I see through you

di _ A r i a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue: Dinner ***
Capitolo 2: *** First night ***
Capitolo 3: *** A place to call home ***
Capitolo 4: *** Investigations ***
Capitolo 5: *** The truth untold ***
Capitolo 6: *** Running in circles ***
Capitolo 7: *** In dire straits ***
Capitolo 8: *** Epilogue: Seashore ***



Capitolo 1
*** Prologue: Dinner ***



I see through you
Prologue: Dinner




Appena entra nel ristorante, Enji individua Keigo all’istante.
Il ragazzo è seduto ad un tavolo in fondo alla sala, vicino alla vetrata panoramica che mostra una vista mozzafiato sullo skyline cittadino. Enji non è sorpreso, ha ormai compreso la predilezione di Hawks per tutto ciò che riguarda l’altezza.
Keigo si sbraccia visibilmente per farsi notare, anche se Enji l’ha già visto. L’uomo si limita ad attraversare la sala del ristorante, osservandola distrattamente nel mentre: le pareti sono rivestite di velluto rosso, a terra c’è una moquette purpurea con dei decori dorati dall’aspetto pregiato e dal soffitto pendono scintillanti lampadari di cristallo. Apparentemente, Hawks non si è risparmiato nella scelta della location.
Endeavor lo raggiunge, rivolgendogli uno sguardo severo, tuttavia si accomoda comunque al tavolo circolare che il ragazzino ha prenotato per loro.
«Diciamo che la riservatezza non è il tuo forte, Hawks», commenta brevemente. «Mi hai detto che dovevi parlarmi. C’era bisogno di un luogo così affollato per farlo?»
Enji nota che sono entrambi vestiti in maniera piuttosto elegante, camicie bianche, pantaloni scuri. Dopotutto, quando quel pomeriggio una piccola piuma rossa si è messa a picchiettare contro la vetrata del suo ufficio in agenzia e, aprendo, si è visto consegnare un bigliettino che gli dava appuntamento per quella sera in uno dei ristoranti più eleganti della città, ha ben pensato che fosse opportuno optare per un dress code adeguato.
Keigo continua a tenere fissato su di lui solo un occhio, il destro, fin da quando ha fatto ingresso nella sala di quel ristorante così lussuoso, in cima ad uno dei grattacieli più alti di Tokyo. Il sinistro è perso di lato, oltre la vetrata, e inizialmente Enji pensa che sia perché Hawks sta osservando il panorama.
«Beh, Endeavor-san, dovresti sapere che a volte, per parlare di argomenti particolarmente delicati, è meglio essere in mezzo a tanta gente. Sai, si finisce per essere invisibili», replica Keigo, ed Enji non riesce a non percepire qualcosa di strano nel tono in cui ha pronunciato quelle parole, anche se non sa ancora di che cosa possa trattarsi. «Comunque, se a turbarti è l’idea di essere continuamente disturbati durante la cena puoi stare tranquillo, ho chiesto allo staff del ristorante di mantenere massima riservatezza durante tutta la cena e di invitare la clientela a fare altrettanto. Per il resto, avevamo una cena in sospeso dai tempi di Fukuoka e ho pensato che questa potesse essere la volta buona per rimediare.»
A sentir nominare Fukuoka, Enji resta interdetto per un momento. Gli sembra che da allora siano passati secoli, ormai – invece, all’incirca, si tratta solo di un anno e mezzo. Certo, nel mentre sono successe mille cose, ma quello è un altro discorso.
«Non mi devi niente, Hawks», si appresta a rassicurarlo Enji.
E lo pensa davvero. Nonostante sia passato del tempo e Keigo continui a ripetergli che non sia così, Enji non fa che sentirsi maledettamente in colpa per quel che è capitato al ragazzo durante la guerra.
In ogni caso, era perfino insolito vederlo a Tokyo. Quando avevano finalmente riportato tutta la situazione sotto controllo, Keigo era comprensibilmente ripartito per il Kyushu. Nessuno l’aveva biasimato, dopotutto lui aveva già la sua agenzia avviata lì ed era giusto che continuasse il suo operato sul luogo. Di tanto in tanto ritornava comunque a Tokyo per collaborare con altri eroi in alcuni casi particolarmente spinosi, ed Enji continuava a sentirlo spesso al telefono, oltre a sapere che era in contatto anche con diversi colleghi tra cui Jeanist e Mirko. Di fatto, però, Fukuoka continuava ad essere casa sua.
«Oh, ma io non mi sento in alcun modo costretto!», gli assicura in fretta il ragazzo. «Lo faccio con piacere, anzi. Comunque, conviene che cominciamo a dare un’occhiata al menù, tra poco verranno a prendere le ordinazioni e se non ci sbrighiamo non sapremo cosa scegliere.»
Enji apre riluttante il menù che Hawks deve essersi fatto consegnare mentre lo attendeva. La verità è che ha l’impressione che entrambi, lì, siano un po’ dei pesci fuor d’acqua. Non è certo la prima volta che Enji si ritrova a cenare in un contesto così artefatto, eppure gli sembra che la sensazione di disagio che prova sia sempre la stessa.
Perfino Keigo, che è quello che ha avuto l’idea di incontrarsi lì, pare piuttosto in imbarazzo. Osserva il menù con aria un po’ distratta, la testa che, spesso e volentieri, continua a ruotare in direzione della vetrata.
Come se volesse scappare da lì. Come se non vedesse l’ora di dispiegare le sue grandi ali cremisi, ormai completamente ricresciute da tempo, e volare via, lontano, fino ad essere completamente inghiottito dal buio della notte.
È una cosa insolita, per Keigo. Enji non riesce a darsene una spiegazione.
All’arrivo del cameriere, Hawks recupera in fretta il solito aplomb. Gli sorride affabile, e consegna con nonchalance la sua ordinazione – Enji non ha ben chiaro di che cosa si tratti, il nome è complesso e non è certo di aver capito, tuttavia conoscendo i gusti di Hawks e da quello che gli è parso di sentire, probabilmente è un piatto che contiene del pollo, da qualche parte.
Enji si limita ad ordinare il piatto che, dal nome, gli è parso più comprensibile, un secondo anche lui.
«Con queste ordinazioni direi che sarebbe perfetto un buon vino rosso, non trovi anche tu, Endeavor-san?», domanda Hawks, lanciandogli un breve sguardo e un sorriso raggiante.
Enji si limita a rispondere con un lieve borbottio.
Keigo sembra soddisfatto, per cui torna a rivolgersi al cameriere. «Di sicuro lei saprà consigliarci la scelta migliore», commenta, con condiscendenza.
Concordato con il cameriere l’abbinamento di vino, l’uomo si allontana dal tavolo, salvo poi tornare dopo qualche istante e versarne un poco nei loro calici. Dopo ciò si allontana nuovamente, e stavolta restano soli un po’ più a lungo, in attesa dell’arrivo della cena.
C’è un silenzio strano. Endeavor non è abituato a sentire Hawks restare così a lungo senza dire nulla.
Quello è il primo segnale che gli fa intuire che c’è qualcosa che non va.
«Non mi hai ancora detto come mai volevi parlarmi», gli fa notare Enji. Si muove un poco sulla sedia, è come se vivesse di rimando la sensazione di disagio dell’altro.
Keigo continua a non guardarlo – ed è strano, ha avuto quei grandi occhi dorati puntati su di sé in ogni momento, anche quando ormai per tutti era diventato un mostro. Lo sguardo è ancora perso oltre la vetrata, mentre tiene in una mano il calice con il vino, che mesce lievemente.
«È tutto così complicato…», ammette Keigo, con un sospiro stanco. «Non saprei neppure da dove cominciare.»
A Enji non sembra di averlo visto così rassegnato neppure durante la guerra. È strano, e continua a preoccuparlo sempre di più.
Allunga piano una mano sopra il tavolo, fino a raggiungere quella del ragazzo, che prende delicatamente nella sua. Col pollice gli disegna piccoli cerchi sul dorso, e Hawks sembra piuttosto sorpreso dal gesto, tanto che per un momento gli pare perfino di vederlo sobbalzare appena.
Al tempo stesso, se ne sente incredibilmente rassicurato. Gli sembra di essere tornato ai tempi della guerra, solo che, allora, quello ad aver maggiore bisogno di rassicurazioni era stato Enji. Forse anche a Keigo sarebbero servite, ma aveva soffocato ogni sua necessità pur di stare accanto al suo eroe e cercare di alleviare in qualche modo le sue pene. Dopotutto, Enji era stato così cieco in quel periodo che, probabilmente, dubita che avrebbe notato se Keigo avesse avuto bisogno del suo aiuto.
E quella è l’ennesima cosa di cui si sente in colpa.
«Non c’è problema», gli assicura Enji. «Comincia pure da quello che vuoi, vedrai che andrà bene.»
Keigo solleva l’occhio destro su Endeavor, che pare rendersi conto solo in quel momento quanto gli fosse mancato quel mare dorato. Il ragazzo si lascia sfuggire un sospiro stanco – sembra che quelle parole siano riuscite ad avere l’effetto desiderato, rassicurandolo, al tempo stesso però Enji si ritrova a valutare che non l’ha mai davvero visto così esitante.
«Va bene», concede Hawks, abbandonando la mano alle carezze gentili di Endeavor. «Qualche giorno fa è terminata la pena detentiva di mio padre.»
Enji resta in silenzio per qualche secondo, aspettandosi di sentire Hawks andare avanti, tuttavia le sue labbra sembrano essersi sigillate di colpo.
Endeavor stesso, in realtà, è piuttosto sbigottito e a corto di parole. Era certo che, vista la lunga lista di reati che quel criminale si portava dietro, sarebbe rimasto a marcire in carcere fino alla fine dei suoi giorni.
In quel momento, neppure il pensiero di poter avere tutti gli occhi dei presenti su di sé riesce a preoccuparlo.
«Com’è possibile che sia stata permessa una cosa del genere?», domanda, incredulo.
Nel riflesso della vetrata vede Hawks sorridere tristemente. «L’HPSC è stato sciolto, ricordi?», spiega, e c’è un tono così profondamente amaro nelle sue parole.
Sì, Enji se lo ricorda, e fino a quel momento ha continuato a pensare che fosse un bene per tutti – soprattutto per Hawks, visto cosa lo avevano costretto a fare. Di colpo, però, si ritrova a chiedersi se sia stato veramente un bene o meno.
Tra loro cala nuovamente il silenzio. È una cosa a cui Endeavor non è minimamente abituato, Hawks è sempre stato quello bravo a riempire ogni momento con il suo fiume in piena di parole.
Questa volta capisce che, però, si trovano in una situazione ben diversa.
Nel frattempo vengono consegnate loro le ordinazioni che hanno effettuato. Enji sente un profumo avvolgente di carne brasata salire dal suo piatto, mentre intuisce che il pollo in quella di Hawks deve essere in una delle riduzioni che accompagna la pietanza, tra le quali anche vino, aceto e agrumi, sebbene continui a non riuscire a figurarsi alla perfezione cosa sia. Nessuno dei due, però, sembra essere più interessato al cibo.
Hawks continua a guardare fuori dalla vetrata, mentre ha ancora in mano il calice con il vino, da cui non ha bevuto nemmeno un sorso. Enji nota che ha un’espressione tristissima.
«Due sere fa l’ho trovato sotto casa mia.»
A quelle parole, Enji sente il sangue raggelare nelle vene, a discapito del proprio quirk.
«Io… non so come abbia fatto a trovarmi», ammette Keigo, la voce tremolante. «Forse mi sarei dovuto trasferire, non lo so… ho sempre pensato che, anche se dopo lo scioglimento dell’HPSC i file che mi riguardavano non sono più stati secretati, non corressi alcun pericolo, dopotutto la guerra era finita…»
Enji lo vede proseguire a fatica in quel discorso, le frasi che s’interrompono, il respiro che si fa sempre più breve e irregolare. Tiene gli occhi fissi sulla figura del ragazzo, che gli sembra fragile come non l’ha mai visto in quegli anni, e ha quasi paura di vederlo svanire davanti a sé da un momento all’altro.
«Hawks, non è colpa tua.» Enji cerca di rassicurarlo, ancora una volta, in tono fermo. «Non potevi saperlo…»
Dal vetro, Keigo gli rivolge l’accenno di un sorriso tremante, sembra essergli grato per quelle parole. «Stavo rientrando da lavoro. È stata una giornata intensa e massacrante. A un certo punto ero arrivato davanti alla porta di casa, stavo per mettere le chiavi nella serratura, te lo giuro… quando ho sentito la sua voce. Ha ancora lo stesso suono sgradevole di quando ero bambino. Ho pensato di essermelo immaginato, ero stanco, magari era un’allucinazione, e poi non era possibile, ero certo che fosse ancora in carcere.» Hawks fa una breve pausa, approfittandone per riprendere fiato. Non gli sembra di aver parlato a lungo, eppure è come se quella sera gli svanisse di continuo l’ossigeno dai polmoni. «Mi è sembrato di gelare sul posto. Non ricordo le parole esatte che mi ha detto, ma il succo è che si vergogna di me ed è deluso del fatto che io sia diventato un eroe, sebbene non ne sia sorpreso, dopotutto per lui il mio valore è sempre stato pari a zero fin da quando ero piccolo. Poco dopo l’ho sentito afferrarmi per un polso e non… sono riuscito ad oppormi in alcun modo. Mi ha scaraventato a terra, sull’asfalto del marciapiede, e ha… cominciato a colpirmi, come quando ero piccolo. Calci, pugni… a-avrei dovuto cercare di fermarlo, evocare Ali Possenti e difendermi, lo so, ma avevo battuto la testa ed ero terrorizzato, mai mi sarei aspettato di rivederlo, figurarsi che mi sarebbe piombato addosso così…»
Lo sguardo di Enji si fa sempre più cupo. Sente un nodo familiare salirgli alla gola, ma cerca di ignorarlo.
Hawks si prende un’altra pausa. Tira respiri tremanti, ed è grato del fatto che Endeavor non stia cercando in alcun modo di mettergli fretta. «Alla fine se ne è andato e mi ha lasciato sotto la luce fioca di un lampione. Io ero ancora disteso a terra, non so da dove ho trovato la forza di alzarmi e arrivare fino alla porta di casa, ma alla fine ci sono riuscito», conclude il ragazzo. «S-scusami, non volevo parlare così tanto…»
Enji scuote la testa, risoluto. «Non… non dirlo neanche per scherzo, Hawks», cerca di rassicurarlo, almeno per quell’ultima parte del suo discorso. Probabilmente Hawks è l’unico vero amico che abbia mai avuto in vita sua, e gli sembra paradossale che si senta in dovere di scusarsi con lui per aver parlato troppo, soprattutto di un argomento del genere. Avrebbe voluto essere allertato prima dal ragazzo di quello che era accaduto ma non glielo fa pesare, forse non se la sentiva neppure di parlarne.
Enji avvicina lentamente una mano al volto del ragazzo. Gli prende il mento tra due dita, portandolo a voltarsi completamente nella sua direzione per la prima volta da quando è cominciata quella cena.
Quello che trova davanti a sé lo fa trasecolare, mentre sente rabbia e orrore ribollirgli in corpo.
Keigo prova a rivolgergli un sorriso incerto, ma sa che gli occhi di Endeavor sono puntati sul vistoso livido violaceo che gli circonda l’occhio sinistro e parte dello zigomo.
La prima emozione che Enji sente di star provando in quel momento è repulsione. Detesta l’idea che qualcuno possa aver fatto del male a Hawks in una maniera simile, ma c’è anche qualcos’altro a turbarlo.
Il suo passato che gli bussa su una spalla, probabilmente.
Le dita di Enji risalgono lungo la guancia del ragazzo, fino a sfiorare la pelle all’altezza dell’ematoma. Keigo lo guarda, finalmente con entrambi i suoi occhi dorati, e sembra terrorizzato, come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.
A memoria di Enji, non è mai stato così sul punto di spezzarsi.
Endeavor lascia ricadere la mano sul tavolo, come colto da una stanchezza improvvisa e fuligginosa. Si sente in colpa per quello che è successo a Hawks, anche se sa di non averne materialmente alcuna responsabilità.
La verità, però, è che non riesce a non pensare alle proprie colpe, in quel momento. Alla persona orrenda che è stato, a come abbia reso impossibile la vita alla sua famiglia
È davvero così dissimile dal padre di Hawks, per quanto abbia cercato di fare ammenda per le proprie azioni?
Keigo, come sempre, sembra leggere alla perfezione ciò che sta passando in quel momento nella mente dell’altro. Questa volta, infatti, è lui ad allungare la mano sopra il tavolo e a prendere quella dell’altro nella propria, disegnandovi piccoli cerchi sul dorso. Come durante la guerra, quel desiderio incondizionato di rassicurarlo, di comunicargli in qualche mondo che lui sarà sempre dalla sua parte, torna a presentarsi anche quella sera.
Sapeva di correre questo rischio, decidendo di raccontare la verità ad Endeavor, ossia che lui potesse immedesimarsi fin troppo in tutta quella storia. Ciononostante, non si sente in colpa per averlo fatto: vuole essere onesto con lui, inoltre si sarebbe sentito decisamente peggio continuando a nascondergli quanto è accaduto.
Enji alza appena lo sguardo sul ragazzo, che accenna di nuovo quel sorriso titubante, sebbene i muscoli del volto debbano dolergli parecchio anche solo per quel piccolo gesto.
«Non te ne ho parlato perché tornassi di nuovo a tormentarti con i tuoi sensi di colpa, Endeavor-san», cerca di fargli notare Hawks.
Enji sospira brevemente. «Lo so», commenta, la mente che prova a concentrarsi di nuovo solo su Keigo. «Comunque, non mi pare opportuno che continui a vivere lì. Se ha davvero scoperto dove abiti, potrebbe tornare in qualsiasi momento.»
Hawks annuisce brevemente. C’ha pensato anche lui, solo che non è ancora riuscito a elaborare una strategia a riguardo.
«Per stasera potresti venire a dormire da me», gli propone Enji, convinto.
«C-che?», domanda Hawks, sorpreso.
«Ma sì.» Endeavor si ritrova a giocare involontariamente con le dita dell’altro. «Figurati se ti faccio tornare a Fukuoka in queste condizioni. E soggiornare in un hotel non è un’opzione, mi sentirei molto più tranquillo a saperti sotto il mio stesso tetto.»
Hawks si sente ancora in imbarazzo per via di quella proposta, tuttavia si rende conto che, effettivamente, non ha altre alternative, oltre al fatto che questa è decisamente la migliore che potesse capitargli. Certo, avrebbe bisogno di recuperare diverse cose a casa sua, in particolar modo il suo pc, ma di questo pensa di poterne parlare tranquillamente con Enji l’indomani.
A sorpresa, però, Endeavor pare aver già intuito i suoi pensieri, così lo anticipa in fretta. «Se hai bisogno di qualcosa, domani non ho impegni, posso accompagnarti a casa tua», gli comunica. «Preferisco venire lì con te, sinceramente.»
Keigo lo fissa, sbigottito ma pieno di riconoscenza. «P-Perché fai tutto questo per me?», domanda, in un sussurro.
Enji gli sorride di rimando. «Perché è giusto che sia così», commenta. «E poi lo faccio con piacere.»
Nel sentirlo riprendere le stesse parole che lui aveva usato quella sera, Keigo avverte un leggero tuffo al cuore, le guance che prendono appena colore.
Le pietanze, ormai, hanno perso irrimediabilmente calore, ma nessuno dei due sembra esserne dispiaciuto.
«Endeavor-san.»
«Mh?» Enji lancia uno sguardo perplesso al ragazzo.
Keigo gli sorride sincero, e in quel momento i suoi occhi sembrano essere colmi di stelle. «Grazie», mormora, commosso.





notes
non ricordo se in passato avessi detto che volevo scrivere sul canon. però è vero, volevo farlo – so here I am, I guess.
tra l'altro mi sa che è la prima volta in vita mia che pubblico una long che non sia un'au, uh.
parto subito col dire che è da un mese, ovvero da quando ho finito la stesura, che rifletto e mi chiedo se sia opportuno pubblicare questa storia o no. quando ho cominciato a scriverla non avevo minimamente contemplato questa possibilità, pensavo sarebbe stato l'ennesivo lavoro destinato a occupare spazio sul pc. il problema è che, come tutte le storie che mi prefisso di scrivere /per me/, il risultato mi ha soddisfatta più del solito. premetto che so perfettamente di star postando una long che è tutto fuorché perfetta, ma siamo ficwriters, scriviamo anzitutto per passione, per cui forse è anche sbagliato pretendere ogni volta la perfezione da noi stessə. ciò non vuol dire che la storia sia stata scritta senza cura, anzi, so io quante ricerche ho fatto durante la stesura.
ho iniziato a scrivere per sfogarmi di qualcosa che era realmente successo nella mia vita, e a un certo punto mi sono ritrovata a chiedermi se questa storia non avrebbe potuto aiutare anche chi l'avesse letta, dopo me. così, forse, se oggi sono qui è per questo.
va detto che, se vogliamo essere precisi, questa storia ha un'ambientazione post!canon. e sì, è una what if, e di what if ce ne sono più d'uno per giunta. uno riguarda l'HPSC, citato in questo capitolo: c'è scritto che è stato sciolto, ma dopo un mese da quando avevo cominciato a scrivere è uscito il capitolo in cui si scopre che non è così. posto che a me avrebbe fatto più comodo che fosse stato ancora presente anche qui invece in canon sarebbe ora che lo sciogliessero rip alla fine non ho modificato perché – onesta – mi scocciava. l'altro what if diciamo che riguarda le condizioni di base di questa storia, perché se siete in pari con il manga sapete che probabilmente uno di questi due non arriverà vivo alla fine, ma per non fare spoiler non specifico chi.
questo progetto è molto importante, per me. comunque vada, sono felice di postarlo qui.
see ya
aria

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Capitolo 2
*** First night ***





Quando arrivano a casa Todoroki, Hawks capisce subito che è ben diversa da come se l’è sempre immaginata.
Nella penombra intravede qualche albero, un giardino, e si domanda perché non ci sia nemmeno un lampione acceso a rischiarare la zona. Si è sempre aspettato che la casa di Endeavor fosse piena di luci, visto il suo quirk, di colpo però gli balza alla mente che quella è quasi una metafora della vita dell’uomo: c’è stato un momento in cui tutte le luci si sono spente.
L’estate si sta avvicinando, ma quella sera soffia un vento freddo. Keigo si stringe nelle spalle, cercando di trarvi conforto.
Entrando in casa, ancora una volta li accoglie la penombra. Enji preme un interruttore, e si accende finalmente un lampadario, che rischiara il corridoio mentre il portone d’ingresso si chiude alle loro spalle.
«Allora è vero che vivi da solo», commenta Hawks. Tiene le braccia strette attorno al corpo, come cercando di proteggersi da un nemico invisibile, e nel mentre sposta lo sguardo da una parte all’altra, cercando di memorizzare ogni dettaglio di quell’ambiente che vede per la prima volta.
In effetti, non era mai stato a casa di Endeavor prima d’ora. Questo pensiero continua a sembrargli così strano…
«Pensavi che ti avessi raccontato una bugia?», s’informa Enji, posando i loro soprabiti sull’attaccapanni all’entrata.
Hawks scuote appena la testa. «No, affatto», replica, infilando le mani in tasca. «È solo che ho sempre pensato che dopo la guerra tu e Rei sareste tornati insieme…»
«Tra noi le cose non funzionavano da parecchio tempo.» Enji si lascia sfuggire un sospiro stanco. «Ho provato a sistemare le cose, sì, però ormai era troppo tardi. Adesso lei e Fuyumi abitano insieme in un villino in un quartiere moderno della città, Natsuo convive con la sua fidanzata che ha conosciuto all’università e Shoto è ai dormitori della Yuei, anche se ancora per pochi mesi visto che poi si diplomerà. Io sono rimasto qui da solo, come avevo promesso loro, e la cosa non mi pesa. È giusto così. E poi anche tu adesso vivi da solo, no? In un certo senso è come se ci fosse toccato lo stesso destino.»
Keigo resta ad ascoltarlo in silenzio. Ha come l’impressione che anche Enji, in fin dei conti, abbia bisogno di sfogarsi.
Se può riempire almeno un po’ la sua solitudine, Hawks non può che esserne felice.
Il ragazzo sorride, per poi posare una mano sul braccio dell’uomo, in un gesto simpatetico.
Enji ricambia il suo sguardo, e Hawks può leggere dentro quegli occhi azzurri la riconoscenza per il gesto che ha appena compiuto.
«Ti mostro la casa», gli propone Endeavor, che sembra aver già allontanato quel velo di malinconia.
L’eroe numero uno si avvia lungo il corridoio e Keigo lo segue a breve distanza.
«Qui c’è la sala dove di solito mangio. Domattina faremo colazione qui. Non ho idea di cosa ti piaccia, ma ho un po’ di tutto, per cui non dovrebbe esserci problema», spiega, indicandogli una stanza in cui Keigo intravede un tavolino basso.
«Uh, non ti ci vedevo a fare la spesa, Endeavor-san», commenta Hawks, incrociando le braccia dietro alla schiena.
Enji sposta in fretta lo sguardo di lato. «Veramente di tanto in tanto Fuyumi continua a passare di qui e a riempirmi il frigorifero», spiega, evasivo. «Io le ho detto un centinaio di volte che non ce ne è bisogno ma lei continua a fare di testa sua…»
«Beh, è testarda. Chissà da chi avrà preso», lo punzecchia Keigo, portandosi una mano alle labbra per nascondere una risatina.
Enji lo osserva attentamente, ma non aggiunge niente. Non sembra arrabbiato.
La verità è che ormai ha imparato a conoscere Hawks e si è abituato al suo continuo sarcasmo, senza esserne particolarmente infastidito. Per di più, probabilmente ha ragione su Fuyumi…
E poi continua a pensare a quello che gli ha detto al ristorante.
Sotto le luci di casa sua, il livido che circonda l’occhio sinistro di Keigo sembra ancora più scuro e preoccupante. Ogni volta che ci posa sopra gli occhi, Enji non può che sentire il suo stomaco stringersi in una morsa.
Il padrone di casa continua a commentare lentamente, mostrando le varie stanze. «Lì c’è il bagno», prosegue, con sicurezza. «Infine, queste sono le camere da letto.»
Enji si ferma, notando che alle sue spalle c’è un insolito silenzio. Si volta a guardare Keigo, e nota che in volto ha un’espressione corrucciata.
«Ehi? Va tutto bene?», si assicura, di colpo allarmato.
Hawks solleva lo sguardo su di lui, lasciandosi sfuggire un’altra risatina. Enji lo osserva attentamente, e stavolta gli sembra di notare sul suo volto un po’ d’imbarazzo, così insolito per lui.
«No, è che… stavo pensando che sono un po’ in soggezione», ammette Keigo, passandosi una mano tra i capelli dorati. «Voglio dire, sono in casa del number one… un po’ di effetto me lo fa, ecco.»
In un’altra occasione, Enji si ritroverebbe a roteare gli occhi, o a sollevare lo sguardo al cielo. Stasera, invece, si limita a posare una mano sulla spalla di Hawks, cercando di rivolgergli il miglior accenno di sorriso che riesce ad abbozzare.
«Puoi dormire dove preferisci», gli comunica. «Ho pensato che camera di Shoto potesse essere l’alternativa migliore, anche perché non hai vestiti per dormire, e Shoto è più alto e piazzato di te, per cui forse potresti trovare qualcosa della tua taglia in quello che ha lasciato nell’armadio. Però se preferisci va bene anche…»
«Endeavor-san.»
Enji si interrompe di colpo, accorgendosi di aver cominciato a parlare a vanvera senza sosta. Il suo sguardo torna a posarsi su Hawks, confuso.
«La camera di Shoto sarà perfetta, ti ringrazio», concede Keigo, rivolgendogli quel suo sorriso luminoso.
Enji annuisce, sollevato. «Mi fa piacere», commenta. «La mia camera è qui accanto, per cui se dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi.»
Keigo socchiude appena gli occhi. «Grazie. Dico davvero», mormora. «Continuo a sentirmi così sopraffatto da questo senso di gratitudine…»
«Ehi, ragazzino.» Enji gli scosta con gentilezza alcune ciocche di capelli dorati dalla fronte. «Sono felice che tu sia qui, sul serio. Ora tu pensa solo a riposarti, mh?»


Mentre Hawks è in bagno a cambiarsi, Enji ne approfitta per sistemargli il futon per la notte.
Al rientro in camera, Keigo indossa una t-shirt e dei pantaloni leggeri. Come previsto, gli vanno un po’ larghi, ma sembrano piuttosto comodi per dormire.
Enji ha lasciato la luce spenta per permettere ai suoi occhi di abituarsi in fretta al buio, così da conciliargli il sonno. Nella tenue luce della luna, che illumina appena la stanza, la pelle di Hawks gli appare ancora più pallida, quasi spettrale.
Più lo guarda, e più Enji avverte la necessità di proteggere ad ogni costo quel ragazzino.
Keigo si stiracchia appena, avvicinandosi al futon. «Mh… credo che questa sia la prima volta che dormo in un futon», ammette. «E di sicuro è la prima volta che dormo in una casa dallo stile classico giapponese…»
Enji gli rivolge uno sguardo stupefatto. «Sul serio?», chiede.
«Sì!» Keigo si accomoda tra le coperte. «La casa che l’HPSC aveva messo a disposizione mia e di mia madre era di fattezze piuttosto moderne, e i letti erano quelli tipici occidentali. Sono felice di fare questa nuova esperienza, in effetti.»
Enji scuote lievemente la testa, ma sul suo volto c’è un accenno di sorriso. «D’accordo», conclude. «Adesso cerca di dormire, ragazzino.»
«Endeavor-san, puoi rimanere qui?», prova a domandargli Hawks, speranzoso.
Enji si morde un labbro. Sembra rifletterci per un po’, esitante. «Va bene, rimango finché non ti addormenti», cede infine.
Hawks sembra rilassarsi all’istante, e il sorriso che gli rivolge convince Endeavor d’aver fatto la scelta giusta.
«Grazie…», bisbiglia, mentre comincia già ad addormentarsi. «Buonanotte, Endeavor-san…»
«Buonanotte, Hawks», ricambia Enji, la voce che si perde nel silenzio della notte.
Hawks doveva essere particolarmente stanco. Enji inizia a sospettare che sia da giorni che non riesce a riposare come si deve, quello che gli è successo l’ha traumatizzato visibilmente, questo lo può vedere in maniera chiara.
È così in pena per lui. Gli sembra di non essersi mai preoccupato così tanto per nessun altro essere umano – triste a dirsi, visto che un tempo ha avuto una famiglia di cui ora non restano che cocci, ma è inutile negarlo, non è mai stato né il marito né il padre migliore del mondo, e questo, ormai, è sotto gli occhi di tutti. La cosa non gli pesa affatto, ha accettato da tempo di convivere con le proprie responsabilità, è giusto che sia così.
Però con Hawks le cose sono sempre andate in maniera diversa.
Già ai tempi di Fukuoka, e poi più avanti, prima ancora dello scoppio della guerra, salvo poi aumentare sempre di più nel periodo del conflitto coi villain, aveva provato un forte senso di apprensione nei confronti di quel ragazzo. Hawks era stato in grado di far crollare quella barriera che negli anni aveva innalzato attorno a sé, e di questo non gliene sarebbe mai stato grato abbastanza. Era stato sorprendente lasciar cadere le proprie difese con una persona che, fino a poco tempo prima, era stato un perfetto sconosciuto.
Si era sentito sollevato, e aveva trovato in Hawks un sostegno che mai nessuno gli aveva offerto.
Ecco perché è così preoccupato, ora, nel vederlo in difficoltà. Aiutarlo è la cosa giusta da fare, ne è certo.
Sono circa le due di notte quando sente un rumore strano provenire dal giardino. Enji sposta lo sguardo di scatto, riemergendo di colpo dai propri pensieri.
Hawks sembra profondamente addormentato nel futon. Non pensava che si sarebbe intrattenuto così a lungo nella camera con il ragazzo, ma era così assorto da non accorgersi dello scorrere del tempo.
Endeavor si alza in piedi, guardandosi attentamente attorno. Quello che ha sentito era una sorta di fruscio, come di qualcuno che si nasconde in un cespuglio.
Possibile che il padre di Keigo abbia già scoperto il rifugio del figlio? Magari l’ha seguito al luogo del loro appuntamento, e poi ancora, fino a casa di Enji… no, impossibile. Hawks si sarebbe accorto di sicuro se qualcuno lo avesse pedinato, ed Endeavor è certo che lui avrebbe fatto lo stesso. E allora che cosa…?
Enji si avvicina alle shoji della stanza, che danno sul giardino. Forse dovrebbe svegliare Hawks, avvertirlo di quel possibile pericolo, tuttavia decide di non farlo. Si morde le labbra, sa che questo è decisamente rischioso, ma la vista del ragazzo beatamente addormentato è troppo incantevole per svegliarlo.
Può cavarsela da solo. Dopotutto, se davvero dovesse trattarsi di quell’uomo, Enji sa di essersi già occupato di lui in passato. Non dovrebbe essere poi così difficile farci di nuovo i conti.
Endeavor trattiene il fiato. Lascia scivolare appena la parete di lato, mentre davanti a sé si apre la visuale sull’esterno.
Il portico esterno in legno è illuminato dalla luna piena. In quella notte tiepida che sta offrendo a Tokyo un assaggio di estate, tutto sembra essere rischiarato da quel bagliore argenteo.
Enji resta per un poco ad osservare il giardino. Sembra tutto tranquillo, avvolto in un silenzio immutabile, come se di notte anche le piante cadessero in un sonno profondo. Si aspetta quasi di veder sbucare fuori un uomo armato da un momento all’altro.
Poi, da un albero lì di fronte, avverte provenire lo squittio di una civetta.
Enji si ritrova a tirare un sospiro di sollievo. Lentamente, chiude nuovamente le shoji, lasciando che i suoi occhi si riabituino in fretta alla penombra della stanza.
Forse si è lasciato un po’ troppo suggestionare dal racconto di Keigo. Dovrebbe abbassare la guardia, ma il solo pensiero gli sembra insopportabile: è un eroe e, in quanto tale, sa bene che permettersi delle distrazioni può risultare fatale.
Se vuole davvero proteggere il ragazzo, deve continuare a fare molta attenzione.
A questo proposito, Enji si siede nuovamente a terra, per controllare il riposo di Hawks.
Rispetto a quando si è alzato, Keigo gli pare decisamente più inquieto. Continua ad avere gli occhi chiusi, ma sposta la testa da un lato all’altro, ansimando, mentre dalle labbra gli sfuggono alcuni mugolii.
Per Enji non è difficile immaginare in che genere di incubi sia intrappolato. Prima ancora di rendersene conto ha già avvicinato le dita alla fronte del ragazzo, accarezzandola con premura.
È un gesto lieve, ma quel tocco caldo sembra tranquillizzare Keigo all’istante. Nel sonno, l’espressione contratta del ragazzo si addolcisce all’istante in un sorriso, mentre i respiri tornano a farsi lenti e regolari.
Endeavor rimane a osservarlo, come rapito dalla vista di quelle gote arrossate.
E si dice che sì, per quella notte può restare a vegliare sul ragazzo.





notes
dobbiamo parlare del 353? perché preferirei non farlo :)
nelle prossime settimane sarò un adorabile agglomerato di ansia, ma alla fine sapevo che questo momento sarebbe arrivato, per cui non dovrei prenderla così... ugh, ma chi voglio prendere in giro? non sarò mai psicologicamente preparata per quello che deve succedere.
allora, l'altra volta mi sono dimenticata di parlare di un paio di cose sapevo che sarebbe successo rip. la prima: questa storia voleva essere un esperimento di slow burn, che secondo me è una cosa che non so assolutamente scrivere. i risultati, infatti, penso li possiate vedere anche in questa long, e okay che i capitoli non sono molti, però diciamo che continuo ad avere l'impressione che avrei potuto fare di meglio.
l'altra cosa di cui volevo parlare riguarda la reazione di hawks a tutta questa situazione in cui si trova. ho sempre visto hawks come il genere di persona che, nonostante si trovi in difficoltà, preferisce farsi carico della cosa senza far preoccupare nessun altro. il fatto che qui, invece, abbia deciso di parlare del problema che ha con endeavor diciamo che l'ho giustificato a me stessa dicendo che forse suo padre è l'unico caso che non sa come prendere. poi con enji c'è sempre stato questo rapporto particolare in cui riescono a capirsi a vicenda senza nemmeno parlare (vedi capitolo 245), senza contare tutta la stima che hawks ripone in lui. quindi niente, è andata così--
io volevo ringraziarvi perché questa cosina sta ricevendo tanto affetto e, da pessimista quale sono, non me l'aspettavo minimamente. però mi fa tanto piacere, proprio perché come dicevo l'altra volta questo è un progetto che ho molto a cuore.
per il prossimo capitolo ci sarà un po' da aspettare, più che altro perché mi sono ripromessa di postare al massimo un paio di volte al mese sì, mi sto ancora riprendendo dal writober. tra l'altro, qualcuno ha notato il giochino scemo dei giorni di pubblicazione (sì, era voluto per l'alternanza dei numeri 1 e 2, non esattamente delle cifre casuali quando si ha a che fare con questi personaggi)? e lo so che in teoria la storia è già finita quindi non ha senso far passare tanto tempo tra un aggiornamento e l'altro, però magari così ci divertiamo di più, dai.
vi anticipo che il prossimo è un capitolo che mi piace particolarmente, uhuh.
bene, con questo direi che è tutto, ci vediamo alla prossima!
aria

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Capitolo 3
*** A place to call home ***





Al risveglio, Hawks viene avvolto dall’aroma intenso di legno, che impregna tutto ciò che lo circonda.
Ci mette qualche secondo a persuadersi di aver passato la notte a casa Todoroki. Gli eventi delle ultime settantadue ore gli sembrano tutti così assurdi, irreali…
Si distende supino nel futon, accartocciando le lenzuola sul fondo. Fissa il soffitto, confuso, cercando di razionalizzare i pensieri che avverte ronzare nella propria mente.
Per essere mattina, fa già un gran caldo. Probabilmente ha dormito più a lungo del solito, considerata la stanchezza che si portava dietro.
Il che è un problema, visto che al momento non è a casa sua ma ospite di Endeavor.
Il ragazzo balza in piedi, boccheggiando. Nella stanza di Shoto non c’è una sveglia, ma è terrorizzato al pensiero che si sia fatto fin troppo tardi. Magari ha avuto una chiamata d’emergenza e deve correre in agenzia, figurarsi se può perdere tempo restando lì a casa ad aspettare lui…
Si passa in fretta e furia una mano tra i capelli dorati, trovandoli tremendamente arruffati e in disordine. Sono un disastro, ma avrà tempo per sistemarli dopo che si sarà accertato di non star comportando un disagio a Endeavor.
Prima di aprire le shoji che danno sul corridoio, Hawks s’immobilizza per un momento, una mano stretta attorno al telaio di legno. Gli sembra ancora incredibile di aver dormito a casa del suo eroe. Sa bene che, fin da quando Enji gliel’ha proposto, un senso di soggezione s’è impossessato di lui. E come sarebbe potuto essere diversamente, d’altronde? Per anni ha guardato a quell’uomo come la sua massima fonte d’ispirazione, ed è esattamente questo che continua ad essere per Keigo. È consapevole di provare dei sentimenti molto forti nei confronti di Enji, tuttavia ha sempre soffocato le proprie emozioni, convinto di non poter mai essere ricambiato. Si sente sopraffatto da tutta questa situazione, avere Enji così vicino, costantemente preoccupato per lui gli fa battere il cuore fin troppo in fretta, e si era ripromesso di non lasciar succedere una cosa del genere.
Solo che, in questo momento, non riesce proprio a metterci un freno.
Hawks chiude gli occhi per un momento, inspirando a fondo e stringendo con forza il telaio nella mano, finché le nocche diventano bianche.
Okay. Può farcela.
Lentamente fa scorrere la shoji di lato, che gli apre la vista sul corridoio.
Spera di aver memorizzato a sufficienza il percorso che Endeavor gli ha mostrato la sera precedente. Inizia a camminare lungo il corridoio, i piedi nudi che lenti si muovono sul legno.
Ritrova Enji nella sala che ha intravisto la sera precedente e in cui gli ha detto che di solito consuma i pasti. È inginocchiato davanti al tavolino, su cui ha messo diversi cibi e bevande.
Keigo non ha idea di quanto tempo abbia già trascorso ad aspettarlo lì.
«Oh, buongiorno!», esclama, portandosi una mano dietro alla nuca, in imbarazzo. «Spero di non averti fatto attendere troppo. Non… non è troppo tardi, vero?»
Enji solleva lo sguardo, sembra quasi sorpreso di vederlo. Il ragazzo ha un’espressione riposata in volto, e la cosa lo fa sentire così sollevato che riesce perfino ad abbozzare un sorriso.
«No, tranquillo», lo rassicura. «Mi sono svegliato un’oretta fa ma ho preferito aspettarti per fare colazione. Prego, accomodati.»
A quell’invito, Keigo non può far altro che inginocchiarsi a terra. Credeva che si sarebbe trovato più in difficoltà, invece il clima che avverte tra loro quella mattina è particolarmente mite e rilassato, lo fa sentire a suo agio. «Per caso hai ricevuto qualche chiamata dalla tua agenzia?», s’informa il ragazzo. «Sono terrorizzato all’idea di star tenendoti lontano dal tuo lavoro, lo confesso.»
«Che è anche il tuo lavoro, Hawks», gli fa notare Enji. «No, comunque nulla. Come hai dormito?»
«Uh, benissimo!», confessa Keigo. Per sottolineare il concetto allunga le braccia verso l’alto, stiracchiandosi appena.
Enji sorride, sembra rassicurato da quella risposta. Keigo, invece, non può fare a meno di notare il leggero accenno di occhiaie osservando il volto dell’uomo.
«Tu, piuttosto, sicuro di non essere stanco?», domanda Hawks, preoccupato. «Hai una faccia…»
Enji si sente un’idiota per aver sperato che il ragazzo non se ne accorgesse. Alla fine è rimasto a vegliare su di lui fino alle cinque del mattino, quando ha cominciato ad albeggiare. A quel punto, vedendo Hawks tranquillo, è tornato in camera sua e ha provato a riposarsi per un paio d’ore, ma decisamente quello scarso lasso di tempo non è stato sufficiente a cancellare ogni traccia di stanchezza dal suo volto.
«Sì, tutto a posto, tranquillo…», decide di rispondere, elusivo.
Keigo inarca le sopracciglia, preoccupato. «Sicuro?», chiede ancora, apprensivo. «Guarda che se sei in ansia per qualcosa riguardo al lavoro o qualsiasi altro argomento puoi parlarne con me, lo sai…»
Hawks allunga la mano sopra il tavolo, cercando quella dell’altro per dargli conforto. Ha paura che quello che gli ha raccontato possa aver riaperto in lui ferite che sta cercando di far rimarginare da fin troppo tempo.
Enji accoglie con gentilezza il tocco dell’altro. «Lo so. Ti ringrazio», gli assicura, rincuorato.
Hawks accenna un sorriso nella sua direzione. Osservandolo, si accorge di un dettaglio che trova insolito. «Uh, non ti facevo tipo da caffè al mattino!», confessa, riferendosi alla tazza che Enji tiene tra le mani.
L’uomo gli rivolge uno sguardo confuso, poco dopo però sembra intuire a cosa il ragazzo stia accennando. «In realtà preferisco il tè. Il caffè non è esattamente l’ideale visto il mio… carattere, ma senza prenderne una buona dose al mattino fatico ad iniziare al meglio la giornata», spiega, comprensivo. «Allora, cosa posso offrirti per colazione?»
Keigo decide di cogliere al balzo il cambio di argomento per cercare di alleggerire l’atmosfera. «Caffè, assolutamente!», risponde subito, sicuro. «Però mi serve una tazza bella alta…»
Enji lo osserva dubbioso per qualche secondo, ma alla fine solleva dal tavolino una tazza verde che sembra rispondere ai requisiti che gli ha indicato Keigo. «Questa va bene?», chiede.
«È perfetta!», esclama Hawks. «Ora potresti versarmi il caffè, per favore?»
«Certamente.» Enji recupera la caffettiera, versando il contenuto nella tazza. «Così?»
«Mh, mh. Poi aggiungo latte…», spiega il ragazzo, aprendo in fretta la bottiglia e riempiendo la tazza fin quando non è colma quasi all’orlo. «E lo zucchero! Tanto caffè, tanto latte e tanto zucchero! Più è dolce e più è buono!»
Enji osserva divertito Keigo mentre agita vigorosamente il cucchiaino per mischiare per bene tutti gli ingredienti della sua bibita. «E da mangiare cosa prendi? Nella credenza ho trovato brioche confezionate, biscotti, cereali…»
«Penso che opterò per i biscotti», gli confessa Hawks, pescando un frollino al cioccolato dalla busta sul tavolo e portandoselo alle labbra. «Allora, qual è il piano per la giornata?»
Enji resta per un momento assorto a fissare le briciole di biscotti che si posano vicino alle labbra del ragazzo. «Direi che ci conviene andare a prendere lo shinkansen per Fukuoka il prima possibile», ammette. «Probabilmente arriveremo lì nel primo pomeriggio, per cui suppongo che ci potremo concedere una piccola pausa per il pranzo. Dopodiché andrei subito verso casa tua, così possiamo recuperare quello che ti serve. Purtroppo il viaggio è un po’ lungo, quindi penso che non riusciremo a tornare a Tokyo che a tarda sera, però ce la possiamo fare.»
Hawks gli sorride incoraggiante. Ora che ci pensa, quella è la prima volta che fanno quel tragitto insieme, nell’unica – disastrata – occasione in cui Enji lo ha raggiunto a Fukuoka infatti lui si è limitato ad andare a prenderlo in stazione all’arrivo e a riaccompagnarlo una volta giunto il momento della partenza.
Non sa perché, ma si sente particolarmente elettrizzato al pensiero di quell’esperienza.
«Non vedo l’ora!», commenta, strizzando gli occhi, entusiasta.


Come Enji aveva previsto, quando arrivano a Fukuoka sono circa le quattro del pomeriggio.
Si fermano a prendere qualcosa da mangiare al volo in un piccolo locale poco lontano dalla stazione. Alla fine optano per alcuni baozi con ripieno di carne, e li mangiano mentre camminano lungo le varie strade.
Hawks è felicissimo di fare da guida. Quella gli sembra l’occasione che attendeva da un po’ per cercare di porre rimedio all’unica altra occorrenza in cui lui ed Endeavor si sono trovati insieme nel Kyushu. È un pomeriggio mite, nell’aria c’è una brezza tiepida che preannuncia l’arrivo imminente dell’estate, sembra il clima perfetto per concedersi una passeggiata.
Di tanto in tanto Keigo ne approfitta per mostrare a Enji questa cosa o quell’altra. Spera di coinvolgerlo col suo entusiasmo, che riesca a percepire quanto sia felice al pensiero che loro due siano lì, insieme, l’uno accanto all’altro e, a giudicare dall’espressione serena sul volto di Endeavor, probabilmente qualcosa sta trasparendo.
Mentre sono fermi ad un incrocio, aspettando che scatti il verde per l’attraversamento pedonale, Keigo avvicina il viso alla propria spalla.
«Mh. Mi sa che ho bisogno di farmi una doccia…», commenta, arricciando il naso.
La scena strappa un altro sorriso a Endeavor. «Va bene, vorrà dire che ci penserai quando torniamo stasera», propone, conciliante.
Hawks si volta a guardarlo, e gli rivolge il sorriso più luminoso del mondo di rimando. Quella vista finisce per scaldare il cuore di Endeavor, che si limita a tossicchiare per nascondere quel poco di colore che ha tinto le sue guance. Poco dopo il semaforo permette loro di attraversare, e anche quel momento finisce per cadere nel limbo delle cose già dimenticate.
In ogni caso, Enji cerca di rimanere comunque abbastanza vigile. Se il padre di Hawks non si è ancora spostato dal Kyushu, probabilmente potrebbe ancora essere lì da qualche parte, in giro per Fukuoka. Dubita che possa attaccarli così apertamente, tuttavia la prudenza non è mai troppa.
Quando guarda Hawks, però, sente di star vacillando. Il ragazzo ha un’espressione così felice e rilassata in volto, Enji si ritrova a pensare che vorrebbe vederlo sempre così. Per un momento gli sembra che i contorni di ciò che li circonda stiano svanendo, ci sono solo loro, i loro sorrisi tranquilli e il cielo aranciato che si avvia verso il tramonto.
Hawks gli appare un po’ più turbato solo quando raggiungono la via in cui abita. È come se si aspettasse di veder comparire di nuovo suo padre in qualsiasi momento. Endeavor cerca istintivamente la mano del ragazzo, stringendola nella sua.
A quel gesto, Keigo solleva lo sguardo su di lui, stupito. Enji gli rivolge un sorriso, che spera sia per lui incoraggiante, e gli occhi di Hawks si colmano all’istante di gratitudine.
Attraversare quella via, adesso, è decisamente più facile. Si ritrovano in fretta davanti alla casa del ragazzo, e Keigo fruga nelle tasche dei pantaloni alla ricerca delle chiavi.
Che situazione paradossale. Mai in vita sua si sarebbe aspettato di veder entrare l’eroe che da sempre aveva amato più di ogni altro nella propria abitazione, eppure eccoli lì.
Le chiavi girano nella toppa, le mani di Hawks che tremano appena, e la porta si apre davanti a loro.
«Benvenuto a casa mia», lo accoglie Keigo, e gli occhi di entrambi iniziano a vagare nel nuovo spazio che li accoglie.
Enji nota subito che, in effetti, la casa di Hawks è ben diversa dalla sua. Già dalla conformazione la definirebbe una piccola villetta a schiera in un moderno quartiere residenziale, nulla a che vedere con i grandi spazi a cui è abituato. All’ingresso c’è un tavolino di vetro, forse per appoggiare chiavi o altri piccoli oggetti all’arrivo, sormontato da uno specchio.
Keigo chiude la porta alle loro spalle, e insieme si avviano più all’interno della casa. Enji individua il soggiorno, ampio e spazioso, in cui spiccano un divano dall’aspetto comodo e un bel televisore. Sul lato opposto rispetto a quella stanza, invece, c’è la cucina.
«Beh, non è affatto male qui», commenta Enji, tornando ad osservare il ragazzo.
«Sono felice che ti piaccia!», ammette Keigo. «Non ho mai avuto voce in capitolo, visto che la casa ce l’ha trovata l’HPSC e poi a tenerla ci ha pensato mia madre. Comunque, le camere sono al piano di sopra!»
Endeavor è quasi sorpreso che ci sia un altro piano, ma non può negare a se stesso di aver intravisto il corrimano delle scale fin da quando ha fatto ingresso là dentro. Così si limita a seguire Hawks su per i gradini di legno, il ragazzo che gli fa abilmente strada.
Keigo procede diretto fino in camera sua, e a quel punto Enji decide che la cosa migliore da fare sia rimanere sulla soglia ad aspettarlo.
Camera di Hawks è incredibilmente in ordine, non se lo sarebbe mai aspettato. Il letto è rifatto, gli oggetti sono in ordine sia sulla cassettiera che sulla scrivania. Considerando che vive da solo da circa un anno, se l’è cavata decisamente bene.
La stanza di Tomie doveva essere quella di fronte. Enji intravede un letto con le coperte in ordine, ma sa bene che nessuno dorme più lì ormai da diverso tempo.
Nel frattempo Keigo ha recuperato un borsone e ci sta mettendo dentro un po’ di vestiti puliti. La presenza di Enji a pochi passi da lui, in un certo senso, lo rilassa.
Chiude il pc nella borsa per trasportarlo, per poi dare un’occhiata in giro. Non gli sembra di aver bisogno d’altro, ma ci riflette comunque un’ultima volta per sicurezza.
«Hai preso tutto?», gli domanda Enji, che nel frattempo ha di nuovo spostato lo sguardo su di lui.
«Mh mh», gli conferma Hawks. «Direi che possiamo andare.»
Prima che Keigo esca dalla stanza, Enji si decide finalmente a entrare. Percorre giusto qualche passo, per poi fermarsi quasi subito, nei pressi della cassettiera, dove ha notato qualcosa che ha attirato la sua attenzione.
«E questo?», domanda, prendendo tra le mani un oggetto che ha trovato là sopra.
Keigo ridacchia, avvicinandosi a lui. Fin da quando sono saliti in camera sua si è sentito in imbarazzo al pensiero che Enji potesse vedere il peluche di Endeavor che ha continuato a conservare in tutti quegli anni.
«Ce l’ho da quando sono piccolo», confessa. «Non dovresti essere sorpreso che io sia un tuo fan, number one
Enji si lascia sfuggire uno sbuffo imbarazzato, posando nuovamente il peluche sulla cassettiera, il che fa ridacchiare Keigo, divertito. Alla fine l’uomo esce dalla stanza, e il ragazzo si limita a seguirlo.
Endeavor gli lancia uno sguardo perplesso vedendolo pieno di borse. Pensa al livido sul suo volto e all’aspetto emaciato in cui l’ha visto ridotto in quegli ultimi giorni, per poi muoversi spontaneamente verso di lui poco dopo. «Lascia, faccio io», propone, riferendosi a quei pochi bagagli.
Hawks gli rivolge uno sguardo perplesso, tuttavia alla fine si lascia sfuggire un sospiro e gli consegna la tracolla del pc e il borsone coi vestiti a Endeavor. La verità è che, nonostante quella mattina si sia svegliato più riposato, adesso la stanchezza di quegli ultimi giorni sta ricominciando a farsi sentire.
Enji sembra soddisfatto del risultato ottenuto. Un sorriso gli balena per un momento in viso, dopodiché riprende ad attraversare la casa, seguito a breve distanza da Hawks. 
Scendono di nuovo giù per le scale, fino a tornare all’ingresso. A un certo punto, però, Enji sente un gemito di dolore che lo mette subito in allarme, costringendolo a voltarsi.
Trova Keigo piegato su se stesso, le braccia strette attorno al proprio corpo, e questo basta a riempirlo di paura.
«Hawks!», lo chiama, terrorizzato. Lo raggiunge all’istante, stringendolo a sé.
«S-se continui a restarmi così vicino mi fai mancare il respiro, Endeavor-san…», lo provoca Keigo, lanciandogli uno sguardo ammiccante.
Enji lo fulmina con lo sguardo. «Ti sembra il momento di flirtare, ragazzino?», lo rimprovera, ma la sua voce non suona per niente arrabbiata, piuttosto solo terribilmente preoccupata.
«Ho f-flirtato con te fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati, se non te ne fossi accorto…», gli fa notare il ragazzo. Un sorriso compare sul suo volto nell’osservare lo sbigottimento di Endeavor, ma poco dopo entrambi sono costretti a mutare espressione. Keigo, infatti, sembra essere scosso da una nuova fitta di dolore, il volto che si contrae per la sofferenza, mentre Enji torna a posare su di lui occhi pieni di apprensione.
«M-male… f-fa male…», farfuglia il ragazzino, cercando di stringere le braccia attorno a un punto della pancia.
Endeavor lo solleva attentamente da terra, prendendolo in braccio e tenendolo saldamente contro il proprio corpo. «Piano…», mormora, provando a tranquillizzarlo.
Attraversa il soggiorno con ampie falcate, fino a raggiungere il divano. Una volta giuntovi davanti, sistema il corpo del ragazzo comodamente su di esso, per poi inginocchiarsi accanto a lui.
Hawks cerca di rannicchiarsi su se stesso, il volto contratto e un po’ arrossato. Enji gli accarezza la fronte e le guance, cercando di rassicurarlo.
«Ehi…», lo chiama piano, ha quasi paura di spaventarlo. «Posso fare qualcosa per te?»
Keigo cerca di riacquisire lucidità in fretta. «I-in camera di mia madre, nell’armadio… dovrebbe esserci una coperta di plaid blu. Potresti prendermela, p-per favore?», chiede, debolmente.
Enji è in parte confuso da quella richiesta, ma decide comunque di assecondarla. «Certo», gli assicura, lasciando un’ultima carezza sulla sua fronte.
Non è affatto entusiasta all’idea di lasciarlo da solo, anche se per breve tempo. Tuttavia cerca di convincersi dicendosi che se fa in fretta, poi dopo potrà subito raggiungerlo nuovamente. Rivolge uno sguardo pieno di apprensione al ragazzo, per poi decidersi ad alzarsi.
Seguendo le indicazioni di Hawks, riesce a trovare la coperta a colpo sicuro. Cerca di non muovere niente a parte ciò che gli serve, vuole lasciare quel luogo immutato, così come l’ha trovato. In caso contrario, gli sembrerebbe quasi di mancare di rispetto a Keigo.
Poco dopo, sta già scendendo di nuovo giù per le scale.
Ritrova Keigo sul divano, esattamente nella posizione in cui l’ha lasciato.
«Grazie…», mormora il ragazzo quando gli consegna il plaid. Se lo avvolge intorno alle spalle, stringendoselo al corpo.
Enji torna a inginocchiarsi ai piedi del divano. «Mi hai fatto prendere un colpo», ammette, puntellando un gomito su un cuscino e posando una guancia sulla mano chiusa a pugno per poterlo guardare meglio.
«Scusami, non volevo allarmarti…», si affretta a giustificarsi Keigo. Sembra sinceramente mortificato.
«Ma figurati se devi scusarti per una cosa del genere», cerca di tranquillizzarlo Endeavor.
Hawks accenna un sorriso nella sua direzione, ma sembra ancora parecchio dolorante. Enji osserva il modo in cui le sue mani massaggiano la parte alta della pancia, all’altezza dello stomaco, e anche quella bassa.
«Posso vedere?», chiede, per poi mordersi la lingua.
Quella è una richiesta un po’ delicata, lo sa bene. Gli sembra quasi di invadere lo spazio personale di Hawks, e non sa se il ragazzo ha intenzione di condividerlo con lui.
Keigo non sembra essere particolarmente a disagio per via di quella domanda. Forse, più che l’idea di rimanere a torso nudo davanti a Enji, a turbarlo è la consapevolezza che l’uomo prenda effettivamente atto delle condizioni in cui è ridotto.
Ciononostante, Keigo si solleva appena col busto. La coperta gli cade dalle spalle, e afferra il bordo della t-shirt, sollevandolo con entrambe le mani, scoprendo progressivamente il proprio petto agli occhi di Endeavor.
Il corpo di Hawks è tonico, esattamente come quello di tutti gli eroi. Ha muscoli ben delineati, e in diversi punti sono chiaramente individuabili le cicatrici che raccontano anni di battaglie. Enji resta incantato a osservarlo per qualche secondo, incapace di negare a se stesso di trovarlo bellissimo. Sa bene che ha ormai smesso da tempo di considerare Hawks semplicemente come un ragazzino fastidioso, solo che ha sempre preferito negarlo a se stesso.
Perché la verità è sempre stata particolarmente difficile da accettare.
Ad attirare maggiormente l’attenzione di Endeavor, però, sono le vistose ecchimosi che percorrono la pelle. Sembrano più evidenti all’altezza dello stomaco e della parte bassa del ventre, esattamente i punti che Enji ha notato Hawks massaggiare con maggiore insistenza.
Si sente così furioso alla vista di com’è stato ridotto il ragazzo. Vorrebbe trovare quell’uomo all’istante e sistemarlo a dovere.
Non c’è nulla di giusto, in tutta quella storia. Hawks è un suo amico, tiene tantissimo a lui, non si merita in alcun modo di soffrire così.
Quei lividi, però, mettono anche in azione un tarlo che comincia a mangiucchiargli il cervello.
Questo, in fondo, non è poi molto diverso dallo stato in cui fin troppe volte ha lasciato Shoto a riversare. Chi è lui per fare la morale a qualcuno su un argomento del genere?
Una persona che sta facendo del suo meglio per diventare migliore, probabilmente.
Istintivamente, avvicina la mano alla pelle livida di Keigo. Hawks sussulta al contatto, tuttavia non si sottrae.
Gli ematomi sono parecchio scuri e preoccupanti. Enji comincia a domandarsi se non sia il caso di farli visitare da un medico.
Le dita di Enji percorrono quella pelle livida, cercando di rilasciare un poco di calore col suo quirk nel mentre. Hawks sembra rilassarsi all’istante, tanto che si lascia sfuggire un sospiro di sollievo, sistemandosi meglio con la schiena contro il bracciolo del divano e chiudendo gli occhi.
«Meglio?», s’informa Endeavor, disegnando caldi arabeschi sulla sua pancia.
«Mh mh», annuisce il ragazzo, grato.
È una situazione così rilassante che potrebbero restarci immersi entrambi all’infinito. Dalle finestre con le tapparelle abbassate, penetra appena la luce aranciata del tramonto.


Quando tornano a casa le dieci di sera sono ormai passate da un pezzo.
Keigo attraversa l’ingresso quasi sfrecciando. Enji lo guarda con una certa incredulità, sembra che i malesseri di quel pomeriggio siano svaniti nel nulla.
«Stasera cucino io!», proclama, allegro.
Enji non fa in tempo a replicare che il ragazzino è già sparito in cucina. Rassegnato, si limita a seguirlo.
«Da quando in qua sai cucinare?», s’informa, mentre sta ancora camminando lungo il corridoio.
Keigo, nel frattempo, si aggira tra i mobili della cucina. «Mia madre se ne è andata via di casa da un anno, non potevo andare avanti a cibo takeaway! O meglio, all’inizio ci ho provato, però ho scoperto che non era una cosa molto salutare…», spiega. Apre un pensile della credenza sopra ai fornelli, osservando ciò che contiene con aria perplessa. «E poi mi stai letteralmente ospitando in casa tua, questo mi sembra il minimo che io possa fare per cercare di sdebitarmi!»
Enji si appoggia con la schiena contro lo stipite della shoji, osservando il ragazzo muoversi con dimestichezza in quell’ambiente, come se vi facesse parte da sempre, come se non fosse mai stato altrove e appartenesse lì di diritto. È una visione che lo riempie di tranquillità, resterebbe lì a guardarlo tra tegami e ingredienti per il resto dei suoi giorni. «Te l’ho già detto, è una cosa che faccio con piacere», commenta, incrociando le braccia al petto.
«E io faccio con piacere questa cena! Direi che siamo pari!», insiste Hawks. Enji non lo vede in volto perché, dalla posizione in cui si trova, il ragazzo è di spalle rispetto a lui, tuttavia riesce a immaginare perfettamente il sorriso luminoso che gli sta incurvando le labbra in quel momento. Keigo apre uno dei pensili e diverse pentole minacciano di cadergli addosso, così lo richiude subito alla velocità della luce.
«Va bene», si arrende infine Enji, chiudendo gli occhi per un momento e lasciandosi sfuggire un sospiro. «Allora che cosa mi cucini?»
«Ecco!», esclama Hawks, soddisfatto. Il ragazzo apre il frigorifero e i suoi occhi sembrano illuminarsi per una realizzazione improvvisa. «Pollo, peperoni…»
Mentre parla, tira fuori man mano i vari ingredienti che elenca. Chiuso il frigorifero, passa alla credenza. «Salsa di soia e semi di sesamo! Direi che ci sono tutti gli ingredienti per fare un gran piatto»,  comunica, con una certa fierezza.
«Mh. E io cosa posso fare per aiutarti?», gli chiede Enji.
«Proprio un bel niente!», ridacchia Keigo. «Tu stai lì e guardi, vedrai che ti tiro fuori un manicaretto!»
Enji scuote la testa, ma in realtà sta sorridendo anche lui. Keigo estrae un tagliere da un cassetto e, recuperato un coltello, inizia ad occuparsi dei peperoni.
«Comunque chissà perché mi aspettavo che la tua scelta sarebbe ricaduta sul pollo», commenta Endeavor, osservando i filetti che Hawks ha lasciato per il momento sul bancone della cucina. Stacca la schiena dal telaio della shoji, incamminandosi in direzione dei fornelli.
«Oh, andiamo, non puoi biasimarmi per questo», ribatte Keigo, mentre sistema una grossa padella sul fuoco e ci versa dentro abbondante olio. «Dopotutto, sai che è una delle mie più grandi debolezze.»
«Non lo faccio, infatti», gli assicura Enji. L’uomo apre il frigorifero, da cui estrae una bottiglia di vino bianco.
Hawks gli lancia uno sguardo incuriosito. «Mh? E che ci fai con quella?», domanda infatti poco dopo.
Enji recupera un cavatappi dal cassetto. Poco dopo, stappata la bottiglia, sfila due calici dalla credenza, riempiendoli con una piccola quantità della bevanda. «Te lo offro, che domande», spiega l’uomo, porgendogli uno dei due bicchieri.
Keigo accetta il calice con condiscendenza. A contatto con la sua pelle, il vetro risulta incredibilmente freddo, reso ancor più gelido dal vino che contiene. «Uh, ma grazie!», commenta, sinceramente affascinato da quel gesto.
Enji mesce appena la bevanda all’interno del bicchiere con un lieve gesto della mano. «A cosa brindiamo?», domanda, tendendo appena il proprio calice verso quello del ragazzo.
Keigo sembra rifletterci per qualche istante. Di colpo, però, i suoi occhi vengono attraversati da una scintilla di consapevolezza. «A questo luogo», propone Hawks. «Che possa diventare un posto da chiamare casa.»
Enji resta molto colpito da quelle parole. Ha l’impressione che, in quelle poche ore che vi ha trascorso, Hawks abbia già percepito come, a conti fatti, Endeavor stesso si senta un alieno in casa propria. In un certo senso, il pensiero che Keigo stia facendo di tutto per rendergli quel posto più accogliente non può che farlo rasserenare.
Enji unisce il bicchiere a quello del ragazzo, facendoli tentennare lievemente.

A fine cena, sul tavolino rimangono soltanto le ciotole ormai vuote.
Il pollo preparato da Hawks era a dir poco delizioso. Enji ne ha mangiato ogni singolo pezzo, e ora le bacchette sono state finalmente deposte con soddisfazione.
Come gli aveva annunciato nel pomeriggio, Keigo è andato a farsi una doccia. Lui, invece, è uscito in veranda per fare qualche telefonata.
L’aria è ancora quella del giorno appena trascorso, secca e calda. Giugno e l’estate sono in arrivo, e sembrerebbe tutto così incredibilmente tranquillo, se non fosse per il motivo che, di colpo, ha portato Hawks a vivere in casa sua, sotto la protezione che Enji gli offre.
Enji resta per un po’ ad osservare il giardino di casa Todoroki nella penombra della sera. Sente delle cicale frinire, in lontananza, forse su dei pini.
Le persone a cui deve telefonare sono probabilmente quelle con cui, in generale, comunica più spesso. Estrae il cellulare dalla tasca dei pantaloni, non deve cercare a lungo, i numeri che cerca sono letteralmente i primi due del registro.
La prima chiamata è per Fuyumi. In questi giorni la ragazza è partita per una breve vacanza a Okinawa, assieme ad alcune ex compagne di università.
Nonostante l’orario, la ragazza risponde subito dopo pochi squilli. «Papà? Tutto bene?», domanda, accettando la chiamata.
Sentire la voce cristallina di Fuyumi ha su Enji lo stesso effetto di trarre una boccata d’ossigeno fresco dopo lungo tempo – in fondo, gli ultimi due giorni sono stati parecchio impegnativi, e gli sembra di star riuscendo a smaltire la tensione solo in quel momento. Si lascia sfuggire un breve sospiro, chiudendo gli occhi per un istante. «Fuyumi. Sono felice di sentirti», si ritrova ad ammettere.
Dall’altro capo del telefono, Enji avverte il rumore delle onde che s’infrangono quiete sulla sabbia. Immagina che sua figlia si sia concessa una passeggiata in riva al mare, prima di andare a dormire.
Fuyumi si sistema una ciocca di capelli candidi dietro l’orecchio. Fissa l’oceano davanti a sé, scuro nella notte, perdersi verso l’orizzonte, mentre il vestito bianco che indossa ondeggia appena nella leggera brezza marina. «Certo che è tardi per una chiamata», si ritrova a valutare la ragazza. «È successo qualcosa? Hai fatto di nuovo tardi al lavoro?»
«No, è tutto a posto, tranquilla. In realtà oggi mi sono preso un giorno libero», confessa Enji. «Come sta andando la vacanza?»
«Bene!» Fuyumi continua a camminare, i piedi che percorrono la sabbia umida. «Oggi le ragazze hanno voluto visitare l’isola di Taketomi. Ci sono delle stradine caratteristiche e delle case particolari, è stato davvero bello!»
L’entusiasmo del racconto di sua figlia finisce per contagiare anche lui. Sul viso gli compare un accenno di sorriso. «Sono felice che ti stia divertendo», ammette. «Fuyumi, io… avrei bisogno di chiederti una cosa.»
La ragazza si siede sulla spiaggia, osservando la schiuma biancastra delle onde avanzare e ritrarsi a seconda del moto del mare. «Certo, dimmi pure», lo esorta lei, comprensiva come sempre.
Enji fissa un punto indefinito del giardino buio. «Hawks sta avendo diversi problemi, ultimamente», spiega, cercando di non entrare troppo nello specifico per non violare la privacy del ragazzo. «Al momento lo sto ospitando qui a casa perché mi è sembrata la cosa migliore da fare. Ci tenevo ad avvisarti così da non spaventarti se dovessi passare da queste parti, e poi anche perché, dopotutto, tu stessa hai vissuto qui così a lungo…»
«Papà.» La voce di Fuyumi lo interrompe con gentilezza. «Guarda che non devi chiedermi il permesso per ospitare Hawks a casa tua. Lui è un bravo ragazzo, se al momento sta attraversando un periodo di difficoltà e ritieni che ospitarlo da te possa aiutarlo non ci trovo nulla di male. E poi sono sempre stata dell’idea che avere qualcuno in giro per casa non potesse che farti bene, lo sai.»
Enji resta per un momento in silenzio, lo sguardo che si sposta tra le varie fronde degli alberi. Un soffio di vento fa muovere i rami, ed Enji lo sente raggiungere la sua pelle. È grato alle parole di sua figlia, se ne sente così profondamente rassicurato.
«Fuyumi, grazie…», mormora, ritrovandosi a chiudere di nuovo gli occhi.
Gli sembra quasi di sentire il rumore delle labbra di Fuyumi che si piegano in un sorriso. «Papà, non mi devi ringraziare per questo, lo sai…», commenta, dolcemente. In lontananza, si avvertono dei passi e una voce. «È Shizuka. Devo andare. Ci sentiamo presto, papà, e mi raccomando, cerca di preoccuparti un po’ meno! Ti voglio bene, buonanotte!»
«Buonanotte, Fuyumi. Ti voglio bene anch’io», mormora Enji. Poco dopo, avverte il suono dell’apparecchio che viene riagganciato.
La telefonata con Fuyumi gli ha messo addosso un po’ di malinconia, ma al tempo stesso lo ha sollevato. Forse si è preoccupato troppo, già.
In ogni caso, per non correre rischi, Enji decide che è meglio effettuare anche la seconda chiamata.
Questa volta il cellulare squilla un po’ più a lungo.
Quando dall’altro capo rispondono, Enji sente un gran frastuono in sottofondo. «Chi diavolo è che chiama a quest‒ oh, capo. Sei tu. Buonasera…» Moe si morde il labbro inferiore, sperando di non aver fatto una figuraccia infernale. Mette in pausa la serie tv che stava vedendo al pc e si tira meglio a sedere sul letto.
«Buonasera, Burnin. Spero di non averti disturbata», commenta Enji, in tono piatto.
«No, nessun disturbo! Tra poco sarei andata a dormire ma adesso sono ancora sveglia», si appresta ad assicurargli la sua sidekick. «Allora, a cosa devo questa chiamata?»
Endeavor si slaccia un bottone del colletto della camicia. «Domani sarò in ufficio, ma ho bisogno che tu faccia delle ricerche per me», si limita a spiegare. «La prima riguarda l’HPSC.»
Enji sente dei rumori confusi dall’altra parte del telefono, probabilmente Burnin arranca lungo il letto fino ad arrivare alla scrivania. Poco dopo, infatti, la sente appuntare qualcosa a matita, forse su un taccuino. «L’HPSC? Come mai?», domanda lei, confusa.
«Adesso non posso spiegarti, domani ti dico. Vedi se riesci a trovare documenti desecretati. Mi servono dei contatti, perlomeno dei membri che erano al vertice», risponde Enji, evasivo. «La seconda ricerca è sul caso Takami. Me ne sono occupato anni fa. Dovrebbero esserci ancora dei rapporti a riguardo, perlomeno in archivio…»
Dall’altro capo c’è silenzio. Burnin ha smesso di prendere appunti da qualche secondo. «Il caso Takami?», chiede. «Capo, è successo qualcosa a Hawks? Devo preoccuparmi?»
Enji si preme una mano contro il viso, tirando un sospiro esausto. È stanco. E ha un’assistente fin troppo perspicace. «No», taglia corto. «Voglio solo accertarmi di un paio di cose, tutto qui. Tu occupati di queste ricerche e vedrai che non ci saranno problemi.»
Moe esita ancora per qualche secondo. «Okay», concede infine, spostando il peso del corpo da un piede all’altro. «Domani ti faccio trovare tutto pronto sulla tua scrivania. Buonanotte, capo!»
Enji chiude la chiamata senza salutarla. Di colpo tutte le preoccupazioni che lo stanno angustiando si fanno di nuovo sentire.
I lividi sulla pelle di Hawks tornano a tormentarlo, e sente lo stomaco stringersi in una morsa. Se solo pensa a come quel mostro ha osato ridurlo… al dolore a cui ha costretto un ragazzo innocente…
Vorrebbe trovare quell’uomo e ridurlo in cenere in quel preciso istante. Pagherà per tutte le sofferenze che ha inflitto al figlio, Enji è deciso a non concedergli sconti.
In quel momento, Keigo fa capolino da dietro la shoji socchiusa. Ha fatto la doccia e si è già cambiato con gli indumenti per la notte. Lo osserva con i suoi grandi occhi dorati, come percependo nell’aria che qualcosa non va.
Enji è piuttosto certo che non abbia sentito niente di ciò che lui e Moe si sono detti.
«Va tutto bene, Endeavor-san?», gli domanda, preoccupato.
Enji accenna un sorriso nella sua direzione. «Sì, certo», cerca di rassicurarlo. «Vieni qui.»
Avvicina una mano a quella del ragazzo, stringendola nella sua e attirandolo a sé. Keigo gli vola tra le braccia, ed Enji ne approfitta per passargli una mano tra i capelli dorati, ancora umidi di doccia. Inizia a frizionargli la cute, rilasciando un poco di calore col suo quirk per asciugarli nel mentre.
Keigo ride, il gesto gli fa il solletico. Enji fissa il suo sorriso pieno di incanto.
E si ritrova a valutare che sì, in effetti quello è davvero un bel posto da chiamare casa.





notes
sono tornataaa!
eh sì, è passato un bel po' da quando ho aggiornato per l'ultima volta. vogliate scusarmi, sfortunatamente i giochini scemi con le date non si portano avanti da soli.
in compenso torno con un capitolo parecchio lungo, che supera abbondantemente le 5.000 parole e che (spoiler) è forse il mio preferito di tutta la long. non che succeda nulla di che, ma questo hurt/comfort croccantello... ahh. letteralmente il motivo per cui ho scritto la long.
ma andiamo con ordine. una cosa di cui probabilmente mi sono dimenticata di parlare nelle note del precedente capitolo è la fine del matrimonio di enji e rei. troppo semplice e sbrigativa come soluzione? oh, prendetemi per egoista ma a me premeva di occuparmi del rapporto tra endeavor e hawks, per cui è andata così.
parlando di questo capitolo in sé per sé, in realtà non credo ci sia molto da dire. non so perché mi dia delle comfort vibes tanto forti, forse perché la mia scena preferita è senza dubbio quella in cui endeavor si prende cura dei lividi di hawks e... ah, pure perfection se chiedete a me.
ma nella disgrazia (perché ricordiamocelo sempre, alla fine non è un clima per niente tranquillo quello in cui si trovano) ci sono questi spiragli di vita quotidiana che m'infondono un sacco di pace. loro che fanno colazione insieme, la passeggiata a fukuoka mentre mangiano (tra l'altro una cosa che io ho assaggiato per la prima volta allo scorso lucca comics, lol), keigo che prepara la cena, insomma sono tutte scene che mi piacciono un sacco.
[ aggiornamento non richiesto sulla mia vita: mi sono trasferita a vivere da sola circa un mesetto fa, sono stanca ma felice. forse sto iniziando a lavorare a una storia nuova, nel mentre nel manga di mha sta tipo succedendo il delirio ma meglio non parlarne :)) ]
per ora penso di aver detto tutto. vi ringrazio ancora una volta per tutto l'amore che inaspettatamente sta ricevendo questa creaturina ♥
a presto
aria

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Capitolo 4
*** Investigations ***





Il mattino seguente, Hawks si risveglia con i raggi del sole che filtrano tra le ciglia dorate dei suoi occhi socchiusi.
Il ragazzo si lascia sfuggire un lungo mugolio, rotolando tra le coperte fino ad affondare il volto nel cuscino.
La shoji della camera si dischiude appena, e da dietro di essa fa capolino Endeavor.
Ha sentito il lamento di Keigo, e ha intuito che dovesse essersi svegliato.
Gli sfugge un sorriso ad osservare il ragazzo arrotolato tra le coperte, in quel goffo tentativo di sottrarsi al nuovo giorno. Muove alcuni passi nella stanza, senza staccare gli occhi di dosso al cumulo di coperte.
Keigo riemerge con la testa dalle lenzuola. Nell’aria c’è un profumo di caffè delizioso, e questo basta a fargli sembrare quella giornata meno terribile del previsto.
«Ciao, Endeavor-san…», mugugna il ragazzino, con ancora tutta la voce impastata di sonno.
Enji si china davanti al suo futon. Keigo nota che si è già preparato di tutto punto. «Ehi. Buongiorno», lo saluta, incoraggiante. «Scusa se ti disturbo a quest’ora, è un po’ presto, lo so. Oggi dovrei tornare in agenzia, solo che vorrei chiederti di venire con me. Non mi sento tranquillo a lasciarti qui da solo.»
Hawks annuisce comprensivo, anche se ancora intorpidito per il sonno. «Okay. Dammi cinque minuti», concede. «Mi vesto, bevo un caffè e andiamo.»
Endeavor accetta quel compromesso di buon grado. Prima di lasciare la stanza, posa alcune carezze leggere sulla fronte del ragazzo, in quel gesto rassicurante che sta ormai diventando un’abitudine.


Nel giro di un’ora raggiungono l’agenzia di Enji. Hawks osserva tutto ciò che lo circonda con occhi increduli, non riesce a credere di trovarsi veramente lì.
«Finora l’ho solo vista in tv», ammette, con la stessa espressione meravigliata di un bambino che per la prima volta mette piede in un lunapark. «Ci sono così tante cose da vedere…»
Enji si lascia sfuggire un sorriso sarcastico a quell’affermazione. «Oh, andiamo, è un’agenzia hero come un’altra…», prova a replicare.
In quel momento, Burnin va loro incontro, affannata. «Buongiorno, capo!», lo saluta, i capelli di fiamme verdi che le danzano intorno al viso.
Prima che possa aggiungere altro, Keigo sbuca da dietro la schiena di Enji, dispiegando un poco le sue grandi ali rosse e agitando una mano in direzione della ragazza in un cenno di saluto. «Ciao, Burnin!», cinguetta, allegro.
Moe sembra sorpresa di vederlo, tanto che per un momento a Hawks pare sobbalzi sul posto. «H-Hawks! Ma che sorpresa vederti qui!», esclama, lo sgomento iniziale che ha già lasciato il posto alla consueta energia.
«Sì, non sono sorpreso che Endeavor-san non ti avesse detto niente», commenta il ragazzo, muovendo qualche passo in avanti. Enji gli rivolge uno sguardo confuso, ma Keigo non sembra notarlo. «I tuoi capelli sono pazzeschi! Il colore delle fiamme è davvero ipnotico, wow!»
Moe osserva con un certo imbarazzo Hawks che le gironzola intorno. Prima che Enji possa dirgli qualcosa, però, il ragazzino è già volato – letteralmente – in direzione delle scrivanie degli altri sidekick. Lo vede osservare con entusiasmo tutto ciò che lo circonda, e alla fine si dice che vedere di nuovo la luce in quegli occhi che da giorni trova così tristi vale un poco di trambusto in agenzia.
Burnin gli si avvicina, perplessa. «Ho recuperato le cose che mi avevi chiesto, capo», gli comunica.
«Ottimo.» Enji annuisce brevemente. «Vieni, parliamone nel mio ufficio.»
Nel frattempo, gli occhi di Keigo sembrano scintillare davanti al temperamatite elettrico in funzione di Kido.

Chiudendo la porta dell’ufficio, Enji si lascia sfuggire un sospiro di sollievo.
Pace. Gli sembra di non provare quella sensazione ormai da giorni, da quando Keigo ha fatto ingresso nella sua vita con la sua solita dose di confusione.
«Non mi aspettavo che ci sarebbe stato anche Hawks, oggi», ammette Moe. Ha un sopracciglio inarcato, ma Enji è sicuro che, nonostante tutto, neppure lei è infastidita dalla presenza del ragazzo in agenzia.
«All’inizio non era prevista come cosa», spiega Endeavor, accomodandosi sulla sua sedia con un piccolo sospiro. «Poi ho pensato che sarebbe stato decisamente più pericoloso lasciarlo da solo a casa mia, perciò gli ho proposto di seguirmi.»
Gli occhi di Moe sono attraversati da una scintilla di entusiasmo e consapevolezza. «Lo stai ospitando a casa tua», commenta, maliziosa.
«Burnin!» Enji si lascia sfuggire un grugnito esasperato.
«Oh, andiamo, sono anni che dico che sareste una coppia perfe‒»
Enji la fulmina con lo sguardo, e Moe si limita a tacere.
«Toglitelo dalla testa», taglia corto lui. «Hawks è in una situazione complicata e non potevo lasciarlo da solo a Fukuoka. Tutto qui.»
Moe muove le dita come per chiudere le proprie labbra con una zip invisibile. È un gesto sufficientemente eloquente, agli occhi di Enji, da convincerlo che la ragazza non tornerà più sull’argomento.
«Piuttosto.» Endeavor tamburella con due dita sulla scrivania. «Fammi il punto della situazione in merito a quelle ricerche che ti avevo chiesto.»
«Sì, certo», annuisce Burnin. La ragazza ha dei fogli in mano, a cui lancia una rapida occhiata. «Per quanto riguarda l’HPSC…»
In quel momento, dei leggeri colpetti raggiungono la porta. Poco dopo, voltandosi in quella direzione, Enji e Moe la vedono dischiudersi appena, mentre Hawks fa capolino da dietro di essa.
«Yu-uh!», esclama, con nonchalance. «Sono tornato!»
Enji vorrebbe chiedergli se ha portato sufficiente scompiglio in agenzia, ma alla fine decide di trattenersi.
Keigo entra nell’ufficio, lasciando che la porta si richiuda alle sue spalle. «Scusate, non volevo interrompervi», confessa, e sembra sinceramente dispiaciuto. «Endeavor-san, io mi metto qui sul divanetto e avvio una riunione in videochiamata con la mia agenzia. Voi fate come se non ci fossi, vi prego!»
Endeavor vede Moe rivolgergli un’occhiata esitante. Capisce bene i timori della ragazza, dopotutto neppure lui si auspicava di parlare di quella storia in presenza di Hawks, tuttavia non possono neppure comportarsi come se non fosse successo nulla.
«Dì pure, Burnin», la esorta allora, espirando piano. «È giusto che anche Hawks sia informato.»
Quelle parole fanno sollevare a Keigo la testa dal pc. Il ragazzo osserva gli altri due eroi con aria confusa.
Burnin indugia ancora per qualche momento, alla fine però comincia a parlare. «Dalle ricerche che mi avevi chiesto, ho recuperato i contatti di buona parte degli ex vertici dell’HPSC. Te li ho segnati qui, ma ancora non ho capito a cosa ti servono…», confessa, allungando un foglio nella sua direzione.
Enji osserva i dati con aria pensierosa. «Ho intenzione di contattarli. Mi servono alcune informazioni sulla gestione che è stata fatta all’epoca della famiglia Takami. So che Hawks e sua madre sono stati sistemati in un’abitazione che la commissione ha destinato loro, e che dopo che ho arrestato suo padre è stato sbattuto in prigione. Ho bisogno di sapere in cosa consistevano le misure di protezione che hanno offerto loro», spiega brevemente, risoluto.
Keigo ha ormai rinunciato al proposito della videochiamata. Ora la sua attenzione è tutta su Endeavor.
Burnin passa i documenti rimanenti a Enji. «Questo faldone invece è tutto ciò che ho trovato sul caso Takami», ammette Moe. «Non è molto, ma sfortunatamente non è stata un’azione particolarmente memorabile. Da quello che ho letto era un ladro e omicida già noto alle forze di polizia che è stato colto in flagranza di reato mentre cercava di rubare un’auto. Quando gli eroi sono arrivati sul posto ha cercato di fuggire, ma tu l’hai fermato senza grandi difficoltà. Non ha neppure usato il quirk in un tentativo di resistenza, infatti non ne ho trovato alcuna descrizione.»
Enji si porta una mano al mento mentre riflette. «Questo è un problema», commenta. «Avrei voluto avere un’idea più chiara di chi potrei trovarmi davanti, visto che è passato così tanto tempo qualche informazione in più avrebbe fatto comodo…»
«Endeavor-san.»
Gli occhi di Enji e Burnin si spostano all’istante sul ragazzo, che ha appena richiamato la loro attenzione. Sembrano sorpresi di sentire la sua voce, erano così concentrati da essersi quasi dimenticati della sua presenza.
«Che diavolo stai combinando?», domanda Keigo, in apprensione. Lascia il pc sul divanetto, cominciando ad avvicinarsi alla scrivania. «Perché stai facendo delle ricerche sull’HPSC e su mio padre?»
Enji espira lentamente, ma posa comunque gli occhi turchesi in quelli dorati del ragazzo. «Ho intenzione di portare avanti alcune indagini su questo caso, Hawks», confessa. «Ti aspettavi che sarei rimasto con le mani in mano dopo quello che mi hai raccontato?»
Keigo sembra disperato. «Non voglio che tu ti metta in pericolo per colpa mia…», mormora, poggiando la fronte contro la sua.
«Non devi preoccuparti per questo», gli assicura Enji, circondandogli il volto con le mani. «Ho promesso di proteggerti e ho tutte le intenzioni di farlo.»
Keigo chiude gli occhi, lasciandosi sfuggire un sorriso.
Burnin osserva attentamente tutta la scena, non senza una buona dose di soddisfazione.


Con l’arrivo di giugno le temperature si fanno canicolari.
Da giorni Tokyo è avvolta in una cappa d’afa, che non fa sconti neppure a casa Todoroki.
È un pomeriggio piuttosto tranquillo, fin noioso quasi. Hawks è disteso a terra, sotto al portico che circonda la casa, la testa che penzola giù dallo scalino verso il basso mentre osserva il mondo capovolto. C’è un frinire di cicale assordante, e trovare riparo da quel caldo anomalo sembra impossibile.
A dir la verità, le temperature di Tokyo non sono l’unica cosa a risultare anomala, in quel periodo. Nonostante la sua contrarietà, infatti, Endeavor ha comunque avviato un’indagine su suo padre, guadagnando come unico risultato un sonoro buco nell’acqua.
Dell’uomo, infatti, nessuna traccia. Dal giorno in cui è stato rilasciato di prigione sembra essersi dissolto nel nulla, come un’ombra. Di fatto, non sono neppure in possesso di elementi validi per procedere, non hanno informazioni sul suo quirk, né soffiate su un luogo che potrebbe sfruttare come covo. Era solito frequentare qualche posto, prima di finire in prigione? Non ne hanno idea.
A volte Keigo si domanda se la sua non sia stata semplicemente un’allucinazione. Ricorda bene, però, i dolori che ha provato per giorni dopo quella colluttazione, così come i lividi che gli hanno contornato la pelle, e questo gli sembra sufficiente per convincersi che non si sia trattato di una qualche sorta di incubo ammorbante.
Si sente in colpa con Enji, però. Ha paura di star abusando della sua ospitalità, e ha perfino temuto che il padrone di casa potesse sospettare che si fosse inventato tutta quella storia. Non gli sembra che sia il caso, visto che Enji continua a dimostrarsi terribilmente in apprensione per lui, ma il rischio che si stanchi e che lo sbatta fuori di casa forse c’è, e in quel caso Keigo non se la sentirebbe di biasimarlo.
Keigo sente alcuni passi rincorrersi lungo il legno del portico, ma continua ad osservare ipnotizzato un ciuffo d’erba di un brillante verde smeraldo.
«Tè freddo?»
La domanda sembra coglierlo in contropiede. Un’espressione confusa compare sul volto di Hawks, tuttavia il ragazzo si limita a tirarsi a sedere.
«Uh, a quanto pare ci hai preso gusto a viziarmi, Endeavor-san», commenta, rivolgendo uno dei suoi soliti sorrisi raggianti all’uomo.
Enji si limita a sedersi accanto a lui, porgendogli un bicchiere di vetro alto e sottile. «Ci manca solo che ti disidrati», borbotta, fingendo indifferenza.
In realtà Keigo non crede minimamente a quella recita, non l’ha mai fatto praticamente dai primi tempi della loro conoscenza. Ciononostante, continua a non farglielo presente, perché non riesce a non trovare adorabile il finto broncio che Enji mette su in quelle occasioni.
Le dita di Hawks si stringono attorno al bicchiere, e a contatto col vetro freddo già prova una lieve sensazione di sollievo. Beve un piccolo sorso di tè, e di colpo la gola sembra non essere più in fiamme.
«E comunque proprio tu parli di viziare?», chiosa Enji, accigliato. «Ormai hai praticamente preso il controllo della cucina…»
«E la cosa ti dispiace?», lo provoca Keigo. «Andiamo, Endeavor-san, ammetterai anche tu che tra noi due cucino decisamente meglio io…»
Enji si ritrova a roteare gli occhi. «Non era quello il punto, Hawks, lo sai», ribatte. «Dovresti essere mio ospite, invece per la maggior parte del tempo sembra quasi che sia tu a prodigarti per me.»
Hawks posa i suoi grandi occhi dorati su Endeavor. C’è qualcosa di così estremamente dolce, nel modo in cui lo guarda, che lo fa ammutolire all’istante.
«Endeavor-san.» Hawks si sposta lentamente, sedendosi più vicino all’uomo. «Quante volte ancora devo ripeterti che a me fa piacere occuparmi di queste piccole sciocchezze? Sul serio, tu mi hai accolto senza riserve in casa tua, questo mi sembra veramente il minimo che io possa fare per sdebitarmi.»
«Ti ho già detto che non devi sentirti in debito con me per questo, Hawks», gli fa notare Endeavor, ma c’è una punta di rassegnazione nella sua voce. Ha perso il conto di quante volte hanno già fatto quel discorso, e non sono mai riusciti a raggiungere una conclusione differente.
«E allora considerala solo una cortesia da parte mia che faccio con piacere», conclude infatti Keigo. Il ragazzo continua ad osservarlo con quei suoi grandi occhi dorati, certo di essere riuscito a spuntarla anche stavolta. Si porta nuovamente il bicchiere di tè freddo alle labbra, bevendo stavolta un sorso più consistente.
Enji lo imita, bevendo a sua volta dal bicchiere che ha preso per sé. Nel frattempo, nel giardino, le fronde di un albero ondeggiano lievemente, mosse da un soffio di vento bollente.
Hawks rimane per un po’ a fissare il giardino, la mente persa nei propri pensieri. La verità è che non riesce a togliersi di dosso la sensazione di essere piombato in quella casa senza averne alcun diritto, e forse se si dà così tanto da fare è anche per mettere a tacere certi sensi di colpa.
«Ci sono novità?»
La domanda gli sfugge dalle labbra prima ancora che possa fermarla. Sul viso di Hawks compare un’espressione affranta, mentre si volta a osservare Endeavor, cercando di captare se ci sono stati mutamenti in lui.
In realtà, Enji gli pare tranquillissimo, esattamente come lo ha lasciato giusto un attimo prima.
«No», risponde senza troppe esitazioni. «Ho messo diversi sidekick al lavoro su questa storia ma non riusciamo a cavare un ragno dal buco, come se non fosse mai esistito. Probabilmente sta volontariamente cercando di non lasciare tracce.»
Il sorriso sul volto di Hawks pare farsi incerto. Il ragazzo torna a guardare davanti a sé, fissando il giardino crogiolarsi sotto il sole torrido.
Non è una buona notizia. Se vanno avanti di questo passo, non riusciranno a risolvere niente, lo sa bene. È un eroe anche lui, in fondo, sa come procedono le indagini in questi casi.
Più tempo passa, più sarà difficile rintracciare suo padre, soprattutto se effettivamente sta facendo di tutto per disperdere le sue tracce. E più tempo passa senza che riescano a trovarlo, più tutta quella storia sembra irreale perfino ai suoi occhi.
Forse non tornerà più. Forse si è solo lasciato suggestionare troppo da quella notte, e adesso sta rubando del tempo prezioso all’eroe più forte della nazione. Magari si è sentito soddisfatto da quella singola dimostrazione di forza, e ora andrà avanti tranquillo e beato per la sua strada.
In tal caso, quella permanenza a casa Todoroki sembra a Hawks ancora più insensata.
«Dici che dovrei andarmene da qui?»
La domanda sembra prendere Enji in contropiede. Si volta ad osservare il ragazzo, sorpreso, ma nota che sta guardando altrove.
«Forse mi sono preoccupato in maniera esagerata», spiega Hawks. «Voglio dire, in mancanza di elementi è anche inutile che continui l’indagine. Magari è finita così, e io farei meglio a tornarmene a casa mia…»
«Hawks, ma che diavolo dici?» Endeavor sembra sinceramente preoccupato. Si china in avanti, posando una mano sul braccio del ragazzo, cercando la sua attenzione finché quegli occhi dorati non si posano nuovamente su di lui. «È passato troppo poco tempo. E comunque non ho dimenticato il modo in cui ti ho trovato ridotto quella sera, non sarò tranquillo finché non avrò sbattuto di nuovo quel delinquente in prigione.»
Enji si ritrova a fissare quella pelle pallida. Non gli sembra trascorso neppure un giorno da quando l’ha vista martoriata e livida da far spavento. Al sicuro tra le mura di casa Todoroki, Hawks ha ripreso colorito, gli sono tornate le forze e anche il suo corpo ora sembra aver riacquistato il consueto vigore. Questo, però, non basta a rassicurarlo: Enji sente che non sono affatto fuori pericolo, abbassare la guardia anche solo una volta potrebbe risultare fatale, e non possono assolutamente permetterselo, non può.
Il pensiero di vedere nuovamente il corpo di Hawks scosso dal dolore è sufficiente a motivarlo.
Keigo lo fissa, con quei suoi grandi occhi dorati pieni di riconoscenza. Improvvisamente, prima ancora che possa rendersene conto, getta le braccia al collo di Endeavor, abbracciandolo.
Enji riflette che quella è la prima volta che si scambiano un contatto fisico del genere.
«E-Ehi, ragazzino…», fa per obiettare.
«Grazie…»
La voce di Hawks in quel momento è così colma di rassicurazione che per un momento Enji sente il cuore saltargli un battito nel petto. Cerca di circondare a sua volta il corpo del ragazzo con le braccia, goffamente.
«Figurati», ribatte. «Prima risolviamo questa questione, meglio è per tutti. Così magari poi dopo andiamo anche a passare qualche giorno al mare.»
«Non sapevo sapessi nuotare, Endeavor-san», commenta Keigo, le labbra che gli sfiorano la pelle del collo.
«Cos’è, ne dubitavi?», borbotta Enji, sbuffando.
Hawks ridacchia tra le sue braccia. Enji sente il peso leggero di Keigo gravare tranquillo sul suo petto, e gli sembra che non potrebbe desiderare niente al mondo in più per essere felice.





notes
buon solstizio, buon giorno più lungo dell'anno, buon inizio d'estate!
allora, andiamo con ordine perché ho un sacco di cose da dire e come sempre ho il terrore di dimenticarne per strada la metà (spoiler: col senno di poi non è neppure una paura così infondata)
cose che ho dimenticato di dire nelle note dello scorso capitolo [inizio a pensare che dovrei seriamente aprire un angolino a parte solo per questo]: perché hawks dorme in camera di shoto e non, per esempio, in una stanza dedicata agli ospiti? voglio dire, dall'aspetto si direbbe che la residenza dei todoroki sia completa un po' di tutto, per cui non dovrebbe mancare nemmeno una camera per accogliere gli eventuali ospiti, no? risposta: non lo so. cioè, non c'ho proprio pensato. nel momento in cui sono andata a scrivere la storia ho dato per scontato che hawks dormisse in camera di shoto per... boh, oscuri motivi penso. al momento la spiegazione più plausibile che mi viene da darmi è che enji gli abbia indicato proprio quella camera perché è la più vicina alla sua, così da proteggerlo meglio ed entrare in maniera tempestiva in azione in caso di bisogno no, ma non sto assolutamente cercando una giustificazione per un possibile buco di trama, figurarsi
cose un po' più serie: sono impazzita mentre editavo questo capitolo. ero convinta di avere tutta la divisione dei capitoli ben chiara in mente, ma a quanto pare ho coperto che non è così! ora credo di aver trovato un compromesso, spero che le cose possano quadrarvi.
su questo capitolo in realtà non credo che ci sia molto da dire: abbiamo visto burnin (ciao ♥) e sono cominciate le indagini sul caso, anche se per ora non ci sono stati grandi sviluppi.
questo capitolo è un po' di passaggio, lo ammetto. però vi svelo un segreto, il prossimo aggiornamento è un altro di quelli che amo particolarmente. beh, forse allora vale la pena aspettare un po', no?
nel mentre temo che perderò il conto delle disgrazie che ci saranno nei prossimi capitoli del manga. non credo di essere pronta per... beh, tutto.
ringrazio chi sta leggendo la storia, è una cosa che apprezzo davvero molto. spero che vi stia piacendo!
a presto
aria

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Capitolo 5
*** The truth untold ***





È un temporale terribile.
La pioggia batte con insistenza contro la finestra, il vento fuori sembra ululare. Non c’è luce, probabilmente dev’essere scoppiato nel cuore della notte.
Ogni rumore sembra inseguirsi in un’infinità di eco, le gocce di pioggia, i fischi e i ruggiti del vento. Una grande finestra, che dal soffitto arriva fino al pavimento, offre un’ampia visuale sul giardino esterno.
Un lampo squarcia il cielo e illumina per un momento la scena. Un uomo è appostato fuori dalla finestra, e sembra avere tutte le intenzioni di entrare.
Keigo si sveglia di soprassalto, tirandosi a sedere nel futon. Non urla, ha le labbra dischiuse come se volesse farlo ma da esse scivolano fuori solo ansiti terrorizzati.
È stato un incubo estremamente reale. Gli sembra ancora di sentire nel naso l’odore del legno stagionato del pavimento, e nelle orecchie il rumore scrosciante della pioggia.
In realtà scopre che sta effettivamente diluviando. Sembra un temporale estivo in piena regola, con tuoni dai boati impressionanti e precipitazioni abbondanti, se non fosse che in realtà manca ancora qualche giorno prima dell’inizio vero e proprio dell’estate.
La cosa che più lo terrorizza, nel ricordo di quell’incubo, è ciò che ha visto poco prima di svegliarsi. La percezione di quella presenza affacciata oltre la finestra, che sembrava tenere lo sguardo fisso su di lui… era stato tutto così verosimile, e a dir poco inquietante.
Solo a ripensarci Keigo sente un brivido corrergli lungo la schiena. Prima ancora che possa accorgersene, ha accartocciato le coperte in fondo al futon, alzandosi e lasciando la stanza.
Vagare per una casa che non è la sua completamente al buio e, per di più, nel bel mezzo di un temporale, non gli sembra affatto la scelta più saggia che potesse prendere. Tuttavia crede ormai di aver memorizzato abbastanza bene il luogo in cui si trova, inoltre non deve fare un tragitto molto lungo, per cui si limita a procedere lentamente attraverso il corridoio, muovendo piccoli passi con i piedi nudi lungo le assi di legno del pavimento.
La camera che cerca è quella accanto alla sua, ha avuto la consapevolezza di dove si trovasse fin dalla prima sera in cui ha messo piede lì.
Dopotutto è stato lo stesso padrone di casa a mostrargliela.
Lascia scivolare la shoji di lato, dischiudendo appena la visuale su quella stanza.
Endeavor è disteso nel suo futon. Sembra profondamente addormentato, a quanto pare il temporale non ha minimamente disturbato il suo riposo.
«E-Endeavor-san?», prova a chiamarlo flebilmente Hawks.
La voce del ragazzo sembra metterlo in allarme all’istante – dopotutto, come tutti gli eroi, è abituato a restare con tutti i sensi in allerta. Enji apre gli occhi di scatto, voltandosi in direzione dell’ingresso della camera.
«Hawks! Che succede?», domanda preoccupato.
Enji è già pronto ad attivare il quirk in caso di necessità. Il ragazzo, però, non sembra ferito, quanto solo molto spaventato.
«Ho fatto un incubo», si ritrova ad ammettere Hawks. Credeva che, in un’occasione del genere, si sarebbe sentito decisamente di più in imbarazzo, invece le immagini che continuano a ripetersi nella sua testa lo terrorizzano a tal punto che ogni inibizione sembra aver perso necessità d’esistere.
Le parole di Keigo all’apparenza hanno avuto l’effetto di tranquillizzare Enji. L’uomo, infatti, valuta di accantonare il proposito di cominciare a far danzare fiamme sul proprio volto.
«Vieni qui», lo invita Endeavor, pacatamente.
In un’altra occasione, probabilmente Keigo sarebbe sorpreso da quella richiesta. Adesso, però, sente solo la tempesta scatenarsi fuori dalla casa, e tanto basta a rievocare in lui i ricordi dell’incubo. Il ragazzo si fa strada nella stanza, fino a raggiungere il futon. Enji solleva le coperte e permette a Hawks di infilarsi sotto di esse, avvolgendolo per tenerlo bene al caldo. Keigo si sistema di modo che le ali sporgano di lato, fuori dalle coperte, così che non siano di intralcio per nessuno dei due.
«È stato… orrendo», ammette Keigo. Parla con un filo di voce, come se si trovasse altrove, in un posto molto lontano. «Era tutto così reale, io… ho percepito la presenza di qualcuno alla finestra. Era lì, mi osservava… oh, Endeavor-san, non riesco a togliermi dalla testa la sua espressione. Aveva qualcosa di così profondamente folle… e poi mi sono svegliato di colpo, e pioveva proprio come nell’incubo… è stato tutto così inquietante…»
Enji gli accarezza piano la fronte. «Shh», lo zittisce, con premura. «Cerca di non pensarci, altrimenti sarà peggio. Va tutto bene, Hawks. Era solo un incubo.»
La vicinanza di Endeavor sembra rasserenarlo all’istante. Hawks si lascia sfuggire un sorriso a quelle parole, e lentamente le palpebre gli calano sugli occhi, tornando ad avvolgerlo nel torpore del sonno.
Si addormentano così, con la testa di Hawks sul petto di Endeavor e una mano di Enji posata sulla base della schiena di Keigo.


Il mattino dopo, quando Endeavor riapre gli occhi, si ritrova esattamente nella stessa posizione in cui si è addormentato la notte precedente.
Hawks riposa ancora, il capo abbandonato sul petto di Enji. È rimasto per tutta la notte tra le braccia dell’uomo, che circondano ancora il suo corpo. Ha un’espressione beata in volto, e di questo Enji non potrebbe essere più contento.
Sente il respiro caldo di Keigo posarsi sul suo volto quasi danzando. Quella è la prima volta in vita sua che si trova così vicino a un altro essere umano, perlomeno al di fuori di Rei.
Ed è così stranamente e profondamente appagante.
Ha riposato bene come raramente in vita sua gli è capitato, avvertendo il calore del corpo di Keigo accanto a sé, inoltre trovarlo al proprio fianco al risveglio gli infonde una tranquillità che non credeva possibile provare.
Gli dispiace immensamente doverlo svegliare, fosse per lui rimarrebbe in eterno in quella posizione, con Hawks che gli riposa tra le braccia e lui che lo osserva incantato.
Sfortunatamente, però, i piani di quella giornata non coincidono con quella tregua meritata.
Enji passa con accortezza una mano tra i capelli dorati di Keigo, sperando di riuscire a svegliarlo così. Al ragazzino sfugge un mugolio prolungato, ed Endeavor si ritrova a sorridere per questo.
«Buongiorno, Hawks», mormora, le parole che si rincorrono nell’orecchio di Keigo. Enji non ne è sicuro, ma ha ancora le braccia strette attorno alla vita del ragazzo e per un momento gli sembra di sentire un brivido corrergli lungo la schiena. «Mi dispiace svegliarti, stavi dormendo così bene. Oggi devo occuparmi di alcuni casi sul campo, per cui farò meglio a cominciare a prepararmi.»
Keigo ha un’espressione ancora un po’ intorpidita dal sonno, Enji lo trova assolutamente adorabile. Si stropiccia un poco gli occhi, per poi stiracchiarsi appena. «Mhh. E io cosa posso fare?», domanda, la voce impastata di sonno.
Enji gli sorride, intenerito. «Puoi venire con me», concede. «In due faremo senza dubbio prima, e poi avevo in mente di portarti in un posto quando avremo finito. In realtà mi sento abbastanza mortificato, per colpa di tutta questa situazione sei costretto a rimanere lontano da Fukuoka e non puoi occuparti dei tuoi casi…»
«Ah, non ci pensare nemmeno», taglia corto Keigo. «Al momento non avevo niente di che per le mani, inoltre sono in contatto con la mia agenzia, riesco comunque a  gestire le operazioni  anche da remoto. Comunque, cos’è questa storia del posto in cui vorresti portarmi?»
«Diciamo che sarà una sorpresa», commenta Endeavor, soffiando sulle sue labbra. «Su, andiamo a prepararci, ci aspetta un sacco di lavoro.»


«Fammi capire, quindi il tuo grande piano era solo una scusa per portarmi a fare shopping?»
Shibuya è caotica e affollata come sempre. Clacson di auto e chiacchiere di passanti si rincorrono sullo sfondo del cielo violetto del tardo pomeriggio, quando il sole è ormai tramontato e il giorno si appresta a lasciare il posto alla notte.
La giornata di lavoro è stata piuttosto tranquilla, nessun villain degno di nota che abbia sottratto loro più tempo del dovuto. Endeavor è riuscito a tenere la situazione sotto controllo senza il minimo sforzo, così Hawks si è limitato a seguirlo, in quell’esperienza che si è rivelata senza dubbio piacevole.
Così, ora che hanno finito di lavorare, possono godersi in santa pace un po’ di tempo libero.
Gli occhi di Keigo lo osservano con una certa nota canzonatoria, tuttavia Enji non se ne sente intimorito.
«Può essere», concede Enji, stringendosi nelle spalle.
Al suo fianco, Keigo ridacchia. Gli sembra sia passata un’eternità dall’ultima volta in cui lo ha sentito ridere, uno scampanellio delicato che gli scalda il cuore. I grandi occhi dorati del ragazzo sono colmi di meraviglia, non riesce a credere che Enji abbia fatto di tutto solo per concedergli quel momento di spensieratezza.
È un gesto così apprensivo e totalmente inaspettato. Lo fa sentire immensamente leggero.
Shibuya scorre accanto a loro, grattacieli imponenti, migliaia di persone indaffarate. È quasi rilassante il pensiero di essere immersi in quella bolla, in cui la vita frenetica risucchia le persone al punto da non curarsi minimamente di chi passa loro accanto.
Incredibile.
«If my path goes beyond alone and leads to you, I will see the vast scenery of a lifetime while I blink.»
Le parole fluiscono soavi dalle labbra di Hawks. Da come le ha intonate, Endeavor intuisce che deve trattarsi di una canzone.
Sullo sfondo del cielo lilla, suonano ancora più melodiose.
Enji osserva Keigo, incantato. «Hai una voce bellissima», commenta, e nella sue parole si percepisce chiaramente l’ammirazione che sente di star provando per il ragazzo in quel momento.
Hawks ride appena. Sulle sue guance è comparso un leggero accenno di rossore.
Enji cerca le dita del ragazzo, trovandole subito. Stringe la mano nella sua, una presa leggera ma rassicurante.
«Uh, grazie!», esclama Keigo. C’è un sorriso luminoso sul suo volto. Il ragazzo socchiude gli occhi, in un moto di allegria.
Quella è l’ultima immagine che gli occhi di Enji intercettano prima che tutto esploda.
Qualcuno arriva alle loro spalle a una velocità inaudita, tanto che Ali Possenti non ha neppure il tempo materiale per accorgersene. Il corpo di Keigo riceve un colpo violento, che lo sbalza in avanti senza che Enji possa trattenerlo, le dita del ragazzo che sfilano via dalle sue. Rotola lungo l’asfalto per diverse decine di metri finché non si ferma, bloccato a terra prono e dolorante.
«Hawks!», lo chiama Endeavor, attonito.
Sfortunatamente, però, non può accertarsi delle condizioni del ragazzo. Fa appena in tempo a voltarsi che un uomo gli piomba addosso. D’istinto, Enji evoca il proprio quirk, fiamme che sprigionano la propria forza respingendo quell’attacco, l’uomo che resta sospeso a mezz’aria assieme alla colonna di fuoco.
Il calore intenso sprigionato da Endeavor è tale da far infrangere i vetri dei grattacieli circostanti. I passanti nei dintorni gridano, mentre cercano di ripararsi.
L’assalitore, però, non sembra essere stato messo particolarmente in difficoltà da quella mossa. L’uomo sogghigna, c’è qualcosa di profondamente sadico nella sua espressione, dopodiché si getta nuovamente in picchiata verso Enji.
Endeavor fa a malapena in tempo a pararsi il volto con le braccia, proteggendosi da quel nuovo attacco. Sente l’altro premere contro la sua rudimentale difesa, e sa che sta respingendo quell’impeto per miracolo.
È forte. E veloce, si ritrova a valutare.
«Endeavor! Finalmente ci rivediamo!», esordisce l’uomo, con una voce in cui Enji percepisce qualcosa di folle.
Per un momento, a Enji sembra di guardarsi allo specchio. Chi lo sta attaccando ha corti capelli rossi e una corporatura imponente, esattamente come lui. L’unica cosa che differisce sono gli occhi che, a differenza dei suoi, azzurri come il mare, sono scuri.
Enji non ha molti dubbi su chi si sia ritrovato davanti. La violenza con cui ha attaccato Hawks e quell’implicito riferimento a un loro precedente scontro sono indizi piuttosto eloquenti, per lui.
«Takami…», sibila, furioso.
Il padre di Keigo balza all’indietro, lasciando finalmente un momento di respiro a Endeavor. Atterra qualche metro più indietro, ma non sembra intenzionato a concedergli alcuna tregua.
«Ti ricordi di me! Sono sollevato», commenta il villain, passandosi una mano tra i capelli. «Credevo che dopo che mi avevi sbattuto in prigione avessi rimosso tutto!»
Enji digrigna i denti, ringhiando. «Ci dovevi rimanere, assassino», sputa, cupo.
L’uomo non sembra particolarmente colpito dalle sue parole. «Ah, ma per favore! Da che razza di pulpito viene la predica? Per quello che hai fatto passare alla tua famiglia avresti meritato il carcere quanto me, invece guardati, sei ancora qui tutto fiero a difendere la popolazione solo perché sei un hero! Non trovi che sia una cosa tremendamente ipocrita?», chiosa, sogghignando malignamente.
Il villain non può che essere ancor più soddisfatto quando, dopo quel suo discorso, vede Endeavor fissarlo con un’espressione sconvolta.
«Già», riprende l’uomo, affilando lo sguardo. «Per cui perdonami, ma quando ti ho visto mano nella mano con quella nullità di mio figlio non sono proprio riuscito a resistere. Non preoccuparti, però, non sono intenzionato a trattenermi.»
Il villain scatta nuovamente in avanti. Endeavor si para nuovamente dall’assalto con le braccia, rivolgendo all’altro uno sguardo di puro odio.
«Sta’ lontano da lui!», grida, facendo scudo personalmente al corpo di Hawks poco distante.
Vede gli occhi del suo avversario attraversati da una scintilla di consapevolezza, e si ritrova a domandarsi se involontariamente non si sia tradito, lasciando trapelare qualche informazione importante.
«Temo che non sarà possibile», ribatte l’altro, con una punta di allegria nella voce. «Ho intenzione di diventare il vostro incubo personale.»
A quelle parole, l’uomo spicca un balzo portentoso, librandosi in aria per poi cominciare a spostarsi saltando dalla cima di un grattacielo a un’altra. Endeavor resta a osservarlo incredulo ancora per qualche secondo, quasi come se si aspetti di vederlo piombargli nuovamente addosso da un momento all’altro.
Invece non lo fa. Il villain prende effettivamente la fuga.
A quanto pare, quello deve essere stato una qualche sorta di avvertimento malato.
Probabilmente dovrebbe inseguirlo, cercare di fermarlo una volta per tutte. In quel momento, però, c’è ben altro ad angustiargli la mente, un pensiero da cui non riesce a liberarsi in alcun modo.
«Hawks!»
La sua voce si perde nel silenzio innaturale che ha invaso Shibuya dopo quello scontro. Keigo è ancora a terra, nell’esatta posizione in cui i suoi occhi lo hanno trovato l’ultima volta che si sono posati su di lui.
Enji gli corre incontro. Dovrebbe constatare l’assenza di altri feriti e di danni alle infrastrutture nei paraggi, tuttavia in quel momento non riesce a curarsene.
Il ragazzo è disteso sull’asfalto. Ha ricevuto un brutto colpo alla schiena, e sembra essere assai dolorante. Enji s’inginocchia al suo fianco, e vede le sue ali rosse venire scosse da un fremito.
«Ehi…», lo chiama piano, cercando di accertarsi delle sue condizioni di salute.
Keigo è debole, e appena cosciente. Enji gli passa una mano tra i capelli, ma sente qualcosa di caldo e umidiccio colargli sulle dita non appena sfiora la fronte.
Endeavor osserva con orrore la propria mano, trovandola impregnata di sangue.
«Sei ferito…», mormora, terrorizzato. «Hawks, devo portarti subito in ospedale…»
«N-no…»
La voce debole di Keigo blocca all’istante le sue parole. Enji si rende conto che deve star facendo una fatica enorme per parlare.
«S-sono solo ferite superficiali…», si giustifica Keigo. «A-andiamo a casa, Endeavor-san…»
Enji vorrebbe ribattere, dirgli che ha ricevuto un colpo inferto con una forza innaturale e che non era neppure la prima volta che capitava, che farebbe meglio a farsi controllare da un medico esperto così che possano accertarsi una volta per tutte che non si trova in una situazione di salute grave.
Poi però capisce.
Hawks, come sempre, è già dieci passi avanti a lui, anche se in quelle condizioni. L’ospedale è una struttura pubblica: se suo padre decidesse di attaccarli nuovamente sarebbe difficile fermarlo, e probabilmente verrebbero coinvolti dei civili innocenti. Casa di Endeavor, invece, continua ad essere l’unico luogo sicuro e insospettabile, perché nessuno sa che Hawks si trova lì ormai da giorni.
È un rischio. Enorme, per di più.
Però Endeavor sa che deve fidarsi, e soprattutto che può farlo. Non c’è persona al mondo di cui si fidi di più di Hawks, e se Keigo ritiene che tornare a casa sua in questo momento sia la cosa migliore da fare, allora Enji sa che non deve far altro che seguire quel che gli ha detto.
Così Endeavor circonda il corpo di Hawks con le braccia, tenendolo stretto a sé. L’istante successivo, si è già librato in aria, sfruttando il fattore propulsivo delle proprie fiamme, volando via e lasciandosi Shibuya alle spalle.


Attraversare la città in quel modo non gli richiede molto tempo.
Enji cerca di fare in fretta, soprattutto per Hawks. Vuole aiutarlo, e sa che non può permettersi di perdere tempo.
Keigo, nel frattempo, gli rimare accoccolato al petto. Rilasciando il proprio quirk, Enji sa di star irradiando calore, e per Hawks dev’essere particolarmente piacevole. A giudicare dal respiro regolare del ragazzo, sembra essersi perfino assopito.
Enji, però, non sa se il fatto che abbia perso conoscenza sia positivo o meno. Ha ricevuto davvero un brutto colpo, continua ad essere terrorizzato al pensiero che possa esserci qualche lesione interna…
Quando vede sotto di sé casa sua, inizia a planare lentamente verso il basso. Atterra in giardino, cercando di adagiarsi in maniera morbida, così da evitare un contraccolpo doloroso per il ragazzo.
Fortunatamente, Hawks riapre gli occhi. Sembra piuttosto confuso, ma non particolarmente malridotto.
«Ti sei svegliato, grazie al cielo», sospira Enji, sollevato. Procede a passo spedito verso la porta di casa, ma ne approfitta per cercare di rivolgere un sorriso rassicurante al ragazzo.
Keigo ha un’espressione corrucciata. Avverte le ali penzolargli giù dalla schiena mollemente, e si ritrova a valutare che ha solo vaghi ricordi di ciò che è successo nelle ultime ore – al tempo stesso, però, si sente incredibilmente rincuorato al pensiero di trovarsi tra le braccia di Endeavor.
«D-dove siamo…?», si ritrova a domandare, mentre sta ancora cercando di rimettere insieme tutti i pezzi.
Enji arriva davanti alla porta d’ingresso. Infila in fretta le chiavi nella toppa, facendole ruotare con un gesto meccanico. Non vede l’ora di essere finalmente là dentro, al sicuro.
«A casa. Come mi hai chiesto», lo informa Endeavor. La porta si apre, e subito l’uomo scivola all’interno dell’abitazione, lasciando che il portone si serri dietro di loro. Continua a tenere il corpo del ragazzo ben stretto a sé, non ha intenzione di lasciarlo per nessun motivo.
Hawks sente Endeavor attraversare la casa con fare sicuro. I passi dell’uomo si rincorrono rapidi lungo le assi di legno del pavimento.
Enji si arresta soltanto quando raggiunge il bagno. Fa sedere Hawks sulla lastra in ceramica del lavabo, per poi accendere una luce soffusa che pende da sopra allo specchio.
Keigo vede Enji inginocchiarsi ai piedi di un mobile. Apre un’anta, e fruga al suo interno alla ricerca di qualcosa.
Si rialza poco dopo, e Hawks scopre che ha recuperato un flacone di acqua ossigenata e dell’ovatta.
«Mh, sto messo così male?», s’informa Keigo, sforzandosi di far suonare la propria voce allegra, per non dare altre preoccupazioni a Endeavor.
Enji estrae un batuffolo di cotone dalla confezione, irrorandolo con l’acqua ossigenata. «Hai un taglio vicino al sopracciglio, ti esce del sangue», gli spiega brevemente. «Preferisco disinfettarlo.»
Hawks sospira, probabilmente vorrebbe dirgli che di sicuro non è niente. Poco dopo, però, Enji posa l’ovatta inumidita vicino al suo sopracciglio, e Keigo si ritrova a trasalire.
«Shh. Piano.» Enji poggia la fronte vicino a quella del ragazzo, spera che quel gesto possa rassicurarlo in qualche modo. Lentamente rimuove le tracce di sangue dalla ferita, almeno finché non gli sembra che sia tornata perfettamente pulita.
Posata l’ovatta sulla lastra del lavabo, decide che è meglio controllare attentamente lo stato di salute di Hawks. Lentamente afferra il bordo della sua t-shirt, sfilandola. Sente il ragazzo sollevare le braccia per aiutarlo a spogliarlo, e cerca con cura di non costringere in posizioni scomode le sue ali.
È la seconda volta in poco tempo che si ritrova davanti al petto nudo di Hawks. Rispetto a quel pomeriggio a casa di Keigo, lo trova decisamente meno livido, e la cosa non può non rasserenarlo.
Enji si lascia sfuggire un sospiro di sollievo, le dita che percorrono il petto del ragazzo, irradiando calore piacevole, mentre continua a tenere la fronte premuta contro quella di Keigo.
«Ho avuto paura di perderti…», ammette. Si sente stremato, come se l’adrenalina dell’ultima ora avesse cominciato improvvisamente ad abbandonare il suo corpo, lasciando però al suo posto solo una grande stanchezza. «Non è stata neppure la prima volta, in realtà…»
Keigo soffoca una leggera risata mentre accarezza i corti capelli alla base della nuca di Endeavor. «Ah, no?», domanda, sinceramente sorpreso.
Enji vorrebbe roteare gli occhi a quella domanda, gli sembra una cosa così ovvia. «Due guerre non ti sono bastate per avere il sospetto che potessi preoccuparmi per te, ragazzino?», ribatte, ma senza essere stato veramente seccato dal tono canzonatorio di Hawks.
«Oh, se è per questo io mi preoccupo per te da molto prima», ammette Keigo. «Ho seguito tutte le tue imprese… e ogni volta ho sentito il cuore stringersi nel petto al pensiero che avresti potuto non farcela…»
A quelle parole, Enji spalanca gli occhi, osservandolo con uno sguardo incredulo.
Hawks sembra divertito dalla sorpresa di Endeavor. «È vero», insiste, rivolgendogli un sorriso così caldo, così puro, così bello. «Ho perso il conto del tempo che ho passato ad amarti, number one…»
Keigo si sporge lentamente in avanti. Chiude gli occhi, e posa un bacio sulle labbra di Endeavor.
Uno solo. Piccolo, dolce, castissimo.
Si scosta subito dopo averlo fatto, mentre mille timori cominciano a invaderlo. Si era ripromesso di soffocare i propri sentimenti, certo che Endeavor non l’avrebbe mai ricambiato. Sapeva che vivere così a stretto contatto sarebbe stato un rischio, perché averlo costantemente vicino non rendeva le cose minimamente più semplici, però fino a quel momento c’era riuscito.
Ora non più.
Ha ceduto, ed è stato dolcissimo. Per un momento gli è parso d’aver accarezzato con le labbra un frutto delizioso, e di essere finito in paradiso. Eppure non riesce a fare a meno di pensare a quanto quel gesto sia stato avventato.
Ha il terrore di riaprire gli occhi e di specchiarsi in quelli di Endeavor. Non ha idea di quali emozioni potrebbe leggervi dentro. Rabbia, repulsione, forse perfino odio. Non è preoccupato tanto della possibilità di perdere la protezione dell’unico luogo in cui sia al sicuro al momento, quanto di aver distrutto per sempre la fiducia che Enji ha sempre riposto in lui.
Alla fine schiude lentamente i suoi grandi occhi dorati e, come aveva previsto, si ritrova immerso nel mare turchino delle iridi di Enji.
Solo che non vi trova nulla di ciò che aveva immaginato.
Endeavor gli sembra senza dubbio sorpreso, quello sì. Eppure, gli pare perfino incantato, quell’azzurro un mare calmo in cui sprofondare.
Hawks avverte un tuffo al cuore dinnanzi a tutta quella bellezza.
Enji gli sorride, tranquillo. Intreccia le dita tra i capelli del ragazzo, e stavolta è lui a chinarsi in avanti, intrappolando le labbra di Hawks in un bacio intenso, famelico.
Keigo chiude gli occhi ammaliato e avvolge le braccia attorno al collo di Endeavor, stringendolo a sé. Sente le mani di Enji vagare lungo la sua schiena, accarezzarne ogni punto.
E in quel momento ha la certezza che non l’ha perso.


È notte fonda. La camera da letto di Endeavor è avvolta nel buio.
Due figure nude e avvinghiate sono sedute sul futon. Le labbra di Enji scivolano sul collo di Keigo, mentre gli ansiti di Hawks invadono la stanza.
«Voglio fare l’amore con te.» Le labbra di Endeavor risalgono fino all’orecchio di Hawks per mormorare quelle parole. «Nel mio letto. Nella mia camera.»
«Nella nostra camera», lo corregge Keigo, sorridendo scaltro.
Anche Enji si ritrova a sorridere. «Nella nostra camera», conviene, meravigliandosi di come quelle parole suonino bene.
Percorre ancora una volta con le dita la schiena di Hawks, e il ragazzo si ritrova ad inarcare la schiena, le ali che alle sue spalle sono scosse da un fremito.
Enji distende i loro corpi sul futon, per potersi spingere più a fondo in Keigo.





notes
and we're back, gente!
mado una parte di me sta ancora urlando e disperandosi nel vano tentativo di cercare di capire se ho azzeccato la divisione dei capitoli o no. non lo so. non riesco veramente a ricordare cosa avessi pensato all'inizio, il che mi dà un fastidio assurdo.
però in teoria mi sembra che in passato avessi visualizzato proprio la pagina di efp che iniziava con la narrazione dell'incubo (?), quindi, uhm, sì, dovrebbe essere così. ah, sì, a proposito, l'incubo (parliamone subito che tanto poi dopo sono certa al 100% che me ne dimenticherò perché passerò a parlare d'altro etc): inquietantino, eh? tra l'altro qualche giorno fa qui da me c'è stato un brutto temporale di notte e, uh, mi è subito tornata in mente questa scena.
salto direttamente alla parte ambientata a shibuya perché sì. la frase che a un certo punto intona (in giapponese) Hawks viene dalla seconda ending della quinta stagione di mha sì lo so che quell'ending si riferisce a deku e shigaraki ma studio bones ci si mette d'impegno per rendere tutto a tema endhawks, e allora chi son io per lamentarmi? nel testo compare in inglese semplicemente perché mi sembrava che così fosse più comprensibile, e visto quello che significa mi sembrava che si adattasse bene anche a questi due personaggi, per questo avevo deciso di inserirla. ora ho un po' il terrore che possa suonare cringe, per cui boh, speriamo bene.
i nostri eroi (mi fa troppo ridere dirlo rip) hanno finalmente incontrato – anche se sarebbe più corretto dire che si sono scontrati – il padre di hawks. non so perché all'inizio mi ero fatta un sacco di scrupoli a usare il cognome takami, però alla fine è quello. nel senso, hawks ha il cognome takami, e takami è anche il criminale arrestato da endeavor anni prima (l'avevo nominato nei capitoli scorsi, giusto?). stando alla wikia di mha, dopo che l'hpsc decide di prendere sotto la propria custodia hawks e di crescerlo così da avviarlo alla professione di hero in futuro, la commissione cancella ogni legame di keigo con il padre, e oltre ad aver fornito a lui e a tomie una nuova casa sua madre torna a usare il cognome da nubile (?), cioè ukai. non so perché sto scrivendo queste cose, forse per convincermi che sia tutto giusto.
e finalmente siamo arrivati al punto croccantello. la ship è attraccata, signori!
vbb io non potrei essere più felice di così, perché amo questi due con tutta me stessa e. oh mamma mia. vado in brodo di giuggiole semplicemente parlandone.
non so se la descrizione del bacio (o post-bacio, boh, non so come definirla) sia cringe, però sinceramente ora come ora non riesco proprio a curarmene. cioè ma QUANTO SONO BELLI, help-- tra l'altro per me questa modalità potrebbe essere proprio canon. hawks che lo bacia perché, letteralmente, non ce la fa più, per poi allontanarsi in attesa della reazione di endeavor ed enji che, ovviamente, finisce per ricambiarlo. mi piace anche pensare anche ad altre possibili versioni del primo bacio, tipo enji che alla fine si fa avanti per primo esasperato dalla parlantina di keigo, ma la verità è che per me questi due sono belli in tutte le salse ♥
il finale... eheh. lasciatemi gongolare finché posso?, finora avevamo avuto quasi solo vagonate di angst. l'idea era di provare a sviluppare per una volta in vita mia una storia slow burn [sono di parte, ho due otp in croce ma in nessuna di loro vedo semplice una dinamica del genere, cioè c'mon nella mia testa questi due vorrebbero saltarsi addosso dal primo momento in cui s'incontrano], e non ho capito se ci sono riuscita, visto che in realtà non manca molto alla fine... vbb nel dubbio c'è sempre la long che avevo scritto per il writober dell'anno scorso--
penso di aver detto tutto. come al solito ringrazio chi sta seguendo la storia [a proposito, come state? io dovrei andare avanti con il nuovo progetto che avevo cominciato a scrivere ma il caldo mi sta uccidendo, rip], spero che continuiate ad apprezzarla uwu
a presto
aria

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Capitolo 6
*** Running in circles ***





Quando Enji riapre gli occhi, si accorge che il sole è già sorto.
Sente un peso leggero premere sul proprio petto nudo, e non ha bisogno di abbassare lo sguardo per sapere che si tratta della testa di Hawks. Keigo sta ancora riposando placidamente, le palpebre abbassate, un’espressione beata dipinta sul suo volto.
Enji temeva che, al risveglio, avrebbe potuto sentirsi sbagliato.
Invece quella gli sembra una delle rare volte in vita sua in cui sta facendo la cosa giusta.
È stato bellissimo. È stato pazzesco.
Si rende conto di non aver mai provato così tanto piacere come durante la notte appena trascorsa.
È come se, per tutti quegli anni, avesse vissuto unicamente nell’attesa di incontrare Keigo.
E, ora che l’ha trovato, non ha alcuna intenzione di perderlo.
Passa lentamente una mano tra i capelli arruffati del ragazzo, scompigliando ancora di più quella massa dorata terribilmente disordinata.
Quel gesto fa sfuggire un lungo mugolio a Hawks. Il ragazzo solleva lentamente le palpebre, salvo poi spalancarle per la sorpresa non appena incontra la figura di Endeavor, i suoi occhi azzurri che lo osservano mentre gli sorride.
«È… è successo davvero?», è la prima cosa che Hawks si ritrova a domandargli, ancora incredulo.
C’è qualcosa di così assurdamente dolce in quel ragazzo che ogni volta gli fa venire voglia di sciogliersi. «Già», gli conferma, le dita che lentamente dai capelli scendono ad accarezzargli la fronte.
Keigo si ritrova a domandarsi se non stia ancora dormendo – quello, in effetti, sembra in tutto e per tutto uno dei suoi sogni. «Ero terrorizzato al pensiero che potessi esserti pentito…», confessa, abbassando per un momento lo sguardo sul petto dell’uomo, come se quel pensiero lo avesse travolto veramente solo in quel momento, esprimendolo ad alta voce.
Enji gli afferra il mento tra il pollice e l’indice, facendogli sollevare nuovamente il volto. «Non ho intenzione di rinnegare niente», gli assicura, gustandosi lo stupore che vede attraversare le iridi dorate del ragazzo, per poi lasciargli un bacio leggero sulle labbra. «È stato bello.»
Hawks si lascia sfuggire un leggero sogghigno. «Era da tempo che lo sognavo, lo ammetto», commenta. «Dipendesse da me, ricomincerei in questo preciso istante.»
Gli occhi di Endeavor vengono attraversati da una scintilla che Hawks non riesce a riconoscere. Subito dopo, però, l’uomo gli afferra i fianchi, facendolo rotolare tra le lenzuola almeno finché il ragazzo non si trova nuovamente disteso sul futon, sotto di lui. «Oh, non sei l’unico…», confessa.
Keigo si lecca brevemente le labbra, fremendo di eccitazione e aspettativa – non si aspettava una tale presa di posizione da parte di Endeavor, in effetti, ma non può certo negare a se stesso che gli piaccia da morire. «E così abbiamo entrambi gusti esigenti, eh?», mormora, seducente. «Beh, sarò ben lieto di soddisfare i tuoi…»
Enji lo bacia, e Keigo si ritrova a chiudere gli occhi. Avvolge il collo dell’uomo con le proprie braccia, le dita che si perdono ad accarezzargli i corti capelli ramati alla base della nuca.
«Sfortunatamente, però, i tuoi piani dovranno essere rimandati», gli comunica Endeavor, separandosi appena da lui. «Dobbiamo andare in agenzia. Non ho alcuna intenzione di permettere a quell’uomo di restare impunito.»
Hawks si ritrova a mugugnare il proprio dissenso, mentre mette su un broncio così buffo che l’unica reazione che suscita in Endeavor è sincera ilarità. Il ragazzo affonda meglio la testa tra i cuscini del futon, incrociando le braccia al petto.
«Beh, guardiamo il lato positivo, almeno sappiamo che nello scontro di ieri non ho riportato ferite troppo gravi, visto che non sono morto di emorragia interna», si ritrova a sdrammatizzare Keigo.
Enji lascia le coperte del futon, un implicito invito a seguirlo a breve.


«Burnin!»
Moe è china sulla scrivania di Kido, e apparentemente stanno chiacchierando in tutta tranquillità del più e del meno. Quando sente la voce prorompente del loro capo giungere dalle sue spalle, la ragazza incespica, finendo distesa lungo la scrivania del collega.
Endeavor varca la soglia d’ingresso dell’agenzia mentre le fiamme stanno già vorticandogli intorno. Ha un’espressione terribilmente seria in volto, come se fosse sul punto di incenerire qualcosa. La porta a vetri dell’entrata si richiude poco dopo dietro di lui.
«C-capo!», si ricompone in fretta Moe, tirandosi per bene in piedi.
Enji le passa accanto senza degnarla di troppa considerazione. «Nel mio ufficio. Subito», si limita a comunicarle, continuando a camminare.
Moe sembra accorgersi solo in quel momento che Endeavor non è solo. Alle spalle del suo capo, infatti, c’è Hawks. Il ragazzo agita freneticamente le mani, nel tentativo di rabbonire il numero uno, ma non sembra avere molto effetto. Così, si limita a corrergli dietro.
Poco dopo, i due svaniscono oltre la soglia dell’ufficio di Endeavor.
«Non pensi di essere stato troppo duro con lei?», s’informa Hawks, in tono conciliante.
Enji è già sprofondato nella propria sedia, dietro alla scrivania. «La pago per fare il suo mestiere, mi aspetto che non mi deluda», ribatte semplicemente, stringendosi appena nelle spalle.
Ora che sono rimasti da soli, Enji sembra essersi rasserenato. Keigo abbozza un sorriso scaltro, cominciando ad avvicinarsi a lui. «Non credo che dovresti dannarti troppo per questa storia. Voglio dire, forse potrebbe perfino essersi conclusa così… e poi non vorrei tenerti lontano da casi ben più importanti», ammette.
Enji trova che quella faccenda sia tutt’altro che conclusa, soprattutto a giudicare da quanto gli ha detto il padre di Keigo durante lo scontro, tuttavia decide di evitare di dirglielo, per non turbarlo più del necessario. Il ragazzo, nel frattempo, si è avvicinato a lui, ed Enji lascia che gli avvolga le braccia attorno al collo.
«Credimi, tu in questo momento hai la priorità», gli confessa, con una spontaneità disarmante.
Hawks sorride incantato. Si china appena verso l’uomo, lasciando alcuni baci leggeri e dolcissimi sulle sue labbra.
Poco dopo, però, Ali Possenti percepisce un rumore di passi rincorrersi, a segnalare l’avvicinamento da parte di qualcuno. Keigo si separa in fretta da Enji, soffocando una risatina quando il suo sguardo si posa sull’espressione contrariata che nel mentre s’è formata sul volto dell’uomo.
A rispondere alle perplessità di Enji, però, sono i colpi che poco dopo sente raggiungere la porta, segno che dall’altra parte stanno bussando. Senza attendere l’invito esplicito a fare ingresso nella stanza, l’istante successivo la porta si schiude appena e, da dietro di essa, fa capolino Burnin.
«Posso?», s’informa, quasi intimorita dallo scambio di battute di poco prima. Hawks si ritrova a valutare che è curioso, ha sempre visto quella ragazza così sicura di sé.
Endeavor risponde con un breve grugnito, e Moe si limita ad entrare, chiudendo la porta alle proprie spalle. Probabilmente è abituata da tempo a decifrare il linguaggio non verbale del suo capo.
«Ho saputo dello scontro di ieri», esordisce la ragazza. «Voi state bene?»
«Io a meraviglia, ti ringrazio, Burnin!», esclama Hawks, sollevando un braccio verso il cielo per accentuare un moto di eccitazione.
Enji si lascia sfuggire un breve sospiro. «Non stiamo lavorando bene», commenta, osservando con aria corrucciata la scrivania. «Non è possibile che non riusciamo a ricostruire gli spostamenti di quest’uomo! Avrà pure un covo, un posto in cui torna a rifugiarsi dopo ogni attacco! E poi dobbiamo lavorare di più sul suo passato. Deve pur avere degli agganci, qualcuno a cui si è appoggiato dopo essere uscito di prigione. Voglio più uomini su questo caso, dobbiamo scoprire i luoghi che era solito frequentare prima di essere arrestato, probabilmente sta usando uno di questi come nascondiglio.»
Burnin annota tutto su un blocco di carta. «Okay. Me ne occupo subito!», comunica, come se di colpo fosse tornata al suo consueto mood energico.
Poco dopo la ragazza è già schizzata fuori dall’ufficio, senza attendere di essere congedata dal suo capo.
Enji, in effetti, sembra piuttosto indaffarato al momento. Apre il pc che è poggiato davanti a lui, e nel mentre fruga in uno dei cassetti della scrivania.
«Che combini?», s’informa Keigo, mentre lo osserva divertito, la schiena premuta contro una libreria.
«È arrivato il momento di vederci chiaro in questa storia», gli spiega Endeavor. «Ho intenzione di contattare qualcuno che in passato ha fatto parte dell’HPSC. Credo che abbiano parecchie spiegazioni da darmi in merito.»
Keigo non aggiunge altro. Si limita a restarsene lì, in disparte, gli occhi fissi sul suo eroe – non sembra avere alcuna intenzione di perderlo di vista.
In realtà non è per niente felice di sapere che l’HPSC verrà immischiato nella questione. Keigo ha provato un senso di liberazione nel momento in cui la commissione è stata sciolta. Dopotutto, non è mai stato un piacere per lui occuparsi dell’incarico che gli avevano destinato.
Enji ritrova nel cassetto il foglio con le informazioni sull’HPSC che Burnin gli aveva lasciato. Apre alcune finestre sul suo pc, mentre Hawk si lascia sfuggire un leggero sospiro.
Endeavor ha avviato una videochiamata. Non ha ancora la più pallida idea se dall’altra parte riceverà risposta o meno, ma ritiene che per il bene del suo interlocutore sarà meglio di sì.
Dopo diversi squilli andati a vuoto, qualcuno appare dall’altra parte. Un uomo dall’aria assonnata e i capelli terribilmente in disordine è seduto su una sedia almeno due volte più grande di lui, mentre alle sue spalle a Enji sembra di scorgere la vetrata di un grattacielo. Buona parte degli ex membri dell’HPSC, dopotutto, erano entrati a far parte di organi governativi dirigenziali in seguito allo scioglimento della commissione, nonostante gli errori di valutazione commessi durante la guerra. La persona che aveva contattato, ovviamente, non faceva eccezione.
«Endeavor», lo saluta l’uomo, con la voce di chi sembra essersi svegliato da poco. «Buongiorno.»
«Yokumiru Mera», tuona Enji, impassibile. «Vorrei poter dire di essere felice di rivederti.»
Enji sa di non essere in collera con Mera nello specifico. Recrimina all’HPSC la pessima gestione della questione del fronte di liberazione dal paranormale, che era stata praticamente lasciata tutta sulle sole spalle di Hawks, tuttavia all’epoca Mera non era ancora al vertice della commissione, per cui, di fatto, non ha particolari responsabilità in merito. Resta, tuttavia, il fatto che ne ha pur sempre fatto parte.
Enji si ritrova a domandarsi se l’HPSC abbia responsabilità in merito alla crisi che la società degli heroes si era ritrovata ad affrontare in seguito ai fatti di Jaku e Gunga. La verità è che non riesce a darsi una risposta: sa che, per la maggior parte, a scatenare quell’effetto domino erano state le rivelazioni sul suo conto, tuttavia l’aver abbandonato Hawks in quella situazione, completamente in pasto al nemico in mezzo a una moltitudine di villain continuava a non sembrargli affatto lungimirante.
Gli occhi di Mera sembrano essere sempre sul punto di chiudersi da un momento all’altro. «Cosa posso fare per te?», s’informa, posando una guancia sul palmo della mano, mentre puntella il gomito sopra alla scrivania.
Endeavor, come sempre, evita di perdersi in inutili convenevoli. «All’epoca vi siete occupati voi dell’HPSC di mettere al sicuro Hawks e sua madre, giusto?», domanda, conciso.
Se la domanda l’ha sorpreso, Mera cerca di non darlo a vedere. «Già. Abbiamo cancellato qualsiasi collegamento tra loro e il cognome Takami, ed è stata individuata una casa in cui Tomie potesse vivere in tranquillità con il figlio», risponde, come facendo un grosso sforzo per richiamare alla mente quell’informazione.
Più Mera parla, più Enji sembra essere infastidito da quella conversazione. «E delle misure detentive riguardo al padre di Hawks? Cosa sai dirmi in merito?», lo incalza.
Mera aggrotta visibilmente le sopracciglia. «Beh, in merito ai suoi capi di accusa il carcere era garantito…», commenta, confuso.
Stavolta Enji perde la calma. Le fiamme iniziano a danzare minacciose sul suo volto e tutto attorno al corpo, mentre fissa l’uomo dall’altra parte dello schermo con aria truce. «Tutto qui? Le vostre fantastiche misure di protezione non comprendevano un fine pena mai per un uomo violento che in passato aveva già ucciso?!», sbotta, la voce che si è notevolmente alzata di tono.
Mera lo fissa spaventato, sembra non avere minimamente idea di come rispondere. Prova a balbettare qualcosa, ma senza successo.
Fortunatamente, qualcuno pare avere intenzione di accorrere in suo aiuto.
Una mano piccola e aggraziata si posa sulla spalla di Endeavor, e le fiamme si spengono all’istante. L’uomo sposta lo sguardo di lato, sorpreso.
«Endeavor-san, non c’è bisogno di perdere la calma», gli assicura Keigo, rivolgendogli un sorriso raggiante. Poco dopo, il ragazzo muove un passo in avanti, entrando nell’inquadratura della videochiamata. «Ehi, Mera! È da una vita che non ci vediamo!»
Se possibile, Mera adesso sembra essere ancora più sorpreso. «H-Hawks? Ci sei anche tu?», domanda, senza riuscire a capire.
Keigo decide di ignorare volutamente le parole dell’uomo. «Ascolta, credo che quello che Endeavor-san volesse dire è che gli servirebbero tutte le informazioni sulla detenzione di mio padre e quelle relative al periodo precedente al suo arresto che all’epoca erano in possesso dell’HPSC», spiega, prendendo in mano la situazione. «Sareste in grado di fornircele?»
Mera annuisce vigorosamente, all’apparenza ancora sconvolto e impaurito.
Hawks, invece, gli rivolge un sorriso luminoso. «Ottimo!», conclude, per poi chiudere poco dopo la chiamata, senza congedare Mera o attendere che sia lui a salutarlo, decisamente stufo di tutte quelle chiacchiere.
Non gli è ancora chiaro come sia stato possibile che quell’uomo potesse essere rimesso in libertà, tuttavia inizia a temere che abbia perfino ricevuto qualche sconto di pena per buona condotta o qualcosa del genere. Hawks non riesce a non trovare tutta quella questione assolutamente penosa.
Enji si volta nella sua direzione, nella sguardo una mortificazione profonda. «Grazie», commenta semplicemente, sentendosi terribilmente in colpa per il modo in cui ha perso la calma.
Keigo non sembra affatto arrabbiato con lui per questo. Gli sorride, ed Enji riconosce l’autenticità di quel sorriso, a differenza di quello che il ragazzo ha rivolto a Mera poco prima. Hawks si accomoda sulle sue gambe, i volti a poca distanza l’uno dall’altro, mentre Endeavor non oppone alcuna resistenza.
«Non devi ringraziarmi per questo», gli assicura Keigo, muovendosi in maniera seducente verso di lui. «Ho solo fatto il mio lavoro.»
Poco dopo, Enji sente le labbra del ragazzo raggiungere le proprie, ed è ben lieto di concederle ai suoi baci.


I giorni passano, ma a Hawks sembra di vivere sospeso a mezz’aria.
Ormai è giugno inoltrato, e l’aria è sempre più calda. L’estate sta arrivando, e si sta facendo sentire.
Come se non bastasse, il clima stagnante non è l’unica cosa ad angustiarlo. Tutta la faccenda di suo padre non fa che tenerlo in uno stato costante di ansia: gli sembra ormai che l’unica cosa che gli riesca sia oscillare tra un attacco e l’altro, nell’attesa dello scontro successivo, senza riuscire in alcun modo a mettere un freno a quella situazione. Le indagini stanno andando avanti, per ora però non sono riusciti a individuare un luogo riconducibile a un covo.
A tormentarlo di più, però, è la sensazione di non star riuscendo a fare abbastanza. È lui che ha parlato a Endeavor di quella questione, è lui che ce l’ha tirato in mezzo. Lui che, per ora, sente di non star riuscendo ad apportare alcun contributo utile alle indagini.
Keigo sbuffa sonoramente. È pomeriggio, e si è seduto sul portico di legno che circonda la residenza di Enji. Ha il pc aperto davanti a sé, e sta scorrendo alcuni file per analizzarli, sperando che la sua vista s’imbatta in un dettaglio che finora è sfuggito a tutti. È una speranza vana, lo sa. In realtà, concentrarsi sul documento mostrato nello schermo è tremendamente faticoso, soprattutto con quel caldo. Prova a trovare sollievo nella scarsa aria smossa dal ventilatore poco distante da lui, mentre la mente si perde in una miriade di pensieri.
Hawks prova a ripensare alle circostanze in cui si è imbattuto in suo padre, dopo la fine della sua detenzione in carcere. La prima, quella sera, sotto casa sua, e poi la seconda, a Shibuya, quando con lui c’era anche Endeavor. Hawks non riesce a non sentirsi tremendamente in colpa per averlo trascinato in mezza a quella storia, eppure è stato proprio in seguito a quello scontro che le cose tra loro due hanno cominciato a muoversi più in fretta…
Keigo scuote la testa. Se adesso comincia a riflettere sull’evoluzione che il suo rapporto con Endeavor ha avuto negli ultimi tempi, sa già che non riuscirà a risolvere un bel niente. Deve restare concentrato, se davvero vuole aiutare il procedere delle indagini in qualche modo.
Prova a tornare indietro con la mente al primo scontro, quello davanti a casa sua, a Fukuoka. La prima cosa strana è il fatto che sia riuscito ad arrivare fin lì. La posizione della residenza ha sempre fatto parte dei documenti che l’HPSC aveva classificato top secret, per cui è impossibile che un ex detenuto vi abbia avuto facile accesso. Oltre a questo, la mente di Hawks prova a vagare in particolare su ciascuna delle singole azioni che lui e suo padre avevano compiuto quella sera. Ha provato a scacciarsi dalla testa quei ricordi per tutto il tempo, adesso però inizia a domandarsi se proprio in essi non si nasconda un qualche indizio.
Keigo cerca di ricostruire le proprie azioni di quella sera. Pensarci gli fa un po’ male, ma in quel momento gli sembra la cosa giusta da fare. Ricorda che era sera, e stava rientrando a casa, dopo una giornata di lavoro, esattamente come aveva raccontato a Enji ormai quasi un mese prima. Aveva finito il giro di pattuglia più tardi del solito, e rientrando aveva notato che il cielo si era fatto totalmente scuro.
I lampioni della via erano accesi. Uno, come sempre, sfarfallava un poco – nessuno era ancora passato a ripararlo. C’erano diverse macchine parcheggiate vicino ai marciapiedi, ma dopotutto era normale, quella era una zona residenziale.
La cosa assurda era che non aveva notato niente di strano. Probabilmente in un primo momento l’aveva imputato alla stanchezza, eppure era pur sempre un eroe, avrebbe dovuto percepire che c’era qualcosa di diverso dal solito, una tensione nell’aria, era stato addestrato per questo. Eppure, nulla di nulla. Ali Possenti non si era attivato – non era successo neppure a Shibuya, a dir la verità.
Hawks ricorda di aver salito con calma i gradini di casa. Era esausto, e l’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era l’acqua calda della doccia che non vedeva l’ora di lasciar raggiungere il suo corpo. Poi, più tardi, si sarebbe potuto preparare qualcosa da mangiare al volo per cena, forse un’omelette con verdure, dopodiché si sarebbe buttato sul divano a vedere qualcosa alla tv e, quando il sonno fosse stato sul punto di prendere il sopravvento, sarebbe salito fino in camera da letto, rifugiandosi sotto alle coperte. Gli era sembrato il miglior fine serata del mondo.
Poi, mentre stava per infilare le chiavi nella toppa, aveva sentito una voce giungere dalle sue spalle.
«Alla fine ti ho trovato», aveva sentito qualcuno pronunciare.
Hawks non aveva avuto nemmeno per mezzo secondo il dubbio che quelle parole potessero non essere riferite a lui. Erano passati tanti anni, eppure il suono di quella voce odiosa era ancora impresso in maniera indelebile nella sua memoria. Bassa, roca, così profondamente cattiva.
Non era riuscito a muoversi. Non capiva. Come l’aveva trovato? Perché non l’aveva sentito arrivare?
«Vedo che sei cresciuto», aveva continuato. Adesso lo sentiva, era vicino, stava salendo i gradini di casa sua. Razionalmente, Keigo sapeva che ciò che stava succedendo era reale, eppure si rifiutava di accettare che potesse trovarsi veramente lì. «E di tutto ciò che saresti potuto diventare, ovviamente, hai fatto la fine peggiore. Un eroe. Anche se la tua dose di crimini l’hai commessa pure tu.»
Keigo non riusciva a parlare, come se qualcosa lo bloccasse – paura, o forse disgusto. Continuava a tornargli in mente il modo in cui aveva pronunciato la parola eroe, come se fosse intrisa di fiele. Istintivamente, aveva pensato a Endeavor, che ai suoi occhi continuava a essere l’incarnazione del concetto di eroe. Provava ammirazione sconfinata nei suoi confronti, non riusciva a comprendere come qualcuno potesse covare così tanto disprezzo per quella professione.
«Non dovrei essere sorpreso, dopotutto.» La voce s’era fatta, più bassa, più minacciosa. Keigo avrebbe voluto che tutto ciò stesse accadendo solo nella sua testa, che non fosse nient’altro che il frutto della sua mente esausta – sapeva bene, tuttavia, che non era affatto così. «Sei sempre stato una nullità.»
Era stato allora che l’aveva afferrato per il polso. Ricorda di non aver opposto alcuna resistenza, era sconvolto, terrorizzato. Si era ritrovato scagliato a terra, sul marciapiede, e subito i primi colpi erano cominciati ad arrivare. Soprattutto calci, all’altezza dello stomaco, dove Endeavor l’aveva trovato maggiormente livido. Non era riuscito a evocare il suo quirk per difendersi, forse sempre per quel mix di sconcerto e paura. I colpi erano stati forti fin da subito, ben più di quelli che ricorda di aver ricevuto da piccolo.
Strano, però. Ora che è cresciuto, è diventato un eroe, ha messo su un po’ di muscoli, ricevere dei colpi del genere non sarebbe dovuto essere così insopportabile, a maggior ragione se paragonato con la propria esperienza da bambino. E poi c’era quell’incapacità di reagire, in entrambe le circostanze, sia a Fukuoka che a Shibuya. Possibile che fosse solo sgomento…?
In quel momento, un’idea comincia a farsi strada nella mente di Hawks.
«Endeavor-san!», si ritrova a chiamare Keigo, prima ancora di rendersene conto.
Enji è all’interno della casa. Dopo aver pranzato, quando gli ha detto che si sarebbe seduto sotto al portico per lavorare un po’, a Keigo pare che gli abbia accennato qualcosa sull’intenzione di ripararsi dal caldo in casa, terminando di stilare alcuni rapporti per l’agenzia. Poco dopo che l’ha chiamato, però, Keigo lo sente muoversi in fretta, finché non lo vede comparire sulla soglia della shoji aperta accanto a sé.
«Hawks! Va tutto bene?», gli domanda Endeavor, all’apparenza trafelato.
«Sì», lo rassicura in fretta il ragazzo. «Però credo di aver avuto un’idea su quale potrebbe essere il quirk di mio padre.»
L’argomento sembra suscitare all’istante l’interesse dell’uomo. Enji si siede accanto a lui, osservandolo con aria assorta. «Sul serio?», s’informa, cauto.
«Beh, per il momento è solo un’ipotesi, però così tutto avrebbe senso», spiega Hawks. «Potrebbe trattarsi di un quirk di inibizione?»
Enji sembra perplesso. Keigo lo vede alzare un sopracciglio, in un cipiglio confuso che ha ormai imparato a riconoscere bene – e che non riesce a fare a meno di trovare adorabile. «Cosa intendi?», chiede, cercando di farsi un’idea più precisa. Dopotutto, se vuole proteggere Hawks sa che deve essere preparato al meglio, e vista la fiducia smisurata che ripone nel giovane non dubita nemmeno per un secondo che la sua intuizione potrebbe non rivelarsi corretta.
Mentre cerca di riordinare le idee, Hawks inizia una rapida ricerca online. «Beh, vediamo… finora ci siamo scontrati già due volte, e in nessuno dei due casi Ali Possenti è riuscito a percepire il suo avvicinamento. Pensavo che fosse perché mi ha sempre preso in momenti in cui sono distratto, ma sono un eroe, i miei sensi sono costantemente in azione per recepire il minimo segnale qualora qualcosa non dovesse andare per il verso giusto, mi hanno allenato per questo. Anche tu, a Shibuya, hai fatto fatica a respingerlo, nonostante Hell Flame», riepiloga il ragazzo. «All’inizio pensavo che si trattasse di un quirk di rafforzamento muscolare, ho perfino sospettato che potesse essere per via di una droga di potenziamento del quirk, però questo non avrebbe giustificato il fatto che non fossi riuscito a percepire la sua presenza. Allora mi sono detto: e se il suo quirk funzionasse come uno schermo contro quelli degli altri?»
Keigo si passa una mano tra i capelli. Sul motore di ricerca dell'Hero Network – la principale fonte da cui attingere informazioni sui villain – ha inserito le parole chiave che potessero ricondurre a dei risultati che includano criminali catturati negli ultimi quindici anni con un quirk inibitorio. Fin troppi elementi, però, sembrano coincidere con i criteri che ha selezionato.
Sarà una bella ricerca, ma – se dovesse avere ragione – almeno non sarebbero più totalmente a zero.
Endeavor fissa lo schermo del pc insieme a lui. Sembra avere un’espressione piuttosto pensierosa in volto. «Potrebbe avere senso, in effetti», concede. «Però questo sarebbe un bel problema. Come fai a combattere contro qualcuno che riesce a ridurre l’efficacia del tuo quirk? Senza contare che probabilmente è per questo che non riusciamo a rintracciarlo, starà facendo di tutto ad esempio per depistare gli eroi che hanno quirk di localizzazione.»
Neppure la soddisfazione di aver avuto un’intuizione che agli occhi di Endeavor sembra essere sensata basta a lenire il senso d’inutilità di Hawks. Osservando l’espressione corrucciata di Enji, infatti, gli sembra di non aver fatto altro che procurargli altre grane. Keigo abbassa lo sguardo sullo schermo, lasciandosi sfuggire un lieve sospiro.
Quel piccolo mutamento non sembra passare inosservato agli occhi di Endeavor. Enji inclina appena la testa di lato, per poi affondare le dita di una mano tra i capelli perennemente in disordine di Keigo, arruffandoli appena mentre lo attira piano a sé.
«Ehi, che ti prende?», domanda, apprensivo. «Guarda che questa è una teoria importante, ci permetterebbe di restringere parecchio il campo delle ricerche qualora dovessimo riuscire a confermarla. Sono fiero di te.»
Sono fiero di te. Quelle parole, alle orecchie di Hawks, suonano più dolci di un ti amo. Gli occhi di Keigo tornano ad essere luminosi come sempre, mentre il ragazzo si appoggia con la testa alla spalla di Enji, sorridendo raggiante.
«Vedrai, lo prenderemo», gli assicura Endeavor, fiducioso.


Passata la metà di giugno, è da poco iniziata la seconda decade del mese.
È un pomeriggio afoso ma tranquillo, come ce ne sono stati tanti negli ultimi giorni. Enji è passato in agenzia in mattinata, e Keigo l’ha accompagnato. Si sono tenuti la seconda parte della giornata libera per trascorrerla in piena tranquillità, cosa che di recente gli sembra accadere sempre più spesso, o almeno questo è ciò che Hawks ha notato. Che Endeavor cerchi di avere così tante accortezze nei suoi confronti non può che renderlo felice.
Certo, nessuno dei due riesce ad ignorare quanto la situazione sia tesa. Per il momento, però, oltre ad andare avanti con le indagini e prestare la massima attenzione non possono fare molto altro. È stressante, ma è così.
Keigo è ancora una volta seduto sotto il portico – gli piace da morire quel punto, inutile negarlo – quando sente il telefono di Enji squillare, all’interno della casa. L’uomo dev’essere in soggiorno, forse sta finendo di sistemare nella credenza le ultime stoviglie pulite dopo che hanno lavato i piatti in cui hanno pranzato. Trascorre qualche secondo prima che risponda, Keigo lo immagina osservare lo schermo del cellulare con aria interrogativa.
«Burnin? Che succede?»
La voce di Enji sembra quasi infastidita. Keigo non può biasimarlo, pensavano entrambi di aver risolto tutte le pratiche con il lavoro per quel giorno e di potersi finalmente godere un pomeriggio in santa pace.
Dall’altra parte dell’apparecchio, l’assistente di Endeavor spiega velocemente il motivo di quella telefonata. Da quello che il quirk di Keigo riesce a recepire, sarebbe sorto un problema che richiederebbe necessariamente la presenza di Enji.
«Devo venire per forza io? Non se ne può occupare qualcun altro?» La voce di Enji suona piuttosto amareggiata, oltre che infastidita.
Moe gli conferma che no, purtroppo è un’emergenza e il suo intervento sembrerebbe l’unica possibilità per riuscire a risolvere le cose.
«Va bene. Arrivo», si arrende alla fine Endeavor. L’uomo chiude la chiamata, lasciandosi sfuggire un sospiro pesante.
Keigo fa capolino dalla shoji aperta. «Tutto bene, Endeavor-san?», si informa il ragazzo, i suoi grandi occhi dorati che, come sempre, brillano nell’osservare l’uomo.
Gli occhi azzurri di Endeavor si posano su di lui, e subito l’espressione sul suo volto sembra addolcirsi. «Insomma», ammette. «A quanto pare devo tornare in agenzia. Mi spiace, dovevamo passare un pomeriggio in santa pace…»
«Ehi, non c’è problema», si affretta a confortarlo il ragazzo. «Facciamo lo stesso lavoro, so cosa significa.»
Principalmente richieste di intervento a qualsiasi ora del giorno e della notte e quasi totale assenza di tempo libero, si ritrova a valutare tra sé Hawks. E dire che un tempo si era perfino illuso che la situazione sarebbe potuta migliorare, una volta conclusa la guerra…
«Vai», riprende Hawks, in tono conciliante. «Sbrigati, così finirai in fretta e potrai tornare presto.»
Enji gli rivolge un’espressione corrucciata. «E tu?», domanda, dubbioso.
«Ti aspetto qui», gli assicura il ragazzo. «Cambio l’acqua ai fiori, mi leggo un libro e poi verso sera inizio a organizzare le cose per preparare la cena. Direi che non potrebbe andarmi meglio.»
Enji sembra piuttosto scettico in merito a quel proposito. Ormai ospita Keigo a casa sua da circa un mese, eppure quella sarebbe la prima volta in cui lo perde di vista, anche se per poco tempo.
Endeavor si avvicina a Hawks, posando una mano sulla sua guancia. «Sei sicuro?», gli chiede, fissandolo intensamente negli occhi.
Hawks gli rivolge un sorriso caloroso. «Stai tranquillo», lo rassicura. «Posso sopravvivere alla tua mancanza per un paio d’ore.»

Hawks resta a fissare il punto in cui ha visto Enji sparire per diversi minuti, dopo che se n’è andato.
Un po’ gli dispiace non essere andato con lui, ma l’ultima cosa che desidera è che quella situazione diventi una zavorra, per lui o per Enji. E poi ha veramente voglia di rimanersene per un po’ da solo, tra le imponenti mura dell’ormai ex dimora di famiglia dei Todoroki. Non gli è mai capitato, da ormai un mese a quella parte – ossia da quando Enji gli ha offerto ospitalità lì per proteggerlo –, di restare da solo in casa, e quella gli sembra una buona occasione per prendersi un po’ di tempo per sé e per riflettere.
Da un paio di giorni un vaso di giunchiglie fresche arricchisce di colore la casa. Sono dei fiori stupendi, appena li ha visti Keigo non è riuscito a resistere all’impulso di coglierli.
Hawks ne osserva per qualche secondo i petali candidi, come incantato. Sono affascinanti, hanno una tale consistenza vellutata al tatto…
Le dita di Keigo circondano con delicatezza il vaso beige in cui li hanno immersi. Sta quasi per sollevarlo, quando d’improvviso qualcosa lo colpisce con violenza alla testa.
Keigo si ritrova a cadere al suolo, privo di sensi, mentre il vaso che l’ha tramortito s’infrange a terra in mille pezzi.
Qualcuno afferra il ragazzo per le caviglie, trascinandolo lungo il parquet di casa Todoroki.





notes
mado mi sto sciogliendo. fa un caldo assurdo. almeno keigo se ne sta sotto al portico col ventilatore, invece no, il mio si è rotto. immaginate di dover editare così. una fatica infernale, non c'è che dire.
allora, devo dire ottocento cose e ho il terrore di dimenticarmele. vbb la prima più che altro è per me. ho dimenticato di aggiungere una cosa all'ultima recensione a cui ho risposto, quindi lo dico anche qui: in teoria ci sarebbe dovuta essere una scena di shoto che scopriva da fuyumi che enji sta ospitando hawks a casa sua. in seguito shoto avrebbe chiamato endeavor per avere spiegazioni in merito e una sera si sarebbe perfino presentato al todoroki estate per cercare di capire meglio tutta la faccenda, con gli altri due impanicatissimi perché ovviamente devono cercare di non far trapelare nulla in merito alla loro relazione – non che shoto li trovasse in una situazione compromettente o cose del genere, anzi mi sembra di ricordare che hawks fosse seduto tranquillo e beato sotto al portico rip, solo che lo sapete, questi sono due scemi e allora ~ panico per cose inutili ~. di fatto, però, non sapevo bene neanche come sistemare i discorsi tra i tre, poi ho ripreso la storia dopo essere stata ferma per... boh, forse un mese, quindi a quel punto avevo totalmente rimosso questa scena dalla memoria e così sono andata avanti per la mia strada senza aggiungerla. vbb tutto questo discorso per dire: magari più avanti potrei pensare di scrivere una one shot collegata alla long per parlare di questa scena, ma conoscendomi temo che la pigrizia avrà la meglio su di me e alla fine non succederà mai. sigh.
okay, ora posso parlare del capitolo in sé per sé (e pure di questo c'è un mare da dire aiut). la scena iniziale ci mostra i nostri due cari protagonisti alle prese con l'aftermath di quello che hanno combinato la notte precedente. in realtà qui non ho molto da dire se non che SI AMANO e io a mia volta li amo tantissimo, più della mia stessa vita. sono due sottoni, c'è poco da fare.
anche sulla parte in agenzia in realtà non ho molto da dire. rivediamo burnin (yeah!) e fa la sua comparsa mera – che, in quanto ex membro dell'hpsc, si rivela ancora una volta proprio come l'hpsc stesso ASSOLUTAMENTE INUTIL– okay mi calmo.
già sulle ricerche di hawks qualcosa in più da dire ce l'ho. anzitutto mi ero totalmente dimenticata (mea culpa) dell'hero network, poi ho visto le repliche della quarta stagione e ho realizzato "ehi, ma io nella storia ho messo proprio questa cosa!". quindi, in sintesi, oltre ad aver specificato dove hawks effettua le sue ricerche, ho anche corretto l'accenno alle sostanze in grado di potenziare il quirk: da quello che avevo scritto sembrava che l'unica associazione a spacciarle fosse la shie hassaikai, invece, da quello che mi è parso di capire, non è così (???). vbb questo ve l'ho detto più che altro per completezza. fatto sta che abbiamo avuto anche la retrospettiva di hawks sullo scontro con suo padre (finora l'avevamo vissuto soltanto attraverso le parole con cui keigo lo racconta a enji, nel prologo) e un'ipotesi sul quirk del villain che, loro malgrado, si ritrovano a dover affrontare. la cosa verrà approfondita più avanti? assolutamente no lol
e arriviamo infine all'ultima parte. la scelta dei fiori nel vaso a cui keigo deve cambiare l'acqua non è stata, ovviamente, casuale (smetterò mai di fare riferimento al mio amato linguaggio dei fiori? forse, ma non è oggi il giorno). ero indecisa tra i narcisi (nuovo inizio) e le giunchiglie (desiderio), tuttavia alla fine ho optato per queste ultime semplicemente perché con i primi non rientravo nei limiti del periodo di fioritura (nella storia, infatti, è ormai all'incirca il venti di giugno, e i narcisi sono fiori prevalentemente primaverili). in ogni caso, direi che entrambi i significati dei fiori si sposano bene con questa coppia, non trovate anche voi?~ ~
parlando della parte più croccantella del capitolo, invece... SÌ, VI LASCERÒ COL CLIFFHANGER FINO AD AGOSTO, AH! no, okay, a parte gli scherzi. credo che non sia difficile intuire che cosa sia successo, però posso solo anticiparvi che il prossimo capitolo sarà parecchio movimentato e pieno di colpi di scena. anche perché mancano solo due capitoli alla fine, ad agosto si chiude, bisogna risolvere tutto.
detto questo, direi che ho concluso. mamma mia, stavolta ho parlato parecchio e mi sembra di aver detto tutto, se nonostante questo sono riuscita comunque a dimenticarmi qualcosa giuro che prendo a testate un muro, lol. come al solito ringrazio chiunque stia leggendo/seguendo questa creaturina, non avete idea dell'iniezione di fiducia che mi date!
a presto!
aria

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Capitolo 7
*** In dire straits ***





Quando Hawks riapre gli occhi, si accorge subito che qualcosa non va.
«Mh…», si ritrova a gemere, frastornato.
Sente una pesantezza sospetta alla testa. Non ricorda con esattezza cosa sia successo, sa solo che un momento prima era a casa di Endeavor e stava per mettere dell’acqua fresca nel vaso dei fiori, poi aveva sentito qualcosa colpirlo con forza alla testa e da lì il buio. Ora che ha ripreso conoscenza, vede che si trova in un luogo nient’affatto rassicurante.
A prima vista sembra essere uno scantinato lurido, probabilmente in disuso da anni. Non ci sono finestre, e l’unica fonte di luce, a conti fatti, risulta essere un lampadario fatiscente che pende giù dal soffitto. I muri hanno mattoni rossi a vista, a terra c’è uno spesso strato di polvere e l’intero ambiente è permeato da un’aria satura, malsana, soffocante.
Keigo è tremendamente confuso, soprattutto per la botta che ha ricevuto – che, a quanto pare, non lo fa ragionare lucidamente. Non ha chiaro come sia finito là dentro, ma gli sembra ovvio che ne deve uscire al più presto.
Questo è un altro problema. Hawks sembra rendersi conto solo in quel momento che è bloccato.
Il suo corpo è stato infatti sistemato su una sedia di ferro, Keigo ne sente il gelo aggredirgli la pelle. Delle strisce di metallo gli immobilizzano i polsi ai braccioli della sedia, e stessa sorte è toccata anche alle sue caviglie, fermate ben salde alle gambe della seggiola.
Una sensazione ingombrante di panico inizia a farsi strada nel suo petto. Il ragazzo prova a dimenarsi, ma senza successo: la sedia sembra essere inchiodata al suolo.
Okay. Niente panico. Ha ancora le sue ali. Può richiamare alcune delle sue piume e cercare una soluzione, forse riesce perfino a farle indurire al punto da spezzare il metallo…
Ed è in questo momento che con orrore Hawks si accorge di qualcos’altro.
Sulla sua schiena, infatti, non c’è più alcuna traccia di Ali Possenti.
L’espressione sul volto di Keigo si fa ora più disperata. Riprende a dimenarsi, stavolta con più forza, ma continua a non ottenere risultati soddisfacenti.
In quel momento, la porticina in cima ai pochi scalini che conducono al seminterrato viene dischiusa.
«A quanto pare il principino si è svegliato», sente pronunciare da una voce odiosa.
Una voce che, purtroppo, riconosce all’istante.
Capelli rosso brunastri, occhi scuri come la notte. Un sorriso sadico dipinto sul volto. Keigo osserva Takami scendere in tutta calma lungo le scale.
Suo padre.
Se possibile, Hawks tenta di dimenarsi con ancora più decisione.
«C-come mi hai trovato?», domanda Keigo, terrorizzato.
L’uomo continua ad avvicinarsi minacciosamente a lui, fino a quando Keigo non se lo ritrova davanti. Il villain gli afferra il mento, stringendoglielo malignamente tra le dita. «Oh, Keigo, solo uno sciocco come te avrebbe potuto pensare che non sarei riuscito a trovarti», commenta Takami, sogghignando. «Da giorni sapevo dove ti nascondevi. Abbastanza ovvio, in realtà: un debole come te non avrebbe potuto far altro che chiedere aiuto al suo eroe, quel buono a nulla del numero uno. Pensa, però, che è stato proprio il tuo Endeavor a tradirsi: quando ci siamo scontrati a Shibuya mi è sembrato che avesse preso fin troppo a cuore la questione.»
Gli occhi di Hawks si spalancano, attraversati da un cieco terrore.
Quella, per suo padre, sembra essere una reazione fin troppo eloquente. «Allora è vero», commenta, colmo di disprezzo. «Avete una relazione… mi fai ribrezzo. Non potevo aspettarmi niente di meglio da una delusione come te, dopotutto.»
«Non ti azzardare a toccarlo!», gli grida contro Hawks, con tutte le forze che ha in corpo.
«Ma è naturale!», replica l’uomo, lasciandogli andare il mento. Una risata malvagia gli scuote il corpo, e Keigo si ritrova a valutare che non c’è niente di sano in quell’accesso d’ilarità. «Il mio obiettivo sei sempre stato tu, di lui non me ne faccio un bel niente! Come avrai notato, per prima cosa mi sono occupato delle tue ali. Le ho bruciate, hai visto? Così non potrai cercare di chiedere aiuto con quelle tue stupide piume. Ricresceranno, lo so, ma avrò la premura di distruggerle ancora, e ancora, e ancora… non ho intenzione di ucciderti, non subito almeno. Voglio torturarti per bene, mi sembra il minimo dopo tutto il tempo che ho trascorso in carcere a causa tua e del tuo eroe. Vedi di abituarti a questo scantinato, ci passerai un bel po’ di tempo…»
«Tu sei un pazzo!», urla ancora Keigo, mentre l’uomo è già sulle scale. «Pensi davvero che Enji, notando la mia assenza, non si metterà subito sulle mie tracce? Troverà questo posto e‒»
«E come?», lo interrompe il villain, voltandosi di nuovo nella sua direzione. «Mi sono assicurato di rintracciare un luogo che non avesse alcun legame con me, proprio per avere la certezza che i tuoi amici eroi non riuscissero a trovarmi. Goditi la tua permanenza all’inferno, Keigo, perché sarà lunga.»
L’uomo esce dallo scantinato, serrandosi la porta alle spalle.
Hawks rimane per qualche istante a fissare con sgomento il punto in cui l’ha visto sparire, per poi riprendere a dimenarsi, cercando di liberarsi dalla morsa della sedia.


Enji riesce a rientrare a casa solo un paio d’ore dopo.
Ha un’espressione seccata in viso. Non è ancora riuscito a liberarsi dal fastidio di essere stato disturbato nel bel mezzo del pomeriggio. D’accordo, ha sempre trascurato ogni cosa per il lavoro, ma è tremendamente mortificato al pensiero di non essere riuscito a mantenere la promessa che aveva fatto a Hawks.
Ormai è l’imbrunire. Forse è in tempo per preparare la cena assieme al ragazzo, come da programma che Keigo gli aveva annunciato prima che uscisse di casa. Non sa se sarà sufficiente per farsi perdonare, ma almeno è qualcosa.
Quando apre il piccolo cancello che dà accesso alla sua proprietà, Enji si accorge che tutte le luci sono ancora spente, sia i lampioni nel giardino che l'impianto interno della casa. È strano, ma ormai le giornate si sono allungate, forse Hawks ha preferito lasciare tutto spento perché non gli sembrava ancora così buio, chissà.
Sotto il portico è rimasto aperto il pc di Hawks. Sembra essere in standby da un pezzo, a Enji viene da pensare che probabilmente Keigo si è dimenticato di spegnerlo per dedicarsi a una delle sue mille attività. Hawks è così, sempre in movimento, Enji ormai l’ha capito da un pezzo. Una sbadataggine del genere è perfettamente da lui.
«Ragazzino, sono a casa», si annuncia Enji, muovendo alcuni passi all’interno dell’abitazione buia. Si aspetta quasi di sentire da un momento all’altro la voce allegra di Keigo che lo accoglie, o quantomeno di sentire l’olio che sfrigola in qualche padella mentre è in cucina a preparare chissà cosa.
Solo che non succede niente di tutto questo.
Enji si ritrova a valutare che è strano. Da quando Hawks abita a casa sua, non gli sembra di aver mai udito così tanto silenzio tra quelle mura.
Endeavor si decide finalmente ad accendere le luci di casa. Preme un interruttore, e le tenebre sembrano svanire da quell’ambiente.
La casa gli sembra immutata da come l’ha lasciata quando è andato via, qualche ora prima. Ci sono, tuttavia, due cose che non gli tornano in alcun modo.
La prima è che lì non sembra esserci alcuna traccia di Hawks. La seconda riguarda alcuni cocci infranti che Enji nota a terra.
Endeavor si avvicina in fretta, chinandosi sulle assi di legno a terra per osservare meglio ciò che ha trovato. Afferra con le dita quei frammenti, per poi avvicinarseli al volto: hanno il colore della terracotta, e all’apparenza provengono da un qualche vaso.
Quella storia non gli piace per niente. Enji si rialza in fretta in piedi e, nel farlo, ha già recuperato il telefono dalla tasca dei pantaloni.
Prima che possa rendersene conto, ha già avviato una chiamata.
«È scomparso.»


È un gran casino.
Per quanto Keigo cerchi di dimenarsi, da solo non può nulla contro il metallo che lo imprigiona. Prima che il suo quirk si rigeneri, inoltre, ci vorrà del tempo. Da quanto è rinchiuso la dentro? Non ne ha idea. Sa solo che a un certo punto si è svegliato ed era già lì, nello scantinato.
Non sa quanto tempo sia trascorso tra la sua cattura e il risveglio. Forse ore, ma potrebbe trattarsi benissimo anche di giorni. Endeavor sarà tornato a casa? Avrà notato la sua assenza? Saranno già cominciate le ricerche?
Cercare di sfilare polsi e caviglie dalle strisce di ferro che li imprigionano è impossibile, ma a Hawks tentare quella via sembra la sua unica possibilità. Prova a richiamare ancora una volta gli arti a sé, sperando di riuscire a sfilarli dalla morsa che li tiene imprigionati, ma senza alcun successo. La sua pelle si sta riempiendo di segni rossastri e lividi, ma non sembra darci peso.
Deve uscire da lì. Deve tornare da Enji. Deve mettere fine a tutta quella storia.
Mentre cerca di liberarsi dalla prigione in cui è bloccato, un ritmo perpetuo e regolare scandisce il tempo che passa. Keigo solleva lo sguardo, e si accorge che, fuori dalle mura di mattoni rossi, pendono delle tubature dall’aspetto assai antiquato. Andrebbero sostituite – se solo quel luogo non fosse abbandonato e nessuno probabilmente se ne curi più da molto tempo –, perché a quanto pare c’è una perdita. Hawks non sa bene dove, ma il rumore di uno stillicidio continuo non fa che riempirgli le orecchie da quando è rinchiuso lì. È insopportabile.
Keigo riprende la sua lotta con la sedia, cercando di ignorare il ticchettio dell’acqua per quel che può. Sfrega i polsi con decisione, trattiene un gemito tra le labbra, ma niente, sembra ben lontano dal riuscire a liberarsi.
Si lascia sfuggire un sospiro stanco, ma non ha neppure il tempo di crogiolarsi nel suo fallimento prima che una nuova preoccupazione inizi a tormentarlo.
La tubatura, infatti, sembra aver deciso improvvisamente di voler smettere di reggere. Il metallo cede, così che il condotto pare letteralmente spaccato a metà, e adesso l’acqua che cade nella stanza è decisamente di più.
Sulle labbra di Keigo affiora un sorriso beffardo.
«Oh, ma andiamo…», commenta, le parole che si perdono nel vuoto intorno a sé.
Quella è una quantità sufficiente per allagare uno scantinato? Keigo non ne ha idea.
Il ragazzo si agita sulla sedia in maniera più febbrile.
Ti prego, Endeavor, fai presto…


La sala principale dell’agenzia Endeavor sembra essere nel caos più totale.
Pressoché tutti gli eroi in cima alla classifica sono lì. È bastata la chiamata a Jeanist per mobilitare praticamente chiunque.
Endeavor sa di avere lo sguardo interrogativo di circa una dozzina di colleghi puntato su di sé. Deve loro delle spiegazioni, il problema è che non sa da dove cominciare. Continuano a tornargli in mente i cocci del vaso che ha trovato a terra, a casa sua, e tutto comincia a vorticare in maniera frenetica e pericolosa nella sua mente.
«Hawks è scomparso.»
Lo annuncia così, senza troppi giri di parole. Dirlo gli costa una gran fatica, perché è terribilmente preoccupato per lui, oltre a sentirsi in colpa per la sua sparizione, ma sa che potrebbero avere i minuti contati, è inutile perdersi in convenevoli.
Chi sembra prendere la notizia peggio degli altri è Mirko. Rumi lo fissa con aria interrogativa, come se non riuscisse a comprendere veramente ciò che si cela dietro alle sue parole.
«In che senso?», la sente informarsi infatti poco dopo. «Non ti risponde più al telefono, ci hai fatto scomodare tutti e venire fin qui per questo?»
Enji scuote brevemente la testa. «No», replica, cercando di dominare l’ansia che sente salire ogni secondo di più dentro di sé. «Credo che sia stato rapito.»
Rumi inarca un sopracciglio, scettica. «Ah, sì? E da chi, di grazia?», insiste, stoica.
Lo sguardo di Endeavor resta fermo, imperturbabile. «Da suo padre», si decide finalmente ad alta voce. Dirlo a qualcuno suona come una liberazione, dopo giorni trascorsi facendo attenzione a non lasciar trapelare nulla per non aumentare i rischi. «Circa un mese fa Hawks mi ha informato che era tornato in libertà e aveva già cercato di avvicinarsi a lui, riuscendoci e ferendolo. Da allora gli ho offerto protezione e lui si è trasferito a casa mia…»
«Questa storia va avanti da un mese e noi ne veniamo al corrente adesso?», lo interrompe bruscamente Rumi.
«Avevo avviato un’indagine ma non siamo riusciti a ottenere alcun risultato soddisfacente», si giustifica solamente Enji, sperando che ciò basti alla sua collega.
Mirko, però, non sembra affatto persuasa. Si avvicina a Endeavor, minacciosa. «E ti sembra sufficiente?», domanda, fulminandolo con lo sguardo. «Avreste dovuto quantomeno avvisare le autorità!»
Le fiamme di Enji cominciano a volteggiargli attorno con maggiore ferocia. «Ho solo fatto ciò che Hawks mi ha chiesto», ribatte, l’aria attorno a lui che nel frattempo è diventata incandescente.
Prima che la situazione possa peggiorare ulteriormente, sia Rumi che Enji avvertono qualcosa afferrarli con vigore e riportarli a una certa distanza l’uno dall’altra.
«Signori, per favore. Non abbiamo tempo da perdere in queste riprovevoli discussioni.» Jeanist ha ancora una mano piegata davanti a sé, la stessa con cui ha controllato le fibre dei costumi di Endeavor e Mirko. «Per ora la nostra priorità è ritrovare Hawks.»
Enji e Rumi spostano lo sguardo di lato, con aria colpevole, ma sanno bene che Tsunagu ha perfettamente ragione.
Nella confusione, Edgeshot alza una mano. «Scusate», domanda infatti. «Ma dove potrebbe trovarsi adesso Hawks? Cioè, ci sarà un nascondiglio, un covo che avete individuato in cui probabilmente suo padre si rifugia, no?»
Endeavor si volta in direzione di Shinya, con espressione affranta. «In realtà no», ammette. «Abbiamo cercato per giorni ma non ci risulta che ci siano luoghi legati in qualche modo alla sua figura…»
Rumi sembra essere di nuovo sul punto di esplodere, ma in quel momento qualcuno arriva in supporto di Endeavor.
«Scusate!» Burnin cerca di richiamare l’attenzione di tutti i presenti su di sé con la sua voce squillante. «Io forse un’idea ce l’avrei!»
Tutti i più importanti eroi della nazione si voltano a guardarla, confusi. Moe, invece, si limita ad avvicinarsi in fretta a loro, tenendo tra le mani il suo tablet. «Il capo mi aveva chiesto di indagare di più sul passato del padre di Hawks, così è venuto fuori che in realtà qualche legame ce l’ha», spiega la ragazza. Dallo schermo del dispositivo, che ha appoggiato su una scrivania, adesso viene proiettato a mezz’aria l’ologramma di un edificio, che tutti gli eroi osservano con aria sorpresa. «Durante il periodo trascorso in carcere, infatti, avrebbe legato parecchio con un altro detenuto, un certo Nakahara Shogo, suo compagno di cella. Nakahara sta ancora scontando la sua pena, ma ho scoperto che ha un piccolo locale intestato a Ikebukuro.»
Enji osserva la planimetria dell’edificio. Sembra un vecchio locale abbandonato da tempo, probabilmente un tempo doveva essere adibito a uso commerciale. Ci sono diverse stanze vuote al piano superiore e, attraverso una rampa di scale, si giunge a un piccolo seminterrato.
Non sa perché, ma più Enji fissa l’ologramma azzurrognolo, più sente una specie di forza ancestrale che lo attira lì.
È pressoché certo che sia quello il luogo in cui è stato rinchiuso Keigo.
«Beh, è pur sempre qualcosa. Meglio di niente», commenta seccamente Rumi.
Fosse per Enji, in questo momento starebbe già volando fuori di lì.
«Non abbiamo altra scelta», conclude cupamente. «Dobbiamo tentare.»


C’è qualcosa di profondamente ironico, in tutta quella situazione.
Keigo riderebbe persino, se solo non si rendesse perfettamente conto di essere nel bel mezzo di un disastro.
Hawks ha sempre temuto le fiamme, perché quell’elemento è l’unico in grado di distruggere le sue ali. Nonostante questo, ha finito per innamorarsi di Endeavor, lo ama da tutta la vita, e il fuoco che controlla non lo ha mai spaventato.
Al contrario, non gli è mai sembrato che l’acqua costituisse un problema, per lui. L’acqua che ha sempre accolto il suo corpo con gentilezza, l’acqua in cui si è ritrovato a galleggiare placidamente.
Invece, se adesso verrà la sua morte, sarà proprio a causa dell’acqua.
La perdita ha inondato in fretta l’intero scantinato. Per quanto abbia continuato a dimenarsi, non è riuscito in alcun modo a liberarsi da quella morsa di ferro che lo tiene imprigionato. Ora che si ritrova con l’acqua – letteralmente – alla gola, continua a non avere neppure un dubbio sul fatto che Endeavor lo troverà.
Forse sarà troppo tardi, ma Keigo non ha mai dubitato, neppure per un secondo, che Enji lo stesse cercando.
Prima che l’acqua ricopra del tutto il suo viso, Hawks lancia a pieni polmoni un ultimo, disperato, grido di aiuto.
«Endeavor-san!»


Gli eroi raggiungono in fretta il luogo che Moe ha indicato loro.
Sembra un normale fabbricato abbandonato, in una zona decisamente poco frequentata di Ikebukuro. Non ci sono altre costruzioni nei paraggi, eccezion fatta per quell’edificio di mattoni rossi. Piccoli ciuffi d’erba spuntano dalle crepe dell’asfalto, segno che di lì per molto tempo non sia passata anima viva.
Endeavor attraversa il piazzale con ampie falcate. Non ha molto tempo da perdere, Hawks è in pericolo e non hanno neppure la certezza che sia lì. Deve sbrigarsi a trovarlo.
L’ingresso è sigillato da una pesante porta di metallo arrugginita. Enji gli assesta una spallata con decisione, e subito l’uscio cede, spalancandosi davanti a lui.
L’interno, se possibile, sembra essere ancor più desolato dello spazio lì fuori. Le stanze sono vuote, prive di ogni genere di mobilia, e i pavimenti lerci sono ricoperti da uno spesso strato di polvere.
Endeavor e Jeanist sono i primi a entrare là dentro. I due cominciano a ispezionare il posto, passando da una stanza all’altra, senza tuttavia riuscire a trovare nessuna traccia.
«Sembra che non ci sia nessuno, qui», commenta Jeanist, poggiando una mano con evidente disgusto sullo stipite di cemento all’ingresso di una delle varie stanze.
Enji non ne sembra affatto convinto. Il punto è che, nel momento in cui Burnin ha mostrato loro la pianta di quell’edificio, ha pensato all’istante che quello fosse il luogo in cui era stato rinchiuso Hawks. Non ha idea del perché, probabilmente se ne è solo voluto inconsciamente convincere perché così disperatamente desideroso di trovare il più in fretta possibile il ragazzo.
Forse ha ragione Jeanist, lì non c’è un bel niente e faranno meglio a tornare in agenzia per valutare la presenza di altri possibili nascondigli. Endeavor sta quasi per dirlo al collega, solo che è proprio in quel momento che lo sente.
È così flebile e lontano che per un momento crede persino di esserselo immaginato, eppure qualcosa gli dice che no, è impossibile.
Non confonderebbe mai quella voce con nessun’altra al mondo.
Enji si volta di scatto nella direzione da cui l’ha sentita provenire. C’è un’altra porta, anche questa di metallo. Endeavor ci si scaglia letteralmente contro, mentre sente i cardini cedere sotto la violenza del suo assalto.
Si trovano adesso in un’altra stanza che non erano ancora riusciti a individuare, e in fondo a essa si trova l’ennesima porta. Ora che la vede, ricorda che nella planimetria che Burnin ha mostrato loro era presente uno scantinato, solo che, una volta arrivati lì, non ne hanno trovato alcuna traccia.
Enji raggiunge in fretta anche quella porta. Oltre di essa si leva un rumore nient’affatto rassicurante, che Endeavor riconosce bene.
Acqua.
Scardinata anche questa soglia, Enji raggiunge finalmente lo scantinato.
La prima cosa che nota è che è praticamente invaso d’acqua. Un getto copioso che fuoriesce da una tubatura ha colmato la stanza, tanto che ormai è arrivato a metà della scala.
Ben presto, tuttavia, nota che sotto la superficie dell’acqua si cela una figura.
«Hawks!», grida, disperato.
Enji non ci pensa due volte. Afferra il corrimano di metallo e si lancia oltre di esso, finendo sommerso dall’acqua.
Nuota in fretta per raggiungere il corpo del ragazzo. Purtroppo, da quello che gli sembra di vedere, non pare essere cosciente.
Spera solo di non essere arrivato troppo tardi.
Keigo è immobilizzato a una sedia di metallo. Ci sono delle strisce spesse di ferro che gli bloccano i polsi e le caviglie.
Endeavor non sa se il suo quirk funzioni anche sotto tutta quell’acqua, ma deve provare. Ne va della vita di Hawks.
Enji posa le mani su quelle placche di metallo, cercando di condensare il proprio potere unicamente su di esse. Concentra le fiamme in un solo punto, in modo che lentamente sciolgano e fondino il ferro.
Funziona.
Con quella tecnica, riesce a liberare in fretta i polsi del ragazzo. Ripete la stessa operazione anche con le caviglie, così poco dopo Keigo è finalmente libero.
Enji avvolge con forza le braccia attorno alla vita del ragazzo, dopodiché si dà una spinta con i piedi e dal terreno comincia rapidamente a riemergere.
Endeavor torna a respirare, boccheggiando affannosamente.
«Jeanist!», si ritrova a chiamare con forza, in direzione del collega.
Tsunagu sembra comprendere al volo le sue intenzioni. Il numero tre controlla le fibre dei vestiti di Hawks, attirandolo in salvo.
Ora, però, anche Enji deve sbrigarsi a uscire di lì. Gli schizzi d’acqua stanno raggiungendo il lampadario, e da alcuni cavi della corrente elettrica scoperti partono delle scintille. Se dovessero raggiungere l’acqua, finirebbe per morire folgorato.
Endeavor raggiunge in fretta a nuoto le scale, per poi salire su di esse.
«Presto, fuori da qui!», ordina.
Jeanist non se lo fa ripetere due volte. Continuando a tenere il corpo di Hawks ben stretto a sé, esce fuori dalla stanza, lasciandosela alle spalle.
Enji lo imita subito dopo, serrando la porta alle loro spalle.
Non possono tuttavia allontanarsi molto di più da lì, lo sanno bene. Prima di tutto devono infatti constatare le condizioni di Hawks.
Endeavor si avvicina in fretta al ragazzo. Tsunagu l’ha già disteso a terra supino, e lo osserva con aria preoccupata.
Come Enji aveva notato raggiungendolo sott’acqua, Keigo non è cosciente. Il suo respiro, inoltre, sembra essersi arrestato.
Per quanto la cosa lo terrorizzi, per una volta Endeavor si ritrova a benedire il fatto di essere un eroe. Perlomeno, la sua professione gli permette di conoscere perfettamente la procedura da adoperare in questi casi, visto che anche questo significa salvare delle persone.
Enji si avvicina alle labbra di Keigo, soffiandovi aria all’interno. Tasta attentamente il polso del ragazzo, e si ritrova a constatare l’assenza di battiti.
Per quanto senta il panico montare sempre di più dentro di sé, Endeavor tenta comunque di praticargli un massaggio cardiaco.
«Ti prego, Keigo», si ritrova a mormorare, tra una compressione e l’altra sul petto del più giovane. «Non puoi lasciarmi così… devi restare con me… ti prego… ti prego…»
Enji non può accettarlo. Non può credere di essere arrivato troppo tardi, che non ci sia più tempo per salvare Keigo. Gli sembra di rendersi conto solo in quel momento, di quanto, in così poco tempo, il ragazzo sia diventato importante per lui.
Non può perderlo prima di avergli detto quello che prova davvero.
Tsunagu osserva la scena in silenzio, tremando appena. Essere un eroe significa vivere con la consapevolezza che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, ma in questo caso è diverso, perché si tratta di Hawks, un collega con cui ha collaborato a stretto contatto in passato, e poi sarebbe ingiusto perderlo in una circostanza del genere. E poi c’è Endeavor, che guarda Keigo con quello sguardo disperato, come se da lui dipendesse tutto il suo mondo e perderlo vorrebbe dire veder crollare tutto ciò che faticosamente ha cercato di ricostruire dopo la fine della guerra. Non si tratterebbe solo di perdere un collega, per lui.
Di colpo, il corpo di Keigo viene scosso da alcuni colpi di tosse. Il ragazzo riapre lentamente gli occhi, mentre dalle labbra esce ancora un po’ d’acqua.
«Sei… p-più bello mentre mi salvi la vita», mormora, la voce tremendamente roca.
Gli occhi dorati di Keigo sono belli come sempre. Fissano Enji, il suo eroe, pieni di riconoscenza, gratitudine, amore.
Endeavor sorride, avrebbe da ridire sul fatto che si sia lasciato sfuggire un commento del genere poco dopo aver quasi rischiato di morire, ma è così sollevato al pensiero che sia lì con sé che non riesce a darci peso.
Appoggia la fronte a quella del ragazzo.
È vivo. Sta bene.


Endeavor e Jeanist scendono di nuovo nello scantinato.
Bloccata la perdita, le fiamme di Enji si occupano dell’acqua che rimane: con tutto quel calore, non passa molto tempo prima che sia di nuovo evaporata.
I due percorrono verso il basso la scaletta che conduce al seminterrato, anche se a prima vista non sembra esserci molto di diverso dalla desolazione che hanno avvertito nelle stanze al piano superiore. Il pavimento, che era coperto di polvere, dopo il passaggio dell’acqua si è riempito di fanghiglia. Nei muri ci sono mattoni rossi a vista, e dal soffitto penzola un lampadario malridotto, lo stesso che poco prima ha minacciato di ucciderli a causa delle scintille irradiate dai suoi cavi elettrici scoperti – insieme agli altri mille fattori che hanno complottato contro la loro vita, certo.
L’unico oggetto che sembra attirare l’attenzione più degli altri è la sedia di metallo, forse perché stona un po’ in quel contesto in cui ogni cosa sembra essere immutata da anni. La trappola in cui era stato imprigionato Keigo, infatti, sembra essere stata costruita proprio lì, in quello scantinato, e di recente. Enji si ritrova a valutare che dev’essere stata la prima cosa a cui Takami si è dedicato dopo essere uscito di prigione, che deve aver premeditato per mesi il rapimento del figlio, e che probabilmente aveva cominciato a covare quel piano già molto tempo prima, mentre era ancora in carcere. C’è qualcosa di profondamente inquietante, nei contorni di quella storia.
Tracce dell’uomo, però, non sembrano esserci, per cui se vogliono trovarlo sono ancora a un punto morto. In quel momento, tuttavia, mentre stanno quasi per lasciare lo scantinato, i due eroi sentono gracchiare i loro auricolari.
«Endeavor! Jeanist! Sono Mirko!», si annuncia Rumi. «Lo abbiamo preso!»
I due eroi si scambiano uno sguardo sorpreso.
«Sul serio?», domanda Enji, incredulo.
«Sì!», conferma lei. «L’abbiamo trovato che stava cercando di scappare da Ikebukuro. È bastato un colpo ben assestato dei miei ed è finito subito al tappeto!»
Enji e Tsunagu si guardano nuovamente, sollevati. È finita veramente.
Deve dirlo subito a Hawks.

Keigo è seduto a gambe incrociate in cima ai gradini all’esterno del vecchio edificio. Il cemento non rasato graffia e abrade i suoi vestiti, ma lui non sembra curarsene. Tiene le braccia conserte poggiate sopra alla ringhiera di ferro che corre lungo la scala, lo sguardo perso a fissare l’orizzonte. Nel cielo c’è ancora una sfumatura violetta che lo rende bellissimo.
Sul suo volto si riflettono le luci blu e rosse dei lampeggianti dei mezzi dei paramedici giunti sul posto. Probabilmente dovrà recarsi in ospedale per degli accertamenti, al momento però, dopo un primo controllo, sembra essere incredibilmente in forma sebbene abbia rischiato di morire meno di un’ora prima, così gli hanno dato il permesso di restare lì, lasciandogli una coperta marrone sulle spalle.
Sente dei passi avvicinarsi alle sue spalle. Anche senza quirk riconosce quella camminata, e non ha bisogno di altre informazioni per sapere a chi appartenga.
Enji si siede accanto a lui. Tecnicamente non si vedono solo da qualche ora, eppure a Keigo pare un’eternità. Nota che sul volto dell’uomo stenta a scomparire un’espressione preoccupata.
«A quanto pare il tuo hobby è salvarmi la vita», ironizza Hawks. Ha ancora la voce un po’ arrochita, dopo tutto quello che è successo.
Sul volto di Endeavor compare l’accenno di un sorriso, ma non dura che un secondo. Restano per qualche istante in silenzio, come se entrambi avessero timore di parlare, infrangendo quella pace che ora aleggia tra loro.
Alla fine, l’equilibrio viene spezzato da Enji.
«Le ali?», domanda, guardando con aria interrogativa la schiena del ragazzo. C’è qualcosa di tremolante nella sua voce, e Hawks sospetta che non si sia ancora liberato dal terrore di averlo quasi visto morire, poco prima.
Keigo si stringe appena delle spalle. «Le ha bruciate», spiega. «Ricresceranno in fretta, comunque. Dubito disponesse di un fuoco minimamente paragonabile a quello di Dabi.»
L’accenno a Touya, se possibile, sembra aver turbato Enji ancora di più. L’uomo abbassa lo sguardo, con un’espressione corrucciata in volto.
Keigo si sente in dovere di rassicurarlo. Avvicina una mano al suo ginocchio, stringendolo con fare simpatetico. «Ehi», lo chiama piano, aspettando di avere lo sguardo dell’uomo su di sé per continuare. «Grazie per avermi salvato. Non ho mai dubitato, nemmeno per un momento, che mi avresti trovato.»
Enji accenna un sorriso nella sua direzione, anche se il suo sguardo continua ad essere pervaso da un velo di tristezza. «Scusami», mormora infatti. «Non avrei dovuto lasciarti da solo. E poi prima, mentre eri incosciente, io ti guardavo e… pensavo che non potevo perderti così, senza averti detto quanto tengo a te.»
Gli occhi di Keigo vengono attraversati da una scintilla luminosa. Prima che possa aggiungere qualsiasi cosa, però, Enji lo anticipa.
«Poco fa è arrivata una comunicazione da parte di Mirko», gli confessa. «A quanto pare sono riusciti a trovarlo e lo hanno fermato. Dubito che questa volta lo rilasceranno.»
Keigo sente il cuore in petto battere più forte. Gli sembra così incredibile che, dopo tutto quel periodo trascorso vivendo continuamente col fiato sul collo, ora possa finalmente tornare a respirare, a stare tranquillo, a dimenticare cosa sia la paura.
Si appoggia con la testa sul petto di Endeavor. Enji lo stringe a sé, circondandogli la vita con un braccio mentre una mano si perde tra i suoi capelli.
«È tutto finito», gli sussurra, quasi cullandolo.





notes
che periodo assurdo. qualche giorno fa non avevo più voglia di scrivere, non avevo più voglia di leggere, non avevo più voglia di fare niente. è sempre brutto quando mi sento assalire da una tristezza del genere.
oggi non so dove ho trovato la forza di mettermi al pc a editare. penso di averlo fatto solo perché "lo dovevo fare". però, eccoci qui. in realtà temevo che questo capitolo facesse molto più schifo, invece alla fine rileggendolo mi sono detta che è passabile, per cui... yay, i guess...?
penso che si sia notato che mi sono parecchio divertita a scrivere un personaggio psicopatico. il padre di hawks è uscito fuori leggermente più folle di quanto credo che sia realmente, ma ehi, è pur sempre un villain che si è fatto un mare di anni di carcere. diciamo che è andata così, lol.
[sto tipo morendo, vedi perché non editavo più il giorno stesso della pubblicazione? pensavo di aver finalmente perso questa brutta abitudine invece eccomi di nuovo qui]
non so se sono riuscita a creare un buon effetto di suspence, cioè alla fine penso immaginassimo tuttə che enji l'avrebbe salvato, però vbb, ci ho provato. tra l'altro piccola menzione per la scena in agenzia con enji e rumi che stanno a tanto così dallo strangolarsi a vicenda e il povero tsunagu che come al solito deve tenere a bada una banda di bambini dell'asilo, rip.
per la parte del salvataggio di hawks dalla morte per annegamento devo fare una menzione d'onore a sei di corvi. la scena l'avevo scritta mesi fa, invece ho letto di recente questo libro in cui a un certo punto accade praticamente la stessa cosa, e nulla, mi ha molto rassicurata perché ero terrorizzatissima di aver reso male qualcosa.
a proposito di sei di corvi, colgo l'occasione per accennare al fatto che nei prossimi mesi comincerò a pubblicare sul mio account twitter [@ignisplume click & follow me plzgiurosonosimpy] alcuni capitoli della six of crows!au che sto scrivendo al momento. ah, c'è anche un sondaggio in corso, dateci un'occhiata se vi va!
non ho molto altro da dire in realtà. tutto è bene quel che finisce bene, o almeno così pare. riuscirà enji a dire a keigo chiaro e tondo ciò che prova per lui? per scoprirlo l'appuntamento è per domenica 21 agosto con l'epilogo di questa storia. tutto sommato sono felice di essere arrivata alla fine. sono stati mesi intensi in cui più volte ho perso fiducia in questa storia, forse mettere finalmente il punto mi aiuterà quantomeno a dormire la nott– AEHM.
come sempre, grazie a chi legge e segue la storia, sono seria quando dico che se non fosse per voi adesso non sarei qui a morire di caldo davanti allo schermo di questo pc ♡

a presto!
aria

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Capitolo 8
*** Epilogue: Seashore ***


I see through you
Epilogue: Seashore




Keigo cammina lungo una spiaggia dalla sabbia candida.
I suoi piedi sono immersi nell’acqua. Le onde del mare, arrivando a riva, s’infrangono con dolcezza, e ciò che resta di loro non è che una scia di schiuma bianca.
C’è un vento caldo e leggero, che fa ondeggiare appena i vestiti che ha indosso. Il sole sta tramontando, e tutto il cielo è tinto di uno straordinario colore rosso.
È l’atmosfera più pacata in cui gli sia capitato di essere immerso, negli ultimi tempi.
Se ripensa ai mesi appena trascorsi, gli sembra di essere stato nel bel mezzo di una burrasca. Dal momento in cui suo padre è stato rilasciato di prigione non ha trascorso un solo momento senza sentirsi in pericolo, completamente alla mercé di un delinquente. Ora, fortunatamente, le cose stanno cominciando a tornare alla normalità.
Suo padre è finito nuovamente in carcere. Considerati i nuovi crimini che si sono aggiunti alla sua fedina penale, nessun avvocato, neppure il più talentuoso del mondo, sarebbe stato in grado di conferirgli di nuovo la libertà – e, in ogni caso, lui non potrebbe permetterselo.
Keigo ha così ricominciato a lavorare con i suoi soliti ritmi massacranti, di nuovo fiducioso. Rientrare in agenzia è stata una sorta di liberazione, non c’è cosa al mondo che conti più del suo lavoro, per lui.
O meglio, forse qualcosa sì.
Forse, l’unica cosa a cui deve ancora abituarsi è che, nella parola normalità, è ormai compreso il vivere assieme a Enji. Nonostante suo padre sia stato arrestato, infatti, nessuno dei due ha mai menzionato la possibilità che Keigo potesse tornare ad abitare a Fukuoka. Forse perché, semplicemente, dopo mesi svegliarsi l’uno accanto all’altro è diventata un’abitudine troppo piacevole, e rinunciarvi pare impossibile. Il loro legame sta diventando qualcosa di molto simile a una relazione stabile, e la cosa non sembra dispiacere particolarmente a nessuno dei due.
Probabilmente l’ha intuito anche Fuyumi. Keigo ha scoperto che la secondogenita della famiglia Todoroki è l’unica persona a bazzicare più assiduamente la casa del padre. Si sono incrociati ormai diverse volte e hanno avuto modo di scambiare qualche parola: Fuyumi sembra sempre così solare e gentile, conversare con lei è incredibilmente facile e piacevole.
Keigo se lo chiede spesso, se Enji abbia paura di affrontare un discorso in merito alla loro relazione con i suoi figli. Probabilmente sì, però è il primo che vorrebbe chiedere all’uomo di non farsi pressioni per questo: è successo tutto così in fretta, forse i primi a doversi ancora ambientare in questo contesto sono proprio loro.
Il ragazzo si ferma. Muove appena uno dei suoi piedi scalzi nell’acqua cristallina, e da essa si sollevano alcuni schizzi. In lontananza, il sole continua a sprofondare oltre la linea dell’orizzonte, in quell’atmosfera annacquata come da un vino rubizzo.
Endeavor gli ha proposto di prendersi alcuni giorni di vacanza, solo per loro due, e lui non ha potuto non accettare. Quello gli sembra un sogno, e poi tecnicamente Enji ha ragione, l’ultimo periodo è stato un inferno, si meritano entrambi di staccare la spina per un po’.
Due braccia forti gli cingono la vita, e lui si ritrova a sorridere in maniera spontanea, appoggiandosi al petto dell’uomo alle sue spalle.
«Dove vai?», gli chiede Enji, accarezzandogli la fronte.
Keigo socchiude appena gli occhi, incantato. «Avevo voglia di fare una passeggiata», confessa. «Lo so, è quasi ora di cena, ma guarda, questo posto è incantevole.»
È la verità. Keigo non fa che pensarlo da quando hanno messo piede lì. Continua a essere così immensamente grato a Enji per aver organizzato quella piccola vacanza, è stato un pensiero molto premuroso da parte sua.
Nell’aria c’è un profumo intenso di salsedine. Hawks si perde di nuovo con lo sguardo a osservare il movimento lento e ipnotico delle onde, la testa poggiata sul petto di Enji come un peso leggero. Sarebbe bellissimo se potessero rimanere lì per sempre. Solo loro, e il mare.
Enji inclina leggermente il capo del ragazzo nella sua direzione, sollevandolo appena, poggiando due dita sotto al suo mento. Keigo si ritrova a guardarlo, incantato, gli occhi dorati pieni di meraviglia.
«Ti amo.»
È così bello che, per un momento, Keigo crede di esserselo sognato. Spalanca gli occhi, mentre le sue iridi dorate vengono attraversate da una scintilla di meraviglia.
È la prima volta che glielo dice. Keigo ha sempre saputo quanto per Enji fosse difficile aprirsi in merito ai propri sentimenti, per cui quella dichiarazione, così intima, così sincera, gli colma il cuore di gioia.
Il ragazzo ruota lentamente il proprio corpo, fino a sistemarsi in posizione frontale rispetto all’uomo. Gli cinge il collo con le braccia, in maniera delicata.
«Anch’io ti amo, tantissimo», gli confessa, sollevandosi in punta di piedi. «Ti amo da tutta la vita.»
Keigo posa le labbra su quelle di Enji, e i due finiscono per essere catturati in un bacio dolcissimo. Intorno a loro il rumore delle onde arriva ovattato, distante.





notes
allora. comincio col dire che non sono mai stata convinta al 100% di questo epilogo. avrei potuto modificarlo, sì, ma tecnicamente nella mia testa quello che doveva succedere è questo, poi che la resa non sia eccellente è un altro discorso. ricordo perfettamente di aver concluso questa storia al rientro dal romics, per cui cercate di capirmi anche voi, ero esausta ma terrorizzata che se non l'avessi finita cavalcando la scintilla d'ispirazione che stavo vivendo in quel periodo (dopo essermi bloccata per un po') non l'avrei fatto più. poi vbb, possiamo anche ammettere tranquillamente che mi vengono molto meglio i prologhi degli epiloghi e amen x"
sono contenta di mettere la parola fine a questa storia per due motivi. il primo è che ultimamente, man mano che andavo avanti con la pubblicazione, sempre più dubbi mi assillavano in merito a questa ff: in sostanza, quando l'ho finita mi sembrava quantomeno decente, adesso invece non riesco a fare a meno di trovarci centomila difetti. poi magari è tutto nella mia testa, conoscendomi è altamente probabile, ma tant'è. il secondo è che sono felice che l'epilogo esca in questo momento perché più andiamo avanti e più il manga diventa una tragedia, per cui godiamoci quest'atmosfera soft finché possiamo--
di questo capitolo finale forse la parte che mi convince meno è il fatto che sembri tutto molto rushato: alla fine le ultime pagine ho chiuso tutto molto in fretta, forse perché ero estenuata avendo ripreso in mano questo progetto dopo un po' di tempo, forse perché ero terrorizzata che l'ispirazione potesse di nuovo sparire di punto in bianco da un momento all'altro, non so dirlo con certezza nemmeno io. fatto sta che immagino che possano esserci delle cose che possono lasciare un po' l'amaro in bocca a un lettore, tipo il padre di hawks che viene arrestato e finisce in galera senza che se ne parli più o la questione "come la prenderà la famiglia todoriki quando verrà a sapere della relazione tra enji e keigo?". per quanto in merito a quest'ultimo punto avessi perfino pensato di aggiungere una piccola oneshot anche se dubito che il progetto si concretizzerà mai, alla fine ci ho riflettuto e mi sono detta: noi siamo ficwriters. facciamo questo per passione, non per mestiere. ben vengano tutte le ricerche e il desiderio di essere accurati, però non possiamo nemmeno impazzire nella ricerca della perfezione, no?
[comunque si vede proprio che quando ho scritto questa parte non ero in me, la più corta della storia e ho trovato molti più refusi che altrove-- io ho cercato di sistemare tutto, ma se vi sembra di vedere qualcosa che non va ditemi pure!]
un'altra cosa che mi convince poco è l'eccesso di zucchero: nel senso, ho il terrore di essere andata ooc con la caratterizzazione di enji qui. non lo so, ditemi voi.
a tal proposito, sì, commento brevemente il capitolo: finalmente un po' di pace per i nostri beniamini, è estate (probabilmente nella storia è all'incirca lo stesso periodo in cui ci troviamo noi nella vita reale, e la cosa è voluta perché ho iniziato a pubblicare a maggio proprio per far combaciare la collocazione temporale) e si stanno godendo una meritata vorrei vedere, dopo tutto quello che è toccato sopportare loro nell'ultimo periodo vacanza. e riesco finalmente a rispondere alla domanda che avevo lasciato nelle precedenti nda (e il tutto si ricollega a una frase dello scorso capitolo, sì): enji infatti ammette a keigo i reali sentimenti che prova per lui, ed è questo, a dir la verità, che mi crea dubbi sull'ic della serie: troppo sdolcinato, per lui?, però alla fine immagino lo faccia restando molto serio, com'è tipico per lui, forse non sapeva neppure se gliel'avrebbe detto, nel senso che voleva farlo ma non credeva ci sarebbe riuscito. è tutta una cosa complicata, perché nella mia testa nonstante stia facendo di tutto per fare ammenda (nel manga, qui invece tecnicamente l'ha già fatto) lui è ancora convinto di non meritare di essere amato. è un discorso che mi sarebbe piaciuto approfondire, in realtà, però vbb, ci portiamo dietro un altro rimpianto. keigo, invece, è felicissimo, e con la frase "ti amo da tutta la vita" ci tenevo a sottolineare quanto sia un sottone, perché per me è così, dopo che endeavor ha arrestato suo padre, permettendogli di cominciare una nuova vita, in keigo è nato un sentimento così forte nei confronti di enji che nel corso degli anni non ha potuto far altro che accrescere sempre di più. anche se, prima di tutto, si tratta di ammirazione, è lì, è impossibile non vederla.
e così termina quest'avventura, con loro due e il mare. io ringrazio tutte le persone che hanno seguito questo viaggio durato mesi, tenendomi compagnia. ora che succederà? non lo so. ho tanti progetti che mi frullano per la testa, la six of crows!au con cui dovrei andare avanti [ma a quanto pare parlarne prima su twitter e poi qui non mi ha portato bene visto che mi sono bloccata no vbb mi ero già bloccata da prima rip], e recentemente si è aggiunta l'idea di una os soulmate!au, ma per adesso sto contemplando di prendermi una piccola pausa da efp. più avanti ci sarà anche il writober, ma come mi pare di aver già accennato anche su twitter, non credo di partecipare di nuovo quest'anno. non so cosa mi aspetta nel futuro, ma cercherò di prendere tutto quello che verrà.
grazie ancora per essere statə qui con me, a presto con qualsiasi viaggio ci attenda dopo questo!

ora basta, chiudo che le note saranno venute più lunghe del capitolo rip
aria

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