, ha sempre rivisto lo spettro dell’altro. E questo era abbastanza per far naufragare qualsiasi reazione sul nascere. 
Quando lo vede avvicinare appena il capo, forse in un gesto del tutto innocente e per caso anche se con Delacour nulla succede per caso –, Molly avverte l’orrore invaderla.
Scatta di conseguenza in piedi, desiderosa di respirare ossigeno e di liberarsi dalla presenza tossica di lui. 
«Scusa, devo andare in bagno» biascica di fretta, prima di fuggire da lì.


*


«Allarme rosso» afferma con foga sua cugina, precipitandosi tra loro e facendola sussultare per lo spavento. Victoire spalanca gli occhi ma non ha il tempo di pronunciare alcunché che l’altra si rivolge direttamente a Teddy. «Scusatemi se interrompo il vostro momento d’amore ma c’è un’emergenza in corso. Vic, vieni con me, devo urinare!» l'apostrofa spiccia, afferrandola per un braccio per trascinarla via davanti all’espressione dell’altro, che sta chiaramente pensando se rinchiuderla  per farle eseguire un TSO. 
Solo quando si sono allontanate dalla folla di gente, dirigendosi per la strada, Molly la lascia. 
«Non devo farla per davvero» l’assicura veloce, continuando a torturarsi quei capelli rossi che fra un po’ rischia di strapparsi per il nervosismo. Anche la sua faccia è inquieta, lo sguardo che rimbalza in continuazione ovunque. «Però era il modo più rapido per toglierci Teddy dai piedi. Senza offesa: sai che gli voglio bene» precisa senza respirare, assumendo un colorito inquietante. 
«Che succede?» indaga lei, preoccupata. 
«Sono in palla» ammette sua cugina, esasperata, scuotendo il capo. «Confusione totale, viscere che si attorcigliano, ho la vista appannata e la voglia di vomitar-»
«Molly, ti prego» la supplica nauseata, facendo una smorfia significativa. «È un’immagine orribile» le fa notare schietta. 
«Ma è così che mi sento».
«Qual è il problema?»
«Etienne».
Victoire sospira paziente. 
«Sì, che c’entrasse lo avevo capito» assicura seria, incrociando le braccia al petto. «Solo lui ti riduce in questo stato» riflette ad alta voce. 
Molly le scocca un’occhiata di traverso, prima di fare una smorfia scontenta. 
«Stavo per dire che non è vero» confessa di malumore. «Poi mi sono accorta che sarebbe stato un mentire sapendo di mentire» confessa incupendosi per il nervosismo. «Ammettiamo per ipotesi che io sia ancora attratta da quel mentecatt-»
«Per ipotesi?» la interrompe lei, ironica. 
«Vic, piantala di fare la saccente o ti strozzo!» esclama l’altra, con un piglio belligerante che promette sangue, corrugando le sopracciglia. «Dicevo… e lui, il mentecatto malefico, mi abbia detto che… oddio, perchè sto andando in crisi? Probabilmente me lo ha confidato solo per percularmi!» ragiona alla svelta, cercando di raccapezzarsi per riprendere il controllo ed evitare di andare in iperventilazione.
Victoire la osserva camminare nervosamente avanti e indietro, facendo un solco nella sabbia per tutte le volte che fa quel percorso. 
«Sarei felice di aiutarti se capissi quello che dici» osserva con un velo di stizza.
«Mi ha mai nominata in questi tre anni?» domanda Molly, ansiosa, fermandosi di blocco e fissandola con due occhi spiritati. «Ha mai mostrato dell’interesse nei miei confronti?» continua incalzante. 
«Sì, mi ha spesso chiesto di te» conferma lei, all’istante e senza esitazione. «Soprattutto quando hai smesso di rispondere alle sue chiamate» precisa con una punta di biasimo. 
Sua cugina stringe le palpebre, trucidandola silenziosamente. 
«Evita i rimproveri, non è serata» decreta secca. «Che faccio?» piagnucola disperata. 
«Non capisco quale sia il problema» confessa sincera Victoire, mostrando tutta la sua perplessità. «Etienne ti piace» sostiene risoluta. 
«Sì, ma siamo sempre fuori tempo» rimbecca Molly, sarcastica, per nulla contenta della sua scoperta. Anzi, sembra ancora più agitata di prima. Sbuffa frustrata, riprendendo a massacrarsi i capelli. «E io sono dell’idea che esista un tempismo per ogni cosa. Sarebbe un crimine contro l’universo spezzare questo eliquibri-»
«No, ti prego, se inizi a delirare non ne usciamo più» la prega lei, sofferente, conscia che il panico le fa blaterale a caso. «Vuoi un consiglio?» tenta invece, conciliante. 
«Non so se mi convenga» risponde l’altra, in un borbotto imbronciato. «Tu sei messa peggio di me, in fatto di questioni di cuore» sostiene eloquente.
Suo malgrado, Victoire è costretta ad annuire. 
«Già» conferma, per nulla irritata. Non servirebbe: è la realtà. «Te lo dico lo stesso, al massimo lo ignori: prenditi del tempo. Non devi per forza spaccarti la testa su quello che potrebbe succedere. Fai quello che ti senti e poi decidi se è quello che vuoi» illustra spassionata. 
«Sì, così mi trovo in una fossa» ribatte sua cugina, fiacca, lasciando finalmente stare i capelli rossi che ormai sono tutti arruffati. «Che mi dici di Teddy?» domanda incuriosita, probabilmente per pensare ad altro.
Lei arrossisce, mordendosi le labbra per l’indecisione.
«È imbarazzante» ammette con un filo di voce, abbassando anche lo sguardo. «Una parte di me vorrebbe saltargli addosso e annullare questi tre anni ma…»
«Ma il cervello frena» le va in soccorso Molly, empatica. Fa un cenno d’assenso con il capo, intuendo senza problemi il suo stato d’animo. «Dio quanto odio gli ormoni! Incasinano sempre tutto!» strepita infuriata, ringhiandolo tra i denti. «Torniamo a casa?» propone inaspettatamente.
Victoire sbatte gli occhi, sbigottita.
«E li lasciamo qua?» domanda di getto, riferendosi a Teddy ed Etienne.
L’altra scrolla le spalle, per nulla preoccupata. 
«Potrebbe sbocciare l’amicizia del secolo» sospira leggera. «Chi siamo noi per deludere l’universo?» fa notare con un ghigno malefico e tremendamente divertito.
Lei ridacchia.
«Perfida» commenta svagata. «Gli mando un What’s App» dice, però, decidendo di assecondare quella follia.


*


«Ti uccido se provi a rifarlo!» sbotta Dominique, truce, fradicia dalla testa ai piedi e con un diavolo per capello, quando finalmente esce dall’acqua.
Lance scoppia a ridere, attendendola sul bagnasciuga, lì davanti.
«Ti ho solo accontentata» fa notare posato, senza alcuna traccia di senso di colpa nella voce e sul viso.
«Tentando di annegarmi?» replica lei, aggressiva, iniziando anche a tremare per il freddo a causa del vento proveniente dell'oceano.
Lui scrolla le spalle, flemmatico. 
«Se rimani con i vestiti bagnati addosso è peggio» sottolinea accorto, probabilmente notando i brividi che hanno iniziato ad accapponarle la pelle.
«Evita di fare il premuroso, dopo quello che hai combinato» lo fredda Dominique, velenosa, sbuffando per la stizza. Poi un’idea assolutamente geniale le balugina nella mente e un sorriso sadico le increspa le labbra.
Lance socchiude appena le palpebre, gli occhi azzurri che si illuminano per la perspicacia. 
«Non ci pensare» l’avverte serio, intuendo al volo i suoi pensieri, facendo un passo indietro sulla sabbia, così da iniziare a mettere una certa distanza tra loro.
Lei simula un’aria innocente, sbattendo le ciglia. 
«A fare cosa? Voglio solo abbracciarti» assicura melliflua, facendosi avanti e spalancando le braccia come per invitarlo a buttarsi contro. «Avanti, Lance, vieni qui! Ho un calo d’affetto» cinguetta deliziata da quell’orrore che gli ha storto il volto.
Ora, nel suo geniale piano di sfruttare i vestiti bagnati come arma e far provare a quell’idiota il brivido di essere fradice in una notte non proprio caldissima, Dominique non ha messo in conto che l’altro ha le gambe decisamente più lunghe. E dopo averlo rincorso per non sa quanto, è costretta a fermarmi, il cuore che le martella sempre più furioso nel petto e il fiato corto, e appoggiarsi alle ginocchia mentre cerca di incamerare ossigeno.
«Che vogliamo fare?» la sbeffeggia lui, derisorio, al sicuro, cinque metri più in là. «Farci tutte le spiagge della Cornovaglia?» ipotizza sarcastico. 
Lei lo fulmina con un’occhiata astiosa.
«Potresti arrenderti!»
«O tu rinunciare».
A malincuore e ingoiando un bel po’ di orgoglio, Dominique è costretta a capitolare. Sbuffa e raddrizza la schiena e annuisce con il capo, così da dichiarare la resa.
Si toglie con stizza i capelli umidi che le si sono appiccicati ai lati del viso e sul collo, prima di alzare le braccia e spogliandosi della maglietta. Rimane in reggiseno, lasciando cadere l’indumento sulla sabbia e recuperando il codino che porta al polso così da farsi uno chignon. Solo quando solleva le iridi si rende conto che lui la fissa con una punta di smarrimento. 
«Che c’è?» domanda perplessa.
Lance scuote il capo, placido.
«Apprezzavo lo spogliarello» rivela schietto, per nulla preoccupato di risultare inopportuno. «Toglierei anche gli shorts. A me, i jeans bagnati, danno fastidio» consiglia amabile, avvicinandosi.
Lei si lascia sfuggire un sorriso birichino. 
«Non te lo meriti» sentenzia soave. «In realtà non ti meriteresti nemmeno quello che stai già guardando» borbotta tra sé, concreta.
«È come se fossi in costume» replica lui, spassionato, anche se c’è ancora una punta di malizia a piegargli quelle labbra. Abbassa la cerniera della felpa verde bottiglia così da togliersela, prima di porgergliela. «Poi non dire che la cavalleria non è inglese» scherza sottile, sotto il suo sguardo smarrito.
Dominique esita qualche istante, sospettosa, prima di allungare un braccio e accettare l’offerta. Se la infila alla svelta, rabbrividendo appena quando la pelle bagnata sfiora il tessuto asciutto. L’indumento le sta largo, tanto che è costretta tirarsi un po’ sulle maniche all’altezza dei gomiti, così che le dita spuntino dai bordi.
Visto che le arriva all’altezza delle cosce, lei decide di slacciarsi gli shorts e togliersi di dosso.
«Sì, lo so» lo anticipa leggera, rispondendo alla domanda che vede chiaramente sul viso dell’altro. «Ho appena detto che non te lo meritavi ma poi ho pensato che sarebbe stato molto più stuzzicante farti intravedere quello che non potrai mai avere» decreta spietata, sfoderando un ghigno gongolante.
Lance scuote la testa, una risata leggera che gli sfugge dalle labbra. 
«Mi dispiace, Domi» replica spassionato, scostandole una ciocca bagnata che le è sfuggita dall’acconciatura e che le si è incollata al viso. «Ma se vogliamo davvero parlare di crudeltà, credo di doverti insegnare che cosa sia» conviene sicuro, facendole una lenta carezza sulla guancia.
E forse sarà assurdo ma, saperlo lì, a un passo di distanza, fa scattare in Dominique una violenta tentazione di baciarlo che fa davvero fatica a reprimere.


*


«Non posso credere che l’abbiamo fatto davvero» ride Victoire, scuotendo il capo con incredulità, scendendo dalla macchina.
Molly scrolla le spalle, serena, mentre chiude la portiera dal lato del guidatore.
«Perché no?» replica svagata, riponendo le chiavi nella borsa mentre si incamminano verso il cottage. «Si divertiranno anche senza di noi. Certo, dipende dall’idea di divertimento di ognuno. Etienne sarà deliziato nel realizzare di essere quello con il potere, visto che all’andata siamo andati anche con la sua, di auto» riflette quieta, prima di aggrottare la fronte in un cipiglio pensieroso. «Dici che lo farà tornare a piedi?» domanda spietata, gongolando infame davanti a quella prospettiva, aprendo la porta d’ingresso.
«Spero di no» risponde lei, ottimista, spostandosi verso la cucina.
Sua cugina accende la luce del locale e apre il frigo, recuperando una bottiglia d’acqua e due bicchieri dalla credenza. Li appoggia sul piano in marmo dell’isola e li riempie fino all’orlo.
Dopo essersi scolate tutta l’acqua, così da idratarsi, Victoire appoggia un gomito sul bancone per sostenersi il capo, lo sguardo improvvisamente raccolta. 
«Grazie per questa vacanza» dice all’improvviso, in maniera del tutto inaspettata, incrociando lo sguardo sbigottito dell’altra. «Ne avevo bisogno».
«Ne abbiamo tutti bisogno» precisa Molly, ponderata, versandosi ancora dell’acqua. 
«Sì, ma tu riesci sempre a capirlo con una semplicità unica» precisa quieta, con sincera gratitudine. «Credo che sia la tua abilità innata» riflette ad alta voce.
«Beh, è molto più facile capire quello che vogliono gli altri piuttosto che noi stessi» le fa notare l’altra, pratica. 
«Parli di Etienne?» chiede Victoire, sfoggiando un sorrisetto birichino.
Sua cugina storce il viso in una smorfia contrariata. 
«Anche» ammette scontenta, prima di assumere un’espressione indecifrabile. «Ma io mi preoccuperei più di Teddy, se fossi in te. Perché siete dannatamente lenti, troppo lenti» afferma con sufficienza. «E dire che dovreste aver imparato la lezione, dopo quello che è successo» rincara razionale, riferendosi a cosa è successo quando avevano quindici anni e a tutta la fatica che hanno fatto per riuscire a trovare l'equilibrio per riuscire a stare insieme.
Lei si morde il labbro inferiore, consapevole di quella verità.
«Tu no?» rilancia in un mormorio, per nulla beffardo.
«Ma che c’entra» sbotta Molly, infiammandosi, appoggiando con fin troppa forza il bicchiere sul ripiano dell’isola. «Io non mi sono mai messa con Delacour» puntualizza intransigente. 
«Ma avresti voluto».
«Sì, ma quello che vogliamo e la realtà sono due mondi diversi».
«Perché sei così sospettosa con lui?»
«Perché è abituato a rigirarsi le persone tra le dita» risponde sua cugina, pronta, il viso reso rigido dal fastidio. «E non ho intenzione di farmi fregare» aggiunge determinata. 
Victoire abbassa per un momento le ciglia, prendendo un profondo respiro dal naso.
«Dubito che accadrebbe» sostiene con delicatezza. «Perché tu gli piaci davvero» continua convinta nel momento in cui torna a guardarla.
Molly inarca le sopracciglia, profondamente scettica. Tuttavia, invece di ribatte di getto, si incupisce per ragionare sulla questione. Quando è giunta a una conclusione, sta per dischiudere le labbra ma non fa in tempo a dire nulla che la porta che dà sul retro della casa si apre.
Ammutolite, entrambe le ragazze si voltano di colpo e quasi tirano un sospiro di sollievo nel momento in cui si rendono conto che si tratta di Dominique e Lance.
Anche perché la porta a vetri era stata chiusa, prima di uscire, quindi dubitavano che si trattasse di un altro. Certo, non sarebbe difficile sfondarla con un sasso ed entrare in casa ma Victoire cerca di respingere dalla mente quel pensiero agghiacciante.
Sta quindi per sorridere, accogliendo gli altri due con la sua solita aria amichevole quando le balzano alla vista le condizioni della sorella.
«Non sapevo foste qui» si giustifica Dominique, stupita.
In un’altra occasione forse avrebbe notato l’espressione estremamente mite dell’altra ma ora, presa com’è dalla paura, nemmeno ci fa caso.
«Perché sei fradicia?» domanda rapida, il tono appena isterico e con chiara apprensione. Solo un attimo più tardi si rende conto che indossa una felpa chiaramente troppo grande per lei e che ha i vestiti con i quali ha cenato, stretti nella mano destra e appallottolati. «Hai fatto un bagno? Di notte? E tu glielo hai permesso?» continua imperterrita, rivolgendosi al ragazzo.
Lance inarca un sopracciglio, come se fosse sorpreso di essere tirato nel mezzo.
«Ti ricordo che sono qui» la fredda sua sorella, risentita, socchiudendo gli occhi con ostilità e perdendo di colpo ogni traccia di serenità. «E no, non ho bisogno del permesso di nessuno» ribadisce ferrea. 
Victoire lascia il bancone, così da avvicinarsi all’altra. 
«Domi, è pericoloso nuotare nell’oceano al buio» riprende concitata, scuotendo anche il capo e non riuscendo a credere che abbia fatto una cosa tanto sconsiderata. «Ci sono le correnti, poteva succederti qualcos-»
«Ma non è stato così» la blocca Dominique, perentoria, serrando la bocca in una linea dura. «Sto bene. Non è successo nulla!» stabilisce risoluta. 
«Ma poteva!» strilla Victoire, a corto di pazienza e arrossendo per la rabbia. «Come puoi essere così irresponsabile?» l’apostrofa incredula. 
«Finiscila, Vic, non sei maman».
«Sarebbe più efficace se fossi
Père, almeno a lui davi retta».
Vede sua sorella sgranare gli occhi, un lampo di rabbia e dolore che balugina in quelle iridi chiare. Poi tutto viene nascosto dietro un’espressione sprezzante. 
«Questa te la potevi risparmiare» sibila velenosa, dandole le spalle e imboccando le scale che portano al piano superiore.
Nel rendersi conto di quello che ha appena combinato, quando credeva che la vacanza stesse iniziando nel migliore dei modi, Victoire non riesce a evitare di sentire un lampo di bruciante senso di colpa ustionarle il petto.











Arrivo di corsa solo per postare questo capitolo. Ho cercato di essere il più rapida possibile, sperando di riuscire a seguire la scaletta che mi sono prefissata.
Mi sono accorta, cosa che probabilmente avrete notato pure voi, che non riesco a dare lo stesso spazio a tutte le coppie presenti. Questo anche a causa della mia decisione di non fare capitoli troppo lunghi (per il solito motivo che ormai conoscete. E se non lo conoscete ve lo dico io: sono terribilmente logorroica, la sintesi e io stiamo su due mondi distanti).
Non l’ho specificato e credo che sia giusto farlo. Dominique è l’unica minorenne, ha sedici anni. Victoire, Molly ed Etienne diciotto, Teddy venti e Lance diciannove. 
Ho mantenuto l’età originaria dei personaggi, ho solo alzato di un anno rispetto a quella che hanno in Someone you loved. Perché, oltre a essere contro la legge, era poco credibile parlare solo di minorenni.
Piccola curiosità: l'Eton college è la stessa università che hanno frequentato William e Kate. Mi sembra una scelta così da Lance ;)
Come al solito ringrazio Vale, perché si prende sempre il disturbo di leggere le mie storie e farmi notare le sviste <3
Niente, spero che via sia piaciuto.
A presto,
Blue  


What’s App: grazie a Google ho scoperto che viene molto utilizzato anche nel Regno Unito. 


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