Sorry if i love you

di Alexander33
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Segreto tormento ***
Capitolo 2: *** Fiori d’arancio? ***
Capitolo 3: *** Rivelazione ***
Capitolo 4: *** Verità ***
Capitolo 5: *** Resa dei conti ***
Capitolo 6: *** Evoluzione ***
Capitolo 7: *** A carte scoperte ***
Capitolo 8: *** Appuntamento ***
Capitolo 9: *** In missione ***
Capitolo 10: *** Kei e Tadashi ***
Capitolo 11: *** Un piano ben riuscito ***
Capitolo 12: *** Recupero ***
Capitolo 13: *** Io e te ***
Capitolo 14: *** Scacco matto ***
Capitolo 15: *** Ombre!!! ***
Capitolo 16: *** Ricordi ***
Capitolo 17: *** È questo l’amore? ***
Capitolo 18: *** A volte ritornano… ***
Capitolo 19: *** Namino ***
Capitolo 20: *** Chi sei? (1) ***
Capitolo 21: *** Chi sei? (2) ***
Capitolo 22: *** Le conseguenze dell’amore ***
Capitolo 23: *** Christopher ***
Capitolo 24: *** Senza di te ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Segreto tormento ***


Sorridente e trafelata, Mayu stava correndo verso l’Arcadia, con i lunghissimi capelli al vento.

Gli occhi blu le brillarono di gioia quando scorse il volto degli uomini più importanti della sua vita: il suo padrino e Tadashi… il ragazzo che da qualche anno le faceva battere forte il cuore.



Gettó le braccia al collo prima al suo adorato padrino, che aspettava questo momento da mesi, poi si giró verso il ragazzo. Lo sguardo che si scambiarono era inequivocabile: c’era del sentimento da parte di entrambi. Un secondo di esitazione, poi, con una scintilla di malizia nello sguardo schioccó un bacio sulla bocca a Tadashi, che approffittó di quel gesto per afferrarla alla vita e stringersela contro, sotto lo sguardo tagliente di Harlock.



«sbrighiamoci… abbiamo una rotta da seguire e poco tempo a disposizione…» burbero e secco.



I due ragazzi procedevano avvinghiati. Nessuno dei due aveva notato l’atteggiamento spinoso del capitano, occupati a guardarsi negli occhi con fare complice, totalmente presi l’uno dall’altra.


 

Mayu: piccola dolce Mayu.

Da quando l’infanzia aveva lasciato il posto all’adolescenza, regalandole un corpo da donna e rivelando il temperamento che aveva ereditato da sua madre, si era accorto di guardarla con occhi diversi.



Lei era una bambina in un corpo di donna, non se ne rendeva nemmeno conto di quanto certi atteggiamenti fossero provocanti.

Era abituata a spogliarsi davanti a lui, dormire nel suo letto… era stato Harlock, raggiunti i 14 anni, ad assegnarle una cabina tutta per sé, con la scusa della privacy… c’era rimasta un po’ male, ma era durata poco; il tempo di arredarla come preferiva, personalizzarla con poster e peluche.



Ma ogni tanto, ancora adesso se la vedeva comparire a notte fonda; se aveva fatto un brutto sogno, o se semplicemente non riusciva a dormire, andava ad accoccolarsi nel letto accanto a lui, pochi attimi e dormiva profondamente: era merito del senso di protezione che le trasmetteva.



Dapprima orgoglioso di vedere la sua bambina trasformarsi in una piccola bellissima donna, giudiziosa e intelligente; poi geloso e troppo protettivo.



Geloso del sentimento che lei nutriva per Tadashi, sentiva in fondo al cuore che lui non la meritava. E quanto aveva sofferto quando aveva intuito che lei aveva perso la verginità a 16 anni con Tadashi? A stento si era trattenuto dal mandarlo in infermeria con le ossa rotte. L’aveva fatto solo per rispetto della sua bambina, perché sapeva che ne era sinceramente innamorata.



Si era scoperto a desiderare che provasse per lui le emozioni che il ragazzo suscitava nel suo cuore.



Era pazzesco, assolutamente assurdo e l’avrebbe sigillato nel suo cuore per sempre. Lei non avrebbe mai dovuto saperlo, ma quel sentimento esisteva. Stuzzicato dal suo essere innocente e pulita: un’innocenza che nella sua vita era più rara dell’acqua nel deserto, e l’affascinava e inteneriva come null’altro.



Piccola Mayu, che fiduciosa si gettava tra le sue braccia, cercando il calore e la protezione di un padre… un padre che l’amava di un amore dalle mille sfaccettature. L’avrebbe protetta a costo della sua vita, amata oltre ogni limite; sarebbe dovuto bastare. Tutto il resto doveva rimanere sepolto sotto gli strati della sua coscienza, nascosto tra le pieghe del suo cuore.



Un desiderio e un sentimento che si permetteva di liberare in rare notti solitarie: mentre si annegava nell’alcol e sognava di stringerla come un amante.


 

Lasció i fidanzatini a parlare fitto fitto e si immerse nel compito che lo appagava più di tutti: l’Arcadia per ora era la sua unica amante.


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Capitolo 2
*** Fiori d’arancio? ***


Tadashi la rincorreva cercando di acciuffarla, nell’acqua della piscina di bordo.

«Aspetta che ti prenda e vedrai!!!!»

Mayu scappava schizzandogli l’acqua negli occhi, ridendo come una matta cercando di non farsi agguantare.

Con un balzo il ragazzo l’afferró per la vita e la tiró sotto.

Riemersero con lei aggrappata al suo collo e lui che la reggeva in braccio.

I pochi membri della ciurma in pausa in quel momento li osservavano con sorrisi complici; era raro vedere scene di ordinaria normalità a bordo della nave.

Mayu e Tadashi si lasciarono andare ad effusioni tipicamente adolescenziali: seppure lui avesse 10 anni più della ragazza, si adeguava volentieri a giochi più giovanili.

Si fermarono vicino alla scaletta, baciandosi con voracità.

«Hei voi due! Andateci piano!» 

Qualche commento si era levato dai presenti.

«Invidiosi! Vorreste essere al posto mio, non è vero?» rispose Tadashi, stando al gioco.

 

«Mayu, vieni con me… usciamo, devo parlarti…»

«Uuuuh! Che faccia seria! È successo qualcosa?»

«Sì e no… ma nulla di cui tu ti debba preoccupare».

Uscirono dall’acqua e si sedettero sui lettini, appartati dal resto della ciurma che sguazzava e faceva baccano.

 

Tadashi frugó nel suo zaino e ne estrasse un pacchettino minuscolo.

Mayu l’osservava interrogativa «è per me?»

«sì… è un po’ che volevo dartelo ma… non ero sicuro che tu fossi pronta ad accettarlo. Adesso mi sembra il momento giusto… Anche se è un po’ prematuro, ma voglio dartelo ora…»

Mayu prese il pacchettino e si accinse a scartarlo… impaziente ed emozionata.

Non era la prima volta che le faceva un regalo, ma non aveva mai fatto premesse così importanti.

Il pacchettino si riveló essere una minuscola scatolina, quando l’aprì Mayu sgranó gli occhi e trattenne il respiro: era un anello! Un grazioso anellino con un minuscolo brillante.

 

«allora? Che mi dici?» fremeva impaziente.

Lei lo guardó a bocca aperta «è bellissimo, io… non me l’aspettavo proprio. Grazie Tadashi…»

Se la gioia avesse avuto un volto, sarebbe stato il suo.

 

«Se lo accetti, significa che stiamo ufficialmente insieme…»

Mayu si fece infilare l’anellino, dopodichè saltó in piedi.

«Devo mostrarlo ad Harlock! Sarà sicuramente felice per noi!»

E così, come si trovava, ancora col costume bagnato, raggiunse la cabina del capitano.

 

Harlock e Meeme stavano chiacchierando del più e del meno, quando dei colpi alla porta annunciarono l’arrivo di Mayu.

«Posso entrare?»

 

Si precipitò oltre la porta, come un piccolo tornado sorridente e pieno di energia.

Vedendola con il costume striminzito, Harlock fece fatica a celare il suo imbarazzo. Sotto i vestiti non sembrava che Mayu avesse un seno così prosperoso…

«Mayu, non ti sembra di esagerare, girando per la nave senza quasi nulla addosso?»

«oh, sì, hai ragione! Scusa! Ma non potevo aspettare! Devi essere il primo a saperlo! Guarda qui!»

Esclamò, porgendogli la mano sinistra: era eccitata, tutta risolini e non riusciva a stare ferma.

 

Vide subito la fedina, e il suo cuore perse un colpo.

«che significa?»

«io e Tadashi ci siamo fidanzati!»

Harlock non disse nulla. Continuava a fissare la mano di Mayu con l’espressione seria e tirata.

«Che succede? Non sei contento per me?»

La delusione nel tono di Mayu era marcata.

«Certo che sì Mayu… solo che… non ti sembra di correre un po’ troppo?»

«hei! Mica mi sposo!»

Lo stomaco del capitano si strinse in una morsa.

«che sciocca! Ci mancherebbe solo questo! Non sei nemmeno maggiorenne…»

«cioè… ancora perlomeno…» puntualizzó lei, con un sorriso imbarazzato.

«Dovrei darti il mio consenso, in questo caso…»

«Ci potresti sposare tu! Non funziona così a bordo delle navi?» Chiese Mayu, euforica e su di giri.

Harlock si giró per riempirsi un bicchiere di whisky, e non far vedere a Mayu l’espressione sconvolta del volto.

«Certo. Ma non prima che tu abbia compiuto 21 anni…»

«Va bene, c’è tempo!» Era raggiante.

«Sarà meraviglioso! Tu che ci sposi a bordo della nave che ha costruito il mio papà! Vado a dirlo subito a Tadashi!» 

E come era entrata, se ne andó correndo.

Uscita Mayu, Harlock potè sfogare la sua frustrazione e il suo dolore scolandosi in un unico sorso il bicchiere quasi colmo, imprecando amaramente.

 

Meeme appoggió le mani sulle spalle di Harlock, e aderì alla sua schiena, in una sorta di abbraccio consolatore

«Mi dispiace Harlock… prima o poi sarebbe accaduto…»

«Già… ma non avrebbe dovuto succedere con lui, e non tanto presto… non davanti ai miei occhi… fa così male Meeme!»

«lo so».

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Capitolo 3
*** Rivelazione ***


Mayu lo stava guardando con occhi supplicanti e un sorrisino furbo.

«di cosa hai bisogno?» le chiese Harlock. La conosceva talmente bene che poteva quasi leggerle nel pensiero.

Quel giorno indossava un vestitino bianco molto corto dal tessuto quasi impalpabile, il drappeggio sul seno suggeriva che sotto non portasse nulla; il trucco discreto le faceva risaltare gli occhi di quel particolare blu scuro, e le labbra brillavano generose di un gloss glitterato. Era bella da togliere il fiato.

 

Per tutta risposta lei giunse le mani e rimarcò lo sguardo implorante.

«avanti! Che aspetti? Cosa vuoi chiedermi?»

Si avvicinó alla poltroncina dove era seduto, appoggiando i palmi al bracciolo e avvicinando il viso al suo

«pensavo che sarebbe carino festeggiare… che ne pensi?»

«festeggiare il vostro fidanzamento? Perché no? Volevi organizzare un party?»

«non esattamente… pensavo più a qualcosa tipo… week end romantico…»

«vorresti tornare sulla terra? isole tropicali?»

week end romantico significava almeno tre notti di sesso sfrenato con lui… lui che aveva tutto di lei: corpo, cuore e pensieri… strinse i pugni per scaricare in qualche modo la rabbia.

 

«no… ci vorrebbe troppo tempo… abbiamo a disposizione qualcosa di meglio, o sbaglio?» disse con lo sguardo ammiccante.

«sputa il rospo… avanti!»

«ombra di morte… sarebbe perfetto!!! Non puoi dirmi di no! Anche papà e mamma lo usavano per incontrarsi..»

Harlock sospiró, alzandosi, facendo qualche passo verso il tavolino sul quale erano a disposizione bottiglia e bicchieri.

 

Tochiro ed Esmeralda e il loro amore… e oggi Mayu e Tadashi. Perché suonava come una musica stonata? Come il gracchiare di un violino in mano a un bambino maldestro?

 

Harlock aveva un passato di violenza e dolore, nonostante avessero contribuito a forgiare il suo carattere duro e incrollabile, non lo avevano preparato a quel che stava vivendo in quei giorni.

La felicità di Mayu per il suo legame con Tadashi gli stavano divorando l’anima: era una prova estremamente logorante.

Fare l’indifferente, o ancor di più, fingere di partecipare a questa loro gioia gli costavano energie che non possedeva, ma doveva resistere. Cedere adesso sarebbe stata la fine.

 

«Perché no?» disse infine, dopo una lunga pausa cammuffata dall’urgenza di versarsi due dita abbondanti di whisky, a cui ne sarebbero con tutta probabilità seguite numerose altre.

 

«Oh Harlock grazie! Sei sempre così buono con me!»

Era così bella in quel momento… e lo stava guardando con un’espressione talmente colma di gioia e adorazione che per un attimo, un solo infinitesimale bastardo decimo di secondo, scordó quel che si era imposto solo qualche minuto prima. Il tempo sembró congelarsi in quel singolo istante e l’istinto prevaricó la ragione.

L’impulso irresistibile di assaggiare ciò che agognava in silenzio da troppo tempo… la punta di stizza, la soddisfazione di rubare a Tadashi ció che in cuor suo credeva non dovesse appartenergli. Si ritovó ad afferrarle le spalle e posare le labbra su quelle di lei: lo desiderava da tanto, troppo tempo. Un attimo, un battito di ciglia ma che bastó al pirata per lenire la fame del suo cuore, e a Mayu per sconvolgere la sua esistenza.

 

Si scostó bruscamente con gli occhi sgranati, spaventata e confusa… ma cosa aveva fatto!? Cosa le aveva fatto il suo padrino? Quello non era un bacio tra padre e figlia…

 

Harlock si rese immediatamente conto di aver mandato in frantumi anni e anni di rapporto filiale.

«Perdonami Mayu… non è nulla… l’emozione del momento… vederti così felice…»

Che cazzo stava dicendo? Che scusa patetica!

 

Lei scuoteva il capo e lo guardava stravolta.

Aveva visto qualcosa… qualcosa che aveva rivelato più di mille parole.

Una tacita confessione il tocco delle labbra, la lingua che si insinuava nella sua bocca e l’espressione del suo occhio le avevano raccontato di quel terribile segreto sepolto nel cuore di Harlock: il sentimento che il suo padrino nutriva per lei non era certo di tipo filiale!

 

«Perché? Perché mi fai questo?» Mayu lo guardava, sconvolta e in lacrime. La felicità di pochi attimi prima divorata da quella devastante rivelazione.

«Le tue crisi di mezza età puoi tenertele per te! Non ci capisco più niente! Fino a ieri sapevo benissimo chi eri… adesso non so più nulla… Tadashi… io lo amo… ma adesso…» era fuori di sé.

«Aspetta Mayu… non è così…»

«No!!! devo stare da sola… pensare…»

Fece per andarsene, ma lui l’afferró per un polso

«Mayu qualunque cosa io provi, non ha nessuna importanza…»

«Come puoi dire questo?!»

«Non ne ha! Tu devi essere libera di amare chi vuoi. Quel che provo io nasce e muore con me.»

 

Lo sguardo di Mayu era carico di risentimento

«Allora dovevi evitare di fare ciò che hai fatto!»

«Un attimo di debolezza… perdonami e dimentica!»

«Dimenticare?! Come puoi chiedermelo… »

«si, dimentica! Perché non accadrà mai più nulla…» esitó «nulla che non desideri anche tu»

 

Quest’ultima precisazione scosse ancor di più la ragazza.

«Che intendi dire? Cosa insinui? Che io potrei desiderare di volere una relazione con te?!» la smorfia sul viso di Mayu fu come una coltellata.

 

«Non alludevo a nulla in particolare. Non faró mai più niente che possa turbarti…»

Lo sguardo di Harlock era quello di un uomo vinto. E lei non l’aveva mai visto così vulnerabile, in quel momento era nudo nei suoi pensieri e sentimenti, e spaventato.

 

Assurdamente desideró abbracciarlo, dirgli che non era successo nulla di grave. 

 

“Sto diventando pazza?!?! Mi è saltato addosso… e vorrei abbracciarlo???”

 

Qualunque cosa, pur di vedergli scomparire quell’espressione che lo rendeva sconosciuto ai suoi occhi.

Ma sapere quel che sapeva ora le impedì di mostrarle il suo attaccamento.

Avrebbe potuto fraintendere!

“Fraintendere? Desideri abbracciarlo… 

Aaaaaah! Harlock, perché hai tirato su questo muro? Perché mi stai privando della tua figura paterna?!”

 

Con una vocina triste, disse sommessamente 

«hai rovinato tutto…» si liberó dalla sua mano che ancora la tratteneva per il polso

«devo stare da sola…».

 

Uscita che fu Mayu, Harlock ristette in piedi, col capo abbassato, maledicendo quell’attimo di debolezza, un tempo di Planck* che gli stava costando tutto.

Rischiava di perderla per sempre: come uomo era disposto ad accettarlo, ma come tutore e padre putativo non poteva permetterlo. Aveva fatto un giuramento e l’avrebbe mantenuto ad ogni costo.


Sola nella sua cabina, aveva un gran lavoro da fare. Accettare quel nuovo stato di cose. O sarebbe stato meglio dimenticare? Far finta che non fosse mai accaduto? 

Quando l’aveva visto annientato dalla sua reazione, il primo impluso era stato quello di abbracciarlo, non di allontanarsi. Questo la turbava più di tutto il resto.

Dimenticare sarebbe stato semplice… ma non l’avrebbe più guardato con gli stessi occhi. Ora non lo vedeva più come il suo eroe, il suo protettore invincibile; colui che l’amava come l’aveva amata papà Tochiro… adesso era semplicemente un uomo con le sue debolezze, e questo la infastidiva. In un certo senso, con quel gesto, l’aveva privata dei suoi sogni di bambina. Dov’era l’Harlock tutto d’un pezzo? La roccia a cui si sorreggeva da sempre? 

Avrebbe dovuto parlarne con Tadashi? O doveva tenerlo fuori per evitare ulteriori complicazioni? Come l’avrebbe presa?

Aveva paura… sapeva che dal suo comportamento potevano cambiare molte cose per lei e non solo.



 

*il più breve intervallo di tempo misurabile

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Capitolo 4
*** Verità ***


Mayu era corsa via sconvolta.

Lui e Tadashi si sarebbero confrontati a breve, ma non era quello a preoccuparlo; il ragazzo era, egoisticamente, l’ultimo dei suoi problemi.

Il rapporto con la persona più importante della sua vita gli si era frantumato tra le mani e ora avrebbe dovuto fare l’impossibile per rimettere insieme i pezzi… sempre se ci fosse riuscito.

In caso contrario l’avrebbe perduta per sempre. E con lei la stima e il rispetto di se stesso.

Perdendo Mayu avrebbe tradito Tochiro e la sua ultima volontà. 

 

Meeme aveva visto Mayu uscire di corsa dalle stanze di Harlock, in lacrime.

Quando entró non ebbe bisogno di chiedere cosa fosse successo: l’atmosfera nella stanza e l’aura di lui avevano chiaramente impressi i fatti accaduti poc’anzi.

Lei non perdeva mai la calma, ma questa volta il suo tono era preoccupato.

«Harlock, che hai fatto…» non era una domanda.

«Ho distrutto tutto…» sgomento, ancora non si capacitava di ciò che era successo, di come avesse potuto comportarsi così irrazionalmente.

Nei giorni seguenti Harlock non cercó  Mayu, nonostante fosse molto preoccupato per lei.


….……

 

Non voleva vederlo… erano più di due giorni che si negava, senza uno straccio di spiegazione!

Era stato troppo precipitoso? La sua proposta l’aveva spaventata? Era così giovane…

Ma perché non parlarne insieme? Lei sapeva di potersi aprire in totale libertà: era comprensivo e incline al dialogo, soprattutto con lei.

No: era successo qualcosa! Qualcosa di grave, ma non voleva farglielo sapere. Fin’ora aveva rispettato la sua volontà di starsene da sola, ma oggi avrebbe preteso una spiegazione: altre 24 ore di incertezza e avrebbe perso la testa!

 

«Mayu, apri la porta per favore!»

Silenzio.

«Ti prego… non so più cosa pensare… sono tre giorni che ti aspetto… tre giorni che non chiudo occhio… dobbiamo parlare…»

Silenzio.

«E va bene: non me ne andrò di qui finché non uscirai da lì dentro.»

 

Mayu appoggiata alla porta sentiva la voce di Tadashi, che con tono disperato l’implorava di aprire.

Con il cuore spezzato e le lacrime agli occhi lo ascoltava… avrebbe voluto aprire e spiegargli tutto… ma come poteva?! Come poteva confidargli quello che le era successo, e che le aveva stravolto la vita? L’avrebbe fatto soffrire, e Mayu non voleva fargli del male: nonostante fosse incredibilmente confusa, lo amava sinceramente, ma non poteva nemmeno fare finta di nulla… le avrebbe letto in faccia che era sconvolta… che qualcosa dentro di lei era irrimediabilmente cambiato. Mentirgli era impossibile, e più il tempo passava, peggio sarebbe stato.

 

«Amore mio, apri questa porta…»

«Tadashi…»

«Mayu! Apri per favore…»

«domani… dammi questa notte e… domani parleremo»

«Ho aspettato anche troppo… fammi entrare!»

«domattina ti prometto che parleremo… ma dammi questa notte… domani ti spiegherò tutto…»

«Ma tu stai bene?»

«sì, sto…. Bene»

Tadashi appoggió gli avambracci e i pugni sul piano metallico della porta automatica, abbassando la testa, sconfitto.

«D’accordo… domani mattina. Verró qui e mi aspetto di trovare la porta aperta…»

«Te lo prometto…»

 

Mayu sentì i passi allontanarsi, e un nodo alla gola la sciolse in pianto: suo malgrado l’indomani gli avrebbe fatto del male, e se c’era un bravo ragazzo che non lo meritava, era proprio Tadashi.

 

Harlock… che cosa provava per lui? Ci aveva rimuginato giorno e notte e ancora non riusciva a mettere a fuoco il caos che le si agitava dentro.

Una cosa le era chiara: qualcosa la provava, o avrebbe archiviato l’episodio come un’eccentricità del suo padrino… una sorta di slancio affettivo poco ortodosso, e l’avrebbe chiusa lì, come aveva suggerito lui.

Invece no: il suo atteggiamento l’aveva sconvolta, le aveva smosso qualcosa dentro… qualcosa che era rimasto seppellito dai ricordi d’infanzia, dall’abitudine e da ciò che forse si era rifiutata di vedere.

Il problema adesso era la chiarezza: il sentimento per Tadashi era più forte? 


Come promesso, il mattino dopo la porta di Mayu si aprì, permettendo a Tadashi di vederla e forse, mettere fine a tutti i suoi tormenti.

Lei era pallida e le occhiaie scure spiccavano sul suo visino dai lineamenti dolci e delicati, vederla così acuì la sua inquietudine.

In silenzio si tolse la fedina e, sotto gli occhi increduli e addolorati di Tadashi, gli prese la mano e gliela mise nel palmo.

«Che significa questo?» chiese con voce atterrita.

«Non posso accettarla… non adesso. Perdonami…»

«Ma perché?! Cos’è cambiato rispetto quattro giorni fa? Eri felice… sono stato troppo affrettato?»

Non lo guardava negli occhi. Mayu non riusciva a guardarlo in faccia!

«Io… probabilmente nell’euforia non ho realizzato… non mi sento pronta… non ancora…»

Ma cosa stava dicendo?! Era semplicemente un pegno… sì, l’avrebbe sposata ma non certo di lì a poco… sarebbero passati anni…non aveva alcun senso!

«Io ti conosco… mi guardi da anni con l’amore negli occhi… ti ho vista felice ed eccitata quando ti ho dato quest’anello! Non avevi nessun dubbio! E ora ti comporti così!» le prese il viso con le mani e dolcemente lo sollevó, costringendola a guardarlo; e vide gli occhi di lei troppo lucidi.

«cosa è successo Mayu? Per favore, dimmi la veritá…»

Lo amava… nonostante tutto lo amava e non poteva nascondegli la verità: con voce tremante gli raccontó ció che le aveva fatto Harlock.

 

Tadashi aggrottó la fronte, e i suoi occhi si adombrarono.

«Ti ha fatto del male?»

Scosse il capo «mi ha baciata come…»

«come?! Come ci baciamo io e te?…»

Lei annuì, con gli occhi bassi.

Tadashi sospiró, si percepiva la rabbia trattenuta a stento…

«Ok… un gesto inopportuno… indubbiamente. E capisco che ti abbia sconcertata… andró a parlargli! Ma…. Cosa cambia questo? Che c’entra lui con noi?» esitó

« a meno che… è successo altro?»

La prese dolcemente per le spalle «ti ha toccata in un modo che non ti è piaciuto?»

«no…» scosse il capo, per dare più enfasi alla sua risposta.

«allora non capisco… ti avrà turbata, ma non vedo il motivo per rompere con me…» una lunga pausa. Tadashi scrutava il pavimento, tormentandosi le labbra nervosamente.

Di scatto alzó lo sguardo piantando i suoi occhi in quelli di Mayu, sgranandoli 

«a meno che… no… non puó essere!»

Mayu l’osservava, sgomenta, col cuore in mille pezzi

«tu provi qualcosa per lui!»

Mayu non rispose, ma gli occhi colmi di lacrime confermavano ció che lei non aveva il coraggio di dire..

Tadashi gettó a terra la fedina, e uscì, rabbioso, dalla cabina di Mayu.

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Capitolo 5
*** Resa dei conti ***


Nonostante tutto ciò che era accaduto, Harlock riusciva a svolgere il suo ruolo di capitano.

I suoi tormenti e i problemi personali non potevano interferire con i suoi doveri; gestire l’Arcadia era una vocazione, una parte essenziale del suo essere: quasi come respirare. Quindi si trovava in plancia, grato che le grane che in quel momento doveva sbrigare lo aiutassero a distrarsi dal guaio monumentale che aveva combinato con Mayu.

 

Tadashi irruppe in plancia puntando verso Harlock, che stava dando disposizioni sulla rotta da seguire. Erano vicini al campo d’attrazione di un buco nero: voleva passargli vicino senza tuttavia giocarsi gli effetti del rallentamento temporale, per ricavarne quanti più dati possibili, ma era una manovra complicata: un solo errore e l’avrebbero pagato con l’annientameno nel caso più grave, e tornando sulla terra con varie centinaia (se non migliaia) di anni di scarto nella migliore delle ipotesi.

Avrebbe potuto lasciar fare al computer di bordo, ma le sue doti di navigatore glielo impedivano.

 

«bastardo figlio di puttana! Cosa le hai fatto!!!»

Tadashi si scaglió contro di lui, fuori di sé per la rabbia.

Harlock non si scompose, era preparato.

«non è il luogo ne il momento per scenate isteriche. Ce la vedremo a tempo debito!»

I presenti erano incuriositi: ma la professionalità che li impegnava in quel momento impediva loro di distrarsi.

«sei un vigliacco! Come hai potuto?! Animale!!!!!! È tua figlia!!!!»

«Adesso basta! Esci immediatamente di qui, o passerai i prossimi 5 giorni in cella d’isolamento» Harlock ringhió quell’avvertimento a denti stretti.

«mi troverai ad aspettarti!» tadashi, suo malgrado, fu costretto a rimandare quel confronto. La situazione presente metteva i suoi affari personali in secondo piano.

 

Tadashi dovette posticipare i conti che aveva in sospeso con Harlock, e questa situazione lo innervosiva, se possibile, ulteriormente.

Quel bastardo se l’era cavata… per ora!

 

Meeme era nell’alloggio di Harlock quando Tadashi si presentó con aria battagliera.

In genere era sempre accanto al suo capitano nelle manovre importanti, ma le singolarità la spaventavano. Guardare dentro l’oscurità assoluta le dava tormenti difficili da sopportare, forse più della potenzialità distruttrice dell’evento cosmico, per questo la parete vetrata che dava sull’infinito era stata coperta dal pesante tendaggio di velluto.

 

Lo guardó interrogativa.

«non ti disturbare Meeme. Non sono qui per una visita di cortesia. Aspetto Harlock e non me ne andró finché non sarà tornato.»

«potrebbero volerci ore… o giorni… conosci gli effetti del tessuto spaziotemporale. Le distanze, seppur minime, in queste condizioni danno variabili inaspettate ad ogni istante… Harlock deve mantenere la massima attenzione…»

«ci pianteró le tende se necessario…» rispose cupo. 

«Deve saldare un conto salato…»

Meeme stava deliberatamente ignorando il discorso di Tadashi, che si tratteneva a stento dallo sfasciare ogni cosa si trovava nella stanza dell’uomo che in quel momento detestava con tutta l’anima.

Per alleggerire l’atmosfera, che s’era fatta pesante per entrambi, seppur per motivi differenti, Meeme inizió a pizzicare le corde dell’arpa, traendone un suono dolce e tranquillo.

«fatica sprecata» l’interruppe lui

«non sarà un motivetto languido a cambiare quel che ha fatto quel pervertito…»

Meeme si fermó e l’osservó intensamente con i suoi occhi enormi ed enigmatici

«Harlock porta dentro di sé un dolore molto grande, non lo giudicare…» 

«Me ne fotto il cazzo delle stronzate da psicopatico che si porta dietro! Non lo giustificare! Ha mandato a puttane la mia relazione con lei, perché è geloso! Perché quel maiale l’ha guardata per anni con gli occhi del pervertito, quando avrebbe dovuto fare le veci del padre!» Tadashi era livido.

«Se solo l'avessi sospettato… non sarebbe mai più salita su questa nave!» urló e con una manata rabbiosa gettó a terra il terminale dalla scrivania, facendo volare fogli e il calamaio con la penna piumata che Harlock teneva a dispetto di tutta la tecnologia che lo circondava.

Inchiostro schizzó ovunque, macchiando la moquette, imbrattando le poltroncine di velluto e i fogli che volavano tutt’intorno.

Meeme non era facilmente impressionabile, anche perché conosceva bene le dinamiche che si erano scatenate e che Harlock aveva contribuito ad innescare, ma ugualmente restó sorpresa dalla reazione furiosa del ragazzo.

«la violenza non risolve nulla» disse con calma

«mi devo sfogare! Devo prima sputargli sul muso tutto il mio disprezzo e dopo gli romperó la faccia come merita!»



 

Harlock rientró parecchie ore dopo, stremato. La tensione e la massima concentrazione che aveva tenuto ininterrottamente per ore l’avevano sfiancato.

Trovó Tadashi nel suo alloggio… il computer a terra, fogli e inchiostro sparsi dappertutto.

«Andiamo al poligono. Ce la vedremo tra di noi. Adesso!»

«non aspettavo altro!»

«Bada! Deve rimanere tra me e te. Non voglio che Mayu si presenti per dividerci.» l’ammonì Harlock con occhio feroce.

«ti batteró da uomo: non ho bisogno dell’aiuto di nessuno»

«staremo a vedere!»

Parlare era diventato superfluo. 

Meeme conosceva Harlock e capiva Tadashi. Non interferì in alcun modo.

 

Harlock si sganció il mantello e lo gettó a terra insieme alle armi. Si sarebbe mosso molto più agilmente.

Tadashi non si impressionó: la rabbia gli bruciava dentro e non vedeva l’ora di dare una lezione a quel maniaco…

«avrei preferito un duello all’ultimo sangue» disse Tadashi

Harlock fece una smorfia, e glacialmente rispose «tranquillo: posso ucciderti anche a mani nude…»

Tadashi era impulsivo e irrazionale, si gettava addosso al pirata con cieca furia: Harlock era un veterano di tante battaglie, esperto e freddo nei ragionamenti, agile come un gatto ed estremamente veloce. Gli assalti di tadashi erano goffi e fallaci: con poche mosse Harlock gli ruppe il naso mentre lui non riusciva nemmeno a sfiorarlo.

Tremava dalla rabbia, si impose la calma ad ogni costo. In quelle condizioni non sarebbe andato da nessuna parte.

 

Ma qualcuno aveva visto i due entrare al poligono con facce che non promettevano nulla di buono, e memore della scenata fatta da Tadashi in plancia non aveva perso tempo ed era andato a chiamare Mayu.

 

«Che c’è Yattaran?» mayu aveva aperto la porta, dopo aver sentito dei colpi insistenti e violenti.

«guai in vista. Il capitano e il tuo ragazzo stanno per darsele di santa ragione. L’unica che puó fermarli senza nessuna conseguenza sei tu. Andiamo!»

Quello che aveva temuto da subito… si stava sfasciando tutto più velocemente di quanto aveva previsto.

 

Harlock aveva accusato un paio di colpi ma era indubbiamente in vantaggio. Ovviamente si stava misurando: se avesse voluto fargli del male seriamente l’avrebbe fatto subito. Ma il ragazzo meritava comunque una lezione: nessuno doveva mettersi tra lui e Mayu. Dimostrasse il suo valore battendosi per lei come un vero uomo!

Tadashi era già stanco: il fiato corto, probabilmente aveva anche qualche costola incrinata, quando respirava sentiva fitte dolorose. Il naso rotto perdeva sangue e aveva imbrattato la divisa, il labbro non se la passava meglio.

I due si studiavano prima di lanciarsi nuovamente l’uno contro l’altro quando Mayu entró insieme a Yattaran gridando loro di fermarsi.

«Siete impazziti? Smettetela subito!»

«Accidenti a te primo ufficiale!» Disse Harlock con voce roca «quando mi servi non ti trovo mai… e adesso ficchi il naso dove non dovresti!»

«mi dispiace capitano… ho pensato fosse giusto informare lei…» indicó Mayu che sconvolta osservava i due uomini malconci.

Tadashi era parecchio messo male… il suo bel viso era una raccolta di lividi, tumefazioni, ferite e sangue. Le si strinse il cuore.

Harlock aveva solo un taglio sul labbro inferiore, per il resto sembrava in forma.

 

«per adesso la finiamo qui. Devi fare ancora parecchia pratica…»

Mayu si avvicinó a Tadashi «devi andare in infermeria…»

Poi, rivolta ad entrambi «cosa credevate di fare? Vincermi come un trofeo? Beh, non funziona così… »

«Mayu, quel che dovevo dirti te l’ho detto… sei libera di fare ció che vuoi. Non interferiró. Ma dovevo mettere in chiaro qualcosa con questo ragazzino…»

Yattaran comprese che la faccenda era piuttosto riservata e si dileguó.

«ragazzino?! Brutto figlio di puttana!!! Lei mi ha lasciato! Per colpa tua! Perché tu le hai messo le tue mani da pervertito addosso!!!»

Harlock esitó, stupito. Poi raccolse il mantello e le armi e lasció soli i due ragazzi.

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Capitolo 6
*** Evoluzione ***


Tadashi si lasció condurre malvolentieri in infermeria. Durante il tragitto non aprì bocca. Quando lo lasció nelle mani di Zero non volle che Mayu restasse con lui,

e lei non insistette, poteva comprenderlo, ma restó fuori ad aspettare.

 

Mentre Zero cercava di rimetterlo in sesto non riusciva a smettere di pensare a Mayu e a quel che era successo. Erano passate nemmeno 24 ore, ma sembravano settimane.

L’aveva lasciato, dopo pochissimi giorni dal loro fidanzamento. E perché? Perché quello stronzo che avrebbe dovuto essere il suo padrino aveva scelto proprio quel momento per dichiararsi e mandare all’aria tutto.

Che bastardo! Sembrava fatto apposta… evidentemente mal sopportava la loro relazione, e quando si era fatta più seria s’era giocato il tutto per tutto… e aveva trovato terreno fertile.

Non era una novità che Mayu avesse un’adorazione per lui da quando era una bambina, ma era sempre stato palese che i loro ruoli erano comunque incasellati in quelli paterno e filiale. Chi poteva immaginare che sotto la cenere Mayu covasse anche dell’altro… non voleva credere di essere stato un ripiego. Il sentimento che li aveva legati nell’ultimo anno e mezzo era reale, glielo leggeva negli occhi quando lo guardava. Aveva sentito l’emozione di lei al loro primo bacio: tremava come una foglia e il cuore le batteva talmente forte da farle mancare il fiato… Aveva fatto l’amore con lui per la prima volta… era stato il suo primo e unico uomo fin’ora. No, lei non gli aveva mentito, era in buona fede. Ed era convinto che l’amasse ancora; era stata colpa di Harlock: l’aveva sconvolta, confusa… e con ogni probabilità doveva dire addio a tutti i progetti che aveva fatto con lei… aveva sognato di sposarla, vivere insieme sulla terra e formare una famiglia. D’accordo, lei era ancora così giovane… ma l’avrebbe aspettata per tutto il tempo che fosse stato necessario, non aveva fretta.

Il rimpianto e la rabbia gli fecero inumidire gli occhi.

 

«Tadashi abbi pazienza. Un paio di punti e ho finito… sopporta ancora per un attimo..» Zero credeva che lacrimasse per il dolore, ma in realtà non l’aveva nemmeno sentito l’ago che gli ricuciva la ferita piccola ma profonda che il capitano gli aveva inferto tra lo zigomo e il sopracciglio.

Il naso era stato rimesso in sesto.

«come rompe i nasi il capitano… fa delle opere d’arte: li spezza di netto. Si rinsalderá alla perfezione, vedrai, tornerá come nuovo!» Zero borbottava mentre rammendava e rattoppava i connotati del ragazzo.

«che vi è saltato in mente di azzuffarvi così?… no, no, aspetta… non lo voglio sapere… sono fatti vostri. Anche se gira voce che c’entri la piccola Mayu…»

“Ciurma di pettegoli… ci fosse un cane che pensasse ai fatti propri su quella nave!”

 

Con il suo corredo di cerotti, filo di sutura e una bella fasciatura per sistemare una costola rotta e 4 incrinate, Tadashi uscì finalmente dall’infermeria dove Mayu lo stava aspettando, ansiosa di rivederlo.

Lo sguardo restó indifferente, ma il suo cuore sussultó: allora si preoccupava ancora per lui… qualche speranza restava.

Ma la faccenda era dura da digerire, quindi si fece accompagnare in cabina ma non fu di nessuna compagnia. Rispose a monosillabi sul suo stato di salute e sulle cure che gli aveva prestato Zero.

«Beh… ti auguro un buon riposo» fece per andarsene, poi ci ripensó «Senti Tadashi…»

Lui sospiró «sono molto stanco…»

«io ti amo. Voglio che questo sia chiaro. Ma voglio anche essere assolutamente sincera con te: Finché non avrò messo in ordine i miei sentimenti preferisco non prendere impegni seri…»

«sì, l’avevo capito. Finché non decidi se ami lui più di me. Giusto? Lascia perdere Mayu. Non voglio illudermi.»

Era ancora troppo arrabbiato e deluso. Spiegarsi non avrebbe portato a nulla.

«buona notte Tadashi».

Mentre tornava nella sua cabina, si rese conto che c’era la concreta possibilità che la sua storia con Tadashi avrebbe potuto finire definitivamente e un senso di vuoto, un’improvvisa vertigine le fece mancare il respiro per un breve attimo.

 

Se doveva fare chiarezza nella sua vita e nei suoi sentimenti il modo migliore era stare lontana da entrambi, e su una nave immensa come l’Arcadia non era assolutamente un problema. Per una settimana riuscì ad evitare tranquillamente entrambi, ma poi nel fine settimana il bisogno di stare insieme a qualcuno, di scambiare quattro chiacchiere che la distraessero dal pensiero costante della sua vita sentimentale divenne impellente, e mettendo da parte la cautela decise di passare qualche ora nel bar di bordo, che la sera si trasformava e non aveva nulla da invidiare ad un qualsiasi pub terrestre.

C’era già parecchio movimento: musica, schiamazzi, risate… ad un paio di tavoli si stava giocando a carte, qualcuno era già brillo. Ad un tavolo, appartati, Kei e Tadashi stavano parlando. A Mayu venne l’istinto di andarsi a sedere in mezzo a loro, ma sarebbe stata fuori luogo: la gelosia la pungeva dolorosamente.

Si sedette su uno degli alti sgabelli a ridosso del bancone quando Tadashi la vide e si mosse per raggiungerla.

«come stai? È un po’ che non ti fai vedere»

Mayu ignoró la domanda «non dovevi disturbarti: eri in ottima compagnia. Non lasciarla da sola per me…»

«tu stai facendo a me una scenata di gelosia? Da non credere!» con tono ironico, e si scoló in un sorso mezzo boccale di birra.

«e come vanno le cose col tuo capitano?»

Botta e risposta. Sembrava una partita di tennis.

«credo tu l’abbia visto più di me. Non lo incontro da quando vi ho divisi, mentre vi stavate comportando come trogloditi…»

Tadashi sospiró «mi vuoi far credere che non vi siete più visti ne incontrati?»

«non voglio fartelo credere: è così e basta» mayu lo guardó tagliente.

«lui non ti ha cercata? Cazzo! Credevo non perdesse tempo, dopo aver saputo che mi avevi mollato!»

«ti sembrerà strano, ma è così.» 

Mayu ordinó un analcolico. Voleva passare più tempo possibile da sobria.

«mi manchi» disse semplicemente, guardando avanti a se, come se lo stesse solo pensando.

«se è per questo, mi manchi anche tu…» rispose lei.

Tadashi si voltó a guardarla negli occhi «e allora perché stiamo qui a perdere tempo…?»

«perché lo vorrei forse più di te! Ma non voglio prenderti in giro! Se… quando torneró da te, sarà solo perché saró sicurissima di amare solo te, sopra ad ogni cosa!»

Lui scosse il capo «che stupido sono… ma la colpa è mia… non dovevo nemmeno chiedertelo…»

«mi dispiace… senti, passiamo questa serata insieme, come buoni amici, senza pensare al resto… non è tanto male come idea…»

«beh, potrebbe essere un buon diversivo… meglio di niente!» 

Era la prima volta da che gli aveva restituito l’anello che le rivolgeva una parvenza di sorriso.

La serata andó benone: chiacchierarono amabilmente, accennarono anche a un mezzo progetto per le vacanze estive. Divisero una porzione di patatine condita con un intruglio di salse che tadashi adorava e mayu trovava disgustose, dopodiché lei ordinó aperitivo e tramezzini che consumarono ridendo e rubandoseli a vicenda.

Sembrava non fosse successo nulla… 

Tadashi era brillo ma non ubriaco, lei era perfettamente sobria.

 

Sul tardi apparve Harlock da solo.

Al suo passaggio venne accolto con saluti sorpresi… era raro vederlo in luoghi affollati dove si faceva bisboccia.

Tadashi si rabbuió: lo vedeva parecchie ore durante il giorno, ma sapeva scindere lavoro dalla vita privata. Come capitano lo stimava e rispettava, e gli sarebbe rimasto fedele fino alla morte; ma come uomo non lo poteva più sopportare.

«lascia perdere… se ne starà da solo a bere. Non farci caso!»

Passó accanto a loro salutandoli con un cenno e si sedette nel tavolo più lontano, che aveva lasciato libero Kei.

Tadashi e Mayu continuarono la loro serata piuttosto serenamente. Erano le due, quando Mayu sentì il bisogno di andare a dormire.

«mayu ti prego… stai ancora un po’… non so se domani sarà ancora una giornata serena come stanotte… sto così bene con te…»

Lo accontentó…

Ormai il locale si era quasi del tutto svuotato. Erano circa le tre, quando Yattaran si avvicinó 

«coraggio ragazzi… portate le ossa in branda! Tadashi domattina hai il primo turno… »

Il ragazzo si alzó per seguirlo, e approfittó di un attimo per rubare un bacio frettoloso a Mayu e un veloce «buonanotte amore» prima di essere trascinato via dal primo ufficiale.

Nel locale restavano lei, Harlock, i due baristi e un paio di pirati che si stavano spartendo le vincite della serata.

Mayu ogni tanto dava una mano al locale, per abitudine si mise a liberare i tavoli dai bicchieri e dalle bottiglie vuote, mentre un «grazie Mayu» si levava da dietro il bancone…

Restavano da liberare gli ultimi tavoli in fondo, vicini a quello dove Harlock era ancora intento a sorseggiare qualcosa che poteva essere un grosso boccale di birra.

Ultimo di una lunga serie, a giudicare dai tanti già vuotati, presenti sul tavolo.

Finì di liberare i tavolini: il capitano poteva restare li a bere per tutta la notte. Nessuno si sarebbe sognato di farlo andare via, quindi gli passó accanto col vassoio colmo di bicchieri, piattini e bottiglie quando lui la chiamó.

Era decisamente ubriaco fradicio.

 

Harlock alzó la testa che teneva abbassata sopra il boccale di birra mista a gin. Lo sguardo incattivito e liquido era quello di un ubriaco.

«hei stronza… ti piace avere due uomini che muoiono per te, non è vero?» il ghigno di Harlock era perfido.

«sei ubriaco… non sai quel che dici» rispose Mayu incolore.

Non lo aveva mai visto così. 

«…ho visto come mi guardi… non fingere»

«stai dicendo un mare di sciocchezze… è l’alcool che parla per te…»

«…e come tieni sulla corda quel bamboccio… chissà, forse sogni di scoparci entrambi, contemporaneamente…»

«adesso basta, è ora che me ne vada…»

Appoggió il vassoio sul bancone e prese la porta senza indugiare, lasciandolo ai suoi vaneggiamenti da ubriaco.

Una serata che era stata molto piacevole, era riuscito a rovinarla in pochi istanti. 

Sapeva che ogni parola che gli era uscita dalla bocca era solo il frutto della rabbia e dell’alcol, ma l’avevano ferita comunque, al punto che scoppió a piangere a pochi metri dal locale.

Ma Harlock aveva quasi indovinato la verità di Mayu. E la sua verità era che lei amava entrambi e “scegliere” era diventato praticamente impossibile.

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Capitolo 7
*** A carte scoperte ***


Sapeva che ognuno di loro soffriva, ma non poteva fare niente per evitarlo.

Camminava a passo spedito verso la sua cabina “stronzo!”

Possibile che ultimamente il suo unico scopo fosse quello di renderle impossibile la vita?

 

Il locale era parecchio lontano dagli alloggi dell’equipaggio. Doveva percorrere diversi corridoi prima di arrivare. Fortuna che a quell’ora non c’era in giro nessuno. Odiava mettere in piazza i suoi drammi personali.

Gli occhi pieni di lacrime le impedirono di vedere Harlock in piedi, davanti alla porta della sua stanza che l’aspettava.


Sussultó spaventata di fronte alla sua nera imponenza.

“Come accidenti aveva fatto ad arrivare lì per primo?!”

 

«mi devi qualcosa…»

«lasciami in pace. Hai già abbondantemente dato per quel che mi riguarda!»

Era ubriaco ma si ergeva dritto come un fuso, senza barcollare, e notó che lei si asciugava in fretta gli occhi.

«ti sbagli. Mi devi un bacio. Come l’hai concesso a lui.»

 

Mayu sgranó gli occhi umidi

«sei matto? Dove sta scritto?! Vai a dormire! Sei ubriaco da far schifo!»

 

“Dove diavolo è Meeme?! Di solito è la sua ombra!”

 

Harlock continuava a guardarla con un’espressione dura e severa.

«vuoi andartene? Vorrei andare a dormire!»

«te l’ho già detto… ho visto come mi guardavi. E so perché l’hai lasciato. Ammettilo!»

Mayu era esasperata! Ma da quando era diventato così molesto?

«dammi questo bacio e ti lasceró entrare…»

«scordatelo! Adesso togliti da davanti la porta!»

 

Era stanca, sfinita e non voleva più subire la sua presenza. Cercó di spingerlo via, appoggiando le mani al suo petto, ma non si smosse di un millimetro.

Harlock sorridendo la prese per entrambi i polsi e avvicinó il viso al suo. 

«adesso dammi ció che voglio, e me ne andró»

«ma non se ne parla nemmeno! E poi puzzi d’alcol!»

«potrei farmi una doccia, se tu mi accompagnassi…»

Mayu arrossì all’immagine evocata dalle sue parole.

«sei insopportabile! Che devo fare per entrare in camera mia?»

«baciami!»

Esasperata, Mayu gli schioccó un veloce casto bacio sulle labbra.

«no. Così non va bene.»

E strattonandola l’attiró, baciandola con violenza.

Mayu dapprima cercó si liberarsi, ma lui non la lasciava. Si era girato e l’aveva bloccata contro la porta: non poteva svincolarsi.

Il bacio rude e violento si era fatto languido e carezzevole, e Mayu si ritrovó suo malgrado a ricambiarlo.

Sembró soddisfatto.

«Lo sapevo. Faresti la stessa cosa se ti volessi portare a letto. Un po’ di insistenza e…»

Lo schiaffo arrivó forte e preciso.

Mayu riuscì a passare oltre ed entrare nella sua stanza chiudendo subito la porta.

 

Harlock si toccó la guancia con un mezzo sorriso malinconico.

La sua piccola Mayu non era ancora pronta… ma lo sarebbe stata. Da oggi iniziava la guerra, quella vera. O lui o il suo giovane sottoposto. 

Finalmente andó a dormire, con il dolce sapore di Mayu ancora in bocca.

 

Mayu chiuse la porta e si mise a piangere… ma era un pianto rabbioso.

Era riuscito ad ottenere quello che voleva!

Lo sapeva fare tremendamente bene lo stronzo! Come sapeva baciare altrettanto bene… ma la fastidiosa sensazione che il suo Harlock, che lei conosceva dalla nascita, fosse posseduto da una qualche entità immensamente sadica non l’abbandonava. 

Si sfioró le labbra rievocando la sensazione vissuta qualche attimo prima e un brivido le corse lungo la schiena.

Se possibile era ancora più confusa di prima.


Harlock era sì un po’ brillo ma non certamente ubriaco fradicio come credeva Mayu.

Era stato vedere i due ragazzi appiccicati tutta la sera che l’aveva reso rabbiosamente geloso, fino a dirle quelle cattiverie.

Diamo pure la colpa all'alcool, le cadute di stile non erano una sua abitudine.

E meno male che fino a un paio di giorni fa si era ripromesso di comportarsi da padre! Ormai quel ruolo apparteneva solo ad un ricordo lontano.

Tadashi era ritornato alla carica, lui non sarebbe stato da meno.


Era quasi l’alba, secondo l’orario terrestre e i ritmi di vita sull’arcadia marciavano in base quell’orologio.

Si preparó un bicchiere di vino, non aveva ancora raggiunto il suo limite di guardia, e si lasció cadere su una delle poltroncine, rivolto verso lo spettacolo che offriva l’universo.

 

Si perse nel ricordo del bacio di Mayu, voleva assaporarlo con calma.

Lei L’aveva assecondato più che volentieri: dopo un primo attimo in cui aveva opposto resistenza, si era lasciata decisamente andare. Era stato ben diverso dal bacio che le aveva rubato nemmeno una settimana prima.

Il pensiero scivoló poi sull’immagine di lei che entrava nel suo alloggio con indosso unicamente quello striminzito bikini bagnato fradicio: il reggiseno a malapena conteneva il seno generoso.

Il suo corpo reagì istintivamente e lui rise sommessamente 

«aaaah! Che sensazione fantastica scoprire di essere ancora incredibilmente vivi!»

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Capitolo 8
*** Appuntamento ***


Mayu se la prese comoda. La mattina successiva si presentó in mensa a fare colazione che era quasi mezzogiorno. Si sedette col piattino colmo di biscotti e una tazza di latte tiepido. Non si accorse che Harlock era entrato, guardato come un alieno dai pochi astanti. Non era mai successo, a memoria d’uomo, che si presentasse a consumare i pasti fuori dal suo alloggio.

Si lasció cadere sulla sedia rimasta vuota del tavolo occupato da Mayu.

«ma che ti prende? Hai deciso di perseguitarmi?»

«no, sono semplicemente affamato. Ti ho vista e voglio solo sapere come stai» 

«sto meravigliosamente, grazie»

«quindi è piaciuto anche a te?»

«non so di cosa tu stia parlando»

«e meno male che ero io quello ubriaco fradicio!»

Mayu si risentì

«quindi ricordi perfettamente tutte le oscenità che mi hai detto!? Non me lo sarei mai aspettato da te, capitano!» il visino di Mayu tradiva la sua delusione

Lo sguardo di Harlock si addolcì

«te lo ripeto per la terza volta: ho visto come mi guardi. Non fingere e ammettilo: conoscere i miei sentimenti ha cambiato anche i tuoi. Voglio solo scuoterti dal torpore in cui ti ha fatto precipitare quel ragazzino…»

«non è un ragazzino! Ma un uomo fatto! Non lo trattare cosí…»

«ecco, lo stai facendo ancora…»

«ma cosa?!?!» era esasperata.

«guardarmi in quel modo…»

«e come ti starei guardando?»

«come una che muore dalla voglia di rotolarsi sul letto con me… dillo che non aspetti altro!»

 

Adesso era più che sobrio… non lo riconosceva più! 

«senti, non so chi tu sia. Ma restituiscimi immediatamente il mio capitano Harlock!»

 

Assurdo! Sembrava un dongiovanni da due soldi! Non aveva assolutamente idea che dietro la fredda facciata del militare duro e puro si nascondesse un… cazzone simile!!! E lo conosceva da una vita!

Ormai la colazione era stata accantonata.

«riesco ad essere anche simpatico, quando mi ci metto… non ci credi?»

Mayu sbuffava ruotando gli occhi al cielo.

«facciamo un patto: ti lasceró in pace diciamo per…. Tutta la giornata, ad una condizione»

«oh santo cielo! Sentiamo!»

«a cena da me domani sera»

Non era certamente la prima volta che Mayu consumava i pasti da lui. Solo che i ruoli erano un tantino diversi. Ora era cambiato tutto.

«e che intenzioni avresti? Saltarmi addosso o farmi agguati come stanotte?»

«faró il bravo, lo prometto»

«se accetto giuri di non tormentarmi più? Non ti rivedrò fino a domani sera?»

«ho detto solo per oggi… domani non lo so…»

«ok, accetto!» era l’unico modo per toglierselo di torno.

 

Si avvicinó con espressione seria «non ti azzardare a darmi buca, o ti renderó la vita più che impossibile. È una promessa…»

Con il pugno chiuso sotto il mento le sollevó il viso e le diede un bacio sulla bocca, come aveva fatto Tadashi la sera prima, dopodichè si alzó.

 

Era davanti allo specchio da quasi mezz’ora.

Ci vado o non ci vado?

Se non ci fosse andata l’avrebbe stalkerizzata in ogni maniera.

 E se ci fosse andata rischiava chissà cosa. Ma forse avrebbe mantenuto la parola.

Si, no, sì, no, sì, no… che situazione surreale!

Ormai non poteva più prendersi in giro: lui le piaceva e parecchio. Forse era stato il repentino cambio di atteggiamento nei suoi confronti, forse che quel sentimento covava da sempre, seppellito da chissà cosa; o forse il fatto che ne era affascinata sin da bambina, non da meno perché il capitano Harlock faceva girare la testa a tutte le donne che trovava sul suo cammino. E lei non era immune al suo fascino, a quanto pareva.

Parlava a malapena, ma ricordava chiaramente che desiderava sposarlo. Come fanno le bambine una volta raggiunta una certa consapevolezza della figura paterna, o i bambini con la madre.

E il fatto di essere sempre stata a conoscenza che comunque lui suo padre non era, faceva una gran differenza, e questa versione capitanesca, per quanto irritante aveva il suo fascino. 

 

Si presentó alla sua porta con mezz’ora di ritardo.

Ci aveva messo mezza giornata a scegliere cosa indossare. 

Non era facile, perchè ormai il suo padrino non esisteva più; fagocitato da questo nuovo Harlock più morbido ed estroverso.

La malizia e la vanità avevano vinto: un tubino nero a metà coscia, scarpe col tacco e capelli raccolti. Niente trucco. 


«aspettarti ne è valsa la pena»

Mayu era inquieta: aveva l’impressione di essersi infilata nella gabbia della tigre.

 

Invece sembrava che tutto fosse tranquillo. Il nuovo capitano si era dato una calmata, forse per metterla più a suo agio.

C’erano candele accese un po’ ovunque, le ombra tremolanti e la luce morbida che spandevano tutt’intorno avevano un che di magico… e rose. Almeno quattro mazzi di rose sistemate in vasi di porcellana.

 

«Vieni qui Mayu, guarda cos’ho trovato…»

Era seduto sul letto, in grembo teneva un album di fotografie.

Mayu si sedette vicino a lui e vide che erano le foto dei suoi genitori.

 

Lui inizió a descrivere l’occasione in cui era stata scattata ciascuna foto, e raccontare aneddoti a volte tristi, altre divertenti riferiti alle immagini.

C’era anche lui in qualcuna di quelle fotografie: com’era giovane! Avrà avuto si e no 4 o 5 anni più di lei in quel momento, riflettè Mayu.

Verso la fine c’era anche qualche piccola Mayu. Appena nata, in braccio a papà Tochiro che sembrava la felicità personificata; a qualche mese, mentre papà la teneva in braccio e mamma la stava imboccando; qualche foto dei suoi primi passi, con Mayu che si muoveva incerta sulle gambine e papà che la incitava a raggiungerlo…

Poi una foto del suo terzo compleanno. C’erano solo lei e Harlock davanti a una piccola torta con 3 candeline.

«vedi? Ti conosco più io di chiunque altro…»

«Harlock dimmi… quanti anni abbiamo di differenza? Quanti anni hai tu?»

«ha importanza?»

Non rispose.

«hai paura, in futuro, di doverti occupare di un vecchio con il pannolone?» disse lui ridendo.

«la vuoi smettere di fare lo stupido? Mi rispondi?»

«ne ho 36. Cambia qualcosa?»

«io ne compirò 18 tra qualche settimana… abbiamo 18 anni di differenza.» era molto seria, stava riflettendo.

«è vero: quando ti ho vista la prima volta avevo solo un anno in piu dell’età che hai tu ora. Tuo padre aveva qualche anno più di me…»

Mayu rivolse il viso verso di lui, e Harlock vide che aveva gli occhi lucidi.

«io sono quasi una bambina, tu un uomo. Tadashi è già parecchio più grande di me… tu lo sei ancora di più…»

«questo ti spaventa?»

«un po’…»

«lascia perdere… l’età è solo un numero. Ti trovi bene insieme a me?»

«certo che sì… lo sai. Ho sempre fatto follie per starti accanto, anche se non sempre me lo permettevi»

Harlock aveva capito perfettamente cosa spaventava Mayu.

Chiuse l’album

«senti… non ti sto chiedendo di sposarmi. Lo sai bene che ho una vita molto complicata, e questo genere di cose sarebbero inconciliabili con tutto il resto. Ti chiedo solo di valutare bene i tuoi sentimenti. Non sei obbligata a fare nulla: devi scegliere tu, ora e nel futuro cosa fare della tua vita. Ma io sono convinto che un grande amore, a prescindere dalla sua durata, valga sempre la pena di essere vissuto. E poi, magari, col tempo capirai di amarmi anche da vecchio decrepito…» rise divertito.

Era l’esatto contrario di ció che le aveva promesso Tadashi. Lui voleva darle un posto in una vita già decisa e programmata, incasellata in un ruolo ben definito. Harlock le offriva sempre la libertà, libera da ogni schema prestabilito. Questo le regaló una grande serenitá.

 

«adesso mangiamo: c’è una cena che ci aspetta. Sprecarla non renderebbe giustizia a Masu-san che l’ha preparata con tanto affetto e attenzione»

 

Prima di tornare nella sua stanzetta volle ringraziarlo

«hai fatto bene a ricattarmi: probabilmente non avrei ceduto altrimenti. Grazie Harlock…»

«grazie a te… ma non te ne andrai senza il bacio della buonanotte. È un abitudine che non perderemo facilmente.»

E prima che lei potesse rispondere, come aveva fatto il giorno prima, col pollice e l’indice le sollevó il mento per darle un bacio sulle labbra.

 

Tadashi, Harlock… un dilemma che diveniva sempre più difficile risolvere…

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Capitolo 9
*** In missione ***


«Ho un compito per voi»

Tadashi e kei erano stati convocati dal capitano.

«ricognizione su Toi70»

«e che ci andiamo a fare?» ribatté Tadashi, alzando un sopracciglio.

«vi fate un bel giro di un paio di giorni, senza fretta, visitate la città mercato… poi voglio un rapporto su tutto ciò che potrebbe interessarci.»

Tadashi aggrottó la fronte

«fammi capire: il secondo ufficiale e l’ufficiale scientifico in gita al centro commerciale?»

«è una cosa seria: abbiamo bisogno di rifornimenti ma in questi giorni lo spazioporto della città è in overbooking… c’è una sorta di evento che attira gente a frotte… per un piccolo velivolo il posto si trova… poche chiacchiere e al lavoro»

Toi70 era un pianeta prettamente commerciale. La capitale era il più grande mercato di tutto il sistema locale, a girarla tutta ci sarebbero volute settimane.

E Tadashi non se l’era bevuta.


Mentre scendeva con la navetta insieme a Kei era nervoso e taciturno.

«si puó sapere che ti prende?» chiese Kei

«Harlock sta architettando qualcosa… ci vuole fuori dai piedi. Mi ci gioco la testa!»

«per me sei paranoico. Cosa vuoi che architetti?»

«yuki kei, ti facevo più sveglia! È un pretesto per rimanere solo con lei! Mandandoci giorni in trasferta spera che tra me e te nasca qualcosa, così ha campo libero con Mayu!»

Kei aveva da sempre un debole per Tadashi, e sotto sotto ci sperava. Le dispiaceva vederlo soffrire per Mayu, ma segretamente covava la speranza di avere qualche chance.

 

Quella volpe di Harlock aveva architettato tutto con almeno una settimana d'anticipo: stranamente il posto per la loro navetta allo spazioporto era già prenotato.

«razza di figlio di puttana…» borbottó Tadashi, portando a terra la navetta.

 

Come era prenotato l’hotel che li avrebbe ospitati per 5 giorni.

Tadashi schiumava rabbia. E non c’era modo di andarsene prima: a causa di un non precisato evento, tutti i voli in uscita erano bloccati per i prossimi giorni.

Kei non protestó, anzi! Non le pareva vero… 5 giorni di vacanza tutto spesato dal capitano!

 

Dopo essersi sistemati in hotel, e aver scoperto che quel sadico bastardo aveva prenotato una matrimoniale, Kei contattó Harlock per informarlo che erano arrivati sani e salvi.

«passamelo!» Tadashi scalpitava

Kei lo ignoró e dopo un po’ lui le strappó di mano il trasmettitore

«questa volta hai battuto te stesso capitano! Non credevo potessi usare questi mezzucci…»

«a cosa ti riferisci?»

«lo sai benissimo! Mi hai spedito qui per stare da solo con lei senza interferenze! Hai prenotato una stanza matrimoniale!!!!»

«era già tutto esaurito: una matrimoniale era l’ultima stanza disponibile. O volevi dormire sotto un ponte? Sai Tadashi, c’è un antico detto terrestre, che recita pressappoco così “in guerra e in amore è tutto permesso”. Posso dirti solo una cosa: che vinca il migliore. Ah! Invece di perdere tempo a farti il sangue amaro, approfitta dell’occasione: Kei è molto bella e potrebbe sorprenderti»

Tadashi era livido di rabbia «voglio parlare con Mayu!»

Ma Harlock aveva già chiuso la comunicazione.

«stramaledetto pirata!!!!»

 

Purtroppo per Tadashi, la mente diabolica del suo capitano non si era fermata lì. Lo scoprì la sera stessa, quando con Kei inizió a girare per la città: le vie e le strade erano piene zeppe di cartelloni e palloncini. L’”evento” citato da Harlock era la famosa “festa dell’Amore” che si teneva ogni anno su Toi70…

 

••••••••••••

 

«stasera andiamo a divertirci»

Aprendo la porta aveva trovato Harlock appoggiato allo stipite che la stava aspettando.

Lo guardó interrogativa

«ma non abbiamo un appuntamento…»

«lo abbiamo adesso»

Come dire di no? Era vestito in borghese. La maglietta nera attillatissima e i jeans neri anch’essi, aderenti e a vita bassa come una seconda pelle… era proprio figo. Mayu non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma il suo ex padrino era un gran bel pezzo d’uomo.

«ok, abbiamo un appuntamento! dove si va?»

Le strizzó l’occhio… era una sorpresa.

 

La palestra era stata sgomberata dagli attrezzi, e lo spazio che ne risultava era una sala dalle dimensioni notevoli. Era stata ricavata una pista da ballo, un angolo bar, un buffet con ogni ben di Dio, diversi tavoli, di cui un paio riservati ai giocatori di carte. 

«una festa!» esclamó Mayu divertita «hanno fatto tutto senza dirmi niente…»

«doveva essere una sorpresa!»

Mayu storse il naso

«dì, è solo un caso che Tadashi e Kei siano in missione proprio in questi giorni, giusto?»

«semplice coincidenza…» rispose guardando da un’altra parte.

«vieni, c’è un tavolo che ci aspetta…»

Il tavolo da gioco era quasi al completo: restavano due posti uno accanto all’altro. A capotavola prese posto Harlock che fece sedere Mayu accanto a sè.

«bene, cominciate a salutare i vostri averi perché stasera ho intenzione di ripulirvi fino all’ultimo centesimo!» annunció Harlock ai presenti.

Si levó qualche fischio e delle risate.

Un “facci vedere, capitano!”

Mayu era stupita: un Harlock così estroverso non l’aveva visto mai!

Si giró verso di lei «sai giocare, non è vero?»

«stai invecchiando; la memoria ti fa cilecca! Ci sono cresciuta tra questi debosciati! Mi facevi sedere ai tavoli da gioco che a malapena sapevo parlare. Certo che so giocare!»

«ottimo! Farai coppia con me»

Harlock era un baro piuttosto abile, solo Yattaran gli teneva testa. Dopo le prime 5 mani la metá dei pirati si era tirata fuori: o così o sarebbero stati ripuliti. Rimasero in 3 coppie e alla fine il bilancio fu una spartizione del bottino tra Harlock e Mayu con Yattaran e Maji il capo ingegnere.

Harlock era divertente e ciarliero: una vera novità per Mayu, ma non solo: che il capitano si mescolasse alla sua ciurma era un evento più unico che raro.

 

Si era fatta una certa ora e Harlock fece portare diverse bottiglie al tavolo che vennero consumate in breve tempo, Mayu era allegra e senza pensarci troppo beveva cocktail.

Harlock chiacchierava un po’ con tutti ma teneva sempre d’occhio Mayu… il macchinoso piano per liberarsi di Tadashi era servito proprio per avere campo libero con lei: ovviamente c’era da approfittare di questa occasione in ogni modo possibile.

E il pivello aveva mangiato subito la foglia… fare sfacciatamente il ruffiano era stato un compito piuttosto divertente. chissà cosa stavano combinando quei due, nella variopinta vivacità della festa che avrebbe coinvolto tutti gli abitanti di Toi… il pensiero di Tadashi che gli urlava contro rabbioso come un cane idrofobo gli fece scappare da ridere.

 

Le istruzioni di Harlock al pirata addetto alla gestione della musica erano state chiare: all’ora prestabilita doveva partire un lento e stava aspettando giusto quello per tirarsela dietro. Lei era brilla al punto da sciogliersi abbastanza senza farsi troppi problemi.

 

Mayu Si sentì afferrare per un polso e trascinare verso la pista da ballo, in Pochi attimi era avvinghiata ad Harlock che la accompagnava, sorreggendola e guidandola dolcemente, in un ballo lento e romantico.

 

«te ne stai approfittando un po’ troppo…»

«dici? Non mi sembra ti dispiaccia… mi sbaglio?»

Lei non rispose e appoggió la testa sulla sua spalla, lasciandosi guidare ad occhi chiusi.

«…peró dovresti spostare le mani dal mio sedere…»

«stanno bene dove stanno…»

Un bacio sul collo.

«ehi! Non esagerare…» ma il tono di Mayu era languido e quasi assonnato.

 

«ho sete…» dopo il lento s’era allontanata per bere, e l’aveva persa di vista.

 

Il tempo passava ma la sua giovane partner non si faceva viva.

Controlló l’orologio: erano passati venti minuti ma lei non tornava.

“Dove è andata a prenderlo questo cocktail? Su un altro pianeta?” Borbottó.

Fece un giro per i tavoli e la trovó seduta insieme a Yattaran e altri 4 ragazzi impegnati in una spietata gara di shottini: vinceva chi ne scolava di più.

Mayu aveva già 5 bicchierini dalla sua parte ma era palesemente fuori gioco.

«cos’è questa roba?» annusó il contenuto di un bicchierino. Odorava di rum.

«siete impazziti?! Non lo regge come voi, banda di alcolizzati!!!»

«scusaci capitano! Ha voluto partecipare a tutti i costi…»

Harlock fulminó Yattaran con uno sguardo inferocito.

 

Mayu a malapena si reggeva sulla sedia, e Harlock fu costretto a prenderla in braccio per riportarla nella sua cabina.

Faceva lo stronzo per conquistare il cuore della sua piccola Mayu, ma non ne avrebbe mai approfittato per  portarsela a letto in quelle condizioni.

 

La stese sul suo letto, con la speranza che l’indomani non si sarebbe sentita troppo male.

 

Prima che Harlock uscisse dalla porta, Mayu aprì un occhio lamentandosi

«aaaaaah…. Haaaaarlock… mi sento male…»

«ci credo! Hai bevuto come un camionista! Devi dare di stomaco?»

«non lo so… ma sto maaaaale…»

Era ubriaca fradicia…

«è bene se ti liberi… dopo starai meglio…»

«noooooo… non voglio vomitare… mi fa schifo…»

«ci sono io, stai tranquilla.»

L’aiutó ad alzarsi e l’accompagnó in bagno.

Mayu si accasciò ai piedi del water, abbracciando la tazza ci rovesció il contenuto dello stomaco, mentre Harlock la reggeva perché non ci cadesse dentro.

«coraggio, adesso ti sentirai meglio…»

Lei fece di sì con la testa. 

«ma gira tutto… e avró sicuramente un alito terribile! Devo lavarmi i denti!»

«non ti reggi in piedi! Ci penserai domattina…»

Lei faceva di no con la testa «e come faccio a limonarti?»

Harlock rise «lascia perdere Mayu, fatti una bella dormita. Domattina starai meglio»

«no!» si reggeva al lavabo, cercando di afferrare lo spazzolino che ondeggiava su e giù.

Al quinto tentativo lasció perdere e prese la bottiglia del colluttorio, se ne versó un terzo in bocca e riuscì poi a sputarlo centrando il lavabo.

Harlock la guardava divertito.

«ecco fatto… adesso possiamo fare ció che vuoi…»

«ció che voglio è che tu ti metta a letto subito. E da sola. Hai bisogno di qualcosa?»

Fece di sì con la testa.

«dimmi.»

«te. Ho bisogno di te.»

Sorrise dolcemente «lo so. Ma adesso devi riposare. Ci vediamo domani.»

Ancora prima che chiudesse la porta Mayu già dormiva profondamente.

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Capitolo 10
*** Kei e Tadashi ***


Xania, la capitale di Toi70, era una sorta di Las Vegas extraterrestre: luci, colori, chiasso, divertimenti e tanto tanto commercio.

La città era bagnata ad ovest dall’oceano di un sorprendente verde/blu elettrico, alle spalle dolci colline brulle per la maggior parte dell’anno, che durava circa 650 giorni terrestri, il clima era un alternarsi tra quello desertico e tropicale.

Ecco perché era stata scelta come sede di quella specie di “festa dell’amore”. I tramonti offrivano uno spettacolo di luci incredibili, il cielo si tingeva di sfumature che andavano dal viola cupo carico a una leggera tonalità di rosa, che si fondeva col blu cobalto del mare.

 

Tadashi camminava col muso lungo, la testa immersa ad immaginare cosa diavolo stessero facendo Harlock e Mayu in quel momento.

Ad un certo punto anche Kei perse la pazienza

 

«senti… adesso puoi anche piantarla. Tanto non puoi farci niente: siamo bloccati qui per i prossimi 5 giorni e torturarti non servirà proprio a nulla. Non dico tu debba divertirti, ma almeno fingi di osservare ciò che ti sta intorno. Questo posto è incredibile!!!»

 

«tu non capisci!!! Riuscirà a portarmela via! e io sono bloccato qui, senza poter fare nulla!!!!»

 

«parli di lei come se fosse una stupida bambola di pezza… credi forse che si lascerebbe “rubare” se ti amasse veramente?»

 

«parli di cose che non conosci…»

 

«e tu non sei obiettivo. Puó far male, ma la verità è questa. Se lei sceglierà il capitano sarà solo perché si renderà conto che quel sentimento è più forte di quello che lega voi due. Sottovaluti il loro legame…»

 

«Harlock è un porco e se ne sta approfittando!»

 

«sai benissimo che non è così! Lo conosci… è un uomo d’onore, integerrimo e molto leale. Se si comporta così è perché nutre un sentimento molto profondo per Mayu… e tu lo sai, non far finta di nulla. Ma ti piaceva. E hai fatto di tutto per conquistarla quando era poco più di una bambina…»

 

«Ci piacevamo. E Harlock era semplicemente il suo padrino…»

 

«Harlock è restato in disparte e ti ha visto prenderti il meglio di quella bambina che lui ha cresciuto con amore e devozione. Ha aspettato fin troppo per farsi avanti…»

 

«l’ha sconvolta! Non ci posso credere… stai dalla sua parte!»

 

«avrà scelto il modo meno opportuno, ma andava fatto. Mayu ha sempre amato Harlock da quando era una bambina. Sarebbe stata solo questione di tempo, e prima o dopo questo sentimento sarebbe emerso comunque.»

 

«vuoi dirmi che dovrei anche ringraziarlo?»

 

Kei lo guardó, facendo spallucce.

«se servirà a risparmiarti una delusione più tardi sì. Te lo immagini? Se lo scoprisse dopo che vi sareste sposati? O dopo un figlio? Non sarebbe peggio?» Kei non ci andava per il sottile

 

«e poi non si puó dire: magari al nostro ritorno troverai una Mayu innamorata più che mai e ansiosa di sposarti anche subito…»

Come al solito i modi diretti di Kei avevano la prerogativa di farlo ragionare. Angosciarsi non sarebbe servito a nulla.

 

I locali abbondavano, ne scelsero uno che offriva cocktail variopinti di infinite varietà, musica gradevole, gli avventori non erano particolarmente chiassosi e l’interno era arredato con divanetti e poltroncine dall’aspetto comodo.

Ordinarono da bere e Tadashi, prestando attenzioneal mondo circostante, si rese conto che la sua collega aveva indossato un paio di shorts decisamente molto corti e un top bianco senza spalline in pizzo che lasciava intravedere il giusto, senza risultare volgare. 

 

Quel guercio figlio di una buona donna non aveva avuto torto: Kei era bellissima, molti si giravano a guardarla. 

 

«Posso farti una domanda personale?»

 

«certo, dimmi pure…»

 

«hai avuto una storia con Harlock?»

 

«non te l’ha detto lui…»

 

«no, in effetti non me l’ha detto. Diciamo che l’ho capito tra le righe…»

 

«sì Tadashi, parecchio tempo fa. Ero sull’Arcadia da poco… il fascino di Harlock difficilmente fa cilecca… dopo poco ero stracotta…»

 

«… e il bastardo ne ha approfittato…»

 

«no… non è andata così. Gli ho fatto un filo spietato per parecchio… stava molto sulle sue. Poi una sera… mi sono presentata alla sua porta con una scusa idiota e una bottiglia di vino… abbiamo iniziato a bere e io gli sono letteralmente saltata addosso…»

 

«eri ubriaca, e lui ne ha approfittato…»

 

«no!!!»

 

«e come sarebbe andata? Avanti…»

 

«mi ha fermata. E mi ha detto chiaramente di non essere innamorato di me. Che gli piacevo: ero desiderabile… ma non era coinvolto. Al che gli ho risposto che non mi importava: una storia di solo sesso mi andava benissimo.»

 

«e ovviamente ne ha approfittato…»

 

«se continui a interrompermi, non finiró mai!» Kei bevve un sorso dal suo bicchiere, che conteneva un liquido multicolore, dal sapore molto simile alla banana, vaniglia e un liquore non meglio precisato.

 

«dicevo… insomma, a quel punto l’ho baciato… ma mi ha scostata. Ribadendo di volermi bene, ma solo come una buona amica, validissimo membro dell’equipaggio… che gli piacevo molto fisicamente ma non se la sentiva di “usarmi”…» Kei sorrise

 

«io lo ignorai e continuai a baciarlo… a un certo punto si è lasciato andare… è iniziata così… ed è durata un anno, più o meno. Poi sei arrivato tu…» Kei tacque.

 

«e quindi? Ha troncato lui?»

 

«no Tadashi… sono stata io.»

 

«ti eri stancata del sesso senza amore?»

 

«per niente… ti seccherà saperlo, ma in quel frangente il nostro capitano sa perfettamente come rendere felice una ragazza…» lo sguardo malizioso di Kei era più che eloquente.

 

«e allora non capisco… perché hai troncato se la relazione era così appagante?»

 

Kei scrolló la testa e sorrise «veramente non te ne sei mai accorto? Mi ero innamorata di te… e speravo che potessi essere ricambiata, per una volta… ma Mayu stava crescendo… e tu eri già affascinato da lei, seppure fosse ancora poco più che quindicenne…»

 

Tadashi era rimasto a bocca aperta. Quello schianto di ragazza era innamorato di lui da più di tre anni, e non se ne era mai accorto.

 

Balbettó un «Mayu era vivace e mi coinvolgeva in ogni aspetto della sua vita… ma… Kei, non ne avevo idea! Insomma… tu sei più grande di me, non avrei mai immaginato…?»

 

«non sono poi così vecchia! Ho solo 4 anni più di te… mi sei piaciuto subito. Sei un bel ragazzo, istruito, coraggioso ma di indole gentile…»

 

«mi dispiace Kei… se avessi saputo… magari…»

 

«lascia perdere, ormai è andata così.»

 

Passeggiarono guardandosi intorno meravigliati: a ogni passo c’erano particolari che volevano essere ammirati: artisti di strada animavano le piazze, spettacoli di luce attiravano l’attenzione, i negozi erano aperti anche a notte fonda e quando inizió l’area mercato vera e propria, la folla era talmente fitta che venirne inghiottiti per poi perdersi irrimediabilmente sarebbe stato troppo facile.

E poi c’erano i cuori: cuori rosa trasparenti di varie misure volavano ovunque come curiose bolle di sapone, che quando scoppiavano rilasciavano un delicato profumo di spezie orientali…

 

Musica romantica suonava per le strade e venditori di fiori e gioielli di tutte le fogge e prezzi, erano ad ogni angolo.

A Tadashi girava la testa. Era tutto così coinvolgente, i colori, la musica, l’atmosfera… e al suo fianco Kei era così bella e invitante. I suoi occhi lo guardavano con ammirazione, i suoi capelli profumavano di fiori tropicali… doveva esserci qualcosa in quel dannato cocktail, perché in quel momento l’avrebbe presa e spogliata, e riempita di baci.

«Kei…»

«si Tadashi?» si era fermata, attenta a ciò che le avrebbe detto.

«ho solo una terribile, incontenibile voglia di baciarti…»

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Capitolo 11
*** Un piano ben riuscito ***


In qualche maniera riuscirono a tornare in hotel.

Intontiti, imbarazzati, reduci da una pomiciata coi fuochi d’artificio su una panchina, che nemmeno due quindicenni in calore. 

 

Kei aveva tutto il rossetto spalmato tra naso, mento e collo e i laccetti del top allentati e riallacciati alla meno peggio.

C’era mancato poco venissero arrestati per atti osceni… se Mayu avesse saputo…

 

Petali di rosa erano sparsi sul pavimento, a formare un tenero sentiero che conduceva al letto matrimoniale debitamente decorato con rose rosse.

Sul tavolo accanto alla porta finestra c’era una magnum di champagne e un bigliettino che augurava loro una meravigliosa luna di miele.

Tadashi lo fece in mille pezzi borbottando una sequela di insulti all’indirizzo del capitano.

Cominciava ad odiarlo. Era riuscito ad infilarlo in una situazione che lo stava portando a tutta velocità tra le braccia di Kei, senza avere nemmeno il tempo di pensarci. 

 

Mentre Kei si concedeva una doccia ristoratrice, il ragazzo scostó il pesante tendaggio che copriva le finestre, e potè così uscire sul terrazzino ad ammirare lo strano e incantevole cielo notturno di Toi.

Per la centesima volta si trovó a pensare alla confessione di Kei: doveva ammetterlo, non l’aveva lasciato indifferente; lei era un’autentico schianto, per di più era più grande di lui e si era presa una cotta piuttosto seria. La faccenda gli aveva notevolmente aumentato l’autostima… l’aveva persino preferito ad Harlock, al punto da lasciarlo. Unendo i puntini di tutta quella faccenda, era molto probabile che il malefico guercio sapesse dei sentimenti di Kei per lui…

 

«Sei proprio un fottuto diabolico bastardo…» profferì a voce bassa, rivolto al cielo.

 

Le due lune del pianeta splendevano offrendo uno spettacolo grandioso; una color ciclamino e l’altra azzurro pallido. La luna azzurra occupava ⅓ del cielo e la sensazione che stesse per collidere col pianeta era impressionante.

La volta era punteggiata di miliardi di brillantissime stelle che scintillavano placide contro il viola cupo del cielo notturno.

Anche Tadashi, abituato alle meraviglie del cosmo, rimase senza fiato.

«Kei, vieni a vedere! È incredibile! Con le luci della città non si notava…»

 

Venne raggiunto dalla ragazza, e i due rimasero incantati per lunghi minuti a nutrirsi della bellezza di quel panorama, ognuno pensando a ciò che era successo solo poche ore fa.


Ora si presentava un problema di ordine pratico: come sistemarsi per la notte.

Il letto king size era invitante, ma uno dei due si sarebbe dovuto sacrificare. Fortuna che la stanza offriva un discreto divano.

Tadashi era parecchio più alto di Kei, quindi la ragazza si prestó ad adattarsi a quella poco pratica soluzione.

 

L’effetto afrodisiaco del drink era svanito… ma girandosi e rigirandosi nel letto si sentiva in colpa. Non era da gentiluomini lasciare una ragazza a dormire sul divano…

«Kei, stai già dormendo?»

«sono sveglia…»

«senti… se prometto di comportarmi bene, vorresti venire a dormire qui?»

 

Kei non rispose, ma il fruscìo del leggero lenzuolo con il quale aveva creato il giaciglio di fortuna, suggerì che si stava alzando.

Sentì coperta e lenzuolo scostarsi leggermente e il lieve movimento del materasso indicó che lei si era sdraiata. Si mosse fino a che sentì il calore del corpo di Tadashi.

 

Sapere che lei giaceva a pochi centimetri, coperta solo da una leggera camiciola da notte faceva il suo effetto. E poi c’erano stati i baci che si erano scambiati poche ore prima, travolti da una passione artificiale, complici i cocktail corretti con qualche intruglio afrodisiaco. Se non si fossero trovati in mezzo alla strada sarebbe successo l’irreparabile.

 

Ad un tratto sentì la mano di Kei che cercava la sua, e quando l’ebbe trovata l’accompagnó a posarla sul suo fianco.

 «Abbracciami Tadashi…» il sussurro di Kei era appena percettibile.

 

La mano si mosse ad accarezzare la morbida sinuosità del fianco; il tessuto liscio come seta scivoló sotto le dita, sentì chiaramente l'elastico dello slip sotto i polpastrelli; la mano di lei ancora sopra la sua.

Il viso accanto all’orecchio di Kei, un sussurro caldo 

«sei così bella…»

 

La mano di Kei strinse più forte la sua, guidandola su, fino a posarla su un seno, e Tadashi ci si soffermò solo un istante: il tempo di sfiorare un capezzolo e sentire il desiderio di averla tutta e subito… poi la ritrasse.

 

«scusami… lo vorrei tanto… ma non posso… non ancora. Scusami.»

 

«non importa… ti capisco. Non ho fretta…» non sembrava ferita, ne offesa fortunatamente.

 

“Questo gioco comincia a diventare pericoloso” pensó Tadashi.

Almeno altre 4 notti da passare così… non sarebbe riuscito a resistere all’attrazione fisica che si era creata tra loro: prima di andarsene di lì quasi sicuramente la sua forza di volontà avrebbe finito per soccombere miseramente. Tutto di lei lo induceva in tentazione, c’era della chimica tra loro due, era innegabile.

 

Questi i suoi pensieri, prima di scivolare in un pesante sonno privo di sogni.

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Capitolo 12
*** Recupero ***


«Verrai con me…»

«Dove?» chiese Mayu, sorpresa.

«Missione di recupero. Dobbiamo andare a prendere i miei due ufficiali su Toi70…»

«E perché mai? Non dovrebbero ritornare domani?»

«Negativo. Guai con i permessi di volo… ho fatto casino quando ho prenotato il posto allo spazioporto…»

Harlock era vago e volutamente confusionario.

 

Mayu non chiese lumi in merito, lo vide preparare un piccolo zaino con documenti sicuramente falsi e un gran malloppo di crediti del sistema di Toi.

 

Quindi si voltó verso di lei «allora? Andiamo!»

 

Si erano appena messi in volo

«Per favore, sintonizza la trasmittente sul canale di Kei. Devo avvertirla che stiamo arrivando…»

Mayu armeggió con i tasti e immediatamente il crepitare delle scariche elettrostatiche avvisarono che il canale era aperto. 

La voce di Kei risuonó metallica

«sì capitano?»

«Stiamo venendo a prendervi. Tra un paio di giorni saremo lì…»

Le urla di Tadashi sovrastarono la voce di Kei 

«altri due giorni? Perché due giorni? E poi che significa “stiamo”?»

Mayu taceva ma seguiva perplessa la conversazione

 

“Due giorni? Cos’altro avrà in mente?”

 

«Kei, dì al mio ufficiale scientifico di mantenere la calma. Sto facendo del mio meglio: ho raccolto i crediti necessari per riscattare la vostra navetta… ma ci vorranno un paio di giorni per i documenti…»

 

Mayu lo guardó perplessa alzando un sopracciglio, mentre Tadashi continuava a urlare in sottofondo.

 

«Da quando in qua paghiamo le imposte? O ci serviamo di documenti? Stai architettando ancora qualcosa!»

Kei imbarazzata cercava di ignorare gli epiteti che Tadashi stava rivolgendo al suo capitano.

«Ti tirerai dietro Mayu giusto?! Passamela!!!!»

 

Più Tadashi sbraitava, più Harlock si divertiva.

«Kei, nel kit di prontosoccorso che è in dotazione alle navette ci sono anche dei potenti sedativi. Danne uno a Tadashi o potrebbe sentirsi male: è troppo nervoso.»

 

Tadashi ricominció a starnazzare e Harlock chiuse la comunicazione con un sorriso soddisfatto.

 

«Ti  stai divertendo molto, non è vero? Stai maltrattando Tadashi da parecchi giorni ormai…»

 

«maltrattando?! Gli ho pagato sei giorni in un hotel 5 stelle, nella città più cosmopolita e interessante di questo sistema, con una stupenda ragazza… e lo starei maltrattando?» sorvoló sulla camera da luna di miele… non era un particolare essenziale.

 

«Sei un gran bastardo, lo sai?»

«Adesso dimmi che questi giorni senza averlo intorno ti sono dispiaciuti…»

«Non è questo il punto, e lo sai…»

«No, adesso dimmelo! Sei stata male con me? Ammetti che non hai mai sentito la sua mancanza, perché ti ho fatta divertire molto più del tuo pivello. Coraggio! Ammettilo!»

 

«Sì ok… lo ammetto sono stata bene… ma non è giusto! Sei stato sleale… non è da te»

 

«Balle! Sei risentita perché hai il sospetto che quei due abbiano finito per intendersi… e io spero che sia andata proprio così. Solo un tonto resterebbe con le mani in mano in compagnia di una bella ragazza come Kei…»

 

«Ah è così? La trovi tanto bella?!»

«Sei gelosa…» lo sguardo che le rivolse Harlock sottintendeva molte cose, non ultima che lei stava rapidamente capitolando.

 

«oooooh piantala! Dimmi piuttosto perché mi hai voluta con te? Che ci vengo a fare io?»

 

«un week end romantico noi due soli soletti, prima di riportare a casa i miei due ufficiali…»

 

Mayu pensó che l’aveva architettata proprio bene: quasi certamente il guaio con la navetta dei due ragazzi era voluto… tutto per sfruttare fino all’ultimo il piano anti-Tadashi…

 

«Se ti sei messo in testa di portarmi a letto, hai sbagliato i conti… per chi mi hai presa?»

 

«Per una che è stracotta ma non lo vuole ammettere…»

 

Mayu non rispose, si limitó ad osservare il panorama. Toy si stava avvicinando: il pianeta dai colori sgargianti si ritagliava in netto contrasto col buio arazzo dello spazio punteggiato di stelle: tra non molto sarebbero arrivati.

 

Lo spazioporto di Xania era immenso ed incredibilmente trafficato, ma trovarono subito posto e questo rafforzó i sospetti di Mayu: nulla era stato lasciato al caso.

 

«Ora dove si va?» domandó quando finalmente si trovarono nell’area arrivi, a poche centinaia di metri dalle porte che davano sulla cittá.

 

«Fai troppe domande Mayu… vienimi dietro senza chiedere… fidati»

La sensazione era quella di essere a spasso con un quindicenne su di giri.


Sicuramente non aveva badato a spese, questo pensó Mayu quando si trovarono nell’atrio del lussuoso Hotel che, a quanto pareva, Harlock aveva prenotato per loro due.

Più andava avanti la faccenda, più Mayu immaginava che quel contorto piano fosse stato studiato nei minimi particolari con largo anticipo.

 

Quando il fattorino dell’hotel spalancó loro la porta della stanza, Mayu pensó che la faccia tosta di Harlock non conosceva limiti.

 

«matrimoniale… sei pessimo! Io con te non ci dormo.» 

Harlock aveva tra le mani un cuscino e lo stava sprimacciando, a quell’uscita di Mayu glielo lanció

«sei una sciocca! Dormi con me da che sei nata, adesso fai la schizzinosa?»

 

«hai solo una gran faccia di bronzo! Come puoi pensare che sia tutto come prima?» e gli rilanció il cuscino con più energia, ma Harlock l’afferró al volo.

«E tu, come puoi pensare che ti costringa a fare qualcosa che non vuoi? O… hai semplicemente paura?» la cuscinata che le lanció era piazzata bene, e la prese in pieno volto; Mayu svelta afferró l’altro cuscino e si mise in posa difensiva

«Paura? Di cosa dovrei aver paura?! Solo di te, che ti sei trasformato da perfetto gentiluomo a latin lover da quattro soldi!»

«latin lover da quattro soldi? Stai insultando il tuo capitano… potrei farti sbattere in cella…» e sferró l’ennesima cuscinata alla quale Mayu rispose prontamente. 

Dopodichè riprese «hai paura di lasciarti andare… perché muori dalla voglia di sapere com’è stare a letto con me, e non per dormire!»

 

«ha ragione Tadashi! Sei un pervertito!»

 

«io sarei un pervertito?» partì una cuscinata

«ma ti è piaciuto parecchio stare al gioco, non eri tanto schifata quando mi hai messo la lingua in bocca!»

 

Mayu gli lanció il suo cuscino con quanta forza aveva

«sei impossibile!!!»


La sera era scesa e Mayu stava ammirando l’alieno cielo notturno di Toy. Si era rifugiata in un piccolo angolo del rigoglioso giardino che circondava la piscina dalle strane acque verdi smeraldo. Dopo il piccolo battibecco avuto con Harlock era rimasta turbata, non le piaceva che le rinfacciasse a brutto muso cose che nemmeno lei sapeva spiegarsi.

 

Se ne era andata proprio perché non riusciva a rispondere e non sapeva più come gestirlo, era un’incognita continua: poteva essere gentile e premuroso un attimo, e quello subito dopo diventare invadente e sfacciato. 

 

E chissà cosa stavano facendo Kei e Tadashi? Ormai da un settimana erano soli in quel mondo alieno, curioso e pieno di meraviglie… non vedeva l’ora di rivederlo ma allo stesso tempo ne aveva il timore. E se Harlock avesse avuto ragione? Se lui e Kei avessero scoperto di piacersi? Avrebbe perso il suo punto fermo, il solo affetto stabile che aveva conosciuto fin’ora, dopo il suo padrino: un sostituto di padre che ora non c’era più, e si sentì terribilmente sola su un pianeta, seppur meraviglioso, ma sconosciuto; senza un amico e con la consapevolezza di stare camminando sul filo del rasoio della sua vita.

 

Avrebbe pianto volentieri, almeno per sfogarsi, ma era stanca, anche se con l’animo provato non voleva più piangere, almeno per tutta questa storia.

 

Dei passi leggeri sull’erba la distolsero dai suoi pensieri

«finalmente! Ti sei trovata un bel posto per nasconderti. Mi dispiace se te la sei presa, non era mia intenzione ferirti… stavo scherzando…»

 

«sì, lo so… non poteva certo dirsi una discussione seria, se nel mentre ci si tira i cuscini…»

 

«peró te ne sei andata ugualmente…»

«mi fai domande alle quali non so proprio cosa rispondere…»

«non sei obbligata a rispondere, puoi scegliere di non farlo»

 

Lì, nell’oscurità, con solo le luci lontane che illuminavano i vialetti del giardino, era tutto più ovattato e sembrava quasi di essere in una sorta di sogno. Il profilo di Harlock era lo stesso di un tempo, la sua voce anche e questo la rassicuró, le diede l’illusione di trovarsi in una piega del tempo dove non era successo nulla di ciò che l’aveva turbata nei giorni scorsi e fu semplice avvicinarsi a lui e appoggiare il capo su una spalla.

Chiuse gli occhi, immaginando di essere ancora una bambina che si faceva proteggere dal padre.

 

Lui le posó una mano sui capelli e poi scese ad accarezzarle una ciocca lunghissima

 

«non riesci proprio a vedermi per quello che sono, vero? Non riesci a cancellare l’immagine del padre e sostituirla con quella dell’uomo… è veramente così grande il sentimento che provi per lui?» parlava a voce bassa, quasi sussurrando, con le labbra che sfioravano i capelli di lei.

 

E Mayu si ritrovó involontariamente a ripensare ai baci che si erano scambiati e a quello che provava in quei momenti.

 

«…è che non voglio. Sarebbe come uccidere la figura che è stata la più importante della mia infanzia… e forse della mia vita fin’ora… non voglio lasciarla andare…»

Confidarsi in quella situazione curiosamente le risultava più semplice.

 

«insomma… vorrei che potessi esistere in entrambi i ruoli… è bellissimo sentire il tuo amore di uomo… ma è altrettanto bello il tuo abbraccio di padre. E forse non voglio, o non posso scegliere.»

 

Harlock la strinse di più a sé cercando d’immaginare quali e quanti tormenti si agitassero nel cuore di quella donna bambina che aveva contribuito a far crescere.

 

«Mayu basta che tu lo dica, e ti lasceró vivere il tuo amore con lui senza interferire mai più… e mi malediró per averti procurato tanto dolore»

 

Mayu stette in silenzio per un attimo

«non è colpa tua, non sei tu a causarmi del dolore. Non è colpa di nessuno… è successo e basta. Credo che questo stato di cose fosse solo in attesa di un motivo per esplodere.»

 

«Non è vero. Se non ti avessi messo a conoscenza dei miei sentimenti, tu saresti ancora felicemente fidanzata con lui. Dovresti odiarmi…»

 

«Non riesco proprio ad avercela con te. Nemmeno se provo ad impegnarmi… proprio non ce la faccio».

Era accoccolata tra le sue braccia come un pulcino sotto l’ala. Si giró e gli diede un bacio su una guancia.

 

«Evviva!» se ne uscì lui «tra un paio d’anni ci arriviamo a un bacio serio? Se non sono io a prendere l’iniziativa…» Mayu gli tiró forte una ciocca di capelli.

 

«Ehi! Dal bacio alla violenza!… Sai Mayu, lo potrei anche fare…»

 

«che cosa?»

 

«amarti come uomo e prendermi cura di te come un padre al tempo stesso».

 

Questa sua uscita fu come una pioggia fresca su pelle arsa dal sole, era una dichiarazione d’amore più profonda e sincera di quella che gli aveva fatto, sconvolgendola, qualche tempo prima. 

 

Che universo incredibile custodiva dentro di se? Credeva di conoscerlo, ma aveva appena sbirciato da una sottilissima fessura la dimensione interiore del suo pirata. Adesso le stava permettendo di mettere piede dentro il suo mondo, ed era una continua piacevole sorpresa.

 

«Sei così diverso da come ti ho sempre conosciuto…»

«pochissime persone mi conoscono davvero… o mi hanno conosciuto. Tu ora sei tra queste…»

 

«mi sento privilegiata! Chi sarebbero le altre?»

 

«lo vuoi sapere? Prova ad indovinarlo…»

 

«uno è sicuramente papá… l’altra, presumo, Maya…»

 

Sorrise, nello sguardo un accenno di malinconia, smentito dal tono scanzonato «Brava! Hai vinto un biglietto per una notte indimenticabile…»

 

Mayu fece per sferrargli un pugno su una spalla, ma lui la fermó 

«cos’hai capito! Adesso andremo a fare un giretto… la notte è giovane! Non penserai che ti abbia portata sin qui solo per collaudare le molle del materasso…»

 

Mayu arrossì… questa volta era lei ad aver pensato a “certe cose”… era stata presa in castagna, o era un piccolo tranello verbale che l’aveva portata a tradirsi.

Aveva ragione lui? Sotto sotto desiderava veramente sapere com’era essere la sua donna anche sotto le lenzuola?

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Capitolo 13
*** Io e te ***


Fuori dall’hotel li aspettava un’auto sportiva presa a noleggio.

L’afa aveva lasciato il posto ad una piacevole fresca brezza che accarezzava il volto a Mayu e le scompigliava i lunghissimi capelli scuri.

Oramai era notte fonda, ma Harlock sapeva chiaramente dove andare e cosa fare.

 

«coraggio, salta sù… non abbiamo molto tempo» le disse facendo un cenno col capo e aprendo la portiera del veicolo.

 

«E ora dove andiamo?”

«Ti ho già detto di…»

«…non fare troppe domande…» finì per lui Mayu

«lo so! Ma non so se sono vestita in maniera adeguata…»

Lui la osservó attentamente da capo a piedi «così vai benissimo…»

Mise in moto e partirono a velocità sostenuta.

«lo conosci bene questo posto, giusto?»

«abbastanza…» guidava sicuro lungo la strada tortuosa e completamente priva d’illuminazione artificiale. Le uniche luci erano quelle del cielo.

 

Si erano lasciati la città alle spalle, e correvano verso un gruppetto di luci sul mare.

Harlock continuava a guardare l’orologio sul cruscotto, e accelerava.

«abbiamo un appuntamento?» si azzardó a chiedere Mayu

«una specie… e non devo arrivare tardi, o salta tutto…» rispose, con lo sguardo fisso sulla strada che si rivelava man mano sotto le luci abbaglianti del veicolo.

 

Finalmente arrivarono: per la tensione Mayu si era aggrappata con tutte le sue forze alla maniglia della portiera, e aveva puntellato i piedi per tenersi stabile. 

 

«ma questo è un porto!» 

«affermativo»

La prese per mano e la condusse ad un piccolo molo dove una barca era ormeggiata.

Un tizio taciturno, dallo sguardo accigliato, pelle cotta dal sole e ispidi capelli scuri intascó il denaro che Harlock gli porgeva, e con un cenno li invitó a salire a bordo dell’imbarcazione cabinata.

Il tizio sparì al suo posto e li lasció da soli. Un attimo dopo la barca lasciava il molo e si dirigeva velocemente al largo.

 

Dopo qualche tempo lo sguardo di Mayu fu attratto dall’acqua… dove la barca frangeva le onde l’acqua si illuminava… doveva essere popolata da organismi bioluminescenti. Ne aveva sentito parlare, ma non l’aveva mai visto coi suoi occhi…

La barca arrestó la sua corsa in mezzo al nulla. Le luci del porto erano minuscole capocchie di spillo alle loro spalle..

 

Harlock si tolse i pantaloni e la maglietta, rimasto in boxer si tuffò in quell’incredibile oceano luminoso.

 

Dopo che fu riemerso gridó a Mayu che si trovava ancora sulla barca

«vieni anche tu! L’acqua è calda!»

 

«non ho il costume! Potevi dirmelo e l’avrei portato!»

 

«non hai bisogno di nessun costume… le sirene non lo portano… togliti tutto e vieni!»

 

«tu sei matto! Io non mi spoglio davanti a te!!!!»

 

«non fare la difficile! Stai perdendo tempo in inutili chiacchiere…»

 

L’acqua era invitante, la luminosità rendeva quel mare come un’incredibile piscina illuminata tutta naturale… e quel colore… 

 

“Al diavolo!” Pensó Mayu.

Si spogliò rimanendo in slip e reggiseno.

“E chi se la perde?!”

Si tuffó in acqua anche lei.

 

Riemerse e sembrava una creatura di fiaba. La pelle e i capelli brillavano come l’acqua.

«finalmente! Sei ancora troppo vestita peró…»

«anche tu sei in mutande…»

Harlock si portó entrambe le mani a tirare indietro i capelli bagnati, la guardó serio

«faccio sempre in tempo a toglierle…»

«non ce n’è bisogno!» gridó Mayu.

«possibile che non si possa mai scherzare? Dobbiamo passare tutta la notte a discutere?»

 

Mayu si guardó intorno e rimase senza fiato

«Santo cielo… ma dove mi hai portata…»

«nell’unico posto dove meriti di stare: in paradiso…»

 

Il cielo si rifletteva perfettamente sullo specchio dell’acqua quasi immobile, la luminescenza ad ogni movimento creava l’illusione di nuotare in mezzo alle stelle.

 

«non ci saranno squali qui, o altri animali pericolosi, vero?»

«no… in quest’oceano le forme di vita restano a grandi profondità… per via della composizione chimica dell’acqua negli strati scaldati dal sole… in superficie si trovano solo i microorganismi che illuminano l’acqua…»

 

«…incredibile… sembra di trovarsi in un sogno» le stelle si riflettevano anche nei suoi occhi, e i riverberi fluorescenti erano intrecciati tra i capelli. Giocarono nuotando per tutta l’ultima parte della notte: le acque dense di minerali dell’oceano rendevano il galleggiarvi incredibilmente facile. Seppure restassero immobili non c’era verso di andare a fondo.

 

Bagliori alle spalle di Xania annunciavano l’approssimarsi dell’alba.

Il tizio della barca cacció un braccio dal finestrino del suo abitacolo, agitando un lume cremisi. Era ora di andare.

 

Erano fradici, nessuno aveva pensato a portare un cambio, tantomeno un asciugamano. 

Mayu rabbrividì alla brezza fresca.

 

«hai freddo?»

 

«solo un pochino… appena mi asciugheró staró meglio…»

 

Harlock le dava le spalle, si stava legando i capelli bagnati in una coda bassa. Mayu lo guardó rapita: non lo aveva mai visto senza vestiti, la sagoma che scorgeva avanti a sé sembrava quella di un estraneo, seppure lo conoscesse molto bene. Non riconobbe in lui quel padre a cui era legata da sempre; ma solo un uomo gentile, nemmeno tanto vecchio come aveva sempre creduto e incredibilmente affascinante… non solo bello fisicamente.

 

Si avvicinó a lui, cercando un po’ di calore e non solo.

Questa volta prese lei l’iniziativa. Fu tutto molto naturale: un innocente bacio sulle labbra, poi un altro più avvolgente, infine un terzo, dove schiuse le labbra e insinuó timidamente la lingua.

 

La sua mano a reggerle la schiena, tra la massa di capelli ancora bagnati, l’altra dapprima ad accarezzale una guancia e poi a scendere sul fianco.

Il reggiseno bianco aveva rivelato la sua trasparenza, aderente e bagnato, così pure come lo slippino.

Due dita si infilarono nell’elastico dell’indumento, abbassandolo appena; si stava lasciando andare, consapevole che era ció che desiderava, quando un dubbio le attraversó la mente come una saetta.

 

«no!» si scostó bruscamente.

Harlock la lasció immediatamente.

 

«scusami, ho esagerato…»

 

«no… scusami tu. Non è colpa tua…»

 

Il resto della navigazione rimasero in silenzio, ad osservare il cielo mutare le sue sfumature e le lune farsi più pallide.

 

All’attracco del natante erano già rivestiti.

 

In silenzio risalirono in auto, questa volta non c’era fretta. 

 

«cosa ti ha frenata?» Harlock ruppe il silenzio quando si rese conto che lei non avrebbe fornito alcuna spiegazione di propria volontà.

 

Un sospiro profondo.

«cosa succede tra due persone quando finisce una storia?» la voce di Mayu era incerta e sommessa

 

«non lo so… dimmelo tu…»

 

«nella migliore delle ipotesi ci si incontra ogni tanto e a malapena ci si saluta. Nella peggiore non ci si vuole più vedere…»

Si giró a scrutarne il profilo, concentrato sulla guida solo apparentemente.

 

«non voglio succeda questo… non saró mai pronta a perderti…» solo l’idea le faceva tremare la voce.

 

Accostó l’auto, spense il motore e si giró verso di lei, guardandola seriamente:

«ho fatto un giuramento, niente e nessuno mi impedirà di onorarlo. Qualsiasi cosa accada io dovró prendermi cura di te. Anche se domani vorrai fare l’amore con me e tra un mese decidere che vuoi tornare da lui… questo non mi impedirà di vegliare su di te, sempre»

 

Mayu l’osservava, ascoltava con tutta l’attenzione che una notte insonne le permetteva.

 

I capelli scarmigliati gli ricadevano ancora umidi sul tessuto della maglietta nera inumidendola. Si era rivestito ancor prima di essersi asciugato completamente, e l’indumento aderiva in più punti sui pettorali e sull’addome. 

 

Pensó a quanto l’avesse desiderato, fino a rabbrividire, quando erano entrambi appena riemersi dalle acque dell’oceano e si diede della stupida fifona per aver dubitato di lui.

 

«…e non solo perché l’ho promesso a tuo padre; ma anche perché quel che provo per te è più di un amore filiale, e…» non terminó la frase, ma il senso le era perfettamente chiaro.

 

Mayu si limitó ad annuire, e lo bació nuovamente sulla bocca, soffermandosi di più, per dargli ad intendere che aveva capito, e lo accettava. Esitó… era molto stanca ma aveva ancora una voglia incredibile di baciarlo veramente, come non aveva fatto mai, senza timore, senza riserve e di nuovo si accostó alla sua bocca, che ancora sapeva di sale, con le labbra già schiuse e questa volta fu un bacio caldo e profondo, carico di desiderio e passione.

Avvinti in un abbraccio salutarono l’arrivo del nuovo giorno su Toi70.

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Capitolo 14
*** Scacco matto ***


Nel primo pomeriggio Harlock tiró giù dal letto Mayu, che non ne voleva sapere di svegliarsi.

Era talmente stanca quand’erano tornati dalla loro gita romantica in mare aperto, che non aveva certo badato al letto: dopo una doccia velocissima si era infilata il pigiama a occhi chiusi ed era crollata addormentata quando il sole di Toi aveva iniziato ad illuminare il nuovo giorno.

Nonostante le prime proteste, avevano finito per dormire insieme.

 

«Alzati dormigliona! È l’ultimo giorno: dobbiamo sfruttarlo prima che finisca… »

Mayu mugoló e si giró dall’altra, ficcando la testa sotto il cuscino.

 

“Conosco io il modo di svegliarti…”

Infiló le mani sotto le lenzuola, cercando i fianchi della ragazza, sollevó la maglietta del pigiama quel tanto da solleticarle la pelle con tocchi leggeri. Mayu cominció a contorcersi scalciando e ridendo senza fiato:

«noooo!!! Smettila! Basta! Adesso mi alzo!!!!»

 

Saltó dal letto e corse a chiudersi in bagno, dopo pochi minuti uscì vestita e pettinata; i pantaloni di tela a vita bassa e la maglietta che le lasciava scoperta la pancia erano l’ideale in quel mondo torrido.

«Adesso mi dici che dobbiamo fare e perché hai tutta questa fretta…»

 

Harlock si era vestito a sua volta. I capelli erano legati, una maglietta nera aderente a maniche corte, pantaloni neri anch’essi e un paio di occhiali da sole, a nascondere la benda e proteggere l’occhio dalla luce intensa del sole di Toi.

 

Mayu fischió quando lo vide.

«Accidenti!!! Ma come fai con questo caldo? Sempre vestito di nero…» 

 

«…sciocca!» disse sorridendo compiaciuto. «Ci vuole fisico!» Poi riprese «non lasceremo questo posto prima di aver visto la festa dell’amore… vengono qui da tutte le parti della galassia per parteciparvi…»

 

Mayu spalancó gli occhi 

«tu hai spedito Tadashi e Kei qui da soli, a festeggiare un San Valentino cosmico?!?!» era incredula e irritata «sei proprio un ruffiano! E io che mi sono lasciata andare così…»

 

«Non hai gradito la scorsa notte? Eppure sembravi molto coinvolta… Non me li sono sognati quei baci roventi… O preferisci  ancora pensare al pivello?…»

 

Ammutolì, ricordando la nottata appena trascorsa, e a come il suo cuore aveva battuto furioso quando lui aveva tentato di abbassarle gli slip. Ogni rimostranza era decisamente fuori luogo… Anche se immaginare Tadashi abbracciato a Kei le procurava una fitta dolorosa.

 

Per la strada Mayu era ritornata bambina, cercando di affrerrare i cuori che danzavano nell’aria, inseguendo gli invisibili capricci delle correnti; indicando ora questa ora quell’attrazione e meravigliandosi davanti alle bancarelle di gioielli, fiori e dolciumi.

 

Avevano entrambi saltato colazione e pranzo; si fermarono in un locale scelto da Mayu, dove offrivano piatti tipici del luogo.

 

Con la coda dell’occhio ad Harlock parve di scorgere Tadashi tra la folla: le possibilità di incontrarsi per caso in una metropoli come quella erano pari a zero, doveva essersi sbagliato…

 

Si erano accomodati, e Mayu aveva il naso infilato nel Menu, quando Tadashi sbucó dalla porta d’ingresso.

 

Harlock mimó una “v” con l’indice e il medio:

«scusa Mayu, devo andare in bagno…»

«mmm… mmm..» lei annuì distrattamente, continuando a leggere.

 

Per riuscire a scovarlo doveva aver usato per forza il localizzatore: ogni membro dell’equipaggio ne possedeva uno, e venivano adoperati esclusivamente in condizioni di grave emergenza.

Tadashi aveva infranto quella regola, che proteggeva la privacy di ognuno di loro.

 

Si trovarono faccia a faccia appena fuori il locale

 

«cosa hai intenzione di fare? Te la sei già portata a letto, vero?» Tadashi era partito in quarta.

 

Ignoró la domanda 

«dove hai lasciato Kei? Non sei un buon cavaliere…»

 

«sta benissimo… non stiamo parlando di lei. Ti sei scopato Mayu come hai fatto con Kei? Tolto lo sfizio e aggiunta alla lista delle tue conquiste? Ci giocherai finchè ne avrai…» le parole gli morirono in gola.

 

Harlock strinse lo sguardo, affilato come un pugnale. Improvvisamente la giovialità fu sostituita dalla spietatezza del pirata. Tadashi vide ciò che ogni uomo vedeva prima di morire.

 

«non mettere mai in dubbio ció che provo per lei.» lo disse sibilandolo a denti stretti.

 

Tadashi capì di aver esagerato. Rabbia e gelosia lo facevano sragionare. Sapeva bene che lui l’amava come una figlia, ma non voleva accettare in nessun caso che ci fosse del resto.

 

Harlock ghignó «per averti detto di noi, dovete essere parecchio in confidenza…»

 

Tadashi ammutolì e Harlock incalzó

«È in gamba tra le lenzuola, non è vero?…»

 

«noi non…» non riuscì a terminare la frase. Mentire sarebbe stato stupido. Come stupido era stato a tradirsi.

 

«bene: non sei nella posizione di pretendere alcunché. Ti do un cosiglio…» diede uno sguardo al cronografo che aveva al polso

«tra meno di 18 ore ritornerai in servizio. Cerca di sfruttarle al meglio»

 

«per favore, non dirle nulla… ci penseró io.»

 

Harlock alzó le mani e tornó nel locale.


Era andata così: non era riuscito a resistere a lungo al fascino della sua bionda superiore. Ci era cascato con tutte le scarpe, si era fatto fuori da solo.

Vuoi sapere che il guercio malefico e Mayu erano insieme da soli, vuoi che di fatto non stavano più insieme, cedere era stato molto più semplice di quanto avesse immaginato.

Kei non pretendeva nulla, sapeva bene che il cuore di Tadashi non era libero… ma era innegabile che lei gli piacesse molto, ancora di più dopo aver conosciuto i suoi sentimenti. Certamente era stata molto di più di una “sgroppata scacciapensieri”, durante quei sei giorni avevano approfondito la conoscenza, entrando in intimità non solo fisicamente… non voleva trattare Kei come un rimpiazzo, ma cosa sarebbe successo al loro ritorno? 

Doveva confessare a Mayu di essersi portato a letto Kei, o lo faceva lui o ci avrebbe pensato Harlock…

 

A questo punto sembrava proprio che il destino, o più precisamente il suo capitano, avesse già deciso come sarebbe finita tutta quella storia. 

Harlock aveva vinto: quel pensiero lo lasció turbato; veramente aveva considerato Mayu come una sorta di trofeo? Un premio da vincere in una competizione tra lui e il suo capitano?

 

Fu troppo semplice fare il paragone: la biondina era una donna a tutti gli effetti, mentre Mayu poco più di un adolescente: molto dolce, intelligente e capace di slanci affettuosi incredibili ma Kei… il suo essere donna esperta gli accendeva i sensi come non mai.

Il sentimento per Mayu era semplicemente una rivalsa inconscia verso Harlock? Suo malgrado aveva usato la figlioccia del capitano per il solo gusto di portargliela via?

“Perdonami Mayu…” si era comportato come uno stupido bamboccio viziato, e il pensiero di quella giovane ragazza che si stava tormentando anche per lui, lo fecero sentire un verme.

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Capitolo 15
*** Ombre!!! ***


«Mayu dobbiamo andare… domattina all’alba abbiamo il rendez-vous con Tadashi e Kei.»

Ormai era notte fonda, camminavano da ore ma Mayu sembrava non conoscere la fatica, troppo presa da tutto ciò che la circondava e che reclamava la sua attenzione.

 

«Ti prego, ancora un pó… laggiù c’è un negozio di vestiti, ho visto una camicetta bellissima!» disse tirandoselo dietro.

 

Giocare ai fidanzati era divertente. Non l’aveva mai vissuta sotto quest’ottica la sua Mayu, decise di accontentarla viziandola un pó… una notte insonne valeva pur quel briciolo di felicità che stavano sperimentando.

 

Mayu uscì dal negozio carica di buste

«avevo scordato quanto fossi generoso con me!» era euforica «comincio a pensare che hai avuto un’intuizione geniale architettando questa fuga fuori programma…»

 

Stava andando tutto a meraviglia: quei due giorni erano stati perfetti sotto ogni punto di vista.

Era stato un azzardo tirarsela dietro, avrebbe potuto rivelarsi un fiasco colossale questo tentativo di conquista forzato, invece ogni cosa aveva superato grandemente le sue aspettative. Ci aveva visto giusto: lei aveva solo bisogno di guardare le cose sotto un’altra prospettiva.

 

Ad un tratto Mayu esclamó

«Hei!! Un’indovina! Ho sempre desiderato farmi leggere le carte! Dai andiamo!!!!»

 

Harlock sbuffó «che sciocchezze! Sono tutte stupidaggini…»

 

«Daiiii… voglio sapere chi sposeró…» si fece una risata vedendo l’espressione poco entusiasta di lui.

 

«d’accordo, ma ci vai da sola. Io ti aspetto qui… e non metterci troppo! …e se ti parla di Tadashi, è una truffatrice!» L’avvertì, scherzando.

 

Lei gli molló le buste e corse verso la tenda blu scuro, ornata di stelle. Davanti un cartello diceva semplicemente “cartomante”.

 

Aveva appena scostato la tela per entrare quando una voce la chiamó

«vieni avanti bambina… vieni...»

 

Se l’avesse incontrata per strada non l’avrebbe mai detto: quella vecchia signora sembrava più somigliare a Masu che a una misteriosa cartomante.

Ma che importava? Dopotutto era semplicemente un gioco.

 

«Accomodati cara.»

L’interno della tenda era completamente immerso nelle tenebre, fatto salvo per il cono di luce che avvolgeva la signora e il tavolino alla quale era seduta. Un mazzo di carte; decisamente le più grandi e logore che avesse mai visto, era appoggiato al centro.

 

Occhi attenti e indagatori la scrutarono 

«trabocchi d’amore bambina! Non puoi che avere un futuro roseo col tuo innamorato!» Nel mentre, mani rugose e abili mescolavano le carte e le disponevano a raggiera sul tavolo. Le rimanenti le pose a ventaglio a Mayu

«scegline tre, e mettile al centro del cerchio…»

 

Pescó tre carte e fece come le era stato detto.

 

«proprio come ho immaginato! Sei molto amata… un uomo veglia su di te… da sempre. È parecchio più grande, ma sei al primo posto nel suo cuore…» alzó lo sguardo, sorridendole «sei molto fortunata! È un uomo che non ti tradirà mai, come una fortezza contro ogni male…»

 

Riprese

«oh! Ma non è finita… c’è anche un giovane uomo, che si sta tormentando. Adesso è confuso…»

 

Mayu era a bocca aperta, come poteva sapere tutte queste cose?

 

«non vedo un futuro con lui, anche se siete stati molto uniti…»

 

Mayu pendeva dalle labbra della vecchia indovina. Ad un tratto la fronte della donna si aggrottó, pensierosa. 

 

«che c’è? Brutte notizie?» chiese timorosa.

 

«no… nessuna brutta notizia, ma… dovrai fare attenzione. Un’avvenimento importante ti aspetta, e dovrai prendere una decisione. Da questa dipenderà il futuro tuo e del tuo amato…»

 

Mayu ne fu delusa «ah… tutto qui?»

“Che sciocchezze. Aveva ragione Harlock… tempo e denaro persi.” Pensó.

 

«No, aspetta… c’è dell’altro».


Quando la sua piccola Mayu riemerse dal buio della tenda tiró un sospiro di sollievo

 

«finalmente! Temevo ci restassi fino all’alba… allora? Soddisfatta?»

 

«Avevi ragione tu: sono solo stupidaggini!»

 

«Perché? Ti ha detto che resterai zitella?»

 

Mayu non raccolse la battuta ma rimase pensierosa e imbronciata, Harlock lo attribuì alla delusione.

 

«Il frutto del tuo amore sancirà la sua fine»

 

Queste parole le rieccheggiarono in testa come un suono sinistro.


Si chiuse la porta alle spalle come se così facendo potesse lasciare fuori i pensieri cupi.

Si mise il pigiama in silenzio, rifugiandosi poi tra le lenzuola, ulteriore barriera a quel fastidioso tarlo.

 

“Sciocchezze… sono solo stupide superstizioni”

 

Continuava a ripeterselo come un mantra.

Un braccio a cingerle la vita, e il sussurro del suo capitano

«tutto bene? Sembri turbata.»

«no… sono solo tanto stanca…»

Si rannicchió in posizione fetale, cercando calore e sperando anche di trovare la protezione che aveva sempre trovato in Harlock, quello che era stato il suo padrino e che ora era…. Cos’era? Non lo sapeva con chiarezza, ma era lì, come sempre, per sostenerla e darle conforto.

Pian piano il calore che le trasmetteva il corpo di lui le rilassó le membra, cullandola in un abbraccio accogliente e sicuro, capace di scioglierle quel ansia che le si era insinuata nel petto e nei pensieri, e pian piano prese sonno.


Il sogno l’aggredì brutalmente subito dopo.

Correva nell’oscurità che le premeva addosso, braccata da un invisibile minaccia, con un fagotto stretto al petto. Sentiva la voce di Harlock che la chiamava angosciato, ma lei continuava a scappare: era disperatamente consapevole che doveva portare se stessa e quel fagotto che stava reggendo lontano da lui.

Cosa c’era dentro? Non ne aveva idea, sapeva solo che era più importante di qualsiasi altra cosa avesse mai avuto.

Perché scappava? Lui l’amava e non le avrebbe mai fatto del male, ma ugualmente continuava a fuggire correndo più veloce.

 

E nel buio, all'improvviso una voce prese a recitare 

“Il frutto del tuo amore sancirà la sua fine”, una nenia ripetitiva e lugubre come canto funebre.

 

Si sveglió madida di sudore, col cuore impazzito che minacciava di uscirle dal petto.

Harlock dormiva sereno, accanto a lei.

Cercó di calmarsi, di riprendere il sonno ma il sogno l’aveva lasciata spaventata.

 

Dolcemente lo scosse «Harlock svegliati…»

 

«cosa c’è? Non ti senti bene?»

«no, ho fatto un brutto sogno…»

«…come quando eri piccola…» sorrise, ancora troppo assonnato «cosa hai sognato?»

 

Esitó

«non ricordo bene… ma centrava la profezia della cartomante…»

 

«aaaaah…» si portó una mano sugli occhi

«te l’avevo detto di non dar retta a quelle stupidaggini! Dai vieni, vedrai che ti addormenterai subito…»

 

«riportami lì… voglio parlarci»

«cosa?! Adesso?!»

«per favore… devo rivedere quella signora…»

«quella strega vorrai dire! Mayu tra 4 ore dobbiamo andarcene…»

 

«ti prego!!! Non riuscirei a stare tranquilla altrimenti!»

 

Si passó i palmi delle mani sul viso

«e va bene!!! Fammi mettere addosso qualcosa…»

 

L’auto era ancora a disposizione.

«sali, a piedi non ce la faremo mai in tempo!»

Le strade principali erano chiuse al traffico, scelse stradine secondarie per avvicinarsi il piú possibile, il resto del tragitto dovettero farlo a piedi.

 

«Mi pare fosse qui, nei dintorni…»

 

«si! Ecco il negozio dove ho comprato i vestiti!!!»

 

Mayu rifece il breve percorso dal negozio alla tenda della vecchia strega, come l’aveva chiamata Harlock, ma rimase turbata nello scoprire che al posto suo c’era una bancarella che vendeva rose.

 

«Non è possibile! Era qui ne sono sicura!»


«Mi scusi, sa dov’è andata la cartomante che stava qui prima di lei?» Si era avvicinata alla venditrice di fiori, ma la signora la guardó con espressione interrogativa

«non so proprio… io sono qui dall’inizio della festa… ogni anno ho il mio banco sempre allo stesso posto… sicura di non sbagliarti?»

 

Mayu rimase a bocca aperta, o era uno scherzo o stava avendo le traveggole.

 

L’unica spiegazione logica era che si fossero sbagliati. Non era quella la strada giusta, anche se era sicurissima di non essersi confusa.

Ma come le disse Harlock più tardi, la città era talmente grande che era facile scambiare una via per l’altra.

Non restava altro da fare che tornare a dormire… 

 

«Mi dispiace averti svegliato per niente… è stato inutile…» se possibile era ancor più tesa e nervosa.

 

«Già: due notti insonni e nemmeno me l’hai data…»

 

Mayu gli tiró i capelli e iniziarono a punzecchiarsi

 

«stavo scherzando!»

«Non è vero! Sono sicura che lo pensi sul serio! Meno male che tra poche ore rivedró Tadashi…»

 

«Fossi in te non ne sarei così contenta… dopo una settimana con la bionda più sexy della galassia si sará scordato anche della tua esistenza…»

 

«Ti odio! Smettila di prendermi in giro!»

 

«Questa volta non scherzavo…»

 

«Ah sì?! Beccati questo!» gli sferró un pugno sul braccio destro.

 

«smettila! Sto guidando!»

 

«e allora tu finiscila di provocare! E poi vorrei sapere: quante tue ex hai portato qui?»

 

«queste informazioni sono coperte da segreto militare»

 

Mayu incroció le  braccia e mise il broncio finché non ritornarono in hotel.

 

Il bisticcio fece scordare a Mayu tutta la faccenda: sogno, cartomante e ansie si dissolsero come un cubetto di ghiaccio sotto il sole d’agosto.

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Capitolo 16
*** Ricordi ***


Regna, oh Sire,

sui baratri del mio cuore.

 

Tadashi era rientrato da Toi70 nervoso e taciturno. Si erano salutati brevemente, imbarazzati entrambi, poi con la scusa della stanchezza del viaggio si chiuse nella sua cabina e sparì per tutto il fine settimana.

A lei sarebbe piaciuto conoscere tutti i dettagli della sua vacanza forzata con Kei, ma capiva che ficcare il naso, nella sua posizione, non sarebbe stato corretto.

Non sapeva come comportarsi: non aveva più l’esclusiva della fidanzata ma ancora non si sentiva solo un’amica per lui; stanca di farsi mille paranoie decise di lasciare in pace Tadashi, seppur con una punta di rincrescimento.

 

Con la scusa di riordinare si mise in clausura, un po’ di solitudine le avrebbe fatto bene

.

Aveva accumulato numerosi scatoloni nel corso degli anni e ora le sue esigenze erano cambiate: il ripostiglio a sua disposizione sarebbe diventato un’ottima cabina armadio perché tra scarpe e vestiti aveva bisogno di spazio.

 

Si mise a frugare dentro le scatole, mettendo da parte vecchi giocattoli, vestiti oramai piccoli, libri da bambina, vecchi giornali, e parecchia polvere.

Il più era veramente immondizia che accantonó arricciando il naso: cartaccia vecchia e giocattoli rotti.

L’ennesimo scatolone era pieno più o meno delle stesse cose, ma verso il fondo vide un oggetto che non usava più da anni… non lo vedeva da quasi dieci. L’ocarina che le aveva regalato Harlock quando era una bambina… 

Si ricordava ancora come si suonava. Chissà come ci era finita lì dentro… 

 

La ripulì per bene, e non senza una punta di nostalgia cominciò a tirarne fuori l’unica melodia che aveva imparato.

 

Fu come essere sommersa da un fiume in piena di ricordi… la suonava quando lui le mancava talmente tanto da piangere, la suonavano insieme quando, raramente, lui l’accoglieva a bordo dell’Arcadia… l’aveva costruita lui, con le sue mani, solo per lei: ed era l’oggetto più caro che possedeva. Avrebbe rinunciato volentieri alle scarpe, ma non a portarla con sé.

 

Perché aveva dimenticato?

Perché la sua vita incalzava: perché pensava al futuro e al presente e mai al suo passato. Il suo sentimento per Tadashi e l’euforia delle nuove esperienze, del “diventare grande” l’avevano risucchiata in un vortice irresistibile ed aveva dimenticato…

 

Improvvisamente sentì il bisogno impellente, l’urgenza di correre da lui e abbracciarlo e tenerlo stretto come faceva da bambina quando non lo vedeva da troppo tempo…

Con ancora il piccolo strumento stretto nel pugno corse fuori dirigendosi verso la plancia… non ci andava mai, non amava troppo quella parte della nave; ma si sentiva come se le mancasse ossigeno nei polmoni.

Arrivó trafelata ma lui non c’era e senza dire nulla tornó sui suoi passi in una nuova corsa a perdifiato per i corridoi, diretta al suo alloggio. Entró come una furia, ma lui non era neppure lì.

La paura le strinse il cuore… dove era il suo Harlock? Dove poteva essere? Uscendo nuovamente di corsa urtó Meeme «Mayu! Quanta fretta!» le sorrise dolcemente.

«oh Meeme!!!» aveva quasi le lacrime agli occhi «Meeme dov’è Harlock? Ti prego, dimmelo!»

Meeme capiva senza bisogno di parole, e il sentimento di Mayu la intenerì.

«dovrebbe essere a fare il suo giro d’ispezione, ma non so dirti esattamente dove…»

Non la lasció finire e riprese la sua corsa.

Era questo? Era questo il sentimento che lei aveva sepolto per tanto tempo? La fame della sua presenza? Il bisogno di lui? Un bisogno che Tadashi aveva contribuito ad anestetizzare, come una sorta di surrogato, per qualche tempo?

 

Sgomenta si fermó, ansimante… non solo lei lo amava più di qualsiasi altra persona… era il centro del suo mondo. 

E tutto le fu chiaro, i dubbi cessarono di esistere, l’urgenza morì pian piano, lasciandole la granitica  cristallina consapevolezza dei suoi sentimenti.

Diede un bacio al piccolo strumento

“grazie… mi hai aiutata anche questa volta…”.

Ritornó nella sua stanza, serena.

 

Continuó a riordinare, con calma.

Nel tardo pomeriggio si fece vivo Harlock 

«Meeme ha detto che mi cercavi… sembrava essere urgente…»

Senza rispondere l’abbracció come forse non aveva mai abbracciato nemmeno Tadashi.

«mayu, che ti prende? Cosa c’è?»

Non rispondeva. Era attaccata come una cozza allo scoglio: stretta stretta, con l’orecchio premuto al suo petto, a catturarne i battiti forti e regolari del cuore. Che 

bel suono, il più bello del mondo…

«Mayu, mi sto preoccupando… è successo qualcosa?»

«sì…»

«forza! Parla… è successo qualcosa con Tadashi?»

«tadashi non c’entra… Harlock ti voglio bene… ti voglio bene ed è talmente grande che temo mi esploderà il cuore…»

La strinse a sua volta, senza parlare: l’emozione gli impediva di scegliere parole da dire.

«adesso non so che fare…»

«non abbiamo fretta, non c’è alcuna fretta. Prenditi tutto il tempo che vuoi…»

«grazie…»

«adesso puoi lasciarmi»

«e se poi vai via?»

«non vado da nessuna parte, promesso!»

«sicuro?!»

«hei! Il molesto ero io!»

 

per un periodo aveva seriamente creduto di essere un folle… un folle che sperava in uno sciocco sogno romantico, Di essersi incagliato in un utopico desiderio da nascondere, proprio per la sua follia.

Ma il suo intuito non aveva sbagliato: alla lunga gli aveva dato ragione.

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Capitolo 17
*** È questo l’amore? ***


Erano tornati ormai da più di una settimana e Tadashi era stato solo una serie di incontri fugaci per i corridoi, saluti frettolosi e sguardi sfuggenti; e tutto questo la faceva soffrire.

Con Harlock era differente; si ritrovava a cercare la sua compagnia, spesso con futili pretesti e lui non ne sembrava dispiaciuto: cosa che non aveva mai fatto prima; aveva imparato da bambina a rispettare l’importanza del ruolo che ricopriva e accontentarsi dei ritagli del suo tempo.

 

«Ti amo così tanto…» in un sussurro appena percettibile. Seduta sul letto, abbracciando le gambe raccolte al petto, guardava dal piccolo oblò della sua stanzetta, persa nell’oceano interiore dei sentimenti che aveva riscoperto.

 

“Ti voglio bene. Un bene infinito…” ma “ti amo” proprio non riusciva a dirglielo. Perché? Forse aveva paura di lasciarsi andare… i suoi baci erano come mettere un piede in paradiso, la stordivano, avevano il potere di portarla fuori dal mondo, dalla realtà… come sarebbe stato fare l’amore con lui? Solo a tentare di pensarci le venivano le vertigini… no. Per ora non se ne parlava… troppa carne al fuoco.

 

Dei colpi alla porta la riportarono alla realtà.

«Sono Tadashi. Posso entrare?»

 

L’imbarazzo si poteva tagliare col coltello.

Tadashi si mise una mano tra i capelli, guardando dapprima il pavimento e poi gettando la testa all’indietro 

«dannazione… non so da che parte cominciare…»

 

Mayu l’osservava in silenzio, sentiva un peso sul petto che le impediva di parlare, la sensazione che qualcosa di poco piacevole sarebbe accaduto.

 

«…sono cambiate delle cose… da quando sono andato… Da quando mi ha spedito su quel dannato pianeta con lei… noi… ci siamo conosciuti meglio e…» farfugliava palesemente in difficoltà: parlare, spiegarsi era diventato incredibilmente complicato.

Camminava avanti e indietro, le mani irrequiete tradivano il nervosismo.

 

«Diavolo!» imprecó, lo sguardo abbassato. «perdonami Mayu… lei… Kei intendo… mi piace!» disse tutto d’un fiato. 

«ecco, l’ho detto…» si era girato verso la porta. Non voleva vedere l’espressione di lei. Quando risultó evidente che non avrebbe risposto si giró a scrutarla finalmente in volto «non mi dici niente? Dammi del bastardo, ma dimmi qualcosa…»

 

Se lo aspettava? Forse un po’, infatti non era stata proprio una sorpresa, l’aveva capito appena era entrato dalla porta.

 

«E perché dovrei darti del bastardo? In fondo sono stata io a rompere…»

 

«Si ma… io ti volevo! Ho addirittura sfidato Harlock per riaverti! Tu contavi su di me… mi sento come se ti avessi tradita.»

 

Mayu annuì «non devi preoccuparti… è giusto. Se lei ti piace, se vi piacete dovete frequentarvi…»

 

La interruppe «Mayu non hai capito! Siamo stati insieme… fisicamente… più di una volta!»

 

Un tuffo al cuore… il suo Tadashi non era più suo.

Quello che fino a poche settimane prima era il centro del suo mondo, ora lo era per qualcun’altra, mentre lei, priva del suo centro di gravità, andava alla deriva.

 

Eppure era stata lei a rifiutare tutto: la sua proposta, il suo amore. Di cosa si stupiva ora? perché si sentiva come se il mondo le fosse stato tolto da sotto i piedi?

 

«per favore, ora vattene…»

 

«Mayu mi dispiace…»

 

«Lo immagino, ora peró vorrei restare sola.»

 

Tadashi uscì, portandosi dietro un senso di colpa pesante come un macigno.

 

Doveva prendersela con qualcuno…

Kei! Stupida gatta morta! Non era proprio riuscita a tenere le mani apposto… sicuramente era stata lei! Aveva notato gli sguardi che ogni tanto lanciava a Tadashi… se non si fosse intromessa forse ora…

 

«Forse, cosa?!?!» disse guardandosi allo specchio

«la colpa è soltanto mia…»



 

Mayu non amava bere, ma quella era l’occasione giusta per la cosiddetta eccezione che confermava la regola.

 

Il bar era sempre a disposizione: tana e rifugio come ogni nave pirata che si rispetti, da che mondo è mondo, l’alcol non doveva mai mancare.

Scelse l’angolo più buio del locale, quello in fondo, coperto da un paravento. Ci andava con Tadashi a pomiciare, qualcosa come una vita fa… si sedette, portando una bottiglia di rum, una di cola e un bicchiere.

 

Dave, uno dei ragazzi del bar se ne accorse

«hei Mayu… non è un po’ troppo? Se Harlock scopre che ti ho dato una bottiglia intera passeró dei guai…»

 

«non preoccuparti, diró che me la sono presa da sola, e comunque non ho intenzione di finirla, stai tranquillo…»

 

Dave alzó il pollice per dire che era tutto ok.

 

Aveva rubato un paio di sigarette ad Harlock.

Si rivolse nuovamente al barista «Hai da accendere per caso?»

Si avvicinó con l’accendino

 

«dev’essere una serata decisamente no, vero?» disse avvicinando la fiamma alla sigaretta che Mayu teneva tra le labbra.

 

«puoi scommetterci» espiró una nuvola di fumo, e buttó giù una gran sorsata di gin e cola, stringendo gli occhi.

 

«Cerca solo di non esagerare…»

Lei annuì.

 

Il locale si animava dopo cena, ma il brusio le arrivava ovattato, riusciva ancora a sentire il rumore dei propri pensieri; era la prima volta che usava l’alcol per distrarsi.

 

Non vide quando Harlock arrivó, ma lo vide Dave, che con un gesto invitó il capitano ad avvicinarsi.

 

«Mayu è da sola nel salottino, con una bottiglia di rum. Non so cosa le sia successo, ma è parecchio giù»

 

Harlock lo ringrazió

 

«non sei un po’ troppo giovane per quella roba?»

 

Mayu trasalì

«ha fatto la spia! Non preoccuparti, è più cola che rum, non ci tengo a stare male di nuovo…»

 

Le si sedette di fronte

«cos’è successo?»

«nulla di straordinario. Tadashi si è messo con Kei… in tutti i sensi. Dovresti esserne contento…»

 

«Mi dispiace Mayu, sinceramente»

 

«grazie…» lacrime luccicarono nei suoi occhi e Harlock l’abbracció, baciandola sui capelli e stringendola come quando era piccola e lei si sciolse in pianto, con singhiozzi soffocati sulla spalla di lui.

 

«Piangi fin che vuoi… insultami, se puó farti sentire meglio…»

 

Lei gli battè debolmente i pugni sulle spalle

«io ti amo! Ma mi manca…»

 

Era la prima volta che glielo confessava. La strinse di più, sotto le sue mani era piccola e indifesa.

Si sciolse dall'abbraccio, asciugandosi le lacrime e tirando su col naso.

 

«Non restiamo qui… vieni da me, staremo più tranquilli.»




 

Chiusa la porta, Mayu si sedette su una delle poltroncine intorno alla grande tavola di legno massiccio. 

Continuava a tirare su col naso e Harlock sorrise. La tenerezza che gli ispirava quella donna bambina lo stupiva sempre. Le si avvicinó porgendole un fazzoletto, inginocchiandosi per portare lo sguardo all’altezza di quello di lei.

 

Mayu prese il fazzoletto e lo torse tra le mani

«devi soffiarti il naso, non torturarlo…» le disse quasi sottovoce, con lo sguardo carico di tenerezza mista a comprensione

 

«scusa…» si morse un labbro e lo guardó con una strana luce negli occhi.

 

«Non mi sembra il momento giusto…»

 

Mayu fece il gesto di abbassare la zip della corta felpa che indossava, ma Harlock la fermó.

«Tu lo sai quanto io lo desideri. Ma non devi farlo per ripicca…» lo sguardo di brace, mentre pronunciava quelle parole.

 

Mayu scosse il capo «eri tu a dire che non vedevo l’ora di scoprire come fosse farlo con te…»

 

«andiamo! Non dicevo sul serio. Era un modo come un altro per farti sciogliere…»

 

«non vuoi?» Gli chiese, delusa.

 

«certo che sì, ma non così…» le accarezzó una guancia bagnata di lacrime, sfiorandole le labbra.

 

Mayu si sporse e lo bació con timore, poi si tiró giù la zip della felpa e la fece scivolare dalle spalle, rimanendo in reggiseno.

 

«te lo ricordi sulla barca? Mi sono tirata indietro. Ora vuoi tirati indietro tu?»

 

Harlock le prese una mano e la guardó fisso, la voce tremó d’emozione, 

«non mi tiro indietro, ma non ti voglio perché tu possa dimostrare qualcosa a Tadashi…»

 

«E come mi vorresti?» sussurró Mayu

 

«folle d’amore… o almeno abbastanza da desiderarlo con tutta te stessa…»

 

A quelle parole arrossì. Gli occhi bassi, ad osservare il fazzoletto che veniva attorcigliato attorno alle dita.

Il respiro lievemente affannato, e Harlock si perse, ipnotizzato dal ritmico alzarsi e abbassarsi del seno che sporgeva generoso dal reggiseno a balconcino.

 

Senza pensarci appoggió la mano sulla spalla della ragazza, e con un movimento leggero fece scivolare la bretellina dell’indumento.

Per tutta risposta lei gli offrì il viso con le labbra schiuse, mentre le ginocchia cominciarono a tremare, i brividi a percorrerle la schiena come se fosse attraversata da mille piccole scosse, il respiro farsi corto e il bacio morbido e sensuale che seguì la sciolse di ogni inibizione.

Si rese conto che l’aveva sempre desiderato quel contatto con lui, sognato e inseguito fino a quel momento.

 

Piccoli baci leggeri, scrutarsi tra le ciglia, schiudere le labbra e assaggiarsi, dapprima con piccoli tocchi e via via più affamati e ingordi.

Lo desiderava, ogni bacio di più.

Dalle labbra scese al collo e alle spalle, e Mayu piegó la testa all’indietro, porgendogli il collo, affamata di ogni sua carezza.

 

«No… non qui…» disse Harlock con voce bassa e roca. 

 

Mayu si sedette sul tavolo gli prese le mani e le portó sui suoi fianchi, dopo prese ad armeggiare con le cinture

«ora ti dimostreró quanto sono folle»

 

Caddero a terra con un sordo tonfo metallico, mentre lei con le mani cercava febbrilmente il bottone per aprire i pantaloni

 

Il fuoco che divampava come una fucina, troppo a lungo soffocato in Harlock aveva trovato la sua valvola di sfogo.

 

«non qui!» ripetè ansimando.

 

Ma ancora non ebbe la forza di fermarla. Le permise di aprire i pantaloni quel tanto che serviva e lasciarle infilare le dita sotto l’indumento.

 

Il volto di Harlock si avvicinó al suo. I capelli le carezzavano il viso e Mayu con gli occhi lucidi, le gote rosse e le labbra schiuse, con il cuore che le scoppiava nel petto sussurró «io ti amo…»

 

«dimmelo ancora…» chiese carico di desiderio.

 

«ti amo… ti amo e ti voglio, adesso!»

 

All’improvviso la prese tra le braccia per portarla sul letto ed esaudire il desiderio che era di entrambi.

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Capitolo 18
*** A volte ritornano… ***


«Namino?!» fece eco Meeme, spalancando i grandi occhi e ponendo fine alla melodia che stava pizzicando sulle corde dell’arpa.

 

«vuole incontrarmi… ha delle informazioni importanti.»

 

«ci andrai?»

 

«certo che sì. Sta rischiando la vita, lo sta facendo per me… per tutti noi.»

 

«E Mayu? Hai pensato a come potrebbe reagire?»

 

Harlock scosse le spalle «i sentimenti non c’entrano nulla. Non ci incontriamo per amoreggiare.»

 

Meeme lo osservava attentamente. Namino faceva parte del passato ma aveva lasciato un segno importante nel suo cuore.

 

Harlock si sedette sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera. Si accese una sigaretta, imbracció la sua chitarra elettrica e strimpelló il riff di una vecchia canzone.

 

«lo dirai a Mayu?»

 

«non posso certo tenerglielo nascosto.»

 

«andrai solo?»

 

«no. Mi porteró dietro Tadashi, sarà l’occasione per sistemare il nostro rapporto dopo gli ultimi avvenimenti»

 

Meeme annuì «saggia decisione… speriamo le cose non si complichino con Mayu… siete agli inizi di una relazione importante. Misura le tue mosse, lei è giovane e vulnerabile… e dopo tutto quello che hai fatto per…»

 

«… per portarla via a Tadashi vuoi dire?» smise di suonare per fissare l’aliena.

 

«…per conquistare il suo cuore. Non ti ho mai giudicato per il tuo agire, ne in questa, ne in altre circostanze.»

 

Harlock sospiró «hai ragione. Scusami… sono un po’ teso. È una situazione difficile.»




 

Tadashi era stato convocato da Harlock, per essere messo al corrente di ció che lo aspettava.

 

«ci dobbiamo incontrare su Proxima b. Bisogna essere prudenti: lei rischia la vita. Se dovessero scoprirla, questa volta non ci sarà possibilità di perdono da parte di Raflesia.»

 

Tadashi non disse nulla, si limitó a  fissare il capitano.

 

«ci sono domande?»

 

«capisco l’importanza della missione, ma non sarebbe stato meglio inviare le informazioni con una trasmissione criptata? Avrebbe evitato di esporsi inutilmente…»

 

Harlock scosse la testa «il rischio di tracciamento è troppo alto. Lei potrebbe venire monitorizzata e noi localizzati. Finché Mayu è a bordo dell’Arcadia voglio evitare ogni azione che potrebbe risultare potenzialmente pericolosa.»

 

Annuì «giusto. Quando partiamo?»

 

«quando Namino sarà abbastanza sicura di non dare nell’occhio. Dovrà giustificare il viaggio su Proxima b.»




 

Quella di Namino era una storia vecchia di 10 anni, ma per Mayu era come se fosse successo ieri. La rossa spia aveva tentato dapprima di carpire i segreti dell’Arcadia, non riuscendoci aveva cercato poi, fallendo clamorosamente, di far fuori Harlock e la sua ciurma. Ma nel frattempo aveva perso la testa per lui, mandando alla malora i piani di Raflesia.

Lei e Harlock avevano avuto una storia infine: era questo per Mayu, il più grave peccato della donna.

Adesso la rossa era ritornata a galla dal passato: proprio adesso, proprio sul più bello. Proprio quando lei aveva scoperto quel sentimento ardente e totalizzante, saltato fuori prepotentemente da quel cumulo di cenere che si portava nel cuore da sempre. Non le avrebbe permesso di rimettere le sue lunghe mani da arpia sul “suo” Harlock.


Tadashi le aveva parlato della nuova missione, involontariamente aveva acceso una miccia.

 

«Io vengo con te!» disse Mayu decisa, correndogli dietro nel lungo corridoio che portava agli hangar degli space wolf.

 

«Non se ne parla! Non ti muoverai di qui!» col tono imperioso e duro di un ordine. Un cenno della mano, e due mozzi la bloccarono per le braccia

«portatela nel mio alloggio, Meeme si occuperá di lei…»

 

«lasciatemi! Maledetti bifolchi!!!!»

«Haaaaarlock!!!! Questa me la paghi!!!! Non me lo puoi fare!!!!» scalciava, cercando di divincolarsi.

Non ottenendo nessun risultato ricorse alla misura estrema

«Marcus Maximilian Harlock!» odiava essere chiamato per nome, ma anche così non ottenne che un’occhiataccia di rimprovero.

 

Mentre lei continuava a protestare vivacemente

«non puoi lasciarmi qui! Stupido testone… moriró d’ansia, voglio venire anch’io…!»

 

Ansimava, contorcendosi nella morsa dei pirati che la reggevano a fatica.

 

«Ti giuro che se non mi porti con te non ti rivolgeró più la parola per un anno! Sei solo un… PIRATA!!! Tadashi aiutami!!! Fatemi venire con voi!!!»

 

Si giró un’ultima volta, Mayu sapeva essere divertente nella sua spontaneità; le sorrise portando la mano destra alla fronte in un perfetto saluto militare, mentre le grida di Mayu si spegnevano in lontananza.


Proxima b distava una quindicina di parsec, col salto a velocità luce il viaggio sarebbe durato il tempo di una chiacchierata.

 

«Tadashi puoi passarmi il mio palmare? Devo controllare le coordinate del luogo dell’appuntamento.»

 

Tadashi si giró per prendere gli zaini riposti dietro i sedili del piccolo abitacolo.

 

«accidenti capitano… ma cosa ti sei portato?! Delle coperte?» borbottó Tadashi frugando in cerca del palmare.

 

«Coperte?! E perché mai avrei dovuto…»

 

«Mayu!!!» 

 

Dalle coperte era spuntata la ragazza.

 

«Veramente pensavate di liberarvi di me così facilmente?»

 

«Sei pazza?! Ormai non possiamo più tornare indietro!» esclamò Tadashi.

 

Harlock disse semplicemente

«A tempo debito faremo i conti».

 

E con questo stratagemma Mayu si trovó per la seconda volta ospite di un mondo alieno.

 

Se Toi70 era l’ideale per il divertimento e le vacanze romantiche, Proxima b era un mondo freddo e inospitale.

Oceani di metano liquido si profilavano sotto un cielo grigio piombo e l’atmosfera, resa respirabile artificialmente, dava l’impressione di inalare quasi glaciale aria liquida.

Ghiaccio e roccia si alternavano in un panorama desolato, battuto da venti gelidi e sferzanti come lame.

Non c’erano città, ma villaggi arrangiati come accampamenti di fortuna. Raflesia stava cercando di rendere abitabile quel mondo aspro, ma i risultati dei suoi sforzi erano visibilmente insufficienti.

 

«Namino ci aspetta a poca distanza da qui. Non ho idea di quel che troveremo.»

Non aveva degnato Mayu nemmeno di uno sguardo.

 

Le coordinate li portarono all’entrata di un esteso villaggio, fatto di basse casupole che avevano tutta l’aria di precari container, a sfidare incerti il vento tagliente. Grossi animali che somigliavano a felini dalla folta e lunga pelliccia, erano impiegati come trasporto e difesa.

Mayu si avvicinó a uno di essi. I grandi occhi gialli ammiccarono, e un sordo brontolio si levó dal grosso animale, la cui stazza era simile a quella di un toro terrestre, quando lei lo grattó dietro le orecchie.

 

Namino aveva scelto Proxima b perché era una colonia mazoniana, trovare un pretesto per recarvisi era stato relativamente semplice.

 

Una figura avvolta in un ampio mantello grigio si avvicinó. Dalle pieghe del cappuccio, che adombrava il volto a renderlo irriconoscibile, lunghe ciocche di capelli rosso fiammeggiante ondeggiavano, e con una voce musicale e vellutata Namino salutó Harlock.

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Capitolo 19
*** Namino ***


«Capitano… da quanto tempo.» Namino esitó, notando solo ora la figurina sottile di Mayu.

 

«venite, seguitemi.»

 

Quando Namino si mosse, uno dei grossi felini, dal pelo nero come la notte, li seguì.

 

«lui è Inchiostro. La mia guardia del corpo quando vengo qui. Attacca solo su mio comando.»

 

«che meravigliosa creatura!» escalmó Mayu. «posso toccarlo?»

Namino si voltó a guardarla attentamente

«sì, certo. Se non mi mostri ostilità non hai da temere. Sono gatti dei ghiacci, possono resistere a temperature estremamente fredde, sono agili e forti ed incredibilmente intelligenti…» Namino spiegava, mentre Mayu affondava le mani nella morbida pelliccia del grosso gatto e lui ronfó in risposta, osservandola, sornione.

 

Percorsero varie stradine affollate, seguendo Namino in un labirinto caotico.

Finalmente arrivarono ad una casupola anonima, nulla la distingueva dalle circostanti. Forse per questo era stata scelta da lei.

 

L’interno era piccolo e alquanto squallido. Una semplice mobilia arredava l’interno di una stanzetta adibita a cucina. Namino accese due lanterne ad olio poggiate su un tavolino di legno e la luce gialla illuminó i loro volti.

 

«oggi non posso trattenermi con voi. Ho un’incontro urgente con gli amministratori del villaggio. Stanotte potrete dormire qui.»

 

Si giró ad osservare Mayu.

«non mi avevate detto di essere in tre. Questo alloggio ha solo due camere da letto.»

 

«non importa Namino, ti ringrazio… stai facendo già tanto per noi…»

 

Namino abbassó l’ampio cappuccio e riveló il volto, di una bellezza abbagliante; gli anni non avevano scalfito il suo fascino.

 

Gettó le braccia al collo ad Harlock

«è bello rivederti!» la voce tradiva un’emozione profonda.

 

Mayu, in disparte, osservava mentre la gelosia la corrodeva.

 

«Devo lasciarvi. Mi stanno aspettando e un mio ritardo potrebbe insospettire. Ci rivedremo domani al crepuscolo.» Aprì una porta che dava sul retro.

«Qui fuori troverete della legna. La notte fa molto freddo, vi servirà.»

 

Uscita Namino si divisero le stanze: Tadashi si chiuse nella sua mentre Harlock e Mayu occuparono l’altra.

 

Gettó il piccolo zaino a terra, si giró di scatto affrontando Mayu:

«cosa ti è saltato in mente? Lo vuoi capire che stiamo rischiando tutti? Non è un gioco!» era furioso.

«ti avevo dato un ordine ben preciso. Lo sai come si chiama quello che hai fatto?»

 

Ignoró la sua domanda

«non ce la potevo fare… sapere che quella strega ti poteva mettere le mani addosso… E non ha perso tempo!…»

 

«Basta!» la inchiodó al muro, imprigionata dalle mani che aveva appoggiato alla parete ai lati della sua testa

«sei solo una bambina! Credi sia venuto fin qui rischiando la pelle per una scopata?!» ansimó sibilandolo

«se dovesse succederti qualcosa… » esitó

«sei una sciocca incosciente! Devi stare fuori dai miei affari, sono stato chiaro?» le ringhió rabbioso, lo sguardo fiammeggiante.

 

Mayu si fece piccola piccola, sovrastata dalla sua mole e dalla sua ira furibonda.

I grandi occhi spalancati, atterriti, il respiro trattenuto. Si rese conto di aver combinato un guaio serio.

 

«Ci sono truppe di mazoniane ovunque. Se qualcuna dovesse insospettirsi sarebbe la fine… per tutti noi! La tua presenza sta mettendo a rischio questa missione.»

 

Mayu era mortificata. Si rendeva conto del suo gesto incosciente e non sapeva che dire.

 

«basta così. Mi auguro tu abbia capito, e in futuro non si ripeta…»

 

Intanto lei si era spogliata e stava infilandosi un pesante pigiama. Rabbrividì: la temperatura stava scendendo rapidamente.

«non ti servirà» disse Harlock alludendo al pigiama di pile «prendi questo» le lanció una maglietta a collo alto di uno spesso tessuto termico.

 

«e tu? Come farai?» chiese timidamente 

 

«ne ho una indossata sotto i vestiti.» 

 

Era arrabbiato. Non l’aveva mai trattata con così tanta freddezza; e quello che c’era tra di loro rendeva ancor più doloroso il trattamento che le stava riservando. Le venne da piangere.

 

Namino aveva avuto l’accortezza di lasciare qualcosa da mangiare per loro, più un paio di ottime bottiglie di vino terrestre. Un regalo e una gentilezza riservate ad Harlock.

 

Quando Namino aveva detto che avrebbe fatto freddo non aveva esagerato. Nonostante la stufa caricata al massimo, le spesse coperte e gli abiti termici, si battevano i denti. Trovarono sollievo solo dentro i letti, e Mayu con questa scusa provó ad avvicinarsi ad Harlock.

 

«posso scaldarmi vicino a te?» chiese timidamente.

 

Non rispose, ma si avvicinó per abbracciarla sotto i pesanti strati di coperte.

Tentativo fallito: ci sarebbe voluto del tempo perché gli passasse.


L’indomani mattina la temperatura era migliorata: le pesanti nubi di Proxima b di giorno fungevano da serra, scaldando l’aria di quel tanto da rendere appena tollerabile la temperatura, amplificando il calore della lontana stella attorno alla quale orbitava.

 

Quando Mayu si era svegliata Harlock non era accanto a lei. Lo trovó in cucina in compagnia di Tadashi.

«bene… visto che dovremmo passare qui il resto della giornata, vediamo di impiegare il tempo in qualcosa di utile…» disse, spegnendo la sigaretta in un portacenere improvvisato, soffiando di lato l’ultima nuvola di fumo e puntando lo sguardo su Mayu.

 

«vieni con me» disse asciutto.

La casupola aveva nel retro un piccolo cortiletto spoglio, circondato dalle pareti di altre casupole simili, recintato con un malconcio steccato.

 

Si era portato un paio di bottiglie vuote che sistemó in bilico sullo steccato. Mayu lo osservava perplessa.

 

Dopodiché si avvicinó a lei, le prese la mano destra e ci mise la sua pistola.

 

«coraggio. Hai voluto ficcarti ad ogni costo in questa faccenda. È arrivato il momento che ti prenda la responsabilità delle tue azioni»

 

Mayu sbiancó, non aveva mai tenuto in mano un’arma e men che meno aveva mai sparato in vita sua.

 

Protestó

«no! Te lo sogni! Non ho nessuna intenzione di usare questa cosa!»

 

«non sono stato io a chiederti di venire. E tantomeno te l’ho ordinato!» le rispose con tono duro che non ammetteva repliche. «devi essere pronta a difenderti, prima impari e meglio è.»

 

Mayu rimase a bocca aperta senza rispondere. Non c’era altro da fare che ubbidire.

 

Si portó dietro di lei, la schiena di Mayu contro di se. Accompagnó con la sua mano quella di lei, facendole vedere come si prendeva la mira.

 

Tadashi guardava appoggiato al muro della casupola.

“Cara Mayu, hai trovato pane per i tuoi denti…”

 

Da ore stava cercando di colpire quelle maledette bottiglie… all’ennesimo tentativo fallito gettó a terra l’arma e si soffió sulle dita

«ahia!!!! Questo accidente scotta!»

 

«smetti di lamentarti. Raccogli quell’arma e continua a sparare!» Harlock era duro e inflessibile.

 

«sono stanca! Mi fanno male le braccia! Questa cosa pesa! E scotta da morire! E mi fanno male le mani!»

 

«È un problema tuo! Potevi pensarci prima di infilarti, non richiesta, in una missione militare! Adesso raccogli quella pistola: non smetterai di provare finché non avrai centrato almeno uno di quei bersagli!» Intimó con tono duro e deciso.

 

Dopo cinque ore consecutive di tentativi era riuscita a centrare le due bottiglie.

 

«Hai una pessima mira» osservó Harlock avviandosi verso l’interno della casupola.

 

Mayu era stremata, dolorante e affamata, si buttó come un lupo sul piccolo pasto che erano riusciti a racimolare, dopodiché si sedette sul divano sotto la finestra che dava sul retro e si addormentó quasi subito.

Harlock la coprì con una pesante coperta di lana mormorando «piccola incosciente…»

 

«credevo che questo incontro si concludesse in fretta» osservó Tadashi «perché non ci ha consegnato subito queste famose informazioni? Più ci tratteniamo più rischiamo di essere scoperti.» ci pensó un po’ poi aggiunse 

«sei sicuro che non ci abbia attirati in una trappola?»

 

«abbastanza sicuro. Non mi tradirebbe mai.»

 

«speriamo che questa faccenda si concluda presto. Non mi piace stare qui. Questo posto è uno schifo. Solo le mazoniane potevano scegliere un buco gelido e inospitale come questo da colonizzare…» sospiró Tadashi, allungando le gambe sopra il basso tavolino accanto al divano.

 

«è strano…» aggiunse 

Harlock alzó il sopracciglio con fare interrogativo.

 

«vederti al posto mio… ero io a prendermi cura di lei fino a poco tempo fa.»

 

«ti disturba?»

«adesso no. È solo… strano.» continuó «veramente vuoi insegnarle a sparare?»

 

«voglio solo si renda conto con cosa abbiamo a che fare… spero l’abbia capito bene.»

 

Lasciarono riposare Mayu e aspettarono l’arrivo di Namino che giunse come promesso sul finire della giornata.



 

Entró senza bussare e senza convenevoli.

 

«Inchiostro sta facendo la guardia ma… ho paura di essere stata seguita…»

 

Harlock fece un cenno a Tadashi «andiamo a dare un’occhiata, voi due rimanete qui…» Namino era un ex soldato delle truppe di Raflesia: sapeva bene come difendersi.

 

Quando Harlock e Tadashi furono usciti, si rivolse a Mayu che si era destata e stava stropicciandosi gli occhi.

 

«eccola qui la piccola Mayu…» Namino la scrutava attentamente, scansionandola con lo sguardo da capo a piedi

«ti sei fatta proprio carina… e chi l’avrebbe mai detto che Harlock si sarebbe preso una tale sbandata per la sua figlioccia!» con un gesto della mano si portó la lunga chioma che le era scivolata al lato del viso, dietro la spalla. 

Era sempre una bellissima donna, ancora giovane seppur qualche minima ruga le segnasse gli occhi. I capelli erano rimasti di quel fiammante rosso fragola lunghi sino alla vita, gli occhi verde smeraldo luccicavano di curiosità e tradivano un sedimento di gelosia trattenuta a stento.

 

«ho paura che questo sentimento per te lo porterà a farsi parecchio male…»

 

«…io lo amo!» tentó di difendersi Mayu

 

«non lo metto in dubbio.» Continuó «…per ora! Sei così giovane… tra qualche anno troverai che la differenza d’età sarà troppo evidente e i tuoi coetanei ti parranno molto più interessanti…»

 

«e tu che cosa ne sai?! E poi… che t’importa? Ti piace ancora?»

 

«non ti scaldare ragazzina… Harlock o lo si ama o lo si odia. E se lo ami, non smetti mai… stavo solo ragionando.» alzó le spalle «non sono certo io a dirvi cosa potete o non potete fare… ma mi preoccupo per lui. Ne conservo un dolce ricordo…» la guardó con malizia, sfidandola.

 

«stia tranquilla signorina Namino, è ancora una bella donna, troverà senza fatica molti uomini felici di compiacerla… ma si sbrighi… il tempo passa…»

 

Un moto di rabbia lampeggió nello sguardo della rossa mazoniana.

«non esagerare… come compagna di Harlock la tua immunità vale, ma solo fino ad un certo punto…» 

 

“Vipera!” Pensó Mayu.

«non avrebbe mai funzionato tra voi»

 

Namino sorrise. In una situazione normale non si sarebbe mai sognata di discutere con una ragazzina, ma voleva dimostrale che differenza passava tra una bambina e una donna. «tu non c’eri. Non ci hai visti 10 anni fa… non puoi sapere, ne capire»

 

Mayu scosse la testa «tu non sei un animo limpido. L’hai amato, ma non sei mai stata degna di lui. Sei… arida dentro… è per questo che non ha funzionato.»

 

Namino strinse gli occhi. Sembrava una gatta che si preparava a balzare sul topolino ignaro.

 

«so di non poter competere con te. Sei la figlia di Oyama… e della piratessa. Hai un posto talmente privilegiato nel suo cuore, legata a doppio filo. Cosa sei? Figlia e amante? Una promessa da mantenere,  fatta in punto di morte…» sospiró «povera piccola Mayu… sei solo un obbligo al quale adempiere, un dovere per tacitare la coscienza…»

 

La gatta aveva inchiodato il topolino a terra coi suoi artigli affilati.

 

Il tempo e gli anni avevano  indurito il cuore di Namino. Il ritorno alla Dorcas e il perdono di Raflesia avevano avuto un prezzo salato: la regina aveva preteso la più cieca obbedienza e la totale abnegazione. Per salvarsi la vita ed essere riaccettata tra la sua genteNamino aveva annullato se stessa. Era diventata il braccio di Raflesia e null’altro. Le restava solo il ricordo di quei giorni passati con lui.

 

Tornarono anche Harlock e Tadashi.

«qui intorno non c’è nessuno. Solo un pazzo uscirebbe con questo freddo… c’è da congelare li fuori»

I giacconi coi colli di pelliccia e i capelli dei due uomini avevano fiocchi di brina.

 

«Ecco qui» disse Namino, tirando fuori da sotto il mantello un minuscolo dispositivo che mostró ad Harlock 

«qui ci sono tutte le coordinate degli attentati che Raflesia ha progettato. Non ha rinunciato all’idea di impadronirsi Della terra…» esitó «sono attentati studiati con precisione chirurgica: le più alte cariche di stato, eserciti, difesa spaziale… non ha tralasciato nulla…»

 

Harlock prese il piccolo dispositivo che gli porgeva Namino, fissandola

 

«se interverremo sventando ogni attentato capirà immediatamente che una talpa ha divulgato queste informazioni. Quanto ci metterá a capire che sei stata tu? Esigerà la tua testa stavolta…»

 

Namino scosse il capo

«è essenziale che non te ne occupi tu… devi solo far avere queste informazioni a chi di dovere sulla terra… tu sai come fare…»

 

«non cambierà molto…»

 

Namino scosse energicamente la testa «mi fido di te! So che troverai il modo di salvare il tuo mondo e non mettermi nei guai…» lo osservó intensamente, nei suoi occhi luccicó determinato il sentimento che le aveva infiammato il cuore dieci anni prima.

 

«non voglio che ricominci! Non voglio che torniamo ad essere nemici. Scongiura tutto questo, ti prego!!!»

 

Annuì «te lo prometto…»

 

Mayu osservava tutto questo con grande turbamento.

 

«ok, è tutto molto bello, ti ringraziamo Namino, ma dobbiamo andarcene di qui! Abbiamo perso già troppo tempo…» Tadashi era impaziente e fece sentire la sua voce.

 

«vi capisco, ma stanotte è impensabile. Senza l’abbigliamento adatto chiunque morirebbe lì fuori. Dovrete aspettare domattina…»

 

«ti pareva! Un’altra notte a battere i denti… cosa ci troverà quella strega della tua regina in questo inferno di ghiaccio…»

 

«…giacimenti di unoptanio…» rispose Harlock. 

 

«puó esserci anche la caverna delle meraviglie di Aladino ma sempre un postaccio schifoso rimane…» borbottó di malumore Tadashi.

 

Non avevano altra scelta. L’ultima notte su Proxima b era iniziata.

 

La notte passó come la precedente: Mayu si sentiva il terzo incomodo. Mai come in quel momento si era sentita una ragazzina inutile.

 

La mattina seguente ancor prima che si levasse il tenue chiarore che distingueva il giorno dalla notte, Namino si fece viva.

 

«Prendete questi gatti… vi porteranno alla vostra navetta. Quando sarete arrivati lasciateli liberi, torneranno da soli…» teneva per i finimenti due gatti dei ghiacci dalla stazza impressionante. Uno candido come la neve, l’altro dal pelo grigio tigrato.

 

«grazie di tutto Namino…»

«vi accompagneró per un tratto…» esitó.

 

Alzó il viso e inchiodó il suo sguardo in quello di Harlock 

«ti chiedo solo una promessa… fatti vivo ogni tanto…» lo disse sussurrando, di modo che Mayu non sentisse.

 

Lui annuì, serio. «Sai cosa mi lega a lei… il nostro tempo è passato. Ma ciò non toglie che non abbia smesso di volerti bene…»

 

«mi basta…» disse lei, con sguardo carico di sentimenti.

 

Montarono sui gatti: Harlock e Mayu insieme, poi Tasashi e infine Namino su Inchiostro.

 

«vi accompagneró fino a metà strada: il tratto roccioso dovrete percorrerlo da soli.» 

 

Il gatti erano veloci e scattanti, Mayu era abbassata sul dorso dell'animale, col viso e le mani affondate nella pelliccia per tenersi salda. Harlock dietro di lei la reggeva con un braccio attorno alla vita.

 

Tadashi li seguiva e Namino chiudeva la fila.

Il vento sferzava rabbioso e gelido, Harlock aveva scuri occhiali da aviatore a proteggere gli occhi, Mayu lacrimava e non vedeva nulla. Quella corsa era angosciante, Mayu aveva un brutto presentimento anche se tra poco sarebbero stati finalmente in volo per lasciare quel posto desolato.

 

La strada si interrompeva dove iniziava il sentiero che si inerpicava sulle rocce. Finito quel tratto ancora qualche centinaio di metri di sentiero scosceso e sarebbero arrivati allo space wolf.

 

Namino scese per salutarli.

 

«Io devo andarmene. Mi stanno tenendo d’occhio.»

 

Tadashi le pose la mano «grazie ancora…»

 

Accadde tutto in pochi secondi.

 

Si stavano congedando quando degli schiamazzi in lontananza fecero trasalire Namino, che 

sbarró gli occhi e si giró verso Harlock «mi hanno scoperta! Presto Harlock, sparami!»

 

Harlock rimase interdetto 

«sbrigati!!! Se mi trovano qui comunque lo faranno loro! Sparami e scappate! Subito!!!» l’urgenza e la disperazione le avevano fatto venire le lacrime agli occhi. Harlock esitava.

 

«vieni con noi Namino! Io non ti lascio qui…»

 

Scosse il capo con decisione. Gli occhi umidi.

 

Ma tadashi aveva capito che i secondi avrebbero fatto la differenza tra vivere o morire. Afferró per un polso Mayu, strattonandola violentemente e la costrinse a salire sul suo gatto, diede di sprone e lo lanció in una folle disperata corsa attraverso le rocce.

 

I soldati di mazone sarebbero arrivati tra pochi istanti, Namino era disperata «cosa aspetti? Sparami! Preferisco morire per mano tua che loro! Uccidimi Harlock, ti sto supplicando!» sapeva fin troppo bene cosa le avrebbe riservato Raflesia questa volta. Gli si gettó addosso, e quando l’ebbe abbracciato sbarró gli occhi, le braccia si sciolsero da lui e lentamente scivoló a terra. Harlock si abbassó per sorreggerla, mentre nell’altra mano aveva ancora l’arma che aveva sparato il colpo.

 

Ebbe appena il tempo di sussurrare «ti ho sempre amato» poi il suo sguardo si spense. In quell’attimo la pattuglia lo sorprese e iniziarono a sparare.

 

Harlock rispose con qualche colpo, poi riuscì a salire sul gatto e si arrampicarono sulle rocce. Colpi di laser sibilavano tutt’intorno, ma inseguirlo a piedi era impossibile, e in pochi attimi il gatto lo portó in salvo.


«l’hai lasciato da solo!» urló isterica.

 

«non avevo altra scelta! Lui avrebbe voluto così: tu sei la sua priorità…»

 

«se gli è successo qualcosa non te lo perdoneró!»

 

Mayu e Tadashi stavano discutendo quando apparve Harlock. 

 

«Dio ti ringrazio!» Mayu tiró un sospiro di sollievo.

 

Quando scese dal gatto vide che aveva la giacca sporca di sangue.

 

«sei ferito?!» Mayu squittì spaventata.

 

«dobbiamo andarcene, e subito!»

Tadashi aggrottó la fronte «Namino?»

 

«Namino è morta.» rispose secco, senza emozioni apparenti.

 

«morta?!» esclamò Mayu angosciata «l’hanno uccisa?» chiese atterrita.

 

«ho detto di muoversi! O faremo la stessa fine!»

 

Mayu scoppió a piangere, era sempre stata preservata dalla barbarie della violenza, per la prima volta si trovava coinvolta in una situazione realmente pericolosa.

 

«questa è la conseguenza del tuo stupido capriccio» impietoso Harlock la rimproveró, mentre la trascinava senza troppe cerimonie a bordo della navetta.

 

Si alzarono in volo giusto in tempo per vedere i soldati mazoniani valicare le ultime rocce.

 

«io volevo proteggerti da tutto questo! Ma tu no! Devi sempre fare di testa tua! Dannazione!» 

 

Tadashi era ai comandi, mentre Harlock lottava col suo senso di colpa verso Namino e la sua impotenza nell’aver impedito che la sua Mayu fosse coinvolta.


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Capitolo 20
*** Chi sei? (1) ***


Gli ultimi istanti di Namino lo perseguitavano.

Proxima b aveva sconvolto Harlock e Mayu più di quel che avessero mai potuto immaginare.

 

Erano passati più di cinque giorni e loro due non si erano più visti: dopo aver trasmesso tutti i dati che erano costati la vita a Namino, il suo tempo era diviso tra la plancia e la compagnia di Meeme.

 

Sapeva di fare del male a Mayu ma quel che era successo andava metabolizzato, con lei intorno sarebbe stato impossibile: ancora quel maledetto vizio di preservarla da ogni ombra, come faceva quand’era bambina.

 

«Smetti di tormentarti… è stata lei a chiedertelo…»

 

«dovevo portarla con noi… non c’era ragione di lasciarla lì…» la bottiglia di whisky era già metà e sarebbe diminuito ancora.

 

Meeme sospiró

«lei non sarebbe mai stata a suo agio qui, tu lo sai. Se ne era andata anche per questo… si sentiva estranea, diversa… Voleva restare tra la sua gente, seppur col marchio dell’infamia. Esaudendo il suo desiderio di morire l’hai riabilitata col suo popolo. Ora avrà gli onori che desiderava. Sono sicura che, infine, il suo grande tormento fosse questo: ritornare a sentirsi pienamente accettata nonostante il suo passato con te.»

Meeme si trovó a pensare alla sua situazione: aliena senza più una patria, e sentì profonda empatia con la sventurata Namino; in un certo senso avevano condiviso la solitudine degli orfani di casa.

 

«È morta per mano mia!»

 

«hai esaudito il suo ultimo desiderio, non certo perché le volevi fare del male…»

 

Non si dava pace, seppure sapesse che ogni parola di Meeme era verità.



 

Mayu lanció il pinguino di peluche contro la parete della sua cabina.

Cominciava seriamente a pensare di aver fatto una clamorosa cazzata a lasciare Tadashi e dar retta ad Harlock.

La morte di Namino sembrava aver mandato a puttane quel poco che erano riusciti a costruire come coppia… o qualsiasi cosa fossero diventati.

L’aveva combinata grossa nascondendosi a bordo della navetta, ma quel che era fatto era fatto. Ormai erano passati giorni, ma non gli aveva più rivolto la parola; non si erano più visti: eppure l’arrabbiatura avrebbe già dovuto passargli. Magari doveva essere lei a fare la prima mossa?! Con Tadashi non c’erano mai stati di questi problemi.

 

«Accidenti!» proruppe nel silenzio.

 

Era tardi, l’ora di cena era passata da un pezzo e sicuramente lui era in compagnia di Meeme.

Sbuffando in preda all’ansia si legó i capelli davanti allo specchio «coraggio, andiamo a vedere se riusciamo a sciogliere quell’orso…»

 

Bussó per educazione ma non aspettó di essere invitata ad entrare. Come previsto Meeme era intenta a suonare e lui a bere. Certe cose non cambiavano proprio mai.

 

Al suo ingresso l’aliena si alzó e li lasció soli.

 

«ciao…» che brutta sensazione…

 

«buona sera Mayu… va tutto bene?»

 

«Non va bene proprio niente… ce l’hai ancora con me per quel che è successo?»

 

«no. Confido tu abbia imparato la lezione. Mai immischiarti nei miei affari…» era girato e guardava fuori, non si era nemmeno voltato.

 

“Perché è diventato tutto così difficile?”

 

Mayu era ancora lì ma non parlava.

 

«hai bisogno di qualcosa?» finalmente si era voltato a guardarla in viso.

 

«posso restare qui stanotte?» senza premesse: a cosa sarebbero servite?

 

Harlock tornó a guardare l’immenso che aspettava oltre il vetro.

«non è il caso.»

 

A quell’uscita sbottó.

«Sai cosa ti dico? Che sono stata una stupida. Non avrei mai dovuto lasciarmi coinvolgere da te.» “Bipolare!” Questo lo aggiunse mentalmente.

 

«Quando volevi portarmi a letto eri tutto attenzioni e gentilezze… ora che hai ottenuto quello che volevi non sono più così interessante, non è vero?»

 

«Non dire sciocchezze…»

 

«Avrei dovuto ascoltare Tadashi… sono solo un nome su di una lista…» era profondamente amareggiata e ferita. Non meritava tanta indifferenza.

 

«Non ti permetto di parlarmi così! Devi rispettare le mie decisioni. Non ho nessuna lista! Se ti fosse successo qualcosa su quel maledetto pianeta non avrei potuto sopportarlo! Ho già perso troppi affetti… dovresti saperlo!»

 

«lo capisco, ma fortunatamente non è successo nulla: sono qui e sto bene! Non c’è motivo di scansarmi come se fossi lebbrosa!»

 

«si! Sei qui e stai bene grazie al cielo! Ma qualcun’altro non puó dire lo stesso…»

 

«se ti riferisci a Namino lo so! Non mi era simpatica ma non ho mai desiderato che morisse! Ma adesso capisco! Io non ero nemmeno nei tuoi pensieri: è per lei che ti stai struggendo da giorni… » 

E senza lasciare il tempo ad Harlock di replicare, se ne andó in tutta fretta.

 

«Maledizione! Un altro guaio da sistemare…»


«Diglielo…» Meeme silenziosamente era apparsa.

 

«Non posso, non capirebbe. La spaventerei a morte. Non vorrebbe più avere a che fare con me…»

 

«la sottovaluti, ma devi decidere tu. Tadashi lo sa?»

 

«Non era lì quand’è successo, ma ha sentito quando lei me l’ha chiesto la prima volta. Non mi ha detto nulla, ma credo abbia capito…»

 

«E non hai paura che lui possa dirlo a Mayu? »

 

Scrollò le spalle «perché dovrebbe farle del male? Adesso non ha più motivo per avercela con me. Non le dirà nulla.»

 

Meeme sospiró, triste «i segreti hanno il brutto vizio di trovare sempre il modo di venire allo scoperto. E dopo, che succederà?»

 

«Non succederà nulla: il tempo cancellerà questo brutto episodio: loro dimenticheranno…»

 

«Spero solo di non doverti dire che te l’avevo detto… ma nel frattempo? Hai solo ottenuto di tormentarla e ferirla con la gelosia per una donna morta.»

 

«Non ti ci mettere anche tu Meeme…»

 

Gli voleva molto bene, consigliarlo e stargli vicino le veniva naturale: gli accarezzó dolcemente una guancia, lui le fermó la mano con la sua e se la portó alle labbra.

«Cosa farei senza di te?»

 

«probabilmente combineresti ancora più disastri» e aggiunse

«per ora mi preme Mayu: valla a cercare e chiarisci subito, o le cose si complicheranno ancora di più. Adesso ha bisogno di certezze.»


Il disgraziato pinguino di peluche era diventato il capro espiatorio: Mayu lo stava strangolando, seduta sul letto «stupido! Come tutti gli uomini ragiona solo con quello che ha in mezzo alle gambe! Basta un bel faccino e un paio di tette grosse per non capire più niente!» 

Aveva un nodo in gola, ma non riusciva a piangere, tant’era nervosa.

«Vorrei gonfiarti la faccia di schiaffi!»

La morte di Namino era stato un trauma anche per lei, ma andiamo! L’aveva portata ad essere gelosa di un fantasma!

«Non voglio rivederti per almeno due settimane! Stronzo! Fatti le pugnette pensando alla tua rossa!»

Il povero pinguino voló per tutta la stanza, andando a sbattere contro l’armadio.




 

«Sei proprio sicuro sia stato lui?!»

 

«Non ero presente quando è morta… ma l’ho sentita chiaramente chiedere ad Harlock di ucciderla…»

 

Tadashi non era riuscito a tenere per sé quel dubbio: parlarne con Kei era inevitabile. E dopo una notte di passione, ancora avvinghiati sotto le lenzuola, lui si era sbottonato.

 

«Mi fido di lui: non è un assassino, e non farebbe del male a una persona a cui ha voluto bene. E poi potrebbe benissimo essere stata uccisa dai soldati di Raflesia. Diceva di essere tenuta sotto controllo, non è vero?»

 

«Sì ma… non lo so… avresti dovuto sentire con che tono lo implorava… sono quasi sicuro che sia stato lui. Era troppo sconvolto…»

 

«È brutto da dire, ma in fondo sono fatti loro. Che sia stato lui o meno è una faccenda che riguardava loro due. E se ha fatto ciò che dici, avrá avuto le sue buone ragioni» la fiducia di Kei in Harlock rasentava la fede religiosa.

 

«Se lo venisse a sapere Mayu…»

 

«non la prenderebbe affatto bene…» concluse Kei.

 

«puoi darle torto? L’ha idealizzato fin da bambina. Era il suo eroe senza macchia né paura, e anche adesso la considerazione che ha per lui non è cambiata molto…»

 

«beh, se non glielo dice Harlock, di certo non glielo diremo noi…»

 

«puoi contarci! Spero solo Mayu non abbia a che soffrirne…»



 

Venerdì sera significava baldoria, salvo emergenze o varie ed affini; per questo, con la quasi certezza che il guercio bipolare non sarebbe stato presente, Mayu si era agghindata per unirsi alla ciurma festaiola. Quasi sicuramente ci avrebbe trovato Tadashi in dolce compagnia; non sarebbe stato facile, ma era decisa a buttarsi quella storia alle spalle anche se in un certo modo si sentiva truffata. Aveva scambiato un ragazzo premuroso e presente con un lunatico complicato e imprevedibile, sicuramente chi aveva fatto l’affare migliore era Kei, che dopo anni vedeva realizzato il suo sogno d’amore e si stava godendo il periodo come giusto che fosse.

 

E ovviamente eccoli lì i piccioncini: a tubare vicini vicini in quell’angolino del locale che fino a poche settimane prima era il loro…

 

Con una smorfia si diresse al bar, e dietro il bancone ci trovó Luke, un ragazzo reclutato da poco, allegro e belloccio. Da subito le aveva fatto una discreta corte che era diventata quasi indifferenza quando era stato chiaro a tutti che era diventata la “ragazza del capitano”. La tentazione di flirtare era forte… in qualche maniera il suo orgoglio ferito rivendicava una piccola vendetta e così sfoderó un sorriso abbagliante, che subito catturò l’attenzione del biondo barman. Com’era prevedibile i verdi occhi del ragazzo erano tutti per Mayu, e indifferente alle ordinazioni si era appoggiato coi gomiti al bancone e si intratteneva con lei, con battute divertenti e domande non troppo sfacciate sulla sua situazione sentimentale.

Ma siccome non era destino che lei potesse godere di qualche momento di leggerezza, il karma fece sentire la sua presenza perché Harlock piombó sul più bello come una nera cornacchia sul grano.

 

Mayu se ne accorse perché Luke la molló subito per dedicarsi al lavoro, quindi si voltó e lo vide.

“Accidenti!” Brontoló a denti stretti, mentre lui si avvicinava lentamente e le si sedeva vicino.

 

Si era deciso su insistenza di Meeme: da giorni lo stava ammonendo per portarlo ad avvicinare la giovane compagna e sanare gli attriti. Quel che vide gli confermó che anche questa volta la sua amica aliena ci aveva visto giusto.

Ordinó una birra che arrivó a tempo di record, e mentre la sorseggiava dal collo della bottiglia osservava di sottecchi Mayu che fingeva di non vederlo.

«ho interrotto qualcosa?»

 

Mayu finse di accorgersi solo ora della sua presenza

«no! Perché?»

 

«sembravi divertirti col biondino… ti è simpatico?»

 

Mayu alzó le spalle, indifferente «bah… più o meno come ti era simpatica la signorina Namino… una cosa così…»

 

Rise «volevi farmi ingelosire? Ci sei quasi riuscita. Se ti si avvicinava di un altro paio di centimetri gli avrei sbattuto quel bel musetto sul bancone…»

 

«Rozzo violento… ma forse è quello che avrei dovuto fare io con la tua rossa, quando ti è saltata addosso davanti a me e tu non hai fatto nulla per evitarlo.»

 

«Namino è morta.»

 

«…e me ne dispiace. Ma non era morta quando ci provava con te.»

 

«andiamo Mayu: smettiamola. Mi dispiace se ti ho allontanata…»

 

«mi hai allontanata perché soffri talmente tanto per la sua morte che io sono diventata invisibile. E se soffri così tanto è perché l’ami ancora…» Mayu era diretta: la diplomazia non era il suo forte.

Poteva confessargli che il vero motivo dei suoi malumori era il senso di colpa per averle tolto la vita? No ovviamente. Quindi glissó abilmente.

 

«Ero incazzato con te. Hai disatteso un mio ordine… non lo permetto a nessuno… Shizuka non c’entra.»

 

Mayu lo guardó sospettosa, poi rincaró, non soddisfatta della spiegazione ricevuta 

«quante pugnette ti sei fatto pensando a lei?»

 

Harlock la guardó fissa

«le pugnette le ho fatte pensando a te» prima di scolarsi l’ultimo sorso di birra.

 

Mayu arrossì «da quando in qua metti in piazza i fatti tuoi?»

 

Harlock posó la bottiglia ormai vuota sul bancone 

«Primo comandamento: mai interessarsi degli affari privati del capitano. Tutti qui osservano scrupolosamente questa legge…»

 

Allungó una mano per sfiorarle il viso, ma lei si giró per evitare il contatto, allora Harlock le sussurró piano, con quel timbro di voce caldo e profondo

«guardami…»

 

Un brivido le scese lungo la schiena, ma non voleva dargliela vinta.

«lasciami stare…»

 

Si avvicinó ancora di più, le labbra sfioravano ora l’orecchio

«non vuoi fare pace?»

Tentennó un po’ «no. Non te lo meriti. Non ancora.» Più insicura, ma ancora orgogliosa.

 

«vuoi lasciarmi dormire solo, in quel grande e freddo letto?»

 

L’afferró per i fianchi e l’attiró: deciso ma non brutale.

Le scostó i capelli lentamente, scoprendole il collo.

Mayu sentì il calore del suo fiato quando disse «mi perdoni?»

 

«smettila… ci guardano tutti…»

 

L’ignoró; con una mano sul fianco e l’altra infilata sotto la corta gonna nera a balze.

 

Mayu spalancó occhi e bocca, afferrandosi con una mano al bancone per evitare di cadere: le stavano cedendo le ginocchia

«ma sei matto? Qui, davanti a tutti?!» il viso imporporato e il cuore impazzito

 

«dimmi che mi perdoni e continuiamo in un luogo più appartato… sento che ti piace… e anche parecchio!»

 

«oddio ci vedono tutti!»

 

«sssssht… non se ne è accorto nessuno. Se non fai baccano possiamo finire qui…»

 

«N-no! Non posso!!! Sei completamente… maaaaaatto… oddiooooo…» squittì, e ansimava cercando di controllarsi, le nocche sbiancate mentre si reggeva disperatamente al banco e le ginocchia erano diventate come gelatina.

 

«va bene, va bene! Hai vinto tu! Andiamo via subito!»

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Capitolo 21
*** Chi sei? (2) ***


E così avevano fatto “pace”.

L’evento, secondo la testolina da diciassettenne di Mayu, non andava festeggiato solo, come diceva Harlock, collaudando le molle del materasso, ma anche con una festa. 

Per tutto il giorno fece la spola avanti e indietro dalle stanze del capitano con viveri, addobbi e cianfrusaglie varie.


Tadashi si guardó attorno: l’austera cabina del capitano era invasa da palloncini bianchi e rossi.

«e questo…?»

 

«niente, Mayu e le sue idee… una festicciola…»

 

«siamo invitati?»

 

«no: è una festa molto privata… ma perché sei qui?»

 

«devo togliermi un peso dallo stomaco… non so se posso, magari rischio un provvedimento disciplinare, ma non ci dormo la notte…»

 

«avanti, parla!»

 

Tadashi lo fissó nell’occhio prima di pronunciare 

«Namino…»

 

«sapevo ci saresti arrivato, prima o poi… l’hai sentita prima di andartene con Mayu…»

 

«sei stato tu? È morta per mano tua?»

 

Harlock fece un profondo sospiro prima di rispondere 

«sì…»


Un improvviso rumore di vetri infranti.

Entrambi spostarono la loro attenzione a quel che succedeva appena fuori la porta, che era rimasta socchiusa.

 

Tadashi la spalancó e vi trovò Mayu, con gli occhi sbarrati e le mani a coprire la bocca; ai suoi piedi frammenti di vetro, vino e champagne formavano una pozzanghera.

Come in trance si diresse verso Harlock, che aspettava, in attesa di ciò che sarebbe seguito.

 

«ti prego… dimmi che ho sentito male…»

 

Il suo occhio rispose per lui.

 

«che cosa hai fatto?!…» lo disse sussurrando.

 

Poi Mayu gli si avventó contro, cercó di spintonarlo con tutte le sue forze

«perchè?!» gli urló, con le lacrime agli occhi «lei ti amava!!!!» 

 

Come impietrito, solo il dolore dipinto sul suo volto rivelava lo stato d’animo.

 

Tadashi cercó di calmarla

«fermati Mayu, basta!»

 

Lo fissó in volto, incredula

«e tu?! Lo sapevi! Lo sapevi e non hai detto niente! Per te è normale? Ma che razza di gente siete?!!!» era scioccata, gli occhi sbarrati.

 

«adesso calmati! C’è una ragione…»

 

«no! Non lo giustificare!» poi si strattonó per liberarsi dalle mani di Tadashi che la tenevano per l’avambraccio e tornó a rivolgersi ad Harlock.

 

«ma tu, CHI SEI?!» glielo urló con le lacrime agli occhi, la rabbia per un evento che accusava ingiustizia e Harlock rivide l’Esmeralda di tanti anni prima, ed ebbe un fremito.

 

«lei ti amava! E tu l’hai uccisa!» prese un profondo respiro, che ricacció in un urlo «sei un mostro!»

 

La nausea le strinse come una morsa lo stomaco, una vertigine improvvisa e si aggrappó alla divisa di Tadashi per non cadere. La vista le si era annebbiata.

«mi sento male…» le ginocchia cedettero e Tadashi fu lesto a sorreggerla prima che rovinasse a terra.

 

Semi incosciente venne adagiata sul letto di Harlock; le sbottonarono il giacchino di jeans nel frattempo fu chiamata Meeme. 

 

«mayu come stai?» Tadashi si era seduto al suo fianco, e la scuoteva rudemente per le spalle.

 

«hei! Non serve che mi picchi! Ho solo avuto un capogiro…»

 

Tadashi le porse un bicchiere d’acqua, Harlock si era avvicinato ma non osava parlare dopo la reazione smodata di lei.

 

Arrivó Meeme, silenziosa e rassicurante. Con le sottili mani fresche toccó le guance e la fronte della ragazza, poi le prese le mani.

Si rivolse al Harlock 

 

«non è nulla di grave, deve riposare e stare tranquilla…»

 

Esitó, incerta… «Mayu… sei diversa…» un mormorio che solo lei udì.


Si alzó a sedere sul letto

«Meeme… lo sai cosa ha fatto?» sperava di trovare in lei un barlume di ragione in mezzo a quella che percepiva come follia.

 

L’aliena annuì, guardandola dolcemente.

 

«siete tutti pazzi…» riprese ad agitarsi

 

«stai calma! Ti sei sentita male, adesso smettila!» Tadashi stava alzando la voce.

«tu non avresti nemmeno dovuto esserci. Ora io e Meeme ce ne andremo, tu ascolterai le ragioni del capitano.»

 

«volete lasciarmi sola con un assassino?!»

 

«vacci piano con gli insulti! Non sai nulla, non puoi giudicare senza prima conoscere i fatti» aveva perso la pazienza.

 

«io non voglio sentire nulla. Anzi, ora me ne vado…»

 

«tu non vai da nessuna parte!» Tadashi aveva preso in mano la situazione.

 

«lasciala!» Harlock si rivolse al suo giovane sottoposto

«se vuole andarsene non trattenerla.»

 

«mi dispiace capitano, ma stavolta faró di testa mia. La conosco abbastanza da sapere quando è ora di metterla a cuccia…»

 

Mayu era allibita

«non parlare di me come se fossi un cane!»

 

Ci pensó Meeme a riportare la calma.

 

«ora basta! Adesso io e Tadashi ce ne andremo.» si rivolse a Mayu «e tu, da brava ragazza starai qui ad ascoltare ciò che ha da dire il tuo capitano.»

 

Mayu sussultó ma non ebbe il coraggio di replicare: Meeme per lei era la figura più vicina a quella di una madre che avesse mai conosciuto.

 

«…e non avrai bisogno di nulla, perché su questa nave non ci sono assassini…»

 

Quando furono lasciati soli, Harlock titubante si avvicinó al bordo del letto, dove era ancora seduta Mayu. Con lentezza esasperante si sedette, attento a non starle troppo vicino. Poi la guardó negli occhi: quelle pozze talmente blu da sembrare quasi nere.

 

Con un sospiro doloroso inizió

«veramente pensi che abbia ucciso una donna a sangue freddo? Una donna che ho amato?»

 

Mayu abbassó il viso e i lunghi capelli formarono un velo protettivo a nasconderle il volto.

 

«tu l’hai detto.»

 

«è vero: sono stato io a far partire il colpo che l’ha uccisa. Ma l’ho fatto solo perché lei mi ha supplicato…» il dolore nella sua voce era palpabile.

 

«ha implorato che fossi io a toglierle la vita. Sapeva di essere stata scoperta e non avrebbe più avuto scampo. Sarebbe morta per mano della sua stessa gente e il marchio dell’infamia le sarebbe stato addosso per sempre. Morendo per mano mia ha ottenuto di cancellare quell’onta che si portava addosso da anni.»

 

«potevi salvarla… portarla con te.»

 

«pensi che non ci abbia provato? Non era la fuga che Shizuka voleva, ma la pace e una casa: la sua casa. L’Arcadia per lei significava l’esilio.»

 

«È crudele… assurdo, e ingiusto.»

 

Harlock provó a spostarle dal volto i capelli e poterla scorgere in viso. Lei non si sottrasse.

 

«molte cose sono ingiuste e crudeli: ma Shizuka è morta con onore. Ci ha aiutato a salvare la terra da una nuova guerra e contemporaneamente ha ricevuto gli onori che cercava: si è riabilitata completamente agli occhi della sua amata regina. Non dimenticare che erano loro la sua famiglia…»

 

Mayu stava piangendo silenziosamente, e lui le bació il viso, sentendo il sapore salato delle lacrime sulle labbra.

 

«è così triste…» disse sommessamente, deglutendo a fatica.

 

Harlock la strinse al petto «lo so. Il suo destino è triste e malinconico. Spero che ovunque sia, abbia trovato la pace che cercava».

 

«scusami… ti ho detto delle cose orribili»

 

«non pensarci. Le circostanze erano abbastanza complicate da poterti giustificare. L’importante è che tu abbia capito. Per quel che mi riguarda, porteró questo peso per il resto dei miei giorni.»

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Capitolo 22
*** Le conseguenze dell’amore ***


Erano semisdraiati sul divanetto nell’ alloggio di Harlock. Lui la sovrastava, con due dita sciolse il laccetto che le teneva chiuso il davanti della camicetta. I due lembi si scostarono rivelando un reggiseno casto, di cotone candido. 

Le dita si insinuarono ad esplorare ciò che si celava, mentre le labbra si accarezzavano dolcemente, con la lentezza che precede il gusto della passione.

 

«scusa!» senza preavviso Mayu si scostó bruscamente, e corse nel bagno attiguo, arrivó appena in tempo al lavabo per rigettarci quel pó che aveva mangiato a cena.

Harlock sulla porta l’osservava

«adesso ti faccio questo effetto?» disse alzando il sopracciglio.

 

«scemo!» rispose, mentre si sciacquava la bocca sotto l’acqua corrente.

«la colpa è anche tua! Oggi hai fatto il bagno nel dopobarba! Sei talmente profumato che dai la nausea.»

 

Lui sgranó l’occhio «niente di più del solito!»

Nel mentre si era asciugata le labbra.

 

«riprendiamo da dove ci siamo interrotti?» chiese speranzoso.

 

«veramente mi è ritornata una fame da lupo… chissà se Masu ha ancora un po’ di quel patè di fegato…»

 

«ma vuoi morire?» esclamò, con una smorfia disgustata «Nemmeno il gatto ha voluto assaggiarlo, aveva un sapore orrendo…»

 

«non so… spalmato sul pane non dovrebbe essere tanto male…»

 

«va bene, ho capito. Mi stai mandando in bianco…»

 

Finirono la serata sotto le coperte. Mayu era crollata dopo aver mangiato un improbabile abbinamento di olive e bignè con la panna, dopodiché si era addormentata quasi subito.


Il giorno seguente si concesse un po’ di attività fisica, la doccia sensoriale della palestra un piccolo vizio che si concedeva.

Sotto lo scroscio dell’acqua caldissima dal leggero aroma di agrumi, passandosi le mani sul seno trasalì; era dolente e molto sensibile.

Probabilmente era il ciclo in arrivo. A quel pensiero si lasció sfuggire un gemito: da quanto tempo non le veniva?

Fece mentalmente i conti. L’ultimo risaliva a pochi giorni prima del suo week end su Toi… subito dopo aveva scoperto che Tadashi si era messo con Kei.

Ed era allora che per la prima volta era stata con Harlock.

Le sfuggì il sapone di mano.

“Rifletti con attenzione Mayu… che giorni del mese erano quando l’abbiamo fatto?”

Ripercorse con la memoria gli avvenimenti con quanta più precisione le consentisse la mente.

Il ciclo non le era più tornato da allora, ed era passato più di un mese abbondante…  poi la nausea, il male al seno, il suo fastidio agli odori… “no! Non puó essere!” La testa cominció a girare vorticosamente. Si appoggió con la schiena alla parete a mosaico, ad occhi chiusi respirando piano, sotto il crepitìo dell’acqua. Il cuore galoppava come un cavallo impazzito.

“Stai calma” si impose “agitarsi non risolve nulla… calma e ragiona…”.

 

Uscita dalla doccia, avvolta nell’accappatoio, si sedette su uno dei lettini della zona relax. Fortunatamente non c’era nessuno.

Non poteva andare da Zero: per quanto si fidasse della sua discrezione sapeva che se Harlock gli avesse fatto qualche domanda lui avrebbe parlato. Con le migliori intenzioni si capisce, ma non poteva permetterselo.

Innanzitutto bisognava esserne sicura. Serviva un test di gravidanza: doveva trovare una scusa plausibile per costringere Harlock a portarla in un angolo della galassia dove ci fosse una farmacia.

“Pensa Mayu, pensa… cosa posso raccontargli… ». All’improvviso le venne un’idea: nulla di geniale, ma con un po’ di fortuna avrebbe risolto.

Kei era l’unica donna a bordo e l’unica in età riproduttiva. Era probabile che ne avesse almeno uno… in fondo ora stava con Tadashi… almeno che non prendesse precauzioni… ma tentare non costava nulla.

 

Ma la fortuna, per una volta, fu dalla sua: il giorno dopo Harlock annunció che sarebbero sbarcati su Kepler 42: si sentiva in colpa per la sua piccola vacanza e aveva deciso di concedere un po’ di riposo anche all’intero equipaggio. 

Mayu fece il diavolo a quattro perché passassero quei pochi giorni in un centro abitato, mentre altri avrebbero preferito qualche spiaggia esotica. La spuntó.

 

Appena arrivata a bordo non corse nel suo bagno, meno che mai in quello di Harlock. Aveva bisogno di un posto isolato: i bagni della piscina erano l’ideale, a quell’ora non ci sarebbe stato nemmeno il robot delle pulizie.

Scelse la porta in fondo, l’ultima di una fila di 8, Chiuse la porta bloccandola dall’interno e febbrilmente tolse il cellophane dalla confezione. Dall’agitazione le cadde due volte dalle mani.

 

La parte più difficile non era stato riempire il piccolo contenitore di urina (era un’impresa degna di Robin Hood… una donna non aveva l’attrezzatura adatta per “prendere la mira”) ma l’attesa carica d’ansia di veder apparire il risultato. Sulle istruzioni c’era scritto 5 minuti, ma con l’ansia che aveva addosso sarebbe morta d’infarto a 3.

Non ne erano passati nemmeno la metà che si sporse sul lavandino per sbirciare e il cuore perse un colpo. Afferró lo stick e il foglietto con le istruzioni: mettendoli vicini e confrontando l’illustrazione. Due linee: era positivo; stava aspettando un bambino.

Lasció cadere lo stick, le mani le tremavano come foglie al vento. La faccenda era talmente grossa, ciclopica, che si sentì schiacciare: aspettava un figlio! Un figlio di Harlock e lei era poco più di una bambina!

 

Dovette sedersi sulla tazza, mentre raccattava da terra il bastoncino con due linee talmente spesse e viola che sembravano urlare “hei! Guardatemi! Sono Mayu e sono incinta!” E lo fissava, ancora incredula.

 

«Porca puttana… e adesso?» gemette, guardandosi allo specchio.

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Capitolo 23
*** Christopher ***


Dopo aver appreso che una piccola vita aveva iniziato a crescere dentro di lei, si era impegnata per far finta che tutto andasse nel migliore dei modi.

Le nausee le aveva mascherate incolpando un virus, evitando così di essere visitata da Zero: quanto ci avrebbe messo a capire cos’era che non andava in lei?

 

Con Harlock era affettuosa e spumeggiante come sempre; anche perché quel prezioso segreto che custodiva l’aveva riempita sì di preoccupazioni, ma di altrettanta incontenibile gioia dopo un primo momento di panico assoluto.

 

Fece appello alla prerogativa tipica della gioventù: l’incoscienza.

Bastarono le novità dei 4 giorni da passare su Kepler, le coccole del suo pirata per “dimenticare” che da lì a qualche mese la sua vita avrebbe subito uno scossone che le avrebbe mandato a soqquadro l’esistenza. 

Ma finita la breve vacanza sul pianeta alieno rispuntó più forte che mai il bisogno di sputare fuori il suo grande e tenero segreto.

 

Un segreto così grande, da conservare e proteggere, era un fardello troppo pesante per farsene carico da sola… la portata di quell’avvenimento l’aveva messa sottosopra come nient’altro prima di allora.

Nessuno doveva sapere nulla: c’era da riflettere bene sul da farsi; bene e soprattutto in fretta. 

Aveva la necessità urgente di confidarsi, doveva diro a qualcuno o sarebbe esplosa, o impazzita: ma a chi?

A chiunque a bordo della nave l’avesse confidato, in men che non si dica sarebbe corso a fare la spiata ad Harlock; ognuno per motivi suoi personali, ma tutti per dimostrare lealtà al capitano.

A cominciare da Tadashi finendo con Masu-san.

 

C’era solo una persona a bordo, a cui poter confidare tutto, ma proprio tutto, con la garanzia che avrebbe tenuto la bocca sigillata e questa persona era Chris, o meglio, Padre Chris.



 

La storia di Padre Chris era una delle tante di quelle 60 anime che vivevano assieme sulla nave pirata: chi per un motivo, chi per l’altro i loro trascorsi li avevano portati tutti lì, ed erano storie di sofferenza, spesso di violenza, ingiustizia e voglia di riscatto.

Ma per Padre Cris entrare a far parte dell’Arcadia era stato come sfidare il suo Dio, quel Dio che, secondo lui, proprio quando aveva avuto maggior bisogno l’aveva abbandonato.

 

Entrato in seminario con una profonda vocazione, spedito in missione in Africa nel bel mezzo di un conflitto civile, aveva visto morte e orrori di ogni genere, finché la sua fede era stata spezzata in un torrido pomeriggio di fine agosto: quello che nella sua mente avrebbe in futuro definito come il giorno in cui l’inferno aveva traslocato in terra.

 

Padre Chris insegnava ai bambini del piccolo villaggio nel quale si era trasferito con la missione, e quel pomeriggio stava terminando di spiegare le moltiplicazioni; aveva promesso ai bambini che se avessero ascoltato con pazienza avrebbe concesso loro una partita di calcio alla fine della lezione. Ma gli spari arrivarono prima della campanella della fine. Prima gli spari, e poi le camionette dei soldati mercenari: gente senz’anima, il loro valore per la vita umana era pari al denaro che ne potevano ricavare. Erano bestie e i fucili non erano le loro uniche armi, erano famosi per usare le accette.

 

I primi a cadere furono i due brav’uomini che aiutavano a tenere pulita la minuscola e povera scuola di legno e paglia: la sventagliata di mitra li soprese intenti a pulire lo spiazzo di terra battuta adiacente.

Dopo i primi spari i bambini presero a urlare terrorizzati e Chris cercó di prendere il fucile che teneva chiuso nell’armadietto della classe: la prudenza non era mai troppa. Prima che riuscisse ad afferrarlo i soldati erano già piombati nell’aula ed era iniziato il massacro: i bambini venivano dilaniati come bambole di pezza, i piccoli corpi fatti a pezzi in un bagno di sangue e Chris aveva già iniziato a pregare in preda all’orrore, finché si gettó di fronte a due bimbi vicini a lui per proteggerli con il suo corpo quando un nerboruto militare alzó il fucile per finirli. 

Il proiettile lo colpì con violenza incredibile in pieno petto, lo fece volare per un paio di metri e andó a rovinare contro la cattedra battendo la testa e perdendo i sensi.

Quando si destó tutti i bambini erano morti: uno scenario da incubo. Sembrava il mattatoio di un macellaio impazzito.

 

Inspiegabilmente era sopravvissuto dopo aver ricevuto un proiettile all’altezza del cuore. Si aprì la tonaca, e oltre a un terribile livido violaceo vide che il grosso crocifisso in acciaio che portava al collo e teneva celato sotto l’abito, aveva fermato la pallottola: un miracolo.

Ma questo lo fece infuriare: aveva pregato perché il suo amato Dio salvasse i bambini e prendesse lui, invece erano morti tutti, solo lui era stato miracolosamente risparmiato.

Si era sentito tradito.

La fede che aveva incendiato il suo cuore fino a spingerlo a dedicargli l’intera sua vita si era affievolita fin quasi a spegnersi.

 

Se ne andó dal villaggio, sparì per tutti: il vescovo della sua Diocesi l’aveva dato prima per disperso e poi per morto. Dopo mesi a vagabondare con un gruppo di disertori, stanchi marci di tutta quella violenza e disperazione; e fu proprio seguendo loro che le circostanze lo condussero all’Arcadia.


Padre Cris aveva 32 anni, ma quel che aveva vissuto lo aveva invecchiato di molto.

Un bel giovane alto, con gli occhi chiari e folti capelli biondo miele che gli toccavano le spalle; lo sguardo attento e severo, non parlava molto, amava il lavoro manuale e la solitudine: diceva sempre che lavoro e preghiera erano un’ottima terapia per curare anche lo spirito più scalcinato.



 

Mayu lo scovó in officina intento a saldare, con la maschera a coprirgli il volto, e quando Mayu gli si avvicinò di spalle, sembró avvertirne la presenza perché smise il suo lavoro e si alzó la maschera voltandosi.

 

«Ho bisogno di te» 

Chris intanto si stava pulendo il volto con un panno e riconobbe subito quello sguardo: lo sguardo che gli avevano rivolto centinaia di volte i fedeli quando erano nei guai fino al collo.

 

«d’accordo, usciamo di qui, c’è troppo rumore»

ripose la maschera da saldatore e sistemó il lavoro che stava finendo.


Quando furono lontani abbastanza dall’officina Mayu cercó di spiegarsi meglio 

«mi devi confessare. Ho bisogno che tu mi ascolti e tenga la bocca chiusa»

 

«Mayu un prete deve sempre tenere la bocca chiusa. Non abbiamo l’abitudine di andare in giro a spifferare i fatti altrui: il segreto confessionale è sacro.» esitó.

«è passato molto tempo dall’ultima volta che ho esercitato… vieni nella mia cabina, ho tutto il necessario»

 

La cabina di Chris era, prevedibilmente, molto spartana. Un crocifisso era appeso sopra il letto, un candeliere a 5 braccia sul tavolino appoggiato alla parete, una sedia e un armadio.

 

«accomodati pure, mentre mi preparo».

 

Mayu si sedette sulla sedia aspettando pazientemente mentre Chris si lavava mani e viso nel bagno adiacente. Dopodichè aprì l’armadio, ne estrasse un libro e una stola di colore viola. Se la portó alle labbra con venerazione prima di indossarla, poi tiró fuori un basso sgabello da sotto il tavolo e si sedette davanti a Mayu.

 

Si fece il segno della croce

«parla: ti ascolto…»

 

Mayu cominció a parlare e per tutto il tempo Padre Chris  si limitó ad ascoltare, non pronunció neppure una parola.

 

«che intendi fare?» chiese alla fine «spero tu non mi venga a parlare di interrompere la gravidanza, perché conosci bene la mia risposta»

 

«non ci penso nemmeno!»

 

«bene! Ne sono lieto e sollevato» e i suoi occhi sembrarono liberarsi da un velo cupo, rivelando la sincerità delle sue parole.

 

«Cosa aspetti a dirlo ad Harlock? Sicuramente ne sarà contento…»

 

«assolutamente no. Ci ho riflettuto a lungo: se glielo confidassi si prenderebbe carico di tutto, mandando a puttane la sua vita. Si sentirebbe costretto ad assumersi un ruolo che gli impedirebbe di seguire la sua strada, ne sono sicura, e questo io non lo voglio…»

 

«Ma non lo puoi sapere se non me parli con lui. È un suo diritto conoscere la verità.»

 

Mayu scuoteva il capo «no! Il suo senso del dovere gli impedirebbe di seguire il suo cuore. E io non voglio che lui stia con me per un obbligo morale…»

 

Padre Chris sospiró «ne parli come se fosse una tua colpa. Sono un prete, ma so per certo che per concepire un figlio bisogna essere in due. E lui è certamente il più maturo di voi. Ha la sua quota di responsabilità…»

 

Mayu lo guardó con la disperazione negli occhi «tu non capisci. Lo amo troppo per legarlo a me con il dovere… è meglio per tutti che io me ne vada a crescere questo bambino lontano da lui. Senza gravarlo di una responsabilità che lui non vuole, io lo so…»

 

Padre Chris non molló «Mayu, priverai un bambino innocente della guida di suo padre!»

 

«basteró io… e gli parleró di suo padre descrivendolo come la persona meravigliosa che è… non ho intenzione di mentire al mio bambino…»

 

«E sia… Dio ti accompagni piccola, tu e la tua creatura.»

 

Con la mano tracció una croce davanti a Mayu

«Ego te absolvo a peccatis tuis in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.»


 

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Capitolo 24
*** Senza di te ***


Harlock era sdraiato sul letto con indosso solamente la sua giovane compagna, che gli sedeva in grembo a cavalcioni. Ammirava compiaciuto la sua acerba femminilità mentre si scambiavano calde tenerezze.

Lui le posó una mano sul ventre

«sei un po’ ingrassata… eppure non mangi quasi nulla..» osservó con leggerezza.

 

Mayu reagì male

«non è vero! Peso sempre uguale…» indispettita scese da letto per andare in bagno.

 

«non ti facevo così permalosa! Sei sempre bellissima…» la voce di Harlock arrivava dall’altra stanza, in tono amabile e scherzoso

 

Ma la sua reazione non era dettata dal disappunto a quell’osservazione; lei si stava ispezionando ossessivamente allo specchio, presa dal panico, cercando di scorgere ciò che aveva già notato Harlock.

 

Erano passati poco più di due mesi e mezzo dalla sua scoperta.

 

“Si nota di giá! Accidenti…” il panico le chiuse la gola, soffocandole un singhiozzo; le lacrime le inondarono il blu degli occhi e scesero silenziose sulle guance, e al contempo con una mano si accarezzó con dolcezza l’impercettibile rotondità.

 

Il tempo era infine giunto: si morse forte il labbro, fin quasi a farlo sanguinare… non poteva più rimandare.




 

Doveva farlo… doveva trovare il coraggio: dirgli addio le avrebbe mandato in frantumi il cuore, ma presto il suo stato sarebbe stato visibile a tutti, e se l’avesse scoperto lui, sarebbe cambiata ogni cosa..   

L’avrebbe condannato senza rimedio a una vita che non voleva, legato suo malgrado.

Perché l’onore di Harlock non gli avrebbe mai consentito di lasciare lei e il bambino che sarebbe nato… e lui avrebbe rinunciato alla sua libertà, alla vita che tanto amava; detestava solo l’idea di poter diventare la sua catena, perché l’avrebbe reso infelice: non l’avrebbe mai permesso.

Rinunciare alla piccola vita che cresceva dentro di lei? Per nulla al mondo! Era parte di lui e già l’amava alla follia… ci avrebbe pensato lei, da sola, a proteggerlo e crescerlo con tutto l’amore possibile.

 

Aveva bisogno di riflettere e poi trovare il modo, una scusa, un pretesto qualsiasi per lasciarlo e sbarcare.

I due giorni seguenti li passó vagliando ogni possibile scusa, forte abbastanza da giustificare un improvviso allontanamento. 

Era lì, sotto i suoi occhi. A quello non avrebbe potuto sottrarsi.


Prima di entrare da lui e varcare la soglia aprì il pugno, che nascondeva due minuscoli calzini da neonato

 

“lo faccio per te amore mio, dammi la forza di andare sino in fondo…” richiuse il pugno, fece un profondo respiro, e con passo deciso aprì i battenti della porta.

 

«Io me ne vado…» la voce sicura, decisa.

 

Ad Harlock parve di non aver udito bene 

 

«come…?»

«Vado via. Ti prego di riportarmi sulla terra al più presto…»

 

Harlock si alzò dalla sedia dall’alto schienale e le andó incontro

 

«È uno scherzo?!»

 

«nessuno scherzo…» Lo sguardo di Mayu era freddo, quasi spietato.

 

«E perché mai? Cos’è questa novità?» Si stava alterando

 

«… Io non ti amo. Mi ero sbagliata…»

 

«sbagliata?! Che accidenti significa?!»

 

«Vuoi proprio sentirtelo dire?! Va bene! Amo Tadashi! Contento adesso!?» Gridó furiosa, fuori di sè.

 

«Vederlo con lei mi ha fatto aprire gli occhi… ma ora è tardi! Tu mi hai rovinato la vita! Non posso più stare qui, guardarli mentre si tengono per mano o si baciano nei corridoi! Sto impazzendo!» rincaró, portandosi le mani ai capelli ad esasperare il significato delle sue parole.

 

Harlock la prese per le spalle e la scosse bruscamente

«Che stai dicendo?! È assurdo! E quando te ne saresti accorta?!!»

 

Lei giró il viso per evitare il suo sguardo

«dopo che… siamo stati a letto insieme. Io non ti amo. I miei erano solo i ricordi di una bambina che è stata innamorata del suo eroe, tanto tempo fa…»

 

Harlock lasció scivolare le mani che aveva appoggiato sulle spalle di Mayu, l’occhio e la bocca spalancati dallo stupore. 

 

«Fammi sapere quando arriveremo».

 

Si riscosse, reagendo

«Non pensare di cavartela così!» l’afferró per un braccio, ma lei si giró come una belva

 

«Non mi toccare!» Le uscì in un grido stridulo, isterico…

 

Harlock lasció immediatamente la presa, scioccato da quella reazione inaspettata.

 

Lo stava fissando con un tale incomprensibile astio che lo lasció impietrito.

 

«Non mi devi toccare mai più!»

 

Dietro quella rabbia scorse disperazione, e ristette incredulo.




 

Quanto le era costato recitare? Fingere di non provare nulla? Ferirlo senza pietà?

 

«Amore mio, perdonami!» Tra le lacrime e i singhiozzi che le scuotevano le spalle.


Quando l’Arcadia atterró per lasciarla sbarcare pochi giorno dopo, a salutarla c’erano quasi tutti.

Tranne lui.

 

Meeme si avvicinó e la trascinó lontano dal gruppo che si era stretto attorno a lei per darle un saluto e un gesto d’affetto.

 

«Sta molto male… non fa altro che bere…»

 

«Gli passerà…» Quelle parole le erano uscite con noncuranza, ma dentro di sé avrebbe voluto urlare e correre da lui.

 

Meeme la guardó con sospetto

«Nascondi qualcosa…» osservó.

Mayu taglió immediatamente «devo andare. Addio Meeme…»

 

«Aspetta!» Il tono nella sua voce ebbe il potere di fermarla all’istante.

«Guardami!» il tono imperioso, stranamente inusuale per la dolce Meeme, non le permise di fare un passo in più.

 

Se l’avesse guardata negli occhi avrebbe capito! Con la forza della disperazione chiamó a raccolta tutta la volontà che possedeva per sbarrare le porte della sua testa, sforzandosi di tenerla fuori.

 

Rabbiosamente piantó i suoi occhi in quelli dell’aliena, sfidandola a rovistarle dentro.

 

Meeme assottiglió lo sguardo e un brivido la percorse… c’era qualcosa. Un breve scintillìo, come un diamante, poi nulla. Una porta si chiuse su quell’ immagine mentale.

Meeme aveva percepito un barlume di un qualcosa che mai aveva visto prima… ma non aveva fatto in tempo a capire che cosa fosse.

 

Come se non bastasse l’aliena, si avvicinó anche Tadashi, scuro in volto.

 

«cos’è questa storia? Mi ha detto Harlock che te ne vai perché saresti ancora innamorata di me… Ma sappiamo bene entrambi che è una cazzata…»

 

«Vorresti sapere meglio di me cosa provo? La tua arroganza è pari alla sua… non sapete un cazzo ma avete sempre la presunzione di voler decidere per gli altri…»

 

«Forse sei riuscita ad ingannare Harlock, ma io ti conosco troppo bene. Stai recitando una parte, ma non riesco a capirne il motivo. E sappi che nemmeno Kei ci è cascata.»

 

«Ah si?! E come sarebbe giunta a questa brillante conclusione?» rispose beffarda, fingendo strafottenza.

 

«perché vi ha osservati, come vi ho osservati io. E lei conosce Harlock molto bene…»

 

Mayu fece un sorriso amaro, e un ombra caló sul suo volto

«prevedibile: si è portato a letto anche lei…»

 

«stronzate! Non cercare di cambiare argomento, e non usarmi per giustificare i tuoi colpi di testa!»

 

«non t’immischiare Tadashi, non sono cose che ti riguardano» gli rispose a brutto muso

 

«eh no cara! C’entro eccome! Non mi lascerai nei guai con Harlock mentre tu scappi. Sei stata tu a mettermi in mezzo… adesso mi dici cosa stai combinando»

 

«io non ti dico un bel niente.»

 

«allora dillo a lui! Va da lui e digli la verità… poi puoi anche sparire, se proprio ci tieni…»

 

“Ci mancava solo Tadashi… dovrei già essere a mille miglia da qui… chi altro deve immischiarsi?” Fremeva.

 

Harlock osservava da lontano, non visto. 

Aveva capito subito che c’era qualcosa di sbagliato in tutta quella storia, la sua dolce Mayu non si sarebbe mai comportata così: Tadashi era stato un tentativo maldestro di nascondere il reale motivo della sua fuga, perché Mayu stava scappando era chiaro come la luce del sole.

 

Aveva chiesto lui a Meeme di andare dalla ragazza e cercare, in un ultimo disperato tentativo, di carpire il vero motivo di quel cambiamento senza senso.



 

Li aveva tutti addosso, Tadashi e Meeme come falchi pronti ad approfittare di un minimo cedimento, anche Kei la guardava con sospetto.

Le mancava l’aria, doveva andare via di lì immediatamente.

«lasciatemi in pace!» gridó, spazientita.

 

Silenzio.

«scusatemi… mi dispiace, vi ringrazio tutti, ma è veramente tardi… devo andare. Ci si vede presto!»


Quelle furono le ultime parole che le sentirono dire, da quel giorno di Mayu si perse ogni traccia. 



 

«Ti dico che non era lei!» Tadashi, Kei e Meeme stavano spiegando ad Harlock l’incredibile comportamento della ragazza.

«Io la conosco bene, non si sarebbe mai comportata così. Le è successo qualcosa…»

 

Harlock spazientito si alzó di scatto: per la prima volta si sentiva vittima della propria frustrazione

«sì ma cosa? Così non andiamo da nessuna parte. Io devo trovarla! Ho giurato di prendermi cura di lei per sempre…»

 

Meeme timidamente osservó

«comprendo la tua angoscia. Ma ormai non è più una bambina: non la puoi costringere… ha preso una decisione, e dal suo modo di agire è disposta a tutto pur di portarla a termine. Nessuno di noi puó fermarla… anche se…» Meeme esitó, incerta se confidare quel particolare ad Harlock 

 

«se sai qualcosa, è il momento di parlare!»

 

«un episodio insignificante invero. Potrebbe essere nulla, ma… poche settimane fa ho visto Mayu uscire dalla cabina di padre Chris. Non si sono mai frequentati, quindi mi è parso strano. Tutto qui…»

 

Mayu non era mai stata religiosa. Effettivamente era un po’ strana come cosa.

 

«chiamate Chris, subito!»


Padre Chris stava avvitando bulloni su un pannello della scocca di uno space wolf, quando si sentì battere su una spalla.

 

«hei don! Il capitano ti vuole…» Yattaran, già seccato per essere stato utilizzato come portaordini, si chiedeva cosa accidenti potesse volere il capitano da Chris. Era imbarcato da 3 anni, e per quanto ne sapeva, il capitano gli aveva rivolto la parola solo il giorno in cui era stato arruolato.

 

Chris non sembró affatto stupito: posó la chiave idraulica, si tolse i guanti, e senza una protesta e nemmeno mezza domanda si diresse lungo il corridoio che portava all’alloggio del capitano. Fatti due passi si voltó:

«vicecomandante, mi dovresti accompagnare. Non conosco la strada…»

Borbottando, Yattaran gli fece da guida.



 

I due uomini si fronteggiavano: diversi sotto molti aspetti, ma la forza con la quale difendevano ognuno i propri ideali, era la medesima.

Lo sguardo di Chris si era indurito: sapeva che la sua integrità sarebbe stata messa alla prova.

 

«Non posso rivelare nulla. La mia conversazione con Mayu è coperta dal segreto. Non mi farai parlare, nemmeno minacciandomi di morte.»

 

Harlock rimase molto colpito. Sapeva che era uomo di profonda fede, adesso scopriva fino a che punto l’avrebbe difesa: sarebbe morto per essa!

 

«Non ti ho mai chiesto nulla che andasse contro i tuoi princìpi. Ma ora ho bisogno del tuo aiuto. Devi dirmi ciò che ti ha confidato la mia Mayu, la devo trovare! Se tu sai qualcosa, devi dirlo!»

 

«capitano, ti ho servito per tre anni. Ma sono un sacerdote ancor prima di essere un pirata. Non tradiró il mio credo. Se vorrai uccidermi lo capiró, è nel tuo pieno diritto.»

 

Harlock si portó una mano alla fronte, scoraggiato e sconfitto.

«allora è proprio persa… come mi giustificheró con Tochiro?…»

 

Mosso a compassione, padre Chris aggiunse

«se ti puó essere di conforto sappi che lei sta bene ed è in un luogo sicuro…» esitó, indeciso se aggiungere un particolare fondamentale

«…ti ama molto capitano.»

 

«no. Non è vero. Se mi amasse sarebbe qui ora.» l’amarezza era profonda nella sua voce.



 

Mayu sapeva dove andare: una vecchia zia di papà sarebbe stata felice di ospitarla e nasconderla. Poi si sarebbe arrangiata, e un giorno, tra molti anni, forse avrebbe avuto il coraggio di confessare tutto al padre del suo bambino.

 

Ma questa è un’altra storia…

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


Gocce di sudore le imperlavano la fronte, mentre cercava di resistere alle ondate di dolore sempre crescente che dalla schiena si irradiavano al ventre e alle gambe.

 

«coraggio, resisti, fallo per la tua bambina…»

L’ostetrica, di appena qualche anno più vecchia di Mayu, le stava tamponando la fronte.

 

«È ancora presto, la dilatazione non è completa. Stringi i denti e cerca di sopportare…»

 

«Sono ore che sopporto! Dov’è mia zia?»

 

«vuoi che ti assista? Puoi far entrare qualcuno se te la senti… il padre della bimba?»

 

Un gemito straziante «aaaaah…. Questa è fortissima!»

Profondi e veloci respiri.

«non c’è… lui è lontano…»

 

«se vuoi possiamo contattarlo»

 

«no. Lui non sa niente…»

 

Un’altra ondata di dolore, dapprima sordo, e via via in un crescendo di molteplici sfumature di sofferenza, fino a giungere al culmine. Si lasció sopraffare, travolgere senza opporre resistenza.

 

«Fate entrare mia zia, vi prego…»

 

“Harlock… come vorrei tu fossi qui…ad accogliere la nostra bambina…” lacrime le riempirono gli occhi.

 

Zia Maryam era entrata. La vecchia zia Mary, l’unica parente da parte di papà.

Era stata così felice di occuparsi di lei… zia era vedova da moltissimi anni, non aveva avuto figli: la morte di papà era stato l’ultimo grande dolore di quella buona anziana signora. 

 

«Fatti forza Mayu! Non sei sola!»

 

Ennesimo cambio turno dell'ostetrica, e lei era ancora in alto mare.

 

«datemi qualcosa! Qualsiasi cosa: non ce la faccio più, sono sfinita!»

 

Un’infermiera le avvicinó una maschera con l’ossigeno

«tieni. Ti aiuterà un pochino..»

 

Mayu la rifiutó «non lo voglio l’ossigeno! Voglio la morfina! Datemi qualcosa per il doloreeeee…»

 

«Mayu stai calma… quando nascerà la bambina il dolore sarà solo un ricordo…»

 

Le ore si succedevano ma nulla sembrava muoversi.

 

Dopo un tempo che le parve un’eternità l’ennesima visita.

 

«bene! Siamo pronte, puoi cominciare a spingere…»


Un pianto disperato sancì la fine di quella tortura chiamata parto e l’inizio della vita di una nuova creatura.

 

«voglio vederla! Fatemi vedere la mia bambina!»

 

L’ostetrica l’avvicinó un attimo, e Mayu provó una tenerezza e un amore mai conosciuti prima, e cercó nei tratti di quell’esserino minuscolo, qualcosa che le ricordasse l’uomo che amava.

 

«allora? Che nome dobbiamo mettere sulla culla di questa bimba?»

 

«Arcadia… il suo nome è Arcadia!»



Grazie di cuore a chi ha avuto la pazienza di seguirmi fin qui. Il seguito di questa storia lo trovate qui



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Cedo il testimone alla grande Madame Grandier.  

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