La partita di basket

di MissStory
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La partita ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** La partita ***


La partita era finita da un pezzo ma Nicholas si era attardato in palestra. Mentre i suoi compagni si dedicavano allo stretching, lui aveva scelto di aiutare il coach e gli assistenti a sistemare la palestra.

Dopo una partita c'erano molte cose da fare e lui non aveva fretta di andare nello spogliatoio. Aveva raccolto e chiuso i palloni, azzerato il monitor del punteggio e riposto il tastierino, aveva perfino fatto il giro delle panchine per raccogliere tutto ciò che compagni ed avversari avevano lasciato a terra: bottiglie, pezzi di scotch medicale, carte di zucchero o caramelle.

Era solito farlo: suo padre, il "generale" Michael Ross, fu il suo primo allenatore. In palestra, come in casa tutt'ora, pretendeva che tutti facessero del loro. E a Nick non era mai pesato. Era un momento che si ritagliava per scaricare l'adrenalina dell'incontro prima di crollare esausto a terra per lo stretching.

Quando finalmente ebbe finito, era rimasto solo lui a bordo a campo. Il coach e gli assistenti stavano andando via. Una manciata di pubblico stava ancora chiacchierando il palestra ma ormai erano vicino alle porte di uscita. I suoi compagni e gli avversari facevano baldoria sotto le docce negli spoiatoi e stavano andando via alla spicciolata.

-Nicholas, chiudi tu la palestra?-chiese il coach passandogli vicino

-Si coach! Tranquillo ci penso io- rispose il giovane sedendosi a terra pronto a rilassare ogni singolo muscolo del corpo.

-Mi raccomando tutte le luci-lo apostrofò allontanandosi.

Nick sorrise annuendo.

Coach Meltin tornò indietro, si abbassò per guardare il suo capitano negli occhi. Gli appoggiò una mano sulla spalla:- Ottima partita ragazzo! Veramente ottima partita!

-Grazie coach... siamo stati grandi!

Si salutarono e Nick iniziò a stirare i muscoli delle braccia. Tenere incollata alle mani una palla da 650 grammi può sembrare un gioco da ragazzi. Una partita di basket dura solo 40 minuti di azione vera, poi tra riscaldamento, saluti, sorteggio, sospensioni, falli, tempi può arrivare a quasi 2 ore. Ma la tensione muscolare... quella te la porti addosso fino al giorno dopo.

Le spalle erano indolenzite così come i bicipiti ed i quadricipiti. 

Si stava portando la gamba al petto per sciogliere il quadricipite quando entrò Jake.

-Ehy Kappa! Ancora così stai?

-Oggi me la sono presa easy!-rispose Nick continuando lo stretching.

-Vuoi che ti aspetti? Andiamo giù al Grapes a bere una cosa con alcuni dei ragazzi

-No grazie, vai tranquillo, stasera mi vedo con Arianna 

Jake alzò le spalle:-Come non detto! Comunque avversari tutti via e tu sei l'ultimo di noi. Ti ho già spento le luci. Manca solo la palestra e lo spogliatoio. Ti blocco la porta quando esco così puoi farti la doccia tranquillo

Nick annuì :-Grazie J!

Jake sarebbe stato un ottimo capitano negli anni a venire. Aveva a cuore ognuno della squadra e rispetto per gli avversari e per la palestra.

-Non bevete tanto mi raccomando!

Jake rise:-Noi??? Naaaaa 

-Vai, cretino! -fece cenno con la mano Nick ridendo.

Quando l'ultimo compagno uscì dalla palestra, Nick si distese a terra passandosi entrambe le mani sul volto e tra i capelli ancora inumiditi dal sudore.

Gemette di dolore finalmente per liberarsi da questo peso che dal secondo tempo dell'incontro si portava dentro.

Si mise seduto, si tolse la scarpa destra velocemente ed iniziò ad allentare al massimo e con cura i lacci della scarpa sinistra. La tolse cercando di fare meno pressione possibile. Nonostante ciò gli sfuggì un gemito. 

-Cazzo, cazzo, cazzo!- imprecò

Il respiro era pesante ed affannato. 

Srotolò il calzettone esponendo piano piano il piede nudo sottostante fino ad arrivare alle dita.

Lì si fermò e distese la gamba a terra.

Guardò la caviglia. Non c'erano dubbi. Era slogata. E non una distorsione di quelle da un paio di giorni e via. Sul collo del piede, sul dorso e sul malleolo esterno si intravedeva la pelle di un colore diverso rispetto al resto della carnagione. Una leggera ombreggiatura che a breve sarebbe diventata nera, viola, rossa. Sul malleolo, la mancanza di sostegno da parte della scarpa da ginnastica, stava apparendo un gonfiore grande quanto una pallina da golf.

Si passò una mano sulla giuntura, accarezzando dapprima il piede, stringendolo poi per misurarne il dolore.

-Aaarghh!- sobbalzò da solo non appena la mano strinse il malleolo ferito.

Si sdraiò di nuovo battendo il pugno sul parquet di gioco.

Chiuse gli occhi e rivide la scena.

A metà del secondo tempo, il suo marcatore avversario si era fatto più insistente. Non riusciva neanche a prendere la palla che subito se lo ritrovava attaccato al culo.

Non aveva neanche saltato, ecco perché nessuno se ne era accorto. Era un'azione come un'altra. Un passaggio troppo lungo. Nick che si sbilancia per non mandare quel pallone perso.  Il peso del corpo tutto sul piede sinistro, essendo il destro sollevato da terra. Si sporge sulla punta del piede alzando il tallone da terra. Afferra la palla. Va per riappoggiare il tallone ma sente di calpestare qualcosa.

È il piede dell'avversario.

Lui sì che si accorge di tutto. Non può non sentire la pistata e la caviglia di Nicolas girarsi malamente verso terra. Nick lancia la palla in campo e si accascia.

Neanche il tempo di cadere che si rialza subito per non destare preoccupazioni. 

Passano 10 secondi in cui non ci capisce nulla. Ma si ritrova di nuovo la palla in mano e lancia da 3 senza neanche mettere a fuoco il canestro perché l'unica cosa che vorrebbe fare è girarsi e vomitare. Ma anche stavolta prende in pieno il canestro e la folla esulta.

I compagni gli corrono incontro ed esultano. Jake gli salta in braccio e Nick sente tutto il peso sul piede slogato. Non cade per miracolo. 

Il resto della partita passa tra una stretta di denti ed una sudata fredda dietro l'altra.

Alla fine del quarto ormai non sente più nulla. Sente solo la scarpa stringere terribilmente e le dita formicolare. Il resto è solo dolore.


Riaprì gli occhi. Si alzò sulla gamba buona e saltellò fino alla borsa dei medicinali volutamente lasciata fuori e prese il ghiaccio secco. Con un pugno lo azionò. Si sedette sulla panca, allungò la gamba e lo poggiò sul piede dolorante

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Davanti allo specchio dell'armadio Arianna si guardava cercando di capire se il look andasse bene oppure no. Non era una serata come le altre. Lo sapeva bene. Ancora riecheggiavano le urla nel telefono qualche ora prima della partita.

Nick stava passando di sicuro un periodo stressante: la tesi non ingranava, il professore era spesso assente, le ultime importanti partite; da quando poi si era trasferito a vivere da solo il padre lo rincorreva per via del basket, voleva a tutti costi farlo entrare in una squadra maggiore per aprirgli la strada per qualche campionato di categoria. Lui però aveva altre aspettative. Intanto voleva finire l'università, voleva laurearsi e fare praticantato. La vita dell'atleta professionista e dell'avvocato non erano propriamente conciliabili. 

Il basket gli piaceva, ma non era ciò che vedeva guardando la sua vita da li a 10 anni. Almeno così le aveva sempre detto. 

Fino ad oggi.

Prima del match avevano avuto una discussione abbastanza forte in cui lui dopo l'ennesimo diverbio in famiglia aveva rimesso in discussione le sue priorità. Lei era sicura che ciò fosse dettato dalla pressione che subiva ed in generale da questo periodo in cui vedeva tutto nero, ma come aveva accennato l'argomento lui era esploso. Si erano detti di tutto, insultati e presi a parolacce. E la conversazione era finita con lui che le aveva detto di non scomodarsi a venire alla partita e che sarebbe passato lui dopo per parlare.

Sospirò aggiustando la cintura dei jeans. E si buttò sul letto.

Prese il telefono e controllò ma lui non si collegava su whatsapp da prima dell'inizio della partita e ancora non le aveva scritto a che ora sarebbe passato.


IN PALESTRA
Nicholas tolse il ghiaccio dal piede dopo circa 20 minuti e constatò che la scena no era cambiata molto rispetto a prima. Lanciò il sacchetto ormai caldo e ovviamente face canestro nella spazzatura. Si mise la borsa medica a tracolla e si alzò saltellando verso dove aveva lasciato la scarpa. La raccolse e si diresse nello spogliatoio per una bella doccia fresca.

Fu uno dei momenti migliori di quella giornata di merda. Era stato un susseguirsi di eventi e tutto si era svolto così velocemente che non aveva avuto il tempo per pensare a nulla. Non aveva pensato all'ennesima discussione con il padre, in cui stavolta si era inttomessa anche sua sorella poi a che titolo non lo aveva ancora capito. Le lezioni all'università che avevano occupato una buona parte della giornata. Il prof che per una volta si era fatto trovare a ricevimento e che gli aveva distrutto totalmente i due capitoli che aveva scritto della tesi. Poi la pressione dell'incontro. Ormai erano rimasti solo scontri al vertice e perdere una partita significava rischiare di non qualificarsi. Gli occhi puntati su di lui, miglior giocatore degli ultimi 3 incontri con le aspettative di tutti sulle spalle. Senza contare che se l'era presa con Arianna in men che non si dica e le aveva detto che voleva parlarle lasciandole intuire che l'avrebbe mollata. Ed in quel momento sì, lo avrebbe fatto veramente. Ora non era più così sicuro. Ma non voleva più sentirsi legato. Tutti pretendevano qualcosa da lui. Lei addirittura pretendeva di sapere cosa era meglio per la sua vita.

Poi l'infortunio.

Mentre aveva sentito la cavigliala caviglia girarsi si era sentito sollevato. Sarebbe bastato rimanere a terra. Urlare di dolore. Stringersi il piede con le mani e far entrare l'assistenza medica in campo. Sarebbe bastato così poco e neanche avrebbe dovuto mentire perché quella cazzo di storta era stata terribile. Cadere a terra e liberarsi automaticamente di almeno 3 dei problemi che gli stavano causando uno stress pazzesco. 

E invece si era rialzato, aveva stretto così forte i denti che pensava di essermelo rotti. Aveva fatto anche canestro. E aveva continuato a giocare come se nulla fosse. 

Che cretino di merda.

Si appoggiò con le manile mani e con la testa al muro della doccia davanti a sè. Lasciò che l'acqua gli scendesse lungo la schiena.

Un brivido lo fece tremare. Giustamente era l'ultimo a lavarsi. I ragazzi avevano fatto razzia d'acqua calda. Saltellò all'indietro e mise il piede sotto l'acqua ghiacciata. 

-Ahhhh...- sospirò mordendosi il labbro.

Dopo 10 minuti che sembrarono eterni chiuse il rubinetto e si avvolse con l'asciugamano. Saltellò sul piede destro fino alla panca dove aveva lasciato la sua roba e la prima cosa che fece fu asciugare il piede ferito e infilare una cavigliera elastica trovata nella borsa dei medicinali di almeno una misura più piccola del necessario. Non poteva essere schizzinoso. Non aveva altro al momento. 

Si vestì e prese il telefono.

-Sto arrivando- scrisse.
 

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