Una Luce nel Buio

di PrimPrime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ✴ Il Portatore di Luce ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ✴ Un Passato Indimenticabile ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ✴ Il Portatore di Oscurità ***
Capitolo 4: *** Parte 4 ✴ La Prima Notte ***
Capitolo 5: *** Parte 5 ✴ Un Momento di Quiete ***
Capitolo 6: *** Parte 6 ✴ La Seconda Notte ***
Capitolo 7: *** Parte 7 ✴ All'alba ***
Capitolo 8: *** Parte 8 ✴ La Città di Roccia ***
Capitolo 9: *** Parte 9 ✴ La Terza Notte ***
Capitolo 10: *** Parte 10 ✴ La Visione ***
Capitolo 11: *** Parte 11 ✴ Rivelazioni ***
Capitolo 12: *** Parte 12 ✴ Epilogo ***
Capitolo 13: *** Parte Extra ✴ Il Frutteto nel Deserto ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ✴ Il Portatore di Luce ***


Mentre scrivevo questa storia mi sono ritrovata a pensare al simbolo dello Yin e Yang.
Esso rappresenta due energie opposte ma in armonia, che si completano a vicenda.
Lo yang (bianco) è un’energia positiva, luminosa, mentre lo yin (nero) è un’energia negativa, però non ci sono mai solo il bianco o solo il nero. C’è una piccola parte di nero nel bianco e, viceversa, una piccola parte di bianco nel nero.

Sono le esperienze che viviamo a renderci ciò che siamo. Di conseguenza, sono i nostri ricordi legati a quelle esperienze a renderci ciò che siamo. Se non ricordassimo anche solo una parte di ciò che abbiamo vissuto, saremmo senza dubbio persone diverse.

Buona lettura.


 
Copertina della storia, disponibile anche su Wattpad.
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Una Luce nel Buio

Parte 1 ✴ Il Portatore di Luce

 

Quando procedeva a passo sicuro tra la gente della città, tutti si giravano a guardarlo.
Che fosse sul campo di battaglia, in strada o al quartier generale della gilda, i presenti lo riconoscevano e si spostavano per farlo passare, mostrando l'infinito rispetto che provavano nei suoi confronti.

Garlis Glitz, il più giovane Portatore di Luce dei suoi tempi, era senza dubbio il guerriero più ammirato. Era il migliore, quello che combatteva sfoggiando abilità ed eleganza, senza mostrare un minimo di esitazione o di fatica.

Aveva raggiunto un livello che molti maestri del combattimento potevano solo sognare, ma ciò non scatenava la loro invidia.
Si trattava del più degno fra tutti a ricoprire il ruolo che gli era stato assegnato, fardello gravoso ma necessario alla sopravvivenza collettiva.

Nessuno sapeva che aveva nel cuore un grande dolore, sepolto ma mai dimenticato; dolore che si era riacceso ultimamente, arrecandogli un profondo turbamento che niente e nessuno avrebbe potuto sanare.

Nemmeno i membri della sua squadra, che gli erano vicini e lo conoscevano meglio di chiunque altro, ne erano al corrente.
Attraverso la sua facciata di serenità, positività e modestia, non trapelava altro che la sua immagine di persona amabile ma inarrivabile, e di soldato affidabile, al fianco del quale sfidavano la morte ogni giorno.

Soltanto il Saggio del Santuario, suo confidente in passato, era stato in grado di immaginare la sua sofferenza. Soltanto lui, al quale Garlis aveva chiesto spiegazione degli eventi recenti, ma che non aveva saputo dargli buone notizie; lui che era già anziano quando il giovane Garlis aveva iniziato a frequentare l'accademia militare, molti decenni prima.

Quel giorno, il Portatore di Luce era stato convocato alla gilda degli avventurieri per una missione speciale. Ad attenderlo, insieme al capo della gilda, c'erano il comandante dell'esercito del regno e lo stesso Saggio, che di rado si era visto al di fuori del Santuario.

Entrando nell'edificio, Garlis attirò subito gli sguardi dei presenti.
La sua armatura bianca lucente lasciava pochi dubbi riguardo a chi fosse.
La sua stessa pelle, chiara come l'ambra fatata, brillava leggermente di una luce confortante.

Aveva un'altezza nella media degli uomini del regno e la sua figura, un tempo esile, era stata caricata dalla forza degli antichi. I suoi capelli castani erano lunghi, raccolti in una coda morbida e bassa che lasciava libere due trecce, le quali partivano dalle tempie per terminare a metà del suo busto.

Il suo passo era leggero ma sicuro, negli stivali bianchi composti dal metallo più resistente che esistesse in tutto Ellis, lo stesso che componeva la sua intera armatura.

Il suo aspetto androgino incantava sia gli uomini che le donne e, malgrado all'apparenza fosse delicato e quasi femminile, Garlis era uomo nel corpo e nell'anima.

Si era fatto accompagnare, come sempre, dai suoi compagni di squadra, amici fedeli con i quali divideva il campo di battaglia da anni. Solitamente, dove andava lui c'erano anche loro.

Si trattava di Oris, lo spadaccino venuto dal sud, che, con le sue tecniche di combattimento peculiari, non era secondo a nessuno; Anite, la maga del tuono, che scagliava saette sugli avversari; infine Vellga, l'esploratore, capace di mimetizzarsi nella natura e di fiutare i nemici a distanze incredibili.

Garlis era sempre stato solo, a comandare gli eserciti del regno. Persino i suoi amici dell'accademia, quando lui era stato scelto come Portatore di Luce, gli si erano allontanati, quasi intimoriti dal suo ruolo.

Quando poi, negli ultimi anni, era stato necessario che prendesse parte a piccole missioni da svolgere in segreto, il capo della gilda e il comandante dell'esercito gli avevano suggerito di capeggiare una squadra, proponendogli i migliori avventurieri tra cui scegliere.

Garlis non era l'unico del suo gruppo a essere stato all'accademia militare. Anche Vellga aveva avuto la stessa formazione, sebbene molto tempo dopo di lui. Si era però allontanato dagli insegnamenti ricevuti per iscriversi alla gilda invece che arruolarsi, non sopportando più le regole ferree che l'esercito imponeva.

L'esploratore aveva inoltre il suo incredibile fiuto, dono che si vedeva nel regno per la primissima volta. Aveva deciso di mettersi al servizio della gilda, così da poter sfruttare quella dote naturale e allo stesso tempo poter vivere a modo suo.
La scelta si era presto rivelata felice, dato che era stato in grado di scalare la classifica dei migliori, insieme alla sua squadra di allora.

Quando poi Garlis aveva dovuto formare la propria, aveva scartato gli altri membri del gruppo per avere al suo fianco solo Vellga, alleato unico nel suo genere.

Il ragazzo non sopportava le restrizioni eccessive ma, finché non gli si chiedeva troppo, obbediva di buon grado agli ordini: quando erano insieme, i membri della squadra del Sol Notturno si consideravano alla pari, ma in missione era Garlis ad avere l'autorità di prendere decisioni per tutti loro.

L'esploratore aveva i capelli neri, tagliati corti in modo disordinato. Sulla fronte portava una bandana verde con il simbolo del gruppo, che arrivava quasi a coprirgli gli occhi ma non gli impediva affatto di vedere.
Il suo sguardo, sempre serio, era considerato minaccioso da molti.

Oris invece aveva sempre il sorriso sulle labbra, anche nelle situazioni critiche, ma aveva anche la mano sinistra fissa sull'elsa e non esitava mai a sguainare la sua spada dalla lama lunga, sottile e affilata.

Giungendo da lontano, non era stato ben visto dagli abitanti della città all'inizio, perciò si era abituato a risolvere i conflitti sfidando gli altri a duello, e vincendo ogni volta.

La sua chioma scarlatta lo rendeva subito riconoscibile, ma l'aveva tagliata corta di recente, per essere più libero nei movimenti. Malgrado la sua giovane età aveva una leggera barba, tipica di chi viveva al sud, che lo faceva apparire più grande.

Anite, poco più grande di lui, dava invece l'impressione opposta. I suoi capelli erano lunghi, di color castano scuro, e la sua pelle chiara profumava di frutta acerba; fragranza che, secondo lei, contribuiva alla sua immagine da ragazzina.

Sempre vestita di colori scuri, la maga era stata una criminale prima di essere chiamata alla gilda.
Aveva macchiato la sua reputazione con innumerevoli furti, ma non era mai stata catturata. Viveva per strada e usava i pochi soldi che aveva per andare a divertirsi.

La situazione era proseguita in questo modo finché non aveva fulminato un uomo che voleva farle del male, rivelando così i suoi poteri e facendosi quindi notare dalle guardie cittadine.

Erano in pochi, nel regno, ad avere un potenziale magico, perciò la ragazza era stata riabilitata, con la promessa che avrebbe potuto lavorare per la gilda. L'idea non le era sembrata il massimo, ma l'aveva accettata pur di non essere mandata al patibolo.
Aveva scoperto così la gioia di lavorare in squadra, svolgere missioni e guadagnarsi da vivere onestamente.

Andava ancora a divertirsi con gli sconosciuti la sera, ma non lo faceva più come una criminale senza una casa in cui tornare.

Quando era stata scelta per la squadra del Sol Notturno, non aveva potuto far altro che accettare, cogliendo l'opportunità migliore che le potesse capitare in vita sua.

Valeva per tutti e tre, ma all'inizio erano comunque intimoriti all'idea di lavorare a stretto contatto con il Portatore di Luce. Quando lo avevano conosciuto meglio, e lui si era rivelata una persona piacevole e ragionevole, avevano tirato un sospiro di sollievo.

Lui stesso aveva mantenuto le distanze con loro i primi tempi, essendo ormai abituato a stare da solo, ma presto avevano finito per diventare amici, inevitabilmente.

Garlis era ancora riservato su certi argomenti, ma apprezzava la loro compagnia e sapeva di poter affidare la sua stessa vita ai compagni... Anche se, in realtà, quando era asceso era diventato immortale, perciò erano loro tre a far affidamento su di lui.

Era l'unico Portatore di Luce a Trina, città di confine.

Erano in pochi a essere come lui, infatti era possibile nominare un Portatore una volta ogni mille anni. Garlis era un semplice soldato del regno quando il Saggio del Santuario gli aveva comunicato che sarebbe potuto diventare uno di essi e gli aveva chiesto se avrebbe accettato l'incarico.

Lui non credeva di avere un potenziale di luce tale da poterlo diventare davvero, ma capì che si sbagliava. Il Saggio faceva la sua scelta solo tra chi aveva più potenziale, prendendo in considerazione gli abitanti dell'intero regno.
Alla fine annunciò che Garlis ne aveva più di chiunque altro del suo tempo, perciò fu una scelta ovvia.

Temeva di non essere in grado di ricoprire un ruolo tanto importante, ma aveva al suo fianco qualcuno che lo convinse del contrario; qualcuno che lo avrebbe sostenuto nel suo nuovo compito, almeno finché avesse avuto vita, per questo si decise ad accettare.

Sapeva che la sua immortalità gli avrebbe procurato molto dolore, ma si convinse che era quello il suo destino e si decise a far ancora più tesoro dell'amore e del sostegno che riceveva da chi aveva accanto.

Si promise che non l'avrebbe mai trascurato, malgrado i suoi nuovi impegni, perché sapeva che il loro tempo insieme era limitato... Ma non credeva che sarebbe stato così limitato.

Si ritrovò presto solo, e l'amore che aveva ricevuto divenne un vuoto dolceamaro nel suo cuore, doloroso e incolmabile.

Da quasi cento anni vegliava su Trina e le zone circostanti contro le incursioni dei soldati di Viss, regno vicino, con i quali si era scontrato spesso in battaglia.
In quanto Portatore di Luce, aveva il dovere di combattere per il bene degli abitanti del regno di Reyn.
Ultimamente, però, una calamità sconosciuta si era abbattuta su tutti loro.

Il loro mondo, Ellis, era caratterizzato dalla continua lotta tra il bene, rappresentato da Reyn, e il male, rappresentato da Viss. Si dividevano i territori emersi, senza che uno prevalesse mai definitivamente sull'altro.

Qualcosa però stava minacciando l'energia di Ellis, che manteneva in vita tutte le creature. Si stavano verificando terremoti, violente tempeste, mentre in altre zone la vegetazione moriva senza apparente motivo.
Diverse squadre di avventurieri erano state mandate a indagare, ma nessuna aveva scoperto la causa di tale malessere.

Probabilmente il Sol Notturno era stato chiamato alla gilda per una missione relativa a questo.
La ragazza al banco informazioni li notò e lasciò la sua postazione per accompagnarli alla porta che conduceva sul retro, dove si discutevano le questioni importanti.

Garlis varcò la soglia per primo, ritrovandosi davanti i tre uomini che lo avevano convocato: Gareth Lanne, capitano dell'esercito del regno, Silen Val, capo della gilda degli avventurieri, e infine il Saggio del Santuario, il cui nome era andato perduto nel tempo.

Quest'ultimo, con le sue rughe profonde, dimostrava tutti i millenni che aveva vissuto. Malgrado l'apparenza, però, era in grado di muoversi agilmente se l'occasione lo avesse richiesto.

Era un uomo basso, avvolto in un mantello blu, e teneva in mano uno scettro in legno nodoso che terminava incorniciando una pietra del color della notte.

Negli ultimi tempi Garlis lo aveva visto una sola volta, qualche anno prima, e non era stata un'occasione piacevole.

Il loro sguardo si incrociò per un istante e per il giovane fu impossibile intuirne lo stato d'animo attraverso i suoi occhi, fessure sottili indurite dal tempo.
Quanto a lui invece, per poco la sua facciata serena non cadde.

Prima che fosse troppo tardi si decise a concentrarsi sugli altri e il suo sorriso accennato si fece più convincente.
"Buongiorno," disse solamente, entrando per permettere ai compagni di fare lo stesso.

Non servì presentarsi poiché tutti loro si conoscevano già.
Anche il resto della squadra salutò e gli uomini che li attendevano ricambiarono sfoggiando dei sorrisi forzati. Solo il saggio rimase in silenzio, impassibile, a osservarli tutti attraverso le sue fessure.

Leggere le espressioni degli altri due fu facile per Garlis. Stavano già parlando prima del loro arrivo e pareva che fossero preoccupati.

Si sedettero con loro al tavolo dalla forma ovale, mentre una ragazza a servizio della gilda versava loro del tè profumato di fiori.
Anite si leccò le labbra e lo assaggiò per prima, impaziente di scoprirne il sapore raffinato. Alla gilda servivano sempre cose buone durante le occasioni di quel tipo, quasi volessero comprare il favore degli ospiti con quelle delizie, ormai lei lo aveva capito.

Vedendola così di buon umore dopo il primo sorso, anche Oris si persuase ad assaggiarlo, occupando in quel modo lo strano silenzio che si era subito creato.
Invece Garlis non degnò di uno sguardo la sua tazza, più interessato al motivo per cui era stato convocato, e come lui anche Vellga.

"Come avrete immaginato, siete stati chiamati qui perché abbiamo una missione importante da affidarvi." Iniziò Silen, facendosi serio. "Riguarda l'energia di Ellis, le calamità che si stanno abbattendo su questo mondo."
Tutti i presenti rimasero in silenzio e chi stava bevendo smise di farlo, comprendendo che l'argomento era serio.

"Avevamo convocato solo Garlis Glitz in realtà, ma sapevamo che vi sareste presentati insieme." Si intromise Gareth.
"Chiamatemi solo Garlis, per favore." Intervenne il diretto interessato.
Aveva dimenticato il numero di volte in cui aveva dovuto ripeterlo, ma certe persone non lo ascoltavano, considerandola forse una mancanza di rispetto nei suoi confronti.

"Garlis, come desideri." Rispose il capitano dell'esercito, liquidando la questione con poca convinzione.
"Tornando a noi." Li interruppe Silen. "Il Saggio del Santuario ha delle nuove informazioni a riguardo, e una missione da affidarvi."

Scoprendo che gli sarebbe stata affidata direttamente dal Saggio, il Portatore di Luce si preoccupò ulteriormente, ma non lo diede a vedere. Rimase serio, concentrato, in attesa di saperne di più.

Il vecchio si schiarì la voce e schiuse le labbra secche per continuare lui stesso.
"Pensavamo che le calamità si stessero verificando solo qui a Reyn, invece sta succedendo lo stesso anche a Viss."

Batté un colpo a terra con lo scettro e la pietra blu prese a luccicare. Cambiò colore fino a mostrare le terre verdi, paludose e montuose del regno nemico: pianure diventate deserti, paludi prosciugate, montagne che franavano.
"Pensavamo che fossero causate dalle forze maligne di Viss, invece anche il loro regno ne è vittima."
Fece una pausa durante la quale osservò i suoi interlocutori, rimasti sorpresi.

"Se non si tratta di noi né di Viss, cosa sta causando tutto questo?" Domandò Garlis, dando voce ai pensieri di tutti.
"Ancora non lo sappiamo." Rispose il vecchio, impassibile. "Qualsiasi cosa sia, la fonte dell'energia di Ellis ce lo mostrerà."

La pietra mutò di nuovo mostrando delle nuove immagini. Un bosco dal terreno rossiccio, con alberi viola dalle foglie luminose.
"È qui che essa si trova, nel territorio neutrale tra i regni. Questo luogo è strettamente collegato all'energia interna del nostro mondo."

"È là che dobbiamo andare?" Domandò ancora Garlis, determinato a partire subito per scoprire cosa stesse succedendo.
"Sì, ma non è tutto. Queste informazioni mi sono state mostrate in sogno dal Saggio di Viss."

L'incredibile rivelazione spiazzò tutti i presenti meno Gareth e Silen, che l'avevano già udita prima del loro arrivo.
Il vecchio sollevò una mano e fece segno di rimanere in silenzio perché potesse finire, quindi schiuse di nuovo le labbra.

"Come saprete, anche a Viss c'è un Saggio con il potere di percepire il potenziale dell'oscurità, così da poter nominare i Portatori. Ha capito che sarà necessaria una collaborazione per mettere fine alle calamità, poiché l'energia di Ellis deve tornare in equilibrio. Manderà un gruppo di combattenti guidati da un Portatore di Oscurità nelle terre neutrali, e quando vi sarete riuniti con loro potrete decidere come procedere per portare a termine la missione con successo."

"È una trappola." Intervenne Vellga, che non riusciva a credere a ciò che stava proponendo loro il vecchio.
"Vorrei che lo fosse, così potremmo ignorarla, ma non è così. Ho visto coi miei occhi cosa sta succedendo all'energia di Ellis, non abbiamo molto tempo."

Calò di nuovo il silenzio, più pesante di prima.
I membri del Sol Notturno si guardarono tra loro, preoccupati, meno Garlis che aveva mantenuto lo sguardo fisso sul Saggio, intuendo che le brutte notizie non erano finite.
"Non sarete soli, vi affiancheranno dei soldati dell'esercito." Intervenne Gareth, quasi per rassicurarli.
"E dei maghi elementali della gilda." Aggiunse Silen, ma l'espressione seria del Portatore non mutò.

"Chi è il Portatore di Oscurità con cui dovremo collaborare?" Chiese, rivolto al Saggio.
"Il nuovo generale di Viss, Ariha."
Garlis sgranò gli occhi perdendo del tutto la sua facciata di tranquillità. Il suo timore si era rivelato fondato.

Non aveva mai combattuto direttamente con Ariha, ma lo aveva visto molte volte sul campo di battaglia.

La strategia dell'esercito di Reyn prevedeva che i Portatori di Luce combattessero in prima linea, attirando contro di loro le forze nemiche e proteggendo gli altri soldati il più possibile, aiutandoli a sfondare le difese avversarie.

A Viss operavano in modo diverso, tenendo i Portatori nelle retrovie, dove avrebbero potuto dirigere le operazioni dei sottoposti.
Chi a Reyn era uno strumento, a Viss era un generale di nome e di fatto.

Per questo motivo Garlis non ci aveva mai avuto a che fare da vicino, né era stato in grado di avanzare tra i nemici fino a raggiungerlo; non gli era permesso allontanarsi troppo dai compagni che avrebbe dovuto proteggere e guidare, inoltre non avrebbe avuto senso raggiungere il generale nemico, immortale proprio come lui.

Malgrado ciò, gli era bastato un primo sguardo da lontano per riconoscere il suo viso e rimanere sconcertato.

Quella volta, dopo la battaglia, si era recato dal Saggio del Santuario per chiedergli cosa fosse successo e come fosse possibile.

Il vecchio aveva verificato la cosa usando i suoi poteri, per poi rispondergli: "A volte, le persone vicine ai Portatori di Luce sviluppano un potenziale oscuro. Lo avranno percepito in lui e portato dal loro Saggio."

Il mondo di Garlis era crollato di nuovo a quell'affermazione, e ora cercava di tenere insieme i pezzi a fatica, combattendo continuamente con il dolore.

Era successo poco più di sei anni prima.

"State suggerendo di unire le forze con dei soldati Viss, guidati da un Portatore di Oscurità per di più, ed esplorare quelle zone in cerca di... cosa? Una fonte magica che forse non esiste nemmeno? Ci uccideranno molto prima di arrivarci!" Esclamò Anite, riempiendo l'ennesimo silenzio.

"Garlis, va tutto bene?" Gli chiese Oris, seduto accanto a lui, notando la sua espressione.
"Sì..." Rispose, quindi gli rivolse lo sguardo più tranquillo che riuscì a fare. "Penso solo che questa cosa non potrà funzionare."

Invece di rispondere, il vecchio estrasse un documento e lo mise sul tavolo davanti a tutti.
Era firmato e timbrato, anche se non riconobbero il nome del firmatario.

"È arrivato con un messaggero. Il Saggio di Viss giura sul suo onore che la squadra da lui inviata non tenterà di uccidervi. Se non rispetteranno questo suo ordine si consegnerà a noi come prigioniero, il che significherebbe che non ci saranno altri Portatori di Oscurità." Spiegò Gareth, posando l'indice sul foglio.

I tre avventurieri rimasero senza parole, ma la cosa non bastò a convincere Garlis.
Se da una parte avrebbe voluto incontrare Ariha, dall'altra era consapevole che si trattava di una pessima idea, che avrebbe messo in pericolo i suoi compagni e non sarebbe servito a niente, se non a provare altro dolore.

"Se è arrivato a tanto, significa che è necessaria la vostra presenza." Aggiunse Silen, nella speranza di convincerli.
"Non abbiamo scelta, non è così?" Chiese il Portatore di Luce, passando lo sguardo su Gareth e poi su Silen.
"Questa è la città più vicina alle terre neutrali, per questo la richiesta è stata mandata a noi. Se rifiuti, sarà inoltrata a un altro Portatore, ma ci vorrà più tempo." Specificò il capo della gilda, in difficoltà.

"Come pensavo," rispose Garlis, alzandosi in piedi.
Andò alla finestra della stanza, quindi diede le spalle ai presenti per guardare all'esterno.
La città di Trina appariva serena, come se non stesse accadendo niente di male, ma presto le calamità si sarebbero abbattute anche lì, non potevano dirsi al sicuro.

"Garlis, capisco perché tu non voglia collaborare con Ariha, ma è necessario. È quello che sei chiamato a fare adesso, per proteggerci tutti", sottolineò il Saggio, con fare paterno.
Il Portatore si voltò a guardare i compagni che annuirono convinti.
"Accettiamo", rispose, ma non riuscì a farsi vedere sicuro di sé.
 




Garlis, realizzato con Midjourney

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Capitolo 2
*** Parte 2 ✴ Un Passato Indimenticabile ***


Parte 2 ✴ Un Passato Indimenticabile




Seguendo gli ordini del capitano dell'esercito, sarebbero partiti l'indomani all'alba. Alle mura della città avrebbero trovato ad attenderli i soldati e gli avventurieri che dovevano accompagnarli.

Con il peso di ciò che li attendeva sulle spalle, tornarono alla casa che condividevano tutti e quattro.

Un tempo Garlis aveva avuto una casa sua, ma gli era stato suggerito di trasferirsi in una più grande, da dividere con la squadra, e quando era stato il momento di formarla l'aveva fatto.

Raggiunse la sua stanza, all'ultimo piano, dove non aveva mai fatto entrare nessuno dei compagni. Era lì che teneva tutti i suoi oggetti personali, dei quali non intendeva parlare a nessuno.
Tolse l'armatura e si sedette sul letto, stanco.

Con lo sguardo esplorò il tatuaggio che aveva sul dorso della mano destra, quasi lo vedesse per la prima volta. Di solito era coperto da un guanto, ma lui non dimenticava mai di averlo.
Raffigurava Sol, rappresentato con una semplice linea circolare con i raggi intorno. Ad essi si aggiungevano altre linee, le quali occupavano lo spazio restante della mano.

Non era più tradizione farlo ormai, perciò molti non lo sapevano interpretare, ma ai suoi tempi era normale averlo.

Fece viaggiare lo sguardo per la stanza, soffermandosi su ogni oggetto che gli evocava dei ricordi. Infine guardò il dipinto appeso alla parete. Era un ritratto sotto al quale aveva preparato dell'incenso.
Si alzò e lo accese per omaggiare la persona che vi era raffigurata.

Accanto ad esso aveva posato dei fiori blu, i suoi preferiti, che ormai erano appassiti. Decise che gliene avrebbe portati altri al ritorno dalla missione.

Chiuse gli occhi e, lasciandosi cullare dall'odore dell'incenso, si perse nei ricordi dolceamari di moltissimi anni prima...

Loro due si erano conosciuti all'accademia.
Malgrado l'aspetto femminile di Garlis, si era presto trovato circondato da amici maschi che lo trattavano come se nulla fosse. Così ciò che per lui era sempre stato causa di un complesso ormai era diventato solo un'ombra del suo passato. 

Un giorno, mentre parlava con i compagni dopo un addestramento, ebbe l'impressione di essere osservato. Esaminò i dintorni e notò un ragazzo, poco distante, che li guardava da dietro una colonna dell'edificio.
Guardava lui.

Ora che lo sguardo era ricambiato scappò via in preda all'imbarazzo, ma non fu l'ultima volta che indugiò a osservare Garlis.

Un giorno i suoi amici, che lo avevano notato, lo accerchiarono per metterlo in guardia: Garlis non era una ragazza anche se lo sembrava e continuare a spiarlo a distanza non era un comportamento normale.

Quando scoprì cos'avevano fatto, lui apprezzò la loro preoccupazione ma disse che non era necessario.
Il compagno sconosciuto non aveva fatto niente di male.

Nel giro di pochi giorni questi prese coraggio e andò a parlargli.
Garlis ne fu sorpreso, ma lo accettò subito nel gruppo di amici. Le attenzioni del giovane però erano diverse da quelle degli altri. 

La timidezza iniziale lasciò spazio all'intraprendenza e il timore di parlargli si dissipò in favore del bisogno di esprimergli i suoi sentimenti. Gli chiese più volte di uscire loro due da soli, finché non riuscì a dirgli cosa provava nei suoi confronti.

Garlis era rimasto spiazzato, ma anche lusingato. Ricordava di essere arrossito, di essersi trovato senza parole.
Il timido ragazzo che lo osservava da lontano si era fatto audace, divertente e persino determinato. Era la compagnia migliore che Garlis avrebbe potuto desiderare, e presto anche lui si accorse che l'amico era diventato qualcosa di più. 

Cedette presto al suo corteggiamento, accettando di uscire con lui per quella che sarebbe stata una delle serate più belle della sua vita.

Erano giovani, ma a Garlis bastò poco per convincersi di voler rimanere con lui per tutta la vita. Ne era certo, un giorno si sarebbe sposato con Ari Glitz. 

Accadde davvero, diversi anni dopo.
Si sposarono davanti ad amici e familiari, con la benedizione di Ellis. Il celebrante impose loro il tatuaggio sulla mano, che fece un po' male ma non importava: erano felici.
Garlis decise di prendere il suo cognome e andarono a vivere insieme. 

Ai tempi gli era già stato comunicato che sarebbe potuto diventare un Portatore.
Era stato Ari a convincerlo che doveva accettare l'incarico, che sarebbe andato tutto bene, e lui lo aveva ascoltato. Fino alla fine, però, aveva creduto che sarebbe stato scelto qualcun altro, e invece era toccato davvero a lui.

Rimasero sposati per pochi giorni, ma Garlis li ricordava come i migliori della sua vita.
Al mattino si svegliava con Ari sdraiato al suo fianco, ancora addormentato, con un'espressione pacifica sul viso. Lui ne studiava ogni centimetro, emozionandosi ogni volta come se fosse la prima.

Accarezzava la sua pelle ambrata, le sue lentiggini, passava le dita tra i suoi soffici capelli biondi, sfiorava le labbra carnose... Poi Ari si svegliava e lo guardava a sua volta con i suoi occhioni blu.
"Sei bellissimo, Garliz", gli diceva, col suo forte accento del nord che non aveva mai perso, e quello era il miglior buongiorno possibile.

Il resto, lui non lo voleva ricordare.

A detta del Saggio, avevano riportato in vita il suo corpo e mantenuto ancorata ad esso la sua anima, ma i suoi ricordi non c'erano più. Non erano stati bloccati, ma rimossi del tutto. Lo avevano rigenerato perché potesse rinascere e rifare tutto da capo, come volevano loro.

Era ancora lui, ma allo stesso tempo non lo era più.

Qualcuno bussò alla porta interrompendo i suoi pensieri.
"Stiamo bevendo al piano di sotto, se ti va puoi unirti a noi", disse Oris, senza permettersi di aprire.

Garlis, che ormai aveva riaperto gli occhi, spostò lo sguardo sull'incenso e si accorse che la bacchetta si era consumata.
"Arrivo", rispose seppur senza voglia, quindi si alzò.

 

Gli sembrava strano che gli amici si stessero ubriacando prima di una missione importante, infatti ciò che si era immaginato venne smentito non appena li ebbe raggiunti in soggiorno.
Vellga aveva preparato un tè aromatico acquistato in viaggio e Anite ci aveva mischiato un alcolico leggero che aveva conservato per le belle occasioni.
Sarebbe stato impossibile ubriacarsi con una bevanda del genere, ma a lei piaceva il suo sapore.

"A cosa dobbiamo l'onore?" le chiese, sorpreso di vederla fare quella miscela.
La ragazza ebbe un attimo di esitazione, ma poi si decise a parlare.
"Domani ci aspetta una missione che finora sarebbe stata impensabile, voglio bere questa bottiglia prima che sia troppo tardi", ammise, con un sorriso tirato.

Garlis rimase spiazzato.
I compagni non commentarono, perciò lui li guardò uno a uno.
"Ragazzi, non dovete vederla in questo modo. Non succederà niente, il documento firmato dal saggio di Viss lo garantisce", sottolineò.

Vellga sospirò.
"Davvero gli credi? Di quei Viss non ci si può fidare", disse, infastidito.
"Hai ragione, ma questa volta sembra diverso. In ogni caso, vi proteggerò io."

"Lo apprezziamo, ma avremo a che fare con un Portatore di Oscurità... Nessuno può dirci come andrà a finire", aggiunse Anite, abbattuta.
"Voi mi avete fatto segno di accettare la missione..." ricordò loro Garlis, confuso, sedendosi.
"Siamo la tua squadra, dobbiamo sostenerti nelle occasioni importanti come questa, anche se significa andare incontro al pericolo", disse la maga, passandogli un bicchiere ricolmo della sua miscela.

"Tu per noi lo faresti", rispose Oris.
"Certo, ma io sono asceso, è diverso", preciso, mentre la ragazza beveva.

Lei sgranò gli occhi.
"È venuto buonissimo! Dovete assaggiarlo, forza!" li spronò, tornata allegra.
Fecero come diceva, dopodiché si scambiarono sguardi stupiti. Aveva ragione.
Vedendoli con quell'espressione, la maga rise di gusto.

"Non è diverso", disse poi, ritornando sul discorso di prima. "Questa è la missione più importante che potesse capitarci! Evidentemente siamo destinati a salvare Ellis."
"Noi, e un branco di sporchi Viss", aggiunse Oris, divertito.

"Mmh, nemmeno tu sei tanto convinto che andrà bene, eh Garlis?" gli chiese Vellga, restituendo alla conversazione un tono serio.
"No, l'idea di collaborare con loro non mi piace per niente", ammise.

Aveva la mano ancora sul bicchiere, finalmente lo sollevò e se lo portò alla bocca.
"Non avevo mai notato quel simbolo", disse Anite, sorpresa.
Garlis si guardò la mano destra accorgendosi di essersi dimenticato il guanto in camera.
"È qualcosa che ha a che fare con i Portatori?"

"No, nella famiglia della mia ragazza ce l'hanno quasi tutti... Anche se non ne conosco il significato", intervenne Oris.
"Hai una ragazza? Devi andare a trovarla prima di domani!", si raccomandò Garlis, cercando di spostare l'attenzione su di lui.

"Lo farò", rispose, quindi studiò la sua reazione. "È qualcosa di cui non vuoi parlarci?"
"No, non è questo..."
Cercò una scusa, ma non gli venne in mente niente.

Spostò di nuovo lo sguardo sul simbolo, quindi lo accarezzò con il pollice della mano sinistra.
"È un tatuaggio matrimoniale... Era tradizione farlo, quando ero giovane."
"Quindi sei sposato?!" esclamò Vellga, sgranando gli occhi per la sorpresa.
"È per questo che non sei mai venuto a donne con noi?" chiese invece Oris.
Anite rivolse al compagno di squadra un'espressione di stupore mista a divertimento, ma si trattenne dal commentare e tornò anche lei concentrata su Garlis.

"Sono vedovo", ammise a malincuore. "Succede... quando sei immortale", aggiunse, ma non era del tutto vero.
Ari era morto improvvisamente pochi giorni dopo il loro matrimonio.

"Oh... mi dispiace", disse lo spadaccino dai capelli rossi, dando voce ai pensieri di tutti.
Il clima tra loro era cambiato nuovamente.
"Non serve, non vi conoscevate ed è passato tanto tempo. E... non volevo tradire il suo ricordo frequentando altre persone, ecco tutto."

"Beh, se cambi idea, sappi che molte ragazze sarebbero contente di ricevere attenzioni da te", rivelò Oris.
"Non credo proprio", ribatté lui, sollevando un sopracciglio.

"Sì invece! Sei un Portatore, stare con te significa stare con il più grande degli eroi!"
Garlis trattenne una risata, consapevole che il compagno stava esagerando.

"Anite, tu per esempio, in rappresentanza del genere femminile, non sei d'accordo?"
La maga strabuzzò gli occhi.
"Io?" chiese a Oris, in tono disgustato, poi si voltò verso Garlis. "Senza offesa, sei un po' lontano dal mio tipo ideale. Ma non perché sei un Portatore! Quella parte è decisamente interessante."

Garlis sorrise, divertito.
"Credo di aver bevuto abbastanza per oggi", annunciò, alzandosi in piedi.
Cercarono di convincerlo a restare, ma lui non cambiò idea e tornò nella sua stanza, intenzionato a dormire... Anche se sarebbe stato difficile.
 

Sognò di essere con Ari, erano giovani e frequentavano l'accademia militare.
Gli amici erano andati a lezione lasciandoli soli, quindi il compagno gli si era avvicinato improvvisamente.

"Usciamo stasera?"
Garlis era arrossito alla sua proposta, che non era certo la prima di quel tipo. 

Poco dopo si erano ritrovati insieme sotto le stelle, su una collina non distante dall'accademia, abbracciati, intenzionati a stare lì fino all'ultimo minuto che precedeva il coprifuoco.

Quando si svegliò, ebbe l'impressione di essere ancora con lui. Tese il braccio, ma sentì solo il letto disfatto, freddo e vuoto.

Aprì gli occhi, colto dalla consapevolezza di essere solo, come sempre.


 

Oris, realizzato con Midjourney

Oris, realizzato con Midjourney




Note di quella che scrive

Capitolo breve, ma ho preferito chiuderlo qui in previsione del prossimo.
In ogni caso, ciao a tutti e grazie per aver dato un'opportunità alla mia nuova storia. Che strano tornare a pubblicare su efp dopo 4 anni di assenza xD

Riguardo alla storia, specifico che ho indicato "tematiche delicate" semplicemente perché c'è il tema del lutto, come avete scoperto in questo capitolo.

Se vi andasse di dirmi cosa ne pensate della storia finora, mi farebbe molto piacere!
A presto xx

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Capitolo 3
*** Parte 3 ✴ Il Portatore di Oscurità ***


Parte 3 ✴ Il Portatore di Oscurità




Garlis e i compagni partirono puntuali, seguiti da un piccolo gruppo di soldati e da quattro maghi elementali mandati dalla gilda. Avevano a disposizione anche un carro dove erano state caricate le provviste e tutto il necessario per allestire un campo base.

Il viaggio verso la loro meta non era breve, ci sarebbe voluto tutto il giorno per arrivare, perciò si mossero in fretta, consci del fatto che non avevano tempo da perdere.

"Cos'ha di speciale la foresta dove stiamo andando?" chiese Oris, pensieroso.
"Pare che al suo centro ci sia un albero collegato direttamente con l'energia di Ellis, probabilmente la fonte che stiamo cercando si trova proprio lì", gli rispose Vellga, quindi il compagno emise un fischio di sorpresa.

"Non ci voleva, tra i maghi c'è anche Crisse", cambiò discorso Anite, irrequieta. "Qualche anno fa sono andata a letto con il suo ragazzo... Se mi trovate morta bruciata non sono stati i Viss, ma lei."
"Anite, c'è qualcuno di questo gruppo con cui tu non sia andata a letto?" le chiese Vellga, dopo aver emesso un lungo sospiro.

"Certo! Tu, Garlis, le ragazze," si girò per passare in rassegna gli altri, "e alcuni dei soldati."
L'esploratore si voltò per guardare Oris, ma lui concentrò la sua attenzione sul paesaggio, fingendo innocenza.

Giunsero ai margini della foresta al tramonto.
Mentre alcuni soldati piantavano le tende e altri si occupavano della cena, Garlis guardava l'orizzonte con fare sconsolato. Il regno di Viss era lì, poco distante, eppure loro erano stati i primi ad arrivare.

I suoi compagni erano tutti indaffarati e avrebbe voluto dar loro una mano per distrarsi, ma glielo avevano vietato. Si sarebbe riposato, visto che avrebbe dovuto proteggerli in seguito, questo avevano detto.
Perciò lui si era seduto su una roccia ad aspettare.

Slacciò un lato della corazza per infilarci la mano e prendere una cosa dalla tasca della sua maglietta.
Era un piccolo ritratto raffigurante lui e Ari, sereni, in un giorno qualsiasi della loro giovinezza.

Il pensiero che Ari era morto proprio lì, nelle terre neutrali, e il suo corpo era stato reclamato dal regno di Viss, era inaccettabile.
Eppure stava per rivederlo, per come era diventato.

Non avrebbe voluto farlo, non così, ma una parte di lui si chiedeva come fosse, se fosse lo stesso di sempre o fosse totalmente cambiato. Voleva scoprirlo, così da mettersi l'anima in pace.
Dopotutto, non aveva mai smesso di amarlo.

Sentendo del clamore in lontananza, mise a posto il piccolo ritratto e sistemò l'armatura.
Anche gli altri compagni si allertarono e smisero di fare ciò che stavano facendo.

All'orizzonte comparve un carro trainato a grande velocità da un grosso animale sconosciuto. Dietro di esso c'erano dei soldati a cavallo di altri animali.
Si fermarono a pochi passi da loro, alzando una nuvola di polvere che investì il campo di Reyn, appena allestito.

Quando la coltre si dissipò, videro qualcuno saltare giù dal carro.
Aveva la pelle azzurrina, dei lunghi capelli bianchi dall'aspetto indomabile e vestiva di pelli e pellicce grigie.
Era diverso, ma era senza dubbio lui: Ariha, il Portatore di Oscurità.

Osservò tutti i presenti sfoggiando un sorriso beffardo, mentre i suoi si radunavano alle sue spalle.
"Allora, chi è il capo qui?" domandò, ironico, scatenando le risate dei soldati che lo accompagnavano.

Si trattava di esseri deformi in armatura, ma anche di maghi, alcuni dei quali sembravano umani; occultisti, sicuramente.

Garlis era proprio davanti a lui, intento a studiarlo con lo sguardo. Vederlo così da vicino lo aveva lasciato senza parole.

Il generale nemico si accorse di lui e il suo sorriso divenne a mezza bocca.
"Pare che sia tu il Portatore, ragazzina... È incredibile. Quanti anni avevi quando sei ascesa, dodici?"
Alla sua battuta si levarono altre risate alle sue spalle, stavolta più rumorose di prima.

Il giovane strinse i denti e si impose di tornare in sé, non poteva farsi trattare in quel modo.
"Mi chiamo Garlis Glitz e sono il Portatore di Luce, non sono una ragazzina", ribatté, serio.
"Il tuo viso dice il contrario", aggiunse Ariha, beffardo.

Gli occhi grigi del Viss lo scrutavano alla ricerca di ogni sua debolezza, illuminati da una scintilla di onnipotenza.

Garlis si schiarì la voce intenzionato a ignorarlo e proseguire, ma venne interrotto da un altro commento.

"Glitz, che nome stupido... Adatto alla ragazzina stupida che sei."
Ora il suo tono era cambiato, c'era della cattiveria in esso.

"Chiamami solo Garlis, Ariha", gli disse, rivolgendogli uno sguardo severo.
Dopo il suo commento gli era difficile mantenere la calma, ma intendeva provarci con tutto se stesso.

"Mmh, mi conosci... Interessante."
"Ci siamo già visti sul campo di battaglia."
"No, non credo. Non avrei dimenticato facilmente un bel faccino come il tuo..."
Altre risate si levarono alle sue spalle, cosa che, gli si leggeva in faccia, lo compiaceva immensamente.

"Basta giochetti, dobbiamo preparare un piano d'azione", gli fece notare Garlis, che stava iniziando a innervosirsi.
"Se mi fai fare un giro con la tua amica qui, poi sono pronto per fare ciò che vuoi", riprese l'altro, spostando la sua attenzione su Anite.

La maga, proprio accanto a lui, sgranò gli occhi e indietreggiò di un passo. Garlis le parò un braccio davanti, intenzionato a proteggerla, e rivolse al generale nemico uno sguardo carico di astio.

Se Ari avesse detto una cosa del genere, si sarebbe guadagnato come minimo uno schiaffo, ma lui non l'avrebbe mai fatto.
Era stato Ariha a dirlo, per di più con la stessa voce di Ari, il che fece ribollire di rabbia il sangue di Garlis.

I suoi amici e alleati non osarono fiatare per paura delle conseguenze, dato che si trovavano al cospetto di un Portatore di Oscurità. Avrebbe potuto ucciderli in un istante, malgrado le promesse del Saggio.
Solo a lui era concesso ribattere, in quanto suo pari.

"Parliamo in privato, nella mia tenda", propose, con un tono che non ammetteva repliche.
Sentendo quelle parole, i soldati Reyn alle sue spalle si spostarono per liberare il passaggio.
Il sorriso sul viso di Ariha si allargò.
"Allestite il campo, carogne!" ordinò ai suoi, sottintendendo che accettava l'invito.

Garlis si avviò facendogli segno di seguirlo, continuando a guardarlo con la coda dell'occhio per assicurarsi che non facesse niente di azzardato.
Una volta giunti alla tenda, scostò il drappo per permettere al generale nemico di entrare per primo.
Questi non esitò a farlo, per poi studiare con lo sguardo l'interno.

Era abbastanza grande da poterci stare in piedi, ma non c'era praticamente niente.
"Gusto interessante, voi Reyn..." disse, rivolgendo la sua attenzione a Garlis.
"È una tenda provvisoria, serve giusto per dormire", gli fece notare lui, perplesso.
Ariha ridacchiò.
"Il tuo invito mi lusinga, ma sei un po' troppo giovane..."

"Falla finita", lo interruppe, con tono severo. "Non abbiamo tempo da perdere, e per tua informazione sono un maschio e avevo venticinque anni quando sono asceso, contento?" sospirò, esasperato.
Gli diede le spalle e si mise a braccia conserte.

Non riusciva a sopportarlo, ogni sua parola lo offendeva o lo disgustava. Non poteva credere che la sua anima fosse la stessa di Ari, ma era stato il Saggio ad assicurarglielo.
"Sono persino più grande di te..." aggiunse, sottovoce.

"Tu cosa, ragazzina?"
Si voltò, sorpreso di essere stato sentito, e trovò Ariha scuro in volto e visibilmente infastidito a sua volta. "Non mi conosci e non sei nessuno per dirmi cosa devo fare."

"Invece ti conosco bene", rivelò, rimanendo a braccia conserte.
"Mmh, qualcuno ha studiato... Spero di essere stato un argomento interessante", commentò, sarcastico.
"Non si tratta di questo", rispose Garlis, schifato.

"E allora di cosa si tratta, ragazzina?"
Il giovane si zittì, non sapendo come rispondere.
"Dobbiamo collaborare", disse poi, mettendolo davanti all'ovvio.

"Io preferisco chiamarla tregua. In men che non si dica torneremo ad affrontarci in battaglia."
"Su questo siamo d'accordo! E allora?" ribatté.
"Allora non penso sia tu a dover guidare quest'operazione", rispose Ariha, irremovibile.

"Non ho detto questo. A me sembra che tu non voglia nemmeno parlarne", gli fece notare Garlis, scuotendo la testa.
"Indovinato. Voi Reyn potete seguirci e fare da supporto, ma dubito che servirà."

"Non è quello per cui siamo venuti fin qui", insistette il Portatore di Luce.
"Non me ne importa niente", ribatté ridacchiando Ariha. "Non scenderò a patti con te, lascia perdere."
"Quindi non mi dai nemmeno una possibilità?"

Lo osservò, allibito, ma per il generale dei Viss quella conversazione sembrava essere solo una divertente perdita di tempo.
"Che ne diresti di una sfida?"

"Sarebbe fatica sprecata, è chiaro che ti supero in tutto", rispose Ariha, sicuro di sé.
Garlis strinse i denti. Ari non sapeva dire di no alle scommesse, perciò aveva deciso di provare a procedere con quella tattica.
Continuò a osservarlo mentre pensava a quale sarebbe potuta essere la prossima mossa.

"Dicevo che ti conosco, mettimi alla prova. Scommetto che so qualcosa di te che altri Reyn non possono sapere."
Il Portatore di Oscurità ridacchiò di nuovo.
"Dev'essere qualcosa degno di nota, altrimenti puoi considerarti sconfitto."

"Fidati, so quello che dico. Allora, ci stai?" chiese, rivolgendogli un sorriso sicuro.
"Va bene, ragazzina, sorprendimi."
"Hai un simbolo sul dorso della mano sinistra", disse, indicando la sua mano guantata con un gesto del capo.

Poteva anche essere rinato per il volere del loro Saggio, ma un tatuaggio matrimoniale non poteva essere cancellato tanto facilmente.
L'espressione di Ariha si indurì.
"Quindi? Non mi fai vedere se ho ragione?" insistette Garlis, sicuro di sé.

Il Viss gli rivolse uno sguardo severo, ma un attimo dopo liberò la mano dal guanto grigio scoprendo un simbolo sbiadito, ma identico al suo.
"Chi ti ha detto della voglia?"

Garlis trattenne una risata amara.
"Non è una voglia", si limitò a dire, in un tono basso ma carico di malinconia. "Allora, sei disposto ad ascoltarmi adesso?"

Ariha aveva abbassato lo sguardo sul simbolo, perplesso.
"Immagino di dovertelo, ma non sperare che il discorso sia chiuso qui", rispose, infastidito.
"Quando vuoi. Riguardo al piano d'azione, non pretendo di prendere il comando", puntualizzò, "ma dobbiamo almeno discuterne insieme."

 

Quando uscirono dalla tenda, quasi un'ora dopo, Garlis si sentiva esausto.
Ariha aveva respinto ogni sua proposta per far valere le proprie, dichiarandosi un migliore stratega.
Come se lui non avesse alcuna esperienza in merito.

Vedendo il Viss che se ne andava verso il suo campo base, allestito proprio accanto a loro, Anite si fece avanti per raggiungere l'amico.
"Come stai? Avete discusso per un bel po', lì dentro."

"Si è sentito tutto?" le domandò Garlis, con l'aria di chi era stato sconfitto.
"Non proprio... ma si sentiva che stavate urlando", precisò la maga, sforzandosi di fargli un sorriso. "Di solito non dai a vedere di essere stanco in pubblico."

"Perché non sono mai stato così stanco prima d'ora. È impossibile ragionare con un Viss", aggiunse, malinconico.
"Vieni a mangiare qualcosa, ti sentirai subito meglio."
La seguì, accettando di buon grado la proposta.

Lui e la maga presero una porzione di cibo e andarono a sedersi con i compagni di squadra.
Si erano trovati uno spazio libero lontano dagli altri e si erano accomodati lì a terra, accendendo un piccolo fuoco intorno al quale disporsi.

La cena era ancora molto calda perciò Garlis aspettò ad assaggiarla, godendosi piuttosto il calore che dalla ciotola si espandeva alle sue mani guantate, le cui dita erano scoperte e fredde.
Oris e Vellga non chiesero niente, notando anche loro la sua aria abbattuta.
Parlarono del più e del meno per tutta la durata del pasto, dopodiché Anite si offrì di restituire le ciotole.

"Oris, cosa ti preoccupa?" gli chiese Garlis.
Aveva notato che il compagno aveva la testa altrove.
"Stanotte dormiremo a pochi passi dai Viss e credo sia una pessima idea. Sono dei sadici, privi di morale", sottolineò, disgustato.

Garlis annuì, comprendeva le sue preoccupazioni. Probabilmente ogni altra persona del loro campo aveva pensato la stessa cosa.
"Non posso garantire di poter proteggere tutti, ma voi dormirete nella mia tenda stanotte. È grande, e comunque non sarebbe la prima volta."

"Di cosa stavate parlando?" chiese Anite, di ritorno.
"Garlis ci ha invitati a stare nella sua tenda", le ripeté asettico Vellga.
La maga si voltò a guardare il Portatore di Luce.
"È un sollievo", ammise, per poi tornare seduta.

Il giovane abbassò lo sguardo e sospirò.
"So cosa ti ha detto Ariha... Ma l'ha fatto per provocarci, e per far divertire i suoi sottoposti. Non farà nulla. E se invece ci proverà, ci sarò io a difenderti."
"Non puoi davvero esserne certo", si intromise Oris. "Se i Viss sono senza morale, lui è ancora peggio."
"Già... hai ragione", concordò.

La verità era che lui stesso non sopportava la sua presenza e temeva ciò che avrebbe potuto fare.
Non conosceva affatto Ariha, anche se condivideva alcuni aspetti del carattere di Ari. Era diventato un'altra persona e stava infangando i suoi ricordi positivi.

"Scusatemi, vado a fare due passi. Se succede qualcosa, suonate il corno."
Ognuno dei membri del Sol Notturno ne aveva sempre uno con sé per ogni evenienza.

Si alzò e uscì dal campo base, tra le occhiate curiose dei compagni che gli rivolgevano sguardi di rispetto e cenni di saluto. Sembravano tutti preoccupati, come era ovvio che fosse.

 

Anite, realizzata con Midjourney

Anite, realizzata con Midjourney

 

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Capitolo 4
*** Parte 4 ✴ La Prima Notte ***


Parte 4 ✴ La Prima Notte




Più Garlis si allontanava dai suoni e dagli odori del campo base, più il freddo della sera gli infastidiva il viso, ma non gli importava.

Aveva lasciato la corazza nella sua tenda per potersi muovere più liberamente, quindi indossava la sua solita maglietta bianca, morbida e comoda ma pur sempre corredata di spalline e gomitiere in metallo.
In quanto Portatore di Luce era immortale, perciò aveva preferito disfarsi del peso almeno per qualche ora.

Il loro insediamento non era troppo lontano quando si imbatté in un cespuglio di fiori blu. I loro colori si distinguevano a malapena nel buio della notte, svettando sui fili d'erba violacei tipici di quei luoghi.
Si chinò vicino a loro e la luce fioca emanata dal suo corpo li illuminò abbastanza perché potesse avere la conferma che fossero proprio i fiori che Ari amava tanto.

Rimanendo in quella posizione, recuperò dalla piccola borsa che aveva con sé una bacchetta con la punta d'incenso e l'accese, sprigionando lentamente il suo profumo nell'aria.
Non gli servì osservare il ritratto per pensare a lui.
Gli bastava chiudere gli occhi e lui era lì... insieme a un giovane Garlis, ancora ignaro di ciò che lo attendeva.

Ari era morto proprio nelle terre neutrali.
Garlis non lo aveva sentito rientrare la sera prima, e non lo trovò al suo fianco al mattino.
Trattandosi del giorno della sua ascesa, non aveva tempo per pensare a niente se non a prepararsi e farsi trovare pronto, nella piazza.
Ari sapeva che giorno fosse, perciò lui era certo che l'avrebbe trovato lì, tra il pubblico.

Si erano sposati da quattro giorni e il tatuaggio sulla sua mano era ancora fresco.
Garlis sapeva che presto si sarebbero visti, ma non fu così.
In realtà Ari era già morto.

Negli ultimi tempi, il suo vizio di scommettere si era fatto più forte. Scommetteva su qualsiasi cosa, dalle sfide tra guerrieri alle semplici dispute tra amici, per arrivare alle partite a carte o a dadi.
Qualcosa lo rendeva insoddisfatto e lui si sfogava in quel modo.

Garlis se n'era accorto, malgrado lui volesse tenerglielo nascosto, ma non gli aveva detto niente; sapeva che prima o poi Ari gliene avrebbe parlato, o avrebbe smesso. Non era tipo da cacciarsi nei guai.

Quella sera, però, tutto cambiò per sempre.

L'ennesima sfida a cui assistere lo aveva portato fin nelle terre di nessuno, dove qualcosa era andato storto e lui era stato ucciso.
A raccontare i fatti era stato un uomo di passaggio che conosceva Ari e si era fermato, a distanza, a vedere cosa stesse facendo.

Garlis non seppe mai l'identità dei suoi assassini né cosa fosse successo di preciso; e mai lo avrebbe saputo, perché Ariha, che era Ari nel corpo e nell'anima, non ricordava più niente ormai.
Ripensava a lui ogni giorno e il dolore lo straziava ogni volta.

C'erano anche i bei ricordi, carichi di emozioni positive, ma il fatto che l'amore della sua vita gli fosse stato strappato via così, all'improvviso e senza spiegazioni, per rimanere qualcosa di irrisolto nella sua vita infinita, lo dilaniava.
E quando gli era parso di aver iniziato a lasciarlo andare per concentrarsi soltanto sui ricordi belli, era comparso Ariha a rovinare tutto.

Avevano respirato la stessa aria per meno di un'ora e già lo odiava, malgrado amasse con tutto se stesso Ari.
Sembrava che quella missione fosse stata organizzata apposta per lui, per distruggerlo dall'interno.

Sospirò mentre osservava il fumo dell'incenso diffondersi, mischiarsi all'aria fino a esaurirsi, dopodiché appoggiò a terra la bacchetta.
Portò le mani sul viso e si coprì gli occhi, sforzandosi per non piangere.

Continuava a porsi una domanda: Perché? Perché le cose sono dovute andare in questo modo?
Ma non aveva alcuna risposta da darsi.

Degli schiamazzi in lontananza attirarono la sua attenzione. Non venivano dal campo.
Si voltò, allarmato, ma vide che era solo Ariha.
Si era allontanato anche lui per camminare e non era solo. Al suo fianco c'erano due ragazze dai capelli scuri.

Lui parlava, loro ridevano e Garlis si innervosiva a ogni passo che muovevano nella sua direzione.
Poi lo notarono.

Il Portatore di Oscurità, prima ignaro della sua presenza, sorrise in modo maligno e aumentò il passo per raggiungerlo più velocemente.
"Ti illumini al buio, ragazzina... È disgustoso", commentò, facendo ridacchiare le sue accompagnatrici.

Solo in quel momento lui si rese conto che le due ragazze portavano un collare collegato a una catena che terminava nelle mani di Ariha.
La sua espressione, prima triste e stanca, mutò all'istante per diventare severa.
"Sono schiave?" gli chiese, senza girarci intorno.

"Volontarie", rispose il Portatore nemico, sfoggiando un sorriso a mezza bocca. "A loro piace così. Ragazze, tornate al campo, lasciateci parlare da soli..."
Lasciò cadere la catena e le due obbedirono, tornando sui loro passi senza proferir parola.

"Sono umane..." osservò Garlis, perplesso.
"Sono occultiste da generazioni, perciò non ha importanza. Ormai sono Viss", lo corresse Ariha. "Non c'era bisogno di fare il paladino della giustizia", aggiunse.

Il Portatore di Luce abbassò lo sguardo e sospirò.
"Comunque sia, è rivoltante. E questo non è un buon momento, torna indietro con loro."
"Te l'ho detto, non sei nessuno per darmi ordini."

"Non è che mi stavi seguendo?"
Ariha sgranò gli occhi e il suo sorriso si allargò.
"E perché dovrei, ragazzina? Stavo portando le mie schiave a vedere i fiori blu, non ce ne sono a Viss."

"Al signore della guerra piacciono i fiori?" domandò, sarcastico, Garlis.
Scoprire un altro aspetto che lo accomunava con Ari gli fece male.

"Solo alcuni..." rispose il Viss, facendo il vago. "È incenso quello che sento?"
"Non è un buon momento, davvero", insistette, stanco. "Che cosa vuoi?" chiese poi, notando che lo osservava in silenzio.

"Sei buffo", disse solo, innervosendolo ancora. "Voi Reyn accendete l'incenso per i morti... ed è un odore che a me piace molto, di solito implica che ho contribuito alla morte di qualcuno."
Garlis, che prima si stava accarezzando il dorso della mano destra, non ci vide più dalla rabbia.

Si scagliò su di lui portando le mani al suo collo nel vano tentativo di strangolarlo.
Il suo nemico finì con la schiena a terra, ma niente avrebbe potuto nascondere dal suo viso il divertimento che stava provando.

Bisognoso di sfogarsi in qualche modo, Garlis gli sferrò un pugno su uno zigomo, senza sortire alcun effetto.
In risposta, il Viss afferrò il suo guanto e glielo strappò via.

Garlis si spostò da sopra di lui e arretrò, coprendosi il dorso della mano.
"Troppo tardi, l'ho visto", esordì Ariha. "Sapevo che ce l'avevi anche tu, non fai altro che toccarlo... Ma dimmi, cos'è?"

"Ridammi il guanto prima."
"No, prima me lo fai vedere."
Si fece avanti mentre, confuso, Garlis rimaneva fermo sul posto.

Ariha gli prese la mano per liberarla dalla presa dell'altra e poterne guardare il dorso.
Il suo tocco era freddo, ma gentile. Le sue mani avevano assunto un colore azzurrino, ma erano le stesse di Ari, le stesse che lui conosceva bene...
Garlis avvertì una stretta al cuore e lo respinse bruscamente, come scottato.

Il Viss non ridacchiò né lo schernì questa volta. Mantenne il viso in un'espressione concentrata, a guardare la mano che prima aveva stretto per un istante.
"È come il mio, ma più marcato. Cos'è? Un marchio? Il simbolo di qualche setta?"

"È un tatuaggio matrimoniale!" Si decise a rivelargli, per poi sospirare tutta la sua frustrazione. "Diversi anni fa, a Reyn era usanza farselo fare."
Abbassò lo sguardo, ripensando a quel momento e a ciò che era successo pochi giorni dopo.

"Un'usanza Reyn... Ma non avrebbe senso, ce l'ho dalla nascita..."
Lo sguardo di Ariha era basso, perso da qualche parte nei suoi pensieri.

"Evidentemente c'è qualcosa del tuo passato che non ricordi. Se ce l'hai, significa che non sei nato a Viss e che sei sposato. Anzi, che lo eri."
"Mi stai prendendo in giro," rispose, scoccandogli un'occhiataccia. "Questa storia non ha senso!"

L'espressione stanca e indifferente sul viso di Garlis non mutò, così come il dolore che provava. Sapeva che non c'era motivo per dirgli quelle cose, perché lui non le avrebbe capite, ma lo aveva fatto lo stesso, spinto dalla voglia di sconvolgerlo... con la verità.

Raccolse un mazzolino di fiori e andò da lui per porgerglielo, strappandogli di mano contemporaneamente il suo guanto.
"Cosa significa?" chiese il Viss, confuso.
"Così puoi farli vedere a quelle ragazze. Sono i tuoi preferiti, no?"

"Tu... devi avere qualche abilità sovrannaturale. Anche il tatuaggio, come facevi a sapere che ce l'ho?" domandò circospetto Ariha.
"Chi lo sa. Forse ci conoscevamo in un'altra vita", rispose.

Si affrettò a rimettersi il guanto mentre lo superava, lasciandolo lì da solo.
Tornò al campo e poi nella sua tenda, dove trovò già i compagni pronti per dormire.

 


Quella notte, Garlis venne tormentato dagli incubi.
La voce dolce di Ari lasciava spazio a quella sarcastica di Ariha, priva del suo accento del nord e carica di cattiveria.
I suoi ricordi venivano macchiati da parole ignobili, amare.

Alla fine i sogni tornarono quelli di sempre, giusto per lasciarlo in preda al dolore al risveglio, conscio come sempre di ciò che aveva perso.

Anche se Sol non era ancora sorto, si mise a sedere e si coprì il viso con le mani.
Era stata una giornata difficile, e la nottata anche peggiore, ma erano solo le prime di una serie e questa consapevolezza lo lasciò privo di forze.

Una mano si appoggiò sulla sua spalla, facendolo sussultare.
Si voltò per scoprire che si trattava di Anite, che lo guardava preoccupata.
Non le servì parlare, lui colse una domanda nella sua espressione. Voleva sapere se stesse bene.

Non rispose, mostrandosi invece stanco come se non avesse dormito affatto. Era così che si sentiva.

"Garlis... qualcosa non va in questi giorni, me ne sono accorta. È da prima della partenza che sei abbattuto."
Il giovane sospirò e scosse la testa, per niente desideroso di parlarne.
"Sei riuscita a dormire?" le chiese invece, sussurrando.

"Non molto, ero preoccupata e ti sentivo agitarti nel sonno."
"È difficile addormentarsi, quando il tuo compagno di stanza si illumina al buio." Aggiunse Oris, stiracchiandosi.
Il Portatore guardò lui e poi Vellga, accorgendosi che erano svegli entrambi.
"Mi spiace..."

"Non preoccuparti, lo sapevamo quando siamo venuti nella tua tenda", continuò lo spadaccino dai capelli rossi.
"Adesso dicci cosa sta succedendo", insistette la maga, mettendosi a gambe incrociate.
Anche gli altri avevano spostato lo sguardo su di lui, che invece lo abbassò, combattuto.

"Non voglio parlarne, non cambierebbe le cose."
"Invece potrebbe farti sentire meglio. Siamo amici, no?"
Lo sguardo della ragazza era preoccupato, ma anche rassicurante in qualche modo.

Lui sospirò e scosse la testa di nuovo.
"La persona con cui ero sposato... è morta qui, nelle terre neutrali. Io ne sono ancora innamorato e non faccio che pensarci", ammise, mentre cercava il ritratto nella tasca.

L'espressione della maga si addolcì. Né lei né gli altri osarono dire niente, rimanendo invece ad ascoltare. Era raro che Garlis parlasse di sé, anzi non lo faceva mai, il che conferiva una certa importanza a quella conversazione.

Consegnò il piccolo ritratto ad Anite e gli altri lasciarono i loro giacigli caldi per farsi avanti e guardarlo.
La luce nella tenda era fioca e veniva emanata proprio da Garlis, ma bastava a permettere di vederlo adeguatamente.

"Lui... è morto quattro giorni dopo il nostro matrimonio, lo stesso giorno in cui sono asceso..." continuò, con le parole che gli uscivano a fatica dalla gola annodata dalla sofferenza.

Osservò le espressioni degli amici e notò la ragazza sgranare gli occhi per poi spostare lo sguardo su di lui.
"Forse me lo sto solo immaginando, ma... c'è una vaga somiglianza con il generale dei Viss," disse, incredula.
Anche gli altri due rivolsero su Garlis la loro attenzione, confusi.

Il ragazzo annuì e sospirò, trovandosi ancora più in difficoltà a dover continuare il discorso.
"Il corpo di mio marito non è mai stato trovato... A quanto pare lo hanno preso i Viss, gli hanno cancellato la memoria e lo hanno riportato in vita perché diventasse un Portatore..."
"Cosa?!" esclamò la maga, alzando la voce tanto che probabilmente l'avevano sentita anche fuori dalla tenda.

Garlis le fece segno di parlare piano, ma la ragazza era chiaramente sconvolta, boccheggiava non trovando le parole giuste per continuare.
Anche gli altri due erano senza parole, li osservavano senza sapere cosa dire o fare.

"Sono davvero la stessa persona?" si decise a parlare Vellga.
"Sì, è stato il Saggio a confermarlo."
"Ma... com'è possibile che quell'orrendo Viss un tempo sia stato un Reyn? Senza offesa", commentò incredula Anite.

"Sembra impossibile ma è così. Lo hanno fatto rinascere, crescendolo come se fosse uno di loro... Non è più la persona che conoscevo. La sua orribile personalità è frutto dell'educazione che ha ricevuto, eppure quando lo guardo... mi rendo conto che allo stesso tempo è la persona che ho sposato. Ogni sua parola mi ferisce, sporca i ricordi che ho di lui... E non posso odiarlo davvero, altrimenti odierei anche lui."

Ora lo sapevano, li aveva informati del profondo dolore e del conflitto che provava. Non potevano capirlo davvero, ma potevano farsene un'idea.
Garlis si sentiva esposto, persino patetico; parlarne non lo aveva certo fatto sentire meglio.
Inoltre, gli amici chiaramente non sapevano cosa dire.

Prese il ritratto dalle mani di Anite, lo mise a posto e indossò la sua armatura. Prese con sé la spada e uscì.
Attraversò a grandi falcate il campo base finché non l'ebbe ormai alle spalle.

Sol non era ancora sorto, ma potevano vedersi in lontananza le luci dell'alba.
Garlis avrebbe voluto urlare, sfogare la frustrazione in quel modo, ma così facendo avrebbe svegliato tutti.

Strinse i pugni e i denti, domandandosi cosa avrebbe potuto fare.
Lasciare il comando a qualcun altro pur di non avere a che fare con Ariha era impensabile; era stato mandato lui, non c'era nessuno con un grado abbastanza alto da poterlo sostituire e comunque sarebbe stata una scelta assurda, che avrebbe suscitato molte domande.

Doveva resistere, collaborare e intanto sopportare la sua vista e le sue parole. Tener duro fino al momento in cui le loro strade si sarebbero separate, nuovamente e per sempre.

Uno strano senso di vuoto lo colse, disorientandolo.
Si domandò se fosse ciò che voleva davvero, ma non fu in grado di darsi una risposta certa.

Pensò a un'alternativa e infine la trovò: far capire ad Ariha che lui non era un Viss, che aveva un passato a Reyn, un passato che avevano condiviso.
Ma come?
Se glielo avesse detto, sicuramente lui non gli avrebbe creduto.

Si domandò se Ariha fosse, almeno in parte, attratto da lui.
Con Ari era stato così, Garlis gli era piaciuto già da lontano, senza il bisogno di parlarsi; quando poi avevano iniziato a conoscersi, non si erano più separati.
Dato che erano la stessa persona, forse anche il generale dei Viss era interessato a lui.

Forse avrebbe potuto giocare su questo. Rincorrerlo, come un tempo Ari aveva fatto con lui.
Sarebbe toccato a lui, stavolta, fare il primo passo.

Si decise, ma poi ebbe un attimo di lucidità.
Era un Portatore, aveva delle responsabilità, e lo stesso valeva per Ariha. Inoltre lui era diventata una persona ignobile, per niente associabile al ragazzo gentile del quale si era innamorato.

Spiazzato da quella consapevolezza improvvisa, si propose di ripensarci, così da elaborare il tutto e lasciar perdere.

Fu in quel momento che i suoi amici lo raggiunsero a passo leggero, facendosi notare comunque.
Sapendo di averli alle spalle, Garlis non si voltò. Rimase in attesa che parlassero per primi.

"Scusa se abbiamo insistito", esordì Anite, con la voce ancora impastata dal sonno. "E... se abbiamo reagito un po' troppo male."

Finalmente il più grande si girò a guardarli. In volto gli si leggevano tutta la stanchezza, la confusione e il dolore che avevano caratterizzato quegli ultimi due giorni, senza lasciargli scampo.

"E come dovevate reagire?" disse, in un tono più duro di quanto avrebbe voluto. Si schiarì la voce e lo corresse, riprendendo a parlare in modo calmo: "È orribile, non era certo così quando ci siamo conosciuti. È ancora lui, ma... allo stesso tempo non lo è più. Eppure lo guardo e non posso fare a meno di pensarci."

"È come hai detto tu, non sono la stessa persona. Tuo marito è morto", sottolineò la maga, in un modo triste ma categorico che fece rabbrividire il Portatore. "Anche se si assomigliano, quello che hanno fatto nascere i Viss non è lui, ma un altro."
Seppur a malincuore, Garlis dovette dargliene atto. Annuì, non trovando le parole giuste per commentare. Non aveva altro da aggiungere.

"Vieni, dopo una bella colazione ti sentirai meglio", lo incoraggiò Oris, dopo uno sbadiglio.
Si voltò per primo incamminandosi verso il campo base, seguito dalla maga.
Solo Vellga rimase lì, poco convinto delle sue condizioni. Gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla sinistra, rivolgendogli uno sguardo preoccupato.

"Grazie... per avercene parlato", disse solo.
Garlis gli rivolse un sorriso amaro e tornò a osservare l'orizzonte.
"Per così poco..." commentò, sarcastico.
"Non è poco, non prendermi in giro", sottolineò e sospirò. "Rivelarcelo ti è costato caro."

Il Portatore tornò voltato verso di lui, questa volta con un'espressione diversa in viso. Lo stava ascoltando, stupito dalle sue parole.

"Sarà dura averci a che fare, permettici almeno di distrarti nei momenti in cui non c'è. E, se ti va... con me puoi parlare di tutto. Se vuoi rievocare i tuoi ricordi con lui, ti ascolto. Dev'essere dura lasciare andare... ma non devi associarlo con un individuo come quello."
"È molto più che dura", sospirò. "Grazie, Vellga... Lo apprezzo molto. Ora andiamo dagli altri."

"Te la senti davvero?"
"Sì, per oggi ho rimuginato anche troppo. Meglio dare inizio alla giornata e non pensarci", dichiarò, anche se non credeva che sarebbe riuscito a distrarsi davvero.

 

Vellga, realizzato con Midjourney

Vellga, realizzato con Midjourney

 

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Capitolo 5
*** Parte 5 ✴ Un Momento di Quiete ***


Parte 5 ✴ Un Momento di Quiete




Poco dopo anche l'accampamento dei Viss si fece rumoroso.

Ariha fu uno degli ultimi a svegliarsi, incitando i suoi seguaci che risposero con urla e cori. Al suo fianco c'erano ancora le due ragazze della sera prima, segno che probabilmente avevano passato la notte insieme.

Da dove si trovava Garlis, poté assistere a quel tremendo e rumoroso spettacolo. Non riuscì a evitare di storcere la bocca per il disgusto.

Ancora intento a consumare del pane, Oris notò la sua espressione e sorrise. Il Portatore di Luce stava iniziando a essere più aperto con loro, comportandosi in modi che prima non si sarebbe mai permesso. Era colpa di Ariha, ovvio, ma in un certo senso era un bene.
Finalmente si era esposto, dando loro la possibilità di conoscerlo davvero.

L'ultimo breve momento di serenità venne spazzato via proprio dal Viss che si fece avanti nella loro direzione.

Oris tossicchiò l'acqua che gli era finita di traverso, mentre Vellga arretrava di un passo e Anite portava le mani davanti a sé, per proteggersi.
Solo Garlis rimase impassibile a osservarlo con disgusto, pur tenendosi pronto a scattare per proteggere gli amici se necessario.

"Ragazzina, questa feccia sono i tuoi compagni? Gli unici vermi disposti a passare del tempo con te, immagino", commentò.
Quando riconobbe Anite una luce attraversò i suoi occhi grigi e il suo mezzo sorriso si allargò.
"La ragazza di ieri, interessante... E vedo che sei in posizione di attacco. Forza, provaci! Scommetto che non ne hai il coraggio!"

Garlis scattò in piedi, parandosi davanti a lei.
"Ce l'hai con me, è chiaro, ma non tirare i miei amici in questa storia. Vuoi scatenare una rissa?" chiese, trattenendo a stento l'ondata di rabbia improvvisa che gli aveva provocato.

Altro che provare a rivelargli la verità sfruttando la possibilità che provasse attrazione per lui. Ora quell'idea gli sembrava ridicola e persino di cattivo gusto.

"Sarebbe un buon modo per allietare la mia mattinata, sì," confessò beffardo il Viss.
"Credo che abbiamo cose più urgenti a cui pensare," sottolineò Garlis a denti stretti.

Ariha assottigliò lo sguardo, infastidito, ma non ribatté. Gli fece capire che ne avrebbero riparlato in seguito e si voltò a dargli le spalle per assicurarsi di avere l'attenzione di tutti.
"Uomini! Disfate il campo, ci mettiamo in marcia! Noi Viss davanti, la feccia Reyn dietro, dove merita di stare."
Detto questo tornò dalle sue schiave che lo stavano aspettando allegre e piene di energia.

"Fate come ha detto lui," disse Garlis, confermando ai suoi uomini che stavano per partire.

I Viss non erano poi molti, perciò il Portatore di Luce, da dove si trovava per aprire la strada ai Reyn, poteva vedere Ariha.
Gli aveva concesso il comando, dato che era l'unico modo per farlo collaborare. Ciò che contava era che raggiungessero la loro meta comune, quello non era che un piccolo prezzo da pagare perché accadesse.

"Tutto bene, Anite?" chiese all'amica, che apriva la fila con lui.
"Sì, sono solo un po' scossa. Mi ha presa di mira, temo."
"Io credo che sia solo un modo per provocarci. Se lo avessi attaccato, lui avrebbe risposto allo stesso modo."

La maga si morse il labbro inferiore e annuì, preoccupata.
"Se è così, vedrò di tenere le mani a posto," rispose.
La sua magia funzionava così, generava dei fulmini che fluivano dai palmi delle mani fino all'obiettivo designato. Si trattava di un potere estremamente raro, che superava anche quello degli altri maghi elementali.

In ogni caso, non avrebbe potuto scalfire Ariha. Gli avrebbe solo dato un pretesto per attaccare, magari al fine di uccidere.

"Com'era lui, quando stavate insieme?" gli domandò la ragazza, sorprendendolo per quanto era stata diretta.
"Era timido con chi non conosceva, ma sempre gentile e rispettoso. Con gli amici era socievole, divertente..." si zittì, ritrovandosi perso nei ricordi.

"Proprio il contrario di quel bastardo," commentò Anite, a sguardo basso.
"Già. È come hai detto tu, non è più lui."

"Garlis, arriva qualcosa," li interruppe Vellga, avvicinandosi.
"Cosa? Ci sono delle fate?" domandò il Portatore di Luce.
"Sì e sembra che siano moltissime."

"Ci hanno già notati allora... ditelo agli altri e state pronti, io vado avanti ad avvisare Ariha."
Detto questo aumentò il passo e superò il Viss, non senza guadagnarsi occhiatacce e commenti poco carini.

"Ariha, stiamo per essere attaccati dalle fate," tagliò corto, disgustato dagli esseri al suo seguito, primi fra tutti quelle due ragazze schiave.
"Lo so, siamo nel loro territorio," ribatté il Portatore di Oscurità, sollevando un sopracciglio. "Mi hai preso per un idiota forse?"

"Quello che intendevo è che stanno per arrivare, adesso."
Ariha aggrottò le sopracciglia, fissandolo in silenzio per un istante.
"Come fai a esserne certo?"

"Uno dei nostri ha la capacità di percepire i nemici in avvicinamento," rivelò Garlis, conscio del fatto che stessero perdendo tempo prezioso.
Udite quelle parole, il Viss fece segno ai suoi soldati di imbracciare le armi e stare pronti.

"Incredibile, anche tra i vermi qualcuno è più utile di altri," commentò, sarcastico. "Torna al tuo posto o moriranno tutti come insetti. Per la cronaca, io non aspetto altro e non vedo l'ora di godermi lo spettacolo."
Garlis gli scoccò un'occhiataccia ma non rispose alla provocazione, affrettandosi per dargli le spalle e riunirsi ai compagni.

 

Le fate erano esseri piccoli, furbi e ignobili, ma niente di troppo pericoloso. In quel caso, però, stavano invadendo il loro territorio.
Come previsto da Vellga, si presentarono per combattere, probabilmente credendo che si trovassero lì per rubare l'ambra che custodivano.

Come biasimarle? Sia i Reyn che i Viss si servivano dell'ambra fatata per molte cose, dalla lucidatura di alcuni utensili, alla protezione dei dipinti. Alcuni la stavano indossando persino in quel momento, sottoforma di gioielli, e le fate erano in grado di percepirlo.

In ogni caso non furono un grosso problema. Pur essendo in superiorità numerica, si accorsero della forza degli invasori e dovettero ripiegare.
Probabilmente stavano scappando a nascondere la loro ambra perché non la trovassero, come erano solite fare.

Normalmente i predoni riuscivano a razziare i loro rifugi perché si presentavano in pochi, spostandosi furtivamente per non dare nell'occhio.

Non era certo il loro caso, considerando che Ariha alzava troppo la voce ogni volta che apriva bocca, finendo per essere acclamato dal suo piccolo esercito.

Superato il territorio delle fate, si ritrovarono nel folto della foresta, in prossimità di un fiume. Esso scorreva tra gli alberi nodosi, rossi e striati di viola che caratterizzavano quel luogo, ed era limpido e invitante.
Consapevole che le acque lì erano sicure, Garlis lo vide come un'opportunità per lavarsi di dosso la sostanza viscosa che le fate avevano tirato loro per scacciarli.
Lo propose ad Ariha che non ebbe da dissentire.

"Prima i Viss, poi gli sporchi Reyn," annunciò a voce alta perché lo sentissero tutti.
"Gli sporchi Reyn, ma sentitelo," gli fece il verso Anite, infastidita. "Sono loro gli esseri schifosi che ci sporcano l'acqua usandola per primi!"

"Un saggio un tempo disse che chi si disseta a un fiume non beve mai la stessa acqua, perché essa continua a scorrere," disse Oris.
"Interessante, e chi è stato a dirlo?" domandò allora la maga.
"Non ne ho idea, ma penso che abbia ragione," rispose lo spadaccino, con non curanza.
"Speriamo, o ci prenderemo le pulci dei Viss... e chissà quali altre malattie!"

Mentre discutevano dell'argomento, stavano aiutando ad allestire un nuovo campo base. Ormai era quasi notte, Sol stava tramontando lontano, tra gli alberi, e da lì il fiume non era visibile.
I loro indesiderati compagni di viaggio si sarebbero accampati accanto a loro, una volta finito di lavarsi.

Quando arrivò il momento, Garlis seguì gli amici intenzionato a fare da guardia. Sarebbe rimasto a debita distanza per assicurarsi che non accadesse niente di spiacevole, senza però dar fastidio.
Solo dopo, quando tutti i Reyn furono usciti dall'acqua e tornati al campo per preparare la cena, il Portatore di Luce decise che era arrivato il suo turno.

Si tolse l'armatura e si affrettò a pulire le parti sporche, poi rimosse il resto dei vestiti e li posò accuratamente accanto ad essa.
Senza sciogliere la coda né le trecce, si immerse e tirò un sospiro di sollievo. Gli ci voleva proprio un momento tranquillo in quella giornata stancante.
Riusciva a rilassarsi solo perché sapeva che, se fosse successo qualcosa, i suoi amici avrebbero suonato il corno. Era comunque pronto a balzare fuori dall'acqua all'occorrenza.

Un fruscio della vegetazione lo riportò alla realtà, costringendolo a tirarsi in piedi e a voltare il capo, l'acqua che ora gli arrivava al bacino.

Ariha emerse da dietro un albero.
A giudicare dall'espressione che gli rivolse era infastidito dalla sua presenza, ma subito lo mascherò con un sorriso beffardo.
"Abbiamo avuto la stessa idea, vedo," commentò, senza trattenersi dallo squadrarlo dall'alto in basso.

Garlis si immerse di nuovo fino alle spalle, tornando seduto. Alle sue parole rispose semplicemente con uno sbuffo volto ad esternare tutto il suo disappunto.
Chiuse gli occhi e tentò di rilassarsi, sperando che intanto Ariha avrebbe avuto la decenza di scegliersi un altro tratto del fiume, lontano da lui.

E invece sentì i suoi passi sempre più vicini, finché non si arrestarono.
Per qualche secondo non ci fu alcun rumore, solo i suoni pacifici della foresta incontaminata intorno a loro.

"Cos'è quello?" domandò il Viss, spezzando la pace che si era creata.
Garlis aprì prima un occhio e poi l'altro, quindi si sporse in avanti scoprendo che ce l'aveva con i suoi vestiti.
In particolare, con il minuscolo ritratto che si intravedeva sbucando appena dalla tasca della sua maglietta bianca.

"Qualcosa che non ti riguarda, visto che è nella mia tasca," precisò, facendosi più avanti ma senza uscire dall'acqua.
Ariha non lo ascoltò e si chinò per prendere il ritratto, tenerlo tra le sue dita azzurrine mentre lo studiava con lo sguardo.

Garlis si sporse ancora di più, arrivando ad afferrargli il polso per impedirgli di allontanarsi con quell'oggetto, per lui così prezioso.
"Molla il ritratto Ariha, è mio," gli ordinò in tono minaccioso.

Il Viss riportò l'attenzione su di lui, passando dalla sua mano bagnata al braccio e alle spalle, cosparsi di goccioline d'acqua, per poi arrivare al suo viso contratto in un'espressione per niente amichevole.

"È un pezzo di carta, non te lo rubo mica," sottolineò, assottigliando lo sguardo. "Sei tu, ragazzina, prima che iniziassi a illuminarti al buio. L'altro chi è?" domandò, senza smettere di guardarlo negli occhi.

"Dovresti averlo notato ormai, che non sono una ragazza," precisò Garlis, alludendo al fatto che il suo corpo nudo era visibile dalla vita in su.

"Stai evitando la mia domanda," disse Ariha, rigirando a sua volta il discorso nella direzione che preferiva. "Chi è l'altro Reyn con te nella foto?"

Garlis abbassò lo sguardo, la presa che si faceva meno serrata sul polso dell'altro.
"Mio marito," si decise a rivelare dopo un lungo istante di esitazione. "Risale a molto tempo fa," precisò, in un tono che lasciava trasparire la sua tristezza.

Noncurante dei suoi sentimenti, il Viss tornò a sorridere in modo sinistro.
"Sai, con il viso che ti ritrovi ci avrei scommesso che qualche uomo ci avesse provato con te, almeno una volta. Speravo di avere l'occasione di scoprirlo..."

"E perché mai?" domandò il Portatore di luce, corrugando appena la fronte e assottigliando lo sguardo in un tentativo di carpire le sue intenzioni.
"Pura curiosità, piacere nel trovare qualcos'altro con cui punzecchiarti, ragazzina," rispose, divertito.
Strattonò il braccio riuscendo a liberarsi dalla presa di Garlis che, disorientato dalla natura del loro discorso, ci mise un attimo a rendersi conto che il Viss aveva ancora il ritratto con sé.

"Ehi, restituiscimelo!" ordinò, scattando in piedi.
Ariha si voltò a guardarlo, un sorriso beffardo dipinto sul volto.
"È così importante per te questo pezzo di carta? Non è altro che questo, insieme ai ricordi sbiaditi di un altro tempo."

"Non mi interessa ciò che hai da dire, tu non puoi capire. Adesso ridammelo!" ribatté, sentendo la rabbia che gli montava dentro.
"A fine missione deciderò se farlo o meno. Per ora resta con me," annunciò, facendolo sparire in una tasca nascosta sotto la sua pelliccia.

Garlis osservò quel punto per qualche istante, intenzionato a ridurre a brandelli l'intero corpo del Viss pur di riprenderselo.

"Perché ce l'hai tanto con me? È perché sono un Reyn?" domandò, alzando la voce e aggrappandosi con forza ai ciuffi d'erba che aveva davanti.

"Certo, ma non è solo questo," rispose Ariha, avvicinandosi di qualche passo. "Nel mio regno sono rispettato, i miei uomini inneggiano a ogni mia parola e nessuno osa darmi contro. Nemmeno i nemici osano farlo, e come biasimarli? Potrei schiacciarli in un istante e non ne ricaverei nemmeno un grande divertimento. Poi ci sei tu, che ti arrabbi solo a vedermi e odi ogni mia parola. Siamo entrambi immortali, quindi in un certo senso siamo sullo stesso piano. Non hai paura di sfidarmi o di contrariarmi."

Mentre si spiegava, lo guardò dall'alto in basso con un atteggiamento di superiorità, malgrado le sue parole.

"Ma c'è dell'altro," continuò. "Le cose a cui tieni ti rendono debole, attaccabile, e io posso divertirmi ad approfittarne. E poi c'è qualcosa che non mi dici, che ti spinge ad abboccare a ogni mia provocazione, a rispondermi sempre, trattandomi quasi da tuo pari. E lo so che per voi Reyn noi Viss siamo feccia, dal primo all'ultimo, perché è lo stesso anche per noi."

"Dove vuoi arrivare?" gli domandò Garlis, confuso.
"Sto solo dicendo che tu sei divertente, alimenti il mio lato sadico... pur restando uno sporco Reyn," confessò, storcendo infine le labbra in un'espressione di disgusto.
"E tu resti uno sporco Viss," aggiunse il Portatore di Luce, senza scomporsi.

Il sorriso di Ariha si allargò mentre faceva un altro passo nella sua direzione.
"Non so proprio perché, ma io ti attraggo... non è così?" lo provocò il Portatore di Oscurità, divertito. "È per questo che ti arrabbi così tanto, a ogni cosa che dico. Scommetto che è così."

"Hai frainteso," rispose Garlis, in un tono che non ammetteva repliche.
"Oh, io non credo. Non sono interessato ai sentimentalismi, ma se cerchi un uomo forte che ti dimostri chi comanda, potrei starci."

"Non osare pensarci nemmeno," insistette il Portatore di Luce, destabilizzato all'idea.
Ariha era così pieno di sé e fastidioso che l'avrebbe ucciso se solo avesse potuto, ma la sua anima restava quella di Ari, così come le sue mani e il suo corpo. Era molto cambiato, ma in qualche modo... era ancora lui.

Sarebbe stato in grado di sottrarsi a un invito più esplicito? Io suo corpo rispose di no per lui, risvegliandosi da un torpore durato decenni.

"Va bene, come desideri," disse il Viss, ridacchiando. "Allora parlami di lui, il Reyn del ritratto. Anche lui aveva quel simbolo sulla mano?"
Garlis sospirò, stanco di quella conversazione. Non si aspettava che sarebbe andato a parare lì, ma sembrava che la questione lo toccasse nel profondo.
Quasi si pentiva di avergli detto la verità a riguardo.

"Certo che ce l'aveva. Durante il matrimonio è stato impresso a entrambi, per segnare la nostra unione. Tutte le coppie sposate del mio tempo lo avevano," sottolineò.
"Quindi ora non si usa più?" domandò Ariha, dopo un istante di riflessivo silenzio.

"No, quasi in nessuna famiglia ormai," confermò Garlis, esasperato.
Era certo che quella sera gli sarebbe venuto il mal di testa, a furia di parlare con lui.

"Che fine ha fatto tuo marito?" chiese il Viss, infastidendolo ancora di più.
"E perché mai dovrei dirlo a te?" scattò, desideroso di rispondere con un pugno.
"Non devi, ma qualcosa mi dice che lo farai comunque."

Il Portatore di Luce studiò il suo viso beffardo per un lungo istante prima di cedere, abbassare lo sguardo e sospirare.
Forse dirglielo sarebbe stato di qualche utilità, si disse. Forse lui si sarebbe riconosciuto nel vecchio sé.

"La sua passione per le scommesse lo ha condotto fuori dai confini del regno, dove è stato ucciso e fatto sparire," raccontò freddamente, con poche parole.
Aveva già gli occhi lucidi, se ne rendeva conto, ma non poteva farci niente. Era di suo marito che stava parlando, la persona che più amava in tutto Ellis. Non voleva apparire debole di fronte ad Ariha, ma forse quel discorso avrebbe smosso un frammento di Ari rimasto in lui, sopito da qualche parte nelle profondità del suo animo.

"Era un uomo stupido... ma da un Reyn non si può pretendere molto," commentò senza pietà il Viss, guadagnandosi un grosso schizzo d'acqua da parte di Garlis, che gli infradiciò i vestiti. "Ecco, appunto."

"Vieni in acqua così vediamo che succede se provo ad annegarti, oppure aspetta che esco e ti trapasso da parte a parte con la spada!"
"Sarebbe tutto inutile, lo sai. È tardi, vado a cercarmi un punto più tranquillo dove fare il bagno. Un tratto del fiume che non abbia... parassiti Reyn," disse, con tono tranquillo e aria di superiorità.

Garlis strinse i denti e si preparò a uscire, intenzionato ad asciugarsi, rivestirsi e tornare dai suoi, dove avrebbe tentato di sbollire.
Ogni volta che parlava con Ariha sentiva di odiarlo sempre di più e aveva la conferma che ormai Ari non c'era più.

Qualcosa, però, gli faceva pensare che ci fosse ancora una parte di suo marito in lui, per questo le sue parole lo facevano soffrire enormemente.
Non c'era via di fuga a quel circolo vizioso, era come un drago intento a mordersi la coda.

Garlis non vedeva l'ora che quella tortura finisse, così da poter tornare a Trina, dove sarebbe stato in pace almeno per un po'.
Sospirò mentre si rivestiva, già più calmo di prima.

Non avere con sé il ritratto lo faceva sentire nudo, scoperto, persino irrequieto. Doveva riprenderselo, e al più presto.

 

Ariha, realizzato con Midjourney

Ariha, realizzato con Midjourney

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N.b. Ai tempi della scrittura della storia, ho approfittato di un periodo di prova gratuito su Midjourney per far realizzare all'AI in questione i miei personaggi. Le immagini inserite finora alla fine dei capitoli servono solo per darvi un'idea (sebbene vaga) di come li avevo immaginati e delle atmosfere dei luoghi della storia.
Adesso che è passato del tempo è ormai risaputo che le produzioni artistiche delle AI si basino su altre opere esistenti, rubando agli artisti che hanno messo in rete i loro lavori. Inoltre le AI realizzano personaggi anatomicamente strani, per non usare altri termini più coloriti.
In quanto al discorso "AI che rubano agli artisti", io stessa ho avuto l'occasione di parlarne in live con un esperto che si occupa di diritti degli artisti, ovvero un rappresentante di Rights Chain. Se foste interessati a saperne di più, vi basta cercare su YouTube "Team Prismini AI e artisti" per trovare la diretta.
Questo solo per specificare che non sono favorevole all'utilizzo delle AI in questo modo, che per me è stato solo un gioco. Se volete un risultato professionale, che non porti un danno a nessuno e possa rispecchiare davvero ciò che avete in mente, ricordate che l'unica scelta sensata è quella di rivolgersi a un artista.
 

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Capitolo 6
*** Parte 6 ✴ La Seconda Notte ***


Parte 6 ✴ La Seconda Notte




Dopo il bagno, Ariha tornò al suo accampamento. I Viss esultarono vedendolo arrivare e le sue schiave lo accolsero con il sorriso sulle labbra.
Erano pronte a soddisfare ogni suo desiderio, quella notte come ogni altra, ma lui aveva la testa altrove.

Per tutto il tempo, quando si era immerso nel fiume, non aveva fatto altro che pensare al corpo del Portatore di Luce, lucido di acqua e ricoperto di goccioline, malgrado fosse anche disgustosamente splendente.

Le sue braccia sottili ma definite, i capezzoli rosa e i fianchi ben visibili quando si era alzato in piedi, rispondendo alle sue provocazioni.
Avrebbe voluto vedere altro, ma non lo aveva punzecchiato abbastanza.

E poi non era solo il suo corpo a tormentarlo. C'erano anche il calore della sua mano, serrata intorno al suo polso, la voce incrinata dalla rabbia e dal dolore, i suoi occhi lucidi quando parlava del marito...

Si ricordò del pezzetto di carta che gli aveva sottratto e lo estrasse dai vestiti, ora che era tranquillo nella tenda in compagnia delle schiave assonnate.

Era un misero pezzo di pergamena impermeabilizzato con ambra fatata, niente di più, ma il pittore vi aveva impresso con precisione il volto del Portatore di Luce e dell'altro Reyn.
Il primo, rappresentato in modo ben riconoscibile, non aveva i capelli lunghi come adesso eppure era rimasto giovane come nel dipinto. Il secondo aveva un che di familiare, con i suoi capelli chiari, gli occhi azzurri e l'espressione disgustosamente felice.

Si erano sposati e per questo avevano il marchio sulla mano, proprio come il suo. L'unica differenza era che Ariha non aveva mai sperimentato un sentimento come quello che condividevano loro, né era mai stato il marito di qualcuno.

Allora cosa significava il simbolo che li accomunava? Perché anche lui lo aveva?

Nel regno di Viss non era mai esistita una tradizione del genere, per quanto ne sapesse. E anche se fosse stato diversamente, lui non ricordava di averlo ricevuto da nessuno, lo aveva sempre avuto sin dalla nascita.

Magari il Reyn si era inventato tutto per prenderlo in giro, destabilizzarlo o instillargli dubbi.
Sì, doveva essere una strategia per costringerlo a collaborare, o per distrarlo dalla voglia di irrompere nel loro accampamento e uccidere tutti quelli che gli si paravano davanti.

Questo si disse, ma un'altra domanda restava senza risposta: come sapeva che lui aveva quel marchio sulla mano, sempre coperta da un guanto di pelle?

"Gli somigli, grande Ariha," osservò una delle schiave, sporgendosi oltre la sua spalla mentre si copriva a stento con le lenzuola del letto che condividevano.

"Così mi insulti, io e quella ragazzina non abbiamo niente a che fare l'uno con l'altro," ribatté schifato, non tanto dal commento non richiesto dell'occultista, quanto dalle immagini di lui che lo avevano tormentato fino a poco prima.

"Non mi riferivo al Portatore, grande Ariha, ma all'altro uomo. Avete un viso simile, come se fosse una tua versione Reyn, meno affascinante e gloriosa di te," spiegò, con voce stanca.

Il Viss corrugò la fronte, confuso. Non voleva credere alle sue parole senza senso, ma decise comunque di controllare di persona.

Si avvicinò all'unica fonte di luce presente nella tenda, una lanterna nella quale era stato imprigionato un insetto luminoso. Sguainò la sua sciabola dalla lama larga e si specchiò in essa, perfettamente affilata e lucida. Spostò lo sguardo sul ritratto, ora più confuso di prima.

Sembrava impossibile, eppure...

Sul suo viso si allargò un sorriso a mezza bocca.
Il Portatore non lo sopportava perché gli ricordava suo marito, ecco qual era il tassello mancante nel suo tentativo di comprendere il suo comportamento.

Averlo scoperto avrebbe sicuramente giocato in suo favore.

 

Non l'ho mai descritto nella storia, ma questo è il simbolo del Sol Notturno, il gruppo di avventurieri di cui fa parte Garlis

Non l'ho mai descritto nella storia, ma questo è il simbolo del Sol Notturno, il gruppo di avventurieri di cui fa parte Garlis. È questo simbolo che compare sulla bandana verde di Vellga.
Il tatuaggio matrimoniale, invece, è quello che potete vedere in copertina (capitolo1): Sol circondato dai suoi raggi e da altre linee.

 

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Capitolo 7
*** Parte 7 ✴ All'alba ***


Parte 7 ✴ All'alba




Garlis faticò enormemente ad addormentarsi quella notte, principalmente perché il ritratto di Ari non era più con lui. Cercò di non agitarsi troppo nel suo giaciglio per non svegliare gli amici, ma il suo animo era irrequieto.

Ariha non avrebbe mai dovuto vedere il ritratto, nemmeno per un secondo, invece adesso ce l'aveva lui.
Cosa sarebbe successo? Il Portatore di Luce se lo domandò per minuti interminabili senza riuscire a darsi una risposta.

A un certo punto crollò dal sonno, stremato da quella e dalla giornata precedente, e non si svegliò fino al sorgere di Sol.

Non appena le prime luci dell'alba filtrarono attraverso il tessuto sottile della tenda, si alzò senza fare rumore e uscì.

L'aria fresca del mattino lo investì in pieno viso, svegliandolo definitivamente. Si guardò intorno ed ebbe la conferma che tutti stavano ancora dormendo, persino al campo dei Viss, infatti da lì non proveniva alcun rumore.

Passeggiò nella foresta intenzionato ad allontanarsi il più possibile da tutti loro, bisognoso di restare un po' da solo.

Presto trovò una radura tranquilla, dove poté piantare nel terreno una bacchetta di incenso e accenderla. Si sedette su una roccia abbastanza grande da essere comoda e si coprì il viso con le mani, mentalmente stremato.

Inebriandosi del profumo del bastoncino, pensò a quanto avrebbe voluto che Ari fosse ancora al suo fianco. Lo avrebbe voluto lì con lui in quel momento, ma sapeva che non sarebbe mai stato possibile. Se anche avesse avuto la possibilità di morire di vecchiaia, sarebbe successo molto prima.

Garlis sapeva, quando aveva accettato di diventare Portatore, che prima o poi le loro strade si sarebbero divise e lui avrebbe vissuto da solo in eterno. Lo sapeva, eppure non aveva chiesto molto: sarebbe rimasto con Ari fino alla fine, godendosi ogni momento insieme.
Però, di questi momenti, non ce n'era stato nemmeno uno.

Se solo avesse saputo che Ari era già morto, la notte prima della cerimonia di ascesa, non sarebbe asceso affatto.
Avrebbe comunque cercato, invano, i suoi assassini, e poi forse si sarebbe ucciso per il dolore.
Oppure avrebbe vissuto fino alla fine dei suoi giorni rimpiangendo di non aver potuto fare niente.

Il giovane non poteva saperlo, perché difatti non gli era stata data alcuna scelta.
Non sapeva quanto tempo fosse passato quando un rumore metallico lo distrasse, obbligandolo a spostare le mani dal viso e riaprire gli occhi.

Ariha era lì, a pochi passi da lui. Aveva sbattuto le lame delle sue sciabole fra loro per annunciare la sua presenza.

Garlis gli rivolse un'occhiata torva.
Era l'ultima persona che voleva vedere in un momento come quello.
"Lasciami solo," gli chiese.

In tutta risposta il Viss sbuffò e si fece avanti di qualche passo, il sorriso beffardo di nuovo sul suo volto.
Gettò qualcosa sull'erba, accanto alla bacchetta di incenso. Era il ritratto.
Il Portatore di Luce alzò lo sguardo su di lui, confuso.

"È per lui che lo hai acceso, giusto? A me quello non serve più... dopotutto, mi basta specchiarmi."
"Allora te ne sei accorto," rispose Garlis, arrendendosi all'evidenza.

Aveva capito, ormai non aveva nessun senso fingere che le cose stessero in un altro modo.
Indugiò con lo sguardo sul ritratto per qualche istante, dopodiché si decise a raccoglierlo. Lo accarezzò con le dita, lo sguardo fisso nell'immagine di Ari.

"Già, la somiglianza è incredibile," continuò il Viss, con fare provocatorio. "È per questo che ti do tanto fastidio, ma non puoi ignorarmi. È come averlo davanti di nuovo."

Il Portatore di Luce alzò lo sguardo su di lui, confuso. Analizzò le sue parole nella mente e si rese conto che no, non aveva capito davvero. Gli parve assurdo, ma forse il fatto che fossero la stessa persona era impensabile per Ariha, a prescindere dall'evidenza.
"Però sei completamente diverso da lui," ribatté, decidendo di stare al gioco.

Il suo sorriso beffardo si allargò.
"E questo ti piace?"
"È il motivo per cui non ti sopporto."

Il Viss ridacchiò e scosse la testa, poi tornò a guardarlo. Garlis lesse qualcosa di intenso nel suo sguardo, ma non lo comprese del tutto. Che cosa voleva?

"Eppure potrebbe essere la tua occasione. Oppure credi che il destino ci abbia fatti incontrare per caso?"
"Mi chiedo proprio perché sia successo, in effetti," gli rispose, interessato a sentire cosa avesse da dire. "La mia occasione per cosa?"

"Per rivivere ciò che avevate," avanzò fino a trovarsi a un soffio da lui, sovrastandolo in altezza. "Solo senza inutili sentimenti appassiti..."
Ariha si chinò e affondò il viso tra il collo e la spalla sinistra di Garlis, la lingua e i denti sulla sua pelle, mentre con le mani si aggrappava a lui.

Il Portatore di Luce avvertì un brivido freddo lungo la schiena. Chiuse gli occhi, ma non lo respinse.
"Non sono appassiti," precisò, mentre con la mente visualizzava i movimenti della lingua del Viss.

Era la sua lingua, quella di Ari, e quelle che gli stringevano le spalle erano le sue mani.
Il generale nemico ruotò il viso fino a incontrare il suo sguardo, i loro respiri caldi che si fondevano in uno solo.

"Non importa ragazzina, basta che non ti innamori anche di me," soffiò a un passo dalle sue labbra, per poi avventarsi voracemente su di esse.

Garlis lo lasciò fare, disorientato. Si perse nei ricordi del passato, ben consapevole che la bocca che ora divorava la sua era la stessa di suo marito. La lingua che la esplorava era la stessa, ma tutto il resto era cambiato, modificato dal tempo e dall'influenza esterna.

Il suo sapore era diverso, così come il suo odore. Il profumo di fiori che ricordava era sparito, così come le carezze gentili, i baci possessivi ma dolci e tutto il sentimento che gli trasmettevano.

Per quanto rivolesse Ari, per quanto volesse sentire di nuovo le sue mani sul proprio corpo, quello non era Ari e ciò che lui desiderava non sarebbe accaduto mai più.
Quello che Ariha gli stava offrendo non era ciò che voleva.
Nessuno gli avrebbe mai potuto ridare ciò che più voleva.

Una lacrima gli solcò la guancia destra mentre la consapevolezza si faceva strada nella sua mente e nel suo cuore, spezzandoglielo di nuovo.

Prima stretto ai suoi abiti nell'impeto del momento, mollò la presa e spinse con i palmi delle mani sul suo petto, allontanandolo da sé.
I suoi occhi lucidi incontrarono quelli grigi di Ariha, freddi e completamente privi di emozioni.

"Tu non hai proprio capito," disse solo, un sorriso che si faceva largo sulla sua espressione disperata. "Ti conviene starmi lontano e collaborare perché la missione finisca al più presto, altrimenti ti strappo quella faccia e la uso per decorare casa mia."

Il Viss sgranò gli occhi, non certo intimorito, piuttosto per la sorpresa di sentirsi rivolgere certe parole in un momento del genere.
Lasciò bruscamente la presa sulle spalle di Garlis, che per poco non perse l'equilibrio per la forza di quel gesto.

In qualche modo riuscì a mantenersi stabile sulla roccia che gli faceva da seduta, forse per l'intensità della rabbia che stava provando in quel momento.

"Adesso torna al campo e, la prossima volta che ti rivolgerai a me, voglio sentirti usare il mio nome, per quanto suonerebbe disgustoso uscendo dalle tue luride labbra da Viss."

"Se credi che io ricordi il nome di un essere insignificante come te, allora ti sbagli di grosso!" sbraitò Ariha in risposta, dandogli le spalle per andarsene con passo pesante.

"Scava nella tua testa bacata finché non lo trovi, oppure non rivolgermi la parola affatto!" gli urlò dietro Garlis, scattando in piedi con enfasi.

Dovette trattenersi per non inseguirlo e sfogare tutta la sua rabbia su di lui, all'istante.
Non gli importava che Ariha fosse armato e lui no, o che non indossasse nemmeno l'armatura. Erano immortali entrambi, perciò avrebbe iniziato volentieri a picchiarlo senza curarsi delle conseguenze.
Una parte di lui però, quella più razionale, lo costrinse a rimanere con i piedi ben piantati a terra.

Inspirò ed espirò velocemente, senza fiato e ancora agitato, dopodiché prese coscienza di ciò che era successo e si fregò le labbra con una manica della maglietta bianca, nauseato.

Raccolse da terra il ritratto, che gli era caduto in quell'attimo di distrazione, e lo rimise al sicuro nel suo taschino.
Infine sospirò nel tentativo di eliminare del tutto il fastidio provato, ora finalmente calmo.

Un fruscio alla sua sinistra gli fece voltare il capo così riattivò tutti i suoi sensi, prima sopiti dalla collera.
"Chi va là?" domandò.

Oltre la fitta boscaglia poco distante sbucarono Anite, Oris e Vellga. Sui loro visi lo sguardo pentito di chi aveva visto troppo e adesso non osava parlare.
"Ragazzi... Non ditemi che avete sentito tutto..."

"Non tutto, ma buona parte del discorso," rivelò l'esploratore, a nome di tutti e tre.
"Non eri al campo, così ci siamo preoccupati. Quando siamo arrivati stavate discutendo e non ci siamo voluti intromettere," continuò Oris, grattandosi la nuca con fare imbarazzato. "Non ti avevamo mai visto rivolgerti così a qualcuno."

"Perché non era mai successo. Non so cosa mi sia preso..." ammise il Portatore di Luce, abbassando lo sguardo.

"Hai fatto bene, per quel che mi riguarda," commentò la maga. "Qualcuno doveva pur dirgli di abbassare la cresta."
Garlis accennò un sorriso colpevole e annuì, comprendendo il suo punto di vista.

"Spero che non stia distruggendo il nostro campo adesso, meglio se torniamo indietro a controllare," propose.
Lo disse per sdrammatizzare, ma sapeva che poteva essere vero.
"Ottima idea," concordò Anite, facendogli segno di seguirla.

Il ragazzo raccolse la bacchetta di incenso ormai esaurita e li raggiunse, venendo subito preso sottobraccio dall'amica, gesto che lo sorprese.
"Va tutto bene, Garlis?" gli chiese sottovoce.
Gli altri, che li precedevano di qualche passo, non potevano sentirli.

"Sì, ora che mi sono sfogato. Ma rimane il fatto che vorrei non doverlo rivedere mai più," rispose.
"Per me è lo stesso. Sai, ci sentiamo impotenti quando c'è di mezzo quel Viss, perciò non riusciamo a esserti molto utili e ci dispiace... Penso di parlare a nome di tutti quando lo dico."

Il Portatore schiuse le labbra per interromperla, ma lei fu più veloce.
"Però ci siamo per te, ricordalo sempre. Forse non rischieremo di farci uccidere difendendoti apertamente, ma sentiti libero di parlarci, di qualsiasi cosa si tratti. Intesi?"
"Sì, grazie," le disse, dopo un attimo di esitazione.

"Dici così, ma di solito non lo fai. Siamo una squadra da anni e ti vogliamo molto bene, eppure stai iniziando a farti conoscere davvero solo ultimamente," sottolineò la maga.
Il loro discorso sottovoce terminò lì, dato che ormai erano arrivati all'accampamento, ma Garlis prese nota delle sue parole.

Lo sapeva, era sempre stato chiuso nei loro confronti, anzi nei confronti di tutti. Aveva cercato di tenere certi pensieri solo per sé, ma negli ultimi giorni aveva scoperto quanto potesse essere logorante un comportamento simile.

Si sarebbe aperto di più con loro da quel momento in avanti, ne era convinto.




Angolo di quella che scrive

Mi scuso per il disastroso ritardo a pubblicare. Per farmi perdonare ho pubblicato 3 capitoli alla volta.

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Capitolo 8
*** Parte 8 ✴ La Città di Roccia ***


Parte 8 ✴ La Città di Roccia




Radunate le loro cose, la marcia ricominciò.
Anche questa volta i Viss aprirono la strada, cosa che a Garlis non dispiacque per niente.
Non si sentiva da meno perché stava nelle retrovie, anzi era contento di poter stare alla larga da Ariha, perché entrambi non avevano niente da dirsi.

Presto il terreno su cui camminavano si fece dissestato, infatti profonde crepe avevano reso visibili le radici degli alberi, creando buche e dislivelli qua e là.
Alcuni di questi erano persino nascosti dai cespugli, disseminando di trappole naturali il sentiero.

Il Portatore si fermò per aiutare Anite a scendere da un gradino del terreno molto alto, così che non si facesse male.

Riprendendo la marcia si domandò il perché di tanta devastazione. Sicuramente aveva a che fare con ciò che stava accadendo in tutto Ellis, ma pareva che lì i terremoti avessero avuto conseguenze persino peggiori.

Loro erano diretti al centro della foresta, punto più vicino all'energia stessa di Ellis, ed era come se il cammino si facesse più difficoltoso man mano che vi si avvicinavano.
"Non ci sono animali nei dintorni," lo infornò Vellga, pensieroso.

"Forse ha a che fare con l'energia di Ellis," gli rispose Garlis, pur senza prendere alla leggera l'informazione.
"Più ci avviciniamo alla fonte e meno creature trovano abitabile la foresta?" domandò l'esploratore.
Il Portatore annuì, anche se non poteva esserne certo.

"Oppure c'è qualcosa di spaventoso che li ha fatti scappare via," aggiunse Oris, la mano ben salda sull'elsa della spada.

I Viss davanti a loro si fermarono, costringendo anche loro ad arrestare il cammino.

"Cosa sta succedendo?" domandò lo spadaccino, cercando di intravedere qualcosa oltre la fila che aveva davanti.
Uno dei soldati nemici si fece strada tra gli altri per raggiungerli. Era un essere alto, nerboruto e dalla carnagione grigiastra.

"Il grande Ariha dice che avanti non si va. Grande crepaccio, impossibile superare," disse, rivolto a Garlis.
Riferito il suo messaggio tornò al suo posto, sparendo dalla loro vista.

"Questo non ci voleva. Vellga, conosci la zona?" domandò il Portatore di Luce.
"No, ma vista una foresta le hai viste tutte," dichiarò srotolando la mappa che aveva con sé. "Noi adesso siamo qui. Stavamo percorrendo la via più breve, ma non è certo l'unica. Se il crepaccio non è troppo esteso possiamo tentare questa strada, anche se ci vorrà più tempo."

"Sapevo di poter contare su di te. Prendiamo un'altra via, seguiteci!" annunciò ad alta voce, perché potessero sentirlo tutti. "Guida il gruppo, ti raggiungo tra un attimo," gli disse poi.
L'esploratore annuì e riprese a camminare facendo segno agli altri di lasciarlo passare, mentre Garlis rimaneva fermo sul posto.

"Devi parlare con il grande Ariha?" gli domandò sottovoce Anite, facendo il verso al soldato Viss.
Il ragazzo non poté trattenere il sorriso, divertito dalla presa in giro dell'amica.
"Sì, ci metterò solo un momento."

"Lui ha mandato un messaggero, forse non vuole vederti... Sicuro di non volerne mandare uno anche tu?" continuò la maga, ironica.
"Ti stai offrendo?"
"No, torno dagli altri!" si affrettò a dire, fingendo di incamminarsi. "Scherzi a parte, se preferisci rimango con te."

"Non serve, ma ti ringrazio."
Le rivolse un ultimo sorriso che lei ricambiò prima di andare.
Il Portatore continuò a osservarla mentre saltellava verso l'inizio della fila, per poi fermarsi poco prima e affiancarsi a un soldato che lui non conosceva.

Intanto accanto a lui stavano iniziando a vedersi i primi soldati Viss, che passando lo guardavano male o lo ignoravano.

Spostò lo sguardo nella direzione opposta e vide Ariha, intento a farsi strada tra i suoi uomini. Dalla sua espressione si intuiva quanto fosse scocciato.
Quando lo notò rallentò il passo come a non volerlo raggiungere, cosa che confermava l'idea che lui e Anite si erano fatti: il generale nemico non voleva vederlo.

Per una volta non sorrideva in modo beffardo, cosa che fece provare una grande soddisfazione al Portatore di Luce.
"Un grande crepaccio?" domandò, facendo finta di niente.

"Già, insuperabile," rispose Ariha, il tono di voce piatto da cui traspariva solo fastidio.
"Il mio esploratore ha trovato una via alternativa, spero che non ti dispiaccia se facciamo strada noi adesso."

Il Viss scosse la testa e aumentò il passo.
"Come ti pare, basta che finiamo in fretta questa cosa."
Non avendo altro da aggiungere, Garlis lo superò per tornare dai suoi amici.


"Con chi sta parlando Anite?" chiese loro, per portare il pensiero altrove.
"Non lo so, ma scommetto che è uno dei soldati con cui non è ancora stata a letto," rispose Vellga, mentre studiava con lo sguardo i dintorni.
Non gli serviva tenere sottomano la mappa, ormai l'aveva memorizzata.

"A proposito Oris, tra te e lei com'è successo?" domandò l'esploratore, voltandosi per un istante verso l'amico.
Lo spadaccino sgranò gli occhi, non aspettandosi quella domanda. Era palese, dalla sua espressione imbarazzata, che fosse in difficoltà a parlarne. Come la prima volta, avrebbe preferito far finta di non aver sentito.

"Ehm, ecco... Avevamo bevuto molto, una sera dopo una missione. Lei me l'ha proposto e io ho accettato, tutto qui... Ora però ho una fidanzata, sono una persona diversa."
"Non devi giustificarti, amico", gli disse Vellga.

"Invece con te lei non ha mai..." continuò Oris, senza finire la frase.
"No, nemmeno una volta. Non sarò il suo tipo," rispose l'esploratore.
Dal suo tono di voce non sembrava dispiaciuto, ma un pochino offeso.

"Continuerò a cercare del divertimento altrove. Garlis, se ti va potresti venire con me. Potresti farmi da spalla mentre cerco qualcuno che mi risollevi il morale."
"Va bene," rispose il Portatore, sorprendendo i due compagni che si voltarono a guardarlo con gli occhi sgranati.

"Però, se dove vai tu ci sono solo donne, per me potrebbe essere poco divertente," aggiunse, sorridendo davanti alla loro reazione esagerata.

Non sapeva se sarebbe andato sul serio, ma forse adesso era pronto a fare quel passo. Forse.
In ogni caso, non doveva decidere davvero in quel momento, ci avrebbe pensato a tempo debito.

"Mmh, dove vado di solito ci sono solo ragazze, ma conosco un posticino che... Oh cazzo!" esclamò, quando il sentiero che stavano percorrendo si affacciò improvvisamente su un burrone.

"Non è possibile, abbiamo camminato per ore..." commentò Oris, stanco.

Pensieroso, il Portatore di Luce rivolse lo sguardo in fondo al crepaccio, poi a Sol che presto sarebbe tramontato.
"Non è poi così profondo da questo lato, non trovate?" domandò, più a sé stesso che gli amici.

"Non possiamo calarci lì sotto, non abbiamo corde così lunghe, che possano reggerci tutti quanti. E poi come torniamo su?" ribatté lo spadaccino.

"Avevo in mente un'altra soluzione, in realtà. Si dice che un mago elementale potente sia in grado di erigere una città di roccia in una pianura deserta. Vorrei verificare questa teoria, portami qui gli elementali," gli chiese, al che Oris eseguì senza ribattere.

"Più che una teoria è una leggenda, un modo di dire magari," sottolineò Vellga, poco convinto.
"Spesso c'è della verità nei modi di dire. Spero che sia uno di quei casi," rispose Garlis, speranzoso.

"Che succede adesso?" si lamentò una voce che lui conosceva bene.
Un istante dopo i Reyn si erano spostati per far passare Ariha, esasperato più di tutti loro messi insieme.

"Ancora questo stramaledetto crepaccio, dannazione," continuò, osservando con astio la distanza che li separava dal lato opposto. "Forse da qui si può scendere, butto qualcuno di sotto così vediamo quanto ci mette ad arrivare giù..."

"Non è necessario, sto già lavorando a una soluzione," lo interruppe il Portatore di Luce, riuscendo stranamente a mantenere la calma.

Per qualche motivo non stava ribollendo di rabbia verso di lui, per quanto non sopportasse vederlo. Lo aveva notato anche prima, era come se urlargli contro quella mattina fosse stato terapeutico.

Adesso era una persona nuova, una versione più calma di sé, pronta ad affrontare qualsiasi situazione disperata con il sorriso sulle labbra e la speranza nel cuore.

"Si è visto dove ci hanno portato le tue soluzioni alternative, Garliz."
Garliz.

"Come hai osato chiamarmi, tu lurido Viss?!" urlò, aggrappandosi al suo colletto per sbatterlo contro un albero lì vicino, gli occhi attraversati da una luce malata e i denti stretti in un tentativo vano di trattenere la rabbia.

"Cosa cazzo ti prende adesso?" gli gridò di rimando Ariha, dopo un attimo di spiazzamento per la sua reazione improvvisa.

"Garlis, ci servi concentrato!" esclamò Vellga affiancandosi a loro, prima che potessero continuare a darsi contro. "Scusate, ma... l'elementale della terra è qui," si giustificò, trovandosi gli sguardi di entrambi addosso.

Il Portatore di Luce lasciò la presa sui vestiti di Ariha ed evitò di rivolgergli anche solo un'altra occhiata, consapevole che non si sarebbe riuscito a trattenere se lo avesse fatto.

Andò invece dalla ragazza che si trovava con Oris, a pochi passi da lì. L'unica elementale della terra che era partita per quella spedizione.
Si schiarì la voce e cercò di riacquistare del tutto lucidità prima di rivolgersi a lei.

"Credi di poter costruire un ponte per portarci dall'altra parte?" le domandò.
La giovane sgranò gli occhi.
"N-no, è impossibile... Ci vorrebbe una quantità di energia magica che io non possiedo," rispose, la voce flebile e le spalle che le tremavano per l'agitazione.

Garlis allora tornò a guardare verso il burrone, pensieroso.
"Allora potresti riuscire a farci scendere giù? Avrai tutta la notte per riprendere le forze, e domattina creerai un passaggio per scalare la parete dall'altro lato."
La maga strinse di più le mani sullo scettro, si avvicinò al crepaccio e guardò di sotto.
"Sì, questo lo posso fare," confermò.

Il Portatore di Luce tirò un sospiro di sollievo e si voltò verso i compagni, ora rassicurati anche se sorpresi che la sua idea avesse effettivamente senso.

Grande errore voltarsi, perché notò l'espressione infastidita di Ariha e i suoi occhi grigi puntati su di lui.
Istintivamente strinse i pugni e serrò la mascella, di nuovo arrabbiato ora che ricordava cosa era appena successo.

Lo aveva chiamato Garliz, proprio come faceva Ari. Perché? Com'era successo?
Se lo chiese, ma per la risposta avrebbe dovuto rivolgersi direttamente a lui.

"Riusciresti a iniziare subito?" domandò all'elementale, voltando il capo verso di lei senza però guardarla.
"Certo," rispose.

Si chinò e, con una mano sullo scettro e il palmo dell'altra a contatto con il terreno, iniziò a recitare le formule. Lentamente, a uno a uno, dei gradini iniziarono a emergere dalla parete del crepaccio.
Alcuni erano fatti di pietra, altri di radici emerse dal terreno, altri ancora di zolle molto compatte.
Sarebbero scesi costeggiando la parete regolare del burrone usando quelli.

Come aveva immaginato, la magia dell'elementale impiegava molto tempo oltre che energia magica, perciò si avvicinò ad Ariha. Cercò di mantenersi serio invece che arrabbiato. Gli serviva essere lucido, ragionevole.
"Io e te dobbiamo parlare, e subito," disse, in un tono che non ammetteva repliche.

Il Viss passò lo sguardo da un suo occhio all'altro, come per studiarne le intenzioni, dopodiché annuì senza proferir parola.
"Non scendete finché non facciamo ritorno," si raccomandò agli amici, quindi tornò nel folto della foresta seguito dal generale nemico.

Una volta raggiunto un punto abbastanza appartato ma non troppo lontano, si appoggiò con la schiena al tronco di un albero e si fregò il viso con le mani nel tentativo di trovare la calma.
"Perché mi hai chiamato così?" gli domandò, prima che potesse essere l'altro a parlare.

"Così come? Credevo volessi che usassi il tuo nome," puntualizzò Ariha.
"Ma io non mi chiamo... Garliz," disse, pronunciandolo a fatica.
Avvertì un nodo alla gola, quindi si portò di nuovo le mani sul viso.
Quanto si sentiva patetico e vulnerabile adesso.

"Il mio nome è Garlis. Garlis!" ripeté, perché gli fosse chiaro. "Adesso dimmi perché mi hai chiamato diversamente!"
"Ho fatto uno stupido errore, contento? Quante storie per niente!" sospirò, scostandosi indietro il ciuffo di capelli argentati. "Ero convinto che ti chiamassi così, non credo sia successa una catastrofe. Tu sei pazzo, il tuo ruolo di Portatore ti ha dato alla testa!"

"Decisamente, sì," rispose d'istinto, la voce strozzata dalla disperazione. "Era così che mi chiamava mio marito. Dannazione, ogni cosa che fai o che dici sporca un ricordo che ho di lui!"
Alzò il viso, gli occhi lucidi piedi di rabbia puntati in quelli confusi e offesi del Viss.

"È stato un caso! Gli somiglio, non significa certo che sono lui," sbuffò e scosse la testa. "Non puoi avanzare pretese su come mi comporto."

Garlis sapeva che le sue parole avevano senso. Anzi, già era tanto se non aveva risposto allo stesso modo ai suoi scatti d'ira, e se non aveva sfogato il fastidio che provava uccidendo qualcuno. Andava bene così, ma in quel momento non era del tutto lucido e di certo non gli avrebbe dato ragione così facilmente, tornando sui suoi passi. Non avrebbe zittito così una rabbia che sentiva essere senza fine, e senza freni.

"E invece non è come dici. Hai vinto, ti dico tutto," dichiarò, tenendo lo sguardo basso, puntato su un cespuglio poco distante. "Tu sei lui. Ti hanno ucciso e poi ti hanno fatto rinascere come Portatore di Oscurità."

"Se lo credi davvero sei seriamente impazzito," commentò Ariha, con un sorriso sulle labbra che non lo faceva sembrare affatto divertito.

"Invece è la verità. È per questo che sapevo del tatuaggio sulla tua mano... Quello è un marchio che collega due anime, non si può cancellare dal corpo."
"Menti!" esclamò il Viss, scagliandosi su di lui.

Lo premette di più con le spalle contro la corteccia mentre gli rivolgeva uno sguardo carico di risentimento, disgusto, ma forse anche smarrimento.

"Tu sei attratto da me, me lo hai dimostrato stamattina! È perché la tua anima ha riconosciuto la mia!" continuò il Reyn, questa volta alzando la voce.

Il Portatore di Oscurità cedette alla collera e gli diede un pugno che gli fece riversare la testa all'indietro, contro il tronco. In risposta Garlis gli assestò una ginocchiata alla bocca dello stomaco, lì dove le stupide pellicce che indossava non lo proteggevano.
Certo, non poteva morire in combattimento, ma il dolore lo sentiva eccome.

Ariha gli afferrò la gamba e la tirò per sbilanciarlo, facendolo cadere. Finì sopra di lui, mentre l'altro gli strattonava i capelli perché si spostasse.
"Finiscila!" esclamò il Viss, prendendogli i polsi per bloccarli contro il terreno, ai lati della sua testa.

"Ti odio Ariha, come non ho mai odiato nessun altro!" sputò Garlis, la voce graffiante per il dolore e la fatica.

Eccolo, il solito sorriso beffardo che non prometteva niente di buono.
"Che onore, questo mi lusinga," ribatté, ironico, avvicinando il viso al suo.

Gli rubò un bacio vorace che il Portatore di Luce ricambiò con disperazione, intrappolato dal peso del suo corpo sopra di sé.

Se davvero lo avesse voluto avrebbe potuto fare appello alla forza degli antichi e spingerlo via, liberarsi, ma non lo fece.
No, perché una parte di lui in fondo non aspettava altro e adesso aveva preso il sopravvento.

Ariha non era Ari, eppure quando aveva scavato nei suoi ricordi per ritrovare il suo nome lo aveva pronunciato male, sbagliando, ma allo stesso tempo dicendolo giusto.
Dicendolo come avrebbe fatto suo marito, per via del suo accento del nord.

Il Viss gli liberò i polsi per stringergli il mento e una spalla, mentre Garlis passava le braccia oltre i suoi fianchi per arrivare a posarle sulla sua schiena, così da tenerlo vicino a sé.
La lingua del generale nemico stava esplorando ogni centimetro della sua bocca in un bacio profondo e carico di significato, diverso da quello che gli aveva dato diverse ore prima. C'era qualcos'altro adesso, qualcosa di sottointeso, prima negato o forse emerso solo ora.

Garlis ricambiò le sue attenzioni, perdendosi completamente nelle sensazioni che stava provando. Quando Ariha sfregò un ginocchio contro il suo inguine, si ritrovò ad ansimare sulle sue labbra.

E in quel momento la sua mente si riaccese.

Lo spinse bruscamente facendolo finire con la schiena sul terreno, per poi alzarsi subito in piedi. Guardò il Viss dall'alto della sua nuova posizione, gli occhi sgranati per ciò che aveva fatto, sconvolto dalle reazioni del suo stesso corpo.

"E adesso cosa c'è che non va?" si lamentò Ariha, facendo per rialzarsi.
"Tutto, direi," ammise Garlis, ora con lo sguardo perso altrove. "Abbiamo questioni più urgenti a cui pensare," cambiò discorso, voltandosi per tornare dagli altri.

Non si rese conto di avere i capelli spettinati, i vestiti sgualciti e sporchi di terra e le labbra gonfie per il bacio.
E come dimenticare il livido sullo zigomo sinistro.

Furono i suoi amici a fargli capire in che stato fosse: prima del suo arrivo stavano parlando, ma quando lo videro si ammutolirono all'istante.

Lui li raggiunse, sebbene temesse cosa avrebbero potuto dirgli.

La bandana di Vellga lasciava intravedere uno sguardo così sconvolto che Garlis cedette e gli rivolse la sua attenzione.
"Che c'è?"
"Niente, è solo che... volevo chiederti una cosa, ma poi ho capito di non voler sapere davvero," ammise.
"Meglio così," sussurrò in risposta, conscio del fatto che probabilmente loro non lo avevano sentito.

"Vi siete... picchiati," si aggiunse Anite.
La sua scelta di parole gli fece tirare un impercettibile sospiro di sollievo.
"Già, doveva succedere prima o poi," rispose.
Solo dopo averlo detto si rese conto che la sua frase poteva essere applicata anche ad altro, e i suoi amici lo avevano capito benissimo.

"Vero. Vieni, ti rifaccio la coda."
"Non serve, davvero."
"E io insisto," disse la maga, facendogli segno di seguirlo.
Lo prese in disparte e lo fece accomodare su una roccia.

Poco distanti, Reyn e Viss erano disposti in due gruppi separati, ma erano comunque vicini, cosa di cui lui non si era accorto prima. Che stesse cambiando qualcosa nei loro rapporti?
No, probabilmente no.
Non sarebbero migliorati per così poco, anzi non sarebbe accaduto mai.

Mentre l'amica armeggiava silenziosamente con i suoi capelli, individuò la posizione dell'elementale e la vide ancora a terra, stanca ma al lavoro.
"A che punto è?"
"A buon punto, tra poco potremo scendere."

Calò di nuovo il silenzio tra loro, con le chiacchiere a bassa voce degli altri in sottofondo e Sol che tramontava semi nascosto dagli alberi, oltre il crepaccio.

"Sto impazzendo. L'ha detto Ariha, ma penso che sia vero... Ed è iniziato tutto a causa sua. Da quando il Saggio mi ha confermato che era lui, sono costantemente divorato dalla rabbia," ammise e sospirò.
Doveva dirlo a qualcuno e finalmente lo aveva fatto.

Con la coda dell'occhio notò che il Viss era tornato dalle sue schiave, ma fece finta che non esistesse.

"Ecco qui, ho finito," dichiarò Anite, lisciandogli i capelli un'ultima volta.
"Grazie..." rispose lui, ora del tutto calmo. "Anche per non aver chiesto."
"Quando vuoi. Se ti va di parlare sono qui."

"Mi va, in effetti... Che mi dici del soldato con cui passi il tempo ultimamente?" domandò, cambiando discorso.
"Oh, Rowan è solo un passatempo, lo sai!" rispose lei, divertita dall'argomento scelto.

"Sei una spezza cuori," commentò Garlis, alzandosi dalla roccia.
"No invece, non ho mai illuso nessuno," si difese lei, convinta di ciò che diceva.

Tornarono dagli altri e, una volta lì, notarono che l'elementale aveva finalmente finito. Adesso aveva entrambe le mani posate a terra, stringeva lo scettro a malapena e annaspava per la fatica.

Il Portatore di Luce le offrì aiuto ad alzarsi e lei si aggrappò stancamente al suo braccio, tentando invano di tirarsi su. Lui prese l'iniziativa e decise di caricarsela in spalla, facendole emettere un gridolino di sorpresa.

Rivolse uno sguardo serio agli amici.
"Noi scendiamo per primi."
Quando loro annuirono, annunciò la cosa a tutti gli altri.

Oris aprì la strada, la spada pronta in mano per ogni evenienza. Si muoveva con cautela sui gradini naturali, posti alla stessa distanza l'uno dall'altro e solidi, ma pur sempre piccoli.
Era una discesa ripida e senza sostegni.

Dietro di lui c'era Garlis, la ragazza ancora sulla spalla e la sciabola stretta nella mano destra.
Poi c'era Anite, concentrata solo sui gradini. In caso di pericolo le sarebbe bastato aprire le mani per generare dei fulmini e scagliarli.
Infine era il turno di Vellga, che avrebbe scandagliato il fondo del crepaccio con il suo fiuto ineguagliabile.

Dopo minuti che sembrarono ore raggiunsero la meta, si guardarono intorno e fecero segno agli altri di scendere. I Viss si fecero avanti per primi, impazienti.
Intanto Oris diede da bere alla elementale, che subito sembrò riacquistare le forze.

"Siamo al sicuro quaggiù?" domandò Garlis, la spada ancora in mano.
"Sembrerebbe di sì, ma non sappiamo per quanto si estenda il crepaccio. Potrebbero essere scese anche altre creature, e in quel caso rischieremmo di essere attaccati da entrambi i lati," rispose Vellga.
"Ma tu te ne accorgeresti."
"Certo," lo rassicurò, convinto delle sue capacità.

"Forse conviene non allestire il campo stasera. Riposeremo, ma restando uniti e pronti in caso di pericolo. Stabilirò dei turni di guardia e tu non farai il primo, ci serve il tuo fiuto per il resto della notte."
Vellga annuì, d'accordo con la sua idea.

"Speriamo che Ellis non faccia richiudere il crepaccio con noi ancora dentro," sussurrò il Portatore, quando fu sicuro che nessuno lo avrebbe sentito.

Individuò Ariha e, anche se a malincuore, lo raggiunse.
"Noi non allestiamo il campo, ho stabilito dei turni di guardia così saremo pronti in caso di pericolo," gli disse, andando dritto al punto. "Vi conviene fare lo stesso."
Il Viss mantenne a lungo lo sguardo su di lui, come se stesse valutando cosa dire, ma alla fine annuì e basta.

"Ehi... Ehm, Garlis," lo chiamò, quando lui già gli dava le spalle per andarsene. "Ti ho sottovalutato."
Il diretto interessato sgranò gli occhi, non credendo alle sue orecchie.
"È un complimento?" chiese, voltandosi verso di lui.

"Una costatazione. Non ce l'avrai con me anche per questo?" ribatté il Viss, preparandosi al suo prossimo scatto d'ira.
"No..." rispose il Portatore di Luce, aggrottando le sopracciglia. "Semplicemente non me l'aspettavo."

"Come io non mi aspettavo ciò che mi hai detto tu," puntualizzò l'altro, stranamente serio. "Devo crederti?"
"A me lo ha detto il nostro Saggio," puntualizzò Garlis. "Io gli credo," aggiunse poi, dopo un attimo di silenzio carico di significato.

Ariha annuì, il suo sguardo pieno di parole non dette.
"Mi domando cosa direbbe il nostro, di Saggio."
Garlis non gli rispose, ma la verità era che se lo domandava anche lui. Avrebbe voluto parlargli un giorno, chiedergli il perché di tutto questo. Insomma, era stato lui a scegliere proprio Ari.

Si ritirò tornando dai Reyn, nello specifico dai suoi amici.
I compagni stavano preparando una cena veloce, avevano acceso tanti piccoli fuochi per scaldarsi e preparato i sacchi a pelo. Sol era calato completamente, lasciando spazio agli astri della sera.

Sarebbe stata una lunga notte, il Portatore aveva questo presentimento.




Spazio di quella che scrive

Tra tutti, questo è il mio capitolo preferito! Inoltre adoro scrivere le scene adrenaliniche, anche se non credo di essere molto brava.
Comunque sia, spero che lo abbiate gradito anche voi.
 

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Capitolo 9
*** Parte 9 ✴ La Terza Notte ***


Parte 9 ✴ La Terza Notte




Non era nemmeno finito il primo turno quando la consapevolezza del pericolo lo colpì in pieno, sotto forma di un ululato minaccioso in lontananza. Riecheggiava tra le pareti del crepaccio dando l'impressione che l'animale che lo aveva emesso non si trovasse sopra, ma là sotto con loro.
Svegliò i compagni vicini e insieme allertarono silenziosamente tutti gli altri, che imbracciarono le armi.
Proiettate dai fuochi ancora accesi, delle ombre agghiaccianti ondeggiarono sulle pareti di terra e roccia.

Qualsiasi cosa fossero, erano lì e stavano per attaccare.

Garlis, posizionato in prima linea per proteggere gli altri, avvertì un ringhio prima che la creatura sbucasse dal buio per scagliarsi su di lui, seguita dai suoi simili che puntarono ai suoi compagni.
Alla luce che lui stesso emanava riuscì a capire che si trattava di un grosso lupo dal manto nero, stranamente resistente ai suoi fendenti. Gli ci volle un po' per metterlo fuori gioco, beccandosi diverse ferite da morsi.

Intorno a lui, Reyn e Viss combattevano fianco a fianco creando qualcosa che non si era mai visto prima. Gli elementali facevano magie, Anite scagliava fulmini e i soldati attaccavano con le loro armi. Gli occultisti evocavano creature che si stavano battendo per loro e anche i soldati Viss non erano da meno.


Tra un colpo e l'altro dato a un secondo lupo, Garlis notò Ariha che incrociava le sue lame per tagliare la testa a una di quelle creature, prima che mordesse una ragazza Reyn. Uno dei suoi soldati aiutò uno dei Viss che stava per essere ucciso, e tutto intorno si diramavano lampi di magia di ogni tipo.

"Così non va, ne arrivano altri!" esclamò Vellga, poco distante da lui.
Dovevano andarsene e in fretta, ma dove?
I gradini creati in precedenza non erano abbastanza massicci da sostenerli in sicurezza durante una scalata veloce e senza sostegni. In più c'erano dei lupi che sbarravano loro la via.

Il Portatore si voltò in direzione dell'altra parete, impossibile da scalare in un momento di fuga disperata. A meno che...

Individuò tra la folla l'elementale della terra e si precipitò da lei, facendosi strada a colpi di spada tra i lupi.
La ragazza sembrò capire al volo la sua idea quindi si lasciò afferrare per un braccio e trascinare fino al lato opposto del crepaccio, su cui appoggiò una mano. Questa volta dalla roccia emerse una scala a pioli fatta di radici nodose.

"Uomini, state pronti a scappare!" annunciò Garlis, continuando a proteggere la maga.
Un altro ululato riecheggiò in lontananza, come a voler annunciare la seconda ondata. L'elementale al suo fianco tremò ma non smise di lavorare, almeno finché non svenne, un rivolo di sangue che le usciva dal naso.

A quel punto Garlis si sentì perduto.

Vide qualcuno soccorrere la ragazza mentre una voce familiare urlava degli ordini.
Un elementale dell'aria si parò di fronte a loro e respinse tutti i lupi vicini con una folata di vento, facendoli schiantare al suolo senza però scalfire i compagni.

A quel punto una degli occultisti Viss li raggiunse e fece emergere delle ossa dalla parete di roccia, riprendendo a creare la scala dove la maga Reyn si era interrotta.
Si teneva una mano alla tempia e con l'altra agitava una bacchetta sottile.
Era una delle schiave di Ariha.

Un altro lupo arrivato troppo vicino fece ritornare in sé Garlis, che lo schivò appena in tempo per non essere morso e lo trafisse con la spada. Malgrado questo, la creatura si rialzò in piedi, pronta ad attaccare di nuovo.
Non erano creature ordinarie e quella ne fu l'ennesima conferma.

"Tutti sulla scala!" urlò l'occultista, che ormai aveva quasi finito di costruirla con la magia.
Il Portatore di Luce si spostò per permettere agli altri di salire per primi mentre copriva loro le spalle. Con lui rimasero un paio di arcieri, due soldati Viss e l'elementale dell'aria.
Ariha era tornato nella mischia, attirando l'attenzione dei lupi perché gli altri potessero mettersi in salvo.

Di solito i Portatori di Oscurità restavano nelle retrovie, a dare ordini ai loro uomini considerati solo come pedine sacrificabili. Malgrado questo, doveva ammettere che ci sapeva fare sul campo di battaglia.

Erano saliti quasi tutti quando Anite raggiunse la scala, zoppicante ma ancora combattiva. Colpì con un singolo fulmine i tre lupi più vicini prima di perdere le forze e cadere, dritta tra le braccia di Garlis. Lui la prese sulle spalle senza chiederle il permesso, in attesa del loro turno per salire.

Nel frattempo l'occultista era quasi arrivata allo stremo, lo si capiva da come teneva serrati gli occhi continuando a muoverli freneticamente sotto le palpebre, con la fronte aggrottata nello sforzo e la mano che tremava.
Un soldato Reyn la sollevò di peso e lei nemmeno se ne accorse, continuando a mantenere salda la scala mentre lui la portava in superficie.

Dopo di loro salì Garlis con Anite in spalla e infine Ariha, a chiudere la fila.

I lupi che provavano comunque ad avvicinarsi loro saltando vennero fulminati dalla maga, ferita ma ancora combattiva, mentre la scala a pioli di pietra lasciava spazio a quella fatta di ossa.
Quest ultima tremava impercettibilmente al loro tocco, fragile perché tenuta insieme dalla forza mentale dell'occultista ormai allo stremo.

Garlis era quasi arrivato in cima quando essa iniziò a sgretolarsi sotto le sue mani, imponendogli di sbrigarsi almeno per mettere in salvo l'amica.
A lui non sarebbe successo niente, anche se fosse precipitato nel burrone.

Riuscì miracolosamente a tornare in superficie, tirato su dagli altri perché toccasse terra in tempo, mentre Ariha, dietro di lui, si aggrappava a una sporgenza di roccia per non cadere giù.
Fu Oris ad afferrare la sua mano guantata per aiutarlo a salire.

I Viss accorsero da lui per assicurarsi che stesse bene, mentre lo spadaccino tornava concentrato sui suoi amici che ora gli stavano rivolgendo sguardi sorpresi.
Dal suo viso era chiaro che non sapeva perché l'avesse fatto, forse per puro istinto.

Garlis non disse nulla, ma aveva assistito a qualcosa che credeva impossibile.
Quella notte aveva visto i Viss soccorrere i Reyn, gli elementali combattere fianco a fianco con gli occultisti. Un soldato dei suoi aveva portato in salvo l'occultista che aveva evocato la scala d'ossa e Ariha aveva contribuito perché tutti loro, dal primo all'ultimo, potessero salvarsi.
Era senza parole ed era certo che, quando lo avrebbe raccontato a Trina, nessuno gli avrebbe creduto.

"Rowan è andato..." sussurrò Anite, quindi Garlis seguì il suo sguardo.
Si accorse che era stato lui a salvare la schiava di Ariha, e ora era con lei ad assicurarsi che stesse bene.
"Non pensarci adesso, sei ferita," le fece notare Vellga, riportando l'attenzione sulla maga.

Aveva una grossa ferita sanguinante sulla caviglia destra, segno che era stata morsa in profondità. Vedendola in quello stato, il Portatore di Luce si rese conto che molti di loro erano in condizioni simili. Chiese all'elementale del fuoco di fare luce e lei procedette ad accendere un falò intorno al quale si radunarono. Garlis richiamò tutti i feriti da una parte, perché si potessero occupare di loro. Reyn e Viss, non c'era più alcuna differenza in quel momento.

Quando ebbero terminato di medicare tutti, mancavano poche ore all'alba.
Il Portatore di Luce si sedette lontano dal falò, la schiena appoggiata a un albero.
Anite, come molti altri tra feriti e non, si era addormentata tanto era stremata, dopo essere stata posta accanto al fuoco e curata.

Anche lui era stanco, ma non al punto da rimettersi a dormire. Ormai sarebbe rimasto sveglio, a fare da guardia fino al sorgere di Sol.

Oris si sedette accanto a lui. Anche se si trovavano lontani dagli altri non erano al buio, perché tutto il corpo di Garlis emanava una flebile ma calda luce rassicurante.
"Vellga ha detto che manca poco alla fonte," disse lo spadaccino, dopo un attimo di silenzio.
"Bene. Non so tu, ma io ne ho abbastanza di questo posto."
"A chi lo dici," concordò, annuendo con fare divertito.

Anche Ariha inaspettatamente li raggiunse e, come se fosse la cosa più normale da fare, si sedette vicino al Portatore di Luce.
Sotto gli occhi di quest'ultimo, rivolse lo sguardo a Oris e chinò il capo per una frazione di secondo.

Lo spadaccino, confuso, batté le palpebre un paio di volte prima di ricambiare il gesto. Dopo averlo fatto si alzò per tornare dagli altri, lasciandoli soli, il tutto sotto lo sguardo perplesso del Viss.

"Credo che il tuo amico sia scemo," commentò lui, dopo un istante.
Garlis fece finta di non aver sentito.
"Se quello era un modo per ringraziare, sappi che non si usa così nel nostro regno. È usanza fare un dono, oppure dichiararsi in debito," gli disse.

"Stupidi sentimentalismi da Reyn," ribatté Ariha, disinteressato.
Calò nuovamente il silenzio tra loro, dopodiché fu Garlis a prendere parola.

"Quelli che ci hanno attaccato non erano lupi normali," sottolineò, come a chiedere il suo parere.
"Già. È colpa di questo posto, l'aria è impregnata dell'energia degli antichi... La senti?"
Il Portatore di Luce annuì. Era vero, era come se la sentisse vibrare tutta intorno a loro.

"Hai perso il controllo per un attimo, là sotto," continuò il Viss, pensieroso.
"È vero, avevo finito le soluzioni alternative. Sei stato tu a ordinare a quell'occultista di creare la scala?"
"Sì. Solo un mago di alto livello sarebbe riuscito a fare una cosa del genere, e io conosco bene le capacità delle persone di cui mi circondo," spiegò.

Garlis annuì.
"Anche io ti avevo sottovalutato," ammise a sguardo basso. "È assurdo pensare che i nostri due popoli si siano odiati da sempre, eppure questa notte abbiano fatto fronte comune... Quando e perché è iniziata questa guerra?"

"Non spetta a noi cambiare gli equilibri su cui si fonda Ellis. Sono stati i nostri antenati a renderci come siamo, gli stessi antenati da cui riceviamo la forza in quanto Portatori," sottolineò, stranamente serio. "O almeno, è questo ciò che insegnano a Viss. Ma non sono venuto da te per parlare di questo, Garlis."
"Allora perché?" gli domandò, dato che non si decideva ad arrivare al punto.

Ariha si tolse il guanto dalla mano destra e gli mostrò il tatuaggio matrimoniale.
"Non riesco a darmi pace," ammise. "Sappi che, se mi hai preso in giro, te la farò pagare cara!"
Il Portatore di Luce spostò lo sguardo altrove e scosse la testa, gli occhi improvvisamente tristi.
"Non mi piace scherzare su certe cose."

"Allora dimmi di più. Da quando sai che io sono lui?"
"Da quando ti ho visto la prima volta sul campo di battaglia e il nostro Saggio me l'ha confermato."
"Non l'hai detto a nessun altro?"

Questa volta Garlis attese un istante prima di rispondere.
"Oris, Vellga e Anite lo sanno. Gli ho mostrato il ritratto e se ne sono accorti," rispose in modo sincero, sperando che non avesse da ridire a riguardo.

"Solo io non l'ho capito subito..." commentò il Viss, lo sguardo rivolto al simbolo sulla sua mano.
"E come biasimarti? È una situazione assurda, lo so."

Si sfilò anche lui il guanto, scoprendo il proprio tatuaggio. Guardarlo lo riportava indietro a moltissimi anni prima, quasi fossero i giorni di una vita passata.

"Come ci siamo conosciuti noi due?" gli chiese Ariha, dopo un tempo che sembrò infinito.
Garlis sorrise, nostalgico.

"È successo all'accademia militare di Trina. Eravamo entrambi reclute e tu mi fissavi insistentemente, da lontano. Siamo diventati amici e un giorno mi hai dichiarato i tuoi sentimenti. Ricordo che una volta siamo rimasti fuori fino a tardi a guardare le stelle..." raccontò, spostando lo guardo sul cielo notturno. "È allora che ho capito di amarti anche io."

Riportò la sua attenzione sul Viss, notando che lo ascoltava con interesse.
"Tu sei così diverso da lui... ma allo stesso tempo sento che siete la stessa persona. Tu eri Ari, prima di diventare un Portatore..."

"Ari?" gli domandò, allungando una mano per asciugargli una lacrima di cui non si era accorto.
Lui lo lasciò fare, perdendosi per un istante nel tocco fresco ma gentile delle sue dita sulla propria guancia.
"Sì... era questo il suo nome," rispose a bassa voce, ritrovandosi l'altro a un soffio dalle proprie labbra.

Lo fermò mettendogli le mani sulle spalle, così da tenerlo a distanza. I suoi occhi scuri si tuffarono in quelli intensi di Ariha, che per un attimo gli sembrarono lucidi come i suoi.
"Non pensi agli altri? Non tutti dormono," gli fece notare.
Erano pur sempre due generali nemici costretti a collaborare e non si sopportavano ancora del tutto.

"Tu ti stai facendo desiderare un po' troppo... E a me, degli altri, non è mai importato proprio per niente," puntualizzò, avvicinandosi nuovamente a lui.
Questa volta Garlis non si oppose al bacio, che fu lungo e dolce, senza lingua. Era come se lo stesse consolando, senza forzarlo affatto.

Mentre assaporava le sue labbra, che allo stesso tempo gli erano nuove e conosciute, il Portatore di Luce si disse che anche ad Ari non importava cosa pensassero gli altri di lui, o di loro.
Fu comunque lui a scostarsi, mettendo fine a quel contatto.

Ariha gli rivolse uno sguardo confuso che parlò per lui, senza che dovesse aprir bocca.
"Sta succedendo tutto così in fretta, io ho bisogno di tempo per pensare... E questa non è certo la situazione adatta."

"Hai bisogno di tempo?" ripeté le sue parole, mentre sul suo viso si dipingeva un sorriso beffardo. "Noi non abbiamo tempo. Non so se te ne sei accorto, ma siamo i generali di due popoli in guerra. Se tutto va bene domani arriveremo a destinazione e poi torneremo indietro. Tu non ti rendi conto che la sabbia del tempo sta scorrendo tra le nostre dita, impossibile da fermare!"

Garlis si ritrasse bruscamente, come scottato.
Era vero, nella situazione in cui si trovavano il tempo per riflettere era un lusso che non avevano.
Cosa si era aspettato? Che quello fosse l'inizio di un rapporto pacifico tra di loro, adesso che in un certo senso si erano trovati?
Se lo domandò e non servì a niente se non a farlo sentire stupido, un illuso che stava per essere ferito e deluso di nuovo.

Ariha non era certo Ari, o almeno non lo era più. Non era un Reyn, non combatteva dalla sua stessa parte e non lo avrebbe nemmeno aspettato a casa. Non avevano una loro casa, a cui tornare insieme.

Erano nemici in un mondo costantemente in guerra e lo sarebbero stati per l'eternità.

E poi, anche se le cose fossero state diverse, aveva avuto modo di conoscerlo e poteva giurare che Ariha fosse un pessimo elemento, non certo qualcuno su cui fare affidamento e con cui costruire qualcosa. Non avrebbero fatto altro che odiarsi, senza mai capirsi fino in fondo.

La consapevolezza lo colpì dritto in faccia, di nuovo, e lui scattò in piedi. Si stava arrabbiando, stava succedendo ancora e il Viss lo aveva capito, perché rimase a fissarlo con un'espressione allibita stampata sul volto.

Garlis strinse i pugni e portò lo sguardo altrove per costringersi in qualche modo a calmarsi.
Era stanco di essere sempre arrabbiato, stanco di dover avere a che fare con lui. Non ne poteva più, ma urlargli contro o attaccarlo non sarebbe servito.

Forse avrebbe persino minato lo strano equilibrio che si era creato tra i compagni e lui non voleva assolutamente che accadesse, non adesso che erano così vicini alla meta.

Si sforzò di inspirare ed espirare in modo profondo e regolare e funzionò, ma sapeva che avrebbe presto ceduto, se fosse rimasto lì.
Per questo evitò di rivolgere lo sguardo ad Ariha, come se lui non fosse nemmeno lì, e tornò dai compagni senza proferir parola.

Avere a che fare con lui lo stava facendo impazzire davvero.

Trovò Vellga e Anite già addormentati vicino al falò, mentre Oris probabilmente stava cercando di prendere sonno. Si sedette lì accanto, ancora intenzionato a non dormire. Gli bastava tenersi alla larga dal Viss, così da riuscire a costringere i pensieri altrove.

Con i suoi amici stava bene, non avrebbe avuto bisogno di altro... come sempre, ormai da quando li conosceva.
 

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Capitolo 10
*** Parte 10 ✴ La Visione ***


Parte 10 ✴ La Visione




Poco più tardi, il sorgere di Sol svegliò quasi tutti. I ritardatari vennero subito chiamati, mentre altri stavano già preparando la colazione per l'intero campo.

Ariha si era sistemato nel punto più lontano rispetto a dove si trovava lui, insieme alle sue schiave, e gli dava le spalle.
Garlis gli rivolse un'occhiata fugace, sollevato dal fatto di non sentirsi più arrabbiato con lui, forse perché non lo stava vedendo in faccia o forse per la stanchezza.

"È successo qualcosa?" gli domandò Anite, notando il suo sguardo.
La maga aveva la gamba destra fasciata ma stava bene, era tornata del solito umore e aveva molta fame. Un buon segno, considerando che era stata appena ferita. Peccato solo che la sua perspicacia non era venuta meno.

"Sono solo stanco, tremendamente stanco di avere a che fare con lui," rispose Garlis, con un tono di voce piatto.
"Ma vi siete avvicinati in questi giorni," sottolineò lei, insistendo sull'argomento.

"Sì, per picchiarlo mi sono dovuto avvicinare," ribatté il Portatore, dopo un attimo di esitazione.
Alzò lo sguardo dalla sua colazione e notò che Anite aveva sollevato un sopracciglio, insospettita dal suo comportamento.

"Gli ho detto la verità," ammise, decidendo che forse era il caso di sentire il parere degli amici a riguardo. "Gli ho detto... che io e lui eravamo sposati, un tempo, anche se non può ricordarlo."

"E come ha reagito?" domandò Oris, sorpreso.

"Non ci ha creduto, ovviamente. Però... poi qualcosa è cambiato. È diverso, in un certo senso... ma resta comunque il solito stronzo Viss, con cui non si può ragionare," raccontò, infierendo sul suo pasto con il cucchiaio per sfogarsi.

"Ti sta prendendo in giro," affermò freddamente Vellga. "È un Viss, non ci si può aspettare altro da loro," sottolineò, davanti agli sguardi perplessi degli amici.

Garlis invece non lo guardò, concentrato sul cibo.
"Se fosse così, allora sarei caduto proprio in basso..."

"Lascia perdere il modo in cui si comporta, tu cosa vuoi?" gli chiese Anite.

"Io? Non ne ho la più pallida idea," ammise. "Non ho ancora avuto il tempo per capirlo, e se mai ci riuscirò sarà troppo tardi. Tardi per... non so nemmeno io che cosa," sospirò, sconsolato.

Era tardi per riavere Ari con sé, non sarebbe mai successo e lo sapeva bene. Quella situazione gli faceva schifo, il fatto che non avessero tempo gli faceva schifo, così come il comportamento conflittuale di Ariha. Infine, si faceva schifo da solo per come si stava comportando in quei giorni di trasferta.

Aveva raggiunto l'apice della rabbia, e forse anche della depressione.
Perché era sempre stato depresso, probabilmente, sin dalla morte di suo marito, ma adesso aveva superato il limite.

"Garlis, so che non ti piacerà quello che ho da dire... ma qualcuno dovrà pur farlo, quindi ascoltami!" gli chiese la maga, richiamando su di sé la sua attenzione. "Le persone cambiano, per quanto sia molto difficile in certi casi e per quanto ci voglia molto tempo. Voi siete entrambi immortali, avete tutto il tempo di Ellis. Non importa se siete diversi, se siete nemici... Vi siete ritrovati, la vita vi ha dato una seconda possibilità."

"Proprio tu me lo dici Anite, non ti facevo così sentimentale," ribatté, infastidito.
La ragazza si ritrasse tornando seduta con la schiena dritta, sorpresa dal suo tono di voce severo.
"Io non lo sono e lo sai, ma lo vedo che soffri. Hai la soluzione davanti al naso e non l'accetti."

"Non lo accetta perché è uno sporco Viss, uguale a tutti gli altri," commentò Vellga, come se niente fosse.
Ascoltandolo Garlis si rese conto che, come non era d'accordo con Anite, non era nemmeno d'accordo con lui. Su cosa pensasse davvero, però, era ancora molto confuso.

"Oris, tu non dici niente?" gli chiese la maga.
Sentendosi chiamare in causa, lo spadaccino smise di mangiare improvvisamente, deglutì e rivolse a tutti e tre uno sguardo smarrito.
"È bello che si siano ritrovati, ma se Garlis non lo sopporta non c'è niente da fare," rispose.

"Ecco, sarebbe autolesionismo," aggiunse Vellga, posando la sua ciotola ormai vuota.
"In che senso autolesionismo? Cos'è?" domandò Oris.

"È come quando ti amputi una gamba per non andare in guerra, non sapendo che una magia elementale molto potente potrebbe farti crescere una protesi su misura. Quindi ti ritrovi senza una gamba, ma comunque in guerra," spiegò l'esploratore.
"Ah, quindi significa fare una scelta stupida. Potevi dirlo così sin dall'inizio," sottolineò lo spadaccino, riprendendo a mangiare.

Malgrado il discorso si fosse spostato altrove, Anite stava ancora fissando Garlis con insistenza perché parlasse.
"Ragazzi, ho capito i vostri punti di vista e vi ringrazio, ci penserò su. Per ora sono confuso e non voglio sentir parlare di Ariha per un po'," puntualizzò, posando la propria ciotola insieme a quella di Vellga.

In una situazione normale avrebbe fatto due passi per schiarirsi le idee, ma stavano per partire e lui non intendeva rimandare quel momento.
Furono i Viss a fare strada questa volta, con il Portatore di Oscurità in testa al gruppo. In realtà adesso non viaggiavano più come due schieramenti separati, il confine tra loro si era fatto sottile.

Rowan, il soldato amico di Anite, camminava al fianco dell'occultista che aveva salvato, pochi passi davanti a Garlis, e loro due non erano gli unici.
Il Portatore di Luce sospirò, perso nei propri pensieri ma con lo sguardo puntato sulla strana coppia.

Perché lui e Ariha non potevano essere così? Era lui il problema? Se lo domandò, ma la risposta non era chiara nella sua mente.
Delle volte avrebbe voluto uccidere il Viss... Razionalmente, avrebbe preferito che non fosse mai esistito?

Avrebbe preferito sapere che Ari era morto e sepolto, per sempre?
Come aveva detto Anite, si erano ritrovati, la vita aveva dato loro una seconda possibilità, anche se tutto era cambiato.

La vita... No, era stato il Saggio dei Viss, scegliendo proprio Ari come portatore e facendolo rinascere. Strinse i pugni avvertendo la rabbia che si accumulava dentro di lui.
Perché proprio Ari? Non saperlo lo stava divorando.

Vellga, che camminava al suo fianco, srotolò la mappa attirando su di sé la sua attenzione.
"Dove siamo adesso?" domandò all'amico, per distrarsi.
"All'incirca qui. Ormai siamo arrivati, se non ci imbattiamo in altri problemi saremo alla fonte molto prima del tramonto."

"La chiamate fonte, ma cos'è davvero?" chiese Oris, inserendosi nel discorso.
Stava sorreggendo Anite che da sola non riusciva a camminare.
"Si dice che sia un albero le cui radici arrivano al centro di Ellis, attingendo direttamente alla sua energia," gli spiegò Garlis. "Il terreno circostante è bagnato da acque purissime, in grado di guarire ogni ferita. Questo almeno secondo le leggende," precisò.

"Speriamo ci sia del vero, mi piacerebbe proprio assaggiare quell'acqua," commentò la maga.

 

Marciarono ancora per poche, sofferte, ore prima digiungere a destinazione.
La fonte era davvero un enorme albero che emergeva da una pozza d'acqua incontaminata.
I feriti la assaggiarono e lo stesso fecero gli assetati. Anche Garlis ne preseun sorso, sentendosi subito rigenerato.


Dopo averlo fatto avanzò verso l'albero, vicino al quale trovò Oris.
"Oltre non posso andare, c'è come una forza che mi respinge," disse lospadaccino, confuso.
L'amico annuì e provò ad avanzare, non avvertendo niente. Forse solo aiPortatori era concesso avvicinarsi abbastanza.

A quella distanza notò che sul tronco dell'albero erano incise le sagome di duemani. Stava per esaminarle quando Ariha comparve al suo fianco, distraendolomomentaneamente.
"Dobbiamo appoggiarci la mano entrambi, scommetto," disse, come se nientefosse.
"Già," rispose Garlis, mettendo da parte il risentimento. "Così finalmentesapremo qual è la causa delle calamità."

Senza indugio, si chinarono dinanzi alla pianta e inserirono una mano nelle duecavità apposite.
Per un attimo Garlis non sentì niente, poi un formicolio delicato invase il suopalmo, salendo fino al braccio. Un vento leggero gli sferzò sul viso e luichiuse gli occhi, lasciandosi trasportare.

La sua coscienza si perse nelle immagini che la fonte gli pose davanti agliocchi, chiare come se stessero accadendo in quel momento e lui ne fosse unospettatore esterno.

Vide se stesso sul campo di battaglia e riconobbe il giorno in cui notò Ariha.Sconvolto, il Garlis del passato chiese udienza al Saggio del Santuario checonfermò tutto, lasciandolo spaesato ma anche arrabbiato. Provò di nuovo quellesensazioni, man mano che vi assisteva.

Poi vide altri momenti in cui aveva avuto a che fare con Ariha, sebbene dalontano. Sentì chiaramente l'ira percorrerlo sul campo di battaglia, solo acausa della sua presenza.
Ed ecco la volta in cui aveva conosciuto ufficialmente il Viss, pochi giorniprima. Il suo fastidio che subito diventava rabbia, ma ancora possibile dareprimere a differenza delle volte successive.

Vide il loro primo bacio indesiderato e lo sguardo che lui aveva rivolto dopoad Ariha. La sua minaccia tagliente, mentre una luce malata gli attraversavagli occhi. Ed ecco la collera provata le volte successive, improvvisa eimplacabile.
Investito da quelle sensazioni, aprì gli occhi percependo che ormai aveva vistotutto.

La mano ancora sulla corteccia, la bocca schiusa per la sorpresa e perl'intensità della visione.
Non aveva visto niente di utile!
La sua mano si strinse a pugno e lui la batté sul tronco dell'albero,esasperato.
Tutta quella strada... per cosa?
Se lo domandò, ma non era abbastanza lucido da poter ragionare.

"Tu cosa hai visto?!" urlò ad Ariha, voltandosi bruscamente verso di lui.
Ciò che vide lo fece annaspare e tornare in sé.

Il Viss teneva i denti stretti come se stesse provando un forte dolore, avevagli occhi sgranati e ancora persi chissà dove, mentre un fiume di lacrime glibagnava il viso.
Emise un rantolo che fece sobbalzare Garlis, dopodiché si voltò verso di lui eparve ancora più sconvolto di prima. Si affrettò ad asciugarsi le lacrime conle mani, ma queste non smettevano di sgorgare dai suoi occhi.

"Cosa hai visto, Ariha?" insistette, impaziente di sapere cosa avesse scatenatoquella reazione.
Lui scosse ripetutamente la testa. Deglutì a fatica emettendo un altro rantoloe si chinò di più, portando entrambe le mani sul suolo sottostante.

Non intendeva dirglielo e la cosa fece imbestialire Garlis.
Scattò in piedi e si allontanò dall'albero. Era infuriato, ma non abbastanza dacapire che non avrebbe avuto senso infierire su Ariha, adesso che si trovava inquello stato.

L'energia di Ellis gli aveva fatto vedere qualcosa, qualcosa che riguardavasoltanto lui, ed era su questo che doveva riflettere. Sì, perché non ci aveva capito nulla.
"Ce ne andiamo!" annunciò, incamminandosi per primo senza voltarsi indietro.

I Viss non si mossero, in attesa di un ordine da parte del loro generale,mentre tutti i Reyn corsero dietro a Garlis, non sapendo cos'altro fare inquella situazione.

Gli amici lo raggiunsero per primi, intenzionati a chiedergli cosa fosse successo. Cambiarono idea quando videro la sua espressione minacciosa, rivoltadritto avanti a sé.
Capirono che non era il caso di disturbarlo.

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Capitolo 11
*** Parte 11 ✴ Rivelazioni ***


Parte 11 ✴ Rivelazioni




Ci volle più tempo del previsto per uscire dalla foresta e tornare a Trina, ma si mossero velocemente e per fortuna non incontrarono grossi ostacoli.

In quanto ai Viss, si erano separati da loro nei pressi della fonte e non li avevano più rivisti.

Durante la loro assenza le scosse di terremoto si erano spinte fino alla città, mettendo a rischio la vita degli abitanti. Per il momento però non c'erano stati gravi danni né vittime.

Garlis, che aveva passato l'intero viaggio di ritorno a riflettere e ad arrabbiarsi da solo, ignorò il capo della gilda e quello dell'esercito che attendevano il suo ritorno. Piuttosto si precipitò al Santuario, intenzionato a conferire con il Saggio.

Aveva pensato che quel viaggio fosse stato inutile e non volesse più rivedere Ariha. Con il passare dei giorni, riflettendo, capì una cosa fondamentale: se l'energia di Ellis gli aveva dato una visione di sé stesso, significava che aveva contribuito in qualche modo alla devastazione che li stava colpendo.
In ogni caso, il Saggio avrebbe interpretato la visione, capito se la sua intuizione era stata corretta o meno.

"L'energia di Ellis sta vacillando e tu sei parte della causa," gli confermò il vecchio, dopo averlo ascoltato.
Non sembrava stupito, ma era difficile immaginare cosa stesse provando, con il viso nascosto sotto tutte quelle rughe.
"Un Portatore di Luce non dovrebbe cedere all'oscurità," aggiunse, spiazzando del tutto Garlis.

"Io... non ho affatto ceduto all'oscurità!" ribatté, profondamente infastidito.
"Invece sì, ragazzo. Non avevi mai provato questa rabbia prima dell'arrivo di Ariha, mi sbaglio?"
"No..." ammise, abbassando lo sguardo. "Ma non significa niente, non posso aver causato la devastazione per così poco!"

"Inutile ribattere davanti alla realtà dei fatti," sottolineò il Saggio. "I Portatori di Luce, sin dall'inizio dei tempi, hanno protetto i Reyn combattendo con onore, lealtà, mantenendo viva la speranza. Non lo hanno fatto in preda all'ira e a rancori personali."

Ascoltandolo, Garlis strinse i denti. Non era colpa sua, ne era convinto!
O meglio, dentro di sé incolpava la causa scatenante della sua rabbia, non certo se stesso!
Poi arrivò la consapevolezza.

"Tu lo sapevi. Sapevi tutto sin dall'inizio, per questo hai mandato me e non un altro Portatore," disse, sconvolto.

"È esatto. Dovevi vedere la verità con i tuoi occhi e, allo stesso tempo, confrontarti con la causa di questi stati d'animo oscuri."
Garlis scosse la testa, deluso ed esasperato. Era stato la pedina nelle mani di quel vecchio e non ne aveva avuto il minimo sospetto.

"Voglio parlare con il Saggio dei Viss, devo sentire anche le sue motivazioni. Convocalo, so che puoi farlo."
"Io non farò una cosa del genere. Adesso è imperativo che tu faccia un'analisi su te stesso, prima che ci porti tutti alla distruzione."

"Lo so e lo farò, ma devo sapere! Non mi piace arrabbiarmi, ovviamente, lo faccio perché..."
Si zittì, pensieroso. Non era Ariha a farlo arrabbiare, non direttamente. Era il fatto che fosse un Portatore dell'Oscurità, che non sapesse della loro vita insieme, ma soprattutto il non sapere perché era capitato proprio a lui.

"Devo parlare con il loro Saggio, è importante. Quando saprò perché ha scelto proprio lui, capirò davvero cos'è successo e potrò andare avanti. Non ci riuscirò prima, non è possibile," insistette, ora più calmo.

Il vecchio lo scrutò a lungo senza dire una parola, come se stesse guardando nella sua anima, sondando le sue intenzioni.
"E sia," rispose poi, facendo tirare un impercettibile sospiro di sollievo a Garlis. "Adesso lasciami solo, provvederò ad avvisarti quando riceverò una risposta. Nel frattempo rifletti sulle tue azioni."
Il Portatore di Luce annuì e si avviò verso la porta del Santuario.

Si sentiva più leggero ora che tutto stava per finire, ma era anche appesantito dalla consapevolezza di essere la causa dei loro problemi. Era decisamente un boccone amaro da mandare giù.

Inaspettatamente trovò i suoi amici ad attenderlo, fuori dall'edificio.
Fermo sul posto per la sorpresa, si decise a farsi coraggio e andare da loro.
"Ragazzi... Scusate per come mi sono comportato finora, non ero in me," ammise, a sguardo basso.

"Non importa, sappiamo che è stata dura," rispose Vellga.
"Sembri più tranquillo adesso, il Saggio è stato d'aiuto?" domandò Oris.
"Sì, in un certo senso. Tu dovresti essere dalla tua fidanzata, lo sai vero?" gli fece notare.
"Non cambia niente se aspetta qualche altro minuto, prima volevo sapere come stessi," gli disse lo spadaccino.

"Tutti noi lo volevamo," aggiunse Anite. "Bentornato, Garlis."
Il Portatore sorrise, felice che i suoi amici fossero ancora lì per lui, malgrado il suo comportamento degli ultimi giorni.
"Non è ancora finita, in realtà. Ho chiesto di vedere il Saggio dei Viss... e vi voglio al mio fianco quando accadrà. Adesso è meglio se andiamo a riposare," suggerì.

Si avviarono all'osteria più vicina, mentre Oris li salutava per raggiungere la fidanzata.
L'alcol avrebbe aiutato Garlis a schiarirsi le idee? Forse, o forse no, ma al momento lui sentiva di averne bisogno.

 

L'indomani, un messaggero del Santuario lo avvisò che il Saggio dei Viss lo avrebbe incontrato quel pomeriggio, nelle terre neutrali.
Il punto di incontro doveva essere stata una scelta ovvia: sapeva di rischiare troppo entrando a Reyn, come loro avrebbero rischiato varcando i confini del regno nemico, per quanto Garlis fosse immortale.

Partì con i suoi amici senza avvisare nessuno, non voleva altri con sé in quel momento.

"Chissà com'è finita poi, tra Rowan e quell'occultista," pensò ad alta voce Oris, mentre erano in viaggio.
"Oh, e come vuoi che sia finita?" domandò Anite, dandogli una gomitata amichevole al fianco. "Ieri sera l'ho visto al bancone dell'osteria, era triste, abbattuto, e quindi... me lo sono fatto."

"Anite, sei incorreggibile!" esclamò lo spadaccino, sebbene non fosse affatto sorpreso dalla rivelazione.
"Che vuoi farci, se vedo un uomo col cuore spezzato lo devo consolare. Sono una donna magnanima," scherzò la maga, come a volersi giustificare.

Adesso era in grado di camminare senza problemi ed era merito della fonte. La sua ferita era guarita praticamente subito, nelle prime ore dopo aver bevuto l'acqua miracolosa, fino a sparire senza lasciare alcuna cicatrice.
La fonte era stata ciò di cui avevano bisogno, nel momento di maggior bisogno.

Notando che Garlis era silenzioso, l'amica fece segno agli altri due di precederli e rallentò il passo, portandosi al suo fianco.
"Come ti senti?" chiese.
"Sono preoccupato," ammise lui, con un sospiro. "Ma sto bene, ho avuto abbastanza tempo per chiarirmi le idee."

"Quindi cosa chiederai al Saggio?"
"Di dirmi tutto su Ariha, iniziando dal perché ha scelto proprio lui. Sento che quando lo saprò potrò metterci una pietra sopra," rispose, sicuro di sé.
Anite annuì.

In realtà non era solo questo a preoccupare Garlis.
E se si fosse rivelata una trappola? Se lo era domandato, ma non osava dare voce a quel pensiero.
Era vero che lui non correva rischi e non aveva specificato che avrebbe portato qualcun altro con sé, eppure qualcosa non gli tornava.

Perché il Saggio dei Viss aveva accettato di vederlo subito? Avrebbe potuto ignorarlo... ma non l'aveva fatto.
Certo, lui non era stato testimone della comunicazione tra i due saggi, perciò non poteva immaginare cosa lo avesse spinto ad assecondare la richiesta.

In ogni caso, qualcosa lo sapeva: il loro patto di non belligeranza si era esaurito al termine della missione, perciò sarebbe potuto succedere di tutto quel giorno.

"E riguardo ad Ariha? Al modo in cui l'hai trattato l'ultima volta?" chiese la maga, chiaramente in pensiero per il suo amico.

"A questo proposito... Mi rendo conto che ho agito di impulso, per tutto il corso del viaggio. Mi pento di come l'ho lasciato l'ultima volta, ma non so quando potrò rivederlo, né cosa vorrò dirgli quando accadrà. So che non è Ari... non più, ormai. Sono solo molto confuso su come mi sento e cosa voglio," ammise.
"Spero che il Saggio possa fare chiarezza," rispose l'amica, accennando un sorriso.

"Siamo arrivati!" annunciò Vellga, poco più avanti rispetto a loro.
Dopo aver raggiunto lui e Oris, videro che in lontananza si vedeva una tenda, unico puntino colorato nella landa desolata che erano le terre neutrali.
Aumentarono il passo.

Fuori da essa c'erano due guardie Viss che si misero sull'attenti non appena li videro. Uno dei soldati entrò all'interno, probabilmente per avvisare del loro arrivo. L'altro si fece da parte, scostando un lembo di tessuto per far passare Garlis.
Malgrado il gesto educato, lo stava guardando con disgusto.

Il Portatore si voltò verso gli amici, combattuto.
Il discorso avrebbe toccato argomenti delicati, che forse lui non avrebbe voluto condividere. Inoltre c'era davvero il rischio che fosse una trappola.
"Aspettatemi fuori," chiese, al che loro annuirono.

Entrò passando davanti alla guardia, ritrovandosi in un ambiente arredato in modo semplice, nei colori spenti dello stemma Viss. Si guardò intorno meglio e schiuse le labbra per la sorpresa quando si accorse che c'era anche Ariha, seduto a gambe incrociate su una sedia in fondo a sinistra.

Notando Garlis, lui scattò in piedi e fece per raggiungerlo.
Sul viso aveva un'espressione dura che il Reyn non riuscì a decifrare.

Da un altro ambiente della tenda delimitato da un telo emersero due figure, attirando l'attenzione di entrambi.
La prima non era altri che il soldato che aveva preceduto Garlis. La seconda, che impugnava un grande scettro, doveva essere il Saggio dei Viss.

Era un essere basso, ricurvo in avanti e ricoperto di rughe. Somigliava molto al loro Saggio, se non fosse stato per la pelle di un colore grigiastro e decisamente poco umano.

"Finalmente ci incontriamo, Portatore di Luce," disse con fare solenne, in un tono di voce graffiante e consumato dall'età. "Prego, sedetevi entrambi."
Con un gesto della mano indicò una scrivania poco distante davanti alla quale si trovavano due sedie. Ariha era seduto su una di esse, quando il Reyn era arrivato.

Senza proferir parola fecero come indicato, dimenticando i convenevoli, mentre il Saggio si accomodava dall'altra parte del tavolo e la guardia Viss usciva dalla tenda.

"Perché siamo qui entrambi?" domandò il Portatore di Luce, spostando lo sguardo dal vecchio ad Ariha e viceversa.
"Quando ho saputo del vostro incontro ho preteso di essere presente," rispose quest'ultimo. "Cò di cui parlerete mi riguarda, credo di avere anche io il diritto di sapere."

"Ed è qui che ti sbagli," si intromise il Saggio. "Non avresti dovuto sapere sin dall'inizio, ma il destino ha voluto così. Quando ti ho scelto per la missione alla fonte, sapevo che avresti sporcato ancora di più l'energia del Portatore di Luce, ma non credevo che saresti tornato intaccato a tua volta."

"Intaccato... In che senso?" domandò Garlis, lo sguardo incredulo fisso su di lui.
"È una sciocchezza," rispose il Viss, scuotendo la testa.
"No, invece," insistette il vecchio, senza aggiungere altro.

Il Reyn aggrottò le sopracciglia, confuso.
"Basta giri di parole, io sono qui per sapere la verità. E chiamami Garlis, lasciamo perdere le inutili formalità."

"Mi piace come ragioni, ragazzo," riprese parola il Saggio. "Vuoi la verità? La avrai. Ho scelto Ariha come Portatore perché aveva un potenziale oscuro interessante, che avrei potuto ampliare con il tempo. Avrei potuto decidere diversamente, invece ho voluto rischiare e questo ci ha portati ad essere qui, adesso."

"Quindi è stato... che cosa, un caso?" insistette, insoddisfatto.

"No, direi più un'opportunità. Potevo creare qualcosa di nuovo, prendere un Reyn morto e trasformarlo in qualcos'altro... E per quanto fosse rischioso, era anche affascinante, perciò l'ho fatto senza pensarci due volte."

Garlis strinse i denti, infastidito.

"So che siete stati sposati in passato, ma la persona che amavi ormai non c'è più. Ho riportato io la vita nel suo corpo morto. L'ho fatto regredire a uno stato prenatale e ho rimesso l'anima all'interno, svuotandola dai suoi ricordi. Li ho cancellati irrimediabilmente," sottolineò, senza esternare alcuna emozione. "La persona a cui tenevi non esiste più, anche se Ariha gli somiglia."

Il Portatore di Luce chinò il capo. Sentiva il cuore stretto in una morsa.
Lui non aveva modo di ricordare, tutto ciò che aveva vissuto era stato spazzato via.

La sua anima non poteva tornare a Ellis, al riposo eterno che meritava, né poteva rammentare la sua vita. Era come se non fosse mai esistito e ciò non era giusto. Non lo era per Ari, che era stato del tutto annullato, né per se stesso, che sapeva e voleva giustizia... ma non l'avrebbe mai ottenuta.

"Sei stato tu... a ucciderlo?" chiese, trattenendo a stendo le lacrime.

"No, me lo hanno portato già morto. C'era la possibilità che, una volta tornato in vita e diventato adulto, volesse sapere di più sulla sua esistenza, e che prima o poi scoprisse chi era davvero... ma ho deciso di correre il rischio, perché c'era in gioco qualcosa di più importante," rispose il vecchio, alzandosi in piedi e stringendo di più lo scettro con la mano.

"Che cosa?"

"Tu."

Garlis assottigliò lo sguardo, confuso, gli occhi ancora lucidi per il dolore.

"Nessuno aveva mai provato a convertire all'Oscurità un Portatore di Luce. Io ci sono andato vicino. È per questo che ho organizzato la missione, per farvi incontrare e portare avanti l'opera."

"Tu lo sapevi?" chiese ad Ariha, sentendosi tradito.

"No, me l'ha detto poco fa," rispose il Viss, senza guardarlo in faccia.

"Niente ha più importanza adesso. Vieni con me, ti insegnerò a incanalare la tua rabbia per completare ciò che è già iniziato. Ellis non sarà più a rischio una volta che il processo sarà completo, e tu diventerai capace di grandi cose!"

"No, non esiste," ribatté Garlis, spiazzato. "Sono qui per ottenere delle risposte, non per voltare le spalle al mio popolo!"

"Siamo tutti figli di Ellis. Abbracciare l'Oscurità non è un tradimento, ma una libera scelta," insistette.

"Finiscila, vecchio! Per me non è stata affatto una scelta!" intervenne Ariha, scattando in piedi. "A quanto ne so ero un Reyn ed ero felice. Perché si è dovuti arrivare a questo?!"

"No, tu eri morto, ragazzo. Morto, niente di più," rispose duramente il Saggio, dopodiché tornò a rivolgersi a Garlis. "Lo ha ucciso un mercenario, poi mi ha venduto il suo corpo perché ci facessi esperimenti. Non ho chiesto io la sua morte, ho solo accettato ciò che mi era stato offerto."

"Offerto..." ripeté Ariha, a denti stretti.

"Quindi non miravi a lui sin dall'inizio, è solo... capitato. E lo hai reso Portatore per poter arrivare a me?" domandò il Reyn, sempre più spiazzato dalle sue rivelazioni.

"Esatto, ragazzo. Finalmente inizi a capire."

Garlis si alzò in piedi a sua volta, intenzionato a mettere fine a quella conversazione. Aveva avuto le sue risposte e non gli piaceva la direzione in cui stava proseguendo il discorso.

"Eh no, non così in fretta!"
Con un gesto dello scettro, il Saggio trasformò la stoffa della tenda in metallo e fece sparire le uscite.

"Abbiamo ancora tanto di cui parlare, noi due."
Le rughe che gli ricoprivano la zona della bocca si piegarono in un sorriso lugubre.
"Facciamo tre!" esclamò Ariha, brandendo le spade e rivolgendole allo stregone.

"Ti rivolti a me, tu che sei la mia creatura? Ti ho donato la vita!"
"Io non l'avrei voluta! Non questa vita!" gli urlò, scattando in avanti.
Una folata di vento lo fece arretrare e per poco non perse l'equilibrio.

"Ingrato!"

"Ho visto cos'è successo e ho sentito il richiamo di Ellis! L'avrei seguito, ma tu me l'hai impedito!"

Anche Garlis impugnò la spada e si fece avanti per aiutarlo, ma il Saggio lo respinse allo stesso modo.
"Non deve per forza andare così. Puoi unirti all'Oscurità, unirti a noi," continuò, rivolto a lui.

"Non lo farò mai!" urlò il Portatore di Luce. "E visto che noi due siamo immortali, questo scontro può finire solo in un modo!"
Distratto dalle parole di Garlis, il Saggio non si accorse che Ariha gli si era avvicinato. Lo notò appena in tempo per schivare un suo attacco volto a trafiggergli lo stomaco.

Con una folata di vento più forte li respinse indietro entrambi, facendoli sbattere contro le pareti di metallo della tenda.

Il Reyn non fece tempo ad alzarsi che si ritrovò il saggio davanti, lo scettro puntato nella sua direzione. La piccola sfera in cima al bastone si stava riempiendo di una nube oscura e spettrale.
Garlis si ritrovò a fissarla senza farci caso, accorgendosi di avere il corpo immobilizzato da una forza sovrumana.

Ariha sfruttò il fatto che il Saggio fosse concentrato su di lui per avvicinarsi di nuovo e colpire lo scettro con la sua spada. Questo si divise in due sotto la sua forza, scatenando un'esplosione di Oscurità che spinse indietro tutti e tre.

Un istante dopo la tenda ritornò a essere fatta di tessuto.

"Avete avuto ciò che volevate, ora uscite da qui!" sbraitò il vecchio. "Io avrò altre occasioni!"
Incredulo, Garlis rivolse lo sguardo prima a lui e poi ad Ariha, che stava abbassando le armi.

"Ci arrendiamo così?" gli chiese, a bassa voce, mentre si rialzava a fatica.
Avrebbero potuto catturarlo, portarlo a Reyn e tenerlo prigioniero per sempre, oppure processarlo. Un'altra opzione sarebbe stata quella di ucciderlo loro, in quel momento. In ogni caso, erano in vantaggio.

"Dice così perché non può rischiare, senza di lui non ci sarebbero altri Portatori di Oscurità e per il popolo sarebbe un danno troppo grande," precisò il Viss, con un sorriso volto a schernirlo. "Non otterremo più nulla stando qui e io sono stanco di vedere la sua faccia raggrinzita."

Detto questo, prese Garlis per un braccio e lo trascinò fuori con sé.
I suoi amici, vedendoli insieme, si allertarono e si alzarono in piedi.
Ariha li notò e si voltò verso il Portatore di Luce, sorpreso.

"Hai portato gli amici con te? Poteva essere rischioso!" commentò.
"Ho fiducia nelle loro capacità e mi serviva supporto morale," si giustificò lui.
Il Viss scosse la testa ma non commentò. Fece segno loro di seguirli, appena prima di rimettersi in cammino.
"Non è saggio restare qui, meglio muoversi," annunciò.

"Dove mi stai portando?" chiese Garlis, scrollando il braccio perché lo lasciasse.
"Non è molto lontano, non pensarci e vieni."
"Io non mi fido ancora di te, lo sai vero?" insistette.
Alle sue spalle, gli amici assistevano al discorso incuriositi e confusi, senza proferir parola.

Il Viss lo ignorò e continuò a camminare.
"Eccoci, siamo arrivati," annunciò dopo un po'.
"Arrivati dove?" domandò il Reyn, dopo un attimo di esitazione.

Il Portatore di Oscurità non rispose subito. Spostò lo sguardo sugli altri tre, prima.
"Lasciateci parlare da soli," chiese loro, quasi fosse un ordine.
Senza ribattere, Anite, Oris e Vellga mandarono occhiate cariche di preoccupazione al Portatore di Luce, dopodiché si allontanarono abbastanza da non sentire il loro discorso.

"Sono confuso, Ariha," dichiarò Garlis, riportando la sua attenzione su di sé. "Ci hai portati via senza dare spiegazioni e adesso ti permetti di dare ordini ai miei amici?"
"Non era saggio restare, l'ho detto, e c'è un motivo per cui voglio parlarti in privato," ribatté, per poi sospirare.

Si passò una mano attraverso il ciuffo di capelli, infastidito, mentre con lo sguardo vagava nella pianura desolata davanti a sé.
"È proprio qui che è successo. Intendo... la morte di Ari," rivelò, senza guardarlo in faccia.

Il Portatore di Luce sgranò gli occhi, preso alla sprovvista.
"Che cosa?" domandò, incredulo.
"È così. Ho pensato che tu dovessi saperlo, o non sarebbe stato giusto."

"Come fai a esserne certo?"
"Perché l'ho visto, Garlis! Alla fonte... Ellis stesso me lo ha mostrato. È questo che non ti volevo dire prima," ammise, tornando a guardarlo.

Il Reyn ebbe l'impressione che le gambe non riuscissero più a sorreggerlo, mentre la mente gli veniva svuotata all'improvviso. Ariha lo afferrò prima che cadesse, facendolo tornare alla realtà.
"Adesso sono pronto a raccontartelo, se tu lo vorrai," continuò. "Sediamoci, va bene?"
Garlis annuì, sebbene fosse ancora scosso.

Si accomodarono proprio lì, sulla sabbia.

"La fonte mi ha mostrato la mia morte. La morte di Ari, intendo. L'ho vista... come se fossi stato di nuovo lui, con tutti i suoi pensieri e le sue sensazioni del momento," sospirò. "Io mi ero giocato tutto, Garlis, ciò che avevo e anche ciò che non avevo. Era una scommessa disperata, ma speravo ancora di vincere e salvarmi... Non è stato così e il mercenario che era mio avversario si è preso la mia vita come pagamento. È stato rapido, non mi sono nemmeno accorto che mi avesse tagliato la gola, prendendomi di sorpresa..." fece una pausa nella quale tirò un flebile sospiro, tutto il dolore che emergeva dalle sue parole pronunciate in un tono di voce incerto, tremolante. "Ma il richiamo di Ellis, quello sì che l'ho sentito. Era... una sensazione confortante, dolce, che mi avvolgeva. Mi ha trascinato via con sé... E non so cosa sia successo dopo, ma il Saggio mi ha fatto tornare, strappandomi a Ellis. A quel punto la visione si è interrotta," concluse, lo sguardo basso e gli occhi lucidi.

Garlis ci mise un po' per metabolizzarlo. Aveva anche lui gli occhi lucidi e con una mano si copriva la bocca, sconvolto.
Ascoltare le parole asettiche del Saggio era stato un conto, ma sentire la storia raccontata da chi l'aveva vissuta era stata tutta un'altra cosa.
Si sentiva scosso nel profondo.

"Grazie... per avermelo detto," rispose dopo un lungo silenzio, avvertendo un nodo alla gola. "E scusa se me ne sono andato in quel modo, quando eravamo alla fonte... Ero così arrabbiato... di una rabbia cieca. Ma ora che so la verità, credo che sia... meglio."
Disse l'ultima parola con la voce incrinata per poi scoppiare a piangere, non potendo più resistere.

Ari era morto, ma era stato cullato dall'energia di Ellis, dove sarebbe dovuto restare a riposare in eterno... invece non gli era stato permesso.
Non era neppure tornato davvero, perché Ariha non ricordava nulla della sua vita precedente.
Non c'era più e basta, come aveva detto il Saggio dei Viss.

Come intuendo i suoi pensieri, il Portatore di Oscurità gli prese le mani e appoggiò la fronte alla sua.
"Garlis, io credo sia come hai detto tu quella volta... Anche se io non ho memoria di quei tempi, le nostre anime si sono riconosciute. Io non potrò mai ricordare, né tornerò a essere Ari, ma voglio sapere tutto di lui e di quello che c'è stato tra di noi. Voglio conoscere meglio anche te, se me lo concederai..."

Si scambiarono uno sguardo intenso, ricco di sofferenza, paura, incertezza, ma anche di qualcos'altro.
"Tu... vuoi conoscere me?" domandò Garlis, perché tra tutte le sue richieste gli sembrava la meno plausibile.

"Sì. Te l'ho detto, le nostre anime si sono riconosciute. Tu e Ari vi amavate, non può essere finita con la morte. Io... non so cosa sia l'amore e non so cosa provo per te," sottolineò, per mettere le mani avanti, "ma non posso accettare che tutto torni come prima di sapere, come se niente fosse."
"Nemmeno io," rispose subito il Reyn, quasi spaventato ora che era stato messo davanti a quella possibilità.

Ariha annuì, consapevole che avevano appena raggiunto una sorta di accordo, poi spostò altrove lo sguardo.
"Io... ho avuto molte donne nella mia vita, e credo che con loro non abbia mai funzionato del tutto. Non so se sono in grado di essere fedele, o se voglio esserlo davvero... Mi servirà tempo per capire, per conoscermi e per abituarmi a questa nuova situazione."

"Non affrettiamo le cose," gli chiese Garlis. "Piuttosto, cosa farai adesso?"
"Io sono un Viss, questo non cambia. Il Saggio non può bandirmi dal mio paese, ma la guerra adesso per me non ha più alcun senso. Non ho avuto voce in capitolo quando il vecchio ha deciso che sarei diventato un Portatore, ma ciò che sono non implica nessun obbligo nel combattere voi Reyn. Potrò rendermi utile per il mio popolo in altri modi."

Garlis annuì, rendendosi conto che per lui era lo stesso. Il suo incarico non aveva sempre comportato la battaglia tra i due regni, infatti spesso era stato coinvolto in missioni all'interno dei confini.
Ormai quella non era più la sua guerra, perciò non intendeva combatterla.

"Magari potremmo..." continuò il Viss, che adesso era tornato a guardarlo, "sì, potremmo costruire una casa qui, nelle terre neutrali. Un posto sicuro dove incontrarci, conoscerci, senza impedimenti politici o giudizi di altri."

Il Portatore di Luce abbassò lo sguardo.
Non si stavano dichiarando amore né stavano decidendo di avere una relazione romantica ed esclusiva, ma una casa era decisamente un impegno. Lui non era ancora del tutto sicuro di ciò che stavano creando, ma si disse che valeva la pena di provare per vedere dove ciò li avrebbe condotti.
Come Ariha, anche lui non voleva che tutto tornasse come prima.

"Va bene, mi sembra una buona idea," gli concesse. "Lo ammetto, non so se questa cosa funzionerà... o se apprezzerò mai alcuni lati del tuo carattere, ma voglio darci un'opportunità."
Il Viss sorrise e, per una volta, sul suo viso non c'era alcuna traccia di scherno.

Anche se aveva perso tutti i ricordi, lui era stato Ari in un'altra vita e la sua anima era la stessa. Finalmente, ora che sapeva la verità, Garlis era in grado di accettare a pieno la cosa.

Se le loro anime si erano trovate la prima volta, se forse erano davvero destinate e trovarsi, allora poteva accadere di nuovo, anzi secondo lui era probabile che accadesse.

Decise che avrebbe vissuto questa nuova situazione con calma, dandosi il tempo necessario per conoscere Ariha, capire se stesso e cosa volesse davvero.

Ora entrambi conoscevano tutta la storia, perciò non c'era più alcuno spazio per l'odio. Il loro ritrovato equilibrio, probabilmente, non avrebbe più interferito con l'energia di Ellis, provocando calamità nelle terre conosciute.
Garlis ci sperava, ma sapeva che solo il tempo - e il Saggio del Santuario - glielo avrebbero potuto confermare.

"Nemmeno io ti apprezzerò mai del tutto, ne sono sicuro, ma sento... che tu sei l'unico punto fisso della mia vita. Cazzo, che fatica per ammetterlo!" esclamò il Viss, scuotendo la testa con fare imbarazzato.

Il Portatore di Luce sorrise, divertito - ma per qualche motivo anche commosso - dalla sua affermazione.
"Siamo entrambi molto confusi riguardo a ciò che vogliamo, pare, ma avremo tutto il tempo di Ellis per scoprirlo."

 

 

Note di quella che scrive

Farsi odiare per la lunga attesa tra un capitolo e l'altro: ✓ fatto.
Mi scuso, ma adesso sono qui e mancano due capitoli alla fine, quindi spero che riuscirò a farmi perdonare almeno un pochino!
Tornerò presto con i capitoli successivi, anche se non vi posso dare una data precisa. Nel frattempo, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate della storia finora.

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Capitolo 12
*** Parte 12 ✴ Epilogo ***


Parte 12 ✴ Epilogo





Alcuni mesi dopo...


L'osteria di Trina era molto affollata, sebbene fosse tarda notte.
C'era chi festeggiava un avvenimento gioioso, chi si disperava e chi, in silenzio, beveva per dimenticare.

Anite, Oris e Vellga lo facevano semplicemente perché erano tornati a casa dopo una missione, il che era motivo per fare diversi brindisi, come al solito.

Garlis, seduto al tavolo con loro, da qualche minuto si era perso a fissare il contenuto del proprio bicchiere, non più convinto di volerlo bere tutto.

Gli alcolici dell'osteria erano di ottima qualità, non era quello il problema, ma aveva la testa altrove.

Un po' brilla ma non ancora ubriaca, Anite gli diede una gomitata amichevole, facendolo tornare alla realtà.
Il ragazzo, notandola che gli sorrideva con fare divertito, ricambiò il sorriso senza però dire nulla.
"Sai, quando ci hai detto di te e Ariha non volevamo crederci," disse, dopo aver buttato giù un altro sorso.

"Non cominciamo con questa storia, ti prego," le chiese lui, temendo dove volesse arrivare.
"Finalmente mi decido a dirlo e tu mi vuoi zittire così? No signore!" ribatté lei, sollevando in alto il calice.
Bevve un altro sorso e, avendo ormai finito la sua bevanda, posò con enfasi il bicchiere sul tavolo.

"È stato strano all'inizio, amico," commentò Oris, che aveva ascoltato il loro discorso.
La maga lo indicò con un gesto della mano, come per sottolineare che avesse centrato il bersaglio.
Malgrado la brillantezza con cui era intervenuto, lo spadaccino era quello messo peggio del gruppo in quel momento.

"Ma quanto hai bevuto? Stanotte la tua fidanzata dovrà raccoglierti con una ciotola," gli fece notare Garlis, per sviare l'attenzione da sé.
In risposta, il compagno gli fece segno di lasciar perdere e bevve un altro po' dal suo bicchiere ancora colmo, riempito da poco.

"Quello che volevo dire, mio caro Garlis, è che adesso sei più sereno. Chi l'avrebbe mai pensato!" continuò la maga, alzando improvvisamente la voce per pronunciare l'ultima frase.
"Già," concordò il Portatore di Luce, abbassando lo sguardo sul suo boccale e inclinandolo per osservare il liquido che si spostava all'interno.

"Sereno però non significa felice," si intromise questa volta Vellga.
L'esploratore non li aveva guardati mentre aveva parlato. O meglio, la bandana verde che gli scendeva sugli occhi non permetteva di capire se lo avesse fatto, ma pareva fosse concentrato su altro. Sull'osteria stessa e sui suoi ospiti, dai più tranquilli ai più rumorosi.

"Vellga ha ragione," riprese la maga, in un tono di voce calmo e comprensivo. "Inoltre hai ricominciato a non dirci più niente. Puoi fare come vuoi, ma noi notiamo che qualcosa non va e ci preoccupiamo."
Garlis sospirò. Non pensava che gli amici se ne fossero accorti, ma andava bene così perché si era appena creata l'occasione per parlare della situazione.

"Io all'inizio ero fiducioso. Non avevo delle aspettative troppo alte e devo dire che lui è meglio del previsto, quando lo si conosce bene, però..."
"Però è Ariha."
"Sì, Anite, hai proprio ragione. Su certe cose non cambierà mai e nemmeno io lo farò. È così e basta."

"Sai Garlis, mia madre diceva sempre: la vita è troppo breve per accontentarsi di una persona sola," raccontò la maga.
Vellga sgranò gli occhi, tanto che la bandana non bastò a nascondere la sua reazione.
"È da lei che hai preso quindi?" domandò d'istinto, senza pensare.

Anite lo fulminò con lo sguardo.
"No. O forse sì, ma che importa? Il punto è che si potrebbe applicare anche a te, Garlis, sebbene la situazione sia diversa. Tu e Ariha siete immortali, io al posto vostro non ce la farei a sopportare il pensiero di stare insieme per sempre, in una relazione esclusiva. L'eternità è troppo lunga!"

"Penso che tu abbia ragione," confessò Garlis, senza esitazione. "Devo ammettere che ci pensavo da un po'... Se Ari, il mio Ari, fosse stato immortale, avrei condiviso volentieri tutto il tempo di Ellis con lui, ma è di Ariha che stiamo parlando. Lui non è più Ari ormai e io lo accetto. Inoltre la nostra relazione è esclusiva solo da parte mia, lui ha sempre fatto ciò che ha voluto, senza farne mistero... E non è un problema, anzi definire la nostra storia come una relazione mi sembra inappropriato," continuò, per poi sospirare.

"Inappropriato? Condividete una casa!" esclamò Oris, che miracolosamente era ancora in grado di seguire il discorso e intervenire in modo logico.

"Sì, ma non è come vivere insieme davvero. Quella casa è un punto di incontro libero da leggi e pregiudizi dove possiamo fare ciò che ci pare, con chi ci pare," precisò il Portatore, dopodiché tornò a guardare Anite che si era mantenuta silenziosa mentre lo ascoltava.

Parlarne gli stava facendo bene e non lo avrebbe ammesso, ma tutti loro si erano accorti che aveva scoperchiato il barile e non si sarebbe risparmiato, almeno per quella sera.

"Prima di conoscere davvero Ariha, io non volevo avere una relazione con nessuno. Ero intrappolato nel mio dolore e non riuscivo a cambiare... anzi, non volevo, non mi interessava. Il dolore non mi abbandonerà mai, ma adesso è diventato qualcosa di diverso. Stare con lui, in un certo senso, mi ha reso libero. Mi ha fatto capire che non devo privarmi della felicità solo perché sono immortale."

"Però Ariha non ti rende felice," sottolineò Anite.
Anche lei non voleva risparmiarsi, dato che quella era una delle rare occasioni in cui il suo amico parlava di sé.

"Già. Credo di essere pronto a cercare qualcun altro... Non ne sento una vera necessità, ma ora sono aperto alla possibilità," ammise, e il fatto di averlo detto ad alta voce per la prima volta lo fece sorridere.

Era come se avesse reso più autentica la sua intenzione, togliendo un altro lucchetto dalla sua anima che per lungo tempo non era stata libera, almeno per come si era sentito fino a quel momento.

"Ariha come la prenderà?" domandò Vellga, in un tono serio che non tradiva la sua curiosità.
"Come io ho preso le sue scappatelle di questi mesi, immagino. Con filosofia. Non ho nessun obbligo verso di lui e non dico che smetterò di vederlo, ma voglio altro. Come ha detto Anite, l'eternità è troppo lunga per trascorrerla con una persona soltanto, soprattutto se quella persona è Ariha."

La maga scoppiò a ridere all'improvviso, facendo sobbalzare loro e anche qualcun altro dei presenti, seduti ai tavoli vicini.
Quando si calmò poté asciugarsi le lacrime e rivolgere a loro gli occhi lucidi.
"Non ho detto proprio così, ma in questo modo rende di più l'idea," disse. "Garlis, non accontentarti!"

"Non lo farò. Mi aprirò alla possibilità di conoscere altre persone... e a un certo punto soffrirò, ma la mia vita è fatta di questo," si zittì e abbassò lo sguardo, ma durò solo un istante. "Ariha una volta mi ha detto che sono il punto fisso nella sua vita... Immagino che per me sia lo stesso. Questo però non significa che siamo l'unico punto, nella vita l'uno dell'altro. C'è voluto del tempo, ma finalmente l'ho capito."

Alzò lo sguardo sugli amici e notò che tutti e tre sorridevano. Persino Vellga, il che rendeva quella serata una vera rarità.
"Brindiamo a questo!" annunciò Anite, la voce carica di orgoglio.

"No, io penso che sia il caso di smetterla, abbiamo bevuto tutti abbastanza per oggi," provò a fermarli.
Fu tutto inutile, i tre sollevarono i boccali, li fecero cozzare tra loro e li portarono alla bocca prima che Garlis potesse intercettarli per impedirlo.
Si misero a ridere tutti e quattro, spensierati.

"Forza, adesso torniamo a casa, vi accompagno," insistesse Garlis, e questa volta riuscì a convincerli.
Tra un lamento e l'altro, gli amici si alzarono e lo seguirono all'esterno del locale.

"Sapete, ho parlato con Rowan l'altro giorno," disse Oris, strascicando le parole.
"Chi?" chiese la maga, con fare confuso.
"Non fare la finta tonta! Quello che ti ha dato buca per l'occultista! Ecco, lui ha lasciato l'esercito, è un avventuriero adesso, e si frequentano ancora, fuori dai confini."

"Ma pensa, che storia d'amore avvincente..." commentò Anite senza fingere interesse.
"Ti piaceva davvero?" le chiese Vellga, poco convinto.
"No, da lui ho già avuto quello che volevo," sbuffò.

"E perché non ci hai mai provato con Vellga?" continuò Oris, guadagnandosi un'occhiataccia dal diretto interessato.
L'esploratore non glielo aveva mai chiesto apertamente né intendeva farlo, ma non faceva mistero del fatto che ci avesse fatto caso e ne fosse indispettito.

"Oris, non è carino parlarne con lui presente!" ribatté Anite dandogli uno schiaffetto sulla spalla sinistra, la più vicina a lei.
"Nemmeno farlo alle sue spalle lo sarebbe," precisò il Portatore, divertito dal loro discorso.

"Non l'ho mai fatto perché non è il mio tipo," disse la maga, come se niente fosse. "Un po' come Garlis. Senza offesa eh."
"E a me non lo dici?" domandò Vellga, ma venne ignorato dalla ragazza che si limitò a rivolgergli un sorriso furbo.

Una volta arrivati a casa, Garlis li salutò perché aveva appuntamento con Ariha.
Sotto il cielo terso e carico di stelle, il Portatore si incamminò verso i confini, li varcò e raggiunse la dimora che condivideva con il Viss, nelle terre neutrali.
Aprì la porta e lo trovò ad aspettarlo in salotto, con la luce di un'unica candela a illuminare la stanza.

"Ciao," gli disse, per spezzare il silenzio.
"Ehi," rispose Ariha, serio in viso. "Eri a bere con quei tre?"
"Colpevole. Anche tu sei tornato oggi da una missione, non hai festeggiato?" domandò, entrando in casa e mettendosi a sedere poco distante da lui.

"No, non ero in buona compagnia. Sai come sono i Viss, pochi si salvano... Ma non siamo ai livelli di voi Reyn, di voi non se ne salva nessuno," continuò, beffardo.
"Grazie, gentilissimo come sempre."
"Non devi offenderti," sottolineò Ariha, ridacchiando. "Vieni qui..."

Portò le mani dietro la sua schiena e lo coinvolse in un bacio profondo che Garlis ricambiò, ma con meno enfasi del solito.
"Che c'è, sei stanco?" gli domandò quindi il Portatore di Oscurità, scocciato.

"No, ma voglio parlarti un attimo. Non so se voi Viss cercate le stesse cose in una... relazione, quindi non so se potrai capirmi fino in fondo, ma io non sono felice."
"In che senso?" chiese, aggrottando le sopracciglia.
Dal tono di voce che aveva usato era chiaro che avesse capito, voleva semplicemente che lo ripetesse e si spiegasse.

"Non fare così, sai cosa intendo. Sei tu che mi hai fatto capire che non sono felice e che voglio esserlo," precisò.
"Non diventa più bello solo perché l'hai detto in un modo diverso," gli fece notare Ariha, quindi sospirò.

Garlis si prese un attimo di silenzio per trovare le parole giuste prima di continuare.
"Tu sei sempre uscito anche con altre persone, per tutto questo tempo. Questa è una cosa che io non ho mai fatto, da quando sono diventato Portatore... non ci riuscivo. Volevo qualcosa che non potevo avere."

"Ari," disse per lui il Viss, avendo capito che il suo discorso stava andando a parare lì.
"Esatto, ma non è più così. Grazie a te ho fatto pace con la sua scomparsa... e mi piace quello che abbiamo, non sto dicendo di non volerti vedere più."

"Ma ti vuoi innamorare e con me non ci stai riuscendo," intervenne ancora Ariha, in tono piatto, trovando le parole per lui.
"Sì... Non avrei saputo dirlo meglio," rispose Garlis, dopo un attimo di esitazione e sorpresa. "Io e te siamo immortali e poi, pur facendo parte di due fazioni in guerra, non siamo più nemici. Avremo sempre un buon motivo per vederci. Siamo stati sposati anche se in un'altra vita, e quel legame non si spezza... però voglio tornare a essere felice, e questo non mi basta."

Ariha gli si avvicinò di nuovo e gli lasciò un bacio sul collo, seguito poi da un altro.
"Anche a me piace ciò che abbiamo e non tornerò a odiarti, malgrado tu sia uno sporco Reyn," gli diede un altro bacio. "Io però vado a letto con altre persone, e allo stesso modo tu puoi stare con qualcun altro..."

"Stai cercando di convincermi a cambiare idea?" domandò Garlis, confuso dai suoi baci.
Raramente lo aveva visto in un atteggiamento così... dolce.
"No, solo a restare per la notte," confessò il Viss, interrompendo la sua opera per rivolgergli un sorriso beffardo. "Dopotutto, sappiamo entrambi che non riuscirai mai a liberarti di me."

"Restare stasera era già in programma..." ammise il Portatore di Luce, avvicinandosi per baciarlo a sua volta.
Ariha aveva qualcosa che gli piaceva molto, anche se non lo avrebbe ammesso mai ad alta voce.
Inoltre il suo corpo era lo stesso di Ari, sebbene fosse cambiato. Gli sarebbe sempre piaciuto, ma non si sarebbe accontentato di questo.

Tutti gli anni che aveva vissuto senza il suo Ari erano stati una tortura, che si era intensificata quando aveva fatto la conoscenza di Ariha. Negli ultimi mesi, però, tutto era cambiato.
Garlis era riuscito ad affrontare i demoni del suo passato, a risolvere tutto ciò che lo aveva tormentato, e adesso era un uomo libero, pronto a ricominciare.

Voleva tornare a essere felice, davvero felice, e non si sarebbe accontentato. Si sarebbe preso la sua felicità e ne avrebbe fatto tesoro, sarebbe tornato a vivere a pieno.
Tutto questo, senza estromettere nessuna persona importante dalla sua vita... perché anche gli amici avrebbero fatto parte della sua felicità.

Certo, sarebbe stato difficile considerare Ariha solo come un amico... Anzi, sarebbe stata dura considerarlo persino un amico, dato il suo pessimo carattere.
Comunque a Garlis non importava, perché era senza dubbio una persona importante e a differenza di molti altri, che lo volesse o meno, ci sarebbe stato sempre, in quanto immortale come lui.

Anche senza tenere in considerazione il loro passato, cosa impossibile da fare ma su cui aveva già provato a riflettere, Garlis teneva davvero alla serenità che finalmente aveva ritrovato, anche grazie ad Ariha. Era stato il primo passo per ritrovare se stesso e ora niente lo avrebbe fermato, non più.

Una parte di lui era morta con Ari diverse decine di anni prima, sebbene in realtà fosse immortale.
Adesso, finalmente, Garlis Glitz aveva ricominciato a vivere.

 

-FINE-

 

 

Note di quella che scrive

Immagino che nessuno si aspettava questo finale... ma sì. Spero non mi odierete! Visto com'erano complicate le cose tra loro due, non mi sono sentita di fare altrimenti.

Non abbiate fretta di mettere via questa storia, perché ho preparato un capitolo extra. Dopotutto, i protagonisti hanno l'eternità davanti... chissà che qualcosa non possa cambiare, col tempo.

Intanto aspetto di sentire il vostro parere sulla storia finora, mi farebbe molto piacere.

A presto. xx

 

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Capitolo 13
*** Parte Extra ✴ Il Frutteto nel Deserto ***


Parte Extra ✴ Il Frutteto nel Deserto



Diverso tempo dopo...

L'aria fresca, il rumore dell'acqua che scorre e del vento tra le foglie...
Per quante volte ci pensasse, per Garlis quel luogo aveva dell'incredibile.
Un tempo deserto, un ampio spiazzo delle terre neutrali era diventato verde, abitabile e persino coltivabile.

Le innovazioni di quel periodo, che lo avevano reso possibile, erano qualcosa di inconcepibile per lui. Sembrava che fosse avvenuta una magia, ma non era così: in un terreno desertico, una magia di quel tipo non sarebbe durata a lungo.
No, i cambiamenti di quel luogo erano stati possibili grazie ad alcuni ricercatori che erano ancora al lavoro per monitorarne lo stato.

Se il loro progetto avrebbe avuto successo, le terre neutrali si sarebbero presto trasformate del tutto, assumendo un aspetto nuovo e meraviglioso.
Forse questo avrebbe portato a nuove guerre per conquistarle, come aveva temuto Garlis, ma forse no.

Forse, come promettevano i ricercatori, sarebbero diventate un luogo accogliente sia per i Viss sia per i Reyn, e i prodotti di quelle terre sarebbero stati spartiti in modo equo tra i due regni.
Un progetto del genere era utopistico e meraviglioso, eppure si trovavano sulla buona strada per riuscirci.

Era da decenni ormai che i due popoli non si scontravano più in guerra, seppur esistessero ancora attriti tra le fazioni.
Sì, molti credevano che avrebbero avuto successo, e quello avrebbe rappresentato il primo passo verso un futuro migliore, di convivenza e di tolleranza.

Dopotutto, anche tra le persone era cambiato tutto e questo aveva davvero dell'incredibile, almeno per Garlis che era stato testimone del passare del tempo.

Ora si trovava lì, in quelle che erano state rinominate Terre Verdi, per controllare che tutto procedesse per il meglio, senza che ci fossero sabotaggi interni o esterni. La zona neutrale era stata da sempre territorio di mercenari e predoni.

L'unica abitazione presente nelle Terre Verdi era quella dei ricercatori, piccola e adibita allo stesso tempo a magazzino, perciò Garlis e i suoi avevano preferito accamparsi sotto le stelle, poco distanti dalle coltivazioni.

Stava reclutando i nuovi membri del Sol Notturno quando gli era stata affidata la missione, perciò era partito subito con chi aveva già con sé, non aspettandosi grossi problemi.
Una volta tornato a Trina, ne era certo, avrebbe ripreso la ricerca per trovare qualcun altro, ma per il momento la faccenda poteva aspettare.

I ragazzi che lo accompagnavano erano giovani ma esperti, lo avevano dimostrato più volte ormai, perciò sapeva di poter fare affidamento sulle capacità della sua squadra. Purtroppo, però, loro erano solo in tre, ecco perché era intenzionato a cercare qualcun altro.

Con lui, da almeno due anni ormai, c'erano due elementali particolarmente dotati e affidabili.

Ivorette, dai capelli corti, castani e mossi, era una ragazza timida, ma forte in combattimento.
Quando erano in missione non si risparmiava mai, sfoderando tutta la potenza della sua magia di terra.
Solitamente vestiva di arancione, con lunghi abiti dallo spacco laterale che le permettevano di muoversi liberamente. Era armata di uno scettro nodoso sul quale si era attorcigliata una pianta rampicante dai rami sottili, con piccole foglie chiare e fiorellini arancioni. Probabilmente restava in vita grazie all'energia che risiedeva nella ragazza.

E poi c'era Ludven, giovane dalla carnagione scura, con lunghi capelli neri.
Elementale del fuoco, aveva stupito Garlis per come riusciva a utilizzare la sua magia non per l'attacco, ma per la difesa.
Aveva addirittura studiato a lungo e sperimentato finché non era riuscito curare le ferite, mettendo il suo calore a servizio di chi più ne aveva bisogno.
Se necessario era in grado di combattere, ma preferiva quella applicazione alternativa del suo potere.
Il suo fisico era asciutto e vestiva quasi sempre di blu, con una fascia in vita sulla quale c'era il simbolo del Sol Notturno.

Dopo un giro serale dei campi, Garlis e i compagni avevano deciso di riposarsi così si erano seduti nei pressi della loro tenda. Erano arrivati solo quel pomeriggio ma avevano già visto tutto, trovandolo meraviglioso.

Intorno al fuoco, stavano parlando della missione in corso.
"Sono sicuro che tu sia in parte la causa del cambiamento, Garlis," gli disse Ludven, a un certo punto.
Il Portatore, sorpreso, gli rivolse lo sguardo ma non seppe come rispondere.

"Insomma, dopo circa novant'anni di servizio nell'esercito hai deciso di diventare un avventuriero a tempo pieno perché non credevi più nella rivalità con i Viss. Se le cose hanno iniziato a cambiare, lo dobbiamo anche a te," spiegò, entusiasta.

"Vero," concordò la giovane, in tono calmo. "Io non riesco ancora a pensare che quelli siano come noi, lo trovo inconcepibile, però ciò non significa che dobbiamo ucciderci a vicenda. Adesso un futuro di convivenza pacifica sembra vicino."

"Se qui nelle Terre Verdi procederà tutto come previsto, intendi?" precisò Garlis, che si sentiva sopravvalutato dai compagni.

"Certo, ma anche se non dovesse succedere, il cambiamento è già in corso," ribatté Ludven, con un ampio sorriso. "È solo questione di tempo."
"Credo che tu abbia ragione," disse il Portatore, felice di sentire quelle parole. "Ai miei tempi era guerra continua, non sarebbe stato possibile immaginare uno scenario del genere... ma sono felice che le cose siano diverse adesso."

"Quando dici ai miei tempi sembri un vecchio," scherzò la ragazza, dopodiché sbadigliò, colta dal sonno. "Vado a dormire, non ce la faccio più. Buonanotte."
"Notte," la salutarono entrambi.

Per un lungo istante lo scoppiettio del falò fu l'unica cosa che riempì le loro orecchie, nel silenzio della sera.

"Sono davvero vecchio, anche se a Ivorette non sembra," precisò, a sguardo basso ma ancora con il sorriso sulle labbra.
"No, il bello è che non lo sarai mai davvero," disse Ludven, convinto.
Garlis scosse la testa.
"Quando vedo progressi come quello che sta avvenendo qui, sento il peso di tutti i miei anni."

Il giovane ridacchiò, divertito.
"Sai, trovo che sia affascinante che tu possa assistere a tutti questi cambiamenti. Mi piacerebbe essere come te," ammise, con lo sguardo puntato nel fuoco.
"Dovranno passare diverse centinaia di anni prima che sia il momento di scegliere un nuovo Portatore, mi spiace," scherzò Garlis.

Allungò una mano e la posò su quella di Ludven, appoggiata a terra. Il ragazzo sussultò a quel contatto improvviso, ma non si ritrasse. Arrossì impercettibilmente ed evitò il suo sguardo.
A Garlis piaceva e glielo aveva fatto capire chiaramente, mentre il ragazzo non gli dava segnali chiari a riguardo. In ogni caso, il Portatore gli avrebbe lasciato tutto il tempo che gli serviva, non aveva alcuna fretta.

"Garlis... Io credo che tu piaccia a Ivorette e questo potrebbe portare problemi alla squadra..."
"Ivorette prova solo ammirazione nei miei confronti," ribatté Garlis, convinto.
"Tu sei un eroe di guerra, le tue gesta sono narrate nei libri di storia, è ovvio che provi ammirazione! Ma credo che ci sia dell'altro," insistette, spostando la mano da sotto la sua.

Il Portatore di Luce abbassò lo sguardo e sospirò.
"Le parlerò alla prossima occasione. O forse è una scusa per rifiutarmi?" domandò, calmo.
"Garlis..." iniziò Ludven, in un tono che non prometteva niente di buono. "Pensavo fosse chiaro..."

In effetti, qualche volta il ragazzo aveva finto di non fare caso alle sue attenzioni, questo doveva ammetterlo.

"Non lo era," ribatté il Portatore, scuotendo la testa. "O meglio, lo vedo che fai finta di niente, eppure continui a elogiarmi come se io ti interessassi."
"E in un certo senso è così! Solo... non nel senso che credi tu. Mi dispiace di averti illuso," sospirò. "Non avevo il coraggio di dirlo... Speravo non servisse."

"Ho capito, non pensarci," tagliò corto Garlis, che iniziava a sentirsi a disagio.
Era vero che aveva ricevuto diversi rifiuti, ma c'erano anche state molte persone ben disposte a uscire con lui. Purtroppo però non aveva ancora trovato la persona giusta, che gli strappasse di dosso quella sensazione di insoddisfazione che non lo abbandonava mai del tutto.
O forse l'aveva trovata, ma se n'era accorto troppo tardi...

L'elementale del fuoco abbassò lo sguardo, dispiaciuto a sua volta dalla piega che aveva preso il discorso.
Un brivido freddo scosse entrambi, che si strinsero nei vestiti.
Dopo un attimo di esitazione, il Portatore si tolse la pelliccia marrone che gli copriva la schiena e la posò sulle spalle del ragazzo, che sussultò ma anche stavolta non si ritrasse.

"Faccio due passi," annunciò, alzandosi in piedi.
Ludven annuì senza replicare, rimanendo lì accanto al fuoco.

Le Terre Verdi in cui si trovavano non erano costituite solo da prati e campi coltivati. C'era anche un frutteto, poco distante.
Garlis vi si addentrò, intenzionato a esplorarlo per bene.

Lo aveva già visto ma solo da lontano, quando un ricercatore aveva fatto fare loro un giro del posto, nel pomeriggio. Quegli alberi erano cresciuti molto grazie a una magia di terra, così aveva detto, ma per fare in modo che non morissero in breve tempo avevano prima dovuto bonificare il deserto.

Agli occhi di Garlis, che non aveva idea di come avessero fatto, appariva come un'opera immensa da realizzare. Probabilmente c'erano volute grandi quantità d'acqua, il che avrebbe spiegato perché tra i ricercatori ci fossero molti maghi di quell'elemento, ma ciò che erano riusciti a ottenere rimaneva comunque affascinante.

Stava tornando all'accampamento quando ebbe l'impressione di essere osservato.
Si voltò di scatto, sperando di individuare qualcuno, e così fu: poco distante da lui, nascosta dietro al tronco di un albero, c'era una figura avvolta dall'ombra.

"Chi sei? Ti ho visto, esci allo scoperto," ordinò.
Un istante dopo la figura uscì dal suo nascondiglio e mosse qualche passo verso di lui.
La luce emanata dal corpo di Garlis rischiarò l'individuo, mostrando qualcuno che lui non vedeva da molto tempo.
Ariha.

Il Viss gli sorrise in modo beffardo, cosa che riportò Garlis indietro di diversi anni.
Sorpreso, il Portatore di Luce cedette all'istinto di gettarsi tra le sue braccia, che subito lo strinsero.
Con il viso premuto nell'incavo del suo collo, inspirò a fondo il suo profumo. Gli era mancato come l'aria, solo ora se ne rendeva conto.

"È bello vederti, dopo tanto tempo," disse il Viss.
"Lo è davvero," concordò Garlis, sollevando lo sguardo per accarezzargli il viso.
Ariha fece lo stesso, quasi per accertarsi che fosse reale, poi gli strinse il mento e si avventò sulle sue labbra in un bacio profondo al quale il Reyn non si oppose.

Garlis portò le mani sul suo petto e lo strinse per i vestiti per non permettergli di allontanarsi, mentre si lasciava trasportare da quel contatto che inaspettatamente desiderava così tanto.
Sentiva il cuore che batteva all'impazzata nel suo petto per l'emozione. Per un attimo ebbe l'impressione di sentire anche quello di Ariha, ma era talmente sopraffatto da non poterne essere certo.

Il Viss strinse tra i denti il suo labbro inferiore facendolo gemere per la sorpresa, poi si dedicò al suo collo, percorrendolo con baci bollenti.
"Mi sei mancato così tanto...," sussurrò contro la sua pelle, provocandogli dei brividi.

"Perché sei qui?" gli chiese Garlis, tentando disperatamente di mantenersi lucido.
Il Portatore di Oscurità sollevò il viso per guardarlo negli occhi, senza però allontanarsi, quasi non volesse rischiare che scappasse.

"Esploro le Terre Verdi per conto del Saggio, controllo che non stia accadendo niente che possa danneggiarci."
"Il Saggio?" domandò il Reyn, incredulo.

"Quel vecchio sembra essersi calmato con il tempo, ma se scoprirò che si tratta di un'altra trappola gliela farò pagare cara. Non appena inizi ad arrabbiarti con me, me ne vado," scherzò, mentre accarezzava il suo labbro inferiore con il pollice.

Garlis ridacchiò e si avvicinò per dargli un bacio a fior di labbra, superficiale ma lento e carico di desiderio.
"Anche a me sei mancato," confessò. "Sei solo?"
"Sì, si tratta solo di dare un'occhiata."

"Quindi non dobbiamo aspettarci nessuna incursione Viss?"
"No, a noi non interessa attaccare questo posto. Finché resta neutrale, cioè finché voi Reyn non lo dichiariate vostro senza permesso, potrete dormire sonni tranquilli," rispose.

"Secondo quanto dicono i ricercatori le Terre Verdi resteranno neutrali, anzi diventeranno un'oasi sicura per Reyn e Viss, dove vivere liberamente e in armonia con la natura. Oltre a questo, forniranno cibo per entrambi i popoli."
"Sarebbe un sogno. In ogni caso, sono qui solo per osservare e riferire," sottolineò Ariha, per rassicurarlo ulteriormente.

"Vieni, ti presento alla mia squadra," propose Garlis, dopo un attimo di esitazione in cui lo aveva osservato con attenzione, chiedendosi se fosse reale o si trattasse solo di un sogno.
"No, non adesso. Sono arrivato poco fa e devo ancora finire il giro. Voi perché siete qui?"

"I ricercatori temono di venire attaccati dai predoni o dai Viss, essendo in terre di nessuno. Hai avvisato del tuo arrivo?"
"No, prima devo vedere che succede da queste parti. Preferisco muovermi non visto," confessò il Portatore di Oscurità.

"Va bene, lo capisco. Domattina però presentati ai ricercatori, prima che qualcuno vedendoti si allarmi."
Ariha sbuffò, ma non era affatto infastidito.
"Sei sempre ligia alle regole, ragazzina... Fin troppo direi," ironizzò.

"Non lo si è mai abbastanza, e non chiamarmi così," ribatté Garlis, rivolgendogli un sorriso. "Posso dormire sereno con te che ti aggiri qui intorno?"
Il Viss ridacchiò, divertito.
"Con me in zona? Non credo proprio... Potrei sorprenderti in ogni momento," scherzò.

Il Portatore di Luce scosse la testa.
"Non scappare senza prima salutare, intesi?"
"Contaci," rispose Ariha, accarezzandogli i capelli in un gesto fin troppo tenero, trattandosi di lui.

"Adesso vai, voglio finire entro l'alba e mi stai distraendo."
"Sì signore," lo prese in giro Garlis, iniziando a indietreggiare.
Si morse il labbro inferiore, dispiaciuto di doversi separare da lui così presto, e il Viss dovette notarlo, perché non gli aveva tolto gli occhi di dosso.

Gli ci volle molta forza di volontà per allontanarsi davvero, ma in qualche modo ci riuscì.

Al suo ritorno i compagni erano entrambi nella tenda, ne ebbe conferma una volta entrato.
Avendo visto Ariha, si era dimenticato completamente di essere stato respinto da Ludven, eppure era successo poco prima.
Scosse la testa.
Aveva appena avuto prova dell'ascendente che Ariha aveva su di lui.

Incredibile, non si vedevano da un sacco di tempo eppure era tutto come una volta... anzi, meglio di una volta.

Quando si erano separati avevano continuato a incontrarsi di tanto in tanto, ma presto i loro impegni personali avevano preso il sopravvento.
Era contento di averlo rivisto, quella sera. Doveva ammettere che aveva pensato molto spesso a lui, ma non si era mai deciso a cercarlo.
Era come se la distanza avesse fatto bene a entrambi.

Ancora emozionato, Garlis fece fatica ad addormentarsi, ma quando ci riuscì dormì profondamente.

L'indomani si svegliò per primo, riposato e pronto a iniziare la giornata, alle prime luci di Sol.
Uscì dalla tenda e riaccese il falò per preparare una veloce colazione, canticchiando tra sé e sé.
Quando Ivorette e Ludven si svegliarono, si sorpresero di trovarlo così felice. Il pasto che aveva preparato per loro emanava un profumo delizioso, perciò si sedettero a mangiare senza fare complimenti.

Nel giro di pochi minuti ebbero terminato, così il Portatore di Luce iniziò a mettere via le ciotole mentre la ragazza si allontanava per andare al bagno.

"Immaginavo di trovarti diverso, questa mattina," gli disse l'elementale del fuoco, titubante.
"Diverso?"
Garlis gli rivolse lo sguardo, smarrito. Un istante dopo si rese conto della situazione, fece un sorriso imbarazzato e scosse la testa.

"Oh, capisco cosa intendi. Non devi preoccuparti, ciò che è successo non cambia niente tra noi. Il fatto è che ieri ho incontrato una persona a me cara, nel frutteto," spiegò, indicando gli alberi che si vedevano bene anche da lì.
"Quindi la gilda degli avventurieri ha mandato qualcun altro?" chiese Ludven, sorpreso.
"No, non proprio..."

"Garlis! Ludven! Venite, presto!" li chiamò Ivorette, che stava correndo verso di loro.
Allarmati, i due la seguirono a passo veloce fino alla struttura occupata dai ricercatori.
"C-c'è un Viss là dentro... E non sembra uno di quelli normali!" spiegò, agitata.

Il Portatore di Luce inarcò un sopracciglio, avendo già intuito cosa stava succedendo.
Aprì la porta della casa ritrovandosi davanti una scena che non si aspettava.

Ariha stava parlando con i ricercatori, alcuni dei quali non erano ben disposti ad averci a che fare o ne erano intimiditi, ma sembrava tutto sotto controllo.

Il Viss, sentita la porta, si voltò verso di loro e il suo sguardo passò subito da Garlis a Ivorette.
"Tu!!" esclamò lui, raggiungendoli con passo pesante. "Garlis, tieni a bada la tua sottoposta! Ero qui a farmi i fatti miei e lei mi ha attaccato alle spalle!"

"Buongiorno anche a te, Ariha," disse il Portatore di Luce, decidendo di ignorarlo e procedere con calma. "Tutto bene qui dentro?" domandò, più ai ricercatori che a lui.

"Sì, stavo solo chiedendo loro una copia dei progetti di questo posto, da portare al vecchio decrepito. Quando avrà capito che non succede niente di losco, vorrà sicuramente mandare alcuni dei suoi uomini ad aiutare... sempre che quegli esseri ne siano in grado," pronunciò l'ultima frase con un tono di voce più basso, che comunque loro riuscirono a sentire. "Rimane il fatto che la tua amica qui ha tentato di uccidermi," gli ricordò, ora più tranquillo ma sempre con tono accusatorio.

"Parliamone fuori, lasciamo lavorare i ricercatori," propose Garlis, al che il Viss annuì e uscì dalla porta per primo.
"C-cosa sta succedendo?" domandò sottovoce Ivorette, confusa come non mai.

"Potrà sembrarvi strano, ma lui è un mio amico. È un Portatore di Oscurità, abbiamo già lavorato insieme in passato," spiegò, rimanendo sul vago.
"C-che? T-tu sei amico di un Viss?" chiese la giovane, tremando impercettibilmente.

"La ragazza qui è potente, ma non abbastanza da mettere fuori gioco un Portatore," intervenne il diretto interessato, senza smettere di guardarla. "Comunque possiamo metterci una pietra sopra, ma prima dimmi, sei sposata? Fidanzata? Nessuna delle due?"
La ragazza sbiancò, incapace di comprendere e accettare ciò che stava succedendo.

"Stai scherzando, spero."
Ariha si voltò verso Garlis, che aveva parlato.
"Certo che sì," rispose, tornando a rivolgergli il suo solito sorriso.

Gli si avvicinò all'improvviso.
"Non vedo l'ora di stare da solo con te per recuperare il tempo perduto," sussurrò al suo orecchio.

Ludven riuscì a sentirlo e rabbrividì, guadagnandosi un'occhiataccia dal Viss.
"E tu chi saresti?" gli chiese quest'ultimo, in un tono tutt'altro che amichevole.

"Lui è Ludven e lei è Ivorette, sono la mia squadra," intervenne Garlis, avvertendo che la situazione stava per precipitare. "Ragazzi, vi presento Ariha. Si comporta così ma non vuole fare del male a nessuno... Vero?"
"Vero," rispose, dopo un attimo di esitazione.

Ascoltando le parole del loro amico, Ivorette e Ludven si erano calmati, malgrado tutto ciò sembrasse ancora incredibile.

"Sono entrambi elementali? Non ti fai accompagnare da nessun guerriero stavolta..."
"Sono io il guerriero del gruppo, ovviamente."
Un sorriso ironico si allargò sul viso di Ariha.
"Per tua fortuna resterò qui per un bel po', a pararti il culo nel momento del bisogno."

Garlis scosse la testa, deciso a non commentare.
"Aspetta, quindi non torni dal Saggio dei Viss?" gli chiese, dopo aver ponderato velocemente le sue parole.
"No, c'è un messaggero che mi aspetta al limitare della foresta. Gli farò avere le mie considerazioni per iscritto e al resto penserà lui," spiegò.

"Devi occuparti delle scartoffie?" domandò Garlis, sorpreso.
"Già," sospirò. "Le cose sono cambiate molto per me, dall'ultima volta che ci siamo visti. Torno dentro, ne parliamo più tardi."
Il Portatore di Luce annuì e lo guardò andare via.

Quando Ariha ebbe chiuso la porta alle sue spalle, lui si voltò e incrociò gli sguardi increduli degli amici.
"Devi spiegarci un po' di cose," sottolineò Ludven, categorico.
"Certo, mi sembra giusto," concordò, un po' in imbarazzo.

Andarono a sedersi poco lontano, proprio accanto al fiume che irrorava i campi coltivati.
"È una storia un po' complicata..." disse a sguardo basso, non sapendo da dove cominciare.
"Abbiamo tutto il giorno," rispose il ragazzo, al che lui annuì e prese un respiro profondo.

"Molto tempo fa, l'energia di Ellis aveva perso il suo equilibrio e sono stato inviato a indagare."
"Questo lo sappiamo... è scritto nei libri," puntualizzò Ivorette, perplessa.
"Sì, ma i libri non dicono che c'era anche Ariha quella volta. Noi e i Viss abbiamo combattuto fianco a fianco in una situazione rischiosa, aiutandoci a vicenda. Io e lui... siamo diventati amici, possiamo dire così. Abbiamo deciso entrambi di non voler più prendere parte alla guerra."

"E questo ci ha portati qui, oggi, a cercare di instaurare la pace con i Viss... Non ci posso credere," commentò Ludven, che aveva compreso.
"Esattamente."

"Q-quindi lui non... non combatte contro i Reyn?" chiese, incerta, la ragazza.
"Non lo fa, per quanto ne so. Si comporta in modo aggressivo, ma non è davvero una minaccia," assicurò loro.

"Hai detto che siete amici, ma a me è parso che ci fosse qualcosa tra voi," intervenne ancora l'elementale del fuoco.
Sentendo quelle parole e assistendo al silenzio di Garlis, Ivorette abbassò lo sguardo. Era sbiancata di nuovo.
"Io... vado a fare due passi, per schiarirmi le idee," dichiarò, quindi si allontanò senza aspettare che i due le rispondessero.

Il Portatore di Luce la guardò per un attimo mentre si allontanava, poi tornò rivolto verso Ludven che sembrava avesse altro da dire.
"Se le cose stanno così, perché ci hai provato con me?" domandò.
Dal suo tono di voce, a Garlis parve che fosse confuso.

Si prese un istante prima di rispondere, per trovare le parole giuste.
"Io e lui abbiamo dei trascorsi, è vero, ma si tratta del passato... Non pensavo che sarebbe comparso qui all'improvviso, né che mi avrebbe fatto questo effetto. In quanto a te, ho interpretato male i tuoi segnali... e avevo intenzioni serie, te lo avrei dimostrato..."

"Da quando c'è lui sei raggiante," lo interruppe il ragazzo. "Non metto in dubbio che volessi uscire davvero con me, ma perché pensare ad altri quando c'è lui? Siete entrambi immortali, sembra che il destino vi voglia insieme!"

"In realtà le cose tra di noi sono molto più complicate di quanto sembra... Inoltre con lui non ero felice, ai tempi," precisò Garlis, sentendosi in dovere di spiegarsi.
"Ma ora lo sei, è chiaro. Ti è bastato vederlo una volta e il tuo stato d'animo è cambiato completamente."

Detto questo, Ludven sospirò.
"Non fraintendermi, l'unica cosa che trovo strana in tutta questa situazione è che lui sia un Viss, ma ora che ce ne hai parlato i testi storici su quel periodo acquisiscono un altro significato, molto più concreto. È grazie a voi due che le cose tra i nostri popoli hanno iniziato a cambiare, è chiaro. Ecco perché ora siamo qui, a creare un territorio comune dove potremo vivere liberamente. Più avanti, chissà, forse non saremo più due popoli divisi, ma uno soltanto."

Il suo ragionamento lo spiazzò, lui non aveva pensato così in là.
"Vado a cercare Ivorette, le parlo e la calmo io," disse poi Ludven, più sereno.
Anche Garlis lo era. L'amico gli aveva dato un punto di vista nuovo su tutta la vicenda.

Inoltre gli aveva fatto capire che non aveva senso separarsi da Ariha, soprattutto se provava qualcosa di così intenso per lui.

In passato lo aveva allontanato per cercare la felicità e il tempo lontano da lui gli aveva fatto bene, perché adesso era pronto ad accettarlo... sempre se per lui andava bene.

Una volta riunito con i due compagni di squadra, Garlis fece un giro per le Terre Verdi per assicurarsi che fosse tutto a posto, sentendosi rincuorato.
Gli amici non gli chiesero più niente, capendo che aveva tanto per la testa anche se non voleva darlo a vedere.

Stavano per fermarsi e pranzare quando incontrarono Ariha. Il Viss era carico di prodotti agricoli che gli avevano dato i ricercatori.
"Quando pensi che i Reyn non possano essere gentili con i Viss, ecco che quelli ti sorprendono," commentò il Portatore di Oscurità.
Annuì a se stesso e dalla sua espressione si capiva che ne fosse rimasto colpito.
"Eh già, siete un popolo di ingenui," aggiunse, come se niente fosse. "Ho fin troppa roba con me, mangiamo insieme."

"Buona idea," rispose Garlis, ignorando il suo commento.
Ivorette e Ludven non ebbero da ridire, sebbene non si fidassero ancora di lui.
Il ragazzo accese il fuoco con i suoi poteri, per farlo gli bastò tendere una mano in direzione dei ciocchi di legno.

Garlis a questo punto iniziò a elogiare le sue capacità fuori dal comune, per poi passare a parlar bene anche di Ivorette.

"E tu cosa hai fatto in questi anni?" chiese poi ad Ariha. "Dicevi che sono cambiate molte cose..."

"Esatto. Quando tu ti sei rifiutato di tornare in guerra, immagino sarai passato per un rivoluzionario! Io facendolo ho perso il favore del Saggio. Non ho ceduto alle continue insistenze perché tornassi a combattere, quindi sono caduto in disgrazia," raccontò, con leggerezza.

"Credevo che saresti riuscito ad aiutare il tuo popolo nelle questioni interne," sottolineò Garlis, ricordando che una volta ne avevano parlato.
Gli dispiaceva che le cose fossero andare diversamente.

"È stato così infatti, ma ero solo e malvisto. Ricordi la nostra vecchia casa nelle terre neutrali? Ne ho fatta una locanda per accogliere i viaggiatori, chi voleva scappare dal suo regno e persino le coppie miste. Ho qualcuno che la gestisce al posto mio adesso, per tutte le volte in cui servo altrove."

Il Portatore di Luce sorrise, colpito dalla sua storia. Come locandiere non ce lo vedeva per niente, ma probabilmente si era dovuto adattare. Aveva trovato in quel luogo il suo nuovo scopo, almeno per il tempo in cui il suo popolo lo aveva tenuto alla larga.

Dopo il pasto si ritrovarono soli, a passeggiare per il frutteto dove si erano incontrati la sera precedente.

"Prima Ludven mi ha detto una cosa interessante," disse il Reyn, spezzando il piacevole silenzio che si era creato. "Secondo lui, fra qualche anno, tutto sarà cambiato di nuovo. I nostri regni si tollereranno sempre di più e forse a un certo punto diventeranno un regno soltanto."
"Mi sembra impossibile," ribatté Ariha, d'istinto. "Le differenze tra di noi sono troppe, però non si sa mai. Il cambiamento è qualcosa di impercettibile, che non si ferma. Sta avvenendo persino adesso, mentre parliamo. Ci vorranno ancora molti, moltissimi anni, ma è probabile che tra i nostri due popoli si formerà un'alleanza pacifica, almeno."

"Non ti facevo così profondo," commentò, ironico, Garlis.
"Allora dovresti proprio conoscermi meglio," rispose il Viss.
Lo sorprese spingendolo contro il tronco di un albero per stringerlo a sé e baciarlo possessivamente.
Quando lo lasciò andare, entrambi ripresero fiato perdendosi l'uno negli occhi dell'altro.

"Non lo avrei mai detto... ma la distanza ha acceso qualcosa," ammise il Reyn.
Ariha affondò il viso nell'incavo del suo collo. Gli accarezzò la pelle con la punta del naso in un gesto che non voleva essere malizioso, ma tenero.
"Io ne ero certo, almeno da parte mia," disse, dopo un attimo di esitazione.
Quando tornò a guardarlo, trovò Garlis sorpreso e curioso di sapere cosa intendesse.

"Quando siamo andati alla fonte e io ho vissuto gli ultimi istanti della vita di Ari, ho sentito chiaramente ciò che lui provava per te... e quel sentimento non mi ha mai abbandonato. Ho continuato a comportarmi come al solito, facendo finta di niente... Quasi rifiutando di sentirmi così..."

"Stai dicendo che tu mi ami?" gli domandò, incredulo, il Portatore di Luce.

"C'è voluto un po' per capirlo, ma sì," rispose il Viss, senza guardarlo negli occhi.
Era come se si vergognasse di provare un sentimento così puro.

"Allora perché mi hai lasciato andare, quella volta?"
"Perché tu con me non eri felice."
La risposta di Ariha, così diretta, lo spiazzò.

"Eppure non mi hai cercato, mai una volta," ribatté, ancora confuso.
"Per quanto ne sapevo tu eri a Trina. Cosa avrei dovuto fare, irrompere da solo nel tuo regno urlando il mio amore? Speravo tornassi, sono rimasto per quasi tutto il tempo nella nostra vecchia casa!"
Dopo averlo ammesso evitò il suo sguardo, rendendosi conto troppo tardi di ciò che aveva detto.

"Hai ragione, mi dispiace," rispose Garlis, accarezzandogli una guancia per attirare la sua attenzione di nuovo su di sé. "Sono stato uno sciocco, non ho capito niente... Anzi, non ho fatto niente per capire. Eppure non ho mai smesso davvero di pensarti... Temevo che non avrebbe avuto senso cercarti, che non sarebbe cambiato niente e forse non avresti nemmeno voluto vedermi, perciò non sono più tornato... E tu invece mi stavi aspettando..."
Era grato che quella missione comune li avesse fatti ritrovare, finalmente.

Ariha gli afferrò il mento, come se fosse tornato in sé.
"Per tutti quegli anni in cui sei stato lontano, la pagherai con gli interessi," dichiarò, accennando un debole sorriso.
"Mi sembra giusto," sussurrò il Reyn, sulle sue labbra.
Si baciarono di nuovo, questa volta più dolcemente. Senza farci caso scivolarono lungo il tronco e finirono a terra, Ariha che torreggiava su Garlis.

"Hai trovato la felicità lontano da me?"
Il Portatore di Luce scosse la testa.
"Ho trovato altro, ma non la felicità. Sono stato sereno, ho fatto delle esperienze..."
"Non so se voglio saperlo, non oggi almeno," lo interruppe il Viss, mettendogli un dito sulle labbra.

"E tu, invece?" gli chiese Garlis, quando ebbe di nuovo la libertà di parlare.
"Ho sperimentato cosa significa stare da solo, pensando a una persona lontana. Ho perso completamente l'interesse verso tutti gli altri."
Il Reyn gli rivolse un'espressione incredula, al che lui assottigliò lo sguardo, offeso.

"Non fare così, stavo solo pensando che non è da te!"
"Adesso lo è, evidentemente. Ti ho mai detto che i Viss sono degli inetti? E non parliamo di voi Reyn, in quel caso ti salvi solo tu. Ho capito di non volere più dei rapporti vuoti con qualcuno che per me vale meno di zero."

"Entrambi abbiamo capito molto da questa distanza, allora. E quello che hai detto mi lusinga, credo che ci penserò per un bel po'."
"Cosa, che sei l'unico Reyn che si salva? Dannata la mia linguaccia!" commentò Ariha, poi sorrise divertito.
Si persero a osservarsi per un lungo istante, l'uno ammaliato dall'altro.

"Ora che ti ho ritrovato sei nei guai, lo sai vero?" domandò il Viss. "Non ti lascerò più andare."
"Non voglio che tu lo faccia," puntualizzò Garlis, finalmente sicuro di voler stare con lui. "Potremmo restare per sempre qui, in questo angolo verde di deserto."
"Idea niente male," concordò Ariha, sorridendo in modo beffardo.

"Ci hai mai pensato? Siamo nati in tempi di guerra, ma le cose sono già cambiate molto. La nostra immortalità ci permetterà di vivere in un mondo migliore, ne sono certo. I Portatori venuti prima di noi sono stati scelti per andare in battaglia, i prossimi forse verranno scelti per stabilire un forte legame tra i nostri regni."

"Anche io non ti facevo così profondo, Garlis," ribatté, divertito, il Viss.
"Oh, lo sono! Lo sono eccome! Avrai tutta l'eternità per rendertene conto, ne sei consapevole?" gli domandò, trattenendo una risata.

"Sì e ne sono onorato," rispose il Portatore di Oscurità, sfoggiando uno dei suoi rari sorrisi genuini. "Torniamo dai tuoi amici adesso, probabilmente senza di te sono perduti. E dobbiamo anche tenere d'occhio quei ricercatori! Ormai abbiamo deciso che vivremo qui, dobbiamo assicurarci che queste terre si sviluppino senza intoppi, e sarà difficile se lasceremo tutto il lavoro a degli inetti Reyn."
"Già, soprattutto se arriveranno anche dei Viss per aiutare," sottolineò Garlis.
"Esatto! Di quelle carogne non ci si può proprio fidare," concordò.

Ariha gli offrì aiuto per alzarsi e, una volta tornati in piedi entrambi, non gli lasciò la mano. Lo condusse con sé fuori dal frutteto, verso la loro nuova vita.

All'improvviso l'immortalità non era più un peso, né per l'uno né per l'altro. Era un dono, qualcosa che avrebbero condiviso e trattato come un tesoro; questo, sperando di continuare a sopportarsi a vicenda, nelle loro peculiarità e differenze... Ma questa volta erano fiduciosi, ed erano alimentati da un forte sentimento che divampava in entrambi.

Questa volta, le cose tra loro sarebbero andate diversamente, se lo sentivano.

 

-FINE-

 

 

Due parole finali da quella che scrive

Salve salve salve. Ebbene sì, la storia finisce così. Ne approfitto ancora per scusarmi dei tempi di attesa tra un capitolo e l'altro, e vi ringrazio per aver portato pazienza e letto fino a qui.

Nella prima stesura, questo capitolo non esisteva e il precedente era il finale vero e proprio, ma era diverso. Garlis e Ariha dovevano trovarsi bene e rimanere insieme per sempre, e con questo presupposto si sarebbe chiusa la storia. L'ho persino scritto, ma continuavo a rileggerlo trovandolo sbagliato.

Qualcosa non quadrava, perciò ho optato per un finale dolceamaro in cui i due si separano.
Pensavo che questa volta andasse bene, però ho iniziato a sentirlo come incompleto.

Ecco quindi che è nata l'idea de "Il frutteto nel deserto", ovvero questo capitolo extra. Se non vi è piaciuto, potete considerarlo come non canonico e pensare al precedente come al vero finale... però è questo il punto definitivo della storia, un nuovo finale che rappresenta un nuovo inizio per loro.

Il tempo e la lontananza hanno ricucito le ultime ferite, hanno fatto capire a Garlis che Ariha gli mancava e hanno dato modo ad Ariha di riflettere su ciò che provava davvero per lui.

Non poteva succedere tutto in poco tempo, anche perché i protagonisti sono immortali!

Purtroppo, come avrete capito, i primi membri della squadra non ci sono più... e devo ammetterlo, scrivere questo capitolo sapendolo mi ha fatto male. Ho adorato quei ragazzi - e scrivere i loro dialoghi -, soprattutto Anite. Lei ha uno spazio speciale nel mio cuore.

Mentre il resto della storia gira intorno al fatto che Garlis soffre per la perdita di Ari e si ritrova ad avere a che fare con un "nuovo Ari", diverso ma in qualche modo sempre lui, questo capitolo sembra parlare di tutt'altro.
Ha un messaggio diverso e dà a tutto un sapore diverso... però sento che è il finale giusto per loro, il migliore a cui ho potuto pensare.

Vi ringrazio per l'attenzione e spero che abbiate apprezzato. Se vorrete farmelo sapere, io ne sarò davvero felice!

Tornerò presto, con qualche nuova storia BL da raccontare.
PrimPrime

 

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