Celine e Levi

di Faith_03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1 

Chi ebbe la fortuna di nascere all’interno delle tante città circondate dalle tre mura più importanti dell’Isola di Paradis, era riuscito almeno a costruirsi una vita più o meno agiata senza poter sapere cosa si trovasse oltre quelle alte pareti. 

Di certo aveva una famiglia ed un lavoro che consentiva loro di portare quotidianamente il pane in tavola. 

Fu proprio in una di queste famiglie abitanti a Trost, considerati i nuclei più sicuri economicamente, nelle quali regnava l’amore, che nacque Celine. 

Quarta figlia della famiglia De Clairk composta da madre Elby, insegnante, padre Francis e tre fratelli più grandi di lei, Tyron, Jacq e Viris. 

Celine non solo era la più amata da tutti: essendo la quarta figlia, fu una vera benedizione dopo ben tre maschi, ma fu anche seguita molto dalla nonna materna che, da quando la piccola ne aveva memoria, l’aveva sempre vista aiutare i poveri che si trovavano in giro per la città oppure dentro ad uno strano pozzo. 

Solo una volta cresciuta comprese che quello non era un semplice buco profondo: sotto di esso scoprì, in poco tempo, che vi si trovavano persone affamate. 

La ragazza fin da piccola era molto curiosa e attenta alle parole dei grandi. 

Amava tutti e tre i suoi fratelli, ma quello che adorava di più era Tyron. 

Si passavano circa una decina d’anni, quando lui ne aveva otto la sorellina era appena nata e lui se ne prese cura, insieme alla nonna, la maggior parte delle volte. 

Infatti Tyron la chiamava sempre "Cecy” in modo dolce e protettivo, ci fu sempre per lei anche quando la piccola imparò a camminare e a parlare. 

Stando in compagnia della nonna si faceva sempre raccontare la storia sua e del nonno, che era lì presente. 

  -Io e tuo nonno ci siamo incontrati proprio in questo negozio.- 

Il nonno di Celine infatti era proprietario di una sala da the molto famosa e visitata a Trost, vendevano the, tisane e molti infusi di vari gusti. 

Inoltre, dietro il negozio, aveva allestito il proprio grande giardino in una specie di orto in cui coltivava da solo le piante per essere ben forniti di materia prima, ovviamente dopo che le foglie di the venivano trattate ed essiccate. 

Facendo questo umile lavoro da solo, il nonno di Celine crebbe in ricchezza senza però darsi troppa importanza o arie. 

In un giorno come un altro, la nonna, allora molto giovane e bella, entrò nel negozio per curiosità e tra i due fu amore a prima vista. 

Dalla loro unione nacquero ben tre figli, due maschi ed una femmina, che si chiamavano Lorenz, Kevin e Elby. 

Mentre i maschi aiutavano il padre al negozio, la madre istruì la figlia come poi, in un futuro lontano avrebbe fatto con sua nipote. 

Insegnò alla figlia Elby ad aiutare gli altri e tutte le persone in difficoltà, la futura madre di Celine diventò infatti un’insegnante di scuola e, a volte si dedicava anche ad un altro lavoro più sull’ideale della nonna: la volontaria infermiera. 

Svolgendo proprio questa mansione che Elby conobbe Francis, soldato della Legione Esplorativa che, dopo un’esplorazione fuori dalle mura, era riuscito a tornare vivo, anche se ferito. 

Questo esercito non era ben visto dalla popolazione e non solo per invidia, dato che potevano uscire dalle mura, ma perché tornavano sempre meno soldati ogni volta. 

Tornando ai due giovani, l’incontro tra Elby e Francis fu veloce proprio com'era successo con i genitori di lei. 

Elby era giovane e coraggiosa, infatti non si spaventava del sangue e delle ferite di cui doveva occuparsi; lui pure era giovane e anche molto bello agli occhi di Elby. 

Lei era una donna esile dai lunghi capelli castani lisci che, per esigenza di igiene, teneva raccolti o in una crocchia o in una treccia, gli occhi di lei erano verdi come la speranza, mentre lui era un uomo alto circa 1.75 cm, era robusto per via dell'allenamento che faceva ogni giorno, ed aveva pure lui i capelli castani e ondulati. 

Nonostante l’incontro fu veloce, pochi e rari furono per loro i momenti per stare insieme ed avere la possibilità di conoscersi per davvero. 

Essere un soldato voleva dire solo combattere e proteggere la propria patria da qualsiasi nemico, sia umano che gigante. 

Proprio quest'ultimo nemico Francis andava a combattere, e riusciva a tornare a Trost sempre per un pelo. 

Fuori dalle mura c’erano molti giganti che in continuazione, e a seconda di varie altezze, mangiavano gli uomini vivi davanti a tutti. 

Quanti compagni quell’uomo vide morire, finendo divorati, e quante volte li aveva sentiti gridare a squarciagola per essere salvati, sebbene fosse lontano. 

Per lui tutto questo era un incubo, a partire da ogni volta che doveva uscire in missione e, soprattutto, quando sentiva le voci dei ragazzini intorno dire di voler entrare nel loro esercito una volta grandi. 

In cuor suo sperò sempre che, se avesse avuto la fortuna di trovare una donna con cui mettere su famiglia, nessuno dei figli avrebbe mai dovuto  arruolarsi e fare il soldato. 

Da quando incontrò Elby tutto cambiò per lui. 

Aveva la sensazione che un giorno sarebbe andato tutto bene e che prima o poi avrebbe lasciato quell’orrendo posto e l’orrendo lavoro. 

Ogni giorno scriveva su un quaderno pensando di parlare con lei e, nei giorni di pausa riuscivano a vedersi e a darle il suo quaderno: 

  - Così quando avrai nostalgia di me, potrai leggere i miei pensieri.-

In quei libri scritti a mano non c’erano solo i pensieri dell’uomo, anche le descrizioni dettagliate di tutte le bellezze che si trovavano fuori dalle mura: alberi, fiori, uccelli, animali, laghi, montagne, fiumi... Un vero paradiso.  

Questo gesto da parte del soldato fu uno dei più belli e colpì molto Elby che, a sorpresa, decise anche lei di scrivergli quando non insegnava e non curava le ferite di qualche altro soldato. 

Dopo circa tre anni così i due cedettero alla loro passione: si amavano molto entrambi, e non volevano più aspettare di vedersi quasi una volta al mese. 

Francis anche più andava avanti e più cercava una nuova opportunità per poter lasciare l’esercito e fare un lavoro normale, soprattutto lo faceva a causa dei giganti. Ne aveva combattuti molti, ma non voleva rischiare di lasciare la propria amata da sola e in suo aiuto intervenne il padre di Elby. 

Accolse il giovane come un figlio dopo solo la prima visita alla sua sala da the. I due fidanzati nascosero il fatto che, anche se non erano sposati, si erano già concessi alla più bella forma d’amore, e ad un certo punto ci fu una svolta. 

Il mese successivo, nel giorno dell’incontro stabilito al negozio, Elby avvisò a tutti di essere incinta. 

La notizia venne presa sia in modo positivo che negativo. 

Per evitare l’onta e la vergogna di avere una figlia che già aspettava un figlio senza essere sposata fu malvisto inizialmente dal padre di lei, ma non per Francis. 

Davanti alla sua famiglia promise che si sarebbe presa cura di sua figlia e avrebbe cercato di uscire dall’esercito, cosa che, purtroppo, non era facile, soprattutto con i giganti fuori dalle mura. 

Nonostante tutto il suocero ebbe fiducia in lui e lo accolse nel suo personale. 

Ovviamente fare il cameriere era un compito da donne ma Francis fece di più, imparò il mestiere ed i trucchi di come essiccare le foglie di the e creare vari infusi con molti gusti, assimilando anche il metodo migliore per curare il giardino pieno di foglie profumate e pronte per diventare bevande. 

In questo ambiente nacque finalmente Tyron, il figlio primogenito della famiglia De Clairk e anche della famiglia Grey, la famiglia di Elby. 

Anche dopo essersi sposati la coppia lavorò alla sala da the e si amarono ancor di più, così arrivarono anche altri due figli e poi, inaspettatamente, pure Celine. 

Lei fu una delle bambine più fortunate non solo per essere nata in una famiglia così benestante, ma era anche ricca di amore, cosa non rara a Trost, cosa invece che non si poteva dire per molti altri bambini che erano in altri nuclei familiari perché la situazione poteva essere diversa. 

Da piccola Celine scoprì il significato della parola amore, lavoro, sacrificio ma anche carità. 

A sei anni infatti accompagnava sempre sua nonna in lunghe passeggiate per la città, durante le quali cercava sempre di dare aiuto ai bambini di altre mamme, sia a nutrire i poveri con il pane che l’anziana faceva solo per loro. 

Per quanto riguardava il pozzo, una volta che poteva comprendere bene, la nonna le raccontò che molte persone povere non vivevano sopra le mura, ma proprio sotto la città. 

Fu allora che Celine scoprì la città sotterranea, senza però vederla, anche se capiva, la realtà di una grande città piena di povera gente la spaventava e le faceva male. 

Per tranquillizzarla la nonna le diceva sempre: 

  - Celine, in questa città non ci sono solo persone buone, ma nemmeno tutte cattive. Devi decidere te per chi vale la pena dare il tuo grande cuore.-

Proprio in quella città sotterranea, tra le tante persone che soffrivano la fame, il freddo e l’assoluta povertà, vivendo tra sporcizia e malattie, una mamma come tante stava abbracciando suo figlio di dodici anni, e cantava una ninna nanna stringendolo e accarezzandogli i capelli. 

  - Sarai la luce più bella... La mia... melodia...-

  - Mamma?-

  - … Buonanotte Levi... Sogni d’oro... Piccolo mio...-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Più Celine cresceva e più non solo mostrava vari e tanti interessi come la lettura, amava perdersi nelle immagini dei vari libri, aiutata sempre dal fratello Tyron che sapeva leggere e scrivere e più il suo cuore divenne grande. 

Dato che aiutava spesso la nonna a portare i panini fatti da lei in quel pozzo, crebbe in lei la curiosità e la voglia di aiutare le persone in difficoltà. 

Inoltre amava anche aiutare i suoi genitori a raccogliere le foglie di the, sia il nonno che il padre le spiegavano quali prendere e come poterle preparare. 

Cosa che sapevano fare anche i tre fratelli suoi. 

Ma purtroppo, quando compì sei anni, una grande tragedia colpì la famiglia. 

Una notte un ladro riuscì ad entrare nella sala da the chiusa per poter rubare loro i risparmi e dato che i nonni di Celine abitavano in una casa, separata dal negozio grazie ad una porta, subito il nonno si allarmò e venne colpito dal ladro che era armato. 

Meno male che poi, grazie a Francis, il ladro scappò senza alcuna refurtiva, anche se, purtroppo, non riuscì a salvare il suocero, che morì poco dopo tra le sue braccia. 

La piccola Celine non ebbe il tempo di piangerlo perché il giorno dopo arrivarono due soldati della Legione Esplorativa, ex squadra del padre a chiedere se i loro figli, raggiunta l’età di quindici anni, volevano entrare nell’esercito per difendere la patria. 

Celine era presente e la loro figura li impressionò in positivo. 

Notò subito le loro belle divise, il loro portamento perfetto, fiero e deciso e anche i loro mantelli con lo stemma delle due ali, le ali della libertà. 

Tyron aveva raggiunto quell’età e, dato che aveva sentito molte volte i racconti del padre, declinò l’offerta di seguirli, anche perché il nonno, la colonna portante della famiglia, era appena scomparso e non se la sentiva di lasciare la famiglia; preferiva lavorare con loro, trattando i loro affari. 

E questo comprendeva anche fare dei viaggi sia nei dintorni di Trost, che recarsi in altri villaggi vicini sempre con lo scopo di cercare nuove idee per vari the. 

Questo percorso lo aveva già iniziato il nonno, e sia i figli che il genero continuarono questo lavoro, stessa cosa fece il fratello maggiore di Celine. 

Dopo aver ricevuto il regolare permesso, poteva viaggiare a cavallo e recarsi nelle altre città all’interno delle mura. 

Ovviamente Celine era troppo piccola per poter capire il reale pericolo che c’era dietro, a differenza del padre che, naturalmente, ne era anche troppo consapevole. 

Dato che si era promesso che nessun suo figlio si sarebbe arruolato per combattere i giganti, fece frequentare a tutti e quattro delle ottime scuole.  

Anche quando gli altri due fratelli compirono quindici anni tornarono più volte i soldati per poterli reclutare ma loro avevano altre idee chiare grazie all'aiuto della madre: volevano insegnare. 

Infatti uno di questi divenne insegnante di botanica, mentre l’altro divenne  un maestro di matematica. 

La quarta che doveva scegliere la stessa carriera era ovviamente Celine, ma quando compì dieci anni qualcosa cambiò in lei, sempre grazie a quel pozzo in cui si vedeva la città sotterranea. 

Riuscì aiutare un bambino che, arrivando tardi al momento del pane, ricevette l’ultimo che le era rimasto, e che in realtà era la sua merenda, ma preferì dargliela a lui, così che anche lui ebbe da mangiare. 

Portò sempre nel cuore questo momento senza dirlo a nessuno, tranne ovviamente a Tyron. 

Il fratello la comprendeva sempre ed era l'unico a regalargli parole profonde e confortanti che le rimanevano sempre impresse nel cuore. 

Quel giorno non fu da meno: 

  - Cecy, se questo momento è stato importante, continua a fare del bene come sai farlo tu.- 

Prima che arrivassero i soldati della Legione Esplorativa per poterla arruolare fu lei a dare la notizia alla famiglia. 

  - Voglio arruolarmi.- 

La notizia gettò nello sconforto i genitori ed i fratelli. 

Lei a quindici anni, intanto, era diventata una ragazzina alta 1.60 cm, aveva lunghi capelli ondulati color castano scuro, proprio come i suoi occhi che erano nascosti dietro ad un paio di occhiali. 

Durante gli anni scolastici si scoprì questa sua difficoltà nel vedere bene da lontano, ma anche con essi si poteva notare subito la sua bontà d’animo. 

Incoraggiata sia dalla nonna che dal fratello maggiore, anche se non era molto tranquillo di questa sua scelta, Celine continuò a difendere la sua scelta, nessuno poteva immaginare che avrebbe detto quelle parole. 

Tutti gli altri cercarono di farle cambiare idea, Frencis aveva ancora il ricordo di molti amici persi in quelle orrende circostanze, non volevano che la stessa cosa succedesse anche alla quarta, magari proprio mentre affrontava i giganti. 

Il padre sapeva più i contro che i pro nell’arruolarsi, in più non voleva stare tutti i giorni, per tutto il tempo, con l’ansia che un giorno sarebbero tornati i soldati con in mano solamente gli effetti della figlia. 

Non avrebbe retto. 

Tra i due nacque un diverbio, tuttavia la famiglia scoprì la vera forza e la temerarietà della ragazza nel difendere i suoi ideali e le sue scelte. 

Anche questo c’era nei suoi occhi, non solo poter aiutare il prossimo. 

Dopo l’accesa lite si arrivò ad un compromesso, lei avrebbe provato a fare l’addestramento, solo provare, nel caso in cui avrebbe resistito alle prove poteva arruolarsi, ma non avrebbe potuto scegliere la Legione Esplorativa. 

Proprio in quel caso il genitore l’avvisò della presenza di altri due eserciti: quello di Guarnigione e quella della Gendarmeria. 

Il primo poteva andare bene per lei dato che si occupava principalmente delle persone, inoltre uno dei loro compiti era anche quello di stare sopra le mura, mentre invece per il secondo era più difficile entrarci, anche se era quello più sicuro di tutti. 

In pochi venivano scelti per fare la guardia del re e i posti erano sempre limitati, mentre per la Gendarmeria c’era sempre posto come nella Legione Esplorativa, l’unica differenza però stava nel non uscire dalle mura. 

Con la consapevolezza che ce l’avrebbe fatta nonostante tutto, non aspettò che tornassero i soldati per il giro di arruolamento. 

Il giorno dopo la ragazza era già in fila per l’iscrizione e per sottoporsi alle varie visite mediche; il dottore notò subito che portava gli occhiali ma a questo c’era un semplice rimedio. 

Avevano creato tempo fa un modello di occhiali con uno speciale legaccio che, una volta indossati restavano ben saldi davanti agli occhi, era perfetto sia per lei che per altri che avevano i suoi stessi problemi. 

Dato che i suoi non li poteva tenere li ripose nella propria custodia, sperando che li avrebbe indossati nei momenti di calma, se ce ne sarebbero stati. 

Non solo notò molti ragazzi, ma anche molte ragazze che avevano deciso di fare questa sua scelta. 

A turno tagliarono i capelli, da regolamento sia lei che altre ragazze non li dovevano tenere molto lunghi, oppure li dovevano tenere sempre legati. 

Prima del taglio le arrivavano a metà schiena, dopo il taglio erano lunghi fino alle spalle e, dato che non voleva rischiare di sbagliare ancora, li legò in una coda e poi fece una piccola treccia. 

Solo per il taglio drastico iniziò un po’ a socializzare con altre ragazze che prima avevano capelli lunghissimi e poi tutti corti, fu un momento di forte dispiacere per tutte loro. 

Il giorno successivo non solo furono portati tutti al loro primo campo di addestramento ma conobbero anche il sergente Keith Shadis che, dopo la sua presentazione fatta a voce alta e autoritaria, chiese uno per uno perché tutti loro si erano arruolati. 

Quando fu il momento di Celine lui si rivolse a lei: 
  -DANNATA, PRESENTATI E DI A TUTTI QUANTI PER QUALE STUPIDO MOTIVO VUOI DIVENTARE UN SOLDATO?-

Ecco, era arrivata la sua occasione. 

Mentre il suo core batteva a mille, fece il saluto militare e urlò a sua volta: 

  - MI CHIAMO CELINE DE CLAIRK E VOGLIO DIVENTARE UN SOLDATO PROPRIO COME MIO PADRE, E VOGLIO ANCHE AIUTARE LE PERSONE IN DIFFICOLTÀ.-

Lo guardò negli occhi, sperando così d’impressionarlo con le sue parole piene di coraggio, ma l’unica cosa che fece Shadis, oltre ad urlare quanto era stupido il suo sogno, le fece fare un dietrofront che per lei fu una grande fonte di umiliazione, anzi la prima dopo tante che questa giovane vivrà. 

Anche con altri fece la stessa cosa. 

 “Spero solo che non sia un cattivo inizio”. 

Si allenò duramente insieme ai suoi compagni, con tutti loro combatteva, dormiva, mangiava e anche imparò a restare in equilibrio su quello che doveva essere il loro strumenti di salvezza, il movimento tridimensionale. 

Sotto la pioggia e con i pesi sulle spalle correva insieme agli altri, imparò a volare con un equipaggiamento tutto suo e, anche se non subito, imparò anche a tagliare le collottole dei giganti finti in varie grandezze. 

In camerata e anche sul campo andava abbastanza d’accordo con tutti i suoi compagni, sia maschi che femmine, si parlava spesso di quale legione avrebbero scelto una volta finito con l’addestramento e notò che molti avevano già deciso: 

  - Sarò un soldato della Legione Esplorativa! Uscirò dalle mura e ucciderò i giganti!- 

  - Pure io diventerò un soldato di quella Legione, devo vendicare mio fratello. Quei bastardi me lo hanno portato via.-

Ma notò anche chi si era arruolato solo per poter essere tra quei pochi dei soldati del re: 

  - Voi ragazzi siete tutti matti. – si intromise una – Voi preferite farvi ammazzare che restare al sicuro... Bah.-

  - Jehn ha ragione, meglio stare al sicuro dentro le mura che essere la cena di quei mostri. Meno male che ci sono le mura.-

  - Forse la Legione Esplorativa cerca sempre nuove reclute per far mangiare loro e non per ucciderli.- 

Celine era anche una che sapeva farsi gli affari suoi, ma non era sorda. 

  “Va bene che nessuno può avere i miei stessi desideri, ma veramente pensavano questo?” 

Pensava a volte tra sé e sé, e quando qualcuno osava dire troppo, soprattutto contro l’esercito di cui fece parte suo padre, lei riusciva a parlare: 

  - Vi consiglio di ritirare quello che avete appena detto.-

Anche se non era alta in confronto ai suoi compagni, poco le importava: stavano offendendo ciò che era stato suo padre e ciò che ha passato prima di avere una possibilità di una nuova vita. 

I ragazzi non si impressionavano se lei difendeva i suoi valori, anzi la schernivano di piò soprattutto la ragazza chiamata Jehn: 

  - Oh, oh ragazzi. - alzò le mani in segno di resa – Qui tra noi c’è una futura pappa per giganti... Che poi pappa... Con te nemmeno si fanno uno spuntino. 

Rimarrai incastrata tra qualche loro dente a soffrire mentre mangiano i tuoi compagni.-

Forse si era esposta troppo ma nessuno di loro sapeva che non avrebbe potuto scegliere quell’esercito. 

Aveva fatto una promessa e solo per quella era lì, anche se le sarebbe piaciuto poter uscire una volta dalle mura e vedere cosa c’era oltre. 

Nei momenti di solitudine, che spesso e volentieri passava fuori dalla camerata, pensava a molte cose insieme: 

  "Non sono abbastanza per essere un soldato degno del corpo di ricerca.  

Sono bassa, non sono veloce, non sono forte... A malapena riesco a volare dritta... Ma non voglio arrendermi.” 

A volte aveva anche piccoli momenti di cedimento. 

Si chiedeva spesso se avesse fatto la scelta giusta a voler diventare un soldato, ne valeva davvero la pena? 

E dopo quella domanda, fatta a se stessa, ripensava al pozzo. 
  “Solo per loro... Solo per loro voglio farlo.” 

Magari, dato che la Guarnigione restava sempre all’interno delle mura, un giorno forse sarebbe stata in una squadra che sarebbe scesa nella città sotterranea, e allora sì che avrebbe aiutato qualcuno.  

Questo pensiero la faceva andare avanti, un obbiettivo nobile che avrebbe svolto in solitaria. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Tra alti e bassi riuscì a superare ogni prova, anche quelle di resistenza e di volo.
Quando fu il momento di scegliere se restare per diventare soldati del corpo di ricerca, oppure soldati delle altre due legioni, ovvero la Legione Esplorativa o la Legione di Guarnigione, poiché quella di Gendarmeria prevedeva una graduatoria, lei scelse la seconda.
Quando però fu consegnata a tutti la giacca con le due rose sulla schiena accadde qualcosa di inevitabile: la città di Shiganshina fu attaccata da un gigante alto più di cinquanta metri che fece entrare a sua volta molti altri che distrussero case, le mura opposte e anche mangiato molte persone. Inutile dire che si scatenò il panico anche da loro.
Celine aveva diciotto anni e lei, come altri loro compagni, le fu assegnato il primo compito della sua nuova carriera da soldato, cioè restare a Trost in modo da aiutare le persone che sarebbero arrivate da Shiganshina attraverso le navi.
Questo compito la risollevò un po’.
  "È la mia occasione di aiutare le persone. Posso farcela."
Ce la poteva fare. E così seguì sia i compagni che i suoi superiori al punto di raccolta che era ancora vuota. Dopo parecchie ore finalmente i superstiti arrivarono, avevano ancora il terrore negli occhi, e stando al racconto che sentiva anche da altri suoi colleghi più grandi, capì che la situazione era più tragica del previsto. Era dispiaciuta per coloro che avevano perso tutto, che erano feriti e ancora spaventati a morte per l'esperienza con quei mostri. Il primo compito della ragazza fu quello di distribuire il pane e l’acqua a tutti loro, cosa che per lei fu graditissima, lo aveva sempre fatto insieme alla nonna. Proprio mentre stava pensando a lei arrivò un uomo anziano con un cappello chiaro in testa:
  - Signorina, ho tre nipoti con me, potrei avere un panino in più? -
Vedendo quell’uomo ricordò subito suo nonno, le si aprì il cuore a metà. Ne rimase colpita e anche commossa. Era riuscito a sopravvivere ad un vero disastro riuscendo a salvare i suoi nipoti, sperando che erano tutti con lui.
  - Quanti nipoti ha detto, mi scusi? -
  - Tre, cara. -
La ragazza gliene diede ben quattro, uno per lui e gli altri per i suoi nipoti.
  - La ringrazio infinitamente. -
Quel gesto da parte sua la fece sentire finalmente tranquilla, si sentiva come se avesse trovato un posto nell’esercito, proprio come riusciva a farlo a casa con sua nonna. Era orgogliosa di sé mentre continuava ad aiutava gli altri abitanti. Quando portò la cassa vuota per prenderne un’altra non solo scoprì che non c’era più pane, ma venne chiamata dal superiore Lobov, che la sgridò:
  - De Clairk! Si può sapere cosa ti è venuto in mente?! -
La ragazza si spaventò un po’ per il tono aggressivo e autoritario che le stava riservando il suo superiore, e si sentì ancora più piccola di quel che era. Non capiva proprio cos’avesse sbagliato, stava svolgendo semplicemente il suo lavoro come richiesto.
  - Sto dando il pane alle persone, come mi è stato ordinato. -
  - E chi ti ha detto che a quel signore dovevi dare più pane? -
  “È solo questo il problema?”
Pensò lei in modo innocente e tranquillo, aveva fatto una cosa buona ad aver dato pane sia al nonno che ai suoi nipoti.
  - Mi ha detto che aveva tre nipoti, signore. -
  - E tu li hai visti questi suoi nipoti? -
Ecco il motivo di quella sgridata.
  - No. -
  - Visto? Ti sei fatta imbrogliare come una sciocca. Non c’è cibo per tutti. -
Questa cosa non la sapeva nemmeno lei e anche se l’avessero avvisata prima forse lo avrebbe fatto lo stesso.
  - Non lo sapevo, signore. -
  - Ora lo sai! - continuò lui – Da domani non sarai più qui come addetta al cibo. Per evitare di farti di nuovo fregare come oggi, starai sulle mura. Ma prima devi scontare due settimane di punizione. Dovrai pulire sia di giorno che di sera tutti i bagni e le stanze della nostra base.
Due settimane.
Continua a farti impietosire dalle parole del primo che passa e la punizione aumenterà ad altre due settimane. -
A quelle parole Celine ne fu distrutta, due settimane di punizione solo perché si era fidata delle parole di un vecchio signore?
Non dovevano essere loro i primi ad aiutarle le persone in difficoltà?
Pensava di aver fatto una cosa buona ed importante, invece si ritrovò sgridata, ferita nell’orgoglio e anche punita.
Fu l'unica cosa a cui pensò, allontanandosi da quel posto, anzi, sperava con tutto il cuore che quel vecchio avesse detto da verità.
La prima settimana di punizione fu la peggiore della sua vita, si sentiva schernita dai compagni, umiliata da tutti che sembravano lasciare sporco in giro solo per lei, ma in parte anche da se stessa, soprattutto quando scriveva le lettere ai genitori la sera mentendo loro dicendo che andava tutto bene, per ora stava svolgendo compiti all’interno del distretto e che presto l’avrebbero assegnata alle mura.
Tutte cazzate.
In compenso poi lesse che in quei giorni, uno dei suoi fratelli, il più grande dopo Tyron, era diventato padre di una bambina che aveva chiamato Rachel.
  "Sono diventata zia?"
Le fu strano solo allora capire che essendo lontana da casa, il mondo fuori aveva altri corsi. Essersi arruolata, e messa subito in punizione per un errore, per poi sapere dai suoi genitori che loro erano diventati nonni, e lei zia la rese felice per metà.
Chissà se l'avrebbe mai conosciuta questa prima nipotina, non di certo ora che era messa sotto torchio.
Mentre gli altri soldati facevano quello che voleva fare lei, Celine era costretta a rimanere davvero all’interno della loro base per pulire ogni angolo di sporco ed ogni tipo di lerciume.
Questa cosa da una parte le pesava, non si sentiva importante come avrebbe voluto essere, invece dall’altra si autoconvinceva che stava realmente aiutando qualcuno: i suoi compagni.
Per via di quella punizione una volta ebbe a che fare con un soldato più grande di lei, costui era Hannes:
  - Ehi, tu sei quella ragazza che si è fatta mettere in punizione dal sergente Lobov? -
Celine stava malissimo mentalmente, sia per il ricordo sia per il fatto che quello che aveva davanti poteva essere l’ennesimo soldato che voleva ridere di lei. Qualcosa stava nascendo dentro il suo cuore, qualcosa di brutto, e la cosa non le piaceva per niente, ma era anche stanca.
  - E con questo? -
Subito si mise sulla difensiva e il soldato biondo mise le mani avanti:
  - Ehi, ehi, calma... Stai calma, era solo una domanda. -
Anche il fatto che, oltre alla divisa, indossasse pure guanti, grembiule e portava tra le mani molti panni aiutò il soldato a capire chi fosse.
  - Cosa vuoi? Hai appena sporcato il bagno che avevo finito due minuti fa? -
  - Wow, che nervosa... Spero vivamente che tu non fossi così prima, altrimenti il sergente avrebbe fatto bene a farti mettere in punizione. -
  “Questo è troppo.”
Gli diede le spalle e fece per andarsene senza dire una parola.
  - Aspetta! Aspetta! Dove vai?! - se lo ritrovò davanti e fu costretta a fermarsi di nuovo. - Se ti ho offeso ti chiedo scusa. -
Celine si bloccò senza alzare lo sguardo verso di lui.
- Mi chiamo Hannes, e ho aiutato molte persone di Shiganshina a rifugiarsi qui. Tra i soldati, nostri colleghi, avevo sentito che di te ci si può fidare. -
Quelle parole, in quel momento di rabbia repressa, non la fecero pensare in modo lucido. Forse anche lei era cattiva come tutti in quel posto.
  - Che cosa vuoi? - Hannes continuò: - Al campo dove sono tutti gli abitanti di Shiganshina che sono sopravvissuti, ci sono tre ragazzi che sono rimasti soli. Io li conosco da molto tempo, ti andrebbe di venire con me per aiutarli? -
Una Celine più tranquilla di sicuro avrebbe detto di sì e ci sarebbe andata di corsa ad aiutare quei tre ragazzini, ma era stanca, era irritata, e aveva ancora in testa le parole di Lobov che al prossimo errore avrebbe aumentato la sua punizione.
Data la sua bella entrata nell’esercito non volle rischiare di più e rispose in un modo che non era da lei:
  - Senti, ho capito che qui sono conosciuta come quella stupida e che si è fatta fregare. Non voglio rischiare altri giorni di punizione perché sono stata irresponsabile. Quindi o mi lasci in pace o ti infilo i panni sporchi in bocca. Altri guai non ne voglio.
  - Nemmeno lei si riconosceva in quelle parole che aveva appena pronunciato, non era lucida infatti, ma quando andò a lavare per l’ennesima volta i bagni femminili, calde lacrime le uscirono da sole dai suoi occhi.
Al primo giorno della seconda settimana ebbe un altro incontro più particolare, anzi, molto più importante soprattutto per il grado di importanza:
  - Eh, le reclute in punizione... Che brutta faccenda. -
Da che era tranquilla Celine si spaventò e saltò in piedi di scatto, all’entrata del bagno delle ragazze c’era un uomo pelato, con le rughe vicino alla zona occhi e con i baffi sotto al naso.
Nello spavento iniziale pensò subito che fosse disarmata, non si ricordava nemmeno di avere in tasca il coltellino, che suo padre le aveva mandato dopo aver saputo che era riuscita ad entrare nella Guarnigione, “Per protezione” le aveva scritto.
Mentre stava pensando a qualche stratagemma per poter scappare l’uomo si scusò:
  - Scusa se ti ho spaventato, non era mia intenzione. - restò sempre fermo davanti alla porta – Mi chiamo Dot Pixis e sono l’ufficiale del Corpo di Guarnigione. -
  “Un ufficiale?!”
La ragazza si diede della stupida.
Ovvio che lo conosceva, lo aveva visto al suo giuramento, ed in quel periodo lo aveva completamente rimosso.
Anche se non era in divisa completa, ovvero con le armi ed la manovra tridimensionale , e data anche la sua importanza, si alzò in piedi e gli fece il saluto militare mettendo la mano destra sul cuore e l’altra dietro la schiena.
  - Mi scusi lei, signore, ero distratta. -
  - Questo lo avevo notato. – rispose lui guardando anche l’ambiente in cui stava la ragazza – Come ti chiami? -
In un attimo di pura speranza Celine pensò che il suo arrivo portasse buone notizie come:
  “La tua punizione è finita prima.”, ma allo stesso decise di non fidarsi troppo del suo grado:
  - Mi chiamo Celine De Clairk. -
Ovviamente si vergognava di averla trovata in quelle condizioni, non voleva perdere la dignità davanti a lui, e magargli fargli anche pena.
  - E come mai sei in punizione, De Clairk? -
Titubante la ragazza rispose:
  - Ho dato tre panini in più ad un signore che mi aveva detto di avere tre nipoti con sé senza verificare. In realtà me ne aveva chiesto solo uno in più ma la scelta di dargliene tre è stata mia. - Già sentiva che la sua confessione le avrebbe procurato altre due settimane in più per punizione, aveva detto la verità e ora si prendeva le conseguenze.
L'ufficiale la guardò da capo a piedi, anche se era giovane aveva già disobbedito ad un ordine che nessuno le aveva in realtà detto. Forse davvero non sapeva che non c’era abbastanza cibo per tutti, anche se si era fatta imbrogliare alla prima occasione.
  - E questo quando è successo? -
Voleva sparire inghiottita dal pavimento all’ennesima ammissione delle proprie colpe:
  - Il giorno stesso del giuramento. Ho sbagliato, me ne rendo conto. Mi dispiace molto... Farò più attenzione la prossima volta. -
  “Se ci sarà una prossima volta. Di sicuro il signor Lobov non vorrà più farmi avvicinare alle dispense di cibo, e nemmeno vedermi.”
Le venne questo pensiero in testa. L'esercito non era il posto adatto per chiedere perdono, non era nella sua sala da the dove se si rompeva per sbaglio un pezzo di un servizio si chiedeva scusa e lo si ricomprava.
Nell'esercito si rischiava molto di più di una punizione.
Esercizi fisici in più rispetto ai propri compagni, la prigione e la tanto e temuta degradazione del titolo ed il ritorno a casa.
Questo Celine lo sapeva, come era consapevole che, durante l'addestramento, se non avesse imparato a volare dritto con il movimento tridimensionale sarebbe andata a spaccare le pietre come alcuni suoi compagni che non volevano diventare soldati.
Per fortuna che quella volta riuscì a scamparla, ma ora?
Un altro pensiero le balenò subito in mente:
  “Hanno mandato l’ufficiale per degradarmi del tutto? Non ho pulito bene i bagni in questi giorni?! Mi vogliono fuori dai piedi."
  - Ammetto che anche io avrei sbagliato a fare questo gesto. – disse invece lui con voce calma – Ti consiglio di stare attenta la prossima volta. Qui non tutti possono capire l’importanza di un gesto nobile, per quanto esso sia pieno d’affetto e fiducia nel prossimo.
Tu sei stata una soldatessa molto gentile, forse anche molto ingenua. -
Celine abbassò lo sguardo sentendosi in colpa, mentre a lui dispiacque molto averle detto quelle cose davanti a quegli occhi così diversi.
Poco dopo le fece vedere una busta da lettere e continuò a parlare:
  - Ti esonero dalla tua punizione per potermi fare un piccolo favore. Devi portare questa lettera al capitano della Legione Esplorativa, si chiama Erwin Smith. -
Aveva sentito bene?
La Legione Esplorativa?!
L’esercito di suo padre?
Ma lei faceva parte di un altro esercito... Come poteva solo entrarci nel loro quartiere generale? Pixis sembrò anticipare le sue titubanze e domande che le stavano girando nella testa:
  - Non ti preoccupare che è una legione diversa dalla tua. Devi dire solo che ti mando io e ti faranno entrare. -
Dopo essersi tolta i guanti da pulizia, Celine prese la lettera, ringraziò per il compito e poi l’ufficiale le diede le indicazioni per raggiungere il posto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Grazie alle varie indicazioni dette sia Pixis e sia dalle altre persone che per fortuna vivevano nei pressi della di quel quartier generare, trovò l’ubicazione immensa in cui la Legione Esplorativa risiedeva. 

Come non detto la fermarono all’istante all’entrata, Celine mostrò sia la lettera e aggiunse anche che la mandava l’ufficiale Pixis.  

Detto ciò la fecero entrare. 

Subito si trovò in un grande cortile di forma quadrata dove ai tre lati, davanti a lei c’erano portici, corridoi e alcune porte. 

Da lì vedeva molte persone camminare, uscire ed entrare e sparire. 

Ricordò solo in quel momento che anche suo padre, molto tempo fa, era entrato in quel posto, forse alla sua età, o forse anche da più giovane, un posto che le aveva detto espressamente di tenersi alla larga e lei, invece, era lì. 

Tremò inizialmente per la paura che lo venisse a scoprire, forse aveva ancora degli amici, forse altri l’avevano vista entrare e subito erano andati a riferirlo al padre. 

Troppi complessi e problemi in una volta sola in una persona così piccola (ma non di età) e forse anche inutile dato che doveva stare sulle mura. 

Ecco! Lei era quello, un soldato che faceva parte di un altro esercito, era lì solo per una commissione e poi se ne sarebbe andata. 

  “Non devo restarci per sempre.” 

Si rispose da sola e si avviò alla ricerca di una persona che non conosceva. 

Infatti non si ricordò nemmeno le indicazioni per trovare l’ufficio del capitano. 

  “Ma me lo avrà detto?” 

Si chese tra sé e sé ad un certo punto. 

Pensò di rifare la cosa più intelligente del mondo, ovvero chiedere ai soldati lì intorno, furono proprio alcuni di essi che, solo guardando il simbolo che aveva nella giacca la schernirono, altri invece non lo sapevano neppure loro. 

  “Ah, fantastico... Grazie Pixis.” 

Si disse ancora da sola. 

E meno male che suo padre non era così strano, anzi, di sicuro l’avrebbe aiutata, ma lui non era più un soldato e Celine continuò la sua ricerca da sola. 

Notò ad un certo punto una ragazza bassa come lei dai capelli rossi che stava scherzando con altre tre persone, si avvicinò a loro. 

Questi sarebbero stati gli ultimi, alla prossima presa in giro se ne sarebbe a cercare l’ufficio da sola, chissà quanto ci avrebbe messo a controllare in tutte le stanze 

Un pomeriggio? 

Una settimana? 

Una vita? 

Si avvicinò alla ragazza che, vedendola meglio da vicino, forse poteva avere la sua età. 

  - Scusate? - i quattro si bloccarono e le puntarono gli occhi addosso – Mi manda l’ufficiale Pixis, devo consegnare una lettera al Capitano Erwin Smith. - 

Si fece vedere più sicura anche se, sotto sotto, non ce la faceva più con le frasi di scherno. 

Meno male che con lei ebbe fortuna: 

- Il capitano? - ripeté la ragazza dai capelli rossi – Il suo ufficio si trova al terzo piano in fondo al corridoio, e ci arrivi da quella scala. - 

Indicò alle sue spalle una scala nascosta nell’ombra per via di un portico. 

Poi la rossa continuò: 

  - Non ti puoi sbagliare, cara. -

  “Ci voleva così tanto?” 

Pensò tra sé e sé. 

Celine rispose all’altra ragazza in modo sincero: 

  - Grazie mille... Grazie. Sei molto gentile. Sei stata l’unica che mi abbia aiutato. - 

  - Che stai insinuando? - s’intromise il più alto, ma dalla faccia sembrava anche essere il veterano del gruppo – Che noi della Legione Esplorativa non siamo gentili? È come dire che voi della Guarnigione siete sempre tutti ubriachi. - 

A sentirlo parlare con questo tono le tremarono le gambe, oltre che a sudare le mani, eppure aveva ringraziato. 

  - Sta zitto Oruo, ha parlato con me, non con te. - si rivolse di nuovo a Celine – Non ci fare caso, Oruo è una persona particolare. Sta tranquilla. 

Anzi, come ti chiami? -

Finalmente il soldato della Guarnigione vide della normalità: 

  - Mi chiamo Celine. -

  - Celine? - ripeté l’altra - Che bel nome. Piacere, io mi chiamo Petra. - 

Si strinsero la mano e ufficialmente conobbe un soldato come lei ma di un’altra parte dell’esercito. In un altro universo, forse, sarebbero state compagne della stessa legione, ma avrebbero anche avuto a che fare con quell'Oruo. 

Dopo averla ringraziata di nuovo si avviò verso la scala e iniziò a salire. 

Alla prima rampa tutto ok, solo due mancavano da salire. 

Alla seconda accusò un po’ di stanchezza, ma continuò, solo una rampa e sarebbe arrivata. 

Alla terza le tremavano veramente le gambe. 

Aveva il fiatone anche se si allenava regolarmente come gli altri, punizione a parte. 

Seguì il corridoio e non si accorse che, al primo incrocio, delle voci si stavano avvicinando e d’improvviso si scontrò con qualcuno. 

Celine cadde a terra, mentre l’altra figura indistinta rimase in piedi, anche se all’inizio aveva barcollato davanti ad altri due soldati. 

  - Fratellone! - 

Celine sentì una voce femminile, un’altra ragazza era lì. 

  - Attenzione! - 

Questa invece era una voce maschile. 

Quando Celine si rimise a sedere notò subito altri tre giovani soldati, sempre con lo stemma sella Legione Esplorativa sulla giacca. 

In effetti era lei quella che non c’entrava nulla nel loro quartier generale. 

Vedendo i ragazzi davanti a lei notò le loro diverse particolarità. 

Uno era alto con i capelli con i capelli biondo cenere, ed occhi azzurri come il cielo, la ragazza aveva i capelli più rossi di quelli di Petra, e occhi color verde acceso bellissimi, per non parlare delle lentiggini. Invece il terzo aveva i capelli con un taglio alla militare neri come la notte ed occhi grigi come il ghiaccio. 

E infatti con il tono ancor più freddo nella voce si rivolse a lei: 

  - Guarda avanti la prossima volta, mocciosa! - 

E la superò lasciandola indietro, come anche l’altra ragazza. 

L'ennesima sgridata della giornata.  

Ma che aveva fatto di male oggi per prendersi tanta cattiveria gratuita? 

Aveva bisogno di piangere, non ce la faceva più a reggere, era una ragazza sensibile nonostante fosse un soldato, e lo si era già capito dall’evento dei panini. 

L'altra invece la soccorse: 

  - Ehi, stai bene? -

Celine aveva gli occhi lucidi, ma vedendo quelli verdi dell’altra giovane si perse tanto erano belli ed intensi, meno male che era stata anche gentile. 

  - Sì... - rispose timida – Mi dispiace. Non vi avevo visti. - 

  - Ma non ti preoccupare. – lei reagì diversamente, e anche in tono allegro – Il fratellone esagera a parlare. Si è solo preoccupato anche lui. - 

  "Bel modo che ha di preoccuparsi.” 

Pensò da sola Celine, e mentre si alzava da terra l’altra continuò a parlare 

  - Ti sei fatta male? - 

  - No, no... Mi sono solo spaventata. - 

  - Hai sentito, fratellone? Sta bene. - 

Anche Celine si voltò verso i due ragazzi, quello biodo la guardava in modo normale, mentre l’altro le dava proprio le spalle. 

  - Sei sporca qui - continuò la ragazzina mettendole un dito sulla guancia – Aspetta che ti aiuto. - 

Sfilò dalla tasca un fazzoletto e le strofinò più volte il viso facendole vedere poi il risultato. 

  - Era solo polvere, meno male. - 

  - Polvere? Oh, è vero. Stavo facendo le pulizie prima. - 

Alla parola “pulizia”, la ragazza si rivolse di nuovo a colui che chiamava “fratellone”: 

  - Uh! Fratellone hai sentito? Anche a lei piace fare le pulizie. Non sono tutti sporchi qui come nella... - 

  - Isabel! - 

Questa volta il soldato si voltò e bloccò la ragazza solo con la voce, di nuovo il tono era duro e freddo come quando si era rivolto a Celine. 

  - Stai parlando troppo. E poi non vedi che non è nemmeno del Corpo di Ricerca?  

Non ti esaltare per niente. - 

Mentre il cuore di Celine batteva all’impazzata, la ragazza chiamata Isabel, senza il minimo scomponimento o paura, notò all’ora il simbolo con le due rose, il suo entusiasmo non si spense: 

  - Wow che bello! Che legione è? - 

  - Gua... Guarnigione. -

  - Che bello stemma... Sono due fiori bellissimi. - poi la guardò negli occhi – Come bella sei anche tu. -

Le guance di Celine si tinsero di rosso a quel complimento.
Uno almeno era stato sufficiente a risollevarle il morale, sorrise confortata all’altra:
 

  - Grazie. -

Isabel sorrise di più chiudendo anche per un attimo i suoi occhi e poi presentò tutti: 

  - Io mi chiamo Isabel, piacere di conoscerti. Lui è Furlan. - indicò il ragazzo biondo – E il fratellone si chiama Levi. Tu come ti chiami? -

Dopo aver seguito con lo sguardo le parole di Isabel, ripeté di nuovo il suo nome. 

  - Celine, mi chiamo Celine. - 

  - Ah, che bello anche il nome! Non trovi, fratellone? - 

Più sentiva questa parola e più notava che, sia fisicamente che per il comportamento, loro due non si somigliavano per niente. 

  - E allora? - rispose sempre Levi – Non mi interessa. Stiamo perdendo tempo. Dobbiamo andare. - si voltò e continuò a camminare – Muovetevi o vi lascio qui. -  

Isabel ancora una volta non si scompose, anzi le mise tra le mani di Celine il fazzoletto di cotone che aveva usato per pulirla dalla polvere. 

  - Devo andare. Tienilo tu. Te lo regalo. Ciao. -

E si avviò a seguire gli altri due, la ragazza della Guarnigione non ebbe il tempo necessario per rifiutare il regalo che si era già allontanata. 

Restò ferma sul posto per un po’ a pensare che c’era davvero gente strana in quel posto, meno male che le uniche ragazze che hanno avuto pietà di lei erano state Petra ed Isabel, da quest’ultima poi aveva anche ricevuto un regalo inaspettato. 

Un fazzoletto con le iniziali E.S. 

E.S.?! 

Quel fazzoletto era firmato con due iniziali?! 

Non poteva essere suo. 

Si vergognò molto nell’averlo tra le mani e di averlo sporcato con la polvere.  

Nel panico si voltò a cercare i ragazzi, peccato che fossero gia spariti, allora lo piegò e se lo mise in tasca per io momento. 

Al ritorno al suo quartier generale l’avrebbe subito lavato e trovato una qualche scusa per ridarle l’oggetto. 

Non se lo poteva davvero tenere, ma non si accorse nemmeno che il nome Isabel non iniziava con la lettera “E”, quindi non poteva appartenere davvero a lei. 

Prima però aveva un altro compito a cui pensare. 

Finalmente raggiunse la porta dell’ufficio, bussò e aspettò l’ordine di entrare. 

  - Chi è? -

  - Signore, mi manda l’ufficiale Pixis, sono un soldato della Guarnigione. -

Forse era meglio dirglielo una volta dentro l’ufficio. 

Perché solo quel giorno aveva i complessi? 

  - Prego, entra. - 

Una volta dentro lo studio chiuse la porta e osservò l’uomo biondo che sedeva davanti ad una scrivania in mogano. 

Anche lui aveva gli occhi azzurro cielo e delle sopracciglia davvero importanti, ma per il resto le incuteva un certo timore. 

Si avvicinò e pose la lettera di Pixis. 

  - Gliela mana il mio ufficiale Dot Pixis, era abbastanza urgente. - 

L'uomo la vide, le sorrise rassicurandola e la ringraziò. 

  - Sei stata veramente gentile. Spero che i miei soldati ti abbiano aiutato. - 

  “Non ne parliamo.” 

Pensò ma disse tutt’altro: 

  - Certo. Mi hanno riferito loro dove trovarla. -

  - Grazie cadetta... Ehm, come ti chiami? -

Per l’ennesima volta disse il suo nome, solo che questa volta doveva aggiungere anche il cognome: 

  - Mi chiamo Celine De Clairk e faccio parte della 102° squadra sopra le mura. - 

Ovviamente si mise il pugno sul cuore in forma di rispetto, cosa che impressionò molto l'uomo, forse più del dovuto dato che ripeté il suo cognome: 

  - De Clairk? - 

La ragazza si mostrò decisa: 

  - 
Esatto, signore. - 

Erwin riprese a parlare dopo un lungo silenzio: 

  - Scusami, è che... Non fa nulla... Puoi andare adesso. -

Mentre Celine gli diede le spalle per uscire dalla porta, sentì un lamento da parte sua: 

  - Ah... Ho perso il fazzoletto. Dannazione! -

Di nuovo la ragazza sudò freddo. 

Per forza non lo trovava, lo aveva lei. 

Quel pezzo di tessuto era più vicino di quanto il proprietario pensasse. 

  “Dannazione davvero.” 

Le iniziali “E.S.” erano Erwin Smith. 

  “Come ho fatto a non arrivarci prima?!” 

Il suo fazzoletto lo aveva lei, ed era anche sporco di polvere a causa sua. 

Doveva subito tornare in camera e farlo tornare limpido e pulito, anche a costo di metterci tutta la notte. 

Mentre faceva la strada a ritroso si sentì una ladra ed aveva la sensazione che il fazzoletto nella sua tasca scottasse, perché Isabel glielo aveva regalò? 

Non era di nessuna delle due, quindi andava restituito quanto prima. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Quando tornò alla base a cercare il suo ufficiale, notò la porta della sua stanza chiusa e, prima di bussare, sentì due voci, tra cui una discutere in modo alquanto animato; dopo pochi attimi la porta si spalancò e comparve Lobov, non si accorse subito della sua presenza perché il soldato aveva la testa rivolta ancora dentro la stanza. 

Subito la cadetta si fece da parte in modo istintivo, non voleva altri guai, e soprattutto le due settimane in più di punizione. 

  - Che sia l’ultima volta che mi chiedi un ordine del genere! So come gestire i miei cadetti! - 

Uscito allo studio prese la strada opposta rispetto a dove stava la ragazza e tanto era arrabbiato non si accorse della sua presenza; dopodiché, mosso forse dall’istinto del soldato, si voltò e la vide guardarlo in modo confuso. 

Celine notò subito lo sguardo arrabbiato del superiore ed ebbe davvero l’ansia che si sarebbe di nuovo riversata su di lei questa rabbia. 

Pensandoci bene quell’occhiata era anche peggio di quella lanciatale dal ragazzo che aveva incontrato, anzi scontrato, al quartier generale del Corpo di Ricerca 

Meno male che poi se ne andò senza proferire parola alcuna lasciando però aperta la porta della stanza del comandante Pixis, ben più alto di grado dell’uomo appena incontrato. 

Intanto la pressione creatasi in quel periodo continuò a crescere nella testa di Celine, ed era anche passato solo poco tempo da quando si era arruolata. 

Subito su di lei si era riversata una cruda realtà, proprio come le aveva detto il padre, ma non pensava che potesse davvero essere così pesante da sopportare. 

Pixis sbucò dalla sua stanza inizialmente per chiudere la porta, poi si accorse anche lui della cadetta riconoscendola all’istante: 

  - De Clairk, giusto? - 

Riprendendosi, la ragazza fece il saluto col pugno sul cuore e sperò che non si accorgesse che forse stava avendo un crollo molto più che nervoso, nonostante ciò cercò di rimanere calma. 

  - Sì, signore. - 

  - Sei tornata molto prima del previsto. Vuoi un the? - 

A quelle parole si calmò del tutto rimanendo anche sorpresa della proposta. 

Lei proveniva da una famiglia che si intendeva di the ed infusi vari, data l’attività che il nonno aveva messo in piedi, e quell’invito fu per lei un regalo, come un gradito ritorno a casa.  

Ringraziando accettò subito, nonostante sapesse che lui era il suo più alto superiore. 

  - Hai trovato il quartier generale con le mie indicazioni? -

Mentre si raffreddava la bevanda nella tazza bianca e semplice, non come quelle della sua famiglia che erano tutte belle, decorate ed anche eleganti in alcune occasioni, annuì alla domanda. 

  - Sì, signore. Ho anche chiesto aiuto ai vari soldati che erano lì dove fosse l’ufficio del loro capitano. - 

  - E sono stati cortesi con te? - 

  - Sì. -

Mentì di nuovo, non si poteva di certo lamentare con lui, erano due frazioni di esercito diverse, poi non sarebbe scesa così in basso facendo la spia, anche se avrebbe preferito trovare persone più educate, a partire dai veterani. 

Pixis l’osservò a lungo mentre l’ascoltava; Celine pensò che il Comandante avesse intuito che c’era di più da sapere, ma lei non disse nulla. 

Si limitò a sorseggiare la calda bevanda: 

  - Ti ringrazio per aver per aver svolto il compito in mia vece. 

Sei una ragazza in gamba, ed il tuo aiuto va premiato. 

Quanto tempo ti mancava da scontare alla tua punizione? -

  - Credo una settimana ancora. - 

  - Credi bene. – bevve ancora un sorso – Considerati libera. Non vedrai alcuna scopa e straccio da domani in poi. Puoi stare sulle mura o dove occorre servire di più al momento, ma fa più attenzione la prossima volta. 

A volte avere un buon cuore e una grande gentilezza non contano nulla nell’esercito. - 

Più l’ascoltava e più l’umore della ragazza sembrò migliorare: nonostante le parole del superiore, sembrò anche rivalutare la scelta che aveva fatto. 

Anche se una parte di lei, come una vocina nella sua testa, sperò che l’ufficiale non avesse altri compiti da farle svolgere, o almeno non da rimandarla nella base della Legione Esplorativa. 

Mandò giù un sorso di the per evitare di far uscire quel pensiero dalla bocca, poi invece rispose: 

  - Grazie, signore. - 

  - È il minimo che posso fare. -

L'Ufficiale finì subito la sua tazza di the e chiuse gli occhi davanti a lei. 

  - Non senti che senso di pace ti dà il the? Spero sia di tuo gradimento. -

Vederlo così a Celine vennero in mente tutti gli anziani che, ogni giorno, prendevano il the da suo padre da soli, e sembrava che in qualche modo volessero della semplice compagnia. 

  - Lo è, signore. -

Almeno poteva dire di aver concluso la giornata senza più combinare guai, inoltre non si era di certo scordata del fazzoletto avuto in modo improprio. 

Ringraziò l’ufficiale anche per il the e poi andò dritta nei bagni della sua camerata, l’idea era quello di farsi un bagno veloce e di capire a come lavare quel pezzo di stoffa ricamato. Per sua fortuna lo lavò in un attimo, lo appese poi al filo da stendere e accanto ci mise anche la sua camicia bianca prima e i pantaloni poi. 

Ogni due giorni faceva giusto una sciacquata ai vestiti, ma dopo il primo giorno di punizione li lavava ogni giorno. 

Quando si entrava nell’esercito, ad ogni cadetto venivano date solo due camice, due giacche, due paia di pantaloni e anche due paia di stivali. 

Se per caso qualcuno, per qualche motivo, moriva oppure lasciava l’esercito, subito i suoi vestiti diventavano di una o più persone con cui condivideva la camerata. 

La sua comprendeva lei ed altre sette ragazze in una stanza con quattro letti a castello, per il momento sembravano averla accettata, almeno loro. 

Per fortuna nella Guarnigione pochi erano quelli che sparivano per una ragione o nell’altra, per non dire morire. 

E dato che i suoi genitori le avevano mandato varie foglie di the, le sue preferite da farsi a colazione, iniziò a usare un po’ della bevanda per lavare al meglio le sue cose e renderle così più profumate. 

Il giorno successivo si svegliò prestissimo perché era il suo momento: sarebbe salita per la prima volta sulle mura insieme ad altri compagni. 

Dopo essersi vestita, portandosi ancora dietro con sé il fazzoletto di Erwin Smith: non lo poteva tenere lei, non le apparteneva davvero. 

  “Spero che dopo il turno di domani possa tornare dal capitano per restituirglielo.” 

Pensò mentre usciva dalla stanza che divideva con altre ragazze, fece colazione in mensa con altri compagni e poi si recò in città verso il punto in cui era presente il carrello elevatore per farli salire. 

I pensieri della giovane erano molti e tutti diversi. 

  “Finalmente salirò sulle mura”. 

  “Chissà se quel soldato ha davvero ragione sulla capacità di trasportare i cavalli con quella specie di montacarichi” 

  “Se non è troppo tardi, forse avrò il tempo di poter tornare al quartier generale per restituire il fazzoletto al suo proprietario.” 

Sperò di non incontrare più quei tre tipi al suo ritorno in quel castello. 

  “Ora so dov’è l’ufficio che dove si trova la loro base, almeno…”, pensò, anche se doveva stare attenta a non perdersi in quel labirinto di corridoi per raggiungere la sua meta. 

Mentre camminava notò vari capannelli di persone, che in realtà erano tutti colleghi suoi che erano seduti in gruppi a parlare e a bere. 

Bere... 

Già alle prime ore del giorno? 

  “Meno male che sono astemia.” 

Infatti lei beveva solo acqua ed il the che i suoi le avevano inizialmente mandato. 

  - Hannes, stai vaneggiando, non puoi essere riuscito a sopravvivere se quei giganti erano così tanti. - 

Celine si fermò un attimo a sentire il discorso che stavano facendo tre uomini in un angolo nascosto per via del sole. 

Uno inoltre lo aveva riconosciuto dal nome, era quel soldato che voleva “aiuto” con i tre ragazzini di Shiganshina. 

Continuò ad ascoltare:  

  - Ve lo giuro. È stato terribile! – bevve un lungo sorso dal collo della bottiglia e poi parlò con un tono di voce abbastanza alto – C'erano giganti in ogni dove... Non so nemmeno io come ho fatto a salvarmi... Non potrò mai dimenticare quell’inferno. -

E bevve di nuovo. 

Sentendolo, la ragazza si ricordò le parole, e le paure, del padre quando raccontava a lei ed ai suoi fratelli che fuori dalle mura c’erano queste creature alte e terribili. 

Lui li chiamava “mangiatori di uomini”. A sentire le esperienze vissuteda altre persone rendeva tutto più reale nella sua testa. 

E poi, se queste mura erano state costruite per proteggere i cittadini dai giganti, come poteva esserci un gigante ancora più alto di esse? 

Alzò lo sguardo verso le mura mentre riprese il cammino, era rimasta un po’ indietro ed affrettò il passo: 

  "Se davvero qualcuno di questi mostri è riuscito a superarle, dovremmo essere pronti a tutto anche noi." 

Le venne da tremare già al pensiero. 

Lei aveva solo fatto l’addestramento base con le sagome fatte di legno; invece i giganti veri possono muoversi, afferrarli all’improvviso e mangiarli vivi... 

  "Spero che non ci sarà mai l’occasione di affrontarli...” 

Lei era un soldato addestrato per aiutare le persone e tenere l’ordine civile…quanta differenza c’era nell’affrontare un gigante? 

Arrivata finalmente al carro elevatore, fu bloccato ed iniziò così la sua salita insieme agli altri, alcuni erano della sua età mentre altri erano più grandi, ed ovviamente non li aveva mai visti, non c’era nemmeno una sua compagna di stanza. 

Il carrellò iniziò a salire e vide davanti a lei la città abbassarsi. 

Non era mai stato in un punto così elevato. 

Superò i tetti e vide Trost dall’alto, era davvero molto in alto. 

Salita ancora più su le sembrò di vedere la fine della città e le mura opposte. 

Riconobbe anche in lontananza il canale che era vicino alla sala da the... La sala da the della sua famiglia. 

  “Eccola!” 

La riconobbe, rivide casa sua da un posto talmente alto che se allungava la mano verso quella direzione le sembrava di poterla toccare dall’alto. 

  “È questo che provano i giganti?” 

Pensò ad un certo punto, e quando superò la metà del ponte afferrò davanti a sé la sbarra che evitava loro di cadere dal carrello elevatore, e la cosa più strana era che nemmeno se ne stava accorgendo. 

  “Ma che diavolo sto facendo?! Perché sono qui?!” 

Non riconobbe un piccolo attacco di panico, ed era anche normale per una che non era mai salita nemmeno sul tetto di casa sua, figuriamoci su muro alto cinquanta metri. 

Si sentiva anche in trappola, tutto era angusto e troppo grande per lei. 

Forse Lobov sapeva che non avrebbe retto a questo stress? 

Era una punizione anche quella? 

Non c’erano davvero limiti al male verso il prossimo. 

Per fortuna che prima di rischiare di impazzire sul serio sentì una mano sulla sue ed una voce che si stava rivolgendo a lei: 

  - Ehi, calma. Non ti agitare. - 

Celine aprì gli occhi e notò una ragazza con i capelli neri e legati anche lei in una lunga treccia nera ed occhi color castano chiaro. 

Poteva avere la sua stessa età ma quello sguardo poteva essere anche il suo ogni volta che aiutava qualcuno. 

  - È la tua prima volta? - 

Stava tremando come una foglia dalla paura, non seppe nemmeno lei come fece ad annuire alla sua domanda: 

  - Cerca di stare tranquilla, è normale avere paura. Cerca di non guardare giù. -

  - Io... Non... -

Non seppe nemmeno lei cosa voleva dire, tranne che non stava più guardando il panorama ma solo gli occhi della ragazza. 

  - Guarda verso il cielo se non ce la fai, oppure guarda verso il muro, non ti preoccupare, siamo quasi arrivati. -

  “Guarda il cielo. Guarda il cielo", disse a sé stessa, alzando la testa verso l’alto, e constatò di essere la solita “fortunata”: quel giorno il cielo era ricoperto di nuvole cariche d’acqua. 

  “Proprio quando io devo salire sulle mura deve piovere?” 

Si sentiva anche nell’aria quell’odore di pioggia che avrebbe presagito l’inevitabile. 

Almeno ringraziò col pensiero la ragazza, era stata molto gentile ad aiutarla nel momento del bisogno. 

Magari avesse incontrato fin da subito una persona così nell’addestramento e nella sua base. 

Un altro problema era che in quel carrello, come poi negli altri che salivano ad una notevole distanza da loro in altri punti strategici delle mura, contenevano almeno una ventina di soldati, era veramente grande, allora confermò a sé stessa quanto fossero adatti a trasportare pure i cavalli. 

Dopo pochi minuti, che per la ragazza sembrava fossero ore, finalmente il gruppo arrivò a destinazione ed il montacarichi venne aperto per permettere loro di uscire. 

Celine fu una delle ultime e vide quanto era grande lo spazio delle mura e quanto sembrava essere più vicino il cielo. 

Era davvero riuscita a salire così in alto? 

Davvero era su cinquanta metri di muro? 

  “Il gigante era più alto di così? Perché proprio oggi dovevo sentire il discorso di quel soldato... quell’Hannes!” 

  - Dovrai abituarti a stare a questa altezza ma a lungo andare ce la farai anche tu. -

La stessa ragazza di prima la distolse dai suoi pensieri ancora una volta e sempre in modo gentile nei suoi confronti, meno male. 

Lei sembrava sapesse il fatto suo, e solo in quel momento si accorse della differenza di altezza tra loro due. 

L'altra ragazza era più alta, prima non se n’era resa conto per via dell’attacco di panico, meno male che l’aveva salvata da chissà quale reazione insensata. 

  - Grazie, non... Non pensavo che avrei avuto così paura. -

  - Capita, sta tranquilla. Ah, mi chiamo Doreen. -

Le porse la mano, Celine la prese e si presentò a sua volta; prima però di mettersi nelle rispettive posizioni sentirono il suono di una campana di un campanile. 

Ovviamente Doreen sapeva cosa significava anche quel rumore. 

  - La Legione Esplorativa sta per uscire dalle mura. Dai vieni. -

Loro due non furono le uniche ad avvicinarsi alla parte di muro dov’era presente un portone in pietra davanti ed uno dalla parte opposta al muro, almeno quelle erano riuscite a resistere contro i giganti. 

Una volta sollevate però avrebbero permesso a tutti quei soldati di uscire e combattere contro quei mangiatori di uomini, tutti loro erano la salvezza dell’umanità, tutti loro potevano ritornare interi o morire fuori. 

Ricordò che anche il padre aveva partecipato molte volte a quel tipo di missione ed era sempre riuscito a tornare indietro sano e salvo, grazie alla buona sorte che lo assisteva.  

Celine non aveva ancora il coraggio di guardare verso il basso, ma quando tutti quei soldati a cavallo uscirono, le bastò voltarsi dalla parte opposta per vederli correre ed allontanarsi da Trost. 

Sembravano tante formichine. 

Dato che stava così in alto non riuscì a riconoscere alcun membro conosciuto per caso il giorno precedente, ma intuì che anche il Capitano Erwin era con loro. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 Ironia della sorte, dopo molte ore che Celine sostava sulle mura iniziò a piovere: prontamente la ragazza si coprì con il mantello, aspettando con pazienza la fine della pioggia, ma anche del proprio turno, con un pensiero in testa: 

  “Spero che la squadra di Erwin torni indietro.” 

Nonostante la strana esperienza avuta con quei tre ragazzi, pensò a quanto fossero giovani e al fatto che avevano ancora tutta la vita davanti. Sospirò, augurandosi che quell’intemperia li avrebbe protetti dai giganti. 

Nel pomeriggio tardi tornò nella sua camerata e, dato che era da sola, ne approfittò per farsi un bagno caldo; in seguito lavò le sue cose, sempre con il the, e pose il fazzoletto di Erwin nella tasca dei pantaloni che avrebbe indossato l’indomani, sperando che non piovesse di nuovo e che avrebbe incontrato il comandante. 

D’improvviso realizzò una cosa e questo la fece bloccare sul posto: anche lei aveva imparato ad osservare alla veloce non solo l’ambiente intorno a sé, ma anche le persone. 

Le ritornò alla mente l’aspetto di quel giovane, Levi. 

Oltre al temperamento da persona saccente, aveva notato un particolare non troppo evidente a primo impatto, che aveva sicuramente un suo perché. Il soldato portava al collo una sorta di sciarpa, allacciata in uno stile antiquato: ciò le fece pensare che fosse una persona di alto rango, dato che aveva quel modo di indossare la divisa, a differenza degli altri suoi compagni. 

E chi erano, in genere, le persone così eleganti a Trost? 

Sicuramente i nobili, i conti, se non altro i principi. 

Se gli fosse andata addosso e, a causa della sua solita fortuna, avesse scoperto che il ragazzo faceva parte di una famiglia altolocata, allora lì sarebbero stati guai davvero seri. 

  “Meno male che siamo in due eserciti diversi... E spero di non rivederlo mai più.” 

Avrebbe potuto riconoscerla e cacciarla dall’esercito. 

  “Certo che tra tanti, proprio ad un principe dovevo fare male...” 

Per la settimana successiva continuò a fare su e giù per le mura, non riuscì in quel piccolo arco di tempo ad affrontare la paura di guardare giù dal carrello elevatore, né tantomeno dalle mura. 

Inoltre non ebbe più l’occasione di incontrare Doreen. 

  “Che peccato... Ma almeno so che c’è un’altra ragazza gentile nella Guarnigione.” 

Durante il turno le capitava sempre di scrutare l’orizzonte, ricordandosi dei racconti del padre: quanto avrebbe voluto vedere anche lei quei luoghi, soprattutto il mare tanto declamato. 

Fatto sta che quel coraggio di voler uscire fuori le mura, lo stesso con cui aveva dichiarato ai suoi famigliari di volersi arruolare, non le aveva dato forza abbastanza da riuscire a guardare giù da quei muri miliari. Nemmeno sotto tortura ne sarebbe stata capace, ormai ne era convinta. 

Quello stesso tipo di audacia sarebbe servita per entrare nell’Armata di Ricognizione, combattere i giganti e cercare di proteggere i propri compagni durante le missioni. 

Non seppe mai per davvero quando i gruppi del Corpo di Ricerca tornavano o partivano in spedizione: a volte sentiva il suono della campana e non capiva se fosse per segnalare una determinata ora del giorno, della notte, oppure erano loro che uscivano e rientravano. 

Per una cosa e per un’altra passarono diversi giorni da quando il Capitano Erwin era partito insieme ai suoi soldati; Celine, a causa dei turni, non trovò il modo di restituirgli ciò che gli apparteneva. Proprio in quel periodo l’uomo biondo aveva altri pensieri per la testa. 

Infatti durante l’ultima missione fuori dalle mura, tra i soldati che non fecero ritorno alla base c’erano anche Furlan e Isabel. 

Questo fu un durissimo colpo per Levi, che si chiuse nel suo dolore. Erwin gli aveva concesso del tempo per cercare di riprendersi, e anche di provare ad accettare quella perdita. 

Passò così una lunga e pesante settimana per il soldato, con gli altri che sparlavano di lui raccontandone di ogni, lamentandosi della sua fastidiosa mania di pulire in continuazione, del fatto che guardava fuori dalla finestra tutto il giorno, senza proferire parola con nessuno e, dulcis in fundo, che non dormiva nel proprio letto come prima, ma su una sedia di legno. 

Molti lo ritenevano inquietante, specie se si svegliavano di notte per andare in bagno e incontravano la sua figura illuminata dalla luna per metà. 

Questi comportamenti strani non erano solo collegati alla perdita dei due amici: nessuno poteva conoscere la verità dato che non riuscivano nemmeno a scambiare una mezza parola con lui. 

E Levi non aveva proprio voglia di rivelarla a nessuno. 

  - Quello è tutto matto. - 

  - È vero. E poi nemmeno viene ad allenarsi, Erwin lo dovrebbe cacciare. -

  - Non penso lo farebbe mai, non hai letto l’ultimo rapporto della missione? Dicono che abbia ucciso da solo un gigante. -

  - Ecco, dicono, ma nessuno lo ha visto. Per me non ha fatto nulla, come non sta facendo nulla ora, e noi invece dobbiamo correre ed allenarci anche sotto la pioggia. -

  - Scusatemi, soldati. – il soldato Hanji Zoe, che era nel Corpo di Ricerca da un paio di anni rispetto a loro, s’intromise – Stavo ascoltando la vostra conversazione, state parlando del soldato che viene dal sottosuolo? - 

Gli uomini prima rimasero in silenzio e poi uno rispose: 

  - Sì, anche tu hai qualche lamentela? - 

  - No affatto, ma dato che sono giorni che non lo vedo, volevo sapere come sta. Voi siete i suoi compagni di stanza, no? - 

  - Sta uno schifo ed è strano. Ti consiglio di starci alla larga. -

  - Solo dopo essermi assicurata da lui in persona come si sente veramente. Ordine di Erwin Smith. - ovviamente non era vero, ma se si metteva in mezzo quel nome nessuno poteva dire di no – Mi potete indicare la vostra stanza? - 

Le venne indicato dove si trovava Levi, e poco dopo raggiunse il dormitorio. Da quella piccola chiacchierata avvenuta nelle rovine del castello erano passati solo diversi giorni, mentre invece alla ragazza occhialuta sembrava fosse passata una vita intera. 

Cercò di farsi coraggio e bussò alla porta chiamandolo: 

  - Levi... Levi, sei lì dentro? -

  “Possibilmente ancora vivo.” 

Quel giorno qualcuno era dalla sua parte. 

  - Chi è? -

  - Sono Zoe, Hanji Zoe, ti ricordi di me? - 

Dopo qualche attimo di silenzio sentì di nuovo la sua voce: 

  - Entra. -

Col cuore più sollevato entrò e vide per la prima volta la camerata maschile. 

Non sembrava essere nulla di eccezionale e diverso da quello in cui stava lei: finestre, letti a castello, cuscini e, proprio verso la fine della camera, c’era un tavolo con sopra una teiera. Su una delle tante sedie ci stava seduto il ragazzo. 

Anche solo vedendolo Hanji si rassicurò tanto da avvicinarsi: si fece vedere anche più calma, ed allo stesso tempo tranquilla e mite. 

Senza guardarla negli occhi le chiese, mentre sorseggiava il suo the: 

  - Mi devi dire qualcosa di importante, Quattr’occhi? -

Non disse nulla per il nomignolo, anche perché il suo nome glielo aveva detto fuori, almeno le aveva rivolto la parola. 

  - No, è che non ti vediamo da giorni, anche se io so il perché.  

Mi chiedevo anche se avessi fame. - ovviamente non era venuta a mani vuote – Noto che stai bevendo il the, non pensi che qualcosa di più sostanzioso ti aiuterebbe? -

Poggiò una borsa di tela sul tavolo e, prima di iniziare ad elencare ciò che aveva comprato lui parlò di nuovo dopo aver rivolto solo lo sguardo verso la borsa: 

  - Se avrò fame andrò a prendermi dello stufato più tardi...>> 

Hanji non sapeva da quanti giorni, gli stava brontolando lo stomaco, nonostante il suo gesto e la sua frase, pure lui sapeva che probabilmente non sarebbe mai successo che sarebbe sceso a mangiare lo stufato. Anche perché non voleva vedere nessuno. 

La ragazza continuò incurante della veridicità delle sue parole: 

<

I suoi occhi la scrutarono con una piccola scintilla di rabbia, solo al pensiero che avrebbe sporcato tutto con quella brodaglia che distribuivano alla mensa, e dopo che lui aveva pulito, per giunta. 

Continuò a sorseggiare la sua bevanda preferita per cercare di rilassarsi, era una donna e non gli aveva ancora fatto nulla... Per ora. 

Per non parlare di come e da quanto tempo stava trattenendo il dolore dovuto alla sua importante perdita e dei vari sintomi che esso portava, come i vari attacchi di mal di testa che gli venivano durante la giornata, che trovava incessanti e snervanti. 

  - Non sapevo cosa ti piacesse per davvero, così ti ho portato un po' di tutto. -

  - Ah... - per una delle poche volte della sua vita fu sorpreso per davvero - Ti... Ti ringrazio. Non dovevi disturbarti. - 

“Non per me.”

Pensò senza toccare nulla di quel che lei aveva portato, si sentiva in imbarazzo.
 

  - È il minimo... - 

A Zoe sembrò di andare con i piedi di piombo: in effetti non lo conosceva così bene per entrarci in confidenza, però non voleva lo stesso apparire fredda e insensibile, dato che era presente a quel massacro e allo scontro tra lui ed Erwin.  

Quindi come rassicurarlo? 

  - Senti... So che se siamo solo compagni d'armi, ma non significa che siamo estranei, per lo meno non da parte mia... So cosa significa perdere dei compagni, e non solo loro... Non voglio renderti ancora più triste, ma per qualsiasi cosa tu dovessi aver bisogno, io sono disponibile ad ascoltarti. -

Ecco che qualcosa in lui si mosse, anche se distolse lo sguardo verso la parete della camerata: 

   - Non mi va di parlarne, Quattr’occhi. L'unica cosa di cui sono sicuro è che ho fallito nella missione e nel... Proteggerli. - 

La ragazza sospirò, prese una sedia e si mise comoda pure lei: 

  - Lo so che non ne vuoi parlare, e ti chiedo scusa per come mi sono espressa, ma permettimi di dirti che non è nemmeno colpa tua. La nebbia ci ha sorpresi, eravamo tutti in grave pericolo e, forse, se fossi rimasto con loro, cosa credi che sarebbe successo? - 

Cercò di farlo ragionare, era sempre un nuovo componente della squadra. 

  - Sarei morto anch’io. Ma sai una cosa? Meglio morto che fallito... - 

Quella frase la fece restare di sasso, anche se si riprese subito:  

  - Ehi... Non è per questo che sei un soldato. Far parte del Corpo di Ricerca non vuol dire solo uscire dalle mura per andare a morire. Erwin ci parla sempre in quel modo, che hai sentito anche tu, solo per infonderci coraggio. Poi sta a noi combattere e cercare di non farci ammazzare dai giganti. Quando torniamo con meno soldati non pensare che al comandante vada bene. Soffre come tutti noi, come stai soffrendo tu ora. - 

Sentire quel nome lo fece innervosire ancora di più: 

  - Non mi importa niente di Erwin, e nemmeno di quello che pensa. - 

Si alzò dalla sedia per andarsi a sedere sul letto, dove sopra ci dormiva Furlan, e si coprì il viso con le mani infilando poi le dita fra i capelli. La sola vista fece capire alla donna quanto quel ragazzo fosse distrutto, almeno non aveva fatto nulla di avventato, per ora. 

 - Levi, è sempre una persona che ti ha tirato fuori da quel postaccio. - 

Azzardò a rivelare che anche lei sapeva qualcosa di più su di lui, e per fortuna che al ragazzo non importava nulla di quello che pensavano o no di lui, bastava solo che non gli rompessero le scatole.
 

  - Non lo trovi strano? Lui era l'uomo giusto al momento giusto... ma non per quel che pensi tu. - al ragazzo iniziò anche a tremargli la voce e sperò che lei non se ne accorgesse - Non dovevo... Non dovevo accettare di entrare a far parte di questo esercito... il mio scopo era solo quello di uscire dai sotterranei. -

  - Cosa doveva pensare? - lo interruppe - Ha solo scoperto della tua esistenza solo perché dei gendarmi si sono fatti fregare il dispositivo, e hai imparato da solo ad usarlo. 

Volevi uscire da quel posto? Eh, grazie ad Erwin sei fuori, finalmente e guarda... - si alzò dalla sedia, anche per non dargli l’impressione che lo stesse sempre ad osservarlo, e andò alla finestra -È una bellissima giornata, perché non esci un po' e prendi un po' di aria fresca? -

Levi la interruppe a sua volta: 

  - Anche un bambino ce la farebbe, Quattr'occhi.- 

Si tolse le dita dai capelli e appoggiò le braccia sulle ginocchia, ma non si voltò a vedere oltre la finestra. Quel sole gli dava fastidio, esattamente come quando era riuscito ad uscire dalla città sotterranea per trovare fuori un ambiente diverso.  

Alla frase Zoe ridacchiò, ma non per prenderlo in giro: 

  - Scommetto quel che vuoi che tu hai capito fin da subito il funzionamento. Non sai quante volte io sono caduta, oppure ho sbattuto la testa contro le sagome dei giganti. Ti abbiamo visto anche in allenamento. Sei agile, sei veloce, sei la forza che serve a tutti noi. Potresti diventare una speranza per chi non sa cosa c'è fuori di qui. - 

Aveva già sentito delle lusinghe che si erano rivelate tutte false come quelle persone con cui aveva a che fare nella città sotterranea, mentre le sue parole sembravano diverse anche dal tono di voce: 

  - Tch... A quanto pare, questi quassù sono davvero disperati, se dici che potrei essere la loro speranza... -

  - Oh, oh, oh, non sai quanto lo sono. -

  - Sicuramente, questa grande speranza non sono di certo io, e non voglio nemmeno esserlo.  

Se prima dovevo uccidere Erwin, adesso so che non è lui che devo finire. -

Hanji sospirò di nuovo e cambiò posizione andando a sedersi nel letto di fronte a lui, anche se non era suo: 

  - Anche se io sono qui da poco, ho capito già che da sola che non ce la faremo mai. Ma vedendo te... Tutti noi abbiamo capito che per come combatti e sai usare il dispositivo, hai già dato una grande prova di te. E sei piaciuto. -

Stavolta Levi riuscì a spostare lo sguardo dal muro e, piano, trovò il coraggio di guardarla in faccia, e da quel che vide, Zoe confermò il suo primo pensiero appena entrata: 

 "Quanto è distrutto..." 

Lui sospirò e parlò di nuovo: 

  - Spero di essere più utile nei prossimi giorni... ma ora, vorrei solo essere rispettato... -

  - Nel tuo dolore, intendi? - 

  - Esattamente... non mi sono ancora ripreso e non so quanto durerà questo calvario... -

Anche lei prima di arruolarsi aveva degli occhiali normali che, per esigenze dell’esercito, ha dovuto cambiare, anche se l’era rimasta quella sensazione di aggiustarli su naso, cosa che fece in quel momento: 

  - Lo so Levi, so tutto, e so che forse ho fatto anche male a importunarti ma, saperti qua da solo, magari affamato, mi dispiaceva troppo. Inoltre Erwin ti sta dando tutto il tempo che ti serve per elaborate la tua perdita ed io sono qui anche per dirti un'altra cosa: non sei solo. -

  - Sei stata cortese, Quattrocchi ma... Ho davvero bisogno di fare piccoli passi, da solo. - 

  - È tutto normale. Se vuoi, puoi anche fare piccoli passi verso di noi. Siamo soldati sulla stessa barca. - 

Levi l’ascoltò con attenzione e restò un po’ in silenzio prima di parlare di nuovo. 

Anche se le sue parole erano sincere, lui veniva da un’altra realtà più cruda e spesso non c’era il tempo necessario per elaborare una perdita importante come la sua.  

Sentì, anzi intuì, le sue parole sincere e vere, come qualcosa di raro. 

  - Non garantisco nulla, per il momento. Ma spero di farcela. - 

Stavolta fu lei a sospirare e cambiò posizione da seduta, mise le braccia sulle gambe e si chinò con la schiena: 

  - Ti ripeto, anche noi abbiamo perso molte persone importanti, sia nell'esercito che fuori, ma in questo posto abbiamo imparato ad esserci l'uno per l'altro. 

Anche se sei un soldato, in realtà sei un giovane ragazzo con le proprie fragilità, limiti... E se non provi a distrarti ti perderai. - 

Annuì di nuovo ascoltandola. 

Là sotto era una continua guerra. Non che in superficie fosse diverso.  

  - E come ci si distrae, ad esempio, in una caserma? - lei ridacchiò un attimo e fece un’espressione pensierosa, anche se rispose subito: 

  - Se vuoi ci sono i cavalli con cui puoi anche cavalcare nei giorni liberi. Per quanto riguarda noi, prova a socializzare. Siamo soldati sì, ma siamo prima di tutto persone e compagni. Possiamo diventare amici. -

  "Amici.” 

Sentire di nuovo quella parola fece uno strano effetto al ragazzo, come se avesse ricevuto una coltellata in pieno petto che gli bruciava ancora, eccome se bruciava. 

  - È meglio che io non abbia amici, vista la fine che fanno... ma posso provare a conoscervi... -

  - Quando te la sentirai, possiamo ascoltare anche la tua storia ed i tuoi sfoghi. Pure io ho perso... una persona importante appena entrata qui, ma per un'altra causa... -

  - Chi era? Se posso chiedere... - 

  - Era una mia amica, vicina di casa, con cui sono cresciuta ed insieme ci siamo arruolate, si è ammalata e... È morta.
La cosa che mi pesa di più nel cuore è che le sono stata vicina, ma è stata lontana dalla famiglia, dai suoi cari... e pure io mi sento in colpa perché ho insistito io nell’arruolarci qui. -
 

Notando il suo tono di voce e la sua storia, capì allora che sia loro che quelli del sottosuolo non erano così tanto diversi, soprattutto quando moriva qualcuno di importante. 

  - Mi dispiace... - e gli dispiaceva davvero - Questa cosa la sento anche io. -

  - Lo so. Per questo sono venuta. E grazie che mi hai fatto entrare in camera. Io non l'ho fatto all'epoca. Andavo a dormire nelle stalle pur di non parlare con qualcuno. Non ho trovato nemmeno il coraggio di andare dai suoi genitori, e nemmeno ora ci riesco... Certe volte è ancora difficile, mentre altre solo troppo difficile e me ne vergogno di averlo fatto. -

  “Per fortuna che sia Furlan che Isabel erano entrambi orfani, se avessi dovuto affrontare pure io i loro genitori chissà cosa sarebbe successo.” 

Pensò il ragazzo corvino senza dirlo a voce alta. 

  - Ma lei è qui, ora. -

Il ragazzo vide la mano di Hanji spostarsi dalla gamba fino al petto, proprio sul punto del cuore, come quando si fa il giuramento. 

Solo parlando un po’ con lei, Levi si sentì diverso, capito e compreso, anche se la tristezza che sentiva in lui non era ancora andata via. 

Ad un certo punto Hanji si alzò dal letto a castello, stando anche attenta a non sbattere la testa contro quello di sopra e salutò il giovane: 

  - Meno male che sei una persona che sa ascoltare. Quando hai voglia mangia. Tutto quel cibo è solo per te. - 

  - Va bene... Grazie. -

L'ultima parola la disse in un flebile sussurro, quasi come se si vergognasse di averla pronunciata. 

Quante ne aveva passate nella città sotterranea per avere paura di aprirsi con chicchessia. 

Dall'altra parte, Zoe forse l’aveva sentito ma, per evitare di metterlo a disagio fece finta di nulla, anche perché non aveva ancora finito: 

  - Lo vuoi un consiglio? - voltò la testa verso di lui - Allarga le tue conoscenze, senza però giudicare la scelta che hanno fatto gli altri. Alcuni di noi potrebbero non tornare a casa quando usciamo dalle mura. Prova a conoscere persone che sopravvivono. -

  “A questo non ci avevo pensato.” 

La ragazza aveva ragione, Levi sospirò e sperò che potesse stare meglio e conoscere altre persone, come diceva lei, che restavano in vita senza vedere i giganti. 

Eppure solo una persona aveva conosciuto che faceva parte di un altro esercito... Anche lei aveva gli occhiali come Zoe, tuttavia aveva ancora paura, più di quando da bambino era rimasto da solo. 

  - Io vado a vedere il giuramento dei nuovi cadetti. Ci vediamo. Stammi bene. -

Ma quando mise la mano sul pomello: 

  - Aspetta... - Zoe si bloccò e si voltò verso la fonte della sua voce –Ti raggiungo fra due minuti. - 

 “Questo di certo non me l’aspettavo” 

Pensò fra sé e sé la ragazza; era contentissima di questo cambiamento e per evitare, per il momento, di metterlo troppo a disagio, si contenne ad esprimere felicità.
 

Si limitò a sorridere: 

 - Va bene. Ti aspetto qui fuori.- 

Con coraggio si alzò dal letto, sistemò le cose portate da Hanji, nascondendole pure, dato che erano le sue, e prese la giacca color kaki per indossarla.  

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


I momenti in cui Celine amava stare sulle mura erano durante il turno di notte.  

Ovviamente capitò anche a lei di farli nei giorni e nei mesi seguenti, almeno poté godere della bellezza del cielo notturno. 

  “Che meraviglia...” 

Una cosa positiva c’era in tutta questa situazione, le sembrava di essere più vicina al cielo. 

  “Se allungassi la mano magari riuscirei a prenderne una.” 

Era solo una fantasia per cui l’avrebbero derisa se l’avesse espressa ad alta voce e magari, se ci fosse riuscita davvero, l’avrebbero presa in giro di più o imitata. 

Ancora non ebbe l’occasione, né il coraggio, di affacciarsi e scoprire cosa avrebbe potuto vedere da un’altezza di cinquanta metri, nemmeno dopo quella settimana iniziale e nei giorni a venire. 

Col passare del tempo si abituò a questo strano modo di vivere, e riuscì anche a conoscere molti altri soldati, sia maschi che femmine, suoi coetanei o più grandi d’età. 

Conobbe anche la Caposquadra Rico Brzenska, scoprendo poi che fu lei a metterla sulle mura per ordine di Pixis, così lei obbedì senza reclami. 

Inoltre c’era da contare che non tutti i giorni era possibile avere il sole sulla città: infatti nei momenti di maltempo le ore venivano ridotte così nessuno di loro rischiava di morire di freddo o di ammalarsi. 

Il cappuccio del mantello a volte non serviva a proteggerli se, oltre alla pioggia, si aggiungevano i venti burrascosi che colpivano in pieno viso. 

Poi c’erano anche quelle rare volte in cui venivano impedite le soste sulle mura, e questo accadeva solo nei giorni di neve o bufera. 

La prima volta in cui capitò il turno con la caposquadra si ritrovò alquanto confusa a vedere che alcune delle sue compagne di stanza dormivano ancora e nessuno era in mensa per fare colazione come stava facendo lei. Una volta uscita nel cortile si ritrovò il paesaggio bianco e la neve che scendeva dal cielo. 

Ne rimase strabiliata: 

  - Che meraviglia... - 

  - Già, vero? - 

Non era pronta a sentire la voce dell’Ufficiale Pixis di prima mattina, questa la riportò coi piedi per terra e cercò di salutarlo con riguardo: 

  - Buongiorno, ufficiale. - 

Lui annuì piano e con rispetto verso di lei: 

  - Buongiorno anche a lei, soldato. -

Sperò che si ricordava come si chiamasse, anche se il nome soldato era fonte di orgoglio per lei. 

  - Vado a fare il mio turno alle mura. - 

  - Soldato De Clairk .– Celine si bloccò prima di uscire – Non sai che non si va sulle mura se c’è la neve? -  

Lo disse in tono calmo e tranquillo, non c’era traccia di sgridate o parole cattive, lei si voltò di nuovo verso di lui. 

  - Mi scusi? - 

  - Se il tempo è in queste condizioni, sarebbe meglio non salire sulle mura, conviene rimanere a terra. Gli unici addetti che possono salire saranno quelli che libereranno la neve in cima. 

Rischiate di scivolare se si forma il ghiaccio, e se cadessi sia fuori che dentro, sarebbe pericoloso lo stesso.
Se non vuoi stare ferma, sei autorizzata a controllare se in paese va tutto bene, molti tuoi colleghi sono sparsi nella parte nord della città.
Puoi andare dove desideri e dove c’è bisogno di aiuto. -
 

Non credeva alle proprie orecchie, finalmente poteva aiutare le persone come voleva lei, e forse poteva avere anche una scusa per controllare se il Capitano Erwin era nella sua sede, così da potergli restituire il fazzoletto, anzi, forse poteva avere una scusa per tornare un giorno a casa sua e rivedere i suoi. 

  - Signore, è anche da tempo che non vedo la mia famiglia. Posso recarmi da loro appena ho finito di.... - 

Pixis la interruppe: 

  - Ma certo, se vuoi puoi far partire da lì il tuo servizio. - 

  - La ringrazio tanto. - 

  - De Clairk... - la ragazza si fermò di nuovo - Indossa il cappotto pesante. - 
 

  - Certo. - 

E andò a mettersi qualcosa di più adeguato a quel clima freddo. 

Questa era davvero la prima volta che la ragazza tornava a casa a rincontrare la sua famiglia, e sperò di incontrare la piccola nipotina. 

Anche se il pensiero fisso da tempo era quel fazzoletto. 

Non ne poteva davvero più di tenerlo. 

Non era nemmeno suo, era giusto che tornasse dal legittimo proprietario, e mentre lei si recava in paese con questa premessa, vide il legittimo proprietario accompagnato da Levi che indossava un abito formale.
Era il suo giorno di riposo, dopo l’ennesima esplorazione fuori dalle mura dalla quale erano riusciti a tornare quasi tutti, per una volta. 
 

Era stata giusto una missione di controllo, e avevano trovato giganti di classe piccola. 

  “Magari andasse sempre così” 

Pensava il giovane soldato dai capelli scuri, stesso pensiero aveva il capitano che lo seguiva. Anche loro stavano uscendo nel cortile per poi scoprirlo tutto pieno di neve. 

Levi ne fu sorpreso e si bloccò sul posto ammirando sia la neve a terra e sia quella che stava cadendo dal cielo, ne rimase ammaliato per la bellezza, un cambiamento di cui si accorse anche Erwin che si voltò verso di lui. 

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  - Bella no? La conosci la neve? - 

  - Certo... - 

Si riprese subito tornando ad essere serio, anche se non era più un criminale era diventata un soldato a tutti gli effetti, non si doveva mostrare molte emozioni, o ameno lui era così . 

  - Siamo più fortunati del solito adesso. Siamo riusciti a tornare a casa senza perdere troppi soldati e ora che siamo a riposo c’è la neve. Di solito non si esce con questo tempo. - 

  - Ma i giganti come si comportano con la neve? - 

Erwin sospirò e fece uscire una nuvoletta di vapore dalla bocca, e anche dal naso. 

Faceva veramente tanto freddo. 

  - Non lo sappiamo, ma sappiamo come si comportano i cavalli. Non possono correre se la neve impedisce loro i movimenti più liberi. Sarà meglio aspettare e sperare che, in qualche modo, stiano fermi come durante la notte. - 

Mentre avanzavano Levi poté sentire lo strano suono che emetteva la neve se calpestata ad ogni passo, e come lasciava le orme dietro di sé. 

  - Devi valutare bene, in futuro. Bisogna mantenere tutto l’esercito sempre attento e constatare sempre che siano pronti a combattere questi nemici che abbiamo fuori dalle mura.
Ma se ci si mette pure il tempo è un problema grande, e tu questo lo sai, no? -
 

Levi si bloccò sul posto, anche se sotto la neve, e dopo pochi passi, anche il capitano lo capì, rivolgendogli il suo sguardo confuso. 

Prima che potesse chiedergli qualcosa, fu il soldato a parlare: 

  - Erwin, perché mi dici queste cose? Non sono al tuo livello. - 

Anche se lo disse con tono duro e distanziato, in quel periodo l'uomo aveva imparato a conoscerlo e sapeva che cosa intendesse dire veramente, ovvero che lui era un semplice soldato come gli altri, e quindi che serviva spiegargli queste cose importanti, di come bisognava comportarsi con i cadetti dell’esercito, soprattutto come valutare anche quando, e se, dovessero partire in missione? 

Erwin lo guardò dritto negli occhi:  

  - Levi, ho una proposta da farti. Mi hanno offerto il posto da comandante, dato che il precedente è tornato ferito, e non può più guidare l'esercito.
Il mio posto da capitano è libero, e vorrei che lo prendessi tu. -
 

Le sue parole erano sincere e il giovane soldato rimase senza parole, anzi sorpreso. 

Lui capitano?  

Un ex criminale, che riesce a diventare prima un soldato e poi un capitano dell’esercito della Legione Esplorativa?>> 

  - Questa neve ti ha dato alla testa? Come posso prendere il tuo posto? Perché proprio io? - 

  - Calma, non ti agitare. Vorrei che diventassi capitano più di qualsiasi altro soldato che è presente qui.
Sei forte, sei veloce, sei un vero leader. E molti già ti rispettano come proprio pari, e anche di più. Hai la stoffa per farlo... Ti consiglio di pensarci su.
Ma non metterci troppo tempo, è solo una calma momentanea questa. -

Mentre i due uomini parlavano, qualche soldato più giovane, nuovo nell’esercito, era uscito dalle proprie camerate ed era entusiasta del paesaggio e iniziò a divertirsi. 

Tra di loro sbucò una ragazza dai capelli rossi che era entusiasta anche lei di questo fenomeno atmosferico e, appena vide il soldato Levi, si avvicinò con della neve tra le mani. 

  - Levi... Levi... - il diretto interessato si voltò a guardarla sentendosi chiamato – Guarda, la neve! Che bella! -

Il soldato la osservava col suo solito sguardo: entusiasmarsi così tanto per un po’ d’acqua ghiacciata gli sembrava troppo esagerato. 

Anche per lui era una cosa nuova, e poi sapeva cos’era grazie ai racconti della madre. 

  - Non è stupenda? Io vengo da un paese tra le montagne, e lì è pieno di neve per molto tempo... Che bello che scende anche qui a valle! - 

  - EHI, PETRA! - 

Sentendosi chiamare la ragazza si voltò verso la fonte della voce e ricevette in due secondi una palla di neve in faccia, mentre Hanji rideva a crepapelle. 

  - Centrata in pieno! Ho vinto, Nanaba." -

  - Ok, lo ammetto, sei brava a prendere anche punti piccoli.-

Le due donne stavano scherzando sulla sua capacità di beccare i bersagli piccoli, e una dimostrazione era capitata proprio in quel momento con una soldatessa di categoria bassa che, una volta ripresa, non pensava altro che alla vendetta. 

  - Sei morta, Hanji! -

Le corse incontro e provò a lanciarle il pezzo di neve che aveva tra le mani e scivolò a terra, cadendo sulla schiena davanti agli altri che iniziarono a ridere come matti, poi fu la stessa Zoe ad aiutarla a tirarsi su. 

Erwin fu divertito dalla scena ma senza ridere a crepapelle, aveva ben altro per la testa e infatti ritornò a guardare il compagno d’armi. 

  - Ovviamente ho messo una buona parola verso di te, e da quando sei nella mia squadra, abbiamo sempre lavorato bene. Sarai un ottimo superiore non solo per loro, ma anche per i nuovi cadetti che verranno. Avranno più fiducia in loro stessi se ad istruirli ci sarai tu. Ti do una settimana di tempo. - 

E si allontanò. 

Levi rimase lì fermo sotto la neve che continuava a scendere mentre pensava alle parole di Erwin. 

Ma chi lo avrebbe detto che sarebbe arrivato così in alto?  

Lui, che era nato posto più basso del mondo. 

Mentre la neve scendeva in modo costante, fece uscire una mano dalla tasca e la tese davanti a sé facendoci cadere dei fiocchi freddi sul proprio palmo, notando che come si poggiavano sulla palle si scioglievano. 

Mentre guardò verso l’alto il suo pensiero andò a madre. 

  “Chissà se saresti orgogliosa?” 

Pensò ad un ricordo prezioso di quando la madre cerca di farlo addormentare con delle storie e delle frasi. 

Una la portava ancora nel cuore, faceva riferimento alla neve, ovvero che quando nacque, aveva visto la neve scendere da alcuni buchi che si trovavano in vari punti del tetto che ricopriva la città sotterranea, era uno spettacolo stupendo e, grazie a questo, lei aveva inventato una canzoncina per lui. 

“Neve, viene giù dal ciel,  

lento, un caldo che consola il cuor 

E mi dice, spera anche tu.”  

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Fu così che passarono gli anni.  

Celine cresceva e diventava un soldato sempre più attento alle esigenze delle altre persone e anche dei compagni suoi. 

Ogni volta che poteva aiutava tutti loro dando, di nascosto, alcune cose del proprio rancio, oppure si rendeva simpatica con altri gesti di altruismo. 

Non moriva mai di fame lo stesso: si saziava col the di casa propria, dato che i genitori le mandavano una scorta almeno una volta ogni tre settimane. 

Dopo vari periodi di lavoro no stop riuscì ad avere i famosissimi giorni di riposo anche se, ovviamente, non se ne stava mai con le mani in mano. Cercava sempre qualcosa da fare anche in quel periodo lavando meglio i propri vestiti, riposandosi quando proprio era stanca e facendo anche varie passeggiare nel paese di Trost. 

Di certo non si era di certo dimenticata del fazzoletto. 

Quell'oggetto la stava facendo impazzire. 

Il problema era che molte volte gli capitò di veder partire i soldati del Corpo di Ricerca, ma mai tornare, poiché finiva il turno prima. Passava anche per le stalle del loro quartier generale, per poter capire se i destrieri fossero presenti. 

La maggior parte delle volte c’erano molti più cavalli del solito ma non sapeva se fossero aumentate le reclute oppure quelli erano solo equini acquistati da poco, magari usati come scorta per i carri durante le spedizioni fuori dalle mura. 

Ricordò che anche durante l'addestramento dovette imparare ad andare su di essi, ma una volta scelta la legione non le capitò più. D'altronde non potevano uscire dalle mura quelli della Guarnigione, anche se l'addestramento era uguale per tutti. 

Amava quegli animali. 

  “Quando mi manca quella sensazione.” 

Ne accarezzò uno che era un bello stallone nero. 

L'equino non protestò anzi, si fece coccolare restando calmo, sentendo lei rilassata e per niente paurosa. 

  - Come sei bello... -

Il cavallo nitrì piano, come per rispondere a quel complimento. Casualmente lei aveva una mela rossa, doveva essere il suo pranzo, ma gliela cedette volentieri. 

  - Tutta per te. Spero ti piaccia. -  

Lo salutò e tornò nella sua stanza per scrivere una lettera ai genitori che vivevano poco lontani dal quartier generale della Guarnigione, e almeno stavolta avrebbe raccontato la verità. 

Una volta all’anno anche lei capitava di vedere il giuramento di nuovi e diversi cadetti che diventavano soldati, proprio com’era successo a lei. 

Si chiedeva spesso se fosse stata una loro scelta e se non avessero alternative, tra chi restava per la Legione Esplorativa e chi invece entrava nella Guarnigione, tutti sembravano avere la stessa espressione spaventata oppure ansiosa, e sperò che anche in loro ci fosse voglia di cambiamento, di una nuova speranza proprio come l’aveva lei. 

Una volta le capitò di aiutare un suo compagno a sistemare le scorte di cibo nella dispensa della propria sede. 

Il lavoro era abbastanza semplice ma lo svolse con meticolosità finché non sentì uno strano rumore provenire poco distante da lei. 

Si voltò e nei vari corridoi in cui si trovava la dispensa sembravano non esserci movimenti o rumori, eppure sentiva di essere osservata da qualcuno. 

Anche quando le capitava di andare in giro per il paese le capitava di guardarsi le spalle: era un piccolo istinto innato che aveva da sempre, e anche uno degli avvertimenti che le avevano dato sia suo padre, indipendentemente dal fatto che volesse arruolarsi o meno, sia suo fratello Tyron. 

In quel posto solo un soldato poteva essere; ma a che pro nascondersi mentre si stava facendo rifornimento provviste? 

  - De Clairk, mi stai ascoltando? -

  - Eh? - 

Si era distratta, quindi volse di nuovo lo sguardo al soldato che stava aiutando, che era di grado superiore al suo. 

  - Mi dici quante scatole ancora abbiamo da sistemare? - 

Celine si guardò intorno e notò solo un paio di altre scatole. 

  - Due o tre mi sembra. -

  - Oh, cavolo! Non finiremo più oggi... - 

  "Eppure non mi sembra che stiamo facendo chissà cosa.”

Pensò Celine, senza replicare: in realtà sapeva dove avrebbe voluto essere il suo compagno d’esercito. 
 

Dato che voleva uscire di lì quanto lui, a causa di quella sensazione d’oppressione e di disagio che stava avvertendo, le venne una piccola idea alquanto stupida: 

  -Se vuoi finisco io qui. - 

Il soldato la guardò strabiliato. All'inizio pensò che avesse intuito qualcosa, Lobov si era espressamente raccomandato di non lasciarla da sola, soprattutto se c’erano di mezzo i viveri. 

Forse quella presenza che la opprimeva era proprio lui che l’osservava e controllava. Una parte di sé sperava proprio di no. 

Nonostante tutto il suo aiutante sembrò rilassarsi: 

  - Oh, che bella notizia che mi hai dato. Ti fosse venuta in mente prima. -

  - Pensavo che il sergente si fosse assicurato di non lasciarmi da sola. -

Una volta che il soldato uscì dalla dispensa: 

  - Per le ultime scatole che vuoi che succeda? Poi il mio turno è finito mezz’ora fa. Ora è tutto nelle tue mani. - le diede le chiavi e subito dopo si voltò, iniziando ad incamminarsi verso la parte opposta in cui lei aveva sentito quella presenza ignota – Fai la brava e il sergente non verrà a sapere nulla. - 

  - Che idiota... - 

Sussurrò lei, anche se era già lontano perché l’insulto fosse udito dal suo orecchio. 

Inizialmente decise di continuare a sistemare da sola, almeno il lavoro lo avrebbe finito, e almeno poteva anche dire a quella presenza di non avere paura, di rivelarsi, ma non successe nulla. 

Allora passò al piano B. Una volta terminato il lavoro chiuse la porta della dispensa ma non a chiave. La teneva stretta nella mano che era in tasca, avviandosi sulla stessa strada che aveva fatto il suo collega. 

Al primo incrocio a tre scelse di andare a sinistra e sul posto fece altri passi, poi si fermò, accucciandosi vicino a dov’era arrivata: estrasse dalla tasca opposta dei pantaloni il suo coltellino a serramanico, insieme ad uno specchietto. Si rivelò molto utile per guardare ciò che c’era alle spalle e meno male funzionò. 

La sua sensazione era giusta. 

C'era qualcuno che la stava osservando ed essa si fermò davanti alla porta della dispensa. 

C’era una ragazza alta, magra, con i capelli raccolti in una coda e sul simbolo della giacca c’era il simbolo delle ali della libertà. 

  - Ma cosa?! - 

Si stupì in silenzio altrimenti rischiava di farsi sentire anche da lontano. 

All'inizio pensò fosse uno scherzo: una ragazza della Legione Esplorativa era lì e stava controllando anche lei intorno per evitare che veni
sse scoperta.
 

Sentendosi al sicuro aprì la porta della dispensa e ne rimase come immobilizzata dalla presenza di tutto quel cibo. Solo osservandola Celine confermò che non era della sua squadra, e intuì anche che fosse venuta lì già altre volte. 

Di certo non poteva tornare indietro a chiederle come avesse fatto a scoprire la dispensa, poi la vide entrare. Stette per un po’ di tempo lì dentro, uscendone con qualcosa che nascondeva sotto la giacca. Attenta controllò che non arrivasse nessuno e si defilò.  

Peccato che Celine non capì bene cosa avesse preso anche se doveva essere abbastanza grosso. 

Quando la ragazza se ne andò aspettò qualche minuto, si alzò e ritornò anche lei nella dispensa. 

  “Mi sembra tutto in ordine.” 

Pensò ad una prima occhiata, in primo piano c’erano solo verdure, avanzò più internamente dove c’era il riso, le farine ed i formaggi e poi andò nel reparto delle carni e scoprì che mancava un pezzo. 

  - Ah, ecco che ha preso. - 

Tra le fila ne mancava uno e l’assenza si notava, quindi prese il blocco dei fogli con gli ordini, controllò e contò di nuovo tutti i pezzi delle carni lì presenti, modificò il numero, chiuse a chiave la dispensa e uscì. 

Una volta uscita fuori dai sotterranei si recò presso il quarto piano per portare l’ordine al sergente, poi se la sarebbe vista lui. Passò davanti alle finestre, in lontananza si vedeva anche il muro dove spesso la ragazza saliva per fare il suo turno e poi successe. 

Sentì come una specie di botto lontano, si voltò verso la finestra, forse avevano sparato coi cannoni di solito lo faceva ed aveva anche assistito qualche volta.  

Purtroppo quel giorno non era pronta a vedere ciò che i suoi occhi stavano guardando in quel momento, e che mai più si sarebbe dimenticata. 

Vide una cosa che non doveva essere lì, anzi, un essere con un’enorme testa di quello che doveva essere un uomo, senza i capelli né la pelle, dato che si vedevano i muscoli ed i legamenti. 

Anche se era molto distante le bastò vederlo per capire che cosa fosse. 

Si bloccò sul posto impietrita. 

  “Oddio... È davvero...” 

Pochi secondi dopo, che sembravano essere passate come ore, com’era arrivata, quella testa di gigante sparì; pensò di essersi immaginata tutto e poi sentì sia le urla delle persone che una sorta di allarme. 

Anche se di giganti non ne aveva mai visti, molte volte durante l’addestramento l’era capitato di fare delle prove di esercitazione con i fantocci. Solo che questa volta era tutto vero, soprattutto quando li vide entrare. 

Le cadde il blocco dalle mani ed iniziò a correre e a gridare nel palazzo: 

  - GIGANTI! I GIGANTI! ARRIVANO I GIGANTI - 

Per fortuna fu udita da molte persone che, uscendo dalle diverse stanze, andarono a prepararsi e a mettersi addosso tutto il necessario, comprese prendere armi come spade, lame in più ed il dispositivo tridimensionale. Lei continuò a correre fino a che non sentì una voce che la chiamò: 

  - De Clairk! - 

La ragazza si voltò verso la fonte della voce e riconobbe la persona: 

  - Caposquadra Rico... Sono qui! Loro sono qui! -

  - Lo so. Datti da fare, renditi utile, più uomini ci sono meglio è. Hai mai ucciso un gigante? - 

  “Uccidere un gigante... Vero...” 

Ora che questa si rivelò una vera opportunità per farsi valere nell’esercito, realizzò che sarebbe stata la sua prima volta e avrebbe avuto a che fare non solo con uno, ma di sicuro con tanti altri... 

I mangiatori di uomini... 

Lei non si era arruolata per quello... a malapena era riuscita a colpire quelli finti e ora doveva avere a che fare con quelli veri. Era terrorizzata dalla paura, era ferma e bloccata davanti alla caposquadra che tentava di risvegliarla: 

  - Soldato, riprenditi! - 

Celine tremò, non era pronta per niente. 

  - Io... Non ce la faccio. -

Rico le mise le mani sulle spalle e la riprese: 

  - Lo so che non tocca a noi affrontarli, lo so che hai paura, ma cerca di ricordarti che sei un soldato.
Dobbiamo difendere gli abitanti anche in pericoli come questi. Cerca di ricordarti gli allenamenti, vai a prepararti ed esci fuori a combattere, oppure fatti da parte. -
 

E se ne andò, lasciandola sola nel corridoio. 

  "Ha ragione, non tocca a noi affrontarli, ma dobbiamo proteggere i cittadini, la città... Ma se non dovessi tornare?” 

Questa nuova paura, che le nacque nel cuore, le ottenebrò così tanto la mente che non riuscì a muoversi. 

Iniziò a sentire le urla disperate delle persone e i passi dei giganti che facevano il loro ingresso a Trost. 

  “Sono entrati... Sono qui.” 

La cosa migliore che riuscì a pensare fu quella di nascondersi in una stanza, e là rimase, cercando di aspettare la fine di tutto, che sembrava non arrivare mai. 

E, anche se da sola, iniziò a colpevolizzarsi e anche ad avere brutti pensieri contrastanti. 

  “Che cosa sto facendo qua?! Devo combattere!”  

  "No... Non ce la faccio... Morirò...  

  "Che mi succederà...”  

  “Debole... Sei una persona debole...”  

  “No... Non è vero...” 

Pianse nel buio cercando di non farsi sentire, anche se fuori c’era talmente tanto rumore che nessuno avrebbe fatto caso a lei. 

Nella disperazione totale pensò ai suoi genitori. 

Come avrebbe fatto a difenderli se non sapeva nemmeno uccidere un gigante? 

Sarebbero arrivati fino a lì? 

Qualcuno li avrebbe salvati prima? 

A lei l’avrebbero trovata in quella stanza? 

  “Aiuto... Aiuto...” 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Dopo molte ore di terrore tutto si placò, Celine però aveva ancora una paura folle, soprattutto a guardare fuori da quella finestra chiusa davanti a lei.  

Per tutto quel tempo era rimasta immobile, e lo era tutt’ora con l’assoluto silenzio. 

Li aveva sentiti arrivare, passare vicino al suo nascondiglio, davanti a quella stanza, e poi avanzare. 

Il terrore le si leggeva in faccia, tremava come una foglia per il forte panico provocato da loro, si sentiva come dentro ad un incubo solo che non stava dormendo, era vigilissima e attenta ad ogni singolo rumore. 

Infatti poi sentì la voce di qualcuno nel corridoio: 

  - TUTTI I SOLDATI CHE SONO QUI PRESENTI ESCANO!!! L’ALLARME È RIENTRATO!!! 

I GIGANTI SONO STATI SCONFITTI!!! - 

  “I giganti sono stati sconfitti?” 

Dopo che le tornò un po' di calma e lucidità, si alzò e senza essere vista, anche se nei corridoi non c’era nessuno, uscì dal nascondiglio di fortuna. 

Cercando la fonte della voce arrivò ai piani inferiori, vide nel cortile un gruppo di soldati con lo stesso stemma suo sulla giacca e li raggiunse. 

  - Ehi, sono qui. -

  - Tu chi sei? -

Riconobbe la voce dell’uomo, era quello che aveva a chiamato a raccolta tutti quanti. 

In un attimo di ansia, la ragazza pensò che questa persona stesse cercando chi era scappato dall’attacco che aveva subito Trost, e pensava che sia lei che altri soldati che non avevano aiutato durante l'attacco, sarebbero stati puniti. 

Iniziò a tremare come una foglia, soprattutto le mani. 

  - Ehm... - 

  - Non importa. - lei rimase di sasso – Ci serve tutto l’aiuto possibile. I giganti hanno distrutto la città e molti soldati, anche chi apparteneva alla Legione Esplorativa, sono stati mangiati. 

Ci servono aiuti nei punti allestiti per i feriti, e anche per   recuperare i morti in strada. 

Non mi importa cosa volete fare, sparpagliatevi e aiutate il più possibile. -  

La notizia per Celine e anche per quelli che erano con lei, uscire dalla loro base e vedere la loro città mezza distrutta e sporca, fu davvero devastante. 

Tra soccorrere i feriti e recuperare i morti Celine scelse la prima, anche se sapeva che non sarebbe stato per niente facile. 

Tutte quelle persone sdraiate a terra urlavano per il dolore, piangevano disperati, inoltre c'era anche chi, purtroppo, aveva perso degli arti o pezzi di corpo, la cosa peggiore era che erano ancora vivi. 

Si diede da fare più che poteva e anche come poteva, non era abilitata a curare come facevano i dottori e chi era specializzato ad affiancarli.  

Dopo molto tempo a contatto con loro, anche lei iniziò ad avvertire qualche fastidio e nausea, soprattutto quando altri soldati, suoi compagni, stavano male davanti ai superstiti, almeno lei cercava di uscire dalla tenda quando le veniva da vomitare. 

Non avrebbe mai fatto vedere ai sopravvissuti il suo malore, inoltre l'era anche utile per prendere un attimo d'aria, anche se fuori la situazione non era tanto meglio. 

Circondati dalle macerie causate dal passaggio dei giganti e non solo, notò anche un qualcosa di strano che non aveva mai visto: il rigurgito di un gigante. 

Una poltiglia fumante per via del calore che essa stessa emanava, senza una forma precisa, di colore rosso sangue ma anche trasparente come una vetrata colorata ed in esso uno spettacolo raccapricciante. 

  "Questo è un incubo." 

Riuscì solo a pensare mentre vide varie forme di uomini vestiti da civili o soldati come lei, letteralmente immobili. 

Erano morti in quel modo e dentro la pancia di quei mostri, avevano tutti il terrore sul volto, tant'è che uno di questi, che aveva il viso di profilo, sembrava fissare proprio lei. 

Per soggezione, e per impressione del momento, ad un tratto quell'occhio parve chiudersi risvegliando la ragazza, almeno ritornò subito ad aiutare i civili. 

Il sole era già calato oltre le mura quando Celine ebbe il permesso di tornare nella sua camera. 

Non era solo a pezzi, era molto provata dalla brutta esperienza passata. Anche se non li aveva affrontati direttamente, l'era bastato vedere da lontano quello altissimo per capire il pericolo reale che rappresentavano questi mangiatori di uomini. 

  "Come faceva mio padre ad affrontarli?" 

Pensò mentre percorreva i corridoi dei dormitori. 

Aveva anche molti pensieri contrastanti, capì perché il padre non v  oleva che li affrontasse, perché aveva paura che qualcuno dei suoi figli volesse fare il soldato, e forse, se avesse saputo che lei si era nascosta forse sarebbe stato deluso da lei, proprio come Celine stessa pensava di sé. 

  "Ho lottato per diventare un soldato, e invece ho fatto una figuraccia..." 

Era anche stanca e sporca di chissà che cosa, tra sangue, terra, polvere e sudore, non aveva idea di cosa puzzasse di più. 

Voleva solo fare una doccia e andare a letto sperando che domani quelli non sarebbero tornati. 

  "Odio questi giganti..." 

Fu uno dei suoi ultimi pensieri appena arrivò in stanza, notò solo in quel momento quanto fosse vuota. Si spaventò vedendola in questo modo, poi nell'oscurità sentì che alcune compagne c'erano ma stavano piangendo. 

  - Ragazze? - 

Una dal nulla sbucò dal buio per vederla in faccia. 

   - Grazie al cielo! Ragazze, Celine è viva. È qui! - 

Quella frase le fece scaldare il cuore solo per un attimo. 

  - Kya, in quante siete? - 

Anche se aveva fatto la domanda aveva paura della risposta. 

  - Rico ci ha fatto combattere... Due di noi non ci sono più... Le ho viste in mano a... Oddio... -

La compagna davanti a lei iniziò a piangere e si lasciò andare su una spalla della ragazza appena arrivata. 

Anche un'altra, che era pallidissima, si avvicinò alle due: 

  - Leah e Suty sono morte... Le abbiamo viste mangiate dai giganti e... E siamo scappate. - 

  - È stato orribile Celine. - continuò Kya piangendo - Non sappiamo per quale grazia siamo vive... E meno male sei tornata anche tu. - 

Quelle due le aveva conosciute durante l'addestramento ed erano diventate le sue compagne di stanza insieme alle altre. E ora non c'erano più. 

Davvero erano state mangiate vive dai giganti?  

E mentre tutto questo succedeva lei dov'era? 

Si era nascosta e aveva aspettato che se ne andassero?  

O che qualcuno li uccidesse al posto suo? 

  "Ma che razza di soldato sono? Per cosa mi sono arruolata?" 

Celine si sentì di nuovo male, e si fece anche schifo perché aveva avuto paura, e il panico l'aveva costretta a nascondersi come un verme. 

Ecco... Forse era questo davvero. 

Un inutile verme in balia di tutto. 

Mentre era in bagno a pulirsi continuò a vergognarsi di sé stessa. 

  "Dovevo morire io al posto loro... Come ho fatto ad essere così idiota ed egoista?" 

Quella notte, tra lei e le sue compagne di stanza, nessuna riuscì a dormire per davvero. 

Stavano tutte all'erta, come se il ritorno di quei mostri dovesse accadere durante notte, ma loro non sapevano, o almeno, nessuno aveva spiegato loro che i giganti, senza la luce del sole, non si muovevano. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Il mattino dopo tutte loro furono richiamate all'ordine, sia Rico che il Comandante Kitz decisero il da farsi per aiutare la popolazione, solo pochi di loro sapevano il vero perché, e soprattutto avevano scoperto che nel Corpo di Ricerca c'era un gigante. 

Quel gigante era Eren Yeager. 

Anche se il Comandante Kitz aveva ideato il piano, fu Rico a metterlo in atto:  

  - Ci divideremo in vari gruppi che deciderò io.  

Ascoltate con attenzione perché lo dirò una volta sola: 

Il primo gruppo si occuperà di prendere tutte le provviste possibili. 

Il secondo gruppo deve occuparsi dei rifugiati e allontanarli dal buco nelle mura. 

Sì, è ancora aperto. 

Sì, torneranno i giganti, e quindi conviene muoversi in fretta. 

Il terzo gruppo mi seguirà sui tetti. 

Il quarto non deve far avvicinare nessuno alla breccia e ai vari appartamenti vicini alle mura.  

Se trovate qualche sopravvissuto portatelo immediatamente insieme al quinto gruppo, essi devono portare i cittadini verso la città sotterranea. - 

  "La città sotterranea?!" 

Sentendo quel nome, Celine si ricordò subito del pozzo in cui sua nonna la portava spesso a portare i panini ai bambini. 

Ricordò anche le parole di molte persone che, alla sala da the, raccontavano di che inferno era quel posto, soprattutto di che razza di gente ci viveva. 

  "I cittadini staranno bene?" 

Pensò senza dirlo ad alta voce. 

Celine fece parte del quarto gruppo, ovvero quello che doveva controllare le case, occuparsi del recupero dei cittadini che abitavano vicini alle mura, portarli via ed evitare che si avvicinassero alla breccia. 

Già, la breccia... 

Era vicina ad un punto davvero pericoloso, proprio da lì i giganti sarebbero rientrati quella mattina, e ancora lei non sapeva come lo avrebbero chiuso. 

Sapeva solo una cosa: questa volta non poteva scappare. 

Poi sentì la voce di un ragazzo: 

  - Mi scusi Comandante Rico, ma come faremo a portare via le persone se il buco sarà ancora aperto? - 

Rico si voltò verso di lui e rispose con tono sicuro sia per farsi sentire dagli altri, inoltre lo era già di suo, e anche per cercare di rassicurare i suoi sottoposti: 

  - Soldato, non è il momento di dirvi come stiamo progettando di chiudere la breccia, è una cosa segreta ma speriamo possa funzionare, e se succederà possiamo considerarci salvi e al sicuro. 

Ora rompete le righe e se incontrate qualche gigante, non esitate! Non riceverete alcuna pietà da loro. - 

Stavolta Celine era in campo. 

Non poteva rischiare di scappare e rifugiarsi come il giorno prima. 

Le tremavano e sudavano le mani. 

  "Dannazione. Ora sarò in contatto con loro per davvero. - pensò mentre avanzava col suo gruppo in città - Se morirò, almeno sto facendo quello per cui mi sono arruolata." 

Una parte di sé pensò anche alla sua famiglia. 

Chissà cosa avrebbero detto se avessero scoperto che era in campo aperto, e a contatto con quei mostri temuti da tutti... 

  "Come funziona se un soldato muore?  

Come si avverte la famiglia?" 

Distolse i suoi pensieri appena sentì il comandante che seguiva il suo gruppo, parlare: 

  - Ascoltatemi tutti. So che non dovremmo essere qui. So che non è compito nostro occuparci di questi mostri, ma siete stati allenati anche per combatterli e per prepararvi ad ogni evenienza. 

Ricordatevi che il loro punto debole è la collottola. 

Se non riescono a prendervi, il loro punto debole è quello. 

Ricordatevi di cosa avete imparato negli allenamenti: puntare il nemico senza essere visti. - 

La ragazza si ricordava bene le regole, le aveva eseguite alla perfezione anche prima di affrontare le sagome. 

Le ripeté nella mente insieme al superiore assegnato al gruppo. 

  "Puntare il nemico senza essere visti." 

  - Controllare se il campo sia libero. Potrebbero esserci altri esemplari nascosti. - 

  "Controllare il campo, potrebbero esserne altri nei paraggi." 

  - Se si è in gruppo cercare un modo per ucciderli mentre gli altri lo distraggono. - 

  "Collaborare in caso di aiuto dei compagni." 

  - Mirare alla collottola e usare le spade per praticare un taglio netto. Sbagliate quel punto e la ferita si rigenererà. - 

  "Mirare solo alla collottola e il gigante morirà." 

  - Cercate di non morire inutilmente. Ripeto. Loro non avranno pietà di voi. - 

Più si avvicinavano alle mura più Celine si sentì come se fosse in un altro posto, uno in cui non doveva essere, eppure era stata lei a volerlo, a voler diventare un soldato. 

Sentii i battiti del cuore nelle orecchie, le sembrava che tutto andasse al rallentatore. 

Aveva paura. 

Non voleva affrontarli perché non si sentiva di nuovo pronta, se solo avesse potuto ascoltare il pensiero degli altri suoi compagni avrebbe scoperto che non era la sola ad avere quelle parole in testa. 

  "Che pessimo soldato che sono." 

Nascondendosi più che poteva con i suoi compagni, riuscì ad avvicinarsi al primo dei palazzi da controllare e anche ad entrare nelle case, se ci fosse qualcuno doveva provvedere a portarlo al sicuro. 

Celine salì scale su scale, bussò ad ogni porta, ma quasi tutte erano già state svuotate, sperando nella maniera più positiva, ovvero che si trovavano già nella città sotterranea. 

Ogni volta che trovava un appartamento vuoto doveva uscire e passare ad un altro, ricordandosi sempre che erano in una situazione di emergenza, poi li sentì. 

Non si ricordò se udì prima l'allarme delle campane oppure i primi passi che rimbombavano sul pavimento. 

  "Oddio." 

Voltandosi li vide entrare e fu presa di nuovo dal panico. 

Brutti, spaventosi ma lenti, essi erano entrati e già qualcuno li stava affrontando.  

Lei doveva scappare sui tetti per avere una visuale migliore e anche per avere una miglior possibilità di salvezza, se proprio in quel momento qualche soldato non le fosse volato vicino, forse non si sarebbe mai ripresa dallo stato di paura in cui era. 

Decise allora di entrare in un palazzo e salire di nuovo le scale per evitare di usare il gas, non se la sentiva in quell'occasione, in sé scorreva di più l'adrenalina e riusciva a sfogarla correndo. 

  "Non avere paura, qualsiasi cosa succederà, attacca." 

Sì ripeteva per farsi coraggio. 

Arrivò in cima al palazzo, guardandosi intorno notò molti altri soldati che avevano fatto la stessa cosa e ora i giganti si erano avvicinati di più a quei palazzi. 

Si accorse poi che uno non solo le dava le spalle, era anche impegnato a cercare di salire su un palazzo dove c'erano molte persone, suoi colleghi di sicuro. 

  "È questa la mia occasione? - pensò come prima cosa - Devo salvare quei ragazzi? Devo farlo davvero?" 

L'istinto però la stava facendo rimanere ferma sul posto, nonostante la facilità di ammazzarne uno, purtroppo la paura era davvero molta. 

In compenso era talmente concentrata nel guardare avanti che non si accorse del pericolo dietro di lei: un gigante le si stava avvicinando e dato che era distratta, non usò nemmeno le mani per cercare di afferrarla.  

Egli si avvicinò solo con la testa e la bocca aperta e, solo quando Celine vide un'ombra su di sé si voltò e riuscì a scappare all'ultimo momento. 

  "C'è mancato poco!" 

A mentre fredda e lucida, riuscì anche ad usare il movimento tridimensionale per cambiare palzzo, anche se purtroppo era più basso. 

  "Devo nascondermi meglio, ma devo anche guardarmi intorno... Dannati giganti."  

Notò che almeno su quel tetto c'era un comignolo molto alto e decise di nascondersi dietro per controllare meglio la situazione, sperando che questo piano funzionasse. 

Ebbe il tempo di raggiungerlo, intano il gigante che l'aveva puntata si rialzò e iniziò a guardarsi intorno. 

  "Spero che non sia un anomalo." 

C'era anche il rischio di beccarne uno. 

Guardandosi anche le spalle continuò a tenere d'occhio sia il gigante che altri possibili attacchi di altri esemplari, meno male che era riuscita a scappare, poteva davvero morire lì. 

Sentì poi la presenza di un altro, anche se era distante da lei, ebbe un altro attacco di panico puro: 

  "Oh no, sono in trappola." 

E lo era davvero. 

Non aveva modo di muoversi, meno male anche che doveva controllare le case, se fosse rimasta dentro ad una di quelle si sarebbe nascosta più facilmente come il giorno prima, e invece era fuori. 

Prese una delle sue spade, forse era decisa ad affrontare il peggio, poi vide che quello lontano da lei cadde a terra e non si mosse più. 

Forse qualcuno era riuscito a colpirlo, era stato talmente veloce che Celine non riuscì a vederlo, ne rimase davvero colpita. 

Di nuovo perse la concentrazione ed il gigante di prima non solo la trovò, cercò di riavvicinarsi sempre senza usare le mani, solo con la bocca aperta ed avvicinandosi a lei in modo lento. 

Di nuovo la ragazza ebbe i riflessi pronti nello scappare all'ultimo momento, poi successe anche qualcosa di strano, e che Celine ne fu in un certo senso testimone: il gigante annusò l'aria intorno a lui ispirando in modo profondo. 

Persino il mantello della ragazza venne attirato dalla forza dei suoi polmoni, aveva paura che stesse cercando di avvicinarla in quel modo, a cosa peggiore era che ci stava riuscendo.  

Il soldato si resse con tutte le sue forze al comignolo di mattoni, poi a sorpresa l'essere si bloccò. 

Stupita, guardò ciò che stava per accadere, il gigante si mise ad annusare l'aria a piccoli tratti, e quando si voltò verso di lei, per l'ennesima volta, avvicinò il viso alla ragazza ma senza la bocca aperta, le mostrava solo i denti. 

La stava annusando e lei era ancora bloccata. 

Se qualcuno la stava vedendo in quel momento avrebbe pensato che fosse spacciata, il gigante era troppo vicino per lasciarla scappare, anche se non aveva la bocca aperta. 

Poi l'essere fece un'espressione strana, di più di quel che già era in realtà. 

Sembrava schifato e riluttante, infatti decise di lasciarla stare e fece per andarsene, lasciando una Celine piena di domande senza risposta. 

  - Ma cosa? -  

Subito dopo arrivò Rico: 

  - De Clairk! - atterrò sul tetto insieme a lei - Ho visto tutto, p- rché non sei scappata o difesa? 

Cos'è successo? - 

Ancora il soldato stava elaborando l'accaduto: 

  - Non lo so Caposquadra Rico, ha cercato di mangiarmi due volte, ma poi ha annusato l'aria,... -

  - Non capisco ancora come sia potuto accadere una cosa del genere, ma ritieniti fortunata. 

Sono anche arrivati i soldati della Legione Esplorativa, ci stanno pensando anche loro ai giganti più grossi.  

Hai trovato qualcuno in queste case? -

La ragazza si ricordò del suo compito: 

  - Nessuno. - 

  - Li avranno già portati vicino alla città sotterranea.  

Raggiungi gli altri ma fa attenzione, potrebbero essercene altri in giro, anche di classe piccola. E stavolta cerca di difenderti. - 

E se ne andò da dov'era arrivata. 

Dato che lì non poteva fare più nulla decise di seguire l'ordine del suo superiore, fece per scendere quando notò un masso che sembrava fluttuare in aria da dietro ai palazzi. 

  - E adesso cosa sta succedendo? - 

Riuscì a tornare verso l'entrata nel muro causata dal gigante proprio la mattina precedente, cercando sempre di stare attenta ad altri esseri della loro specie che potevano comparire dal nulla. 

La cosa strana però era che se ne notava uno, subito dopo cadeva a terra morto. 

Ancora doveva capire chi era così veloce da non farsi vedere mentre uccideva questi mangiatori di uomini. 

Riuscì a raggiungere il palazzo più alto, anche vicino all'entrata e lì lo vide, un gigante alto quindici metri che stava portando un enorme masso di forma sferica tutto da solo, mentre altre persone sotto gli stavano spianato la strada. 

Rimase colpita da tutto questo, compreso per i ragazzi che cercavano di aiutarlo. 

Era un anomalo quello? 

Com'era possibile non lo sapeva, eppure stava succedendo davanti a lei, e più camminava più si avvicinava al buco nelle mura aperto la mattina prima. 

Il gigante riuscì a chiudere la breccia e solo allora la ragazza capì che aveva fatto. 

  - Ci ha aiutato... Ma com'è possibile? -

  - De Clairk! -

Sì sentì chiamare dietro alle sue spalle ed era una sua collega: 

  - Presto, torniamo verso il punto d'incontro. 

Molte persone sono lì. - 

Entrambe tornarono indietro, proprio in quel momento Eren uscì dal gigante grazie all'aiuto degli amici e anche di un uomo molto importante e che, grazie a lui, la Legione Esplorativa non sarebbe mai stata la stessa. 

Arrivate, e finalmente con i piedi per terra, le due soldatesse si divisero, e Celine notò solo in quel momento una strana porta davanti a lei, aperta, in cui altri soldati stavano portando altri civili alla salvezza. 

Era quella... Era la porta della città sotterranea. 

Non seppe perché la ragazza ebbe un brivido lungo la schiena, ricordò anche quel momento avuto a dieci anni. 

  "Le porte sono aperte... Forse posso cercarlo..." 

Le sue gambe si mossero da sole ma non con la velocità con cui aveva sperato. 

Aveva da sempre immaginato che, semmai un giorno avesse trovato questo posto, si sarebbe messa a correre entrandoci subito dentro. 

Ancora i racconti della nonna materna le tornarono nella mente, e anche di alcuni clienti che, al contrario suo, sapevano cosa si trovava sotto ai loro piedi: un luogo fatto di povertà, paura e miseria. 

Aveva anche sognato di varcarle per poter finalmente cercare una persona che aveva aiutato. 

Chissà chi era.  

Chissà se lo avrebbe riconosciuto una volta vicino.  

Chissà com'era diventato nonostante i tanti anni passati. 

  - Soldato, che stai cercando di fare? -

Una voce dietro alle sue spalle che poteva essere estranea, tranne a lei, fermò l'avanzamento della ragazza . Aveva avuto la fortuna di parlarci sono una volta e se la ricordava ancora. 

Sì voltò verso la fonte della voce e si ritrovò dopo tanto tempo davanti ad Erwin, lo riconobbe all'istante. 

Era sempre quell'uomo a cui aveva portato la lettera anni fa, e lei aveva qualcosa di suo da quel giorno. 

 - Capitano Smith.- 

Subito gli fece il saluto, nonostante il momento lo faceva sempre davanti ai superiori, anche se non erano del suo esercito: 

  - Ora non più, sono diventato comandante. - 

La notizia sorprese anche lei e si corresse: 

  - Ai suoi ordini, comandante. - 

  - Sai dove sono i tuoi superiori? - 

  - No signore, dovevamo radunarci qui. I nostri caposquadra e comandante saranno di sicuro nelle vicinanze.-

  - Va bene, non so se vi hanno avvisato del gigante che ha chiuso la breccia. Ma a parer mio, siete stati davvero bravi a svolgere il lavoro fino al nostro ritorno.-

  "Da parte mia no." 

  - Riferirò ai miei colleghi, grazie. E comandante... - Erwin stava per tornare indietro, questa volta la voce della ragazza lo bloccò - So che non è il momento opportuno, ma io... - 

  - Erwin! -

Dal nulla sbucò una ragazza alta, magra e dai capelli casali legati in una coda alta. 

  - Il ragazzo ce l'ha fatta! 

Ha chiuso la breccia e... È stato fantastico! - 

  - Sì lo so, l'ho visto, e si è liberato? - 

  - Sì, è andato tutto come previsto. - 

  - Bene. Ora torniamo anche noi a recuperare i nostri. - girò solo la testa verso la ragazza - Grazie ancora per l'aiuto, non ce lo dimenticheremo. -

Fece scattare il movimento tridimensionale e se ne andò, lasciando la ragazza della Guarnigione da sola con una mano in tasca, pronta a ridargli ciò che era suo di diritto, e ora se lo doveva tenere chissà per quanto tempo ancora. 

  "Questa non ci voleva." 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Da quel giorno la ragazza non ebbe più modo di riavvicinarsi a quelle porte, non solo perché non ebbe il permesso dai superiori, anche dopo che la minaccia era terminata, ma per via di due importanti cose che si decisero di fare dopo l'attacco dei giganti sulla sua città. 

Queste erano delle vere novità per tutti loro, soprattutto dopo che per la prima volta nella storia, pure la Guarnigione si era data molto da fare per affrontare i nemici che venivano da fuori le mura. 

E dato poi le conseguenze non erano di certo lievi, si decise di attuare i cambiamenti. 

Una volta a cena Pixis fece un annuncio: 

  - Ragazzi, ascoltatemi un attimo tutti quanti. 

Dato i due attacchi venuti a Trost gli scorsi giorni, e date le numerose perdite non solo di normali cittadini, ma anche di vostri compagni, ho deciso che sarà necessario essere pronti non solo a combattere, ma anche a cercare di aiutare tutti quanti con cure e soccorsi. 

Ho deciso allora di dare la possibilità a tutti voi di scegliere se aumentare le ore di allenamento nei giorni in cui non siete sulle mura, o in turno in città, tranne nei vostri giorni liberi. 

Oppure di imparare a prestare davvero soccorso insieme a dottori ed infermieri specializzati. 

Ho chiesto già aiuto e del nuovo personale in entrambi i casi. 

Tra una settimana dovrete scegliere su quali delle due attività obbligatorie fare, la scelta sta a voi e... Anche se non è il nostro compito principale combattere questi mostri, abbiamo visto che tutto può accadere. 

In compenso chi è riuscito a combattere, e a sopravvivere, ha fatto davvero un ottimo lavoro, ha lottato con vero coraggio e si è dimostrato un soldato valoroso. 

Sono orgoglioso di voi in ogni caso. 

Grazie a tutti. - 

Tutto questo discorso però non valeva per Celine dato che la prima volta si era nascosta come una codarda, e si sentiva ancora la vergogna addosso che non la lasciava più. 

Tra le due decisioni fu molto tentata di scegliere la prima, magari avrebbe imparato per davvero ad usare il 3dgm e ad affrontare i giganti, anche se voleva dire riaffrontare le sagome di cartone. 

Alla fine però scelse la seconda opzione: decise di imparare a curare sul posto chi era rimasto ferito, una specie di infermiera volontaria come lo era stata la madre. 

Dopo i due attacchi tutte le persone, soldati e civili rimasti feriti furono portate in un unico punto allestito per loro, fu proprio in quel luogo di raccolta che la giovane imparò in poco tempo a saper medicare, fasciare, curare e... Anche ricucire. 

Ovviamente non aveva il compito di dare medicine, ma solo a prestare soccorso e fermare anche le emorragie se poteva capitare. 

L'ultimo compito le faceva ribrezzo perché se era facile su una pelle di maiale per esercitarsi, figuriamoci su quella di una persona viva, poi non esistevano molti metodi per non far sentire a loro dolore, per questo le veniva l'ansia. 

Anche in questo caso c'era chi tra dottori e infermieri, per incoraggiata, le dicevano in continuazione di essere più sicura, oppure che doveva essere più autonoma e veloce durante le cuciture, soprattutto per quando dovevano agire su pazienti veri. 

Anche altri suoi compagni si erano iscritti a questo corso, almeno in questo campo si davano da fare, si dimostrarono più attenti e interessati del solito, soprattutto le ragazze, Celine fece lo stesso nuove amicizie. 

A volte ebbero anche la visita a sorpresa del Comandante Supremo Zackary in persona, voleva controllare se questi nuovi cambiamenti, tanto insistiti da Pixis, erano davvero utili e stavano dando i loro frutti. 

Nonostante fosse un uomo ben curato e distinto, alla ragazza metteva un certo timore, non solo per il titolo che importava, cercò di farsi vedere preparata in ogni caso. 

Alla fine, non solo ricevettero i complimenti da parte sua, ma chi faceva parte dei volontari infermieri, ricevette un personale sacchetto con tutto l'occorrente per poter cucire, disinfettare e anche fasciare chiunque ne avesse avuto bisogno. 

Questo dovevano portarlo sempre con loro 

Di questa nuova attività Celine lo scrisse in una lettera anche ai suoi genitori, ovviamente omettendo tutto il fatto dei due attacchi avvenuti da parte di quei mangiatori di uomini. 

La ragazza si rese poi conto che vivendo nella stessa città, anche se a parecchi chilometri di distanza, credeva che prima o poi lo sarebbero venuti a sapere. 

Sperò con tutto il cuore che avrebbero pensato che lei fosse da tutt'altra parte a non averci niente a che fare, pregò per questa opzione da parte loro. 

  - Spero che, prima o poi, sarete orgogliosi della strada che ho scelto. - 

Lo sperava veramente dato che aveva lottato da sola per fare il soldato. 

Intanto anche la camerata sua si era ripresa dallo shock per via della scomparsa delle loro due compagne. 

Non ne ebbero delle nuove, almeno non per il momento e si spartirono le loro camice ed i loro indumenti. 

Dato che Celine mangiava meno rispetto alle altre le andava sempre tutto, ma preferì lasciare qualcosa anche a loro, una volta lavati, anche quegli nuovi abiti profumavano di the. 

Si poteva anche dire che quel momento di puro terrore le aveva in qualche modo unite di più, infatti si lasciarono andare a delle confidenze, che lei però non era solita parlare, per di più ascoltava. 

Beh, forse lei non si sentiva molto vicina a loro dati gli argomenti. 

Una volta le avevano chiesto persino se avesse già avuto la prima volta, e soprattutto con chi. 

Meno male che era andata a scuola e quell'argomento lo studiò molto prima di arruolarsi. 

  - Sinceramente no. Ancora non ho avuto la mia prima volta. E, senza offese, non è un argomento che mi piace. - 

  - Oh povera Celine. - una delle compagne la compativa – Vedrai che prima o poi capiterà anche a te... Ma tranquilla, la prima volta farà male, poi sarà meraviglioso. 

Vuoi che ti porto a conoscere qualcuno una di queste sere? - 

  - Che? - 

  - Eddai, sarà bellissimo. - 

Sì alzò dal letto dove si era sdraiata per prendere un po' di energie, si stancava facilmente in quei giorni, o mangiava poco oppure era ancora lo stress post attacco dei giganti che la faceva stare all'erta sempre, anche quando sentiva un qualsiasi rumore. 

Poi c'erano anche le compagne che volevano parlare di argomenti che non voleva sapere. 

  - Scusate, ma vado a fare un giro. -

E se ne andava.  

Un po' se ne vergognava di non aveva avuto ancora la prima volta, e soprattutto di non aver trovato qualcuno da amare. 

Pensando ai fratelli più grandi che ci erano riusciti, a volte si sentiva anche troppo sola. 

Inoltre, dato che era diventata una soldatessa, era difficile avere una relazione, era una cosa che a quindici anni nemmeno ci aveva pensato, rinunciare ad amare e ad essere amata, non pensava che fosse un prezzo così alto e, a volte, così pesante. 

Quando le sue compagne parlavano di questi argomenti preferiva defilarsi ed uscire nonostante fosse un suo giorno libero, camminando arrivò in una piazza dove potè vedere in lontananza il masso che venne usato per chiudere la breccia. 

Decise di avvicinarsi e vederlo più da vicino, fu una sensazione stranissima per lei, aveva visto letteralmente un gigante trasportarlo e poi? 

Che fine aveva fatto? 

Era stato ucciso? 

Se fosse ancora vivo avrebbe sentito di sicuro rumore e urla da qualche parte a Trost, ora però era tornata letteralmente la “pace”. 

Di sicuro i cittadini avevano ancora paura di quei mostri e anche la perdita dei loro cari non era certamente difficile da superare. 

Almeno si stavano dando da fare per rimettere in sesto, e al sicuro, la città dopo il loro passaggio. 

Solo in quel momento poi si accorse che molti soldati della Legione Esplorativa erano in giro a coppie quel giorno, e sempre con qualcosa di verde tra le braccia. 

L'ultima volta che Celine aveva visto così tante persone in quel posto era per via di un enorme cinghiale catturato da alcuni ragazzi sempre di quell’esercito. 

Notò poi come avevano tutti un’espressione strana sul viso, data poi la catasfrofe avvenuta era palese pensarlo, forse anche loro avevano perso qualcuno di importante. 

Soldati, compagni, amici... 

Continuò il giro per la città e s’imbattè in un incontro strano, due soldati erano davanti alla porta di una casa e stavano parlando con due signori, un uomo ed una donna, si appostò vicino per capire cosa si stessero dicendo. 

  - Ci dispiace molto signori Bodt, ma abbiamo trovato il corpo di vostro figlio mangiato dai giganti.- 

La donna scoppiò in un pianto incontrollabile, mentre l’uomo cercava di reggerla tra le braccia. 

Un'altra curiosità di Celine venne colmata nel modo che meno si aspettava, e non era per niente soddisfatta di ciò. 

Ecco cosa bisognava fare in caso di morte di qualche soldato, si andava dalla famiglia e li si avvertiva... Era tanto semplice, ci poteva arrivare benissimo anche senza vederlo con i suoi occhi. 

Le sembrava di essere di troppo a quel dolore, eppure anche lei c'era passata quando due sue compagne di stanza erano morte anche senza fare il giro con i superiori. 

Era una sensazione orribile, forse anche per questo che il padre non voleva che i suoi figli diventassero soldati, ma lei aveva un altro obbiettivo, non solo quello di aiutare le persone. 

Ora che le aveva finalmente viste, voleva ritornare alle porte che portavano alla città sotterranea e vedere come poteva entrarci per cercare quella persona che aveva aiutato anni fa. 

Ovviamente sapeva anche lei che sarebbe stato difficile sia accedervi che a cercarlo, se era cresciuta lei, figuriamoci questa persona, chissà poi perché ci teneva in modo particolare, era solo un giovane che era nato in un posto pericolo e malsano. 

Forse voleva solo salvarlo come quando gli aveva lanciato la sua merenda per farlo mangiare, inoltre sarebbe stato il primo tra i tanti che avrebbe tirato fuori di lì. 

Mentre pensava a tutto questo era ancora ferma vicino a quella casa e a quelle persone, si riprese solo perché uno dei due soldati aveva ripreso a parlare: 

  - Marco non era solo un soldato, era un ottimo amico, una persona straordinaria, ha visto in molti la vera natura di alcuni di noi... Tra cui me... - la ragazza notò quanto era giovane quel soldato dai capelli chiari – La sua perdita è stata devastante... L’abbiamo scoperto troppo tardi, e forse era anche in difficoltà... Mi dispace troppo... - 

Quelle parole la colpirono nel profondo. 

Anche se non erano nella loro stessa legione sentì la sincerità nelle sue parole tristi, forse loro erano molto più uniti rispetto a loro perché ogni momento poteva essere l’ultimo. 

Avere a che fare con quei mangiatori di uomini non era di certo una passeggiata, anche lei lo aveva scoperto e provato sulla sua pelle la paura della morte e anche del dolore che ciò avrebbe portato non solo a lei fisicamente, ma anche ai suoi familiari. 

Nel suo cuore c’erano forti contrasti da un po’ per questa sua scelta, essere riuscita a diventare un soldato qualcosa poteva pur dire, chissà cosa però. 

Qual era la sua vera missione? 

A cosa era destinata? 

Ancora non sapeva nulla sul futuro, tranne che una cosa, avrebbe lo stesso aiutato nel suo piccolo per fare la differenza nella città anche se non poteva uscire. 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Da quell’evento passarono molti giorni e molte cose cambiarono, soprattutto nella Legione Esplorativa, infatti al rientro dall’ennesima esplorazione i ragazzi rientrarono salendo sulle mura issando sia loro che i cavalli. 

Quel giorno Celine era sempre su di esse anche se in un punto abbastanza distante da dove si trovavano loro, quel giorno aveva il compito di pulire, e controllare insieme ad un'altra sua compagna più grande, i cannoni che usavano per cercare di allontanare i giganti che si radunavano sotto le mura. 

Molte volte aveva visto i suoi colleghi sparare di sotto, e anche sentiti quando non era di turno. 

Era passato parecchio tempo da quando era salita per la prima volta sulle mura, e ancora non aveva trovato il coraggio, anche solo di sbirciare, di sotto.  

Aveva paura di svenire o di ritrovarsi faccia a faccia con quel gigante alto più di 50 m che era comparso dal nulla l'ultima volta. 

  - Guardali là - la compagna parlava da sola ovviamente, ma la giovane si voltò verso la direzione in cui stava osservando l'altra - Non solo possono uscire fuori quando vogliono, pure sulle mura li dobbiamo avere.- 

Sul momento Celine non sapeva che rispondere e preferì continuare a pulire l'arma. 

  - Non sono nostre le mura, pure loro sono soldati come noi.- 

  - Certo, infatti loro sono talmente speciali che non solo possono essere mangiati dai giganti, ma ne hanno pure uno in squadra con loro.- 

Questa notizia le fece venire i brividi, più dell'idea di guardare sotto e vedere i giganti che aspettavano una loro mossa falsa e cadere nel vuoto. 

  - Hanno davvero un gigante dalla loro parte? Tu l'hai mai visto?-

  - Da gigante sì, da umano... Potrei sbagliarmi, ma forse è proprio quel ragazzo lì, quello con i capelli scuri e basso. 

Istintivamente Celine di nuovo guardò il gruppo distante da loro, ne vedeva di ragazzi castani, chissà chi era quello indicato dalla compagna. 

Stava per riprendere a pulire il cannone quando sentì l'altra donna allarmarsi sempre con lo sguardo rivolto verso gli altri soldati, poi si sentì un fragore che illuminò il giorno e fece anche tremare persino le mura. 

Quasi tutti finirono sul pavimento, era anche la prassi da seguire in caso di pericolo, entrambe le ragazze si coprirono la testa con le mani e le braccia. 

  "Che sta succedendo adesso?" 

Quando Celine li riaprì vide il paesaggio intorno a lei e, alzandosi, notò che dove prima c'era il gruppo dei soldati dell’altra legione, ora si trovava un mezzo busto di una figura anche troppo familiare ai suoi occhi, anche se questa volta non sembrava lo stesso. 

  - Cos'è stata quell'esplosione?-

La compagna stava parlando e si era ripresa anche lei dal forte rumore, ancora non ne aveva visto la vera fonte di quell’esplosione, mentre Celine era ancora una volta bloccata dalla paura e stavolta con le orecchie che le fischiavano. 

  - Non... Non è possibile...- 

Non notò subito il secondo gigante che sembrava una montagna rocciosa, era più concentrato sull'altro.  

Era l'esatta rappresentazione di un corpo umano senza pelle. 

Uno spettacolo orripilante. 

Sul da farsi lei non seppe come procedere, stessa cosa però non pensavano gli altri soldati, lo stavano attaccando, o almeno ci provavano. 

Le faceva terrore rivederlo dato che lo aveva riconosciuto, era il gigante che era comparso quella volta. 

  "Perché... Perché loro ci riescono... Come fanno a non avere paura di quel gigante enorme e... Immobile." 

Come se si fosse svegliata da un incubo, la ragazza notò solo in quel momento che con le costole si era stranamente fissato alle mura, anche se non se le ricordava in quel modo quelle ossa. 

Il nemico, anche se era distante, era fermo, un bersaglio perfetto, proprio come le sagome da lei tanto odiate, e ora odiava un'altra cosa più di quei pezzi di cartone: quel gigante. 

Non seppe nemmeno lei come ci riuscì, ma si alzò e iniziò a correre più veloce che poteva, sentiva in sè una forza che non aveva mai sentito fino a quel momento. 

  "C'è la puoi fare. È la tua occasione!" 

Non sentì nemmeno la voce della sua collega che la chiamava a squarciagola: 

  - EHI TU, COSA STAI FACENDO?! 

TORNA INDIETRO!- 

Ma Celine non poteva tornare indietro, voleva rifarsi della prima volta che non aveva potuto fare niente perché era stata talmente codarda da nascondersi. 

  "Stavolta ce la posso fare, non posso fallire." 

Più correva e più vedeva quel gigante farsi alto e grosso. 

  "A noi due, bastardo!"  

Era pronta con le sue lame, non sentiva nemmeno la fatica nelle gambe, ce la stava facendo, era pronta ad attaccarlo, proprio come alcuni della Legione Esplorativa, li vide volare e ad un certo punto fu il gigante a contrattaccare. 

La ragazza sapeva che quegli esseri emanassero vapore per uno scopo preciso: curarsi, purtroppo non sapeva che proprio quello l’emanasse anche di sua spontanea volontà per potersi difendersi. 

Con questo suo attacco non solo colpì chi stava cercando di volare dietro di lui, anche Celine fu coinvolta. 

Fortuna volle che per provare a proteggersi a sua volta, la ragazza mise il braccio sinistro davanti alla sua faccia, purtroppo la sola forza del vapore la colpì e la scaraventò a terra a pochi metri di distanza dal gigante, facendole battere la testa e perdere i sensi subito dopo. 

Quindi non vide più nulla di quello che successe dopo, la fuga dei due giganti venne vista da pochi soldati. 

Dopo circa quattro ore la ragazza si svegliò e si sentì confusa, quasi non si ricordava nulla di quello che era successo, aprì gli occhi vide il pavimento delle mura, in lontananza anche altre persone e il cielo. 

Sembrava che se fosse sdraiata per terra, ed infatti lo era. 

Sentiva il suo corpo pesante e stanco. 

  "Dove sono... Cosa ci faccio qui?" 

Riuscì ad alzarsi a fatica e aveva una strana sensazione di smarrimento, sentiva male dappertutto, soprattutto su un punto il dolore era terribile, si guardò il braccio sinistro e rabbrividì. 

L'arto era completamente diverso, si era ustionata pesantemente, nonostante fosse protetta dalle maniche della giacca e della camicia, purtroppo si erano bruciate anche quelle, come la sua pelle. 

Era uno spettacolo davvero raccapricciante, e la cosa peggiore era che solo dopo averlo visto il dolore si riaccese in modo forte e prepotente, tanto da farla urlare da quando male stava provando. 

Il suo grido non passò inosservato dai soldati che erano lì ad aiutare i loro compagni, anche loro avevano riportato delle ustioni provocate dal vapore di quel titano. 

Tra quelli non colpiti, perché non era stato presente prima, c'era Levi, il soldato era salito sulle mura a scontro finito, e solo notando alcuni dei suoi sottoposti, aveva capito la gravità della situazione e cos’era successo, Eren era stato catturato da due giganti che si erano nascosti per tutto quel tempo nella sua squadra. 

Mentre pensava al da farsi, sentì le grida di dolore di una ragazza, appena si voltò verso la fonte rimase spiazzato. 

Notò per prima cosa il braccio e poi vedendola meglio, la riconobbe subito. 

  "Lei..." 

Anche se non era della sua squadra, l'uomo accorse subito, si fermò davanti tanto da coprire il sole che era dietro di lui, la ragazza invece continuò a urlare e a piangere per il dolore. 

Levi si chinò per prenderla dal braccio buono. 

  - Vieni. Alzati.-

Intanto qualcuna che era sdraiata a terra, con la faccia che le bruciava, si riprese quel poco di tempo per vedere il cielo, sentì anche lei delle urla e, appena si voltò a fatica, vide il compagno d'armi, il Capitano Levi, che stava aiutando una ragazza ad alzarsi. 

  - Levi... Cosa...?- 

E svende di nuovo. 

  - Coraggio. - continuò l'uomo - Seguimi.- 

Con molta fatica, Levi riuscì a portare Celine giù dalle mura, senza farla volare, o avrebbe rischiato di farle più male al braccio. 

Per tutto il tempo, lei non lo aveva nemmeno riconosciuto, anzi, non lo aveva nemmeno visto in faccia, non sapeva nemmeno che lo stava seguendo tanto era provata. 

La portò di fino al quartier generale della Legione Esplorativa, precisamente nella loro infermeria, non solo perchè era più vicina, ma anche perché era il posto che conosceva le persone che ci lavoravano. 

Quando arrivarono disse al personale le seguenti parole:  

  -È ferita al braccio, fate il possibile.- 

Celine aveva smesso di urlare solo perchè non aveva più voce, anche se il male che provava all’arto era ancora lì presente ed insistente. 

Avrebbe preferito morire, almeno quel dolore sarebbe cessato del tutto. 

Si ritrovò sdraiata su qualcosa e poi invasa da persone, che non conosceva, ma cercavano comunque di rassicurarla, purtroppo lei sembrava non capire cosa stessero dicendo: 

  - Come ti chiami?- 

  - Di che esercito sei?- 

  - Stai tranquilla, sei in mani sicure.- 

Per iniziare a controllare il braccio era meglio addormentarla per qualche ora. 

  - Dottore, eccolo qui.-

Celine vide un uomo di mezza età che le avvicinò un fazzoletto al naso. 

  - Annusa presto. Così. Brava... Lasciati andare.- 

Istintivamente la ragazza annusò il pezzo di stoffa che le misero sotto il naso e poi perse i sensi un'altra volta, cadendo in un sonno senza sogni. 

  - Andrà tutto bene...- 

Fu l’ultima cosa che sentì. 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Celine si svegliò da sola in un letto separata da due teli bianchi a destra e sinistra. 

  "Dove sono...?" 

Di nuovo non sapeva in che posto si trovava e perché era in un letto, anzi, da quanto tempo dormiva? 

Cercò di alzarsi ma appena mosse il braccio sinistro alzò anche il collo, e questo era una cosa strana per lei, vide subito perché era successo, era fasciato e legato al collo come se fosse rotto, ma non lo era... 

  "Oddio... Ora ricordo..." 

Come se avesse vissuto un incubo, ricordò cos'era accaduto e come si era ridotta l'arto per via di quel gigante, ma non solo, ebbe anche uno sgradevole ricordo di come stava urlando dall'intenso dolore, che più o meno si era risvegliato con lei e le dava fastidio. 

Per fortuna era fasciato e non poteva vedere direttamente il danno. 

Per quanto riguarda il fatto che prima era sulle mura e poi lì questo rimaneva ancora un mistero. 

  - Ehi, ti sei svegliata... Grazie al cielo.- 

Dal nulla sbucò una donna che si sorprese a vederla lucida: 

Celine notò una ragazza con i capelli neri come la notte senza stelle intrecciati in una lunga treccia, occhi azzurri e anche delle lentiggini in faccia. 

In quel momento Celine provava solo due cose: stava morendo di sete e non riusciva a mettersi seduta. 

  - Aspetta. - l’altra si avvicinò al lato destro e l'aiuto a sedersi - Ecco fatto. Brava.-

Le passò poi una borraccia piena d'acqua e di nuovo l'aiutò a reggerla dato che aveva un braccio offeso. 

Dopo a lunga bevuta si sentì molto meglio, anche se era ancora molto scombussolata: 

  - Dove sono?- 

  - Sei nell'infermiera della Legione Esplorativa. Il capitano ti ha portato qui una settimana fa e i dottori ti hanno addormentata per cercare di guarire l'ustione al braccio come meglio potevano. 

Mi dispiace molto.-

Per fortuna che era gentile, eppure Celine rimase incredula che fosse passata una settimana e non si era svegliata prima. 

  - Come ho... Come ho fatto a dormire... Così tanto?- 

Pensò a tutte le persone che non avevano avuto notizie da giorni, in primis i suoi genitori, la sua camerata, di sicuro le ragazze avevano già provveduto a prendere le sue cose, e anche il Comandante Pixis, chissà chi lo avrebbe avvertito su che cosa aveva combinato per l'ennesima volta. 

Mentre pensava l'altra ragazza continuò: 

  - Non so se te lo ricordi, ma ti hanno fatto annusare una sostanza che si chiama etere, è utile per far addormentare le persone e non far sentire dolore in caso di queste operazioni. 

E in realtà ti svegliavi ogni due giorni, ti davano qualcosa da bere e da mangiare e poi ti davamo di nuovo l’etere per farti dormire dato che il braccio ti faceva male.  

Sembravi troppo debole. 

I dottori hanno fatto il possibile.- 

Il soldato della Guarnigione si sentiva sconfortata, cosa le sarebbe successo adesso? 

Sarebbe tornata a casa col rischio che i suoi non l'avrebbero più fatta tornare una volta guarita? 

Se sarebbe guarita. 

Aveva paura che se l'avessero vista in questo stato non sarebbe mai tornata all'esercito anche per via di tutte le cavolate che aveva omesso in quegli anni. 

Non poteva rischiare, non adesso che aveva trovato le porte della città sotterranea.  

Poi ricordò le altre parole della ragazza: 

  - Aspetta... Sono nella Legione Esplorativa?- 

  - Nell'infermiera cara, sappiamo che sei della Guarnigione, abbiamo visto la tua giacca.-

Indicò una sedia vicino a lei con i suoi vestiti. 

  "I miei vestiti sono su una sedia?!" 

Celine si guardò addosso solo in quel momento, per fortuna che indossava un camice da paziente ma la cosa non la faceva sentire meglio di certo. 

  - Chi mi ha...?-

Dalla paura si vedeva, addormentata per via del medicinale, poi qualche uomo la spogliava e chissà se le aveva fatto altro nel mentre dormiva come un sasso, anche se per ora, l'unico fastidio che sentiva era al braccio sinistro. 

  - Tranquilla, nessuno ti ha fatto del male, o importunato, in questi giorni.  

Inoltre sono venute delle tue colleghe e ti hanno portato dei vestiti più facili da mettere, sono sempre su quella sedia, e anche una lettera. 

Lo so che forse sei sconvolta, hai dormito per tanto tempo.- 

  - Ma io non faccio parte della vostra legione.-

  - Cara, avevi lo stesso bisogno di aiuto. 

Aiutiamo i civili, vuoi che non aiutiamo gli altri soldati solo perché non hanno le ali sulla giacca? 

Stai tranquilla, lo avremmo fatto comunque.- 

Ecco una cosa che il soldato mai si sarebbe immaginata, o sarebbe meglio dire che non sapeva, non aveva mai avuto bisogno di entrare in infermeria, soprattutto quella della sua di legione. 

  - Sono venuti varie volte sia il tuo comandante che il tuo caposquadra. - rassicurò sempre la donna con le lentiggini - Di sicuro verranno anche oggi, e ti vedranno sveglia. 

Vado a prenderti altra acqua, del cibo e poi vado ad avvertire il dottore. Tu riposati ancora un po, hai dato una grande mano.-

  - No, non è vero...-

Non era riuscita nemmeno a colpire un mostro immobile, mentre lui le aveva fatto del male senza muoversi, come poteva dirle che aveva dato una mano dato che era finita lì? 

  - Volevo cercare di tirarti su, almeno ci ha provato. Arrivo subito.-  

E si allontanò da Celine. 

Rimasta sola, la ragazza ricordò ancora quel gigante sulle mura, aveva voglia di piangere sia per il fastidio al braccio che per la cavolata che aveva fatto, eppure voleva solo aiutare. 

Poi le venne un flash, chi era stato ad averla portata da sopra le mura fino a questa infermeria? 

Un capitano? 

Non seppe nemmmo lei quanti minuti, oppure ore, passarono da quando aveva parlato con l'infermiera, nel tardo pomeriggio veramente Pixis si fece vedere e si sentì rassicurato che quella ragazza fosse ancora viva. 

Questo volta il soldato si aspettava davvero una sgridata, che per fortuna non arrivò: 

  - La tua compagna mi ha raccontato tutto De Clairk, non so come tu abbia avuto tutto questo coraggio.  

Cosa ti ha spinto?-

Celine era molto titubante e anche impaurita delle conseguenze. 

  - Ho agito più per rabbia che per paura, signore. 

E poi gli altri soldati non riuscivano a superarlo e andare dietro di lui, io invece ero già lì... Il gigante era immobile... Non ce l'ho fatta lo stesso...-

  - De Clairk, mi dispiace che proprio tu hai avuto questa sorte e questo incidente, ho parlato con i dottori in questi giorni, non sanno se il braccio tornerà come prima.-

Ora era veramente terrorizzata, anche se cercò di mantenere una calma troppo apparente si sentiva morire dentro. 

Inoltre c’era anche da dire che le loro competenze mediche erano parecchio indietro sia se si trattava di operazioni e cure anche se molti dottori cercavano di studiare il più possibile sul campo malattie e ferite. 

Erano arrivati a capire come ricucire e usare delle erbe particolari per addormentare i pazienti con la media possibilità che si potessero risvegliare. 

Almeno erano pronti per quello e anche la ragazza lo sapeva. 

Per quanti riguardava le ustioni non sapevano come gestirle se si vedevano gli strati sotto e non sapevano nemmeno quanto tempo ci avrebbe messo la pelle a ritornare come prima, soprattutto se avrebbe riportato danni nell’uso dell’arto e anche sulla forza. 

C'era ancora molto da imparare. 

  "Non potrò mai più usare il braccio... No..." 

  - Ti consiglio di recarti a casa tua a passare un periodo di convalescenza, poi vedremo se vorrai continuare ad essere un soldato. 

Sarà molto difficile. -

Pixis non ebbe il tempo di girarsi che Celine lo bloccò: 

  - Signore... Non posso tornare a casa, non così. - 

Anche se di spalle l'uomo l'ascoltò: 

  - Per arruolarmi ho fatto di tutto, i miei non erano nemmeno d'accordo. 

Ho fatto molte cavolate per aiutare gli altri... E voglio continuare a lavorare anche così... Vi prego, non voglio passare la convalescenza dove rischio di non fare più ritorno nell'esercito.  

Sono pronta ad aiutare anche con un braccio solo... Vi prego... - 

In effetti la ragazza era una delle poche che si faceva in quattro per aiutare i civili anche nel suo giorno libero, il comandante lo sapeva che lei era più una risorsa anziché una perdita, dall’altra parte però non voleva sfruttarla per altri compiti che svolgeva la Guarnigione. 

Non così. 

  - Parlerò con chi di dovere. Ma non so se posso garantirti questa sicurezza, anche se mi rincrescerebbe molto sapere che non sei nel mio esercito.  

Se vuoi stare anche in queste condizioni la scelta è tua. -

E anche lui lasciò la ragazza da sola. 

Lei non si sentiva di certo meglio dopo la chiacchierata col suo superiore, forse perché era ancora stanca e provata per tutto il caos accaduto. 

  "Cosa mi è saltato in mente... Perché l'ho fatto..." 

Sì lasciò andare ad un pianto liberatorio e silenzioso senza sapere che, proprio in quel momento, qualcuno la stava osservando nell'ombra e nel silenzio. 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Nel bene o nel male Pixis riuscì a trovare un compito a Celine grazie ad un aiuto da parte di un altro collega di un altro esercito. 

Infatti, in combutta con il Comandante Erwin Smith, l’uomo gli chiese se qualcuno della sua squadra avesse bisogno di un’aiutante per svolgere compiti non troppo basati sulla forza, anche solo per affiancarlo per mansioni di controllo. 

Erwin ovviamente aveva una persona che poteva fare al caso suo ed aiutare quella ragazza a rimanere nell’esercito, anche se questo voleva dire spostarla in una legione diversa. 

Intano la diretta interessata era tornata nella sua camerata dalle sue compagne che la riempirono di lodi e complimenti per il coraggio avuto in un momento del genere, e per il braccio decisero di aiutarla in alcuni suoi compiti, come lavarsi, cambiarsi e anche lavarle i vestiti. 

Celine però aveva anche altro per la testa. 

Aveva letto quella lettera, che proveniva dai suoi genitori, che non solo le avevano scritto che avevano saputo dell'attacco dei giganti a Trost, sperando che lei era da tutt'altra parte, la sua preghiera per fortuna venne ascoltata, ma la cosa che più la sconvolse fu che suo fratello Tyron era sparito. 

  "Tyron è sparito?! Scomparso... Mio fratello..." 

La lettera era arrivata a metà settimana in cui lei era ancora nell'infermeria della Legione Esplorativa e raccontava che prima dell'attacco di quel mangiatori di uomini lui era partito per Ragako e non era ancora tornato. 

In un momento di panico non sapeva fare il calcolo dei giorni esatti che erano passati, sapeva solo che non poteva tornare a casa per paura che la vedessero così, non poteva uscire dalle mura a cercarlo e si sentiva persa sapendo che lui non era a casa. 

  "Fratello mio..." 

Sì fece prendere dallo sconforto varie volte nell'arco delle giornate, incrementata anche dal fatto che le faceva male il braccio, inoltre non voleva pesare sulle compagne, e in quei momenti in cui stava da sola in camera o fuori nel cortile, piangeva in silenzio. 

Pregava ogni minuto che riuscisse a tornare a casa.  

Quando riusciva si riposava anche, poi un giorno una sua collega l’avvisò che il comandante la stava aspettando nel suo studio. 

Arrivata davanti alla porta bussò e sentì la voce del suo superiore: 

  <> 

La ragazza entrò: 

  <> 

Oltre a Pixis c'era anche Erwin nello studio, la ragazza era incredula, ma il suo stupore sarebbe aumentato dopo, per una cosa che non si era ancora accorta. 

  <> 

  "Eccome se ci siamo conosciuti." 

  <> 

La ragazza notò qualcosa di diverso, sembrava un altro uomo, anche lui sembrava stanco e provato da qualcosa che non riusciva a capire bene. 

  <> 

Gli porse il braccio destro, anzi quello che rimaneva, dalla manica della giacca non usciva alcuna mano. 

La ragazza si impressionò ma non per lo schifo o per la paura, non sapeva cos'era accaduto in quei giorni e come l’uomo si era ridotto così.  

Una piccolissima parte di sé si ritenne fortunata ad avere ancora l'arte attaccato. 

  <> 

  < 

Il Comandante Pixis mi ha appena finito di raccontare quel fatto sulle mura, quando quei due soldati si sono trasformati in giganti.>> 

  "Erano due?!" 

Pensò la ragazza senza interrompere il superiore.  

  < 

Sono molto sorpreso di ciò. 

Sei molto coraggiosa.>> 

  < 

In quanto a quello che è  successo sulle mura... Ero arrabbiata, e ho agito senza pensarci. 

Odio pure io questi esseri, come credo tutti quanto in questa città. 

Ho agito solo mossa dalla rabbia e porto addosso a me la conseguenza. Non sono coraggiosa, sono stupida, che è diverso.>> 

Entrambi gli uomini rimasero impressionati dalla risposta e la lasciarono parlare, poi Pixis, con il solo gesto della mano, le indicò la sedia libera per farla sedere. 

Celine si sedette e i due ripresero a parlare. 

  <<È anche onestà con se stessa. Una ragazza davvero senza peli sulla lingua.>> 

  <> 

  < 

Quando te l'ho mandata la prima volta per quella lettera l'ho salvata da una punizione infatti.>> 

Pixis parlò molto bene della sua sottoposta ed Erwin ascoltò interessato: 

  <> 

  <> 

La ragazza non riuscì a trattenersi nel dire quella frase. 

Non avrebbe mai saputo se si sarebbe trovata meglio nell'altra legione piuttosto che nella sua, anche se solo loro potevano uscire ad affrontare i giganti, e questo non avrebbe spaventato solo lei, ma anche la sua famiglia.  

Poi ora c'era la questione del fratello scomparso, fosse stata della Legione Esplorativa sarebbe partita all'istante per cercarlo, anche da sola. 

  <> 

  < 

Dato che non vuoi passare la convalescenza a casa, ti affido al Comandante Smith, ma non per fare da esca vivente ai giganti. - se questa sua ultima frase era uno scherzo, la ragazza non lo trovò divertente - Anche loro si occupano di cose normali, e soprattutto non sempre escono dalle mura.>> 

  < 

E quando Pixis me lo ha detto ho pensato che magari potrebbe andare bene. 

È un soldato a posto e tranquilla e credo che capirà il tuo problema al braccio.  

Inoltre era presente pure lei sulle mura quel giorno.>> 

La ragazza di tutto si aspettava tranne che passare un periodo nell'altro esercito, che non era solo quello che si occupava dei giganti, ma anche quello da dove veniva il padre. 

Che sia un segno strano del destino? 

  < 

Sarà facile, inoltre poi i miei cadetti ti aiuteranno per qualsiasi cosa. 

D'accordo?>> 

La ragazza lo guardò dritto negli occhi. 

Le sue iridi azzurre non sembravano avere intenzioni maligne o cattive, al contrario, c'era qualcosa che nemmeno lei sapeva bene definire, forse perché non lo conosceva ancora. 

Però ebbe ancora la sensazione che il fazzoletto che teneva ancora con sé, anche con gli abiti da civile, bruciasse quando Erwin Smith era nelle vicinanze. 

Forse questo periodo sarebbe stata un'ottima occasione per poterglielo ridare e togliersi quel peso che sentiva da anni. 

  <> 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Nessuno sapeva se affidare Celine a Zoe fosse stata la migliore scelta del mondo, le due non si conoscevano affatto.  

Almeno prima di quel giorno arrivò un’altra lettera da parte dei genitori che l’avvisavano che Tyron era riuscito a scrivergli, era riuscito a raggiungere Ragako ma gli era impossibile tornare indietro perché si era ammalato e la gente del posto si stava prendendo cura di lui. 

Sia i genitori che Celine riuscirono a tranquillizzarsi per metà, anche se era vivo era malato e bloccato in un paese che non conosceva, in mezzo a molti estranei e che lo avevano preso in cura loro per il tempo necessario. 

Nonostante questo la ragazza continuò a pregare che guarisse e che riuscisse a tornato a casa con ogni mezzo possibile. 

Con questo stato d’animo, il giorno dopo fu accompagnata da un giovane cadetto del Corpo di Ricerca, ed incaricato anche a quel compito di aiutarla ad orientarsi e a portarla dalla ricercatrice che era già nel suo studio. 

  - Caposquadra Hanji, lei è la ragazza che le farà da assistente. L'ha avvisata Erwin? - 

La caposcquadra chiamata Zoe, strano ma vero, era intenta a lavare in un secchio posto in un lavandino degli attrezzi e smise solo sentendo il ragazzo parlare e presentarle la nuova arrivata. 

  - Oh, grazie Matt, puoi andare ora. - 

Il ragazzo si congedò e Celine entrò nel suo studio: 

  - Permesso e salve. - 

  - Ciao cara. - l'accolse già con un bel sorriso - Io mi chiamo Hanji Zoe, ma puoi chiamarmi Zoe. Sono la caposquadra e scienziata della squadra di Erwin Smih.  

Ieri sera mi ha parlato molto di te, ti chiami Celine, giusto? - 

  - Sì, Celine De Clairk, signorina Hanji. - 

  - Wow, sei davvero gentile, ma non ti preoccupare, con me non occorre tutto questo rispetto. 

Anche se è piacevole, lo ammetto. 

Chiamami solo Zoe e andremo d'accordo in questo periodo. -

Celine si ricordò di lei, era quella ragazza che era arrivata alle spalle di Erwin quella volta in cui si stava avvicinando alle porte della città sotterranea. 

Mai poteva immaginare che si sarebbero conosciute, anche perché l'altra volta quella ragazza era a dir poco entusiasta di qualcosa che non aveva capito. 

  - Allora. - continuò lei - Pronta a scoprire come potrebbe essere possibile sconfiggere i giganti? - 

La domanda spaventò un po' la nuova ragazza: 

  - Ehm... Sì? - 

  - Perfetto! Bella risposta. 

Prima di tutto, anche se odio farlo ma serve, altrimenti non si conclude proprio nulla, dobbiamo pulire tutti i vetrini che si trovano dentro al lavandino. 

Ho dei campioni da analizzare e mi sono dimenticata come una sciocca di organizzare il tutto prima del tuo arrivo. Eh... - 

Ragazze così esuberanti, e che parlavano molto, Celine non le aveva mai conosciute, poi anche a lei cadde l'occhio sulle condizioni del laboratorio e si ricordò di quando dovette pulire per una settimana i bagni della sua legione. 

Almeno in quel periodo poteva usare entrambe le braccia. 

  - Ah, tranquilla comunque. Io li lavo, poi te li passo e li asciughi, va bene? Ci conviene essere veloci, se il capitano vedesse questo laboratorio prima mi darebbe una botta in testa, mi getterebbe in una vasca e poi, mentre cerco di riprendermi, si occuperebbe della disinfestazione e pulizia di questo posto personalmente. - 

Intanto che parlava aveva già iniziato il lavaggio di alcuni oggetti e quando la ragazza della Guarnigione li aveva tra le mani riuscì a pulirli con degli strofinacci, almeno si sentiva utile in qualche modo, e intanto ascoltava pure le parole della donna. 

Poi donna... Notò pure il suo aspetto.  

Quando la vide per la prima volta venne colpita dalla sua altezza, era notevole. 

Non aveva mai visto nessun’altra persona così alta, eppure a lei bastava poco per superarla in altezza, le sue compagne e soldati la superavano quasi tutti, eppure Zoe avrebbe superato anche loro. 

Aveva poi le forme da donna come anche lei ma il naso... Era veramente importante, non era colpa sua ovviamente, se si poteva scegliere come nascere pure lei sarebbe stata più alta di così.  

Tra le varie cose in comune tra di loro c'erano il colore dei capelli, degli occhi e anche il fatto che portassero entrambi gli occhiali. 

Oltre che a una bella parlantina era anche veloce nelle cose che faceva, almeno la scienziata cercava di metterla a suo agio. 

Per non stare sempre in silenzio anche Celine iniziò a parlare e a riprendere un suo discorso: 

  - Oh, e chi è  il vostro capitano? Sembra un tipo strano. - 

  - Non hai mai sentito parlare di Levi? - vide che la ragazza in borghese muoveva la testa per dire no – Beh, diciamo che è un uomo un po’ strano, inltre ha un senso dell’ordine e della pulizia davvero meticoloso e attento.  

Cosa che io non ho. 

So che lo fa per il mio bene, ma a volte non ho davvero il tempo necessario per pulire tutto, subito e con efficienza, non come vorrebbe lui. 

Il tempo è studio, e senza lo studio non capiremo mai nulla. - 

  - Levi? - 

Celine interruppe il discorso della ragazza castana, nei suoi ricordi  c’era in effetti qualcuno con questo nome, conosciuto per puro caso, e soprattutto per sbaglio, in quella legione. 

  “Che sia davvero lui?” 

  -No, non lo conosco. - 

  -Mh, strano, lo conoscono tutti.  

Lo chiamano anche il soldato più forte dell’umanità... Ma se tutti sapessero di questa sua mania del pulito, aggiungerebbero anche “Il soldato più forte e igienico dell’umanità”. - 

E ridacchiò da sola. 

Il soldato in borghese non sapeva se queste sue frasi erano puri tentativi di rendersi simpatica ai suoi occhi, cosa che ci era riuscita subito, e coinvolgerla un po’ di più mentre svolgeva un altro lavoro di pulizie. 

Intanto Hanji continuò a parlare: 

  - Tanto, per quanto riguarda la pulizia delle stanze, oppure Paradis dai giganti, è sempre quello che svolge il lavoro più tosto. 

Glielo concedo. - 

Intanto l’altra ragazza notò che per quello che aveva detto, o per il fatto che aveva il braccio in quelle condizioni, e per questo non poteva aiutarla al meglio delle sue possibilità, non la trattava da stupida. 

  - È un vero musone, e sta sempre sulle sue - continuò lei – Secondo me, ha bisogno di una donna. -

Questa frase fece ridacchiare un attimo il soldato della Guarnigione mentre cambiava oggetto da pulire. 

  - Lo conosci bene. -  

Azzardò ad intuire.  

  - Oh sì. Da quando è entrato nel Corpo di Ricerca, è diventato come un fratello per me, ed io spero di essere come una sorella per lui... - sospirò mentre lavava altri oggetti - È una di quelle persone che si tiene tutto dentro. 

Ci tiene davvero a noi. Ci vuole bene, anche se non riesce ad ammetterlo apertamente, e forse nemmeno ad esprimerlo. - 

Per fare più in fretta, Celine mise uno strofinaccio pulito sul piano da lavoro e a testa in giù gli oggetti di vetro per farli asciugare meglio, anche senza utilizzare entrambe le mani, in tutto ciò sempre ascoltando la castana. 

  - Un vero soldato, allora? -

Provò ad indovinare di nuovo il tipo di personaggio che era questo capitano, mentre dentro di lei continuò a pensare se fosse davvero quel Levi che le aveva dato della mocciosa anni fa. 

Anche se aveva in parte ragione, era stata lei ad andargli addosso. 

Ne aveva conosciuti di altri ragazzi in realtà, ma nessuno con quel nome, era molto raro. 

 - Esattamente, un vero caporal maggiore, ma sta sempre sotto di me... - strabuzzò gli occhi perché si accorse del doppio senso usato - Ehm, nel senso... Intendevo dire... Come grado... Solo questo. - 

E ridacchiò di nuovo, stavolta però in modo imbarazzato e nervoso da sola. 

Celine capì benissimo entrambi i modi e rise con lei per non farla sentire a disagio.  

Ne sentiva anche lei di battute squallide da chi, alle nove del mattino, era già attaccato alla bottiglia di vino. 

  - Che vergogna... Che linguaggio brutto che ho usato. - 

Sì giustificò. 

  - Tranquilla, signorina Hanji, lo avevo capito e sento anche di peggio nella mia legione. -

La donna sospirò tranquilla:  

  - Ah, meno male. Fiù... - 

Si asciugò anche il sudore con la mano non solo per la scampata figuraccia, soprattutto perché era faticoso pulire dei vetrini che avevano avuto sopra delle sostanze quasi impossibili da eliminare 

  - Vorrei poterti dare il cambio. -

Disse con spontaneità Celine, notando con i suoi occhi come l'altra ragazza stesse, forse, soffrendo per il mal di schiena. 

L’altezza in questo caso non aiutava molto. 

  - Eh? Ah no, tranquilla... Solo che i campioni presi dai giganti, alcune volte, rovinano il vetrino e altre lo sciolgono... Specie se riesco a prendere campioni dalla muscolatura. 

Che importa a loro? Tanto si rigenerano! -

A quello sfogo Celine si interessò: 

 - Si rigenerano? Cioè, guariscono da soli? - 

La ragazza della Legione Esplorativa annuì con entusiasmo:       

  - Esattamente... Solo che mi dispiace far loro del male, poveri cuccioli. - 

La sensazione di iniziale sorpresa della ragazza della Guarnigione durò poco: 

  - Cuccioli?! - 

  - Già... Ah, sì scusa. È che adoro i giganti, anche se non dovrei... Li trovo solo interessanti... Anche se è davvero doloroso tenerli sempre imprigionati... Mi sembrano indifesi come gattini. - Celine sentì un brivido freddo brivido lungo la schiena a quelle parole - Mi viene da piangere al pensiero che devo infliggere loro sofferenze... -

Solo allora accadde un qualcosa nella mente della giovane col braccio fasciato: il suo istinto di sopravvivenza le stava sussurrando di cercare una via di fuga.  

Infatti cercò solo con gli occhi l’uscita per non farla insospettire, anche se stava continuando a lavare in modo tranquillo e sereno.  

  - Ah... Ok... - 

Disse ma in realtà pensava: 

  “Dannazione, le finestre sono chiuse e troppo alte, tutto intorno ci sono fogli sparsi e la porta di questo posto è chiusa... Sono fregata.” 

Sapeva studiare bene il percorso. 

Dopo aver finito con il lavaggio e la pulizia, Hanji le indicò un tavolo ed una sedia, invitandola di sedersi e di scrivere tutte le sue indicazioni. 

Questo sembrava un compito facile per chi usava solo una mano e si accinse a farlo seguendo tutte le sue frasi, e a volte anche correzioni. 

Cambiava opinione molto alla veloce. 

Purtroppo però questo incarico si allungò più del previsto.  

Passò l’orario di cena e anche dopo la sera.  

Solo verso mezzanotte Celine crollò sui fogli da lavoro, addormentandosi sul braccio, buono mentre Zoe continuò a studiare, si era fermata col parlare per concentrarsi meglio, ed in questo caso il silenzio aveva contribuito ad accogliere il sonno della ragazza. 

Non si accorse subito che la nuova aiutante non stava più svolgendo il suo compito, e nemmeno che sulla soglia della porta era arrivato qualcuno a lei familiare: 

  - Quattr'occhi... - Hanji si distrasse e guardò verso la voce - Ho saputo che hai una nuova assistente... E vedo che la tratti talmente bene da stancarla fino a crollare sul tavolo. - 

  - Cosa? - 

Si voltò verso la ragazza, ricordandosi di lei solo in quel momento e vedendola dormire sul tavolo iniziò a preoccuparsi: 

  - Ma che ore sono? - poi vide anche fuori dalla finestra – E perché è già così buio? - 

Notò anche di una fonte di luce sul tavolo di entrambe con due candele, si ricordò solo all’ora di essersi fermata e aver ringraziato quella ragazza e poi si era rimessa subito a lavorare. 

Era tanto concentrata che non si era resa conto che aveva anche superato l’orario per lei di restare lì, ed era solo il primo giorno. 

Poi ci si mise anche Levi: 

  - È notte fonda. E come al solito sono insonne al pensiero di quel che combini qua dentro. Ma non per noi, per una che qui non è nemmeno della squadra. -

  - Oww... Come sei gentile e premuroso oggi, Levi. - 

  - Non è premura la mia. Mi preoccupa solo di quello che riesci a creare, o non creare. - 

  - Simpatico come sempre... Senti, dato che sei così ne approfitto un po’. 

Che ne dici di portare la nostra ospite, ovviamente senza svegliarla, in camera mia? Anzi... Dato che tu hai un letto che non usi, la porteresti in camera tua? - 

  - Io la dovrei portare in camera mia? Ma stai scherzando? E come pensi che devo farlo? - 

  - In braccio, ovvio. Tanto è una cosa normale.  

Se sollevi un compagno ferito oppure uno morto sempre in braccio lo devi fare. - disse come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo – E poi anch’io dovrò andare a letto prima o poi. - 

Levi prima lanciò un’occhiataccia al caposquadra, poi osservò la ragazza, Zoe rincarò la dose: 

  - Andiamo, siamo soldati... Anche se è di un altro esercito non vuol dire che non sia utile, o che sia di grado inferiore. - 

L’uomo alzò lo sguardo scocciato rivolto verso l’alto e poi rispose: 

  - E va bene. Ma non lo faccio perché me lo hai chiesto tu... Solo per la tua bella addormentata sul tavolo. - si avvicinò e la prese dal lato del braccio sano, come se già sapesse dove era ferita. - Meno male che è piccola. Non peserà nulla. - 

Ovviamente la ragazza alta aiutò a mettere Celine in braccio a lui, cosa che risultò più facile del previsto. 

  - Finalmente aiuti anche tu. - 

L'uomo non sapeva se glielo avesse chiesto apposta di svolgere questo compito anzichè svegliarla e accompagnarla alla sua base. 

Quella ragazza se la ricordava eccome. 

  - Attenta a non svegliarla... E anche al braccio sinistro. Poverina, non sai cosa l'è successo. -

Solo per quest’ultima frase voleva confermare una sua teoria: davvero Levi l’aveva soccorsa sulle mura, oppure aveva avuto un’allucinazione dovuto a qualche trauma cranico? 

  - Lo so, Quattr'occhi. L'ho portata io in infermeria da noi. - 

  "Bingo!" 

Pensò Zoe, ma disse altro: 

  - Tu, hai aiutato un soldato di un'altra legione?! - 

  - Che altro potevo fare? Gridava come un’aquila. -

  “Allora è successo davvero!” 

Hanji era molto contenta di aver beccato la rara umanità del capitano, alla scoperta seppe contenere la felicità, per il momento. 

Mentre succedeva tutto ciò intorno a lei, Celine era in un sonno profondo che non si accorse di nulla, non si svegliò nemmeno quando Levi la prese tra le sue braccia. 

Forse aveva ancora dei residui di etere in circolo. 

  - Un'ultima cosa. – la caposquadra lo fermò proprio davanti alla porta – Mi sono accorta di non averla fatta nemmeno cenare. Se si sveglia ci pensi tu? - 

Stavolta Levi la guardò sottecchi, come se le volesse dire 

  “Pure?!”  

ed espresse il suo disappunto: 

  - E poi magari le faccio pure il bagnetto, le cambio il pannolino e le tengo la mano per evitare che cada con i primi passi?  

Quattr'occhi di merda, non superare il limite della mia pazienza. -

Anche se questa era battuta nemmeno lui rise, Zoe mise le mani a mo’ di preghiera: 

  - Per favore, sii gentile con lei. È stata molto coraggiosa a voler provare ad affrontare un gigante come Berthold. - 

Levi sospirò ad occhi chiusi, le voltò le spalle per continuare a portarla fuori da lì. 

  - Vedrò cosa posso fare. - una volta fuori dal laboratorio – Ma mi devi un favore. - 

Sempre con le mani giunte Zoe rispose: 

  - Ti ringrazio tanto. -

Aspettò due minuti che si fosse allontanato per esprimere la sua gioia esultando da sola: 

  - Sì! Sì! Sì! -

Passato il momento, andò a controllare fino a che punto era arrivata la poveretta a scrivere e ne rimase impressionata: 

  - Wow... Ha segnato proprio tutto... È anche ordinato... Bella scrittura, si capisce bene tutto quanto... Oh povera... È crollata sull’ultimo appunto che ho detto. - sospirò anche lei in parte dispiaciuta, sentendosi anche egoista, poi però rivalutò l’occasione - Ma devo ammettere che è comodo avere qualcuno che riesce a stare al passo di tutto ciò che dico. - 

Piano piano il capitano riuscì a raggiungere la sua stanza, con garbo ed attenzione mise la ragazza sul letto, stando anche parecchio attento con il braccio sinistro e l'osservò senza proferire parola. 

Per quelle poche occasioni che si erano incontrati era sempre successo qualcosa di brutto, eppure notò solo all’ora che in quei pochi anni di distanza lei sembrava da una parte sempre la stessa, dall’altra diversa, non solo per l’atto di coraggio che aveva avuto. 

Fisicamente era cambiata, era più donna anche se piccola come lui. 

Fece per andare verso la sua poltrona per fare, forse, un altro paio di ore di sonno quando sentì una voce dietro di lui: 

  - Tyron... - 

Levi si voltò di nuovo verso di lei, forse si era svegliata, invece era  ancora sdraiata, e anche nel mondo dei sogni, chissà allora a chi stava sognando, chi era questo Tyron? 

  - Tyron... - 

  “Di nuovo.” 

Il capitano si mise a pensare: 

  “Se questa pure parla nel sonno dubito che potrò riposare. Meglio fare altro.” 

Fu solo allora che si accorse di un profumo a lui familiare, prima intorno, e poi su di sé. 

  “Questo odore... Ma da dove arriva?” 

Per quanto riguardava la ragazza della Guarnigione, nonostante la distanza di anni, si ricordava eccome la sensazione di essere portata in braccio in quella maniera. 

Anche se dormiva, come poteva dimenticarselo dato che sempre il fratello più grande la prendeva così? 

  - Tyron... Dove sei? - 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Quando il sole finalmente si alzò in cielo, i raggi illuminarono la stanza di Levi, che comodamente puntava verso est, e quindi era sempre uno dei primi a svegliarsi alle luci dell’alba. 

Fu così che anche Celine, aprì gli occhi, si mise seduta sul letto e si guardò intorno. Non solo non riconobbe la stanza, si accorse di vedere pure sfocato, fece per aggiustarsi gli occhiali e si accorse di averli. 

Per fortuna li vide vicino al cuscino, in quel periodo aveva ripreso ad indossare e usare quelli suoi normali, senza legaccio dietro, se li mise per osservare quel nuovo posto. 

In quel periodo inoltre teneva anche i capelli sciolti, e non sapeva ancora se avesse fatto la scelta giusta dato che le andavano sempre davanti, d'altronde da sola non riusciva a farsi la sua solita treccia. 

Si guardò in giro di nuovo e confermò che non riconosceva la stanza, non l’aveva mai vista prima. 

  - Ma dove sono finita? -

Disse più a se stessa che a qualcuno in particolare, anche se era completamente sola. 

Oppure no? 

Non si ricordava nemmeno di essere andata via, ma da dove? 

  “Ah già, il laboratorio di Zoe...” 

Mise piedi fuori dal letto e sentì il freddo pavimento, notò anche di essere scalza, le sue scarpe erano accanto a lei, vicini al letto. 

Non riusciva a mettersi gli stivali, per questo ebbe il permesso di indossare le scarpe che usava nel tempo libero, e anche gli abiti normali, erano tutti comodi e facili da mettere. 

  “Ma che strano... Non mi ricordo di essermele tolte.” 

Proprio in quel momento non si accorse di qualcuno che era appena uscito dal bagno e la stava osservando in silenzio per poi dirle in tono piatto: 

  - Buongiorno. - 

Alla voce la ragazza si voltò di scatto verso di lui, inizialmente si spaventò, dato che era ancora sul letto non poteva allontanarsi, poi col braccio in quel modo era davvero in svantaggio, quindi si mise sulla difensiva: 

  - Chi sei? - 

Mise anche la mano destra a pugno pronta a combattere, per la sinistra ci provò, ma solo il muovere le dita riprovò dolore e se ne pentì subito di averci provato. 

L'uomo non capì la sua reazione e ciò lo imbarazzò un po’, anche se non si scompose troppo: 

  - Stai tranquilla. Sono il Capitano Levi... La quattr’occhi mi ha chiesto di prendermi cura di te fino a che non ti fossi svegliata. - si sedette sulla sua poltrona davanti alla scrivania - E dato che sei qui, che ne diresti di fare anche una buona colazione?  

Così forse, oggi riesci a stare meglio al suo passo. -

Seguendolo con lo sguardo la ragazza si accorse che c’era un grande vassoio con delle cose da mangiare per colazione: due tazze bianche, fette di torte alla mela, biscotti, frutta… Una colazione veramente abbondante e stuzzicante, soprattutto per una che non aveva nemmeno mangiato la sera prima. 

Ritornò però ad osservare il “Capitano Levi”, finalmente, a mente più lucida e sveglia, lo riconobbe all’istante: 

  - Aspetta, io mi ricordo di te... Mi hai dato della mocciosa tempo fa. Tu sei quello stesso Levi... Quello che quella ragazza dai capelli rossi ha chiamato fratellone. -
Ricordandosi di quel momento, e soprattutto di Isabel, il ragazzo si rabbuiò un po’, abbassò lo sguardo e poi le rivolse ancora la parola.  

  - Esatto. Anch’io mi ricordo di te. -

Lei non si mosse dalla sua posizione. 

Si ricordò anche di aver sentito la sua voce sulle mura dopo che aveva ripreso i sensi per via del getto di vapore, era lui il suo soccorritore... Colui che la portò all’infermeria del loro quartier generale. 

  - Perché mi hai portato qui? -

Si piegò, senza mai distogliere lo sguardo da lui, per poter indossare le scarpe, anche in questo caso la sua unica via di fuga era sempre la porta, che stava dall’altra parte della stanza, anch'essa chiusa, sperando non a chiave. 

  - Perché stanotte ti sei addormentata mentre aiutavi la quattr'occhi in laboratorio... Per tua fortuna ha trovato un fattorino pronto per portarti a nanna. -

Questa notizia la confuse alquanto ma avrebbe spiegato molte cose, indossate a fatica le scarpe non abbandonò la posizione di difesa anche quando si alzò e si avvicinò a muro: 

  - Dov’è la signorina Hanji, ora? -

  “Anche se non è presente la chiama in modo rispettoso.” 

Pensò Levi per poi rispondere: 

  - Molto probabilmente, e mi auguro per tutti noi, sia ancora nella sua stanza a dormire. -

Celine non gli tolse gli occhi di dosso, lo conosceva solo da quella volta dello scontro avvenuto tempo fa e l’era bastato per capire che ci doveva stare lontana da persone come lui, se era veramente un principe o un nobile.  

La sciarpina era ancora legata al collo. 

Anche se un punto a favore suo poteva darglielo, l’aveva soccorsa due volte. 

  - Perché non mi avete svegliato? Dovevo tornare alla mia base. - 

Per nulla impressionato, anzi forse agli occhi di lei poteva sembrare superficiale dato che continuava a guardarla in modo strano, anche se solo lui poteva dire il contrario, l’uomo rispose: 

  - Non le sembrava il caso... E neanche a me. -

Quella frase la stupì. 

  “Non gli sembrava il caso?” 

Si sentiva un po’ offesa dalla sua frase. 

La scelta di passare la convalescenza nell’esercito era sua, non era una bambina a cui dovevano dire cosa fare e decidere per lei, lo poteva dimostrare: 

  - Non erano questi i patti presi con i Comandanti Pixis ed Erwin. - 

Cercò di sembrare più sicura anche se era in una stanza non sua ed in compagnia di un estraneo: 

  - Lo so che sei della Guarnigione. Ma sta tranquilla anche su questo, nessuno è venuta a reclamarti in piena notte, sicuramente si saranno addormentati anche loro per il troppo alcool.  

Come al solito. -

Dalle sue parole a Celine sembrò un soldato troppo sicuro di sé, non si era di certo scordata il loro primo scontro, infatti prese le sue parole come una provocazione bella e buona, l’ennesima, e di certo non ci sarebbe cascata. 

  - Di chi è questa camera? -

Infatti cambiò argomento. 

Lui stava già sorseggiando qualcosa tenendo la tazza nel suo personale modo, sennò rischiava di raffreddarsi, la ragazza si accorse anche di quello e le sembrò ancora più strano.  

Levi invece continuava a seguirla con lo sguardo che sembrava ancora più impassibile: 

  - Prova ad indovinare. Ci sono io, sei ancora al quartier generale della Legione Esplorativa, ieri notte ti sei addormentata nel laboratorio di Hanji. Sarà mia, o no? -

Anche quest’ultima sua frase detta così sembrava un’istigazione alle orecchie della ragazza, che l’aiutò a capire meglio la situazione: 

  - Ho dormito sul tuo letto?- 

  - Ovvio, non potevo farti dormire per terra, non con quel braccio. - 

  - Ma tu dove hai dormito allora? - 

  - Dove sto seduto ora. - 

A quelle parole Celine trovava quel ragazzo incredibile. 

Aveva visto dei suoi compagni dormire seduti dopo una lunga bevuta, almeno smaltivano in quel modo la solita sbronza, ma mai l’era capitato di vedere con i suoi occhi chi lo faceva di sua spontanea volontà. 

   - Rilassati – le disse sempre lui vedendola così sulla difensiva - È una mia abitudine dormire seduto. Basta che in un paio d’ore riesco a recuperare le piene forze, proprio come devi fare tu ora dato che devi affrontare un’altra giornata con Hanji. 

E stavolta dille se hai fame, sete, o devi andare in bagno. - 

In effetti aveva ragione, per non disturbare i pensieri e gli studi di Zoe, non le aveva detto né che aveva fame, né che stava morendo dal sonno ed era stanca. 

Almeno in bagno era riuscita ad andarci, e non aveva pensato più nemmeno a scappare. 

Comunque sia in quel momento il suo stomaco si destò e reagì in modo alquanto prepotente facendole mettere una mano sulla pancia. 

  - Visto? - il suo gorgoglio lo sentì persino l’uomo che era poco distante da lei – Dai vieni. Non ti mordo. -

E bevve un altro sorso. 

Mossa più dalla fame che dal suo attacco di cortesia, si avvicinò e si sedette sulla sedia libera davanti a lui, tra le varie cose che poteva scegliere prese la tazza coperta con un piattino. 

Anche questa cosa non l’aveva mai vista, però intuì subito il motivo, era per evitare che il vapore della bevanda si perdesse ed il liquido si raffreddasse, in questo modo si riscaldava con il vapore suo. 

  - Non dovevi disturbarti tanto. Ti ho anche rubato il letto. - 

  - Tanto è rimasto qui, non te lo sei portato via. E anche se lo avessi fatto non ci dormo. Ripeto. È forse anche per questo che risulto scorbutico a tutti. - 

Questa sua frase non sembrava tanto una provocazione, forse un tentativo di fare una battuta di cui nemmeno l’ideatore rideva. 

Celine fece un sorriso che durò solo cinque secondi e poi prese la tazza davanti a lei, sollevò il piattino, annusò la bevanda e la riconobbe all’istante. 

La sua fortuna era che, essendo nata e cresciuta in un ambiente in cui si trovava e vendeva ogni tipologia di the, tisane ed infusi, aveva anche imparato a riconoscerle, questa volta fu una delle tante. 

  - The nero.- 

Lo disse più a se stessa ad alta voce, non voleva di certo impressionarlo, ma l'uomo la guardò sorpreso, era una delle rare volte in cui qualcuno riusciva a colpirlo. 

  - Esatto. Te ne intendi? - 

Bevendone un sorso continuò a dire tra sé e sé che non voleva sorprenderlo, non era un suo superiore. 

  “Devo però ammettere che è stato gentile.” 

  - Diciamo di sì. E preferisco prenderlo pure io alla mattina. Non tutti quelli della Guarnigione bevono vino appena svegli. - 

Anche se cercava di starci lontana, riusciva a dire sempre qualcosa in più, non sapeva come lui riuscisse a farla parlare. 

Oppure era lei che ne aveva bisogno? 

Poi, strano ma vero, anche lui decise si aprirsi un po’: 

  - E meno male. Finalmente sono stato fortunato ad aver incontrato l’eccezione che conferma la regola. 

Questo ti fa onore e ti rende diversa.- 

Con queste parole la ragazza era più sorpresa di lui che gliele aveva appena riferite.  

  “Che aveva detto la signorina Zoe a riguardo?” 

Da come se lo ricordava, caratterialmente, sembravano essere passati secoli e non anni.  

Lei ora ne aveva ventiquattro ma poteva sembrare che ne avesse ancora diciotto, era molto giovane e anche il suo viso ed i suoi occhi aiutavano a renderla così. 

Sembravano quelli di una ragazza che ancora doveva scoprire le vere cattiverie del mondo, ed invece era un soldato. 

Quando assaggiò la bevanda calda, meno male che non si ustionò le labbra o il palato.  

Era facilmente bevibile, subito le tornò in mente casa sua. 

  - L’esercito non è come me lo aspettavo... - 

  - No? - 

Ormai era in ballo. 

  - No. Pensavo che i soldati della Guarnigione aiutassero le persone in difficoltà. 

Ho scelto questo apposta questa legione... E invece ho trovato solo soldati che bevono e ridono dalla mattina alla sera.  

Eppure anche chi lo è da più tempo di me dice di aver visto le cose più brutte di questo mondo, per questo decidono di bere.  

Lo fanno per dimenticare. 

Io questo non lo capisco. 

Poi ci siete voi che uscite dalle mura e tornate sempre di meno. 

Come fate?  

Non avete paura? - 

Levi ascoltò con attenzione le parole del soldato non solo per cortesia, ma anche perché sembrava veramente interessato ai suoi pensieri. 

Per una volta nella sua vita poi. 

Non sapeva perché ma l’aveva colpita, e questa volta non in senso fisico andandogli di nuovo addosso, anche qualcosa in lui sembrò cambiare: 

  - Beh, ovvio... Ma se non ci allenassimo per questo, chissà quanti nemici ne approfitterebbero, e non solo i giganti. 

Voi cercate di mantenere il controllo dentro le mura, noi invece vi proteggiamo oltre. 

Esistono pure giganti di classe molto piccola, se entrano quelli è finita. Sarebbe un guaio per chi non li sa combattere. 

Per quanto riguarda te, confermo ciò che ho detto prima, sei diversa da quella massa di perdigiorno. 

Sei anche troppo in gamba per quel corpo militare.  

Persegui scopi nobili e spero che questa esperienza di scelta non sia troppo dura da dover affrontare con la realtà. - 

L'intento di Levi non era solo quello di farle un complimento, ma anche darle ragioni in più per essere diversa, era una specie di sprono a continuare e a non cadere nelle varie tentazioni che spesso circondano e annebbiano qualunque essere umano.  

E lui queste cose le sapeva anche troppo bene. 

Solo allora Celine prese le sue parole come un piccolo complimento ed un vero approccio verso di lei. 

Non sembrava male come persona, se era veramente cambiato in sei anni a questa parte, inoltre sperava si ricordasse che le doveva delle scuse per quella “mocciosa”, dato che se lo era ricordato pure lui prima. 

  - Quello che volevo dire Celine, giusto? Ti chiami così? - dopo aver bevuto un altro sorso di the alla sua maniera, la ragazza annuì guardandolo per seguire il suo discorso – Continua a seguire il tuo istinto, se è il cuore che ti guida. 

Non avere ripensamenti e non pensare mai che potevi fare di meglio. 

Essere soldati ti spinge a pensare in fretta. A volte devi saper scegliere tra cos’è giusto e cosa non lo è. 

Le conseguenze poi sono sempre dietro l’angolo in qualunque caso. 

Pure io ho sbagliato molte volte e se dovessi tornare indietro non le rifarei... Ma io non sono un caso da tenere in considerazione. - 

Dopo queste sue parole la ragazza non sapeva davvero a cosa pensare. 

Aveva ancora in mente sia le parole di Hanji che i due tipi di Levi: quello che aveva conosciuto sei anni fa poteva essere un'altra persona, e ora invece eccolo così. 

“Sembra di aver visto le due facce di una stessa medaglia. 

Ma chi era questo Levi? 

Chi era questo capitano tanto rude e scorbutico ma, allo stesso tempo, eroe dell’umanità?” 

Continuò a guardarlo dritto negli occhi, erano ancora come li aveva visti la prima volta: color del più freddo dei ghiacci, anche se ora le sue parole sembravano calde e sincere. 

Si sentì in dovere di ringraziarlo e non solo per i loro discorsi: 

  - Grazie... - 

Per Levi quella parola era come sentire un qualcosa di raro. 

Aveva ragione a pensare che lei fosse diversa, lo si vedeva da lontano che era ancora troppo inesperta per il ruolo che aveva scelto di svolgere nella sua vita. 

Sperò che né la corruzione, né tanto meno altre persone maligne, in futuro, sarebbero riuscite a plagiarla e a farle cambiare direzione. 

Cosa che poteva succedere anche a lui, per fortuna, grazie all’aiuto di Erwin e Zoe, dopo il primo periodo in cui aveva perso Furlan e Isabel, non accadde. 

Al contrario Hanji soprattutto, fu di grande aiuto per lui. 

Ricordava ancora quel discorso nella camera, se non voleva stare da solo tutta la vita, doveva provare a parlare in modo gentile con altre persone, senza giudicarle alla prima apparenza, e ai loro primi sbagli che capitava di fare. 

Dal primo incontro con Celine gli erano rimasti impressi i suoi profondi occhi, anche se erano spaventati. 

Levi non ci avrebbe mai scommesso su un altro incontro con lei. 

Due eserciti diversi, due posti in cui risiedere, anche distanti tra loro, più di mille soldati differenti che poteva incontrare ogni giorno, ed ora eccoli di nuovo lì insieme a parlare, questa volta in modo normale. 

Celine stavolta prese coraggio: 

  - Queste parole... Le aspettavo da molto tempo. Ho trovato solo persone che mi hanno guardato con paura o pietà, e anche superficialità, solo perché ho scelto di arruolarmi. 

Per non parlare poi delle volte in cui sono stata derisa. 

Piccola di statura come sono, come posso io aiutare le persone? 

Eppure è quello che voglio fare.  

Solo lei. - sì, dava a Levi del lei - Mi ha aiutato a capire che, forse, non sono stata così incosciente. 

E... Anche un’altra persona mi ha dato parole incoraggianti per questa mia scelta. - 

Al solo pensiero sia dell'amato fratello e sia del fatto che era ancora disperso, una lacrima traditrice le uscì da uno dei due occhi. 

Questo momento confermò di più il pensiero del capitano, ancora non conosceva la cattiveria vera, quella che cambia le persone da dentro. 

  "Forse, più che dirle di continuare, dovrei spingerla pure io ad abbandonare questi suoi pensieri da bambina e andarsene prima che sia troppo tardi. 

È meglio per lei ma... Non ce la faccio.” 

Ed era vero, più il capitano cercava di dirle di abbandonare questo ruolo ed il suo progetto, più invece riusciva a frenare la sua lingua. 

Mai era successa una cosa del genere nella sua vita, poi notò la sua lacrima. 

Capì solo da quella che c’erano persone vere, sincere con puri sentimenti. 

  - Tyron? - 

Azzardò a dire quel nome, la reazione della ragazza divenne stupita, lui confermò ancora di aver indovinato qualcosa di lei. 

  - Ma come lo conosce? - 

  - Lo hai chiamato nel sonno. Probabilmente stavi facendo un incubo e chiamavi questa persona. Dev'essere una davvero importante. - 

Anche per questo Levi preferiva dormire su una sedia invece che su un letto, faceva sogni inquietanti, incubi in cui rivedeva la morte dei suoi compagni e anche i suoi cari amici. 

Oppure sognava di cadere nel vuoto, questo in particolare gli causava molta ansia durante la notte e tutto il giorno successivo, poi per caso scoprì questa nuova posizione per dormire alquanto strana ma molto efficace, anche se la durata del suo sonno non era mai tanta. 

E poi, c’era un’altra cosa che non voleva dire a nessuno, nemmeno a se stesso, da quando era bambino aveva associato il letto alla morte perché, una delle persone che aveva visto in quelle condizioni, era stata sua madre. 

Gli bastava vedere un letto per stare male, nonostante fosse passato molto tempo, quel mobile gli ricordava la persona che lo aveva messo al mondo, ed era stata anche la prima ad averlo abbandonato in quella stanza sottoterra.   

Questo non lo aveva mai detto a nessuno. 

  - Se avessi iniziato a gridare ti avrei svegliato, ma ti sei calmata dopo un po’. -

Stranamente era curioso di sapere chi fosse questa persona, questo Tyron, sapeva che nell’esercito era vietato, dalla parte femminile almeno, avere un compagno ed essere allo stesso tempo un soldato.  

Perché? 

Ovvio, avere un fidanzato significava sposarsi, sposarsi portava ad avere dei figli, e quindi la donna o doveva pensare a combattere per la patria, oppure fare la madre. 

Molte però erano le donne che si erano arruolate e non avevano né compagni e né prole e ovviamente, se capitava di trovare qualcuno mentre erano dentro l’esercito, era difficile togliere la divisa della propria legione di appartenenza e uscirne. 

Molte regole e divieti legavano le persone all’esercito. 

Riguardo alla ragazza che le stava davanti era solo molto curioso, anche se riusciva a non darlo a vedere. 

Era bravissimo a nascondere le proprie emozioni, soprattutto davanti ai suoi sottoposti. 

Mentre aspettava, vide che Celine si mise una mano sul viso e iniziò a parlare da sola: 

  - Allora le mie compagne avevano ragione... Che vergogna... - 

  - Non ti preoccupare, tutti hanno gli incubi. - lui compreso ma non lo disse – Non è successo nulla di grave. - 

Alle parole di Levi la ragazza lo guardò con gli occhi lucidi: 

  - Incubi dici? Tutti hanno degli incubi in cui si vede il proprio fratello bloccato in un paese che nemmeno conosce perché si è ammalato? - 

  “Ecco! È il fratello.” 

E anche questa curiosità riuscì a concluderla con facilità. 

Sapeva ancora persuadere bene, nonostante non lo facesse da anni e non era più nemmeno nella città sotterranea, ovviamente queste erano le maniere buone, la maggior parte delle volte passava direttamente alle cattive. 

Averlo, però, scoperto in questa maniera provò dentro di lui un senso di tristezza per lei. 

Era figlio unico per quel che ne sapeva, le uniche persone che aveva considerato tali da essere chiamati con quel nome erano sempre stati Furlan ed Isabel. 

Poi tutti gli altri da lui erano considerati sottoposti o estranei. 

Chissà cosa significava avere davvero una famiglia unita. 

  - Mi dispiace. – e lo pensava davvero – Anche tra i miei cadetti c’è chi ha perso un fratello a causa dei giganti, chi anche i genitori e, in un caso che ho vicino, anche un nonno. 

Purtroppo i giganti non sono nemici con cui riesci ad avere un rapporto. 

Sono stupidi e se non li attacchi tu rischi di essere mangiato. 

Non pensano, e noi dobbiamo agire di conseguenza. - 

  - Ma non ci sono solo loro come nemici principali, l'ha detto prima anche lei. - 

  “Ha ragione.” 

Pensò sempre Levi, e lui era stato uno di quelli da evitare come la peste. 

Era la dimostrazione fatta a persona che c’erano persone cattive, lui lo aveva fatto in passato per essere rispettato e per difesa personale. 

Con il titolo di soldato prima e capitano poi era cambiato tutto. 

Persone considerate buone erano Erwin, Zoe e molti altri, tutte attorno a lui che gli avevano fatto cambiare idea anche su se stesso. 

Levi e molti altri soldati avevano perso molte persone importanti sia mentre tentavano di affrontare i giganti e sia mentre cercavano di scappare. 

Ne aveva anche visti morti altri quattro nei giorni scorsi, e lui ancora una volta era lì. 

Mentre erano immersi in un malinconico silenzio, qualcuno di esterno alla stanza, bussò in modo alquanto forte alla porta della stanza dell'uomo chiamandolo anche a gran voce: 

  - LEVI!!! - 

Le reazioni dei due soldati furono differenti ma entrambi, inizialmente, saltarono sul posto.  

Celine si era messa una mano sul cuore, meno male che aveva le mani libere dalla tazza, di tutto si aspettava tranne che qualcuno bussasse in questa maniera. 

Levi invece, come già fece in laboratorio, alzò lo sguardo verso l’alto e sembrava anche molto scocciato anzi, per una volta non si espresse nemmeno con parolacce rivolte a chi stava dietro alla porta. 

Tutto questo per evitare di mettere più a disagio l’ospite. 

Si limitò solo a dire: 

  - Ma che diamine... - 

Raggiunse la porta, non gli serviva indovinare la fonte di questo brusco modo di chiamarlo all’attenzione.  

C'era una sola persona che poteva gridare in quel modo a quell’ora del mattino, infatti lo confermò appena aprì la porta: 

  - Buongiorno! - era allegrissima – La mia assistente è ancora viva? - 

  - Tu non hai proprio mezzi freni, quattr’occhi. - 

La sua frase risultò poco simpatica a Levi, era lei che la sera prima l’aveva fatta addormentare sugli appunti, e anche fatto saltare la cena. 

Poi da sola la caposquadra notò la presenza di Celine che stava facendo colazione, questa immagine la tranquillizzò moltissimo, quasi non ci aveva dormito la notte tanto si era sentita in colpa per aver dato più concentrazione, ed interesse, alla sua ricerca. 

  - Celine, cara. - disse da fuori la stanza – Perdonami per ieri sera. 

Come hai fatto a dormire a stomaco vuoto, senza lamentarti? -  

Dato che nella Guarnigione aveva imparato a gestire bene il cibo che veniva dato loro durante il giorno, anche se a volte capitava che preferiva lasciare qualcosa agli altri perché sembravano più affamati di lei, si era abituata a mangiare di meno, per questo si saziava molto col the. 

  - Non fa niente, signorina Hanji. -

Giunse ancora le mani in segno di preghiera: 

  - Non dire in giro che ho combinato. - 

Questa volta fu il capitano a rispondere al posto suo, prima però sospirò come se fosse innervosito o spazientito: 

  - Sono sicuro che non abbia alcun interesse a sputtanarti così. È una brava persona la contrario di altre. - e guardò la caposquadra con lo sguardo storto - È anche molto composta, non come te. - 

Entrambe le ragazze rimasero di sasso per le sue parole. 

  - Se hai ancora bisogno di lei, lascia che almeno finisca la sua colazione, e mi raccomando, sta più attenta ai suoi bisogni. 

Nessuno è strano come te. -

Terminò così il suo intervento. 

Celine non sembrava avere più dubbi, il Levi di adesso era uno diverso dalla prima volta, questo gli faceva veramente molto onore, allora chiunque poteva cambiare, persino i principi. 

  - Questo lo avevo già capito da sola, Levi. – stavolta fu Zoe a parlare – E per quanto ti riguarda, nessuno è anche diffidente come te. - 

  - Io? Diffidente? - Levi sospirò di nuovo e mise due dita vicino al setto nasale, chiudendo anche gli occhi – Mi fido solo di chi mi devo fidare, e stranamente tu sei tra quelli, anche se non te lo dico mai. 

Non farmi cambiare idea dopo ieri, vacci piano con la ragazza della Guarnigione. Credo che sia stremata da te dopo ieri, e presumo anche spaventata da me.>> 

  - Che hai combinato? - 

Si allarmò subito, la donna alta sapeva dei suoi modi bruschi, che li abbia fatti conoscere anche lei? 

Fu Celine a rispondere: 

  - Niente, signorina Hanji, niente. - 

La domanda non aveva rivolta la domanda alla ragazza, che di certo non sapeva nulla, ma a lui, infatti divenne seria di colpo, incrociò le braccia e assunse anche un tono più responsabile e deciso: 

  - Che hai combinato? -

  - Abbiamo solo parlato un po’ non ti allarmare, e a quanto pare sono lieto di essermi sbagliato sulla Guarnigione. 

Però, di nuovo te lo ricordo quattr'occhi, vacci piano con lei 

Per me invece è arrivato il momento di dare la sveglia ai cadetti. - passò un dito sul pomello della porta controllando la patina che gli era rimasta sulle dita - È giorno di pulizie. -

Ed ecco anche il Levi delle pulizie che intendeva la caposquadra proprio il giorno prima.  

Era la prima volta che Celine notava questo comportamento in un uomo che non fosse della sua famiglia, i suoi colleghi erano tutti l’esatto contrario e sporcavano ovunque, anche solo guardando un qualcosa con gli occhi. 

Oltre a lei, Celine aveva davvero trovato poche persone diverse nell’esercito, e questo capitano era uno di quelli. 

  - Benissimo allora. - Zoe ritornò ad essere allegra di botto e mise le mani sulle spalle di Levi – Tu vai a svegliare i cadetti. - con una mossa si cambiarono di posto in un secondo – Io invece sto qui con Celine. -

Quel gesto fece sbalordire la ragazza, poi riuscì a sorridere con sincerità e tranquillità, peccato che non vide la reazione dell’uomo dopo il contatto con le mani di Hanji: si passò le sue sulle spalle pulendosele con un’espressione infastidita sul viso. 

Zoe sapeva che odiava il contatto fisico e non ci stava per niente attenta in alcuni casi, poi si trattava della quattr’occhi che per via degli studi si dimenticava persino di lavarsi i capelli, meno male che interveniva spesso il capitano. 

  - E non ti preoccupare non toccheremo, e soprattutto, non sporcheremo nulla nella tua stanza. - 

  - Ecco, questo mi rassicura di più.  

Anche i cadetti sanno che se non si svegliano al suono della campana non avranno il vitto. - prima di incamminarsi rivolse un ultimo consiglio al soldato della Guarnigione – Mi auguro che il tuo soggiorno qui non sia troppo faticoso. E dì pure tu a questa quattr'occhi di merda di fermarsi se hai bisogno. - 

Celine bevve il suo ultimo sorso di the e rispose poi: 

  - Va bene. Grazie. - 

  - Tranquillo Levi, non accadrà più un errore del genere. - 

Rassicurò di nuovo Zoe per evitare altre sgridate davanti a lei. 

Hanji aveva il grado più alto di Levi, era lui a doverle rispetto e non parlarle in questo modo. 

Una volta, e finalmente sole, la donna si scusò di nuovo con Celine: 

  - Perdonami. Perdonami. Perdonami. - 

La giovane ridacchiò ancora per i suoi modi buffi: 

  - Va tutto bene signorina Hanji. Non è colpa sua. - 

  - Ah, che sollievo. - 

Finita la colazione, anche insieme alla caposquadra, Hanji prese il vassoio con tazze e piatti vuoti e, prima di recarsi al laboratorio, passarono dalle cucine per lasciare il tutto. 

Ovviamente, durante il tragitto non mancarono le chiacchiere tra le due donne: 

  - Dimmi la verità, davvero non ti ha fatto nulla di strano? - 

Chiese Hanji: 

  - Sì, non è successo nulla. Ma perché me lo chiede? - 

Rischiava di spaventarsi così, e dopo tutto quello che era successo sia con lei che con lui, aveva paura di non aver colto dei segnali di pericolo nell'aria.  

  - Per quello che ti ho detto ieri. Vedi, Levi è una persona col carattere molto particolare. Lo hai notato pure tu che sguardo ha per la maggior parte del tempo, no? - 

  - Sì, ma perché mi sta avvisando ora? -  

La caposquadra fece un sospiro profondo e parlò con voce seria: 

  - Perché ieri sera ero troppo impegnata con i miei studi. - si giustificò - In poche parole, io conosco in parte la sua storia personale. Non è diventato un soldato per sua scelta, ma una volta dentro ha perso le due persone più care a lui, i suoi amici. E poi ha iniziato a perdere anche i suoi cadetti e soldati... Ma questa vita è migliore rispetto a quella che faceva prima. - 

Celine ascoltò anche lei con molta attenzione senza interromperla, nemmeno negli attimi di pausa. 

  - Con me è riuscito ad aprirsi dopo molto tempo che era entrato nella squadra di Erwin. E da solo sta affrontando pericoli e dolori che a volte sono troppo grandi anche per lui. - 

  “Povero Levi.” 

Riuscì a pensare subito il soldato della Guarnigione.  

Mai avrebbe immaginato una cosa del genere dietro agli occhi freddi di una persona come il capitano della Legione Esplorativa.  

  - Non posso dirti io la sua storia. - continuò la caposquadra – Dato che se siete riusciti ad avere una conversazione civile, aggiungo senza farvi del male, spero che piano piano te ne parlerà lui di sua spontanea volontà. 

È sempre chiuso in se stesso, magari una persona esterna a quelle che vede lui di solito, come te per esempio, potrebbe essere positivo per lui. - 

  “Un soldato che non muoia subito dopo.” 

Pensò Zoe mentre sperava con tutto il cuore che questa sua teoria potesse almeno funzionare. 

Se una pensava in modo fiducioso l’altra, che era Celine, non sapeva in che senso glielo stava dicendo. 

In che modo conoscere una persona come lei doveva essere una cosa positiva per uno come Levi? 

L’uomo era il capitato più forte dell’umanità, in aggiunta anche un nobile, e lei un semplice soldato. 

Erano riusciti ad incontrarsi solo due volte in sei anni, ma per quanto la riguardava, in effetti, non potendo uscire dalle mura a combattere i giganti, Celine era più propensa a sopravvivere, e ci era riuscita bene anche quella volta dell’attacco a Trost. 

Non che la cosa la facesse sentire meglio. 

Lei voleva solo aiutare le persone, non come i suoi compagni che bevevano dalla mattina alla sera, anche se l’unica volta che aveva aiutato qualcuno era stata punita, e questa volta pure l'era successo qualcosa di brutto. 

  - E comunque ripeto, mi sorprende il fatto che sei riuscita ad avere una conversazione tranquilla, questo è già un bel passo avanti per lui che non riesce mai a fidarsi di qualcuno, e di questi tempi fa anche bene. 

Deve anche capire da solo che non esiste solo il lavoro. 

Può fare qualcosa di diverso come, e con chi desidera, ogni volta che si sente esplodere, anche ogni volta che non vuole essere considerato come il soldato dell’umanità. 

Deve ricordarsi che anche lui è una persona. 

È un uomo con le sue fragilità e i suoi limiti, altrimenti rischia di perdere anche se stesso. - 

Mentre le due ragazze erano intente a parlare, il diretto interessato avvertì un’altra sensazione mai sentita in vita sua: un forte mal di testa che lo fece fermare nel corridoio che portava alle stanze dei cadetti, lo fece soffrire per poco ma bastò per chiedersi cos’era.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Da quella volta, Celine riuscì a parlare di più con Zoe nei giorni successivi, mentre con Levi si poteva dire che, in alcuni momenti, c'era ancora una specie di tensione da parte della ragazza. 

Soprattutto se parlava con quel tono duro verso la caposquadra che era un suo superiore, poi però notava che Hanji non si faceva scalfire dalle sue parole, anzi, riprendeva a lavorare come se nulla fosse successo.  

Pur non essendo di quell'esercito, Celine continuava a portare sempre rispetto ad entrambi e ad altri che vedeva di rado, anche se forse erano soldati del suo stesso grado. 

Inoltre riuscì anche a dirle che doveva fermarsi, ad un certo orario doveva proprio smettere per tornare alla sua base. 

Ovviamente qualcuno che l'accompagnava la sera c'era sempre, la sicurezza non era mai troppa, diceva Zoe, soprattutto per chi è indifesa e inabile. 

Una volta in stanza sua era talmente stanca che voleva solo andare a letto, ma le sue compagne di stanza volevano sapere tutto, dalla A alla Z di quei soldati. soprattutto del Capitano Levi. 

Tutte lo conoscevano tranne lei, quando lo notò si sentiva quasi come se fosse stata fuori dal mondo, per fortuna che anche nella sua camerata ci fu una novità, una delle due nuove compagne fu quella ragazza che l'aveva aiutato a salire la prima volta sulle mura: Doreen. 

Le due si riconobbero subito e la nuova cercò di aiutare la ragazza ferita a cambiarsi, lavarsi e anche a lavare i vestiti come solo Celine voleva. 

In tutto questo clima però riceveva sempre lettere dai suoi genitori dicendole in una che Tyron stava ancora male e bloccato a Ragako e poi le lettere da lui smisero dall’oggi al domani. 

Non avevano più notizie del primo figlio e non c’era modo di poter uscire a cercarlo fino a quel paese. 

Avevano chiesto aiuto anche ad alcuni soldati della Legione Esplorativa per andarlo a cercare, purtroppo la richiesta ancora non era stata accettata e pregavano ancora che fosse sano e salvo. 

Ovviamente la sorella minore non viveva per niente bene questa situazione e si sentiva di nuovo il cuore pesante, anche se la caposquadra le dava sempre delle ottime scuse per distrarsi, senza però sapere la verità, e la ragazza obbediva senza protestare. 

Erwin aveva anche avvertito la caposquadra del giorno libero del soldato della Guarnigione, e ciò voleva dire di lasciarla in pace, invece proprio quel dì Celine era sempre al loro quartier generale ma nell'infermeria. 

Dato che erano stati loro a soccorrerla giorni fa, erano anche quelli che conoscevano di più la ferita e sapevano come organizzarsi per le cure e anche come metterle le fasciature. 

Inoltre le dicevano che non doveva fare inutili sforzi con quel braccio, evitare movimenti bruschi e, cosa molto importante, non toccare mai la ferita con le mani infette o esporre il braccio a cose estranee e sporche. 

Meno male che sempre da quelle persone Celine riceveva parole di conforto: 

  - La ferita sta andando bene, il braccio però è ancora troppo debole per usarlo come prima e sottoporlo agli sforzi. Pensavamo peggio.- 

Le diedero delle garze pulite nel caso le dovesse cambiare. 

Finita la visita, Celine uscì dall'infermiera per recarsi alla sua base, aveva bisogno di riposare anche l'altro braccio dato che lo usava per scrivere gli appunti verbali e si avviò verso l'uscita che ormai conosceva. 

Mentre il soldato in borghese attraversava i corridoi del quartier generale, puntualmente si sentiva come degli occhi addosso che sembravano giudicarla o parlottare fitto fitto appena passava lei. 

Non era nella sua natura essere paranoica anche se, quando si voltava verso alcuni capanelli di soldati del Corpo di Ricerca, essi smettevano subito di parlare. 

  "Spero sia un'assurdità coincidenza." 

Pensò lei continuando a camminare. 

Quando attraversò il piazzale centrale per uscire si sentì chiamare a gran voce: 

  - CELIIIIIIINE!!! -

La ragazza si bloccò sul posto, solo una persona poteva chiamarla in quel modo e, anche se la conosceva da poco, si sentì un po' in imbrazzo, forse ora tutti intorno a lei sapevano qual era il suo nome. 

Si voltò verso la fonte della voce, al centro di un altro gruppo abbastanza numeroso di ragazzi, si trovava Zoe che la salutava agitando una mano. 

Lì per lì la ragazza salutò con quella buona solo lei, e poi notò che la caposquadra le intimava di avvicinarsi: 

  - VIENI CELINE, VIENI... AVVICINATI. - 

Un po' sorpresa dalla richiesta, Celine cambiò direzione ed avanzò verso di lei, e anche tutti quei soldati che non aveva mai visto. 

Stando sempre chiusa in un laboratorio usciva solo di rado, anche per mangiare restava lì. 

Non voleva sapere cosa pensavano di lei anche in quelle condizioni o che la giudicassero perché non era del loro esercito anche se si dava da fare. 

Prima di arrivare notò che la ragazza alta continuò a parlare al gruppo come se lei non fosse lì presente per il momento: 

  - Credetemi ragazzi, è fantastica. - quando arrivò Zoe si rivolse a lei - Celine cara, com'è andata la visita? - 

La ragazza si tranquillizzò anche davanti a tutti loro: 

  - Bene... Il braccio però è ancora molto debole, e mi fa male se muovo le dita. 

Mi hanno detto anche di continuare a cambiare al fasciatura ogni due giorni o se si rovina per qualche altra cosa, e soprattutto l'hanno trovato un po’ migliorato. - 

Sembrava che c'erano solo loro due quando raccontò della visita, gli altri intanto ascoltavano come interessati ed in silenzio. 

  - Beh certo, meno male che si sta riprendendo... Allora, dato che sei qua, e che passerai un bel po' di tempo nel nostro esercito, ho deciso di presentarti la squadra mia e di Levi. - aprì entrambe le braccia come se li volesse raccogliere tutti quanti. - Sono solo una piccola parte, gli altri li conoscerai col tempo. 

Ed ecco le presentazioni. 

Alla tua destra ti presento i giovani ragazzi di Levi: Jean, Connie, Sasha, Christa, Nifa, Armin, Mikasa ed Eren. - 

Celine li osservò tutti, erano davvero giovani, dei ragazzini, forse avevano la stessa età di quando lei aveva fatto giuramento. 

Non si ricordò di averli mai visti in giro, anche se... Quella ragazza chiamata Sasha le ricordava qualcuno e qualcosa, anche quel ragazzo chiamato Jean, li aveva già visti da qualche parte... Ma dove?  

Hanji intanto continuò:  

  - E poi loro sono i miei compagni e amici, Moblit, Nanaba, Belto, Nile, Mitami, Hanna, Daz e quello dietro di te è Mike. - 

D'un tratto si sentì come oscurata da qualcosa che aveva coperto il sole, poteva forse essere una nuvola carica di pioggia, forse un eclisse, invece era questo uomo altissimo che riusciva a coprire la luce del giorno per cosa? Annusare a sorpresa dietro il collo del soldato in borghese davanti a tutti. 

A sorpresa poi fece una specie di verso strano con la voce e cadde all'indietro con una faccia da ebete, mentre rideva anche come un ebete. 

  - Ehehehehehehe... - 

  - Non ti preoccupare Celine cara, fa così con tutti, anche se è la prima volta che reagisce così con qualcuno. 

Questo non me lo spiego pure io. - 

Tra le tante occasioni in cui Celine si sentì veramente tanto imbarazzata nella sua vita, ora c'era da aggiungere anche questo momento. 

Inoltre era stato fatto davanti a dei soldati che aveva conosciuto da appena cinque secondi, chissà che pensavano adesso di lei, di sicuro che puzzava tanto da far svenire un soldato come quello. 

Proprio in quell'istante arrivò il Capitano Levi che, fermandosi vicino a Mike, sospirò senza dire niente e poi lo superò raggiungendo la ragazza: 

  - Oh, è arrivato anche Levi, già vi siete conosciuti con lui, vero? - continuò la ragazza alza - E lei, ragazzi è Celine, quel soldato della Guarnigione che sulle mura ha cercato di aiutarci con Berthold. 

Dire che è stata coraggiosa è dir poco, vero? -

  - Tsk, come sei plateale oggi, quattr'occhi, per una semplice ragazza. - intervenne l'uomo che stava accanto a Celine - Non pensi che così la metti solo in imbarazzo? - 

  - Ma che dici Levi? È come una ventata d'aria fresca per tutti quanti, lo sai anche te no? È molto gentile, disponibile e anche molto attenta a detta di Pixis. - 

A proposito di aria fresca, proprio in quel momento si alzò un po' il vento verso di loro facendo volare foglie e ciuffi di capelli di tutti loro verso un'unica direzione, a sinistra. 

Questo fece anche un'altra cosa: dato che pure Levi si trovava alla sinistra di Celine, venne invaso d'un tratto da un buonissimo odore che lo riconobbe tra mille, era il profumo di the. 

D'un tratto si sentì confuso. 

Com'era successo? 

Eppure loro erano in uno spiazzo aperto, chi stava preparando del the fuori? 

Si guardò un attimo intorno al cortile, nessuno stava facendo nulla, nessuno aveva un the pronto. 

Stranamente qualcosa non gli tornava, non era la prima volta che sentiva quel profumo. 

Intanto Zoe riprese a parlare: 

  - Bene, dato che ha un braccio fuori uso, per ora, fatela sentire tranquilla, e se ha bisogno aiutatela senza che sia lei a chiedere. 

Visto che bella schiera di aiutanti, che hai? - 

Al contrario della spaventata Celine, la caposquadra era sempre molto esaltata anche se non si trattava di studiare qualcosa che riguardava i giganti. 

La ragazza della Guarnigione cercò di riprendere il controllo e anche di apparire normale, nonostante l'accaduto con quel ragazzo ancora a terra. 

  - Ciao e piacere a tutti... Mi chiamo Celine De Clairk, faccio parte della squadra che sta sopra le mura, e sono della Guarnigione. 

Scusate la mia strana... Presenza. Non vi darò alcun fastidio. -

  "Non come a questo ragazzo che è svenuto." 

Eppure la doccia se l'era fatta ieri sera. 

A sorpresa, uno dei giovani ragazzi di Levi, uno con la testa completamente rasata, si avvicinò alla ragazza guardandola da capo a piedi. 

I suoi occhi avevano una particolare sfumatura cerulea chiarissima, alla ragazza ricordarono le iridi di un gatto, le rivolse una mano per poi invece dire: 

  - Posso rimorchiarti? - 

All'inizio Celine stava per ricambiare il gesto, quando però sentì la frase bloccò la mano e guardò il ragazzo confusa: 

  - Cosa? - 

  - Connie! - lo riprese una dietro di lui, subito gli si avvicinò, lo prese dal colletto della giacca e lo allontanò dalla ragazza della Guarnigione - Scusalo, è solo un deficiente. - 

  - Sasha... Lasciami.... Stavo scherzando, volevo solo presentarmi. - 

Durante quello show Celine ritirò la mano senza dire niente. 

  - Che figuraccia, Connie... - 

disse invece un altro ragazzo con i capelli chiari. 

Dopo che Sasha fu di spalle la riconobbe subito. 

Era lei la ragazza che aveva rubato quel pezzo di carne da la loro dispensa quel giorno... 

  "È davvero lei..." 

Pensò senza però lasciar trapelare la sorpresa del momento, anche perché la caposquadra stava parlando di nuovo. 

  - Visto com'è gentile? E pensate che non l'ho mai vista bere come alcuni suoi colleghi. - 

  - Hannes era un eccezione. - 

A quelle parole in molti si votarono verso il ragazzo che aveva espresso la sua opinione, questo ragazzo era Eren. 

  - Eren... - lo riprese un ragazzo biondo - Non dire certe cose, non davanti ad una sua collega. - 

  -Esatto Eren, – di nuovo parlò il ragazzo alto – devi essere sempre quello che parla troppo e a sproposito. - 

Prima che tra loro due iniziasse un battibecco infinito, senza volerlo la ragazza intervenne: 

  - Voi conoscete Hannes? -

Celine si ricordava di questo soldato, anche se lo aveva incontrato solo un paio di volte. D'improvviso si era resa conto che era da un bel po' che non lo vedeva. 

A parte i turni, l'evento avvenuto sulle mura, e ora che lei doveva passare il suo periodo di convalescenza in un altro esercito, non lo aveva più visto nemmeno durante il tragitto tra le due basi. 

  - Certo che lo conosciamo. - continuò Eren - Da una vita. -      

  - Viveva a Shiganshina con noi. - intervenne il biondino - E ci ha aiutato a scappare quel giorno. -  

Hanji interruppe di nuovo le chiacchiere di tutti. 

  - Prima di dirvi il reale motivo di tutti quanti voi in questo luogo... Celine, hai portato ciò che ti ho chiesto? -

Dalla chiacchierata della sera precedente, prima che qualcuno della Guarnigione la venisse a prendere, la ragazza disse che si trovava scomoda a tenere i capelli liberi anche se le sue compagne l'aiutavano a lavarsi e vestirsi, lei però chiedeva sempre il meno possibile. 

Fu così che la caposquadra le propose se l'indomani, anche se era il suo giorno libero ed aveva la visita alla loro infermeria, di portare un paio di cose sue, due oggetti molto importanti. 

Il soldato in borghese si ricordò e le mostrò la spazzola ed i legacci che all'inizio usava per legarsi i capelli. 

Intanto la squadra di Hanji, Mike compreso, se n'era andata, l'uomo però fu l'unico ad averle dedicato un ultimo saluto con una faccia sognante. 

  "Che strano tipo anche lui." 

Pensò la ragazza. 

Rimasti solo i più giovani, la caposquadra parlò per l'ennesima volta: 

  -Benissimo. Ragazzi, vi voglio avvisare di una cosa.  

Dato che oggi è il giorno libero di Celine, anche voi potete passarlo in tranquillità. -

I presenti esultano solo per pochi secondi alla notizia perché la voce di Levi li rimise all'ordine: 

  - Andate a controllare i cavalli. - 

E subito il gruppo emise un disappunto in coro. 

  - Ma Capitano Levi, non è giusto... - ancora Connie parlò, anche se questa volta per tutti - Anche noi vorremmo riposarci. - 

Sotto gli occhi dei presenti, Celine compresa, Levi fece pochi passi che separavano i due, il capitano lo guardò fisso nei occhi, mentre il ragazzo più giovane sembrò farsi più piccolo di statura. 

  - Ti consiglio di eseguire l'ordine, Springer. Se il tuo cavallo avrà problemi a correre mentre ti porta in salvo da un gigante, esso non aspetterà che scappi via. 

Andate a controllare i cavalli. - 

Quel tono di voce mise i brividi a tutti, anche alla ragazza della Guarnigione, che non faceva parte della sua squadra, ma dato che era lì avrebbe voluto aiutarli per davvero, soprattutto se c'erano di mezzo gli equini, e invece doveva stare ferma. 

Tutti si recarono alle stalle, una volta lì Zoe chiese a Sasha se si poteva occupare dei capelli di Celine, la ragazza acconsentì. 

Loro due si misero in disparte, dove potevano anche vedere gli altri ragazzi che si prendevano cura degli animali. 

Proprio in quel punto c'erano alcuni di blocchi di paglia che qualcuno era riuscito a raccogliere e a sistemare in semplici rettangoli legati ai due estremi.   

Celine si sedette su uno di quelli e Sasha da dietro restava in piedi per stare più comoda, era alta anche lei. 

Cercò di non farle molto male quando la pettinava e si ricordò, senza però dirlo, che anche una sua compagna di stanza aveva fatto la stessa cosa con lei. 

Quanto le mancava Mina. 

 

Per non farsi prendere di più dalla malinconia, cercò di parlare con lei per farla sentire a suo agio: 

  - Hai dei capelli molto belli e morbidi. -

Anche Celine stava cercando un approccio per dirle che l'aveva riconosciuta e che si ricordava di lei, soprattutto per il fatto della carne della loro dispensa, solo che non trovava le parole adatte per evitare che si spaventasse. 

Poi per fortuna fu l'altra a trovare un valido argomento di conversazione. 

  - Oh, grazie... - 

  - Come fai a renderli così morbidi? Alcune ciocche poi sono più chiare delle altre... Sono davvero stupendi. - 

  - Sinceramente non lo so... Ma forse è grazie al the che sono così. - 

  - Il the?! Li lavi col the?! - 

  - Sì. - ammise lei in tranquillità - Lo uso anche sui vestiti per togliere l'odore di sporcizia, solo che ora, con il braccio così, non riesco... - 

Mentre parlavano una loro compagna, bionda e dagli occhi azzuri come il cielo, si avvicinò alle due, anche lei voleva forse conoscere la nuova ragazza, oppure era solo curiosa? 

  - La caposquadra Hanji ed Erwin ci hanno raccontato di te da un po'di tempo, soprattutto hanno detto che hai cercato di dare una mano quando Berthold e Reiner hanno combinato quel caos. - 

Appena Celine la vide notò subito il colore delle iridi di questa bella ragazza, così minuta le sembrava una bambola, una di quelle bellissime e rare, che solo le principesse potevano avere, oppure anche le bambine molto ricche. 

Sentendo poi quei due nomi il soldato in borghese non li associò a nessuno di quei ragazzi che stavano distanti da loro. 

  - Chi sono Berthold e Reiner? - 

Sasha da dietro rispose: 

  - Erano due nostro compagni che si sono rivelati dei nemici... Peccato.  

Non mi sarei mai aspettata un voltafaccia così... -

  - Non lo sapeva nessuno, Sasha. - precisò Christa - Nessuno va in giro con un cartello sulla schiena con scritto "Gigante". - 

Celine spalancò gli occhi a quelle parole: 

  - Giganti?! Erano giganti?! -

  - Purtroppo sì. E nessuno di noi lo sapeva, anche se loro sapevano di Eren. - 

Sentendo il nome del ragazzo da Sasha, questa volta a ragazza ricordò che lo aveva visto poco fa, aveva nominato Hannes. 

  "Lui è un gigante?!" 

  - Ma com'è possibile... - 

Il pensiero che tra quei giovani ci fosse un gigante, anche se per ora era una persona normale, la fece preoccupare e spaventare molto, infatti iniziò a tremare. 

Christa se ne accorse e intimò alla compagna d'armi di fermarsi, poi sempre la bionda si inginocchiò davanti a lei per guardarla negli occhi: 

  - Ehi calma, non sapevi di Eren? Sta tranquilla, non è pericoloso... - 

La ragazza della Guarnigione cercò di concentrarsi sulle parole della biondina, anche se i suoi occhi fecero il lavoro più grande. 

Erano davvero belli, non c'era altro da dire. 

  - Scusa se te lo abbiamo detto così, non sapevamo se la caposquadra Hanji ti avesse avvisato riguardo a lui. - 

Anche la ragazza bruna era davanti a lei in ginocchio, era davvero dispiaciuta per la situazione creata: 

  - Ma ti giuriamo che non è come gli altri. - continuò - Lui è diverso, lui non ci mangia, anzi, ha aiutato lui a chiudere le mura a Trost... Dovevi vederlo, ha sollevato tutto da solo un grosso pezzo di roccia per bloccare l'entrata di altri giganti. - 

Doveva vederlo, diceva Sasha? 

Se lo ricordava eccome, anche lei era lì quel giorno... 

Aveva ancora nella mente quel gigante che, mentre camminava, trasportava un macigno davvero enorme, forse più grande di lui, pensava fosse solo un anomalo, non un ragazzo della loro età. 

  - Io c'ero... L'ho visto... - le tre si guardarono - Ma come può essere quel ragazzo un gigante? È impensabile. - 

  - Non lo sappiamo nemmeno noi, Celine. 

E davvero non ci ha mai fatto del male, anzi, l'ultima volta non si è nemmeno riuscito a trasformare... Nemmeno lui lo sa come ci riesce. - 

La ragazza col braccio offeso alzò lo sguardo per poter osservare quel giovane chiamato Eren che stava pulendo uno stallone nero. 

Come poteva essere lui gigante? 

Se altri si nascondevano tra le persone sarebbe stata la fine. Mentre pensava a questo anche un altro cavallo nero, uscito dalla stalla per farsi fare la pulizia, si avvicinò alle tre ragazze e se non avesse sbruffato non si sarebbero accorte della sua presenza. 

Si fermò a pochi centimetri dal viso di Celine, fu allora che la ragazza riconobbe anche lui. 

Tempo fa gli aveva regalato una mela: 

  - Ma sei tu... Ciao... -

Di corsa arrivò di nuovo Levi che lo prese dalle briglie: 

  - Ehi, non disturbare. - 

e allontanò il cavallo che lo seguì prima col collo e poi con le zampe. 

  - Scusi Capitano. - Celine ebbe il coraggio di parlargli ancora - Non si preoccupi. Non mi stava dando fastidio, anzi, è un bellissimo cavallo. - 

Nonostante la chiacchierata tra di loro a colazione, tra lui e Celine non ci furono molti altri momenti in cui potevano conoscersi meglio, anche perché era l'assistente di Hanji non di Levi. 

Senza voltarsi il capitano rispose: 

  - È scappato da solo, non pensavo che sarebbe venuto fin qui. E grazie, è uno come tutti. Spero non ti abbia spaventato. -

Dopo questo momento le due ragazze finirono di sistemarle meglio i capelli insieme, Sasha non era brava a fare una treccia, allora Christa non solo l'aiutò, ma fece una diversa acconciatura che avrebbe aiutato ad illuminarle di più il viso della ragazza. 

Lasciò due piccoli ciuffi di capelli al lati del viso, fece una mezza coda con un legaccio e con l'altro poi legò una treccia più piccola alla fine. 

La bruna intanto stava osservando tutto e poi quando vide la ragazza in faccia ne rimase sorpresa: 

  - Wow... Christa, sei stata bravissima... Celine, se potessi vederti, sembri un'altra persona. - 

  - Posso rimorchiarti? -

A sorpresa Connie si era riavvicinato, e non solo lui. 

Dato che era quasi arrivato l'ora del pranzo, si erano fermati per fare una pausa e intanto avevano anche raggiunto le due compagne, anche loro erano anche molto curiosi di conoscere il soldato di un’altra legione. 

  - Connie... - lo riprese ancora Sasha - Sei davvero impossibile. - 

Anche Eren, Mikasa ed Armin si erano avvicinati ai compagni e allora Celine ne approfittò per parlare ancora con loro, anche se ora sapeva cos'era il ragazzo dagli occhi verdi. 

  - Scusa Eren, hai detto prima che conosci Hannes? -  

  - Eccome se lo conoscevo. Beveva in continuazione. -

  - Eren... - di nuovo il ragazzo biondo lo riprese - Non parlare così... Vi ha portato via da quel gigante. - 

  - Ma non ha salvato mia madre. Potevamo farcela. - 

  - Restare a Shiganshina era diventato troppo pericoloso anche per noi. - stavolta a parlare fu la ragazzina con una sciarpa rossa al collo - Ha fatto solo del suo meglio. - 

Al nome della città, il soldato col braccio offeso cercò di andare a logica sul giorno di cui stavano parlando loro. 

Era quello in cui lei aveva fatto giuramento, ed era stata messa anche in punizione per via di uno sbaglio... 

  - State parlando di quando... Quando i giganti sono entrati in quella città? -

chiese lo stesso per confermare. 

  - Sì. Se siamo qui lo dobbiamo ad Hannes. - 

Alle parole del ragazzo biondo, Celine collegò che forse l'uomo avesse detto il vero, erano loro tre i bambuni a cui si stava riferendo, non stava cercando di farla mettere ancora di più in punizione. 

Nonostante gli anni passati si sentì in colpa. 

La ragazza si alzò e avvicinò ai tre: 

  - Hannes allora diceva la verità... Eravate voi tre... Scusatemi ragazzi... - 

  - Per cosa? Ti abbiamo conosciuto solo ora. - 

Fece notare il ragazzo moro e dagli occhi verdi, Celine continuò: 

  - Per non avervi aiutato... Hannes era venuto da me alcuni giorni dopo, e mi aveva detto che... Che aveva bisogno di aiuto con tre bambini... Io ero in punizione quel giorno e non gli ho dato retta. - 

Le veniva anche da piangere. 

Per rabbia aveva fatto una stupidaggine davvero grossa. 

  - Tu in punizione? - intervenne un altro del gruppo, sempre quello con i capelli chiari e anche un po' più alto di tutti - Cos'hai combinato di tanto grave per farti punire? - 

  - Jean, anche tu, non fare l'inopportuno. - 

Sasha non sapeva più che fare con quei due, anche se Celine rispose col rischio di essere forse giudicata male da loro: 

  - Ho dato dei panini in più ad un signore. - 

Il piccolo gruppo della squadra di ricerca l'ascolto con attenzione a questa rivelazione, soprattutto uno. 

  - Mi aveva detto che aveva tre nipoti e me l'aveva chiesto solo uno in più... Invece gliene ho dati quattro e poi ho scoperto una brutta cosa. Non c'era abbastanza cibo per tutti. 

Ricordo quel giorno non solo per essermi messa nei guai il giorno stesso del giuramento, ma anche per quel signore. - 

  - Era mio nonno. - Armin interruppe la ragazza a sorpresa - Lui mi ha detto che un soldato l'aveva ascoltato e poi mi ha dato il pane per noi tre... Eri tu? - 

Alla rivelazione il cuore della ragazza riprese a battere più forte di prima dall'emozione ed escamò: 

  - Lo sapevo che mi aveva detto la verità. - 

Senza rendersene conto aveva lo stesso aiutato quei tre bambini, che ora erano diventati tre giovani soldati, e si trovavano davanti a lei. 

Non ebbe il tempo di dire altro perché si trovò qualcosa, anzi qualcuno addosso a lei che l'abbracciava dalla parte sana almeno. 

Il giovane chiamato Armin, nonostante non la conoscesse, aveva fatto quel gesto pieno di rispetto e anche affetto per chi li aveva aiutati. 

E in tutto questo qualcuno, distante da loro, notò questo approccio e strinse le mani, con cui stava ancora tenendo le brighe del cavallo, a pugno. 

Forse gli dava fastidio qualcosa di questo gesto del soldato? 

Dopo un po' il biondino si staccò da lei, per fortuna non le aveva fatto male, ed iniziò a ringraziarla per quel momento, invece la ragazza confessò che se avesse saputo che erano sempre loro tre quei bambini salvati da Hannes avrebbe rischiato lo stesso altre settimane di dura punizione per aiutarli. 

Chissà se Pixis l'avrebbe salvata anche in quel caso. 

  - Se mi capita di vederlo in giro devo chiedere scusa ad Hannes, mi dispiace non avergli creduto e... - Mikasa, Armin ed Eren si incupirono di colpo a quelle parole - Che c'è? -

Questo comportamento fece preoccupare molto la ragazza della Guarnigione, il motivo non si fece attendere: 

  - Purtroppo è tardi... È morto... L'ha mangiato lo stesso gigante che ha mangiato mia madre. - 

Anche gli altri ragazzi, che erano presenti quel giorno divennero tristi di colpo, a mente lucida avevano capito solo dopo quante e quali persone avevano perso, non solo per salvare Eren. 

Dall'altra parte, invece, Celine alla notizia sentì di nuovo i sensi di colpa riaffiorare in lei, e questa volta erano più forti di prima. 

Non poteva credere a questa notizia...  

Non adesso... 

  - Cosa...? - 

Riuscì solo a dire. 

  - Ha combattuto con onore... - intervenne sempre Eren - Anche se beveva molto... Ha rischiato molte volte di salvarci la vita, e ci è riuscito. -

La ragazza non poteva ancora crederci, quel soldato era riuscito a fare quello che lei avrebbe voluto poter dimostrare nonostante il giuramento alla Legione della Guarnigione.  

Peccato che ad averlo eseguito alla lettera era stato un altro. 

Di punto in bianco inventò con una scusa, salutò il gruppo e poi si allontanò cercando di essere il più veloce possibile, anche in questo caso fu notata lo stesso, sempre da quel paio di occhi che la osservavano da lontano. 

Celine non si era distanziata solo per non piangere davanti a loro, ma per confermare il fatto che quel collega non ci fosse davvero più.  

Si recò all'ultimo posto in cui lo aveva visto l’ultima volta, se lo ricordava ancora. 

Svoltato l'angolo infatti non vide nessuno seduto su delle casse di legno, anche se delle bottiglie per terra c'erano. 

Eppure il punto era quello... 

Non pensò che forse era sulle mura, alla base, o in un altro posto strategico a bere. 

Si appoggiò con la schiena al muro, scese a sedersi per terra e pianse per essersi comportata da stupida quella volta, e soprattutto per non aver creduto ad un suo compagno di legione. 

Confermò anche di non essere migliore di nessuno, anche lei era cattiva, e quel momento lo aveva confermato. 

  - Dovresti abituati a queste perdite. - 

Sentendo una voce all'inizio Celine si spaventò, poi scoprì che altro non era che il Capitano Levi che l'aveva seguita, inoltre l'aveva anche più o meno imitata, aveva appoggiato la schiena alla parete di mattoni, solo che non la stava guardando in faccia, ma avanti. 

Ora il suo tono di voce non era duro come prima con i suoi sottoposti, non con lei. 

  - Non ho capito cosa intende. -

La ragazza voleva asciutarsi gli occhi, poi si ricordò che l'unico pezzo di stoffa che le poteva servire in questi casi non le apparteneva, a sorpresa Levi gliene porse uno. 

  - Celine, sei un soldato anche tu, non esistono persone che sopravvivono o persone che vengono addestrate per essere mangiati dai giganti. 

Noi facciamo quello che possiamo. 

Nemmeno noi capiamo da dove vengono o come nascono... Sappiamo solo che sono una minaccia. - 

Forse l'uomo le voleva dare un consiglio sul fatto che tutti i soldati, che siano della Legione Esplorativa oppure della Guarnigione, se capita che non sanno combattere un gigante, muoiono. 

Anche a Celine stava per succedere, ed era ancora lì perché la prima volta si era nascosta per pura paura, la seconda invece ancora doveva capire che era realmente successo. 

La ragazza poi si ricordò del terzo gruppo: 

  - E i soldati della Gendarmeria? Loro sono quelli più protetti e più al sicuro di tutti. - 

  - Quelli non sono soldati. Proteggono solo i loro interessi e pensano ai loro comodi... Infatti non sono da considerare tali.>> 

Celine sospirò a quelle parole: 

  - Capitano, non sia duro con chi ha la fortuna di... Di non vedere quei mangiatori di uomini... E non è vero che non penso a quello che ha detto prima... 

Anch'io li ho affrontati, e sono ancora qui per... Per... Non lo so... So solo che quando mi sono arruolata volevo aiutare le persone in difficoltà, e invece ho trattato male un mio collega per paura di un aumento di punizione... 

Non sono una persona buona... - 

Levi ascoltò in silenzio la ragazza, senza però raggiungerla a sedere accanto, era già tanto che era in quel vicolo con lei. 

  - Ognuno di noi ha un periodo no, non te la devi prendere con te stessa se eri nervosa. 

Pensa almeno che hai sbagliato a giudicare male un collega che alla fine è riuscito ad uscire dalle mura e ha provato a salvare dei ragazzi... 

Ha fatto il suo dovere. -   

  - Lo so... Ma non me lo sarei aspettato da uno che vedevo qui quasi ogni giorno a bere e a parlare di quel gigante. 

È stato coraggioso, mi dispiace non avergli creduto prima... E non gli ho nemmeno chiesto scusa quando potevo. 

Non sono migliore di nessuno, mi sono messa solo nei guai e c'è anche altro... - alzò lo sguardo verso il capitano del corpo di ricerca - È da giorni che sono anche preoccupata per una cosa, mio fratello è... Sparito... 

Aveva il permesso per uscire e anche per recarsi in altri posti, ma non è più tornato... Non so nemmeno perché glielo sto dicendo... Non so cosa fare... - 

Piegò le gambe per mettere sulle ginocchia il braccio buono e appoggiarsi la fronte per lasciarsi andare di nuovo al pianto. 

Levi nemmeno sapeva cosa fare, non l'era mai capitato una situazione così, mantenne la calma e cercò di aiutarla ancora con le parole: 

  - Non so che tipo di permesso aveva per uscire, spero che non abbia incontrato i giganti. 

Anche noi per uscire pure dobbiamo avere uno speciale permesso, non possiamo andarcene fuori dalle mura quando vogliamo... Proverò a chiedere ad Erwin se possiamo andare alla ricerca di un civile, se ti ricordi il posto preciso dove doveva recarsi. -

A quelle parole Celine smise si piangere e alzò lo sguardo verso Levi: 

  - Dice sul serio?! - 

  - I cittadini non possono stare fuori dalle mura, se è ancora vivo dobbiamo cercarlo e riportarlo a casa.>> 

Forse quelle parole erano una speranza per lei. 

Forse suo fratello poteva essere ancora salvo e nascosto da qualche parte, stava solo aspettando che qualcuno lo andasse a cercare. 

Doveva essere così. 

  "Fratello mio... Se sei ancora salvo, ti prego, fatti trovare." 

Nonostante la bella notizia, però Celine continuò a sentirsi un po' in colpa per Hannes. 

Capì di non essere migliore di nessuno, anche se si faceva in quattro per tanti. 

  - Lei c'era quando Hannes è morto? - 

  - No, non ero nemmeno in divisa. 

I miei sottoposti si sono salvati da soli. - 

  - Scusi se le ho detto di mio fratello, non sapevo come, e se, dirvelo... Non volevo farvi affrontare ancora i giganti. - 

  - Non è detto che possiamo uscire a cercarlo. - cercò di dirle un’amara verità - Ma farò del mio meglio per convincere chi sta sopra Erwin. 

E poi... Non so se hai notato che manca qualcuno nella squadra. Qualcuno che hai conosciuto. -

Celine cercò di fare mente locale, in effetti non aveva visto nemmeno in giro alcuni ragazzi... Che stavano vicini a lui. 

  - Isabel e... - 

  - Furlan. - concluse lui, e stavolta usò un altro tono diverso, più triste - Anche loro sono morti... Sempre durante una missione. - 

Celine rimase ancora senza parole. 

Si ricordava di quei due ragazzi, soprattutto di Isabel per via del fazzoletto, non avrebbe mai pensato che avessero fatto una fine così brutta. 

  - Mi dispiace. - 

Riuscì solo a dire, il capitano continuò: 

  - Anch'io ho reagito malissimo. 

Ho ucciso quel gigante da solo, sono impazzito dal dolore e dalla rabbia... Ancora mi sento in colpa nonostante gli anni. 

E dopo di loro ho anche perso la squadra che avevo prima... 

Erano quattro ragazzi, ed il padre dell'unica ragazza... Mi ha detto qualcosa riguardo al matrimonio con lei... 

Non avevo nemmeno io la lucidità giusta quel giorno. 

È normale tutto, ed è per questo che ti dico che devi essere pronta e preparata a queste perdite. 

È brutto da dire, ma se vuoi sopravvivere senza impazzire devi prendere tutto di petto. -

Poi l'uomo le porse una mano per aiutarla ad alzarsi, in quei pochi secondi in cui la ragazza la vide, notò che lui aveva davvero una bella mano. 

  “È davvero un principe... E non mi ha fatto ancora espellere... Perchè?” 

Pensò. 

Quando la prese Levi riuscì a tirarla su e non solo, l'accompagnò anche fino alla base della Guarnigione. 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Nei giorni a seguire Celine continuò ad aiutare Zoe come meglio poteva, alcuni giorni la caposquadra o faceva tutto di fretta, e la ragazza della Guarnigione non riusciva a starle al passo, oppure pensava talmente tanto a lungo da restare per ore in silenzio. 

Intanto lei stava lì ad aspettare notizie nuove. 

Ogni volta che vedeva in giro il capitano Levi le saliva il cuore in gola, si aspettava che andasse da lei per informarla che la sua richiesta era stata accolta, e loro potevano uscire a cercare il fratello. 

Pregava per questo momento, sperava che, in qualunque posto fosse, stava bene ed era in un punto protetto dove nemmeno i giganti lo avrebbero trovato. 

Chissà se esisteva un rifugio del genere. 

Nei momenti di solitudine pregava in continuazione, poi per fortuna i ragazzi conosciuti nei giorni scorsi riuscivano a distrarsi semplicemente parlando con lei e a conoscersi a vicenda. 

La ragazza li riteneva un bel gruppo nonostante fossero soldati pronti ad ammazzare i giganti. 

Capitò pure che il comandante non aveva da fare solo al laboratorio, si occupava anche di allenare i cadetti di rango inferiore e Levi stava sempre nei paraggi. 

Qualcosa diceva alla ragazza, come una vocina, che si era aperta con un soldato sbagliato, anche se era il capitano della Legione Esplorativa, non stava facendo nulla di quanto le aveva promesso quel pomeriggio. 

Poi cercò di eliminare questo pensiero cattivo perché appunto lui era il capitano, aveva di sicuro molti altri compiti a cui pensare. 

Mentre ragionando in modo serio, ricordò pure che fu lei stessa a non voler che loro affrontassero di nuovo i giganti, eppure i cittadini normali non potevano stare fuori dalle mura delle città. 

  "Fratello mio, se non sei fuori, ti prego, fa che sei in un'altra città protetta dalle mura... Cerca un contatto con noi... Cerca di tornare a casa..." 

Il suo cuore le faceva male ogni volta che ci pensava. 

Poi un giorno, mentre lei Zoe erano fuori nel cortile per allenare i cadetti, e Celine quel giorno per distrarsi si era portata dietro un libro per evitare di far sentire i ragazzi osservati, il Comandante Erwin fece a sua comparsa a sorpresa. 

  - Ragazzi, devo fare un piccolo annuncio: Ho ricevuto troppo tardi un messaggio molto importante di una famiglia che, alcuni giorni fa, ha perso un figlio fuori dalle mura. 

Questo ragazzo si chiama Tyron De Clairk, e sì, è il fratello maggiore della ragazza che stiamo ospitando - al nome del fratello Celine alzò il naso dal libro e cercò di alzarsi in piedi con un braccio solo - È partito prima dell'attacco a Trost da parte dei giganti e solo ora mi è giunto l’avviso tra le mani. 

So che è una missione diversa ma dobbiamo trovarlo vivo o morto, è da molto che è sparito. 

Dobbiamo aspettarci di tutto. 

Sulla lettera dei suoi genitori c'è scritto che doveva recarsi a Ragako. Qualcuno di voi conosce questo posto? - 

  - È il mio villaggio. - 

A sorpresa Connie alzò la mano, e poi anche Sasha: 

  - Pure io lo conosco, signore. È poco lontano dal mio. - 

Mentre i ragazzi parlavano, Celine riuscì a raggiungerli: 

  - Comandante Smith...- 

  - Tu lo sapevi, De Clairk? - 

  - Sì comandante, purtroppo sì... Ma è stato difficile per me dirlo... Non sapevo con chi parlarne e... Non volevo approfittarne di voi tutti... - 

  - Anche se possiamo uscire, la colpa è anche nostra che questa lettera è stata ritrovata in questi giorni. 

Mi serve un gruppo per questa missione di recupero. - 

  - Posso venire anch'io? - intervenne Zoe - Magari riesco a prendere un gigante per i miei esperimenti! - 

Già la ragazza non stava nella pelle, cosa che fece rabbrividire la sorella del disperso lì presente, non conosceva per niente quella donna. 

  - È una missione di recupero Zoe, non è una delle solite. 

Dobbiamo solo essere veloci e cercare questo ragazzo. - 

  - Ma... Ma... - 

  - Verranno i tuoi ragazzi, tu devi stare qui. Hai altro a cui pensare. 

Voialtri seguitemi. -

E fu così che Erwin si allontanò portando con sé la squadra di Hanji e quella di Levi, senza però i presenti. 

La sorella di Tyron si sentì divisa in due dopo quel momento. 

Da una parte felice che le sue preghiere erano state ascoltare, ma dall'altra... Aveva paura di vedere negli occhi la donna che si era proposta di accompagnarli, anche se era stato Erwin in persona le aveva detto di no. 

Si sentiva tremendamente in colpa anche per quello. 

Dopo tutto quello che Zoe aveva fatto per lei, la donna era stata rifiutata ad uscire dalle mura con i suoi compagni. 

Offesa ma ancora per nulla vinta, cercò di raggiungere il comandante mentre lo chiamava a gran voce, anche Celine fece per fermarla, poi una voce la bloccò: 

  - Lasciala andare. - Levi aveva le braccia incrociate e non guardava in direzione di Celine - Deve capire che questa uscita dalle mura è diversa. Non serve la sua presenza, e nemmeno la mia. -  

  - Ma...- 

La ragazza non sapeva che dire, anche se era in forte trepidazione per la loro partenza per cercare il fratello, sperando ancora vivo, si ricordò che a Zoe quegli esseri piacevano. 

Inoltre chiacchierando, la caposquadra le aveva detto una volta che era riuscita a catturare ben due di esemplari quando questi erano riusciti ad entrare a Trost, peccato che qualcuno glieli aveva uccisi prima che iniziasse a studiarli davvero. 

Sapeva quanto ci teneva, peccato che quella missione era lo stesso pericolosa, e se nessuno dei ragazzi sarebbe tornato? 

La colpa era da attribuire a lei? 

Prima che si fece prendere dallo sconforto Levi la distrasse: 

  - Vorrei parlarti di una cosa, ma è meglio davanti ad una tazza di the. -

La proposta era davvero allettante per lei. 

Insieme al capitano si recò alla mensa deserta del Corpo di Ricerca, loro due erano soli proprio nelle cucine e Levi preparò l'acqua per la bevanda ambrata. 

Celine non aveva ancora visto quella parte della loro base, si portava da mangiare dalla sua mensa e di solito rimaneva in laboratorio, non era mai stata in quella stanza. 

Pure Zoe a volte mangiava più allo studio che in mensa, forse per fare compagnia a lei, Celine si sedette su una delle tante panchine dopo aver almeno portato, un po' per volta, due tazze, due cucchiaini e anche un poggiateiera in legno. 

Il capitano arrivò e versò il liquido ambrato in entrambe le tazze e si sedette di fronte a lei. 

  - Mi dispiace che Erwin sia partito ora per cercare tuo fratello, ma non hai idea di quante scartoffie ha nel suo studio. - 

Anche se il tono sembrava essere tranquillo, il suo sguardo era sempre quello che Celine vedeva ogni giorno, sembrava un uomo sempre arrabbiato con chiunque, oppure a volte era solo serio. 

Anzi, a volte azzardava a pensarlo addirittura scocciato. 

Eppure quando avevano fatto colazione quella volta sembrava una persona diversa. 

  - Mi dispiace che sia accaduto tutta questa faccenda... Non so come si deve fare in questi casi... Noi... Cioè noi della Guarnigione non possiamo uscire, non ci arrivano queste segnalazioni... E poi troppe cose insieme non ho ragionato bene... Mi sento male. - 

  - Ehi... - il capitano la richiamò all'attenzione - Ti ho detto che anche noi, pur uscendo dalle mura, non possiamo fare ciò che ci pare. 

Dobbiamo aspettare anche noi un permesso e anche dei fondi per poter uscire, ma in questo caso era necessario. - 

Con il suo cucchiaino girò la bevanda prima di prenderla nella sua maniera, come quella volta nella sua stanza, e berne un sorso ancora caldo. 

Celine al contrario fissò solo la bevanda ma senza assaggiarla. 

  - Spero che non sia un viaggio inutile. Ho paura per loro... Ho pregato che potesse tornare a casa da solo... Non volevo coinvolgervi. -

  - Se fosse tornato da solo era un altro discorso, ma ho letto anch'io la lettera, è tornato solo il cavallo. 

Se tuo fratello è salvo i ragazzi lo troveranno. - 

  - Tu pensi che sia stato uno sbaglio? Anche per il fatto di non averlo detto? - 

  - Prima era diverso, eri troppo presa per un'altra cosa. - e le indicò il braccio - E lo hai detto pure tu che non sapevi a chi è come rivolgerti. 

Purtroppo non facciamo nemmeno favoritismi, anche perché ti ho detto che non possiamo uscire quando vogliamo. 

Abbiamo anche noi un ordine da rispettare, e forse lo sai anche tu. -

La ragazza non seppe che rispondere alle sue frasi, aveva lo stomaco sotto sopra per la situazione che si era creata in pochi minuti e se avesse saputo che durante quell'uscita qualcuno non sarebbe ritornato si poteva davvero ritenere responsabile. 

Ma perché lui era lì? 

  - Perché Erwin non vi ha portato? - 

  - Non sono il suo cucciolo che mi deve portare sempre dietro ogni volta che esce. Ha ritenuto opportuno che né io e né la quattr'occhi servissimo in questa uscita. Ci sono altri soldati che possono aiutare in altri modi. - 

La sua risposta non la fece sentire meglio lo stesso. 

Forse se avrebbe parlato prima avrebbe dovuto lo stesso aspettare dei giorni per essere accettata. 

Levi cercò di cambiare discorso: 

  - A proposito poi del discorso dell'altra volta sui gendarmi... Conosci un certo Kenny lo Squartatore? - 

La ragazza della Guarnigione lo guardò confuso, quel nome non le risultò familiare per niente, nemmeno tra i suoi compagni soldati: 

  - No... Non conosco nessuno con questo nome. - 

  - Anche se c'è sempre qualcuno che da qui o dalla tua base ti accompagna o ti viene a prendere, ti consiglio di stare attenta per le strade. 

Potrebbe esserci questo individuo, è molto pericoloso. 

Da solo ha ucciso cento gendarmi, se arriva anche qui è la fine. - 

Certo che con quel ragazzo si potevano fare davvero dei discorsi tranquilli. 

La preoccupazione di Celine era salita molto con questa aggiunta e lo stomaco le si chiuse del tutto. 

  - Basta. - Celine si alzò dalla panchina - Sono già abbastanza preoccupata sia per chi è uscito a recuperare mio fratello, e sia per chi è rimasto qua dentro, e ora devo anche paura di girare per la città. -

  - Non volevo spaventarti. - 

Celine sospirò a lungo e poi si risedette: 

 - Mi perdoni capitano... Sono agitata... Non ce la posso fare... E nemmeno più a mangiare. Lo vuole lei il mio pranzo? -  

  - Ti porti il pranzo dalla tua base? - 

  - Me lo prepara una signora, di solito mi da una mela e un pezzo di pane, poi per la cena mi lascia sempre un po di spezzatino di verdure. - 

Da quando Levi l'aveva portata in braccio si era reso conto che era molto leggera per essere una soldatessa, anche loro non è che mangiassero di più, ma era troppo magra. 

  - Tutto qui? E come fai a tirare avanti tutto il giorno? - 

  - Prima potevo farmi il the pure io, ma riesco a gestirmi bene con questo cibo. 

Mi dispiace che è poco. - 

Prese il pane e glielo allungò verso di lui. 

Levi vide la pagnotta e si ricordò di una cosa del suo passato. 

Un ricordo che pensava fosse lontano una vita, un pezzo di pane per quel povero ragazzetto della città sotterranea, caduto dal pozzo forse solo per lui. 

Lo prese dalla sua mano ma prima che la ragazza potesse dargli anche la mela lo spezzò a metà e glielo ripassò: 

  - Anche a me si è bloccato lo stomaco. - e per fortuna che non continuò il discorso col fatto che aveva vissuto con lui per un periodo - Ma già hai poco da mangiare, prova a mangiarne la metà. - 

  - Io... - 

  - Quando ti ho portato a letto la prima notte ho notato che sei leggerissima.  

Se ti danno da mangiare così poco non so come fai a reggerti in piedi. - 

La ragazza mangiava poco anche per scelta propria, molte volta lasciava qualcosa per i compagni e, come detto prima, si faceva sempre del the. 

All'offerta dell'uomo cercò di calmarsi e riprese la metà del pane. 

  - Grazie... - 

  - Puoi ritenersi fortunata che sono partiti subito. 

Di solito è una cosa lunga anche per cercare i dispersi, quando ho avvertito Erwin aveva appena trovato la lettera dei tuoi genitori... E mi ha detto anche che... - 

 - Erwin conosce mio padre. - 

A sorpresa Celine rivelò una notizia che il capitano ci rimase di stucco: 

  - Sì... Ma come lo sai? - 

  - Me lo ha detto quando Pixis mi ha mandato qui a passare la convalescenza... Sono rimasta sorpresa pure io che lo conoscesse... - 

  - Tu padre era un soldato? - 

  - Della Legione Esplorativa, esatto. Ha lasciato l'esercito da anni, ha messo su famiglia e dopo tre figli sono nata io. 

Non voleva che mi arruolassi, soprattutto qui.  

Aveva paura dei giganti. -

  - E tu sei riuscita a farlo. - 

  - Per altre scelte, per aiutare gli altri. - 

Insieme mangiarono e aspettano i ragazzi che si ritirarono a sera. 

Purtroppo Celine era già andava via ed Erwin era palesemente molto stanco. 

Ebbero la sfortuna di incontrare solo pochi giganti di classe piccola, riuscirono ad affrontarli e poi a Ragako fecero la scoperta di un gigante che non poteva muoversi ed era bloccato in quella che fu la casa di Connie. 

Solo prima di andare a letto Erwin si scusò con la scienziata dicendole che il giorno dopo dovevano parlare seriamente. 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Il giorno successivo Celine arrivò il prima possibile perché voleva sapere se i ragazzi fossero tornati tutti quanti e se tra loro ci fosse anche il fratello ad aspettarla. 

Una volta giunta fuori dalla base della Legione esplorativa però le venne un dubbio: Tyron l'avrebbe accolta anche così, col suo braccio fuori uso?  

Come le venne in mente se lo tolse, non le interessava al momento, voleva solo rivederlo ed abbracciarlo. 

Corse allo studio di Zoe trovandolo vuoto, infatti ancora dei vetrini dovevano essere lavati e molte cose ancora da sistemate, per fortuna che le candele erano almeno spente. 

Cercò chiunque nelle sale e quando udì delle voci in una stanza si avvicinò alla porta, per fortuna che li riconobbe subito. 

Erano le voci di Levi ed Erwin, stavano parlando quasi in modo fitto,  per evitare di essere scoperta, anche perché non doveva essere lì, ritornò indietro sperando di non essere vista da altri soldati. 

Cercò anche i ragazzi in mensa e li vide, c’era solo quel gruppo che aveva conosciuto grazie ad Hanji, sembravano esserci tutti, ma tranne qualcuno che poteva riconoscere tra mille. 

Prese coraggio e si avvicinò a loro: 

  - Ragazzi... - appena si voltarono lei alzò una mano in segno di resa – Vi chiedo scusa. Non volevo farvi affrontare di nuovo quei mangiatori di uomini... Mi dipiace molto, ve lo giuro. -

Alcuni di loro, come Sasha e Armin le sorrisero senza dire nulla, altri invece restarono sulle loro, soprattutto il ragazzo che per due volte in una giornata aveva cercato di “rimorchiarla”, il che era molto strano. 

Presa da questo momento Celine rincarò la dose: 

  - Cos’è successo? - 

  - Alcuni dei ragazzi non sono riusciti a tornare, si sono persi anche loro... - 

La notizia fece mancare di un battito il cuore del soldato della Guarnigione, tanto per farla sentire ancora di più in colpa con se stessa, poi Connie continuò: 

  - Siamo arrivati al mio villaggio, non abbiamo trovato nessuno... Tranne che un gigante che non riusciva a muoversi da alcune macerie di una casa... E quella era la mia casa. -

Celine ebbe la sensazione che le mancasse la terra sotto i piedi. 

Sembrava non capire cosa quel ragazzo stava dicendo. 

Cos'era quella storia? 

In che senso? 

  - Non ho capito... - 

Riuscì solo a dire mentre le gambe avevano iniziato a tremarle, e forse anche a cedere, meno male che il giorno prima era riuscita a mangiare sia il pranzo che la cena. 

Subito Armin e Jean provvedettero a farla sedere, la notizia l’aveva davvero sconvolta, forse anche per quello che il padre non voleva che lei facesse questo mestiere e soprattutto in quell’esercito. 

Certe volte si scoprivano delle informazioni troppo brutte, e lei lo aveva scoperto in quel momento. 

  - Spero che i cittadini del mio villaggio siano riusciti a scappare. - continuò Connie - Così come tuo fratello... Celine, mi dispiace molto... Non lo abbiamo trovato... - 

La ragazza era talmente sicura che i ragazzi lo avrebbero trovato che non aveva preso in considerazione un fallimento da parte loro. 

Non solo perché si fidava della Legione Esplorativa, li aveva sempre difesi prima di conoscerli, ma anche perché si fidava di quei ragazzi, di tutti loro che, nonostante l’età, già avevano affrontato i nemici più grandi e pericolosi di tutta l’umanità. 

Continuò a sperare che Connie avesse detto la verità. 

Suo fratello era riuscito a scappare con l’aiuto dei cittadini del suo villaggio. 

Doveva essere così. 

Con coraggio si alzò dopo un po’ dalla sedia: 

  - Connie, non ti preoccupare, io conosco mio fratello e spero che anche i tuoi paesani siano salvi...  

Grazie che ci avete provato e... Mi dispiace molto per chi non è tornato... È terribile, me ne rendo conto... Non è colpa vostra. - 

Sasha si alzò e l’abbracciò dalla parte buona. 

  - Non ti devi scusare tu... Lo sappiamo pure noi che... Potremmo non tornare, ma siamo ancora qui e siamo riusciti ad informare il capitano e la caposquadra... - 

  “Ops... Zoe...” 

  - È vero! Devo andare da Zoe... Forse ora è in laboratorio. - 

  - Non lo sappiamo per certo. – intervenne Jean – Prima voleva leggere tutti i resoconti della nostra uscita. Credo che finirà tra qualche ora. - 

  - Almeno posso provare... Scusate ancora se vi ho procurato questo disagio. Mi dispiace tanto. -

Salì le scale e poi sentì ancora le voci dei ragazzi parlare. 

  - Hai fatto bene a non dirle di più, anche se il mistero rimane. - 

  - Lo so Armin, ma non capisco pure io che quel gigante in casa mia somiglia in modo impressionante a mia madre... È indescrivibile... - 

Anche quella notizia la fece restare senza parole, anche se non era più con loro. 

Mentre si recava al laboratorio di Zoe quella frase le rimase impressa nella mente, oltre ad averle messo i brividi addosso. 

Le dispiaceva anche per quel ragazzo e per il suo villaggio. 

Se i cittadini erano riusciti a scappare sperò con tutto il cuore che suo fratello era con loro, ecco perchè non era ancora tornato. 

Stava aiutando quei paesani, glielo diceva il cuore, doveva essere così. 

Con questa speranza arrivò nel laboratorio, anche se la porta era aperta bussò lo stesso e chiese permesso, vide la figura della caposquadra di spalle e per annunciarsi le diede anche il buongiorno, solo che lei non rispose. 

Questo comportamento fu stranissimo per il soldato della Guarnigione, di solito quando arrivava Hanji l’accoglieva in modo caloroso anche se erano passati solo due settimane o più dal suo arrivo nella loro base. 

  - Signorina Hanji? - 

Se Zoe fosse stata un gigante Celine l’avrebbe vista fumare da ogni poro aperto anche se non per curarsi, era nera di rabbia, quando poi la donna volse lo sguardo su di lei lo confermò e si spaventò anche. 

  - Signorina... Io... Mi dispiace per quello che è successo... - 

Cercò di giustificarsi, forse aveva saputo che alcuni della sua squadra erano spariti leggendo anche i resoconti della missione di recupero. 

  - Io non pensavo... - 

  - Un abbraccio. - 

A sopresa Zoe disse quelle due parole con astio nella voce, invece nel soldato della Guarnigione confusero ancora di più. 

  - Come? - 

  - Un abbraccio... Un gigante di classe piccola ha abbracciato Braus... L’ho letto nel rapporto... Non sai che odio Celine... Un abbraccio... Un abbraccio... - 

Lo ripeteva come se era qualcosa di importante, ovviamente entrambe sapevano che quel comportamento era strano, non poteva essere un vero gesto d’affetto o di amore. 

Forse la caposquadra aveva letto male, tutto poteva essere. 

La ragazza tentò un approccio andando verso di lei con un braccio teso, l’altro le faceva male anche solo se lo toccava per sbaglio: 

  - Signorina Hanji... Si calmi... - 

  - Non hai capito il problema, Celine.  

Il soldato Braus ha avuto un abbraccio da un gigante... Un abbraccio!!! E sai la cosa peggiore? Che l’ha accecato ed è scappata... Un abbraccio ha ricevuto! Un abbraccio! - 

Quella reazione le stava facendo più paura delle altre volte, infatti la ragazza indietreggò prendendo le distanze dalla donna e quando sentì il muro dietro di sé capì che aveva sbagliato direzione. 

Era ancora dentro il laboratorio. 

  - Lo so di aver perso i miei ragazzi, non lo nego, forse sono dispersi anche loro, ma questo no... Un abbraccio non lo accetto... Capisci che al posto di quel soldato potevo esserci io? E invece sono rimasta qui. - 

In tutto questo suo discorso lo stesso Zoe stava pulendo i suoi attrezzi prima di mettersi al lavoro, ma era come se non stesse facendo proprio nulla, nemmeno ci dava la dovuta attenzione. 

Infatti poi li poggiò in modo brusco sul tavolo dietro di lei e poi fece dei gran respiri prima di rialzare la testa. 

  - Questa me la paga cara... - uscì dal laboratorio urlando, per fortuna che il corridoio era vuoto – ERWIN, MI DEVI UN ABBRACCIO DI UN GIGANTE! -

Celine rimase spiazzata da tutto questo. 

Era un comportamento che non si aspettava, era questa la vera Zoe? 

Una che preferisce essere abbracciata dai giganti anzichè pensare ai compagni? 

Che razza di persone c’erano in quell’esercito? 

Non poteva crederci che aveva assistito ad uno sfogo del genere, e chi se lo aspettava? 

In più anche lei sapeva che quello non poteva essere un comune abbraccio, uno normale, uno pieno d’affetto... 

E poi chi era Braus? 

Se era un ragazzo, o una ragazza, che aveva conosciuto quel giorno fuori l’avrebbe riconosciuto solo per via del nome e non del cognome. 

Cercò di calmarsi e si staccò dalla parete, ovviamente quel giorno sarebbe stato molto difficile da affrontare con una furia in corpo come quella di Zoe. 

Non si sentì responsabile per quello ma per altro sì. 

Pensò a quei poveri ragazzi che non erano rientrati e alla tristezza nello sguardo di quel giovane. 

Aveva ancora voglia di piangere per questo e anche altre cose, aveva creduto e pregato che il fratello fosse ritornato con loro, e invece non c’era. 

Quel periodo di convalescenza si stava rivelando davvero difficile per lei, molto più del previsto, ma se fosse stata a casa sua sarebbe stato di sicuro peggio. 

Avrebbe visto la tristezza dei suoi familiari giorno dopo giorno, ora dopo ora... Non avrebbe retto di sicuro. 

Anche se il momento non era dei migliori decise lo stesso di darsi da fare, si avvicinò al tavolo dove c’era anche il lavandino dove di solito la donna lavava gli attrezzi e Celine li asciugava. 

Vide che nel lavello c’erano molti strumenti da pulire, essi stavano a mollo nell’acqua che di sicuro era diventata fredda. 

Infatti mettendo una mano dentro rabbrividì e poi prese lo strofinaccio che aveva prima tra le mani Zoe e cercò di fare quel lavoro da sola. 

Fu più difficile del previsto non solo perché doveva lavorare con una mano ma anche perché la compagnia di prima si era rivelata più strana del normale. 

Chi può amare questi esseri come la caposquadra della Legione Esplorativa? 

Ora capiva il discorso di Levi la mattina precedente, e se l’aveva vista così una volta chissà loro che la vedevano tutti i giorni. 

Sospirò e per occuparsi la giornata decise di mettersi avanti col lavoro. 

Purtroppo funzionò per metà perché la sua mente era più attiva e pensava a molte cose insieme, per questo decise di provare a zittirla con un qualcosa che non faceva da anni: cantare. 

Di solito da bambina amava farlo e cantava spesso con la nonna e la mamma, da quando era diventata un soldato le occasioni non c’erano più state, se lo ricordò solo in quel momento. 

Nel cuore ricordò una canzone che le ricordava la sua adolescenza quando era col padre, a volte portava anche lei in giro per le città, e mai fuori dalle mura comefacevano lui, il nonno e Tyron, a cercare le foglie di the più diversi e provare a piantare i semi in parte nel proprio giardino. 

Come se avesse una musica in testa iniziò. 

(https://www.youtube.com/watch?v=RhOAIQoI7IY

*Memories like voices that call in the wind, 
Medhel an gwyns, 
Medhel an gwyns. 
Whispered and tossed on the tide coming in, 
Medhel, oh, medhel an gwyns. 

Alternò il canto e anche l’asciugatura degli strumenti facendo anche attenzione a poggiarli su un panno asciutto e mettendoli sempre capovolti per evitare che andassero in giro rotolando. 

Voices like songs that are heard in the dawn,  
Medhel an gwyns, medhel an gwyns. 
Singing the secrets of children unborn, 
Medhel, oh, medhel an gwyns. 
Dreams like the memories once born on the wind, 
Medhel an gwyns, medhel an gwyns.  
Dreams like the memories once born on the wind, 
Medhel an gwyns, medhel an gwyns. 
Lovers and children and copper and tin, 
Medhel, oh, medhel an gwyns. 

Mentre era immersa nella sua calma e tranquillità non si accorse che qualcuno si stava avvicinando al laboratorio della ricercatrice, quando poi questa persona la sentì cantare bloccò un attimo il passo e decise di avvicinarsi senza fare rumore. 

Dreams like the castles that sleep in the sand, 
Medhel an gwyns, medhel an gwyns. 
Slip through the fingers or held in the hand, 
Medhel, oh, medhel an gwyns. 
Songs like the dreams that the bow maiden spins, 
Medhel an gwyns, medhel an gwyns.
 

Weaving the song of the cry of the tin, 
Medhel, oh, medhel an gwyns. 
 

Piano piano si avvicinò alla porta aperta della stanza e riuscì ad intravedere la ragazza della Guarnigione che era impegnata sia a pulire le cose e a cantare, per il momento lei non riuscì nemmeno ad accorgersi di chi la stava osservando e decise di fermarsi per poterla guardare e ascoltare. 

 

Medhel and gwyns, medhel an gwyns. 

Medhel, oh, medhel an gwyns. 

  

Sembravano passati secoli da quando il capitano aveva sentito un’altra persona cantare, e anche lei aveva una voce davvero straordinaria e toccante.  

Celine ricominciò la canzone da capo una volta finita, tanto le cose da lavare non erano ancora finite e almeno in questo modo i troppi pensieri non le mettevano pressione. 

Levi distolse l’attenzione da lei sempre rimanendo dietro la parete che li separava. 

Si sentì inerme a quella canzone e a quella voce, infatti decise di non disturbarla o turbarla con la sua presenza, lui poteva forse immaginare che per lei era dura anche per lei stare lì e non solo per il braccio, e forse quella canzone ne era la conferma. 

Era andato a cercarla perché Erwin le voleva parlare, solo che ora era lui a non voler intervenire e fermarla. 

Anche se era un’estranea desiderava che non smettesse più di cantare, il suo cuore prese a battere più velocemente come quando stava in compagnia di un’altra persona... La più importante della sua vita che fu la prima anche a lasciarlo da solo. 

Ovviamente durante la loro prima chiacchierata, Levi aveva omesso che la madre non c’era più e che anche lei cantava per lui, non lo riteneva importante, non da dire subito almeno, oppure era una cosa troppo personale e non lo voleva rivelare a chi che sia. 

Era una cosa segreta che voleva tenere per sé, eppure lei sembrava averlo scoperto, che fosse brava anche lei a sfruttare le debolezze degli altri, proprio come facevano quelli nella città sotterranea? 

Eppure c’erano molte differenze tra lei e quelli. 

La ragazza non sapeva della sua presenza dietro la parete, per questo il paragone era impossibile, e anche per il fatto che lei aveva forti e diversi ideali di vita, voleva aiutare le persone, per questo era diventata un soldato. 

Questo momento lo colpì nel profondo e restò lì per tutto il tempo in cui lei cantò e mentre l’ascoltava ripensava alla madre. 

Erano anche anni che Celine non cantava di sua spontanea volontà, e soprattutto, se tutto il giorno era in compagnia di qualcuno, poi che avrebbero pensato di lei? 

Per fortuna che nessuno venne in quel corridoio a disturbarla, e ora anche lui, tranne quando iniziò a sentire dei passi provenire dalla scala, subito accorse e si ritrovò Zoe. 

La donna pure rimase spiazzata appena lo vide: 

  - Levi? - 

  - Shh. - fece per zittirla – Andiamo via. -

  - Ma cosa...? - 

  - Zitta e andiamo via. - 

I due risalirono le scale ma dopo la prima rampa fu l’uomo a fermarsi per un colpo di mal di testa che lo fece bloccare sul posto, e fece anche preoccupare la compagna d’esercito. 

  - Cosa succede? Ti senti male? - 

  - No... Andiamo via. - 

In preda ai fastidi continuò ad allontanarsi sempre tenendo la ragazza per un braccio. 

  - Questo tuo comportamento è strano. - 

  - Ti ho detto cammina. - 

E se ne andarono lasciando da sola la ragazza che aveva ormai asciutato tutto e non sapeva se aspettare lì o cercarla. 

Era molto strano che ci mettesse così tanto a scendere e allora decise di uscire nel cortile, se sarebbe stata nel suo esercito non sarebbe stata con le mani in mano. 

Decise poi di uscire ma tra tutte le persone che incontò nei corridoi o fuori non vide la ragazza alta, finchè, una volta fuori in cortile: 

  - CELIIIINE! - la ragazza si bloccò sul posto e si voltò alle sue spalle e non vide nessuno - QUASSÙ! - 

Fu allora che la ragazza alzò lo sguardo verso il palazzo e vide la ragazza affacciata ad una finestra situata al terzo piano del palazzo: 

  - Hanji... HANJI... TUTTO BENE? - 

Le venne d’istinto gridare anche a lei anziché raggiungerla, se poteva ovviamente farlo. 

  - SÌ CARA, PERDONAMI PER COME SONO ANDATA VIA MA HO AVUTO UN ATTACCO DI RABBIA. - 

La ragazza della Guarnigione non lo sapeva, ma Zoe non era da sola, appoggiato al muro, senza essere visto, Levi osservava la caposquadra. 

   - TI HO PULITO LE COSE COME POTEVO, MI DISPIACE NON FARE DI PIÙ. - 

  - MA NON TI DEVI PREOCCUPARE CARA... AVREI SISTEMATO DOPO IO CON CALMA. - 

Il capitano iniziò a parlava in modo serio alla donna su quello che doveva dire. 

  - Dille che per oggi Erwin ti ha messo in punizione e non puoi usare il laboratorio. -

Zoe si voltò un attimo verso di lui: 

  - Perché devo dire una cosa del ge... -

La fece rivoltare dandole una pacca sulla spalla: 

  - Fallo e basta. - 

La caposquadra si rivolse alla giovane che vedeva dal basso, mai forse si poteva immaginare che con lei ci fosse anche l’uomo: 

  - VOLEVO DIRTI CHE ERWIN SI È ARRABBIATO MOLTO CON ME E MI HA PROIBITO PER OGGI DI USARE IL LABORATORIO, E QUINDI OGGI DEVO CONTROLLARE DELLE SCARTOFFIE E PILE DI FOGLI DA FIRMARE. - 

  “Magari avessero dato una punizione così anche a me...” 

Pensò Celine pensando ad una scrivania piena di fogli da leggere. 

  - MI DISPIACE SIGNORINA ZOE... VORREI POTERLA AIUTARE ANCHE IN QUESTO CASO. - 

  - Può? - 

Zoe si voltò di nuovo verso Levi che le diede di nuovo una pacca per farla voltare: 

  - Non può. - 

  - Ahi.... MMmmmhhhh.... NON TI PREOCCUPARE CARA, TORNA PURE ALLA TUA LEGIONE, CI VEDIAMO DOMANI. - 

  - DOMANI È IL MIO GIORNO LIBERO! – le ricordò - E LA PROSSIMA SETTIMANA DEVO TORNARE IN INFERMERIA. - 

  - CHE PECCATO, CARA... MI DISPIACE CHE NON SIAMO STATE INSIEME OGGI. - 

  - ANCHE A ME. - e lo credeva davvero, nonostante lo strano comportamento di lei – CI VEDIAMO PRESTO. -

  - D'ACCORDO CARA CELINE, CIAO! - 

E le due si salutarono nonostante ci fossero molto soldati a vedere la scena. 

Una volta sparita dalla circolazione la donna si alzò in tutta la sua altezza, incrociò le braccia e poi di nuovo guardò l’uomo negli occhi. 

  - Cos’è questa novità? - 

  - Che novità? -

L'uomo fece il finto tonto cercando di allontanarsi, solo che Hanji non era daccordo: 

  - Ehi, Levi, fermati, non ho finito con te. - infatti lo inseguì - Si può sapere perchè prima mi cacci dal mio studio e poi mi porti fin quassù a urlare come una pazza per dire a quella ragazza di andare via. - 

  - Per il gridare lo fai sempre, uno. Due, quella ragazza, se non ti ricordi bene, è la sorella di quel disperso che i ragazzi sono andati a cercare ma non solo non l’hanno trovato, si sono persi anche alcuni dei nostri. - 

  - Questo lo so pure io, e me ne dispiace anche a me perché erano amici e compagni miei, se ben ricordi. E cosa c’entra con lei? - 

  - Non ci arrivi? Magari oggi avrà passato tutto il tempo a chiedere a noi se lo avessero trovato. -

  - Già fatto, ha parlato con i ragazzi e loro hanno detto che è apparsa tranquilla e anche molto dispiaciuta per le perdite. - 

  - E ti sembra giusto? Per noi non è stata una vittoria, ma una doppia sconfitta, non lo abbiamo trovato e abbiamo perso anche qualcuno dei nostri. - 

  - Ne avremmo parlato con calma. - 

  - Non possiamo dirle la verità... E non voglio darle altre preoccupazioni per il momento. - 

Quelle parole di Levi furono davvero una novità per la donna, Levi che non voleva dire la verità ad un soldato? 

Davvero? 

Si bloccò sul posto mentre lui continuò ad avanzare: 

  - Levi, posso essere franca? Da quando quella ragazza è entrata  qui per aiutare, nonostante la situazione in cui è, ti è successo qualcosa... La domanda giusta però è cosa? -

Anche lui si fermò sul posto, avrebbe voluto fulminare Zoe con uno dei suoi soliti sguardi che preannunciano tempesta, dato che non voleva perdere tempo riprese il cammino: 

  - Non sono affari che ti riguardano, quattr’occhi di merda... -

Levi non la poteva vedere, ma Hanji alzò le mani verso il cielo: 

  - Non sono affari miei dici? Va bene! Ma non sono io quella che si sta allontando da una minaccia che non esiste. - 

Il problema era che Levi tutto si sentiva tranne che minacciato, anzi, dopo averla sentita cantare un qualcosa si era acceso in lui, un ricordo che pensava di aver dimenticato nei meandri della mente e, alla prima occasione, rispuntò fuori per insinuarsi nel suo cuore. 

Non aveva nulla contro Celine ma gli aveva provocato un malessere ed un disagio che mai si sarebbe aspettato, non era da lui sentirsi così con le altre persone. 

Non se la sentiva di affrontarla dopo aver sentito come cantava, era brava come... Come... Come lei. 

Hanji le urlò un’ultima cosa: 

  - Non puoi scapparle per sempre... - 

* Ricordi come voci che risuonano nel vento 
Vento leggero, vento leggero 
Sussurrati e gettati nella marea che arriva 
Leggero oh leggero il vento 
Voci come canzoni che si sentono all'alba 
Vento leggero, vento leggero 
Cantando i segreti dei bambini mai nati 
Leggero oh leggero il vento 

Sogni come ricordi nati un tempo nel vento 
Vento leggero, vento leggero 
Amanti e bambini e rame e stagno 
Leggero oh leggero il vento 
Sogni come i castelli che riposano nella sabbia 
Vento leggero, vento leggero 
Scivolano tra le dita o sono stretti nella mano 
Leggero oh leggero il vento 
Canzoni come sogni che la fanciulla fila 
Vento leggero, vento leggero 
Tessendo la canzone del pianto dello stagno  
leggero oh leggero il vento 
Leggero oh leggero il vento 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Strano ma vero qual giorno Celine era sulle mura e, fatto ancor più atipico, lassù era completamente da sola. 

Sentì di nuovo l’aria fresca che le scompigliava i capelli, le accarezzava il viso e le faceva muovere la mantella della sua legione. 

Trovarsi in quel posto non era nemmeno da considerare raro per lei eppure ebbe quasi paura, si guardò intorno chiamano a gran voce: 

  - EHI.... C’È QUALCUNO... MI SENTITE?... EHI... - tanto era preoccupata che non si accorse che stava usando entrambe le mani e le braccia – QUALCUNO MI RISPONDA!!! -

Il silenzio assoluto stava iniziando a terrorizzarla per davvero, non sapeva che fare, e nemmeno si ricordava com’era salita. 

Ebbe un flash e si avvicinò al perimetro e, per la prima volta nella storia, guardò in basso. Vide Trost anche se non sembrava distante 50 m, anzi, le sembrava vicinissima, le bastava un salto per tornare in città. 

  “Era così semplice guardare in basso? No... È tutto sbagliato... Non è possibile...” 

Si allontanò da quel punto e si mise le mani tra i capelli. 

  - Cosa sta succedendo?! Dove sono? - 

  - Non avere paura... - 

Dal nulla sentì una voce familiare, una che avrebbe riconosciuto tra mille. 

Si voltò in modo lento, infatti era totalmente incredula per la sorpresa, quella voce apparteneva a qualcuno molto caro a lei, e questa persona era proprio dietro di lei: 

  - Tyron? - si voltò anche con il corpo – Tyron... - 

Il suo primo fratello, quello che si era preso cura più di lei da bambina, e quello disperso da giorni era lì. 

Era sulle mura con lei, dalla parte in cui di solito i soldati uscivano in esplorazione, come quando erano andati a cercare lui, ed ora era lì... E le dava le spalle. 

  - Fratello mio... Sei qui... - 

Con mani tremanti si mosse a raggiungerlo. 

Era come se lo ricordava l’ultima volta che era tornata a casa, alto, magro, dai capelli ondulati, castani come i suoi lunghi e fino alle spalle. 

Anche se era di spalle lo riconobbe all’istante, non solo era fisicamente lui, ma aveva un segno sulla mano destra che solo lei e la sua famiglia potevano riconoscere: una cicatrice sulla mano sinistra, si era fatto male una volta “giocando” con il coltello del padre e gli era rimasta una cicatrice sul polso... Celine la vedeva bene. 

Non poteva che essere che lui. 

Voleva rivederlo in faccia e scoprire se aveva ancora quei bellissimi occhi cerulei e quel sorriso pieno di orgoglio per lei, nonostante l’ustione al braccio... 

  "Il braccio!" 

Celine si ricordò della sua ferita e si distrasse un attimo ad osservare l’arto, in quel momento ed era guarito, si abbassò le maniche e non c’era più traccia dell’ustione fatta da quel dannatissimo gigante. 

Nemmeno una cicatrice, niente. 

Il braccio era immacolato. 

  - Che sta succedendo? - 

  - È bellissimo quassù... - riprese a parlare il fratello con la sua voce da uomo vicino ai quarantacinque anni – Si vede tutto... Sei la più alta di tutti noi qui... Non è vero Cecy? -  

Ed ecco il suo nomignolo che, nonostante gli anni, era il modo con cui l’uomo ancora la chiamava e scriveva nelle lettere, Celine si emozionò talmente tanto che si mise una mano sul cuore e l’altra sulla bocca per poi iniziare a piangere, lui però continuò a darle le spalle. 

  - Tyron... Sei qui... Sei finalmente qui... Dove sei stato...? - 

  - Dove sono, magari. -  

Il suo tono era quasi triste e angosciato anche se la stava correggendo, cosa che lei non si accorse subito, infatti lo guardò sbigottita: 

  - Che... Cosa intendi dire? - 

  - Non lo so dove sono... So solo che è buio... Ho caldo... E ho paura... - 

Il soldato non capiva cosa stesse dicendo: 

  - Di cosa stai parlando Tyron?! Sei qui... Tu sei qui... Sei con me... - stava andando nel panico – Dammi la mano... Dammi la mano Tyron... Ti riporto a casa. - 

  - Non posso... - 

Celine aveva allungato la mano verso di lui, la distanza tra loro era notevole dato che si trovavano ai due estremi opposti delle mura. 

  - Come non puoi? Tyron, guardami... Che significa che non puoi? Sei qui davanti a me... Ti stanno aspettando tutti a casa... -

  - Non posso tornare... Non così... - 

  - Che stai dicendo? - 

Il ragazzo fece un passo in avanti e cadde giù dalle mura così, senza dire più una parola.  

Al contrario però Celine gridò mentre avanzava verso la parte in cui era sparito il fratello: 

  - NO!!! - 

Appena arrivò anche lei a vedere di sotto anche da quella parte, non vide i verdi prati ma una marea di esseri che potevano solo essere loro: i giganti. 

La ragazza si svegliò di colpo urlando il nome del fratello e respirò in modo veloce. Si ritrovò in un ambiente quasi buio, se non fosse stata per la candela accanto a lei si sarebbe sentita nella confusione totale. 

Si accorse di essere sdraiata e appena mosse entrambe le braccia per issarsi di nuovo sentì il dolore al braccio sinistro e la fece di nuovo gridare per il dolore, si accucciò dalla parte destra soffrendo per l’arto. 

In tutto questo lasso di tempo arrivò in soccorso Doreen: 

  - Celine... Celine calmati... Apri gli occhi... Svegliati! - 

Il problema era che la ragazza era sveglia, si stava solo tenendo il braccio offeso e dato che l’aveva mosso le faceva malissimo. 

Sentì la mano dell’amica accarezzarle il viso e solo allora la giovane aprì gli occhi e alzò lo sguardo verso la ragazza: 

  - Doreen? - 

  - Ehi, hai fatto un brutto sogno? - 

  “Un sogno?” 

Un po’ si spiegava tutto, non era sulla mura, non aveva il braccio guarito e, soprattutto, suo fratello non era davanti a lei, come lo era l’amica e compagna di stanza. 

Subito le venne da piangere e rintanò il suo viso nel cuscino, le attenzioni dell’amica continuarono: 

  - Calma Celine, shh... Era solo un incubo... Sta tranquilla... Ti fa male il braccio? - 

Ormai Celine non sapeva per cosa stesse soffrendo di più. 

Le sembrava tutto vero, persino la pietra delle mura che aveva toccato. 

Se era stato un sogno era stato fin troppo reale. 

Lo aveva visto, gli aveva parlato, ma non si era fatto vedere in faccia. 

  “Fratello mio... Perché?” 

Grazie all’amica riuscì a calmarsi e a riprendersi un po’, non si era accorta che aveva anche svegliato le altre, alcune di loro poi si erano anche innervosite per quel brusco risveglio, mentre una fece un commento totalmente fuori luogo: 

  - Sempre Tyron nomini... Tyron... Tyron... Tyron... Prima o poi ce lo farai conoscere? - 

Quella frase fece bloccare per pochi secondi sul posto la ragazza, poi Doreen le mise le mani sulle spalle e la portò in bagno rivolgendosi all’altra: 

  - Martha, rimettiti a dormire, non sei d’aiuto. 

Certe volte alcune sono davvero inopportune – disse Doreen cercando di tranquillizzarla e di aiutarla a prepararsi anche se era decisamente presto per farlo – Cerca di calmarti e poi sciacquati il viso. - 

Celine si guardò allo specchio, era stata meglio altre volte, ripensò al sogno fatto, perché proprio quel giorno? 

Ricordò le sue parole per tutto il tempo in cui stette in bagno: 

  "Non lo so dove sono... So solo che è buio... Ho caldo... E ho paura...” 

Più ci pensava e più le veniva da piangere e poi come se ebbe un’illuminazione forse capì: era in pericolo. 

Forse l’ansia del sogno avuto non la faceva ragionare in modo lucido, e la cosa peggiore era che non poteva fare davvero niente. 

Non poteva uscire a cercarlo da sola perché non faceva parte del corpo di ricerca e anche perché non era abbastanza brava a combattere quei mangiatori di uomini nel caso si fossero presentati. 

E poi anche a chiedere aiuto a chi di dovere si erano persi alcuni di loro. 

Troppe colpe aveva e si sentiva nel cuore. 

  - Come fanno quei ragazzi a reggere tutto questo? - 

  - Eh? Hai detto qualcosa? - 

La ragazza col braccio offeso stava parlando tra sé e sé, non si ricordava nemmeno che in bagno c’era la sua compagna di stanza, si riprese e la guardò dallo specchio: 

  - No, no Doreen... Scusa. Stavo pensando a voce alta. E anzi, grazie per prima... E per avermi calmato. -

  - Le ragazze hanno detto che chiami questo Tyron da poco, è una persona che hai conosciuto qui? - 

  “Magari...” 

  - No... È mio fratello. - 

La compagna si bloccò con degli asciugamani in mano alla rivelazione: 

  - Oh... Gli è successo qualcosa? - 

  - Vorrei tanto saperlo pure io... - 

La ragazza capì che la faccenda era delicata e si riavvicinò: 

  - Ehi... Spero non sia niente di grave... - 

Gli occhi di Celine le si riempirono di nuovo di lacrime e abbassò la testa verso il lavandino: 

  - Non lo so... È sparito... - 

  - In che senso è sparito? - 

Ora anche l’altra si stava veramente preoccupando per la compagna che aveva conosciuto alla salita delle mura, e nemmeno la conosceva così tanto da poter sapere cose così personali, anche se, essendo soldati, il loro compito principale era di mantenere la calma nel popolo, se poi c’erano anche questi incidenti dovevano provvedere subito. 

  - Noi... Cioè la mia famiglia... Ha il permesso di uscire dalle mura per... Tyron l’ha fatto e non è tornato più... Sono passati molti giorni ormai... -

  - Hai chiesto aiuto ai ragazzi della Legione Esplorativa? Stai con loro in questi giorni. - 

  - L’ho già fatto... Ma non è così semplice per loro... Uscire. 

Hanno bisogno di un permesso anche loro... Quando due giorni fa l’hanno fatto... Non l’hanno trovato... Si sono persi anche alcuni di loro... Che cosa terribile... -

Alle sue parole Doreen era più spaventata di lei e poteva solo immaginare in parte il dolore e la colpa che stava sentendo la ragazza, consolarla forse poteva essere difficile, ci provò: 

  - Celine, lo sai che forse anche loro sanno a cosa vanno incontro... Non darti colpe. - 

  - Non... Non ci riesco... - 

Sentì una mano sulla spalla sana e ancora la voce della compagna: 

  - Forse era meglio se tornavi a casa. - 

Celine fece no con la testa: 

  - Sarebbe stato peggio... Vedere la mia famiglia soffrire per giorni, ore, minuti... Non ce l’avrei fatta. - 

  - Hai ragione anche tu... Spera invece che vada tutto bene... Tutto può succedere e tutto può essere accaduto... Prega per il suo ritrovamento e che possa tornare a casa. - 

  - Ogni giorno e ogni notte lo faccio per lui. - 

Celine vide la sua compagna di stanza annuire dallo specchio e poi la fece sedere per aiutarla a preparare per un’altra giornata nella Legione Esplorativa. 

Quando l’accompagnò alla porta si trovarono una sorpresa, non c’era il solito soldato di quell’esercito, ma uno che Celine aveva conosciuto nei giorni scorsi: 

  - Armin?! - 

  - Buongiorno Celine, e anche a lei, soldato. - 

Le due donne rimasero sorprese da quel ragazzino biondo e dagli occhi chiari come il cielo che faceva parte dell’esercito più pericoloso di Trost, eppure sembrava un bambino puro ed innocente. 

Doreen dopo la sorpresa s’intenerì a vederlo: 

  - Buongiorno anche a te... - si voltò verso Celine – Hai detto che si chiama Armin? Ma che gentile che sei. - 

  - Cosa ci fai qui? -

Chiese invece il soldato in borghese, la risposta non si fece attendere: 

  - Ti volevo avvisare che la signorina Hanji ha avuto il permesso di uscire dalle mura, quindi oggi non ci sarà. - 

La ragazza capì allora che si era preparata per niente e aveva un giorno libero, a meno che non poteva sistemare le cose in laboratorio da sola. 

  - Non serve che vengo? - 

  - Oh no, no, no, ecco... Puoi venire se ti va... Stai con noi. La caposquadra ci ha dato un giorno libero... Se ti va puoi stare in nostra compagnia oggi. - 

  - Siete sicuri che mi volete? Nonostante quello che ho causato? -

  - Sì Celine... Non è stata colpa tua. - 

  - Vedi? - intervenne l’altra ragazza – Anche lui te lo dice. - 

  - Inoltre il Comandante Erwin ieri ti voleva parlare, ma non ti sei presentata. -

  - Ieri? Ieri Hanji ha detto che Erwin l’aveva messa in punizione e doveva stare sulle scartoffie. - 

  - Ah... Questo non lo sapevo. - 

Celine invece non capiva più nulla, il giorno prima era in punizione e ora poteva uscire? 

Che strana anche che era il loro caposquadra, una donna molto particolare, poi Armin riprese a parlare: 

  - Comunque ti accompagno io oggi. Lei si è portata dietro altri ragazzi per sicurezza. -

  “Solo la sua?” 

D'un tratto le ritornarono in mente le parole di Levi su quel criminale che da solo aveva ucciso ben cento gendarmi... E si era anche raccomandato di stare attenta per le strade, e come poteva stare al sicuro se a proteggerla c’era un ragazzino più piccolo di lei? 

E soprattutto come dirglielo senza offenderlo? 

  - Ehm... - si sentì un po’ in imbarazzo – Armin, non penso sia una buona idea... - 

 - E perché? - 

I suoi occhi azzurri continuarono a fissarla in modo speranzoso. 

  “Ecco, e adesso?” 

  - Non vorrei che ci succedesse qualcosa... - 

Si sentiva anche lei ridicola a dire quelle parole, eppure in quel periodo non l’era mai successo nulla, anche quando girava in città da sola nel suo giorno libero, soprattutto quando era senza il braccio in quelle condizioni. 

Il ragazzo biondo allora ammise: 

  - Non sono da solo. - 

Infatti a poca distanza da loro si trovavano Sasha e Jean che li aspettavano. 

  - Ma che bei ragazzi premurosi... – s'intromise sempre Doreen – Celine, stai sempre con loro e non ci racconti nulla? - 

Ovviamente scherzava, era per spingerla ad andare e allora la ragazza col braccio offeso si convinse. 

Una volta insieme notò quanto stavano tranquilli nonostante l’insuccesso di ieri, oppure era solo una facciata? 

Sasha parlò più degli altri due ragazzi mentre percorrevano la strada che li separava dalla loro base principale: 

  - Non ero mai venuta da queste parti... È bello qui... Tranquillo... Mi piace. -

  - Meno male che oggi siamo in pausa pure noi. Almeno ci rilassiamo. - 

Si espresse Jean; Celine notò solo allora che, anche se avevano addosso il mantello con il loro stemma, erano in abiti civili come lei, lei e Sasha indossavano un vestito intero mentre i due ragazzi avevano addosso un maglioncino e pantalone mentre l’altro gilet, camicia e pantaloni. 

Se qualcuno li avesse visti girare insieme non sarebbe mai arrivato a pensare che erano quattro soldati di due eserciti diversi, e che quella più grande era quella col braccio fasciato. 

Più li guardava e più ammirava il loro coraggio nell’essere in quell’esercito e ad affrontare così i mangiatori di uomini, dovevano essere veramente speciali se facevano parte della squadra di Levi. 

Chissà cosa pensava lui della sua squadra, non lo aveva mai visto in azione e sperava di non vederli mai. 

Mentre pensava Sasha si rivolse a lei: 

  - Celine, mi senti? - 

Si riprese e la guardò: 

  - Come scusa? - 

  - Ti ho chiesto se stai bene, non hai una bella cera. - 

  - Stare con la caposquadra Hanji ogni giorno è dura, – s'intromise Jean – e noi ne sappiamo sempre qualcosa. - 

  - Jean... È la nostra responsabile, è il suo compito allenarci. - 

S'intromise Armin e poi, mentre continuava a camminare, continuò a guardare con la coda dell’occhio la ragazza della Guarnigione che, per il momento, non se n’era accorta. 

  - Certo Armin, certo... Intendevo solo dire che per una che viene da fuori come lei può essere difficile da stare dietro ad una che si esalta per i giganti... A proposito, alla nostra comandante piacciono i giganti che noi dobbiamo uccidere. 

Non ti spaventare se inizia a parlarne con te. - 

Questa cosa Celine già la sapeva, era un’informazione che Hanji le aveva confessato la prima volta che era entrata nel suo laboratorio: 

  - Lo so già ragazzi, tranquilli. Ieri anche mi è capitato di assistere alla sua reazione quando ha detto che uno di loro aveva abbracciato qualcuno. - 

  - Non me lo ricordare... - intervenne Sasha – Senza gas, senza lame ho affrontato un gigante di piccole dimensioni, ma lo stesso era un gigante... Ho salvato una bambina, quello mi ha stretto a sé per iniziare a mangiarmi e la caposquadra voleva solo sapere la temperatura del suo corpo. - 

A quelle parole la ragazza in borghese ricordò come l’aveva chiamata Zoe: 

  - Aspetta... Tu sei Braus? - 

  - In persona. Sasha Braus. - 

  - In effetti, quella volta, Hanji ci ha presentato solo con il nome, non il cognome. - si ricordò Armin fermando il gruppo – Quindi è meglio rimediare. Ciao, io sono Armin Arlert. - 

Le porse la mano destra così lei potesse stringergliela, almeno non le aveva chiesto di rimorchiarla. 

  - Se ci tieni, Armin. - anche l’altro porse la mano – Jean Kirschstein, piacere. - 

Celine strinse anche la sua e stessa cosa fece Sasha, con un’aggiunta particolare: 

  - Conosci qualche posto carino dove possiamo mangiare? - 

La domanda stavolta fece sorridere il soldato in borghese, mentre i due ragazzi erano imbarazzati per la compagna. 

  - Credo di sì anche se non mi sono mai fermata, anche quando avevo il giorno libero. - 

  - Possiamo fermarci adesso? - 

  - Sasha, non mi dire che hai ancora fame? - 

  - Io ho sempre fame, Jean. - 

Rispose la ragazza in modo serio. 

  - Ma se abbiamo fatto colazione prima di uscire. -

S'intromise pure Armin più imbarazzato di tutti. 

Per evitare che iniziassero a battibeccare più forte Celine decise di portarli a stuzzicare qualcosa, anche se un posto in effetti c’era in cui voleva portarli, purtoppo era distante e avrebbero allungato molto il percorso. 

Appena sbucarono in una piazzetta il morale si riaccese da sé: 

  - Uh, il mercato! - sempre la ragazza con la coda alta indicò le bancarelle con molte persone che guardavano i prodotti nuovi da comprare. - Che ne dite se andiamo lì? Sento un buon profumo. -

E fu così che i quattro ragazzi si addentrarono tra le bancarelle del mercato come se fossero stati amici da sempre, la sensazione che ebbe la ragazza fu davvero positiva, non si aspettava proprio un risvolto così della giornata. 

L'incubo sul fratello sembrava acqua passata e non ci pensò finché vide tutte le merci esposte sia alimentari che non. 

Sembrava passata una vita che non faceva un giro con qualcuno al mercato che stava nelle sue zone, era anche più piccolo rispetto a quello in cui andava lei, anche se per la compagnia ne valeva la pena. 

Trovarono un buon punto anche per mangiare qualcosa di caldo come panini alla verdura appena sfornati, quando l’assaggiò la ragazza non solo li trovò gustosissimi, si complimentò con il cuoco perché aveva avuto un’ottima idea per cucinare qualcosa di diverso e nuovo. 

Era anche un’idea a cui mai ci aveva pensato, nemmeno con la nonna. 

Poi alla ragazza della Guarnigione venne un’idea e chiese: 

  - Quanti siete nella squadra di Levi? - 

I tre ragazzi prima si guardarono tra di loro e poi, forse capendo le sue intenzioni, le dissero la verità: 

  - Non lo sappiamo nemmeno noi, siamo sempre di più quando usciamo dalle mura, noi invece siamo... Beh ci siamo uniti dopo il giuramento e altri avvenimenti. - 

Se Armin aveva ragione la ragazza voleva acquistare di sicuro altri di quei panini per il loro gruppo, di sicuro non le sarebbero bastati di sicuro tutti i soldi accumulati in quegli anni di servizio, che non sapevano nemmeno lei quanti erano. 

In effetti la ragazza della Guarnigione voleva prenderli per i ragazzi della squadra di Levi che aveva conosciuto quel giorno, tra cui loro appunto, e dopo il discorso del ragazzo biondo intuì che davvero era impossibile comprarli per tutti loro, o non le sarebbero bastati i soldi oppure l’uomo sarebbe andato in fallimento. 

Quindi, che fare? 

  - Non vi offendete se ne prendo un paio per la signorina Hanji? - 

  - Ma certo, anzi, ne prendo anch’io un paio per Eren e Mikasa, gli piaceranno. -

Così dicendo il ragazzino biondo si avvicinò alla ragazza in borghese e tirò fuori in suo sacchetto di monete che utilizzava di solito per comprare libri da studiare, questa li usò per un’altra occasione. 

Gli altri due si aggiunsero: 

  - E va bene, ne prendo un paio anch’io per Christa e Connie. Di sicuro gradiranno. - 

Propose Jean, mentre l’altra ragazza: 

  - E io ne prendo quattro per me! - 

  - Sasha... - 

La ripresero i due compagni, poi lei si giustificò: 

  - Per il ritorno alla base. -

Una volta comprati decisero di dirigersi verso il loro quartier generale, avevano perso già anche fin troppo tempo e appena uscirono dalla zona del mercato sentirono una voce maschile che chiamò una di loro: 

  - Celine? - 

Il gruppo si bloccò, stessa cosa fece la ragazza che si chiamava così, tutti insieme si voltarono e l’uomo che videro i più giovani non lo conoscevano di certo, ma il soldato in borghese... 

  - Jacq? - 

A Celine si bloccò il cuore, l’altro continuò: 

  - Da quanto tempo... Che ci fai con i ragazzi della Legione Esplorativa? E che hai fatto al braccio? - 

Da che il tono era tranquillo, si fece preoccupato quando notò l’arto sinistro.  

Jean si avvicinò alla ragazza: 

  - Chi è lui? - 

  - È... Mio fratello... Il terzo. - 

Egli era un uomo alto 1.80, robusto con i capelli lisci e lunghi fino alle spalle, gli occhi erano castani chiaro, anche se, cosa rara, c’erano degli accenni di grigio, e aveva un po’ di barba sul viso. 

Tra i due fratelli minori lui somigliava molto al fratello maggiore, tranne per gli occhi, Tyron li aveva più chiari perché li aveva presi dal nonno dei ragazzi. 

  - Il terzo fratello? Quindi ne hai tre? - 

Dedusse il ragazzo biondo. 

Celine si staccò dal gruppo per avvicinarsi a Jacq. 

  - Ciao... L’ultima volta mamma e papà mi hanno detto che ti eri trasferito, non pensavo qui nelle vicinanze. - 

  - Insegno qui infatti... Ma non mi hai risposto alla domanda, che hai fatto al braccio? - 

La ragazza mai si sarebbe aspettata che proprio in quei giorni avrebbe incontrato qualcuno della sua famiglia, e ora come nascondere tutto questo? 

  - Ho... Ho avuto un incidente quando i giganti hanno invaso Trost, ma sono riuscita a salvarmi. - 

  - Non ti hanno fatto tornare a casa in tutto questo tempo? - 

Ovviamente erano passati molti giorni da quell’evento, ringraziando poi il fatto che la medicina era quella che era, forse era anche normale che la ragazza aveva ancora il braccio in queste condizioni. 

   - Sì, me l’hanno proposto. Ho chiesto io di restare, anche se non svolgo più le stesse mansioni, e poi è quasi guarito, riesco a muoverlo come prima.  

In questi giorni mi toglieranno pure la fascia. - 

Sperò con tutto il cuore che i tre ragazzi non intervennero per le cavolate che stava dicendo, stava sudando freddo dentro di lei mentre fuori cercava di rimanere impassibile e sicura. 

Il fratello la guardò con attenzione e poi spostò lo sguardo verso i ragazzi del corpo di ricerca: 

  - E questo tuo compito consiste nel stare dietro a loro tre? -  

  - No, sono ragazzi che ho conosciuto da quella volta... Comunque dobbiamo andare adesso, non dire a mamma e a papà che mi hai visto col braccio così... - 

  - Non lo sanno? -

  - Sai che si preoccuperebbero, e mi direbbero di tornare a casa... e poi ora che Tyron è sparito... -

  - Lo so... Hanno scritto anche a me... Non ho ancora parole. - 

  - Se posso permettermi... – intervenne Armin – Alcuni giorni fa i nostri compagni sono usciti a cercarlo, si sono recati nel villaggio in cui ci ha detto Celine e non hanno trovato nessuno, nemmeno gli abitanti. 

Pensiamo che sono riusciti a salvarsi prima dell’arrivo dei giganti. - 

  - Sì, sì, io sono una di quelli che ha partecipato alla ricerca, e posso confermare, signore. -

E pure Sasha si fece avanti. 

Celine non si aspettava che sarebbero venuti in suo soccorso e li ringraziò col pensiero. 

Il fratello non fece altre domande e mise una mano sulla spalla sana della ragazza per poi abbracciarla, anche davanti ai soldati in borghese come lei. 

Celine represse un grido di dolore iniziale, il fratello non si era appoggato del tutto all’arto malandato, e ancora di più la sorprese quella dimostrazione di affetto fuori casa: 

  - Sta più attenta, ti prego... -

A quelle parole restò sorpresa, e come lei anche gli altri tre ragazzi. 

Il fratello era tra quelli che, quando la ragazza espresse il suo desiderio di arruolarsi, era contro questa sua idea, tra i tre solo Tyron le aveva dato man forte. 

Non sapeva ancora se la ragazza aveva fatto la scelta giusta a diventare un soldato dato che si era fatta male e non lo aveva detto ai genitori, forse ora si era reso conto che lei non era più una bambina ma una donna coraggiosa e che sapeva quel che faceva. 

Dopo che i due si separarono, il sondato della Guarnigione rimase in totale silenzio, e anche gli atri tre non proferirono parola finché non si avvicinarono al loro base: 

  - Tuo fratello è molto gentile. - 

s'intromise Sasha. 

  - Hai detto che era il terzo, giusto? -

parlò anche Armin sempre guardandola con quegli occhi azzurri come il cielo, e stavolta Celine li vide e gli sorrise: 

  - Sì, ho tre fratelli maschi... Tyron è il primo, il secondo si chiama Viris e il terzo, quello di prima, si chiama Jacq. 

Anche se siamo nati vicini, è con Tyron che ho giocato di più e mi ha insegnato molte cose anche prima di andare a scuola. - 

  - Io sono figlio unico. - parò Jean mentre entrarono nel loro quartier generale – Non so cosa si prova ad avere fratelli o sorelle, ma vedendo ciò che è successo, penso che siate molto legati. - 

  - Mi fa piacere che ti abbia dato questa impressione. 

Siamo cresciuti insieme e poi abbiamo scelto strade diverse, e la mia strada non era negli ideali dei miei genitori dato che anche mio padre era un soldato. - 

  - Un soldato?! Davvero?! Di quale legione? - 

La notizia sorprese molto il biondo che sembrava il più entusiasta di tutti, la ragazza sorrise di nuovo guardandolo e poi rispose: 

  - Che ci crediate o no, era un soldato della vostra legione, per questo non voleva che nessuno di noi quattro si arruolasse. -

  - Un po’ è da capire, pure io sarei voluto entrare nella Gendarmeria, e invece sono qui. -

  - Almeno siamo qui insieme, Jean. - le fece notare Sasha – Quel posto è a numero chiuso, e poi qui hai incontrato noi. - 

  - Appunto per questo lo dico. - 

E scoppiò a ridere mentre Sasha gli diede una pacca dietro al collo, tutto sotto lo sguardo di Celine che si sentì tranquilla nel vedere che, nonostante tutto, avevano ancora la voglia di scherzare come dei semplici ragazzi della loro età. 

Appena uscirono nel cortile, dove di solito si allenavano tutti, sentirono un gran fermento e anche alcuni ragazzi che correvano verso di loro. 

Sasha, Jean e Armin erano confusi. 

  - Ma cos’è successo? - 

Il ragazzo dai capelli chiari riuscì a fermare una ragazza e a chiederle perché scappassero e l’altra non sembrò tanto collaborativa: 

  - Allontanatevi più che potere... La caposquadra è impazzita. - 

A quelle parole tutti e quattro si affrettarono a raggiungere il punto da dove tutti stavano scappando, e anche a parecchi metri di distanza che lo videro.  

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