Hunters' legacies

di Dreamer47
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 26: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 27: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 28: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 29: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 30: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 31: *** Capitolo 25. ***
Capitolo 32: *** Capitolo 26. ***
Capitolo 33: *** Capitolo 27. ***
Capitolo 34: *** Capitolo 28. ***
Capitolo 35: *** Capitolo 29. ***
Capitolo 36: *** Capitolo 30. ***
Capitolo 37: *** Capitolo 30. ***
Capitolo 38: *** Capitolo 31. ***
Capitolo 39: *** Capitolo 32. ***
Capitolo 40: *** Capitolo 33. ***
Capitolo 41: *** Capitolo 34. ***
Capitolo 42: *** Capitolo 35. ***
Capitolo 43: *** Capitolo 36. ***
Capitolo 44: *** Capitolo 37. ***
Capitolo 45: *** Capitolo 38. ***
Capitolo 46: *** Capitolo 39. ***
Capitolo 47: *** Capitolo 40. ***
Capitolo 48: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 42. ***
Capitolo 50: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 45. ***
Capitolo 53: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 54: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 55: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 56: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 57: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 58: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 59: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 60: *** Capitolo 53 ***
Capitolo 61: *** Capitolo 54 ***
Capitolo 62: *** Capitolo 55 ***
Capitolo 63: *** Capitolo 56 ***
Capitolo 64: *** Capitolo 57 ***
Capitolo 65: *** Capitolo 58 ***
Capitolo 66: *** Capitolo 59 ***
Capitolo 67: *** Capitolo 60 ***
Capitolo 68: *** Capitolo 61. ***
Capitolo 69: *** Capitolo 62 ***
Capitolo 70: *** Capitolo 63 ***
Capitolo 71: *** Capitolo 64 ***
Capitolo 72: *** Capitolo 65 ***
Capitolo 73: *** Capitolo 66 ***
Capitolo 74: *** Capitolo 67 ***
Capitolo 75: *** Capitolo 68 ***
Capitolo 76: *** Capitolo 68 ***
Capitolo 77: *** Capitolo 69 ***
Capitolo 78: *** Capitolo 70 ***
Capitolo 79: *** Capitolo 71 ***
Capitolo 80: *** Capitolo 72 ***
Capitolo 81: *** Capitolo 73 ***
Capitolo 82: *** Capitolo 74 ***
Capitolo 83: *** Capitolo 75 ***
Capitolo 84: *** Capitolo 76 ***
Capitolo 85: *** Capito 77 ***
Capitolo 86: *** Capitolo 78 ***
Capitolo 87: *** Capitolo 79 ***
Capitolo 88: *** Capitolo 80 ***
Capitolo 89: *** Capitolo 81 ***
Capitolo 90: *** Capitolo 82 ***
Capitolo 91: *** Capitolo 83 ***
Capitolo 92: *** Capitolo 84 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Ciao a tutti, 
mi chiamo Martina e vi presento la mia Hunters' legacies. 
Desidero fare una premessa, prima che possiate leggere il capitolo. 
Sono particolarmente affezionata a questa storia: ci sono voluti due anni per scriverla e per perfezionarne i dettagli, e non è stato semplice. 
Ho scritto Hunters' legacies in un momento delicato della mia vita, cioè dopo aver subito un forte lutto che come leggerete, ho in comune con la protagonista di questa storia. 
È stata un'opportunità per aiutarmi e crescere, spesso per mettere nero su bianco i sentimenti che non riuscivo ad esternare, né tantomeno a capire o a sapere di provare. 
Ogni volta che la rileggo, questa storia mi aiuta e mi guarisce. 
Mi ha aperto letteralmente tanti mondi diversi, tant'è che da quando ho scritto questa storia ho iniziato a scrivere sui più svariati argomenti. 
Scrivere è sempre stata la mia passione, ma dopo Hunters' legacies niente è stato più lo stesso per me. 
Spero che la possiate amare, come la amo io.
Aggiornerò ogni mercoledì e domenica sera. 
Adesso vi lascio in pace e vi lascio leggere il primo capitolo con tranquillità.
Buona lettura e a presto. 
                             

 
HUNTERS' LEGACIES 
CAPITOLO 1




L'odore di cibo scadente e di parecchio alcol arrivò fino alle narici di Sam e Dean quando varcarono la soglia di quel locale: erano passate settimane dall'ultima volta in cui fossero passati dalla Road House dopo aver risolto l'ennesimo caso sotto suggerimento di John, che sembrava ormai fin troppo irraggiungibile.
Il maggiore non riusciva più a sopportare gli isterismi di suo fratello sul trovare il padre, perché proprio come farebbe un bravo figlio aveva deciso di obbedire e di non fare domande, eseguendo i suoi ordini come se fosse un suo superiore. 
Dean aveva fermato la macchina nel parcheggio di fronte la Road House di Ellen, vecchia amica di suo padre che era sempre stata felice di averli lì con lei, pronta a prendersene cura quando tornavano malconci dalle cacce. Lui e suo fratello riuscivano persino a vedere in Ellen quasi una figura materna, o almeno quello che credevano fosse tale. 
I due fratelli avevano parlato spesso ultimamente della loro mamma, chiedendosi in che posto fosse finita dopo che l'avessero vista sotto forma di fantasma nella loro vecchia casa e che li avesse salvati da quel poltergeist; erano passate settimane da quando avevano aiutato quella famiglia a liberarsi dei fantasmi nella casa in Kansas grazie a Missouri, sensitiva amica del loro padre da tantissimi anni. 
Si osservarono intorno prima di dirigersi al bancone dove trovarono il solito viso familiare, che non appena li vide fece un largo sorriso e si sporse per salutarli. 
"Ragazzi, sono felice di vedervi!" esclamò Ellen abbracciando entrambi con le braccia e stringendoli forte. 
Aveva da subito stabilito un forte legame con entrambi, non potendo fare a meno di dispiacersi per cosa avessero dovuto passare da quando Mary fosse morta: Ellen aveva pregato molte volte John di lasciarli a lei quando erano molto piccoli, evitando loro l'orrore delle cacce in tenera età, ma John era molto testardo e l'aveva sempre pregata di smetterla di avanzare delle pretese su dei bambini che non fossero figli suoi.
"Così ci soffochi!" esclamò Dean roteando gli occhi e facendo appena un po di forza per liberarsi dalla presa della donna dietro il bancone, che rise di gusto e non prestò attenzione alla sua scortesia. 
"Come state ragazzi?". 
La donna lo guardò per qualche secondo, prima di prendere due boccali dalla mensola in vetro dietro di lei per riempirli di birra, porgendone una a testa ai due fratelli; il viso di Dean finalmente si accese e le riservò un grosso sorriso, prima di bere qualche sorso della bevenda. 
Amava particolarmente quel posto e la birra che serviva Ellen, ma soprattutto perché tutto ciò che gli venisse offerto aveva un sapore più buono.
"Abbiamo appena concluso un caso, siamo molto stanchi" disse Sam sorridendo e ringraziando la donna per la birra con un cenno del capo. 
"Il caso delle sparizioni nel Minnesota?" chiese Ellen aggrottando le sopracciglia e osservandoli entrambi con aria preoccupata, come solo una madre farebbe. 
"Si, e indovina? Erano umani!" esclamò Dean annuendo con aria disgustata, scuotendo la testa e bevendo un altro sorso di birra prima di continuare. "Hanno catturato la principessina qui al mio fianco e io sono dovuto andare a salvarla!". 
Sam roteò gli occhi ormai stufo delle sue battute e gli diede un colpo sul braccio, iniziando a dire una serie di imprecazioni contro il suo fratello maggiore; Ellen rimase per qualche secondo in silenzio mentre osservava con un sorriso i due ragazzi di ventisei e ventitré anni che discutevano e si prendevano in giro l'un l'altro in modo così normale, dimenticandosi per qualche istante che fossero gli stessi cacciatori che aveva visto entrare nel suo locale qualche istante prima.  
Sospirò ed iniziò a pulire il bancone con movimenti circolari e ripetuti, lanciando di tanto in tanto qualche sguardo ammonitore ad Ash che fregava i clienti del bar con il vecchio trucco del sono troppo ubriaco per giocare a biliardo, ma facciamo una partita e giochiamoci 500 dollari
"Invece voi come state?" chiese Sam quando fu sicuro che suo fratello stesse un po zitto invece di parlare a sproposito per deriderlo, guardando la donna con espressione curiosa e interessata. 
"Già, dov'è la tua splendida figlia?" chiese Dean guardandosi intorno andando alla ricerca della ragazza con lo sguardo. 
Ellen lo fulminò con lo sguardo, sollevando un sopracciglio e puntandogli un dito contro con aria fintamente minacciosa, perché ormai aveva capito che quello scambio di battute su sua figlia fosse diventato per lui un gioco e un modo per farla arrabbiare. 
"Jo è a caccia.." sussurrò Ellen sospirando e facendo spallucce, fermandosi dal pulire e scuotendo la testa mentre alternava lo sguardo fra di loro. 
Non era passato minuto in cui non si fosse chiesta se sua figlia sarebbe tornata a casa tutta intera, ma ormai era tempo che la sua piccola decidesse cosa fosse meglio per lei. 
"Tu l'hai lasciata andare a caccia?" chiese Sam appoggiando i gomiti al bancone con espressione stupita, sgranando gli occhi. 
Dean rise leggermente, muovendo nervosamente il bicchiere fra le mani e abbassando lo sguardo per qualche secondo con un po di insicurezza. "Ricordo che quando è stata a caccia con noi, hai preso un aereo per venirtela a riprendere". 
I ragazzi probabilmente non avrebbero mai saputo, ma fu durante il viaggio di ritorno sull'Impala che Ellen capì che non avrebbe più dovuto trattenere Jo con tutta quella forza, perché avrebbe rischiato di perderla per sempre. Sospirò e fece spallucce, appoggiandosi anche lei al bancone per guardarli meglio. "Già, ma ha insistito tanto per cacciare, ha trovato un caso e ha raccolto molti indizi..". 
"E l'hai lasciata andare a caccia da sola?" si azzardò a chiedere Dean, aggrottando le sopracciglia con incredulità. 
"Sono permessiva, ma non sono pazza: è con un'amica di cui mi fido ciecamente! È una tipa davvero in gamba e poi la conosco da quando era una bambina.." sussurrò Ellen con un sorriso amaro sul volto. "Un po come con voi".
I tre si scambiarono un leggero sguardo e i due fratelli riservarono un'occhiata di incoraggiamento alla donna, che aveva tutta l'aria di essere spaventata e preoccupata per la figlia, nonostante la persona con cui stesse cacciando fosse di famiglia. 
"Starà bene, Ellen" disse Sam sorridendole in ma in maniera dolce, annuendo convinto. 
Dean non fece un tempo a chiedere quando Jo sarebbe tornata, che la porta si spalancò ed un uragano di felicità ed eccitazione fece irruzione nel locale, avvicinandosi a grandi passi verso di loro, mentre Ellen fece il giro del bancone per stringere fra le braccia sua figlia, ringraziando mentalmente Dio che non le fosse successo nulla.  
"Come stai? Stai bene? Sei ferita?" chiese Ellen sciogliendo appena l'abbraccio e osservandola bene alla ricerca di qualche taglio o ferita che avrebbe usato come scusa per non farla tornare più a cacciare. 
"No, sto bene mamma, davvero!" esclamò Jo sorridendo felice ed annuendo, guardando sua madre negli occhi e saltellando per la felicità. "È stato fantastico: io e Abby abbiamo raccolto gli ultimi indizi ad Omaha e abbiamo stanato il branco di lupi, e siamo entrate lì mentre dormivano, li abbiamo uccisi uno dopo l'altro e..".
"Respira fra una frase e l'altra!" esclamò Dean ridendo di gusto, voltandosi verso di lei insieme al fratello e sorridendo nella sua direzione, facendole un cenno di saluto con il capo. "Ciao Jo". 
La ragazza si voltò di scatto nella sua direzione quando sentí quella voce, osservando con sorpresa che i due fratelli fossero seduti proprio qualche metro più in là rispetto a lei e che avessero sentito tutto ciò che avesse detto da quando avesse messo piede al locale. 
Jo sgranò gli occhi e lanciò un'occhiata alla madre, chiedendosi perché non l'avesse avvertita prima della loro presenza. "Sam, Dean. Che ci fate qui?".
"Anche noi abbiamo concluso la nostra caccia ed eccoci qua!" esclamò Sam sorridendo nella sua direzione in un molto diverso da quello che il fratello le stesse riservando. 
Jo roteò gli occhi e si sistemò lo zaino in spalla, che dalla foga non aveva neanche poggiato a terra prima di abbracciare la madre, e fece una smorfia scherzosa nella loro direzione. "Vado a sistemare le mie cose e torno subito, così possiamo parlare un po': potreste aiutare la mia amica con il resto dei borsoni, per favore?". 
"Conta su di noi" disse Dean annuendo divertito, osservando la bionda dirigersi verso il retro del locale per raggiungere la scala che l'avrebbe condotta alla sua stanza al piano di sopra ed Ellen tornare dietro al bancone con un'aria un po più sollevata. Poi si girò verso il fratello minore con aria di sfida ed il suo sorriso divenne più ampio. "Scommetto che quest'amica sarà una nerd come te, bassa e con l'aria da intellettuale! Va' ad aiutarla tu".
"Ma lo sai che sei proprio un cretino? Ed offensivo?" disse Sam sgranando gli occhi e voltandosi nella sua direzione per guardarlo con incredulità. 
"E sarà sicuramente anche lesbica!" esclamò Dean continuando a non ascoltarlo, ridacchiando e facendogli l'occhiolino. "Proprio il tuo tipo".
Sam sollevò un sopracciglio e capí immediatamente quale sarebbe stato il giusto modo per fargliela pagare: chiuse la mano destra a pugno e la posizionò sul palmo aperto della mano sinistra, accennando un sorriso audace nei suoi confronti. 
Vide il fratello piegare le labbra all'insù e gonfiarsi il petto di orgoglio, sicuro più che mai lo  avrebbe stracciato, così dispose le mani nello stesso modo e diede il via con la testa. 
Passò qualche secondo e si alzò dallo sgabello sconfitto per l'ennesima volta a quella partita di Morra cinese, mettendo su un'aria arrabbiata e infastidita dal fratello che nel frattempo se la rideva, mentre le parole di Sam rieccheggiavano nella sua mente. 
"Sempre le forbici, Dean! Sei prevedibile!". 
Oltrepassò la porta del locale riuscendo a udire ancora le risate divertite del fratello e si disse che gliel'avrebbe fatta passare liscia solamente perché non lo sentiva ridere così da ormai troppo tempo, e un sorriso contagiò anche il suo di viso, specialmente quando una grossa auto lucente attirò la sua attenzione nel parcheggio pieno di auto mal ridotte. 
Sollevò un sopracciglio e fece qualche passo nella sua direzione, scorgendo la carrozzeria impeccabile e estremamente lucente di una splendida auto messa sul mercato quasi un decennio prima. 
Scorse una ragazza con una lunga e folta chioma rossa mogano aggirarsi nei paraggi di quell'auto e sorrise audacemente, sentendosi felice di aver perso quella partita di morra cinese con Sam.  Fratello mio, non sai che ti perdi! 
Osservò il corpo della ragazza facendo vagare lo sguardo su ogni centimetro, e a quella distanza sembrava avere a occhio e croce ventidue, massimo ventitré anni, con tutte le curve al posto giusto e dei jeans che mettevano in risalto il suo lato b, risvegliando qualcosa dentro Dean che lo mise sull'attenti: si avvicinò e cercò di presentarsi, ma la ragazza scosse la testa per mandarlo via senza neanche guardarlo mentre parlava animatamente al telefono con qualcuno che aveva tutta l'aria di averla fatta arrabbiare. 
Dean fece un passo indietro e aspettò pazientemente che finisse la sua telefonata, mettendo un po di distanza fra loro per garantirle un po di privacy, ma quando i minuti iniziarono a scorrere e la ragazza si ostinò a non degnarlo neanche di uno sguardo, Dean si diresse verso il portabagagli aperto dell'auto che le appartenesse, osservando i due borsoni scuri che vi fossero dentro. 
Allungò una mano per afferrarne uno per mantenere la parola data a Jo, ma non appena lo strinse una stretta ferrea gli bloccò il polso facendogli mollare la presa sulla tracolla del borsone; Dean sollevò lo sguardo pronto a colpire chiunque lo stesse bloccando, ma incontrò gli occhi azzurri della proprietaria dell'auto ed esitò per qualche secondo indugiando con lo sguardo. 
Fu facile per la ragazza girare il braccio dell'uomo dietro la schiena, bloccandolo con forza contro la propria auto e facendolo gemere appena di dolore. 
"E tu chi diavolo sei?" chiese la donna tenendolo forte, usando un tono freddo e glaciale. 
"Non é come sembra.." iniziò Dean ridendo nervosamente, cercando di voltarsi per annullare la presa e spiegarle la situazione. 
"A me sembra proprio che tu stia rubando dalla mia auto" continuò seccamente la ragazza sollevando un sopracciglio e sporgendosi appena per guardare parzialmente il viso del ragazzo. 
"Tu devi essere Abby: Jo mi ha chiesto di aiutarti con i bagagli". 
Dean cercò di liberarsi pacificamente, ma la ragazza non accennò a lasciarlo, così si vide costretto ad usare la sua forza per sciogliere la presa e girarle attorno con velocità posizionandosi dietro di lei, passandole il braccio sinistro attorno al collo e schiacciandola contro il suo petto, impedendole il movimento. 
"Povera Jo: se è venuta a caccia con te che non sai neanche immobilizzare qualcuno, è un miracolo che sia viva!" esclamò Dean parlandole nell'orecchio con aria da sbruffone, gonfiando il suo ego per aver neutralizzato la sua presa e per averla immobilizzata con successo.
Abby rise di gusto prima di colpirlo con una forte gomitata dritta al fianco, che le permise di liberarsi dalla presa mentre il ragazzo si piegò in due per il dolore, e lo colpí con un pugno al volto per evitare che potesse intrappolarla di nuovo. 
Afferrò i suoi borsoni e chiuse il portabagagli con uno scatto, prima di fare qualche passo indietro gustandosi la scena con un sorriso, osservando l'uomo tornare nuovamente in posizione eretta e sorridere nella sua direzione come se si fosse davvero divertito.
"La gomitata era per avermi messo le mani addosso, il pugno per averle messe sopra la mia auto senza il mio permesso, idiota!" esclamò Abby ricambiando il sorriso e sollevando un sopracciglio. 
Rimasero ad osservarsi per qualche secondo, studiandosi a vicenda con curiosità: Dean vide bene finalmente il suo bel viso, con due pozzi azzurri impertinenti e orgogliosi che lo guardavano con divertimento, osservando come i lunghi capelli rossicci ricadessero fin sotto al seno, mentre il giubbotto nero sagomato di pelle e i jeans aderenti fasciavano il suo giovane fisico atletico, mente mille strani pensieri iniziarono a girare nella sua mente. 
"Sono Dean Winchester, comunque.." sussurrò l'uomo avvicinandosi e porgendole la mano con un sorriso. 
La donna lo studiò con lo stesso sguardo che Dean le avesse riservato, e dopo qualche istante si sporse appena per stringere forte la sua mano, sostenendo lo sguardo con aria fin troppo fiera. "Abby Harrison. E non toccare mai più la mia roba senza il mio permesso o la prossima volta non sarò così gentile". 
Dopo un'altra manciata di secondi, la donna lasciò la presa sulla mano e si voltò sorridendo mentre si dirigeva a grandi passi verso l'interno della Road House. 
"Tesoro, è andato tutto bene, si?" chiese Ellen sporgendosi per carezzarle i lunghi capelli e sorridendo nella sua direzione, osservando con aria apprensiva la ragazza e sua figlia sedute al bancone. 
Abby sorrise ed annuì, pulendosi le labbra con il tovagliolo di carta dopo aver finito il suo enorme panino ed allontanando il piatto con la mano per poi appoggiare i gomiti sul tavolo; la donna iniziò a raccontare ad Ellen ciò che lei e Jo avessero fatto durante quella caccia, omettendo le parti più terrificante come quando un licantropo l'avesse quasi morsa, prima che lei prontamente lo pugnalasse con una lama d'argento. 
Durante il suo racconto, Abby fece finta di non sentire i discorsi dei due ragazzi poco distanti da loro, intenti a bere una birra e parlottare fra loro, ma sorrise involontariamente quando sentí il ragazzo più alto, seduto accanto al tizio che avesse provato a prenderle le borse dall'auto prima, dire: 
"Piantala, la stai mangiando con gli occhi" e fece finta di nulla, voltandosi verso Jo che aveva preso a parlarle della loro prossima caccia. 
Abby tornò seria e scambiò un'occhiata veloce con Ellen, intuendo immediatamente ciò che stesse pensando e che cercasse disperatamente di trattenersi dal dire. 
"Jo, penso che mi prenderò una pausa invece.." sussurrò accennando un sorriso, osservando quello della giovane ragazza scemare. 
Non prestò attenzione alle proteste di Jo, facendo un cenno quasi impercettibile ad Ellen, che si allontanò facendo finta di nulla, udendo sua figlia dire qualcosa del tipo che i mostri sono sempre in agguato e che non poteva permettersi di prendere pause proprio in quel momento. 
"Credevo che dopo la storia con Cassie avessi smesso di fare il cretino con chiunque!".
Abby inclinò la testa lateralmente per sentire meglio la conversazione tra il ragazzo alto e Dean, aggrottando appena le sopracciglia udendo quella frase, ma poi venne strattonata al braccio da Jo, che la guardò con aria scocciata. 
"Ma mi ascolti? Ho detto che sono scomparse 8 persone in due settimane a Marshalltown, vale la pena controllare!".
Abby sbuffò e scosse la testa, osservando gli indizi che Jo avesse già raccolto, chiedendosi quando avesse avuto il tempo per organizzarsi in quel modo, e poi la guardò in viso: la vide fin troppo speranzosa del fatto che avesse accettato, ma Abby scosse la testa perché non voleva mettersi in contrasto con Ellen dopo tutto ciò che avesse fatto per lei negli ultimi mesi. 
"Jo sono davvero stanca, passiamolo a loro!" esclamò Abby sorridendo, facendo scorrere sul bancone il fascicolo ricco di dettagli fino ai due ragazzi poco distanti da loro. 
Sam e Dean si voltarono verso di lei, aggrottando le sopracciglia ed interrompendo la loro conversazione, ed Abby fece segno con lo sguardo di aiutarla ad uscire da quella situazione; osservò Dean sorridere audacemente, afferrando il fascicolo e leggere velocemente le informazioni che contenesse. 
Scambiò un'occhiata con il fratello e Sam sbuffò sonoramente, scuotendo la testa con rassegnazione e bevendo qualche sorso della sua birra. 
"Ma quello è il mio caso!" esclamò Jo aggrottando le sopracciglia e guardandola con astio, ma Abby fece spallucce e le rispose di aver passato troppo tempo fuori dalla Road House e che fosse arrivato il momento di aiutare sua madre. 
Jo si alzò spazientita, imprecando in maniera incompresibile per la rabbia, e Abby rise di gusto, alzandosi ed afferrando il suo borsone abbandonato sull'unico sgabello che la separasse dai due ragazzi seduti affianco a lei. 
Si diresse ancora divertita verso le scale sul retro del locale, osservando distrattamente Jo che si apprestò ad aiutare sua madre con i clienti del bar dietro il bancone, e si dileguò sentendosi fin troppo osservata. 
Dean sentí un dolore fra le costole e subito si rese conto che il fratellino gli avesse dato una gomitata di proposito per fargli distogliere lo sguardo dal fondoschiena della ragazza che fosse appena sparita sul retro, e si voltò verso di lui imprecando ad alta voce e sgranando gli occhi. 
"Il linguaggio!!" esclamò Ellen fulminandolo con lo sguardo e puntandogli contro l'indice della mano destra, prima di allontanarsi a grandi passi per servire una birra ad un cacciatore che si fosse appena appollaiato al bancone qualche sgabello più in là. 
"Ma perché lo hai fatto?!" chiese Dean colpendo con una manata la spalla del fratello, che sgranò gli occhi e lo guardò spazientito. 
"Dobbiamo trovare papà: non lasciarti distrarre, Dean!" esclamò Sam scuotendo la testa e fissandolo con aria seria. 
Dean lo guardò per un lungo istante con aria seria e sbuffò, perché per il suo fratellino non c'era mai stato spazio per il divertimento. 
Dalla morte di Jessica era diventato tutto lavoro e niente distrazioni, focalizzandosi solamente sul ritrovamento di John e sul vendicare la morte della sua ragazza e della loro mamma. 
"Papà non è esattamente rintracciabile in questo momento!  Finiamo la birra e partiamo per questo nuovo caso finché non si farà vivo, ma non scaldarti tanto!". 


Diede gas alla sua auto, pressando con forza l'acceleratore e sorridendo compiaciuta quando sentí il rombo della sua auto che sfrecciava sulla superstrada; aveva sempre adorato quell'auto e aveva imparato tutto su di essa, riuscendo persino a fare qualche piccola riparazione anche da sola, ma il fatto che fosse di suo padre la rendeva ancora più speciale. 
Abby era ormai in viaggio da due giorni ed aveva quasi raggiunto Marshalltown per scoprire se ciò che avesse trovare Jo fosse davvero un vero caso, e quando arrivò al motel per riposarsi un po, non fece caso che qualche metro più in là vi fosse posteggiata un'Impala del '67 perfettamente tirata a lucido e splendente. 
Scese di corsa e prese una stanza, andando a grandi passi fino alla sua camera per riposarsi almeno tre ore, prima di indossare i panni di un'investigatrice privata pagata per ottenere informazioni. 
Dopo aver fatto una lunga doccia rigenerante, essersi truccata leggermente ed aver indossato un tailleur nero in cui la gonna arrivasse a metà coscia, indossò i suoi occhiali da sole e prende le chiavi della sua auto per raggiungere la stazione di polizia e chiedere più informazioni. 
Non appena chiuse la porta della camera alle spalle si accorse di un uomo appoggiato sul cofano della sua auto azzurra metallizzata, in completo nero molto elegante con le mani all'interno delle tasche, appostato ad aspettarla. 
Pensò subito che si trattasse di un demone, ma poi riconobbe il viso del ragazzo che incontrò qualche giorno prima alla Road House e un mezzo sorriso nacque sul suo volto. 
Si avvicinò e quando anche lui la vide si mise dritto e avanzò qualche passo verso di lei. 
"Ci hai messo tanto, Abby..". 
"Sam, giusto? Che ci fai qui?". 
"Sono Dean" la corresse il ragazzo con una smorfia quasi infastidita, sollevando un sopracciglio e non potendo fare a meno di osservare ogni centimetro del suo corpo fasciato da quel completo elegante. "Non mi aspettavo di vederti in questa città. Sono qui per il caso che hai passato a me e mio fratello".
Abby aggrottò le sopracciglia e scosse la testa ridendo di gusto, sorpassandolo e facendo scattare la serratura della sua auto con il telecomando automatico, posando la sua borsa all'interno; si appoggiò con la mano allo sportello aperto e sorrise divertita. "Non ti ho passato il caso, ho solo finto davanti a Jo, altrimenti Ellen non me lo avrebbe mai perdonato, quindi tu e tuo fratello potete andare!". 
"Ho viaggiato due giorni per arrivare qui, non lascerò il caso!" esclamò Dean sorridendo avidamente, facendo spallucce. "Lascialo tu". 
"Neanche per sogno!" rispose la ragazza sollevando un sopracciglio e guardandolo con aria adirata.  "Questo caso è mio!". 
Abby continuò a guardarlo in cagnesco e pensò che quel ragazzo fosse proprio stupido dato il modo divertito con cui la stesse guardando, e si sporse appena nella sua direzione con curiosità quando lo vide dirigersi verso quell'Impala splendida che avesse visto la sera precedente alla Road House. 
"Ci vediamo alla stazione di polizia, ragazzina!". 



Un forte pugno lo colpí dritto al fianco quando si distrasse per osservare la ragazza appena conosciuta essere sollevata di peso da quell'omone tutto muscoli e tatuaggi che si fosse concentrato su di lei dopo aver mandato a tappeto Sam, scaraventandola addosso alla libreria e facendogliela spaccare con la schiena. 
"Abby, stai bene?!" chiese Sam rialzandosi e correndo nella sua direzione, aiutandola a sollevarsi sorreggendola dalla vita. 
La ragazza fece una smorfia per una brutta fitta alle costole e sperò vivamente di non essersene incrinata qualcuna, lasciandosi sollevare dal ragazzo e gemendo appena mentre si pressava la pelle ferita del braccio destro che doveva essersi scorticata con le schegge di legno. "Niente di rotto, ma è quel bestione che mi preoccupa!".
Abby lasciò la presa di Sam e guardò Dean combattere contro l'altro uomo, a cui iniziò a colare dell'ectoplasma da entrambi gli occhi. 
"Hai detto che i loro resti si trovano al cimitero a nord della città?" chiese Abby guardando velocemente il ragazzo accanto a sé, per poi concentrarsi su quell'omone tatuato avvicinarsi verso di loro con aria mista tra il minaccioso e l'ilarità.
"Si, che vuoi fare?!" chiese Sam mettendosi davanti a lei automaticamente a mo' di scudo, per difenderla. 
"Tenete duro!" esclamò la ragazza correndo fuori da quella strana casa abbandonata in cui si fossero ritrovati durante le loro investigazioni. 
Salì in auto e partí a tavoletta, sperando che la sua lotta contro il tempo avrebbe portato i risultati sperati, mentre ripensava a quanto successo in quella strana giornata: dopo che quella mattina Abby e Dean si fossero incontrati nel parcheggio, avevano deciso loro malgrado di unire le forze ed indagare insieme invece di farsi la guerra per chi dovesse seguire la pista. 
Scoprirono che le otto persone scomparse vennero rapite e torturate da due poltergeist che erano stati assassinati quasi duecento anni prima, tornati sotto forma di spirito per vendicarsi verso i discendenti dei loro assassini. 
Abby accelerò sempre di più, riuscendo ad ottimizzare i tempi e ad arrivare in meno di dieci minuti al cimitero: scavalcò il cancello e si diresse verso la cripta dei due coniugi correndo, scassinandone la serratura. 
Scoperchiò le tombe, spostando il freddo marmo che fungeva da coperchio con un grande sforzo, e cosparse le ossa con mezza tanica di benzina lanciando scivolare il suo fedele zippo all'interno, ammirando con un sorriso le fiamme che danzavano e i resti bruciare.
Tornò indietro ed uscì dal cimetero scavalcando nuovamente il cancello alto, arrivando fino alla sua macchina; partí sgommando, facendo la stessa strada a ritroso per tornare dai due fratelli sperando che il suo piano avesse fermato i due omoni posseduti contro cui stavano lottando. 
Attraversò la città violando tutti i limiti di velocità, mentre il suo cuore batteva un po troppo veloce all'idea di non aver fatto in tempo; fermò l'auto proprio davanti l'entrata della grande casa abbandonata, scrutando all'interno ma con scarsi risultati per via del buio della notte e per un momento trattenne il respiro, sperando di non essere arrivata troppo tardi e che i due uomini posseduti dai fantasmi non avessero ucciso Sam e Dean. 
Scese dalla macchina con incertezza e si guardò attorno, non riuscendo a percepire nemmeno un suono e si avvicinò al portico in legno di quella casa fatiscente impugnando la sua pistola e tenendola stretta; non riuscì a prevederlo, né tanto meno a fermarlo, quando un leggero colpo alle gambe la fece traballare, cadendo rovinosomante a terra e facendole mancare per qualche secondo il terreno sotto ai piedi. 
Pensò subito che i due uomini avessero finito con i fratelli e che adesso fosse il suo turno, quando una risata ormai familiare la fece tornare a respirare e a rilassarsi: vide Dean, con una ferita allo zigomo e del sangue sparso sul viso, uscire dall'ombra del portico ed avvicinarsi a lei con un grosso sorriso divertito, e dietro di lui scorse Sam, anche lui ferito al volto ma in maniera meno grave del maggiore, con un'espressione rassegnata, scusandosi al posto del fratello con uno sguardo. 
"Dovevi vedere la tua faccia quando sei scesa dall'auto!" esclamò Dean tornando a ridere, tenendosi la pancia con le mani. 
Abby assottigliò gli occhi per la rabbia ed insinuò velocemente la gamba sinistra fra le sue, tirando con forza e facendolo finire a terra rovinosamente, e questa volta fu il suo turno di ridere di gusto. "Sei un idiota Dean, pensavo di non essere arrivata in tempo o di avere sbagliato ossa". 
Il ragazzo continuò a ridere, ma si trovò costretto a fermarsi quando sopraggiunse un dolore allo sterno ed alla spalla destra, dovuti all'incontro di box che si fosse appena tenuto all'interno di quella  casa abbandonata, che molto decenni prima era stata la tenuta dei fantasmi che ormai avessero smesso di seminare terrore e morte. 
"I due uomini posseduti?" chiese Abby tirandosi a sedere ed alternando lo sguardo fra i due, sorridendo e sentendo il maggiore gemere appena mentre si sedeva sul terreno per mettersi più dritto. 
"Si faranno una bella dormita.." rispose Sam sorridendo e guardando i due ragazzi ancora a terra con aria divertita. "..abbiamo chiamato i soccorsi, quindi è meglio andare via prima che arrivino!". 
Dean si alzò facendo leva sulle gambe e guardò la ragazza ancora seduta con aria di chi gliel'avrebbe fatta pagare, tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi. "Sono d'accordo, fratellino". 
Abby si lasciò aiutare ricambiando il sorriso divertito e si mise in piedi, guardandoli inclinando la testa ed alternando nuovamente lo sguardo fra i due, dicendo con tono canzonatorio: "Vi ho salvato il culo, siete in debito". 
Dean sollevò il dito puntandalo contro di lei e si dovette trattenere dal dirle che andare a controllare quella casa fosse stata una sua stupida idea e che lui e suo fratello l'avessero solamente assecondata; si morse la lingua per non dirle che se loro non avessero seguito il caso insieme a lei, probabilmente sarebbe morta da un pezzo. Sorrise sghembo e per un momento si sentí come un normale ragazzo di ventisei anni, intento a scambiare qualche battuta con una ragazza conosciuta da poco, mentre il fratellino lo prendeva in giro alle spalle. 
"Andiamo a farci una bella bevuta allora, ragazzina".
Abby sorrise e si fece largo fra i due ragazzi, avvicinandosi alla sua macchina ed entrando per accenderla, e dopo pochi istanti senti l'Impala accostarsi alla sua auto. Così si voltò a guardarli con un sorriso."Ho visto un pub aperto mentre tornavo dal cimitero, ci vediamo lì?". 
"Se riesci a starci dietro, certo!" esclamò il maggiore ridendo di gusto mentre faceva rombare il motore della sua Impala, sgommando senza neanche dare il tempo alla donna di rispondere.
Non fu sorpreso quando Abby giocò bene le sue carte e riuscì a superarlo, sicuro che stesse ridendo per la vittoria.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 2.
 
 
Il freddo della notte la colpí dritta in viso, spostandole i lunghi capelli rossicci dietro alle spalle, 
mentre Abby si muoveva nel buio di quella campagna in silenzio, impugnando la sua pistola e guizzando lo sguardo da una parte all'altra: non aveva mai paura duranti i casi, le era stato insegnato a gestire i sentimenti in ogni situazione e che c'era sempre una soluzione ai problemi. 
Poteva sempre ribaltare la presa durante un combattimento per avere la meglio e vincere, poteva sempre schiacciare il grilletto prima che la creatura di turno si avventasse contro di lei, poteva sempre uscirne viva. 
Non le era mai stato insegnato che perdere fosse un'opzione nel suo lavoro, poiché equivaleva alla morte, e suo padre Jack, il suo maestro, questo non lo poteva accettare. 
Per tanti anni, Abby era stata allevata amorevolmente e riuscì a crescere in una casa e in una famiglia normale, fino a quando all'età di sei anni la sua mamma venne uccisa lasciandola orfana. 
Quando divenne più grande, suo padre decise che fosse arrivato il momento di addestrarla come un soldato e che dovesse sempre distinguere tra il bene e il male, non superando mai la soglia dell'umanità. 
Provò un brivido lungo la schiena quando un urlo disumano arrivò dritto alle sue orecchie, squarciando il silenzio della notte e terrorizzandola: Abby non doveva avere mai paura, non le era stato concesso. 
Ma quando sentí le urla di suo padre, il suo cuore esplose e la paura più profonda si fece largo dentro di lei: iniziò a correre velocemente fra le erbacce alte fino a giungere al capannone di quella vecchia casa da cui provenivano le grida. 
Fu lì che lo vide. Fu quello il momento in cui il suo cuore si spezzò per sempre ed Abby capí che non sarebbe mai più stata felice. Mai più al sicuro. 
Suo padre giaceva a terra in una pozza di sangue, il collo squarciato ed il volto di chi aveva lottato e aveva perso, segnato da un dolore indicibile che aveva dovuto provare prima di spirare. 
Abby lasciò andare la pistola e corse verso la sua direzione, scuotendo il suo corpo privo di vita e cercando invano di chiudere la ferita sul collo del suo papà con le sue dita, mentre la vista le si annebbiava per le troppe lacrime ed il dolore le comprimeva il petto fino a soffocarla: tutto ciò che riusciva ad udire era il battito del suo stesso cuore nelle orecchie, i suoi stessi singhiozzi carichi di dolore mentre percepiva il sangue nelle vene ghiacciarsi, non riuscendo più a percepire la realtà attorno a sé, lasciando andare tutto il suo dolore con un forte urlo.*
 
La porta si aprì di colpo ed Abby sobbalzò aprendo gli occhi e svegliandosi bruscamente madida di sudore, afferrando la pistola dal comodino e puntandola velocemente in quella direzione, mentre il cuore le batteva forte nel petto ed il ricordo di quella terribile notte continuava a rieccheggiarle per la mente. 
"Abby, metti giù la pistola!". 
La voce familiare la riportò alla realtà e subito abbassò l'arma con un gesto meccanico mentre un grande senso di disorientamento invadeva la sua mente, scuotendo la testa ed iniziando a respirare velocemente per lo spavento: si guardò attorno e subito si ricordò di essere tornata m in una delle camere sopra la Road House, dopo le numerose cacce a cui si fosse dedicata nell'ultimo mese nel tentativo vano di smettere di pensare a quella notte e al grande dolore che non la faceva respirare se restava senza fare nulla troppo a lungo, permettendo alla sua mente di rievocare molti ricordi. 
"Stai bene?" chiese Jo avvicinandosi con sopracciglia aggrottate, cercando di scrutarla per capire cosa avesse la sua amica che non andava. 
"Si, ma non entrare più così quando dormo!" esclamò Abby con tono aspro, rimettendo la pistola sul comodino ed asciugandosi la fronte zuppa di sudore, mentre ancora il cuore non accennava a rallentare la sua corsa. Si alzò cercando di schivare le numerose bottiglie che giacessero vuote sul pavimento e guardò la sua amica, che nel frattempo si era avvicinata di più con aria entusiasta. "Che hai da sorridere, Jo?". 
"Beh vedi, sono appena arrivati i Winchester.." rispose Jo sorridendo ancora di più, arrossendo appena e portandosi i capelli dietro l'orecchio con la mano destra, facendo vagare lo sguardo verso il suo armadio. 
In altre circostanze ed in tempi diversi, avrebbe sorriso di quell'aspetto ancora molto infantile di Jo e l'avrebbe quasi trovato un gesto tenero, ma non questa Abby. Questa Abby si sentiva spazientita dai suoi atteggiamenti infantili e avrebbe tanto voluto urlare alla sua amica di svegliarsi e di iniziare a vivere la sua vita andando al college o iniziando a lavorare per conto suo, ma si morse la lingua per rispetto di Ellen, che invece l'aveva accolta aprendendole tutte le porte quando aveva saputo di ciò che fosse successo a suo padre. 
"Hai una cotta per Dean?" chiese Abby sforzandosi di sorridere in maniera complice come avrebbe fatto fino all'anno prima, ma invece venne fuori una smorfia che fece sollevare un sopracciglio alla bionda davanti a lei.
"Può darsi.." sussurrò Jo sorridendo, iniziando a dondolarsi sul posto e ridendo di gusto, iniziando a raccontarle il modo in cui lo avesse conosciuto e la volta in cui fossero stati a caccia insieme. 
Abby roteò gli occhi e poi li portò al cielo, ripensando alle cacce che avesse condiviso con i due fratelli nelle ultime settimane, e chiedendo a qualsiasi divinità la potesse sentire di ucciderla subito per non dover sentire una parola di più della sua amica. "Va bene Jo, ho capito! So perché sei nella mia stanza: prendi quello che vuoi dal mio armadio ma non rovinare i miei vestiti, intesi? Vado a fare una doccia". 
La donna si sforzò di non sentire le urla di gioia che Jo avesse iniziato ad emettere mentre si dirigeva verso il suo armadio, ed entrò nel piccolo bagno che quella stanza le offriva: si sfilò velocemente quei corti pantaloncini colorati e la conottiera nera che indossava per dormire, accendendo il getto d'acqua e regolando la temperatura, sperando che almeno l'acqua calda avrebbe allontanato quei brutti ricordi e quelle brutte sensazioni. 
 
 
Si chiuse la porta alle spalle con i capelli ancora umidi ed ondulati, cercando di ignorare il caos che il passaggio di Jo avesse lasciato nella sua stanza; aveva indossato i suoi adorati jeans aderenti con degli strappi sulle cosce e una canottiera bianca, aveva coperto appena le occhiaie con un filo di trucco, e prese un lungo respiro prima di spingere la porta scorrevole ed entrare nel locale. 
Vide qualche cacciatore intento a mangiare qualcosa seduto ai tavoli e intravide in fondo alla sala i due fratelli con cui avesse cacciato un paio di volte dopo la prima volta a Marshalltown, ma fece finta di non notarli, sedendosi al bancone ed appoggiando gli avrambacci ad esso, assicurandosi che Ellen si trovasse nel magazzino a dare un'occhiata alla merce che doveva arrivare proprio quel giorno. 
Puntò i piedi contro la assi laterali dello sgabello e si piegò sul bancone per sporgersi a prendere una bottiglia di Whisky invecchiato, afferrando un bicchierino per riempirlo fino a metà. 
Sospirò e bevve velocemente il contenuto tutto d'un fiato, poggiando il bicchiere sul bancone e sentendo la gola ed il petto bruciare; fece una smorfia, ma successivamente sentí la voce fin troppo familiare della sua amica parlare con i due ragazzi e captò una delle frasi che aveva sempre odiato sentire. "È ancora sconvolta, il padre è stato ucciso da un demone 6 mesi fa". 
Si versò un altro bicchiere di Whisky, questa volta più abbondante, e mandò giù per la gola anche questo tutto d'un fiato quando sentí dei passi farsi sempre più vicini alle sue spalle. 
"Festeggi qualcosa?". 
Abby si voltò verso il suo interlocutore con aria scocciata e vide Dean sedersi accanto a lei sorridendo ed incrociando le mani sul tavolo, riservarle un'unica rapida occhiata prima di lasciare vagare lo sguardo sull'ampia scelta di alcolici a cui Ellen teneva tanto; la donna guardò Dean in viso, che però non la guardava, ed aggrottò le sopracciglia, ma quando finalmente l'uomo incrociò il suo sguardo, Abby non ci mise più di cinque secondi a distoglierlo.
Con un'occhiata lesse in lui tutto ciò che lei stessa vedeva nello specchio da ormai 6 mesi, uno sguardo carico di sofferenza e di odio verso qualcuno, e ad Abby venne un forte nodo allo stomaco che nulla c'entrava col fatto che avesse appena bevuto il terzo cicchetto di Whisky senza neanche aver fatto colazione. 
Ne versò un quarto ed osservò il liquido chiaro per qualche secondo, prima di voltarsi verso il ragazzo e passarglielo con un sorriso di comprensione; Dean volse lo sguardo confuso verso di lei e successivamente afferrò il bicchiere, sospirando prima di mandare giù quell'alcol che gli bruciò immediatamente il petto.
"Stai bene?". 
Abby sorrise per la prima volta da quando si fosse svegliata quella mattina e scosse la testa, sentendo il viso dell'uomo volgersi verso di lei per osservare la sua espressione, mentre pronunciava un freddo e secco: "No, e tu? Hai un'aria da schifo". 
Dean la guardò con aria incredula, chiedendosi mentalmente perché mai avrebbe dovuto dire una cosa del genere proprio in quel momento, ma solo analizzando i suoi occhi capí che fosse all'oscuro di ciò che fosse successo e che quindi Jo non le avesse ancora raccontato nulla. Si rilassò sullo sgabello e accennò l'abbozzo di un sorriso, voltandosi con il busto nella sua direzione, appoggiandosi al bancone col gomito destro. "Ti va di fare un giro?".
Abby lo guardò con aria divertita e istintivamente sollevò un sopracciglio per chiedergli se non gli fosse bastato il sonoro no che gli avesse propinato le ultime volte che avessero cacciato insieme, quando Dean aveva cercato in tutti i modi di farla cedere per portarsela a letto, ma poi lo sguardo le cadde su quello di Ellen intenta ad asciugare i bicchieri puliti per porli sulla credenza, che la guardava con la solita aria da Tesoro, stanotte hai fatto un altro incubo sulla morte di tuo padre? Oh, povera piccola e il brutto nodo allo stomaco tornò a farle compagnia. 
Si alzò dallo sgabello ed annuì sorridendo. "Prendo la giacca". 
 
 
 
Camminavano in silenzio ormai da una ventina di minuti per le vie del Falls Park di Sioux Falls, rimanendo di tanto in tanto incantati dalle cascate e dalla storia di quel posto: Abby si fermava ad osservare ogni statua ed ogni leggio che riportasse delle informazioni su quel luogo e su come si fosse creato moltissimi decenni prima, quando un villaggio costruì proprio in quel punto prima che i ghiacciai iniziassero a sciogliersi, andando ad alimentare il fiume Sioux che attraversava la città. 
Si sentiva improvvisamente così euforica camminando in quel parco in cui non era mai stata, guardandosi attorno e facendo delle fotografie mentali, pensando che avrebbe inserito quella giornata nella top ten degli ultimi due mesi. 
Dean sorrideva ogni qualvolta la sentisse blaterare su quanto fosse scorbutico e che documentarsi sulla storia di quel posto non lo avrebbe ucciso, ma decise di restare con le mani nascoste nelle tasche della sua giacca di pelle marrone, dato che aveva visitato quel parco almeno un centinaglio di volte quando era piccolo e suo padre scaricava lui e suo fratello da Bobby fino a quando non avrebbe portato a termine la sua caccia; adocchiò una panchina e decise che sarebbe stato un ottimo posto per continuare a fare passare il tempo durante quell'esima brutta giornata, ma Abby insistette molto per prendere prima qualcosa da mettere sotto i denti. 
Quando il ragazzo si rifiutò di mangiare, Abby capí che qualcosa davvero non andasse in lui e che probabilmente fosse arrivata l'ora di smettere di fare la turista in vacanza ed assecondarlo; si sedettero sulla panchina e Dean guardò dritto davanti a sé con sguardo vitreo, mentre Abby iniziò a chiedersi perché le avesse chiesto di uscire se non aveva la minima voglia di parlare. 
La ragazza si voltò nella sua direzione appoggiando il gomito al dorso della spalliera della panchina e lo guardò, notando nuovamente quel suo sguardo triste e sofferente, chiedendosi cosa potesse averlo ridotto in quello stato. 
"Lo so che ogni tanto parlo troppo, ma non penso che la mia parlantina sia in grado di riempire tutti questi silenzi". 
Dean parve destarsi da un vortice di pensieri negativi nel quale fosse finito e voltò il capo nella sua direzione, guardandola con aria confusa. "Cos'hai detto?". 
"Ecco, appunto.." sussurrò Abby sorridendo divertita, scuotendo la testa e guardandolo con aria indagatrice.  
"Scusa, non sono dell'umore: sono un po' stanco" rispose Dean facendo spallucce e tornando a guardare dritto davanti a sé, sospirando rumorosamente e scuotendo appena la testa, mentre milioni di pensieri negativi tornavano a tormentargli la mente. 
Abby si rilassò sulla panchina appoggiandovi la schiena e si morse un labbro, pensando che Dean aveva probabilmente bisogno di un po di tempo e che l'avesse utilizzata come scusa per evadere dal fratello per un po, ma poi capí che doveva essergli capitato qualcosa di davvero orribile per averlo ridotto in quel modo. 
Dean aveva la mascella contratta, il viso piegato in un'espressione seria e concentrata su qualcosa che aveva tutta l'aria di fargli davvero male, mentre si torturava le mani in maniera nervosa, ed il corpo era completamente tirato in una posa fin troppo rigida. 
Fu tentata di chiedergli che cosa lo turbasse così tanto, ma dopo qualche momento vide Dean voltarsi nella sua direzione con negli occhi la stessa sofferenza che avesse letto alla Road House, in cerca di una boa di salvataggio che lo potesse aiutare a non precipitare in quel mare di disperazione in cui fosse finito. 
"Mio padre è morto qualche giorno fa.." sussurrò Dean con un filo di voce, mentre gli occhi si imperlarono di uno strato di lacrime trasparenti, che però ricacciò indietro per non lasciarsi vedere fragile neanche da lei. Una cosa che avevano in comune. "E Sam sta cercando in tutti i modi di farmene parlare, vuole che io liberi i miei sentimenti, ma..".
"Ma tu non ci riesci con lui: tipico rapporto complicato con i fratelli minori.." sussurrò Abby con tono calmo e pacato abbassando lo sguardo e giocando nervosamente con le mani. "Mi dispiace tanto per tuo padre, cosa gli è successo?". 
Dean aprí la bocca per raccontare, ma le parole gli morirono in bocca e rimase a fissarla permettendole di vedere ciò che davvero sentisse in quel momento. Solo dopo qualche minuto trovò la forza per raccontarle ciò che fosse accaduto: dal ritrovamento della Colt alla cattura di John da parte di Meg, dal salvataggio e dal nascondersi in un cottage fino al momento in cui riuscirono a scappare ma un camion colpì la loro auto mandandoli fuori strada. 
Le racconto dell'incidente e di come lui stesso fosse stato davvero vicino alla morte, e di come John avesse donato la sua anima in pasto all'inferno pur di salvare il suo figlio maggiore da una morte sicura. La voce rimase sempre la stessa, il tono sempre pacato e tranquillo, quando però iniziò a incrinarsi per la disperazione ed il dolore per la perdita del padre. 
Abby sentí il cuore iniziare a battere forte e le lacrime fare capolinea sui suoi occhi, così distolse lo sguardo e fu il suo turno di guardare dritto davanti a sé; capiva cosa stesse passando, dopotutto era un'altra cosa che avevano in comune, un padre ucciso da un demone. 
Senza dire niente e senza guardarlo, afferrò la sua mano sinistra e se la portò sulla coscia, stringendola fra le sue: non c'era malizia in quel gesto, cercava solamente un modo per confortarlo per un po. 
Tutto ad un tratto lei non vide più il pallone gonfiato sempre con la battuta pronta piena di doppi sensi, e Dean guardandola vedeva una semplice ragazza col cuore spezzato come il suo e strinse la presa sulla sua mano. 
Rimasero in silenzio per parecchi minuti, perché non c'erano parole da dire che avrebbero potuto alleviare quella sofferenza: si limitarono a stare uno accanto all'altra, a fissare le persone camminare in quel meraviglioso parco, mentre ridevano e vivevano la loro vita con spensieratezza; videro famiglie camminare sorridenti e dei bambini giocare a rincorrersi nel lungo parco, mentre i genitori cercavano di rilassarsi almeno per quella mattina.
Abby si schiarí la gola e trovò finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi, sospirando e sperando che non riuscisse a vedere sotto le crepe che si fossero formate sotto la sua corazza, l'armatura che indossasse ogni giorno per non provare emozioni. "Ce la farai a superare tutto questo..". 
Dean rise nervosamente, senza controllarsi, come se la ragazza davanti a sé avesse detto la cosa più divertente che avesse mai sentito, ma Abby capiva che quella fosse solo una reazione nervosa a tutta quella brutta situazione; lo vide calmarsi e distogliere lo sguardo, così gli strattonò piano la mano, in modo che si voltasse nuovamente a guardarla. 
"Dico sul serio. Ce la puoi fare, lo so che puoi.." sussurrò la ragazza con un filo di voce, sorridendo appena ed annuì convinta, carezzadogli la mano con un movimento circolare del pollice destro. "Ma devi rimanere unito a tuo fratello".
Dean la guardò per dei lunghi momenti interminabili mentre dentro di sé si trovò anestetizzato, come se non riuscisse più a provare nulla dopo ciò che fosse successo, al contrario di quando aveva colpito la sua Impala già distrutta dall'incidente con una spranga di ferro, sfogando il dolore e la rabbia che provasse dentro di sé. Strinse la presa sulle sue mani ed annuì, accennando un sorriso e sospirando, perché forse quella strana ragazza poteva aver ragione. 
 
 
 
"Non mi hai detto dove siete andati e cosa avete fatto"  disse Jo guardando l'amica in cagnesco ed incrociando le braccia al petto, iniziando a provare un po di fastidio dopo ciò che avesse fatto, muovendosi in maniera irrequieta all'interno dell'auto. 
Abby sospirò, perché quella situazione da scolaretta innamorata iniziava a darle sui nervi, così distolse un momento gli occhi dalla strada e la fulminò con lo sguardo, prima di tornare a guardare quell'auto così diversa dall'Impala che Dean fosse abituato a guidare, ma che sfrecciasse sull'asfalto davanti a loro da ormai qualche ora. 
"Jo, abbiamo solo parlato! Aveva bisogno di sfogarsi e l'ho aiutato, fine della storia". 
"Dean non è un tipo da solo parole, soprattutto adesso che è ferito" disse l'amica continuandola a guardare in cagnesco, sentendosi parecchio innervosita e infastidita. 
Abby si chiese come facesse a pensare una cosa del genere su di lei e perché improvvisamente non si fidasse più delle sue parole dopo tutti quegli anni di amicizia e preferì non rispondere, accendendo la radio ed alzando il volume al massimo. 
Jo era riuscita a coinvolgere i due Winchester in una caccia dicendo che gli avrebbe fatto bene smettere di pensare a quella situazione per un po', ed Ellen supplicò Abby di seguirli e di tenere sua figlia al sicuro, così si trovò costretta a mettersi alla guida per oltre 10 ore, per seguire una traccia fino a Red Lodge nel Montana, in cui vi erano stati dei casi di mutilazione di mucche. 
Per Abby era tutto sbagliato e stavano facendo un buco nell'acqua, non avrebbero dovuto seguire alcun caso, specialmente perché erano tutti e quattro feriti e spezzati, ma Jo e Sam avevano insistito molto, quindi si trovò costretta a partire. 
"Svegliami quando saremo arrivate.." sussurrò Jo adagiandosi bene sul sedile, chiudendo gli occhi ed appoggiando la testa al finestrino. 
Abby fece una smorfia nella sua direzione e sospirò scuotendo la testa, pensando che l'unico momento piacevole da passare con lei fosse quando dormiva e si trovasse impossibilitata a parlare: non si sarebbe stupita, però, se tutto ad un tratto Jo avesse iniziato a parlare anche durante il sonno, solo per darle fastidio e a quell'idea, Abby sorrise per la prima volta durante quella mattina. 
 
 
 
 
Si pulí il sangue che le fosse schizzato sul viso e guardò la lama grondante con un sospiro, avvicinandosi e pulendola sulla giacca del cadavere che giaceva a terra ormai senza vita e senza testa. 
Intercettò lo sguardo di Dean, che nel frattempo controllò che tutti stessero bene dopo che avessero appena salvato Gordon dall'attacco dell'intero nido di vampiri; dopo essere arrivati in città ed avere riposato per qualche ora, si erano recati all'obitorio per esaminare una delle vittime, scoprendola con delle lunghe zanne da vampiro nelle gengive. 
Dopo aver seguito varie piste, si erano imbattuti in Gordon che però era poco propenso al collaborare con altri cacciatori, specialmente con due donne che a detta sua non erano fatte per questa vita. 
Adesso Abby si avvicinò all'uomo di colore e lo guardò fulminandolo con lo sguardo, ricordandogli che quella sera fosse sopravvissuto solamente perché lei avesse insistito per seguirlo. 
Gordon cercò di sdebitarsi ed invitò i quattro a bere qualcosa come offerta di pace, e una volta iniziato a mandare giù qualche birra di troppo iniziò a raccontare loro ciò che avesse scoperto durante quella caccia: sapeva da quanti membri fosse composto il nido e chi ne fosse a capo, ma non era ancora riuscito a scoprire dove fosse. 
Quando iniziarono a raccontarsi storie di caccia fin troppo cruenti, Sam scosse la testa e sospirò mentre si alzava, perché davvero non era in grado di sopportare quei discorsi, specialmente per il modo in cui Dean stesse continuando a pendere dalle sue labbra, mentre anche lui esternava ciò che avesse fatto negli anni in cui il fratello aveva passato a Standford. 
Abby si alzò insieme a lui, dicendo che sarebbe tornata in stanza insieme a Sam perché fosse molto stanca e voleva mantenersi in forma per la caccia dell'indomani. Sussurrò un impercettibile non c'è di che e sorrise in direzione di Jo, sapendo benissimo che Gordon sarebbe andato via presto e che lei sarebbe rimasta sola con Dean, perché era questo il motivo vero per cui Jo si ostinasse a cacciare. 
Abby e Sam uscirono insieme dal locale, incamminandosi insieme verso le loro stanze adiacenti del motel, chiacchierando su quel caso e su quanto Gordon non piacesse a nessuno dei due; la ragazza riuscì a notare però come Sam fosse però molto tirato nei suoi confronti diversamente dalle altre volte, ed ipotizzò che fosse per il lutto che avesse appena subito. 
Cercò di chiedergli qualche informazione sul college e su ciò che avesse fatto, come fosse stata la sua esperienza e cosa studiasse, ma poi il ragazzo si fermò proprio in mezzo al marciapiede, a pochi passi dal motel e la guardò in cagnesco. "Senti, sappiamo entrambi che sei qui solo per infastidire Dean, non è necessario parlare!". 
Abby sgranò appena gli occhi e lasciò che la bocca si spalancasse appena, guardando il suo viso adirato con frustrazione; sospirò e fece spallucce, mentre un mezzo sorriso ironico e divertito le increspò le labbra. "Infastidire Dean?". 
Sam continuò a guardarla quasi con ira e assottigliò gli occhi. "Lo vedo il modo in cui vi punzecchiate, ma per favore non coinvolgermi!". 
Abby osservò il modo in cui Sam la guardasse con aria seria e a quel punto fu sicura che non si trattasse di uno scherzo; lo guardò con dispiacere e piegò gli angoli delle labbra all'ingiú. "È quello che pensi davvero Sam?". 
Il ragazzo annuì con forza e non fece subito caso al cambiamento repentino nello sguardo della donna, che sospirò e sorrise amaramente. "Ho colto l'occasione per andare via insieme a te perché volevo stare da sola con te, Sam. Inizio a considerarti un amico e tuo fratello mi ha raccontato ciò che è successo a vostro padre. Volevo solamente dirti che mi dispiace tanto che stiate passando tutto questo e volevo esserti d'aiuto. Ma non sono affari miei, scusami". 
L'espressione di Sam si modificò udendo quelle parole e leggendo nei suoi occhi solamente onestà e dispiacere, e la vide fare spallucce ed accennare un piccolo sorriso imbarazzato prima di voltarsi per compiere gli ultimi passi che la separavano dalla sua camera, dove avrebbe potuto darsi della stupida per aver anche solo pensato di poter aiutare qualcuno. 
"Aspetta.." sussurrò Sam avanzando di qualche passo con un'espressione mortificata e dispiaciuta, cercando di sorriderle. "Scusami Abby davvero, mi dispiace di aver reagito così, è solo che..". 
La sua frase venne interrotta quando vide un grosso uomo colpire Abby dritta alla nuca, facendole perdere i sensi e cadendo rovinosamente a terra, prima che un pugno colpisce anche il suo viso e tutto ciò che vide fu solo nero. 
 
 
 
Quando vide Gordon puntare ed incidere la pelle dell'avambraccio di Sam per stuzzicare la vampira che fosse legata alla sedia, Dean perse immediatamente le staffe ed iniziò a vedere rosso: tornò definitivamente dalla parte di suo fratello e di Abby, che gli avevano raccontato di essere stati rapiti dai vampiri ma che non avessero loro torto un capello. 
I vampiri avevano spiegato loro di aver smesso di nutrirsi di sangue umano da ormai tantissimi anni e che bevessero direttamente da animali grossi come le mucche per sfamarsi, e chiese loro di essere lasciati in pace perché non avevano scelto di essere dei mostri, ma stavano provando ad essere buoni; dopo essere stato rapiti dai vampiri che non chiedessero altro che essere dimenticati, Sam ed Abby furono rilasciati subito dopo e tornarono immediatamente al motel correndo, notando Dean e Jo che stessero camminando per tornare alle loro stanze. 
Abby si accorse subito che qualcosa non andasse nell'amica e capí che qualcosa dovesse essere andato storto con Dean, ma non era quello il momento di preoccuparsi di ciò; Sam ed Abby corsero da loro, raccontando cosa fosse successo, ma entrambi concordarono con Gordon, perché secondo loro non potevano esistere dei vampiri buoni. 
Dopo aver trovato la casa in cui si nascondessero i vampiri, Gordon legò la vampira che stesse a capo del nido dopo aver ucciso tutti gli altri per provare a tutti e quattro i cacciatori che lui aveva sempre avuto ragione e che i mostri fossero irrecuperabili: tagliò il braccio di Sam proprio sopra il viso della vampira, che non appena riconobbe l'odore del sangue umano sfoderò i canini affilati dimenandosi per avvicinarsi alla fonte. 
Ma ciò non fece desistere i cacciatori, che riuscirono ad immobilizzare e a legare Gordon alla sedia pur di non ucciderlo, permettendo alla vampira di scappare per iniziare da capo la propria non-vita da qualsiasi altra parte, consigliandole di rendersi irrintracciabile per sfuggire a Gordon, che sarebbe rimasto legato in quella casa per almeno i prossimi due giorni. 
 
 
Quando aprì gli occhi quella mattina, Abby ricordò immediatamente lo stesso incubo che facesse ogni notte da mesi, rabbrividendo appena quando si rese conto che non fossero solamente sogni, ma che tutto ciò che riviveva la notte le fosse successo davvero. 
Spostò lo sguardo sulla stanza che condivideva con Jo e la vide dormire ancora sotto le coperte, e sorrise pensando che nonostante la trovasse molto petulante e fastidiosa, le volesse un gran bene.
Ripensò alla sera precedente, quando dopo essere tornati al motel dalla caccia ai vampiri, Jo le avesse raccontato il modo in cui avesse provato a parlare con Dean, lasciandogli intuire ciò che sentisse nei suoi confronti e che le sarebbe tanto piaciuto provare ad iniziare ad uscire sola con lui: ma Dean non aveva lasciato speranze, anzi era stato molto chiaro proprio perché teneva molto a Jo, ma non nel modo in cui lei avrebbe voluto. La considerava una sorellina, una bambina rispetto a lui, e cercò di essere il più delicato possibile, e questo Abby non poté che riconsocerglielo mentre lasciava che la sua amica si sfogasse.
Guardò l'orologio e si rese conto che fossero ancora le quattro di mattina, ancora troppo presto per svegliare gli altri e partire: si sedette sul letto ed indossò le sue scarpe ed il lungo cardigan, diregendosi fuori e chiudendosi la porta alle spalle senza fare rumore.
Scese dal portico e si  avvicinò alla sua auto posteggiata proprio davanti alla sua stanza al pianterreno, sfiorando con i polpastrelli la lamiera che sembrava quasi essere vellutata dopo aver passato la cera sulla carrozzeria, e la guardandò con un sorriso malinconico, ricordando quante volte avesse visto il suo papà sorriderle al volante mentre sfrecciava avanti e indietro per il paese con sempre e solo lei al suo fianco.
"Non riesci a dormire, eh?".
Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare e si voltò di scatto, trovando Sam avvolto in una grande felpa a pochi passi da lei, che però subito si scusò con un sorriso per averla spaventata in quel modo. 
"Neanche tu, vedo.." sussurrò la ragazza rabbrividendo appena quando la brezza della mattina le colpì il viso, stringendosi ancora di più dentro il cardigan. 
Abby si avvicinò e si sedette sul portico, e dopo poco lo fece anche Sam, che si voltò a guardarla con un sorriso imbarazzato. "Volevo ringraziarti per quello che hai detto prima, su mio padre. Sono ancora molto sconvolto e mi dispiace di averti..". 
La ragazza scosse il capo e distolse lo sguardo, portandosi le ginocchia al petto e sospirando. "No, te l'ho detto: non sono affari miei e non avrei dovuto immischiarmi".
Sam la osservò attentamente: la mascella contratta, lo sguardo lontano dal suo per evitare che potesse scrutare qualsiasi arcano segreto stesse custodendo, la posa rigida, e per un momento gli sembrò di vedere suo fratello. Sorrise all'idea, ma poi tornò serio, osservando ancora la sua aria malinconica. "Cos'è successo a tuo padre?". 
Abby si voltò come una molla nella sua direzione, guardandolo con aria scioccata perché nessuno gli aveva mai chiesto cosa fosse successo, forse perché la notizia si era diffusa presto fra i cacciatori e lei non dovette ripetere quell'orribile storia un'infinità di volte. Sospirò e si rilassò appena, mordendosi il labbro e guardando dritto davanti a sé, mente il cuore batteva forte nel suo petto. "Un demone lo ha ucciso brutalmente e me lo ha portato via per sempre..".
Sam sentí la sua voce temare appena così come il resto del suo corpo e istintivamente le passò una mano sulla schiena, stabilendo un contatto per darle un po di conforto ed aiutarla come lei stesse facendo con lui e sui fratello. "Mi dispiace tanto, Abby. Non sarai triste per sempre".

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 3.
 
 
Greenwood, Mississippi. 

Il silenzio della notte illuminata dalla luna piena e dai pochi lampioni che collegassero il motel al pub più vicino, era interrotto solamente dal suono delle loro risate e dal racconto dei loro aneddoti su quei pochi sprazzi di vita normale che entrambi possedessero; nelle ultime due settimane Abby si era trovata a lavorare nuovamente a stretto contatto con i due fratelli Winchester, ed iniziò a pensare che per qualche strana beffa del destino loro sapessero sempre dove trovarla. 
Ma Abby non sapeva che Ellen chiamasse Sam e Dean tutte le volte che lei lasciasse la Road House per andare a caccia, chiedendo loro il favore di andare a controllare che stesse bene e che non si cacciasse troppo nei guai.
La ragazza però aveva sfruttato l'occasione per stare più a contatto con entrambi, cercando come potesse di aiutarli a superare ciò che fosse successo a John, perché ci era già passata e sapeva quanto facesse male.
Abby cercava di alleviare il loro dolore, distraendoli e sollevando spesso delle polemiche inutili solamente per vederli bisticciare bonariamente fra di loro, iniziando ad abituarsi a tutto ciò e a nutrire dei sentimenti affettuosi per entrambi, nonostante questo fosse ciò che Abby avesse sempre cercato di evitare. 
"Tu non parli mai di te.." sussurrò Dean con le mani all'interno delle tasche dei suoi pantaloni, mentre transitavano nel parcheggio del motel. 
Parlò dopo un breve momento di silenzio, in cui entrambi si erano persi dietro a qualche pensiero che attanagliava le loro menti. 
Abby si voltò verso di lui aggrottando le sopracciglia e sorridendo ironicamente. "Ma se ti ho appena raccontato delle cose imbarazzanti che combinavo quando ero piccola: questo è molto personale". 
"Una bambina che va in giro per la scuola con tante armi nella borsa non mi sembra una cosa così profonda come cosa, però.." rispose Dean sollevando un sopracciglio e fissandola con aria di sfida con le braccia incrociate al petto, fermandosi al centro della piazzola del motel proprio vicino alle loro auto. 
Abby si strinse di più nella grande giacca di pelle che Dean le aveva messo sulle spalle quando erano usciti dal locale e lei aveva iniziato a tremare per il freddo, avendo giudicato la serata fin troppo calda per portarsi dietro la giacca, e si fermò davanti a lui con un sorriso curioso sul volto, intenta più che mai a cambiare argomento. "Sai, la sera non devi rinunciare alle tue conquiste per fare compagnia a me. Posso cavarmela da sola: l'ho sempre fatto". 
Dean scoppiò in una fragorosa risata, ricordando le sere in cui  Abby lo avesse beccato a scambiare degli sguardi con delle ragazze nei pub e lo avesse incoraggiato a lasciarsi andare e a dimenticare per un po i problemi e le cacce che li circondassero, ma lui le aveva sempre rinfacciato che non permetteva a sé stessa di lasciarsi andare e che quindi non avrebbe accettato consigli da chi non era in grado di metterli in pratica. "Non sono dell'umore, lo sai. Con tutta questa storia di papà e di Sam, passare la notte con una ragazza qualunque non è una priorità". 
Il sorriso di Abby scemò e accennò una smorfia dispiaciuta, annuendo e guardandolo con tutta l'aria di chi lo capisse; aveva anche lei dei fratelli e sapeva come un problema di uno di loro potesse tormentare tutti. "La situazione non si è ancora calmata con Sam?". 
"Beh, quando tuo padre ti dice prima di morire di riuscire a salvare tuo fratello oppure di ucciderlo, la situazione non si può calmare" disse Dean facendo spallucce, mettendo le mani nelle tasche anteriore dei jeans e sospirando, mentre la sua espressione si sforzava di essere sempre divertita e spensierata.
Abby abbassò il capo per un attimo mordendosi il labbro e non riuscendo a fare a meno di dispiacersi, pensando a quanto dovesse essere dura e pesante per lui prendersi cura di Sam in una situazione come quella. 
Una brezza leggera le solleticò la schiena, passando attraverso la giacca di pelle e la sua sottile canottiera di cotone, e si rese conto che fosse ormai giunta l'ora di andare a dormire e per Dean fosse arrivato il momento di raggiungere Sam in camera, che li aveva lasciati al pub dopo meno di una mezz'ora che avessero cominciato a bere. 
"Giusto.." sussurrò la ragazza tornando a guardarlo ed accennando un sorriso mentre si toglieva la grande giacca di pelle porgendogliela. "Grazie ancora, adesso è meglio rientrare". 
Dean indugiò un momento sul suo sguardo con espressione seria, perché non si era accorto che si fosse fatto tardi e che il tempo fosse volato, dopo che avesse aspettato di passare la serata con lei come ormai accadeva di consueto. Allungò la mano verso la giacca ed inavvertitamente le sfiorò il dorso della mano con i polpastrelli, sorprendendo se stesso ad accarezzarla con un sorriso. "Abby, ti va di..". 
Qualsiasi cosa stesse per dire gli morì in bocca: un po' perché la situazione stava diventando abbastanza strana per entrambi, un po' perché uno scricchiolio sospetto attirò la loro attenzione proprio alle loro spalle, in direzione del piccolo bosco che si diramava alle spalle del motel. 
Lasciarono cadere la giacca a terra ed entrambi estrassero la loro pistola e la puntarono verso la direzione del suono, aguzzando la vista e l'udito per prepararsi a qualsiasi cosa potesse sbucare da lì. 
Sentirono il rumore una seconda volta e si avvicinarono di uno o due passi dopo essersi scambiati un'occhiata complice, fin quando si accorsero di un'ombra che iniziò lentamente a venirne fuori, e ciò che videro li lascio del tutto spiazzati. Un uomo sui ventisette o ventotto anni avanzava verso di loro con aria disorientata e confusa, strizzando gli occhi neri e cercando di coprirseli con le mani per ripararsi dalla luce fioca che emanavano i lampioni, mentre dei canini lunghi e affilati sporgevano dalle sua labbra senza che potesse averne il controllo. 
Abby rimase qualche secondo paralizzata, poi osservò Dean rimettere la pistola a posto con un gesto veloce ed estrarre dalla guaina dei pantaloni una lunga lama tagliente, per fare qualche passo verso il ragazzo avendo tutta l'intenzione di tagliargli il collo in maniera rapida, mentre ringraziava mentalmente che per una volta fosse stato il lavoro a trovare lui. 
Istintivamente Abby si avvicinò a Dean, spintonandolo e facendogli cadere a terra la lama, non riuscendo a staccare gli occhi di dosso a quel neo vampiro, che iniziò a guardarla con aria sbalordita. 
"Abby, ma che fai?!" chiese Dean imprecando ed afferrando nuovamente la lama, ma questa volta la ragazza fu più veloce. 
Avanzò mettendosi davanti a lui e dandogli le spalle, osservando più da vicino l'uomo con le zanne affilate che piano piano iniziarono a rientrare, assumendo l'aspetto umano che riconobbe subito. 
"Nathan?!". 
 
 
I tre cacciatori continuavano ad osservare il ragazzo seduto sulla sedia del tavolo dentro la stanza di Abby, dopo che lei lo avesse avvolto con una coperta perché tremava dal freddo; i due fratelli lo studiarono bene e gli fecero qualche domanda innocua, scoprendo che avesse la stessa età del maggiore e notando che portasse al collo un ciondolo a forma di mezza luna molto raffinato ed elegante. 
Abby si schiarí la voce ed attirò l'attenzione del ragazzo seduto davanti a sé, mentre osservava di tanto in tanto con la coda dell'occhio i due Winchester in piedi alle sue spalle che si tenevano pronti a qualsiasi evenienza, non capendo ancora perché la ragazza non avesse voluto ucciderlo subito. "Allora Nathan, vuoi dirmi che ti è successo?". 
Il ragazzo si focalizzò su di lei, nonostante fosse ancora molto confuso e instabile, riuscendo ad udire battere i cuori dei tre presenti. "Stavamo lottando contro un gruppo di vampiri, ma hanno avuto la meglio e hanno ucciso April. Poi non ricordo più nulla". 
Abby sospirò mentre teneva i gomiti appoggiati al tavolo e la schiena dritta, così lo guardò con tristezza ed annuì con dispiacere: conosceva la sua famiglia da ormai molti anni e sapere che la notte avesse per sempre strappato loro due membri, rendendola molto addolorata. "Mi dispiace tanto per tua sorella, Nath". 
Nathan annuì e nonostante fosse molto legato ad April, in quel momento non riuscì a provare dolore per la morte della sua sorellina: l'aveva vista morire quando quel vampiro si avventò su di lei per succhiare via fino all'ultima goccia di sangue, prima che un altro iniziasse a divertirsi con lui, trasformandolo. 
"Mi sono svegliato nel bosco a Wichita, Kansas, e sono riuscito ad uccidere l'interno nido, vampiro dopo vampiro a mani nude.." sussurrò l'uomo sospirando, abbassando appena lo sguardo per vedere la camicia interamente inzuppata di sangue, e si sforzò di ricordare cosa fosse successo dopo. "E poi mi sono ritrovato a pensare a te e credo di.. di aver seguito il tuo odore fino a qui".
Abby sollevò un sopracciglio e lo guardò negli occhi con espressione seria, deglutendo a fatica perché stentava a credere che Nathan avesse cercato aiuto in lei piuttosto che nella sua stessa famiglia. "Ok, dov'è la tua auto? Dobbiamo ripulirla, l'avrai sporcata tutta di sangue".
"Ho corso". 
La ragazza sentí gli sguardi dei due fratelli su di lei e si morse il labbro internamente, continuando a guardare Nathan negli occhi che si atteggiasse come se correre da uno stato all'altro fosse umanamente possibile. "Ma sono più di 10 ore in macchina, come hai..". 
"Non lo so, mi sono ritrovato qui e basta: giusto in tempo per vedere te e quel tizio parlare fuori dalla stanza" disse seccamente Nathan con espressione seria, spostando lo sguardo verso il maggiore dei fratelli con aria infastidita ma presto un colpo di tosse lo fece tremare di più, stringendosi nella coperta mentre iniziava a sudare freddo. 
Dean si schiarí la gola per attirare l'attenzione della ragazza che si voltò nella sua direzione con aria confusa, perché neanche lei sapeva ciò che stesse facendo né come procedere. "Abby, una parola..". 
Abby si alzò immediatamente e sorrise teneramente al ragazzo davanti a sé, sfiorandogli il braccio e dicendogli che sarebbe tornata subito; si voltò verso i due fratelli, che nel frattempo si fossero spostati dalla parte opposta della stanza per poter parlare e non farsi sentire da Nathan. 
"Che c'è?". 
"Hai capito che il tuo amico è un transizione, giusto?" chiese Dean con espressione ironica, per poi divenire serio e guardarla con perplessità perché non riusciva a capire cosa stesse facendo. 
"Certo che si, Dean! Non sono un idiota!" esclamò la ragazza fulminandolo con lo sguardo, serrando le braccia al petto. 
"Allora perché sprechiamo tempo a parlare?" chiese il maggiore ridendo nervosamente, spostando parte della sua giacca per indicare la grossa lama che tenesse nella guaina della cintura. 
Abby guardò prima Sam e poi seguí lo sguardo di Dean sulla lama, e sgranò immediatamente gli occhi con rabbia mista a paura. "No!".
Dean stava per iniziare con una delle sue solite prediche, che questa volta sarebbero state particolarmente aspre, quando Sam gli mise una mano sul petto e gli fece fare un passo indietro, dato che si era già messo a tu per tu con Abby, che aveva tutta l'aria di chi lo avrebbe potuto sbranare da un momento all'altro. "Abby, detesto dirlo ma Dean ha ragione: è questione di tempo prima che la fame abbia il sopravvento sul tuo amico". 
Abby li guardo in cagnesco entrambi, ma si concentrò su Dean che aveva manifestato apertamente la sua voglia di uccidere Nathan; si avvicinò ulteriormente e strinse i pugni per la rabbia. "Dovrete passare su di me prima di ucciderlo". 
"Ma lui potrebbe ucciderci tutti, specialmente adesso che è affamato!" continuò Dean allargando le braccia ed alzando appena il tono della voce, guardandola in cagnesco e scuotendo la testa. 
"Ha attraversato uno stato intero e ha incontrato moltissime persone senza uccidere per venire a cercarmi!" esclamò Abby diventando paonazza per la rabbia, guardandolo con aria truce e adorata. "Nath si controlla, voi non lo conoscete!". 
"E cosa pensi di fare, Abby?", chiese Sam sospirando, utilizzando un tono più accondiscende e annuendo mentre prendeva in considerazione l'idea di assecondarla. "Tenerlo qui per sempre?". 
Abby si rilassò brevemente quando guardò il minore, che quantomeno stesse cercando di aiutarla e di provare altre strade prima della morte. Scosse la testa e sospirò, alternando lo sguardo fra i due. "Qualche tempo fa ho sentito parlare di una possibile cura e..". 
"Oh, andiamo! Non esiste cura per il vampirismo!" esclamò Dean ridendo nervosamente ed alzando gli occhi al cielo, credendo che non gli sarebbe mai successo di prendere le parti di un vampiro. 
Abby roteò gli occhi e sospirò rumorosamente, poi si avvicinò pericolosamente e puntò un dito nella loro direzione. "Se non volete aiutarmi allora andatevene, quella è la porta. Ma se restate, si fa a modo mio! Nathan è mio amico e non lo lascerò morire!". 
I due fratelli si scambiarono una lunga occhiata e il maggiore si trovò suo malgrado ad annuire, convinto dal solito sguardo da cucciolo del fratello, e sospirò scuotendo la testa.
"Vado a dare un'occhiata alle leggende, d'accordo?" disse Sam accennando un sorriso amaro ed allontanandosi per raggiungere il suo portatile, dove avrebbe scansionato ogni file, ogni credenza popolare, qualsiasi cosa che avrebbe potuto aiutare la loro causa. 
Dean fece qualche passo per tornare dall'altra parte della stanza, ma Abby istintivamente lo afferrò dalla camicia, impedendogli di allontanarsi: guardò prima la mano della ragazza sul suo petto e poi sollevò lo sguardo sui suoi occhi azzurri, e subito notò il modo differente in con lui stesse guardando. 
Sorrise appena, perché Abby stava giocando sporco nonostante sapesse di avere un certo ascendente su di lui. 
"Promettimi che non lo ucciderai". 
Dean la guardò a lungo tornando serio e sospirò, e si ritrovò a sfiorarle la mano che ancora stringeva la sua camicia nel tentativo inconscio di rassicurarla, ed annuì suo malgrado. "Te lo prometto, Abby. Ma se dovessi scegliere fra te e lui, sai che sceglierei te". 
La ragazza sorrise vittoriosa ed annuì, stringendo la presa sulla sua mano un'ultima volta per poi lasciarla andare subito dopo, voltandosi e raggiungendo Sam per iniziare le ricerche. 
 
 
 
Quando finí anche l'ultima goccia di caffè, consumato abbondantemente dopo quella lunga notte di ricerche fra libri e siti web, Abby decise che avesse bisogno di idratarsi e di sgranchirsi un po le gambe, così decise di andare al bar a pochi passi dal motel e Sam decise di farle compagnia, perché anche lui aveva bisogno di staccare gli occhi dai numerosi testi che non avevano smesso un secondo di consultare. 
Dean rimase con Nathan, che stava cercando di aiutare come poteva nonostante di tanto in tanto sentisse una grande sete urlare nello stomaco e seccargli la gola, cercando di reprimere la percezione del sangue che scorresse nelle vene del ragazzo seduto davanti a sé: Nathan lo osservò molto durante quella lunga notte, notando gli sguardi che ogni tanto il cacciatore scambiasse con Abby e vide il sorriso appena accennato che nacque su entrambi i volti, e non poté che esserne geloso. 
Sedò questo sentimento sul nascere perché sapeva che avrebbe incrementato la violenza e gli istinti animaleschi che stavano nascendo dentro di lui, crescendo in diretta proporzione alla voglia che provava di squarciare le gole ai tre cacciatori per placare quella sete incessante. 
Nathan si schiarí la voce e si stiracchiò appena su quella sedia, aggiustando la coperta che tenesse ancora sulla spalle e cercò di mettere su un'espressione pacifica. "Tu e tuo fratello lavorate da tanto con Abby?". 
Dean alzò lo sguardo dal libro di scatto e lo guardò con espressione seria e assorta, seduto dalla parte opposta del piccolo tavolo della stanza del motel; contrasse appena i muscoli delle braccia, che stavano distese ai lati del libro che leggeva ormai da qualche ora con scarso interesse. Non gli piaceva aiutare un vampiro, ma ero disposto a dare ad Abby tutto il tempo necessario per elaborare la situazione del suo amico.
"Da qualche mese ci dividiamo i casi" rispose passandosi l'indice ed il pollice della mano destra sulle palpebre e sospirando leggermente, iniziando a sentire la stanchezza farsi largo dentro di lui. Osservò il modo in cui Nathan sorrise amaramente e abbassò lo sguardo sulle sue mani coperte dal plaid, annuendo. "Tu da quanto la conosci?". 
"Dai tempi del college.." sussurrò l'uomo sollevando poco il capo e guardandolo con un sorriso. 
Dean si prese qualche momento per leggere nei suoi occhi che razza di persona fosse, escludendo per un istante la condizione di transizione in cui si trovasse, e non riuscì a fare a meno di leggere la gentilezza e la bontà del suo animo, doti del tutto sconosciute per la maggior parte dei cacciatori. 
"Con tutto il rispetto Nathan, ma questa pista è inutile e quando Abby se ne renderà conto dovremo farti fuori" disse Dean appoggiandosi con la schiena alla sedia e adagiando la mano destra sulla sua lama posta accanto al libro sul tavolo, e lo guardò con aria sicura. "O forse dovrei porre fine a tutto questo adesso..". 
A Nathan scappò una leggera risata divertita, per poi guardarlo con aria perplessa. "Sappiamo entrambi che non lo faresti". 
"E perché non dovrei?" chiese Dean sollevando un sopracciglio con aria infastidita. 
L'uomo si sporse sul tavolo appoggiando ad esso gli avambracci, e sorrise quando vide Dean non indietreggiare ma restare immobile continuando a fissarlo con quell'aria da duro. "Perché so che l'hai promesso a Abby e lei si fida di te, altrimenti non ti avrebbe lasciato qui dentro da solo con me e quella lama che ti tieni stretto. So anche quanto sia difficile conquistare la sua fiducia e scommetto la mia stessa vita che ti sei impegnato tanto per guadagnartela, quindi non commetteresti l'errore di perderla così".  
Dean sollevò un sopracciglio e rimase in silenzio per qualche secondo mentre studiava la sua espressione divertita bonariamente, pensando che avesse parlato più in quel momento che in tutta la sera e la notte precedente. "La conosci davvero bene". 
"Conoscevo la ragazza che era fino a otto mesi fa; questa macchina da guerra che è diventata non ho idea di chi sia" rispose Nathan con un filo di tristezza nello sguardo e nella voce, tornando a rilassarsi sulla sedia e sospirando rumorosamente. 
"Cos'è successo otto mesi fa?". 
Nathan sollevò nuovamente lo sguardo verso di lui e accennò un sorriso amaro, facendo spallucce e sospirando. "Suo padre è morto e lei è scappata dalla sua famiglia, da me, da tutti..".
L'uomo avrebbe continuando il suo racconto, se solamente non avesse notato un piccolo cambiamento nell'espressione del volto del cacciatore che lo tradì e gli fece aggrottare le sopracciglia, guardandolo con aria sbalordita. "Lei non ti ha raccontato nulla?". 
Dean contrasse la mascella nervosamente, perché se c'era un'unica cosa che lo infastidisse e gli facesse perdere la pazienza era proprio non essere a conoscenza di cose del genere; voleva conoscere Abby più a fondo, dato che ormai da mesi cacciassero insieme e vivessero a stretto contatto, ma proprio quando credeva che lei fosse sul punto di aprirsi, si chiudeva a riccio e non c'era più verso di farla parlare. "Abby non é un tipo che parla volentieri del suo passato. Infatti credevo che tutta la sua famiglia fosse stata uccisa".
"È rimasto ancora qualcuno, ma lei è scappata via subito dopo il funerale e nessuno l'ha più vista, a parte me, che ho dovuto trasformarmi un succhiasangue per trovarla" disse Nathan accennando una risata di cuore, nonostante l'argomento non lo divertisse affatto; prese la bottiglia d'acqua posta proprio al centro del tavolo e né bevve qualche sorso nel tentativo di placare la sete che continuava a bruciargli la gola e respirò lentamente per qualche momento nel tentativo di calmarsi. 
Dean non ci prestò particolare attenzione e cercò di riflettere sulle parole dell'uomo seduto davanti a sé, iniziando a porsi milioni si domande che avrebbe voluto chiedere alla diretta interessata. "Perché è scappata?". 
Nathan fece spallucce e sospirò, guardando i suoi occhi assetati di curiosità. "Non lo so, credo per cercare vendetta per suo padre".
Dean fece una smorfia e sospirò, muovendosi nervosamente ed accorgendosi solamente in quel momento che avesse inconsciamente lasciato la presa sulla sua lama, iniziando a giocare con i margini del vecchio libro di Sam, che lo avrebbe sicuramente sgridato per questo. Sollevò lo sguardo verso di lui e sospirò. "Perché mi dici tutte queste cose?". 
"Perché ho visto il modo in cui la guardi" rispose semplicemente Nathan accennando un sorriso amaro, osservando come l'espressione di Dean si modificasse per la sorpresa, come quando si sorprende un bambino a fare qualcosa che non avrebbe dovuto fare. "Tu cerchi lei con lo sguardo, la controlli, la studi, cerchi di capire quando sia il momento adatto per parlarle e cerchi anche il modo giusto di farlo, e ho visto come Abby faccia altrettanto con te". 
Dean aprì la bocca per controbattere, probabilmente negando tutto ciò che avesse detto l'uomo perché un po' si vergognava e un po' perché sapeva quando fosse difficile instaurare un rapporto con lei. Ma la porta della stanza si aprì dietro di loro, facendoli sobbalzare appena e videro i due cacciatori entrare con dei caffè e delle ciambelline colorate dentro ad una scatola di cartone. 
Sam sorseggiò il suo caffè mentre si chiudeva la porta alla spalle e si avvicinò al fratello e a Nathan offrendo loro ciò che avessero comprato, ma Abby avanzò verso di loro con un sorriso gongolante, udendo un'altra volta Sam prenderla in giro ridendo. "Ho avuto un'illuminazione!". 
Dean la guardò con un piccolo sorriso sulle labbra, mentre la osservò sedersi sulla sedia accanto alla sua ed alternare lo sguardo fra i due. "Sarebbe?". 
"Ho appena ricordato della volta in cui papà mi raccontò di un rituale capace di sciogliere questo tipo di maledizione, e..".
"Credi che il vampirismo sia una maledizione?" chiese Dean aggrontando le sopracciglia e fissandolo con aria di scherno. 
"Beh, è qualcosa di soprannaturale che modifica gli istinti del corpo biologico che infetta, quindi si, credo che sia una maledizione e che questo possa funzionare!" esclamò Abby sorridendo ed annuendo convinta, prendendo poi un lungo sorso di caffè. "Devo solamente cercare tra le scartoffie del suo magazzino, che guarda caso sta a meno di due ore da qui!". 
"Non lo so Abby, pensi che sia così facile?" chiese Nathan sospirando e stringendosi nella coperta, guardando il suo viso speranzoso. 
"Si Nath, deve esserlo. Tu non puoi..". Abby fu incapace di continuare la frase e la voce le si spezzò, mentre un forte nodo allo stomaco iniziò a pesarle come un macigno. Istintivamente allungò una mano nella sua direzione ed afferrò la sua stringendola forte e poi si sollevò per baciargli in fretta la fronte, prima di afferrare la sua borsa e le chiavi della sua auto, voltandosi verso i tre uomini con un sorriso palesemente finto. "Tornerò presto ragazzi, cercate di non ucciderlo finché non sarò di ritorno con il rituale, d'accordo?". 
"Dove credi di andare da sola, ragazzina?" chiese Dean sollevando un sopracciglio ed alzandosi dalla sedia con un'espressione divertita. "Io vengo con te". 
"Non ti voglio con me fra le cose di mio padre" rispose la ragazza aggrottando le sopracciglia e mettendosi le mani sui fianchi, guardandolo porsi davanti a sé con una grossa espressione di sfida. 
"Oh, che peccato!" esclamò Dean ridendo, allontanandosi verso il suo borsone per cercavi dentro un paio di manette. Le sollevò a mezz'aria e le mostrò a Nathan con un sorriso dispiaciuto, e gli si avvicinò cautamente. "Niente di personale amico, ma non lascio il mio  fratellino da solo con un vampiro affamato come te senza prendere precauzioni" .
Nathan sorrise e intercettò lo sguardo sereno di Abby, che annuì per tranquillizzarlo, così sollevò il polso ed annuì nella direzione dei cacciatori. "Fa' pure, amico". 
 
 
Da ormai un'ora e mezza erano in viaggio e finalmente Abby aveva detto a Dean di accostarsi, perché il capanno di suo padre era molto vicino; l'uomo si sorprese quando la vide scendere dall'auto e addentrarsi nella fitta vegetazione del bosco in maniera sicura, come se avesse fatto quella strada almeno un centinaio di volte. 
Il sole non era più alto nel cielo da un pezzo e la luce iniziava a diventare sempre più fioca, lasciando lo spazio al buio della sera; si scambiarono poche battute, poiché la ragazza si sentiva parecchio agitata all'idea di tornare in uno dei magazzini in cui suo padre nascondeva ciò che avesse raccolto nella sua lunga carriera di cacciatore. 
Abby ricordava ancora tutte le mattine in cui l'avesse addestrata in tutti quegli anni, per poi spedirla a scuola perché l'istruzione era troppo importante per suo padre; piegò le labbra all'ingiú e per un attimo si fermò a guardare il cielo: si chiese dove fosse il suo papà, cosa facesse nell'altra vita e infine si chiese se lui potesse vederla, mentre lei stava a fissare con il cuore spezzato ed un nodo in gola le stelle appena apparse nel cielo, pensando a lui.
Dean si schiarí la gola probabilmente per destarla dai suoi pensieri, e le si avvicinò con un sorriso mentre la scrutava, e la ragazza gli fece segno di proseguire perché non doveva mancare molto. 
"Allora, tu e Nathan vi conoscete da tanto, mmh?". 
Abby lo guardò brevemente ed annuì mentre continuava a camminare e a spostare i rami di quella fitta vegetazione, superando un vecchio tronco che giaceva a terra, probabilmente spezzato dalle forti raffiche di vento a cui era soggetto quel luogo. 
"Non ho potuto fare a meno di notare il modo in cui si approccia quando parla con te, come ti guarda e..". 
Abby si fermò d'improvviso e di conseguenza anche Dean fermò il suo passo, e lo guardò sorridendo divertita; serrò le braccia al petto ed inclinò la testa lateralmente. "Taglia corto, cosa vuoi sapere? Sarò sincera, promesso". 
Per qualche momento Dean rimase interdetto e spiazzato, perché non si aspettava assolutamente che Abby potesse reagire in maniera così positiva alla sua curiosità, aspettandosi che gli dicesse di chiudere il becco e di farsi gli affari suoi, arrabbiandosi per la sua invadenza. 
Così prese un respiro e guardò nei suoi occhi azzurri, cercando le parole giuste per evitare di capovolgere la situazione e farla chiudere nuovamente, dato che ogni qualvolta avesse voluto sapere qualcosa di più su di lei, Abby gli avesse sempre chiuso la porta in faccia. 
"Nathan non mi sembra solamente un amico". 
"Questa tecnicamente non è una domanda" rispose Abby ridendo e guardandolo con ilarità, facendo spallucce. 
"State insieme?" chiese Dean a bruciapelo, sollevando un sopracciglio e sospirando. 
Abby rimase sorpresa della velocità con cui quella domanda fosse uscita dalle sue labbra, iniziando a pensare che il ragazzo avrebbe voluto fargliela dal primo momento in cui avessero incontrato Nathan, e a giudicare dall espressione di Dean, anche lui rimase sorpreso da sé stesso. "Negli ultimi mesi, no. Ma siamo stati insieme per più di un anno". 
"Siete stati insieme così tanto?" chiese Dean sgranando gli occhi e guardandola con incredulità, alzando il tono della voce. 
"Si, perché pensi che non sia in grado di gestire una relazione per tanto tempo?" chiese Abby ironicamente, sollevando un sopracciglio e ridendo di gusto. 
Dean fece spallucce e la guardò un po' più serio. "No, é che.. Sei fredda come il ghiaccio per il 99% del tempo, per non parlare di quando cacci e allora si che fai paura". 
Il sorriso di Abby scemò e la ragazza si trovò a sospirare, abbassando lo sguardo con dispiacere mentre si voltava per continuare a camminare, iniziando a mettere in discussione il modo in cui gli altri la vedessero; Dean si morse la lingua, perché probabilmente aveva sbagliato la serie di termini che gli fossero usciti dalla bocca e mentalmente si diede dello stupido, mentre la osservava camminare davanti a lui con sguardo basso. 
"Non sono sempre stata così, ma da quando mio padre.." iniziò la ragazza, ma le parole le morirono in bocca e dovette deglutire più volte prima di riuscire a continuare il suo discorso, mentre un doloroso macigno le si stabilizzava sul petto. 
Non riuscì neanche a pronunciare quella parola -morte- senza che il suo cuore avesse una fitta dolorosa, spezzandosi sempre di più. "Quando stavo con Nathan ero un'altra persona: ricordo che mi interessavo ad altro oltre la caccia". 
"Ad esempio?" chiese il ragazzo sorridendo, guardandola mentre le camminava a fianco. 
Abby sollevò lo sguardo verso di lui e rise di gusto, ritrovando il buon umore e puntandogli il dito contro come avvertimento. "Ok, non ridere: mi piacevano le gare di rally! Io e mio padre ci siamo iscritti per gioco, ma poi mi è piaciuto così tanto che ho continuato". 
Dean sgranò appena gli occhi e rise di gusto, visibilmente divertito, e la guardò annuendo. "Ora capisco da dove proviene la tua passione per le belle auto". 
"Ho una passione per la mia auto, non per le altre" precisò la ragazza sorridendo e sollevando un sopracciglio, quando poi il suo sorriso iniziò a scemare. "Mi divertivo, avevo degli amici, ma non fa più per me quella vita.." 
Dean provò un'infinità tristezza nell'udire quelle parole mentre camminava al suo fianco, perché gli sembrò che Abby portasse sulle spalle anni e anni di lotte e sacrifici, che poco si addicevano alle sua giovane età; ma soprattutto pensò che avesse vissuto troppo poco per pronunciare delle frasi del genere.
La osservò e vide uno specchio di sé stesso, perché anche lui si sentiva così a pezzi, anche se non lo avrebbe mai ammesso; Dean aveva notato il modo in cui cercasse di essere d'aiuto dopo la morte di John, mettendosi sempre al centro dell'attenzione pur di farli ridere o distrarli, in più era riuscita ad a far parlare e sfogare il suo fratellino e Dean non poteva che essergliene grato. 
Si schiarí la gola e la osservò sorridendo. "E perché vi siete lasciati?". 
Abby lo guardò sorpresa per la seconda volta, perché Dean aveva iniziato a fare domande su di lei ed il suo tono non ammetteva un no come risposta. "Non ero in grado di tenere insieme tutti i pezzi di me dopo che mio padre è... e Nathan mi guardava come se fossi un giocattolo rotto, da sistemare. E io.." sussurrò la ragazza sentendosi in difficoltà, con il solito nodo alla gola mentre le parole le sfuggivano dalla bocca. Fece spallucce e sospirò, guardandolo con una leggera ilarità nello sguardo. "Sono diventata apatica: non ho sentito più niente, per nessuno. Mai. Quindi non era giusto essere egoista e tenerlo accanto a me".
Dean guardò dentro i suoi occhi e, ancora, non riuscì a fare a meno di vedere il suo viso triste e segnato dal dolore, riuscendo a capire perfettamente ciò che sentisse: adesso capiva cosa ci fosse sotto quella maschera da sbruffona e da cacciatrice fredda e distante, adesso sapeva perché. 
"Però non ti nego che quando lo guardo vedo tutto quello che abbiamo passato, quando eravamo solo amici e quando poi stavamo insieme. Non è qualcosa che si può dimenticare facilmente, nonostante io non abbia più sentimenti per lui" sussurrò Abby continuando il suo monologo, mentre il ragazzo la osservava sperando di sentirle aggiungere qualcosa, qualsiasi particolare pur di saperne di più sulla sua storia. 
"Dev'essere bello sentire queste cose per qualcuno.." sussurrò Dean abbassando il capo e guardando dove mettesse i piedi nel buio e in quella fitta vegetazione.
"Andiamo, non vorrai farmi credere di non esserti mai innamorato.."
"Tesoro, sono sempre passato da una città all'altra senza fermarmi mai più di una settimana.." rispose il ragazzo ridendo e guardandola negli occhi con ilarità. 
"E non hai mai incontrato qualcuno che ti abbia fatto provare qualcosa di più?" chiese Abby fermandosi di botto per osservarlo in viso, sorridendo con aria indagatrice. 
Dean ricambiò lo sguardo e guardò nei suoi occhi azzurri mentre percepiva il cuore battere  velocemente nel suo petto. 
I suoi occhi azzurri stavano lì a guardarlo mentre aspettavano una risposta e Dean dimenticò persino come formulare una frase di senso compiuto. 
Deglutí a fatica e si schiarí la gola, accennando un sorriso divertito e dandosi mentalmente dell'idiota. "Beh, una ragazza c'è riuscita non molto tempo fa: si chiamava Cassie e stavo bene con lei, davvero bene, e non era solo sesso. Le ho anche rivelato il mio vero lavoro". 
"Allora eri cotto!" esclamò Abby ridendo di gusto e dandogli una pacca giocosa sulla spalla. "E com'è finita?". 
"È finita che mi ha creduto pazzo e mi ha mollato.." sussurrò Dean ripensando per un attimo a Cassie e all'ultima notte che avessero passato insieme, quando iniziò a chiedersi se ne valesse davvero la pena di inseguire suo padre per tutto il paese mentre davano la caccia ai demoni. "Poi mi ha creduto solamente quando suo padre è stato ucciso da uno spirito vendicativo. Ma non era più lo stesso, quindi..". 
Abby rimase ad ascoltarlo ed annuì, abbozzando un sorriso dispiaciuto, continuando a camminare in quel bosco mentre il buio diventava sempre più fitto. Lui la guardò e come se avesse avuto appena una rivelazione, la fermò per un braccio e la incastrò con lo sguardo. "Sai, in questo ultimo periodo ho pensato molto a mio padre, a come è morto e quello che ha fatto per me. Avrei voluto fermarlo, ma in questo momento non sarei qui con te, quindi ho capito una cosa davvero importante".
La ragazza lo guardò con sopracciglia aggrottate e curiosità, aspettando che continuasse il suo discorso con un sorriso divertito per quella strana situazione di confidenza. 
"La vita non finisce quando perdiamo qualcuno che amiamo, ragazzina: i nostri padri non vorrebbero vederci vivere in questo modo, con questo peso dentro e questa tristezza nell'anima". 
Abby si sentí toccata sul personale e le si gelò il sangue, deglutendo a fatica mentre il dolore dentro di lei le strozzava la gola ed il petto: in un attimo Dean la vide cambiare, tornare ad essere la cacciatrice seria e fredda che era sempre stata, sollevare un sopracciglio e fulminandolo con lo sguardo, colpevole di essersi spinto troppo oltre. "Siamo arrivati, andiamo".
Sfuggì alla sua presa e si voltò di scatto, intravedendo dietro agli alberi quel nascondiglio che mai nessun demone sarebbe stato capace di trovare. 
 
 
Le fiamme si diramavano attorno alla pila di legno che i due ragazzi avevano creato per ospitare il corpo di Nathan, mentre Abby stava in silenzio a guardarlo bruciare in uno spazio abbandonato che Sam aveva trovato apposta per il funerale, concedendo un po di privacy mentre lui e suo fratello stavano un po più indietro, appoggiati al cofano della loro auto; il minore sapeva benissimo cosa Abby stese provando, come si sentisse, cosa le passasse per la testa, e delle lacrime silenziose sbucarono anche dai suoi occhi. 
Abby e Dean erano tornati troppo tardi al motel, nonostante non avessero trovato nulla nel caponnano di suo padre nel bosco: lo avevano passato a rassegna, ma non c'era niente che si riferisse ad una possibile cura, e probabilmente suo padre si era portato quel segreto nella tomba. 
Dean aveva spinto l'acceleratore il più possibile quando suo fratello aveva chiamato dicendo che Nathan stava morendo per denutrizione, e quando fecero ritorno al motel Abby non ebbe neanche il tempo di dirgli addio. Lo aveva trovato già morto, ma con un'espressione serena sul viso, e le gambe le tremarono tanto che sarebbe caduta se Dean non fosse stato dietro di lei per sorreggerla. 
Non aveva più detto una parola, si era limitata ad annuire a ciò che i due ragazzi le dicessero, mentre guardava il cadavere steso su quel letto del motel: Sam e Dean si erano occupati di tutto, trasportando Nathan in macchina, organizzando le pile di legno, cospargendole di liquido infiammabile ed accendendo il fuoco. 
Mentre guardava le fiamme alte danzare, Sam lasciò il fianco del fratello e si avvicinò lentamente alla ragazza con passi pesanti, proprio per farsi sentire, e senza dire nulla l'abbracciò stretta; Abby non oppose resistenza, ma non ricambiò neanche la stretta, mentre inerme si trovò schiacciata contro il suo petto sentendo le sue mani carezzarle lentamente i capelli. 
Dean li guardò immobile, ancora appoggiato alla sua Impala, mentre con occhi lucidi pensava a quanto quella vita costasse ai cacciatori, persone che cercavano solamente di fare la cosa giusta e rendere il mondo un posto migliore: ripensò a suo padre e a sua madre, a quanto avessero perso in tutti quegli anni ed al dolore che lui, suo fratello e tutti i cacciatori come loro dovessero sopportare per continuare a lottare. 
Dopo un tempo che sembrò loro interminabile, quando quell'odore tipico di legna bruciata invase le loro narici, Sam passò una mano sulla schiena della ragazza con delicatezza, tirando su col naso e scostandola appena per guardarla in viso con un sorriso di incoraggiamento. "Io e Dean vorremmo che tu restassi con noi". 
Abby lo guardò con aria confusa e passò la manica destra della giacca sulle sue guance per spazzare via le lacrime, e poi lasciò vagare lo sguardo fino a Dean, che si tratteneva lontano perché voleva lasciarle un po' di privacy in un momento come quello.
"Una fidanzata morta per colpa della caccia? Ce l'ho. Un padre che è stato ucciso da un demone? Ce l'ho" disse Sam abbozzando un sorriso sofferente ed annuendo, tenendole le mani sulle spalle. "Prima che tu possa dire qualcosa, voglio solo che tu sappia che so come ti senti e non voglio che tu possa restare sola, quindi vieni con noi per un po'. Quando starai bene potrai andare via, se vorrai". 
Abby avrebbe voluto dire tante parole, avrebbe voluto che sapesse che apprezzava il gesto, ma lei non voleva stare con loro, non voleva stare con nessuno. Voleva solamente restare da sola per un po', per poi tornare a cacciare più spietata di prima. 
Ma si ritrovò ad appoggiare nuovamente la testa sul suo petto ed intercettò lo sguardo triste di Dean che si sforzò di sorriderle, ma Abby chiuse gli occhi ed annuí, sentendo nuovamente le braccia di Sam attorno al suo corpo. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 4.


 
Uscì dal bagno dopo aver fatto una veloce doccia e dopo aver indossato dei vestiti puliti, mentre il pensiero che ciò che fosse successo a Jessica gli tornò per la mente: aveva ancora intenzione di dare la caccia ad Azazel per fargli pagare ciò che le avesse fatto e ciò che avesse fatto a suo padre, aveva persino chiesto ad Ash di rintracciare altri ragazzi come lui, con dei poteri psichici, mentre raccoglieva informazioni su strane situazioni accadute un po in giro per il paese. 
Ma dopo ciò che fosse successo ad Abby aveva deciso di poter prendere qualche giorno di pausa, nel tentivo di assicurarsi che stesse bene e che fosse in grado di ritornare alla sua caccia, perché Sam sapeva come ci si sentisse. 
Trovò la ragazza seduta sul davanzale della finestra della stanza del motel, intenta a fissare l'esterno con uno sguardo vitreo, la mascella contratta che denotava i  brutti pensieri che le circolassero per la testa, e i pugni stretti per trattenere il suo dolore. 
Dean era uscito da ormai una ventina di minuti per prendere la cena per tutti, anche se probabilmente nessuno dei tre era dell'umore per mangiare nemmeno quella sera; si schiarí la voce e si avvicinò alla ragazza lentamente, sedendosi sulla sieda accanto alla finestra e guardandola non distogliere lo sguardo dalla finestra. 
Sam sospirò e le afferrò con delicatezza un polso, facendo scivolare la sua mano sulla sua stretta a pugno con un gesto delicato e senza alcuna malizia, osservandola rilassarsi appena e voltandosi a guardarlo con aria confusa. 
Abby lo guardò e si chiese quando fosse ritornato nella stanza, o quanto tempo avesse passato persa dietro i suoi pensieri e i ricordi che iniziarono a riafforarle in mente: non era la prima volta che perdesse qualcuno e dopo la morte di suo padre iniziava a pensare di averci fatto il callo, ma osservare il volto senza vita di Nathan le aveva fatto più male di quanto pensasse. 
"Come ti senti?" chiese il ragazzo sorridendo appena, piegando l'angolo delle labbra in una smorfia di rassicurazione. 
Abby fece spallucce e sospirò, e solo in quel momento si rese conto della stretta delicata che le avvolgesse la mano; la strinse appena e guardo Sam negli occhi, sforzandosi di sorridere. "Starò bene". 
Sam si grattò la nuca con nervosismo, perché c'era qualcosa che aveva bisogno di dirle e da ormai un paio di giorni cercava di trovare il momento adatto, sperando di non sconvolgerla; si schiarí la gola e la guardò con espressione seria. "Abby, quando sono rimasto solo con Nathan, lui voleva che ti dicessi che.. che ti amava ancora". 
Abby lo guardò aggrottando le sopracciglia e sgranando leggermente gli occhi, e per un momento sentí il cuore battere appena più forte, sorridendo. "È proprio un idiota: gli avrò detto mille volte che tra noi era finita". 
Sam rise ed annuì con un sorriso, osservando l'azzurro dei suoi occhi divenire appena più scuro per il dispiacere. "Ha detto che l'avresti detto".
La porta della camera si aprí e Dean entrò con qualche goccia di pioggia fra i capelli brandendo un grosso sacchetto colmo di cibo, richiudendosi la porta alle spalle e guardando nella direzione dei due per un secondo con un sopracciglio sollevato, avendo la sensazione di aver interrotto qualcosa. "La cena è pronta ragazzi, venite a tavola!". 
Sam sorrise e si alzò con disinvoltura, dirigendosi al bagno per lavare le mani mentre prendeva in giro suo fratello, che nel frattempo aveva già iniziato a tirare fuori dal grande sacchetto i diversi tipi di pietanze che avesse comprato per la cena; Abby si alzò dal davanzale e andò nella sua direzione, sorridendo divertita per il modo goffo ed impaziente con cui guardasse tutta quella roba. 
"Senti, Dean.." iniziò la ragazza mordendosi il labbro inferiore con titubanza, osservando il ragazzo sollevare lo sguardo verso di lei con curiosità. "Non ti ho ancora ringraziato..".
Il ragazzo sollevò un sopracciglio e la guardò divertito, e dal modo nervoso in cui parlasse e con cui si torturasse il labbro capí quanto le fosse costato aver pronunciato quelle parole; al contrario di Sam che credeva che due chiacchiere con un amico potessero aiutarla a sfogarsi e liberarsi di quel peso, Dean in quei giorni aveva optato per provare tutti i ristoranti da asporto che si trovassero vicini a quel motel e la sera tardi, quando suo fratello già dormiva, la portava in giro per locali per farla bere e sfogare lasciandosi andare a delle lunghe confessioni, ma così non fu. Dean scoprí suo malgrado che, per quando Abby pesasse almeno 30 kg in meno di lui e fosse molto più minuta, reggeva l'alcol meglio di lui. 
Non ci fu alcuna confidenza o confessione, ma almeno vide Abby tornare a ridere quando la costringeva ad uscire dalla stanza. 
"Per una cena? Nah, non ce n'è bisogno!" esclamò Dean sorridendo sinceramente, sapendo benissimo a cosa si riferissero le sue parole ma scegliendo di non farle pesare la situazione, capendo bene quando fosse difficile per lei esternare certi sentimenti. Esattamente come lui. 
Abby lo guardò con un sorriso e si portò un ciuffo ribelle di capelli dietro l'orecchio, guardandolo e continuando a torturarsi il labbro inferiore con i denti, perché aveva capito come sia lui che suo fratello si stessero impegnando per tirarle su il morale. "Beh, grazie Dean. Davvero. Mi sento molto meglio, adesso..". 
"Quando vuoi, ragazzina" rispose Dean facendole l'occhiolino e sorridendo, udendo il fratello uscire dal bagno dicendo loro quanto fosse affamato.
 
 
Erano passate da poco le 23 e ancora Abby si trovava nella loro stanza d'albergo, guardando un vecchio film con i due fratelli e ridendo ad ogni battuta del maggiore, che doveva averci preso gusto nel vederla ridere e ogni volta inventa una battuta sempre peggiore. 
La loro piacevole serata venne interrotta da qualcuno che bussò alla porta in maniera frenetica, e subito i tre si scambiarono uno sguardo preoccupato: tornarono ad essere dei cacciatori, lasciandosi alle spalle i tre ragazzi normali che si stessero godendo la serata. 
Impugnarono velocemente le armi e Sam si avvicinò silenziosamente alla porta, puntando la sua pistola in quella direzione; Dean annuì verso il fratellino, lasciandogli intendere che appena avesse aperto gli avrebbe coperto le spalle. 
Proprio quando Sam allungò la mano verso la maniglia per tirarla verso di sé, essa venne spalancata dall'esterno con forza, sbattendola addosso al minore che barcollò all'indietro; una figura maschile e possente si fece largo all'interno della stanza, colpendo Sam e facendolo scivolare per terra, mentre con un calcio allontanò la sua pistola. 
Si voltò verso i due ragazzi e in un momento fu addosso a Dean, disarmandolo immediatamente, ma non aveva fatto i conti con la forza del maggiore, iniziando a lottare in un corpo a corpo sotto gli occhi attoniti di Abby. 
Dean riuscì a toglierselo di dosso e lo colpí allo stomaco, facendolo cadere malamente sul pavimento per poi recuperare velocemente la sua pistola e puntargliela contro, mentre Sam si rialzò e si avvicinò per osservare meglio il ragazzo che fosse entrato per picchiarli.  
"Chi diavolo sei?!" esclamò Dean caricando l'arma e togliendo la sicura, puntandola contro il ragazzo seduto a terra. 
Con un sorriso divertito il ragazzo mise una gamba fra le sue e tirò forte, invertendo le posizioni e rialzadosi, mentre Dean sbatteva la schiena con forza sul pavimento e ricordava che qualcun'altra avesse utilizzato quella stessa identica mossa su di lui. Abby
Dean spostò lo sguardo nella stanza alla ricerca della donna e notò quel ragazzo appena entrato rimanere a fissarla con espressione delusa e.. Arrabbiata? 
Abby sostenne il suo sguardo ed accennò un piccolo sorriso, mentre Sam le si parò davanti per proteggerla, puntando la pistola su quell'uomo. Ma la ragazza posò una mano sul braccio di Sam con delicatezza, scansandolo ed avvicinandosi verso l'uomo che conosceva bene. "Dan..". 
"Conosci questo tizio?!" chiese Sam aggrottando le sopracciglia e iniziando lentamente ad abbassare la pistola, osservando suo fratello rimettersi in piedi ed avvicinarsi. 
L'uomo la guardò con aria arrabbiata, avvicinandosi di qualche passo e fulminandola con lo sguardo. "Dove cazzo sei stata?!". 
"Dan, io.." iniziò la ragazza con espressione dispiaciuta, ma l'uomo non la fece parlare e la interruppe subito alzando il suo tono della voce. 
"Ti ho cercata ovunque, ovunque! Ho pensato che fossi morta, che il demone avesse ucciso anche te!" urlò Dan allargando le braccia e sgranando gli occhi per la rabbia, dimenticandosi per un momento che in quella stanza non fossero soli. 
"So badare a me stessa!" rispose Abby incrociando le braccia al petto con aria arrabbiata, sentendosi offesa perché quel concetto non fosse mai entrato nella testa del ragazzo davanti a sé. 
"Ed era così difficile fare una cazzo di chiamata ogni tanto invece di abbandonarci così?" chiese Dan urlando di più, iniziando a gesticolare nervosamente. "Sei andata via senza pensare alle conseguenze, lasciando tutto sulle mie spalle". 
Abby rise nervosamente e scosse la testa, avanzando verso di lui e fulminandolo con lo sguardo. "Oh, sappiamo entrambi che l'unico peso sulle tue spalle era che scusa inventare quando dovevi scaricare le ragazze che ti portavi a letto, idiota!". 
Dan rimase a fissarla con astio e strinse i pugni, cercando di reprimere la voglia di schiaffeggiarla perché odiava davvero tanto il suo modo impertinente: si sentiva superiore e questo lo infastidiva parecchio. Tutte le loro mille litigate tornarono nella sua mente come un boomerang e Dan si trovò a stringere i pugni ancora più forte. 
Abby dovette capirlo perché sospirò e si guardò attorno, notando i due Winchester guardarli con aria stranita, chiedendosi chi diavolo fosse quel ragazzo che avesse fatto irruzione nella loro stanza con la violenza solamente per urlare contro di lei. Tornò a guardare Dan che ancora non accennava a calmarsi, e abbassò il tono della voce. "Si può sapere come mi hai trovata?". 
Dan sorrise nervosamente e scosse la testa, iniziando a muoversi per la stanza spazientito e tenendo le mani sui fianchi. "Qualcuno è entrato nel magazzino di papà e il dispositivo di sicurezza è scattato. Ho immaginato che dovessi essere tu". 
Abby sorrise orgogliosa solamente per un momento, perché non voleva che lui vedesse quanto quelle parole l'avessero fatta felice: Dan non aveva mai voluto cacciare, eppure era addestrato come un soldato e sapeva seguire gli inizi e riconoscerli, rintracciando chiunque li avesse lasciati. Era un segugio, nessuno meglio di lui sapeva ricollegare gli indizi. 
Lo osservò voltarsi nuovamente verso di lei con espressione seria e scocciata, ma con toni più pacato. "Andiamo a casa". 
"No. La mia caccia non è ancora finita" rispose Abby tornando seria e scuotendo la testa. 
Dan respirò lentamente per calmarsi, ed usò un tono lento, freddo, distaccato. "Abby, subito".
Sam e Dean si scambiarono un'occhiata eloquente e misero via le pistole, così il maggiore si avvicinò e si mise fra i due, facendo da scudo alla ragazza con il proprio corpo incrociando le braccia al petto e mostrandosi massiccio e forte, esattamente come avrebbe fatto qualsiasi animale per spaventare l'avversario. "Lei non va da nessuna parte". 
Dan lo guardò con espressione seria, mantenendo le mani sui fianchi, ed analizzò il modo in cui i due ragazzi si fossero disposti a proteggerla, scorgendo Abby passarsi una mano sul viso e scuotere la testa, pensando che avrebbe perso la testa a breve. "Perché cacci insieme a questi due palloni gonfiati, Abby? Pensi che possano sostituire papà in qualche modo? Te lo dico per l'ultima volta: prendi le tue cose e vieni a casa con me".
"Oppure che farai?" chiese Dean stendendo le braccia lungo i fianchi, sostenendo lo sguardo adirato del ragazzo ed avanzando di qualche passo. 
Dean lo osservò bene per qualche momento: fisico atletico, alto esattamente come lui, molto muscoloso e massiccio, gli occhi azzurri e limpidi tradivano i suoi sentimenti, lasciando che potesse intravedere la sua delusione e un po del suo dolore, mentre un accenno di barba gli conferiva quell'aria adulta, dimostrando almeno ventotto, ventinove anni. 
Non disse niente, ma Dan si piazzò davanti a lui guardandolo con aria truce, domandandosi se valesse la pena iniziare un altro combattimento. 
Abby sgattoiolò dallo scudo rappresentato dai due ragazzi e sospirò, avvicinandosi a Dan con espressione dispiaciuta, afferrandolo dal braccio per allontanarlo da Dean che non accennava a smettere di provocarlo con lo sguardo. 
"Qui nessuno picchierà più nessuno.." sussurrò la ragazza, portando via Dan che si voltò a guardarla con aria arrabbiata. "Dan, non posso: sono andata via per uccidere il demone che ci ha portato via papà, non posso tornare a casa adesso". 
Solo in quel momento i due Winchester percepirono le parole papà e casa si guardarono brevemente, capendo immediatamente che non si trattasse di un ex geloso che non volesse rassegnarsi alla fine della storia; Sam si schiarí la voce e si avvicinò con espressione confusa, sciogliendo il fronte unito che avesse creato insieme a Dean, e si avvicinò ai due che si stavano ancora guardandolo, probabilmente comunicando fra loro con lo sguardo. 
"Aspetta, ma tu chi sei?". 
Abby si voltò a guardare entrambi i ragazzi con espressione imbarazzata, accennando un sorriso ironico, mentre continuava a tenere il ragazzo con un braccio, che si voltò anche lui a guardarli. 
"Sam, Dean, questo è mio fratello maggiore Daniel..". 
 
 
Fece segno alla barista bionda e prosperosa di portargli un'altra birra e le sorisse audacemente, notando con piacere come la ragazza apprezzasse e ricambiasse quelle avance, e si chiese se valesse la pena chiederle quando staccasse per  approfittarne e passare qualche momento insieme a lei.
Uno strattone al braccio lo riportò alla realtà e Dean si voltò nella direzione opposta alla barista, guardando suo fratello con espressione infastidita, seduto accanto a lui e impaziente di canzonarlo. 
"Ma la vuoi smettere?". 
Dean rise di gusto e afferrò la bottiglia di birra dalla mano della barista, che nel frattempo si era avvicinata e notò con lusinga e piacere come avesse fatto scivolare le sue dita sulla sua mano, toccando consapevolmente e sorridendo nella sua direzione in maniera seducente. Il maggiore rise nuovamente e tornò a guardare il fratellino appoggiato con i gomiti al bancone e aria del tutto infastidita e arrabbiata. "Sammy, dovresti rilassarti ogni tanto". 
Il ragazzo lo fulminò con lo sguardo e sollevò un sopracciglio. "Stiamo perdendo di vista il nostro obiettivo principale". 
"Il demone sarà ancora lì domani, per stasera rilassati" rispose Dean sospirando e divenendo appena più serio, poggiando la bottiglia sul bancone. 
Sam avrebbe voluto dirgli che in quei giorni aveva contattato Ash, amico di Ellen, per fargli individuare uno schema e trovare Azazel, e che presto avrebbe avuto delle informazioni per le quali avrebbe lasciato tutto e tutti indietro, compreso suo fratello: voleva, doveva, vendicare la morte di sua madre, di Jessica e di suo padre. 
Proprio quando aprì la bocca per dirgli tutto quanto, Sam notò suo fratello grattarsi distrattamente la fronte e mordersi il labbro mentre fissava la sua birra perso dietro chissà quale pensiero, tradendo un forte nervosismo e una forte preoccupazione. 
Sam si ritrovò a sospirare mentre però accennava un piccolo sorriso, perché iniziava ad adorare quell'atteggiamento e quella parte di suo fratello che te desse a celare con muri di arroganza: aveva notato il modo diverso con cui avesse iniziato a comportarsi negli ultimi tempi, specialmente nei confronti della loro compagna di viaggio, cambiando completamente modo di approcciarsi. 
Sembrava aver capito che non ci fosse proprio verso di farla cadere ai suoi piedi come facevano tutte le altre ragazze: Abby aveva una brutta storia alle spalle proprio come loro, capiva la loro vita, capiva il dolore e capiva la dura lotta che dovessero affrontare e che non avrebbe risparmiato nessuno. E Dean aveva iniziato ad apprezzarlo, sforzandosi di capire questa strana ragazza con tutta l'intenzione di avvicinarsi a lei il più possibile, e questo a Sam non era sfuggito. 
Li aveva visti essere sempre più complici la sera nei bar o nelle tavole calde, e sempre più collaborativi durante le cacce; Sam sorrise e guardò suo fratello, scommettendo che in quel momento fosse preoccupato per Abby. 
Non aveva paura che Dan potesse farle del male, in fondo era suo fratello e lei sapeva benissimo difendersi da sola. Ciò che si agitasse nella mente oscura e contorta di Dean, era il pensiero che Dan sarebbe riuscito a portare via Abby. 
"Stai morendo dalla voglia di tornare in stanza, vero?". 
Dean si voltò verso di lui con aria sorpresa e sopracciglia aggrottate, profondamente scocciato di essere stato scoperto in quel momento così intimo con sé stesso, e sospirò rumorosamente. "Sono solo preoccupato per lei, Sam".
"Si, lo vedo.." sussurrò il minore ridendo di gusto e guardandolo con ilarità, prendendolo in giro con lo sguardo e bevendo qualche sorso della sua birra. 
Dean lo guardò con aria arrabbiata, sollevando un sopracciglio e guardando nella direzione di quel ficcanaso di suo fratello che lo fissava con tutta l'aria di chi capisse e sapesse meglio e più di lui. "E questo che vorrebbe dire?!". 
Sam rise di gusto e lo guardò per qualche secondo, profondamente divertito dal modo in cui stesse reagendo. "Dean ti conosco, sono tuo fratello: Abby ti piace". 
"Sei fuori strada" rispose seccamente Dean con troppa veemenza, divenendo serio e guardando nuovamente dritto davanti a sé mentre beveva un altro sorso, sentendosi molto infastidito per quell'affermazione. 
"Ti ho osservato in questi mesi: il modo in cui la guardi, in cui la cerchi e provi a capirla" disse Sam sollevando il sopracciglio e guardandolo con aria di chi ne sapesse di più. "All'inizio volevi solamente portartela a letto, adesso invece le stai sempre vicino e vuoi sapere tutto di lei".
Dean si voltò a guardarlo con aria arrabbiata, come se Sam avesse appena svelato una terribile verità, e sgranò gli occhi mentre il suo cuore prese a battere un po più velocemente, sentendosi scoperto e terribilmente vulnerabile. 
Deglutí a fatica e si alzò dallo sgabello, estraendo delle banconote e posizionandole sul bancone, fulminando il fratello con lo sguardo e facendogli segno di andargli dietro. "È passata più di un'ora, adesso rivoglio la mia stanza!". 
 
 
Abby si alzò dal bordo del letto su cui fosse seduta e sospirò, guardando Dan con aria spazientita perché ancora la canzonava come solamente un fratello maggiore poteva fare, ma lei non era più una bambina e non avrebbe rinunciato a tutto ciò in cui lei e suo padre credevano. 
Sbuffò e lo guardò con aria seria e perentoria, prendendolo dalle spalle e voltandolo nella sua direzione per bloccare il suo folle discorso, notando il suo sguardo infastidito. "Senti Dan, è inutile che provi a far leva sul mio senso di colpa per aver lasciato te e Silver: mi sento uno schifo per questo e non me lo perdonerò mai, ma non verrò con te stavolta. Io non voglio andarmene da qui". 
"Ma siamo una famiglia!" esclamò Dan sgranando gli occhi e guardandola in cagnesco.
"Noi non siamo mai stati una famiglia normale, Dan!" rispose Abby sospirando e scuotendo la testa, usando un tono freddo e distaccato ma sentendo dentro di lei il dispiacere, perché tutto ciò che aveva sempre voluto era proprio una famiglia unita. 
"E lascerai a me la sola responsabilità di Silver?!" esclamò Dan alzando il tono della voce e liberandosi dalla sua presa, facendo qualche passo indietro ed iniziando nuovamente a camminare per la stanza. "Non puoi farlo!".
"Io ho un compito da portare a termine: l'ultima missione mia e di papà, non posso fermarmi adesso!". 
Dan la guardò con occhi quasi fuori dalle orbite, ma molto lucidi, cosa che tradiva il suo profondo affetto per la sorella, e Abby si trovò ad accennare un sorriso tenero nella sua direzione; in fondo era sempre il suo fratellone e lei lo conosceva piuttosto bene. 
Il ragazzo serrò le labbra in una linea sottile e scosse appena la testa, tenendo le braccia lungo i fianchi. 
Erano stati mesi così difficili, mesi in cui non aveva avuto la più pallida idea se la sorella fosse ancora in vita o se si fosse cacciata in qualche guaio: aveva chiamato tutti i suoi amici ed i pochi cacciatori che conosceva per trovarla, ma Abby sembrava scomparsa nel nulla. 
Dan sospirò e si fece coraggio, guardandola con dispiacere, tirando su col naso. "Sai, adesso che papà non c'è più vedo le cose più chiaramente: adesso è mio il compito di tenere la famiglia unita. Mi sono preso cura di Silver e ti ho cercata: ci sono voluti 9 mesi per trovarti, non ti lascerò andare adesso". 
Abby sorrise ed avanzò con le lacrime agli occhi, sollevando la mano destra fino al suo viso e lo carezzò con delicatezza; pensava a sua sorella Silver, al fatto che anche lei avrebbe dovuto proteggerla e starle vicino dopo la morte del loro padre. 
Ma non era ancora il momento. 
Tirò su col naso e annuí, guardandolo. "La prossima volta chiamami: ti risponderò. Promesso!". 
Dan strinse la mascella e sospirò, e la odiò per un momento per la sua testardaggine, per il fatto che volesse portare a termine la sua ultima missione con il loro padre, la odiò perché fosse andata via da casa senza salutare nessuno, perché non voleva tornare a casa con lui. Ma poi sorrise, perché le voleva bene proprio perché fosse sempre stata così indipendente e forte. Sospirò e con aria arresa disse: "Quindi non vieni con me".
"Ho del lavoro da fare.." sussurrò la ragazza mordendosi il labbro e scuotendo la testa, osservando nei suoi occhi ghiaccio quando la vita fosse stata dura anche con lui. 
Dan parve pensarci su e sospirò annuendo, afferrando la mano con cui gli sfiorava il viso e prendendola fra le sue con delicatezza; per qualche secondo indugiò sul collo di sua sorella, notando solo in quel momento la collana d'oro che portasse, e subito su ricordò che fosse proprio quella del padre. 
Proprio come aveva fatto con lui, doveva lasciare andare anche Abby. "Sei al sicuro con quei due cacciatori?". 
Abby rise di gusto e strinse la presa sulla sua mano, facendogli l'occhiolino e sorridendo. "Sono loro ad essere al sicuro con me!".
Avrebbero continuato a parlare, ma la porta della stanza si aprì e solo in quel momento Abby si ricordò che la camera appartenesse ai due ragazzi; Sam e Dean entrarono in silenzio, notando come i due fratelli si fossero rivolti a guardarli, e il maggiore si focalizzò su Dan che lo studiava e lo fulminava con lo sguardo. 
"Sarà meglio che tu vada.." sussurrò Abby sorridendo, attirando l'attenzione su di sé per interrompere quello scambio di sguardi che non avrebbe portato a nulla di buono. 
Dan annuí e si diresse verso la porta insieme alla sorella, varcandola e fermandosi appena fuori per avere un po più di privacy nel salutarsi; Abby non ci pensò due volte e si sollevò sulle punte per arrivare all'altezza giusta per abbracciarlo forte stringendogli le braccia al collo, chiudendo gli occhi per qualche secondo mentre sentiva suo fratello stringere la presa su di lei. "Mi sei mancato, fratellone". 
Dan sciolse l'abbraccio e la guardò sorridendo pronto a prenderla in giro, ma poi l'espressione sul suo viso scemò e il maggiore sospirò. "Concludi quello che devi concludere, ma poi devi tornare a casa da noi, intesi?". 
"Promesso". 
"Fa attenzione, sorellina.." disse Dan sorridendo, sciogliendo la presa su di lei mente le lanciava uno sguardo carico di preoccupazione. 
L'uomo si voltò e si diresse verso il parcheggio con poche falcate, allontanandosi dalla sorella con dispiacere. Proprio quando stesse per entrare in auto, Dan si voltò nuovamente nella sua direzione e sorrise, alzando la voce per farsi sentire: "Quasi dimenticavo, è appena passata la mezzanotte: buon compleanno sorellina!". 
Abby rise di gusto e scosse la testa, osservando il fratello entrare nella sua jeep ed uscire da quel parcheggio per tornare indietro, sorpresa che proprio Dan si fosse ricordato proprio di questa ricorrenza. 
Un senso di tristezza l'assalí e il suo sguardo si fece nuovamente serio, così sospirò e si voltò per tornare alla stanza dei ragazzi; sussultò trovando Dean alle sue spalle che la guardava con aria curiosa, quasi divertita, e si chiese da quanto tempo fosse lì ad osservarla e quanto avesse ascoltato. "Perché hai quell'espressione sul viso? Ti stai prendendo gioco di me?". 
Dean rise compiaciuto e fece un passo avanti, guardandola negli occhi e rimanendo sbalordito: per la prima volta da quando la conosceva, stava osservando la vera Abby attraverso i suoi occhi. Aveva abbassato la guardia grazie a suo fratello e adesso Dean riusciva a vedere la vera ragazza che ci fosse dentro di lei. 
"Sei molto legata a tuo fratello" si limitò a dire Dean, osservando il modo in cui la donna sorridesse, rimanendo sorpreso dell'effetto che quel sorriso potesse avere su di lui. 
"Dan, nostra sorella Silver ed io siamo sempre stati molti legati.." sussurrò Abby sospirando, distogliendo lo sguardo e divenendo appena più triste al solo pensiero della sua sorellina. Si schiarí la voce e sospirò allontanando quei pensieri, guardandolo con aria leggermente imbarazzata. "Comunque mi dispiace di aver occupato la vostra stanza, ma si è fatto davvero tardi adesso, ci vediamo domattina d'accordo? Buonanotte Dean". 
La ragazza lo sorpassò e continuò a sentire lo strano sguardo del ragazzo su di sé, ma decise di non farci molto caso e si diresse nella sua stanza, qualche porta più un là: aveva bisogno di riposare, doveva recuperare le forze per continuare la caccia che da troppo tempo ormai aveva trascurato. 
 
 
Sam osservò il fratello serrare la mandibola e guardarlo in modo truce, stringendo i pugni: gli aveva appena detto di aver contattato Ash per chiedergli di trovare altre persone con poteri come i suoi e che sarebbe andato alla Road House per dargli una mano nelle ricerche. 
Dean non ne era assolutamente entusiasta, ma aveva accettato suo malgrado di accompagnarlo per scoprirne di più, chiedendosi fino a che punto questa storia si sarebbe spinta oltre: Sam aveva fatto riferimento a ciò che John avesse detto a suo fratello in punto di morte, facendo perdere la pazienza al maggiore, che cercò di rassicurarlo perché mai avrebbe potuto fargli del male. 
Fu proprio quando la discussione divenne più accesa che due colpi alla porta fecero voltare entrambi in quella direzione; Dean guardò in cagnesco suo fratello un'ultima volta, poi si diresse verso la porta, aprendola e trovandosi di fronte Abby, che non appena vide il suo sguardo capí immediatamente che qualcosa fosse successa. "Scusate, ho sbagliato momento?".
Dean aprí di più la porta sentendo suo fratello avanzare verso di lui e salutare Abby con voce leggermente incrinata dalla rabbia mischiata a sofferenza per la discussione avvenuta qualche istante prima.
"Si. No. È complicato..". 
Abby li guardò con aria dispiaciuta, chiedendosi quale fosse il motivo del loro litigio e sospirò pensando al suo di fratello, che la sera precedente le avesse chiesto di tornare a casa con lui. 
"Volevo solamente ringraziarvi per tutto, mi avete aiutato tanto ma adesso devo proseguire con la mia caccia" disse la ragazza alternando lo sguardo fra i due, sorridendo pensando che mai nessuno avesse fatto così tanti per lei. 
"Ma come, te ne vai?" chiese Sam aggrottando le sopracciglia, guardandola con aria sorpresa perché stava iniziando ad abituarsi all'idea di averla sempre vicina. 
Abby accennò un sorriso imbarazzato e lo guardò con ilarità. "Devo trovare il demone che ha ucciso mio padre, non ho scelta. Ma spero di rivedervi presto". 
La ragazza distolse lo sguardo da Sam che parve capire nonostante sembrasse dispiaciuto, e guardò Dean che rimase in silenzio ad osservarla con aria sorpresa. Non aggiunse altro e gli sorrise debolmente facendo un cenno col capo, si voltò e si diresse nella sua stanza per radunare le sue ultime cose, mentre sentiva nuovamente lo sguardo del ragazzo sulle sue spalle. 
Dean non poteva credere che ci stesse rimanendo male nel vederla andare via, non poteva credere di essersi abituato alla sua presenza e che gli facesse male vederla andare via; chiuse la porta e si voltò serio verso il fratello, perché non aveva la più pallida idea di cosa gli stesse capitando in quell'ultimo periodo, anche se si stava davvero sforzando per non darlo a vedere al minore. 
Sam sorrise fiero e divertito, avvicinandosi e battendogli una mano sulla spalla, prima di superarlo ed iniziare a radunare le sue cose per la stanza, mentre il fratello rimase per qualche momento bloccato sulla soglia. Il minore rise di gusto mentre infilava la sua maglia dentro  il borsone. "Sai, potresti andare con Abby". 
"Sammy, non ricominciare con questa stupida storia: tu sei mio fratello e vieni prima di tutto per me. Staremo insieme, fine della discussione!" esclamò Dean accigliandosi e fulminandolo con lo sguardo, avvicinandosi all'armadio per mettere con poca delicatezza i suoi vestiti dentro il suo borsone, sbuffando sonoramente. 
Sam si fermò ad osservarlo e sorrise, perché era tipico di suo fratello perdere ogni treno che la vita gli facesse sfrecciare davanti in nome della caccia; mise le mani contro i fianchi e lo osservò sorridendo per un attimo, pensando a quanto quell'atteggiamento fosse dettato dalla paura. "Per una volta che non ti importa del sesso con una ragazza, non te la lascio perdere per venire dietro a me Dean. Tu vai con lei!". 
Dean in un'altra circostanza avrebbe riso di gusto e lo avrebbe preso in giro, perché non esisteva al mondo che lui potesse affezionarsi a qualcuno. Specialmente ad una donna. Non con il lavoro che faceva, con la vita frenetica che conduceva e con gli insegnamenti che gli avesse impartito John. Ma questa volta il maggiore serrò la mascella e lo guardò con aria arrabbiata e scocciata, mollando il borsone e gesticolando in maniera nervosa. "La vuoi smettere? È da ieri sera che continui a ripetere queste cazzate! Non provo il minimo interesse verso Abby". 
Sam sorrise amaramente, perché negli anni aveva imparato che non ci fosse nessuno in grado di sabotare la propria felicità come faceva Dean. "Andiamo, sono tuo fratello: pensi che non abbia notato il modo in cui la guardi?". 
"Non so davvero di cosa tu stia parlando Sam, davvero! E adesso smetti di parlarne!". 
Sam roteò gli occhi e sbuffò, scuotendo la testa e sospirando, afferrando il suo borsone e mettendoselo in spalla per poi guardarlo con aria seria e perentoria. "Ok, può essere che io mi stia sbagliando, anche se ti conosco meglio di chiunque altro. Ma voglio che tu rimanga insieme a lei, potrebbe avere bisogno di aiuto o mettersi in pericolo; io me la saprò cavare! Ci vediamo fra un paio di giorni, ok? Tu fà il bravo!". 
Dean avrebbe tanto voluto ribattere, ma sapeva che quando il suo fratellino decidesse qualcosa non ci fosse nulla in grado di fargli cambiare idea. Esattamente come lui, e ciò lo rese anche un po' fiero. 
Il maggiore scosse la testa e sospirò, avanzando verso di lui con aria scocciata e per un secondo Sam ebbe la sensazione che lo avrebbe colpito e caricato in macchina insieme a lui, pur di non rimanere; ma il fratello distolse lo sguardo ed estrasse le chiavi dell'auto dalla giacca, rigirandosele fra le mani con indecisione. 
Dopo qualche secondo sollevò lo sguardo più limpido e sicuro verso il suo e sospirò, allungando le chiavi nella sua direizone e abbozzò un sorriso. "Arriverai prima". 
Sam sorrise divertito e afferrò le chiavi dell'Impala, grato che suo fratello per una volta lo stesse ascoltando. Si diresse verso la porta della stanza e poco prima di uscire si voltò a guardarlo con un grosso sorriso sul volto. "Grazie.. idiota". 
"Puttana!".
 
 
Bussò forte una seconda volta alla porta della ragazza e tese le orecchie per provare a sentire qualche suono, senza però ricevere alcuna risposta. 
Dean pensò che non potesse essersene già andata dato che la sua auto si trovasse ancora nel posteggio, così tirò fuori i suoi arnesi per forzare la serratura della camera della stanza di Abby, ed entrò muovendosi con cautela all'interno della stanza alla ricerca della ragazza: non c'erano segni di lotta, era ordinato e i borsoni stavano sopra il letto, ma non vi era alcuna traccia della donna. 
Un rumore proveniente dal bagno attirò la sua attenzione e si voltò in quella direzione, quando vide la porta spalancarsi e Abby uscire dal bagno con solamente un corto asciugamano a circondarle il corpo ancora bagnato dalla doccia; la donna sgranò gli occhi e si spaventò parecchio, facendo un passo indietro e guardando il ragazzo con aria stranita. "Dean! Che diavolo ci fai qua? Mi hai spaventata!". 
Dean mise le mani avanti e cercò di trattenere una risata, scuotendo la testa e cercando di distogliere lo guardo dal suo corpo con scarsi risultati, specialmente quando si accorse delle gocce d'acqua che presero a scendere lungo il collo, per poi infrangersi contro l'asciugamano che le copriva il corpo, ed il ragazzo si ritrovò a deglutire con fatica, divenendo serio e sollevando lo sguardo verso di lei. "Io.. Scusa, ho bussato due volte, ma tu non hai risposto: avevo paura che ti fosse successo qualcosa e ho forzato la serratura!". 
Abby sgranò gli occhi e cercò di coprirsi il corpo un po' di più, notando il modo in cui la stesse guardando e sorridendo appena sentendosi lusingata, ricordando le volte in cui Dean avesse provato a sedurla dopo le loro lunghe serate nei bar. "Sei venuto solo perché volevi salutarmi come si deve?". 
Dean guardò i suoi occhi e la sua espressione, trattenendo il fiato mentre la vide avanzare verso di sé con quello strano sguardo, ed il suo cuore prese a battere molto veloce, iniziando ad indietreggiare. "Io.. Non.. Che stai facendo?". 
Abby inclinò la testa all'indietro e rise di gusto profondamente digerita, superando il ragazzo per afferrare dal suo borsone dei vestiti puliti, per poi dirigersi nuovamente verso il bagno, lasciando la porta semiaperta con l'unica intenzione di continuare la loro conversazione. "Avresti dovuto vedere la tua faccia, Dean!". 
Il ragazzo accennò un sorriso e si sedette sul letto appoggiando i gomiti alle cosce, ritornando finalmente a respirare e sentendo il cuore battere fin troppo velocemente. Si morse la lingua sentendosi quasi arrabbiato, perché Abby si era presa gioco di lui in quel modo e Dean provò un forte fastidio. 
"Che fai qui? Dov'è Sam?". 
Istintivamente il ragazzo sollevò lo sguardo fino alla porta accostata del bagno, sporgendosi appena osservando la sagoma riflessa sullo specchio del bagno resa irriconoscibile dal vapore, e deglutí a fatica cercando di riprendere fiato. "È andato via con l'Impala".
Abby si sporse dalla porta tenendo ancora l'asciugamano contro il suo corpo per coprirsi, guardando il ragazzo con aria sorpresa, osservando il suo viso per capire se fosse solamente uno scherzo. "Sei serio? Avete litigato?". 
"No, no: sta seguendo una pista sul demone lasciata da Ash.." sussurrò Dean con vice rauca, facendo spallucce ed osservando i suoi occhi così preoccupati, e in quel momento maledí mentalmente suo fratello per avergli messo strane idee in mente, che adesso non riusciva a togliersi dalla testa. 
"Ha chiesto ad Ash di aiutarlo?" chiese Abby aggrottando le sopracciglia, distogliendo lo sguardo e tornando dentro al bagno per vestirsi. 
Dean sbuffò aria dal naso per calmarsi e si alzò e si diresse verso il davanzale, guardando appena fuori e sedendosi lì. "Perché, tu non l'hai mai fatto?". 
"Preferisco che gli affari miei rimangano miei, non mi piace condividere con gli altri cacciatori" rispose Abby dall'interno del bagno e il ragazzo fu sicuro che lei stesse sorridendo in maniera orgogliosa, perché non amava farsi vedere vulnerabile neanche da amici di lunga data come Ash. 
"Beh, a questo proposito.." iniziò Dean sospirando, fermandosi quando vide la ragazza uscire dal bagno con dei jeans aderenti ed una canottiera sagomata che mettevano in risalto il suo corpo atletico, e l'uomo distolse lo sguardo in favore dei suoi occhi, osservando il viso privo di trucco che lo attirava come mai prima d'ora, incorniciato dai capelli ancora umidi, che lo guardò con aria curiosa. "Mi chiedevo se.. Mi chiedevo se ti andasse una mano per la tua ricerca". 
Abby rise di gusto guardandolo con ilarità, ma quando osservò meglio il suo viso e notò la sua espressione seria, capí che non si trattasse affatto di uno scherzo. Divenne seria anche lei ed incrociò le braccia al petto, sollevando un sopracciglio. "Quindi Sam ti scarica e improvvisamente vuoi aiutare me?". Dean aprí la bocca per ribattere, ma i suoi occhi lo stavano stregando e non riuscì a proferire parola, deglutendo a fatica mentre si sentiva invaso da una terribile voglia di trascinarla con sé dentro il letto alle sue spalle per soddisfare la voglia che iniziò a battere nel suo petto. La donna fece spallucce e sospirò, pensando che tenergli occupata la mente per impedirgli di dannarsi sul fatto che suo fratello fosse partito da solo fosse il minimo per ripagarlo dopo ciò che avesse fatto per lei. "Ok, tanto sto ancora prendendo informazioni sul demone che ha ucciso mio padre. Dopo la sua morte ho solo preso un caso dopo l'altro, avevo bisogno di uccidere e distruggere qualche stronzo, ma non ero in grado di cercare il demone. Avevo bisogno di un po di tempo per smaltire la rabbia, altrimenti non avrei agito bene e sarei finita per farmi ammazzare".
Dean l'ascoltò attentamente e annuì pensando che avesse agito bene, sorridendole goffamente ma rimanendo ancorato al davanzale con forza, osservandola disfare i bagagli alla ricerca di un fascicoletto, che posò sul tavolo con cura. Il ragazzo si avvicinò con titubanza, ma Abby fissava i fogli e i ritagli di giornale che aveva iniziato a spargere per il tavolo della stanza. "Sei saggia. Che hai scoperto?". 
Dean osservò cosa avesse raccolto in quei mesi, notando la meticolosità con cui avesse prestato attenzione ai dettagli e come avesse schematizzato l'opera di quel demone, sistemando in ordine cronologico le vittime di cui fosse a conoscenza, e si soffermò con lo sguardo su una delle ultime foto: dal modo in cui Abby la stesse guardando doveva trattarsi per forza di suo padre ed un senso di tristezza invase entrambi. 
Le passò una mano sulla schiena con delicatezza per darle conforto e quando Abby si voltò a guardarlo non vide dispiacere o pena nei suoi occhi come aveva letto negli occhi degli altri cacciatori quando avevano saputo del suo lutto, ma una forte ammirazione, che la fece sorridere ed imbarazzare un po'. 
"Che c'è? Perché mi guardi così?". 
Dean sorrise teneramente e fece spallucce. "Niente, è solo che certe volte penso che siamo davvero molto simili".
Abby ricambiò il sorriso e notò come il modo in cui la guardasse fosse cambiato, molto simile a quello che aveva quando l'avesse vista uscire dal bagno con solo l'accappatoio addosso. Le piaceva fin troppo quando la guardava così, Abby aveva intuito che lui la desiderasse, ma non era interessata ad avere quel tipo di rapporto. Anzi, non era interessata ad avere alcun tipo di rapporto. Con nessuno. Mai. 
Aveva il cuore ancora spezzato per la morte di suo padre e di Nathan, e sistematicamente tutte le persone a cui permettesse di entrare nella sua sfera personale tendevano a morire. Non voleva ripetere quell'esperienza. 
Si schiarí la voce e si allontanò di qualche passo, avvicinandosi alla sedia per prendere la sua giacca di pelle nera per poi guardarlo con un sorriso. "Sto morendo di fame, ti va di mangiare qualcosa? Ho visto una panineria, non è molto distante". 
Dean la osservò e sorrise amaramente: non aveva ancora capito se il modo in cui la guardasse o le stessd vicino le desse fastidio, ma era più forte di lui, non poteva evitarlo o controllarlo. 
Annuì e distolse lo sguardo, ripensando a quante volte l'avesse vista mangiare le sue stesse schifezze ipercaloriche, mentre Sam criticava entrambi dicendo loro che avrebbero avuto un probabile infarto, e aprí la porta della stanza facendole segno di passare per prima. "Come vuoi tu, ragazzina".
 
 
Abby si diresse verso il mini frigo e si piegò per prendere due birre, avvicinandosi poi al ragazzo e porgendogliene una con aria scocciata: avevano passato qualche ora sui libri e sul web, ma non avevano ancora scoperto nulla che già non sapessero. "È frustante continuare così!". 
Dean sorrise e si portò la birra alle labbra, osservando il modo irrequieto con cui si muovesse per la stanza e subito notò la spiccata somiglianza gestuale con il fratello Dan. "Stiamo perdendo tempo, dovresti chiedere a chi potrebbe procurarti una ricerca più approfondita. Come Ash". 
Lo fulminò con lo sguardo e scosse la testa, fermando la sua corsa fino al davanzale dove si appoggiò e sbuffò nuovamente. "È escluso". 
"Perché? Insomma, da quanto lo conosci?". 
"Più o meno da 12 anni". 
Dean aggrottò le sopracciglia e allargò le braccia, sorridendo incredulo e notando l'espressione imbronciata sul suo volto, e la guardò con aria stranita. "E non ti fidi ancora di lui?". 
Abby lo guardò per qualche momento, poi sospirò e tornò a sedersi sulla sedia davanti a lui, rigirandosi la bottiglia fra le mani e sospirando. "Ma certo che mi fido, così come mi fido di Ellen e Jo, ma già loro mi guardano come se fossi fatta di cristallo, non voglio dargli altri motivi per farlo".  
Il cacciatore sollevò un sopracciglio e non poteva che capirla, perché anche lui odiava quel genere di trattamento, proprio come lo guardava Bobby o a volte perfino suo fratello. La osservò abbassare lo sguardo e giocare con il collo della bottiglia di birra, mentre il suo viso si piegava in una smorfia crucciata.
"Anche Sam a volte mi guarda così, ma tu non l'hai mai fatto.." sussurrò Abby sollevando gli occhi nella sua direzione e accennando un sorriso sincero. "È per questo che a volte ti parlo della mia vita privata".
L'uomo riuscì a intravedere nei suoi occhi uno spiraglio, come se Abby gli avesse permesso di vedere una piccola parte di sé, come se iniziasse a permettere a sé stessa di togliere il piede dal freno e fermarsi un momento per respirare, e Dean decise di azzardare. "Ti va di parlare di quella notte?". 
Abby cambiò espressione e scosse subito la testa, volgendo nuovamente lo sguardo sulla bottiglia e mordendosi il labbro con un movimento nervoso, e Dean poté notare come lo spiraglio dentro la ragazza di fosse chiuso con un forte scatto, lasciandogli solamente un debole eco. 
"E va bene, comincio io: il demone che ha ucciso i miei genitori.." iniziò il ragazzo con titubanza ma gli si formò un nodo in gola e dovette sforzarsi per continuare a parlare, notando lo sguardo sorpreso di Abby perché neanche lui si era mai davvero aperto con lei. ".. ha posseduto mio padre, ma lui è riuscito ad assumere il controllo e ha chiesto a Sam di ucciderlo".
"Mi hai già parlato di quella notte, Dean. Non serve riviverla ancora per farmi parlare..". 
Dean sorrise amaramente e appoggiò entrambi gli avambracci sul tavolo, rigirandosi la bottiglia fra le mani e fece spallucce, sospirando rumorosamente perché non era mia facile parlare di ciò che fosse successo, eppure tutto ciò che voleva era che Abby si liberasse del peso che portasse dentro di sé.
Sospirò e ignorò le sue parole, tornando a guardare nei suoi occhi azzurri. "Sam non l'ha ucciso e il demone è andato via, poi mentre scappavamo siamo stati investiti da un camion. E questo non te l'ho mai detto, ma io ero grave, piuttosto grave. Mio padre è morto per salvarmi. Ha fatto un patto". 
Abby osservò la maschera sarcastica che indossasse sul viso, ma riuscì a vedere oltre, percependo il dolore straziante nelle sue parole ed il tormento che non lo avrebbero più lasciato, cosciente del fatto che stesse respirando e fosse vivo grazie al sacrificio di suo padre. Notò il modo in cui adesso Dean evitasse il suo sguardo, guardando tutto fuorché lei e sentí gli occhi pizzicare appena; sospirò e lo guardò spazzare via quasi con vergogna le lacrime che da un momento all'altro sarebbero scese sulle sue guance, ed intuì che neanche a lui piacesse farsi vedere fragile e vulnerabile. 
Abby si fece coraggio e si morse il labbro, prendendo un lungo respiro e tornando a giocare con il collo della bottiglia di vetro, scuotendo la testa con disapprovazione, perché neanche lei sapeva cosa avrebbe detto da un momento all'altro. 
"La notte in cui mio padre è morto era andato via senza dirmi nulla, ed era strano perché cacciare era una cosa nostra, lo facevamo sempre insieme! Io mi sono insospettita e l'ho seguito: quando sono arrivata l'ho sentito urlare e nonostante io abbia corso il più velocemente possibile, lui era già morto..". Abby dovette tirare su col naso e respirare lentamente un paio di volte, perché non era falice e aveva solamente voglia di prendere tutte le sue cose e scappare, perché odiava che qualcuno potesse percepire il suo dolore. "C'era quest'uomo di spalle che stava andando via, ma quando mi ha sentita si è voltato e.. Non ho idea di cosa sia successo dopo. Non riesco a ricordare".
Dean la osservò per una manciata di secondi, osservando il suo sguardo addolorato e anche in quel momento non riuscì a non pensare che fossero davvero tanto simili, e chi più dei lei avrebbe potuto capire? 
Istintivamente allungò una mano verso le sue, ancorate alla bottiglie e ne afferrò una con delicatezza, e la ragazza accennò un sorriso sentendosi parecchio stupida ad aver aperto il vaso delle emozioni proprio in quel momento; nonostante sentisse la stretta non incrociò il suo sguardo perché non voleva mostrargli il suo dolore, non come stava facendo la sua voce. 
"Ricordo solamente che mi ha afferrato e mi guardava con i suoi occhi gialli come se mi conoscesse..".
Dean sgranò gli occhi e smise di respirare per qualche secondo buono, non riuscendo a fare a meno di notare la tranquillità con cui avesse pronunciato quelle parole, nonostante stesse parlando di qualcosa che lo toccasse fin troppo da vicino. "Aveva gli occhi gialli?!".
"Si.." sussurrò Abby aggrottando le sopracciglia e guardandolo con aria stranita, non capendo il motivo della sua improvvisa agitazione. "Perché?!".
Fu sicura che Dean stesse per vomitare tutta la verità e le informazioni che sembrava sapere su quel bastardo di demone che avesse ucciso suo padre, ma vennero interrotti dalla suoneria del suo telefono e subito Abby pensò che Ellen avesse il peggiore tempismo di sempre.
 
 
Il buio della notte era interrotto solamente dalle poche luci dei lampioni del parcheggio desolato del motel, ma ad Abby piaceva fermarsi di tanto in tanto e guardare le stelle, chiedersi se quella più luminosa fosse proprio lui. 
Era stata davvero una giornata particolare: aveva trascorso del tempo con Dean e poi erano stati avvisati da Ellen che Gordon fosse di nuovo sulle tracce di Sam.
Abby e Dean erano partiti per salvarlo ed erano rimasti sconvolti dalla morte di Ava Wilson, una delle ragazze che avessero dei poteri come Sam. 
Sospirò e si aggiustò meglio sul cofano della sua auto, osservando le infinità di luci nel cielo mentre rimaneva sempre affascinata da quella meravigliosa vista. 
Nel silenzio della notte udì uno scricchioliò proveniente da dietro di lei, come se chiunque si trovasse a pochi passi da lei avesse pestato un rametto o qualcosa di simile, e subito si voltò di scatto in quella direzione e si sedette pronta a difendersi, ma poi udì una risata fin troppo familiare e sorrise rilassandosi. 
"Calma ragazzina, sono solo io" disse Dean ridendo ancora, sollevando le mani in segno di resa e avvicinandosi fino ad appoggiarsi al cofano, accanto a lei. 
Abby lo guardò male per qualche secondo in maniera giocosa e poi tornò a sdraiarsi sul cofano, pensando che avrebbe voluto riempirlo di domande sul perché conoscesse occhi gialli, ma non era la serata giusta. Erano entrambi davvero molto stanchi. "Prima o poi la smetterai di chiamarmi ragazzina?". 
"No, ragazzina" rispose il ragazzo ridendo di gusto, osservando con la coda dell'occhio la porta ancora chiusa della stanza che condivideva suo fratello. Si girò e appoggiò gli avambracci sul cofano, guardandola in viso e sorridendo. "Senti, ieri sera non ho potuto fare a meno di sentire quello che ti ha detto tuo fratello" 
"A proposito?" chiese distrattamente la ragazza, continuando a guardare le stelle. 
"Del tuo compleanno. Sono 23, giusto?" chiese Dean osservando appena il suo viso cambiare espressione e divenire appena più serio. Doveva essere il suo primo compleanno senza suo padre e probabilmente doveva farle male. 
Abby annuì, poi tornò a guardare il cielo stellato per rilassarsi mentre una pesantezza si stabilì sul stomaco, facendole rigirare le budella perché davvero odiava i suoi compleanni. 
Dean si sentí dispiaciuto nel vederla in quella maniera, era fin troppo giovane per sentirsi in quel modo, per questo motivo aveva deciso che avrebbe provato a rimediare: avvicinò un pacchetto rettangolare fino al suo addome e lo poggiò lì mentre osservava l'espressione confusa sul suo viso, cosa che lo fece sorridere. "Buon compleanno ragazzina". 
“Oh no, Dean non posso accettare.." sussurrò la ragazza tirandosi su a sedere con le gambe a penzolone, scuotendo la testa e porgendogli indietro la scatola, guardandolo quasi con aria supplichevole, ma il ragazzo rise di gusto e spinse via le sue mani, intimandole di aprirlo senza fare troppe storie. 
Abby accennò un sorriso imbarazzato e lo guardò, chiedendosi perché fosse diventato così gentile e premuroso nei suoi confronti, e sospirò rassegnata, aprendo la scatola rossa con uno scatto per osservarne curiosa il contenuto: sul fondo bianco della scatola spiccava un braccialetto sottile in argento con dei ciondoli decisamente fin troppo particolari. Il simbolo della chiave di Salomone, dei piccoli pugnali, la miniatura di una macchina che sembrava del tutto simile alla sua. 
Abby sgranò gli occhi e lo guardò ridendo, portandosi una mano alla bocca e sentendo le sue guance arrossire e acquistare colore. "Ma davvero, Dean?". 
"Beh, almeno così sarai sempre protetta, no?" chiese retoricamente il ragazzo sorridendo, beandosi di quella rara occasione in cui sentisse la sua risata. 
Le tolse il braccialetto di mano e si avvicinò ulteriormente, mettendoglielo al polso destro con un grosso sorriso, per poi sollevare lo sguardo sui suoi occhi ed osservare quel raro momento di felicità che sembrava averle regalato. Improvvisamente sentí le sue braccia circondargli il collo mentre lo attirava a sé per stringerlo forte, ma Dean rimase immobile e spiazzato per un momento, per poi insinuare le mani sotto la sua giacca per stringerla dai fianchi più forte a sé. 
"Grazie, mi piace molto" disse Abby per poi sciogliere presto l'abbraccio e poggiare distrattamente la mani sulle sue braccia fasciate dal giubbotto di pelle marrone, e lo guardò con un sorriso, mentre continuava a sentire le mani del ragazzo su di sé. 
Probabilmente per il modo intenso in cui la stesse guardando o perché il suo cuore battesse così forte come non aveva mai fatto, cercò di divincolarsi dalla sua presa con paura, ma nel tentativo di sgattailare via si mosse male sopra il cofano e iniziò a scivolare su di esso: sarebbe caduta se Dean non l'avesse tenuta in maniera salda, ma la ragazza si trovò a meledirsi mentalmente perché aveva solamente peggiorato le cose. 
Adesso si trovava con i piedi per terra, schiacciata fra la sua auto e il corpo di Dean, che aveva riso leggermente quando l'aveva sentita così nervosa sotto le sue mani, tanto da cadere se non l'avesse sorretta. 
"Che stai facendo?" sussurrò il ragazzo sorridendo dolcemente, carezzandole il viso per metterle una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 
Abby strinse la mascella e si scostò appena da quella carezza, deglutendo a fatica e non riuscendo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi verdi così ipnotici, e si chiese quando fosse successo. Quando avesse abbassato la guardia quel tanto necessario per permettere a Dean di entrare dentro di lei in quel modo. 
"Onestamente? Sto cercando di scappare da questa situazione" sussurrò la ragazza sorridendo nervosamente, riuscendo finalmente quel tanto che bastasse a calmare il suo cuore per riassumere il controllo e distogliere lo sguardo.
Ma l'indice ed il pollice della sua mano destra le afferrarono in maniera delicata il mento, costringendola a guardarlo nuovamente negli occhi e lui cercò di trovare le risposte dentro di lei, ed entrambi si persero uno negli occhi dell'altra. 
"Perché? Di cosa hai paura?". 
Abby aveva esaurito le risposte sagaci e non riusciva a pensare se non alla verità, cioè che era così spaventata all'idea di perdere qualcun'altro che si era preclusa la possibilità di amare, e sentí la rabbia crescere dentro di sé, chiedendosi perché Dean stesse cercando di metterla in difficoltà in quel modo.
Aveva allontanato i suoi stessi fratelli, perché mai avrebbe dovuto permettere a Dean di avvicinarsi? 
Dei passi lenti alle loro spalle attirarono la loro attenzione, ma nessuno dei due si mosse o distolse lo sguardo e la situazione sembrava essersi trasformata in una disputa a chi lo abbassasse per primo. 
"Buon compleanno!" esclamò Sam avanzando sorridendo nella loro direzione, concentrandosi su ciò che tenesse fra le mani nel tentativo di non farlo cadere. 
Dean finalmente lasciò la presa su di lei e si posizionò di lato, lasciandole libero il passaggio; Abby guardò Sam ed il suo sguardo si addolcí di qualche tono quando si accorse della piccola torta che portasse con le mani, sorridendo imbarazzato nella loro direzione: Sam si era accorto troppo tardi del modo in cui Dean ed Abby si stessero osservando, del modo in cui fossero vicini e del braccialetto che la ragazza portasse al polso. 
Qualcosa doveva essere andato storto e il ragazzo lo intuì quando vide Abby andare verso di lui, poggiargli una mano sulla spalla in maniera dolce e sorridergli: "Grazie Sam, siete stati fantastici, ma non ho fame. Mangiatela voi, scusate". 
Non aspettò che qualcuno dicesse qualcosa, ma superò il minore e si diresse verso la sua stanza finalmente felice di poter tornare a respirare. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


 
HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 5.


 
Dean sentí i suoi sospiri di piacere e le labbra di Abby che cercavano le sue, mentre si muoveva sopra di lei in maniera regolare e con delicatezza; la baciò con avidità, come probabilmente non aveva mai fatto con nessuna prima di allora. 
La strinse a sé nel buio della stanza, muovendosi dentro di lei ed aspettando che Abby lo rassicurasse con lo sguardo perché non voleva farle male, non voleva fare qualcosa che le potesse dare fastidio; la ragazza lo spinse dalle spalle, facendolo scivolare di schiena sul letto ed invertí le posizioni, assumendo il controllo e muovendosi in maniera un po più veloce, abbastanza da far finire quella magia per entrambi in pochi attimi. 
Ma Dean non voleva che finisse così presto: aveva aspettato molto per averla e la desiderava da così tanto tempo che adesso non voleva che finisse. 
L'attirò a sé facendole piegare la schiena e abbracciandola forte, intercettando i suoi occhi azzurri e perdendovisi all'interno, tornando a baciare le sue labbra con avidità e stringendola contro il suo corpo. 
Abby ricambiò ogni suo tocco, ogni carezza, ogni bacio, ogni stretta, stringendolo a sé e cercando di averlo sempre più vicino, e Dean non poté immaginare che potesse andare meglio di così. "Non ti fermare, ragazzina..". 
La sentí muoversi sopra di lui in maniera sempre più frenetica mentre l'ascoltava gemere di piacere e stringere le sue spalle con forza, senza neanche accorgersi che stesse usando le unghie per ancorarsi meglio, e fu certo che da lì a poco entrambi sarebbero stati sfiniti. 
Proprio nel momento in cui ci sarebbe dovuta essere l'esplosione di emozioni e di gioia dentro entrambi, sentí una strana melodia diffondersi nell'aria ed il suo sguardo confuso vagò in giro per la stanza, mentre una strana sensazione si fece largo dentro di lui. 
 
Quando Dean aprí gli occhi, si ritrovò nel suo letto da solo, notando il fratello dormire ancora beatamente nel letto affianco; sgranò gli occhi e spense malamente la sveglia del suo cellulare, sentendo il fiato corto ed il cuore che batteva forte dentro al suo petto.
Si sentí disoriento per qualche momento e si passò la mano sulla fronte madida di sudore, rendendosi conto in quel momento che si trattasse solamente di un sogno: nulla di ciò che stava vivendo fino a qualche istante prima era mai accaduto, era stato solamente frutto della sua mente. 
Sentí il cuore continuare a pulsare freneticamente e si accorse che non fosse l'unica cosa pulsante del suo corpo; scosse la testa e si sedette, chiedendosi perché quelle immagini avessero invaso i suoi sogni e perché né fosse stato così felice. 
Cosa aveva Abby che la rendeva così speciale? Perché non riusciva a togliersela dalla mente in nessun modo? 
Si alzò di scatto e colpí con una forte cuscinata il fratello in pieno viso, facendolo svegliare di soprassalto e pensando che se lo meritasse, perché era riuscito a fargli capire il suo stesso interesse per Abby, nonostante Dean non ne fosse ancora del tutto a conoscenza. Ignorò le sue proteste e si diresse in bagno per fare una lunga doccia fredda, nel tentativo di bloccare i bollenti spiriti che da qualche notte lo invadevano. 
 
 
Si mosse all'interno di quel vecchio salon con sguardo compiaciuto, dando un'occhiata qua e là alla ricerca di qualcosa che gli abitanti di quel luogo avessero potuto lasciare prima di andare via; era sempre stato attirato da quel lato della storia e fu sicuro che in un'altra vita aveva sicuramente fatto parte del mondo Western, ammirando il loro vestiario, le loro leggi, il loro modo di risolvere i problemi.
Sam ed Abby si scambiarono uno sguardo a metà fra il divertimento e la scocciatura, perché Dean aveva fatto fare ad entrambi una deviazione di quasi due ore per osservare quel villaggio d'epoca abbandonato, dicendo loro che non avrebbe potuto perdonare a sé stesso di trovarsi in prossimità di esso e di non aver fatto una deviazione per visitarlo. 
Erano passate già due settimane dal compleanno della ragazza e i due Winchester le avevano raccontato tutto sul motivo per cui conoscessero Azazel e perché gli dessero la caccia, risposero a tutte le sue domande soddisfando le sue curiosità sul demone, e finalmente collegò tutti i fatti di cui non aveva mai chiesto spiegazioni, come ad esempio le strane visioni di Sam, che scoprì essere frutto proprio di Azazel. 
Nonostante la strana situazione che si fosse palesata con Dean la sera del suo compleanno, Abby decise di restare e dare la caccia al demone insieme, mettendo prima in chiaro le cose col maggiore, dicendogli che il loro rapporto doveva rimanere sul professionale e che non aveva tempo per distrarsi; inaspettatamente Dean parve capire e cercò di evitare qualsiasi tipo di contatto fisico con la ragazza, parlandole poco e solamente per questioni che riguardassero le cacce. 
"Abbiamo visitato questo stupido villaggio, adesso possiamo rimetterci in viaggio?" sbuffò Abby seduta sul bancone impolverato e serrando le braccia al petto, guardando il maggiore con aria scocciata. 
"Non così in fretta, ragazzina: siamo a Deadwood, patria di Wild Bill Hickok, che insieme a Buffalo Bill prese parte al Selvaggio West!" esclamò Dean sgranando gli occhi e guardandosi attorno con ammirazione, immaginando di poter vedere le comuni persone appartenenti a quell'epoca passeggiare in quelle strade e entrare nel saloon per ubriacarsi fino a non ragionare più. "Ogni volta che gioco a poker cerco di ricreare la Mano del morto in suo onore!". 
"Sono davvero affascinata. Adesso andiamo via?" chiese Abby sollevando un sopracciglio ma si accorse che Dean non la stesse proprio considerando, e cercò aiuto in Sam che le si avvicinò con un sorriso ironico, appoggiandosi al bancone accanto a lei con un braccio. 
"Non ti ascolta, è preso da questa città. Sai che conosce la maggior parte delle battute di tutti i film Wester esistenti?". 
Abby sorrise e lo guardò con ilarità. "Davvero gli piace questa roba? Ma lo sa che a quei tempi si moriva per un semplice raffreddore? E che non avrebbe potuto andare a letto con tutte le ragazze come fa adesso, oppure l'herpes sarebbe stato l'ultima delle sue preoccupazioni?". 
Sam rise di gusto non riuscendo a far a meno di pensare a quanto lei e suo fratello fossero perfetti l'una per l'altro, e notò Dean uscire dal Saloon con aria sbalordita senza neanche richiamare i due ragazzi, che rotearono gli occhi al cielo e sospirarono, chiedendosi quando quello strazio sarebbe finito. 
Sam aiutò Abby a scendere dal bancone porgendole un braccio e la ragazza lo ringraziò con un sorriso, avviandosi verso l'uscita per seguire Dean in quella imperdibile avventura a Deadwood; lo videro osservare le vetrine del negozio di armi proprio davanti al saloon e la ragazza si appoggiò distrattamente al pilastro portante di legno del portico del locale, toccandolo con le mani. 
Fu un attimo e delle strane immagini invasero la sua mente: un uomo sulla trentina con dei capelli corvini ed un grande cappello da cowboy finí a terra dopo aver ricevuto un forte pugno sul mento, mentre l'aggressore gli intimò che se lo avesse visto un'altra volta non avrebbe esitato a far fuoco con la sua pistola, prendendolo a calci sulle costole e facendogli sputare sangue. 
Abby cadde rovinosamente a terra e per parecchi momenti si sentí stordita udendo le voci dei due ragazzi in maniera ovattata, ma riuscì a sentire due possenti braccia che la tiravano su a sedere, schiaffeggiandole le guance per farla tornare in sé. 
La ragazza riaprì gli occhi e guardò Sam seduto a terra alle sue spalle che le teneva la schiena sollevata con entrambe le braccia, mentre Dean alla sua destra le continuava a colpire delicatamente il viso per farla tornare in sé, e sul volto di entrambi vide degli sguardi molto preoccupati. 
La ragazza si liberò della presa di entrambi con aria infastidita, sedendosi in autonomia e guardando il maggiore in modo arrabbiato, togliendosi malamente le sue mani dal viso. "Ma che diavolo fai?!". 
"Sei improvvisamente caduta a terra e non rispondevi, cerchiamo di farti riprendere da 5 minuti!" esclamò Dean in preda all'agitazione, non capendo cosa fosse successo e perché. "Stai bene?". 
"5 minuti? Mi sono sembrati solamente pochi secondi.." sussurrò la ragazza abbassando il capo e riflettendo su ciò che ricordasse, e quando quelle immagini le tornarono in mente sgranò gli occhi e alternò lo sguardo fra i due. "Mi sa che sono nei guai". 
Dean la osservò meglio e le afferrò il mento fra il pollice e l'indice con nessuna malizia, avvicinandolo al suo ed assottigliando lo sguardo per esaminare meglio il labbro inferiore spaccato che non aveva notato prima, pensando immediatamente però che la caduta non c'entrasse nulla con quella ferita. 
"Che hai fatto al labbro?". 
 
 
I due ragazzi la portarono subito nella casa abbandonata più vicina di quel posto, cercando di farla calmare per ragionare insieme su cosa potesse essere successo e perché, e la fecero sedere sulla sedia di un antico tavolo da pranzo, mentre i ragazzi si guardarono intorno per capire cosa avesse potuto scatenare quelle visioni. 
"Quindi hai visto un uomo che veniva picchiato a sangue da un cowboy? Perché? Che aspetto aveva?". 
Abby abbozzò un sorriso quando notò il cambio di atteggiamento del maggiore, che si appoggiò alla parete con le braccia al petto e la guardò con aria seria più di quanto lo avesse mai visto, cercando di capire cosa fosse le stesse capitando. "Non lo so il perché ma era molto buio: ricordo solamente che quell'uomo aveva dei lunghi baffi e dei lunghi capelli mossi. Tutto qua!". 
Dean scambiò un'occhiata con Sam che fosse preoccupato tanto quanto lui, e si mosse all'interno della stanza, analizzando tutti quadri alle pareti e le fotografie malandate e ingiallite dal tempo sui ripiani dei mobili: Dean analizzò tutti i volti presenti nei ritratti sotto gli sguardi curiosi dei due ragazzi, e quando trovò ciò che stesse cercando ne prese uno fra le mani e si avvicinò alla donna per mostraglielo. 
Abby aggrottò le sopracciglia ed osservò bene quel viso che Dean le stesse mostrando, riconoscendone i tratti ed il grosso cappello che portasse, mentre una lunga chioma gli incorniciasse il viso. "È lui!". 
Dean si lasciò andare ad una forte risata isterica, per un attimo inviadiando la ragazza che avesse potuto vederlo in quella visione, e scosse il capo. "Hai visto proprio Wil Bill Hickok". 
"Che? Ma ti senti?" chiese Sam ridendo di gusto e scuotendo la testa, pensando che fosse impossibile, ma presto si dovette ricredere, ripensando a tutto ciò che avessero passato insieme nella loro breve vita e a tutto ciò a cui non avrebbe creduto se non lo avesse vissuto personalmente. "E che significa? Cosa vuole da lei?".
Dean scosse la testa e sospirò rumorosamente, appoggiandosi nuovamente contro la parete con aria preoccupata. "Non lo so, le ha mostrato un pezzo di una storia: credo che l'uomo che veniva pestato fosse McCall, il fratello minore di Naso Rotto Jack, il quale a sua volta si vendicò uccidendo la leggenda Bill Hickok". 
Abby sgranò leggermente gli occhi e si portò una mano alla tempia, iniziando a chiedersi perché avesse dato retta al maggiore e si fosse lasciata trascinare in quel posto dimenticato da Dio e dagli uomini stessi e scosse la testa. "Wow, inizio davvero a sentirmi dentro uno di quei film che ti piacciono tanto". 
Dean e Sam iniziarono a discutere sul perché lo spirito di McCall o di Hickok avessero scelto proprio lei e perché le avessero mandato quella strana visione e quando capirono che la storia sarebbe andata per le lunghe il maggiore mandò Sam a prendere qualcosa da mangiare, mentre Dean iniziò subito a fare delle ricerche approfondite. 
L'idea della possessione venne subito scartata, perché Dean si era assicurato di far inserire nel bracciale che avesse regalato ad Abby dei particolari simboli a ciondolo che la proteggessero anche da questo, quindi doveva per forza trattarsi di qualcos'altro.
Quando il sole iniziò ad abbassarsi sempre di più, il ragazzo iniziò ad accendere delle candele trovate all'interno di quella casa, per fare in modo che riuscissero a continuare le proprie ricerche alla luce. 
Abby si avvicinò al maggiore, seduto dalla parte opposta del tavolo intento ad esaminare diverse ipotesi al pc, chiedendosi come fosse stato possibile che una ragazza normale come lei potesse aver avuto delle visioni soprannaturali e viverle in prima persona, a giudicare dal labbro spaccato che si fosse ritrovata dopo la visione. 
"Dov'è Sam? Dovrebbe essere già tornato a quest'ora". 
Dean si voltò a guardarla, notando quanto si fosse sporta per sbirciare nel suo computer e trovandola molto vicina al suo viso, e in un attimo le immagini che lo ossessionassero la notte fecero capolinea nella sua mente, e si trovo costretto a deglutire a fatica specialmente perché che Abby gli aveva detto chiaramente che tra loro non sarebbe mai successo nulla. "Ansiosa di vedere mio fratello? Lo rivedrai presto, rilassati". 
Abby sollevò lo sguardo dallo schermo e lo guardò in cagnesco, inarcando le sopracciglia in un'espressione quasi sconvolta. "Cosa vorresti dire con questo?". 
"Niente, dico solo che se provi interesse per Sam potevi dirlo subito!" esclamò Dean sentendosi accecato dalla rabbia, guardandola in cagnesco mentre metteva un po di distanza fra loro due. 
Abby roteò gli occhi e sbuffò, giocando nervosamente con le mani e scosse la testa. "Ti prego Dean, non ricominciare! Sai benissimo che non provo assolutamente nessuna attrazione per Sam!". 
"Oh, questo lo so perfettamente!" esclamò Dean contraddicendosi e voltandosi interamente nella sua direzione, guardandola con aria accusatrice e notando la sua espressione confusa. Anche lui era confuso, non aveva la minima idea del perché avesse tirato in ballo suo fratello, probabilmente perché gli desse fastidio che Abby permettesse a Sam di avere un rapporto sincero con lei, mentre tenesse lui a distanza. "Lascia perdere!". 
Abby lo vide voltarsi e tornare alla sua ricerca e sentí la sua stessa ira crescere dentro di sé: la rabbia di Dean era però centrata sul fatto che lei gli avesse sempre chiuso tutte le porte, mentre quella di Abby era una rabbia che cresceva contro sé stessa e contro la possibilità di poter essere felice almeno una volta nella sua vita. Lo strattonò dal braccio, costringendolo a voltarsi e lo guardò in cagnesco. "No, risolviamo una volta per tutte: ti senti ferito nell'orgoglio, vero? Nessuna ragazza ti aveva mai detto di no prima d'ora, eh?". 
Dean sgranò gli occhi e rimase allibito perché non poteva neanche spiegare a sé stesso cosa ci avesse visto in lei, se non una ragazzina arrogante, prepotente e dispettosa. "Perché devi sempre pensare che il mio interesse per te sia dovuto al sesso? Pensi che avrei perso tutto questo tempo con te, a venirti dietro e a toglierti dai guai se mi fosse interessato solamente portarti a letto?!". 
Abby non si aspettò la rabbia con cui pronunciò quelle parole e lesse nel suo sguardo la sua sincerità: non stava mentendo e non l'aveva mai fatto e questo Abby lo sapeva bene. 
Si pentí di avergli fatto credere che per lei, Dean si stesse incaponendo solamente per la sfida che sembravano essersi lanciati silenziosamete. Non era giusto e avrebbe preferito dirgli la verità, ma non poteva rischiare di spostare la sua concentrazione da Azazel nemmeno per un momento. 
"Scusami Dean, io non intendevo..". 
La ragazza non ebbe neanche il tempo di finire la frase, che Dean tornò ad osservare lo schermo del pc, arrabbiato per ciò che avesse ribadito nuovamente. 
Abby sospirò e si alzò, allontanandosi da Dean e dal suo pc molto lentamente. Fece per uscire ad attendere Sam fuori, ma uno strano dolore le oppresse il petto e le venne meno il respiro, facendola piegare su sé stessa e gemere dal dolore. 
Sentí delle braccia circondarle la vita e sorreggerla sentendosi nuovamente stordita, mentre delle nuove brutte immagini apparvero nella sua mente: vide McCall provare a colpire Hickok al volto, ma il ragazzo era troppo debole e il cowboy era fin troppo esperto in combattimenti. 
Lo stese nuovamente ed estrasse la sua pistola dalla guaina in pelle, puntandogliela contro con aria soddisfatta. "Sarai un esempio per chiunque disobbedisca in questa città: sono lo sceriffo e voi tutti dovete attenervi alle mie regole e pagare i tributi!". 
Hickok premette il grilletto e mirò al suo fianco sinistro, ridendo soddisfatto mentre ascoltava i suoi gemiti di dolore. 
 
Abby si lasciò scivolare sul petto di Dean trovandosi inaspettatamente senza forze e col fiato spezzato, mentre un fortissimo dolore al fianco sinistro la rese impossibile qualsiasi movimento e sentí sgorgare una sostanza appiccicosa e rossastra dal suo corpo, che invase la sua maglietta e le mani del ragazzo che la tenevano in piedi. 
"Che è successo, Abby? Mi senti?". 
Dean la scosse per qualche secondo, ma intuì presto che la ragazza fosse sotto shock, specialmente quando guardò le sue mani e le trovò imbrattate dal suo sangue. 
Subito la prese fra le braccia e l'adagiò sul divano della sala da pranzo inginocchiandosi al suo fianco, osservando i suoi occhi sbattere per qualche momento come segno che Abby stesse tornando alla realtà. "Dean..".
"Sono qui.." disse il ragazzo afferrandole le mani e scostandole i capelli dal viso per farla respirare meglio, sentendo la sua presa forte su di lui a cui si stesse aggrappano probabilmente per restare lucida. "Che è successo?". 
Abby si guardò attorno quasi disorientata e provò a mettersi seduta, non facendo che peggiorare la situazione e gemendo per il dolore. Ricordò ciò che fosse successo, sentendo il ragazzo che le chiedesse di stendersi e di calmarsi, mentre delle lacrime le rigarono il viso. "Ho visto Hickok: gli ha sparato Dean, ha sparato a McCall come se fosse una bestia e ho visto i suoi occhi, traeva piacere da ciò che stava facendo". 
Dena inghiottí il boccone amaro, cercando di nasconderle la sua paura e la sua sofferenza nel vederla soffrire, e strinse la sua presa su di lei con la mano sinistra, mentre con la destra le afferrò il viso e lo carezzò con delicatezza nel tentativo di rassicurarla, avvertendo le lacrime che precipitassero dai suoi occhi infrangersi contro le sue dita. "Calmati, andrà tutto bene. Lascia che guardi la ferita, per favore Abby. Lascia che ti aiuti". 
La ragazza guardò i suoi occhi pieni di preoccupazione e cercò di rilassarsi sul divano, sollevando la maglietta e scoprendo il fianco insanguinato, e notò il modo in cui Dean strinse i pugni quando osservò la ferita e i lividi violacei che le percorressero i fianchi, lasciati come ricordo dalla prima visione. 
Il ragazzo esaminò la ferita da arma da fuoco, ma non aveva gli strumenti adatti per poter estrarre la pallottola e ripulire la ferita; la guardò negli occhi per un istante e respirò lentamente, cercando di trovare un'altra soluzione adottabile in una situazione come quella. 
Si tolse in fretta la camicia a scacchi e la lacerò con forza rimanendo con una maglietta nera a mezze maniche, facendogliene passare un pezzo attorno alla vita per tamponare la ferita, cercando di bloccare la fuoriuscita del sangue. 
Abby lo guardò ed allungò la mano verso la sua, che ricambiò la stretta e cercò di sorriderle: osservò il suo piccolo viso magro e ancora bagnato dalle lacrime che avessero smesso di fuoriuscire dai suoi occhi, ma che ancora le imperlassero le ciglia. 
"Qualsiasi cosa sia capitata a lui, capiterà anche a me, quindi dimmelo e basta Dean: com'è morto McCall?". 
"Troveremo una soluzione, sta tranquilla te lo prom-..". 
"Dean!" esclamò Abby guardandolo in cagnesco, tirandosi appena un po' più su su quel divano malandato, fulminandolo con lo sguardo. 
Il ragazzo sospirò e distolse lo sguardo dai suoi occhi, incapace di raccontarle come finisse la storia di uno dei personaggi che adorava guardare nei suoi film preferiti. Afferrò una sedia dal tavolo lì vicino e si sedette accanto a lei, appoggiando i suoi avambracci alle cosce e carezzandole le mani con delicatezza. Poi si fece coraggio e la guardò, dicendole con un filo di voce ciò che stesse attendendo. 
"Gli hanno sparato due volte: al fianco e poi al cuore..".
Abby rimase terrorizzata dalle sue parole, sentendosi mancare il respiro ed iniziando a pensare che quello fosse solamente l'inizio del suo calvario. Distolse lo sguardo increspato dalle lacrime e scosse la testa, rifiutandosi che potesse succederle una cosa del genere. Sentí le sue mani sfiorarle il viso e costringerla a guardarlo, trovandolo con uno sguardo pieno di fiducia. "Te lo prometto, niente di tutto ciò ti capiterà. Finché ci sarò io con te, tu vivrai". 
Abby lo sentí così vicino e solamente in quel momento, cosciente del fatto che sarebbe morta nel giro di poche ore, si pentí di non essersi lasciata andare e seguire ciò che realmente le dicesse il suo cuore. 
Accennò un sorriso annuendo debolmente, fingendo di credere alle sue parole e che presto sarebbero stati tutti e tre fuori da quella maledetta città. "Dovresti chiamare Sam e dirgli ciò che è successo: magari lui ha trovato qualcosa". 
Dean annuì e si alzò per aiutarla a distendersi meglio, coprendola con una coperta abbandonata ai piedi del divano e chinandosi su di lei per baciarle la fronte, osservandola chiudere gli occhi e stringere la mascella, nel tentativo di recuperare quelle poche forze che le fossero rimaste. 
 
 
"Vuoi dire che è entrata in una sorta di telepatia fisica con un uomo che viveva qui più di 200 anni fa?!". 
Nel momento in cui Sam pronunciò quelle parole, si rese conto di quanto fosse assurda quella teoria, ma guardando i due uomini seri davanti a sé capì che non fosse così folle quanto sembrasse. 
"Pensaci ragazzo: tutto ciò che è successo a quel McCall, sta capitando anche alla vostra amica in ordine cronologico. Il labbro, i lividi, il primo colpo di pistola: fanno parte di un loop temporale che sembra essersi formato in questa città" esordì Bobby facendo spallucce, osservando per un secondo la ragazza che dormisse sul divano nella stanza accanto. 
I due ragazzi avevano continuato a cercare un modo per liberarla da quella connessione, ma non riuscendo a trovare nulla che facesse al caso loro chiamarono Bobby e gli chiesero di raggiungerli più velocemente possibile, convinti che almeno lui avrebbe saputo cosa fare. 
"E come diavolo facciamo a fermarlo?" chiese Sam sollevando le sopracciglia, allargando le braccia e sentendosi frustrato per non aver ancora trovato un modo per aiutare la loro amica. 
"È questo il punto: non possiamo!" esclamò Bobby con tristezza, sospirando e sentendosi dispiaciuto che una giovane vita finisse in quel modo. "Non è un demone, non è un incantesimo: qui si tratta dell'energia negativa insita in questo posto. È così forte e oscura da far rivivere questa triste storia a queste anime, ancora e ancora. Solamente una strega potrebbe interrompere questo loop e salvare Abby, ma sfortunatamente non abbiamo il tempo di trovarne una in vena di aiutarci. Mi dispiace ragazzi". 
Dean divenne sordo al resto della conversazione, rimanendo immobile appoggiato contro il muro dell'ingresso della casa con le braccia conserte ad osservare la ragazza stesa sul quel divano con espressione sofferente sul volto, notando come la chiazza di sangue sulla camicia stesse iniziando a propagarsi; strinse i pugni e la mascella, perché non avrebbe lasciato che Abby morisse. 
Fece un passo avanti spinto dalla rabbia e interruppe la conversazione fra i due uomini, non riuscendo neanche a controllare il tono della sua voce per quanto fosse diventato un fascio di nervi ambulante. "La porterò via di qui, fino all'altra parte del mondo se servirà a bloccare questa diavolo di connessione! Troverò un modo per tornare indietro nel tempo, distruggerò Hickok a mani nude se serve, ma non permetterò che Abby muoia qui!". 
Bobby e Sam si votarono nella sua direzione, e Dean lesse nello sguardo di suo fratello qualcosa che non avrebbe mai voluto leggere: rassegnazione. 
Vide Bobby fare qualche passo verso di lui e posargli una mano sulla spalla con delicatezza nel tentativo di infondergli coraggio, e gli lesse in viso il dispiacere per quello che stesse provando. "Tutto quello che devi fare ragazzo, è dirle addio..". 
Dean avrebbe voluto urlare, dirgli che non poteva abbandonarli così, senza avere trovato una soluzione e salvato la vittima. Sentí gli occhi divenire sempre più lucidi ed il corpo iniziare leggermente a tremare, e scosse la testa, rifiutandosi di credere che potesse finire così. 
Si scrollò la mano di Bobby dalla spalla ed ignorò i richiami di suo fratello, e si diresse silenziosamente verso la ragazza stesa sul divano, inginocchiandosi al suo fianco: Abby aveva il viso imperlato di sudore ed era diventata molto pallida, probabilmente per la cospicua quantità di sangue perso. 
Le sfiorò il viso e si sforzò di sorridere quando la vide aprire gli occhi e voltarsi nella sua direzione. "Ciao ragazzina, come ti senti?". 
Abby sorrise e divenne difficile per lei tenere gli occhi aperti, così si sforzò e lo guardò negli occhi per qualche istante. "Come una persona che sta per morire". 
Quelle parole fecero male al ragazzo, che serrò la mandibola e sospirò sfiorandole il viso. "Starai bene, te lo prometto". 
Abby aprì gli occhi e osservò il modo in cui Dean fosse chino su di lei, notando la disperazione nei suoi occhi, facendo diventare i suoi lucidi. Sollevò una mano commettendo un enorme sforzo, sfiorandogli il viso e sentendolo appoggiarsi contro il suo palmo, mentre con la mano Dean stringeva la sua. "Il tuo amico ha ragione: sto morendo. E non c'è niente che tu possa fare".
"Non dire così, Abby. Troveremo un modo.." sussurrò Dean annuendo, ma venne tradito dalle sue lacrime che iniziarono a sgorgare dai suoi occhi. 
"Dean, lo riesco a sentire dentro di me: percepisco che le forze si stanno affievolendo.." sussurrò la ragazza con un filo di voce, sentendo la testa pesante e gli occhi chiudersi incontrollati. "Solo.. Dì ai miei fratelli di essere forti, ok? Non li lascerò mai". 
"No, no Abby. Non puoi morire, chi punzecchierò tutto il giorno altrimenti?".
Dean la vide sorridere debolmente, ma poi la sua presa sul suo viso divenne debole e il cacciatore capí presto che avesse perso conoscenza. 
Strinse i pugni, sentendo le lacrime rigargli il volto e le sussurrò di non lasciarlo, che non era ancora la sua ora. 
Si sporse in avanti e le baciò delicatamente la fronte, per poi baciarle le labbra in maniera casta, pensando che si sarebbe arrabbiata parecchio se fosse stata sveglia. 
La coprì per bene e la guardò un'ultima volta prima di sfrecciare fuori dalla casa, ignorando i richiami di Sam e di Bobby, che avevano assistito a tutta la scena in disparte, dicendo loro che sarebbe tornato presto e di non seguirlo. 
 
 
La polvere rilasciata dallo stridio degli pneumatici sul terriccio della città volava ancora nell'aria di quella notte gelida e pungente, mentre Dean si guardava attorno con aria indagatrice: aveva raggiunto il primo incrocio all'interno di quella città fantasma e aveva scavato una buca per inserire all'interno la sua cassetta di metallo con all'interno tutto il necessario per l'invocazione dei demoni degli incroci. 
"Winchester, che piacere vederti!" esclamò una donna sulla trentina con i capelli rossi fino alle spalle ed in dosso un lungo vestito nero; quando il ragazzo si voltò riuscì a vedere i suoi occhi rossi ed il suo sorriso sghembo di chi avesse ottenuto esattamente tutto ciò che volesse. 
"Non ho tempo per i convenevoli.." esclamò Dean avanzando verso di lei in maniera minacciosa. "Non ho preparato trappole e non ho armi che possano ucciderti: prenditi la mia anima e salva Abby!". 
La donna lo guardò sbalordita e rise di gusto, avanzando nella sua direzione e sorridendo compiaciuta. "Dean Winchester che si sacrifica per una donna: chi lo avrebbe mai detto! Comunque non posso toccare la tua preziosa Abby, neanche guarirla. Ordini superiori". 
Dean aggrottò le sopracciglia per la sorpresa, non avendo neanche pensato ad un'ipotesi del genere. "Ma che vuol dire?". 
Il demone lo scrutò a lungo, sollevando poi un sopracciglio e dicendo con aria divertita: "Non sai niente sul suo vero passato?". 
"Di che stai parlando, demone? Rispondi in fretta!" esclamò Dean guardandola in cagnesco ed iniziando a perdere la pazienza. 
La donna aprì la bocca per dire qualcosa, ma si portò le mani alla gola e si accasciò a terra con uno sguardo terrorizzato, mentre il fumo nero iniziò ad uscire dalla sua bocca e attraversò il terreno probabilmente per tornare al posto a cui appartenesse, finché il contenitore di carne cadde a terra senza vita. 
Dean rimase allibito e si guardò attorno, non capendo cosa stesse succedendo e di chi fosse opera, quando vide una sagoma avanzare verso di lui, preannunciato guai in arrivo: vide un uomo sulla sessantina con uno sguardo sadico e divertito sul viso e subito si chiese che cosa avesse a che fare con quella storia. 
Quando l'uomo mostrò a Dean i suoi veri occhi, il ragazzo capí che quella storia fosse più grande di lui e si pentí subito di essersi presentato senza la Colt.
"Azazel.." sussurrò Dean sgranando gli occhi ma rimanendo fermo, mentre osservava i suoi occhi gialli paglierino osservarlo con aria divertita. 
"Ciao ragazzo! Rilassati, non sono qui per ucciderti: tutto l'opposto!" esclamò il demone avanzando nella sua direzione sorridendo sradicamente, osservando il suo sguardo fiero e senza paura. "Sei fortunato che io abbia sentito la tua conversazione con questo demone, solo io posso aiutarti! Ma prima dimmi, cos'ha la piccola Abby?". 
"Che t'importa, razza di mostro?" chiese Dean sostenendo il suo sguardo e facendo una smorfia quando sentí il modo in cui avesse parlato di Abby. 
Azazel sollevò un sopracciglio e sollevò la mano sinistra verso di lui chiudendola a pugno, e Dean portò immediatamente le mani alla gola, trovando impossibile la sola azione di respirare, sentendo la gola del tutto ostruita. Il demone lasciò la presa e Dean prese dei lunghi respiri agitati, massaggiandosi la gola. 
"È legata in qualche modo a Bill Hickok, viveva qui quasi 200 anni fa.." sussurrò l'uomo tornando a respirare regolarmente, guardandolo con aria schifata e disprezzo. "Tutto ciò che è accaduto a lui, sta accadendo a Abby ed entro domani sarà morta". 
Azazel parve pensare molto alle parole del ragazzo, facendo un'espressione profondamente interessata, come se l'argomento lo toccasse davvero. "Mmh, interessante..". 
"Ti offro..". 
"Non voglio niente da te, Winchester. Non ancora" disse Azazel interrompendo il ragazzo e camminandogli attorno, come una mosca attratta dal miele. "Torna da Abby e vegliala, e io penserò a Hickok!".
Dean lo guardò con incredulità mentre gli passava accanto e lo guardava con quei suoi occhi demoniaci, pensando a quanto sarebbe stato bello ucciderlo proprio in quel momento. Ma se parlare con lui voleva dire salvare Abby, Dean sarebbe rimasto tutta la sera. 
L'uomo non riuscì a trattenersi e lo guardò con aria seria, studiando il suo sguardo. "Perché dovresti salvare Abby? Che cosa vuoi da lei?". 
Azazel rise di gusto in modo maligno, portandosi una mano allo stomaco e domandosi se non fosse già ovvio così. "Perché lei è una dei miei ragazzi, proprio come Sam! E non posso permettere che le succeda qualcosa che non ho deciso io!". 
Dean serrò forte la mandibola e i pugni, guardando con ira l'assassino dei suoi genitori, di Jessica e del padre di Abby, sentendo la voglia di ucciderlo crescere sempre più dentro di sé. "Stai mentendo". 
"Non ti sei mai chiesto il motivo per cui il padre di Abby abbia iniziato a darmi la caccia?" chiese Azazel ridendo divertito e facendo spallucce. "Aveva scoperto che avevo dei piani per la sua bambina e voleva fermarmi! Ho dovuto ucciderlo per questo!".
Deab scosse la testa e sentí i suoi occhi pizzicare, stringendo di più i pugni per la furia cieca che lo invase. "Sei un figlio di puttana! Ti ucciderò, è una promessa!". 
Azazel rise ancora e gli fece l'occhiolino, salutandolo con la mano e godendo nel vedere la sofferenza e la frustrazione crescere dentro di lui. "Non temere figliolo, manca davvero pochissimo al nostro nuovo incontro!". 
Dean lo vide sparire nel nulla e cacciò via subito la conversazione appena avvenuta dai suoi pensieri, correndo verso la sua auto per recarsi velocemente in quella vecchia casa. 
Raggiunse suo fratello, Bobby ed Abby in breve tempo facendo slittare la macchina mentre dava forte gas, e quando si trovò davanti alla porta quasi la buttò giù per entrare immediatamente; fece sobbalzare Bobby e Sam, che di riflesso gli puntarono la propria pistola contro, ma Dean li ignorò e si avvicinò ad Abby, che ancora giaceva incosciente sul divano. 
Le sfiorò il viso e Sam gli cedette il suo posto, permettendo al fratello di poter trascorrere quegli ultimi momenti con Abby con privacy, permettendogli di dirle addio. Era questione di minuti, secondo Bobby, che dopo lo spavento tirò un sospiro di sollievo quando vide Dean entrare in quella maniera, pensando che se fosse morta in sua assenza se ne sarebbe pentito per sempre. 
Dean le afferrò il viso pallido fra le mani e la scosse leggermente, ma la donna non ebbe alcuna reazione; solo dopo qualche istante si accorse che fosse gelida come il marmo e che l'occhiata di suo fratello volesse avvertirlo proprio di quello. 
"No, no, no.. No!" esclamò Dean scuotendola forte, colpendola al viso con degli schiaffetti per innescare una reazione, ma Abby continuava a non reagire. "Andiamo, svegliati! Andiamo!". 
Sam si avvicinò con le guance rigate dalle lacrime e cercò di tirare via il fratello dal corpo martoriato della ragazza, ma non appena Dean si sentí tirare via si dimenò colpendo Sam con un pugno in piena faccia, facendolo cadere, per poi tornare vicino ad Abby, scuotendola e richiamandola, intimandole di svegliarsi. 
Sam si alzò nuovamente e bloccò il fratello con una presa ferrea dalle spalle, dalla quale provò a divincolarsi ma come risultato entrambi i fratelli caddero a terra sonoramente, e il minore provò a calmare Dean, che iniziò a maledire mentalmente Azazel pensando che fosse troppo strano che non avesse voluto la sua anima e che probabilmente si stesse prendendo gioco di lui. Sentí un'altra stretta sulla spalla e attraverso la vista appannata si rese conto che fosse la mano di Bobby a stringerlo, nel tentativo di dargli sollievo. 
Rimasero uniti in quella stretta per qualche momento, fin quando un forte respiro lì fece trasalire tutti e quasi spaventare, ed Abby si sedette di scatto sul divano liberandosi della coperta, con sguardo vitreo mentre le immagini di un'ultima e terribile visione le inonandarono la mente. 
Iniziò a piangere in maniera forte e incontrollata e subito Dean si liberò della presa del fratello, facendo un balzo verso di lei e stringendola subito fra le sue braccia, sentendola piangere e singhiozzare come mai aveva immaginato che avrebbe potuto. 
Abby si lasciò guidare fino alle sue gambe, dove si sedette e Dean la strinse forte, sentendola nascondere il viso bagnato dalle lacrime sul suo collo, mentre lui le carezzava i capelli e le sussurrava parole di conforto. 
"L'ho v-visto, ha uc-ucciso così tante p-persone, Azazel h-ha ucciso Hickok. H-ha fat-to un m-massacro. P-perché? Ma che s-succede?". 
Dean la cullò cercando di tranquillizzarla, sentendo le sue guance continuare a rigarsi, ma il suo cuore diventare sempre più leggero: Abby era viva, non importava chi Azazel avesse ucciso nel passato, gli importava solamente che la ragazza stesse bene. 
 
 
 
 
Sam osservò Abby entrare nella sua stanza del motel, avendo davvero bisogno di fare una doccia e di riposare qualche ora, e solo quando la vide chiudere la porta e salutarli con la mano, si scagliò contro suo fratello afferrandolo dal colletto e sbattendolo con forza contro il fianco dell'Impala. 
"Che cos'hai fatto?! Abby era morta ormai, era fredda! Che cos'hai fatto?!". 
Dean si liberò velocemente dalla sua presa e lo spinse via, mettendo le mani avanti e notando anche Bobby avvicinarsi nella sua direzione per sottoporlo al terzo grado. 
"Datti una calmata e abbassa la voce, fratellino: non ho venduto l'anima, se è questo che vuoi sapere!". 
"E il demone era così buono d'animo da volere aiutare Abby?!" chiese Bobby ironicamente, avvicinandosi e guardandolo in cagnesco. "Come pensi che si sentirà quando scoprirà quello che hai fatto?!". 
Dean sospirò e si mise dritto con la schiena, osservando il fratello avvicinarsi nuovamente ma fermarsi a pochi passi da lui con espressione infuriata e pronto a colpirlo in viso da un momento all'altro. 
"Quando sono andato via, sono andato al primo incrocio che ho trovato e ho invocato un demone degli incroci, ma..".
"Dean!!" esclamarono Sam e Bobby all'unisono interrompendolo, con tono di rimprovero e fremendo per sapere il resto della storia. 
"Stava morendo, cosa avrei dovuto fare?! Sei stato tu a dirmi che non avrei dovuto farmi sfuggire Abby, sei stato tu Sam a capire il mio interesse per lei prima che me ne rendessi conto io stesso!!" esclamò Dean infuriato e sgranando gli occhi, gesticolando nervosamente e fulminandolo con lo sguardo mentre gli puntava un dito contro. "Dovevo farlo, non potevo guardarla morire!". 
Sam guardò il fratello respirare in maniera irregolare sentendo gli occhi pizzicare, scuotendo la testa e pensando che se fosse stato al suo posto avrebbe fatto lo stesso. Così sospirò e lo guardò calmarsi. 
"Stavo parlando con il demone degli incroci, ma è stato rispedito all'inferno da Azazel..".
"Occhi gialli?" chiese Bobby sgranando gli occhi ed osservando il ragazzo con aria allibita, chiedendosi come avesse fatto a sopravvivere ad un incontro con quel demone spietato. 
"Si, si.." sussurrò Dean abbassando il tono della voce e guardandosi attorno, cauto che la ragazza non potesse sentirlo nonostante la sua stanza fosse molto lontana da dove si trovassero loro. "Azazel l'ha salvata perché.. Perché è una dei suoi ragazzi, come te Sam". 
Il minore sgranò gli occhi e lo guardò con aria incredula, non riuscendo a trovare le parole adatte per esprimere i suoi pensieri correttamente: gli sembrava così assurdo che Abby potesse essere come lui, che potesse avere dei poteri o il suo stesso sangue demoniaco. 
E solo in quel momento capì come dovesse essere dura per Dean sopportare tutto quel peso e quella preoccupazione da solo e gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla per dargli conforto osservando i suoi occhi tristi.
"Lei comunque non lo sa, quindi non diteglielo.." sussurrò Dean sospirando, abbassando lo sguardo dispiaciuto. 
Bobby increspò le labbra e sollevò un sopracciglio, mettendo su un'espressione ironica e scuotendo appena la testa. "Figliolo, non dovresti tenerle nascosta una cosa così importante". 
Dean lo guardò cosciente che avesse ragione, ma fece spallucce e lo guardò con aria seria. "Non voglio dirle che suo padre le ha nascosto una cosa del genere per tutta la vita! Non voglio sporcare il suo ricordo di lui, preferisco che se la prenda con me se dovesse scoprirlo..". 
 
 
 
Si infilò una vecchia maglia larga e rosa a maniche corte e scollata sul davanti, e dei pantaloncini dello stesso colore che le arrivavano a metà coscia, riunendo i capelli rossicci in una lunga treccia centrale. 
Abby si sentiva davvero stanca, così stanca che pensava che si sarebbe potuta addormentare anche in piedi, ma non voleva ancora dormire, aveva bisogno di tempo per riflettere su quanto le fosse successo e sull'esperienza pre-morte che le avesse fatto cambiare leggermente il suo punto di vista.
Col lavoro che faceva era facile trovarsi in qualsiasi momento in punto di morte e questo non poteva impedirlo, ma poteva smettere di scappare e morire senza rimpianti. 
Un'esperienza come quella era in grado di modificare il suo modo di vedere le cose. 
Si guardò allo specchio e osservò il suo corpo completamente guarito, sollevò la maglietta notando come il punto in cui vi sarebbe dovuta essere la ferita della pallottola fosse invece sostituita dalla pelle sana, e si chiese come avesse fatto Bobby a salvarla in quella maniera. Anche i lividi erano spariti, il suo torace non era più dolorante ed anche la ferita al labbro si era risanata. 
Un colpo alla porta la fece sorridere e subito si diresse verso la parte opposta della stanza, non avendo nemmeno bisogno di guardare dallo spioncino per capire chi fosse: trovò Dean con espressione radiosa, osservare il suo corpo senza ferite ed i suoi vestiti privi di sangue con un sorriso soddisfatto.
"Volevo solamente sapere come stai, scusa se è tardi.." sussurrò il ragazzo studiando il suo viso e notando che qualcosa fosse cambiato nel suo modo di guardarlo. 
"Sto bene, Dean. Su, vieni".
La ragazza gli fece segno con la testa di entrare e chiuse la porta dietro di lui, prendendo due birre dal mini frigo e porgendogliene una con un sorriso; si sedettero al tavolo uno accanto all'altra e bevvero qualche sorso in silenzio, poi Abby si portò le ginocchia al petto, voltandosi a guardarlo. 
"Ti ringrazio per quello che hai fatto oggi, Dean". 
Il ragazzo fece spallucce e sorrise, guardandola negli occhi ricambiando il sorriso. "Non devi: non ho fatto nulla di speciale. È stato Bobby a trovare quel rituale e a spezzare la tua connessione con Hickok". 
Ma Abby si morse il labbro e sorrise nervosamente, afferrando la sua mano grande con titubanza e avvicinandola a sé intrappolandola fra le sue, e la voce le si incrinò appena, mentre il cuore le batteva forte nel petto. "Mi ricordo quello che hai fatto mentre stavo morendo, era qualcosa di speciale Dean. Mi sei stato accanto. Ricordo come mi rassicuravi e mi tranquillizzavi, e quando non c'eri.. io mi ero convinta che sarei morta". 
Dean si morse il labbro inferiore, sorridendo a quelle parole non riuscendo a negare quanto gli facesse piacere, ed il fatto che Abby lo avesse aspettato in piedi e che lo avesse avvicinato a sé tirandolo per il braccio e stringendogli la mano gli fecero battere il cuore un po più forte. 
Abby gli sorrise e si appoggiò contro il suo petto, insinuando il viso nell'incavo del suo collo e stringendolo dalla maglietta, ma a Dean venne spontaneo afferrarla dalle cosce per farla sedere sulle sue gambe, esattamente come aveva fatto qualche ora prima sul divano della casa a Deadtown. 
"Ho avuto davvero paura di perderti oggi: ho pensato che fosse l'ultima occasione per parlarti e per toccarti". 
La strinse forte e sentí Abby sorridere contro il suo collo, mentre percepiva le sue mani ruvide sfiorare la pelle nuda delle cosce e delle braccia e tenerla stretta sempre di più a sé, facendole venire la pelle d'oca. Sollevò il viso dal suo collo e gli sfiorò la guancia sinistra, sorridendo mentre lo sentí rimanere immobile in attesa di una sua mossa. 
Il suo cuore batteva forte e non riusciva ad evadere dal verde dei suoi occhi, e per un istante decise di lasciarsi andare e di smettere per una volta di avere paura. 
Si avvicinò al suo viso lentamente e Dean l'aiutò a sollevarsi quel tanto che bastasse per raggiungere le sue labbra, e si sorrisero dolcemente; Abby annullò le distanze e lo baciò con lentezza, stringendosi di più a lui dalle spalle mentre entrambi sentivano il cuore battere così forte come se da un momento all'altro sarebbe potuto uscire. 
Fu un bacio dolce che rilasciò mille emozioni in entrambi i ragazzi, che si strinsero di più; Abby interruppe quel contatto troppo presto per Dean, che però non protestò e appoggiò la fronte contro la sua, sentendo il respiro irregolare della ragazza proprio come il suo. 
Le sfiorò la guancia e Abby aprì gli occhi, non riuscendo a fare a meno di sentirsi tremendamente vulnerabile e di avere paura, ma lo sguardo del ragazzo la tranquillizzò, facendola sorridere e sentire totalmente protetta. 
"Resta qui stanotte..".
Dean rise di gusto e sollevò un sopracciglio, prendendola in giro. "Portami a cena prima!". 
Abby rise e lo colpì leggermente alla spalla, allontanandosi quel tanto che bastasse per incrociare le braccia al petto e fare la finta offesa. "Non farti strane idee, penso che potrei dormire per tre giorni di fila. Le esperienze che ti conducono quasi alla morte ti debilitano parecchio".
Dean la guardò per un secondo e la sua espressione scemò appena, perché non le avrebbe mai detto la verità su quel giorno, cioè che fosse morta davvero e che Azazel l'avesse riportata in vita. Si sforzò di essere più naturale possibile e l'afferrò dalle cosce, sollevandola con forza e tornando a ridere di gusto. "Ne so qualcosa, ma adesso devi riposare ragazzina!". 
Abby rise e si lasciò prendere fra le braccia fino a farsi adagiare sul letto, dove Dean le si insinuò fra le gambe e la baciò stringenda di più a sé, e la ragazza lo lasciò fare insinuando le mani sotto la sua maglia, sfiorandogli la pelle e facendogli provare dei forti brividi lungo tutta la colonna vertebrale. 
Il ragazzo capì che fosse arrivato il momento di interrompere quel contatto che stava diventando fin troppo profondo e scese dal suo corpo, infilandosi sotto le coperte e Abby presto lo raggiunse dopo aver spento la luce. 
Sorrise e si avvicinò all'uomo in maniera cauta, appoggiando la testa sul suo petto mentre il suo braccio sinistro le circondava le spalle e le carezzava la schiena. 
E nessuno dei due avrebbe potuto immaginare nulla di più perfetto.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 6.
 
Una strana sensazione si fece largo dentro di lei, una sensazione che non provava da tanto tempo: calore, intorpidimento del sonno, braccia che la stringevano forte, protezione, casa.
Aprì gli occhi e inclinò il viso sul petto del ragazzo, e ciò che vide le fece perdere qualche battito: Dean dormiva sereno nel suo letto tenendola fra le braccia. Il suo viso era completamente rilassato, tranquillo e beato e un sorriso nacque sulle labbra di Abby, che si stiracchiò leggermente per poi carezzarlo con dolcezza. 
Si rese conto di non aver avuto incubi quella notte dopo mesi e ripensò al fatto che fosse quasi morta la sera precedente, sorprendendosi di quanto però si sentisse bene: probabilmente era solo merito di Dean, l'unico in grado di farla aggrappare così saldamente alla vita. 
Lo sentí muoversi leggermente e sentí la presa su di lei farsi più salda, simbolo che il ragazzo si fosse svegliato insieme a lei: lo vide aprire gli occhi ancora assonnati e cercare i suoi nella stanza invasa dalle prime luci del giorno e sorridere sghembo quando li intercettò, carezzandole il viso con la mano sinistra. "Buongiorno ragazzina..". 
Abby rise di gusto e scosse la testa, sollevandosi appena sul suo petto per baciarlo a fior di labbra ma Dean la tenne più stretta e approfondí quel bacio con tenerezza, mentre entrambi sentirono il cuore battere più velocemente. 
"Buongiorno.." sussurrò la ragazza sulle sue labbra, sorridendo e guardandolo negli occhi. 
Dean le carezzò una guancia e con uno scatto di reni invertí le posizioni, mettendosi su di lei ed insinuandosi fra le sue cosce tornando a baciarla con dolcezza, ed entrambi si ritrovarono a pensare che probabilmente non ci fosse modo migliore per iniziare la giornata. 
Approfondirono il bacio con avidità e le mani di uno viaggiavano sul corpo dell'altra e viceversa, Abby sfiorò la sua pelle calda e lo avvicinò ancora di più a sé; sentí Dean fare lo stesso e la ragazza si lasciò scappare un gemito di piacere quando sentí le sue mani ruvide toccarle la pelle della pancia che risalivano il suo corpo con gesti lenti, mentre Dean scese a baciarle il collo lasciando una scia umida che la fece rabbrividire. 
Si guardarono per un istante negli occhi inscuriti dal desiderio, perché nessuno dei due aveva fretta di bruciare quella tappa, ma la passione prese il sopravvento e tornarono a cercarsi con le labbra, mentre i loro cuori battevano sempre più forti ed il loro petto veniva invaso da emozioni così forti tanto da spezzar loro il fiato. 
Abby si mosse sotto di lui, facendo scontrare leggermente il suo bacino contro quello del ragazzo sentendo tutta la sua eccitazione, e Dean si staccò dalle sue labbra per guardarla mentre una piccola risata sfuggì dalla sua bocca: non riusciva a credere che stesse accadendo, che Abby fosse finalmente sua e che, cosa più importante, avesse tirato giù le sue barriere interne. 
Abby gli sfilò la maglia leggera facendola finire sul pavimento, per poi scendere con le mani fino ai lembi dei suoi pantaloni, arrivando alla cintura che riuscì ad aprire al primo tentativo e Dean fece lo stesso con lei, portandole via la maglietta e quei pantaloncini fin troppo corti, osservando il suo corpo fasciato solamente dall'intimo e rimase qualche secondo a contemplare la sua bellezza. 
Quando Dean l'afferrò saldamente dalle cosce per farsi cingere la vita e si era deciso ad insinuare le mani sul suo corpo risalendo fino a sfiorarle con delicatezza il seno, quando entrambi pensarono che nulla potesse andare male in un momento come quello e che nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento, qualcuno bussò alla porta.
Entrambi si girarono di scatto in quella direzione e nonostante stessero morendo dalla voglia di stringersi e sentirsi sempre più vicini, fecero prevalere i cacciatori dentro di loro e allertarono i proprio sensi. 
"Aspetti qualcuno?" chiese Dean a bassa voce, tornando a guardarla con aria più seria.
Abby scosse la testa e sentí il ragazzo scendere dal suo corpo e avvicinarsi alla porta con aria sospetta, quando sentí qualcuno bussare nuovamente in maniera frenetica. 
"Abby, apri! Sono Jo, ho portato le ciambelle!". 
Dean sbuffò con disappunto e fece spallucce cercando di raccattare i suoi vestiti, ma vide Abby alzarsi come un fulmine, con occhi sgranati mentre si muoveva in maniera irrequieta per la stanza. "Che succede?". 
"Devi sparire. Non puoi farti vedere da Jo!" esclamò Abby con l'espressione più seria che avesse, sgranando gli occhi e sentendo bussare nuovamente. 
"Cosa? No, Jo è anche mia amica" disse Dean sorridendo ed inclinando la testa quel tanto che bastasse per guardarla con aria divertita. 
Abby lo supplicò con lo sguardo, strattonandolo dal braccio. "No, no, ascoltami: va' dentro l'armadio!". 
"Stai scherzando?" chiese Dean sgranando gli occhi e sollevando un sopracciglio, non capendo cosa stesse succedendo ma guardandola con aria seria. 
"Per favore Dean, perderebbe le staffe!" esclamò Abby raccogliendo i suoi vestiti e porgendoglieli con poca delicatezza, spingendolo leggermente. 
Dean si lasciò condurre dalla ragazza ridendo nervosamente per quella situazione mentre strane idee iniziarono a ronzargli per la mente, tanto da tornare a guardarla con serietà. "Sa che sei adulta e vaccinata, no?". 
Abby si fermò per qualche istante e lo guardò seria sospirando, facendo spallucce e scuotendo la testa mentre il senso di colpa si fece largo dentro di sé. "Non é per me che si arrabbierebbe. Ti spiego tutto dopo, ma per favore: fallo per me".
Dopo qualche istante di riflessione Dean sbuffò sonormanete, palesemente seccato perché la situazione stava prendendo una strana piega, e si lasciò spingere dentro l'armadio senza capire cosa davvero stesse succedendo; prima ancora che Abby potesse chiudere l'anta, Dean osservò nuovamente il suo corpo e accennò un sorriso malizioso, avvicinandosela con prepotenza e baciandola con la stessa avidità di prima, facendo sorridere Abby che però presto lo allontanò.
Raccolse i suoi vestiti da terra e li lanciò sulla sedia, avvicinandosi alla porta e aprendola ancora in intimo, osservando la sua amica sorriderle felicemente e sporgersi ad abbracciarla stretta con un sorriso; Jo entrò come un'ondata di buon umore, portando con sé un borsone ed un sacchetto contenente la loro colazione e presto saltò al collo di Abby sorridendo ancora e dicendo quanto fosse felice di vederla, facendola sciogliere e sorridere. 
Presto Abby sciolse l'abbraccio e si avvicinò alla sedia della stanza per afferrare e indossare almeno la maglia leggera del pigiama, voltandosi verso di lei per osservarla con sopracciglia sollevate. "Che fai qui, Jo? Pensavo fossi con Ellen al locale". 
"Ho un caso e mia madre mi ha detto che eravate qua: stavi per morire e non hai neanche pensato di chiamarmi?" chiese Jo sollevando un sopracciglio per osservare in cagnesco la sua amica seduta sulla sedia del tavolino, incrociando le braccia al petto con aria offesa. 
Abby fece spallucce e sospirò chiedendosi chi le avesse detto ciò che fosse successo e tirò su le gambe al petto, abbracciandole. "È successo tutto così in fretta e non ho avuto tempo, e..".
Jo sgranò gli occhi e si sedette accanto a lei, guardandola con aria quasi scioccata, toccandole un braccio. "Stavi per morire e non hai neanche chiamato Nathan, l'amore della tua vita, o Dan e Silver, la tua famiglia?". 
Perfetto pensò Abby sospirando, mordendosi il labbro e distogliendo lo sguardo mentre si passava una mano sul viso, cosciente del fatto che Dean stesse ascoltando e osservando tutto tramite le fessure dell'armadio a muro. Sospirò rumorosamente e fece spallucce, mordendosi nervosamente il labbro. "Nath è morto, Jo..". 
Abby osservò la sua amica portarsi le mani alla bocca come reazione a quella notizia inaspettata, sgranando gli occhi e rimanendo per qualche momento in silenzio, senza trovare le parole adatte in una situazione come quella, allora fu Abby a riempire quel silenzio. "Ma va bene, ho superato anche questa e..". 
"Mi dispiace così tanto, tesoro.." sussurrò Jo sporgendosi verso di lei e abbracciandola forte, carezzandole la testa. "So quanto lo amassi e adesso devi sentirti vuota e smarrita, senza nessuno a cui aggrapparti. Ma ci sono io adesso, Abby. Vuoi che lasci il caso a qualche altro cacciatore mentre noi restiamo qui a parlare, mangiare qualche schifezze e vedere qualche vecchio film?". 
Dean osservò bene la scena attraverso la fessura dell'anta dell'armadio e avrebbe fatto irruzione nella stanza sia perché iniziava a mancargli l'aria lì dentro, sia perché iniziava ad infastidirsi di sentire parlare di Nathan e della sua storia con Abby. Ma poi si focalizzò sullo sguardo di Abby, che divenne profandamente dispiaciuto e lesse persino dei sensi di colpa, e si chiese cosa c'entrasse Jo in quella situazione. 
Osservò Abby stringere forte Jo con delicatezza e sorrise teneramente, per poi notare come la ragazza avesse sciolto l'ennesimo abbraccio. "Sei davvero un'amica Jo, grazie. Ma che ne dici invece di andare a mangiare qualcosa fuori di qui? Sai, dopo essere quasi morta ho bisogno di prendere un po d'aria".
Jo sorrise ed annuì osservando la ragazza iniziare ad indossare dei vestiti più consoni per uscire, che poi le fece cenno di seguirla fuori, ma poco prima di uscire Abby lanciò un'ultima occhiata all'armadio e sussurrò delle scuse a tono basso, per poi sparire con la sua amica. 
 
 
 
 
"A quanto pare bisogna avere un certo vestiario per entrare a quella festa" disse Sam sorridendo ironico, scuotendo la testa ed iniziando a scrutare le foto dell'evento negli anni passati con un sorriso divertito sul volto. 
Dean sollevò un sopracciglio e si mosse nervosamente all'interno della stanza, guardando di tanto in tanto Abby che rimase seduta qualche sedia più in là, senza parlargli o guardarlo tenendosi accanto a Jo, che avesse appena portato loro un caso: avrebbero cacciato tutti e quattro insieme e questo gli andava bene, ma dover stare lontano da Abby e fingere che non fosse accaduto nulla fra loro lo fece imbestialire e diventare intrattabile. 
"Dobbiamo rubare qualcosa?" chiese Abby inarcando le sopracciglia, osservando il minore con uno sguardo complice che solo lui avrebbe capito, tanto che annuì in silenzio e poi tornò a guardare gli altri con espressione diversa, perché sapeva che la ragazza gli avesse appena chiesto di mantenere il segreto di dove avesse passato la notte suo fratello maggiore, come stavano facendo lei e Dean. 
"Direi intanto di capire con chi abbiamo a che fare.." sussurrò Jo facendo spallucce e sollevandosi dalla sedia, con un sorriso sulle labbra. "Sono morte 7 persone in 5 giorni, qualcosa sta succedendo di sicuro. E poi sono riuscita a trovare quattro biglietti per la festa al museo antropologico!".
"Cosa? Andremo alla festa?" chiese Dean sollevando un sopracciglio e guardandola con aria incredula. 
"Ringraziatemi dopo, ma ora andate a prepararvi perché la festa inizierà fra meno di due ore!". 
Abby sorrise in direzione della ragazza al suo fianco, che però guardava Dean con aria di ammirazione in attesa che le chiedesse di andare insieme e che sarebbe stata la sua dama, ma Dean non lo fece e non prestò molta attenzione allo sguardo speranzoso di Jo, facendo scivolare il suo su quello di Abby. 
La ragazza si scusò con lo sguardo con Dean sperando che avrebbe capito e si trovò a sospirare, cercando di trovare il modo giusto per accontentare la sua migliore amica, volgendosi verso il minore dei fratelli e accennando un sorriso. "Bene allora, vuoi farmi da cavaliere Sam?".
"Io? Perché proprio io?" chiese il minore sgranando gli occhi dietro il computer e guardandola con aria imbarazzata, sentendo immediatamente lo sguardo arrabbiato di suo fratello su di sé. 
"Perché sei più carino di tuo fratello!" esclamò Abby ridendo di gusto per nascondere il suo senso di colpa, facendo spallucce ed alzandosi per andare in contro a Jo, che afferrò sotto braccio con un sorriso. "Andiamo a prepararci e ci vediamo direttamente lì, ok?". 
Abby non attese che i due ragazzi rispondessero, anche perché aveva intercettato il loro sguardo sorpreso e che non capissero ciò che stesse succedendo, così si affrettò a trascinare la sua amica fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e sospirando rumorosamente, mentre si chiedeva come avrebbe potuto risolvere quella brutta situazione. 
 
 
Dean mandò giù il suo terzo bicchiere di champagne mangiando almeno il quarto o quinto antipasto che i camerieri portassero in giro per la festa tra quelle persone altolocate che non avevano smesso di fissarli neanche per un momento; Sam si avvicinò al fratello, colpendolo fra le costole con una leggera gomitata e guardandosi attorno con un sorriso imbarazzato, sussurrando a denti stretti: "La vuoi piantare? Dobbiamo mantenere un profilo basso e non attirare l'attenzione come stai facendo tu". 
Dean sbuffò sonoramente e scosse la testa avvicinandosi al fratello e non facendo altro che controllare l'entrata, chiedendosi quando le due ragazze sarebbero arrivate alla festa. 
Il minore studiò lo sguardo del fratello mentre sorseggiava ancora il suo primo bicchiere di champagne con classe, tenendo la mano destra dentro la tasca dei pantaloni dello smoking, notando come invece Dean fosse teso e tirato, quasi irritato di trovarsi in quel posto. 
"Abby non ti ha ancora spiegato cosa sta succedendo con Jo? Pensavo che il fatto che avessi passato la notte insieme a lei avesse sistemato le cose fra voi".
Dean lo guardò per qualche istante e sospirò rumorosamente, ripensando a quanto successo quella mattina quando pensava che nulla avrebbe potuto rovinare l'equilibrio appena creato con Abby, che però venne destabilizzato dall'arrivo di Jo. "Lo credevo anche io, ma non capisco perché mi stia spingendo verso Jo, mentre invece si avvicina a te" rispose Dean facendo spallucce e guardandosi attorno in quella grande sala del museo antropologico, notando le persone ridere e parlare in maniera garbata fra di loro. 
Sam batté con delicatezza una mano sulla spalla del fratello sperando che si rilassasse e che non perdesse le staffe così facilmente com'era solito fare. "Sai che Jo aveva una cotta per te: magari Abby sta cercando di proteggere la sua amica". 
Dean lo guardò con sopracciglia aggrottate mentre pensava che fosse davvero un'ipotesi terribile, ma non ebbe il tempo di rispondere. Le porte d'ingresso si aprirono e i due ragazzi si spostarono di qualche passo per osservare meglio chi stesse facendo il suo ingresso, e Dean si trovò senza respiro e con la bocca asciutta, osservando Abby fare il suo ingresso con un piccolo sorriso imbarazzato, quando si tolse la lunga giacca elegante per lasciarla agli addetti del guardaroba, rivelando il suo vestito: un corpetto bordoux molto aderente le fasciava il busto con una scollatura a cuore sul seno ed il resto del vestito continuava ad aprirsi in maniera morbida sulle gambe con un colore rossastro più delicato rispetto al corpetto, allungando la sua figura e slanciandola, abbinandosi perfettamente con il colore mogano dei suoi capelli e la sua carnagione chiara.
Completavano il tutto le labbra tinte di un rosso scuro, che le rendevano ancora più carnose, e il viso appena truccato. 
Dean si tenne alla spalla del fratello che sorrise a metà fra la tenerezza e il divertimento osservandolo, per poi notare anche Jo che aveva optato per un vestito verde acqua molto morbido, che le ricadeva in maniera delicata sul corpo mettendo in risalto le sue curve, specialmente grazie alla scollatura sul davanti molto profonda. Teneva i capelli biondi liberi sulle spalle, mentre il viso appariva appena truccato, con un rossetto rossastro sulle labbra.
Le due ragazze si avvicinarono ai due Winchester, osservando come entrambi stessero da urlo dentro i loro smoking, ed Abby non riuscì a fare a meno di sorridere quando incrociò lo sguardo del maggiore, che si trattenne dall'avvicinarla al suo fianco per sequestrarla dagli sguardi languidi che i diversi uomini le stessero lanciando dal momento in cui fosse entrata all'interno della sala. 
Abby distolse subito lo sguardo, concentrandosi su Sam e sorridendogli, notando come Jo si fosse già avvinghiata al braccio di Dean, sorridendo fin troppo e iniziando a pensare che lo sguardo incantato del ragazzo fosse riservato a lei. "Avete studiato il posto?".
I due fratelli si scambiarono uno sguardo complice e cercarono di nascondere il fatto che il maggiore avesse aspettato con ansia di vederle arrivare, e che senza di loro - senza di lei- non sarebbe stato abbastanza concentrato per sfoderare le sue doti da cacciatore, ma Sam lo sorprese, sorridendo appena e guardandosi attorno. "Credo che si tratti di un fantasma, più precisamente del più grande antropologo di questa città, Jack Mills: ha fondato la città ed è morto in delle circostanze davvero insolite". 
"Insolite come?" chiese Jo aggrottando le sopracciglia, inclinando la testa ed asservandolo.
"Lo hanno pugnalato al cuore e lasciato appeso dal collo nei boschi, ma non si è mai scoperto chi sia stato.." sussurrò Sam abbassando la voce e sorridendo guardandosi attorno in maniera tranquilla, come se non stessero parlando di un omicidio avvenuto quasi un centinaio di anni fa. "Ho fatto un controllo incrociato e ho visto che le vittime sono collegate da un legame di parentela: sono tutti discendenti di Mills". 
"Sta uccidendo i suoi parenti?" chiese Dean aggrottando le sopracciglia e guardandolo stranito. 
Sam annuì e sospirò, bevendo l'ultimo goccio di champagne e lasciandolo sul vassoio di uno dei camerieri che passava di lì, e fece spallucce. "Credo che il fratello fosse geloso del fatto che governasse lui, per questo lo ha ucciso. E, cosa molto più importante, le vittime erano fratelli". 
"Quindi uccide persone legate da una parentela che si sono tradite a vicenda?" chiese Abby sollevando un sopracciglio e trattenendo una risata nervosa. "Come facciamo a capire chi sarà il prossimo?". 
Jo si guardò attorno e sospirò, tenendosi più stretta al ragazzo di fianco a sé e annuendo. "Qui c'è tutta la famiglia, dobbiamo solamente aspettare di vedere qualcosa di strano". 
I due Winchester aggrottarono le sopracciglia e sospirarono, pensando che quella situazione non gli piacesse per niente, e si guardarono attorno con aria indagatrice; Dean si morse il labbro velocemente e si inumidí le labbra. "Cosa facciamo mentre aspettiamo che il fantasma si manifesti?". 
Abby intercettò il suo sguardo e gli sorrise teneramente e si trattenne dal dire che aveva qualche idea su come avrebbero potuto ingannare il tempo, riprendendo esattamente da dove si fossero interrotti quella mattina, ma si trovò costretta a fare spallucce e spostare lo sguardo sul minore, al quale sorrise. "Andiamo a ballare, che dici?". 
Sam non trovò molta scelta che afferrare il suo braccio e reggere il gioco, assecondandola e lasciandosi condurre al centro della pista, dove il minore le posizionò la mano destra sul fianco in maniera delicata e le prese l'altra con la mano sinistra, iniziando a muoversi in maniera lenta, fra le altre persone che danzavano su quel sottofondo musicale. 
Dean osservò la scena e strinse i denti, scuotendo appena la testa e sospirando rumorosamente, attirando l'attenzione di Jo, che gli afferrò il braccio con un sorriso. "Balliamo anche noi?". 
L'uomo la guardò con curiosità e si chiese perché mai Jo avesse tutto quel potere su Abby, ma si fidava della ragazza e sapeva che le avrebbe spiegato tutto il più presto possibile. Così annuì ed afferrò la mano della sua dama, conducendola sulla pista ed iniziando a danzare insieme a lei. 
 
 
"Allora, mi dici cosa sta succedendo?". 
Abby distolse lo sguardo da Dean che teneva stretta Jo, sentendo un impeto di gelosia nascere dentro di lei, e guardò Sam negli occhi con cui si stesse muovendo in sincrono, ballando in maniera elegante. Fece spallucce e si morse il labbro, scuotendo la testa. 
"Sai, io e Jo siamo amiche da quando eravamo bambine: i nostri padri ci facevano giocare insieme quando andavano a caccia e non ci siamo mai separate da allora. Siamo sempre state unite, abbiamo superato ogni tappa insieme: la morte di suo padre, quella di mio padre, il primo ragazzo che le ha spezzato il cuore, il primo che lo ha spezzato a me.." sussurrò Abby sorridendo e ripensando a quanto fossero belli quei tempi, provando nostalgia. "Poi un anno e mezzo fa ha cominciato a parlarmi di un ragazzo che veniva spesso alla Road House, di quanto fossero verdi i suoi occhi, di come si sentisse protetta insieme a lui, di quanto sperasse che le chiedesse di uscire. E poi vi ho conosciuto". 
Sam sorrise amaramente ed annuì serio, capendo immediatamente quale fosse la questione e perché Abby si stesse comportando in quel modo, allontanando Dean in presenza di Jo. "Dovresti dirle la verità". 
Abby rise di gusto e scosse la testa, guardando il ragazzo con aria scherzosa, continuando a muoversi in sincrono insieme a Sam. "E dirle cosa? Jo sei come una sorella per me, per questo ho provato a resistere, ma non riesco proprio ad evitare di provare qualcosa per Dean?. Secondo te la prenderebbe bene?". 
Sam sospirò e distolse lo sguardo, notando la maniera in cui Jo sembrasse felice fra le braccia di Dean, che la fece ridere con una probabile stupida battuta, mentre si muovevano insieme nel grande salone. Capiva il punto di vista di Abby, ma non poteva fare a meno di mettersi nei panni di Jo, sentendosi dispiaciuto. "In nome della vostra amicizia, devi essere leale e dirglielo".
Abby lo guardò con espressione più seria, come se stesse davvero prendendo in considerazione l'idea di dirle tutta la verità, ma poi scosse la testa e sospirò rumorosamente. "Lo so che sei suo fratello e che non dovrei parlarne con te perché sei tenuto a spifferargli tutto, ma sei anche mio amico, quindi ti dirò la verità: non voglio rovinare la mia amicizia con Jo, per una storia che non avrà mai un futuro".
Sam aggrottò le sopracciglia e si fermò dal ballare per un attimo, guardandola negli occhi con aria seria e sollevando un sopracciglio. "Pensi davvero questo di te e Dean?". 
"Ho visto tuo fratello cambiare una ragazza al giorno e non legarsi mai a nessuno, e poi mi ha parlato di Cassie e di ciò che è successo con lei e.." sussurrò Abby abbassando lo sguardo per qualche secondo, sentendosi terribile nel dire quelle cose su Dean proprio a suo fratello, ma era l'unica persona con cui ne potesse parlare. ".. e io non voglio soffrire. Non posso, non dopo la morte di mio padre e di Nathan, non dopo che ho lasciato che Dean abbattesse tutti i muri che ho costruito per anni. E io non voglio una relazione, con nessuno. Né ora, né mai". 
Sam ascoltò le sue parole e guardò nei suoi occhi azzurri così sicuri, e alla fine sospirò; riprese a ballare, portando con sé la ragazza e sorridendole in modo tenero, notando come il suo viso si fosse di colpo abbronciato, lasciandosi prendere dalla tristezza e Sam fu in grado di leggere attraverso i suoi occhi azzurri tutta la sua sofferenza mentre guardava oltre la corazza di Abby. 
Aveva capito che non volesse dirlo a Jo fino a quando non fosse stata davvero sicura della sua relazione con Dean, e della sua paura di soffrire se avesse dovuto perderlo. E avrebbe tanto voluto farle sapere di ciò che Dean fosse stato pronto a fare per farla tornare in vita a Deadtown, solamente per farle capire quando tenesse a lei. "Abby non ho mai visto Dean così preso da una ragazza, come con te. Le ragazze potrebbero camminare anche nude davanti a lui, ma Dean ha occhi solo per te da quando ti ha conosciuta". 
Abby tornò a sorridere e lo ringraziò con lo sguardo, sentendo il cuore battere più veloce dentro il suo petto, e rise nervosamente, intercettando lo sguardo di Dean dall'altra parte della sala, che ricambiò il sorriso. 
 
 
Dean venne scaraventato contro la parete della stanza sopra al salone, cadendo sul pavimento con un tonfo molto rumoroso, così come Sam che venne lanciato con forza contro la massiccia scrivania d'epoca di quella stanza, rompendola con la schiena e causando un forte rumore, tanto da farlo sentire alle due ragazze che stessero salendo le scale per raggiungerli, che sorrisero imbarazzante davanti agli invitati, dicendo loro che andava tutto bene e di riprendere a godersi la festa. 
Abby e Jo corsero velocemente al piano di sopra, avendo già intuito che il fantasma si fosse manifestato e che avesse scelto delle vittime al di fuori dello schema: Sam e Dean non erano suoi discendenti, ma erano comunque due consaguinei che a quanto pare si erano traditi a vicenda. 
Abby chiese a Jo di raggiungere i due ragazzi e di aiutarli, dopo averle messo fra le mani la spranga di ferro che aveva preso dalla sua macchina, tenuta lì proprio per momenti come questi. "Difenditi con questa, io torno subito!". 
"Dove vai, Abby?" chiese Jo strattonandola dal braccio e bloccandola con forza, guardandola in viso con paura. 
"Il museo conserva delle spoglie di Mills, sicuramente sarà legato ad esse dato che il suo corpo è stato cremato!" esclamò Abby liberandosi della sua presa e sospirando, voltandosi e dirigendosi verso un'altra stanza in fondo al corridoio, intimandole di raggiungere i due ragazzi per aiutarli. 
Quando Jo entrò nella stanza da cui provenivano tutti quei rumori, vide Mills tenere in pugno Dean con il suo potere da fantasma arrabbiato, colpendolo fino a farlo sbattere nuovamente contro la parete, facendo sì che si ferisse con delle schegge di legno che oltrepassarono la sua giacca fino a conficcarsi nella sua carne, facendolo gemere di dolore. 
Jo non ci pensò due volte, specialmente quando vide il fantasma concentrarsi su Sam, facendogli mancare il respiro pronto ad ucciderlo, e si diresse contro di esso colpendolo con la spranga di ferro fino a farlo smaterializzare. In un attimo apparí dietro Jo, spingendola in avanti per cadere rovinosamente a terra e subito Dean fu pronto a correre, prendere la spranga e colpire il fantasma una seconda volta fino a farlo sparire, per poi tendere una mano verso di lei per aiutarla a rialzarsi. Si diresse veloce verso Sam, aiutandolo a rimettersi in piedi e controllando che non avesse ferite e che non si fosse fatto troppo male. Poi si voltò nuovamente verso Jo, dopo aver fatto vagare velocemente lo sguardo per la stanza, e la guardò con aria furiosa. "Dov'è Abby?". 
"E perché il fantasma non riappare?" chiese Sam preoccupato, guardandosi attorno e stando sempre in allerta. 
Jo si stranizzò dello sguardo serio e arrabbiato del maggiore, fece leggermente spallucce e lo guardò con aria perplessa. "È andata a cercare le spoglie di Mills e..". 
"L'hai lasciata da sola?!" chiese Dean sgranando gli occhi e utilizzando un tono tutt'altro che amichevole, superandola a grandi passi e stringendo forte la spranga di ferro, pronto ad usarla contro quel dannato fantasma. 
Jo indicò la stanza verso la quale si fosse diretta Abby e quando Dean spalancò la porta, rimase per una frazione di secondo immobile, poi scattò in avanti come un razzo: Mills teneva stretta Abby per la gola, tenendola sollevata da terra e  impedendole di respirare col solo intento di ucciderla prima che lei bruciasse i vestiti che indossasse il giorno in cui Mills morì, nei quali vi fossero ancora intrappolate tracce di DNA. 
Immediatamente Dean lo colpì forte con la spranga, osservandolo smaterializzarsi e Abby cadde rovinosamente a terra, iniziando a riprendere fiato e tossendo; la raggiunse correndo, lasciando cadere la sua arma per terra, e le si inginocchiò vicino afferrandole il viso fra le mani per controllare che non fosse ferita. Con ancora il respiro affannoso Abby si rifugiò sul suo petto e Jo vide il modo in Dean l'avvolse fra le braccia e chiuse gli occhi, quasi ringraziando il cielo che stesse bene. 
Jo rimase immobile ad osservare la scena e quasi non si accorse di Sam che si mosse velocemente per la stanza, afferrando un cestino e gettandovi dentro i vestiti precedentemente estratti dalla teca da Abby, bruciandoli ed osservando il fantasma che si era ripresentato con tutto l'intento di ucciderlo, prendere fuoco e sparire per sempre dalla terra. 
"È finita, stai bene. È finita.." sussurrò Dean stringendo forte Abby fra le braccia, baciandole il capo e accennando un sospiro di sollievo, mentre Sam e Jo si scambiarono una breve occhiata eloquente. 
 
 
 
Jo entrò nella stanza che avrebbe dovuto condividere con Abby, osservando il collo della sua amica iniziare a diventare violaceo per il modo in cui Mills lo avesse stretto per soffocarla, e la vide sedersi su una delle sedie dalla stanza in silenzio, appoggiando i gomiti al tavolo e portandosi le mani alle tempie che non smetteva o di pulsare. 
Jo non si sedette e la guardò con aria confusa, iniziando a riflettere su quanto fosse accaduto quella sera e su ciò che avesse visto, portandosi una mano alle labbra quando realizzò qualcosa a cui non poteva davvero credere. 
"Che cos'è successo, stasera?" chiese la bionda con aria ancora confusa e disorientata, utilizzando un tono vago. 
Abby sollevò il viso e la guardò, non capendo a cosa si riferisse dato che ancora cercava di riprendersi dal dolore al collo, e l'amica parve capire, tanto che si sedette accanto a lei e la guardò con aria dubbiosa. "Sai spiegarmi perché quel fantasma ha attaccato proprio voi tre?". 
Abby serrò la mascella e avrebbe tanto voluto inventare un'enorme balla, perché l'ultima cosa che voleva era proprio perdere la sua esuberante migliore amica di una vita a cui voleva un gran bene, ma proprio per questo non poteva tirarsi indietro e mentire dritto in faccia proprio ora. Deglutí a fatica e sentí il cuore battere molto velocemente ripensando alle parole di incoraggiamento che le avesse detto Sam mentre ballavano, così si voltò con il busto verso di lei e le prese la mano. "Io ti voglio bene Jo, sei una sorella per me. Ma c'è una cosa che devi sapere: credo che Mills abbia attaccato noi tre perché pensava che io e Sam stessimo tradendo Dean, insieme". 
Jo la osservò e cercò di capire il significato sottile delle sue parole, e guardò i suoi occhi così tristi e dispiaciuti mentre stringeva la sua mano con un po di forza. "Ma questo non ha senso, perché vorrebbe dire che tu e Dean..". 
Quando realizzò quale fosse il significato di quel discorso, Jo scattò in piedi e si allontanò dal tavolo, sentendosi tremendamente tradita dalla sua migliore amica, tanto da stringere i pugni per la forte rabbia che la stesse invadendo. Gli occhi le si imperlarono di uno strato denso e lucido, e scosse la testa rifiutando quell'idea, ma poi un sorriso amaro sorse sul suo viso, osservando Abby alzarsi e andarle incontro. 
"Sono stata una stupida: mi sono accorta del modo in cui ti guardava dal primo momento in cui vi siete incontrati, ma tu non l'hai mai guardato come hai fatto stasera!" esclamò Jo gesticolando nervosamente e facendo un altro passo indietro. "Dean oggi ballava con me, ma aveva continuamente gli occhi addosso a te!".
"Jo aspetta, lasciami spiegare!" esclamò Abby sentendo gli occhi pizzicare, cercando di avvicinarsi ma notando come la sua amica mettesse le mani avanti per tenerla lontana. 
"Non ti permettere Abby, non prendermi in giro! Come hai potuto?" esclamò Jo allargando le braccia e sgranando gli occhi per la rabbia, sentendo delle lacrime fare capolinea sui suoi occhi e scendere lungo le sue guance. "Sei la mia migliore amica da più di 10 anni!". 
Abby scosse la testa e avrebbe tanto voluto riuscire a consolarla, dirle ciò che volesse sentirsi dire per alleviare quel dolore, ma sapeva che ormai era troppo tardi e aveva rovinato per sempre la sua amicizia con Jo. "Per favore, io ti voglio bene, Jo! Come posso rimediare?". 
Jo la guardò negli occhi bagnati dalle lacrime come i suoi e non riuscì a fare a meno di vedere tutto ciò che le avesse sempre legate, tutto ciò che avessero fatto insieme, e nonostante tutto, il bene che provasse per lei. "Ok, allora vieni via con me. Torniamo alla Road House e non rivederlo più!". 
Abby scosse la testa e si portò le mani alla bocca, sentendo il nodo allo stomaco farsi sempre più pesante, mentre delle lacrime bagnavano il suo viso. "Non posso andarmene, Jo. Non è solamente per Dean, stiamo cacciando insieme lo stesso demone e..". 
Jo non ascoltò una parola di più, ma si asciugò le sue guance e raccolse il suo borsone, uscendo dalla stanza senza dire una parola di più, lasciando intendere che non avrebbe mai più voluto rivederla; sbatté la porta talmente forte che per un attimo Abby penso che l'avesse scardinata dal telaio, facendola sobbalzare per lo spavento. 
La ragazza respirò profondamente e si asciugò gli occhi e le guance, ringraziando mentalmente che il suo trucco fosse water proof altrimenti si sarebbe trasformata in una maschera nera, e si diresse verso la porta per cercare la sua amica: vide Jo salire sull'Impala senza neanche degnare di uno sguardo Dean, mentre quest'ultimo passava le chiavi della sua auto a suo fratello minore con disappunto, per poi osservare la macchina allontanarsi e sparire nel buio della notte. 
Dean si accorse della ragazza in piedi sulla soglia della porta con espressione dispiaciuta e silenziosamente le andò incontro, raggiungendola e sfiorandole il viso con le dita. 
Il ragazzo dedusse che avesse pianto dagli occhi arrossati e dalle gocce ancora intrappolate nelle sue lunghe e folte ciglia, e le sorrise nel tentativo di farla sentire meglio; Abby sospirò e ricambiò il sorriso debole, avvicinandosi quel tanto che bastasse per abbracciarlo forte e nascondere il viso nel suo petto. 
Dean la spinse dentro la stanza, chiudendosi la porta alle spalle senza mai sciogliere l'abbraccio, carezzandole dolcemente il viso. "Stai bene?". 
La ragazza sorrise amaramente ed annuí, sollevando il viso fino a raggiungere il suo e baciandolo delicatamente. "Mi dispiace per questa situazione: non avrei dovuto. Non dovrei neanche adesso, non con te almeno". 
Dean aggrottò le sopracciglia e le sollevò il viso con due dita tenendola dal mento, incrociando il suo sguardo e guardandola con aria seria. "Non hai fatto nulla di sbagliato, Abby. E se Jo fosse davvero tua amica, lo capirebbe". 
La ragazza sospirò e fece una smorfia col viso, annuendo e sprofondando nuovamente sul suo petto, sentendo le sue braccia avvolgerla e stringerla a sé; fece risalire la mani sulle sue spalle e improvvisamente toccò una sostanza densa e rossastra, sentendolo appena gemere, e sgranò gli occhi tornando a guardarlo velocemente. "Sei ferito?".
"Sto bene, ci penserà Sam quando tornerà.." sussurrò Dean sorridendole, chinandosi a baciarle l'angolo delle labbra con dolcezza, ma la ragazza lo spinse via e lo costrinse a sedersi su una delle sedie della stanza. 
"Togliti la giacca e la camicia, subito!". 
Il ragazzo sorrise divertito davanti a quel tono perentorio ed in silenzio obbedí iniziando a spogliarsi, osservandola sparire dentro il bagno lasciando la porta aperta: la vide sciogliersi i capelli, togliendo gli elastici e le forcine che neanche pensasse di indossare, e lo sguardo di Dean si concentrò sul corpo di Abby, facendolo sospirare cercando di calmare i bollenti spiriti ed i pensieri che scaturivano nella sua mente da quando l'avesse vista entrare al museo quella sera. 
Mentre la osservò lavarsi le mani dal riflesso dello specchio, per poi voltarsi verso l'armadietto a muro del bagno per estrarre la cassetta del pronto soccorso, Dean non sentí più alcun dolore alla spalla mentre si toglieva la camicia, e pensò di aver bisogno di calmarsi al più presto. 
Abby uscì dal bagno e si avvicinò al ragazzo, sedendosi accanto a lui sulla sedia ed iniziando a scrutare la sua ferita alla spalla sinistra: erano per lo più graffi superficiali, ma al centro vide una grossa scheggia penetrata all'interno della pelle e sospirò rumorosamente. 
Dean non le tolse gli occhi di dosso neanche per un momento, scrutando la sua espressione concentrata, il modo in cui estraesse le schegge e come disinfettasse subito dopo, il fatto che si mordesse il labbro inferiore per non distrarsi ed evitargli il dolore. E poi lo sguardo del maggiore scivolò sul suo collo violaceo, che riportasse quasi la forma delle mani di Mills, e non si riuscì a trattenere dal sfiorare la sua pelle irritata con le dita con dei movimenti delicati. 
La sua espressione cambiò: non era più carica di desiderio, ma di dispiacere che le fosse stato fatto del male, e in un attimo si ricordò ciò che fosse successo quella sera. 
Abby sollevò lo sguardo e gli sorrise, dicendogli che aveva quasi finito e che non ci avrebbe messo molto, ma Dean indugiò con lo sguardo sul suo collo livido e la ragazza gli sollevò il viso com'era solito lui fare con lei. "Sto bene, Dean. Sto bene". 
Il ragazzo sorrise amaramente ed annuì, tornando ad appoggiare il gomito nudo al tavolo per permetterle di lavorare in tranquillità. Quando Abby completò la pulizia della ferita e la coprì con un grosso cerotto, gli diede un leggero bacio sulla guancia mentre si alzava per buttare tutte le garze sporche e rimettere il kit da pronto soccorso al suo posto, tornando in bagno e lavandosi nuovamente le mani; Dean indossò nuovamente la sua camicia, abbottonando qualche bottone, e la osservò uscire in silenzio fino ad arrivare al davanzale della finestra, al quale si appoggiò con entrambe le mani e guardò fuori scostando le tende, chiedendosi se Jo sarebbe stata bene. 
Sentí due braccia cingerle la vita e le sfiorò con le sue mani, lasciandosi andare contro il suo petto mentre sentiva il viso di Dean insinuarsi nell'incavo del suo collo, provocandole dei forti brividi per tutta la schiena; Dean percorse il suo corpo sfiorando le braccia nude con le punta delle dita, muovendosi lentamente fino a stabilizzarsi sui suoi fianchi con le mani, stringendo con un po' più di forza, e risalí con le labbra fino al suo orecchio, sussurrandole in tono audace: "Mi hai tolto il fiato quando sei entrata in quel museo questa sera: ho desiderato ballare con te per tutto il tempo". 
Abby chiuse gli occhi per qualche istante e lasciò che Dean la toccasse in quel modo, sentendo i brividi su tutto il corpo e sorrise aprendo gli occhi, voltando il viso quel tanto che bastasse per riuscire a guardarlo e trovando il suo viso fin troppo vicino. "Siamo dentro Grease o Magic Mike?". 
Dean rise di gusto e afferrò le mani, facendola voltare e prendendola dal fianco con mano destra, mentre con la sinistra prese la sua, ed iniziò a mimare un ballo lento, in modo che i loro corpi potessero essere più vicini possibili. Abby sorrise e lo guardò con la stessa intensità con la quale la stesse guardando lui, stringendosi di più a lui e lasciandosi condurre al centro della sua stanza. "Che stiamo facendo?". 
"Stiamo ballando e siamo finalmente soli, con nessuno che possa interromperci. E io stavo morendo dalla voglia di sentirti più vicina.." sussurrò Dean stringendola di più dal fianco, chinandosi quel tanto che bastasse per avvicinare i loro volti senza farli però sfiorare. 
Si guardarono per un tempo che sembrò loro infinto e le parole morirono in bocca ad entrambi: c'era sempre stata una forte chimica fra loro, ma quella sera era aumentata in una maniera vertiginosa.
Abby avrebbe voluto colmare la distanza che separasse le loro labbra, ma sentí Dean fare pressione sulla sua mano sinistra che stringeva la sua, facendola allontanare dal suo corpo e permettendole di girare su sé stessa facendola ridere, fino a quando il ragazzo tirò il braccio indietro per farla tornare nuovamente contro il suo corpo, eseguendo un movimento veloce; immediatamente le loro labbra collimarono e fermarono ogni loro movimento, concentrandosi su quel bacio e sulle emozioni che ognuno dei due stesse provando. 
Erano forti, scaldavano il loro petto tanto da fare tremare le gambe ad entrambi, ed Abby si arpionò sempre di più al suo collo, quando sentí Dean sollevarla con agilità dalle cosce facendogliele girare attorno alla vita. 
Non riuscirono a fermarsi neanche per respirare, avevano bisogno di aversi subito e Dean la trascinò di peso verso il letto, adagiandosi sopra di lei e fra le sue cosce, che la ragazza aprì meglio per permettergli di sistemarsi meglio sul suo corpo; velocemente i vestiti di entrambi finirono sul pavimento più o meno integri, lasciando spazio solamente al suono dei gemiti di piacere ad ogni spinta, mentre il loro cuore batteva forte per la passione bruciante che li stesse consumando da parecchio tempo, dando finalmente sfogo ai loro istinti, saziandosi e viziandosi l'un l'altra per tutta la notte. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 7.
 
Sam aveva fatto ritorno da una manciata di minuti nella sua stanza di motel, andando via dal pub nel quale insieme a suo fratello e ad Abby avevano concluso la lunga giornata di caccia: avevano da poco abbattuto una strana creatura che si nutriva della vitalità dei bambini piccoli, brindando a quella vittoria prima di tornare ognuno nella propria stanza per riposare ed essere pronti per la nuova giornata. 
Il minore iniziò a togliersi i vestiti per indossare qualcosa di più comodo per dormire, quando sentí degli strani rumori provenire dall'esterno della stanza, così si sporse a guardare l'esterno dalla finestra sostando le tende, quando vide Dean ed Abby camminare avvinghiati, mentre si scambiavano dei baci passionali sbattendo un po' ovunque perché non guardavano neanche dove andassero, e li sentí ridere a crepapelle come due ragazzini per poi tornare a baciarsi e seguire la strada fino alla stanza della ragazza. 
Sam rise divertito osservandoli sparire nel buio della notte perché da due settimane, cioè da quando avessero concluso la caccia con Jo al museo antropologico, la storia continuava ad essere quella: di giorno cacciavano e i due ragazzi erano molto professionali, non lasciandosi andare neanche ad un casto bacio davanti a Sam, di sera andavano per locali dove bevevano fino all'inverosimile, Dean fregava le persone a poker ed Abby a biliardo, dopodiché la notte lasciavano che la loro passione sfociasse come un fiume in piena. 
E a Sam tutto ciò stava bene, nonostante fosse concentrato su Azazel e sul fatto che anche Abby fosse infetta come lui, ma che non avesse mai manifestato alcun potere. 
A Sam faceva piacere vedere suo fratello così allegro e spensierato come non lo aveva mai visto e a tratti quasi non lo riconosceva per quanto fosse diventato loquace e sorridente. Non gli avrebbe rovinato la festa proprio ora che si stesse divertendo e apparisse come un normale ragazzo di ventisette anni, nonostante le ricerche andassero a rilento. 
Non appena i due ragazzi riuscirono a trovare la porta della stanza di Abby, iniziarono subito a togliersi i vestiti ed immediatamente finirono sul grande letto matrimoniale, lasciandosi andare ai piaceri più carnali e passionali: Dean non avrebbe mai detto che Abby potesse contenere tutta quell'energia e quella vitalità, che invece lo sorprese piacevolmente. 
Non riusciva mai a smettere di pensare a lei ed a quanto con uno sguardo seducente fosse in grado di fargli perdere la ragione, avendo sempre voglia di lei e di averla vicina; sembrava esserci stata un'esplosione fra loro due e adesso che Dean era finalmente riuscito a farla aprire, non poteva credere alle cose che la ragazza portasse dentro. 
Abby scese da sopra il corpo del ragazzo ancora ansimante e tremante, respirando affannosamente e sentendosi pienamente soddisfatta, lasciandosi scivolare con le spalle sul materasso e coprendosi con il lenzuolo fin sopra al seno, mentre sentí le mani del ragazzo raggiungerla ed attirarla a sé con forza. Si scambiarono un lungo bacio che di casto non aveva proprio nulla e Dean le sfiorò le spalle, mettendosi sopra di lei e baciandole il collo con avidità. 
Abby rise divertita e inclinò la testa all'indietro, cercando di usare le sue ultime forze residue per spingerlo via, ma con scarsi risultati, dato che Dean la bloccò sotto di sé tenendole i polsi sollevati sopra la testa, mentre la guardava con espressione carica di desiderio. 
"Non possiamo continuare così, Dean" disse Abby ridendo di gusto, respirando ancora affannosamente mentre il ragazzo si mise un po più dritto per osservarla meglio. 
Dean sollevò un sopracciglio pronto a ribattere, ma anche lui sapeva in cuor suo che avrebbero dovuto rallentare e concentrarsi di più sulle ricerche. Si chinò su di lei a baciarla senza però darle possibilità di muoversi sotto di lui, per poi tornare a guardarla con uno sguardo sempre più voglioso. 
"Mi fai impazzire, non riesco a controllarmi quando mi sei vicina.." sussurrò il ragazzo con voce rauca e i suoi occhi divennero più scuri per l'eccitazione. 
Abby si morse il labbro e lo guardò con aria di sfida, perché bastava poco per trasformare il sesso in un gioco, e riuscì a ribaltare la posizione sollevando un ginocchio e spingendolo con la schiena sul materasso, liberandosi dalla sua presa e mettendosi su di lui; sentí le sue mani sui fianchi stringerla forte e lo udì ridere divertito. 
"E questa mossa dove l'hai imparata?". 
La ragazza sorrise cercando di nascondere la scintilla nostalgica che fosse apparsa nei suoi occhi, ma Dean lo notò e le sfiorò la guancia con delicatezza. "Mio padre. È stato lui ad insegnarmi tutto sulla caccia e sulla lotta". 
Abby cercò di non fargli capire che ripensare a suo padre portasse alla mente brutti ricordi, così cercò di sorridere ma non contagiò gli occhi, e quando notò che anche il ragazzo avesse cambiato il modo di guardarla sospirò e scese da sopra di lui, sdraiandosi a letto e coprendosi con il lenzuolo. 
Dean si mosse accanto a lei, raggiungendola e appoggiando il mento sulla sua spalla per guardarla meglio, stringendole le mani con delicatezza perché capiva cosa provasse. "Mi dispiace, non volevo farti pensare al passato". 
La ragazza fece spallucce e sospirò, mordendosi il labbro e guardandolo negli occhi. "Non è colpa tua. Tra poco sarà un anno che è morto e io non sono riuscita ancora ad uccidere il demone. O a sapere la verità, almeno". 
Il ragazzo si chiese se fosse giusto continuare a tenere per sé ciò che Azazel gli avesse detto, ma continuava a non voler inquinare il ricordo di suo padre, così si disse che avrebbe fatto meglio a non dire nulla e a tenerla all'oscuro di ciò che avesse scoperto. La portò ad appoggiare la testa sul suo petto e cercò di rassicurarla, carezzandole la testa e lasciandole dei baci caldi sulla fronte di tanto in tanto, finché entrambi sprofondarono in un sonno profondo. 
 
 
Dopo aver affrontato svariate cacce cambiando città di giorno in giorno, passarono ben due settimane, ed i due ragazzi dovettero sopportare parecchi momenti difficili: come quando Sam si trovò costretto ad uccidere Madison, la prima ragazza con cui si fosse aperto dopo Jessica, o come quando il minore venne posseduto da Meg, rapendo Jo e prendendosi gioco dei due ragazzi per qualche giorno, cercando di far credere loro che Sam fosse un assassino.
L'unica nota positiva di quelle ultime due settimane fu che Abby riuscì a parlare nuovamente con Jo, salvandola dal demone che possedesse Sam, e riuscendo a chiarire con lei dopo averla riaccompagnata a casa; non sarebbe stata la stessa amicizia probabilmente, nonostante Abby le avesse raccontato tutto sul fatto che occhi gialli fosse lo stesso demone che avesse ucciso suo padre, ma almeno Jo aveva capito che odiarla era solamente una perdita di tempo, perché non poteva smettere di volerle bene dopo tutto ciò che avessero passato insieme. 
In quel momento stavano sfrecciando tutti e tre sulla super strada con una sola macchina, un po' perché Abby aveva deciso che avrebbe lasciato che fosse Dean a guidare e a trascinarla in giro per il paese, un po' perché invece le piaceva passare ogni momento libero insieme a lui e suo fratello. 
Come in quell'istante: Abby sedeva in mezzo ai due ragazzi, cantando una delle canzoni degli AC/DC a squarciagola insieme a Dean, udendo Sam minacciare di buttarsi dall'auto in corsa se non avessero smesso. 
Dopo qualche altro chilometro Dean accostò l'auto davanti una tavola calda e mandò il fratellino a comprare la cena per tutti, ma quando Abby cercò di uscire dall'auto per seguirlo, si sentí tirare con forza dalla cintura dei pantaloni, finendo per scivolare sul sedile con la schiena ed iniziando a ridere di cuore mentre sentiva Dean piazzarsi sopra di lei con una risata, prima di chinarsi a baciarla con foga.
Abby ricambiò il bacio con la stessa passione, attirandolo di più a sé e sentendolo sistemarsi fra le sue gambe come se fosse ormai abituato a farlo e conoscesse la strada; per un attimo si discostarono e si guardarono negli occhi nonostante il buio dell'abitacolo, e si strinsero la mano l'un l'altra entrambi incapaci di esprimere a parole ciò che sentissero dentro perché ne avevano troppa paura. 
Per la prima volta dopo tanto tempo entrambi si sentirono pienamente felici e le cacce e le vendette passarono in secondo piano, perché l'importante era che Dean, Abby e Sam stessero insieme e stessero bene. 
Dean tornò a baciarla, scendendo poi a stuzzicarle il collo mentre la sua mano si insinuava sotto la sua maglietta, e Abby rise di nuovo divertita, mentre il ragazzo pensò che non potesse più farne a meno di quel suono. 
"Fermati, Sam tornerà presto.." sussurrò Abby cercando invano di spostarlo da sopra di sé, ma Dean aveva già iniziato a risalire il suo collo. 
Si soffermò sulle sue labbra e tornò a baciarla con avidità, avvicinandola con forza a sé, per poi fermarsi e guardarla negli occhi intensamente. "Il mio fratellino riuscirà a sopportare questa visione".
Continuarono a guardarsi e Dean le sfiorò il viso con delicatezza, pensando che non avesse mai visto qualcosa di più perfetto. Si chinò per baciarla ancora, quando un forte boato attirò la loro attenzione e li fece sedere immediatamente sui sedili, guardandosi attorno in quel parcheggio e notando dalle finestre che l'interno del locale fosse completamente vuoto.
"Che è successo?!" chiese Abby sgranando gli occhi, guardando dritto davanti a sé non riuscendo però a scorgere nemmene una delle persone che affollassero il locale fino a qualche istante prima. 
"Dov'è Sam?" chiese Dean sgranando gli occhi e scendendo come un fulmine dall'auto, sentendo la preoccupazione dentro di lui crescere in maniera smisurata. 
I due ragazzi entrarono nella tavola calda e la scena che gli si presentò davanti agli occhi non fu del tutto piacevole: i clienti giacevano a terra con le gole tagliate e una grossa quantità di sangue decorava il pavimento. Erano tutti morti, chiunque fosse passato da lì si assicurò di non lasciare nessun testimone.
Dean si agitò di più e si addentrò nel retro del locale alla ricerca di suo fratello, chiamandolo a gran voce e cercando di trovare qualche indizio che potesse fargli capire cosa fosse successo, ma anche nelle cucine e nel magazzino trovò solamente cadaveri, ma nessuna traccia di suo fratello. 
Al ragazzo tornarono in mente le parole di Azazel quando lo incontrò a Deadwood, quando gli aveva detto che si sarebbero incontrati presto e che il gioco stava per finire, ed una terribile sensazione lo invase, capendo che qualsiasi cosa fosse successa riguardasse Azazel e i suoi ragazzi come Sam. E Abby. 
Dean si voltò a cercare la ragazza dietro di sé e non riuscì a ricordare quando l'avesse persa di vista, preso per com'era a cercare suo fratello. 
"Abby?! Abby?!" urlò il ragazzo facendo la strada a ritroso, giungendo fino alla sala dove probabilmente l'avesse lasciata. 
Si guardò attorno con panico e si affrettò ad uscire dal locale, provando a cercarla in macchina o nel parcheggio, ma di Abby e di Sam non vi era più traccia, lasciando Dean completamente solo e con un pugno di mosche in mano. 
 
 
 
Si svegliò nella sua stanza, era ormai mattina ed il sole splendeva nel cielo: era domenica, la sua giornata preferita, perché avrebbe trascorso del tempo con suo padre che le avrebbe insegnato le cose essenziali della lotta corpo a corpo. 
Scese felice dal letto perché quella era la loro giornata speciale e Abby si sfilò il pigiama rosa in favore di una tuta attillata e comoda che le permettesse i movimenti più energici, dato che suo padre l'avrebbe portata nei boschi ad allenarsi con i tronchi; scese le scale di corsa, ignorando i rimproveri dei suoi fratelli che almeno la domenica avrebbero voluto dormire un po' di più, e raggiunse suo padre nella cucina, che già l'aspettava seduto a tavolo per fare colazione. 
"Ciao ragazzina..".
"Papà!" esclamò Abby sorridendo e gettandogli le braccia al collo come fosse solita fare, baciandogli le guance e sorridendo felice. 
"Ti ho preparato la colazione, mangia prima che si freddi!" esclamò l'uomo sorridendole di rimando e facendole una smorfia simpatica, facendola ridere mentre si sedeva al tavolo per mangiare il suo solito latte con i cereali. 
Jack Harrison era un uomo tutto d'un pezzo, con un fisico atletico e tanta voglia di scoprire ogni giorno la vita e tutto ciò che potesse riservargli: aveva iniziato a cacciare all'età di tredici anni grazie ai genitori, entrambi cacciatori, ma quando aveva incontrato la sua adorata moglie Isobel aveva smesso di cacciare per dedicarsi alla famiglia e al lavoro. 
Poi qualcosa successe, qualcosa che Abby non aveva mai saputo, e all'età di sedici anni Jack iniziò ad allevare la sua secondogenita come una guerriera, non lasciando però che gli altri due suoi figli si avvicinassero a quel mondo, insegnando loro solamente le movenze basilari dell'autodifesa. 
Abby e suo padre si recarono presto nel bosco dov'erano soliti allenarsi e subito Jack iniziò ad insegnare qualcosa di nuovo alla figlia, che però pareva essere particolarmente maldestra quel giorno, tanto da sbagliare una presa e cadere rovinosamente a terra sbattendo la schiena che le smorzò il respiro. 
Jack si avvicinò sorridendo e sollevò un sopracciglio, aiutando la figlia a sedersi e piegandosi sui talloni per arrivare al suo livello. 
"Che ti succede oggi, ragazzina?".
Abby distolse lo sguardo e sospirò, facendo spallucce e mordendosi il labbro in maniera nervosa. "Papà, è da due settimane che provo a fare questa presa: non ci riesco! Sono stufa! Non voglio più allenarmi". 
Jack osservò la figlia imbronciarsi e le sfiorò la testa con delicatezza, notando lo sguardo sorpreso di Abby, come sea ragazza si aspettasse che da un momento all'altro il padre si sarebbe arrabbiato se non avesse ripreso ad allenarsi immediatamente; Jack le sorrise e le sfiorò i capelli con dolcezza, ed Abby si tranquillizzò. 
"Quando fai qualcosa di fisico, come combattere, la tua mente deve essere libera. Devi lasciare fuori dalla tua mente tutto ciò che ti possa distrarre e rendere più vulnerabile.." sussurrò Jack sedendosi accanto alla figlia, sorridendole teneramente e carezzandole la testa. "È importante che tu ricordi sempre questo: riuscirai a vincere solamente quando avrai il completo controllo delle tue emozioni. Solo in quel momento sarai in grado di applicare una strategia cristallina. Un giorno ti troverai nel bel mezzo di una guerra e io non sarò lì a proteggerti, perciò dovrai farlo da sola, figlia mia". 
Abby lo guardò con aria quasi spaventata, perché le piaceva cacciare e combattere, ma non era proprio pronta a poter vivere la sua intera vita senza lui al suo fianco. 
"Ma ti prometto che sopravviverai. Tutto questo: portarti nei boschi, farti allenare, andare a caccia e insegnarti tutto quel che so, lo faccio solamente perché tu possa sopravvivere alla battaglia e quando finalmente vincerai, potrai vivere la vita normale che meriti, amore mio.." sussurrò Jack passandole una mano sulle spalle e stringendola in un caldo abbraccio. 
Abby non aveva la minima idea di ciò che significassero quelle parole che ogni tanto suo padre le ribadiva, né ci aveva più pensato da quando fosse morto, ma tutto d'un tratto la ragazza iniziò a vedere tutto sfocato, rendendosi conto di non essere più la ragazzina di sedici anni che viveva ancora a casa con suo padre; era cresciuta e aveva lavorato sodo, ma in quel momento tutto ciò di cui aveva bisogno era proprio suo padre. 
Si voltò a guardarlo e lo vide sempre più sfocato, e si sporse per afferrarlo con forza, ma la sua mano si chiuse nel vuoto, come se si trattasse di un fantasma e lei non potesse toccarlo. Lo guardò con le lacrime agli occhi e vide il modo dolce con cui la stesse guardando, e delle lacrime sgorgare dai suoi occhi, come se fosse felice di vederla dopo tanto tempo. 
"Ci siamo, Abby. È il momento, piccola!" esclamò Jack sorridendo teneramente, per poi divenire più serio e guardarla con aria perentoria. "Svegliati!". 
 
Abby aprí gli occhi senza fiato, tirandosi a sedere di scatto su di un letto malconcio e rovinato, guardandosi attorno ed analizzando la stanza non riuscendo a riconoscere nulla. 
Si alzò velocemente con ancora l'immagine di suo padre che le vagasse nella mente e si avvicinò in fretta alla porta della stanza, aggirandosi nella casa vuota e malandata, fino ad arrivare alla porta d'ingresso ed uscire all'esterno, trovandosi davanti in una città del tutto deserta e sconosciuta, senza avere la minima idea di come vi fosse arrivata: ricordava di essere sul sedile dell'Impala con Dean che la baciava e poi quel forte boato, che li portò a correre nel locale per trovare Sam, ma qualcosa andò storto. 
Ricordò di aver visto Dean correre nella cucina, quando qualcuno l'aveva colpita alla testa, facendole perdere i sensi. 
Abby si toccò la nuca, gemendo appena quando sfiorò un grosso taglio dal quale uscisse ancora un po sangue e che facesse ancora parecchio male. 
"C'è qualcuno?". 
Una voce fin troppo familiare giunse alle sue orecchie e Abby di voltò di scatto, iniziando a sperare che non fosse solamente un allucinazione dovuta al colpo ricevuto; corse velocemente raggiungendo l'origine della voce, fin quando vide in lontananza Sam, una delle due persone che sperava fortemente di vedere in una situazione come quella. 
"Sam!".
Il ragazzo voltò la testa nella sua direzione, intercettandola con lo sguardo, e velocemente i due si corsero incontro; Abby rise nervosamente e si fiondò sul petto del ragazzo, che l'abbracciò stretta, felice anche lui di vedere un volto amico dopo essersi risvegliato in un luogo sconosciuto ed isolato come quello. 
 
Ben presto si accorsero di non essere da soli ma che ci fossero delle altre persone in quella città, così iniziarono a radunarsi: non fu facile per Sam e Abby spiegare loro quanto stesse succedendo, e che dietro ci fosse un demone che li volesse nel loro esercito contro il bene. 
Non tutti credettero a quella storia, ma cercarono di mantenere la calma sapendo benissimo che per riuscire ad uscire da quella situazione sarebbero dovuti rimanere insieme. 
Abby ascoltò Sam parlare dei suoi poteri e di quelli di chiaroveggenza di Ava, di telecinesi di Andy e piano piano il resto dei ragazzi iniziarono ad aprirsi confidando loro i propri poteri; un uomo sulla trentina vestito da militare, Jackson, la guardò con aria curiosa. 
"Qual è il tuo potere?". 
La ragazza guardò Sam e sorrise nervosamente, mordendosi il labbro e sospirando. "Io non ho poteri, non sono come voi". 
"Come noi? Ti senti superiore a noi?!" chiese una ragazza che ad occhio e croce avrebbe potuto avere vent'anni, con tono arrabbiato ma anche incredulo, tremando ed alzando una mano verso di lei. "Assaggia il mio!". 
Sam non fece in tempo a spingerla via, che Abby venne colpita e scaraventata contro la parete di una delle case che li circondavano, facendole sbattere la schiena e spezzare il respiro; sentí il suo nome venire pronunciato da Sam, che corse in suo aiuto e controllò che stesse bene facendola sedere, notando come il cotone della sua maglietta all'altezza del ventre fosse stato bruciacchiato ma che la sua pelle fosse ancora del tutto intatta. 
"Stai bene, Abby?" chiese il ragazzo sgranando gli occhi, non riuscendo però a capire come avesse fatto a non riportare alcuna ferita. 
"Quella scarica.. Quella scarica avrebbe dovuto ucciderti!" esclamò la ragazza con occhi sgranati e tono tremante ed incredulo, facendo qualche passo indietro quando la vide rialzarsi incolume. 
Abby si guardò e lei stessa non riuscì a spiegarsi perché non fosse stata ferita, o perché non fosse addirittura morta dopo un colpo del genere: aveva sentito la scarica attraversarle il corpo, ma senza provare alcun dolore. Ogni singola fibra e cellula del suo corpo era stata scossa e scompigliata da quell'ondata di elettricità, e sapeva che sarebbe dovuta fuoriuscire in qualche modo, non poteva tenere tutta quell'energia dentro. 
Guardò Sam con occhi sgranati, afferrandogli un braccio e il ragazzo la vide parecchio confusa: aveva tutte le risposte, avrebbe potuto dirglielo e spiegarle ogni cosa, ma non era il momento. 
Le sorrise e le carezzò i capelli per tranquillizzarla, poi guardo i ragazzi ancora sotto shock con aria più dura. "Adesso basta! Non dobbiamo ucciderci fra noi: è proprio quello che vuole il demone!!".
"E che facciamo? Come usciamo di qui?" chiese Andy avanzando sotto shock, allargando le braccia con disperazione. 
"Troveremo un modo!". 
 
"È il momento, Abby! Svegliati!". 
Abby aprí gli occhi mentre le immagini di suo padre le scorrevano nella mente come se si trattasse di un film, mentre un pesante groppo le si stabilizzò sullo stomaco; si guardò attorno disorientata, trovandosi in mezzo al bosco, e strizzò gli occhi, sentendo un forte dolore alla testa. 
Ricordava di essere insieme a Sam in quella città deserta ma piena di fantasmi e demoni che piano piano li stavano decimando, quando qualcosa l'aveva colpita nuovamente alla testa, portandola via. 
Si sedette sul terreno dove aveva giaciuto fino a quel momento e vide un piccolo falò, con un uomo seduto su di un grosso tronco, intento a scaldarsi le mani contro il fuoco; Abby notò una pistola adagiata sul tronco, probabilmente del ragazzo seduto che le dasse spalle, e cercò di arrivare in silenzio. 
Si mosse lentamente, gattonando sul terreno facendo attenzione ad ogni movimento, e quando finalmente riuscì ad allungare la mano quel tanto che bastasse per afferrarla, si alzò di scatto e gliela puntò contro. 
L'uomo rimase immobile, del tutto indifferente a ciò che stesse per fare, e la guardò con espressione impassibile, e subito Abby riconobbe Jackson, il militare che era stato rapito insieme a loro. 
"Vuoi spararmi? Accomodati, magari riesci a togliermi da questa orribile situazione!".
Abby notò il modo arrabbiato con cui la stesse guardando e subito ricordò che fosse stato proprio lui a colpirla così forte da farla svenire, e tornò subito a puntargli la pistola contro. "Perché mi hai portato via dalla città?". 
"Non l'ho deciso io: voleva vederti. Ha minacciato di uccidere la mia sorellina.." sussurrò Jack sospirando serio e tornando a guardare il fuoco davanti a sé. 
Abby deglutí a fatica mentre sentiva dentro di sé una brutta sensazione farsi largo, intuendo immediatamente che cosa stesse succedendo, ma chiese ugualmente con titubanza. "Chi? Chi voleva vedermi, Jack?". 
Sentí uno scricchiolio dietro di sé e subito si voltò, osservando una sagoma uscire dal buio del bosco ed avvicinarsi verso di loro con aria divertita: Abby si bloccò, perché quel viso lo conosceva. 
Lo ricordava bene perché lo vedeva ogni notte nei suoi incubi da quasi un anno. L'assassino di suo padre, dei genitori di Sam e Dean, di Jessica. 
Provò una grande paura e il suo cuore accelerò perché aveva fantasticato su quel momento per così tanto tempo, e adesso si ritrovava davanti ad Azazel senza la Colt e da sola. 
"Ciao Abby.." sussurrò il demone mostrandole gli occhi gialli, sorridendole ed avanzando con espressione compiaciuta. 
La ragazza rimane paralizzata sul posto, impugnando la pistola con forza, nonostante sapesse che non avrebbe avuto alcun effetto su di lui; lo osservò ridere e con un gesto della mano le fece cadere l'arma nella fitta vegetazione boschiva, per poi avvicinarsi di più a lei. 
"Che cosa vuoi da me? Perché sono qui?". 
Azazel analizzò il suo sguardo e si piazzò davanti a lei, e dopo qualche momento si mise a ridere, sentendo l'energia che avesse accumulato dentro di lei, pronta ad esplodere come una bomba. "Sei qui, piccola Abby, perché fai parte del mio piano, del mio esercito..". 
Abby lo guardò con disprezzo e si avvicinò di qualche passo, fulminandolo con lo sguardo. "Sono qui solamente per ucciderti, brutto figlio di puttana!". 
Azazel rise di gusto e scosse la testa divertito, osservando brevemente Jack dietro la ragazza che rimane immobile come ipnotizzato dal fuoco, per poi tornare a concentrarsi su di lei. "Vuoi vendicare il tuo papà o vendicarti per ciò che ho fatto a te?". 
"A me?" chiese Abby confusa ed aggrottando le sopracciglia, sapendo però perfettamente che non avrebbe dovuto lasciarsi abbindolare dalle sue bugie. 
Azazel rise di gusto e la osservò divertito mentre si sforzava di capire cosa intendesse veramente. "Perché credi che tuo padre mi abbia dato la caccia così duramente e per così tanto tempo?". 
Abby lo guardò con disprezzo e strinse i pugni con rabbia, sentendo gli occhi pizzicare al ricordo della notte in cui il dmeone uccise suo padre. 
Perché sei uno sporco demone e tu la pagherai per averlo ucciso! questo fu ciò che la ragazza pensò, ma si ritrovò incapace nel dirlo, perché il dolore dentro di lei iniziò ad essere troppo forte. 
Respirò profondamente per qualche volta sotto lo sguardo divertito di Azazel, poi lo guardò in viso. "Cosa mi hai fatto?". 
"Ti ho nutrita con il mio sangue, proprio come farebbe un bravo padre. Tu sei come loro Abby: sei come Andy, come Ava e come Sam" disse Azazel facendo spallucce e ridendo di gusto, fissandola con aria divertita. "L'unica differenza è che loro sono tutti morti: tu e Jackson siete gli unici sopravvissuti". 
Abby guardò il demone con aria confusa, ma quando il suo cervello iniziò ad elaborare quanto avesse detto, si rese conto di aver sentito solamente ciò che non avrebbe mai voluto sentire: iniziarono a scivolarle dagli occhi delle lacrime incontrollate, portandosi una mano alla bocca e scuotendo la testa. "Sam.. Sam è morto?".
Azazel fece spallucce e la sorpassò sedendosi sul tronco difronte a Jackson, che teneva lo sguardo basso con aria quasi mortificata e dispiaciuta. 
"È stato lui: gli ha reciso la colonna vertebrale davanti a suo fratello! Una scena raccapricciante, credimi!". 
Abby guardò dapprima Azazel, poi spostò lo sguardo su Jackson che la guardava con aria colpevole, e tutto ciò che riuscì a sentire fu solo una pura e densa rabbia ed un fortissimo dolore; si scagliò contro il ragazzo con forza, facendolo cadere di spalle sul terreno e si mise sopra di lui, iniziando a colpirlo a suon di pugni sul viso, colpendolo sempre di più e sempre con maggiore forza. 
Era accecata dal dolore e dalla rabbia, e Sam non era l'unica ragione: stava elaborando ciò che Azazel le avesse appena detto ed iniziò a dirsi fra sé e sé che non era possibile che lei fosse stata infettata col suo sangue come gli altri. 
Non aveva mai avuto alcun potere, nessuna manifestazione strana che potesse essere riconducibile a ciò che Azazel avesse detto, eppure ripensò a quanto accaduto prima, quando venne colpita da quella scarica elettrica rimanendo perfettamente incolume. 
Le sue mani si fermarono e rimase a cavalcioni su Jackson, che ne approfittò per ribaltare le posizioni e si mise sopra di lei con forza, colpendola al viso numerose volte: Abby non reagì, perché quella rabbia ed il dolore si erano trasformati in frustrazione, lasciando che Jackson facesse di lei ciò che volesse. 
Sam era morto, probabilmente Dean avrebbe fatto qualche pazzia per raggiungerlo presto, e lei stessa aveva del sangue demoniaco: non aveva più motivi per lottare, si sarebbe lasciata portare via da questo mondo pur di non nuocere a nessuno. 
Sentí il sangue iniziare a sgorgare dal suo viso e dal naso quando percepí le mani di Jack stringersi attorno al suo collo, soffocandola con forza e mettendole un ginocchio sul petto per non farla respirare. 
Abby aprí gli occhi, ma tutto ciò che vide fu suo padre che continuava ad apparirle con il suo sorriso fiducioso mentre le sue parole continuavano a ronzarle per la testa: riuscirai a vincere solamente quando avrai il completo controllo delle tue emozioni
Con un forte colpo secco spinse le braccia di Jackson verso il suo corpo, facendoglele piegare ed avendo lo spazio sufficiente per inserire una gamba contro il suo petto, sollevandolo con forza e facendo si che cadesse rovinosamente a terra. Scattò in piedi e si allontanò, mettendo le mani avanti invitandolo a non colpirla ancora. "Lui vuole proprio questo, vuole che ci uccidiamo a vicenda, ma che colpa ne abbiamo noi? È lui che ci ha fatto questo, è lui che ci ha trasformati in questi mostri!". 
Jackson si guardò attorno alla ricerca del demone, che però a quanto pare fosse andato via nuovamente, lasciandoli ad ammazzarsi l'un l'alta come se fossero delle bestie; Abby aveva ragione, lui li aveva trasformati in mostri. Si guardò le mani imbrattate dal sangue della ragazza e sentí delle lacrime rigare il suo volto: lui era un militare, aveva giurato di proteggere e di salvare le persone, invece durante quella giornata aveva ucciso così tante persone solamente per sopravvivere. "Vattene!". 
"Cosa? No!" esclamò Abby facendo un passo avanti, ma gemendo con dolore quando avvertì il dolore al viso ed al collo per via delle ferite provocate dal ragazzo. "Andiamocene insieme!". 
"Ma non capisci? Il demone non si fermerà finché uno di noi due sarà morto!" esclamò Jackson avanzando e spingendola indietro con sguardo serio. "Va via! Gli dirò che ti ho uccisa! Ma tu devi sparire da qua: trova un modo per superare il bosco e scappa!". 
Il ragazzo non le diede molta scelta e dopo averle riservato un'ultima occhiata i ferocia, sparì fra gli alberi del bosco per andare alla ricerca del demone; Abby sapeva che fosse una cattiva idea, eppure si girò dalla parte opposta e corse velocemente, superando la vegetazione seppur con molta difficoltà dato il buio della notte. 
Corse più velocemente possibile, scappando dalla paura che Azazel potesse apparire da un momento all'altro, ma così non fu: riuscì a raggiungere una strada desolata e continuò a correre anche lì, fin quando sentí un'auto accostarsi dietro di séper soccorrerla.
Un uomo sulla quarantina scese per chiederle se le servisse una mano ed Abby si sentí parecchio dispiaciuta quando si trovò costretta a stenderlo con un pugno in viso per prendergli le chiavi: entrò all'interno dell'abitacolo e subito partì accelerando sempre di più sull'asfalto umido della notte.
Non seppe dire da quanto tempo si trovasse alla guida o come mai si fosse diretta proprio a casa di Bobby, ma riuscì a descrivere l'emozione che provò quando oltrepassò il cancello dell'autorimessa Singer con una sola parola: felicità di essere ancora viva, felicità di essere in luogo sicuro, dove potersi rimettere per poi tornare da Azazel ed ucciderlo. 
Si fermò davanti all'ingresso della casa senza ormai avere poi più forze: sentiva le forze venirle meno e gli occhi chiudersi da soli, così si sforzò di suonare il clacson in maniera prolungata, sperando che qualcuno la sentisse. 
Si accasciò sul volante e respirò lentamente, gemendo appena quando toccò con il viso la gomma dura di esso, e proprio un attimo prima che i suoi occhi si chiudessero intravide Dean aprire lo sportello e chiamarla a gran voce, ed Abby sorrise prima di lasciarsi andare e perdere i sensi perché finalmente era a casa.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 8.

Strizzò la tovaglia con la quale stesse pulendo il viso della ragazza sporco di sangue e terra, dopo essersela carica in braccio estraendola dal veicolo sconosciuto, ed averla portata sul divano a casa di Bobby priva di sensi: ricucí in fretta la ferita sullo zigomo di Abby dopo averla disinfettata e ripulita per bene, per poi passare al collo dove riportava i segni di un tentativo di strangolamento e numerosi graffi, così come sulle braccia e sul sul viso.
Dopo essersi preso cura di lei, prese una sedia e si posizionò al suo fianco per almeno cinque o sei ore, non riuscendo a far altro che fissare il corpo di Abby ridotto in quel modo, sentendo la rabbia crescere dentro di lui: nell'ultimo paio d'ore aveva visto il suo fratellino morire, aveva venduto la sua anima per farlo ritornare in vita, implorando il demone dell'incrocio di includere nel patto il ritorno di Abby, ma gli era stato imposto di scegliere chi dei due salvare, e quando si avvicinò per baciare il demone e suggellare quell'accordo, Dean sentí il suo cuore spezzarsi chiedendosi come avrebbe fatto a ritrovare Abby. 
Le afferrò una mano stringendola fra le sue e portandosela alla guancia sinistra, sentendo dentro di sé che non si sarebbe mai perdonato ciò che avesse subito la ragazza; aveva lottato contro qualcuno con tutta la forza che avesse ed era riuscita a prendere un'auto e di guidare fino alla casa di Bobby. 
Sentí una mano poggiarsi sulla sua spalla e si voltò sobbalzando, guardando Ellen avvicinarsi a lui e porgergli un bicchiere di Whisky; Dean sorrise e lo bevve tutto d'un sorso come se si trattasse di una medicina. 
"Tesoro, abbiamo finito il tempo: Bobby ha capito cosa voleva farci sapere Ash, prima che esplodesse la Road House".
Dean guardò la sua espressione apprensiva e preoccupata tipica di una madre, ed annuí sospirando rumorosamente guardandola negli occhi con gratitudine. "Grazie Ellen, arrivo subito". 
La donna fece per voltarsi e tornare al tavolo sul quale Sam e Bobby avessero appena decifrato la cartina del Wyoming che Ash avesse lasciato loro prima di morire, quando una voce flebile e tirata attirò la loro attenzione, e tutti i presenti si voltarono verso la loro direzione. "Che vuol dire che la Road House è esplosa?". 
Dean sgranò gli occhi per la sorpresa e gli angoli della bocca si piegarono in un grande sorriso, osservando Abby sedersi lentamente sul divano, e sbattere lentamente le palpebre: il ragazzo non riuscì a trattenersi e si tuffò su di lei, stringendola forte e ridendo di gusto, sentendola però gemere leggermente. 
Provava dolore a stare seduta, la testa le eplodeva dopo tutti i colpi che avesse preso nelle ultime ore, ma non riuscì a smettere di abbracciarlo, trattenendolo contro il suo corpo e chiudendo gli occhi per la felicità: per un momento aveva creduto che non lo avrebbe mai più rivisto, quando pensava di morire per mano di Jackson e quando guidava senza forze per raggiungere quella casa senza riuscire bene a coordinare i pedali con le marce. E adesso era così bello sentire la sua stretta, il suo odore; Dean si allontanò quel tanto che bastasse per baciarle le labbra con delicatezza, prendendole il viso fra le mani, e finalmente il ragazzo tornò a respirare. 
I due sciolsero l'abbraccio ed Abby osservò i suoi occhi per qualche secondo, per poi volgere lo sguardo sui presenti, individuando Ellen, Bobby e.. Sam.
Abby sgranò gli occhi e si alzò tenendosi alle gambe e poi alle spalle di Dean, che l'aiuto afferrandola dai fianchi, guardandolo come se fosse un fantasma. "Jackson ha detto che eri morto, che ti aveva accoltellato alla schiena, come fai ad essere vivo?". 
"Bobby mi ha curato.." sussurrò Sam sorridendo forzatamente, perché aveva capito che ci fosse qualcosa che non quadrasse, ma pensò che quello non fosse né il luogo né il momento di parlarne. Così si avvicinò alla ragazza e l'abbracciò sorridendo, felice di vederla in piedi, ed Abby gli gettò le braccia al collo sentendo le lacrime scendere sul suo viso, pensando a quanto si fosse sentita male quando credeva che fosse morto. 
"Scusami.." sussurrò la ragazza con voce rotta dal pianto, sciogliendo l'abbraccio ed asciugandosi le lacrime con le dita, sentendosi davvero felice.
Sentí la stretta di Dean sulla sua mano che la invitava a sedersi nuovamente, prima che Abby intercettasse lo sguardo di Bobby e di Ellen che le sorrisero, felici anche loro che stesse bene. Indugiò sulla donna, che aveva uno sguardo malinconico, e lo stomaco le si chiuse quando pensò che potesse essere successo qualcosa alla sua amica.
"Vuoi.. Vuoi dirmi cos'è successo alla Road House? Jo sta bene?".
Ellen sospirò e si sforzò di sorridere, facendo spallucce e guardandola con aria stanca. "I demoni hanno attaccato il locale: io sono stata fortunata perché avevamo finito le ciambelle e sono andata a comprarle, Jo invece era a caccia, ma Ash e tutti gli altri cacciatori sono stati uccisi". 
La donna dovette distogliere lo sguardo e tirare su col naso, tremando appena al ricordo delle macerie e di ciò che avesse visto quando fu di ritorno al suo locale, non riuscendo neanche ad immaginare una tale atrocità, ma poi sospirò rumorosamente e continuò il suo racconto. "Ash mi aveva chiamata mentre ero via per dirmi che aveva scoperto qualcosa di grosso e che me lo avrebbe lasciato in cassaforte, così quando sono tornata ho frugato fra le macerie per trovare una cartina geografica con delle X disegnate e nient'altro". 
Abby spinse via la mano di Dean dalla sua, che cercò di trattenerla per evitare che si alzasse e corresse il rischio di sentirsi male per via del trauma cranico, ma la ragazza si sollevò e raggiunse Ellen, abbracciandola forte e stringendosi a lei. "Mi dispiace tanto". 
La donna la guardò con uno sguardo carico di dolore, perché effettivamente solamente Abby avrebbe potuto capirla: anche lei conosceva quelle persone da quando era piccola, aveva passato intere settimane a giocare con Jo quando erano bambine, e dopo la morte di suo padre aveva ripreso a frequentare la Road House molto più di prima. 
La ragazza sciolse l'abbraccio e si asciugò nuovamente le guance, pensando come fosse difficile la vita dei cacciatori; Bobby roteò gli occhi e si schiarí la voce, attirando l'attenzione dei presenti ed indicando la mappa che si trovava sul suo tavolo. 
"Detesto interrompere questo momento, ma c'è qualcosa che dovreste vedere". 
 
 
 
 
Il rumore dello sparo attirò l'attenzione di Bobby e di Ellen, intendi a chiudere le porte dell'inferno che Jackson aveva aperto al centro della stella di ferro nel Wyoming: era proprio questo che Ash avesse scoperto e che Bobby avesse decodificato. 
Samuel Colt, un centinaio di anni prima, aveva costruito una linea ferroviaria a forma di stella per impedire ai demoni di raggiungere la porta dell'inferno situato al centro, ma Jackson venne guidato da Azazel fino ad aprirla, lasciando che migliaia di anime nere venissero liberate nel mondo, riuscendo a distruggere la barriera di ferro. 
Sam, Dean ed Abby adesso guardavano il corpo senza vita del demone che giacesse a terra, pensando che il più grande errore di Azazel fosse stato quello di portare la Colt in battaglia, cioè l'unica arma in grado di ucciderlo. 
La ragazza si strinse di più a Dean guardando il mostro che avesse ucciso suo padre steso a terra senza più vita negli occhi, pensando a ciò che avesse fatto a centinaia di ragazzi proprio come lei e Sam, e sorrise pensando che non avrebbe più portato sofferenza a nessuno, non avrebbe più distrutto la famiglia di qualcuno. 
Udì Ellen e Bobby avvicinarsi a grandi passi dopo aver chiuso le porte dell'inferno e il cacciatore posò una mano rispettivamente sulle spalle dei due ragazzi guardandoli con aria fiera, come fece anche John quando risalí l'inferno per aiutarli a pareggiare i conti con Azazel una volta per tutte. 
Avevano vendicato i propri cari e avevano chiuso quel capitolo, ma sapevano che il lavoro sarebbe stato ancora duro e pesante, proprio come aveva tenuto Ellen a precisare qualche momento dopo. 
"Chissà quali aberrazioni sono venute fuori". 
I tre ragazzi si scambiarono un'occhiata eloquente e sorrisero, perché adesso erano pronti ad affrontare tutto ciò che gli avesse presentato il loro destino. 
 
 
 
 
Abby poggiò il capo sul petto nudo di Dean sentendo il suo cuore battere velocemente sotto il suo tocco, e sorrise sospirando finalmente di felicità: dopo essere andati via dal cimitero, i tre cacciatori decisero di prendersi almeno un giorno di riposo, nel quale il maggiore esortò Sam ad andare in giro per locali e fare conquiste, ma il ragazzo preferì dormire e riposarsi in quel ritaglio di tempo libero, al contrario di Abby e Dean che si lasciarono andare in festeggiamenti sfrenati. 
Passarono la serata al bancone di un bar e la nottata fra le lenzuola della loro camera del motel per potersi dire pienamente soddisfatti e rilassati, ma non appena smisero di tenere la loro mente impegnata il ricordo di ciò che ognuno di loro fece torno nelle loro menti: Dean non riusciva a smettere di pensare al patto che avesse stretto con il demone dell'incrocio ed al fatto che Abby né fosse all'oscuro, mentre la ragazza pensava e ripensava a ciò che le avesse fatto Azazel quando era solo una bambina ed al fatto che Sam, al corrente di tutto, non lo avesse mai detto in presenza di Dean.
Il ragazzo aveva paura della reazione di Abby qualora fosse venuta al corrente del suo patto, chiedendosi se fosse giusto tenerla ancora vicino a sé sapendo che il suo destino non si sarebbe potuto cambiare, e Abby aveva così paura di parlare della sua vera natura con Dean, pensando che non l'avrebbe accettato e che l'avrebbe trattata in maniera diversa. 
Nessuno dei due voleva perdere l'altro ed entrambi pensavano che la lealtà e la fiducia fossero delle qualità essenziali e sempre presenti nel loro rapporto, ma si resero ben presto conto che non tutto era così facile da accettare. 
"Che espressione pensierosa, stai bene ragazzina?" chiese Dean guardandola con un sorriso sul viso, sfiorandole il naso con un gesto dolce ed assicurandosi che il lenzuolo coprisse la sua pelle nuda per evitare che prendesse freddo. 
Abby lo guardò ed abbozzò un sorriso, scacciando via i brutti pensieri ed annullando la distanza fra di loro con un bacio. "Mai stata meglio". 
Il ragazzo sorrise e la sentí accoccolarsi sul suo petto, sfiorandole i capelli con delicatezza tornando a domandarsi se omettere fosse la scelta giusta.
Dopo un'ora e mezza buona che non riusciva a prendere sonno e rigirarsi nel letto era diventato pressoché inutile, Dean decise di uscire dal letto e di rivestirsi in fretta senza fare rumore, e si diresse verso la porta della camera, ma poco prima di uscire controllò Abby con lo sguardo un'ultima volta, che però dormiva sorniona abbracciata al suo cuscino. 
Si chiuse la porta alle spalle e sospirò, ed iniziò a camminare nervosamente per il portico, muovendosi avanti e indietro per pensare meglio: non aveva idea di come avrebbe dovuto agire in una situazione come quella. 
"Come mai sei così nervoso?". 
Dean si voltò di scattò e trovò suo fratello con grande sorpresa andargli incontro con un'espressione piuttosto seria. "Sam, che ci fai sveglio a quest'ora?".
Il minore si appoggiò al pilastro del portico con la schiena, mettendo le mani nelle tasche e guardando il fratello con aria arrabbiata. "Dobbiamo parlare e voglio che tu mi dica la verità: non volevo metterti nei guai davanti ad Abby, ma ho visto come Jackson mi ha guardato quando siamo arrivati al cimitero. Era davvero convinto che io fossi morto". 
Dean lo guardò con aria triste perché sapeva perfettamente come si stesse sentendo, perché anche lui aveva provato le stesse sensazioni quando il loro padre si era sacrificato per lui. Il maggiore osservò i suoi occhi pieni di lacrime, con i quali stava lottando per non fare scendere nemmeno una goccia mordendosi il labbro in un chiaro segno di nervosismo. 
"Non arrabbiarti con me, tu sei mio fratello: non potevo lasciarti morire.." sussurrò Dean sentendo gli occhi pizzicare ed il cuore battere più forte. 
Sma sgranò gli occhi e dilatò le narici per la rabbia, scuotendo la testa e sentendo delle calde lacrime rigargli il viso. "Non volevo salvarmi a tue spese, però!". 
Dean lesse negli occhi del fratello il suo dolore e annullò la distanza fra di loro, stringendolo in un forte abbraccio al quale sentí il fratello aggrapparsi come se potesse trattenerlo li per sempre. 
Sam tirò su con il naso, pensando che avrebbe dovuto trovare un modo per salvare il culo del suo fratello maggiore perché non gli avrebbe permesso di bruchiare all'inferno per l'eternità, e sciolse l'abbraccio spazzando via le lacrime e battendogli una mano sulla spalla. "Io ti salverò, Dean". 
Il maggiore sorrise dolcemente ed annuì serio, ammirando il coraggio del fratello e gli disse di riposare almeno per quella notte, perché d'ora in poi li avrebbero attesi dei tempi molto duri con tutti quei demoni che si erano liberati; si voltò e fece per tornare nella sua stanza, ma quel pensiero lo fece bloccare sul posto, richiamando il fratello a voce bassa. 
"Sam, Abby non lo sa". 
Il minore osservò lo sguardo del fratello e sollevò un sopracciglio, conoscendo fin troppo bene quell'espressione sul suo viso. "Vuoi mentirle, non è vero?". 
Dean sospirò rumorosamente e lo guardò con aria supllichevole, facendo spallucce. "Voglio solamente che viva una vita spensierata per altri 10 minuti". 
E Sam annuì mentre lo guardava negli occhi così dispiaciuti e sofferenti, stringendo con il fratello maggiore quel tacito accordo. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


HUNTERS'  LEGACIES
Capitolo 9.
 



Si affrettò a parare un pugno che lo avrebbe colpito in piena tempia e probabilmente stordito, bloccando il braccio della donna davanti a sè e colpendola con un pugno in pieno viso, facendola indietreggiare fino a cadere rovinosamente a terra, trovandosi costretto a respingere i colpi della seconda, che gli mostrava gli artigli pronto a graffiarlo. 
Dean parò anche quel secondo colpo e  fece oscillare velocemente lo sguardo per il vicolo, cercando Abby con lo sguardo che nel frattempo stesse lottando energicamente contro la terza donna: erano da poco arrivati a Denver, Colorado, attirati dalla notizia del ritrovamento di una dozzina di persone con il cervello completamente liquefatto, ridotto in poltiglia da delle strane creature, e a giudicare dalla loro visita in obitorio, non si erano limitate solamente a quello. Le vittime presentavano dei graffi profondi come se si trattasse di un licantropo, ma il cuore era intatto. 
Sam e Dean avevano insistito affinché rimanessero tutti e tre nel motel per cercare delle informazioni su quelle creature, specialmente perché un testimone le aveva descritte come delle donne di bell'aspetto, vestite con un completo elegante e rosso, con degli artigli molto lunghi e neri che laceravano la carne fino a staccarla dalle ossa. 
Ma Abby aveva voluto fare un giro per la città, concentrandosi sulla zona nella quale fossero sparite la maggior parte delle vittime nei pressi di un pub rinomato; non avevano neanche capito il modus operandi di queste creature, ma Dean non l'avrebbe mai lasciata andare da sola. 
Erano giorni che Abby si comportava in modo strano, ma Dean pensava che fosse dovuto al fatto che avessero di recente risolto un caso a Cicero, Indiana, dove avesse rincontrato una sua ex fiamma, Lisa, e che avesse avuto il dubbio che suo figlio Ben potesse essere anche suo. Ma il tempo passava e Abby non si calmava, diventando sempre più irascibile ed il suo giudizio veniva di conseguenza oscurato.
La ragazza sentí il terreno mancarle sotto ai piedi vicino ad un cassonetto quando il mostro davanti a lei insinuò una gamba fra le sue, facendola cadere a terra e mancare il respiro per qualche secondo, disorientandola; Abby sentí la donna salire di sopra e mettersi a cavalcioni su di lei, prima di chinarsi fino a raggiungere il suo viso ed afferrarlo fra le mani con forza. 
La ragazza avvertì uno strano fumo chiaro entrarle in gola e tossí di riflesso, sentendo Dean richiamarla preoccupato mentre cercava di allontanare i suoi due nemici per raggiungerla; Abby approfittò del fatto che la donna sopra di lei si fosse voltata a guardarlo e la colpì con un pugno, facendola cadere rovinosamente a terra e rialzarsi con un colpo di reni. 
"Come si uccidono?!" chiese il cacciatore schivando un colpo allo stomaco di una delle due, prendendo però un sonoro pugno in viso. 
Abby guardò la donna che avesse precedentemente colpito rialzarsi e subito sfoderò il suo machete dalla fibbia dei pantaloni, mozzandole di netto la testa ed osservandola rotolare sul freddo asfalto. "Direi che la decapitazione sia il metodo più efficace!". 
I due mostri osservarono la sorella decapitata ed emisero un forte guaito, prima di smaterializzarsi entrambe lasciando i due cacciatori soli insieme al cadavere in quel vicolo; Abby pulí con freddezza la sua lama sulla veste della donna che avesse ucciso poco prima e riagganciò la sua lama alla cintura, prima di superare Dean che la guardava con aria incredula, colpendolo con una spallata leggera.
L'uomo non volle più stare a quel gioco infantile fatto di mutismo e di occhiatacce, e la bloccò per il braccio con forza impedendole di andare via. "Ok, vuoi dirmi che succede?".
Abby guardò la sua mano ancorata al suo braccio e poi spostò il suo sguardo freddo su quello confuso di Dean, che avrebbe tanto voluto capire cosa l'avesse turbata a tal punto da comportarsi così, ma la ragazza strattonò con forza il braccio, sentendo però la morsa del ragazzo farsi sempre più stretta ed avvicinarla a sé con forza. 
"Lasciami subito!". 
"Adesso basta, vuoi dirmi che diavolo ti prende? Qualsiasi cosa ti passi per la testa in questo momento ti distrae durante le cacce, ti rende nervosa, non ti fa essere lucida e razionale durante le lotte, come in questo momento!" esclamò Dean alzando il tono della voce e guardandola in cagnesco, gesticolando nervosamente e puntandole un dito contro. 
Abby si liberò finalmente dalla sua presa e lo spinse via, voltandosi ed avviandosi verso la strada, quando sentí la rabbia crescere dentro di lei e si voltò di scatto tornando sui suoi passi perché non poteva ancora tenere dentro tutta quell'ira. "Sei un idiota, Dean. Davvero. Credevi che non lo sarei venuta a sapere?!". 
Il ragazzo sgranò leggermente gli occhi, pensando che uno fra Sam e Bobby avesse fatto la spia sul suo patto, e guardò i suoi occhi con aria innocente, sfoderando la sua migliore faccia da poker." Sapere cosa?". 
Abby scosse la testa e si trattenne dal colpirlo con un forte schiaffo sul viso perché odiava essere presa in giro, menchemeno dall'unica persona con cui si fosse aperta dopo la morte di suo padre. "Tu lo sapevi: sapevi che fossi stata infettata da Azazel e che mio padre gli desse la caccia per impedire che io venissi presa da lui! Lo sapevi per tutto questo tempo e non me l'hai detto!". 
"Ma di che stai parlando? Sei stata tu a dirmelo la settimana scorsa e..". 
"E mentre parlavo e ti raccontavo ciò che Azazel mi avesse detto ho visto il tuo sguardo: ci sono molte persone che puoi ingannare Dean, ma io non sono fra quelle!" esclamò la ragazza alzando di molto il tono della voce, guardandolo con astio dopo averlo interrotto e scuotendo la testa, non riuscendo a fare a meno di sentirsi tradita. 
Il ragazzo sospirò e mise su un'espressione a metà fra il dispiacere e la consapevolezza di aver fatto un errore, allargando le braccia e leggendo nei suoi occhi ciò che stesse provando. "Abby, io non volevo che ti sentissi come ti senti adesso". 
"Non era una decisione che spettava a te, Dean!" esclamò Abby gesticolando nervosamente e sentendo la rabbia crescere dentro di sé, ma le riuscì difficile continuare a parlare e si interruppe con un forte colpo di tosse molto strano. 
Scosse la testa e decise che per quella sera ne aveva avuto abbastanza e si voltò per raggiungere la strada, ma Dean si avvicinò per afferrarle nuovamente dal braccio, facendola voltare e guardandola con aria dispiaciuta. "Abby, aspetta.. Volevo proteggerti: ho visto quanto fossi preoccupata per Sam, non volevo che anche tu ti considerassi..". 
"Un mostro? Perché è così che vedi me e Sam, vero?!" esclamò Abby alterandosi molto e liberandosi ancora dalla sua presa, agitandosi ed iniziando a tossire con più forza, portandosi una mano alla bocca e piegandosi su sé stessa. 
Dean sapeva che prima o poi lo avrebbe scoperto e si sarebbe arrabbiata, ma aggrottò le sopracciglia quando la sentí tossire e si avvicinò, sfiorandole il viso e guardandola con aria preoccupata. "Ragazzina, stai bene?". 
Ma Abby si scostò nuovamente dal suo tocco, facendo un passo indietro e guardandolo con aria adirata. "Ti ho detto di lasciarmi! Piuttosto rispondimi, da quanto lo sai?". 
Dean sospirò rumorosamente rimanendo per qualche secondo con la mano a mezz'aria, per poi abbassarla lungo il fianco e guardarla con aria seria. "Da Deadwood: tu stavi morendo e io.. Io non potevo lasciarti morire: ho evocato un demone per salvarti ed è apparso Azazel, che mi ha raccontato tutto. É lui che ti ha riportata indietro". 
Abby aggrottò le sopracciglia ed ascoltò le sue parole con molta attenzione sentendovi il dispiacere, ma era troppo arrabbiata per potersene preoccupare. Solo quando analizzò nella sua mente l'ultima sua frase si rese conto della gravità delle sue parole, ed a quanto pareva dall'espressione di Dean anche lui doveva averlo capito. 
"Riportata indietro? Indietro da dove?". 
"Abby.." sussurrò Dean guardandola quasi con aria supplichevole, scuotendo appena la testa. 
"Sono morta, Dean? Sono morta a Deadwood?!". 
Il ragazzo incrociò il suo sguardo furioso e pensò di non averla mai vista così arrabbiata, percependo la sua voce incrinata dalle sue emozioni. Mentire non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, così Dean sospirò e fece leggermente spallucce. "Si, sei morta. Per questo volevo fare un patto: per riportarti in vita". 
Abby sgranò gli occhi e distolse lo sguardo sentendo un denso strato lucido farsi largo sul suo viso, e scosse la testa voltandosi e dandogli le spalle, portandosi una mano al viso con incredulità. La faccenda si complicava sempre di più e diventava più grave ogni volta che Dean aprisse bocca, facendo crescere la rabbia dentro di lei fino all'inverosimile, come non avesse mai provato in vita sua. 
Si voltò di scatto, trovandolo nella stessa posizione di qualche momento prima; gesticolò nervosamente e lo guardò quasi con delusione, lasciando che lui potesse leggere nei suoi occhi tutta la sua rabbia. "Con che diritto hai deciso cosa potessi e cosa non potessi sopportare, eh?! Andare a letto insieme non ti rende così speciale per me e non ti da il diritto di nascondermi fatti che riguardano solamente la mia famiglia e me, Dean!". 
Il ragazzo la guardò per qualche secondo con aria sorpresa e avrebbe voluto dire almeno un milione di cose, come che quelle parole lo avessero ferito più di quanto pensasse possibile o che fosse una stupida a non capire che non le avesse detto la verità solamente per non sporcare la memoria che lei conservasse di suo padre; Dean si limitò solamente a scuotere la testa ed a distogliere lo sguardo, avanzando verso di lei con aria delusa. 
"Sei proprio una stronza". 
Abby chiuse gli occhi immediatamente quando lo vide superarla ed uscire da quel vicolo, e subito si pentí delle parole che avesse usato e di ciò che avesse lasciato intendere, ma la rabbia aveva avuto il sopravvento senza che lei se ne rendesse conto; sospirò rumorosamente ed uscì anche lei da quel vicolo, raggiungendo Dean che intanto avesse acceso il motore dell'Impala e che quando la sentí entrare partì in silenzio, non proferendo più parola fin quando arrivarono al motel e si diresse alla stanza del fratello, dicendole di non aspettarlo perché tanto non sarebbe tornato in stanza quella notte. 
 
 
 
"Sono Furie" esordì Sam seduto al tavolo della sua stanza, facendo una smorfia ed indicando una figura sul libro ai due ragazzi. "Agiscono facendoti sentire le urla delle tue stesse vittime, sono delle ripulitrici". 
"Già, perché le ultime vittime erano un rapinare e l'altro era appena uscito di prigione per aver ucciso un uomo" disse Abby in piedi con le braccia incrociate al petto, aggrottando le sopracciglia e riconoscendo nell'immagine mostrata dal ragazzo le furie che avessero combattuto la sera precedente. 
Dean sospirò e scosse la testa dalla sedia accanto a Sam, guardando il fratello con aria seria. "Quindi ti uccidono facendoti venire un forte senso di colpa che ti fa scoppiare il cervello?". 
Sam fece spallucce e sospirò, scuotendo la testa e riavvicinando a sé il libro. "Beh, si nutrono del dolore. Qui dice che si sono estinte circa un migliaio di anni fa, ma potrebbero solamente essere state confinate all'inferno per tutto questo tempo". 
"E noi le abbiamo fatte uscire, fantastico" disse Abby sospirando e dando le spalle ai ragazzi, iniziando a tossire e portandosi le mani alla bocca. Sentí il silenzio calare e gli sguardi dei due ragazzi su di sé, così si girò con espressione ironica e si grattò il collo con nervosismo. "Senti Sam, dice niente su del fumo bianco che fanno uscire dalla bocca?". 
"Fumo bianco?" chiese Dean di scatto con aria perplessa, sollevando le sopracciglia e guardandola serio, perché quella tosse non gli piaceva per niente. 
Sam notò lo sguardo di fuoco che i due ragazzi si scambiarono e intuì che qualsiasi cosa fosse successa fra Abby e suo fratello la sera precedente, li avesse proprio fatti incazzare, altrimenti non si sarebbero parlati in quel modo e Dean non sarebbe andato a dormire nella sua stanza quella notte per l'ennesima volta in quel periodo. Si schiarí la gola attirando l'attenzione della ragazza, che tornò a guardarlo con uno sguardo più calmo. "Perché me lo chiedi?".
Abby sospirò e si avvicinò con aria innocente, massaggiandosi la gola sentendosela tremendamente irritata, seppure avesse intuito che non rappresentasse una forma influenzale. "Curiosità". 
"Ti è entrato dentro, non è vero?" chiese Dean sgranando gli occhi e guardandola con aria davvero adirata, un po' perché non glielo avesse detto subito la sera precedente e un po' perché non lo avesse capito sentendo quella strana tosse. 
Osservò la ragazza mordersi il labbro e cercare di nascondere la verità con lo sguardo, ma poi Abby allargò le braccia e fece spallucce arrendendosi. "E va bene, forse un pochino". 
"Sei un'irresponsabile: ti avevo detto che non era una buona idea uscire a cercare questi esseri senza neanche sapere cosa fossero!" esclamò Dean alzandosi di scatto ed andando nella sua direzione mentre la fulminava con lo sguardo, puntandole un dito contro. 
"Beh, almeno io ho capito come ucciderle!" esclamò Abby ricambiando l'occhiataccia e tornando a serrare le braccia al petto, ribadendo la chiusura nei suoi confronti. 
Sam li guardò perplesso e scosse la testa, pensando che avrebbero dovuto risolvere qualsiasi problema ci fosse fra loro al più presto o uno dei due avrebbe ucciso l'altro. Si rimise a lavoro, iniziando a sfogliare uno di quei libri mentre ancora quei due giocavano a chi abbassasse per primo lo sguardo. 
Quando li sentí ancora litigare, tanto da non riuscire neanche a sentire i suoi stessi pensieri, Sam si schiarí la gola e li guardò. "Ragazzi, vogliamo concentrarci sul caso?". 
Dean guardò la ragazza per un'ultima volta, scosse la testa e la superò afferrando la sua giacca per poi uscire dalla stanza senza dire una parola, sbattendosela dietro con forza; Abby sospirò e scosse la testa, avanzando fino al tavolo e si sedette, afferrando uno di quei grossi libri in silenzio ed iniziando a sfogliarlo con nessuna voglia di fare ricerche. 
 
 
 
"Non si parla da nessuna parte di questo fumo bianco, sei sicura di averlo visto?". 
Abby si voltò di scatto a guardare Bobby con aria truce, fulminandolo con lo sguardo e chiedendosi perché diavolo Dean lo avesse coinvolto per un caso che sarebbero stati in grado di coinvolgere da soli senza problemi; l'uomo fece spallucce, per niente scomposto dall'atteggiamento indisponente della ragazza nei suoi confronti e tornò a sfogliare un libro con determinazione. 
Si era già affezionato ad Abby ricordandola come una ragazza molto dolce e attenta, ma quella che aveva davanti non sembrava affatto essere quella che ricordava; Bobby iniziò a pensare che qualsiasi cosa fosse quel fumo bianco uscito dalla bocca della furia le stesse facendo qualcosa, cambiandola nel profondo. 
"Sono stufa!" esclamò Abby ad un tratto chiudendo il suo libro con forza, facendo sobbalzare tutti e tre gli uomini che si erano lasciati trasportare dalla lettura pur di trovare qualsiasi riferimento alle furie, alzandosi di scatto ed afferrando la sua giacca di pelle, indossandola. 
"Dove credi di andare, ragazzina?" chiese Dean parandosi davanti a lei e fulminandola con lo sguardo, indicandole di tornare al suo posto. "Siediti". 
Abby lo guardò come non aveva probabilmente mai fatto: con freddezza, aria distaccata e come se non le importasse nulla del lavoro che stessero facendo per lei. "Perché non provi a costringermi? Muoio dalla voglia di darti una lezione per quello che mi hai tenuto nascosto!". 
Dean scosse la testa e fece spallucce, dicendole a denti stretti di fare quello che volesse e che lui non si sarebbe più intromesso; Abby rise nervosamente ed uscì dalla stanza, lasciando la porta socchiusa. 
Non aveva intenzione di andare da nessuna parte, aveva solamente voglia di fumare una sigaretta e di distaccarsi per un momento dai libri su cui stessero facendo ricerche da tutta la giornata, ma Dean con quell'aria arrogante l'aveva fatta scattare. 
Odiava essere trattata come se non fosse in grado di sopportare la verità, odiava che Dean la volesse proteggere in quel modo; Abby riconosceva di avere sbagliato a dire quelle cose che neanche pensava la sera precedente, ma la rabbia aveva preso il sopravvento e non era riuscita più a controllare la sua bocca. 
Per altro il fatto che Dean se la fosse presa tanto come se fosse lei ad essere in torto in quella discussione la fece arrabbiare ancora di più, e per tutta la giornata non fecero altro che litigare. Bobby e Sam non si immischiavano mai nei loro battibecchi, essendo comunque all'oscuro della loro discussione, ma iniziavano a stancarli seriamente. 
Abby prese un tiro della sua sigaretta e si passò una mano sul viso, sospirando rumorosamente e scuotendo la testa: non voleva litigare con Dean, era l'ultima cosa che avrebbe voluto, ma lui le aveva tenuto nascoste delle cose troppo importanti. 
Abby sentí la rabbia crescere dentro di lei perché se non poteva fidarsi del suo stesso padre, non avrebbe potuto fidarsi di nessuno. 
E non importava quanto volesse chiarire con Dean, si sentiva come se il suo mondo avesse iniziato a girare attorno a lui ed era proprio ciò che avrebbe voluto evitare sin dall'inizio. 
Non voleva attaccarsi a lui come se ne fosse dipendente, non voleva provare ciò che provasse per lui. A volte pensava di avere sbagliato a lasciarlo entrare dentro di lei in quel modo, perché nel loro mondo tenere a qualcuno voleva dire che i mostri avrebbe usato quelle persone per farli soffrire. 
E se qualcosa fosse capitato a lui, Abby non avrebbe potuto sopportarlo. 
Scosse la testa e buttò la cicca nel posacenere lì vicino, e si voltò facendo per rientrare quando sentí i tre uomini parlare fra di loro e sentí l'irrefrenabile voglia di fermarsi ad ascoltare. 
"Quindi gliel'hai detto?" sentí chiedere a Bobby. 
Udì Dean sospirare nervosamente ed esitare qualche istante prima di rispondere. "Sa solamente ciò che Azazel le ha detto, ancora non sa del mio patto". 
"Dovresti dirglielo. State insieme Dean, lei ha il diritto di sapere quello che hai fatto per me" sentí dire a Sam. 
"E cosa dovrei dirle? Guardami bene adesso e goditi questi momenti con me perché fra un anno dormirò due metri sotto terra?". 
La ragazza perse l'equilibrio udendo quelle parole e si sbilanciò aprendo la porta con uno scricchioliò; non riusciva a capire il senso delle parole di Dean, non riusciva a capire il vero significato di quelle parole. 
Si fece coraggio ed entrò con sguardo arrabbiato, perché Dean non l'aveva presa in giro una volta, ma ben due; strinse i pugni ed avanzò verso di lui, che sgranò gli occhi quando la vide entrare. 
"Che significa? Quale patto?!". 
Dean rimase di ghiaccio per qualche secondo, voltandosi verso la porta  e sgranando gli occhi, ma presto si alzò di scatto e cercò di andarle incontro con aria fintamente tranquilla, decidendo di ignorare ciò che lei avesse sentito come se non fosse mai accaduto e fece spallucce. "Di cosa parli, ragazzina?".
"Non prendermi in giro!" esclamò Abby spingendolo indietro dalle spalle, non dosando la forza e facendolo finire contro la parete della stanza con un forte tonfo.
"Abby!!" esclamò Sam con tono di rimprovero, guardandola in cagnesco e dirigendosi verso il fratello, aiutandolo a rimettersi in piedi e dritto con la schiena. 
Ma la ragazza non riusciva più a controllare la rabbia che aveva dentro, pensando che se Sam non si fosse tolto di mezzo avrebbe colpito anche lui: avanzò lentamente verso di loro respirando affannosamente con tutto l'intento di fargliela pagare, ma Bobby si frappose fra loro brandendo la sua lama con le mani e puntandola nella sua direzione. 
"Bobby, ma che fai?" chiese Dean sgranando gli occhi e liberandosi dalla presa del fratello per avvicinarsi, strattonando l'uomo che però rimase a fissare negli occhi Abby come una sorta di sfida silenziosa. 
Bobby continuò a ignorare i richiami dei due ragazzi e continuò a puntarle l'arma contro, sostenendo il suo sguardo furioso. "Guardate le sue mani: si sta trasformando!". 
Sam e Dean fecero scivolare lo sguardo verso i lunghi artigli che iniziarono a crescerle al posto delle unghie e sentirono un suo ringhio quasi animalesco, e sgranarono gli occhi: i due fratelli si scambiarono uno sguardo eloquente, capendo immediatamente cosa avrebbero dovuto fare, ed in un attimo le furono addosso per bloccarla ed imprigionarla nella stanza, ma Abby riuscì a liberarsi dalla presa di entrambi, colpendo Sam al volto facendolo barcollante all'indietro fino a finire sul tavolo rovesciandolo insieme a tutto ciò che ci fosse sopra, e graffiò la guancia di Dean con forza, spintonandolo nuovamente indietro. 
La ragazza fece dei passi a ritroso e si guardò attorno smarrita, non riuscendo a capire quale fosse il posto giusto per lei, capendo immediatamente però che non fosse quello. "Io.. Io non dovrei essere qui.. Devo trovare le mie sorelle". 
I tre cacciatori la videro sparire in una nuvola bianca senza che potessero fare o dire qualcosa, e i ragazzi si guardarono con aria scioccata, non avendo capito cosa fosse successo con chiarezza e cosa avrebbero dovuto fare. 
 
 
 
"Come la troviamo?" chiese Dean agitandosi nervosamente dopo essersi ripulito il viso dal sangue fuoriuscito dai graffi al volto lasciati da Abby, muovendosi avanti e indietro per la stanza con occhi sgranati ed il cuore che batteva sempre più forte all'interno del suo petto. "Si sta trasformando, non sappiamo dove diavolo sia andata o cosa stia facendo!". 
Sam sollevò il tavolo rovesciato a terra, mettendolo nuovamente nella sua giusta posizione ed iniziando a raccogliere i libri da terra. "Troveremo un modo".
Dean si fermò a guardare il fratello e Bobby con aria perplessa, stringendo i pugni con rabbia e sentendo una grande confusione dentro di lui. "Anche se la trovassimo, non sapremmo come fermarla!". 
"Troveremo un modo per trovarla e troveremo un modo per impedirle di trasformarsi!" esclamò Sam sospirando e cercando aiuto nello sguardo del cacciatore più anziano, che fece spallucce. "Vero Bobby?". 
L'uomo sospirò rumorosamente e scosse la testa con aria dispiaciuta, avanzando verso di loro. "Se la troviamo prima che uccida qualcuno, e dico se, potrebbe esserci una possibilità di riportarla indietro. Forse". 
Dean si passò una mano sul viso, fermandosi al centro della stanza con aria sconvolta, iniziando a muovere il piede destro in maniera nervosa. "Sei molto d'aiuto con i tuoi se e i forse, Bobby!". 
"Oh, scusami principessa se non conosco queste creature che tutti i cacciatori pensavano si fossero estinte ancora prima che l'uomo andasse sulla luna, troverò subito un modo per alleviare il tuo dispiacere mentre tu ti crogioli come una femminuccia!" esclamò Bobby fulminandolo con lo sguardo, stringendo i pugni e guardandolo in cagnesco. "Pensi che io non voglia riportare Abby indietro tanto quanto te? Ma stare qui a litigare non ci aiuterà a trovare una soluzione!". 
Dean guardò il cacciatore negli occhi ed annuì silenziosamente, sospirando e facendo un passo nella sua direzione conscio che avesse ragione e che dovesse innanzitutto calmarsi. Prese un respiro profondo e si passò una mano sul viso, scuotendo la testa. "Ok, hai ragione scusami: cosa possiamo fare?". 
Bobby sospirò rumorosamente e guardò la preoccupazione negli occhi del ragazzo così come quella presente negli occhi di Sam, ed annuì lentamente, appoggiando il gomito al tavolo rimanendo seduto. "Credo di conoscere un incantesimo che potrebbe fare al caso nostro". 
"Da quando ti occupi di incantesimi?" chiese Sam aggrottando le sopracciglia e guardandolo con aria incredula.
"Da quando queste brutte situazioni capitano ai bravi cacciatori.." sussurrò Bobby sospirando e facendo spallucce, chiedendosi perché i ragazzi non riuscissero a pensare al fatto che molte situazioni che per loro fossero nuove, per lui non lo erano affatto. "Le furie puniscono le persone malvagie, giusto? Ma potrebbe esserci una possibilità che Abby possa considerare anche noi malvagi". 
"Perché dovrebbe farlo?" chiese Dean serrando le braccia al petto e guardandolo con sopracciglia aggrottate.
"Perché ci ha attaccati, idiota! E perché tu l'hai fatta incazzate!" esclamò Bobby sospirando e scuotendo la testa, chiedendosi come i due fratelli riuscissero ad essere ancora in vita se non erano neanche in grado di seguire il suo ragionamento. "Quindi qualsiasi cosa consideri malvagia, Abby la seguirà per punirla". 
Sam e Dean si scambiarono uno sguardo veloce e il minore lesse nell'espressione del fratello una serie di perplessità del tutto analoghe alle sue, così Sam guardò il cacciatore più anziano. "Quindi dobbiamo solo aspettare che si faccia viva lei?". 
"Ma no, idioti. Faremo un rituale per attirare la sua attenzioni qui, prima che uccida qualcuno e resti una furia per sempre!". 
Bobby si alzò scuotendo la testa e li invitò a salire in auto, seguendolo in uno dei suoi capanni isolati poco distante dal motel: se il rituale avesse funzionato, non avrebbe attirato solamente Abby, ma anche le altre due sorelle furie, poiché esse viaggiavano sempre insieme. 
Entrarono all'interno del capannone vuoto, in cui i due fratelli scorsero le numerose trappole antidemone e le molte armi che tenesse esposte, pensando con un sorriso che Bobby avesse sempre una soluzione per ogni problema; l'uomo estrasse dal suo borsone una latta di ferro con dentro degli ingredienti misti che si portasse sempre dietro per qualsiasi situazione, iniziando a mettere tutto ciò che gli servisse dentro una ciotola di alluminio molto velocemente e in modo accurato. Successivamente scrisse su un foglio di carta delle frasi in latino sotto gli occhi attenti e impazienti dei due fratelli, che non si persero neanche una sua mossa.
Quando il cacciatore più anziano ebbe finito, estrasse un coltello dalla guaina della sua cintura, porgendola al maggiore con un movimento lento e titubante. 
"Che devo farci?". 
"Serve il tuo sangue per rendere l'incantesimo più specifico, così che lei possa trovarti".
Dean lo afferrò senza alcun timore e si incise il palmo della mano gemendo appena, facendo scivolare il suo sangue all'interno della ciotola di alluminio, coprendo le strane erbe e gli strani ingredienti che Bobby avesse messo insieme. Posò la lama sul piccolo tavolo del capannone e prese una pezza qualsiasi per tamponare la ferita, girandosela attorno alla mano in una fasciatura improvvisata, per poi guardare nella direzione del cacciatore con aria sicura. 
Vide Bobby allungargli il foglio la frase da pronunciare per completare il rituale, ma quando lo afferrò con le dita, il cacciatore oppose un po di resistenza guardandolo con titubanza. 
"Devi stare attento, figliolo. Quella che attirerà qui non è più Abby: ti attaccherà e cercherà di ucciderti". 
Dean lo guardò per qualche secondo non avendo la minima intenzione di tirarsi indietro e non avendo nemmeno un briciolo di paura: avrebbe riportato Abby indietro a qualsiasi costo. Prese il foglio fra le mani e gli diede una rapida occhiata, sorridendo in maniera audace e annuendo convinto. 
"Le furie uccidono facendo sentire i lamenti delle tue vittime, giusto? Penso di poter superare i piagnistei di qualche ragazza scaricata".
Prese un respiro e lesse ad alta voce il rituale con la giusta pronuncia, sorprendendo persino Sam alle sue spalle che già brandiva il suo machete, e vide con sorpresa che la ciotola si accese con un fuoco bluastro, osservando la fiamma crescere sempre di più per più spegnersi di botto.
Dean guardò Bobby, che iniziò a guardarsi attorno tenendo la sua arma stretta fra le mani. "Ha funzionato?". 
"Attendi, ragazzo". 
 
 
Abby si ritrovò nello stesso vicolo in cui la sera prima avesse lottato insieme a Dean contro le furie e si guardò attorno senza la minima idea di come fosse arrivata lì: aveva solo pensato che il suo posto non fosse con i tre cacciatori e subito si ritrovò in quello strano posto. 
Aveva seguito il richiamo che da ore le ronzasse per la testa e che cercasse di reprimere ad ogni costo, ma dopo aver scoperto del patto di Dean la rabbia aveva nuovamente preso il sopravvento e aveva perso la testa. 
Dean
Pensò il suo nome e strinse i pugni sentendo la rabbia crescere sempre di più dentro di lei, mentre la voglia di punirlo batteva forte nel suo petto; era malvagio, questo lo aveva capito bene. 
Sentí due figure apparire dietro di lei, ma non si voltò perché sapeva che non doveva temerle e che non l'avrebbero mai attaccata. 
"Sorella..".
Abby voltò il collo lentamente e riconobbe le due donne che la sera precedente avesse combattuto insieme a Dean, così le guardò con un sorriso mentre le sentiva toccarle le spalle. "Sorelle, sono pronta". 
Sparirono insieme rifugiandosi nel loro nido, che aveva tutta l'aria di essere nelle fogne, e subito le tolsero i vestiti da cacciatrice per farle indossare lo stesso completo rosso che le contraddistingueva; ornarono in suoi capelli con delle pietre preziose, mentre degli strani simboli iniziarono a comparirle sulle braccia e sul viso, e Abby le guardò chiedendosi come avesse fatto  a non accorgersi di tutto ciò mentre lottava con la sorella che avesse ucciso la sera precedente. 
Non appena finirono di prepararla alla sua nuova vita da furia, Abby strizzò gli occhi con forza mentre delle immagini presero a passarle per la testa: vide Dean tagliarsi la mano e gocciolare il suo sangue dentro una ciotola, e ad un tratto le fu chiaro dove avrebbe potuto trovarlo. 
Sorrise e prese la mani delle sue due sorelle, vestite come lei ed unite dal sangue, guardandole con aria sicura di sé. "So dove dimorano i malvagi". 
 
 
 
Per poco ai tre cacciatori non venne un colpo quando videro Abby entrare all'interno del capanno con quel vestito rosso decisamente troppo  aderente, osservando quegli strani simboli sulle fin troppe parti scoperte del suo corpo e sul suo viso; ciò che però li fece sussultare di più fu lo sguardo freddo e glaciale con il quale li guardasse mentre avanzava verso di loro. 
Le due sorelle le stavano accanto una per fianco, mentre lei al centro comunicava con loro telepaticamente, dicendo loro chi avrebbero dovuto attaccare, lasciando il maggiore a lei; Abby fece un segno con il capo e le due partirono per attaccare rispettivamente Sam e Bobby, con i quali iniziarono una feroce lotta. 
Lei avanzò lentamente guardandolo con astio, notando che non brandisse neanche un'arma: sorrise, perché avrebbe potuto punirlo ed ucciderlo subito, ma voleva prima divertirsi un po'. 
"Abby, sono io, Dean. Ribellati, so che puoi farlo.." sussurrò il ragazzo mettendo le mani avanti e parlandole con dolcezza. 
Ma la ragazza aveva altri piani, tant'è che lo afferrò saldamente dalle braccia e lo scaraventò contro uno dei grossi pilastri del capannone, facendogli sbattere la schiena con forza e facendolo accasciare a terra. 
Si avvicinò guardandolo con aria seria e lo afferrò dal colletto della giacca, sollevandolo con forza e bloccandolo fra lei e il pilastro.
"Tesoro, ne possiamo parlare.." sussurrò Dean cercando di divincolarsi, ma la furia era così forte che non riuscì a spostarla neanche di mezzo centimetro. 
"Tu sei malvagio, lo sento dentro di te.." sussurrò Abby guardandolo con odio e rabbia, strattonandolo con forza contro lo stesso pilastro, sentendolo gemere e facendogli male. 
"Guardami Abby, guardami negli occhi e dimmi se sono malvagio.." sussurrò Dean accennando un sorriso ed ignorando che gli artigli della ragazza stessero superando la stoffa della sua giacca e che tra non molto si sarebbero conficcati nel suo petto. "Andiamo: sono sempre la stessa persona che ti porta la colazione a letto e ti stringe per tutta la notte anche se tu fingi di odiare questo genere di cose. Lo so che sei arrabbiata ma non puoi evitare di tenere a me ugualmente, giusto ragazzina?". 
Abby allentò la presa su di lui senza dire una parola, incantata come per magia dalle sue parole e dai suoi occhi così sereni e limpidi, e qualcosa si spezzò dentro di lei: i momenti passati con lui le tornarono nella mente e un velo di lacrime le offuscò la vista. 
Dean non fece in tempo a sfiorarle le guance e sorriderle, che Abby drizzò la testa e sgranò gli occhi quando sentí le sue due sorelle urlare, così si voltò di scatto e vide le due teste delle furie rotolare per terra. 
"Noooo!". 
Corse nella direzione dei due cacciatori in presa alla rabbia e afferrò Sam con forza, colpendolo al viso e facendolo rotolare a terra, per poi concentrarsi su Bobby, afferrandolo per il colletto e guardandolo con odio. 
"Andiamo Abby, devi reagire: io so perché sei così tanto arrabbiata e di certo non è solo per Dean! Non è lui ad averti spezzato il cuore!". 
La ragazza guardò Bobby con ferocia e lo colpì al viso con un forte pugno sullo zigomo, per poi voltarsi verso il maggiore con la stessa aria glaciale con cui lo avesse guardato quando fosse entrata, ma Sam si rialzò in piedi ed avanzò lentamente verso di lei mettendo le mani avanti. "Abby non lotterò con te, quindi devi reagire!". 
La ragazza lo colpì violentemente in viso, ma Sam questa volta non barcollò, rimanendo in piedi e scambiando una veloce occhiata con suo fratello. 
"Quando ho perso Jessica, provavo la tua stessa rabbia! So che significa! E so che sei arrabbiata con tuo padre!". 
Abby strinse i pugni e ad un tratto perse quel minimo di lucidità che le fosse rimasto, avvicinandosi di più al cacciatore pronta a rispondere a sun di pugni, quando sentí una forte stretta al busto bloccarle le braccia ed impedirle qualsiasi movimento. 
"Calmati ragazzina, ascoltami!" esclamò Dean al suo orecchio, tenendola ferma quel tanto che bastasse per assicurarsi che lei lo ascoltasse. "Non è quello che tuo padre vorrebbe!". 
Abby guardò le teste mozzate delle due furie e scosse la testa, intuendo che fosse sola contro i tre cacciatori che volessero ucciderla, così scosse la testa e fece ciò che le sembrò più utile in quel momento: pensò all'unico luogo in cui si sarebbe voluta trovare per sfogare tutta la sua rabbia e chiuse gli occhi, sentendo il suo corpo avvolto da una nuvola bianca. 
Quando riaprì gli occhi, si trovò in un luogo diverso e solamente dopo qualche secondo si accorse delle due braccia che l'avvolgessero ancora stretta, capendo con ira che Dean fosse venuto insieme a lei; si liberò della sua presa con una testata sul naso e lo spintonò via con furia cieca. 
Si guardò attorno e tutto ad un tratto capì che quello non fosse esattamente il posto a cui avesse pensato: si trovava all'interno di una cripta, nel cimitero della sua città, dove fossero seppellito le ceneri di suo padre. 
Abby e i suoi fratelli non vollero spargerle, piuttosto le vollero tenere accanto a quelle della loro mamma, con cui avrebbe riposato eternamente. 
Sentí la rabbia crescere dentro di sé e cercò di aprire la porta della cripta, chiusa però dall'esterno, e subito si sentí in trappola lì dentro, iniziando a colpire ripetutamente la porta. "No, no, no!!!". 
Dean osservò la scena con sguardo dispiaciuto e sofferente, realizzando solamente in quel momento cosa significasse per Abby il patto che lui avesse stretto: avrebbe visto morire un'altra persona alla quale teneva, proprio come suo padre. 
E in più il fatto che suo padre le avesse mentito per tutta la vita, nascondendole ciò che lei fosse veramente rendeva tutto più difficile da digerire. 
La vide così disperata nel cercare di uscire da quella cripta, ma non era abbastanza forte per scardinare una porta massiccia come quella; così Dean fece la cosa che gli sembrasse più logica: le disse la verità. 
"Tu ce l'hai con lui, è ovvio. Quando mio padre è morto anche io l'ho odiato per avermi lasciato a combattere da solo con Sam! Io ti capisco". 
Abby si voltò a guardarlo con aria arrabbiata mentre gli occhi le si imperlavano di un sottilissimo strato lucido che cercò di mandare via, rimanendo in silenzio ad ascoltare le sue parole.
"Lo so che il dolore sembra non finire mai, ma passerà prima o poi. E quello che tuo padre ha fatto per te, lo ha fatto per proteggerti da questo. Lui ti amava più di qualsiasi altra cosa, ragazzina". 
La ragazza lo guardò ancora con una grandissima ferocia tale che ebbe voglia di strappargli il cuore dal petto, ma ad un tratto la sua rabbia si trasformò in dolore ed i suoi occhi iniziarono a colmarsi di lacrime incontrollate; Dean la vide correre verso di lui e per un attimo pensò che l'avrebbe colpito nuovamente, ma Abby si diresse a grandi passi verso la tomba a muro di suo padre, iniziando a battere con forza con le mani contro la grande lastra di marmo che riportasse il nome di suo padre, la data di nascita e di morte, e il ragazzo si accorse con ironia che quel giorno ricorresse proprio il primo anniversario della sua morte. 
"Perché? Perché te ne sei andato? Perché mi hai abbandonata? Non hai pensato a come sarei stata senza di te? Io ti odio per questo!!" esclamò Abby iniziando a piangere e a tremare, e mano a mano che i suoi colpi divenivano più fievoli si lasciava cadere a terra senza più forza né energia, dando sfogo alla sua rabbia repressa attraverso le lacrime, singhiozzando e rannicchiandosi su sé stessa per il dolore. "Te ne sei andato e mi hai lasciata qui tutta sola!". 
Dean si avvicinò velocemente e la prese fra le sue braccia, ma Abby cercò di divincolarsi perché non gradiva che proprio lui la vedesse così. 
"Come hai potuto pensare che potessi vivere senza di te?". 
La voce le si spezzò e Dean si domandò se quella frase fosse davvero rivolta a suo padre o se la stesse davvero rivolgendo anche a lui; la sentí singhiozzarsi e finalmente abbandonarsi contro il suo petto, arrendendosi a quel dolore e piangendo come mai si fosse permessa di fare. 
Dean osservò i simboli sulla sua pelle sparire insieme ai suoi lunghi artigli ed il suo sguardo tornò normale, realizzando che la furia avesse abbandonato il suo corpo e che Abby fosse tornata sé stessa; le prese il viso bagnato dalle lacrime fra le mani e la costrinse a guardarlo. 
"Lui rischiava la vita tutti i giorni immergendosi nelle cacce completamente, e adesso.. Adesso so perché: l'ha fatto per salvarmi dai progetti di Azazel e dei demoni ed è morto. È morto per colpa mia". 
"Ehi, ehi, guardami: non è stata colpa tua, ma solo di occhi gialli. Ci sono io qui con te, non permetterò che ti accada nulla di brutto, sono stato chiaro? Sarò sempre con te, te lo prometto! Andrà tutto bene". 
Abby lo guardò mentre altre lacrime scivolarono sul suo viso e scosse la testa con forza, perché sapeva che le sue parole non fossero vere. "Lui mi ha lasciata e lo farai anche tu. Hai stretto un patto, Dean. Come potrà andare tutto bene?". 
 
 
 
 
Abby sistemò le sue cose dentro il borsone in silenzio, riflettendo su quanto fosse successo e su quanto si fosse lasciata l'andare fra le braccia di Dean in un modo tutto nuovo per lei: aveva pianto più di quanto pensasse di essere in grado e il ragazzo aveva cercato di rassicurarla, stirngendola forte e sfiorandole i capelli per farla sentire protetta, ripensando a quando anche lei avesse fatto lo stesso con lui. 
Dean non aveva pianto allora, ma si era lasciato andare in confessioni molto intime su quanto fosse successo a suo padre e a come lo facesse sentire quando lui ed Abby non era nient'altro che amici, e lei gli aveva stretto forte la mano per fargli sentire che fosse lì per lui e che lo avrebbe aiutato a superare la cosa. 
Abby ricordò di come l'avesse guardata Dean quando sollevò il viso dal suo petto e cercò i suoi occhi, quando finalmente riuscì a riprendere il controllo di sé stessa fra le sue braccia, seduta ai piedi della tomba di suo padre: era uno sguardo così sofferente, esattamente come il suo, e spaventato ma Abby non si aspettava di trovare anche il suo viso bagnato dalle lacrime. 
Gli aveva carezzato il viso e aveva annullato la distanza fra i loro visi con un bacio casto e lento, per poi accocolarsi in silenzio di nuovo sul suo petto. 
Dopo un tempo che le sembrò infinito, dove non si dissero nulla perché non c'era nulla da dire in una situazione come quella, Dean estrasse il telefono e chiamò Sam, chiedendogli di andarli a prendere al più presto e di farli uscire da quella cripta.
Sam non aveva chiesto nulla quando li vide entrare sui sedili posteriori dell'Impala perché Abby si rifiutava di lasciarlo andare, ma scambiò una veloce occhiata col fratello che gli rispose con un cenno del capo di portarli al motel più vicino dove avrebbero potuto riposarsi. 
Passarono la notte insieme avvinghiati l'uno all'altra e Dean non aveva smesso di rassicurarla e di stringerla, ma iniziò ad avere paura di quel silenzio e dello sguardo vitreo della ragazza; pensò che fosse ancora sotto shock e decise di non dirle nulla, lasciando che dormisse e che si riposasse dopo tutto quello stress di quella giornata. 
Abby si era svegliata da sola nella stanza e ringraziò il cielo di non dovere affrontare Dean immediatamente: non avrebbe saputo cosa dire, né avrebbe trovato le parole giuste per dirgli quanto le dispiacesse di averlo fatto assistere alla crisi di pianto più grande della storia. 
Si fece in fretta una doccia, indossò dei vestiti puliti e iniziò a sentire il petto più leggero, come se si fosse liberata di un grosso macigno che le opprimesse il petto e che le impedisse di vivere. 
Tutto ciò che riuscisse a sentire fu solamente silenzio, nonostante riuscisse a udire i rumori provenienti dall'esterno, ma dentro di sé c'era solo un calmo e piatto silenzio. 
Abby capì ben presto che fosse arrivato il momento di andare via senza più guardare indietro, o almeno non nell'immediato futuro. Per questo aveva iniziato a preparare le sue cose, ordinando i suoi due borsoni sul letto. 
Si era seduta ed aveva aspettato di sentire due nocche battere contro la porta, e sicuramente avrebbe riso sapendo che dall'altra parte della porta Dean era rimasto fermo ad aspettare da più di un'ora che lei uscisse per andarlo a cercare. 
Aprí in silenzio ed incrociò lo sguardo del ragazzo abbozzando un sorriso, e Dean osservò il suo viso che ancora portasse i segni del pianto della notte scorsa. "Ehi". 
"Ehi". 
Dean si morse il labbro guardandola negli occhi e ricambiò il sorriso, riuscendo a scorgere nei suoi occhi un piccolo miglioramento. "Come stai?". 
Abby avrebbe voluto rispondere con una battuta sagace, ridendo e facendolo ridere, ma non era dell'umore per farlo; abbassò brevemente lo sguardo e si appoggiò col fianco alla porta, facendo spallucce. "Non sto bene Dean. Ma starò bene presto". 
Il ragazzo serrò la mascella e la guardò con un sospiro: gli faceva male non vederla sorridente e con la battuta sempre pronta come si era abituato a vederla, ed i suoi occhi azzurri così spenti risultavano per lui come un colpo al cuore. 
Allungò una mano sul suo viso e Abby vi si appoggiò sospirando, e senza che riuscisse ad accorgersene Dean se la ritrovò fra le braccia, col viso schiacciato sul petto e la braccia a circondsrgli il torace; il ragazzo sorrise felicemente e ricambiò la stretta, baciandole la testa ed appoggiando il mento sul suo capo.
"Grazie Dean". 
Il ragazzo sorrise a quella parole e la strinse di più, tornando a baciarle i capelli. 
Non stava bene, ma presto lo sarebbe stata. E lui l'avrebbe aiutata, perché non poteva immaginare che Abby potesse allontarsi da lui. 
La ragazza sciolse l'abbraccio e sorrise nella sua direzione con aria decisamente più rilassata ed il suo viso divenne leggermente più roseo, smorzando il pallore della sua carnagione. 
Dean avrebbe tanto voluto chiudersi con lei in quella stanza e non uscire per nessuna ragione al mondo, ritagliandosi un piccolo spazio insieme a lei per poter ricaricare le sue energie. Ma lo sguardo del ragazzo vagò proprio all'interno della stanza, dove trovò i due borsoni di Abby pieni e chiusi, e aggrottò le sopracciglia con aria confusa. 
"Te ne stai andando?" chiese Dean con tono serio, quasi tradito, guardandola con l'aria di chi non capisse cosa stesse succedendo. 
Abby sospirò e distolse lo sguardo, intuendo che il momento fosse arrivato; gli fece segno di entrare e chiuse la porta alle sue spalle, mentre osservava Dean guardare i suoi bagagli con aria confusa, leggendogli in viso una certa delusione. "Azazel è morto, ho terminato la mia missione: adesso devo tornare a casa a sistamere le cose con la mia famiglia". 
Dean ascoltò le sue parole con aria seria guardandola negli occhi, che abbassò nel tentativo di non fargli leggere la sofferenza nei suoi occhi, ma Dean aveva imparato a capire i suoi movimenti facciali: vide le sue labbra stringersi in una linea sottile e le sopracciglia aggrottarsi appena. 
"Te ne vai?" ripetè con un filo di voce incredulo e un tono basso e pacato, come se non potesse credere alle sue parole, e si sedette sul bordo del letto che avevano condiviso quella stessa notte.
Abby sollevò lo sguardo verso il suo e pensò che se si fosse stretta di più alla parete nel tentativo di scappare probabilmente avrebbe iniziato a fare parte di essa, e lesse negli occhi del ragazzo una forte delusione; di certo non si aspettava che Abby di punto in bianco decidesse di mollare quella vita e di mollare lui, non così presto. E Abby ripensando a tutto ciò che avesse fatto Dean per lei si sentí così in colpa che non riuscì più a sostenere il suo sguardo, abbassandolo e facendo spallucce, non riuscendo a fare a meno di sentire gli occhi pizzicare. 
"Non posso cacciare, non così. Ieri notte ho aperto un varco dentro di me, non riesco a gestire le mie emozioni. Non riesco a respirare senza pensare a quello che è successo.." sussurrò Abby con voce incrinata dal dolore, scuotendo la testa e fissando ancora per terra. 
"Ti aiuterò io, lo faremo io e te" disse Dean insistendo, rimanendo seduto sul letto e guardandola con aria disorientata. "Insieme". 
Abby sospirò rumorosamente e sorrise amaramente, perché davvero le sarebbe piaciuto rimanere insieme a lui ad ogni costo. Si avvicinò e si sedette accanto a lui senza guardarlo, per poi sollevare gli occhi nella sua direzione e guardarlo intensamente. "Come ti sentiresti se non vedessi Sam da un anno? Io e Dan abbiamo una sorellina più piccola, Silver, ha diciassette anni e da quando ha iniziato a camminare si è sempre messa nei guai. L'ho sempre protetta più di quanto facesse Dan e siamo sempre state unite e dopo la morte di nostro padre, l'ho abbandonata: per quanto mi piacerebbe rimanere qui insieme a te, devo tornare a casa da lei Dean".
Mentre parlava Abby prese le sue mani e le strinse forte, accennando un sorriso e sentendo i suoi occhi pizzicare, e fu sicura che Dean stesse leggendo nei suoi occhi la veridicità delle sue parole. 
Il ragazzo abbassò lo sguardo sulle loro mani unite e sospirò rumorosamente, perché capiva cosa stesse dicendo. Anche lui al posto di Abby sarebbe corso da suo fratello, così non riuscì a dire nulla, se non tornare a guardarla negli occhi con un debole sorriso amaro sulle labbra ed annuire. 
Fece per alzarsi, ma Abby lo trattenne e colmò la distanza fra i loro volti con un caldo e lento bacio, e Dean riuscì solamente a stringerla forte fra le braccia, ricambiando ogni suo tocco; non voleva sprecare un singolo momento del suo ultimo anno senza Abby, ma se lei doveva tornare dalla sua famiglia non voleva farglielo pesare più di quanto non le pesasse già. 
Appoggiò la sua fronte a quella della ragazza e sorrise, facendole segno di andare e Abby lo vide allontanarsi ed alzarsi per afferrare i suoi due borsoni con una finta espressione tranquilla sul viso. "Andiamo, te li porto in auto". 
Lei lo seguì in silenzio fino a che giunsero all'auto della ragazza, e Dean posò i due borsoni nel portabagagli, chiudendolo e voltandosi nella sua direzione ancora una volta, mentre Abby si guardò attorno. "Dove sono Sam e Bobby? Vorrei salutarli..". 
"Sono andati in una libreria qui vicino: pensano di aver trovato un libro utile per il mio.. patto" disse Dean sospirando e facendo spallucce, notando il suo sguardo incresparsi appena quando sentí quella parola. "Senti Abby, ti devo chiedere scusa per non averti detto nulla su ciò che ti ha fatto Azazel e sul mio patto. Avrei dovuto dirtelo, quindi scusami". 
Abby non disse nulla ma accennò un sorriso, facendo spallucce e afferrando una mano fra le sue; avrebbe voluto che andasse con lei, ma sapeva che Dean dovesse restare con suo fratello per cercare una soluzione al suo problema. Si sollevò sulle punte e gli diede un bacio a fior di labbra, sentendo le sue mani sui suoi fianchi stringerla forte; aprí gli occhi e lo guardò, per poi mettere un po di distanza fra di loro, fino a quando lasciò la sua mano ed entrò all'interno della sua auto. "Non voglio parlarne adesso, non posso. Ci vediamo presto, Dean". 
Il ragazzo la vide sorridergli un'ultima volta e fare rombare il motore, e la seguí con lo sguardo fin quando imboccò la strada principale prima di sparire nella superstrada visibile sin dal motel.




Nda:
Scusate l'enorme ritardo, ma il computer è morto nel momento sbagliato!
Aggiornerò come sempre ogni mercoledì e domenica. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, a presto!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 10.
(I PARTE)




Spense la sua auto nel parcheggio dell'ennesimo motel, sentendosi tremendamente stanco dopo essersi lanciato a capofitto nell'ennesima caccia insieme al suo fratellino, che adesso dormiva beato al suo fianco senza essersi accorto che la macchina avesse terminato la sua corsa. Dean lo guardò sorridendo e lo svegliò bruscamente solamente per vederlo sobbalzare all'interno dell'abitacolo, ridendo divertito mentre Sam gli dava del cretino per averlo spaventato in quel modo. 
Si recarono nella loro stanza e Dean osservò suo fratello infilarsi velocemente sotto le coperte, tremendamente stanco, e sprofondare subito dopo nel sonno più profondo, mentre il maggiore rimase a fissare il soffitto con gli occhi spalancati: avevano appena concluso un caso che riguardasse una nave fantasma insieme a Bela, una giovane ragazza inglese che di mestiere faceva la ladra di reperti unici e stregati, rivendendoli ed arricchendosi alla spalle della povera gente; l'avevano salvata da una morte certa, grazie a Sam che riuscì a trovare un rituale che le evitasse di lasciarci le penne. 
Qualche giorno prima avevano risolto un caso in Ohio, in una piccola cittadina dove molti demoni avevano iniziato a persuadere gli abitanti a lasciarsi andare agli istinti più animaleschi per ottenere le loro anime, risolvendo anche quella faccenda. 
Due settimane prima erano stati a New York, dove Sam aveva perso tutta la sua fortuna e Dean si era divertito parecchio a prendere in giro il suo fratellino, pensando che se Abby fosse stata ancora lì con loro si sarebbe divertita parecchio. 
Dean sospirò rumorosamente e si rigirò nel letto, accorgendosi solamente in quel momento che il buio della notte avesse lasciato spazio alla luce dell'alba e si chiese cosa stesse facendo Abby, per essere così indaffarata e non avere più tempo per lui. 
Doveva immaginarlo che sarebbe cambiata ogni cosa dopo la sua partenza e che probabilmente non si sarebbero più rivisti, ma quei sei mesi che avevano passato prima come amici e poi come qualcosa di più avevano significato molto per lui e Dean immaginava che fosse stato lo stesso per Abby, ma nelle ultime settimane non ne fu più sicuro. 
Prese sonno solamente pochi istanti prima che la sveglia suonasse sul comodino di Sam, e Dean maledí mentalmente se stesso per non aver chiuso i pensieri fuori ed essersi fatto una bella nottata di sonno, divenendo più lucido. 
Dean si alzò e si diresse un bagno per fare una lunga doccia, divertito all'idea di aver finito tutta l'acqua calda e che Sam si sarebbe arrabbiato parecchio, quando uscì solamente con l'asciugamano in vita, permettendo al fratello di entrare. 
Si vestì in fretta e iniziò a sistemare i suoi vestiti sopra il borsone, quando l'occhio gli cadde sulla collana d'oro che tenesse sempre dentro il borsone, e sorrise prendendola fra le mani: era di Abby, l'aveva lasciata sul comodino poco prima di andarsene, e Dean non riuscì a far altro che portarla sempre dietro con sé, come se potesse portare via anche un pezzo di lei. Era una collana molto semplice con un ciondolo formato da una croce dorata. 
Dean la mise via mentre si chiedeva come facesse Abby a credere in quel genere di cose dato il lavoro che facesse. 
Sospirò rumorosamente e scosse la testa, sedendosi sul letto ad aspettare il fratello: appoggiò i gomiti alle cosce e tenne il suo cellulare fra le mani, scorrendo nella sua rubrica fino a trovare il numero della ragazza, chiedendosi se fosse il caso di chiamarla dopo quasi tre settimane di lontananza. 
Sam uscì di colpo dal bagno già vestito e Dean mise via il cellulare di scatto facendo finta di nulla, ma il fratello notò quell'atteggiamento strano e sollevò il sopracciglio, studiando lo sguardo innocente del maggiore. 
"Quanto ancora ti devo aspettare? Sei pronta, principessa?". 
Sam roteò gli occhi e lo vide alzarsi con aria da sbruffone, afferrando il suo borsone e mettendolo un spalla, ma il minore gli fece segno di aspettare e di ascoltarlo. "Ho un'altra idea: perché non andiamo a Louisville?". 
Dean guardò il fratello per un secondo con aria gelida, come se avesse detto la cosa più grave che potesse esistere, e lo fulminò con lo sguardo, facendo finta che non avesse parlato e dirigendosi verso la porta per andare via. 
"Dean ascoltami: siamo a mezz'ora dalla città, potremmo vedere come sta Abby e..". 
Il maggiore si voltò con sguardo glaciale, fulminandolo con gli occhi e parlò in modo calmo e pacato, scuotendo la testa. "Smetti di parlare, non andremo a Louisville". 
"Oh, quindi ignoreremo il fatto che stai sempre a controllare il cellulare in attesa che suoni per sentire la sua voce o che ti risponda ad un messaggio?" chiese Sam sollevando un sopracciglio e mettendo le mani sui fianchi con aria divertita.
Dean rimase per qualche secondo immobile, guardandolo con l'aria di chi fosse appena stato beccato e si morse la lingua: Abby era partita da circa tre settimane e in quell'arco di tempo si erano sentiti solamente poche volte, e quasi sempre era Dean che cedeva e la chiamava pur di sentirla. 
Le loro conversazioni erano sempre troppo brevi e troppo poco profonde, dato che Abby andava quasi sempre di fretta e tendeva a chiudere le conversazioni sempre troppo velocemente. Dean sbuffò e allargò le braccia con aria disperata, dato che aveva tentato di tenere nascosto al fratello quella sua frustrazione. 
"E tu come fai a sapere queste cose?". 
"Viviamo insieme, Dean: so sempre cosa fai!" esclamò Sam facendo spallucce e sorridendo con aria ironica. "Andiamo, vuoi davvero sprecare l'opportunità di vedere come sta dopo quello che ha passato solamente perché non ha risposto a qualche chiamata?". 
"La maggior parte delle volte mi ha ignorato, ciò significa che non vuole essere disturbata" disse Dean con aria quasi arrabbiata, allargando le braccia e scuotendo la testa. 
"O che forse è troppo indaffarata a rimettere in sesto la sua famiglia dopo i gravi lutti e i gravi problemi che hanno avuto, non credi?". 
Dean guardò il fratello in cagnesco, detestando il modo in cui fosse riuscito a ribaltare la situazione in quel modo e si iniziò a chiedere da che parte stesse; iniziò a cercare una serie di scuse per non andare, anche se dentro di lui moriva dalla voglia di andarci ma non l'avrebbe mai ammesso, e lo guardò con rabbia. "E comuqnue non sappiamo neanche dove viva, Louisville non è esattamente un piccolo paesino!". 
"Ti rendi conto che viviamo nel 21 secolo e che mi basterebbe fare una chiamata per saperlo?". 
Dean sospirò rumorosamente e scosse la testa, voltandosi ed uscendo dalla porta con aria arrendevole, facendo spallucce, anche se già sul suo viso si era formato un ampio sorriso. "E allora trova l'indirizzo, idiota!". 
 
 
Dean guardò suo fratello negli occhi come per avere una conferma che stesse agendo bene, e Sam sorrise in modo incoraggiante pensando di non aver mai visto il fratello così spaventato prima d'ora, osservandolo bussare: sapeva che una parte di lui morisse dalla voglia di rivedere la ragazza, ma aveva anche paura di essere rifiutato. 
In fondo presentarsi a casa sua senza neanche un invito e senza avvisare non era affatto una cosa carina ed educata, e Dean non fece altro che sottolinearlo al fratello per tutto il viaggio fino a quella casa.
Adesso che si trovavano davanti alla sua porta, il maggiore non poté fare a meno di sentire il cuore battere un po' più veloce e le mani iniziare a sudare: non si era mai sentito così vulnerabile prima d'ora e ciò lo spaventava tremendamente. 
Dean iniziò a pensare che Abby non fosse in casa o che non volesse vederlo, nonostante la sua auto sempre tirata a lucido fosse posteggiata nel vialetto, e proprio quando stesse per dire al fratello di andare via, la porta si spalancò di colpo e l'azzurro degli occhi di Abby incrociarono quelli verdi di Dean, che sorrise di rimando quando la vide sorridere appena nella sua direzione. 
"Sam, Dean, che ci fate qui?". 
Ben presto il suo sorriso sereno di trasformò in un sorriso imbarazzato, sgranando appena gli occhi e i due fratelli capirono che non fosse del tutto contenta di vederli alla sua porta. 
"Eravamo nei paraggi e pensavamo di farti un saluto, quindi.. ciao!" esclamò Dean sorridendo imbarazzato, prima di volgere uno sguardo adirato al fratello che aveva tutta l'aria di dire Mossa del cazzo presentarci qui senza avvertire, fratellino
Udirono una voce femminile giungere dall'interno della casa, che sembrava essere parecchio arrabbiata e Abby si agitò ancora di più, sollevando gli occhi al cielo e sbuffando. "Non è un buon momento, ragazzi. Entrate, ma scusatemi un attimo". 
I due fratelli si scambiarono uno sguardo confuso e la seguirono all'interno della casa, guardandosi attorno del tutto disorientati ed osservando il salotto di due vani collegato alla cucina lateralmente; Abby non gli prestò molta attenzione e si diresse verso una ragazza con i capelli neri ed una corporatura esile, più bassa di Abby, intenta a mangiare qualcosa di precotto direttamente dalla confezione. 
Abby arrivò arrabbiata e le tolse il cibo dalle mani, gettandolo nell'immondizia sotto gli occhi increduli dei due ragazzi e la sentirono rimproverarla con un tono imperativo, come probabilmente non avevano mai sentito. 
"Non puoi costringermi, non sono più una bambina e faccio quello che voglio, quando voglio, sono stata chiara?!". 
"Tu farai esattamente quello che io e Dan ti diremo, Silver! Non puoi continuare a vedere quel tipo!". 
"Oppure che farai, mmh? Non sei mia madre e non hai neanche la custodia legale su di me, quindi non prendo ordini da te!". 
Abby rimase per un momento col fiato sospeso e Dio quanto avrebbe pagato per poterle dare un sonoro schiaffo in viso, dato che aveva già perso la pazienza con sua sorella molto prima che Sam e Dean si presentassero alla sua porta. "Io sto cercando di aiutarti, Silver: il ragazzo che frequenti è stato arrestato già due volte! Cosa sarà la prossima cosa? Troverò erba e anticoncezionali nel tuo zaino?".
Silver si avvicinò di più alla sorella, superando l'isola di marmo e la guardò con aria di sfida, sollevando un sopracciglio. "Quelli ci sono già". 
Silver superò la sorella e fece per uscire dalla stanza, e solo in quel momento si accorse dei due ragazzi che rimasero in disparte per concedere loro un po' più di privacy, e Sam e Dean la salutarono con la mano, ma la ragazza fece spallucce e si allontanò. 
Abby scosse la testa e si spostò di qualche passo, osservando sua sorella minore sparire dalla porta d'ingresso senza neanche salutare; sbatté le mani contro il marmo con aria arrabbiata, imprecando ad alta voce e sospirando con disperazione.
Si voltò silenziosamente verso i due ragazzi e abbozzò un sorriso più tranquillo, alternando lo sguardo fra di loro. 
"Scusate, qui è tutto un casino ultimamente, non riesco a stare tranquilla un attimo..". 
Sam si schiarí la voce ed attirò lo sguardo di suo fratello, sollevando un sopracciglio e dicendogli silenziosamente che avesse ragione e che Abby fosse talmente incasinata da non riuscire neanche a fare una telefonata. 
"Non vi ho neanche salutati..". 
Abby si avvicinò velocemente a Sam, abbracciandolo forte, e poi si diresse verso Dean per abbracciare anche lui, lasciandogli un bacio sulla guancia con un sorriso. 
Il maggiore sorrise e la guardò allontanarsi troppo presto, sedersi sull'isola e sospirare. 
"Hai problemi con tua sorella?".
Abby fece spallucce e si morse un labbro con aria stanca. "È un adolescente che ha perso entrambi i genitori ed è costretta a vivere con un fratello che porta una ragazza diversa ogni sera e con una sorella che odia perché è andata via per un anno, lasciandola da sola ad affrontare la perdita di suo padre: direi che avere problemi con lei è un eufemismo". 
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata eloquente senza sapere però che cosa dire in una situazione come quella, e ringraziarono che Abby neanche si fosse accorta del loro silenzio grazie alla sua parlantina. "Vi fermate, spero? Posso offrirvi una stanza di sopra e un divano qui sotto!". 
 
 
I due ragazzi stavano già iniziando a familiarizzare con la casa e si sentivano così bene in quel posto, insieme ad Abby; un po' meno contento lo era stato Dan, che non appena li vide si chiese cosa diavolo ci facessero lì chiedendosi se fossero venuti a chiedere aiuto ad Abby per chissà quale caccia, ma il fratello maggiore si rilassò quando Sam e Dean lo rassicurarono dicendo che fosse solamente una visita di piacere. 
I due ragazzi si sistemarono per bene ed Abby si sentí pienamente felice ad osservarli seduti a tavola insieme alla sua famiglia, nonostante i suoi problemi con sua sorella, che continuò a comportarsi in maniera scortese sia con gli ospiti che con i suoi fratelli, che nonostante si sforzassero non riuscissero proprio a gestirla. 
Dopo l'ennesima litigata, Dan osservò la sua sorellina più piccola correre via da tavola e salire le scale con aria arrabbiata, e scambiò un'occhiata con Abby, che invece sorrise fintamente e sollevò la pirofila passandola ai due ragazzi: "Altre patate?". 
Abby non riuscì a trattenersi e chiese ai due ragazzi cosa avessero fatto in quelle settimane, sentendoli raccontare delle loro cacce in giro per il paese nel dettaglio perché entrambi sapeva quanto la ragazza fosse curiosa. 
Ma Dan sbuffò sonoramente, scuotendo la testa e posando la forchetta nel piatto con aria infastidita, guardando la sorella in cagnesco. "Abby, potresti evitare? Siamo a tavola: non mi va di sentire parlare di teste mozzate e di demoni esorcizzarti".
La ragazza lo guardò e sollevò un sopracciglio con aria arrabbiata, e assottigliò gli occhi fulminandolo: Dan non aveva mai accettato la passione per la caccia di Abby e di suo padre, detestandola ancora di più quando sua sorella tornò a casa ridotta in pezzi e gli iniziasse a raccontare tutto ciò che fosse successo, dalla morte di Azazel al sangue demoniaco che scorresse nelle sue vene, al fatto che il loro papà fosse morto per proteggerla. 
"Di cosa ti occupi, Dan?" chiese Sam schiarendo la gola e attirando l'attenzione dei due fratelli su di sé, che parvero rilassarsi appena e tornare con un'espressione quasi normale. 
"Sono nel settore scientifico, lavoro in un laboratorio di ricerca a nord della città" rispose seccamente Dan pulendosi le labbra con un tovagliolo e sbuffando con aria seccata. "Anche la mia sorellina avrebbe dovuto lavorare lì, ma ha deciso di mandare il college all'aria per inseguire le stupide idee di papà e andare a caccia!". 
Abby sgranò gli occhi e lo fulminò nuovamente con lo sguardo, chiedendosi perché suo fratello dovesse sempre essere così stronzo nei suoi confronti nonostante lei cercasse di aiutare il più possibile. "E ricordarmelo ogni cinque secondi di certo non mi farà tornare a studiare, cretino!".
Dan scosse la testa e si alzò dalla sua sedia strisciandola a terra guardandola in modo arrabbiato, prima di andare via e lasciare la sala da pranzo, per dirigersi anche lui al piano di sopra per non fare più ritorno fino alla mattina successiva. 
Abby sbuffò e iniziò a sparecchiare con aria davvero incazzata, iniziando a mormorare qualche imprecazione così colorita da far impallidire persino i due Winchester che pensarono che quando si fosse trasformata in una furia fosse meno spaventosa di quanto lo fosse in quel momento; iniziò a lavare i piatti e tutto ciò che avesse sporcato per cucinare, sbattendo malamente le cose. 
Sam e Dean si scambiarono un'occhiata eloquente e sorrisero, andandole incontro ed osservandola muoversi in maniera agitata, così Sam richiamò Abby in maniera da farla distrarre quel tanto che bastasse a Dean di spostarla e di mettersi al suo posto, togliendole dalle mani la spugnetta ed iniziando a pulire i piatti al posto suo; Abby capì la loro tattica, osservando Sam prendere uno strofinaccio per asciugare ciò che Dean lavasse e li guardò in cagnesco, giungendo di fianco al maggiore e facendo per spingerlo via, ma il ragazzo rimase immobile e si voltò nella sua direzione a guardarla con aria divertita ma perentoria, e la ragazza sentí il cuore battere un po più forte quando la guardò. 
"Io e Sam abbiamo un detto: chi cucina non lava i piatti. Adesso rilassati, ragazzina". 
Abby si lasciò andare al primo vero sorriso della giornata e si fece indietro, sollevando le mani e facendo spallucce, ringraziando entrambi con lo sguardo mentre si sedeva sull'isola di marmo. Iniziarono a parlare delle cacce e del fatto che Abby stesse per laurearsi, per poi mandare tutto al diavolo e andare con suo padre in giro per il paese, e Sam non riuscì a far a meno di notare l'analogia con la sua stessa vita, ricordando i bei tempi di Stanford quando stava con Jessica.
Quando finirono di sistemare la cucina, la ragazza propose di guardare un film tutti e tre insieme coma erano soliti fare ogni tanto, e si sedette sul divano accanto a Sam al centro, e al suo fianco si adagiò il fratello maggiore con la sua solita grazia, facendo sobbalzare entrambi e Abby ridere a crepapelle.
La serata passò fra risate e film improponibili che solamente Abby avrebbe potuto conoscere, e la ragazza preparò velocemente due scodelle di pop corn, porgendone una intera a Dean che sorrise  soddisfatto e l'altra la divise con Sam, fin quando anche quest'ultimo decise che si fosse fatto troppo tardi e che si sarebbe ritirato nella sua stanza al piano di sopra, approfittandone per dormire un po' e recuperare le ore di sonno arretrato. 
Abby lo salutò con un sorriso e si mise più comoda sul divano, bisticciando con Dean per chi dovesse scegliere il prossimo film, e la ragazza lasciò vincere lui che sorrise come un bambino felice: gli lasciò mettere Godzilla, vedendolo attento ad ogni singola scena nonostante lo conoscesse a memoria. 
E mentre lui guardava la televisione del salotto, Abby guardava lui pensando quanto le fosse mancato; lo vide così intento a guardare lo schermo che pensò che non si sarebbe accorto se gli avesse tolto la scodella piena a metà con i pop corn, sostituendola con quella finita con Sam. 
Si avvicinò lentamente e quando lo vide preso dal film provò a fare lo scambio di scodelle, ma non si accorse che Dean fosse più attento di quanto pensasse, e tirò via il suo contenitore con uno sguardo furbo. "Pensavo che volessi solamente provarci con me, invece vuoi fregarmi il cibo. Non si fa così, ragazzina!". 
Abby rise guardandolo negli occhi e si sporse nella sua direzione, cercando di afferrare la scodella dalla sua mano sinistra, ma lui l'allontanò il più possibile e bloccò la ragazza con l'altro braccio tenendola dalla vita, impedendole di muoversi per via della sua presa ferrea. 
Abby rise nonostante provasse a prendere quella scodella con difficoltà ed incrociò il suo sguardo per caso per un secondo, trovando quello di Dean già posato sul suo viso che la guardava con aria divertita, ed Abby si ritrovò a guardarlo una seconda volta smettendosi di muoversi per arrivare a prendere quella stupida scodella. 
Si guardarono per un lungo istante e nacque un sorriso spontaneo sul volto di entrambi, ed Abby si sentí stringere di più dalla vita fino ad avvicinare i loro volti: avrebbero voluto colmare quella distanza, ma non si erano ancora chiariti su quanto successo prima che lei tornasse a casa e non volevano complicare ancora di più le cose. 
Entrambi elaborarono lo stesso pensiero e si allontanarono di pochi centimetri, distogliendo lo sguardo e Dean allentò la presa su di lei per permetterle di tornare seduta, e le passò la sua scodella di poc corn con un sorriso. 
Il ragazzo si alzò con un sospiro e Abby lo seguì con lo sguardo chiedendosi perché stesse andando via, ma lo vide chinarsi sul suo borsone senza però capire cosa ne stesse tirando fuori dato il buio della stanza; lo vide avvicinarsi nuovamente ed afferrarle la mano, per poi posarvi qualcosa che fece sgranare gli occhi alla ragazza. 
Abby la riconobbe subito e quasi saltò sul divano, sorridendo più di quanto Dean l'avesse mai vista fare. 
"Pensavo di averla persa! Oddio, grazie!!" esclamò la ragazza toccando con i polpastrelli la sua collana d'oro con una croce in rilievo, e non si controllò dall'emozione tanto che gli gettò le braccia al collo per la felicità. 
Dean rise di gusto e la strinse forte, respirando nuovamente il suo profumo che gli fosse dannatamente mancato per poi sciogliere l'abbraccio e farla voltare appena; le scostò i capelli lunghi sulla spalla destra e le mise la collana al collo con un sorriso. "Non pensavo che fossi così credente". 
Abby si voltò nuovamente verso di lui quando ebbe finito e toccò il ciondolo al suo collo con un sorriso, per poi posare lo sguardo su di lui. "Era di mio padre. L'ho sempre portata io da quando è morto. Grazie Dean, significa molto per me". 
Il ragazzo le sorrise di rimando e avrebbe tanto voluto parlare in quel momento, sentirle dire che lo aveva perdonato per averle mentito, ma invece le fece segno di appoggiarsi al suo petto mentre con un braccio le circondava le spalle: continuarono il film in quella maniera, stretti l'un l'altra a contendersi quella mezza scodella di pop corn fra una risata e l'altra. 
 
 
Le prime luci dell'alba che filtravano dalla finestra per scontrarsi sul suo viso, non lo scalfirono neanche continuando così il suo sonno: ciò che davvero lo costrinse a spalancare gli occhi e a guardarsi attorno, sentendosi per un momento disorientato per poi ricordare che fosse a casa di Abby, fu il suono delle uova che sfrigolavano in padella in cucina, insieme all'odore di bacon che arrivò dritto alle sue narici. 
Si mise dritto ed aggrottò le sopracciglia, trovando una lunga coperta su di lui, nonostante fosse certo di non averne usata una la notte precedente: ricordò di aver visto il film insieme ad Abby, che però dopo neanche mezz'ora si addormentò sul suo petto e Dean non ebbe il coraggio di svegliarla, ma la tenne stretta a sé carezzandole la testa fin quando anche lui sprofondò in un sonno profondo. 
Si stropicciò gli occhi e seguì la fonte di quell'odore che lo aveva fatto svegliare facendo brontolare il suo stomaco, chiedendosi che fine avesse fatto Abby e perché non fosse accanto a lui quella mattina. 
Si avvicinò alla soglia della porta e osservò suo fratello e Dan ridere e scherzare con aria complice, e Dean si iniziò a chiedere perché il fratello di Abby fosse così aperto verso Sam ma estremamente chiuso e diffidente nei suoi confronti: quando Dan si accorse di lui, gli fece un cenno col capo e la sua espressione divenne abbastanza infastidita, storcendo il naso. 
Lì salutò e si sedette accanto a suo fratello, rubandogli dal piatto la colazione mentre Sam lo guardava con aria fintamente arrabbiata. 
"Dov'è Abby?" chiese Dean mentre masticava energicamente un boccone di uova e bacon. 
Dan si girò verso di lui riservandogli un'occhiata gelida, sollevando un sopracciglio, per poi tornare a mescolare altre uova sulla padella. "Mia sorella è uscita presto questa mattina, penso che starà via tutto il giorno: ha delle cose da sbrigare". 
Dean notò come il ragazzo indugiò con possessione sul termine mia e sorrise appena mentre mandava giù il boccone, capendo immediatamente perché Dan lo guardasse in quella maniera. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e si chiese perché Abby non lo avesse svegliato prima di uscire, pensando che avrebbero potuto fare almeno colazione insieme. "Allora la vedrò stasera a cena?". 
Dan sbuffò e tornò a guardarlo con la stessa espressione di prima, sollevando un sopracciglio e voltandosi verso di lui. "Stasera Abby lavora, non potrà essere qui. Quindi credo che sarebbe meglio che non l'aspettassi in piedi, amico". 
Dean sorrise divertito quando sentí la gelosia nella voce del ragazzo e faticò a tenere un'espressione seria, nonostante Sam gli avesse già dato una gomitata fra le costole per intimargli di non fare cazzate, perché erano ospiti e non voleva creare litigi fra Abby e Dan. Così sospirò e scosse la testa, osservando Dan versare le uova in due piatti, per poi porgerne uno nella sua direzione con un sorriso finto sul viso. 
Decise di lasciar perdere e non rispondere alla provocazione, ed iniziò a mangiare le sue uova mentre sentiva suo fratello e Dan proseguire la loro conversazione sul lavoro di quest'ultimo, e Sam parve molto interessato, facendogli delle domande per cercare di capire di cosa si occupasse. Ma Dean aveva tutta l'intenzione di sviare il discorso, così mandò giù il boccone e li interruppe. "Dove lavora?". 
Dan si voltò ad osservarlo con aria divertita, sollevando un sopracciglio e fermando la forchetta sul piatto, seduto proprio sullo sgabello davanti al ragazzo. "Wow, per essere uno che ha dormito tutta la notte abbracciato a mia sorella non sai proprio un accidente su di lei!".
Dean sostenne lo sguardo arrabbiato e capí subito da dove scaturisce la sua gelosia, e sospirò rumorosamente: sostenne lo sguardo, perché aveva chiesto un'informazione e Dan gliel'avrebbe data, tanto in un modo o nell'altro l'avrebbe scoperto. Dan lo fulminò con lo sguardo, conoscendo bene quel tipo di ragazzo che avesse cercato per tutta la vita di tenere lontano dalla sua sorellina: aveva sempre spaventato i ragazzi di Abby uno dopo l'altro, facendoli scappare a gambe levate, tranne Nathan che gli era piaciuto sin da subito nonostante fosse anche lui un cacciatore. 
Ma guardando Dean, che aveva l'aspetto di uno che cambiasse ragazza ogni sera e di cui non ci si potesse fidare, l'unica cosa che gli veniva in mente era di dargli un pugno in faccia. Ma poi Dan pensò alle parole di sua sorella, che gli chiese di essere gentile in sua assenza perché grazie a Sam e Dean il demone che avesse ucciso il loro padre era morto, e si ritrovò a sospirare rumorosamente. "Lavora in un bar a pochi isolati da qua". 
"Fa la cameriera?" chiese Sam aggrottando le sopracciglia e guardandolo con aria sorpresa. 
Dan annuì con aria di disapprovazione e tornò a mangiare un boccone della sua colazione, sospirando. "La barista. E pensare che le mancava davvero poco per laurearsi e venire a lavorare con me, al laboratorio". 
 
 
 
Dean si mosse all'interno del locale con aria curiosa, guardandosi attorno alla ricerca di quel volto così familiare: era un pub piuttosto rustico e accogliente, con una grande sala biliardo e una sala ristoro piena di tavoli e di gente.
Il ragazzo scambiò uno sguardo col fratello, sorridendo con aria divertita, lasciando vagare uno sguardo sulla folla notando degli sguardi languidi che alcune ragazze gli stessero lanciando, e sorrise fiero scuotendo la testa: ma lo sguardo gli cadde su una ragazza di spalle, dietro al bancone, intenta a preparare qualcosa di non chiaramente visibile, e Dean pensò che l'avrebbe riconosciuta fra mille. O almeno una parte di lei. 
Si avvicinò continuando a guardarle il fondoschiena, quando Sam seguì il suo sguardo divertito e lo fulminò con lo sguardo, intimandogli di smetterla. 
Si avvicinò al bancone con un sorriso, felice di vederla dopo tutta la giornata, e si sedette allo sgabello del baconce, appoggiandovi contro i gomiti mentre il fratello si sedette accanto a lui. 
"Ciao ragazzina..".
Abby non si voltò, ma riconobbe subito la sua voce e sorrise stupidamente dietro al bancone, ringraziando che lui non potesse vederla, e si voltò con un'espressione leggermente più seria ma contenta, guardando i due fratelli seduti al bancone. "Ragazzi, siete venuti a bere qualcosa?". 
Sam le sorrise e le fece un segno col capo, e Dean la guardò con aria di chi l'avesse finalmente trovata. "Avevo più voglia di vedere te che di bere, onestamente". 
"Wow, Dean Winchester che va in un bar solamente per incontrare una ragazza.." sussurrò Abby afferrando due bicchieri per riempirli di Whisky con un sorriso divertito. Ne porse uno a Sam e l'altro lo tenne in mano, sollevando un sopracciglio. "Quindi non sei qui per questo?". 
Mise un bicchiere sul bancone indugiando su di lui con lo sguardo divertito, ma presto lo lasciò scivolare verso di lui osservandolo sorridere ironicamente, portandoselo poi alle labbra per prendere qualche sorso. "Come mai lavori in questo posto?". 
Abby fece spallucce ed iniziò a mettere in ordine una serie di bicchieri da cicchetto e boccali da birra, sistemando il bancone; ma poi tornò a guardarli e sorrise agitando le dita. "Perché i miei cocktail sono i migliori della città e ho delle mani magiche!". 
"Oh, questo me lo ricordo benissimo.." sussurrò Dean sostenendo il suo sguardo con un pizzico di malizia, sollevando un sopracciglio. 
Abby colse la sua battuta a sfondo sessuale e sgranò leggermente gli occhi, per poi spostare lo sguardo su Sam con leggero imbarazzo, che colse l'antifona e si alzò, dicendo che aveva davvero bisogno di prendere una boccata d'aria fuori dal locale. 
Quando la ragazza lo vide allontanarsi, strinse gli occhi in un'occhiataccia e guardò Dean fulminandolo con lo sguardo, osservando come faticasse a mettere su un'espressione seria, e dovette distogliere lo sguardo. "Sei un'idiota, Dean. C'era tuo fratello!". 
"Hai ragione scusami, ma è stato più forte di me.." sussurrò Dean continuando a ridere di gusto, scuotendo la testa quando notò il suo sguardo appena accigliato. L'ultima cosa che avrebbe voluto era proprio farla allontanare da lui per una battuta stupida e infelice, così allungò un braccio nella sua direzione e le strinse una delle mani che teneva appoggiate al bancone, facendole risollevare lo sguardo nella sua direzione. "Stamattina sei sparita..". 
"Avevo tante cose da fare: fare la spesa, pagare le bollette, aprire il locale.." sussurrò Abby facendo spallucce, guardando per un momento le loro mani unite mentre una serie di immagini dei mesi passati insieme tornarono nella sua mente come flashback, sapendo benissimo che lo stesso fosse avvenuto nella mente del ragazzo davanti a sé. 
"Io e Sam non staremo qui per molto, sono venuto qui perché volevo stare con te, non per fare una vacanza a casa tua" disse Dean sorridendo e stringendole forte la mano e sfiorandole il dorso con una carezza, guardando dritto nell'azzurro dei suoi occhi. Non voleva essere troppo invadente, ma neanche voleva farle pensare che non provasse neanche un po' di interesse nello stare insieme a lei, così sospirò e prese coraggio. "Vuoi che ti accompagni da qualche parte domani?". 
Sul viso della ragazza comparse un largo sorriso, che cercò di insabbiare mordendosi il labbro, ed annuì. "Ho l'incontro con gli insegnanti a scuola da Silver domani mattina e penso proprio che sarà un disastro. Mi potrebbe far comodo un po' di sostegno". 
Dean strinse le labbra in un sorriso ed annuì, felice di poterle dare una mano e passare più tempo insieme a lei: pensò che la vita che Abby stesse iniziando a costruirsi nella sua città natale fosse molto piacevole e normale, nonostante non fosse tutto rose e fiori. 
"Ehi bambola, portami del bourbon".
Abby si voltò di scatto e vide un uomo sulla quarantina, che la guardava come se fosse un regalo da scartare e sorrideva nella sua direzione con avidità, e immediatamente Dean seguí il suo sguardo, guardandolo con aria infastidita e gelante. Continuò a farlo finché l'uomo abbassò gli occhi sul bancone ed Abby sorrise in direzione di Dean, facendogli capire con un solo sguardo che non fosse la prima volta che qualcosa del genere succedesse; lasciò la sua mano e afferrò un bicchiere, per poi porgerlo nella direzione dell'uomo con aria soddisfatta, che neanche la guardò e tenne gli occhi fissi sulla bevanda.
Probabilmente Dean mettendo su quel suo sguardo minaccioso stava spaventano tutti i clienti che avessero cattive intenzioni, tanto che nel corso della serata nessuno disturbò più Abby in quella maniera, e la ragazza sorrise compiaciuta, tornando di tanto in tanto da Dean, che durante la sua assenza parlava col fratello sollevando continuamente lo sguardo al cielo: Sam non faceva altro che parlargli di sacerdotesse, di stregoni e di altre creature che avrebbero potuto visitare per cercare una soluzione per il suo patto, ma Dean non volle continuare quella discussione, specialmente quando notava che la ragazza si stesse avvicinando. 
 
 
"I voti di sua sorella continuano a scendere e francamente inizio a pensare che dovrà ripetere l'anno".
Abby e Dean erano seduti davanti alla scrivania della preside Flores, una donna sulla cinquantina con dei capelli corvini raccolti in una coda bassa e dei grossi occhiali poggiati sul naso, che stava seduta sulla sedia girevole con le mani intrecciate sul grembo e le gambe accavallate fasciate da un tailleur che aveva l'aria di essere decisamente costoso. L'espressione della preside era molto tirata e aspra, come se stesse perdendo del tempo prezioso a parlare con i due ragazzi, che invece stavano seduti in due maniere differente: Dean era rilassato, con la schiena appoggiata alla sedia e un sopracciglio sollevato, mentre Abby stava seduta sul bordo della sedia, sporgendosi col busto in avanti a guardarla con espressione preoccupata mentre picchiettava nervosamente il piede per terra. 
"Preside Flores, mia sorella sta passando un momento difficile ed è anche un'adolescente che ha subito una grave perdita, quindi.." iniziò Abby con espressione implorare, ma venne bruscamente interrotta. 
"Siamo stati clementi con Silver l'anno scorso per quello che è successo a vostro padre, ma se entro questa settimana non farà almeno un terzo delle interrogazioni necessarie, sua sorella verrà bocciata".
Abby rimase ad ascoltare quasi a bocca aperta le parole della donna davanti a sé e sedò la voglia di urlare contro quanto fosse poco sensibile e fin troppo altezzosa, nonostante in cuor suo sapesse che l'ultimo pensiero di sua sorella fosse proprio quello di studiare: era ancora molto arrabbiata con suo padre per essere morto e averla lasciata a soli sedici anni, ed era anche arrabbiata con Abby per essersene andata senza neanche darle una spiegazione. Nonostante Dan le fosse stato molto vicino, Silver aveva sviluppato un'insofferenza anche nei suoi confronti, non rispettando nessuna delle sue regole. 
Usciva la sera e tornava molto tardi, molto spesso anche molto brilla, rispondeva sempre male e usciva con delle compagnie non proprio raccomandabili, e ciò ai suoi due fratelli faceva male. 
"C'è qualcosa che posso fare per migliorare la sua situazione?" chiese Abby sospirando e andando contro ogni suoi principio morale, sospirando e guardando la preside negli occhi, osservandola cambiare espressione quasi compiaciuta. "A parte assicurarmi che mia sorella metta la testa a posto, ovviamente".
La preside storse le labbra in una smorfia e sollevò un sopracciglio, osservando la sua determinazione ed intuendo che non sarebbe uscita dal suo ufficio senza che avesse ottenuto ciò per cui fosse venuta. "Cosa mi sta proponendo, signorina Harrison?". 
Dean osservò Abby muovere ancora la gamba destra in maniera nervosa e sbattere il piede sul pavimento per la tensione, e aggrottò le sopracciglia mentre la osservò uscire dalla sua borsa un blocchetto degli assegni, poggiarlo sulla grande scrivania ordinata della preside, mentre la guardava con aria quasi di sfida mettendosi a tu per tu. "Mi dica una cifra". 
"Cinquanta mila". 
Abby sorrise e la guardò con ironia mista ad astio, ma poi si sporse sulla scrivania e prese la penna stilografica della preside senza neanche chiedere il permesso, e si apprestò a compilare l'assegno e a firmarlo, per poi porgerlo alla donna con aria schifata. 
La preside osservò prima la donna alzarsi, seguita da Dean che rimase a guardarla con aria sconvolta per ciò che avesse appena fatto, e poi guardò l'assegno fra le mani, ridendo nervosamente e scuotendo la testa. "Signorina Harrison, non credo che ventimila dollari possano bastare a coprire il fatto che sua sorella non abbia la minima intenzione di studiare, mentre cinquantamila sarebbero proprio un buon inizio". 
Abby si arrestò appena prima di uscire dalla porta chiudendo gli occhi per mantenere la calma e poi si voltò nuovamente verso la preside, osservandola però porre nel suo cassetto l'assegno con cura. "Oh, io credo che siano anche troppi. Cosa direbbe il consiglio se sapesse che ha appena accettato una somma del tutto immotivata, per di più non intestata alla scuola?". 
"L'assegno non prova niente! Nessuno le crederebbe mai e io intascherei i suoi soldi ugualmente". 
Abby sorrise e si morse il labbro, sentendosi compiaciuta per ciò che l'avesse portata a dire e sollevò il suo cellulare agitandolo a mezz'aria; la preside sgranò gli occhi con aria furiosa, capendo immediatamente che la donna davanti a sé fosse stata più furba e avesse registrato l'intera conversazione, e la vide sorridere prima di uscire dal suo ufficio seguita Dean, che la guardò con aria soddisfatta. 
 
"Dove hai preso tutti quei soldi?". 
Dean la guardò con aria sorpresa mista all'ilarità all'interno dell'abitacolo della sua auto, osservando l'aria scocciata che avesse assunto dopo essere uscita dall'ufficio della preside e come si muovesse nervosamente. 
"Fondo fiduciario del college o almeno quello che rimaneva del mio ultimo anno.." sussurrò Abby sospirando e facendo spallucce, passandosi una mano sul viso e portandosi via i capelli dal collo per farli ricadere sulle spalle. "Non parlarne con Dan, è molto suscettibile quando si parla di queste cose". 
Dean la guardò per qualche momento, perché conosceva bene quelle dinamiche tra fratelli ed annuí serio. Pensò al gesto che avesse appena fatto per Silver e le sorrise, afferrando la mano sinistra di Abby fra le sue e la strinse forte. "Sei davvero brava come sorella maggiore". 
Abby rise di gusto e scosse la testa, e subito capì che quello fosse solamente un tentativo mal celato di tranquillizzarla, e lo guardò con uno sguardo divertito, che poi scemò lasciando spazio ad un'amara tristezza. "Già, così brava che ho dovuto pagare per non farla bocciare e buttare fuori dalla scuola perché non riesco a parlare con Silver".
"La sua è un'età difficile, ma posso provare a parlare io se per te non è un problema" disse Dean sorridendo e stringendo la presa sula sua mano, che Abby ricambiò immediatamente lasciandogli intendere che non fosse l'unico a provare ciò che stesse sentendo. 
La ragazza lo guardò con sguardo incredulo e sollevò un sopracciglio, osservando i suoi occhi verdi così sinceri e sorrise come una ragazzina. "Faresti questo per me?". 
Dean sorrise e distolse lo sguardo rivolgendolo sulla strada, liberando la sua mano dalla stretta ed accendendo il motore della sua auto con una risata di cuore, chiedendosi mentalmente cos'è che non avrebbe fatto per quella ragazza. 
Guidò fino a casa di Abby e per tutto il viaggio la ragazza non fece altro che chiedergli più dettagli sulle cacce che avessero svolto in sua assenza, i mostri che avessero affrontato, e rise divertita quando udí le storie sulla zampetta fortunata che Sam riuscì a farsi fregare da Bela, nonostante Abby avesse provato un senso di fastidio quando Dean con naturalezza le raccontò di quando lui e suo fratello avessero incontrato nuovamente la ragazza inglese e Dean avesse ballato con lei durante una festa per risolvere il caso della nave fantasma. 
Cercò di non darlo troppo a vedere ma Dean sorrise compiaciuto quando la vide guardarlo in cagnesco, nonostante nessuno dei due avesse alcun diritto di parola sull'altro; non si erano ancora chiariti, non avevano parlato di quanto fosse successo e di cosa rappresentassero l'uno per l'altra, ma entrambi avevano una dannata voglia di reclamare il possesso dell'altro. 
Quando Dean spense il motore nel vialetto della casa di Abby proprio dietro l'auto della ragazza, entrambi scesero dall'auto e si avviarono fino all'ingresso, e Abby decise di approfittare dell'assenza dei suoi fratelli per poter finalmente parlarne con Dean per fargli sapere che non fosse più arrabbiata con lui e che in fondo capisse il motivo che l'avessero spinto a mentirle.
Ma proprio nel momento in cui stessero per aprire la porta di casa, Abby notò un cambiamento mostruoso nello sguardo di Dean, che ad un tratto guardava proprio dietro di lei in direzione del garage. Abby seguì il suo sguardo con aria agitata, perché pensava che ci potesse essere un demone o una strana creatura alle sue spalle, ma ciò che vide fu più terrificante di quanto avrebbe potuto immaginare. 
Corse verso la sua auto con aria sconvonvolta, osservando il lato sinistro completamente distrutto, come se qualcosa di molto forte vi si fosse schiantato sopra e strinse forte i pugni per la rabbia intercettando lo sguardo sconvolto tanto quanto il suo di Dean: il ragazzo sapeva quando quell'auto significasse per lei per via di suo padre, un po quanto l'Impala contasse per Dean, e quindi riuscì a capire ciò che avrebbe fatto da lì a pochi secondi. 
"Silver!!!". 
La vide correre dentro casa in meno di quanto riuscisse a fare lui stesso, e salire le scale a due a due per arrivare più velocemente alla stanza di sua sorella minore: spalancò la porta con un calcio, rompendo i cardini ed entrando come una furia, trovando sua sorella distesa a letto e coperta fino alla testa. 
"Ehi, ma che diavolo fai?!". 
Abby ignorò le proteste della sorella che ancora fosse a letto e tirò via le coperte con uno scatto, notando la sorella sobbalzare ed allontanarsi di scatto con aria spaventata, intuendo che Abby avesse visto ciò che fosse successo." Che cos'hai fatto alla mia macchina?!". 
Silver fece un altro passo indietro, nonostante si trovassero dalla parte opposta del letto che le dividesse.
"È stato un incidente, Abby! Calmati!". 
"Come diavolo puoi pensare che io mi calmi?! L'hai distrutta!!" esclamò Abby con gli occhi sgranati ed il sangue al cervello, che scollegò completamente accecata per com'era dalla rabbia. "Eri fatta? Sei ancora fatta?!". 
"No, ma che dici?!". 
Abby fece il giro del letto ed afferrò sua sorella con forza dal viso per osservarle gli occhi per cercare qualche traccia, ed infatti li trovò fin troppo arrossati. Silver si liberò dalla sua presa e si allontanò, fino a raggiungere la finestra della sua camera con le spalle: sapeva che sua sorella si sarebbe davvero arrabbiata per l'incidente, ma sperava almeno che fosse più ragionevole o che ci fosse Dan a difenderla. 
"Hai guidato la mia auto senza permesso e per di più eri fatta?! Saresti potuta morire o avresti potuto uccidere qualcuno!". 
"Come se te ne fregasse qualcosa della mia vita!" esclamò Silver alzando il tono della voce tanto quanto la sorella, sentendosi anche lei arrabbiata come non mai. 
Abby rimase ad osservarla con occhi sgranati ed il cuore iniziò a battere più forte nel suo petto, facendo un passo indietro e sentendo dentro di sé qualcosa spezzarsi, mentre il suo tono divenne quasi piu calmo e pacato, cosa che fece accapponare la pelle alla minore che adesso aveva la certezza che sua sorella fosse davvero arrabbiata. "Pensi che non mi importi di te?". 
Silver scosse la testa e la guardò con astio, stringendo i pugni  per la rabbia. "Non fare la finta tonta con me: non ti importa minimamente di me, altrimenti non saresti sparita per un anno abbandonandoci qui, per cosa poi? Uccidere un fottuto demone: ti sei accorta che papà non è tornato dopo che hai ottenuto la tua vendetta?!". 
Abby rimase ad osservarla con aria sbigottita e questa volta fu lei a fare un passo indietro mentre la minore avanzava, perché sentiva il dolore all'altezza del petto sempre latente su cui sua sorella minore stesse infierendo sempre di più. 
Ma Silver non fermò la sua lingua tagliente, continuando a guardare sua sorella con aria di disprezzo ed indicando con un dito Sam e Dean, che nel frattempo fossero apparsi sulla soglia della sua stanza, cercando di intervenire per sedare la situazione. "E dimmi Abby, cosa hai fatto nel frattempo, mmh?! A parte farti scopare da uno di questi due mentre voltavi le spalle alla tua famiglia per poi tornare qui e cacciare lo stesso?! Sei così disperata da andare a letto con un altro cacciatore, dopo il modo in cui è finita con Nathan?!". 
Abby sgranò gli occhi più di quanto pensava che fosse possibile e si avvicinò alla sorella con grandi passi, che però non indietreggiò né si mosse con paura. La guardò negli occhi con delusione mista a rabbia e dolore, respirando e parlando lentamente. "Volevi farmi arrabbiare ragazzina, bene, ci sei riuscita: da questo momento in poi per te finisce tutto. Le uscite, l'erba, le telefonate: andrai a scuola e poi tornerai qui, e qui studierai per le interrogazioni che ti aspettano e nient'altro. Eh Dio quanto spero che tu mi disobbedisca, così potrò prende a calci il culo dei tuoi amici ed il tuo". 
Silver strinse forte la mascella e strinse i pugni, pensando ad un modo per poter evadere dalla situazione, ma lo sguardo di sua sorella era fin troppo severo e autoritario che la intimidiva, e la minore abbassò lo sguardo, deglutendo a fatica. 
"Il telefono, subito" disse Abby sporgendo la mano verso di lei, che però la guardò con aria incredula, così si trovo costretta ad alzare nuovamente il tono di voce con rabbia. "Ho detto subito!!". 
Silver estrasse dalla tasca il suo telefono e lo porse alla sorella con rassegnazione, ed Abby si mosse per la sua stanza per prendere anche il suo portatile e tutto ciò che avrebbe potuto usare per mettersi in comunicazione con uno dei suoi stupidi amici tenendoli con una mano, mentre con l'altra afferrò il suo zaino e lo vuotò sul suo letto, facendo cadere e sbattere i suoi libri su di esso. La maggiore la guardò con aria arrabbiata ed intimidatoria, sollevando un sopracciglio. "Lavati la faccia e studia. Non mi interessa se sei ancora troppo fatta da ieri sera per studiare. Studia e spera che quando io torni qui mi sia calmata, altrimenti giuro che non sarò così calma. Sono stata chiara?!". 
Silver fece un cenno con la testa e la osservò sparire nel corridoio dopo aver sbattuto con forza la porta della sua stanza, che essendo già mezza scardinata finí di rompersi e quasi cadde a terra, e vide lo sguardo che i due ragazzi le stessero riservando, per poi sparire anche loro giù per le scale per seguire Abby. 
 
 
 
Si avvicinò alla macchina osservando la fiancata distrutta e per poco non ebbe un mancamento, tenendosi allo sportello malridotto. Si sedette sui talloni, stringendo fra le labbra il filtro della sigaretta accesa e sfiorò la lamiera piegata chissà da quale colpo, pensando che sua sorella avrebbe potuto rischiare la vita in un incidente del genere; sospirò la sigaretta e fece uscire tutto il fumo con respiro veloce, scuotendo la testa e pensando che stava fallendo su tutti i fronti con Silver. 
Appoggiò la testa contro lo sportello e si chiese cosa avrebbe detto o fatto suo padre in una situazione del genere: avrebbe sicuramente messo Silver in punizione a vita, ma non avrebbe reagito come avesse reagito lei poco prima nella stanza della sorella. 
Si era lasciata trasportare dalla rabbia ed era proprio ciò che suo padre aveva cercato di insegnarle a non fare, controllando se stessi in ogni circostanza e non lasciare mai il poter agli altri di farle perdere le staffe. 
Sbuffò e si sedette a terra, incrociando le gambe e sorridendo amaramente perché sapeva di non essere mai stata brava in quello. Aveva sempre avuto dentro una grande rabbia, anche se non riusciva mai a giustificare il perché, e ciò che fosse accaduto nell'ultimo anno non fece altro che alimentare quel fuoco che bruciava dentro di lei. 
Sentí dei passi dietro di lei e aprì gli occhi, prendendo un tiro della sua sigaretta, mentre sollevava il viso per vedere quale dei due Winchester fosse venuto a controllare il suo stato emotivo, e sorrise appena quando vide Dean con ancora addosso la giacca di pelle, sollevare un sopracciglio quando notò la sua sigaretta, per poi lasciare che lo sguardo scivolasse sull'auto di Abby. 
"Non sembra poi così grave..". 
La ragazza lo incenerí con lo sguardo, pensando che se fossero stati alla stessa altezza gli avrebbe dato un pugno in faccia giusto per non fargli dire stupidaggini, ma trovandosi seduta a terra scosse la testa e sospirò, sibilando fra i denti stretti un freddo: "Sta zitto".
Dean aveva decisamente fin troppa esperienza con le liti fra fratelli, ma per sua fortuna ne aveva anche con le macchine, così piegò le ginocchia fino a sedersi sui talloni, sfiorando la fiancata e sentendo sotto le dita la lamiera accartocciata, ipotizzando che la causa dell'incidente sarebbe potuta essere che Silver fosse passata col rosso e che qualcuno l'avesse presa in pieno. "Cerca di calmarti un po' ragazzina, non è così grave". 
Abby lo guardò in viso dopo aver spento la sigaretta sul cemento del suo vialetto ed incrociò le braccia al petto raddrizzando la schiena, osservando il modo attento e serio in cui Dean stesse osservando e muovendo specifici punti della carrozzeria per farli scattare e riposizionarli nel modo originale. Sbuffò sonormanete e il ragazzo si voltò per incrociare il suo sguardo ancora furibondo, accennando un sorriso appena divertito. "Non farlo, Dean: non dirmi di calmarmi ancora o che questa è solo una macchina, altrimenti giuro che ti prendo a pugni!".
Dean sorrise divertito e si lasciò scivolare seduto accanto a lei, scrutando con un'occhiata che la sua rabbia non si fosse ancora sedata, nonostante vide nei suoi occhi il bruciante desiderio di calmarsi e ragionare. "E lo dici proprio a me? Se Sam avesse fatto una cosa del genere alla mia auto, non sarebbe sopravvissuto a lungo per raccontarlo". 
Abby accennò un debole sorriso, guardandolo negli occhi mentre il suo viso pareva rilassarsi leggermente; sospirò rumorosamente e tornò a guardare la lamiera rovinata, per cui non sarebbe bastato un riposizionamento, ma una completa rimozione in favore di una nuova, e si chiese a che cosa avesse pensato la sorella quando prese la sua auto quella notte. "Sa quanto io tenga a questa stupida auto: se c'è qualcuno che ha il diritto di ridurla ad un cumolo di rottami, quella sono io!". 
Dean la guardò sorpreso, aggrottando le sopracciglia e sgranando leggermente gli occhi, e Abby parse cogliere quello sguardo incredulo, accennando un sorriso e facendo spallucce. "Andiamo, non dirmi che non hai mai pensato di distruggere la tua auto perché ti ricordava troppo tuo padre. Io ci penso ogni volta che la guardo: la distruggerei completamente perché mi ricorda troppo lui! Io l'ho sempre adorata ma non è più la stessa cosa di quando mio padre era qui e guidarla non fa altro che ricordarmi che lui non c'è più". 
L'uomo distolse lo sguardo e sospirò annuendo, capendo a cosa facesse riferimento e guardò la sagoma di quell'auto azzurro metallizzata: Abby l'aveva sempre curata nei minimi particolari, stava sempre lì a pulire l'interno, lavare l'esterno, pulire i cerchioni, talvolta rimuovere il sangue che quando andava bene appartenga a qualche mostro che avesse ucciso.
"Qualche giorno prima di morire, ricordo che stavamo mangiando da soli in una tavola calda e mio padre mi ha guardata in silenzio. Mi ha solo detto Quest'auto è tua Abby, se dovesse succedermi qualcosa sei l'unica a cui la lascerei. Chissà cosa ne penserebbe se la vedesse ridotta così..".
Dean le carezzò la schiena ancora fasciata dal giubbotto di pelle nero, lasciando che la sua mano si insinuasse fra esso e la maglietta di cotone nera che indossasse e la strinse con una leggera forza, ed Abby risalí con lo sguardo fino al suo viso con aria seria. La ragazza pensò a ciò che avesse detto Silver prima e scosse la testa sospirando, perché aveva coinvolto anche Dean nella sua arringa contro di lei, e fece un sorriso dispiaciuto nella sua direzione. "Senti, mi dispiace per ciò che ha detto mia sorella su di noi, è solo una ragazzina e..". 
"Ho già dimenticato.." sussurrò Dean sorridendo e ritirando la mano dalla sua schiena, mettendola sulla sua coscia in un gesto affettuoso, che niente aveva a che vedere con la malizia. Il ragazzo storse il naso e sollevò un sopracciglia, guardandola poi con aria più seria. "Piuttosto che voleva dire Silver quando ha detto che hai cacciato nonostante fossi tornata qui?". 
Abby sospirò, chiedendosi quando sua sorella avrebbe imparato a tenere la bocca chiusa, e fece spallucce, rilassando le braccia e sciogliendole lungo i fianchi. "La settimana scorsa un amico di mio padre ha chiamato al suo telefono e ho risposto io: aveva bisogno di una mano con un nido di vampiri e ci sono andata io". 
"Sei andata da sola a caccia?!" chiese Dean sgranando gli occhi e guardandola in cagnesco. 
Abby roteò gli occhi e lo guardò con aria scocciata, sbuffando e facendo spallucce. "Non ero sola, ero con un cacciatore esperto tanto quanto il tuo amico Bobby. E poi prima di incontrare te e Sam, con chi pensi che cacciassi quando non mi portavo dietro Jo?". 
"E non potevi chiamarmi?". 
"Perché mai avrei dovuto? Io so cavarmela da sola, Dean. Non ho bisogno che un uomo mi venga a salvare!". 
Dean avrebbe voluto dirle che era rimasta la solita irresponsabile e che capisse finalmente da chi avesse preso Silver, dato che entrambe avevano dei problemi con il calcolo dei rischi a cui potessero andare incontro e scosse la testa sapendo benissimo che anche se avesse continuato a infierire, Abby avrebbe trovato il modo di cadere sempre in piedi.
"Andiamo a mangiare qualcosa? Sto morendo di fame..". 
La ragazza ritrovò il sorriso e lo guardò ridendo, perché se c'era qualcuno che potesse cambiare discorso in quel modo era proprio lui, così si alzò di scatto e gli tese la mano, facendogli segno di tornare dentro casa insieme. 
 
 
Colpí con le nocche la porta appena rimessa nei cardini da Sam, rigorosamente aperta perché per tutto il pomeriggio Abby era passata a controllare che sua sorella stesse studiando e che Silver, dopo essersi sorbita la pesante ramanzina che Dan le riservò una volta tornato a casa, continuò a lasciare spalancata nonostante la sorella maggiore fosse andata a lavoro da un'abbondante mezz'ora. 
Dean vide Silver girarsi in fretta con aria scocciata, e quando lo vide la sua espressione peggiorò ancora di più, facendo sfuggire al ragazzo una risata nervosa. "Posso entrare?". 
"Che cosa vuoi? Non subirò un rimprovero anche da te!" esclamò Silver facendo voltate la sedia girevole con uno scatto. 
Dean sospirò ed entrò lentamente, fino ad arrivare a pochi passi da lei, sedendosi sul letto di fronte la scrivania ed osservando come lo guardasse con aria a metà fra la rabbia e la disperazione. La guardò attentamente ed osservò l'espressione crucciata che avesse sul volto, mentre corrugava la fronte in un gesto tipico di Abby, che Dean conosceva molto bene. I capelli scuri fino alle spalle di Silver gli ricordavano quelli del fratello, Dan: la ragazza aveva degli occhi a metà tra il verde ed il marrone e delle labbra non troppo carnose, ed una carnagione di qualche tono più scura della maggiore. 
Dean si schiarí la voce e appoggiò i gomiti alle cosce piegando in avanti la borsa, sorridendole gentilmente perché nonostante ciò che avesse detto qualche ora prima in fondo era solo una ragazzina, esattamente come quando ad essere un adolescente scapestrato fu proprio lui.  
"Senti Silver: lo so che è dura, ma per tua sorella è stato difficile stare lontana da te e da Dan..". 
Silver rise e scosse la testa nervosamente, inclinando il collo di lato pensando che quell'omone che le si fosse presentato fosse proprio stupido; ma lo guardò con attenzione e capí immediatamente che quegli occhioni verdi avessero stregato sicuramente sua sorella, così assottigliò gli occhi e lo guardò con aria indagatrice, chinandosi in avanti. "Sei tu, vero? Sei quello che va a letto con mia sorella". 
Dean sgranò gli occhi del tutto spiazzato, perché non pensava che fosse così sfrontata anche trovandosi da sola con lui, e sorrise imbarazzato scuotendo la testa. "Non sono affari tuoi". 
Silver sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e rilassando la schiena contro la sedia, studiando la sua reazione con un ghigno sulla faccia. "Beh, lo è se mia sorella ha mollato me e Dan per stare insieme a te". 
"Cosa? No, no, no, non ci conoscevamo neanche quando Abby se n'è andata. Puoi credermi.." sussurrò Dean accennando un sorriso confortevole ed annuendo. 
Silver sbuffò e scosse la testa, tornando seria e guardandolo con aria curiosa. "Ok, allora che cosa vuoi?".
Dean aveva pensato molto a cosa dirle, ma tutti i discorsi che si era fatti per calmare la sorellina di Abby sfumarono nel vento e sgranò leggermente gli occhi trovando solamente parole poco appropriate per una ragazza. Così si schiarí la gola e la guardò serio per poi sorridere gradualmente, quando un'idea gli attraversò la mente. "Hai fatto una cazzata gigantesca, Silver. Potevi morire e i tuoi fratelli stanno facendo davvero il minimo per punirti per via di ciò che avete passato. Se mio fratello avesse fatto quello che hai fatto tu alla mia macchina, lo avrei letteralmente ucciso e io ho una lunga serie di armi nel retro della mia auto! Comunque penso che Abby non passerà troppo presto su ciò che hai fatto, quindi se vuoi ti posso offrire un modo per rimediare". 
Silver lo guardò per un momento titubante, cercando di capire perché fosse così gentile con lei e perché tenesse così tanto ad aiutarla, ma poi gli sorrise ed annuì, seguendolo dovunque la stesse portandolo col pensiero felice che almeno avrebbe saltato per un po' i compiti e avrebbe avuto qualcun altro da incolpare.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. ***


HUNTERS' LEGACIES
Capitolo 10.
(II parte)

Aprí la porta di casa con aria scocciata, richiudendosela alle spalle con un sonoro tonfo: erano da poco passate le tre di mattina, quel giorno le era toccato il turno di notte ed era così stanca.
Si tolse il giubbotto e lo appese all'attacca panni lì vicino, osservando nessuna luce accesa al piano di sotto, solamente quella accesa da lei, e sbuffò. Sporse la testa verso il salotto, ma non trovò il maggiore a dormire sul divano ed aggrottò le sopracciglia chiedendosi dove si potesse trovare. 
Controllò le stanze al piano di sotto, ma non lo trovò, così si diresse verso la porta che l'avrebbe condotta al garage, chiedendosi se Dean avesse trovato i sedili della sua Impala più comodi del suo divano, e aprí la porta lentamente restando senza fiato: il ragazzo e Silver stavano sistemando la sua auto e non si erano accorti della sua presenza. 
La fiancata era ritornata come nuova e ogni pezzo danneggiato era stato sostituito, e Abby sorrise compiaciuta osservandoli lavorare insieme scherzando fra di loro; la ragazza si schiarí la gola con espressione più seria e dura manifestando la sua presenza, ed entrambi si voltarono a guardarla come se fossero appena stati beccati con le mani nel sacco. 
Silver sgranò gli occhi e si mise con il busto a coprire la fiancata riparata, come per nasconderla e non rovinarle la sorpresa. "Abby, non dovresti essere a lavoro?". 
"Sono le due e mezza, Silver. Tra qualche ora devi andare a scuola..". 
"Davvero è così tardi? Il tempo vola quando ci si diverte!" esclamò Dean ridendo di gusto ma in maniera nervosa, passandosi una mano sulla fronte appena sudata. 
Abby gli sorrise teneramente, così come fece alla sorella, e si avvicinò con le braccia conserte sospirando e guardando la sua auto rimessa a nuovo sentendosi tremendamente felice, ma non voleva che Silver potesse pensare che bastasse così poco per essere perdonata. Le mise una mano sulla spalla e la guardò negli occhi, riconoscendo dopo tanto tempo sua sorella. "Và a letto, piccola..".
"Ma Abby, devo finire e..". 
La maggiore la guardò sollevando un sopracciglio, divenendo un po più seria, e Silver capí di dover obbedire e andare a dormire, anche perché gli occhi iniziavano a chiudersi da soli per la stanchezza già da una mezz'ora. La minore si sporse con uno scatto verso di lei, abbracciandola improvvisamente ed affondando il viso nel suo petto mentre le avvolgeva il torace con le braccia ad occhi chiusi. "Mi dispiace, Abby. Perdonami, ti prego". 
La ragazza sgranò gli occhi non aspettandosi un gesto simile, anche perché da quando fosse tornata Silver si era sempre tenuta alla larga da lei o era sempre stata scontrosa nei suoi confronti; ma adesso la maggiore vedeva solamente la sua sorellina, quella che aveva sempre coccolato e viziato da quando avesse iniziato a camminare. 
Ricambiò l'abbraccio e strinse leggermente gli occhi come se non aspettasse altro da settimane, e le baciò la testa piena di capelli neri e lunghi, sentendo il cuore battere sempre più veloce nel petto, perché le voleva troppo bene. 
Sospirò e cercò di rimettere su la sua faccia autoritaria, sciogliendo l'abbraccio e sorridendole appena mentre la guardava negli occhi. "Va a dormire, ne parliamo domani ok?". 
Silver annuí e sorrise contenta come non si sentisse da tanto tempo, e prima di sparire dentro casa riservò lo stesso sguardo anche a Dean, che nel frattempo si era appoggiato al cofano e aveva serrato le braccia al petto per gustarsi la scena con un sorriso compiaciuto sul viso. 
Abby sospirò e si avvicinò ulteriormente, osservando la macchina completamente messa a nuovo, con tanto di lucidatura, mentre brillava sotto le luci del garage. Fece scivolare lo sguardo commosso verso Dean, che sorrise di rimando e si grattò distrattamente la nuca: il ragazzo aveva architettato tutto ciò, ma non aveva pensato al fatto che Abby avrebbe potuto guardarlo di nuovo così. 
"Dean..". 
"Era meno grave di quanto sembrasse e Silver ha avuto un'idea pazzesca: ha trovato i pezzi e li ha montati tutta da sola" disse l'uomo sorridendo compiaciuto e sollevando le sopracciglia in un'espressione ironica. "Sicuro che la sua strada non sia in un'officina? Perché è davvero brava!". 
Abby sentí il cuore battere fin troppo forte e si avvicinò piano, appoggiando un gomito al tettuccio della sua auto proprio in prossimità del lato guidatore e vicino al ragazzo. Lo guardò con aria sorridente e felice, e Dean ricordò di averla vista guardarlo in quella maniera solamente in determinate circostanze e si ritrovò a deglutire a fatica. "Ha fatto tutto da sola, eh?" 
"Si, tua sorella è un fenomeno! Te lo giuro!".
Dean rise di gusto, un po' perché sapeva che Abby avesse capito tutto e un po' perché quando lo guardava in quella maniera che scombussolava sempre qualcosa dentro di lui, così distolse lo sguardo per qualche momento, ma poi tornò a guardarla con aria sorridente. Abby gli riservò uno sguardo di gratitudine e senza accorgersene gli afferrò una mano fra le sue, stringendola forte: entrambi pensarono a quanto fosse importate per loro toccarsi continuamente, che fosse una mano stretta o una carezza distratta sul viso o sulla schiena, per i due ragazzi era importante sentirsi sempre vicini. 
"Grazie Dean". 
Il ragazzo strinse la mascella e la guardò annuendo leggermente, sorridendo però e continuando a sentire quel segreto già svelato dentro di lui. "Non ho fatto nulla, davvero". 
Abby annuí e sentí il cuore battere più forte di quanto credesse possibile, e sorrise pensando che il suo cuore impazzisse ogni volta che fosse vicino a lui, quando il ragazzo aumentò la stretta sulla sua mano, risalendo fino ad arrivare al suo polso che sfiorò con delicatezza, e lei continuò a guardarlo con la stessa intensità, pensando che fosse così stupida perché Dean riusciva a farla cadere tutte le volte. 
Si avvicinò senza troppe attese o senza dire una parola di più, e si portò le sue braccia ai fianchi per poi serrare le sue attorno al suo collo, e si sollevò sulle punte dei piedi per baciarlo con la stessa dolcezza mista a passione che contraddistinguessero tutte le altre volte. Dean si lasciò trasportare spinto dai sentimenti, ma dopo poco si distaccò mettendo una debole distanza fra i loro visi ed interrompendo quel bacio che stava iniziando a fargli perdere il controllo; la guardò con l'aria di chi volesse dissuaderla dal fare qualcosa di stupido di cui si sarebbe potuta pentire la mattina successiva: l'ultima cosa che Dean avrebbe voluto era proprio che Abby soffrisse una volta che se ne fosse andato via e lei sarebbe tornata alla sua vita. 
Ma Abby non voleva pensarci affatto, voleva solamente sentire le sue mani su di lei e la sua bocca che intrappolava ogni singolo centimetro di pelle disponibile; gli intimò di chiudere la bocca e sorrise, sollevandosi nuovamente per stringerlo fra le sue braccia e baciarlo con estrema passione. 
Indietreggiarono in maniera scoordinata e Dean si abbassò leggermente per afferrarla dai glutei per caricarsela addosso, schiacciandola fra il suo corpo e la fiancata appena riparata dell'auto, per poi scendere a baciarle il collo con avidità mentre Abby inclinava la testa all'indietro per concedergli più spazio e si teneva stretta alle sue spalle. 
Passò poco prima che si stendessero sui sedili posteriori dell'auto, chiudendosi lo sportello dietro e lasciando libero sfogo a tutto ciò che provassero veramente e che avessero tentato per tanto tempo di reprimere. 
 
 
 
Sam si stiracchiò nel letto quando aprí gli occhi quella mattina, sentendosi completamente rilassato come non lo era da tanto tempo: si trovava in un luogo sicuro e per qualche giorno aveva chiuso in un angolo della sua mente ciò che lo aspettasse una volta che lui e suo fratello sarebbero andati via da quella casa. 
Si sedette sul letto e sospirò, pensando al patto che Dean avesse fatto per riportarlo in vita e chiedendosi perché suo fratello fosse stato così stupido da siglare quell'accordo: Sam voleva vivere, proprio adesso che Azazel era morto e potesse concedersi una pausa dalla vita orribile dei cacciatori, proprio adesso che Dean avesse trovato una ragazza che lo capisse e accettasse ogni parte di lui, specialmente la parte mai seria e sarcastica che nascondesse l'anima pura e fragile che lo contraddistinguesse e che Sam avesse sempre visto in suo fratello. 
Sam avrebbe voluto vivere e salvarsi, ma non a spese di Dean. 
E adesso si trovava a dover iniziare nuovamente il lavoro di famiglia, nella speranza di trovare un modo per salvare il culo di suo fratello dall'inferno. Non avrebbe permesso che Dean pagasse con la sua vita e con la sua anima. Non era giusto. 
Sbuffò e si alzò dal letto, pensando che fosse tempo di ricominciare le ricerche e si diresse in bagno, che trovò rigorosamente occupato da Silver, intenta a prepararsi per la scuola: Sam sorrise perché aveva notato il cambiamento nel modo di porsi della ragazza e pensò che lei ed Abby fossero fin troppo simili. 
Scese al piano di sotto lentamente, soffermandosi con lo sguardo su Dean ed Abby che avevano passato nuovamente la notte abbracciati sul divano: Dean teneva le gambe stirate sul tavolino basso di legno, mentre col braccio sinistro stringeva Abby che dormiva in pace con il capo sul suo petto, mentre con il braccio destro gli stringeva forte il torace. 
Osservò il viso di suo fratello così rilassato e tranquillo come non lo aveva mai visto ed il sorriso gli scemò quando pensò a quanto amasse ancora profondamente Jessica e a quanto gli mancasse, ed al fatto che quelli fossero gli ultimi istanti felici di Dean, che si mosse nel sonno per mettersi più comodo, tirando su la coperta e stringendo Abby di più fra le sue braccia. 
Sospirò e si diresse in cucina, dove trovò Dan intento a prepare la colazione per tutti con già in dosso il completo elegante che usasse ogni giorno per andare a lavoro: lo salutò con un gesto della mano a cui il ragazzo rispose con un mezzo sorriso ed iniziò ad aiutarlo nel preparare. 
Sam pensò che anche Dan avesse visto il modo in cui suo fratello ed Abby fossero stretti l'un l'altra pel l'ennesima notte di fila e sorrise in silenzio, pensando a quanto gli avrebbe potuto dare fastidio: Dan era diventato l'uomo di casa dopo la morte di suo padre, doveva mantenere l'aria da duro e di chi non si piegasse mai davanti a nulla, e  che doveva occuparsi delle sue due sorelle più piccole. Aveva già spento le sue trentesime candeline qualche settimana prima e la foto di Dan col cappello da festa ed una grossa torta davanti, mentre guardava la macchina fotografica con espressione scocciata ne era la prova: aveva un lavoro, aveva una macchina sua, una casa, viziava Abby e Silver accontentando ogni loro capriccio, e qualche notte si divertiva a portare a casa qualche sua collega di lavoro, per poi far arrabbiare le sue sorelle quando incrociavano per la casa una ragazza diversa ogni settimana. 
"Quanto avete intenzione di restare?". 
Sam lo guardò distogliendosi dai suoi pensieri e sospirò, facendo spallucce: aveva capito che non dispiacesse a nessuno dei tre fratelli la presenza di Sam e Dean in casa loro, ma Dan iniziava ad innervosirsi quando ogni mattina trovava quella scena sul divano. 
"Presto andremo via.." sussurrò Sam annuendo e accennando un sorriso, guardandolo con aria grata. "Anzi, ti ringrazio ancora per avere ospitato me e mio fratello per questi giorni". 
Dan mugognò con la gola ed annuí, continuando a rigirare le uova nella padella, aspettando che fosse cotte per mangiarle e scappare al lavoro, come ogni mattina. Ma quella particolare mattina, Dan spense il gas prima che le uova avesse finito la loro cottura e si voltò verso Sam con uno sguardo curioso, appoggiandosi al top della cucina con i fianchi e con le mani. "Tuo fratello ha riparato la macchina di Abby". 
"Si, è tipico di Dean: sa quanto Abby tenga alla sua auto e voleva risolvere la questione fra le tue sorelle" disse Sam annuendo, aggrottando però le sopracciglia e guardandolo non riuscendo a capire come quello potesse rappresentare un problema. 
Dan si grattò nervosamente la nuca e sospirò rumorosamente. "Si lo so, Silver mi ha raccontato tutto: quanto sia speciale Dean, quanto sia gentile e premuroso e quanti bei suggerimenti le abbia dato per affrontare la morte di nostro padre nella maniera giusta, e Silver sembra aver capito: stava studiando già alle sette stamattina, perché oggi avrà un'interrogazione".
Sam sgranò gli occhi e sorrise felicemente, perché era proprio tipico del suo fratello maggiore sapere come parlare con gli adolescenti. "Ma è fantastico!". 
Ma presto il sorriso di Sam scemò e divenne più serio, capendo dallo sguardo di Dan che non fosse poi così fantastico: probabilmente Dan aveva provato per mesi a fare rigare dritto Silver, soffrendo ogni volta che soffrisse lei, e poi bastarono poche parole di Dean per farle cambiare completamente atteggiamento e provare a rimediare ciò che avesse fatto di sbagliato in quell'ultimo anno e mezzo. Come se non bastasse, aveva trovato la sorella di mezzo dormire serena abbracciata a lui. 
Sam capí come dovesse sentirsi e abbassò il capo, sorridendo nervosamente. Ma poi tornò a guardarlo con aria dispiaciuta e sofferente. 
"Dean, lui beh.. Capisco perché non ti piaccia mio fratello, davvero, ma è una brava persona. E se può consolarti, è stata una mia idea venire a trovare Abby, perché volevo che passassero un po di tempo insieme. Almeno un po' del tempo che gli rimane".
Sam probabilmente non si era accorto di aver pronunciato quell'ultima frase ad alta voce, ed abbassò il viso perché gli faceva davvero male sapere che suo fratello presto non ci sarebbe stato più se non avessero trovato un modo di salvarlo.
"Che significa?". 
Dan lo guardò con sopracciglia aggrottare e aria di chi non capisse cosa intendesse con quelle parole, e quando Sam sollevò lo sguardo verso di lui capí che qualcosa di terribile sarebbe presto successo. 
 
Abby si stiracchiò sul petto del ragazzo in maniera poco delicata, finendo inevitabilmente per svegliare anche lui notando come avesse iniziato a sbattere le palpebre e a guardarsi attorno nel tentativo di capire dove fosse e perché; spostò lo sguardo su Abby, che lo guardò con un sorriso ripensando a quanto successo la sera precedente quando vennero travolti dalla passione nella sua auto. 
Una volta chiuso lo sportello era tutto andato a gonfie vele proprio come se lo ricordavano, ma più intenso per via del fatto che fossero stati separati per quasi un mese o perché Abby mentre lo baciava e lo stringeva forte affondando le sue unghie sulla schiena e lo sentiva muoversi dentro di sé, aveva in un attimo realizzato che questa volta non poteva durare e che la vita di Dean sarebbe presto finita. 
Dean pareva essersi accorto del suo cambiamento di umore e aveva cercato di rassicurarla, stringendola di più e baciandola più dolcemente, ed Abby si affrettò a nascondere i suoi veri sentimenti dentro la sua armatura, perché non voleva dargli un altro motivo per essere triste. 
Avevano deciso di passare qualche altro momento insieme guardando qualche altro vecchio film e stavolta Abby gli tolse il telecomando di mano, decretando che non avrebbero visto per l'ennesima volta Godzilla, ma dopo poco entrambi si addormentarono l'uno sull'altra, risvegliandosi nello stesso modo.
"Buongiorno ragazzina..". 
Abby sorrise e chiuse gli occhi mentre si stiracchiava ancora, sentendosi tremendamente stanca e indilenzita per l'ennesima nottata passata su quel divano insieme a lui, ma si sentiva felice. Fin troppo. 
Il sole filtrava dalla finestra e illuminava il viso del ragazzo sotto di lei, che la guardava con ancora lo sguardo addormentato ma con un grande sorriso sghembo, e il suo cuore tornò a battere veloce proprio come la sera precedente. Era tutto perfetto. O quasi. 
Proprio quando stava per colmare quella distanza con un bacio, sgranò gli occhi e sobbalzò sul divano, mettendosi seduta di scatto e guardando l'orgoglio al suo polso che segnava già le otto e mezza del mattino, iniziando a chiamare a gran voce la sorella. 
"Silver!!". 
Scattò in piedi e fece per correre su per le scale, ma intravide suo fratello avvicinarsi nella sua direzione insieme a Sam ed entrambi tenevano fra le mani una tazza fumante di caffè. 
"Cazzo Dan, potevi svegliarmi o svegliare lei! Adesso Silver farà tardi a scuola e finirà in un mare di guai!". 
La donna non aspettò neanche che il fratello rispondesse e corse al piano di sopra salendo gli scalini a due a due, iniziando a chiamare sua sorella per farla svegliare, mentre Dan e Sam si scambiarono un'occhiata divertita, pensando che Abby vivesse la vita col piede sempre sull'acceleratore senza rallentare mai. 
Dan entrò all'interno del soggiorno ed osservò lo sguardo assonnato del giovane sul suo divano e sollevò un sopracciglio, sedendosi accanto a lui e sostenendo il suo sguardo che ad un tratto divenne serio. 
"Vai a letto con mia sorella, Dean?". 
Il ragazzo sgranò gli occhi e cercò aiuto nello sguardo di suo fratello, che però rimase sulla soglia ad osservare la scena con un sorriso divertito sulle labbra, ed entrambi intuirono che Dan avesse davvero perso le staffe questa volta. 
"Cosa? No!" esclamò Dean scuotendo la testa come se fosse la cosa più ridicola del mondo nel tentativo di non scatenare l'ira dell'uomo accanto a sé, che non smise un attimo di studiare il suo sguardo e Dan fece una smorfia disgustata quando vide sul viso del giovane delle sbavature di rossetto. Lo stesso che fosse solita utilizzare Abby. "Perché pensi questo?". 
"Perché hai la faccia di chi è entrato nei pantaloni di mia sorella!" esclamò di scatto Dan con tono arrabbiato e sgranando gli occhi; poi sollevò un sopracciglio e lo guardò con aria seria. "Dato che sono un Harrison anch'io, vuoi che stasera poggi dolcemente il mio viso sulla tua spalla, così potremo coccolarci tutta la notte?". 
Dean sentí Sam ridere alle spalle del ragazzo e cercò di trattenere una smorfia divertita e non ridergli in faccia per evitare che Dan potesse rovesciargli addosso il liquido nero e bollente contenuto nella tazza che tenesse fra le mani. 
"Non sei il mio tipo, scusa amico. Ma forse se ti facessi crescere i capelli e togliessi quello che hai fra le gambe, forse e dico forse pot-". 
"Smettila di scherzare. Abby è mia sorella e non mi piace che tu le ronzi intorno in questa maniera". 
Dan divenne serio e lo fulminò con lo sguardo, perché se aveva un compito era proprio quello di proteggere le sue sorelle da tutto e da tutti. Dean ricambiò l'occhiataccia e studiò i suoi occhi, perché poteva capire la gelosia fraterna, ma quello era davvero troppo. Così mandò al diavolo le buone maniere e sollevò un sopracciglio. "Da quando sono arrivato non ho fatto altro che cercare di aiutare Abby e Silver, e provare ad essere gentile con te, ma adesso basta. Perché non ti piaccio?". 
"Non è per quello che fai, ma per quello che sei: conosco i tipi come te e so che prima o poi spezzerai il cuore di mia sorella, e quando lo farai io ti spezzerò il collo. E poi sei un cacciatore e a me non sono mai piaciuti i cacciatori!" esclamò Dan con voce bassa ma perentoria, fulminandolo con lo sguardo e destando ogni singola delle sue parole.
Dean sorrise sarcastici e fece spallucce, voltandosi a guardarlo meglio con ironia." Ti rendi conto che anche tuo padre era un cacciatore e che anche Abby lo è?". 
Dan sentí il sangue ribollire dentro di sé e avrebbero iniziato una vera e propria lite da un momento all'altro se Abby non si fosse precipitata giù dalle scale aria preoccupata, sgranando gli occhi e guardando suo fratello negli occhi."Non è in camera e neanche in bagno! È scappata di casa? Lo sapevo che non dovevo abbassare la guardia solamente perché mi ha aggiustato la macchina!". 
Dan si alzò dal divano con espressione del tutto differente rispetto a pochi secondi prima, ridendo divertito ed avvicinandosi alla sorella con  un grande sorriso luminoso, passandole un braccio attorno alle spalle ed attirandola a sé con delicatezza. "Silver è uscita mezz'ora fa da casa, è già andata a scuola. Rilassati sorellina".
Abby tirò un sospiro di sollievo e si sporse ad abbracciare il fratello, dandogli un sonoro bacio sulla guancia ed iniziando a sorridere felice. "Sei il migliore, fratellone". 
Dean la osservò scomparire in cucina dicendo che stava morendo di fame e Dan lo guardò con un sopracciglio alzato e facendo spallucce, lasciandogli intendere che aveva ancora una grande influenza su sua sorella, e il ragazzo sospirò mentre si avvicinava al fratello con aria non troppo felice, osservando Dan andare dietro a sua sorella. "Ma che problema ha?". 
"È solo geloso, Dean. Se avessimo avuto una sorella più piccola saresti stato esattamente così..". 
Il maggiore sollevò lo sguardo verso Sam con aria piuttosto seria, ma subito dopo nacque un sorriso parecchio divertito e gli batté la mano sulla spalla mentre rideva di gusto." Ma io ho già una sorella minore, vero Sammy? Eppure non mi lamento quando vedo che i ragazzi si interessano a te!". 
Sam lo fulminò con lo sguardo e lo osservò entrare nella cucina con aria divertita, scuotendo la testa e pensando che se non se ne fossero andati subito Dan avrebbe ammazzato Dean prima dello scadere del patto, dato che suo fratello come prima cosa che fece una volta entrato all'interno della cucina fu avvolgere Abby in un forte abbraccio, dandole un bacio a fior di labbra che lei ricambiò con felicità. 
Dan strinse la mascella e deglutí a fatica ed Abby parve non accorgersi dello sguardo omicida che suo fratello rivolse al ragazzo che si sedette sullo sgabello accanto a sé, o almeno fece finta per evitare di scatenare inutili guerre. 
Aveva passata una notte bellissima e non voleva di certo farsi rovinare la giornata da suo fratello, che ignorò fin quando non lo vide uscire afferrando il suo giaccone pronto per la nuova giornata di lavoro. 
 
 
 
Mosse con le mani quell'impasto biancastro ed elastico che girava e rigirava sul tavolo da qualche minuto, sporcandosi i vestiti di farina per la sua distrazione o forse perché Silver non avesse smesso neanche un momento di saltellarle attorno per la cucina con tutta l'intenzione di darle una mano a cucinare, riuscendo a creare un grande caos attorno alla sorella maggiore; ad Abby si scaldò il cuore ad osservare sua sorella così felice, chiedendosi da quanto tempo non la vedesse così sorridente. 
Erano passati altri due giorni dalla notte che Abby e Dean avessero passato nella sua macchina ed avevano passato le successive due chiusi nella sua stanza, ridendo e divertendosi come bambini quando tutti fossero andati a letto, ed era andato tutto bene almeno fino a quella stessa mattina, quando Abby passò velocemente dal soggiorno dove osservò Dean e Sam a smontare e pulire le loro pistole inutilizzate ormai da una settimana, usando come base il tavolino basso di vetro. 
Abby li avrebbe rimproverati in altre circostanze, ma sapeva che fosse questione di tempo prima che entrambi lasciassero la sua casa e fece finta di nulla: per questo si era ritrovata in cucina ad impastare. 
Quando Abby era nervosa solitamente sfogava la sua frustrazione su un demone o su qualsiasi creatura malvagia che le si parlasse davanti durante la cacce, oppure in alternativa quando si trovava a casa iniziava a cucinare. 
"Non vedo l'ora di poter mangiare la tua pizza!" esclamò Silver continuando a saltellarle attorno, battendo le mani proprio come una bambina ricordando quando suo padre e i suoi due fratelli iniziavano ad impastare per fare la pizza in casa che tanto piaceva loro. 
Abby le sorrise distrattamente e tornò a immergersi nei suoi pensieri, perché detestava l'idea che i ragazzi se ne potessero andare e si chiese come avrebbe fatto a perdonarsi il fatto di non aver fatto il possibile per cercare di salvare il maggiore. 
Silver aggrottò le sopracciglia ed osservò il modo nervoso con cui sua sorella stesse quasi prendendo a pugni quel povero impasto e sospirò; uscì dalla cucina e si mosse nel corridoio che la collegasse al salotto, osservando i due ragazzi pulire le loro pistole e i loro fucili uno dopo l'altro, e capí immediatamente perché sua sorella apparisse così nervosa. 
Osservò Dan rientrare a casa da lavoro con la solita valigetta fra le mani, salutare distrattamente i due Winchester e baciare il capo della sorella minore con un grosso sorriso. Ma Silver sorrise appena e decise che fosse ora di comportarsi da adulta e non più da ragazzina, come le avesse gentilmente fatto notare Dean. 
Chiese a Dan di salire di sopra con lei perché avevano delle cose di cui parlare e Silver provò a non fare impazzire del tutto il fratello, raccontandogli ciò che avesse pensato fosse la cosa più giusta da fare. 
 
 
"Woow!" esclamò Dean sgranando gli occhi, aprendo il forno spento e notando come quel piccolo impasto che Abby si era rigirata fra le mani per pochi minuti adesso fosse lievitato parecchio dentro il forno e rimase a bocca aperta per qualche momento. 
Sam rise di gusto appoggiato al top della cucina e intercettò lo sguardo un po spento della ragazza, piegata ed appoggiata con i gomiti sull'isola di marmo, che accennò un sorriso nella sua direzione. 
"E tutto quello che devi fare adesso è metterci su un po' di formaggio, pomodoro e qualche altro ingrediente?" chiese Dean voltandosi verso di lei e sgranando gli occhi per la sorpresa. 
Quell'espressione sbalordita fece stringere il cuore alla ragazza, che si chiese come un ragazzo di ventotto anni come lui potesse non avere mai avuto l'occasione di preparare la pizza in casa o qualsiasi altra cosa; ma gli sorrise teneramente ed annuì, facendo spallucce. 
"Potete aiutarmi, se vi fa piacere.." sussurrò Abby con voce tirata, sentendo il cuore battere sempre più forte e questa volta per delle emozioni del tutto differenti rispetto a quelle che provasse quando passava del tempo con Dean. 
Cercò di ignorare la sua tristezza e notò lo sguardo felice di Dean e quello accondiscendente di Sam, che le si avvicinò guardando con aria curiosa, non riuscendo a capire: Sam ed Abby non erano mai stati uno specchio aperto l'uno per l'altra, ma nel tempo che passarono insieme nell'ultimo anno avevano iniziato a comprendersi molto di più, fino al punto che bastasse uno sguardo fra loro per prendere in giro Dean o per capirsi durante le cacce. Eppure in quel momento, Sam capí che qualcosa non andasse in Abby e che stesse cercando di nascondere qualcosa dentro di sé per non farsi scoprire. 
"Che c'è che non va?". 
Sam parlò a bassa voce e molto vicino alla ragazza per non farsi sentire dal fratello corso nella stanza di fianco per recuperare il suo portatile, cercando qualche ricetta davvero ipercalorica che avrebbe tanto voluto provare prima di andare via, e Abby si passò una mano sul collo, inclinando la testa e distogliendo lo sguardo. "Niente Sammy, è solo che.. mi dispiace che presto andrete via. Il tempo è volato e a me non è sembrato abbastanza..". 
Sam osservò il suo sguardo triste posarsi su di lui quando terminò la frase e si sforzò di sorridere stringendosi nelle spalle e sospirando, e Sam le passò una mano sulla schiena perché non poteva dirle ciò che avrebbe voluto sentirsi dire. Trovare una soluzione per Dean era troppo importante per perdere tempo prezioso a casa sua. 
Dean sbucò dalla porta sorridente, mostrando loro una pagina internet che invitasse i proprio followers a provare delle ricette davvero strane sulla pizza e Sam rise di gusto scuotendo la testa mentre Abby sentí lo stomaco chiudersi sempre di più. 
Sapeva che sarebbe stato questione di tempo prima di crollare, ma sperava di resistere almeno fino a dopo la loro partenza, e prese un respiro profondo e rumoroso, attirando involontariamente l'attenzione dei due ragazzi. 
Vide Dean aggrottare le sopracciglia e guardarla con espressione curiosa, fingendo bellamente di non aver notato il suo cambiamento d'umore e proprio quando stesse per chiederle cosa avesse che non andasse, la voce forte di suo fratello la chiamò dalla tromba delle scale ed Abby lo ringraziò mentalmente per riuscire sempre a toglierla dai guai. 
"Scusate, torno subito ragazzi..". 
Si dileguò velocemente come se avesse fretta di andare via e Dean chiese spiegazioni con lo sguardo a Sam, che fece spallucce e lo guardò come a dire Che ti aspettavi? Che sarebbe stato facile?
Salí le scale velocemente e vide suo fratello aspettarla in cima, farle segno di seguirla nella stanza di Silver dove trovò la sorellina seduta sul bordo del suo letto con espressione sorridente. 
"Beh, che succede?". 
Dan si chiuse la porta alle spalle e finalmente incrociò lo sguardo della  sorella di mezzo, ai suoi occhi senza difese né barriere e riuscendo a scorgere la stessa tristezza che avesse visto anche Silver. Sbuffò rumorosamente perché detestava quell'idea e pensava che fosse davvero stupida perché Abby si sarebbe fatta molto male se qualcosa fosse andato storto, e mise le mani contro i fianchi, guardandola con aria seria. "Senti Abby, tua sorella ha avuto un'idea stupida. La più stupida che potrà mai avere nella sua vita. Però, per quanto mi costi ammetterlo, potrebbe avere ragione..". 
Abby guardò i suoi fratelli con aria confusa, alternando lo sguardo fra loro due, e non riuscendo ad immaginare in quale possibile altro guaio si potesse andare a cacciare sua sorella: la guardò con il suo sguardo autoritario e serrò le braccia al petto. "Di che parliamo? Non tenetemi sulle spine, sapete che lo detesto". 
Dan fece un respiro profondo e pensò quanto Abby gli sembrasse ancora una bambina e quanto avrebbe voluto proteggerla da tutto ciò che avesse dovuto passare a causa delle cacce in cui si lasciava trascinare da suo padre e da tutto ciò che sarebbe potuto accadere se avesse davvero seguito l'idea di Silver, ma si fece coraggio e la guardò negli occhi. 
"Sam qualche giorno fa mi ha detto del patto di Dean..". 
Abby si sentí gelare il sangue nelle vene e serrò la mascella come un riflesso, deglutendo a fatica e sentendo la stretta al suo stomaco aumentare sempre di più, sentendo le sue budella rigirarsi dentro di lei. Sentí gli occhi divenire lucidi e distolse lo sguardo, perché aveva sempre detestato apparire fragile, soprattutto con la sua famiglia. "Perché me lo stai dicendo?". 
Dan divenne triste ad osservare i suoi occhi diventare così tristi e avrebbe voluto abbracciarla forte, ma Silver si mise in piedi e le prende le mani fra le sue. "Io e Dan crediamo che tu debba andare con loro". 
"No". 
Fu tutto ciò che uscì dalla bocca di Abby, che scosse il capo e si tirò indietro dalla stretta di sua sorella, sentendo il cuore battere velocemente, e si chiese se avrebbe potuto continuare a vivere con quella tachicardia perenne. 
"No?" ripeté Dan sgranando gli occhi e guardandola con aria confusa. "Pensavo che avresti fatto i salti di gioia e che saresti scesa di corsa per dirlo all'idiota che sta di sotto". 
Abby scosse la testa e sbatté velocemente gli occhi sentendo le ciglia già umide, e guardò entrambi come se avessero avuto l'idea più brutta di sempre. "Non voglio. Non lo farò. Perché quello non è il mio posto, ma è qui con voi, che siete la mia famiglia".
"È davvero questo il punto?" chiese Silver aggrottando le sopracciglia e guardandola con aria confusa, di chi però cercasse di capire cosa le passasse per la testa. 
"Vi ho già abbandonati una volta ed è stato orribile perché mi mancavate così tanto ed avevo paura ogni giorno di non rivedervi più. E adesso che sono tornata, io non posso.." sussurrò Abby scuotendo la testa, mentre delle lacrime fecero capolinea sui suoi occhi, facendo spallucce. "Quindi no, resterò qui. Bella chiacchierata". 
Abby si mosse velocemente e fece per uscire di corsa dalla stanza, ma la voce di suo fratello la richiamò e si fermò con la mano a mezz'aria ancor prima di sfiorare la maniglia. "Per quanto io detesti ammetterlo, lo vedo il modo in cui vi guardate: ho cercato di dissuaderlo a stare con te, ho provato di tutto per far allontare Dean da te perché sapevo che una volta andato via, ti si sarebbe spezzato il cuore!". 
"Tu hai fatto cosa?!" chiese Abby sgranando gli occhi e guardandolo in cagnesco, trasformando il suo dolore in rabbia pulsante. 
"Gli ho detto di stare lontano da te, ma.. Ma non ci riesce, e non ci riesci neanche tu.." sussurrò Dan abbassando il tono della voce ed addolcendolo, facendo un passo avanti e prendendo una mano della sorella fra le sue. "Ho solo paura che tu possa prendere la scelta sbagliata e che possa pentirtene per sempre". 
Abby guardò suo fratello negli occhi, iniziando quasi a tremare per il nervosismo, e vide con la coda dell'occhio Silver fare qualche passo avanti fino a raggiungerli, ed anche lei prese una mano della sorella fra le sue. "Quando te ne sei andata, ho pensato che non ti importasse nulla di me. E ti ho odiata, perché mi faceva così male che tu non fossi qui: mi mancava la mamma e mi mancava papà, e tu non c'eri..".
"Oh, piccola.." sussurrò Abby con le lacrime agli occhi, stringendo la mano della sorellina e deglutendo a fatica il macigno che le si fosse stabilizzato in gola. 
"Quello che ti voglio dire è che.. Per quanto mi.. Ci faccia male che tu possa partire di nuovo, non vogliamo che tu possa avere il rimorso di non aver trascorso più tempo possibile con lui dato che potrebbe morire, specialmente dopo che papà è morto.." continuò Silver con voce spezzata e non riuscendo a trattenere le lacrime, asciugandosele con la mano libera. 
Abby abbassò lo sguardo e sentí le lacrime scendere anche sul suo viso: amava i suoi fratelli, avrebbe dato la vita per loro senza neanche pensarci due volte e lasciarli per una seconda volta le risultava così pesante, tanto quanto lasciare andare via Sam e Dean senza di lei. 
Scosse la testa e pensò al peso che dovesse sopportare ogni volta che partisse insieme a lei per risolvere un caso, lasciando gli altri due figli a casa da soli ad autogestirsi. 
Sentí due dita afferrarle il mento e farglielo alzare con delicatezza, ed Abby incontrò lo sguardo di suo fratello maggiore che fatica a trattenere le lacrime, specialmente perché le sue due sorelle non avessero smesso un momento di versarle. "Va tutto bene Abby, noi vogliamo che vai, lo sappiamo tutti che tanto tornerai a casa quando ti renderai conto che quello sia solamente un idiota". 
Abby e Silver risero sinceramente e la maggiore annullò la distanza fra loro abbracciando di slancio i suoi fratelli, pensando che non esistesse nulla di più importante per lei; sentí le braccia di suo fratello stringerla forte e le piccole mani della sorella tenerla stretta dalla schiena, e fu in quel momento che Abby fu finalmente felice. 
Sciolse l'abbraccio e li guardò entrambi, pensando che fosse fortunata ad avere dei fratelli come quelli, che avessero davvero capito ciò che l'avrebbe fatta stare bene mettendo i propri desideri dopo i suoi, che aveva davvero sacrificato tutta la sua vita per la caccia. 
"Però ho una condizione.." sussurrò Dan tirando su col naso e mettendo su uno sguardo molte serio, puntandole un dito contro. "Devi tornare a casa per Natale". 
Abby rise di gusto e spazzò via le lacrime dal suo viso con entrambe la mani, sorridendo in direzione dei fratelli ed annuendo. "Non me lo perderei mai". 
 
 
 
 
"È daffero vuoniffima!" esclamò Dean con ancora la bocca piena di cibo, seduto al tavolo e brandendo la sua fetta di pizza come trofeo, strappandone di mano un'altra a suo fratello, che sbuffò e lo fulminò con lo sguardo giocosamente. 
Dan scosse la testa, chiedendosi cosa sua sorella ci trovasse in un uomo rozzo come lui, e sibilò un leggero idiota fra i denti, osservando Abby però sorridere nei suoi confronti, e lo sguardo del fratello si addolcí appena, sorridendo. 
Passarono la serata in tranquillità, ridendo e scherzando non menzionando mai l'argomento off limits della caccia, e Dean e Sam si accorsero dell'atteggiamento cambiato in positivo di Dan tanto quanto quello di Abby, ed immaginarono che fosse successo qualcosa senza però mai osare chiedere cosa fosse successo: una volta raggiunto un equilibrio così sudato dopo un'intera settimana, non avrebbero fatto nulla per destabilizzarlo. 
Continuarono la serata a sorseggiare birra ed a guardare tutti insieme dei film nel salotto, e per un momento Sam e Dean si sentirono come se fosse davvero in famiglia, ed era così piacevole che avrebbero voluto non essere costretti a rinunciarvi. 
Silver fu la prima a ritirarsi nella sua stanza dopo aver abbracciato stretto ognuno di loro, indugiando particolarmente su Dan sapendo che avrebbe avuto bisogno del suo aiuto per superare la partenza di Abby, tanto quando ne avrebbe avuto bisogno lei. Poi fu il turno di Sam che si dileguò intorno a mezzanotte, pensando che l'indomani sarebbero dovuti partire presto e che avrebbe voluto essere ben riposato per poi tornare alla solita routine fatta di poche ore di sonno e di tanto sangue, a cui seguí Dan, che non avrebbe voluto passare un minuto di più a vedere sua sorella tra le braccia di quell'idiota
Una volta soli, Dean ed Abby si guardarono per un momento in maniera davvero molto intensa, e la ragazza rise di cuore quando vide Dean spegnere la TV e la luce per poi caricarsela sulle spalle, volando letteralemte per le scale per arrivare più in fretta nella sua stanza: la adagiò sul letto con poca delicatezza e si posizionò sul letto, baciandola con passione e avidità, stringendosi di più a lei. 
Abby aprí meglio le gambe per fagli trovare la giusta posizione per sentirlo di più nonostante avessero ancora addosso i vestiti, e lo strinse forte a sé, baciandolo con la stesse intensità di prima; sapeva perché Dean avesse avuto tutta quella fretta di portarla nella sua stanza, era chiaro che volesse passare una notte intera di passione con l'intento di non farsi sentire quando la mattina dopo sarebbe sgattaiolato fuori dalla sua stanza per lasciare la casa e tornare alla sua vita di caccia. 
Non amava gli addii e neanche Abby era un tipo a cui piacevano, ed entrambi preferivano far finta di nulla senza dover per forza vedere andare via l'altro. 
Ma Abby si fermò e lo guardò sorridendo, scrollandoselo di dosso con una forte risata e fermando ogni suo tentativo di tornare sopra di lei. La ragazza si sedette con le gambe incrociate sul letto ed iniziò a giocare nervosamente con i lacci della sua felpa, non avendo la minima idea di come avrebbe potuto reagire Dean davanti alla sua decisione. 
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e divenne più serio osservando la sua espressione molto nervosa, sedendosi anche lui sul letto, sperando vivamente che quel momento non si trasformasse in uno straziante addio che Dean avesse sempre voluto evitare. Con titubanza la guardò e si schiarí la gola. "Che c'è, Abby?". 
"Io.. Io speravo che durasse un po di più, sai?" chiese la ragazza facendo spallucce, continuando a guardare e a giocare con quei lacci, mordendosi il labbro e sospirando. "Intendo te e Sammy qui a casa con me e miei fratelli". 
Dean sospirò rumorosamente e scosse la testa, sistemandosi meglio sul letto ed appoggiando la schiena contro la spalliera del letto, inclinando la testa e fissando il soffitto con aria scocciata, perché ci aveva sperato fino all'ultimo che quel momento non arrivasse. Sorrise amaramente e nonostante ciò, fu grato che fosse stata lei a tirar fuori l'argomento, e la sentí sospirare rumorosamente. "È una bella vita Abby, davvero: il lavoro, la casa, le cene in famiglia, i piccoli drammi. Ma non è la mia, io sono fatto per cacciare..".
Abby sollevò lo sguardo ed incrociò il suo così dispiaciuto nell'essere costretto a dire quelle cose ad alta voce, e sorrise amaramente dopo averlo guardato per qualche momento in silenzio. "Sai, io sono felice qui. Intendo  davvero, davvero felice. E sono al sicuro adesso che Azazel è morto, e anche i miei fratelli lo sono! Insomma, potrei tornare al college e ricominciare la mia vita. Andare avanti". 
Dean la guardò col viso contratto e strinse la mascella per qualche secondo, per poi annuire con aria triste, ma aggrottò le sopracciglia perché davvero non capiva dove volesse andare a parare con quelle parole. "Perché mi stai dicendo questo?". 
Abby lo guardò con occhi lucidi e cuore che batteva in maniera irregolare nel petto, sentendolo galoppare, e respirò profondamente deglutendo a fatica, iniziando a gesticolare nervosamente. "Perché non voglio cacciare per sempre: vorrei essere normale, avere una vita normale. Ho solo 23 anni, Dean". 
Il ragazzo sorrise amaramente e fu costretto a distogliere lo sguardo per puntarlo dritto davanti a sé, sulla piccola scrivania sommersa di vestiti della ragazza, e sentí un pesante groppo allo stomaco che gli fece male: Dean pensava che Abby avesse ragione e che fosse ancora in tempo a cambiare vita, e sentendo il tono che avesse usato per pronunciare quelle frasi, il suo cuore si lacerò ancora di più. 
Si diede dello stupido per essersi lasciato trascinare fino a casa di Abby da Sam e per essersi lasciato andare insieme ad Abby per la seconda volta, trovandosi nuovamente in quella situazione.
Per la seconda volta, Dean doveva sentirsi dire addio dall'unica persona a parte Sam a cui non avrebbe mai voluto rinunciare. 
Scosse la testa e sospirò rumorosamente, tornando a guardare la ragazza negli occhi che lo guardava con aria curiosa, chiedendosi probabilmente cosa stesse pensando e perché avesse quella faccia così seria e tirata. 
"Non c'è bisogno che continui ragazzina, lo capisco: ti capisco davvero e va bene. Domani io e Sam ce ne andremo presto e tu potrai tornare alla tua vita. Te lo prometto".
Abby sospirò e scosse la testa, perché Dean non aveva trovato il coraggio di dirle apertamente che l'indomani sarebbe andato via insieme a suo fratello fino a quel momento. Si morse il labbro e si spinse più vicina a Dean, che come una molla sollevò la mano fino al suo viso per sfiorarle delicatamente la guancia. Lei non si ritrasse ed accennò un sorriso. "Non hai capito cosa voglio dirti". 
"Ho capito a sufficienza, non c'è bisogno che tu lo dica, d'accordo?" chiese Dean sospirando rumorosamente, guardandola in viso con una maschera sul viso che piegò in un sorriso, prima di avvicinarsi a lei e poggiare con delicatezza le sue labbra sulla fronte di Abby. 
Si scambiarono un'occhiata, ma Dean continuò a non capire il vero discorso della ragazza, ma si sentí così dispiaciuto perché l'ultima cosa che avrebbe voluto era proprio andare via ed allontanarsi da lei, ma sapeva bene che il suo anno sarebbe terminato presto e non voleva condannarla a soffrire insieme a suo fratello. 
"No Dean, Ascoltami! Quello che sto dicendo è che vorrei davvero rimanere qui e che.." sussurrò la ragazza mentre Dean la guardava negli occhi con espressione confusa ma arresa all'evidenza, e si trovò improvvisamente senza parole e con un groppo in gola. 
Non potendosi aiutare con le parole, afferrò una mano fra le sue e se la portò al petto all'altezza del cuore, dove avrebbe potuto fargli sentire il suo battito irregolare che gli provocasse guardarlo negli occhi. Dean sorrise e continuò a sfiorarle la guancia con l'altra mano, stringendola delicatamente. 
"Qualsiasi cosa sia, non la voglio perdere.." sussurrò con voce bassa ritrovando l'improvviso uso della parola e chiedendosi perché Dean dovesse essere sempre così stupido quando si parlava di sentimenti. "Qualsiasi cosa sia questo e per qualsiasi ragione il mio cuore stia letteralmente esplodendo all'idea che tu possa andare via Dean, io non lo posso perdere". 
Dean rimase per un momento interdetto, del tutto sconvolto dall'imprevedibilità degli eventi, e si ritrovò a sorridere dolcemente, sfiorando la sua pelle con una tenerezza che gli fu del tutto sconosciuta fino a quel momento.
Guardandola negli occhi così sinceri, si ritrovò a pensare a quanto fosse cambiata e a quanti passi avanti avesse fatto da quando l'avesse incontrata: solo qualche mese prima non avrebbe mai ammesso i suoi sentimenti in quella maniera, nonostante non avesse etichettato ciò che sentisse dentro di lei. 
"E il tuo patto complica le cose, perché non ho più motivi per convincerti a non combattere e a rimanere qui insieme a me, quindi..".
Dean sospirò rumorosamente e serrò le labbra in una smorfia dispiaciuta di causarle dolore, e le carezzò ancora il viso con un movimento delicato. "Abby, io.." 
"Torno con voi a cacciare". 
Abby lo interruppe e parlò molto velocemente per evitare che le parole le morissero in bocca, e prese un lungo respiro mentre lo guardava riflettere su ciò che avesse appena detto: Dean aggrottò le sopracciglia e la guardò immediatamente in cagnesco, scuotendo la testa e mettendosi a sedere più dritto, scorgendo in lei una totale sicurezza e nessuna titubanza. "No, non puoi: hai una casa, una famiglia e la tua vita a cui pensare!". 
"Ho già deciso" rispose Abby di getto, guardandolo serio. 
"Non puoi pensare che ti lasci fare una cosa così stupida! Non ora che hai ritrovato la tua famiglia!". 
Abby serrò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio, accigliandosi appena, osservandolo alzarsi di scatto dal letto e puntarle un dito contro con astio, mentre lei lo guardava con quasi aria di sfida. "Ho deciso, Dean!". 
Il ragazzo serrò la mascella e la guardò con aria arrabbiata, scuotendo la testa con disapprovazione, sapendo però che  Abby fosse molto testarda e che quando si mettesse una cosa in testa fosse molto difficile da persuadere.
"E la promessa che hai fatto a tuo padre di avere una vita normale? E i tuoi fratelli? Cosa ne sarà di loro?!". 
"Chi pensi che mi abbia spinta a decidermi?" chiese Abby sollevando gli occhi al cielo e allargando le braccia.  "Volevo così tanto venire con te, ma non volevo lasciare soli Silver e Dan: mi hanno spinta loro a prendere questa decisione, perché sanno che non mi perdonerei mai di essere rimasta qua nel caso in cui tu..". 
"Morissi. Se io morissi.." sussurrò Dean completando la sua frase con tono di voce più basso e stanco. 
Si passò una mano sul viso e superò il letto per avvicinarsi alla finestra, guardando la strada illuminata solamente dai lampioni con aria stanca: avrebbe amato l'idea di portarla con sé e di cacciare insieme a lei proprio come avevano fatto per tutti quei mesi insieme, ma non poteva accettare l'idea che Abby potesse vederlo morire e soffrire per questo. 
Ma i tempi erano cambiati ed Abby stessa era cambiata, e Dean sapeva che sarebbe stato fin troppo egoista permettere che venisse con lei dopo aver iniziato a costruire una nuova vita insieme alla sua famiglia. Sospirò e scosse la testa, abbassando il capo e stringendo forte la mandibola. "No Abby, non è possibile. Non posso portarti di nuovo in una vita di sofferenza". 
La ragazza scese dal letto silenziosamente e si avvicinò al ragazzo alla finestra, stringendogli le braccia attorno al torace e lasciandogli un bacio al centro della schiena per poi appoggiare la testa contro la sua scapola. Dean non si voltò né la strinse ed avrebbe tanto voluto essere capace di afferrare tutte le sue cose, afferrare Sammy per una gamba e trascinarlo sull'Impala senza dargli troppe spiegazioni, sparendo per sempre dalla vita di Abby. 
"Io caccio da quando ero solo una bambina, sono abituata a questa vita. Smettila, per favore.." sussurrò la ragazza con aria quasi di supplica, stringendosi di più a lui e sentendo gli occhi pizzicare ed il cuore battere più veloce, mentre lo stomaco le si chiudeva completamente. "Di cosa hai paura?".
Dean sospirò rumorosamente con ancora la mano sinistra appoggiata in alto sul muro e la destra invece sul davanzale, e strinse forte gli occhi quando la sentí tremare leggermente contro il suo corpo. "Abby, il mio patto non è scindibile: se lo sciolgo, Sam muore. E io preferisco bruciare all'inferno piuttosto che farlo morire". 
La sentí annuire contro la sua schiena, conscia di ciò a cui sarebbe potuta andare incontro, e si voltò a guardarla trovandosela così vicina; la guardò negli occhi e ancora non lesse alcuna titubanza, nessuna incertezza sulla decisione che avesse appena preso, ma piuttosto vide una grande sicurezza. 
Scosse la testa e sospirò rumorosamente, afferrando il viso fra le mani e sorridendole amaramente, perché non capiva come potesse meritare una ragazza come lei. "Ho paura Abby. Ho davvero paura di farti soffrire troppo quando non ci sarò più, perché la mia morte è inevitabile". 
Abby deglutí a fatica quel boccone amaro ed annuì, conscia che Dean stese scavando dentro di lei e stesse usando quelle parole per farla desistere e farla rimanere a casa: ma lei lo guardò con uno sguardo libero dalla paura e dalla sofferenza e Dean rimase leggermente sorpreso, perché non si era ancora abituato a quanto i suoi occhi potessero irradiare serenità e pace.
Abby risalí a sfiorargli la mano destra con la sua, che ancora le sfiorava la guancia, e sospirò rumorosamente. "Vorrà dire che fino all'ultimo momento, starò accanto a te, Dean". 
Dean sentí gli occhi pizzicare e scosse la testa, stringendo le labbra in una smorfia in un misto di rabbia e di disperazione, pensando che non potesse neanche fare appello a Dan, che probabilmente non l'avrebbe aiutato in quella situazione. Sospirò e avvicinò i loro volti fino a scontrare la sua fronte con quella della ragazza, che gli sfiorò i fianchi direttamente dalla la maglietta, superando l'ostacolo della camicia che indossasse aperta. "Perché sei così testarda e non ascolti mai?".
Abby sorrise compiaciuta, sollevandosi sulle punte e colmando la distanza che dividesse i loro volti con un delicato bacio a fior di labbra, molto lento e dolce, per poi tornare normalmente alla sua altezza naturale. Dean aprí gli occhi e la guardò con aria fintamente arrabbiata, perché aveva appena usato una tattica del tutto scorretta sapendo perfettamente l'ascendente che lei avesse su di lui sin dalla prima volta che avessero posato gli occhi l'uno sull'altra. 
Abby rispose con un secondo bacio più intenso e passionale, baciandolo con trasporto e avidità, sentendo le sue mani stringerla forte. Aprì gli occhi e sospirò, e fu in quel momento che Dean lesse una certa esitazione e titubanza. "Prometti che.. Promettimi che quando mi sveglierò domani mattina non sarai già andato via. Promettimelo". 
Dean sospirò rumorosamente e scosse la testa, tornando carezzarle con dolcezza il viso. Appoggiò nuovamente la fronte contro la sua e sorrise amaramente, e prese un respiro profondo prima di parlare. "Non andrò da nessuna parte senza di te, te lo prometto ragazzina". 
Abby sorrise di gusto quando gli sentí pronunciare quella frase e risalí il suo corpo fino a fermarsi alle sue spalle: fece scivolare sul pavimento la camicia azzurra che indossasse e lo tirò con leggera forza dalla maglietta, fino a farlo avanzare mentre lei indietreggiava, rimanendo a guardarlo negli occhi con aria sicura di sé e di cosa stesse facendo, e Dean capí di essere davvero debole quando si trattava di Abby ma che ormai fosse troppo tardi per tirarsi indietro.
Si chinò su di lei e la baciò con dolcezza, per poi stringerla con avidità fin quando la sentí scontrarsi contro il suo letto portandolo giù con sé e permettendogli di mettersi sopra di lei, mentre lo stringeva in una morsa d'acciaio da cui non lo avrebbe mai e poi mai liberato. 
 
 
Caricarono i loro borsoni nel portabagagli e Sam sorrise alla ragazza appoggiata all'auto accanto a sé, osservando la sua espressione seria e sicura di sé. 
"Sono felice che tu venga con noi, Abby". 
La ragazza lo guardò negli occhi distogliendoli dalla sua casa e sorrise nella sua direzione, sospirando rumorosamente: era felice anche lei, ma era dura lasciare la propria famiglia. 
Si chiese se la sua sorellina se la sarebbe cavata e se Dan avrebbe messo la testa a posto, regolarizzando i suoi orari e magari trovando una ragazza fissa, invece di cambiarne una alla settimana. 
"Sicuro che non sono di troppo? Lo so che voi cacciate da soli e che è un momento difficile, però non vorrei darti fastidio.." ammise Abby abbassando appena lo sguardo, sentendo quello meravigliato di Sam su di lei mentre si appoggiava alla fiancata della macchina. 
La guardò in viso e le mise una mano sulla spalla, sorridendo e mettendo su quegli occhioni da cucciolo che solo Sam sapeva usare. "Affatto. Mi serve qualcuno che mi aiuti a rimettere in riga mio fratello e tu riesci bene in questo". 
Abby gli sorrise teneramente e vide il maggiore dei Winchester uscire da casa sua insieme a Silver con espressione sorridente: la sorella aveva insistito per parlargli da sola e Abby stava morendo dalla curiosità di sapere cosa si fossero detti, così si avvicinò a Dean guardandolo con aria curiosa. 
"Che ti ha detto mia sorella di così segreto?". 
Dean le sorrise sghembo e scosse la testa, superandola e dirigendosi verso il fratello e l'Impala con il borsone in spalla, per metterlo all'interno del bagagliaio della sua auto, mentre Abby osservò la sorella avvicinarsi a lei con aria triste mal celata, e le carezzò una guancia con delicatezza. 
"Allora sorellina, fai la brava e non fare impazzire troppo Dan, ok?". 
Silver annuì e sospirò, e subito la sorella la strinse in un forte abbraccio, baciandole la testa e stringendola forte, notando Dan che rimase sulla soglia della porta di casa a guardare le sue sorelle con un sorriso. Dan aveva già salutato Abby quella mattina, non aveva intenzione di continuarle a dire addio e di vederla andare via dalla sua casa, così le fece un cenno del capo e si chiuse la porta alle spalle con aria dispiaciuta e preoccupata. 
Abby sciolse l'abbraccio e la guardò in viso con espressione quasi seria, sgranando gli occhi e guardandola con aria di chi non volesse dimenticare qualcosa di importante; tirò fuori dalla sua giacca di pelle una chiave e se la rigirò fra le mani, pensando a quanto contasse per lei, e in silenzio la passò fra le mani di sua sorella minore. 
Silver sgranò gli occhi e si chiese se sua sorella fosse impazzita del tutto o se fosse una specie di scherzo, ma Abby sorrise teneramente. "Ti servirà un mezzo per spostarti o a 17 anni vuoi ancora che Dan ti accompagni a scuola facendo scappare tutti i ragazzi con uno sguardo? Ma devi stare attenta, quando tornerò non vorrò vedere neanche un graffio, sono stata chiara, piccola?". 
Silver si sporse verso di lei abbracciandola forte ed iniziando a saltellare come una bambina, afferrando la chiave dell'auto di sua sorella, e prima di suo padre, fra le sue mani ed urlando dalla gioia, non riuscendo ancora a crederci. Quando si riuscì a sedare leggermente tutta quella felicità, sospirò e strinse le mani di sua sorella, sentendosi però profondamente triste perché tra poco avrebbe dovuto lasciarla andare. Abby le carezzò una guancia e sorrise, annuendo perché sapeva che questa volta sarebbe stata diversa e che sarebbe andato tutto per il meglio. "Ti voglio bene, sorellina". 
"Ti voglio bene anche io, Abby".
Un ultimo lungo abbraccio e la maggiore si allontanò velocemente, intimandole di sbrigarsi perché avrebbe fatto tardi a scuola e Silver non se lo fece ripetere due volte, tant'è che corse verso la sua nuova auto e fece rombare il motore con troppa forza bruciando un'enorme quantità di benzina sotto gli occhi increduli di Abby, che scosse la testa e si diresse verso l'Impala con espressione rassegnata. 
La guardò allontanarsi nel vialetto e suonare il clacson due volte per salutarli, ed Abby sospirò pensando che quella peste di sua sorella e il suo fratellone le sarebbero mancati parecchio. 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11. ***


HUNTER LEGACIES. 
Capitolo 11.
 
 
La musica fin troppo assordante e le luci basse e soffuse fecero storcere il naso ai tre cacciatori, specialmente perché il vampiro a cui stavano dando la caccia adorava adescare le proprie vittime in quel generi di posti. 
Era poco più di un mese che Abby avesse ripreso a cacciare con i due Winchester ed erano andati incontro a diverse situazione piuttosto spiacevoli: come il fatto che Sam avesse iniziato a fidarsi, o ad usare secondo le sue parole, un demone di nome Ruby, che gli aveva offerto il suo aiuto per preparare Sam alla vita senza suo fratello e aveva promesso di conoscere un modo per salvare Dean dal suo patto. 
Abby ricordava il modo in cui una sera, mentre insieme ai due cacciatori tornava al motel, l'avesse incontrata: ricordò che l'avesse guardata con aria intrigante, girandole attorno nel parcheggio del motel e guardandola dalla testa ai piedi. 
Le aveva detto che non fosse interessata a parlare con lei, ma Ruby rise e scosse i suoi lunghi capelli biondi mentre la guardava con un'espressione impertinente tipica di una ragazzina, dicendole che sapesse cosa fosse davvero, ed Abby non aveva dubbi che si riferisse al suo sangue demoniaco. 
È scritto che sia Sam a portare a termine la missione e Abby non ci aveva visto più dalla rabbia, iniziando una vera e propria lotta con lei: era forte ed aveva dei poteri da demone, ma Ruby non li usò durante il combattimento, limitandosi ad un combattimento pulito senza trucchi o inganni. 
Se le erano date di santa ragione e Abby aveva distrutto un finestrino dell'Impala con la testa, quando Ruby l'avesse colpita al viso facendole perdere l'equilibrio; fu quel forte rumore che fece allarmare Sam e Dean spingendoli ad uscire dalla camera del motel e corsero a separarle, afferrando rispettivamente Ruby ed Abby, allontanandole nel tentativo di farle calmare. 
Abby si dimenò dalla presa ferrea di Dean che la tenne sollevata da terra, facendola scalciare contro l'aria, e sentí il ragazzo intimarle di calmarsi mentre però osservava con aria soddisfatta il volto di Ruby ridotto ad una colata di sangue, mentre Abby riportasse davvero poche ferite. Era sempre stata brava a schivare e colpire, la sua ragazza! 
Un uomo sulla trentina andò addosso ad Abby all'interno del locale, sorridendole ed ammiccandole, iniziando a ballarle attorno, e Dean non ebbe il tempo di avvicinarsi quel tanto che bastasse per colpirlo con un pugno in faccia, che Abby lo allontanò con forza dal petto costringendo ad indietreggiare ed a barcollare all'indietro, sorridendo divertita mentre Dean sollevava un sopracciglio infastidito nella sua direzione. Il maggiore cercò il fratello con lo sguardo, trovandolo accanto a lei in quella folla di persone ammassate e sudate che continuavano a ballare e a bere, e fece segno a Sam di non lasciare andare Abby per prima, così Sam la superò per mettersi davanti a lei, mentre Dean si avvicinò fin troppo alle sue spalle e le circondò la vita con fare protettivo e possessivo. 
Abby sorrise e nonostante odiasse i suoi modi di proteggerla, non riuscì a fare a meno di fermarsi per un secondo e godersi quella stretta per poi riprendere immediatamente a camminare dietro Sam.
Avevano girato tutto il locale e osservato il modo in cui i ragazzi fosse tra di loro legati, ma del vampiro non vi era alcuna traccia. Così si spostarono in disparte uscendo dalla pista da ballo avvicinandosi al bancone dove Dean ordinò tre birre, incastrando la ragazza fra esso ed il suo corpo, appoggiando entrambe le braccia sul bancone per farle da schermo totale. Sam rise leggermente, ma poi tornò a guardarsi attorno alla ricerca di Dixon, il loro vampiro bersaglio, iniziando a sentire male alle orecchie per il forte volume. 
Abby si sarebbe pure voltata per ricambiare la stretta, ma intercettò lo sguardo di un uomo dalla parte opposta del bancone, lo stesso a cui stessero dando la caccia, e dal modo in cui la guardasse e scrutasse ogni centimetro di pelle lasciata scoperta dal suo top scollato e smanicato capì di piacergli e che quella fosse la loro unica possibilità di prenderlo. 
Si voltò di scatto ritrovando il viso di Dean così vicino al suo, piegato in un sorriso audace e fin troppo malizioso, e si morse il labbro perché desiderava più di ogni altra cosa di annullare la distanza fra le loro labbra. "Seguitemi dopo che io e Dixon saremo usciti, non fatevi scoprire, sono stata chiara? E scusa Dean, ma deve sembrare credibile". 
Abby si liberò della sua presa con uno spintone, allontanandolo di scatto e facendo voltare le persone sedute accanto a loro e fu sicura che anche il vampiro stesse osservando quella scena, e lo colpí con uno schiaffo non troppo leggero sul viso facendogli inclinare la testa. "Toglimi le mani di dosso, idiota!". 
Abby scosse la testa fintamente arrabbiata e vide Sam e Dean sgranare gli occhi, e si scusò con lo sguardo per meno di un secondo, per poi tornare seria e muoversi all'interno della densa folla per arrivare dalla parte opposta del locale; non fu sorpresa quando si trovò davanti Dixon, che la guardò con fare famelico e le sorrise. 
"Quel tipo ti dava fastidio, prima?". 
"Si, mi ha seguita per tutta la sera.." sussurrò la ragazza alzando il tono di voce per sovrastare la musica del locale. 
Il vampiro fece scivolare lo sguardo sul corpo di Abby, fasciato dal top e da pantaloni aderenti che mettevano in risalto le sue curve, e piegò le labbra in un sorriso malizioso. "Ti va se ti offro da bere?". 
Abby fece un passo avanti, il suo viso incorniciato dai capelli scuri e si soffermò sui suoi occhi marroni, sfiorandogli la camicia celestina che avesse indosso e risalendo fino alle sue braccia muscolose. "Perché non andiamo fuori invece? Non riesco a sentirti qui dentro". 
Dixon sorrise compiaciuto e l'afferrò con forza mettendole una mano sul fianco per attirarla a sé, dirigendosi verso l'uscita principale della discoteca; Abby sorrise e gli fece segno di seguirlo dentro un vicolo e al vampiro parve piacere l'idea, tanto che sorrise soddisfatto gonfiando il petto e ridendo leggermente. 
La prese dai fianchi con poca forza e la bloccò fra il suo corpo ed il muro, facendo vagare le sue mani su di lei per sentirla più vicina, ed Abby gli sorrise maliziosamente proprio per fargli capire che ci stesse: quando si avvicinò per annullare la distanza fra i loro visi, Abby però gli diede una forte ginocchiata fra le gambe, facendolo piegare su se stesso dal dolore ed iniziando ad urlare forte. 
Lo colpí al viso forte e vide come il suo viso si trasformò in quello di un vampiro con un ringhio, afferrandola per gola e invertendo le posizioni, tenendola a terra bloccata sotto il suo peso. Ma Abby si liberò dandogli un altro pugno in viso, e si alzò mettendogli un piede fasciato dallo stivale sulla gola per non farlo respirare. 
"Allora, tu sei Dixton, giusto? Il vampiro che droga le giovani donne con sangue di vampiro per farle trasformare". 
"Non so di cosa t-". 
Abby aumentò la pressione del suo stivale e lo vide diventare paonazzo, per via della mancanza di aria, e sorrise perché non pensava che delle creature tecnicamente morte avessero bisogno di stia per respirare. "Non ci siamo Dix, posso chiamarti così, giusto? Allora Dix, perché non mi dici quanti siete, dov'è il vostro nido e perché lo fate, così semplifichiamo le cose?". 
"Sono solo, sono solo!!". 
Il vampiro iniziò a dimenarsi in vano sotto la sua stretta ed Abby sentí dietro di sé i passi veloci di Sam e Dean, che corsero nella sua direzione spaventati da morire.
"Finalmente.." sussurrò lasciando la presa sul vampiro ed avvicinandosi al maggiore per prendere il suo machete attaccato alla fibbia dei pantaloni. "Adesso facciamo sul serio". 
Fece un buco nel petto del vampiro, che urlò di dolore e provò a dimenarsi, e si sedette sui talloni accanto a lui. "Allora, hai due opzioni: quella più noiosa, dove mi dici tutto quello che sai senza che io debba torturati, oppure quella più divertente per me, dove tu non parli e io inizio a staccare via pezzo dopo pezzo ogni singolo centimetro della tua pelle".
"È per la mia famiglia ok? Sto allargando la mia famiglia!" esclamò il vampiro cercando di estrarre lentamente il machete dal suo petto, con tanto dolore. 
Dean avanzò con aria esperta, spingendo la lama più a fondo e facendolo urlare di nuovo. "E dato che nessuno è più disposto a farsi mordere, hai iniziato a drogare le ragazze nelle discoteche?". 
Abby scosse la testa e sospirò, osservando Dixon respirare velocemente e con difficoltà, sentendolo urlare nel tentativo di estrarre quella lama dal suo corpo, che però Dean continuava a tenere pressata dentro di lui. 
Sam storse il naso davanti a quella scena e si avvicinò oltrepassando i due ragazzi, chinandosi sul vampiro. "Senti, posso fare finire quest'agonia molto velocemente, ma devi collaborare: c'è qualcun altro che fa ciò che hai fatto tu in questo posto?". 
Dixon scosse la testa energicamente e provò a muoversi, così Sam si sollevò ed estrasse velocemente il machete dal suo petto pronto a colpirlo con un colpo netto alla testa, ma degli spari costrinsero i tre cacciatori a piegarsi sulle ginocchia in sincrono: qualcuno iniziò a sparargli addosso e subito i tre si ripararono in punti differenti. 
Sam ed Abby si nascosero dietro ad un cassonetto dell'immondizia, mentre Dean dietro un'auto posteggiata lì vicino; il maggiore fece segno ai due di scappare e che avrebbe pensato lui a seminare chiunque stesse sparando loro, muovendosi in una corsa disperata in fondo al vicino, seguito da due uomini che i Winchester conoscevano bene. 
 
 
"Gordon e Kubrick?". 
Sam sgranò gli occhi e cercò di calmarsi dopo la grossa litigata con suo fratello, che era tornato al motel dopo più di un'ora e mezza, facendo preoccupare lui ed Abby, che non appena lo videro entrare si scagliarono contro di lui per dirgli quanto il suo piano di seminare i due cacciatori fosse stato stupido e da totale incosciente. Abby si sedette sulla sedia della piccola stanza di Sam e sospirò, continuando però a guardare in cagnesco il maggiore. "Chi è questo Kubrick?". 
Brevemente le spiegarono ciò che sapessero di lui, cioè che avesse sequestrato Sam mentre Gordon era in prigione, intuendo che una volta uscito fosse tornato proprio per finire l'opera: uccidere Sam.
Sam scosse la testa pensando che fosse proprio tipico di Gordon e guardò suo fratello seduto sul suo letto, con le gambe distese ed una birra fra le mani intento a guardarlo ancora un po scocciato per la predica di poco prima, che sospirò e prese un altro sorso. 
Decisero che Sam sarebbe rimasto al motel al sicuro a cercare possibili fatti insoliti sul web che potessero ricollegare Gordon, a cui avrebbe dato la caccia insieme solamente dopo che Dean ed Abby avessero trovato e finito Dixon. 
L'idea non fu poi così splendida, perché avevano identificato un possibile covo del vampiro a un quarto d'ora dal motel, ma nessuno dei due ragazzi proferí una parola durante il viaggio; scesero dall'auto e trovarono una scena davvero raccapricciante, trovando Dixon come unico sopravvissuto, mentre tutto il nido era stato sterminato proprio da Gordon, che Dixon avesse catturato e trasformato in vampiro. 
Dean chiamò subito Sam per informarlo e per dirgli di tenere gli occhi aperti e barricarsi in stanza, e poi uscí da quel magazzino seguito da Abby che scosse la testa ed uscí fino al parcheggio, dove raggiunse la fiancata del passeggero e appoggiò gli avambracci contro il tettuccio. 
Sollevò lo sguardo verso Dean, che si bloccò dall'aprire la portiera dopo aver intercettato il suo sguardo arrabbiato, e sollevò un sopracciglio per tutta risposta. 
"Si può sapere che ti prende?". 
Dean strinse le labbra in una linea sottile, trattenendosi dal dire cosa pensasse veramente per evitare una litigata e cercò di sminuire, ma la ragazza lo richiamò dicendogli di sputare il rospo. 
Così Dean strinse i pugni sul tettuccio e la guardò con aria profondamente arrabbiata, fulminandola con lo sguardo. "Mi chiedi cosa c'è che non va? Sei stata molto credibile al bar e nel vicolo con quel tizio: ho visto il modo in cui ti metteva le mani addosso e come lo guardavi". 
Abby sgranò gli occhi e spalancò la bocca, rimanendo incredula davanti a quelle parole e chiedendosi come potesse essere arrabbiato con lei per quella situazione. "Era solo lavoro, Dean".
"Si, certo. E se fosse stata una donna sicuramente avresti agito nella stessa maniera" rispose Dean continuando a guardarla in cagnesco ed assottigliando gli occhi. 
Abby serrò le braccia al petto e ricambiò l'occhiataccia, sospirando rumorosamente. "Perché non facciamo a gara a chi fa le cazzate più grandi? Oh aspetta, mi batteresti sicuramente dato che sei stato inseguito per chilometri da dei cacciatori armati fino ai denti".
Dean allargò le braccia con aria sbalordita, guardandola con ironia perché non credeva che quella conversazione sarebbe davvero avvenuta. "Quindi tu puoi sedurre un vampiro super arrapato che non vedeva l'ora di toglierti i pantaloni sotto i miei occhi e che poi avrebbe voluto trasformarti e io non posso seminare due cacciatori impazziti per salvare il culo a te e a mio fratello?". 
"Stai scherzando, vero? È questo il tuo problema? Sei arrabbiato con me perché sei geloso di un vampiro morto?" chiese Abby aggrottando le sopracciglia e sgranando gli occhi. 
Dean cambiò subito espressione, perché detta così sembrava davvero stupida come motivazione, ma non si volle lasciare influenzare e scosse la testa in silenzio prima di entrare in macchina e le fece segno di entrare insieme a lui. "Abbiamo un cacciatore vampiro da fermare".  
 
 
"So la verità, perché adesso sono come te: non sei umano e so come ci si sente ad combattere la propria parte malvagia! L'unica cosa giusta da fare è togliersi la vita e dovresti ringraziarmi perché sto per toglierti da questo peso!".
Abby continuava a pensare a quelle parole dette da Gordon, quando più tardi quella notte riuscì ad attirarli in un casolare abbandonato tenendo in ostaggio una donna, che a sua volta si rivelò essere un vampiro trasformato da Gordon stesso. 
L'ex cacciatore aveva lottato così duramente nel tentativo di uccidere Sam, ma il ragazzo aveva reagito più forte, riuscendo finalmente ad ucciderlo una volta per tutte, togliendolo di torno per sempre. 
Gli aveva staccato via la testa con un fil di ferro molto spesso, causandosi anche delle ferite alle mani, mentre Dean ed Abby erano stati tramortiti dalla vampira, che poi riuscirono ad uccidere. 
La ragazza lì aveva medicati entrambi una volta riportati al motel, disinfettando le loro ferite e applicando dei grossi cerotti; lo aveva fatto in silenzio, non prestando neanche attenzione al modo orgoglioso con cui Dean si complimentasse con Sam, perché aveva ucciso un super vampiro incazzato a mani nude. Ma Abby non li ascoltò, presa per com'era dalle parole di Gordon che continuavano a ronzarle in testa. 
Gordon considerava Sam un mostro, ma se avesse saputo che anche lei fosse infetta, avrebbe dato la caccia anche a lei. Avrebbe voluto vedere morta anche lei.
Ci rimuginò sopra tutta la notte, non riuscendo a prendere sonno mentre Dean russava bellamente sdraiato accanto a lei, ed Abby si chiese se prima o poi quel qualcosa di malvagio che avesse dentro si sarebbe manifestato: magari avrebbe ucciso qualcuno o gli avrebbe fatto male abbastanza, e Sam e Dean si sarebbero trovati costretti ad ucciderla.
Forse anche lei sarebbe impazzita come alcuni dei ragazzi che avesse incontrato quando Azazel avesse rapito lei e Sam per farli ammazzare fra di loro come bestie, decretando il capo del suo esercito di demoni. 
Forse il fatto che lei e Sam non si fossero mai affrontati aveva sedato ciò che Abby avesse dentro, che però sarebbe potuto uscire in qualsiasi altra circostanza. E se fosse uscito proprio nel momento più sbagliato? Se avesse messo in pericolo Sam e Dean? 
Se non fosse riuscita a controllarsi? 
Abby scosse la testa e pensò che avrebbe tanto voluto che suo padre fosse lì insieme a lei, solamente per avere un po di conforto, una carezza amorevole, qualcuno che non l'avrebbe mai giudicata: le mancava tanto sentire la sua voce e fare tutto insieme a lui, rendendolo partecipe delle sue cacce tanto quanto dei suoi studi. 
Solamente suo padre era sempre stato capace di farle cambiare idea e di suggerirle le scelte migliori da fare, anche quando la situazione era proprio nera, e adesso Abby avrebbe solamente voluto poterlo vedere per un secondo e sentirgli dire che sarebbe andato tutto bene. 
Sospirò e si alzò da quel letto pensando che Dean non l'avrebbe neanche sentita, immerso nel sonno com'era, e si diresse in bagno per fare una lunga doccia d'acqua calda per calmare quei suoi brutti pensieri, ma Dean aprí un occhio ancora assonnato e la vide chiudersi la porta alle spalle senza votarsi: sapeva che Abby avesse i propri demoni contro cui lottasse ogni giorno nonostante non ne parlassero mai, ma sentirla così tesa muoversi nel letto tutta la notte lo spinse a pensare e riflettere su cosa fosse successo quel giorno. 
Scosse la testa e si accorse che fossero già le sette e mezza del mattino, avevano dormito a sufficienza quella notte, così si alzò e si iniziò a vestire velocemente, uscendo dalla stanza e dirigendosi in quel del fratello per farlo mettere in piedi. 
Trovò Sam già pronto intento a leggere un libro sui demoni e Dean storie il naso, guardandolo per un momento in cagnesco e chiedendosi perché per una volta non potesse semplicemente allontanare quei pensieri dalla sua mente. 
"L'Impala ha un problema al carburatore.." sussurrò il maggiore facendo spallucce ed indicando la sua auto parcheggiata in bella vista, ripensando allo strano rumore che facesse la sera precedente. 
"Quindi? Dovremmo fermarci qui per un altro giorno?" chiese Sam aggrottando le sopracciglia, chiedendosi perché non fosse già all'opera per sistemare la sua amata auto. 
Dean sorrise nervosamente e gli fece segno di seguirlo; si avvicinò all'Impala e sollevò il cofano, iniziando ad indicare una serie di componenti del motore che Sam indovinò, perché li conosceva bene avendo visto prima suo padre e poi suo fratello aggiustarli. 
Dean gli passò una chiave inglese in mano e Sam sgranò gli occhi per la sorpresa, non aspettandosi completamente che suo fratello volesse sul serio lasciargli toccare il motore della sua preziosa bimba per insegnargli e fargli fare pratica. "È compito mio insegnare al mio fratellino come si fa". 
Mentre osservava il suo fratellino lavorare per bene proprio come se lo avesse sempre fatto, Dean notò Abby avvicinarsi con la coda dell'occhio e le andò incontro per toglierle alcune borsoni dalle mani per alleggerirla, e la ragazza gli sorrise brevemente per ringraziarlo, mentre lo seguiva fino al bagagliaio per posare i loro borsoni da viaggio. 
La ragazza sporse appena la testa e sgranò gli occhi quando vide Sam chinato sul cofano dell'Impala e si voltò a guardare Dean, che però aveva l'aria tranquilla. 
"Sam ti sta aggiustando l'auto, te ne sei accorto?". 
Dean rise del suo tono cauto e del modo in cui tenesse le mani avanti, come a bloccarlo nel caso avesse avuto una crisi violenta verso il fratello, ed annuì, sedendosi sul portabagagli aperto con un sospiro. "Si, lo so. È giusto che impari adesso che sono ancora qui". 
Dean vide il suo sguardo divertito cambiare e la vide sospirare rumorosamente, sedendosi accanto a lui con le mani dentro le tasche della giacca, voltandosi e guardandolo in viso. "Allora, sei ancora arrabbiato con me per aver svolto troppo bene il mio lavoro?". 
Anche l'espressione divertita di Dean scemò leggermente e fece spallucce, sospirando rumorosamente e guardando dritto davanti a sé. "Non sono mai stato geloso di nessuno nella mia vita, mai. Tanto meno di quel vampiro: si insomma, ti ha messo le mani addosso e mi è venuta voglia di spaccargli la faccia a suon di pugni e di colpirlo con il mio machete e..".
"Oh si, questa non è affatto gelosia.." sussurrò Abby sollevando un sopracciglio e ridendo nervosamente.
Dean la guardò sorridendo divertito per il modo in cui lo prendesse in giro, ma poi sospirò e divenne più serio non smettendo di guardare i suoi occhi azzurri apparentemente così limpidi e sereni, che però sapesse che nascondesseto qualcosa di molto triste. "Il punto è che quando penso che chiunque altro ti possa toccare o ti possa avere come ti ho io.. Mi fa impazzire". 
Abby lo osservò stringere i pugni stretti e deglutire a fatica, mentre il suo sguardo le suggeriva che avesse davvero perso le staffe il giorno prima; passò una mano fra i suoi capelli corti sorridendogli teneramente, perché tutto ad un tratto non vedeva poi il cacciatore duro e sicuro di sé, ma soltanto un ragazzo solo e spaventato che avesse paura di perderla. "Perché pensi a questo?" 
"Uno nella mia situazione comincia a farsi dei pensieri.." sussurrò Dean facendo spallucce e sorridendo nervosamente, sospirando. "Perché tutte e due sappiamo che prima o poi accadrà, dopo che sarò morto".
Il sangue si ghiacciò nuovamente nelle vene della ragazza, che abbassò lo sguardo e serrò la mandibola, bloccando la sua mano che gli carezzasse la testa fino a poco prima, mentre un forte e pensate groppo le si stabilisse allo stomaco, chiudendolo definitivamente. 
"Scusa, non avrei dovuto dirtelo.." sussurrò Dean scuotendo la testa, capendo che forse quel discorso fosse troppo per lei in quel momento. 
Abby sollevò lo sguardo verso di lui nonostante sentisse gli occhi pungere e ricacciò le lacrime indietro, accennando un sorriso: avrebbe tanto voluto dirgli ciò che sentisse dentro di lei nei suoi confronti solamente per tranquillizzarlo, perché sapeva che non avrebbe mai provato ciò che provasse per lui per nessun altro, ma non ci riuscì perché l'ultima volta che avesse espresso un amore così forte nei confronti di qualcuno, suo padre era morto. E lei aveva così paura che potesse accadere davvero lo stesso a Dean. 
"Io continuo a credere che possa esistere un modo per salvarti. È solo lì fuori da qualche parte, bisogna sapere dove cercare..".
Dean le carezzò il viso e l'attirò più vicina a sé, guardandola negli occhi e sorridendole, perché sapeva che lei volesse davvero provarci, ma che nulla l'avrebbe salvato dalla morte. 
"Dean vieni! Credo di aver rotto qualcosa!".
Dean sgranò gli occhi udendo la voce allarmata di suo fratello e lasciò immediatamente Abby per correre da Sam, e la fece ridere di gusto per via di quella reazione, perchè in fondo ciò che entrambi chiedessero era proprio che quella vita insieme non finisse mai.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12. ***


HUNTER LEGACIES
Capitolo 12.
 
 
"Non voglio sentire parlare di caccia o di morte per tutta la settimana, sono stata chiara?". 
Abby sbucò dal sedile posteriore appoggiando le braccia su quello anteriore, guardando i due ragazzi con aria molto seria e sollevando un sopracciglio mentre Sam se la rideva e suo fratello continuasse a guidare sulla strada di ritorno per casa si Abby. 
"E perché mai? C'è qualche evento particolare che muori dalla voglia di festeggiare?" chiese Dean voltando lo sguardo divertito verso di lei, sorridendo. 
"È Natale!" esclamò Abby sgranando gli occhi e gli diede un leggero buffetto sulla spalla, fulminandolo con lo sguardo. Ma presto ritrovò il suo buon umore e alternò nuovamente lo sguardo fra i due fratelli. "Io e la mia famiglia siamo i tipi da grande albero decorato con tantissimi pacchi sotto, luci sparse per la casa e all'esterno e.. Dean, questo ti piacerà particolarmente: tanto cibo!". 
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata divertita perché non avevano mai visto qualcuno così eccitato all'idea di festeggiare il Natale, e Dean sorrise sghembo guardando dallo specchietto retrovisore la ragazza muoversi nell'abitacolo in maniera felice, sapendo che parte di quella felicità fosse proprio dettata dal fatto che stesse per rivedere la sua famiglia. 
"Beh, noi non siamo grandi fan del Natale.." sussurrò Sam facendo una smorfia seccata e distogliendo lo sguardo dai due, volgendolo proprio fuori dla finestrino. 
Abby sospirò silenziosamente perché sapeva cosa passasse per la testa al minore dei fratelli: avevano da poco risolto un caso a Seattle proprio a tema natalizio, uccidendo delle divinità pagane, e Dean aveva insistito tanto per festeggiare il Natale per bene almeno per quell'anno, ma Sam aveva declinato l'offerta, per poi trovarsi quasi costretto a seguire suo fratello oed Abby a casa della ragazza per festeggiare qualcosa in cui neanche credesse e che sarebbe stato molto difficile da dimenticare. 
Abby sapeva che Sam avesse paura di festeggiare il Natale, perché probabilmente l'anno prossimo Dean sarebbe stato all'inferno, ma lei aveva fin troppa fiducia che tutto andasse per il verso giusto, e che si sarebbero ritrovati nuovamente tutti insieme in casa sua anche l'anno successivo. 
Quando aveva chiesto ai ragazzi di seguirla a casa, Sam era stato davvero titubante, cercando le parole giuste per declinare l'invito e cercando aiuto nello sguardo del fratello, che però scosse la testa e si schierò al fianco di Abby facendo spallucce; la ragazza l'aveva guardato con aria supplichevole all'interno della sua stanza di motel, giungendo le mani in preghiera e mettendo su lo stesso sguardo da cucciolo di Sam che tornasse utile durante le cacce: "Andiamo, non fare il Grinch per favore Sammy: desidero tantissimo passare il Natale insieme ai miei fratelli e insieme a voi". 
Sam si era ritrovato con le spalle al muro e sospirò rumorosamente guardandola in cagnesco per gioco, per poi fare spallucce ed annuire
Sam scambiò un'occhiata con il fratello e sospirò sorridendo tirato. "Ok, ok. Va bene, hai vinto".
Ed Abby non ce l'aveva fatta a contenere la sua felicità, tant'è che gli saltò in braccio con le braccia al collo, e Sam di riflesso le strinse le braccia dietro la schiena per non farla cadere, iniziando a ridere di gusto, seguito dal fratello. "Grazie, grazie, grazie. Sei il migliore, Sammy". 
L'aveva vista sciogliere l'abbraccio fraterno e felice, per poi scappare fuori dalla stanza per raggiungere la propria, urlandogli di prepararsi velocemente perché sarebbe voluta partire velocemente dato che era già il 21 dicembre e voleva essere a casa il più presto possibile; Sam continuò a ridere e si avvicinò al fratello, sorridendogli. "Lei è.. È la sorellina che non ho mai avuto". 
Dean rise e gli fece l'occhiolino perché aveva mandato in avan scoperta Abby contro Sam, sapendo che suo fratello non sarebbe riuscito a dire di no davanti all'espressione supplichevole della ragazza, e si affrettò a raggiungere la ragazza nella loro stanza per iniziare a preparare i loro bagagli. 
 
 
 
"Il mio fratellone!!" ripeté Abby ridendo ancora aggrappata a Dan con le braccia e con le gambe, che la strinse forte per la felicità di vederla stare bene, dopo che la sorella gli era letteralmente saltata in braccio dopo essere scesa correndo dall'auto. "Quanto mi sei mancato!".
Abby rimase a godersi l'abbraccio, stringendosi di più a Dan, che sorrise di rimando, quando però vide avvicinarsi Sam e Dean con un sorriso in viso. 
"Ciao ragazzi!". 
Dan fece scontrare il pugno con entrambi i ragazzi, tenendo ancora stretta la sorella, ed osservò i bagagli che tenessero fra le mani. Fece scendere Abby per aiutarli, che si voltò felice verso i due ragazzi e sorrise a 32 denti, non riuscendo a reprimere l'eccitazione di essere finalmente a casa. 
"Non salterai addosso anche a me in quel modo, giusto?". 
Abby si voltò felice verso la soglia della porta e sorrise ancora di più, osservando la sua sorellina avanzare verso di lei. "Dipende: la mia auto è ancora tutta intera?". 
"Si" rispose Silver ridendo di gusto, ma poi sgranò gli occhi e tornò sui suoi passi. 
"Allora si!". 
Abby corse dietro a sua sorella sparendo dentro casa, probabilmente per abbracciare forte anche lei, e i tre ragazzi ancora in giardino risero di gusto, udendo le urla di Silver che volessero significare solamente che sua sorella maggiore l'avesse finalmente presa. 
La giornata scivolò tranquillamente ed i tre ragazzi pensarono al barbecue in giardino privato sul retro della casa, mentre Abby e Silver parlottavano sedute sul dondolo della veranda ed ogni tanto controllavano che Dan e i due fratelli non combinassero troppi danni, prendendoli in giro di tanto in tanto. 
Si fece presto sera e rimasero alzati fino a tardi guardando qualche stupido film tutti insieme, che non seguirono poi così tanto perché c'era sempre qualcosa che Abby o Silver volevano chiedersi a vicenda, o qualcosa di cui la maggiore volesse parlare di Dan per capire se fosse andato tutto bene in sua assenza. 
Crollarono immediatamente quando toccarono il cuscino con la testa, profondamente stanchi per la giornata movimentata ed i tre cacciatori per il viaggio. 
L'indomani mattina Abby scese per prima in cucina per preparare la colazione per tutti, sentendosi pienamente felice di avere la sua famiglia riunita sotto lo stesso tetto e pensando che niente avrebbe potuto rovinare quella magia. 
O almeno lo pensò fin quando il suo telefono iniziò a squillare così presto.
Riconobbe il numero e aggrottò le sopracciglia per la sorpresa, e quando rispose resto senza parole per almeno un minuto buono. 
Scosse la testa e spense i fornelli appena accesi su cui avrebbe dovuto preparare la colazione, e si sedette sull'isola di marmo con il suo portatile, mettendosi alla ricerca di quanto le avessero appena riferito al telefono. 
Quasi non si accorse quando Sam e Dean scesero dalle scale e le andarono incontro sorridendo, ne di quando il maggiore si avvicinò per baciare delicatamente una guancia: Abby non si voltò e non ricambiò il saluto, continuando a leggere l'articolo che l'avesse presa tanto. 
"Tutto bene, ragazzina?". 
Ma Abby non rispose, rimanendo ad osservare lo schermo con sopracciglia aggrottate e sguardo a metà fra la rabbia e frustrazione. 
Sam e Dean si scambiarono un'occhiata e si sporsero dalle sue spalle, leggendo anche loro ciò che a essere rapito la ragazza in quella maniera, che sospirò rumorosamente scuotendo la testa: si trattava di un articolo che riportasse un uomicidio avvenuto quasi una settimana prima proprio nella sua città, nel campus universitario. 
Una ragazza, Liz Dalton, era stata trovata senza vita nella sua auto abbandonata sul ciglio della strada ed il suo corpo era stato decapitato da un colpo d'ascia quasi perfetto. Nessun assassino era stato ancora trovato, nessun sospettato, niente di niente. 
Abby chiuse il portatile con uno scatto, alzandosi velocemente bofonchiando un veloce Devo andare dirigendosi verso l'ingresso per afferrare la sua giacca e le chiavi della sua auto, con unica direzione il college. 
"Aspetta, aspetta.." sussurrò Dean parandosi davanti a lei e sbarrandole la strada per l'uscita, afferrandola dalle spalle ed osservando il modo in cui fosse così scossa. "Dimmi di cosa si tratta". 
Abby scosse la testa e sospirò, facendo qualche passo indietro ed alternando lo sguardo dispiaciuto fra Sam e Dean. "Liz era.. la mia compagna di stanza al college. Ed è morta in quel modo, ma è troppo strano..". 
"Pensi che sia qualcosa di sovrannaturale?" chiese Sam aggrottando le sopracciglia e facendo un passo nella sua direzione. 
"Non lo so, ma c'è un testimone quindi vado..". 
Dean roteò gli occhi e sospirò, perché aveva davvero creduto che per una volta si sarebbe potuto godere un po di relax, e afferrò la giacca passando la sua a Sam, e facendo segno ad entrambi di seguirlo. 
 
 
 
 
"Avevo detto alla ragazza di entrare perché la volevo avvisare, c'era qualcuno sul sedile posteriore.." sussurrò l'uomo sulla sessantina con aria scossa, scuotendo la testa e sgranando gli occhi. "Pioveva così forte e volevo solamente aiutarla, dovete credermi, ma lei ha pensato che io volessi farle dal male o approfittarmi di lei.. Volevo solamente avvertirla". 
Abby guardò quell'uomo seduto all'interno dello store nella stazione di servizio che gestiva, mentre digitava dei tasti sul suo PC con aria incredibilmente dispiaciuta per poi votarlo verso di loro, dove gli mostrò le registrazioni delle videocamere di sorveglianza.
I tre cacciatori videro Liz fuggire e spruzzare lo spary al peperoncino negli occhi dell'uomo seduto davanti a loro, per poi entrare in auto e scappare via sgommando sotto la pioggia. 
Sam scambiò un'occhiata con suo fratello e si schiarí la voce, attirando l'attenzione dell'uomo. "Chi ha visto sul sedile posteriore? Che aspetto aveva?". 
"Non lo so, era davvero buio.." sussurrò l'uomo facendo spallucce e scuotendo la testa; lì udì ringraziarlo e voltarsi per andare via, ma poi si alzò di scatto e si li richiamò per un momento. "Ci sono novità sul caso di Andrew Cole?". 
"Andrew Cole?" chiese Abby aggrottando le sopracciglia e tornando a guardarlo con aria sorpresa. 
L'uomo annuì e la guardò con aria stranita. "Già, il ragazzo trovato appeso ad un albero fra gli alberi del parco tre giorni fa". 
"Oh, quello. Certo, ci stiamo ancora lavorando!" esclamò Dean accennando un finto sorriso ed uscendo da lì insieme al fratello e alla ragazza. 
Entrarono tutti e tre in auto e Abby si sedette sul sedile posteriore con lo sguardo basso, e le labbra strette in una linea sottile. Dean la osservò dallo specchietto retrovisore e strinse la mascella, perché conosceva bene quell'espressione e aveva capito cosa le stesse passando per la testa. 
"Conoscevi anche Andrew Cole, giusto?". 
Abby sollevò lo sguardo verso lo specchietto e sospirò, facendo spallucce. "Si, era il ragazzo di Liz. Non penso che possano essere soltanto omicidi, ragazzi..". 
Dean cercò lo sguardo di Sam, scuotendo la testa e sospirando, e capirono al volo come avrebbero dovuto continuare quell'indagine ed il maggiore sorrise amaramente mentre accendeva il motere della sua auto. "Non pensavo che l'avrei più detto ma, ti porto al college fratellino". 
 
 
Abby bussò forte con le nocche alla porta della stanza che condivideva con Liz nel suo dormitorio fino a due prima e si accertò che non vi fosse nessuno, ed iniziò a scassinare la serratura sotto gli occhi sbalorditi dei due ragazzi dietro di sé, e le scappò il primo sorriso divertito della giornata quando aprì la porta molto velocemente e si voltò verso di loro. "Che c'è? Credevate che non lo sapessi fare solamente perché lo lascio fare a voi tutte le volte?". 
Rimase per qualche secondo ad osservare il modo in cui la stanza non fosse per nulla cambiata in quegli anni di assenza: i due lati posti ai lati opposti della camera, i due armadi a muro, la scrivania condivisa con il vecchio PC lento e scassato di Liz, i poster delle boysband appesi al puro nella parte della stanza della sua amica. 
Sospirò rumorosamente e sentí i ragazzi chiudere le porte alle loro spalle, e subito fece prevalere la parte della cacciatrice dentro di lei mettendosi alla ricerca di eventuali indizi: chiese a Sam di analizzare tutti i file dentro il PC, mentre Dean iniziò a frugare fra le cose della ragazza alla ricerca di sacchetti di maledizioni o qualcosa di stregato che avrebbe potuto portare Liz alla morte, ed Abby aprì l'armadio cercando tra i suoi vestiti. 
Rimase con la bocca spalancata per un paio di secondi e sorrise, notando un cartone molto grande con su scritto "Abby's stuff"; lo prese con delicatezza e lo posò su uno dei letti, aprendolo e ridendo divertita: non era mai tornata al dormitorio per prendere le sue cose e pensava che Liz le avesse semplicemente buttate via. 
Vide i suoi libri ed i suoi appunti, insieme ad alcuni vestiti che avesse lasciato lì prima di alzare i tacchi dalla città ed iniziare il suo lungo viaggio in giro per il paese per vendicare suo padre ed uccidere Azazel. Estrasse uno dei suoi giubbotti preferiti di pelle ed infilò la mano in una delle tasche interne, ritrovando il suo pugnale preferito con un sorriso. 
"Sono tutte cose tue?" chiese Dean avvicinandosi e sollevando un sopracciglio, infilando la mano all'interno del cartone ed estraendo delle foto che ritraevano Abby insieme a delle altre persone, probabilmente degli amici, a diversi eventi e a diverse serate in giro per la città e per il dormitorio. Si rigirò fra le mani dei libri scientifici molto logorati, che avevano l'aria di essere stati sfogliati numerose volte. "Studiavi questa roba?". 
La ragazza fece spallucce ed accennò un sorriso, pensando che Liz avrebbe davvero meritato una spiegazione prima che lei se ne andasse senza dire una parola neanche alla sua famiglia. 
"Qui non c'è nulla: solo appunti di lezioni e ricordi della tua amica" sussurrò Sam spegnendo il PC e sospirando. 
"Fantastico" sbuffò Abby sedendosi sul letto con un forte sospiro, scuotendo la testa. 
Dean vide il suo viso crucciato dalla tensione e frustrazione, e stava per avvicinarsi e cercare di confortarla quando notò qualcosa di insolito, come una strisciatura sotto il letto; fece segno ad Abby di alzarsi e spostò il letto con forza, ma non notò nulla di strano. 
La ragazza sgranò gli occhi e si ricordò della botola che Liz avesse realizzato sotto il suo letto per nascondere tutto ciò che fosse davvero importante per lei, e subito fece pressione su di un lato dell'asse di legno, sollevandola e sorridendo quando vide degli oggetto impilati li dentro. 
Il sorriso scemò quando estrasse delle strane erbe e un pesante libro con la copertina scura, e scosse la testa quando iniziò a sfogliarlo: era un libro di stregoneria dall'aria molto antica. "Oh Liz, in che guaio ti sei cacciata?".
 
 
 
"Mi dispiace tanto per tua sorella, Tommy.." sussurrò Abby sedendosi sul divano di casa Dalton, sorridendo amaramente al ragazzone sulla poltrona davanti a lei, mentre Sam e Dean prendevano posto accanto a lei. 
Tom fece una smorfia scocciata, come se fosse stufo di sentirsi dire continuamente quanto tutti fossero dispiaciuti per la sua perdita e quanto gli fossero vicini; porse una tazza di tè alla ragazza seduta davanti a sé, che gli sorrise di rimando, e fece segno ai due uomini in giacca e cravatta di fianco a lei di prendere un'altra tazza e riempirsela da soli se proprio volevano, ed Abby scosse la testa, ricordando quanto Tommy fosse sempre stato poco ospitale con chi nkn conoscesse. 
"Liz mi aveva detto che te ne eri andata dal campus circa un anno e mezzo fa..". 
Abby annuì e fece una smorfia, osservando il viso asciutto e appena barbuto del ragazzo davanti a sé, incorniciato da dei capelli scuri e lunghi quasi quanto quelli di Sam mentre degli occhi verdi spiccavano sul suo volto. Sorrise pensando a quanto fosse cresciuto dall'ultima volta che lo avesse visto, e si rattristò quando pensò che fosse rimasto definitivamente solo dopo la morte di sua sorella, dato che i loro genitori fossero morti circa tre anni prima. "Si, dopo la morte di mio padre sono stata un po in giro per il paese".
"Ti ha fatto stare meglio?" chiese Tommy aggrottando le sopracciglia, osservando il suo viso. 
Abby lo guardò con aria sorpresa della domanda così personale, mentre sentiva lo sguardo curioso dei due ragazzi accanto a sé. "Beh in realtà mi ha solo distratta, mi ha fatta sentire più sola. Solamente quando sono tornata a casa dalla mia famiglia sono tornata ad essere me stessa". 
Tommy la guardò per qualche secondo, poi appoggiò i gomiti sulle sue cosce ed abbassò il viso sule sue mani giunte, perdendosi dietro a qualche pensiero nella sua mente.
"Tu sai cos'è successo a Andrew?". 
"Credo che non abbia retto il colpo, erano molto felici e sai, volevano sposarsi ed avere dei bambini.." sussurrò Tommy facendo spallucce e sollevando gli occhi lucidi nella sua direzione. "Ma Liz è morta ed Andrew è venuto a stare un po qui da me, ma stava così male..". 
Abby lo guardò attentamente e con aria seria, annuendo con aria dispiaciuta ed curvando appena la schiena per appoggiare i gomiti sulle sue cosce, cercando di fargli capire con lo sguardo che non fosse solo e che lei lo capisse. 
Sam si schiarí la gola e si inumidí appena le labbra prima di parlare, attirando lo sguardo del ragazzo di qualche anno in più di lui che stava seduto in maniera nervosa sulla poltrona davanti a loro. 
"Senti Tom, tua sorella aveva degli interessi un po insoliti oltre l'università?". 
Tom fece spallucce e non parve pensarci su tanto, sospirando leggermente. "Beh, faceva volontariato, assisteva alcuni anziani della città e..". 
"Non quel genere di cose" disse Sam interrompendolo e accennando un sorriso amaro, dispiaciuto di doverlo chiedere. "Cose più strane, più malvagie". 
Tom sollevò un sopracciglio e spostò il suo sguardo sulla ragazza al centro per poi tornare a guardare Sam con aria sconcertata, scuotendo la testa. "Cosa mi stai chiedendo, spilungone? Se mia sorella fosse una specie di strega?!". 
Abby sgranò gli occhi e cercò di calmarlo con lo sguardo, mettendo le mani avanti e sospirando. "Non c'è un modo corretto per chiedertelo, ma ho bisogno che tu mi dica se Liz praticava la stregoneria. Tom, sai che non te lo chiederei se non fosse davvero importante".
Tom strinse i pugni ed Abby notò il modo in cui la sua espressione mutò, lasciando trasparire il suo palese nervosismo, e Dean si alzò nello stesso momento in cui Tom fece uno scatto in avanti, pensando che avrebbe potuto fare del male a Sam o a Abby, ma invece si mosse nervosamente per la stanza, bofonchiando delle parole senza alcun senso. Si diresse verso la scrivania della stanza ed iniziò a scrivere su di un pezzo di carta, ed i due ragazzi guardarono Abby che scosse la testa e fece spallucce, alzandosi insieme a Sam con aria stranita. 
Lo osservarono avvicinarsi alla ragazza e Dean si fece più vicino come a proteggerla, ma Tommy non lo guardò neanche mentre le porgeva un foglio con su scritto l'indirizzo. 
"Avevo detto a Liz di non fidarsi di questa tizia, ma non mi ha ascoltato" disse Tommy con voce tremante ed occhi lucidi, e la guardò scuotendo la testa. "È pericoloso, non andare a cercarla Abby, ucciderà anche te..".
 
 
Si mossero in silenzio entrando all'interno di un vecchio magazzino completamento privo di persone, ma pieno di macchine ed utensili: sembrava essere un deposito per macchinari agricoli, ma ciò che sfuggisse ai tre era proprio il motivo per cui Tom li avessi mandati in quel posto così sperduto.
Tennero le loro pistole alte con una mano, incrociando le braccia per tenervi sotto una torcia per illuminare il loro cammino, muovendosi piano e lanciandosi ogni tanto degli sguardi per assicurarsi che tutti stessero bene; si addentrarono compatti procedente in direzione centrale, ma successivamente Abby udí un leggero scricchiolio provenire dalla destra del capanno e si fermò per un istante, voltando la testa per udire meglio, mentre i due ragazzi continuavano ad avanzare. 
La ragazza scorse una porta e scosse la testa perché aveva capito che quella fosse una vera trappola, e aprì la porta con la stessa mano con cui tenesse la torcia: si sporse appena per guardare meglio ciò che vi fosse dentro, quando una mano l'afferrò dal braccio tirandola forte fino a farle perdere l'equilibrio e finire sulla parete di fronte. 
Perse la torcia e perse la pistola, e la poca luce presente nel capannone non aiutava, ma Abby iniziò una vera lotta con chiunque l'avesse attirata dentro quella stanza: era una donna bionda di più o meno la sua età, ed Abby iniziò a difendersi, scaraventando il suo aggressore al di fuori di una parete a vetro, portandola con forza e rabbia nella sala principale di quel capannone. 
Scavalcò in fretta raggiungendo la donna che si trovava a terra fra i cocci di vetro, ma venne afferrata da una gamba e cadde rovinosamente a terra; sentí il fiato spezzarsi sbattendo la schiena, mentre la donna si metteva a cavalcioni su di lei. 
Riuscì ad invertire le posizioni, tramortendola con un colpo al viso, e si alzò di scatto recuperando la sua pistola e puntandogliela contro, insieme alla torcia per vedere meglio il suo viso: sentí i passi dei ragazzi avvicinarsi velocemente, ma prestò più attenzione al volto insanguinato della ragazza che conosceva bene. "Sei Claire, la ragazza di Tommy!".
La donna mostrò i suoi occhi neri con un ghigno malvagio e divertito, e i tre cacciatori sgranarono gli occhi. Sentí Dean puntarle la torcia contro ed osservare i tagli sul viso provocati dalla lotta sui cocci di vetro e sgranò gli occhi, e sospirò profondamente arrabbiato. 
"È una trappola o qualcosa del genere?" chiese il maggiora con torno furioso, puntando nuovamente la sua torcia sul demone ancora a terra e col fiatone. 
"Già, e voi non avete la minima idea del guaio in cui vi siete cacciati.." sussurrò il demone alzarsi con un grande sorriso divertito. 
"Siamo tre contro una, sei in svantaggio!" esclamò Sam guardandola con aria arrabbiata, guardandosi attorno. 
In men che non si dica, i tre cacciatori si ritrovarono bloccati da due demoni a testa e completamente disarmati, mentre il demone che possedeva Claire e quello che possedeva Tommy si misero ad osservarli con aria divertita. 
I due Winchester ed Abby non avevano la minima idea di trovarsi davanti i demoni del caos, creature molto antiche che erano uscite dall'inferno dopo secoli di reclusione la sera in cui Azazel ne avesse spalancato le porte. 
"Che cosa volete? Perché siamo qui?" chiese Abby cercando di scrollarsi di dosso i due bestioni che tenessero le mani su di lei per bloccare i suoi movimenti. 
Il demone che possedeva Claire si avvicinò con un ghigno malvagio e le afferrò il viso fra le dita con forza, osservando la bene. "Era scritto che tu e Sam vi scontraste, Azazel ce lo aveva promesso. Quindi perché non lo fate adesso?". 
Abby sollevò un sopracciglio guardandola seria e poi rise di gusto, scuotendo la testa. "Immagino che chiedere di poter passare la settimana del Natale senza rischiare la vita o senza uccisioni fosse troppo, ma voglio osare con te: passo!". 
"Davvero?" chiese la ragazza posseduto rispondendo alla sua risata, lasciando la presa su di lei ed avvicinandosi al maggiore dei Winchester brandendo la sua stessa lama, lasciandola scivolare con delicatezza sulla sua guancia per poi farla scendere lungo il collo. "E se mettessi in palio la sua vita? Chi vince lo scontro, salverà il bel faccino del tuo ragazzo". 
Abby strinse i pugni e divenne molto seria, guardandola con odio come probabilmente non avesse mai guardato nessuno, e la sua voce divenne seria e tirata. "Toccalo e ti ucciderò". 
Claire dovette prenderla come un sfida, perché tagliò superficiale lo zigomo del ragazzo, ed Abby strinse i pugni con rabbia e determinazione. Il demone rise e tornò nella sua direzione, guardandola dall'alto verso il basso. "Questo, è questo lo sguardo che cercavo nei tuoi occhi: sono stata all'inferno per tantissimo tempo e ho conosciuto parecchi demoni, anche quelli che hai rispedito a casa dopo che il tuo paparino era morto: mi hanno raccontato quanto la tua natura sia violenta, sadica e perversa. E poi ti guardo qui, sembri una bambina spaventata e che non spaventarebbe nessuno. Non hai niente da dire?". 
"Rispondi a questo: c'è ancora Claire lì dentro?" chiese Abby a denti stretti, guardandola nello stesso modo furioso di prima. 
"La tua amica se n'è andata parecchio tempo fa..". 
"Bene!". 
Abby fece uno scatto in avanti, colpendola con una testata in viso e si liberò con il coltellino che tenesse sempre nella manica interna del suo giubbotto recidendo le corde, e la pugnalò allo stomaco sentendola urlare, dopodiché passò le sue armi ad i due ragazzi per potersi liberare, ed iniziò a combattere contro Tommy e Claire, che dovevano davvero essere i demoni più forti che avesse mai incontrato.
Proprio prima che i due demoni immobilizzassero Abby per trafiggerla con una lama, Sam riuscì a liberarsi e a liberare Abby, afferrando Tommy ed iniziando a parare i suoi colpi più forti. 
Sentí suo fratello affiancarlo ed intimargli di allontanarsi e di recitare l'esorcismo che sapesse a memoria, mentre lui affiancò Abby e riprese la lotta con Tommy al posto del fratello. 
Quando i due demoni caddero a terra privi di vita ed il fumo denso e nero iniziò a vagare fino a far ritorno all'inferno, Dean ed Abby si scambiarono un'occhiata stanca ma soddisfatta, nonostante il loro cuore stesse battendo fin troppo velocemente per la lotta appena svolta. 
Il maggiore si avvicinò a Sam, osservando il suo taglio sul sopracciglio ed il livido che si stesse già formando sullo zigomo, e sorrise amaramente battendogli una mano sulla spalla. "Sei stato bravo fratellino..". 
Sam rispose con un debole sorriso e lasciò vagare il suo sguardo fino aa ragazza, piegata sui talloni ad osservare i due cadaveri distesi a terra, senza vita. "Stai bene?". 
Abby sollevò lo sguardo fino al ragazzo e poi lo alternò fra i due, si mise dritta e fece spallucce mentre sospirava rumorosamente. "Non lo so, credo di sì. Ma questa sarà la nostra vita adesso? Azazel è morto, ma i suoi seguaci vogliono ancora un leader che li possa guidare durante l'apocalisse?".
Dean percepí la preoccupazione nella sua voce e negli suoi occhi, e la vide stringersi nelle spalle con un gesto triste, perché pensava davvero di essere uscita da quel girone. Sospirò rumorosamente e mise la mano sulla spalla del fratello ed insieme si avvicinarono ad Abby, che il maggiore avvolse in un abbraccio caloroso facendola sorridere. 
"Che ne dite se non ci pensiamo più e andiamo a mangiare qualcosa?". 
 
 
I giorni si erano sessuguiti svelti uno dopo l'altro, nonostante i tre cacciatori desiderassero così caldamente che il tempo rallentasse per potersi godere ogni momento di quella settimana di vacanza; Sam aveva accettato di accompagnare Silver in giro per la città e l'apprezzava esattamente quando apprezzasse passare del tempo con Abby, scoprendo una ragzzina sensibile e piena di sogni per il suo futuro nonostante la vita le avesse fatto male già dalla tenera età. 
Dan aveva finalmente preso delle ferie dal lavoro e aveva iniziato a trascorrere più tempo a casa per stare con la sua famiglia, sentendosi finalmente dopo tanto tempo pienamente felice. 
Quella mattina si respirava serenità in quella casa, e non importava che i tre cacciatori fino alla sera prima avessero affrontato dei potenti demoni, quella mattina era tutto divero: Abby e Silver erano già in cucina, rendendolo un posto off limits per chiunque non avesse avuto voglia di aiutare, ed iniziarono a prepare delle ricette di famiglia che ormai erano diventate una tradizione. 
Dean cercò di aiutare, ma riuscì a mettere più disordine che altro, e quando Abby lo guardò in cagnesco per aver quasi rovesciato un vassoio con degli strani ingredienti, ebbe la sensazione che sarebbe stato cacciato da un momento all'altro: ma Abby rise divertita e scosse la testa, afferrando le sue mani e guidandolo per fargli capire quale fosse il movimento corretto per versare uno alla volta gli ingredienti a pioggia nella sua grossa ciotola. 
Dean capí ed accennò un sorriso, e non riuscì a reprimere la voglia di annullare la distanza fra di loro con un bacio casto e delicato, perché non si era mai sentito quel calore tipico di casa come in quel momento, e poco gli importava che Dan fosse appollaiato sullo sgabello dell'isola di marmo davanti a loro e che avesse assistito a quella scena con un sopracciglio sollevato, che si alzò ancora di più quando Abby sorrise e si sporse verso Dean per abbracciarlo stretto. 
Quando finirono i preparativi per la cena, i due Winchester quasi ci restarono male pensando che non avrebbero mangiato tutte quelle bontà nell'immediato ma avrebbero dovuto arrangiarsi, specialmente il maggiore che aggrottò le sopracciglia e mise su l'espressione scontenta per tutto il pomeriggio. 
Ma Abby e Silver dovevano finire di correre da una parte all'altra per rendere tutto perfetto, sistemando gli addobbi e le luci dell'albero, disponendo in modo corretto i pacchi sotto il grande albero posto adiacente al grande tavolo della sala da pranzo. 
Dan mandò giù qualche sorso del suo Whisky preferito e si avvicinò lentamente verso i due ragazzi seduti sul divano, sedendosi accanto al maggiore e voltandosi a guardarlo; porse ad entrambi un bicchiere per riempirlo con io suo liquore di qualità, facendo scontrare il proprio bicchiere con il loro. "Alla salute, ragazzi!". 
Sam non ebbe neanche il tempo di bere uno o due sorsi, che Silver lo chiamò in suo aiuto in un piccolo battibecco con Abby, dicendo che essendo entrambi fratelli minori avrebbero dovuto spalleggiarsi in situazioni come quelle. 
Dan e Dean riservo rumorosamente divertiti quando videro Sam scuotere la terra e dicendo ad Abby qualcosa che la fece arrabbiare, partendo dal modo in cui le stessero ore uscire gli occhi dalle orbite; i due ragazzi si guardarono e Dan sollevò un sopracciglio, perché in quei giorni aveva iniziato a rivalutare Dean, iniziando ad instaurare finalmente un rapporto con lui e superando la sua gelosia nei confronti della sorella. 
"Allora Dean, vedo che l'hai tenuta al sicuro come ti avevo chiesto" disse Dan distogliendo lo sguardo brevemente ed osservando la sorella ridere divertita: il viso roseo come non lo avesse forse mai visto, gli occhi felici ed illuminati da una luce di speranza. Poi tornò a guardarlo con un sospiro. "Abby sembra stare bene, sembra davvero felice". 
Dean sorrise soddisfatto e avrebbe voluto guardarlo con quell'aria da sbruffone che sembrava dire Che ti aspettavi? Sono anche io un fratello maggiore, idiota, ma invece fece spallucce e lo guardò con espressione seria, perché sapeva che Dan gliel'avesse affidata col cuore in mano spaventato e lacerato dalla lontananza. "Non potrà mai succederle nulla di brutto insieme a me. Difenderei la sua vita a costo della mia". 
Dan guardo nei suoi occhi verdi e divenne serio tanto quanto lui, stringendo la mascella perché sapeva che stesse dicendo la verità: annuì e lo ringraziò con lo sguardo senza dirlo ad alta voce, perché troppo orgoglioso per farlo. "Avete fatto qualche passo avanti per il tuo patto?". 
Dean si schiarí la gola e sorrise amaramente, facendo spallucce e deglutendo a fatica mentre un groppo si fermò esattamente della gola, costringendolo ad un colpo di tosse secco per schiarirla. Non aveva pensato al suo patto in quei giorni, si era concentrato sulla felicità di Abby che pareva aver contagiato anche Sammy, e Dean non era riuscito a ricordare l'ultima volta che lo avesse visto così felice. 
Pensare che quello sarebbe stato il suo ultimo Natale fece cambiare il suo umore repentinamente, ma allo stesso tempo non avrebbe voluto rovinare ad Abby, i suoi fratelli, e a Sam l'ultimo ricordo che avrebbero potuto avere di lui in quella circostanza. 
Così Dean si costrinse a sorridere amaramente, tornando a guardare Dan e facendo scontrare il bicchiere colmo di Whisky con il suo. "Perché non ci godiamo questa cena in famiglia, che dici Danny?". 
Dan sorrise e scosse la testa, guardandolo male per gioco ma capendo perfettamente ciò che avrebbe voluto dire ma che tenne per sé. "Godiamoci questa cena in famiglia, ma se mi chiami ancora così giuro che ti uccido". 
I due risero divertiti e per la prima volta si ritrovarono a scherzare senza astio né preoccupazione, e Dan iniziò a pensare che non fosse così malvagio come cognato come pensasse. 
Due colpi di nocche alla porta fecero voltare i presenti verso l'ingresso ed Abby, vestita di tutto punto, fece un grosso sorriso iniziando a battere le mani come una bambina. 
"Aspettate qualcuno?" chiese Sam guardando Silver e Dan con sopracciglia aggrottate che scossero la testa del tutto ingrari dei potenziali ospiti. 
Abby scattò immediatamente verso l'ingresso con un sorriso ancor più grande di prima, bofonchiando un elettrizzato Vado io!, spalancando la porta e tuffandosi fa le braccia di chiunque stesse dalla parte opposta della soglia; Sam fece qualche passo in avanti spinto dalla curiosità e le sue labbra si curvarono in un grande sorriso quando vide di chi si trattasse. 
"Non ci posso credere: la piccola Jo ed Ellen!". 
Si sporse ad abbracciarli stretti, mentre Dean sorrideva felice, alzandosi e posando il bicchiere sul tavolino basso davanti al divano, andando in contro agli ospiti appena arrivati; strinse le due donne in un abbraccio caloroso e quando guardò Jo non vide nessuna traccia di risentimento nei suoi confronti o in quello di Abby. 
"Qualcuno di voi idioti mi darebbe una mano?! Questi affari pesano!". 
I due Winchester si scambiarono un'occhiata e sorrisero, perché avrebbero riconosciuto quella voce fra mille, ed il minore si affrettò ad avvicinarsi per dare una mano."Bobby!".
Dean guardò Abby sorridere felice mentre abbracciava forte il cacciatore più anziano, ed intercettò il suo sguardo, e fu in quel momento che capí che lasciarsi coinvolgere e legarsi in quel modo a lei non fosse mai stato un errore. Le sorrise ed Abby fece lo stesso, capendo senza bisogno di parlare ciò che lui le stesse dicendo. 
"Vuoi restare lì impalato e vuoi darmi una mano?". 
Dean sembrò riprendersi dal suo stato catatonico e guardò Bobby fermo davanti a lui con aria fintamente seccata, e subito si apprestò ad afferrare dalle mani del vecchio cacciatore le buste di plastica pesanti, per poi stringerlo in un forte abbraccio.  
 
 
"Lo so che tutti state aspettando di poter finalmente mangiare, ma vorrei dire due parole.." aveva detto Dean alzandosi dalla sua sedia ed osservandoli uno dopo l'altro con un sorriso, poco prima che iniziasse la cena. Dan stava seduto a capo della lunga tavola da pranzo e ai suoi due lati vi erano le sue due sorelle, rispettivamente seguite da Jo ed Ellen al fianco di Abby e Bobby, e Sam al fianco di Silver, mentre lui stava seduto al capo opposto della tavola. Cercò le parole giuste e sorrise sentendosi un po a disagio, perché non si era mai sentito a casa come in quel giorno. "Tutti noi abbiamo perso qualcuno lungo la strada: qualcuno ha perso i genitori troppo presto, qualcuno il proprio compagno di vita, qualcunaltro ha perso tutto e ha ricominciato da zero. Il mio fratellino ed io non credevamo di poter trovare qualcosa del genere, che non ci lasciasse mai da soli nel momento del bisogno: una famiglia. Quindi volevo solamente ringraziare chi ci ha lasciato, perché sono sicuro che ci abbiano guidato per far sì che fossimo qui tutti insieme, oggi. E grazie anche a voi, per aver reso tutto questo possibile. Felice Natale e salute, ragazzi!". 
Abby sorrise ripensando a quanto quella giornata fosse stata splendida e proprio come se la immaginasse, e salí le scale fino a raggiungere la sua camera da letto solamente dopo aver rimesso in ordine la cucina e salutato i suoi ospiti che meno di una mezz'ora prima avevano lasciato la sua casa: la serata era passata fra risate e scherzi che si fecero l'un l'altro, e si animò sullo scambio dei regali, specialmente quando Dean regalò a suo fratello delle riviste porno, facendo ridere un po tutti. 
Sgattaiolò al piano di sopra ed aprí la porta della sua stessa stanza, trovando Dean di spalle seduto sul bordo del letto con la schiena appena incurvata. "Ehi..". 
Abby si chiuse la porta alle spalle e si tolse le scarpe con i piedi stessi, lasciandole cadere sul pavimento di legno con un forte tonfo, e si mise a gattonare fino a raggiungerlo, per poi sedersi sulle cosce proprio dietro di lui ed abbracciarlo forte. "Stai bene?". 
Dean volse il viso verso di lei e sorrise sereno, toccando le sue braccia con le mani per sentirla più vicina e lasciò che il calore del suo abbraccio lo invadesse, chiudendo per qualche secondo gli occhi. "Ora che ci sei, si" . 
Abby rise di gusto e lo guardo lasciandosi scivolare in avanti e posizionandosi accanto a lui con aria divertita, guardandolo in viso. "Ma tu chi sei? La magia del Natale ha toccato anche te?". 
Dean rise e senza dire nulla si avvicinò verso il suo viso, che sfiorò con una mano, e la baciò con delicatezza e dolcezza; allontanò le loro labbra e fece sfiorare le loro fronti, sorridendole non appena riaprì gli occhi. E gli fu chiaro perché non potesse chiedere di più dalla vita. 
Si schiarí la voce e si morse il labbro interiore, guardandola e sperando che capisse tutto ciò che il suo sguardo fosse in grado di esprimere. "Senti, volevo darti il mio regalo e..".
"No, Dean. Sai il mio problema con i regali, non mi piace riceverli e mi sento in imbarazzo e..". 
"Ma vuoi stare zitta un momento?". 
Dean la guardò con aria quasi disturbata per averlo interrotto dato l'enorme sforzo che stesse facendo solamente per lei e le sorrise, perché sapeva benissimo quanto la facesse sentire a disagio ricevere qualcosa da qualcuno, specialmente dopo che i suoi fratelli ed Ellen e Jo le avessero fatto dei regali quello stesso giorno, e non fu sorpreso quando anche Sam si presentò da lei con un pacco perfettamente incartato, probabilmente fatto da Silver, regalandole un bel maglioncino blu che si intonava perfettamente con la sua carnagione. 
Dean si schiarí la gola e le sorrise, prendendole la mano e mettendole qualcosa di metallico fra le mani, che però Abby non ebbe il coraggio di guardare fin quando il ragazzo non la incoraggiò con lo sguardo: non vi era un pacchetto, né alcun nastro colorato che desse l'idea di regalo.
Una semplice collanina d'argento non troppo sottile con un ciondolo a forma di cuore con incastonata una pietra blu scintillante ed il bordo rivestito da zarconi; la guardò con un leggero sorriso sul viso ed aggrottò le sopracciglia, perché conosceva quella collana e l'aveva già vista da qualche parte, e appena la riconobbe sgranò gli occhi e scosse la testa. "Dean, no..". 
"Era di mia madre, l'ho fatta restaurare e ho pensato che ti sarebbe piaciuta tanto.." sussurrò Dean sorridendole teneramente e sfiorandole il viso, scostandole i capelli su di un lato e facendo segno di voltarsi, ma Abby sembrò quasi titubante e scosse la testa, abbassando lo sguardo. "Che c'è, ragazzina? Non ti piace?". 
La ragazza lo guardò e sospirò, afferrando le sue mani e sorridendo per tranquillizzarla. "No, no, è perfetta davvero. Ma è un po troppo personale ed è anche di Sam, e non vorrei che lui..". 
"Ho la benedizione di mio fratello, non preoccuparti.." sussurrò Dean sorridendo divertito, ma poi divenne più serio e prestò attenzione ai suoi occhi ancora un po titubanti e sospirò mentre la sua voce iniziò leggermente a tremare. "Voglio che l'abbia tu ragazzina, perché sei l'unica persona a cui l'affiderei. Quando ti ho conosciuta non pensavo che tu potessi essere così buona e pura, priva di egoismo; tu metti sempre il bene delle altre persone prima del tuo, e inizialmente non lo vedevo per via della maschera che portavi. Ma poi hai iniziato ad indossarla sempre meno fino a quando ho capito che persona realmente fossi: questa è la collana di mia madre, ma adesso è tua e voglio che tu possegga questo ciondolo, questo cuore, come possiedi il mio dal primo momento". 
Abby sgranò gli occhi e sentí il terreno franare sotto di lei, deglutando a fatica dopo quelle parole così toccanti e pungenti che smossero qualcosa dentro di lei ma che non riuscì a raggiungere le labbra; rimase bloccata a fissarlo con aria piacevolmente sorpresa, sentendo il suo cuore battere sempre più veloce nel petto, e gli sfiorò una guancia con un sorriso. 
Dean sentí il cuore esplodere e non importa quanto avesse provato e riprovato quelle frasi, l'emozione lo travolse e si morse il labbro. "È così Abby, io sono..". 
"Lo so.." sussurrò la ragazza sorridendo quando la voce gli venne meno, stringendo la presa sulle sue mani e sul suo viso mentre lo guardava con aria estasiata. "Ed è lo stesso per me..".
"Lo so ragazzina.." sussurrò Dean sorridendo divertito, avvicinandosi e baciandola con delicatezza. Poi la scostò nuovamente i capelli e le prese la collana dalle mani per metterla al suo collo, facendo compagnia alla collana d'oro del padre. 
"Grazie. È splendida.." sussurrò Abby sorridendogli grata, sapendo l'enorme sforzo che avesse fatto quella sera per dirle queste cose e per regalarle qualcosa di così importante e con un significato così speciale, e si alzò di scatto per prendere un pacchetto dall'armadio, perfettamente incartato con una carta regalo fin troppo colorata e numerosi fiocchi che sporgevano, facendolo ridere di cuore. "Buon Natale, Dean". 
Il ragazzo sorrise divertito e si apprestò ad afferrarlo dalle sue mani scuotendo la testa, ed Abby perse un battito dietro l'altro mentre osservava la sua espressione perfettamente in pace, rilassata e felice, e si sentí pienamente felice di essere andata alla Road House quel giorno di quasi due anni fa e di aver incrociato gli occhi di quel ragazzo sbruffone e fin troppo sicuro di sé, che sapeva fin dall'inizio che sarebbe riuscito a farla *cadere* per lui. 
Dean iniziò a scartare mentre sorrideva e cercò di essere il più naturale possibile quando aprí la piccola scatola, trovando dentro un grosso e spesso bracciale di cuoio con una piastrina bronzo posta sulla parte sinistra e che dava un effetto vintage, proprio vicino alla chiusura a doppia fibbia. Il ragazzo aguzzò la vista e sorrise quando lesse un'iscrizione incisa sulla piastrina bronzea, sollevando lo sguardo verso di lei con un sorriso felice. "Always with you". 
Capí solo in quel momento che la vita avrebbe potuto offrirgli qualcosa di diverso della caccia e che avrebbe potuto avere qualcosa di totalmente diversa da quella che suo padre avesse scelto per lui: una possibile vita pienamente felice che, per qualche ragione a lui ignota, Abby fosse disposta ad offrirgli. 
Il suo sorriso scemò appena e il suo sguardo divenne lucido, quando si ricordò che gli rimanesse poco da vivere e che non avrebbe avuto nulla di tutto ciò che si fosse ritrovato a sognare da quando Abby fosse entrata nella sua vita. 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13. ***


HUNTER LEGACIES
Capitolo 13.
 
 
 
Terminò di delineare una striscia di sale sul pavimento proprio dietro la porta della stazione di polizia, per evitare che qualche demone sotto forma di fumo nero si insinuasse all'interno della stanza: erano in trappola e Sam lo sapeva bene quando sollevò lo sguardo per incrociare quello del fratello, che fece una smorfia di incoraggiamento per fargli forza.
Gli ultimi due mesi erano stati un disastro totale e gli sembrò di vivere una costante guerra: nel Massachusetts, a Sturbridge, avevano sventato una congrega di streghe inconsapevoli che stavano venerando un dmeone senza neanche rendersene conto e Ruby era apparsa per salvarli da quella strana circostanza, specialmente quando le streghe avevano iniziato a prendersela con Dean con tutta l'intenzione di ucciderlo. In quella stessa città, i tre cacciatori avevano scoperto il passato da strega di Ruby quando era umana, la cui anima era stata demonizzata all'inferno per numerosi anni. 
Nonostante continuassero ad odiare l'idea che Sam si fidasse di un demone solamente perché gli avesse detto di essere in gradi di salvare Dean dall'inferno, Abby e suo fratello dovettero riconoscerle il fatto che cercasse continuamente di dimostrarle la sua lealtà verso gli umani. 
Nel corso delle settimane avevano affrontato diverse cacce, così come quando pensarono che sarebbero morti di paura se Bobby non si fosse svegliato da quel coma misterioso in cui sprofondò, per poi scoprire con l'aiuto di Bela il modo per entrare nella sua mente ed affrontare colui che avesse tutta l'intenzione di ucciderlo. 
Ma l'esperienza più terrificante che Sam ed Abby fecero insieme, fu proprio quando vennero costretti in quel loop temporale dove vivessero ogni giorno una morte differente di Dean: il Trickster voleva che imparassero la lezione e che lo lasciassero andassero una volta per tutte, ma non era nelle loro corde l'idea di lasciarlo andare. Loro volevano combattere per lui, combattere per liberarlo dal suo patto e combattere per una vita differente. 
Volevano combattere e lo avrebbero fatto. 
Come in quel momento, quando si resero conto di essere completamente circondati dai demoni venuti fino a lì per ucciderli: Abby aveva cercato di spiegarlo all'agente Henricksen che catturare Sam e Dean non fosse una buona idea e che non si fossero macchiati dei reati di cui li accusassero, almeno non nel senso in cui intendessero loro, ma come risultato anche Abby fu arrestata e sbattuta proporio nella cella accanto alla loro. 
Dean ricordò di averla guardata con desiderio attraverso quelle sbarre, sorridendole in maniera maliziosa e sollevando un sopracciglio, ricordandole quanto fosse sexy con l'aria da malfattrice che resisteva alla polizia fino a farsi arrestare e le ricordò inoltre quanto solamente quelle sbarre l'avrebbero trattenuto dal prenderla in quel momento; si meritò uno scappellotto sulla nuca perché Dean doveva essersi scordato della presenza di suo fratello proprio accanto a sé. 
"Chi li ha mandati?". 
"Non hai detto al tuo fratellone e alla sua ragazza che c'è un nuovo demone in giro, Lilith, e che la sua più grande aspirazione è quella di uccidere i suoi due rivali?". 
Sam pensò a questo particolare passaggio della conversazione avvenuta poco prima nella centrale, quando Dean avesse chiesto poco contento a Ruby, dopo che Sam le avesse aperto il passaggio per entrare, con chi avessero a che fare e perché quella quarantina di demoni che li aspettassero all'esterno avrebbero voluto mettere le mani su di loro. 
Ricordò il modo in cui Abby si fosse lasciata provocare da Ruby e si fosse izzata contro di lei solamente per colpirla con un sonoro pugno sul viso e ripagarla di averle fatto rompere un finestrino dell'Impala con la testa, e a Sam e Dean sembrò un dejavu perché dovettero separle di nuovo. 
Abby non sapeva spiegarselo, ma provava davvero un forte odio per Ruby e sapeva che poco c'entrasse il fatto che Sam si stesse lasciando abbindolare da lei, ma che ci fosse dell'altro sotto sotto di cui neanche Abby riuscisse a rendersi conto. 
Ruby se n'era andata dopo che i tre cacciatori si fossero rifiutati di seguire il suo rituale che implicasse l'assassinio della segretaria della stazione di polizia, dicendogli quanto fossero pazzi a non ascoltarla e che probabilmente sarebbero morti tutti quanti senza il suo aiuto. 
Combatterono tutti con le unghie e con i denti, fin quando stremati riuscirono a sopravvivere e a vincere contro tutti quei demoni rimandandoli all'inferno con un esorcismo di massa, e presto si affrettarono a lasciare la città e scappare lontano con la benedizione dell'agente Henricksen che dichiarò i due ragazzi ufficialmente morti e quindi nessuno sarebbe più andato a cercarli. 
Una volta tornati al motel Abby prese l'unico borsone che avesse dimenticato nel portabagagli dell'Impala e lo chiuse con uno scatto, estraendo immediatamente le chiavi per riportarle al legittimo proprietario nella sua stanza, ma sollevò lo sguardo e si trovò davanti l'ultima figura che si aspettasse di vedere e che stesse diventando fin troppo conoscente; sollevò un sopracciglio e guardò Ruby con un sorriso ironico. 
"Sei così stupida da essere tornata qui?". 
Ruby avanzò di qualche passo con le braccia conserte e lo sguardo impertinente di chi fosse venuto solamente per sbattere la verità in faccia. "Lilith ha ucciso tutti i vostri amici della stazione di polizia dopo che siete andati via! La prossima volta che ci porterò una soluzione, datemi retta razza adì imbecilli". 
Abby spalancò la bocca in un espressione sorpresa e per un momento pensò che forse avesse ragione, sentendosi dispiaciuta e scossa per quelle persone che credevano di avere aiutato. Ma poi la vide voltarsi ed andare via con aria soddisfatta, e la rabbia scattò nuovamente dentro di sé. "Perché dovremmo farlo? Sei solamente un demone schifo, feccia". 
Osservò il demone fermarsi di spalle e poi voltarsi e guardarla con aria ironica, e le sorrise divertita mentre avanzava verso di lei con lenti e corti passi, facendola innervosire anche di più: arrivata fino al bagagliaio, Runy continuò a guardare con aria intensa e sorridendo fra i denti, disse: "Io so chi sei, so tutto". 
Abby fece roteare gli occhi e scosse la testa, spazientita. "Azazel ha infettato anche me, che novità! Sono sconvolta". 
Ma Ruby continuò a guardarla con aria intensa e cercò di scavare nei suoi occhi per trovare la sua vera essenza, e quando la riconobbe, accennò un sorriso. "No, questa è una stronzata: sai che la storia di Azazel non è reale, che non può avere infettato il tuo sangue. C'è qualcos'altro e so che una piccola, stupida e assopita parte di te lo percepisce". 
Abby inclinò la testa di lato sentendosi quasi paralizzata dalle sue parole, rimanendo inerme ad osservare i suoi occhi mentre un sentimento che non conoscesse si mosse dentro di lei: un antico rancore sembrò tornare a galla, risalire in superficie e stabilizzarsi proprio dentro di lei. 
Il suo disprezzo per Ruby era arrivato alle stelle e si chiese perché lo avesse fatto, perché avesse voluto che Abby la guardasse in quella maniera, come se da un momento all'altro avrebbe potuto provare a strapparle la testa a mani nude. 
E così fu: Abby fu addosso al demone con uno scatto fulmineo, lasciando cadere il borsone a terra con un tonfo, ed iniziò a picchiarla con ferocia e violenza. 
Se solo avesse portato con sé il coltello curdo antidemone, a questo punto avrebbe potuto davvero farla finita ed ucciderla. 
Ma Ruby si liberò in fretta dalla sua presa, scaraventandola a terra ed iniziando a correre nella direzione opposta, scappando via di là il più velocemente possibile, lasciando Abby intenta respirare affannosamente per la breve lotta appena avvenuta. 
 
 
"Non preoccuparti, non è mio!" esclamò Abby chiudendosi la porta alle spalle in maniera scocciata e scostante quando notò come Dean, seduto sul bordo del letto a guardare qualche programma in TV, fosse scattato in avanti una volta accortosi delle sue mani insanguinate. 
Mollò il borsone e si diresse in bagno, ma Dean le impedì di chiudere la porta infilando il piede, e la osservò sciacquarsi le mani ed il sangue che finiva sul lavandino sotto l'acqua corrente: Abby teneva lo sguardo basso sulle sue mani insaponate perché non voleva essere costretta a guardarlo e rivelargli ciò che avesse appena fatto o come avesse perso le staffe fuori dalla stanza. 
"Vuoi dirmi che è successo, ragazzina?". 
Abby sollevò lo sguardo sullo specchio ed osservò il riflesso del ragazzo dietro di sé: lo sguardo così contratto e sconvolto, anche preoccupato e dispiaciuto, e capí subito che Ruby avesse fatto visita anche a lui e a suo fratello. Chiuse il rubinetto e si asciugò le mani, continuando a dargli le spalle e adagiando le mani sul brodo del lavandino scuotendo la testa. 
"Ruby. È venuta da me, mi ha detto cosa è accaduto ad Henricksen e agli altri e ho perso le staffe". 
L'espressione di Dean divenne leggermente più rilassata, scosse la testa e sospirò rumorosamente. "Abbiamo fatto tutto il possibile per loro, se lo avessimo saputo li avremmo portati via e..". 
"Non è questo! Insomma mi sento uno schifo per averli lasciati a morire, ma non è questo.." sussurrò la ragazza sospirando e scuotendo la testa, cercando le parole giuste per descrive ciò che sentisse dentro di lei e strinse le mani attorno alla ceramica del bordo fino a che le sue nocche divennero bianche per la pressione esercitata, per poi sollevare nuovamente lo sguardo verso il suo riflesso. "Non riesco a controllarmi: quando la guardo e vedo ciò che è, dentro di me monta questa rabbia dentro indescrivibile. Voglio solamente ucciderla, penso solo a questo!". 
"È normale, noi uccidiamo i demoni e..".
"No, è diverso!" esclamò Abby con un tono rabbioso, scuotendo la testa e superando il ragazzo per uscire dal bagno, dirigendosi verso la stanza che condividevano e sedendosi sul bordo, spegnendo la TV con troppa foga e sentendo un crack provenire dal telecomando. 
Dean la seguì in silenzio e la osservò per bene: la vide stringere i pugni e quasi tremare per la rabbia che provasse, e si avvicinò a lei fino a sedersi accanto, prendendole il viso fra le mani con delicatezza e sorridendole. "Un respiro alla volta, calmati". 
"Dean non funziona, mi da profondamente fastidio, non riesco a stare nella stessa stanza con lei: anche prima alla stazione, non è importante ciò che dica per provocarmi, non riesco a sopportare la sua presenza" disse Abby tutto d'un fiato fra i denti stretti, guardandolo con aria arrabbiata. 
Ma Dean non si lasciò scoraggiare da quello sguardo e le sorrise, annuendo ed invitandola a respirare insieme a lui: un respiro dopo l'altro, Abby sputò fuori tutta l'energia negativa che si fosse incanalata dentro di sé mente elo guardava negli occhi, fin quando un grande senso di tranquillità e pace la invase, rubando il posto alle emozioni negative. E Dean notò il suo cambiamento di espressione e sorrise di più, avvicinandola a sé e stringendole forte fra le sue braccia. 
La capiva, del resto era un'altra delle cose che avevano in comune: il problema della rabbia. Fin'ora però non aveva mai visto Abby perdere il controllo in quella maniera, almeno fin quando non era comparsa Ruby nelle loro vite. 
Abby si lasciò adagiare sul suo petto e respirò in maniera più pacata, ridendo nervosamente perché mai nessuno era riuscito a calmare quei suoi stati di rabbia. Nessuno, eccetto.. 
"Perché stai ridendo?". 
Abby si morse il labbro inferiore sorridendo e si accorse di come Dean l'avesse appena scostata dal suo petto per guardarla meglio in viso. 
La ragazza fece spallucce e tornò dritta con la schiena, percependo però ancora le sue mani su di lei, e gli sorrise teneramente. "Sai che a vote posso essere fin troppo testarda e impulsiva, e fino ad oggi solamente mio padre riusciva a calmarmi così quando perdevo il controllo". 
Dean la guardò sorpreso per qualche istante, chiedendosi se quella fosse una cosa positiva o negativa, ma poi sorrise e aggrottò le sopracciglia. "Davvero? E lui che avrebbe detto in una situazione del genere?". 
Abby gli sorrise e fece spallucce, lasciando vagare il suo sguardo sulla stanza. "Beh, di cercare l'origine di questa rabbia dentro di me e che probabilmente era ricollegabile a qualcosa accaduto in un'altra vita". 
"Un'altra vita?" chiese Dean sollevando un sopracciglio, osservandola a metà tra l'ilarità e l'incredulità, perché pensava che già la sua vita fosse uno strazio, ripeterla per più volte lo sarebbe stato di più. "Tipo reincarnazione?". 
Abby fece spallucce e sospirò sorridendogli di cuore. "Già". 
"Credi a quel tipo di cose?" chiese Dean aggrottando le sopracciglia, lieto di scoprire qualcosa in più sulla ragazza. 
Abby sollevò un sopracciglio, notando l'ilarità nel suo sguardo e fece spallucce. "E tu perché non ci credi?". 
Dean la guardò negli occhi e avrebbe trovato almeno un milione di motivi per dirle che probabilmente non esisteva neanche la vita dopo la morte, figuriamoci la reincarnazione. Così scosse la testa e rise divertito, afferrandola con forza dalle spalle e costringendola a distendersi sulla schiena insieme a lui, passandole un braccio attorno alle spalle ed attirandola a sé. 
Abby rise e giocherellò con il bracciale che avesse regalato al ragazzo e che tenesse sul polso sinistro, e adagiò la testa sul suo petto, depositandogli un bacio sopra, mentre sentiva le labbra del ragazzo dischiudersi sulla sua testa per lasciare un tenero bacio. 
"Siamo stanchi e oggi mi hanno sparato, quindi perché non ci riposiamo un po', che dici ragazzina?". 
Abby ripensò a quando quelle stessa giornata un demone fosse riuscito ad impossessarsi di uno dei poliziotti e avesse aperto fuoco contro di lui, sparandogli alla spalla, ed annuí, sollevando il viso verso di lui con un piccolo sorriso divertito."Devi smetterla di chiamarmi così..". 
Dean intercettò il suo sguardo e sorrise divertito, annuendo e ridendo di gusto. "Certo.. ragazzina!". 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14. ***


HUNTER LEGACIES
Capitolo 14.
 
 
 
Abby lo guardò con aria accigliata, chiedendosi se davvero quella situazione fosse reale o se una serie di fortuite circostanze avessero spinto il maggiore dei Winchester a credere così ciecamente che quella fosse la verità. 
Sbatté il piede nervosamente sul pavimento, pensando ancora alla discussione piuttosto accesa che i due fratelli avessero avuto davanti a lei, quando Sam cercò di dissuadere il fratello dal proseguire su quella strada, mentre Dean lo mandava al diavolo ricordandogli quanto fosse stato un bravo figlio e fosse rimasto col padre per quei due lunghi anni mentre suo fratello si costruiva una vita al college con Jessica. 
Abby in quel momento avrebbe voluto sparire, volatilizzarsi e scomparire dalla stanza, perché era una lite troppo personale fra fratelli e lei non voleva essere resa partecipe per nessun motivo, risultando poi troppo invadente. 
Adesso si schiarí la gola ed osservò Dean seduto sul tavolo della loro stanza del motel mentre cercava di scoprire qualcosa di più al PC, notando il modo concentrato con cui fissasse lo schermo, e si mosse spostando il peso del corpo sulla gamba sinistra, incrociando la gamba destra e serrando le braccia al petto mentre stava appoggiata alla parete vicino alla porta della stanza, da cui meno di una mezz'ora prima Sam se ne fosse andato lasciando ad Abby un Dean piuttosto intrattabile e silenzioso. 
"Sei sicuro che possa essere davvero tuo padre?".
Dean sollevò lo sguardo arrabbiato dallo schermo verso la ragazza, guardandola in cagnesco come mai avesse fatto fino a quel momento e strinse i pugni sul tavolo; sia lei che Sam non gli credevano, non pensavano che le telefonate che avesse iniziato a ricevere da quando avesse messo piede nella città provenissero proprio da John. Ma Dean ci credeva perché sapeva che suo padre avrebbe trovato un modo per contattarlo prima o poi. "Perché non vai a farti un giro o segui Sam nella sua caccia immaginaria contro il demone Crocotta e ti levi dai piedi, mmh?". 
Abby sollevò un sopracciglio in silenzio e lo fulminò con lo sguardo, nonostante sapesse che fosse solamente un momento di alta tensione per lui, ma non gradiva che le si parlasse in quel modo. Si avvicinò sotto gli occhi ancora arrabbiati di Dean e si sedette accanto a lui, dopo avergli battuto una mano sulla spalla come avvertimento. Poi fissò lo schermo del PC spostandolo nella sua direzione con aria sorpresa, notando come il ragazzo stesse controllando un luogo ben preciso ed un uomo che vivesse lì. "Chi è?". 
Dean si riprese il PC e scosse la testa in silenzio, continuando a cercare ciò a cui fosse davvero interessato ignorandola; ma ad Abby non stava bene essere trattata in quel modo, quindi chiese lo schermo con forza col rischio di chiudere anche le sue dita fra schermo e tastiera, e lo guardò con aria severa. 
"Perché diavolo l'hai fatto?". 
"Non azzardarti a rivolgerti a me in questo modo: non sono il tuo fratellino! Non ti lascio andare da solo in qualsiasi cosa tu ti stia andando a cacciare, quindi non fare l'idiota ed inizia a dirmi tutto quello che stai cercando e perché!".
Dean la guardò con astio e pensò che se qualsiasi altra persona gli avesse mai parlato così, l'avrebbe sbattuta fuori dalla porta a calci: ma si trattava di Abby, e lui aveva permesso fin troppe cose a quella ragazza per via del loro legame. 
Così si ritrovò a sospirare e ad ammettere che avesse bisogno di qualcuno razionale che lo frenasse, dato che il suo lato emotivo risultava fin troppo coinvolto. 
Iniziò col dirle tutto, dall'ultima telefonata a ciò che suo padre gli disse, fino al nome dell'uomo che il demone che detenesse il suo contratto stesse possedendo in quel momento: se fosse riuscito ad esorcizzarlo, sarebbe riuscito a liberarsi da quel patto. 
E solo in quel momento Abby capì perché Dean si fosse scaldato così tanto con suo fratello prima: doveva essere vero, doveva credere che fosse veramente suo padre ad aver trovato una soluzione per il suo patto, dato che mancassero veramente poche settimane alla scadenza. 
"Elaboriamo un piano furbo e intelligente per uscire insieme e vivi da tutto questo, ok?". 
Gli carezzò la testa, passando la mano fra i suoi corti capelli e lo guardò con un sorriso, cercando di convincerlo che sarebbe andato tutto bene anche se quella si fosse rivelata una trappola e che avrebbero trovato un modo per salvarlo, ma Abby lesse nello sguardo del ragazzo davanti a sé neanche un briciolo di speranza, segno che si fosse arreso da tanto tempo e che quello fosse l'ultimo tentativo che avrebbe fatto prima di arrendersi alla morte. 
 
 
 
 
Bussò con le nocche alla porta del fratello che era già notte inoltrata e sospirò, sentendo la ferita al fianco tirare: alla fine del caso aveva sempre avuto ragione Sam, era proprio un demone Crocotta che avesse attirato Dean, e di conseguenza Abby, in una trappola. L'uomo a cui stessero dando la caccia non era affatto Liltih, ma solamente un povero padre ingannato dalla telefonata della figlia morta che gli disse che quelli che si trovassero all'interno di casa sua fossero i suoi assassini. Ciò che si trovarono davanti fu peggio di un demone che stringesse patti, ma solamente un padre accecato dalla collera e dalla furia per aver visto la propria bambina morire. 
E se le diedero di santa ragione, tant'è che Dean ringraziò mentalmente che Abby fosse venuta con lui perché fu in grado di stendere l'uomo con una forte ginocchiata alla testa dopo che accoltellò Dean proprio al fianco destro. Abby si affrettò a ricucirlo mentre ancora l'uomo giacesse svenuto a terra, preoccupandosi di bloccare l'emorragia e la copiosa perdita di sangue, e ringraziò di aver intrapreso gli studi scientifici all'università che le avessero suggerito delle proprietà chimiche di alcuni composti che non conoscesse prima, utili per fermare un'emorragia e per anestetizzare la parte ferita bloccando momentaneamente il dolore. 
Dean vide le luci accendersi nella stanza del fratello e Sam aprì con l'aria ancora impastata dal sonno, nonostante il maggiore sapesse che il fratellino avesse portato con sé la pistola e l'avesse puntata alla porta ancor prima di aprire. "Dean? Che è successo?". 
Dean sospirò e scosse la testa, spingendo via il fratello ed entrando all'interno della sua stanza senza neanche chiedere il permesso, osservando orgoglioso il fratello posare sul tavolino la sua pistola dopo aver rimesso la sicura. Lo guardò con un sorriso amaro e si sedette sul bordo del suo letto sfatto, pensando a quanto il suo fratellino fosse cresciuto e fosse diventato indipendente. "Senti Sammy, volevo solamente scusarmi con te per quello che ti ho detto prima quando abbiamo litigato, ma credevo davvero che quello fosse papà perché...".
"Perché hai paura.." disse Sam completando la sua frase, mettendo le mani sui suoi fianchi e sospirando rumorosamente. "Sei mio fratello, ti conosco. Mancano poche settimane alla scadenza del tuo patto e non riesci più a tenere su quell'aria da spaccone menefreghista perché hai paura di finire all'inferno, paura di tornare con gli occhi neri privo di umanità. Dico bene?". 
Dean rimase per qualche momento senza fiato, guardandolo con aria sbalordita e sgranando gli occhi, sentendosi improvvisamente nudo: Sam era riuscito a scavare dentro di lui, tirando fuori tutto ciò che provasse al posto suo, scavalcando senza fatica il suo orgoglio e spogliandolo di tutte le sue armature di cui ogni giorno si vestisse. 
"E sei ossessionato dall'idea di lasciare me e Abby, ti chiedi come potremmo sopravvivere senza di te dato che siamo entrambi dei mezzi mostri che potrebbero uscire fuori di testa. Ma c'è una cosa che devi sapere!" esclamò Sam con tono arrabbiato, guardandolo in cagnesco e puntandogli un dito contro. "Sappi che questi due idioti che stanno a sentirti lamentare tutto il giorno, si stanno facendo un culo così da un anno per trovare una soluzione al tuo patto! E il fatto che tu dia di matto ed inizi a sbraitarci contro non ci intimidisce, perché noi continueremo a cercare finché non troveremo un modo per salvare il tuo culo dall'inferno!".
Dean guardò il fratello con aria quasi sbalordita perché il fratello non aveva sbagliato neanche una delle cose che avesse detto e non aveva tralasciato nulla di ciò che ci fosse dentro di lui; sorrise amaramente e si alzò, raggiungendo il fratello con aria quasi commossa, e gli batté la mano sulla spalla. 
"Se fossi più sincero con te stesso, sapresti che non esiste un modo per salvarmi fratellino". 
Sam sgranò gli occhi e lo guardò con aria arrabbiata, e Dean pensò che fra un minuto gli avrebbe dato un forte sul viso, facendo saltare i pugni che Abby avesse accuratamente messo sul suo viso quando fecero ritorno dalla lotta, e riaprire la ferita sul fianco, ma il maggiore gli strinse la spalla con un sorriso sincero. "Ma non me ne andrò piagnucolando come una femminuccia: troviamo Bela, riprendiamoci la Colt e uccidiamo quella figlia di puttana che possiede il mio contratto. Che dici, sei d'accordo?". 
Dopo tanto tempo, Dean vide un sorriso quasi felice comparire sul volto del fratellino, che annuí e gli mise una mano sulla spalla anche lui, annuendo convinto: Sam aveva visto la sincerità nello sguardo di Dean, sapeva che non gli avrebbe mentito. Non in quella circostanza. Non con il poco tempo che gli restasse.
"Andiamo a fare fuori quella stronza!". 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. ***


HUNTER LEGACIES
Capitolo 15.
 
Non era mai stato un problema leggere l'espressione di suo fratello durante la loro vita, Sam sapeva sempre cosa Dean stesse pensando o volesse dirgli. Lo sapeva e basta. Lo osservava da quando erano solamente bambini e per un breve periodo aveva cercato di imitarlo in tutto e per tutto: la musica, la giacca di pelle, il modo di fare. 
Era stata un'adolescenza strana la loro, sempre lasciati nei motel più dimenticati da Dio e dagli uomini mentre John spariva per settimane per risolvere qualche caso in giro per il paese: la scuola era diventata un'opzione e trascorrevano il tempo sempre da soli, ma insieme. 
Questo era l'unico lato positivo e probabilmente ciò che avesse legato così tanto i due fratelli: nonostante il padre fosse per la maggior parte del tempo assente, Sam e Dean potevano sempre contare l'uno sull'altro. 
Anche quando Sam decise di andarsene a Stanford, il suo pensiero era sempre rivolto alla sua famiglia, a suo fratello, chiedendosi ogni giorno se stesse bene o se fosse nei guai. 
Fu difficile ammettere per Sam che, da quando avesse lasciato l'università e avesse ripreso a cacciare insieme a Dean, si fosse sentito finalmente completo: continuava ancora a detestare quella vita fatta di violenze e di sangue, ma almeno era di nuovo con suo fratello. 
E tutti i casini in cui si fossero cacciati negli ultimi anni, come la caccia ad Azazel, la sua stessa morte, il patto di Dean, avevano provato a superarli sempre insieme. 
Uniti. Come una famiglia. 
Sam e Dean avevano sempre vissuto la vita insieme, uniti dal sangue. Erano disposti a sacrificare le proprie vita l'uno per l'altro, e lo avevano già fatto. 
Erano sempre stati uniti. Ma adesso Sam avrebbe dovuto imparare a vivere in un mondo senza Dean. 
Sam conosceva davvero bene tutte le espressioni del suo fratello maggiore. 
E adesso che lo guardava mentre il cuore batteva veloce nel petto scandito dalla paura e dall'agitazione, all'interno di quella casa a New Harmony nell'Indiana, Sam sapeva perfettamente cosa Dean stesse pensando: era finita. Era tutto finito. 
Non erano riusciti a trovare la soluzione prima che il tempo del suo patto fosse scaduto, e adesso era troppo tardi. 
Avevano provato ad uccidere Lilith che avesse posseduto una bambina innocente di appena dieci anni, ma il demone se n'era già andato quando arrivarono per giustiziarla. 
Ma Sam non si voleva arrendere mentre guardava lo sguardo rassegnato di suo fratello nel salotto di quella casa, non si poteva arrendere. Lo afferrò dalle spalle e lo spinse via, facendolo muovere fino ad una stanza più piccola e delimitata da una porta, che il minore si richiuse alle spalle solamente quando Dean, Abby e Ruby fossero lì dentro insieme a lui. 
Non era finita. Non poteva perdere suo fratello. 
Sam iniziò a disegnare una spessa linea di sale e di una strana polvere vodoo attorno alla porta, per sbarrare la strada a qualsiasi demone o cerbero stesse venendo per suo fratello. 
Si sollevò con il respiro affannato, deglutendo a fatica e guardando Ruby con disperazione, che aveva cercato di prepararlo per quel momento da quando fosse andata a cercarlo, ma Sam si era sempre rifiutato di usare i suoi poteri. "Allora, dimmi che devo fare e lo farò: ucciderò il demone, ucciderò tutti!!". 
Ruby scosse la testa e lo guardò con aria davvero dispiaciuta, tenendo le braccia serrate al petto e sospirando. "Non puoi farlo adesso, avresti dovuto ascoltarmi prima. Quello che succederà a tuo fratello, non lo augurerei neanche al mio peggior nemico". 
Sam volse lo sguardo verso Abby, che scosse la testa e strinse i pugni mentre un piccolo strato di lacrime le si condensava sugli occhi, e poi guardò suo fratello, che continuava a guardarlo nascondendo con un sorriso, la sua rassegnazione. 
"Sammy, Abby.. Venite qui". 
Dean sorrise teneramente ed afferrò le mani di entrambi i ragazzi, avvicinandoli a sé con la forza, ed osservò il modo in cui entrambi fossero fortemente sotto shock all'idea di non essere stati bravi abbastanza da fermare il demone. "Va tutto bene, era inevitabile che io finissi qui..". 
Il maggiore fece scivolare lo sguardo sul suo fratellino, che scosse la testa mentre delle calde lacrime gli rigarono il viso, e continuava a ripetere dei no di rifiuto verso quella situazione che non poteva controllare. 
Sam deglutí a fatica quando ricordò ciò che Dean gli avesse detto solamente il giorno precedente, quando durante la notte suo fratello maggiore era tornato nella sua stanza per svegliarlo. Dean non riusciva più a dormire da molte notti per via dei brutti e vividi incubi che lo tormentassero, per questo aveva preso l'abitudine di bussare alla porta del fratello per lasciare Abby riposare in pace. 
Sam lo aveva visto entrare nella sua stanza e sedersi sul bordo del suo letto, mordendosi il labbro e tenendo lo sguardo basso sul pavimento, i gomiti appoggiati alle sue cosce e le mani congiunte. 
"Che c'è, Dean?".
"Sono un egoista: sto trascinando te e Abby incontro ad un destino che so di non poter cambiare, e vi farò soffrire entrambi. Dovrei solamente.. andare a morire da solo da qualche parte, risparmiandovi questo conto alla rovescia verso la morte".
Sam ricordò di averlo guardato con aria arrabbiata e di avergliene cantate quattro perché troppo arrabbiato con lui, per poi sedersi accanto al fratello e annuire con gli occhi pieni di lacrime: Dean voleva solamente essere rassicurato e Sam invece si era solamente arrabbiato con lui. Rimase in silenzio per qualche secondo per riorganizzare i suoi pensieri e sospirò rumorosamente quando sentí suo fratello riprendere la parola, nella stessa posizione di prima, mentre fissava il pavimento logoro del motel. 
"Ieri Abby mi ha baciato prima di addormentarsi e mi ha guardato con quello sguardo che.. Che mi fa sentire amato e a casa. Mi ha sorriso e mi ha detto che l'anno prossimo mi avrebbe organizzato una bella festa per il mio compleanno, perché sono 30 e si devono festeggiare per bene.." sussurrò Dean con occhi lucidi e voce tirata, sospirando e sollevando gli occhi verso il fratello. "Dovevi vedere il suo sguardo quando si è resa conto che mi restavano solamente pochi giorni e che non arriverò mai al prossimo gennaio. Sono così terrorizzato che Abby possa tornare ad essere fredda e scostante con tutti come quando l'abbiamo conosciuta noi dopo la morte di suo padre. E ho paura per te fratellino, perché non voglio che tu possa fare qualcosa di stupido dopo che sarò morto. Quindi si Sammy, sono un egoista ed anche un codardo, perché non ho la forza di lasciarvi andare". 
Sam aveva deglutito a fatica e aveva scosso la testa, profondamente in disaccordo con il fratello, e gli mise subito una mano sulla spalla per voltarlo nella sua direzione e fare in modo che lo guardasse negli occhi, dopodiché parlo con voce tremante e spezzata dalla paura. 
"Se tu dovessi.. Se noi non trovassimo un modo per salvarti, io ti prometto che le starò accanto. Ci aiuteremo a vicenda, non la lascerò. È parte della famiglia anche per me, Dean. Ma adesso pensa a te stesso! Per favore, stiamo cercando un modo per aiutarti!". 
 
Il maggiore lasciò vagare lo sguardo in quella stanza della casa dell'Indiana e volse il suo sguardo verso Abby, che strinse i pugni e scosse la testa, guardandolo con aria arrabbiata perché aveva capito che avesse smesso di combattere. Vide il volto della ragazza rigato dalle lacrime e lo sfiorò con delicatezza, sorridendogli gentilmente, e milioni di motivi per cui lei lo rendesse davvero felice eccheggiarono nella sua mente, insieme ai ricordi che condividessero. 
E pensò che fosse proprio ironico che nel momento esatto in cui Dean decidesse di aprire il suo cuore e di amare davvero qualcuno, il destino o Dio dovessero finire per ucciderlo e tenerlo lontano da lei.
"Dean.." sussurrò Abby fra le lacrime, afferrandogli la giacca e stringendolo con forza come se lo potesse trattenere dall'andare via, voltandosi appena verso la porta quando sentí degli ululati provenire dall'ingresso della casa. 
"Ok, vieni qui..". 
Dean l'afferrò stretta e le strinse le braccia attorno alla schiena, mentre Abby lo strinse forte dalle spalle e dal collo, sentendo il cuore battere all'impazzata nel petto ed avendo la tremenda volontà di stringerlo e piangere forte. Ma Abby non lo fece, si spazzò le lacrime dal viso e lo guardò negli occhi, sforzandosi di sorridergli e gli carezzò il viso, fino a far sfiorare le loro labbra in un delicato bacio che li fece smettere di respirare per qualche secondo per ciò che sentirono dentro di loro. 
"Dean, io..". 
"Lo so, ragazzina. È lo stesso per me".
Gli ululati si fecero sempre più vicini, fino a quando i tre cacciatori si voltarono verso la porta proprio nell'istante in cui qualcosa iniziò a sbatterci contro, con tutta l'intenzione di buttarla giù.
Sam ed Abby non riuscirono a spiegarsi come fossero passati dallo stringere Dean ancora vivo prima che quelle bestie entrassero, a tenere il suo corpo dilaniato dagli artigli dei cerberi e privi di vita. 
Non prestarono attenzione alle parole di Ruby, che si era rivelata essere Lilith da molto tempo, perché avrebbe potuto uccidere anche loro, non avrebbe fatto differenza. Ma quando Liltih aveva iniziato ad attaccarli con i suoi poteri, una forte luce bianca si era sprigionata dal corpo di Sam, proteggendo se stesso ed Abby dal potere di Lilith che scappò veloce in una nuvola bianca, lasciando Sam ed Abby al proprio dolore, mentre stringevano Dean da due lati diversi per sentirlo più vicino. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16. ***


HUNTER LEGACIES
Capitolo 16.
(I PARTE)
 
Si svegliò di soprassalto nel cuore della notte con la fronte madida di sudore, sedendosi di scatto sul letto col respiro irregolare ed il cuore che batteva all'impazzata nel petto, mentre l'angoscia e la sofferenza le divoravano l'anima.
Si liberò dalla presa possente e molto probabilmente involontaria dell'uomo che la stringesse a sé durante il suo sonno profondo, e scivolare in fretta le gambe nude dal letto per sedersi sul bordo, indossando la sua maglia ed un paio di pantaloncini che usava per dormire; si mosse in fretta come per mascherare ciò che fosse successo qualche ora prima, per far finta che nulla fosse accaduto. Afferrò la bottiglia di Whisky e ne bevve qualche sorso direttamente dal collo di vetro, passandosi una mano sul viso e cercando di scacciare le immagini che la perseguitavano ogni notte da circa tre mesi e mezzo: riviveva sempre quell'orribile notte di maggio, quando i cerberi erano entrati e avevano portato l'anima di Dean all'inferno.
Abby aveva provato di tutto insieme a Sam, avevano cercato in tutti i modi di riportarlo indietro, di salvarlo dalla dannazione, di salvare la sua anima, ma nessun demone, nessun incantesimo sembrava fare al caso loro.
Ci avevano provato così disperatamente, ma senza successo.
Non erano riusciti a salvarlo quando era ancora in vita e non ci stavano riuscendo neanche adesso che la sua anima veniva torturata all'inferno giorno dopo giorno.
Abby scosse la testa per allontanare quelle immagini e si alzò piano cercando di non fare rumore e di non svegliare l'uomo completamente nudo che dormisse nel suo letto, e si chiese perché continuasse a tornare da lui, nonostante avessero stretto quel tacito accordo di solo sesso, solamente per sfogare le frustrazioni l'uno sull'altra.
Non era una questione d'amore ed Abby non aveva neanche mai provato alcuna attrazione per lui negli anni precedenti. Era tutto scoppiato una notte di due mesi prima, quando Abby aveva perso ogni speranza e avrebbe solamente voluto morire, perché il dolore per la perdita di Dean era troppo forte ed era stanca di sopravvivere. 
Sapeva che per Sam fosse lo stesso e che sarebbe stata troppo egoista a lasciarlo solo a combattere, ma si era decisa ad invocare un demone degli incroci da sola: da quando Azazel fosse morto, ogni demone dell'inferno aveva provato a mettere le mani sull'anima di Abby e di Sam, ma non avevano mai ceduto. 
Mai, fino alla notte in cui Abby sotterrò una latta di metallo con tutto ciò che fosse necessario per vendere la sua anima e liberare Dean dall'inferno. 
E ci sarebbe quasi riuscita perché stava per baciare quella donna dagli occhi rossi che bramava la sua anima, se una pallottola in fronte non avesse fermato il demone che si stava avvicinando ad Abby come se fosse il suo personale buffet; Abby si era voltata di scatto dopo aver visto il demone cadere a terra privo di vita grazie alla pallottola della Colt, e aveva visto Sam avanzare verso di lei con aria arrabbiata e delusa, chiedendole cosa le fosse passato per la mente. 
Non ci aveva pensato un momento e subito gli fu addosso, spintonandolo e colpendolo in viso perché non avrebbe dovuto insinuarsi nella sua vita. Era la sua vita, avrebbe potuto decidere da sola, e lei voleva così disperatamente rivedere Dean almeno un'ultima volta per potergli dire ciò che non fosse stata un grado di dirgli quella notte. 
"Perché non me l'hai lasciato fare?! Io non ce la faccio più, voglio andarmene" aveva urlato Abby con tutto il fiato che avesse in corpo, colpendolo al viso e facendolo barcollare all'indietro, fino a cadere rovinosamente a terra. 
Si era messa a cavalcioni su di lui, tirandolo su con un braccio e colpendolo nuovamente al viso spaccandogli il labbro, fin quando Sam le bloccò le mani con forza portandogliele dietro la schiena per fermare eventuali colpi, ed Abby si trovò fin troppo vicina al suo viso. 
"Perché ho promesso a Dean che ti avrei protetta e non ti lascerò vendere la tua anima e condannarti all'inferno! Non guarderò un'altra persona a cui voglio bene andare all'inferno, sono stato chiaro Abby?! Sei parte della famiglia e io proteggo la mia famiglia!". 
Abby lo aveva guardato con le lacrime agli occhi senza riuscire a controllarle ed aveva pianto fra le sue braccia in maniera incontrollata, e Sam lasciò la presa sulle sue mani per stringerla più vicina a sé dalla schiena. Sapeva che Sam avrebbe solamente voluto calmare quel suo pianto inconsolabile che trasudava vero dolore e rabbia, ma non si aspettò ugualmente quando il ragazzo annullò la distanza fra i loro volti con un bacio casto e lento. 
Non sapeva come consolarla, come rassicurarla, e quella gli sembrò la maniera più opportuna per tranquillizzarla: Abby rimase di ghiaccio e lo guardò negli occhi con le ciglia ancora bagnate dalle lacrime, senza però dire niente, ma il suo pianto si arrestò probabilmente per lo shock. 
Osservò il modo in cui le sfiorò la guancia asicugandola dalle lacrime e le scostò i capelli dietro l'orecchio con un movimento delicato. "Lo so che fa male perché fa male anche a me, ma non puoi fare delle azioni così stupide. Se Dean fosse qui ti prenderebbe a calci". 
Abby sentí un'altra ondata di tristezza risalire lungo le sue guance e avrebbe iniziato presto a piangere nuovamente, come ormai faceva da mesi quando terminava le cacce suicide in cui si lanciava senza aspettare che Sam, in giro per il paese per trovare una soluzione, la raggiungesse per aiutarla, ma fu in quel momento che si rese conto che l'unico momento in quei lunghi ed estenuanti mesi in cui si fosse sentita quasi meglio, fu proprio pochi secondi prima, quando il ragazzo l'avesse baciata. 
E non c'entrava nulla con l'amore, solamente due ragazzi consenzienti che cercavano di superare un forte lutto nella maniera sbagliata. 
Abby non si fermò a riflettere su quali sarebbero state le conseguenze trovandosi ancora a cavalcioni su di lui, e sta volta fu lei ad annullare la distanza con un bacio che non aveva niente a che vedere con la pacatezza di Sam di pochi istanti prima. Abby lo baciò con trasporto, insinuando le sue mani prepotentemente dentro la sua camicia ed iniziando a togliere via la sua giacca di tela con forza, e sorrise quando sentí il ragazzo alzarsi con lei in braccio e dirigersi a grandi passi verso i sedili posteriori dell'Impala, dentro la quale si chiusero fino alla prime luci dell'alba. 
Abby scosse la testa per rimuovere quei pensieri e tornò al presente con un sospiro, infilandosi i jeans e le scarpe e prendendo gli ultimi suoi oggetti personali sparsi per la stanza ancora buia. Aprì la porta e fece per andare via, guardando Sam ancora addormentato a letto con il lenzuolo a coprirgli il basso ventre mentre il petto nudo era scoperto, e sospirò chiudendosi la porta alle spalle e pensando che le parole del ragazzo di quella sera fossero proprio azzeccate: se Dean fosse stato lì, li avrebbe proprio presi a calci. 
 
 
 
Sferrò un forte pugno al viso del vampiro che le stesse davanti facendo sbattere con forza al grande pilastro di legno del capannone dentro cui si trovavano, voltandosi di scatto e sfoderando il suo machete per tagliare di netto la testa al secondo vampiro che le fosse dietro e che stesse per aggredirla, osservando la testa rotolare sul pavimento polveroso seguita da una scia di sangue. 
Tornò alla carica sul primo vampiro ancora stordito e completò l'opera, uccidendolo con uno scatto di reni in avanti e chiudendo appena gli occhi quando degli schizzi di sangue le imbrattarono il viso; si guardò attorno e vide che nessuno di quel nido fosse sopravvissuto, e si diresse a grandi passi verso l'unica stanza chiusa che ci fosse all'interno di quel capannone, aprendo la porta e trovando un uomo ed una donna quasi incoscienti, con del fori sul collo e del sangue che ancora colasse dai loro vestiti. 
Si affrettò a chiamare i soccorsi e sorrise alle due vittime, cercando di rassicurarli nell'attesa delle ambulanze dicendo loro che sarebbe andato tutto bene, ma non appena sentí le sirene uscì in fretta dal capannone e si mise alla guida della sua auto per allontanarsi il più velocemente possibile da quel luogo. 
Non sapeva dove stesse andando, ma di certo non sarebbe tornata a casa né tanto meno da Sam, quando il telefono squillò ed Abby sospirò pesantemente. 
"Che c'è?". 
"Sono giorni che ti cerco, si può sapere dove sei finita?". 
Abby scosse la testa tenendo con una mano il telefono all'orecchio e con l'altra il volante, mentre sfrecciava nella notte senza una meta, conscia del fatto che si sarebbe fermata solamente quando avesse trovato un motel discreto o quando la benzina sarebbe finita. Sbuffò rumorosamente, perché aveva smesso di rispondere nuovamente alle chiamate dei suoi fratelli, non sarebbe stato di certo Sam a farla tornare indietro. 
Credeva che quando la notte di due settimane prima avesse lasciato alle prime luci dell'alba la loro stanza senza più farsi sentire, fosse già un chiaro messaggio che la loro relazione di sesso fosse finita, ma si sbagliava date le mille telefonate che Sam aveva iniziato a farle da due giorni a quella parte. Abby aveva deciso di chiudere ogni rapporto con Sam perché in cuor suo sapeva che non fosse giusto dato che Dean fosse morto da soli quattro mesi, e dentro di lei desiderava ancora che qualche mostro la uccidesse durante una caccia solitaria. Ma Abby sopravviveva tutte le volte perché era stata addestrata proprio a resistere e combattere. 
"Non sono affari tuoi, Sam. Stammi bene". 
"Aspetta! C'è una cosa che devi sapere!".
Abby si bloccò dal chiudere di scatto la chiamata e sospirò rumorosamente, chiedendosi se ne valesse davvero la pensa continuare ad ascoltarlo. "Hai 30 secondi, dopodiché chiuderò questa chiamata e cambierò numero". 
Sentí Sam sospirare dall'altro capo del telefono e bloccarsi un momento a pensare, e sorrise amaramente perché sapeva che stesse cercando le parole adatte per parlare con lei senza scatenare l'ira che si fosse impossessata di lei negli ultimi mesi. "Non posso farlo al telefono, dobbiamo vederci".
"Sam..".
"Sono nell'Illinois, ho bisogno che tu mi raggiunga, Abby. Sono davvero vicino ad incastrare Lilith ed i suoi demoni, ma ho bisogno di te!". 
La ragazza gli disse di aspettare e lasciò cadere il telefono sul sedile del passeggero, e rallentò la sua corsa fino a fermarsi sul ciglio della strada, dove spense la macchina e sospirò rumorosamente. Scosse la testa e si passò entrambe le mani sul viso, per poi riprendere il telefono e portarselo all'orecchio, sentendo il respiro leggero del ragazzo dall'altro capo del telefono; Abby avrebbe voluto dirgli che quella stupida vendetta non li avrebbe portati da nessuna parte perché Dean non sarebbe più tornato da solo, ma sospirò e fece spallucce. "Perché questa volta dovrebbe essere diversa dalle altre, Sammy? Siamo andati da una punta all'altra del paese quante volte il mese scorso? Sei? Sette?". 
"Questa volta ne sono certo, devi venire. Per favore". 
Abby sospirò ed annuì nel buio della sua auto, illuminato di tanto in tanto dai fari delle auto che le sfrecciassero accanto, e le vennero gli occhi lucidi perché le mancava così tanto Dean, e solamente lui avrebbe trovato le giuste parole per fermare il suo fratellino. "Mandami l'indirizzo completo, arriverò entro domani mattina". 
Chiuse la chiamata senza neanche dargli possibilità di salutarla ed appoggiò la testa contro il volante stringendo forte la collana a forma di cuore che le avesse regalato Dean, mentre delle lacrime calde fecero capolinea sui suoi occhi. Avrebbe pagato qualsiasi prezzo pur di rivederlo per un solo istante, rivedere i suoi occhi verdi e la sua espressione buffa ma gentile. 
Sentí il telefono vibrare, segno che Sam le avesse mandato il luogo di incontro, e si asciugò le lacrime mentre accendeva la sua auto, indossando nuovamente la sua maschera di determinazione mi sta a menefreghismo e forza, prima di fare un'inversione a U per sfrecciare nuovamente sull'asfalto bagnato dalla pioggia e raggiungere Sam. 
 
 
 
Arrivò alle prime luci dell'alba, la città non si era ancora del tutto svegliata e solamente poche auto circolavano nelle strade. 
Fece slittare la sua macchina fino al motel indicato da Sam nel suo messaggio e sorrise amaramente quando arrestò la sua corsa proprio accanto l'Impala; si fece forza e scese chiudendo lo sportello con troppa forza, e si avvicinò a quell'auto scintillante e nera, sfiorandola con i polpastrelli con delicatezza, mentre gli unici ricordi che presero a circolare nella sua mente fossero proprio le risate ed i baci rubati di Dean all'interno di quell'abitacolo, o le mille volte che i due si fossero ritrovati sui sedili posteriori a scambiarsi tutto l'amore che provassero l'uno per l'altra, oppure semplicemente avessero ammirato le stelle insieme sul cofano, mentre Dean la stringeva forte. 
Nulla a che vedere con ciò che avesse fatto con Sam lì dentro, che le fece abbassare lo sguardo per la vergogna di aver agito in quella maniera proprio con suo fratello e proprio nella sua auto. Deglutí a fatica e si mise lo zaino in spalla, entrando all'interno dello stabilimento e circolando fra i corridoi fino alla stanza indicata da Sam con un sospiro. 
Prese l'ascensore perché era fin troppo stanca per fare le scale e osservò il suo viso magro riflesso nello specchio: non vi era più traccia di serenità o di felicità nei suoi occhi cerchiati da delle scure occhiaie, i suoi capelli rossicci non erano più curati come prima, ma erano legati in una lunga treccia bassa che le ricadesse sulla spalla sinistra fino a sotto il seno, e alcune piccole ferite erano sparse sul suo viso, come una piccola ma profonda che facesse un male cane sul labbro inferiore o un'altra simile sullo zigomo. 
Avrebbe potuto migliorare la situazione e coprire tutto con un filo di trucco, ma Abby era troppo stanca anche per quello. 
Le porte scorrevoli dell'ascensore si aprirono e la ragazza si affrettò ad uscire, raggiungendo la stanza; non udì alcun rumore provenire dall'interno e si chiese se Sam fosse stato troppo stanco di aspettarla e fosse andato da solo, ma si fece coraggio e bussò con forza con le nocche contro la porta, ed attese. 
Dei passi lenti si avviciarono dalla parte opposta rispetto a lei ed Abby si chiese perché Sam ci mettesse così tanto, quando la porta si aprì a metà e il ragazzo le riservò un sorriso sincero. Abby lo studiò con aria seria e lesse nel suo sguardo qualcosa di differente, come se la sua sofferenza fosse sparita, e gli sembrò quasi felice. 
Poi strinse i pugni sentendosi invidiosa, perché non riusciva a trovare in lui alcuna traccia di tristezza. Abbassò lo sguardo e lo scavalcò con espressione ancora più dura e seria, entrando nella stanza ad occhi bassi per poggiare il suo borsone sul grande letto matrimoniale che spiccasse al centro della stanza. "Allora Sammy, mi aggiorni o devo indovinare quale sarà la nostra prossima meta?". 
Nel momento esatto in cui Abby sollevò lo sguardo per incrociare quello del ragazzo, udì dei passi provenire dal bagno e si voltò immediatamente sollevando la sua pistola puntandola nel punto in cui si fosse originato quel rumore. 
Rimase di pietra quando i suoi occhi incontrarono quelli verdi e sorridenti di Dean, pensando che non avrebbe più potuto vederli ancora. 
Un mix di sensazioni si fecero largo nel suo petto ed Abby sentí il cuore battere più velocemente nel petto, mentre una grande paura si fece largo dentro di lei: non poteva essere, non poteva trattarsi davvero di Dean e ciò la spaventò. 
Lo vide avanzare con il suo solito sorriso sghembo e felice nella sua direzione ed istintivamente fece un passo indietro, togliendo la sicura alla sua pistola e guardandolo negli occhi sentendosi paralizzata dalla paura. 
"Sam, che significa?". 
Il minore chiuse di scatto la porta e si avvicinò immediatamente alla ragazza, ma Abby spostò la pistola verso di lui con aria glaciale, facendo un altro passo indietro. 
"Aspetta, abbassa la pistola e ti spiegherò tutto..". 
"Non abbasso proprio niente e se non mi spieghi subito cosa cazzo sta succedendo faccio un buco in fronte a tutti e due!".
Il tono di Abby non lasciò spazio ad interpretazioni, ma fece capire ad entrambi che le sue intenzioni erano davvero omicide e che avrebbe fatto presto fuoco se non avessero dato risposte alle sue domande. Sam scambiò un'occhiata con il fratello, che scosse la testa ed avanzò verso la ragazza, che puntò nuovamente la pistola verso di lui. 
"Sono io. Sono miracolosamente tornato due giorni fa e Bobby mi ha portato qui per capire cosa mi sia successo.." sussurrò Dean sorridendo e continuando a muoversi verso di lei, che però rimase immobile mentre la sua pistola iniziò a tremare ed i suoi occhi divennero lucidi. "Io volevo venire subito da te, ma Sammy mi ha detto che sarebbe stato meglio attirarti qui con l'inganno per evitare spargimento di sangue. Sono davvero io, ragazzina". 
"Non ci credo, sei un mutaforma o qualcosa del genere. Non esiste che tu sia davvero Dean" disse Abby fra i denti, sentendo le sue emozioni vacillare dietro la sua armatura a cui stava cercando con tutte le sue forze di restare aggrappata. 
Dean non disse niente e le sorrise teneramente, facendo qualche passo nella sua direzione continuando a tenere le mani sollevate in segno di resa, e questa volta Abby non trovò la forza di fare qualche passo indietro e rimase paralizzata sul posto; quando fu a pochissimi passi da lei, sentí la pistola contro il suo petto, ed allungò una mano lentamente verso di lei, da cui Abby si scansò appena. Lo guardò con aria arrabbiata e gli occhi lucidi di uno strato liquido che da un momento all'altro sarebbe scivolato sulle sue guance, e sussurrò fra i denti un leggero: "Non toccarmi!". 
Ma Dean continuò a sorriderle e le sfiorò con le dita la collana che spiccasse sul suo petto, afferrando con delicatezza il cuore che brillava al suo collo. "Ricordi cosa ti ho detto quando te l'ho data?". 
Abby scosse la testa e fece un piccolo passo indietro tremando, guardando i suoi occhi verdi brillare con la speranza che lei lo riconoscesse. 
"Ti ho detto che il mio cuore è sempre stato tuo, ricordi ragazzina?". 
Quando Dean fu sicuro che Abby non avrebbe premuto il grilletto, colpì con forza la pistola facendola cadere rovinosamente a terra, e subito le fu addosso stringendola forte a sé dalle spalle, affondando il viso fra i suoi capelli rossastri e mossi. Abby rimase immobile per qualche secondo e respirò affannosamente, mentre le calde lacrime scivolarono sul viso e si chiese come fosse possibile che ciò potesse essere reale, e strinse forte la presa su di lui sollevandosi sulle punte per raggiungerlo meglio. 
Fu in quel momento che Dean si allontanò appena, afferrandole il viso fra le mani e baciandola con forza e urgenza, sentendo le lacrime che ancora si infrangevano contro le sue dita e la guardò per un breve momento, prima di tuffarsi nuovamente fra le sue braccia e stringerla forte a sé. 
 
 
 
"E così un angelo ti ha afferrato stretto e ti ha portato via dall'eterna dannazione?" chiese Abby sorridendo appena e ripetendo le parole che le avesse detto da poco il ragazzo, seduta a gambe incrociate sul piccolo divano presente nella stanza doppia del motel dove l'avessero attirata, sistemandosi meglio. 
Dean le sorrise ed avanzò verso di lei porgendole un bicchiere di Whisky, prendendo posto alla sua sinistra e circondandole le spalle con un braccio; Abby si lasciò stringere ed appoggiò la nuca contro la sua spalla, sorridendo e stringendo la mano che fosse scesa ad accarezzare il fianco destro. 
Ancora non poteva credere che fosse vivo, che fosse tornato, e pensava che presto che quello fosse solamente un sogno e che presto si sarebbe svegliata; eppure era tutto così reale e generalmente non faceva mai sogni così belli, ma solamente incubi in cui rivivesse la sua morte all'infinito. 
"Riesci a rendere tutto più leggero, lo sai vero ragazzina?" chiese Dean sorridendo, stringendole più vicina a sé e baciandole teneramente una tempia. "Eppure quel figlio di puttana ha bruciato gli occhi ad una povera ragazza che voleva aiutarmi a scoprire chi fosse, e quando io e Bobby l'abbiamo evocato.. L'abbiamo attaccato con tutto quello che avevamo, ma era invulnerabile a tutto!". 
Abby inarcò la schiena quel tanto che bastasse per osservare la sua espressione preoccupata e crucciata, così si sollevò con un sorriso dolce e lo guardò negli occhi, afferrando i loro due bicchieri e poggiandoli sul tavolino lì vicino; Dean la osservò con aria confusa e la vide mettersi a cavalcioni su di lui con un sorriso, ed istintivamente le circondò i fianchi con le mani. 
"Correrò il rischio di sembrare una brutta persona, ma non me ne frega proprio niente di Liltih o del tuo amico angelo. Sono felice che tu sia tornato, Dean. Voglio sapere di te, non importa il resto adesso".
Dean le sorrise ma nascose qualcosa dietro al suo sguardo ed Abby lo intuì immediatamente, così come il ragazzo notò qualcosa celato dietro lo sguardo felice di Abby, che distolse lo sguardo per qualche secondo. "Mi sei mancata tanto, ragazzina".
Abby sentí gli occhi pizzicare e si morse il labbro, risalendo col suo sguardo fino ad intercettare il suo, e sorrise amaramente, mentre la sua voce si incrinava per il dolore. "Mi sei mancato tanto anche tu, Dean..". 
Annullarono la distanza con un bacio casto e delicato che ben presto si trasformò in qualcosa di più profondo, e Dean la strinse forte dai fianchi per avvicinarla di più a sé mentre il suo cuore, e non fu l'unica cosa del suo corpo, iniziò a pulsare in maniera fin troppo forte scatenando una grande urgenza dentro entrambi; Abby insinuò una mano sotto la sua camicia con tutto l'intento di toglierla via con forza, sentendo le mani di Dean vagare sotto la sua maglietta mentre scendeva a baciarle il collo. 
Dean avrebbe potuto alzarsi con Abby caricata addosso e l'avrebbe potuta portare con forza sul suo letto singolo, con tutto l'intento di toglierle i vestiti e farle sentire quanto davvero gli fosse mancata, ma l'apertura della porta della stanza lo fece voltare di scatto, affrettandosi a riabbassare la maglietta della ragazza che avesse appena tirato su. 
Abby non si voltò e udì Sam scusarsi, dire che sarebbe tornato più tardi, ma Dean lo bloccò dicendo che aveva un tempismo davvero micidiale come sempre; quando i due ragazzi si alzarono dal divano, lo sguardo di Abby scivolò fino a Sam e sospirò sentendo il peso del senso di colpa schiacciarle il petto. 
Dean non si accorse di quel piccolo scambio di sguardi e rise energicamente quando frugò nel sacchetto colmo di cibo che avesse portato il fratello, e lo ringraziò per essersi ricordato di comprare anche la crostata insieme alla loro cena; si sedettero attorno al piccolo tavolo ed iniziarono a mangiare in silenzio, rispondendo a monosillabi alle domande di Dean che volesse sapere un po di più su ciò che avessero fatto mentre lui non c'era. 
Dean giustificò quel silenzio per l'argomento che avesse tirato fuori proprio durante la loro cena e finí il pasto degli altri due ragazzi, che si tirarono indietro dal mangiare perché ad entrambi si era chiuso lo stomaco. 
Sam ed Abby si lanciarono un lungo sguardo mentre Dean iniziò a scartare entusiasta la confezione della sua crostata, ed entrambi pensarono nello stesso momento che il proprio sguardo fosse lo specchio dell'altro: il senso di colpa gli si leggeva negli occhi e avevano paura che da un momento all'altro Dean capisse che ci fosse davvero qualcosa che non andasse fra di loro. 
Sam cercò di farle capire che suo fratello non doveva per forza sapere delle loro avventure notturne, di cui non avevano mai esplicitamente parlato neanche fra di loro e a cui non avessero dato nemmeno un nome, ma Abby scosse la testa e distolse lo sguardo. 
Forse li avrebbe perdonati. O forse avrebbe lanciato il tavolo per aria e avrebbe picchiato entrambi per la rabbia. 
Ma Abby non poteva continuare a mentirgli, nonostante sapesse che se avesse detto una parola su quanto fosse successo Dean l'avrebbe odiata per sempre.
L'avrebbe perso e Abby, ne tanto meno Sam, avrebbe voluto che ciò accadesse. 
La ragazza tenne lo sguardo basso mentre il cuore le batteva forte nel petto e riecheggiasse nelle orecchie, non riuscendo a udire il modo in cui Dean stesse decantando la sua crostata morso dopo morso. 
Ma la sua mano si mosse da sola fino a raggiungere il polso di Dean, bloccandolo e costringendolo a guardarla: Abby non sollevò lo sguardo dal tavolo e si morse il labbro per il nervosismo e l'agitazione, sentendo le budella rigirarsi dentro di lei, e percepí lo sguardo di entrambi i ragazzi puntati nella sua direzione. 
"Che c'è, ragazzina? Non ti senti bene?". 
Abby sollevò lo sguardo verso quello di Sam, che chiuse gli occhi per un momento preparandosi allo sgancio della bomba, e lo spostò su quello confuso di Dean, che si affrettò a deglutire un altro pezzo di crostata. 
"Sono stata a letto con Sam". 

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Capitolo 18
*** Capitolo 16. ***


HUNTER LEGACIES
Capitolo 16.
(II PARTE)
 
Rimise in fretta i vestiti nel suo borsone e raccolse tutto ciò che gli appartenesse in quella stanza del motel; sospirò e si sedette sul bordo di uno dei due letti, sospirando pesantemente e digitando il numero che ormai conosceva a memoria e premendo il tasto verde. Udì squillare per tante volte, ma nessuno rispose dall'altro capo del telefono, così incurvò le spalle sotto il peso di quelle settimane pazzesche. 
Sam aveva visto tornare suo fratello letteralmente dall'inferno riportato indietro da degli angeli, perché avevano del lavoro per suo fratello; aveva visto Abby andare via dalla stanza e partire con la sua auto quando Dean le avesse urlato che non l'avrebbe più voluta vedere, non dopo ciò che avesse fatto. 
Ma la parte peggiore fu il trattamento che riservò al fratello: dopo che Dean osservò Abby andare via mentre le vene gli pulsavano nella gola per la rabbia, il maggiore aveva guardato Sam in una maniera in cui non avesse mai fatto ed uscì dalla stanza scardinando quasi la porta a mani nude, per fare ritorno solamente due giorni dopo. Dean non fece niente, non disse nulla quando rivide il fratello. Eliminò l'argomento dalle loro conversazioni e continuò la sua vita come se Abby non fosse mai esistita e come se Sam non lo avesse mai tradito.
Ma Sam sapeva che ciò non fosse affatto vero. Sapeva che Dean stesse covando dentro di lui un rancore molto forte, e qualche volta lo aveva beccato a guardarlo con aria arrabbiata ed i pugni stretti, e capí che in quel momento Dean stesse pensando ad Abby e al motivo per cui non fosse con loro, rendendolo come una vera e propria bomba ad olorogeria. 
Sam non aveva più sentito la ragazza, aveva provato a chiamarla in quelle settimane per sapere se stesse bene o dove fosse, ma Abby non aveva mai risposto. 
Insieme al fratello era passato da un caso ad un altro, che si volle buttare sui mostri per distrarsi dalla rabbia che si portasse dentro e per sfogarla durante le lotte. 
A tutto quel grande casino con Abby e gli angeli, Dean dovette aggiungere anche il secondo segreto di Sam che riuscì a svelare, ovvero del suo uso smodato dei suoi poteri psichici e del ritorno di Ruby, che non aveva fatto altro che manipolarlo da quando lui fosse morto. 
Neanche quell'ennesima menzogna fece scattare il fratello maggiore, che gli parlò in maniera cauta e pacata, come se il problema fosse di qualcun altro e non di Sam, e fece spallucce quando gli confidò che gli angeli stessi avrebbero tentato di fermarlo se lui non avesse smesso di usarli di sua spontanea volontà. Sam si trovò alle strette e si trovò costretto a dire al fratello che avrebbe smesso di usarli solamente per volontà sua, non perché lui o gli angeli glielo avessero imposto. 
Sam sbuffò rumorosamente sentendo l'acqua della doccia nel bagno chiudersi, segno che suo fratello avesse finalmente finito dopo tutto quel tempo chiuso lì dentro, e si ritirò il telefono fra le mani non riuscendo a smettere di pensare ad Abby. 
Nonostante tutto faceva parte della sua famiglia e Sam avrebbe tanto voluto sapere dove fosse, se stesse bene. Dopo tutto non era giusto il modo in cui Dean stesse adottando due pesi e due misure. E sapeva che dentro di lui, stesse soffrendo a stare lontano lei nello stesso modo in cui Abby soffrisse a stare lontano da lui. 
La porta del bagno si aprí e Dean uscì con ancora i capelli bagnati, con indosso una camicia blu che teneva aperta e dei jeans scuri: non prestò molta attenzione al fratello e si recò sul borsone sul suo letto, posandovi all'interno i vestiti usati. Dean si sentí osservato e mise su la sua aria scocciata, facendo scoccare le lingua e sospirando. "Che vuoi, Sammy?". 
Sam sollevò il telefono fra le mani e mostrò al ragazzo le 27 chiamete senza risposta che avesse effettuato ad Abby negli ultimi giorni con aria seria e preoccupata, ma Dean strinse la mascella non appena lesse il nome e lo stomaco si chiuse. Fece ciò che sapeva fare meglio: evitò il dolore e ci girò attorno, tenendosene alla larga. 
"Mangiamo qualcosa prima di partire, ok?" chiese Dean finendo di ordinare i suoi vestiti all'interno del brosone, per poi passare a quello delle armi per controllarle. 
Sam scosse la testa e sospirò, sapendo che avrebbe dovuto far sfogare il fratello prima che il suo rancore diventasse troppo profondo e irrecuperabile. "Andiamo, parliamone Dean: io non la amo e lei non ama me".
Dean sollevò di scatto la testa e si voltò verso di lui con un'espressione quasi omicida sul volto, chiedendosi perché suo fratello fosse così stupido da tirare fuori l'unico argomento off limits o se volesse che gli cambiasse i connotati a suon di pugni. Sentí l'odio crescere dentro di lui e guardò il viso di suo fratello con aria furiosa, stringendo i pugni e senza rendersene conto le parole iniziarono ad uscire dalla sua bocca. "Quindi ti sei scopato la mia ragazza mentre venivo torturato all'inferno per noia? Perché non ce n'era una più carina nei paraggi?". 
Sam respirò profondamente e cercò di non cedere alle sue provocazioni, guardandolo negli occhi e provando a calmarlo. "Sono preoccupato per lei, non risponde al telefono da troppo tempo". 
Dean iniziò a vedere rosso dalla rabbia più cieca e lo guardò con aria crudele, facendo una smorfia quasi divertita. "Beh, forse è in giro a scoparsi qualcunaltro!". 
Sam rimase a bocca aperta e scosse la testa, allargando le braccia e sgranando gli occhi. "Come puoi parlare così di lei?". 
"Come puoi essertela portata a letto?!". 
Dean strinse la mascella e serrò i denti, stringendo i pugni e guardando al fratello con odio, avvicinandosi di qualche passo per guardarlo in viso meglio. 
"Che tu ci creda o no, ho solo cercato di aiutarla.." sussurrò Sam abbassando lo sguardo per un momento per poi fare spallucce, tornando subito a guardare il fratello.
"Con il sesso, Sam?!".
"Non é stato programmato! Tu non hai idea di come ci si senta quando la persona più importante per te, muore davanti ai tuoi in quel modo!" esclamò Sam alzandosi in piedi ed andandogli in contro e puntandogli un dito contro, alzando il tono di voce di molto. 
"Immagino che non andrei mai a letto con la ragazza di mio fratello per consolarmi!" urlò Dean in preda all'ira, colpendo la lampada che fosse situato sul tavolo e sbattendola a terra con forza, poi si avvicinò al fratello e abbassò il suo tono di voce. "Non nonimare mai più Abby, Sam. Oppure giuro che ti spacco la faccia. Sono stato chiaro? Per me è morta". 
Ma Sam non aveva ancora finito con lui, perché sapeva che gli avrebbe fatto bene tirare fuori tutto ciò che avesse dentro e quando lo vide voltarsi pronto per afferrare i bagagli ed uscire dalla camera, il minore continuò ad insistere. 
"Non mentire. Non mentire proprio a me! Io ti conosco, lo so quello che provi per lei, non ci credo che non ti faccia male lasciarla andare". 
Dean sospirò rumorosamente e si fermò sul posto, appena prima di uscire dalla stanza e sussurrò un leggero: "Non mi interessa più".
"Non ti credo!".
E fu quello il momento in cui Dean perse il controllo di sé stesso, complice il fatto che avesse tenuto dentro di sé tutti quei sentimenti irrisolti con cui lottasse ogni giorno e mollò i bagagli sul tavolo, voltandosi verso il fratello con l'aria più spaventosa che Sam avesse mai visto. 
"Cosa vuoi sentirmi dire, Sam eh? Che la amo ancora?! Dio se la amo, distruggerei il mondo intero e sacrificherei ogni singolo essere umano della terra se lei fosse in pericolo, morirei per Abby! Ma mi fa impazzire il fatto che sia andata a letto con mio fratello!".
Dean urlò con tutto il fiato che avesse in corpo, gesticolando nervosamente mentre diventava paonazzo dalla rabbia e le vene del suo collo e delle tempie iniziarono a pulsare in rilievo, e Sam pensò che non avesse mai visto suo fratello in quelle condizioni. Si portò le mani alle tempie e continuò a gesticolsre nervosamente. "Mi fa impazzire che tu l'abbia toccata e ho costantemente voglia di prenderti a pugni in faccia, energie che invece incanalo per uccidere qualche brutto figlio di puttana demoniaco, perché non ne ho mai abbastanza da quando ho saputo che cosa avete fatto tu e lei, mentre io bruciavo all'inferno per te!". 
Sam fece un passo indietro, perché aveva davvero paura che Dean potesse prendere una pistola e sparargli dritto in fronte per come fosse visibilmente alterato ed arrabbiato, e nonostante sapesse che a parlare non fosse suo fratello, ma la collera, si sentí ferito dalle parole che usò. Prese un respiro profondo e deglutí a fatica, sentendo gli occhi pizzicare. "Dean..". 
"Sam, esci da questa dannata stanza e porta il tuo culo in macchina, prima che ti ci porti a calci!". 
Dean tornò ad urlargli in faccia con rabbia e disprezzo e Sam sgranò gli occhi, sospirando rumorosamente ed afferrando il suo borsone per poi superarlo velocemente, cercando di sedare quella furia che avesse appena fatto scattare dentro di lui e che lo avrebbe accompagnato per tutta la giornata. Ma quando arrivò ala porta e lo vide ancora fermo nello stesso modo di qualche momento prima, Sam si voltò nuovamente a guardarlo e con parole più dolci e tono più basso gli disse. "Non buttare all'aria la vostra relazione solamente per un errore che ha commesso in un momento di debolezza. Abby ti ama Dean, lo sai. Lo hai sempre saputo". 
 
 
Sam batté le nocche contro la porta bianca della casa con una bella staccionata azzurra di legno, osservando il fratello molto teso alla sua sinistra: erano passate due settimane dal loro grande litigio per cui Dean non si era mai scusato, e i due fratelli non avevano più tirato fuori l'argomento. 
Erano stati a caccia, avevano sconfitto diversi mostri tra cui un fantasma, Frank O'Brien, il quale aveva spaventato quasi a morte Dean, facendolo vivere nel terrore più totale, scegliendolo unicamente per il suo atteggiamento da stronzo. 
Dopo aver risolto anche quel caso e dopo aver chiamato per l'ennesima volta Abby, Sam decise che sarebbe partito con o senza il fratello per ritrovarla. 
Ma Dean non volle saperne di partire per trovare Abby, lasciando andare suo fratello da solo e sotto la forte pioggia del Colorado, osservando lo dalla finestra raggiungere la fermata di bus più vicina. Dean sospirò rumorosamente mentre lo guardava dalla finestra e scosse la testa, maledicendo mentalmente se stesso e anche suo fratello per aver ceduto, e prese il suo telefono per chiamare Abby. 
Non lo aveva mai fatto da quando lei avesse confessato ciò che fosse accaduto con Sam, ma adesso Dean si ritrovava a sperare che almeno a lui avrebbe risposto. Gli sarebbe bastato sentire che stesse bene, dopodiché avrebbe richiamato quello stupido di suo fratello per dirgli di tornare in stanza. 
Ma Abby non rispose, e non rispose neanche alla seconda e alla terza telefonata che Dean le fece, lasciando il ragazzo con l'amaro in bocca ed una strana sensazione nello stomaco; sospirò e chiamò Dan, sperando che almeno lui avrebbe potuto dargli qualche risposta. 
Ma Dan fu sorpreso di sentirlo perché sapeva che lui ed Abby avessero rotto, ma quando Dan gli disse di aver visto la sorella come ultima volta circa tre settimane prima, quando era tornata a casa ferita da una caccia finita non troppo bene, dopodiché aveva perso le sue tracce e pensava che fosse tornata con i Winchester. 
Dean capí che ci fosse qualcosa che non andasse e sospirò, ringraziò Dan ed afferrò tutte le sue cose mettendo il telefono in tasca, entrando nella sua auto e raggiungendo il fratello alla fermata del bus, facendogli segno di entrare per andare insieme alla ricerca di Abby. 
 

"L'ultima volta che l'ho vista era conciata male. L'avevano pugnalata e io e mia madre l'abbiamo curata.." sussurrò Jo sospirando, seduta sul divano del suo salotto ed accavallano le gambe, alternando lo sguardo fra i due ragazzi che fossero venuti a cercarla nella sua nuova casa a pochi chilometri da dove fosse esplosa la Road House quando venne attaccata dai demoni. 
Sam strabuzzò gli occhi e la guardò con aria accigliata, gesticolando nervosamente. "E l'avete lasciata andare senza chiamarci?". 
Jo sollevò un sopracciglio e guardò nuovamente entrambi: sapeva tutto di ciò che fosse accaduto tra loro tre e perché già da prima che Dean tornasse, e si morse il labbro mentre li guardava con aria accigliata, ricordando quando la sera di poco più di un mese prima Abby si fosse presentata alla sua porta con aria distrutta. Jo le aveva offerto una spalla ed un letto come sempre avevano fatto l'una per l'altra, e le sentí raccontare il modo in cui Dean fosse scoppiato e le avesse urlato che fra loro fosse finita, ed aveva continuato a tornare in media ogni week end dopo un'intera settimana di caccia da sola e no stop. 
"Credete che le sia accaduto qualcosa?". 
Dean si schiarí la voce e sospirò, sentendosi poco a suo agio nel sapere per certo che anche Jo sapesse ciò che fosse accaduto, e la guardò con aria seria. "Si, e tu ci devi aiutare a capire dove si possa trovare". 
"Dopo il modo in cui l'hai trattata, non dovrebbe importarti" disse Jo sollevando un sopracciglio e guardandolo appena in cagnesco, ma vide il modo nervoso ed arrabbiato in cui il ragazzo prese a guardarla e a muoversi, così sospirò e fece spallucce.  Si alzò e si recò fino al mobiletto bar del suo piccolo salotto, ed estrasse dal primo cassetto un fascicolo, pprgendoglielo con aria scortese. "Ha trovato un caso di alcune strane uccisioni, casi di bilocazione che la polizia non è riuscita a spiegarsi. È a circa quattro ore da qui, se vi sbrigate arriverete entro il pomeriggio". 
 
 
Cercarono di muoversi freneticamente per agitare e sciogliere le corde strette che li tenessero bloccati a quelle sedie: avevano seguito la pista di Jo e avevano anche trovato la stanza che Abby avesse preso in un motel, trovando all'interno tutti i suoi documenti su quel caso di vittime uccise in condizioni molto strane, e trovarono un appunto di Abby cerchiato più volte con un indirizzo. 
I due Winchester pensarono che Abby avesse individuato quel luogo come nascondiglio papabile di qualsiasi creatura stesse mietendo nuove vittime in quella città e Dean sorrise amaramente quando notò i collegamenti che Abby avesse fatto con alcune strane morti in delle città non solo limitrofe. 
Proprio prima di uscire dalla stanza, Dean riconobbe la collana a forma di cuore che avesse regalato ad Abby quasi un anno prima gettata a terra in un angolo della stanza con accanto delle tracce di sangue, e chiuse i pugni per la rabbia, pensando che se fosse successo ad Abby sarebbe stata colpa sua che si era interstardito nel non volerla cercare. 
Avevano raggiunto la casa in fretta, che dall'esterno sembrava essere abitata con tanto di auto nel vialetto e luci accese all'interno, ed i due ragazzi rimasero molto sorpresi quando iniziarono a girare attorno alla casa e a spiare dalle finestre, notando Abby muoversi nel salotto con aria sorridente. Sam e Dean si scambiarono un'occhiata confusa, ma decisero di rimanere cauti, continuando ad osservare la donna versarsi da bere del vino rosso dall'aria molto costosa, e Dean storse il naso perché sapeva per certo quanto Abby detestasse il vino rosso. 
La videro sparire in un'altra stanza portandosi dietro bottiglia e bicchiere, e Sam iniziò immediatamente a scassinare la serratura fin quando riuscì a forzarla; entrano in silenzio, tenendosi bassi e cauti, e iniziarono a sentire una forte musica classica diffondersi dalla stanza limitrofa. 
Altra cosa che fece storcere il naso ad entrambi: Abby avrebbe preferito non ascoltare musica affatto, piuttosto che ascoltare quel genere. 
Dean non ebbe il tempo di coprirsi ne di pararsi, quando un forte colpo alla nuca lo tramortí, cadendo a terra privo di sensi, e la stessa cosa accadde per Sam, che seguì il fratello svendendo a terra.
Quando si svegliarono entrambi in uno scantinato, legati stretti ad una sedia, si guardano attorno ma la stanza era fin troppo buia affinché potessero vedere; le luci si accesero di colpo arrecando dolore ai loro occhi ancora abituati al buio e videro una figura, avanzare verso di loro, e quasi stentarono a crederci quando scoprirono che fosse proprio Abby. 
Indossava dei jeans neri molto aderenti e molto eleganti, ed un top elegante dello stesso colore che le lasciasse la schiena completamente scoperta. 
"Ciao ragazzi.." sussurrò la ragazza con tono dolce, avanzando e sorridendo nella loro direzione. 
"Abby?" chiese Sam aggrottando le sopracciglia e guardandola con aria quasi del tutto scioccata, rimanendo senza parole. "Ma che significa?". 
"Avevo voglia di giocare, sapete. E ho pensato Chi meglio di Sam e Dean?".
Abby si mosse con lentezza e si avvicinò con fare seducente, ancheggiando verso di loro e sfiorando il petto di entrambi i ragazzi mentre negli occhi le passò un leggero lampo di lussuria. "Non so come si possa scegliere uno di voi due e lasciare indietro l'altro. Siete così sexy. Ma Abby è stata con entrambi, è stata furba". 
Dean lesse nel suo sguardo ciò che non avrebbe voluto mai leggere ed abbassò lo sguardo arrabbiato, sentendosi ferito nell'orgoglio. "Sei posseduta? C'è un demone li con te?". 
Abby lo guardò e sorrise audacemente, e si avvicinò sedendosi sulle sue gambe mentre si arpionò alle sue spalle per tenersi meglio; lo guardò negli occhi con disprezzo e gli prese il viso fra le mani. "Già, perché tu sai tutto di me, vero? Mi conosci bene come pensi, Dean?". 
Il ragazzo ricambiò lo sguardo e ricambiò il disprezzo, serrando la mascella ed ignorando le sue mani che continuassero a muoversi lentamente per il suo corpo. "Tu non sei Abby". 
"Non esattamente Dean: biologicamente ti assicuro che sono fatta esattamente come lei. Tutti i suoi pensieri sono qui, dentro di me.." sussurrò la ragazza avvicinando i loro volti e sorridendo, sfiorandogli il viso per poi far scendere la sua mano sul suo petto fino a raggiungere il cavallo dei pantaloni con malizia. "So tutto di voi due e intendo ogni cosa, perché lo sa Abby. Ma voi vi siete mai fermati a pensare a chi sia Abby davvero però?". 
La ragazza che impersonasse Abby si alzò dalle gambe del maggiore e si mise davanti ai due ragazzi legati guardandoli un po con astio, settando le braccia al petto e divaricando le gambe.
"Piccolo riassunto: la mamma è morta quando avevo 4 o 5 anni, ho davvero pochi ricordi di lei, ma di papà.. Papà era un grande cacciatore e un grande uomo ed Abby lo ammirava: voleva sempre renderlo orgoglioso di lei, ma papino non voleva che la sua bambina continuasse a cacciare. E neanche Abby, neanche io lo volevo. Eppure ho continuato e sai perché, Dean?". 
Abby si avvicinò ed iniziò a sfiorare il petto di Sam, sorridendogli maliziosamente mentre il ragazzo cercava in vano di allontanarsi dalle sue mani, così Abby tornò alla carica su Dean, sfiorandogli i capelli per poi  afferrarli con forza. "Per te. Abby non ha mai trovato il coraggio di dirti quanto fosse spaventata da ciò che provasse per te. Lei ti amava e  quando sei morto voleva morire, esattamente come quando è morto il suo papino. Abby sperava di morire in ogni caccia, lo sai questo? Non per raggiungerti, solamente per smettere di soffrire". 
Dean si scollò la sua mano di dosso ed iniziò a muovere le mani lentamente, avendo individuato un chiodo sulla sporgenza della sedia, ed iniziò a strusciare lentamente le corde che lo bloccassero su di esso. "Il tuo monologo non è ancora finito? Perché preferirei suicidarmi che sentirti ancora parlare. Tu non hai la minima idea di chi sia Abby, tu non la conosci". 
Ma la ragazza non la prese bene e tornò a sedersi su di lui, ma questa volta a cavalcioni, afferrandogli i capelli con le mani e costringendolo a tirare indietro il collo, sentendolo gemere appena. "Io sono Abby. Conosco i suoi pensieri, ho i suoi ricordi. E so anche perché è andata a letto con Sam".
"Perché non stai un po zitta?" chiese Sam fulminandola ed iniziandosi a muovere freneticamente nel tentativo di spaccare le corde o di spaccare la sedia, ma entrambe era fin troppe robuste. 
"Sammy, perché non condividiamo con il fratellone certe vostre conversazioni private?" chiese la ragazza ridendo di gusto, voltandosi a guardarlo con un sorriso divertito ed ignorando il suo Giuro che ti uccido e notando come lo sguardo di Dean la stesse osservando con aria incuriosita. "Abby si stava vendendo l'anima per te, Dean. Aveva trovato un demone disposto ad andare contro gli ordini lasciati da Azazel e stavano per concludere il patto, se solo Sammy non fosse arrivato in tempo. Le ha salvato la vita proprio come gli hai fatto promettere tu. E poi Abby gli ha confessato che avrebbe voluto essere morta, perché non voleva sentire quel dolore e non ce la faceva più. E Sammy ha cercato di consolarla, ma Abby era così disperata e l'unico modo che il tuo fratellino ha trovato per farle chiudere i rubinetti è stato proprio un bacio".
"Sta zitta!" esclamò Sam digrignando i denti e cercando di muoversi il più forte possibile, ottenendo solamente un forte dolore alle braccia senza però aver fatto cedere le corde. 
Ma Abby si stava divertendo a spezzare il loro rapporto ed aveva stregato Dean con il suo racconto e con le sue parole, guardandolo con aria trionfante. 
"Poi l'hanno fatto sui sedili posteriori della tua macchina, mandando a fanculo quel poco rispetto che conservavano per te. Ma sai qual è la verità che Sam non saprà mai?" chiese Abby avvicinandosi di più al suo volto, lasciando una scia umida sul suo collo risalendo fino al suo orecchio, dove sussurrò abbassando il tono della voce in modo che potesse sentire solamente lui. "Abby pensava a te tutte le volte. È così, Dean. Ogni volta che andava a letto con tuo fratello, lei sentiva te più vicino".
Dean abbassò il viso e strinse gli occhi, scuotendo la testa e respirando affannosamente, sentendo il suo cuore battere più veloce. "Dov'è la vera Abby? Che le hai fatto?". 
Abby lo guardò attentamente e sospirò, sfiorandogli il viso con delicatezza ed osservando il modo sincero in cui lo guardasse. Il tono di supplica che avesse usato la fece sorridere appena e sospirò. "Cosa le diresti, se fosse ancora viva?". 
Dean serrò la mascella, facendo inevitabilmente scontrare i suoi occhi lucidi con quelli della ragazza, e scosse la testa facendo spallucce. "Che non fa niente. Che lo possiamo superare, insieme". 
"Allora perché non gliel'hai detto quando potevi? Perché non l'hai perdonata quando era ancora viva? Si risvegliava sommersa dal suo stesso sangue dopo ogni lotta, e ricominciava. Lei è morta Con te quando sei morto tu e poi è continuata a morire ancora e ancora".
"Ma che vuol dire?" chiese Dean aggrottando le sopracciglia e guardandola con aria confusa, tirando appena un po' indietro la testa per poterla osservare meglio. 
Abby rise di gusto e scosse la testa, scuotendola per poi tornare a guardare lui ed il fratello con ilarità. "Non ci arrivi, eh? Neanche tu cervellone, mmh? Azazel ha mentito: Abby non è stata infettata dal suo sangue. È semplicemente un'altra tipologia di mostro". 
Con un forte scatto di reni, la ragazza sopra di lui venne scaraventata a terra senza che potesse prevederlo, dato che Dean si fosse accorto da qualche secondo che la vera Abby stesse avanzando silenziosamente verso di loro; Abby cercò di colpire la ragazza del tutto identica a lei, ma quest'ultima infierí sulla sua ferita al ventre, insinuandoci le dita e bloccandola dal collo. 
"Io ti ho sparato!". 
"Beh, migliora la mira la prossima volta!" esclamò Abby liberandosi dalla presa. 
Abby non aveva mai mollato davanti al dolore, non avrebbe iniziato adesso: la colpì con un forte calcio al viso, che la fece cadere rovinosamente a terra. 
Le fu sopra ed iniziò a colpirla in viso, fino a quando la creatura invertí le posizioni e le fu addosso, iniziandola a colpire. 
Abby sentí le forze venire meno e avrebbe sicuramente chiuso gli occhi per non riaprirli piú se Dean non si fosse liberato, riuscendo a rompere le funi con il chiodo, ed avanzando verso le due ragazze uguali: afferrò la creatura e le piantò un coltello d'argento nel cuore, osservandola gridare e cadere a terra senza vita. 
"Dean, sta bene?! Dimmi se sta bene!" esclamò Sam avendo quasi finito di liberarsi anche lui, fin quando non si alzò di scatto anche lui ed avanzò nella loro direzione. 
Dean si chinò su Abby, che cercò malamente di rialzarsi mentre la testa iniziò a girarle forte. "Dove sei ferita?". 
Abby scosse la testa ed afferrò la mano che lui le stesse offrendo per aiutarla ad alzarsi e si tenne stretta al suo braccio, guardando Sam avvicinarsi e sorriderle gentilmente. "Non é niente". 
"Fammi vedere!". Il tono che Dean usò non lasciò spazio ad interpretazioni: era perentorio, molto serio ed autoritario. Ed in più il suo sguardo in cagnesco complicava le cose perché non avrebbe mai lasciato che uscisse dalla stanza senza aver prima controllato le sue ferite. 
Abby sbuffò e con la mano libera sollevò la sua maglia scura, forata e sporca di sangue, e mostrò ai due ragazzi la piccola ferita sull'addome che avesse, lasciandoli basiti per via del fatto che nessuna pallottola avesse un foro d'entrata così piccolo. "Hai visto? Sto bene, ho solo perso molto sangue. Ma adesso dobbiamo andare, perché ho fatto scattare l'allarme mentre scendevo qui". 
Dean la passò un braccio attorno alle spalle e la sorresse, aiutandoli a muoversi fino alle scale per uscire dallo scantinato, ma le gambe le cedettero ed Abby sarebbe sicuramente caduta se Dean non l'avesse afferrata saldamente: la prese fra le braccia, caricandosela addosso mentre la osservò perdere conoscenza e per un istante ebbe paura. 
"Non farmi scherzi, ragazzina. Non azzardarti a morire, io e te non abbiamo ancora finito!". 
 
 
Ripulí e ricucí la sua ferita velocemente dopo averla adagiata sul letto della sua stanza e dopo averle sfilato la maglietta inzuppata interamente di sangue; con uno sguardo era riuscito a far sentire suo fratello di troppo, perché non sopportava che lui la vedesse solo in reggiseno, seppure dentro di lui sapeva che Sam avesse visto e toccato molto di più, ed osservò il ragazzo uscire con espressione preoccupata. 
Dean aveva visto nel fratello nessuna traccia di malizia, solamente un grande affetto che nulla aveva a che vedere con quello che porvasse lui, infatti il maggiore aveva riconosciuto lo stesso sguardo con cui Sam guardasse Abby prima che lui finisse all'inferno. Se qualcosa fosse cambiato, Dean se ne sarebbe accorto dato che conosceva il fratello meglio di chiunque altro. 
Eppure gli dava così fastidio che Abby si fosse concessa a Sam come si era concessa a lui quando stavano insieme. 
Dean afferrò una delle sue magliette a maniche corte e la infilò delicatamente alla ragazza per non farle sentire freddo, e le sfiorò il viso osservandola respirare lentamente. 
Sparí tutto: gli angeli, i demoni, il fatto che fosse stato riportato indietro per svolgere un compito importante. Vedeva solo Abby e il suo cuore che batteva forte perché era terrorizzato dell'enorme quantità di sangue che avesse perso: forse avrebbe dovuto portarla in ospedale, forse aveva bisogno di qualche trasfusione. 
Si ritrovò a stringere la sua mano e chinò il suo viso vicino al suo, appoggiando delicatamente la sua fronte contro quella della ragazza, baciandole teneramente una guancia.
Nulla era cambiato anche per Dean: continuava a provare per lei esattamente ciò che provasse prima di finire nella fossa dell'inferno e sapeva che anche per Abby fosse lo stesso, ma non riusciva a perdonare ciò che avesse fatto. 
La sentí muoversi lentamente nel suo letto ed iniziare a sbattere gli occhi con aria confusa, e subito Dean si tirò indietro da quel contatto per lasciarla respirare meglio. Abby prese un respiro profondo e si tirò su a sedere, guardandosi attorno con aria frastornata, mentre metteva le mani sul materasso per tenersi stabile. "Dean.. ma che è successo? Il mutaforma è..". 
Dean deglutí a fatica e sospirò di felicità mentre si sedeva accanto a lei, stringendo forte la sua mano e sorridendole teneramente. "È morto, l'hanno identificata come Abbigail Harrison: congratulazioni! Adesso sei anche tu tecnicamente morta per il Paese".
Abby si sentí stordita per tutte quelle informazioni e guardò la sua mano con aria confusa per poi tornare a guardarlo con un leggero mal di testa, e lasciò vagare lo sguardo nella stanza alla ricerca del secondo fratello e si allarmò quando non lo vide. "State bene? Dov'è Sam?". 
Dean dovette stringere forte la mascella per l'enorme fastidio che provò dentro di sé, ma respirò lentamente ed annuì per tranquillizzarla. "Stiamo entrambi bene, non preoccuparti". 
Abby sospirò rumorosamente e si lasciò scivolare lentamente sul letto, adagiando la testa sul cuscino con un mezzo sorriso. "Mi dispiace che vi abbia attirato in quella trappola". 
"Perché sei andata lì da sola, prima di tutto?" chiese Dean guardandola un po in cagnesco e sollevando un sopracciglio, osservandola riaprire gli occhi e guardarlo con aria stanca. 
"Non amo cacciare in compagnia, lo sai Dean..". 
"È stato da stupidi e da incoscienti!". 
La rabbia si percepí nella sua voce, tanto che Abby aprì per la seconda volta gli occhi ma lo guardò con serenità, nonostante si sentisse ancora molto debole, e rise di gusto. "È probabile che io sia entrambe le cose". 
Rimasero a guardarsi per qualche momento che sembrò loro molto lungo ed il cuore di entrambi batté molto forte, e Dean le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio per osservare meglio il suo viso che le sollevò leggermente dal mento con indice e pollice. Abby sapeva cosa Dean stesse cercando dentro di lei, ma che non osava chiedere a voce alta e la ragazza cercò di rassicurarlo e di scusarsi, per quanto potesse essere utile. 
"Perché sei venuto a cercarmi?". 
Dean sospirò e strinse la mascella, continuando a guardarla con aria seria e fece spallucce, accennando un sorriso. "Non rispondevi al telefono, nessuno ti aveva vista o sentita. Credevo che fossi morta". 
"Il tuo desiderio non si è avverato Dean, scusa.." sussurrò Abby sorridendo fintamente e scuotendo la testa, distogliendo lo sguardo con un sospiro. 
"Come puoi pensare che io ti voglia morta?"
"Non voglio vederti mai più, a meno che tu non sia morta credo che renda bene l'idea, no?" chiese Abby sollevando un sopracciglio e tornando a scrutare la sua espressione seria e tesa, mordendosi la lingua per il nervosismo. 
Dean distolse lo sguardo e scosse la testa mentre udiva le parole che avesse usato quella sera di settimane prima per mandarla via ripetute da lei, sospirando rumorosamente mentre pensavo al casino che lei e Sam avessero fatto e a come fosse impossibile rimediare. La guardò nuovamente con ira nello sguardo. "Io non intendevo.. Io ero arrabbiato, cazzo sono ancora così incazzato nero che vi ammazzerei tutti e due con le mie mani. Ma adesso devi dirmi che sta succedendo Abby, lascia stare tutto: come fai ad avere una ferita così piccola e come fa a non esserci la pallottola dentro di te se non c'è foro di uscita?".
"Non lo so, Dean.." sussurrò Abby scuotendo la testa e sospirando. 
"Abby!". 
"Ti sto dicendo la verità Dean, non lo so. Però posso dirti quando è cominciato" continuò Abby scuotendo la testa e sbuffando, facendo spallucce, notando un cambiamento nella sua espressione, come di accusa. "Da quando io e Sam siamo stati presi da Azazel: ho fatto arrabbiare una ragazza come noi e lei mi ha colpita con una scarica elettrica che avrebbe dovuto uccidermi, ma non mi ha fatto neanche un graffio. Da allora, ogni volta che vengo ferita e potrei, dovrei, morire, io torno lentamente a stare bene".
Dean ascoltò le sue parole con aria confusa, osservandola abbassare gli occhi perché aveva appena dato al ragazzo un altro motivo per avercela con lei: conosceva questo segreto dall'inizio della loro relazione e non lo aveva mai condiviso con lui. Non lo aveva mai ritenuto all'altezza di sopportarlo, forse? O pensava che l'avrebbe giudicata male? 
Dean sospirò lentamente e scosse la testa e la guardò serio. "Stai dicendo che non puoi essere ferita da qualsiasi cosa sia soprannaturale" 
Abby lo guardò e fece spallucce, stiengendo le labbra in una smorfia. "Sto dicendo che non posso essere uccisa da qualsiasi cosa sia soprannaturale". 
Il ragazzo sospirò e scosse la testa, pensando che avrebbe dovuto trovare una spiegazione anche a quello, e le rimboccò le coperte, tirandola più giù dai fianchi per farla stare più comoda con un sorriso ironico, e le sfiorò una guancia mentre la guardava distesa nel suo letto, ed Abby gli sorrise debolmente di rimando. 
Dean mise una mano nella sua tasca ed estrasse la collana che una volta appartenesse a sua madre e che avesse regalato ad Abby il Natale precedente, e la porse nella sua direzione per fargliela notare. "Hai perso qualcosa, ragazzina?". 
Abby sgranò gli occhi e si sollevò di scatto, provocandosi un forte capogiro, e si portò le mani al collo dove trovò solamente la collana di suo padre, e guardò Dean con aria confusa. "La mia collana!". 
"Si, beh, il mutaforma deve avertela strappata quando ti ha presa al tuo motel.." sussurrò Dean abbassando la collana e rigirandosi il ciondolo fra le mani, stringendo la mascella mentre i momenti della notte in cui le fece quel regalo tornarono nella sua mente, ricordando ogni bacio e ogni carezza che si scambiarono intrisi di amore, e per un momento permise a sé stesso di averne nostalgia. 
Abby abbassò lo sguardo sulle sue mani e notò il bracciale di pelle ancora al suo polso sinistro, e sorrise debolmente perché nonostante tutto lo aveva tenuto. Sospirò e lo guardò negli occhi con aria seria, trovandolo a poche spanne da lei. "Immagino che tu la rivoglia..". 
Dean aggrottò poco le sopracciglia e scosse la testa, sorridendo divertito, scostandole i capelli fino alle spalle e chiudendo la collana attorno al suo collo. "È un regalo. Sei ancora l'unica a cui la darei, Abby. Ma adesso devi riposare, sono stato chiaro?". 
Abby sorrise e tornò a distendersi sul letto, prendendo una mano fra le sue e stiengendola forte. Lo guardò negli occhi e Dean capí cosa Abby avrebbe davvero voluto, ma lui non poteva darglielo. Non dopo quello che aveva fatto con Sam. 
Lasciò la presa su di lei e si alzò senza guardarla, facendo un grosso sforzo per non riavvicinarsi e stringerla in un forte abbraccio per tranquillizzarla, dirigendosi verso la porta e spegnendo la luce, uscendo definitivamente dalla stanza mentre sentiva un forte groppo stabilizzarsi sul suo cuore. 

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Capitolo 19
*** Capitolo 17. ***


HUNTER LEGACIES
Capitolo 17.

 
Abby afferrò il mucchio di vestiti sparsi per il salotto e sollevò gli occhi la cielo pensando a quanto condividesse con i suoi due fratelli il disordine più totale, mentre caricava i vestiti in lavatrice ed iniziava a pulire la cucina, rimettendo in ordine i piatti lasciati sporchi dalla colazione che ancora giacessero sull'isola di marmo, prima che Dan e Silver scappassero rispettivamente per il lavoro e per la scuola.
Abby sbuffò sonoramente e non volle neanche immaginare come riducessero la casa quando lei era impegnata in qualche caccia.
Sistemò il resto delle stanze, impegnandosi nel far splendere ogni singolo angolo della sua casa per far scivolare via quella giornata priva di impegni; sbuffò quando si ritrovò seduta sul divano senza più altro da fare solamente alle undici e trenta del mattino: non aveva richiesto indietro il suo lavoro al pub, non dopo che qualche anno prima lo avesse lasciato con una semplice telefonata e senza neanche un preavviso, per riprendere la sua vita da cacciatrice. 
Così sospirò ed iniziò a guardarsi attorno alla ricerca di qualcosa altro che potesse tenerla impegnata, battendo il piede sul pavimento con un grande nervosismo, perché odiava stare ferma a non far nulla. 
Quando improvvisamente il suo telefono squillò, quasi si lanciò per rispondere, sperando che fosse qualche cacciatore alla disperata ricerca di un aiuto; per qualche istante trattenne il respiro e si morse il labbro inferirore, mentre leggeva il nome di chi la stesse chiamando.
Riprese a respirare con regolarità e accennò un sorriso, facendosi coraggio e portandosi il telefono all'orecchio, accorgendosi di come la voce le fosse tremata per la sorpresa. "Ciao Dean". 
Per dei lunghi istanti, Abby ascoltò in silenzio il fiume di parole che uscì dalla bocca del suo interlocutore e aggrottò le sopracciglia mettendo su un'aria piuttosto seria, mentre il suo sorriso scemò . "Si. Arrivo subito". 
 
 
Dean si mosse in maniera impaziente mentre si guardava attorno nella piccola radura anticedente al bosco, osservando il fratello e le due donne alle sue spalle, che non avevano la minima idea di cosa stessero aspettando per addentrarsi fra la vegetazione. Ma il maggiore gli fece segno di aspettare e continuò a guardare l'orizzonte con aria speranzosa, battendo i palmi uno contro l'altro in modo nervoso, fin quando il suo sorriso si allargò. 
Aveva sempre amato le entrate teatrali, specialmente con la sua auto azzurro metallizzata sempre tirata a lucido ed immacolata, ed Abby iniziò lentamente a rallentare lasciando muovere la sua auto fino ai quattro ragazzi che si voltarono a guardarla, spegnendo il motore proprio accanto all'Impala: scese dall'auto e chiuse lo sportello alle spalle, ed il maggiore non fece in tempo a bloccare lo sguardo che istintivamente partì ad esaminare il suo corpo fasciato da dei leggins neri e molto fini che mettevano in risalto le sue gambe magre e toniche, una canottiera abbastanza larga e scollata le ricopriva il busto mentre il suo tipico giubbotto di pelle completava l'opera.
Abby tirò su i suoi Ray-Ban specchati, sollevandoli fin sopra la fronte per scoprirsi il viso, e sorrise ai due ragazzi in maniera dolce. "Ciao ragazzi". 
Sam non si fece scrupoli e si avvicinò ad abbracciarla forte, ripensando al modo in cui la volta precendete l'avesse vista sanguinante, e sorrise fra i suoi capelli. "Sono così felice di vederti in forma!". 
Abby ricambiò la stretta e sorrise, ridendo leggermente per il modo energico in cui il ragazzo l'avesse stretta e poi lo lasciò andare, volgendo lo sguardo su Dean, che storse appena il naso quando li vide stringersi in quel modo: eppure ricordava benissimo quante volte Abby e Sam si fossero abbracciati prima che lui finisse all'inferno e Dean non ne fosse mai stato infastidito. 
Si avvicinò al maggiore e lo abbracciò forte senza dire niente e Dean non riuscì a fare a meno di stringerla a sè nonostante la rabbia non gli fosse ancora passata. Sospirò rumorosamente quando sentí la ragazza stringersi di più a lui in maniera diversa rispetto a come avesse fatto con Sam, e sciolse l'abbraccio. Si schiarí la gola e divenne più serio, indicando la donna dai capelli rossi a fianco a Ruby con un dito ed Abby capì che fosse proprio la ragazza di cui gli avesse parlato per telefono. 
"Abby lei è Anna, la ragazza angelo, e Anna questa è Abby.. un'amica". 
Abby cercò di non prestare molta attenzione al modo in cui Dean l'avesse definita ed al modo divertito in cui Ruby se la stesse ridendo mentre la guardava ma la ignorò avanzando verso la ragazza dai capelli rossi, che aveva uno sguardo di chi ne avesse passate tante. "Ciao Anna..". 
La ragazza angelo, così come la definiva Dean, si avvicinò nella sua direzione mentre la guardava negli occhi con aria incerta e le afferrò una mano, facendo sollevare un sopracciglio ad Abby, che divenne confusa. "Il tuo viso, i tuoi occhi: mi sei così familiare. Io ti conosco?". 
"Mi dispiace, non credo di averti mai visto.." sussurrò Abby aggrottando le sopracciglia e divincolandosi dalla presa della ragazza come se ne fosse stata infastidita, scuotendo la testa e voltandosi verso i due ragazzi, ignorando Ruby. "Allora: mi avete chiamata perché vi serve una guida in questi boschi, giusto?". 
"Li conosci bene quanto dici?" chiese Ruby intromettendosi ed avanzando verso di lei a braccia conserte, scocciata dalla sua presenza. 
Abby riuscì ad ignorarla completamente controllando il respiro e non facendosi prendere dalla collera che l'assalisse ogni volta che vedesse quel demone, e alternò lo sguardo fra i due ragazzi e la ragazza, soffermandosi su di lei e sorridendole. "Puoi stare tranquilla, non c'è nessuno che conosca questi boschi come me! Vivo in Kentucky da tutta la vita, mio padre mi portava qui molto spesso, sai: l'addestramento, sparare alle lattine, roba da cacciatori. Adesso andiamo a cercare la tua grazia". 
 
 
La forte esplosione costrinse i ragazzi a coprirsi gli occhi e a voltare il viso dalla parte opposta rispetto a quella grande luce bianca che avesse investito il loro rifugio, nel momento in cui Anna riuscì a rubare la sua grazia ad Uriel, che a sua volta l'avesse rubata dalla quercia formatasi nel 1985 quando Anna si fosse incarnata sotto forma umana. 
Abby dovette riconoscerlo, Dean e Ruby avevano fatto un ottimo lavoro di squadra: dato che inferno e paradiso si contendessero la vita di Anna, Dean aveva stretto un patto con gli angeli per guidarli fino al loro rifugio e Ruby fece lo stesso con i demoni, in maniera tale da dare il tempo ad Anna di riprendersi la sua grazie e nel frattempo fare scontrare fra di loro le due sponde opposte che tanto la rivolessero indietro. 
Anna si dileguò subito dopo aver riavuto la sua grazia ed i demoni andarono via immediatamente nel tentativo di seguirla per accaparrarsela, e lo stesso fecero gli angeli, ma non Castiel e Uriel. 
L'angelo in trench avanzò verso i tre ragazzi con uno strano sorriso compiaciuto sul volto, ma mantenendosi molto serio mentre li osservava con il suo sguardo penetrante. 
Abby lo guardò e sollevò un sopracciglio, provando una forte simpatia nei suoi confronti, mentre gli occhi dell'angelo si posarono sui suoi azzurri facendola sentire appena a disagio. "Tu devi essere l'angelo che ha salvato Dean dall'inferno, giusto?". 
Castiel annuì brevemente e la guardò con aria seria, scrutando nella sua anima e  sollevando una mano fino a sfiorare la sua fronte con i polpastrelli del medio e indice destri.
Abby rimase paralizzata, trattenendo una risata e volgendo lo sguardo verso i due ragazzi che lo guardassero in maniera confusa quanto lei. "Amico, dobbiamo lavorare sulle strette di mano. Qui da noi non è così che si fa". 
"Tu non ti ricordi di me". 
Non c'era alcuna intenzione interrogativa nella voce solenne di Castiel, nè il minimo accenno di dubbio. Piuttosto, la ragazza ebbe l'impressione che l'angelo davanti a lei che ancora la scrutasse, si stesse limitando a descrivere qualsiasi cosa avesse visto dentro di lei attraverso quel contatto.
Castiel ritrasse la mano lentamente e continuò a guardarla con i suoi occhi blu, osservando il suo buffo modo di reagire, ma il disaggio crebbe in Abby, la quale aggrottò le sopracciglia e fece un passo indietro, guardandolo con aria confusa mentre si schiariva la gola. 
"Castiel!".
Uriel lo richiamò con aria intimidatoria, ma l'angelo continuò a guardare la ragazza con serietà, scrutando nei suoi occhi confusi ed ignorando i due ragazzi che chiedessero spiegazioni al posto di Abby, rimasta intrappolata dai suoi occhi angelici. "Ma come potresti ricordare? Eri solamente una bambina". 
Abby trovò il coraggio di mandare giù il nodo in gola che le bloccasse la parola e deglutí a fatica, guardandolo con aria accigliata. "Ma di che stai parlando?". 
"Castiel!". Uriel continuò a richiamarlo spazientito, ma l'altro angelo gli intimò di fare silenzio con un cenno della mano. 
Si avvicinò alla ragazza e si sforzò di sciogliere la sua espressione solenne ed intimidatoria, sorridendo appena ed annuendo. "Tuo padre era un grande guerriero. Io e Anael abbiamo insistito parecchio affinché ti lasciasse e ci siamo assicurati personalmente che la sua anima potesse riposare per sempre nel Paradiso Celeste. Tuo padre è in pace Abby, puoi rasserenarti adesso". 
La prima cosa che Abby avvertì cambire dentro di sè, fu proprio il suo stomaco: percepì una stretta stritolarle gli organi mentre gli occhi iniziarono a pizzicarle, tanto che dovette distogliere lo sguardo per qualche istante dopo aver udito quelle parole. Presto strinse i denti e mandò giù il groppo alla gola che le impedisse di parlare, mentre sentiva Dean muoversi alle sue spalle per avvicinarsi, percependo il suo sguardo curioso sulla schiena.
Aggrottò le sopracciglia e avrebbe tanto voluto che quel momento non finisse mai, cercando di prolungarlo il più possibile mentre domande su domande iniziarono ad attanagliarle la mente. "Chi è Anael? E perché avreste dovuto preoccuparvi così per mio padre?". 
Castiel respirò profondamente e pensò che se avesse davvero rivelato alla ragazza tutto ciò che riguardasse l'interazione di suo padre con gli angeli, Abby l'avrebbe creduto pazzo. Continuò a guardarla con aria solenne ed annuì brevemente. "Perché tuo padre, proprio come sarà Dean, è stato uno strumento terrestre delle nostre armate spirituali. Sono contento di sapere che anche tu, come lui, hai una fede molto ferrea". 
Ad Abby scappò un sorriso divertito e scosse la testa stringendo i denti per la rabbia, senza mai però interrompere quel collegamento che si fosse appena instaurato distogliendo lo sguardo. "Ti stai sbagliando, angelo: io non credo nel tuo Dio". 
"È forse corretto smettere di credere in un'Entità Superiore solamente perché non ti ha concesso un miracolo?" chiese Castiel aggrottando le sopracciglia e sforzandosi molto per riuscire a capire quali pensieri echeggiassero per la mente dell'umana davanti a sé. "Eppure sai che Dio ti ha concesso un grosso lusso riservato solamente ai veri credenti, quando ti ha permesso di rivedere tuo padre in sogno". 
Abby deglutí a fatica e capí immediatamente a cosa si riferisse l'angelo davanti a sé, ma scosse ugualmente la testa perché non voleva credere che quello che avesse visto quando Azazel l'avesse rapita fosse veramente suo padre. Non poteva essere vero, doveva essere frutto della sua immaginazione. 
Castiel sospirò rumorosamente e la guardò negli occhi pieni di titubanza e di tristezza, chiedendosi perché gli umani dovessero essere così difficili e duri di comprendonio. "L'hai detto anche tu, era solo un sogno!". 
"Era la manifestazione di tuo padre, che ha terminato le sue incarnazioni ed è stato accolto in Paradiso per poter riposare per sempre nei campi sempre verdi del Signore" rispose Castiel aggrottando le sopracciglia, non capendo perché si ostinasse così tanto ad essere diffidente. "Non posso sapere come deve essere difficile per te: da quando hai iniziato a camminare hai passato ogni tuo istante insieme a tuo padre, e adesso passerai il resto della tua vita senza di lui, non lo rivedrai mai più. Dev'essere molto doloroso. Ma non dimenticare mai che tutto quello che ti ha insegnato è vero e tutto ciò che ha fatto sotto nostro consiglio, è stata la scelta più giusta che potesse fare per te: ti ha istruita, ti ha insegnato a combattere e ti ha dato la possibilità di poter scegliere con il tuo libero arbitrio il bene, affinché tu potessi respingere il male delle tue incarnazioni precedenti".
Abby trattenne il pianto e si morse l'interno della guancia: ascoltare quelle parole era davvero dura e Castiel non faceva altro che aumentare la dose, continuando a leggere il dolore che albergasse dentro di lei da ormai qualche anno; ma nelle parole dell'angelo riconobbe le stesse che suo padre le avesse ripetuto sin da quando era solamente una bambina. Prove, cicli esistenziali, reincarnazione.
Lo guardò con aria rassegnata, scuotendo però la testa ed abbassando lo sguardo, segno che non avrebbe più replicato lasciando la conversazione morire in quel modo. 
Un fruscio giunse alle sue orecchie e quando sollevò lo sguardo non trovò più i due angeli ad osservarla, ma solamente Sam e Dean che con aria confusa rivolsero lo sguardo come se lei avesse capito di cosa diavolo stesse parlando Castiel, e ad Abby scappò un sorrisetto ironico perché non aveva la più pallida idea di come iniziare a spiegare ciò che Castiel le avesse davvero comunicato in quella breve conversazione. 
 
 
Si mosse nervosamente all'interno della sua cucina, bevendo una copiosa quantità di Scotch e respirando velocemente mentre il petto le bruciava per l'alta gradazione alcolica della sua bevanda: se ne versò un secondo ed un terzo bicchiere, quando percepí dei passi veloci verso di lei che le strapparono via la bottiglia ed il bicchiere. 
"Ma la vuoi piantare?!" chiese Dean guardandola in cagnesco, chiudendo di scatto la bottiglia e ponendola sullo scaffale alto della cucina, al quale sapeva che Abby non sarebbe potuta arrivare senza l'utilizzo di uno sgabello. 
La ragazza lo guardò in cagnesco e strinse gli occhi, maledicendo se stessa per aver fatto sì che i due Winchester la seguissero a casa sua dopo lo scontro fra angeli e demoni, e sospirò rumorosamente; si mosse nervosamente verso lo studio sempre sotto chiave di suo padre, notando il grande disordine che avesse lasciato dopo il suo passaggio di meno di un quarto d'ora prima, quando aveva messo tutto a soqquadro per trovare almeno una citazione della parola angelo fra i suoi appunti. 
"È inutile, è tutto inutile! Non troverò una risposta qui!" esclamò Abby alzando il tono della voce e colpendo malamente con una manata un fascicolo delle carte di suo padre, facendolo cadere rovinosamente a terra. 
"Ma cosa sei? Una bambina? Datti una calmata!" esclamò Dean continuando a seguirla per la casa per evitare che facesse altri danni in giro per le stanza alle tre del mattino. "E vuoi abbassare la voce prima che Dan venga qui con una mazza da baseball? I tuoi fratelli stanno ancora dormendo!". 
Abby assottigliò nuovamente gli occhi e lo guardò in cagnesco peggio di prima, stringendo i pugni vicino alla scrivania massiccia di legno di suo padre e sbuffando sonoramente; distolse lo sguardo fino a Sam, che rimase seduto su una delle due poltrone nello studio a sfogliare i fascicoli e le informazioni che suo padre avesse accumulato negli anni, per poter trovare almeno una risposta da dare alla ragazza. 
"Perché non ti togli dai piedi e mi lasci in pace una buona volta, mmh?!". 
Dean sollevò un sopracciglio ed ascoltò le sue parole ricambiando la sua occhiataccia, mettendo una mano sul fianco e puntandole un dito contro. "Ascoltami bene, sesto senso: ho capito benissimo che qualcosa del discorso di Castiel ti ha sconvolta e che non vuoi dirmelo, ma non farti incasinare la testa da quei figli di puttana alati che vogliono solamente renderti vulnerabile per utilizzarti a loro piacimento, sono stato chiaro?!". 
Abby avrebbe voluto colpirlo in viso perché in quel momento il suo principale bersaglio era proprio Dean e aveva incalanato tutte le sue emozioni negative nei suoi confronti, ma doveva ammettere che Dean avesse ragione: era sconvolta perché aveva capito qualcosa che a loro fosse sfuggito. Sospirò e si sedette sulla poltrona girevole posta dietro la scrivania, osservando brevemente il computer molto antico di suo padre che si fosse sempre ostinato a tenere, impedendo che i suoi figli gliene comprassero uno nuovo per via del suo rifiuto della tecnologia, ed Abby sorride amaramente ripensando al suo papà. 
"Sentite ragazzi, mio padre ha sempre creduto che ci fosse un ritorno dopo la morte, per permettere alle anime di riscattare le azioni sbagliate che avessero commesso nelle vite precedenti e io..". 
"E tu gli hai creduto e basta?" chiese Dean sollevando un sopracciglio con aria divertita, meritandosi un'ulteriore occhiataccia da parte della ragazza. 
Abby fece una smorfia ignorandolo e concentrandosi su Sam, che invece aveva tutta l'aria di essere interessato, tanto che guardò male Dean per qualche istante e gli diede una pacca sulla spalla. "E allora? Centinaia di culture pensano che questo tipo di vita sia possibile, Dean". 
Il maggiore fece spallucce, non avendo la minima intenzione di credere a delle cose simili e prese posto accanto al fratello, osservando entrambi con espressione divertita. "Va bene, ma a parte queste stronzate angeliche cos'è che ti ha sconvolto?". 
Abby sospirò e si appoggiò con i gomiti al tavolo di suo padre, mordendosi il labbro con nervosismo ed alternando lo sguardo fra i due. "Castiel ha detto che mio padre parlava con gli angeli, con uno in particolare: Anael. E che l'ha guidato per istruirmi a non cedere al male delle mie incarnazioni passate". 
"E tu gli credi?" chiese Sam guardandola con aria curiosa e chiudendo i fascicoli del padre della ragazza con cura, posandoli delicatamente sulla scrivania. 
"È questo il punto: non lo so" sussurrò Abby facendo spallucce e sospirando. "Ma con questa storia dell'Apocalisse e dei sigilli che Lilith sta spezzando non vorrei perdere del tempo prezioso". 
Dean scambiò un'occhiata con il fratello e scosse la testa, perché gli dispiaceva davvero che Abby fosse così confusa e piene di domande a cui solamente un pennuto angelico avrebbe potuto rispondere. Come aveva detto lei, c'era Lilith e l'Apocalisse da evitare, quindi non le si presentavano davanti molte possibilità. 
"Mentre camminavamo nel bosco, Anna mi ha raccontato ciò a cui si è sottoposta per ricordare chi fosse, e io ho pensato che..". 
"Vuoi farti ipnotizzare anche tu? Ma sei impazzita?". 
Abby rivolse un'altra occhiata di fuoco verso Dean, che quel giorno aveva deciso di farle perdere le staffe ancor di più del solito, e strizzò gli occhi mentre si massaggiava le tempie perché non voleva davvero rispondergli male.
"Si, è proprio quello che voglio fare. Il punto è che io non conosco la donna che ha ipnotizzato Anna, ma voi si". 
"Pamela non avrà nessuna voglia di aiutarci di nuovo dopo quello che le hanno fatto gli angeli" rispose Sam scuotendo la testa e sospirando con delusione. 
Abby alternò lo sguardo fra i due e sorrise audacemente, sollevando un sopracciglio in maniera sicura di sé. "Fatemi parlare con lei. Un tentativo. Se dirà di no dopo che le avrò spiegato ciò di cui ho bisogno, farò finta che la conversazione con Castiel non sia mai accaduta. Promesso". 
 
 
Dean sputò fuori l'aria dai suoi polmoni con forza, sbuffando sonoramente, e scosse la testa osservando Abby seduta su una sedia di legno al centro della panic room costruita da Bobby, mentre Pamela le sedeva accanto con aria sorridente: Dean sapeva che Abby sarebbe riuscita a convincerla telefonicamente e che sarebbe stato costretto ad assistere mentre veniva torturata dai ricordi che non le appartenessero più, solamente per un suo capriccio. 
Si disse che, ammesso che la reincarnazione esistesse, ci doveva essere un motivo per il quale le persone non ricordassero nulla del loro passato. Sfidare la sorte e aprire quella porta, non avrebbe fatto trovare le risposte ad Abby, ma l'avrebbe solamente portata alla pazzia, o peggio. 
"Allora tesoro, sei pronta?" chiese Pamela sorridendo e volgendo il capo nella sua direzione, nonostante non potesse vederla. Ma Abby era tesa come un manico di una scopa perché, nonostante morisse dalla voglia di farlo, aveva paura di ciò che avrebbe potuto scoprire. "Non essere nervosa, vedrai che andrà tutto bene". 
Abby annuì e sospirò, guardandosi attorno e notando Dean scuotere la testa e, con un rumoroso sospiro, uscire dalla stanza per chiamare Sam e Bobby al piano di sopra, e deglutí a fatica. 
"Sai che quel testone non mi ha neanche guardata, la prima volta che mi ha vista? Avrei voluto portarmelo a letto quando è tornato in vita, ma i suoi pensieri erano tutti rivolti a te quando è venuto a casa mia per farsi aiutare a scoprire chi lo avesse fatto uscire dall'inferno.. " sussurrò la donna aggiustando i suoi occhiali spessi e neri sul naso, ridendo di gusto. "E anche qualche giorno fa quando ho ipnotizzato la ragazza angelo, ho capito subito che Anna fosse interessata a Dean, ma sai cos'ha fatto lui? Ha respinto le sue avance perché pensava sempre e solo alla piccola Abby che non lascia mai i suoi pensieri". 
Abby aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria curiosa, rimanendo basita per ciò che Pamela avesse riversato su di lei non appena Dean fosse uscito dalla stanza. "Ma tu come fai a sapere..". 
"Sono una sensitiva, leggo nella mente. E posso dirti che Dean è ancora molto arrabbiato per ciò che è successo fra te e Sam, piccola.." sussurrò Pamela accennando un sorriso sincero e carezzandole delicatamente il braccio sinistro, e per un attimo Abby provò la sensazione che le stesse parlando come avrebbe fatto una sorella maggiore e sorrise. "Ma lui ti ama ancora profondamente: quando è venuto a prendermi qualche ora fa per portarmi di nuovo qui, non ha fatto altro che pensare a quanto non avrebbe permesso a nessun angelo o demone di avvicinarsi a te durante tutto il viaggio, perché sei troppo preziosa per lui. E poco fa prima di uscire ha ricordato tutti i momenti belli in cui lo hai fatto stare bene e si è sentito amato da te, solamente per trovare la forza di lasciarti soffrire su questa sedia mentre ti ipnotizzo, perché è una tua scelta e non vuole controllare la tua vita in sua funzione. Vuole lasciarti libera di scegliere: cosa fare, dove andare, chi amare". 
Abby ascoltò le sue parole a bocca aperta e aggrottò le sopracciglia sgranando gli occhi, sbalordita dal fatto che Pamela avesse scoperto tutte quelle informazioni mentre si limitava a stare seduta vicino a Dean mentre la portava da Bobby, e proprio quando aprì la bocca per dire qualcosa, scorse Dean con aria scocciata entrare all'interno della panic room seguito dal fratello e Bobby, con lo sguardo tipico di chi avesse udito l'intera conversazione; Abby osservò Bobby sedersi vicino alla soglia della porta, mentre Sam e Dean si disposero rispettivamente alla sua destra ed alla sua sinistra, serrando entrambe le braccia al petto e guardandola con aria seria. 
Disse a Pamela di essere pronta solamente dopo aver scambiato una veloce occhiata con Dean, che si sforzò di sorridere ed annuì lentamente, e sentí le mani di Pamela nuovamente sul suo braccio per instaurare una sorta di contatto che le permettesse di guidarla durante la sua recessione. "1,2,3, stai dormendo". 
Gli occhi di Abby si chiusero a comando, facendola cadere in un sonno profondo mentre tutto attorno a sé sparì e divenne buio e profondo: sentì il terreno mancarle sotto i piedi ed ebbe la sensazione di scivolare in uno spazio vuoto e scuro, di flluttuare. 
"Torna indietro a quando eri una bambina. Cosa vedi?". 
Tutto attorno a lei si modificò molto lentamente, mentre lo spazio si impregnava di un bianco lucente che le impedì di mettere a fuoco ciò che le si stesse prospettando davanti. Ma presto la scena cambiò ed un sorriso nacque slle sue labbra.
"Vedo i miei genitori e mio fratello Dan: papà è appena tornato dal lavoro. Stanno giocando con me, mentre mia madre è incita di Silver". 
Pamela respirò lentamente ed annuí, muovendo lentamente la sua mano sul suo braccio per aiutarla a trovare la via. "Bene tesoro. Adesso vai ancora più indietro".
Abby si mosse dentro la stanza in cui si fosse trovata nella sua mente, dove osservava suo padre e sua madre seduti sul divano di casa sua mentre giocavano con lei, che poteva avere più o meno uno o due anni, e Dan le ronzava attorno saltellando felice. Si diresse verso una strana porta, molto alta e robusta che emanasse una strana luce bianca delle fessure, e che realmente non esistesse nella sua casa. Abbassò la maniglia e fece pressione, ma qualcosa bloccava l'apertura e la serratura divenne incandescente, bruciandole i polpastrelli e costringendola a ritirare la mano. "C'è qualcosa che fa resistenza, Pamela. La mia pelle brucia, fa male!".
"Se vuoi conoscere la verità, butta giù quella porta Abby..". 
La ragazza annuí e prese un lungo respiro, dopodiché tornò a impugnare la maniglia con tutta la forza che avesse respirando a fatica, mentre la sua pelle bruciava sempre di più provando un forte dolore mai sentito prima d'ora: si lasciò sfuggire un gemito doloroso e dall'altra parte, Pamela intimò, ai presenti di non muoversi e di non fare rumore mentre guidava Abby nei meandri della sua mente, altrimenti sarebbe andata persa per sempre. 
Abby si fece forza e continuò a girare la maniglia, colpendo la porta con una spallata, fin quando sotto il suo peso si spalancò e la ragazza cadde in quella luce bianca, sentendosi parecchio stordita. 
Aprì gli occhi e si mise a sedere a terra: lo scenario era cambiato, si trovava dentro una stanza da letto seduta sul marmo freddo del pavimento, ed a guardarsi attorno le sembrò di essersi finita nel primo decennio degli anni mille, o almeno in base a come li immaginasse lei.
Sentí sghignazzare e si alzò curiosa, perché conosceva benissimo quella risata: era identica alla sua.
Ispezionò la stanza con dei grossi mobili di legno ed un camino sempre acceso proprio di fronte al grande letto che avesse il predominio sulla stanza, fin quando non la vide: una ragazza identica a lei con indosso dei vestiti eleganti per quel tempo, iniziò a correre dentro la stanza ridendo di gusto mentre un uomo, che dedusse essere un soldato per via della sua divisa, la inseguiva ridendo anche lui ed entrando nella stanza dopo essersi chiuso la porta alle spalle.
La ragazza finse di scappare, ma il soldato la prese dai fianchi e la fece cadere sul letto con forza, intrappolandola sotto di sé prima di chinarsi su di lei per baciarla con urgenza. 
Abby sgranò gli occhi e si lasciò sfuggire una risata divertita mentre guardava quei due iniziare a togliersi i vestiti più in fretta possibile, mentre lei sentiva un senso di appartenenza a quel luogo. 
"Perché ridi, Abby?". 
"Perché sto vedendo.. Una donna identica a me.. ha l'aria felice". 
"Cos'altro vedi?" chiese Pamela con tono pacato e tranquillo, vedendo attraverso la sua mente ciò che anche lei vedesse, ma cercando di orientarla verso ciò che potesse esserle davvero utile. 
Abby si guardò attorno e si morse il labbro, indugiando con lo sguardo su quell'uomo, che iniziò a ridere a crepapelle divertendosi a punzecchiare la ragazza mentre ancora cercava di toglierle i vestiti. 
"Facciamo piano, se mio padre ci sente ti ucciderà". 
"Oh davvero, piccola? Allora dobbiamo fare qualcosa per questo, no? Per stare insieme per sempre senza che nessuno si possa mettere fra noi due".
Abby strizzò gli occhi mentre un gran mal di testa le fece pulsare le tempie, ed iniziò a muoversi con difficoltà dentro quel ricordo; sentí freddo alle ossa e la luce del sole lasciò il posto a quella della luna, che filtrò dalle finestre aperte. 
La scena davanti ai suoi occhi cambiò e vide se stessa con un vestito bianco molto largo, entrare nella stanza in cui si trovasse prima con il soldato con le mani ed il vestito imbrattato di sangue fresco mentre qualche schizzo le sporcava la faccia ed i capelli. "Ma che succede?". 
"Che succede?" ripeté Pamela facendo eco alla sua voce, carezzandole il braccio per tranquillizzarla. 
"Non lo so: ho le mani sporche di sangue. Credo di.. aver ucciso qualcuno". 
Le immagini presero a scorrere davanti agli occhi di Abby, immagini violente di sangue e di orrore, mentre vedeva la ragazza identica a lei massacrare i membri della sua famiglia uno dopo l'altro senza neanche un po di pietà. "Io ho ucc-.. lei ha ucciso.. Credo che abbia ucciso.. la sua famiglia!".
"Perché l'hai fatto?".
Abby si portò le mani alla testa, mentre altre immagini corsero nella sua mente, e sentí delle lacrime bagnarle il viso mentre si agitava e l'odore tipico della ruggine e del sangue le si infilava nelle narici.
"Stai con me per sempre". Di nuovo, la voce di quell'uomo si insinuò nella sua mente come se qualcuno avesse graffiato una lavagna cone unghie, facendole male. 
"Noi staremo insieme per sempre, amore mio". Abby sentí la sua stessa voce pronunciare quelle parole e finalmente vide la ragazza identica a se ancora stesa sul letto con quell'uomo come aveva visto poco prima, ma i suoi vestiti e le sue mani ancora non erano stati sporcato dal sangue. 
"Intendo insieme nella vita oltre la morte. Uniti io e te come una cosa sola". 
"E come posso fare?". 
Una fitta alla testa la costrinse a stringere gli occhi mentre lo scenario davanti a lei si ritirò come se qualcuno avesse spento la luce, ed Abby si rannicchiò su se stessa mentre l'assurda convinzione di aver fatto del male alla sua famiglia le fece sfuggire copiose lacrime. "Pamela, è stato lui. Lui voleva che uccidesse i miei genitori! C'era tanto sangue, ma lei sorrideva. Non provava.. rimorso". 
"Pamela, non sta funzionando. Falla uscire da questo limbo dove l'hai rinchiusa!!". 
Abby sentí la voce arrabbiata di Dean e smise di piangere, sentí la sua preoccupazione ed il suo dolore, e deglutí a fatica, tornando a cercare il suo equilibrio e cercando di respirare lentamente. Avvertì come delle scosse di terremoto dentro di lei e fu troppo impegnata a cercare di mantenere il suo equilibrio per prestare attenzione alle voci che provenissero dall'esterno
Sentí un assordante silenzio ed una luce illuminare l'ambiente scuro attorno a sé, ritrovandosi nuovamente sulla soglia della porta della stanza della ragazza identica a sé, mentre la scena dei due ragazzi a letto con ancora i vestiti puliti e senza alcuna traccia di sangue continuò senza controllo. 
"Devi marchiare la tua anima, è l'unico modo per stare insieme anche dopo. Perché tu vuoi stare insieme a me dopo la morte, giusto amore?". 
"Non c'è niente che io voglia di più. Ho detto a mio padre che non sposerò mai l'uomo che lui vuole per me, perché amo te". 
Abby vide la ragazza identica a lei muoversi sul letto e mettersi a cavalcioni sul soldato, sorridendo e chinandosi a baciarlo teneramente. 
"Bene piccola. Ti renderò immortale, ma prima voglio che mi dimostri il tuo amore". 
La ragazza annuì e sorrise, afferrando le braccia possenti dell'uomo sotto di lei ed osservando il suo corpo marmoreo da soldato, e la sua espressione vittoriosa. "Mostrami la tua vera forma prima". 
Abby fece un passo avanti per poter osservare meglio quel ricordo, avvicinandosi ai due ragazzi avvinghiati a letto e rimase sconvolta quando vide gli occhi del ragazzo tingersi di un rosso sangue scintillante, ritraendosi ed urlando per la paura. 
"Dimmi cosa vedi, Abby..". 
Abby non trovò parole per spiegare il fatto che la ragazza identica a lei stesse sorridendo e baciando con avidità quel soldato che le avesse appena mostrato la sua vera natura demoniaca. "I suoi occhi brillano di rosso, ma lei non è spaventata. Credo che lo ami".
Una fitta fortissima alla testa la costrinse ad accortocciarsi nuovamente su se stessa, mentre il dolore ed il senso di colpa si fecero strada dentro di lei ed il mondo attorno a sé tornò a diventare buio e scuro, muovendosi velocemente in un vortice di ricordi che non riusciva più a controllare. 
"Dove sei? Che stai facendo?". 
La voce di Pamela la guidò attraverso la sua mente, spingendola ad alzarsi e a muoversi nuovamente verso un'altra luce, questa volta meno luminosa e più densa. La seguì senza esitare e si ritrovò in uno spazio aperto, molto simile ad un campo di battaglia con molti cadaveri di angeli a terra senza vita, e si fermò ad osservare le bruciature delle ali che gli angeli morti avessero lasciato sul terreno prima di essere tragitti. 
Poi la vide, se stessa con un abito elegante ed i capelli lunghi e mossi fino alla schiena che stava a fianco dello stesso soldato di prima, tenendogli la mano stretta. 
"Syria sei ancora in tempo: lascia il fianco di Lucifer e vieni ad unirti alla mia armata Celeste, posso salvarti da lui". 
Abby osservò l'uomo dagli occhi azzurri luccicanti che indossasse la stessa armatura dell'uomo che le stesse accanto, che aveva identificato come Lucifer, e rimase sorpresa quando aveva visto negli occhi della ragazza identica a lei della titubanza. Forse il suo amore per il primo demone non era così forte come pensasse. 
Ma Lucifer si mise davanti a lei con aria prepotente come a proteggerla dalle parole d'altro angelo, e lo guardò con aria arrabbiata. "Micheal, fratello, non provarci neanche. Syria mi appartiene: lei è mia, la sua anima è mia!". 
"Lucifer, gli umani non sono i tuoi giocattoli. Hai fatto troppo male all'umanità, al Creato di Nostro Padre. Lasciala andare e io avrò clemenza". 
Si agitò sulla sedia, muovendosi in maniera irrequieta ed iniziando a graffiare con le unghie lunghe poggiamano di legno della sedia all'interno della panic room, iniziando a sussurrare parole appena udibili ed una serie di no che fecero accapponare la pelle ai presenti; Dean soffocò la voglia dentro di lui di allontanare Pamela da Abby per farla risvegliare immediatamente dal luogo troppo oscuro in cui si fosse addentrato e costrinse Sam a fare lo stesso, mettendogli una mano sul petto ed impedendo che si avvicinasse alla ragazza, sforzandosi di ignorare i lamenti di Abby e le lacrime che le rigassero il viso ed il collo. 
"No, no, basta. Non voglio vederlo, non posso!". 
"Che cosa non vuoi vedere, Abby? Qual è il segreto che si cela dentro di te?".
Abby udì la voce di Pamela mentre vedeva davanti a sé la scena più atroce fra i due fratelli che litigassero e combattessero davanti alla ragazza identica a lei, che iniziò a muoversi attorno a loro, nel tentativo di separarli. 
"Ho capito, ho finalmente capito: Lucifer ha corrotto la mia anima come simbolo di avvertimento per Dio, ma io volevo redimermi e Micheal è venuto a salvarmi..". 
Abby pianse silenziosamente, lasciando trasparire il suo dolore mentre parlava e raccontava ciò che vedesse, ed iniziò a scuotere la testa mentre quelle immagini andavano avanti nella sua mente: ogni sensazione che la ragazza identica a lei stesse provando, le provava anche Abby di riflesso, dato che comunque erano la stessa anima incarnata in momenti differenti. 
"Basta Pamela, falla uscire subito!!!". 
Le urla di Dean la distrassero nuovamente, riuscendo però a calmare quel pianto inconsolabile e distaccandosi dallo stato d'animo della ragazza, ed Abby tornò a respirare con calma e tranquillità mente il suo sguardo vitreo continuò a spostarsi sul campo di battaglia.  
"Ho reso la tua anima eterna. Staremo insieme per sempre". 
Vide Lucifer stare per uccidere Michael con una particolare arma, ma la ragazza avanzò urlando di fermarsi ed attirando l'attenzione di Lucifer che si voltò a guardarla con aria incredula. "Per favore Lucifer, non uccidere Micheal! Non ucciderlo!". 
"Perché?". Lucifer si voltò a guardarla con aria irata, sgranando gli occhi e puntandole l'arma contro pronto ad usarla anche su di lei se avesse dato la risposta sbagliata. La ragazza lasciò vagare lo sguardo lacirmoso su entrambi gli arcangeli, finendo per posarlo su quello del fratello celeste, che le sorrise teneramente finalmente conscio che Syria avesse fatto la sua scelta. 
"Io so che mi ami, Lucifer. Lo so, stai facendo tutto questo per me e per far sì che le regole di tuo Padre vengano annullate, così da poter stare insieme per sempre. Ma io ero promessa a lui, prima che tu arrivassi. Io amavo lui prima che tu mi tentassi e marchiassi la mia anima come tua. Io appartengo a lui, apparterrò sempre a lui!". 
La ragazza spostò lo sguardo su Micheal in ginocchio, ancora fermo nella stessa posizione in cui suo fratello lo stesse tenendo per trafiggerlo con la lama dorata, ma prestò si alzò ed invertí le posizioni, togliendo l'arma di mano a Lucifer ed usandola contro di lui pronto per trafiggere ed uccidere suo fratello per sempre, liberando la terra dal male.
Ma Lucifer era più furbo e più arrabbiato, e fece avanzare Syria con la sua mente, costringedola a mettersi fra lui ed il fratello e godendosi lo sguardo dilaniato di Micheal quando si accorse che non aveva colpito lui, ma l'umana per cui aveva disobbedito a suo Padre ed aveva iniziato una vera e propria guerra contro il suo stesso fratello. 
Abby sgranò gli occhi e sentí il dolore farle mancare il fiato, sentendo il cuore iniziare a battere velocemente: cadde a terra sul campo di battaglia, così come cadde la ragazza identica a lei, e subito Michael si abbassò a terra, prendendola fra le braccia e osservando il sangue fuoriuscire dalla sua ferita in quantità esagerate.  "No, Syria!!!". 
"*Va tutto bene, va tutto bene Michael. Non é stata colpa tua. Non è colpa tua..*". 
"1,2,3, ritorna indietro, Abby". 
"Non posso, sto sanguinando!". 
Abby si toccò il ventre e vide il sangue fuoriuscire dalla stessa ferita che riportasse la donna stesa a pochi passi da lei fra le braccia dell'arcangelo. Pianse per il dolore, pianse per aver messo un fratello contro l'altro, pianse per averli persi entrambi. Eppure lei amava solamente uno dei due, come aveva sempre fatto. Lucifer l'aveva tentata per dimostrare al fratello più grande che sarebbe sempre stato un passo avanti a lui, e Syria era stata trafitta.
"1,2,3. Torna indietro, Abby! 1,2,3. Ti comando di tornare indietro!!". 
Come se venisse strappata dal suo stesso corpo con una forza mai sentita, Abby tornò indietro ripercorrendo tutto ciò che avesse visto fino ad ora a ritroso e con fin troppa velocità; si sentí dilaniata e frastornata, quando fece ritorno al suo corpo con troppa forza e sbatté la schiena contro la spalliera della sedia, tenendosi forte ai poggia braccia che spaccò sotto le mani senza neanche rendersene conto. 
Sbatté le palpebre un paio di volte sentendosi tremendamente frastornata, quando tornò a percepire la realtà attorno a sé non più come qualcosa di lontano e confuso, ma di vicino e delineato. Vide Dean avvicinarsi a lei correndo e chiederle se stesse bene, ma Abby non riuscì a parlare per qualche momento, mentre delle lacrime silenziose le percorrevano il viso; il ragazzo si inginocchiò e la strinse forte a sé, ma Abby non riuscì a ricambiare quella stretta né a guardare nessuno dei presenti in viso, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare priva di sensi contro il corpo di Dean. 
 
 
Scese le gambe dalla sponda del letto e toccò il pavimento con le dita nude dei piedi, sorridendo appena nel sentire quanto fosse reale; si mosse nella stanza buia al piano di sopra della casa di Bobby e si chiese come fosse arrivata fino a lì, dato che tutto ciò che ricordasse fosse sfocato e lontano, ma sorrise quando si vide addosso una maglietta di Dean e riconobbe il suo odore. Probabilmente l'aveva messa a letto per farla riposare e le aveva dato i suoi vestiti per stare più comoda. 
Si infilò un paio di jeans ed una felpa sopra la maglia nera fin troppo lunga che le arrivasse fin sotto il sedere, ed aprí la porta lentamente per non fare troppo rumore dato che fossero le 4 di mattina ed in casa regnasse il silenzio. 
Aveva voglia di bere qualcosa data la bocca asciutta che sentisse e si diresse in cucina lentamente, dove assaltò il frigo e mandò giù almeno mezzo litro di acqua, bevendo direttamente dalla bottiglia. 
Aveva così tanta voglia di respirare aria fresca e pulita e si diresse velocemente verso la porta d'uscita, ritrovandosi nel buio della veranda mentre fra le labbra stringeva una sigaretta appena accesa ai fornelli della cucina; si mosse lentamente fino ad arrivare al pilastro principale della veranda buia ed appoggiò la testa contro di esso, serrando le braccia al petto e rabbrividendo dal freddo. 
"Come ti senti?".
Abby sobbalzò e si voltò verso le poche sedie che Bobby tenesse lì fuori e sgranò gli occhi quando riconobbe la sagoma di Dean, che le sorrise nel vedere la sua reazione. La ragazza avanzò verso di lui sedendosi sulla sedia adiacente in silenzio ed accennò un sorriso imbarazzato, mentre lo osservò bere qualche sorso dell'ennesima birra che avesse tracannato quella notte. Gli sfiorò il viso con delicatezza e sorrise quando vide come Dean si fosse appoggiato su di essa, notando dalla sua espressione seria e preoccupata quanto fosse stanco e avesse bisogno di dormire almeno un paio di ore per potersi riprendere del tutto. 
"Ho dato il via alla faida più antica fra due fratelli arcangeli, quindi non bene.." sussurrò Abby facendo spallucce e sospirando, per poi prendere un tiro della sua sigaretta e sputare fuori tutto il fumo, ed iniziò a pensare ad alta voce con disappunto. "Forse la mia nuova incarcanazione non ha imparato niente da quella precedente".
Dean sospirò rumorosamente, sfiorandole la schiena con la mano sinistra e la ragazza si voltò ad osservarlo nuovamente con aria triste: gli sembrò così fragile e delicata in quel momento, come se bastasse poco per spezzarla e come se sarebbe potuto accadere da un momento all'altro. "Dovresti riposare ancora un po".
Abby scosse la testa e sospirò, guardando dritto davanti a sé il cielo stellato, mentre gli occhi le divennero lucidi. "Mi sento così triste per quello che ho fatto allora". 
Dean aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria seria e perentoria, afferrando il bracciolo della sua sedia con una mano e spostandola con forza nella sua direzione per fare in modo che la guardasse, strisciando i piedi della sedia a terra. "Ehi, tu non hai fatto niente. Non eri tu!". 
"Ora so che non potrò essere uccisa da nulla di soprannaturale, perché Syria non poteva morire così, perché Lucifer l'ha resa così. Tu non l'hai visto, Dean. Era sempre la mia anima nel mio stesso corpo, un migliaio di anni fa, ed ero io. Ho provato ciò che provava Syria, ho provato amore verso Micheal e ho sentito il dolore per averlo tradito.." sussurrò Abby abbassando il viso, incapace di sostenere il suo sguardo nonostante Dean avesse già capito che lei stesse provando quei sentimenti da molto prima che Pamela la ipnotizzasse. "E ho provato il dolore dei genitori di Syria quando li ha uccisi per seguire Lucifer, così come ho sentito la lama che l'attraversava, la carne che si lacerava e io..". 
"Ok, basta così! Non puoi farti questo.." sussurrò Dean sospirando rumorosamente e sporgendosi nella sua direzione per afferrarla dai fianchi e farla avvicinare di più a lui. Le afferrò il viso fra le mani e la guardò con un grosso sorriso. "Io so che tipo di persona sei in questa vita, Abby: sei buona e sei pura, sei testarda, e sei tante altre cose, ma so per certo che preferiresti morire che fare male alla tua famiglia, non è vero?". 
"No Dean, per favore non farlo. Io me lo merito, ho fatto delle cose orribili e..". 
Il ragazzo annullò la distanza fra i loro visi con un bacio a fior labbra molto tenero, che sapeva gli sarebbe costato tanto da dimenticare. Durò pochi secondi, ma Dean non lasciò la presa sul so viso tanto presto, percependo il fiato corto di Abby.
Le mancò il respiro e deglutí a fatica, allontanandosi appena e smettendo di piangere mentre incrociava il suo sguardo: non la guardava com'era abituato a fare prima di finire all'inferno, ma il suo guardo sembrava meno severo e più sereno. Le sfiorò il mento con le dita, accennando un piccolo sorriso mentre si sentiva più sereno. "Non faccio in tempo ad arrabbiarmi con te che devo tornare a preoccuparmi che ti possa accadere qualcosa, eh?". 
Ma Abby non lo ascoltò, rimanendo basita da quella situazione: si trovava nuovamente fra le braccia di Dean che l'avesse appena baciata ed il suo cuore per un attimo aveva dimenticato il motivo per cui stesse piangendo. "E questo per cos'era?". 
Dean sorrise e le carezzò il viso teneramente, avvicinandola a sé e facendole appoggiare la testa sul suo petto. "Perché è stata davvero una giornata folle e avevo bisogno di saperti vicina". 
Abby sorrise schiacciata contro il suo petto, mentre la sua mano destra le carezzava i capelli con delicatezza e sorrise per la prima volta in quella giornata, iniziando a giocherellare con il bracciale di cuoio che gli avesse regalato per Natale, ricalcando con le dita la scritta pressata a fuoco Always with you. "Lo sarò sempre, Dean". 

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Capitolo 20
*** Capitolo 18. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 18.
(I PARTE)


Il fuoco ardeva tutto attorno al corpo di Pamela posto su un'alta pila di legno, che aveva vissuto una vita piena e al servizio di chi più avesse bisogno, aiutando con estremo coraggio e con una forte determinazione tutti coloro che fossero in difficoltà senza mai tirarsi indietro.
Ed anche gli ultimi istanti della sua vita, li aveva passati proprio aiutando i due giovani Winchester ad attraversare il mondo invisibile dei morti separando i loro spiriti dal corpo per permettere loro di capire cosa stesse succedendo ancora una volta nel Wyoming, dove le persone avevano smesso misteriosamente di morire. 
Un altro dei 66 sigilli era stato spezzato, quando un demone di nome Alastair era riuscito ad uccidere un mietitore proprio sotto gli occhi impotenti dei due ragazzi; era stato Castiel a salvarli da un imminente morte per mano proprio del demone, che però Dean conoscesse bene. 
I due fratelli una volta tornati nel proprio corpo avevano trovato Pamela in procinto della morte dopo che un demone l'avesse attaccata mentre entrambi erano incoscienti, ma non riuscirono a fare proprio nulla per aiutarla a sopravvivere. 
Negli ultimi istanti della vita di Pamela, Sam e Dean le stettero accanto stringendole una mano, coscienti che quello fosse il massimo che potessero fare per ringraziarla.
Decisero di avvertire Bobby, ci avrebbe pensato lui a diffondere la notizia della morte della sensitiva, e decisero di prendersi almeno un giorno di pausa da tutto ciò che fosse accaduto per rimettere in ordine le idee e decidere quale sarebbe stata la loro prossima mossa per fermare i demoni e Lilith che volessero spezzare i sigilli. 
Ma Castiel non era delle loro stessa idea, tant'è che portò via Dean per aiutarlo a torcere delle informazioni ad Alastair mentre Sam chiamò Abby per avere dei rinforzi, che però fu poco felice di osservare Ruby sgattaiolare fuori dalla stanza del motel del ragazzo, chiedendosi cosa fosse venuta a fare anche lei lì. 
Sam ed Abby capirono immediatamente dove gli angeli tenessero Dean, e senza troppe presentazioni entrarono all'interno del magazzino, e la ragazza si lanciò subito in direzione di Dean, svenuto a terra in una pozza di sangue, mentre Sam si diresse verso Alastair iniziando a torturarlo con la mente. 
Abby si mise in ginocchio a terra e sollevò la testa del ragazzo per fargliela appoggiare sulle sue cosce, tenendolo sollevato ed iniziando a colpirgli piano il viso per farlo riprendere, intimandogli di scegliersi e che non l'avrebbe mai perdonato se l'avesse lasciata sola a gestire tutto quel casino, e Dean aprí immediatamente gli occhi e allungò una mano per intercettare quella di Abby, sentendosi però fin troppo dolorante. Insieme videro ciò che Sam stesse facendo al demone, al modo in cui lo stesse torturando con la mente fino a fargli sputare fuori la verità, per poi ucciderlo sotto gli occhi sconvolti dei presenti. 
La corsa in ospedale fu folle e frenetica ed Abby si sedette subito sui sedili posteriori dell'Impala mentre Sam aiutava Dean ad adagiarsi su di lei, che lo tenne più dritto possibile temendo un forte trauma cranico. 
Ai due ragazzi sembrò di dover aspettare un'eternità quando i dottori portarono Dean su una barella all'interno del pronto soccorso e Sam ed Abby iniziarono a spazientirsi perché nessuno si era degnato ad uscire per informarli delle condizioni del ragazzo. 
Abby iniziò a muoversi nervosamente e calciare arrabbiata tutto ciò che trovasse per terra, dalle lattine abbandonate ai mozzoni di sigaretta trasportati dal vento di quelle sera molto fresca, fino ai piccoli sassolini, mentre ogni calcio era scandito da una grande imprecazione molto colorata nei confronti di chi stesse lì sopra appollaiato fra le nuvole, dato che se Dean si trovasse in ospedale a rischiare la vita era solamente colpa degli angeli che lo avessero trascinato in una trappola mortale con un demone di quel calibro.
Due braccia le strinsero la vita e la trattennero dal muoversi ancora in maniera nervosa ed Abby sentí il volto di Sam chinarsi fino a poggiarsi sulla sua spalla, stiengendola forte e cercando di calmarla il più possibile. Ma Abby si dimenò dicendo che fosse colpa sua e che avrebbe dovuto essere lì con loro invece di lasciarli e scappare a casa sua in una sorta di ritiro spirituale per ritrovare l'equilibrio dopo ciò che avesse scoperto durante la seduta di ipnosi con Pamela.
"Shh, shh, calmati. Andrà tutto bene, Abby.." sussurrò Sam sospirando rumorosamente e stringendolaa in un abbraccio sincero. 
Ma Abby continuò a scuotere la testa e si voltò verso di lui, guardandolo con gli occhi pieni di lacrime. "No, no, sarei dovuta essere qui con voi, non me ne sarei dovuta andare e..". 
Non riuscì a smettere di piangere, tanto che il pianto interruppe le sue parole e Abby si lasciò andare contro il suo pianto, terrorizzata all'idea di perdere di nuovo Dean. 
Dopo qualche minuto, in cui la ragazza sfogò i suoi sentimenti di frustrazione e disperazione, sollevò lo sguardo verso il ragazzo e sospirò, asciugando il proprio volto ed osservando Sam negli occhi. 
Si ritrovarono troppo vicini ed entrambi fecero un passo indietro, allontanandosi istintivamente perché avevano capito la lezione fin troppo bene.
Abby deglutí a fatica e si sedette sul muretto esterno al pronto soccorso, continuando a guardarlo con aria preoccupata. "Senti Sam, non abbiamo mai parlato di quello che è successo fra noi". 
"E vuoi farlo proprio adesso?" chiese il ragazzo aggrottando le sopracciglia, pensando che fosse fin troppo sconvolta per poter affrontare una conversazione del genere. 
Abby divenne più seria e triste e fece spallucce, mentre il suo tono di voce si abbassò di molto. "Hai di meglio da fare mentre aspettiamo? Vuoi davvero stare qui, impotente tanto quanto me, a pensare che tuo fratello potrebbe non farcela questa volta?". 
Sam sospirò rumorosamente e vide nel suo sguardo neanche un po di titubanza, e si sedette accanto a lei stendendo le gambe e serrando le braccia al petto. "Ok Abby. Mio fratello era morto e ci sentivamo entrambi devastati: abbiamo cercato di aiutarci a vicenda in un modo sbagliato".
Abby lo guardò ed annuí seria perché concordava in pieno con ciò che avesse detto, e fu felice di sentirglielo dire. Ma poi abbassò il capo e si schiarí la gola, iniziando a torturarsi le mani. "Dean.. Lui ti ha mai chiesto come o quando.. noi..". 
"Mi aspettavo che mio fratello mi avrebbe gonfiato di botte, ma ha ignorato la situazione per molto tempo. Si è dato all'alcol, ma questo è tipico di lui. E quando ho tirato fuori l'argomento lui è impazzito e non l'avevo mai visto così.." sussurrò Sam sospirando rumorosamente e facendo spallucce con espressione seria. "Aveva tutta quella rabbia dentro, ma non dipendeva soltanto da me e te. Ci sono delle cose che Dean probabilmente non ti ha detto sul suo soggiorno all'inferno che lo tengono continuamente serio e teso, quindi dagli un po di tempo". 
Abby sospirò rumorosamente e distolse lo sguardo, riflettendo sulle parole del agazzo e ritrovandosi a pensare di non aver neanche avuto il tempo di chiedere a Dean come stesse da quando fosse tornato perché aveva solamente pensato a lanciargli la notizia bomba di ciò che avesse fatto con Sam in sua assenza per poi andare via. Scosse la testa dandosi della stupida e capí che da quel momento in poi avrebbe solamente potuto provare a rimediare. 
Tornò a guardare il ragazzone accanto a lei e gli sorrise amichevolmente. "Quindi è tutto a posto fra di noi?". 
"È tutto a posto, Abby..". 
Abby osservò il suo sorriso sincero e rivide il suo amico di ormai vecchia data, e non provò più imbarazzo quando lo strinse in un forte abbraccio. Gli voleva davvero bene, ma non poteva immaginarlo in un ruolo diverso dall'amico. Non con quello che provava per Dean. 
Sciolse l'abbraccio e tornò a guardarlo con aria più seria. "Bene Sammy, allora adesso che siamo di nuovo amici, devo dirtelo: sei un idiota! Ma che cazzo stai combinando con Ruby? Lei è un demone, ti sta manipolando: chissà qual è il suo vero losco scopo! Dovresti ucciderla". 
Lo vide scuoterea testa ed osservò il suo sguardo rassegnato come se avesse fatto discusso quell'argomento almeno un milione di volte, ma poi sospirò ed iniziò a raccontarle della sua relazione con Ruby, lasciandola completamente basita e sconvolta nel sapere che Sam si portasse a letto Ruby e che lei in cambio gli desse una mano su come trovare ed uccidere Lilith. 
Abby avrebbe avuto davvero tante cose da dire il ragazzo, come fargli notare come avesse completamente perso il senno e che scoparsi un demone non era affatto un'azione che Sam avrebbe potuto fare, ma le parole le morirono in bocca mano a mano che il ragazzo continuò a raccontare di come Ruby lo avesse salvato durante quei quattro mesi in cui Dean rimase all'inferno. 
In soccorso di Abby arrivò un'infermiera che li avvicinò per dire loro che Dean fosse stabile e sveglio e che avrebbero potuto trascorrere dei brevi momenti con lui per non stressarlo ancora di più, dato che aveva riportato delle ferite molto notevoli e aveva bisogno di riposo. 
I due le corsero dietro spazientiti e la ragazza lì condusse fino ad una stanza singola, dove osservarono una scena che probabilmente non avrebbero msi più scordato: Dean era legato a parecchi macchinari che monitorassero lo stato del cuore e i vari parametri vitali, mentre numerosi punti tenessero insieme i lembi aperti delle ferite sul volto e sulle braccia. 
Ad Abby vennero gli occhi lucidi e si sentí mancare il respiro, e spinse avanti Sam rimanendo sulla soglia, perché non voleva che Dean soffrisse di più se si fosse accorto  del suo dolore. Lo vide voltarsi verso il fratello ed accennare un sorriso stanco e dolorante, sentendosi però felice di avere il fratello al suo fianco e Sam subito gli strinse una mano; ma Dean andò alla ricerca per la stanza della seconda persona che avrebbe voluto avere lì a suo fianco, ed Abby si fece forza ed entrò avvicinandosi a lui dalla parte opposta rispetto a Sam. 
Osservò il suo viso tumefatto dai colpi che Alastair gli avesse inflitto e cercò di trattenere le lacrime e di non farle scivolare, afferrando stretta la sua mano sinistra fra le sue e sforzandogli di sorridere. "Mi hai fatto morire di paura, Dean..". 
Lo vide ridere di cuore, ma poi la sua espressione si tramutò in dolore, segno che anche un'azione banale come quella gli facesse male, ma Dean sorrise comunque mentre la guardava mentre cercava di tranquillizzarla. "Sono solo dei graffietti, ragazzina..". 
Abby sorrise ed annuí mentre gli occhi le si gonfiarono di lacrime e si trovò costretta a distogliere ll sguardo, scuotendo la testa e sentendo un forte dolore dentro di sé. 
L'infermiera tornò dopo qualche minuto, bussando delicatamente alla porta e dicendo loro che l'accesso fosse consentito solamente ad un visitatore per volta dato l'orario, e non appena Abby fece per andare lasciare la mano del ragazzo per andare via e lasciarlo solo con il fratello, Dean la trattenne istintivamente e spostò lo sguardo su Sam, che capí ed annuí con un sorriso. "Ci vediamo domani mattina, ok?". 
"Certo idiota!". 
"Puttana". 
Abby rise e si sedette sulla sedia accanto a lui e rifiutò più volte con un sorriso divertito l'invito di Dean a sdraiarsi accanto a lui nel letto per riposare un po; incrociò le gambe sulla sedia ed inclinò la schiena appoggiandosi con i gomiti sul letto, mentre con la mano destra iniziò a carezzargli i capelli per farlo rilassare un po di più. 
Dean aveva provato a riposare, ma aveva finito per voltarsi nella direzione della ragazza, trovandola con gli occhi chiusi ed il viso appoggiato al materasso mentre continuava a carezzargli la testa e a piangere silenziosamente, incapace di controllarsi. 
Le sfiorò il viso ignorando la fitta al torace che gli provocò quel movimento e sentí le lacrime sotto i polpastrelli, osservandola spalancare gli occhi con aria sorpresa. "Perché piangi?". 
"Va tutto bene, torna a riposare.." sussurrò Abby con voce rotta dal pianto silenzioso, spazzandosi via le lacrime e mettendo su un sorriso, ma sapeva di non essere mai riuscita a ingannare Dean, che sollevò un sopracciglio come a dirle Vuoi prendere in giro proprio me?, così fece spallucce e sospirò. "Se io fossi rimasta, ti avrei convinto a non andare". 
"È davvero per questo che stai piangendo?".
Il respiro lento, la voce bassa e pacata con cui parlasse, lo sguardo sofferente con cui la guardasse. Fu troppo per Abby che sentí altre lacrime scorrere lungo il suo viso e si odiò per lasciare a sé stessa il permesso di farsi vedere in quel modo da Dean proprio in un momento come quello. "Mi dispiace tanto. Ma tu eri morto, Dean. Ti avevo visto morire, ho aiutato Sam e seppellire il tuo corpo. E mi si è spezzato il cuore, perché io..". 
Abby prese il respiro e distolse lo sguardo lacrimoso, scuotendo la testa e rimanendo sorpresa di se stessa perché anche in un momento come quello non riusciva a dire quelle due paroline che avrebbero potuto appianare la situazione con Dean, nonostante quel sentimento le bruciasse nel petto indipendentemente dal fatto di stare o meno insieme a lui. Riusciva a pensare quanto lo amasse, era riuscita a dirlo a Pamela o a Sam, ma non riusciva a dirlo ad alta voce guardando Dean dritto negli occhi. 
Forse perché non l'aveva mai davvero detto, neanche a Nathan nonostante fossero stati insieme per così tanto tempo. Era sicura di avergli voluto bene, ma fino al punto di amarlo? Con Dean aveva scoperto delle sensazioni che non aveva mai sentito prima, una complicità che non pensava potesse esistere con un'altra persona, una sintonia ed una passione straordinaria, ed il dolore più profondo e straziante quando l'avesse perso. 
E probabilmente era proprio questo che ma terrorizzava e le bloccasse le parole in gola, non riuscendo ad esprimere ad alta voce ciò che sentisse per lui. 
Tornò a guardarlo, trovandolo ancora in attesa del completamento della sua frase, ma Abby non disse nulla e scosse la testa, serrando le labbra in una linea sottile ed accennando l'ombra di un sorriso mentre tornava a carezzargli la testa. "Dovresti riposare, Dean..". 
"Mmh.." sussurrò il ragazzo sospirando e portando dolorosamente il braccio destro sotto la nuca per stare più comodo e più sollevato, guardandola meglio con espressione seria; allungò la mano sinistra fino al suo collo macchiato di sangue, probabilmente il suo, e sfiorò la collana a forma di cuore che le avesse regalato qualche tempo fa. Sorrise ironicamente perché neanche lui, la sera del Natale precedente, era riuscito a dirle quanto in realtà l'amasse, ma aveva usato come paragone al suo amore proprio il cuore intriso di zarconi che Abby non avesse mai smesso di portare al collo, dicendole che la collana come il suo cuore ormai le appartenessero. Sospirò e tornò a guardarla mentre le carezzava una mano intrecciando le sue dita come quelle della ragazza, e sospirò rumorosamente tornando a guardarla negli occhi e prendendo la decisione più difficile che potesse adottare. "Non sono stati quattro mesi all'inferno: sono stati quaranta lunghissimi anni. Ho raccontato questa storia solamente a Sam, ma voglio che la conosca anche tu, ragazzina". 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 18. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 18.
(II PARTE) 
 
Si era ritrovata bloccata all'interno di una delle cripte che avesse insistito per visitare  insieme a Dean, che la guardò con l'aria da te l'avevo detto! mentre nel buio cercava un'altra via d'uscita: dopo che Dean fosse stato ridotto in fin di vita da Alastair e si fosse lasciato andare a delle confessioni piuttosto intime con la ragazza, Castiel era sbucato dal nulla e l'aveva curato completamente, scusandosi per l'inconveniente e andando via senza dare troppe risposte, annuendo semplicemente quando il ragazzo gli chiese se fosse veramente stato lui a dare il via all'apocalisse spezzando il primo sigillo all'inferno. 
I tre ragazzi si erano concentrati su diversi casi nelle ultime due settimane, decidendo di rimanere tutti e tre insieme, fin quando i due Winchester avevano ricevuto una telefonata molto particolare da un certo Adam Milligan, che si era rivelato essere il fratello più piccolo di Sam e Dean. 
Il maggiore era subito stato diffidente e molto furioso nei confronti del più piccolo, mentre Sam si era sentito quasi in dovere verso il fratellino, iniziando ad istruirlo a dovere sul nuovo mondo in cui si fosse trovato a causa della scomparsa della madre; ma Dean era piuttosto arrabbiato, tanto da lasciare i due fratelli da soli ed uscire di fretta dalla stanza per andare a cercare una soluzione, specialmente quanto Adam chiese con estrema ingenuità ai suoi fratelli chi dei due fosse quello che stesse con Abby. 
La ragazza scattò subito dietro a Dean che uscì di furioso nel tentativo di calmarsi e l'aveva seguito fino al cimitero dove probabilmente avrebbero trovato delle risposte, nonostante Abby apparisse molto titubante: e infatti aveva ragione, perché non appena entrarono la grande porta della cripta gli si chiuse alle spalle e i due cacciatori trovarono i corpi di Adam e di sua madre completamente a pezzi, apprendendo subito che si trattasse di demoni di oratori. 
Dean fece segno alla ragazza di allontanarsi un po', mentre si affrettò a rompere i vetri del lucernario e si arrampicasse fuori, tendendole una mano per aiutarla a salire. 
Il caso si svolse molto velocemente e Dean ed Abby riuscirono presto a salvare Sam dai demoni divoratori che avessero assunto l'aspetto di Adam e di sua madre solamente per attirarli in una trappola ed ucciderli; portarono in fretta Sam nel motel più vicino, dove curarono le ferite sui suoi polsi e lo fecero riposare per rimettersi al più presto, data la cospicua quantità di sangue che avesse perso mentre i due demoni cercavano di dissanguarlo per cibarsene.
Abby sospirò rumorosamente e si mosse all'interno della stanza in silenzio, guardando brevemente Dean seduto sul bordo dell'unico letto libero mentre rimontava la sua pistola dopo averla pulita per bene; il ragazzo sollevò lo sguardo verso di lei sentendosi osservato, trovandola appoggiata con la schiena al muro con braccia serrate al petto e gambe incrociate. "Che c'è? Vuoi riposare anche tu?". 
Ma Abby scosse semplicemente la testa, sospirando e facendo spallucce: avrebbe voluto parlare con lui del loro rapporto, capire se davvero avesse smesso di provare qualsiasi cosa provasse per lei o se fosse sulla lunga via del perdono, ma non disse nulla limitandosi ad osservare i suoi occhi verdi con aria piuttosto seria. 
Il telefono le vibrò in tasca e aggrottò le sopracciglia, chiedendosi chi potesse chiamare nel cuore della notte e sgranò gli occhi quando lesse il nome di sua sorella. "Silver? Stai bene?". 
Dean osservò la sua espressione preoccupata diventare via via più tranquilla, trasformarsi in dispiacere quando la vide uscire in silenzio dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle, probabilmente per non disturbare il sonno di Sam. 
Il ragazzo sospirò rumorosamente e scosse la testa, alzandosi e rimettendo la sua pistola nel borsone delle armi posto sul tavolino adiacente alla finestra, osservando la ragazza muoversi nervosamente avanti e indietro sul portico della stanza. 
Persino da lì Dean poteva vedere la sua espressione indecisa, quasi in conflitto con sé stessa per chissà quale ragione mentre discuteva con sua sorella; prese la sua giacca e la infilò sistemandosela addosso, e lanciò un'occhiata al fratello che dormiva ancora serenamente mentre russava e gemeva appena nel sonno per il dolore dei punti che lui ed Abby gli avessero dovuto mettere sui polsi. 
Uscì con un sospiro perché davvero non ne poteva più di sopportare tutta quella storia con Sam ed i suoi poteri, pensando alle grosse litigate che avesse fatto con il fratello ogni volta che si tirassero in ballo le sue particolari abilità.
Vide la ragazza seduta sul portico a gambe incrociate, lo sguardo rivolto verso il cielo stellato e la sigaretta serrata fra le sue labbra, osservando la nuvola di fumo fuoriuscire dalla sua bocca; si avvicinò storcendo il naso e sedendosi accanto a lei, che doveva averlo sentito perché non si scompose e rimase con lo sguardo alto. "La smetterai mai con questa schifezza?". 
Abby si voltò nella sua direzione per seguire il suo sguardo fino a ciò che stringesse fra le dita della mano destra, sorridendo amaramente quando lo vide poggiato sulla sua sigaretta, e fece spallucce per poi prendere un altro tiro, guardandolo con aria ironica. "E tu la smetterai mai di bere così tanto?".
Dean sollevò il sopracciglio e piegò la testa di lato, pensando che avesse ragione nonostante tutto, sollevando lo sguardo verso il cielo e fermandosi ad ammirare quanta  bellezza offrisse la natura. Poi tornò a guardarla mentre lei guardava le stelle, e sorrise dolcemente pensando che neanche la stella più luminosa avrebbe potuto competere con la ragazza che gli stesse accanto. 
Sorprendendosi del suo stesso pensiero, si schiarí la gola e divenne appena più serio, ricordandosi di essere ancora molto arrabbiato con lei e che proprio per questo non stessero più insieme. "Allora, che succede? Come mai Silver ha chiamato a quest'ora?". 
Abby sospirò rumorosamente e chiuse gli occhi, scuotendo la testa, e quando li aprì prese un lungo tiro di sigaretta, sputando fuori il fumo dal naso. "Mia nonna sta male. I miei cugini l'hanno portata a casa dall'ospedale, pensano sia questione di ore". 
"Tu hai una nonna? E dei cugini?". 
Abby lo guardò incapace di rimanere seria davanti al suo tono così sorpreso e sconvolto, facendola ridere di gusto fino a mettersi una mano sul fianco. "Quasi tutti hanno avuto almeno un cugino o una nonna, Dean". 
Ma il ragazzo scosse la testa e sollevò le sopracciglia, lasciandosi però contagiare dalla risata della ragazza e sorridendole di rimando. "Allora perché non sei a casa di tua nonna per passare gli ultimi momenti con lei?". 
"Non siamo mai state molto compatibili e non so neanche perché: non la vedo da quando ero una ragazzina.." sussurrò Abby facendo spallucce ed abbassando lo sguardo, prendendo l'ultimo tiro della sua sigaretta e lasciandola cadere sul ciglio del marciapiede. "Ero l'unica nipote che detestava con tutto il suo cuore e non so neanche cosa le ho fatto. Ma andrò a trovarla, dato che non fa altro che chiedere di me ai miei fratelli". 
Dean aggrottò le sopracciglia e la guardò negli occhi mentre si copriva le mani con le maniche della felpa per il freddo di quella sera, facendo una leggera smorfia scocciata. "Da quanto tempo lo sai, di tua nonna?". 
"Circa una settimana". 
"E non sei ancora andata a trovarla?". 
Abby lo guardò con aria accigliata, perché poco gradiva quel tono di rimprovero, e sollevò un sopracciglio guardandolo in cagnesco. "Lei mi odia". 
Ma Dean sorrise audacemente, sostenendo il suo sguardo arrabbiato e trattenendosi dal riderle in faccia, usando ciò in cui Abby credesse contro di lei. "È una povera vecchietta che sta morendo e vuole redimersi prima di morire per salvare la sua anima, non è credule negarle il suo ultimo desiderio?". 
Abby assottigliò gli occhi guardandolo in cagnesco, ma sorrise nella sua direzione e in quell'istante sentí il cuore battere fin troppo velocemente nel suo petto, sentendosi nuovamente fin troppo vulnerabile. Distolse lo sguardo in fretta e si morse il labbro, tornando a guardare le stelle nonostante sentisse lo sguardo confuso del ragazzo su di lei. "Mi dispiace tanto per Adam: deve essere stato terribile essere separati per tutti questi anni e perderlo così senza avere avuto la possibilità di conoscerlo". 
Dean si schiarí la gola leggermente e scosse la testa, abbassando il capo ad osservare le sue gambe distese lungo la strada e le sue mani strette sulle cosce: non aveva alcuna intenzione di parlare di Adam con Abby, né lo avrebbe fatto con Sam. Avrebbe chiuso quell'argomento dentro di sé per non tirarlo fuori mai più, spingendolo dentro il cesto dei rimpianti per non riesaminarlo più. 
Abby prese un lungo respiro profondo e sollevò le gambe fino ad abbracciarle forte con le braccia, appoggiando il mento alle ginocchia e continuando a guardare la notte stellata. "Comunque volevo farti sapere che dopo che sarò passata da mia nonna, andrò a casa oppure da Jo, o ovunque mi porterà la mia macchina, ma non tornerò più da voi Dean". 
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e si voltò immediatamente nella sua direzione con aria confusa, guardandola e cercando risposte nel suo sguardo, che però tenesse nascosto ai suoi occhi; Dean osservò la sua espressione seria e tesa, la mascella contratta ed il modo come di tanto in tanto strizzasse gli occhi, non accennando minimamente a puntarli verso di lui. "Cosa? Perché dovresti?". 
Abby fece una smorfia amara e scosse la testa continuando a guardare le stelle brillare e la luce della grande luna illuminare il parcheggio ed i loro visi. "Perché non ce la faccio a rimanere qui". 
"Ma il tuo posto è qui, insieme a noi!" esclamò Dean guardandola in cagnesco e afferrandola dal braccio destro per scuoterla leggermente, costringendola a voltarsi verso di lui e a guardarlo con aria seria. 
"Era il mio posto prima, Dean" rispose Abby di scatto, scuotendo la testa e facendo spallucce, per poi prendere un respiro e sospirare sonoramente. "Credo che sia arrivato il momento di separarci definitivamente". 
Il ragazzo la guardò in cagnesco, non riuscendo a fare a meno di sentirsi tradito per l'ennesima volta da Abby che tutto ad un tratto sarebbe voluta andare via ed allontanarsi per sempre, e proprio quando la vide distogliere lo sguardo per osservare nuovamente il cielo Dean la strattonò nuovamente con delicatezza e la fece voltare verso di sé. "Perché?". 
"Perché? Siamo ex che lavorano insieme e stanno a stretto contatto tutto il giorno tutti i giorni, ho bisogno dei miei spazi per potermi riprendere e superarla, Dean. E averti costantemente accanto non mi aiuta ad allontanarti da me. E poi tu sei semp-.. ". 
Dean la guardò in cagnesco ed Abby riuscì a scorgere nei suoi occhi la rabbia che ancora non l'avesse lasciato e che provasse ogni volta che ripensasse al motivo per cui si fossero lasciati, e la interruppe bruscamente. "Non è quello che voglio sapere. Perché sei andata a letto con lui? Con tutti gli uomini che ci sono sulla terra, perché proprio mio fratello?".
Abby rimane per qualche secondo interdetta, senza sapere bene cosa dire e cosa rispondere, e sospirò rumorosamente. Sapeva che qualsiasi risposta gli avrebbe fatto male, ma sapeva anche che fosse già a conoscenza della verità da quando il mutaforma avesse preso il suo posto e avesse iniziato a raccontargli tutto ciò che lei e Sam avessero fatto; sospirò rumorosamente e sostenne il suo sguardo arrabbiato. "Non era importante che fosse Sam o chiunque altro: avevo questo vuoto dentro dopo che sei morto e non riuscivo a riempirlo. Non c'era niente che potesse alleviare almeno in parte quel dolore e avevo deciso di fare un patto quando Sam mi ha salvata dal demone dell'incrocio. E credo di averlo davvero spaventato quella notte perché non riuscivo a fermarmi, mi aveva tolto la possibilità di salvarti e io non facevo altro che colpirlo, fin quando.." sussurrò Abby con un filo di voce non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo ed osservando la rabbia montare sempre di più nei suoi occhi, mentre quelli della ragazza si riempirono di lacrime che riuscì a ricacciare indietro proprio poco prima che cadessero sul suo viso. "Sono stata a letto con Sam e subito dopo mi sentivo sempre uno schifo, ma per un momento, solo per un momento, quel vuoto e quel dolore scomparivano e tu non c'eri più, dentro di me. Non faceva più male. Mi dispiace Dean, ma non saprai mai che vuol dire perdere la persona a cui tieni di più in quel modo e non trovare un modo per salvarla".
Abby rimase qualche secondo ad osservarlo negli occhi mentre la gamba destra si muoveva automaticamente per il nervosismo, fin quando fu troppo anche per lei; scosse la testa e si alzò di scatto, distogliendo lo sguardo da quello del ragazzo e non riuscendo più a trattenere le lacrime, e si diresse a grandi passi verso la sua auto, pronta a fuggire da quella situazione con Dean che stava diventando sempre più dolorosa.
Prese le chiavi dalla sua giacca e fece scattare le serrature con il telecomando elettronico; ma proprio quando aprì la portiera per entrare in macchina, lo sportello si chiuse con forza senza che lei riuscisse a capire perché, quando riconobbe la mano del ragazzo ferma sul finestrino che le impediva il passaggio: doveva averla seguita correndo, ma lei non se n'era neanche accorta, troppo concentrata nel muovere i piedi uno dopo l'altro per allontanarsi il più presto possibile da lui. 
"Come diavolo credi che mi sia sentito io quando sono tornato e ho dovuto rimpiangere di non essere rimasto all'inferno per non sentire questo dolore, eh? Non credere di essere l'unica a soffrire Abby, questo casino l'hai fatto tu! Non mi sarei mai dovuto legare a te sin dall'inizio: se potessi tornare indietro, non lo rifarei!". 
La ragazza chiuse gli occhi per un istante, sentendo il suo dolore e la sua rabbia nella sua voce, e scosse la testa asciugandosi in fretta il viso; si voltò e lo guardò negli occhi riuscendo a leggere solamente furia cieca, e a quel punto non gli importò più se Dean riuscisse a leggere il suo dolore ed il suo senso di colpa, ma aveva solamente voglia di andare via ed allontanarsi da lui per sempre. 
"Allora lasciami andare Dean, per favore. Questa storia deve finire: noi.. Io e te.. Dobbiamo ricominciare, ma separati. Lasciami andare, per favore". 
Dean respirò lentamente ed in quel momento capí che avesse tirato fin troppo quella corda nelle ultime settimane, comportandosi a tratti anche in maniera un po' infantile ogni qualvolta ricordasse ad Abby lo sbaglio che avesse commesso, nonostante lei cercasse solamente di aiutarlo. La corda si era spezzata a furia di tirare e adesso era troppo tardi.
Sospirò mentre guardava nei suoi occhi umidi e arrossati, ed annuì mentre la sua espressione tornava di nuovo normale, rimanendo sempre abbastanza arrabbiata, e fece un passo indietro per permettere alla ragazza di salire in auto e partire a retromarcia per poi immettersi sulla strada principale ; si prese qualche momento mentre la osservava sparire e confondersi con le altre luci della strada, mentre un'unica lacrima solitaria gli rigava il viso e sentiva dentro di sé la convinzione che probabilmente, sarebbe passato molto tempo prima di rivederla di nuovo. 

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Capitolo 22
*** Capitolo 19. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 19.
(I PARTE)



Camminò sul ciglio della strada tenendo stretta sua sorella che continuava a singhiozzare, mentre lei si nascondeva dietro ai suoi occhiali da sole scuri per non fare vedere il suo dolore a Silver, che si strinse più forte ad Abby con la sensazione che da un momento all'altro sarebbe caduta a terra.
Abby scambiò un'occhiata con il fratello vestito in maniera molto elegante che camminasse al suo fianco, che capì l'antifona e sorresse Silver con un braccio, permettendole di aggrapparsi più forte a lui mentre salivano i pochi scalini di casa. "Ci penso io".
Dan afferrò fra le braccia Silver, che ancora singhiozzava per il forte dolore e la portò al piano di sopra per metterla presto a letto e per concederle un po' di riposo dopo quelle estenuanti settimane, mentre Abby si recò in cucina e si versò un bicchiere di Whisky che tracannò tutto d'un colpo. 
Si lasciò andare sul divano e sospirò rumorosamente: la nonna si era dimostrata davvero una guerriera ed era rimasta attaccata alla vita per intere settimane, alternando sprazzi di lucidità a momenti di incoscienza, continuando a chiedere di Abby fino a quando la ragazza varcò la soglia della sua casa, e la donna anziana smise di chiedere di lei come se l'avesse percepita. 
Abby non avrebbe mai dimenticato il modo in cui, dopo tanti anni di lontanaza, sua nonna le fece in grosso sorriso e le chiese di abbracciarla forte e di non lasciarla sola fino all'ultimo momento; nonostante i suoi cugini storsero un po' il naso, perché l'avevano vista sempre di rado dato che Abby trascorresse poco tempo in famiglia, ma fosse sempre in viaggio con suo padre, Abby non abbandonò sua nonna e decise di lasciarsi il passato alle spalle esaudendo il suo ultimo desiderio. 
Si ritrovò a ridere insieme a lei fino alle lacrime mentre ricordavano ciò che combinassero Abby e sua sorella da bambine, per poi ricordare degli aneddoti legati a suo padre ed insieme piansero la sua scomparsa; un po' Abby la invidiò, perché sapeva che sua nonna sarebbe stata la prima a poter rivedere suo padre in Paradiso e proprio prima di vederla spirare via, aveva sussurrato all'orecchio di sua nonna che le volesse bene e che potesse andare adesso. 
Tornò al presente quando sentí il fratello scendere le scale con passi pesanti e lo vide togliersi la giacca ed allentare il nodo della cravatta, per poi gettare entrambi sulla poltrona, ed atterrare con un sonoro tonfo sul divano accanto ad Abby, facendolo tremare. 
"Sei un bisonte.." sussurrò la sorella sbuffando scocciata, sollevando i piedi sul tavolino di vetro e scuotendo la testa. 
Dan sorrise per la prima votla in quella giornata così triste di funerale e si lasciò scivolare sul divano, poggiando la testa sulle gambe della sorella e fissando lo sguardo su di lei con aria concentrata. "Come stai, piccolo disastro?". 
Abby sorrise riconoscendo il nomignolo che Dan le avesse riservato sin da quando fossero entrambi dei bambini, e gli carezzò i capelli con delicatezza. "Bene, considerando il fatto che abbiamo appena seppellito la nonna". 
"Almeno ha smesso di soffrire.." sussurrò Dan facendo spallucce e sospirando, guardando gli occhi azzurri di sua sorella così seri e tristi. 
Abby non rispose ma si limitò ad annuire, pensando di avere davvero sprecato tutti quegli anni trascorsi lontani da sua nonna semplicemente perché pensava che la odiasse; quelle tre settimane invece le fecero capire che fosse tutto l'opposto e che lei, cacciatrice in pensione, avesse sempre cercato di proteggerla come aveva fatto suo padre. 
La differenza stava nel fatto che la nonna fosse più dura e cercasse di tenerla in riga con gli ordini perentori e con le imposizioni, mentre suo padre aveva sempre cercato di essere più gentile ed affettuoso possibile per mostrarle la strada dell'amore. 
"Non hai ancora aperto il libro che ti ha dato la nonna?". 
Abby scosse la testa e fece scivolare lo sguardo fino al libro di pelle nero posto sul tavolino proprio accanto ai suoi piedi, che la nonna le avesse chiesto di tenere e conservare gelosamente perché era tutto ciò che lei e suo figlio Jack sapessero su Syria e sugli arcangeli, ma la ragazza non aveva nessuna intenzione di leggere ciò che ci fosse scritto. Almeno non in quel momento così delicato. 
"E dell'idiota e suo fratello non hai avuto più notizie?". 
Abby lo guardò per un istante con aria arrabbiata perché gli aveva detto che Sam e Dean fossero degli argomenti off limits e che non avesse alcuna intenzione di raccontargli ciò che fosse accaduto fra di loro che li avesse portati a separarsi, ma poi fece spallucce e sospirò profondamente. "Sam mi ha chiamata ieri sera e ho trovato un messaggio in segreteria stamattina presto, ma non ho ancora ascoltato".
Dan sollevò un sopracciglio e stirò meglio le gambe su quel divano, osservando il suo tentativo di nascondere la tristezza. "Perché? Credevo che tu e quei ragazzi viveste in simbiosi ormai". 
Anche troppo si ritrovò a pensare Abby, facendo una smorfia e concentrandosi sui capelli piuttosto lunghi del fratello, insinuandovi le mani e sorridendo amaramente. "Si Dan, ma io e Dean abbiamo deciso di dover passare del tempo ognuno per conto proprio perché..". 
Non andavamo più d'accordo? Litigavamo spesso? Volevamo cose differenti? 
Abby non riuscí a trovare la scusa perfetta per rispondere a suo fratello, perché nulla di ciò a cui avesse pensato corrispondeva al vero: lei e Dean non avevano mai litigato, non seriamente almeno, ed entrambi volevano le stesse cose ed a tratti pensavano anche alla stessa maniera, e niente li avrebbe portati a separarsi. La ragazza sbuffò e fece spallucce, scuotendo la testa mentre prendeva un lungo respiro e si faceva coraggio per parlare tutto d'un fiato. "Sono andata a letto con Sam mentre Dean era all'inferno, ok? Non siamo stati insieme perché ci siamo innamorati o roba simile, ma solamente per distrarci dal dolore di avere perso Dean. Adesso lo sai e puoi giudicarmi anche tu e dirmi che sono una brutta persona, avanti!". 
Dan sollevò immediatamente un sopracciglio e sgranò gli occhi, pensando che avrebbe dovuto spaccare la faccia anche a Sam oltre che a Dean; si tirò a sedere subito, osservando la sorella serrare le braccia al petto mentre guardava fisso fuori dalla finestra del salotto pur di non guardarlo negli occhi, e sospirò sfiorandole un braccio con delicatezza e addolcendo il suo sorriso. "Ehi piccola peste, guardami". 
Abby fece segno di no con la testa e Dan osservò i suoi occhi riempirsi di uno strato lacrimoso e denso che da un momento all'altro sarebbe potuto cadere, e si sedette accanto a lei in maniera composta, appoggiando poi i piedi al tavolino come lei e serrando le braccia al petto nel suo stesso modo. "Ti ha cacciata Dean?". 
Abby scosse nuovamente la testa e sentí le lacrime rigarle il viso ed in un attimo le spazzò via per non farle vedere, ma nonostante la voce spezzata dal pianto che la tradí il fratello non si voltò a guardarla. "No, Dean.. Lui faceva finta che tutto andasse bene, anche se non parlava tanto con suo fratello e non mi guardava quasi più in faccia. Ha ignorato la cosa, per difendersi credo. Ma quando gli ho detto che andavo via, lui mi ha detto delle cose orribili.. E io sono scappata via.. Non ho neanche salutato Sam. E io non voglio rispondere alle sue chiamate perché sicuramente avranno bisogno di aiuto e perché.. ". 
"Perché vorrebbe dire rivedere Dean.." sussurrò Dan sospirando e completando la frase della sorella, che sentí respirare lentamente nel tentativo di scacciare via il dolore. Le circondò le spalle con un braccio e l'avvicinò forte a sé, baciandole la tempia. "Sorellina, io non so niente dell'amore ma ho visto il modo in cui vi guardavate tu e quell'idiota, e non ti avrei mai lasciata andare con loro se non fossi stato sicuro che Dean ti amasse". 
Abby scosse la testa e si rannicchiò sul petto del fratello, aggrappandosi alla sua camicia con forza. "È cambiato da quando è tornato dall'inferno, quel posto l'ha reso più duro e meno incline al perdono di quanto già fosse. Gli ho chiesto scusa in tutti i modi e gli ho detto che se tornassi indietro non lo rifarei, gli ho confessato tutto prima che lui potesse capire qualcosa, ma quando me ne sono andata tre settimane fa, lui mi ha urlato contro che si era pentito di essere stato con me e che era tutta colpa mia".
Dan strinse la mascella sentendo la sorellina piangere e tremare sul suo petto, mentre la voce le si interrompeva per i singhiozzi, e la strinse più forte a sé per farla sfogare con tranquillità, baciandole di tanto in tanto la testa. "Sai piccola, penso che non ci si arrabbi così a meno che non ci sia dell'odio dietro, che deriva all'amore. Quindi perché non fai un favore a te stessa e lo vai a cercare?". 
Abby si sollevò a guardarlo con aria scioccata e Dan ne fu sorpreso a tal punto che sgranò gli occhi perché la sorella non si era mai lasciata vedere così fragile e vulnerabile da lui, e il ragazzo osservò il suo viso arrossato dal pianto ed le lacrime rigarle anche il collo fino ad inzuppare la maglietta. "Ma mi ascolti, Dan? Non vuole vedermi, non vuole saperne più niente di me!". 
"Sono abbastanza sicuro che sia l'opposto, invece" rispose Dan con aria sicura di sé, sollevando un sopracciglio e facendo spallucce. "Credo che sia ancora arrabbiato e ferito, ma solamente perché ti ama tanto". 
Abby non ebbe il tempo di ribattere e di dirgli quanto poco lo conoscesse e di come non avesse capito nulla della situazione, quando il suo cellulare squillò forte nella sua tasca, e la ragazza lo estrasse con rabbia perché chiunque fosse aveva interrotto quel momento così intimo con il fratello. Poi lesse il nome di chi la stesse chiamando e scambiò un'occhiata con Dan, che annuí e le fece un sorriso sicuro di ciò di cui fosse convinto, incoraggiandola a rispondere. 
Abby fece un lungo respiro ed annuí, pigiando sullo schermo verde e portandosi il telefono all'orecchio con aria titubante. "Bobby?". 
 
 
 
 
Bussò in fretta alla porta dell'uomo con il cuore che ancora batteva forte nel petto ed iniziò a tremare quando la brezza della sera le attraversò le ossa, facendola rabbrividire dal freddo, oppure era il nervosismo dopo le parole che Bobby avesse usato quando l'aveva chiamata al telefono quella stessa mattina. 
È un disastro aveva detto. Sam beve sangue demoniaco e l'abbiamo dovuto rinchiudere. 
Abby non aveva ben capito cosa volessero significare quelle parole, ma aveva subito preparato un borsone in fretta e furia ed aveva premuto il piede sull'acceleratore per raggiungere più in fretta casa di Bobby. 
Quando la porta di legno si aprì, il suo volto si rilassò in un piccolo sorriso quando vide Bobby accoglierla, che però scemò immediatamente la sua espressione seria e tesa con cui la stesse guardando. "Grazie per essere venuta, tesoro".
"Ma che succede? Non ho capito nulla al telefono e..".
Bobby le fece un sorriso amaro e le fece segno di entrare, sospirando rumorosamente; Abby lo seguí in silenzio fino allo studio, dove lo vide prendere due bicchieri puliti e riempirli con una grande quantità di Scotch, porgendone uno alla ragazza e tracannando il contenuto del suo bicchiere in pochi secondi. 
"Dean ha scoperto Sam a bere del sangue demoniaco, così abbiamo finalmente capito come i suoi poteri si fossero così tanto amplificati e perché trascorresse tutto quel tempo con Ruby". 
"Ruby!" esclamò Abby senza neanche dare il tempo di finire la frase al cacciatore, stringendo i pugni e guardandolo con aria furiosa, tornando a provare odio nei confronti di quel demone soltanto pensando il suo nome. 
Iniziò a pensare al modo in cui l'avrebbe uccisa e a come l'avrebbe torturata prima, pregustando il piacere di finirla con le sue stesse mani, pezzo dopo pezzo, ed iniziò a pensare al modo in cui l'avrebbe rintracciata e poi incastrata in una trappola per demoni, per poi farle supplicare la morte. 
"Abby!". 
La ragazza si voltò di colpo e vide Dean sbucare dalla cima delle scale che portassero allo scantinato e alla panic room, e sentí nella sua voce quasi una forma di sollievo nell'averla di nuovo con lui; Abby osservò il suo viso così pallido e scavato dalle occhiaie e dalla preoccupazione per il fratello, ed il cuore le si strinse quando lo vide accennare un piccolo sorriso nella sua direzione. 
La ragazza sorrise e senza dire una parola si avvicinò a Dean con poche falcate, sollevandosi sulle punte e avvolgendogli le braccia attorno al collo per stringerlo forte a sé nel tentativo di rassicurarlo. Dean non doveva aspettarsi quel tipo di reazione nel vederlo, dato il modo in cui si fossero lasciati quasi un mese prima, infatti rimase per un primo momento immobile con le braccia stese lungo i fianchi. Subito dopo si chinò su di lei e l'avvolse in un abbraccio stretto, sollevandola da terra per non stare curvo con la schiena ed affondando il viso nei suoi capelli sciolti che le ricadessero sulla spalla, dopo aver lanciato uno sguardo di ringraziamento a Bobby che probabilmente l'avesse chiamata per tirargli un po' su il morale. 
 
 
 
"Sta male, io e Bobby abbiamo dovuto legarlo per evitare che si facesse del male da solo". 
Abby sentí il dolore nella voce del ragazzo seduto accanto a sé sul divano, con la testa e lo sguardo chini a giocherellare nervosamente con la bottiglia di birra mezza vuota che tenesse fra le mani; la ragazza era seduta con il fianco appoggiato sulla spalliera del divano, mentre il resto del corpo era rivolto nella sua direzione e tenesse le braccia strette attorno alle sue gambe, tirate su per raggomitolarsi meglio su se stessa mentre lo guardava con aria sofferente. 
Non aveva idea di ciò che fosse successo in sua assenza e sapeva che la vita che conducessero non avesse mai portato a nulla di buono, ma non pensava che si sarebbe arrivati fino a quel punto. 
Vedere Dean così triste le spezzò il cuore fino all'inverosimile, e non si stupì quando istintivamente allungò una mano per intrappolare una delle sue e lo guardò con un sorriso triste. "Mi dispiace di non esserci stata, Dean".
Il ragazzo sollevò lo sguardo fino al suo e pensò di non essere mai stato così felice come un quel momento di averla al suo fianco, e strinse la presa sulla sua mano accennando un debole sorriso. "Sono felice che tu ci sia adesso". 
Abby sorrise per quel gesto e lasciò scivolare le gambe sul pavimento, avvicinandosi e poggiando la testa sulla sua spalla, stringendosi più forte a lui. "Quand'è l'ultima volta che tu e Bobby avete mangiato? Intendo un pasto vero e non precotto". 
Dean sorrise appena e scosse la testa, non riuscendo a ricordare l'ultima volta che avesse messo qualcosa di commestibile sotto i denti, e fece spallucce anche perché in quel momento nulla aveva più senso dato che il suo fratellino era chiuso da più di due giorni dentro ad una stanza con le pareti di ferro e ci sarebbe rimasto fino a quando non si fosse completamente disintossicato. 
Abby si alzò sorridendo e si diresse in cucina con aria un po più tranquilla, iniziando ad aprire ogni singolo armadietto alla ricerca di qualche ingrediente che avrebbe potuto usare per cucinare qualcosa di buono e caldo per Dean e Bobby, riuscendo però a trovare sugli scaffali polverosi soltanto roba scaduta da mesi. 
Decise che avrebbe trovato un modo per far funzionare tutta quella roba insieme per ottenere un sapore almeno decente ed iniziò a tirare fuori delle pentole e delle padelle, decidendo di consultare il frigo nella speranza di trovare qualcos'altro, ma rimase delusa quando lo trovò pieno solamente di birre fredde e carne malamente incartata.
Scosse la testa e decise che una volta che la situazione si sarebbe normalizzata, avrebbe fatto una grande spesa e dato una sistemata a quella cucina.
Accese uno dei fuochi dei fornelli e vi piazzò sopra una padella con un grosso tocco di burro, optando di cucinare la carne presente nel frigo in modo da dare sostegno ai due cacciatori, ma uno strano scricchioliò giunse da dietro la porta d'uscita della cucina. 
Aggrottò le sopracciglia e si voltò in direzione di Dean per chiedergli di controllare, ma lo vide appena appisolato sul divano e non ebbe il coraggio di svegliarlo; si diresse quindi verso la porta, aprendola ed uscendo in silenzio nel buio della sera mentre si guardava attorno, avendo la sensazione di essere osservata e di non essere sola. 
Fece un altro passo avanti, osservando le file di auto da rimettere a nuovo o da usare come pezzi di ricambio di Bobby quando percepí uno spostamento d'aria dietro di sé: sferrò un forte pugno alla figura che avesse avvertito dietro di lei, ma il suo polso venne bloccato con forza ed Abby sgranò gli occhi quando vide Sam col viso pallido e gli occhi sgranati guardarla con un'espressione arrabbiata e del tutto fuori di sé. 
"Sam, che cosa vuoi fare?". 
Il ragazzo non rispose e si avventò contro di lei, bloccandola contro il suo petto e tappandole la bocca per impedirle di urlare e di dare l'allarme, stringendola forte dal collo fino a farle perdere i sensi, in modo tale che Sam riuscisse a caricarela addosso e portarla via nel silenzio della sera. 
 

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Capitolo 23
*** Capitolo 19. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 19.
(II PARTE)



Quando aprí gli occhi, ciò che provò immediatamente fu il terribile senso di familiarità verso il luogo in cui si trovasse: Abby era sdraiata sul divano di casa sua, ma provava un forte dolore alla testa ed al collo che la fece gemere quando si tirò a sedere; non ricordava di essere tornata a casa sua, ma di essere ai fornelli a casa di Bobby quando un rumore l'aveva attirata fuori e aveva trovato qualcuno ad attenderla. 
"Sam!!". 
La sua voce era arrabbiata e piena di astio e si voltò a guardare il salotto vuoto di casa sua, iniziando immediatamente a preoccuparsi per l'incolumità dei suoi fratelli che iniziò a chiamare a gran voce. 
Si mosse lentamente all'interno del suo salotto tenendosi alla spalliera del divano e poi ai tramezzi per via del forte dolore alla tempia e giunse fino allo studio di suo padre, dove vide Ruby seduta alla scrivania intenta a sfogliare i fascicoli che suo padre avesse collezionato durante la vita da cacciatore. 
"Che diavolo ci fai tu qua? Che hai fatto ai miei fratelli, bastardo di un demone?!". 
Non le diede neanche il tempo di rispondere che si avventò con Ruby, gettandola a terra e rompendo la sedia, colpendola al viso più e più volte. Nonostante Abby riporta se delle ferite dalla colluttazione con Sam, il demone non avrebbe potuto batterla nel corpo a corpo. 
"Abby, fermati subito!". 
La ragazza bloccò un altro pugno a mezz'aria mentre era ancora a cavalcioni su Ruby e si voltò di scatto verso la voce alle sue spalle che l'avesse richiamata, scorgendo Sam dietro di lei che tenesse stretta a sé Silver puntandole una lama alla gola. 
Abby sgranò gli occhi e si alzò senza pensare più al demone sotto di sé, scattando immediatamente verso la sorella che tremava e piangeva, ma Sam le intimò di non avanzare oltre e di rimanere ferma dove fosse, permettendo così a Ruby di rialzarsi e di correre dietro al cacciatore per proteggersi. La ragazza guardò Silver negli occhi e le fece un cenno come per rassicurarla che tutto sarebbe andato bene, e successivamente spostò il suo sguardo su Sam, mettendo le mani avanti ed annuendo sforzandosi di mantenere la calma, mentre la preoccupazione le batteva con forza nel petto esattamente come il battito del suo cuore pulsasse in tutte le vene del suo corpo per l'agitazione. 
"Ok Sammy, calmiamoci tutti. Spiegami che significa tutto questo, che stai facendo?". 
Il ragazzo scosse la testa e si mosse di qualche passo indietro portando con sé Silver, che pianse e si dimenò, ma la sorella le intimò di non muoversi e di agire come Sam le dicesse. 
Sam allentò leggermente la presa sulla ragazza per evitare di ferirla alla gola con i suoi movimenti impacciati dalla confusione, e scosse la testa con tristezza. "Non sarei voluto arrivare a questo Abby, mi dispiace davvero tanto, devi credermi!". 
Abby annuí con le lacrime agli occhi e fece dei passi lenti verso di lui, tenendo sempre le mani alte in segno di resa. "Sammy, lo so che ti dispiace perché tu vuoi bene a Silver e vuoi bene a Dan. Ma lasciala andare insieme a mio fratello, così rimarrò io con te e ti aiuterò in qualsiasi cosa tu voglia fare, te lo prometto!". 
"Dan è legato in cantina, ma sta bene. Non gli ho fatto del male" disse Sam annuendo e guardandola negli occhi, sentendosi terribilmente in colpa per ciò che stesse facendo ma sapendo che fosse l'unico modo. 
"Lascialo andare, per favore. Resterò io con te, te lo giuro Sam, ma lascia andare i miei fratelli, per favore!".
La sua voce era quasi una supplica e un velo di lacrime iniziò a scendere dai suoi occhi, bagnandole le guance, mentre lo guardava con aria sicura di sé e delle parole che stesse dicendo, e solo per un attimo Abby vide negli occhi del ragazzo la volontà di lasciarle andare come segno che le sue parole avessero fatto breccia nel suo cuore. 
Evidentemente anche Ruby doveva aver colto nel suo sguardo la stessa titubanza e afferrò il ragazzo dal braccio, muovendolo con forza per farlo voltare verso di lei. "Non farti incantare, Sammy. Appena li lascerai andare, Silver e Dan correranno da Dean per avvertirli e tutto il nostro piano di fermare l'ascesa di Lucifer andrà in fumo!".
"No Sam, ascolta me: io sono tua amica, lo sono sempre stata! Come quando tuo padre è morto e ti sono stata vicina e passavamo le serate insieme nei bar a giocare a biliardo, te lo ricordi?" chiese Abby con le lacrime agli occhi, guardandolo con lo supplica nello sguardo e deglitendo a fatica. "Ruby ti sta mentendo, ti condiziona: non è possibile che il grande piano di Dio sia quello di farti bere sangue demoniaco per bloccare la venuta di Lucifer! Ascoltami, io sono tua amica! Puoi fidarti di me!".
Sam alternò lo sguardo fra le due donne ed iniziò a scuotere la testa con confusione, perché non poteva permettersi di confondersi proprio in un momento come quello. "No, no Abby. Questo è l'unico modo, lo so!". 
"Perché lo dice Ruby? Preferisci credere a lei, piuttosto che a me, Sam? A me?" chiese Abby scuotendo la testa dopo aver guardato la sorella con un sorriso di incoraggiamento per tranquillizzarla, per poi sollevarlo fino al ragazzo dall'aria confusa e straziata. 
Ma Sam scosse la testa e strinse più il coltello alla gola di Silver senza neanche rendersene conto, facendola gemere mentre cercava di allontanare la presa dalla sua gola. "Ma non vedi il bene che riesco a fare da quando uso i miei poteri?". 
Abby abbassò lo sguardo sentendosi impotente in quel momento, perché non aveva la minima idea di come far uscire la sorella viva da quella situazione ed il fatto che fosse in minoranza non l'aiutava per niente
Sospirò rumorosamente e tornò a guardarlo con arrendevolezza, mentre delle lacrime calde le scesero lungo il viso. "Se hai preso i miei fratelli in ostaggio è perché c'è qualcosa che vuoi da me: dimmi cosa! Ti darò qualsiasi cosa, qualsiasi, ma poi dovrai lasciarli andare. Dimmi cosa vuoi, Sam". 
Il ragazzone doveva non aspettarsi quel tono arrendevole, non proprio da Abby, ma capí di aver appena ottenuto ciò che davvero volesse nonostante gli dispiacesse veramente tanto vederla soffrire in quel modo. Avanzò di qualche passo portando insieme a lui Silver, che ancora tremava e piangeva fra le braccia del ragazzo. "Abby, anche tu sei come me: servono dei super soldati per combattere l'arrivo di Lucifero e dobbiamo essere uniti. I cacciatori come Bobby e Dean non potranno fare nulla, ma noi, io e te Abby, con le nostre capacità, possiamo farcela".
Abby lo guardò negli occhi e vide la forte convinzione nel suo sguardo, come se credesse davvero nelle sue stesse parole, e scosse la testa dandosi dell'idiota per non aver capito il modo in Ruby stesse insinuando i suoi artigli avvelenati dentro di lui per tutto quel tempo. Si avvicinò lentamente ed annuí, giungendo vicino alla sorella ed al ragazzo, mentre delle lacrime calde la costrinsero a respirare più velocemente. "Tutto quello che vuoi, Sam. Lasciala andare però". 
"Non posso!" esclamò il ragazzone a gran voce, scuotendo la testa e sentendo gli occhi pizzicare. 
Abby annuí e sollevò una mano per carezzare il viso di Sam con un sorriso sincero, e ritrovò il ragazzo ad appoggiarsi contro la sua mano mentre sorrideva con aria leggermente diversa e più felice rispetto a prima, felice che lei avesse acconsentito a compiere il suo destino. Ciò che però Sam non si aspettò, fu il modo in cui Abby gli afferrò con forza il braccio destro quel tanto che bastasse per far scivolare l'arma dalla sua mano e spingere Silver lontana dal ragazzo, osservandola scappare via dalla stanza. 
Abby vide il tradimento nello sguardo di Sam, ma non ci prestò molta attenzione perché si concentrò su Ruby, che stesse per iniziare la sua lotta per fermare la corsa di Silver; la ragazza però si allontanò da Sam per allungarsi ed atterrare Ruby, guardandola con odio e pensando che finalmente fosse venuto il momento di poter risolvere la questione in sospeso fra di loro.
Iniziò una vera e propria lotta fra le due donne ed Abby avrebbe avuto la meglio, se qualcuno non l'avesse sollevata con forza dalla vita per rimetterla in piedi ed allontanarla da Ruby. 
Abby si dimenò ed iniziò a scalciare e Sam non riuscì a trattenerla, almeno fin quando la colpì con un forte pugno al viso, spaccandole il labbro e facendola cadere a terra con forza; la ragazza si portò la mano destra immediatamente al viso e sgranò gli occhi, voltandosi a guardarlo con aria tradita e senza parole.
Non c'era alcuna traccia di pentimento nel suo sguardo, solamente un forte senso del dovere e dispiacere perché lei non lo avesse ascoltato. 
Abby cercò di indietreggiare, ma Sam fu più veloce e si mise a cavalcioni su di lei per bloccarla, e le bloccò i polsi sul petto con una mano mentre con l'altra le afferrò il viso con forza in maniera tale da farle aprire la bocca. Ignorò il modo in cui Abby scalciasse e provasse a dimenarsi, ignorò persino il modo in cui lei lo stesse guardando con aria spaventata. "Non hai ancora capito, ma capirai Abby, sta tranquilla. Ruby è ora, avvicinati". 
Sam sentí il demone avvicinarsi a lui e la vide estrarre un coltello dalla sua guaina, tagliandosi un polso ed avvicinarlo alla ragazza sotto di sé, che iniziò a muoversi con forza nel tentativo di serrare le labbra, ma fu tutto inutile: Sam era più forte e l'aveva immobilizzata con troppa forza e prepotenza. 
Abby sentí le gocce del sangue di Ruby toccarle la lingua e scivolarle lungo la gola, quando Sam le chiuse con forza la bocca per evitare che sputasse fuori e le impose di deglutire massaggiandole la gola con forza. 
In un attimo sentí un forte rumore di vetri in frantumi e vide Ruby correre a controllare ciò che stesse succedendo, quando Abby si sentí improvvisamente debole e stanca, tanto da non poter tenere gli occhi aperti.
Sam la guardò con dispiacere mentre la osservava scivolare in un lungo sonno, e le sfiorò i capelli con una carezza. "Torno subito, Abby!". 
 
 
"Gli ho detto che se se ne fosse andato da quella porta, non sarebbe più dovuto tornare! E Sam se n'è andato lo stesso: non sono più sicuro che sia mio fratello!". 
Abby aveva ripreso conoscenza sentendo le parole furiose di Dean e si era subito tirata a sedere sulla stanza da letto al piano di sopra della casa di Bobby, mentre un forte capogiro le aveva impedito di alzarsi immediatamente. 
I ricordi passarono nella sua mente ed Abby capí ciò che fosse successo dopo che Sam l'avesse colpita al volto: Dean era riuscito a rintracciarla, era venuto a salvarla ed a proteggerla da Sam, e dovevano aver litigato furiosamente data l'ira che Abby aveva percepito nella voce del maggiore al piano di sotto. 
Ignorò la probabile commozione cerebrale ed uscí dalla stanza pensando ai suoi fratelli, e scese le scale a due a due per arrivare il più velocemente possibile al solotto di Bobby: gli occhi le pizzicarono e ringraziò il cielo quando vide Dan e Silver seduti sul piccolo divano, che quando la videro corsero verso di lei per abbracciarla forte. 
Abby circondò il loro corpo con entrambe le braccia e scosse la testa quando vide l'occhio nero e gonfio di suo fratello, che Sam doveva avergli fatto per catturarlo prendendolo alla sprovvista. 
Chiuse gli occhi e li strinse forte, pensando che avesse fallito nel tenerli al sicuro e che se non fosse arrivato Dean in tempo probabilmente Sam e Ruby lì avrebbero uccisi. 
Intravide la sagoma di Bobby vicino il camino, che si sforzò di sorriderle perché nonostante tutto il casino in cui si trovassero era felice che lei fosse viva, e poi vide Dean con espressione seria e preoccupata sul viso e lo zigomo tenuto insieme da dei punti di carta. 
Lasciò andare i suoi fratelli e si avvicinò al ragazzo con un balzo, gettandogli le braccia al collo ed abbracciandolo forte mentre sentiva le sue mani attorno ai fianchi che la tenessero stretta a lui, e trattenne le lacrime quando lo guardò in viso. 
Dean sollevò con fatica lo sguardo fino al suo viso mentre erano ancora stretti in quell'abbraccio e le sfiorò delicatamente la guancia livida ed il labbro spaccato per non farle male, appoggiando la fronte alla sua con espressione addolorata. "È stato lui, vero? È stato Sam a farti questo?". 
Abby rimase per qualche secondo senza parole mentre il suo cuore batteva forte nel petto e lesse nei suoi occhi un'enorme dolore e tristezza, dettata non solo dal fatto che lei fosse stata coinvolta. Non voleva arrecargli ulteriore sofferenza, così si sforzò di sorridere e scosse la testa vigorosamente, toccandogli la mano con cui ancora la stesse sfiorando. "È stata Ruby". 
Dean per un istante trattenne il fiato e la guardò con aria sorpresa della risposta, strabuzzando gli occhi e guardandola con confusione come se non avesse preso in considerazione quell'ipotesi neanche per un istante dando per scontato che fosse stato suo fratello a ridurla in quel modo. "Ruby?". 
Abby sentí la titubanza nella sua voce ed annuì perché non voleva che Dean pensasse neanche per un attimo che suo fratello fosse in grado di picchiarla, non voleva dargli quest'altro dolore. Gli afferrò il viso fra le mani ed annuí sorridendo amaramente, mentondogli dritto in faccia solamente per alleviare le sue sofferenze. "Sam non mi ha toccata, non ha fatto niente. È stata Ruby". 
Dean la guardò per qualche istante e si convinse delle sue parole, così annuí ed abbassò lo sguardo sentendo gli occhi pizzicare, e subito la strinse nuovamente a sé affondando il viso ferito fra i suoi capelli, respirando il suo odore e tenendola stretta nel tentativo di tranquillizzarsi.
Abby ricambiò la stretta ed appoggiò il viso sul suo petto, interagendo con lo sguardo di Bobby che divenne improvvisamente serio e la guardò con l'aria di chi avesse capito il suo bluff e silenziosamente la ragazza gli chiese con lo sguardo di mantenere il segreto perché non voleva che Dean soffrisse ulteriormente. 
"Detesto interrompere questo momento strappalacrime, ma dobbiamo trovare Sam prima che faccia qualche stupidaggine". 
 
 
Quando Dean aveva immaginato di uccidere Ruby in passato, non aveva mai pensato che potesse essere così piacevole; la stava trapassando da parte a parte dello stomaco, mentre la vedeva soffrire in modo atroce. Ma Ruby non aveva ancora finito di seminare odio e malcontento nel mondo, e nonostante stesse morendo decise di afferrare saldamente Abby dalla giacca di pelle per avvicinarla a sé quel tanto che bastasse per sussurrare all'orecchio le sue ultime parole. 
La sua prima reazione fu di sgomento, udendo la voce ormai flebile con cui il demone le avesse parlato, ma presto si voltò per incrociare i suoi occhi marroni ed Abby lesse sul suo viso solamente un grosso ghigno soddisfatto, ma fu certa che Ruby stesse finalmente dicendo la pura verita. E ciò non le piacque affatto.
Abby si distaccò dopo qualche secondo e si tenne al braccio di Dean per riprendersi dalle parole del demone, alternando lo sguardo fra i due Winchester per poi soffermarsi su quello del tremendamente preoccupato del maggiore: erano arrivati troppo tardi, era questo ciò che pensavano entrambi. 
Nonostante Castiel si fosse ribellato agli angeli che segretamente auspicassero all'Apocalisse, nonostante li avesse aiutati a raggiungere il convento dentro il quale Ruby e Sam avessero catturato Lilith. 
Non c'era più niente che si potesse fare, dopo che Sam l'avesse uccisa con i suoi poteri. 
Ma aver fallito la missione principale non gli tolse la soddisfazione di vedere la vita lasciare il corpo e gli occhi di Ruby, scena fin troppo piacevole; videro il sangue del corpo di Lilith, che ormai giacesse a terra senza vita, iniziare a muoversi e a formare una sorta di cerchio mistico, mentre il suolo iniziò a tremare e ad aprirsi sotto i loro piedi, emanando la luce più forte che avessero mai visto. 
 

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Capitolo 24
*** Capitolo 20. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 20.

Stava seduta sulla sedia della stanza dell'ospedale, i gomiti fissi sulle cosce ed i pugni chiusi sotto il mento, a fissare Bobby di spalle seduto sulla sua nuova sedia a rotelle con lo sguardo fisso fuori dalla finestra: non doveva essere facile per un uomo forte ed indipendente come lui, trovarsi impossibilitato a muoversi in autonomia ed a dover chiedere aiuto alle altre persone. 
Abby sapeva che non ci fosse altro da fare, sapeva che non poteva aiutarlo in nessun modo; eppure tutti i giorni da circa una settimana, mossa dal sincero sentimento che la legava a quell'uomo dai tratti burberi ma con un cuore infinitamente grande, andava a trovare Bobby in quell'ospedale e lo osservava, mentre lui guardava fuori dalla finestra probabilmente pensando a giorni migliori. 
Anche lei in silenzio, rifletteva su quanto accaduto nelle ultime settimane, dopo la venuta di Lucifer sulla terra: Bobby si era pugnalato da solo mentre era posseduto da un demone per salvare Dean sotto gli occhi impotenti dei tre cacciatori, gli angeli avevano rivelato ai due fratelli di essere i corrispettivi tramiti di Micheal e di Lucifer e Sam non aveva fatto altro che scusarsi con suo fratello per aver permesso che ciò accadesse. 
Abby sospirò e si chiese come avessero fatto a trovarsi in una condizione come quella: quando aveva conosciuto Sam e Dean erano dei semplici cacciatori di passaggio alla Road House, con l'unica missione di trovare il loro padre ed uccidere Azazel. Come avevano potuto permettere che tutto ciò accadesse? 
Ed Abby come diavolo aveva potuto permettere che la storia si replicasse, ricordando ciò che Syria avesse fatto con Lucifer e Micheal? 
Come aveva potuto permettere che Sam e Dean si allontanassero in quel modo senza dire o fare niente? 
Come quella sera della settimana prima, quando durante la ricerca della spada di Michael che poi si fosse rivelato essere Dean stesso, Sam avesse iniziato a scusarsi con Abby, chiedendole perdono per ciò che avesse fatto a lei e alla sua famiglia. 
"Mi dispiace così tanto e mi vergogno molto per come mi sono comportato" aveva detto Sam sospirando col capo chino, seduto sulla sedia del tavolo del motel. "Quello che ti ho fatto è stato orribile e io me ne pento completamente". 
Abby ricordò di aver sgranato gli occhi, sollevandoli dal libro che stesse leggendo, e di aver notato Dean guizzare lo sguardo su quello del fratello dal fondo della stanza, seduto sul letto mentre cercava più indizi sul suo PC, e lo aveva guardato in cagnesco come probabilmente mai avesse fatto. "Ma di che cosa stai parlando?". 
La ragazza aveva cercato di coprire le parole del minore, alzando il tono della voce e piazzandosi un grosso sorriso falso sul viso perché aveva capito quale sarebbe stata la reazione del maggiore. "Che ne dite di ordinare cinese per cena, mmh?".
Ma Dean capí immediatamente che ci fosse qualcosa che Abby volesse tenergli nascosto e si alzò di scatto dal letto facendo cadere rovinosamente il PC a terra, che si spense improvvisamente, e si fiondò verso Sam ed Abby ancora seduti al tavolo. La ragazza si alzò e cercò di spingerlo via con forza, ma Dean la scansò spostandola dalle braccia ed andò in contro al fratello, che si alzò e lo guardò con aria colpevole. 
"Io non ero in me quella notte, ero annebbiato dal sangue demoniaco e dalla rabbia quando..".
"Quando ha rapito i miei fratelli, ecco tutto. Adesso possiamo pensare a cosa mangiare stasera?".
Abby sgranò gli occhi e zittí il minore con lo sguardo, cercando di tirare Dean via dal fratello, ma riuscì solamente a tirare la sua camicia blu, sentendo sotto le sue mani come i muscoli del maggiore fosse tutti tesi e contratti per l'agitazione e per i nervi. "Sam, che cos'hai fatto?". 
"Niente, non ha fatto niente Dean. Adesso smettila!" esclamò Abby continuando a tirarlo, ma Dean non si smosse neanche di un centimetro, continuando a guardare con aria furiosa il fratello che faceva fatica a sostenere il suo sguardo. 
Ma la ragazza non riuscì a controllare il fiume di parole che uscí dalla bocca del minore, che abbassò il capo e sospirò rumorosamente. "Quando ho colpito Abby e l'ho costretta a bere del sangue di demone per diventare come me, perché Ruby mi aveva convinto che lei fosse davvero una dei supersoldati di Azazel e..". 
Dean scattò come una molla verso il fratello con una velocità tale che Abby non riuscì a trattenerlo,  colpendolo in viso più e più volte, per poi afferrarlo dal colletto e sbatterlo contro una parete.
Abby cercò di insinuarsi fra loro due, ma Dean la spinse via malamente facendola cadere a terra, mentre continuava a colpire il fratello con estrema forza con l'unico intento di farlo sanguinare. 
Dean non riusciva a controllarsi, non vedeva più il suo fratellino ma un mostro che le avesse fatto del male, e le sue mani si mossero da sole quando continuò a colpirlo in viso, spinto dalla rabbia e dalla delusione. 
Abby si rialzò e colpí la gamba sinistra del maggiore sperando di non avergli fatto troppo male, facendogli perdere l'equilibrio ed allentare la presa sul fratello quel tanto che bastasse per far sì che Abby spingesse via Sam fino al fondo della stanza. "Basta Dean, calmati!". 
Dean la guardò nello stesso modo arrabbiato con cui avesse guardato il fratello fino a qualche istante prima, e le puntò un dito contro con ira urlandole in faccia senza controllo. "Perché non mi hai detto quello che ti ha fatto? Perché mi hai mentito, dicendomi che era stata Ruby?". 
"Non volevo che succedesse questo!" si ritrovò Abby ad urlare per sovrastare la sua voce fin troppo alta, osservando il suo viso diventare paonazzo per la rabbia. "Perché non era in sé, non era Sam!". 
Dean sentí una nuova ondata di rabbia investirlo e fece per avanzare velocemente per poterlo colpire nuovamente in viso, ma Abby stavolta lo spinse via con tutta la forza che avesse, riuscendo unicamente a spostarlo di qualche centimetro. "Vattene!". 
Dean sgranò gli occhi e la guardò con aria sorpresa, ma Abby lo colpí di nuovo con forza al centro del petto e lo guardò con occhi lucidi e devastati. "Cosa?!". 
"Vai a sbollire fuori la tua rabbia e torna solamente quando ti sarai calmato!". 
L'infermiera le ricordò gentilmente che l'orario di visita fosse finito ed Abby sbatté le palpebre, torandno al presente e abbandonando i ricordi. Le rivolse un piccolo sorriso dopo aver annuito; si alzò con un sospiro ed indossò nuovamente la sua giacca di pelle, avvicinandosi all'uomo sulla carrozzina e stringendogli con dolcezza una spalla. Avrebbe voluto riuscire a comunicare con Bobby, ma da quando fosse rimasto paralizzato non aveva voglia di parlare con nessuno se non per maledire i medici e urlargli contro qualche imprecazione. 
Lo salutò con delicatezza e gli disse che sarebbe tornata il giorno dopo, così uscì dalla stanza e poi dall'ospedale con aria stanca, stringendosi appena nei suoi vestiti percependo il freddo di quella brutta giornata. Salì in auto e tornò alla sua stanza nel motel, dove avrebbe ricominciato la serie di telefonate che le avrebbe occupato l'intero pomeriggio. 
Avrebbe chiamato per primi Sam e poi Dean, che non avrebbero risposto come ormai facevano dal giorno della litigata quando erano usciti furenti dalla stanza in due direzioni opposte senza neanche dirsi una parola, poi sarebbe stato il turno di Silver e di Dan, che per fortuna non fossero arrabbiati con i Winchester dopo ciò che fosse successo la sera che Sam fece irruzione nella loro casa per prenderli in ostaggio. 
Entrò nella sua stanza buia ed accese le luci con un sospiro, quando sollevò lo sguardo verso la stanza e trovò Dean seduto sulla sedia del piccolo tavolino: il bicchiere in mano e la bottiglia di Whisky a fianco, e almeno cinque o sei bottiglie vuote di birra poste sul tavolo. 
Abby sospirò rumorosamente mentre lo guardava preoccupata per qualche istante e si chiuse la porta alle spalle senza dire una parola; si tolse la sciarpa blu, posandola sullo schienale della sedia ed avvicinandosi in silenzio al tavolo. Dean non disse nulla e sollevò lo sguardo stanco verso di lei ed Abby si sedette sulla sedia davanti a lui notando le ferite che il suo viso riportasse: lo zigomo livido, il labbro spaccato, le nocche piene di escoriazioni, la camicia rossa sporca di sangue. Dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non fare domande sulle sue nuove ferite, ma si concentrò sui suoi occhi feriti e stanchi, e sciolse la propria espressione ancora però molto resa e preoccupata. "Si può sapere dov'eri finito?". 
Dean sorrise amaramente mentre la guardava con la schiena totalmente appoggiata sedia, mentre agitava leggermente il bicchiere ed il suo contenuto con un movimento circolare, per poi portarselo alle labbra e mandarlo giù tutto d'un sorso. "Potrei aver cercato Sam per parlarci un'altra volta". 
Abby scosse di poco la testa e sospirò, appoggiando il braccio destro sul tavolo e quello sinistro sulle sue cosce, guardandolo con aria delusa. "Quindi mi hai lasciata qui per andare a cercare Sam e gonfiarlo di nuovo di botte?". 
"Gli ho dato quel che si meritava per averti toccata e non mi riferisco solamente a ciò che è successo a casa tua con Ruby!" esclamò Dean guardandola con la stessa rabbia con cui avesse guardato suo fratello qualche sera precedente, versandosi ancora da bere. 
Abby capì subito a cosa si riferisse Dean e sospirò, perché le aveva appena sganciato un colpo basso che le aveva fatto molto male, ma non lo diede molto a vedere, limitandosi ad osservandolo bere un altro bicchiere di Whisky mentre consumava sempre di più ciò che fosse rimasto di lui. 
Ad Abby mancava così tanto Dean, ma non il ragazzo che si trovasse davanti a lei in quel momento e nemmeno quello che avesse visto nelle scorse settimane. Non era più gentile, dolce, interessato ai problemi altrui. 
Dean era cambiato ed Abby sapeva che ciò fosse dovuto proprio alla sua permanenza all'inferno ed a ciò che fosse accaduto lì, insieme alla preoccupazione ed al dolore per il fratello. 
"Ora che farai?" chiese Abby sospirando e tornandolo a guardare, alzandosi dalla sedia per dirigersi vicino all'attaccapanni per togliere il giubbotto di pelle finendo involontariamente per aumentare la scollatura della sua camicia, già molto aperta sul décolleté di suo. 
Dean fece vagare uno sguardo sul suo corpo, soffermandosi sui sottili leggins che indossasse, dai quali riusciva ad intravedere persino il suo intimo, e sul suo seno prosperoso e poi tornò a guardarla negli occhi notando come Abby non avesse perso nemmeno uno spostamento che avesse fatto con i suoi occhi, e le sorrise amaramente. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che l'avesse sentita vicina e adesso, complici le molte birre ed i bicchierini di Whisky di troppo, si era ritrovato a desiderarla esattamente come se fosse ancora sua mentre il cavallo dei pantaloni divenne fin troppo stretto provocandogli dolore. 
Deglutí a fatica e sospirò, distogliendo lo sguardo e bevve un altro po' di Whisky direttamente dalla bottiglia, nel tentativo di respingere i ricordi di quando stavano insieme che tutto ad un tratto avessero iniziato ad affollare la sua mente. 
Si alzò e le andò in contro, mantenendo lo sguardo fisso su di lei, ed Abby indietreggiò perché aveva paura che Dean potesse fare qualcosa di cui si sarebbe pentito, ma lui avanzò ancora fino a quando non la vide con le spalle al muro; sollevò una mano verso di lei, sfiorandole il braccio con le punte delle dita e salí sfiorandole il collo e poi la guancia, dove stabilizzò la sua mano e la guardò con un sorriso sincero, come Abby non ne vedeva da tempo. "Sono qui: non è ovvio cosa farò adesso?".
Abby sentí il cuore impazzire nel suo petto e scosse la testa, scansandosi da quella carezza e rimettendogli le mani a posto guardandolo seria. "Cos'è? Hai fatto una sorta di scelta fra me e tuo fratello e hai scelto me perché sono la meno problematica?". 
Dean la guardò e sospirò, scuotendo la testa e chinò il viso sul suo appoggiando la fronte alla sua, e fece spallucce tornando a sfiorarle la guancia. 
Abby lo guardò negli occhi e sospirò, lasciando che Dean la sfiorasse ed i brividi le percorressero la schiena e le gambe, che sentí quasi cedere sotto il peso della voglia che tutto ad un tratto si accese nel suo petto. Deglutí a fatica e si sforzò di calmare i bollenti spiriti che avessero iniziato a colpire entrambi, e gli afferrò la mano con cui la stesse toccando. "Non devi scegliere me, io sarò al tuo fianco in ogni caso".
"Non é quello che hai detto l'ultima volta: sei andata via, Abby. Sei sparita per settimane. Se non fosse stato per Bobby che ti ha chiesto di tornare, non saresti qui insieme a me". 
Abby incrociò i suoi occhi verdi e tristi, leggendovi dentro la grande sofferenza che albergasse che portasse con sé, la stessa che fosse apparsa insieme a lui quel giorno di settembre, quando Castiel lo avesse tirato fuori dall'inferno. 
Sentí gli occhi imperlarsi di uno strato lucido udendo quelle parole e improvvisamente Abby non fu più in grado di reggere il suo sguardo, scuotendo leggermente la testa ed allontanandolo di qualche centimetro, mentre sentiva lo sguardo di Dean fisso su di lei, capendo inoltre quanto duramente stesse provando a trattenersi dal saltare la conversazione e tuffarsi sulle sue labbra. "Quello è stato un errore e anche questo potrebbe esserlo, Dean".
"No, non lo sarà questa volta". 
Dean sorrise debolmente e si sporse per annullare la distanza fra i loro volti, avvicinandola di più a sé per sentirla più vicina. In fondo, era tutto ciò che segretamente bramava da mesi. 
Ma Abby deglutí a fatica mentre lo osservava e si tirò indietro, portando via le mani del ragazzo dal suo viso e guardando la sua aria sorpresa e confusa. "Sei ubriaco e puzzi di alcool. Non verrò a letto con te per poi sentirmi dire domani mattina che è stato uno sbaglio e che possiamo tornare ad essere amici. Se sei in cerca di sesso per sfogare la tua rabbia e la tua frustrazione per non essere riuscito a controllare Sam, non voglio che la scarichi su di me in questo modo, Dean.." sussurrò Abby in modo pacato, sorridendogli amaramente ed annuendo per accertarsi che avesse capito. 
Dean la guardò per qualche secondo con sopracciglia aggrottate, cercando di trattenere e di sopprimere il grande caos che si fosse formato dentro ai suoi pantaloni, e rise di gusto prima di voltarsi e fare qualche passo avanti per aumentare la distanza fra di loro. "È sempre la stessa storia con te: io mi avvicino e tu pensi che sia solamente per il sesso. Sempre la stessa, vecchia storia".
"No, no. Ehi, guardami Dean". Spinta dall'irrefrenabile voglia di placare la sua rabbia, Abby lo raggiunse e lo fece voltare, guardando il suo viso scocciato ed arrabbiato e lo prese fra le mani, sorridendogli teneramente. "Non sto dicendo che è il sesso il motivo per cui tu sei qui adesso. Ma so che se sei venuto a cercarmi, vuol dire che hai bisogno di qualcosa". 
Dean la guardò negli occhi e scosse la testa distogliendo lo sguardo mentre sentiva le sue mani tirargli su il viso con una leggera pressione, notando il suo modo di sorridere contagioso; brontolò qualcosa a tono molto basso che somigliasse proprio a: "Non so neanche io perché sono venuto". 
"Beh forse io si.." sussurrò Abby sorridendo ed annuendo e senza dire nulla lo strinse forte fra le braccia, sapendo bene che in quel momento Dean avesse proprio bisogno di sentire del calore umano. 
Che fosse Abby o suo fratello, Dean aveva bisogno di qualcuno che gli dasse la forza per rialzarsi e ricominciare, andare avanti più forte di prima, ed Abby lo sapeva. 
Lo trascinò sul letto dove gli permise di appoggiare la testa sul suo petto e Dean la lasciò fare mentre gli passava le mani sui capelli con delle carezze delicate, baciandogli la testa di tanto in tanto, mentre il ragazzo cominciò a raccontarle ciò che Zaccaria gli avesse fatto vedere quando lo avesse portato nel futuro per vedere ciò che sarebbe successo se lui non avesse detto di sì a Micheal.
Le disse di aver visto Sam posseduto da Lucifer e di aver incontrato Dan e Silver nel suo accampamento, ma non aveva trovato alcuna traccia di Abby e il Dean del futuro gli aveva spiegato che fosse morta in circostanze particolari, senza però scendere mai nei dettagli. 
Cercò di confortarlo e di dargli coraggio, stringendolo forte a sé ed Abby sentí il modo in cui le sue mani ricambiassero quella stretta, avvicinandola a sé.
Dopo aver sentito il fiume di parole uscite dalle labbra di Dean nel tentativo di sgravare il peso che portasse sulle sue spalle, adesso il silenzio appariva troppo rumoroso. 
Dean percepiva le dita esili di Abby muoversi fra i suoi capelli, sul suo viso e sulla sua schiena, mentre teneva la guancia barbuta premuta contro la pelle morbida del petto lasciata scoperta dalla scollatura della maglietta. 
Riusciva ad ascoltare il suo cuore che battesse ritmicamente nel suo petto ed iniziò anche lui a carezzarla come stesse facendo lei ormai da un po', nel tentativo di rassicurarla. 
Le aveva parlato di ciò che fosse accaduto negli ultimi giorni, ma non aveva ancora finito con le domande. 
Si schiarí la gola ma non la guardò, inumidendosi le labbra prima di prendere fiato e parlare. "Perché non mi hai detto ciò che Sam ti aveva fatto?". 
Abby non si scompose, ma continuò a carezzargli la fronte ed i capelli biondicci, accennando un sorriso. "Perché non volevo essere la causa del vostro allontanamento. Non voglio che ti arrabbi con lui per ciò che ha fatto a me o ai miei fratelli, ma voglio che gli tendi una mano perché vuoi riportarlo indietro dall'enorme oscurità in cui è sprofondato". 
Dean scosse la testa leggermente, muovendosi sul suo petto ed inalando il suo profumo, lo stesso che Alastair gli facesse sentire all'inferno per fargli riprendere i sensi dopo essere stato torturato per lunghe giornate, illudendolo che fosse tornato a casa e che Abby fosse insieme a lui. 
Ma adesso era davvero tornato, adesso la poteva toccare e stringere a sé. E sapeva quando Abby avesse ragione. 
Chiuse gli occhi e l'avvicinò ancora di più, intrecciando le dita della mano destra con quelle di Abby, e portandosi il dorso della ragazza alle labbra e depositandovi un dolce bacio. E non ebbe bisogno di voltarsi a guardarla in viso, per sapere che i suoi occhi stessero sorridendo tanto quanto lo stessero facendo le sue labbra. 
Dean si schiarí nuovamente la gola, come per avvisarla che non avesse ancora terminato con le domande, e le sfiorò il palmo con il pollice in una carezza circolare. "Non mi hai mai raccontato cosa ti ha detto Ruby, prima di morire". 
Il sorriso sul volto di Abby scemò fino ad annullarsi completamente e si morse la lingua per qualche istante perché non si aspettava quella riichiesta e guardò il soffitto per una manciata di secondi, nei quali si chiedeva se rispondere fosse la cosa più saggia da fare o se evitare, forse temporaneamente, l'argomento sarebbe stato più conveniente in quel momento. 
Non trovava davvero le parole per raccontargli ciò che Ruby le avesse detto, quando la ess efferata in punto di morte. 
Come poteva spiegargli che era stato proprio merito di Ruby, se Syria avesse incontrato Lucifer? Come poteva dirgli che Ruby si fosse finta sua amica per così tanto tempo ed in così tante vite, da giustificare la rabbia e l'odio che Abby provasse ogni volta che fosse stata in sua presenza? 
Deglutí leggermente e chiuse gli occhi, decidendo che questa volta non avrebbe risposto, e Dean parve capire perché non continuò ad insistere. 
Rimasero stretti l'uno all'altra fino a quando entrambi caddero in un profondo sonno ristoratore. 
 
 
Si guardò intorno, osservando il lago dove Abby e la sua famiglia adorassero passare l'estate, ricordando con gioia il modo in cui lei ed i suoi fratelli amassero giocare insieme nel bosco proprio dietro casa insieme agli altri bambini, trascorrendo così intere giornate a divertirsi con innocenza. 
Vide suo padre molto giovane intento a girare la carne su un grosso grill mentre sua madre si occupava della preparazione della tavola e ogni tanto richiamasse i suoi tre figli per non farli sporcare troppo prima del pranzo. Ma qualcos'altro catturò la sua attenzione, qualcosa che non avesse a che fare con il suo stesso ricordo: vide una figura, una ragazza vicino alla riva del fiume intenta a guardarla con aria solenne e pragmatica. 
Mano a mano che Abby le si avvicinava, riusciva a scorgere particolari del suo viso in modo più accurato: una spruzzata di lentiggini le colorava il naso e le guance, gli occhi verdi spiccavano sul suo viso a forma di cuore ed incorniciato da dei lunghi e folti capelli biondi. Osservò il suo vestito molto semplice, colorato di rosa cipria e che ricadesse fino alle ginocchia, mentre una cintura sottile alla vita movimentata l'andatura del vestito. 
Abby si guardò indietro, osservando ancora la sua mamma ed il suo papà che ridessero fra di loro, e poi tornò a guardare davanti a sé la ragazza che non avesse smesso di studiarla, proprio come aveva fatta Castiel la prima volta. 
"Sto sognando, vero? Siamo nella mia testa e tu sei un angelo, giusto?". 
La ragazza bionda sorrise appena e si avvicinò ad Abby con un sorriso, porgendole la mano destra ed annuì. "Era l'unico modo che avevo per contattarti, dato ciò che Castiel vi ha impresso sulle costole. Mi chiamo Anael, devi aver sentito parlare di me". 
Abby sollevò un sopracciglio ma non strinse la sua mano a quella dell'angelo, guardandola con aria diffidente e chiedendosi perché volesse parlare proprio con lei: era lo stesso angelo che avesse affiancato suo padre parecchi anni prima. 
La studiò a sua volta e la vide tirare indietro la mano con aria un po' confusa, probabilmente spingendola a chiedersi se il modo di salutarsi fosse cambiato sulla terra negli ultimi quindici anni di assenza. 
"Si, ho sentito parlare di te: credo che tu mi debba un bel po' di risposte". 
Anael la guardò con incredulità ed intrecciò le mani come in preghiera per poi posizionare sul suo ventre con movimenti lenti, riuscendo a sentire la rabbia provenire dal cuore della ragazza davanti a sé. "Ho già dato tutte le risposte a tuo padre, lui sapeva tutto ciò che volevo che sapesse: gli ho anche dettato un rituale ed un incantesimo, un modo per sconfiggere Lucifer se ci fossimo mai ritrovati in una situazione come questa". 
Abby aggrottò le sopracciglia ed inclinò la testa, e fece un passo avanti con aria sconvolta, sgranando gli occhi. "E dove sono queste cose adesso?".
Anael sorrise ed annuì, e sembrò essere dolce, oltre che in possesso di una bellezza antica e incantatrice, e dall'aspetto molto più umano rispetto a quanto avesse mai fatto il loro unico amico angelo. "Tuo padre aveva un libro di pelle nero con delle parole in enocchiano incise lateralmente: lo ha scritto lì. Leggilo e sforzati di capire. Mi farò viva io quando sarà il momento". 
Abby la vide voltarsi e fare qualche passo avanti verso la riva, ma sgranò gli occhi e le corse dietro mentre un forte vento minaccioso iniziò ad alzarsi e a scompigliarle i capelli. "Aspetta. Perché hai avvertito mio padre su di me?". 
Anael si voltò in maniera paziente verso di lei, sollevando un sopracciglio e respirando leggermente, ed Abby pensò che sembrasse una dama di corte ottocentesca per via della sua postura e per i suoi modi nobili di parlare. "Perché la tua anima non si è incarnata solamente in Syria, ma hai avuto altre vite nel corso dei secoli. E sei migliorata così tanto in tutto questo tempo per trovarti qui e adesso, per poter compiere ciò in cui Syria non è riuscita". 
"Ma di che stai parlando?" chiese Abby aggrottando le sopracciglia e facendo davvero fatica a seguire i suoi ragionamenti, tanto da massaggiarsi le tempie mentre un forte mal di testa la colse all'improvviso. 
Anael si guardò attorno con aria improvvisamente seria e preoccupata, e sgranò gli occhi per poi afferrarle un polso con forza per strattonarla, mettendo su una voce perentoria che quasi la fece tremare. "Non siamo più al sicuro qui, devo andare. Devi leggere quel libro Abby, ti prometto che veglierò su di te come vegliavo su tuo padre, ma adesso vai!". 
Il modo in cui l'angelo la spinse indietro, non la spaventò nonostante il vento forte che si fosse sollevato ed il cielo che fosse diventato nero tutto d'un tratto. 
Ma quello spintone le fu sufficiente per mandare via la ragazza dal sogno che avesse costruito per parlarle in privato, facendola risvegliare però con un grande spavento. 
Abby spalancò gli occhi nel buio della stanza e sussultò forte, sollevandosi e mettendosi seduta, portando con sé anche il ragazzo che fosse ancora avvinghiato a lei sul letto, finendo per svegliarlo bruscamente. 
"Che c'è? Che è successo?". 
Dean scattò in piedi ed allungò una mano per accendere la luce della lampada sul comodino e si guardò attorno estraendo la sua pistola molto velocemente dalla sua giacca, puntandola in tutte le direzioni per colpire qualunque fosse la presenza che li avesse svegliati in quel modo, ma poi puntò gli occhi su Abby e sgranò gli occhi; teneva gli occhi spalancati, seduta ancora sul letto con entrambe le mani sul petto, mentre sentiva il cuore battere forte nel petto per lo spavento. 
Si mosse per calmare il suo respiro ed il suo cuore, ma una fastidiosa fitta al polso sinistro la fece sussultare e quando sollevò la mancia della maglia che indossasse, notò un livido violaceo che le si fosse formato proprio nel punto in cui Anael l'avesse afferrata, combaciando con l'impronta della sua mano. 
Sentí Dean avvicinarsi e guardare quel livido con aria confusa, sollevandole il braccio per osservarlo meglio senza capacitarsi su come se lo fosse procurato, quando Abby si ritrasse dal suo tocco e lo guardò seria. "Devo tornare a casa, adesso".

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Capitolo 25
*** Capitolo 21. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 21.



Canticchiò le parole della canzone che la sua preziosa auto avesse iniziato a diffondere nell'abitacolo, mentre la pioggia ed il buio della strada illuminata unicamente dai suoi fari e da quelle delle altre macchine fossero le sue uniche compagne di viaggio di quella notte. Spostò lo sguardo sul suo fratellino, che dormisse malamente sul sedile del passeggero accanto a sé, e Dean accennò un piccolo sorriso nel vedere quell'omone grande e grosso tutto rannicchiato su se stesso, che si sarebbe svegliato con un gran mal di schiena. 
Dean aveva seguito il consiglio di Abby e aveva chiamato Sam dopo aver passato la notte con lei fra le sue braccia, che gli disse che avesse solamente bisogno di rimettere le cose a posto con il suo fratellino per stare meglio: in fondo era proprio così, erano sempre stati loro due contro il mondo e adesso che Sam aveva iniziato il cammino della redenzione non lo avrebbe lasciato da solo. 
Dean aveva incontrato Sam in una tavola calda e avevano iniziato a discutere su tutti i loro problemi e sul modo errato in cui li avessero affrontati, chiarendo in principio che se suo fratello avesse davvero voluto tornare insieme a lui avrebbero dovuto lasciarsi tutte le azioni negative alle spalle per ricominciare da capo: Ruby, la sua dipendenza dal sangue, ciò che fosse successo con Abby. 
Dean pronunciò in maniera molto difficile quelle tre parole, io ti perdono, che fecero spuntare un grosso sorriso sul volto di Sam, dicendogli chiaramente che avesse intenzione di ripartire. Insieme. Uniti come sempre contro tutti quei figli di puttana di demoni, angeli e arcangeli che avrebbero voluto fare un giro nella sua pelle. 
Avevano iniziato a cacciare nuovamente insieme, ma a Dean veniva troppo difficile e pesante non guardare Sam con l'aria preoccupata ogni qualvolta lo vedesse avvicinarsi ad un demone con il coltello curdo, perché per quanto si sforzasse la paura che Sam ci ricascasse era sempre latente dentro di lui. 
Scosse la testa e sospirò, tornando a guardare la strada davanti a sé ed accennando una sorta di sorriso verso la strada, perché si sentiva nuovamente completo e carico di energia per punire gli stronzi che avevano deciso di distruggere il pianeta sbagliato. 
Ma nonostante tutto Dean continuava a sentirsi un uomo a metà, con ancora una grossa voragine nel petto che divorasse ogni piccola possibilità di felicità, perché sentiva ancora la terribile mancanza di qualcuno nella sua vita. 
Il telefono squillò nella sua tasca e lo fece quasi sobbalzare, afferrandolo in modo maldestro dalla tasca della sua giacca facendo sbandare leggermente l'auto, guadagnandosi un colpo di clacson da parte dell'autista della corsia opposta, che Dean mandò al diavolo con un'imprecazione molto colorita proprio mentre rispondeva al telefono. 
Dean sentí la ragazza all'altro capo del telefono ridacchiare di gusto non appena lo mise all'orecchio, avendo appena udito la sua espressione colorita verso il conducente della macchina che gli fosse appena passata accanto. "Anche io sono felice di sentirti". 
"Scusa, non volevo che lo sentissi". 
Dean sorrise di gusto e sospirò, sentendo il cuore che iniziasse nuovamente a battere veloce solamente con il suono della sua voce, ed ebbe paura dentro di sé che ci stesse ricascando e che si stesse legando nuovamente ad Abby in quella maniera che gli faceva venire le farfalle nello stomaco e lo facesse sorridere a dismisura senza neanche riuscire a controllarsi. Che lo facesse sentire completo ed a casa. 
"Ci sono abituata, vivo da due settimane a stretto contatto con Bobby: non c'è alcuna espressione che mi sconvolga". 
Abby ridacchiò ancora e Dean perse qualche battito, ritrovandosi a pensare che quelle due settimane in giro per il paese senza poterla vedere fossero sufficienti: per questo stava guidando a tutta velocità verso Sioux Falls dopo aver collezionato ben due ore di sonno  solamente per farle una sorpresa e per portarle dal Wisconsin quelle ciambelle glassate che le piacevano tanto. 
"Come sta andando la ricerca?". 
"Mmh Bobby ha finito tutto l'alcol ed è uscito a fare rifornimento, perché da sobrio non riesce proprio a guardare quel libro". 
Dean la sentí bere qualche sorso di qualcosa, probabilmente di birra dato che riconobbe il suono della bottiglia che urtasse il tavolo della cucina, ed avvertí anche la stanchezza nella sua voce, pensando che lei e Bobby stessero facendo una full immersion in qualcosa che non riuscissero neanche a capire solamente perché un angelo le fosse apparso in sogno chiedendole di farlo. "Beh se era così importante, la tua amica Anael avrebbe potuto darti un manuale per tradurlo". 
"Dean.."
"Dico solo che se è davvero importante e questo angelo veglia su di te, potrebbe almeno degnarsi di darti una mano".
Abby sbuffò sonoramente e rise di gusto, probabilmente come reazione alla stanchezza, e Dean la sentí far scoccare la lingua nella sua bocca, segno che avesse qualcosa da chiedere ma che non volesse risultare un peso, così sorrise e l'anticipò. "Vuoi che venga a darti una mano?". 
"Speravo che me lo chiedessi". 
Dean si ritrovò a sorridere, ma non voleva che Sam potesse svegliarsi ed udire quella conversazione, o che Abby potesse avvertire la felicità nella sua voce, così si schiarí la voce e sospirò limitandosi ad essere molto vago. "Non lo so ragazzina: io e Sam abbiamo appena concluso un caso e andremo in motel a riposare almeno fino a domani mattina, quindi non penso che..". 
"Oh, non preoccuparti. Io e Bobby ce la sbrigheremo da soli. Ti lascio raggiungere il tuo motel allora, buonanotte Dean". 
Sentí la delusione nella sua voce e quasi si pentí di non averle detto la verità, ma nulla avrebbe ripagato il sorriso sul suo volto e la sorpresa di averlo lì; così spinse il piede sull'acceleratore ancora più a fondo dato che mancava solamente l'ultima ora di viaggio e sarebbe stato da lei. 
 
 
 
La luce accesa nel buio della notte gli permisero di vedere all'interno del soggiorno di Bobby, dove lui ed il fratello salutarono il cacciatore più anziano seduto alla scrivania e videro Abby rannicchiata sul divano con ancora un libro aperto fra le mani. 
Dean sorrise ed istintivamente si chinò su di lei per sollevarla con delicatezza, permettendole di rannicchiarsi sul suo petto; la sentí muoversi scomoda, ma non svegliarsi contro il suo petto e la strinse forte mentre si dirigeva nella camera da letto al piano di sopra. 
Aprí la porta con un calcio e producendo un forte tonfo, entrando nella stanza a tentoni ed al buio, sforzandosi di tenere in equilibrio Abby che avesse deciso di iniziare a muoversi nel sonno proprio in quel momento.
La stese sul letto ed afferrò una pesante coperta dall'armadio per stenderla sulla ragazza e scaldarla, e presto Dean la vide tornare a rannicchiarsi su se stessa sotto le coperte; Dean sorrise e le baciò in fretta la fronte, togliendosi la giacca e mettendogliela addosso per farla sentire più al sicuro e più al caldo. 
Uscì silenziosamente dalla stanza e scese al piano di sotto sorridendo, trovando però Bobby e Sam con aria piuttosto seria sul viso, tanto da far scemare l'espressione sul suo viso. 
"Che c'è adesso?". 
Notò il loro volto serio e tirato, e presto Dean scorse l'angelo in trenchcoat avvicinarsi nella sua direzione con la stessa maschera di austerità degli altri due uomini e sospirò. "Ho trovato la Colt". 

 
Prese un lungo sorso di birra e guardò per un momento parte della sua famiglia riunita nel salotto di Bobby, tutti intenti a scacciare il pensiero la missione che avrebbero dovuto compiere tutti insieme l'indomani. Abby non aveva la più pallida idea di ciò che sarebbe successo o se qualcuno di loro sarebbe riuscito a sopravvivere al faccia al faccia con il diavolo. 
Avevano recuperato la Colt da un demone di nome Crowley, il re degli incroci, che l'aveva ceduta loro ordinandogli di non fallire nel sparare in testa a Lucifer, altrimenti sarebbero stati tutti morti e lui sarebbe stato il primo ricercato che satana avrebbe distrutto una volta che avrebbe capito da chi provenisse la Colt. 
Abby aveva scritto due lunghe lettere per i suoi fratelli, che aveva già spedito senza farsi vedere dagli altri: Dan e Silver avrebbero dovuto sapere come proteggersi dall'imminente apocalisse che sarebbe piombata nel mondi se loro non ce l'avessero fatta e meritavano una spiegazione, nel caso lei fosse morta. 
Se ne stava in cucina ad osservare la sua famiglia di cacciatori bere birra e super alcolici, e sentí Jo ed Ellen ridere dopo aver fatto bere un'enorme quantità di Whisky a Castiel, che però sembrò non essere neanche brillo. Un sorriso amaro le increspò le labbra: non avrebbe rimpianto nulla della sua vita se fosse morta il giorno dopo.
Nulla.
Eccetto una sola cosa, un atto di codardia che le pulsava nel petto e che avrebbe tanto voluto esternare ad una persona in particolare. 
Sospirò e si diresse fuori dalla porta di servizio della cucina in silenzio per non disturbare nessuno, e fece qualche passo ritrovandosi nell'esatto punto in cui Sam l'avesse catturata qualche mese prima. Non ce l'aveva mai avuta con lui, sapeva che quello che l'avesse colpita non fosse davvero Sam, ma che avesse agito così unicamente per via del sangue demoniaco con cui Ruby l'avesse drogato. 
Si appoggiò al cofano dell'Impala e vi salí con le natiche, appoggiando i piedi sulla ruota mentre prendeva un altro sorso di birra, guardando il cielo stellato e pensando alla conversazione che avesse avuto qualche ora prima con Castiel. Si era avvicinata timidamente a lui, mordendosi il labbro e guardando con aria nervosa, perché aveva una cosa davvero importante, almeno per lei. 
"Non ci girerò attorno, quindi andrò dritta al punto: cosa sai di Anael?". 
Lo aveva visto aggrottare le sopracciglia e distogliere lo sguardo per qualche istante per chissà quale strano motivo, ma poi le aveva sorriso ed aveva annuito: le parlò di lei, spendendo delle parole davvero belle sulla sorella che non conoscesse direttamente ma di cui aveva sempre sentito parlare. 
Era l'angelo che vegliava su suo padre e a cui aveva fornito numerose informazioni su chi fosse davvero Abby e su come fermare il suo sangue demoniaco. 
Castiel inoltre si era complimentato con Abby, perché era fiero del fatto che lei non avesse mai ceduto al richiamo del male, segno che la sua elevata spiritualità avesse dato degli esiti positivi. 
Ma Abby parve non apprezzare, perché nonostante le numerose persone che avesse salvato e il male che avesse fermato nell'arco della sua giovane vita, si sentiva ancora molto in colpa per ciò che avesse fatto quando portava il nome di Syria e avrebbe fatto di tutto per rimediare. 
"Puoi aiutarmi a tradurre il libro?" gli aveva chiesto, prendendolo dalla scrivania di Bobby e porgendoglielo. "Sempre se riusciremo a sopravvivere a domani". 
Castiel aggrottò le sopracciglia e la guardò con una strana espressione, come se capisse ciò che ci fosse scritto ma fosse molto riluttante a rivelarle la verità. Si era limitato ad annuire ed a richiudere il libro sulla scrivania, andando via con aria ancora titubante e lasciandola da sola dichiarando chiusa la conversazione. 
Sospirò e prese un'altra boccata di birra, distendendosi sul cofano e guardando quell'ammasso di pianeti e stelli che brillavano nel buio della notte. 
"È la nostra ultima notte sulla terra!" aveva sentito dire a qualcuno dei cacciatori, mentre si trovava ancora nella cucina ed Abby sapeva che se fosse morta, avrebbe portato con lei un grosso rimpianto. 
Ma non aveva tempo per risolvere la sua questione in sospeso e forse neanche voglia: sapeva che quella stronzata sul perdono che Dean avesse propinato a suo fratello non la riguardasse, nonostante al suo risveglio quella mattina avesse trovato il suo cibo preferito del Wisconsin che solamente Dean avrebbe potuto guidare per tutta la notte pur di raggiungerla solamente per portargliele. 
Continuava a vedere quello scudo che Dean indossasse ogni volta che la guardasse o le parlasse, e sapeva bene perché: lo aveva troppo ferito e lui aveva smesso di provare per lei ciò che provasse prima di finire all'inferno, sopprimendo i suoi sentimenti. 
Ma Abby no, lei li sentiva ancora pulsare dentro di sé ed era proprio questo il rimpianto che si sarebbe portato nella tomba; bevve un altro sorso di birra e poi la lasciò scivolare a terra ormai vuota, mettendo un braccio dietro la testa per stare comoda.
Se non altro avrebbe rivisto suo padre, se l'indomani fosse morta. 
"Che fai qui tutta sola? E sulla mia macchina?". 
Abby si sollevò di scatto e sgranò gli occhi, sorridendo imbarazzata perché Dean la colse proprio sul fatto, e si mise seduta mentre lo guardava con aria divertita. "Mi hai beccata..". 
Dean si avvicinò in silenzio, sostenendo il suo sguardo con un piccolo sorriso sul viso, appoggiandosi con la schiena alla fiancata della sua auto, avvicinandosi a lei. "Allora, perché sei uscita? Pensavo che volessi passare gli ultimi momenti insieme agli altri".
Abby sospirò e si morse il labbro, voltandosi verso il ragazzo con sorriso più spento rispetto a prima e fece spallucce. "Volevo stare qui: guardare il cielo, bere qualche birra in pace".
Dean guardò il suo viso in silenzio ed ascoltò le sue parole per poi annuire brevemente e distogliere lo sguardo. Si era accorto subito della sua assenza dentro casa e l'aveva vista salire sul cofano della sua auto dalla finestra della cucina, osservandola guardare il cielo mentre un forte senso di malinconia gli invase il cuore. 
Era uscito silenziosamente mentre la osservava sdraiata completamente sul cofano ed aveva iniziato a chiedersi cosa sarebbe successo se l'indomani fossero morti: Dean non aveva alcuna paura o alcuna questione irrisolta, tranne che con Abby. 
Di certo la ragazza non avrebbe potuto sapere che aveva guidato tutta la notte per raggiungerla non solo per portarle delle stupide ciambelle: aveva corso così tanto per vederla e probabilmente manifestarle ciò che non avesse avuto il tempo di manifestare come invece fosse riuscito a fare con il fratello. 
Tornò a guardarla e sentí il cuore battere forte nel petto ed osservò la sua mascella contratta ed il modo in cui si torturasse le mani per il nervosismo, come se stesse pensando anche lei a qualcosa di importante e difficile da dire. Così Dean si fece coraggio, si schiarí la gola ed iniziò a parlarle guardandola dritta negli occhi. 
"Senti Abby, devo dirti una cosa. In realtà sono tornato da Bobby ieri proprio per questo: volevo parlarti senza fretta ma adesso non so neanche se domani sera saremo vivi e non voglio morire con questo peso dentro. Quindi Abby voglio che tu sappia che..". 
"Io ti amo..".
Tre semplici parole uscirono dalla bocca di Abby, che sgranò gli occhi e si portò le mani alla bocca, sorpresa quanto lui di aver interrotto il suo discorso proprio con quella rivelazione. La ragazza rise di gusto probabilmente per il nervosismo e lo guardò con lo sguardo più sereno che potesse avere, e sospirò velocemente. "Dio, ho impiegato così tanto tempo per dirtelo, ma ci sono finalmente riuscita: ti amo. Ho provato a chiudere questo sentimento dentro di me per tutto questo tempo perché mi faceva sentire vulnerabile e fragile, l'ho represso perché avevo paura di perderti, e poi ti ho perso e ha fatto un male cane perché non ero riuscita a dirtelo. E poi sei tornato dall'inferno e continuavo a sentirlo, lo sentivo così tanto che il cuore mi è quasi esploso quando ti ho visto al motel, ma neanche in quel momento sono riuscita a dirtelo. Non potevo. Ma questo amore era sempre qui, dentro di me e non c'è niente che io possa fare per smettere di amarti. E lo so che sei arrabbiato e che probabilmente non lo supererai mai, ma domani potremmo non esserci e volevo solamente che tu sapessi che sei l'unica persona che io abbia mai amato in modo così incondizionato. Sono totalmente e assolutamente ancora innamorata di te, Dean".
Dean rimase a guardarla con la bocca dischiusa, l'espressione frastornata dal fiume in piena delle sue parole e dalla sua voce incrinata dall'emozione ma felice, e la osservò scendere dall'auto mentre gli sorrideva e faceva un grosso respiro profondo. "Wow, mi sento così leggera ad avertelo detto e sono così felice che potrei continuare a parlare per ore!". 
Il ragazzo curvò le labbra in un sorriso e la guardò così raggiante dalle felicità, così particolarmente entusiasta di ciò che gli avesse appena rivelato: Dean sapeva quanto fosse difficile per lei esternare i suoi sentimenti, un po com'era sempre stato anche per lui, e si morse il labbro con nervosismo mentre la vedeva muoversi sul posto con aria più serena. Rise di gusto e scosse la testa, perché se l'era immaginato in modo molto diverso, ma Abby riusciva sempre a sorprenderlo. 
"Io beh.. Ero venuto a dirti che.. Non ce l'ho mai avuta con te o con Sam. Io ero morto e non è stata colpa vostra".
Abby lo ascoltò parlare ed annuí, accennando un sorriso e infilando le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans neri attillati, guardandolo con aria un po più seria. Sapeva quanto gli fosse costato uscire fuori e pronunciare quelle parole, e fu così felice di sapere che lui l'avesse alla fine perdonata. "Grazie Dean. Sono davvero contenta". 
I loro sguardi si incastrarono in quel modo unico in cui solamente loro due sapevano fare e divenne molto difficile mandare giù quel forte nodo che si fosse stabilizzato in gola ad entrambi; Abby sentí il cuore battere fin troppo forte nel petto e sorrise imbarazzata, mordendosi la lingua e voltandosi brevemente verso la casa da cui riusciva ancora a sentire le risate della sua famiglia. "Gli altri si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto, dovremmo rientrare". 
Dean fece un passo avanti come una molla e la guardò negli occhi perché non aveva finito di esprimere ciò che realmente sentisse, e aveva paura che quel momento solamente loro potesse finire troppo presto: sentiva ancora quel sentimento nel suo petto anche lui, il cuore che batteva forte ed il respiro che divenne sempre più irregolare. "Aspetta!". 
Le afferrò il polso sinistro per impedirle di allontanarsi e vide il suo sguardo un po deluso e un po impaurito per ciò che stesse facendo, ma Abby non si mosse: guardò prima la sua mano serrata attorno al suo piccolo polso e poi i suoi grandi occhi verdi che anche nel buio della notte risplendevano. 
Rimase sorpresa quando non vi trovò alcuna barriera, alcuno scudo tirato su e frapposto fra di loro per difendersi, e dopo tanto tempo Dean le permise di vedere cosa stese davvero pensando e cosa ci fosse dentro di lui. 
"Aspetta Abby, io non ho finito di dirti.." sussurrò Dean a tono più basso, facendo un passo avanti con lo sguardo fisso sul pavimento terroso. La ragazza ebbe la sensazione di averlo visto tremare appena e fu sicura che non fosse per la brezza della sera. 
Abby aggrottò le sopracciglia e guardò il suo viso appena barbuto accigliato: lo vide chiudere gli occhi e stringerli forte perché probabilmente doveva esserci una grande guerra dentro di sé, nonostante non capisse perché. Avrebbe voluto chiedergli cosa ci fosse che non andasse, ma restò in silenzio e gli diede il suo tempo, fin quando lo vide alzare il viso e guardarla finalmente negli occhi: lo sguardo sereno e libero, era tornato a guardarla nello stesso modo con cui facesse molto tempo prima con le labbra piegate in un sorriso. 
Dean le afferrò anche l'altra mano e l'avvicinò ancora di più a sé, fino ad arrivare a poche spanne dal suo viso, e la guardò molto intensamente mentre il cuore continuò a battergli molto forte nel petto. 
"Quello che voglio che tu sappia veramente è che non è cambiato niente per me, ragazzina.." sussurrò il ragazzo sorridendo ed annuendo, osservando i suoi occhi azzurri così confusi e sorpresi, che gli fece tenerezza ancora più del solito. "Come hai potuto pensare che io non ti amassi più? Io.. Io ti amo, Abby. Ti amo nello stesso modo in cui.. In cui ti ho sempre amata. Sin dal primo pugno che mi hai dato fuori dalla Road House quando hai pensato che stessi rubando dalla tua auto, io.. ti amo". 
Abby dischiuse le labbra e lo guardò con aria seria, perché le sue parole la sorpresero non poco: era passato più di un anno da quando Dean fosse tornato dall'inferno, più di un anno da quando avessero smesso di stare insieme. E ormai si era convinta che non ci fosse alcun modo per tornare a stare insieme, alcun modo per tornare ad avere quel rapporto che avevano prima. Pensava si fosse distrutto completamente e si era rassegnata. 
Ma adesso che lo guardava negli occhi sinceri e limpidi, più leggeri come i suoi per essersi finalmente chiariti ed essersi detti finalmente la verità guardandosi negli occhi, non riuscì a credere che potesse essere vero. 
Annullò la distanza fra di loro e gli gettò le braccia al collo, sollevandosi sulle punte per raggiungere le sue labbra e fece collimare le loro labbra. Lo baciò con calma e dolcezza, come se potessero avere tutta una vita intera davanti, e sentí le sue braccia possenti stringerle la schiena ed i fianchi, sollevandola di peso per sentirla più vicina. 
La spostò contro la fiancata della sua auto e continuò a baciarla con dolcezza, ma ben presto quel bacio si trasformò in qualcosa di più passionale e intimo; si staccarono per riprendere aria e si guardarono negli occhi con respiro affannoso, sorridendosi teneramente. 
Abby fece scivolare la mano dietro di sé, toccando la fiancata dell'Impala fino a raggiungere la maniglia, e Dean le sorrise audacemente: l'agganciò di nuovo dai fianchi e aprí lo sportello velocemente, facendola entrare per prima per più raggiungerla e chiudere la portiera dietro di sé, prima di cercare nuovamente le sue labbra. 
Dean aveva sentito la sua mancanza senza ombra di dubbio e adesso che era nuovamente e finalmente sua, non avrebbe permesso più a niente e nessuno di portargliela via. 
 
 

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Capitolo 26
*** Capitolo 22. ***


HUNTER'S LEGACIES 
Capitolo 22. 
 
 
 
"Siamo realisti: non posso camminare, né sparare a quei figli di puttana che sono lì fuori; le mie budella sono tenute insieme da delle vecchie pezze sporche. Costruire una barella per portarmi via da questo posto non servirà a tenermi in vita. Ma posso uccidere quei cani rabbiosi dall'interno: abbiamo il propano, il sale ed i chiodi. Tutto quello che ci serve per fare una bomba". 
Abby ascoltò la sua amica ferita e distesa a terra sul pavimento del ferramenta nel quale si fossero rifugiati dopo essere scappati dai cerberi di Meg e scambiò un'occhiata con Ellen con aria confusa: era sul punto di chiedere come avrebbe potuto azionare le bombe senza morire, quando realizzò immediatamente quale fosse l'idea geniale che Jo avesse appena avuto. 
La guardò in faccia con aria furiosa, mentre ancora le stringesse la mano e fosse seduta sui talloni accanto a lei, ed avrebbe da lì a poco iniziato ad alzare la voce per esporle l'unico grande problema del suo favoloso piano, ovvero la sua morte, quando Jo le sorrise debolmente, muovendo il viso pallido nella sua direzione. 
"Sto morendo Abby, lascia che la mia morte abbia un senso. Ti prego".
Le parole giunsero alle sue orecchie in maniera ovattata e non si rese neanche conto del tempo che trascorresse e di come Sam e Dean avessero terminato di preparare tutte le bombe necessarie per far saltare in aria quel posto, ma rimase a guardare Jo negli occhi: i suoi occhi marroni così tristi che urlavano che non voleva che andasse a finire così, che non voleva morire così presto e che avrebbe dovuto avere tutta la vita davanti. 
Il viso pallido e schizzato dal suo stesso sangue nel momento in cui il cerbero avesse affondato i suoi artigli dentro di lei, ed Abby sapeva che non avrebbe mai scordato le sue urla di dolore. 
Erano sempre state molto unite come due vere sorelle e nonostante avessero sempre alternato dei momenti di odio a dei momenti d'amore, Jo ed Abby si sarebbero sempre volute un bene dell'anima. 
Per quanto si sforzasse, Abby sapeva in cuor suo che non avrebbe potuto fare niente per salvare la sua amica, che probabilmente solamente una sala operatoria l'avrebbe potuta salvare. 
L'aveva vista perdere troppo sangue e vedeva il modo in cui stesse diventando sempre più debole, fino al momento in cui si sarebbe spenta. 
Si chinò con gli occhi pieni di lacrime per darle un amorevole bacio sulla fronte e le strinse la mano forte, sentendo la sua stretta affievolirsi sempre più e ciò le faceva troppo male. 
Abby e Jo avevano sempre fatto tutto insieme fin dall'infanzia e per un periodo riuscirono anche ad andare a scuola insieme; Abby annuí e si sedette accanto a lei con le guance rigate dalle lacrime, perché c'era un'ultima cosa che avrebbero potuto fare insieme. 
"Che stai facendo, Abby?" chiese Jo con voce flebile iniziando a tossire e respirando lentamente, attirando l'attenzione dei due cacciatori che stavano finendo di posizionare le bombe artigianali in giro per il negozio. 
"Non puoi farlo da sola. Resterò qui con te Jo, come sempre".
Abby la guardò sorridendo sinceramente mentre il bene che provasse per lei fosse così forte da farle compiere un gesto simile, e cercò di tranquillizzarla con lo sguardo. 
"No, no, no. Devi andare con loro, subito!". 
Ma Abby scosse la testa e sentí altre lacrime scendere sul suo viso, distogliendo lo sguardo e guardando dritto davanti a sé: badò bene a non incrociare lo sguardo senza parole di Sam e quello pesante di Dean, che rimase immobilizzato a guardare quella scena, sentendo gli occhi velarsi di lacrime. "No, no, no, ti prego no". 
Jo sollevò lo sguardo prima verso sua madre, che si sforzò di sorridere mentre il cuore le si spezzava per il dolore, e poi guardò Dean negli occhi supplicandolo con lo sguardo di intervenire. "Portala via, per favore". 
La voce di Jo fece spaventare molto Abby, che capì che non ci fosse più tempo e Jo stesse per andarsene da un momento all'altro, ma la ragazza scosse la testa e le strinse forte la mano. "Andatevene. Tutti. Resto io con Jo". 
Jo si sforzò di tirarsi un po' più dritta e la guardò negli occhi con un sorriso tenero, stringendole più forte la mano e sorridendole con aria serena e in pace. "Sei la mia migliore amica, mia sorella. Guardami Abby: io ti voglio così tanto bene e so che questo ti farà molto male e mi dispiace, ma devi andare. La tua vita non finirà qui, oggi e per colpa mia: andate a fare il culo al diavolo". 
Abby continuò a guardarla con la convinzione che non l'avrebbe mai lasciata andare, quando non ebbe neanche il tempo di capire cosa o chi l'avesse afferrata passandole un braccio attorno ai fianchi, tirandola su dalla vita ed afferrandola con forza. Si dimenò e divenne difficile per Dean e per Sam trattenerla, perché Abby iniziò ad aggrapparsi a qualsiasi cosa che le permettesse di opporre resistenza alla forza delle quattro braccia su di sé, ma i due ragazzi riuscirono a trascinarla fuori dal ferramenta con forza, sentendola piangere e urlare di lasciarla andare. 
Continuarono a trascinarla anche per la strada deserta della città del Missouri, affaticandosi talmente tanto che caddero tutti e tre rovinosamente a terra, quando una forte esplosione gli fermò il respiro mentre guardavano quella grande nuvola rossa distruggere i vetri del negozio e trasformarsi piano piano in un incendio scuro.
Non c'era più niente da fare: Jo era morta ed Ellen aveva deciso di rimanere con sua figlia. 
Abby sentí il cuore spezzarsi ancora di più di quanto pensasse e afferrò la maglia del maggiore che la stesse stringendo più forte a sé, per proteggerla con le braccia da ciò che l'esplosione avrebbe potuto scagliarle contro, ed iniziò a piangere senza controllo mentre il suo stomaco si rivoltava dentro di lei. "Calmati ragazzina. Respira, devi calmarti: non è ancora finita". 
 
 
 
 
"Dimmi ancora di no". 
Il sorriso beffardo, il tono pieno di sarcasmo, la risata malvagia. 
Abby riuscì a percepire solamente questo, mentre le mani del tramite di Lucifer la tenevano immobilizzata dal viso, bloccando la sua schiena contro il proprio petto.
La sua presa era davvero forte, tanto che pensava che la sua mandibola si sarebbe sbriciolata da un momento all'altro, mentre con aria spavalda Lucifer guardava Sam negli occhi situato a pochi passi da lui in quella collina, mentre tutti gli abitanti della città erano radunati lì attorno posseduti dai demoni. 
Bobby era riuscito telefonicamente a fornire loro il luogo preciso in cui si trovasse Lucifer ed anche il perché: la città traboccava di mietitori proprio perché stava per risorgere Morte, il secondo cavaliere dell'Apocalisse, e tutti gli abitanti della città posseduti sarebbero stati utilizzati come tributo. 
Non appena i tre cacciatori superstiti erano arrivati a Lucifer, Dean era riuscito a sparargli un colpo in testa con la Colt, ma ciò si era rivelato essere un buco nell'acqua perché l'arcangelo si era rialzato sorridendo fieramente, del tutto incolume dal proiettile che fosse ancora nella sua testa. 
Lucifer aveva scaraventato Dean contro un albero come se fosse fatto di gommapiuma e poi si concentrò su Sam, intimandogli di dirgli si o avrebbe ucciso Abby sotto i suoi occhi. 
La ragazza scambiò una lunga occhiata con Sam mentre ancora Lucifer la tenesse ferma e stretta a sé, cercando di tranquillizzarlo e di continuare a dirgli di no, ma iniziò a percepire della titubanza nello sguardo preoccupato del ragazzo. "Sta tranquillo Sam: lui non può uccidermi". 
Lucifer rise di gusto e si sporse avanti appena per guardarla in faccia, ma poi la girò con forza facendola gemere di dolore, e l'avvicinò al suo viso per guardarla meglio. "E perché non dovrei farlo?". 
Abby osservò i suoi occhi cambiare di colore e scintillare di rosso, ed ebbe una sorta di dejavu, rivedendo le stesse immagini passargli davanti agli occhi che avesse visto quando Pamela l'avesse ipnotizzata. 
I suoi occhi rossi erano tremendamente furiosi e le avrebbero dovuto incutere paura, ma qualcosa dentro di lei le diceva che non sarebbe accaduto nulla di grave. 
Che Lucifer non le avrebbe fatto del male. 
Così Abby deglutí a vuoto e continuò a guardarlo negli occhi, dando ascolto a quella parte di sé che credeva sopita da secoli. "Perché mi ami ancora, perché ti sei ribellato per me. Per Syria".
Continuò a non provare paura neanche quando l'Arcangelo strinse di più la presa sul suo collo e se la portò ancora più vicina per osservarla meglio, ma Abby mantenne la calma e guardò la sua espressione diventare sempre più arrabbiata. 
"Più di mille anni chiuso dentro ad una gabbia, possono modificare il tuo punto di vista sull'amore. E poi tu non sei Syria: il tuo sguardo non è innocente come il suo". 
Abby deglutí a fatica ma non espresse neanche un gemito di dolore, nonostante la sua prese le facesse molto male, e lentamente risalí il suo corpo con le dita fino a giungere alle sue mani, stringendogli i polsi con forza, mentre decideva che bluffare fosse l'unico modo per uscire da quella situazione. "Se tu mi uccidi, perderai anche la tua possibilità di parlare con Syria per sempre". 
Lucifer rimase a fissarla per qualche istante con aria arrabbiata, ma i suoi occhi smisero di scintillare di rosso e parve calmarsi, per quanto fosse possibile per lui.
La guardò a lungo e rimase in silenzio mentre scrutava nei suoi occhi alla ricerca di qualcosa di familiare che derivasse da Syria. 
Poi Lucifer rise di gusto, rise così tanto che dovette piegarsi in due su se stesso e lasciò la presa sulla ragazza, facendola cadere rovinosamente a terra: Abby lo guardò ad occhi sgranati e le sembrò che fosse completamente pazzo e fuori di testa. 
Lucifer continuò a ridere sguaiatamente ed Abby guardò Sam con aria confusa, non sapendo davvero cosa fare o come comportarsi davanti a quella reazione così strana e imprevedibile; si allontanò velocemente per raggiungere il minore dei Winchester mentre osservava Dean iniziare a riprendere conoscenza. 
Ma Lucifer non fece più caso a loro, e tornò a scavare la fossa nel terreno dalla quale sarebbe uscito Morte. 
La ragazza sentí una mano poggiarsi sulla spalla destra e immediatamente si voltò pronta ad attaccare pensando che si trattasse di un demone, ma Anael si palesò al suo fianco e le sorrise teneramente e le intimò di fare silenzio. Lo sguardo di Abby corse verso Sam, che nel frattempo avesse raggiunto Dean sotto l'albero, e si tranquillizzò quando alle sue spalle vide Castiel. 
"Non temete ragazzi: potete andare. Il grande giorno in cui mi insiederò dentro Sam non è questo, ma sarà a Detroit" disse Lucifer dando loro le spalle senza minimamente curarsi di loro, divenendo serio e continuando a scavare quella grande fossa. "Ma ci rivedremo e la prossima volta, io e Syria ci faremo un luuungo giro da soli". 
Anael e Castiel si scambiarono uno sguardo eloquente e in men che non si dica salvarono i tre cacciatori e li portarono via da quel luogo per metterli al sicuro. 
 
 
 
Il silenzio rieccheggiava nel salotto di Bobby, mentre i cacciatori erano ancora scossi per le perdite che avessero subito quel giorno e per il fatto che il diavolo non fosse morto secondo il loro piano. 
Era stato tutto un grosso fiasco: non avevano ucciso Lucifer e Jo ed Ellen erano morte. 
Bevverro un'intera bottiglia di Scotch, che divisa in quattro non riuscì neanche ad alleviare le loro sofferenze; Sam sospirò e guardò Bobby con lo sguardo basso e aria distrutta, mentre Abby teneva le braccia serrate attorno alle gambe ed il mento appoggiato alle ginocchia, lo sguardo si perdeva nel vuoto e Dean di tanto in tanto le passava una mano sua schiena per darle conforto. 
Castiel stava seduto sul divano, visibilmente in imbarazzo accanto ad Anael tanto che rimase teso ed impalato a fissarla e quando Dean se ne accorse, si fece scappare un risolino, pensando a quando Castiel gli avesse detto di non aver mai avuto occasione di fare sesso fra le nuvole. Non doveva mai averci provato neanche con una delle sue sorelle, probabilmente. 
Così guerriero in battaglia, ma così coniglio accanto ad una donna pensò il maggiore sorridendo e sospirando rumorosamente, cercando di sdrammatizzare quella situazione così spiacevole e devastante. 
Anael se ne stava seduta a sfogliare le pagine del libro di pelle nera di Abby ed aggrottò le sopracciglia osservando quella calligrafia che lei non conoscesse e che non capisse, e presto spezzò il silenzio attirando l'attenzione di tutti i cacciatori. "Non ho la più pallida idea di ciò che ci sia scritto qui". 
I quattro cacciatori si voltarono verso di lei ed Abby si asciugò preventivamente due lacrime che stessero per fare capolinea dagli occhi mentre pensava alla sua migliora amica ed a sua madre, e si sollevò le maniche di quell'enorme felpa che Dean le avesse prestato e che le arrivasse fin sotto al sedere. "Ma hai detto di averlo dettato tu a mio padre".
"Io ho solamente dato a Jack un foglio con su scritto un incantesimo che avevo ottenuto in modo non proprio onesto da uno sciamano del Timbuktu; pensavo che Jack lo avesse riportato qui su questo libro, ma sembra che lui abbia criptato tutto per far sì che nessuno potesse leggerlo a parte lui stesso" disse Anael scuotendo la testa e accavallò le gambe nude e coperte dal suo vestito leggero fino al metà coscia, mentre teneva sulle cosce il pesante libro che continuò a sfogliare con aria sorpresa. 
L'angelo sollevò lo sguardo innocente e serio fino ad incrociare quello serio e sgranato di Castiel che, se fosse stato possibile, avrebbe voluto iniziare a far parte del divano o sparire velocemente senza mai più fare ritorno, e gli sorrise con aria intenerita. "Tu hai idea di che modo abbia utilizzato Jack per criptare questo testo, fratello?". 
Castiel sgranò gli occhi e si limitò a scuotere la testa, guardandola come se fosse un mostro spaventoso, per poi cercare aiuto nello sguardo di Dean, che soffocò una grossa risata divertita portandosi una mano alla bocca, ma finendo inevitabilmente per farsi sentire. 
Anael voltò immediatamente lo sguardo serio e severo verso il maggiore, assottigliando appena gli occhi. "Lo trovi divertente, Dean?". 
Il ragazzo sgranò gli occhi e divenne immediatamente più serio, scuotendo la testa ed iniziando a pensare che Anael si comportasse più da umana che da angelo. Così sollevò un sopracciglio e scambiò uno sguardo con Castiel, che ancora cercava il suo per farsi aiutare. "No. Stavo solo pensando che tu e Castiel potreste tentare di scoprirne di più, insieme. Da qualche altra parte. Da soli".
Anael tornò a guardarlo con le labbra leggermente dischiuse e poi guardò Castiel seduto accanto a lei, che aveva tutta l'aria di essere terrorizzato, e sorrise brevemente; guardò Abby, trovandola con un piccolo sorriso sul viso e si alzò per andarle incontro. 
Le mise una mano sulla spalla e la guardò dritto negli occhi, stringendo la presa su di le con dolcezza. "Pensi che io possa andare con Castiel, Abby? Riesco a percepire la devastazione ed il dolore indicibile dentro di te per la perdita della tua amica senza che tu abbia bisogno di dire una parola. Se vado con Castiel, non voglio che tu ti senta sola senza di me". 
Abby rimase a guardare nei suoi occhi con aria confusa e accigliata per aver rivelato i sentimenti che non fosse pronta ad esternare pubblicamente e serrò la mandibola; aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria seria ed interrogativa, mentre un sorriso imbarazzato nasceva sul suo viso. "Perché dovrei sentirmi sola senza ti te, Anael?".
"Perché sono sempre stata con te.." sussurrò l'angelo come se quella fosse la cosa più normale del mondo, sorridendo e stringendo la presa sulla sua spalla. "Anche se non mi hai sempre percepita, io non ti ho mai lasciata uscire dalla mia vista negli ultimi cinque anni. Sei sempre stata sotto la mia protezione anche quando non sapevi della mia esistenza. Tuo padre era un vero amico per me e gli avevo promesso che ti sarei stata vicina". 
Abby rimase senza fiato e la guardò sconvolta, allargò la bocca senza riuscire a dire una parola: in un'altra circostanza sarebbe stata contenta di una notizia del genere, ma adesso si sentiva tremendamente violata nella sua privacy. Scosse la testa e si scrollò la sua mano di dosso, annuendo. "Non mi sentirò da sola, puoi andare".
"Come desideri". 
Anael sorrise sorniona e si congedò salutando i presenti con i suoi modi gentili e pacati, e con la grazia di una fata si diresse verso Castiel, che ancora rimaneva paralizzato sul divano a guardarla con occhi sgranati. "Possiamo andare, fratello". 
Anael scomparve con un forte battito di ali dopo avergli sorriso e Castiel si sollevò dal divano con titubanza, cercando aiuto nello sguardo dei cacciatori. 
Sam sorrise divertito e gli fece l'occhiolino, sollevando il suo bicchiere nella sua direzione come augurio. "Fagli vedere chi sei, tigre!". 
Ed in un battito di ali scomparve anche Castiel, lasciando i quattro cacciatori a rimuginare in silenzio sul fallimento di quel giorno. 

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Capitolo 27
*** Capitolo 23. ***


HUNTER'S LEGACIES 
Capitolo 23.
(I PARTE)
 
 
 
Spense il motere della sua auto azzurra metallizzata scintillante proprio di fronte alla casa abbandonata e malmessa che avesse occupato nei pressi di Sioux Falls, e si fermò per un attimo a respirare dopo quelle ultime settimane frenetiche che l'avessero quasi fatta uscire fuori di senno. 
Abby ed i Winchester avevano avuto a che fare con delle cacce molto particolari: erano stati in manicomio, Sam si era ritrovato nel corpo di un ragazzino sprovveduto alle prese con la stregoneria per evadere dalla sua vita ed Abby era quasi morta dalla paura quando Anna, l'angelo che Pamela avesse aiutato con l'ipnosi, era tornata indietro nel passato per uccidere John e Mary prima che potessero far nascere Sam e Dean, eliminando così l'apocalisse per assenza di tramiti di Micheal e Lucifer.
Sorrise amaramente sfiorando il volante e scese, chiudendosi dietro lo sportello, estraendo dal portabagagli i pacchi colmi di spesa che avesse comprato qualche ora prima al supermercato più vicino: si era assicurata di non scordare niente e che fosse tutto perfetto per lui
"Sono tornata!" esclamò entrando all'interno della casa e chiudendo col piede la porta d'ingresso poiché le mani fossero impegnate con le buste. 
Abby non ricevette risposta e pensò che l'uomo stesse riposando nella stanza al piano di sopra, così si diresse in cucina ed iniziò a sistemare gli ingredienti sul piccolo cucinino che non ne voleva sapere di funzionare, e che Abby avesse sapientemente preso a calci per far sì che la fiamma si accendesse. 
Iniziò a preparare quel pasticcio di carne per cui l'uomo al piano di sopra avesse sempre perso la testa e si ritrovò a sorridere pienamente felice, dopo davvero tanto, tanto tempo. 
La settimana precedente Abby ed i Winchester avevano seguito un caso non molto distante da quella città, un caso in cui le persone dessero pieno sfogo alle proprie inclinazioni nella loro totalità, fino a renderle mortali: una coppia si era letteralmente mangiata l'un l'altra mentre facevano sesso, c'era chi si fosse ingozzato di cibo o di alcol dopo anni di privazione. L'intera città era affamata e ben presto i tre cacciatori si erano ritrovati a chiamare Castiel, che subito pensò ad un Cupido impazzito. 
Subito dopo essere stati tutti e tre stretti in un forte abbraccio da parte dell'angelo dell'amore completamente nudo, iniziarono ad interrogarlo per capire per quale ragione la gente si stesse uccidendo, ma il Cupido si era subito giustificato con un leggero Sto eseguendo semplicemente i miei incarichi
"Gli ordini di chi? gli aveva chiesto Sam sul retro del locale dove Castiel avesse imposto all'angelo di rivelarsi. 
"Del cielo. Da lì vengono ordinate le unioni tra le coppie che più ci interessano: come i vostri genitori" aveva risposto Cupido sorridendo in maniera quasi snervante, diffondendo fibre di amore nell'aria che diedero la nausea a tutti i presenti. 
Dean increspò il viso in un'esrpessione quasi disgustata, sentendosi quasi arrabbiato per le parole dell'angelo. "Hai fatto conoscere i nostri genitori?". 
"Beh, gli ordini erano chiari: tu e Sam dovevate nascere. Così abbiamo creato la coppia perfetta: John e Mary, il braccio e la mente. Esattamente come abbiamo fatto con te e Abby". 
La ragazza e Dean si erano scambiati una rapida occhiata accigliata, sollevando contemporaneamente un sopracciglio e voltandosi a guardarlo con aria furiosa, ma fu Abby ad afferrarlo per il collo e guardarlo in cagnesco. "Ripeti". 
Cupido tossí appena per la forte stretta della donna e nonostante poco gradisse i suoi modi di manifestare la gratitudine per la sua informazione, annuì e rispose. "Si, tu e Dean. Voi due siete stati scelti dall'alto, state insieme per un unico motivo: mettere insieme i vostri geni pazzeschi per procreare dei figli potenti con un grande destino". 
Dean ed Abby tornarono a scambiarsi una rapida occhiata titubante ed iniziarono a chiedersi se le parole dell'angelo corrispondessero al vero, e subito cercarono risposte in Castiel che annuì velatamente e spostò le mani di Abby dal collo del fratello angelo per farlo tornare a respirare. 
Nonostante subito dopo Dean ed Abby fossero molto scossi per quella notizia, perché non si sentivano più sicuri della relazione che li legasse iniziando a pensare che il sentimento che li unisse fosse stato creato dagli angeli, continuarono la loro caccia insieme a Sam scoprendo il terzo cavaliere dell'Apocalisse: Carestia. Alimentava la fame in senso lato delle sue vittime fino a portarle al suicidio o alla morte, per poi nutrirsi delle loro anime sedotte dal peccato. 
Persino Abby venne istigata da Carestia: dopo aver riscontrato i primi sintomi del processo, la ragazza era uscita dalla stanza di Sam con una scusa e si era recata in quella che condivideva con Dean, recandosi in bagno ed iniziando a bagnarsi il viso ed il collo con l'acqua ghiacciata. 
Ricordava di aver sentito la porta chiudersi e subito era scattata in allerta, asciugandosi la pelle ed uscendo dal bagno con l'aria di chi non riuscisse più a controllarsi. 
Vide Dean fare qualche passo avanti per raggiungerla, sorridendole teneramente e sentendo il cuore battergli forte nel petto, ma notò il modo in cui Abby avesse indietreggiato, respirando affannosamente e guardandolo con aria titubante. "Ragazzina, lo so che sei sconvolta da ciò che ci ha detto Cupido, insomma lo sono anche io! Ma io non credo a tutte quelle stronzate: il fatto che io ti ami, non è stato deciso da un angelo col pannolone che svolazza su nel cielo". 
Abby scosse la testa e si tenne forte allo stipite alla porta, chiedendosi perché Dean dimostrasse di conoscerla così bene in determinate circostanze, ma in altre non ci azzeccasse proprio. "Non è questo Dean, c'è qualcosa che non va dentro di me". 
"Oh lo so, anche io mi sento così arrabbiato che ucciderei ogni angelo per averci fatto questo, ma..". 
Dean non ebbe il tempo di finire la frase che Abby gli fu addosso malamente facendolo cadere sul letto e fiondandosi sulle sue labbra con desiderio, bramando che ogni centimetro della loro pelle fosse nuda per poterlo sentire più vicino e desiderando di sentirlo subito dentro di sé. 
Dean rispose al bacio e sorrise, ricambiando la stretta e sentendola muovere sopra di sé, mentre insinuava le sue mani sotto la sua maglietta e stringesse la pelle del suo petto con forza; il ragazzo sorrise perché conosceva bene quella voglia a tratti animalesca che li prendeva ogni notte un po' per cercare di recuperare il tempo perduto, un po' perché erano sempre stati così espansivi. Ma capí che qualcosa non andasse quando Abby affondò i denti nel suo collo con un po' troppa foga, facendogli male, e nella mente di Dean finalmente scattò un campanello, facendogli capire che ci fosse davvero qualcosa che non andasse in Abby. 
La fece scendere di colpo da sopra di lui ed Abby cadde rovinosamente a terra, dandogli il tempo di rimettersi in piedi e di toccarsi il collo con dolore, trovando del sangue colare dalla ferita che la ragazza gli avesse fatto sul collo; subito Abby si alzò e lo guardò con aria sconvolta, sentendo il sangue gocciolarle dal labbro. 
"Piccola, ne sono lusingato ma cerca di darti una calmata, ok?".
"Non posso, Dean! Ti ho detto che c'è qualcosa che non va in me, sto impazzendo dalla voglia di trascinarti a letto. Devi legarmi". 
Dean si lasciò scappare una risata divertita, nonostante fosse una situazione piuttosto seria, e inclinò la testa quando vide il suo sguardo confuso. "Se ti lego poi dovrò essere io a controllarmi". 
Abby chiuse gli occhi strizzandoli e si morse la lingua per concentrarsi sul dolore, ma il suo pensiero fisso continuava ad essere il corpo del ragazzo davanti a sé. "Esci di qua e chiama Sam".
"Non porterò mio fratello qui dentro quando tu hai voglia di scopare fino a morire!" aveva esclamato Dean aggrottando le sopracciglia e scuotendo la testa, ma vide Abby cadere in ginocchio e tenersi la testa fra le mani. Fece un balzo avanti per aiutarla, ma Abby lo spinse via con forza, perché la paura di fargli del male superava di gran lunga il desiderio amplificato che Carestia le stesse procurando. 
"Anael! Ti prego, aiutami!". 
Dean rimase ad osservarla in attesa che l'angelo in gonnella apparisse, ma vide solamente Abby cadere rovinosamente a terra priva di conoscenza, mentre la sua espressione si rilassava. 
Il risvegliò non fu certo dei migliori, dato che si trovò ammanettata al bordo del letto della sua stanza, e perfettamente in tempo per osservare Castiel ingozzarsi di humburger e spostare con una mano un grosso armadio dietro la porta del bagno, sigillando Sam all'interno. 
Si era scusata con Dean per cio che gli avesse fatto, ma il ragazzo le fece l'occhiolino e si avvicinò al suo orecchio, dicendole che una volta trovato Carestia si sarebbero divertiti parecchio e non l'avrebbe slegata, e come reazione istintiva Abby cercò di liberarsi dalle manette per avvicinarsi a lui di più. "Sei un idiota a dirmi queste cose proprio adesso. Va via e sta attento". 
Non passò molto tempo prima che Abby lo vedesse di nuovo, dato che in assenza di Dean e di Castiel due demoni entrarono per attaccare Sam ed Abby dovette assistere al momento in cui il ragazzo si iniziò a nutrire del loro sangue, per poi scappare senza neanche voltarsi a liberarla. 
Abby chiamò nuovamente Anael per aiutarla, ma tutto ciò che ottenne fu solamente un click che venne dalle sue manette, segno che si fossero aperte, e la ragazza intuí che l'angelo non potesse manifestarsi per non subire l'influenza di Carestia. Corse velocemente fino ad arrivare al luogo in cui il Cavaliere si trovasse, giusto in tempo per vedere Sam uccidere tutti i demoni e prendere l'anello di Carestia. 
Dean raccolse ciò che restasse di suo fratello insieme ad Abby, che aveva assistito a tutta la scena dalla vetrata del fast food in cui la gente si fosse precedentemente uccisa, e lo caricarono in macchina guidando di corsa fino a casa di Bobby: fece entrare Sam nella panic room che ancora avesse voglia di bere sangue demoniaco, data la sua recente disintossicazione, ed Abby provò ad alleviare un po' il dolore di Dean, che però le avesse confessato di non riuscire più a sopportare tutto quel peso sulle sue spalle. 
Passarono qualche altro giorno lì, fin quando Sam non si rimise del tutto, ma una chiamata da un numero sconosciuto arrivò sul cellulare di Abby, che rispose immediatamente pensando che fosse un cacciatore qualunque che avesse bisogno di aiuto. 
La ragazza sgranò gli occhi quando riconobbe quella voce che pensava che non avrebbe mai più sentito e lasciò un biglietto sul comodino di Dean, che ancora dormisse nella stanza al piano di sopra di Bobby, dove gli disse che sarebbe andata via per qualche tempo e di non cercarla perché tanto non l'avrebbe trovata. 
 
"Amore mio, a che stai pensando? Ti ho chiamato diverse volte per accertarmi che fossi tu. Non mi hai sentito?".
Abby sbatté le palpebre e tornò al presente, voltandosi di scatto verso la soglia e vide l'uomo davanti a sé guardarla con un grande sorriso sul volto: la ragazza sorrise di felicità, pensando che quella fosse la cosa più bella che le sarebbe mai potuta capitare.
Vide il suo papà guardarla con aria interrogativa, aspettando una sua risposta mentre se ne stava sulla soglia, per poi spostare lo sguardo su ciò che bollisse in pentola con un grande sorriso; si avvicinò ad Abby ridacchiando e le mise una mano sulla spalla. 
Abby osservò i suoi occhi nocciola così espressivi e felici ed i suoi capelli portati all'indietro che formassero dei piccoli boccoli sulla nuca, la barba rossastra che non avrebbe tardato a graffiarle le guance, il naso dritto, l'espressione felice mentre si portava alle labbra una sigaretta e si tastava le tasche della giacca blu scuro, trovandole vuote. 
Poi la guardò con aria quasi scocciata e sollevò un sopracciglio, finendo poi per sorriderle. "Mi hai di nuovo fregato l'accendino, Abby?". 
La ragazza lo guardò in silenzio ed il cuore iniziò a battere più forte nel suo petto davanti a quella scena così familiare; non riuscì a controllare le lacrime che presero a sgorgare sulle sue guance, spingendosi verso di lui ed affondando il viso sul suo petto mentre sentiva le braccia avvolgersi attorno al suo corpo e scaldarla in un abbraccio pieno di amore: Abby sapeva che chiunque avesse assistito a quella scena dall'esterno, avrebbe considerato il suo comportamento un po' infantile e fuori luogo. 
Piangere per una domanda del genere, non era da Abby. 
Ma nessuno poteva aver idea di quante volte si fosse replicata quella scena negli anni passati a cacciare insieme o di quanto le fossero mancati gli appellativi scherzosi di suo padre, che ogni volta si arrabbiasse quando Abby gli rubasse gli accendini o prendesse in prestito le sue cose per poi seminarle ovunque e non rimetterle mai a posto. 
Abby lo strinse forte a sé e sfogò il dolore che non l'avesse mai abbandonata: di fatto, perdere suo padre era stato il dolore più grande che avesse mai provato in tutta la sua vita e probabilmente non sarebbe mai stato superato da una sofferenza più grande. 
Suo padre era la sua roccia, il suo punto di riferimento, il sole che illuminava la sua vita e dava senso alle sue giornate. 
Non era un rapporto normale il loro, ed Abby se n'era resa conto solamente dopo la morte di suo padre. 
Quando aveva avuto un problema, nessuno si prodigava ad aiutarla ed a risolverlo come facesse sempre lui. 
Nessuno era davvero riuscito ad eliminare l'alone di dolore che ricoprisse il suo cuore. 
Almeno fino a quel momento, in cui il suo papà le era stato miracolosamente restitutivo. 
Abby continuò a piangere sul suo petto, mentre Jack le carezzava i capelli con amore e le sussurrava di calmarsi perché lui era di nuovo lì con lei; ma quelle erano lacrime di felicità, perché Abby sapeva di essere privilegiata a poter passare di nuovo del tempo con suo padre. Poterlo vedere, potergli parlare, poterlo toccare, vederlo sorridere, sentire di nuovo le sue innumerevoli storie ed i suoi insegnamenti, i suoi avvertimenti.  
Sollevò lo sguardo lacrimoso verso di lui e sentí le sue mani callose e ruvide da lavoratore sfiorarle il viso ed asciugarle le lacrime con un gesto così amorevole che le scaldò il cuore. "Sono così felice di averti di nuovo qui con me, papino mio". 
 
 
Fermò la sua auto proprio davanti una casa mal ridotta e fatiscente, e si chiese perché Abby si fosse rifugiata proprio lì: aveva monitorato i suoi spostamenti col GPS ed un po' si sentí in difetto per averla spiata in quel modo, ma non gli aveva dato molta scelta dato che Abby avesse iniziato ad ignorare le sue telefonate ed i suoi messaggi. 
Varcando la soglia di quella casa, non avrebbe mai pensato di trovarsi davanti una scena simile: un odore molto familiare di cibo che avesse sentito svariate volte si fece largo fino ad arrivare alle sue narici, facendogli aggrottare le sopracciglia e stringere più forte la sua pistola. 
Camminò silenziosamente fino alla cucina, dove vide un uomo di spalle intento a cucinare qualcosa che gli ricordò il pasticcio di carne di Abby mentre canticchiava e fumava la sua sigaretta. 
Dean sperò con tutto il suo cuore di sbagliarsi, perché con Sam aveva già visto tornare la maggior parte dei morti di Sioux Falls tra cui anche la moglie di Bobby ed aveva lasciato il fratello proprio a sorvegliare quest'ultimo, nel caso in cui la signora Singer avesse smesso di cucinare torte e avesse provato l'irrefrenabile voglia di mangiare il cervello e la faccia di Bobby. 
Ma quando vide l'uomo voltarsi e guardarlo con aria accigliata, Dean scosse lentamente la testa e capí immediatamente il motivo per cui Abby fosse sparita senza neanche salutare o fornire una spiegazione.
Aveva visto troppe foto in casa di Abby o nella sua auto per poter confondere quel viso con quello di qualcunaltro della sua famiglia. 
Jack sollevò le mani in alto e sospirò rumorosamente, scuotendo la testa. "Perché sei entrato qui dentro, ragazzo? Vuoi soldi?".
Dean non disse nulla e si limitò a muoversi silenziosamente avvicinandosi di qualche passo e guardandolo con aria furiosa. "Sei tu, vero? Sei il padre di Abby". 
Jack accennò un sorriso e guardò il ragazzo con aria concentrata, perché Dean non era il solo a sapere chi si trovasse davanti; abbassò le mani e si voltò, prendendo due piatti dalla credenza e tagliando due grosse fette di torta che avesse realizzato quella mattina insieme a sua figlia. 
Porse un piatto sul lato del tavolo più vicino al ragazzo, che non accennava ad abbassare la pistola e continuava a tenerlo sotto tiro, e Jack si sedette in maniera composta ed elegante, prendendo una forchettata e portandosela alla bocca, chiudendo gli occhi e gustando quel morso con un sorriso. Quando tornò a guardarlo, Dean aveva un'espressione incredula e quasi scioccata, così si sedette all'altro capo del tavolo per stargli il più lontano possibile e posò la pistola carica e senza sicura sul tavolo, non riuscendo però a resiste alla fetta di crostata che avesse sul piatto. "Tu dovresti essere morto, ne sei consapevole giusto?". 
Jack accennò un sorriso ed annuì, allontanando il piatto vuoto sotto gli occhi ancora più increduli del ragazzo, che osservò il modo in cui avesse spazzolato via la sua porzione in maniera così veloce, sorridendo perché non credeva che esistesse qualcuno più veloce di lui nel mangiare. 
Jack annuí ed incrociò le braccia al petto mentre lo osservava, assumendo un'aria perfettamente autoritaria e minacciosa, ed in quel momento Dean ricobbe le espressione tipica di Abby quando minacciasse qualcuno e la posa da duro di Dan. "Si, ma nel nostro mestiere la morte è relativa, giusto Dean?". 
"Come sai chi sono?". 
Jack rise di nuovo e lo scrutò con aria più attenta ed aria curiosa, sorridendogli. "Mia figlia mi ha parlato tanto di te e di tuo fratello Sam. So che tu sei il suo ragazzo, che sei stato all'inferno e che tu e tuo fratello avete dato il via all'Apocalisse".
Dean ingoiò l'ultimo boccone di torta e quasi non vi si strozzò nel sentire quelle parole; diede un colpo di tosse e si colpí velocemente con un pugno la cassa toracica, sentendo il boccone scendere del tutto e lo guardò con aria seria. "Si signore. Ma Abby le avrà detto che non era nostra intenzione e..". 
"Non c'è bisogno che ti scusi, ragazzo. Io non starò qui ancora a lungo, ma è dei miei tre figli che mi preoccupo" disse Jack sospirando e scuotendo la testa, rilassando appena la postura ed appoggiando le braccia al tavolo. 
Dean lo osservò bene per un istante: Jack era possente, aveva delle grosse braccia muscolose e due spalle molto larghe, il viso appena barbuto ma marcato da delle rughe d'espressione che raccontavano degli anni di caccia e della preoccupazione che avesse provato per molto tempo. Sembrava davvero molto saggio e conscio della sua situazione, e Dean pensò che in un'altra circostanza gli sarebbe piaciuto passare del tempo insieme a lui, dato che dai racconti di Abby aveva scorto delle somiglianze nel loro carattere. "Allora ne è consapevole, sa che è tornato dalla morte". 
"Si, so tutto ragazzo, sono pur sempre un cacciatore! O almeno lo ero. E mia figlia è testarda e sta cercando un modo per renderlo permanente, ma so che fallirà perché io non voglio scombinare l'equilibrio.." sussurrò Jack sospirando e sorridendo amaramente, ma poi lo guardò con aria seria. "Abby.. Lei mi ha raccontato di essere stata rapita da Azazel e che tu lo hai ucciso con la Colt". 
Dean sentí la sua voce spezzata dal dolore per il destino crudele della figlia e sospirò, annuendo brevemente. Poi lesse nei suoi occhi nocciola una grande preoccupazione e un grande dispiacere, lo vide stringere i pugni probabilmente per la consapevolezza che lui non sarebbe stato lì a proteggerla d'ora in poi. "E mi ha anche detto di Lucifer e di Micheal che dovranno impossessarsi di te e tuo fratello". 
"È esatto, signor Harrison.." sussurrò Dean annuendo serio e sospirando. "Ma io e mio fratello Sam non diremo mai di sì a quegli stronzi, non permetteremo che il pianeta venga distrutto". 
Jack sorrise amaramente e scosse la testa, guardandolo con aria divertita. "Perdonami ragazzo, ma non è di te o di tuo fratello che mi preoccupo: ho paura che mia figlia possa essere coinvolta, non può permetterselo. È assolutamente imperativo che Abby non incontri Lucifer o Michael, per ovvi motivi". 
Dean aggrottò le sopracciglia nel sentirgli pronunciare quelle parole con aria così tanto perentoria e severa, mentre stringeva i pugni sul tavolo. "Si riferisce a Syria? Guardi che sua figlia sa già tutto su di lei e su ciò che è successo". 
Ma Jack scosse la testa e fece una smorfia con la bocca, sospirando lentamente e guardandolo negli occhi con l'aria di chi ne sapesse di più. "No, non sa tutto". 
Dean aggrottò le sopracciglia e rilassò la schiena contro la spalliera della sedia, guardandolo con aria quasi arrabbiata che non vuotasse il sacco. "Beh, allora glielo dica! Sta cercando di tradurre da settimane un rituale che lei ha criptato, ma non riesce a capire neanche una parola!". 
"Abby non avrebbe dovuto sapere nulla di quel rituale, quel libro dovrebbe sparire. Mia figlia dovrebbe trovarsi il più lontano possibile da Lucifer, è in pericolo quando gli sta accanto!" esclamò Jack allargando le braccia ed alzando il tono di voce, alzandosi rumorosamente dalla sedia e guardandolo con l'aria più seria che avesse mai visto, incutendo un certo grado di paura. "Gli angeli potrebbero usarla come arma contro di lui, per questo ho chiesto ad Anael di non perderla mai di vista!". 
Dean aggrottò le sopracciglia e lo vide appoggiare i palmi delle mani contro il top della cucina, scuotere la testa e pentendosi amaramente di avere aperto bocca , ma Jack sapeva che presto o tardi sarebbe tornato dentro la sua bara e che da morto non avrebbe potuto aiutare sua figlia: aveva bisogno di un ulteriore alleato a parte Anael, e pensò che probabilmente ce l'avesse davanti. "Abby mi ha parlato davvero bene di te, ma le sue parole sono offuscate dai sentimenti. Ho capito quanto ti ami attraverso i suoi racconti, Dean. Ma posso davvero fidarmi di te?".
Jack osservò il ragazzo annuire lentamente dopo averlo osservato per bene una manciata di secondi, e tornò a sedersi iniziando a parlare, rivelandogli tutto ciò che avesse scoperto sin dal principio e durante gli anni in cui cercava anche Azazel, e più parlava e gli dava informazioni più notava nello sguardo di Dean la paura di perdere Abby e la paura che potesse non rivederla mai più. 
Udí ogni parola ed iniziò a fare una serie di domande per capire meglio e per addentrarsi nei minimi dettagli, chiudendo per sempre quelle informazioni nella sua testa da cui non sarebbero mai e poi mai uscite. 
Dopo un po' vide Jack alzarsi e aprire il primo cassetto del bancone della cucina, estraendo una lettera bianca che riportasse il nome di Abby scritto sopra con un impeccabile calligrafia, e la porse al ragazzo con un sorriso sincero. 
"Spiegale tutto e dalle questa solamente nel momento in cui sia proprio inevitabile, sono stato chiaro? Ho la tua parola da uomo, Dean?". 
Il ragazzo si sentí ancora troppo scombussolato dalle notizie tremende che Jack gli avesse appena dato e scosse la testa pensando che fosse troppo persino per lui, guardandolo con aria a metà fra lo shock e l'incredulità, chiedendosi come Jack avesse fatto a sopportare quel fardello da solo per tutti quegli anni. 
Si alzò ed afferrò la mano dell'uomo davanti a sé, che lo guardò con un pizzico di riconoscenza per essersi preso cura della sua bambina e sapendo che avrebbe continuato a farlo. "Ha la mia parola, signor Harrison". 
"Bene. Bene". Jack gli sorrise debolmente e lasciò la sua mano dopo averla stretta in una presa ferrea come fosse solito fare; si scostò dal ragazzo e si diresse verso la finestra, scostando la tenda per osservare come il cielo si stesse facendo sempre più strano.
Sapeva a cosa sarebbe andato incontro e che non ci fosse speranza per lui di rimanere a fianco degli amori più grandi che avesse: i suoi figli Dan, Abby e Silver. 
Sentí gli occhi divenire lucidi e scosse appena la testa, mentre si mordeva la lingua per le forti emozioni che stesse provando. "Quando non ci sarò più, Abby avrà bisogno di tutto l'amore possibile. Non posso impedire che il suo cuore si spezzi ancora una volta, ma questa volta me ne andrò a cuore più leggero: ha trovato la sua casa. Ha trovato te". 
 

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Capitolo 28
*** Capitolo 23. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 23.
(II PARTE)


 
Quando quella sera Abby tornò alla casa abbandonata dopo aver ignorato alcune telefonate dei due Winchester che le chiedessero aiuto per un caso proprio a Sioux Falls sapeva che fosse solo questione di tempo prima che la scoprissero, ma non immaginava così presto. 
Spense il motore di corsa e scese velocemente dall'auto quando vide l'Impala posteggiata davanti la casa; corse dentro con la paura che avessero fatto qualcosa che non gli avrebbe mai perdonato. 
Spalancò la porta spintonandola con forza e si recò in cucina, osservando davanti a sé suo padre seduto a capotavola e Dean seduto dalla parte opposta, con la pistola poggiata sul tavolo molto vicina alla sua mano. 
"Papà!".
Corse nella sua direzione e Jack si alzò, mentre Abby si tuffò fra le sue braccia sospirando di sollievo contenta che Dean non gli avesse fatto del male; sciolse l'abbraccio e si mise davanti al padre come per fargli da scudo e guardò Dean negli occhi, che nel frattempo si fosse alzato e avesse fatto un passo nella sua direzione. "Che ci fai tu qui?". 
L'espressione di Dean si indurí e probabilmente avrebbe detto qualcosa di cattivo per quanto fosse arrabbiato, ma Jack rise di gusto e passò un braccio sulle spalle della figlia, allontanandola di poco per sedare la situazione. "Il tuo ragazzo moriva dalla voglia di conoscermi! Non hai idea di quante domande mi ha fatto su di te e mi dispiace piccola, ma gli ho raccontato tutte le cose imbarazzanti su di te di quando eri solo una bambina!".
Abby guardò suo padre ridere di gusto e capí che quello fosse soltanto un suo modo per farla calmare e sedare la sua impulsività; si scrollò di dosso la presa del padre e fece un passo avanti, mettendosi quasi a faccia a faccia col ragazzo mentre lo guardava in cagnesco. "Ti avevo detto di non seguirmi!". 
Dean assottigliò gli occhi e ricambiò l'occhiataccia con rabbia, puntandole un dito contro. "Sei sparita da una settimana: mi sono preoccupato, pensavo che ti fosse successo qualcosa di brutto!". 
Abby roteò gli occhi con disperazione e sospirò rumorosamente, mettendo le mani sui fianchi con aria scocciata e infastidita. "No, volevi solamente controllarmi!".
Jack ridacchiò e serrò le braccia al petto, osservando il modo in cui i due ragazzi si stessero guardando in cagnesco l'un l'altra e scosse la testa divertito. "E che c'è di male in questo? Era preoccupato".
Abby distolse lo sguardo da quello di Dean e cercò di trattenere un sorriso, così si voltò verso suo padre con aria arrabbiata e molto scocciata. "Tu sei mio padre: devi stare dalla mia parte". 
"No, no piccola mia.." sussurrò Jack avanzando e continuando a ridere di gusto, giungendo al loro fianco e mettendo una mano sulla spalla di entrambi. "Non c'è bisogno che ti arrabbi con questo giovanotto, è venuto qui soltanto per vedere se stessi bene e perché era preoccupato per te. Dovresti ringraziarlo per essere così premuroso: non è scontato che un cacciatore conservi questo lato umano che gli consenta di amare". 
Abby dischiuse le labbra senza parole e sgranò gli occhi, guardando suo padre con aria sconvolta e sollevando un sopracciglio, serrando anche lei le braccia al petto per poi volgere lo sguardo su quello divertito di Dean, che sorrise compiaciuto di aver trovato un alleato. "Hai sentito tuo padre: devi apprezzarmi di più, ragazzina". 
La ragazza sentí il cuore battere più forte nel petto mentre li guardava scambiarsi degli sguardi complici e scosse la testa, abbassando lo sguardo sentendo gli occhi pizzicare mentre in un attimo si accorse che stava davvero vivendo tutto ciò che aveva sempre desidersto: i due uomini più importanti della sua vita, insieme, che avevano trovato una perfetta complicità e un modo di prenderla in giro che le scaldò il cuore. 
Abby sospirò e tornò a guardarli entrambi con aria un po' meno arrabbiata, ma sempre scocciata. "Stai seguendo un caso con Bobby, giusto? Che hai trovato fin'ora?". 
Dean scosse la testa e divenne più serio, sfoderando la sua aria da cacciatore mentre sentiva lo sguardo scrutatore di Jack su di lui che aveva iniziato a studiarlo. "Solamente che un gruppo di persone sono uscite dalle loro tombe e sono tornate a vivere la loro vita con le loro famiglie".
Abby scosse la testa e si morse il labbro sospirando rumorosamente, ma si rifiutò categoricamente di allontanarsi da quella casa e da suo padre. "Mi dispiace Dean: vorrei davvero aiutarti, ma questa volta non posso venire".
Jack li osservò di nuovo e vide negli occhi di sua figlia una sorta di autentico dispiacere che si affrettò a nascondere dietro lo sguardo sicuro di sé e anche un po' arrogante che adorasse indossare come armatura, e vide anche lo sguardo di Dean che sembrava accettare la sua posizione senza poter far nulla per farle cambiare idea. L'uomo sospirò e scosse la testa strofinando le mani una contro l'altra, guardando nuovamente la figlia che, avendo capito il suo piano, spostò lo sguardo arrabbiato su di lui. 
"No, no, no papà. Non te lo permetterò!". 
Ma Jack rise di gusto e la guardò divertito da matti, scuotendo la testa. "Amore mio, ricordati sono io quello con più autorità". 
Abby chiuse gli occhi e scosse la testa, portandosi le mani alle tempie e massaggiandosele per la frustrazione, mentre sentiva i passi del padre allontanarsi fino a raggiungere la porta d'ingresso, sentendolo ridere felice. 
Dean aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria seria, non riuscendo a capire cosa stesse succedendo e dove corresse Jack così di corsa; Abby osservò la sua espressione sorpresa e confusa guardandolo in cagnesco, perché se Dean non fosse mai venuto a cercarla suo padre non avrebbe avuto la scusa per evadere. "Sta venendo con te, idiota. Vuole andare a caccia". 


Dean spinse l'acceleratore a tavoletta nel buio della notte e sbuffò sonoramente, perché faticava davvero tanto a stare dietro alla Hyundai azzurra di Abby guidata dal padre che aveva espresso il desiderio di guidare dopo tutto quel tempo; ma quando lo vide iniziare ad uccidere tutti i resuscitati a mani nude uno dopo l'altro senza neanche esitare, perché aveva esaurito le cartucce per il suo fucile, Dean si ritrovò a spalancare la bocca e sussurrare un grosso Wow
Non avrebbe mai detto che un uomo della sua età riuscisse a combattere con quell'agilità, mentre un sorriso gli si dipinse sul volto. Nonostante Jack continuasse a combattere, apparantemente concentrato, non aveva mai smesso di togliere gli occhi di dosso alla figlia, che accanto a lui continuò a sparare al fianco di Dean, di Sam e di Bobby. 
Quando ogni singolo non-morto fu steso a terra nel salotto di Bobby, i cacciatori si scambiarono un'occhiata soddisfatta del proprio operato, perché erano riusciti a scampare l'ennesimo disastro che gli si fosse scagliato contro, ma neanche questa volta fu priva di perdite: i ragazzi videro Jack fare molti passi indietro e intimare alla figlia di non avvicinarsi, mentre brandiva la sua arma in maniera agitata. "Adesso chiuderò questa storia. I morti devono restare morti, altrimenti sarà il caos". 
Abby ascoltò le sue parole e sgranò gli occhi, iniziando ad intuire qualche sarebbe stata la prossima mossa di suo padre; sentí la paura impossessarsi di lei, mentre il cuore le batteva forte nel petto e avrebbe tanto voluto fare uno slancio e correre nella direzione di Jack. 
Disarmare suo padre e digli che avrebbe trovato una soluzione, che si fosse già messa in contatto con degli stregoni e sciamani.
Dirgli che non poteva perderlo ancora una volta. 
"Papà, no! Aspetta, ti prego!".
Le braccia forti di Dean le passarono attorno alla vita, tenendola stretta a sé mentre la sentiva dimenarsi come un cavallo imbizzarrito. 
Gli occhi di Jack si imperlarono di uno strato lucido che presto si affrettò a spazzare via sbattendo gli occhi. Guardò sua figlia e le sorrise, annuendo con un grosso sorriso. "Sono orgoglioso di te, piccola. Sei diventata una donna meravigliosa, so che saprai scegliere saggiamente anche senza di me". 
"Ti prego, papà. Non farlo!". 
Non importava quanto provasse ad opporsi ed a liberarsi dalla presa di Dean, lui la trascinò fuori dalla stanza con forza sotto gli occhi confusi dei presenti, che avesse capito cosa stesse per accadere. 
Quando sua figlia fu abbastanza lontana, Jack sospirò rumorosamente e si puntò la canna del fucile sotto il mento, respirando affannosamente mentre cercava di lottare contro il forte impulso di fiondarsi sui due cacciatori per sbranarli vivi: in fondo era un cacciatore anche lui e sapeva riconoscere quando la sua ora fosse giunta. 
Chiuse gli occhi ed annuì mentre le urla di sua figlia arrivarono dritte alle sue orecchie, facendogli stringere il cuore ancora di più: non voleva lasciarla, non l'aveva mai voluto. 
Non l'aveva lasciata neanche quando fosse morto la prima volta ed avesse mandato al diavolo il mietitore per starle vicino, cercare di confortare il suo dolore: aveva visto Abby piangere fino alla disperazione e poi alzarsi e combattere ogni demone e creatura che le sbarrasse la strada. 
Ma Anael, il suo angelo, era riuscita a farlo ragionare ed a farlo entrare in Paradiso, dove stava vivendo una vita sensazionale fra i suoi ricordi più belli, e nessuno di questi riguardava la caccia. Solo i suoi figli e la sua amata moglie. 
"Dite ai miei figli che li amo, li amo tanto!". 
Un sorriso sereno e perfettamente in  pace si dipinse sul suo viso quando  uno sparo squarciò l'aria, insieme ad un forte tonfo contro il pavimento, quando il corpo di Jack cadde a terra senza vita. 
Abby si mosse più energicamente fra le braccia di Dean fino a quando riuscì a liberarsi, tornando nuovamente nel salotto dove inerme sentí il suo cuore spezzarsi ancora una volta.
Rimase immobile sulla soglia della porta, mentre le lacrime le rigavano le guance e scuoteva leggermente la testa osservando il corpo di suo padre. "No per favore, non di nuovo". 
Si lasciò scivolare contro lo stipite della porto fino ad accasciarsi sul pavimento, tenendo gli occhi fissi su Jack: aveva appena ritrovato suo padre e lo aveva già perso. 
Aveva ancora bisogno di lui nella sua vita, né avrebbe avuto sempre. 
Come avrebbe potuto continuare a vivere, adesso? 
Sentí una mano posarsi sulla sua spalla e vide Bobby accanto a sé, avvicinatosi con la carrozzina, che la guardò con lo stesso sguardo addolorato che avesse messo su lei. Anche lui aveva perso sua moglie, aveva dovuto ucciderla una seconda volta, e solamente Bobby avrebbe potuto capire quel forte dolore. 
"Andrà tutto bene, ragazza. Te lo prometto". 


Entrò dentro il locale fin troppo chiassoso che conoscesse bene, ascoltando della buona musica proveniente dal jukebox mentre il piacevole odore di cheeseburger è patatine fritte giungeva al suo naso.
Abby sorrise allegramente come non facesse da tempo, avvicinandosi al bancone e facendo l'occhiolino alla barista. "Ciao amica mia". 
Jo si voltò nella sua direzione e smise di asciugare il bicchiere che tenesse fra le mani; il suo viso si illuminò con un grosso sorriso e lasciò andare il canovaccio sul bancone, sporgendosi quel tanto che bastasse per abbracciare la sua amica in una stretta vigorosa e forte. 
Abby la strinse a sé e si continuò a godere l'abbraccio della sua migliore amica, quando qualcosa dentro di lei si mosse rivoltandole lo stomaco. Le immagini di qualche giorno prima tornarono nella sua mente: rivide Jo pallida e sofferente che si teneva le budella con delle pezze sporche trovate all'interno del ferramenta in cui si fossero rifugiati, rivide Ellen rimanere con la figlia, sacrificandosi insieme a lei, e poi vide Jack puntarsi il fucile alla testa e fare fuoco. 
Sussultò e si scansò dall'amica, sgranando gli occhi e scuotendo la testa: non capiva cosa stesse accadendo, non capiva come facesse a vedere ed a toccare nuovamente Jo, mentre la tremenda convinzione che fosse morta anche lei le fece salire il cuore in gola. 
Solamente un fantasma avrebbe potuto toccare un altro fantasma. 
Soltanto un fantasma avrebbe potuto trovarne un altro. 
Guardò come le mani di Jo fossero strette attorno alle sue e sollevò lo sguardo per incrociare i suoi marroni, tremando appena. 
Abby iniziò a pensare che davvero di essere mort-. 
"Non sei morta, Abby. Lo so che te lo stai chiedendo". Jo rise divertita e scosse la testa, sfiorando il viso della sua amica e scostandole una ciocca di capelli mogano che le ricadesse sulla fronte, guardandola con un'enorme tenerezza nello sguardo. "Non è stata colpa tua, amica mia".
Abby abbassò gli occhi quando li sentí iniziare a pungere e le lacrime scivolare sul suo viso, scosse la testa e provò a liberarsi dalla sua presa, ma Jo non glielo permise e le sollevò il viso con dolcezza. "Mi manchi, Jo. E mi dispiace così tanto, avrei dovuto proteggerti e invece ti ho lasciato lì a morir-". 
"Non porti tutto il peso del mondo sulle spalle, Abby. Non è stata colpa tua, né dei Winchester". Jo le sfiorò il viso per asciugarle le lacrime e sorrise, annuendo con convinzione. "E neanche ciò che è successo a tuo padre è colpa vostra. Vuole che tu sappia che vi vedrete ancora: verrà da te così come sto facendo io adesso, quando sarà pronto. È appena tornato: deve abituarsi di nuovo, trovare il modo di riprendersi". 
Abby aggrottò le sopracciglia udendo quelle parole, sforzandosi di mandare giù il nodo che le si fosse formato alla gola. Scosse la testa e strinse forte le mani della sua amica, mentre la guardava confusa. "Riprendersi da cosa?". 
Jo le sorrise più dolcemente e con quella cascata di capelli biondi e quel sorriso rassicurante, ad Abby sembrò di guardare un angelo. "Jack ti ha persa stanotte, Abby. Ha perso la possibilità di vivere, prima che potesse farti del male. Adesso tuo padre deve guarire, curare le ferite della sua anima e presto starà bene di nuovo". 
Abby scosse la testa e distolse lo sguardo, mentre ascoltava le parole della sua amica fra le lacrime. 
Indubbiamente, ci sarebbe voluto davvero tanto tempo prima che Abby tornasse a stare bene davvero. 
Il suo cuore era troppo ferito: aveva perso delle persone che amava e niente sarebbe stato più come prima. 
Non più. 
Jo le si avvicinò di più e si guardò attorno con aria furtiva, per poi incrociare il suo sguardo ed assumere un'aria più seria. "Ho un messaggio da qualcuno che è arrivato qui da poco, che non può venire da te. Lei dice di dirti che vivi la tua vita non riflettendo a sufficienza. Tu puoi fare tutto quello che vuoi, che tu sia Syria, Layla, Abby o chiunque altro: sono tutte dentro di te e sono tutte la stessa persona. La tua anima è antica: hai conosciuto il dolore più atroce, l'odio più viscerale, la rabbia e la paura. Ma hai conosciuto anche l'amore più sconfinato, sai com'è fatto. Hai già fatto innamorare il diavolo una volta, puoi farlo ancora". 
Abby sgranò gli occhi e ascoltò le sue parole con attenzione, e presto si tirò indietro dalla sua presa come se fosse stata toccata da tizzoni ardenti e la sua pelle fosse rimasta ustionata. "Chi ti ha dato questo messaggio?". 
Jo sorrise in maniera rassicurante ed annuì, sfiorandole una mano e stringendola fra le sue. "Non so cosa significhi, ma Pamela dice che quando avrai l'opportunità, dovrai coglierla e rispedire Lucifer in gabbia o le conseguenze per te e per la tua famiglia saranno carissime. Non lasciare che gli angeli ti diano ordini, tu sai come fare. Dentro di te. Tu sei la chiave". 
"Jo, io..". La voce di Abby si spezzò ed il suo cuore batté più velocemente. Strinse di più la mano della sua amica, quando notò la luce all'interno del locale farsi più intensa. La luce avvolgeva completamente Jo, la quale non aveva smesso neanche per un momento di sorriderle, mentre Abby iniziò a capire che il loro tempo fosse ormai giunto al termine. 
Le strinse più forte le mani e scosse la testa, mentre i suoi occhi si riempivano di uno strato trasparente e la paura di lasciarla si faceva strada nuovamente dentro di lei. "Come faccio a dirti addio?". 
Parlò con voce incrinata dal dolore, il suo cuore batteva forte e con tutta se stessa si aggrappò alla sua amica, allungandosi verso di lei per stringerla in un abbraccio stretto. 
Jo sorrise beatamente e ricambiò la stretta, per poi scioglierla e guardarla un'ultima volta negli occhi mentre la luce dietro di sé diventava sempre più intensa. "Non dire addio, amica mia. Ti prometto che ci vedremo ancora". 
Sussultò nel suo letto, sedendosi istintivamente e portando con sé le coperte in cui fosse avvolta; la sua fronte era madida di sudore mentre si guardava attorno nella stanza buia, notando Dean dormire al suo fianco con un'espressione tutt'altro che pacifica sul viso. 
Abby ci mise qualche secondo per mettere davvero a fuoco le immagini che avesse visto fino a qualche istante prima di svegliarsi: dell'ambiente luminoso e chiassoso della Road House, non rimaneva nulla in quella stanza buia e fredda. 
Si passò una mano sul viso con il respiro accelerato e scosse la testa, sospirando mentre ripensavo al messaggio di Pamela che Jo le avesse riferito. 
Mentre rifletteva sul significato che quelle parole potessero avere, il suo sguardo guizzò fuori dalla finestra, e qualcosa di molto insolito attirò la sua attenzione: Abby scese dal letto con delicatezza per non svegliare Dean e si diresse ai vetri per osservare l'esterno. 
La neve fioccava copiosa e si infrangeva inesorabilmente al suolo, dove già degli alti centimetri avessero ricoperto l'asfalto da un pezzo. 
Aggrottò le sopracciglia osservando la scena e scosse la testa: era maggio. Ed era raro che in quel periodo nevicasse in South Dakota. 
"Cosa stavi sognando?". 
Abby sussultò quando udí quella voce e si voltò di scatto nella stanza buia, osservando Anael comparire alle sue spalle ed avvicinarsi nella sua direzione con aria apparentemente tranquilla; indossava il solito vestito rosa cipria e teneva le braccia dietro la schiena.
Non era una novità per loro incontrarsi in sogno: Anael le aveva spiegato che fosse il posto più sicuro, dove probabilmente nessuno avrebbe potuto ascoltare o interferire. 
Abby sospirò e scosse la testa, incrociando le braccia sotto al seno e lanciando un'occhiata a Dean, che si rigirò appena nel sonno. 
Guardò l'angelo dagli occhi azzurri e fece spallucce quando Anael continuò ad osservarla ed a studiarla come se fosse un'aliena da scoprire. "Anael, perché sei nella mia testa?". 
Fece un altro passo nella sua direzione ed accennò un sorriso delicato, imitando la ragazza e facendo spallucce. "Perché ti ho sentita agitarti ed ero preoccupata per te. Cosa sognavi che ti ha resa così?". 
In un'altra circostanza, Abby le avrebbe detto di andare al diavolo e di uscire dalla sua testa. Che non apprezzasse queste intrusioni senza permesso. 
Ma quella notte Abby si sentiva spezzata, con il cuore dolorante. Così debole da non riuscire a reagire. 
Abby abbassò gli occhi e scosse la testa, voltandosi per tornare ad osservare fuori dalla finestra, seguendo il modo scoordinato con cui i fiocchi di neve continuassero a scivolare giù dal cielo senza riuscire a decidere da soli del proprio destino. 
Ed Abby si sentí proprio nello stesso modo. 
Sentí le lacrime scivolarle lungo il viso e presto tirò su con il naso, mordendosi le labbra con i denti per la rabbia. 
Abby percepí la mano di Anael sfiorarle la spalla sinistra e la ragazza annuí in silenzio. Non conosceva l'angelo da molto tempo, eppure sapere di potersi sfogare e parlare. 
In più si trovavano in un sogno, quindi nessuno sarebbe venuto a conoscenza di quella conversazione. Abby prese un bel respiro ed annuì. "Odio questa vita, Anael. La odio. Vorrei non dover più cacciare, non dover perdere continuamente tutte le persone che amo. Invece perdo tutti, uno dopo l'altro: Jo ed Ellen, mio padre. Non posso più sopportare tutte queste perdite". 
Anael ascoltò le sue parole rimanendo in silenzio, rafforzando la sua presa sulla sua spalla mentre sentiva il corpo di Abby scosso da singhiozzi e percepiva tutta la sua sofferenza. 
Avrebbe tanto voluto usare i suoi poteri per guarirla, ma la sua era una ferita dell'anima e non del corpo. 
Anael non era in grado di curare quel tipo di ferita. 
Abby tirò su col naso un'altra volta mentre altre copiose lacrime le scivolavano sul viso. "E poi questa storia di Lucifer, Micheal e Syria. Come posso permettere che Sam e Dean si sacrifichino? Deve esserci un altro modo per impedirlo, c'è sempre. Io non posso permettere che succeda qualcosa anche a loro: sono la mia famiglia".
Senza dire nulla fece qualche altro passo fino a raggiungere il fianco di Abby, che istintivamente si voltò dalla parte opposta per non mostrarle il suo viso rigato dalle lacrime e marchiato dalla sofferenza. 
Ma Anael non aveva bisogno di guardare il suo volto per capire come sentisse. Era un angelo ed in quanto tale riusciva a sentire ciò che sentisse Abby. 
Prese una mano della giovane cacciatrice fra le sue e la avvolse in una stretta amorevole, fino a quando Abby si sentí al sicuro e si voltò ad incrociare i suoi occhi. 
La sua espressione pacifica le trasmise una grande tranquillità; il suo sorriso angelico la calmò e la fece smettere di versare delle lacrime. 
Con il capo, Abby si appoggiò alla sua spalla e tornò a guardare la neve fioccare e accennò un sorriso triste mentre pensava al suo papà che avesse perso un'altra volta. 
"È mia moglie: quante altre volte devo ucciderla". Abby aveva sentito Bobby dire questa frase mentre il corpo di sua moglie e di Jack bruciavano sul retro della proprietà Singer. 
Ed in quel momento, quando osservava le fiamme bruciare ed alzarsi alte nel cielo e divorare i corpi di quelle due persone che erano state tanto amate e tanto piante, Abby pensò la stessa cosa. 
Quante altre volte avrebbe dovuto vedere le persone che amava morire? 
Anael l'avvolse in un abbraccio e la tenne stretta ed Abby chiuse gli occhi, sentendosi improvvisamente più serena grazie all'aiuto angelico di Anael. "Andrà tutto bene, Abby: veglierò su di voi. Te lo prometto". 

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Capitolo 29
*** Capitolo 24. ***


HUNTER'S LEGACIES. 
Capitolo 24.
(I PARTE) 
 
 
In silenzio inserí all'interno di uno scatolone i suoi affetti più stretti, depositando insieme ad essi anche ciò che restasse del suo cuore: pose il suo giubbotto di pelle marrone che avesse ereditato da suo padre John, la sua pistola preferita con la scocca bianco perlata, delle lettere indirizzate a Sam e a Bobby, insieme a quella che Jack gli avesse dato per Abby, scrivendo ai due cacciatori di conservarla e aprirla solamente nel caso in cui il suo piano non fosse andato a buon fine e le cose si fossero messe davvero male. 
Le speranze di Dean erano crollate una dopo l'altra, tutti i piani e le ipotesi per la salvezza della sua famiglia si erano sbriciolati come dei castelli di sabbia e la sua tenacia nel continuare a resistere agli angeli ed a dire di no iniziò a vacillare sempre di più: nelle ultime settimane aveva osservato come il mondo stesse velocemente cambiando, come intere città venissero affollate da demoni per uccidere più gente possibile e prendere le loro anime. 
Dean, suo fratello ed Abby avevano persino affrontato la prostituta di Babilonia, e solo il maggiore era riuscito nell'impresa di ucciderla, rivelandosi essere un vero Servitore del Paradiso. 
Ma adesso Dean non sapeva più che cos'altro fare, se non compiere quel gesto disperato nel vano tentativo di dire si a Micheal, perché metà della popolazione mondiale viva era sempre meglio di nessun superstite. 
Diede un'ultima occhiata allo scatolone e sospirò rumorosamente, prendendo un lungo sorso del Whiskey dal bicchiere che tenesse in mano mentre pensava a quanto la sua famiglia si sarebbe infuriata per il suo gesto, e Dean non volle neanche pensare all'ira che Abby gli avrebbe riservato se lo avesse rivisto; avvolse lo scatolone con dello scotch marrone da imballaggio e scrisse sul pacco l'indirizzo ed il destinatario per far sì che almeno ai suoi familiari restasse qualcosa di lui. 
Si sedette sul bordo del letto della stanza di quel motel in cui si fosse rifugiato quella stessa mattina e si versò dell'altro Bourbon, bevendone ancora dei lunghi sorsi nel vano tentativo di trovare la forza dentro di lui per compiere quel gesto.  Sospirò ed incurvò le spalle ed il pensiero tornò su Abby, su quanto gli sarebbe costato non poterla più rivedere, perderla per sempre. 
La sera precedente, quando ancora fossero insieme, Dean era stato colto da una grande malinconia all'idea di lasciarla: l'aveva stretta a sé in un abbraccio che alla ragazza parve leggermente strano. E quando l'aveva baciata, Abby percepí una nota di tristezza e di malinconia che continuò a persistere per tutta la nottata che passarono a muoversi fra le lenzuola.
Dean le aveva ricordato quanto tanto l'amasse, che avrebbero trovato una soluzione per tutto ed Abby gli aveva creduto. L'aveva baciato, l'aveva stretto lentamente. 
Ma non poteva sapere che Dean, non appena lei si fosse addormentata su quel letto, avrebbe raccolto le sue cose e sarebbe scappato via senza neanche lasciarle un biglietto o uno stralcio di spiegazione; Dean si limitò a guidare la sua auto molto velocemente per mettere almeno due o tre città di distanza fra di loro. 
Dean lo stava facendo per tutta la sua famiglia e per i sette miliardi di abitanti del pianeta, ma soprattutto per non farlo fare a lei: Jack era stato molto chiaro quando gli aveva spiegato in che cosa consistesse il rituale scritto in maniera criptata sul suo libro di pelle nero e Dean non avrebbe permesso che Abby facesse quella fine.
Preferiva morire che sapere Abby risucchiata dentro un cosmico nulla che l'avrebbe completamente distrutta. 
Scosse la testa e bevve l'ultimo sorso e si alzò, perché sapeva che era ora di entrare e che procrastinare non avrebbe fatto apparire una soluzione miracolosa. 
Almeno fino a quando udí un forte battito di ali alle sue spalle che lo fecero sussultare, e due dita femminili e affusolate si apposero sulla sua testa, facendogli perdere i sensi.
 
 
Fece scattare la maniglia di ferro della panic room e si prese qualche istante per sospirare prima di aprirla con forza, ed entrare. 
Da quando fosse rinchiuso nella panic room, Dean aveva ricevuto la visita di Bobby e di Sam, che lo invitassero a non mollare e sicuri del fatto che lasciare entrare un arcangelo dentro di sé non fosse una decisione giusta; persino Castiel che, quando Dean riuscì ad eluderlo e ad evadere dalla stanza di ferro, fosse tornato giusto in tempo per impedire che il cacciatore si consegnasse a Zaccaria e lo aveva preso a pugni fino allo stremo delle sue forze, riportandolo nella panic room e legandolo per bene alle sponde del letto con le manette.
Ma quando quella sera la porta della stanza si aprì, Dean intravide la figura femminile di Abby entrare e guardarlo con la stessa aria accusatrice e furiosa che avesse immaginato. 
La ragazza non disse nulla mentre guardava nei suoi occhi verdi e si sedette sulla sedia davanti a lui non distogliendo mai lo sguardo, sentendosi anche troppo furiosa per riuscire a mettere due parole di fila per costituire una frase. 
"Abby, mi dispiace di essere fuggito così l'altra notte ma tu non mi avresti lasciato andare e..". 
"Sta zitto, prima che venga lì e ti riduca peggio di quanto abbia fatto Castiel".
La voce di Abby era furibonda, fuori di sé e parecchio alterata, così come il suo sguardo furioso e quasi omicida, e Dean non ricordò di averla mia vista tanto arrabbiata, costringendosi a stare in silenzio. Sospirò rumorosamente e scosse la testa, distogliendo lo sguardo per puntarlo in giro per la panic room. 
Abby accavallò le gambe e serrò le braccia sotto il seno, continuando a guardare il suo viso e provando un forte astio nei suoi confronti. 
"Ti ho sentito parlare con Sam prima: gli hai detto che lo fai per me, ma lui non ne ha voluto parlare. Quindi me lo dirai tu, adesso, o giuro che..". 
"..che cosa, Abby? Vuoi torturarmi? Fa pure, ma ricorda che in quanto a torture sono io il maestro qui!". 
La ragazza dischiuse le labbra e sospirò, scuotendo la testa e chiedendosi come avesse potuto pensare ad una cosa del genere. "Ma cosa c'è che non va in te?". 
Dean sospirò e scosse la testa, muovendo il polso che fosse ammanettato al letto con forza, facendosi solamente del male e sentendosi del tutto frustrato. "Senti ragazzina, è meglio che tu ne stia fuori questa volta". 
"Hai detto a Sam che questa tua pagliacciata di fuggire in piena notte per consegnarti a Micheal ha a che fare con qualcosa che ti ha detto mio padre quando Morte l'ha riportato in vita: che vuol dire? Che ti ha detto?" chiese Abby rimanendo ad osservarlo con determinazione negli occhi, osservando Dean contrarre la mascella e scuotere la testa, perché non poteva proprio rivelarle ciò di cui fosse a conoscenza per il suo bene. Abby sollevò un sopracciglio e lo guardò con aria di sfida, e si alzò dalla sedia dirigendosi verso la porta con serietà. "Va bene, vorrà dire che lo chiederò a Lucifer". 
"No, aspetta!!" esclamò Dean alzandosi di scatto e portandosi dietro il letto di qualche passo, dimenticando in quel momento di essere ancora legato. La guardò con aria supplichevole e le intimò di aspettare alzando la mano libera nella sua direzione. "Aspetta Abby, non sai di che parli! Devi fidarti di me". 
La ragazza lo guardò con aria seria e perentoria, tornò sui suoi passi fino ad essere a pochi metri da lui e sostenne il suo sguardo. "Dimmi tutto quello che sai e perché volevi compiere una scelta così suicida o giuro che esco di qua e scateno un casino lì fuori!". 
Dean non voleva che Abby si mettesse in pericolo, non voleva perderla e rinunciare a lei. 
Aveva fatto una promessa al padre Jack, garantendogli che Abby sarebbe sempre stata al sicuro; il minimo che potesse fare era sacrificarsi prima che potesse farlo lei, perché la conosceva meglio di chiunque altro e sapeva quale sarebbe stata la scelta di Abby una volta scoperta la verità. 
Inoltre la presenza di Adam al piano di sopra, pronto a dire si a Micheal al posto suo, non faceva altro che spingerlo a compiere il suo destino ed a permettere che l'arcangelo lo possedesse. 
Dean lesse negli occhi della ragazza una grande determinazione, mentre la osservava guardarlo con le braccia serrate al petto ed un'espressione autoritaria; sapeva che la sua minaccia fosse fondata: se non gli avesse detto la verità, se solo non fosse stata del tutto convinta delle parole che sarebbero uscite a breve dalle sue labbra, Abby avrebbe fatto qualcosa di pericoloso e sbagliato. 
Così Dean decise di non dire nulla; sospirò lentamente mentre guardava nei suoi occhi così azzurri e scosse la testa, sedendosi sul bordo del letto mentre le faceva segno di seguirlo. 
Ed Abby decise di fidarsi e lo fece; sciolse la sua espressione in una scocciata e nervosa, prendendo posto accanto a lui mentre ancora lo guardava rimanendo in allerta a studiare tutte le sue mosse. 
Ma Dean non disse nulla, limitandosi ad estrarre lentamente una busta bianca e sigillata dalla tasca interna della sua giacca. 
La guardò per l'ultima volta e la strinse più forte fra le dita, scuotendo la testa e scusandosi mentalmente con Jack per non essere stato in grado di evitare che Abby venisse messa in pericolo. 
Con dispiacere, porse la busta bianca nella sua direzione ed Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò, non capendo che cosa stesse accadendo. 
"L'ha scritta tuo padre. Mi ha chiesto di custodirla fino a quando sarebbe stato inevitabile che tu l'avessi". Dean strinse ancora le dita attorno a quel pezzo di carta ed Abby lo guardò con aria confusa, afferrando la busta e portandogliela via con un gesto leggero. "Jack sapeva quanto fossi cocciuta: sapeva che saremmo arrivati a questo punto". 
Fu il turno della ragazza di non pronunciare neanche una parola, mentre distoglieva lo sguardo dal suo per aprire quella busta bianca ed estrarre un foglio di carta piegato con cura. 
Riconobbe subito la calligrafia di suo padre e le mani le tremarono, mentre la vista le si appannava per le lacrime. 
Dean la osservò leggere ogni singola parola e riuscì a scorgere nei suoi occhi come il suo cuore si stesse sgretolando momento dopo momento mentre veniva a conoscenza dell'ennesimo segreto che Jack avesse tenuto con sua figlia per proteggerla; doveva fare male, altrimenti Jack non gli avrebbe chiesto di conservare quella lettera per la figlia. 
Guardava Abby scuotere la testa ad ogni frase che leggeva e mordersi le labbra per il nervosismo mentre leggeva la verità ed il rituale, e Dean la vide fragile come probabilmente non era mai stata. 
Quando fu sicuro che Abby avesse letto fino all'ultima parola della lettera di suo padre, le sollevò il viso con due dita, costringendola ad incrociare il suo sguardo: era piena di domande, si chiedeva perché Jack le avesse tenuto un altro segreto, rivelandolo invece a Dean e facendolo custodire con gelosia. 
Le sfiorò la guancia e accennò un piccolo sorriso, annuendo per tranquillizzarla. "Di sopra c'è un ragazzino pronto a prendersi una pallottola al mio posto: non posso lasciarglielo fare. Non posso fidarmi di Sam, so che prima o poi dirà di sì a Lucifer, quindi dovrò esserci per contrastarlo e tu dovrai essere al sicuro".
Abby lo guardò per qualche istante mentre ancora le parole di suo padre le ronzavano nella mente e lasciò scivolare il suo sguardo oltre il ragazzo seduto al suo fianco, mentre cercava di capire quale fosse la cosa giusta da fare. 
Dean si schiarí la gola e riportò lo sguardo di Abby sul suo, guardandola questa volta con aria supplichevole e preoccupata. "Non posso farlo se tu non sei al sicuro, ragazzina. Adesso sai la verità e sai che non ti lascerò fare niente di stupido, quindi aiutami e lascia che io compia il mio destino, mentre tu sei salva. Negozierò la salvezza tua e della nostra famiglia con Micheal, ma fino quel momento devi rimanere protetta. Promettimelo". 
Abby lo guardò con aria disorientata per qualche istante mentre sentiva l'unica lacrima che non fosse riuscita a trattenere dai suoi occhi, sfuggirle e percorrere la sua intera guancia destra. 
Guardò nei suoi occhi verdi così pieni di speranza e tutto ciò che avrebbe voluto fare era proteggere lui e la loro famiglia; sollevò una mano fino al suo viso ispido, avvertendo la barba pungerle la pelle, e avrebbe tanto voluto sorridergli per tranquillizzarlo, ma non riuscì. 
Chiuse gli occhi e si avvicinò al suo volto, annullando la distanza fra di loro con un bacio lento e casto mentre il cuore le martellava nel petto con insistenza. 
Abby era scesa nel bunker in cantina perché voleva delle risposte e perché voleva che Dean sapesse che Adam fosse scappato, aiutato dagli angeli. 
Ma dopo quella rivelazione, Abby aveva finalmente capito quale fosse il suo ruolo in quella orribile faccenda, cosa avrebbe potuto fare per salvare tutti i suoi familiari e risparmiare la vita di tutti.
Adesso che fosse a conoscenza di tutta la verità, Abby capiva quale fosse il significato del messaggio di Pamela. 
Adesso sapeva quale fosse il suo destino. 
Affondò il viso nel suo petto e chiuse gli occhi, godendosi l'ultimo momento che avrebbero potuto insieme prima che Abby lasciasse quella casa da sola, conscia che avrebbe portato a termine il suo compito a qualsiasi costo. 
 
 
Accartocciò la lettera con la mano e la strinse forte prima di abbandonarla sul sedile del passeggero della sua auto, scuotendo la testa e sospirando. 
Alla luce di quella nuova rivelazione, tutte le tessere del puzzle della sua vita si incastrarono perfettamente adesso che anche lei conosceva la verità; capiva il motivo per cui suo padre non ne avesse mai parlato direttamente con lei, capiva perché lo avesse detto a Dean e capiva anche perché lui si sarebbe spontaneamente consegnato agli angeli se non avesse mandato Anael a cercarlo. 
Adesso Abby sapeva anche perché Castiel ed Anael fossero così riluttanti nel parlare di ciò che avessero letto nel libro di pelle conservato da suo padre, e perché prendessero tempo e fossero così vaghi con lei. 
Anael stava ancora continuando a rispettare la volontà di Jack e aveva convinto anche Castiel a tenere la bocca chiusa, e sapeva che se avessero scoperto ciò che avesse intenzione di fare l'avrebbero fermata. 
Per questo Abby doveva agire in fretta e doveva comportarsi nella maniera più fredda che conoscesse, perché non doveva tradire alcuna emozione. 
"Hai scoperto la verità, quindi..".
Quando Anael comparve al suo fianco in auto seduta sul sedile del passeggero, Abby non ne fu sorpresa: l'angelo le aveva sempre detto che la seguiva e che fosse continuamente pronta ad aiutarla per ciò che avesse giurato a suo padre. Ed Abby era riuscita a condurla dove voleva che fosse senza insospettirla, così sospirò e si lasciò andare contro il sedile. "Quindi sono io l'unico modo per rinchiudere nuovamente Lucifer nella sua gabbia senza che nessuno muoia, giusto? Sono la chiave della gabbia. È questo che mi avete tenuto nascosto". 
Anael sospirò e la guardò con quel suo sguardo innocente che le facesse sempre tenerezza, e le afferrò una mano con delicatezza cercando di parlarle con pacatezza. "Saresti tu l'unica a morire, se lo facessi". 
Abby sentí il sangue ribollire nelle sue vene e si voltò meglio a guardarla, ritraendo la mano con rabbia. "E pensi che me ne importi qualcosa? Ho l'opportunità di salvare l'intero pianeta: la mia vita non è così importante da anteporla a quella dell'umanità!". 
"Ma certo che lo è: devi compiere il tuo destino, che non è quello di rinchiudere Satana!" esclamò Anael sgranando gli occhi e sospirando, continuando tuttavia a parlare con pacatezza. "Questo compito spetta a Sam e Dean!" 
Abby dilatò le narici per la rabbia e colpì il volante con entrambe le mani, voltandosi a guardare l'angelo con aria furiosa. "E io dovrei stare buona a guardarli massacrarsi fra di loro portando con loro mezzo pianeta, quando potrei avvicinarmi a Lucifer e confinarlo di nuovo nella gabbia con un rituale?". 
Anael rimase in silenzio ad osservarla, verificando nei suoi occhi l'esistenza di una radicata ostinazione che non sarebbe stata in grado di rimuovere da sola, ma aveva bisogno che anche la sua famiglia l'aiutasse a farla ragionare. "Hai letto le parole di tuo padre: sarebbe un vero e proprio tormento per te riuscire a farlo tornare in gabbia. Sarebbe doloroso, ti farà impazzire e desiderare di morire, ma Lucifer non te lo permetterà e sarai costretta a rivivere tutta la sofferenza". 
Abby ascoltò attentamente le sue parole e strinse i denti per qualche istante, per poi sospirare rumorosamente e scosse la testa, distogliendo lo sguardo e tornando a guardare la strada vuota e sgombera attorno a sé di Detroit. 
Non si sarebbe lasciata influenzare dalle parole di Anael, che avevano come unico scopo quello di provare a spaventarla a morte per convincerla a non sacrificarsi per tutti. "Dimmi solamente una cosa, Anael: se io ipoteticamente dovessi davvero farlo, cosa mi succederebbe se riuscissi a imprigionare di nuovo Lucifer?".
Anael scosse la testa e la guardò con tenerezza ma aria molto seria, perché conosceva bene il lato testardo di Abby e che non ci fosse modo di farle cambiare idea quando si mostrasse così dura, così decise di parlare con sincerità. "Le possibilità che tu esca viva da una procedura così delicata sono davvero molto basse, Abby. Potresti morire e raggiungere tuo padre oppure potresti rimanere rinchiusa dentro la gabbia insieme a lui per l'eternità". 
Abby la guardò negli occhi e capí che stesse dicendo la verità, che neanche lei sapesse davvero cosa le sarebbe potuto accadere nonostante fosse un angelo; sospirò rumorosamente ed annuì, sorridendo amaramente e fissò nuovamente lo sguardo sul suo perché il tempo era ormai scaduto ed era ora di andare. 
"Grazie per tutto, Anael. Grazie per essermi sempre stata accanto e per avermi aiutata quando più ne avevo bisogno. Ma adesso devo continuare da sola". 
Abbassò gli occhi in fretta ed aprí la portiera con un sorriso stanco, uscendo e chiudendoselo alle spalle, mettendo le chiavi nella sua tasca. Vide Anael provare ad uscire con aria confusa, per poi sgranare gli occhi e capire che quella fosse solamente una trappola Angelica progettata per lei, e la guardò con aria tradita attraverso il finestrino; Abby si sentí uno schifo per averla rinchiusa in quel modo dentro la sua auto con un simbolo enocchiano trovato tra gli appunti di suo padre, disegnato sotto la sua auto per indebolire i suoi poteri fino ad impedirle di liberarsi, ma sapeva che Anael avrebbe trovato il modo di fermarla o di avvertire in tempo il resto della famiglia. 
Si voltò verso l'ingresso della città osservando il grosso cartellone con su scritto "Welcome to Detroit" e si fece coraggio, iniziando a camminare lentamente per le strade deserte. 
 
 
 
"Mi dispiace, non riesco a localizzare Abby, né Anael. È come se fossero svanite nel nulla". 
Sam e Bobby avevano udito le parole pronunciate da Castiel ed avevano provato rabbia mista a dolore e disperazione, ma Dean invece aveva lanciato per aria i libri che giacessero ancora aperti sulla scrivania del salotto di Bobby, capovolgendo le sedie ed urlando forte, dando sfogo al suo dolore ed alla rabbia. 
Era stata Abby questa volta a passare la notte con lui per poi sgattaiolare via senza lasciare neanche un biglietto. 
Dean sapeva che se non avesse avuto la sua idea di lasciarsi prendere da Micheal, Abby non avrebbe mai scoperto nulla sul rituale. Sentiva che fosse colpa sua. 
E mano a mano che il tempo andava passando, ed ormai erano 5 giorni che lui e gli altri cacciatori cercassero l'angelo e la cacciatrice, Dean iniziò a pensare che Abby fosse morta. Che si fosse fatta avanti e che Lucifer l'avesse semplicemente uccisa. 
"Dean, calmati.." sussurrò Sam sospirando e mettendogli una mano sulla spalla nel tentativo di sedare la sua furia, guardando i suoi occhi pieni di rabbia e di disperazione. "Troveremo un modo!". 
"Quale modo vuoi trovare? Abby deve essere morta ed Anael insieme a lei! Lucifer non si sarebbe fermato solamente per Syria, glielo avevo detto! È tutta colpa mia, io..". 
La voce di Dean si incrinò per il dolore e si portò una mano al petto, all'altezza del cuore perché dentro di lui era ancora rimasta una piccola parte che continuava a suggerirgli di mantenere la speranza. 
Ma Dean era stanco di quella vita, di perdere continuamente chiunque amasse. E non poteva continuare la sua vita senza l'altra metà del suo cuore.
Sam aveva visto suo fratello in quello stato solamente rarissime volte e gli faceva molta più paura vederlo così disperato, che quando fosse veramente infuriato. Si avvicinò e lo strinse forte in un abbraccio, ma Dean rimane impassibile, fermo, con lo sguardo vitreo. 
Il maggiore pensava anche al piano folle che Sam avesse messo su per sconfiggere il diavolo e al fatto che Gabriel avesse rivelato loro l'unico modo con cui avrebbero rimesso Lucifer in gabbia, a come avessero recuperato gli ultimi due anelli dei Cavalieri che gli mancassero. E si disperava ancora di più, perché aveva già perso Abby, non voleva perdere anche suo fratello. 
Avrebbe voluto mollare, gettare la spugna e lasciare che gli arcangeli si ammazzassero fra di loro, pregando di mettere fine anche alla sua stessa vita, ma non poteva. Dean non poteva arrendersi proprio in quel momento. 
Sciolse l'abbraccio con Sam e gli mise una mano sulla spalla, guardandolo dritto negli occhi: nonostante fosse ormai più che cresciuto, per Dean rimaneva sempre il suo fratellino grassottello di quattordici anni che amava chiamare Sammy. 
Lo aveva sempre sottovalutato, e non perché non lo credesse all'altezza. Solamente perché Dean era il fratello maggiore e aveva passato la sua intera vita a vegliare su di lui ed a proteggerlo. 
Come poteva permettergli di compiere un gesto simile? 
Ma Dean sapeva che non avrebbe potuto arrendersi in quel modo e che non avrebbe potuto proteggere Sam da ciò che sarebbe arrivato presto per lui. Gli mise una mano sulla guancia e la batté per qualche secondo, guardandolo con le lacrime agli occhi. 
Lo amava così tanto e avrebbe dato la sua vita per salvarlo in un battito di cuore. Senza pensarci. 
Diamine, lo aveva già fatto. 
E lo avrebbe rifatto. Ma purtroppo questa volta non poteva, e avrebbe dovuto affrontarne le conseguenze se davvero fossero riusciti a sopravvivere. O almeno se anche lui ci fosse riuscito. 
"Ok Sammy, facciamolo. Non ci sono rimaste altre alternative". 
Sam lo guardò con stupore e serrò le labbra in una linea sottile commossa, perché tutto ciò che aveva sempre voluto era proprio che suo fratello lo vedesse per quello che realmente fosse: un cacciatore forte esattamente quanto lui, un'anima buona. E se avrebbe potuto purificare la sua anima con un sacrificio come quello, Sam sarebbe stato felice di farlo. 
Il minore gli strinse forte una spalla, come Dean stesse facendo con lui, e gli sorrise amaramente annuendo perché quel giorno si sarebbe compiuto il suo destino. 

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Capitolo 30
*** Capitolo 24. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 24.
(II PARTE)


Il cuore le si strinse forte nel petto e l'ennesimo urlo di dolore corse lungo la sua gola: Lucifer non aveva smesso di torturarla con i suoi poteri neanche per un momento, riducendola quasi senza voce per quanto avesse urlato in quelle lunghe ore. O giorni.
Abby aveva perso la cognizione del tempo da quando Lucifer l'avesse legata in quella stanza, tenendole le braccia legate a delle pesanti catene che partissero dal soffitto, in modo tale da tenerla sempre in piedi e lasciandole le gambe a penzolone.
Tutto ciò che Abby sentiva era solamente puro dolore, ogni qualvolta la lama di Lucifer le trafiggesse il ventre e fosse sul punto di morire dissanguata.
Ma proprio un attimo prima di perdere conoscenza e sprofondare nel mare dell'incoscienza, Abby tornava tutta intera e senza più una ferita, pronta per essere torturata un'altra volta.
La ragazza prese fiato e sollevò lo sguardo verso di lui in quella stanza buia e fredda, illuminata solamente da numerose candele che impuzzavano l'aria. Mosse lentamente le braccia per provare per l'ennesima volta a liberarsi, ma non ebbe più forze e lo guardò con aria stanca e dolorante.
"È questo il tuo grande piano? Torturarmi quasi fino a morire per poi risanarmi e ricominciare?".
Lucifer rise di gusto e si alzò dal suo trono insanguinato dal quale la stava guardando, avvicinandosi a lei con aria quasi di ammirazione e le prese il viso fra le mani, facendole male e sentendola gemere appena. "Io non ti sto risanando: sei tu che ti rigeneri".
Abby aggrottò le sopracciglia debolmente e sospirò lentamente, stringendo i pugni e cercando di scostare il viso dalla sua carezza poco gradita e con freddezza disse: "No, non è possibile".
Lucifer rise ancora e si morse il labbro tradendo un po' di nervosismo: non voleva perdere tempo con quella ragazza, avrebbe dovuto indurre Sam a dire di si per poter dare il via alla battaglia finale dato che sentiva che suo fratello Micheal si fosse impossessato di Adam, il suo secondo tramite.
Ma non riusciva a fare a meno di passare tutto il suo tempo in compagnia di Abby, perché guardarla soffrire lo eccitava troppo rendendolo euforico, anche se la vera motivazione che lo spingesse a torturarla in quel modo fosse un'altra.
Fece brillare i suoi occhi di un rosso scintillante ed Abby iniziò nuovamente a gridare quando Lucifer esercitò la sua presa invisibile su di lei, serrando gli occhi e contorcendosi su se stessa per quando possibile.
Lucifer mollò la presa su di lei e scosse la testa, voltandosi nuovamente verso il suo trono e sedendosi mentre la osservava soffrire e gemere forte.
Abby si forzò di tornare a respirare in maniera regolare, mentre del sangue continuò a grondarle dalla bocca finendo rovinosamente contro il pavimento; lo guardò nuovamente negli occhi e sospirò, mentre sentiva ogni parte di lei far male. Anche se incredibile per molti, anche essere torturata faceva parte del suo piano.
Abby sapeva ancora cosa stesse facendo.
Guardò nei suoi occhi scuri e divertiti dalla sua sofferenza ed Abby iniziò a ridere di gusto scuotendo la testa. "So che non mi stai torturando per il gusto di farlo, so che stai facendo. E so anche che non sta funzionando, : non farai tornare Syria così. Dovresti accettare la fine della nostra relazione".
Lucifer sgranò gli occhi ascoltando attentamente le sue parole ed in un primo momento fu tentato di infliggerle più dolore, ma presto il suo volto di rilassò un un grosso sorriso, puntando un dito verso di lei e ridendo di gusto, avanzando verso di lei con aria vittoriosa, iniziando a girarle attorno per osservarla meglio. "Sta funzionando invece: solo Syria mi chiamava così, solo Syria riusciva a guarire in quel modo dalle ferite, e sto riuscendo a riportarla indietro!".
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria sorpresa, ignorando per un momento il dolore al suo corpo, e guardò il diavolo dritto negli occhi con aria compiaciuta perché aveva finalmente capito. "Tu non volevi ucciderla, vero? Quel giorno quando tu e Micheal vi siete scontrati per la prima volta: tu sapevi che anche se lui l'avesse colpita, sarebbe tornata indietro anche se in fin di vita perché poteva guarire. Tu non volevi metterla in pericolo, perché tu l'amavi. Ma non sapevi che tuo fratello avrebbe mirato dritto al cuore, giusto Lù?".
Lucifer abbassò lo sguardo per un istante, deglutendo a fatica mentre le immagini di più di mille anni prima, quando l'umanità fosse ancora al suo esordio, iniziarono a scorrere nella sua mente in modo disordinato. Lucifer non aveva mai amato nessuno in quel modo, a parte suo Padre, e da quel momento non amò mai più nessun altro.
Ma nonostante fosse una semplice umana, Syria riusciva a capire ciò che Lucifer avesse davvero dentro e ciò che avrebbe potuto offrirle: Lucifer aveva reso la sua anima immortale, aveva fatto sì che continuasse a reincarnarsi con la speranza che risorgesse sempre più cattiva, fino al punto di riuscire a liberarlo dalla gabbia in cui i suoi fratelli lo avessero rinchiuso; ma Syria doveva essere finita nelle mani di qualche buon samaritano che le avesse insegnato solamente il bene.
Per questo motivo Lucifer stava impiegando così tanto tempo per risvegliare quella parte sopita della sua anima.
La guardò negli occhi e le sfiorò il viso, questa volta con delicatezza, e le rivolse uno sguardo serio. "È vero, è come dici tu. Io l'amavo, le ho dato tutto di me, ma lei mi ha tradito con il mio stesso fratello. Io amavo Micheal, amavo mio Padre, ma amavo anche Syria. E loro me l'hanno portata via per sempre".
Abby non avrebbe voluto provare compassione per il diavolo: pensava ancora che quella di Lucifer fosse una stronzata e che si fosse meritato di marcire nella gabbia per tutto quel tempo perché era un mostro, ed era consapevole che quella sarebbe potuta essere solamente una menzogna montata ad arte per raggiungere il suo scopo. Ma Abby aveva anche la sua parte da recitare per raggiungere il suo obiettivo, così si lasciò sfuggire delle lacrime, che ricoprirono il suo volto mentre la mano di Lucifer ancora le sfiorava la guancia.
"Stai piangendo?". Lucifer dischiuse la bocca e le afferrò il viso più saldamente, sollevandolo con forza e guardandola con aria incredula mentre studiava i suoi occhi.
E poi lo vide: lo sguardo di Syria, quello di cui si fosse innamorato più di mille anni prima e per cui avesse infranto le Leggi di suo Padre che vietavano le relazione fra umani ed angeli.
Abby lo guardò con aria dolorante ma felice mentre ancora le lacrime le scendessero dal viso, stretto nella sua presa, e notò gli occhi di Lucifer divenire increduli. "Hai mantenuto la tua promessa, Lù. Ci sei riuscito: mi hai riportata indietro".
"Syria?".
La gola gli si chiuse e per un istante Lucifer dimenticò di essere stato liberato sulla terra per un motivo più grande, dimenticò che avrebbe dovuto uccidere angeli e uccidere Micheal, e si fermò a guardarla, mentre riconosceva gli occhi dell'unico amore che avesse mai amato.
La vide annuire mentre accennava un debole sorriso dolorante e non ci pensò un momento di più dal liberarla dalle catene con un gesto della mano, afferrandola saldamente fra le braccia per non farla cadere.
Impossibilitata a muoversi, Abby che si fingeva Syria si aggrappò alle sua braccia mentre Lucifer la stringeva a sé e la guardava con un sorriso felice sul volto.
Non ci mise molto prima di chinare il viso su quello della ragazza, unendo le labbra alle sue per baciarla con una delicatezza che Abby non si aspettasse e che le fece venire i brividi per tutta la schiena.
Avrebbe preferito lasciarsi morire o essere torturata per sempre che baciare un mostro come Lucifer, ma purtroppo anche quello faceva parte del rituale per rinchiuderlo per sempre.
Ricambiò il bacio in maniera sempre più profonda, mentre sentiva Lucifer cingerle i fianchi con delicatezza, e sentí il suo corpo guarire sotto il potere angelico del diavolo; si distaccò e lo guardò con un grosso sorriso dolce sul viso, lo stesso che avesse visto indossare a Syria nelle sue visioni quando Pamela l'avesse ipnotizzata.
"Mi dispiace così tanto, Lù. Io non volevo, non volevo che succedesse tutto questo, io volevo solamente la pace fra te e i tuoi fratelli. Io..".
Lucifer sentí il cuore sopito da millenni risvegliarsi mentre la teneva stretta e dopo aver visto le lacrime scivolare sul viso di Sirya, ed annullò la distanza con un bacio a fior di labbra e la fece tacere, per poi guardarla con un sorriso dispiaciuto sul viso. "Non è colpa tua, Micheal riesce ad entrare nella testa delle persone e ti ha confuso. Ma l'importante è che adesso tu sia con me, di nuovo insieme".
Abby annuí e gli strinse le braccia al collo, mentre sentiva le sue mani sui suoi fianchi e dovette trattenere un conato di vomito, che le risalí immediatamente dopo aver baciato il diavolo.
Mentre lo guardava negli occhi fingendosi chi in realtà non fosse, Abby poteva solamente pensare che sarebbe riuscita a portare a termine il piano a tutti costi, liberando i due Winchester e l'intero pianeta per sempre dall'influenza di Lucifer.

 
 
 
"Promettimi che smetterai di cacciare e che vivrai una vita normale, Dean".
Dean si era voltato verso il fratello minore seduto accanto a sé in auto, mentre sfrecciavano insieme verso Detroit. Aveva ascoltato le sue parole, ma era ancora troppo arrabbiato e pieno di un dolore che non era ancora pronto ad ammettere a sé stesso.
"Abby è morta, Sam! Tu lo sarai presto! Come puoi pensare che..".
"Promettimelo Dean! Io so chi sei realmente e non sei più un cacciatore, non sei un killer: hai bisogno di qualcuno che si prenda cura di te e di cui prenderti cura. Ho visto come ti sei comportato con Abby, ho visto quanto hai desiderato avere una vita normale insieme a lei. Troverai qualcunaltro oppure no, ma voglio che tu abbia un lavoro normale, una casa, le bollette da pagare e che tu faccia a gara con i i vicini per chi è il migliore al barbecue! Ma devi promettermelo Dean. Fallo per me, fallo per Abby".
Dean non aveva mai saputo resistere allo sguardo speranzoso ed innocente di suo fratello.
E nonostante il suo cuore fosse spezzato ed era destinato a distruggersi ancora di più, Dean abbassò lo sguardo e contro ogni logica si era ritrovato ad annuire.
"Te lo prometto, Sammy".
 
Dean osservò Sam bere quel sangue demoniaco che conservassero nel portabagagli dell'Impala, svuotando bidone dopo bidone, cercando di rinforzarsi il più possibile per sfidare il diavolo e vincere.
Nel frattempo Castiel aveva percepito un flebile potere differente nelle vicinanze e si era momentaneamente assentato, nonostante i cacciatori gli avessero detto di non farlo: sparì in un battito di ali e seguí quel potere nello spazio, fino a trovarsi a poca distanza da dove si trovasse in precedenza, proprio davanti l'auto di Abby abbandonata sul ciglio della strada che conducesse all'entrata di Detroit.
Si avvicinò lentamente ed in silenzio all'auto, quando scorse dentro l'abitacolo una figura che conosceva bene: Anael.
L'angelo con indosso il solito vestito rosa cipria si mosse in avanti nel piccolo abitacolo della macchina, gesticolando vistosamente per richiamare l'attenzione di Castiel che la guardasse perplessa. "Castiel, che fai lì impalato? Aiutami!".
Senza curarsi che ci fosse una maniglia perfettamente funzionante, l'angelo staccò dall'esterno lo sportello nella sua totalità gettandolo malamente a terra ed invitò Anael a scendere dalla vettura con un gesto del capo.
Quasi non capí quando Anael scosse la testa ed alzò gli occhi al cielo, mostrandogli che fosse trattenuta all'interno con una magia enocchiana. "Abby ha reso la sua auto una trappola angelica: non posso uscire se non spezzi il sigillo".
Castiel parve capire solamente dopo quella spiegazione e appoggiò una mano sulla fiancata dell'auto, sussurrando delle strane parole in enocchiano e lasciando un'impronta sulla carrozzeria che si ammaccò sotto la sua pressione.
Quando i due angeli si scambiarono un'occhiata, Anael si sentí più sicura ed accennò un sorriso. Si mosse silenziosamente e sospirò di felicità quando riuscì ad uscire dalla vettura senza provare il male fisico che quel sigillo imponesse.
Guardò Castiel con aria agitata e preoccupata, facendosi più vicino a lui. "Dov'è Abby? Che le è successo?".
 
 
La ragazza sospirò rumorosamente e cercò di mantenere la calma quando sotto i suoi occhi impotenti Lucifer iniziò a torturare ed a uccidere in maniera fin troppo brutale il demone che avesse davanti, senza curarsi che il fumo nero si trovasse dentro un contenitore, un povero disgraziato umano che era stato posseduto e che adesso era morto insieme a lui.
Abby stava in piedi con la mano poggiata sulla spalliera del trono su cui sedesse Lucifero e rimase proprio alle sue spalle in silenzio; non aveva ancora ben chiaro come avrebbe portato a termine il suo rituale senza farsi scoprire, ma sapeva di doverci riuscire.
Così Abby aspettò che Lucifer finisse di divertirsi e di uccidere parte dei suoi sudditi solamente per accrescere il proprio ego e per soddisfazione personale, e fece un passo avanti fino a raggiungerlo: lo guardò con aria maliziosa e gli afferrò le mani, spingendolo ad alzarsi e a seguirla in un'altra stanza che avesse adocchiato prima.
"Dove mi vuoi portare, Syria?".
Ma la ragazza non rispose a parole e subito annullò la distanza con un bacio passionale, portandosi le sue mani sui suoi fianchi e cingendogli il collo con le braccia. Aprí gli occhi e lo guardò con un sorriso sincero, sfiorandogli la guancia. "Mi sei mancato davvero tanto, Lù. Non chiedermi di aspettare oltre, non posso. Dobbiamo completare il rituale che ci renderà una cosa sola: qualsiasi sia il mio destino, sarà anche il tuo. E questo è un vantaggio per te: nessun cacciatore oserà fare del male a te, se vorrà dire ferire me".
Lucifer ascoltò le sue frasi e strinse la presa su di lei, prendendo il grosso sorriso sul volto della donna davanti a sé come una prova della sua lealtà.
Abby aveva usato un tono sicuro di sé, fin troppo seducente e delizioso che qualsiasi creatura umana e non, non avrebbe saputo come resisterle.
Lucifer sorrise maliziosamente e le sfiorò il viso con dolcezza, per poi afferrarla con forza e decisione.
La spinse contro la parete, immobilizzandole le mani dai polsi e ridacchiando molto perché in fondo la lussuria e la passione lo aveva unito a Syria già molto tempo prima. "Io so cosa vuoi da me, amore".
"Allora dammelo".
La voce di Abby fu quasi un sussurrò che tradì parzialmente la reale paura che provasse: voleva fermare Lucifer ed era disposta a sacrificare se stessa per salvare il pianeta e le persone che amava. Ma era terrorizzata all'idea che la sua vita si sarebbe conclusa con quell'atto orribile: alla fine della storia, l'inferno o il paradiso l'avrebbe presa e sarebbe finito tutto per sempre.
Nessuna reincarnazione, nessun'altra possibilità.
Sentí le sue labbra muoversi sul suo collo e le sue braccia afferrarla saldamente per caricarsela addosso, mentre Abby si guardava attorno per capire dove Lucifer la stesse portando, quando lo vide entrare dentro una stanza: letto a baldacchino, candele accese, mobilio conoscente.
La ragazza si fermò ed accennò un sorriso, riconoscendo il modo con cui si fosse impegnato per ricreare esattamente la stanza di Syria per non farla sentire a disagio una volta recuperata.
Quando Lucifer la fece scendere e rilassò la sua presa, Abby lo guardò ed accennò un sorriso più sicuro quando lo vide estrarre dalla sua manica un grosso pugnale ed afferrare una coppa in ottone dall'aria antica.
Lo vide esercitare pressione sul proprio polso con la punta del pugnale affilato e subito la pelle si aprì come se fosse fatta di butto; il sangue colò copioso e scivolò all'interno della coppa d'ottone.
Quando fu il suo turno, Lucifer impiegò molta delicatezza nel praticarle la stessa incisione sul polso destro. Quando anche il suo sangue entrò nella coppa e si mischiò con quello già presente, Abby sollevò lo sguardo verso Lucifer, mentre lui le guariva il taglio con un semplice tocco.
Questa parte del piano non era più in suo potere: il rituale poteva essere completato soltanto da una creatura con tutto il potere malvagio che potesse avere Lucifer, rendendo Abby una semplice spettatrice.
La guardò con uno sguardo che trasudasse tutto l'amore che potesse provare e presto Lucifer chiuse gli occhi ed iniziò a recitare un'antica litania in una lingua che Abby non conosceva.
Tutto ad un tratto, attorno a sé si alzò un vento che le fece scompigliare i lunghi capelli lisci ed Abby sentí il piccolo tavolo situato vicino alla finestra infrangersi al suolo insieme a dei bicchieri, creando un gran baccano che però venne sovrastato dalla voce di Lucifer che continuava a recitare il rituale.
Le luci tremarono per dei lunghi istanti mentre la superficie del sangue contenuto nella ciotola iniziò ad incresparsi, formando delle vere e proprie bolle.
Abby sgranò gli occhi, ma in fretta nascose la sua espressione titubante quando Lucifer aprì gli occhi e smise di parlare, sorridendole in silenzio.
"Abbiamo quasi finito: dobbiamo entrambi bere il nostro sangue unito dalla magia e poi saremo una cosa sola". Lucifer le si avvicinò ancora di più, sollevando una mano per sfiorarle il viso e scostarle i capelli dietro l'orecchio: il suo entusiasmo e la sua felicità erano fin troppo palpabili.
Era elettrizzato all'idea di avere di nuovo la sua Syria, colei per cui avesse combattuto e colei che avesse amato sopra ogni cosa.
Abby si sforzò di sorridere ad annuì, allungando le mani per afferrare la coppa dalle sua mani per bere dei lunghi sorsi e completare finalmente il suo rituale, ma Lucifer lo allontanò di qualche centimetro mentre la guardava negli occhi.
"Inizierò io". La sua voce era perentoria e fredda e, nonostante Abby sapesse che Lucifer amasse davvero Syria e non le avrebbe mai fatto del male, quel tono le fece paura, perché la ragazza sapeva quando lui fosse in realtà egoista e manipolatore, incapace di amare davvero.
Annuì alle sue parole e lo osservò farle un cenno del capo, per poi portassi la coppa alle labbra e bere dei lunghi sorsi del loro sangue unito con la magia.
Lucifer deglutí il liquido denso e rosso e sbatté le palpebre un paio di volte, mentre sentiva il sangue scivolare all'interno del corpo del suo tramite.
Abby lo guardò con sopracciglia, avvicinandosi a lui e specchiandosi nei suoi occhi. "Lù, stai bene?".
Lucifer inizialmente annuì convinto e fece per passarle la coppa, quando dei piccoli crampi sopportabili si diffusero in tutto il suo corpo e si sgranchí le braccia e le gambe nel tentativo di rimuovere questo fastidio.
Tutto sparí molto velocemente: adesso Lucifer era legato a quella che credeva essere Syria, qualsiasi cosa fosse successa a lei, sarebbe accaduta anche a lui.
"Sto bene, amore. Adesso tocca a te". Le sorrise e le porse la coppa d'ottone, che la ragazza prese fra le mani con un sorriso incerto.
Guardò il sangue rimasto all'interno della coppa e lo fece oscillare, muovendo la coppa in senso rotatorio.
Doveva andare fino in fondo, questo Abby lo sapeva.
Ma stava raccattando tutto il coraggio che avesse in corpo per alzare quella coppa e bere quel dannato sangue.
Sentí il cuore battere velocemente per l'agitazione e le mani iniziarono a sudarle, così Abby cercò di respirare lentamente mentre ricordava a sé stessa che lei fosse l'unica a poter portare a termine quel compito: era scritto che Abby sarebbe stata la chiave della gabbia di Lucifer solamente perché lui l'amava e l'aveva amata per tutto questo tempo, ed in quanto anima soprannaturale ed immortale sarebbe stata capace di riuscire dove altri avrebbero fallito.
Il rituale si sarebbe compiuto solamente nel momento in cui Lucifer e Syria si fossero uniti come un tempo, così come era successo tanti anni prima, infrangendo di nuovo le regole e meritando l'esilio eterno venendo risucchiati probabilmente entrambi nella gabbia.
Ma quando Abby tornò a guardare negli occhi sorridenti di Lucifer, si chiese come diavolo facesse a non sapere quale sarebbe stato l'epilogo della loro storia.
Come facesse Lucifer a non capire che, una volta uniti, la gabbia lo avrebbe richiamato a sé per punirlo per aver peccato ancora.
Perché così era scritto, così era stato e così era stato deciso da Dio in persona.
"C'è qualcosa che non va?". Lucifer le sorrise e le sfiorò il volto con la mano, per poi afferrarla saldamente dalla base del collo e stringerla più vicina a sé.
"N-no, nulla". Abby scosse la testa e deglutí a fatica, sentendo il suo cuore battere fin troppo velocemente perché adesso la stava spaventando più di tutti quei giorni in cui l'avesse torturata.
Prese un bel respiro e tornò a guardare la coppa, facendosi coraggio e portandosi la coppa alle labbra.
Era proprio sul punto di inclinarla per bere quel liquido rossastro dall'odore ferroso sotto lo sguardo soddisfatto di Lucifer, quando un rumore proveniente dall'esterno della stanza la fece sussultare ed allontanare la coppa dal viso.
Entrambi si voltarono di scatto in direzione della porta, mentre i rumori iniziarono a sembrare loro una chiara rappresentazione di una vera e propria lotta.
"Dean, attento!".
La voce di Sam giunse dritta alle orecchie di entrambi ed Abby sgranò gli occhi per la sorpresa, perché davvero pensava che i ragazzi non li avrebbero trovati in così poco tempo.
Lucifer la guardò in cagnesco e si avvicinò a lei con aria minacciosa come se il fatto che i due Winchester si fossero presentati in quel posto fosse una chiara prova della slealtà di Abby, e la ragazza indietreggiò velocemente, lasciando cadere la coppa a terra velocemente e tutto il sangue si riversò a sul pavimento malmesso.
La donna ebbe la sensazione di sentire avvicinare a sé un serpente velenoso pronto a morderla e ad infettarla con il suo veleno, e dopo che Lucifer guardò con insistenza il loro sangue gettato a terra, Abby vide nei suoi occhi passare dei pensieri che non riuscì a decifrare.
"Non li ho chiamati io, se è quello che stai pensando. Possiamo ancora completare il rituale, Lù".
Lucifer assottigliò gli occhi riducendoli a due fessure, guardandola con aria accusatrice e scuotendo la testa. La afferrò saldamente e la lanciò con forza contro la parete di pietra vicino alla porta, contro cui Abby sbatté fin troppo forte e perse il respiro per un attimo, scivolando a terra quando le gambe non la sostennero più.
Lucifer si avvicinò a lei con aria minacciosa, ridendo di gusto e scuotendo la testa mentre la guardava provare a rialzarsi dolorante. "Tu piccola stronza, volevi fottermi! Avevo quasi creduto alla tua recita e sarei davvero andato fino in fondo questa volta: ti avrei dato tutto il mondo. Ma tu non sei lei, l'ho visto nei tuoi occhi: cercavi di nasconderlo così duramente, ma ti ho scoperta Abby. È finita".
In modo violento e furioso, Lucifer si abbassò quel tanto che bastasse per afferrare il collo della donna con forza, sollevandola e sbattendola contro la parete e stringendo sempre di più la sua mano attorno all'esile collo di Abby.
Si sentí completamente frastornata e scoperta, sapeva che fosse finita per sempre, che avesse fallito e che non ci fosse alcun modo per recuperare la fiducia che Lucifer aveva riposto in lei per un breve periodo.
Strinse le sue mani attorno a quella di Lucifer con la quale le bloccasse il respiro, ed Abby provò a dimenarsi ma ogni tentativo fu vano.
"Qualsiasi cosa accada a me, capiterà a te. Ti sei legato a me, Lucifer".
Abby pronunciò quelle parole con voce strozzata, mentre ancora lui la stringesse dalla gola.
La donna era diventata paonazza in viso, il prossimo colore sarebbe stato il blu, mentre la vista iniziava lentamente ad appannarsi.
Lucifer sapeva che Abby avesse ragione e che se l'avesse uccisa, probabilmente non sarebbe morto in quanto lui era un arcangelo e lei solamente un'umana, ma il rituale era pur sempre forte.
Ne sarebbe uscito gravemente ferito: ci avrebbe impiegato un paio di giorni per rimettersi completamente, ma almeno avrebbe avuto la soddisfazione di osservare gli occhi di Abby spegnersi con lentezza.
Non riuscì a trovare le forze per colpirgli i polsi e sfuggire da quella presa mortale, ed Abby iniziò ad avere difficoltà a tenere gli occhi aperti.
La fine era troppo vicina ed Abby iniziava a rendersene conto.
Le porte della stanza si spalancarono al momento giusto ed entrambi si voltarono verso l'ingresso, osservando Sam, Dean e Bobby insieme a Castiel ed Anael fare il loro ingresso con aria seria mentre i loro vestiti erano imbrattati di sangue.
Quando Abby incrociò il suo sguardo con quello della sua famiglia, vide il sollievo e la felicità che stesse bene e fosse viva tramutarsi un paura e terrore quando si accorsero della mano stretta attorno al collo.
L'ultima cosa che Abby vide, furono gli occhi verdi di Dean che la guardava con tutta la sua preoccupazione ed il suo amore. Andarsene con la convinzione di essere stata amata in questo modo folle e totalmente pieno, la fece sentire importante e desiderata.
Amata.
Abby chiuse gli occhi e perse conoscienza udendo la risata spensierata di Lucifer, che gettò il suo corpo ormai privo di conoscenza sul pavimento come se fosse spazzatura.
L'ultima cosa che udì fu un veloce e convinto Si! da parte di Sam che le fece venire la pelle d'oca, prima di sprofondare nel nero più totale.

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Capitolo 31
*** Capitolo 25. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 25.

Un anno e mezzo dopo.

 
La brezza della fresca sera primaverile carezzò il viso dei due ragazzi stretti in un abbraccio delicato, e Dean divaricò leggermente le gambe distese per permettere ad Abby di sistemarsi meglio fra di esse e di stare più comoda mentre la sentí poggiare il capo e la mano sinistra sul suo petto e lui le carezzava la schiena delicatamente. 
Amavano trascorrere le serate in veranda a parlottare e scherzare sul dondolo su cui fossero sdraiati, raccontandosi l'un l'altra come avessero trascorso la giornata: Dean non avrebbe mai creduto che la vita normale a cui tanto avesse segretamente aspirato per tutti quegli anni fosse davvero così.. normale
Aveva fatto una promessa a suo fratello e aveva deciso di mantenerla, ed il fatto che Abby fosse sopravvissuta a tutta quella storia col diavolo gli aveva dato la forza di andare avanti e sopravvivere a tutto quel dolore: Dean aveva trovato un onesto lavoro da carpentiere, Abby era tornata a lavorare al pub per un breve periodo per finire regolarmente gli studi, mantenendo anche lei la promessa che avesse fatto a suo padre molti anni prima, per poi impiegarsi nella stessa attività di Dan. 
Dean ed Abby avevano trovato una modesta casa a qualche isolato di distanza dalla casa di Dan e Silver, e si erano davvero divertiti ad arredarla ed a sistemarla come meglio credevano, nonostante il duro sudore della fronte di entrambi. 
Avevano coltivato delle amicizie in quel lungo anno a Louisville, trascorrevano del tempo insieme e generalmente il venerdì sera qualche loro vicino o Dan e Silver andavano a cena da loro, trascorrendo lunghe serate insieme. 
Dean sentí Abby stringersi un po' di più e sorrise baciandole la fronte, avvicinandola di più a sé, ed Abby pensò di non essere mai stata così felice come in quel momento: avevano lasciato entrambi la caccia, avevano una vera casa, dei lavori che permettessero loro di poter stare insieme senza doversi continuamente guardare le spalle e difendersi da qualsiasi cosa fosse andato a cercarli. 
Eppure sapeva che Dean avvertisse quella vita come troppo stretta rispetto ai suoi standard ed anche un po' piatta, esattamente come sotto sotto si sentiva anche Abby. 
Sollevò il viso verso il suo ed osservò i suoi occhi verdi persi nel vuoto e la sua espressione contratta con una mano che si sfiorasse la fronte, ed Abby sapeva perfettamente a cosa stesse pensando. Frizionò la mano sulla sua maglietta di cotone scaldandogli il petto e notò Dean risvegliarsi da quella sorta di trans in cui fosse caduto per poi mettere su un'espressione da poker, sorridendole teneramente e rallegrando anche lo sguardo. 
Ma Abby lo conosceva bene e sapeva che ci fosse qualcosa che non andava, qualcosa per cui purtroppo non avessero ancora trovato una soluzione. "Che c'è, Dean?".
"Nulla ragazzina, non preoccuparti.." sussurrò il ragazzo sorridendo di più e sfiorandole i capelli teneramente, ma osservò il suo sguardo serio e capí che Abby lo avesse di nuovo beccato in uno dei suoi momenti di profonda riflessione. 
Dean non voleva dare troppe spiegazioni, non voleva raccontarle ciò che gli passasse per la mente e non voleva neanche mentire, così distolse lo sguardo e sospirò rumorosamente, scuotendo la testa per chiederle silenziosamente di lasciare cadere l'argomento: insomma, aveva già fatto davvero tanti passi avanti.
Nei primi tempi Dean non aveva fatto altro che bere per annegare i suoi dolori ed i suoi rimpianti per non aver trovato una soluzione, aveva smesso di comunicare con Abby finendo per chiudersi in sé stesso e fu sicuro che avrebbe perso anche lei se avesse continuato a vivere in quella maniera, lavorando tutto il giorno e tornando tardi la sera solamente per bere fino a perdere i sensi sul divano. Ma la ragazza capiva cosa stesse passando e amorevolmente era riuscita a rimettere insieme i pezzi e Dean glielo aveva lasciato fare.
Non perché credeva di essere speciale o di meritare una seconda chance: della possibilità di avere una vera vita normale, mentre il suo fratellino bruciasse all'inferno con Satana, non gliene importava un dannato accidente. Ma Abby era stata tanto paziente e comprensiva con lui e senza che se ne rendesse conto, Dean era tornato a ridere insieme a lei, a cucinare con lei, ed aveva continuato ad innamorarsi di lei ancora e ancora, mentre lei gli curava il cuore dalle ferite inguaribili che avrebbe portato con sè per tutta la vita.
Abby si schiarí la gola e si tirò un po' più su, sollevando le spalle per guardarlo meglio ed attirando nuovamente il suo sguardo scocciato su di sé, e sperò dentro di sé che non si arrabbiasse troppo per ciò che stesse per dire. "Senti Dean, ieri mattina ho usato il tuo pc per pagare l'affitto e non era mia intenzione ficcanasare ma hai lasciato una pagina aperta e ho visto..".
Dean si mosse irrequieto fino a scrollarsela di dosso in modo molto rozzo e poco gentile, scuotendo la testa e mettendosi seduto sul dondolo della veranda, fissando nuovamente il vuoto e mettendo su un'espressione scocciata che fece smettere la ragazza di parlare; sospirò e si voltò verso di lei con l'aria di chi fosse rassegnato nel sentire una ramanzina, ma poi fece spallucce e la guardò con aria quasi arrabbiata. "Ragazzina, lo so che avevamo detto di ricominciare da capo io e te: abbiamo una casa, dei lavori rispettabili, ceniamo spesso con amici che ci portano l'alcol e non fanno altro che chiederci quando ci sposeremo, ma io..". 
Abby sollevò gli occhi al cielo e si alzò dal dondolo per entrare dentro casa con aria accigliata, senza neanche sentire la fine del discorso del ragazzo, perché a volte Dean sapeva essere davvero insopportabile e si rendeva sordo ad ogni discorso che lei tentasse di fare; Dean sollevò gli occhi al cielo e la seguì richiamandola, passando dal loro salotto scrupolosamente ordinato, perché Abby detestava vederlo pieno di oggetti mal riposti nonostante fosse quasi sempre lei a metterli fra i piedi, e raggiunse la stanza adibita a studio, osservandola allungarsi sulle punte per sporgersi il più possibile per afferrare dei libri nascosti in cima alla libreria.
Dean aggrottò le sopracciglia senza capire cosa stesse facendo e continuò ad osservarla, specialmente perché lo avesse ignorato per scappare all'interno di quella stanza senza neanche degnarlo di uno sguardo; Abby sospirò e tirò giù almeno cinque tomi che avevano tutta l'aria di essere molto antichi, mettendoglieli in mano e incrociando le braccia al petto per poi tornare a guardarlo negli occhi con aria infastidita. "Volevo solamente dire che non sei l'unico a non essere del tutto uscito dalla caccia! Anche io non ho mai smesso di cercare un modo per aiutare Sam e non mi fermerò finchè non ci riuscirò, perchè anche io gli volevo bene e non accetterò mai ciò che gli è accaduto!". 
Dean con aria sorpresa guardò prima la ragazza e poi abbassò lo sguardo su ciò che si fosse ritrovato fra le mani, rigirandosi fra le dita quei grossi tomi pesanti e antichi e si chiese quando Abby avesse avuto il tempo per iniziare quella ricerca senza che lui se ne accorgesse. Chinò subito dopo il capo, scuotendo la testa e a chiudendo gli occhi, mentre si sentiva davvero un perfetto idiota.
Dean sospirò rumorosamente e adagiò i libri pesanti sul primo scaffale della libreria, quello più basso a cui Abby avrebbe potuto arrivare più facilmente; guardò nei suoi occhi azzurri dall'aria abbastanza arrabbiata e le si avvicinò di qualche passo, sfiorando la sua mano con le dita e accennando un piccolo sorriso. "Scusami, davvero..". 
Sollevò lo sguardo verso Abby e trovò la sua espressione leggermente più ammorbidita, così sorrise più ampiamente e le si avvicinò sfiorandole le guance con entrambe le mani e scuotendo la testa, incastrando i loro occhi e sospirando: si chiese come facesse lui, uomo così mal ridotto, irascibile, incline all'alcolismo e una serie di altri aggettivi poco piacevoli, avesse fatto a meritare una persona come lei, che in tutto quel tempo non si fosse mai arresa e gli fosse sempre rimasta al fianco. "Ti amo così tanto Abby, non so dove sarei adesso se tu non fossi stata sempre con me". 
La ragazza cercò di mantenere il suo viso contratto in un'espressione ancora furiosa, ma presto si sciolse in un sorriso e non si trattenne dal sollevarsi sulle punte baciandogli teneramente le labbra mentre si chiedeva come facesse Dean a non rendersi conto della bella persona affidabile, dolce e buona che fosse. Appoggiò la sua fronte sulla sua e sorrise, guardandolo negli occhi con tenerezza per poi iniziare a ridere di gusto. "Probabilmente se non ci fossi io, saresti a giocarti i tuoi ultimi risparmi durante una partita di poker oppure svenuto in qualche strip club". 
Dean sgranò gli occhi e si finse offeso, abbassandosi quel tanto che bastava per afferrarla dalle cosce e caricarsela in spalla, tenendola per il fondo schiena e scappando velocemente per la casa per portarla al piano di sopra in fretta, udendo la sua risata riecheggiare nelle sue orecchie e le sue parole divertite che gli chiedessero di fermarsi, e ciò bastò a Dean per far scomparire quel grigiore che avesse iniziato a disturbare i suoi pensieri e per stare finalmente un po' meglio insieme all'unica persona che avesse mai amato davvero. 
 
 
 
Corse velocemente per la sua stanza da letto con il cuore che batteva agitato nel petto, mentre metteva alcuni dei suoi vestiti alla rinfusa dentro ad un o di quei vecchi e logori borsoni che aveva promesso a se stessa di non utilizzare più, ma che aveva voluto conservare come monito per ciò che la caccia potesse ancora farle.
Prese solamente lo stretto necessario nonostante non sapesse quanto tempo sarebbe stata via. 
Spense la luce della camera da letto che condividesse con Dean e scese le scale di tutta fretta, attraversando la casa per arrivare alla porta del garage dove aprí in fretta il portabagagli della sua auto, sentendo il suo stesso fiatone per l'agitazione e le mani iniziare a sudare; gettò malamento il borsone con i vestiti nel retro della sua auto e si sporse per avvicinare a sè la borsa rossa che forse solita portarsi sempre dietro, quella in cui tenesse il necessario per ogni evenienza sovrannaturale.
Tirò fuori la sua pistola preferita e sospirò: Abby si prese un momento per guardare tutte le armi nel bagagliaio pensando a quante volte si fosse sporcata di sangue e quante volte avesse ucciso dei mostri. 
"Dannazione!". 
Abby urlò in preda all'agitazione, chiudendo di scatto lo sportellone del portabagagli e battendo i pugni contro esso, chiedendosi come diavolo fosse finita di nuovo in quella situazione: era riuscita ad uscire dalla caccia, c'era riuscita insieme a Dean, e adesso doveva lasciare l'unico amore della sua vita per tornare a quella vita. 
Entrò in macchina in preda alla confusione, uscendo in fretta dal garage perché sapeva che Dean sarebbe rincasato entro un paio di minuti, e pressò il piede sull'acceleratore mentre usciva dal suo vialetto sperando vivamente di non incontrarlo: gli aveva lasciato un biglietto sul cuscino nel quale si era limitata a dire che avrebbe dovuto assentarsi per un paio di giorni, ma non poteva rivelargli dove sarebbe andata e perché. Gli avrebbe spiegato tutto una volta tornata a casa, ma Dean non doveva seguirla. 
Abby scrisse di non preoccuparsi e di stare tranquillo, ma sapeva che Dean avrebbe sorvolato mari e monti pur di trovarla, per questo gli aveva scritto di fidarsi di lei per una volta. 
Lasciami andare e tornerò presto da te
Aveva terminato così il suo biglietto, prima di scappare via come se fosse una criminale in fuga: sapeva che Dean avrebbe chiamato Dan e Silver per chiedere il loro aiuto, ma non li avrebbe trovati. 
Abby si sentiva davvero un schifo per lasciarlo così, senza neanche guardarlo in faccia o rassicurarlo dicendogli che quello non fosse un addio definitivo, ma che sarebbe tornata prima o poi.
Guidava ancora sconvolta, col piede sempre troppo schiacciato sull'acceleratore per raggiungere in fretta la posizione che le arrivò come messaggio qualche momento prima: avrebbe trascorso l'intera nottata guidando, ma almeno avrebbe avuto del tempo per riprendersi dalla visita inaspettata che avesse ricevuto quel pomeriggio. 
Abby aveva preso una giornata libera a lavoro senza che Dean lo sapesse, perché si desse proprio il caso che quel giorno fosse proprio il loro anniversario e voleva che almeno per quella serata fosse completamente rilassato: aveva ideato una cena, le candele per la casa e aveva persino comprato un nuovo completino intimo che avrebbe indossato quella notte, pregustando le piacevoli ore che avrebbero passato insieme dopo cena. 
Ma quando il suo campanello suonò quel pomeriggio proprio prima che si mettesse ai fornelli, Abby rimase paralizzata sul posto e aveva cercato un coltello d'argento o una pistola per ammazzare quel figlio di puttana che si fosse presentato alla sua porta con le sembianze di Sam. 
Lo aveva colpito in viso e gli aveva persino spaccato il labbro con un pugno, ma quell'essere era riuscito ad intrappolarla nella sua cucina, urlandole di essere davvero Sam e di essere tornato ormai da un anno sulla terra. Abby fu riluttante fino a quando non lo vide bere acqua santa ed incidersi il braccio con un coltellino d'argento, dimostrandole di essere a tutti gli effetti il vero Sam. 
Non ci aveva visto più dalla gioia ed Abby gli era letteralmente saltata in braccio, stringendolo forte e commuovendosi nel saperlo di nuovo vivo e vegeto ed in salute; lo aveva stretto a sè e qualche lacrima era sfuggita al suo controllo, ma subito percepì dentro che qualcosa non andasse nel ragazzone che stesse in piedi davanti a sè.
Non presentava ferite o cicatrici visibili, ma Sam semplicemente non stava ricambiando il suo abbraccio.
Teneva le braccia lungo i fianchi mentre Abby le teneva ancora strette attorno al suo collo, ma lentamente iniziò a scansarsi fino a sciogliere quella stretta; Abby guardò nei suoi occhi e vi trovò un'espressione impassibile, molto seria ed austera ed in quel momento elaborò le parole che Sam avesse usato qualche istante prima. "Che vuol dire che sei tornato da più di un anno?".
Sam guardò nei suoi occhi per un tempo che per Abby fu troppo lungo, mentre una strana sensazione spiacevole si faceva strada dentro di lei; sollevò gli occhi al cielo e fece scoccare la lingua in bocca con un suono sonoro. Serrò le braccia al petto e fece spallucce, accennando un sorriso fin troppo audace che la ragazza non aveva mai visto su di lui.
"Ho bisogno di te, Abby. Devi venire con me, adesso".
Abby lo aveva guardato con aria confusa, non capendo nemmeno una delle parole che uscissero dalla sua bocca, ma istintivamente si allontanò di qualche passo e deglutì a fatica mentre la convinzione che qualcosa di brutto stesse per accadere di impadronì di lei. 
In modo minaccioso, Sam si avvicinò di più alla ragazza guardandola con aria quasi divertita nell'incuterle paura, e subito Abby aveva capito che Sam non fosse lo stesso di quando si fosse lasciato cadere nella gabbia insieme a Micheal.
Lesse negli occhi di Abby che lei non sarebbe mai andata spontaneamente con lui, così Sam roteò gli occhi e spazientito estrasse il suo cellulare dalla tasca e aprí una strana schermata video, mostrandola alla ragazza con un sorriso divertito; Abby sgranò gli occhi portandosi una mano alla bocca, mentre alternava lo sguardo incredulo fra lo schermo e Sam: le immagini ritraevano Dan e Silver, entrambi all'interno di una stanza dotata di pochi confort, fra cui un paio di letti, una televisione ed una scrivania. 
"Li ho spinti a credere che tu avessi bisogno di loro e li ho attirati in un parcheggio: è stato facile per me prenderli! Ma non temere, questa volta non ci saranno lotte insensate e ferite superflue se farai quello che ti dico: tu lascerai immediatamente questa bella casa, il tuo bel lavoro e mio fratello Dean e verrai via con me, subito oppure do un ordine e un mio amico farà loro un buco in fronte".
Il tono del ragazzo non lasciava spazio a interpretazioni, anzi era molto perentorio e la guardava con l'aria di chi avesse già deciso come sarebbero andate le cose.
Abby non era riuscita a mettere due parole di fila dopo aver udito il suo discorso, mentre sentiva le budella rigirarsi dentro di sè perché non capiva il motivo per il quale Sam stesse agendo in quel modo e le stesse facendo di nuovo una cosa del genere; quando riuscì a riacquistare l'utilizzo della lingua per chiederglielo, Sam fece spallucce e mise su un'aria menefreghista che Abby non avesse mai visto, sentendolo ridere di gusto. "Perché sei la migliore cacciatrice del paese, dopo di me. E perchè sei in debito con me: mi sono lasciato cadere in quel buco sul terreno di quel fottuto cimitero del Kansas, solamente per salvare te. Tu sei scappata e Dean era disperato, non sapeva come avrebbe potuto vivere senza di te e io sono finito all'inferno perchè tu non ti sei attenuta al piano, quindi mi devi un grosso favore. I tuoi fratelli sono solamente una garanzia, ma ti do la mia parola che non torcerò loro un capello se adesso vieni con me". 
Abby deglutí a fatica e sbattè le palpebre tornando alla realtà, e scosse la testa cercando di scacciare quel ricordo dalla sua mente, pensando con il cuore pesante che probabilmente a quell'ora Dean fosse già tornato a casa e avesse già letto il suo biglietto, e sospettò che avesse già distrutto mezza casa a suon di pugni.
Le dispiaceva, era profondamente addolorata e non avrebbe mai voluto farlo soffrire, ma Sam aveva preso i suoi fratelli e lei non aveva trovato una soluzione migliore di quella di seguire gli ordini del ragazzo, almeno per capire cosa volesse davvero. 
Sbuffò e fermò la macchina nel buio della notte davanti ad un cancello sorvegliato da degli uomini armati, che le puntarono una torcia in faccia per guardarla bene e subito l'avevano lasciata passare aprendo il cancello a mano, che sopra portasse del filo spinato; Abby sollevò un sopracciglio e si guardò attorno, avanzando con l'auto fino a giungere ad una specie di parcheggio, dove spense il motore e scese con aria disorientata. 
Davanti a sé vi era un grosso edificio a due piani, protetto da degli uomini che continuavano a marciare avanti ed indietro imbracciando dei mitra e la ragazza si chiese in che razza di posto ed in che diavolo di faccenda Sam l'avesse trascinata. Abby non si lasciò intimidire e si diresse a grandi passi verso la porta d'ingresso, sfuggendo agli sguardi che tutti le stessero riservando. 
Un uomo sulla quarantina con i capelli scuri portati all'indietro e gli occhi sul nocciola si frappose fra lei e la porta dell'edificio, guardandola con aria curiosa e studiandola mentre tra le labbra muoveva uno stuzzicadenti, guardandola come se fosse un regalo da scartare. 
La ragazza sospirò e lo guardò in cagnesco, cercando di non notare la maniere in cui stesse scrutando il suo corpo con un sorriso languido. "Sto cercando Sam, sono Abby". 
L'uomo avanzò di un passo fino a giungere vicino al suo viso, sfiorandole un fianco e avvicinandola di più a sè, ridendo di gusto. "Lo so chi sei, dolcezza". 
Abby sgranò gli occhi e lo colpì con forza sulla mandibola con un sonoro pugno, per poi farlo barcollare all'indietro e fargli mancare il respiro con un altro colpo dritto alla base del collo, osservandolo diventare quasi blu per la mancata ossigenazione. 
Si sarebbe nuovamente scagliata su di lui se non avesse sentito una voce familiare farsi sempre più vicina, intimandole di mantenere la calma: Sam uscí dalla porta aperta dell'edificio e le andò incontro, passandole una mano sulla spalla con un sorriso divertito, per poi guardare l'uomo accasciato contro il muro massaggiarsi la gola e tossire appena. "Christian, ti avevo detto di non scherzare così con lei o ti avrebbe fatto il culo". 
Abby sollevò un sopracciglio quando sentí definire quell'atteggiamento come uno scherzo e guardò Sam con aria quasi sbalordita, chiedendosi che diavolo gli fosse successo e perché fosse cambiato in maniera così radicale; si lasciò condurre all'interno di quel casermone, dove vide parecchi uomini e una sola donna che la salutarono, fin quando Sam non si chiuse la porta alle spalle in una sorta di ufficio, voltandosi a guardarla con aria appagata. 
"Adesso inizia il divertimento, piccola!". 

 
"Perché hai bisogno di me?". Abby si fermò davanti alla scrivania di quello studio con braccia conserte e gambe divaricate, guardandolo dritto negli occhi con aria seria ed arrabbiata, mentre Sam si sedette sulla sedia dalla parte opposta del tavolo, mettendo i piedi su di esso e le mani dietro la testa assumendo un'espressione più che rilassata ed appagata. 
"Perché sei la migliore cacciatrice che conosco: la più forte, fredda, senza scrupoli, che non si arrende mai". 
Abby aggrottò le sopracciglia e si chiese che piano stesse passando per la sua testa, scuotendo appena la testa. "Non sono più così da tanto tempo Sam, lo sai". 
"Non mi interessa se dovrai chiudere la tua coscienza a chiave dentro di te, io ho bisogno di quella cacciatrice" disse Sam facendo spallucce e guardandola con aria divertita.
Abby rimase incredula a sentirlo parlare in quella maniera e a vederlo sorridere in quel modo, sforzandosi in vano di trovare nei suoi occhi almeno una traccia del vecchio Sam dentro di lui; prese un respiro ed avanzò verso di lui con aria minacciosa, mettendo entrambe le mani sulla scrivania. "Non me ne frega proprio niente di cosa hai bisogno tu! Sono venuta fino a qui per i miei fratelli, non per compiacere te! Lasciali andare, subito!". 
Sam sollevò un sopracciglio e soffocò una risata di cuore, e si alzò lentamente mantenendo lo sguardo divertito su di lei; fece il giro del tavolo e colse la sfida nei suoi occhi, divenendo leggermente più serio, mentre il fatto che Abby sembrasse non avere paura di lui lo intrigava parecchio. "Oppure cosa farai, mmh?". 
"Ti prenderò a calci in culo, Sam. Informerò Dean ed insieme..". 
"Dean, Dean, Dean: c'è sempre e solo Dean per te, non è vero?" chiese il ragazzo interrompendola bruscamente e divenendo più serio, facendo un passo avanti e colmando la distanza fra di loro. Le sfiorò un braccio coperto dal giubbotto di pelle e salí fino a sfiorarle la guancia, mordendosi il labbro e risalendo il suo corpo con lo sguardo, e mentre le si avvicinava per giungere al suo orecchio con le labbra per sussurrarle qualcosa,  Abby percepí la sensazione che la stesse guardando nello stesso modo in cui avesse fatto il tipo all'entrata che avesse steso con un pugno. "Eppure io ricordo bene come ci siamo divertiti mentre mio fratello bruciava all'inferno per me!". 
La prima reazione istintiva che percorse Abby fu proprio quella di sollevare una mano verso di lui per colpirlo con un forte schiaffo sulla guancia, per allontanarlo da sè e perchè ripensare a ciò che avessero fatto era solamente fonte di vergogna di disagio per lei. Ma Sam parò preventivamente il colpo e la costrinse a piegare il braccio dietro la schiena, spingendo Abby a piegarsi leggermente in avanti ed a gemere per il dolore, mentre lui l'avvicinava di più a sé.
La ragazza rimase sorpresa della forza che Sam stesse usando su di lei, così come non si aspettò di percepirlo muoversi dietro di sé per spingersi in avanti fino ad arrivare ancora al suo orecchio con le labbra. "Ascoltami bene, ragazzina: a me non frega proprio un cazzo del tuo atteggiamento autoritario; avrai incantato mio fratello in questa maniera, ma con me non funziona. Farai esattamente quello che dico io, quando lo dico io finché ne avrò bisogno, senza fare domande. Non parlerai con Dean e non lo informerai del mio ritorno, altrimenti i tuoi fratelli sono morti. Sono stata chiaro?".
Abby gemette più forte quando sentí Sam spingere il suo braccio in una posizione innaturale e deglutí a fatica sentendo le sue minacce intimidatorie, perché sapeva che finché non avesse capito dove Sam teneva i suoi fratelli, non avrebbe potuto fare altre che eseguire i suoi ordini.
Così annuí energicamente, fin quando Sam la lasciò andare con forza sopra il tavolo, facendola quasi cadere su di esso; Abby si massaggiò il polso e sentí il dolore per la sua forte stretta, e si voltò verso di lui in tempo per vederlo uscire dallo studio come se nulla di anomalo fosse accaduto e con un'espressione rilassata sul viso. "Ma che diavolo ti è successo?!". 
"Mi sono condannato all'inferno per te e mi chiedi cosa mi sia successo?". Sam tornò a guardarla con la stessa espressione di prima e sorrise divertito, aprendo le braccia e facendo spallucce. "Credo che vincere un viaggio all'inferno con Lucifer e Micheal faccia questo effetto. Comunque ti ambienterai presto qui, mando Christian a mostrarti la tua stanza. Tieniti pronta, Abby: adesso si comincia".

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Capitolo 32
*** Capitolo 26. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 26.

 
 
Si tolse in fretta il giubbotto di pelle nero lasciandolo scivolare sulla sedia della sua camera molto spartana che Sam avesse riservato per lei e che contenesse solamente un letto, un armadio ed un tavolo con due sedie. 
Si diresse nel suo bagno personale animando di dolore, sollevandosi la maglietta chiara imbrattata di sangue per osservare la ferita che si stesse già risanando sul suo ventre: Sam l'aveva svegliata presto quella mattina, intimandole di sbrigarsi perché avrebbero dovuto viaggiare per il paese e avrebbero dovuto farlo in fretta perché secondo alcune delle sue fonti vi era un potente nido di vampiri a nord del paese. 
Quando quella stessa mattina Abby aveva provato a salire sulla sua auto per seguire quella nera e sportiva di Sam, il ragazzone era arrivato di fretta per fermarla, sbattendo con forza la portiera correndo anche il rischio di sbatterlo sulla sua spalla e farle male, se solo Abby non si fosse spostata in tempo, guardandola con aria furiosa.
"Cosa pensi di fare, mmh? Di seguirmi con la tua auto, così da potermi sfuggire quel tanto che basta per chiamare qualcuno?". 
Abby lo aveva visto diventare rosso dalla rabbia, sbattendo un pugno sulla sua auto e sgranando gli occhi, e si ritrovò a pensare che l'idea di trascorrere del tempo con Lucifer fosse una passeggiata rispetto al robot senza sentimenti che avesse davanti e che la gabbia avesse generato. 
La ragazza aveva scosso la testa e aveva sospirato, evitando anche di rispondere e dirigendosi a grandi passi verso l'auto sportiva di Sam, entrando dal lato passeggero senza neanche aspettarlo e trovando con grande sorpresa Christian al posto guida, che le sorrise divertito come segno che Sam quella volta non si sarebbe unito a loro; Abby sapeva a cosa si riferisse Sam e perché fosse così preoccupato di non lasciarla da sola neanche un attimo. 
Qualche giorno prima l'aveva beccata col telefono fra le mani, seduta nella grande cucina deserta di quello strano posto, immersa completamente a scrivere un messaggio super dettagliato a Dean, fornendo indirizzo e tutte le informazioni che gli servissero per irrompere in quel posto e fare il culo a suo fratello, ma Sam era arrivato giusto in tempo per strapparle il telefono dalle mani e cancellare l'intero messaggio, per poi spezzare in due il suo cellulare a mani nude. 
"Ti avevo detto di non avere alcun contatto con Dean oppure i tuoi fratelli saranno morti!". 
Abby lo aveva visto scaraventare ciò che restasse del suo cellulare a terra e guardarla con tono minaccioso, e approfittò della presenza di alcuni Campbell che fossero appena entrati nella sala, sperando che non avrebbe osato oltrepassare il limite davanti alla sua famiglia, e si avvicinò a lui sollevando un sopracciglio.  "Sono un ostaggio, Sam? Tuo fratello è preoccupato per me, ha paura che mi sia successo qualcosa!!". 
Sam aveva riso di cuore e aveva scosso la testa, ridendo di lei e delle sue parole, scambiando persino un'occhiata divertita con i suoi familiari. "Oh, sono sicuro che quel bastardo cronico di mio fratello troverà un'altra ragazza con cui distrarsi molto velocemente. Andiamo Abby, non penserai davvero che ti sia stato fedele in tutti questi anni?". 
Abby tornò al presente e sfiorò la ferita da taglio sul suo addome con una mano, sussultando per il dolore e gemendo appena, osservando allo specchio che per quanto la ferita fosse già in via di guarigione perdesse fin troppo sangue. 
Iniziò a curarsi con tutto ciò che avesse a disposizione, estraendo dall'armadietto del piccolo bagno delle garze sterili e un disinfettante a base di alcol, che le fece sollevare gli occhi al cielo perché sapeva che avrebbe fatto un male cane. 
Si ricucí la ferita in fretta, sapendo che avrebbe lasciato una bella cicatrice, e scosse la testa perché avrebbe tanto voluto avere Dean al suo fianco in una situazione come quella: era lui che sapeva mantenere il sangue freddo in quelle circostanze, era lui che sapeva pensare al piano più efficace con lucidità. Era lui che l'aveva guidata nei momentacci come quello, era sempre stato lui. 
E adesso Abby si sentiva persa: non poteva mettersi in contatto con Dean, non avendo la più pallida idea di dove fosse e di cosa stesse facendo in quel momento dopo settimane che non la sentisse. 
Non sapeva neanche dove fossero i suoi fratelli ma si doveva accontentare della parola di Sam che ogni giorno le assicurasse che i suoi fratelli stessero bene. 
Abby non riusciva a comprendere come Sam avesse potuto commettere un'azione del genere, di nuovo. 
Le aveva detto di volere il suo aiuto, ma in quel lungo mese e mezzo  non avevano fatto altro che cacciare strane creature e lanciarsi in dei casi assurdi, fiondandosi nelle battaglie ed uccidendo chiunque si frapponesse fra loro e qualunque fosse l'obiettivo di Sam. 
Quel giorno Sam però non si uní a loro e Abby e Christian erano stati costretti ad uccidere delle innocenti vittime in transizione solamente per arrivare al capo di quel nido, per poi incappucciarlo e rapirlo, mentre il cacciatore Campbell lo mise su di un furgone per farlo completamente sparire sotto gli occhi titubanti di Abby, che però non aveva potuto fare domande. 
Sentí due nocche bussare contro la sua porta e istintivamente riabbassò la maglietta, dirigendosi verso la soglia solamente dopo aver rimesso il suo coltello a ridosso della sua cintura pronta ad utilizzarlo su qualsiasi persona si fosse presentato alla sua porta. Aprí con un sospiro e trovò il viso sorridente di Gwenn che le porse una barretta di cioccolato, per poi scemare quando fece scivolare lo sguardo sul sangue della sua maglietta e la guardò in modo allarmato. "Abby, ma sei ferita!". 
La ragazza sospirò e scosse la testa, aprendo la porta completamente per permetterle di entrare ed afferrando la barretta, scartandola ed iniziando subito a mangiarne un pezzo mentre sentiva il cioccolato sciogliersi in bocca; si sedette sulla sedia, chiudendo gli occhi e godendosi quel fantastico momento, che fosse il migliore della sua giornata.
Abby non si fidava della gente che affollava quel posto, erano tutti cacciatori senza scrupolo e diffidenti, che non avevano mai smesso di guardarla come *quella nuova e l'estranea alla famiglia* e continuavano a non fidarsi nonostante Sam avesse garantito per lei. 
Ma Abby stava iniziando a fidarsi di Gwenn, cugina alla lontana di Sam e Dean, che avesse cercato sin dall'inizio di metterla a proprio agio. 
Infatti, ogni sera Gwenn era solita recarsi nella stanza di Abby per trascorrere del tempo insieme a lei: quando non uccidevano, degli essere spregevoli, le due ragazze guardavano qualcosa in televisione oppure si raccontavano degli aneddoti di caccia, scoprendosi ad andare d'accordo più di quanto potessero pensare. 
A tratti Gwenn le ricordava persino Jo, per la sua innocenza e la sua genuinità, qualità che non appartenessero a nessuno dei Campbell. 
"Caccia impegnativa quella di oggi, mmh?". 
Abby la guardò e sospirò facendo spallucce: per quanto la ragazza le piacesse, non aveva intenzione di condividere con lei troppe informazioni, pensando che lei potesse essere mandata da Sam per capire se avesse trovato un modo per comunicare con l'esterno. "Sono tutte uguali e finiscono tutte nello stesso modo: sangue, teste mozzate, morte". 
"Wow, stai diventando parecchio cinica per avere solamente 26 anni!". Gwenn rise di gusto sedendosi sul suo letto e scuotendo la testa, accavallando le gambe. 
Abby la guardò per un breve istante e accennò un sorriso amaro, per poi far vagare il suo sguardo fino all'orologio al suo polso, notando che la mezzanotte fosse già passate da un pezzo e sospirò rumorosamente: lasciò la barretta sul tavolo dopo neanche due bocconi e appoggiò i piedi fasciati dalle calze sulla sedia davanti a sé, inarcando la schiena e guardando fuori dalla finestra con aria seria e triste. "27. Oggi sono 27.." sussurrò Abby deglutendo a fatica, facendo una smorfia piena di sofferenza e facendo spallucce, mentre sentiva gli occhi pizzicare e la sua voce veniva incrinata dal dispiacere, ed i suoi pensieri iniziarono a vagare fra i meandri della sua mente. "Dean avrebbe dovuto portarmi fuori a cena per il mio compleanno, lo ripeteva da mesi: diceva di aver organizzato una giornata per noi, senza interferenze. Me lo aveva promesso". 
Gwen aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria seria, sollevando un sopracciglio ed inclinando la testa di lato come se non riuscisse a capire esattamente ciò che stesse succedendo, ma presto divenne dura e quasi arrabbiata. "Beh, è un idiota ad averti lasciata. Non sa quello che ha perso e questa storia che lui non voglia vederti o sentire parlare di te la trovo una stronzata! Ma adesso non pensarci: festeggeremo il tuo compleanno oggi!". 
Abby spostò lo sguardo su di lei immediatamente e sollevò un sopracciglio, guardandola con aria interrogativa e confusa. "Ma di che stai parlando?". 
"Del fatto che Dean sia venuto qui mentre tu eri via a caccia e abbiamo dovuto tenere tutti la bocca chiusa perché Sam ha detto che suo fratello diventa molto suscettibile quando si parla di te.." sussurrò Gwenn facendo spallucce e guardandola con aria accigliata e infastidita, perché ormai aveva iniziato a volere bene ad Abby e la considerava come la sorella che non avesse mai avuto. 
Ma Abby sgranò gli occhi e la guardò spalancando la bocca, con aria sorpresa mentre lo stomaco le si rigirava provocandole una stanza sensazione. "Dean è stato qui?". 
 
 
Rintracciare Sam era diventato sempre più difficile e stressante: Abby lo chiamava continuamente ma il ragazzo non rispondeva mai alle sue chiamate quando si trovava fuori a cacciare da solo.
Ciò le fece storcere il naso ed iniziare a sentire puzza di bruciato, perché Sam l'aveva sempre voluta al suo fianco mentre dettava ordini e lei li eseguiva come un soldato ed il fatto che sparisse per intere settimane era davvero insolito. 
Provò a richiamarlo per l'ennesima volta perché voleva notizie dei suoi fratelli e voleva anche capire se ciò che le avesse detto Guenn fosse vero, capire se Sam avesse davvero coinvolto Dean senza farne parola su di lei: iniziò a pensare che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in Sam e che probabilmente fosse proprio dovuto la fatto di essere stato insieme a Lucifer e Micheal. 
Quando il suo telefono suonò per l'ennesima volta, Sam sbuffò sonoramente e spense il cellulare mentre se ne stava seduto al fianco di suo fratello nell'Impala e sfrecciavano sul freddo asfalto della notte.
Dean si voltò a guardarlo con aria infastidita ed anche un po sospettosa per qualche momento all'interno dell'abitacolo buio. "Ma vuoi rispondere? Quell'affare suona da tutto il giorno".
Sam scosse la testa e rise leggermente mettendo il telefono spento in tasca, mentre pensava che avrebbe dovuto dare una bella lezione ad Abby una volta tornato a casa da solo; da quando aveva rivelato a Dean di essere tornato, Sam aveva notato il modo diverso con cui suo fratello aveva iniziato a guardarlo.
Aveva subito notato che qualcosa non andasse in lui e Sam sapeva che Dean fosse tutto fuorché ingenuo o stupido e avesse intuito che qualcosa non andasse, e tutte quelle strane telefonate lo resero molto sospettoso.
Il maggiore si schiarí la gola e tornò a guardarlo con un sopracciglio sollevato, ma con un leggero sorriso: era così felice di aver avuto suo fratello di nuovo indietro, di sapere che stesse bene e che fosse tornato tutto interno, eppure non riuscì a fare a meno di chiedersi perché nella sua vita non riuscisse mai ad essere davvero felice. Durante quel lungo anno con Abby si era davvero avvicinato alla felicità, ma dentro di lui mancava il suo fratellino e ciò lo teneva sempre teso e irascibile perché non aveva mai trovato un modo per portarlo indietro. 
Adesso che era tornato a cacciare per necessità, prima per trovare Abby e poi perché fosse stato attaccato dai Djin e Sam si era fatto vivo per salvarlo, si sentiva più appagato del solito perché il brivido della caccia gli era mancato in maniera sproporzionata. 
Ma non riuscire mai ad avere l'amore della sua vita ed il fratello contemporaneamente era uno strazio per Dean. 
"Senti Sammy, posso contare sempre su di te giusto? Insomma, le ricerche per trovare Abby proprio non vanno ed io.. Io non so più che fare.." sussurrò Dean distogliendo lo sguardo e sospirando rumorosamente, sentendosi sempre più preoccupato e triste. Aveva provato a mettersi in contatto con la ragazza, l'aveva chiamata così tante volte e aveva provato a rintracciarla, ma il suo telefono doveva essere fuori dalla portata del computer, che non riusciva mai a localizzare. 
"Certo che ti aiuterò, ma devi essere preparato, Dean: le probabilità che lei sia viva dopo tutto questo tempo scendono al di sotto dello zero. Probabilmente la sua caccia sarà andata a finire male" disse Sam con tondo tranquillo e pacato, facendo spallucce con aria fintamente dispiaciuta mentre guardava la strada scorrere davanti a sé. 
Dean si voltò a guardarlo con aria accigliata e stranita, sgranando appena gli occhi e guardando quel menefreghismo mal celato negli occhi di suo fratello mentre si chiedeva cosa diavolo gli fosse successo. "Non ho mai detto che fosse andata a caccia". 
Sam si girò a guardarlo istintivamente e Dean dovette distogliere lo sguardo per osservare la strada davanti a sé, ed il minore fece una smorfia scocciata scuotendo la testa. "Un cacciatore è sempre un cacciatore, non importa per quanto tempo abbia vissuto una vita normale. Qualcuno tornerà sempre indietro per prenderti". 
Dean fece una smorfia nell'udire quelle parole e scosse la testa, cercando di allontanare delle brutti immagini dalla sua mente e deglutí a fatica: se solo quella notte fosse rincasato un po' prima, se solo fosse riuscito a fermarla e ad andare con lei o a trovare almeno in una registrazione della videosorveglianza, una traccia della sua auto per avere una pista da iniziare ad osservare. 
Invece quella sera era tornato a casa e aveva sentito solamente il silenzio: Dean aveva raggiunto la cucina vuota e subito era corso al piano di sopra nella loro stanza, tenendo fra le mani un grosso mazzo di fiori e una piccola scatola nella sua tasca. 
Aveva deciso di rinunciare a tutto, rinunciare al trovare una soluzione per Sam, anche se poi avrebbe dovuto convivere con questa decisione per tutta la vita, ma voleva farlo per lei. 
Quella sera sarebbe stata il momento giusto per donare ad Abby anche l'ultimo pezzo di sé, quella parte di Dean in cui nessuno arrivava mai. 
Voleva Abby e voleva vivere la vita insieme a lei. 
E voleva fare le cose per bene. 
Dean aveva immaginato l'espressione imbarazzata che avrebbe avuto Abby  quando sarebbe entrato con i fiori, quando avrebbe tirato fuori la piccola scatola che avrebbe scandito il vero inizio della loro vita normale, insieme. 
Ma il mondo aveva deciso di girare in senso opposto, non permettendogli che ciò che avesse pianificato si potesse avverare.
Deglutí a fatica per mandare giù quel boccone amaro e cercò di ignorare il fatto che il suo stomaco si stesse rigirando dentro di lui per la tensione e la mancanza, così strinse la mandibola e guardò la strada davanti a lui. 
Arrivarono ad un motel dopo pochi minuti e Dean mandò il fratello a prenotare la loro stanza mentre lui andava a parcheggiare l'auto, ma quando spense il motore il ragazzo rimase in silenzio ad osservarsi attorno: il parcheggio buio e quasi deserto, la pioggia leggera che continuava a colpire il parabrezza della sua macchina, il freddo che si insinuava dentro le sue ossa. 
Si ritrovò a giocare con le chiavi della sua auto, mentre pensava al piccolo dettaglio che non avesse rivelato a Sam: Dean aveva chiamato Castiel qualche settimana prima, gli aveva chiesto aiuto e lo aveva implorato di localizzare Abby o di dirgli se fosse almeno viva, ma l'angelo non era riuscito a trovarla nonostante percepisse il suo cuore battere regolarmente e la sua anima essere al suo posto dentro di lei. Di Anael non vi era alcuna traccia proprio come della ragazza e Dean stava iniziando a fare un sacco di ipotesi assurde, probabilmente spinto dall'esaurimento della sua pazienza, che riguardassero in qualche modo proprio suo fratello Sam, che da quando fosse tornato sembrava un'altra persona, molto chiuso e senza freni o limiti durante le cacce, trasformandosi in un feroce assassino. 
Dean ipotizzò che se Satana avesse trovato il modo di uscire dalla gabbia, avrebbe potuto farlo col corpo di Sam e che la prima cosa che avrebbe potuto fare, sarebbe potuta essere proprio la vendetta, eliminando Abby per averlo ingannato.
Dean sospirò rumorosamente e scosse la testa, scendendo dall'auto e stringendo i pugni, pensando di essere arrivato davvero al limite di sopportazione. 

 
Abby si mosse silenziosamente e furtivamente all'interno della base che Sam, suo nonno ed i suoi cugini avevano messo su, cercando di eludere gli uomini fermi all'ingresso per controllare che nulla cercasse di attaccarli durante la notte, e finse indifferenza quando passò davanti a loro per dirigersi dalla parte opposta dell'edificio, non guardandoli neanche. 
Riconobbe Christian con la coda dell'occhio e sentí il suo sguardo pungente sulle spalle, ma se lo lasciò alle spalle dirigendosi velocemente verso lo studio di Sam. Senza fare troppo rumore scassinò in fretta la serratura e si richiuse la porta alle spalle, evitando così che qualcuno la scoprisse. 
Accese la sua piccola torcia e si diresse alla scrivania per iniziare a frugare fra i cassetti, cercando qualcosa che le facesse capire quale fosse il vero obiettivo di Sam e magari anche un appunto che indicasse il luogo di detenzione dei suoi fratelli. 
Tutto ciò che trovò però furono una serie di ritagli di giornali su dei fatti di cronaca nera, degli omicidi avvenuti negli ultimi 25 anni mai risolti, che solamente l'occhio di un cacciatore bene addestrato avrebbe potuto riconoscere come attacchi di vampiri, licantropi, mutaforma, djin e bestie varie. 
Abby sospirò perché non riusciva davvero a capire il nesso di tutti quei fatti orribili e si grattò distrattamente la nuca, iniziando a pensare che tutta quella faccenda iniziava a davvero a puzzare.
Doveva esserci qualcosa sotto, Sam doveva avere un obiettivo più grande di quello che le avesse detto. 
Mentre ancora fruga a nei cassetti della scrivania di Sam, Abby avvertí uno spostamento di aria dietro di lei ed uno scricchioliò sul pavimento. Ci mise poco ad estrarre la sua pistola ed a voltarsi nella direzione opposta, puntandola dritta verso la sagoma dietro di lei. 
Riconobbe Sam che teneva un pugnale a mezz'aria nella sua direzione e sembrò rilassarsi quando la riconobbe nonostante il buio della stanza, grazie ai raggi lunari che filtravano dalla finestra. 
Abby rise nervosamente e agitò la pistola, guardandolo finalmente con aria vittoriosa. "Pistola batte lama, Sammy". 
L'uomo annuí serio e lasciò cadere la sua arma a terra con espressione serena e sicura di sé, avanzando lentamente per poi sorriderle una volta avvicinatosi abbastanza. "Cosa vuoi fare, piccola Abby mmh? Vuoi uccidermi a sangue freddo e perdere per sempre Dan e Silver? Non è tra quelle scartoffie che li troverai".
"No, ho solamente intenzione di cavarti fuori il luogo dove tieni i miei fratelli ed il motivo per cui fai tutto questo. Solamente dopo ti sparerò a sangue freddo" rispose Abby con aria seria e guardandolo in cagnesco, stringendo forte la sua pistola mentre guardava i suoi occhi splendere anche al buio in maniera fin troppo sadica. 
Sam rise ancora e abbassò le mani, mettendole sui fianchi e sollevando un sopracciglio. "Perché non inizi a torturarmi allora, mmh? Ti vedo un po' titubante ragazzina: non è che te la fai sotto perché sai di non avere più il fegato per la tortura? Ti sei rammollita?". 
Abby si sentí investire da una forte ondata di rabbia quando lo sentí ridere divertito e prendersi gioco di lei, così lo colpí dritto in testa con il calcio della pistola, stupendosi del fatto che Sam non avesse neanche provato a pararsi; lo vide barcollare e cadere sulle ginocchia, mentre il sangue iniziò a scivolargli dalle tempie ed Abby provò un forte senso di colpa, perché Sam un tempo era più di un amico per lei, considerandolo allo stesso posto dei suoi fratelli. 
Lo sentí ridere sadicamente e la ragazza scosse la testa, perché aveva bisogno di tornare ad essere la cacciatrice fredda e senza scrupoli che Sam tanto le chiedesse di essere per ritrovare Dan e Silver. "Ok, fai sul serio: ho capito". 
Abby deglutí a fatica e strinse forte la presa sulla sua arma, mentre la salivazione nella sua bocca si azzerò per il nervosismo e le mani iniziarono a sudare; su mosse in maniera agitata mentre lo guardava negli occhi: stava per chiedergli dei suoi fratelli e di cosa volesse realmente da lei, ma ciò che uscì dalla sua bocca sorprese entrambi. "Hai fatto del male a Dean? Gwenn mi ha detto che è stato qui mentre io ero a caccia con Christian". 
Sam la guardò serio ma poi tornò a ridere, tornando a mettersi in piedi lentamente seguendo la traiettoria della pistola che avesse ancora puntata contro. "Mio fratello sta bene, ha ripreso a cacciare: ti sta cercando come un disperato, è patetico. Ma io lo sto incoraggiando a lasciare perdere: se non si trova nemmeno una traccia dopo quasi due mesi dalla scomparsa, vuol dire che la vittima è morta". 
Abby lo guardò con aria scioccata ed incredula, scuotendo la testa e facendo un passo indietro, iniziando a tremare e con lei anche la pistola. "No, no, no! Dean non smetterebbe mai di cercarmi. Lo so!". 
"Siete patetici tutti e due: leali fino alla fine! Ma mio fratello fa molto affidamento sulla mia opinione, sul mio pensiero, si fida di me! E se io che sono sempre stato il più razionale, gli dico che è meglio smettere di cercare, beh.. Dean smetterà di cercarti molto presto!" esclamò Sam alzando il tono della voce e facendo spallucce, guardandola con aria a metà fra il divertimento ed il sadismo. 
Abby non poteva credere alle sue orecchie ed ai suoi occhi, non poteva credere che Sam avesse perso la testa fino a quel punto e che volesse fare sparire le sue tracce in quel modo; si arrabbiò molto e fece un passo avanti sentendo gli occhi pizzicare, sentendosi in trappola, percependo Sam come il suo aguzzino e lei non avesse nessuno da cui correre per chiedere aiuto. "Ma cosa c'è di sbagliato in te? Perché mi fai questo? Ti sono sempre stata amica, ci volevamo bene un tempo!". 
Sam guardò nei suoi occhi azzurri e colse la disperazione, la rabbia ed anche un pizzico di paura; approfittò del momento in cui la ragazza abbassò la guardia e si avventò su di lei, facendola cadere a terra e lanciando via la pistola, mettendosi a cavalcioni su di lei e bloccandole i polsi con una sola mano sul petto mentre con l'altra la teneva ferma per impedirle i movimenti. 
Colta alla sprovvista e schiacciata contro il pavimento con un omone come Sam a bloccarla, Abby non riuscì neanche a a reagire quella volta; Sam non faceva altro che essere violento con lei senza neanche una ragione e l'aveva completamente isolata da tutti i suoi affetti, tenendola in pugno all'interno del suo stabilimento. 
"Lasciami andare, togliti di dosso Sam!! Lasciami!". 
"Voglio che tu capisca che non sono pazzo, sto facendo tutto questo per una ragione!" esclamò Sam chinandosi su di lei e afferrandole il viso mentre la guardava con aria furiosa. "Vuoi sapere perché lo faccio? Io e Samuel stiamo catturando tutti gli Alpha per abbatterli: una volta morti, le loro specie si indeboliranno al punto che non saranno più in grado di riprodursi e tutti noi cacciatori bastardi saremo liberi da questa vita". 
Abby lesse la serietà nei suoi occhi, ma anche la cattiveria. Scosse la testa e deglutí a fatica, guardandolo nel buio della stanza: il suo scopo poteva sembrare nobile e altruista, eppure qualcosa continuava a sfuggirle. "E a cosa ti servo io?". 
Sam rimase serio mentre stava ancora a cavalcioni su di lei e la bloccava con forza, e presto sciolse la presa sul suo viso recuperando fiato e sospirando. 
La guardava in modo molto serio, quasi come se anche lei fosse uno di quei mostri da abbattere. 
"Perché c'è un solo modo per fermare la bestia più feroce di tutte, lo stesso che mi ha reso così". 
Abby aggrottò le sopracciglia a quelle parole e lo guardò con aria accigliata, senza capire fino in fondo il significato della sua frase, ma presto lesse nei suoi occhi ciò che aveva sospettato sin dall'inizio ed a cui non aveva voluto credere. "Lucifer..". 
Sam rise udendo la sua voce spezzata dalla disperazione, notando come stesse facendo di tutto per evadere dalla sua stretta ferrea da cui però non riuscì a sfuggire. 
Annuí in silenzio e le sorrise divertito, muovendo la mano libera filo al sul viso e sfiorandole la guancia con un gesto improvvisamente delicato. "Lucifer si è legato a te, con quel rituale: qualsiasi cosa succeda a te, succede anche a lui. Anche dentro la gabbia. Ho passato un intero anno a documentarmi Abby: sei ancora la chiave". 
La cattiveria nel suo sguardo la spaventò più di quanto avrebbe mai pensato ed Abby sgranò gli occhi, scuotendo la testa mentre avvertiva la presa sui suoi polsi farsi più stretta. "Non funzionerà, Sam: Lucifer è un Arcangelo. Se uccidi me, lui continuerà a vivere". 
Sam rise divertito come se avesse sentito la battuta più divertente di sempre e scosse la testa. "Ho detto che mi sono documentato: so cosa fare per toglierlo dai giochi per sempre. Così non lascerà mai la sua gab-". 
A tradimento, Abby lo colpí con una forte testata sul setto nasale, costringendolo a portarsi entrambe le mani al naso e disorientandolo per il tempo necessario: invertí le posizioni e si mise sopra di lui, bloccandolo sotto di sé ed esercitando tutta la forza che avesse in sé. Si allungò per afferrare la pistola, ma Sam si riprese subito e le fu nuovamente addosso, afferrandola dalla maglietta e mettendosi in piedi, tirandola su con sé. Le fece sbattere la schiena contro la parete sentendola gemere di dolore, e strinse forte la presa su di lei sollevandola da terra. 
"La prossima volta che mi tenderai una trappola simile, ucciderò in maniera molto lenta la tua sorellina, ok Abby? E assisterai impotente fino a quando non smetterà di respirare! È finita Abby, è finita: nessuno ti verrà a salvare questa volta, a nessuno importa di te. Dean ti sta lasciando andare, Bobby lo ha fatto già da tempo, i due angioletti non possono raggiungerti qui perché è un luogo protetto. Sei sola ed intrappolata qui insieme a me e non te ne andrai mai". 
Abby si sentí completamente schiacciata contro la parete con troppa forza e trattenne le lacrime solamente per non dargli quella soddisfazione; dopo aver scrutato bene nei suoi occhi azzurri e quando fu sicuro che avesse capito, Sam la lasciò andare e se ne andò in fretta dalla stanza senza guardarla ulteriormente. 
Abby rimase sola e si lasciò scivolare sulla parete, accasciandosi sul pavimento mentre le lacrime iniziarono a scenderle sulle guance: aveva ragione, era da sola. Non aveva nessun alleato e sapeva di non poter fare affidamento neanche su Gwenn o sulla famiglia Campbell, totalmente corrotta dagli ideali di Sam.
Non sapeva chi lo avesse portato indietro, chi avesse dato il via a quella serie di eventi che l'avessero portata a trovarsi da sola in quella stanza. Ma Abby non era tipo da piangersi addosso, piuttosto era una guerriera: così spazzò via le lacrime con rabbia e mise su la sua vecchia armatura di indifferenza. 
Avrebbe trovato un modo anche da sola e poi avrebbe distrutto completamente Sam, sabotando tutti i suoi piani uno dopo l'altro fino a portarlo al fallimento. 

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Capitolo 33
*** Capitolo 27. ***


HUNTER'S LEGACIES

Capitolo 27.

Il sangue colava a fiotti dal viso di suo fratello, così come scendeva velocemente dalle sue mani ormai spaccate per i troppi pugni dati al viso di Sam: Dean respirava in maniera affannosa, continuando a colpire il ragazzo sotto di lui in maniera ritmica, spinto dalla rabbia e dalla furia più accecante, fin quando non lo vide privo di sensi incapace anche di reagire.
Il maggiore aveva dato il meglio di sé per stendere completamente il fratello mentre si trovava a cavalcioni su di lui; guardò il suo viso con aria seria e si chiese quando Sam fosse cambiato in quella maniera. 
Il motivo che aveva scatenato quella violenza stava nel fatto che, circa due giorni prima i due Winchester avevano iniziato a seguire un caso rigorosamente insieme, condividendo anche la stessa stanza, come sempre. Ma quando gli occhi di Dean scivolarono inavvertitamente sul borsone di suo fratello, notò qualcosa di fin troppo brillante sporgere da una tasca e una volta controllato che Sam fosse ancora sotto la doccia, Dean si spinse ad aprire la cerniera per osservare ciò che avesse attirato la sua attenzione: quando si ritrovò fra le mani la collana a forma di cuore di Abby, Dean aggrottò le sopracciglia e guardò con un sopracciglio sollevato la porta, cercando con tutto sé stesso di mantenere la calma. 
Si stappò una birra e bevve parecchi sorsi uno dopo l'altro, mentre sentiva il rubinetto chiedersi e suo fratello uscire dalla doccia; Dean si mosse nervosamente, muovendosi nella stanza con aria impaziente mentre continuava a guardare la collana a forma di cuore che lui avesse regalato ad Abby qualche Natale prima e le avesse confessato per la prima volta il suo amore. 
La porta del bagno si aprì e Dean notò il fratello uscire perfettamente vestito e asciutto, con un asciugamano fra le mani che utilizzava per frizionare i suoi capelli. 
Non aspettò che Sam si accorgesse che il suo borsone poggiato ai piedi del letto fosse stato aperto e si avvicinò a lui facendogli oscillare la collana ed il pendente davanti agli occhi, guardandolo con aria furiosa. "Spiega, immediatamente". 
Sam riuscì a non tradire la sua sorpresa, perché non si era neanche reso conto di avere strappato la collana ad Abby l'ultima sera che l'avesse vista nel suo studio, e scrollò le spalle con scarso interesse inventando di sana pianta una storia fin troppo credibile: disse al fratello di aver cercato Abby in lungo e in largo, di avere mandato alcuni degli uomini di Samuel in giro per il paese a cercarla, ma che solamente uno di loro fosse tornato con la collana come unica prova. 
Disse inoltre a Dean di essersi recato sul luogo del ritrovamento personalmente, ma di non aver trovato nulla di anomalo, nessuna traccia che facesse pensare che Abby fosse ancora viva.
"Sono passati quasi tre mesi: è il momento di iniziare ad accettare il fatto che Abby non voglia più farsi trovare da te. O che potrebbe non esserci più". 
Dean lo aveva guardato con aria piuttosto seria, narici dilatate e occhi sgranati, studiando la sua espressione che sembrava la solita di sempre, così sincera e fiduciosa, di cui lui si fosse sempre fidato, ma c'era qualcosa che davvero non riusciva a convincerlo fino in fondo; il maggiore aveva optato per fingere una reazione sofferente e abbassò il viso, annuendo in silenzio mentre stringeva sul petto il pugno chiuso con all'interno il ciondolo della collana. 
"Forse hai ragione, Sammy. Devo solamente lasciarla andare".
Dean aveva continuato a cacciare insieme al fratello nell'Illinois, pensando che il caso in cui si fossero imbattuti calzasse proprio a pennello, specialmente quando si accorse di aver beccato la stessa *maledizione* che avesse ucciso un gran numero di persone: chiunque chiedesse la verità nella città in cui si trovassero, finiva per ottenerla sempre e in modo molto schietto. 
Ben presto capirono che si trattasse della Dea Veritas, ma prima di andare ad affrontarla Dean fece nuovamente la stessa domanda al fratello sul ciondolo di Abby, ma Sam non fece altro che fare spallucce e confermare la sua versione.
Solo in quel momento Dean pensò di essere stato un idiota e che suo fratello si comportasse in maniera così diversa probabilmente per l'esperienza nella gabbia, infatti col cuore a pezzi Dean si scusò per avere dubitato di lui, credendo davvero che non ci fosse più nulla da fare per la situazione di Abby, che non l'avrebbe più rivista perché probabilmente era già morta. 
Ma poi Veritas lì catturò e smascherò Sam, chiedendogli come facesse a mentirle dritto in faccia perché probabilmente non era umano; ci misero poco ad uccidere la dea e subito Dean gli fu addosso, scaricando la rabbia e la tensione, dicendosi di non essere pazzo ma di aver capito sin da subito che ciò che stesse accadendo non fosse normale. 
Dean aveva chiamato in fretta Castiel per darsi aiutare a trasportare Sam nella stanza del motel, dove lo legò con forza ad una sedia e lo svegliò con un forte schiaffo in viso, osservando Sam respirare profondamente e riprendere di sensi, guardandosi attorno con aria disorientata: il viso del giovane era completamente tumefatto e ricoperto di sangue secco, e Dean strinse la mascella sentendosi ancora terribilmente arrabbiato da desiderare di colpirlo ancora. 
"Dean, ma che succede?!". 
Il maggiore lo guardò con aria furiosa mentre lo osservava muoversi su quella sedia, cercando di divincolarsi dalle corde che gli bloccassero i polsi, e guardò prima l'angelo in trench e poi suo fratello mentre le immagini di ciò che fosse accaduto prima che perdesse i sensi gli tornarono in mente. 
Dean intimò a Castiel di procedere con l'esaminazione e lo sentí rivolgergli ogni tipo di domanda strana, per poi infilare un braccio al centro del petto per esaminare l'interno, rivelando la brutta scoperta, ovvero che fosse senz'anima, e il maggiore iniziò a parlare con l'angelo chiedendogli cosa avrebbe dovuto fare e come avrebbe potuto aiutare il *corpo* di Sam. 
"Sono ancora io, sono sempre tuo fratello!" esclamò il minore sgranando gli occhi e riprendendo fiato, avvertendo ancora il dolore provenire dal centro del petto. 
Dean si abbassò al suo livello con sguardo duro e arrabbiato, mentendo lo sguardo su di lui per scrutarlo meglio ed abbassando anche il suo tono di voce. "Perché mi hai mentito su chi fossi davvero? Tutte le volte che ti ho chiesto come stavi, mi hai sempre mentito! E indovina un po'? Penso che tu mi abbia mentito anche su Abby. Io trovavo una traccia e tu mi depistavi, mi dicevi di non cercarla e che fosse morta. Dimmi che le hai fatto Sam. Dimmi dove si trova Abby!". 
Sam lo guardò negli occhi e mise su la sua espressione preoccupata, fingendo di sussultare davanti alle urla del fratello; sospirò rumorosamente perché non aveva idea di come uscire da quella situazione senza perdere Dean, che fosse l'unico per il quale continuasse a provare qualcosa nonostante non avesse più la sua anima. 
E poi in un lampo, un'idea si formò nella mente del minore che si affrettò a nascondere un mezzo sorriso e tornò a guardarlo, annuendo. "È vero, ti ho mentito su chi fossi e su Abby per tutto il tempo. Ma avevo una buona ragione e adesso posso rimediare: ti farò incontrare Abby". 
 
 
 
Sferrò pugni e calci al manichino della palestra mentre delle gocce di sudore le imperlarono la fronte ed il collo, tenendo i capelli lunghi e rossicci racconti in una lunga treccia che penzolasse fino a metà della sua schiena; ormai erano due giorni che Abby rimaneva rinchiusa all'interno della base, due giorni che non vedesse o sentisse Sam, ed Abby fu certa che fosse in compagnia di Dean, sperando suo malgrado che non fosse successo nulla di grave.
Abby sapeva che quel nuovo Sam sarebbe stato capace di fare di tutto, incluso fare del male al suo stesso fratello se Dean si fosse messo in mezzo agli affari di Sam o se avesse iniziato a fare delle domande fin troppo scomode, dato che non si era fatto scrupoli a parlare con Dean di lei in quella maniera unicamente per indurlo a pensare che fosse ormai morta. 
Nonostante sapesse più di chiunque altro che Dean non fosse il tipo che si arrendesse facilmente e nonostante Abby fosse stata sotto il suo naso per tutto quel tempo, impossibilitata a scappare perché fosse numericamente in svantaggio, non riuscì a smettere di chiedersi come facesse Dean a proseguire la sua vita senza di lei, senza averla trovata. 
Ma Abby non riuscì a fargliene una colpa, non riuscendo neanche ad immaginare le parole che Sam avesse usato per dissuadere il fratello dal cercarla, dato che neanche lei fosse riuscita dopo quei mesi a trovare i suoi fratelli dato che fosse costantemente sorvegliata a vista: Christian la seguiva dappertutto, controllando ogni sua mossa. 
Abby sbuffò sonoramente e chiuse gli occhi in fretta, afferrando il manichino con forza e appoggiandovi contro la testa, ignorando le lacrime che avrebbero voluto fare capolinea dai suoi occhi: si sentiva così sola e vuota, leggeva indifferenza negli occhi dei Campbell e si chiese come fosse possibile che nessuno notasse i lividi che lei e Sam si fossero lasciati addosso a vicenda nel corso della loro convivenza o il modo apatico in cui Sam agisse, o il fatto che avesse rapito due persone e di tanto in tanto sparisse per andare a sfamarli e controllare che stessero bene. 
Abby si era sempre sforzata di non pensare al modo in cui la sua sorellina stesse soffrendo, ripetendosi che Silver fosse una ragazza forte e che insieme a lei ci fosse Dan, ma nulla riuscì a consolarla, perché avrebbe solamente voluto vedere i suoi fratelli e poterli stringere fra le sue braccia per saperli al sicuro, chiedendosi ancora quanto tempo avesse bisogno Sam per raggiungere il suo obiettivo tanto ambito. Chiedendosi quanto tempo le rimanesse prima che Sma decidesse di ucciderla. 
Lasciò andare il manichino e sospirò, aprendo gli occhi ed afferrando un piccola asciugamano da terra per catturare il sudore dalla sua fronte e dalla base del collo, e presto indossò la sua felpa larga e nera, lasciando scivolare la sua treccia grossa e folta sul suo petto. 
Si chiuse la porta alle spalle ed attraversò il lungo corridoio superando alcuni degli uomini di Samuel con un sospiro per dirigersi verso la sua stanza, fin quando divenne più vicina all'ingresso e udí la porta grossa e spessa aprirsi: udí la voce di Sam e sospirò pesantemente, scuotendo la testa e facendo per andare via perché non voleva proprio incontrarlo quella sera, quando un piccolo ed importante dettaglio la fece fermare sul posto e voltare verso l'origine del suono, sgranando gli occhi mentre il suo cuore iniziò a battere poi forte nel petto. 
In un'altra situazione Abby avrebbe fatto finta di nulla e sarebbe andata nella sua stanza per non vedere Sam, ma quella volta sentí qualcosa che l'avesse attirata come una calamita, una voce inconfondibile. 
"Siamo già stati qui e il fatto che Castiel non sia potuto entrare non mi tranquillizza, quindi dimmi cosa ci facciamo qui Sam e fallo alla svelta o giuro che ti riduco di nuovo a pezzi!". 
Abby sentí le sue labbra piegarsi in un sorriso involontariò mentre udiva la voce che mai avrebbe confuso con quella di qualcunaltro e tutti i sentimenti tristi, la solitudine e la sofferenza svanirono in un secondo: fece qualche passo avanti con titubanza, ma Dean non la vide subito perché era di spalle intento a guardare in cagnesco suo fratello. Ma quando Sam la vide e fece un grande sorriso felice, Dean si voltò per capirne il motivo, fin quando i suoi occhi verdi incrociarono quelli azzurri e limpidi di Abby: il ragazzo sgranò gli occhi e si voltò interamente verso di lei, sentendo il cuore battere più veloce nel petto tanto da non riuscire neanche a pronunciare il suo nome per l'agitazione. 
Abby non capí neanche come avesse fatto a smettere di pensare alle conseguenze, ai suoi fratelli o a ciò che Sam le avrebbe fatto dopo, quando realizzò che non ci fosse alcun dopo adesso che Dean l'avesse trovata: corse velocemente nella sua direzione con le lacrime agli occhi e si lanciò contro il suo petto con forza, ma il ragazzo attutí il colpo e la sollevò completamente da terra, stringedola forte contro il suo corpo e chiudendo gli occhi per la felicità. 
Riuscirono a sentire nuovamente il profumo l'uno dell'altra e fece salire una mano fino alla sua testa per stringerla più forte, mentre con l'altra la teneva stretta dalla schiena, ed Abby rimase attaccata al suo corpo con forza, la guancia schiacciata contro la sua spalla fasciata dal giubbotto di tela, le mani strette attorno alle sue braccia massicce. 
Quanto le fosse mancato Dean, quanto le fosse mancata la moltitudine di sentimenti e sansazioni che provasse ogni qualvolta gli stesse accanto, il senso di protezione, l'amore e la sicurezza, fecero sì che Abby iniziasse a sentire le lacrime incontrollate scorrere sul suo viso perché finalmente aveva trovato il suo porto sicuro, la sua *casa*. Quella originale, quella a cui fosse sempre stata destinata ad arrivare. 
Sciolse l'abbraccio e lo guardò negli occhi per cercare di dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola e fu certa che accadde anche a Dean, perché la strinse nuovamente più forte di prima, affondando il suo viso più barbuto del solito nella sua treccia, ed iniziò a baciarle le tempie, le guance ed il collo per tranquillizzarla, sussurrandole all'orecchio che l'avesse finalmente ritrovata e che fosse tutto a posto adesso. 
Ed Abby non riuscì a far altro che crederci, allungando una mano fino ai suoi capelli e stringendolo di più a sé, sperando che quel momento non finisse mai. 
Ma come tutto ciò che avesse avuto nella sua vita, anche quel breve momento di felicità era destinato a finire, e lo capí quando un altro paio di mani si insinuarono sulla sua schiena toccandola in maniera diversa rispetto a come facesse Dean: non era una presa amorevole, calda e tenera come quella del maggiore, ma una presa più dura e rozza, che le facesse male più del solito nonostante la stesse solamente sfiorando, ed Abby scosse la testa, rifiutandosi di allontanarsi da Dean per non spezzare quella magia. 
"Abby..".
La ragazza aprí subito gli occhi e si voltò a guardare Sam con tutto l'odio che avesse in corpo perché non sarebbe più riuscito a vincere adesso che lei fosse insieme a Dean dopo tutto quel tempo, ma il minore sollevò un sopracciglio e le fece segno di spostarsi immediatamente e di raggiungerlo, e sotto gli occhi increduli di Dean che non avesse ancora capito cosa stesse succedendo, sentí le mani di Abby lasciare il suo corpo e guardarlo con aria supplichevole. 
Di nuovo venne investita dalla stessa sensazione di impotenza e di solitudine, nonostante leggesse nello sguardo di Dean una grande confusione e in quello di Sam un grande determinazione: il modo in cui il minore la stesse guardando la spaventò molto, specialmente quando sentí il braccio sinistro di San circondarle le spalle ed avvicinarla a sé con forza, facendole persino male. 
Abby non capí cosa stesse facendo, ma quando il loro sguardo si incrociò nuovamente capí il suo piano perverso che avesse architettato ed il vero motivo per cui avesse permesso a Dean di entrare alla loro base nonostante sapesse che Abby fosse presente. 
E no, non voleva credere che fosse tutto reale. 
Non poteva pensare che Sam fosse capace di tanto. Non era giusto. 
Ma poi si ricordò delle minacce che Sam avesse fatto contro i suoi fratelli ed il fatto che non avesse ancora scoperto dove li potesse tenere, e si ritrovò ad abbassare lo sguardo incapace di continuare a sostenerlo, e fu in quel momento che Sam ebbe la conferma di essere finalmente riuscito a spezzarla.
"Io e Abby abbiamo una cosa da dirti.." sussurrò Sam accennando un sorriso dispiaciuto nella direzione del fratello, continuando a stringere con il braccio la ragazza con lo sguardo vitreo e le guance ancore rigirate dalle lacrime. "Vuoi dirlo tu, tesoro?". 
Abby deglutí a fatica e sapeva che guardare Dean dritto negli occhi e dire quella bugia lo avrebbe ferito talmente tanto che avrebbe preferito morire, perché sapeva quanto Dean ci avesse messo a superare e perdonare la scappatella avvenuta fra Abby e Sam dopo la sua discesa all'inferno, non voleva fargli passare lo stesso calvario. 
Ma c'era la vita dei suoi fratelli in gioco e probabilmente anche quella di Dean stesso, così si fece coraggio ed incrociò il suo sguardo confuso e pieno di domande, mentre il maggiore guardava il modo possessivo in cui Sam la stesse stringendo a sé. 
"Io e Sam.. Beh, lui è venuto da me dopo essere tornato dall'inferno ed è ricominciato tutto fra noi.." sussurrò Abby con un filo di voce mentre guardava nei suoi occhi verdi che diventavano via via più scuri per la rabbia e per il dolore, mano a mano che parlasse, mentre la ragazza sentí il cuore spaccarsi a metà nel suo petto. "Tengo ancora a te, ma non era destino per noi, Dean. Mi dispiace". 
Per chi lo conoscesse come Sam ed Abby, fu facile leggere le varie emozioni che iniziarono a passare sul suo viso una dopo l'altra: incredulità e negazione, perché non poteva essere che il suo fratellino e l'amore della sua vita avessero potuto fra una cosa del genere; stupore, perché era così scioccato e non aveva mai preso in considerazione che una cosa del genere potesse accadere; accettazione, perché vedeva chiaramente il modo in cui si stessero stringendo ed il senso di colpa di Abby nei suoi occhi ancora bagnati dalle lacrime; infine una cieca e furiosa rabbia, che gli fece serrare la mascella e deglutire a fatica, stringendo i pugni con forza mentre espirava lentamente l'aria dal naso. "No. No. Non l'avete fatto, ditemi che non è come penso, avanti!". 
Abby non ebbe la forza di rispondere e si aggrappò a Sam come se lo stesse abbracciando, ma in realtà si stava solamente sostenendo perché il dolore era così lancinante da non riuscire più a parlare ed a sostenere il suo stesso corpo. Così fu Sam a prendere parola, schiarendosi la voce e parlando con voce delicata e dispiaciuta. "Non l'abbiamo programmato, ma io non riesco stare lontano da lei neanche un attimo e neanche Abby riesce ad allontanarsi da me, perché ci amiamo. Per questo ho cercato di dissuaderti dal cercarla e non ti volevo qua, per risparmiarti questo dolore e..". 
"Tu non dici niente, eh?!". 
Dean interruppe il fratello e fece un passo avanti, avanzando verso Abby e guardandola negli occhi con disprezzo, odio, tradimento, repulsione, rabbia, e la ragazza pensò che fosse davvero finita adesso che anche Dean la odiasse e l'avrebbe presto abbandonata. "Te ne sei andata da casa nostra per stare con lui? Con il mio stesso fratello?!". 
"Dean..". 
La voce di Abby uscì come una supplica, come una richiesta da aiuto, ma il ragazzo vedeva solamente rosso per la rabbia, non riuscendo a cogliere negli occhi della donna stretta a suo fratello l'infelicità e la tristezza; Dean guardò per un lungo momento prima Abby e poi Sam, scuotendo la testa e pensando che fosse finita, finita per sempre con entrambi, ed Abby parve averlo capito perché fece per scattare nella sua direzione ma Sam la trattene. 
"Voi due mi fate vomitare: non voglio più vedervi!". 
Dean scosse la testa arrabbiato e si voltò senza neanche dire un'altra parola, dirigendosi con velocità verso la porta d'ingresso che si chiuse alle spalle con un forte tonfo, fando tremare il telaio di ferro; Sam lasciò subito la presa su di lei ed Abby si sentí prosciugata da ogni tipo di forze: aveva avuto la sua occasione per smentire Sam, per parlare e raccontare tutta la verità a Dean, ma invece era rimasta in silenzio confermando le bugie di Sam e mentendo a sua volta, per paura che i suoi fratelli o Dean potessero non uscire illesi da quella situazione.
Abby lo guardò negli occhi, trovando il suo sguardo serio e tranquillo, e sentí il cuore battere più lentamente e per un solo momento sperò che si fermasse nel suo petto per mai più ripartire. 
Non disse nulla, sentendosi ancora sconvolta e si diresse verso la sua stanza, dove si rannicchiò sul letto senza neanche cenare e sfogò il suo dolore iniziando a pensare che non avrebbe mai più mai più riavuto la sua vita indietro. 
 
 
 
Camminò lentamente, muovendosi in silenzio in mezzo a tutta quella atrocità, il sangue ed i corpi completamente massacrati, e rimase per un momento senza parole, perché se non avesse saputo chi fosse stato il responsabile di quello scempio, avrebbe subito pensato ad un mostro da abbattere: Anael continuò ad avanzare in quella casa abbandonata e distrutta e scosse la testa, scorgendo la figura del ragazzo in ginocchio che fosse andato a cercare di proposito, che brandiva ancora fra le mani il machete con cui avesse dato sfogo alla sua rabbia. 
L'angelo sospirò e si avvicinò fino ad arrivare alle sue spalle, e subito sentí l'uomo davanti a lei scattere per colpirla con la sua lama, puntando alla testa, ma Anael lo respinse sollevando una mano ed emanando il suo potere angelico fino a farlo cadere rovinosamente a terra. 
Dean sentí una fitta alla schiena quando toccò il pavimento, finendo accanto a due dei vampiri che avesse massacrato fino allo sfinimento, ma sollevò velocemente lo sguardo sconvolto piantandolo in quello dell'angelo davanti a sé con stupore, mentre pensava che non l'avrebbe mai più rivista ed invece adesso gli stava davanti. "Anael, che ci fai qui? Ti abbiamo cercata per mesi".
L'angelo sospirò e si scostò i lunghi capelli biondi sulla schiena, avanzando verso di lui e facendo attenzione a non sporcarsi il vestito rosa o le gambe nude col sangue, piegandosi sui talloni quando gli fu abbastanza vicino e toccandogli la fronte per trasportarlo via insieme a lei; Dean fu disorientato per qualche istante, guardandosi attorno nella sua stanza del motel e sgranando gli occhi, per poi tornare a guardarla con la stessa rabbia che ardesse dentro di lui da giorni, rimettendosi in piedi. "Sei diventata sorda, per caso?! Che cosa ci fai qui?!".
Anael sospirò lentamente e si mise dritta con la schiena, guardandolo negli occhi in silenzio e allungando un foglio di carta spiegazzato senza dire una parola e Dean lo afferrò senza remore, sollevando un sopracciglio e guardandola con ilarità. "Oltre sorda, sei anche muta Anael?!". 
L'angelo lo guardò con aria più dura e seria, perché se avesse speso tante energie per rintracciare i suoi spostamenti fino a trovarlo in quella casa sommersa dal sangue non era di certo per farsi prendere in giro. Così si avvicinò e gli afferrò un braccio con forza, e per un istante Dean ebbe la sensazione che glielo avrebbe spezzato. "Leggi questo, stupida scimmia arrogante. Poi parliamo". 
Lo lasciò andare e si allontanò di qualche passo, avvicinandosi fino alla sedia della sua stanza e sedendosi lì, osservandolo aprire quel biglietto con titubanza ed iniziare a leggere ciò che contenesse; Anael sospirò e scosse la testa, pensando di aver fallito nel suo compito e di aver spezzato la sua promessa fatta tanti anni prima al padre di Abby. 
Aveva promesso che si sarebbe presa cura di lei, che l'avrebbe protetta sempre, eppure Anael non si era fatta molti problemi a lasciarla sola dopo che Sam fosse caduto nella fossa insieme a Lucifer e Micheal, salendo in Paradiso insieme a Castiel per contrastare l'ascesa al potere di Raphael. 
Non si era chiesta perché Abby avesse smesso di pregarla ogni notte, ringraziandola sempre per ciò che avesse fatto per lei e ricordandole che non fosse un semplice angelo per lei ma che fosse sua amica. Anael non era mai scesa a controllare che stesse bene, nonostante sapesse che Castiel di tanto in tanto scendesse sulla terra per vegliare sui due Winchester.
Aveva fallito su tutti i fronti con Abby, eppure quando aveva sentito la sua richiesta d'aiuto Anael aveva viaggiato così velocemente da farsi girare la testa, e quando si trovò al cospetto della ragazza nel buio della notte, l'angelo capí subito che fosse accaduto qualcosa di grave nella sua vita: Abby si trovava da sola al limite del parcheggio di un edificio su più piani e stava piangendo, appoggiata alla fiancata della sua macchina, e la chiamava forte, pregava che Anael rispondesse alla sua preghiera. 
Quando Abby aveva sentito il tipico battito di ali sgranò gli occhi e vide la figura di Anael dietro la recinzione, guardare quel posto con aria curiosa ed osservare i numerosi sigilli invisibili che qualcuno avesse messo per tenere i propri affari protetti dagli angeli. Abby pianse di più e fece un balzo verso la rete, aggrappandosi ad essa e guardandola come fosse un miraggio, e Anael si chiese cosa fosse successo di così grave da turbarla in quella maniera. 
Abby le aveva raccontato tutto ciò che fosse successo dal principio, non smettendo però di guardarsi attorno e controllare che gli uomini di Samuel non saltassero fuori da un momento all'altro, passandole in fretta e furia un biglietto quasi accartocciandolo per farlo passare dalla rete fino alle sue mani. 
"Trova Dean e daglielo. Sei la mia unica speranza, Anael. Fa in fretta, non resisto più qui dentro". 
L'angelo sbatté le palpebre un paio di volte e tornò al presente, sollevando lo sguardo fino al ragazzo che avesse proprio l'aria sconvolta mentre stringeva forte il biglietto di Abby che avesse macchiato con il sangue dei vampiri ancora presente sulle sue mani; Dean non controllò la sua rabbia e afferrò con forza la lampada sul comodino, lanciandola contro la porta della stanza proprio di fianco ad Anael che però rimase impassibile a guardarlo con aria seria e scocciata, portandosi le braccia conserte al petto. "Hai finito?".
Dean avanzò verso di lei e appoggiò entrambe le mani sui braccioli della sedia, guardandola con furia cieca e odio. "Dimmi che non è vero, dimmi che è uno stupido scherzo! Dimmi che questo biglietto è falso, avanti Anael! Dimmelo!". 
Ma l'angelo non si mosse neanche quando sentí il viso del ragazzo adirato troppo vicino e scosse la testa, sollevando un sopracciglio. "Ciò che è scritto, è tutto vero: Abby è in pericolo a causa di tuo fratello".
Dean la guardò dritta nei suoi occhi chiari e strinse i pugni, sbattendone uno con forza sul tavolo e facendo oscillare tutto ciò che ci fosse sopra e cadere le numerose bottiglie ormai vuote si birra che si infransero contro il suolo. Si mise dritto con la schiena e si voltò con aria furiosa, perché non poteva crederci, non poteva essere vero. "No, no. Non è vero. Non ci credo". 
Sentí l'angelo alzarsi dalla sedia e andare verso di lui in silenzio fino a mettersi davanti a lui, e lesse nel suo sguardo l'incredulità mentre Anael lo guardava con l'espressione più arrabbiata che il ragazzo le avesse mai visto.
Nonostante sapesse che suo fratello fosse tornato senz'anima e che fosse ormai capace di tutto, per Dean era fin troppo doloroso e difficile riuscire a credere una storia del genere. Anael sollevò una mano verso il suo capo, sfiorandogli la fronte con le dita e chiudendo gli occhi, lasciando che i ricordi di ciò che avesse vissuto qualche ora prima alla base dei Campbell fruissero nella sua mente senza filtri. 
Dean vide Abby sconvolta nel buio della notte, il suo viso rigato dalle lacrime e l'aria terrorizzata, il modo in cui controllasse continuamente che non arrivasse qualcuno alle sue spalle voltandosi, le parole che uscirono dalla sua bocca per descrivere Sam e ciò che le avesse fatto, ma il ragazzo notò qualcosa che Anael non avesse probabilmente notato: Abby era troppo sconvolta, come probabilmente Dean non l'avesse mai vista, e notò come la parte superiore sinistra della sua maglietta fosse stata completamente strappata, come se qualcuno l'avesse tirata con forza da lì o come avesse provato a strappare di dosso i vestiti.
"Ti prego Anael, devi fare presto. Trova Dean e dagli questo biglietto. Non resisto più qui dentro: Sam ha completamente perso il controllo. Aiutami, per favore. Trovate i miei fratelli, ti supplico". 
Anael tolse il dito dalla sua fronte e il ragazzo respirò con fatica barcollando all'indietro, ed iniziò a respirare come se avesse trattenuto il fiato per tutto quel tempo e adesso cercasse disperatamente un po' di aria per i suoi polmoni: si mise una mano sul petto e con ancora gli occhi sgranati e sotto shock guardò l'angelo negli occhi. "Portami da lei, Anael. Subito!". 
 

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Capitolo 34
*** Capitolo 28. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 28.


Abby rimaneva seduta sula panca fredda di ferro battuto mentre con le braccia si stringeva forte le gambe e teneva il mento appoggiato sulle ginocchia, osservando con aria attenta le sbarre che dividessero lei e Sam: il ragazzo l'aveva attaccata e questa volta si era spinto troppo oltre, ed Abby aveva pensato che non ce l'avrebbe fatta e che probabilmente sarebbe morta, perdendo per sempre i suoi fratelli. Ma Samuel si aggirava nei paraggi quella sera e aveva colpito alla nuca suo nipote Sam a tradimento, facendolo cadere rovinosamente a terra. 
Abby e Samuel, insieme erano riusciti a trasportarlo fino alla cella della base senza essere scoperti da nessuno ed Abby si stupì che proprio Samuel la stesse aiutando in una situazione come quella, dato che aveva sempre pensato che lui stesse dalla parte di Sam.
Ma adesso il ragazzo giaceva dentro ad una cella ancora privo di conoscenza, legato stretto con delle corde e del nastro sulla bocca. 
Una mano si posò sulla sua spalla ed Abby sussultò all'indietro, sgranando gli occhi e guardando con espressione impaurita, ma si tranquillizzò appena quando vide Samuel accennarle un sorriso di incoraggiamento. 
Poco prima Abby aveva trovato in lui una valvola di sfogo e aveva gli raccontato tutto ciò che avesse passato in quei mesi con Sam, confessò il rapimento dei suoi fratelli e come Sam la tenesse in pugno, e Samuel le sembrò così sincero quando le aveva assicurato di non saperne nulla di quella storia. 
Ma Abby non ci credeva, non credeva a nessuno e sperava solamente che Anael avesse trovato Dean e che stesse venendo a prenderla subito, allontanandola da quel mostro e facendole ritrovare la sua famiglia. 
"Ho controllato: sono quasi tutti a caccia, gli altri sono fuori dai cancelli". 
Abby guardò Samuel dritto negli occhi con ancora delle gocce di lacrime intrappolate fra le ciglia, e sentí la rabbia dentro di lei per ciò che Sam le avesse fatto e scosse la testa, perché tutto ciò di cui le importava era recuperare Dan e Silver e tornare a casa.
Samuel la guardò per un momento e osservò il suo viso insanguinato e ferito, ma fu costretto a distogliere lo sguardo chiedendosi che cosa sarebbe successo se non fosse intervenuto in tempo; Abby gli piaceva davvero nonostante non avessero mai avuto la giusta occasione per socializzare e in un certo senso gli ricordava un po' sua figlia Mary: forte, indomabile nonostante il ricatto, determinata, risoluta, combattiva anche quando era a pezzi. 
Si schiarí la gola e fece scivolare lo sguardo sul ragazzo ancora a terra dentro la cella, e sospirò scuotendo la testa. "Senti Abby, perché non vai ad incontrare Dean o chi ti pare fuori di qui? Recupererò io l'informazione che ti serve". 
"Non me ne vado senza i miei fratelli". La voce seria, lo sguardo ferito dritto davanti a sé, le braccia che ancora tenevano strette le sue gambe, le guance rigate dalle lacrime silenziose. 
Samuel tornò a guardarla e si sentí terribilmente dispiaciuto, scosse la testa e si sedette accanto a lei in silenzio, e alzò una mano per scostarle i capelli dal viso per farla respirare meglio come probabilmente solo un padre avrebbe fatto; si mosse probabilmente troppo velocemente per lei o forse le aveva appena accidentalmente ricordato qualcosa che Abby volesse solamente dimenticare, e la ragazza si scostò spaventata da quella carezza affettuosa nonostante Samuel non le avesse mai fatto del male. 
L'uomo sospirò e abbassò la sua mano, facendo spallucce e parlandole con voce cordiale. "Abby, gli uomini non lasceranno mai passare Dean e io purtroppo non posso farci niente: è Sam che controlla i suoi soldati. È più facile che tu esca di qua con la tua macchina e lo incontri fuori. Troverò un modo per portare Sam vivo dovunque tu voglia, ma esci di qui. Non ti fa bene. Devi farti una doccia e riposare. Devi guarire". 
La ragazza lo guardò con aria seria e determinata, e serrò forte la mascella riflettendo sul fatto che in quello stato non sarebbe stata utile per nessuno: avrebbe probabilmente picchiato Sam fino allo stremo delle forze, senza neanche riuscire ad ottenere la posizione dei suoi fratelli. 
Distolse lo sguardo da quello di Samuel ed annuì, non riuscendo neanche a capire se stesse facendo bene a fidarsi di lui o se sarebbe finita nei guai ancora di più di quanto già vi fosse. 
Si alzò in silenzio sentendo tutto il corpo indolenzito, specialmente le spalle, le cosce ed il viso, e fece un cenno di saluto a Samuel senza dire una parola; uscì per il corridoio che l'avrebbe portata alla sala centrale e inevitabilmente passò davanti alla sua stanza con la porta ancora spalancata, ed osservò gli oggetti sulla scrivania scaraventati a terra, l'armadio distrutto, la sedia in pezzi, ed Abby sentí nuovamente le lacrime risalirle fino agli occhi, ma le ricacciò immediatamente indietro. Non era il luogo e certamente non era il momento adatto per lasciarsi andare. 
Indossò la sua armatura invisibile, che negli ultimi tempi avesse preso fin troppi colpi bassi e si fosse ormai quasi del tutto ammaccata, e uscì dall'edificio in silenzio. 
Salì sulla sua macchina ed osservò gli uomini aprirle il cancello senza troppe spiegazioni, osservando la sua faccia furiosa. 
Abby si stupì di sé stessa, perché non era mai riuscita a guidare quando fosse sconvolta, anche se non lo era mai stata così. 
Prese il telefono che Samuel le avesse precedentemente prestato e compose il numero di Dean a memoria, e quando udì finalmente la sua voce dopo tutto ciò che fosse successo un forte nodo le si stabilizzò sulla gola. 
"Dimmi dove sei, vengo a prenderti immediatamente". 
"Io.. Dean..". 
Abby non riuscì a proseguire oltre e si accostò bruscamente sul ciglio della strada, poiché la vista le si era appannata e non riusciva più a respirare; sentí Dean richiamarla dall'altro lato del telefono, chiederle dove fosse e che stesse succedendo, e la ragazza gli lesse il cartellone con le indicazioni precise ed i chilometri esatti, e gli sentí dire che sarebbe arrivato entro mezz'ora. 
"No, c'è un motel su questa strada. Ci vediamo lì, d'accordo?". 
"Sono già per strada". 
Chiuse la chiamata e si asciugò le lacrime, sapendo che quella fosse solamente la punta dell'iceberg e fece ripartire la sua auto guidando senza sosta fino ad arrivare al motel: prese una stanza alla reception e sentí lo sguardo riluttante del negoziante su di lei, e subito Abby gli intimò di sbrigarsi a darle la chiave con tono sgarbato e impaziente. 
Si diresse in fretta fino alla stanza nonostante ogni parte del suo corpo le facesse male e si chiuse la porta alle spalle sospirando rumorosamente e sentendosi quasi al sicuro. Posò una piccola borsa sulla scrivania, estraendo il cambio che tenesse sempre pronto in macchina nel caso in cui si fosse ritrovata in una situazione come quella, lontana da casa e da abiti puliti. 
Si diresse in bagno e accese la luce con difficoltà, perché il dolore alla spalla sinistra stava aumentando in maniera vertiginosa, e solamente dopo aver osservato il suo riflesso allo specchio capí perché l'uomo della reception l'avesse guardata in quel modo e si fosse mostrato indeciso sull'affittarle la camera: del sangue secco le rigava la tempia sinistra fino ad arrivare al mento che fosse sgorgato da una ferita proprio fra i capelli, il labbro inferiore spaccato e gonfio, lo zigomo sinistro livido. 
Ma Abby sapeva che non fosse finita lì, perché sotto i vestiti c'era dell'altro. Lo sapeva. 
Iniziò a sfilarseli via lasciandoli cadere sul pavimento, osservando come sulla sua spalla sinistra si fosse già formato un grosso ematoma, ricordando il dolore che avesse provato solamente qualche ora prima, e vide i graffi ancora rossi ed in rilievo sulla sua pelle, quando Sam non era riuscito più a trattenerla e cercasse di tenerla ancora sotto di lui. Altri graffi le percorrevano la schiena, le cosce, le braccia, ed Abby smise di guardare, abbassando gli occhi, mentre il ricordo della paura di non sopravvivere a quell'aggrrssione tornò dentro di lei. 
Entrò in doccia e lasciò che l'acqua impattasse contro il suo corpo, e osservò il modo in cui l'acqua lavasse via il sangue e si tingesse di rosso; si lavò in fretta il corpo ed i capelli, sentendo il sapone bruciare nelle ferite ancora aperte, ed uscì velocemente, avvolgendosi in un asciugamano pulito con un sospiro. 
Si vestì ed asciugò i capelli in fretta, sentendo dentro di sé solamente un tremendo caos che quella volta non sarebbe stato facile da rimettere in ordine. 
Ripensò con nostalgia a quanto fossero cambiate le cose dalla prima volta che avesse visto i Winchester alla Road House e sospirò, pensando che ciò che avesse subito fosse la giusta punizione per non essere stata lei a rinchiudere il diavolo. 
Sentí le nocche battere sulla sua porta e sobbalzò, sgranando gli occhi e avendo paura immediatamente che Sam fosse riuscito a liberarsi e l'avesse trovata, ma quando sentí la voce di Dean dall'altra parte della stanza si tranquillizzò. 
Abby avrebbe voluto spalancare la porta e tuffarsi fra le sue braccia, ma sapeva che nel momento in cui Dean avrebbe visto le sue ferite avrebbe iniziato a guardarla in *quella* maniera che tanto odiasse, piena di compassione o di odio per chiunque le avesse fatto del male. 
Aprí la porta di qualche spiraglio, bloccando la porta con il piede e sospirando rumorosamente, iniziando leggermente a tremare. "Dean..". 
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e provò a spingere la porta, ma Abby glielo impediva e batté i palmi aperti su di essa ignorando che fossero le tre del mattino. "Abby, che stai facendo? Apri questa porta". 
"Prometti.. Promettimi che non darai di matto quando mi vedrai. E che non farai domande". La voce le si spezzò appena e gli occhi presero nuovamente a pungere, ed abbassò il viso premendo la fronte contro la porta, udendo Dean respirare affannosamente. 
"Ok, ok. Te lo prometto, ma lasciami entrare adesso". 
Abby sospirò rumorosamente, ma non tolse ancora il piede dalla porta e rimase paralizzata dalla paura che lui potesse vederla così: l'acqua aveva solamente potuto pulire le ferite, ma non aveva potuto far niente per i tagli che i forti pugni le avessero provocato, né per i lividi o per i graffi. Quelli erano li sulla sua pelle nonostante lei guarisse più velocemente, ma non erano ancora spariti. 
"Abby? Sei ancora qui con me?". 
Il tono del ragazzo era cambiato rispetto a qualche secondo prima, era più dolce e tenero, ed Abby aprì lentamente la porta con lo sguardo basso e la mascella contratta, sentendo lo sguardo del cacciatore su di sé; Dean rimase senza fiato nel vedere il suo viso ridotto in quel modo e sgranò gli occhi, paralizzandosi sul posto e percorrendo con lo sguardo i segni visibili sul suo corpo. 
Fece un passo avanti ma Abby continuò a fissare il pavimento con occhi lucidi, fin quando Dean le prese il viso fra le mani orientandolo verso il suo, ma la ragazza continuò ad evitare il suo sguard, scuotendo la testa e lasciando le braccia lungo i fianchi. "Guardami, Abby. Per favore, guardami piccola, sono io". 
Si costrinse a risalire il pavimento, poi lentamente la parete centimetro dopo centimetro, fino ad osservare le sue spalle avvolte da una giacca scura, continuare lungo il suo collo, le guance più barbute rispetto all'ultima volta che lo avesse visto, fino a restare intrappolata nei suoi occhi verdi, dove non avrebbe mai e poi mai potuto mentire; le parole le morirono in gola e le lacrime fecero capolinea dai suoi occhi, infrangendosi sulle dita del ragazzo che la stringessero in maniera fin troppo delicata e facendo attenzione a non farle del male, sentendola iniziare a tremare sotto la sua presa.
Dean aveva promesso di non farle domande, non per il momento almeno dato come fosse scossa, e si avvicinò senza pensarci afferrandola fra le braccia e stringendola contro il suo petto. 
Le carezzò la testa e la strinse forte a sé, chiudendo gli occhi e maledicendosi per averla lasciata andare quel giorno di una settimana prima, chiedendosi come avesse potuto credere a quella montatura della relazione fra suo fratello ed Abby. 
Si chiese inoltre come Sam avesse potuto ridurre Abby in quelle condizioni, come avesse potuto colpirla.
La sentí agitarsi in quel forte abbraccio cercando di evadere e di scappare, e Dean allentò la presa per farla respirare meglio sentendola tremare e singhiozzare ancora più forte di prima, tornando ad aggrapparsi a lui; chiuse la porta con un piede senza neanche guardare e l'afferrò saldamente, afferrandola dai fianchi e portandola sul grande letto matrimoniale, permettendole di sfogarsi sul suo petto mentre Dean cercava di farla sentire meglio. 
Qualsiasi cosa fosse successa, doveva essere davvero orribile per quanto Abby fosse scossa. 
Si diede la colpa, perché non avrebbe mai dovuto dubitare di Abby: Dean la conosceva fin troppo bene, doveva riconoscere che quella luce negli occhi con cui lo guardasse la sera di una settimana prima fosse una richiesta d'aiuto, nonostante si stesse stringendo a Sam. 
Dean avrebbe dovuto capire che fosse in pericolo in quell'edificio, che Abby non se ne sarebbe mai andata volontariamente ma soprattutto che lasciarla insieme a Sam, sapendo che fosse senz'anima, non fosse un'idea geniale. 
Invece Dean se n'era andato perché profondamente arrabbiato e sconvolto, era cascato nel piano di suo fratello, piano che gli fosse brillantemente riuscito. 
La strinse a sé, sussurrandole che adesso fosse al sicuro e che non l'avrebbe mai più lasciata andare, che l'avrebbe sempre protetta lui, e Abby gli fu grata di quelle parole e non riuscendo ad esprimerlo a parole si sollevò appena per baciargli le labbra in maniera casta.
Dean lasciò scivolare il suo sguardo sulla spalla sinistra della ragazza su cui la maglia si fosse spostata quando si fosse spinta verso di lui e vide il grosso ematoma scomparire sotto il resto della stoffa, e strinse forte i pugni per la rabbia, tornando a guardarla in viso: Dean vide i suoi occhi azzurri e arrossati dallo sforzo del pianto, così come il suo viso paonazzo, le mani tremanti, il cuore che sentiva battere forte, così tornò a farla riposare sul suo petto sforzandosi di mascherare la sua rabbia dietro ad un sorriso rassicurante, stringendola forte e facendo in modo che sprofondasse nel sonno per ottenere, almeno temporaneamente, un po' di pace. 
 
 
Non aveva smesso di osservarla per tutta la notte: aveva guardato il suo viso ferito, contratto e impaurito anche nel sonno, il modo in cui stringesse forte la camicia sul suo petto, aggrappandosi a lui come se fosse la sua ancora o la sua boa da salvataggio. 
E Dean non aveva smesso di parlarle anche mentre dormiva, scusandosi per essersene andato e rassicurandola. 
Ma dopo qualche ora Dean la sentí contrarre i muscoli e divenire super tesa sotto la sua stretta, la vide contorcersi e stringere gli occhi forte nonostante stesse ancora dormendo, iniziando a parlare nel sonno e muoversi in maniera irrequieta, e le uniche parole che Dean riuscì a distinguere furono dei forti *no* ripetuti uno dopo l'altro e dei *lasciami* biascicati, mentre Abby iniziva a sudare freddo ed a muoversi in maniera sempre più agitata. 
Le passò un mano sulla guancia e la sfiorò delicatamente per risvegliarla dall'incubo che stesse avendo, ma non appena si sentí toccare, Abby si sollevò di scatto, agitandosi e scrollandosi la sua mano di dosso. "Non toccarmi!l!". 
Il respiro affannoso, lo sguardo impaurito che iniziò a vagare per la stanza buia, realizzando solamente in quel momento di non essere più alla base e che la mano che la stesse toccando non fosse quella di Sam; guardò Dean appoggiato alla testiera del letto con la schiena mentre fosse chino nella sua direzione per guardarla meglio, ed Abby senti gli occhi iniziare a  pizzicare e sospirò rumorosamente, scusandosi con lo sguardo mentre sentiva i suoi occhi indagatori su di lei. 
La ragazza si sottrasse ae spiegazioni e si voltò, guardando dritto davanti a sé e scuotendo la testa, cercando di regolare il respiro per evitare che il panico prendesse il controllo, ma Dean non si diede per vinto e le sfiorò la schiena con la mano, notando però con orrore e disgusto che anche sulla schiena ci fossero delle escoriazioni. 
Dean strinse i pugni e chiuse gli occhi, pensando che ciò che avesse fatto Sam fosse imperdonabile, e si augurò vivamente di sbagliarsi. "Ragazzina, dovrai dirmelo prima o poi".
Abby lo guardò per un momento e finse di sorridergli come se tutto andasse bene e fece spallucce. "Dean, lascia stare ". 
Dean la vide iniziare a scendere dal letto per cercare i pantaloni che si fosse sfilata per dormire più comoda, trovando i jeans a terra vicino alla piccola sedia: fu in quel momento che il ragazzo si accorse del resto dei graffi presenti sulle sue cosce, sulla schiena, sui fianchi, e Dean sgranò gli occhi scuotendo la testa e sospirando rumorosamente, chiedendole di avvicinarsi. "Dimmelo, per favore Abby. Devi dirmi che cos'è successo e perché hai tutti questi lividi sul corpo, sulla schiena, sulle gambe. Parla con me". 
La ragazza cercò di reprimere il forte istinto che le suggerisse di colpirlo dritto al viso quando si sentí tirare bruscamente dal polso e deglutí a fatica, perché quello non era Sam e sapeva che Dean non le avrebbe mai messo una mano addosso per farle del male. 
Respirò lentamente e si lasciò condurre nuovamente a letto, sedendosi accanto a lui e lesse negli occhi del ragazzo il modo supplichevole in cui le stesse chiedendo di smentire l'idea che si fosse fatto quando avesse visto tutte le sue ferite. 
Abby si sentiva già molto meglio fisicamente, nonostante il dolore nel suo cuore si fosse appena stabilizzato senza aver alcuna intenzione di andarsene. Lo guardò negli occhi con aria triste e fece spallucce, sentendo nuovamente gli occhi pizzicare e deglutire divenne difficile come mai prima d'ora, mentre la voce le si ridusse ad un leggero sibilo. "Non è chiaro quello che mi è accaduto, Dean? Vuoi che te lo spieghi meglio? Che ti descriva come ha fatto? Magari quale livido mi ha fatto per primo dopo che mi ha afferrata a tradimento mentre mi stavo cambiando nella mia stanza? Oppure possiamo smettere di piangerci addosso, alzare il culo da qui e andare a cercare i miei fratelli!". 
Dean restò di pietra nell'udire le sue parole, la confessione dell'aggressione che avesse subito, il modo in cui Sam l'avesse attaccata, e distolse lo sguardo incapace di sostenere quello ancora troppo ferito ed addolorato di Abby, avvicinandosi a lei senza guardarla e depositandole un bacio fra i capelli, carezzandole una guancia. "Mi dispiace, piccola". 
Solo per qualche istante, Abby rimase ferma a godersi quel gesto d'affetto da parte del ragazzo davanti a sé, ma presto scosse la testa e si liberò dalla sua presa, sospirando senza dire nulla né aspettarlo ed uscì dalla stanza, dirigendosi verso l'Impala in silenzio; guardò la sua auto posteggiata qualche posto più in là, pensando che non avesse alcuna voglia di guidare e che sarebbe stato Dean a condurla nuovamente alla base quella mattina. 
Vide il ragazzo arrivare al suo fianco in silenzio, senza neanche sapere cosa dire o come agire in quella circostanza, ma Abby capí di dover essere forte non solo per sé stessa ma anche per Dean. 
Così si fece coraggio e lo guardò dritto negli occhi dall'altro lato dell'auto, accenando un sorriso ed annuendo. "Andiamo. Sono pronta". 
Entrarono in silenzio in auto e ci rimasero per tutta la durata del tragitto, mentre Dean guidò a tutta velocità sulla sua corsia, conoscendo ormai a memoria la strada che lo avrebbe riportato in quella maledetta base; non fu sorpreso quando vide Abby estrarre la sua pistola dalla giacca e controllare lo stato del caricatore, togliendo la sicura pronta per usarlo. 
Dean fermò l'auto vicino all'ingresso cancellato e vide le due guardie avvicinarsi al finestrino di Dean, dicendogli che non avessero l'autorizzazione per farlo entrare. Abby sentí Dean iniziare ad inventare una balla su suo fratello, ma la ragazza sapeva che sarebbe stato tutto inutile, così scese dall'auto ed osservò i due tipi con il mitra in mano, pensando che nonostante le dispiacesse, andava fatto. "Adesso basta con le stronzate!". 
Sollevò la sua pistola e sparò due colpi, centrando la testa uno dopo l'altro ed osservandoli cadere a terra ormai senza vita; tolse loro le pistole, mettendone una all'interno della cintura e passando l'altra a Dean, che fosse sceso immediatamente dalla sua auto per starle dietro e coprirla; aprirono con lentezza la porta d'ingresso, non riuscendo però a trovare nessuno degli uomini di Sam. 
In silenzio Dean lasciò andare Abby avanti, conoscendo quel luogo meglio di chiunque altro, e la ragazza si mosse nei corridoi e fra le varie stanze, passando nuovamente davanti alla sua camera, dove inavvertitamente fece scivolare lo sguardo. 
Dean non perse quel gesto, nonostante Abby avesse tirato dritto cercando di non pensarci, e lasciò vagare gli occhi in quella stanza a lui del tutto sconosciuta, capendo però immediatamente che fosse stata quella di Abby: l'uomo guardò le macerie, guardò i mobili rotti e vari oggetti a terra, oltre che delle chiazze di sangue sul pavimento, e ci mise poco a capire cosa fosse accaduto lì dentro. 
Scosse la testa e seguí Abby, addentrandosi in quel labirinto e tenendo ben salda la sua pistola, fin quando sentí dei passi arrivare fino a loro, e subito tirò la ragazza dalla giacca per farla andare dietro di lui per proteggerla quando davanti a loro apparve Samuel con la pistola puntata nella loro direzione. 
"Oh grazie al cielo sei tornata, Abby!". Samuel sospirò e mise via la sua pistola, scuotendo la testa con aria dispiaciuta sentendosi ancora leggermente frastornato, e sorrise verso suo nipote. "Ho sentito degli spari e pensavo che stesse accadendo qualcosa". 
"Clark e Anthony erano di guardia, li ho uccisi" rispose Abby abbassando la sua pistola per riporla nella guaina attaccata alla sua cintura e fece spallucce con aria seria, guardando l'espressione stranita dell'uomo davanti a lei. "Sam ti ha detto dove tiene i miei fratelli?". 
Il cacciatore guardò nei suoi occhi azzurri così arrabbiati, ma spenti e scosse leggermente la testa. "Non parla". 
Abby scambiò un'occhiata veloce con Dean, pensando che non gli sarebbe piaciuto ciò che avrebbe fatto da lì a poco ma in quel momento non le importava cosa sarebbe successo o come avrebbe reagito. "Ci penso io". 
Dean vide la ragazza superarli entrambi e dirigersi verso le prigioni, ma fu più veloce di lei e gli si piazzò davanti, tirandola per un braccio con forza: questa volta non ebbe il tempo di riflettere su ciò che stesse facendo ed Abby non riuscì a frenare il suo istinto, facendo scivolare il suo braccio sotto quello che Dean stesse usando per bloccarla, e lo colpí con il gomito facendolo indietreggiare. 
Solo quando incrociò lo sguardo del ragazzo e lesse un'espressione dolorante si rese conto di ciò che avesse appena fatto, ma Abby non si scusò e scosse la testa, sospirando rumorosamente lasciandolo andare immediatamente. "Lo so che è tuo fratello, ma lui ha imprigionato i miei fratelli per mesi. Non vuole parlare, non vuole dire a Samuel dove sono perché è stato troppo delicato: io non lo sarò!". 
Dean annuí e mise le mani avanti, avvicinandosi nuovamente per sbarrarle la strada ma guardandola con aria seria e decisa. "Lo capisco, davvero. Sei furiosa per quello che Sam ha fatto a te ed ai tuoi fratelli. Ma fammi fare solo un tentativo, solamente uno! Lo farò confessare". 
"Quello che tu vedrai lì dentro, non è tuo fratello. Quello che ha fatto, quello che gli ho visto fare non l'avevo mai visto fare a nessuno. Mi ha torturata per tutto questo tempo, Dean. Non parlerà se ci vai piano". 
Il ragazzo ascoltò le sue parole ed annuí prendendone atto, incrociando lo sguardo di suo nonno che silenziosamente confermava per parole di Abby. 
Deglutí a fatica e respirò lentamente, poi si voltò nella direzione delle prigioni e si avviò a grandi passi stringendo i pugni, sperando di non dover dare il peggio di sé. 

 
Due settimane dopo.
 
Le mani le si strinsero sui fianchi con troppa foga, dosando malamente la forza e facendola sobbalzare per il dolore. 
Lo allontanò con tutta la forza che avesse in corpo, ma non era sufficiente perché Sam aveva riso di quel suo tentativo di fuga e l'aveva stretta più forte per avvicinarla al suo corpo. 
"Aver finto di stare insieme oggi davanti a Dean ha acceso in me tanti ricordi, come le notti che abbiamo passato insieme mentre lui era all'inferno. Te le ricordi, Abby?!". 
Sam le parlava all'orecchio con voce rauca e dal dare seducente, steinfendola a sé con arroganza e prepotenza. 
La ragazza cercò di divincolarsi senza smettere mai di lottare e riuscì ad insinuare una gamba fra le sue facendolo cadere rovinosamente a terra e creandosi l'opportunità di scappare; ma le sue mani la riagganciarono dalla cintura dei jeans, tirandola indietro e schiacciandole la schiena contro il suo petto. 
"Sam, lasciami subito! Lasciami! Non voglio farti del male!". 
Abby parlò con voce spezzata dalla paura e dal dolore, ma Sam rise nuovamente di gusto, sollevando la stoffa della maglia che indossasse per toccarle la pelle dei fianchi. "Prova a farmi male, magari questo ti eccita!". 
Tirò indietro la testa con uno scatto veloce, rompendogli probabilmente il setto nasale e facendogli mollare di nuovo la presa su di lei quel tanto che bastasse per uscire dalla porta e scappare all'esterno, ma Sam non perse l'occasione di riagganciarla neanche questa volta; fu molto meno delicato perché arrabbiato e la scaraventò con forza contro la sua scrivania, costringendola ad aprire e piegare le gambe per farla sedere sul tavolo ed insinuandosi fra esse con un sorriso. 
Le afferrò il viso con una mano e si chinò per baciarla con prepotenza, ma Abby si scansò e provò ad uscire da quella situazione colpendolo con forza, ma ad Abby sembrò di essere stretta da delle braccia di acciaio, che non riusciva in nessun modo a staccare da sé. 
Quando Sam non ne poté più di sentirla urlare, la colpí con un forte pugno al viso e la distese colpendola alla spalla sinistra per poter agire indisturbato, mentre Abby rimase incosciente per qualche secondo; per qualche istante non percepí neanche le dita di Sam che le sfiorassero le braccia e la gola, mentre le disegnava dei strani simboli addosso e la teneva ferma, ma Abby iniziò a sentirlo parlare in una strana lingua. 
Abby balzò nuovamente in piedi, perché se proprio avesse voluto averla, l'avrebbe avuta da morta. Lo colpí con un sonoro calcio fra le gambe e lo costrinse ad indietreggiare con forza, osservando quelle strane lettere disegnate sulle sue braccia e capendo perché stesse agendo in quel modo. 
"Sei pazzo, Sam! La gabbia ti ha fatto impazzire. E per quello che avresti voluto farmi te la farò pagare davvero cara!". 
Lo colpí al ginocchio facendolo cadere e gli diede un forte calcio sul viso, facendolo completamente cadere a terra; ma Sam pareva essere fatto di ferro e sembrava inarrestabile, tanto che si alzò nuovamente e le afferrò una gamba, trascinandola giù insieme a lui. 
"Lasciami andare!". 
Ma Sam le fu addosso e si insinuò fra le sue gambe con prepotenza, ridendo di gusto e bloccandola sotto di sé, lasciando che la sua mano sdillabrasse la maglietta sul lato superiore sinistro mentre cercava di continuare a disegnarle addosso gli stessi strani simboli che avesse già riprodotto sulle braccia. 
"Io non sono pazzo, Abby. Io avrò vendetta verso tutti i figli di puttana che mi hanno costretto a diventare cosi: io non sono normale perché Azazel, Lucifer volevano che io non lo fossi! Hanno tutti scelto per me da quando ero solamente un ragazzino. Ma adesso è il mio turno: farò quello che devo fare e quando avrò finito, forse avremo del tempo per rivangare i vecchi tempi e divertirci un po'. Lascia che io lo faccia e ti ridarò i suoi fratelli". 
Abby lo guardò negli occhi con aria disgustata, perché non avrebbe mai preso in considerazione quella possibilità neanche per un momento, e scosse la testa con forza, spingendo via il ragazzo dal petto che però rimase su di lei ridendo. 
"Che tu lo voglia o no, avrò quello che voglio". 
Per un istante Abby pensò che fosse davvero finita, che non sarebbe riuscita a raggiungere la porta e ad uscire dalla situazione in cui Sam l'avesse messa, e lottò con le unghie e con i denti per eludere la presa del ragazzo continuando a colpirlo al volto; riuscì a girarsi, iniziando a gattonare mentre le lacrime di paura iniziarono a scenderle dalle guance, ma Sam le fu di nuovo addosso e stavolta fu peggio, perché liberarsi dalla sua prese divenne troppo difficile ed Abby si paralizzò dalla paura. 
Pianse in preda al panico, pregando che qualcuno la venisse a salvare, e pensò che a quell'ora, se Sam non fosse mai tornato, sarebbe stata insieme a Dean sul dondolo nella veranda a guardare il cielo e a parlare, o litigare, tra di loro per poi risolvere tutto con un bacio. 
Ma invece sentí le mani del ragazzo insinuarsi sotto ai suoi vestiti per disegnarle i simboli strani sulla schiena ed Abby si rese conto che non avesse alcuna possibilità contro Sam. 
Era troppo alto, troppo più forte di lei, troppo tutto, nonostante lei avesse alle spalle anni e anni di esperienza nelle arti marziali insegnatele proprio da suo padre per evitare che si potesse trovare in delle situazione come quelle. 
Abby sentí Sam estrarre dalla sua giacca una lama affilata e molto lunga, e quando Abby si vide riflessa sulla lama lucida, per la prima volta lo supplicò di fermarsi, di alzarsi da quel pavimento e trovare una soluzione insieme, ma Sam non si scompose, pronto ad andare fino in fondo. 
Tornò a ripetere delle strane frasi in una lingua del tutto sconosciuta ed ad un tratto i simboli incisi sulla sua pelle iniziarono a bruciare e ad illuminarsi come Abby non credesse neanche possibile. 
Abby gridò di dolore e provò a liberarsi, ma Sam la schiacciava sotto di sé con tutto il suo peso e avvicinava la lama alla sua gola in modo molto pericolo e spaventoso. 
Ebbe la convinzione che quella sera sarebbe morta. Che non ci fosse altro modo per sopravvivere. 
E avrebbe tanto voluto vedere un'ultima volta Dean o i suoi fratelli. Dire loro quanto li amasse, perché non ne aveva avuto tempo. 
Abby pensava che fosse arrivata la fine, che la sua ora fosse giunta mentre guardava la lama farsi sempre più vicina alla sua gola. 
Almeno fino a quando la porta si spalancò al momento giusto e Samuel colpí il nipote con un forte colpo alla nuca, facendogli perdere i sensi e cadere rovinosamente a terra; si sentí frastornata, ma i disegni sul suo corpo smisero di fare male e di illuminarsi, ed Abby si sentí afferrare dalle braccia con forza ed allontanarsi dal corpo incosciente di Sam. 
La ragazza si spinse immediatamente fra le sue braccia aperte di Samuel mentre la paura la fece tremare ancora più forte, piangendo in maniera disperata e incontrollata, perché nonostante Sam non avesse raggiunto il suo scopo, la violenza carnale e spirituale le bruciò dentro, facendola sentire improvvisamente fragile come un cristallo, avvolta fra le braccia di Samuel. 
"Abby, svegliati! Stai piangendo!". 
La ragazza spalancò gli occhi e si guardò attorno con aria confusa e sconvolta, sollevandosi sul suo materasso e sgranando gli occhi mentre il cuore batteva così forte nel petto da farle male. 
Si rese presto conto di essere finalmente a casa, la sua vera casa a Louisville, e nella sua stanza. 
Vide sua sorella minore sorriderle ed avvicinarsi a lei entrando in camera, aggrottando però un po' le sopracciglia mentre la guardava madida di sudore e con aria confusa: si sedette sul bordo del materasso e le sorrise, sfiorandole una guancia con dolcezza. 
Dean era riuscito infine a trovare un modo per far parlare suo fratello, nonostante non gli fosse piaciuto per niente il modo in cui avesse ottenuto ciò che volesse, ed erano corsi velocemente nel luogo da lui indicato. 
Una vecchia fattoria abbandonata a meno di mezz'ora dalla base che avesse un rifugio atomico dal quale sarebbe stato impossibile uscire, dato che Sam lo avesse modificato in modo da permetterne l'apertura solamente dall'esterno. 
Abby aveva tirato fuori i suoi fratelli e li aveva stretti forte contemporaneamente in un abbraccio, sentendosi felice che stessero bene e che fossero vivi, e felice che quella storia fosse ormai finita. 
Dean aveva portato suo fratello da Bobby, chiudendolo nella panic room ed iniziando a chiedersi come diavolo avrebbero messo la sua anima di nuovo al suo posto, ma più cercava di trovare una soluzione, più il pensiero finiva sempre e solo su Abby e su ciò che avesse dovuto passare per mano di suo fratello. 
Dean l'aveva vista andare via insieme ai suoi fratelli e non si era voltata neanche una volta a guardarlo mentre saliva in auto stringendo Silver, e Dan faceva partire la loro auto azzurra; non lo aveva salutato, non lo aveva chiamato, nulla. Silenzio radio. 
E Dean non avrebbe voluto abbandonarla, non dopo quello che avesse subito, e provò a chiamarla almeno una ventina di volte in quei soli due giorni che passarono separati, ma Abby non rispose mai.
Aveva bisogno di guarire, di rimettere insieme i pezzi e questo Dean lo capiva. 
Lasciò passare la prima settimana, in cui Sam continuasse a giacere nella panic room mentre lui e Bobby si ammazzavano di ricerche e la ragazza non rispondesse mai al telefono, ma alla seconda settimana Dean decise di mollare tutto e correre da lei, almeno per una giornata, almeno per sapere come stesse. 
Durante il viaggio da Sioux Falls a Louisville di ben tredici ore interminabili, Dean la chiamò spesso per dirle che stesse arrivando, che volesse vederla, che avesse bisogno di sentirla, ma Abby non aveva mai risposto. Di nuovo. 
Pensò a quanto tutto ciò fosse colpa sua e come avrebbe potuto fermare suo fratello in un qualsiasi momento in cui se lo fosse portato dietro durante le cacce o quando avesse scoperto di non avere più un'anima. 
Schiacciò il piede sull'acceleratore e scacciò via i pensieri, stringendo le mani più forte sul volante e sperando che in qualche modo tutta quella grossa valanga di eventi si sarebbe potuta risolvere.
 
 

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Capitolo 35
*** Capitolo 29. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 29.

 
Strabuzzò gli occhi mentre la forte luce del giorno irrompeva con prepotenza dentro la stanza, dandole parecchio fastidio agli occhi; era passata ormai una settimana da quando fossero tornati a casa, una settimana in cui Abby dovette spiegare ai suoi due fratelli il motivo per cui fossero stati rapiti e perché lei ci avesse messo così tanto a trovarli, omettendo il sangue e le violenze che dovette sopportare per riuscire a liberarli.
Adesso Abby si sentiva di nuovo libera, iniziava a sentirsi quasi normale, nonostante tutte le notti non facesse altro che avere degli orribili incubi, rivivendo quel lungo calvario.
Stava deliberatamente ignorando le chiamate di Dean, perché non voleva più essere coinvolta.
Si diresse verso il bagno ed accese la radio iniziando ad ascoltare della musica dopo così tanto tempo, osservando il suo corpo completamente guarito e senza neanche più un graffio, e sorrise perché fino a quel momento non aveva mai apprezzato quella capacità di rigenerarsi più velocemente rispetto alle altre persone che le fosse stata trasmessa da Syria. 
Si vestì in fretta e scese in cucina, dove incontrò la sua sorellina intenta a sorseggiare del caffè e mangiare pancake già alle 7 del mattino, e subito Abby si ricordò che quello fosse il suo primo giorno di scuola, nonostante fosse già febbraio inoltrato: Dan si era occupato di inventare una balla con la scuola, sganciando altri soldi alla preside che fu felice di riammettere Silver nel suo istituto intascando i soldi sottobanco.
Dan invece riuscì chissà come a farsi riassumere nonostante avesse lasciato il lavoro senza preavviso, ed immaginò che giustificare la sua assenza con un Sono stato rapito da un pazzo suonasse poco credibile.
Fu davvero incredibile per Abby osservare come i suoi fratelli avessero riacquistato la capacità di tornare a vivere la propria vita già dal secondo giorno dopo essere tornati a casa, mentre lei non faceva altro che pensare di abbandonare per sempre la vita da cacciatrice.
Quando rimase a casa quella mattina, non pensò minimamente che qualcuno potesse bussare alla sua porta, ma quando udì i colpi leggeri delle nocche contro la porta Abby non aprì, pensando che fosse qualche vicino curioso che avesse notato dei movimenti nella loro casa dopo quasi tre mesi di totale assenza; qualcuno bussò di nuovo ed Abby sentí una voce fin troppo familiare dall'altra parte della porta.
Abby l'aprí senza dire una parola e subito si fiondò fra le braccia di Dean, stringendogli le braccia al collo e spingendolo ad entrare.
"Ero così preoccupato per te, non rispondevi al telefono e credevo che ti fosse accaduto qualcosa, e ho perso la testa.." sussurrò Dean con la fronte appoggiata alla sua e gli occhi chiusi, mentre la stringeva forte a sé e le carezzava una guancia con delicatezza. "Ho guidato senza fermarmi pur di vederti. Mi sei mancata così tanto".
La ragazza sentí il cuore batter epiu forte nel sentire quelle parole e si sollevò sulle punte per tornare a baciarlo, trascinandolo con lei verso il divano del salone, dove lo costrinse a sedersi e si mise a cavalcioni su di lui, continuando a baciarlo ed a stringerlo a sé perché aveva sentito la sua mancanza per così tanto tempo e adesso che era finalmente libera lo rivoleva.
Mentre stava fra le sue braccia, Abby capí finalmente di essere pronta da tempo da tempo a lasciare quella vita, lasciare la caccia per sempre. In fondo lo aveva già fatto ma era stata trascinata nuovamente in quel circolo di violenza ed orrore che la caccia portasse con sé. 
Ma non era pronta a lasciare andare Dean. 
Abby sentí le mani di Dean smettere di toccarla e posizionarsi ai lati del divano; i suoi baci divennero più tesi e tirati e si irrigidí completamente, facendola allontanare quel tanto che bastasse per guardare nei suoi occhi azzurri dove non vi fosse più la scintilla di vita che li caratterizzasse. 
Abby aggrottò le sopracciglia chiedendosi cosa ci fosse che non andasse e si allontanò appena guardandolo con aria stranita, nonostante intuisse quale fosse il reale motivo per cui si fosse fermato dal baciarla. 
Dean aveva paura di toccarla, di stringerla fra le braccia: in fondo Abby non gli aveva mai raccontato cosa fosse esattamente accaduto la notte di ormai due settimane prima con Sam, e Dean non aveva fatto altro che costruire degli ipotetici scenari nella sua mente dopo aver visto in che condizioni fosse stata ridotta la stanza che Abby occupasse alla base militare dei Campbell. 
Abby sospirò rumorosamente e con delicatezza afferrò le sue grosse e maldestre mani, posizionandole sui suoi fianchi, dandogli un leggero bacio a fior di labbra e sorridendogli per incoraggiarlo a dimenticare ciò che neanche sapesse. 
Lo guardò negli occhi senza dire nulla ed intuì che Dean non sarebbe indietreggiato di un millimetro dalla sua posizione, ed Abby roteò gli occhi con aria quasi infastidita e si chiese perché Dean non riuscisse a lasciarsi alle spalle ciò che le fosse accaduto. "Non mi toccherai finché non saprai cos'è successo, vero?". 
Dean guardò nei suoi occhi con sguardo incerto, non riuscendo a pronunciare neanche una parola ed annuì silenziosamente, deglutendo a fatica e pensando che se ne sarebbe pentito amaramente. Ma doveva sapere la verità. 
Sollevò la mano per carezzarle il viso con un gesto dolce, ma Abby scosse la testa e si discostò dal suo tocco. Abbassò lo sguardo e scese dalle sue gambe per sedersi al suo fianco sul divano, ed iniziò a torturarsi le mani con un gesto nervoso perché odiava ripensare a ciò che fosse successo. 
Se ci fosse stato qualcuno a cui avrebbe voluto raccontare ciò che Sam le avesse fatto, non sarebbe mai stato Dean. 
In fondo si trattava del suo stesso fratello minore, lo stesso che avesse protetto per tutta la vita. 
Sentí gli occhi pizzicare, ma Abby ricacciò indietro le lacrime mentre il cuore le batteva forte nel petto perché la sua più grande paura si sarebbe realizzata da lì a poco. 
Abby se n'era andata senza salutare proprio perché dire addio a Dean e, per quanto detestasse ammetterlo, anche a Sam, le spezzava il cuore. 
Se Dean avesse saputo la verità in quel momento, sarebbe diventato tutto davvero reale. 
Fra loro sarebbe finita e Dean se ne sarebbe andato per la sua strada insieme a suo fratello. 
Nonostante sentisse lo sguardo pungente di Dean su di lei, Abby non sollevò mai lo sguardo per incrociare il suo mentre rifletteva su come agire. Non lo fece, almeno fino a quando Dean le sfiorò il viso con delicatezza e le sollevò il mento per incrociare il suo sguardo. 
Ed in quel momento Abby non riuscì a sentire altro che la sicurezza che Dean le stava trasmettendo silenziosamente. Ed ebbe la certezza che non se ne sarebbe andato. Non questa volta. 
Prese un respiro molto lungo ed annuì, schiarendosi la voce prima di parlare mentre riportava alla mente le immagini di quella sera. "Ho fatto in tempo ad indossare la mia maglietta, quando è entrato nella mia stanza di soppiatto e mi ha afferrata. Era così forte, sembrava impazzito. Diceva che l'aver finto davanti a te di stare insieme lo aveva eccitato, che doveva avermi prima di uccidermi. E ci ha tentato con tutte le sue forze. Io ho provato a respingerlo, a colpirlo, ma Sam riusciva sempre a riprendermi.." sussurrò Abby con un filo di voce ed iniziando leggermente a tremare, sentendo gli occhi pizzicare ma reprimendo le lacrime. "Più provavo a divincolarmi, più mi schiacciava sotto di lui. E ho pensato.. Ho pensato che non ce l'avrei fatta ad uscire dal quella situazione, ad uscire dalla porta. Poi ha iniziato a disegnarmi addosso dei simboli strani e ad eseguire un rituale. Continuava a ripetermi che se fossi stata buona mi avrebbe ridato i miei fratelli. Ma non avevo intenzione di accettare le sue condizioni e.. Ha preso una lama affilata ed i simboli che avevo addosso si sono illuminati, stava per tagliarmi la gola. C'è andato così vicino, davvero, troppo vicino. Ma non aveva tenuto in considerazione che Samuel non fosse andato a caccia con gli altri: deve avermi sentita urlare, è entrato e l'ha colpito alla nuca. Mi ha salvato la vita. Il resto lo sai". 
Dean la guardò negli occhi e non riuscì a far altro che sentirsi dispiaciuto, disperato, stordito da quelle informazioni, ma anche leggermente sollevato perché aveva creduto fino alle ultime parole del racconto della ragazza che Sam avesse davvero avuto la meglio e fosse riuscito nel suo intento; scosse la testa e l'avvicinò al suo petto, scusandosi per non esserci stato, per non averla protetta, per averla lasciata con lui, ma Abby si allontanò bruscamente e scosse la testa, guardandolo con aria accigliata e togliendosi le sue mani di dosso con poca delicatezza. "Non voglio essere consolata o compatita. Non vedrò mai più Sam sotto la stessa luce: Sam voleva..". 
Le parole le morirono in bocca e Abby dovette stringere i denti perché le veniva da piangere mentre la rabbia la rese paonazza. Strinse i pugni e lo guardò con aria molto seria, parlando in modo molto duro spinta dall'orgoglio e dal suo carattere molto forte ma a volte deleterio. "Voleva uccidermi secondo un rituale che ha trovato chissà dove, solamente perché ha troppa paura che Lucifer possa tornare dalla sua gabbia. Uccidendo me, avrebbe voluto uccidere anche lui. Ma adesso sto bene, l'ho superata e non ti permetterò di farmi sentire debole e ferita, perché non lo sono. È solamente una caccia andata male". 
Rimase fermo ed in silenzio ad ascoltare le sue parole, mentre Abby vomitava fuori la sua rabbia ed il suo dolore. Ma quelle parole fecero male anche a Dean stesso, perché ascoltare ciò che il suo fratellino avesse fatto alla donna che amasse più di ogni cosa, lo stava facendo soffocare. 
Scosse la testa e le afferrò le mani fra le sue, portandosele alle labbra per baciarle delicatamente e chiuse gli occhi per qualche istante mentre le immagini che si fossero formate nella sua testa dopo il racconto di Abby iniziarono a torturare la sua mente.
Aprí gli occhi ed incrociò il suo sguardo ancora arrabbiato, e con una mano le sfiorò il volto ancora una volta e le sorrise con dolcezza. "No, questa non è una caccia che è andata male e tu non stai bene. Quello che Sam ti ha fatto è imperdonabile, ma c'è una cosa che devi sapere prima di giudicarlo così duramente". 
Abby sollevò un sopracciglio e inclinò la testa osservando la sua espressione preoccupata, chiedendosi cosa potesse esserci peggio di ciò, ma mano a mano che Dean le raccontasse ciò che vi fosse edietro al ritorno di Sam, la ragazza rimase incredula quando capí di non poter neanche odiare in pace Sam. 
Era tornato dalla gabbia senz'anima. Quello che l'avesse ricattata, picchiata e che l'avesse quasi uccisa, non era Sam. Non era mai stato Sam.
E capí subito che Dean avesse un piano per salvarlo da quella situazione anche questa volta, e sgranò gli occhi ritirando la presa dalle sue mani e strattonandolo con forza mentre la rabbia tornò a montare dentro di lei. "Sei impazzito anche tu?!". 
Dean scosse la testa e fece spallucce, accenando un sorriso ironico: il suo piano per riportare l'anima di Sam al suo posto era più pericoloso di quanto pensasse, ma cosa non avrebbe fatto per il suo fratellino? 
Sospirò rumorosamente ed incrociò lo sguardo adirato e preoccupato di Abby, sfiorandole i capelli. "Non c'è altro modo. Nessun altro che possa farlo. È mio fratello: devo farlo". 
La ragazza sgranò gli occhi per la rabbia e scattò in piedi, parandosi davanti a lui con aria furiosa, gesticolando nervosamente. "Possiamo trovare un altro modo. Così morirai!". 
"Si. Per qualche minuto, poi il mio amico mi riporterà indietro" rispose Dean facendo spallucce e guardandola con aria molto seria, accennando un sorriso. "Se fosse tuo fratello, faresti lo stesso". 
Abby cercò nei suoi occhi un minimo di titubanza, di indecisione, ma Dean divenne sicuro di sé e ciò che stesse facendo e annuí, piegandosi appena per intercettare la sua mano ed afferrarla saldamente. 
Si lasciò trascinare fra le sue cosce ed Abby si arrese alla sua testardaggine; gli sfiorò il viso con un sorriso amaro, mentre gli occhi presero a luccicarle per via della preoccuzione. 
Lo guardò con gli stessi occhi pieni d'amore con cui fosse solita guardarlo, questa volta colmi di preoccupazione. 
Passò le dita fra la barba del ragazzo e aggrottò le sopracciglia, chiedendosi quando mai lo avesse visto in quelle condizioni, e pensò che probabilmente Dean fosse troppo esausto anche solamente per radersi. 
Sorrise e si chinò a baciargli le labbra, sentendo le braccia del ragazzo portarla nuovamente a cavalcioni su di sé per stare entrambi più comodi. 
"E questa?". Abby sorrise e sfiorò la barba compatta osservandola bene come se la stesse vedendo per la prima volta, poi tornò a guardarlo negli occhi con aria leggermente più serena. "Mi piace". 
"Non ti ci abituare però.." sussurrò Dean sorridendo, avvicinandola a sé e nascondendo il suo viso fra i suoi lunghi capelli rossicci, respirando il suo profumo. 
Così come fece Abby, che gli passò le braccia attorno al collo stringendosi forte a lui. 
Pensò a quante volte avessero corso dei rischi insieme, quante volte fossero arrivati vicini alla morte ma le fossero sfuggiti per un pelo. 
Adesso Dean voleva andare incontro alla falce con un sorriso e Abby, sapeva di non poterlo trattenere. 
Non lo aveva mai lasciato da solo nelle pazzie che era solito fare per suo fratello e neanche Dean l'avesse mai lasciata combattere da sola, così sospirò mentre si rendeva conto che il suo viaggio nel soprannaturale non fosse ancora finito. "Tu puoi decidere di commettere questa stupida azione e di morire, ma io decido di farlo insieme a te". 
 
 
Rimase seduta sul tavolo freddo d'acciaio con le braccia incrociate mentre guardava con aria furiosa l'uomo con il camice alle sue spalle e la sua assistente, che sorrisero imbarazzati nella sua direzione.  Abby tremava per la rabbia ed il nervosismo, e se non avesse avuto un buon autocontrollo avrebbe sicuramente raso al suolo il retro di quella macelleria che nascondesse lo studio medico altamente illegale dell'amico di John, che Dean avesse contattato per farsi fermare il cuore ed avere il tempo necessario per parlare con Morte. 
Abby lanciò loro un'ultima occhiataccia furiosa, ma in fondo li capiva: non doveva essere stato semplice averla vista entrare nel loro negozio ad armi spianate, chiedendogli con la sua solita gentilezza di condurla da Dean, sdraiato su un tavolo di metallo e che si sarebbe ripreso da lì a poco. 
Abby e Dean erano partiti così bene dopo che il ragazzo si fosse recato fino a Louisville per vederla e raccontarle il suo piano: avevano viaggiato insieme come erano soliti fare e avevano riso, nonostante la situazione fosse ancora drammatica. Quando Dean l'aveva sentita dire che sarebbe andata con lui a tutti i costi e avrebbe fatto esattamente ciò che avresse fatto lui, il ragazzo storse il naso in silenzio e pensò che avrebbe trovato un modo per estrometterla senza che lei se ne accorgesse. 
Dean aveva fatto finta di nulla per tutto il viaggio, l'aveva sentita vicina di nuovo dopo tanto tempo, ma sapeva che una volta che Abby avesse capito il suo piano si sarebbe arrabbiata parecchio: Dean le aveva rivelato del suo piano di recarsi dal dottor Robert, il quale lo avrebbe aiutato nel contattare il Cavaliere che avessero affrontato durante l'apocalisse e che gli avesse dato spontaneamente il suo anello per rinchiudere Lucifer.
Nonostante ad Abby sembrasse un'idea stupida, Dean era convinto che sarebbe riuscito ad ottenere un accordo con Morte e che avrebbe strappato l'anima di Sam dalla gabbia per rimettergliela nel corpo. 
Abby non aveva preso bene il fatto che Dean dovesse morire, nonostante le avesse assicurato che il dottore lo avrebbe riportato indietro per tempo, ma aveva deciso di seguirlo anche in quel piano folle, perché non c'era persona di cui si fidasse così totalmente. 
I due ragazzi avevano passato la notte in un motel, affittando una stanza matrimoniale, e quando Abby gli si fosse avvicinata per baciarlo con lo stesso trasporto di sempre, percepí nuovamente quel blocco da parte di Dean. Quella paura di toccarla, di farle male, come se fosse fatta di cristallo. 
Il ragazzo rimase un po' titubante e deglutí a fatica quando Abby lo spinse sopra di lei su quel letto e si irrigidí, ma gli bastò osservare il suo sorriso sicuro e felice ed i suoi occhi azzurri che adesso brillavano come sempre per tornare a stringerla a sé sentendosi completamente a suo agio.
Aveva inizialmente avuto paura di toccarla, anche solo di sfiorarla, perché non voleva ricordarle la sua spiacevole esperienza con il fratello, ma gli bastò uno sguardo per capire tutto ciò che Abby avesse provato a dirgli: si fidava di lui, voleva essere toccata solamente da lui perché sapeva che non le avrebbe mai e poi mai fatto del male. E perché lo amava. 
E Dean era tornato a baciarla con dolcezza ed a essere il ragazzo che ricordava, perché si era sentito perso senza di lei quando Abby fosse sparita dalla loro vita normale a Louisville.
Abby aveva riso divertita mentre lo sentiva muoversi su di lei ed aveva attirato l'attenzione di Dean, che aggrottò le sopracciglia e la guardò negli occhi capendo di essere ancora troppo delicato per i gusti di Abby; lasciò che Abby prendesse il controllo mettendosi su di lui e baciandolo con avidità, mentre si muoveva sopra il suo bacino con velocità, appoggiando la fronte sulla sua. 
Dalla bocca di entrambi si sentivano solamente dei gemiti felici e Dean la strinse più vicina, aiutandola con le braccia nel movimento. 
"Ti amo". 
La ragazza aprì gli occhi e lo guardò per qualche istante rimanendo in silenzio, ma presto sorrise felice mentre sentiva le sue mani stringersi sulle sue cosce nude assecondando i suoi movimenti, e lo sentí invertire le posizione con delicatezza per non allontanarsi, continuandola a guardare negli occhi mentre saliva su di lei. 
Abby rise di gusto e piegò la testa all'indietro, sentendo le sue labbra raggiungere il suo collo e morderla di tanto intanto quando lei ansimava di piacere facendo aumentare la sua eccitazione. Tornò a guardarlo dopo poco, mordendosi il labbro per trattenere un gemito. "Ti amo anch'io, Dean". 
Lo aveva sentito muoversi dentro di lei più velocemente e chiuse gli occhi sentendo il piacere invaderla, ma amaramente pensò che loro due non fossero i tipi da esternare i propri sentimenti nei momenti normali, ma solamente quando avessero paura di perdersi l'un l'altra. 
In fondo sarebbero il giorno dopo sarebbe entrambi morti. Qualcosa sarebbe potuto andare storto e uno dei due poteva non risvegliarsi più. 
O forse stava esagerando e Dean aveva voluto dirle ciò che provasse per lei per ricordarle che le sarebbe sempre rimasto accanto, qualsiasi cosa fosse successa. 
Abby aveva dormito tutta la notte sul suo petto e Dean non aveva smesso un attimo di stringerla a sé, carezzarle la schiena ed i fianchi, baciandole la testa. 
L'amava più della sua stessa vita, ma si sentiva tremendamente in colpa: l'aveva lasciata sola con Sam, poi l'aveva lasciata a casa sua con i suoi fratelli per cercare una soluzione per rimettere l'anima di Sam al suo posto.
Per quanto l'amasse e tentasse di rimanere insieme a lei, finiva sempre per perderla. 
Ed alla luce di quanto accaduto recentemente, Dean avrebbe dovuto scegliere fra suo fratello ed Abby. Nulla sarebbe più stato come prima: Abby non sarebbe mai tornata a caccia con loro e Dean non avrebbe mai lasciato suo fratello. 
In un modo o nell'altro, Dean avrebbe perso una delle due persone che amava più al mondo. 
Quella decisione lo avrebbe portato ad uscire fuori di testa, ma quel giorno doveva stare concentrato: aspettò che le prime luci dell'alba fruissero dalla finestra della stanza e sgattaiolò dal letto in silenzio, rivestendosi senza svegliarla e depositandole un bacio sulla fronte con delicatezza per non svegliarla, pregando dentro di sé di poterla rivedere e che il dottor Robert fosse bravo quanto diceva. 
Era uscito fuori dalla camera con aria triste dopo averle ammanettato un polso, alla testiera del letto, sapendo quanto Abby si sarebbe arrabbiata una volta sveglia. La guardò un'ultima volta e sorrise debolmente, prima di chiudersi la porta alle spalle e sparire nel buio nella notte per raggiungere lo studio del dottore che avrebbe indotto il suo cuore a fermarsi il tempo necessario per incontrare Morte. 
Per questo motivo Abby guardava in cagnesco il suo corpo ancora privo di conoscenza steso sul secondo tavolo d'acciaio: Dean l'aveva ingannata, precludendole la possibilità di seguirlo e di incontrare il Cavaliere insieme a lui.
Abby si mosse in maniera nervosa, battendo il piede contro la sbarra di ferro che irrobustisse il tavolo su cui fosse seduta e guardò il dottore con aria scocciata. "Quanto ci vuole ancora prima che si svegli?". 
L'uomo si grattò la nuca e guardò Dean disteso con aria confusa, facendo spallucce e stringendo le labbra in una smorfia. "Qualche altro minuto". 
Abby scosse la testa e sbuffò sonoramente, dicendo al dottor Robert e alla sua assistente di far sapere a Dean che lo stesse aspettando in auto, una volta svegliato. Uscì senza dire un'altra parola e deglutí con nervosismo, sbattendo la porta del locale alle spalle e raggiungendo l'Impala posteggiata proprio di fronte, sedendosi sul seduto anteriore. 
Estrasse il suo telefono per ingannare l'attesa e vide le molte chiamate perse da parte di Dan, e scosse la testa sbuffando sonoramente: suo fratello non era stato molto comprensivo quando gli avesse detto che sarebbe andata via con Dean, di nuovo. 
"Ma sei impazzita? Suo fratello ha rapito me e Silver per mesi, ti ha tenuta in ostaggio e ti ha ricattata per tutto questo tempo e tu vuoi aiutarlo a trovare la sua anima?!". 
"È proprio quello che voglio, Dan. Sam non è cattivo ed il vero Sam è bloccato con Lucifer e Micheal all'inferno! Sta soffrendo" aveva esclamato Abby sospirando e capendo perfettamente l'apprensione nella voce di suo fratello, muovendosi attorno all'isola della cucina con aria nervosa. Si sforzò di mantenere un tono serio e preoccupato, perché se fosse partita per ritrovare l'anima del minore dei Winchester, lo avrebbe fatto solo per Dean. "Comunque non ti stavo chiedendo il permesso, Dan. Lo so che è stato terribile e atroce, ma la mia vita è stata la caccia da quando papà mi ha iniziata da piccola. Io voglio aiutare Sam, voglio che torni ad essere quello di prima". 
Aveva visto Dan poggiare i palmi aperti sul marmo e guardarla in cagnesco, fulminandola con lo sguardo per poi voltarsi a guardare in cagnesco Dean che stesse in silenzio sulla soglia con le braccia conserte ad osservare la scena."Ho provato a darti una chance Dean, ma sei proprio un bastardo: porti mia sorella via dalla sua casa e dalla sua famiglia, facendole affrontare le atrocità peggiori come Lucifer o la tua morte, o peggio ancora, tuo fratello. E non ti importa di come Abby uscirà da tutta questa storia, perché tu non rifletti! Ma lascia che ti dica una cosa: se tu l'amassi veramente, l'avresti lasciata andare quando è tornata a casa la prima volta prima che il tuo accordo scadesse, per risparmiarle tutto quel dolore!".
Abby vide suo fratello maggiore uscire arrabbiato dalla cucina, continuando ad imprecare ad alta voce e sbattendo qualsiasi cosa avesse sotto mano e con un sospiro afferrò la sua giacca ed il braccio di Dean per trascinarlo fuori verso l'auto, intimandogli di partire per raggiungere il suo amico. 
Dopo averlo scelto ancora una volta e averlo accompagnato in quel lungo viaggio di 12 ore nonostante tutto ciò che fosse accaduto, e dopo aver trascorso quella notte di passione e di amore, Abby non si aspettava che Dean la lasciasse indietro in quel modo: che l'avesse fatto per il suo bene o meno, si sentiva estremamente furiosa. 
Sobbalzò quando sentí lo sportello del guidatore aprirsi e scricchiolare, e subito si voltò in quella direzione con occhi sgranati mentre osservava Dean entrare in macchina con un sorriso sghembo tipico di chi l'avesse fatta franca anche quella volta. 
Fu sicura che Dean stesse per dire qualcosa quando chiuse lo sportello e si sedette accanto a lei, ma non ebbe il tempo di farlo dato che Abby lo spintonò al centro del petto, mettendolo con le spalle contro il finestrino e continuandolo a colpire alla cieca. 
"Sei un idiota! Dovevo venire con te, me l'avevi promesso! E invece mi sono svegliata ammanettata al letto, senza di te!". 
Dean cercò di pararsi da quel colpi che la ragazza gli riservasse e rise di gusto sentendosi divertito perché i suoi colpi erano così leggeri e non gli facevano male, sapendo che Abby non stesse usando neanche un po' della sua vera forza per fargli male; le afferrò i polsi e l'avvicinò di più a sé facendola scivolare sul sedile incurante che i passanti si fossero anche fermati a guardare cosa stesse succedendo dentro l'auto, e le sorrise sghembo come sempre. "Aspetta, aspetta, ma ti vuoi calmare?". 
Abby sgranò gli occhi e si dimenò in preda alla furia, cercando di sfuggire alla sua presa ma Dean la teneva saldamente dai polsi facendola arrabbiare di più e la tenne più vicina a sé. "Sei morto, di nuovo! E se non fossi riuscito più a tornare, che avrei dovuto fare senza di te, mmh? Ci hai almeno pensato?!". 
"Certo che ci ho pensato. Avevo un piano e sono tornaro, no?".
Dean le sorrise sicuro di sé e lasciò la presa sui suoi polsi, carezzandole il viso con delicatezza e osservando il modo in cui si stesse lentamente calmando, mettendo su però un'aria offesa mentre incrociava le braccia al petto e sbuffava sonoramente dal naso, rassegnandosi al fatto che Dean avrebbe sempre trovato un modo per rischiare la vita da solo, scegliendo di salvare sempre lei invece che se stesso. "Almeno ci sei riuscito? Hai trovato Morte?". 
Abby vide Dean fare spallucce e guardarla con aria spavalda, e capí subito che fosse un si quando le fece l'occhiolino con un sorriso; lo vide accendere il motore della sua Baby e partire sgommando per tornare al motel distante solamente un paio di isolati, e Dean sgranò gli occhi e rimase davvero sorpreso quando entrando nella loro stanza trovò la sbarra della testiera del letto a cui l'avesse ammanettata qualche ora prima completamente sdradicata e le manette aperte abbandonate sul piccolo tavolino. 
La guardò con un sopracciglio alzato mentre pensava che gli sarebbe piaciuto osservare il modo in cui Abby si fosse liberata, ma la ragazza ignorò l'occhiata di ammirazione e sospirò, sedendosi sul letto a gambe incrociate e guardandolo negli occhi con aria seria. "Cosa vuole in cambio Morte per il suo aiuto?".
 
 
Mosse il piede in maniera irrequieta sul pavimento legnoso del solotto di Bobby, rimanendo a debita distanza dall'omone che si fosse presentato davanti a loro del tutto inconsapevole di ciò che fosse accaduto nell'ultimo anno e mezzo, con braccia conserte ed espressione nervosa ma felice sul viso pallido, adornato da un'espressione quasi impaurita ed Abby fu grata che l'attenzione del maggiore e di Bobby fosse rivolta su Sam. 
Dopo che Dean avesse svolto ciò che Morte gli avesse chiesto di fare, ovvero passare un'intera giornata indossando il suo anello e svolgendo le sue veci, il Cavaliere si era presentato nel cuore della notte nella casa del cacciatore e si era precipitato nella panic room, con tutta l'intenzione di rimettere l'anima di Sam al suo posto. 
Abby, Dean e Bobby lo avevano vegliato per tanto tempo con la convinzione che Sam ce l'avrebbe fatta e si sarebbe svegliato in perfetta forma, nonostante Castiel ed Anael non avevano tardato a ricordare loro quanto quella fosse stata una pessima idea, perché l'anima di Sam sarebbe stata così malconcia ed a brandelli che il ragazzo avrebbe potuto avere delle gravi ripercussioni. 
Ma i tre cacciatori decisero di restare ottimisti, nonostante le ore passassero e diminuendo sempre di più le speranze che Sam si risvegliasse. 
Quando però videro spuntare quel ragazzone dalle scale della cantina con un grosso sorriso meravigliato, tutto il dolore e il nervosismo che avessero provato in quelle lunghe ore scomparve: Dean si era subito lanciato su suo fratello, stringendolo in uno di quei forti abbracci soffocanti sentendosi finalmente felice e completo, mentre Bobby ed Abby rimasero leggermente in disparte ad osservarlo con aria dubbiosa, cercando di capire se fosse davvero il solito Sam di sempre e che non avesse niente a che vedere con quello senz'anima che avesse tentato di uccidere Bobby per impedirgli di rimettere la sua anima a posto o che avesse fatto del male ad Abby in numerose occasioni. 
Sam non doveva aver notato quel disagio da parte dei due cacciatori, troppo preso dalla confusione e dalla felicità di essere tornato, e aveva stretto prima Bobby in un caloroso abbraccio e poi Abby, sollevandola da terra com'era solito fare e stringendola forte. 
Bobby fu bravo a mascherare ciò che pensasse veramente, ma la ragazza si divincolò presto da quell'abbraccio asfissiante, mentre le immagini delle numerose lotte e di ciò che avesse tentato di farle tornarono nella sua mente in sequenza, costringendola a fare un passo indietro ed a sorridere nella sua direzione con un velato imbarazzo. 
Sam aggrottò le sopracciglia e la guardò stranito quando si accorse dell'atteggiamento della ragazza, ma suo fratello fu bravo a coprire quella strana situazione invitandolo a seguirlo in cucina per mangiare qualcosa. 
Adesso Abby sentiva lo sguardo indagatore di Bobby su di lei, perché il suo comportamento fu strano persino per lui, che iniziò a chiedersi cosa diavolo fosse successo nei mesi di lontananza, ma la ragazza si sottrasse allo sguardo del cacciatore più anziano. 
Entrò in cucina insieme ai due ragazzi, osservando Sam seduto al tavolo troppo piccolo per uno della sua stazza che le sorrideva in maniera gentile così come avesse sempre fatto, e spostò lo sguardo su Dean che fosse intento a preparargli un sandwich arraggiandosi con ciò che trovasse nel frigo del vecchio burbero. 
"Allora, come ti senti ad essere tornato?" chiese Abby con voce incerta e tremante ed accennando un sorriso nervoso, sentendo lo sguardo del minore su di sé che fece spallucce e sorrise innocentemente. 
"Non lo so, non ricordo nulla della gabbia, né di Lucifer o Micheal". 
Sam guardò nei suoi occhi azzurri e sempre limpidi e cristallini nei suoi confronti, ma stavolta capì che qualcosa non andasse in lei per via del suo modo nervoso di torturarsi le mani e per il fatto che si tenesse a debita distanza da lui; Abby sorrise tiratamente ed annuí trovandosi a corto di parole, spostando in fretta lo sguardo da lui ed osservando Dean voltarsi dal ripiano della cucina per andare in fratta verso il fratello e porgergli un piatto con un panino sopra. 
"Tiene fratellino, mangia".
Non seppe spiegare ciò che accadde in lei, ma Abby sentí il cuore iniziare a battere sempre più velocemente nel suo petto mentre osservava Sam sorridere al fratello e leggendo nei suoi occhi la gratitude di essere tornato, la felicità quando scoprì che né Dean, né nessuno delle persone a vuoi volesse bene, avesse stretto alcun patto per portarlo indietro e la serenità nel suo sguardo. 
Era sicura che una parte di lei, seppur molto piccola e sepolta sotto i mesi di violenza appena trascorsi, fosse davvero felice che Sam fosse tornato senza un graffio e che stesse bene. 
Ma Abby non riusciva a provar altro che non fosse dolore in sua presenza. 
Fece un passo indietro per evadere dalla cucina, desiderando di scomparire completamente, ma toccò col piede l'unico asse di legno del pavimento che scricchiolasse facendo voltare entrambi i ragazzi e Bobby nella sua direzione, che la guardarono con aria interrogativa, non capendo perché indietreggiasse in quel modo. 
Abby sorrise nervosamente ai tre e fece spallucce, afferrando la giacca sullo schienale della sedia che Dean avesse spostato qualche ora prima fino al divano e lo indossò, mostrando poi il suo pacco di sigarette a mezz'aria. "Io vado a prendere una boccata d'aria, torno subito". 
Non aspettò una risposta e si voltò senza aggiungere altro, rilassando i muscoli facciali e assumendo l'aria seria e spaventata che avesse nascosto per tutto il tempo, e non le importò che Sam la trovasse strana, che Bobby avesse capito che qualcosa la turbasse o che Dean, l'unico a sapere come stessero le cose, avesse capito che la fine fosse appena arrivata. 
Si diresse verso l'ingresso a passo veloce e si chiuse la porta alle spalle con il respiro irregolare, il cuore impazzito nel petto e le immagini della violenza che scorressero nella sua testa in un loop infinito. 
Afferrò una sigaretta fra le labbra tremanti e l'accese velocemente, non smettendo di camminare e di muoversi, superando l'Impala e la sua auto fino a raggiungere il lungo corridoio di macchine sul retro dell'autorimessa. 
Prese un lungo tiro e scosse la testa, sentendo gli occhi pizzicare e la rabbia irrompere dentro di lei perché non poteva credere di essere scappata in quel modo: era davvero passato troppo poco tempo da quando Sam, quello senz'anima, le avesse fatto del male e l'avesse quasi uccisa, ma era riuscita a non pensarci troppo a lungo, e si era detta che non fosse stato il vero Sam a farlo, che Sam non lo avrebbe mai fatto. 
Eppure quando Sam l'aveva afferrata stretta per stringerla in un abbraccio affettuoso, le aveva ricordato tutte le volte in cui l'avesse afferrata per farle male, facendo rientrare dalla sua porta interiore tutto ciò che avesse nascosto all'esterno per vivere in pace in quelle settimane. 
Si morse il labbro e chiuse forte gli occhi, sentendo lo stomaco rigirarsi e un forte senso di nausea farla fermare lungo il terreno di Bobby, facendola appoggiare a una delle carcasse di auto con una mano, mentre con l'altra stringeva ancora forte la sigaretta, volgendo lo sguardo sul cielo scuro e stellato; avrebbe voluto scappare via il più lontano possibile da quella casa, mettendo un gran numero di miglia fra lei e Sam, ma ciò avrebbe voluto dire separarsi da Dean ed era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare. 
Percepí gli occhi pizzicare di nuovo e prese un lungo tiro dalla sigaretta, spuntando fuori il fumo e scuotendo la testa, perché faceva troppo male e stava perdendo il controllo; quando sentí una mano sfiorarle la spalla destra, Abby istintivamente si scansò da quel contatto, facendo un passo avanti e voltandosi a guardare con occhi lucidi e addolorati chiunque l'avesse toccata, mettendosi immediatamente sulla difensiva come se fosse diventata ormai un'abitudine. 
Probabilmente Dean avrebbe detto qualcosa di sensato o ci avrebbe provato, ma gli occhi della ragazza davanti a sé ed il modo in cui fosse fuggita dalla sua presa in maniera così terrorizzata gli confermò ciò che aveva pensato sarebbe successo. Vide Abby distogliere subito lo sguardo e cercare di controllare il suo respiro mentre tornava a dargli le spalle per non farsi guardare in viso, perché non voleva che Dean la vedesse così fragile e spaventata, ed il cuore gli si spezzò perché aveva appena ritrovato suo fratello, non voleva perderla per compensare uno strano equilibrio cosmico che non gli permettesse mai di essere felice. 
"Sto bene, Dean. Va' a vedere come sta Sam". 
Ma Dean non disse nulla, avanzò lentamente nella sua direzione e le sfiorò il braccio con delicatezza, ma stavolta Abby non si ritrasse perché sapeva che fosse lui, e la carezzò con dolcezza. "Abby..". 
La ragazza tirò su col naso e si spazzò via le lacrime che le fossero sfuggite, scuotendo la testa e voltandosi a guardarlo con aria fintamente contenta e gli sorrise. "Ti ho detto che sto bene, sul serio. Torna da tuo fratello". 
Dean sospirò e fece un passo avanti scuotendo la testa, carezzandole il viso umido con i polpastrelli sentendo il cuore stringersi a quella visione, ma Abby sentí il dolore trasformarsi in rabbia e si ritrasse dalla carezza dolce e gentile, spintonandolo indietro con poca forza. "Ti ho detto di andare via, lasciami sola!". 
Il ragazzo la guardò per qualche altro secondo, massaggiandosi il punto in cui Abby lo avesse colpito ed annuí, nonostante l'unica cosa che non avrebbe voluto fare era proprio lasciarla sola mentre soffrisse in quella maniera, ma annuí perché sapeva che Abby avesse bisogno di qualche istante per riorganizzare i suoi pensieri e si voltò in silenzio, camminando lungo il pavimento terroso per tornare dentro casa. 
 
 
Non seppe dire dopo quanto tempo anche lei si accinse a rientrare, né quante sigarette avesse fumato nel frattempo, ma decise di tornare verso l'ingresso della casa solamente quando le prime dell'alba iniziarono ad illuminare fiocamente il cielo e quando ne avesse avuto abbastanza dell'umidità a cui si fosse esposta durante la sua passeggiata notturna. 
Arrivò alla sua auto ed aprí lo sportello per sedersi al posto del guidatore, sfiorando il volante con un sorriso amaro mentre sentiva la pelle tirare per via delle lacrime salate che si fossero asciugate sulle sue guance. Si chinò ad aprire il portaoggetti ed estrasse un piccolo taccuino rivestito di cuoio scuro, aprendolo e sfogliando le pagine con disprezzo: Abby aveva preso la sua decisione dopo una lunga notte di riflessione e non sarebbe mai tornata sui suoi passi. Non poteva. 
Così deglutí a fatica e guizzò lo sguardo fino alla veranda di legno della case, dove vide Dean guardarla con un sorriso incoraggiante seduto sul portico mentre brandiva due tazze di caffè fumante; Abby accennò un sorriso amaro e si chiese da quanto tempo Dean la stesse aspettando seduto lì. 
Si fece coraggio e scese dalla sua auto, avvicinandosi al ragazzo con aria incerta, che subito le porse la sua tazza con un sorriso mentre la osservò sedersi accanto a lui senza più guardarlo.
Ne bevve qualche sorso e si sentí scaldare immediatamente dal liquido fumante, stringendo gli occhi e sentendosi subito meglio, nonostante il grosso peso sul petto che sentisse da ormai molte ore, mentre sentiva lo sguardo del ragazzo su di sé; decise di ricambiare e guardò i suoi occhi verdi cupi e tristi, preoccupati per lei e per ciò che stesse affrontando, quando sentí la sua mano sfiorarle il viso con delicatezza. "Stai meglio, ragazzina?". 
Abby accennò un altro sorriso amaro e distolse lo sguardo, continuando a bere qualche sorso del suo caffè: non riusciva a guardare i suoi occhi od il modo in cui la guardasse con compassione e dispiacere. 
Non era da Dean, proprio lui non l'aveva mai guardata in quel modo, al contrario di quando tutti gli altri avessero saputo di suo padre e di cosa gli fosse successo. 
Ed Abby non avrebbe mai immaginato che un giorno Dean l'avrebbe guardata così. 
Si schiarí la gola in silenzio e gli passò il taccuino che ancora tenesse fra le mani, osservandolo mentre lo apriva con aria interrogativa e ne sfogliasse qualche pagina con confusione. "Qui ho annotato tutti gli spostamenti, tutte le cacce che io e Sam abbiamo seguito quando mi ricattava: chi lo sa, magari potranno esserti utili. Ho messo nero su bianco ogni cosa strana che notavo, con tanto di commenti negativi su tuo fratello quindi quando li trovi, salta quelle parti". 
Dean si rigirò il taccuino fra le mani e aggrottò le sopracciglia, posandolo insieme alla sua tazza sull'asse di legno sulla quale fosse seduto mentre la guardava con aria interrogativa e stanca, ed Abby capí che neanche lui avesse dormito quella notte e che avesse probabilmente passato tutto il suo tempo ad osservarla mentre passeggiava in silenzio fra le lunghe file e colonne di auto. "Perché me lo stai dando?". 
Abby sorrise amaramente e posò la tazza accanto a lei, facendo spallucce e stringendosi le gambe al petto com'era solita fare, sospirando e facendo spallucce: era davvero la decisione più difficile che avesse mai preso e la sua scelta la rese così triste ed infelice che dubitava si sarebbe mai ripresa. "Sai, non è solo per quello che ha quasi fatto quella sera, ma per tutto quello che mi ha fatto passare quando teneva i miei fratelli in ostaggio e mi ricattava. È per tutto quello che mi ha costretta a fare, le persone ed i mostri da uccidere, per quello che gli ho visto fare. Mio fratello ha ragione: non posso vivere insieme a tuo fratello fingendo che vada tutto bene, dopo tutto quello che ha fatto. Non posso, anche se so che non è stato il vero Sam".
Dean deglutí a fatica e strinse i pugni guardando dritto davanti a sé e sospirando nervosamente, perché sapeva che il momento di scegliere fosse arrivato, momento a cui pensasse da quando avesse saputo cosa fosse successo fra Sam e Abby alla base. 
Stava per dirle quanto gli dispiacesse e che avrebbero potuto provare ad andare via insieme per un po', solamente dopo essersi assicurato che Sam stesse davvero bene e che si fosse ambientato dopo un anno e mezzo di assenza, e che avrebbero potuto trovare una soluzione che gli avrebbe permesso di rimanere insieme ed uniti come sempre avessero fatto; ma la vide sporgersi verso di lui e colmare la distanza fra i loro visi con un bacio molto lento, uno di quelli che gli faceva battere il cuore fin troppo velocemente nel petto e che gli facesse tremare le gambe nonostante fosse un uomo grande e grosso. 
Abby gli sfiorò il viso quando lo sentí ricambiare il bacio e si sporse di più verso di lui, lasciandosi trasportare da quel contatto e sorridendo contro le sue labbra man mano che l'emozione cresceva e che diventasse sempre più profonda in entrambi. 
Appoggiò la fronte contro quella del ragazzo che la guardava con aria stupita e con un sorriso, ma l'espressione di Abby continuava a non lasciare presagire nulla di buono, che prese un lungo respiro ed annuí con occhi lucidi. "Dean, non voglio metterti nella posizione di scegliere fra me e tuo fratello, perché io non ho intenzione di restare. Forse non l'avevo sin dall'inizio e volevo solamente più tempo da passare con te e assicurarmi che Sam stesse bene. Ma adesso devo andare e voglio renderti le cose più facili: è finita, Dean".
Abby sentí una fitta allo stomaco farle contorcere le budella e sospirò lentamente mentre stringeva la mascella notando lo sguardo del ragazzo seduto accanto a sé cambiare radicalmente ed attraversare diverse fasi: lo vide stupito e scioccato, ma poi divenne arrabbiato e adirato, e lei capí che avrebbe fatto meglio ad alzare i tacchi e ad andare via il più presto possibile, prima che Dean avrebbe trovato il modo per farle cambiare idea. 
Si alzò dopo avergli lanciato un'ultima occhiata e scese i pochi scalini del portico per dirigersi verso la sua auto, sentendo gli occhi pizzicare all'idea che quella fosse l'ultima volta che lo vedesse per sempre, ma ben presto sentí una mano afferrarle il polso e bloccarla con forza. "No, no, no, Abby, no! Non è così che deve andare!". 
Abby si voltò a guardarlo nuovamente e pensò di non averlo mai visto così serio e arrabbiato, ma si scansò e scosse la testa nonostante nei suoi occhi leggesse una grande paura di perderla che gli fece stringere la sua mano attorno al suo polso sempre più stretta pur di non lasciarla andare; gli sorrise con dolcezza e gli sfiorò la mano con cui la bloccasse fino a liberarsi dalla presa, carezzandogli il viso barbuto e scosse la testa ancora una volta, facendo spallucce e non riuscendosi a trattenere dal parlare. 
"Quando vivevamo insieme a Louisville, tu eri felice. Ti mancava Sam, ma eri felice ed è lì che ho realizzato: finché sarete uno nella vita dell'altro, ci sarà sempre e solamente la caccia. Non conoscete altro, insieme. E io ho davvero bisogno di uscire da tutto questo Dean, ho bisogno di allontanarmi dalla caccia, da Sam e da..".
"..da me!". 
Abby lo guardò negli occhi con aria tesa e triste sapendo che Dean avesse sentito ogni singola parola del suo discorso ma che avesse colto un messaggio sbagliato, così sospirò rumorosamente e scosse la testa: Dean si sbagliava, perché l'ultima cosa che avrebbe voluto era proprio allontarsi da lui. 
Abby sarebbe voluta tornare nella loro casa a Louisville, tornare ai loro lavori ordinari, avere una vita felice insieme, qualche marmocchio e magari anche un cane.
Tutto ciò di cui avesse bisogno, lo aveva proprio davanti ai suoi occhi e rinunciare a Dean era un sacrificio davvero enorme, che però fosse disposta a fare perché lo amava a tal punto da rinunciare alla propria felicità pur di non allontanarlo dal fratello. 
Gli sfiorò una guancia con aria triste, sperando che un giorno avrebbe capito l'enorme sacrificio che fosse stata costretta a fare, e si sollevò sulle punte per baciargli delicatamente una guancia nonostante Dean la guardasse con aria accusatrice ed in cagnesco come se lei lo stesse abbandonando.
Tornò a guardarlo e notò la fatica che stesse facendo nel trattenere le lacrime, dati i suoi occhi arrossati e più gonfi. "È meglio così".
Abbassò in fretta lo sguardo e si voltò verso la sua auto mentre sentiva il suo sguardo perforarle la schiena con astio, mentre entrambi trattenavano le lacrime ed il dolore gli urlava nel petto, perché nessuno dei due voleva separarsi dall'altro. 
Dean la vide accendere il motore della sua auto e premere l'acceleratore senza più voltarsi a guardarlo e per tutto il tempo che seguí con lo sguardo lacrimoso la Hyunday azzurra proseguire la sua corsa verso l'uscita della proprietà Singer, aveva sperato che fermasse l'auto e tornasse indietro nella sua direzione per tornare fra le sue braccia e dirgli che ci fosse un altro modo, che non potesse vivere senza di lui tanto quanto Dean non potesse vivere senza di lei. 
Ma Abby non si fermò neanche una volta e non lo guardò, tranne che dallo specchietto retrovisore mentre diventava sempre più piccolo e lontano, e le lacrime caddero incontrollate sul suo viso perché era davvero stata la decisione più difficile che avesse mai dovuto prendere in tutta la sua vita e che le avrebbe fatto male per il resto della vita che avrebbe trascorso senza avere Dean al suo fianco. 

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Capitolo 36
*** Capitolo 30. ***


HUNTERS LEGACIES
Capitolo 30.
(I PARTE)
 
 
Si mosse velocemente nel parcheggio sotterraneo dell'hotel a cinque stelle nel quale alloggiasse per depistare i demoni che da una settimana a questa parte avevano cercato incessantemente di ucciderla, ma più ne rispediva all'inferno, più demoni le si scagliavano contro di volta in volta. 
Si accovacciò contro la portiera di una BMW scura, respirando affannosamente per la corsa incessante e gemendo di dolore, quando si sfiorò la ferita alla coscia sinistra che uno di quei demoni le avessero inflitto con una lama mentre cercava di scappare. 
Abby strinse i denti e si strappò con forza un pezzo del cotone della sua maglietta per fasciare la ferita ed evitare di perdere tutto quel sangue, avendone già perso parecchio: non aveva avuto neanche il tempo di riposare due ore nella sua stanza d'albergo, quando aveva sentito la maniglia della sua porta che veniva manomessa dall'esterno. Si era subito alzata e si era preparata alla lotta, quando quattro comuni uomini avevano fatto irruzione nella stanza armati fino ai denti, ed Abby aveva davvero faticato per riuscire a sopravvivere ed a scappare. 
Sentí dei passi veloci avvicinarsi nella sua direzione e scosse la testa, impugnando nuovamente la sua lama e alzandosi quando la presenza divenne fin troppo vicina, puntandole contro l'arma: sospirò di sollievo quando riconobbe Anael col vestito rosa sporco di sangue al suo fianco, guardarla con aria incerta per poi volgere lo sguardo attento attorno a sé. 
"Questa volta sono di più: ne ho già uccisi tre, ma gli altri hanno dei simboli enocchiani sulle loro lame. Possono ferirmi". 
Abby la guardò con aria sconvolta e scosse la testa, lasciandosi andare contro la fiancata dell'auto sentendosi molto indolenzita per la lotta di pochi minuti prima nella sua stanza, sentendo il sangue scorrere fuori dalle sue ferite; prese un lungo respiro e diede una forte gomitata al finestrino dell'auto, spaccandolo completamente e sentendosi fortunata per aver scelto la macchina senza allarme. 
Strisciò lentamente dentro e si sedette al posfo guida, piegandosi in avanti per raggiungere i fili sotto il volante, facendo ruggire il motore della BMW e ridendo di gusto, perché almeno una cosa stava andando nel verso giusto. 
Sentí Anael seduta al suo fianco chiederle se fosse in grado di guidare e scusandosi per non avere la forza di guarirla, perché le lotte dell'ultima settimana erano state davvero impegnative ed avevano prosciugato gran parte delle sue energie angeliche.
Abby scambiò una rapida occhiata con l'angelo ed annuí con un sorriso, poi pressò il piede sull'acceleratore uscendo di corsa da quel parcheggio, quando vide almeno sette uomini avvicinarsi minacciosamente nella loro direzione; si mise su strada ed iniziò a fare una serie di giri che avrebbero confuso chiunque avrebbe provato a seguirla, fin quando fu certa che nessuno la stesse seguendo. 
Sospirò rumorosamente e scosse la testa, perché non aveva la più pallida idea di chi li avesse mandati o perché la stessero cercando, dato il fatto che da ormai tre mesi Abby si fosse tirata nuovamente fuori dai giochi e fosse tornata a casa sua a Louisville dai suoi fratelli dopo aver lasciato Dean: aveva ripreso la sua vita tranquilla e monotona in quella città, era tornata a lavoro e aveva persino ripreso le sue vecchie amicizie di un tempo, uscendo a bere qualcosa con le amiche la sera, ma nulla sembrava più aver lo stesso sapore di un tempo. 
Aveva persino iniziato a passare le sue serate con qualsiasi uomo l'aiutasse a dimenticarsi di Dean, eppure ogni volta che un uomo la toccasse o provasse ad approcciarsi a lei, Abby si irrigidiva come un tronco di legno e inventava delle scuse per scappare dagli appuntamenti. 
Sentiva così terribilmente la mancanza di Dean che non riusciva a respirare quando pensava di essersene andata ed averlo lasciato, sorprendendosi a volte a pensare che forse avrebbero potuto trovare un modo diverso, un modo per farle superare ciò che fosse successo con Sam. Insieme. 
Abby e Dean non si erano più sentiti da quando lei se ne fosse andata, salvo una volta in cui il ragazzo non aveva saputo resistere e l'aveva chiamata con il cuore in gola dopo due mesi di lontananza per sapere come stesse, proprio nel momento in cui Noa, il nuovo collega che avesse iniziato a lavorare per la sua stessa azienda, la stesse baciando sul portico di casa dopo aver trascorso uno degli appuntamenti più belli che Abby avesse mai avuto. 
"Devi proprio rispondere?".
Noa le aveva scostato un ciuffo di capelli lunghi e mogano che le fossero ricaduti sul viso, mentre la stringeva a sé e gustava il sapore della ragazza che si fosse mischiato al suo nella sua bocca.
Osservando il nome apparso sul suo cellulare che ancora squillasse, Abby si era morsa la lingua per non piangere ed aveva maledetto Dean perché Noa era simpatico, era dolce e premuroso. Ma soprattutto era normale. 
Sollevò il viso per incrociare i suoi occhi blu e finse un sorriso sereno, sfoggiando le sue doti da attrice che Noa non avrebbe saputo smascherare perché semplicemente non la conosceva abbastanza.
"Si, è mio cugino. Non chiama mai a quest'ora: forse è nei guai".
Noa aveva sbuffato ma aveva sorriso mostrandole i denti bianchi e perfetti, ed Abby pensò che fosse davvero apparso da una di quelle pubblicità dei dentifrici che vedesse spesso in tv.
Si era chinato su di lei e l'aveva baciata in un modo dolce e sensuale, stringendole i fianchi fasciati da uno splendido vestito aderente rosso di raso che avrebbe fatto girare la testa a qualsiasi uomo che avesse posato gli occhi su di lei. 
Abby aveva risposto a quel bacio e si era stretta a lui, e dentro di lei pregava di sentire qualcosa che non fosse dolore per la lontananza da Dean.
"Ci vediamo domani a lavoro"
Si allontanò dal ragazzo e gli fece un cenno con la mano mentre lo osservava arrivare al suo SUV nero scintillante, per poi allontanarsi dal vialetto di casa sua. 
La maschera di felicità che Abby indossasse cadde nel momento in cui l'auto di Noa scomparve nel buio della notte e deglutí a fatica quando sentí il suo telefono tornare a squillare. 
Dean. Solamente leggere il nome sullo schermo fece sussultare il suo cuore ancora sanguinante. 
Osservò la terza e la quarta chiamata che il ragazzo le fece, ed Abby iniziò a chiedersi se fosse accaduto qualcosa di brutto, se avesse bisogno di aiuto. 
Si sedette sul dondolo del suo portico continuando a guardare lo schermo, fino a quando prese un lungo respiro e raccolse tutto il suo coraggio prima di rispondere e portarsi il telefono all'orecchio. 
"Abby".
Strinse la mascella e trattenne le lacrime, sospirando e scuotendo la testa. "Ciao Dean". 
Passarono dei lunghi ed interminabili momenti, in cui Abby tenne gli occhi chiusi ed i pugni stretti mentre ascoltava il respiro dell'uomo dall'altro lato del telefono. 
"Stai bene, ragazzina?". 
Abby pensò che fosse molto lontana dallo stare bene, perché il suo cuore era a pezzi e non sarebbe mai riuscita ad adattarsi ad una vita normale se Dean non fosse stato con lei. Si schiarí la gola e sospirò. "Non mi lamento. E tu?". 
"Si beh, neanche io. Ho appena ucciso un ghoul e non riuscivo a smettere di pensare a te". 
Capí dal suono della sua voce che Dean non dovesse cavarsela bene e che qualcosa fosse successo, ma si precluse l'opportunità di fare qualche domanda perché altrimenti si sarebbe lasciata trascinare nuovamente in quella vita. 
Accennò un sorriso triste e si rilassò appena contro la spalliera imbottita del dondolo, chiudendo gli occhi ed accennando una risata nervosa. "Far saltare la testa ad un mostro che di mestiere mangia le persone è un modo un po' bizzarro per ricordarti di me". 
Dean rise leggermente dalla parte opposta del telefono e si schiarí la gola. "Non mi serve un ghoul per pensare a te. Ma mi sono detto che questa fosse la sera giusta".
"La sera giusta per cosa?". 
"Per trovare il coraggio di chiamarti e dirti che pochi minuti quando stavo per lasciarci la pelle, tutto ciò a cui riuscivo a pensare eri tu".
Abby era rimasta in silenzio ad ascoltare quelle parole, deglutendo a fatica ed irrigidendosi ancora una volta mentre delle lacrime silenziose le percorrevano le guance. 
"Non è troppo tardi, Abby. Possiamo ancora trovare una soluzione".
"Devo andare". 
"Non potrò mai essere felice se non sei vicina a me. Ti amo Abby, e so che mi ami anche tu. Sono vicino a Louisville, posso passare da casa tua in meno di un'ora. Potremmo parlare e..".
"No..". Lo stomaco le si era rigirato, il cuore le stava letteralmente esplodendo nel petto. 
Si era forzata a sussurrare quelle due semplici lettere che avrebbero molto ferito Dean. Ma sapeva che se lo avesse visto anche per un istante, se lo avesse anche solamente guardato negli occhi, tutto ciò che avesse nuovamente faticosamente costruito in quei quattro mesi sarebbe crollato in un istante e lo avrebbe seguito ovunque, venendo meno a se stessa. "Se davvero mi ami, devi lasciarmi andare. Non chiamarmi più, Dean".
"Abby, no..".
"Addio Dean". 
Aveva fatto scivolare via in fretta il telefono dal suo orecchio e aveva presto messo fine alla chiamata, mentre pensava a quanto gli avesse fatto male. 
Sapeva che Dean doveva averci pensato molto, probabilmente settimane, prima di mettersi in contatto con lei, ma Abby era ancora troppo ferita per poter anche solamente vederlo. 
 
"Dovresti chiamarlo, hai bisogno di aiuto!". 
Abby fu distolta dai suoi ricordi e si voltò verso l'angelo seduto al suo fianco, e la guardò con sopracciglia aggrottare, sollevando poi un sopracciglio quando capí a chi si stesse riferendo e scosse la testa. "No, non chiamerò Dean per farmi aiutare. So cavarmela". 
Anael la guardò in cagnesco e in maniera più dura, chiedendosi perché Abby dovesse essere sempre così cocciuta mentre osservava la maniera arrabbiata ed aggressiva con cui la guardasse. "Io non potrò essere sempre al tuo fianco quando ti attaccheranno di nuovo, ho i miei compiti da svolgere in Paradiso".
Abby rise di gusto e scosse la testa, continuando a guidare per le strade di Toledo, Ohio, in maniera agitata. "Beh, tienimi un posto lì perché se riusciranno a prendermi arriverò piuttosto velocemente!". 
Anael rimase senza parole e la guardò con rabbia per qualche momento, poi andò via dall'auto lasciandola sola in un battito di ali, ed Abby colpí il volante con una manata piena di frustrazione, pensando che adesso fosse davvero sola: aveva spedito i suoi fratelli a casa di Bobby dopo che i demoni avessero attaccato casa loro, perché pensava che avrebbero seguito lei piuttosto che Dan e Silver e così fu, dato che gli attacchi diventano sempre più frequenti e meno distanziati gli uni dagli altri. 
Abby capí che volevano sfinirla e portarla allo stremo delle sue forze per riuscire a catturarla, e che probabilmente ci sarebbero riusciti continuando di quel passo, ma non aveva alcuna intenzione di chiamare Dean. 
Non voleva rivederlo, non voleva sentire la sua voce, non voleva sapere quanto fosse arrabbiato con lei per non aver chiesto aiuto, o peggio, non voleva vedere il suo sguardo ferito un'altra volta. 
Sospirò e guidò verso il primo motel che trovò sulla strada perché era fin troppo stanca e priva di forze per poter guidare, pensando che avrebbe dovuto chiudere le ferite il più presto possibile e recuperare un po' di energia prima di darsi alla fuga un'altra volta ed organizzare un piano per capire quale demone infernale le stesse dando la caccia. 
 
 
 
Sentí il tipico battito di ali nella stanza e sospirò mentre ancora era intenta a tirare su il suo paio di jeans scuri con fatica, sentendo la ferita alla coscia tirare e pregando che i punti non cedessero e che non si riaprisse; ingoiò il dolore e serrò forte la mandibola, prima di abbottonarsi i pantaloni in vita ed uscire dal bagno mentre ancora indossava la sua maglietta nera di cotone a maniche corte. 
"Non dovevi sparire in Paradiso, angioletto?". 
Abby non guardò neanche la figura che fosse apparsa sulla soglia della sua porta e si diresse verso il suo borsone per indossare in fretta una felpa, sentendo un freddo molto strano e tipico della condizione ferita in cui si trovasse.
Prese il flacone arancione degli antidolorifici e prese due pillole, mandandole giù insieme a dei lunghi sorsi di Whisky per poi sospirare pesantemente. 
Per tutta risposta non sentí la voce seria e preoccupata di Anael nonostante percepisse la sua presenza, ma udì l'ultima voce che si sarebbe aspettata di sentire nella sua stanza, dopo tutto quei mesi di lontananza. 
"Ma che cazzo sta succedendo?!". 
La voce di Dean arrivò alle sue orecchie in maniera del tutto inaspettata ed Abby sobbalzò, voltandosi di scatto e sgranando gli occhi nella sua direzione: la guardava con aria arrabbiata, quasi furiosa, ma anche con preoccupazione, e la ragazza fulminò con lo sguardo Anael che si trovasse dietro a Dean che intanto fece qualche passo verso di lei. 
Abby sospirò e scosse la testa, chiudendo in fretta il suo borsone pronta per rimettersi in viaggio ed assicurarsi che nessuno la stesse seguendo, evitando il suo sguardo ed i suoi occhi mentre il cuore le batteva forte nel petto e cercava di apparire completamente rilassata. "Ti sei davvero fatto trascinare qui da Anael? Il mio angioletto è più melodrammatico del tuo".
Dean avanzò ancora verso di lei e le afferrò il viso con forza, voltandolo verso la sua direzione per osservarla meglio e subito notò lo zigomo livido ed il labbro spaccato e spostò lo sguardo sul suo con aria arrabbiata; come se già non avesse abbastanza problemi con Sam e col resto del mondo, adesso doveva occuparsi anche di Abby e del suo stupido orgoglio, che non si sarebbe mai e poi mai lasciata aiutare a meno che non l'avessero costretta. "Anael mi ha detto che ti inseguono dei demoni. Perché?". 
La ragazza si liberò dalla sua presa e lo spinse via di qualche passo con poca delicatezza spingendolo dal petto, solamente per paura che anche lui restasse coinvolto nella sua situazione: Abby aveva già i suoi fratelli di cui preoccuparsi, sperando che Bobby riuscisse a respingere qualsiasi cosa sarebbe arrivata per loro. 
Lo guardò stizzita e serrò le braccia al petto, scuotendo la testa. "Se lo sapessi non sarei qui, non credi? Adesso vattene". 
Si avvicinò al tavolo della stanza vicino alla porta, non prestando attenzione al fatto che Dean la stesse guardando con aria seria e arrabbiata, e rivolse uno sguardo di fuoco ad Anael che dopo essersi data una ripulita al vestito ed al viso sporchi di sangue, stava appoggiata alla porta con una spalla e teneva le braccia conserte, guardandola con aria di chi non si fosse pentita di averle appena fornito un aiuto per la sua difficile situazione; Abby distolse lo sguardo e tornò a guardare con aria infastidita Dean che ancora non accennava ad uscire dalla porta per lasciarla sola, ed Abby scosse la testa e chiuse il borsone con uno scatto sotto gli occhi adirati del cacciatore. "D'accordo, resta. Me ne vado io".
La ragazza afferrò in fretta il suo borsone e la sua borsa e fece per uscire dalla porta, ma ben presto si trovò la strada sbarrata da Dean, che la guardò con aria nervosa e di chi avesse perso la pazienza già da un pezzo. "Tu non vai da nessuna parte senza avermi spiegato: i demoni ti inseguono e tu non mi chiami neanche? Devo venirlo a sapere da un angelo o da Bobby?". 
"Bobby ha fatto la spia?" chiese Abby con tono sorpreso, aggrottando le sopracciglia mentre si metteva il borsone in spalla. 
Dean sgranò gli occhi e allargò le braccia in un gesto disperato, e subito Abby lesse nel suo sguardo che ci fosse qualcosa di davvero diverso, qualcosa che gli facesse davvero male. "Credevi che quando Dan e Silver si sarebbero presentati alla porta di Bobby, io non lo sarei venuto a sapere? Ero già sulle tue tracce, quando Anael mi ha trovato". 
La ragazza sospirò e scosse la testa, mollando nuovamente il borsone sul pavimento e facendo spallucce con aria rassegnata. Avrebbe proseguito da sola, ma almeno avrebbe potuto metterlo al corrente di quel poco che sapesse. "Ok, beh.. Mi stanno inseguendo dei demoni da un bel po' ormai: non so perché, non so che cosa vogliono, non so chi li manda. Ogni volta che ho provato a interrogarne uno, non riuscivo mai a farli parlare. Preferivano morire che tradire chiunque li avesse mandati a prendermi. Questo è tutto: adesso se non vi dispiace devo continuare a spostarmi, prima che mi trovino". 
Abby fece nuovamente per uscire, ma Anael la guardò in modo esausto ed adirato e la trattenne con la sua mente facendola desistere dall'aprire quella porta, facendo voltare di scatto la ragazza nella sua direzione che avesse capito il giochetto mentale che il suo angelo avesse iniziato a fare su di lei ogni qualvolta compiesse un'azione del tutto sconsiderata. 
Dean fece un passo avanti con aria minacciosa ed arrabbiata, puntandole un dito contro e guardandola ancora in cagnesco. "Ma perché diavolo non mi hai chiamato? Ti avrei aiutata subito! Avrei fatto chilometri per raggiungerti!". 
"Quale parte non capisci di ho bisogno di stare lontana da tuo fratello?" chiese Abby allargando le braccia e guardandolo in cagnesco mentre alzava il tono della voce, fulminandolo con lo sguardo e chiedendosi perché fosse così difficile per lui capire come la facesse sentire la presenza di Sam. 
Sapeva che quello fosse un colpo basso e che lo avrebbe ferito utilizzando quella frase, eppure Abby non riuscì a trattenersi. Infatti se ne pentí subito dopo averla detta, quando lo vide serrare la mandibola e rimanere interdetto per qualche istante; Dean aveva davvero vissuto male quella separazione, come se lui avesse velatamente scelto suo fratello al posto di Abby, nonostante se ne fosse andata lei senza dargli possibilità di replicare.
Aveva scelto per entrambi e se n'era andata via, interrompendo ogni contatto. 
Nel corso di quei quattro mesi Dean aveva preso in considerazione tante volte l'idea di andare via per trovarla, convincerla a restare o andarsene per sempre per stare con lei, ma Dean sapeva bene cosa comprendesse l'attività di famiglia: niente legami di ogni tipo con nessuno e cacciare quanti più mostri gli si parassero davanti per rendere il mondo un posto migliore, e lui aveva sbagliato a legarsi ad Abby sin dal principio. 
Eppure aveva conosciuto un'altra vita quando si era trasferito insieme a lei nella loro casa nel Kentucky, iniziando ad apprezzare l'idea della vita ordinaria senza demoni o creature di ogni genere nonostante Sam non fosse più insieme a loro. 
Dean deglutí a fatica e sospirò rumorosamente, mordensosi l'interno della guancia per mantenere la calma e abbassando il tono drasticamente. "Sarei venuto da solo".
"Già perché poi sarebbe stato facile lasciarti andare per la seconda volta!".
Abby non riuscì a trattenere neanche quella frase che le uscì con rabbia e subito abbassò lo sguardo, tornando verso la porta per mettere un po' più di distanza fra lei e gli occhi feriti di Dean, quando percepí su di lei lo sguardo di Anael che capì finalmente perché si fosse ostinata così tanto a non chiamarlo, e quello del ragazzo, che scosse la testa lentamente. 
Dean le si avvicinò il silenzio e le strinse la mano attorno al polso con delicatezza, trattenendola e facendola tornare indietro con più delicatezza; quando si voltò la guardò negli occhi per un lungo istante, e lasciò a sé stesso il permesso di provare dentro di sé la mancanza ed il dolore con cui avesse vissuto quella separazione, per poi accennare un sorriso amaro nella sua direzione mentre guardava il suo viso, pensando che in quei mesi si fosse davvero rassegnato a non vederla più. 
Le sfiorò la guancia e Abby si sentí arrossire appena, incapace di abbassare lo sguardo mentre i loro occhi si incastravano come sempre aveano fatto, ed il cuore le batteva più velocemente nel petto. 
"Anael, grazie per avermi avvertito, ma puoi tornare da Castiel in Paradiso. Adesso ci penserò io ad Abby, te lo garantisco". 
Dean non distolse mai lo sguardo da quello della ragazza e utilizzò un tono diverso da quello che aveva utilizzato fino a quel momento, si addolcí ma divenne più rauco per la tensione e l'emozione di averla vicina di nuovo, quando credeva che mai più l'avrebbe potuta toccare. Abby non riuscì a replicare e neanche pensò di rispondergli per le rime perché lei non aveva alcun bisogno che qualcuno si prendesse cura di lei, e rimase a guardarlo senza riuscire a pronunciare una parola. 
Tremò appena e si appoggiò al palmo aperto della sua mano con un sorriso amaro, sfiorandola con la sua e sospirando. "Dio, mi sei mancato così tanto Dean". 
Il ragazzo accennò un sorriso quasi più felice e non si curò del fatto che Anael sarebbe potuta essere ancora lì, nonostante fosse volata via già da qualche minuto per lasciarli soli: si avvicinò per colmare quella distanza, allineando i loro visi fino a toccare le labbra con le sue, baciandola con dolcezza mentre l'attirava più vicina al suo corpo, facendole scivolare la borsa a terra con poca delicatezza. 
Abby non fu sorpresa di quel contatto così profondo ed intimo e subito sollevò le mani verso il suo collo ed il suo viso, a cui si aggrappò quando lo sentí sollevarla dai glutei per tenerla più vicina a sé. 
Dean si allontanò per un istante dal suo viso per guardarla con aria incerta, chiedendosi se avesse osato troppo o se stesse facendo ciò che la ragazza volesse davvero, ma trovò Abby con un grande sorriso che tornò a baciarlo con avidità spingendolo ad avanzare fino al letto, dove il cacciatore si fece largo fra le sue cosce per sistemarsi meglio e tornò a stringerla con la voglia di sentirla di nuovo sua come sarebbe sempre dovuta essere. 
 
 
"Wow, sono sconvolta: davvero hai indossato un sarape nel 1861?". 
Abby rise di gusto, inclinando la testa all'indietro per guardare meglio il suo viso fintamente offeso, muovendosi con la schiena contro il suo petto mentre sentiva le sue mani cingerle la vita e stringerla forte sul letto ormai sfatto sul quale fino a qualche minuto prima avessero recuperato il tempo che avessero passato separati. 
Dean abbassò il viso e guardò quello della ragazza carico di ilarità, appoggiato contro il suo petto nudo e si affrettò a sistemare la coperta meglio sopra di lei per non farle sentire freddo, e si lasciò scappare una risata divertita. "Di tutto quello che ti ho raccontato: la Madre di tutte le cose, la Fenice.. davvero è questo quello che interessa di più?". 
Abby si morse il labbro e sorrise maliziosamente, voltandosi e mettendosi nuovamente a cavalcioni su di lui, lasciando che le lenzuola scivolassero via fino ai glutei e scoprendole completamente la schiena nuda; Dean le aveva raccontato tutto ciò che fosse accaduto in quei mesi di lontananza a partire dalla Madre e di come l'avesse uccisa tornando indietro nel tempo, di Bobby che fosse stato posseduto da un demone della Madre che avesse come unico piano quello di spazzare via l'umanità in favore delle strane creature che stesse creando fino all'ultimo momento in cui respirò, di Crowley che fosse ancora vivo e di Sam e Bobby che avessero dei sospetti su Castiel. 
Abby avrebbe tanto voluto aver potuto partecipare a ciò che successe in quei mesi e si sentí profondamente in colpa per averli lasciati da soli, ma decise che si sarebbe sentita uno schifo la un'altra volta, adesso voleva solamente godersi Dean. 
Non seppe stabilire se i brividi che le solleticarono la schiena fossero dettati dal freddo della stanza o dalle mani ruvide di Dean che la carezzavano e la facevano impazzire, che avevano preso a scivolare sulla sua pelle fino alle sue cosce accendendo nuovamente il fuoco della passione dentro di sé. 
Dean la tirò più vicina a sé ed Abby gli sorrise felice, sfiorandogli il viso con una mano con delicatezza, per poi annullare la distanza fra loro con un bacio carico di desiderio. 
La ragazza si distaccò appena per respirare e si mise seduta su di lui, facendo aderire i loro bacini senza neanche pensarci e sorridendo di gusto quando avvertì tutta l'eccitazione del ragazzo contro il suo corpo; scosse la testa divertita, afferrandogli i polsi e bloccandoli ai lati del suo viso. "Non dirmi che ne vuoi ancora?". 
Dean sollevò un sopracciglio e ribaltò immediatamente le posizioni, perché Abby gli aveva sempre fatto perdere la testa quando stavano a letto insieme, ma dopo quei lunghi quattro mesi senza alcun contatto, senza sapere come stesse, cosa facesse, Dean aveva capito che il suo unico destino fosse lei e sarebbe sempre stata lei. 
La baciò con avidità e poi proseguí con il suo collo, sentendola gemere e ridere allo stesso tempo, mentre sentiva il modo in cui lei cercasse di stringerlo di più a sé. "Non possiamo, non adesso: sono una fuggitiva, lo hai dimenticato?". 
Dean sollevò il viso crucciato nella sua direzione con aria accigliata guardando nei suoi occhi e sospirando rumorosamente, tirandosi appena più su e chiedendosi perché nella loro vita non ci potesse mai essere un momento di pace. 
Sbuffò sonoramente e scese da lei dopo averle dato un altro veloce bacio, raccogliendo i vestiti da terra ed iniziando a rivestirsi con velocità. 
Abby si sollevò appena dal letto e aggrottò le sopracciglia con sorpresa, guardandolo con aria incredula. "Che stai facendo?". 
Indossò la sua maglietta ed i suoi boxer con un sospiro, voltandosi a guardarla con aria nuovamente arrabbiata, come quando Aneal lo avesse portato nella stanza, e allargò le braccia con stupore. "Sei una fuggitiva, lo hai dimenticato? Vestiti, dobbiamo andare via di qua". 
Abby indugiò con lo sguardo sul suo per qualche secondo con aria sorpresa e incredula, sollevando un sopracciglio sedendosi sul letto e coprendosi il petto con il lenzuolo, sentendosi confusa dal significato che quella frase potesse avere. "Che vuol dire? Io devo andare, tu torni da Sam". 
Dean scosse la testa e la guardò con una smorfia appena divertita, che si trasformò in un'espressione imperativa. "Mmh no, ti metterò in salvo e poi decideremo cosa fare. Insieme. Io non voglio più che ci separiamo". 
La donna trattenne il fiato per qualche secondo perché non voleva piegare il suo viso in un sorriso e fargli capire quanto le facesse piacere sentire quelle parole, e si morse il labbro inferiore mentre sospirava rumorosamente. 
Distolse lo sguardo ed in silenzio scese dal letto, raccogliendo i suoi vestiti e tornando ad indossarli lentamente, continuando a sentire lo sguardo del ragazzo sulla sua schiena mentre indossava la sua maglietta scura. 
Gemette appena quando sentí la sua ferita sulla coscia tirare, pensando a quante volte avesse rischiato di aprirsi durante quelle ore passate nel suo letto con Dean, e tirò su i jeans con un sospiro rumoroso, girandosi e trovando il ragazzo un po' troppo vicino a sé. 
La guardò negli occhi con aria seria, con addosso già i suoi pantaloni, e cercando dentro di lei i suoi pensieri e ciò che l'avesse fatta ammutolire in quel modo, ma trovò l'accesso alla sua mente sbarrato. "Vuoi dirmi cosa c'è che non va o devo indovinare?".
Abby prese un respiro profondo e scosse la testa mentre distoglieva lo sguardo chiedendosi quale fosse la risposta corretta a quella domanda, e poi tornò a guardarlo negli occhi. "Non voglio che tu venga con me, semplice. Voglio che tu te ne vada da Sam e che mi lasci stare, perché non c'è un modo per rimettere apposto le cose: me ne sono andata perché non volevo che tu e Sam vi separaste, ma non chiedermi di tornare insieme a voi perché non posso". 
Dean rimase per qualche secondo fermo ed in silenzio con titubanza, non sapendo bene cosa dire o come rimettere a posto la situazione, quando sorrise amaramente e appoggiò la fronte a quella della ragazza e le sfiorò una guancia con delicatezza. La guardò con un sorriso e fece spallucce. "Ho detto che troveremo una soluzione, insieme: ho visto accadere cose più strane di questa. Ma non andartene e permettimi di aiutarti: non lasciarmi dopo che ti ho appena ritrovata, Abby".
La ragazza guardò la sua aria così seria ed i suoi occhi che la supplicavano di non andarsene ancora una volta, ed Abby non riuscì a resistere ed annullò la distanza fra loro due, aggrappandosi al suo collo e stringendolo in un forte abbraccio, mentre lo sentiva fare la stessa cosa. 
"Promettimelo, dimmi che non te ne andrai". 
Abby udì quelle parole e capí quanto gli dovesse essere costato pronunciare quelle parole al suo orecchio e quanto avesse dovuto lottare con il suo orgoglio, e sorriso sulla sua spalla, depositandogli un piccolo bacio sul collo. "Promesso, Dean. Troveremo un modo insieme". 
Sentí il ragazzo stringere la mascella ed annuire con un sospiro profondo, mettere un po' di distanza fra di loro sciogliendo quell'abbraccio e sorrise appena mentre la guardava con aria un po' più sollevata. "Allora andiamocene, prima che ci trovino". 
 
 
"Ci è voluto tanto, ma finalmente ti abbiamo trovata!". 
"O forse ho semplicemente smesso di correre!". 
La vista divenne appannata per la grossa quantità di sangue che avesse perso dalla ferita alla testa che i tre demone che lo bloccassero gli avessero gentilmente inflitto per farlo stare buono, per poi abbandonarlo sul suolo del parcheggio dell'ennesimo motel in cui lui ed Abby si fossero fermati. 
Dean cercò di rialzarsi, ma il dolore alla testa era troppo forte e subentrò la stanchezza che quasi lo costrinse a lasciarsi andare e chiudere gli occhi; ma la voce di Abby arrivò dritta alle sue orecchie risvegliandolo da quella quasi perdita di sensi e lo costrinse ad aprire gli occhi ed a far leva con le mani sull'asfalto umido e freddo, guardandosi attorno nel buio della notte. 
Abby lo stava chiamando, gli stava chiedendo aiuto e Dean questo non lo poteva ignorare. 
Si alzò con fatica e lentezza reggendosi all'Impala completamente privo di forze, distinguendo appena le figure di quei demoni che si avventarono sulla ragazza bloccandola dalle braccia per immobilizzarla.
Dean estrasse la sua pistola e sparò contro i demoni, sapendo perfettamente che non avrebbe fatto altro che farli arrabbiare di più, ma almeno li avrebbe distratti da Abby, consentendole di divincolarsi e scappare via. 
"Winchester! Tu non ti arrendi proprio mai, vero?!". 
Vide uno dei demoni che avesse colpito avvicinarsi a lui con aria arrabbiata, colpendolo dritto sul viso già sanguinante e ferito, facendolo cadere rovinosamente a terra. 
Abby provò con tutte le sue forze a dimenarsi e ad allontanarsi da quei demoni per raggiungere Dean, mentre il cuore le scoppiava nel petto per la preoccupazione perché non lo vedeva più muoversi, e sentí le lacrime iniziare a sgorgare dai suoi occhi. 
"Basta, avete preso me. Lasciatelo andare, avete me!". 
Le frasi uscirono dalla bocca come una supplica, piangendo e smettendo immediatamente di ribellarsi, arrendendosi palesemente ed attirando l'attenzione su di lei. "Lasciatelo stare, avete me. Portatemi da chi vi pare, ma lasciatelo andare. Vi prego". 
Lo sguardo lacrimoso della ragazza si spostò su Dean, osservandolo aprire gli occhi e appoggiare nuovamente una mano sull'asfalto per rialzarsi, ma questa volta fu troppo faticoso, tanto che il braccio su cui facesse leva iniziò a tremare mentre con fatica sollevava la testa. 
Il demone davanti a lui rise e lo colpí con un sonoro calcio sul viso, facendogli perdere definitivamente conoscenza e osservando il modo in cui cadde rovinosamente a terra per l'ennesima volta, sbattendo la testa. 
Sentí le urla di Abby che gli intimasse di fermarsi e si voltò di scatto verso di lei, avanzando nella sua direzione mentre i suoi uomini la tenessero bloccata con forza; la guardò con disprezzo e sollevò un sopracciglio, ridendo poi di gusto davanti alle sue lacrime ed al suo dolore. 
"Non sei più così spavalda quando si tratta del tuo ragazzo, vero?". 
Abby abbassò lo sguardo su Dean mentre sentiva le lacrime rigarle il viso e si chiese se stesse bene, se fosse ancora vivo, se la ferita alla testa fosse molto profonda, e scosse la testa abbassando il capo, pensando che non avrebbe mai dovuto permettere il suo coinvolgimento; i demoni non avevano fatto altro che trovarli nei cinque giorni che lei e Dean si diedero alla fuga per il paese, e loro erano sempre riusciti a scappare e ad ucciderne il più possibile. 
Ma non quella sera in cui i demoni si presentarono in troppi e li avessero accerchiati, scagliandosi subito verso di loro. 
Abby tornò a guardare quel grosso uomo che dovesse essere il capo di quegli uomini con rabbia e furia, stringendo i pugni e deglutendo a fatica. "Sono tutta vostra per ora, ma sappi che quando avrò finito con il tuo capo, perché mi libererò e lo ucciderò, verrò per te e ti torturerò mentre mi supplicherai di porre fine alle tue sofferenze. Sono stata chiara, brutto figlio di puttana?!". 
Il demone la guardò impressionato per qualche momento, ammirando la sua forza di volontà, ma poi rise di gusto e le colpí lo stomaco con forza, facendola piegare su se stessa ed incassando il colpo con un gemito. 
Fece segno ai suoi uomini di andare e senza aggiungere altro tutti i demoni ed Abby sparirono insieme, lasciando Dean a terra del tutto incosciente senza avere la minima idea di dove l'avrebbero portata. 
 
  
Aprí gli occhi con lentezza, sentendo il corpo indolenzito per la lotta, e si mosse lentamente avvertendo dolore per ogni mossa che facesse; respirò lentamente, aggrappandosi alle fredde pietre della cella in cui si trovasse e rise ironicamente per la sua condizione, chiedendosi con che pazzo avesse a che fare quella volta. 
Si avvicinò alla porta e si sollevò sulle punte dei piedi per osservare dal piccolo spiraglio posto al centro della porta il luogo in cui si trovasse, ma tutto ciò che riuscì a vedere fu solamente un corridoio freddo e buio, completamente vuoto, e scosse la testa tornando indietro, sedendosi nuovamente a terra e portandosi le braccia al petto. 
Abby non faceva altro che chiedersi se Dean stesse bene, se qualcuno lo avesse notato svenuto sul ciglio della strada e lo avesse aiutato chiamando i soccorsi, se si fosse ripreso, e delle calde lacrime scivolarono sul suo viso: non le era mai importato ciò che sarebbe successo a lei, quanto ciò che succedesse alla sua famiglia. 
Aver permesso a Dean di aiutarla era stato davvero il suo più grande errore. 
Provò a chiamare Anael e Castiel con tutte le sue forze mano a mano che le ore passassero, ma nessuno dei due rispose mai alle sue preghiere e subito Abby capí che il luogo in cui si trovasse dovesse avere per forza delle protezioni anti angelo che non le permettessero di chiamarli e chiedere aiuto.
Pensò di essersi addormentata almeno due o tre volte, profondamente segnata dalla privazione del sonno che lei e Dean si fossero autoinflitti per scappare più velocemente di quanto i demoni li inseguissero, fin quando sentí dei passi lenti e pesanti nel corridoio di pietra. 
Strabuzzò gli occhi e si alzò di scatto, rimanendo però sempre attaccata alla parete come se potesse improvvisamente sparire e prendere a farne parte. 
Vide degli occhi osservarla dalla fessura della porta ed Abby scosse la testa, ridendo di gusto perché aveva ipotizzato che quelli che le avessero dato parecchio, filo da torcere fossero proprio i suoi uomini. 
Sentí la serratura pesante scattare con un forte tonfo che la fece sobbalzare e vide la porta spessa di ferro aprirsi con uno scricchiolio sinistro, quando l'uomo davanti a lei fece un solo passo avanti rimanendo sulla soglia, con le mani infilate dentro le tasche del suo completo scuro ed elegante. 
"Crowley, che sorpresa!". 
Il demone sollevò un sopracciglio e strinse le labbra in una smorfia compiaciuta, osservando il suo volto rigato dal sangue secco e pensando che i suoi uomini avessero operato bene. "Ciao dolcezza. Abbiamo molte cose di cui discutere". 
 
 
 
"Che vuol dire che Crowley ha portato Abby all'inferno?!".
Dean urlò con tutto il fiato che avesse in corpo, gesticolando nervosamente nel salotto di Bobby e sgranando gli occhi con rabbia, sentendo immediatamente l'urgenza di colpire qualcuno o qualcosa. 
Dopo essere svenuto sul freddo asfalto ed esserci rimasto per l'intera notte, Sam doveva averlo localizzato in fretta col GPS data la tempestività con cui Anael si fosse presentata da lui e lo avesse afferrato stretto, portandolo a casa di Bobby dove lo curò parzialmente, sentendo le sue batterie angeliche incredibilmente scariche. 
Anael sospirò preoccupata tanto quando lui e fece spallucce, serrando le braccia al petto e appoggiandosi contro la parete con una spalla. "Tutto quello che so é che Abby non si trova nella stessa sezione nella quale ti trovavi tu. È in cella e io non posso accedere a quella zona". 
Dean sgranò gli occhi e guardò il fratello con aria preoccupata, riuscendo unicamente ad incolpare sé stesso per il fatto che avessero preso Abby sotto il suo naso; non importa quanto male lo avessero ridotto, era suo compito alzarsi per l'ennesima volta e strappare via Abby dalle grinfie dei demoni. "In cella? Perché? Come la salviamo?!".
Bobby sospirò e si avvicinò a Dean con passi calmi e lenti, mettendogli una mano sulla spalla ed intuendo la condizione in cui si trovasse, ed annuì silenziosamente mentre lo guardava dritto negli occhi. "Con l'astuzia, ragazzo. Non farti prendere dal panico. Se Abby fosse una persona qualsiasi, come la troveresti?". 
Dean pensò immediatamente che quelle sul mantenere la calma fossero solamente stronzate, perché non poteva calmarsi e ragionare lucidamente, non con Abby che fosse stata rapita e portata all'inferno sotto i suoi occhi, ma sospirò lentamente per cercare un briciolo di calma dentro di sé con la speranza di trovare una soluzione. "Evocherei il demone. Negozierei. Ma preparerei un piano b nel caso Crowley non avesse tanta voglia di parlare".
Sam si schiarí la voce ed attirò l'attenzione dei tre su di lui, mordendosi la lingua perché detestava l'idea di doverlo dire, ma qualcuno doveva pur farlo. "Castiel non risponde. L'ho chiamato al telefono e ho pregato affinché mi sentisse, ma non c'è alcuna traccia di lui. Dobbiamo prendere in considerazione che lui possa essere in combutta con Crowley, perché se lo attacchiamo potremmo trovarci anche Castiel contro". 
Dean strinse forte i pugni perché non ne poteva più di quell'assurda teoria secondo la quale Castiel li stesse tradendo e vide Anael osservare suo fratello con aria perplessa, non riuscendo a capire perché quelle parole fossero uscite dalla sua bocca. 
Dean guardò nuovamente Bobby che annuì e fece spallucce, trovandosi perfettamente d'accordo con Sam, che sospirò rumorosamente perché anche lui detestava quell'idea così assurda; il maggiore si voltò verso l'angelo con aria seria, che lo guardò confusa. "Anael, puoi trovare Castiel e portarlo qui?". 
L'angelo aggrottò le sopracciglia e li guardò con aria solenne ma perplessa, inclinando appena la testa da un lato per osservarli meglio, e si mise dritta con la schiena e le braccia lungo i fianchi. "Perché pensate che Castiel possa tradirvi?". 
I due fratelli si scambiarono una lunga occhiata e Sam avanzò con lentezza verso di lei, accennando un sorriso rincuorante e sincero. "Ti spiegheremo tutto dopo, ora non abbiamo tempo Anael. Ma puoi farlo? Portare qui Castiel senza che sospetti nulla? Dobbiamo parlargli urgentemente per capire se gioca ancora nella nostra squadra o no".
Dean osservò il modo confuso in cui Anael lo stesse guardando e le sorrise amaramente, perché capiva il modo in cui si sentisse. 
A differenza di Castiel, Dean considerava Anael quasi umana per il modo in cui agiva, parlava e riuscisse ad intuire molti dei loro stati emotivi. "Lo so che è tuo fratello, ok? Lo capisco. Ma devi fare questo per noi Anael, per favore. Devi farlo per Abby, per salvarla. Hai fatto una promessa a suo padre, giusto? Salvare la sua vita ad ogni costo. Mantienila". 
L'angelo guardò nei suoi occhi verdi ed ascoltò quel suo tono rassicurante ma perentorio, ed annuì in silenzio mentre deglutiva a fatica; Anael sorrise pensando a Jack ed a tutti gli anni passati insieme a lui, osservando la piccola Abby crescere sempre di più fino a diventare la splendida donna che fosse diventata. 
Tornò a guardarli e sospirò, annuendo con aria più convinta nonostante quel piano non le piacesse per nulla. "Castiel non è mio fratello. Non l'ho mai visto in queste vesti. È un mio amico ed io lo amo. Non voglio ingannarlo, ma ho promesso di potreggere sempre Abby, quindi lo farò. Ma non dovrete fargli male, altrimenti salta tutto". 
I tre cacciatori annuirono e sospirarono, promettendo silenziosamente che nemmeno un capello sarebbe stato torno a Castiel, così Anael andò via in un battito di ali, lasciandoli da soli ad organizzare il rituale per evocare Crowley e una trappola angelica nel caso in cui Castiel avesse dato loro le risposte sbagliate.

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Capitolo 37
*** Capitolo 30. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 30.
(II PARTE)


Guardando il cerchio di fuoco in cui fosse stato confinato con l'inganno, dopo che Anael era andata a cercarlo per portarlo dai Winchester e da Bobby, Castiel non riuscì a fare altro che interrogare se stesso, chiedendosi come fosse finito a lavirare insieme ad un demone come Crowley, mentendo ai suoi amici per cui si fosse tante volte ribellato e per cui avesse davvero sacrificato ogni cosa. 
La sua mente non era mai stata sfiorata dalla possibilità che potesse aver fatto una scelta sbagliata, come i suoi amici sostenevano ormai da un pezzo dopo averlo imprigionato, e Castiel lesse il dolore ed anche una punta di disprezzo nei loro sguardi. 
L'angelo si sentiva fin troppo combattuto e diviso sulla sua scelta, avendo interessi da entrambe le parti e avrebbe tanto voluto ritagliare un pezzo del suo tempo per spiegare loro il motivo che lo avesse spinto a comportarsi in quel modo, ma il tempo era proprio ciò che non aveva. 
Nel corso della sua permanenza terrena, Castiel aveva imparato dai suoi amici la difficile arte di saper prendere una posizione in guerra, la dura lotta e le conseguenze delle sue azioni, e l'angelo aveva davvero modificato il suo modo di percepire le cose ed agire, dimenticando a volte anche la sua natura angelica quando trascorresse il tempo insieme a loro.
Ma Castiel sarebbe dovuto restare morto quando Sam, posseduto da Lucifer, lo avesse ucciso e stesse per iniziare l'apocalisse sulla terra, ma così non fu: Dio l'aveva riportato in vita atomo dopo atomo, facendogli intuire che questa volta fosse tornato con una missione precisa di compiere. 
Sentiva dentro la sua anima che fosse una sua responsabilità portare Sam indietro dalla gabbia, e non si arrese quando scoprì di averlo portato indietro sulla terra senza un pezzo essenziale per un uomo come lui, ovvero la sua anima. 
Ma la lotta contro Raphael era troppo dura per potersi concentrare anche su quello, aveva bisogno di alleati potenti che trovò in Balthazar, il quale riuscì a fornirgli le armi Celesti del Paradiso per affrontare al meglio la sua battaglia contro l'arcangelo. 
Castiel guardò lo sguardo tradito e deluso di Anael posarsi sul suo e deglutí a fatica quando capí di averla ferita davvero tanto, e la vide scuotere la testa perché in tutto quel tempo lei gli era sempre stata accanto, sostenendolo quando la lotta diventava dura e avesse dei momenti di sconforto. 
Solo in quel momento Castiel capí di essere stato superbo ed arrogante, e di avere solamente complicato le cose. 
Aveva dunque agito male? Aveva ferito tutti i suoi amici e li aveva persi per sempre? 
Guardò il maggiore dei Winchester in silenzio con aria dispiaciuta che lui non potesse capire, nonostante avesse confessato tutto ciò che avesse fatto fino a quel momento, ma lesse nel suo sguardo, come in quello dei presenti, un grande senso di tradimento e di tristezza. 
Dean infatti si sentiva molto ferito, perché quel comportamento faceva male: aveva sempre considerato Castiel come il suo secondo fratello e averlo sentito parlare in quel modo gli aveva fatto fin troppo male. Tirò su col naso e mise su la sua espressione arrabbiata. “Per l’ennesima volta: riporta indietro Abby". 
"Non posso: non sapevo neanche che Crowley l'avesse rapita". 
L’angelo sospirò rumorosamente scuotendo la testa, ed abbassò lo sguardo sul cerchio di fuoco sul retro della casa di Bobby, osservando le fiamme che danzavano vicino a lui; serrò la mandibola e sollevò leggermente il capo, alternando lo sguardo fra i ragazzi.
“Non posso portarla via, ma la proteggerò! Ve lo prometto! Fidatevi del fatto che faccio tutto questo anche per voi!”.
“Lo fai per noi, Castiel? Davvero?" chiese Sam sgranando gli occhi e spalancando leggermente la bocca per la sorpresa, allargando le braccia e guardandolo con aria delusa. "Lo fai semplicemente perché sei avido di potere! Vuoi aprire il Purgatorio solamente per diventare più potente e forte".
L'angelo lo guardò con aria supplichevole e sgranò gli occhi, alternando poi lo sguardo fra i tre cacciatori posti davanti a sé. "Per distruggere Raphael in battaglia! È questo il mio unico scopo!". 
Anael, che teneva le braccia conserte ad assistere quella scena pietosa con la tristezza nel cuore, fece un passo avanti verso di lui con aria delusa, scuotendo la testa e guardandolo dritto negli occhi mentre superava i due Winchester e si mise davanti a Castiel: cercò nei suoi occhi un motivo per perdonarlo, per buttarsi tutto alle spalle ed allearsi contro Crowley ancora una volta, ma non trovò nulla a cui appigliarsi. 
Ed una lacrima tipicamente umana sfuggì al suo viso, che per la prima volta si piegò in un'espressione sofferente. 
"È finita, Cas. La nostra amicizia è finita, la nostra alleanza è finita. Non starò più dalla tua parte, ma più. E adesso, se almeno un po' ti importa ancora di me, fai ciò che ti hanno chiesto e riporta Abby a casa. È sotto la mia protezione ed io non posso accedere alle prigioni, ma tu puoi farlo. Riportala a casa, per favore". 
Castiel la guardò negli occhi con aria seria e addolorata, perché nonostante fosse un angelo e nonostante non avrebbe dovuto provare certi sentimenti nei suoi confronti, non riusciva ad impedire al suo cuore umano di battere più velocemente quando stesse insieme a lei. "Se lo faccio, non potrò aprire il Purgatorio e Raphael vincerà e scatenerà un'altra apocalisse, distruggendo la terra completamente. Come puoi mettere la vita di una persona davanti a quella di settemiliardi?". 
Anael deglutí a fatica ed abbassò il capo, perché le faceva male che Castiel le chiudesse ogni via d'uscita che gli proponesse, cercando di salvarlo da un futuro funesto. Sentí la mano del maggiore sulla sua schiena e subito sollevò lo sguardo verso di lui, permettendogli di osservare i suoi occhi lucidi ed il suo dolore, così come Dean fece con lei. 
Il maggiore fece un passo avanti verso Castiel guardandolo con aria di disappunto ed una smorfia di dolore sul viso e decidendo di fare un ultimo tentativo. "Io mi fidavo di te, sei come un fratello per me! Tu sei di famiglia e io proteggo sempre  la famiglia! Quindi ti do un'ultima possibilità: abbandona Crowley e torna con noi. Ti aiuteremo noi a fermare Raphael, come abbiamo sempre fatto. Insieme. Ma adesso devi aiutarmi a riportare Abby a casa, amico: lei è il mio cuore, Cas. Se me la porterete via, ti prometto che verrò a prendervi uno dopo l'altro e vi ucciderò".
Dean avrebbe voluto leggere la redenzione nello sguardo dell'angelo, il pentimento e la convinzione di aver fatto la scelta sbagliata, ma invece vide nello sguardo di Castiel un profondo rammarico perché nessuno capiva l'enorme sacrificio che avesse compiuto a lavorare con Crowley solamente per salvarli dalla distruzione. 
Scosse la testa in maniera lenta, alternando lo sguardo fra i cacciatori ed Anael che lo guardò con le lacrime agli occhi. "Non posso farlo. Mi dispiace". 
Con un cenno della mano, Castiel riuscì a spegnere le fiamme del cerchio di olio Santo, sospirando rumorosamente e mostrando loro quanto fosse diventato potente con la forza delle armi Celesti, e sospirò uscendo dal cerchio spento e guardandoli per un lungo momento senza dire nulla, soffermandosi su Anael e Dean. 
Deglutí a fatica e si voltò verso la rimessa della auto, pronto ad andare via senza aggiungere una parola, quando la voce del maggiore lo richiamò e gli sentí udire delle parole che mai avrebbe voluto sentir pronunciare proprio da lui. 
"Dopo che avrò ucciso Crowley, tu sarai il prossimo della mia lista, Castiel!". 
Chiuse gli occhi per un momento e poi si fece forza, andando via con aria addolorata e sbattendo forte le sue ali, lasciando i tre cacciatori e l'angelo da soli. 
 

 
Non aveva lasciato passare tanto tempo da quando quello che considerasse un amico fraterno gli avesse confessato il suo tradimento e se ne fosse andato come se nulla fosse, come se non li avesse feriti ed abbandonati in quella situazione; aveva raccolto tutti gli ingredienti per il rituale, ripetendo a suo fratello ed a Bobby che fosse del tutto calmo e pronto ad affrontare anche la seconda parte del piano, invocando Crowley. 
Infatti dopo pochi attimi se lo ritrovò davanti con un'espressione compiaciuta e sorridente, intrappolato nella chiave di Salomone che Sam e Bobby avessero preparato per lui. 
"Ciao ragazzi". 
Dean era rimasto ad osservarlo ed aveva lasciato andare avanti Sam e Bobby, che iniziarono a parlare con il demone ed a minacciarlo di ucciderlo nel caso in cui non avesse fatto esattamente ciò che gli avrebbero chiesto, e si guardò attorno con aria compiaciuta osservando come Anael fosse già andata via a completare il suo ruolo nel piano. 
"Riporta indietro Abby, subito, oppure ti uccideremo lentamente!". 
Dean sentí suo fratello minacciare Crowley con quella frase, scaturendo nel demone una grassa risata divertita e scuotendo la testa mentre li guardava come se avesse già vinto in partenza quella stupida partita che i Winchester si ostinassero a non mollare: lì aveva visti lavorare per lui quando aveva mentito loro, dicendo di essere stato lui a riportare Sam dalla gabbia, lì aveva ingannati un'infinità di volte e aveva spinto Castiel a fare lo stesso e adesso li vedeva così disperati e senza neanche una chance di batterlo. 
"La ragazza mi serve come garanzia che voi non interferiate con i miei piani; starà bene solamente se mi liberate adesso e tornate a cuccia come i bravi cagnolini che siete". 
Dean strinse i pugni ed avanzò in silenzio, guardandolo con aria arrabbiata e furiosa, ordinandogli perentoriamente di tacere. "Se è un ostaggio che ti serve, lascia andare Abby e prendi me".
Crowley sgranò gli occhi come se quella proposta lo allettasse parecchio, ma presto si lasciò andare in una risata grassa malvagia, scuotendo la testa con aria divertita e battendo le mani in un finto applauso. "Che romantica visione della vita che hai, peccato che a me non freghi proprio niente di te. Ho preso Abby non per il suo bel faccino da cerbiatto, ma perché lei è molto forte e so che è molto meglio averla dentro la mia cella che fuori mentre cerca di riavere te. Quindi no, la potrete riavere solamente quando io avrò aperto il Purgatorio e avrò avuto la mia parte". 
Dean non distolse mai lo sguardo arrabbaito da quello divertito del demone che gli stesse davanti, nonostante sentisse su di sé lo sguardo preoccupato di suo fratello e con Bobby, per poi avanzare in silenzio verso Crowley con aria minacciosa puntandogli contro un dito. "Ascoltami bene, brutto figlio di puttana: se non la riporti subito qua, giuro che ti guarderò contorcerti dal dolore mentre brucio le tue ossa davanti a te, sono stato abbastanza chiaro?". 
I tre cacciatori udirono il demone ridere ancora una volta in maniera divertita, scuotere la testa e tenersi la pancia per le troppe risate nonostante sembrasse più una reazione isterica; Crowley era davvero stanco di lottare con loro, lottare con Castiel e con i suoi stupidi tirapiedi che non facevano altro che mettergli i bastoni fra le ruote. 
Avrebbe voluto che le cose fossero più semplici, che la Madre fosse ancora viva e che avesse potuto estorcerle il modo di aprire il Purgatorio senza così tanti sforzi per poi acquisire potere dopo aver inglobato le molte anime presenti in quel luogo, diventando più forte ed autorevole in maniera che nessuno lo avrebbe più sfidato per il trono dell'inferno. 
Anche Castiel stesso iniziava a dargli sui nervi, come quel pomeriggio quando li vide spuntare nel magazzino in cui conducesse ancora esperimenti sui mostri di Eva, e l'angelo lo avesse minacciato di far saltare completamente il loro accordo se avesse osato anche solo torcere un capello ad Abby ed intimandogli di trattarla bene oppure gliel'avrebbe fatta pagare cara. 
Crowley si schiarí la voce ed osservò i loro sguardi sorpresi, perché probabilmente non si aspettavano il suo modo di reagire davanti a quella minaccia. "Il vostro piano non funzionerà: ho lasciato detto ai miei uomini che se non dovessi tornare, avrebbero dovuto dare la tua preziosissima ragazza in pasto ai miei cani. Te li ricordi i cerberi, Dean? So che siete stati molti intimi.. quando ti hanno dilaniato e trascinato all'inferno. Vuoi che anche la tua preziosa ragazza provi ciò che hai provato tu?".
Il maggiore serrò la mascella e strinse i pugni per la rabbia e fermò Sam che stesse cedendo a quella provocazione avanzando verso il demone brandendo il suo pugnale curdo a mezz'aria con tutta l'intenzione di colpirlo dritto al petto, così come fece Bobby che trattenne il minore da un braccio per tirarlo indietro. 
Crowley sorrise compiaciuto e si mosse all'interno della trappola disegnata per terra con una vernice rossa, sollevando un sopracciglio ed osservandoli con aria superiore. "Vedete cari ragazzi, quando oggi avete parlato con Castiel lui è venuto da me molto arrabbiato. Sono volate parole pesanti, abbiamo espresso i nostri sentimenti con parole molto colorate e argute, e mi sono chiesto Cosa farebbero i Winchester a questo punto?. Mi sono sforzato tanto e finalmente ho capito come avreste agito: mi avreste attirato fuori dall'inferno e avreste mandato Anael alla ricerca della bella cacciatrice. È per questo che ho messo i miei migliori uomini ed i miei migliori mastini a controllare la cella di Abby. Non sarà facile per la vostra mascotte entrare e portarla via, mentre le viscere le pendono dal corpo". 
 
 
Iniziò a tremare e a sentir fin troppo freddo seduta sulla pavimento di pietra all'interno della cella ed iniziò a rimpiangere i tempi in cui Lucifer la teneva appesa per le braccia a delle grosse catene e la torturava; il regno di Crowley era così noioso e non aveva visto neanche un demone varcare la soglia della sua porta, con cui avrebbe potuto lottare e ingannare un po il tempo. 
Stava seduta e si toccava le braccia per riscaldarsi, chiedendosi se il nuovo re fosse un pazzo a governare il suo regno in quella maniera o se fosse un genio. La lotta faceva paura, ma piaceva ai cacciatori come lei; ma l'attesa snervante di conoscere il proprio destino non piaceva a nessuno. 
"È il tuo sangue la chiave di tutto: posso aprire il Purgatorio solamente con qualcuno che c'è già stato" le aveva detto Crowley restando sulla soglia della sua cella, guardandola con un sorriso compiaciuto e maligno quando qualche ora prima era passato a trovarla. "Dove pensi che sia finita la tua anima ogni volta che la tua esistenza terrena finiva, quando la tua vita si concludeva? Il Paradiso spetta solamente alle anime che hanno seguito un lungo percorso di redenzione e di pentimento. Con tutti i peccati che hai commesso nelle tue passate incarnazioni è un miracolo che ti sia data la possibilità di continuare a tornare sulla terra". 
Abby aveva fatto una smorfia di disapprovazione e aveva distolto lo sguardo, guardando la pietra scura delle pareti della cella, e aveva sospirato rumorosamente; non amava il modo in cui Crowley stesse parlando di lei e della sua vita, come se la conoscesse e sapesse tutto di lei. "È stato Lucifer a condannare la mia anima a queste lunghe e dolorose incarnazioni, non è stato un miracolo, stupido folletto inglese". 
Il re aveva sorriso divertito dalle sue parole ed annuì, perché aveva sentito quella storia: la donna per cui Lucifer si fosse ribellato, l'amore della sua vita per cui avesse scelto di infrangere le leggi del Padre. 
Crowley aveva sempre pensato che le voci di corridoio a proposito di Lucifer fossero delle menzogne, ma adesso sapeva la verità. 
Sapeva che il suo disprezzo per l'umanità non centrasse nulla con la sua ribellione: Lucifer aveva fatto tutto per amore, trasformatosi solamente dopo in un forte odio contro gli umani quando Syria lo aveva tradito schiarandosi con Micheal. 
Crowley fece spallucce e la guardò, capendo come una donna come lei avesse potuto far perdere la testa persino ad un arcangelo. "Comunque non preoccuparti: quando aprirò il portale per il Purgatorio avrò bisogno di tutto il tuo sangue. Sarà come addormentarsi, la tua anima tornerà nuovamente lì e fra qualche decennio sarai pronta a reincarnarti nuovamente. Ti sembreranno pochi giorni".
"Confortante, davvero" aveva detto Abby facendo una finta smorfia e tornando a guardarlo con aria spazientita, alzandosi e pulendosi distrattamente le mani sui vestiti dopo aver toccato il suolo polveroso mentre si avvicinava minacciosamente al demone. "Non ti darò mai il mio sangue e la mia vita, dovrai costringermi; non vedo i tuoi uomini a difenderti, non vedo nessun demone pronto a fermarmi". 
Un ringhio forte l'aveva costretta a fermarsi sul posto, guardandosi attorno ma non vedendo assolutamente nulla, quando notò Crowley muovere la mano a mezz'aria per carezzare la testa di un cane infernale. 
Il demone rise leggermente, chiedendosi come la ragazza avesse potuto pensare che sarebbe venuto da solo. "Va' avanti, Abby. Dimmi ancora come farai a scappare da qui, a fare a pezzi me ed i miei demoni. Il mio cagnolino muore dalla voglia di sentirlo". 
La ragazza strinse i pugni e la mascella, guardandolo in cagnesco e scuotendo la testa appena con disapprovazione, non aspettandosi minimamente la presenza dei cerberi e subito capì perché non vi fosse stato nessuno a sorvegliare la sua cella: non li vedeva, ma i mastini erano sempre stati li, a cuccia dietro la sua cella non permettendo il passaggio a nessuno. "Va' all'inferno, brutto figlio di puttana". 
Sospirò rumorosamente e tornò al presente, alzandosi ed iniziandosi a muovere per la cella nel tentativo di scaldarsi, affacciandosi appena dalla fessura della porta: non vide nessuno, eppure sapeva che quei cani fossero lì e si chiese come avrebbe fatto ad uscire da quella cella in vita, ma anche se ci fosse riuscita Abby non aveva la minima idea di come si uscisse dall'inferno. 
Si mosse nervosamente, sforzandosi di non cedere al fatto che sarebbe potuta morire proprio per il rituale di Crowley ed iniziò a pensare ad un piano di fuga, ma non aveva armi, non poteva difendersi dai demoni, dai mastini e dal re stesso. 
Iniziò a pensare che fosse proprio in grossi guai e che sarebbe stato molto difficile riuscire a sopravvivere quella volta. 
Degli improvvisi e spaventosi ulati la fecero sobbalzare, indietreggiando dalla porta per la sorpresa quando udí le zampate possenti sul pavimento di pietra farsi sempre più lontane ed intuì che qualcosa stesse succedendo, qualcuno stesse facendo irruzione perché i mastini non avrebbero mai lasciato la sua cella. 
Udí dei passi avvicinarsi sempre di più e si mise in posizione da combattimento, pensando che qualsiasi cosa sarebbe spuntata dalla porta sarebbe riuscita a stenderla ed a scappare. 
Ce l'avrebbe fatta. Avrebbe lottato con le unghie e con i denti. 
La porta si spalancò con un sonoro stridolio che le accapponò la pelle ed Anael quasi rischiò di ricevere un forte pugno dritto in faccia, che riuscì a schivare in tempo, e l'angelo le sorrise felicemente osservandola stare bene. 
Abby non ci pensò due volte e le sorrise, correndo nella sua direzione ed abbracciandola forte, grata del fatto che non riportasse alcuna ferita; eppure la sua amica sembrava non stare troppo bene e le chiese spiegazioni sciogliendo l'abbraccio e guardandola meglio. "Sono i sigilli, mi indeboliscono. Dobbiamo uscire subito da qui". 
La ragazza annuì e la afferrò dal braccio per sostenerla, facendole segno di camminare aggrappandosi a lei. "Fammi strada".
 
 
Il silenzio eccheggiava fin troppo nelle sue orecchie, mentre se ne stava seduto su una sedia di legno all'interno della panic room con la schiena piegata in avanti ed i gomiti puntati sulle sue cosce; lo sguardo disperato di Dean era fisso sul corpo privo di conoscenza di Sam, sdraiato sul letto sembrando del tutto inerme ma con un'aria sofferente. 
Castiel era tornato a far loro visita quando aveva scoperto ciò che Crowley avesse fatto, intrappolando anche Anael insieme ad Abby, ed era andato ad informali ritrovandosi contro però i due Winchester piuttosto infuriati che non fecero altro che ricordargli la marea di scelte sbagliate che avesse fatto quando aveva deciso di allearsi con Crowley e mentire ai suoi famiglia, a coloro che gli volessero davvero bene. 
L'angelo non aveva apprezzato quel comportamento, specialmente quando Dean gli aveva confermato che sarebbe arrivato fino a Crowley e lo avrebbe fermato, perché il Purgatorio non poteva essere aperto. Non dopo aver visto Eva, la Madre, e la sua malvagità, chiedendosi cosa diavolo potesse contenere quel posto. Quando capí che avessero preventivato la sua visita e che stessero per intrappolarlo, Castiel eluse la trappola e si diresse da Sam facendo crollare il muro già parzialmente sgretolato che Morte avesse appositamente creato per lui. 
Sam era subito caduto a terra privo di conoscenza e da allora non si era più ripreso, facendo presagire al fratello che a quel punto dovesse già essere finita. 
Le pupille non reagivano, Dean aveva provato in tutti i modi a farlo uscire da quella sorta di trans, ma Sam era ormai andato. 
Dean chiuse gli occhi ed appoggiò il mento ai suoi pugni chiusi, scuotendo la testa perché non aveva la più pallida idea di come agire, cosa fare e come risolvere quella complicata matassa. 
Il suo fratellino stava già male da quando il muro aveva cominciato a sgretolarsi, lo aveva visto soffrire terribilmente quando alcuni ricordi erano tornati a galla scuotendolo fin troppo, e Sam aveva ricordato alcuni momenti della sua vita in quell'anno e mezzo: aveva ricordato Samuel, le cacce con i Campbell, i mostri, ma soprattutto ciò che avesse fatto ad Abby. 
Aveva capito che il se stesso senza anima avesse rapito la ragazza di suo fratello per lo stesso motivo per cui lo avesse fatto Crowley: l'avidità e la vendetta. 
Sam voleva utilizzarla per eliminare Lucifer una volta per tutte, diventando la superstar dei cacciatori e riscattando la sua immagine. 
Non importava che per farlo avrebbe dovuto sacrificare la vita di Abby o la sua. L'avrebbe uccisa a sangue freddo, quella sera, dopo averla avuta.
I suoi pensieri erano ciò che lo spaventasse di più. 
L'essere privo di umanità, incurante del dolore che avrebbe arrecato. 
Abby aveva una famiglia: uccidendo lei, avrebbe strappato via il cuore di Dan e di Silver. 
Bobby ne sarebbe stato devastato. E Dean sarebbe precipitato nel meandri più oscuri della sua personalità. 
Sam aveva posto le sue scuse al fratello con le lacrime agli occhi perché se fosse stato se stesso, il vero Sam, non avrebbe mai fatto delle azioni così spregevoli; Sam ricordò la violenza che avesse usato su Abby, il modo in cui la ricattasse ed avesse rapito i suoi fratelli per ottenere ciò che volesse, e non poté biasimarla quando la ragazza avesse preso le sue cose e si fosse ritirata, allontanandosi da lui e da Dean. 
Se Dean aveva perso Abby, era solamente colpa sua. 
Ciò che avesse fatto ad Abby, era solamente colpa sua. 
Tutta quella storia era colpa sua. 
Dean gli aveva detto tante volte di non pensarci più, che non era stato il vero Sam a compiere quelle azioni, eppure lui non faceva altro che sentirsi in colpa e scusarsi. Avrebbe tanto voluto incontrare Abby per chiederle perdono, avrebbe fatto di tutto pur di ottenere la sua assoluzione. 
Ma non c'era stato tempo. 
Dei passi alle sue spalle lo fecero trasalire e Dean aprí gli occhi guardando la porta di ferro venire aperta, mentre Bobby faceva il suo ingresso con un'espressione sconfitta esattamente come la sua. 
L'uomo lo osservò per qualche secondo e poi spostò lo sguardo su Sam, piegando gli angoli della bocca all'ingiu e scuotendo la testa, sentendo gli occhi iniziare a pizzicare mentre soffriva per i due ragazzi che considerasse i suoi due figli, sospirando rumorosamente. "Cos'hai intenzione di fare?". 
Dean tornò a guardarlo con aria afflitta, scuotendo la testa e facendo spallucce perché non sapeva cos'altro fare: aveva provato a convincere Castiel a tornare dalla loro parte, aveva minacciato Crowley che sembrò improvvisamente intoccabile e aveva pensato a tutti i dettagli per rendersi inattaccabile, e adesso non gli restava nessun altro tentativo. "Anael è imprigionata all'inferno insieme ad Abby, che verrà sacrificata per aprire un portale per il fottuto Purgatorio, mentre Sam è del tutto incosciente e non so neanche se si risveglierà mai; Castiel è contro di noi, Crowley è contro di noi. Francamente non vedo molte possibilità per noi, Bobby: è finita. È tutto finito".
Nel momento in cui udì quelle parole, qualcosa scattò dentro l'uomo più anziano, che sollevò un sopracciglio e lo guardò con aria furiosa, e Dean non riuscì neanche ad aspettarsi quando si sentí sollevare per il colletto della camicia e sbattere contro la parete di ferro, mentre la voce rabbiosa e forte di Bobby arrivava con forza alle sue orecchie. "Non siamo fatti per piangerci addosso, principessa. Stai soffrendo, ed io con te. Ma non possiamo permettere che un male del genere si schianti contro la terra solamente perché siamo troppo feriti per impedirlo! Abbiamo perso molti della nostra famiglia, siamo rimasti solamente noi due, ma ti dico io quello che succederà: usciremo da questa casa, troveremo il luogo in cui Castiel e Crowley hanno intenzione di fare il rituale e distruggeremo quei due bastardi pezzo dopo pezzo".
Dean lo guardò del tutto inerme, stringendo le sue dita attorno alla giacca del cacciatore e scuotendo la testa, lasciando che Bobby si accorgesse che avesse perso la speranza: l'uomo che non si arrendeva mai e che aveva sempre una soluzione per tutto, aveva appena iniziato a sventolare bandiera bianca ed abbandonava le armi, e ciò fece così male a Bobby che lo guardò con occhi lucidi e cuore spezzato. "Ho perso mio fratello Bobby, ho perso Castiel e ho perso Abby. È troppo, io non posso continuare". 
L'uomo più anziano continuò ad osservare i suoi occhi feriti e addolorati, chiedendosi come facesse a stare ancora in piedi con tutto quel dolore dentro, e sospirò rumorosamente allentando la presa su di lui mentre abbassava di molto il suo tono di voce, lasciando che venisse spezzata dal dolore. "Abby è ancora viva, idiota! Possiamo ancora trovare un modo per salvarla". 
Dean scosse la testa sentendo delle lacrime scivolare sulle sue guance ed abbassò subito lo sguardo, sentendo un forte peso stabilizzarsi sul suo petto e non riuscire più a farlo respirare. "Non posso fare niente per salvarla, non stavolta". 
Bobby avrebbe voluto replicare, avrebbe voluto confortare quel ragazzo che da bambino portasse al parco e con cui giocasse, disobbediendo agli ordini di John che lo lasciasse da lui per insegnargli a sparare ed a difendersi dai mostri; gli diede un leggero schiaffetto sulla guancia e si sporse per abbracciarlo, per infondergli parte della poca forza che gli fosse rimasta, ma Dean non rispose alla stretta, lasciando che il suo sguardo vagasse fino al fratello incosciente sul letto. 
Ed entrambi furono subito consapevoli che quella fosse davvero la fine. 
"Ma che razza di piagnucoloni arrendevoli e pietosi che siete!". 
Una voce alle loro spalle li fece voltare di scatto e subito i due cacciatori si allontanarono per osservare l'uomo che stesse sulla soglia della porta e di cui avessero entrambi completamente dimenticato la presenza in quella casa; Dean si asciugò il viso e deglutí a fatica, scuotendo la testa ed avanzando nella sua direzione e scusandosi con lo sguardo per non essere riuscito a salvare la sorella del ragazzo, che però pareva essere fin troppo fiducioso. "Dan, mi dispiace. Mi dispiace così tanto, ma è finita. Non posso salvare Abby, non posso salvare Sam e di certo non posso salvare questo stupido pianeta. Non questa volta". 
Dan entrò all'interno della panic room guardandosi attorno e non sentendosi per nulla preoccupato o addolorato, data la convinzione positiva che da qualche ora a quella parte si fosse stabilita dentro di sé. "Magari tu no, ma io si". 
Dean e Bobby si scambiarono una rapida occhiata ed il più anziano avanzò con un sopracciglio sollevato, serrando le braccia al petto. "Tu? Hai mai tenuto una pistola in mano, ragazzo?".
Dan rise di gusto e lo guardò con aria divertita, facendo scrocchiare le falangi delle mani ed il collo. "Abby non era la sola ad andare a caccia: sarà passato tanto tempo, ma sono ancora un bravo segugio. Posso scoprire dove avverrà il rituale e mi presenterò lì armato fino ai denti e con i giusti incantesimi, potremo salvare Abby, Sam ed anche il mondo se è il caso. Che ne dite, piagnucoloni? Siete con me?". 
 
 
Sbatté le palpebre in maniera quasi incosciente quando sentí delle dita delicate sfiorarle il collo all'altezza della carotide quasi con titubanza, e notò la figura del cacciatore che ormai aveva preso a conoscere fin troppo bene e piegò lentamente le labbra in un debole sorriso, sforzandosi di tenere gli occhi aperti. 
"È ancora viva!". 
La voce di Dean arrivò in maniera fin troppo ovattata alle sue orecchie, ma Abby riuscì a rendersi conto che anche lui fosse andata lì per salvarla; il ragazzo, che fino a quel momento era rimasto in disparte mandando avanti Bobby per controllare se lei fosse ancora viva, si avvicinò e scalzò il cacciatore più anziano, strappando immediatamente parte della sua stessa camicia per poter tamponare le ferite molto profonde che le fossero state inflitte su entrambi i polsi, in maniera tale da farla dissanguare più rapidamente. 
Dean osservò il pallore del suo viso che gli aveva fatto credere che fosse già morta quando misero piede in quell'edificio e la mise a sedere su quel lettino su cui giacesse in maniera fin troppo rapida, facendo gemere Abby per il forte capogiro e per la mancanza di forza dovuta al massiccio sanguinamento, lasciandosi cadere contro il suo petto. 
"Lasciami qui, lasciami qui. Non posso farcela..". 
Il ragazzo sentí le parole deboli di Abby che non riusciva neanche a raddrizzare la schiena ed a sollevare il capo per guardarlo, e le prese il viso gelido e troppo pallido fra le mani, osservando la sua forza di volontà nel tenere gli occhi aperti e guardarlo. 
Dean strinse la mascella nel vedere i suoi occhi normalmente sempre sorridenti e radiosi, adesso così spenti e arresi. "Stammi a sentire, ragazzina: nessuno di noi sa combattere meglio, a lungo o duramente come fai tu. Quindi non ti lascerò qui a morire e non ti permetterò di mollare proprio adesso!". 
Abby accennò un sorriso debole ma divertito e scosse la testa, iniziando a vedere in maniera annebbiata e non distinguendo più le due figure dei due uomini ed abbassò lo sguardo sul petto del ragazzo sentendo una lacrima solitaria scivolarle sulla guancia. 
Era fin troppo stanca di quella vita che non aveva mai cercato, ma che non la lasciasse mai in pace. 
Non aveva chiesto lei di essere scelta da Lucifer più di mille anni prima quando si era incarnata nella giovane Syria, che si era lasciata sedurre dal diavolo. 
Non aveva chiesto lei di tornare sulla terra ed essere presa da Lucifer per riportare Syria indietro. 
E neanche questa volta aveva scelto di farsi coinvolgere nell'ennesima apocalisse. 
Tutto ciò che cercava Abby era solamente la pace ed un posto dove poter finalmente riposare. "Lasciami andare, ti prego Dean.. Non posso più combattere.. È come addormentarsi, non me ne accorgerò neanche.. Lasciami andare.. Per favore.. ". 
Abby si era ritirata, avrebbe trascorso tutta la sua vita a Louisville con la sua famiglia, non avrebbe più fatto parte della vita da cacciatori insieme a Sam e Dean, eppure in un modo o nell'altro si trovava sempre in mezzo alla mischia. 
Ma Dean aveva appena ritrovato la fiducia, non poteva lasciare che Abby la perdesse così facilmente; assunse un'espressione dura, sollevandole il viso e guardandola con aria accigliata ma addolorata. "Se tu smetterai di lottare, non mi sarà rimasto più nulla a cui aggrapparmi. Se tu muori, morirò anche io. Quindi per favore non arrenderti".
Abby lo guardò a lungo negli occhi, augurandosi di riprendere al più presto le forze solamente per poterlo prendere a calci nel culo, perché non era questo che avrebbe dovuto dirle: lei voleva mollare la presa, magari sarebbe finita in Purgatorio come sosteneva Crowley, oppure sarebbe scomparsa nel nulla, ma ovunque era meglio che lì su quel lettino a sentire le forze abbandonare il suo corpo con ogni goccia di sangue che uscisse dalle sue vene fino a raggiungere le ciotole ormai già piene. 
Scosse la testa e si sforzò di mettersi dritta con la schiena mentre percepiva le ferite pulsanti sui polsi coperte e tamponate dai lembi della camicia di Dean, e sollevò un sopracciglio per guardarlo con un sorriso amaro. "Questo è un ricatto bello e buono". 
Dean ricambiò il sorriso e vide i suoi occhi cambiare, divenire più sicuri di sé e convinti mentre le sue guance prendevano un po di colore. "Beh, mi farai il culo dopo che ti sarai ripresa, ragazzina". 
"Non chiamarmi così, idiota". 
Abby sorrise e si fece aiutare per scendere da quel lettino di morte che Crowley avesse fatto per lei ed incrociò lo sguardo felice di Bobby, che le sorrise ed annuì come se avesse sempre saputo che la ragazza sarebbe sopravvissuta. 
Abby osservò la stanza attorno a sé e ricordò il modo in cui Crowley avesse attaccato la sua cella con i migliori uomini, che avessero trascinato via lei e colpito Anael per impedirle di seguire la sua amica.
Ricordò il modo in cui il re l'avesse colpita al viso per stordirla, squarciandole i polsi per far sgorgare via il sangue e il sorriso compiaciuto che spuntò sul suo viso quando la vide perdere i sensi.
Sgranò gli occhi e guardò Dean con aria allarmata, mentre ancora si teneva a lui. "Dobbiamo trovare Anael ed impedire che Crowley e Castiel aprano quel varco". 
"Questa è la mia ragazza.." sussurrò Dean accenando un sorriso soddisfatto, avvicinandosi di più per cingerle la vita e sorreggerla, mentre si accingevano verso il corridoio di quel posto per dirigersi verso le prigioni, dove Dan si fosse fermato quando Sam fosse apparso dal nulla dopo essersi risvegliato.
Dan era rimasto insieme al ragazzone per aiutarlo a gestire i continui flash di memoria perduta che apparissero nella sua mente, e aveva incaricato Dean di riportargli Abby sana e salva.
Dean non ebbe il tempo di rivelare ad Abby che se l'avessero trovata fosse tutto merito di Dan, quando la voce tuonante di Castiel giunse alle loro spalle facendoli sobbalzare. 
L'angelo lì richiamo e i tre si votarono verso di lui con aria sbalordita, quando videro l'espressione sul suo viso: c'era davvero qualcosa di diverso nei suoi occhi, nel suo modo di parlare e di guardarli. 
"Hai già fatto il rituale, non è vero?" chiese Bobby sgranando gli occhi e guardandolo con aria incredula, notando le sue mani ed il suo trench sporco di sangue. 
Castiel sollevò il viso ed annuì in silenzio, facendo spallucce e sospirando. "Siete riusciti ad entrare qui dentro grazie a me: ho eliminato tutti i demoni e i cerberi che vi fossero per aprirvi le porte e farvi trovare Abby, ho guidato Dan fino alla cella di Anael per liberarli. Ho fatto scappare Raphael, ho impedito che Crowley potesse prendersi tutte quelle anime e adesso sono potente. Adesso ho il giusto potere per governare e risolvere i problemi a cui mio Padre non ha mai prestato attenzione". 
I tre cacciatori si scambiarono uno sguardo titubante, incerti su quale sarebbe potuta essere la loro prossima mossa ed Abby fece leva sul braccio di Dean per mettersi più dritta, guardandolo in cagnesco e condannandolo con lo sguardo. "Ci siamo fidati di te dal primo istante. E tu ci tradisci così? Le persone, gli amici, contano così poco per te?". 
La ragazza gemette appena per lo sforzo di parlare ed in più la rabbia che stesse provando la fece sentire peggio, sentendo le gambe cedere e riuscendo a rimanere in piedi unicamente grazie a Dean che la sosteneva con un braccio. 
Castiel si avvicinò ad entrambi ed istintivamente Dean allontanò Abby da lui, portandola dietro di sé per proteggerla. 
L'angelo rimasto faccia a faccia con il suo amico, lesse nei suoi occhi la rabbia che provasse verso di lui e la preoccupazione per Abby e suo fratello. 
Ma Castiel era un angelo e riusciva a percepire dentro di sé come le forze di Abby si stessero affievolendo secondo dopo secondo. Sarebbe morta se non fosse intervenuto. 
Distolse lo sguardo da quello di Dean e gli girò attorno, fino a giungere più vicino alla ragazza: le sfiorò la fronte con due dita ed Abby sentí dentro di sé le forze tornare ad equilibrarsi e la pesantezza alla testa divenire sempre più blanda fino a sparire. Strabuzzò gli occhi e la vista annebbiata scomparve, riuscendo a mettere a fuoco tutti i presenti nella stanza mentre le sue guance tornavano rosee e colorate come sempre. 
Dean presto le afferrò il viso fra le mani per osservarla meglio e capí cosa Castiel avesse fatto per lei; la strinse al suo petto e le baciò la testa mentre dentro di sé si sentiva più sollevato. 
Ma ciò che avesse fatto l'angelo non era ancora abbastanza per i tre cacciatori, tant'è che la ragazza scosse la testa e lo guardò in cagnesco ancora una volta. "Questo non sistema un accidente!". 
Castiel scosse la testa e sospirò rumorosamente, allargando le braccia con aria incredula ed alternando lo sguardo fra i cacciatori, soffermandosi su quello del maggiore per qualche secondo in più, poi fece qualche passo indietro e li guardò con un sospiro. "Sono il vostro nuovo Dio, inchinatevi a me o vi ucciderò". 
 
 

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Capitolo 38
*** Capitolo 31. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 31.

Si svegliò di soprassalto sul divano scomodo e ormai troppo vecchio che gli facesse sempre venir male alla schiena nel casolare in Montana di Rufus, quando udì dei lamenti impauriti giungere alle sue orecchie e si sollevò istintivamente, facendo però attenzione a non svegliare la ragazza che dormisse spalmata contro il suo petto.
Dean sospirò silenziosamente nel tentivo di non svegliarla e si raddrizzò quanto fosse possibile, carezzando la testa di Abby prima di sollevarla con delicatezza e portarla nella loro stanza.
Passò davanti alla piccola cucina soggiorno e aprí malamente la porta della stanza per entrare insieme alla ragazza che ancora dormisse; l'adagiò con delicatezza scostando appena le lenzuola e la fece stendere, con tutta l'intenzione di andare a mangiare qualunque cosa fosse avanzata dalla cena, ma Abby inconsciamente lo trattenne stringendo la presa attorno alle sue spalle. 
Dean la osservò agitarsi nel sonno e mugugnare qualcosa di incomprensibile per le sue orecchie, ma riconobbe la paura ed il dolore nella sua voce, seguiti da una serie di no sussurrati con voce debole e sofferente; il ragazzo sospirò e si distese accanto a lei, portandosela addosso e facendole adagiare la testa sul suo petto in maniera tale da riuscire a guardarla in viso nonostante fossero le quattro e mezza del mattino e fosse ancora buio. 
Sorrise amaramente e le baciò la fronte stringendola di più contro il suo corpo, ed Abby ricambiò inconsciamente tornando ad essere quasi serena. 
Dean sapeva che Abby stesse attraversando un brutto periodo, nonostante le ferite sui suoi polsi si fossero ormai rimarginate grazie a Castiel e fosse tornata ad essere la solita guerriera che amava aver sempre accanto; Abby continuava a ripetergli che stesse bene e che avesse superato ciò che fosse successo con Sam ormai più di un anno prima e che avesse già dimenticato ciò che le avesse fatto Crowley, dissanguandola quasi fino alla morte, eppure Dean vedeva il modo in cui si agitasse la notte quando dormiva. 
Sapeva che ci fosse qualcosa che non andasse, qualcosa di cui non gli parlasse. 
Sospirò rumorosamente troppo vicino al suo orecchio senza neanche accorgersene e vide Abby aprire gli occhi di colpo in maniera impaurita per pochi secondi, per poi realizzare il luogo in cui si trovasse e tranquillizzarsi immediatamente. Si stropicciò gli occhi e sollevò lo sguardo verso il ragazzo, che le sorrise e le carezzò i capelli con un gesto dolce ed intimo, attirandola a sé per darle un casto bacio sulle labbra. 
Abby sorrise e si morse il labbro, carezzandogli una guancia e guardando nei suoi occhi verdi nonostante il buio. "Perché sei già sveglio? Qualcosa non va?". 
Il ragazzo mise su la sua faccia da poker e cercò di non farle capire che fosse stato svegliato proprio da lei e dai suoi incubi, ricambiando la carezza con un gesto della mano. "Tu stai comoda su quel divano perché stai sopra di me, ma è la mia schiena che è sempre a contatto con quelle molle fuoriposto che fanno un male cane". 
La ragazza ridacchiò divertita e insinuò il viso nell'incavo del suo collo dove lasciò un tenero bacio, e Dean la sentí sorridere contro la sua pelle, riuscendo a contagiare anche lui che nel frattempo si fosse sporto appena per affettare la coperta e coprire entrambi mentre cercava di sistemarsi meglio sul letto. "Mi ci potrei davvero abituate di nuovo a tutto questo". 
"Abituare a cosa?" chiese il ragazzo aggrottando le sopracciglia e sorridendo intenerito dalla sua voce impastata dal sonno mentre le carezzava la schiena fasciata da un sottile maglione pesca. 
"A me e te, da soli in una casa senza nessuno che ci ronzi attorno come a Louisville". 
Dean sorrise di più e sentí la sua mano sfiorargli il petto ed insinuarsi al di sotto della maglia per toccargli delicatamente la pelle, carezzandolo e intrecciando anche le gambe con le sue. "Adesso dormi, ragazzina". 
Abby rise nuovamente e strofinò il naso contro il suo collo, ma passarono veramente pochi istanti prima che Dean la sentisse tornare a dormire con serenità, rimanendo ad ascoltare il suo respiro lento e regolare nel vano tentativo di prendere sonno. 
Dean non aveva solamente Abby a cui pensare, era anche preoccupato per Sam e per le allucinazioni che avesse avuto da quando Castiel avesse buttato giù il muro nella sua mente che lo separasse dai ricordi dell'anno che la sua anima avesse trascorso nella gabbia e da ciò che avesse fatto durante quel periodo. 
Sam peggiorava chiaramente giorno dopo giorno ed aveva espresso senza nascondersi di aver delle serie difficoltà a riconoscere ciò che fosse reale da ciò che fosse solamente nella sua testa, dato che ovunque andasse finiva sempre per vedere Lucifer che cercasse di convincerlo di trovarsi ancora nella gabbia insieme a lui. 
Il maggiore sospirò, stavolta in maniera più silenziosa e pacata per non svegliare la ragazza che teneva fra le braccia, e pensò anche a Castiel ed a ciò che avesse combinato dopo aver aperto il Purgatorio con il sangue di Abby per inglobare dentro di sé tutte quelle anime: aveva iniziato a dare di matto, uccidendo chiunque professasse la parola del Signore in modo errato, compiendo una strage dopo l'altra, finché i quattro cacciatori riuscirono ad assoggettare Morte per ucciderlo definitivamente, che però non riuscì a fare in tempo poiché Castiel riuscì a liberarlo quasi immediatamente. 
Il Cavaliere assicurò che avrebbe fornito loro l'eclissi di cui necessitavano per far sì che il nuovo rituale facesse riaprire il Purgatorio, intimandogli di costringere il loro angelo a restituire le anime che non gli appartenessero e che probabilmente lo avrebbero condotto alla morte insieme al resto del pianeta, mettendoli in guardia su ciò che Castiel avesse mandato giù insieme a tutte le altre anime: i leviatani.
Abby fu costretta a dissanguarsi un'altra volta per far funzionare quel dannato incantesimo, ma questa volta Anael le fu accanto minuto dopo minuto per assisterla mentre gli aghi le bucavano le vene delle braccia, pompassendo all'esterno più sangue nel minore tempo possibile; Dean aveva provato a persuaderla dal dissanguarsi un'altra volta, ma entrambi sapevano che fosse l'unico modo per aprire quel passaggio. 
Castiel non fece altro che scusarsi con i suoi amici, dicendo loro quanto si sentisse impotente e dispiaciuto per ciò che avesse fatto, capendo solamente in quel momento di aver fatto davvero una scelta sbagliata dopo l'altra, e quando i cacciatori lo videro cadere a terra dopo aver aperto il portale e restituire le anime, sentirono dentro di loro un grande senso di ingiustizia. 
Ma quando mai la vita era stata giusta e gentile con loro? 
Pensavano di averlo perso per sempre e proprio quando credevano che la situazione non potesse andare peggio, Castiel tornò fra loro rimettendosi in piedi, informandoli che i leviatani non avessero mai abbandonato il suo corpo; quando i mostri presero il contro di lui, lo costrinsero a picchiare i suoi amici uno dopo l'altro, colpendo persino Abby che, col viso pallido e senza neanche un briciolo di forza, avesse provato ad estrarre la sua pistola per tentare almeno di rallentato. 
I cacciatori lo avevano visto entrare nell'acquedotto comunale e dissolversi nelle acque che improvvisamente si tinsero di nero, poiché i leviatani riuscirono ad uscire dal corpo di Castiel e finalmente liberi andarono alla ricerca di un nuovo corpo che potesse ospitarli.
Anael si affrettò a rimettere in sesto i cacciatori, curando immediatamente Abby che si sentí finalmente meglio e riacquistò colore e forze, ma l'angelo sentí una grande tristezza nel cuore nel sapere che Castiel fosse davvero morto e che quella volta non ci fosse speranza di vederlo tornare indietro. 
Solamente dopo qualche settimana Anael riuscì a confessare alla sua amica quanto profondamente e puramente amasse Castiel, e che provasse quei sentimenti perché sia lei che suo padre Jack le avessero insegnato il valore di quest'ultimi che li rendesse umani; nonostante quella grave perdita per tutti, i cacciatori non riuscirono a fermare la loro corsa neanche per un attimo dato che i leviatani conoscessero tutto di loro perché avevano preso le informazioni dalla mente di Castiel. 
Tesero una trappola ai ragazzi e Dean fu quello che ebbe la peggio, fratturandosi la tibia e riuscendo a fuggire dai leviatani grazie a Bobby, che non avevano smesso di inseguirli neanche in ospedale dopo che diedero fuoco alla casa del cacciatore più anziano. 
Ciò li portò a nascondersi in uno dei rifugi del loro vecchio amico Rufus, uscendo di rado finché non si sarebbero rimessi in sesto e sarebbero stati pronti a lottare e sconfiggere anche quei brutti figli di puttana di leviatani. 
Come se non bastasse quegli strani esseri avevano assunto le sembianze proprio di Sam e Dean, seminando il panico per il paese e trasformandoli nei ricercati numeri uno, rendendogli impossibile anche solamente spostarsi. 
Bobby consigliò loro di sparire per bene quella volta, mandandoli dal suo amico Frank che fornì loro delle nuove identità e nuovi computer, intimandogli persino di cambiare le auto con cui viaggiassero.
Serví a ben poco dato che i ragazzi vennero arrestati sotto gli occhi impotenti di Abby non appena iniziarono ad indagare sui massacri che i leviatani stessero compiendo mantenendo il loro aspetto per dar loro filo da torcere, ma la ragazza insieme a Bobby ed a Jody era riuscita a scoprire che il borace avesse sui leviatani lo stesso effetto che l'acqua santa avesse sui demoni, e i tre cacciatori riuscirono ad uscire da quella situazione anche questa volta, ma non senza conseguenze: Sam aveva improvvisamente optato per separarsi da loro due, specialmente da Dean, perché il leviatano che si spacciasse per suo fratello e che condividesse i suoi pensieri ed i suoi ricordi gli aveva confessato ciò che Dean avesse fatto alla sua amica di infanzia Amy, uccidendola a sangue freddo nonostante i due fratelli avessero deciso di comune accordo di lasciarla andare. 
Ecco perché Dean ed Abby si trovavano da soli nella casa in Montana di Rufus da ormai tre settimane abbondanti, non riuscendo però mai a fare a meno di chiedersi se Sam o Dan e Silver stessero bene: anche i fratelli di Abby erano stati costretti a mettersi alla fuga per l'ennesima volta, perché i leviatani erano a conoscenza anche della loro esistenza e Franck aveva trovato una sistemazione segreta anche per loro, non rivelando a nessuno dove li avesse nascosti per evitare che la notizia potesse viaggiare velocemente. 
Dean sbuffò e cacciò via i pensieri almeno per ciò che restasse di quella notte, chiudendo gli occhi e coprendosi meglio nel tentativo di recuperare le poche ore di sonno che gli fossero rimaste a disposizione. 
 
 
"Idioti". 
I tre cacciatori si sporsero istintivamente nella sua direzione attraverso le sponde del letto d'ospedale, osservando Bobby riprendere conoscenza dopo aver scritto sulla mano di Sam alcune cifre di cui non conoscessero l'origine. 
I due fratelli ed Abby avevano iniziato a sperare dentro di loro che quella fosse l'inizio della ripresa della loro figura paterna, che avrebbe potuto affrontare l'operazione al cervello per estrarre la pallottola che Dick Roman gli avesse sparato, e lo guardarono molto fiduciosi. 
Ma poi le loro speranze crollarono a picco e si infransero sul pavimento quando videro Bobby concedergli un ultimo sorriso ed un'ultima occhiata, prima di chiudere gli occhi per sempre ed accasciarsi nuovamente sul letto. 
I tre ragazzi vennero immediatamente portati via e si lasciarono condurre fuori dalle porte a vetri della terapia intensiva, osservando i medici divincolarsi attorno al letto di Bobby ed iniziare una difficile manovra di rianimazione; il tempo sembrò loro scorrere in maniera molto lenta, mentre il cuore batteva loro molto velocemente e continuavano a ripetersi che ce l'avrebbe fatta e che si sarebbe ripreso. 
Anche quando videro i medici scuotere la testa, sollevare le piastre dal petto di Bobby e leggere l'orario nell'orologio per dichiararne il decesso, Sam, Dean ed Abby continuarono a pensare che fosse tutto un grande sbaglio e che sarebbe andato tutto bene perché Bobby c'era sempre e non poteva abbandonarli così. 
Videro un dottore avvicinarsi nella loro direzione e blaterare qualcosa come delle condoglianze, riferendo loro che il loro zio fosse morto e che non ci fosse stato nulla da fare; il primo ad allontanarsi fu Dean, che sentí l'esigenza di mettere la distanza fra sé e il resto della sua famiglia, voltandosi e percorrendo il corridoio con le lacrime agli occhi mentre teneva lo sguardo basso. 
Fu difficile soprattutto per lui, perché Bobby era sempre stato il suo punto di riferimento e lo amava davvero come un padre: lo conosceva da tutta la vita, gli era sempre stato accanto e gli aveva sempre voluto bene. 
Lo sosteneva, lo incoraggiava, gli suggeriva quale fosse la giusta azione da fare. Sempre. 
E adesso, nonostante fosse un omone grande e grosso di trentaquattro anni, aveva ancora bisogno di Bobby e della sua guida perché non poteva gestire suo fratello ed i leviatani da solo; aveva bisogno di lui, ma lui se n'era andato. 
Le settimane successive furono pesanti e vuote per i tre cacciatori, che già da subito dopo il funerale tornarono a immergersi a capofitto nei casi, prendendone uno dopo l'altro pur di non fermarsi a pensare. 
Dean finse di non notare immediatamente ciò che stesse continuando ad accadere al fratello perché non aveva la più pallida idea di come aiutarlo, né come entrare nella dura parte che era sempre appartenuta a Bobby da quando erano ragazzi, e con Abby le cose non erano mai andate così male. 
Sam e la ragazza avevano provato a stargli vicino, cercare di farlo sfogare e di farlo parlare perché tenere tutto quel dolore dentro nascosto dalla solita maschera di sarcasmo gli avrebbe fatto davvero male, ma Dean si era sempre rifiutato di discutere dell'argomento: era sconvolto, non voleva parlare con loro a meno che non si trattasse della caccia ed era fin troppo chiuso nel suo dolore e nel suo silenzio. 
Sam ed Abby lo avevano visto bere incessantemente ogni sera e provare a spappolarsi il fegato, uscire la sera e tornare la notte tardi per recarsi nel bar più vicino quando finivano da bere, ed entrambi i ragazzi si sforzarono di pensare a cosa avrebbe fatto Bobby in una condizione come quella: sicuramente lui avrebbe saputo cosa fare, cosa urlargli contro per rimetterlo in riga, ma anche loro due stavano soffrendo davvero tanto. 
Ma Dean era davvero arrivato al suo limite di sopportazione: infatti non gestiva più Sam, che sembrava diventare sempre più pazzo, e non reggeva più neanche Abby, nonostante riconoscesse il modo in cui si stesse prodigando pur di aiutarlo con i suoi modi dolci e gentili, capendo il suo dolore. 
In fondo Abby gli era stata molto vicina anche quando John era morto, aiutandolo a superare tutto. 
Ma stavolta per Dean era diverso. Stavolta aveva iniziato a stufarsi di perdere tutte le persone che amava una dopo l'altra, ara stufo perché si era convinto in ospedale che Bobby si sarebbe ripreso come sempre, perché era forte ed era la sua roccia, l'unico a cui si potesse sempre appoggiare. 
Ma Bobby non si era ripreso e adesso doveva essere Dean l'adulto in tutte le situazioni, non aveva nessuno con cui condividere il carico di tutta quella storia folle.
Dal punto di vista di Abby, le cose erano destinate a diventare sempre più brutte e dolorose, iniziando a pensare che anche la sua storia con Dean potesse drasticamente chiudersi dopo quel dolore così forte che il ragazzo stesse provando, nonostante lei avrebbe fatto di tutto pur di impedirlo. 
Ma quella sera se ne stava seduta sul letto con la schiena appoggiata alla spalliera e le ginocchia strette al petto, pensando alle frasi che fossero volate in quella stanza del motel fino a pochi istanti prima, e delle lacrime silenziose iniziarono a scenderle dal volto mentre nel petto il cuore le battesse fin troppo velocemente. 
Avevano avuto una bruttissima litigata, di nuovo, ma nessuna di quelle precedenti era stata orribile come quella; eppure avevano preso ad urlarsi addosso ed anche Abby non si era risparmiata in quell'occasione, stanca di dovere sempre eclissare il suo dolore per non permettergli di vederlo. 
"Smettila di starmi addosso Abby! Non ho bisogno del tuo cazzo di aiuto, non ho bisogno dell'aiuto di nessuno!".
Dean le aveva urlato contro così forte da farla sobbalzare e fare un passo indietro, non avendolo mai sentito parlare con lei in quei termini e con quel tono adirato, ed Abby lo aveva guardato in cagnesco, stringendo i pugni per la rabbia. 
"Sei davvero un ingrato! Ti sono sempre stata accanto, sempre! In ogni circostanza ero lì per aiutarti e sostenerti, e anche quando Bobby è..". 
"Aiutarmi e sostenermi? Ma se non faccio altro che fare il baby sitter da quando stiamo insieme: ti cacci nei guai e io devo sempre venire a riprenderti! Come quando sei sparita ed il mutaforma andava in giro con la tua faccia o come quando ti sei consegnata da Lucifer, o quando gli uomini di Crowley ti davano la caccia e sono dovuto venire ad aiutarti, perché oltre ad essere una calamita per i guai, sei anche troppo orgogliosa e testarda per chiedere aiuto!".
Abby rimase in silenzio e con la bocca spalancata per qualche secondo, osservando la furia cieca con cui Dean stesse parlando in piedi al centro della stanza a pochi passi da lei, che distolse lo sguardo ferita e sospirò rumorosamente. 
Si diede qualche secondo per incassare il corpo e mettere insieme i suoi pensieri, per poi tornare a guardarlo in cagnesco e con la stessa rabbia che Dean le stesse riversano. "Sto solamente cercando di aiutarti! Si può sapere quale accidenti è il tuo problema?". 
"Tu sei il mio problema! Dovevo dare ascolto a mio padre quando mi diceva che in questo lavoro non puoi voler bene a nessuno, perché quando mi affeziono a qualcuno, questo muore! Ho perso i miei genitori, ho perso Castiel, Bobby. Ho perso Sam tante volte e continuo a perderlo ogni giorno e adesso potrei perdere anche te!" esclamò Dean alzando di molto il tono di voce, urlando nella stanza come se lo dividessero dei chilometri dalla ragazza, quando invece bastava fare pochi passi e l'avrebbe raggiunta. Ma non lo fece, anzi si voltò nella direzione opposta con i nervi a fior di pelle e la rabbia dentro di sé, stringendo i pugni e desiderando di trovare al più preso un altro caso per uccidere qualunque altro figlio di puttana demoniaco o mostruoso. 
Abby gli si avvicinò in silenzio, cercando di far abbassare i toni e leggendo fra le righe del suo discorso, capendo che Dean avesse solamente bisogno di sfogare il suo dolore e la sua rabbia; gli cinse la vita ed appoggiò la sua fronte al centro della sua schiena, stringendolo forte a sé con amore, ma Dean non ricambiò la sua stretta e rimase immobile, paralizzato a guardare fuori dalla finestra mentre il cuore pompava velocemente la sua rabbia ed il risentimento in ogni meandro del suo corpo e della sua mente. 
"Non vado da nessuna parte, Dean. Sono qui, non mi perderai. Te lo prometto". 
Dean chiuse gli occhi per qualche secondo e cercò di regolarizzare il respiro per calmarsi, per tranquillizzarsi, ma il suo cuore non smetteva di battere troppo velocemente e tutto ciò che riusciva a sentire era solamente dolore, impedendogli di ricambiare la stretta di Abby. Prese un lungo respiro e scosse la testa. 
"No. È finita. Fra noi due è finita. Non voglio più vederti". 
Sentí la ragazza irrigidirsi parecchio contro la sua schiena, mettersi dritta e guardarlo da dietro come se potesse vedere dentro di lui: la sentí muoversi attorno a lui dopo un paio di secondi, mettendosi di fronte e guardandolo negli occhi, dove iniziò a leggere un misto di rabbia e dolore che mai si sarebbe perdonato, ma che sarebbe stato necessario per lasciarla andare ed essere meno egoista. "No, non dici sul serio". 
Ma Dean la guardò con uno sguardo infuocato di rabbia, di odio e disprezzo che non erano mai stati rivolti a lei, ma che non sapesse come far uscire da dentro di lui se non in quell'unico modo: distruggendo l'unica cosa bella che gli fosse rimasta nella vita.
La scansò con un gesto rozzo afferrandola dalle braccia e spostandola di peso per poter liberarsi la strada, ed Abby pensò che fosse uscito di testa quando lo vide uscire dalla porta sbattendosela alle spalle, e udí il rombo dell'Impala accendersi ed allontanarsi velocemente. 
Pensò che stesse avendo un esaurimento nervoso in corso e che il dolore per la morte di Bobby fosse così forte da offuscare ciò che provasse realmente dentro di lui, eppure Abby aveva visto anche tanta sicurezza dentro ai suoi occhi prima che uscisse correndo dalla porta. 
Dean non riusciva a calmarsi, pensava solamente alla voglia di bere un drink per attenuare quel dolore dentro di sé e tornare lentamente a respirare.
Aveva bisogno di calmarsi e di rilassarsi e fu proprio a questo che pensò, quando si sedette al bancone del primo bar che incontrò dopo aver passato almeno una quindicina di minuti alla guida, dando gas all'Impala e sfrecciando il più lontano possibile dal motel. 
Ordinò un Whisky doppio e liscio ed iniziò subito a sorseggiarlo, scuotendo la testa e sperando che quella rabbia riuscisse a passare ed a lasciare il suo corpo, sperando che tutto quello schifo di melma nera sarebbe finito presto. 
Dean non seppe spiegare come accadde, ma forse fu per via del quinto o sesto bicchierino doppio di Whisky che ordinò, o per il fatto che non fosse più in sé ultimamente, ma ugualmente non si aspettava di trovarsi seduto al tavolo con una bellissima ragazza, dalla folta chioma rossiccia e dagli occhi azzurri che le brillassero sul viso, che non fecero altro che ricordargli Abby. 
Risero di gusto per la maggior parte della serata, complice la grande quantità di alcol che entrambi mandarono giù, e Dean provò nuovamente dopo tanto tempo il brivido di una conquista. 
Pensava di essere ormai arrugginito sotto questo punto di vista, di non ricordarsi neanche come si parlasse con carisma ad una ragazza che non fosse la sua dato che, da quando Dean aveva conosciuto Abby, ancora prima che ci fosse qualcosa fra di loro, l'uomo aveva semplicemente smesso di andare a letto con altre donne e anche solamente di guardarle.
Dean non aveva mai avuto interesse per nessun'altra, mai fino a quel momento. 
Questo pensiero lo fece irrigidire per qualche istante, guadagnandosi un'occhiata dalla ragazza seduta davanti a sé che gli sorrise audacemente, a cui rispose con un sorriso tirato: nella sua mente assoggettata dall'alcol, tornò tutto ciò che di brutto fosse accaduto in quegli anni con Abby, tutto il dolore e la sofferenza che quella vita avesse causato loro. 
E decise che avrebbe dovuto smettere di essere così egoista e di tenere Abby legata a sé. 
Doveva lasciarla andare, così come avrebbe dovuto fare molti anni prima, perché Dean lo sapeva: se Abby cacciava ancora, lo faceva solamente per lui e per assicurarsi che restasse vivo. 
Dean tornò a sentire la rabbia dentro di sé, ma sorrise nella direzione della ragazza afferrandole la mano ed ordinando un altro drink, continuando a filtrare con Lydia. Avevano bevuto per tutta la serata ed erano rimasti seduti a ridere e scherzare fino a chiusura, e Dean, ormai fin troppo ubriaco, non seppe spiegarsi come fosse arrivato a casa della donna e come si fosse lasciato trascinare dentro, rispondendo ai suoi baci ed iniziandola a spogliare con l'avidità di scoprire un corpo che fosse diverso da quello di Abby.
Mentre la baciava e si lasciava condurre nel grande letto della stanza di Lydia, Dean pensò che non sapeva davvero perché lo stesse facendo, conscio che però quella notte avrebbe sicuramente provocato dei seri problemi fra lui ed Abby; eppure non riusciva a fermarsi spinto dall'alcol, dalla rabbia e dal piacere più estremo mentre si muoveva dentro la ragazza con velocità, chiudendo gli occhi e pensando che qualsiasi fossero state le conseguenze, le avrebbe affrontate l'indomani, godendosi il momento e continuando per tutta la notte a placare le sue voglie insieme a Lydia. 
 
 
 
Strabuzzò gli occhi e si stiracchiò respirando pesantemente perché non era più in grado di reggere quei ritmi e tutta quella grossa quantità di alcol che avesse ingerito la sera precedente, sentendo persino la luce filtrare dalle finestra come un fastidio per i suoi occhi. 
Si coprì appena il viso con le dita ed allungò una mano verso l'altra sponda del letto, con tutta l'intenzione di attirare Abby a sé e di scusarsi per la lite della sera precedente; la sentí mugugnare e muoversi sul letto, e Dean la strinse al petto sentendo il cuore battere più velocemente. 
Stare insieme ad Abby gli faceva sempre quell'effetto. 
Si chinò su di lei per depositarle un bacio fra i capelli, ma quando sentí il profumo fruttato della ragazza nuda fra le sue braccia, Dean sgranò gli occhi e si tirò appena più a sedere per guardarla meglio. 
Realizzò presto ciò che avesse fatto quella notte e che non fosse proprio tornato nella stanza che condividesse con Abby, ma piuttosto avesse scelto di andare a casa della ragazza conosciuta al bar la sera stessa, trascorrendo la notte a soddisfare le sue voglie ed a sfogare quel dolore che si portava dentro come un grosso peso. 
"Merda". 
Si alzò di scatto dal letto cercando di non fare rumore e raccolse i vestiti sparsi per la stanza rivestendosi immediatamente, sentendosi il peggiore dei mostri per aver ingannato la ragazza che ancora giacesse a letto e per aver fatto un'azione così ignobile verso Abby, del tutto ignara di come avesse passato la serata. 
Uscì in fretta di casa e si diresse all'interno della sua auto, guardandosi attorno e chiedendosi come diavolo fosse arrivato fino a quella casa dato che i suoi ricordi della sera precedente fossero piuttosto frammentati, ma sapeva di essersi comportato da vero bastardo e avrebbe perso anche l'ultima cosa che gli fosse rimasta. 
Fu grato di varcare la soglia della stanza del motel e di trovarla completamente vuota, perché durante il viaggio di ritorno non aveva neanche pensato alla scusa che avrebbe potuto utilizzare per giustificare la sua permanenza fuori per tutta la notte: Abby non era stupida e in più lo conosceva meglio di chiunque, quindi avrebbe capito subito che stesse nascondendo qualcosa. 
Osservò il letto ancora intanto e dedusse che anche Abby avesse trascorso la notte fuori o che comunque non avesse completamente dormito rimuginando sulla loro feroce litigata, e si affrettò a dirigersi sotto la doccia per togliere la puzza dell'alcol ed il profumo di Lydia dal suo corpo e dai suoi vestiti, non riuscendo a definirsi in una maniera diversa da un traditore. 
Cercò di non pensarci e di uscire in fretta dalla doccia, asciugandosi ed indossando i suoi vestiti da federale, dato che comunque avevano un caso da portare a termine in quella città, quando sentí la porta spalancarsi e subito tremò dentro di sé, pensando che la resa dei conti fosse giunta. 
Ma quando si voltò verso la porta, invece di trovare il viso arrabbiato di Abby, trovò quello dubbioso e titubante del fratello, che entrò in silenzio guardandosi attorno e sollevando un sopracciglio per studiarlo meglio. "Dove sei stato tutta la notte?". 
Dean lo guardò con aria altezzosa non apprezzando il suo tono accusatorio, perché sicuramente non era a lui che doveva dare delle spiegazioni, e si voltò nuovamente verso lo specchio della camera per aggiustare la sua camicia ed inserire i bottoni nelle asole con precisione, cercando di scansare il mal di testa tipico del post sbronza. "Ma chi sei? Mia madre?". 
Sam però conosceva bene suo fratello ed era a conoscenza della grossa lite che fosse avvenuta fra lui ed Abby, poiché dopo aver sentito la loro auto allontanarsi dal parcheggio si era presentato nella sua stanza, trovando Abby a dir poco sconvolta e fuori di sé.
Il ragazzo osservò con precisione il modo in cui Dean evitasse il suo sguardo e celasse qualcosa di importante nei suoi occhi, e lasciò scivolare la sua vista fino al collo arrossato del fratello, sgranando gli occhi e avvicinandosi in fretta. Osservò da vicino quel succhiotto a dir poco troppo fresco e rossastro, pensando che fino alla sera precedente non vi fosse alcuna traccia sul collo del fratello e subito Sam capì. 
Lo strattonò appena e indicò il segno sul suo collo con il dito, iniziando immediatamente a bisbigliare con aria preoccupata. "Ma sei impazzito?! Se Abby lo scopre è la volta buona che ti ammazza". 
Dean si liberò della presa del fratello ed aggrottò le sopracciglia, del tutto ignaro del marchio che la sera precedere gli avesse lasciato fino a quando seguí lo sguardo di Sam sul suo collo, specchiandosi ed osservando il grosso segno sulla sua pelle; chiuse gli occhi per qualche istante e scosse la testa, pensando che se avesse avuto una minima speranza di archiviare ciò che fosse successo quella notte senza che Abby lo venisse a scoprire, adesso l'aveva appena persa. "Merda..". 
"Come ti è venuto in mente di tradire Abby? Hai perso la testa?!" chiese Sam sgranando gli occhi ed allargando le braccia, guardandolo con aria incredula mista a delusione. 
Dean deglutí a fatica continuando a guardare il simbolo rossastro sul suo collo e scosse la testa, chiedendosi perché si fosse cacciato in quella situazione e come avesse lasciato che potesse accadere, e si affrettò a sistemarsi la cravatta attorno al colletto della camicia per nascondere quel segno. "Io non.. Non lo so, Sam. Ieri sera io ed Abby abbiamo litigato e ci siamo detti delle cose davvero brutte e..". 
"Si, le ho sentite, così come mezzo motel. Ma questo non ti dà il diritto di tradire la persona che ti ama e che ti sta a fianco!" esclamò Sam allargando le braccia e guardandolo con aria allibita, scuotendo la testa ed iniziando a pensare che avesse perso la ragione da quando Bobby fosse morto. 
Il maggiore si voltò a guardarlo in cagnesco, perché non aveva alcun diritto di giudicare le sue scelte e gli puntò un dito contro con un gesto intimidatorio. "Devi tenere la bocca chiusa con Abby, sono stato chiaro?". 
Sam sgranò gli occhi fino all'inverosimile, ricambiando l'occhiataccia e guardandolo male, perché non poteva coprire il fratello su un fatto così grave, non adesso che Abby avesse finalmente ripreso a fidarsi di lui e che fosse tornata ad essere sua amica. "Non puoi chiedermi questo! Glielo devi dire!".
Dean sospirò rumorosamente e scosse la testa, mettendo un po' di distanza con il fratello e sedendosi sul bordo del letto con aria confusa, massaggiandosi le tempie per il forte mal di testa che gli stesse divorando la mente. "Sam, ieri sera è stato un casino totale, io e Abby non avevamo mai litigato in quel modo. Mai. Ed io non ero mai stato con un'altra donna da quando sto con lei, ed è stato così strano. Insomma questa ragazza era fantastica e sapeva il fatto suo, ma per tutta la notte ho avuto un senso di nausea proprio alla bocca dello stomaco e mi mancava il respiro e quando mi sono svegliato è stato peggio, perché sono scappato prima che si svegliasse ma mentre tornavo qui sentivo il bisogno di voltare la macchina nella direzione opposta e scappare via di qua perché non avevo il coraggio di guardare Abby negli occhi".
"Si chiama senso di colpa, idiota!" esclamò Sam avvicinandosi al fratello e mettendosi le mani sui fianchi, sospirando lentamente e scuotendo la testa. "Quando Abby lo verrà a sapere..".
Dean alzò immediatamente lo sguardo di sfida verso il fratello come una molla, sollevando un sopracciglio e guardandolo con aria dubbiosa. "E glielo dirai tu?".
Sam scosse la testa e fece una smorfia di disapprovazione, nonostante tenere quel segreto con Abby gli sarebbe pesato non poco. "Certo che no, glielo dirai tu". 
"Non esiste. Per quando mi riguarda stanotte non è accaduto nulla, problema risolto". 
Dean fece spallucce e si mise nuovamente in piedi, sospirando rumorosamente e sapendo perfettamente che si sarebbe comportato da completo vigliacco se davvero avesse mentito su quella notte, lasciando che Abby credesse che nulla fosse accaduto, eppure la paura di perderla gli stava facendo letteralmente tremare le gambe; non importava che la sera precedente Dean le avesse detto che fra loro fosae finita e che dovesse andare via, non importava che Dean fosse fuggito dalla loro camera per andarsi ad ubriacare in un bar e risolvere così i loro problemi. 
La sera precedente aveva agito spinto dal desiderio di allontanare Abby da sé e di permetterle di vivere una vita normale, lontana da lui e dalla caccia, ma adesso Dean tremava per la paura di perderla.  Non così. Non adesso. 
Abbassò lo sguardo da quello dubbioso ed incerto del fratello e si passò una mano sul viso, scuotendo la testa e sospirando rumorosamente perché non pensava che si sarebbe mai trovato in una situazione del genere. 
Non con Abby almeno. 
Eppure il senso di colpa si fece largo nel suo petto, chiamandolo vigliacco e codardo, ricordandogli che quel peso non sarebbe mai andato via a meno che non se ne fosse liberato confessando il suo sbaglio. 
"Cosa dovrei fare, Sam? Perderla per sempre perché ho preso una sbandata, una sola volta in tutto questo tempo, perché ero troppo ubriaco per fermarmi?". 
Dean cercava conforto nel suo sguardo e nelle sue parole, avrebbe voluto che suo fratello riuscisse a trovare una soluzione per lui perché dentro stava morendo dalla vergogna e dal pentimento e non riusciva a ragionare lucidamente mentre il cuore gli battesse forte nel petto; ma più Sam lo guardava, più si rendeva conto che per la prima volta fosse completamente indeciso se stare dalla sua parte o da quella di Abby, a cui volesse bene come se fosse una sorella.
Il minore scosse la testa e parlò con voce tirata, abbassando lo sguardo per qualche secondo ed intuendo che sarebbe cambiato tutto molto presto e che il loro trio sarebbe tornato ad essere un duo, e questa volta in maniera definitiva. "Sei stato uno stupido: quando trovi un amore come quello che ti lega ad Abby, non lo mandi a puttane per andare a letto con una donna in un bar solamente perché avete avuto una discussione. Non importa quanto stai soffrendo o quanto le cose vadano male. Perderai Abby, Dean".
Il maggiore deglutí a fatica ed annuì, sapendo nel profondo che avrebbe dovuto assumersi la responsabilità delle sue azioni e non avrebbe potuto tenere nascosto ciò che avesse fatto proprio ad Abby, l'unica persona che avesse mai amato davvero dopo Sam e Bobby.
Vide Sam aprire la bocca per dire qualcosa, sperando che fossero parole di conforto che lo spronassero a pensare che Abby lo avrebbe potuto perdonare prima o poi, quando sentirono le chiavi nella serratura e la porta aprirsi di scatto; Abby sollevò lo sguardo verso di loro con aria sorpresa, non pensando minimamente che al suo ritorno li avrebbe trovati insieme nella sua stanza ed i due ragazzi fecero scivolare lo sguardo sul completo da federale della donna, che nel frattempo si chiuse la porta alle spalle ed entrò con un finto sorriso sulle labbra, salutandoli appena. 
Dean aggrottò le sopracciglia e la vide addentare una ciambella e sedersi sella sedia vicino alla fienstra e portare le gambe sul tavolo con eleganza, sentendola sbuffare già ad inizio giornata. "Dove sei stata?". 
Abby sollevò un sopracciglio nella sua direzione, masticando la sua colazione e spostando lo sguardo su di lui, che aveva tutta l'aria di chi pretendesse delle spiegazioni. "Almeno uno di noi doveva lavorare, genio. Tu piuttosto, non sei rientrato stanotte". 
Il maggiore si sforzò di mantenere il sangue freddo e deglutí lentamente, sospirando appena e mettendo le mani contro i fianchi. "Sono stato a bere qualcosa in giro". 
Abby fece spallucce come se non le importasse e continuò a mordere la sua ciambella, indicando a Sam con lo sguardo che ne avesse prese in più anche per loro, e il minore sorrise sentendosi interdetto perché l'ultima cosa che voleva era proprio ingannarla come avesse appena fatto suo fratello. "Sono stata all'obitorio: le vittime avevano braccia e piedi mozzati, e pezzi di intonaco al loro interno perché sono stati scaraventati al muro con una forza sovrumana". 
"Saremmo dovuti andare insieme!" esclamò Dean rimproverandola con lo sguardo, ma si ammutolí ben presto quando la ragazza sollevò gli occhi glaciali verso il suo e lo fulminò. 
Abby mandò giù l'ultimo morso delle sue ciambelle e bevve un sorso del suo caffè, afferrando il computer sul tavolo e portandoselo sulle gambe per avviare una ricerca. "Comunque sembra che il karma sia proprio azzeccato in questo caso: le vittime sono tutti uomini che hanno avuto delle scappatelle extraconiugali". 
Sam e Dean si ritrovarono a scambiare una rapida occhiata cogliendo la sottile ironia di quella situazione, ma subito si affrettarono a guardare qualsiasi altra cosa per non fare insospettire Abby, che avrebbe capito immediatamente se avessero continuato a lanciarsi quegli sguardi complici. 
"Avevano un simbolo molto strano disegnato sul petto, ho fatto delle ricerche ma non ho trovato niente. Così ho trovato un professore all'università di questa città, che mi ha quasi convinto che abbiamo a che fare con le amazzoni". 
"Amazzoni.. Amazzoni?" chiese Dean sollevando un sopracciglio e facendo qualche passo verso di lei, appoggiandosi allo schienale della sedia su cui fosse seduta la ragazza ed osservando da dietro di lei la ricerca che stesse conducendo al pc. 
Abby annuì e fece spallucce, iniziando a spulciare dei siti che trovò come risultato delle parole da lei digitate e si morse la lingua, perché aveva iniziato a fare quelle ricerche solamente per non pensare alla discussione che avesse avuto con Dean la sera precedente, sentendosi ancora molto agitata per le parole che lui le avesse detto. 
"A che ora sei andata all'obitorio? Non ti ho sentita uscire" disse Sam avvicinandosi ed appoggiando le mani sulla spalliera della sedia vuota accanto alla ragazza, accennando un sorriso curioso. 
Abby lo guardò per qualche momento e notò il modo strano in cui Sam e Dean si comportassero, e pensò che avessero parlato di quanto fosse successo fra lei e Dean dato che il minore la sera precedente l'avesse trovata durante una brutta crisi di pianto e l'avesse consolata offrendogli una spalla su cui piangere; Sam l'aveva stretta in uno si quegli abbracci avvolgenti e calorosi in cui fosse solito soffocata prima di finire nella gabbia insieme a Lucifer. 
Avevano parlato tanto, ma non della lite che Sam avesse udito dalla sua stanza. 
Sam le aveva chiesto perdono per ciò che le avesse fatto, confessandole di ricordare ogni istante che avessero trascorso insieme da quando l'avesse portata alla base Campbell."Sei la sorella che ho desiderato di avere per tanto tempo. Ti voglio bene, Abby. E mi odio per ciò che ho fatto a te ed alla tua famiglia. Sono stato un vero mostro con te e lo capisco se mi odi anche tu e..". 
Abby lo aveva subito interrotto, emergendo dalla sua spalla su cui fosse appoggiata e lo guardò con le ciglia ancora imperlate di lacrime.
"Ti ho perdonato nell'istante in cui ho capito che non eri tu. Non mi avresti mai fatto del male intenzionalmente, Sam. Lo sapevo. Non odiare te stesso per qualcosa che non hai commesso". 
E Sam lasciò scivolare quelle lacrime che avesse trattenuto per troppo tempo, tornando a stringerla forte mentre lasciava uscire tutto il dolore e la rabbia che ancora albergasse dentro di lui per ciò che avesse commesso. 
Abby sbatté le palpebre e tornò al presente, facendo spallucce e guardando Sam per rispondere alla sua domanda. "Non riuscivo a dormire e sono uscita presto, penso che fossero le sei di mattina".
Dean per la tensione sospirò molto vicino al suo viso, chino per come fosse sulla sedia e su di lei per leggere il risultato delle sue ricerche, ed Abby si voltò lentamente a guardarlo pensando che avrebbero dovuto parlare, almeno per chiarire la loro litigata e per capire se davvero avrebbe voluto lasciarla come avesse detto la sera precedente. 
Ma osservò la sua espressione attenta mentre leggeva, notando una nota di preoccupazione e di agitazione ed Abby capí che chiaramente Dean le stesse nascondendo qualcosa. "Qualcosa ti turba, Dean?". 
"No, assolutamente". Il ragazzo la guardò per un momento, sforzandosi di mettere su la sua migliore faccia da poker e facendo spallucce; ma rispose con troppa veemenza ed Abby rispose sollevando un sopracciglio e guardandolo con il suo solito sguardo indagatore. 
Sapeva che fosse solamente questione di tempo, ma Dean voleva prima risolvere il caso e poi avrebbe confessato ad Abby ciò che avrebbe per sempre distrutto la loro relazione. 
Si schiarí la gola e si allontanò, mise la giacca del suo completo con un sospiro ed accennò un sorriso tirato nella direzione della ragazza e del fratello, avvicinandosi alla porta d'uscita. "Io credo di aver lasciato la fiaschetta di Bobby nel bar ieri sera, deve essermi scivolata. Torno presto". 
 
 
 
"C'è qualcosa che non va qui, Sam. Lydia ha una figlia piccola, ma ieri non ce l'aveva. Sono appostato fuori da casa sua e non crederai a ciò che ho visto". 
Il minore accennò un sorriso fin troppo finto alla donna seduta al tavolo intento a fare ricerche, e si voltò velocemente a guardare fuori dalla finestra mentre teneva saldamente il telefono al suo orecchio, non avendo la minima idea di come chiedere informazioni al fratello se Abby fosse a pochi passi da lui. "Quindi non hai trovato la tua fiaschetta al bar, eh? Ti sei guardato attorno?". 
Sam si meritò un'occhiata da parte della ragazza, che distolse lo sguardo curioso dal suo PC per un istante e sospirò rumorosamente, specialmente quando vide il cacciatore chiudere la chiamata e tornare a sedersi davanti a lei sentendosi molto a disagio e sperando che Abby non lo intuisse; ma la ragazza studiò attentamente il suo viso, osservando tutti i muscoli tesi e il sorriso forzato sulle labbra, ed abbassò lo sguardo con aria sconfitta. 
"Non c'è bisogno che lo proteggi Sammy, so cos'è successo".
Sam sollevò lo sguardo verso di lei e sgranò gli occhi nla sua direzione, guardandola con sorpresa ed incredulità. "Sul serio? Come fai a saperlo? Insomma, c-chi..". 
Abby fece spallucce e sospirò, abbassando lo sguardo triste ed iniziando a giocare nervosamente con il bordo di uno dei fogli che vi fossero sul tavolo. "Dean ti ha parlato e adesso non sai come comportarti con me: non pensavo però che fosse così grave quello che mi aspettasse. Ha davvero deciso di lasciarmi?". 
Sam guardò il suo viso così triste e teso e tirò un sospiro di sollievo solamente per un momento, ma osservò bene i suoi occhi azzurri così spenti che stentavano a trattenere le lacrime, e vide gli angoli delle labbra piegarsi all'ingiú mentre il labbro inferiore prese quasi a tremare, nonostante vide lo sforzo con cui Abby si stesse trattenendo per non esplodere come avesse fatto la sera precedente fra le sue braccia; fu più forte di lui, ma afferrò una delle sue mani con le sue e attirò il suo sguardo guardandola con un grande sorriso. Sam sapeva ciò che Abby stesse passando, al di fuori di quella situazione: aveva visto morire anche lei Bobby, si era dovuta allontanare dalla sua famiglia senza poter avere alcun contatto con Dan e Silver per la loro sicurezza, e la pesante lite con Dean non fece altro che aggiungere altro carico al peso che già portasse sulle spalle, portandola più vicina alla rottura. 
"Mio fratello ti ama, ti ama ancora così tanto. A volte è proprio un coglione e commette delle azioni stupide, come urlarti contro perché sta soffrendo e non riesce ad esternare le emozioni negative in maniera diversa. Sono sicuro che troverete un modo per sistemare le cose". 
Abby guardò nei suoi occhi grandi e chiari ed accennò un sorriso triste, annuendo poco convinta e facendo spallucce, avendo la sensazione addosso che molto presto sarebbe successo qualcosa di brutto. 
Sospirò e sentí il suo telefono vibrare, così distolse lo sguardo e controllò le mail, sollevando un sopracciglio e rimanendo quasi del tutto sconvolta. 
 
 
 
"Il professore Morrison ci ha informati che le amazzoni si riproducono piuttosto velocemente". 
Dean sollevò un sopracciglio e sgranò gli occhi, appoggiato al piccolo armadio all'interno della stanza del fratello che aveva insistito per parlargli in privato non appena fosse tornato al motel insieme ad Abby dopo aver parlato con il professore dell'università esperto sul sovrannaturale, e vide sul viso del fratello uno sguardo fin troppo eloquente. "Quanto velocemente?". 
"Più o meno rimangono incinte e partoriscono entro 36 ore" disse Sam sospirando ed allargando le braccia con aria accigliata e quasi arrabbiata, accusandolo con lo sguardo. "Questo significa che la bambina potrebbe essere tua". 
Dean sgranò gli occhi e lo guardò come se avesse appena detto la stupidaggine più grande di tutta la sua vita, scuotendo la testa in maniera sicura di aver preso le giuste accortezze la notte precedente; ben presto però Dean si rese conto che la notte precedente era talmente sbronzo da non essere in grado di pensare alle protezioni da utilizzare, annebbiato dai fumi dell'alcol. 
Colpì l'armadio con un forte pugno, imprecando contro qualsiasi mostro l'avesse fatto cadere in una trappola del genere ed iniziò a dire una serie di parolacce che avrebbero fatto impallidire anche Satana in persona. 
Sam sgranò gli occhi e si portò una mano alla fronte, strofinandola con forza e sbuffando mentre scuoteva la testa del tutto incredulo davanti alla condotta del fratello che sin da quando era solamente un ragazzino gli avesse sempre fatto una raccomandazione dietro l'altra per questo genere di cose. "Non posso crederci Dean, davvero tu e Lydia non avete usato neanche un preservativo ieri sera?". 
"Ero ubriaco Sam, davvero davvero davvero ubriaco! Pensi che se fossi stato lucido sarei andato a letto con Lydia, invece di tornare qui e scusarmi con Abby per le parole che ho usato nei suoi confronti?". 
Dean alzò il tono della voce senza neanche rendersene conto e fece spallucce, guardando il fratello senza aspettarsi un tono rassicurativo perché ancora una volta la situazione tendeva a precipitare. 
Non solo era stato con un'altra donna che gli avesse lasciato un enorme succhiotto sul collo che fosse difficile da nascondere, ma l'aveva anche messa incinta generando un'amazzone come la madre.
Avrebbe pur fatto una battuta su quella situazione terribile, ma sentí la porta d'ingresso cigolare e aprirsi senza che qualcuno abbassasse la maniglia, ed il sangue dei due fratelli si ghiacciò nelle vene, perché evidentemente Sam non si era richiuso bene la porta alle spalle una volta entrato. 
Abby fece un passo avanti nella stanza, sollevando un sopracciglio e fissando i due con aria confusa, perché aveva sentito le parole che fossero uscite dalla bocca di Dean ma non le aveva fino in fondo capite.
Vide il modo in cui Dean deglutí a fatica e si mise dritto con la schiena, guardando Abby negli occhi osservando la sua confusione ed il suo improvviso dolore, perché non avrebbe mai pensato che potesse farle una cosa del genere. 
Rimase in silenzio per attimi che sembrarono eterni e spostò lo sguardo improvvisamente accusatorio e lucido sugli occhi verdi Dean, che però abbassò il suo perché incapace di sostenerlo e deglutí a fatica con la bocca serrata e la mascella stretta. 
Abby capí che non avesse udito male ma che davvero Dean avesse passato la notte a casa di una ragazza e che si fosse rivelata essere un'amazzone, e la ragazza avvertì l'improvviso bisogno di scappare via e piangere crescere dentro di lei. 
Si schiarí la gola e trattenne i suoi sentimenti dentro di sé, perché era pur sempre una cacciatrice con un caso fra le mani e non poteva lasciare che ciò che provasse interferisce con le sue ricerche.
"Volevo solamente dirvi che sto andando dal professor Morrison: questo foglio prima si è mosso da solo ed è scritto in greco, una delle lingue che il professore parla. Probabilmente lui saprà tradurlo". 
La voce di Abby uscì dalla sua bocca con un tono gelido e perentorio, e come lo disse si voltò senza attendere la risposta di uno dei due fratelli per raggiungere il più in fretta possibile la sua macchina ed allontanarsi da loro; ma ben presto Dean la raggiunse in due falcate e con un gesto istintivo le bloccò il braccio tirandola indietro con forza per farla voltare, ma ciò che il ragazzo vide lo lasciò senza parole più di quanto già non fosse. 
Non pensava che Abby avrebbe potuto mai guardarlo in un modo così disgustato e schifato, così distaccato e freddo, eppure lo fece fulminandolo con lo sguardo e senza aggiungere altro si liberò dalla sua presa, uscendo dalla stanza per dirigersi verso la sua macchina: distrutta o no, avrebbe portato a termine quella caccia e pensato al resto dopo. 
Dean la vide allontanarsi senza che potesse dire o fare niente per alleviare il suo dolore, ed in quel momento si odiò più di quanto avesse mai fatto; si diede dell'idiota perché l'aveva guardata negli occhi, osservando quanto le avesse fatto male, e non riuscì neanche a trovare una scusa per giustificare le sue azione, paralizzato per come fosse dalla paura. "Sam, va con lei. Assicurati che non le accada nulla". 
 
 
 
"Sei mio padre: non permettergli di uccidermi". 
Lo sparo squarciò l'aria all'interno della stanza, facendolo sobbalzare ed osservare inerme il corpo della giovane ragazza cadere a terra privo di vita, con una grossa ferita all'addome mentre il sangue prese a colare a terra. 
Dean guardò Emma, sua figlia, con aria addolorata perché per quanto potesse essere un mostro assetato di sangue, lei era pur sempre sua. 
E non l'avrebbe mai ammesso, ma aveva creduto alle sue parole, aveva immaginato di poterla salvare in quei pochi istanti che trascorsero insieme dopo che Emma avesse bussato alla sua porta. 
Dean aveva creduto di poterla redimere e darle una possibilità. 
Ci aveva sperato. 
E poi Sam aveva fatto irruzione nella stanza insieme ad Abby proprio quando Dean stesse dicendo alla ragazzina di essere libera di varcare quella soglia ed andare via, ricominciare un'altra vita e vivere come una persona normale, nonostante stesse puntando un coltello contro suo padre con tutta l'intenzione di ucciderlo come da tradizione. 
Sam aveva fatto fuoco contro la ragazza senza esitare, notando come il fratello fosse rimasto fermo ad osservare la scena, ed Abby guardò prima il maggiore e poi Emma stesa a terra in una pozza di sangue.
La donna aiutò Sam a far sparire il cadavere col buio della notte, mentre Dean rimase ancora immobile per qualche altro minuto a domandarsi nella parte più profonda di sé perché Emma fosse dovuta morire e perché non avessero trovato un altro modo per salvarla, ma né Sam né Abby trovarono parole per aiutarlo. 
Dopo un'abbondante mezz'ora, Sam ed Abby fecero ritorno alla stanza trovando il maggiore ancora seduto con aria distrutta e sguardo perso nel vuoto, e si scambiarono una rapida occhiata; la donna avrebbe tanto voluto provare ad aiutarlo a superare la sua perdita e quella di Bobby, ma Dean non si lasciava aiutare. 
Le aveva urlato contro e per finire l'aveva anche tradita. 
Non importava che la sera precedente Dean avesse detto chiaramente che la sua intenzione fosse quella di lasciarla spinto dal dolore e dalla paura di perdere anche lei precocemente; non importava che Abby avesse finto che andasse tutto bene quando insieme a Sam si fosse recata dal professore, il quale disse loro che ad uccidere i compagni delle amazzoni non fossero le donne stesse, ma le figlie.
Non importava che Dean fosse ancora scosso dopo aver conosciuto e visto morire la sua unica figlia nell'arco di un'ora. 
Non le importava più. 
Abby era ferita, delusa, schifata e probabilmente una serie di altri aggettivi ai quali non fosse in grado di pensare in un momento come quello; Abby sospirò e si mosse in fretta, raccogliendo le sue cose dalla stanza per metterle dentro al suo borsone, entrando poi in bagno per prendere ciò che avesse lasciato di suo lì dentro, e solo in quel momento Dean parve riprendersi da quello stato di trans in cui dose caduto. 
Quando si rese conto di cosa Abby stesse facendo, si alzò di scatto dalla sedia e fu sicuro di aver toccato il fondo; la seguì nel bagno, trovandola a portare via il proprio spazzolino e tutto ciò che fosse suo, e la guardò ad occhi sgranati impedendole di passare facendo muro col suo corpo. 
Abby non si curò di lui e afferrò la sua spazzola, la pochette rosa con gli unicorni che Dean avesse visto un paio di anni prima in un negozietto, decidendo di comprargliela e pensando che Abby avrebbe riso e l'avrebbe gettata via, ma rimase sorpreso quando la vide sorridere di felicità per poi utilizzarla per portarsi dietro i suoi trucchi. 
Si voltò verso la porta, decidendosi ad alzare lo sguardo glaciale verso quello del ragazzo e sospirò rumorosamente quando lesse il senso di colpa nei suoi grandi occhi verdi. "Spostati". 
"No, per favore. Lasciami spiegare, non è come pensi".
Abby si fece una grassa risata, scuotendo la testa e guardandolo con aria divertita. "Cosa vuoi spiegarmi? Il fatto che sei stato a letto con un'altra donna o che hai messo incinta un mostro?".
Lesse nei suoi occhi il suo essere completamente a pezzi e che avesse bisogno che lei restasse per aiutarlo in quel momento così difficile nonostante ciò che avesse fatto, ma Abby scosse di nuovo la testa e si liberò la strada con una forte spallata dirigendosi nella stanza, trovandola vuota e deducendo che Sam fosse andato ad aspettare fuori o nella sua camera. 
Dean si massaggiò la spalla dolente e fece una smorfia, seguendo la sua folle corsa accelerata per la stanza nel tantivo di bloccarla, osservandola piegare il suo pigiama per inserirlo nel suo borsone. "Ho fatto un errore, non l'avevo mai fatto prima d'ora. Mai, devi credermi. Neanche quando sono tornato dall'inferno e non stavamo più insieme. Ma ho alzato troppo il gomito e..".
Abby si fermò di colpo e si voltò a guardarlo con aria divertita, ridendo nervosamente e mettendosi le mani sui fianchi. "Quindi è stato un incidente? Non è colpa tua se sei finito a letto con Lydia, giusto?". 
Dean lesse nei suoi occhi l'ironia che mascherasse il dolore e capí che probabilmente non l'avrebbe mai perdonato, non nell'immediato futuro almeno, e scosse lentamente la testa, avvicinandosi e sfiorandole le mani. "Sarei dovuto rimanere qui e risolvere il nostro litigio, ti chiedo scusa". 
"Già, avresti dovuto. Invece hai deciso di urlarmi contro tutte quelle cattiverie per sfogare il tuo dolore, non pensando che anche io stessi soffrendo come te per Bobby, giusto?" chiese Abby con voce spezzata per lo sforzo che facesse nel trattenere con un dito la diga che stesse per esplodere dentro di lei, sentendo gli occhi iniziare a pizzicare ed il cuore battere più velocemente. "E poi te ne sei andato via dopo avermi detto che era finita in quel modo, solamente per trovare qualcun'altra con cui andare a letto, e adesso cosa? Ti aspetti che io ti faccia un sorriso e ti dica ancora che andrà tutto bene? È davvero così che pensi che andranno le cose?". 
Il ragazzo sentí gli occhi pungere nel vederla soffrire in quel modo, sapendo soprattutto che la causa del suo dolore fosse proprio lui. Aumentò la stretta sulle sue mani e cercò di avvicinarla a sé per stringerla forte, ma Abby lo allontanò malamente scuotendo la testa ed intimandogli di starle lontano, mentre delle lacrime scivolavano sul viso della ragazza senza che potesse fare qualcosa per evitarlo. 
Abby si odiò perché aveva sempre saputo che non avrebbe mai dovuto aprire il cuore a nessuno, specialmente a Dean. 
Aveva sempre tenuto le distanze da tutti, ma il modo in cui Dean avesse piazzato le radici dentro di lei era troppo profondo, troppo abissale e viscerale per poter ormai tornare indietro. 
Si spazzò via le lacrime dal viso col dorso della mani, provando a calmarsi mentre notava che anche dagli occhi del ragazzo scendesse una singola lacrima, e scosse la testa distogliendo lo sguardo e voltandosi verso il suo borsone, afferrandolo e caricandoselo in spalla, dirigendosi verso la porta. 
Si bloccò per un istante con la mano sulla maniglia, valutando seriamente l'idea di venire meno a sé stessa per l'ennesima volta per tornare da Dean, perché tutte le volte che fosse stata separata da lui la situazione peggiorava drasticamente. 
Ma non questa volta. Abby prese un respiro profondo sbattendo appena le ciglia bagnate e scosse la testa, voltandosi e guardandolo negli occhi per l'ultima volta. 
"Io non voglio vederti mai più: non cercarmi, non chiamarmi. In fondo ieri sera avevi ragione su una cosa: è finita davvero, Dean". 
Non aspettò una risposta ed uscì dalla stanza arrabbiata come una furia, sbattendo con forza la porta quasi facendola saltare dai cardini ed emanando un forte boato che lo fece sobbalzare, rimanendo a fissare il vuoto con il cuore spezzato. 

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Capitolo 39
*** Capitolo 32. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 32.

Rimase rannicchiata sotto le coperte da sola senza parlare con nessuno per due settimane, ordinando cibo da asporto e finendo probabilmente gran parte di ciò che restasse dei soldi del fondo fiduciario per il college; ringraziò che quel motel in Wisconsin avesse una televisione satellitare e che avesse a disposizione tutto il giorno diversi film, telefilm, documentari, rimanendo sveglia di notte a rimuginare su quanto fosse successo e sul proprio dolore. 
Aveva disattivato il GPS dal suo telefono, pensando che se avessero voluto i Winchester avrebbero potuto rintracciarla, e si sforzò di ignorare le numerose chiamate che giornalmente intasassero la sua segreteria, capendo perfettamente che si trattasse proprio di Dean che cercasse di parlare con lei. 
Non aveva ancora metabolizzato la definitiva fine della loro relazione, ma non era per questo che aveva optato per il riposo totale per alcuni giorni che poi si fossero tramutati in settimane: Abby sentiva una grande stanchezza dentro di lei e si disse che fosse dovuta al fatto che in tutti quegli anni non si fosse mai fermata un momento e che adesso la stanchezza si presentasse tutta insieme, facendola crollare a dormire continuamente sotto le sue calde coperte mentre all'esterno la tempesta non accennava a smettere di battere contro la sua finestra da giorni. 
Inoltre pensava di aver preso una fastidiosa influenza intestinale che le causasse forti fitte al basso ventre e dolori un po' sparsi allo stomaco, infierendo sulla sua già precaria condizione di partenza. 
Abby si alzava solamente per fare la doccia ed infilare un pigiama pulito, tornando poi sotto le coperte per scaldarsi.
Persino quando Anael venne mandata da Dean a cercarla, Abby rimase distesa sotto il grosso piumone, minacciando l'angelo di ucciderla se avesse rivelato ai Winchester il luogo in cui si trovasse; da quel momento Anael si presentava ogni giorno nella sua stanza, portandole di tanto in tanto qualcosa di caldo da mangiare e persino delle medicine per riprendersi, che Abby però non prese mai.
La visione del suo film strappalacrime sulla storia d'amore impossibile fra due ragazzi, che avesse sempre detestato come genere ma che da una buona mezz'ora a quella parte non aveva mai smesso di farla piangere a dismisura, venne interrotta dalla sua suoneria che si irradiò nella stanza, facendola sobbalzare appena ed asciugarsi le lacrime con velocità, come se qualcuno potesse vederla. 
Afferrò il telefono e notò il nome Dean sul suo schermo, chiedendosi perché mai non si arrendesse alla fine della relazione come avesse fatto lei, lasciandosela alle spalle. 
Pigiò il tasto rosso, chiudendogli il telefono in faccia in maniera che la risposta gli arrivasse meglio e sospirò, spegnendo completamente il telefono e tornando a guardare il film più triste di sempre. 
La sua visione venne nuovamente interrotta, questa volta dal rumore di due nocche che sbattessero con forza contro la porta, facendola sobbalzare perché Abby non aspettava nessuno ne aveva ordinato del cibo di asporto. 
Afferrò la sua pistola e si avvicinò alla porta con passo felpato, guardando dallo spioncino e sospirando rumorosamente, perché davvero quella non se l'aspettava. 
Decise di rimanere in silenzio e appostarsi dietro la porta senza fare rumore, quando sentí le nocche battere nuovamente contro la porta con più forza. 
"Lo so che sei lì dentro ragazzina, sento la televisione. Adesso apri la porta, per favore".
Abby sentí la sua voce così rozza e insensibile e gli venne voglia di spalancare la porta e colpirlo dritto in viso fino a fargli perdere i sensi, ma non lo fece: sospirò rumorosamente e fece spallucce. "Non ho nulla da dirti, vattene via".
Sentí il ragazzo sbuffare dalla parte opposta della porta e dallo spioncino lo vide roteare gli occhi con aria spazientita. "Andiamo, non fare la bambina: apri questa maledetta porta o giuro che la butto giù". 
Abby divenne furiosa sentendo la rabbia crescere dentro di sé e spalancò la porta guardandolo in cagnesco, non permettendo a se stessa di notare quanto ogni singolo dettaglio del suo viso e del suo corpo le fosse mancato; icrociò i suoi occhi verdi e deglutí a fatica, mentre il cuore le battesse più forte per l'agitazione. 
Serrò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio, sentendosi gelosa perché Dean sembrava essere più in forma dell'ultima volta CH elo avesse visto, mentre lei era già tanto che riuscisse a stare in piedi senza vomitare, dato lo strano virus che avesse preso. "Che vuoi?". 
Dean fece un passo più avanti ma rimanendo sempre sulla soglia, accennando un dolce sorriso nella sua direzione. "Voglio scusarmi per l'ennesima volta per quello che ti ho fatto: sono stato un idiota, ho sbagliato e ti prego di perdonarmi e di riprendermi. Ti prego Abby. Non posso vivere senza di te, sei la mia vita". 
Abby avrebbe dovuto sentire il cuore battere più forte udendo quella parole, ma inclinò la testa di lato e sollevò un sopracciglio perché sapeva che Dean non avrebbe mai espresso quel concetto con quelle parole troppo smielate per lui; rimase fredda e distaccata come se davanti a lui vi fosse una copia dell'amore della sua vita, ma che non fosse realmente lui. "No, è finita. Addio". 
Abby fece scivolare la mano sulla porta per chiudergliela in faccia, ormai fin troppo spazientita, quando vide il piede di Dean mettersi in mezzo e guardarla con aria profondamente divertita e compiaciuta. "Che stai facendo? Non ti voglio qui".
Dean rise in maniera molto diversa da come ricordasse, facendo spallucce e avvicinandosi di qualche passo, continuando a tenere la porta anche con la mano nello stesso modo in cui lo facesse anche lei. "Aah, è sempre così difficile con voi umani comprendere cosa stiamo facendo, quale sarà la nostra prossima opera".
Abby non ebbe neanche il tempo di rispondere, che Dean afferrò saldamente la porta e la sbatté con forza contro il suo viso all'altezza del naso a tradimento, facendoglielo sanguinare immediatamente e barcollare all'indietro, perdendo l'equilibrio e cadendo rovinosamente a terra. 
Sentí l'uomo mettersi a cavalcioni su di lei per bloccarla con forza a terra sotto di lui, cingendole i polsi e ridendo quando la immobilizzò con una mano mentre Abby si dimenava energicamente, mettendole delle manette per aver un maggiore spazio di movimento.
"Tu non sei Dean!". 
Abby cercò di liberarsi ma la presa di quella creatura era troppo più forte di lei, udendolo ridere compiaciuto ed afferrarle anche il viso con forza per poi sbattere la sua testa contro il pavimento per almeno tre volte di fila, fino a quando la vide smettere di opporre resistenza e perdere i sensi. 
"Certo che non sono lui, brava ragazzina!".
 
 
 
Accostò la sua macchina proprio sul ciglio della strada osservando il fratello dormire in maniera molto irrequieta e si chiese cosa diavolo ci fosse ancora dentro di lui e perché stesse ancora così male, nonostante Sam si sforzasse di non darlo a vedere. 
Doveva ammettere che il suo fratellino ce la stava mettendo davvero tutta per aiutarlo e sostenerlo, e per una volta Dean glielo lasciò fare: si lasciò trascinare nei bar ed accettò che Sam lo portasse via quando lo ritenesse più opportuno, non lasciandogli bere più di due o tre drink. 
Avevano continuato a viaggiare per il paese stando sempre molto attenti ai leviatani e preoccupandosi sempre di più dell'opera che stessero facendo a livello nazionale, e di nuovo i due Winchester si trovarono a dover sventare l'ennesima apocalisse. Ma stavolta era diverso ed entrambi i fratelli potevano avvertirlo. 
Per la prima volta erano soli. 
Bobby e Castiel erano morti. 
Abby era andata via senza lasciare traccia. 
E non importava quanto Dean pregasse Anael di dirgli dove fosse Abby per vederla, l'angelo continuava a dirgli che Abby stesse bene e nient'altro, perché Abby stessa non voleva essere trovata ed Anael le aveva promesso di tenere la bocca chiusa su dove si trovasse. 
Dean sospirò e cercò di dormire chiudendo gli occhi ed appoggiando la schiena al sedile, ma i suoi pensieri continuavano ad essere rivolti ad Abby: molte volte si era detto di non essere un animale che viveva di istinti, eppure quella notte non era riuscito a fermarsi. Si odiava per averla lasciata andare, si odiava per averla fatta soffrire in quel modo. 
Aprí gli occhi e prese nuovamente il telefono fra le mani che segnasse ormai le sei di mattina, e scosse la testa perché sapeva che ad un certo punto avrebbe dovuto mollare la presa almeno su Abby ed accettare la fine della loro storia. 
Non poteva continuare a cercare di rintracciarla o a chiamarla. 
Avrebbe dovuto rispettare la sua scelta, eppure gli veniva così difficile, specialmente quando si mise il telefono all'orecchio facendo partire l'ennesima telefonata senza risposta. 
Quando la voce preregistrata di Abby iniziò a dirgli che non potesse rispondere e di lasciare un messaggio, Dean sbuffò sonoramente e imprecò ad alta voce senza neanche rendersene conto ed accartocciò il telefono su se stesso, per poi lasciarlo andare contro il cruscotto con un forte tonfo, facendo sussultare Sam che si guardò attorno con aria confusa. 
Dean scosse la testa e sospirò, mordendosi il labbro ed osservando lo sguardo del fratello ancora assonnato posarsi sul suo e guardarlo con aria confusa. 
Ma Sam non ebbe bisogno di fare domande: gli bastò osservare il cellulare con lo schermo rotto e l'espressione contrariata e scocciata del fratello per capire cosa ci fosse che non andasse. 
Si sistemò sul letto e sospirò, accennando un piccolo sorriso nei suoi confronti. "Abby non ti risponde ancora, eh?". 
Dean fece spallucce e sospirò, distogliendo lo sguardo e osservando il cielo che avrebbe dovuto far filtrare almeno un po' di luce dell'alba, ma le fitte nuvole impedivano il passaggio dei raggi mentre la pioggia prendeva a battere sempre più forte sul parabrezza. 
Sam sospirò ancora una volta pensando che non Dean non sarebbe davvero dovuto arrivare a tanto, ma si allungò sul sedile posteriore per afferrare il suo pc; si mise subito all'opera con un sorriso amaro sul viso, inserendo il numero che ormai conoscesse a memoria sul programma che avesse hackerato dalla polizia e fece un grosso sorriso quando vide il simbolo del telefono di Abby apparire sul suo schermo. 
Voltò lo schermo nella direzione del fratello che lo guardava ancora con aria stranita e che non si fosse perso neanche una sua mossa, e Dean sollevò un sopracciglio mentre si chiedeva perché Sam non lo avesse fatto prima. 
"Abbiamo due opzioni: continuiamo per questa strada per almeno altre tre, quattro ore e troviamo Abby. Oppure giriamo la macchina e andiamo dalla parte opposta, chiudendo per sempre ogni rapporto con lei, non ne parleremo mai più e tu ti costringerai ad andare avanti" disse Sam sospirando e facendo spallucce, osservando lo sguardo confuso del fratello. "Decidi tu". 
Dean deglutí a fatica ed osservò lo schermo per una seconda volta, mentre il segnalino che indicasse la posizione di Abby lampeggiasse ad intermittenza sulla schermata del pc, e si chiese cosa avrebbe davvero dovuto fare; il suo primo istinto era di ripartire immediatamente e correre nella sua direzione per vederla anche da lontano solamente per assicurarsi che stesse bene, ma Dean sapeva che se Abby lo avesse visto avrebbe solamente peggiorato la situazione. 
Il maggiore sospirò e guardò il fratello negli occhi, serrando la mascella e scuotendo la testa. "Che cosa devo fare? Qual è la cosa migliore?". 
Sam scosse la testa e distolse lo sguardo, sorridendo amaramente cercando di ignorare il suo mal di testa e le allucinazioni che di tanto in tanto lo infastidivano e fece spallucce. "Non lo so, però ammetto di essere preoccupato anche io. L'ho chiamata diverse volte e non mi ha mai risposto, quindi direi di andare a controllare". 
Dean sgranò gli occhi guardandolo con aria allibita, scuotendo la testa e decidendo cosa avrebbero fatto da lì a qualche ora: accese nuovamente il motore per immettersi in strada. 
Si chiese quando suo fratello avesse trovato il tempo e le forze per poter chiamare Abby. 
Forse fra un attacco di pazzia e l'altro? 
Il maggiore sbuffò e diede gas alla sua auto spingendosi fino al limite per accorciare i chilometri ed il tempo che lo dividessero da Abby nonostante la pioggia battente, e sospirò sentendo il cuore battere un po' più velocemente nel petto mentre una strana sensazione gli divorava lo stomaco. 
Sapeva che Abby non fosse una sprovveduta e che se la sarebbe saputa cavare in ogni circostanza, che era diventata la più forte e resistente di tutti nel corso degli anni, eppure Dean non riusciva a vederla in maniera diversa dalla ragazzina ventiduenne che aveva conosciuto alla Road House molti anni prima, con l'aria libertina e indipendente che avesse sempre avuto. 
Si disse che avrebbe solamente controllato, anche perché non avevano casi per le mani a cui dedicarsi né nuove tracce sui Leviatani, eppure non riusciva a fare a meno di essere preoccupato ed in ansia, sapendo che si sarebbe tranquillizzato solamente quando l'avesse vista stare bene. 
 
 
Passarono accanto alla Hyundai azzurra di Abby, che non sembrava più tirata a lucido come sempre ma anzi sembrava molto sporca all'esterno e piena di cartacce all'interno, e ciò fece storcere il naso al maggiore, il quale sapeva più di tutti quanto Abby tenesse a quell'auto e che mai l'avrebbe ridotta in quel modo. 
Dopo essersi spacciati per investigatori privati ed aver spaventato un po' il titolare del motel, riuscirono ad ottenere il numero della stanza di Abby ed i due fratelli si avvicinarono alla porta, bussando un paio di volte con forza ma non ottennero alcuna risposta, così Sam passò al piano b e scassinò la serratura dopo essersi guardato attorno, ed entrò insieme al fratello. 
La camera era ordinata, le lenzuale del letto ben ripiegate, il borsone della ragazza stava ancora chiuso sul tavolo, il bagno era pulito senza alcuna traccia di sangue ed il cestino pieno di carte che avvolgessero il cibo spazzatura che Abby adorasse tanto; Dean sorrise osservando quel particolare e poi continuò a guardarsi attorno con aria sospettosa, perché non era da lei tenere tutto così ordinato.
Tutte le volte che avessero condiviso la stanza, finiva sempre che Dean dovesse mettere un po' di ordine nel caos che Abby metteva in giro solamente per fare spazio e trovare le sue cose, per questo il ragazzo storse il naso sedendosi sul letto con un sopracciglio sollevato; anche Sam dovette pensarla in quella maniera, dato il lungo sguardo confuso che lanciò al fratello, chiedendosi cosa diavolo stesse succedendo in quel posto.
"Non lo so Dean, la stanza è pulita ed è tutto in ordine". 
Il maggiore appoggiò i palmi al materasso e sospirò guardandosi ancora attorno. "Allora dov'è Abby?". 
"Magari è uscita? Magari sta lavorando..". 
Dean sentí le parole del fratello e scosse la testa, perché c'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutta quella perfezione e candore della stanza; fece vagare lo sguardo in giro, fino a trovare il telefono della ragazza nascosto dietro alla lampada del comodino, e subito il ragazzo lo prese fra le mani, sbloccandolo e notando le molte chiamate sia di lui che di Sam, e sollevò un sopracciglio. 
Abby non andava da nessuna parte senza il suo telefono, specialmente quando cacciava da sola, perché sapeva che in caso di problemi seri avrebbe potuto cercare aiuto con una chiamata. 
Dean strinse il suo telefono fra le mani, alzandosi di scatto e scrutando ogni superficie, ogni oggetto, anche l'intero borsone alla ricerca di un indizio: ma non trovò nulla che gli potesse far capire cosa ci facesse Abby in quella camera del motel e perché proprio in quella città. 
Si sentí frustrato mentre sbatteva entrambi i pugni contro il tavolo ed imprecava ad alta voce ed ignorò le parole di conforto del fratello, che cercò di calmarlo dicendo che probabilmente sarebbe tornata presto e che fosse tutto un grande equivoco, ma Dean non ci credeva, sapeva che ci fosse sotto qualcosa. Voltò il viso verso la finestra, osservando la pioggia battere contro il vetro nel tentativo di calmarsi, quando la porta lentamente si aprí cigolando rumorosamente, attirando l'attenzione di entrambi i ragazzi che impugnarono le armi e si avvicinarono piano. 
Una volta appurato che non vi fosse nessuno dall'altra parte e dopo che Dean lanciò un'occhiata al fratello, come per dirgli che i fatti insoliti stessero accadendo ancora e che per lui fosse sempre e solo lo spirito di Bobby, lo sguardo del maggiore si concentrò sulla porta, sgranando gli occhi e scansando il fratello ed osservandola con aria sconvolta. 
Vi erano delle tracce di sangue che erano state ripulite malamente ma che comunque continuarono a rimanere intatte sulla vernice inscurita dal tempo e le indicò a Sam, iniziando a constatare che le tracce fossero alla stesse altezza del viso di Abby. 
"Io me lo sentivo! Lo sapevo, sapevo che sarebbe accaduto qualcosa di terribile se l'avessi lasciata andare!". 
 
 
 
Si mosse appena sdraiata su quel lettino all'interno di una stanza mai vista prima, sentendo la testa pulsare e farle davvero male per il colpo ricevuto; si sedette lentamente sentendo la testa girare e si guardò attorno, sollevando un sopracciglio osservando la stanza molto ampia in cui fosse rinchiusa: vi era un grosso frigo alto e doppio, con tanto di angolo cottura ordinato e pulito, ed un divano molto spazioso con una grossa tv al muro. 
Vide un piccolo tavolino in vetro con sopra delle riviste ed il telecomando, poi spostò lo sguardo su un armadio molto capiente, immaginando che all'interno vi fossero molti vestiti. 
Si alzò ed aprí una delle due porte all'interno della stanza, trovando uno splendido bagno con tanto di vasca idromassaggio e sollevò le sopracciglia, pensando di non essere mai stata rapita e portata in un luogo così lussuoso. 
Sentí la serratura della seconda porta scattare e si voltò di scatto sforzandosi di ignorare la forte emicrania che le martellasse nella testa, trovando davanti a sé lo stesso ragazzo che l'avesse ingannata nella sua stanza del motel, e si toccò le tasche alla ricerca della lama che fosse solita tenere nella giacca, ma che trovò vuota, e subito capì che mentre era incosciente l'avessero perquisita e ripulita per bene. "Sei sveglia". 
"Tu non sei Dean". 
Il ragazzo sorrise audacemente ed annuì, chiudendosi la porta alle spalle e facendo scattare nuovamente la serratura dall'interno, mettendosi il mazzo di chiavi in tasca e tornando a guardarla con un ghigno divertito sul viso. "Molto perspicace, mi complimento". 
Abby fece un passo indietro e sollevò un sopracciglio, mentre lo vide aprire il frigo e prendere due birre, porgendone una nella sua direzione e facendola scivolare sul tavolo presente tra il divano ed il piano cottura. "Ho dato una sbirciata al bagno prima: non ho trovato detersivi che contenessero borace, quindi deduco che tu sia un leviatano e non un mutaforma". 
Il ragazzo che avesse l'aspetto di Dean rise di gusto, annuendo e prendendo un sorso della birra che stringesse fra le mani mentre si appoggiava al top della cucina. "Wow: la tua intelligenza continua a stupirmi!".
Abby si morse il labbro e si mosse lentamente, avvicinandosi a stappare la sua birra perché stesse davvero morendo dalla sete, e bevve qualche sorso con aria perplessa non distogliendo mai lo sguardo da quello del ragazzo davanti a sé; non si mosse di parecchio ma mantenne sempre il tavolo fra loro, specialmente perché fosse completamente disarmata in un luogo che non conoscesse prima. "Perché mi hai portata qui?". 
"Perché a quanto pare il tuo ragazzo ed il suo fratellino stanno dando fastidio al mio capo" disse il leviatano con la voce di Dean, schiarendosi poi la voce e sollevando un sopracciglio osservando il suo corpo dall'alto in basso. "E poi perché sei uno spettacolo per la vista, ragazza". 
Abby si sentí quasi sfiorare dai suoi occhi in un modo che non le piacque per niente e serrò la mascella, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa che potesse usare contro di lui per stordirlo e rubargli le chiavi per scappare da quella stanza, ma il leviatano parve accorgersi del suo sguardo indagatore e fece qualche passo avanti, riportando i suoi occhi azzurri su di sé. "Io e Dean non stiamo più insieme, non ci lega più nulla. Non mi cercheranno, è inutile". 
Il ragazzo rise rumorosamente, scuotendo la testa e posando la sua birra sul tavolo, avanzando ancora nella sua direzione mentre osservava la donna retrocedere per girare attorno al tavolo; si fermò e capí di essere ad un punto morto, così sospirò e fece spallucce. "Avevo detto al mio capo che fosse inutile, perché specialmente questo qui ha la testa così incasinata che non sarebbe in grado neanche di far male ad una mosca". 
"Dean è un ottimo cacciatore e lui..". 
Il leviatano rise ancora e scosse la testa, facendo spallucce ed appoggiandosi con le mani allo schienale della sedia di legno, sollevando un sopracciglio ed indicando la propria testa con un dito. "Dean era un ottimo cacciatore: adesso ha la mente annebbiata da tutti i suoi pensieri ed i suoi rimorsi, sensi di colpa. Pensa sempre e solo a te, ma è troppo codardo per venirti a cercare". 
Abby si morse il labbro e capí presto che probabilmente quello fosse solamente un modo di manipolare la sua mente, ed abbassò lo sguardo perché nonostante quello davanti a sé non fosse veramente Dean, sentire certe parole dalla sua bocca facevano sempre un certo effetto; il leviatano pareva averlo capito, infatti avanzò sfruttando quel suo momento di assenza per avvicinarsi a lei senza che Abby indietreggiasse, e quando la ragazza se lo ritrovò vicino e sollevò lo sguardo verso di lui, trovò i suoi soliti occhi verdi intenti a guardarla ed intrappolarla. "Lascia che ti dica che lui si sente davvero in colpa: non mangia, non beve. Il suo amore per te è così forte che quel tradimento gli sta costando più di quanto pensasse: è patetico". 
Abby deglutí a fatica e lasciò che il leviatano le sfiorasse la spalla, scostando i suoi lunghi capelli lisci e rossicci per rimetterli sua schiena, sfiorando il suo maglione con un sorriso audace sul viso. Lasciò anche che credesse che avrebbe potuto abbindolarla con quelle parole e con lo sguardo tipico di Dean che le facesse sempre perdere la testa, fin quando si avvicinò di più per indugiare in quel tocco poco delicato, e velocemente colpì il leviatano alla testa con la sua bottiglia di birra ancora piena, facendolo cadere e disorientare per alcuni secondi; furono sufficienti perché si mettesse a cavalcioni su di lui e lo colpí al viso con una forza tale da fargli perdere conoscenza, per poi spaccare la bottiglia contro il piede del tavolo ed aprirgli la gola come se fosse fatta di burro, notando con disgusto la melma nera fuoriuscire dalla ferita. 
Vedendolo ancora intento a muoversi e tentando di ribaltare le posizioni, Abby spinse più in profondità la bottiglia fino a raggiungere le vertebre e staccarle di netto, e subito si affrettò ad estrarre il mazzo di chiavi dalla sua tasca. 
"Dannazione!". 
Imprecò per l'elevato numero di chiavi e con difficoltà cercò quella che avesse visto utilizzare al leviatano qualche istante prima, mentre lo sentiva lamentarsi e cercare di rimettersi in piedi e bloccarla, tenendosi al tavolo; ma Abby fu più veloce e trovò la chiave giusta, facendo scattare la serratura ed aprendo la porta di scatto, facendo per iniziare a correre all'interno del corridoio che le si prospettasse davanti, ma bloccandosi subito presa da un'ondata di sgomento. 
"No, no, no..". 
Capí di trovarsi nel palazzo di Dick Roman, trovando fuori dalla sua porta almeno sei leviatani che la guardarono con un grosso sorriso sul viso come se l'avessero sempre aspettata; fece un passo indietro istintivamente, sentendo il ragazzo con le sembianze di Dean avvicinarsi a lei e bloccarla dalle braccia con forza. 
Era in trappola, non sarebbe potuta uscire da quella stanza. Non con tutti quei nemici intorno. E non da sola. 
Vide Dick emergere dai leviatani che l'attendessero e sorrise compiaciuto, avvicinandosi nel suo completo di alta moda super costoso e guardandola con aria soddisfatta. 
"Abby, che piacere incontrarti di persona. Sai che il ragazzone lì dietro è il mio migliore soldato?". 
Abby deglutí a fatica, sollevando lo sguardo verso il leviatano con l'aspetto di Dean osservando la sua ferita alla gola quasi completamente risanata, e cercò di dimenarsi, ma il ragazzone la strinse più forte. Con una smorfia di disgusto e di disprezzo, Abby tornò a guardare Dick negli occhi che nel frattempo non aveva smesso un momento di sorridere. "Se questo idiota è il migliore, sei messo davvero male amico".
Dick sorrise compiaciuto delle sue parole e si avvicinò quel tanto che bastasse per sfiorarle i capelli spettinati dalla lotta con il suo uomo, studiando il suo viso e la sua espressione dopo aver notato come la cacciatrice si fosse scostata dal suo tocco. Con una semplice occhiata, diede l'ordine al leviatano che bloccasse Abby di lasciare immediatamente la presa su di lei, e poi tornò a guardarla con un sorriso. "No, mia cara ragazza: non avere paura. Qui nessuno ti farà del male: tu sei preziosa per me". 
Abby guardò nuovamente in cagnesco il ragazzo che le avesse stretto con eccessiva forza i polsi massaggiandoseli con delicatezza, e poi tornò a guardare Dick con aria accigliata. "Perché mai dovrei esserlo?".
"Perché tu per me rappresenti la chiave per il mondo". 
La ragazza lo guardò con aria disgustata e scosse la testa, allontanandosi appena dal suo viso troppo vicino e roteò gli occhi perché aveva imparato ad odiare quella parola: era la chiave della gabbia di Lucifer, la chiave del purgatorio per Crowley e adesso era la chiave per Dick. 
Qualcosa doveva essere andato storto durante la creazione, altrimenti non si spiegava come potesse essere tutte quelle chiavi contemporaneamente. "Ti prego, non dirmi che Syria andava a letto anche con te perché potrei vomitare all'idea di essere toccata dalla tua schifosa melma nera". 
Dick rise di gusto ma in maniera sobria e composta, scuotendo la testa con aria divertita e fece un passo avanti mentre Abby ne faceva uno indietro, urtando con le spalle il petto del leviatano che impersonasse Dean. "Conosco la storia di Syria, ma non eravamo amanti. Io e te eravamo compagni in Purgatorio. Tutte le volte che tornavi, mi raccontavi come si fosse evoluto il mondo e mi sono innamorato della terra. Che sorpresa quando sono finalmente riuscito a raggiungerti fin qui, ma tu non ricordavi nulla di me". 
Abby sollevò un sopracciglio, pensando che ciò che le sue parole  potessero essere vere dati i suoi trascorsi nelle alleanze sbagliate, e fece spallucce scuotendo la testa e guardandolo con aria irritata. "Non mi interessa la storia della tua vita, razza di mostro: se sei così stupido da pensare che Dean e Sam cadranno in una trappola simile, allora fa pure. Ma non sentirti deluso quando non vedrai arrivare nessuno a salvarmi". 
Dick sostenne il suo sguardo arrogante e sicuro di sé, e sorrise divertito perché amava da sempre il modo di porsi che contraddistingueva l'anima della ragazza davanti a sé; le sorrise e fece spallucce. "Loro sono già sulle tue tracce: hanno trovato la tua stanza e stanno indagando su di me, quindi sarà questione di poco tempo prima che facciano irruzione qui con le armi spianate nel vano tentativo di salvarti. Mi assicurerò che tu assista quando gli taglierò la gola e li guarderò morire". 
Abby sgranò gli occhi udendo quelle parole e sentí una folle rabbia montargli dentro, così fece per avvicinarsi e colpirlo dritto in viso, ma le due braccia possenti e forti del leviatano dietro di sé la bloccarono in una presa ferrea, evitando i suoi movimenti e facendola cadere all'interno della stanza; la ragazza ebbe solamente il  tempo di vedere Dick allontanarsi ed estrarre il suo telefono, portandoselo all'orecchio prima che la porta si chiudesse e la serratura scattasse, ed iniziò a imprecare mentre cercava un modo per poter uscire da quello strano luogo. 
 
 
 
 
"Devi darti una calmata, Dean. Ci sono almeno un centinaio di creature che avrebbero voluto vendicarsi su Abby". 
"È inutile cercare in queste registrazioni di servizio: io dico di recarci da Dick e dargli qualsiasi cosa voglia per liberare Abby". 
Sam si era interrotto per qualche secondo, increspando il labbro e sollevando un sopracciglio, seduto al tavolo della camera del motel di Abby e osservando il fratello andare avanti e indietro per l'agitazione. "Perché pensi che sia stato proprio Dick a rapirla?". 
"Perché è un figlio di puttana e abbiamo ucciso alcuni dei suoi uomini, quindi sa che siamo vicini a sconfiggerlo". 
Dean capí solamente dopo qualche altra ora di ricerca estenuante che avesse sempre avuto ragione e che il suo intuito fosse l'unica cosa inalterata che gli fosse rimasta nell'ultimo periodo: il telefono squillò l'indomani mattina presto, quando Sam si fosse appena addormentato con la testa sul tavolo ed il computer ancora acceso davanti e Dean non avesse smesso neanche un attimo di chiamare tutti i cacciatori che conoscesse per capire se avessero qualche novità sui leviatani. 
Entrambi i fratelli guizzarono lo sguardo verso il telefono abbandonato sul tavolo e subito scambiarono un'occhiata eloquente: Sam rispose e mise subito il vivavoce, e man mano che la voce sarcastica di Dick si diffondesse per la stanza, i due ragazzi provarono una forte frustrazione ed una forte rabbia. 
Dick li aveva appena minacciati velatamente, intimando loro di presentarsi il più presto possibile nel suo ufficio e confermò loro che fosse stato proprio lui a portare via Abby dalla stanza in cui adesso loro si trovassero, lasciandogli intuire che fossero sorvegliati a vista. 
Dopo avergli detto che sarebbero subito partiti, Dean chiuse la telefonata imprecando e lanciando il telefono contro muro provando per l'ennesima volta solamente rabbia. 
"Non possiamo presentarci lì così, Dean: è una trappola, ci uccideranno". 
"Hai un'idea migliore, Sam? C'è la vita di Abby in gioco". 
Sam aveva guardato negli occhi preoccupati di suo fratello che si fosse voltato qualche istante mentre sfrecciava ad una velocità illegale sulla statale che li avrebbe portati da Dick, e gli aveva sorriso annuendo con la testa. "Si Dean. Si, ce l'ho". 
 
Dean spense il motore della sua auto proprio davanti al grande grattacielo di Dick e sospirò, sperando che il loro piano funzionasse e che avrebbero trovato Abby ancora in vita; non si sorpresero quando videro degli uomini avvicinarsi a loro con un sorriso audace e li afferrarono malamente per le braccia, conducendoli all'interno di un magazzino al lato del palazzo. 
Sam e Dean si scambiarono un veloce sguardo, chiedendosi se quello potesse essere un ostacolo per il loro piano, ma confidarono nell'astuzia celeste e si misero nelle mani dell'unico angelo che gli fosse rimasto. 
Vennero spinti all'interno del magazzino freddo, umido e vuoto, ed i due fratelli vennero subito liberati dalla presa dei leviatani alle loro spalle; videro Dick scendere da una macchina nera e molto alta, osservando il modo di classe e raffinato con cui si aggiustò il lungo cappotto con un sorriso compiaciuto quando li osservò avvicinarsi. 
"Siamo qui, fa quello che vuoi con noi, ma libera Abby". 
Dick si fece appena più serio e sorrise davanti all'audacia con cui Dean gli avesse parlato, perché nessuno si rivolgeva a lui in quel modo. 
Avanzò di qualche passo ed aprì lo sportello posteriore dell'auto con i vetri completamente oscurati, intimando al leviatano all'interno di lasciare la ragazza e di farla uscire. 
Abby colpí il leviatano che l'avesse stretta fino a quell'istante con un forte pugno in viso, sbilanciandolo e facendolo cadere rovinosamente dalla parte opposta dell'auto, ed uscì fulminando con lo sguardo Dick, che invece sorrise compiaciuto. 
"Abby sarà libera ad una sola condizione: voglio la vostra testa su un piatto d'argento in cambio della sua libertà".
"No!". La ragazza sgranò gli occhi e non diede ai due fratelli il tempo di rispondere, colpendolo in viso con un pugno e afferrandolo con forza, facendogli sfondare un finestrino dell'auto con la testa; ma Dick rise di gusto e subito l'afferrò stretta, estraendo una pistola e facendo spallucce. "Sono sempre più fiero di te, piccola. Dopo tutto, eri la numero uno in Purgatorio". 
"Fottiti". 
Dick fermò con un gesto della mani i sei uomini che si fossero avvicinati per aiutarlo, dicendo loro di non preoccuparsi mentre teneva la ragazza ancora più stretta contro il suo petto. "Allora, ragazzi: che vogliamo fare? Minacciarci tutto il giorno o passare ai fatti?". 
Dean strinse la bocca in un'espressione preoccupata per l'incolumità di Abby, data la pistola carica che avesse puntata alla tempia destra, ed incrociò gli occhi azzurri della ragazza annuendo ed accennando un sorriso di incoraggiamento; il maggiore fece un passo avanti e guardò Dick negli occhi, sollevando le mani in segno di resa. "Vuoi ucciderci? Va bene, siamo venuti da soli e disarmati proprio per questo. Niente trucchetti, niente sotterfugi. Uccidici. Ma prima dimmi: cosa ti impedisce di uccidere anche Abby, dopo?". 
"L'onestà è importante per me, ragazzi. Vi assicuro che non le succederà nulla" disse Dick sorridendo ed annuendo con la testa, allentando appena la presa sulla ragazza. 
Sam rise di gusto e fece qualche passo avanti con un sorriso divertito, piantando i suoi occhi in quelli di Dick. "Davvero tu parli a noi di onestà? Allora perché non dici a tutto il paese cosa contiene il cibo che producono le tue fabbriche, mmh?". 
Dick sollevò le sopracciglia mentre lo guardava ed una parte di lui avrebbe amato controbattere, ma sapeva che fosse fiato sprecato con degli esseri insignificanti come loro; sospirò rumorosamente all'orecchio della ragazza e fece spallucce, facendo fuoco con la sua pistola contro la spalla di Abby, che inarcò la schiena e gridò di dolore. "Sembra che vogliano soltanto parlare questi due, vero Abby? Ma adesso ultima possibilità: arrendetevi o lei muore".
Sam e Dean sgranarono gli occhi e si scambiarono un'ultima occhiata, sperando che Anael avesse svolto la sua parte del piano di evasione in modo corretto: il maggiore finse di avvicinarsi vero di lui con segno di sottomissione, ma quando Dick fu quasi sicuro di aver vinto quella partita, Dean estrasse la sua pistola e velocemente sparò un colpo alle tubature in bella vista sul soffitto, spaccando uno dei tubi e facendo si che l'acqua del sistema antincendio si propagasse all'interno del magazzino, bagnando tutti i leviatani presenti, che scapparono per trovare un nascondiglio che li riparasse da quell'improvvisa pioggia acida. 
Dean corse verso Abby, afferrandola dalla braccia di Dick che si contorceva per il borace che gli sfigurava il viso e lo colpí con un forte pugno in viso, per poi prendere la ragazza per una mano e condurla fuori dal magazzino insieme a lui ed al fratello; salirono in fretta sulla macchina ed il maggiore intimò ai due ragazzi di tenersi forte, dato che si diresse a tutto gas contro l'unico cancello abbastanza massiccio che li separasse dalla strada con una forte accelerata che sarebbe costata dei forti danni al paraurti ed al motore. 
Solamente in quell'istante, Dean fu grato di essere stato costretto da Frank a lasciare la sua preziosa Impala in un garage abbandonato per guidare una semplice auto commerciale che non avesse nulla di speciale per lui, accelerando e sgommando via dal quell'orrendo posto. 
 
 
 
I punti alla spalla sinistra iniziarono a tirare facendole un male cane ed Abby strinse appena gli occhi, distesa con lo schienale inclinato all'insù mentre osservava l'infermiera avvicinarsi con una grossa flebo di antidolorifico, sorridendole gentilmente e regolando la velocità del contagocce in maniera piuttosto lenta, dicendole con dolcezza che sarebbe durata almeno due ore, prima di scomparire fuori dalla porta della sua stanza. 
La ragazza sollevò un sopracciglio del tutto spazientita e indolenzita, allungando una mano verso la rotellina della flebo ed aumentando la dose fino al massimo, pensando che in un'abbondante mezz'ora sarebbe riuscita a finire quella dannata boccia di plastica. 
Sospirò e spostò lo sguardo scocciato su quello di Dean, seduto sulla sedia di fronte al letto con i gomiti appoggiati alle cosce intento a guardarla con aria stupita sul volto, facendola sorridere divertita. "Non guardarmi così: è stato mio padre ad insegnarmelo. Riduco i tempi e l'antidolorifico farà effetto prima". 
Dean sorrise e fece spallucce, osservando il suo viso rilassarsi un po' di più in sua compagnia. "Ricordo che quando stavo al tuo posto e pensavo anche solo di fare una cosa del genere, tu mi hai sempre spiegato minuziosamente e scientificamente quanto fosse sbagliato". 
Abby sorrise e scosse la testa, facendo spallucce e guardando i suoi occhi verdi dopo tanto tempo, ricordandosi solamente in quel momento il motivo per cui se ne fosse andata, fino a quando divenne più seria distogliendo lo sguardo. 
Dean notò quel cambiamento di espressione e sospirò, mordendosi il labbro per qualche secondo. "Come stai?". 
La ragazza sollevò lo sguardo nuovamente verso il suo e fu sicura che Dean non le stesse chiedendo informazioni sul suo stato di salute fisico, dato che avesse parlato con tutti i dottori chiedendo che venisse controllata scrupolosamente. Abby accennò un sorriso amaro e fece spallucce, pensando che non ci fossero parole sufficienti per descrivere il modo in cui si sentisse davvero dentro di sé: ferita, delusa, amareggiata, vuota, nauseata, tradita, sofferente, col cuore spazzato. 
Ma si limitò a nascondersi dietro la sua maschera, proprio quella che avesse usato molto tempo prima quando conobbe i due Winchester e si accorse di starsi affezionando un po' troppo a Dean. "Splendidamente". 
Il ragazzo scosse la testa e distolse lo sguardo, abbassando il suo sguardo e pensando alle milioni di parole che avrebbe voluto dirle, alle scuse che avrebbe voluto porgerle una dopo l'altra, ed al fatto che avrebbe voluto dirgli che la sua mancanza lo paralizzava completamente, così come non avere la minima idea di come stesse, dove fosse, se cacciasse, ma Dean rimase in silenzio per dei lunghi muniti in cui sentí lo sguardo indagatore di Abby su di sé. 
Sollevò lo sguardo e sospirò, deglutendo a fatica. "Abby, cosa ci facevi in quel motel ad Austin? A cosa davi la caccia?". 
Lo guardò per qualche secondo, poi scosse la testa e tentò di sollevarsi un po' di più sulla schienale del letto, osservando le lente gocce della flebo scivolare nel tubicino e poi nell'ago che entrava nelle sue vene. "Non stavo cacciando, in realtà". 
"E sei stata lì nelle ultime due settimane, da sola? Perché?" chiese Dean aggrottando le sopracciglia, sforzandosi di capire cosa avesse fatto davvero Abby in quel periodo di lontananza. 
"Ho avuto un po' di influenza e non riuscivo ad alzarmi dal letto. Anael mi ha tenuto compagnia ed è stata davvero una brava infermiera" rispose la ragazza ridendo più energicamente, pensando che il suo angelo veglisse davvero su di lei, proprio come quello stesso giorno che avesse aiutato i Winchester a liberarla riempiendo le cisterne delle tubature antincendio con del borace puro per aiutarli a scappare. 
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia quasi arrabbiato per non essere stato chiamato nel momento del bisogno e avrebbe sicuramente detto qualcosa a riguardo, ma due colpi leggeri alla porta li fecero voltare in quella direzione, trovando una dottoressa con una folta chioma di capelli neri e con dei fogli fra le mani ed un sorriso simpatico sul volto, facendo il suo ingresso ed osservando i due ragazzi. "Salve signorina Harrison, sono la dottoressa Robinson: ho i risultati delle sue analisi del sangue. C'è qualcosa di cui vorrei parlare con lei".
Abby aggrottò le sopracciglia e deglutí a fatica, cercando di nascondere la sua paura perché sapeva che quel trattamento venisse riservato unicamente quando dovessero essere comunicate delle brutte notizie. "C-certo, mi dica". 
La dottoressa accennò un sorriso eloquente a Dean, che sollevò un sopracciglio e la guardò con aria accigliata, scuotendo la testa. "No. Io resto". 
"A meno che lei non sia il marito della signora o il suo ragazzo, non sono autorizzata a parlare dei dati sensibili della mia paziente davanti a lei".
Dean la guardò con aria seccata, per poi spostare lo sguardo su quello di Abby sicuro che avrebbe rimesso la dottoressa al suo posto, ma la ragazza divenne appena più dura e serrò la mascella con un sospiro. "No, non è mio marito, né il mio ragazzo. È solo un amico". 
La dottoressa Robinson lanciò uno sguardo eloquente al ragazzo, il quale tenne a sottolineare che avrebbe aspettato appena fuori dalla porta con aria scocciata, e la donna gli chiuse la porta alle spalle per poi avvicinarsi ad Abby iniziando a guardare i risultati delle sue analisi con un sorriso sul viso: la ragazza si tirò a sedere più in su e la guardò con il panico negli occhi, osservandola avvicinarsi al suo letto fino ad appoggiarsi ad esso. 
"Dottoressa cosi mi spaventa: se c'è qualcosa che non va me lo dica subito". 
La donna sollevò lo sguardo verso la sua paziente e scosse la testa, avvicinandosi nella sua direzione con aria di scuse e cercò di tranquillizzarla con lo sguardo mentre chiudeva immediatamente la flebo attraverso cui il forte antidolorifico stesse fluendo nelle sue vene, e le sorrise teneramente. "No, ha frainteso. Non c'è nulla di cui debba preoccuparsi, è una bella notizia: congratulazioni!".
Abby sgranò gli occhi e guardò la dottoressa come se fosse pazza, iniziando a detestare il tono stupidamente felice che utilizzasse per parlarle, ma proprio prima che potesse chiedere spiegazioni Abby notò la scritta ricamata di blu sul suo camice bianco: ginecologa
Il cuore le batté velocemente per la sorpresa e si avvicinò quando la Robinson le porse uno dei fogli che tenesse fra le mani, sgranando gli occhi e rimanendo senza fiato quando lesse cosa ci fosse scritto nero su bianco, spalancando la bocca per la sorpresa. "Oh merda". 
 
 
Si sistemò i vestiti addosso con fatica, sentendo la ferita alla spalla tirare fin troppo e maledicendo i medici per aver smesso di darle quei forti antidolorifici che la stonassero ma che le facessero passare completamente il dolore. 
Mise quelle poche cose che Sam le avesse portato il giorno precedente dal motel dentro il suo borsone, preparandosi ad uscire dall'ospedale per non metterci più piede, quando sentí due nocche battere contro la porta ed istintivamente si voltò, piegando le sue labbra in un grosso sorriso. 
Sentí le braccia possenti di Sam avvolgerle la vita e stringerla forte, tirando un sospiro di sollievo nel vederla nuovamente in piedi e fuori dall'orribile camice che le avessero dato le infermiere dopo averle estratto la pallottola dalla spalla e ricucito la ferita. 
"Allora, sei pronta a tornare dei nostri?" chiese Sam sciogliendo l'abbraccio e sorridendo, osservando il modo in cui tenesse la spalla sinistra leggermente più sollevata rispetto all'altra nel tentativo di sentire meno dolore. 
Abby scosse la testa divenendo appena più seria, lasciando scivolare involontariamente lo sguardo verso Dean che stesse dietro il fratello con espressione più seria, sospirando appena. "Senza offesa Sammy, ma è l'ultimo posto dove vorrei essere al momento". 
Dean abbassò lo sguardo e afferrò il borsone dalle sue mani senza dire una parola o commentare la sua frase, sapendo perfettamente che l'unico motivo per cui Abby avesse acconsentito a tornare con loro era solamente per la sua salute e perché i leviatani avrebbero potuto rintracciarla di nuovo se fosse stata da sola. 
Sam le fu subito vicino per aiutarla se avesse avuto bisogno e insieme cammianarono appena dietro al fratello, che si morse la lingua perché avrebbe dovuto esserci lui ad aiutarla; proprio prima di varcare la soglia di quel brutto reparto, Abby si sentí richiamare e si voltò piano per evitare uno strappo alla ferita, trovando la dottoressa Robinson andarle dietro brandendo un foglio di carta fra le mani e ricordandole di non dimenticare di prendere le sue prescrizioni. 
La ragazza afferrò il foglio con velocità, ripiegandolo subito prima che uno dei due ragazzi potesse leggere di che si trattasse e lo nascose dentro alla tasca dei suoi jeans con un sorriso imbarazzato, ringraziando la dottoressa che capí e non disse nulla. 
Dean sollevò un sopracciglio e la guardò in maniera strana, chiedendosi cosa stesse cercando di nascondere e la intrappolò con il suo sguardo. "Prescrizione per cosa?". 
Abby sorrise imbarazzata e fece spallucce, rivolgendo poi lo sguardo verso Sam con aria divertita. "Incredibilmente la mia alimentazione scorretta ha fatto sì che il mio ferro scendesse sotto i valori minimi: sono anemica".
Sam la guardò in cagnesco iniziando a blaterare che lui glielo avesse detto sin dal primo istante e che sapeva che se non l'avesse ascoltata si sarebbe trovata a quel punto o peggio, ma Abby non riuscì a ridere o prenderlo in giro come avesse sempre fatto in quelle circostanze, perché sapeva dentro di sé di avere appena mentito ad entrambi e che sarebbe stata dura nascondere la verità fino a quando non avesse preso una decisione.
Sfuggì allo sguardo indagatore di Dean che pareva essersi accorto di quel minimo dettaglio, e tornò a sorridere avvicinandosi a Sam ed iniziando a dirgli quanto non gli importasse del suo ferro, perché lei non avrebbe mai cambiato la sua alimentazione per mangiare piante e legumi come un'erbivora; arrivarono fino alla macchina ed Abby si sistemò sul sedile posteriore, ignorando per tutto il tempo del viaggio lo sguardo indagatore che Dean le riservasse attraverso lo specchietto, mentre inconsciamente si carezzava il ventre. 

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Capitolo 40
*** Capitolo 33. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 33.
 
 
Si risvegliò nel piccolo letto singolo del motel, stiracchiandosi appena e sentendo lo stomaco brontolare per la fame fino a farle male, ed Abby sorrise divertita perché ultimamente il suo appetito stava cambiando e stava superando persino quello di Dean. 
Rimase qualche istante in più a letto, avvolta dal tepore delle coperte e si sfiorò l'addome piatto sotto le lenzuola, accennando un piccolo sorriso amorevole. 
Guardò la luce tenue del sole filtrare dalla finestra e colpirle delicatamente il viso, facendola voltare e accoccolarsi meglio sotto le coperte. 
Era tornata con i Winchester da poco più di due settimanae, la ferita alla sua spalla era quasi ormai del tutto guarita e prendeva le pillole che le avessero prescritto in ospedale per rialzare il ferro, mentre la verità la ossessionava pensando che fosse questione di tempo prima che i ragazzi capissero. 
Sapeva che se Dean avesse saputo sarebbe diventato più apprensivo del solito nei suoi confronti e che avrebbe provato a metterla al sicuro in ogni caccia, allontanandola dal loro mondo e spedendola chissà dove.
Eppure le piaceva ancora quando il ragazzo dimostrasse tutta quella preoccupazione per lei, specialmente quando arrivarono al motel la prima notte dopo l'ospedale, dove Dean le avesse chiesto di poter rimanere nella sua stanza per quella notte almeno per accertarsi che stesse bene, ma Abby lo aveva spedito indietro nella camera del fratello perché non lo voleva così vicino a lei. 
Abby sospirò e si tirò su a sedere, pensando che si sentisse davvero preoccupata per Sam, che ultimamente stesse male peggio del solito con le sue allucinazioni e che fosse arrivato persino a privarsi del sonno per non vedere più Lucifer intorno a sé. 
Lei e Dean avevano davvero provato di tutto, avevano sperato che in qualche modo avrebbe trovato un guaritore, uno sciamano voodoo che avrebbe potuto fargli un incantesimo e addirittura avevano pensato di richiamare Morte, ma nessuna della opzioni si era rivelata d'aiuto. 
Nel frattempo i leviatani continuavano ad acquistare terreno poiché Dick, oltre ad aver commercializzato la forte droga nel cibo che riducesse la popolazione in schiavi, aveva anche mandato i suoi uomini a sterminare Franck. 
La ragazza sbuffò e scosse la testa, massaggiandosi appena lo stomaco e trovando il lato positivo a tutta quell'orrobile faccenda, e fece per alzarsi e recarsi in bagno, quando udì dei forti colpi decisi contro la sua porta, facendola sobbalzare. 
"Apri, sono io!". 
Abby aprí la porta senza pensarci, riflettendo solamente dopo che quello davanti a lei potesse essere un mutaforma o un leviatano, e sgranò gli occhi quando vide lo sguardo impaurito di Dean, che entrò senza aspettare un invito. "Dobbiamo andare! Prepara le tue cose". 
"Calmati, che è successo?". 
Dean la guardò con aria agitata mista a preoccupazione e scosse la testa, ed in quel momento Abby si rese conto che Sam non fosse con lui e qualcosa di grave sarebbe potuto succedere. "Dov'è Sam?". 
 
 
 
Guardò lo schermo all'interno del furgone dentro cui si trovassero, sbuffando sonorosamente seduta su una delle sedie che i ragazzi avessero fatto entrare dentro il retro del veicolo ed estrasse dall'involucro di carta il suo panino ricco di carne e di proteine che avrebbero fatto bene non solamente a lei. 
Sapeva di trovarsi ancora nel bel mezzo di una caccia molto importante, eppure Abby non riuscì a fare a meno di chiudere gli occhi e gemere di piacere mentre masticava quel delizioso panino a cui avesse pensato tutto il giorno; sollevò lo sguardo e vide i due Winchester guardarla con aria allibita, perché non capivano come Abby potesse pensare a mangiare in un momento di tensione come quello. 
Dean scosse la testa e rise nervosamente, tornando a guardare lo schermo e lanciando di tanto in tanto uno sguardo al fratello seduto accanto a sé e non riuscendo a capacitarsi come tutto ciò fosse possibile: Sam, la settimana precedente, era finito in un ospedale psichiatrico in seguito ad un incidente dovuto alla sua carenza di sonno e alle allucinazioni su Lucifer, e Abby e Dean si erano messi all'opera per trovare qualcuno che potesse sistemare il problema di suo fratello. 
Erano giunte voci di un guaritore, Emmanuel, e quando i due cacciatori lo trovarono, rimasero sbalorditi scoprendo che si trattasse proprio del loro angelo Castiel con una forte amnesia che non gli facesse ricordare nulla di chi fosse realmente e delle azioni che avesse commesso. 
Abby pregò Anael, che li raggiunse immediatamente e rimase di stucco quando Castiel la guardò con uno sguardo smarrito, allungando una mano per presentarsi. 
Ben presto furono raggiunti da Meg e, nonostante non si fidassero di lei, le permisero di aiutarli dato che l'ospedale psichiatrico dove fosse rinchiuso Sam fosse gremito di demoni e da soli non ce l'avrebbero fatta. 
Anael e Castiel tornarono ben presto a fare squadra, annientando tutti i demoni e permettendo il loro ingresso nell'ospedale, ed Anael sentí il cuore spezzarsi ancora una volta quando vide il suo compagno sacrificarsi e prendere il posto di Sam, assorbendo da lui la parte malata dell'inferno che non lo lasciasse più vivere. 
Dean si schiarí la voce e tornò al presente, osservando il fratello tornato in perfetta salute al suo fianco, mentre Abby deglutiva l'ultimo morso del suo panino con aria scontenta perché se lo avesse avuto a portata di mano ne avrebbe mangiato un altro, e il maggiore scosse la testa cercando di metabolizzare ciò che fosse accaduto: aveva finalmente ritrovato il suo migliore amico e l'aveva perso di nuovo senza che potesse far nulla per aiutarlo. 
Ed il fatto che Meg fosse rimasta in ospedale per vegliare su di lui non lo tranquillizzò per niente. 
Allo stesso tempo i due Winchester avevano ripreso la loro caccia sui leviatani, quando vennero contattati dal fantasma di Bobby. 
Dean sapeva che il loro vecchio amico non fosse andato via, lo aveva capito ormai da molto tempo, eppure Sam ed Abby non ne erano mai stati troppo convinti, ma quando lo videre materializzarsi nella stanza non potevano che essere grati di poterlo rivedere e parlare con lui ancora una volta.
Sam ed Abby si chiesero per quanto sarebbe durata quella particolare condizione, prima che Bobby desse di matto ed impazzisse diventando uno spirito vendicativo, perché era questo che sarebbe stato destinato a diventare se non fosse passato oltre. 
"State zitti". 
Dean chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente, portandosi il microfono vicino alle labbra per parlare con Charlie, la ragazza che stessero usando per decriptare le mail di Dick e che a sua volta il capo dei leviatani l'avesse usata per accedere al hardisck di Frank, e scosse la testa, sapendo che i due ragazzi l'avrebbero preso in giro da lì a breve. 
"Charlie, ripeti dopo di me: Wow, che grandi muscoli! Qualcuno qui sta andando molto più spesso in palestra. Oltre a questo, nel tempo libero inviti anche le belle ragazze a bere qualcosa insieme?". 
Sam ed Abby trattennero una risata e Dean lì fulminò con lo sguardo, sentendosi improvvisamente sporco e orribile per aver pronunciato delle frasi del genere, nonostante sapesse che il raggiungimento del loro obiettivo valesse tutti quegli sforzi. 
 
 
 
Guardarono il pullman allontanarsi sempre di più ed i tre cacciatori non riuscirono a far altro che sorridere, perché Charlie aveva dato loro una forte soddisfazione e prova di coraggio, decriptando la posta di Dick e facendoli arrivare in tempo per prendere un pacco destinato proprio a lui che stesse cercando di proteggere con le unghie e con i denti, operando uno scambio di valigette. 
Sperarono di non vedere più Charlie per il suo bene, dato che stava andando via con un braccio rotto e cambiando nome e città per non farsi trovare da Dick; Sam ed Abby detestarono aver avuto ragione su Bobby, dato che quando le cose si fossero messe male per Charlie si fosse materializzato per salvarla ma nel farlo le avesse fatturato un osso.
Il processo di trasformazione di Bobby stava avvenendo fin troppo velocemente ed i tre cacciatori sapevano cosa volesse significare e come avrebbero dovuto comportarsi: avrebbero dovuto bruciare la fiaschetta a cui Bobby fosse legato e l'avrebbero dovuto fare in fretta, prima che Bobby diventasse qualcosa che non sarebbe mai voluto diventare e non avrebbe più ottenuto un posto nel Paradiso che meritava, eppure perderlo di nuovo faceva troppo male. 
I tre ragazzi non persero tempo e cercarono subito di capire cosa contenesse la valigetta tanto ambita da Dick, ma non avrebbero mai immaginato che nel momento in cui si fosse aperta, avrebbero trovato un pezzo di pietra con delle strane scritte incise sopra, decisamente in una lingua del tutto incomprensibile per loro che esulasse anche dall'enocchiano. 
Per completare, le stranezze di Abby non accennavano a smettere e Dean non le prese sotto gamba, iniziando a credere che qualcosa non andasse seriamente in lei, ma alla fine Dean si rispose che fosse tutta colpa sua se Abby comportasse un modo strano: per quanto la ragazza non lo desse a vedere, sorridesse e parlasse esattamente come prima, Dean sapeva di averle fatto un torto davvero grande e che non sarebbe stato facile da superare. 
Ma quando quella mattina, addormentati in un'unica stanza, il telefono del maggiore squillò e Meg gli diede notizia che Castiel fosse riuscito a riemergere dallo stato comatoso in cui fosse rimasto bloccato dopo aver curato Sam, i due ragazzi scattarono subito in piedi per prendere l'auto e dirigersi nuovamente verso la clinica in cui si trovasse il loro amico, ma ben presto l'attenzione del maggiore venne attirata dal fratello, che provò a chiamare Abby ancora dormiente sul letto, senza però ricevere risposta.
Dean si avvicinò a grandi passi al letto, scuotendo la ragazza che dormisse serena e con un sorriso sulle labbra, ma Abby non reagì al suo tocco, facendo salire il panico in entrambi i Winchester. 
Sam aggrottò le sopracciglia e si guardò attorno, frugando poi nel borsone della ragazza per capire se avesse fatto uso di qualche sostanza che l'avesse portata a dormire in quella maniera così profonda, ma trovò nella tasca più interna solamente dei flaconi arancioni di vitamine, che gli fecero sollevare un sopracciglio, non capendo cosa le stesse accadendo. 
"Abby andiamo, che ti succede?" chiese Dean sospirando e scuotendola nuovamente con maggiore forza, ma quando non ottenne nuovamente risposta infierí con le dita sulla sua ferita alla spalla sinistra. 
Abby sussultò subito, sgranando gli occhi e sedendosi di scatto sul letto, scansando le dita del ragazzo e toccandosi la ferita con forza mentre lo guardava in cagnesco provando dolore. "Ma sei pazzo?".
"Ti chiamiamo da un po', non ti svegliavi: cos'avrei dovuto fare?" chiese il maggiore allargando le braccia e sospirando, scusandosi con lo sguardo ma accennando un sorriso divertito per la sua espressione furiosa. "Mi sono spaventato". 
Abby sgranò gli occhi e si massaggiò delicatamente la spalla, sospirando e scostandosi appena la maglietta per controllare che i punti fossero ancora attaccati e che non fossero saltati. "E dovevi farmi male per forza?". 
Sam si schiarí la voce e si avvicinò guardandola con aria curiosa, cercando di capire qualcosa che avesse sulla punta della lingua ma gli sfuggisse, qualcosa che sembrasse così ovvio ma a cui non arrivasse. "Da quand'è che hai il sonno così pesante?". 
Dean volse lo sguardo verso il fratello notando la sua espressione indagatrice, e sollevò un sopracciglio guardando nuovamente la ragazza, che si coprì in fretta e tornò a guardarli entrambi. "Già. Quando dormivamo insieme ti infastidivi anche solamente se respiravo, adesso dormi anche con me e Sam che facciamo rumore ed il telefono che squilla?". 
Abby si morse il labbro trovandosi spiazzata ma non senza parole, e scese dal letto con un sorriso divertito sulle labbra, superando entrambi ed afferrando la sua giacca. "Ero molto stanca, in fondo non ci siamo fermati un attimo in queste settimane e non ne potevo più di sentire le tue stupidaggini, Dean". 
Sam sorrise e si rilassò appena, seguendo la ragazza ed iniziando a sistemare il suo pc e le loro cartelle, mentre Dean sosteneva lo sguardo della ragazza non mollando la presa, perché riusciva a cogliere certi segnali nelle nuove abitudini di Abby che avrebbero dovuto fargli capire cosa nascondesse, ma che non capisse davvero fino in fondo. Sospirò ed imitò il fratello, raccogliendo le sue cose sparse per la stanza e mettendosi la giacca; salirono in auto tutti e tre, e Dean si sistemò meglio sul sedile prima di accendere il motore per uscire dal parcheggio, quando Abby sbucò dal sedile posteriore e gli sfiorò delicatamente la giacca, incrociando i suoi occhi dallo specchietto retrovisore. "Lo so che dobbiamo correre da Castiel, ma portami a prendere qualcosa da mangiare prima, per favore. Sto morendo di fame". 
 

 
"Sempre felice di sanguinare per i Winchester!".
Abby aveva visto Castiel, o almeno una strana versione di lui, passare ai due ragazzi una fiala con dentro il suo sangue come primo ingrediente per prepare un incantesimo che avrebbe distrutto i leviatani; avevano da poco scoperto l'esistenza di un altro profeta, Kevin, un ragazzo brillante con un futuro davanti che si era ritrovato invischiato in quella spiacevole situazione, ma l'unico in grado di leggere e decifrare ciò che fosse scritto nella tavoletta tanto ambita da Dick.
Erano necessari altri ingredienti, come il sangue di un alfa e di un demone, e in pochi giorni i tre cacciatori riuscirono a raggruppare tutti i componenti che servissero loro, compreso un osso di una suora virtuosa. 
Quando tutto parve essere pronto per la battaglia finale, Meg si recò dai cacciatori nel casolare di Rufus portandosi dietro Castiel, informandoli che Dick avesse preso Kevin e, come se non bastasse, Bobby si era finalmente reso conto di stare diventando un fantasma vendicaticativo, furioso per esser stato ucciso da Dick. 
Quando i due fratelli si allontanarono dal piccolo soggiorno della casa di Rufus per recarsi in auto per prendere la fiaschetta e discutere se quella fosse la giusta cosa da fare, Abby rimase a guardare Bobby con un sorriso amaro sul viso, pensando che le sarebbe mancato e che nonostante tutto fosse stato piacevole averlo avuto vicino in quell'ultimo periodo. 
"Tesoro, volevo parlare con te prima di.. Di andare oltre".
Abby lo guardò e aggrottò le sopracciglia, guardandosi attorno e trovandosi sola insieme a lui, avvicinandosi lentamente. "Si Bobby, mi prenderò cura di loro e starò attenta che non facciano stupidaggini". 
"Oh, so che lo farai. Ma non è questo a cui mi riferisco.." sussurrò Bobby sospirando e divenendo un po' più serio, per poi indicare una parte specifica del suo corpo. "Non credi di dover fare qualcosa a proposito del tuo problemino?". 
Abby sgranò gli occhi sforzandosi di capire a cosa si riferisse, quando seguì il suo sguardo addolcito e istintivamente si portò le mani al ventre, accennando un sorriso. "Come fai tu a..". 
"Sono un fantasma, tesoro: vedo e sento tutto, anche quello che non vorrei. Come te e Dean.." sussurrò Bobby sospirando rumorosamente ed avvicinandosi alla ragazza, che nel frattempo si fosse seduta sul divano abbassando lo sguardo lucido. Bobby era sempre stato per loro un punto di riferimento che spesso risolveva per loro le discussioni, facendo tornare il senno ad ognuno di loro: voleva provare almeno a spianare la montagna di rabbia che vi fosse ancora fra Abby e Dean. "Lui è davvero dispiaciuto per ciò che è successo, io lo so: Dean ha fatto un errore solamente perché nella sua mente da idiota, farsi odiare da te sarebbe stato più facile che vederti morire". 
Abby sollevò lo sguardo verso di lui, con occhi sgranati e aria sconvolta, mentre il cuore le batteva più velocemente nel petto. "Ma di che stai parlando?". 
Bobby accennò un sorriso amaro e sospirò, facendo spallucce e sedendosi accanto a lei. "Sono qui con voi da molto prima che vi accorgeste di me e ho visto tante cose, come il suo modo di reagire alla morte. Dean aveva il terrore che ciò che fosse successo a me, potesse accadere anche a te. Ha fatto ciò che ha fatto, solamente per allontanarti e spingerti via da questa vita, sapeva che era l'unico modo". 
"Non era l'unico modo, poteva parlarne con me e avremmo trovato una soluzione insieme, come abbiamo sempre fatto" rispose Abby con aria agitata, scuotendo la testa e sentendo gli occhi pungere e la voce tirare, continuando a sfiorarsi il ventre come se potesse proteggerlo da quella verità. 
"Immagino di sì, ma Dean fa sempre scelte estreme: come vendere l'anima per salvare chi ama e condannarsi all'inferno o andare a letto con una sconosciuta solamente per ferirti e farti andare via, facendosi odiare" disse Bobby sospirando e sorridendole per infonderle un po' di coraggio, pensando quanto quei tre stupidi e le loro vicende gli sarebbero mancati. "Non sto dicendo che devi perdonarlo, sto dicendo che Dean merita di sapere ciò che ti sta succedendo perché riguarda anche lui". 
Abby abbassò lo sguardo e scosse la testa con sicurezza, chiudendo sul petto il cardigan che indossasse e stringendosi in esso come se stesse costruendo una fortezza.
Bobby avrebbe tanto voluto prenderla per mano o sfiorarle i capelli, mentre beveva il suo bicchiere di Bourbon che avrebbe reso le sue parole più fluide. Ma fece spallucce e le sorrise nel tentativo di infonderle un po' di coraggio. "Starai bene, Abby. State per formare una famiglia, tesoro: è una notizia fantastica. So che saprai prendere la scelta giusta". 
Lo guardò con le lacrime agli occhi ed Abby avrebbe tanto desiderato di abbracciarlo, sentirsi al sicuro. Bobby era tutto ciò che le rimanesse di una figura paterna, non voleva perderlo. 
Aprì la bocca per fargli sapere che avrebbe riflettuto a lungo prima di prendere una decisione definitiva, ma la conversazione venne prontamente interrotta dalla porta di ingresso che si aprì, facendo entrare i due ragazzi con la fiaschetta fra le mani; si asciugò le lacrime di alzò dal divano ed ognuno disse addio a Bobby nel proprio modo, fin quando l'anziano cacciatore fu pronto e disse a Dean che fosse arrivato il momento di gettare la fiaschetta che lo tenesse ancorato al loro mondo, fra le fiamme del camino ed i cacciatori lo salutarono per l'ultima volta,  
 
 
"Dick ci sta aspettando, giusto? Allora faremo un'entrata in grande stile". 
Abby sorrise amaramente sentendo le parole di Dean, osservandolo indicare la sua Impala che tornava in pista dopo tanto tempo nascosta in un magazzino; osservò Castiel, Meg e Sam tornare all'interno del casolare di Rufus, pensando a quando Anael fosse andata via perché era troppo difficile per lei restare ad osservare il modo in cui il suo compagno angelico si fosse ridotto e come andasse dietro a Meg come un cagnolino, e scosse la testa. 
Ma Abby aveva osservato la scena in silenzio, mentre i suoi pensieri vagavano e la paura avesse la meglio su di lei. 
Pensò alle parole di Bobby e sorrise annuendo osservando Dean in piedi nel parcheggio del motel, che ancora accarezzava la carrozzeria della sua Impala pensando a ciò che avesse in serbo per lei: se fossero sopravvissuti all'attacco dell'indomani alla SucroCorp sicuramente come prima cosa Dean l'avrebbe rimessa a nuovo, lavorando sulla sua piccola per farla tornare all'antico splendore. 
Poi si sarebbero presi una lunga pausa rilassante, giusto per riorganizzare le idee ed Abby avrebbe dovuto dire la verità a Dean: dentro di sé, Abby aveva preso una decisione nel momento in cui la dottoressa Robinson le avesse rivelato i risultati delle sue analisi del sangue. 
Doveva solamente rivelarlo a Dean, non avendo la più pallida idea su come avrebbe potuto prenderla. 
Si schiarí la voce e si avvicinò al ragazzo che si voltò a guardarla con aria più seria del solito, studiando la sua espressione ed il modo in cui si fosse avvicinata a lui. 
Dean incrociò il suo sguardo e accennò un sorriso, mentre pensava che Abby non fosse mai stata bella come in quel momento.
Con uno sguardo era stata in grado di togliergli il fiato più del solito, facendolo rimanere perplesso sull'effetto che Abby avesse su di lui dopo tutti quegli anni.
Dena aveva notato il modo in cui la ragazza avesse modificato alcune sue abitudini, come per esempio non toccare alcolici o fumare, ed il modo in cui le pillole per il ferro le aprissero l'appetito ancora più del solito, il modo in cui fosse sempre ottimista e di buon umore nonostante la brutta situazione in cui si trovassero. 
"Senti Dean, mmh.. Ciò che succederà domani.. Io.." sussurrò Abby sospirando rumorosamente ed appoggiandosi alla fiancata dell'Impala con un debole sorriso sulle labbra e facendo spallucce. "Lo farò io. Lo ucciderò io. Ho un conto in sospeso". 
Dean trattenne una risata e scosse la testa, tornando a guardare e sfiorare la carrozzeria della sua auto, sentendo lo sguardo della donna su di sé. "Perché vuoi farlo tu?". 
Perché così non sarai costretto a farlo tu pensò istintivamente Abby e si morse un labbro, trattenendo quelle parole ma udendo nella sua voce un pizzico di amarezza. 
Così attirò la sua attenzione su di sé e divenne più seria, annuendo convinta. "Perché mi ha rapita e mi ha quasi fatta ammazzare e..". 
"Quindi è per vendetta? Per questo vuoi farlo tu?" chiese Dean studiando il suo sguardo e sollevando un sopracciglio, osservando però la sua espressione convinta. 
Abby si mise un po' più dritta con la schiena e lo guardò storto per qualche secondo, serrando le braccia al petto e fissandolo negli occhi. "Finiresti per farti uccidere: anche se io venissi ferita, mi rigenerei più velocemente di te e..". 
"Va bene, Abby". 
Rimase per qualche secondo in silenzio, non aspettandosi che il ragazzo cedesse così velocemente e sollevò un sopracciglio per capire se Dean la stesse solamente tenendo buona per non farla impazzire, ma vide il suo sguardo sicuro di sé e onesto, così si rilassò appena e sorrise. "Ok, allora". 
La ragazza sorrise felice e distolse lo sguardo dal suo, voltandosi in silenzio e fece per raggiungere gli altri all'interno del casolare, continuando a sentire lo sguardo di Dean sulle sue spalle; le parole di Bobby tornarono nella sua mente e distrattamente si fece più stretta nel suo cardigan, rabbrividendo appena per la brezza della sera. 
Rise nervosamente pensando che lei e Dean si ritrovavano sempre in una situazione come quella, che fosse colpa di Abby o di Dean, era sempre difficile mantenere stabile la loro relazione. 
"Mi dispiace tanto, il mio comportamento è stato da codardo e da vigliacco. Le mie parole non valgono niente, lo so, ma voglio che tu sappia che ho commesso un errore pensando che tu saresti andata via, perché avevo paura di vederti morire. Volevo che te ne andassi, che ti mettessi in salvo lontana da me e da questa vita che tu non meriti: voglio che tu sia felice, ragazzina. Che abbia un uomo che ti ami per bene, qualche marmocchio da crescere e una vita normale". 
Si fermò di colpo e sobbalzò come se quelle parole l'avessero toccata o bruciata facendole male, ed Abby si voltò nella sua direzione immediatamente, serrando la mascella e guardandolo con occhi lucidi. 
Avrebbe voluto dire tante cose, ma un groppo in gola glielo impediva, specialmente quando vide Dean avvicinarsi lentamente nella sua direzione con un sorriso amaro. "Non ti sto chiedendo di tornare insieme, perché so di aver distrutto tutto. Ti chiedo solamente di perdonarmi e quando questa storia sarà finita, voglio che torni a casa con i tuoi fratelli per vivere la vita che desideri davvero, Abby".
La ragazza abbassò lo sguardo sentendo gli occhi pizzicare e formare lo strato lucido, e tirò su con il naso sospirando rumorosamente; si portò i capelli dietro l'orecchio ed accennò un sorriso amaro sollevando lo sguardo verso di lui.
"Non ho mai portato rancore verso di te: ti ho perdonato immediatamente. La verità è che qualsiasi cosa tu possa fare, io la perdonerò sempre.." sussurrò Abby sospirando rumorosamente e togliendosi quel grosso peso dal cuore, sentendosi afferrare una mano con una stretta delicata, da cui però non si ritrasse. "Non è cambiato niente per me, Dean. Non cambierà mai quello che provo quando stai vicino a me, quando mi tocchi o mi guardi così. Mi hai ferita e questo fa male, ma se vuoi dimostrarmi il tuo dispiacere, non farmi scherzi domani: lascia che sia io ad uccidere Dick per sempre. Per favore, voglio solamente proteggerti: lasciamelo fare". 
Non fu sorpresa quando lesse nei suoi occhi gli stessi sentimenti che avesse sempre visto e lo sentí avvicinarsi di più a lei; le sue mani risalirono fino alle sue guance e Dean si chinò su di lei per unire le loro labbra in un bacio dolce e lento. 
Abby chiuse gli occhi e gli cinse il collo con le braccia, mentre Dean la teneva più stretta a sé e sentiva il cuore battere più velocemente dall'emozione, soprattutto perché Abby lo aveva scelto ancora una volta; Dean non sapeva decidere se quella scelta fosse giusta o sbagliata, ma era così teso per lo scontro con Dick dell'indomani che non voleva rovinare quel momento insieme ad Abby che poteva essere l'ultimo. 
Mentre lo baciava e provava gli stessi sentimenti di sempre, Abby fu tentata di scansarsi da quel tocco solamente per dirgli ciò che stesse accadendo nel suo corpo, dirgli che presto non si sarebbe trattato solamente di loro due. Ma sapeva che se Dean ne fosse venuto a conoscenza, le avrebbe impedito di affrontare Dick, così si limitò a rimanere in silenzio quando Dean l'allontanò appena per guardarla meglio in viso. "Te lo prometto, Abby. Niente scherzi domani". 

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Capitolo 41
*** Capitolo 34. ***


HUNTER'S LEGACIES
Capitolo 34.
 
Un anno e mezzo dopo.
 
 
La luce dell'alba filtrò dalla finestra della sua stanza del motel sfiorandole il viso e disturbando il suo sonno, ed Abby si mosse in maniera scocciata, girandosi dalla parte opposta nel grande letto perché era appena riuscita ad addormentarsi dopo una lunga caccia in solitaria ad un piccolo branco di licantropi che avevano iniziato ad uccidere a Minneapolis, nutrendosi dei loro cuori. 
Abby era arrivata appena in tempo quella volta, impedendo che quei mostri uccidessero un'intera famiglia che avessero trascinato nella loro tana nel cimitero per trasformarli nella loro cena; aveva ucciso i mostri decapitandoli con una lama d'argento e aveva messo in salvo la famiglia, riaccompagnando a casa i due genitori e la loro figlia di 4 o 5 anni, la quale prima di salutarla le chiese di chinasi per stringerle braccia al collo con dolcezza e ringraziarla. 
Si girò ancora una volta nel letto con aria scocciata e sbuffò, incapace di prendere sonno e pensando che quel ritmo l'avrebbe uccisa. 
Ormai da quattro mesi aveva ripreso la sua attività da cacciatrice, dopo che il suo problemino così come lo avesse definito Bobby con un sorriso, fosse stato risolto. 
Appoggiò la schiena sul materasso e si passò una mano sul viso, sospirando rumorosamente mentre fissava il tetto con occhi aperti perché ogni volta che li chiudesse, le immagini di ciò che accadde nei laboratori della Sucrocorp tornavano a tormentarla. 
"Pensavi davvero di riuscire a battermi così?". 
Abby ricordava il modo in cui Dick avesse riso di gusto, estraendo dal suo petto l'osso che lei gli avesse appena piantato nel cuore e lo vide divertirsi mentre lo spezzava davanti ai suoi occhi increduli: si instaurò in lei il panico, pensando che Crowley li avesse traditi e immediatamente cercò lo sguardo di Dean dietro il leviatano, che invece le sorrise e le fece l'occhiolino convinto di ciò che stesse facendo. 
Dick la colpì al viso con una forza tale da scaraventarla dalla parte opposta del laboratorio, facendole atterrare su un tavolo di metallo con la schiena, interrompendole il respiro e facendola cadere rovinosamente a terra; ma Abby non si diede per vinta e si sollevò quel tanto che bastasse per vedere Dean estrarre dalla sua giacca il vero osso della suora su cui avessero fatto l'incantesimo, colpendo Dick dritto al collo con un sorriso compiaciuto. 
"No, infatti dovevamo solamente prenderti di sorpresa
Abby accennò quasi un sorriso vittorioso quando vide Dick contorcersi dal dolore, osservando Dean e Castiel vicini che erano sicuri di aver ucciso il leviatano e di aver vinto quell'ennesima guerra: ma niente si può ottenere senza un prezzo molto alto da pagare. 
La ragazza venne soccorsa da Sam, che l'aiutò a rimettersi in piedi accertandosi che stesse bene e si chinò su di lei per proteggerla con il suo stesso corpo quando una forte esplosione soprannaturale coinvolse il laboratorio; quando si voltarono, entrambi i ragazzi non videro più Dean né Castiel, ma al loro posto solamente Crowley che portò via il loro profeta, mentre con un sorriso divertito li informava che quell'osso era un'arma a doppio taglio, facendogli intuire che Dean e Castiel fossero morti. 
Abby sbatté le palpebre e tornò al presente, cacciando quei ricordi dalla sua mente mentre sentiva le lacrime tornare sui suoi occhi; dalla sera in cui Dean e Castiel fossero spariti, Abby aveva perso tanti di quei pezzi del suo cuore che aveva iniziato a pensare che non sarebbe mai tornata tutta intera come un tempo. 
Sentí qualcuno bussare alla sua porta e roteò gli occhi, alzandosi dal letto in modo molto stanco e sollevandosi dal letto per avvicinandosi all'ingresso, trovando dall'altra parte l'unica persona che non avesse mai lasciato il suo fianco in quel duro e difficilissimo anno e mezzo. 
Senza pensarci Abby si tuffò fra le braccia della donna, abbracciandola forte e chiudendo gli occhi sentendosi a casa, sorridendo serenamente. "Anael, è bello vederti". 
L'angelo sorrise e le sfiorò la testa, sciogliendo subito l'abbraccio perché nonostante si sentisse molto vicina alla sua amica, certe esternazioni la facevano ancora sentire a disagio, e osservò le ferite sul suo viso e sulle sue braccia con un sopracciglio alzato ed aria di rimprovero. "Sei di nuovo andata a caccia da sola?". 
"Lo sai che sono testarda" disse Abby ridendo appena, facendole cenno col capo di entrare ed andando a versare un grosso bicchiere di Whisky, appoggiandosi al tavolo e prendendone qualche sorso. "Da quando bussi e non appari nella stanza in silenzio?". 
Anael sospirò e la guardò bene, osservando il modo in cui fosse diventata fin troppo magra e la pelle del volto stesse iniziando a diventare fin troppo scavata e pallida, mentre della vera Abby restava soltanto un lontano ricordo: l'angelo sapeva quanto la sua amica avesse perso durante quell'anno, dopo aver perso anche Dean. 
L'aveva vista in tutti gli stati nel corso degli anni, ma quando la vide tornare dal laboratorio della SucroCorp con quell'aria distrutta ed il cuore spezzato, Anael ebbe davvero paura: fu difficile per lei far parlare la sua amica, nonostante avesse capito che qualcosa stesse accadendo al suo corpo, poiché gli angeli riuscivano a sentire quando una nuova vita veniva generata. 
Capì il suo punto di vista e la voglia di sparire e proteggere, ed Anael l'aiutò a nascondersi per bene: nessuno aveva saputo dove fosse fuggita per tutto quel tempo, neanche i suoi fratelli o Sam. 
Le dispiace averli lasciati per quel periodo, ma era necessario: il fatto che lei restasse nascosta e che nessuno sapesse la verità, era vitale affinché restasse protetta. 
Quando fu in grado di tornare allo scoperto, aveva fatto visita a Sam, scoprendolo a vivere in Texas con una donna davvero dolce e carina, che era stata molto ospitale con lei senza neanche conoscerla, invitandola a rimanere per tutto il tempo che volesse, ma Abby non poteva. 
Aveva ancora molto da fare e si congedò presto, salutando Sam e stringendolo in un forte abbraccio, felice che almeno uno dei due fosse riuscito a cambiare vita. 
La tappa successiva fu per lei Louisville, dove incontrò nuovamente i due fratelli e sentí Dan molto arrabbiato nei suoi confronti, dicendole di averlo fatto morire di paura e che avesse creduto che lei fosse morta quella notte insieme a Dean. 
Li rassicurò, dicendo loro che non sarebbe mai più mancata da casa per tutto quel tempo, dato che non avesse fatto sapere più nulla di sé per i sei mesi successivi all'attacco alla SucroCorp, dicendo loro che si sarebbe fatta viva più spesso ma che la sua vita era la caccia e lo sarebbe stata per sempre. 
Fu dura per Abby lasciare quella casa, mantenendo quel segreto dentro di lei e non essendo onesta con i suoi fratelli, eppure riuscì a sorridere ed a far finta di nulla poiché sapeva che fosse per uno scopo più importante. 
"Da quando vivo con te mi sento sempre più umana, ho quasi dimenticato il Paradiso" disse l'angelo sorridendo con rammarico, muovendosi all'interno del nuovo completo scuro che Abby le avesse regalato per farle cambiare il suo vestito rosa da ragazzina, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni neri abbinati alla giacca. "E tu? Come stai?". 
La ragazza fece un sorriso tirato e bevve un altro sorso di Whisky mandandolo giù con rabbia, perché tutto ciò che provava dentro di sé era una forte furia per tutto ciò che avesse perso nel corso della sua vita, cominciando da suo padre e proseguendo con l'amore della sua vita, fin ad arrivare al dolore più grande che era stata costretta a provare, quando dovette abbandonare l'unica cosa che amasse di più al mondo per darle una vita migliore. 
Anael sospirò e scosse la testa, portandosi i lunghi capelli biondi dietro le spalle e guardandola con i suoi occhi azzurri limpidissimi. "Senti Abby, c'è qualcuno che ti sta cercando". 
La ragazza rise divertita, voltandosi e versando un altro bicchiere di Whisky scuotendo la testa. "Lascia che i demoni vengano, muoio dalla voglia di un'altra rissa". 
"Non sono i demoni a cercarti.." sussurrò l'angelo sospirando e facendo un passo avanti, fino ad arrivare a poca distanza dalla ragazza. Le tolse il bicchiere dalle mani e le mise una mano sulla spalla, osservando i suoi occhi azzurri e la guardò con aria preoccupata. "Da quanto tempo non senti Sam?". 
 
 
 
Sentí la stretta delle sue braccia muscolose e possenti attorno ai suoi fianchi, ed Abby si aggrappò più forte alle sue spalle, sentendo il cuore battere più forte dentro il suo petto, respirando di nuovo il suo odore e sentendo gli occhi pizzicare perché la gioia di rivedere e stringere nuovamente Dean galoppova nel suo petto come un cavallo impazzito; Abby fu grata che Anael fosse riuscita a trovarla presto quella mattina e che l'avesse portata nel casolare di Rufus nel più breve tempo possibile.
Non appena si trovò all'interno del rifugio Abby si guardò attorno, osservando la casa identica a un anno prima, e ricobbe subito le due figure a lei tanto familiari: vide Sam con un sorriso tirato sul viso e Dean guardarla con aria felice. 
Non ebbe bisogno di conferme che fosse davvero lui, che non si trattasse di uno scherzo o di un mutaforma o qualsiasi mostro potesse impersonalo, fece dei grandi passi verso di lui fino a stringerlo forte ed affondare il viso sul suo petto, rimanendo stretta a lui per momenti che sembrarono eterni rimanendo in silenzio. 
Non si tirò indietro quando Dean la scostò per baciarla con delicatezza, per poi trasformarsi in un bacio avido e pieno di mancanze, perché un anno senza sentire la sua voce o sentire i suoi rimproveri fu troppo anche per lui. 
La strinse più forte ed Abby non oppose resistenza, mentre sentiva un'unica lacrima scivolarle sul viso. 
Non sentirono neanche Sam e Anael schiarirsi la gola quando la loro stretta durò per più di qualche minuto, ed Abby rimasta vigile abbastanza da sentirli spinse Dean ad indietreggiare fino ad entrare nell'unica stanza da letto della baida, la stessa che avessero condiviso molto tempo prima quando si nascondevano dai leviatani, chiudendosi la porta alle spalle. 
Dean la sollevò dai glutei e l'adagiò con delicatezza sul letto, stendendosi con cura su di lei e continuando a baciarla, mentre i vestiti iniziarono a scivolare sul pavimento: a nessuno dei due importò di darsi prima le spiegazioni su dove fossero finiti durante quell'anno di lontananza, stretti per com'erano l'uno nell'abbraccio dell'altra, e quando Dean iniziò a muoversi dentro di lei, Abby si aggrappò più forte alle sue spalle per trattenerlo, sentendosi come se quello fosse solamente un lungo sogno e che presto si sarebbe svegliata. 
Ma così non fu ed Abby invertí le posizioni, tirandolo su dal materasso ridendo e sedendosi a cavalcioni su di lui, avendo voglia di sentire le sue mani su di lei e le labbra contro le sue. 
Passò poco prima che entrambi sentirono quel calore dentro di sé, sentendosi esplodere di gioia, e Dean l'attirò svelto contro il suo petto, coprendo entrambi con il lenzuolo e carezzandole la schiena con delicatezza, baciandole la tempia. 
Era passato davvero tanto tempo, troppo, dall'ultima volta che si fossero avuti in quella maniera: probabilmente da prima della morte di Bobby. 
Abby sollevò il viso per controllare che fosse davvero lì con lei e quando incrociò i suoi occhi verdi nella penombra della stanza gli sorrise felice dopo tanto tempo, sentendo la sua mano libera sfiorarle la guancia, e si allungò di poco per colmare la distanza fra le loro labbra. "Sei qui". 
"Si, sono qui ragazzina.." sussurrò Dean sorridendo contro le sue labbra, baciandola nuovamente. "Troverò sempre un modo per tornare da te, dovresti saperlo ormai". 
 
 
"Eravamo responsabili per Kevin e voi due lo avete ignorato per un anno". 
Il tono che Dean usò nel dire quella frase carica di disappunto e di dissenso, avrebbe dovuto farle abbassare lo sguardo ed arrossire dalla vergogna un po' come fece Sam, che si nascose dietro il fatto che volesse semplicemente una vita normale furoi dalla caccia e che finalmente l'avesse trovata insieme ad una donna in Texas, ma Abby rimase a fissarlo con aria accigliata e sopracciglio sollevato, con le braccia conserte. 
Aveva sentito i messaggi in segreteria che Kevin avesse lasciato a Sam in quel lungo anno, a cui il ragazzo non avesse mai risposto perché non aveva più toccato il suo telefono da cacciatore per evitare qualsiasi contatto con quel mondo, eppure Abby non riusciva a sentirsi in colpa. 
Aveva passato dei momenti davvero, davvero difficili, ma nonostante ciò non aveva mai abbandonato il giovane profeta e l'aveva messo al sicuro, perché sapeva quanto Crowley lo volesse di nuovo con sé per decifrare la tavoletta. 
"Calmati Rambo, non arrivare alle conclusioni così in fretta: è stato un anno difficile per tutti, non solamente per te!". 
Abby sostenne il suo sguardo e sollevò un sopracciglio, guardandolo in cagnesco perché non gli piaceva il tono accusatorio che il maggiore avesse usato con loro, né il modo in cui avesse preso a guardarla da quando avesse aperto bocca. 
Osservò Dean rivolgere verso di lei lo sguardo incredulo che fino a pochi istanti prima usò per canzonare Sam, e lo vide assottigliare gli occhi per studiare il suo sguardo, riconoscendo perfettamente la sua espressione arrogante e sicura di sé. 
"Già, perché non inizi a raccontarci cosa hai fatto per l'intero anno? Sam mi ha detto che dopo l'attacco alla SucroCorp è stato impossibile per lui rintracciarti e che sei magicamente tornata quattro mesi fa!". 
Il suo sguardo rimase impassile e lo guardò con aria glaciale, perché mai avrebbe ceduto e avrebbe raccontato ad anima viva ciò che avesse davvero fatto durante quel lasso temporale quando Anael la nascose dal mondo angelico e demoniaco, rendendola irrintracciabile persino per i migliori cacciatori come Sam. 
"Ho cacciato". Abby mentí bellamente ricambiando l'occhiataccia e vide il ragazzo guardarla con aria incredula, riconoscendo immediatamente la sua menzogna. 
Dean sollevò un sopracciglio e fece un passo verso di lei, appoggiata ancora alla scrivania con braccia conserte accanto a Sam, che si interessò particolarmente a quella conversazione perché aveva provato di tutto per rintracciarla dopo che Dean e Castiel fossero spariti, ma nessuno l'aveva più vista e non aveva lasciato alcuna traccia di sé. 
"Hai cacciato? Davvero? E come mai non riesco a crederti?". 
Abby scosse la testa e respirò rumorosamente, facendo spallucce e superando il maggiore fino ad afferrare il suo giubbotto di pelle appoggiato allo schienale del divano, infilandolo con un gesto veloce per poi voltarsi a guardare entrambi i Winchester con aria truce. "Kevin mi ha contattata dopo essere riuscito a scappare da Crowley e io ed Anael l'abbiamo subito messo al sicuro. Sta bene".
Sam aggrottò le sopracciglia e raggiunse  fratello, che nel frattempo si era voltato per seguire la ragazza con lo sguardo, ed aggrottò le sopracciglia guardando Abby. "Messo al sicuro come? Sarebbe dovuto andare al college e vivere una vita normale dopo l'attacco alla SucroCorp". 
La ragazza rise divertita e scosse nuovamente la testa, sistemandosi la giacca. "Vita normale? Non esiste vita normale per chiunque appartenga a questo mondo, Sammy. Dovresti averlo imparato ormai. Adesso volete vedere Kevin o no?". 
 
 
 
"Eravamo innamorati in un modo così tenero e dolce, ma Brick vedeva la fine dei miei giorni farsi sempre più vicina e non riusciva a sopportarlo. Mi amava troppo per continuare a vivere la sua vita senza di me". 
Abby, in piedi a braccia conserte fra le due poltrone su cui fossero seduti i due Winchester nel salotto di Betsy a Minneapolis, sentí per un breve momento lo sguardo di Dean posarsi su di lei, che però non ricambiò continuando ad osservare la donna anziana seduta davanti a loro; ormai erano passate due settimane da quando i due fratelli si fossero assicurati che Kevin stesse bene, salvando poi lui e sua madre Linda da una particolare asta in cui la posta in gioco era proprio la tavoletta dei Demoni con tanto di profeta annesso, per poi perderlo dopo che Crowley avesse posseduto e scioccato Linda, riuscendo a scappare con la tavoletta. 
I tre cacciatori avevano provato a rintracciare Kevin e sua madre, ma ogni sforzo fu inutile, tanto che decisero di tornare a seguire un caso insieme, almeno per provare a sistemare i sentimenti irrisolti fra loro: fra Sam e Dean le cose sembravano lentamente tornare a normalizzarsi, nonostante il minore avesse chiaramente espresso la sua volontà di lasciare la caccia e tornare alla vita normale che si fosse costruito, tornando magari all'università e finendo il collage, ma Dean non credeva che quello fosse ciò che suo fratello volesse veramente perché convinto che il loro posto fosse insieme nella loro auto a dare la caccia ai mostri in giro per il paese, distruggendo ogni forma malvagia che si scagliasse contro il mondo. 
Ma fra Dean ed Abby era tutto un altro piano di maniche: per Dean era già abbastanza difficile accettare che Sam non avesse neanche cercato un modo per farlo uscire dal Purgatorio, ma pensare che anche Abby non avesse mosso un dito per trovarlo lo fece arrabbiare non poco, ottenendo come unico risultato che piu Dean provasse a parlare e chiederle qualche informazione su l'anno precedente, più Abby gli mentisse bellamente dritto in faccia nonostante sapesse che il ragazzo riuscisse sempre a capire quando omettesse di dirgli la verità.
In più Abby continuava ad essere strana, nonostante si sforzasse di apparire tranquilla e serena, ma Dean sapeva leggere nei suoi occhi come mai nessuno fosse stato in grado di fare e sapeva che la ragazza gli nascondesse qualcosa; in segreto provò a chiamare persino Dan e Silver, chiedendo loro qualche informazione in più rispetto a quella che la sorella non si curasse di dargli, e rimase sorpreso quando persino i due ragazzi confermarlo loro che per almeno sei mesi Abby fosse completamente sparita dalla circolazione. 
Ciò non fece altro che far incuriosire Dean, perché voleva davvero capire se si fosse messa nei guai o se qualcuno le avesse dato la caccia. 
Provò a parlare ed a chiederle con tranquillità cosa le fosse accaduto, ma Abby sembrava essere tornata ad indossare la sua vecchia armatura, nascondendo il suo dolore dietro l'arroganza e il sarcasmo, proprio com'era solito fare Dean. 
Nonostante ciò, la ragazza continuava a presentarsi ogni notte nella sua stanza del motel, non riuscendo a placare quell'immensa voglia che aveva di avere Dean accanto nell'ultimo anno e saziandosi con i suoi baci e con il sesso, per poi sgattaiolare via la mattina presto per tornare nella sua stanza; Dean non aveva ancora capito se fossero tornati ad essere una coppia o se Abby volesse semplicemente divertirsi la notte insieme a lui, però quando facevano l'amore riusciva a scorgere nei suoi occhi che i sentimenti che provasse per lui non fossero mai passati.
Ma quella notte, dopo aver risolto il caso ed aver ucciso il cuore del problema, Dean aveva sentito bussare alla sua porta e aveva subito capito che fosse Abby; bevve l'ultimo goccio della terza o quarta lattina di birra che avesse sorseggiato per tutta la serata mentre faceva zapping in TV, allentandosi ancora un po' la cravatta fino a toglierla completamente e si alzò per andare ad aprire.
Trovò Abby sorridente con fra le mani un sacchetto che mettesse in bella vista la crostata che avesse comprato per Dean, e la vide sollevare un sopracciglio con aria divertita sussurrando un Sorpresa! mordendosi il labbro; Dean la fece entrare senza esitare e la vide appoggiare il cibo sul tavolo perché non era di quello che Abby fosse realmente affamata. 
Voleva Dean e solo Dio poteva sapere quando anche lui la desiderasse con la stessa intensità, però il ragazzo iniziava a pensare che quella che avesse davanti non fosse la vera Abby. 
Non gli aveva mai chiesto come stesse, come fosse stato il Purgatorio o cosa fosse accaduto a Castiel e Dean capí presto che Abby non glielo chiedesse per evitare che anche lui le ponesse le stesse domande, costringendola a rispondere a qualcosa che volesse tenere per sé. 
Sentí le sue mani delicate sulle sue braccia e vide il suo sorriso malizioso, mentre Abby si avvicinava sempre di più e Dean le scostò i capelli dalla guancia per guardarla meglio osservando i suoi occhi, ma la ragazza parve molto infastidita da quel gesto molto intimo, tanto che si sollevò sulle punte per baciarlo con avidità. 
Non voleva dolcezza, non voleva carezze gentili e baci dolci, voleva solamente essere portata nel suo letto per soddisfare le sue voglie: lo spinse indietro muovendosi in sincrono con lui, fino a fargli scontrare i polpacci con il letto, e lo fece sedere mettendosi a cavalcioni su di lui, baciandolo con intensità e trasporto, mentre le mani di Dean salirono a sfiorarle la pelle nuda della schiena insinuandosi sotto la maglietta. 
Dean aveva notato sin dalla prima volta che l'avesse rivista al casolare che Abby non indossasse più la collana o il bracciale che lui le avesse regalato, e pensò che ciò fosse molto strano perché non era solita separarsi da quei due oggetti neanche durante le loro peggiori litigate. 
Fu difficile per lui trattenersi e sedare quella grossa voglia che Abby aveva fatto crescere dentro di lui, ma si distaccò appena afferrandole il viso fra le mani ed allontanandola per guardarla negli occhi. 
"Aspetta, aspetta Abby.." sussurrò il ragazzo deglutendo a fatica, sentendo le sue mani intente ad aprirgli la camicia bianca che indossasse per sfiorargli la pelle. "Dobbiamo parlare prima".
"Tu vuoi parlare?". Abby sollevò un sopracciglio e lo guardò ironicamente parlando con una punta di incredulità nella voce, ridendo di gusto e scuotendo la testa credendo fosse una sorta di scherzo, ma guardò bene nei suoi occhi trovando serietà e decisione, e anche la sua espressione mutò facendo scemare il suo sorriso. Sbuffò sonoramente e lasciò immediatamente la presa sul suo corpo, scendendo in maniera scocciata dalle sue gambe e facendo spallucce. "Non sono venuta per questo". 
Dean si alzò, osservando la ragazza afferrare da terra il giubbotto di pelle che Dean le avesse fatto scivolare via non appena lei si fosse fiondata sulle sue labbra, e la vide dirigersi verso la porta con aria accigliata. "Aspetta Abby, ma perché fai così? Prima parlavamo spesso quando uno dei due aveva un problema". 
"Quindi io avrei un problema?" chiese Abby voltandosi a guardarlo con aria quasi divertita, scuotendo la testa e tornando a guardarlo in modo più serio ed arrabbiato. 
Aveva provato a non sentire rabbia o rancore nei suoi confronti, aveva sperato che quei sentimenti per lui passassero, ma la verità era che Abby lo aveva odiato dall'istante in cui lui fosse venuto meno alla sua promessa. 
Lo guardò con aria furiosa incapace di trattenersi ed assottigliando gli occhi in una sottile linea, mordendosi il labbro per evitare di parlare. "Io non voglio parlare con te. Non voglio sapere ciò che hai passato in Purgatorio, di come ne sei uscito o di quello che hai dovuto fare. Non mi interessa un accidente".
Dean rimane ad osservarla con aria sorpresa e sbalordita, e finse che quelle parole non lo avessero ferito  e nemmeno toccato, avanzando verso di lei e bloccando il suo tentativo di evasione trattenendola per un braccio prima che potesse uscire dalla porta. 
Abby tornò a guardarlo con astio e Dean studiò il suo volto contratto dalla rabbia, e si chiese cosa avesse dovuto passare in quell'anno per renderla così arrabbiata. "Che è successo? Parlarmene, ti farà bene". 
Lo guardò negli occhi verdi incapace di pensare che fosse tutta colpa sua, che ogni cosa fosse andata storta da quando Dean le avesse mentito in quella maniera e l'avesse esclusa dal piano; cercò di liberarsi dalla sua presa, ma Dean strinse fin troppo forte il suo polso, ed Abby non riuscì a scrollarselo di dosso e ad andare via da quella particolare situazione. 
Si vide costretta a dargli un pugno dritto al viso, che gli fece aprire immediatamente la mano per portarsela al naso lasciando la presa su di lei, ed Abby fece per uscire ma Dean la riagganciò passandole entrambe le braccia attorno alla sua vita e stringendola contro il suo petto per non farla agitare troppo. 
"Adesso basta: voglio sapere che è successo, perché stai così. Voglio solamente aiutarti, ragazzina!". 
Le parole che Dean le sussurrò all'orecchio la fecero irrigidire per qualche momento e solamente per un attimo pensò che avrebbe potuto vuotare il sacco e raccontargli tutta la verità, perché in fondo era Dean a chiederglielo; sferrò una gomitata allo stomaco, che Dean riuscì a parare con il braccio, e provò a dargli una forte testata al viso, ma i l ragazzo la bloccò con una forza che non aveva mai usato su di lei e che Abby sconosceva. 
Ma la ragazza non si diede per vinta e lo sbilanciò inarcando la schiena in avanti e portandolo con sé facendolo cadere rovinosamente a terra; lo guardò con il fiato corto, mentre si alzava nuovamente pronto a fermarla ancora, ed Abby fu accecata dalla rabbia: si mise su di lui e lo bloccò con forza contro il pavimento, facendolo rabbrividire e addirittura pensare che quella davanti a lui non fosse affatto la Abby che ricordasse. 
Gli bloccò le braccia con una mano e con l'altra gli afferrò il viso malamente, costringendolo a guardarla. "Vuoi sapere che è successo?! Che mi hai mentito, brutto figlio di puttana! Mi avevi promesso che sarei stata io ad uccidere Dick, volevo proteggerti ma tu mi hai ingannata dandomi un osso finto!".
"Abby.." provò a dire Dean, ma Abby gli diede una piccola spinta per fargli capire che non avesse ancora finito e che quello fosse solamente l'inizio. 
La furia della ragazza sfiorava quasi la pazzia e Dean ebbe paura che avesse fatto qualcosa di irreversibile, come un patto o qualcosa del genere. 
"Da quando sei sparito insieme a Dick e Cas, è andato tutto a rotoli. Saresti dovuto essere qui a proteggerci!". 
Dean la guardò con aria seria e cercò di liberarsi dalla presa al viso delle dita della ragazza, ma Abby in risposta strinse più forte. 
"Tu e Sam ve la sareste cavata da soli, siete due ottimi cacciatori!". 
Abby si morse la lingua e scosse la testa distogliendo lo sguardo, pensando con il plurale che avesse usato nella sua frasi non avesse incluso Sam ma qualcun altro.
Poi tornò a guardarlo con aria furiosa, nonostante sentisse di stare per cedere e scosse nuovamente la testa, guardandolo con occhi velati da uno strato lucido. 
"Non ti perdonerò mai per avermi fatto questo, Dean. Mai. Tu non hai idea di ciò che hai causato con la promessa che hai spezzato". 
Dean lesse nei suoi occhi un grande dolore ed un grande senso di colpa, e la studiò con aria seria cercando di muoversi per allungarsi e toccarla, abbracciarla. 
Ma Abby lo lasciò andare completamente spingendolo via con un sospiro, e si alzò da sopra di lui dirigendosi a grandi passi verso l'uscita della stanza senza voltarsi indietro neanche una volta, mentre Dean si mise seduto di scatto e sospirò perché davvero non aveva la più pallida idea di cosa fosse accaduto in quell'anno, ma adesso aveva tutta l'intenzione di scoprirlo. 

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Capitolo 42
*** Capitolo 35. ***


Hunters' legacies
Capitolo 35.
 
 
Sfregò la stoffa del capo con forza all'interno del lavandino per eliminare ogni traccia del sangue del mostro che avesse ucciso quella notte, sciaquando la sua maglia di cotone mentre la schiuma si radunava a costituire una corona bianca sul bordo di ceramica del lavabo, e Abby si appoggiò per qualche istante alla parete sentendosi estremamente stanca. 
Se c'era una cosa che sapeva fare meglio di tutti, era proprio sparire dalla circolazione e non farsi trovare da nessuno.
Ed era proprio quello che aveva fatto dopo aver discusso con Dean qualche sera prima, prendendo le sue cose dalla stanza e la sua auto, non lasciando neanche un biglietto per avvertire i due Winchester che se ne stesse andando; aveva trovato una serie di casi nelle ultime due settimane e li aveva presi uno dopo l'altro lavorando da sola, tenendo i telefoni spenti come chiaro segno di non voler essere rintracciata. 
Quella mattina però, udì proprio dietro di sé il battito d'ali tipico del suo angelo, e sorrise teneramente quando vide il viso dolce di Anael guardarla però con aria mista fra l'incredulità e lo shock; Anael aveva creduto che Abby avrebbe detto la verità almeno a Dean dopo averlo rivisto, ma invece l'angelo rimase sbalordito quando Dean l'aveva chiamata la settimana precedente per costringerla a parlare con lui ed a raccontargli tutto ciò che sapesse su ciò che Abby avesse fatto. 
Ma Anael era molto fedele alla sua amica, non avrebbe mai detto una parola che Abby non avrebbe voluto dirgli, e questo Dean avrebbe dovuto immaginarlo. 
"Ho bisogno di te". 
Abby la guardò con un sopracciglio sollevato e stese la sua maglietta sul termosifone caldo della stanza; sorrise amaramente perché c'era sempre qualcuno che avesse bisogno di lei in quel mondo, e si sedette sul bordo del letto accavallando le gambe e trattenendo un sonoro sbadiglio. "Che succede adesso? C'è un'altra apocalisse? Il mondo brucerà presto e siamo tutti spacciati?". 
Anael roteò gli occhi davanti al suo cinismo con un gesto tipicamente umano, scosse la testa e si avvicinò alla ragazza, muovendosi all'interno del suo completo nero e sedendosi sulla sedia davanti a lei, mentre la guardava con aria preoccupata; l'espressione dell'angelo era increspata da una punta di amarezza e di dissenso, come se le sfugfisse qualcosa. "Castiel. È tornato dal Purgatorio". 
"Ma Dean aveva detto..". 
"Che era morto. Lo so. Ma Castiel è tornato e Dean dice che non ricorda niente". 
Abby sollevò un sopracciglio e la guardò con aria divertita, quasi incredula, piegando la testa di lato per un istante mentre studiava i suoi occhi chiaramente agitati. "Dean dice? Non hai parlato personalmente con Cas?".
Anael sospirò e scosse la testa, abbassando lo sguardo sulle sue mani ed iniziando a mordersi il labbro per il nervosismo, e la ragazza pensò che più passasse il tempo, più il suo angelo sembrasse sempre meno angelico e sempre più umana. 
Abby capí il suo stato d'animo e non avrebbe lasciata da sola la sua amica, non dopo tutto ciò che avesse fatto pe lei in quell'ultimo anno. L'aveva nascosta, protetta e si era presa cura di lei più di quanto probabilmente avesse potuto fare, e si era occupata di tutta la parte burocratica per non farla sbrigare ad Abby. 
Così la ragazza sorrise gentilmente e annuì, alzandosi ed iniziando a radunare le sue cose sparse per la stanza per inserirle in maniera distratta e disordinata nel suo borsone da viaggio, per poi chiuderlo di scatto e voltarsi verso di lei. 
Anael la vide indossare la sua giacca di pelle ed i suoi occhiali da soli scuri, per poi mettersi il borsone in spalla e sorridere. "Che stai facendo?". 
"Beh, andiamo a parlare con Castiel o no?" chiese Abby assumendo uno sguardo ironico e facendole l'occhiolino. 
"Ma Cas è insieme ai Winchester. Dovrai rivedere Dean" rispose Anael alzandosi in fretta e guardandola con aria dubbiosa, chiedendosi se fosse davvero sicura di volere compiere quel passo. 
Abby accennò un sorriso dolce verso la sua amica ed annuì, perché sapeva che prima o poi l'avrebbe rivisto, così fece spallucce e si diresse verso l'uscita della stanza. "Una sola condizione: niente voli angelici, parto con la mia auto. Vieni con me o mi aspetti con Cas ed i Winchester?". 
Anael sgranò gli occhi e la seguí di scatto per paura che la lasciasse indietro, facendo ridere la ragazza che corse verso l'auto mentre leggeva il panico nei suoi occhi; Abby rise ancora e pensò che proprio come Castiel, Anael fosse una guerriera celeste fortissima, ma che quando si parlava di affrontare delle battaglie così intime e personali fosse proprio una fifona. 
Si mise al volante e con un sorriso seguì le indicazione dell'angelo, promettendole che questa volta sarebbe stata più gentile nei confronti del maggiore dei Winchester e che avrebbe usato meno aggressività, perché l'ultima volta non era stata in grado di controllare se stessa e gli aveva detto delle cattiverie che pensava, ma che fossero uscite dalla sua bocca con troppa arroganza e astio. 
Guardò l'angelo accanto a lei per qualche secondo prima di uscire dal parcheggio del motel per immettersi sulla strada, e sorrise amaramente quando ripensò a ciò che Anael avesse fatto per lei; ripensò alle volte in cui avesse soddisfatto le sue voglie improvvise correndo da una parte all'altra del paese quando Abby avesse un'improvvisa voglia alle tre di notte di mangiare humburger o tacchino ripieno, e l'angelo le vide ingurgitare così tanta roba che non si riuscì a spiegare come Abby fosse tornata in perfetta linea così velocemente. 
Anael l'aveva nascosta ad Oroville, nella Contea di Okanogan, in una baida che fosse quasi confinante col Canada e da cui le due donne sarebbero potuto scappare se qualcuno le avesse trovate; Anael aveva insistito che Abby facesse tutti gli esami necessari, che smettesse di fumare e bere caffè o alcolici, e inoltre si occupava di farla mangiare correttamente e di darle tutti gli integratori che i medici le avessero prescritto. Avrebbe fatto di tutto pur di farle tenere la creaturina che portasse in grembo, Anael aveva provato a convincerla in tutti i modi, commuovendosi con Abby quando toccava il suo ventre e la piccola si muoveva contro il suo tocco, e l'angelo vedeva nello sguardo di Abby la sofferenza più grande nel doverla lasciare andare per assicurarle un futuro migliore e lontano dalla caccia. 
La ragazza parlava sempre col suo pancione, carezzandolo e coccolandola con dolcezza, mentre Anael leggeva libri e libri sulle neomamme e sui bambini nel caso in cui Abby avesse cambiato idea e avesse deciso di tenerla con sé: ma Abby aveva già trovato una coppia di genitori amorevoli, e aveva cercato di conoscerli e di capire se fossero le persone adatte per crescere la sua piccola. 
Il dolore la dilaniava, ma sapeva che fosse la scelta più giusta, pensando che se non fosse stata sola e se Dean fosse stato lì insieme a lei, probabilmente le cose sarebbero andate in maniera diversa. 
Mentre guidava per la strada verso la città in cui si trovassero i due Winchester, Abby non riuscì a fare a meno di ricordare il modo in cui la notte a cavallo fra il 13 ed il 14 giugno precedente si fosse svegliata nel suo letto nella baida sentendo del liquido colarle fra le cosce, mentre le contrazioni avevano iniziato a divenire sempre più frequenti, facendola urlare e soffrire per il dolore. 
Aveva urlato il nome di Anael, che subito accorse in suo aiuto e cercò di portarla fuori dalla stanza, ma con scarsi risultati. 
"C'è qualcosa che non va Anael, portami in ospedale ti prego". 
L'aveva supplicata e aveva pianto per la paura, desiderando che i due uomini della sua vita le stessero accanto in un momento così difficile e delicato che lei avesse sempre temuto sin da quand'era solamente una ragazzina: voleva Dean e voleva suo padre, voleva che entrambi le tenessero la mano e la incoraggiassero a spingere, ma la stanza era vuota e con lei vi era solamente Anael, che le sfilò in fretta i pantaloni per osservare a che punto del travaglio fosse arrivata. 
"La dilatazione é perfetta, non c'è tempo di portarti in ospedale: devi partorire qui". 
"No Anael, ti supplico: ho bisogno dell'epidurale e dei veri dottori". 
L'angelo tornò a guardare fra le gambe e la ragazza gridò di dolore e si tenne stretta alla testiera di legno del letto, piangendo e sentendo la fronte imperlarsi di dolore. "No, non posso, non posso farlo. Non posso farcela". 
Abby cercò di tirarsi indietro e di scendere da sola dal letto, ma una forte ondata di dolore la costrinse a desistere, mentre si portava le mani sul ventre con le lacrime che le rigavano il viso: non voleva che nascesse, non voleva che uscisse fuori da lei. 
Il tempo che avevano passato insieme era stato troppo poco ed era passato così velocemente, e adesso Abby non voleva più separarsi dalla piccola creatura che avesse tenuto dentro di sé per quei nove mesi. 
"Lo fai per il suo bene, merita di nascere e di avere una vita normale. Pensa a quanto la ami, a quanto sarà bello stringerla fra le braccia". 
Abby guardò Anael che le sorrise gentilmente e le afferrò una mano cercando di infonderle coraggio, e la ragazza lentamente tornò a regolarizzare il suo respiro, stringendo nuovamente il legno della testiera. 
Sentí l'angelo dire che vedeva la testa e di spingere più forte, di spingere di più, ed Abby eseguì quegli ordini in silenzio: doveva reagire e comportarsi da adulta, rispettando la decisione che lei stessa avesse preso. 
Così Abby diede un'ultima spinta ormai esausta e stremata col viso che colava di sudore e stese le gambe sul letto, sentendo presto un pianto che si diffuse per la stanza, facendole aprire gli occhi stanchi ed allungarsi appena sul materasso per vedere Anael con un panno in mano intento a pulire il viso della creatura che tenesse fra le braccia, avvolta in una coperta. 
L'angelo guardò la ragazza ed Abby sentí altre lacrime scorrerle sul viso perché sentiva il cuore scoppiare dalla felicità e quel pianto era davvero il suono più bello che avesse mai sentito in vita sua. "Hai una bellissima figlia, Abby". 
La vide avvicinarsi con la bambina fra le braccia e subito Abby si sporse per prenderla, portandosela sul petto per guardarla meglio; non pensava di aver mai visto così tanta perfezione in un esserino così piccolo e rise di gusto, sfiorandole il viso con un dito, sentendo subito la sua manina afferrarlo e chiudere le piccole dita attorno ad esso. Sentí il cuore battere più velocemente nel petto per l'emozione e gli occhi diventare immediatamente lucidi, facendo sgorgare altre lacrime sulle sue guance. "Ciao piccolina mia, benvenuta al mondo"
La bimba si mosse agitata e quasi sorrise in risposta alla sua voce, sentendola per la prima volta dall'esterno, ed Abby le baciò delicatamente la pelle liscia e morbida della fronte sentendola sua e solo sua, pensando che avrebbe amato essere la donna che l'avrebbe cresciuta e che le avrebbe insegnato tutto. 
Abby la strinse un po' di più e guardò Anael con aria supplichevole di trovare un'altra soluzione, perché non la poteva tenere con sé ma non voleva affidarla a qualcun altro. Ma l'angelo si avvicinò e le sfiorò i capelli umidi dal sudore, guardandola con aria dispiaciuta. 
"Sei ancora in tempo per cambiare idea". 
La ragazza pianse silenziosamente e si strinse al petto la bimba con delicatezza scuotendo la testa con decisione, pensando che non avrebbe mai amato nessuno come stava amando lei in quel momento, e dopo averle dato un ultimo bacio e aver guardato nei suoi occhi azzurri un'ultima volta, la adagiò fra le braccia dell'angelo mentre il dolore le stringeva il cuore fino a farglielo esplodere. "Portala via, Anael. Ha bisogno di una casa sicura e di due genitori che la amino come merita". 
L'angelo vide la sicurezza nei suoi occhi ma anche la sofferenza, ed annuì sfiorandole la guancia con delicatezza, non riuscendo a capire il suo dolore fino in fondo ma riuscendo a percepirne una parte perché anche Anael stava soffrendo all'idea di perdere quella piccola bimba. 
Si alzò in silenzio e fece per uscire dalla porta per portar via la bambina da quella baida, ma Abby si sedette di scatto nonostante facesse male anche solo respirare, e la richiamò facendola voltare. 
Anael tornò vicino ad Abby speranzosa che avesse cambiato idea sulla sua decisione, ma la vide guardare ancora una volta la bambina con pochissimi capelli biondi che tenesse fra le braccia con un sorriso amaro sul volto. 
Si tolse la collana a forma di cuore che Dean le avesse regalato qualche anno prima e che precedentemente fosse appartenuta a Mary Campbell Winchester, e si sfilò il bracciale dal polso che Dean le avesse regalato per tenerla al sicuro dalle possessioni demoniache; mise i due accessori nell'incavo della coperta e sorrise con le lacrime agli occhi, sfiorandole il visino piccolo e ancora un po' sporco di sangue. "Così saprai sempre quali siano le tue vere origini, piccola Mary". 
Anael trattenne il pianto, perché non aveva mai pensato che il suo cuore potesse battere così velocemente e che si potesse emozionare fino a qual punto, tremando dentro al suo petto, e vide Abby farle segno di andare via e di portare Mary con sé per salvarla dal destino terribile che l'avrebbe segnata se l'avesse riconosciuta come figlia sua e di Dean. 
Si lasciò andare contro il materasso e chiuse gli occhi esausta, sentendo la porta della stanza chiudersi dietro Anael e la sua bambina, ed Abby non riuscì a far altro che accovacciarsi su se stessa, dando sfogo al suo dolore ed alla sua sofferenza, piangendo forte e pensando a quanto le fosse costato salvare la sua bambina da quel mondo orribile dentro cui lei fosse intrappolata da sempre. 
 
 
 
"Castiel riappare dal nulla e non mi avete chiamata subito?". 
Abby guardò in cagnesco i due Winchester, perché l'angelo era anche amico suo e lei meritava di sapere che fosse tornato nel loro mondo, e scosse la testa con disappunto distogliendo lo sguardo ed osservando Anael e Cas parlare fuori dal rifugio di Rufus, sorridendo amaramente perché almeno una delle due aveva trovato il coraggio di affrontare il proprio compagno. 
"Non é molto facile capire quello che vuoi ultimamente: vieni nel mio letto ogni notte per fare del sesso sfrenato, ma quando voglio parlare per capire quello che c'è realmente tra di noi mi attacchi. Mi dici che non mi perdonerai mai, senza dirmi che cos'è successo e cosa ti turba veramente e poi vai via senza dire una parola!" esclamò Dean alzando il tono della voce con aria arrabbiata e puntandole un dito contro ormai esausto dei suoi strani comportamenti, e l'accusò con lo sguardo non curandosi che Sam fosse al suo fianco e che avesse sentito perfettamente tutto ciò che gli fosse uscito dalla bocca. "Adesso torni e vuoi sapere perché io non ti abbia messo a conoscenza del ritorno di Castiel, Abby? Ci ho provato. Ti ho chiamata almeno mille volte, ma tu non hai mai risposto!".
Abby si voltò a guardarlo con disapprovazione, sollevando un sopracciglio e riservandogli lo stesso sguardo adirato, per poi farlo scivolare su quello imbarazzato di Sam, che si voltò di scatto fingendo di cercare qualcosa al PC e di non aver sentito nulla. 
"Il fatto che io me ne sia andata è già una risposta!". 
Dean rise nervosamente perché aveva già tanto a cui pensare e di cui preoccuparsi, come Castiel che fosse riapparso senza avere la minima idea di come fosse tornato o come il fatto che possedessero solamente metà della tavoletta demoniaca e Kevin, e scosse la testa adirandosi di più. "No, senti lascia stare. Ho capito. Non vuoi avere nulla a che fare con me e mi sta bene, ma non torturarmi presentandoti qui continuamente!". 
Abby sgranò gli occhi e lo guardò con incredulità, perché non poteva credere alle sue parole ed al tono arrabbiato che avesse usato con lei, mentre il suo sguardo diventava sempre più incattivito ed arrabbiato, nonostante si fosse ripromessa di mantenere la calma. "Ma che faccia tosta che hai: hai scordato quando eri tu a torturare me, dopo che ti sei portato a letto l'amazzone per ferirmi, solamente perché stavo cercando di aiutarti a superare la morte di Bobby?!".
Dean non si curò del fratello che si fosse schiarito la voce pregandoli di non litigare davanti a lui, e sgranò gli occhi più del normale, continuando ad additarla con furia. "Non paragonare le due cose. Tu stai nascondendo qualcosa e io ho capito che deve essere accaduto qualcosa di brutto mentre non c'ero di cui non hai voglia di parlare, ma sono situazioni diverse e..".
"Situazioni che hanno fatto soffrire entrambi!" esclamò Abby interrompendolo bruscamente e non prestando neanche caso al fatto che Sam si fosse alzato e si fosse diretto verso la porta d'ingresso, capendo che sarebbero andati per le lunghe e che avrebbe fatto meglio a schiarisi le idee all'aria aperta, mentre il pensiero di aver lasciato Amelia non lo lasciava respirare. "Io sono sempre stata sincera con te, anche quando cercavo di scappare perché il fatto che ti amassi mi faceva paura. Ma adesso, dopo tutto questo, come posso dirti tutto se non mi fido di te?". 
Dean rimase a fissarla a lungo notando il modo accusatorio in cui lo stesse guardando e rabbrividendo quando capí che Abby avesse completamente perso la fiducia in lui solamente perché avesse cercato di proteggerla. 
Serrò la mascella perché avrebbe preferito che lei lo colpisse nuovamente, piuttosto che sentirle dire che fosse davvero delusa dal suo comportamento. "Non ti fidi di me?". 
"No! Mi hai mentito, di nuovo!" esclamò Abby scuotendo la testa mentre lo guardava seriamente. 
Dean scosse la testa e si lasciò sfuggire una risata nervosa, passandosi l'indice ed il pollice ai lati delle labbra, ma non distogliendo mai lo sguardo dal suo. "Oh, ancora con questa storia? Pensavi davvero che ti avrei lasciata andare verso Dick con un'arma di cui nessuno conosceva gli effetti?! Se potessi tornare indietro, ti darei di nuovo quell'osso finto pur di non farti finire in Purgatorio al mio posto! L'ho fatto per proteggerti!". 
Abby assottigliò gli occhi e lo guardò in cagnesco, incrociando le braccia al petto e scuotendo la testa, perché era frustrante per lei sentirsi dire quelle parole; analizzò brevemente il fatto che a darle realmente fastidio non fossero state le frasi o le azioni di Dean, ma io fatto che lui non ci fosse stato, perché se avessero agito in maniera diversa alla Sucrocorp, forse le cose sarebbero andate diversamente e non avrebbe perso Mary. 
"Posso sopportare più di quanto immagini, Dean! Non sono una ragazzina, non devi proteggermi da tutto!". 
"Beh ragazzina, rassegnati perché proteggerti è quello che farò sempre!". 
Abby rimase senza parole e senza fiato per un paio di secondi, sentendo il suo sguardo ferito su di lei e si trovò costretta a stringere i pugni fino a far diventare le nocche bianche, perché odiava tutto questo. 
Nella sua mente e nei suoi sogni, Abby e Dean vivevano ancora nella loro casa a Louisville quando Sam fosse caduto dentro la gabbia insieme a Lucifer e Micheal, e lei non era stata costretta a dare Mary in adozione. 
Abbassò lo sguardo e scosse la testa, superandolo ed avviandosi verso l'uscita in silenzio, ma solamente dopo aver preso una sigaretta ed il suo accendino dalla sua borsa, lasciandolo solo a riflettere sulle sue stesse parole. 
 
 
 
 
Si sedette in silenzio accanto alla sua amica che teneva lo sguardo basso e le spalle incurvate, tenendo i gomiti sulle cosce con aria afflitta. Abby si guardò attorno, seduta sul grande portico della baida di Rufus ed osservò gli alti alberi e la vegetazione che avvolhesse la casa, come se fosse una protezione naturale. 
Abby conosceva bene Anael e non l'aveva mai vista sofferente come in quel momento: le scostò i lunghi capelli biondi con delicatezza e le sorrise, fumando l'ennesima sigaretta e guardando poi la corona di cicche che avesse abbandonato per terra nei giorni precedenti. "Cosa c'è che non va?". 
Anael la guardò con un sorriso ironico e scosse la testa, mettendosi più dritta per guardare meglio la sua amica. "Cas mi ha detto che voleva tornare in Paradiso per rimediare a ciò che avesse fatto, ma subito dopo ha detto che non era una buona idea. Poi è sparito. Non so dove sia andato, non so cosa stia facendo. Mi ha detto addio e se n'è andato".
"No, Castiel torna sempre da te. Lui ha una cotta paurosa per te, non starà via a lungo!" esclamò Abby ridendo nel tentativo di sdrammatizzare, ma la sua amica scosse la testa e sospirò.
Anael si mise in piedi e fece spallucce, guardandola come se non le importasse davvero cosa Castiel avesse in programma di fare e con tutta l'intenzione di lasciarlo libero di fare le sue scelte, e accennò un sorriso amaro. "Sono stanca di andargli dietro, Abby: amo Castiel, è mio fratello, ma non avrei mai dovuto iniziare a sentire questi sentimenti umani nei suoi confronti. Non mi stupirei se adesso mi venisse voglia di farmi una doccia". (1)
Abby la guardò senza sapere cosa dire, perché lei non era l'esperta in campo amoroso e non era stata in grado di sistemare neanche la sua di relazione, affossandola sempre di più invece di vuotare il sacco e dire a Dean quanto ancora lo amasse e ciò che fosse accaduto mentre lui era bloccato in Purgatorio. 
Così sospirò rumorosamente e scosse la testa, sentendo lo sguardo di Anael su di lei. "Mi prenderò le mie responsabilità, me lo impone il mio grado superiore a quello di Castiel.  Andrò a controllare in Paradiso se Castiel si è fatto vedere e cercherò di capire meglio. Tu invece dovresti restare qui". 
"No, devo andare in Texas a controllare, come ogni settimana" esclamò Abby scuotendo la testa e guardandola con aria accigliata ed appena agitata. 
Alla fine Anael era davvero riuscita a trovare una scappatoia al suo piccolo problemino
"Ho controllato io stamattina prima di venirti a cercare. Lei sta bene e tu devi proteggere Kevin con i ragazzi, mentre io mi assicuro che Castiel non sia impazzito come l'ultima volta.." sussurrò Anael sospirando rumorosamente, piegandosi sui talloni per schioccare un bacio sulla testa alla ragazza che sorrise di rimando, e non le diede il tempo di controbattere, andando via in un battito di ali. 
Rimasta sola, Abby prese l'ultimo tiro della sua sigaretta e buttò la cicca insieme alle altre con un sospiro di fumo, alzandosi dal pavimento legnoso e dirigendosi nuovamente all'interno del casolare, dove trovò i due ragazzi intenti a fare delle ricerche al pc. 
Vide lo sguardo di fuoco che Dean le riservò e quello supplichevole di Sam di non litigare e di non cedere alle provocazioni del fratello; Abby avanzò fino a sedersi davanti ai due, mettendo su un sorriso finto e sollevando un sopracciglio in un'espressione ironica. "Sembra che saremo costretti a lavorare di nuovo insieme. Non è fantastico, ragazzi?". 
Sam aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria incredula, avendo paura che la bomba ad orologeria in cui suo fratello si fosse trasformato sarebbe potuta esplodere da un momento all'altro e disse con tono sorpreso: "Resti qui? Pensavo che una volta che Castiel avesse trovato la sua strada saresti andata via". 
"Kevin è anche una mia responsabilità, l'ho nascosto io all'inizio. Devo continuare ad aiutarlo" rispose Abby facendo spallucce e sospirando, alternando lo sguardo ironico fra i due e notando il modo in cui il maggiore avesse inarcato il sopracciglio fino al massimo della sua capacità. 
Si alzò di scatto e prese la sua giacca mantenendo un'espressione seria e arrabbiata, avviandosi a grandi passi verso l'uscita. "Vado a comprare una cassa di Whisky. Mi servirà". 
 
 
 
La donna respirò pesantemente in preda all'agitazione guardandosi attorno e sbrarrando gli occhi per la paura, indietreggiando fino alla parete e mettendo le mani avanti sul pancione per proteggere il figlio che ancora portava in grembo. 
"Andiamo, tra poco saranno qui!". 
Dean parlò con aria preoccupata, brandendo il suo pugnale curdo a mezz'aria e guardandosi attorno in quel magazzino buio; si mise davanti alla donna per proteggerla e fare da scudo con il proprio corpo, ma il respiro accelerato della ragazza lo fece voltare per guardarla meglio. "Cerca di calmarti, tesoro".
Abby si avvicinò, osservando Sam far fronte comune con il fratello e mettersi al suo fianco per proteggere la donna, mentre impugnava forte il suo pugnale angelico; si piegò sui talloni e si sforzò per un momento di uscire dai panni della cacciatrice fredda e distaccata, per mettersi in quelli della ragazza madre che nel frattempo si era lasciata scivolare contro la parete in preda al panico. 
Abby le carezzò i capelli con un sorriso dolce e amorevole, afferrandole poi una mano dal suo pancione con le sue. "Ehi tesoro, se non ti calmi farai del male al tuo bambino". 
La donna con i capelli castani e gli occhi color cioccolato spostò lo sguardo impaurito verso il suo, stringendo la presa sulla sua mano e respirando ancora in maniera pesante e affannosa; Abby ed i due Winchester erano stati attirati all'interno di quel magazzino perché avevano iniziato ad investigare in seguito a numerosi attacchi al bestiame, trovato dilaniato, insieme ad un'alterazione dei campi elettromagnetici. 
La donna fece una smorfia di dolore e tornò a toccarsi il pancione, mentre il respiro continuava ad essere irregolare e dai suoi occhi iniziarono a sgorgare delle lacrime. "Non ci riesco, non posso. Morirò insieme al mio bambino!". 
Abby la guardò provando una forte empatia nei suoi confronti, perché capiva lo stato emotivo in cui si trovasse ed il modo in cui dovesse sentirsi, dato che per una semplice questione di posto e momento sbagliato era stata costretta a scappare insieme a loro dai demoni che Crowley avesse mandato per ucciderli; la ragazza si portò i lunghi capelli dietro la schiena, mettendo in risalto gli schizzi di sangue che fossero arrivati sul collo di Abby quando avesse ucciso uno dei demoni per scappare.
"No, non morirai, ma devi calmarti, è una questione di respiro. Respira con me". 
Abby le sorrise per incoraggiarla e mimò il respiro regolare, aiutando la ragazza davanti a sé a seguire il suo esempio e a tranquillizzarsi parzialmente; la cacciatrice la vide tornare a respirare più lentamente mentre la guardava dritta negli occhi ed Abby le carezzò il pancione con dolcezza, sorridendo di più, sentendo il bambino muoversi in maniera più calma. "Quando sei nervosa o hai paura, ce l'ha anche lui. Devi solamente calmarti e respirare, ed anche il tuo bambino si tranquillizzerà.Parlagli, rassicuralo. Vedrai che andrà meglio".
La ragazza, Molly, si carezzò la pancia ed accennò un sorriso con il respiro più tranquillo, mentre si spazzò via le lacrime dal viso con il dorso della mano; sentí il bambino dentro di lei rigirarsi fino a calmarsi totalmente e volse verso Abby il suo sguardo poi grato. 
"Come vuoi chiamarlo?". 
"Phil, come mio padre: è morto l'anno scorso e io..".
Abby sentí di nuovo la sua voce incrinata dal dolore e sgranò appena gli occhi, perché adesso che l'aveva appena fatta calmare non aveva nessuna voglia di dover ricominciare tutto da capo. "Sono sicuro che Phil sarà un bravo ometto..".
Sorrise a Molly e fece per tirarsi su, ma Abby venne trattenuta dalla mano dalla giovane ragazza, che la guardò con aria grata sul viso.  "Grazie Abby. Vorrei che mio figlio potesse avere una madre come te: coraggiosa e forte. Saresti un'ottima madre". 
Il sorriso della cacciatrice scemò di molto e abbassò lo sguardo sentendo gli occhi pizzicare, ma Abby si difese bene sotto la sua armatura massiccia, e dopo pochi secondi tornò a sorridere con aria ironica guardando la ragazza. "Non in questa vita". 
Abby si alzò senza aggiungere altro e tornò ad impugnare la sua arma, voltandosi verso i due ragazzi e notando come Dean avesse abbassato il suo pugnale e si fosse voltato interamente verso di lei, per guardarla con aria accigliata e osservare l'intera scena con un sopracciglio sollevato. 
I loro sguardi si incorciarono e Dean vide per l'ennesima volta nei suoi occhi qualcosa sfuggirgli e andarsi a nascondere nel più profondo di lei, che scosse la testa e fece spallucce. Ma Dean la guardò con aria ironica, inclinando la testa da un lato. "Come sai tutte queste cose sulla gravidanza?". 
Abby prese posto accanto a lui senza neanche guardarlo più in viso, puntando lo sguardo verso chiunque stesse arrivando verso di loro e subito le parole che Kevin avesse usato qualche tempo prima le tornarono in mente. Si voltò verso i due ragazzi con occhi sgranati ed iniziando ad indietreggiare con aria convinta. " Aspettatemi qui, ho un'idea". 
Inutili furono i richiami dei due ragazzi, che le chiesero di non fare nulla di avventato e di restare insieme a loro, ma Abby aveva già iniziato a correre nella direzione opposta rispetto a loro, intimando ai cacciatori di prendersi cura di Molly e che sarebbe tornata presto. 
 
 
Dopo aver trascorso qualche giorno dietro ad un normale caso di licantropia per prendere aria e cercare di schiarirsi un po' le idee, e dopo aver scansato un attacco degli uomini di Crowley dopo l'altro nel tentativo di recuperare Kevin e metà della tavoletta dei Demoni, i tre cacciatori decisero di tornare al rifugio di Rufus per concentrarsi su come procedere da quel momento in poi. 
Avevano nascosto per bene il profeta, che nel frattempo continuava a tradurre quanto possibile la lingua incisa su quel pezzo di pietra, dicendo loro che presto sarebbero riusciti a chiudere le porte dell'inferno per sempre.
Sapevano che da lì ad un breve periodo sarebbe accaduto qualcosa di grosso, nonostante ancora non sapessero come né di cosa si trattasse esattamente. Ma lo sentivano. 
Dopo aver fumato l'ennesima sigaretta e aver pensato per l'ennesima volta alle parole di Molly, Abby si chiuse la porta d'ingresso alle spalle con un sonoro sbadiglio, avvicinandosi fino al frigo per afferrare una birra ghiacciata che le avrebbe tirato su il morale: aveva visto il Whisky comprato dal maggiore ed aveva anche pensato di attingere dalla sua fonte, ma con un sorriso amaro la ragazza preferì godersi una birra. 
Si avvicinò il divano su cui Dean fosse seduto ed intento a fare zapping fra i vari canali, cercando il programma adatto a lui ed Abby notò le occhiaie scure attorno ai suoi occhi. 
Avrebbe dovuto dormire e riposare, invece se ne stava sveglio a cambiare continuamente canale mentre Sam fosse andato a riposare nell'unica stanza da letto di quel casolare. 
Quell'espressione esausta le fece nascere un sorriso spontaneo sul viso, sentendo il cuore battere appena più velocemente.
Nonostante la stanchezza per le notevole ore di viaggio e le lotte, Dean rimaneva sempre l'uomo più affascinante e bello che avesse mai visto, capace di farle tremare le gambe come se fosse una ragazzina. 
"Che c'è?".
Quasi sobbalzò quando udì la voce scocciata del ragazzo ed Abby divenne subito più seria e abbassò lo sguardo sulla sua birra, sollevando un sopracciglio perché non pensava che Dean si fosse accorto di quello sguardo fugace. 
Lo vide voltarsi verso di lei ed increspare appena le labbra mentre incrociava il suo sguardo, studiando il suo volto e la sua espressione così tirata. "Se vuoi il divano, basta dirlo". 
Abby sorrise appena e scosse la testa, mordendosi il labbro inferiore e stringendosi nel suo maglione blu mentre avanzava e prendeva posto proprio accanto a lui. Da quella poca distanza che li separasse, la ragazza riusciva a percepire il suo profumo penetrale le narici e rievocare in lei tanti di quei ricordi da farla sospirare, e quando si voltò per guardarlo negli occhi, tutto ciò che desiderava era di essere anche solamente sfiorata da Dean. "In realtà, pensavo di partire adesso. Ho delle cose da sbrigare, tornerò fra qualche giorno". 
"Partire adesso? Ma sono le due di notte e siamo stati tutto il giorno in viaggio.." sussurrò Dean con voce rauca impastata dal sonno, lasciando cadere la testa all'indietro e chiudendo appena gli occhi per la stanchezza, faticando a riaprirli e anche solo a pensare di rimettersi in auto e guidare. "Di cosa devi occuparti? Un altro caso? ". 
"Qualcosa del genere". Abby sorrise amaramente e distolse lo sguardo, portandosi la bottiglia alle labbra e bevendo qualche abbondante sorso di birra. 
Fece spallucce perché non amava mentirgli, specialmente su un argomento così delicato. 
Eppure sapeva di agire nel giusto e che avrebbe fatto bene a comportarsi in quella maniera, così evitò lo sguardo un po' più sveglio che le riservò e sospirò. "Dean, mi dispiace di essere stata così scontrosa da quando sei tornato". 
Il ragazzo sollevò un sopracciglio e pensò che non si sarebbe perso per nulla al mondo quella conversazione, così si mise più dritto con la schiena e sbatté un paio di volte le palpebre mentre la guardava negli occhi con aria interessata. 
Dean vide nei suoi occhi qualcosa che non aveva mai visto, se non da quando fosse tornato dal Purgatorio: Abby non gli aveva mai nascosto nulla durante la loro relazione, era sempre stata sincera ed aveva sempre trovato il modo di non tenere segreti con lui. 
Eppure adesso, Dean sapeva che per la prima volta Abby gli stesse mentendo e che lo stesse tenendo all'oscuro di qualcosa, ma sapeva per certo che se lo stesse facendo ci dovesse essere una validissima ragione. "E non vuoi dirmi perché?". 
Abby lo guardò per un breve secondo con un sorriso amaro sul viso e poi scosse forte la testa, sospirando e facendo spallucce. 
Dean invece si voltò a guardarla meglio, sfiorandole con le dita il dorso della mano destra stretta ancora attorno al collo della bottiglia di birra, e portò nuovamente i suoi occhi azzurri contro i suoi, accennando l'ombra di un sorriso. "Non ti chiederò scusa per averti protetta, al laboratorio della SucroCorp". 
La ragazza rise nervosamente e scosse la testa, abbassando in fretta gli occhi per non fargli vedere lo strato lucido che li avesse ricoperti. "Per tanto tempo ti ho dato la colpa, ma in realtà.. In realtà non è colpa tua".
"Io non so di che parli, Abby. Aiutami a capire.." sussurrò Dean stringendo la presa sulla sua mano e sospirando rumorosamente, strattonandola appena verso la sua direzione.
Abby sapeva di aver già parlato tanto e che non dovesse aggiungere altro, eppure moriva dalla voglia di fargli sapere cosa le fosse successo. Dean meritava di sapere. Ma nonostante ciò, non era importante cosa meritasse o no. L'importante era proteggere la loro bambina. 
Dean sospirò lentamente e distolse lo sguardo, probabilmente già stanco per la giornata e per il lungo viaggio che non aveva la forza di continuare ad insistere, e scosse la testa, e poi con voce tirata chiese: "Ma tu stai bene, giusto Abby? Non hai fatto nessuna pazzia, come un patto o roba del genere?". 
Lo sguardo che la ragazzo gli lanciò avrebbe dovuto rassicurarlo e fargli capire che non avesse corso rischi inutili in sua assenza, eppure Dean avvertí una sofferenza atroce dentro di lei, che aveva scorto solamente quando suo padre Jack fosse morto molti anni prima. 
Abby accennò un piccolo sorriso e scosse la testa, avvicinandosi lentamente al suo viso mentre Dean la guardava con aria confusa: gli sfiorò la guancia sinistra e gli depositò un tenerissimo bacio su quella destra, finendo per abbracciarlo delicatamente. 
E Dean non ebbe il tempo di ricambiare lo strano gesto affettuoso di Abby, che la ragazza si tirò indietro e gli passò la birra ancora piena fra le mani, prima di dirigersi verso la porta ed indossare nuovamente la sua giacca di pelle. 
Gli lanciò un ultimo sguardo un po' più serio, perché avrebbe tanto voluto che lui andasse con lei fino in Texas, ma si limitò a fare un cenno del capo. "Ci vediamo tra un paio di giorni". 
Il cacciatore rimase a fissare la porta chiudersi mentre Abby andava via e si chiese perché fossero arrivati a quel punto: amava ancora tanto Abby e sapeva che anche lei lo ricambiasse nonostante gli sbagli commessi da entrambi, eppure qualcosa era cambiato e Dean se n'era accorto nel momento in cui fosse tornato dal Purgatorio. 
Lui era cambiato in quel posto, lottando ogni giorno per la sopravvivenza, ma era cambiata anche lei durante quell'anno e Dean non riusciva a spiegarsi cosa fosse accaduto e cosa l'avesse spinta a diventare fredda e scostante in quel modo. 
Sospirò rumorosamente mentre si rigirava la bottiglia fra le mani, sentendo il motore della Hyundai azzurra di Abby rombare nella notte e vide i fari della sua auto illuminare brevemente l'interno della stanza, prima di allontanarsi lungo il vialetto sterrato del casolare e si arrese pensando che fino a quando Abby non si sarebbe decisa a vuotare il sacco e rivelare i suoi segreti, non ci sarebbe stato modo di farla aprire nuovamente con lui.
Con questo pensiero spense la televisione e si distese sul divano completamente, chiudendo gli occhi e sperando che tutto si sarebbe potuto sistemare senza perderla per sempre. 
 
 
 
 
 
(1). Riferimento ad una puntata della nona o decima stagione, in cui l'angelo Hannah dice a Castiel che sta iniziando a provare i tipici sentimenti umani, come farsi una doccia. 
 
 
 

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Capitolo 43
*** Capitolo 36. ***


Hunters' legacies 
Capitolo 36.
 
 
Scese gli scalini della casa su due livelli di uno dei quartieri benestanti di Austin, Texas, mentre il sole era ancora alto nel cielo e si diregeva a grandi passi verso la sua auto posteggiata nel vialetto, sentendo il cuore in gola ed il grosso macigno schiacciarle il petto per l'esperienza che ormai da cinque mesi si ostinasse a vivere quasi ogni fine settimana. 
Sentiva il cuore pesante all'idea di lasciare quella casa e di dover aspettare un'intera settimana prima di tornarci, e scosse la testa sospirando, chiudendosi lo sportello dietro e sistemandosi sul sedile sentendosi quasi a disagio e fuori luogo: sapeva che ciò che stesse facendo fosse sbagliato e controproducente per lei, e anche Anael l'aveva messa in guardia dicendole che fosse un'arma a doppio taglio, eppure Abby non riusciva a starne lontana, nonostante il putiferio che stesse accadendo intorno a sé. 
Lanciò un ultimo sguardo alla casa osservando l'uomo e la donna sulla trentina affacciati sulla veranda che la salutassero ancora con la mano e le sorridessero, ed Abby si decise a mettere in moto l'auto e ad andare via da quel luogo ricambiando forzatamente quel saluto. 
Si immise nel traffico di quella zona residenziale e aspettò pazientemente che il rosso estenuante del semaforo diventasse verde, sgommando e superando le macchine che andassero ad una velocità troppo bassa per lei e che non le permettessero di scappare via da quella via nel più breve tempo possibile, eseguendo delle manovre persino pericolose pur di allontanarsi mentre era immersa nei suoi pensieri. 
Lo squillo del suo telefono la fece tornare alla realtà, lasciando che i ricordi di quella notte sgattaiolassero fuori dalla sua mente per non farla soffrire troppo, e distrattamente afferrò il cellulare, leggendo il nome che apparse sullo schermo con aria preoccupata: era passata una settimana da quando Abby fosse andata via dalla baida di Rufus lasciando i due ragazzi a lavorare da soli ed aveva evitato le chiamate di Dean, specialmente nei giorni che avesse trascorso in quella casa ad Austin. 
Aveva disattivato il suo GPS per far in modo che nessuno la potesse rintracciare ed aveva eseguito degli antichi rituali che Anael le avesse suggerito per evitare che qualche demone o angelo potessero rintracciare lei e quella famiglia, mantenendoli al sicuro. 
Abby sospirò e si portò il telefono all'orecchio decidendo di fare la vaga e l'ironica, sfrecciando ormai sull'autostrada che l'avrebbe portata fino in Montana. 
"Non puoi proprio stare lontano, eh?".
"Ti chiamo da giorni, ma immagino che rispondere fosse troppo faticoso, non è vero? Dove sei?". 
Abby sorrise amaramente sentendo la preoccupazione nella voce di Dean e sospirò brevemente, continuando a premere il piede sull'acceleratore. "Buongiorno anche a te, raggio di sole. Io sto bene, e tu?". 
"Non prendermi in giro, ragazzina. Mi preoccupo per te e non sono l'unico: tuo fratello è qui. Dice che sei sparita senza lasciare traccia, di nuovo".
Roteò gli occhi e li sollevò al cielo, trattenendo una sonora imprecazione che sarebbe uscita dalla sua bocca se non avesse avuto un minimo di autocontrollo, e scosse la testa parlando con voce sarcastica. "Dan è lì?". 
"Si ed è anche incazzato nero. Rimarrà qui finché non ti vedrà, dice che deve parlarti di Silver. Quando pensi di poter venire?". 
Abby sbuffò e scosse la testa per l'ennesima volta, mordendosi un labbro per il nervosismo perché pensava di aver già messo a posto suo fratello, eppure Dan continuava a preoccuparsi sempre eccessivamente per lei. "Sarò lì stasera". 
"Perfetto". Sentí l'ironia nella voce del ragazzo e sorrise divertita, pensando che la sua giornata sarebbe stata migliore di quella dei due Winchester, che avrebbero dovuto star a sentire le lamentele di Dan che fosse profondamente arrabbiato con sua sorella, ma specialmente con Dean che non era riuscito ad aiutarla a superare qualsiasi cosa la turbasse. 
Abby sentí suo fratello sbraitare qualcosa dall'altro capo del telefono dopo aver capito che Dean l'avesse chiamata, intimandogli di farlo parlare con lei, ma la ragazza preventivamente chiuse la chiamata di scatto, ridendo di gusto mentre immaginava la faccia di suo fratello quando dopo aver esternato la sua paternale, si sarebbe accorto di aver parlato a vuoto. 
Abby accese la radio e premette il piede sull'acceleratore, indossando i suoi occhiali da sole e lasciando che la sua macchina scivolasse sull'asfalto duro, superando le altre auto e masticando un chilometro dopo l'altro per arrivare più velocemente al rifugio. 
 
 
 
 
Osservò la ragazza muoversi in maniera nervosa sulla sedia del soggiorno e sbattere il piede a terra, mentre in silenzio guardava negli occhi il ragazzo seduto davanti a lei che cingesse le spalle di Silver con un sorriso tirato sul viso, mentre Dan stava in piedi dietro ad Abby, con le braccia conserte e non distogliendo mai lo sguardo da quell'uomo. 
Dean aveva infine scoperto che l'agitazione di Dan, che si fosse presentato al casolare di Rufus senza alcun preavviso confermando ancora una volta la sua abilità da segugio, fosse dovuta non solo alla scomparsa di Abby per metà dell'anno che lui passò in Purgatorio, ma anche al fatto che Silver si fosse d'improvviso trasferito da Louisville a Peoria, Illinois, senza neanche avvertire il fratello che tornato a casa la sera dopo il lavoro, non avesse più trovato le cose di sua sorella. 
Il silenzio regnava in quella stanza e Silver iniziò a sbuffare, serrando le braccia al petto e lasciando scivolare i suoi lunghi capelli corvini dietro le spalle, guardando i due fratelli in cagnesco; Sam sorrise appena a quella visione, perché gli ricordava tanto le volte in cui anche il suo di fratello lo avesse guardato in quel modo dopo aver fatto qualcosa che non lo aggradasse. 
Ma lui capisca perfettamente il gesto di Silver: mentre i tre cacciatori avessero sventato un'Apocalisse dopo l'altra e Dan avesse continuato a lavorare nel laboratorio a nord di Louisville, Silver aveva spezzato la traduzione di famiglia iniziando un percorso di studi universitario che riguardasse il giornalismo. 
Aveva studiato tanto fino a laurearsi all'età di ventidue anni accontentandosi di un lavoro al giornale della sua città natale, ma adesso che ne aveva ventiquattro e Louisville iniziasse a starle stretta, aveva optato per cambiare città e cambiare lavoro, avendo anche trovato la persona giusta con cui fosse andata a convivere.
Sam ammirava la forza di Silver, che fosse ormai molto distante dalla ragazzina ribelle e sfacciata appena sedicenne che avesse conosciuto molti anni prima. 
Abby e Dan non avevano smesso di togliere gli occhi di dosso al ragazzo seduto al fianco di Silver, analizzando il suo modo di guardarli: non vi era timore nel suo sguardo, ma non vi era alcuna traccia di spavalderia. 
Si trattava di un sorriso gentile e molto ingenuo che non fece altro che farli infuriare di più: era stato fin troppo ospitale da quando i tre cacciatori e Dan avessero messo piede nel loro appartamento senza neanche preannunciarsi, e aveva offerto loro tutto ciò che avesse nella dispensa, offrendogli dal cibo biologico alle tazze di tè raffinato. 
Abby si schiarí la voce e si mosse nuovamente sulla sedia, poggiando i gomiti al tavolo e sollevando un sopracciglio, attirando l'attenzione del ragazzo. "Allora Matthew..". 
"Ti prego Abby, chiamami Matt. Siamo una famiglia adesso" la corresse il ragazzo sorridendo ed annuendo in maniera gentile, non facendo altro che far piegare l'espressione di Abby in una smorfia infastidita per averla interrotta. 
"Matthew. Come hai conosciuto mia sorella?". 
Matt sorrise serenamente e scambiò uno sguardo con Silver stringerla più vicina a sé mentre la guardava con amore negli occhi, per poi tornare ad alternare lo sguardo fra Abby e Dan. "Ero ad una manifestazione pacifica per difendere i pinguini dell'Antartide e gli orsi del polo Nord e tua sorella stava scrivendo un pezzo proprio sulla mia associazione; appena i miei occhi si sono posati su di lei, non sono riuscito a far altro che interrompere la mia marcia contro i poteri forti e mi sono avvicinato a lei per chiederle di prendere un caffè con me. Silver ha subito detto di sì ed era così interessata alla mia manifestazione che m-.". 
Dan sollevò gli occhi al cielo e rise di gusto per il nervosismo, scuotendo la testa e tornando a guardare il ragazzo che potesse avere all'incirca due o tre anni più di Silver. "E perché mia sorella avrebbe dovuto essere così interessata?!". 
"Bhe, perché i pinguini e gli orsi stanno soffrendo parecchio: i ghiacciai si stanno sciogliendo con il surriscaldamento globale e la loro vita è in serio peric-..".
Matt non ebbe il tempo di finire la frase, che Dan divenne più serio e lo guardò con uno sguardo più severo, perché non poteva credere alle sue orecchie. "Interessata ad uno come te!".
Dan sollevò un sopracciglio e lo fissò attentamente, squadrandolo da capo a piedi senza tenere conto che il ragazzo ad un certo punto avrebbe potuto infastirsi del suo atteggiamento e di quell'occhiata molto invadente: Matthew era un ragazzo molto magro, con dei capelli biondicci che gli ricadevano sulla fronte in maniera disordinatila e degli occhiali tondi ad adonargli il viso, mettendo in risalto i suoi occhi color nocciola. 
La sua espressione era molto innocente e ingenua, rimanendo però sicuro di sé e dei suoi forti ideali. 
La casa in cui fosse andato ad abitare con Silver era adornata da foto della maggior parte delle associazioni benefiche del paese, dove spesso vi fosse protagonista anche lui, lasciando intuire che nonostante la sua giovane età fosse molto attivo in questo campo. 
Abby sentí suo fratello sbuffare alle sue spalle, allargare le braccia e ridere di gusto mentre si muoveva nervosamente all'interno del soggiorno, raggiungendo i due Winchester che si fosse portato dietro per assicurarsi che quel Matthew non fosse un demone o qualche strana creatura. 
"Non solo hai fatto trasferire mia sorella così lontano da casa, ma sei anche un cazzo di hippie!" esclamò Dan scuotendo la testa e continuando a ridere di gusto, beccandosi un'occhiataccia da Silver. "Vuoi dirmi anche che sei vegetariano, magari?". 
"Sono vegano, in realtà" lo corresse Matthew con un sorriso sul viso, non facendo neanche caso al fatto che il ragazzo lo stesse velatamente prendendo in giro.
Dean fece segno al fratello di seguirlo nella piccola cucina della casa, soffocando una risata per tutta quella strana situazione meritandosi un'occhiataccia da parte di Sam, che non trovasse nulla da ridere in tutto ciò, ma che anzi ammirava Silver per aver trovato il coraggio di andare via da casa e seguire la propria strada. 
Vide il fratello versare dell'acqua Santa direttamente dalla sua fiaschetta in uno dei bicchieri da cicchetto contenenti già del Whisky; tornò in soggiorno con i bicchieri in mano e sorrise porgendo il cicchetto di acqua benedetta e Whisky a Matthew, che in un primo momento rifiutò perché non era da lui bere alcolici quando il sole fosse ancora alto, ma Dean gli disse che ne avrebbe avuto bisogno per continuare quella conversazione e Matt annuì, mandando giù il contenuto del suo bicchiere. 
Quando l'unica reazione fu solamente un forte bruciore alla gola perché Matt non era abituato a quel tipo di bevande, Dean fece spallucce e mise su la sua faccia da poker, voltandosi poi verso Abby e Dan scuotendo la testa: non poteva essere un demone. 
Sam chiamò Matthew con una scusa, invitandolo a lasciare soli i tre fratelli per un po' per poter discutere, e se lo prese sotto braccio iniziando a sentire ciò che avesse da raccontare sulle associazioni ed i salvataggi che avessero fatto in Antartide, e costrinse anche il fratello a seguirli, che però indugiò sulla soglia per ascoltare cosa si sarebbero detti i tre fratelli. 
Abby scattò come una molla alzandosi e posando le mani sul tavolo, guardando la sorellina con espressione furiosa e non curandosi nemmeno che Matthew avrebbe potuto sentirla. "Andiamo Silver, non fingere con me, sei più intelligente di così; le donne della nostra famiglia diventano stupide quando si tratta di uomini: sappi che ti faranno sempre delle promesse che infrangeranno, sono fatti così ed è più forte di loro. Hai bisogno della tua famiglia, devi tornare a casa".
Dean serrò la mandibola udendo quella frase perché non si aspettava tutta quella rabbia nella sua voce e subito fu costretto ad abbassare lo sguardo, e ad allontanarsi ancora un po' fino a sparirare dalla sua vista dato che Dan lo avesse fulminato immediatamente con lo sguardo quando aveva sentito la delusione di Abby, venire fuori attraverso le sue parole, iniziando a pensare che forse non fosse stata una grande idea trascinare i Winchester con loro, dato che Abby e Dean non stavano più insieme da un po'. 
"Gli uomini non sono tutti così: Matthew mi capisce, è diverso dai cacciatori, mi ama veramente e vuole solo il meglio per me!" esclamò Silver alzandosi anche lei e fulminando la sorella maggiore con uno sguardo arrabbiato. 
Ma Abby rise di gusto e scosse la testa, muovendosi nervosamente per il soggiorno. "Perché è l'inizio. Lascia passare qualche mese o qualche anno, e vedrai come la tua storia tutta arcobaleno e farfalle nello stomaco ti farà del male. Ma sarà troppo tardi, perché la tua famiglia si troverà dalla parte opposta del paese per aiutarti!". 
Silver sgranò gli occhi ed allargò le braccia, cercando aiuto nello sguardo del fratello che però avesse lo stesso sguardo della maggiore e scosse la testa. "Sono soltanto cinque ore da casa, Abby! Neanche mezza giornata e sarò a Louisville in caso di necessità!".
"Sono sempre troppe!!". 
Abby sapeva di aver alzato un po' troppo il tono e di essere fin troppo arrabbiata per poter discutere in maniera civile con la sorella, intenzionata a restare mentre lei aveva voglia di trascinarla via da quella casa immediatamente. 
"Quando sei diventata così cinica? Cosa ti è successo mentre sei stata lontana da casa e Dean era sparito?!".
Abby la fulminò con lo sguardo e assottigliò gli occhi per la rabbia, perché non aveva assolutamente voglia di toccare un argomento così delicato ed un nervo ancora fin troppo scoperto; Silver se ne accorse e sospirò rumorosamente, abbassando il capo di poco e sentendosi dispiaciuta per aver tirato in ballo un momento di sofferenza per la sorella. 
"Già, anche questo sarebbe interessante da chiarire adesso che siamo tutti insieme" disse Dan avanzando fino al tavolo, appoggiando le mani alla spalliera della sedia e guardando la sorella alla sua sinistra con espressione quasi arrabbiata, chiedendole spiegazioni. 
Abby guardò il fratello e fulminò anche lui, stringendo i pugni e sospirando lentamente per calmare le pulsazioni del suo cuore che sembrarono impazzite. "Non vi devo alcuna spiegazione, ho la mia vita e le mie cose da fare così come ce le aveva papà. E poi non sono io quella sotto esame al momento!". 
Ma Silver non la pensava come la sorella e non aveva mai perso la sua lingua fin troppo tagliente nonostante fosse cresciuta e maturata, e le sorrise in maniera acida. "Beh, io ho appena sopportato di osservare in silenzio i vostri modi per capire se il mio fidanzato fosse un demone! Invece tu perché non fai un favore a tutti e ci racconti dove sei stata quando sei andata via per quasi un anno?! C'è un nuovo ragazzo che tieni segreto o hai semplicemente tentato di fare  qualcosa di stupido per liberare Dean, di nuovo?". 
Abby sgranò gli occhi e sentí la rabbia crescere dentro di sé, tant'è che non riuscì a controllarsi e si fece avanti nella sua direzione scavalcando Dan e colpendo con forza il vaso che fosse posto al centro tavolo, facendolo infrangere rovinosamente a terra in mille schegge di vetro. "Come osi parlare così con me, ragazzina? Sto cercando di proteggerti, come ho sempre fatto da quando sei nata! E mi ripaghi girando il coltello nella piaga?!". 
Silver indietreggiò di qualche passò perché per la prima volta sua sorella le aveva davvero fatto paura, non ricordando nemmeno una volta in cui il suo comportamento fosse stato così violento, e sgranò gli occhi mentre la osservava guardarla ancora in cagnesco. Inevitabilmente, i tre cacciatori che fossero nella stanza accanto tornarono in fretta nel soggiorno, attirati dal rumore e dalla voce fin troppo alta delle due sorelle che litigavano. 
Matthew lasciò il fianco di Sam e Dean e avanzò fino ad afferrare Silver da un braccio per controllare che stesse bene con espressione preoccupata, sfiorandole il viso e guardandola negli occhi per capirlo. 
Abby non gradí quel contatto con la sorella e mise su la sua aria più sprezzante, sollevando un sopracciglio. "Matthew, ti ho rotto il vaso". 
Il ragazzo si voltò a guardarla con aria incredula, credendo che fosse stato un incidente e che non lo avesse voluto fare intenzionalmente, ma si sforzò di sorridere e fece spallucce. "Ne comprerò uno nuovo, non preoccuparti". 
Abby fece un passo avanti verso di lui e vide come Silver si apprestò a fronteggiarla, ma Matthew rimase a fissarla con aria preoccupata, sentendosi un agnellino che si trovasse davanti un leone inferocito pronto a sbranarlo. "Senza offesa Matt, ma non mi piaci. Non mi piace il fatto che tu abbia trascinato mia sorella lontana da casa, non mi piace il tuo essere hippie e il tuo orribile motto di ama la natura, ama il tuo prossimo perché  il tuo prossimo può anche far schifo! E non mi piaci tu per mia sorella!". 
Se fosse stata meno accecata dalla rabbia, Abby avrebbe accennato un momento di titubanza nel momento in cui vide Matthew aggrottare le sopracciglia e sentirsi ferito per quel trattamento sgarbato così gratuito. 
Ma Abby non riuscì neanche a percepirlo e continuò a guardarlo in cagnesco, sentendo i richiami dei tre uomini dietro di sé che cercavano di farla calmare e tornare in sé. 
La ragazza scosse la testa e bonfonchiò qualcosa molto simile a fa quello che diavolo vuoi, ragazzina e afferrò la sua giacca dalla sedia, scontrandosi con forza con la spalla di Dean che aveva provato a sbarrarle la strada d'uscita, ed andò via in fretta da quell'appartamento che le faceva venire la pelle d'oca senza voltarsi neanche una volta. 
Dean sorrise imbarazzato verso il ragazzo e si grattò distrattamente la nuca ridendo nervosamente, osservando Silver digirersi verso la propria stanza da letto e sbattersi la porta dietro in preda anche lei alla furia, mentre Dan la seguiva con aria esausta. 
Il maggiore fece un passo verso Matthew, rimasto ancora attonito e con occhi sbarrati, e gli diede una forte pacca sulla spalla. "Sei nuovo, ma ti ci abituerai. Almeno spero. Dopo tanti anni io non mi sono ancora abituato alle loro liti: quando sono insieme fanno sempre così, ma si vogliono davvero bene". 
Matthew lo guardò con aria sconvolta, sgranando gli occhi e allargando le braccia come se quello fosse il momento peggiore di tutta la settimana e scosse la testa, dirigendosi verso un armadio basso dietro il tavolo, piegandosi per cercare qualcosa all'interno. "Accendo dell'incenso: servirà ad allontanare le energie negative che si sono formate dentro questa casa".
Dean guardò il fratello con espressione incredula e fece spallucce trattenendo una risata e scuotendo la testa divertito, indicando la porta d'ingresso con l'indice del pugno chiuso destro sollevato a mezz'aria. "Ok fratellino, perché non cerchi di conoscere meglio Matt, insieme a Dan? Io vado a cercare Abby". 
 
 
Fece segno al barista di portarle un secondo drink osservando il fondo vuoto del suo bicchiere con un'espressione scocciata, per poi allontanarlo e iniziare a picchiettare le dita sul bancone con nervosismo. 
Abby era stufa di dover sempre essere quella responsabile, di pensare a tutte le possibili conseguenze delle sue azioni e di quelle degli altri e di prendersi cura delle altre persone anche se era lei ad essere spezzata. 
Non vi era un momento nell'arco della giornata in cui non si sentisse arrabbiata o non soffrisse per ciò che fosse stata costretta a fare in tutti quegli anni: aveva sempre voluto cacciare per stare più vicina a suo padre, ma adesso che esaminava uno ad uno tutti i problemi che la vita da cacciatrice le avesse portato, l'idea di una casa stabile, di un lavoro e di una famiglia ordinaria non le dispiaceva più di tanto. 
Avrebbe avuto modo di tenere la piccola, comunque. 
Ssarebbe potuta scappare in Norvegia o in Timbuktu per proteggerla e tenerla lontana dal soprannaturale, nonostante pensasse che i guai sarebbero andati a cercarla fino a lì, ma almeno sarebbero state insieme ed ogni giorno non sarebbe stata una sofferenza. 
Il barman le avvicinò il secondo drink con un sorriso e le sfiorò la mano facendolo passare per un gesto casuale, sorridendole e ammiccandole in maniera eloquente. 
Abby lo guardò per qualche secondo, sollevando un sopracciglio e sentendosi palesemente disturbata, tanto che lo invitò gentilmente a togliersi dai piedi perché non era interessata a nessuno degli scenari che la sua mente gli stesse mostrando. 
Lo vide allontanarsi con occhi appena sgranati, probabilmente impallidendo per le espressioni colorite che Abby avesse usato per mandarlo via, e sentí una risata fin troppo familiare proprio dietro di sé, sentendo l'uomo prendere posto sullo sgabello situato alla sua destra e guardarsi attorno. 
Non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscerlo, perché conosceva fin troppo bene quella risata che si prendeva gioco di lei, e sorrise anche lei di rimando. 
"Ricordi quando qualche anno fa ti sei trasformata in una furia? Allora sembravi un agnellino rispetto a come hai reagito a casa di tua sorella, prima". 
Abby sentí la sua voce divertita e piegò la testa per guardarlo, appoggiato al bancone con i gomiti mentre il suo sguardo passava a rassegna tutte le bottiglie di alcolici esposte in bella vista sopra la mensola, e sorrise appena, piegando il gomito sul banco e appoggiando la testa al pugno chiuso sinistro. "Come mi hai trovata?". 
Dean distolse lo sguardo dalle bottiglie per guardarla con aria quasi offesa, sollevando un sopracciglio e chiedendosi come facesse a pensare che dopo tutti quegli anni insieme lui non la conoscesse negli odi chiunque altro al mondo, forse anche meglio di sé stessa. "C'erano due bar aperti a quest'ora che potevi raggiungere a piedi: uno squallido ed uno raffinato. Sei andata dove non volevi farti trovare". 
Abby sorrise a bocca stretta un po' di più e guardò i suoi occhi verdi per qualche secondo, poi scosse la testa e si guardò attorno, osservando come sia lei che Dean stonassero con la clientela raffinata del bar di quell'hotel a quattro stelle che si fosse trovata lungo la strada; trattenne un sospiro e si morse il labbro inferiore, portandosi alle labbra il suo drink e bevendo qualche sorso del Bourbon invecchiato e che avrebbe pagato un occhio della testa. 
Il barman portò un bicchiere anche a Dean e il ragazzo lo fece scontrare con quello di Abby, bevendo anche lui qualche sorso per poi rigirarselo fra le mani con aria pensierosa per ciò che fosse accaduto a casa di Silver, riflettendo sul fatto che avesse visto Abby perdere le staffe in quel modo solamente in pochissime occasioni. "Allora, si può sapere perché sei così arrabbiata?". 
Abby si voltò a guardarlo con aria accigliata, sollevando un sopracciglio e sgranando gli occhi, pensando che la lunga serie di motivi fosse abbastanza palese. "Silver se n'è andata di casa senza dire nulla! Non ha protezione qui, mentre a casa Dan può proteggerla sempre, ma qui è molto difficile ed è sola e..". 
"No, non è per questo che sei arrabbiata" disse Dean divenendo appena più serio, interrompendola e scuotendo la testa. "Dove sei stata in questa settimana? Di cosa dovevi occuparti?". 
La ragazza si irrigidí appena continuando a guardarlo negli occhi, smettendo di respirare per qualche secondo e sentendo il cuore battere forte nel petto, mentre l'agitazione salí sempre di più dentro di lei. Abbassò lo sguardo nuovamente sul bicchiere e scosse appena la testa, bevendo poi qualche altro sorso di coraggio liquido e riflettendo ancora una volta sui pro ed i contro del metterlo a conoscenza della situazione. "È successa una cosa mentre tu eri in Purgatorio, una cosa molto importante. In realtà è iniziato qualche mese prima che tu sconfiggessi Dick, ma io non sapevo come gestirlo e poi volevo dirtelo dopo essere sopravvissuti all'attacco alla SucroCorp e.. ". 
Dean bevve un altro sorso e scosse la testa, roteando gli occhi perché ogni volta che Abby fosse così nervosa si dilungava in tante parole. "Abby, vai dritta al sodo". 
La ragazza non sollevò lo sguardo e non lo guardò per qualche lungo istante che le sembrò un'eternità, iniziando a pensare che forse fosse vicina al punto di iniziare a parlare dicendogli tutta la verità, ma non aveva la minima idea di come spiegargliela, e poi tornò a guardarlo e perdersi nei suoi occhi. "Io ti conosco bene, Dean. Ti conosco davvero bene e so come diventi quando sei arrabbiato e..". 
"È così grave che potrei diventare pazzo?" chiese Dean sollevando un sopracciglio e guardandola con aria ironica, per poi addolcire la sua espressione con un sospiro. "Non darò di matto, te lo prometto ragazzina". 
Abby strinse la mascella e fece una smorfia col viso, perché sapeva che quella fosse una promessa del tutto infondata e che quando l'avrebbe saputo avrebbe di certo perso la testa per un po'. "Il fatto è che non so come potresti prenderla. E poi questo non è il momento, né il luogo di parlarne". 
Dean rise nervosamente e scosse la testa, tornando a guardare il suo bicchiere per poi finire ciò che restasse del suo drink in un unico sorso; si toccò la tasca della sua giacca di tela e prese il protafoglio, lasciando qualche banconota sul bancone per poi rivolgerle un sorriso tranquillo. "Hai una sorella e un cognato con un cui scusarti, andiamo".
Abby sgranò gli occhi e finí il suo drink con l'aria di chi avrebbe preferito il patibolo all'idea di chiedere scusa, e sbuffò sonoramente alzandosi; si ritrovò vicina al ragazzo che si fosse alzato nello stesso momento e lo guardò negli occhi per qualche secondo con aria fintamente arrabbiata, puntandogli un dito contro all'altezza del viso. "Quell'hippie non è mio cognato!". 
Lo sentí ridere di gusto e passarle un braccio attorno al collo mentre lo diceva che si, lo è, per poi trascinarla fuori dal locale stringendola più a sé mentre camminavano all'esterno dell'hotel per tornare a casa di Silver, lasciandole dei baci fra i capelli di tanto in tanto e sentendosi improvvisamente come se il tempo fra loro non fosse mai passato e la loro storia non fosse mai finita. 
 
 
 
 
"Perché sei diventata così stronza e sei sparita per quasi un anno?! Sono contenta che Dean sia tornato, davvero, ma tu hai un rapporto così morboso e malato con lui. Di cosa hai paura? Cosa farai quando farà l'ennesima pazzia, mmh? Sparirai ancora? Farai un patto anche tu? Notizia flash Abby: se non lasci entrare le persone per capire cosa c'è che non va, nessuno potrà mai alleggerirti dal peso che porti dentro". 
Le parole di Silver le erano andate contro come un forte schiaffo in piena faccia: inevitabilmente Abby si chiuse in se stessa, sentendo la sua forte armatura lucente che avesse messo a nuovo con fatica e dolore in quegli ultimi mesi, crollare rovinosamente e sgretolarsi dentro di sé. 
Fu grata di aver spedito i due ragazzi e Matt fuori di casa e di essere scoppiata in un forte pianto liberarorio solamente insieme ai suoi due fratelli, sentendosi più libera di aggrapparsi a loro e sentire come i due la sostenessero. 
Silver si era subito sentita subdola per aver urlato quelle parole contro la sorella e si affrettò a scusarsi e ad abbracciarla forte, sentendo gli occhi pizzicare per la tristezza, e Dan aveva sgranato gli occhi avvicinandosi a lei ed abbracciandola anche lui, seduta sul divano ad L del soggiorno posto davanti al tavolo con ancora i cocci del vaso a terra. 
Abby aveva parlato con i suoi fratelli mantenendosi sul vago, raccontando loro che non fosse sparita perché qualcuno le stesse dando la caccia, ma stando attenta a non sbilanciarsi troppo nel suo racconto per non metterli in pericolo con quell'informazione. 
Non aveva rivelato loro nessuna informazione e non aveva alcuna intenzione di farlo, ma si scusò con la sorella minore per essere stata fin troppo arragonte e cattiva con Matthew. 
Una volta che anche i tre ragazzi fossero rincasati, Abby trovò il coraggio di scusarsi anche con lui, dicendogli che per quanto hippie non fosse poi così male e che avrebbe voluto conoscerlo meglio, ma che se avesse fatto soffrire sua sorella sarebbe tornata e gli avrebbe spezzato il collo. 
I due Winchester, Abby e Dan si congedarono presto da casa della ragazza con la promessa di tornare presto a trovarli, e poi fu il turno di Abby e Dan si salutarsi, che si strinsero in un forte abbraccio a cui la ragazza si aggrappò con tutta la forza che avesse, stringendo gli occhi mentre il fratello le baciò i capelli e ma fronte; Abby lo osservò andar via con la sua auto nera e sospirò rumorosamente, sentendo ancora gli occhi pizzicare. 
Era certa che i tre ragazzi rientrati si fossero accorti dei suoi occhi arrossati e che avessero intuito che avesse pianto, eppure fecero tutti finta di nulla; aveva seguito Sam e Dean fino al motel più vicino con la sua macchina e li aveva congedati per andare nella sua stanza per fare una lunga doccia e una lunga dormita. 
Eppure neanche il getto di acqua calda riuscì a rilassare quel fascio di nervi e di agitazione in cui si fosse trasformata da quando l'idea di dire tutto a Dean le avesse sfiorato la mente, nel bar dell'hotel dove bevvero insieme. 
In preda ad un momento di sicurezza, Abby si alzò dal letto e indossò nuovamente i suoi vestiti, abbandonando il pigiama sul letto e controllando il telefono, notando due chiamate perse dai Thompson, ma non si preoccupò più di tanto perché sapeva cosa volessero. 
Uscì dalla stanza trovandosi a contatto con l'aria fredda della notte, mordendosi il labbro mentre rabbrividiva all'interno della sua giacca di pelle e notò subito a pochi metri da lei il maggiore completamente calato col busto dentro il motore della sua Baby, con la maglia ed i pantaloni sporchi di grasso mentre era intento ad utilizzare una piccola chiave inglese. 
Abby sorrise ed avanzò nella sua direzione osservando la lampada appesa al cofano fargli luce, sistemandogliela meglio per fargliene arrivare di più. 
Dean si voltò di scatto, tirandosi su per guardare chiunque gli si fosse avvicinato, e sorrise quando la vide accanto a sé. 
"Oltre ad essere una furia tutto il giorno, non dormi durante la notte? Wow sei anche peggio di me, ragazzina". 
Dean le fece l'occhiolino e bevve un sorso dalla lattina di birra quasi vuota che avesse precedentemente lasciato ai lati dei suoi attrezzi, e le sorrise; Abby lo guardò per un paio di secondi perché sentiva che qualcosa stesse ripartendo fra di loro e che forse avrebbero potuto fare una tregua e tornare insieme fino al prossimo mostro che avrebbe sbarrato loro la strada, ma poi il suo sorriso scemò e capí di dover fare la cosa giusta. 
Si schiarí la voce e sospirò, facendo spallucce mentre teneva le dita infilate dentro le tasche anteriori dei suoi jeans. "Veramente cercavo te. Hai un minuto?". 
Dean sollevò un sopracciglio scorgendo nel suo sguardo lo stesso che avesse visto quello stesso giorno al bar, e sospirò; tolse la lampada dal cofano e lo chiuse velocemente con uno scatto, radunando i suoi attrezzi per metterli all'interno di una valigetta apposita e pulendosi il grasso dalle mani con una pezza. 
"Ti ascolto". 
Abby lo vide appoggiarsi al cofano e serrare le braccia al petto, guardandola in maniera incoraggiante ed annuendo, pronto a sentire qualsiasi cosa avrebbe dovuto dirgli; la ragazza prese un lungo respiro profondo mentre lo guardava negli occhi ed il suo cuore batteva veloce per l'agitazione. "Vorrei mostrartelo, in realtà. Ma devi prima fare una doccia e dire a Sam che non tornerai prima di due giorni". 
Dean aggrottò le sopracciglia e sorrise divertito, accennando una piccola risata. "Se vuoi passare più tempo da sola con me, basta dirlo". 
Ma lo sguardo di Abby gli fece capire che non ci fosse nulla per cui scherzare e che non ci sarebbe stato nulla di piacevole nel viaggio che avrebbero intrapreso; così si schiarí la voce e le disse che sarebbe stato pronto in 10 minuti, di preparare le sue cose e di aspettarlo in auto con il motore acceso. 
Lo vide allontanarsi verso la stanza che condividesse con il fratello ed Abby sentí il cuore battere fin troppo forte nel petto, dirigendosi verso la propria stanza per sistemare le sue cose ed inziando a chiedersi se quella fosse la scelta giusta o se stesse sbagliando tutto. 
Aprì la sua auto e si sedette ad aspettarlo nel buio della notte, osservando la strada affianco completamente deserta e priva di un'anima viva che transitasse per di là: erano pur sempre le quattro del mattino ed a parte taxi o camionisti, non circolava mai nessuno a quell'ora, se non pochissime auto. 
Dean mantenne la sua parola ed un brevissimo tempo entrò nell'abitacolo della sua Hyundai, lanciando malamente il suo borsone sui sedili posteriori e meritandosi un'occhiataccia da parte della donna, che ignorò e la guardò come se nulla fosse. "Vogliamo andare?".
Abby annuí e lo guardò per qualche altro secondo, pensando che il sorriso sul volto di Dean sarebbe durato ancora per poco perché quando gli avrebbe detto la verità probabilmente sarebbe stato a dir poco arrabbiato e confuso; uscì dal parcheggio per immettersi sulla strada e sospirò rumorosamente, iniziando quel viaggio insieme a lui che sarebbe costato loro ben quindici ore e un quarto, escluso pernottamento e soste per il cibo, accendendo la radio per alleggerire almeno in parte il suo animo. 
 
 
 
"Che ci facciamo qua?". 
Abby roteò gli occhi e sbuffò sonoramente, perché quella frase insieme a Dove siamo diretti? era stata la più gettonata per tutto il viaggio. 
Furono inutili i suoi tentativi di farlo desistere dal fare tutte quelle domande, Dean continuò per tutte le ore in cui sftrcciarono sulla superstrada a chiedere quale fosse il motivo per cui si stessero recando ad Austin correndo a quella forte velocità. 
Quando la ragazza posteggiò davanti al vialetto di una casa a due piani con un ampio giardino e tanto di dondolo sul portico ed auto formato famiglia nel vialetto, si erano già fatte le sei e mezza del pomeriggio ed il buio si era già fatto largo nel cielo, ed Abby prese un lungo respiro e guardò la casa quasi con timore; spostò lo sguardo su Dean che continuava a guardarsi attorno con aria confusa e sorrise nervosamente. 
Non disse nulla e scese dall'auto, mentre il ragazzo le camminava dietro senza capire perché si trovassero in un quartiere residenziale così ricco e Dean la osservò salire i gradini della veranda di legno della casa con un sorriso nervoso sul volto, suonando il campanello.
Gli rivolse uno sguardo agitato, deglutendo a fatica mente distrattamente agitava i palmi sudati delle mani a mezz'aria. "Comportati come me. E sii naturale".
Passarono pochi secondi prima che una giovane donna più grande di Abby di qualche anno aprisse la porta sorridendo in maniera davvero entusiasta e felice, sporgendosi verso la ragazza per stringerla in un forte e caloroso abbraccio. 
"Addison, sono così felice di vederti. Io e Jerry pensavamo che non ce l'avresti fatta a passare!". 
Dean la vide sciogliere l'abbraccio con aria contenta e poi la donna spostò lo sguardo su di lui, sollevando un sopracciglio per studiarlo bene, così come fece anche lui nei suoi confronti: era una donna davvero bella, con dei capelli biondi lunghi fino alle spalle e degli occhi nocciola che spiccavano sul viso, ed indossava un lungo vestito nero ed elegante che sfilasse la sua figura. 
"Lui chi è? Un tuo amico?". 
Abby scosse la testa e sorrise gentilmente, guardando brevemente Dean e facendo spallucce. "Lui è Andrew, è nuovo. L'agenzia vuole essere sicura che sappia fare il suo lavoro prima di assumerlo, quindi stasera starà con me. Ma tu e Jerry andate pure a cena tranquillamente, gestirò io la situazione qui Ester!". 
La donna lo guardò per un momento sospettosa, ma poi sorrise di gusto e li fece accomodare all'interno della casa e Dean ne approfittò per guardarsi attorno: da fuori non avrebbe mai detto che la casa potesse essere così spaziosa, osservando la zona living che si estendeva per tutto il lato destro che di giorno sarebbe dovuta essere davvero molto luminosa, mentre la grande cucina in muratura in marmo scuro conferiva un'aria raffinata e tutt'altro che comune. 
Diede una sbirciata alle scale in ferro battuto molto decorato, ricoperte da delle tavole di legno e fissate singolarmente, mentre dei grandi quadri di spiagge lussuose ricoprissero le pareti.
Entrambi udirono dei passi provenire dal piano di sopra farsi sempre più vicini, fin quando Dean osservò un uomo della sua età scendere dalle scale con eleganza con indosso un completo che avesse l'aria di essere molto costoso.
"Jerry, questo è Andrew: affiancherà la nostra Addison per imparare da lei. Andrew, questo è mio marito Jerry". 
Dean accennò un sorriso nascondendo la sua confusione e porse una mano verso di lui, che l'uomo afferrò subito e strinse con un grande sorriso. "Piacere di conoscerla, Jerry". 
L'uomo non gli prestò molta attenzione ma si concentrò più su Abby che salutò in maniera calorosa, per poi passare un braccio in maniera elegante attorno alla vita della moglie sorridendo e guardandola, prima di congedarsi e sgattaiolare fuori dalla casa per andare a cena in uno dei posti più esclusivi di Austin, uscendo fuori dalla loro casa molto di fretta. 
Abby si chiuse la porta alle spalle solamente quando vide la loro auto allontanarsi dal vialetto e si tolse velocemente la sua giacca di pelle, abbandonandola sulla ringhiera della scala e ridendo di gusto quando vide Dean avvicinarsi nella sua direzione brandendo un sonaglio per bambini con delle colorazioni sgargianti e con cinque piccoli campanellini alle estremità, mentre la guardava con aria confusa. "Fai la guardiana delle case mentre i ricconi se la spassano? Sei sparita per questo?". 
La ragazza sospirò e gli tolse il giocattolo dalle mani, posandolo sul piccolo tavolino dell'ingresso e gli fece segno di salire insieme a lei al piano di sopra: se fino a quel momento Dean aveva pensato che quella fosse una casa davvero bella, adesso iniziò a pensare che quella fosse la casa dei suoi sogni. Sbirciò in ogni stanza rimanendo di stucco per la quantità di roba raffinata che la coppia avesse in casa, rimanendo molto colpito dalla grossa vasca idromassaggio del bagno padronale che avrebbe amato usare insieme ad Abby, e la guardò sollevando un sopracciglio con aria molto eloquente, sfiorandole un fianco e puntando al suo viso con le labbra. 
Ma Abby soffocò una risata e si scrollò la sua presa di dosso, scuotendo la testa ma apparendo subito più rigida nei confronti del ragazzo, che parve capire e diventare appena più serio; Abby avrebbe tanto voluto scappare via piuttosto che aprire la porta dell'unica stanza in cui Dean non fosse ancora entrato, ma si fece coraggio e prese un respiro profondo, avvicinandosi alla stanza a fianco a quella padronale e lo guardò negli occhi. 
"Hai creduto che nascondessi qualcosa ed avevi ragione: il mio segreto sta proprio oltre questa porta, ma morirà con me, Anael e adesso anche con te".
Dean la guardò più serio ed annuí lentamente promettendole con lo sguardo che avrebbe mantenuto il silenzio, e la vide appoggiare le dita attorno alla maniglia, su cui esitò per poi tornare a guardarlo con occhi lucidi ed espressione afflitta. "Ti ho mentito ieri al bar dell'hotel a Peoria perché so perfettamente come reagirai e come ti sentirai: sarai distrutto e addolorato, e vorrai fare di tutto per cambiare le cose, ma ormai è troppo tardi. Ed ecco perché sono sempre arrabbiata e scontrosa, perché anche io avrei voluto trovare una soluzione diversa, ma purtroppo non c'era".
"Apri questa porta, Abby". 
La ragazza sentí la sua voce spazientita e già quasi alterata, e sospirò rumorosamente per l'ennesima volta prima di decidersi ad abbassare la maniglia con un sospiro e ad aprire lentamente la porta, entrando dentro la stanza seguita dal cacciatore; Dean si guardò intorno e fu quasi abbagliato da tutti quei colori pastello delle pareti su cui vi fossero disegnati personaggi dei cartoni di cui non conoscesse neanche il nome nonostante la luce tenue emanata da una grande lampada laterale che illuminasse comunque la stanza. 
Vi erano giocattoli e peluche di ogni dimensione, oltre che una grande culla posta al centro della camera con appesi dei personaggi in miniatura che si muovessero in un circolo rotatorio, mentre dei vagiti giunsero alle sue orecchie facendogli venire la pelle d'oca e facendolo bloccare sulla soglia. 
Subito il suo sguardo andò in cerca di quello di Abby guardandola con aria accusatoria, che però abbassò il suo sulla piccola dentro la culla che la vide ed iniziò ad emettere dei gemiti ed a muoversi in maniera agitata, esprimendo la sua voglia di voler essere presa in braccio. 
Abby sorrise amorevolmente e si sporse verso la culla sollevando la piccola facendo attenzione alla testa e mettendosela fra le braccia; osservò i suoi occhioni azzurri e le sue piccolissime labbra piegarsi in un sorriso, muovendo le braccia e le gambe come se avesse già voglia di camminare. "Ciao, piccola mia. Mi sei mancata tanto". 
La bambina rispose con un altro vagito, sorridendole ancora mentre Abby le carezzava il pancino attraverso la tutina rosa in pile che indossasse, e chiuse la sua piccola manina attorno al suo dito, stringedola forte. 
La donna sollevò lo sguardo verso Dean che la guardava con occhi lucidi e confusi e mascella serrata tenendosi in disparte, probabilmente paralizzato dalla paura mentre il cuore gli pulsava forte nel petto, e lentamente Abby si avvicinò fino a lui con un grande sorriso felice, permettendogli di vedere la bimba che stringesse fra le braccia. 
"Dean, questa è Mary: è nata il 14 giugno, tra poco compierà 6 mesi".
Il ragazzo continuò a tenere gli occhi fissi su quelli di Abby, guardandola con aria incerta sentendo la paura prendere a galoppare nel suo petto, e solo quando la ragazza annuì e gli indicò la piccola con lo sguardo, Dean trovò il coraggio di abbassare gli occhi sulla bambina ancora fra le sue braccia che non staccasse gli occhi di dosso ad Abby neanche per un attimo: osservò il suo piccolo viso paffutello con dei grossi occhi azzurri attenti e che studiassero tutto mentre la testolina soffice era ricoperta da una fitta peluria biondo cenere; osservò le sue manine ormai poco raggrinzite mentre si muoveva in maniera molto energica tra le braccia di Abby, ridacchiando ogni tanto e tirandole delle ciocche di capelli, avvolgendole fra le dita. "Che significa? Devi essere più chiara perché io così non capisco".
Abby gli sorrise ed annuí, stringendo più forte la bambina e sospirando lentamente, sentendo l'emozione ed il dolore nella sua voce; adesso che stringeva la sua, la loro, bambina fra le braccia non aveva più alcuna paura di dirgli la verità a voce alta. "Ricordi quando Dick mi ha rapita e mi ha sparato ad una spalla, e tu mi hai portata di corsa in ospedale? Beh, quel giorno ho scoperto di essere incinta. Non ho avuto la più pallida idea di cosa fare fino alla sera prima che attaccassimo la SucroCrop, quando ti ho detto che ne saremmo usciti insieme, ma invece sono uscita da sola da quel laboratorio e io non sapevo più che fare. Avevo deciso di tenerla, ma tu non c'eri più e avevo un'altra decisione da prendere: lei o me. Ho scelto lei". 
Abby abbassò lo sguardo lacrimoso sulla bambina, tirandola appena più su con le braccia e facendo molta attenzione alla testolina, sorridendo mentre sentiva la piccola Mary toccarle il viso e afferrare con forza il mento. 
Tornò a guardare Dean che aveva tutta l'aria di chi si sentisse frastornato e confuso da tutte quelle informazioni ricevute insieme e sgranò gli occhi guardandola. "Anael mi ha nascosta in una baida ad Oroville, Okanogan, e si è presa cura di me per tutta la gravidanza, ma io sono dovuta sparire e non avere contatti con nessuno per evitare che angeli o demoni potessero trovarmi. Anael mi ha protetta e quando una notte mi si sono rotte le acque io ho creduto di non farcela, all'improvviso volevo vivere per sempre in quella baida dispersa fra le montagne. Solamente io e Mary. Quella notte ho avuto così paura e ho pensato di non farcela: ma poi ho sentito un pianto forte e ho visto questa piccola muoversi fra le braccia di Anael, e piangeva così tanto con lei, ma quando l'ha data a me Mary si è tranquillizzata e ha smesso subito. Mi ha stretto il dito forte come sta facendo adesso, proprio così". 
Abby sentí le lacrime scivolare lungo il suo viso sentendo quel grande dolore dentro di sé bruciarle nel petto e guardò il viso del ragazzo che improvvisamente le sembrò uno specchio del suo: gli occhi verdi erano diventati così arrossati, mentre anche le sue guance vennero bagnate dalle calde lacrime, ed il suo sguardo era fisso sulla bambina che non aveva ancora smesso di muoversi. 
Sapeva come si stesse sentendo Dean in quel momento, esattamente come si fosse sentita Abby all'inizio e alla fine della sua gravidanza. 
E faceva così male che era impossibile tradurre a parole l'intensa emozione che stessero provando in quel momento. 
Deglutí a fatica e sentí la bambina toccarle il viso bagnandosi le piccole manine con le sue lacrime ed Abby rise appena, baciandole con dolcezza la fronte. 
Si avvicinò verso Dean che rimase sempre immobile e inerme continuando a fissare la piccola, fino a quando si mosse fra le braccia di Abby e voltò il viso incorniciato dai capelli biondi ed intercettò lo sguardo di Dean: in quell'istante Dean sentí tutte le emozioni far battere il suo cuore più velocemente, mentre lo stomaco gli si chiudeva. 
Quando la bambina sorrise verso di lui, Dean sentí le ginocchia tremare davanti a quella dolcezza.
Nonostante fosse un uomo grande e grosso con un'esperienza che avrebbe fatto impallidire anche i più vecchi cacciatori, Dean provò la paura più grande della sua intera esistenza. 
Abby sorrise teneramente e adagiò con delicatezza Mary fra le braccia, e Dean la lasciò fare mentre avvolgeva la piccola in una presa calda e leggera; Mary lo guardò con sguardo timido ed iniziò a prendere confidenza con il suo corpo, sfiorandogli il viso, il colletto della giacca, le dita, il naso, muovendosi come un terremoto su di lui. 
Dean non riuscì a credere di star davvero vivendo un momento del genere, proprio lui che nella sua vita aveva sempre pensato che non avrebbe mai avuto bisogno di trovate la persona giusta per lui, di non volere figli per non infettarli con il suo sangue da cacciatore. 
Osservò i suoi grandi azzurri studiarlo, studiarne il volto per conoscerlo e la vide fare un grosso sorriso anche nella sua direzione, portandosi alla bocca una delle sue dita per masticarne la punta, con tutto l'intento di alleviare il tremendo fastidio che avesse iniziato ad avere alle gengive da quando qualche piccolo dentino stesse spuntando nella sua piccola boccuccia. 
Ed improvvisamente Dean guardando negli occhi di Mary ed osservando la sua espressione così serena e tranquilla, la sentí sua, sentí che lei gli appartenesse e che fosse sua. Sua figlia. La sua bambina. 
"Mary..".
Il suono uscì dalle sue labbra come un lamento, perché solamente adesso capiva quanto Abby avesse dovuto soffrire a portare quel peso tutta sola per così tanto tempo. 
Dean non riuscì a distogliere lo sguardo dalla piccola fra le sue braccia, che fece leva su di lui per puntare i piedi e tirarsi su a fatica, muovendosi sul suo corpo fino a mettersi faccia a faccia con lui, sorridendo nella sua direzione mentre Dean le teneva la testolina con una mano per proteggerla. 
"L'ho chiamata così perché sapeva quanto tu fossi legato a tua madre. Ho insistito che si chiamasse così prima che Anael si occupasse dell'adozione: Mary, Athanasia" sussurrò Abby avvicinandosi di più e sfiorandogli lo stesso braccio con cui stesse tenendo la piccola, sorridendo felice e completa per la prima volta dopo tanto tempo. 
Dean faticò a distogliere lo sguardo ancora incredulo dalla piccola bambina che tenesse stretta al suo petto, e guardò gli occhi di Abby accennando un sorriso nervoso. "Athanasia come il mito greco? La personificazione dell'immortalità?".
La ragazza fece spallucce e sorrise, per poi sfiorare delicatamente la schiena della piccola Mary ed appoggiando la testa sulla spalla libera di Dean, che non esitò a stringerla forte a sé, sentendole entrambe sue.
Appoggiò il mento sulla testa di Abby e strinse forte Mary, che tornò a torturare i capelli della donna per attirare la sua attenzione con un risolino divertito. "Ester e Jerry non sanno che io sono sua madre, pensano che sia solamente una babysitter che quando chiamano corre subito da loro".
Abby sentí delle calde lacrime scivolarle nuovamente lungo il viso, specialmente quando vide Mary afferrare il viso di Dean con entrambe le manine e tirargli la pelle del collo o attaccarsi al suo naso, ridendo ancora e contagiando entrambi i ragazzi. "Mary fa sempre così. È allegra, solare, studia sempre tutto e tutti, e ama da morire il contatto fisico". 
Dean la guardò per un momento, inclinando il viso verso Abby e facendole sollevare il suo per avere più spazio, e non ci pensò su più di tanto: annullò la distanza fra i loro volti con un casto bacio, facendo poi scontraredl dolcemente le loro fronti mentre tenevano gli occhi chiusi ed i vagiti di Mary arrivarono dritti alle loro orecchie, facendoli sorridere. 
"Mary deve mangiare. Che ne dici se scendiamo giù e ti siedi un po sul divano insieme a lei? Devi ancora metabolizzare e..". 
"Sarebbe fantastico.." sussurrò Dean sorridendo, stringendola più forte a sé per baciarle la fronte, poi la lasciò andare e vide Abby avvicinarsi con un sorriso alla piccola per sfiorarle la guancia, e si ritrovò a desiderare che quel momento potesse non finire mai perché era il più bello da.. da sempre. 
 
 
 
"È il momento". 
Dean non avrebbe mai creduto che lasciare quella piccola bambina di cui non conosceva l'esistenza fino a quattro ore prima, sarebbe stato così difficile. 
Non aveva detto una parola quando Ester e Jerry rincasarono e per prima cosa gli strapparono dalle braccia Mary, iniziando a baciarla e coccolarla perché gli fosse mancata da morire. 
Era rimasto in silenzio, sforzandosi di sorridere e di annuire alle loro domande, osservando con un forte nodo in gola come Ester fosse corsa di sopra con la bambina fra le braccia per metterla a letto. 
Le voci di Abby e Jerry arrivarono alle sue orecchie in maniera ovattata, estraniandosi completamente dalla conversazione mentre guardava ancora il punto in cima alle scale dove la sua Mary fosse scomparsa in braccio alla donna che non era sua madre. 
Dopo poco Abby gli strinse delicatamente il braccio sinistro, salutando cordialmente l'uomo davanti a sé e tirando Dean fino alla soglia della porta, trascinandolo in auto come un automa. 
Salirono sulla sua Hyundai e i due ragazzi rimasero in silenzio per un lungo istante condividendo lo stesso dolore, perché nonostante per Abby non fosse una novità esser costretta a lasciare Mary faceva male tutte le volte. E Anael aveva ragione: fare la baby sitter di sua figlia affidata a dei genitori adottivi, era davvero un'arma a doppio taglio. 
Sospirò e tirò su col naso, osservando Dean seduto al suo fianco mentre fissava un punto davanti a sé oltre la macchina con occhi sgranati e sguardo vitreo, e sorrise amaramente pensando che quella fosse stata la cosa più difficile che avesse dovuto fare in tutta la sua vita. 
Abby cercò la sua mano e la strinse forte, portandosela sulla sua coscia e carezzandola con entrambe le mani, osservando il ragazzo risvegliarsi dai suoi pensieri e voltarsi verso di lei con aria stordita. 
"Ricordi quello che ci ha detto quel Cupido, quando Carestia è tornato sulla terra?" chiese Abby sospirando pesantemente e guardando i suoi occhi verdi nonostante il buio della notte che avvolgesse l'abitacolo. 
Dean aggrottò appena le sopracciglia ed annuí, sentendo il cuore battere più forte mentre la guardava ed iniziando a capire la sofferenza e la rabbia che la ragazza si fosse portata dentro durante quei mesi. "Ha detto che la nostra linea di sangue era stata fatta incrociare per un motivo". 
Abby annuí e sospirò abbassando lo sguardo lacrimoso sulle loro mani e cercò di trattenere il dolore, ma la sua voce la tradì e fece spallucce. "Esatto. Ma non ha voluto specificare quale fosse il motivo, ha solo detto che da noi sarebbero nati dei guerrieri, giusto? E io non volevo che Mary vivesse quello che abbiamo passato noi: così l'ho protetta con una quantità enorme di incantesimi, ho riempito la sua casa e la sua stanza di sigilli contro angeli e demoni, mostri di ogni tipo. Qui è al sicuro. Ma se si dovesse spargere la voce della sua esistenza, potrebbero venire a cercarla per arrivare a noi. Quindi è importante che nessuno sappia di lei, Dean. Dico sul serio: neanche Sam deve saperlo". 
Il ragazzo aprì la bocca per rispondere ma non riuscì a dire neanche una parola, perché il suo cuore stava esplodendo nel petto ed i suoi occhi arrossati vennero ricoperti da un sottile strato lucido; quando Abby lo guardò lo vide completamente sconvolto e devastato, lasciando emergere il dolore che avesse provato nell'esser stato costretto a lasciare la sua Mary solamente poche ore dopo averla conosciuta.
La ragazza non disse nulla ed annuí, sfiorandogli la guancia con un sorriso amaro, perché era l'unico che potesse davvero capire come si sentisse e cosa provasse. "Lo so come ti senti Dean, lo provo tutti i giorni da quando l'ho lasciata andare. Ma non c'è una via diversa da percorrere, dobbiamo lasciarla qui con i Thompson: è al sicuro e avrà una vita normale, lontano da noi".
L'uomo scosse la testa con gli occhi pieni di lacrime e si voltò a guardare un'ultima volta la casa dove vivesse sua figlia, mentre mille pensieri diversi iniziarono a ronzare per la sua mente, e Dean scorse dalla finestra di Mary al piano di sopra il modo in cui Ester stesse stringendo la piccola e come Jerry stesse abbracciando entrambe con un sorriso sul viso, baciando la tempia di sua figlia. 
L'unico pensiero che sovrastò il caos che si fosse formato nella sua mente era che avrebbe dovuto essere lui a stringere a sé Abby, mentre lei teneva in braccio la loro figlia cullandola per farla addormentare. 
Si spazzò via le lacrime e scosse la testa, scansandosi dalle mani di Abby per poi voltarsi a guardarla con aria seria. "Ho visto un bar mentre venivamo qui oggi, accanto c'è un motel: ho bisogno di bere e poi di dormire fino a domani sera". 
La ragazza sospirò ed annuí, accendendo la macchina e voltandosi verso la strada, pensando che anche lei avesse bisogno di bere per sopportare tutto quel dolore e sentire meno tutto ciò che la circondasse, compreso il dolore e la perdita della loro bambina. 
Guardò la sua mascella così contattata ed il modo in cui i suoi occhi fossero gonfi, non riuscendo a far altro che condividere il suo dolore. "Mi dispiace di non avertelo detto prima, Dean: quando ero incinta avevo paura di come avresti reagito perché non stavamo più insieme e adesso..". 
"Portami al bar e basta, Abby. Ho davvero bisgno di schiarirmi le idee". 
Dean si voltò di scatto e la guardò con aria perentoria, ed Abby iniziò a pensare che se non avesse acceso l'auto, Dean sarebbe sceso e avrebbe continuato a piedi.
La ragazza annuì con il cuore in gola, dando gas alla macchina e sperando che alla luce delle novità il loro futuro insieme non si fosse irrimediabilmente frantumato. 
 
 

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Capitolo 44
*** Capitolo 37. ***


Hunters' legacies
Capitolo 37.
 
 
 
"Noo!".
La voce preoccupata di Dean giunse alle orecchie di Sam ed Abby in maniera molto chiara, specialmente mentre il più giovane dei Winchester si trovava steso sotto ad un cerbero che lo intrappolava contro il freddo ed umido terreno della fattoria dei Cassity, e Sam gli aprì la pancia con un grosso coltello per fare letteralmente il bagno nel suo sangue, portando così a termine la prima prova decifrata da Kevin per chiudere per sempre i cancelli dell'inferno.
Dean cercò di far desistere il fratello dall'affrontare quel tipo di prove, dicendogli apertamente che toccasse a lui occuparsi di quel genere di cose perché fra i due era lui ad essere il soldato e che non vedeva alcuna luce alla fine del suo tunnel; continuò a ripetergli che quelle prove lo avrebbero portato alla morte e che a  lui andava bene morire in battaglia, ma che Sam avrebbe dovuto vivere una vita normale e piena di gioia e di amore, costruendosi una famiglia ed avendo dei figli da amare. 
Il maggiore aveva notato il modo in cui Abby si fosse decisamente alterata mentre sentiva le sue parole uscire dalle sue labbra e la vide avvicinarsi a grandi passi mentre lo fulminava con gli occhi, alzando di molto il tono della voce mentre gli urlava che fosse sempre stato un grande idiota, ma che quella sera si fosse proprio superato.
Ma Dean non se ne curò neanche, facendo spallucce e rimanendo solido nella sua idea, dicendo a Sam di rassegnarsi perché sarebbe stato lui a completare le prove; il maggiore però rimase sorpreso quando vide proprio suo fratello portare a termine la prima e leggere la formula in latino che Kevin avesse tradotto per loro. 
I tre cacciatori andarono via da quella fattoria nel più breve tempo possibile dopo aver salvato la famiglia, provando ognuno dei sentimenti contrastanti: Dean ed Abby si odiavano per aver lasciato che Sam iniziasse la prima delle tre prove, desiderando con ogni singola fibra del proprio corpo di prendere il suo posto, mentre Sam era davvero in pace con sé stesso e felice della scelta che avesse fatto, perché voleva dimostrare con tutto sé stesso al fratello che potesse farcela e che ci fosse dell'altro a parte la caccia che la vita avesse riservato per Dean. 
Per qualche giorno furono distolti dalle prove e dal grande piano, quando Abby si unì a loro e si trasferì al bunker degli Uomini di Lettere nel Kansas, Lebanon, nel quale poche settimane prima i due Winchester fossero stati indirizzati proprio da loro nonno paterno, che era andato avanti nel tempo sbucando dal passato, esattamente dal 1958, quando John era solamente un bambino. 
Ma Henry Winchester non era arrivato da solo nel loro tempo, perché un demone molto potente di nome Abaddon lo aveva seguito ed insieme a loro nonno, Sam e Dean riuscirono a tagliarle via la testa e seppellire i due pezzi lontani per non farli ricongiungere. 
Quella sera Abby si era mossa fino alla cucina del bunker avvicinandosi al frigo per prendere una birra che avrebbe consumato da sola, sedendosi subito al piccolo tavolo per iniziare la sua ricerca sulle prove e su ciò che potesse trovare su internet o su un libro, sentendosi tremendamente arrabbiata. 
Finí presto la prima birra svuotando la bottiglia, e passò alla seconda e poi alla terza, sentendo la sua rabbia aumentare in proporzione al fatto che non trovasse alcun testo su cui basarsi e che potesse aiutarla. 
Quasi non sentí la presenza di Dean dietro di sé quando entrò in cucina, accorgendosene solamente tramite il riflesso sullo schermo del PC della sua sagoma alla sue spalle intento a cercare di capire cosa stesse leggendo con così tanta intensità; ma Abby lo ignorò fingendo di non sentire i suoi tentativi di iniziare una conversazione, mentre si prese una birra e si sedette proprio di fronte a lei. 
Dean prese un sorso e si appoggiò con i gomiti al tavolo, sollevandosi un po' di più per guardare la ragazza che non scollasse gli occhi dal computer, ma all'ennesimo trattamento del silenzio che Abby gli riservò, l'uomo si spazientí e chiuse di scatto il suo portatile con aria arrabbiata, guadagnandosi un'occhiataccia, ma per lo meno era riuscito a guadagnarsi la sua attenzione. "Si può sapere perché sei così agitata? Perché mi tratti così e non mi parli?". 
Abby lo guardò con incredulità sentendo la rabbia dentro di sé esplodere tutta insieme, ma cercò di trattenere il fiume in piena che sarebbe uscito dalla sua bocca se non si fosse calmata subito rischiando solamente di peggiorare le cose; prese un lungo respiro mentre lo guardava ancora negli occhi notando come avesse messo su un'aria innocente, come se non avesse la più pallida idea per cui fosse così arrabbiata. 
"Da quanto ci conosciamo? Quasi dieci anni, giusto? In tutti questi anni non ti ho mai chiesto niente anche se stavamo insieme: ho sempre capito, perché anche io darei la vita per i miei fratelli ma..".
"..ma cosa?! Cosa vuoi da me?" chiese Dean cambiando espressione e guardandola in cagnesco, scuotendo la testa e stringendo più forte il collo della sua bottiglia. "Che faccia morire mio fratello al posto mio?". 
"Voglio solamente trovare un modo che ti faccia sopravvivere!" esclamò Abby alzando la voce e ricambiando l'occhiataccia, gesticolando nervosamente. "Perché devi essere sempre tu? Cos'è questo atteggiamento rassegnato alla morte?". 
Dean scosse la testa e rise di gusto prima di prendere un lungo sorso di birra, leccandosi poi le labbra e guardandola con sguardo incredulo. Abbassò il capo per qualche secondo, sentendo il dispiace avere il sopravvento su di lui e addolcí appena il suo tono. "Sono solo stanco, Abby".
Ma la ragazza non la prese bene, sentendo la rabbia ribollire ancora una volta dentro di lei, sgranando gli occhi e guardandolo male; allargò le braccia e gli puntò nuovamente un dito contro, provando un forte astio. "Non puoi più essere egoista, adesso! Devi cercare il modo di cambiare questo atteggiamento rassegnato alla morte perché ora hai una figlia che prima o poi avrà bisogno di te, Dean!". 
"Una figlia che non saprà mai che sono io il suo vero padre!" esclamò Dean di getto senza controllarsi, alzando nuovamente la voce e venendo sorpreso dalla riabbia e dal dolore nello stesso modo della ragazza. 
Abby allargò le braccia e si alzò di scatto, perché non poteva credere di star avendo davvero quella conversazione: era passata una settimana da quando Dean avesse conosciuto Mary e lo aveva visto fiondarsi su un caso dopo l'altro, pur di distrarsi dal pensiero della figlia e dalle continue domande che la sua mente si faceva. 
Eppure non si aspettava una frase del genere, non si aspettava che vedesse tutto così nero. "Vuoi escludere a priori che un giorno potremo conoscerla?".
"E cosa le diremo?". Dean scattò in piedi, lasciando la bottiglia sul tavolo e muovendosi verso di lei puntandole un dito contro e guardandola in cagnesco come mai avesse fatto, tant'è che Abby faticò a riconoscerlo. "Siamo i tuoi genitori naturali, scusa se ti abbiamo abbandonata ma lo abbiamo fatto per il  tuo bene?!. Vuoi dirle questo, Abby? Perché davvero non avrei la minima idea di come potrei fare a spiegarle perché non *siamo* stati in grado di tenerla con noi!". 
Abby vide la vena sul collo del ragazzo e sulla fronte iniziare a pulsare e gonfiarsi più del normale, mentre diventava paonazzo per la rabbia e iniziava a respirare in modo irregolare. 
Ma poi lesse negli occhi di Dean qualcosa che la fece rabbrividire, capendo perfettamente a cosa avesse pensato e cosa intendesse dire veramente con quelle frasi, infatti lo vide abbassare appena lo sguardo e serrare le labbra in una smorfia adirata. "Vuoi dire che non sapresti spiegarle come io non sia stata capace di tenerla con me, non noi. È questo che ti fa arrabbiare davvero o lo hai detto solamente perché hai bisogno di qualcuno con cui prendertela?". 
La voce bassa e flebile con cui Abby parlò arrivò alle sue orecchie udendo il dolore nelle sue parole, e Dean sollevò di nuovo lo sguardo per incrociare i suoi occhi arrossati e coperti da uno strato lacrimoso, trovandosi senza una risposta giusta da darle per farla stare meglio: perché si, per quanto lo facesse sentire una grande carogna, era proprio questo che Dean pensava. 
Se solamente Abby avesse tenuto un po' più duro e avesse tenuto Mary con sé, a quest'ora avrebbero avuto un bunker sicuro in cui tenerla, dove nessuna forma di male potesse entrare. 
Sarebbe stata con loro e insieme sarebbero potuto essere una famiglia. 
Il fatto che Dean non rispose ma rimase in silenzio a fissarla, le fece capire che avesse implicitamente confermato la sua teoria, facendole capire quanto avesse sottovalutato il suo dolore ed il suo enorme sacrificio; Abby sentí il cuore spezzarsi lentamente con un crack sonoro dentro di lei e sentí le lacrime fare capolinea su sul viso. "Tu non c'eri, non c'era modo di trovarti o farti uscire dal Purgatorio. Cosa avrei dovuto fare Dean, mmh? Da sola contro tutte le mostruosità che ci sono nel mondo, con una neonata che attira l'attenzione di tutti? Ho cercato solamente di proteggerla". 
"Avresti potuto tenerla con te, vederla crescere, esserci per lei! Non importa quanto sarebbe stato faticoso, ma avresti potuto farcela! Dovevi dirmelo quando hai scoperto di aspettare Mary! Avremmo potuto farcela insieme, perché dovevamo essere noi i genitori di Mary, invece tu hai dato via nostra figlia come se fosse un pacco senza valore!!". 
Come una molla, la prima reazione a tutto quel dolore e quel veleno condensato in parole che le facevano male e la toccavano nel profondo, fu quella di colpirlo con un sonoro schiaffo sul viso.
Dean strinse i denti e deglutí a fatica, guardando con rabbia nei suoi occhi azzurri. 
Iniziò a pensare che delle coltellate in pieno petto avrebbero fatto meno male, piuttosto che sentire quelle parole accostate alla rabbia e dall'odio nella voce e negli occhi verdi di Dean, e ci misero poco le lacrime a scenderle sul viso mostrandogli il male che le avesse fatto con quelle semplici frasi; solamente dopo averle pronunciate, Dean si rese conto di cosa avesse detto, osservando i suoi occhi addolorati e sentendosi un terribile stronzo ad averla ferita in quella maniera, sapendo perfettamente che avesse fatto del suo meglio e che avesse agito unicamente nell'interesse di Mary, tutelandola. 
Provò a fare un passo nella sua direzione per toccarla e scusarsi immediatamente, ma Abby indietreggiò evitando il contatto e guardandolo con aria addolorata, perché non capiva come Dean potesse potesse parlarle in quella maniera e la volesse ferire così. 
"Ragazzi, vi si sente da tutto il bunker? Ma che succede?". 
Abby non si spazzò via le lacrime, ma distolse lo sguardo da quello non più di pietra di Dean, che si fosse immediatamente pentito delle parole che le avesse urlato contro, e si voltò verso Sam fermo sulla soglia guardandoli con sopracciglia aggrottate e aria confusa sul viso; non disse nulla, ma superò il minore uscendo dalla cucina e dirigendosi a grandi passi verso il garage per prendere la sua auto e andar via da quel posto, sentendo altre lacrime rigarle il viso mentre la sua vista diventava via via sempre più offuscata. 
"Ma che diavolo succede? Perché Abby stava piangendo, Dean? Che le hai fatto?" chiese Sam allargando le braccia ed entrando all'interno della cucina, guardando il fratello con aria allibita che ancora guardava il punto in cui Abby fosse scomparsa provando un forte rimorso. 
Il maggiore scosse la testa e cercò di reprimere la voglia di lanciare la pila di piatti pulito posta sul bancone d'acciaio contro il muro per sfogare parte della sua grande frustrazione e del suo dolore. "Lascia stare, Sammy". 
Ma Sam aveva udito gran parte della conversazione mentre si avvicinava alla cucina per controllare che stessero bene perché non li aveva mai sentiti urlarsi contro in quella maniera, e aveva udito delle parole fin troppo elusive, scaturendo in lui una grande preoccupazione. "Chi è Mary?".
Il maggiore si bloccò quasi sulla soglia dopo aver superato il fratello, irrigidendosi e mettendosi più dritto con la schiena, pensando che il grande momento fosse arrivato e che forse fosse giunto il momento che anche Sam venisse a conoscenza della novità, ma ripensò alle parole che Abby gli aveva detto in macchina dopo avevano lasciato la casa dei Thomson, ricordandogli l'importanza della loro progenie. Scosse la testa, ma non si voltò facendo appena spallucce. "Devi aver sentito male, fratellino: stavamo parlando delle prove". 
 
 
 
Emerse da sotto le coperte nel buio della stanza scattando in avanti e brandendo il pugnale che teneva sotto il cuscino a mezz'aria, avendo udito un rumore preveniente dal fondo della camera che la fece trasalire dal sonno; accese velocemente la bajour sul comodino e quando capí chi si fosse intrufolato nella sua stanza si rilassò e mise via la sua arma. 
Scosse la testa e si passò le mani sul viso con aria assonnata. 
"Dopo tutti questi anni sulla terra, non hai ancora imparato a non far spaventare a morte la gente che dorme?". 
Anael si mosse in silenzio all'interno della stanza accendendo la luce, avanzando fino al letto della ragazza con sopracciglia aggrottate perché non aveva ancora capito l'importanza che gli umani dessero al sonno; Abby sollevò lo sguardo verso di lei, sbattendo le palpebre un paio di volte per abituarsi alla luce violenta che le fece male alle retine.
"Sono stata in Paradiso" disse l'angelo sedendosi sul letto sopra le coperte, guardando con un sopracciglio sollevato la stanza completamente disordinata ed i vestiti abbandonati qua e là, chiedendosi se esistesse un umano più disordinato di lei. 
Abby scrollò le spalle e sgusciò fuori dalle coperte, pensando che probabilmente Dio non volesse che riuscisse a riposare per più di due ore e mezza di fila; iniziò a togliersi la vecchia maglietta larga e rosa e dei corti pantaloncini che usasse come pigiama per indossare dei jeans e una maglietta di cotone scura, prima di sospirare rumorosamente e guardare la sua amica con aria stanca. "Hai scoperto qualcosa di Castiel?". 
Anael scosse la testa e sospirò, accavallando le gambe con eleganza e facendo spallucce, assumendo un'aria seria. "È tutto molto strano e in più c'è un angelo in Paradiso che ha preso in mano la situazione: Naomi è una vecchia amica, abbiamo fatto parte della stessa legione e abbiamo spesso combattuto insieme. Però c'è qualcosa di strano stavolta e Castiel sembra così confuso ogni volta che cerco di parlarci, ed il fatto che non ricordi nulla di come sia riuscito ad uscire dal Purgatorio complica le cose". 
"Mmh, anche Dean pensa che sia strano. Non si fida del tutto di Cas, crede che ci sia qualcosa che non va" si limitò a rispondere Abby facendo spallucce, mordendosi il labbro e sospirando, sentendosi ancora agitata nonostante fossero trascorsi due giorni da ciò che fosse accaduto prima di lasciare il bunker. 
Anael sollevò un sopracciglio, spostando i lunghi capelli biondi dietro le spalle e accennando una bozza di un sorriso, studiando la sua espressione. "A proposito di Dean: perché non sei con lui?". 
La guardò per un istante molto lungo ed Abby tagliò corto con *è una lunga storia e non voglio parlarne* voltandosi per darle le spalle perché non aveva nessuna voglia di ricordare per l'ennesima volta ciò che fosse successo; non si sorprese quando sentí il tipico battito di ali che l'avesse svegliata una decina di minuti prima, segno che l'angelo avesse lasciato la sua stanza, perché Anael sapeva che quando non aveva voglia di parlare era inutile provare ad insistere. 
Abby iniziò ad ordinare il caos all'interno della sua stanza lasciato la sera precedente quando rientrando in stanza si fosse spogliata in fretta per medicare velocemente il morso alla spalla che un vampiro le avesse lasciato come ricordo, mentre lei distruggeva il suo nido completamente da sola; lavò in fretta il sangue colato sulla maglietta abbandonata sulla sedia e pulí la sua giacca di pelle, prima di ordinare i suoi vestiti nel suo borsone pensando che avrebbe dovuto fare un salto in una lavanderia per lavare i suoi indumenti prima di affrontare la prossima caccia. 
Sentí un forte colpo di nocche alla porta che la fece trasalire e sollevare un sopracciglio, perché nessuno sapeva dove fosse stata nell'ultimo paio di giorni. Nessuno a parte Anael. 
Aprí la porta sperando di sbagliarsi fino all'ultimo e scosse la testa, pensando che quella volta il suo angioletto l'avrebbe pagata molto cara: trovò Dean con i suoi occhioni verdi dispiaciuti che la guardavano, i capelli biondicci che tenevano intrappolate le gocce di acqua per la forte pioggia che stesse cadendo a quell'ora di notte, e un'espressione imbarazzata sul viso. 
Ed Abby capí che Anael fosse andata a trovarla unicamente per sapere dove fosse ed evidentemente aveva valutato che non se la stesse cavando bene e che fosse meglio che Dean venisse a conoscenza del luogo in cui si trovasse. 
Non esitò a dirgli di andare via e che non aveva nulla da dirgli, sentendo il viso avvampare per la forte rabbia che avesse preso nuovamente a scorrerle nelle vene, e chiuse di colpo la porta per non farlo entrare, ma Dean la spintonò appena per entrare con la forza, costringendola ad indietreggiare. "Ma che stai facendo? Ti ho detto di andartene!". 
Il ragazzo sospirò rumorosamente e mise le mani avanti, sentendosi dispiaciuto per averla forzata a farlo entrare mentre si chiudeva la porta alle spalle, ma adesso che Anael gli aveva dato una possibilità di sapere dove fosse Abby e di trasportarlo da lei, non poteva sprecarla. "Devo scusarmi, ok? E tu devi ascoltarmi". 
Abby lo guardò in cagnesco stringendo i pugni e guardandolo con astio per un lungo momento, poi si voltò per afferrare i suoi due borsoni già pronti, scuotendo la testa con disapprovazione. "Ok, resta. Tanto io stavo già andando via!". 
Istintivamente Dean si mise davanti alla porta per sbarrarle la strada, tirandole via i due bagagli dalle mani e facendoli cadere rovinosamente sul pavimento. "Aspetta Abby, dammi cinque minuti per favore. Cinque minuti e poi me ne andrò, ok?". 
La ragazza lo guardò negli occhi con astio e sbuffò sonoramente, allargando le braccia e sentendosi quasi prigioniera in quella stanza, perché sapeva che Dean non l'avrebbe lasciata andare senza dirle ciò che avesse dentro; si voltò dandogli le spalle e facendogli segno con la mano di parlare, mentre si portava le dita alla tempia per massaggiarla nel vano tentativo di trovare un po di calma. 
"Mi dispiace, Abby. Dico sul serio: sono stato un grande stronzo e..". 
Lo interruppe presto, voltandosi verso di lui per guardarlo in cagnesco mentre continuava a parlare a ruota libera. "E subdolo e perfido e cattivo e anche un grande figlio di put-..". 
"Hai reso bene l'idea.." sussurrò Dean sorridendo imbarazzato ed annuendo, facendo un passo incerto  verso di lei, ma non la vide indietreggiare. Così prese un lungo respiro e tornò a guardarla. "Ma è successo tutto così velocemente: ho scoperto di avere una figlia Abby, ed è fantastica. L'ho conosciuta e l'ho tenuta fra le braccia solamente per poche ore. E poi doverle dire addio in quel modo, quando un'estranea me l'ha strappata dalle braccia e ha iniziato a stringerla e.. ". 
"È sua madre, Dean! Può fare quello che vuole con Mary!" esclamò Abby interrompendolo nuovamente e guardandolo in cagnesco, stringendo i pugni ancora una volta sentendosi pervasa dalla rabbia. 
"No. Sei tu sua madre e io sono suo padre" disse Dean con una calma e pacatezza che stupì anche se stesso, ma si dovette fermare un momento per prendere un lungo respiro e scegliere con cura le parole giuste da fare. "Tu hai avuto nove lunghi mesi per abituarti all'idea, io solamente poche ore. Ho perso la testa Abby e mi dispiace. Non pensavo che una persona di cui non conoscessi neanche l'esistenza fino ad una settimana fa mi potesse mancare così tanto. Perché lei mi manca Abby, penso a Mary tutto il giorno. Mi manca così tanto e sapere che non potrò esserci mai per lei, per ogni suo bisogno o capriccio..".
Abby abbassò lo sguardo incapace di sostenere il suo e sospirò rumorosamente, passandosi indice e pollice della mano sinistra sulle palpebre, sentendo gli occhi pizzicare mentre tutta la rabbia che avesse provato si trasformò in dolore. 
Le sue parole facevano male perché erano vere e lei sapeva come si sentisse senza che avesse bisogno di aprir bocca. 
"Comunque tutto questo non mi da il diritto di comportarmi così con te, anche tu stai soffrendo come me. Quindi ti prego, perdonami Abby: non era mia intenzione farti del male quando abbiamo litigato. Non avrei mai dovuto dirti ciò che ti ho detto.." sussurrò Dean avvicinandosi e sfiorandole le spalle con le braccia, sentendo la ragazza tremare sotto il suo tocco. Fece pressione sul lato sinistro, costringendola a voltarsi per afferrle il viso fra le mani e sorriderle mentre leggeva nei suoi occhi tutto ciò che anche lui stesse provando. "E voglio che tu sappia che prima o poi, porterò Mary a casa, la sua *vera* casa, quando Sam avrà chiuso i cancelli dell'inferno. Non so ancora come faremo a portarcela via, ma ci sto lavorando. Però tu non lasciarmi Abby, non andartene senza lasciare traccia di nuovo. È già difficile accettare di dover tenere lontana Mary, non posso perdere anche te". 
La ragazza lo guardò così vicino a sé e abbassò lo sguardo sul suo petto, dove fece leggermente pressione con le mani per allontanarsi perché faceva male parlarne, faceva male che dovessero condividere lo stesso dolore, faceva male il modo in cui la stesse guardando. 
Cercò di allontanarsi e di liberarsi, ma Dean non la lasciò andare quando sentí le guance della ragazza inumidirsi con le sue lacrime. 
Abby si arrese a si avvicinò volontariamente, appoggiando la testa sul suo petto fra le lacrime, sentendo le mani di Dean carezzarle i capelli e tenerla stretta contro di sé, baciandole la testa di tanto in tanto. 
Fu naturale per entrambi colmare la distanza fra di loro con un bacio casto e delicato, ed Abby si sorprese perché non aveva mai preso in considerazione l'idea che rivelare a Dean la verità sulla sua gravidanza avrebbe potuto farli avvicinare ancora di più, nonostante sapesse che tutto ciò che lui volesse veramente era proprio ritirarsi dalla caccia per avere una famiglia sua ed una vita normale.
Si sollevò di più sulle punte e gli cinse le braccia attorno al collo, sentendo le sue mani muoversi sui suoi fianchi per stringerla di più, mentre sentiva Dean chinarsi su di lei e baciarla sempre più avidamente con le lacrime agli occhi. 
Si distanziarono solamente per prendere aria e si guardarono negli occhi con un sorriso sul viso, e sembrò ad entrambi che il tempo non fosse mai passato da quando si conobbero alla Road House molti anni prima, quando erano solamente dei ragazzini in viaggio per l'America con il comune obiettivo di trovare Azazel. 
"Ti amo così tanto". Dean appoggiò la fronte alla sua, chiudendo appena gli occhi e stringendole i fianchi di più insinuando le mani sotto la sua maglietta per avvicinarla a sé e sentirla di più, ed Abby sorrise sentendosi *quasi* felice dopo tanto tempo, sfiorandogli il viso. "Ti amo anche io". 
Il ragazzo non si aspettò quando Abby colmò nuovamente la distanza fra di loro, baciandolo con avidità perché lo voleva ancora una volta specialmente adesso dopo che avesse trovato il coraggio per dirgli nuovamente quanto profondamente lo amasse. Indietreggiò alla cieca portandolo con sé, fino a quando entrambi caddero sullo spazioso letto di Abby, che rise di gusto per qualche secondo tirandoselo meglio addosso. 
Dean la guardò negli occhi per qualche momento mentre le carezzava una guancia per scostarle i capelli dal viso, faticando a credere che la ragazza che stesse sotto di sé e che avesse sempre amato fosse così pazza da amarlo anche lei e di aver creato una nuova vita insieme a lui, una bambina splendida e in salute che adesso vivesse in Texas; tornò a baciarla sentendo un presentimento dentro di sé che tutto sarebbe andato finalmente per il verso giusto. 
Sam avrebbe chiuso le porte infernali per sempre salvandoli dalla condanna a vivere la vita interamente dedicata alla caccia e Dean avrebbe trovato un modo per avere Mary con sé; non importava come, avrebbero formato la famiglia felice e imperfetta che aveva sempre sognato, magari tornando a vivere nella loro vecchia casa nel Kentucky, vicino a Dan, o si sarebbero trasferiti nell'Illinois per stare vicini a Silver, oppure ancora avrebbero vissuto in California, mentre Sammy riprendeva i suoi studi di legge. 
Pensava a questo mentre si muoveva sopra di lei, baciandola con forza e stringendola a sé con decisione, mentre sentiva Abby gemere contro le sue labbra e stringere le dita attorno alle sue spalle, e la guardava chiudere gli occhi e stringersi su se stessa mentre una forte ondata di piacere la travolgeva; sbatté le palpebre sorridendo e ricambiando l'occhiata del ragazzo, che aumentò il ritmo con cui si muovesse sopra di lei, e in quel momento furono entrambi sicuri di essersi definitivamente lasciati alle spalle tutto ciò che di negativo fosse accaduto fra di loro, tornando ad essere esattamente i due ragazzi di un tempo. 
 
 

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Capitolo 45
*** Capitolo 38. ***


Hunters' legacies
Capitolo 38. 
 
 
Le scene passarono sul telo del proiettore una dopo l'altra, immagini raccapriccianti e orribili passarono davanti ai loro occhi, sentendo le urla di sofferenza delle povere vittime riprese durante i tentativi di fare un esorcismo fuori dal comune di padre Thomson, ed Abby scosse la testa decidendo che per lei fosse troppo per quella sera, scuotendo la testa ed allungandosi sul grande tavolo del bunker per prendere la birra incustodita del maggiore, che rimase a fissare con occhi attenti quel video prestando attenzione ad ogni singolo fotogramma per non perdersi neanche una scena. 
Erano passate due lunghe settimane e mezzo da quando Abby fosse tornata al bunker insieme a Dean, che venne accolta da Sam a braccia aperte, dicendole che fosse sicuro che sarebbe tornata presto perché lei e suo fratello proprio non ce la facevano a stare separati e la ragazza gli aveva risposto con una linguaccia scherzosa, osservando poi le sue spalle più curve e il viso più scavato, notando il leggero pallore delle sue guance che la spinsero a chiedersi se stesse davvero bene. 
In quel lasso di tempo erano accadute davvero una cosa più strana dietro l'altra: come il fatto che Abby si fosse trovata a trascorrere un'intera notte distesa sul letto della sua stanza insieme ad Anael, sfrattando Dean mentre silenziosamente teneva stressa a sé l'angelo fra le sue braccia. Era apparsa all'improvviso quella mattina stessa, dicendo loro che sapesse dell'esistenza di una seconda tavoletta e fecero di tutto pur di trovarla e metterla in salvo dalle grinfie di Crowley, non tenendo però in considerazione che non fossero gli unici ad avere quell'nformazione. 
Quando infatti i tre cacciatori ed Anael riuscirono a trovare la tavoletta, non avevano tenuto conto di Castiel che si presentò nella cripta iniziando a picchiare Dean sotto gli occhi increduli di Abby, che provò a fermarlo ma Castiel era troppo più forte. 
"Devo proteggere la tavoletta da tutto, compreso da voi" erano state le sue ultime parole, prima di fermare a mezz'aria l'ennesimo pugno verso il viso già sanguinante e fertio di Dean, che lo supplicava di fermarlo perché per lui era come un fratello. 
Anael non aveva preso bene la sua scomparsa, rassegnandosi al fatto che Castiel non sarebbe mai riuscito ad essere normale come gli altri angeli, com'era prima, e si era lasciata coccolare dalla sua amica Abby, che silenziosamente la mise a letto nonostante non dormisse e rimase tutta la notte al suo fianco, raccontandole sciocchezze per farla distrarre.
Ma la sua espressione vitrea mentre fissava il nulla era fin troppo chiara, mostrava un forte dolore che le spezzava l'anima e ciò fece male anche ad Abby, che cercò in tutti i modi di tirarle su il morale. Chiuse gli occhi solamente cinque minuti, ma quando li riaprì Anael era già sparita e la ragazza si era alzata di corsa correndo per il bunker e chiamandola a gran voce, facendo svegliare di soprassalto i due ragazzi che dormissero beati alle cinque e ventidue del mattino. 
"Se n'è andata" si limitò a dire Abby guardando i due cacciatori che avevano ancora il segno del cuscino sul viso.
Da quel momento in poi Abby non riuscì più a sentire Anael o comunque lei non si era più presentata quando aveva bisogno di aiuto: come quando Sam affrontò la seconda prova, passando dal Purgatorio per poi fermarsi all'inferno dove avrebbe dovuto salvare un'anima per mandarla in Paradiso. Nonostante fosse un'impresa ardua, il ragazzo riuscì a liberare un'anima meritevole, salvando Bobby da un'eternità di dolore e tortura a cui Crowley lo avesse condannato. 
Sentí la mano del ragazzo sfiorarle la coscia ed intercettare la sua riportandola al presente, mentre gli occhi di Dean rimanevano fissi sullo schermo per non perdersi neanche una mossa di quei filmati che avrebbero spiegato loro come curare un demone per chiudere per sempre le porte dell'inferno, ed Abby ricambiò la stretta con delicatezza, accennando un sorriso. 
Non glielo aveva detto apertamente, ma Abby lo conosceva bene e non aveva bisogno che lui parlasse, ma lei sapeva che per Dean quell'ultima prova fosse fondamentale non solo per sbarazzarsi dei demoni una volta per tutte, ma anche per portare Mary via con sé per sempre; il week end precedente erano di nuovo stati a casa dei genitori adottivi della piccola ed Abby aveva visto il sorriso sul volto di Dean, il modo in cui stringeva Mary e come la guardasse con gioia e felicità anche quando faceva i capricci.
La sorreggeva quando cercava di fare i primi passi, tenendole le manine e sedendosi a terra insieme a lei e tirando giù con sé anche Abby, che rise di gusto insieme a loro, avvicinando la piccola a sé mentre la sentiva gorgogliare qualcosa con tutta l'intenzione di iniziare a parlare.
E fu in quel momento, mentre giocavano seduti sul tappeto di gomma della piccola Mary, che rideva e metteva in bocca tutto ciò che trovasse, che entrambi i ragazzi si sentirono una vera famiglia insieme alla loro piccola. 
Ma poi Abby aveva visto nuovamente la tristezza nello sguardo di Dean, quando la mezzanotte scoccò e, come nelle favole, la magia finí: i Thompson tornarono a casa e i due ragazzi furono costretti ad andare via, fingendo che andasse tutto bene e che quella volta il fatto di dover lasciare Mary non li avesse feriti e che non pensasse più di tanto. Riuscirono a fingere almeno fin quando arrivarono al bunker e dopo aver scambiato due chiacchiere con Sam, si ritirarono nella loro stanza per riposare.
Ma quella notte nessuno dei due chiuse occhio, continuando a pensare agli occhioni di Mary che diventavano sempre più verdi come quelli di Dean mano a mano che crescesse e a come stesse iniziando a muovere i primi passi, o al fatto che da lì a breve avrebbe sicuramente detto la sua prima parola e che loro se lo sarebbero persi. 
Abby quella notte gli aveva dato le spalle, sdraiata sul letto mentre fissava il muro mentre sentiva il dolore dentro il suo petto, ma poi aveva sentito la stretta del ragazzo sulla sua vita e le sue labbra baciarle la spalla sinistra con delicatezza, voltandola verso di lei e trasformando il dolore in desiderio bruciante; sapevano che dopo non sarebbe cambiato nulla e che Mary gli sarebbe mancata in egual modo, eppure il fatto di stringersi di più e di aversi l'un l'altra mentre si scambiavano un bacio che di casto non avesse niente e Dean si metteva sopra di lei li fece sentire un po' meno soli e meno addolorati. 
Sam si schiarí la voce e spense il proiettore, rabbrividendo appena perché non si sentiva proprio bene ma cercando di non darlo a vedere ai due ragazzi, così sospirò e si sforzò di sorridere. "Abbiamo capito come fare, ci serve solamente un demone su cui testare il rituale".
"Calmati Rambo, prima devi riposare e mangiare qualcosa" rispose Dean alzandosi dalla sedia e guardando il fratello con aria preoccupata, sospirando brevemente. 
Ma Sam scosse la testa con la sua testardaggine e disse loro di prepararsi perché avevano un cadavere da dissotterrare per iniziare la terza ed ultima prova; in poche ore si trovarono nello stesso magazzino in cui Abaddon avesse ucciso il loro nonno paterno per salvare il proprio nipote, e Dean iniziò a cucire la testa del demone direttamente sul suo collo, sollevando un sopracciglio e sorridendo orgoglioso quando vide la donna sbattere gli occhi e mostrargli la sua vera natura demoniaca. "Lo sapevo! Ha funzionato, mi devi una birra tesoro!". 
Abby sorrise, ma non riuscì a ridere come lui, osservando quel demone che fosse un po raccapricciante, e quando Abaddon sollevò lo sguardo verso di loro sorrise nella loro direzione; presto i loro sguardi si incrociarono ed Abby rabbrividí appena, perché era come se il demone potesse leggerle dentro con il suo sguardo così penetrante. 
Il demone mosse il collo un paio di volte in tutte le direzioni per stiracchiarsi, sentendo il le osse scricchiolare, e poi iniziò a guardare i tre cacciatori uno dopo l'altro. "Ciao". 
Dean sorrise già vittorioso, avvicinandosi a lei e chinandosi appena per guardarla meglio e parlarle con serenità, usando un tono pacato e rilassato. "Ok, le cose stanno così: consacriamo questo posto, ti curiamo, tu torni ad  essere un'umana e finirai in un manicomio perché non riuscirai a gestire tutto il sangue che hai sulle mani mentre noi ci godremo le spiagge di Miami dove andremo in pensione, dopo che avremo chiuso le porte dell'inferno una volta per tutte e confinato voi demoni bastardi al piano di sotto senza speranza di uscire!". 
Abaddon accennò una smorfia fintamente impressionata, annuendo e stringendo le labbra piegate in un sorriso divertito, fingendosi colpita dal suo discorso, ma dopo qualche secondo rise di gusto scuotendo la testa. "Cosa ti fa pensare che ad un demone del mio livello possa importare di una cura? Non avrà effetto su di me". 
"Oh sappiamo tutto di padre Thomson e dei suoi esperimenti: ti cureremo e tu non potrai far nulla per impedircerlo" sussurrò Sam avanzando ed annuendo sicuro di sé, guardando il demone con sicurezza ed astio. 
Abaddon spostò lo sguardo divertito su di lui, mordendosi un labbro e ridendo di gusto, accettando quella sfida silenziosa per poi tornare a guardare il viso del maggiore che ancora la studiava e la guardava come se fosse la sua unica alternativa ad un'eternità di sofferenza. "Se mi stai così vicino Dean, inizierò a pensare che mi desideri". 
Ma il ragazzo scosse la testa spazientito perché non vedeva l'ora di iniziare quel rituale e finirla una volta per tutte, e si allontanò di qualche passo raggiungendo il fianco del fratello per guardarlo negli occhi brevemente e assicurarsi che fosse davvero pronto per tutto ciò: prima che Sam potesse anche solo iniziare l'opera di consacramento del luogo, il cellulare di Dean iniziò a squillare e subito il maggiore glielo mostrò perché la chiamata proveniva proprio da Crowley. 
Abby fece segno ai due ragazzi di uscire pure a parlare e che sarebbe rimasta lei con Abaddon, a cui non sfuggì l'occhiata di preoccupazione che il maggiore lanciò alla ragazza ed il modo in cui le avesse sfiorato il fianco per poi dirle che avrebbero impiegato solamente pochi minuti e che sarebbe tornato presto. Sorrise di rimando mentre lo guardò allontanarsi ed uscire fuori con Sam  per parlare con il Re dell'inferno, e po si voltò a guardare il demone legato alla sedia, che la guardava con aria soddisfatta. 
Abaddon studiò il suo viso e capí che, nonostante Abby tenesse il suo sguardo sicuro di sé fisso sul suo per dimostrarle che non la tenesse, la donna avesse una grande paura dentro di sé; il demone rise e distolse lo sguardo, guardandosi attorno per il magazzino adocchiando una grande scatola metallica adagiata sul tavolo a fianco a sé, percependo le mani del suo involucro di carne essere contenute proprio lì e che i tre cacciatori le avessero tagliato via per evitare che riuscisse a scappare. "Non temere piccola: ucciderei i due ragazzi a sangue freddo fra atroci sofferenze, ma a te non torcerei mai un capello". 
Abby aggrottò le sopracciglia serrando anche le braccia al petto mentre la guardava con aria divertita, ridendo di gusto e scuotendo la testa. "E perché non dovresti?". 
Tornò a guardarla spostando il suo sguardo velocemente su di lei e aggrottò appena le sopracciglia, mordendosi il labbro inferiore con i denti perfetti, per poi allargare la sua espressione in un grosso sorriso divertito. "Tu, piccola, sei esattamente uguale a lei: hai la stessa espressione, lo stesso aspetto e decisamente la stessa anima. Tu sei lei, Syria". 
Abby divenne appena più seria ed aggrottò le sopracciglia, facendo istintivamente un passo indietro per cercare di sfuggire a quello sguardo penetrante con cui il demone stesse scavando dentro di lei, ma la udì ridere di gusto e mordersi un labbro, scuotendo la testa con un sorriso divertito. "Come sai di Syria?". 
"Come ti ho già detto prima, la vostra cura su di me non avrà effetto perché sono un demone molto vecchio: ero presente quando hai fatto litigare il tuo più grande amore Micheal con il tuo amante, Lucifer". 
Abby non apprezzò particolarmente il suo modo di guardarla come se la conoscesse e il modo saccente in cui rispondesse, così si avvicinò a lei guardandola dritta negli occhi e in quel momento Abaddon capì che la paura che avesse visto in lei non avesse a che fare con la sua stessa incolumità o con quella dei due ragazzi che si fossero allontanati da qualche minuto; Abby non prestò caso al modo in cui la guardò e le sorrise audacemente, con aria del tutto divertita dalle sue parole prendendola in giro. "E scommetto che eravamo migliori amiche, vero?". 
Il demone rise nuovamente e fece spallucce, pensando che non le avrebbe mai creduto se le avesse raccontato la pura verità, e scosse la testa; la porta del magazzino si aprì ed i due cacciatori si avvicinarono a grandi passi verso le due donne che ancora si lanciassero sguardi di fuoco. Il maggiore la richiamò ed Abby impiegò molti secondi prima di voltarsi verso di lui e distogliere lo sguardo da Abaddon. 
"Abbiamo un problema, Abby".
 
 
 
Avevano osservato il corpo senza vita di Sarah Black cadere a terra senza vita senza che loro avessero potuto salvarla, e Sam aveva smesso di cercare qualsiasi oggetto per maledizioni che Crowley avesse nascosto dentro la sua stanza d'hotel per osservare gli occhi scuri della ragazza provare paura: Sam aveva visto in lei la paura di morire, paura di non rivedere più suo marito e sua figlia, non vederla crescere e di mancare per sempre dalla loro vita. 
E Sam non poté farci assolutamente nulla, limitandosi a carezzarle il viso mentre le lacrime gli solcavano gli occhi, pensando che quella vita non avrebbe mai finito di strappargli le persone a cui teneva una dopo l'altra: Sarah non era una persona qualunque per lui. 
Sam e suo fratello l'aveva salvata molti anni prima da una bambina fantasma che aveva l'intenzione di ucciderla, e subito il minore si era sentito attratto da lei. Ma non era solamente una questione fisica, perché Sam aveva visto in lei qualcosa di più: qualcuno con cui passare la sua vita. E quando l'aveva rincontrata e aveva scoperto della vita fantastica che si fosse costruita nel corso della vita, Sam non riuscì a far altro che esserne un po' geloso. 
Era stata la prima donna dopo Jessica di cui gli fosse davvero importato qualcosa, la prima a farlo dubitare sulla sua scelta di mollare l'università e tornare a caccia per il paese con Dean e con suo padre. 
Si ripeteva sempre che salvasse più persone di quante ne avesse perse o fatto soffrire, eppure Sam dovette distogliere lo sguardo da quello ormai senza vita di Sarah; Dean lo afferrò dalle spalle, trascinandolo via di peso dal corpo della ragazza, ed Abby lo aiutò sentendo la rabbia dentro di sé per non essere riusciti a salvarla. 
Ma in quel momento gli si presentò una scelta: piangersi addosso per non esser riusciti a salvare gli innocenti che Crowley stesse uccidendo per avere l'altra metà della tavoletta demoniaca, oppure reagire e contrattaccare in maniera più forte e più aggressiva rispetto al Re. 
Ci misero poco ad elaborare un piano ed a catturare Crowley con l'inganno, legandolo ad una sedia come avessero fatto precedentemente con Abaddon che avesse trovato il modo di scappare una volta che i tre ragazzi si fossero allontanati un attimo per elaborare un piano per fermare il Re; lo portarono in una vecchia chiesa abbandonata poco distanti da dove si trovassero, dove Sam iniziò a somministrargli una dose dopo l'altra del suo stesso sangue purificata tramite il rito della Confessione. 
Dopo tre o quattro ore, cioè quando Sam si trovasse quasi a metà dal portare a termine la sua terza ed ultima prova, Castiel si presentò loro palesandosi alle loro spalle con un tipo battito di ali, chiedendo loro aiuto per portare a termine la sua seconda prova, quella per chiudere le porte anche del Paradiso. Inizialmente i tre ragazzi furono molto dubbiosi, ma poi Dean accettò di seguirlo pregando Abby di rimanere con suo fratello, perché quella rappresentava proprio la rara opportunità che stessero aspettando: tutto ciò che Dean avesse fatto ultimamente ruotava attorno a Mary. Voleva lasciarle un mondo meno pericoloso dove vivere, e chiudere i cancelli dell'inferno e del Paradiso nello stesso momento rappresentava proprio il mezzo per raggiungere tale obiettivo. 
Abby lo lasciò andare dopo avergli dato un veloce bacio di in bocca al lupo e Dean la pregò con lo sguardo di proteggere Sam e di aiutarlo, costi quel che costi. I due ragazzi continuarono con altre tre dosi di sangue, osservando con aria scettica il modo in cui Crowley sembrò lentamente diventare quasi umano ed esternare dei veri sentimenti, pregandoli di portare a termine quella prova per renderlo di nuovo un uomo. 
Proprio quando Sam ed Abby ascoltarono i deliri più assurdi di Crowley che implorasse il loro perdono, i due ragazzi sobbalzarono quando davanti a loro comparve Anael cosparsa di sangue e di ferite su ogni punto del corpo, soprattutto attorno alle testa dove vi fossero dei buchi molto profondi e sanguinanti; Abby l'aiutò ad alzarsi sentendo quanto il suo angelo fosse debole e per la prima volta la vide piangere come una normale donna ferita mortalmente, e ciò la spaventò terribilmente. 
"Anael, che ti è successo? Chi ti ha fatto questo?". 
"La stessa che lo ha fatto anche a Castiel: Naomi" rispose l'angelo con fatica, appoggiandosi alle spalle di Abby che l'aiutò a sedersi sul pavimento legnoso della chiesa, mentre pressava le ferite sullo stomaco e lanciava uno sguardo di dissenso al demone legato alla sedia con delle corde inzuppate di acqua santa. "Mi è entrata nella testa, perché pensava che io fossi in combutta con Castiel: Metatron lo ha convinto ad eseguire delle prove per lui". 
Abby e Sam si scambiarono una rapida occhiata, annuendo perché ne fossero già a conoscenza, ma poi la ragazza sfiorò i capelli dell'angelo per vedere le condizioni delle sue ferite, chiedendosi perché ci mettesse così tanto a guarire. "Si, per chiudere i cancelli del Paradiso e ristabilire l'equilibrio sulla terra: Dean lo sta aiutando proprio ora". 
Anael scosse la testa mentre le lacrime scivolarono sul suo viso, piangendo e stringendo più forte la mano della ragazza per aggrapparsi come se fosse un salvagente; tirò su col naso e tornò a guardarla con aria sconvolta. "Non vuole chiudere i cancelli: Metatron vuole che tutti gli angeli paghino per averlo costretto a lasciare il Paradiso". 
Sam fece un passo avanti tenendosi il braccio che prese a pulsargli come monito di dover portare a termine la sua prova, ma deglutí a fatica e guardò ancora una volta l'angelo ferito davanti a sé. "Paghino come?".
Anael prese un lungo respiro e tirò su con il naso, scuotendo la testa e piegando le labbra all'ingiú con dolore. "Vuole farci cadere. Vuole chiudere il Paradiso con tutti noi angeli fuori e causare la fine per la mia razza". 
 
 
 
"Dobbiamo andarcene da qui, subito!". 
La voce di Dean giunse alle sue orecchie in maniera ovattata riconoscendo che probabilmente si trovasse in un forte stato di shock, e ad Abby sembrò di muoversi in maniera estremamente lenta, come se il tempo attorno a sé scorresse a rallentatore; forse perché si era immaginata di concludere la giornata in una maniera diversa dal solito sangue e sconfitte. 
Forse aveva creduto un po troppo all'idea fin troppo irraggiungibile e romantica di Dean, che aveva sperato fino all'ultimo di poter chiudere l'inferno ed il paradiso una volta per tutte. 
Ma Dean era riapparso nella chiesa urlando a Sam di fermarsi e che sarebbe morto se avesse continuato quelle prove, impedendogli di concludere ciò che avesse iniziato; confermò le parole di Anael, perché Naomi era sincera quando si fosse presentata a lui e Castiel per informarlo che le prove che l'angelo stesse affrontarlo non fossero per spedire tutti gli angeli in Paradiso chiudendogli la porta alle spalle. 
Abby aveva afferrato Anael con forza per portarla via da quella cripta, mentre Dean teneva stretto il suo fratellino che stesse tutt'altro che bene, faticando persino a reggersi in piedi; l'angelo non fece altro che chiedere di Castiel fra le lacrime, chiedendo a Dean se stesse bene e dove fosse finito, ma ebbero solamente il tempo di arrivare fino all'Impala, dove Abby venne trascinata rovinosamente a terra da Anael, che cadde iniziando ad urlare e ad emanare una luce intensa. 
Dean si allarmò non poco quando sentí anche la ragazza urlare, lasciando il fratello e raggiungendola alla svelta, notando il modo in cui Anael avesse accidentalmente ustionato il braccio di Abby, perforando la giacca di pelle ed il maglione che avesse sotto fino a bruciarle la pelle mentre anche Anael stesse brucindo con tutta quella luce. 
Il ragazzo la trascinò via per ripararsi dietro alla fiancata opposta della sua auto dove avesse lasciato anche Sam, proteggendo anche lui da quella luce fin troppo forte di Anael e solo in quel momento i tre ragazzi alzarono il viso al cielo, rendendosi conto solamente in quel momento di ciò che stesse accadendo: videro il buio della notte illuminarsi da migliaia di luci, come se fossero delle meteore accese che brillassero nel cielo, e solo dopo capirono che si trattasse degli angeli che stessero cadendo uno dopo l'altro. 
Metatron aveva dunque riunito gli ingredienti delle sue tre prove ed aveva lanciato l'incantesimo per vendicarsi sul resto degli angeli, osservandoli cadere e riempiendo il suo ego. 
"State bene?". Dean spezzò quel momento, facendo sì che i due ragazzi abbassassero lo sguardo dal cielo brillante fino a lui, controllando che entrambi fossero coscienti. 
Sam annuì debolmente e prendendo a tossire rumorosamente, ma Abby cercò di rialzarsi gemendo forte, sentendo ancora il suo braccio destro ardere come se stesse andando a fuoco, ma cercò di ignorarlo e di rimettersi in piedi reggendosi alla fiancata della sua auto. "Dov'è Anael?".
"Sta ferma, fammi controllare la tua ferita" rispose Dean tenendola giù dalle spalle con forza, sentendola però dimenarsi e spingerlo appena per liberarsi dalla sua prese. 
"Dopo. Dov'è Anael?!". 
Abby si sollevò e Dean non poté far altro che aiutarla ad alzarsi, fino a raggiungere la fiancata opposta ed osservando il solco e la bruciatura che vi fosse sul terreno con aria incredula, cercando subito l'angelo nelle immediate vicinanze; la ragazza si tenne al maggiore, sentendo venir meno le forte e provando una grande paura per la sua amica. "È sparita. Anael è sparita..". 

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Capitolo 46
*** Capitolo 39. ***


Hunters' Legacies
Capitolo 39.
 
 
 
Si calò silenziosamente dietro al bancone del locale abbandonato, in quella vecchia zona residenziale probabilmente radioattiva dove Sam li avesse portati mentre indagavano su un caso riguardante dei cacciatori scomparsi. 
Guardò Dean negli occhi, accovacciato a pochi passi da lei mentre teneva stretto il suo fucile; le fece segno di coprirlo mentre si alzava per colpire quei demoni, ma Abby era stanca di dove aspettare e nascondersi. 
Così scosse la testa e caricò il mitra che avesse rubato ad uno dei soldati posseduti dai demoni e sorrise, alzandosi di scatto insieme alla sua arma, iniziando a sparare un colpo dopo l'altro per stordirli quel tanto che bastasse per stenderli entrambi con dei pugni. 
Dean uscì dal suo nascondiglio guardandola in cagnesco, pugnalando uno dei due militari posseduti mentre Abby uccideva il secondo, lasciandolo cadere rovinosamente a terra; il ragazzo si voltò a guardarla in cagnesco, ma lei non ci fece caso più di tanto, piegandosi sulle ginocchia per estrarre la sua lama dal soldato per poi pulirla sui suoi vestiti verdi mimetici. "Vuoi farti ammazzare?!".
Abby fece spallucce e sbuffò aria dal naso mentre lo guardava con aria seria e distaccata: non ce l'aveva con lui. Anzi, non erano mai stati così vicini come in quel periodo. 
Ma era sempre più stufa di tutta quella vita, della caccia e del pericolo, perché aveva conosciuto la normalità e non voleva più a rinunciarci. "Abbiamo dei cacciatori da salvare, no?". 
Proprio quando Dean stesse per canzonarla in maniera arrabbiata guardandola in cagnesco, un terzo militare più grosso e più alto arrivò alle loro spalle, afferrando Abby di sorpresa e caricandosela addosso, sbattendola con forza contro la parete e facendole mancare il respiro per un paio di secondi; Dean subito gli fu addosso, afferrandolo con forza fino a farlo sbilanciare, cadendo rovinosamente a terra. 
Ma Abby gli impedì di ucciderlo con il suo coltello curdo e afferrò il bel militare dagli occhi marroni ed i capelli folti e scuri, bloccandolo sotto di lei con forza. "Hai cinque secondi per dirci quello che sai: che sta succedendo in questo posto?". 
"Spero che tu muoia presto puttana, ci rivedremo all'inferno!".
Abby fece una smorfia divertita, scuotendo la testa e afferrando la sua lama angelica, pugnalandogli il petto e sentendolo urlare e dimenarsi sotto di lei. "Risposta sbagliata. Riproviamoci: dimmi cosa sta succedendo qui o ti porterò al punto di implorare la morte!". 
Il demone respirò faticosamente e cercò di muoversi, ma Dean gli bloccò le braccia per tenerlo più fermo, e lui iniziò a ridere in maniera incontrollata, scuotendo la testa mentre guardava i due cacciatori in maniera divertita. "Fa' pure: lei vi ucciderà tutti comunque, un cacciatore dopo l'altro, finché non avrà quello che vuole". 
"E cos'è che vuole?" chiese Dean strattonandolo con rabbia, puntandogli la lama del suo pugnale al collo e sentendolo gemere. 
Il demone cercò di dimenarsi per sfuggire alla morte, ma fu tutto inutile: i due cacciatori gli erano troppo addosso per potersi liberare, nonostante la stazza del militare che stesse possedendo. 
"Crowley. Vuole che voi le diate Crowley!". 
Abby scambiò uno sguardo eloquente con Dean che annuì leggermente, e la ragazza non esitò prima di piazzargli il coltello in pieno petto e guardare la luce nei suoi occhi spegnersi progressivamente fino a scomparire totalmente, per poi lasciarsi andare privo di vita sul pavimento. "Grazie per l'informazione". 
Si alzò senza esitare e si diresse cautamente verso le finestre, chiedendosi se Sam e Irv, l'unico cacciatore superstite, se la stessero cavando meglio di loro, quando sentí una forte presa stringerle il braccio destro, facendola gemere appena per il dolore perché nonostante fossero già passato un paio di giorni, la bruciatura provocata dalla caduta di Anael tardava a sanarsi. 
Dean se ne accorse e mollò subito la presa, scusandosi e carezzandole la spalla con un gesto delicato per guardarla meglio, ed Abby sospirò rumorosamente tornando a guardare fuori. "C'è Abaddon qui fuori, hai sentito? Abbiamo la nostra occasione per ucciderla". 
Il ragazzo annuì con molta titubanza, perché conosceva bene il tono che Abby avesse usato, quello di chi fosse pronta a morire pur di portare a termine quella caccia; uscì dal taschino della sua giacca un paio di pallottole speciali, quelle che portassero la trappola per demoni incisa sulla punta, e gliene passò qualcuna ma esitò prima di lasciarle cadere sulla sua mano aperta. 
Non era decisamente il momento di parlarne, ma una volta usciti da quella situazione Abby avrebbe dovuto spiegargli molte cose. 
La ragazza afferrò le pallottole roteando gli occhi ed iniziò a caricare la sua pistola senza prestare cura al suo sguardo, mordensosi il labbro con un sospiro; uscirono dal locale in cui si fossero rifugiati facendo molta attenzione e camminando bassi, sfuggendo ad una pioggia di proiettili che i demoni avessero iniziato a sparargli contro, ed i due cacciatori ritrovarono la coordinazione che li avesse sempre contrassegnati durante le cacce. Uccisero tutti i demoni che gli si parassero davanti uno dopo l'altro senza essere sfiorati neanche da un proiettile, ma presto vennero intercettati dalla rossa demoniaca che sorrise maleficamente nella loro direzione. 
Abby sparò due dei quattro proiettili che Dean le avesse dato precedentemente, sicura di aver finalmente intrappolato Abaddon, che però mostrò loro il giubbotto di protezione che avesse indossato, colpendo la ragazza con un forte pugno al viso e bloccando Dean in una presa ferrea facendolo inginocchiare. 
La ragazza si alzò di soppiatto per raggiungere la pistola che il dmeone le avesse fatto cadere da terra, mentre ascoltava la lunga lista di proposte oscene che stesse facendo a Dean da cui si sentisse attratta come mai prima d'ora, ma proprio nel momento in cui la stesse per afferrare, Abaddon abbandonò il ragazzo al suolo con forza per dirigersi verso di lei; la intrappolò sotto di sé, afferrandola dalla giacca e sollevandola da terra senza sforzo, guardandola con un grande sorriso divertito per poi colpirla dritta al viso con un pugno.
Abby voltò nuovamente il viso verso il suo, sentendo lo zigomo sinistro iniziare a far davvero male mentre del sangue le colò sulla guancia, e tornò a guardarla con lo stesso disprezzo di prima. "Tu non molli mai, eh?". 
"Non finché non ti vedrò morta" rispose Abby tra i denti, dandole una forte testata sulla fronte e facendola barcollare all'indietro. 
Si voltò di scatto sul terreno, cercando di allungarsi quel tanto che bastasse per afferrare la sua pistola, ma Abaddon le fu di nuovo addosso e si mise a cavalcioni sulla sua schiena, afferrandole il collo e facendole inarcare la schiena in maniera innaturale. 
La risata malefica arrivò al suo orecchio in maniera molto vicina, sentendo poi la lingua di Abaddon leccarle velocemente il collo e lasciandole una scia umida, per poi udirla ridere ancora. "Mi piaci proprio da morire, sai? Mi piacerebbe tagliarti a fette, pezzo dopo pezzo, e sentirti urlare fino a non avere più voce, mentre il tuo sangue mi cola dalle labbra. Magari lo farò. E magari potrei indossare il corpo del tuo ragazzo mentre ti dilanio". 
Abby provò a colpirla con una testa all'indietro alla cieca, ma Abaddon le passò un braccio attorno al collo stringendola di più per farle mancare l'aria e farle venire meno le forze; per un momento Abby pensò che non sarebbe riuscita a divincolarsi a meno che Dean non si fosse ripreso e l'avesse salvata, però proprio nel momento in cui l'ossigenazione iniziò a scarseggiare e le forze iniziarono ad affievolirsi dentro di sé si ricordò la tipica frase di suo padre, quella che le ripetesse sempre durante gli allenamenti della sua adolescenza. C'è sempre un modo per ribaltare la posizione, devi solamente trovarlo
Fece scivolare le mani dalle braccia esili di Abaddon fino ad afferrarle saldamente la testa, stringendola forte tanto quanto lei, e riuscì a sollevarla di peso facendo un grande sforzo, fino a farla cadere rovinosamente con le spalle a terra facendo leva con le gambe sul terrenno; in un attimo le fu addosso e si mise a cavalcioni su di lei, sorridendo di gusto e bloccandole le braccia con forza. "Scusa tesoro, non sono sul menù". 
Le diede un sono pugno sul viso, ricambiando il favore e spaccandole lo zigomo sinistro, ma Abaddon iniziò a ridere divertita. "Sei migliorata rispetto all'ultima volta, Syria". 
"Quante volte devo dirtelo per fartelo capire? Io non sono Syria!" esclamò Abby sollevando il pugno a mezz'aria per colpirla nuovamente, ma il demone la bloccò e la colpí dritto al fianco, facendole mancare l'aria e facendola accasciare.
Subito dopo Abaddon si alzò, notando come anche Dean stesse lentamente riprendendo conoscenza iniziando ad alzarsi lentamente; proprio quando il demone stesse per ucciderli entrambi per prendere poi possesso del corpo di Dean, una luce intensa e angelica provenne dal casolare poco distante da loro in quella città fantasma, ed Abaddon sgranò gli occhi impaurita. 
"Avete portato un Angelo con voi?!" chiese sgranando gli occhi e indietreggiando mentre ancora guardava quella luce intensa affievolirsi sempre di più; decise che avrebbe mollato, ma che li avrebbe rintracciati presti per sterminarli uno dopo l'altro, ma prima di andare su voltò verso Abby sorridendo nella sua direzione con aria divertita. "Ho dimenticato di dirti che Anael ti saluta: me l'ha detto mentre le strappavo via le sue viscere umane". 
I due cacciatori la videro svanire nel nulla e sgranarono gli occhi, mentre Abby fece uno scatto avanti per cercarla e fermarla, mentre Dean si rimetteva in piedi per seguirla; la persuase di prendere Sam e ritirarsi, perché in quel luogo erano ancora troppo esposti e sarebbero potuti morire, e presto tutti e tre tornarono nel bunker per mettersi in salvo e curare le proprio ferite. 
 
 
 
 
Avvicinò la bottiglia di Whisky ad Abby che senza esitare la prese velocemente dalle sue mani e se la portò alle labbra chiudendo gli occhi e strizzandoli per il dolore: Sam le stava curando la ferita al braccio sinistro per l'ennesima volta, osservando la bruciatura sull'avambraccio ancora in bella vista e che non accennava a chiudersi, che però le facesse un male cane. 
Il ragazzo sollevò un sopracciglio e  cercò di disinfettare la ferita nella giusta maniera, sentendola però gemere di dolore e mandare giù una cospicua quantità di alcol, stringendo il pugno libero e chiudendo forte gli occhi; Sam si sentí dispiaciuto di non poterla aiutare più di così, pensando che a quel punto la ferita si sarebbe dovuta rimarginare almeno in parte. 
"Hai.. Hai pensato che è molto strana?".
Abby si sforzò di ignorare il dolore e si voltò a guardare il suo sguardo preoccupato, che ancora guardasse il suo avambraccio con le labbra strette ed un'espressione che sembrasse un grande punto interrogativo. "Che vuol dire?".
Sam scosse appena la testa cercando di sforzarsi per trovare un'ipotetica soluzione e le mosse il braccio per osservare meglio la sua ferita, aggrottando le sopracciglia. "Sai Abby, credo che ci sia una spiegazione al fatto che non si rimargini e non esiste nessun unguento che possa aiutarti". 
Il maggiore che fino a quel punto fosse rimasto in silenzio davanti allo schermo per suo PC per mettersi già alla ricerca di un nuovo caso, seduto al grande tavolo della sala lettura del bunker, storse il naso e sollevò lo sguardo verso il fratello con aria curiosa. "Tradotto nella nostra lingua che cosa vuol dire?". 
Sam sollevò lo sguardo verso i due ragazzi e aggrottò le sopracciglia, mettendo un grande cerotto sulla sua ferita per coprirla ed evitare che si potesse infettare ulteriormente, e fece spallucce incrociando le braccia al petto con un sospiro. "Non lo so, ma inizio a credere che ci sia un collegamento fra te ed Anael". 
"Collegamento?" chiese Abby aggrottando le sopracciglia e sorridendo nervosamente, guardandolo con aria stranita. "Me ne sarei accorta se riuscissi a sentirla, non trovi?". 
Sam fece spallucce e si appoggiò al tavolo con entrambe le mani, mordensosi per qualche secondo il labbro inferiore. "Sei stata toccata da un angelo mentre subiva un forte incantesimo che la confinava sulla terra per sempre. Insomma, potrebbe aver lasciato un po' di magia angelica sul tuo corpo". 
La ragazza sorrise divertita scuotendo la testa, afferrando nuovamente la bottiglia e bevendone alcuni lunghi sorsi per respingere l'idea, perché avrebbe tanto voluto trovare Anael e metterla al sicuro, perché l'amava come se fosse una sorella, ma non voleva illudersi di riuscirci e poi rimanerci davvero male. 
Dean invece rimase ad osservarla per qualche istante con aria accigliata, aggrottando le sopracciglia perché sapeva che Abby non stesse per niente bene e che stesse attraversando un momento buio in quel momento, specialmente perché gli avesse ribadito almeno un paio di volte che senza Anael, Mary non sarebbe mai nata, e che quindi Abby le dovesse tutto. 
Il maggiore si schiarí la gola e si appoggiò con la schiena alla sedia di legno, serrando le braccia al petto e guardando i due ragazzi davanti a sé. "Hai degli incubi molto vividi ogni notte". 
La ragazza spostò lo sguardo su di lui per qualche secondo, sollevando un sopracciglio e ridendo nervosamente. "E quindi, Sherlock?". 
"Quindi sono certo che questi incubi riguardino Anael tutte le volte" rispose Dean guardandola con aria dura e seria, lasciandole poco spazio per poter negare l'evidenza. 
Abby cercò una risposta sagace per mandarlo al diavolo perché non aveva proprio voglia di girare il coltello nella piaga, non adesso che sapeva che Abaddon tenesse la sua amica prigioniera, e sospirò rumorosamente. "Ho solo una grande confusione in testa per ora, tutto qui". 
"Perché non vuoi ammettere che la sogni?" chiese Dean guardandola in cagnesco e assottigliando gli occhi, tornando a sporgersi dalla sedia per guardala meglio. 
Abby scosse la testa e scambiò un'occhiata con Sam, che sembrò essere confuso tanto quanto il fratello, e la invitò con lo sguardo a dire ciò che ricordasse per poter mettere insieme i pezzi del puzzle, ma la ragazza sospirò e si allontanò dal tavolo con aria furiosa, dirigendosi verso le scale con tutta l'intenzione di andare via perché si sentiva fin troppo arrabbiata. 
Dean fece un cenno al fratello, dicendogli silenziosamente che l'avrebbe seguita mentre afferrava il suo giaccone per andarle dietro, ed Abby parve spazientita quando lo vide sbucare alle sue spalle e afferrarle il polso destro, prima che lei potesse salire sulla sua auto. "Aspetta ragazzina, aspetta per favore".
Sorrise appena quando riconobbe il  soprannome che Dean le avesse dato dal primo momento in cui l'avesse vista ed Abby si voltò a guardarlo con aria più calma e pacata rispetto a prima; sentí la mano di Dean sfiorarle il braccio fino ad arrivare alla sua guancia, carezzandola con dolcezza. 
Bastò uno sguardo per farla sospirare rumorosamente e sentirsi una grande idiota, perché anche Dean stava soffrendo terribilmente ma non aveva mai assunto quell'atteggiamento arrabbiato e scontroso che lei aveva messo su ormai da un paio di giorni.
Chiuse gli occhi e si mise le mani sul viso sentendosi terribilmente stanca, lasciando scivolare la testa sul suo petto e scuotendola appena con rabbia verso se stessa. "Scusami Dean, ma sono così arrabbiata e stanca".
Le avvolse le braccia attorno alle spalle, sorridendo amaramente e stringendola a sé nel buio della notte, baciandole il capo per tranquillizzarla perché comprendeva il suo stato d'animo. 
"Faccio sempre così quando sto male, è più forte di me: ci provo a controllarmi ma poi non ci riesco e.." sussurrò Abby guardandolo negli occhi con aria dispiaciuta, mentre poggiava le mani sul suo petto. "Pensi davvero che la mia ferita possa mettermi in comunicazione con Anael?". 
Dean sospirò e scosse la testa, stringendo le labbra in una espressione eloquente, perché non poteva dire con precisione se l'ipotesi di suo fratello fosse esatta o no, ma le spostò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio con delicatezza accennando un sorriso. "Non lo so ragazzina, potremmo provare".
Abby si morse il labbro e scosse la testa, distogliendo lo sguardo ed allontanandosi dalla sua presa delicata, giungendo di fianco alla sua Hyundai ed appoggiando il braccio destro sul tettuccio, guardando il cielo scuro e dandogli le spalle. "Nei miei sogni la vedo soffrire. Chiama il mio nome e quello di Castiel, ci chiede aiuto e si, vedo anche Abaddon che la tortura. Non so perché, né cosa voglia da Anael però sembra tenerla in un magazzino o comunque un posto molto isolato, con un grosso cancello spesso di ferro ad isolarlo ed un muro di pietra molto alto". 
"Però! Ricordi molti dettagli per essere solamente dei sogni.." commentò Dean sorridendo nervosamente e stringendosi di più nella giacca, e facendo spallucce. 
Abby non si voltò ma abbassò il capo, sentendosi tremendamente in colpa e capendo che probabilmente se avesse iniziato da subito a cercare di capire cosa ci fosse davvero dietro i suoi incubi forse avrebbe potuto trovare Abaddon ed Anael molto prima. Si morse il labbro e sentí gli occhi pizzicare, scuotendo la testa e stringendo forte i pugni, abbassando il suo tono di voce di molto per addolcirlo di più. "Comunque non è solo per lei. So che stai male anche tu per Sam che sopravvive solamente perché ha un angelo dentro che lo sta curando, e soffri perché contavi nella chiusura simultanea di Paradiso ed Inferno, ed un po ci speravo anche io. Avere Mary con noi, vivere insieme e avere una vita normale. Probabilmente non avremo mai tutto questo, vero?". 
Dopo dei lunghi momenti di silenzio, sentí dei passi avanzare verso di lei e le braccia del ragazzo afferrarle i fianchi per avvolgerli delicatamente, mentre il suo viso si incastonava perfettamente nell'incavo del suo collo esile; Dean respirò il suo odore e le baciò la pelle scoperta del collo con dolcezza, chinandosi per tenerla stretta di più e far aderire il proprio petto contro la schiena della ragazza. "Lo avremo, solamente non adesso. Te lo prometto ragazzina".
Abby si voltò appena a guardarlo negli occhi, lasciando scivolare le sue mani su quelle del ragazzo che si stringessero attorno alla sua vita per intrecciarle alle sue, e sorrise amaramente mentre faceva spallucce per poi tornare a fissare il cielo stellato. "Sii realista per un momento, Dean: ammesso che un giorno riusciremo a trovare un po di pace, legalmente non possiamo strappare una neonata dalla sua famiglia adottiva senza le giuste ragioni. E i Thompson possono essere tante cose, ma non mancano nell'amarla e nel prendersi cura di Mary..".
Dean serrò forte la mascella e chiuse gli occhi, smettendo di respirare per qualche secondo perché sapeva che Abby avesse ragione: Molly e Jerry tenevano al sicuro Mary da quando l'avessero adottata, la stavano crescendo e l'avevano amata sin da subito. Non poteva regalare un dolore così forte a due genitori che per anni avessero provato ad avere dei figli senza successo e che adesso fossero riusciti ad avere una famiglia, adottando la loro bambina, senza contare il forte trauma psicologico che avrebbe subito Mary se fosse stata strappata dal luogo in cui fosse abituata a vivere e dai suoi genitori adottivi, gli unici che avesse sempre conosciuto. 
Sospirò rumorosamente e strinse più forte la presa su Abby, abbracciandola più forte ed affondando il viso sul suo collo sempre di più come a volersi nascondere; addolcí il suo tono, riducendolo ad un leggere sibilo. "Allora la lasceremo vivere una vita normale con i Thompson, la lasceremo vivere tranquilla e un giorno, quando sarà grande le diremo la verità se i suoi genitori saranno d'accordo..". 
Abby deglutí a fatica e si mosse dentro il suo abbraccio per voltarsi nella sua direzione, stringendogli le braccia al collo mentre sentiva gli occhi pizzicare, sentendo dentro di sé e dentro Dean mollare piano piano l'idea di poter avere davvero Mary con loro. 
 
 
 
 
"L'ho trovato!". 
Dean ed Abby avevano sentito Sam alzarsi di scatto dal tavolo più distante da loro, seduti nella sala centrale del bunker, osservando il ragazzo avvicinarsi con un sorriso nella loro direzione mentre sventolava un libro molto antico fra le mani. 
Sam aveva effettivamente trovato un rituale che si potesse applicare nel caso particolare di Abby, permettendogli di forzare la serratura che rappresentasse la ferita sul braccio della ragazza per mettere in comunicazione due anime di diversa natura mediante la traccia che una avesse lasciato sul corpo dell'altra. Dean sospirò seccato e si grattò nervosamente il naso, rimanendo seduto sulla sua sedia mentre osservava Abby alzarsi di corsa ed andare in contro al fratello, che sorridendo le mostrò ciò che avesse trovato per aiutarla. 
Il maggiore avrebbe tanto voluto sentire l'opinione del suo amico Castiel, perché lui avrebbe saputo come rintracciare Anael più velocemente e facendo correre meno rischi ad Abby, ma aveva perso ogni traccia del suo angelo da quando fosse caduto anche lui e fosse diventato umano, dato che Metatron gli avesse rubato la grazia come ultimo ingrediente per completare il suo piano contro il Paradiso. 
"Abbiamo tutti gli ingredienti, possiamo farlo subito" aveva sentito dire al fratello, che iniziò la sua ricerca su tutto ciò che fosse necessario per completare il rituale solo dopo che Abby gli diede l'ok con un'occhiata sicura di sé. 
Voleva andare fino in fondo perché non avrebbe permesso che Anael soffrisse ancora per mano di quel demone; si voltò a cercare lo sguardo di Dean, sperando che sarebbe stato d'accordo e che l'avrebbe supportata, ma si dovette scontrare con il suo sguardo seccato e insicuro, perché non aveva idea di cosa sarebbe potuto accadere ad eseguire un incantesimo che non conoscessero. 
Si alzò e si avvicinò lentamente, spostando appena il libro sul tavolo per leggere cosa ci fosse scritto e come avrebbero potuto procedere, e sollevò un sopracciglio con aria dubbiosa, per poi volgere lo sguardo arrabbiato verso Abby. "Qui c'è scritto che chi pratica questo rituale, sarà soggetto a delle conseguenze. È magia nera". 
La ragazza sospirò e lesse bene ciò che Dean stesse indicando con il dito, ma poi scosse la testa e fece spallucce, rimanendo irremovibile sulla sua decisione. "Non mi interessa: devo salvare Anael!". 
Ma Dean strinse i pugni e la guardò più duramente, avvicinandosi di più a lei e fulminandola con lo sguardo con rabbia. "Lei non vorrebbe che tu sacrificarsi la tua vita o che pagassi con un qualsiasi prezzo per trovarla! Lo so che le sei molto legata, ma troveremo un altro modo". 
Abby sbuffò e serrò le braccia al petto, ricambiando lo sguardo di fuoco che il cacciatore non accennò ad abbassare con tutta l'intenzione di impedirle di fare una cosa così stupida. "Non c'è bisogno che ti ricordi che Mary, nostra figlia, deve la sua vita ad Anael. Senza di lei non sarebbe mai nata o peggio, sarebbe stata allevata dai demoni o dagli angeli, ed io sarei morta! Quindi lo farò".
Dean sospirò rumorosamente e piegò le labbra in una smorfia di disapprovazione, perché sapeva fino a dove si spingesse la testardaggine di Abby e che ormai non ci fosse modo di farla desistere, e si ritrovò a maledire mentalmente suo fratello per averle messo in testa quelle strane idee su quel rituale. "Quante volte ancora userai Mary per convincermi a lasciarti fare delle pazzie?". 
Abby lo guardò per un istante, sentendosi uno schifo per aver tirato in ballo Mary ancora una volta, sapendo però che quello fosse l'unico modo per far smettere Dean di opporre lamentele e giudizi gratuiti. Sia Dean che Abby si accorsero troppo tardi che Sam fosse sulla soglia dell'arco principale della sala lettura del bunker e che probabilmente avesse sentito involontariamente l'intera conversazione, dato lo sguardo confuso e gli occhi sgranati con cui li stesse guardando. 
Sam guardò suo fratello con con aria sorpresa, perché aveva finalmente messo insieme tutti i pezzi dle puzzle: aveva capito sin da subito che Abby nascondesse qualcosa, quando Dean fu di ritorno dal Purgatorio, e quando Sam si accorse di come lei e suo fratello si fossero avvicinati di nuovo sparendo addirittura per diversi giorni insieme, aveva intuito che Dean fosse stato messo a conoscenza del segreto di Abby. Non chiese mai nulla un po' perché non erano affari suoi ed un po' perché aveva notato il modo in cui entrambi i ragazzi fossero tornati ad essere quasi gli stessi, eppure non era la prima volta che lo sentisse discutere di una certa Mary. E adesso che aveva sentito anche quell'ultima conversazione, aveva finalmente capito perché Abby fosse sparita subito dopo che Dean fosse stato trascinato insieme a Castiel nel Purgatorio. 
"Ho trovato gli ingredienti" si limitò a dire Sam, avanzando con discrezione e tenendo fra le mani alcune boccette di vetro ed una piccola pirofila di alluminio. 
Abby scambiò una rapita occhiata con Dean, che sospirò e scosse la testa ancora una volta portandosi le mani alle tempie e voltandosi dalla parte opposta con disapprovazione, e si avvicinò a Sam con espressione sicura. "Bene, mettiamoci a lavoro Sammy". 
Furono molto veloci e Sam riuscì in breve tempo ad azzeccare le giuste dosi di ogni ingrediente, sotto lo sguardo attento di Dean che pregò fino all'ultimo che quel rituale non funzionasse e fosse solamente una leggenda; ma poi Abby accese il fuoco nella pirofila con un fiammifero e lesse ad alta voce la formula in latino che il minore le passò fra le mani, guardandosi attorno e sollevando lo sguardo quando non accadde nulla attorno a loro. 
Guardò brevemente Sam, che aggrottò le sopracciglia e controllò nuovamente sul libro che gli ingredienti usati fossero quelli corretti, e poi guardò Dean, che continuò a trattenere il fiato mentre la guardava e attendeva che qualcosa di grosso accadesse: il maggiore sgranò gli occhi e si sporse verso Abby per afferrarla dalle braccia, quando vide i suoi occhi azzurri chiudersi per qualche secondo, per poi riaprirsi e brillare con una luce biancastra che gli ricordasse la luce tipica degli angeli. 
Sam e Dean la videro guardarsi attorno in maniera confusa, non riuscendo a capacitarsi su come facesse a trovarsi lì, e si alzò in maniera confusa iniziando a pensare che quello fosse un altro stupido scherzo di Abaddon sul suo corpo e la sua mente ormai troppo fragili per la tortura, e scosse la testa. 
"Abby?" chiese Dean avvicinandosi cautamente e mettendo le mani avanti, mentre vedeva il modo in cui lei lo stesse guardando. 
"Sono sicura di poche cose ormai da quando mi sta torturando, ma sono certa di non essere Abby". 
Anael aggrottò le sopracciglia udendo la sua stessa voce, del tutto diversa rispetto a come se la ricordasse, realizzando solamente in un secondo momento che quella fosse proprio la voce della sua protetta Abby; sgranò i suoi occhi e frugò nella borsa che trovò appesa alla sedia, trovando uno specchietto nel punto esatto in cui lo tenesse Abby, e osservò con occhi sgranati il suo riflesso, non riuscendo più a capire cosa fosse successo. 
Lasciò cadere lo specchio che si infranse al suolo in mille pezzi e sgranò gli occhi, guardando i due ragazzi avvicinarsi nella sua direzione con confusione sul viso. "Ragazzi, che cosa diavolo avete fatto? Sono nel corpo sbagliato". 
 
 
 
 
Sbatté le palpebre un paio di volte per abituarsi alla semi oscurità che ci fosse nella stanza in cui si fosse ritrovata, rendendosi conto solamente in quel momento che quel luogo somigliasse esattamente a quello che tutte le notti vedesse nei suoi incubi; si mosse con estrema debolezza, perché si trovò improvvisamente a corto di forze e con grande rammarico di accorse di trovarsi improvvisamente distesa un tavolo d'acciaio con mani e piedi legati che tenessero bloccata. 
Solo dopo percepí il dolore delle ferite da taglio che riportasse sul suo corpo, sentendo quelle sul collo e sul viso iniziare a bruciare di più rispetto alle altre per le lacrime le stavano rigando le guance scivolando giù.
Improvvisamente le parole di Dean riecheggiarono nella sua mente, sorridendo amaramente quando pensò che lui aveva provato ad avvertirla e a farla desistere dal commettere un'azione tanto stupida come quella; ma Abby sospirò rumorosamente mentre sentiva il freddo dell'acciaio toccarle il corpo nudo, coperto solamente da due fasce di cuio a coprirle il seno e la zona inguinale con su inciso dei simboli enocchiani che avessero confinato Anael dentro quel corpo per impedirle di fuggire. 
Abby si guardò attorno con la convinzione che, se lei si trovasse nel corpo del suo angelo, allora Anael doveva trovarsi nel suo, ed iniziò a ridere di gusto lasciando andare la testa all'indietro per il sollievo: Sam e Dean sarebbero arrivati presto a salvarla ed Anael sarebbe stata al sicuro, a casa. 
Sentí dei passi avanzare dall'ombra e poi una grossa luce accendersi proprio sul suo viso, che la costrinse a chiudere gli occhi e sbattere le palpebre svariate volte per abituarsi a tutta quella luce, e  poi vide una donna con una folta chioma rossa avanzare verso di sé. "Che hai da ridere, schifoso angelo?". 
Abby sollevò lo sguardo verso di lei e sorrise di gusto, sostenendo i suoi occhi chiari e sicuri di sé con aria di sfida, perché Abaddon non aveva la minima idea che dentro quel corpo non ci fosse più Anael; decise allora di approfittarne e si morse un labbro mentre decideva in che modo avrebbe potuto recitare al meglio la sua parte. "Cos'è che vuoi sapere?". 
Abaddon sorrise soddisfatto, abbassando il bisturi che avesse sollevato a mezz'aria per usarlo nuovamente sul suo ventre perfettamente piatto, e si avvicinò guardandola con aria accigliata. "Meno di dieci minuti fa mi hai detto che non mi avresti raccontato nulla e non avresti tradito nessuno dei tuoi amici: vuoi prendermi in giro angioletto?". 
"No, voglio solamente che tutto questo finisca.." sussurrò Abby recitando attraverso il corpo di Anael ed abbassando lo sguardo sottomesso solamente per compiacerla. "Chiedi qualsiasi cosa e ti dirò la verità". 
Abaddon rise di gusto sentendosi soddisfatta e la guardò per qualche istante, chiedendosi se fosse davvero pronta a lasciarla entrare dentro da sua anima per raccogliere tutte le informazioni necessarie, e lentamente avvicinò il volto al suo piegabdosi su quel tavolo chirurgico; Abby fece per allontanarsi e sfuggire alla sua persa, perché non aveva la minima idea di cosa il demone stesse cercando di fare, e la sentí afferrare il volto sanguinante fra le mani. 
La guardò negli occhi con un ghigno malefico e sorrise divertita, lasciando uscire dalla sua bocca una piccola nuvola chiara che entrò a forza dentro quella di Abby, risalendole in gola fino ad accedere ad i suoi ultimi ricordi, mentre gli occhi del demone si girarono al contrario divenendo completamente bianchi; Abaddon scavò sempre più in fondo mentre la ragazza non aveva la più pallida idea di cose stesse succedendo, ed in lampo la nuvoletta uscì nuovamente dalla sua bocca per tornare in quella del demone. 
Gli occhi del demone divennero nuovamente normali, guardando la ragazza sotto di sé con un sorriso compiaciuto per averle passato tutte le informazioni di cui avesse avuto bisogno sin dal momento in cuia l'avesse catturata. 
"Questa non me l'aspettavo. Ma non era così difficile dopo tutto, no?". 
Abaddon rise ancora e afferrò la sua lama angelica con forza, piantandola al centro dello stomaco con una grossa risata, facendola urlare per il dolore e lasciando la lama al suo interno, allontanandosi poi dalla stanza spegnendo pure la luce, lasciando la ragazza morente nuda e al buio su quel tavolo d'acciaio mentre la linfa vitale si andava esaurendo istante dopo istante. 
 
 
 
"Shh, fa' silenzio: dobbiamo fare piano, ragazzina". 
Sbatté le palpebre lentamente con quell'ultimo filo di forze che le fossero rimaste, sentendo la voce calda e preoccupata di Dean, che mentre la slegava e tagliava le corde che la tenessero ancorata a quel tavolo freddo iniziò a pensare che prima o poi gli sarebbe venuto un infarto fulminante per tutti quegli spaventi che Abby gli facesse prendere. 
Abby non lo sentí esprimere quel pensiero ad alta voce, eppure lo sentí ugualmente nella sua mente, tant'è che rise debolmente, per poi gemere di dolore quando Dean estrasse la lama dal suo ventre; sentí il calore proveniente dal giaccone del ragazzo che le stesse coprendo le spalle ed Abby aprì gli occhi, incrociando quelli verdi del ragazzo. "Sto bene, non preoccuparti". 
Dean la fulminò con lo sguardo, pensando che se fossero riusciti a sopravvivere tutti a quella situazione avrebbe seriamente fatto una grande ramanzina ad Abby, perché non era più disposto a vederla lanciarsi in piani suicidi; la prese fra le braccia, coprendola al meglio, e subito sentí la mano di Anael nel corpo di Abby sulla sua spalla e su quella di Sam, sporco di sangue per aver ucciso qualche dmeone che fosse sfuggito alle bombe demoniache che avessero usato sotto consiglio di Kevin e che a quanto pare avessero effetto anche su Abaddon. 
I quattro scomparvero in un battito di ali di Anael, che li portò in fretta al bunker dove Dean posizionò il corpo martoriato dell'angelo sul grande tavolo vicino alle scale della sala lettura ancora coperto dalla sua giacca, e il ragazzo le strinse forte la mano cercando di dare coraggio ad Abby che però respirasse a fatica; velocemente Sam replicò lo stesso incantesimo che avessero fatto precedentemente e presto Anael ed Abby chiusero entrambe gli occhi, e la ragazza cadde rovinosamente sulla sedia posta dietro di lei mentre una grande luce si fece largo sul tavolo proveniente dal corpo di Anael, che iniziò a guarire in maniera molto più veloce per via del fatto che avesse riacquistato gran parte delle forze dal momento in cui si fosse trovata nel corpo di Abby, ricaricandosi.
La ragazza si riprese e si rimise in piedi, sentendo le grosse mani di Dean sorreggerla dalle braccia, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Abby che si liberò in fretta perché era in grado di reggersi anche da sola: ormai stava bene, era tornata nel suo corpo ed aveva salvato il suo angelo. 
Presto si recò accanto ad Anael, che si sedette tenendosi stretta la giacca del ragazzo contro il petto, provando un forte imbarazzo nell'essere completamente nuda in una stanza piena di uomini, e cercò lo sguardo della sua amica in cerca di aiuto; Abby annuí e guardò i due Winchester ed il profeta, facendogli segno di voltarsi, mentre l'aiutava ad alzarsi per recarsi fino alla stanza che condividesse con Dean. 
Diede ad Anael un paio di jeans e un maglione scuro e si voltò anche lei in maniera tale da farla sentire meno in imbarazzo, ma l'angelo non si era mai sentito in quel modo con lei; si vestì in fretta e si sedette sul bordo del letto richiamando Abby, che le passò anche un paio di sneakers e si sedette dietro di lei per darle una sistemata alla sua folta chioma bionda, passando la spazzola per districare i nodi che si erano venuti a creare. 
Quando la vide in piedi e senza più quegli orrendi tagli sul corpo e sul viso, Abby non riuscì a trattenersi: scese dal letto e le andò incontro, abbracciandola forte e tenendola stretta, chiudendo gli occhi mentre sentiva anche le braccia dell'angelo stringersi attorno a lei. "Ho avuto così paura di perderti, ma sentivo che non eri morta dopo la caduta! Ti ho cercata per così tanto tempo, ma non ti trovavo". 
Anael sorrise e le carezzò i capelli, perché anche lei aveva avuto paura di non rivedere più la sua amica e di morire fra le mani di Abaddon, ma doveva capire che Abby non avrebbe mai perso la speranza su di lei. "Grazie Abby, sei una buona amica. Lo sei sempre stata". 
Abby sciolse l'abbraccio, asciugando le lacrime che avessero preso a scivolare sul viso e le sorrise teneramente, stringendole forte la mano; non c'era nulla che non avrebbe fatto per Anael, da quando si fosse palesata a lei, l'angelo non aveva fatto altro che guidarla ed esserle d'aiuto in ogni circostanza. L'aveva salvata così tante volte da perdere il conto e adesso, per un volta, era stata Abby a salvare Anael. 
"Lo so che probabilmente vorrai riposare, ma abbiamo tanto lavoro da fare: abbiamo il Re dell'inferno in cantina, dobbiamo fermare Abaddon, trovare Castiel, aiutare gli angeli.." sussurrò Abby sospirando rumorosamente, allontanandosi appena per sedersi sul bordo del suo letto e facendo spallucce. 
Anael aggrottò le sopracciglia e la guardò con espressione stranita, facendo qualche passo nella sua direzione mentre la guardava con la sua solita aria solenne, soffermandosi in particolare su una delle cose che avesse elencato la ragazza. "Io non percepisco più la presenza di Castiel, credo che sia morto quando gli angeli sono caduti". 
"No tesoro, è vivo. Ma non è più un angelo, è diventato umano quando Metatron gli ha rubato la grazia.." sussurrò la ragazza sospirando e facendo spallucce, guardandola però con un sorriso sul viso perché era pur sempre una bella notizia. 
Anael però dischiuse le labbra per la sorpresa e sollevò un sopracciglio, rimanendo completamente sconvolta dalla verità che la donna le avesse rilevato: non poteva credere che Castiel fosse caduto fino a quel punto e che fosse diventato umano. Non poteva credere che adesso finalmente avrebbe capito gli umani come faceva lei, come aveva sempre fatto lei. 
Annuí in silenzio e si mosse per la stanza lentamente con nervosismo, dando un'occhiata al grande armadio che decorasse la stanza ancora aperto e l'arredamento spartano di quella stanza, che nulla aveva a che vedere con la casa che Abby e Dean condivisero a Louisville quando Sam era finito nella gabbia. "Lo andrò a cercare, ti terrò aggiornata". 
La donna annuí vedendo lo sguardo dell'angelo un po accigliato e dispiaciuto per il suo fratello angelico, e presto Abby si affrettò a scattare in piedi per fermarla, mentre una domanda iniziò a rieccheggiarle per la mente come qualche ore prima, mentre si trovava ancora legata al tavolo d'acciaio. "Ma cosa voleva sapere Abaddon da te?". 
Anael si irrigidí appena ma cercò di mantenere il suo sguardo sereno e privo di nuvole nere, perché l'ultima cosa che avrebbe voluto era proprio allarmare la sua amica che, se avesse davvero saputo cosa cercasse il demone nella sua mente, avrebbe sicuramente perso le staffe e sarebbe fuggita in Texas in maniera molto veloce. L'angelo scrollò le spalle perché sapeva di non aver dato quell'informazione ad Abaddon - ignara del fatto che il demone fosse tornato da lei quando Abby fosse nel corpo di Anael e fosse riuscito a carpire ciò che volesse davvero sapere direttamente dalla mente di Abby - e sospirò, accennando però un sorriso nella sua direzione. "Voleva scoprire alcuni segreti angelici, la posizione di alcune armi celesti per avere più potere".
Abby annuí ricmabiando il sorriso, osservando poi la sua amica volare via in un battito di ali, e una volta rimasta sola sospirò rumorosamente, facendosi coraggio ed uscendo dalla sua stanza con un sospiro; attraversò il corridoio, passando davanti alla cucina, fino ad arrivare nella grande sala dove trovò Dean con le braccia incrociate al petto ad aspettarla, appoggiato al grande tavolo con un'espressione che non raccontava nulla di buono. Gli si avvicinò e si fermò al suo fianco accennando un sorriso imbarazzato, per poi riempire i due bicchieri che Dean avesse preparato alle sue spalle con dello Scotch che le piaceva tanto, porgendogliene uno pieno mentre lo guardava con aria quasi divertita. 
Si appoggiò con un fianco al tavolo, bevendo qualche sorso della sua bevanda e si morse il labbro inferiore, sospirando. "Vai con la sfuriata: inizia a urlarmi quanto sono stata irresponsabile e stupida a fare una cosa del genere, che ti ho fatto morire di paura e che hai pensato di non rivedermi più". 
Dean la guardò per qualche altro secondo con aria arrabbiata e scocciata, abbassando lo sguardo sul suo bicchiere e bevendone qualche sorso, ma poi tornò a guardarla con aria più rilassata; era ancora davvero arrabbiato, eppure la rabbia passava in secondo piano ogni qualvolta la sua dolce metà lo guardasse con quello sguardo da cerbiatta, che gli facesse sempre lo sgambetto fino a farlo cadere per lei. "Avrei fatto lo stesso. Se si fosse trattato di Castiel o di Sam o di te, e io mi fossi trovato al tuo posto, avrei fatto lo stesso senza pensare alle conseguenze". 
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con un sorriso sul volto, vedendo poi come Dean le tolse il bicchiere dalle mani per posarlo insieme al suo sul tavolo, e poi l'afferrò con forza dai fianchi per attirarla a sé e darle un lento e casto bacio sulle labbra, mentre le stringeva le mani sulle guance ed appoggiava la fronte. 
Abby aprí lentamente gli occhi mentre il suo cuore batteva ancora forte nel petto per quel bacio così dolce, stringendo le mani attorno alle braccia e leccandosi distrattamente le labbra. 
Restava sempre un mistero come, dopo tutti quegli anni, Dean riuscisse a farla emozionare ancora così tanto con un solo sguardo o con un semplice e delicato tocco delle labbra come quello, facendola anche arrossire in quel modo. 
Lo guardò negli occhi, perdendosi come sempre dentro quei pozzi verdi e sentendo l'amore scalpitarle nel petto, così come Dean fece con lei fissando i suoi occhi azzurri e stringendola di più dai fianchi; ma proprio quando il ragazzo stava per annullare nuovamente la distanza fra di loro baciandola con trasporto e avidità, Abby abbassò il capo e lo sguardo, parlando con velocità per evitare di rimangiarsi ciò che avesse da dirgli. "Mi hanno chiamato i Thompson stamattina: hanno bisogno dei babysitter per Mary mentre loro vanno ad una serata di gala di beneficenza o qualcosa del genere domani". 
Dean la guardò negli occhi, sorridendo ed afferrandole una mano per farsi seguire per andare a preparare le loro cose e partire immediatamente, perché Mary gli mancava così tanto che si sarebbero presentati a casa loro anche ore prima rispetto all'inizio del loro orario di lavoro, escluso dal pagamento. Ma Abby rimase ferma, non lasciandosi trascinare e guardandolo con aria più seria, facendolo voltare nuovamente e guardarla con aria confusa. "Non credo che dovremo più andare da loro: ci fa male e la mettiamo in pericolo. Potrebbero trovarla presto se non la lasciamo andare, Dean: demoni, angeli o chiunque si voglia vendicare di noi e dei nostri amici".
Dean divenne serio o mollò istintivamente la presa su di lei, trasformando il suo sguardo dolce ed elettrizzato in uno sguardo arrabbiato e deluso, solamente perché Abby era stata l'unica ad avere il coraggio di dire alta voce ciò che sotto sotto pensasse anche lui ma che respingesse con tutte le sue forze per non accettarlo. 
La guardò in cagnesco e le puntò un dito contro con rabbia avvicinandosi di scatto, ma Abby rimase immobile ed osservarlo senza indietreggiare o lasciarsi intimidire. "Io devo vederla: devo vedere Mary. Aspetto questo momento ogni settimana per stare con lei, mi accontento degli avanzi, ma è l'unico modo per starle vicino. Non posso, non posso lasciarla andare, non pos-..".
Guardò nei suoi occhi verdi che divennero improvvisamente arrossati e gonfi, ed Abby non riuscì a pensare che fossero uno specchio dei suoi: avanzò e afferrò il suo dito ancora a mezz'aria, stringendogli la mano con la sua e sforzandosi di sorridergli, mentre annuiva e lo guardava con un piccolo sorriso amaro. 
Erano rarissime le occasioni in cui Abby lo avesse visto così sconvolto e vide il modo in cui Dean strinse la presa su di lei per aggrapparsi a lei. "Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo. Domani saremo da Mary, ok? La rivedremo, te lo prometto". 
Dean abbassò la testa ed annuì sentendo gli occhi pizzicare, mentre percepiva le mani di Abby risalire il suo corpo e stringerlo forte a sé in un abbraccio: sapeva che avesse ragione, che fosse controproducente per loro andare a trovare Mary e che straziasse i loro cuori ogni volta che dovessero andare via ed aspettare fino al fine settimana seguente, eppure Dean non riusciva proprio a fare a meno di partire ogni qualvolta i Thompson avessero bisogno di loro. 
Abby cercò di tranquillizzarlo, ma Dean non si accorse di come le sue guance si fossero rigate di lacrime perché faceva troppo male anche a lei il pensiero di non rivederla, nonostante continuassero a perderla ogni qualvolta che la lasciassero in casa con la sua nuova famiglia.

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Capitolo 47
*** Capitolo 40. ***


Hunters' legacies
Capitolo 40.
 
 
 
Aveva insinuato le sue mani attorno alla vita del ragazzo, avvicinandolo a sé e cercando di tranquillizzarlo, perché non era la prima volta che Abby vedeva quell'espressione addolorata sul volto di Dean: si sentiva un totale fallimento, un uomo che non era stato capace di proteggere suo fratello per l'ennesima volta e il suo amico Kevin, il cui corpo era stato bruciato dai due cacciatori, mentre Sam posseduto da Gadreel era riuscito a scappare dal bunker per unirsi a Metatron, il quale avesse chiesto all'angelo di dimostrare la sua lealtà nei suoi confronti uccidendo il profeta. 
Abby aveva cercato di rassicurare Dean, di parlare con lui e di provare a farlo sentire meno in colpa per la morte di Kevin, ma Dean non amava essere compatito né consolato, così si concentrò su un piano per riprendersi suo fratello e per allontanare per sempre Gadreel da Sam; era ricorso a Crowley, a Castiel e ad Anael, che riuscirono ad organizzarsi in maniera tale da cogliere di sorpresa l'angelo per intrappolarlo e costringerlo ad uscire dal corpo del giovane cacciatore. 
Sam non l'aveva presa bene e aveva iniziato a urlare contro Dean ed Abby che non avevano nessun diritto di scegliere al suo posto e di aver permesso che un angelo entrasse dentro di lui per guarirlo, quando Sam era pronto a morire. 
Abby non seppe spiegare come arrivarono a trovarsi su un pontile dopo che Sam seppe tutta la verità; forse perché troppo stordita o stressata, ma poi udì in maniera ovattata delle strane parole da parte di Dean che avessero tutta l'aria di essere un modo per allontanarsi non solo da Sam ma anche da lei, promettendo loro che avrebbe stanato ed ucciso Gadreel per vendicarsi.
Lo videro allontanarsi in silenzio, mentre Anael si affrettò a sfiorare la schiena di Abby per darle conforto e Castiel si avvicinò di più ai due ragazzi, guardando il suo amico andare via, salire sulla sua Impala nera che brillava sotto la luce dei lampioni nella notte, mentre partiva sgommando lasciandosi la sua intera famiglia alle spalle. 
Abby si lasciò trascinare nel bunker e si diresse nella sua stanza perché troppo stanca per far altro, dove trovò Anael che le fece segno di sdraiarsi accanto a lei e dopo gli avvenimenti dell'ultimo paio di giorni, come la morte di Kevin o le continue minacce di Abaddon, la ragazza si lasciò stringere dall'angelo, iniziando a pensare che oltre al ruolo di amica e sorella, certe volte Anael interpretasse davvero bene anche quello della madre. 
"Sono veleno per voi, vi faccio sempre del male! Ma adesso è finita, troverò il modo per fermare Gadreel e poi Abaddon, e poi non mi vedrete mai più, e potrete vivere la vostra vita felicemente senza di me
Abby aveva provato a fermare Dean dopo quelle parole chiedendogli di non andare e di restare insieme a lei, perché aveva così tanto bisogno di lui, ma Dean se n'era andato lo stesso, ignorando il suo dolore. 
Di nuovo. 
Lo aveva rifatto. Proprio come dopo la morte di Bobby.
Abby odiava la vita da cacciatore. La detestava. La disprezzata. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tornare a qualche anno prima e tirarsi indietro quando ne aveva avuto l'occasione.
Aveva sofferto così tanto, perso un'infinità di persone, compresa Mary, da cui decise di non andare più perché la bambina spinta da un probabile richiamo del sangue, iniziava a trovare più confortevoli le sue braccia che quelle della madre adottiva, strillando e piangendo per tutta la settimana per poi calmarsi e ridere quando si trovasse con Abby nel week end. 
Anael la strinse di più quando la sentí piangere forte su di lei e l'angelo sentí gli occhi pizzicare, perché aveva promesso a suo padre Jack che avrebbe sempre protetto Abby e che si sarebbe assicurata che nulla di brutto sarebbe mai successo.
Ma Anael non poteva salvarla da quel dolore. Non conosceva rimedio per quel cuore spezzato da tutte le perdite che avesse subito. 
Però poteva alleviare il suo dolore.
Le sfiorò la tempia ed Abby perse i sensi, appoggiando la testa alla sua spalla ed iniziando a riposare in maniera serena e pacata quasi immediatamente, dato che Anael stesse influenzando la sua mente per farle rivivere dei ricordi in cui fosse ancora una bambina.
L'angelo scosse la testa e sorrise amaramente, pensando a come i ruoli si fossero drasticamente invertiti e alla sua storia con Castiel che fosse diventata finalmente autentica: Anael lo aveva trovato qualche settimana prima molto lontano dal bunker, senza soldi né un luogo dove ripararsi dalla fredda notte piovosa, e lo aveva visto rabbrividire dal freddo.
Anael lo aveva visto umano e Castiel finalmente, l'aveva vista davvero
Anael si era presa cura di lui, mostrandogli tutto ciò che avesse appreso in quegli anni di vicinanza con gli umani per renderlo capace di prendersi cura di sé stesso da solo: lo aveva sfamato, gli aveva trovato un lavoro in un supermarket e anche una piccola casa abbandonata poco distante, dove tornare quando il suo turno finiva. 
Anael gli aveva insegnato a vivere proprio come un umano e Castiel iniziò a chiedersi come facesse un angelo come lei a sapere come riuscisse a vivere un umano, non essendolo mai stato. 
Per la prima volta, Castiel sentí il cuore battere nel petto con velocità mentre la guardava ed imparava da lei i gesti più semplici, come cucinare una omelette o preparare il caffè, e l'uomo si ritrovò ad arrossire ed a sentire le parole morirgli in gola ogni volta che cercava di parlare e guardarla negli occhi nello stesso momento. 
Anael non lo aveva mai lasciato da solo, passava tutto il suo tempo insieme a Castiel, come quella sera sul divano quando stava provando ad insegnargli ad usare il telecomando della televisione, indirizzandolo sui canali che Anael avesse spesso visto in compagnia di Abby e di Jack. 
Ma Castiel aveva smesso di guardare il freddo televisore da un pezzo, avendo occhi solamente per Anael che gli aveva sorriso leggermente imbarazzata. 
L'imbarazzo. Adesso Castiel lo capiva. 
Come la fame. Il sonno. Le urgenze fisiologiche. Il dentifricio. La gelatina. O l'amore. 
Non aveva resistito e si era avvicinato all'angelo lentamente, sfiorandole la guancia mentre un sorriso spaventato nacque sul suo viso; si sporse lentamente verso il suo volto e sfiorò le sue labbra con quelle della donna, e la baciò con gentilezza e delicatezza. 
Fu un contato fugace. 
Anael aveva alzato lo sguardo per guardarlo negli occhi in un modo che lo avesse sempre tranquillizzato, e Castiel sembrò diventare più sicuro di sé. 
Le sorrise più convinto e si avvicinò ad Anael per la seconda volta, baciandola con più trasporto e scostando i suoi lunghi capelli biondi per sfiorarle la guancia. 
Passò poco prima che i vestiti di entrambi furono sparsi al suolo di quel soggiorno, mentre Castiel continuava a guardare l'angelo con tutto l'amore che non aveva mai pensato di essere in grado di a provare. 
Si diede dello stupido perché non aveva mai capito quanto Anael avesse fatto per lui in passato e quanto continuasse a fare pur di aiutarlo, e oltre all'amore e al puro piacere, Castiel quella notte scoprì cosa volesse davvero essere nella sua ormai vita umana. 
Voleva essere come lei. 
Traeva ispirazione da lei nel corso della loro vita quotidiana, iniziando ad capire come essere gentile con i clienti al supermarket ed aiutandoli a comprare tutto ciò che servisse per offrire loro una vita dignitosa, spesso rimettendoci dei soldi lui stesso. 
Ma non importava, perché per la prima volta Castiel era felice. 
La felicità, quel concetto astratto che fosse stato inculcato nella sua testa e in quella di tutti i suoi fratelli angeli da un Padre assente che consisteva nel servirLo e obbedire al suo volere senza mai fare domande, adesso apparteneva anche a Castiel unicamente grazie ad Anael. 
E adesso era in grado di vedere tutti i suoi errori, la superbia e la follia che lo avesse contraddistinto e mentre la stringeva fra le sue braccia, esternando i suoi sentimenti ad alta voce mentre le scostava i lunghi capelli dal viso e si chiedeva come avesse fatto Anael a continuare ad amarlo e proteggerlo anche quando aveva peccato così tanto. 
Rimase con lei anche dopo essere stato catturato dai membri dell'opposizione di Metatron, che con fervore stavano provando a rovesciarlo perché non volevano che assumesse il controllo del Paradiso, e Castiel era stato costretto a rubare la grazia ad un altro angelo per salvarsi da quella situazione; Castiel aveva continuato a tornare da Anael anche quando era tornato ad essere un angelo, dato che i suoi sentimenti fossero rimasti come l'unica cosa invariata dentro di lui. 
Dimostrandole che grazie all'esperienza umana ed al suo amore anche lui fosse riuscito a cambiare il suo modo di vedere le cose e di vedere lei. 
Castiel ed Anael non si separarono più, rimasero sempre uniti ad affrontare tutto ciò che la vita offrisse loro sapendo di poter davvero contare l'uno con l'altra; mentre Anael aiutava Abby a superare quella terribile serata, anche Castiel stava aiutando Sam nell'estrazione della grazia rimanente di Gadreel per trovarlo, arrivando così anche a Metatron per eliminarlo una volta per tutte.
Abby si mosse nervosamente fra le braccia di Anael, che sorrise amaramente e le sfiorò nuovamente la fronte, osservandola rilassarsi nuovamente ed iniziare a sorridere per il sogno che l'angelo stesse attuando nella sua mente. 
 
 
 
Pressò il piede più forte sull'acceleratore quando vide il simbolo del GPS lampeggiare sullo schermo del PC aperto sul sedile del passeggero, notando come il suo obiettivo si fosse fermato: Abby era in viaggio da ormai quasi due giorni e finalmente aveva rintracciato Dean grazie a qualche trucco insegnatole da Sam, da utilizzare in caso di necessità. 
Passò poco tempo prima che riuscisse a rintracciare l'Impala sempre impeccabile e scese dall'auto che avesse rubato per non far riconoscere la sua Hyunday al cacciatore che non vedesse da ormai troppo tempo, guardandosi attorno con aria accigliata attraverso le lenti nere dei suoi occhiali da sole; notò un negozio su cui spiccasse la scritta Tara's e mano a mano che si avvicinasse, Abby riuscì a scorgere all'interno del locale la sagoma di Dean e quella inconfondibile del Re dell'inferno. 
La ragazza storse il naso e si appoggiò alla fiancata dell'Impala rivolta verso il negozio, incrociando le braccia al petto ed aspettando che i due uscissero: dall'esterno la visuale era molto scarsa, ma Abby riuscì comunque a vedere Dean e Crowley praticare una praticare una sorta di incantesimo insieme ad una donna ed Abby si chiese perché non avessero almeno chiuso le tende del negozio per nascondere cosa stesse accadendo all'interno del locale. 
Presto vide i due uomini congedarsi e salutare la donna bionda, uscire con aria determinata e sicura di sé, ma poi lo sguardo di Dean intercettò la figura di Abby appoggiata alla sua auto quando ormai fu troppo tardi per indietreggiare, e si fermò a qualche metro da lei, voltandosi verso Crowley e facendogli segno di sparire per un po' mentre il demone protestava andando via.
Dean sospirò rumorosamente e tornò a guardare Abby, che non si mosse nonostante lo avesse visto osservarla, e fece qualche passo verso di lei fino ad arrivare a poche spanne da lei notando sempre di più la sua espressione davvero furiosa. "Che ci fai qui?". 
Abby non si scompose e lo osservò mettere le mani in tasca e guardarsi attorno, e sollevò i suoi occhiali da sole fino ai capelli per poterlo guardare meglio e fulminarlo con lo sguardo; la ragazza lo osservò bene e riuscì a carpire quel grande senso di colpa che emergeva dai suoi occhi e la mascella contratta, su cui era cresciuta una barba un po' più lunga del normale che ad Abby non era mai dispiaciuta perché lo rendeva ancora più affascinante. 
Si schiarí la voce e tornò a guardarlo con serietà, sospirando lentamente. "Lavori con Crowley adesso? Pensavo non ti fidassi di lui". 
"Infatti non mi fido, ma abbiamo una pista su Abaddon quindi per ora ci aiutiamo a vicenda" rispose Dean guardandola appena per poi sollevare lo sguardo dietro di lei, sospirando e iniziando a muoversi verso il lato guidatore della sua auto. 
Abby si voltò e lo vide aprire lo sportello ed allungarsi per entrare in macchina, ma poi Dean si fermò a guardarla con aria quasi affranta, facendo spallucce e scuotendo appena la testa, sapendo che lei volesse solamente tornare ad averlo al suo fianco. "Abby mi dispiace davvero tanto, dico sul serio. Ma non ho tempo da perdere adesso, quindi..".
Abby lo guardò con aria esterefatta, scuotendo la testa e distogliendo lo sguardo, mentre un leggero sguardo divertito si dipinse sul suo volto; decise che non avrebbe fatto alcun riferimento a quanto accaduto la notte in cui andò via lasciando lei e suo fratello, ma si sporse appena dalla fiancata dell'Impala appoggiando il palmo sinistro aperto sul tettuccio e mostrando in bella vista un pezzo cilindrico e metallico che Dean conoscesse davvero bene, che gli fece sgranare gli occhi per un momento per poi assumere un'espressione sorpresa. 
"Abby...". 
Il tono del ragazzo era di rimprovero ma non scocciato, perché racchiudeva anche una percentuale di ammirazione dato che Dean pensò che solamente la sua ragazza poteva trovare un modo così subdolo per ricattarlo e farsi portare con sé. 
Abby sorrise audacemente, sollevando un sopracciglio mentre guardava i suoi occhi alleggerirsi appena del carico pesante che si portasse dietro da quando Kevin fosse morto per mano di Gadreel; lo vide mordersi il labbro e scambiare un'occhiata con Crowley, che probabilmente fosse riapparso spazientito dietro di lei, e Dean fece spallucce e tornò a guardarla tentando di nascondere un piccolo sorriso. "Ok, ok, puoi venire. Ma ridammi quel pezzo". 
Abby rise di gusto perché se lei era così subdola da avergli fatto credere di aver manomesso il suo motore staccando uno dei pezzi più piccoli che avesse e che fosse costato di più, Dean era così tonto da esserci cascato; glielo lanciò continuando a ridere e velocemente entrò nella sua auto al posto del passeggero, osservando poi Dean abbassarsi dal lato guida e fulminandola con lo sguardo, avendo capito il suo bluff troppo tardi. 
"Che c'è? Non puoi prendertela con me se sei un credulone! Sai che ci vuole del tempo per arrivare a quel pezzo del motore e tu sei stato solamente pochi minuti in quel negozio!". 
Dean scosse la testa e si sedette accanto a lei, guardando i suoi occhi sorridenti ed iniziando a sentirsi incredibilmente leggero, perché gli era sempre bastato averla accanto e parlare con lei per sentirsi meglio: lo aveva scoperto dalla prima volta che l'avesse conosciuta, specialmente quando suo padre morì e l'unica persona con cui fosse riuscito davvero ad aprirsi fu proprio Abby. 
Il ragazzo si soffermò per qualche momento sui suoi occhi azzurri, sorridendole amaramente perché Abby non avrebbe mai saputo che Dean si fosse accorto della sua presenza sulla strada già da prima che varcasse la soglia di quel negozio e che l'aveva vista mentre lo seguiva con un'auto differente dalla sua fino a lì; ma soprattutto non avrebbe mai saputo che Dean aveva notato da lontano che quello che Abby tenesse in mano a mò di minaccia non fosse il pezzo originale della sua auto, e che quindi si fosse lasciato fregare perché in quel modo l'aveva riavuta con sé senza doverlo chiedere. 
Crowley si schiarí la gola apparendo sul sedile posteriore, interrompendo quello sguardo prolungato e quei sorrisi ed entrambi si voltarono a guardarlo, esclamando all'unisono un secco e sgarbato Che vuoi?!.
Il demone sollevò gli occhi al cielo lasciando che la ragazza percepisse il suo fastidio nell'averla lì con loro, e poi si concentrò su Dean come se lei non esistesse. "Detesto interrompere questo orribile spettacolino da romanzetto rosa, ma dobbiamo andare. Quindi lascia la tua ragazza e andiamo a fare le cose da uomini". 
Dean sollevò un sopracciglio e accennò un sorriso divertito, sapendo che il Re avesse osato troppo con la persona sbagliata, infatti Abby si sporse verso il sedile posteriore, afferrando la nuca di Crowley con una mano e sbattendogli la testa contro il finestrino due volte di seguito per poi usare la sua forza per schiacciarla contro il vetro, facendo sussultare i passanti sul marciapiede a cui Dean fece un sorriso ed un saluto con la mano, dicendo che andasse tutto bene e di passare oltre. 
"Tu mi hai rapita e tenuto in ostaggio con i tuoi demoni ed i cerberi, Crowley! Volevi dissanguarmi per aprire il tuo stupido portarle per il Purgatorio e sei arrivato a tanto così dall'uccidermi. Che ne dici se stai zitto e buono qui dietro, mentre io e Dean iniziamo a studiare questa traccia su Abaddon, mmh?!". 
Crowley cercò di liberarsi ma sapeva di non poterle fare del male se davvero volesse ottenere ciò per cui collaborasse con Dean, così con un sibilo sussurrò un veloce Ricevuto! e la ragazza lo lasciò andare, sorridendogli con aria vittoriosa e non riuscendo a trattenere l'impulso infantile che le fece sollevare il dito medio nella sua direzione; si voltò verso Dean che trattenne una risata e accese il motore scuotendo la testa, iniziando a guidare verso il Missouri mentre raccontava alla ragazza accanto a sé cosa avesse scoperto. 
 
 
 
 
Gli occhi azzurri minacciosi li scrutarono uno dopo l'altro osservando attentamente ognuno di loro, fino a quando lo sguardo di Cain incontrarono quello di Abby, che lo guardò con la sua solita aria arrogante ed un sopracciglio sollevato; Cain si sedette sulla sua poltrona nel suo salotto senza mai distogliere lo sguardo dai tre intrusi che si trovassero nel suo salotto, giocando nervosamente con l'anello posto sul suo anulare sinistro.
"Cosa ci fanno il Re dell'inferno, Dean Winchester e Syria nella mia casa?". 
Abby guardò velocemente con sopracciglia aggrottate Dean seduto accanto a lei sul divano, per poi tornare a guardare Cain davanti a sé con aria sorpresa. "C'è almeno un demone che non conosca Syria?". 
Cain sollevò un sopracciglio e si sporse appena sulla sua poltrona, guardandola con aria curiosa. "I demoni sono immortali, molti di quelli che camminano su questa terra oggi sono gli stessi che ci camminavano millenni prima". 
"Molto interessante davvero, ma io comunque non sono Syria". 
La guardò attentamente e studiò i suoi occhi sicuri di sé così limpidi, che secondo Cain non avevano niente a che vedere con quelli che di Syria di circa un millennio prima. "Il tuo viso, il colore dei tuoi occhi e dei tuoi capelli, la tua lingua lingua: sei identica a lei; eppure il tuo sguardo è diverso".
"Sono molto felice di questa rimpatriata, ma adesso possiamo parlare del motivo per cui siamo venuti qui?!" esclamò Dean spazientito ed infastidito interrompendo la conversazione, sollevando un sopracciglio ed attirando lo sguardo dei due su di sé, che lo guardarono con aria accigliata. "La Prima Lama. È l'unica arma con cui possiamo uccidere un Cavaliere dell'inferno e ci serve per far fuori Abbadon".
Cain si lasciò sfuggire una risata quasi divertita, scuotendo la testa e lasciando vagare lo sguardo per la stanza. "Non ho più con me la Prima Lama da molto, molto tempo. E anche se ce l'avessi, senza il Marchio sarebbe solamente un pezzo di mandibola rotto nelle tue mani".
Proprio prima che Dean potesse rispondere, dei forti clacson iniziarono a suonare fuori dalla sua proprietà e quando i quattro si affacciarono dalla finestra videro almeno una decina di macchine con più o meno una quarantina di demoni pronti a tendere un'imboscata ai tre ospiti di Cain, invitandolo a farli uscire se non avesse voluto vederli entrare con la forza. 
Cian scosse la testa e sbuffò profondamente, dicendo loro che non li avrebbe aiutati e che se ne sarebbero dovuti andare immediatamente, ma Abby aggrottò le sopracciglia e scosse la testa, avanzando fino a trovarsi a pochi passi da lui mentre lo guardava in cagnesco. "Siamo venuti per l'arma e non ce ne andremo senza!". 
"Vedo che la bellezza non è l'unica cosa che hai in comune con Syria, ma lascia che ti dica una cosa: il tuo atteggiamento ha fatto sì che ti creassi tanti nemici allora, non commettere lo stesso errore sta volta!" esclamò Cain sostenendo il suo sguardo e osservando il modo in cui la ragazza sollevò un sopracciglio davanti alle sue parole. 
"Nemici come Lucifer, Micheal? Dovresti aggiornarti, perché siamo riusciti a fermare chiunque ci si mettesse sulla strada, uno dopo l'altro!". 
"Non tutti. Io ho avuto modo di conoscere bene Syria: era la preferita di Lucifer, l'unica, e ha creato molte gelosie e faide che lui ha sedato col sangue per lei" rispose Cain scuotendo la testa con disapprovazione, guardandola quasi con astio. "Sei tu il vero mostro! Hai causato la morte di molte persone, persone innocenti e buone che non c'entravano nulla con te!". 
Abby aggrottò le sopracciglia perché non riusciva a capire come Syria avesse potuto far arrabbiare persino Cain, nonostante sapesse che fra lui e Lucifer ci fosse stato un collegamento e che Cain per salvare suo fratello fosse diventato un Cavaliere e ne avesse creati uno dopo l'altro sotto commissione di Satana. 
Proprio quando era sul punto di dire qualcosa, Abby notò il modo nervoso con cui Cain continuasse a rigirare nervosamente con il suo anello nell'anulare sinistro e improvvisamente capí cosa intendesse davvero. "Persone innocenti come Colette? Ho visto la foto sulla mensola del camino e non ho potuto fare a meno di notare che porti il suo stesso anello". 
Cain strinse la mascella ed i pugni mentre le luci all'interno della casa presero a sfarfallare ed il vociare dell'esterno aumentava sempre di più, e la guardò così male che Dean avanzò e le mise un braccio davanti per farla indietreggiare fino a mettersi dietro di lui per proteggerla; eppure Abby non distolse mai lo sguardo da quello furioso del primo Cavaliere. "Colette era l'amore della mia vita ed è morta per colpa della rivale principale di Abaddon: Syria, sua madre".
Dean sgranò gli occhi e spalancò la bocca allo stesso modo in cui fece Abby, guardando Cain con incredulità e scuotendo la testa, pensando che le parole di Cain non potessero essere vere. Dean si rilassò appena e sospirò più forte, percependo Crowley alle sue spalle solevare gli occhi al cielo e sbuffare. "Syria era la madre di Colette?". 
Cain abbassò lo sguardo e scosse la testa con disapprovazione, sentendo la parte dentro di lui che fosse ancora rimasta umana per merito di sua moglie iniziare a battere forte nel suo petto. "Colette era così buona e gentile, sconosceva l'arroganza e la cattiveria, qualità che invece facevano parte di Syria. Se lei non avesse mai provocato Abaddon, non si sarebbe mai vendicata su sua figlia. Colette è morta a causa di sua madre!". 
Il tono straziato con cui Cain parlò, le fece chiudere lo stomaco e fece convincere sempre di più Abby che la sua antenata Syria fosse la persona più cattiva ed egoista che fosse mai esistita. 
Sentí lo stomaco rigirarsi ed era sicura che avrebbe versato qualche lacrima, ma sentí la dolce presa di Dean che alla cieca si fosse affrettato a cercare la sua mano, mentre ancora sosteneva lo sguardo di Cain che aveva tutta l'aria di metterlo in guardia su qualcosa che ancora non capiva. 
Ed in poco tempo realizzarono che tutto ciò che volesse Cain era proprio di vedere Syria morire. 
Così Cain sollevò le mani a mezz'aria e spalancò le porte d'ingresso della sua casa quel tanto che bastasse per lasciare entrare all'incirca sei o sette demoni di Abaddon, dicendo loro che lui non li avrebbe toccati e che i due cacciatori ed il Re dell'inferno fossero tutti suoi, tirandosi in disparte ad osservare la scena. 
Mentre Cain osservò le differenti lotte in cui fossero impegnati i tre ospiti, non riuscì a fare a meno di notare le continue occhiate preoccupate che Abby e Dean si lanciassero di tanto in tanto, facendo caso a come uno dei due si liberasse dalle prese dei demoni con cui stessero lottando per aiutare l'altro in un momento di difficoltà. Cain osservò attentamente Abby e Dean collaborare e cooperare come una vera squadra, osservando il modo in cui riuscirono ad uccidere tutti i demoni che avesse lasciato entrare, notando come l'ultimo fosse appena stato sconfitto dal Re. 
Il suo piano era di vederli soffrire e perire, eppure una parte di sé gioí osservando il modo animalesco con cui Dean avesse abbattuto qualsiasi demone gli andasse contro. Si avvicinò a loro ed alternò lo sguardo serio fra Dean ed Abby, mentre il vociare proveniente dall'esterno si fece sempre più forte segno che i demoni stessero aumentando. 
"Da quando ti ho visto ho subito pensato che noi fossimo spiriti affini Dean, ma devi sapere che la strada per vedere Abbadon morta sarà molto tortuosa e ti condurrà su un sentiero spaventoso e funesto. Io ho amato Colette con tutto il mio cuore e quando lei mi ha chiesto di fermarmi, l'ho fatto per amor suo. Ma tu non avrai la stessa fortuna con Syria: potrà sembrare diversa, ma dentro sarà sempre e solo Syria" disse Cain guardano il ragazzo con aria estremamente seria, afferrandogli una spalla ed annuendo mentre gli mostrava lo strano simbolo sul suo avambraccio destro. "Posso darti il Marchio, solo con esso la Prima Lama funzionerà ed ucciderà Abaddon. Ma devi sapere che questo Marchio porta un pesante fardello con sé e..". 
"No!" esclamò Abby alzando la voce e strattonando appena il ragazzo con aria preoccupata, voltandosi interamente verso di lui e cercando di farsi guardare negli occhi ma Dean sembrava completamente ipnotizzato da Cain e dalle sue parole. "No, non puoi correre un rischio simile Dean! Non te lo permetterò!". 
L'uomo sbatté un paio di volte le palpebre e poi si voltò verso la Abby, notando il suo sguardo preoccupato e contrario a quella mossa suicida. "È l'unico modo per uccidere Abaddon!". 
"Ne troveremo un altro, ma ti prego non correre rischi inutili, Dean. Ti prego, per favore: pensa a Mary.." sussurrò Abby aggrappandosi di più al suo braccio ed annuendo con convinzione, sentendo la sua mano poggiarsi sul fianco ed i suoi occhi verdi tremendamente sicuri di ciò che stesse per fare. 
Dean accennò un sorriso amaro ed annuì, stringendola dal fianco appena più forte e facendo spallucce. "Hai sentito cosa Abaddon ha fatto a Colette? Cosa pensi che potrebbe fare a Mary? È per lei che devo farlo, la dobbiamo proteggere".
Con titubanza, Cain rimase ad osservare gli occhi lucidi di Abby e quelli sicuri di Dean che cercavano di rassicurarla, e solo in quel momento si rese conto di non vedere alcuna traccia di Syria in Abby, ma capí anche che la storia si stesse ripetendo e che Abaddon avrebbe potuto farla pagare a Syria anche in quella incarnazione. "Siete stati così stupidi da mettere al mondo una vita?".
Abby e Dean si voltarono nella sua direzione, ricordandosi in quel momento di non essere soli e che Cain è Crowley avessero sentito la loro intera conversazione, e Cain osservò i loro volti sconvolti per qualche secondo; il ragazzo scosse la testa e sospirò, lasciando la presa su Abby e tornando a guardare Cain con aria seria. 
Si scoprì il braccio destro e lo guardò in modo perentorio, annuendo sicuro della sua scelta mentre gli afferrava la mano con forza. "Dammi questo maledetto Marchio!". 

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Capitolo 48
*** Capitolo 41 ***


Hunter's legacies
Capitolo 41.
 
 
Spense il motore della sua auto dopo averla fatta scivolare fino al garage del bunker e rimase per qualche secondo in silenzio e ferma all'interno dell'abitacolo buio, sospirando rumorosamente lasciandosi andare sul sedile: era davvero stanca dopo aver guidato da sola per quasi nove ore, fermandosi ogni tanto per sgranchirsi le gambe e pernottando per qualche ora in un motel lungo la strada. 
Abby era stata chiamata qualche giorno prima da Silver, la quale l'aveva invitata a recarsi urgentemente a casa sua perché aveva qualcosa di molto importante da dirle chiedendole però di mantenere il segreto con il loro fratello Dan, col quale si sentisse giornalmente poiché Dan era sempre preoccupato per l'incolumità di Abby data la vita che avesse scelto. 
Abby riuscì a partire solamente il giorno successivo alla telefonata della sua sorella, perché si trovava invischiata insieme ai due ragazzi in un caso piuttosto particolare: Kevin non era passato oltre dopo che Gadreel per mano di Sam lo avesse ucciso, ed il profeta era riuscito a mettersi in contatto con loro per chiedergli aiuto nel ritrovamento di sua madre, Linda. 
Fu un colpo al cuore per i tre cacciatori, specialmente per Dean, quando Kevin riuscì a manifestarsi e a farsi vedere, dicendo loro che non ci fosse nulla da perdonare perché la sua morte non era stata colpa loro. 
Dopo aver salvato Linda, l'avevano vista andare via e portare con sé l'anello a cui Kevin fosse rimasto attaccato; Abby aveva visto il modo in cui il maggiore soffrisse per via della perdita del profeta, ma anche per ciò che Sam gli avesse detto in un momento di pure rabbia, quando gli aveva puntato un dito contro per fargli sapere che se fosse stato Dean in punto di morte, lui lo avrebbe semplicemente lasciato andare senza curarsi di riportarlo dentro o di mettere dentro di lui un angelo, perché la vita doveva seguire il suo corso naturale e se uno dei due fosse morto, l'altro avrebbe solamente dovuto lasciare la presa. 
Abby sbuffò e scosse la testa all'interno della sua auto scacciando quei pensieri, sentendosi invece ancora parecchio scossa dalla rivelazione di sua sorella; si passò una mano sul viso e sentí il suo telefono vibrare abbandonato sul sedile del passeggero, allungando una mano per afferrarlo. 
Sorrise amaramente quando vide il messaggio di Silver che le chiedesse con preoccupazione se fosse arrivata al bunker e se stesse bene, ed Abby non riuscì a far altro che pensare che fosse una grande ruffiana, premendo i tasti sullo schermo per dirle che fosse tutto ok, nonostante non lo fosse. 
Abby aveva sentito Anael che ogni tanto la chiamasse da quando lei e Dean fossero tornati al bunker e si fosse instaurata una sorte di pseudo pace con Sam, con il quale riuscissero ad andare almeno a caccia insieme, mantenendo i rapporti sul professionale anche col suo stesso fratello; Anael e Castiel di tanto in tanto li aggiornavano, riferendo loro come l'ennesima guerra civile in Paradiso andasse pian piano rientrando da quando Castiel avesse ucciso Bartolomeo, l'ex protetto di Naomi che volesse assumere il controllo, e da quel momento un piccolo gruppo di angeli si era unito a loro per costituire una vera e propria fazione che si opponesse a Metatron, che si servisse della tavoletta angelica per avere più potere. 
Abby era mancata da casa solamente per due giorni, eppure aveva sentito tanto la mancanza di quel posto, aveva sentito la mancanza di Dean ma più terribilmente quella di Mary, che ormai non vedesse da quasi un mese; aveva chiuso il suo contratto di lavoro con Molly e Jerry, dicendo loro che non sarebbe più stata disponibile per quel lavoro. 
Lo faceva per il bene della piccola ed anche un po' per la già precaria salute mentale sua e di Dean, ma era difficile riuscire a resistere all'impulso di mettersi alla guida della sua auto per dirigersi ad Austin, a quasi undici ore dal bunker. 
L'ultima cosa che i due ragazzi avrebbero voluto era proprio che Abaddon venisse a sapere dell'esistenza di Mary, preda molto facile per lei e che rappresentasse l'unico modo che avesse per bloccare il piano dei cacciatori che consistesse nel trovare la Prima Lama ed ucciderla una volta per tutte. 
Per questo era necessario che Abby e Dean azzerassero i contatti con Mary, per questo non dovevano più sentire i suoi genitori adottivi, né vedere la bambina. 
Sospirò rumorosamente ed aprí lo sportello, iniziando a farsi forza per trovare i due ragazzi e chiedere loro cosa fosse successo durante la sua assenza, dato che Dean le avesse detto che si fossero messi sulle tracce della Prima Lama, poiché Crowley non ne aveva trovato la minima traccia in fondo all'oceano, punto in cui Cain l'avesse gettata secoli prima per mantenere la sua promessa a Colette. 
Salì le scale del garage tenendo in spalla il suo borsone ed accedendo alla sala lettura completamente vuota: era pur vero che fossero le tre di mattina, ma Abby pensava che avrebbe trovato qualcuno sveglio a fare qualche ricerca. 
Non capí se il fatto che non ci fossero libri sparsi sui tavoli o pc con delle pagine aperte sul web fosse un fattore negativo o uno positivo, ma passò oltre in silenzio fino ad imboccare il piccolo corridoio alla destra delle grandi scale che portassero all'accesso principale del bunker, e vide la luce della cucina accesa mentre dei rumori di bottiglie attirarono la sua attenzione. 
Si sporse dalla porta, appoggiando una mano allo stipite per osservare chi vi fosse lì dentro e vide Dean seduto sulla panca del tavolo intento a sorseggiare una birra ed a leggere qualcosa al suo portatile che lo interessasse molto, o almeno quello fu ciò che dedusse Abby dedusse dal fatto che lo vide metterci molto prima di sollevare lo sguardo ed accorgersi di lei. 
Il viso serio, teso e preoccupato di Dean, si sciolse in un grande sorriso felice che distese la sua espressione, mentre la vide avanzare verso di lui con il suo stesso sorriso e lasciare andare il suo borsone a terra. 
Dean chiuse di scatto il suo PC e posò la sua birra, tendendo le sue braccia in avanti per accoglierla e farla sedere sulle sue gambe, abbracciandola stretta e sorridendo contro le sue labbra, per poi respirare il suo odore che gli fosse decisamente mancato e scambiando con la ragazza un lungo bacio intenso e significativo che avesse il sapore di un caloroso bentornato a casa. 
Abby strinse le braccia attorno al suo collo sistemandosi sulle sue gambe, mentre sentiva le mani del cacciatore toccarle la schiena e la testa per avvicinarla di più a sé, per poi appoggiare la fronte contro la sua e ricambiare il suo grosso sorriso. "Ciao..". 
"Ciao ragazzina.." sussurrò Dean sorridendo ed allentando appena la presa su di lei per guardarla meglio e spostare i suoi lunghi capelli ramati dietro la schiena, avvicinandosi nuovamente e dandole un bacio a fior di labbra. "Mi sei mancata tanto". 
"Lo sento.." sussurrò Abby ridendo di gusto, muovendo la coscia destra contro la quale sentiva la mancanza di Dean trasformarsi in passione, ma poi tornò più seria e gli sfiorò il viso con un sorriso felice. "Anche tu mi sei mancato". 
Dean seguí la sua risata e la continuò a tenere ferma su di sé, superando la sua giacca di pelle ed insinuando le mani sotto la sua maglia di cotone, sfiorandole la pelle della schiena e dei fianchi per farle venire i brividi, chinandosi a baciarle il collo con dolcezza. "Come stanno Silver e Matt? Qual era l'emergenza?".
Abby sentí la voce del cacciatore divenire sempre più rauca mentre la stringeva a sé e lei non lo aiutò, dato che si mosse istintivamente su di lui e toccando ciò che emergesse in rilievo dai suoi jeans scuri facendolo gemere e meritandosi un'occhiataccia fintamente arrabbiata da Dean, che stava provando con tutte le sue forze a non spingersi troppo oltre, altrimenti l'avrebbe trascinata velocemente nella loro stanza senza neanche parlare. 
Abby rise ancora e lo sentí tornare ad affondare il viso sul suo collo e le sue mani sulla schiena, e si schiarí appena la gola per concentrarsi e rispondere alla sua domanda. "Beh, decisamente troppo bene: mia sorella è incinta". 
Il ragazzo sollevò il viso per guardarla seriamente e smise di baciarla, sollevando un sopracciglio ed iniziando a sorridere. "Ma è una notizia fantastica!". 
Dean vide però lo sguardo scocciato di Abby, che scosse la testa e si allungò sul tavolo per prendere la birra mezza vuota che fino a qualche istante prima stesse bevendo lui, e bevve qualche sorso abbondante per poi scuotere nuovamente la testa con aria seccata. Osservando la sua espressione quasi arrabbiata, Dean mise su uno sguardo confuso continuandola a guardare. "Immagino che non sia fantastico, giusto? Perché non lo è, scusa?". 
Abby roteò gli occhi con aria seccata, scuotendo la testa e serrando le braccia al petto mentre lo guardava con un sopracciglio sollevato. "Perché il figlio è di Matt e io non voglio che il bambino sia vegetariano o che salti la scuola per andare dietro agli ideali del padre! Basta già Matt come hippie in famiglia".
Dean non riuscì a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata, notando però il modo in cui Abby lo stesse fulminando con lo sguardo, facendogli capire che per lei fosse davvero importante che suo nipote vivesse in una famiglia normale. "Stai esagerando: Matt non è così male e poi data la stravaganza di Silver, credo che ci voglia un tocco più neutralista in quella casa". 
Abby fece una smorfia e lo guardò in cagnesco, perché sapeva che la gravidanza di sua sorella avrebbe inciso molto sul rapporto fra i tre fratelli o forse era solamente spaventata che Silver facesse un passo più lungo della gamba, dato che stesse con Matt da poco più di un anno; Dean sorrise audacemente e l'avvicinò piú a sé tirandola più a sé dalle cosce e facendola sistemare questa volta a cavalcioni su di lui, tornando a far collimare le loro labbra per farla rilassare ed eliminare ogni traccia di rabbia dalla sua mente. 
La ragazza si scostò dopo poco facendo pressione sul suo petto per dirgli di fermarsi, appoggiandosi con i gomiti al tavolo dietro di sé e guardandolo con un ghigno sul viso per poi diventare più seria. "Non mi hai detto com'è andata la caccia per trovare la Prima Lama". 
Dean la guardò per qualche istante cercando di nascondere nel punto più profondo di sé cosa avesse sentito dentro si sé quando avesse stretto la Lama per la prima volta fra le dita e la sensazione di essere onnipotente, e accennò un sorriso ironico, per cercare di avvicinarla nuovamente a sé. "Non voglio parlare di questo adesso, voglio solamente toglierti tutti i vestiti". 
Abby sorrise e gli afferrò il viso fra le mani, che nel frattempo era tornato a baciarle il collo per poi scendere sempre di più facendola rabbrividire e rendendole arduo il compito di resistere al suo corpo; ma la ragazza spezzò quel momento con molta forza di volontà e gli sollevò il viso, guardandolo negli occhi nonostante lui cercasse di distogliere lo sguardo per non farle capire quanto fosse andata male. 
Dean sospirò rumorosamente e scosse la testa, liberandosi della sua presa e mettendosi dritto con la schiena, grattandosi distrattamente il naso e facendo spallucce. "Ce l'aveva l'unico superstite degli Uomini di Lettere, un pazzo che nascondeva la sua casa con la magia e dove all'interno teneva tanti manufatti, tra cui la Lama. Voleva imprigionare anche me per far parte della sua collezione, ma io l'ho ucciso.. con la Lama". 
Abby ascoltò molto attentamente e si sforzò di non dar peso al fatto che Dean avesse distolto lo sguardo per qualche istante prima di pronunciare la fine della frase, notando però che ci fosse davvero qualcosa che non andasse nella sua espressione e nelle sue parole. 
Sospirò rumorosamente e gli sfiorò io petto attraverso la camicia, accennando un piccolo sorriso di incoraggiamento. "Dov'è adesso la Prima Lama?". 
Dean tornò a guardarla con aria più seccata e fece spallucce. "L'ha rubata Crowley, ha paura che io la possa usare su di lui prima di uccidere Abaddon".
Abby annuí sospirando, avvicinandosi un po' di più a lui e stringendo le gambe attorno alla sua schiena, e gli carezzò le braccia. "Pensi che ce la darà quando sarà il momento e dovrai uccidere Abaddon?".
"Penso che Crowley voglia Abaddon fuori dai giochi quanto noi, quindi.." sussurrò Dean facendo spallucce e sospirando, afferrando la sua mano con cui giocasse con la sua camicia e portandosela alle labbra per baciarle il dorso con dolcezza. 
Abby sospirò ancora con sopracciglia aggrottate, scuotendo la testa e guardandolo con aria colpevole. "Mi dispiace, avrei dovuto essere lì con te. Sarei potuta andare da Silver in un altro momento, ma proprio adesso che..". 
"Ogni tanto almeno uno di noi si merita un po' di normalità. Hai fatto bene ad andare da tua sorella, tanto non mancheranno altri momenti orribili da condividere.." sussurrò Dean sorridendo con un ghigno e sfiorandole il viso per liberarlo dai lunghi capelli, avvicinandosi nuovamente al suo viso e guardandola con un bruciante e fortissimo desiderio che gli inscurisse persino le iridi verdi. "Ti ho già detto che mi sei davvero mancata, ragazzina?". 
Abby lo guardò per un istante e del suo malumore dovuto alla rivelazione di sua sorella - di cui per altro sarebbe dovuta essere lei ad informare il loro fratello maggiore per subirne prima lei stessa l'ira, evitando un ulteriore stress alla sorella in dolce attesa- rimase ben poco; sorrise e sentí nuovamente le labbra di Dean scontrarsi con le sue, lasciando che si impadronisse di lei la voglia di gettare a terra il PC ed i fascicoli che il ragazzo avesse impilato precedentemente sul tavolo, per amarsi proprio lì tanta era l'eccitazione che le fece salire con uno sguardo. 
Sentí le mani del ragazzo afferrarla con troppa forza dai glutei ed Abby si sforzò di ignorare il dolore, mentre Dean si alzò di corsa con lei in braccio ed uscì dalla cucina, mentre la risata di Abby si perse nei corridoi del bunker; lo sentí lottare con la serratura della loro stanza che non accennava ad aprirsi sotto la sua grande mano tremante, dato che Abby aveva preso a baciargli il collo in quella maniera che sapeva gli facesse perdere il controllo. 
Dopo innumerevoli tentativi, Dean riuscì ad averla vinta sulla maniglia e solo dopo si accorse che gli fosse rimasta in mano per la troppa forza che avesse usato, ma non ci prestò attenzione più di tanto lasciandola scivolare sul pavimento con un tonfo, entrando con la ragazza ancora aggrappata su di sé e sbattendosi la porta alle spalle; spinse Abby con forza contro le assi di legno della porta ed iniziò a baciarla con urgenza, arrivando persino a strappare la maglia che indossasse per la troppa voglia che avesse di lei in quel momento. 
La ragazza cercò di spingerlo leggermente per uscire da quella trappola non più piacevole per via della forza che Dean stesse usando senza neanche rendersene conto mentre la baciava e la schiacciava contro il legno, ma il cacciatore non riuscì più a udire i suoi richiami sempre più seri, mentre le sue mani la toccavano ovunque inziando ad aprire la fibbia della cintura dei jeans che Abby indossasse. 
Tutto ciò che Dean riusciva a sentire in quel momento era solamente il suo folle desiderio verso Abby, oltre che il forte pulsare del Marchio sul suo avambraccio destro che lo istigasse ad essere più violento e lo inferosisse sempre di più.
Solamente quando si accorse della pressione esercitata sul suo petto da Abby, si rese conto della forza che stesse usando su di lei e sgranò appena gli occhi guardandola con aria confusa: fu solamente un momento, ma Abby era riuscita a percepire nei suoi occhi qualcosa di diverso, qualcosa che non lo faceva sembrare più neanche Dean, e subito intuì che qualcosa di strano doveva essere accaduto nel momento in cui il ragazzo avesse stretto la Prima Lama fra le sue mani. 
Ricordò le parole di Cain che avevano cercato di dissuaderlo dal prendere il suo Marchio, eppure Dean si era interstardito che quello fosse l'unico modo per mettere in salvo Mary da Abaddon, rifiutandosi di ascoltare le conseguenze mentre gli porgeva il suo braccio ed osservava il modo in cui la cicatrice rossastra che altro non fosse che il simbolo del peccato di Cain trasferirsi sulla sua pelle. 
"Tutto bene, ragazzina?".
Abby vide il suo sguardo tornare normale ed il sorriso sul volto del ragazzo essere esattamente uguale a quello che gli avesse visto qualche istante prima di finire schiacciata contro la porta, ma la ragazza fece spallucce accennando un sorriso e cercando di non dare troppo peso a quell'episodio: se c'era un aggettivo che si adattasse perfettamente ai due ragazzi era proprio l'essere tremendamente e profondamente passionali, quindi il modo di fare di Dean si sarebbe perfettamente potuto classificare in un eccesso di passione, eppure Abby non riusciva a convincersene fino in fondo. 
"Si, certo" rispose la ragazza sorridendo, sollevandosi sulle punte per dargli un veloce bacio a fior di labbra e sfiorandogli le braccia. "Sono solamente stanca per il viaggio, tutto qui". 
Dean le sorrise teneramente e le sfiorò la guancia, guardandola con la sua solita aria preoccupata che la fece rasserenare non poco e sciogliere di più dopo quel piccolo episodio che decise di ignorare, e si avvicinò al suo orecchio per sussurrarle in maniera seducente: "Vuoi che ti lasci riposare?". 
"Oh, ho ancora qualche energia da poter usare.." sussurrò la ragazza ridendo di gusto, lasciando scivolare le mani sulle sue spalle per tornare a baciarlo con un po meno trasporto di prima. 
Dean rise contro le sue labbra e ricambiò il bacio, lasciandosi trascinare con lei sul loro grande letto mentre Abby si metteva a cavalcioni su di lui, sorridendogli audacemente per fargli capire che sarebbe stata lei a prendere in mano la situazione e a soddisfare entrambi, mentre i vestiti iniziarono a scivolare sul pavimento uno dopo l'altro. 
Il ragazzo la lasciò fare e cercò di non perdere il controllo mentre Abby si muoveva su di lui prima velocemente, fino a portarlo quasi all'apice del piacere, e poi in maniera lenta, tenendolo giù e controllando ogni sua mossa con sguardo attento; si guardarono negli occhi per dei lunghi istanti e Dean pensò che fare i conti con la passione di Abby e fare l'amore con lei fosse sempre un'esperienza mistica, che gli facesse perdere il controllo in quel modo, e non riuscì a trattenersi dal dirle ciò che pensasse mentre ancora Abby si muovesse sul suo corpo. 
Ma quella volta fu diverso, perché nonostante dirle quanto l'amasse fosse una consuetudine, Dean quella notte glielo disse con tono differente e quasi per farsi perdonare dall'aver ecceduto un po' troppo con l'enfasi: Abby non era la sola ad essersi accorta di quell'istante in cui avesse perso il controllo e Dean si era ritrovato a risvegliarsi da quel momento in cui vedeva tutto rosso e stringeva le mani un po' troppo sul suo corpo, rendendosi conto che probabilmente sarebbero apparsi dei lividi. 
La osservò sorridere serena e stendersi sul suo petto, nonostante capisse la preoccupazione che Abby stesse nascondendo dietro al suo sguardo e il cacciatore si trovò a chiedersi fino a che punto si sarebbe spinto e cosa il Marchio gli avrebbe chiesto di fare, lasciandolo ad obbedire in un altro di quei momenti in cui avrebbe perso il controllo. 
 
 
 
 
Si mosse lentamente uscendo dalla porta del casale abbandonato dentro cui avessero concluso la loro ennesima caccia, seguendo i due ragazzi davanti a sé muovendosi con aria sconvolta e confusa; stava provando con tutte le sue forze ad apparire normale, come se niente di tutto ciò che avesse visto dentro quel casolare l'avesse sconvolta davvero, come il sangue e le morti violente. 
Abby intercettò lo sguardo di Sam, quando i due l'accompagnarono fino allo sportello della sua auto: le sembrò di guardare in uno specchio data l'espressione sul volto del cacciatore. 
Anche Sam era estremamente sconvolto ma cercava in tutti i modi di non darlo a vedere perché non aveva ancora elaborato il modo in cui Dean si fosse comportato durante quella caccia, il modo in cui avesse dilaniato quei mostri solamente per gratificazione personale. 
Abby si affrettò ad interrompere quello sguardo eloquente con Sam per non far insospettire Dean che si sporse ad aprire la sua portiera con un gesto galante ed un sorriso tranquillo sul volto; Abby si voltò a guardarlo e si sforzò di sorridere mantenendo le distanze, ma presto il ragazzo si sporse verso di lei per darle un veloce bacio a fior di labbra, sorridendole e sfiorandole una guancia. 
Quasi si tirò indietro per non farsi toccare quando sentí la mano di Dean indugiare sul suo viso per eliminare uno schizzo di sangue sul suo zigomo, probabilmente depositatosi sulla sua pelle quando Abby si fosse avvicinata sconvolta a Dean, che dopo aver ucciso quel covo di vampiri aveva continuato a colpire i loro corpi senza vita, indugiando su di loro con la Prima Lama che avesse segretamente portato con sé. 
Crowley infatti aveva ceduto sotto insistenza dei tre cacciatori e aveva consegnato loro la Prima Lama, dato che nelle sue condizioni non fosse d'aiuto a nessuno e avesse rivelato alla serva di Abaddon il loro piano di ucciderla proprio con Lama: avevano perso l'effetto sorpresa, ma il piano restava e presto o tardi Dean l'avrebbe uccisa. 
Solamente dopo Sam ed Abby si erano resi conto che farsi consegnare quell'arma dal demone fosse stata l'idea peggiore che potessero avere, perché Dean iniziò a portare la Lama sempre con sé, usandola anche quando non fosse necessario ed iniziando ad colpire ancor prima che potessero fare delle domande. 
Come quando Sam aveva scoperto che Abaddon avesse iniziato a rubare le anime degli umani per creare un piccolo esercito di demoni sempre epiu forti pronti a seguirla, e subito dopo avevano trovato insieme Gadreel, poi torturato e quasi ucciso da Dean, che riuscì a fermarsi proprio pochi istanti prima che la Lama perforasse il petto dell'angelo. 
Era stata Anael ad urlargli di fermarsi, perché Gadreel per quanto meritasse di morire per ciò che avesse fatto utilizzando il corpo di Sam, rappresentava però l'unica speranza che avessero per riavere indietro Castiel, tenuto prigioniero da Metatron e che volesse compiere uno scambio: un soldato per un soldato. 
In tutto quel trambusto, Metatron stava inziando ad avere un numero di seguaci sempre maggiore, per questo Castiel, una volta tornato, decise insieme alla sua compagna Anael di richiamare a loro quanti più angeli possibili per contrastare la sua ascesa al Pardiso. 
Abby si schiarí la gola e si sforzò di sorridere nella direzione del ragazzo, strisciando sulla fiancata ed entrando in macchina, dopo aver detto loro che si sarebbero visti al bunker, e senza neanche aspettare una risposta aveva acceso il motore ed era uscita da quella strada privata sparendo nel buio della notte. 
Dean rimase a fissare la macchina allontanarsi sempre più velocemente fino a che non ne rimase più traccia, ed abbassò il viso con aria dispiaciuta e scuotendo la testa, sentendo lo sguardo del fratello sopra di lui; si voltò a guardarlo e Sam rimase a fissarlo con le mani nelle tasche della sua giacca leggera e un'espressione molto diversa da quella della donna che fosse appena andata via, ma il maggiore scosse la testa perché sapeva che dentro di sé Sam stesse provando le stesse sensazioni che avesse provato Abby prima di scappare via, la differenza stava nel fatto che suo fratello fosse molto più bravo a nasconderlo. 
"Che c'è, Dean?".
Il maggiore lo guardò per qualche istante stringendo le labbra un un'espressione contrariata e scosse la testa, dirigendosi verso la sua auto e camminando sul terreno fangoso, ma non entrò subito in auto, piuttosto rimase a fissare un punto indecifrato oltre la casa ormai vuota e silenziosa. "Hai visto come mi ha guardato?".
"Di che parli?". 
Dean spostò lo sguardo verso il fratello ed accennò un sorriso amaro, perché sapeva che Sam stesse provando a coprire Abby e la sua incapacità di mentirgli e di nascondere le sue vere emozioni quando si trattasse di lui, e sospirò profondamente. "Il nostro lavoro è difficile Sam e ultimamente mi sono ripetuto fin troppo che non c'è niente di male se di tanto in tanto mi diverto tagliando qualche gola. Ed Abby, beh lei mi vede uccidere questi esseri da.. da sempre. Ma non mi ha mai guardato come stasera: era spaventata, Sammy. Spaventata da me". 
Sam deglutí a fatica e sospirò, iniziando però a considerare quel dialogo e quell'apertura nei suoi confronti come un grosso passo avanti, perché nelle ultime settimane Dean non aveva mai parlato con suo fratello di cosa gli stesse accadendo, nonostante fosse evidente. 
Fece qualche passo avanti raggiungendo la fiancata opposta dell'auto ed appoggiando gli avambracci contro il tettuccio, puntando il suo sguardo dritto in quello confuso del fratello, che lo guardò in cerca di risposte: per la prima volta Dean non aveva la più pallida idea di cosa fosse giusto fare, iniziando a pensare che magari la risposta giusta ce l'avesse Sam. 
"Hai ragione: ho visto Abby lottare con Azazel, Lucifer o con me quando non avevo l'anima, ma non l'ho mai vista spaventata come questa sera" disse Sam sospirando e confermando i dubbi del fratello, facendo spallucce e scuotendo appena la testa. 
Dean aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria ancora più confusa, appoggiandosi alla fiancata mentre studiava il suo volto con attenzione. "Dovresti rassicurarmi, dirmi che..".
"Che le passerà? Che non è solo questione di tempo prima che scappi a gambe levate da te, perché tu la spaventi? Non ti dirò quello che vuoi sentirti dire, Dean: non posso dirti che va tutto bene, quando è evidente che non è cosi" rispose Sam guardandolo con espressione sinceramente dispiaciuta, perché lo faceva soffrire e stare male da matti sapere che suo fratello fosse arrivato fino a quel punto. "Ma se tu accetti di darmi la Lama adesso e di riprendertela solamente quando dovrai affrontare Abaddon, magari riuscirai a tornare te stesso e a non perdere Abby". 
Dean lo guardo per qualche istante con le labbra dischiuse e sopracciglia aggrottate, ritrovandosi senza neanche accorgersene a stringere forte i pugni per la rabbia solamente all'idea di allontanarsi dalla Lama: ben presto però si rese conto che quella rabbia fosse dettata dal Marchio, lo stesso che gli aveva fatto compiere dei massacri nelle ultime settimane e che gli aveva fatto perdere il controllo con Abby, quando fosse tornata a casa dopo il viaggio a Peoria da Silver, ed il mattino seguente aveva notato sulla pelle pallida della ragazza ancora nuda e addormentata accanto a sé dei lividi che combaciassero perfettamente con la forma delle sue dita e dei suoi palmi.
Il maggiore annuì lentamente e distolse lo sguardo, chiedendosi sempre di più cosa stesse diventando. 
Infilò la mano destra nel retro della sua cintura, dove trovò la Prima Lama ancora imbrattata di sangue, e la impugnò sfiorando con le dita l'osso che la costituisse e sentendo il forte richiamo del Marchio che gli suggerisse di non compiere un'azione così stupida; si morse la lingua per concentrarsi sul dolore fisico e senza guardala spinse la Lama sul tettuccio dell'Impala, facendo segno al fratello di afferrarla e di toglierla dalla sua vista. 
Si infilò velocemente in auto per accendere il modo e vide presto Sam entrare in auto senza arma in mano, presumendo che l'avesse inserita nella tasca interna della sua giacca dato che Dean perepí il suo richiamo per tutto il viaggio di ritorno al bunker, ma trovò la forza di ignorarlo: aveva accettato di portare il Marchio e di essere l'unico a poter sconfiggere Abaddon per un unico motivo, cioè quello di salvare il mondo in cui sarebbe vissuta la sua bambina e di certo Dean non voleva che Mary una volta cresciuta avesse scoperto della sua incapacità di resistere al fascino del male, condannando la sua anima uccisione dopo uccisione. 
Guidò più velocemente nel tentativo di raggiungere l'auto di Abby, immaginando però che la ragazza avesse schiacciato il piede sull'acceleratore a tavoletta per arrivare al bunker il più velocemente possibile ed iniziare un'altra delle sue ricerche sul Marchio, cercando una scappatoia che potesse toglierlo dal braccio di Dean. 
Ringraziò mentalmente il cielo che quella caccia fosse proprio vicino casa e posteggiò la sua auto proprio vicino a quella di Abby nell'ampio garage del bunker, dove vide Sam sparire con aria seria e poco rassicurante perché avrebbe nascosto la Lama in un punto in cui Dean non poteva trovarla, in maniera tale che non potesse rubarla e scappare via senza che se ne accorgesse. 
Dean scese dall'auto, trovandosi solo nel garage e sospirò chiudendosi dietro lo sportello, dirigendosi a grandi passi verso la scala che lo avrebbe condotto alla sala lettura, dove rimase un po' deluso perché non trovò Abby intenta a sfogliare qualche vecchio tomo polveroso per trovare una soluzione; continuò la sua perlustrazione del bunker, trovando la cucina del tutto spenta e aggrottò le sopracciglia, dirigendosi verso la stanza che condividesse con Abby.
Aprì la porta per poi richiudersela alle spalle, trovando la luce accesa ed il borsone della ragazza sul loro letto: si tolse la giacca imbrattata di sangue e poi si sedette sul bordo del letto per togliersi i suoi scarponi pesanti e rovinati che usasse per cacciare, facendoli cadere sul pavimento con un forte tondo, e si diresse silenziosamente verso la porta del bagno in camera che la ragazza avesse lasciato socchiusa, spingendolo lentamente ed udendo il suono del getto dell'acqua interrompersi. 
Entrò piano, notando lo specchio completamente appannato e la mano della ragazza sporgersi alla cieca fino ad individuare l'asciugamano che avesse precedentemente preparato, e poco dopo Dean la vide uscire dalla doccia sentendo il cuore perdere qualche battito, perché Abby con il passare del tempo era diventata sempre più bella: i lineamenti delicati da ragazzina si erano trasformati in quelli di una donna sicura di sé e delle proprie doti, così come il suo corpo era diventato più formoso specialmente dopo la gravidanza che le avesse regalato probabilmente una misura in più di seno, e la sua chioma rossastra era diventata qualche tono più scura e più lunga.  
La vide sobbalzare per lo spavento di trovarlo lì in silenzio ad osservarla con le braccia incrociate al petto e si tenne al freddo marmo del lavandino rimanendo però immobile ad asservarlo con aria dura, che nascondesse però una grande paura. 
"Mi hai spaventata, Dean. Da quanto sei qui?" chiese Abby abbozzando un sorriso tirato, stringendosi di più l'asciugamano contro il corpo per coprirsi di più, sentendo però lo sguardo penetrante del ragazzo su di sé. 
"Qualche istante, sono appena entrato" disse Dean accennando un sorriso, avanzando verso di lei ed osservando le goccioline di acqua scivolare dai suoi capelli ed infrangersi contro il panno, notando come la ragazza si fosse del tutto paralizzata ad eccezion fatta per il modo in cui stringesse forte la tovaglia attorno al suo corpo. 
Abby annuí e ricambiò il sorriso per poi dirigersi verso la porta del bagno per vestirsi ed uscire da quella situazione, ma Dean fu più veloce di lei e le sbarrò la strada col proprio corpo, mettendosi davanti a lei e guardandola dritta negli occhi: vedeva ancora la paura nel suo sguardo e ciò gli faceva male, perché Dean avrebbe sempre preferito morire piuttosto che aggredirla o farle del male. 
La vide aprire la bocca per dire qualcosa, ma Dean le fece segno di rimanere in silenzio mentre la guardava con uno sguardo quasi ferito, chiedendosi come potesse pensare quello cose di lui. 
L'andamento scordinato di una gocciolina d'acqua solitaria catturò la sua attenzione, osservandola con lo sguardo scivolare lungo il suo corpo e non si rese neanche conto di aver sollevato l'indice sinistro per seguirne il movimento, partendo dal collo esile della ragazza ed arrivando lentamente fino al seno, facendola sospirare lentamente. 
Sollevò lo sguardo verso i suoi occhi e Dean la vide fin troppo rigida sotto il suo tocco, così per evitare di spaventarla oltre tirò subito indietro la mano che avesse sporto in avanti per toccarla qualche secondo prima spinto dall'impulso del Marchio che pulsasse sul suo avambraccio destro. 
"Volevo solamente che sapessi che ho dato via la Lama: adesso ce l'ha Sam e l'ha nascosta. Non la rivedrò più fin quando non ucciderò Abaddon" disse Dean guardandola con aria dispiaciuta ed accennando un sorriso amaro, mentre la osservava distogliere lo sguardo ed annuire lasciandogli intendere che avesse capito ma che adesso volesse proprio mettere un po' di distanza fra loro due; ma presto Dean sentí nuovamente la rabbia crescere dentro di lui, così fece un ulteriore passo avanti nella sua direzione divenendo fin troppo vicino a lei. "Ho visto come mi hai guardato prima e come mi guardi anche adesso: come puoi pensare che io possa farti del male? Sono sempre io, Abby!".
La ragazza sollevò lo sguardo colpevole verso il suo e sospirò lentamente, stringendosi di più nell'asciugamano mentre deglutiva a fatica facendo spallucce. Gli sfiorò una guancia con dolcezza e percepí la sua pelle irsuta sotto ai polpastrelli. "Lo so, lo so che non mi faresti mai del male. E se ci provassi, sai che riuscirei a difendermi, Dean. Ma non é per me che ho paura". 
Dean stentò a credere alle sue parole e serrò la mascella con nervosismo all'istante, stringendo i pugni e facendo una smorfia di disapprovazione, digrignando i denti e guardandola in cagnesco perché sapeva cosa Abby intendesse con quelle parole, mentre sentiva la rabbia dentro di sé crescere in maniera molto veloce. "Come fai a pensare che potrei fare del male a lei?". 
Abby lo guardò con aria accigliata e fece per superarlo e andare nella loro stanza, quando Dean le sbarrò di nuovo la strada appoggiando un braccio allo stipite: non dissero niente, ma si guardarono arrabbiati l'un l'alta, ricordando entrambi ciò che poche notti prima fosse accaduto in quello stesso luogo, quando Dean in preda allo sconforto le avesse confessato che prima di affrontare Abaddon, non sapendo se sarebbe riuscito ad uscire vivo dal combattimento, avrebbe voluto vedere almeno per l'ultima volta Mary. 
Ma Abby si era subito opposta a quel suo desiderio, cercando di farlo riflettere sulle sue condizioni attuali e su ciò che avrebbe potuto fare stringendo un po' più forte la bambina fra le braccia senza rendersene conto, o quando avrebbe dovuto lasciare andare Mary, magari perdendo il controllo ed uccidendo i genitori adottivi. 
Ma Dean sapeva di potersi controllare, sapeva di essere sempre lo stesso uomo, in fin dei conti. 
Dopo un ulteriore sguardo di fuoco il ragazzo abbassò il braccio per lasciarla passare, osservandola chiudersi la porta alle spalle e lasciarlo solo nel bagno con i suoi pensieri e se stesso, dove iniziò a spogliarsi e ad infilarsi nella doccia per lavare via col getto dell'acqua calda tutto il sangue e l'odore di quella caccia, con la speranza vana che riuscisse a portare via da lui anche la rabbia, la frustrazione ed il senso di colpa che convivessero dentro di sé da ormai troppo tempo. 
 
 
"Deean!!".
L'urlo disperato di Abby arrivò forte e chiaro alle sue orecchie, e Dean sobbalzò e quasi scivolò all'interno della doccia, rischiando di rompersi come minimo una gamba; non ebbe il tempo di sciacquarsi completamente e con ancora dei residui di sapone, Dean si avvolse una tovaglia attorno al ventre e spalancò la porta del bagno per raggiungere Abby nella loro stanza da letta. 
La trovò già completamente vestita e asciutta, mentre si muoveva in maniera scoordinata e altamente agitata come mai l'avesse vista prima di quel momento. 
I suoi occhi azzurri erano arrossati e gonfi, il suo corpo era scossa da dei tremori così come le sue mani, e Dean la vide provare più volte prima di riuscire ad aprire la cerniera del suo borsone. "Che è successo? Perché hai quella faccia?". 
Abby parve accorgersi che Dean fosse effettivamente entrato nella stanza e tirò su con il naso, deglutendo a fatica e finalmente lo guardò. 
Si avvicinò in silenzio e la sua espressione cambiò: era ancora tremendamente addolorata per qualcosa che Dean ancora non sapeva, però era anche molto infuriata. 
"Dobbiamo andare ad Austin, adesso! Non abbiamo tempo da perdere".
Dean sollevò un sopracciglio e sentí il cuore battere più veloce mentre la sua mente veniva affollata da una moltitudine di domande che riguardassero tutte la sua bambina che vivesse ad Austin; si avvicinò ad Abby velocemente, bloccandola con forza dalle braccia perché non capiva cosa stesse succedendo, né perché fosse agitata tanto da non riuscire a dirgli cosa l'allarmasse in quel modo. "Calmati, Abby! Dimmi che è successo". 
Abby lo guardò dritto negli occhi con disperazione e rabbia, mentre una patina lucida comparve nei suoi occhi ed il cuore batteva forte nel petto per l'agitazione: in un attimo dentro di lei sparì la paura che provava per Dean, paura che il Marchio lo stesse cambiando e che lo influenzasse negativamente. 
Adesso Abby aveva proprio bisogno che Dean impugnasse la Prima Lama e che corresse insieme a lei in Texas per commettere l'ennesimo omicidio.
Adesso Abby aveva bisogno che le sue mani grandi e forti che l'avevano sempre protetta, si imbrattassero di sangue. 
Doveva uccidere. Per lei, per la loro figlia, per sé stesso. 
Abby abbassò lo sguardo e scosse la testa mentre sentiva lo stomaco rigirarsi, e si annullò, quella breve distanza fra loro affondando il capo sul suo petto. 
"Mi ha chiamata Abaddon.. dal telefono di Molly. Ha preso Mary e dice che la lascerà andare solamente dopo averci uccisi".
 
Si aggirarono bassi ed in silenzio attorno alla casa dalla staccionata blu che Dean ed Abby ormai conoscessero bene, mentre Castiel ed Anael si unirono a Sam iniziando ad esaminare la casa dall'esterno sul retro, spiando dalle finestre e notando come il salotto e la cucina fossero vuoti; il ragazzo fece segno ai due angeli di entrare insieme a lui, mentre vide Dean ed Abby entrare dalla porta principale, incontrandosi davanti alle scale e guardandole un silenzio. 
Sam si affrettò a passare al fratello la Prima Lama, annuendo senza dire niente ma lanciando uno sguardo molto eloquente al fratello, che sospirò e prese nuovamente l'arma fra le mani; non aveva tempo per le raccomandazioni, ma Dean sapeva che lo sguardo di suo fratello valesse a dire di non farsi prendere troppo la mano. Di uccidere Abaddon e riconsegnargli la Lama in modo che potesse nasconderla. 
Dean cercò di ignorare quella sensazione di onnipotenza che lo pervase nel momento in cui avesse anche solo sfiorato la sua Lama e guardò Abby negli occhi, che annuì al suo fianco con un gesto di fiducia e gli strinse la mano per dargli coraggio e per comunicargli che sapeva che ce l'avrebbero fatta tutti insieme. 
Ognuno aveva la sua parte: prima di tutto sarebbero andati Castiel ed Anael, attaccando Abaddon con i loro poteri angelici per iniziare a sfinirla, poi sarebbero entrati Sam ed Abby, ed il ragazzo avrebbe iniziato a spararle contro per indebolirla mentre Abby avrebbe preso la bambina, Molly e Jerry e si sarebbe dovuta allontanare per metterli in salvo, e poi sarebbe arrivato Dean a darle il tocco finale, uccidendola a sangue freddo mentre Sam avrebbe trovato il modo di fermarlo se avesse ecceduto troppo. 
E così fu: i ragazzi videro gli angeli salire al piano di sopra. 
Passarono molti secondi di silenzio, tempo in cui i tre cacciatori si scambiarono delle occhiate serie mentre tenevano le orecchie tese per carpire fino all'ultimo rumore. 
Molto presto udirono dei forti rumori provenire dal piano di sopra e poi delle forti urla farsi strada dentro la casa, spaventandoli terribilmente per l'incolumità dei loro due amici; Abby fece uno scatto in avanti per salire le scale ed aiutare i suoi amici, ma la presa ferrea di Dean la tenne ferma, intimandole di aspettare il suo turno e di non lasciarsi trasportare dalle emozioni, perché l'incolumità di Mary era la sola cosa che contava. 
La ragazza abbassò lo sguardo perché sapeva che avesse ragione: nonostante sentisse Anael e Castiel urlare, Abby scosse la testa perché doveva aspettare per salire e salvare la loro piccola. 
Quando le urla diminuirono sempre di più ed un forte boato giunse alle loro orecchie, sentí la presa sul suo braccio diventare nulla ed il ragazzo spinse lei e Sam su per le scale; Abby capì che fosse arrivato il momento giusto per attaccare e tenne stretto fra le mani il suo fucile, caricandolo proprio come fece Sam, che la guardò con un sorriso incoraggiante prima di salire le scale davanti a lei per proteggerla: al primo piano sembrava tutto normale ed il silenzio sembrò impadronirsi nuovamente della casa, ma presto Sam si rese conto che tutto il trambusto arrivasse dalla cameretta della piccola e guardò Abby, facendole segno di entrare insieme a lui ed essere più veloce possibile. 
Dei loro amici angeli non vi fu neanche l'ombra, ma quando Abby sentí il pianto di sua figlia non riuscì a controllare se stessa e corse nella stanza senza neanche guardarsi attorno mentre il cuore le batteva forte nel petto: niente aveva più importanza di salvare quella piccola creaturina che piangesse e si dimenasse nel suo box, sentendosi spaventata a morte da quelle urla e quel baccano. "Oh mio Dio, stai bene piccola". 
Abby sentí la vista appannarsi per le lacrime e per la paura e si sporse per carezzare il viso di Mary, che puntò i piedi e sollevò le braccia verso la donna per essere presa; il suo cuore perse qualche battito per la gioia di vedere sua figlia sana e salva. 
Non prestò attenzione a qualsiasi cosa stesse accadendo attorno a loro, tutto ciò che vedeva e sentiva era Mary mentre guardava nei suoi occhi che stessero diventando sempre più verdi come quelli di Dean. 
Sentí dei forti spari dietro di sé e la voce di Sam che gli intimasse di scappare alla svelta, ed Abby sobbalzò e sgranò gli occhi. 
Si voltò di scatto e si tenne alle sbarre del box di sua figlia, dandole la schiena e nascondendola dalla vista di Abaddon. 
Il Cavaliere avanzava verso di lei con uno dei sorrisi più agghiaccianti che Abby avesse mai visto, nonostante Sam continuasse a spararle addosso con i proiettili caricati di sale. 
Il suo corpo era imbrattato dalle ferite ed Abby sapeva che Abaddon non fosse più al meglio delle sue energie: Anael e Castiel dovevano aver svolto un ottimo lavoro. 
Abaddon roteò gli occhi all'ennesima pallottola che le perforò il contenitore di carne che indossasse e si voltò verso Sam, il quale venne scaraventato contro una parete con un solo gesto della mano e perse i sensi, proprio sotto il simbolo enocchiano che il Cavaliere avesse usato per allontanare i due angeli. Abaddon rise divertita vedendo Sam incosciente sul pavimento e si voltò a guardare Abby con un sorriso: adesso erano da sole. Adesso Abaddon avrebbe avuto la sua vendetta. 
Adesso l'avrebbe potuta uccidere una volta per tutte e le avrebbe impedito di incarnarsi ancora e ancora. 
Adesso non ci sarebbe stato poi nessuno a frapporsi fra lei ed il trono dell'inferno. 
Abaddon allungò una mano verso di lei e l'afferrò per la gola con molta forza, ma Abby non sprecò neanche un po' delle proprie energie per difendersi: cercò di proteggere la piccola dietro di sé, nascondendola per impedire che potesse prenderla, nonostante l'aria iniziasse a mancarle e l'ossigenazione nel suo sangue calasse drasticamente. 
"La stessa pietosa scenetta di cento anni fa, te la ricordi Syria? Quando ho fatto si che Cain uccidesse tua figlia Collette.." sussurrò il Cavaliere sorridendo maleficamente, ridendo e mordendosi il labbro mentre avvicinava il suo volto a quello della ragazza. "Ucciderò ogni persona che ami, una dopo l'altra. Perché posso farlo e perché ti odio davvero tanto". 
Abby rise leggermente mentre bofonchiava qualcosa di incomprensibile, abbassando il viso mentre scuoteva la testa, afferrando saldamente il polso del Cavaliere che ancora stringesse la presa sul suo collo, e la sentí avvicinarsi di più a lei e prendersi gioco di lei, ridendole dritto in faccia. "Che cosa stai cercando di dire?". 
La cacciatrice sollevò nuovamente il suo sguardo verso di lei, ma questa volta fu uno sguardo glaciale e carico di odio, che fece sorridere Abaddon ormai troppo vicina a lei. "Ho detto fottiti, puttana". 
Estrasse la sua pistola velocemente e le sparò dritto sotto il mento, facendola indietreggiare e bloccando i suoi poteri con un pallottola con incisa la trappola demoniaca che l'avrebbe tenuta buona per un po', dando a Dean il tempo necessario per ucciderla. 
Il ragazzo entrò dalla porta in silenzio raggiungendo Abby velocemente e controllando che stesse bene, dopo aver lanciato un'occhiata al fratello che giacesse a terra privo di sensi. 
Dean sospirò rumorosamente e lasciò scivolare lo sguardo fino alla bambina dentro al box, che continuò a piangere e dimenarsi perché era fin troppo spaventata da quei rumori così forti. 
Non ebbe il tempo di rallegrarsi che Mary fosse viva, che incrociò lo sguardo divertito di Abaddon che non smetteva neanche per un istante di sfidarlo con lo sguardo. 
"Portala via di qua.." sussurrò Dean quasi con una supplica, distogliendo lo sguardo dal Cavaliere e puntandolo sulla donna di fianco a sé, che scosse la testa con disapprovazione. "Abby, per favore. Porta Mary via di qua". 
La ragazza lo guardò in cagnesco ed afferrò il suo braccio sinistro, scoprendo il suo polso e mostrandogli ciò che avesse tenuto con lui per tutti quegli anni: il braccialetto di cuoio ormai usurato dal tempo che Abby gli avesse regalato molti anni prima come dono del Natale precedente allo scadere del contratto di Dean, che lo avrebbe portato all'inferno. 
Gli mostrò il bracciale con aria arrabbiata, indicando la scritta Always with you che gli aveva fatto incidere e in cui credeva davvero, e Dean scosse la testa supplicandola di andare, ma a giudicare dal suo sguardo Abby non ne aveva la minima intenzione. "Era il tuo piano fin dall'inizio, non è vero? Non pensi a Mary?".
La ragazza annuì e gli sfiorò la mano sinistra delicatamente mentre lo guardava negli occhi, perché mai avrebbe potuto lasciare il suo fianco e permettere che affrontasse Abaddon da solo; si sporse dalle sponde di legno del box per afferrare saldamente la piccola Mary fra le braccia che continuava a piangere ed a dimenarsi per la paura. 
La strinse a sé, sentí il suo profumo e la sensazione di amore più grande che avrebbe mai potuto provare la invase; sollevò lo sguardo fino a Dean che le stesse guardando con lo stesso sguardo.
L'uomo le avvolse entrambe in un grande e caldo abbraccio, facendo sentire la piccola protetta e al sicuro. 
Mary smise di piangere ma rimase comunque parecchio nervosa ed agitata, sentendo le grandi mani del padre sfiorarle delicatamente la schiena mentre le baciava la testolina con un sorriso dispiaciuto perché non era così che sarebbe dovuta andare la loro vita: Dean guardò la piccola un'ultima volta e poi rivolse il suo sguardo verso la ragazza, che capì cosa volesse dire ed annuí in silenzio mentre due pesanti lacrime scivolarono dai suoi occhi. 
Abby vide le mani di Dean allontanarsi dalla bambina e subito la donna si avvicinò silenziosamente alla porta, continuando a cullare Mary fra le sue braccia in maniera dolce, che nel frattempo avesse preso a giocare con le ciocche dei suoi capelli. 
La cacciatrice sospirò rumorosamente ed incrociò lo sguardo di Anael sulla soglia, che era riuscita a tornare in tempo come previsto, e mise Mary fra le sue braccia provando un forte dolore a separarsi ancora una volta da lei, mentre le lacrime continuarono a scivolare sul suo volto e la piccola iniziò a piangere nuovamente per la lontanza; Abby intimò all'angelo di andare via e portarla lontana da lì, e Anael annuì sparendo in un battito d'ali seguita da Castiel, lasciando un vuoto nel cuore dei due genitori che rimasero a guardare la scena col cuore spezzato. 
Abby e Dean avrebbero davvero tanto voluto che Molly e Jerry fossero ancora vivi per prendersi cura di Mary come avevano fatto fino a quel momento, ma Abaddon lì aveva uccisi per primi una volta che riuscì a scavalcare i sigilli e le trappole demoniache che Abby avesse accuratamente piazzato in quella casa, e lì ringraziò mentalmente per aver dato la loro stessa vita mentre provavano a proteggere Mary dal Cavaliere. 
"Volete uccidermi di noia? Sono qui perché voglio combattere!" esclamò Abaddon ridendo di gusto e guardandoli, rimanendo costretta nel punto in cui Abby le avesse sparato.
La ragazza udì quella voce malefica e prepotente e sospirò, chiudendo la porta e dando un'occhiata a Sam, che intanto iniziava a riprendere consocienza molto lentamente, e si avvicinò a Dean mantenendo un fronte unito; vide il ragazzo concentrarsi sul Cavaliere e provare dentro di sé probabilmente il suo stesso dolore che trasformò in rabbia cieca e pura, stringendo più forte la Lama nel pugno chiuso della sua mano destra. "È finita, Abaddon. Hai perso e questa volta non ci sarà alcun modo per scappare: sei in trappola". 
Il Cavaliere li guardò per qualche istante con aria seria, osservandoli uno dopo l'altro, e presto iniziò a ridere in maniera davvero divertita, scuotendo la testa e guardando la notte buia fuori dalla finestra. "Potete uccidere me, ma non fermerete mai tutti i miei seguaci: ho fatto si che la notizia dell'esistenza della vostra preziosa Mary raggiungesse tutti i demoni e gli angeli, e potete scommettere che prima o poi qualcuno riuscirà a prenderla. Sappiamo che cos'è quella bambina e sappiamo quale sarà il suo destino: è uno degli abomini che secondo la profezia, fermerà l'inferno. Nessun demone o angelo lascerà che questo accada". 
Abby sgranò gli occhi e sentí dentro di sé una sensazione di freddo che la paralizzò dalla paura. 
Dean ascoltò le parole del demone e strinse i pugni, non facendo altro che aumentare la forte rabbia che provasse nei suoi confronti. 
Si mosse piuttosto velocemente, tant'è che Abby e Sam, il quale nel frattempo si fosse avvicinato con fatica e con la tempia ancora sanguinante, non si accorsero di ciò che stesse per accadere fin quando non accadde: Dean colpí Abaddon con la Lama centrando il ventre e come se fosse fatta di gommapiuma la sollevò da terra, indietreggiando ed affondando la Lama sempre di più dentro di lei, facendole colpire la parete con la schiena e sporcando la parete di sangue. 
I due cacciatori rimasero a guardare per qualche secondo increduli e sbalorditi dall'azione che Dean avesse compiuto, specialmente per la furia incontrollata che lo spinse ad accanirsi sempre di più con la Lama sul corpo senza vita di Abaddon, che piegò la testa di lato sul pavimento mentre il ragazzo la colpiva ancora e ancora. 
Quando si resero conto di quanto Dean avessero perso il controllo, Abby e Sam si scambiarono un'occhiatina eloquente di pochissimi istanti, e presto provarono a fermarlo, a tirarlo indietro ed a richiamarlo, ma Dean era sordo ai loro richiami. 
Non rispose neppure una volta, preso per come fosse dalla sensazione di onnipotenza e di supremazia che la Prima Lama insufflasse dentro di lui; Abby guardò Sam, chiedendosi cosa avrebbero potuto fare per fermarlo, e decise di compiere un gesto probabilmente sbagliato, ma che lì per lì le sembrasse l'unico possibile: urlò il suo nome e bloccò il suo braccio destro per impedire che Dean continuasse a colpire un corpo morto, ma il ragazzo si liberò della sua presa e tornò a caricare l'ennesima pugnalata per centrare ciò che restasse di Abaddon. 
Abby non riuscì a trovare appiglio da nessuna parte e si sbilanciò all'indietro, cadendo rovinosamente contro il box dentro cui si trovava Mary fino a una decina di minuti prima, sbattendo la schiena contro le assi di legno massiccio; solo quando sentí il gemito di dolore di Abby, Dean riuscì a risvegliarsi dalla sorta di trance dentro cui il Marchio lo avesse indotto e sgranò gli occhi, osservando il sangue colare da dei piccoli graffietti che Abby si fosse provocata sulla guancia con quella caduta. 
Dean guardò ciò che restasse del corpo di Abaddon su cui si fosse messo a cavalcioni e poi le sue mani sporche si sangue, mentre l'odore tipico di ruggine salisse fino alle sue narici facendogli venire quasi la nausea, e si rese conto di ciò che avesse fatto e di come avesse colpito Abby senza neanche capirlo; guardò il fratello con aria dispiaciuta, che nel frattempo si fosse avvicinato alla ragazza per constatare che stesse bene, e poi guardò Abby negli occhi mentre si rimetteva in piedi con fatica e si massaggiava la schiena con una mano, che lo guardò con occhi sbarrati perché non poteva credere che Dean l'avesse davvero colpita.
Aprí la mano con la quale avesse stretto la Prima Lama fino a quel momento e l'arma cadde per terra con un forte tonfo proprio accanto al corpo martoriato di Abaddon. 
Scosse la testa lasciandosi cadere accanto al fasciatoio che i Thompson usassero per cambiare Mary, cercando di pulire via il sangue sulle sue mani mentre guardava ciò che avesse fatto, inziando a pensare che non ci fosse alcuna via di ritorno dal punto in cui si fosse spinto. 
 
 

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Capitolo 49
*** Capitolo 42. ***


Hunter's legacies
Capitolo 42.
 
 
I vagiti calmi e pacifici iniziarono a diffondersi per tutto bunker, insieme alla risata contagiosa della piccola Mary che sembrava aver portato una ventata di aria nuova. La bambina continuava a prendersi gioco di Anael e di Castiel, gattonando da un angelo all'altro che stessero seduti vicini sulle sedie del grande tavolo della sala lettura: Anael aveva sempre avuto un debole per Mary e aveva desiderato tanto che Abby la tenesse con sé sin dal primo istante in cui la fece nascere, eppure sapeva che grande sacrifico stesse facendo la sua amica per per salvare la figlia, allontanandola dal loro mondo per tenerla al sicuro. 
I suoi tentativi erano stati però vani, dato che Abaddon era riuscita a trovarla ugualmente: ecco quali era state le conseguenze della magia nera che Abby avesse praticato per trovare Anael, quando venne rapita da Abaddon. 
Ed ecco come il Cavaliere aveva scoperto l'esistenza della piccola Mary, leggendo nella mente della cacciatrice che era stata trasportata nel corpo di Anael quando Abaddon la torturava. 
Mary rise di gusto sedendosi in braccio a Castiel e lo guardò negli occhi con aria curiosa e furba, mentre salivava sulla sua camicia e gli tirava la cravatta con un gesto allegro, dimostrandosi la bambina solare e dolce che Anael gli avesse descritto mentre lo metteva al corrente di ciò che lei ed Abby avessero nascosto durante la sua permanenza e di Dean in Purgatorio, lasciandolo esterrefatto e completamente senza parole: quella piccola bimba che non stesse mai ferma e che iniziò ad emettere una serie di suoni sconnessi mentre cercava di parlare per farsi capire, stentava a credere che fosse la figlia di Dean ed Abby. 
Castiel si fece serio e ricambiò  lo sguardo della bambina, guardando dritto nei suoi occhi verdi e accennò un sorriso intenerito e divertito, guardando l'angelo al suo fianco che sorridesse esattamente come lui. "Mary ha fame. Ho..ho letto nei suoi pensieri ed è quello che sta cercando di dire. Prova anche un forte fastidio alle gengive, le fanno tanto tanto male". 
Anael sorrise divertita, scuotendo la testa e iniziò a dirgli che leggere nei pensieri della bambina equivalesse a barare e che i comuni genitori non disponessero delle loro particolari abilità, trovandosi costretti ad imparare a distinguere i vari tipi di pianto che un neonato fosse in grado di emettere per farsi capire. 
Prima che Castiel potesse anche solo aprire la bocca per rispondere, Abby sbucò dal corridoio brandendo un piatto fondo fumante con un piccolo cucchiaio all'interno ed un biberon riempito di acqua, avvicinandosi ai due e sorridendo teneramente quando vide il modo in cui Mary avesse preso possesso di entrambi. 
"È l'ora della cena, piccola. Sarai affamata. Vuoi mangiare?" chiese Abby sorridendo e sfiorandole la tempia, abbassandosi nella sua direzione e baciandole delicatamente una guancia, prima di metterle un bavaglino attorno al collo per evitare che si sporcasse. 
Si sedette accanto a Castiel che la guardò senza avere la minima idea di cosa fare, ma Abby lo rassicurò dicendogli di limitarsi a tenere la piccola mentre lei procedesse ad imboccarla, boccone dopo boccone: mescolò ciò che avesse preparato per sua figlia e di cui Anael le avesse parlato sin dall'inizio della sua gravidanza per prepararla al fatto di diventare madre consigliandole cosa farle mangiare. 
Abby iniziò a pensare che sua figlia avesse davvero preso da entrambi i genitori in fatto di appetito, dato che Mary mandò giù la quasi totalità del pasto che avesse preparato per lei; presto le pulí il viso con un tovagliolo e le porse il biberon, osservandola mentre se lo portava alle labbra con un sorriso e lo inclinava tutto da sola mentre beveva, e ringraziò di aver fatto pratica con la sua sorellina quando era solo una bambina. 
Mary iniziò presto a sillabare di nuovo, passando dalle gambe dell'angelo a quelle della madre, che la prese in braccio e la strinse forte al petto, sentendo il suo odore nelle narici e sentendo che quella piccola creaturina le appartenesse. 
Chiuse gli occhi per qualche istante mentre la stringeva, sforzandosi di non pensare alle ultime parole dei Abaddon perché voleva ritagliare un solo minuto di pace insieme a sua figlia. 
Adesso poteva ammetterlo. 
Adesso la sua intera famiglia sarebbe stata messa al corrente della nuova vita che avesse generato insieme a Dean. 
Ed Abby sarebbe stata libera di presentare quella bimba che stesse di nuovo giocando con le sue ciocche scure come sua figlia. 
Si accorse solamente dopo un paio di secondi delle due presenze che si stavano avvicinando molto lentamente alle sue spalle ed aprì gli occhi, voltandosi interamente nella loro direzione con un sorriso. 
Guardò Sam, che per un solo istante si lasciò alle spalle tutto ciò che di negativo fosse mai accaduto nella loro vita per perdersi dietro al sorriso di quella piccoletta, e si avvicinò con un sorriso intenerito ed emozionato, piegandosi sulle ginocchia e ridendo di gusto mentre guardava Mary essere ancora tremendamente sveglia, senza però azzardarsi a toccarla. "Wow..". 
Abby sorrise ampiamente e assecondò tutti i movimenti della figlia come se li avesse sempre conosciuta, ed incrociò lo sguardo dell'uomo davanti a sé. 
"Lui è tuo zio, piccola Mary. Lo zio Sam" disse mentre sentiva il cuore battere velocemente, osservando Mary voltarsi nella direzione del ragazzo, che sorrise timidamente verso Sam. "Prendila". 
Abby ignorò le proteste del ragazzo che scosse la testa e fece per allontanarsi perché spaventato, non avendo la minima idea di come si tenesse un bambino così piccolo, e la porse fra le sue grandi braccia con una risata di cuore, tranquillizzandolo mentre Mary si aggrappava alla sua camicia a quadretti con un risolino divertito, trovandosi immediatamente ad un livello più alto rispetto a quando qualunque altra persona l'avesse tenuta in braccio. 
Sam la guardò negli occhi verdi quando Mary si mise faccia a faccia con lui, toccandogli il viso appena barbuto con le sue piccole manine per poi afferrare i capelli per giocare come facesse con la madre. Mentre Sam familiarizzava con Mary ed osservava ogni singolo suo tratto, non riuscì a far a meno di notare l'estrema somiglianza con suo fratello specialmente per il colore degli occhi, e dentro di sé si sentí tremendamente emozionato perché aveva sentito parlare di Mary così tante volte nei vari litigi fra Abby e Dean, e adesso che se la trovava davanti non riusciva a non sentire il bene che li legasse. 
Sam rise di gusto quando la piccola gli afferrò il naso ed iniziò a borbottare qualcosa, per poi iniziare a masticare la manica della sua camicia per alleviare il dolore alle gengive, e non riusciva far altro che rimanere ipnotizzato dalla sua bellezza. "Wow, io non so che.. Questa è mia nipote. Chi l'avrebbe mai detto? Un'altra Winchester". 
Abby sorrise sentendo il cuore scaldarsi e poi spostò lo sguardo sul ragazzo dietro Sam; Dean sorrideva pacificamente, beandosi del fatto che tutte le persone che amasse di più al mondo, finalmente potevano concentrarsi in un'unica stanza. 
Dean era felice, era finalmente completo. 
Eppure c'era ancora tanto che non andasse in lui: non aveva la minima idea di come controllarsi e dopo ciò che fosse successo con Abaddon, avesse iniziato a pensare che non ci sarebbe mai riuscito. 
Abby si avvicinò silenziosamente oltrepassando Sam e Mary, e gli fu al fianco, avvolgendo le braccia attorno alla sua schiena e baciandogli il petto con delicatezza, mentre sentiva la sua stretta sui fianchi; in silenzio si sollevò sulle punte per dargli un bacio a fior di labbra e lo strinse forte, guardandolo negli occhi con un sorriso rassicurante per dirgli che sarebbe andato tutto bene, che ce l'avrebbero fatta insieme, risolvendo un problema dietro l'altro. 
Dean ricambiò quel bacio e la strinse a sé, chiudendo gli occhi per qualche secondo e sospirando rumorosamente, mettendo poi un po di distanza fra loro due. 
Osservò il modo allarmato in cui la ragazza lo stesse guardando e sospirò, sciogliendo la presa e andando vicino al fratello decretando che adesso fosse il suo turno di stare con Mary; prese la piccola che gli fosse mancata davvero tanto fra le braccia e le sorrise, notando il modo in cui Mary cambiasse atteggiamento quando fosse fra le loro braccia. 
Mary sorrideva in un modo sornione, tranquillo e amorevole quando si rivolgeva ai suoi genitori.
Dean iniziò a chiedersi se Mary fosse davvero in grado di capire la differenza fra le sue braccia o quelle di Abby, rispetto a quelle di qualsiasi altra persona, eppure la vide rilassarsi contro il suo petto e pressare con le sue piccole dita sul suo collo emettendo un risolino. 
Le baciò la testa con delicatezza, muovendosi appena un po' di più per farla addormentare fra le sue braccia com'era abituato a fare con Sam quando era solamente un neonato, ed iniziò a pensare che in nessuna delle sue ipotesi mentali avesse mai immaginato di avere Mary tutta per sé in quel modo; le sorrise e la baciò di nuovo, stringendola forte, e poi si fece serio voltandosi e guardando Abby. "Abaddon ha diffuso la notizia dell'esistenza di Mary, parlava di una profezia..".
"Non ne ho mai sentito parlare, Dean" si affrettò a dire Castiel attirando l'attenzione su di lui, alzandosi dalla sedia ed avvicinandosi. 
"Neanche io" continuò Anael sospirando ed avvicinandosi con uno slancio, lasciando ondeggiare i lunghi capelli sulla schiena ed incrociando lo sguardo sereno di Mary. "Forse potremmo provare a parlare con i Cupido. Magari loro potranno spiegare..". 
"Non è necessario" rispose Dean scuotendo la testa e facendo spallucce, guardando la bambina fra le sue braccia e sospirando lentamente. Adesso che la guardava, adesso che era finalmente al sicuro, a casa con la sua vera famiglia, a Dean non importava altro. "Qualsiasi sia la Profezia, mia figlia dovrà essere protetta da qualsiasi attacco. Ucciderò chiunque voglia farle del male: che sia un demone o un angelo". 
Castiel ed Anael annuirono, considerandolo come un avvertimento da diffondere in Paradiso. E sapevano che avrebbero dovuto trovare Crowley per far sì che desse l'ordine di non avvicinarsi neanche alla bambina. 
Abby si morse il labbro inferiore con fare nervoso, continuando a guardare sua figlia che stesse quasi per addormentarsi fra le braccia del padre. E la magia si spezzò: aveva avuto Mary indietro, ma questo avrebbe richiesto un enorme costo. 
Proteggerla a costo della vita di tutti gli altri. "Anche Metatron ne è a conoscenza".
Dean strinse la mascella ed annuì serio, così come fece il fratello che si voltò verso la ragazza con aria seria e preoccupata. "Si. Metatron ed i suoi seguaci". 
"Dobbiamo proteggerla dagli attacchi dei demoni e da quella degli angeli". Abby deglutí a fatica sentendosi pervasa dalla paura e dal timore che qualcosa o qualcuno potesse fare del male alla sua bambina e spostò lo sguardo su Anael e Castiel. "Dobbiamo organizzarci, mettere sù un piano e fermare entrambe le fazioni. Nessun altro si avvicinerà mai più a Mary, non lo permetterò!". 
Sam sospirò rumorosamente ed osservò il suo sguardo preoccupato, udendo la sua voce rotta dalla paura. Si mise le mani contro i fianchi, alternando lo sguardo fra i presenti per poi focalizzarsi su quello di Dean ed Abby, guardando infine la piccola che ormai dormisse bellamente sul petto del padre. "Non è così facile, Abby: non sappiamo neanche dove sia Metatron, cosa voglia fare e..". 
"È in Paradiso, penso che stia iniziando a preparare un attacco contro i nostri angeli per distruggerli e punirli per non essersi uniti a lui" disse Castiel guardandoli con aria solenne mista a preoccupazione, voltandosi a guardare Anael al suo fianco, che fece un passo avanti fino a raggiungere la ragazza, stringendole una mano e cercando di confortarla come meglio riuscisse. 
Abby sentí gli occhi pizzicare e si sentí vulnerabile come mai prima d'ora: i loro nemici avevano sempre potuto usare uno di loro come ostaggio, ma usare Mary. 
Era solamente una bambina di poco meno di un anno. 
Indifesa. Innocua. 
Non importava chi sarebbe diventata. 
Incrociò lo sguardo di Dean ed Abby vide uno specchio dei suoi occhi: pensava di aver saltato quel passaggio. 
Si era esiliata dalla sua famiglia, aveva partorito la bambina in segreto, l'aveva data in adozione. Eppure, il problema si stava ripresentando. 
Come diavolo avrebbero potuto tenerla al sicuro per sempre? 
"Non spaventatevi, sono venuto per parlare!".
Una voce alle loro spalle li fece voltare tutti sussultando, perché credevano di aver rinforzato i sigilli e le trappole del bunker per evitare che potessero entrare persone indesiderate: Gadreel mise le mani avanti ed avanzò lentamente, scendendo i due scalini per arrivare più vicino al grande tavolo posto a ridosso delle scale principali.
Dean sgranò gli occhi e sentí il sangue salirgli al cervello e farlo smettere di ragionare: fece scivolare Mary fra le braccia di Abby e le spinse entrambe dietro alle sue spalle per mettersi davanti a loro e proteggerle, così come fece Anael, lasciando il fianco della ragazza per far fronte unito con Dean, Sam e Castiel. "Che cosa diavolo vuoi?". 
Il tono che usò Dean fu secco e sprezzante, mentre udiva Mary svegliarsi ed iniziare a piangere ancora una volta, come quando si era trovata in presenza di Abaddon. 
Dean strinse forte i pugni con rabbia incontrollata mentre il Marchio sul suo braccio iniziò a pulsare sempre di più, specialmente quando vide Gadreel sporgersi appena nella loro direzione per osservare con un sorriso la piccola fra le braccia di Abby. "È un piacere fare la tua conoscenza, piccola Mary. Ti stavo aspettando da secoli". 
 
 
 
"È scritto che guiderà gli angeli nella battaglia finale contro l'inferno, con la stessa forza e intelligenza dei suoi genitori. Mary ci salverà tutti". 
Fu il tono presuntuoso e perentorio con cui lo disse che l'aveva spinta a scattare come una molla, dopo aver lasciato la bambina fra le braccia di Anael, fino ad arrivare a pochi passi da Gadreel ed a colpirlo con un sonoro pugno dritto in viso che lo fece barcollare all'indietro fino a cadere rovinosamente sul freddo pavimento di marmo del bunker; l'angelo si portò una mano al labbro inferiore, sentendo il sangue del suo tramite fuoriuscire all'esterno, ma Gadreel sorrise divertito perché sapeva quanto sarebbe stata dura far accettare loro la verità sulla profezia. 
"Lei è solo una bambina: se uno di voi angeli verrà a vantare una supremazia su di lei, vi ucciderò uno dopo l'altro, sono stata chiara?". 
Poprio prima che Abby riuscisse a piegarsi su di lui per colpirlo nuovamente spinta da un'improvvisa rabbia, le braccia possenti di Sam le strinsero la vita sollevandola da terra e la allontanarono dall'angelo di solamente quattro o cinque passi, dato il modo in cui Abby aveva preso a dimenarsi per liberarsi. 
"Mary non sarà sola. Secondo la profezia, lei non sarà l'unica figlia Winchester che guiderà la battaglia".
Abby scambiò una veloce occhiata con Dean, perché non avevano mai parlato di avere dei figli ancor prima che la ragazza restasse incinta di Mary, figuriamoci adesso che si trovavano alle prese con una neonata senza neanche averci mai pensato su davvero. 
I tre cacciatori rimasero senza parole per un lungo momento, fin quando Castiel si avvicinò all'angelo a terra ancora sanguinante e lo aiutò ad alzarsi con un'espressione dispiaciuta sul volto, guardandolo negli occhi per un lungo secondo mentre gli chiedeva il motivo della sua visita: Gadreel confessò loro che tutti i seguaci di Anael e Castiel fossero ormai passati dalla parte di Metatron, il quale avesse confessato loro che Castiel fosse un impostore e che avesse rubato la grazia ad un altro angelo per sopravvivere. 
Gadreel chiese loro aiuto per poter sconfiggere Metatron che si fosse ormai impadronito della tavoletta degli angeli, dalla quale prendesse un grande potere che lo rendesse inarrestabile, ed i tre cacciatori non potevano credere che dopo Abaddon vi sarebbe stato qualcuno di egualmente pericoloso. 
Gadreel inoltre confessò loro di sapere del Marchio di Caino, che facesse proprio al caso loro perché era esattamente l'unica cosa in grado di uccidere Metatron; poi l'angelo fece qualche passo avanti verso il maggiore del fratelli, porgendogli una mano per pattuite un'alleanza e lasciarsi alle spalle i loro trascorsi, ma qualcosa scattò nella mente di Dean che non riuscì a controllarsi: pensò al modo in cui Gadreel lo avesse ingannato quando si fosse fidato di lui e lo avesse lasciato entrare nel corpo di suo fratello, quando aveva mentito sulla sua identità, o quando avesse ucciso Kevin sotto i suoi occhi impotenti. 
Qualcosa scattò e Dean vide nuovamente tutto rosso come quando aveva ucciso Abaddon senza controllo, stringendo la mano all'angelo solamente per avvicinarlo di più a sé e ferirlo mortalmente con la sua Lama, dopo averla sottratta al fratello a sua insaputa: Sam lasciò la presa su Abby correndo verso il fratello per bloccarlo e Castiel fece altrettanto, tirandolo lontano dall'angelo che cadde a terra sanguinante e privo di forze, tenendosi l'addome chiuso con le sue dita, pressando per non far uscire i suoi stessi organi. 
Dean continuò a dimenarsi dalla presa di Sam e Cas, cercando di scattare in avanti per portare a termine il lavoro ed uccidere l'angelo che lo avesse ingannato in più di un'occasione, sembrando un animale feroce prenda del suo istinto primordiale di uccidere. 
Ben presto ritrovò la via di sé stesso, iniziando a calmarsi col respiro affannoso, quando un pianto forte e spaventato giunse alle sue orecchie facendolo voltare dalla parte opposta: Mary si dimenava e piangeva forte fra le braccia di Anael, spaventata per l'ennesima volta quella sera, e Dean sgranò gli occhi e sentí gli occhi pizzicare mentre lasciò cadere nuovamente la Lama a terra, osservando gli occhi verdi della piccola puntati contro i suoi. 
 
 
 
Aprí gli occhi confusi guardandosi attorno, sentendosi disorientata e completamente frastornata mentre un forte dolore al collo la costrinse a toccarsi la parte lesa, gemendo appena e sedendosi di scatto sul terreno sul quale giacesse senza neanche ricordare perché; solo quando vide Sam privo di conoscenza sdraiato accanto a sé iniziò a ricordare ciò che fosse accaduto loro. 
"Oh, no no no. Sam, Sammy, dai svegliati, Sam!!" esclamò gattonando sul terreno umito per avvicinarsi di più al ragazzo e scuoterlo forte, schiaffeggiandogli il viso con forza per farlo svegliare. 
Abby vide Sam aprire gli occhi e respirare pesantemente, sedendosi di scatto accanto a lei e mettendo su lo stesso sguardo confuso che lei stesse indossando, guardandosi attorno e toccandosi il braccio dolente e la tempia: Dean non ci era andato leggero con loro, li aveva stesi entrambi per non farsi seguire, lasciandoli a terra privi di conoscenza per andare in contro alla sua battaglia con Metatron completamente da solo. 
A niente era servito rinchiudere il maggiore nella prigione nascosta della 7b, dato che Dean aveva invocato Crowley per farsi liberare e si era messo sulle tracce di Metatron completamente da solo, e quando erano riusciti a rintracciarlo ed a convincerlo a tornare ad indagare con loro, Dean aveva semplicemente mollato il Re per tornare con la sua famiglia. 
Si era scusato, dicendo che il Marchio lo stava davvero facendo impazzire, e poi una volta cavata loro l'informazione su dove si trovasse Metatron aveva colpito suo fratello con un pugno in viso così forte da fargli perdere conoscenza e aveva poi afferrato Abby a tradimento, passandole un braccio attorno al collo ed usando tutta la delicatezza possibile mentre le faceva mancare l'aria quel tanto che bastava per farla dormire.
Abby seguì Sam svelta, che quasi non si curava che la ragazza non tenesse il suo passo perché era troppo preoccupato per suo fratello, e corse velocemente all'interno del campo dei senzatetto con cui aveva avuto a che fare Metatron: la ragazza vide Sam estrarre la pistola e puntarla vero la folla che si fosse radunata attorno a lui, facendosi indicare dove si trovasse il loro Messia, e non curandosi delle altre parole che uscirono dalla loro bocca. 
Entrambi avevano una sensazione di ansia e di incertezza dentro i loro cuori, che si tramutò in paura allo stato puro quando entrarono nel magazzino in costruzione dentro il quale si fosse nascosto Metatron e videro la lama angelica dell'angelo trapassare lo sterno di Dean, caduto già a terra sanguinante. 
"Nooo!". 
Le urla dei due ragazzi arrivarono dritte alle orecchie di Metatron, che sorrise vittorioso nei loro confronti e si diede alla fuga in meno di cinque secondi, mentre Dean si voltò verso di loro con un'espressione piuttosto sorpresa di vederli lì; non si curarono della fuga dell'angelo, piuttosto Sam ed Abby accorsero nella direzione del maggiore per controllare le ferite che riportasse.
"Va bene, va tutto bene, non preoccuparti Dean. Lo risolveremo.." sussurrò Abby annuendo convinta mentre gli pressava il petto con le mani per fermare l'emorragia, mentre sui suoi occhi si formava uno strato lucido che le impedisse di mettere a fuoco il ragazzo davanti a lei; sollevò il viso verso l'alto, guardando il soffitto ancora incompleto. "Anael, Cas!!". 
Senza aver ottenuto risposto, Abby tornò a guardare Dean negli occhi spaventati e gli sorrise per infondergli tranquillità; Dean non side nulla, si limitò a stringerle forte la mano lasciando che Abby scorgesse nei suoi occhi verdi il vero Dean. 
Quello che ultimamente era stato sovrastato dalla forza del Marchio, che era finito per tirare i fili di sé come se fosse una marionetta.  Sam spezzò quel momento in pochi attimi: le spinse via le mani per sollevare il fratello e tenerlo su con un braccio sulla sua schiena, ed Abby prestò lo aiuto a sorreggerlo, tenendogli una mano pressata sul petto sanguinante. 
"Andrà bene, vedrai che andrà tutto bene..". 
Dean udì le parole di Abby, udì il modo in cui le ripetesse come una litania più per convincere se stessa che per convincere lui, e sentí la forte stretta con cui suo fratello lo tenesse in piedi e che non avesse alcuna intenzione di lasciarlo andare. 
Ma Dean percepiva già le forze del suo corpo venirgli meno, mentre tenere gli occhi aperti diventava un'impresa sempre più ardua. 
Sapeva che da quella ferita non si poteva guarire, sapeva che solamente Castiel o Anael avrebbero potuto guarirlo. 
Ma sarebbe stato troppo tardi quando sarebbero arrivati, perché Dean stava morendo. 
Per questo decise di puntare i piedi a terra e di non muoversi più, fermando i due ragazzi che lo stessero trascinando fuori da quel magazzino per provare a salvarlo. 
I due lo guardarono chiedendo spiegazioni ma Dean non disse nulla, limitandosi ad appoggiarsi con la schiena e con fatica contro uno dei pilastri in costruzione, sollevando le braccia verso di loro e sfiorando i loro visi con un sorriso intenerito. "Va bene così: non voglio diventare un assassino e questa cosa sul mio braccio mi sta facendo diventare un mostro ed io.. io non voglio esserlo".
Abby rimase a fissarlo in silenzio per un momento mentre sentiva la stretta sul suo viso diventare via via più leggera, e dischiuse appena le labbra in un'espressione sorpresa perché quella era l'ennesima volta quel giorno che le cose non andassero secondo i suoi piani: Dean stava dicendo addio perché sapeva di non potercela fare. 
Ma il fratello scosse la testa e cercò di convincerlo che ce l'avrebbero fatta insieme, com'erano sempre stati, sentendo però per l'ultima volta la risata di Dean. 
"Sono fiero di noi". 
Dopo quelle parole il maggiore cercò di resistere più che poteva, prendendosi gli ultimi istanti della sua vita per guardarli con un sorriso compiaciuto sul volto insanguinato e martoriato dai colpi di Metatron, e guardò Sam annuendo ed intimandogli di prendersi cura per lui della sua famiglia, di proteggere Mary; poi spostò lo sguardo su quello lacrimoso di Abby, che scosse la testa ed appoggiò la fronte alla sua, afferrandolo forte dalla giacca per non lasciarlo andare, mentre lo guardava negli occhi con aria supplichevole. "No, no, no, no. Non lasciarmi, non di nuovo. Ti prego..". 
Impiegò le sue ultime forze per avvicinarla a sé e stringerla più forte, sfiorandole le labbra con le sue per l'ultima volta, stringendola in un bacio che sapeva d'addio. "Ti ho sempre amata, ragazzina..".
Abby sentí le lacrime scivolare più velocemente dagli occhi e scosse la testa abbassando lo sguardo, perché non voleva sentirsi dire quelle parole, voleva vederlo in piedi ed in salute a tenerle continuamente testa ed a litigare, ad arrabbiarsi l'un l'altra per le scelte pessime che facevano. 
Ma quando Abby sollevò nuovamente lo sguardo, tutto ciò che vide furono le palpebre chiuse di Dean e sentí la sua mano chiusa attorno alla sua guancia scivolare a penzolone, ormai senza vita. 
 
 
 
"Sembra che saremo solamente io e te, piccolina.." sussurrò sospirando, mentre sfiorava i capelli della piccola Mary che si era dimenata dalle braccia di Silver non appena l'avesse vista entrare. 
Abby si strinse alla piccola, con gli occhi ancora arrossati dal pianto e si sedette sulla sedia di legno della sala lettura, sospirando rumorosamente e cercando di trattenere tutto ciò che provasse dentro di sé perché non era il luogo né il momento adatto per sfogarsi; sentí una forte stretta sul suo braccio e sollevò lo sguardo verso il suo, incrociando quello della sorella seduta davanti a sé che la guardasse come se potesse davvero capire il suo dolore. 
Ma nessuno poteva. 
Aveva spesso odiato Dean nel corso della loro relazione ed avevano perso del tempo a stare lontani ed a non risolvere i propri problemi per orgoglio, e si erano persi così tante volte. 
Ma anche quando si odiavano, mai per un momento avevano smesso di amarsi. 
E non importava che Abby fosse circondata dai suoi fratelli, da quello strano di Matt, da Sam o da sua figlia: adesso si sentiva terribilmente da sola e vuota.
Sentiva il caos nel suo petto. 
Sentiva un vuoto incolmabile che pulsava e le stritolava le ossa, il fegato, il cuore. 
Di riflesso strinse Mary di più, che per la prima volta l'abbracciò rimanendo in silenzio. Come se fosse un'adulta. Come se capisse la situazione e volesse consolare sua madre. 
Osservò lo sguardo di Silver distogliersi da lei e spostarsi su qualcosa dietro di sé, notando il modo in cui gli occhi della sorella avessero iniziato a versare delle calde lacrime, ed Abby capì che i Sam e Dan stessero trasportando il corpo di Dean nella loro stanza. 
Ma la ragazza non volle guardare ed abbassò il viso di Mary sul suo petto per far sì che anche lei non potesse guardare, e scosse la testa perché era troppo; si alzò dopo qualche istante, passando la bambina fra le braccia della zia e scosse la testa, osservando in fondo alla sala Anael e Castiel comparire con un battito di ali. 
Vide il suo angelo avanzare verso di lei ed abbracciarla forte, ma Abby rimase immobile ad osservare sopra la sua spalla la stanza con sguardo vitreo, stando a sentire Castiel che blaterasse qualcosa sul fatto di aver rinchiuso Metatron e avergli sottratto la tavoletta angelica. 
Ma ad Abby non importava, non le importava proprio un accidente di niente: si divincolò dalla presa dell'angelo, dirigendosi verso il mobile bar per versarsi un abbondantissimo bicchiere di Whisky, bevendolo tutto d'un sorso ad occhi chiusi perché voleva davvero dimenticare. 
Dimenticare il dolore, dimenticare la paura, dimenticare quella vita, dimenticare di essere mai entrata alla Road House quel giorno e aver incontrato i Winchester, dimenticare Dean. 
Sospirò rumorosamente e scosse la testa, aprendo gli occhi e ritrovandosi i due angeli e la sorella intenti a guardarla; avrebbe voluto trovare qualcosa da dire, ma non poteva. 
Le faceva male solamente respirare, figuriamoci parlare. 
Scosse la testa e si diresse nel lungo corridoio alla destra delle scale: lo percorse in silenzio sentendosi frastornata. 
Si fermò in cucina dove si sedette sulla panca e bevve un altro lungo bicchiere di Whisky, uno dopo l'altro, fino a che la bottiglia  restò completamente vuota ed Abby abbandonò la sua testa contro le braccia incrociate sul tavolo, perché era arrivato il momento di chiudere gli occhi e dimenticare. 
 
 

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Capitolo 50
*** Capitolo 43 ***


Hunter's legacies
Capitolo 43.
 
 
 
"Al vecchio Dean tu piacevi, dico sul serio! Ti amava, ti venerava! Tu davi senso alla sua esistenza! Ma a me, il nuovo me, non importa niente di te, né di Sam che continua a sperare di riuscire a riportare indietro la mia parte umana, né tanto meno mi frega un accidente della tua preziosa bambina". 
Si risvegliò di soprassalto nel suo letto tirandosi a sedere immediatamente e respirando affannosamente, con la fronte madida di sudore ed il cuore che le batteva forte nel petto, strizzando appena gli occhi per mettere a fuoco la stanza intorno a sé; guardò l'orologio e vide che ormai erano quasi le sei di mattina e si chiese chi, fra Sam e Dan, l'avesse portata a letto la sera precedente. 
Abby ricordava solamente di essersi presa l'ennesima lunga sbronza nella cucina, dopo aver scambiato quattro chiacchiere con la versione demoniaca di Dean, legato per bene ad una sedia con delle corde intrise di acqua santa nella 7b ed intrappolato con una chiave di Salomone disegnata sul pavimento. 
Si passò una mano sulla fronte e respirò più lentamente, deglutendo a fatica ed iniziando a pensare che quell'estate fosse stata davvero folle: si alzò per dirigersi nel suo bagno personale e si specchiò rapidamente, notando quella versione pallida e troppo magra di sé stessa che era venuta fuori dopo tre mesi in cui avesse pensato che Dean fosse davvero morto e che Crowley avesse infilato dentro il suo corpo uno schifoso demone, per poi scoprire invece che il demone al suo interno fosse proprio Dean stesso, tornato in vita grazie al Marchio. 
Lasciò scivolare sul pavimento la camicia a quadretti rossa di Dean che le arrivasse a metà coscia e si diresse sotto la doccia, lasciando che l'acqua calda portasse con sé tutto il dolore e la stanchezza di quei mesi: nonostante Dan avesse mollato il lavoro per stare vicino a lei e a Mary, tornando alle sue umili origini da cacciatore da cui si era discostato in fretta con forza quando era solamente un adolescente e deludendo suo padre, che invece lo voleva impavido e guerriero come Abby.
La ragazza sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta senza suo fratello, senza il suo aiuto nelle cacce per rintracciare Crowley e Dean, né senza il supporto che le dasse con la piccola Mary, che da poco aveva compiuto un anno e aveva iniziato a cercare di parlare sempre di più ed a gattonare sempre più velocemente in giro per il bunker, arrampicandosi ormai su quasi tutti i mobili. 
Abby era davvero molto orgogliosa di sua figlia, ma nel frattempo non riusciva ad occuparsene davvero come volesse perché tutto ciò che provava ogni volta che guardava nei suoi occhi verdi era solamente Dean: non voleva che Mary crecesse senza un padre, nonostante in casa avesse numero figure maschili a cui fare riferimento, partendo da Dan, a Matt, fino ad arrivare a Sam stesso che nei momenti liberi si dedicava davvero a sua nipote, facendola ridere e giocare ed iniziando sin da subito ad aiutarla nello sviluppo psicomotorio, aiutandola a camminare reggendola dalle manine e nel parlare, ripetendole spesso delle parole che Mary puntualmente sbagliasse. 
Inoltre Abby iniziò a credere che Mary sentisse la mancanza di suo padre, perché non riusciva mai a quietarsi come avesse spesso fatto fra le braccia di Dean. E questo faceva male ad entrambe. 
Uscì in fretta dalla doccia e si vestì velocemente, lasciando i capelli umidi lungo le spalle e dirigendosi a grandi passi verso la cucina perché aveva un grande bisogno di mettere qualcosa sotto i denti e mandare giù un'aspririna per il forte mal di testa, conseguenza della bevuta della sera precedente. 
Trovò un grande piatto pieno di pancake, la sola cosa che Silver mangiasse la mattina come risultato della gravidanza, ed Abby sorrise pensando che sua sorella e Matt avrebbero avuto un bell'ometto capriccioso con cui fare i conti, date le voglie che Silver avvertisse a tutte le ore del giorno e della notte; presto però il suo sorriso scemò, pensando che lei non avesse avuto una gravidanza normale, né tanto meno aveva potuto tenere la piccola con sé dopo la nascita. 
"Oh tesoro, guarda: la tua mamma è riuscita a riemergere dalla sbronza dopo che ieri sera si è bevuta più della metà dell'armadietto degli alcolici..". 
La voce ironica di suo fratello la fece voltare di scatto e distrarre dai suoi pensieri, osservando Dan tenere fra le braccia Mary ed avvicinarsi verso di lei con un'espressione di rimprovero sul viso; Abby deglutí l'ultimo morso di pancake e si voltò verso il fratello, che la guardò con aria quasi arrabbiata per ciò che lei si facesse ogni notte, crogiolandosi nella disperazione alcolica fino a collassare sul tavolo della cucina o della sala lettura. 
Ignorò Dan ed istintivamente si sporse per prendere fra le braccia la sua piccola. Mary le sorrise e iniziò a mugolare qualcosa come per salutarla, dandole l'impressione che quando avrebbe iniziato a parlare non avrebbe più smesso; la madre le sorrise e baciò il viso profumato della piccola, stringendola forte a sé.
Abby sollevò poi lo sguardo su quello del fratello che ancora la guardava in cagnesco e ricambiò l'occhiataccia, scuotendo la testa e muovendosi per la cucina fino ad arrivare al frigo, dove estrasse il biberon della piccola e le scaldò un po' di latte nel fornetto. "Già che ci sei potresti fare anche una battuta sul padre demoniaco che teniamo legato nella prigione, fratellone. Potresti anche sottolineare come io stia lentamente distruggendo la mia vita, no? Così Mary saprà la verità su che razza di genitori le sono capitati". 
Dan sbuffò e si avvicinò alla sorella con aria di rimprovero, sollevando un sopracciglio e studiando i suoi occhi circondati da profonde occhiaie e completamente annientati dal dolore che si portava dietro; sospirò e le sfiorò il braccio sinistro con delicatezza, osservando poi Abby porgere il biberon alla piccola, che lo afferrò mugulando di piacere e portandoselo alla bocca. "Troveremo un modo, vedrai. Si sistemerà tutto, Sam ci sta lavorando". 
"Lo so" rispose brevemente Abby distogliendo lo sguardo e sospirando, allontanandosi dal fratello perché non voleva più continuare quella conversazione con chi la conoscesse così bene e fosse in grado di leggere il suo dolore. Uscì dalla cucina per dirigersi verso la sala lettura, salì i due piccoli gradini che separassero le due aree ed arrivò in prossimità dei due tavoli di legno, al centro di cui vi fosse il box della piccola Mary: la mise giù con un sorriso e la osservò sedersi da sola e continuare a succhiare il suo latte con fame. 
Un rumore attirò l'attenzione della madre e della figlia, facendole voltare verso la porta in fondo alla sala, ed Abby vide il ragazzone avvicinarsi a loro con un sorriso tirato nonostante il suo viso fosse notevolmente provato dalla notte passata a pungere il fratello con una siringa ripiena di sangue benedetto. 
Nonostante Sam tenesse lo sguardo basso, Abby sapeva quanto fosse a pezzi e devastato: erano riusciti a riprendersi Dean dopo più di tre mesi, lo avevano portato al bunker con loro e stavano provando a somministrargli del sangue benedetto per annientare la sua parte demoniaca e riportare a galla l'umano che fosse in lui. 
Ma la strada era in salita e Dean non voleva collaborare. 
Abby si avvicinò a Sam e affondò il viso sul suo petto chiudendo gli occhi mentre lui le carezzò le spalle delicatamente con un forte sospiro, stringendola delicatamente a sé. "Come sta andando con Mr. Demoniaco?". 
Sam sorrise appena e fece spallucce, cercando di scacciare le parole malefiche che Dean gli avesse detto fino a qualche istante prima, come ad esempio che la loro mamma non sarebbe mai morta se lui fosse stato nato, e scosse la testa; sentí la ragazza sciogliere l'abbraccio ed allontanarsi per guardarlo in viso mentre tornava vicina al box della figlia per osservare che non si affogasse o che non tentasse di arrampicarsi sulle sponde di legno per poi cadere giù rovinosamente. 
Il ragazzo guardò Mary, questa volta con un sorriso pieno e quasi felice, e si avvicinò a lei chinandosi per sfiorarle la testa capelluta, sentendola però rispondere con un tentativo di sillabare qualcosa di ancora incomprensibile. "Ci sono vicino, molto! Ce la posso fare a salvare mio fratello, Abby. So che posso". 
La ragazza annuì sorridendogli e sospirò, abbassando lo sguardo verso la sua piccola che aveva iniziato a dimenarsi e aveva mollato di lato il biberon sul cuscinone per puntare su i piedi e sollevarsi, ridendo di gusto mentre con le manine si reggeva alle aste di legno, pronta a sollevarsi. 
Sam rise di gusto e l'afferrò fra le braccia, perché sua nipote trovava sempre il modo di strappargli una risata anche nel momento maggiore di sconforto, tirandosela fra le braccia e respirando il suo odore da bambina, mentre Mary per tutta risposta iniziava a studiare il suo viso come era solita fare, per poi aggrapparsi al colletto della sua camicia e stirngerlo in un forte abbraccio. 
 
 
 
Due nocche bussarono leggermente alla sua porta ed Abby trasalí svegliandosi completamente e sgranando gli occhi, guardandosi attorno nella sua stanza e sedendosi sul letto, trovandosi rivolta verso il lettino di Mary posto di fianco al suo; si passò una mano sul viso, sentendosi completamente stanca e indolenzita per la lotta avvenuta qualche giorno prima nel bunker, e si alzò silenziosamente ringraziando che la bambina non si fosse svegliata insieme a lei. 
Si passò una mano fra i capelli per ravvivarli ed aprí la porta sentendo ancora gli occhi intorpiditi dal sonno, sapendo già chi fosse ancor prima di aprire: Abby sorrise e si passò una mano sul collo, inclinando la testa verso sinistra per la forte stanchezza, ma accennò un sorriso nella sua direzione. "Sei tornato! Ma che ore sono?". 
La voce ancora assonnata e stanca della ragazza arrivò fino alle orecchie di Dean, il vero Dean, che sorrise e si intenerí a quella vista. "Si, io e Sammy siamo appena arrivati. Sono le otto e venti, comunque". 
Abby sospirò e si voltò a guardare la piccola che dormiva beata nella culla, pensando che qualche altra ora di sonno le avrebbe fatto bene dato che Mary l'avesse tenuta sveglia per gran parte della notte, ma fece spallucce e tornò a guardare il ragazzo davanti a lei con un sorriso. "Ho fame, andiamo a fare colazione?". 
La ragazza non aspettò neanche la risposta di Dean e si chiuse la porta alle spalle, dirigindosi a grandi passi verso la cucina e tenendo fra le mani il babymonitor, sentendo i passi del ragazzo dietro di sé; si sedette sulla panca del tavolo, appoggiando i gomiti e mettendosi le mani sul collo ad occhi chiusi con aria davvero stanca, stiracchiando i muscoli, e senza neanche accorgersene ritrovò davanti a sé un'abbondante tazza di caffè fumante. 
Abby gli sorrise appena e subito ne bevve qualche sorso ringraziando il ragazzo con lo sguardo, che nel frattempo aveva preso ad armeggiare con padelle e fornelli per prepararle la colazione, aspettando che il caffè facesse effetto per poter parlare con la ragazza. 
Dean era tornato umano ormai da un paio di giorni grazie agli innumerevoli tentativi di Sam, che non aveva perso la speranza neanche per un istante ed aveva continuato a iniettargli il sangue benedetto per curarlo, finché Dean non fosse diventato decisamente meno demoniaco quel tanto che gli bastasse per eludere le trappole e iniziare a dare la caccia ad ognuno di loro all'interno del bunker, nel tentativo di vendicarsi ed ucciderli tutti. 
Abby e Dean si erano trovati faccia a faccia in uno scontro fisico fin troppo sanguinolento, e la ragazza non aveva idea che proprio lui avrebbe usato quella forte violenza contro di lei; eppure esternamente sembrava sempre il solito ragazzo, anche se gli occhi neri alterassero decisamente quella visione: le aveva puntato contro un martello, dicendole che l'avrebbe uccisa lentamente e l'avrebbe mantenuta in vita fino a farla supplicare di sopprimerla come si fa con un cane, ma Abby era pur sempre una cacciatrice e sapeva come difendersi. 
Avevano lottato uno contro l'altra  facendosi davvero fin troppo male a vicenda, ma Dean era pur sempre un demone ed era decisamente più forte di lei: era riuscito a sottometterla e a stordirla quel tanto che bastasse per ucciderla ferocemente, se non fossero arrivati Dan e Sam in tempo per fermarlo; Castiel ed Anael erano arrivati appena poco dopo e subito l'angelo col trench aveva fermato il ragazzo, riportandolo in cella mentre Anael si era occupata delle ferite di Abby, guarendola completamente prima ancora che si rendesse conto di cosa Dean le avesse fatto e stesse per farle. 
Dopo che Sam continuò a procedere con la cura e riuscì a riportare indietro Dean dall'abisso in cui fosse precipitato, quest'ultimo aveva deciso di comune accordo con gli altri cacciatori di smettere di cacciare per un po' per assicurarsi di stare bene, e si era scusato con Abby e con suo fratello per ciò che avesse detto e fatto loro, ma nessuno dei due fu davvero arrabbiato con lui; Sam lo abbracciò felice di essere riuscito a riavere indietro suo fratello ed Abby fece altrettanto, portandolo da Mary ed osservando la sua reazione emozionata non appena la vide, prendendola in braccio subito e piangendo quando Mary per la felicità lo abbracciò forte. 
Tutto rimase tranquillo e calmo almeno fino a due giorni prima, quando Dean trovò un caso e non riuscì a resistere al richiamo della caccia ed insieme al suo fratellino era partito lasciando Abby e Dan da soli nel bunker a badare a Mary. 
"Oddio, ne avevo proprio bisogno, grazie!".
Quasi Abby pianse per la gioia quando vide arrivarle incontro un piatto fumante di pancake ricoperti di sciroppo d'acero, sollevando poi lo sguardo verso il ragazzo che rise della sua affermazione mentre si sedeva sulla panca davanti a lei, osservandola divorare con un morso dopo l'altro i primi due pancake. 
Lo guardò per qualche secondo dopo essersi svegliata completamente ed aver assunto almeno la metà della sua tazza di caffè, e lo guardò con aria sospettosa, sollevando un sopracciglio e guardandolo dritto negli occhi, notando solo in quel momento che non avesse mangiato neanche un pancake ed il modo nervoso in cui stesse giocando con le sue stesse mani. "Perché mi guardi così? Ho del vomito di bambina sui vestiti?". 
Dean rise ancora e scosse la testa allungando una mano verso la sua per sfiorarla con delicatezza, e sospirò sentendosi per la prima volta meno cattivo dopo tanto tempo, nonostante il senso di colpa per ciò che avesse fatto a Abby e a suo fratello fosse sempre latente dentro di lui. "No, non hai nessun vomito addosso. Ti guardo così solamente perché sei davvero fin troppo bella e mi sei mancata da morire". 
Abby lo guardò negli occhi per un istante con titubanza, mandando giù l'ultimo boccone di pancake e si schiarí la gola, allontanando la propria mano dalla sua ed abbassando lo sguardo sul suo piatto ormai vuoto, scostandolo di qualche centimetro. 
Non era facile per lei affrontare tutta quella situazione, perché Dean aveva già un carattere abbastanza difficile e particolare quando si svegliava con la luna storta, ma adesso che era stato un demone ed aveva commesso un atrocità dopo l'altra tutto si amplificava e complicava. 
Eppure Abby non riuscì ad essere ipocrita con sé stessa, né tanto meno con Dean che aveva capito perfettamente quale fosse il punto della sua rabbia malcelata: Dean le aveva confessato tutto ciò che avesse fatto durante la sua estate con Crowley, non dimenticandosi di menzionare ciò che avesse fatto in quel bar, come l'ubriachezza molesta, le innumerevoli risse.. ed il sesso con quella barista, Anne. 
"Quindi siamo arrivati a questo punto: la colazione perfetta, i complimenti dopo aver badato da sola per giorni a nostra figlia perché tu avevi bisogno di sfogarti. Potresti regalarmi anche dei fiori o dei diamanti e saresti perfetto". 
"Sto solo cercando di aiutarti, Abby.." sussurrò Dean sospirando e tornando a mettersi dritto con la schiena, allargando le braccia. 
La ragazza scosse la testa e si alzò di scatto, sentendosi troppo stanca persino di litigare; sospirò e incrociò le braccia al petto con sconforto misto a rabbia e lo guardò dritto negli occhi mentre ogni tanto gesticolava nervosamente. "No, vuoi rimediare e lo capisco, davvero. Ma io ti ho chiesto del tempo, perché è già difficile occuparmi di Mary completamente da sola, non posso occuparmi anche di te!". 
Dean serrò la mascella e le riservò un'occhiata gelida, alzandosi anche lui dalla panca e dirigendosi verso il ripiano della cucina d'acciaio dietro di lei, appoggiandovi i palmi e sospirando; scosse la testa e si trovò distrattamente ad osservare parte del Marchio che sbucasse dalla porzione di camicia arrotolata quasi fino al gomito, ed in un momento tornarono nella sua mente le immagini di quando avesse inseguito Abby per tutto il bunker con un martello nel tentativo di ucciderla. 
Lo guardò con disprezzo per ciò che lo aveva costretto a diventare e si abbassò velocemente la camicia per non doverlo più vedere. 
"Cosa vuoi che faccia? Dimmelo Abby, faremo prima. Io ti amo, ti ho sempre amata e abbiamo una bambina, una vita insieme. Ma in questi tre mesi non ero io, non avevo controllo su me stesso!". 
Abby lo vide voltarsi nuovamente verso di lei con aria afflitta e dispiaciuta, e lei sapeva quanto le sue parole fossero vere e sapeva benissimo anche quanto l'amasse, eppure in quel momento per Abby nulla di tutto ciò sembrò sufficiente.
Scosse la testa e fece un passo verso di lui, scostandosi i lunghi capelli rossicci dietro la schiena, facendo spallucce e sospirando rumorosamente. "Lo so, infatti razionalmente non ce l'ho con te per quello che hai fatto; ma poi ti guardo e mi chiedo solamente quante altre volte dovrò sentire queste frasi. Perché ci sarà sempre qualcosa del genere fra noi: ieri era la morte di Bobby, oggi è il Marchio, domani chissà. Ed io sono stufa.. quindi da oggi sta un po' con Mary e lasciami del tempo per pensare se è davvero questa la vita che voglio e a cui voglio condannare anche nostra figlia!".

 
 
Il cuore le risalí in gola e venne colta da una forte paura paralizzante quando vide la pistola di Cole puntata dritta verso il petto di Dean, in quel vicolo della strada dove i tre cacciatori erano finiti per inseguire la strega a cui stessero dando la caccia. 
Ed in un attimo tutti i suoi timori tornarono ad attanagliarla: Abby aveva paura di vederlo morire per l'ennesima volta, paura di non rivederlo più, paura di vederlo tornare con gli occhi neri. 
Dentro di lei iniziarono a girare mille pensieri negativi e non importava più che Abby gli avesse detto di volere tempo, di non voler stare con lui perché era davvero confusa dopo tutto ciò che fosse capitato nell'ultimo anno: la paura era tanta che la paralizzò sul posto, bloccandola e rimanendo inerme mentre Sam prendeva in mano la situazione e si avvicinava al fratello ed a Cole, spalleggiando Dean che si aprí completamente con quell'uomo che non avesse smesso di dargli la caccia per vendicare l'uccisione di suo padre avvenuta più di dieci anni prima. 
Abby non disse più neanche una parola per tutto il resto del tempo, rimase in silenzio quando Cole andò via e quando i due ragazzi le dissero che fosse arrivata l'ora di tornare al bunker, mentre Dean guidava velocemente sulle ampie strade per arrivare il più velocemente possibile a casa e rivedere la loro bambina. 
Ignorò le occhiate che Dean le riservasse dallo specchietto retrovisore, abbassando lo sguardo perché dentro di sé sapeva cosa avrebbe dovuto fare: non sopportava più di vedere Dean costantemente sull'orlo del precipizio, lo sentiva urlare durante la notte quando gli incubi avevano il sopravvento tanto da svegliare anche lei e Mary. 
Poi Abby aveva visto Dean perdere  definitivamente il controllo quando, qualche giorno dopo la storia di Cole, Anael fosse apparsa nella sala lettura per chiedere loro aiuto per conto di Castiel, che nel frattempo aveva individuato la figlia del suo tramite Jimmy: Abby aveva visto il modo in cui Dean avesse sterminato la famiglia adottiva poco raccomandabile che Claire si fosse scelta, aveva visto il massacro che avesse fatto ed il modo in cui avesse ucciso tutti quegli uomini uno dopo l'altro senza neanche accorgersene. 
Le costò tanto tenersi in disparate a quella vista, portando Claire via all'esterno della casa per non farle vedere più quell'atrocità, cercando di tranquillizzarla; ma adesso Abby sapeva cosa avrebbe dovuto fare, sapeva come agire e come aiutarlo.
Adagiò silenziosamente il suo borsone pieno di vestiti all'esterno della cucina, per poi schiarirsi la gola mentre entrava nella stanza, osservando il ragazzo seduto al suo posto sulla panca del tavolo che sollevò brevemente lo sguardo verso di lei, per poi abbassarlo nuovamente sul bicchiere pieno e sulla bottiglia mezza vuota che avesse comprato lungo la strada per tornare a casa. 
Dean non disse nulla, ma con una breve occhiata si era già accorto del borsone che Abby avesse portato con sé e della giacca di pelle nera che indossasse. Aveva già intuito cosa fosse venuta a fare la ragazza che avesse davanti e che si morde a il labbro con nervosismo. 
Abby riusciva a leggere sul suo viso marchiato dalla battaglia e nei suoi occhi il dolore e la paura, e ciò le fece più male di ciò che stesse per fare. 
Si avvicinò al tavolo sedendosi sulla panca di fronte a lui e appoggiò i gomiti al tavolo, rubandogli il bicchiere e bevendo qualche sorso di quello Scotch scadente che sorseggiasse per farsi coraggio. "Me ne vado". 
Fu molto concisa e breve limitandosi a guardare nella sua direzione con espressione seria, trattenendo il respiro mentre aspettava una sua reazione; Dean non sollevò il volto né la guardò negli occhi, limitandosi ad accennare un sorriso amaro mentre tornava a giocare con il suo bicchiere come se fosse rassegnato, come se se lo aspettasse e avesse visto arrivare quel colpo da almeno un miglio. "Si, lo avevo capito". 
Abby sospirò e deglutí a fatica, mettendosi più dritta e sperando che lui la guardasse negli occhi, che scorgesse in lei ciò che la sua bocca non stesse dicendo, che la fermasse, ma così non fu: Dean si limitò a restare in silenzio, versandosi un altro bicchiere di Scotch mentre indossava la sua migliore faccia da poker per non farle capire quanto quella scelta lo stesse ferendo, perché non lo stava solamente lasciando, lo stava lasciando in un momento delicato come quello. 
"Dean..". 
Il ragazzo la interruppe bruscamente, scuotendo la testa mentre teneva ancora le spalle curve e gli avambracci appoggiati al tavolo, parlando velocemente e con freddezza, per poi tornare a bere un grosso sorso del suo Scotch badando bene ad evitare il suo sguardo attento. "Non c'è bisogno. Ho capito: non sono la persona giusta per te e vuoi andare via, lo accetto". 
Abby sentí gli occhi pizzicare udendo quelle parole, perché era l'esatto opposto di ciò che volesse dire, eppure non riuscì a dirlo perché se Dean avesse davvero saputo cosa avrebbe avuto intenzione di fare l'avrebbe fermata e avrebbe coinvolto anche Dan; sospirò e si guardò attorno, scuotendo la testa perché la cosa giusta da fare era sempre la più difficile. "Vuoi che porti Mary con me? O vuoi stare un po' da solo con lei?". 
Dean sollevò un sopracciglio mentre ancora fissava il bicchiere, sorprendendosi della sua voce tremante ed incrinata dal dispiacere ma anche del fatto che Abby si fidasse a tal punto da lasciare la loro bambina innocente da sola con lui; perdere Abby era doloroso, ma perdere anche Mary era fuori discussione. 
Scosse la testa e bevve l'ultimo sorso, posando il suo bicchiere completamente vuoto sul tavolo e sollevandosi dalla panca con un forte sospiro, per poi incrociare il suo sguardo per la prima volta da quando avessero iniziato a parlare.
Dean strinse i denti ed i pugni mentre guardava nei suoi occhi e sentiva il cuore battere più velocemente, perché Abby era pur sempre l'amore della sua vita e lo stava lasciando proprio quando aveva più bisogno di lei.
Non avrebbe permesso che portasse via anche sua figlia. 
Scosse la testa e parlò con voce perentoria, guardandola con aria seria. "No, Abby. Mary resta con me". 
Avrebbe voluto fermarlo, dirgli quanto le dispiacesse ma che le cose fra di loro si sarebbero presto appianare, che stesse andando via proprio per lui e che non avesse smesso di amarlo come sicuramente Dean avesse iniziato a pensare; invece rimase ad osservarlo mentre usciva dalla cucina in silenzio, senza aggiungere altro né tanto meno guardarla in viso per un'ultima volta prima di andare via. 
Sentí il rumore dei suoi passi farsi sempre più debole e sospirò, scuotendo la testa ed alzandosi a sua volta dalla panca, mentre si spazzava via le lacrime che fossero scivolate silenziosamente sul suo viso; afferrò il suo borsone e si diresse nel garage, dove accese il motore della amato Hyundai azzurra e sorrise amaramente sfrecciando via dal bunker, pensando che prima o poi tutto si sarebbe sistemato. 
 
 

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Capitolo 51
*** Capitolo 44 ***


Hunter's legacies
Capitolo 44.

 
 
L'odore di cibo troppo cotto e di fumo denso arrivò dritto alle sue narici, mentre il rumore delle risate dei cacciatori e delle palle da biliardo che sbattevano fra di loro giunse alle sue orecchie; il locale era molto rustico, con due enormi sale piene di tavolini tutti occupati e attaccati alle pareti vi erano dei poster delle rockband più famose di tutti i tempi, le targhe più grandi e luminose, dei diversi attrezzi musicali. 
Abby si ritrovò ad accennare un sorriso molto divertito perché quel luogo somigliava dannatamente alla Road House, luogo in cui avesse passato gran parte della sua infanzia e adolescenza, ed il suo cuore si riempì di calore e amore pensando a Jo ed Ellen. 
Si mosse all'interno del locale evitando le occhiate che i cacciatori le riservassero, avvicinandosi al bancone e sedendosi su uno degli alti sgabelli; si guardò attorno fino a quando individuò il barista intento a servire uno dei cacciatori appena arrivati, ridendo e divertendosi insieme a lui, ed Abby ebbe il tempo di osservarlo per bene: gli occhi grandi e nocciola spiccavano sul suo viso adornato da dei capelli castani mossi lunghi fino alle spalle, mentre la barba scura di media lunghezza lo rendeva molto affascinante e misterioso e una cicatrice dall'aria molto vecchia spiccava sul suo sopracciglio sinistro interrompendo la linea dritta dei peli, dandogli l'aspetto di chi incutesse soggezione e paura a chiunque gli stesse vicino. 
Il fisico massiccio, le braccia muscolose, l'altezza pari quasi a un metro e novanta cinque, non facevano altro che amplificare l'alone di mistero attorno a sé. 
Il barista corrispondeva esattamente alla descrizione che fosse riuscita ad estorcere ad un demone mentre lo torturava per avere più informazioni, dopo aver lasciato il bunker da ormai tre giorni ed evitando tutte le telefonate di Sam e di Dan, che si chiedessero dove fosse finita e perché non rispondesse loro; il piano b di suo fratello consisteva nel mandare Anael a cercarla, che la trovò solamente la sera precedente e cercò di capire cosa stesse facendo nell'Illinois, a Summerfield, tutta sola e senza aver detto a nessuno il motivo della sua partenza. 
Abby l'aveva rassicurata e le aveva detto di andare via, perché nonostante Anael fosse l'unica persona di cui si fidasse davvero, non voleva coinvolgerla in ciò che stesse facendo; suo malgrado l'angelo dai lunghi capelli biondi aveva deciso di andare via e di tornare da Castiel, che da poco si fosse ripreso da quanto successo alla figlia del suo tramite. 
"E tu chi sei, bellezza? Non ti ho mai visto da queste parti!". 
Sollevò lo sguardo da cerbiatta verso il barista che si fosse interamente sporto dal bancone per guardarla con un sorriso, studiandola in un modo invadente come probabilmente nessuno avesse mai fatto con Abby. 
Il barista indugiò sul suo viso ed i suoi occhi, per poi allargare il suo sorriso mentre attendeva una risposta dalla ragazza. 
Abby provò un leggero imbarazzo, ma si sforzò di rimanere il più seria possibile mentre guardava nei suoi occhi nocciola da più vicino. "Voglio del Whisky doppio. Liscio". 
Il ragazzo parve impressionato, tanto che sollevò un sopracciglio e la guardò con aria colpita, annuendo ed allontanandosi quel tanto che bastasse per prepare ciò che avesse ordinato ed informare il secondo uomo dietro al bancone di prendere gli ordini anche per lui, perché avrebbe passato più tempo con la nuova ragazza appena entrata e che non era passata di certo inosservata: i cacciatori non avevano smesso di toglierle gli occhi di dosso da quando avesse messo piede nel locale un po' perché indossava uno dei suoi soliti paia di jeans super attillati, un top chiaro e solamente una giacca di pelle, un po' perché molti avevano sentito parlare di lei e l'avevano riconosciuta, stupiti di trovarla da sola. 
Il barista le porse il suo drink e tornò ad appoggiarsi con i palmi sul bancone, inarcando appena la schiena e sorridendo, non accennando a muoversi da lì; Abby lo ignorò per qualche istante, portandosi alle labbra il bicchiere e bevendone qualche sorso, sentendo la gola ed il petto in fiamme per l'alto tasso alcolico della bevanda che avesse appena ingerito, e poco dopo sollevò lo sguardo continuando a guardarlo con aria interessata. 
"Cosa ci fa una ragazza come te in un locale come questo, tutta sola?" chiese il ragazzo sollevando un sopracciglio ed osservandolo per bene. 
Abby ricambiò quell'occhiata innocente e per qualche istante lo studiò, notando quanto fosse davvero attraente e come i suoi occhi scuri fossero così luminosi, e solamente per un istante le ricordarono lo sguardo più spensierato che aveva Dean quando lo conobbe, prima di finire all'inferno e cambiare. "Ma adesso non sono più sola, giusto Edward Randall?". 
Il ragazzo sollevò un sopracciglio e scemò leggermente il suo sorriso, guardando nei suoi occhi azzurrissimi con aria sorpresa mentre ondeggiava il bicchiere piena con la mano sinistra, sorridendo nella sua direzione con aria compiaciuta. "A questo punto sono in svantaggio: sai il mio nome, ma io non conosco il tuo". 
"Non è importante.." sussurrò Abby facendo spallucce mordendosi il labbro inferiore, scuotendo la testa e sorridendo. "Si dice in giro che tu sappia tante cose perché gestisci questo posto: i cacciatori vengono qui nel ritrovo dei cacciatori parte II dopo la Road House di Ellen e tu li ascolti tutti quanti. Hai un'informazione che mi serve". 
Edward aggrottò le sopracciglia e appoggiò i gomiti sul bancone, piegando la schiena ed avvicinandosi alla ragazza per guardarla con curiosità, scorgendo nei suoi occhi chiari un lampo di malinconia che presto però Abby si affrettò a nascondere, e Edward pensò che ciò fosse proprio una caratteristica che contraddistinguesse tutti i cacciatori. "Tu conoscevi Ellen?". 
Abby sospirò appena, portandosi alle labbra il bicchiere nuovamente per bere un sorso più lungo e fece spallucce, pensando che quel ragazzo dall'aria più grande di lei e molto sicura di sé sapesse di sicuro tante cose che le avrebbero fatto davvero comodo. "Si, era molto importante per me. Così come Jo". 
Edward annuí e percepí ancora malinconia e tristezza nelle sue parole e nei suoi occhi, sentimenti che anche lui conosceva bene dopo tutto ciò che avesse passato, così le fece segno di aspettarlo per un istante e si allontanò di qualche passo dirigendosi verso la riserva degli alcolici e prendendo due bicchieri puliti, ammiccando nuovamente nella sua direzione e facendole segno di seguirlo. 
Abby bevve l'ultimo goccio e si alzò velocemente, osservando il ragazzo scavalcare il bancone e dirigersi verso uno dei tavoli più appartati e solitari in fondo alla sala laterale, dove nessuno avrebbe potuto disturbare la loro conversazione, e la ragazza sentí degli sguardi di alcuni cacciatori su di lei, riconoscendoli immediatamente come amici di Sam e Dean, immaginando che le notizie sarebbero volate in fretta. 
Si sedette al tavolo, notando Edward già seduto mentre versare dell'abbondante Tequila in entrambi i bicchieri e sorrise, afferrandone uno e facendolo scontrare con quello dell'uomo davanti a sé, bevendo successivamente qualche sorso e dovendo ammettere che quel posto servisse davvero della roba ottima; Edward accennò un sorriso ed estrasse dalla tasca della sua giacca un sigaro. 
Abby lo osservò mentre lo bloccava fra i denti perfettamente bianchi e poi con il suo zippo lo accese, iniziando a fumare proprio al suo fianco. 
Storse appena il naso, perché detestava l'odore impregnate che emanasse il sigaro, ma ad Edward pareva non importare dato il modo in cui espirasse fuori il fumo. 
"Allora, ragazza misteriosa: eri amica di Ellen e Jo, che si dia il caso siano state le persone che mi hanno iniziato a questo lavoro, e piombi qui dicendomi che potrei sapere delle cose che ti interessano per, mmh, cosa? Una caccia? Sei sicura di poter cacciare da sola, poi? Andiamo, una donna come te?". 
Abby sollevò un sopracciglio ed accavallò le gambe in modo elegante, osservando come Ed non avesse perso il suo movimento con un sorriso sul viso, non apprezzando il tono autoritario che l'uomo avesse usato con lei. "Potrei farti fare la figura dell'idiota davanti a tutti i tuoi amici qui dentro mentre mi faccio una manicure, quindi ti conviene non provocarmi, Ed; non sono dell'umore per fare stupidi giochetti quindi andrò dritta al sodo: hai delle informazioni che potrebbero servirmi. Voglio solo quelle, poi me ne andrò". 
Edward accennò un sorriso compiaciuto e divertito e scosse la testa mentre continuava a fumare il suo sigaro, per poi prendere un sorso del suo bicchiere ma non distogliendo mai gli occhi scuri dai suoi, notando la lama angelica che Abby portasse nel cinturino dei pantaloni quando la ragazza si mosse per sistemarsi più comodamente sulla sedia. "E chi dice che io abbia le informazioni che ti servono?". 
"Un demone". 
"I demoni mentono, rossa". 
"Non quello che ho torturato io". 
L'uomo tornò a sorridere dopo quel breve scambio di battute ed iniziò a pensare che probabilmente la ragazza davanti a sé facesse sul serio, così appoggiò i gomiti sul tavolo e sospirò rumorosamente, guardandola dopo qualche secondo con aria più seria. "E io che ci guadagno?". 
Abby scosse la testa e sospirò, copiando i suoi movimenti ed avvicinandosi sul tavolo, inarcando le sopracciglia con aria irritata. "Soldi, armi, protezione: decidi tu, non mi interessa. Basta che mi dici dove posso trovare Dylan Corbin". 
"Dylan Corbin? Il veggente eremita in pensione?" chiese Edward ridendo di gusto, guardandola con espressione ironica ed iniziando a pensare che lo stesse prendendo in giro, ma quando indugiò sul suo sguardo serio capí che ci fosse poco fa scherzare e tornò serio. "Sai che si dice che Dylan sia morto, giusto?". 
Abby sorrise compiaciuta di aver pilotato la conversazione fino a quel punto ed estrasse dalla sua giacca una piccola busta bianca, dalla quale fece uscire delle foto di alcune telecamere di sicurezza che ritraessero proprio Edward insieme all'uomo che stesse cercando, e lo vide sollevare un sopracciglio con espressione sbalordita, dischiudendo appena le labbra. 
Picchiettò le unghia lunghe sulla foto, cerchiando con una linea immaginaria il volto di Dylan e poi il suo, per poi tornare a guardarlo con aria dura. "Vedi Edward: avrei potuto puntarti una pistola alla testa e costringerti a dirmi dove sia l'uomo che sto cercando, ma invece te lo sto chiedendo con gentilezza anche se non ho tempo da perdere. Quindi te lo ripeto un'altra volta: dov'è Dylan Corbin?". 
Edward guardò a lungo nei suoi occhi determinati ed annuì in silenzio. Sorrise divertito bevendo un lungo sorso di Tequila e facendo spallucce, per poi riappoggiare il bicchiere vuoto sul tavolo con aria sospettosa: in fondo non la conosceva, non sapeva neanche quale fosse il suo nome e ciò per un cacciatore era vitale, in quanto gli sarebbe bastato fare una telefonata per scoprire tutto ciò che ci fosse da sapere su di lei entro pochi minuti, eppure i suoi occhi ed il suo viso gli fecero credere di potersi fidare, come il fatto che Abby non avesse avuto alcuna reazione bevendo la Tequila mischiata all'acqua Santa con cui correggesse costantemente i suoi alcolici per essere sempre informato su che gente frequentasse il suo bar. "Bene rossa, ti aiuterò ma a due condizioni: ti accompagnerò io da Dylan dato che lui non ama le sorprese e potrebbe ucciderti prima che tu possa varcare la soglia del suo guardino". 
La ragazza sollevò un sopracciglio ed alzò gli occhi al cielo, lo guardò con aria infastidita perché non aveva davvero tempo per perdersi dietro ad un'eventuale scontro fisico con Edward per costringerlo a parlare, così sospirò e annuí con aria seria. "Qual è la seconda condizione?". 
L'uomo si avvicinò di più sul tavolo guardandola con aria perentoria per diversi istanti mentre scrutava nei suoi occhi come a poter leggere dentro di lei, senza però ottenere dei risultati dato che Abby conoscesse bene come celare tutto ciò che non volesse mostrare alle altre persone. "Lunghi capelli rossi, giubbotto di pelle, aria da impertinente ed anche un po' viziata, per non parlare del modo in cui alcuni cacciatori ti guardano. Tu sei Abby Harrison, non è vero? La ragazza con l'anima antica: ho sentito parlare di te".
La ragazza quasi sorrise divertita dalle sue parole ed annuí mentre lo guardava, alzandosi dalla sedia ed avvicinandosi di qualche passo senza mai lasciare i suoi occhi. "Nella mia descrizione hai dimenticato di aggiungere che sono anche tremendamente impaziente: ti do cinque minuti, se entro allora non sarai accanto a me in auto giuro che troverò un altro modo per attirare la tua attenzione, e non sarà piacevole per te". 
Lo sentí ridere di gusto mentre lei si voltava per tornare sui suoi passi per uscire dal locale, passando nuovamente fra i cacciatori che la sua famiglia conoscesse bene e che la guardassero con aria curiosa, ed Abby si chiese quanto tempo Dean avrebbe impegnato per presentarsi lì e pretendere delle spiegazioni, mentre sentiva i passi dell'uomo alle sue spalle. 
 
 
Misè del ghiaccio sintetico sullo zigomo sinistro per evitare che spuntasse un grosso ematoma, sbuffando e muovendosi nella sua camera del motel; sentí il telefono squillare per l'ennesima volta e lesse il nome di suo fratello, ma Abby non rispose perché era fin troppo stanca per quella notte. 
In più erano già trascorsi sei giorni dall'ultima volta che avesse visto sua figlia ed iniziò a mancarle più di quanto immaginasse, desiderando solamente che le ore passassero e che riuscisse a riposare per rimettersi in viaggio il più presto possibile e per terminare ciò che avesse iniziato, per poi tornare al bunker dove avrebbe rivisto la sua famiglia. 
La sua attenzione fu rivolta verso la porta della stanza, quando udì due nocche sbattervi contro e facendole sollevare lo sguardo: spense la TV che tanto non stesse neanche seguendo e si alzò silenziosamente dal letto, lasciando il ghiaccio sul tavolo e prendendo la sua pistola per sicurezza, che però capì di non aver bisogno di usare quando guardò dallo spioncino. 
Aprì e sorrise brevemente, osservando il viso del ragazzo che avesse viaggiato con lei per due giorni per arrivare fino a Denver, Colorado. 
"Come va la faccia?". 
Abby sorrise e scosse la testa, voltandosi per posare nuovamente la pistola sul tavolo e riprendere fra le mani il ghiaccio sintetico per tornare a premerlo contro il suo viso, sedendosi nuovamente sul bordo del letto. "Non è niente: ne ho viste di peggiori". 
Edward sorrise amaramente e si chiuse la porta alle spalle, avanzando nella stanza spartana fino a voltare la sedia del piccolo tavolo per sedervisi a cavalcioni, appoggiando le braccia contro la spalliera mentre continuava a fissarla con curiosità: gli dispiaceva che Abby si fosse fatta male, ma Edward le aveva detto di lasciare che andasse a parlare per primo con Dylan per informarlo della sua presenza, intimandole di rimanere nascosta e protetta dietro le sue spalle, ma Edward si rese conto di quanto cocciuta e orgogliosa fosse la donna seduta davanti a sé quando l'aveva vista avanzare spavalda verso Dylan, che si difese scagliandola con la mente contro la parete più vicina. "Allora, sei soddisfatta dell'informazione che ci ha dato Dylan?". 
"Si, ho ottenuto quello che volevo, ma il mio viaggio non è ancora finito.." sussurrò Abby sospirando ed abbassando lo sguardo, togliendo il ghiaccio dal viso e poggiandolo sul letto al suo fianco, sfregando le mani ormai fredde per riscaldarle. 
Per qualche istante i due ragazzi seduti uno davanti all'altra si scambiarono un'occhiata complice, una di quelle che Abby avesse scambiato solamente con pochissime persone nella sua vita. 
Sorrise pensando al fatto che in quei due giorni di viaggio verso il Colorado, Abby si fosse trovata a ridere insieme ad Edward senza neanche rendersene conto. 
Nonostante l'inizio turbolento al locale in cui Abby lo avesse trovato insopportabile ed irritante, trascorrere del tempo insieme a lui le aveva fatto capire che Edward non fosse poi così male. 
Fare amicizia o conoscersi meglio non faceva parte dei piani, eppure Abby e Edward avevano passato le ore in auto e gli interi pasti a parlare senza sosta: delle cacce, delle loro vite, di dove sarebbero voluti essere a quel punto della vita. 
Aveva pensato che aprirsi con uno sconosciuto fosse sempre stata un'idiozia, invece con Edward ebbe la sensazione di poter parlare di qualsiasi cosa senza mai essere giudicata e lui non era mai stato troppo invadente. 
Abby era rimasta sorpresa di come lei stessa si fosse aperta con Edward, di come le sue stupide battute la facessero ridere e di come apparisse delicato e riservato quando il telefono di Abby continuava a squillare e non fece neanche una domanda. 
Era stato molto umano e protettivo nei suoi confronti, qualità che era raro trovare in un cacciatore. 
E poi, pensò Abby, sembrava proprio che viaggiassero sulla stessa  lunghezza d'onda. 
Abby accennò un sorriso sincero e respirò lentamente tornando con i pensieri nella sua stanza del motel, facendo spallucce e mordendosi appena il labbro con nervosismo mentre guardava nei suoi occhi nocciola. "Grazie per avermi portata da Dylan comunque. Mi ha aiutata, ed anche tu". 
Edward ricambiò il sorriso ed annuí facendo semplicemente spallucce, lasciando scivolare il suo sguardo su di lei come aveva fatto durante quei due giorni che passarono insieme a stretto contatto; l'uomo si alzò in silenzio e le si avvicinò disponendosi fra le sue cosce rimanendo in piedi con un gesto innocente e privo di malizia, piegandosi sui talloni per accedere meglio al suo viso e poggiarle il ghiaccio sullo zigomo con delicatezza, facendole chiudere di scatto gli occhi e gemere appena per il dolore di quel contatto. "Mi spiace che Dylan ti abbia fatto questo, rossa". 
"Non è colpa tua, avrei dovuto ascoltarti". Abby sorrise e scosse appena la testa, mordendosi il labbro mentre vedeva il modo in cui la guardasse.
Si schiarí la gola e distolse lo sguardo ripensando per un istante al modo in cui Dylan l'avesse colpita con la magia non appena fosse entrata nella sua proprietà insieme a Edward, che subito l'aveva protetta ed aveva assicurato per lei al veggente, con cui poi avesse intrapreso una seduta spiritica per rintracciare il vero obiettivo della ragazza. 
Il veggente aveva proprio un bel caratterino e aveva dimostrato di non fidarsi delle persone che non conoscesse, nonostante i suoi poteri profetici. 
"Allora Edward, come vuoi essere ripagato per avermi portata da Dylan? Soldi? Armi? Senza contare che mi hai anche salvato la vita". 
L'uomo sorrise più ampiamente sentendosi divertito per il tono ironico che avesse usato Abby e si sedette accanto a lei sul letto, continuando a pressare il ghiaccio sul suo viso con delicatezza e scuotendo la testa, mentre guardava nei suoi occhi azzurri e si sentiva improvvisamente incapace di separarsene. 
Si schiarí la gola ed abbassò lo sguardo solo per qualche istante, e ad Abby diede l'impressione di essere un semplice ragazzo un po' impacciato e con i modi gentili, e non un cacciatore dal cuore mutato in pietra come tutti gli altri.
Edward fece spallucce e guardò la ragazza con un sorriso divertito. "Avevo in mente un tipo diverso di ricompensa, veramente". 
Abby sollevò un sopracciglio come una molla e si allontanò quel tanto che bastasse per guardarlo meglio mentre ancora Edward le pressava il ghiaccio sintetico sullo zigomo; lo guardò con aria confusa, non riuscendo a capire dove volesse arrivare il ragazzo con quella strana affermazione, ma presto lo sentí ridere di gusto ed Abby si tranquillizzò. 
"Sta tranquilla! Voglio solamente invitarti a cena per l'ultima volta prima che tu riparta".
La ragazza rise di gusto e scosse la testa, perché non era più abituata a ricevere le attenzioni degli uomini e quasi le sembrò strano e assurdo che Edward la stesse invitando a passare l'ultima sera insieme mentre ancora si prendeva cura del livido sul suo viso con dolcezza. 
Così scosse la testa e gli parlò con tono molto ironico. "No! Perché vorresti farlo?".
Accennò un sorriso imbarazzato e Edward abbassò lo sguardo per qualche istante, mordendosi il labbro e grattandosi nervosamente la nuca, ed a Abby parve un po' ridicolo data la sua stazza paragonabile ad una grande montagna di muscoli. 
Ma quando tornò a guardare la donna seduta accanto a sé, Edward non fece in tempo ad incrociare il suo sguardo che il suo cuore prese a battere più velocemente, facendogli intuire che non avesse mai provato alcun interesse per una donna, come quello che stesse provando per Abby in quei giorni. "Beh che domande, rossa: perché mi piace la tua testa, il modo in cui ragioni. Sei diversa da come ti descrivono gli altri cacciatori". 
"Ti aspettavi borchie sporgenti, lingua biforcuta e occhi rossi come Lucifer?" chiese Abby sorridendo e sistemandosi meglio accanto a lui mentre si meravigliava sempre di più di sé stessa, perché in quei giorni aveva soddisfatto le curiosità di Edward spiegandogli la storia che la legasse a Syria, ma che non avesse niente a che fare con lei.
Senza rendersene conto e senza un motivo apparente, Abby si era ritrovata a fidarsi di lui. 
Edward sollevò un sopracciglio e rise insieme a lei, annuendo in modo divertito. "No. Ma non mi aspettavo neanche di trovarti così dannatamente interessante e sexy, di voler sapere tutto di te fino al punto di farmi desiderare di non lasciarti andare per la tua strada". 
Abby rimase in silenzio ad ascoltare le sue parole mentre teneva gli occhi puntati nei suoi nocciola; sentí il cuore iniziare a battere più velocemente specialmente quando notò Edward toglierle il ghiaccio sintetico dal viso ed accennare un'espressione preoccupata mentre osservava l'ematoma che sarebbe spuntato sulla sua guancia. 
Sospirò leggermente e tornò a guardare nei suoi occhi azzurri, trovandola nervosamente in attesa di una sua mossa e Edward rise divertito.
Avrebbe detto qualcosa per tranquillizzarla e sistemare la situazione, ma Edward non ne ebbe il tempo, perché la porta della stanza si aprì di scatto facendo sobbalzare entrambi e facendoli alzare immediatamente; Abby vide Edward estrarre una pistola dalla guaina della sua cintura e sollevarla immediatamente verso l'uomo che avesse fatto irruzione, quasi scardinando la porta. "Chi diavolo sei?!". 
Abby sgranò gli occhi e per un momento rimase paralizzata ad osservare quella scena quasi ironica per lei, tanto da iniziare a pensare che la sua vita fosse proprio strana e buffa; la ragazza ritrovò l'uso delle gambe e della parola, mettendosi immediatamente fra i suoi uomini che si puntassero le pistole contro e si guardavano in cagnesco, senza un reale motivo. "Abbassate le pistole tutti e due, subito!". 
"Che sta succedendo, Abby?". 
La voce di Edward arrivò alle sue orecchie, ma Abby rimase voltata verso Dean che non smetteva di guardare l'uomo sconosciuto con un odio tale che lo avrebbe ucciso con lo sguardo se solamente avesse potuto e sicuramente avrebbe premuto il grilletto per ucciderlo se Abby non si fosse messa fra loro; Abby afferrò delicatamente le sue braccia per poi far scivolare le mani fino alla sua arma, mentre gli occhi di Dean si scostarono da quelli di Edward per incrociare quelli azzurri di Abby. "Lascia la pistola, va tutto bene". 
"Spostati". 
"No. Non lo ucciderai. Non ucciderai nessuno stanotte". 
Dean respirò profondamente mentre cercava nei suoi occhi azzurri la ragione per cui non avrebbe dovuto ucciderlo, sforzandosi di ignorare il Marchio ed il modo in cui risuonasse dentro di lui, incoraggiandolo a spostare la ragazza e colpire quell'uomo alle sue spalle; ma poi Dean vide lo zigomo ferito della ragazza e sgranò gli occhi, e Dean usò tutta la sua forza di volontà per abbassare la pistola per riporla nel cinturino dei pantaloni e concentrarsi su Abby, sfiorandole appena la pelle della guancia. "Ma che è successo? Che ci fai qui, ragazzina?".
Cerco di salvarti il culo pensò Abby accennando un sorriso imbarazzato, voltandosi poi verso Edward che la guardava con aria seria e preo preoccupata mentre  ancora impugnava la sua arma, ed intimandogli di abbassarla velocemente.
Sospirò muovendosi nella stanza ed allontanandosi da Dean solamente di pochi passi, rimanendo comunque fra i due ragazzi per placare qualsiasi altra scintilla che sarebbe potuta sfociare in una lite. "Dean, lui è Edward Randall. Edward, questo è Dean Winchester". 
Edward fece una smorfia e scosse la testa mentre incrociava lo sguardo arrabbiato dell'uomo davanti a sé, e fece un passo avanti per raggiungere la ragazza mettendosi al suo fianco. "Beh, molto piacere Dean. Non ti hanno forse ancora spiegato come funziona una porta? Di solito si entra nella stanza di un cacciatore solamente dopo aver ricevuto il permesso per evitare che ti faccia un buco fra gli occhi, imbecille!". 
A sentire quel tono infastidito e saccente, Dean fece un istintivo scatto in avanti iniziando a vedere tutto rosso per via della rabbia che gli provocasse il Marchio, e avrebbe provato a colpirlo se solamente Abby non gli avesse sbarrato la strada ancora una volta, conscia che a lei non avrebbe mai fatto del male, e lo tirò indietro dalle braccia. 
Dean spostò lo sguardo furioso su quello di Abby e la guardò in cagnesco, chiedendosi perché lo stesse ostacolando in quel modo, ma si scrollò la sua presa di dosso e cercò di calmare il suo respiro. "Perché lo stai proteggendo?". 
La ragazza scosse la testa ed iniziò a perdere la pazienza, spingendo Dean con forza per farlo indietreggiare verso la porta mentre lo guardava con aria seria. "Sto proteggendo te dal fare qualcosa di stupido di cui potrai pentirti quando la sete del Marchio sarà placata e tornerai te stesso! Adesso vieni con me". 
Dean la guardò negli occhi cercando di respirare e di calmarsi, abbassando poi lo sguardo incapace di sostenere quello della donna perché una parte di lui sapeva che avesse ragione. 
Aveva fatto irruzione in quella stanza senza neanche un avvertimento ed aveva minacciato di uccidere quel cacciatore che stesse alle spalle della ragazza, continuando a guardarlo come se fosse un grosso e cattivo grizzly sanguinolento. 
Dean sospirò rumorosamente e si lasciò guidare quasi fino alla porta, dove Abby gli intimò di aspettarla fuori e che sarebbe uscita subito dopo di lui, ma qualcosa scattò in Dean quando udì Edward continuare a parlargli con lo stesso tono di scherno di poco prima. 
"Ha ragione, dovresti andartene. Qui abbiamo tutto sotto controllo: penserò io ad Abby". 
Non ebbe neanche il tempo di rendersi conto di ciò che stesse succedendo che Dean fu addosso a Edward, facendolo ruzzolare sul pavimento della stanza e mettendosi a cavalcioni su di lui per iniziare a colpirlo ripetutamente. 
Ma Edward era anche un abile combattente, oltre che un ottimo cacciatore, e presto si liberò della sua presa sollevandolo con forza ed iniziando a restituire i colpi che avesse incassato poco prima fino a trovarsi le mani imbrattate del sangue di Dean. 
Ruppero i soprammobili, il tavolino basso di vetro su cui Abby avesse posto il suo borsone, la televisione. 
Continuarono a colpirsi per tutta la stanza senza neanche una vera ragione: Dean era entrato nella stanza in quel modo brusco e Edward aveva estratto la sua pistola per difendersi. 
Dopodiché il caos. 
Non fu facile per Abby mettersi fra i due uomini questa volta, separare due bestioni come loro era pressoché impossibile, mentre li osservava continuare a colpirsi l'un l'altro; furono inutili i richiami e le richieste di fermarsi, perché nessuno dei due volle ascoltarla. 
Così presa dalla sconforto e anche un po' dall'agitazione, Abby decise che sparare un colpo in aria con la sua pistola caricata a sale fosse il modo giusti per attirare la loro attenzione; Edward e Dean sobbalzarono e si allontanarono quel tanto che bastasse per voltarsi verso di lei ed Abby ne approfittò per spingere indietro Dean dal petto e tirare via Edward di peso, spingendolo fuori dalla stanza e frapponendosi subito fra Dean e la porta, sbarrandosela alle spalle e chiudendo gli occhi istintivamente per paura che potesse colpire anche lei mentre lo vedeva avvicinarsi velocemente. 
Forse fu quel gesto che fece tornare Dean in sé, che scorse la paura negli occhi di Abby, o forse fu il fatto che il Marchio avesse smesso di pulsargli sul braccio perché si fosse saziato a sufficienza, facendo sì che Dean riuscisse a calmarsi quel tanto che bastasse per sollevare le mani ed osservarle sporche di sangue di quell'uomo che neanche conosceva. 
Abby deglutí a fatica e sospirò, conscia di aver appena scampato una brutta situazione che sarebbe potuta peggiorare, e tornò a guardarlo negli occhi fingendo un sorriso di rassicurazione. "Ti prego Dean, ti prego. Aspettami qua. Controllo solamente che Ed stia bene e poi torno subito e verrò con te se è questo che vuoi, ma per favore, non uscire dalla stanza senza di me. Ti prego". 
Dean sgranò appena gli occhi e la guardò perplesso, perché non aveva mai sentito Abby supplicare lui o qualcunaltro in quella maniera così disperata, mentre lo guardava con aria preoccupata; annuí lentamente e si voltò perché incapace di sostenere il suo sguardo, dirigendosi verso il bagno per lavare via il sangue dalle sue mani e dal suo viso, pulendo le ferite che Edward fosse riuscito a fargli. 
Abby sgattaiolò fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle ed avviandosi a grandi passi verso la stanza del suo amico dove trovò la porta ancora aperta, segno che Edward avesse capito che sarebbe andata al più presto da lui per controllare come stesse; entrò in silenzio e si chiuse la porta alle spalle, avvicinandosi velocemente al ragazzo con le spalle incurvate e i gomiti appoggiati al lavandino del bagno, intento a disinfettarsi il taglio che Dean gli avesse aperto sullo zigomo a suon di pugni. 
Alla vista del sangue e della ferita, Abby provò la sensazione sgradevole di nausea e di un conato di vomito che volesse risalirle lungo la gola, ma scosse la testa e lo mandò giù: Dean aveva dei problemi molto gravi con la gestione della rabbia da quando il Marchio lo controllava e avrebbe dovuto trovare una soluzione al più presto, prima che un altro innocente come Edward ne pagasse le conseguenze. 
Strinse gli occhi per un secondo perché le dispiaceva davvero tanto che un uomo per bene come lui fosse rimasto invischiato negli strascichi della sua vita, così avanzò nel bagno fino ad arrivare al suo fianco e si legò i capelli in una crocchia improvvisata intercettando il suo sguardo confuso dallo specchio, e gli tolse di mano il disinfettante per iniziare a tamponare la ferita sul suo viso. 
Ma Edward era così tremendamente alto da ricordarle Sam, così gli prese una mano fra le sue per portarlo con sé fuori dal bagno e lo costrinse a sedersi sulla sedia accanto al tavolino, dove posizionò la cassetta del pronto soccorso ed iniziò ricucirgli velocemente la ferita. 
Rimase in silenzio, sforzandosi di concentrarsi sulle ferite che avesse sul viso ed iniziò a tamponarle tutte col disinfettante, preparando l'occorrente per cucire l'unica ferita che avesse bisogno di un punto o due; ma venne distratta dalla sguardo di Edward che non smetteva di guardarla nello stesso modo in cui avesse fatto prima che Dean li interrompesse e che rovinasse quella giornata. 
Strinse le labbra per trattenere un sorriso e quell'accenno che aveva lasciato trasparire, scemò non appena lo sentí gemere quasi silenziosamente quando strinse il primo punto. 
"Sono tremendamente dispiaciuta, Ed. Dean non avrebbe dovuto farti del male, non avrebbe neanche dovuto essere qui, dannazione". 
Abby continuò a tenere i due lembi della sua pelle dello zigomo uniti dal filo che stesse usando, per mettere il secondo ed ultimo punto, ma questa volta dalle labbra di Edward non uscì neanche un sospiro di dolore. 
Continuava a guardarla, ma questa volta aveva accennato un sorriso sereno e tranquillo, ed Abby questa volta non si sottrasse da quello sguardo; Edward le sfiorò il volto, notando come il suo zigomo fosse ormai quasi del tutto sgonfio per via del ghiaccio che avesse applicato, ma sapeva che purtroppo l'ematoma sarebbe apparso e avrebbe rovinato il suo bel viso. 
Solamente quando Edward le sfiorò la pelle del viso Abby si rese conto di quanto vicina si fosse spinta, insinuandosi fra le sue cosce aperte per ricucirlo e disinfettare le restanti ferite. 
Abbassò lo sguardo e stava per allontanarsi, quando Edward la bloccò per il braccio e si schiarí la voce, guardandola con aria sospettosa. "Tu e quel tipo.. Dean.. State ancora insieme?". 
La ragazza sospirò lentamente scuotendo appena la testa e deglutendo a fatica, perché non aveva idea di come avrebbe potuto spiegare ciò che ci fosse fra di loro, eppure dal modo in cui l'uomo le avesse rivolto la domanda aveva capito che fosse a conoscenza della loro storia. In fondo stava parlando con un uomo che gestiva un bar per cacciatori: chissà quante brutte storie storpiate ha sentito su di noi, pensò Abby. "È complicato". 
Edward la guardò dubbioso per qualche istante e sollevò le sopracciglia, guardandola con aria incredula perché non poteva credere che una persona come lei potesse stare con un tipo come Dean Winchester; pensava che fosse più intelligente di così e meritasse di più nonostante la conoscesse davvero da poco. 
Abby parve cogliere quel particolare pensiero e si liberò della presa delicata sul suo viso, aggrottando le sopracciglia guardandolo quasi in cagnesco perché Edward non poteva giudicare il suo legame con Dean senza neanche conoscerlo.
Non ebbe bisogno di dire nulla, Edward capì subito cosa l'avesse infastidita in quel modo e sospirò leggermente facendo spallucce, mentre la guardava dritta negli occhi con espressione più seria del solito. "Sono un cacciatore da tutta la vita, Abby. E ho visto solamente pochi esseri attaccare con la stessa ferocia con cui Dean ha attaccato me stasera". 
Si irrigidí e si morse il labbro, sentendosi tremendamente adirata nei suoi confronti: Dean non era feroce. 
Non aveva mai fatto male a nessuno se non quando era strettamente necessario.
Dean salvava gli innocenti. Permetteva loro di avere una vita, sacrificando ogni giorno la proprio.
Non era come gli altri cacciatori lo descrivessero.
Abby lo sapeva, lo conosceva. Viveva con lui da ormai dieci anni. 
Eppure Dean non era più lo stesso di qualche mese prima, non da quando avesse accettato il Marchio da Caino. 
Tornò a guardare nei suoi occhi nocciola e si ritrovò sul punto di raccontargli l'intera storia solamente per dimostrargli che Dean non fosse un mostro, eppure come avrebbe potuto spiegargli che quello che avesse conosciuto lui non era il vero Dean Winchesters, ma una versione oscura governata dal Marchio? 
Fece spallucce e sospirò, lasciando andare tutta quella rabbia che avesse dentro e sorrise ironicamente nella sua direzione, incrociando le braccia al petto. "Tu lo hai provocato, Edward. Stavo per portarlo via dalla stanza, ma tu hai dovuto fare l'idiota con la tua frase e Dean ha perso il controllo". 
La ragazza lo vide cambiare espressione fino ad esplodere in una risata di cuore, sciogliendo quell'espressione tanto seria che avesse messo su e scosse la testa, mettendosi una mano sul petto ed inclinando la testa all'indietro per ridere più forte mentre ammetteva silenziosamente la sua colpa. 
Dopo pochi secondi, nei quali Abby lo guardò con aria di disapprovazione mentre scuoteva la testa ma tratteneva una risata, Edward tornò più serio ma sorrise ugualmente mentre la guardava, sporgendosi leggermente più avanti per avvicinarsi di più a lei. "Che posso dire, rossa? Adoro provocare, adoro le risse e adoro le donne belle e intraprendenti come te. E poi, che io sia dannato se alla fine ti lascerò tornare insieme a lui". 
Abby sgranò gli occhi per la sorpresa e per la sfrontatezza con cui le avesse parlato, notando il modo in cui la stesse guardando e si sentí arrossire; lo fulminò con lo sguardo ed indietreggiò per poi voltarsi e gettare le garze sporche nel cestino che vi fosse accanto al piccolo frigo di quella stanza. "Tu non sai di che parli e decisamente non mi conosci, Edward. Passare due giorni con me non ti dà il diritto di pens-.. Oh..".
Abby sgranò gli occhi e si irrigidí quando si voltò di scatto per tornare a guardarlo, trovandolo in piedi dietro di sé e sbattendo contro il suo petto che sembrava fatto di roccia. 
Sollevò lo sguardo verso di lui e si chiese quando si fosse alzato dalla sedia e come mai non lo avesse sentito muoversi. 
"Non mi dà il diritto di cosa? Conoscerti? Sapere che non meriti di stare con un uomo che non è in grado di controllare i suoi impulsi? Potrò anche non sapere chi sceglieresti tra Bon Jovi e Skid Row, ma so riconoscere un cuore ferito quando lo vedo, e adesso i tuoi occhi mi stanno confermando che non è la prima volta che accade". 
Edward la guardò con aria più seria, osservandola dall'alto come un leone guarda la sua preda e Abby si morse il labbro nervosamente. 
Cercò una risposta sagace, avrebbe voluto dirgli chiaramente che non voleva che si intromettesse nella sua vita privata, invece fece spallucce e sospirò, sollevando un sopracciglio mentre guardava nei suoi occhi nocciola. "Accidenti, sai capire le persone: immagino che avrai molta fila al bancone, tutti ansiosi di farsi psicoanalizzare dal barista".
Edward piegò le labbra in un sorriso compiaciuto, osservando il modo nervoso della ragazza di muoversi; gli piaceva quel continuo scambio di battute, quel modo di vederla trattenere un sorriso o una risata solamente per non dargliela vinta. Allungò una mano verso i suoi capelli, liberandoli dalla crocchia che avesse messo su per riuscire a curare meglio le sue ferite; osservò i suoi capelli scivolarle ai lati del viso e Edward si sporse quel tanto che bastava per respirare a pieno il suo odore, guardandola negli occhi mentre si portava una delle sue lunghe ciocche rosse vicino al naso. "Vanillina, muschio, rosa: da quando ti ho conosciuta, ho carpito tutti questi elementi, ma non riuscivo a sentirli insieme. Adesso che ti ho vicina capisco che poteva essere solamente profumo di Lillà". 
Di nuovo, Abby sentí quella sgradevole sensazione del cuore che battesse più velocemente nell'averlo così vicino e si ritrovò a deglutire a fatica mentre sentiva lo stomaco rigirarsi. 
Sostenne il suo sguardo e si riprese la sua ciocca, allontanandosi per mettere una maggiore distanza fra di loro; si avvicinò al tavolino su cui si fosse appoggiata mentre gli medicava le ferite e gli diede le spalle, mentre rifletteva sulle sue parole. 
Forse Edward aveva un po' di ragione, ma rimaneva il fatto che non avrebbe mai abbandonato Dean. 
Lo detestava per il modo in cui avesse parlato, per le affermazioni che avesse fatto, per credere che bastasse così poco per capire certe cose di lei. 
O forse iniziava a detestare Edward perché aveva centrato in pieno il suo nervo più sensibile, lasciandola basita perché aveva sempre creduto di essere una delle più grandi giocatrici di Poker che il mondo avesse conosciuto. 
"Sto cercando di dirti solamente che ti trovo davvero una bella persona: mi piaci molto e so da come mi guardi che anche tu mi trovi interessante, quindi se avrai mai bisogno di una mano per le cacce, di bere qualcosa in compagnia o di fare due chiacchiere, beh.." sussurrò Edward avvicinandosi di nuovo ad Abby, che nel sentirlo parlare si voltò nella sua direzione per guardarlo con aria stanca e preoccupata. L'uomo le sfilò dalla tasca il suo telefono, iniziando a digitare sullo schermo un paio di numeri e salvando un nuovo contatto in rubrica; la guardò tornando a sorridere, porgendole il telefono fra le mani. "Questo è il mio numero, rossa. Chiamami quando sarai pronta: ricorda che mi devi ancora una cena insieme". 
Abby rimase incastrata a guardare nei suoi occhi, continuando a stupirsi della sua sfrontatezza, mentre lo sentiva ridere leggermente. 
Rimase immobile per qualche istante perché quel tipo era davvero affascinante e stravagante: l'aveva aiutata a trovare un veggente nascosto in una zona abbandonata di una città che non fosse la loro, viaggiando con lei per tantissime ore senza mai lamentarsi, l'aveva difesa da Dylan e l'aveva riportata nella sua stanza per controllarle la ferita al viso, prima di fare la spiacevole conoscenza di Dean, eppure anche adesso mentre il suo viso ancora sanguinava e riportava delle grosse ferite dopo la lotta con il ragazzo, Edward continuava a filtrare con lei. 
Abby sorrise e scosse la testa, abbassando lo sguardo e decidendo che fosse arrivata l'ora di salutarlo per raggiungere Dean; lo salutò con la mano, dirigendosi verso la porta e stava per richiudersela alle spalle, quando dall'esterno della stanza intercettò nuovamente il suo sguardo. 
Era seria, composta. 
"Ho la sensazione che tu non sparirai più tanto presto dalla mia vita, non è vero?". Lo osservava con le labbra strette in un'espressione appena sorridente, sentendosi appena più leggera: in fondo Abby aveva riacquistato un po' di fiducia e di sicurezza in quei pochi giorni al suo fianco, proprio ciò di cui avesse bisogno per continuare a combattere più forte e più duramente di prima. "Bon Jovi. Se dovessi scegliere, allora sceglierei sempre Bon Jovi: i suoi testi riempiono il cuore. Adesso sai anche questo, bartender". 
Edward rise divertito ed annuí, facendole l'occhiolino mentre la vedeva sorridere e chiudersi la porta alle spalle. "Ci avrei scommesso, rossa!". 
 
 
Entrò nella sua stanza in silenzio, aprendo lentamente la porta e trovando Dean seduto al tavolo ad aspettarla con espressione impaziente, e Abby si stupì di non trovarlo con una delle birre presenti nel suo mini frigo oppure con una bottiglia di Whisky. 
Si chiuse la porta alle spalle e sospirò rumorosamente, andando avanti fino al tavolo dove si sedette sulla sedia più vicina a lui mentre sentiva il cuore battere più forte: i suoi occhi verdi la stavano studiando e la guardavano sospettosi come mai prima di quel momento, stavano cercando dentro di lei le risposte a delle domande che Dean non avrebbe avuto il coraggio di chiedere ad alta voce. 
Ed Abby istintivamente allunò una mano verso il suo viso, sfiorandogli la pelle appena barbuta e notando che l'espressione arrabbiata si stesse lentamente trasformando in una più rilassata.
In fondo era lui e sarebbe sempre stato lui. Il suo vero e unico amore, che stesse solamente passando un periodo nero.
"Come stai, Dean?".
Il suo viso si rilassò di più e si appoggiò leggermente contro la mano della ragazza, sorridendo divertito ed annuendo, mentre la guardava con aria più tranquilla e sfiorando con le dita la mano con cui la ragazza gli stesse carezzando il viso per poi abbassarla delicatamente e stringerla per un istante, prima di lasciarla andare e fare spallucce. "Mi dispiace per il tuo amico. Stavo per bussare, ma poi ho sentito la sua voce da fuori e ho pensato che.. Insomma.. È un uomo, nella tua stanza".
"Hai quasi scardinato la porta per le gelosia? Ed io che pensavo che volessi proteggermi da chissà quale mostro".
Dean accennò un sorriso e guardò nei suoi occhi azzurri così tranquilli, nonostante sapesse che Abby avesse preso tutta la sua preoccupazione e l'aveva compressa nella parte più profonda di sé. 
Sospirò e divenne più serio, schiarendosi la gola con un colpo di tosse. "Io sto seguendo una specie di programma di riabilitazione, sai? Tipo niente alcol, niente cibi spazzatura, niente violenza. A parte stasera, ovviamente". 
Abby lo guardò con aria sorpresa per un istante e poi sorrise compiaciuta, chiedendosi come facesse a stupirla giorno dopo giorno dopo tutto quel tempo e riconoscendo il suo ragazzo sotto quello sguardo ironico che avesse usato da tutta la vita come un'armatura, e sentí gli occhi pizzicare quando capí perché lo avesse fatto, trovandosi costretta ad abbassare lo sguardo. "È fantastico, Dean. Lo stai facendo per Mary".
"Certo che lo faccio per lei.." sussurrò Dean sospirando e guardandola con aria quasi infastidita mentre si sistemava meglio sulla sedia serrando la mascella e sentendo l'irrefrenabile voglia di alzarsi e bere qualcosa, dato che seguiva quel programma da quando Abby avesse lasciato il bunker, quasi 7 giorni prima. Ma sospirò, convinto di potercela fare, e guardò di nuovo la ragazza negli occhi, che gli sorrise ed annuì. "E per te ovviamente, lo faccio anche per te". 
Abby lo guardò negli occhi e scrutò il verde alla ricerca di ciò che realmente pensasse e ciò che realmente fosse, accennando un sorriso di apprezzamento. "Non me ne sono andata per questo Dean, io..". 
"Non ha importanza, ragazzina: sono venuto fino a qui perché non rispondevi alle chiamate di Dan e Sam e la scelta era fra lasciar venire tuo fratello o mettermi alla guida e venire io" rispose Dean ridendo nervosamente alzandosi dalla sedia in fretta, guardandosi attorno come per controllare di non dimenticare nulla nella stanza prima di andare via e facendo inevitabilmente scivolare lo sguardo sulla ragazza, che si mosse come uno specchio alzandosi anche lei e mettendosi fra lui e la porta; Abby lo guardò quasi con paura che potesse uscire via e lasciarla così presto, assumendo un'espressione contrariata che Dean si sforzò di ignorare quando iniziò a sistemarsi il giaccone addosso. "Ho pensato che non volessi Dan fra i piedi mentre sbrigavi le tue cose, tutto qui". 
Sorrise debolmente ed annuì, pensando che nonostante tutto Dean agisse sempre per proteggerla e per evitare di darle troppe noie inutili. "Si, hai fatto bene". 
Dean accennò un sorriso da poker ed annuí, facendo spallucce e sospirando quando sentí il suo sorriso scemare e i suoi occhi incontrare quelli di Abby: non aveva osato guardarla quando la ragazza, giorni addietro, era entrata nella cucina del bunker per dirgli che sarebbe andata via per un po' proprio per non trovarsi nella situazione in cui si trovasse adesso. 
La guardava e si chiedeva come avrebbe potuto lasciarla andare senza sapere dove andasse, senza poter chiedere perché Abby avesse quel grosso livido sullo zigomo, senza sapere chi fosse quell'Edward che avesse trovato nella sua stanza e picchiato quando aveva visto il modo in cui guardava la sua Abby. 
Si ritrovò a sospirare e ad abbassare lo sguardo brevemente, perché Abby aveva scelto di andare via e di non essere più sua, nonostante Dean non avesse mai smesso di amarla neanche un momento. Aveva avuto del tempo per riflettere quando rimase da solo nel bunker con Mary, mentre Sam e Dan partivano per andare a caccia, e oltre ad aver passato del tempo prezioso con sua figlia, Dean aveva anche iniziato a considerare che ciò che Abby era costretta a sopportare per stare con lui fosse fin troppo: partendo da Lydia e dalla figlia che avesse concepito con l'amazzone, passando per i suoi malumori e da tutte le volte che le avesse gridato contro di lasciarlo in pace perché non aveva bisogno del suo aiuto perché era troppo addolorato, orgoglioso e incasinato per ammetterlo, fino ad arrivare al Marchio ed a tutto ciò che avesse fatto quando era diventato un demone, compreso essersi fatto la barista per tre mesi ed aver tentato di uccidere Abby nel bunker, usando la sua forza demoniaca contro di lei per farle male. 
Dean ricordava perfettamente come si fosse sentito quando fosse tornato umano, seduto e legato alla sedia posta sopra la trappola demoniaca nella 7b: ricordava la confusione, l'incertezza, la paura ed il dolore che sparirono quando aveva posato i suoi occhi verdi su Abby, in piedi a fissarlo con sguardo incredulo accanto a Dan e Sam, e del modo in cui lei fosse avanzata senza paura verso di lui, nonostante i lividi sul suo viso e sul suo corpo fatti proprio da lui. 
In silenzio Abby lo aveva liberato dalle corde che lo tenessero ancorato alla sedia mentre le lacrime scivolavano sul suo viso e lo aveva stretto forte a sé, mentre Dean ancora seduto affondò il viso sul suo ventre e la teneva stretta. 
Erano rimasti in silenzio per un lungo lasso di tempo, senza dire nulla né guardarsi, semplicemente stretti uno all'altra a raccontarsi silenziosamente quando si fossero mancati. 
Solamente Abby era in grado di alleviare le sue pene e adesso che non fosse più insieme a lui, tutti i pesi iniziavano ad accumularsi sulle sue spalle più del solito. 
Dean sbatté un paio di volte le palpebre e tornò al presente per guardarla, fingendo un sorriso tranquillo ed annuí lentamente. "Sei viva, stai bene. Tuo fratello sarà contento di saperlo, adesso però devo tornare al bunker da Mary. Sai, credo che sia questione di poco tempo prima che inizi a parlare, sembra che ne abbia tanta voglia! Sta sempre a guardarmi ed a cercare di raggiungermi ovunque mi sposti, sembra una calamita".
Abby fece un grande sorriso, pensando alla sua piccola ed a quanto le mancasse tenerla fra le braccia o guardarla mangiare, dormire, tentare di arrampicarsi sugli armadi o sui tavoli, o semplicemente guardare nei suoi grandi occhi verdi mentre sorrideva. Ma era necessario che stesse lontana da sua figlia e dalla sua famiglia per un altro po' di tempo, dato ciò che stesse cercando di fare. 
Sospirò e divenne più seria quando vide Dean farle un cenno di saluto e superarla, pronto ad andare via, eppure Abby non era ancora pronta a lasciarlo andare: intercettò il suo braccio e lo trattenne forte, fermandolo e incrociando di nuovo il suo sguardo. 
Lo guardò a lungo e adesso Dean era molto più vicino a lei di quando fosse entrato nella sua stanza poco prima, tanto che Abby poteva sentire il suo profumo. "No Dean aspetta, rimani qui per stanotte. È tardi, voglio che riposi prima di rimetterti alla guida. Per favore". 
Iniziò a riflettere sul fatto che sarebbe bastato davvero poco per colmare la distanza fra di loro e stringerla forte in un abbraccio, eppure Dean dovette trattenersi per non complicare le cose, iniziando a pensare ironicamente che quel programma dei 12 passi che avesse trovato su internet fosse davvero efficiente tanto da migliorare il suo autocontrollo. 
Scosse la testa e sospirò, mordendosi il labbro e accennando un sorriso tranquillo, afferrando la mano della ragazza e guardandole per qualche istante mentre la stringeva fra le sue. "Te ne sei andata Abby, hai mollato. Ma va tutto bene, posso accettarlo senza rancore perché è colpa mia. Abbiamo una figlia e dobbiamo fare gli adulti per una volta. Per Mary. E io devo tornare da lei per essere la persona che si merita: sto cercando di dominare il Marchio perché amo Mary più di quanto potessi immaginare. Ma devo andare, ragazzina". 
Abby avrebbe voluto almeno provare a nascondere gli occhi lucidi e le emozioni che quelle parole provocarono dentro di sé, ma non ci riuscì neanche quando la vista divenne offuscata ed abbassò il viso per lasciar scivolare le lacrime sul suo viso: avrebbe tanto voluto partire insieme a lui, ma sapeva bene che se Dean avesse supposto anche per un istante ciò che lei stesse per fare, avrebbe provato a fermarla. 
Così la ragazza annuí e si asciugò il viso con il dorso della mano libera, accennando un sorriso e tornando a guardare Dean negli occhi che davvero non si aspettava quella reazione alle sue parole, e lo guardò con ammirazione sentendosi fiera di lui. 
Si avvicinò senza controllo e gli posò entrambe le mani sul petto, guardandolo negli occhi ed annuendo, mentre il cuore tornava a battere più forte. "Non importa ciò che il Marchio sta cercando di fare con te: sei un brav'uomo e un ottimo papà, Dean. Lo sei sempre stato". 
L'uomo sorrise a quelle parole e la guardò con uno sguardo grato; per la prima volta non le permise di vedere ciò che stesse davvero provando dentro di sé, annuendo e stringendo le mani della ragazza contro il suo petto.
Se le portò alle labbra e depositò un tenero bacio su entrambi i dorsi delle sue piccole mani, indugiando un solo momento di più sui suoi occhi azzurri e fu sufficiente per farlo vacillare e fargli provare il dolore per quella separazione che tanto stesse provando a reprimere dentro di sé; lasciò la presa su di lei e si voltò, dirigendosi verso la porta per uscire via e raggiungere la sua auto parcheggiata non troppo lontana da lì, lasciando Abby da sola al centro della camera con l'ennesimo boccone amaro da mandare giù, riuscendo però a sorridere mentre osservava l'Impala accendere le sue luci ed allontanarsi velocemente dal motel. 

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Capitolo 52
*** Capitolo 45. ***


Hunter's legacies
Capitolo 45.
 
 
Si mosse lentamente e in maniera molto tenera e dolce, mentre sussurrava una ninna nanna improvvisata tenendo fra le braccia la piccola Mary che quella notte aveva deciso di non dormire e di non fare dormire neanche Dean, che dovette improvvisarsi ad essere un papà single del tutto inesperto per quanto riguardasse bambini così piccoli: aveva cresciuto Sam, è vero, e gli piacevano i bambini, eppure si scoprì ad amare di più quelli che fossero già in grado di parlare e di esprimere ciò di cui avessero bisogno. 
Mary piangeva spesso e Dean aveva provato con qualsiasi cosa: le preparava da mangiare, le faceva un bagno caldo per farla rilassare e la teneva in braccio fino a che le braccia non iniziavano a fargli male, eppure non aveva davvero capito cosa ci fosse che non andasse e perché la sua bambina piangesse sempre così tanto. 
Fu Anael ad aprirgli gli occhi quando andò a far visita loro insieme a Castiel; l'angelo dai lunghi capelli biondi aveva preso la piccola fra le braccia e aveva iniziato a coccolarla mente piangeva e si dimenava, e le aveva sfiorato il viso con due dita, facendola quietare un po' e dormire immediatamente. 
"Devi insegnarmi come si fa!". 
Anael aveva riso all'affermazione del ragazzo, che la guardò con aria stupita e occhi sgranati, scuotendo la testa e rimettendo la piccola Mary fra le sue braccia, che si accoccolò sul suo petto ad occhi chiusi, dormendo teneramente. "Non sono un dottore Dean, ma direi che le manca sua madre". 
Dean si era incupito a quelle parole e aveva abbassato lo sguardo fino a Mary che dormisse serena fra le sue braccia e che si stringesse a lui, tenendo il ciuccio fra le labbra e muovendolo di tanto in tanto; si sentí parecchio stupido e idiota per non aver pensato neanche per un istante che Mary potesse sentire la mancanza della sua mamma, l'unica ad averla tenuta vicina e protetta da quando fosse stata concepita e la prima che l'avesse stretta fra le braccia per darle il benvenuto al mando. 
Quella notte però Dean aveva trovato il modo per aiutare sua figlia, prendendo uno dei vecchi maglioni che Abby avesse lasciato al bunker e avvolgendolo attorno al corpicino di Mary, che presto respirò il suo odore e si calmò, piangendo sempre di meno e sorridendo verso il padre, prima di crollare sulla sua spalla la mise lentamente nel suo lettino accanto a quello matrimoniale della sua stanza e sorrise, osservando Mary sistemarsi al calduccio mentre Dean la copriva con le sue copertine piccole e soffici. 
La guardò per qualche istante mentre dormiva e Dean pensò che non esistesse niente di più bello al mondo della sua bambina, che non solo riuscisse a calmarlo e ad occupargli la maggior parte della giornata evitandogli così di pensare alle cacce o agli impulsi del Marchio, ma gli faceva sentire anche più vicina Abby: Mary sorrideva come lei, lo guardava come lei, lo stringeva come lei. 
Dean prese il babymonitor ed uscì dalla stanza in silenzio, chiudendosi la porta alle spalle ormai senza più un briciolo di sonno nonostante fossero solamente le tre e un quarto di notte, e avanzò nel corridoio fino ad arrivare alla cucina; aprí il frigo in cerca di qualcosa da mangiare, ma il suo sguardo si soffermò sui tre pacchi da 6 birre che Dan avesse comprato quel giorno e sospirò, dicendo fra sé e se che prenderne una non gli avrebbe fatto male. 
Si sedette sulla panca e aprí una lattina con le unghie, portandosela poi alle labbra e chiudendo gli occhi per gustarsela fino in fondo, assaporando il sapore della sua vecchia compagna di viaggio e di nottate alcoliche; sorrise amaramente e sospirò, guardando il posto accanto al suo completamente vuoto ed iniziando a pensare che non sarebbe più stato riempito da nessuno, dato che Abby si era tirata fuori dalla loro relazione. 
Aveva bisogno di spazio e Dean glielo stava dando, aveva bisogno di tempo e Dean l'aveva lasciata andare, aveva bisogno di schiarirsi le idee e Dean l'aveva trovata in una camera di motel con un altro uomo e nonostante la situazione sembrasse molto innocente e priva di malizia, mille pensieri avevano iniziato a passargli per la mente. 
Abby e Dean non stavano più insieme e lui non aveva nulla da rimproverarle nel caso in cui Abby fosse andata avanti. 
Eppure gli dava così fastidio pensare che quel ragazzo dai capelli lunghi e la carnagione più scura l'avesse anche solo sfiorata con lo sguardo perché per Dean, Abby sarebbe stata sempre sua. 
Restava pur sempre la madre di sua figlia e il più grande amore che avesse avuto, eppure quell'amore era stato sottoposto a troppe pressioni, troppe mancanze e troppo dolore nel corso degli anni. 
Forse era davvero finito tutto, forse Abby aveva davvero smesso di amarlo per sempre. 
Una birra tirò l'altra mentre sfogliava delle vecchie foto sul suo telefono, sorridendo in modo nostalgico e sfiorando con il dito il profilo di Abby sorridente stretta a lui. 
Prima che se ne rendesse conto, Dean riuscì a finire un'intera confezione da sei birre e non seppe come ma si ritrovò a fissare lo schermo con scritto il numero ed il nome di Abby, in cui come sfondo vedeva la sua foto sorridente ed i suoi grandi occhi azzurri luminosi. 
Pigiò la parte verde dello schermo e se lo portò all'orecchio, chiudendo gli occhi per qualche istante mentre una parte di sé pregò che Abby non rispondesse e che ignorasse quella chiamata come avesse fatto con quelle dei suoi fratelli e di Sam, mentre il cuore gli battesse forte nel petto. 
 
 
Il buio della notte l'aveva avvolta completamente mentre si aggirava furtivamente attorno a quella casa buia ed isolata, seguendo perfettamente le istruzioni e l'indirizzo che il vecchio Dylan le avesse dato; si mosse in silenzio impugnando la sua lama angelica nonostante sapesse che non avrebbe avuto alcun effetto su chiunque stesse cercando: dall'esterno sembrava una casa del tutto normale, su due piani e con un giardino perimetrato da uno steccato basso e bianco ed un giardino molto ben curato, mentre il magazzino esterno distava pochi centinaia di metri dal retro dell'abitazione. 
Salí lentamente sul portico di legno sentendo il cuore in gola e ogni asse scricchiolare sotto il suo peso, mentre la brezza della sera le carezzava il viso facendola rabbrividire all'interno della sua giacca e la paura mischiata all'adrenalina venivano pompate dal suo cuore: Abby sapeva che quella si sarebbe potuta trasformare in una missione suicida se qualcosa fosse andando storto, ma la ragazza non si perse d'animo e continuò a muoversi sul portico fino ad arrivare alla porta di casa. 
Scassinò la serratura il più  silenziosamente possibile e aprí la porta d'ingresso, trovandosi le scale davanti ed il salone buio alla sua sinistra. 
Si soffermò a guardare la casa, quando intravide una sagoma seduta malamente sul divano, con una bottiglia nella mano sinistra ed altre vuote gettate malamente sulla moquette del pavimento. 
Solo quando si avvicinò di più sentendo il cuore battere forte, si accorse che l'uomo stesse stringendo con la mano destra un portafoto ovale d'argento che Abby riconobbe subito. 
Vide l'uomo tenere gli occhi chiusi, segno che stesse dormendo bellamente e fece un altro passo avanti, colpendo distrattamente con il piede destro una delle bottiglie che si trovavano a terra, scaturendo così un rumore di vetro che sbatte: si paralizzò immediatamente cercando di non fare altro rumore ed abbassò lo sguardo per vedere cosa avesse colpito, ma subito torno ad osservare l'uomo seduto muoversi appena e mugolare, per poi tornare a quietarsi e continuare a dormire. 
Tirò un sospiro di sollievo, decisa più che mai a muoversi velocemente e ad ammanettarlo per bloccargli i polsi con le manette speciali su cui vi fossero incisi dei simboli che avrebbero bloccato i suoi poteri: si avvicinò ancora e ormai si trovava proprio vicino all'uomo che ancora riposasse, e si sentí pronta ad ammanettarlo, quando una forte melodia si sparse per tutta la casa. In un primo momento Abby non capí che cosa fosse o da dove provenisse, solamente dopo una manciata di secondi capì che quello fosse proprio il suo cellulare e che qualcuno avesse deciso di chiamarla proprio a quell'ora tarda della notte, mandandole a monte l'intero piano: l'uomo davanti a sé sbarrò gli occhi e ci mise poco prima di scattare subito in piedi, guardandola negli occhi con aria truce nonostante il buio della stanza, e subito sollevò una mano per mandarla addosso alla parete attrezzata localizzata dalla parte opposta della stanza con un gesto della mano grazie ai suoi poteri. 
Gli scaffali caddero su Abby, che cadde rovinosamente a terra e le mancò il respiro, per poi perdere completamente i sensi mentre Cain si avvicinava a lei con espressione piuttosto seria ed arrabbiata. 
 
 
Mentre il sangue imbrattava le sue mani, il pavimento ed i vestiti dell'angelo, Dean non avrebbe mai pensato che sarebbe riuscito a cedere in quel modo al Marchio e che si sarebbe lasciato condurre ancora una volta verso la via della vendetta, specialmente adesso che sognava di diventare per Mary un uomo più equilibrato ed in grado di resistere ad ogni tentazione. 
Eppure Dean era riuscito a finirsi le altre due casse di birra e aveva presto iniziato a picchiare selvaggiamente Metatron, nonostante Castiel gli avesse espressamente detto di non fargli del male quando lo aveva portato al bunker: Dean voleva solamente che lo scriba di Dio che teneva legato alla sedia iniziasse a parlare e a raccontargli come togliere il Marchio dal suo braccio, ma Metatron aveva iniziato ad avanzare delle pretese e Dean non ci aveva visto più. 
Più l'angelo gli dicesse come tutte le persone che gli stessero accanto tendessero frequentemente a morire, più Dean lo colpiva più forte e più duramente. 
Quasi non si accorse quando Castiel fece saltare in aria la porta della 7b che Dean stesso avesse precedentemente barricato, e continuò a colpire l'angelo per poi venire drasticamente fermato dal fratello che lo tirò via, separandolo da Metatron: si era preso gioco di lui, aveva rubato la grazia a Castiel, aveva costretto Gadreel ad uccidere Kevin, aveva ucciso persino Dean stesso condannandolo a diventare un demone. 
Dean era tremendamente furioso e la sua voglia di uccidere per placare la sua ira era presto tornata a livelli molto alti; non disse una parola, ma si liberò dalla presa del fratello e si diresse verso il garage sotterraneo, in fretta. 
Era agitato e sapeva che quella non sarebbe stata una buona idea, perché avrebbe potuto far del male a qualcuno, eppure Dean non si fermò. 
Entrò in macchina e prima di far ruggire il motore dell'Impala guardò distrattamente lo specchietto retrovisore, per poi soffermarsi a guardarsi meglio: per un momento stentò a riconoscere quello sguardo arrabbiato, quegli occhi adirati, il viso schizzato ancora dal sangue di Metatron. 
Si pulí con il dorso della mano e scosse la testa, iniziando a sudare freddo e partì sgommando sentendosi tremendamente arrabbiato quando vide Sam fare capolinea nel garage per fermarlo: guidò per ore e ore senza una meta, senza sapere dove andare, sfrecciando per le strade del paese a grande velocità. 
Stava sbagliando tutto, aveva fallito: era tornato a bere e ad essere violento, era andato via dal bunker senza neanche fermarsi un momento a ragionare e calmarsi, per rassicurare Mary che piangeva nella sua stanza, al cui pianto era sicuro che avesse risposto Dan, correndo nella sua direzione. 
Sapeva di cosa avesse bisogno, sapeva di chi volesse al suo fianco e si fermò bruscamente accostando sul ciglio della strada, colpendo violentemente il volante e sentendo il Marchio pulsare sempre di più sul suo braccio, e lo toccò con le dita della mano sinistra, stringendo forte i denti e i pugni per la rabbia. 
Voleva che si fermasse, voleva disperatamente calmarsi e ritrovare il controllo, ma non c'era niente che riuscisse ad aiutarlo. 
Scese dall'auto e le camminò nervosamente attorno, scuotendo la testa e muovendosi in maniera ritmica. 
Faceva un passo, si fermava. Calciava il terriccio di quella piazzola di sosta. 
Desiderava uccidere qualche mostro, desiderava usare la Lama. 
Ma desiderava anche che quel Marchio venisse portato via dal suo braccio, a costo di strapparlo via a mani nude. 
Così Dean deglutí a fatica e si fermò perché fin troppo confuso, appoggiandosi alla fiancata della sua Impala ed annuí in silenzio; estrasse il telefono dalla sua tasca e fece l'unica cosa che gli venne in mente per calmarsi: pigiò nuovamente il tasto verde e chiamò l'unica persona che lo avesse già aiutato in momenti in cui avesse perso il controllo come quello. 
 
 
Aprí gli occhi e si guardò attorno del tutto confusa, gemendo e portandosi una mano sulla guancia e poi alla nuca che sentiva dolenti, ricordandosi della caduta e di ciò che Cain le avesse fatto; la stanza non era più buia, ma illuminata dalle fiamme forti del camino permettendole di scorgere l'arredamento malandato di quella strana casa abbandonata, mentre ancora giaceva a terra fra le mensole che aveva spaccato con la schiena ed i libri che avesse rovesciato sul pavimento.
Scorse la figura di Cain in piedi a guardare la brace ardere nel camino, le dava le spalle e sembrava molto assorto dai suoi pensieri, mentre rimaneva immobile quasi fosse una statua, tanto che ad Abby sembrò che non respirasse nemmeno. 
Non aveva la minima idea di cosa fare o cosa dire adesso che Cain l'aveva scoperta ad essersi intrufolata nella sua nuova casa, ed Abby si accorse delle manette con inciso i simboli antimagia che sporgevano sul davanzale della finestra, così come tutte le sue armi come segno che Cain l'avesse perquisita mentre era priva di conoscenza.
"Se ti stai chiedendo perché non ti ho ancora uccisa, sappi che lo farò a breve: prima però voglio sapere come mi hai trovato e che cosa speravi di fare con quelle stupide manette, Syria". 
La ragazza roteò gli occhi e si alzò malamente gemendo di dolore, sentendo l'intero corpo farle male dopo quella botta, e si resse allo schienale divano lì vicino portandosi una mano alla schiena affaticata: non ne poteva più di demoni e angeli che la scambiassero per Syria, dato che si era discostata così tanto dalla sua incarnazione precedente, o almeno era quella che sperava. 
Eppure Cain aveva usato un tono così sicuro, dando per certo che si trattasse di lei e non di Abby, così come fece la prima volta in cui l'avesse incontrato insieme a Dean e Crowley. 
"Non sono lei, pensavo che l'avessimo chiarito l'ultima volta". 
Cain rimane fermo ancora per un qualche secondo, ma poi si girò lentamente e le rivolse uno sguardo perentorio e solenne, rimanendo in silenzio per un paio di istanti mentre la osservava tenersi saldamente allo schienale del divano, pensando solo per un istante di aver forse esagerato nel modo di reagire quando la suoneria del suo telefono l'avesse svegliato di soprassalto e l'avesse attaccata malamente. "Rispondi alle mie domande e forse avrò pietà, Syria". 
Abby sorrise amaramente ed annuì, abbassando brevemente lo sguardo e mettendosi dritta con la schiena nonostante le facesse davvero male ed iniziò a pensare che presto sarebbe spuntato un grosso livido che avrebbe impiegato settimane a sparire. 
Tornò a guardarlo con orgoglio, perché non voleva dargli la soddisfazione di fargli capire quanto le avesse fatto male con un solo attacco e sorrise, facendo spallucce. "Uno spirito ha detto ad un veggente dove trovarti e lui l'ha detto a me. Ti sto cercando perché ho bisogno del tuo aiuto". 
Cain rimase serio ed ascoltare le sue parole e notò un'espressione sgomenta sul viso della ragazza, quando vide il modo in cui lo stesse guardando soffermandosi sui suoi vesti sporchi di sangue e di materiale organico, osservandola mentre si chiedeva cosa diavolo avesse fatto dopo aver ripreso ad uccidere i demoni nella sua vecchia casa; Cain avanzò di qualche passo ed Abby rimase immobile, un po' perché quell'uomo la terrorizzava ed un po' perché indietreggiare le sarebbe costata un smorfia involontaria di dolore che non aveva nessuna intenzione di mostrargli. "Perché vuoi il mio aiuto?". 
"Non è ovvio, Cain? Devi aiutarmi a salvare Dean dal Marchio che tu gli hai passato!" esclamò Abby con tono arrabbiato e perentorio, guardandolo in cagnesco e non lasciandosi intimidire dal suo sguardo e da ciò che avrebbe potuto farle solamente schioccando le dita. 
Abby vide l'uomo avanzare ancora verso di lei fino ad essere distante solamente pochi passi e aggrottò le sopracciglia quando le afferrò la mano sinistra fra le sue, ordinandole di *mostrargli* cosa intendesse con le sue parole: le sue barriere mentali non erano abbastanza forti per impedire a Cain di entrare con i suoi poteri, mentre tutto ciò che fosse accaduto da quando lei e Dean avessero lasciato la sua casa nel Missouri iniziò a scorrerle davanti agli occhi, passando direttamente nella mente di Cain. 
Tirò indietro la mano con un gesto infastidito e poco delicato, guardandolo in cagnesco e fulminandolo con lo sguardo perché quella violazione della privacy l'aveva del tutto presa alla sprovvista, detestando quando qualcuno le frugasse nella testa. Cain non ci fece caso però e abbassò lo sguardo con un'espressione strana sul viso, che sembrava quasi dispiaciuta, e si diresse nuovamente verso il camino: appoggiò la mano sinistra sulla parete e tornò a guardare il legno ardere, deglutendo a fatica mentre continuava ad osservare nella sua mente le immagini che avesse estrapolato dalla mente di Abby. 
La ragazza sospirò rumorosamente mentre il suo cuore ancora batteva forte in preda al panico, perché non aveva più trucchi da usare e probabilmente Cain aveva visto nella sua testa anche il modo che avesse pensato per intrappolarlo e farsi dare le informazioni di cui necessitava. 
Lo vide scuotere la testa e spinta dalla curiosità o da un probabile istinto suicida, Abby si avvicinò di qualche passo fino a raggiungerlo, ignorando le fitte di dolore alla schiena. 
"Ti rivelerò tutto quello che ancora non sai sul Marchio, ti aiuterò a salvarlo anche se non sarà piacevole, ma sarà necessario per riportare Dean indietro dal sentiero oscuro che ha intrapreso: lo farò Syria, è una promessa. Ma chiedo un'unica cosa in cambio". 
La ragazza strinse la mascella quando lo vide voltarsi nella sua direzione e guardarlo con aria solenne e perentoria, con un sguardo che la fece quasi rabbrividire per le radiazioni negative che emanasse; deglutí a fatica e si chiese se stringere un accordo con Cain fosse davvero una saggia decisione, eppure si ritrovò ad annuire con aria seria perché si, avrebbe fatto di tutto pur di salvare Dean. "Tutto. Tutto quello che vuoi, Cain".
Per la prima volta da quando lo conobbe, Abby vide Cain piegare le labbra in un sorriso compiaciuto, e la ragazza poté dire ufficialmente dentro di sé di essere davvero spaventata da quell'essere antico che le stesse difronte, conscia però che dopo aver dato la sua parola non sarebbe più potuta tornare indietro.
La suoneria del suo telefono interruppe quello scambio di sguardi ed Abby ne fu quasi grata, abbassando gli occhi sulla tasca della sua giacca e facendo per spegnere il suo cellulare, ma Cain scosse la testa e lo indicò con un dito, invitandola a leggere il nome apparso sullo schermo con un altro sorriso: Dean. "Dovresti rispondere adesso. Sai, in caso fosse l'ultima volta in cui potresti sentirlo". 
 
 
Spinse il piede sull'acceleratore più a fondo possibile, osservando i lampioni passare sulla sua strada uno dopo l'altro mentre illuminavano l'abitacolo della sua auto e il suo sentiero come se la guidassero; aveva passato un'altra abbondante mezz'ora insieme a Cain e lui le aveva rivelato tutto ciò che sapesse e le aveva fornito una soluzione che, nonostante non le piacesse affatto, rappresentasse l'unica opzione papabile.
Ad Abby non piaceva neanche l'unica condizione che Cain le avesse chiesto per aiutarla e sapeva che l'uomo non l'avrebbe aiutata se non avesse visto la sincerità in lei: adesso che molti chilometri li separassero però, Abby iniziò a pensare anche ad un modo per sfuggire a ciò che gli avesse promesso. 
Aveva seguito il suo consiglio e aveva risposto alla chiamata di Dean, sentendolo completamente sbronzo dall'altra parte del telefono che le chiedeva di aiutarlo, mentre farfugliava qualcosa a proposito di ciò che avesse fatto a Metatron, dicendo però delle frasi sconnesse fra di loro che la fecero seriamente preoccupare e prendere in considerazione l'idea di chiamare Sam e chiedergli di raggiungere suo fratello fino al suo arrivo, ma qualcosa nella voce di Dean le fece capire che non fosse proprio un'opzione saggia. 
Rallentò gradualmente fino ad arrivare ad una piazzola di sosta del tutto vuota ed isolata proprio lungo la strada del Lebanon, scorgendo la sagoma dell'Impala con i fari spenti; spense il motore qualche metro prima e scese dall'auto guardandosi attorno e tenendosi pronta ad estrarre la pistola nel caso si fosse trattata di una trappola o se Dean non fosse stato *esattamente* Dean. 
Fece qualche passo guardando ciò che i fari ancora accesi della sua Hyundai le permettessero di vedere, riuscendo a scorgere delle bottiglie di birra vuote a terra proprio fuori dalla portiera del guidatore, e si sporse per guardare dentro l'abitacolo: rimase stupita quando vide Dean sdraiato sui sedili anteriori dormire con i finestrini abbassati e le braccia conserte, mentre abbandonata fra i tappetini notò una bottiglia di Whisky mezza piena. 
Sospirò e scosse la testa, rimettendo la pistola al suo posto ed avvicinandosi velocemente all'auto: aprí la portiera e gli fece sollevare la testa, sedendosi al posto del guidatore per fargliela poggiare sulle sue cosce e carezzargli delicatamente il viso. Abby fu sicura che Dean fosse sveglio, nonostante avesse intuito che fosse ancora parecchio sbronzo, e che avesse riconosciuto il suono del motore della sua auto ed anche il suo sospiro, prima di salire in auto e carezzargli il viso con delicatezza. 
Eppure Dean non aprí gli occhi e le permise di toccarlo in quella maniera, fingendo di non accorgersene. 
Probabilmente aveva solamente paura che se avesse aperto gli occhi Abby avrebbe smesso e la magia si sarebbe spezzata, ma Abby non aveva alcuna intenzione di smettere ed era tornata per restare. 
"Perché ti sei fatto questo, Dean?" chiese la ragazza sospirando e continuando a sfiorargli i capelli con la mano sinistra, mentre lasciava scivolare la destra sul suo petto fasciato dalla maglietta scura di cotone e dalla camicia jeans che indossasse, per poi sfiorargli una mano mentre accennava un sorriso amaro. "Lo so che mi senti, non fingere con me". 
Dean sospirò rumorosamente, gonfiando il petto e poi riabbassandolo con aria stanca, e aprì lentamente gli occhi per guardare il suo viso nell'abitacolo buio della sua auto; fu un attimo, ma entrambi pensarono nello stesso momento quanto fossero più semplici e più belli i tempi in cui si conobbero, quando le loro vite erano solamente improntate a dare la caccia ad uno dei mostri della settimana per poi ripartire e cambiare città. 
Adesso era tutto più pesante, non trattavano quasi più dei casi normali ma dovevano stare spesso al bunker o al PC a sfogliare pagine e pagine di antichi testi per trovare una soluzione ai loro enormi problemi: era tutto andato a rotoli dopo che Dean fosse finito all'inferno, quando Micheal e Lucifer avevano avuto l'intenzione di radere al suolo la terra in una sanguinosa apocalisse, poi arrivarono i Leviatani, il Purgatorio, le tavolette e la chiusura dei cancelli di Paradiso e Inferno, Abaddon, Metatron e adesso il Marchio. 
Proprio loro che avevano da sempre voluto una vita normale insieme come una famiglia, in una casa sicura e protetta dove poter crescere i loro figli: eppure erano diventati genitori un po' all'improvviso e adesso crescevano una bambina in un bunker, senza avere la più pallida idea di ciò che avrebbero fatto non appena Mary avrebbe avuto l'età per iniziare ad andare a a scuola.
Dean sospirò nuovamente e si mise seduto sui sedili, appoggiando le spalle allo schienale e guardando fuori dal parabrezza, scuotendo la testa e sorridendo amaramente continuando però a sentire la stretta della ragazza sulla sua mano che non lo aveva mai lasciato; ricambiò appena, nonostante dentro di sé avrebbe voluto fare più di quello, ma non ci riuscì ed incurvò le spalle sentendosi sconfitto. "Sono stanco, Abby. Sono stanco. Non ce la faccio più a lottare, non voglio più farlo. Vorrei solamente poter morire in pace, ma non posso fare neanche quello se non voglio risvegliarmi con gli occhi neri".
Abby strinse le labbra in una smorfia afflitta, scuotendo la testa mentre le si spezzava il cuore a vederlo in quelle condizioni; non poteva fare a meno di sentirsi in colpa, perché quella notte a casa di Cain c'era anche lei con Dean e Crowley e avrebbe potuto opporsi di più alla decisione di Dean di prendere il Marchio. 
Probabilmente adesso avrebbero ancora Abaddon fra i piedi, però almeno Dean sarebbe stato bene. 
Per questo motivo Abby aveva attraversato il paese, torturato i demoni giusti e fatto tutta quella fatica insieme a Edward per trovare Dylan e poi Cain: non importava a che costo, avrebbe salvato Dean. 
Gli si avvicinò e appoggiò il mento sulla sua spalla, carezzandogli i capelli ed appoggiando una mano sulla sua coscia, stringendosi a lui: non lo vide neanche reagire al suo tocco, alla sua vicinanza. 
Dean rimase semplicemente immobile a fissare il buio bosco davanti a sé, illuminato dai fari dell'auto di Abby dietro di sé. "Sono qui con te, non me ne andrò: sono andata via solamente per ..". 
Dean scosse la testa e rise per il nervosismo, interrompendola bruscamente. "Potremmo provare con la Colt: potresti spararmi e vedere che succede..". 
Sentí gli occhi pizzicare, nonostante sapesse che fossero l'alcol ed il Marchio mixati insieme a parlare al posto suo, ma ad Abby quelle parole fecero male in egual misura: allontanò il viso dal suo di qualche centimetro e lo strattonò con forza, costringendo a guardarla negli occhi e fulminandolo con lo sguardo con rabbia, perché non digeriva proprio che Dean si arrendesse così. "Dopo tutto quello che mi hai fatto passare, tu me lo devi Dean. Devi combattere più duramente di quanto tu abbia mai fatto e farà male ogni giorno, ma tu non puoi abbandonarmi così! Tu me lo devi, mi hai sentita?! Non ti puoi arrendere, Dean. Lotteremo insieme, io e te, giorno dopo giorno. Perché abbiamo una figlia e la amiamo, e ci amiamo tanto anche noi! Quindi ti prego dimmi che lo farai, dimmi che non mi abbandonerai, o mi perderai per sempre!".
Dean la guardò negli occhi con aria titubante, pensando che forse non fosse una buona idea dirle che dopo aver bevuto qualche ora prima aveva iniziato a prendere in considerazione l'idea della morte e di renderla permanente in qualche modo: si sentiva disperato, non voleva più continuare a combattere e a resistere al Marchio, eppure scorgeva nei suoi occhi quanto ancora avesse bisogno di lei, quanto ne avesse Mary. 
Scosse la testa con aria afflitta e la supplicò con lo sguardo di lasciarlo andare per un'ultima volta, ma poi sentí nuovamente la stretta sulla sua mano e prese un lungo respiro, capendo quale fosse la cosa giusta da fare. 
Sollevò una mano e le sfiorò una guancia, accennando un sorriso debole ed annuendo con dolcezza. 
Non poteva deluderla, né mollare o perderla. "Te lo prometto, ragazzina".
Abby si sentí appena più sollevata nonostante sapesse che la strada fosse ancora lunga ed in salita, ma annuì e ricambiò il suo debole sorriso. "Bene, adesso ti porto a casa". 
Dean la sentí allontanarsi di poco per sistemarsi sul sedile e accendere il motore della sua Impala, mentre schiacciava un bottone del telecomando della Hyundai per chiudere la sua auto e spegnere le luci dei fari, iniziando ad uscire dalla piazzola di sosta per dirigersi verso il bunker. 
Lo avrebbe portato a casa e gli avrebbe fatto fare una dormita, schiarendosi le idee. 
Dean si schiarí appena la gola mentre la guardava guidare con aria seria e si ritrovò a chiederle con un filo di voce se tutto ciò volesse significare il suo ritorno a casa, e  la vide voltarsi verso di lui con un sorriso. "Non me ne sono mai andata". 
Sorrise. 
Le prese la mano destra fra le sue e se la portò alle labbra, baciandole il dorso con dolcezza. 
Dopodiché chiuse gli occhi, abbandonandosi totalmente ad Abby e mettendosi nelle sue mani perché era l'unica persona che riuscisse a calmarlo e l'unica di cui si potesse fidare così ciecamente. 
 
 
Si chiuse la porta alle spalle che probabilmente fossero già le cinque e mezza di mattina, dopo aver messo a letto Dean ed essere rimasta al suo fianco fino a quando non fosse sicura che dormisse profondamente e si alzò, dando uno sguardo alla sua piccola che dormisse beatamente sul letto accanto al loro. 
Si trattenne dal prenderla fra le braccia e stringerla dato che le fosse mancata da matti, per evitare che Mary si potesse svegliare e potesse piangere o disturbare il sonno del padre.
L'indomani probabilmente non le avrebbe permesso di camminare da sola per tutto il giorno, desiderando così ardentemente di stringerla a sé e di riempirla di amore. 
Abby si chiuse la porta alle spalle con quel pensiero, facendo attenzione a non svegliare nessuno dei due e sorrise amaramente prima di chiudere mentre osservava ancora Dean coperto interamente con la coperta che Abby gli avesse rimboccato fino al petto. 
Camminò per il corridoio del bunker in silenzio, muovendosi con aria piuttosto stanca fino ala stanza che le interessasse veramente e indugiò per qualche secondo con la mano sulla maniglia, chiedendosi se fosse una scelta saggia coinvolgere qualcun altro nel suo piano: bussò leggermente e con titubanza, non ricevendo però alcuna risposta. 
Così Abby sospirò e sì guardò attorno, sentendo solamente silenzio in quel lungo corridoio come sintomo che anche Dan stesse riposando nella sua stanza poco distante: abbassò la maniglia ed aprí la porta avanzando lentamente nella stanza semibuia, illuminata da una bajour ancora accesa sul comodino, e sorrise osservando come Sam si fosse addormentato sopra le coperte mentre teneva saldamente a sé il computer per rintracciare suo fratello con il GPS e dei libri sparsi sul letto che parlassero della storia di Cain e Abel.
Chiuse nuovamente la porta alle sue spalle e si avvicinò al ragazzo silenziosamente, sporgendo una mano per afferrare uno dei libri attorno a lui per capire che tipo di ricerche stesse facendo, quando una forte stretta ferrea le attanagliò il polso facendole immediatamente male ed Abby sgranò gli occhi per incrociare lo sguardo di Sam: in un attimo nella mente di entrambi passarono le scene di quando Sam senz'anima avesse rapito e picchiato Abby per mesi per costringerla ad aiutarlo nel suo piano di acquisire più potere e vendicarsi di Lucifer. I loro occhi si incontrarono e Sam aggrottò le sopracciglia quando si rese conto del gesto spontaneo che avesse commesso, lasciando subito andare il polso della ragazza che se lo massaggiò e lo guardò in cagnesco per il gesto. 
"Abby? Ma che ci fai qui?! Pensavamo te ne fossi andata!".
Sam scattò seduto e chiuse velocemente il PC, allontanando insieme ai libri e la guardò con sorpresa ed incredulità; Abby sospirò e accennò un sorriso amaro, spostandogli le gambe e sedendosi sul bordo del letto accanto a lui, in maniera tale da poter bisbigliare senza che qualcuno potesse udirla.
"Sono stata via solamente per trovare una soluzione per il Marchio e l'ho trovata, Sammy". 
Abby lo vide sgranare gli occhi e guardarla nuovamente con incredulità, sporgendosi verso di lei sorridendo di felicità. "Stai scherzando? Di che si tratta?". 
La ragazza scosse la testa e sospirò, facendogli segno di abbassare la voce. "Ti spiegherò tutto, ma devi tenere la bocca chiusa con Dean per il momento. Ci sono delle cose spiacevoli che dovrò fare e..". 
"Non mi interessa: faremo qualsiasi cosa per salvare l'anima di mio fratello. Insieme". 
Abby lo guardò negli occhi e vide la sua sicurezza e la sua espressione risoluta ed ebbe la certezza di aver trovato l'unico alleato che volesse salvare Dean dal suo destino tanto quanto lei, così annuì e accennò un sorriso, iniziando a rivelargli tutto ciò che Cain avesse rivelato a lei poche ore prima. 

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Capitolo 53
*** Capitolo 46 ***


Hunter's legacies
Capitolo 46
 
 
Si portarono il bicchiere di Scotch liscio alle labbra, bevendo l'ultimo lungo sorso per poi guardarsi in viso e sorridersi l'un l'altra: in fondo era passato del tempo dall'ultima volta che fossero usciti da soli, che fossero andati a bere qualcosa in un bar qualsiasi insieme. 
Ultimamente era diventato tutto più complicato con Mary e con il Marchio, e Abby e Dean non riuscivano più a ritagliarsi un po' di tempo per loro: ma quando quella sera Abby aveva visto Dean particolarmente di buon umore, non aveva aspettato neanche un minuto di più per farlo uscire dal bunker e portarlo a bere qualcosa. 
In realtà Abby stava andando a caccia di quel momento perfetto per farlo uscire, permettendo così a Sam di svolgere il loro piano e di non essere visto da suo fratello: il compito della ragazza era proprio quello di distrarre Dean per tutta la serata, mentre Sam usciva dal bunker e andava alla ricerca proprio del libro che Cain le avesse consigliato di consultare. 
Dean posò rumorosamente il bicchiere sul loro tavolo e sgranò appena gli occhi dato che adesso Abby era passata ad un altro giro di Jagermeister che li stesse lentamente sfinendo; guardò la ragazza ridere nel modo in cui facesse solitamente quando volesse nascondergli qualcosa, e la vide avvicinarsi di più a lui guardandolo con uno strano sguardo negli occhi. "Cosa vogliamo fare adesso?". 
Dean sollevò un sopracciglio e per un attimo dimenticò la cicatrice rossa e pulsante che avesse sul braccio destro, ricambiando il sorriso divertito. "Tu cosa vuoi fare, ragazzina?". 
Abby lasciò scivolare lo sguardo dal loro tavolo per esaminare l'intero locale, osservando i vari gruppi di ragazzi e amici che stessero bevendo e ridendo a qualche passo da loro, e si morse il labbro, individuando ciò che avrebbe voluto fare immediatamente. 
Lo afferrò dal braccio e lo fece alzare, costringendolo a seguirla e per un istante Dean ebbe l'impressione che Abby lo stesse portando dritto verso il bagno delle donne, e sorrise perché era passato tanto tempo da quando lui ed Abby si fossero lasciati andare in un posto pubblico; ma la ragazza lo fulminò con lo sguardo, perché non era al sesso che aveva pensato. 
Modificò la sua rotta per arrivare fino al bersaglio appeso al muro e gli mostrò le freccette abbandonate sulla mensola sottostante, sollevando un sopracciglio. "Eri davvero il più bravo a questo gioco circa.. 10 anni fa. Adesso che sai fare, nonnetto?". 
Dean la guardò in maniera accigliata e vide la sua aria di sfida, così sorrise divertito e si tolse la giacca di tela per essere più agile nei movimenti, appoggiandola al tavolo da biliardo vuoto accanto a loro; Abby lo osservò prendere le sue freccette e guardarle con sopracciglia aggrottate, per poi voltarsi a guardarla con aria confusa. "Quand'è che abbiamo smesso di giocarci?". 
La ragazza lo guardò e si grattò la nuca pensandoci su, mentre si sedeva sul bordo del biliardo vicino per poi guardarlo con aria più sicura ed annuire. "Probabilmente dopo che sei tornato dall'inferno e ci siamo lasciati perché sono stata a letto con Sam".
Nonostante fossero passati anni e neanche lui fosse stato proprio un santo nella loro relazione, Dean la guardò accigliato e scosse la testa, sentendo la gelosia latente sempre dentro di sé; la studiò per qualche istante, perché sapeva che Abby non avrebbe mai parlato in quel modo. 
Capí che Abby lo stesse mettendo alla prova: l'alcol, il riferimento ad uno degli episodi più brutti che fosse accaduto fra loro. 
Eppure Dean stava mantenendo la calma. 
Non era furioso, non sentiva il Marchio pulsare. 
Sorrise perché qualsiasi cosa gli stesse facendo Abby, stava funzionando e la ragazza agiva su di lui come una vera e propria droga che gli annebbiava il cervello e lo manteneva quieto. 
Si voltò verso il bersaglio e lanciò velocemente le tre freccette che avesse a disposizione, stupendosi di sé stesso per la mira fantastica che avesse nonostante fosse più che brillo. 
Si voltò per esultare e sbattere in faccia la sua bravura ad Abby, che però vide osservare velocemente lo schermo del telefono per poi postarlo sul tavolo con uno scatto e tornare ad indossare quella maschera di divertimento sul suo viso; non fece caso a ciò che Dean avesse visto ed alla sua espressione indagatrice, ma gli andò in contro sorridendo dopo aver fatto segno al barista di preparare altri due drink per loro. "Sei stato bravo. Beviamo un altro po', scommetto che la tua mira può diventare peggio di così". 
Dean la sentí sollevarsi sulle punte e baciargli delicatamente le labbra, e Dean rispose con un sorriso tirato mentre annuiva poco convintamente, e la vide allontanarsi verso il bancone per prendere i loro drink: si chiese chi potesse scriverle a un messaggio a quell'ora e perché Abby avesse spento lo schermo velocemente quando lo aveva visto voltato verso di lei. 
E nella mente di Dean si materializzò l'immagine di Edward Randall: ricordava il modo in cui l'aveva guardata ed il modo in cui Edward avesse guardato lui. 
Dean strinse i pugni perché quello strano comportamento di Abby gli sembrò l'ennesimo segno che lo portò a pensare che la ragazza stesse davvero nascondendo qualcosa e si ritrovò a premere le dita sul suo avambraccio destro mentre sentiva il Marchio pulsare contro la sua pelle per la prima volta da quando Abby fosse tornata. 
 
 
Abby aveva visto anche l'ultima palla andare in buca e si era ritrovata a sbuffare sonoramente mentre stava appoggiata al bordo del tavolo da biliardo con i palmi aperti ed osservava la partita che aveva perso miseramente concludersi; Dean l'aveva guardata con un grosso sorriso vittorioso sul viso mentre Abby aveva messo su un broncio fintamente arrabbiato ed aveva incrociato le braccia al petto, sentendo subito il ragazzo avvicinarsi a lei e posare la stecca sul tavolo con una grossa risata compiaciuta. 
"Ho vinto". 
"Beh, buon per te" aveva risposto Abby guardandolo in cagnesco e scuotendo la testa, mentre lo sentiva afferrarla dai fianchi ed attirarla a sé. 
"Vuoi la rivincita, ragazzina?". 
Abby aveva sollevato un sopracciglio e ci aveva davvero pensato su, annuendo e mordendosi il labbro inferiore, per poi tornare a sorridere. "Prendo altri due drink e poi ricominciamo questo stupido gioco". 
Abby si era allontanata di proposito e si era avvicinata al bancone iniziando a parlare con il barista invece che ordinare da bere, osservando con la coda dell'occhio Dean sedersi con l'animo un po' più sereno al loro tavolo, vicino al tavolo da biliardo: lo aveva visto cercare di distogliere lo sguardo dal telefono che Abby avesse lasciato sul tavolo in bella vista, ma poi Dean non era riuscito a frenare la sua curiosità e aveva allungato una mano verso esso per iniziare a frugare fra i suoi messaggi: tutto andava secondo il piano di Abby, che smise di fare conversazione inutile ed ordinò i due drink al barista quando aveva visto Dean sospirare e rimettere il telefono a posto. 
Abby si era apprestata a cancellare velocemente gli ultimi messaggi di Sam, che nel frattempo aveva trovato ciò che stesse cercando, e aveva lasciato il telefono acceso e senza blocco proprio a pochi centimetri da Dean un po' per vedere se avesse ragione a crederlo insospettito, un po' perché voleva vederlo rasserenarsi mentre leggeva i messaggi scambiati con Silver usati come diversivo. 
La serata continuò velocemente fra una bevuta e l'altra ed Abby pensò di non aver visto Dean così sereno da veramente tanto tempo: aveva guidato lei per tornare al bunker perché Dean le sembrava fin troppo brillo, dato che quella sera c'erano andati giù pesanti unicamente per distrarlo e fargli passare una serata spensierata. 
Adesso che si trovava nel loro letto col viso schiacciato sul suo petto mentre le sue braccia l'avvolgevano stretta, Abby si ritrovò a sospirare quasi di felicità perché le era davvero mancato passare del tempo insieme a lui che non implicasse squallidi motel o strane uccisioni; Mary dormiva nel lettino accanto a loro e  aveva smesso di svegliarsi durante la notte, lasciandoli dormire tranquilli, stupendoli giorno dopo giorno per quanto crescesse velocemente. 
Quando fu sicura che Dean fosse totalmente addormentato e avesse iniziato a russare bellamente, Abby si divincolò in maniera delicata dalla sua presa per non svegliarlo, sedendosi sul bordo del letto ed osservando il modo in cui il ragazzo si fosse sistemato e stesse continuando a dormire. 
Sgattaiolò dalla stanza socchiudendo la porta e camminando scalza sul freddo pavimento del bunker, raggiungendo velocemente la camera di Sam che sapeva la stesse aspettando sveglio; non bussò neanche, ma si continuò a guardare le spalle per cercare di capire se Dean la stesse cercando, e solamente dopo si voltò verso il ragazzo seduto alla scrivania della sua stanza intento a cercare qualcosa al suo computer. "Ciao Sammy".
Il ragazzo ricambiò il saluto e si alzò studiando il suo viso teso e stanco, e si avvicinò a lei con un sorriso incerto confermandole di aver preso da una cripta sotterranea ciò che interessasse ad entrambi senza neanche un graffio, ed Abby tornò finalmente a respirare davvero. "Bene Sam: c'è mancato poco che Dean mi scoprisse stasera".
Sam accennò un sorriso dispiaciuto e la guardò con aria stanca, notando il suo viso sormontato da delle occhiaie scure e le carezzò un braccio con dolcezza: Sam aveva visto molte volte il modo in cui Abby si prendesse cura di tutti, specialmente di Dean e di Mary, ed era davvero contento di poter seguire la sua pista mentre Abby staccava un po' la spina con Dean, divertendosi in un bar nonostante fosse copertura, mentre Dan si prendeva cura di Mary. 
Sam aveva dimenticato quando fosse stata l'ultima volta che l'avesse vista davvero serena, davvero tranquilla e spensierata. "Il libro è al sicuro, ma è completamente bianco. Nella prima pagina c'è solamente una frase che dice che nessuno potrà leggerlo a meno che esso venga inghiottito da una fonte di malvagità e di purezza allo stesso tempo per ristabilire l'equilibrio, spezzatosi nell'universo molto tempo fa". 
Abby sgranò gli occhi e lo guardò con aria confusa, inclinando appena la testa di lato e pensando con ironia che facessero tanti passi avanti quanti quelli che facevano indietro, e sospirò rumorosamente. "E che vorrebbe dire?". 
"Non lo so. Ci dovremo lavorare, ma non adesso, quindi torna a letto e vai a dormire: hai l'aria stanca. Da quant'è che non dormi?" chiese Sam aggrottando le sopracciglia e osservando nuovamente il suo viso notevolmente segnato da quei mesi. 
Abby istintivamente sorrise mentre lo guardava negli occhi e pensava di essere davvero fortunata ad aver Sam come complice; lo salutò con un lungo abbraccio e si congedò per dirigersi nuovamente nella sua stanza, muovendosi in silenzio. 
Aprì lentamente la porta per non svegliare Dean o la bambina e sollevò le lenzuola per sdraiarsi nuovamente accanto al cacciatore: si distese sul materasso e subito sentí una sensazione di sollievo mentre il dolore alla schiena si alleviò, stiracchiandosi appena e accennando un sorriso. 
La stanza era buia ad eccezione della piccola bajour che Dean si ostinava a tenere accesa per trovarsi pronto nel caso in cui Mary avesse iniziato a piangere durante la notte, per alzarsi e non disturbare troppo Abby lasciando che si godesse ancora qualche ora di sonno; Dean si era riscoperto ad amare davvero quel ruolo da genitore. 
Forse perché Mary lo ricompensava con un affetto tale da far sciogliere il suo cuore, forse perché la prima parola della sua bambina fosse stata proprio papà, e l'aveva detta mentre muoveva i primi passi più sicuri nella sala bunker, avvicinandosi a lui con il suo solito sorriso solare e si era aggrappata forte al tessuto dei suoi jeans per mantenersi stabilmente eretta. 
Forse perché nei suoi occhi vedeva il suo intero mondo. O forse perché era davvero la bambina più dolce e bella che avesse mai visto. 
Perché la sentiva sua e nessuno mai avrebbe potuto portargliela via.
Eppure Dean non riusciva più a sopportare di starle lontano per più di qualche ora, aveva costantemente bisogno del suo contatto e delle sue manine. 
L'amava così come Mary amasse lui. 
E Dean amava ancora tantissimo anche Abby, che gli aveva fatto un regalo così bello come la loro bambina. 
Sentí un braccio avvolgerle la vita e tirarla forte nella sua direzione per portarla più vicina a sé ed Abby istintivamente sorrise, sfiorando il braccio muscoloso che la teneva stretta e anche quello che Dean aveva fatto passare sotto al suo collo per tenerla più vicina. 
Sentí il suo odore arrivare dritto alle narici e voltò appena il viso nella sua direzione con gli occhi chiusi, beandosi per qualche momento di quel contatto così intimo fra loro due. 
"Dove sei stata?". 
La voce impastata dal sonno giunse alla sue orecchie in maniera chiara, e nonostante Abby tenesse ancora le palpebre sigillate sapeva che Dean avesse aperto i suoi occhi e la stesse osservando: fece spallucce e si strinse di più a lui, sfiorandogli la guancia con il naso con un gesto delicato. "A prendere dell'acqua". 
Abby lo sentí rispondere con un grugnito poco convinto della sua risposta e subito si voltò con il corpo nella sua direzione per aprire gli occhi e guardarlo mentre si muoveva dentro il suo caldo abbraccio; guardò dentro i suoi occhi verdi ed accennò un sorriso, sollevando una mano per sfiorargli il viso appena barbuto ma notando i lineamenti duri e la mascella contratta: evidentemente avergli lasciato il telefono a disposizione quella serata non era bastato a placare i suoi sospetti, dato il modo indagatore con cui la stesse guardando, ed Abby capí che il sospetto nei confronti di Edward non gli fosse ancora passato. 
Finse tranquillità e salì a sfiorargli i capelli con dei movimenti lenti per farlo rilassare di più, e vide la sua espressione divenire appena più tranquilla, tanto che Dean si avvicinò di più e le diede un dolce bacio sulla guancia. "È stata una bella serata, non è vero ragazzina?".
Abby sorrise di più ed annuì perché amava sempre passare del tempo insieme a lui ed il resto della famiglia, ma per una volta erano soli e avevano potuto bere spensierati proprio come tanti anni prima. "Ti ho fatto il culo a freccette, certo che lo è stata". 
"E io ti ho stracciato a biliardo, siamo pari ragazzina.." sussurrò Dean allargando il suo sorriso, sentendosi ancora divertito per la faccia che la ragazza avesse fatto al locale nel momento in cui aveva capito di aver perso la partita e che lui avesse già vinto prima ancora che Abby potesse accorgersene. 
Mise su un broncio arrabbiato e lo guardò male, cercando di liberarsi dalla sua presa per allontanarsi con finta rabbia ma presto Dean si affrettò a riavvicinarla a sé, facendola poi ridere di gusto: furono inutili le movenze di Abby per liberarsi, perché aveva le braccia del ragazzo attorno alla sua vita che la stavano stringendo stretta. 
Il suono delle loro risate si placò nel momento in cui i due ragazzi incorciarono i loro occhi sdraiati sul loro letto, e la risata scemò su entrambi, fino a rimanere a fissarsi negli occhi per dei lunghi istanti mentre guardavano uno dentro l'altra attraverso i loro occhi. 
Dean aveva capito che quella sera Abby lo avesse portato fuori con una scusa e aveva anche intuito che stesse architettando qualcosa senza però capire di cosa si trattasse, ma cercò di non dar troppo a vedere il suo essere sospettoso, altrimenti Abby avrebbe alzato la guardia e non gli avrebbe permesso di capire cosa realmente stesse facendo. 
Il ragazzo decise di archiviare quei pensieri almeno per quella notte dato il modo in cui lei lo stesse guardando, con quel sorriso impertinente che aveva sempre contraddistinto il suo viso, e si avvicinò lentamente mentre le carezzava il fianco in maniera diversa: era una stretta altamente possessiva che Abby aveva sempre amato sentire su di sé e la ricambiò in fretta quando si arpionò alla sua spalla con la mano per tirarsi su e raggiungere più velocemente il suo viso. 
Dean sorrise e si avvicinò di più per colmare la distanza fra di loro, mentre sentiva il cuore battere più velocemente nel petto e si rese conto che per una volta il Marchio non stesse esercitando alcuna pressione su di lui: non vi era alcuna pulsazione sul suo braccio, nessuno strano sentimento dentro di lui. 
Vedeva solo Abby. Voleva solo Abby. 
La baciò con dolcezza sentendo il suo cuore impazzire di più mentre risaliva il corpo della ragazza con le dita e sentiva la voglia di averla crescere velocemente dentro di sé. 
Abby provò esattamente le stesse cose mentre lo stringeva di più e gli permetteva di sistemarsi meglio su di lei allargando le gambe per fargli più spazio, e sentí la dolcezza con cui Dean avesse infilato una mano all'interno della sua maglietta per sfilargliela in fretta, tornando a baciarla con fermezza. 
Abby fece lo stesso e presto anche la sua maglietta ed il resto dei vestiti finirono in fondo al letto, mentre la ragazza lo sentí muoversi lentamente e delicatamente dentro di sé, non smettendo un momento di guardarla, tranne per baciarla e stringerla più forte a sé. 
I loro occhi rimasero incatenati mentre sentivano il cuore battere più in fretta ed entrambi rimasero piacevolmente stupiti di provare ancora quelle sensazioni dopo tutto quel tempo che fossero stati insieme e dopo tutto ciò che avessero passato, e presto si ritrovarono a sorridersi incapaci come sempre di dirsi cosa sentissero l'uno per l'altra in quel preciso momento in cui i sentimenti gli stessero esplodendo nel petto; un leggero sospiro e un cambiamento del respiro del sonno di Mary li fece voltare di scatto verso il lettino con le alte sbarre posto proprio accanto al lato del letto di Abby, facendoli fermare ed assicurarsi che non si fosse svegliata, ma presto i due ragazzi videro la piccola voltarsi ancora nel sonno mentre si sistemava il ciuccio fra le labbra e tornando a dormire sorniona. 
Accennarono una leggera risata pensando di averla scampata per un pelo e tornarono a guardarsi divertiti, dando le ultime spinte prima di sentire il calore ed il piacere esplodere dentro di loro, cercando però di limitare i suoni ed i gemiti che potessero uscire dalle loro labbra per non disturbare Mary; Dean l'attirò a sé e le baciò delicatamente la testa quando la sentí sistemarsi sul suo petto, stringendola più forte a sé e facendo oscillare lo sguardo fra la donna che amava e che stringeva fra le braccia e la bimba che dormisse ancora profondamente e che rappresentasse ormai il centro del suo cuore e del suo mondo, sentendosi pienamente felice. 

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Capitolo 54
*** Capitolo 47 ***


Hunter's legacies
Capitolo 47.
 
 
Chiuse il gancetto della sua collana attorno al collo e poi quello del suo bracciale, entrambi regali di Dean che avevano un significato davvero importante: si soffermò a guardare il ciondolo a forma di cuore blu e sorrise, sentendo il cuore battere un po' più forte al ricordo di quel Natale di ormai tanti anni fa, quando Dean le aveva confessato di aver iniziato a provare dei forti sentimenti per lei, e sfiorò la pietra luccicante. 
Era passato tanto tempo da quel giorno: allora cercava di salvare Dean dal suo patto, adesso cercava di salvarlo dal Marchio. 
Il suo sorriso scemò ed Abby vide il suo riflesso sullo specchio della sua stanza farsi serio, e sospirò nuovamente mentre si passava una mano fra i lunghi capelli ramati lasciandoli cadere all'indietro sulla sua schiena; erano ormai passate due settimane da quando Sam avesse trovato il libro consigliato da Caino, eppure non erano ancora riusciti a venire a capo del modo per riuscire a leggerlo, cercando di decifrare quell'unica frase che fosse stata riportata sulla prima pagina. 
Colui che spezzerà l'equilibrio per leggere il contenuto di queste pagine, dovrà lasciare prima che il Libro venga inghiottito da una fonte di malvagità e di purezza per ristabilire l'armonia, originariamente spezzata da un essere celeste privo di ali che ha perso tutto ciò che possedeva per una fanciulla pura di cuore lasciatasi sedurre dal fascino del male.
Abby e Sam ci avevano lavorato parecchio senza farsi scoprire da Dean nei momenti in cui lui fosse occupato con Mary, e avevano consultato tutti i libri e i siti che potessero contenere una leggenda simile, ma non trovarono nulla che facesse al caso loro: per questo quella mattina Abby aveva sfruttato la momentanea assenza di Dean, che aveva svegliato Mary e le aveva subito preparato da mangiare, iniziando a parlarle con un grosso sorriso mentre la piccola ripeteva ciclicamente le parole pappa e mamma alternando qualche volta anche papà, finendo per imparare a dire zio
Abby sapeva quanto Mary rendesse orgoglioso Dean giorno dopo giorno: il fatto che avesse iniziato a parlare così velocemente, ancora prima a muovere i primi passi fino ad essere più sicura e camminare da sola, arrampicandosi ovunque; lo aveva visto sorridere commosso ogni qualvolta la loro piccola affettuosa corresse fra le sue braccia con un risolino, appendendosi ai suoi pantaloni ed trascinandolo a terra con lei per chiedergli di giocare. 
E Dean non si era mai tirato indietro: si era sempre seduto insieme a sua figlia per giocare con le sue bambole e le macchinine inventando storie fantasiose mentre il suo cuore scoppiava di felicità mentre sentiva Mary ridere e vedeva il suo grande sorriso. 
Abby si mosse silenziosamente nel corridoio del bunker sentendo le loro voci provenire dalla cucina e si avvicinò lentamente alla porta, scorgendo Dean seduto di spalle sulla panca del tavolo con a fianco la loro piccola che teneva la sua forchetta da sola perché era già grande per poter mangiare da sola, e la vide ridere di cuore mentre ascoltava interessata la storia che il suo papà le stesse raccontando per mangiare. 
Sentí il cuore battere più velocemente nel petto pensando che Mary fosse davvero la cosa più bella che fosse capitata loro: dovevano essere loro a prendersi cura di lei, invece era Mary a curare le ferite interne dei suoi genitori solamente con un sorriso o con una carezza.
Passarono pochi istanti prima che Mary si voltasse verso la porta nonostante Abby non avesse fatto alcun rumore e si alzò immediatamente mollando malamente la forchetta sul tavolo lasciando il fianco del padre per muoversi in direzione della ragazza iniziando ad urlare di felicità, aggrappandosi ai suoi jeans ed iniziando a saltellarle attorno con felicità, ripetendo mamma un'infinità di volte facendola ridere. 
Abby si chinò per prenderla fra le braccia e se la portò stretta al petto inalando il suo profumo, baciandole teneramente il viso ed il collo facendola ridere ancora, e Mary si strinse più a lei passandole entrambe le braccia attorno al collo e schiacciandole i lunghi capelli che sfiorò con dolcezza. 
"Papà sta raccontando una storia dui traghi!". 
Abby rise di gusto e osservò i suoi occhi verdi così simili a quelli di Dean che avrebbe potuto scambiarli, e le carezzò una guancia per scostarle i lunghi capelli biondicci dalla fronte per liberarle il viso con dolcezza; assunse un'aria sorpresa, sgranando gli occhi e guardando la sua piccola ridere ancora. "Sui draghi? Mary non sarà un po' troppo piccola per le tue storie?".
Mary scosse la testa e batté le sue manine come segno di dissenso, scuotendo la testa energicamente. "Io sono trandeee!". 
Abby rise di gusto e la strinse a se con dolcezza mentre le depositava un bacio fra i capelli, per poi avvicinarsi al tavolo della cucina per chinarsi e dare un bacio a fior di labbra al ragazzo che nel frattempo se la rideva. 
Lasciò Mary tornare a sedere accanto al padre e sorrise mentre vide Dean diventare più serio ed intimare alla figlia di finire di mangiare, altrimenti non avrebbe continuato a raccontarle la storia.
La ragazza si allontanò di qualche passo fino a raggiungere il bancone e si versò una lunga tazza di caffè, appoggiandosi al bancone e chiudendo gli occhi per qualche istante per pensare al modo giusto con cui lei e Sam avrebbero potuto lasciare il bunker per almeno una giornata, nel tentativo di scoprire qualcosa di più su quel libro; sospirò rumorosamente, attirando l'attenzione di Dean che si voltò a guardarla con aria curiosa, ma la ragazza cercò di tranquillizzarlo con un sorriso.
Dean tornò ben presto a raccontare la sua favola per far sì che Mary finisse l'ultimo boccone e poi la vide scappare a gambe levate per il corridoio, mordendosi la lingua perché quel gioco glielo aveva proprio insegnato lui qualche giorno prima, ed evidentemente Mary adorava essere inseguita a tal punto che lo riproponesse tutte le mattina. 
Poco prima che Dean uscisse per inseguire la figlia, si soffermò sulla soglia della porta e guardò Abby con sopracciglia aggrottate, mentre studiava la sua espressione e si chiese perché fosse così tanto silenziosa quella mattina. "Stai bene, ragazzina?". 
Abby sollevò lo sguardo fino a lui e rispose con un cenno della testa ed un sorriso più convinto, rimanendo però appoggiata al bancone; pensò che non ci potesse essere un'altra occasione buona come quella, così posò la sua tazza di caffè e fece qualche passo avanti. "Io e Sam andiamo a seguire un caso oggi".
Passò poco prima che l'espressione di Dean diventasse più dura e sospettosa, sollevando un sopracciglio e mettendosi più dritto con la schiena mascherando malamente il suo disappunto. "Tu e Sam? Perché proprio tu e Sam?".
"Preferiresti che andassimo io e te, mentre Mary piange tutto il giorno qui al bunker con Sam o Dan perché vuole almeno uno di noi?" chiese Abby facendo spallucce e guardandolo con aria seria. Ben presto sospirò ed osservò la sua espressione ancora contratta dal fastidio, e fece qualche passo avanti nella sua direzione mordendosi il labbro inferiore ed addolcendo il suo tono di voce, mentre prendeva la sua mano sinistra fra le sue. "Senti Dean, io ho bisogno davvero, davvero di uscire da qui: che non sia per comprare pannolini o pappette. Ho bisogno di prendere aria e questo caso è proprio a qualche città di distanza, tornerò presto, d'accordo?". 
Dean si sforzò di leggere nei suoi occhi l'autenticità delle sue parole e dei suoi pensieri, eppure riusciva ancora a vedere che nascondesse qualcosa e che ci fosse qualcos'altro sotto quella sua espressione così sicura di sé; però la capiva, sapeva quanto quella vita stesse più stretta a lei che a lui, perché Dean aveva sempre voluto avere una famiglia, un posto fisso dove stare, avere dei figli, ed anche Abby voleva le stesse cose, ma in momenti diversi. 
Abby voleva avere la sua casa con la sua famiglia solamente nel momento in cui fosse uscita definitivamente dalla caccia per non incorrere in stupidi pericoli. 
Anche Dean l'aveva sempre pensata così, eppure dal momento in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli di sua figlia era tutto cambiato in maniera radicale. 
Dean sospirò e fece spallucce, avvicinandosi di qualche passo e sfiorandole il viso con una carezza rassegnata, perché aveva capito che la ragazza glielo stesse solamente comunicando e che non stesse chiedendo un parare; così annuí e accennò un sorriso. "Fai attenzione, d'accordo? Detesto l'idea che tu sia lì fuori senza di me che ti copro le spalle".
Abby sorrise teneramente e colmò lo spazio fra di loro con un bacio a fior di labbra, passandogli le braccia attorno al collo e stringendosi contro il suo petto mentre sentiva la presa ferrea del ragazzo su di sé che la fece sorridere di più, quando un rumore che conosceva fin troppo bene la costrinse a piegare il collo di lato e rimanere in ascolto, fino a quando scoppiò in una grassa risata. "Dovresti stare tu più attento, penso che Mary stia cercando di smontare la ringhierina che hai montato nella sala per non farla accedere ai reparti pericolosi". 
Dean sgranò gli occhi e sciolse velocemente quell'abbraccio mentre richiamava a grande voce il nome della figlia con un tono di rimprovero, al quale seguí una forte risata della piccola che cercò di scappare nella sala, facendo ridere entrambi i genitori. "È proprio come sua madre: dispettosa e senza regole". 
Abby rise di gusto e lo guardò allontanarsi, facendogli l'occhiolino e sporgendosi appena per guardarlo meglio mentre correva in direzione di Mary per fermare qualsiasi cosa stesse facendo, per poi sussurrare fra sé e sé un piccolo "Ci puoi scommettere!" mentre si dirigeva dalla parte opposta del bunker per chiamare Sam e partire insieme al più presto.
 
 
 
"Edward?".
La voce e l'espressione sorpresa di Abby non fecero in tempo a fermare Sam, che si voltò di scatto a guardare l'uomo davanti a lui con aria accigliata mentre lo studiava per capire chi fosse quel gigante e nel frattempo fece un passo avanti per mettersi fra lui e Abby, perché proprio non gli piaceva il modo in cui la stesse guardando. 
Ma Abby non ci fece caso e avanzò giusto il necessario per raggiungere l'uomo davanti a Sam, guardandolo con un grosso sorriso e sollevandosi sulle punte per abbracciarlo forte. Dopo che lei e Sam avevano lasciato il bunker passando più di tre ore in macchina per raggiungere la città in cui si trovassero e dove fossero scomparse delle persone in condizioni molto strane, utilizzate come alibi per allontanarsi da Dean senza creare sospetto, finalmente Abby era riuscita a convincere Sam ad andare a bere qualcosa al pub proprio a pochi passi dal loro motel. 
Sam non aveva nessuna voglia di bere al bancone di uno squallido posto, tantomeno di alzare troppo il gomito dato che la sua unica preoccupazione fosse quella di poter finalmente chiamare Anael e Castiel per metterli a conoscenza del loro piano e farsi aiutare nel decifrare la prima frase del libro. 
Eppure Sam aveva avuto il presentimento che se avesse lasciato andare Abby da sola in quel pub, probabilmente sarebbe accaduto qualcosa di non troppo piacevole. 
E adesso che Sam vedeva Abby stretta in un abbraccio molto amichevole a quel ragazzone alto quanto lui ma sicuramente più muscoloso e massicico, iniziò a capire che la sua sensazione non fosse del tutto sbagliata. 
Si schiarí la voce per attirare l'attenzione e far voltate entrambi i ragazzi verso di lei, ed Abby lo guardò con leggera sorpresa perché non si aspettava quello sguardo e quell'atteggiamento proprio da lui. 
Abby sorrise imbarazzata e fece un passo indietro, gesticolando appena per presentare i due uomini che adesso si guardavano con aria accigliata, studiandosi a vicenda mentre si stringevano forte la mano.
"Edward Randall, lui è Sam Winchester, il fratello minore di Dean". 
Edward aveva ricambiato la stretta vigorosa di Sam ed anche il suo sguardo serio, ma dopo poco fece guizzare lo sguardo fino alla ragazza davanti a sé tornando a sorriderle mentre si rimetteva seduto al tavolo che stesse occupando in quel pub affollato, facendo segno ai due di unirsi a lui. 
"Vi presento Jimmy Tellher, uno dei miei amici più cari" disse Edward sorridendo e presentando il suo amico con un gesto del capo. 
Abby sorrise ed allungò una mano verso di lui, presentandosi per poi prendere posto accanto ad Edward mentre Sam le si sedeva vicino, desiderando con tutto che lui ed Abby non avessero lasciato la stanza quella sera. 
La ragazza studiò l'uomo sui quaranta, forse quarantacinque, che indossasse un cappello con la visiera e aveva un viso quadrato, su cui spiccasero due occhi blu come l'oceano di notte. 
Lo sentí dire a Sam quante storie avesse sentito su di loro, in particolare su di lui e sulla storia del ragazzo Re che Azazel aveva scritto per lui, iniziando a fargli una domanda dietro l'altra. 
Abby incrociò lo sguardo infastidito di Sam, che però sorrise e si sforzò di rispondere in maniera educata e gentile, per poi lasciare scivolare i suoi occhi su quelli di Edward, trovandolo già ad osservarla con un sorriso sul viso. 
"Allora rossa: questa volta hai lasciato il tuo ragazzo geloso e violento a casa e hai cambiato partner di caccia?". 
Abby sollevò un sopracciglio e scosse la testa, muovendosi nervosamente sulla sedia per guardarlo meglio. "No, ma avevo bisogno di cacciare e Dean è rimasto a casa con nostra figlia". 
Edward aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria così sorpresa che anche Sam e Jimmy la colsero, voltandosi verso di loro per ascoltare la conversazione e quando Jimmy smise di fargli domande quasi non importava a Sam quale fosse il motivo che avesse attirato la sua attenzione, ringraziando il Cielo che avesse smesso di parlare. 
Edward non si aspettava minimamente che Abby potesse essere una madre, un po' perché la vita che conducesse non fosse adatta ad una bambina e un po' perché non gli piaceva che il padre fosse proprio Dean, e storse il naso in una piccola smorfia. "Vostra figlia? Cioè tu hai avuto una bambina?". 
Jimmy scoppiò in una fragorosa risata scuotendo la testa e afferrò la sua birra, scolandola fino all'ultimo goccio. "Certo Ed. Cos'è, non ti ricordi come si fanno i bambini?".
L'espressione confusa di Edward si sciolse in un sorriso divertito, scuotendo la testa e bevendo anche lui l'ultimo sorso di birra, prima di sollevare due dita ed ordinare quattro birre al loro tavolo.
Tornò a guardare Abby che lo prendeva in giro insieme a Jimmy, e sorrise. "Sono solamente sorpreso, non me l'avevi detto l'ultima volta e poi non pensavo che foste tipi da figli". 
Sam vide Abby mordersi il labbro con nervosismo e fare spallucce e poi notò il modo in cui Edward la stesse guardando Abby, ed il minore dei Winchester iniziò a pensare che conoscesse bene quello sguardo perché era lo stesso che avesse visto in Dean quando per la prima volta lui e suo fratello avessero incontrato la ragazza alla Road House. 
Sam si schiarí la gola e attirò l'attenzione su di lui, guardando Edward negli occhi con aria seria. "Scusa Ed, ma Abby non mi hai raccontato di te. Come vi siete conosciuti?". 
Abby spostò lo sguardo su Sam ed aggrottò appena le sopracciglia perché stava riconoscendo lo stesso atteggiamento protettivo che avrebbe messo su Dean, così sospirò e scosse la testa. 
"Abby è entrata nel mio bar". 
La risposta di Edward fu secca e breve, mentre lo guardava con lo stesso sguardo che Sam gli stesse riservando. 
Abby scambiò uno sguardo con Jimmy che fosse confuso tanto quanto lei, e la ragazza sorrise voltandosi verso Sam. "Edward mi ha aiutata a trovare quel veggente di cui ti ho parlato. Mi ha anche salvato la vita, veramente".
Le labbra di Sam si piegarono per sussurrare un leggero Oh, capendo subito che tutta l'operazione per salvare Dean fosse scattata da quell'incontro con Edward che avesse indirizzato Abby da Cain, così annuì e ringraziò la cameriera che gli porse una birra. 
Fecero un veloce brindisi e Sam rimase ad ascoltare i discorsi fra la ragazza e Edward, scoprendo che si trovasse nella loro stessa città per lo stesso debole caso che li avesse portati lì come una scusa per mettere distanza fra loro e Dean per iniziare a pensare al modo per salvare il fratello dal Marchio, decifrando il libro. 
Tutti e quattro iniziarono una lunga conversazione sulle cacce e su alcuni aneddoti divertenti, ma presto la birra finí e portò via con sé quasi un'ora di quella serata senza che se ne potessero rendere conto; Abby si alzò velocemente dicendo che avrebbe preso delle altre birre per tutti, lasciando i tre ragazzi a guardarsi negli occhi con occhi curiosi l'uno dell'altro. 
Edward si schiarí la gola e sollevò un sopracciglio mentre sosteneva lo sguardo dell'uomo, appoggiandosi meglio allo schienale della sedia e sfregando i palmi delle mani l'uno contro l'altro. "Quindi tu sei il fratellino di Dean?". 
"Si". 
La sua risposta fu secca, senza tanti giri di parole, e Sam continuò a guardarlo con aria seria. 
Edward sorrise imbarazzato e scambiò un'occhiata eloquente con Jimmy, iniziando a pensare che lo sguardo di fuoco non fosse l'unica cosa che Dean avesse insegnato al suo fratellino, notando il suo sguardo di avvertimento silenzioso, e gli scappò una piccola risata che gli fece fare spallucce. "Sai che tuo fratello mi ha minacciato con una pistola, la prima volta che mi ha visto?". 
Sam fece spallucce tranquillamente come se quello non fosse un problema e non lo disturbasse, non sentendosi minimamente sorpreso perché conosceva bene suo fratello e perché aveva provato lui stesso la voglia di prendere a pugni il ragazzo per il modo in cui si mangiasse Abby con gli occhi. "Beh, avrà avuto le sue buone ragioni per farlo". 
Edward rise di gusto e giocherellò per qualche istante con la propria folta barba, annuendo e scuotendo appena il viso, confermando ad alta voce che Sam avesse ragione e che Dean avesse avuto tutti i motivi per minacciarlo, e lasciò scivolare lo sguardo su Abby che intanto si era leggermente piegata sul bancone e rideva di gusto con la barista, mentre Edward la guardava con sguardo compiaciuto sul suo corpo tonico.
Non ci volle molto prima che Sam seguisse il suo sguardo e capí che strane idee stessero passando per la mente dell'uomo, e istintivamente sollevò un sopracciglio sentendosi irritato e lo guardò in cagnesco. "Non pensarci neanche: Abby è off-limits per te".
Edward voltò nuovamente il viso divertito verso di lui e rimase a guardarlo per un lungo istante, giocando a chi abbassasse prima lo sguardo ed a chi avesse più testosterone. "Oh, non lo so Sammy. Io adoro le sfide ed Abby è la sfida più bella che io abbia mai visto". 
Sam non ebbe il tempo di rispondere per le rime, poiché presto Abby si fece strada fino al loro tavolo con le birre ghiacciate fra le mani e sorrise ad entrambi gli uomini, senza avere la minima idea della conversazione che avessero intrapreso fino a qualche istante prima e passò una bottiglia l'uno guardandoli prima di bere qualche sorso e tornare a chiacchierare per tutto il resto della serata. 
Sam cercò di dirottare ogni discorso che Edward cercava di intavolare per coinvolgere solamente Abby, la quale parve non notare il tono di rimprovero che stesse usando per farla smettere di parlare con quel tizio. 
Presto la ragazza udì Jimmy schiarirsi la gola ed alzarsi dal tavolo, che la guardò con un sorriso e le fece l'occhiolino. "La tua presenza è incantevole, il mio amico Ed non aveva torto a parlarmi di te così bene, ma adesso devo andare. C'è qualcuno che reclama la mia presenza, quindi a presto Abby. Ciao Sam".
Jimmy li salutò con una mano senza aspettare risposta e con grande teatralità superò il tavolo e si avvicinò ad una ragazza dai capelli a caschetto neri che stesse vicino al bancone, sollevandola di peso e caricandosela in spalla. 
La ragazza rise di gusto e quando riuscì a farsi mettere nuovamente giù, si sollevò sulle punte per baciare Jimmy con una passionalità tale da essere quasi scandalosa se non fossero stati in un bar e se tutti i presenti non fossero già ubriachi. 
Anche Sam si lasciò sfuggire un sorriso tirato davanti a quella scena, ma presto scemò quando tornò a guardare Abby che ancora guardava Jimmy, e Edward che invece guardava Abby con una grande intensità. 
Si schiarí la gola e attirò l'attenzione dei due nuovamente su di sé mentre Jimmy e la ragazza uscivano dal locale dopo aver fatto un cenno di saluto a Edward, e Sam sospirò mentre indossava la giacca. 
"È stata una bella serata, ma si è fatto tardi: dovremmo andare Abby. Domani ci aspetta una lunga giornata". 
Edward scosse la testa stendendosi meglio sulla sedia, allargando le braccia con disappunto e sorridendo apertamente. "Oh andiamo, sono appena le dieci!". 
"Noi lavoriamo domani, Edward. Quindi credo che sia meglio andare Abby, sù.." sussurrò Sam accennando un sorriso scocciato nella direzione dell'uomo e guardando con aria seria verso Abby, che si fosse voltata verso di lui per guardarlo con aria accigliata e sopracciglia aggrottate. 
Abby non aveva nessuna voglia di uscire dal locale e di interrompere la sua serata insieme a Edward. 
Così scosse la testa e guardò Sam in cagnesco, perché quel comportamento iniziava a darle sui nervi facendola sentire come se la sua ora d'aria fosse finita e fosse costretta a tornare in cella. 
Fece spallucce e lo guardò con aria più seria e quasi infastidita.  "Grazie, ma so quando arriva il momento di tornare in stanza e questo non lo è. Ci vediamo domattina, Sammy". 
Sam strinse la mandibola e sospirò, riconoscendo per un momento nei suoi occhi lo stesso sguardo che Dean avesse messo su centinaia di volte prima di portare una ragazza in camera e passare con lei tutta la notte, prima che incontrasse Abby. Le chiese se fosse sicura e quando vide il volto della ragazza senza esitazione annuí, congedandosi ed augurando ad entrambi una buona notte mentre andava via e sentiva su di sé lo sguardo di Ed che già pregustava la vittoria: ma Sam aveva molta fiducia in Abby e sapeva che non avrebbe mai commesso un errore di cui si sarebbe pentita. 
Abby roteò gli occhi con aria scocciata e tornò a guardare il ragazzone al suo fianco, che nel frattempo aveva seguito con lo sguardo Sam uscire dal locale. 
Ordinò altre due birre, osservando la cameriera arrivare subito e portare ai due delle bottiglie, e poi Edward lasciò scivolare lo sguardo su quello di Abby, la quale sorrise in silenzio. 
"Allora rossa, che succede con il fratellino di Dean? Sembrava davvero  preoccupato all'idea di lasciarti qui con me: sa che non ho nessuna intenzione di mangiarti?". 
Abby rise di gusto e si portò un ciuffo dietro l'orecchio, sentendo da tutta la sera lo sguardo che stesse usando su di lei, esattamente come fece la prima volta che avessero passato dei giorni insieme alla disperata ricerca del veggente che le rivelò la posizione di Cain; doveva ammettere almeno a se stessa che adorava il modo in cui la guardasse, come le parlasse, iniziando a pensare che Edward fosse davvero affascinante. 
Quegli occhi scuri così espressivi immersi sul volto barbuto, incorniciato da dei capelli castani leggermente più lunghi dell'ultima volta, l'espressione fiera e magnetica. 
La ragazza sospirò ed abbassò brevemente lo sguardo, cercando di non far capire all'uomo davanti a sé ciò che avesse effettivamente pensato senza rendersene conto. "È solo molto protettivo verso di me. Ci conosciamo da quando eravamo dei ragazzini". 
"Si, lo capisco. Ma non credo che tu abbia bisogno di alcuna protezione.." sussurrò Edward accennando un sorriso e bevendo qualche sorso dalla bottiglia senza mai staccarle gli occhi di dosso; si appoggiò con i gomiti al tavolo e si fece più vicino a lei, guardandola con aria curiosa. "Comunque che ci fate qui? Io e Jimmy abbiamo già controllato le strane sparizioni in questa città e posso assicurarti che non c'è nulla di sovrannaturale, a parte dei pazzi umani che amavano rapire la gente e che sono già stati consegnati alla polizia". 
Abby lo guardò con aria sorpresa e tirò un sospiro di sollievo, perché ciò voleva dire che lei e Sam avrebbero avuto più tempo per contattare i loro due angeli e ragionare insieme su come decriptare quel libro, e presto incrociò di nuovo il suo sguardo magnetico e penetrante, accennando un sorriso. Mano a mano che le birre vuote sul tavolo iniziarono ad aumentare e senza che riuscisse ad accorgersene, Abby iniziò a confidarsi con Edward sul vero motivo per cui fossero giunti in quella città, sul vero problema di Dean e perché lo avesse attaccato quella notte di qualche settimana prima, trovandosi all'una di notte passata a ragionare con lui su cosa potessero significare le parole su quel libro, rimanendo basita quando Edward le suggerì che la frase potesse solamente riferirsi al sangue del Re dell'inferno e di quello di qualcuno che aveva un cuore puro e che si fosse lasciato corrompere dal male.
Abby si ritrovò subito a pensare a Crowley ed a Syria, pensando che il loro sangue potesse effettivamente essere la chiave per tutto nonostante non ne capisse il significato; prima di incupirsi e rovinare ciò che restasse della serata, cambiarono presto argomento tornando a raccontarsi degli aneddoti di caccia ed a ridere come due bambini, pensando che passare del tempo con Edward la facesse sentire più leggera e spensierata. 
"Avevo sedici anni, mio padre si era fermato al bar con due amici cacciatori ed io ero rimasta in stanza ma ero così annoiata! Insomma stavamo cacciando un licantropo ed io volevo l'azione, volevo sentire l'adrenalina nelle mie vene!" esclamò Abby ridendo divertita al ricordo delle sue azioni sconsiderate di quando era solamente una ragazzina. Gesticolò parlando e guardando Edward accanto a sé, del tutto assorto dal suo racconto. "Così sono uscita dal motel e sono andata a cercare il mostro con un coltello.. Di ottone!". 
Edward sollevò un sopracciglio, grattondosi nervosamente la nuca mentre la guardava con aria seria. "Spero che tuo padre ti abbia dato una bella strigliata per questo".
Abby rise divertita e scosse la testa, bevendo qualche sorso della sua birra. "È arrivato giusto in tempo, lo ha pugnalato con l'argento e mi ha salvata. Ha provato ad essere arrabbiato con me, ma diceva che avevo il suo stesso spirito". 
L'uomo la guardò e accennò un sorriso debole nella sua direzione mentre studiava i suoi occhi che per Edward risultavano molto espressivi e chiari. "Sei molto legata a tuo padre" 
Il suo tono era calmo e caldo mentre affermava quelle parole, ed Abby rimase incastrata a guardare nei suoi occhi per qualche istante mentre il suo sorriso scemò leggermente. 
La ragazza abbassò lo sguardo per qualche istante per nascondere la nostalgia che il suo cuore stesse provando, ma presto accennò un sorriso debole e tornò a guardarlo facendo spallucce, iniziando a parlare con il suo stesso tono calmo e rilassato. "Si, ero molto legata a mio padre. Lui era.. semplicemente la persona migliore che io abbia mai conosciuto. Ma qualcosa di lui è rimasto dentro di me, sento la sua voce che mi guida ogni giorno. Sai, del tipo non andare a destra o esci subito di qui e cerca di sopravvivere come ti ho insegnato".
Edward per qualche istante rimase serio ad ascoltare le sue parole, sforzandosi di non tradire alcuna emozione con la sua espressione; sapeva a cosa si riferisse Abby, sapeva che cosa provasse perché c'era passato anche lui e quelle parole avevano accarezzato un vaso di Pandora che teneva sigillato dentro di sé da anni. 
Aveva chiuso dentro tutto quello che di brutto fosse accaduto nella sua vita, la violenza ed il sangue, e lo aveva conservato nella parte più oscura e profonda di sé stesso. 
Ma con le sue parole Abby ci aveva appena soffiato sopra, spolverandolo dopo tutti quegli anni e risvegliando dentro di sé delle sgradevoli sensazioni. 
Edward abbassò lo sguardo e deglutí a fatica, mordendosi il labbro un paio di volte per il nervosismo. 
"Mia madre ha cresciuto me ed i miei fratelli come dei cacciatori da quando eravamo dei bambini: ci ha addestrati, ci ha insegnato tutto, come tuo padre ha fatto con te. Ma poi un giorno è andata a caccia con mia sorella minore e non sono più tornate". 
Abby sgranò leggermente gli occhi ascoltando il tono con cui Edward parlò, come se fosse molto distaccato da quell'aneddoto, come se non stesse davvero parlando della morte di sua madre e sua sorella. 
Capí presto che fosse abituato alla morte tanto quanto lei, eppure i suoi occhi lo avevano tradito solamente per un istante, permettendole di scorgere dentro di lui un grande dolore. 
Istintivamente allungò la sua mano sul tavolo ed intercettò la sua, sfiorandogli il dorso e stringendola delicatamente e quando Edward portò il suo sguardo sorpreso su quello di Abby, accennò un sorriso debole. "Mi dispiace molto, Ed". 
"È passato tanto tempo, ma grazie". Il ragazzone fece spallucce e si morse l'interno della guancia con nervosismo per qualche istante, per poi tornare a guardare nei suoi occhi azzurri e limpidi. 
Abby gli si fece più vicina istintivamente mentre ancora gli stringeva la mano; non vi era nulla di malizioso, ma si sentiva tremendamente vicina al suo dolore. 
Si schiarí la gola e appoggiò l'altro gomito sul tavolo, appoggiando la testa alla mano per guardarlo meglio. "E tuo fratello?". 
Edward sorrise amaramente, facendo spallucce mentre la guardava: generalmente non amava aprirsi con altre persone, né tantomeno mostrarsi fragile. 
Ma sin dalla prima volta che avesse parlato con Abby, si era reso conto che avesse un effetto terapeutico. 
Per questo decise di annuire nella sua direzione, scoperchiando leggermente di più il suo vaso di Pandora. "Oh, Roger sta bene. Vive nello Utah: ha una casa, una moglie ed un cane. Ma mi sono dovuto tagliare fuori dalla sua vita per proteggerlo. Effettivamente sei la prima persona a cui racconto questa storia, a parte Ellen". 
Il sorriso di Abby si accese, nonostante sapere che Edward avesse escluso suo fratello dalla sua vita le dispiacesse molto. 
Lo guardò con sopracciglia sollevate, muovendo distrattamente la mano sulla sua e trovando il ragazzone pronto a stringerla di più per non farla sgusciare via. 
Trattenne un altro sorriso e guardò nei suoi occhi nocciola, perdendosi per qualche istante. "Mi hai detto che Ellen ti ha rimesso in piedi e ti ha convinto ad aprire un bar, ma non mi hai raccontato la storia di come ha fatto".
Il sorriso sul volto di Edward svaní immediatamente mentre i ricordi di sé stesso perennemente svenuto sul pavimento di Ellen tornarono nella sua mente come un boomerang lanciato troppi anni prima, e che adesso stesse tornando con la violenza di un maremoto che avrebbe potuto tentare di ucciderlo per la seconda. 
Abby notò quell'espressione e divenne anche lei più seria, muovendosi sulla sedia e riemtrebdosi dritta. "Mi dispiace, non volevo farti incupire. Non avrei dovuto chiedert-..". 
"No, no, rossa. Non è colpa tua. Sono io ad avere tanti scheletri nell'armadio".
Edward bevve qualche abbondante sorso di birra e posò la birra ormai vuota sul tavolo, stringendo ancora la mano attorno alla bottiglia mentre con l'altra teneva quella della ragazza. Ma non la guardò, piuttosto lasciò vagare lo sguardo in giro per il locale, trovandolo ancora parecchio affollato nonostante l'ora. 
Abby si schiarí leggermente la gola ed assunse un tono serio, sorridendo amaramente mentre ancora lo guardava. "A quanto pare esiste qualcosa di peggio della caccia". 
Quando Edward tornò ad incrociare di nuovo i suoi occhi, ebbe la sensazione che la ragazza davanti a lui sapesse più di quanto dicesse. 
Erano entrambi cacciatori e le voci giravano molto nel loro ambiente, quindi Edward sapeva che sarebbe bastata una telefonata per avere delle informazioni su qualcuno. 
Ed a quanto pare Abby aveva fatto quella chiamata. 
Sollevò un sopracciglio nella sua direzione, accennando un sorriso compiaciuto. "Ero un Marine, ma credo che tu questo lo sappia già, rossa". 
"In mia discolpa: dovevo venire al tuo bar per chiederti informazioni su Dylan: dovevo sapere se fossi una persona affidabile o meno". Abby sorrise divertita, fece spallucce e si scusò con lo sguardo: aveva preso delle informazioni su di lui solamente per sapere la modalità con cui avrebbe dovuto carpire le informazioni da lui, prima di mettersi alla ricerca del veggente. 
"Il mio plotone veniva mandato dove tutti gli altri si rifiutavano di andare. Eravamo una forza speciale, una di quelle che mandi in avan scoperta sui terreni minati". 
"Eravate essenziali". 
"Eravamo stupidi. Non dovevamo accettare tutte quelle missioni, i miei uomini erano continuamente sfiniti. E per cosa? Per un conto in banca a sei zeri dopo migliaia di missioni e per essere chiamati eroi? Sono morte brave persone". 
Edward quasi la guardò in cagnesco ed alzò il tono della voce mentre la guardava, eppure Abby non si scompose: rimase immobile a guardarlo negli occhi, fino a quando lo vide tornare lentamente in sé. 
Scosse la testa e ordinò da bere ancora una volta mentre pensava di aver usato troppa enfasi nel parlare di quell'argomento così delicato, ma quando tornò a guardare nella direzione di Abby, la trovò con lo stesso sguardo di prima. 
Non gli lasciò la mano neanche quando la cameriera portò loro le nuove birre e Edward intuì che non sarebbe stato facile farle mollare la presa; bevve qualche sorso, si dissetò per contrastare la bocca asciutta che avesse ogni volta che guardasse Abby fino a quando sospirò lentamente. 
"Qualcuno di importante per me è morto, sia nella vita da cacciatore che in quella da militare. Quando sono tornato in America, per molti mesi affogavo nel mio sudore e nel Whisky sul pavimento della Road House. Poi Ellen si è stufata di avermi lì a spaventare la clientela e mi ha rimesso in piedi". 
Abby gli sorrise più ampiamente e lo strinse di più, passandosi una mano sul collo. "Tipico di Ellen: ha raccolto tanti di noi randagi e ci ha aiutati a ricominciare". 
"Già, è quello che faceva sempre". Edward sorrise amaramente e sollevò la bottiglia a mezz'aria, scontrandola con quella della ragazza in onore di Ellen per ricordarla e brindare a lei, ed Abby fu lieta di farlo perché era stata come una madre per lei. "Sai, ero così ossessionato dalla violenza e dalle cacce quando sono tornato, uccidevo qualsiasi cosa senza fare domande pur di dimenticare le missioni. Ma mi stava uccidendo. Così Ellen un giorno mi ha sollevato dal suo pavimento e mi ha mandato fuori con un calcio per mandarmi a riaprire il vecchio bar di mia madre: avrei avuto contatto con tutti i cacciatori, sarei stato aggiornato e avrei trovato un modo per sopravvivere". 
Abby sorrise ascoltando quella storia e giocherellò distrattamente con la sua mano, abbassando lo sguardo qualche istante per guardarla così grande rispetto alla propria, esile e piccola. 
Tornò a guardare nei suoi occhi e sorrise. "Il bar di tua madre ti ha salvato, quindi". 
Edward annuí ma si affrettò a distogliere lo sguardo lucido per impedire che Abby potesse vedere la parte più fragile di sé: non aveva idea del motivo per cui stesse raccontando tutte quelle storie alla ragazza che stesse seduta al suo fianco e che ancora lo stesse guardando.
Non voleva aprirsi, non voleva che qualcuno sapesse cos'avesse visto e cosa avesse fatto. 
Voleva tenerlo per sempre chiuso dentro di sé e non parlarne mai. 
Eppure non si stupí quando Abby sganciò la mano dalla sua, per sollevarla fino al suo viso barbuto e Edward era tornato subito a guardarla negli occhi. 
Abby si era presa qualche momento per guardarlo negli occhi mentre gli sfiorava la guancia, per guardare il suo viso e la cicatrice che avesse sul sopracciglio sinistro, guardandolo con una dolcezza con cui non era mai stato guardato. "Non sarai triste per sempre, Edward. Il peso che hai dentro prima o poi si alleggerirà".
Come incantato, Edward non riuscì a distogliere lo sguardo dal suo. Rimase a guardare nei suoi occhi così sicuri e limpidi ed improvvisamente sentí riaccendersi dentro di sé qualcosa che pensava di aver perso da mi molto tempo. 
La speranza. 
Non capiva come fosse accaduto, ma il suo cuore sembrava aver ricominciato a credere che tutto sarebbe andato bene solamente guardando negli occhi della ragazza davanti a sé. 
Si schiarí la gola e scosse la testa, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro con nervosismo. "Da quello che ho dentro non si può guarire, rossa". 
Abby sorrise audacemente e gli sollevò il viso per far sì che la guardasse ancora, e rafforzò la presa sul suo viso mentre guardava nei suoi occhi. "No, ma un giorno ti sveglierai e quel dolore sarà più sopportabile. Lo so. Te lo prometto". 
Di nuovo i suoi occhi azzurri la stregarono e Edward rimase serio a guardarla, mentre sentiva il cuore batteregli più forte nel petto. 
Con la mano intercettò quella delicata della ragazza che ancora gli sfiorasse il viso, e Edward la strinse con la sua come se fosse un'ancora a cui aggrapparsi. 
Abby sorrise dolcemente nella sua direzione e solo in quel momento si rese conto di quanto si trovassero vicini, mentre il suo cuore accelerava i battiti nel suo petto. 
Edward non ci pensò due volte prima di avvicinarsi ancora, perché stare con lei lo faceva sentire più leggero e non gli permetteva di pensare ai brutti ricordi della guerra. 
Mentre Abby stringeva la sua guancia e Edward le stringeva la mano, si avvicinarono così tanto da riuscire a sentire il respiro di uno sul viso dell'altra.
Si guardarono negli occhi col respiro accelerato ed il cuore che martellava nel petto, mentre si gustavano quel momento. 
Abby lo studiava, cercava di capire il più possibile su come fosse fatto Edward e decisamente quella sera aveva imparato molto sulla sua storia. 
Edward faceva altrettanto, desiderando di passare del tempo con lei più di quanto gli fosse mai capitato. 
Era questione di attimi e Edward avrebbe colmato la distanza fra i loro visi dopo aver letto nei suoi occhi la sua stessa voglia, ed Abby non si sarebbe opposta perché aveva iniziato a bramare segretamente di stare più vicina a lui da quando avesse messo piede in quel locale. 
"Scusate ragazzi, ma stiamo per chiudere". 
Abby sbatté le palpebre un paio di volte, scuotendo la testa e lasciando la presa su di lui, allontanandosi rapidamente e guardando la cameriera che si fosse avvicinata per avvertirli della chiusura. 
Presto i due ragazzi si accorsero di essere gli ultimi rimasti dentro al pub e che fossero ormai quasi le tre del mattino. 
Si scambiarono una rapida occhiata e presto si alzarono insieme, uscendo dal locale in silenzio. 
Abby era tremendamente imbarazzata e sorpresa da ciò che si fosse trovata a desiderare da quando aveva conosciuto Edward. 
Non le era mai capitato nel corso della sua relazione con Dean, ma adesso desiderava l'uomo che le camminasse al fianco con troppa intensità. 
Non fu troppo sorpresa quando sentí la mano sinistra di Ed afferrarle in maniera decisa la schiena, stringendola un po' di più a sé mentre si muovevano in direzione del motel a pochi metri dal locale, ed Abby non riuscì a fare a meno di bearsi di quel contatto silenzioso ma molto deciso: nonostante avesse visto spesso Dean relazionarsi con le altre donne prima che fra loro nascesse qualcosa, Abby aveva visto spesso anche lui comportarsi così. 
Ma con lei, Dean non aveva mai osato tanto all'inizio, perché conosceva il suo carattere e voleva darle il suo tempo, il suo spazio. 
Dean l'aveva capito dal primo sguardo che lei non fosse come le altre ed Abby aveva sempre apprezzato quel suo modo di porsi. Ma adesso Dean era lontano tre città  e iniziarono a tornarle in mente tutti i motivi che l'avessero spinta ad allontanarsi da lui nel corso degli anni, specialmente Lydia e la barista Anne. 
Dean l'aveva tradita, due volte. 
E Abby aveva sempre provato a giustificarlo, perché stavano tutti attraversando un momento difficile per la morte di Bobby e poi Dean era diventato un demone.
Nonostante Abby sapesse che se Dean fosse stato se stesso non avrebbe mai posato lo sguardo su una delle due donne, Abby non riusciva a far altro che sentire il sangue ribollire nelle sue vene. 
Lo aveva giustificato come si faceva per un bambino, si era detta che un momento di debolezza in più di dieci anni di relazione non fosse poi così grave. 
Ma dentro Abby era rimasta profondamente ferita e delusa, l'immagine che si era fatta di lui era crollata, e adesso Dean non era al suo fianco; al suo posto c'era Edward che di tanto in tanto la guardasse per capire cosa le stesse passando per la mente mentre la stringeva a sé, riservandole a tratti uno sguardo carico di desiderio. 
Quando arrivarono al motel in cui entrambi alloggiassero, l'uomo lasciò che la sua mano scivolasse dalla schiena fino al suo fianco mentre Abby si voltava e dava le spalle alla porta della sua stanza per guardarlo con un sorriso spaventato sul volto. 
"Ci siamo, rossa. È il momento di salutarci di nuovo" disse Edward sorridendo in maniera tranquilla, avvicinandosi lentamente di qualche passo per sfiorarle il viso proprio come avesse fatto la prima volta in quella camera del motel. "È stato bello passare la serata insieme". 
"Si. È piaciuto anche a me". Abby sentí la sua voce tremare leggermente, mentre una scarica di adrenalina le attraversava ogni cellula del corpo. 
Doveva resistere, una volta separata da lui le sarebbe passata e avrebbe fatto di tutto per non incontrarlo più. "Dovresti andare".
Edward annuí in silenzio non lasciando trasparire nessuna emozione, ed Abby pensò che facesse parte del suo addestramento militare per prepararlo alle battaglie. 
Abby sentí il cuore battere più forte mentre lo guardava nei suoi occhi scuri che quasi la stregarono e respirò lentamente, rabbrividendo appena per la brezza della sera e nel sentire le dita calde di Edward contro la sua guancia gelida. 
Abbassò per un istante lo sguardo, cercando di svincolarsi nuovamente da quella situazione in cui si fosse inserita da sola perché sì, doveva almeno ammettere a sé stessa che Edward le piaceva così tanto da farle girare la testa. 
Sollevò lo sguardo sicuro verso il suo ed era proprio sul punto di salutarlo con ironia e augurargli un buon rientro, quando le parole le morirono in bocca e solamente per un attimo Dean e Mary sparirono completamente dalla sua mente; si chiese mentalmente che sapore avessero le sue labbra carnose e rosse e poi passò un solo attimo, prima che Abby prendesse un bel respiro e si prendesse ciò a cui era diventato troppo difficile resistere. 
Si sollevò sulle punte ed annullò la distanza fra di loro: lo attirò a sé e subito trovò Edward pronto a stringerle anche l'altro fianco per tenerla più vicina sorridendo compiaciuto ed Abby si avvicinò il più possibile mentre gli cingeva il collo con le braccia ed annullava la distanza fra le loro labbra con un sorriso. 
Mille scariche elettriche invasero il suo corpo, come se fossero sempre stati destinati a vivere le loro vite per poi arrivare a quel momento, davanti alla porta della sua stanza a stringersi in quel modo. 
Come se fossero collegati, come se qualcuno di supremo avesse deciso che fosse arrivato il momento di incontrarsi e li avesse uniti. 
Quel contatto durò per qualche secondo perché improvvisamente Abby si rese conto di cosa avesse effettivamente fatto e sgranò gli occhi quando si ritrovò a baciare quell'uomo fin troppo affascinante; si allontanò di scatto e scosse la testa, guardando nei suoi occhi confusi mentre lo vide sollevare un sopracciglio e guardarla quasi con ilarità. 
"Ho sbagliato Edward, scusami davvero io non vol-". 
"Mmh mmh..".
La sua frase venne interrotta dalle labbra del ragazzo che si pressarono nuovamente contro le sue, facendola irrigidire per qualche secondo mentre sentiva le sue mani cingerle i fianchi per la seconda volta e per un momento Abby si chiese perché si stesse ostinando ad autonegarsi qualcosa che volesse davvero così tanto; Edward si chinò di più su di lei per baciarla con trasporto mentre faceva aderire il loro corpi e la spingeva indietro di qualche passo fino a farle toccare la porta con la schiena, ed Abby non oppose resistenza mentre tornava a stringergli le braccia al collo e a stringersi a lui con un sorriso. 
Lo baciò e sentí nuovamente quella sensazione di leggerezza, si sentí nuovamente una ragazzina libera di fare ed avere ciò che volesse, mentre si stringeva forte a lui che le faceva il solletico con la sua folta barba; non poté negare che una certa urgenza stesse crescendo dentro di lei, così come sentisse l'eccitazione del ragazzo contro la sua coscia, e si staccò dalle sue labbra solamente per un istante per riprendere fiato, quando sentí la bocca di Ed scendere a lasciarle dei caldi e umidi baci sul collo che la fecero rabbrividire e lei intrecciò le dita con i suoi capelli per stringerlo più forte a sé. 
Edward sollevò il viso dal suo collo e tornò a guardarla per assicurarsi di non aver osato troppo, ma sorrise audacemente quando lesse nei suoi occhi lo stesso fuoco che ardesse dentro di lui, lo stesso desiderio che provasse per lei. 
Tornò a chinarsi su di lei baciandole famelicamente come se avessero bisogno l'uno dell'altra ed Abby ansimò di piacere quando sentí le sue mani risalire sul suo corpo; sarebbe bastato poco per dimenticare qualsiasi cosa le avesse mai causato dolore fra le braccia di Edward. 
Questo lo aveva capito. 
Così come il modo in cui Edward la stringesse o la baciasse, le faceva capire che per lui non fosse affatto un gioco ma che nonostante avessero passato poco tempo insieme, si fosse già affezionato a lei. 
Ed Abby non riuscì a negare che fosse lo stesso per lei. 
Lo voleva così dannatamente da farle male, eppure Abby ad un certo punto lo spinse dal petto e scosse la testa; quando lo sguardo confuso di Edward le chiese spiegazioni, Abby fece spallucce e cercò di regolarizzare il respiro.
"Cos'è successo, rossa? Eri con me, ti ho sentita e poi..". 
"Mi dispiace tanto. Ti voglio anche io, ma non avrei dovuto baciarti, Ed". 
"Perché no? Perché stai con Dean, mmh?" chiese Edward sospirando rumorosamente, passandosi le mani sulle labbra e guardandola con aria severa. Ma l'occhiataccia che la donna gli riservò gli fece capire che non potesse ancora permettersi di utilizzare quel tono canzonatorio con lei, così l'uomo sospirò nuovamente e scosse la testa. "Dico solo che non mi sembri poi così felice!".
Abby scosse la testa, portandosi al ventre il braccio col quale avesse spinto Edward più lontano come uno scudo, abbassando il capo con vergogna e sentendosi davvero la persona più orribile della terra: tradire non era mai stato per lei. Preferiva chiudere la storia che avesse in corso e poi interessarsi a qualcunaltro. 
Eppure aveva desiderato Edward per tutta la sera e lo aveva baciato con ardore, e le era piaciuto da matti. "No. È solo un momento, e io e Dean ne abbiamo attraversati di più difficili insieme. Supereremo anche questo, ma non posso Ed".
L'uomo parve deluso dalle sue parole e scosse la testa, ma non era perché non fosse riuscito a portarsela a letto come facesse con tutte le ragazze che avesse incontrato nel corso della sua vita: Edward aveva sentito qualcosa nel momento in cui avesse visto Abby seduta al bancone del suo locale, quando lei fosse andata a cercarlo per trovare Dylan. Aveva incrociato i suoi occhi azzurri e aveva sentito qualcosa dentro di lui andare in pezzi, e probabilmente si trattava proprio della sua caparbia convinzione che non avrebbe mai provato qualcosa per nessuno. 
Edward sospirò e si avvicinò nuovamente di qualche passo mentre leggeva nel suo sguardo la supplica di non avvicinarsi e di non toccarla, eppure il ragazzo sollevò una mano e le sfiorò il viso accaldato e arrossato per l'effetto che quei lunghi baci avessero avuto anche su di lei; le scostò i capelli dal viso per poi afferrarle il mento fra police e indice per sollevarglielo e guardarla meglio. Si sforzò di sorriderle amaramente mentre la vedeva agitata e dispiaciuta  per ciò che avesse appena fatto, probabilmente tradendo la sua morale. "Non sentirti in colpa: dimenticatelo. Questa sera ti ho solo riaccompagnato alla stanza e basta: siamo un po' sbronzi, questo genere di cose possono capitare". 
Abby lo guardò incerta e incredula per le sue parole, che tradotte volessero dirle Sta tranquilla rossa, non dirò mai a nessuno che mi sei saltata fra le braccia, quando lo vide avvicinarsi nuovamente al suo viso per baciarle la guancia con delicatezza, senza neanche provare ad avvicinarsi alle sue labbra. 
Mise una piccola distanza e guardò nuovamente nei suoi occhi azzurri sorridendo un po' di più per rassicurarla. "Va tutto bene, rossa. Aspetterò il tempo necessario". 
"Il tempo necessario per cosa?". 
Un filo di voce uscì dalle labbra di Abby, che non riusciva più a calmare il suo cuore mentre si trovava al suo fianco e Edward teneva la sua mano ancora una volta sulla sua guancia. 
Sorrise divertito e le fece l'occhiolino, depositandole un tenero bacio sulla punta del naso, facendo sorridere anche lei. "Per quando sarai pronta". 
Abby lo guardò con occhi confusi, aggrottando le sopracciglia mentre lo vedeva così rilassato ed a suo agio. 
Ma presto Edward spezzò quello sguardo così complice fra loro e lasciò la presa su di lei, voltandosi con sicurezza per raggiungere la sua stanza al piano di sopra.
Abby lo osservò voltarsi e fare qualche passo verso le scale, quando istintivamente lo richiamò e lo fece voltare nuovamente nella sua direzione con aria confusa. "Grazie Edward. Sei una brava persona". 
Avrebbe voluto contraddirla, perché non si sarebbe mai definito una brava persona ma piuttosto un grande idiota perché avrebbe potuto utilizzare altre parole per riuscire a farle dimenticare tutti i suoi problemi e persino il suo nome a suon di spinte, eppure Edward non voleva essere quel tipo di uomo con Abby.
Si limitò a sorriderle amaramente e a fare spallucce perché sapeva che Abby contasse molto di più di una semplice nottata passata insieme. "Buonanotte rossa". 
 

 
"Potrebbe trattarsi del sangue di un'anima dannata come il Re dell'inferno e di una donna con il cuore così puro e ingenuo da lasciarsi tentare da Satana in persona?". 
I tre ragazzi si voltarono verso di lei per guardarla con un sopracciglio sollevato ed aria piuttosto sorpresa ragionando attorno a quel grosso tomo che Sam fosse riuscito ad ottenere lottando con le unghie e con i denti; Abby steva seduta in disparte con la sedia vicino alla finestra ed i piedi appoggiati al davanzale della camera di Sam, fissando i forti lampi chiari nel cielo grigio. 
Anael e Castiel si voltarono verso di lei per studiare il suo sguardo tranquillo e indifferente, come se quell'argomento non la toccasse per davvero, così come Sam che non capiva come la ragazza allegra e spensierata della sera precedente si fosse trasformata in quella versione arrabbiata e tutt'altro che tranquilla; Anael avanzò verso di lei con sopracciglia aggrottate e aria confusa, mentre la guardava bene per capire cosa stesse davvero accadendo alla sua amica, avendo percepito dentro di lei un grande caos dal momento in cui avesse messo piede in quella stanza. "Tu pensi che il sangue di Crowley e di Syria, cioè il tuo, possa rendere leggibile questo libro? Perché?".
Me l'ha detto un amico avrebbe tanto voluto rispondere, ma Abby si limitò a fare spallucce e guardare i tre ragazzi con aria scocciata. 
Si alzò di scatto e si avvicinò al tavolo, togliendo il libro dalle mani di Sam ed aprendolo alla prima pagina per poi indicare loro l'unica frase che spiccasse. "Parla di purezza e di malvagità, di un'armonia che si è spezzata quando il primo essere celeste è stato esiliato per aver sedotto una donna. Fra gli angeli è così comune che uno di voi seduca un'umana?". 
"È proibito dalla legge Divina e quando è capitato i trasgressori sono stati tutti puniti col sangue!" esclamò Castiel con aria solenne, seguendo il ragionamento della donna e limitandosi a raccontarle dettagliatamente tutte le volte che Radio Angelo avesse captato una possibile relazione fra un angelo e un umano, i quali venivano uccisi senza neanche essere sottoposti al giusto processo. 
Abby scosse la testa e lo guardò con aria accigliata, chiedendosi perché Castiel tardasse ad adattarsi alla Terra come invece avesse fatto perfettamente Anael, che all'apparenza sembrava una semplice ingenua e dolce umana. "Grazie per il rapporto di lavoro, ma vorrei sapere se secondo voi questa è un'idea così assurda o se..". 
"Il sangue di Lucifer mischiato a quello della sua donna: sei sicura che possa essere questo il senso della frase?" chiese Sam sollevando un sopracciglio e sospirando, continuando ad alternare lo sguardo fra la scritta e la ragazza. 
"Non lo so, ma so per certo che il sangue di Lucifer è off-limits perché non c'è modo di arrivare alla gabbia e sperare che lui ce ne fornisca una provetta con un sorriso, così come quello di Syria, dato che il suo corpo è biologicamente morto". Abby fece spallucce e incrociò le braccia al petto, sospirando. Avvertì una leggera emicrania pulsare nella testa ed Abby strinse un po' gli occhi, abbassando il capo mentre si massaggiava la fronte, sospirando rumorosamente. "Per questo vorrei provare con il mio sangue e quello di Crowley per vedere se funziona". 
"Provare. Tu vuoi provare e sperare che le parole appaiano magicamente sul libro, Abby?" chiese Sam aggrottando le scorpacciglia e guardandola con aria incredula, allargando le braccia.
Anael sospirò e annuì, incrociando le braccia al petto e alternando lo sguardo fra i tre, per poi soffermarsi sull'altro angelo. "Beh, tecnicamente Abby si trova nello stesso corpo di Syria essendone la reincarnazione e Crowley potrebbe essere un ottimo sostituto di Lucifer, in quanto a malvagità. Che ne dici, Cas?". 
Castiel sospirò e fece spallucce mentre la sua espressione continuava a rimanere piuttosto impenetrabile per tutti salvo che per Anael, e sospirò. "Troviamo Crowley e costringiamolo a darci il suo sangue, dopodiché faremo un tentativo". 
Abby accennò un sorriso fiera che la sua idea, o meglio quella di Edward, fosse stata ben accetta dai suoi amici e fece spallucce guardando Sam, che continuò a guardarla con aria poco convinta ma augurandosi che potesse essere la cosa giusta; i due cacciatori videro i loro amici angeli volare via in un battito di ali lasciandoli soli nella stanza, ed Abby sospirò mentre il suo sorriso iniziò a scemare. 
Quella mattina si era svegliata con la convinzione di non essersi affatto immaginata ciò che fosse accaduto la sera precedente con Edward, ma che lo avesse davvero baciato e fosse arrivata a tanto così dal chiedergli di entrare e passare la notte con lei. 
Si mosse silenziosamente, raggiungendo la finestra ed affacciandosi mentre osservava il parcheggio: la Jeep verde militare di Edward non c'era più. 
Doveva essere andato via presto, quella mattina.
Ed Abby non riusciva a smettere di pensare al modo in cui l'avesse baciata ed alle parole che gli avesse detto prima di andare via.
L'avrebbe aspettata. 
Ma Abby sapeva che non c'era nessuno da aspettare. 
Amava Dean, sarebbe sempre stato Dean. Non importava quanto fosse difficile la situazione. 
Eppure nella mente di Abby continuavano a scorrere le immagini della sera precedente: i racconti ironici di Edward, il modo in cui l'avesse fatta ridere, il momento in cui si fosse aperto e le avesse raccontato del suo vecchio lavoro. 
I sospiri di piacere mentre la baciava, le sue grosse mani che le sfioravano i fianchi, la barba che la solleticava, le sue labbra sul collo, il suo desiderare di averlo di più. 
"Com'è andata ieri sera, dopo che sono andato via?" chiese Sam aggrottando le scorpacciglia ed avvicinandosi alla ragazza, osservando la sua espressione pensierosa. 
Abby quasi sobbalzò quando la voce di Sam interruppe il filo dei suoi pensieri e si voltò a guardarlo con aria stranita, ma poi fece spallucce e accennò un sorriso, apparendo tranquilla. "Bene, ce la siamo goduta. Abbiamo bevuto qualche altra birra e poi sono andata a letto. Da sola". 
Sam non si aspettava che la ragazza si sarebbe soffermata a guardarlo con quell'aria accusatoria, guardandolo negli occhi e sostenendo il suo sguardo. 
Sam scosse la testa ed abbassò leggermente gli occhi, abbassando lo sguardo nervosamente e facendo spallucce, chiedendosi se avesse davvero esagerato e sconfinato in un ruolo che non gli spettasse, rispondendosi però che il suo unico obiettivo fosse proteggere Abby. 
Il telefono squillò nella tasca della giacca di Abby, che sobbalzò come se fosse appena esplosa una bomba all'interno della stanza, e deglutí a fatica: sospirò e afferrò il telefono dentro la tasca della giacca di pelle adagiata all'ingresso della stanza, scuotendo quando lesse il nome di Dean sul suo cellulare. 
Chiuse la chiamata senza neanche rispondere e indossò la giacca, congedandosi da Sam e dicendogli che avesse bisogno di un po' di aria, sforzandosi di ignorare come il cellulare di Sam avesse iniziato a suonare subito dopo il suo, capendo che Dean stesse chiamando il fratello dopo che lei non avesse risposto; Abby si chiuse la porta alle spalle sentendo il bisogno impellente di prendere una boccata d'aria, mentre un forte senso di colpa fece capolinea dentro di lei ed il cuore le batteva più forte ogni istante che passava. 
 
 

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Capitolo 55
*** Capitolo 48 ***


Hunter's legacies
Capitolo 48

 
Il sangue colava giù dalla sua lama mentre i tre cadaveri giacevano a terra senza testa, all'interno del vicolo vuoto e buio di Denver ed Abby sollevò lo sguardo verso quello di Dean, che si affrettò a spostare i corpi lateralmente per far sì che non potessero essere visti immediatamente dalla gente che sarebbe passata l'indomani davanti a quella strada; la ragazza lo osservò per qualche istante in silenzio, dopo di che si chinò per aiutarlo a trascinare i corpi di quei vampiri e nasconderli. 
Erano partiti entrambi per dare la caccia a quel nido e stranamente Sam non aveva chiesto loro di potersi aggiungere com'era solito fare, ma ad Abby non importava poi così tanto: era rimasto a casa a badare alla piccola Mary al posto loro, e lo aveva fatto con felicità perché quella rappresentava l'unica situazione non sovrannaturale che gli fosse rimasta. 
Insieme, ormai due settimane prima Abby e Sam avevano mescolato il sangue di Crowley e quello della ragazza e avevano recitato le parole del libro mentre versavano il liquido rosso sulla copertina: la stanza era stata invasa da una forte luce accecante che li costrinse a chiudere gli occhi per qualche istante, fino a quando il lampo svaní ed il libro apparve esattamente come doveva essere: ricoperto di inchiostro, ma scritto in una lingua fin troppo strana anche per loro. 
Chiesero nuovamente aiuto a Castiel e Anael, ma neanche gli angeli avevano idea di che lingua si trattasse. 
Così Sam dopo innumerevoli tentativi aveva capito che ci fosse solamente una persona della quale potesse fidarsi e che avrebbe potuto aiutarli: chiamò Charlie, la loro amica informatica che si era subito messa a lavoro per tradurre nonostante l'idea di mentire a Dean non le piacesse, mentre Abby invece si rivolse ad un'altra persona, più vecchia e più potente. Rowena. 
Presto le misero a lavorare insieme in un magazzino abbandonato, mentre Castiel e Anael le sorvegliano per evitare che si ammazzassero a vicenda, garantendo così a Sam e Abby un po' di tempo libero per non far insospettire Dean, che da un po' di tempo aveva iniziato a credere che stessero nascondendo qualcosa. 
Dean aprì la porta della stanza che avessero preso e si voltò verso Abby dietro di lui, sorridendole debolmente e facendole segno di entrare mentre le teneva la porta aperta, ed Abby sorrise appena mentre entrava: si tolse la giacca gemendo di dolore, perché uno dei vampiri era riuscito a morderla sulla spalla facendole un male atroce. 
Sentí le mani del ragazzo scostarle la maglia ed Abby si abbandonò a quel contatto, toccando con la sua schiena il petto di Dean, che la canzonò sorridendo dicendole che avrebbe dovuto medicarla prima di pensare a qualsiasi altra cosa; si tolse la maglietta velocemente e si sedette sul letto dandogli le spalle così che Dean potesse lavorare meglio, e presto sentí le mani ruvide del ragazzo sulla sua pelle.
Mentre Dean si affrettava a disinfettare la sua ferita rimanendo alle sue spalle, Abby sospirò e chiuse gli occhi per qualche istante all'interno di quella stanza dell'ennesimo motel: non aveva ancora dimenticato ciò che avesse fatto quella sera di qualche settimana prima con Edward, non aveva dimenticato l'intensità con cui lo avesse desiderato, nonostante fosse ancora sicura di amare Dean.
Si sentiva in colpa e sapeva che sarebbe stato questione di tempo prima che Dean avrebbe affrontato l'argomento: la vedeva strana, schiva, elusiva e poi c'erano dei momenti in cui Abby tornava la solita di sempre, probabilmente quando la ragazza riusciva ad allontanare i sensi di colpa dal suo cuore. 
In fondo Dean era stato a letto con altre donne, avrebbe sicuramente capito se glielo avesse detto.
Eppure Dean non era stato in sé quando aveva passato la notte con Lydia e con Anne. 
Abby aveva flirtato con Edward per tutta la sera e lo aveva baciato intenzionalmente. 
"Sei così tesa, che c'è ragazzina? Tutto bene?". 
Abby si passò una mano fra i capelli e li spostò sul lato opposto rispetto alla ferita, e si voltò per guardare il ragazzo seduto sul letto alle sue spalle che stesse iniziando a prendere il disinfettante, guardandolo negli occhi; accennò un sorriso e sentí il cuore battere nel petto molto più forte.  "Sono solamente molto stanca, Dean". 
Dirgli la verità era escluso, non adesso che aveva ancora il Marchio almeno. 
Dean alternava dei momenti in cui si controllava a momenti in cui la furia omicida si impossessasse di lui, non riuscendo a sedare i suoi istinti primordiali dettati dalla cicatrice sul suo braccio. 
Neanche si accorse quando Dean le disinfettò la ferita e poi le mise un grande cerotto sulla spalla destra, e rimase in silenzio ed immobile per qualche secondo in più mentre sentiva lo sguardo del ragazzo sulla sua schiena nuda; Abby cercò le sue mani procedendo a tentoni e se le portò sul ventre per farsi stringere più forte mentre appoggiava la testa sul suo petto. Chiuse gli occhi mentre la preoccupazione per il maledetto Marchio continuava a crescere e una serie di pensieri iniziarono a invaderle la mente: Cain, Mary, Dean, Edward. 
Gli strinse più forte le mani come se fosse un galleggiante e chiuse forte gli occhi per trattenere le lacrime, mentre sentiva le braccia del ragazzo tirarla più vicino a sé.
Dean la guardava con sguardo preoccupato, affranto per ciò che Abby stesse passando ma capendo che il Marchio non fosse l'unico motivo di tanta agitazione. 
"Dimmi che staremo tutti bene, ti prego. Tu, Mary, Sam, i miei fratelli. Ti prego, dimmi che ce la caveremo e che staremo insieme, sempre". 
Dean rimase leggermente stranito dal suo tono spaventato e dalla maniera in cui Abby nascondesse il suo viso, così la fece girare con forza nella sua direzione e le afferrò il viso fra le mani per costringerla a guardarlo: gli occhi arrossati, la forte stanchezza, la paura, la disperazione, l'unica possibilità che avevano di farcela contro le mille che avevano di non riuscire a salvare Dean. 
Accennò un sorriso cercando di confortarla, sapendo però di non poterle dire davvero ciò che avesse bisogno di sentirsi dire perché Dean già da un po' aveva perso le speranze; sapeva che fosse solamente questione di tempo prima che il Marchio lo cambiasse di nuovo nonostante stesse lottando giornalmente con tutte le sue forze. Si chinò per baciarle delicatamente le labbra mentre le carezzava le guance con dolcezza, ma presto Abby si attaccò ad esse come se si trattasse di un salvagente, e lo baciò con urgenza, spingendolo sulla schiena e mettendosi a cavalcioni su di lui.
Era passato un bel po' da quando i due ragazzi avevano avuto un contatto intimo di quel tipo: u
n po' perché Mary richiedeva gran parte delle loro energie, così come le cacce e la loro vita in generale, ma anche perché Dean aveva notato un cambiamento nel comportamento di Abby da quando fosse tornata dal viaggio con Sam. 
Non aveva chiesto niente perché sapeva che al momento giusto sarebbe stata lei a tirare fuori l'argomento se ce ne fosse stato davvero bisogno, ma adesso che la sentiva muoversi su di lui e stringerlo più forte, Dean non riuscì a far altro che dimenticare tutte le cose negative, mentre le sue mani risalivano sul corpo della ragazza con urgenza per toglierle in fretta tutti i vestiti così come fece Abby, prima di abbandonarsi ad una lunga notte di passione. 
 
 
"Ci siamo vicini, davvero molto vicini. Ma ho bisogno di tempo e soprattutto spazio: avere Rowena come compagna di stanza non è semplice". 
Sam ascoltò la voce dall'altra parte del telefono della sua amica e rise di gusto nonostante fosse molto nervoso all'idea di nascondere ciò che lui ed Abby avessero organizzato alle spalle di Dean, coinvolgendo Charlie, Castiel e Anael, sperando che il fratello maggiore non scoprisse assolutamente nulla su ciò che stessero complottando; Dean gli era sembrato un po più teso in quelle settimane da quando Sam ed Abby fossero tornati dalla caccia, come se sospettasse qualcosa, ma suo fratello sembrava essersi rasserenato abbastanza da quando fosse tornato al bunker con Abby dopo aver passato qualche notte fuori e aver sterminato un nido di vampiri. 
Sam aveva visto suo fratello tornare a sorridere, tenere stretta Abby al suo fianco mentre fra le sue braccia si muoveva la piccola Mary, che iniziò ad urlare di felicità quando i suoi genitori fossero tornati a casa; si era letteralmente gettata fra le braccia del padre, che subito l'avesse stretta a sé e avesse respirato di nuovo il suo odore. L'odore di casa. 
E subito Abby si era avvicinata perché Mary reclamava anche lei, iniziando a ripetere per la felicità le parole mamma e papà
"Venite con me: io e lo zio Sam e lo zio Dan abbiamo costruito un grande castello per me e la principessa Lily" aveva detto Mary ridendo e afferrando il colletto della giacca del padre con decisione e prepotenza. 
"Chi è Lily?" aveva chiesto Dean aggrottando le sopracciglia e guardando la figlia con un'espressione curiosa. 
"È la mia amica che vive qui con noi!" aveva aggiunto Mary ridendo di gusto e afferrando più stretta la mano della madre, tuffandosi poi sul suo petto per essere presa fra le braccia. 
Abby e Dean guardarono istintivamente in direzione di Sam che li aveva accolti insieme alla bambina, e fece spallucce mentre li rassicurava con lo sguardo: aveva già controllato, Lily non era altro che un'amica immaginaria dato che l'EMP non aveva dato alcun segno di presenze nel bunker. 
I due genitori si rilassarono e si erano fatti condurre fino alla loro stanza da Mary, che aveva preso a correre più veloce per mostrare loro ciò che avesse fatto con gli zii, rimanendo sorpresi quando videro una grande costruzione a forma proprio di castello, così perfetta che probabilmente Sam e Dan avevano dovuto sistemare ogni pezzo che Mary avesse messo malamente in maniera tale che lei non se ne accorgesse. 
Sam sbatté le palpebre e tornò al presente, udendo le parole di Charlie al telefono che gli chiedessero di farla uscire da lì perché proprio non ce la faceva più a sopportare l'essere arrogante ed egocentrica di Rowena, ma il ragazzo si affrettò a spiegarle che non fosse possibile per la sua sicurezza. 
C'erano quasi e non potevano mollare proprio in quel momento: ad ogni costo avrebbero dovuto tradurre quel libro e salvare Dean. A qualsiasi costo. 
Dei passi attirarono la sua attenzione e Sam, seduto al tavolo principale della sala di lettura, mise via istintivamente il telefono, nascondendolo in tasca e voltandosi col viso verso il corridoio, dal quale vide sbucare suo fratello con un grande sorriso sul volto. 
Dean gli andò incontro e fece una delle sue migliori espressioni, salutando il fratello e sedendosi proprio davanti a lui, continuandolo a guardare. 
Sam accennò un piccolo sorriso ed aggrottò le sopracciglia, guardando il fratello con aria confusa. "Che hai da sorridere così tanto?". 
Dean fece spallucce e si rilassò sulla sedia appoggiandosi alla spalliera, incrociando le mani sullo stomaco continuando a sorridere. "Abby è tornata ad essere felice, e non intendo solamente all'apparenza. Insomma, credo che questa volta possa essere la chance giusta per essere davvero una coppia, una famiglia vera. E poi mia figlia mi ha appena detto che sono l'uomo della sua vita, quindi non mi dovrò mai preoccupare dei ragazzi che le ronzeranno intorno quando sarà più grande perché lei starà sempre con me". 
Sam rise di gusto, sentendosi però commosso dall'ingenuità e dalla dolcezza della piccola Mary, che era davvero la bambina più buona e amorevole che avesse mai conosciuto. "Si, fino a quando non avrà sedici anni e ti dirà che la sera esce con un certo Ralf!".
Dean rispose con una smorfia disgustata ma presto tornò a sorridere, facendo spallucce e pensando che non avesse alcuna fretta di vedere sua figlia crescere, ma che piuttosto preferisse godersi ogni singolo istante dei suoi quasi due anni, tenendola sempre vicino a sé. 
Fece spallucce e sospirò, guardando poi il fratello con aria appena più seria ed estrasse il giornale dalla sua giacca, passandola al minore ed indicando una notizia in prima pagina. "Comunque ho trovato un caso in Ohio: persone scomparse nel nulla, scomparse anche di prigione, senza una schema regolare, a parte appartenere alla stessa famiglia". 
Sam sollevò un sopracciglio e lesse brevemente l'articolo per avere più informazioni possibili, analizzando nella sua mente tutte le possibili vie con cui si sarebbe potuto collegare a loro, e sospirando sollevò lo sguardo fino a quello del fratello. "Pensi ad una maledizione di famiglia?".
"Non lo so, ma dobbiamo andare a controllare prima che qualcunaltro si faccia male, Sammy" rispose Dean alzandosi e facendo spallucce, sorridendo nuovamente e intimandogli di fare lo stesso. "Per fortuna Dan ha dei giorni liberi a lavoro, quindi può stare con Mary mentre noi staremo via". 
 
 
Degli strani suoni uscirono dalla sua bocca mentre raccontava una delle sue solite strambe fiabe e cercava di imitare il verso di un drago, facendo ridere di gusto Mary che stava mangiando seduta al tavolo come una piccola adulta, in maniera composta ed elegante: Dan rise insieme a lei, non riuscendo a fare a meno di pensare a quanto sua nipote gli avesse rapito il cuore. 
Aveva persino preso dei lunghi permessi dal lavoro per passare più tempo con la sua nipotina, per prendersi cura di lei. 
Mentre Dan la guardava mangiare in autonomia, perché ormai Mary si sentiva abbastanza grade per farlo da sola, rimase qualche secondo in silenzio mentre la piccola sembrava immersa completamente nel cartone che stesse guardando in TV, e le carezzò la testa: i capelli biondicci le erano cresciuti molto, era diventata più alta e cominciava ad avere un portamento elegante e preciso. 
Per quando ricordasse poco di sua madre, nonostante Isobel fosse morta quando aveva più o meno undici anni, Dan iniziò a pensare che Mary le somigliasse davvero molto: i suoi modi eleganti e gentili gli ricordavano proprio quelli della sua mamma, e Dan si chiese come sarebbero andate le cose se Isobel non fosse mai morta: lui e le sue due sorelle avrebbero avuto una vita normale, Abby sicuramente avrebbe conosciuto solamente la normalità e non sarebbe mai partita per le cacce. 
"Zio, sono pienissima.." sussurrò Mary facendo una smorfia, allontanando il piatto da lei di qualche spanna e puntando i suoi occhi verdi verso l'uomo seduto davanti a lei. 
Dan sorrise e si sporse sul tavolo per pulirle il viso che si fosse leggermente imbrattato mentre cercava di centrare la bocca con la forchetta e notò Mary avesse lasciato davvero pochissimo della sua cena, così fece spallucce e sorrise. 
Raggiunse il suo lato del tavolo e si piegò sulle ginocchia per arrivare alla sua stessa altezza, guardandola con aria divertita per farle capire cosa volesse, e Mary sorrise, gettandogli le braccia al collo e schioccandogli un dolce bacio sulla guancia mentre Dan ricambiava energicamente la sua stretta. 
Sospirò di felicità, perché Dan non riusciva a capire come l'arrivo della figlia di sua sorella avesse potuto fargli rivalutare così tanto la paternità, iniziando a pensare che forse un giorno ne sarebbe stato capace: si sarebbe potuto impegnare davvero, magari avare qualche piccolo marmocchio in giro per casa. 
Dan prese il piatto quasi vuoto della piccola e lo portò nel lavandino per lavarlo subito, voltandosi un'ultima volta nella direzione della nipote per trovarla totalmente presa dal suo cartone; sorrise ed aprí presto il rubinetto dell'acqua, quando un forte boato nel bunker lo fece trasalire e il sistema d'allarme iniziò a suonare, staccando la luce ed attivando quelle rosse d'emergenza. 
Subito si voltò verso Mary per tranquillizzarla, ma ciò che vide lo lasciò basito per qualche istante: vi era un uomo davanti a lei intento a fissarla con aria seria, e subito Dan pensò che fosse un demone venuto per prenderla. 
Ma non fece in tempo ad avvicinarlo per colpirlo in viso, che l'uomo scomparve dalla stanza così come sua nipote, lasciando Dan senza parole ed occhi sgranati.
La luce si ripristinò e Dan si chiese se quello fosse il segno che quell'uomo fosse uscito dal bunker portando con sé la bambina, ma rifiutò di accettare quell'ipotesi: si mosse velocemente per il bunker fino ad arrivare alla sala lettura, dove estrasse da sotto al tavolo principale la sua pistola con le rune antidemone intagliate sulle punte, e si guardò intorno in silenzio. 
Continuò a camminare con il cuore che batteva forte per l'agitazione e la paura che potesse succedere qualcosa di brutto alla bambina, e presto Dan rimase basito quando vide Mary seduta sul tavolo in fondo alla sala mentre l'uomo con una lunga e folta barba grigia e dei capelli dello stesso colore lunghi fin alle spalle la guardava negli occhi con aria seria e triste allo stesso tempo. 
Mary sollevò una mano verso di lui e gli sfiorò una guancia barbuta con la sua manina accennando un sorriso mentre lo guardava, e l'uomo abbassò il capo con aria appena più sorridente, stringendo la sua manina con la sua. 
"Mary vieni subito dietro di me!" esclamò Dan con un tono severo e imperativo, al quale la bambina obbediva sempre. Ma non questa volta. 
Mary si voltò a guardarlo brevemente e fece un sorriso allo zio avendo tutta l'aria di chi sapesse ciò che stesse facendo, ma Dan si fece ancora più vicino notato come l'uomo non si muovesse e sembrasse addirittura sotto shock; Dan allungò una mano per afferrare di peso la bambina, trascinandola via dal tavolo e mettendola dietro di sé, per poi notare che l'uomo continuasse a fissare il vuoto con sguardo vitreo, così si voltò a guardare la bambina. 
"Mary, vai subito nella 7b e chiuditi dentro. Sta al centro del disegno a terra e non aprire a nessuno!". 
"Ma zio..".
"Subito, Mary!" esclamò Dan sgranando gli occhi e guardandola con l'aria perentoria di chi non accettasse un no come risposta. 
La bambina iniziò a correre velocemente verso il corridoio e Dan rimase in ascolto fino a quando divenne impossibile per lui udire i suoi passi, e poi si voltò verso quell'uomo che ancora rimaneva immobile a fissare il vuoto. 
Dan lo studiò, muovendosi attorno al tavolo mentre lo fissava e si chiedeva chi diavolo fosse e perché stesse agendo in quella maniera, cercando di sforzarsi di riconoscerlo, ma non aveva la più pallida idea di chi fosse. 
"Mary è così bella. Immagino che quando sarà grande sarà stupenda almeno quanto lei". 
Dan sollevò un sopracciglio a quella parole, sentendo un grande fastidio crescere dentro di lui per il modo in cui quell'uomo stesse parlando di sua nipote, ma poi lo vide sollevare lo sguardo fino a lui e accennare un sorriso molto debole e stanco. "Non temere, non le farei mai del male. E neanche a te. Chiama tua sorella e dille che ho fatto ciò che prevedeva il nostro patto". 
Dan lo vide voltarsi e dirigersi verso le scale per risalire e andare via, e solo in quel momento intuí di chi potesse trattare. 
Non lo aveva mai visto prima. 
Si fece avanti fino a raggiungere le scale in ferro battuto e rimise a posto la pistola mentre lo guardava. "Tu sei Cain, non è vero? Ma che cosa vuoi da mia nipote?".
L'uomo si voltò verso di lui con un sorriso debole e triste e fece spallucce, fermandosi a metà scale con le dita sul corrimano. "Mary non è solo Mary, come Abby non è solo Abby. È stato bello rivederla prima di morire".
Lanciò un ultimo sguardo all'uomo confuso e che non capisse proprio nulla di ciò che Cain stesse dicendo, e fece un sorriso triste sospirando e continuando a muoversi su quelle scale per raggiungere la porta, oltre cui svanì nel nulla lasciando il ragazzo senza parole e senza una spiegazione; senza pensarci ancora Dan corse velocemente nel corridoio per raggiungere la 7b, iniziando a bussare alla porta in maniera energica fino a quando Mary gli aprì la porta con un sorriso calmo e pacato. 
Mentre Dan si chinò per abbracciarla forte dopo essersi assicurato che stesse bene, iniziò a riflettere sul fatto che Mary non avesse neanche emesso un grido quando aveva visto Cain pararsi davanti a lei e l'aveva seguito senza esitazione, rimanendo calma e pacata, toccandogli addirittura il viso, e anche adesso Mary risultava tranquilla e sorridente mentre stringeva forte lo zio fra le braccia, il quale non faceva altro che ripetersi quanto fosse stato stupido a lasciare che quel contatto potesse avvenire. 
 
 
Rimasero svegli e in silenzio tutta la notte distesi sul letto, sentendosi ancora parecchio scossi per ciò che fosse successo la sera precedente: alla fine erano venuti a capo dle caso per cui avessero lasciato il bunker, capendo che ci fosse Cain dietro quelle strane sparizioni e Dean si era reso conto che il momento preannunciato da Cain stesso fosse ormai arrivato. 
Dean doveva ucciderlo. E lo aveva fatto. 
Aveva usato di nuovo la Lama per necessità e aveva di nuovo perso il controllo. 
Aveva lottato con Cain, ma lo aveva anche supplicato di fermarsi. Uccidere Cain sarebbe stato per lui il punto di non ritorno e questo Dean lo sapeva bene. 
Sapeva che Cain rappresentasse l'unica chance di sopravvivere a quel Marchio e di controllarlo. 
Eppure quando Cain lo aveva guardato in viso e gli aveva detto che non fosse stato in grado di fermarsi e per questo stava uccidendo la maggior parte dei suoi discendenti per bloccare la dinastia del male, qualcosa si spezzò dentro Dean. 
Stava davvero cercando di aggrapparsi alla sua famiglia per controllarsi, specialmente a Mary perché voleva che lei fosse fiera di suo padre. 
Eppure adesso Dean era sicuro che non aveva più alcuna speranza. 
Se Cain, demone pluricentenario, non fosse riuscito a controllarsi, che speranze aveva lui, essendo un semplice umano? 
Dean aveva affondato la Lama dentro di lui liberando il dolore che avesse dentro con un grido straziante, e poi si era fatto forza uscendo con le sue gambe dal fienile dove si fosse svolta la lotta per raggiungere suo fratello, Abby, i due angeli e Crowley che lo attendevano. 
Aveva passato la Lama a Castiel con estrema calma ma intimandogli di tenere quell'affare lontano da lui, per poi liquidare il Re dell'inferno facendogli sapere che lo avesse semplicemente usato per riavere indietro la sua arma, e poi si era lasciato andare contro Sam, accasciandosi contro il suo petto senza più forze né energie. 
Si era lasciato trascinare nella sua auto mentre Abby lo stringeva forte per fargli sentire che non fosse solo, ma Dean sapeva di essere arrivato ormai all'ultima spiaggia. 
Era entrato dentro il bunker trascinando i piedi e rimanendo ancora in silenzio, mentre si lasciava guidare da Abby come se fosse cieco e non riuscisse ad orientarsi dentro quella che ormai chiamavano casa. 
Aveva visto Dan avvicinarsi di fretta e farfugliare qualcosa su Cain, ma Abby e Sam lo zittirono subito dicendogli di non parlarne proprio in quel momento, ma Dean non ci fece caso poi di tanto. 
Una volta in camera si lasciò guidare dalla ragazza fino al letto, dopo avergli tolto i vestiti imbrattati di sangue e avergli messo su qualcosa di pulito, facendolo entrare a forza sotto le coperte.
E lo aveva stretto forte a sé quando Dean si mise su un fianco e le diede le spalle, incapace anche solo di sostenere il suo sguardo. 
Ma Abby gli passò un braccio sulla vita e lo strinse forte a sé, affondando il viso sul suo collo e depositandovi dei piccoli baci, mentre con l'altra mano gli carezzava i capelli per tranquillizzarlo. 
Passò poco prima che sentirono la porta aprirsi e videro sbucare la piccola Mary mentre si stropicciava il viso ancora molto assonnata, sorridendo però ed avvicinandosi al letto dalla parte del padre: era una scena che ormai capitava tutte le notti, dato che Mary si presentasse nella loro stanza per dormire insieme a loro. 
Normalmente Dean ed Abby la rispedivano a letto perché non volevano instaurare cattive abitudini, ma quella notte fu diverso. 
Dean la vide avvicinarsi a lui nel buio della notte e per la prima volta in quella serata accennò un piccolo sorriso sincero, allargando le braccia e facendo un po' di spazio alla piccola che entrò subito nel letto insieme a loro con aria felice mista alla sorpresa. 
Mary si distese di fianco accanto al padre e si sentí abbracciare forte, ricambiando la stretta in silenzio e dandogli dei piccoli baci sul viso, ridendo divertita perché sapeva che suo padre avrebbe fatto qualcosa per farla ridere, ma non quella notte. 
Dean si limitò a sospirare ed a carezzare il viso della figlia, che appoggiò poi la testa sul suo petto mentre lui la stringeva forte, e sentí Abby sporgersi di più verso di lui per stringerlo più stretto, carezzando anche la schiena della loro piccola. 
Passò poco prima che entrambi udirono il respiro di Mary cambiare e sprofondare nuovamente in un grande sonno, e Dean accennò un sorriso commosso capendo in quel momento che se avesse mollato e non avesse più combattuto quella battaglia con sé stesso, Mary non glielo avrebbe mai perdonato. 
Intrecciò le dita con la mano destra di Abby che sporgeva sul suo torace e se la portò alle labbra  baciandone il dorso con delicatezza, e la ragazza sorrise dolcemente contro il suo collo, stringendo Dean e Mary più forte in quel loro abbraccio che sapeva di casa, sapeva di amore. 
Chiuse fuori i brutti pensieri, decidendo che si sarebbe preoccupata domani di pensare a un modo per accelerare la decriptazione del libro e di parlare con Mary, per farle raccontare cosa fosse successo quando Cain fosse andato al bunker per conoscerla, nonostante sapesse che quella fosse l'unica clausola che Cain avesse imposto nel loro patto: lui le avrebbe fornito un modo efficace per salvare Dean, ma Abby gli avrebbe dovuto concedere di vedere Mary almeno una volta. 
Allora Abby non gli aveva chiesto il perché, ma aveva intuito che si trattasse di Colette: probabilmente voleva solamente capire se Mary fosse solo Mary o se avrebbe trovato una traccia della sua amata. 
Continuò a carezzare i capelli del ragazzo quando una vibrazione nei suoi pantaloni la fece quasi sussultare, perché pensava di aver lasciato il suo telefono insieme a tutta la sua roba nella sala comune, ma si sbagliava. 
Estrasse il suo cellulare e notò un messaggio appena arrivato, chiedendosi chi fosse, dato che fossero le quattro del mattino passate. 
Rimase sorpresa quando lesse il mittente e sgranò leggermente gli occhi, mentre leggeva. 
"Thedford, Nebraska
Sarò lì domani alle 18:00, c'è un branco di licantropi.
Se hai voglia di cacciare e vuoi unirti a me, sai dove trovarmi, rossa
". 
Mise istintivamente il telefono via, posandolo il più lontano possibile da lei mentre le immagini di ciò che fosse successo l'ultima volta con Edward passarono nella sua mente, e subito chiuse gli occhi quando il senso di colpa esplose dirompente nel suo petto chiedendosi per quale motivo Edward avesse deciso di scriverle proprio in un momento come quello. 
Sentí il viso di Dean voltarsi verso di lei ed incrociò il suo sguardo indagatore, a cui rispose con un sorriso. "Tutto bene, ragazzina?". 
Abby lo guardò per qualche secondo, specchiandosi nei suoi grandi occhi verdi e accennò un sorriso, carezzandogli una guancia e avvicinandosi a lui di più fino a baciargli delicatamente le labbra con dolcezza, mentre il cuore le batteva più forte nel petto. 
Sospirò e appoggiò la fronte alla sua, mentre sentiva una mano del ragazzo lasciare il corpicino della figlia per carezzare il suo viso. 
Dean la osservò con fare indagatore, sollevandole il viso dal mento e guardandola attentamente negli occhi per qualche istante: Abby poteva tranquillamente dire che non esistesse davvero nessuno che l'avesse conosciuta così bene come Dean, a parte suo padre.
Dean aveva capito che Abby nascondesse più di una cosa e glielo stava confermando adesso, che aveva abbassato nuovamente lo sguardo per non lasciare che lui capisse; strinse forte la mandibola e sospirò rumorosamente, perché aveva deciso che dopo quella orribile giornata avrebbe dovuto lasciarsi tutte le altre cose orribili alle spalle. "Non mi interessa". 
Abby sollevò lo sguardo verso di lui, aggrottando le sopracciglia in preda alla confusione non capendo il senso della sua frase, e Dean parve intuirlo perché accennò un piccolissimo sorriso amaro e fece spallucce, mentre con la mano sinistra stringeva a sé la sua piccola e con l'altra invece sfiorava ancora il viso della ragazza ed i suoi capelli. 
"Sei strana ultimamente: a volte ti perdi nei tuoi pensieri e guardi il nulla, e io lo so che stai pensando a qualcosa che non vuoi dirmi. Ma siamo una famiglia e tu non mi hai mai lasciato da solo neanche quando lo meritavo, quindi il minimo che io possa fare è dirti che non mi interessa: qualsiasi cosa tu abbia fatto, dimenticala ragazzina, d'accordo?". 
Abby avrebbe tanto voluto abbassare lo sguardo e negare qualasiasi cosa, rendendosi conto solamente in quel momento che quelle fossero le stesse parole che Edward le avesse detto quella sera, dicendole di dimenticare ciò che fosse successo fra loro e tornare alla sua vita per non sentirsi troppo in colpa; ma la ragazza rimase in silenzio e sospirò mentre annuiva, avvicinandosi nuovamente a lui. 
Dean appoggiò la schiena sul materasso portando con sé la sua bambina e invitando Abby ad appoggiarsi su di lui, mentre iniziò a carezzarle i loro capelli per farle tranquillizzare, ed Abby altrernava delle carezze alla figlia e al petto dell'uomo. 
Tirò su il viso e lo guardò per qualche istante, incerta su cosa dire o cosa fare, ma il suo sguardo la tranquillizzò e accennò un sorriso. "Non ti lascerò cadere, Dean. Starai bene, non ti lascerò mai, te lo prometto". 
L'uomo sorrise ed annuì baciandole la fronte, conscio che Abby ci avrebbe potuto provare ma che non ci sarebbe potuta riuscire fino in fondo, e si sporse per darle un bacio casto e veloce, per poi tornare a fissare il soffitto con aria stanca e abbattuta, pensando però che fosse davvero un uomo fortunato per avere una donna come Abby al suo fianco e una piccola e dolce bambina che lo amasse tantissimo.
 

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Capitolo 56
*** Capitolo 49 ***


Hunter's legacies
Capitolo 49
 
"È tutto pronto!". 
Quelle parole scritte sul telefono la fecero trasalire, sgranando gli occhi e sentendo il cuore battere un po' più velocemente per l'agitazione: Charlie era veramente riuscita a decriptare quel libro insieme all'aiuto di Rowena, e adesso completare l'incantesimo spettava solamente alla strega. 
Sorrise amaramente, rimanendo sdraiata sul letto della sua nuova casa mentre ancora fissava lo schermo del suo telefono. 
Ironicamente pensò che non era così che si aspettava di continuare la sua vita, ma adesso non toccava più a lei: Abby aveva fatto tutto ciò che fosse in suo potere per salvare Dean; scosse la testa e si allungò leggermente verso il comodino per posare il cellulare, sentendo l'uomo che dormisse al suo fianco mugolare. 
Il sorriso di Abby si allargò di più e tirò un sospiro di sollievo mentre si meravigliava del fatto di non essere rimasta da sola dopo la scelta che avesse compiuto, e si portò le grosse mani di Edward sui fianchi per farsi stringere di più. 
Come ormai accadeva da quasi due settimane, Edward la strinse nel sonno come se fosse un istinto primordiale, facendo aderire i loro corpi e baciandole la tempia. 
Lo guardò dormire al suo fianco, ascoltò il suo respiro lento e profondo, ed Abby allungò le dita nella direzione del suo volto per sfiorargli timidamente gli zigomi. 
Lo guardava con ammirazione, ma soprattutto con gratitudine perché era solamente grazie a lui che Abby fosse riuscita ad andare via dal bunker. 
La ragazza sospirò appena divenendo più seria, ripensando ancora una volta alla grossa litigata che avesse avuto con Dean e che l'avesse costretta a lasciare la sua casa e la sua famiglia ed a trasferirsi molto lontano; aveva trovato una casetta nella prossimità di Summerfield, Lebanon, ed Abby non ci aveva pensato più di mezzo secondo prima di andarsene dal bunker e portare Mary via con sé dopo quella grossa lite. 
Si sistemò meglio al fianco di Edward che ancora la stringesse dai fianchi e sorrise nella sua direzione, appoggiandosi al cuscino mentre continuava a guardarlo con occhi sognanti. 
Prima che la situazione degenerasse con Dean, Abby stava seguendo un caso con i fratelli Winchester, avevano già iniziato a fare le tipiche domande una volta giunti sul luogo ma a circa metà delle loro indagini avevano scoperto che già altri due cacciatori fossero sulle tracce della creatura. 
Avevano incontrato Edward e Jimmy, ed Abby non aveva potuto impedire che un grande sorriso nascesse sul suo viso quando li riconobbe. 
Aveva abbracciato entrambi come se fossero amici di vecchia data, ma Edward l'aveva stretta in un modo così diverso ed intimo che fu impossibile per Sam e Dean non percepirlo.
Passò poco da quel momento, prima che Dean iniziasse a notare il modo strano in cui Edward guardasse Abby, il modo in cui le parlasse e come cercasse continuamente di aver un contatto fisico con lei, che fosse una carezza distratta o una stretta di mano di sfuggita; Abby si guardava sempre attorno ogni qualvolta Edward la sfiorasse, fino a quando sentiva lo sguardo di Dean su di sè e si allontanava. 
Il maggiore notò subito l'atteggiamento strano che avesse assunto Abby, riconoscendolo immediatamente perché anche lui lo aveva assunto quand'era stato a letto con quell'amazzone. 
Cercò di ignorare le battutine dell'uomo e le mancate risposte di Abby, che cercò in tutti i modi di dividere quel gruppo che si era venuto a formare per stanare solamente due Djinn, cercando anche di far ritirare Sam e Dean insieme a lei, per lasciare il caso a Edward e Jimmy, ma Dean non ne volle sapere, decidendo di restare e andando fino in fondo. 
E fu così che si ritrovò a puntare il coltello immerso di sangue delle due creature che giacessero a terra sul pavimento del magazzino abbandonato verso Edward, che sorrise divertito perché non ne fu davvero sorpreso: Edward aveva iniziato a chiedersi se sarebbe scattato per gelosia come avesse fatto l'ultima volta e mentre guardava Dean con aria di sfida ed un sopracciglio sollevato, ripensò alle parole che Abby gli avesse detto la mattina di quello stesso giorno quando gli aveva chiesto di raggiungerla nella sua stanza per ricordargli che lei stesse con Dean. 
"Perché ti comporti così davanti a Dean? Io e te ci siamo baciati, è stato fantastico e non avremmo dovuto, ma adesso..".
"Oh per favore, quello che c'è stato fra noi non c'entra nulla con questo. C'è stato molto di più di un bacio, o vuoi farmi credere che non senti questa sintonia anche tu?". Edward aveva scosso la testa e aveva fatto una smorfia quasi arrabbiata per ciò che la ragazza stesse pensando. Le si avvicinò velocemente, stringendo i muscoli della mascella ed irrigidendosi, giungendo a centimetri dal suo viso  per alternare lo sguardo fra le sue labbra così rosse e carnose ed i suoi occhi azzurri così confusi e spaventati. "Se ti tocca anche solo con un dito, lo ucciderò. Se ti fa del male, non mi tratterò come l'ultima volta". 
Abby lo aveva guardato con occhi lucidi mentre il cuore le batteva forte, galoppando nel petto come fosse pronto ad uscire. 
I suoi occhi nocciola erano fin troppo seri e la sua espressione contratta le suggeriva che facesse sul serio e che fosse rimasto turbato dal comportamento di Dean nel corso delle indagini del loro caso e che lo avesse valutato come una concreta minaccia per l'incolumità di Abby. 
"Non sai di che parli, Edward. Davvero. Dean preferirebbe morire che farmi del male".
Edward scosse la testa perché odiava il modo in cui Abby si ostinava a difenderlo e le si avvicinò ancora sollevandole il viso con due dita. Lesse nei suoi occhi alcuna traccia di paura nei confronti di Dean, eppure leggeva anche una certa confusione che chiaramente avesse anche a che vedere con lui. 
Accennò un sorriso dolce e per più di un istante lasciò scivolare lo sguardo sulle sue labbra, ricordando la loro ultima serata al bar ed al modo in cui adesso Edward conoscesse il suo sapore. 
Abby strinse la presa delicata attorno al polso della mano con cui Edward ancora le sfiorasse la guancia e sospirò, incrociando il suo sguardo ed accennando un sorriso speranzoso. 
"Non lo provocherò, anche se questo vorrà dire stare lontano da te. Promesso". 
Edward la guardò nello stesso modo con cui l'avesse guardata dalla prima volta in cui avesse posato gli occhi su di lei ed Abby si trovò a deglutire a vuoto, sentendo un enorme peso stazionare sul petto. 
Si era ripromessa che non avrebbe lasciato a sé stessa la possibilità di far accadere qualcos'altro fra loro, eppure in quel momento si sentiva profondamente intrappolata dagli occhi magnetici dell'uomo che le stesse davanti. 
Probabilmente Edward avrebbe annullato la distanza fra i loro volti ancora una volta ed Abby glielo avrebbe lasciato fare, se solo Sam non fosse entrato nella stanza in quel momento ed Abby non si fosse allontanata da lui con un balzo veloce. 

 
"Ma che stai facendo?". 
Abby lo richiamò strattonandolo per la maglietta per farsi guardare, ma Dean appariva sordo ai suoi richiami, limitandosi a guardare l'uomo di fronte a sé con astio, mentre sentiva il Marchio pulsare sul suo braccio e la brutta voglia di affondare il coltello dentro il suo petto crescere dentro di lui. 
Edward rimase tranquillo e sereno a guardarlo con un sorriso beffardo sul viso, iniziando a pensare che manovrare Dean fosse stato così semplice e che gli fossero bastate dei semplici gesti per far scaturire in lui il seme dell'incertezza, e sperò così tanto che Dean lo aggredisse solamente per dimostrare ad Abby che avesse ragione e che Dean non fosse l'uomo adatto per lei. 
Ma Dean spostò presto lo sguardo su Abby, che non aveva smesso un momento di richiamarlo, e quando incrociò i suoi occhi fiduciosi aprì di scatto la mano per lasciare cadere a terra il coltello; Dean non era affatto tranquillo, i dubbi continuavano a crescere dentro di sé, ma sapeva bene che il vero Dean, quello senza Marchio, non avrebbe mai ceduto alle provocazioni di Edward. 
Si adagiò su Abby e la ragazza lo tenne stretto fino a riportarlo nella loro auto seguito da Sam, che osservò il modo serio e preoccupato con cui Edward stesse guardando Abby. 
Sam si era messo alla guida ed Abby aveva stretto Dean a sé che ancora stesse cercando di dominare il Marchio, e guardò Edward e Jimmy mentre l'Impala lasciava quel magazzino per sempre. 
Edward aveva ragione. 
Tra di loro c'era un'enorme sintonia. 
Un'enorme connessione che li portava ad avvicinarsi come due calamite. 
In pochissimo tempo era riuscito a sostenerla come mai nessuno avesse fatto, nemmeno Dean. 
Eppure non riusciva neanche a pensare di lasciare andare Dean. 
Lo amava con ogni fibra del suo corpo. 
Si sarebbe strappata il cuore dal petto, se lui avesse perso il suo. 
Stavano solamente attraversando uno di quei momenti difficili. Era questo che Abby si ripeteva ogni sera. 
Dean era un brav'uomo, un ottimo compagno e padre. 
L'unico problema era il Marchio, che continuava a mettersi fra loro creando delle enormi voragini nel loro rapporto di cui Dean non provasse più neanche a parlarle. 
Quando Sam posteggiò nel parcheggio del motel, vide suo fratello maggiore uscire dall'Impala e raggiungere la sua stanza senza neanche dire una parola. 
Era arrabbiato, questo era palese. 
Sam rivolse uno sguardo ad Abby per capire se stesse bene, ma la trovò sconvolta, e solo in quel momento Sam capí perché Edward l'aveva guardata con tutta quella preoccupazione. 
Sia lui che Abby, erano abituati a guardare a Dean attraverso tutto l'amore che provassero per lui. 
E si, erano preoccupati, si, sapevano che non fosse più il vero lui da molto tempo, eppure continuavano ad esporlo a delle situazioni pericolose per una bomba ad orologeria come lui. 
Abby aveva distolto lo sguardo da Sam capendo che stessero pensando allo stesso modo e corse dietro a Dean, che nel frattempo era già entrato nella loro stanza. 
Abby aveva visto Dean infilarsi sotto la doccia per cercare di calmare un po' la sua rabbia e quei dubbi che avevano preso ad attanargli la testa, sperando che l'acqua fredda potesse lavarli via, invece rimasero appiccicati a lui senza speranza di poter scrollarli via di dosso. 
Continuò a ripetersi che non gli importava, qualsiasi cosa fosse successa apparteneva al passato e quindi non doveva disturbarlo così profondamente, eppure sentiva dentro di sé crescere la voglia di saperne di più. 
Di sapere la verità. 
Chiuse di scatto l'acqua sentendosi completamente arrabbiato e tradito, non riuscendo neanche a riflettere su quanto Abby si fosse già sentita così quando aveva scoperto ciò che anche lui avesse fatto in un momento di debolezza, quando il suo cuore era annebbiato dal dolore per la morte di Bobby. 
Si asciugò in fretta e si vestì ancora più velocemente, tornando nella stanza deciso più che mai ad affrontare il discorso con Abby con la consapevolezza che avrebbe accettato qualsiasi cosa ne sarebbe venuta fuori, ma trovò la stanza vuota. 
Dean aggrottò le sopracciglia e si insospettí avvicinandosi alla finestra, scostando la tenda e guardando fuori: non rimase molto sorpreso quando vide Abby discutere animatamente con Edward, puntandogli il dito contro, il quale per tutta risposta le sorrise dolcemente e l'espressione furiosa di Abby si era subito tranquillizzata. 
Anche da quella distanza, Dean poteva tranquillamente affermare che Abby non fosse più arrabbiata con lui specialmente quando vide Edward chinarsi su di lei e depositarle un bacio sulla fronte, per poi abbracciarla stretta al petto. 
Lo stomaco gli si rigirò a quella visione e Dean sgranò gli occhi, sentendo il Marchio pulsare sempre di più sul suo braccio. 
Decise che quella visione fosse troppo, che si dovesse calmare e si allontanò dalla finestra per sedersi sul bordo letto in silenzio, mentre continuava a vedere nella sua testa il modo intimo con cui Edward l'avesse abbracciata. 
Ed il Marchio pulsava ancora. 
Dean poteva sentire il battito del suo cuore accelerare per la rabbia, stringendo i pugni e desiderando solamente di uscire da quella stanza per fargli del male. 
Ma non doveva, non poteva lasciare che Abby lo guardasse così. 
Dopo solo uno o due minuti in cui Dean si fosse seduto lì, con le spalle incurvate ed i gomiti appoggiati alle ginocchia, l'uomo sollevò lo sguardo verso la porta e vide Abby rientrare: la vide indugiare sulla soglia, guardandolo con sorpresa perché probabilmente pensava che Dean fosse ancora sotto la doccia, ma presto si affrettò a sorridere e a far finta di nulla, dicendogli che Silver avesse bisogno di una mano e fosse uscita fuori a parlare con lei al telefono. 
L'ennesima bugia, l'ennesimo comportamento strano che non fosse cominciato proprio quando avessero rincontrato Edward, ma che Dean avesse notato nelle ultime settimane. 
Sospirò e la guardò dritta negli occhi, mentre Abby si tolse la giacca di pelle e si voltò per posarlo sulla spalliera della sedia, pur di non tornare a guardarlo presto negli occhi. 
"Abby..". 
La ragazza sentiva il cuore battere forte dentro il suo petto, perché sapeva che Dean avesse capito che qualcosa non andasse e che probabilmente avrebbe voluto parlarne in quel momento; prese un lungo respiro mettendo la mano destra sul fianco, mentre con l'altra si massaggiò la fronte chiudendo gli occhi brevemente, sentendo perfettamente lo sguardo indagatore di Dean perforarle la schiena. 
"Lo so che ti ho detto che non mi interessava, ma adesso ho cambiato idea. Che è successo nei due giorni in cui sei stata via con Sam?".
Rimase rigida e impietrita in silenzio, sospirando e stringendo forte gli occhi in un'espressione arrabbiata, perché non voleva parlane, non voleva confessare ciò che fosse accaduto fra lei e Edward. 
Inoltre la sua voce calma e pacata non lasciava presagire nulla di buono, perché si aspettava che avrebbe urlato e che avrebbe spaccato le sedie contro il muro una dopo l'altra, eppure Abby lo percepiva seduto ancora sul letto dietro di sé, in silenzio ad osservarla. 
"No". 
Dean sollevò le sopracciglia di scatto quando udì quelle parole giungere fino alle sue orecchie e sgranò gli occhi, decidendo di alzarsi lentamente e fare qualche passo verso di lei. "Abby, voglio solo..".
Si voltò di scatto e lo filminò con lo sguardo, assottigliando gli occhi ed iniziando a pensare che la miglior difesa fosse sempre l'attacco. "Senti Dean, sono davvero molto, molto, molto stanca. La bambina assorbe tutte le mie energie e per una volta che riesco ad uscire dal bunker io non voglio stare qui a litigare con te, quindi lasc-..".
"Sei stata a letto con Edward?". 
La sua domanda secca e schietta accompagnata da una forte stretta al braccio, lasciò di stucco Abby tanto quanto Dean stesso, che si sorprese della calma che ci fosse dentro di lui, nonostante pecepisse che fosse solamente un momento di pura calma prima della tempesta. 
Abby lo guardò negli occhi per un lungo lasso di tempo, rimanendo basita mentre sentiva dentro di sé il sangue iniziare a ribollire nelle vene e la rabbia crescere perché si sentiva tremendamente sconvolta. Fece un passo avanti e lo guardò dritto negli occhi con astio, perché le dava fastidio che potesse pensare una cosa del genere, dimostrando di non conoscerla affatto. "L'ho baciato una volta e nient'altro, perché io almeno riesco a controllare certi istinti". 
Si liberò in fretta della sua presa, scuotendo la testa ed osservando il modo ferito in cui Dean la stesse guardando, e non poté dire se fosse per avergli confermato che qualcosa fra lei e Edward fosse davvero accaduta o se per il fatto che Abby gli avesse rinfacciato il suo tradimento. 
Si diresse verso il suo borsone arrabbiata, mettendolo sul letto ed aprendolo malamente per estrarre dei vestiti puliti, mentre dentro di lei sentiva il cuore battere sempre più forte, sentendosi terribilmente in colpa per ciò che avesse detto nonostante la forte rabbia che ancora le circolasse nelle vene. 
Afferrò i primi vestiti che trovò mentre Dean rimaneva ancora immobile ad osservarla e ad elaborare le sue parole, ma proprio quando stesse per entrare nel bagno per fare una lunga doccia, la forte presa di Dean intercettò di nuovo il suo braccio, tirandola indietro e guardandola in cagnesco. "Non ti passerà mai, eh? Non mi perdonerai mai per quello che ho fatto, vero?". 
Abby serrò stretta la mandibola e scosse la testa, cercando di liberarsi dalla presa per sgattaiolare in bagno perché lo sguardo che Dean avesse messo su non gli piaceva per niente, ma senza successo, perché Dean la strinse più forte per avvicinarla e guardarla meglio negli occhi. 
"È per questo che l'hai fatto? Perché sono stata a letto con un'altra donna?!". 
"Due donne, Dean! Non dimenticare ciò che hai fatto mentre eri in luna di miele con Crowley!" esclamò Abby alzando il tono della voce e spintonandolo per farsi lasciare, ma Dean non accennò a stringere di meno mentre l'avvicinava di più a sé. "Lasciami andare!"
Si mosse irrequieta per divincolarsi, ma Dean la guardò in maniera arrabbiata, fuori di sé, e per un momento Abby ebbe paura di lui e che potesse davvero farle del male; lo sguardo di Dean non era più quello dell'uomo che le stesse davanti pochi istanti prima, ma pareva nuovamente dominato dal Marchio, il quale pulsava sul braccio del cacciatore come non mai. 
"Quindi l'hai baciato per ripicca, ma poi sei stata troppo codarda per andare fino in fondo? Perché non vai adesso da lui, che è a poche camere di distanza?". 
"Adesso basta, mi stai facendo male Dean!" esclamò Abby cercando di liberarsi ed agitandosi, ma la stretta era troppo forte. 
Dean la fece indietreggiare facendole cadere i vestiti dalle mani e la spinse contro la parete, guardandola sempre di più in cagnesco e stringendo i pugni attorno alle sottili ossa dei suoi polsi, non riuscendo più a controllarsi e a dosare la sua forza. "Che diritto hai di comportarti come se fossi la Santa della situazione, mmh? Hai dimenticato quando ti sei scopata mio fratello più e più volte nella mia macchina, mentre io bruciavo all'inferno per lui? Sei stata tu a cominciare questa storia!". 
"Lasciami subito, mi fai male!". 
Ma fu tutto inutile perché Dean non ragionava più: il suo sguardo gli faceva paura e gli ricordava così tanto quello di Dean quando fosse un demone.
Era completamente soggiogato dal Marchio e presto Abby si chiese che fine avrebbe fatto se non fosse stato per la porta che si aprì di scatto lasciando entrare Sam, che quasi buttò giù la porta per separare i due ragazzi; strattonò il fratello e lo tirò via da Abby, che rimase schiacciata contro il muro ad osservare Dean dimenarsi mentre ancora la guardava con aria furente. 
"Abby, vattene di qua! Ora!". 
E Abby non se l'era fatto ripetere due volte: si era diretta verso la porta ed era uscita senza neanche chiudersela alle spalle, sentendo gli occhi pizzicare e le guance irrigarsi dalle lacrime per ciò che fosse appena successo. 
Non era tanto il dolore per aver confessato ciò che avesse fatto, ma per il modo in cui Dean aveva reagito. 
Non c'era più traccia di Dean dentro di lui. 
Il vero Dean, il suo Dean, avrebbe spaccato una sedia contro il muro, le avrebbe detto delle parole cattive in preda alla rabbia per cui si sarebbe scusato il giorno dopo, ma non le avrebbe mai fatto del male. 
Non le aveva mai messo una mano addosso per farle male, ma adesso Abby si ritrovò a massaggiarsi i polsi che le pulsavano per la forte stretta e sui quali sarebbe sicuramente apparso un grosso ematoma, e pianse sentendosi estremamente ferita mentre sentiva l'ultima sua certezza sgretolarsi come terra secca. 
Si mosse velocemente nel buio della notte senza una meta, muovendosi per il parcheggio e fra le auto posteggiate, cercando di mettere più distanza possibile fra di loro, non chiedendosi neanche se Sam sarebbe stato in grado di calmare suo fratello, mentre altre lacrime incontrollate ricadevano sulle sue guance, offuscandole la vista. 
Fu così che andò a sbattere contro un uomo grande e grosso facendo riversare su entrambi il contenuto della bottiglia che teneva fra le mani, inzuppandosi completamente la maglietta di birra; Abby stentò a riconoscere il ragazzo fino a quando non si spazzò via le lacrime dagli occhi con le dita, riconoscendo Edward davanti a lei che la guardava con aria incredula. "Ma che diavolo fai, Abby?". 
Il tono era ancora arrabbiato come quando avevano discusso fuori dalla sua camera prima che lui l'avesse salutata abbracciandola, fin quando Edward la guardò dritta negli occhi e studiò il suo volto arrossato dalle lacrime nonostante il buio della sera illuminata dai pochi lampioni del parcheggio, e l'uomo rimase per qualche secondo interdetto a studiarla. 
"Scusa, mi dispiace tanto. Io non ti avevo visto e.."
Abby aveva guardato dritto nei suoi occhi nocciola e vi aveva visto la paura, avvicinandosi a lei e prendendole il viso fra le mani per controllare che stesse bene. 
Non ebbe bisogno di chiedere spiegazioni, poiché sapeva chi fosse il responsabile. 
Lasciò la presa su Abby superandola con aria arrabbiata mentre passava attraverso le macchine posteggiate in quel parcheggio e si dirigeva verso il motel. "Lo uccido quel figlio di put-..".
"No, fermati!". Abby lo aveva riagganciato dal braccio sinistro, costringendolo a voltarsi nella sua direzione e guardandolo con aria supplichevole mentre cercava di fermarlo. "C'è Sam con lui, ti prego".
Edward sgranò gli occhi e la guardò con aria furiosa, avvicinandosi nuovamente a lei ed afferrandola dalle braccia con estrema delicatezza. "Ti avevo detto che se ti avesse toccata lo avrei ucciso, Abby!". 
"Ma non è stata colpa sua, Ed. È il maledetto Marchio: ci sto lavorando e manca così poco ad aiutarlo". Abby quasi lo supplicò mentre si avvicinava di più a lui, inalando il suo odore di sigaro mischiato a muschio e lo afferrò dalla camicia per impedirgli di allontanarsi. 
E in più Abby sapeva che la furia cieca che leggeva nei suoi occhi non fosse del tutto indirizzata a Dean ed a ciò che fosse accaduto. 
Qualcosa legato al suo passato da Marine forse, qualcosa di traumatico di cui Abby non fosse a conoscenza. 
Tutto ciò venne sommato all'innato senso di protezione che provasse verso Abby nonostante si conoscessero da un tempo breve, facendo reagire in quel modo. 
Edward lesse nei suoi occhi la supplica di non andare a cercare Dean e di non lasciarla, così scosse la testa e distolse lo sguardo dal suo per volgerlo verso un gruppo di ragazzi che stessero entrando alla reception del motel. 
Si morse la guancia nervosamente, ma solamente quando tornò a guardarla negli occhi si rese conto di quanto Abby fosse sconvolta. 
La sua espressione si addolcí e sospirò rumorosamente; Abby non seppe spiegare come, ma si era ritrovata stretta ancora una volta a lui, mentre Edward la guidava nella sua stanza in silenzio nel tentativo di rassicurarla e di tranquillizzarla: non aveva idea di cosa le fosse successo dopo che fosse andato via dal motel per prendere un'altra birra per gustarla sotto le stelle, ma sapeva che avesse a che fare con ciò che Dean pensasse di lui. 
Dopo essersi chiuso la porta alle spalle, Edward si era tolto la giacca e aveva estratto una delle sue camicie dal suo armadio, porgendola nella sua direzione con un sorriso di incoraggiamento ad accettarla, almeno per togliere quella maglietta zuppa di birra; con ancora un'espressione sconvolta, Abby afferrò la camicia panna a righe blu e non si era fatta troppi problemi a sfilarsi la maglia bagnate per indossare la sua camicia quando vide Edward voltarsi nella direzione opposta per concederle un po' di privacy. 
Le aveva ceduto il suo posto nel letto, accontentandosi di dormire sul pavimento pur di vederle ritrovare la serenità; Abby si era seduta sul materasso e lo aveva guardato in piedi accanto al letto, chinato per tirare su le coperte per scaldarla dato il modo in cui tremasse, eppure era bastato un solo sguardo da parte della ragazza per fargli capire ciò di cui avesse bisogno. 
Edward l'aveva guardata con aria seria e si era presto steso al suo fianco, attirandola presto a sé mentre si sdraiava sul letto e si lasciava avvolgere dalle sue braccia. 
Abby era fin troppo stanca, aveva un grande bisogno di sentirsi protetta, di sentirsi al sicuro, specialmente quando avvertí le dita di Edward sfiorarle i segni rossi sui polsi per nasconderli con le sue grosse mani. 
Aveva sentito l'uomo baciarle la spalla mentre l'attirava più stretta a sé, abbracciandola di fianco e sfiorandole i capelli per tranquillizzarla, ma Abby non aveva smesso un momento di tremare. 
Tutta la rabbia di Edward era sparita nel momento in cui avesse visto il dolore in Abby ed iniziò a sentirsi un completo idiota per aver provocato Dean per tutta la caccia; Abby lo aveva avvertito sul problema che Dean stesse attraversando con il Marchio, sapeva che Dean avrebbe potuto avere una reazione piuttosto esagerata e Edward stesso lo aveva valutato come pericoloso. 
"Mi dispiace tanto, rossa. Andrà tutto bene, te lo prometto".
La ragazza scosse la testa e gli strinse le mani, aggrappandosi alle sue braccia come un'ancora, come se potesse rimanere a galla solamente grazie a lui, mentre il cuore batteva forte nel suo petto. 
Le sembrò strano che le mani di Dean fossero state sostituite con quella grande facilità da quelle di Edward, che adesso pareva prendersi cura di lei e tranquillizzarla senza un doppio fine.
Nonostante le sfiorasse il corpo con dolcezza, Abby non aveva percepito in lui alcuna malizia, e si rilassò contro il suo tocco fino a sprofondare nel sonno guidata dalle sue carezze, continuando a rivivere la brutta litigata che avesse avuto con Dean neanche una mezz'ora prima. 
 
La sveglia suonò ed Abby fu costretta a tornare al presente al fianco di Edward, chiuse gli occhi di scatto e lo sentí muoversi sul letto con aria assonnata mentre dirigeva una mano verso il suo telefono per silenziare quell'orrenda sveglia; si voltò verso Abby e accennò un sorriso mentre si sporgeva nella sua direzione per baciarle con delicatezza una guancia. 
"Buongiorno rossa". 
Abby sorrise e aprí gli occhi, stringendo il braccio che Edward stesse passando sul suo ventre per scuoterla lentamente per svegliarla; più di una volta in quelle settimane si era chiesta perché Edward non l'avesse lasciata da sola dopo che trascorsero insieme quella notte solamente dormendo, quando cercò di tranquillizzarla nonostante fosse in uno stato evidente di shock. 
Edward non l'aveva mai lasciata sola: era sempre stato al suo fianco, non pretendendo nulla da lei. 
L'aveva aiutata a trasferirsi in quella casa senza interferire con Dean o la loro bambina, si era assicurato che mangiasse a sufficienza e che dormisse almeno un po', l'aveva fatta parlare per sfogarsi, l'aveva ascoltata mentre Abby fra le lacrime gli aveva raccontato ciò che fosse successo mentre litigava con Dean. 
E fu sorpreso quando Abby decise di non avere più alcun contatto con Dean, decidendo di parlare solamente con Sam che avrebbe fatto da tramite. 
Abby non voleva vedere Dean, non lo voleva sentire perché era ancora troppo arrabbiata, delusa e ferita. 
E anche perché sapeva che non avrebbe resistito davanti ai suoi occhi e alla sua espressione: in fondo non era colpa di Dean e questo Abby lo sapeva, però non ce la faceva più a vivere in quella condizione, e decise di rivederlo solamente dopo che l'incantesimo sarebbe stato completo e che il Marchio fosse stato rimosso dal suo braccio. 
"Buongiorno bartender.." sussurrò Abby sorridendo e guardando nei suoi occhi scuri per qualche istante.
Da quando si fosse trasferita in quella nuova casa, Edward era andato a controllare che stesse bene molto spesso, data l'estrema vicinanza con il suo bar. 
Non era ancora riuscito a farle passare una serata al bar insieme a lui quando Mary stesse al bunker, però era riuscito a ritagliarsi dei momenti liberi dal lavoro e si era totalmente concentrato su di lei. 
Sollevò la mano fino al suo viso barbuto e lo sfiorò con dolcezza, mentre il cuore le batteva più velocemente nel petto. 
Leggeva nei suoi occhi scuri la maniera in cui stesse trattenendo certi istinti, evitando di avvicinarsi troppo al suo viso; Abby lo attraeva in ogni modo e decisamente sapeva che anche lei si sentisse attratta da lui nello stesso modo, ma Edward non voleva averla solamente perché aveva il cuore spezzato per Dean. 
Voleva aiutarla a guarire, a prendersi cura della piccola Mary e solamente quando sarebbe stata davvero pronta avrebbero potuto iniziare qualcosa insieme. 
Sollevò la mano fino ai sui capelli scuri e ricci, fin quando Edward le prese la mano fra le sue e la baciò con dolcezza, sorridendole di rimando. 
"Dovresti andare, Ed: hai una vita lì fuori, un bar da gestire e sicuramente puoi trovare una ragazza meno incasinata e pazza di me a cui interessarti". 
Edward la guardò negli occhi e rise divertito, scuotendo la testa e avvicinandosi di più a lei per sfiorarle il viso con dolcezza, muovendosi sotto le lenzuola fino a toccare il suo fianco sinistro col il corpo. "Mmh, non lo so. Sono sempre stato attirato dalle pazze". 
Abby rise di gusto e stava per ribattere, dicendogli quanto fosse stupido e problematico ad ostinarsi a perdere tempo con lei, che non fosse in grado di restituirgli neanche un minimo di ciò che lui le desse; non era più accaduto nulla fra di loro. 
Né un bacio, né nient'altro.
Eppure Edward continuava a rimanere al suo fianco. 
Un clacson fuori dalla casa la fece scattare sul letto e sgranare gli occhi, guardando nella direzione della finestra. 
Edward aggrottò le sopracciglia davanti a quella reazione, sospirando leggermente e schioccandole un bacio sulla testa prima di scendere dal letto per avvicinarsi alla finestra; osservò l'Impala nera posteggiata davanti al vialetto, dalla quale vide scendere Mary che teneva la mano stretta a Dean.
Sospirò e si voltò nuovamente verso la ragazza cercando di mantenere la calma, nonostante sapesse che Abby e Dean non si vedessero né si sentissero da quasi due settimane. "Tu rimani qui, d'accordo? Prendo io Mary".
"Grazie, ma posso gestire Sam.." sussurrò Abby accennando un sorriso e scendendo dal letto, afferrando una vecchia felpa dall'armadio, che indossò velocemente sopra al suo pigiama. 
Fece per uscire dalla stanza, ma Edward le sbarrò la strada con un braccio e le sorrise debolmente, guardandola con aria seria. "Non è Sam".
L'espressione di Abby mutò e divenne gelida, irrigidendosi parecchio fino a sgranare gli occhi e guardarlo con aria stranita, chiedendosi perché Dean fosse andato a casa sua nonostante fosse stata chiara con lui.
Deglutí a fatica e accennò un sorriso, decidendo che andasse bene lo stesso ed annuendo, facendo spallucce. "Va tutto bene. Ma rimani qui, evita di farti vedere".
"No! Non ti lascio sola con lui!" esclamò Edward scuotendo energicamente la testa ed allargando le braccia come se fosse la pazzia più grande che avesse mai sentito. 
Ma Abby gli sorrise ed annuí sicura di sé, mordendosi la lingua quando sentí il campanello suonare alla porta ed il suo stomaco si rigirò in preda all'ansia che si apprestò a non far notare. "Ha solo riportato Mary a casa dopo il week end, non succederà nulla di brutto". 
Abby non aspettò neanche una risposta e si chiuse la porta della camera da letto alle spalle, scendendo la scale della casa fino ad arrivare davanti alla porta d'ingresso, davanti alla quale si pietrificò mentre nella sua mente iniziavano nuovamente a scorrere le immagini di quella notte e del modo in cui Dean le avesse stretto i polsi fino a farle male, per poi spingerla contro il muro con violenza. 
Udì la risata contagiosa della sua bambina dall'altra parte della porta e anche quella di Dean, che disse qualcosa di buffo solo per farla ridere, ed Abby parve tranquillizzarsi un po' nonostante sentisse il cuore battere più forte nel suo petto per l'agitazione. 
Prese un respiro profondo e aprì la porta, incrociando immediatamente lo sguardo di Dean che divenne mano a mano più serio: durò qualche secondo, perché poi Abby si trovò costretta ad abbassare lo sguardo sulla sua piccola che iniziò ad urlare di felicità e si aggrappò alla gamba della madre per farsi prendere in braccio.
Abby rise di gusto e la strinse forte a sé, baciandole la guancia mentre Mary manifestò la sua felicità ripetendo in loop la parola mamma com'era solita fare quando era troppo agitata e contenta mentre le raccontava tutto ciò che avesse fatto nel bunker con il padre e gli zii, e la madre le carezzò i capelli guardandola bene in viso. "Amore, avrai tutto il tempo raccontarmi ciò che hai fatto questo fine settimana. Rilassati". 
Mary sorrise e annuì, allungandosi verso la madre ed abbracciandola stretta, ed Abby spostò lo sguardo su quello dispiaciuto di Dean che rimase a guardarla per tutto il tempo, e divenne più seria quando lo vide fare un passo avanti. "Ciao Abby. Posso ent-..".
"Non credo sia il caso" si limitò a rispondere Abby distrattamente, facendo l'occhiolino a Mary che iniziò a chiederle del suo cuginetto, dato che le avevano fatto credere che la mamma e il papà si fossero momentaneamente separati perché Abby doveva aiutare Silver con il piccolo Nathan nato da poco. "Perché non vai di sopra, piccola? C'è una sorpresa per te e c'è anche Edward".
Mary sgranò gli occhi nel momento in cui sentí la parola sorpresa e si agitò fra le braccia della madre per scendere, correndo su per le scale per aggiudicarsi l'ennesimo giocattolo con cui Abby provava a scaricarsi la coscienza per averla portata via dal bunker e da suo padre. 
Abby tornò a guardare Dean con grande difficoltà, non trovando alcuna traccia di sorpresa nell'udire che Edward fosse al piano di sopra, dato che avesse riconosciuto la Jeep verde militare posteggiata accanto alla Hyundai di Abby. 
"Non è come pensi: non è successo niente fra noi. Edward mi sta solo dando una mano a sistemarmi" disse la ragazza stringendo subito la mascella per aver pronunciato quelle parole, rendendosi conto solamente dopo che non fosse in dover di dargli alcuna spiegazione. Sospirò e abbassò momentaneamente lo sguardo, quando divenne troppo difficile per lei sostenere lo sguardo ironico di Dean, che storse il naso davanti alle sue parole. "Perché sei qui? Di solito è Sam che riporta Mary". 
Dean la guardò con aria seria e sospirò scuotendo la testa, mordendosi la lingua perché si era ripromesso di non straparlare, eppure adesso non riusciva a trattenersi: fece un passo avanti e sollevò una mano in segno di resa. "Dobbiamo parlare, Abby: quello che è successo, io.. Non ero io, e mi dispiace così tanto.. Io non ti avrei mai toccata in quel modo, lo sai, non l'ho mai fatto. Preferirei morire che fare del male a te". 
Abby scosse la testa e abbassò lo sguardo, appoggiandosi alla porta e sorreggendosi attraverso essa, sospirando rumorosamente perché non era ancora pronta per affrontare quel discorso. "Per favore, vai".
"No, non è così che si risolvono le cose!" esclamò Dean facendo un altro passo avanti ed allungando una mano per sfiorarle il viso, sollevandoglielo con dolcezza e guardandola dritta negli occhi. "Mi dispiace davvero tanto ragazzina, ma possiamo ancora trovare un modo per rimettere le cose a posto. Insomma, io e te, insieme come sempre e..". 
"Non c'è niente da sistemare, Dean. Non adesso almeno. Sono troppo stanca di questa vita.." sussurrò Abby scostandosi dal suo tocco e scuotendo la testa, abbassando gli occhi per non essere costretta a leggere il suo dolore nello sguardo, del tutto identico al suo. "Per favore, adesso vai Dean".
Non aspettò che se ne andasse o che dicesse qualcosa, ma Abby si chiuse la porta alle spalle e vi appoggiò la schiena, chiudendo gli occhi e sentendo le lacrime fare capolinea fino a rigarle le guance: era troppo anche per lei. 
Aveva bisogno di tempo e aveva bisogno di spazio. 
E allo stesso aveva bisogno di Dean, del vero Dean. 
Sentí la risata di Mary provenire dal piano di sopra e sorrise amaramente, spazzandosi via le lacrime e salendo al piano di sopra per stringere ancora una volta la sua bambina in un forte abbraccio per sentirsi finalmente completa. 
 
 

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Capitolo 57
*** Capitolo 50 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 50.



Si mosse all'interno della cucina del bunker, sentendo la piccola Mary seguirla ad ogni spostamento e cercando di imitare i suoi stessi gesti, ed Abby sorrise brevemente quando vide la figlia guardarla e ridere divertita per poi tornare a giocare con la sua bambola; Abby aspettò che l'acqua nel pentolino che avesse appena messo sul fuoco iniziasse a bollire, spostando lo sguardo sulla superficie imperfetta dell'acqua che avesse iniziato a formare le prime bollicine. 
Non si era ancora ripresa del tutto da ciò che fosse successo negli ultimi giorni e non se l'era ancora sentita di andare via dal bunker e portare Mary con sé, dato che Rowena era davvero riuscita a completare l'incantesimo per far sparire il Marchio dal braccio di Dean, rimuovendolo completamente ad un costo fin troppo alto. 
Poco prima che l'incantesimo fosse completo, Dean era sparito perché si era reso conto di ciò che stesse diventando, iniziando a considerare lo spiacevole episodio che fosse avvenuto con Abby come la goccia che fece traboccare il vaso. 
Se aveva fatto del male ad Abby, non aveva più alcuna sicurezza che un giorno non avrebbe potuto perdere di nuovo il controllo e ci avesse riprovato. 
Magari Sam non sarebbe stato lì per fermarlo, magari si sarebbe spinto oltre. 
O peggio, avrebbe fatto del male a Mary. 
Per questo motivo Dean aveva supplicato Morte di ucciderlo o di fare qualsiasi cosa necessaria per far sì che non potesse fare male a nessuno e Morte aveva accettato, all'unica condizione che avrebbe dovuto uccidere Sam ed Abby.
Dean li aveva attirati in un vecchio locale vuoto e sarebbe andato fino in fondo, uccidendoli entrambi con la Falce di Morte, se solo Sam non avesse trovato le parole giuste per farlo ragionare; era così indeciso e confuso, ed il Marchio non faceva altro che pulsargli sul braccio, ma le parole di suo fratello e di Abby gli avevano permesso di invertire la rotta e uccidere Morte con la sua stessa falce. 
Abby e Sam erano presto corsi verso di lui per assicurarsi che stesse bene e lo avevano abbracciato stretto a turno. 
Ma Rowena aveva già portato avanti l'incantesimo, qualcosa stava accadendo dentro Dean e una forte luce proveniente dal suo braccio aveva fatto sgranare gli occhi a tutti e due i ragazzi, che capirono immediatamente cosa stesse succedendo. 
Charlie stava bene ed era tornata sana e salva a casa, il Marchio di Caino era finalmente sparito dal braccio di Dean e quando Abby e Sam lo guardarono negli occhi non riuscirono a vedere altro che il vero Dean. 
Non ebbero il tempo di spiegargli cosa fosse accaduto mentre uscivano da quel locale per tornare a casa, che una fitta e densa nube nera l'investí completamente, e si rifugiarono dentro l'Impala in preda alla paura, perché Sam ed Abby dovevano immaginare che quella fosse una conseguenza diretta dell'incantesimo che avesse fatto Rowena sotto costrizione. 
Erano rimasti tutti e tre vicini, chiedendosi cosa diavolo sarebbe successo e se sarebbe sopravvissuti ed Abby istintivamente cercò la mano di Dean per stringerla forte, mentre guardava con aria spaventata quella nube nera che aveva tutta l'aria di non essere niente di positivo. 
Ed infatti presto si resero conto che una strana epidemia si fosse espansa su quella città, causata da quella nube che altro non fosse che Amara, l'Oscurità. 
Abby sbatté gli occhi e tornò al presente mentre toglieva i filtri della camomilla che avesse lasciato per qualche minuto dentro il bollitore, e lo portò nella sala comune mentre sentiva Mary seguirla con un sorriso. 
Arrivarono entrambe nella sala ed Abby vide Anael tremare e piangere, quasi fosse davvero umana, mentre continuava a dire in loop l'unica frase che avesse detto da quando fosse apparsa nel bunker un quarto d'ora prima. 
Aveva un grossa ferita sul fianco sinistro che sembrava essere stata fatta con i denti e subito Abby la ricucí proprio come se fosse stata un'umana come loro, mentre Dean aveva momentaneamente allontanato Mary per non farla guardare; Abby versò la camomilla doppia nella sua tazza, che corresse con delle abbondanti gocce calmanti per tranquillizzarla, e la porse alla sua amica avvolta nella coperta che ancora tremava e fissava un punto vuoto davanti a sé. 
Le passò una mano fra i capelli mentre la vide bere con ancora le lacrime agli occhi, e le chiese cosa l'avesse ridotta in quelle condizione, notando come Anael si fosse voltata verso di lei con aria spaventata. 
"Voi non capite: lei lo ha fatto cambiare, Castiel non era più in sé. Gli ha fatto un incantesimo e mi ha attaccata, mi ha dilaniata a morsi". 
Sam afferrò la piccola Mary dalle braccia del padre, scuotendo la testa e sorridendole come se non ci fosse nulla di sbagliato in ciò che Anael stesse dicendo, e cercò di sviare il discorso quando sentí chiedere a Mary cosa volesse dire la parola dilaniare: portò via la nipote dopo aver lanciato un'occhiataccia a Dean e a Abby, chiedendosi perché uno dei due non l'avesse portata via prima che sentisse, ma nessuno dei due ci diede molto peso al momento. 
"È stata Rowena? Si è liberata?" chiese Dean aggrottando le sopracciglia e sospirando rumorosamente, passandosi una mano sulla fronte e scuotendo la testa quando vide l'angelo ancora sotto shock annuire. "Ok, come rintracciamo Cas? Tu puoi sentirlo, Anael?". 
L'angelo tremò ancora all'interno della sua coperta, mentre le sue guance venivano rigate ancora dalle lacrime e la sua tazza oscillava fin troppo, tanto che Abby si trovò costretta a togliergliela dalle mani finché le gocce non avessero iniziato a fare effetto sul suo corpo. "No, non posso più. Radio angelo è impazzita, dicono che la nostra vita è finita da quando è stata liberata l'Oscurità".
Abby scambiò una rapida occhiata con Dean e la ragazza sospirò, incrociando le braccia al petto e sospirando mentre si appoggiava al tavolo con i glutei, sedendovisi sopra. 
Sentí Dan avvicinarsi all'angelo, tornato da poco da lavoro e avendo scoperto cosa diavolo fosse successo, e aiutò Anael ad alzarsi per condurla nella sua stanza e farla riposare un po', permettendole di rasserenarsi quel tanto che bastasse per recuperare le forze e riacquisire i suoi poteri angelici che sembravano essere scomparsi. 
Dean sospirò rumorosamente e appoggiò i pugni chiusi sul tavolo proprio di fianco ad Abby ed incurvò le spalle mentre teneva gli occhi chiusi, chiedendosi quale altra calamità avessero scatenato sulla terra; la ragazza lo guardò e sedò l'impulso di sfiorargli la testa e di passargli la mano sull'incavo del collo per lasciare che lui vi si appoggiasse. 
Erano stati piuttosto a contatto negli ultimi due giorni, specialmente quando Sam era rimasto nell'ospedale della città per trovare una cura all'epidemia scatenata dall'Oscurità mentre loro accompagnarono la poliziotta Jenna a casa, insieme alla bambina nata da poca che poi si fosse scoperto essere Amara stessa. 
C'era bisogno di qualcuno che guidasse la macchina e di qualcuno che potesse dare qualche dritta a Jenna su come comportarsi con una bambina così piccola, come tenerla o cambiarla, ed Abby sembrava la persona più adatta. 
Il viaggio di ritorno fu piuttosto tranquillo, specialmente perché sembrò loro di essere tornati a qualche anno prima: si fermarono a prendere qualcosa da mangiare ed Abby tornò a sorridere a qualche sua battuta, nonostante si tenesse parecchio a distanza ed evitasse il suo sguardo in certi momenti. 
Ma il viaggio era lungo e Dean sapeva che quella fosse l'occasione perfetta per parlare con lei; le aveva fatto delle semplici domande, chiedendole come stessero Silver, Matt ed il loro bambino, come si trovasse Mary nella nuova casa, fino a quando provò a parlare di Edward e di ciò che fosse successo. 
Nonostante Abby non si sentisse ancora pronta per parlarne, questa volta non si tirò indietro e parlò in maniera civile, senza nascondersi né cercare di evitare l'argomento. 
"Il fatto che tu non abbia più il Marchio non cambia nulla, Dean. Potrei passare sopra quello che è accaduto quando eri un demone, ma il resto.. È troppo anche per me". 
Dean era rimasto in silenzio ad incassare il colpo mentre guardava la strada buia che gli si prospettava davanti e strinse forte la mascella, annuendo senza dire una parola per qualche secondo, fino a quando la guardò brevemente negli occhi leggendo nell'azzurro quanto le fosse costato dire quelle parole. "Hai ragione, non merito il tuo amore e non lo meritavo neanche prima di avere il Mar-". 
"Non la mettere così, Dean. Sai che non è affatto così". 
"È la verità. E tu meriti qualcuno di migliore, Abby. Siamo arrivati fino a qui e anche se non stiamo più insieme, io.."
.
L'aveva guardata per un lungo istante ed Abby aveva sentito il cuore sobbalzare nel suo petto, perché dopotutto erano sempre gli occhi della persona che aveva amato e amava ancora. 
Ma poi lo vide sorridere amaramente e scuotere la testa, tornando a guardare la strada illuminata dai lampioni e fare spallucce mentre si mordeva il labbro. "Quello che voglio dire è che abbiamo una figlia e dobbiamo fare ciò che è meglio per lei"
Abby abbassò lo sguardo e giocherellò nervosamente con le mani, parlando con voce tremante. "Si, per me va bene". 
"Bene, ragazzina. Abbiamo un accordo allora" aveva detto Dean accennando un altro sorriso amaro, scuotendo la testa e sospirando perché separarsi da Abby era sempre doloroso. 
Abby sospirò rumorosamente e tornò nuovamente al presente, interrompendo il filo dei suoi pensieri mentre guardava il ragazzo affianco a sé avere l'aria piuttosto confusa e stanca e fece un piccolo sorriso. "Come stai?". 
Dean aprí gli occhi e si voltò nella sua direzione, trovandosi così vicino a lei che avrebbe potuto sporgersi appena per raggiungere il suo viso e far ripartire tutto; ma non era quello che voleva davvero. "Come se un tir mi avesse investito dieci volte di seguito, ma per il resto splendidamente". 
La ragazza accennò una risata per niente divertita e scosse la testa, stirando un po' le spalle e mordendosi il labbro facendo vagare poi lo sguardo fino al corridoio dentro cui suo fratello e Anael fossero spariti qualche istante prima. "Pensi che Castiel starà bene? Se la caverà?". 
"Cas se la cava sempre.." sussurrò Dean facendo spallucce e sedendosi sul tavolo accanto a lei, incrociando le braccia al petto come Abby e sfiorandole il braccio con il suo inavvertitamente. 
Quel piccolo gesto la fece voltare nella sua direzione, sollevando lo sguardo verso di lui e respirando molto lentamente mentre la loro intesa diventava sempre più intensa: sarebbe bastato poco per Abby cedere ed avvicinarsi per stringerlo a sé, e sapeva che Dean non avrebbe opposto alcuna resistenza. 
Ma Abby aveva bisogno di starsene un po' per conto suo, stare da sola senza Dean e senza nessun uomo accanto, nonostante quello che stesse provando mentre lo guardava dritto negli occhi e le sue labbra si erano piegate in un sorriso, così come quelle del ragazzo. "Non appena avremo risolto la questione di Castiel, io torno a Summerfield". 
Dean accennò un sorriso e deglutí un po' a fatica, scacciando quella tensione che avesse accumulato in un solo sguardo ed annuì. "Lo so. Va bene". 
"Porto Mary con me". 
"Si, come sempre". 
"La iscrivo a scuola". 
Dean sollevò le sopracciglia e sgranò gli occhi, sentendo dei sentimenti contrastanti dentro di lui su cui prevalse la paura che qualche loro nemico si rifacesse su sua figlia. "A scuola? Non è un po' presto?". 
"Mary deve socializzare con gli altri bambini, Dean" rispose Abby sorridendo e voltandosi verso di lui, notando che il modo in cui la guardasse non fosse ancora cambiato. "C'è una Nursery School, vicino al mio appartamento. Potrebbe andare lì, se per te va bene". 
"Si, si d'accordo.." sussurrò Dean sospirando e facendo spallucce, storcendo il naso quando la sentí parlare del suo nuovo appartamento, rendendola una cosa fin troppo permanente. 
Avrebbe amato che lei e la loro figlia continuassero a vivere con lui nel bunker, ma Dean si rendeva conto che un po' di distacco fra loro fosse ciò di cui necessitassero per andare avanti e superare la loro rottura. 
Persino adesso che fossero solamente vicini e che stessero parlando della vita scolastica della loro bambina, entrambi si sentivano elettrici come sempre quando volevano toccarsi e non potevano; erano così presi dal guardarsi e dal comunicare senza parole, che non si accorsero quando Dan entrò all'interno della sala e si diresse a grandi passi proprio nella libreria davanti a loro. 
Abby distolse lo sguardo quando sentí il fratello iniziare a bofonchiare qualcosa e sorrise appena quando lo vide avvicinarsi a loro per dirgli che si stava subito mettendo sulle tracce di Castiel; afferrò un vecchio libro e si sedette al tavolo con il suo pc, dicendo che se Castiel fosse stato ancora sulla Terra lo avrebbe trovato. 
La sorella fece il giro del tavolo lasciando il fianco di Dean e passando una mano sulla schiena di Dan, che quasi non se ne accorse per quanto fosse già preso dalle indagini, e subito pensò che per quanto Dan si fosse sforzato per tutta la vita di non somigliare al loro padre, era fin troppo simile. 
Sollevò lo sguardo verso Dean, che si fosse seduto accanto a Dan per dargli una mano ed accennò un sorriso. "Vado a controllare come se la passa Sam con Mary: sicuramente lo avrà già costretto a diventare una delle sue principesse con cui giocare". 



Il soffitto non era mai stato così interessante come nell'ultimo paio di notti, in cui Abby non riusciva più a chiudere occhio e se ne stava con gli occhi completamente sbarrati senza riuscire a dormire mentre tutti i pensieri della sua vita incasinata frullavano nella sua testa. 
Scosse la testa e sospirò leggermente, osservando Edward dormire ancora una volta al suo fianco; Abby era felice di non stare da sola con Mary in quella casa e questo Edward lo aveva intuito. 
Quella sera si era presentato alla sua porta con dei corposi cheeseburgers per cui Abby perdesse la testa, e subito gli aveva gettato le braccia al collo per la felicità. 
Dopo aver messo a letto Mary, Abby e Edward avevano deciso di farsi una bevuta durante una delle loro solite chiacchierate; avevano parlato di Abby che fosse tornata al bunker per prendersi cura di Anael, di come si fosse sentita a ritornare in quella che per tanto tempo fosse stata la sua casa. 
Se ne stavano seduti sul portico sul retro, Edward fumava il suo sigaro mentre beveva un po' del suo Bourbon ed Abby beveva la sua solita birra rossa. 
Stava seduta proprio al fianco di Edward e lo osservava attentamente: i suoi lunghi capelli ricci erano raccolti una crocchia improvvisata, la sua barba era leggermente scompigliata per il modo in cui aveva giocato con Mary prima di metterla a letto. 
Ogni volta che la vedesse, Edward si divertiva sempre a giocare insieme alla bambina, adorava sentirla ridere ed inoltre pensava che potesse un po' distrarre Mary dal fatto che i suoi genitori avessero preso strade diverse. 
Edward le raccontava la giornata che avesse trascorso al bar quel giorno e continuava a ricordarle di passare a trovarlo qualche sera quando Mary fosse al bunker, così da poter passare un po' di tempo insieme. 
Questa volta Abby si appoggiò al suo braccio e lo guardò muovendo il volto verso il suo, sollevando lo sguardo ed arrivando così vicina al suo viso da sentire la sua lunga barba sfiorarle la pelle, ed il ragazzo sollevò un sopracciglio mentre la guardava con un grande sorriso sul viso. 
"Mi stai chiedendo un appuntamento, bartender?".
Le passò il braccio attorno alla schiena, abbracciandola e portandosela più vicina a sé tanto che Abby tornò a respirare il suo odore intriso di sigaro che si era riscoperta ad amare. 
Con l'altra mano le sfiorò la guancia, chinandosi su di lei mentre la guardava con un sorriso compiaciuto sul volto. "Si. Si, rossa. E' tutto quello che voglio".
Così vicino a lui, Abby riusciva a sentire il cuore battere velocemente nel suo petto esattamente come il suo.  
Gli sorrise mentre lo guardava negli occhi ed annuì, come a dirgli che andasse tutto bene. 
E Edward si era chinato di più su di lei mentre continuava a guardarla, pronto ad annullare la distanza fra le loro labbra e questa volta si sarebbero gustati ogni istante. 
La sintonia, la magia fra di loro, il respiro accelerato, il cuore che batteva forte. 
Ebbero la sensazione che non ci fosse nulla che potesse andare storto fra loro, come se fossero sempre stati destinati a trovarsi. 
"Mamma, ho fatto un brutto sogno..". 
Entrambi sobbalzarono per la sorpresa e quasi Abby riversò la sua birra sull'uomo al suo fianco; si alzò di scatto e si allontanò da Edward per avvicinarsi alla piccola Mary che stesse in piedi sulla soglia della porta mentre si stropicciava gli occhi e la guardava con le lacrime agli occhi. 
L'aveva presa fra le braccia e l'aveva consolata, asciugando le sue guance; l'aveva riportata in stanza ed era rimasta con lei fino a quando non si fosse riaddormentata. 
Eppure Abby era rimasta qualche istante in più nella stanza di sua figlia, ripensando a ciò che non fosse ancora pronta per fare ma che la vicinanza con Edward la portasse a desiderare sempre di più. 
Quando finalmente era riuscita ad uscire dalla stanza, Abby aveva preso un lungo respiro ed lo aveva raggiunto in cucina dove lo vide intento a sparecchiare ed a mettere nel lavandino i piatti e le posate che avessero usato. 
Si era voltato verso di lei e le aveva sorriso dolcemente, le aveva fatto l'occhiolino ed Abby si era avvicinata in silenzio, palesemente agitata. 
Era giunta al suo fianco tenendo lo sguardo basso, mentre lo sentiva iniziare ad insaponare le stoviglie. 
Percepiva il suo sguardo indagatore su di sé e quando trovò il coraggio ed incrociò nuovamente i suoi occhi, Abby percepí un grandissimo senso di tranquillità provenire da lui. 
"Dai, dimmi che ti passa per la testa, rossa". 
Il suo sguardo era così rassicurante che Abby stentava a credere al modo in cui fosse così tranquillo, e questo la disturbava perché non era abituata ad essere guardate in quel modo. 
Scosse la testa con aria confusa, allargò le braccia e sospirò rumorosamente. "Non posso darti quello che vuoi adesso. Mi dispiace, Edward". 
L'uomo sollevò un sopracciglio e si fermò dall'insaponare uno dei bicchieri con la sua spugnetta, chiuse il rubinetto e tornò a guardarla con aria divertita. "È questo il problema, Abby? Pensi che io sia qui solamente per.. Cosa? Portarti a letto, mmh?".
Abby sgranò appena gli occhi perché non era abituata neanche a tutta quella sincerità, così strinse le labbra in una smorfia per trattenere  un piccolo sorriso ironico . 
Edward sospirò e scosse la testa, tornando ad aprire il rubinetto per sciacquare lo stesso bicchiere sotto l'acqua per poi riporto sul ripiano ad asciugare, passa do ad insaponare uno dei piatti. 
Le diede tutto il tempo per riorganizzare i pensieri e per capire cosa volesse davvero dire, fino a quando Abby si sospirò e tornò a guardarlo con aria più seria. "Ok, giochiamo a carte scoperte, bartender: sento qualcosa per te, ok? E tu lo hai capito, come io riesco a percepire che lo senti anche tu. Ma non sono pronta per sentirlo fino in fondo, non ci riesco. Non adesso". 
Edward le aveva sorriso compiaciuto, ma continuava a lavare i piatti sotto l'acqua corrente facendo spallucce lanciandole un'occhiata di tanto in tanto mentre iniziava a parlare. "Hai ragione. C'è qualcosa fra di noi ed io non ho nessuna esperienza in questo, perché non ho mai provato per qualcun altro ciò che sento per te. Ma non sono qui perché voglio qualcosa da te, Abby. Sono qui perché.. Amo passare tutto il tempo che ho a disposizione con te e con Mary. Non ricordi cosa ti ho detto una volta? Aspetterò tutto il tempo necessario". 
Si affrettò a nascondere il sorriso che Edward le avesse fatto spuntare sul viso con quelle parole, scosse la testa e si avvicinò quel tanto che bastasse per prendere i bicchieri che già avesse lavato, cominciandoli ad asciugare uno dopo l'altro; sollevò lo sguardo nella sua direzione e lo trovò a sorriderle ampiamente, chinandosi quel tanto che bastasse per depositare un vasto bacio fra i capelli. 
 
Quelle parole, quelle emozioni provate insieme ad Edward avevano scosso qualcosa dentro di lei che non le consentiva di prendere sonno quella notte, rimanendo con gli occhi sbarrati ad osservare il soffitto. 
Fino a quando fu troppo anche per lei e scese dal letto senza fare rumore, uscì dalla stanza passando dal corridoio per controllare che Mary stesse dormendo serenamente nel proprio letto e scese le scale lentamente; arrivò in cucina e si versò un grosso bicchiere di Whisky da cui bevve un lungo sorso, per poi appoggiarsi all'isola di marmo con i gomiti, inclinando la schiena e passandosi una mano sul collo.
Era così stanca, ma non riusciva a dormire. 
Non importava che avesse passato tutta la giornata con Silver e il piccolo Nathan, insegnando a Mary come ci si comportasse con i bambini più piccoli, non importava che avesse corso per tutta la città per alleggerire le mansioni di sua sorella per aiutarla ad affrontare i primi mesi da genitore molto pesanti, mentre Matthew stava a lavoro per metà giornata. 
Non riusciva a chiudere occhio, ma era troppo stanca per non farlo. 
Abby sapeva che nonostante con Edward stesse bene come mai prima d'ora, la sua insonnia nascesse per tutta quella storia della separazione dal bunker e per la sorella di Dio che avesse iniziato ad esprimere un certo interesse nei confronti di Dean: qualche settimana prima, Sam l'aveva chiamata per chiederle aiuto per una caccia, ed Abby si era subito messa a disposizione lasciando Mary da Silver, e li aveva aiutati ad entrare in un vecchio edificio abbandonato dove trovarono Amara nelle sembianze di una sedicenne. L'aveva sentita dire quanto lei e Dean fossero legati e aveva visto il modo in cui si fosse avvicinata a lui, e Abby non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma aveva davvero provato il forte impulso di picchiare quella ragazzina. 
Nonostante fossero riusciti ad uscire tutti e tre sani e salvi da quella situazione, Abby aveva perso il sonno e aveva iniziato a fare una ricerca dietro l'altra senza però trovare dei risultati; così si era rivolta a Castiel e Anael che le rivelarono tutto ciò che sapessero sull'Oscurità, ed Abby rimase abbastanza sorpresa quando aveva sentito tutta la storia. 
Sospirò e scosse la testa, afferrando il suo cellulare fra le mani e mandando giù un altro po' di Whisky, mentre scuoteva la testa e fissava lo schermo con su scritto il nome ed il numero di Dean. 
Forse non era una buona idea, un po' perché erano le tre e mezza del mattino e un po' perché non sapeva neanche cosa dirgli se avesse risposto, eppure si ritrovò a mettere il telefono vicino all'orecchio mentre lo sentiva squillare. 
"Abby? State bene?!". 
La ragazza sorrise e chiuse gli occhi, sentendo il cuore battere forte nel petto. "Si, sta tranquilla. Perché non dovremmo?". 
"Non chiami mai a quest'ora. Anzi, non chiami mai". 
Abby strinse la mascella e si ritrovò costretta ad annuire e ad essere d'accordo con lui, perché era vero: nelle ultime settimane aveva completamente azzerato i loro contatti, aveva fatto sì che non si parlassero a meno che non si trattasse di Mary o delle cacce, eppure adesso era così stanca persino per controllare i suoi istinti e aveva solamente bisogno di sentire la sua voce. "Si, hai ragione. Ma va tutto bene e volevo solamente..". 
Dean la sentí sospirare dall'altro capo del telefono e aggrottò le sopracciglia, cercando di capire cosa stesse cercando di dire e perché avesse quel tono così stanco e abbattuto, ma non le sentí più proferire parola, tanto che iniziò a valutare l'idea di prendere la macchina e raggiungerla nel più breve tempo possibile. "Sei ancora lì?". 
"Si, si. Io sono solo stanca e non riesco a dormire, e volevo sentire la tua voce.." sussurrò Abby scuotendo la testa sentendo gli occhi pizzicare, mandando giù un altro lungo sorso di Whisky. "Scusa, non avrei dovuto disturbarti". 
"Neanche io dormivo, comunque: stavo guardando un vecchio film e bevendo qualche birra". 
"Hai anche tu problemi a dormire?". Abby aggrottò le sopracciglia e piegò la testa di lato, tenendo ancora gli occhi chiusi mentre lo immaginava nel suo letto con il cartone di pizza vuoto a fianco e le lattine di birra sparse per il pavimento. 
"Si, non è facile neanche per me" gli sentí dire sospirando rumorosamente con un tono basso e dispiaciuto. "Dopo tutto questo tempo, dormire senza di te è molto difficile". 
"Pensi che sia per questo?" chiese Abby accennando una risata nervosa, mentre si versava dell'altro Whisky nel bicchiere. "Che sia così difficile perché siamo stati insieme per tanto tempo?". 
Dean sospirò e fece spallucce nella sua stanza del bunker, guardandosi attorno e pensando quanto quella camera sembrasse vuota senza Abby e Mary che mettessero disordine in giro, sentendo il cuore battere più forte per il dispiacere, che gli tirò via un altro sospiro rassegnato. "Comunque, stiamo continuando a cercare Amara. Sam è convinto che Dio gli mandi delle visioni, vuole andare nella gabbia per parlare con Lucifero, dato che era l'unico presente quando la sorellina è stata imprigionata". 
"Cosa? No! Sam non può parlare con Lucifer, non può stare nella gabbia con lui! È un suicidio, dopo tutto quello che gli ha fatto! ". 
"Si, è quello che gli ho detto anch'io, ma sai com'è fatto Sam..". 
Abby sentí la rassegnazione nella sua voce, inasprita dalla paura e dalla preoccupazione per il suo fratellino, e la ragazza mandò giù un altro lungo sorso di Whisky, scuotendo la testa e sospirando. "Vuoi che venga lì ad aiutarti? Forse posso convincere Sam a non farlo, forse posso aiut-". 
"No. No, no. Stai andando bene, Abby: hai preso le distanze, mi tieni lontano, mi eviti quando vengo a prendere Mary o quando vieni qui al bunker per riportarla a casa tua. Passerà, è questione di tempo, ma stai andando davvero bene. Meglio di me. Quindi non venire per un po', d'accordo? Perché io.. Solo, non venire, ok?". 
Abby sentí uno strato lucido formarsi sui suoi occhi e solo in quel momento si rese conto di essere passata da dei lunghi e assordanti silenzi, a quella chiamata che ormai durava da troppo tempo; strinse di più il telefono e annuí, perché in fondo anche lei era umana, anche lei di tanto in tanto sentiva dentro di sé il bisogno di soffocare la sua parte razionale. "Ok Dean, come vuoi". 
L'uomo strinse forte i pugni e sospirò rumorosamente, rimanendo in silenzio per un lungo momento mentre sentiva il respiro irregolare della ragazza. 
Per una volta che anche lui era d'accordo alla loro separazione, non avrebbe mandato tutto a puttane solamente per un momento di debolezza di Abby. 
Aveva bisogno che lei tornasse a stare bene e anche lui aveva il suo stesso bisogno. "Allora buonanotte ragazzina".
"Si, buonanotte". 
Abby chiuse di scatto la chiamata sentendo gli occhi pizzicare e lo stomaco rigirarsi, ma scosse la testa e ricacciò all'interno di sé stessa tutte le sue emozioni che la tenessero sveglia la notte. 
Finì il suo drink e sarebbe andata nuovamente sopra a provare a prendere un po' di sonno se non fosse stata attirata dal giornale portato da Edward, il giorno precedente, iniziando a leggere di una donna che fosse stata trovata morta all'interno di un vecchio edificio abbandonato a qualche città di distanza. 
Non seppe perché, ma venne stranamente attirata da quella notizia, tanto che si mise immediatamente al computer per fare delle ulteriori ricerche, mentre fuori dalla finestra il buio della notte veniva rimpiazzato dalle prime luci dell'alba. 



Strinse gli occhi avvolgendosi di più nelle coperte provando di ignorare quella vibrazione incessante che proveniva dal suo comodino che non accennava a fermarsi e Dean si ritrovò a sbuffare quando venne completamente svegliato, chiedendosi perché non riuscisse mai a collezionare più di tre ore di sonno di fila. 
Si liberò dalle coperte ed allungò un braccio verso il mobiletto basso di legno, andando a tentoni fin quando le sue dita non incontrarono il telefono freddo che continuava a vibrare, e se lo portò all'orecchio senza neanche guardare chi stesse chiamando. "Spero che sia una questione di vita o di morte". 
"Ciao Dean". 
Il ragazzo sgranò gli occhi e si svegliò completamente, tirandosi su a sedere ed osservando brevemente lo schermo del suo telefono notando che il nome non combaciasse con la voce che provenisse dal cellulare. 
Vide il fratello muoversi sotto le coperte del proprio letto voltarsi verso di lui e sedersi sul materasso, guardandolo con aria assonnata dato che anche Sam fosse a corto di energie ultimamente, dato che stavano investigando giorno e notte su Amara, per questo si trovavano nella città in cui erano avvenuti dei brutali massacri nelle ultime quarantotto ore. "Edward? Perché mi chiami dal telefono di Abby?". 
Dean sentí l'uomo sospirare rumorosamente dall'altro capo del telefono e guardò il fratello, che intanto si fosse del tutto svegliato e si fosse avvicinato a lui per capire cosa stesse succedendo. 
"C'è stato un incidente e Abby è rimasta coinvolta. Dovresti essere qui". 
Il sangue del maggiore si ghiacciò nelle vene e strinse la mascella e anche i pugni, guardando Sam con aria spaventata e preoccupata. "Dammi l'indirizzo". 
"Te lo mando per messaggio. Ma Dean: fa' presto. Non so quanto tempo rimanga ancora ad Abby e dobbiamo trovare una soluzione. Subito". 
La velocità con cui Dean raccattò tutte le sue cose e quelle del fratello dalla stanza stranizzò Sam a tal punto che stentò a riconoscere Dean, il quale non si fermò neanche un momento per spiegargli ciò che fosse accaduto, liquidandolo con un semplice Dobbiamo sbrigarci. 
Sam non fece domande, perché sapeva che se suo fratello si comportasse in quella maniera volesse solamente dire che fosse accaduto qualcosa di grave, ma quando si trovarono in auto da soli e Dean spinse la sua auto ad una velocità fin troppo sostenuta, Sam lo guardò con aria preoccupata. "Che è successo ad Abby?". 
Dean si voltò velocemente a guardarlo con aria arrabbiata, perché il fratello aveva appena interrotto il filo dei suoi pensieri, e strinse forte il volante mentre sentiva gli occhi pizzicare. "Non lo so, ma è grave e.. Dobbiamo sbrigarci". 
Sam annuì e sospirò, sapendo che tutti i problemi come Amara che stava commettendo un massacro dopo l'altro e le sue visioni paranormali sulla gabbia passassero in secondo piano davanti al l'incolumità di Abby. Il fratello corse sempre di più, guidando in maniera più spericolata del solito, e Sam fu tentato di dirgli di fare a cambio, perché non voleva arrivare nell'ospedale dove si trovasse Abby come paziente, eppure non disse nulla vedendolo così teso e impaurito. 
Arrivarono entro tre ore dalla chiamata di Edward, nonostante il viaggio in condizioni normali sarebbe durato più di cinque, e Dean pensò di non potercela fare quando spense il motore nel parcheggio dell'ospedale: cercò di non dare troppo a vedere quanto l'idea di entrare e scoprire che fosse già troppo tardi lo tormentava e si lasciò condurre da Sam verso l'ingresso e verso la stanza della ragazza. 
Rimase sulla soglia della stanza per dei lunghi istanti quando vide Abby sdraiata su quel letto con gli occhi chiusi e molti tubi che la collegassero ad una macchina, così come un'altra apparecchiatura stesse monitorando il suo cuore che batteva; per dei lunghi momenti Dean si dimenticò come si camminasse, non riuscendo più a muoversi, e come si respirasse, sentendo il fiato venirgli meno, costringendolo ad appoggiarsi allo stipite della porta mentre Sam si avvicinò subito a Edward, chiedendo spiegazioni. 
Dean tremò per la paura e strinse i pugni sentendo la rabbia crescere dentro di sé mentre osservava Abby incosciente sdraiata sul letto, fin quando distolse lo sguardo dalla ragazza per postarlo su quello di Edward, visibilmente scosso.
Aveva una ferita sulla fronte che sembrava essere stata ricucita alla perfezione su cui erano stati messi dei punti di carta, ed i suoi occhi erano stanchi e addolorati, cerchiati dalle scure occhiaie che testimoniassero il fatto che non avesse mai lasciato il fianco di Abby neanche per riposarsi, armandosi solamente di caffè per rimanere vigile. 
Ma la stanchezza, il dolore e le ferite non erano abbastanza per Dean, che serrò la bocca in un'espressione disgustata e scosse leggermente la testa. "Dimmi che diavolo è successo ad Abby, prima che venga lì e ti spacchi la faccia". 
Lo sguardo ammonitore del fratello minore gli fece capire che non fosse l'unico a soffrire in quella particolare circostanza, e Dean sospirò rumorosamente, facendo un passo avanti e raggiungendo i due uomini al centro della stanza, guardando negli occhi scuri di Edward che scosse la testa e ricambiò l'occhiata. "Siamo stati a caccia e siamo stati attaccati. Ho ucciso un demone divoratore, ma prima che potessi anche solo accorgermene l'altro era addosso ad Abby, sono caduti a terra e..".
Dean non riuscì a controllarsi mentre la scena prendeva forma nella sua mente, né tanto meno riuscì a smettere di guardarlo in cagnesco, e si mosse come una molla avvicinandosi a lui per colpirlo con un forte pugno sullo zigomo per sfogare la sua profonda rabbia: in tutti quei anni, Dean non aveva mai tolto gli occhi di dosso ad Abby durante le cacce. 
Preferiva distrarsi durante un combattimento e venire colpito, piuttosto che evitare di controllare che lei stesse bene, perciò non capiva come Edward avesse lasciato che qualcosa di brutto le accadesse. Non importava che avesse fatto del suo meglio per lottare, liberarsi e salvare Abby. 
Per Dean non era abbastanza. 
Ma il maggiore non aveva fatto i conti con la furia che battesse nel petto di Edward stesso, che in fretta ricambiò il pugno subito spaccando lo zigomo a Dean. 
Lo afferrò dalla camicia e lo spinse indietro, fino a fargli colpire la parete con la schiena. "Pensi che non mi odi abbastanza per ciò che le è successo? Ti ho chiamato solamente perché so dei tuoi contatti con gli angeli. Chiamane uno, fallo svolazzare fino a qui e fa' che la salvi!". 
Sam si affrettò a mettersi fra i due e tirò via il fratello, guardandolo in cagnesco e allontanandolo il più possibile afferrandolo dalle spalle. "Qui non puoi fare così, Dean! Siamo in ospedale, davanti ad Abby che sta lottando per sopravvivere!". 
Il rimprovero del fratello non lo scalfí neanche e Dean scosse la testa liberandosi della sua presa, e diede un'altra lunga occhiata ad Abby sentendo il cuore battere più forte, chiedendosi come avrebbe potuto dire a sua figlia che la sua mamma non ci fosse più, nel caso in cui fosse morta. 
Come avrebbe fatto lui a sopravvivere, nel caso in cui Abby lo avesse lasciato in quel modo. 
Tornò a guardare Edward in cagnesco: entrambi avevano messo su la stessa occhiata, entrambi erano furiosi e se la prendevano l'uno con l'altro perché tenevano ad Abby allo stesso modo. 
Puntò un dito contro Edward e fece una smorfia di disgusto. "No, tu mi hai chiamato perché avevi bisogno di scaricarti la coscienza".
Dean scosse la testa e sentí la stanza rimpicciolirsi provando l'imminente necessità di uscire da lì, di prendere aria, e si voltò deciso per varcare la soglia e trovarsi nel corridoio di quell'ospedale. 
Mentre camminava nella disperata ricerca dell'uscita ed iniziò ad aspettare che l'ascensore arrivasse al suo piano, sentí due dottoresse lì vicino parlare fra di loro e quasi non ci fece caso fin quando la loro chiacchierata attirò la sua attenzione facendogli sgranare gli occhi. 
Sentí dire loro quanto la donna della stanza 326 fosse messa male e dicendo apertamente che probabilmente non avrebbe superato la notte con quelle brutte ferite interne; Dean strinse i pugni e scosse la testa, voltandosi verso le scale ed iniziando a scenderle velocemente fino ad arrivare nella prossimità del parcheggio, uscendo da quel maledetto ospedale e respirando a fatica. 
Non credeva che quella fosse una cosa possibile, che Abby se ne andasse prima di lui lasciandolo da solo: iniziò a pensare ai possibili rimedi, come costringere Crowley o qualche angelo a riportarla in vita, ma sapeva che nessun essere celeste li avrebbe aiutati e che Castiel e Anael non fossero abbastanza forti per salvarla.
Non adesso che non erano abbastanza forti come un tempo. 
Sentí una voce alle sue spalle chiamarlo e prima di voltarsi a controllare chi fosse, Dean asciugò le lacrime incontrollate che erano scivolate dai suoi occhi; riconobbe Dan e Silver correre verso di lui, e Dean sorrise brevemente quando vide la piccola Silver essere diventata una donna così grande e forte. 
"Che è successo?!" chiese Dan ad un tono molto alto, sgranando gli occhi e sentendo il cuore battere forte per la paura. 
"Perché sei qui fuori? Lei è.. Mia sorella è.." iniziò Silver con tono serio, per poi culminare con voce spezzata mentre gli occhi le divennero immediatamente lucidi. 
"No, no. È ancora viva, ma dicono che non passerà la notte.." sussurrò Dean deglutendo a fatica, affrettandosi a rispondere con voce tirata. "Terzo piano, stanza 326".
I due ragazzi lo ringraziarono con lo sguardo e corsero dentro l'ospedale senza aggiungere l'altro, e Dean rimase ad osservarli fin quando non scomparvero, iniziando a chiedersi cosa avrebbe dovuto fare. 
Guardò il cielo azzurro di quella giornata soleggiata e giunse le mani, chiudendo gli occhi mentre sentiva il dolore dentro di sé crescere sempre di più, e quando li riaprì sentí le lacrime rigargli il viso irsuto. "Ti prego, se ci sei Dio, ti prego salvala. Mary ha bisogno di sua madre, molto più di me. Non lasciare morire Abby, piuttosto prendi me. Ti supplico".


 
Accostò l'Impala nei pressi di una palazzina buia e abbandonata dentro la quale Abby fosse finita in coma e si voltò a guardare il suo passeggero, che gli fece un piccolo segno con la testa per confermare che quello fosse il posto giusto. 
Dean scese dalla sua auto, muovendosi nel buio della notte fino ad arrivare al suo portabagagli per prendere il suo machete, sorridendo appena all'idea che Abby avrebbe approvato la sua scelta perché *non c'è niente di meglio di una lama tagliente in combattimento, perché qualsiasi essere senza testa avrà difficoltà ad attaccarti*. 
Si lasciò guidare da Edward all'interno di quell'edificio e Dean fu contento di sapere che su Abby vegliassero Castiel e Anael, oltre che i suoi fratelli e Sam. 
Dopo aver supplicato Dio di aiutare Abby, Dean aveva capito che nessuna divinità sarebbe venuta ad aiutarlo in quella situazione, così decise di agire da solo. 
Chiamò i due angeli, i quali dopo aver esaminato il corpo di Abby dissero che quello fosse solamente un involucro di ossa, sangue e carne, perché dentro di lei non vi era più la sua anima: per questo decise di riaprire il caso, nonostante Edward avesse ucciso entrambi i demoni divoratori. 
Dean doveva capire cosa fosse successo e dove fosse finita la sua anima, così impugnò la sua torcia ed iniziò ad osservare il luogo spoglio e vandalizzato dentro il quale Edward lo avesse condotto. 
Il loro fu un viaggio molto silenzioso, non si parlarono tranne per le comunicazioni riguardanti l'ultima caccia intrapresa da Abby, e l'unica occhiata che si rivolgevano l'un l'altra era di rabbia e di odio, come se fossero seduti ognuno al fianco del proprio nemico. 
Giunsero fino ad un'ampia sala vuota con pochi mobili coperti da vecchi lenzuoli e Dean si avvicinò fino ai due cadaveri dei demoni che ancora giacessero a terra senza testa, e sospirò lentamente quando Edward gli indicò il punto esatto in cui Abby fosse stata attaccata. 
Il cacciatore si chinò e si piegò sulle ginocchia, toccando il freddo pavimento vuoto e deglutendo a fatica cercando di sforzarsi e trattare quella situazione come un normale caso, evitando di lasciarsi trasportare dalle emozioni mentre pensava che se solo avesse permesso ad Abby di venire al bunker per aiutarlo con Sam, a quest'ora la ragazza sarebbe in perfette condizioni e non sarebbe finita su un letto d'ospedale in coma e senza l'anima. 
Dean toccò ancora il pavimento e si guardò attorno alla ricerca di qualcosa che potesse dargli un suggerimento, quando vide alla sua destra una superficie riflettente appoggiata al muro, coperta quasi internamente da un telone che lasciasse però esposto l'angolo inferiore destro; rimase in silenzio per qualche istante, valutando nella sua mente che dall'angolazione nella quale si fosse trovata Abby durante l'attacco, probabilmente il suo sguardo si sarebbe potuto posare su quell'oggetto. 
Si tirò in piedi e si avvicinò a quella superficie, scoprendo con un gesto veloce l'intero specchio e rimanendo per qualche secondo senza parole: il bordo in legno antico era intagliato con delle strane rune, qualcosa che non aveva mai visto prima e che non conosceva. 
Sentí i passi di Edward farsi più vicini e lo vide aggrottare le sopracciglia quando seguì il suo sguardo. "Ma che diavolo è?". 
Dean scosse la testa e fece spallucce, avvicinandosi allo specchio rettangolare appoggiato a terra e facendogli segno con lo sguardo. "Non lo so, ma aiutami a portarlo in macchina". 
Edward sollevò un sopracciglio e iniziò a chiedersi se quell'uomo fosse semplicemente pazzo o geniale, e si avvicinò velocemente per dargli una mano. "Perché? Cosa pensi che sia?". 
"Io non penso niente, ma ho già visto queste rune e per fortuna so chi può aiutarci" rispose Dean muovendosi all'indietro e trasportando quello specchio attraverso la sala. 
Si mossero con attenzione per non danneggiarlo fino ad arrivare in auto mentre con delicatezza inserirono lo specchio sui sedili posteriori, legandolo bene con delle corde per evitare che potesse rompersi durante il trasporto; Dean estrasse il suo telefono e scattò una foto alle incisioni sul bordo legnoso e si affrettò ad inviarle ad un numero che ormai aveva imparato a conoscere bene, dopodiché si affrettò a far partire la chiamata, mentre entrava all'interno della sua auto e accendeva il motore, sentendo Edward sedersi sul sedile dei passeggeri. 
"Ciao Rowena, come te la passi? Ho bisogno di un piccolo favore". 



"Stiamo sprecando il nostro tempo.." sussurrò Edward muovendosi nervosamente avanti e indietro per la piccola piazzola di sosta, sospirando e tenendo il telefono fra le mani nel caso in cui qualcuno chiamasse per avvertirlo di un peggioramento di Abby. 
Dean roteò gli occhi a quella vista ma non si scompose, rimanendo appoggiato alla fiancata della sua auto con le braccia conserte e le labbra strette in un'espressione scocciata, stanco di attendere. "È l'unica opzione che abbiamo". 
Edward si fermò davanti a lui, aggrottando le sopracciglia e assottigliando gli occhi mentre lo guardava in cagnesco, allargando le braccia per la rabbia. "Come puoi essere così dannatamente calmo? Si tratta della donna con cui hai passato gli ultimi undici anni: t'importa così poco di lei da non dare di matto? Dovresti essere in ospedale, vegliare sulla madre di tua figlia prima che muoia!". 
Dean accennò un sorriso amaro e strinse i pugni per controllarsi, perché se avesse davvero dovuto esternare i suoi sentimenti avrebbe cominciato con la rabbia: lo avrebbe colpito a suon di pugni probabilmente fino ad ucciderlo, ma una parte piccola e pulsante dentro di sé continuava a suggerirgli che non fosse stata colpa di Edward e che avesse fatto del suo meglio. "Tornerò in quell'ospedale quando l'avrò salvata, che ti piaccia o no. Quindi  chiami un taxi e ti togli dai piedi oppure mi dai una mano e mi aiuti a salvarla, dato che tutta questa storia è solamente colpa tua". 
Il suo sguardo fu a metà fra l'incredulità ed il sentirsi preso in giro, perché Edward non aveva tolto gli occhi di dosso ad Abby per tutta la caccia, e non faceva altro che colpevolizzarsi lui stesso da quando l'avesse portata in ospedale. 
Si avvicinò all'uomo davanti a sé e strinse i pugni per la rabbia, sibilando fra i denti. "Ho fatto di tutto per proteggerla". 
"Beh, non hai fatto abbastanza!". Dean replicò con tono secco e sprezzante, guardandolo con astio misto ad odio. Uno sguardo gelido che avrebbe fatto rabbrividire chiunque, ma non Edward, che lo sostenne e sollevò le sopracciglia con un gesto sorpreso. "Quello che è successo, è stato un incidente: sarebbe potuto capitare anche a me o a te. Abby è perfettamente in grado di badare a se stessa e di difendersi da sola! È la cacciatrice migliore che io abbia mai conosciuto e merita fiducia. Te ne accorgeresti anche tu, se solo riuscissi a smettere di pensare a lei come se fosse solamente una ragazzina". 
Dean sostenne il suo sguardo per dei lunghi istanti, reprimendo il suo istinto che gli suggeriva di colpirlo e chiudere quella faccenda una volta per tutte, ma Dean riuscì a controllare i suoi impulsi e sospirò; si fece più avanti di qualche passo fino ad arrivare a poche spanne dal suo viso, sollevò le sopracciglia e si passò indice e pollice della mano destra agli angoli delle labbra, prima di parlare con tono glaciale. "Io non so a che gioco stai giocando Edward; non so che ruolo tu abbia nella vita di Abby, né perché le ronzi sempre attorno, ma posso dirti una cosa: io non ho mai permesso che qualcuno le facesse del male e ho sempre lottato per lei. Lo farò anche stavolta". 
"Non hai mai permesso che qualcuno le facesse del male, tranne te stesso. Io ricordo com'era ridotta la sera del vostro litigio, quando era sconvolta, tremava e aveva le impronte delle tue mani stampate attorno ai polsi, e tu?". 
Istintivamente Dean allungò le mani e spinse l'uomo davanti a sé indietro, colpendolo al petto e facendolo indietreggiare mentre lo fulminava con gli occhi, dimostrando però che le parole di Edward fossero vere. 
Edward scosse la testa e rise leggermente mentre guardava nei suoi con l'espressione di chi sapesse di avere ragione, e sollevò un sopracciglio. 
Avrebbe detto qualcosa o avrebbe sicuramente risposto con un pugno in pieno viso, ma non ne ebbe il tempo perché una macchina si avvicinò loro nel buio della notte, posteggiando proprio dietro l'Impala. 
Edward ebbe solamente il tempo di sistemarsi la giacca e di bisbigliare fra i denti un leggero Non finisce qui, prima di voltarsi ad osservare la portiera aprirsi e una donna dai lunghi capelli rossi, molto più accesi di quelli di Abby, scendere in maniera elegante dall'auto e avvicinarsi a loro con un sorriso impertinente e vittorioso sul viso. 
"Ciao Dean.." sussurrò Rowena sbattendo le sue lunghe ciglia, sentendosi pienamente soddisfatta all'idea che se lei li avesse aiutati i Winchester le avrebbero dovuto un favore, e poi lasciò scivolare lo sguardo sul secondo uomo, osservandolo dalla testa ai piedi faticando a guardarlo per quanto la sua bellezza fosse accecante. "E tu chi sei, splendore?".
"Un amico" rispose seccamente Dean scomponendo il suo atteggiamento rigido e aprendo lo sportello della sua Impala, facendo luce con la torcia per far vedere alla donna lo specchio di cui avessero parlato al telefono. "Riconosci queste rune?".
"Abbiamo dimenticato i modi gentili, ragazzo?" chiese la donna accennando un sorriso, guardando nuovamente verso Edward e ammiccando in modo seducente. "Sono Rowena, piacere di conoscerti". 
"Rowena, Abby si aggrava ogni secondo che passa: non possiamo perdere tempo!". 
La donna guardò nello sguardo serio di Dean e sollevò le sopracciglia come se ne fosse totalmente impressionata, ma presto si ritrovò a scoppiare in una sonora risata divertita quando lasciò scivolare le sue dita sul petto tonico di Edward e gli sorrise con decisione. "Non mi importa di Abby, testone: sono qui solamente per capire se c'è qualcosa da guadagnare o se invece è il caso che io torni alla mia vacanza". 
Dean poco gradí le sue parole, specialmente perché l'ultima volta in cui l'avesse vista Rowena era scappata con il libro che Sam ed Abby le avessero chiesto di tradurre e con i codici per decriptarlo, oltre che aver stordito Charlie con la magia; nonostante andasse contro ogni suo principio, Dean si ritrovò a negoziare la libertà di Rowena, garantendole zero trappole o vendette, intimandole e supplicando solamente di aiutare Abby, ma la donna appariva poco convinta e molto dubbiosa. 
In fin dei conti, Rowena era sempre la solita strega egoista ed arrogante, il cui unico scopo ed interesse era quello di arricchire se stessa e trovare sempre la situazione più vantaggiosa. 
Edward notò quel gioco di sguardi fra i due interlocutori e, nonostante non conoscesse Rowena, sapeva cosa avesse intenzione di dire. 
Così fece ciò che gli riuscisse meglio: Edward si sciolse in un sorriso profondo e le si avvicinò, afferrando le mani della strega che ancora fossero sul suo petto.
Rowena lo guardò quasi con aria incantata, pensando che Edward fosse l'uomo più bello che avesse mai visto nella sua lunga vita. 
La sua pelle olivastra, i suoi occhi nocciola, la sua barba lunga, la sua espressione magnetica e penetrante. L'attiravano verso di lui come se fosse una calamita. 
"Aiutaci a salvare Abby, Rowena. Ti prego. Ti prometto che il compenso sarà adeguato al tuo impegno". 
Dean sollevò un sopracciglio fino all'inverosimile mentre osservava quella scena e trattenne i conati di vomito, guardandoli con espressione disgustata mentre si sentiva quasi offeso; usava la stessa tecnica su tutte le donne che incontrasse, ottenendo da loro ciò che gli servisse. 
Non era sorpreso da quel genere di comportamento, lo capiva perfettamente. 
Ciò che non capiva era perché Rowena avesse preferito Edward a lui.
Scosse la testa sbuffando in tono severo mentre si avvicinava ai due che ancora si guardavano l'un l'altro in modo seducente. "Vogliamo andare?". 



Si mosse all'interno della stessa palazzina abbandonata dentro la quale lo avesse portato Edward qualche ora prima, impugnando stretta la sua pistola e la sua torcia, mentre si guardava attorno con aria attenta: era stato messo in guardia da Rowena, la quale gli aveva detto di nascondersi nel momento in cui la forte luce lo avrebbe colpito, altrimenti la Dea Hathor l'avrebbe visto e avrebbe divorato la sua anima. 
Dean aveva respinto così tanto l'idea che la dea si fosse nutrita dell'anima di Abby, sapendo perfettamente che la ragazza sarebbe stata perfettamente in grado di mettersi al sicuro in quel mondo parallelo che la dea avesse creato nello specchio, stupendosi che fosse finito proprio dentro quella palazzina. 
Il maggiore aveva lasciato Edward di guardia per assicurarsi che Rowena non facesse scherzi e non lo lasciasse rinchiuso in quel mondo, dicendogli letteralmente di *spararle in testa* se avesse avuto anche il minimo dubbio sulle sue intenzioni, e sapeva che Edward l'avrebbe fatto senza esitazione dal momento che volesse salvare Abby tanto quanto lui. 
Dean si era assicurato che Edward portasse lo specchio direttamente nella stanza d'ospedale della ragazza insieme a Rowena, perché non aveva tempo di tornare insieme a loro e sorbirsi tutte le raccomandazioni che probabilmente Sam gli avrebbe fatto per farlo desistere dal compiere quel gesto;  aveva un unico obiettivo: salvare Abby. 
Dean si mosse nell'*Altrove*, così lo aveva definito Rowena, gridando il nome di Abby all'interno della palazzina buia, ma non ricevette risposta non importava quanto gridasse forte; uscì fuori dall'edificio dopo averlo perlustrato interamente e si guardò attorno notando la fitta vegetazione mischiarsi con il buio della notte, e si trovò costretto a sollevare un sopracciglio perché non aveva nulla a che vedere con le sembianze del posto che si trovasse nella realtà. 
La palazzina era circondata dall'asfalto e da una lunga strada, oltre che da altre casette abbandonate nelle zone limitrofe, mentre nell'Altrove non vi era nulla a parte la vegetazione ed una stradina a ciottoli che sembrava esser stata messa lì al centro proprio per indurlo ad attraversarla. 
"E va bene, figlia di puttana. Ti darò ciò che vuoi". 
Dean si mosse silenziosamente sbuffando appena ed impugnando la sua lama oltre che la sua torcia, mentre camminava attraverso quella strada polverosa e si guardava attorno con la sensazione di essere osservato e di essere seguito; sapeva che fosse questione di tempo prima che qualcuno sarebbe sbucato fuori dal nulla per attaccarlo ed accelerò il passo, iniziando a notare all'apice di quella strada una piccola casetta buia. 
Proprio quando si sentí quasi al sicuro perché aveva appena raggiunto la veranda di quella casa, sentì un paio di mani afferrarlo dalle spalle e trattenerlo indietro, facendolo cadere rovinosamente a terra e fargli cadere la torcia appena più lontano. 
Nonostante il buio, Dean riuscì a vedere le sembianze di quella strana creatura, con il viso parecchio deturpato e dei lunghi tentacoli che partivano dal suo corpo. 
Rimase per qualche secondo interdetto quando vide quella creatura cambiare forma sotto i suoi occhi, assumendo l'aspetto di una bellissima donna egiziana, con dei folti capelli corvini alle spalle ed uno sguardo penetrante e malizioso. Sarebbe anche rimasto a guardare e capire cosa volesse da lui, quando Dean allungò una mano verso la torcia e gliela puntò contro, abbagliandola ed osservandola trasformarsi nuovamente in quella strana creatura, che iniziò a ringhiare nella sua direzione. 
"Ormai sei segnato, sei mio". 
La dea scomparve nel nulla, lasciandolo solo sull'asfalto polveroso con gli occhi sgranati, pensando che probabilmente la sua ipotesi fosse giusta: la luce attirava Hathor, ma era anche l'unica cosa che la respingeva lontano se puntata su di lei. 
Si tirò in piedi e sospirò, voltandosi verso la casa silenziosa e buia e salì i due scalini della veranda, per poi intrufolarsi all'interno aprendo lentamente la porta con uno scricchiolio parecchio sinistro; provò a chiamare il nome della ragazza, ma il silenzio che ricevette come risposta gli fece capire che Abby non si trovasse nanche lì. 
Si chiuse la porta alle spalle riaccendendo la luce e si guardò attorno, osservando un vecchio salone mal ridotto con della vegetazione che crescesse anche all'interno, e Dean sospirò e scosse la testa, pensando che avrebbe dovuto trovare la ragazza il più presto possibile prima che.. 
Riuscì a parare un forte colpo con un asse di legno dritto alla sua testa proveniente dalle sue spalle, che sicuramente gli avrebbe procurato un trauma cranico, e lo spinse indietro con forza costringendo anche chiunque lo avesse appena sferrato ad indietreggiare anche lui; ma presto gli occhi di Dean incontrarono di nuovo i suoi azzurri, fermandosi un momento per tirare un respiro di sollievo mentre la guardava. 
Abby sgranò gli occhi quando lo riconobbe lasciò cadere l'asse mal ridotta di legno che avesse trovato come unica fonte per difendersi, e sentí gli occhi pizzicare e la felicità battere nel suo petto con forza.
"Immaginavo che portassi un po' di rancore nei miei confronti, ma colpirmi con quello, Abby? Davvero?" scherzò Dean sorridendo di gusto e guardandola con aria felice di averla finalmente ritrovata. 
Ciò che non si aspettò fu la reazione della donna davanti a sé, che non fu capace di parlare né di esprimere a parole quanto realmente fosse felice di vederlo, annullando la distanza fra di loro con un forte e stretto abbraccio, affondando il viso sul suo petto e scoppiando in un forte pianto, mentre singhiozzava fra le sue braccia.
"Va bene, va tutto bene adesso ragazzina. Ti ho ritrovata, sei qui con me". 
Dean cercò di tranquillizzarla stringendola di più e carezzandole i capelli, ma Abby non riusciva proprio a smettere di piangere e di provare un forte dolore dentro di sé, e Dean si accorse di non averla mai vista spaventata e fragile come in quel momento; le gambe le cedettero e si ritrovarono seduti sulle assi vecchie del pavimento, mentre il ragazzo provava a calmarla e a dirle che doveva calmarsi, perché avrebbe avuto bisogno di lei per uscire insieme da quello strano mondo. 
"Ero così terrorizzata e impaurita. Avevo così paura..". 
"Lo so ragazzina, ma adesso ci sono io e..".
"No, no Dean.." sussurrò Abby allontanandosi appena dal suo petto e sollevando lo sguardo per incrociare il suo, mentre ancora le lacrime le rigavano le guance. "Ho provato a contattarvi, vi vedevo attraverso gli specchi. E ho provato anche con te, ti ho chiamato ma tu non mi sentivi e.. Io sono sempre stata lì Dean, ti vedevo ma tu non rispondevi e.. Avevo così paura di rimanere qui e di non rivedere più Mary, di non rivedere te e la nostra famiglia..". 
Il cacciatore accennò un sorriso amaro e sospirò, afferrandole il viso fra le mani e spazzando via le sue lacrime come una carezza delicata, appoggiando la fronte alla sua rendendosi conto che non stesse diventando pazzo: aveva avuto l'impressione per tutto il giorno di essere osservato, di essere seguito, e aveva anche sentito la sua voce urlargli di aiutarla, ma Rowena aveva escluso a priori che si potesse trattare della vera Abby. 
E invece Dean aveva avuto sempre ragione, l'aveva sentita e sapeva che Abby stesse cercando di comunicare con lui dall'Altrove. 
"Adesso ti sento, adesso ti vedo. Sono qui con te e ce ne andremo via da qui, insieme, ok?".
Abby sentí il cuore battere forte ed annuì, scaldandosi in quella forte stretta che Dean non accennava ad allentare, e chiuse gli occhi per qualche istante per regolarizzare il respiro. "Perché sei venuto fin qui?". 
"Qualcuno doveva pur riportarti a casa, no?". 
Lo guardò dritto negli occhi e sorrise mentre leggeva nel suo sguardo che avesse categoricamente escluso chiunque altro da quel tipo di indagine, perché se non fosse andato lui stesso di persona a salvarla sarebbe diventato pazzo; Abby sorrise ed annullò la distanza con un delicato e casto tocco fra le loro labbra, baciandolo con leggerezza perché non riusciva più a controllare quel suo bisogno. 
Era ancora spaventata e aveva avuto davvero il terrore di non uscire più da quella situazione, che nessuno capisse che la sua anima fosse rimasta intrappolata nello specchio dentro il quale fosse stata confinata la dea Hathor, e rivedere Dean era stata come una ventata di speranza che le avessero permesso di tornare a credere nella possibilità di salvarsi.
Si allontanò per interrompere quel casto contatto umido e caldo ed aprí gli occhi, accennando un sorriso mentre osservava l'espressione contratta di Dean, che strinse più forte la presa su di lei e la guardò con confusione, nonostante capisse che quello fosse stato un momento dettato unicamente dalla paura. 
"Andiamo, troviamo un modo per uscire di qua ragazzina, d'accordo?". 
Abby annuì e si lasciò mettere in piedi dal ragazzo che la sorresse e accennò un sorriso nella sua direzione, e presto Dean si allontanò per guardare fuori dalla finestra del salone, sorpassando i divani mal ridotti mentre la ragazza si mise al suo fianco. "Come usciamo di qui?". 
Dean sorrise audacemente e le fece l'occhiolino, estraendo dalla sua giacca una seconda torcia e passandogliela con fermezza, pensando che non avesse mai avuto partner di caccia migliore migliore di lei. "Oh ragazzina, ho in mente un piano". 



Il risveglio non fu dei più felici, specialmente per tutti quei tubi e fili che trovava collegati al suo corpo, e solamente quando i dottori la estubarono Abby riuscì finalmente a realizzare di essere tornata; si guardò attorno del tutto disorientata e vide i suoi fratelli, Castiel e Anael, Sam, Edward e persino Rowena al suo capezzale, e subito sentí Dan e Silver starle addosso e stringerla in un forte abbraccio, sentendo la sua sorellina piangere di felicità per vederla finalmente cosciente e con la sua anima al giusto posto. 
Poi fu il turno di Sam, che si chinò verso di lei e le sfiorò il viso con delicatezza, stringendola in un delicato abbraccio e dicendole di non fare più uno scherzo del genere, perché li aveva spaventati a morte, così come fece Edward, che però la strinse più forte a sé e le baciò la tempia con un modo così intimo da far storcere il naso a Silver. 
Abby si era spostata sul letto quel tanto che bastasse per fargli spazio al suo fianco, e Edward si era subito seduto accanto a lei per stringerla in un forte abbraccio; la sua presenza le faceva bene e curava tutte le ferite del suo cuore, anche le più piccole. 
Ma presto il suo sguardo scivolò su quello di Dean in piedi in fondo alla stanza, e lo guardò per qualche istante negli occhi; non aveva dimenticato ciò che Dean avesse fatto per lei nell'altro mondo, il modo in cui fosse andato a prenderla e l'avesse riportata lì. 
Gli sorrise con gratitudine e Dean rispose con un piccolo sorriso, facendo spallucce mentre si voltava per uscire dalla stanza in silenzio. 
Aveva salvato Abby, stava finalmente bene. 
Nient'altro aveva più importanza per Dean. 
Presto però Abby si decise a firmare le dimissioni senza il consenso dei medici, avendo una voglia matta di raggiungere Mary che fosse rimasta con Matthew per tutto il tempo. 
Una volta lasciata la struttura ospedaliera, Abby si voltò a guardare Edward che le era stato accanto per tutto il tempo. 
"Quindi hai deciso: torni al bunker. Torni da Dean".
Abby sollevò un sopracciglio e sorrise amaramente per qualche istante, scuotendo la testa: non aveva dimenticato ciò che fosse accaduto con Dean nell'altra dimensione, ma non dimenticava neanche ciò che sentisse ogni volta che stesse accanto a Edward. "No: torno da Mary. È stata con Matt per tutto questo tempo e voglio che adesso abbia una vita normale per almeno un giorno, con i genitori sotto lo stesso tetto".
Edward sollevò un sopracciglio e sospirò, facendo spallucce e distogliendo lo sguardo per qualche istante mentre osservava Dean osservarli con aria seria mentre costringeva Rowena ad entrare nella sua Impala.  
Tornò a guardare Abby negli occhi ed annuì, prendendo un lungo respiro prima di parlare con voce pacata. "Per quello che è successo con quel demone divoratore, mi dispiace tanto Abby. È stata tutta colpa mia, saresti potuta morire e..".
"No, no". Abby avanzò nella sua direzione e scosse la testa, prendendogli le mani fra le sue e sorridendo. "Non è stata colpa tua se ho guardato dentro quello specchio e la Dea Hathor mi ha intrappolata. Dammi qualche giorno per riprendermi: verrò al tuo locale. L'invito per l'appuntamento è ancora valido, giusto?". 
Il volto di Edward si rilassò in un grande sorriso e si chinò ad abbracciarla stretta a sé, affondando la testa fra i suoi capelli per respirare il suo odore. "Sempre, rossa".
Ed Abby si beò di quel contatto che la faceva sorridere di felicità, desiderando di non sciogliere quella stretta mai più; ma poi Dan la richiamò, dicendole che fosse tutto pronto e che dovesse salire in auto, così Edward sciolse la presa su di lei e le fece l'occhiolino, prima di aiutarla a salire in auto e chiuderle la portiera con un gesto galante. 



Rimase in silenzio mentre osservava come l'asfalto scuro venisse inghiottito dall'auto di suo fratello, il quale di tanto in tanto si girasse per controllare che stesse bene o che riposasse. 
Parlarono tanto di ciò che fosse accaduto e di ciò che stesse accadendo fra lei e Dean, del modo in cui si fossero drasticamente allontanati e del ruolo che Edward occupasse nella sua vita, e Abby si limitò a dire che aveva solamente voglia di dormire per tutto il viaggio, dato che si sentiva ancora parecchio scossa. 
Nonostante fosse l'unica maniera per eludere le domande di suo fratello, rappresentò un'idea davvero stupida quella di dormire per più di cinque ore mentre Dan guidava, dato che per gran parte della notte Abby si rigirò sul materasso della sua stanza personale nel bunker, non riuscendo a trovare neanche una posizione che le risultasse comoda; si mise seduta e si allungò per attingere alla sua scorta di alcol per aiutarsi a conciliare il sonno, ma rimase delusa quando si rese conto che fosse solamente una bottiglia vuota. 
Indossò il suo solito pigiama a maniche corte e i suoi pantaloni larghi e corti, uscendo dalla stanza per dirigersi verso la sala comune cercando di fare il più piano possibile per non svegliare nessuno; si avvicinò al mobiletto bar e prese una bottiglia di Scotch, svitandone il tappo e prendendo dei lunghi sorsi direttamente dalla bottiglia, inclinando la testa all'indietro mentre sollevava la bottiglia. 
Sentí dei passi alle sue spalle e si girò di scatto, vedendo avanzare verso di lei il maggiore con un sorriso divertito sulle labbra, e istintivamente sorrise anche lei come una bambina scoperta dopo una marachella mentre mandava giù l'ultimo sorso. 
"Non riesci a dormire neanche stanotte?" chiese l'uomo alludendo all'ultima chiamata che Abby gli avesse fatto, e avanzò verso di lei sedendosi a capotavola al tavolo più vicino alla ragazza, studiando il suo sguardo. 
Abby fece spallucce e si sedette vicino a lui, appoggiandosi con i gomiti al tavolo e guardandolo con aria un po' più seria. "Infatti, non ci riesco. Ma non sono la sola, vedo". 
Dean indugiò per qualche altro istante sul suo sguardo indeciso su cosa rispondere e poi sospirò rumorosamente, sporgendosi appena verso di lei per prenderle la bottiglia dalle mani; bevve qualche sorso e si leccò subito dopo le labbra, mentre giocava con la bottiglia in maniera nervosa e pensava all'ultima conversazione che avesse avuto con Edward quella sera stessa. 
"Devo farti le mie scuse". 
Edward si era voltato a guardarlo con aria sorpresa dopo aver udito le sue parole, trovandosi improvvisamente interessato alla conversazione che Dean avesse casualmente iniziato proprio prima che Edward salisse sulla sua Jeep.
Si voltò interamente ad osservarlo e serrò le braccia al petto, sollevando le sopracciglia mentre i capelli sulle spalle venivano lentamente mossi dalla brezza di quella sera. "Tu ti scusi con me?". 
Dean deglutí a fatica mentre incrociava il suo sguardo e sospirò, avvicinandosi a lui. "Si insomma, ero preoccupato per Abby. Avevo paura, ero arrabbiato e me la sono presa con te. Non avrei dovuto parlarti in quel modo: hai fatto del tuo meglio per proteggerla, quindi mi dispiace".
Edward era rimasto a lungo ad osservare i suoi occhi verdi, lo aveva scrutato ed aveva notato lo sguardo sincero con cui lo guardasse Dean. 
Avrebbe ancora voluto spaccargli la faccia per la gelosia, e questo sentimento era più che ricambiato da Edward, però adesso Dean si sentiva davvero un grande stronzo ad aver parlato in quel modo ad un uomo che stesse soffrendo come lui. 
Edward annuì lentamente e sospirò facendo spallucce, sciogliendo quella posa a braccia conserte che lo facesse sembrare una dura montagna di muscoli. 
Annuì nella sua direzione solamente perché sapeva che una parte di Abby tenesse ancora a Dean più di quanto dicesse; Edward divenne serio e gli tese la mano, accennando un sorriso rassicurante che sembrava dirgli che andasse tutto bene e che accettasse le sue scuse. 
Dean accennò un debole sorriso, iniziando a pensare che Edward non fosse così male come pensasse e che si fosse dimostrato anche un ottimo cacciatore; pensò che se le cose fossero state diverse, forse avrebbe potuto essere amico di Edward. 
Così afferrò la sua mano e strinse la presa in quel gesto riappacificatore che avrebbe dovuto sancire l'inizio della tregua, ma Edward fece un passo avanti e si avvicinò fin troppo a Dean.
Gli batté la mano libera contro la spalla sinistra e si chinò leggermente per parlare all'orecchio di Dean. "Ogni volta che Abby ti è vicina, il suo cuore si spezza un po' di più. Lasciala andare, amico. Permettile di essere felice. Non basta amare qualcuno, se poi non te ne sai prendere cura". 
Dean tornò al presente mentre guardava la ragazza davanti a se appoggiare i gomiti al tavolo e passare le mani sul collo nel tentativo di rilassare i muscoli che dovessero darle fastidio, a giudicare dall'espressione dolorosa che avesse messo su. "Come ti senti adesso?".
"I miei danni fisici sono stati guariti da Castiel e Anael, la mia anima è tornata al suo posto e lo specchio è stato distrutto insieme alla dea che ha cercato di divorarmi per cena, quindi posso dire di stare benone" rispose Abby facendo spallucce e ridendo di gusto, appoggiando la schiena alla sedia ed ignorando il modo in cui la stesse guardando, perché sapeva che a cosa si riferisse la sua domanda. La ragazza sospirò e divenne seria, abbassando lo sguardo sul tavolo e seguendo le nervature del legno con gli occhi. "Non sono mai stata terrorizzata come quando ero dentro quello specchio. È stato orribile. Ero sola con quell'essere che mi braccava e più cercavo di mettermi in contatto con voi, più nessuno di voi mi sentiva. Sono riuscita a dormire in auto con Dan perché ero ancora sotto effetto degli antidolorifici, ma adesso.. Ogni volta che chiudo gli occhi mi rivedo in quel posto ed è spaventoso". 
"Sei uscita, Abby. Sei tornata a casa: sei al sicuro qui". Dean deglutí a fatica sapendo di essere impossibilitato ad aiutarla in qualsiasi altro modo, perché non c'era assolutamente nulla che potesse fare per toglierle il suo dolore così le porse nuovamente la bottiglia, accennando un sorriso nella sua direzione che la donna ricambiò; la vide prenderla e bere qualche sorso mentre serrava le palpebre con forza, e provò una grande tenerezza. 
"Comunque non mi hai spiegato come avete convinto Rowena a collaborare: non sembrava molto felice di stare qui". 
"Io non sono riuscita a convincerla, ma Edward si". Dean accennò un sorriso divertito e si raddrizzò sulla sedia e facendo spallucce, mentre osservava il suo sguardo curioso posarsi su di lui, a cui rispose scuotendo la testa. "Diciamo che si è convinta ad aiutarci perché il tuo amico si è mostrato molto disponibile nei suoi confronti. Ed anche per la faccenda di Sam: mio fratello vuole ancora scendere all'inferno per parlare con Lucifer e Rowena ci aiuterà". 
"Non mi piace questo piano.." sussurrò Abby scuotendo la testa e aggrottando le sopracciglia, pensando a quanto Rowena avrebbe potuto imbrogliarli senza che se ne rendessero conto. 
"Neanche a me. Ma non posso impedirglielo e neanche tu, per questo devi tornare al tuo appartamento" rispose Dean guardandola con aria più seria e sospirando, lasciando che intravedesse il suo atteggiamento perentorio. "Non c'è niente che tu possa fare qui".
"No, senti Dean io posso ai-". 
"Come? Come puoi impedire a mio fratello di tornare all'inferno per parlare con Lucifer?" chiese Dean con un tono totalmente rassegnato e stanco; accennò un sorriso nervoso e le prese la bottiglia dalle mani per bere qualche abbondante sorso. "È ridicolo solamente parlare di tutto questo".
Abby sospirò e sentí il cuore battere un po' più in fretta quando lo vide incrociare nuovamente il suo sguardo e addolcire la sua espressione in un sorriso. "Io voglio restare qui". 
"Non è una decisione saggia, tu non puoi star-". 
"Non ti sto chiedendo il permesso Dean, io voglio aiutarvi come sempre. E non voglio che tu mi cacci via da casa mia!" esclamò Abby con aria perentoria, mettendosi immediatamente più dritta con la schiena. 
Dean sollevò un sopracciglio e in un'altra situazione avrebbe riso per la sua forza di volontà e per il suo carattere fin troppo arrogante, ma questa volta la guardò con aria seria. "Pensavo che non la considerassi più come casa tua". 
"Beh, casa è dove stanno le persone che amo e se voi siete qui questa rimane casa mia.." sussurrò la ragazza accennando un sorriso e facendo spallucce, guardandolo come se quella fosse la cosa più naturale del mondo; ma poco dopo abbassò lo sguardo e prese a torturarsi nervosamente le mani. "Comunque volevo ringraziarti per oggi: mi hai salvato la vita venendo in quel posto orribile, Dean". 
Il ragazzo bevve un altro sorso di Scotch e fece spallucce, porgendole la bottiglia e sospirando. "Non ho fatto niente di speciale". 
A quelle parole, Abby sollevò lo sguardo verso il suo accennando un sorriso divertito e felice come non lo avesse da tempo, mentre dei ricordi improvvisi si scatenarono dentro il suo cuore facendole provare una forte nostalgia. "Ricordi Deadtown?". 
"Quando sei entrata in telepatia fisica con lo spirito di McCall?" chiese Dean senza neanche doverci pensare più di tanto, guardandola con aria curiosa e accennando un sorriso mentre ricordava ciò che fosse successo dopo quel caso, quando Abby gli avesse finalmente permesso di entrare dentro di lei abbattendo le sue barriere mentali per vedere la sua anima che annegava nel dolore per la perdita del padre. 
"Mi hai salvato la vita anche in quell'occasione e mi hai detto anche lì che non avevi fatto niente di speciale. Invece si, lo hai fatto: avevano tutti perso la speranza, anche io. Ma tu mi hai riportata indietro, così come hai fatto oggi, così come fai sempre, con chiunque incontri. Non importa se siano buoni o cattivi, tu cerchi sempre di salvare le persone e lo fai perché sei un uomo buono.." sussurrò Abby tutto d'un fiato sentendo il cuore battere più forte nel petto e la bocca seccarsi per l'agitazione, accennando un sorriso mentre si sporgeva sul tavolo per sfiorargli la guancia con tenerezza. 
Dean s'irrigidí appena contro il suo tocco e sospirò lentamente mentre guardava nei suoi occhi e nel suo viso così vicino, non trovando alcuna traccia di insicurezza nel suo sguardo; deglutí a fatica e si schiarí la gola, sentendo però un groppo stabilizzarsi all'altezza del petto e non scivolare più. "E cosa vorresti dire con questo?". 
"Che per tanto tempo ho pensato di aver perso l'uomo di cui mi sono innamorata molti anni fa, ma invece adesso mi sta di nuovo davanti.." sussurrò Abby sorridendo felice sentendo gli occhi divenire lucidi per l'emozione mentre lo guardava e provava un forte amore nel suo petto.
L'uomo rimase immobile per qualche istante a fissarla negli occhi, mentre la vedeva così sicura di sé e delle sue parole e per un istante pensò che Abby dovesse aver perso la testa perché non era da lei ammettere certe cose; iniziò a pensare che l'esperienza nell'Altrove l'avesse davvero agitata nel profondo fino a portarla a dire certe cose, eppure nei suoi occhi c'era una grande convinzione e riusciva anche a leggervi un grande amore. 
A Dean non servivano parole aggiuntive per fare ciò che facesse meglio: avrebbe voluto avvicinarla a sé con delicatezza, scostarle i capelli dal viso e sfiorarle la guancia con i polpastrelli. 
Avrebbe voluto posare le sue labbra sulle sue con dolcezza, mentre sentiva il loro cuore battere con un unico ritmo, come se fosse uno solo.
Dean avrebbe voluto sentire di nuovo ciò che sentiva quando stava con Abby, sentirsi di nuovo a casa. 
Abby era decisamente la sua casa, il suo rifugio, il suo punto di partenza, e questo Dean lo aveva sempre saputo. 
Avrebbe voluto stringerla a sé, stringere il suo corpo, caricarla addosso per portarla nella stanza che una volta dividevano e che da qualche mese fosse diventata unicamente quella di Dean, dove avrebbero fatto l'amore per tutta la notte, aiutandola anche a dormire ed a sconfiggere la sua paura facendo tornare tutto alla normalità, ma Dean non fece nulla di tutto questo. 
Abbassò lo sguardo ed abbassò quel momento di massima intimità che c'era appena stato fra loro, scosse la testa e l'allontanò da sé per evitare di leggere nei suoi occhi la richiesta di una spiegazioni, perché non voleva deluderla di nuovo, ma doveva. 
Dean avrebbe voluto dirle che l'amasse ancora tanto e che fosse l'amore della sua vita, ma invece scosse la testa e fece spallucce, trovando la forza di guardarla negli occhi e dicendo: "
Solo Dio sa quanto ancora io ti ami da impazzire, ma non possiamo. Sai che non possiamo: non funziona più fra di noi, Abby. Dobbiamo voltare pagina"
La ragazza non ebbe il tempo di replicare che Dean si alzò velocemente dalla sua sedia e si diresse verso il corridoio senza neanche voltarsi a guardarla; rimase immobile, spiazzata e senza più il cuore, sentendo gli occhi divenire lucidi ed abbassando il volto per guardare il pavimento, perché faceva male. 
Si spazzò via le lacrime dalla guance e si alzò in silenzio, dirigendosi verso il corridoio per tornare alla sua stanza portando come compagna per la notte l'ancora piena bottiglia di Scotch.
 

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Capitolo 58
*** Capitolo 51 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 51
 
"Hai già trovato l'incantesimo giusto? Davvero?". 
Sam aveva guardato la strega con aria stranita, sollevando un sopracciglio e chiedendosi se fidarsi di lei in una situazione delicata come quella sarebbe stata la scelta corretta da fare, nonostante rappresentasse la loro unica speranza; vide Rowena fare una smorfia quasi disgustata e guardarlo con la sua solita altezzosità, facendo spallucce. "Avete a che fare con una strega molto potente e anziana, Samuel. Non commettete l'errore di sottovalutarmi". 
Abby si era avvicinata con espressione sospettosa, studiandola bene e guardandola quasi in cagnesco, lasciandole intuire che ci sarebbero state delle conseguenze se solo avesse provato a fregarli dato che la tenessero prigioniera da ormai due giorni, e si appoggiò con entrambe le mani al tavolo sul quale Rowena avesse disposto tutti i suoi libri per decifrare il libro. "Oh, non è nostra intenzione farlo". 
Sam le aveva fatto segno con un cenno del capo di seguirlo appena fuori dalla 7b e Abby senza dire nulla lo aveva accontentato, guardandolo con sopracciglia aggrottate e braccia conserte. "Che succede?". 
"Crowley è pronto a farci scendere all'inferno, Rowena ha l'incantesimo e io devo scendere immediatamente se voglio capire a cosa alludono le mie visioni. Ma Dean non risponde e ho bisogno che tu lo trovi per dirgli che sto andando a incontrare Lucifer" aveva detto Sam sospirando e serrando la mascella per qualche secondo, guardandola con aria supplichevole e sedando sul nascere le proteste della ragazza. "Per favore, ho bisogno di sapere che mio fratello sta bene: sta ancora investigando sugli strani omicidi collegati ad Amara ed è da solo. Mi posso fidare solo di te, Abby". 
Scosse la testa e tornò al presente dopo aver rivissuto quel momento, mordendosi il labbro inferiore mentre guidava e seguiva il simbolo del GPS che lampeggiava sullo schermo del PC posto sul sedile del passeggero, che guardava di tanto in tanto per essere sicura che non si muovesse. 
Aver lasciato Sam da solo non la tranquillizzava per nulla, specialmente perché sapeva che il vero motivo per cui Sam non l'avesse voluta con sé fosse per evitare di farle incontrare Lucifer dato ciò che accadde fra loro l'ultima volta che si fossero visti, e subito le immagini delle estenuanti torture alle quali Satana la sottopose per quei lunghissimi cinque giorni tornarono nella sua mente; scosse la testa e si augurò che almeno Dean stesse bene, nonostante in quegli ultimi giorni non si fossero parlati poi granché. 
Dean era stato chiaro e aveva definito la loro relazione tossica,e aveva fatto male di nuovo, ma Abby in cuor suo sapeva di non potergliene fare una colpa: avevano fatto un casino dietro l'altro e forse avrebbero dovuto continuare a vedersi solamente quando Mary veniva portata in una delle due case; si passò una mano sulla fronte e sospirò, perché detestava l'idea che sua figlia dovesse assistere alla separazione dei genitori. 
Accostò l'auto davanti ad un bosco, proprio dove il GPS le dicesse che si trovasse Dean, e ringraziò il cielo che ci fosse ancora luce prima di addentrarsi nella fitta vegetazione un po' spoglia dell'autunno; camminò tenendo il telefono in mano per trovare il ragazzo, rischiando di inciampare almeno tre volte dato che non guardasse neanche dove mettesse i piedi, fin quando la sua corsa si fermò e sgranò gli occhi per la sorpresa. 
Scrisse un veloce Trovato insieme alla sorellina di Dio a Sam con tanto di indirizzo completo e posizione nel caso qualcosa fosse andato storto, e mise via il suo telefono mettendolo in tasca facendo qualche passo avanti in silenzio per non farsi sentire; non riusciva ad udire la conversazione, non capiva cosa stessero dicendo e perché Dean presse parecchio agitato, ma proprio quando stesse per intervenire e supportare il ragazzo, si accorse del modo tenero in cui Amara lo stesse guardando. 
La vide avvicinarsi a Dean e sollevarsi sulle punte per raggiungere il suo viso ed unire le sue labbra con le sue, baciandolo con dolcezza e delicatezza, mentre il ragazzo rimase rigido per qualche istante; Abby avrebbe scommesso che da lì a poco Dean si sarebbe sottratto da quel contatto e che le avrebbe intimato di non farlo mai più, ma vide Dean chiudere gli occhi e rilassarsi mentre si chinava per baciarla meglio e la stringeva a sé.
Vide il modo in cui la strinse a sé e come avesse intrecciato le dita con i suoi lunghi capelli, ed Abby in quel momento sentí lo stomaco rigirarsi su se stesso. 
Sentí il cuore battere forte nel suo petto e sgranò gli occhi, rimanendo incredula davanti a quella scena che non accennava a rallentare, ed Abby in un istante sentí la rabbia prendere il sopravvento. 
A quanto pare Dean non aveva bisogno di essere trovato. 
A quanto Dean aveva lasciato lei e suo fratello in asso per vedersi in segreto in un bosco con la sorella di Dio e per poter instaurare con lei un contatto diverso da ciò che immaginassero. 
Si voltò sentendosi arrabbiata e delusa, muovendosi a ritroso e tornando nuovamente sui suoi passi fino ad arrivare alla sua auto posteggiata in una piccola stazione di sosta; entrò in auto ancora fin troppo incredula su ciò che i suoi stessi occhi avessero visto e scosse la testa, mettendo in moto e andando via da quel luogo il più velocemente possibile. 
Fu un peccato, perché se Abby fosse rimasta ad osservare la scena qualche altro secondo non sarebbe mai andata via con tutta quella rabbia e delusione, perché nulla era come sembrava: Dean strinse Amara più forte a sé e la baciò fino a quando non si rese conto che fosse davvero presa da quel lungo bacio, fin quando non fosse completamente concentrata, ma Amara riuscì a far cadere la barriera invisibile che il ragazzo avesse eretto fra i suoi pensieri, permettendole di leggere e di vedere solamente ciò che avesse voluto. 
Amara si staccò presto e sgranò gli occhi guardandolo arrabbiata e confusa, aggrottando le sopracciglia mentre sentiva ciò che sentisse lui e la sua più grande sofferenza nel suo cuore. "Perché pensi a lei mentre baci me?". 
"Perché altrimenti non avrei potuto distrarti e fare questo.." sussurrò Dean accennando un sorriso e muovendosi velocemente per colpirla con forza al ventre con la Lama angelica che avesse estratto dalla sua giacca mentre la baciava, nel momento in cui fu più distratta. 
Il sorriso sicuro di Dean scemò quando vide la lama che avesse usato per pugnalarla infrangersi completamente contro il suo corpo, rompendosi in mille frammenti diversi e lasciandolo del tutto disarmato davanti all'Oscurita, che lo guardò in cagnesco e sollevò una mano a mezz'aria facendolo sparire completamente dalla sua vista. "Va via!".
 
 
Varcò la soglia del bar senza neanche rendersi conto di come fosse arrivata lì, trovandosi a guidare in quella direzione senza neanche rifletterci lucidamente e sperando tanto che la sua visita non preannunciata non fosse un problema per il ragazzone dietro il bancone, impegnato in una chiacchierata con uno dei suoi amici cacciatori. 
Quando Abby lo vide così assorto e sorridente nel suo discorso, sentí ogni cosa dentro di sé andare al giusto posto: era ancora arrabbiata e le faceva male ciò a cui avesse assistito in quel bosco, eppure solamente trovarsi nella stanza con Edward la faceva già tornare a sorridere. 
Fece qualche passo avanti muovendosi fra la folla ed il chiacchiericcio dei presenti, e si sedette su uno dei tanti sgabelli del bancone e guardò attorno a sé gli altri cacciatori che raccontavano le loro ultime avventure mentre Abby aspettava che Edward terminasse la sua conversazione e che si accorgesse della sua presenza.
Osservò la sua folta chioma riccia ricadere libera sulle spalle, mentre la ferita sulla sua fronte sembrava aver iniziato da poco la risanificazione. 
Ben presto lo sguardo militare di Edward vagò per il locale per controllare che tutti i cacciatori stessero bene e che stringessero una birra fra le mani, che non si scatenasse alcuna rissa nel suo locale che avrebbe poi dovuto sedare lui, quando i suoi occhi nocciola incrociarono quelli azzurri della ragazza che gli fece un cenno con la mano. 
Per qualche istante Edward rimase a guardarla come se fosse un miraggio e si chiese come avesse fatto a non accorgersi del suo arrivo; ma presto piegò le labbra in un sorriso mentre la guardava fare lo stesso. 
"Mi stai ascoltando, amico?". 
"Scusami Frank, mi racconterai questa storia un'altra volta".
Edward si mosse velocemente e congedò il suo amico senza neanche prestare attenzione alle sue lamentele dandogli una pacca sulla schiena, e prestò fece il giro del bancone dirigendosi a grandi passi verso la ragazza, ignorando i suoi amici che lo richiamassero per bere insieme a loro. 
Abby lo osservò per tutto il tempo mentre si muovevano e decidevano insieme di infrangere l'unica regola che avessero dato al loro rapporto: non permettere agli altri cacciatori di capire cosa ci fosse fra di loro. 
Edward si sporse verso di lei ed Abby si lasciò avvolgere in un forte abbraccio che la sollevò da terra come se fosse una piuma, stringendola a sé mentre lei gli passò le braccia attorno al collo ridendo di gusto. 
"Ma che ci fai qui? Pensavo che ti stessi ancora riprendendo!" esclamò Edward sorridendo di gusto e sciogliendo l'abbraccio tenendola sempre stretta a sé, tornando a guardare negli occhi azzurri della ragazza. 
Per qualche istante Abby dimenticò il motivo che l'avesse spinta a mollare tutto e guidare nella direzione opposta rispetto ad entrambi i Winchester, e rispose al suo sorriso mentre scioglieva il loro abbraccio, limitandosi a stringergli le mani. "Oh, per essere quasi morta mi è toccata una sola notte di riposo: poi siamo stati occupati col trovare la gabbia di Lucifer, con delle visioni divine ed una serie di altre cose a cui non mi va proprio di pensare". 
Edward rise di gusto e la guardò sorpreso, pensando che non avrebbe mai smesso di sorprenderlo e le sorrise nel modo più felice che i suoi amici cacciatori gli avessero mai visto fare; intrecciò le sue dita a quelle di Abby, portandola dietro al bancone con sé. 
Afferrò una bottiglia di un Whisky che avesse tutta l'aria di essere molto costoso e invecchiato e due bicchieri puliti, facendole l'occhiolino e portandola con sé verso la seconda sala del bar che quella sera appariva più vuota, mentre lasciava a bocca aperta i cacciatori che li vedessero insieme con quel comportamento così complice. 
Si sedettero al tavolo più lontano e più isolato dai presenti, e Edward verso due abbondanti bicchieri di Whisky per poi tornare a guardarla con felicità. 
"Alla tua, bartender" disse Abby facendo scontrare i loro bicchieri e guardandolo con un grosso sorriso, sentendosi più leggera e spensierata del solito in sua presenza. 
Iniziarono a chiacchierare di quei pochissimi giorni in cui non si fossero sentiti ed Abby gli raccontò senza freni ciò in cui si fossero andati a cacciare con il nuovo male che incombeva sulla terra e il grosso punto interrogativo per cui l'indomani avrebbe dovuto chiamare Sam, per sapere almeno ciò che fosse accaduto con Lucifer nella gabbia. 
Edward le raccontò del suo essere tornato a lavoro, della rissa scoppiata la sera precedente fra due cacciatori e di come li avesse sbattuti fuori per non farsi distruggere il locale, ed Abby non poté fare a mano di notare come due cacciatrici sedute al tavolo vicino l'entrata non le togliessero gli occhi di dosso dopo aver visto il modo in cui Edward l'avesse abbracciata non appena l'avesse vista. 
"Scusami Ed, ma Cliff si chiede quando darai un'occhiata ai suoi scritti in russo. Deve inoltrare i documenti e..". 
"Digli che lo farò domani". 
Edward non distolse neanche lo sguardo da Abby mentre rispondeva alla domanda del suo collaboratore, ma la ragazza si voltò a guardare quel ragazzino di neanche diciott'anni che portasse un grembiule bianco annodato in vita. 
Aveva un viso che tradiva l'età che avesse, nonostante il suo corpo appariva ben sviluppato e massiccio, aveva dei capelli lisci che gli ricadevano sulla fronte e le guance prive di qualsiasi pelo di barba. 
Abby accennò un sorriso divertito, aggrottò le sopracciglia ed alternò lo sguardo fra i due. "Tu parli russo?". 
"Più o meno. Mia madre voleva che io imparassi un'altra lingua quando andavo al liceo e quindi..". 
"Non fare il modesto: Edward parla fluentemente anche il tedesco, il cinese ed il francese, oltre che l'inglese!" esclamò il ragazzino guardandolo con ammirazione e sorridendo ampiamente, concentrandosi poi su Abby. "Aiuta alcuni dei nostri clienti in alcune traduzioni, sai. Molto spesso li aiuta ad imparare la lingua o a tradurre dei testi antichi". 
Abby sollevò le sopracciglia con aria sorpresa, rimanendo per qualche istante a bocca aperta e presto vide Edward fulminare con lo sguardo il ragazzo, che però sembrava essere abituato a quel trattamento e lo ingorò completamente. 
"Ciao, io sono Andrew Webber". 
Allungò la mano destra nella sua direzione e continuò a sorridere divertita, stringendola con piacere. "Abby Harrison, molto piacere".
Il ragazzo ricambiò la stretta e rimase ad osservarla per qualche altro istante, come incantato dalla sua bellezza, tanto che Edward dovette scoccare due dita davanti al suo viso per farlo destare dai suoi pensieri. "Ci sono i clienti: che ti pago a fare se li fai andare via senza aver preso neanche una birra?". 
Andrew sgranò gli occhi e si mosse velocemente per raggiungere nuovamente il bancone, scontrandosi con almeno due clienti durante il tragitto e facendo ridere Edward di gusto che scosse la testa divertito. 
Quando tornò a guardare Abby, la trovò con i gomiti appoggiati al tavolo sporta verso di lui a guardarlo con un grosso sorriso sul volto. 
Si schiarí la voce e verso un altro po' di Whisky nei loro bicchieri, aggrottando le sopracciglia. "Perché mi guardi così?". 
Abby lo osservò avvicinare nella sua direzione il bicchiere pieno di Whisky e le sorrise, facendolo scontrare col suo ancora sul tavolo e mandandolo giù tutto d'un fiato. 
Lo guardò con aria curiosa, mordendosi il labbro ed iniziando a giocherellare con il bicchiere. "Come diavolo hai fatto ad imparare tutte queste lingue?". 
"E tu come hai fatto a distinguere quei piccoli esserini che ti piace far crescere e osservare con la lente d'ingrandimento?". 
Abby scoppiò in una sonora risata, rilassandosi su quella sedia e scuotendo la testa mentre con l'espressione più divertita probabilmente dell'intera settimana. "È un microscopio, non una lente d'ingrandimento. E ti riferisci ai campi di coltura per virus e batteri di cui mi occupavo all'università, principalmente".
Edward aggrottò le sopracciglia e fece spallucce, passandosi una mano fra i capelli liberi per guardarla con aria seria e perentoria. "Sono esseri invisibili, come dei fantasmi, ed io uccido sempre tutto ciò che è invisibile". 
Abby rise ascoltando le sue parole, ma specialmente quando lo vide rilassare l'espressione in una serena e divertita. 
Bevve il suo bicchierino e si guardò attorno, notando come i cacciatori continuassero a lanciare loro delle occhiate occasionali ogni tanto.
Quando tornò a guardarlo, Edward le sorrise ed era pronto a dire qualcosa, ma Abby lo anticipò, dopo essersi inumidita le labbra con la lingua. "Mi sono appena resa conto che mi sono lagnata per più di due settimane su quanto la mia vita fosse terribile e su come solamente Mary riesca a portare un po' di luce, ma tu non hai mai fatto lo stesso". 
Edward ascoltò le sue parole in modo molto attento e si lasciò andare in una smorfia seria ma abbastanza sorridente da lasciare intendere ad Abby che fosse tutto a posto. "C'è qualcosa che vuoi chiedermi?". 
Abby ci pensò su e gli fece segno di riempirle il bicchiere ancora una volta, avvicinandosi di più sul tavolo ed abbassando di poco il tono della voce. "Le lingue, il ragazzo: hanno a che fare con la tua vecchia vita, non è vero?". 
Edward la guardò per qualche istante molto lungo, mordendosi la guancia mentre sentiva l'agitazione dentro di sé: di nuovo Abby stava accarezzando quel vaso dentro cui Edward avesse chiuso tutto ciò che riguardasse la sua vecchia professione. 
"Viaggiavo molto con il mio plotone, rossa. Ho dovuto imparare tante lingue per svolgere il mio lavoro".
Sospirò ed annuì muovendosi in modo rigido, facendo spallucce mentre la guardava più serio del solito. "Andrew è tutto ciò che rimane della mia vecchia vita: era solo al mondo ed era solamente un bambino quando suo padre Peter si è preso un intero caricatore di proiettili al posto mio, e lo ha affidato a me prima di morire".
Abby rimase ad ascoltare in silenzio, osservando Edward abbassare lo sguardo e stringere i pugni sul tavolo per la rabbia. 
La ragazza avrebbe tanto voluto poterlo aiutare, poterlo fare sfogare e permettergli di espellere tutto quel dolore racchiuso dentro di sé, ma sapeva che fosse un argomento troppo delicato per potersi aspettare che ne parlasse con più tranquillità. 
Così fece l'unica cosa che sapeva fare meglio: allungò le mani sul tavolo e gli sfiorò i pugni chiusi, sorridendogli con dolcezza quando finalmente sollevò gli occhi pieni di rabbia nella sua direzione. 
"Va tutto bene, bartender. Sei qui, insieme a me". Abby gli sorrise di più e sciolse quei pugni, stringendogli le mani aperte con tenerezza mentre osservava il modo lento in cui sollevò lo sguardo fino ad incrociare il suo e sentì il modo in cui Edward stesse ricambiando la sua presa. "E se queste sono le prove generali per il nostro appuntamento, dobbiamo rivedere qualcosa: io adoro, amo mangiare tutta quella roba che ti causa il colesterolo nelle arterie". 
Finalmente Edward sciolse la sua posa arrabbiata e seria di chi stesse rivivendo uno degli eventi più terribili della sua vita, e si rilassò con una leggera risata. 
Scosse la testa e bevve l'ultimo sorso dal suo bicchiere, tirandola leggermente dalle mani per indicarle di seguirlo. "Se è il cibo che manca a questo appuntamento, non voglio essere di certo io il responsabile di questo totale fallimento". 
Abby sorrise ampiamente e strinse di più la sua mano, si lasciò condurre nuovamente attraverso il locale e giunsero al bancone dove la fece sedere su uno sgabello e le disse di aspettarlo per qualche istante, richiamando Andrew con uno sciocco della lingua sul palato che il ragazzo udí nonostante il forte chiacchiericcio del locale, prima di sparire oltre la porte che conducesse alla cucina. 
La ragazza osservò il giovane avvicinarsi e guardarla con un'espressione sorpresa tanto quanto la sua, asciugandosi distrattamente le mani sul suo grembiule bianco che nel corso della serata si fosse sporcato sempre di più. "Ma che gli succede? Non ho mai visto Edward comportarsi così con nessuna delle ragazze che di solito porta qui e..".
"Andrew!!"
Abby scoppiò in una risata divertita udendo la forte voce di Edward provenire dalla cucina che avesse tutta l'aria di essere un rimprovero nei confronti del ragazzo, che sgranò gli occhi con aria innocente e fece spallucce. 
Il ragazzo si avvicinò al bancone e si curvò su di esso per giungere più vicino ad Abby, che gli sorrise e si avvicinò anche lei sentendolo bisbigliare. "Ha un udito pazzesco". 
"Già, sembra proprio un pipistrello!" esclamò Abby con un tono di voce molto basso, osservando il ragazzo davanti a lei ridere divertito.
Andrew le fece segno che andasse a controllare cosa stesse accadendo in cucina, da cui sopraggiungessero dei rumori di pentole che sbattessero, ed Abby annuí sorridendo divertita. 
Era incredibile come solamente la presenza di quell'uomo, che sicuramente non fosse perfetto ma che fosse premuroso e amabile ogni oltre modo, riuscisse a curarle le ferite. Ed a quanto pare anche Abby doveva avere lo stesso effetto su di lui, sul quel cuore che Edward considerasse ormai irrecuperabile. 
Abby sospirò lentamente e si tolse la giacca, appoggiandola sullo sgabello vuoto al suo fianco e si voltò ad osservare i cacciatori intenti a discutere animatamente su quale fosse il modo più corretto per uccidere un Ruguru, incuranti che alcuni clienti del tutto estranei alla caccia li stessero ascoltando e li credessero pazzi. 
Sorrise con nostalgia, perché davvero quel locale le ricordava tanto il luogo in cui fosse cresciuta insieme alla piccola Jo. 
Si voltò immediatamente verso il balcone quando Andrew le corse vicino e sgranò gli occhi, attirando la sua attenzione e scuotendo la testa mentre tornava a bisbigliarle vicino prima di allontanarsi velocemente. "Forse non conosci il lato permaloso di Edward, ma sappi che non vorresti averci a che fare: digli che è buono, anche se è la cosa più disgustosa che tu abbia mai mangiato". 
"Come.. Cosa?". Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa senza capire una parola di ciò che stesse dicendo, fin quando vide Edward uscire dalla cucina ed avvicinarsi a lei con un piatto fumante fra le mani. 
Aveva legato i capelli in una crocchia improvvisata e si era sistemato attorno alla vita un grembiule identico a quello che portasse Andrew, la sua espressione era così seria da incuterle quasi paura e Abby dedusse che Edward prendesse la cucina come qualcosa di altamente serio ed importante. 
Le porse davanti il piatto che contenesse una fetta di carne e qualcosa di verde come dei piselli, tutto ricoperto da una strana salsina marrone che non li rendeva per niente appetibili, e presto capì quale fosse l'avvertimento di Andrew. 
Edward le porse delle posate pulite e le sorrise in modo incoraggiante, invitandola con lo sguardo a mangiare.
Abby accennò un sorriso convinto e afferrò la sua forchetta ed il coltello, decidendo di concedergli il beneficio del dubbio: tagliò un pezzo di carne con il coltello e la rigirò in quello strano intingolo di cui non capisse il contenuto, e prese un lungo respiro annuendo e portandoselo alle labbra in silenzio. 
Mentre Edward la guardava con un sorriso speranzoso sul viso, Abby assaporava i sapori e sgranava gli occhi per qualche istante e rimaneva a fissarlo senza proferire parola mentre ingoiava quel boccone. 
"Sapevo che aveva bisogno di una revisione, vado a prepararti qualcos altro. Mi dispiace tanto, rossa".
"Non ti azzardare ad allontanare quel piatto da me!". Esclamò Abby sgranando gli occhi e dando uno schiaffo leggero sulla mano dell'uomo davanti a sé, che la guardò con aria sorpresa. Tagliò un altro pezzetto di carne e lo portò nuovamente alle labbra, sentendo quel sapore delizioso invaderle la bocca ancora una volta e farla sorridere. "Cos'è?". 
Edward aggrottò le sopracciglia per poi lanciare un'occhiataccia ad Andrew che stava guardando Abby con aria incredula, e presto il ragazzo tornò a parlare con i clienti come se nulla fosse. "È un piatto tedesco: Jägerschnitzel. Carne impanata e fritta, accompagnata dalla salsa ai funghi. Ma se non ti piace puoi anche dirmelo, non mi of-..". 
"L'hai assaggiata?". 
Edward scosse la testa e la guardò con aria confusa, mentre la vide tagliare un altro pezzo di carne e sollevarsi sullo sgabello quel tanto che bastasse per allungarsi sul bancone verso di lui. 
Gli porse la forchetta e lo guardò con un sorriso, e Edward si avvicinò assaggiando il cibo con titubanza: man mano che Abby lo osservava gustare il cibo, il suo sorriso diventava sempre più grande. 
Edward si avvicinò al bancone iniziando a litigare giocosamente con la ragazza per chi avrebbe dovuto mangiare il prossimo boccone, e stava per dire qualcosa quando qualcuno si schiarí la gola al suo fianco ed entrambi si voltarono nella direzione del suono, interrompendo le loro risate genuine.
"Un Bourbon liscio". 
Abby deglutí l'ultimo boccone e si voltò nella direzione della ragazza che si fosse posta al suo fianco, invadendo il suo spazio e spostando lo sgabello con la giacca sopra. 
Portava dei lunghi capelli biondi fino alle spalle e aveva degli occhi celesti che spiccavano sul suo viso piegato in un'espressione accigliata. 
Edward incrociò le braccia al petto e sollevò lo sguardo fino a lei, guardandola con aria scocciata e parecchio molto infastidita. 
"Non sto lavorando, Rose. Va' a dar fastidio ad Andrew". 
La ragazza sollevò un sopracciglio e lo guardò in cagnesco, per poi guardare nello stesso modo anche Abby che aggrottò le sopracciglia e la vide andare via, lasciando oscillare i suoi capelli biondi e lisci come spaghetti.
Sollevò un sopracciglio e si voltò a guardare Edward che fece spallucce e le sorrise con aria imbarazzata, confermando i dubbi che Abby avesse sollevato con una sola occhiata. 
Abby sorrise e sospirò, allungando il bicchiere vuoto verso di lui e mordendosi il labbro. "Spero che tu possa fare un'eccezione per me anche se non stai lavorando, bartender". 
Il volto di Edward si rilassò immediatamente e afferrò la bottiglia di Whiskey, riempiendo entrambi i bicchieri e facendoli scontrare. 
Presto fece il giro del bancone e si sedette al fianco di Abby, incastrando lo sgabello della ragazza fra le sue gambe per avvicinarla di più a sé mentre continuavano a ridere e scherzare come sempre avessero fatto da quando fossero entrati l'uno nella vita dell'altra. 
Tornarono ad essere loro stessi, spensierati e felici a divertirsi insieme non accorgendosi di niente di ciò che accadesse attorno: né del tempo che passava, né del locale che piano piano si andava svuotando. 
A ricordargli che fosse molto tardi e che fossero ormai rimasti da soli, fu proprio Andrew che si avvicinò loro dicendo che stesse andando via e che si sarebbero visti il pomeriggio successivo per aprire il bar.
Andrew si soffermò a guardare Abby prima di andare via e le fece un cenno con la mano mentre aveva la certezza che la ragazza fosse speciale per Edward e che l'avrebbe rivista molto presto. 
Abby si voltò a guardare negli occhi l'uomo seduto ancora al suo fianco e sorrise imbarazzata accorgendosi di essere rimasta fin troppo oltre ogni sua immaginazione, rendendosi conto che fossero ormai le tre e mezza passate e che avesse ancora tanta strada da fare. 
Edward sollevò un sopracciglio e ricambiò il suo sorriso, sollevando la mano per scostarle i capelli dal viso per guardare meglio nei suoi occhi azzurri; Abby sorrise e si morse il labbro, iniziando a sentire il cuore battere più velocemente nel suo petto. "Fammi indovinare, rossa: è il momento in cui mi dirai che si è fatto tardi e che devi andare". 
La ragazza sospirò lentamente mentre lo guardava e fece spallucce: la risposta era che si, doveva andare. 
L'indomani voleva essere accanto a Mary quando si sarebbe svegliata, voleva passare del tempo con sua figlia. 
Ma era piuttosto desiderosa di trascorrere altro tempo insieme a Edward e di non lasciare il locale, così si guardò attorno per evitare il suo sguardo magnetico e aggrottò le sopracciglia mentre osservava i tavoli ancora pieni di bottiglie vuote e bicchieri abbandonati, e tornò a guardarlo. "Devi rimettere in ordine il bar?". 
"Mi tocca, si" rispose Edward facendo spallucce e sorridendo, sentendo la ragazza mugugnare un corto Mmh ed osservandola scattare dal suo sgabello, trovandosi inavvertitamente troppo vicina a lui.
Abby lo guardò divertita e si lasciò andare ad una risata serena, allontanandosi da lui ed avviandosi fra i tavoli raccogliendo più bottiglie possibili, caricandosi completamente in maniera equilibrata senza farsi troppi problemi, e poi si voltò a guardarlo con aria seria. "Dov'è l'immondizia?". 
L'uomo sgranò gli occhi e la guardò sorpreso dalla maniera perfetta in cui riuscisse a tenere in equilibrio tutta quella roba senza farla cadere e senza apparire affaticata, e sollevò un sopracciglio. "Hai lavorato in qualche locale a sedici anni?".
Abby si finse offesa e scosse la testa, avanzando fino a girare il bancone e trovare da sé il contenitore dentro cui Edward gettasse il vetro, per poi sollevare lo sguardo e incrociare le braccia al petto. "Ero anche io una barista, molto tempo fa".
"Cavolo, non me l'aspettavo.." sussurrò Edward appoggiando le mani al bancone e sorridendo, provando un certo effetto mentre osservava la ragazza rimettergli in ordine il bancone. "Sarei andato ogni sera in quel locale, se lo avessi saputo in tempo". 
"Lavoravo nel bar di un amico a Louisville. Mi mantenevo gli studi in questa maniera, anche se mio padre aveva messo via una grossa somma per me" disse Abby ridendo di gusto e fermandosi un momento a pensare, accorgendosi che ciò che stesse raccontando fosse avvenuto più di dodici anni prima, e scosse la testa tornando a guardarlo mentre si sentiva felice di iniziare a condividere con Edward alcune delle parti più importanti della sua vita. "Alla fine quei soldi li ho spesi tutti per corrompere la preside della scuola di mia sorella, che circa ogni settimana provava ad espellere Silver, dopo che nostro padre è morto". 
Edward aggrottò le sopracciglia e si sporse sul bancone con aria sorpresa, accennando un sorriso. "Quindi provieni dalla patria del Colonnello Sanders e hai salvato la carriera scolastica di Silver. Non mi hai mai raccontato queste storie". 
"Te le sto dicendo adesso, no?". Abby si fermò e lo guardò negli occhi con un sorriso divertito e poi tornò dall'altro lato del bancone, continuando a gettare le grosse quantità di birre vuote che i cacciatori avessero disseminato nel locale; presto sentí le mani di Edward avvolgerle le braccia e udí la sua voce intimarle di fermarsi perché non voleva che sbrigasse il lavoro al posto suo, accompagnandola di nuovo al bancone. 
Ma Abby scosse la testa e rise di gusto cercando di tranquillizzarlo perché le faceva davvero piacere dargli una mano, dato che lo avesse distratto per tutta la sera dal suo lavoro. 
Edward si ritrovò a spazzare con la scopa in giro per il locale raccattando tutte le briciole ed i rimasugli di patatine o di cibo che trovasse sul pavimento, mentre osservava la ragazza mettere a posto con un sorriso sulle labbra e gli lanciava un'occhiata di tanto in tanto. 
La osservò muoversi nel suo locale e Edward non riusciva a trovare niente di più sensuale; la sentí canticchiare una delle sue vecchie canzoni preferite che Edward riconobbe immediatamente e senza che lei potesse vederlo, si recò al vecchio jukebox che si trovasse in fondo alla sala e che non usasse da molto tempo. 
Quando le note di I remember you dei Skid Row si diffusero per la stanza, la vide girarsi di scatto verso di lui ed arrossire appena, dato che non si fosse neanche accorta di canticchiare quella canzone ad alta voce; rise di gusto con nervosismo mentre indietreggiava avendo capito le sue intenzioni quando lo vide avanzare verso di lei con aria divertita. "Ma che fai? Sta' fermo. Non ballerò con te!". 
Edward rise divertito e le si avvicinò, afferrandole le mani e tirandola più vicina a sé fino a far aderire i loro corpi. "Oh, si che lo farai. E sai perché? Perché questo potrebbe ancora essere un buon appuntamento ed il minimo che possa fare per recuperare è proprio farti ballare".
Abby sorrise divertita e si lasciò trascinare più vicina sentendo la sua mano grossa e robusta adagiarsi alla base della sua schiena proprio sopra i jeans, mentre con l'altra le afferrò la mano per iniziare a farla ondeggiare sulle note della musica che Abby stessa avesse scelto inconsapevolmente, facendola ridere di gusto. 
Guardò nei suoi occhi nocciola e sentì il proprio cuore battere più velocemente nel petto, così come percepí nascere dentro di sé l'imbarazzo mischiato alla voglia di avere di più e di conoscere Edward fino in fondo.
Rise divertita e abbassò lo sguardo, sentendo anche il suo respiro accelerare mentre gli stava così vicina.
"Perché ridi così? Ti prendi gioco di me, rossa?". 
Abby sollevò un sopracciglio e lo guardò con aria quasi sorpresa, ma presto tornò a sorridergli con dolcezza appoggiando la sua mano delicatamente sulla sua spalla lasciandosi guidare ed abbandonandosi completamente a quel ballo. "Non lo farei mai, bartender. Mi fido di te ed è esattamente qui che voglio stare". 
Il sorriso di Edward si accentuò sotto ai suoi lunghi baffi e assottigliò gli occhi decidendo di cogliere quell'occasione in cui fossero da soli per poterle parlare.
Si schiaría gola e chinò il viso verso di lei, giungendo ancora più vicino. "Mmmh, allora perché mi tieni ancora a distanza?".
"Ti ho fatto dormire nel mio letto, nella mia casa: non la definirei proprio distanza" rispose Abby distogliendo lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore, sperando che il ragazzo lasciasse cadere il discorso senza indugiare troppo perché questo argomento l'agitava ancora parecchio. 
Edward notò il suo cambiamento d'umore e le fece fare una giravolta stringendole la mano, per poi attirarla nuovamente a sé con un sorriso carezzandole il fianco con delicatezza.
Di nuovo Abby si ritrovò troppo vicina al suo viso, sentendo la bocca asciugarsi per il nervosismo e deglutendo a fatica facendo scivolare lo sguardo sulle sue labbra rosse e carnose solamente per un istante. "Sai a cosa mi riferisco, rossa: tu hai chiuso il tuo cuore perché hai sofferto e hai paura che tutti ti faranno male o ti tradiranno. Ma io non sono così, ti proteggerò sempre". 
Abby sollevò lo sguardo fino ai suoi occhi e ascoltò le sue parole con attenzione, fermandosi completamente al centro del locale smettendo di ballare e sentendo gli occhi pungere; lo guardò attentamente negli occhi e sorrise sfiorandogli la guancia con la stessa dolcezza con cui lui la stringesse a sé. 
Sospirò mentre lo guardava e vide solamente una grande sincerità e un alto grado di accettazione, capendo in quel momento che Edward sarebbe stato disposto a ricoprire qualsiasi ruolo lei gli avesse chiesto di assumere nella sua vita. "Hai mai pensato che ti tengo distante perché forse mi piaci un po' troppo e che forse non voglio lasciarmi andare con te, perché non so cosa potrebbe accadere?". 
Edward accennò un sorriso divertito, iniziando nuovamente a condurla sulle note di quella canzone che ormai stesse giungendo al termine e l'avvicinò di più a sé facendo aderire i loro corpi. "È proprio questo il bello della vita: non sai mai cosa ti riservi il futuro. Per questo ci si dovrebbe sempre mettere in gioco". 
Abby cercò di mantenere il respiro più tranquillo possibile e capí quando Edward fosse bravo ed esperto con le donne; il modo in cui la sfiorava e come la guardava la stavano portando a perdere il controllo ed a far emergere ciò che realmente il suo cuore desiderasse. Ma la ragazza distolse lo sguardo dalle sue labbra e scosse la testa, osservando i suoi occhi scuri e pensando che se non avesse trovato il modo di uscire da quella situazione, probabilmente non ce l'avrebbe mai più fatta ad andare via. "Forse hai ragione Edward, ma non sono pronta per ..".
Avvicinò i loro volti con velocità senza darle neanche il tempo di realizzare ciò che stesse accadendo, quando si trovò le labbra del ragazzo pressate contro le sue, avvertendo la stretta sulla sua schiena divenire sempre più salda così come quella alla sua mano; contro ogni logica, Abby si era ritrovata a ricambiare quel bacio come se lo stesse aspettando da sempre e lo strinse di più dalle spalle, smettendo persino di sentire la musica della nuova canzone che il jukebox avesse messo autonomamente mentre tutto ciò che riusciva a percepire era il suo battito accelerato e quella perfetta armonia e pace che provasse ogni istante che passasse insieme a lui. 
Edward la baciò con dolcezza e delicatezza, ma allo stesso tempo con la stessa passione che ardesse dentro Abby esattamente come la prima volta che si fossero baciati fuori da quel motel, incontrandosi per pura casualità perché alloggiavano nello stesso motel; con le sue labbra e con le sue mani che vagavano per il corpo senza però forzare troppo la mano, Edward le fece venire voglia di scrollarsi di dosso i vestiti e smettere di reprimere l'attrazione fisica che avesse sentito nei confronti dell'uomo dal primo momento che lo avesse incontrato proprio in quel locale. 
Si allontanarono per tornare a recuperare un po' di fiato e aprirono gli occhi, scambiandosi una lunga occhiata ed un lungo sorriso. 
Per la prima volta, Abby non cercava gli occhi di Dean. 
Le sue mani, il suo corpo, le sue labbra. 
Per la prima volta, Abby vedeva davvero solamente Edward. 
"Dannazione, dovresti zittirmi più spesso così.." sussurrò Abby sorridendo ed avvicinandosi nuovamente al suo volto per baciarlo ancora, sentendo il sapore dell'uomo mischiarsi col suo mentre la stringeva di più a sé. 
"Dimmi solamente che stanotte sarai mia e ti prometto che ti zittirò così ogni giorno, rossa".
Abby accennò un sorriso divertito e lo guardò negli occhi con un po' di titubanza, pensando alle milioni di ragioni per cui quella fosse una cattiva idea e alle poche che invece le suggerissero di proseguire e andare avanti, ma alla fine guardando nei suoi occhi scuri capí di non essere più legata a Dean.
Capí di essere libera. 
Che trascorrere la notte con Edward non significasse fare un torto a qualcuno. 
"Sono troppo stufa per continuare a negarmi ciò che voglio davvero". Abby prese un lungo respiro mentre guardava nei suoi occhi nocciola e si fece coraggio, facendogli un enorme sorriso più convinto mentre gli si avvicinava nuovamente. "Si. Sono tua, Ed".
Abby vide un grosso sorriso nascere sul viso di Edward e solo in quel momento permise a sé stessa di notare quanto fosse davvero affascinante l'uomo che la stesse stringendo: la carnagione olivastra e gli occhi scuri che l'attirassero come una calamita dal primo momento, i capelli lunghi e ricci legati in una crocchia improvvisata le spalle larghe e possenti che adesso stringeva, il petto tonico e muscoloso come le braccia e ogni parte del suo corpo. 
Si accorse solamente in quel momento di quanto la stringesse forte a sé con delicatezza infondendole sicurezza. 
E fu come se lo vedesse per la prima volta adesso che era pronta.  
Si tuffò di nuovo sulle sue labbra e Edward la sollevò dalle cosce con agilità avanzando fino ad uno dei tavoli, facendola appoggiare con i glutei su di esso e sbilanciandolo, facendo cadere le bottiglie vuote e due bicchieri che si infransero al suono, facendoli ridere divertiti, per poi tornare a baciarsi famelicamente.
Abby si sentí immediatamente bene e per nulla in colpa fra le sue braccia. 
Si sentiva al sicuro, si sentiva desiderata come mai prima d'ora e non c'era nulla che avrebbe potuto rovinare quella serata insieme ad Edward. 
Sarebbe andata fino in fondo perché lo voleva. 
Desiderava Edward da impazzire e voleva passare ciò che restasse della notte insieme a lui.
Ciò che Abby non sapeva, era che proprio Dean fosse andato a cercarla proprio quella sera e avesse seguito il suo GPS perché non rispondeva alle chiamate; Sam aveva detto al fratello che Abby fosse andata a cercarlo prima che lui scendesse all'inferno ed ebbe la conferma che la ragazza avesse trovato Dean grazie ad un messaggio che lei gli avesse scritto. 
Dean conosceva bene Abby e sapeva che se avesse smesso di rispondere alle loro chiamate doveva essere unicamente perché lo avesse visto baciare Amara nel bosco e si fosse arrabbiata. 
Per questo aveva guidato velocemente per raggiungerla e spiegarle: era arrivato fino ad un bar mai visto prima su cui spiccasse l'insegna a neon ancora accesa di rossa con scritto Red Right Hand e stava per andare via perché le porte erano chiuse, ma aveva notato l'auto di Abby posteggiata non troppo lontana e si era avvicinato. 
Aveva spiato dalla finestra perché il suono di vetri infranti proveniente dall'interno giunse alle sue orecchie e si era preoccupato che qualcosa di brutto stesse accadendo: ma i suoi dubbi e la sua paura scomparvero quando udì delle risate complici. 
Dean si avvicinò ad una finestra e li vide baciarsi stretti mentre Edward se la caricava addosso stretta, ed Abby lo baciava con un grande sorriso. 
Dean rimase qualche istante ad osservarli scambiarsi quelle effusioni in modo complice e divertito, per poi vedere Edward tenere stretta Abby a sé, muoversi a tentoni verso le scale e sparire per salire al piano di sopra. 
Tutto ciò che riusciva ad udire era un forte crack, probabilmente provenire dal suo cuore che batteva ancora velocemente nel suo petto quando Dean realizzò in quel momento di averla davvero persa per sempre. 
Pensò che Abby avesse davvero deciso di andare avanti, stancatasi di aspettare.
Sentí il cuore battere forte ed il dolore crescere dentro di lui, e abbassò gli occhi lucidi. 
Dean si mosse lentamente verso la sua auto con il cuore a pezzi e accese il motore, rimanendo per qualche secondo in silenzio con lo sguardo ancora verso il locale, pensando che avrebbe potuto impedire che tutto ciò accadesse semplicemente palesando la sua presenza, ma decise di non interferire e colpí con forza il volante, per poi spazzare via l'unica lacrima solitaria che scese dai suoi occhi; uscí dal parcheggio velocemente, pensando che fosse davvero tutto finito e spinse il piede sull'acceleratore per andare via il più presto possibile da quel luogo. 
 
 

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Capitolo 59
*** Capitolo 52 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 52
 

Sbatté le palpebre un paio di volte, mentre la luce filtrava dentro la stanza attraverso la finestra e sentí ogni fibra del suo corpo rilassata come non le succedesse da anni. 
Si trovò sdraiata sul petto nudo dell'uomo ed Abby sollevò il viso per osservare Edward dormire serenamente mentre la stringeva a sé con il braccio destro. 
Sentí il cuore battere velocemente al ricordo di come fosse stata bene con Edward quella notte, di come fosse stato premuroso e delicato nei suoi confronti, dopo essersela caricata addosso ed aver fatto le scale per portarla nella sua casa al piano di sopra senza mai smettere di baciarla.
Abby gli sfiorò il petto con una carezza dolce depositandogli un bacio sulla pelle mentre tutti i momenti che trascorsero insieme quella notte tornarono nella sua mente scaturendo in sé tante di quelle emozioni da farla tremare ancora una volta. 
Tutti i baci famelici di assaggiarla, di prenderla e di averla finalmente sua e tutti quelli dolci e carichi di desiderio. 
Abby aveva ancora la sensazione di sentire le sue mani muoversi sul suo corpo, delle sue labbra che scivolavano sulla sua pelle per esplorare il suo corpo. 
Ed Abby aveva fatto lo stesso con lui, mettendosi a cavalcioni su Edward e spogliandolo e baciando ogni singolo centimetro di pelle che avesse a portata delle sue labbra. 
E quando Abby lo aveva sentito scivolare dentro di sé, il suo cuore era tornato finalmente tutto intero. 
Senza ombra di dubbio, quella notte l'avrebbe sempre ricordata come una delle migliori che avesse vissuto. 
Sorrise sentendosi davvero felice mentre ancora lo guardava dormire e gli sfiorò il viso, prima di depositargli un casto bacio sulle labbra. 
Le sarebbe piaciuto passare un altro po' del suo tempo insieme a Edward, svegliarsi insieme e continuare da dove si fossero interrotti la sera precedente perché davvero stanchi, ma doveva andare quindi si tirò a sedersi senza fare troppo rumore. 
Erano le sette meno un quarto: avrebbe sicuramente fatto tardi se non fosse partita subito per il bunker e si sarebbe persa la colazione insieme a Mary; ma proprio quando si piegò per afferrare la sua maglietta da terra per indossarla nuovamente, le braccia dell'uomo alle sue spalle l'attirarono con forza contro il suo petto, stringendola a sé e depositandole un bacio fra i capelli profumati.
"Buongiorno rossa". 
Abby sorrise con felicità e si voltò verso di lui incrociando il suo sguardo: il contatto visivo era qualcosa che caratterizzasse il loro rapporto sin da quando si fossero incontrati la prima volta, ma la notte precedente non avevano smesso neanche una volta di guardarsi negli occhi e di comunicare in quel modo. 
Edward sorrise con dolcezza e si chinò su di lei per annullare la distanza fra di loro con un bacio non proprio casto a cui Abby non si sottrasse, ma anzi si aggrappò di più al suo corpo. 
Quando il desiderio si accese nuovamente dentro entrambi e Edward scese a baciarle il collo con dolcezza e fece vagare le mani sul corpo della ragazza con molta brama di averla ancora, Abby rise divertita e lo scostò appena scuotendo la testa. "Non fare così adesso, non posso restare ancora, Ed".
Si liberò della presa delicata dell'uomo che la guardò con aria confusa e scese dall'ampio letto per indossare i pantaloni con uno scatto sentendo gli occhi dell'uomo piantarsi su di lei probabilmente perché voleva delle spiegazioni, per poi sedersi sul bordo del letto con l'aria ancora parecchio assonnata. "Ma dove vai? Avremo dormito un'ora al massimo, rossa". 
"Lo so, ma devo tornare a casa da Mary.." sussurrò Abby accennando un sorriso verso di lui e sedendosi accanto a lui per indossare le sue scarpe, e fece per scattare in piedi quando il ragazzo la trattenne. 
"Aspetta, aspetta solo un momento.." sussurrò Edward accennando un sorriso, carezzandole una guancia e guardandola in viso per studiare il suo volto, e quando trovò ciò che cercava sorrise di più e addolcí la sua espressione. "Dio, sei così bella".
Abby lo sentí avvicinarsi fino a colmare la distanza fra di loro baciandole le labbra con dolcezza e facendo sparire tutti i suoi problemi, e la ragazza si ritrovò ancora una volta a ricambiare il suo bacio e le sue carezze, fino a quando lo sentí adagiarsi su di lei e distendersi sul suo corpo mentre quel bacio diventava sempre più profondo e intenso; Abby rise di gusto e sfuggí da quel contatto, rimanendo sotto di lui e guardandolo con spensieratezza. "Non vuoi proprio lasciarmi andare oggi, eh?". 
"Ti ho appena avuta, rossa. Non è facile per me permetterti di sgusciare fuori da questo letto". Edward sorrise e la guardò negli occhi, sfiorandole il viso e dandole un veloce bacio sul naso, per poi guardarla con aria più seria. 
Abby sorrise serenamente mentre lo spingeva via dal petto nudo con delicatezza, tornando a sedersi e scuotendo la testa mentre continuava a guardarlo nello stesso modo in cui avesse fatto la notte precedente. "Non uscirei dal tuo letto se non fosse per Mary, lo sai".
"Lo so, questo l'ho capito". Edward sospirò lentamente e le sfiorò la guancia con dolcezza, ed Abby si appoggiò alla sua mano mentre sentiva il cuore batterle più velocemente nel letto. "Ma non è comunque facile lasciarti andare". 
Abby sorrise e si morse il labbro inferiore mentre lo osservava sedersi al suo fianco ed intrecciare le dita alle sue, stringendola più vicina a sé; nei suoi occhi lesse tutto ciò che anche lei provasse e che avesse provato la notte precedente e prese un respiro lungo, avvicinandosi a Edward ancora una volta e baciandolo sentendo il respiro accelerato. 
Si allontanò dall'uomo con un sospiro, alzandosi e afferrando la sua giacca di pelle dallo schienale della sedia posta vicino ad un piccolo tavolo nella stanza di Edward, infilandola e lasciando cadere i lunghi capelli dietro le spalle. "Devo proprio andare adesso". 
Edward accennò un sorriso scontento perché sapeva di non avere alcuna possibilità di convincerla a restare e si diresse verso il suo armadio, estraendo ed indossando un paio di shorts grigi, e le si avvicinò ancora a petto nudo facendole segno di seguirlo, e per Abby fu molto difficile distogliere lo sguardo da quel corpo statuario. 
Le prese una mano fra le sue e la condusse nuovamente nel locale attraverso la scala interna che lo collegasse all'appartamento al piano di sopra, e Edward le aprì la porta del locale con una mano ed un grosso sorriso, seguendola poi fino alla sua auto. 
Le aprì lo sportello ed Abby stava quasi per entrare, quando Edward la trattenne per un braccio e la guardò nuovamente alla luce del sole sorto da poco, carezzandole una guancia. "Finirà quando andrai via da qui o hai intenzione di rivedermi?". 
Abby lo guardò per un lungo istante e una parte di sé avrebbe voluto dirgli che sarebbe finito tutto lì, che non volesse più vederlo, che non poteva e che non se la sentiva ancora, ma la ragazza gli sorrise felice ed annuì stringendo la sua mano. "Tornerò stasera, ok?".
Edward lesse la sincerità nel suo sguardo e annuì assumendo un'espressione più tranquilla, specialmente quando Abby lo spinse a chianarsi nuovamente su di sé per baciarlo con la stessa avidità della notte precedente; fece vagare le mani sul suo corpo e la spinse contro la portiera, baciandola con forza. 
"Non ti lascerò andare se continui a fare così, rossa". Edward sorrise contro le sue labbra quando si discostarono appena per prendere fiato e si guardarono negli occhi, e Edward fu sicuro che Abby sarebbe davvero tornata da lui. 
"Beh, conserva le tue energie per stasera allora, bartender".
La ragazza sorrise divertita e lo vide discostarsi quel tanto che bastava per guardarla meglio negli occhi, chiedendosi come avrebbe fatto ad aspettare che l'intera giornata passasse prima di rivederla ancora.
Le permise di entrare in auto e le chiuse lo sportello dopo averle rubato un bacio a fior di labbfa.
Poi le fece l'occhiolino e la osservò mettere in moto ed uscire dal posteggio, e Edward sospirò lentamente mentre la sua auto spariva nella strada. "A stasera, rossa".


Scese la grande scala del bunker con un sorriso sul viso sentendosi davvero piena di energie nonostante avesse dormito solo poche ore, e subito passò davanti alla grande sala comune che trovò vuota; camminò per il corridoio fino ad arrivare alla cucina, dove trovò Dean seduto sulla panca del tavolo che stesse raccontando l'ennesima favola alla piccola Mary per farle finire la colazione. 
Abby si sentí un po' dispiaciuta perché avrebbe voluto esserci quando sua figlia avesse aperto gli occhi quella mattina, eppure ci aveva messo tanto a tornare al bunker; si fece avanti all'interno della cucina schiarendosi la gola per farsi notare dalla bambina, che subito si voltò e sgranò gli occhi quando vide sua madre sorriderle.
Mary mollò la presa sul padre e corse nella direzione della donna, sollevando le braccia per essere presa ed iniziando a raccontarle tutto ciò che gli zii Sam e Dan le avessero insegnato nel week end che passò al bunker; Abby sorrise e la strinse più forte a sé, baciandole la tempia e sedendosi sulla panca opposta rispetto a quella di Dean, che le apparve appena più irrigidito quando la vide entrare. 
La donna continuò a far mangiare sua figlia tenendola sulle sue gambe e la strinse forte, raccontandola la vecchia favola del leone che suo padre Jack le raccontava quando anche lei fosse solo una bambina; presto la cucina si animò quando anche Sam e Dan vi entrarono e fu impossibile per Abby non notare gli sguardi che i tre ragazzi si stessero scambiando furtivamente. 
Sollevò un sopracciglio con aria indagatrice e si sollevò portando con sé anche Mary, avvicinandosi a Sam che fosse il più vicino e accennò un sorriso di cortesia quando porse la figlia fra le sue braccia, dicendo a Mary che lo zio Sam l'avrebbe portata a fare un bagnetto superdivertente e quando la bambina chiese di immergere anche le sue bambole, Abby vide Sam roteare gli occhi e sussurrare un piccolo ci risiamo
Aspettò che Sam portasse via Mary e alternò lo sguardo fra Dean e Dan, mettendo le braccia contro i fianchi e fissandoli con aria accigliata. "Beh? Che è successo ieri? Com'è andata all'inferno?". 
Dean sorrise amaramente e si voltò con il corpo verso Abby, in piedi vicino all'isola di metallo, e sollevò un sopracciglio appoggiando il gomito destro al tavolo e la guardava con aria accigliata e furente allo stesso tempo. "Se ti interessava così tanto, potevi venire ieri. Oggi è troppo facile presentarti qui e chiedere spiegazioni, non trovi?". 
Abby aggrottò subito le sopracciglia guardandolo con aria confusa e percependo della rabbia nelle sue parola, ma decise di non dargli peso e si voltò verso il fratello, chiedendo spiegazioni a lui. 
Vide Dan fare il giro attorno all'isola di metallo e appoggiarsi con i gomiti ad esso piegando la schiena, guardando la sorella con aria stranita. "Beh, le visioni di Sam non sono proprio state mandate da Dio..". 
Abby ascoltò molto attentamente l'aggiornamento del fratello, che le spiegò come Lucifer avesse architettato quel piano pur di uscire dalla gabbia per convincere Sam che fosse l'unico in grado di rinchiudere nuovamente l'Oscurità, e la ragazza scosse la testa perché era proprio tipico di Lucifer. 
Si morse il labbro e continuò a parlare con lui, sentendo come Sam fosse rimasto in gabbia per molto tempo con Lucifer per via di un accordo segreto fra Satana e Rowena, ed Abby non fu sorpresa neanche di questo, perché era tipico di Rowena trovare la creatura più potente e farsela amica. 
"Ma lui è rimasto in gabbia, giusto? Non c'è possibilità che Lucifer scappi da lì?".
"Resterà in gabbia fino alla fine dei tempi, decisamente non grazie a te!" esclamò Dean senza potersi trattenere, guardandola in cagnesco e fulminandola con lo sguardo. 
Prima ancora che Abby potesse guardarlo, si voltò verso il fratello per chiedere silenziosamente delle spiegazioni, ma vide come Dan sollevò le mani a mezz'aria e si tirò fuori dalla discussione scuotendo la testa, così Abby si trovò costretta ad incrociare lo sguardo furioso di Dean e sentí la rabbia montare dentro di lei, perché era lei a dover essere arrabbiata per ciò che avesse visto la sera precedente. "Ti sei svegliato con la luna storta oggi? Hai dormito male stanotte, mmh?". 
Dean sorrise amaramente e scosse la testa, continuando a guardarla storto come probabilmente non aveva mai fatto, lasciando che leggesse nel suo sguardo la delusione e l'assoluta rabbia nei suoi confronti mentre si alzava e raggiungeva la porta. "Beh, sicuramente la notte che hai passato tu è stata molto più piacevole della mia". 
Abby lo vide uscire dalla cucina e sparire nel corridoio e subito sgranò gli occhi, guardando il fratello che teneva lo sguardo basso: non c'era nessuno al mondo che conoscesse Dan come lei, così Abby lo guardò seria e assottigliò gli occhi afferrandolo dal braccio e costringendolo a parlare. "Dimmi subito che è successo!".
Dan sollevò lo sguardo verso il suo e sospirò, passandosi una mano fra i capelli scuri e facendo spallucce; non spettava a lui dire alla sorella ciò che fosse accaduto la notte precedente, né il modo in cui Dean fosse rincasato al bunker e avesse svegliato tutti fracassando una sedia contro il muro della sala comune perché non ragionava più. "Abby ti sei cacciata in un bel guaio stavolta e non ho idea di come potrai tirartene fuori, sorellina". 
"Che vuol dire? Che è successo?". 
Dan la vide sgranare gli occhi e stringere la presa sul suo braccio, così sospirò e fece nuovamente spallucce. "Ieri sera eravamo tutti preoccupati perché non rispondevi al telefono e Dean aveva paura che ti fosse accaduto qualcosa, che Amara ti avesse presa in qualche modo, ed è venuto a cercarti: ha seguito il GPS del tuo telefono ed è arrivato nel bar del tuo amico Edward e lui.. Dean vi ha.. visti. E quando è tornato qui era sconvolto".
Come se si trattasse di una molla, Abby schizzò immediatamente in mezzo al corridoio senza neanche rendersene contro mentre la forte rabbia cresceva dentro di lei, e si mosse velocemente fino a raggiungere la sala comune mentre sentiva il cuore battere velocemente nel petto, un po' per l'ira e un po' perché l'ultima persona che avrebbe dovuto scoprire ciò che avesse fatto la notte precedente era proprio Dean. 
Vide il ragazzo seduto a capotavola proprio sotto la scala di ferro battuto mentre sfogliava qualche articolo sul suo portatile alla ricerca di qualche fatto strano che potesse attirare la sua attenzione; Abby non ci pensò due volte prima di strattonarlo con forza fino quasi a fargli cadere il computer a terra, se solo Dean non lo avesse afferrato in tempo. 
"Come ti sei permesso a seguirmi?!". 
Il ragazzo la guardò e vide dentro di lei la stessa furia che ardesse dentro di lui e si ritrovò a stringere forte i pugni sentendo immediatamente la stessa voglia di spaccare ogni cosa che si fosse impadronito di lui quella notte quando fosse tornato al bunker. 
"Rispondimi!" esclamò Abby in preda furia alla cieca, scavalcando la sedia e avvicinandosi a lui per spintonarlo direttamente sul petto, facendolo indietreggiare con forza. 
"Non ti ho seguita: ti stavo cercando, ero preoccupato. Ma devo essermi preoccupanto per niente, dato come te la stavi spassando!" esclamò Dean smettendo di guardarla in cagnesco e ferendola con lo sguardo, perché prese a guardarla con una forte e sprezzante indifferenza. 
Abby sentí gli occhi pizzicare e ricacciò indietro le lacrime, stringendo forte i pugni e trattenendosi dal colpirlo dritto in viso perché non riusciva a sopportare che proprio lui parlasse in quel modo con lei; gli puntò un dito contro e lo fulminò con lo sguardo. "Vieni a farmi proprio tu questo discorso? Volevi solamente aggiungere una divinità alle tue conquiste oppure era solo l'ennesimo modo per ferirmi?". 
Un milione di pensieri iniziarono ad affollare la mente del ragazzo, specialmente perché in quel momento avevano ancora tantissimo lavoro da fare e l'Oscurità da rimettere in gabbia, ma rimase in silenzio per un lungo istante mentre iniziò a formulare un'idea che lo spiazzò e lo costrinse a guardarla con aria scioccata. "Sei stata a letto con il tuo amico barista perché mi hai visto baciare Amara?". 
La bocca di Abby si spalancò per dire un immediato e forte no, perché Edward le piaceva e le stava dando una mano a ricominciare, ma la ragazza rimase in silenzio a fissare gli occhi di Dean che la stavano studiando e stavano cercando di capire dove dimorasse la verità, ma Abby si sottrasse presto a quel contatto abbassando lo sguardo; scosse la testa e si voltò pronta a lasciarlo lì senza una risposta perché non voleva affrontare quell'argomento con lui senza averlo prima chiarito con sé stessa, ma presto la presa ferrea di Dean sul suo polso la fece desistere dall'allontanarsi, specialmente quando gli intimò con tono veramente alterato e perentorio di rispondere alla sua dannata domanda.
Abby si liberò dalla sua presa e lo guardò in cagnesco mentre avvertiva i suoi occhi diventare sempre più lucidi e avvertiva la sua voce tirarsi sempre di più. "No, Edward mi piace davvero. Ma vederti baciare Amara dopo che neanche quarantotto ore prima avevi detto di amarmi ancora, mi ha incentivata a decidere di andare avanti". 
Dean indugiò per dei lunghi istanti nei suoi occhi arrossati e presto la sua maschera di indifferenza crollò a tal punto che fu costretto a distogliere lo sguardo e a voltarsi; si lasciò scappare una risata nervosa e si passò l'indice ed il pollice della mano destra agli angoli delle labbra, scuotendo la testa e sospirando rumorosamente. 
"Non l'ho baciata perché lo volevo, ma perché dovevo" disse Dean scuotendo la testa ancora una volta e prendendo un lungo respiro per placare il cuore che battesse più veloce nel suo petto, e si voltò lentamente fino ad incrociare nuovamente il suo sguardo confuso e che non capiva cosa stesse dicendo. "Amara può leggermi nella mente e tutte le volte che l'ho vista ho sempre tirato su un muro dentro di me, dietro cui ho nascosto te e Mary perché non volevo che lei sapesse di voi, volevo proteggervi. Ma ieri mi ha baciato e io ho visto l'occasione per tentare di ucciderla con la Lama angelica. Se tu fossi rimasta ad osservare per qualche altro secondo mi avresti visto pugnalarla a morte, se solo la Lama non fosse stata inutile con una creatura come lei".
Abby rimase frastornata da quelle parole, guardandolo con aria confusa e spaesata mentre sentiva il pavimento crollarle sotto i piedi; vide la sua espressione piegarsi in un sorriso divertito, come a dirle che quella fosse l'ennesima dimostrazione dell'enorme scherzo cosmico che la fosse la sua vita. "Tu ci stavi proteggendo?". 
"Andiamo, dopo tutti questi anni non hai capito che agisco unicamente per proteggere la mia famiglia?" chiese Dean retoricamente allargando le braccia e sospirando, voltandosi nuovamente verso la parte opposta pur di non vedere più il senso di colpa nascere nei suoi occhi. "Comunque ho fallito, perché Amara è riuscita a buttare giù il muro e adesso sa di voi, quindi è stato tutto inutile". 
Abby rimase interdetta per qualche secondo, puntando il suo sguardo sulla sua schiena e sentendosi così piccola e cattiva in confronto a lui; si spazzò via le lacrime dalle guance e scosse la testa, tirando su con il naso mentre si chiedeva cosa avrebbe potuto fare a quel punto. "Che vuol dire che ti legge nella mente?". 
Dean si voltò a guardarla con aria perplessa, perché non riusciva a credere che le uniche parole che le fossero uscite dalla bocca fossero proprio quelle; avrebbe apprezzato sentirle pronunciare delle scuse per aver pensato che proprio lui avrebbe abbandonato suo fratello da solo all'inferno con Rowena e Crowley solamente per avere la possibilità di stare con Amara, anche se non avrebbero potuto far cambiare assolutamente nulla. 
Scosse la testa e sorrise amaramente, sospirando ed incrociando le braccia al petto mentre rimaneva a distanza. "Lo sai: io e lei siamo collegati per via del Marchio e qualsiasi cosa io senta per te, lei la proietta su di me". 
Abby strinse la mascella mentre sentiva il suo sguardo pesare come un macigno e infierire su di lei, sentendosi piccola come una bambina; lo vide fare qualche passo verso di lei avanzando lentamente, mentre la osservava con aria sinceramente dispiaciuta perché un po' Dean sentiva che le cose fra loro fossero precipitate anche per la sua mancanza di comunicazione. 
Probabilmente se non avesse tenuto per sé il suo piano, la situazione avrebbe preso una piega diversa. 
La guardò con insistenza e sospirò rumorosamente mentre sentiva uno strato lucido apparire sui suoi occhi, e subito Dean distolse lo sguardo scuotendo la testa. "Potevi scegliere se venire qui e arrabbiarti a morte con me e ricevere una spiegazione, oppure andare dal tuo amico Edward e divertiti un po'. Ma suppongo che tutto questo non abbia più importanza, giusto? Hai già fatto la tua scelta, Abby". 
La sorpassò senza aggiungere altro o aspettare che la ragazza potesse mettere in fila i suoi pensieri confusi e trovare le parole per controbattere, e si diresse a grandi passi verso il corridoio alle sue spalle per raggiungere suo fratello e Mary, cercando di scrollarsi di dosso la sensazione che fosse tutto andato a rotoli sotto il suo stesso sguardo. 
Furono inutili i richiami da parte di Abby, che gli chiese di aspettare e che non avessero finito di parlare perché Dean si rese sordo a quei richiami, ormai troppo stanco e deluso anche solo per poter continuare il discorso, lasciando Abby da sola in quella stanza a riflettere sulle scelte che avesse fatto. 


La notte buia veniva illuminata dai lampioni sul ciglio della strada mentre la sua auto azzurra masticava i chilometri ad una velocità moderata, dato che Abby aveva smesso di schiacciare il piede sull'acceleratore da quando avesse avuto Mary, guidando con cautela per proteggerla al meglio; guardò lo specchietto retrovisore ed accennò un sorriso amorevole verso la sua bambina, che dormiva beata sul seggiolino con la cintura ben salda sul petto. 
Tornò a guardare la strada con aria stanca e più seria, e si ritrovò a sospirare rumorosamente pensando che si fosse cacciata in un grosso guaio e che non aveva la più pallida idea di come rimettere le cose a posto, non quella volta. 
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dal suo cellulare che prese a squillare ed Abby sospirò rumorosamente, chiudendo la chiamata di Edward pensando di essere davvero una grande stronza e che probabilmente avrebbe fatto meglio a lasciarlo andare per non coinvolgere anche lui nella sua vita incasinata. 
Spense il telefono e lo lasciò scivolare all'interno della sua borsa posta sul sedile passeggero, accendendo la radio e mettendola ad un volume basso per non svegliare la sua bambina, mentre ascoltava il suo respiro pesante e ripensava ciò che fosse accaduto qualche ora prima di lasciare il bunker, quando aveva bussato alla porta della camera che una volta condivideva con Dean; lo aveva visto irrigidirsi quando l'aveva vista sulla soglia e capì che da lì a poco le avrebbe detto di non volere parlare con lei e di andarsene, così Abby sospirò e rimase sulla soglia della porta guardando con il viso corrucciato. 
"Volevo solamente dirti che porto Mary a casa: domani c'è la scuola e ha bisogno di dormire"
Dean strinse gli occhi appena e si passò indice e pollice sugli occhi mentre sospirava, ricordando solamente in quel momento che il weekend fosse volato così velocemente e che avesse avuto davvero troppo poco tempo da passare con la sua bambina; si avvicinò al tavolo dietro alla porta, versandosi un po' di Whisky in un bicchiere e prendendone un lungo sorso, per poi notare che Abby fosse rimasta alla porta ad indugiare con lo sguardo su di lui. "C'è altro?". 
"Dean, noi.." aveva iniziato Abby sospirando e provando a fare un passo avanti, guardandolo con aria confusa e triste, ma venne presto zittita bruscamente. 
"È meglio che tu parta adesso se non vuoi incontrare traffico" aveva detto il ragazzo infilando la mano sinistra nella tasca anteriore dei suoi jeans, mentre teneva la destra a mezz'aria con il bicchiere fra le dita e la guardava con uno sguardo eloquente. 
Abby era rimasta a guardarlo per qualche altro secondo, poi sospirò rumorosamente davanti alla sua fermezza abbassando lo sguardo e scuotendo la testa, facendo un passo indietro e chiudendo la porta della stanza con un grosso nodo in gola; sospirò mentre camminava lenta attraversando il corridoio, fino a giungere nella sala comune dove trovò Mary addormenta fra le braccia di Sam, che la guardava e sorrideva come mai lo avesse visto fare. 
Si avvicinò in silenzio e gli sfiorò la spalla, dicendo a tono basso che lei e la piccola stessero andando via, osservando il cambiamento di espressione nello sguardo di Sam, che annuí un po' più serio; l'accompagnò fino alla sua auto sistemando la piccola sul suo seggiolino sul sedile posteriore e prima di andare, Sam si soffermò a stringere Abby in un forte abbraccio di incoraggiamento lasciando intendere che sapesse cosa fosse successo e che gli dispiaceva. 
Ma fra loro era sempre stato così: Sam non aveva mai voluto essere coinvolto nelle liti fra la ragazza ed il fratello, non si schierava da nessuna delle due parti. 
Eppure quella volta Sam sapeva che Abby fosse rimasta particolarmente ferita, così cercò di tirarla su e di infonderle un po' di coraggio depositandole un bacio fra i capelli. 
La vide entrare in auto e lei gli aveva sorriso debolmente, mentre accendeva il motore ed usciva dal garage del bunker.
Abby non ci aveva messo molto ad arrivare a casa, eppure adesso che avesse appena posteggiato nel suo vialetto sgranò gli occhi e si chiese quante altre sorprese le avrebbe riservato quella giornata, ringraziando che mancassero poche ore al suo termine. 
Vide la Jeep verde a motore spento con dentro Edward che l'avesse subito notata arrivare e Abby sospirò, scuotendo la testa; prese un lungo respiro incrociando il suo sguardo e scese dalla sua auto solamente dopo aver controllato che Mary dormisse ancora e si morse la lingua, chiudendosi lo sportello alle spalle con delicatezza e avvicinandosi al ragazzo. 
Si fermarono a pochi passi l'uno dall'altra e si guardarono, ed Abby capì subito che Edward fosse a metà tra l'essere infastidito ed il preoccupato.
"Allora stai bene! Non rispondevi e pensavo che.. Sai, con questa storia dell'Oscurità credevo che ti fosse accaduto qualcosa. Ma stai bene, quindi eri così indaffarata al bunker da non trovare il tempo di rispondere ad una delle chiamate che ti ho fatto oggi". 
Si, pensò Abby, la preoccupazione aveva decisamente lasciato spazio alla rabbia. 
Abbassò lo sguardo per qualche secondo sorridendo amaramente perché non c'era una persona che non fosse stata arrabbiata con lei durante quella giornata, ma presto tornò a guardarlo. 
"Quando diavolo imparerete che se non rispondo al telefono, non sono necessariamente un pericolo di vita?".
Edward sollevò un sopracciglio ed allargò le braccia davanti a quella risposta poiché non l'aveva capita fino in fondo, ed Abby scosse la testa accennando un sorriso amaro. 
"Lascia stare. Devo mettere Mary a letto, vuoi entrare?". 
Edward non disse nulla e la superò per dirigersi verso la sua Hyundai, aprendo lo sportello posteriore ed iniziando a liberare il corpicino della bambina da tutte quelle cinture di sicurezza, e sorrise mentre la guardava così inerme fra le sue braccia; si chinò per stringerla forte al petto e Mary subito si adagiò su di lui mentre ancora dormiva, e Edward la teneva stretta a sé saldamente mentre si avvicinava alla veranda in legno dove vide Abby aprire la porta di casa. 
Edward non ebbe bisogno di indicazioni dato che avesse già passato tanto tempo nella sua casa, e prestò salì le scale in autonomia mentre Abby lo seguiva fino ad arrivare alla camera rosa e piena di giocattoli di Mary, dove Edward la stesse già sistemando nel suo letto e le avesse appena rimboccato le coperte sorridendo teneramente. 
Abby passò una mano sul viso della figlia e le schioccò un forte bacio, sorridendo brevemente per poi uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle, tornando a sentire lo sguardo arrabbiato di Edward su di sé: riuscì a guardarlo per qualche istante, poi abbassò lo sguardo colpevole e si diresse al piano di sotto senza dire una parola. 
Entrò in cucina per prendere una bottiglia di Scotch dalla mensola più alta per non farvi arrivare Mary e prese due bicchieri, riempiendoli fino a metà dato che aveva davvero bisogno di un po' di coraggio liquido in quelle circostanze; vide Edward entrare nella stanza e subito sospirò facendo scivolare il suo bicchiere lungo l'isola di marmo nella sua direzione, accennando un sorriso, ma vide il modo in cui l'uomo non si sporse neanche per prenderlo. 
"Senti, mi dispiace di non essere venuta stasera al tuo locale, ok? Sono stata impegnata, sai che la mia vita è incasinata!" esclamò Abby divenendo più seria e sospirando, scuotendo la testa e mandando giù un po' del contenuto del suo bicchiere. 
Edward fece un passo avanti e si sedette sullo sgabello opposto a quello di Abby, proprio davanti a lei per poterla guardare meglio negli occhi e stavolta la ragazza non si sottrasse da quel contatto visivo; pochi istanti dopo l'uomo afferrò il suo bicchiere e mandò giù un po' di Scotch, scuotendo la testa e sospirando. "Non rispondevi. Ho preferito pensare che tu fossi in pericolo piuttosto che ti fossi pentita, che ti fossi accorta di aver fatto uno sbaglio la scorsa notte". 
La ragazza sospirò sentendo il dispiacere nella sua voce e scosse la testa, passandosi una mano sul viso con una grossa confusione nella mente, e appoggiò i gomiti all'isola di marmo inarcando la schiena e giocando con il suo bicchiere facendo oscillare il liquido all'interno, per poi tornare a fissarlo. "È possibile che io abbia agito spinta da impulsi sbagliati, ma non mi pento di quello che è successo fra noi. Tu mi piaci davvero tanto Ed, dico sul serio: quando stiamo insieme mi sento felice come mai, ma..". 
"Ma cosa? È Dean, è questo il problema?" chiese Edward a tono basso e relativamente calmo tanto da far aggrottare le sopracciglia alla ragazza che rimase interdetta per qualche secondo. "Io lo so che una parte di te lo ama ancora, lo so che avete una figlia e questo vi lega, ma da quando ti ho conosciuta ti ho sempre vista sgobbare per toglierlo dai pasticci, ti ho visto quasi morire pur di aiutarlo". 
Abby sollevò un sopracciglio sentendosi immediatamente tirata in causa e lo fulminò con gli occhi, sentendosi ancora troppo suscettibile per la storia del Marchio. "Tu non sai tutta la storia, Ed: lui è finito nei guai per proteggere me e Mary, lui fa sempre così. Il minimo che potessi fare era proprio aiutarlo ad uscirne!". 
"Ok, mettiamo che sia così! Ma non mi avresti baciato qualche mese fa in quel motel se fossi stata davvero felice di stare con lui, non avresti trascorso la scorsa notte insieme a me se avessi avuto ancora il minimo dubbio sulla vostra relazione.." sussurrò Edward sollevando le mani a mezz'aria e guardandola con tutta l'aria di chi non la volesse attaccare ma di chi stesse semplicemente provando a ragionare e sospirò. "Ti è bastata una sola sera con me per tornare a sorridere: ti ho vista stamattina Abby. Tu sorridevi e non ti avevo mai vista così raggiante, quindi cos'è cambiato durante questa giornata?". 
Abby abbassò lo sguardo e sospirò, scuotendo la testa e avvicinando nuovamente il suo bicchiere alle labbra, sentendo quel liquido alcolico bruciarle nella gola e nel petto e avrebbe voluto scolarsi tutta la bottiglia per riuscire a smettere di pensare che le parole di Edward fossero tutte vere, ma poi tornò a guardarlo. "Dean ieri notte era al tuo locale: pensava che mi fosse accaduto qualcosa di brutto perché non rispondevo ed è venuto a cercarmi proprio mentre noi.. E ci ha visti. E l'ultima cosa che volevo fare era proprio ferirlo". 
Edward rimase per qualche secondo atterrito, senza dire una parola e rimanendo sconvolto dall'imprevedibilità degli eventi, sgranando gli occhi per la sorpresa perché davvero non si aspettava che la situazione potesse prendere quella piega inaspettata, ma scosse la testa e la guardò con aria seria e sicura di sé. "Mi hai detto quello che avete passato insieme, so quanto siete stati legati. Ma so anche che meriti di essere felice a prescindere dal ruolo che Dean occuperà nella tua vita, e sono sicuro che se lui fosse qui concorderebbe con me. Io potrò renderti davvero felice e proteggerò te e la tua bambina sempre, se me lo lascerai fare". 
Abby chiuse gli occhi e abbassò scuotendo il capo, mentre il cuore le batteva più forte e la confusione regnava nella sua testa, pensando a quanto le cose fossero più semplici circa undici anni prima, quando il suo unico problema era di non riuscire ad esprimere i suoi sentimenti con Dean.
Lo guardò negli occhi e sospirò rumorosamente, mordendosi il labbro inferiore con nervosismo. "Ho bisogno di un po di tempo per pensare, Edward. Non so davvero cosa fare e..". 
Iniziò a ridere divertito, scuotendo la testa e guardandola dritta negli occhi. "Sarà un problema, perché domani sera ti porto a cena fuori. Sai, il nostro appuntamento". 
"Il nostro appuntamento.." sussurrò Abby nascondendo il viso fra le mani e ridendo per il nervosismo. 
Lo sentí alzarsi e fare il giro dell'isola fino a raggiungerla ed afferrarla dai fianchi, sollevandola dallo sgabello per farla sedere sul marmo freddo e sorridendo mentre la guardava e le abbassava le mani dal viso. "Non faremo nulla che tu non sia davvero sicura di voler fare. Andremo a mangiare una pizza o del cibo cinese, o quello che vuoi, e poi ti riporterò qui, d'accordo?". 
"No" disse Abby aggrottando le sopracciglia e scuotendo la testa con aria fintamente arrabbiata mentre però sorrideva, sentendo le sue mani sui suoi fianchi e cercando di allontanare i loro visi perché se non si fosse controllata avrebbe passato la notte di nuovo in compagnia.
Ma Edward sorrise divertito e l'avvicinò di più a sé, carezzandole il viso con delicatezza e facendole l'occhiolino. "Andiamo, è l'unico giorno in cui Andy mi può coprire totalmente al locale. Ti passo a prendere alle 8, rossa". 
"Non mi senti? Ho detto di no!" esclamò Abby ridendo divertita, serrando le braccia al petto e scuotendo la testa, ma presto sentí Edward chinarsi su di lei ed annullare la distanza fra i loro volti depositandole un bacio sulla guancia e poi incrociando i loro sguardi mentre la teneva stretta ancora dai fianchi. "Questo è scorretto, Ed". 
"No rossa, non lo è. Questo sarebbe scorretto". L'uomo sorrise e si avvicinò di nuovo, prendendosi tutto il tempo necessario per baciarle le labbra con un bacio tutt'altro che casto e dolce, facendo scivolare le mani sul suo corpo e stringendola in un forte abbraccio, mentre sentiva Abby ricambiare ogni suo singolo tocco e bacio, avvertendo il modo in cui prolungasse quel contatto per non lasciarlo andare.
Dopo interminabili secondi allontanarono di qualche centimetro i loro visi e si guardarono negli occhi rimanendo in silenzio per qualche istante.
E di nuovo Edward aveva preso il suo cuore che si era scheggiato ancora una volta al bunker, e aveva rimesso insieme i pezzi. 
Facendola sentire esattamente come quella mattina, quando si era svegliata fra le sue braccia. 
Edward le sorrise dolcemente e le sfiorò il volto con entrambe le mani, non riuscendo a fare a meno di pensare a quanto la ragazza fra le sue braccia fosse bella ed a come gli avesse completamente stravolto la vita. "Ci vediamo domenica sera, che il mondo possa cascare o no". 
Abby lo guardò affascinata per qualche momento perché doveva ammettere che Edward non assomigliasse a nessun tipo di uomo che avesse mai frequentato, e si morse il labbro mentre lo sentiva sfiorarle la guancia e farle l'occhiolino; Abby sospirò rumorosamente annuendo e contro ogni logica si sporse quel tanto che bastasse per baciarlo ancora, mentre il suo cuore batteva all'impazzata nel suo petto e sentiva le mani di Edward scendere fino ai suoi fianchi per sollevarle la maglietta e stringerla direttamente dalla pelle. 
Mise una piccola distanza fra di loro e gli sorrise con felicità, per poi spintonarlo dal petto in modo giocoso e scuotendo la testa con aria fintamente irritata, nonostante il suo unico desiderio fosse quello di attirarlo di più a sé per riprovare le stesse sensazioni della notte precedente. "Adesso devi proprio andare, bartend".
Edward annuí e senza aggiungere altro si chinò a baciarla per l'ultima volta con dolcezza, ma dopo poco si allontanò e le sorrise teneramenre mentre usciva dalla sua cucina fino a dirigersi all'ingresso per uscire dalla casa, raggiungendo così la sua auto ed accendendo il motore, sorridendo di cuore mentre partiva per dirigersi verso il suo bar. 


"Devi scegliere: puoi essere felice con Edward, che mi è sembrato davvero molto preso da te quando sei finita in ospedale, oppure cercare un modo che ti faccia perdonare da Dean, ma senza avere la garanzia di come finirà. Insomma sai quanto io gli sia affezionata, ma la vita con lui è sempre altalenante". 
Abby aggrottò le sopracciglia e guardò Silver con aria confusa, stupendosi della tranquillità con cui stesse parlando di un argomento così delicato mentre sceglieva dal suo armadio i vestiti che sua sorella avrebbe indossato quella sera per l'appuntamento con Edward; Silver osservò un vestito bianco piuttosto bello che Abby tenesse nel suo guardaroba, stupendosi del fatto che non glielo avesse mai visto indossare e la guardò con un sopracciglio alzato come a giudicarla male, perché se non lo avesse messo sua sorella maggiore quella sera Silver lo avrebbe portato con sé. 
"Parli come se fosse facile! Insomma io e Dean abbiamo un passato travagliato, con Edward invece è tutto nuovo, fresco e così dannatamente romantico".
Silver roteò gli occhi dato che ne stavano parlando ormai da una buona quindicina di minuti e le avvicinò al vestito al corpo per vedere come risultasse appoggiato su di lei e fece un largo sorriso, trovandola splendida, ma poi intercettò lo sguardo severo della sorella e sospirò. "Ok, hai detto che Ed ti piace ma che Dean è la persona che probabilmente amerai per sempre, ma come fai a sapere che Edward non possa farti innamorare perdutamenre e non possa avere un'influenza positiva su di te? Potrebbe tornare a farti sorridere sorellina, togliendoti questo broncio perenne che hai messo su da un paio di mesi! E poi a Mary piace tanto, non fa altro che dirmi quanto si diverta con l'amico della mamma". 
Abby sorrise e sbuffò sedendosi sul letto della sua stanza mentre si soffermava a guardare il pavimento sentendosi confusa su come avrebbe dovuto agire, e sentí la sorella minore lasciare perdere la scelta dell'outfit e sospirare prima di sedersi accanto a lei, piegando sul suo ventre il vestito bianco che avesse eletto come vestito della serata. "A me piace Edward: è così premuroso e ti guarda.. Come se fossi la cosa più preziosa ed importante della sua vita. Ma Dean, lui è l'amore della tua vita e se sei così indecisa, probabilmente non dovresti uscire con Edward stasera".
Abby la guardò immediatamente stupendosi delle sue parole e sospirò, portandosi le dita alle tempie e massaggiandole con delicatezza per far passare quel mal di testa che martellava incessantemente facendola soffrire. "Lo so, ma quando sono con Edward ho sempre la sensazione che nulla di brutto potrà succedere nella mia vita. E ogni volta che il mio cuore si spezza.. lui lo ripara. Non so come spiegartelo, Silver". 
La minore le passò una mano sulla schiena, ignorando il telefono che avesse preso a vibrare nella sua borsa perché per qualche ora Matthew sarebbe riuscito a gestire il piccolo Nathan senza di lei, e Abby appoggiò la testa sulla spalla della minore, che la vide così triste e indecisa. 
"Affronta una cosa per volta, ok? Esci stasera con Edward e non pensare a domani: cerca di capire cosa provi davvero per lui e riparti da quello, va bene?". 
Abby la guardò per qualche istante ed annuí con un sospiro, abbassando lo sguardo sul vestito che ancora Silver stringesse e vide il modo in cui sua sorella minore fece un grosso sorriso, intimandole di prepararsi perché altrimenti avrebbe fatto aspettare Edward. 
Silver si affrettò a far correre sua sorella sotto la doccia, pensando che fosse davvero tardi e che in soli quindici minuti avrebbe dovuto fare una sistemata al viso della sorella, dato che delle grosse occhiaie le cerchiassero gli occhi per via delle poche ore di sonno, e presto la fece vestire e la truccò, sistemandole i capelli e mettendole degli orecchini che probabilmente Abby non avrebbe mai scelto, facendo quasi sentire a disagio fin quando la ragazza si guardò allo specchio e sgranò gli occhi trovandosi davvero incantevole: il vestito bianco che fosse molto aderente sul busto terminava con una grossa gonna larga, indossava degli stivaletti neri con un leggero tacco che la slanciassero, facendo apparire la sua figura più esile di quanto in realtà non fosse, il trucco aveva disteso il suo viso adornato con dei ciuffi di capelli che ricadessero sul suo collo, mentre gli altri erano legati in una lunga treccia rossa. 
Non ebbe il tempo neanche di dire quanto fosse stupita di quel cambiamento, che sentí il campanello suonare tre volte di seguito e si ritrovò a sgranare gli occhi sentendo lo stomaco rigirarsi per il nervosismo, provando la sensazione di non volere più lasciare la sorella perché se la stava facendo sotto e non voleva più uscire. 
Lo sguardo severo di Silver la fulminò, facendole capire che non fosse uscita con i suoi piedi probabilmente l'avrebbe trascinata fuori di peso, così Abby prese un respiro profondo e si diresse verso la porta d'ingresso dopo aver dato un bacio sulla fronte di Mary, che stesse giocando con le sue bambole sul divano del salotto. 
Aprí la porta con titubanza e cercò di sorridere e mostrare la propria felicità, quando il fiato le si spezzò e pensò che il sangue le si fosse seccato nelle vene tutto in un istante, quando al posto degli occhi nocciola di Edward incontrò quelli verdi di Dean. "No, tu non dovresti essere qui. Che è successo?". 
"Stai bene? Mary mi ha chiamato dicendo che non stavi bene e io sono subito corso qui e.." iniziò a dire Dean tutto d'un fiato mentre la osservava dalla testa ai piedi, sgranando gli occhi e guardandola con aria spaventata, quando le parole gli morirono in bocca e si ritrovò a notare quel vestito bianco che conoscesse perfettamente, serrando subito la mascella. "Stai andando ad un appuntamento?". 
Abby deglutí a fatica mentre osservava con aria sconvolta il suo sguardo accusatorio che improvvisamente passò dall'essere preoccupato ad essere furioso, e aggrottò le sopracciglia. "Io.. Che vuol dire che Mary ti ha chiamato?". 
"Papà!!". 
La piccola Mary mollò le sue bambole e sfuggì alla presa della zia, correndo e sorridendo verso il padre per abbracciarlo forte, felice che fosse arrivato così velocemente dopo la sua chiamata e Dean istintivamente la strinse forte, mentre la bimba pressava il viso sul suo addome con una risata felice. 
Abby sgranò gli occhi e si piegò sulle ginocchia, sgranando gli occhi e strattonando la figlia per un braccio mentre la fissava con aria furiosa, e Mary abbassò lo sguardo iniziando a dondolare su se stessa sapendo di essersi cacciata nei guai. "Mary Athanasia, hai chiamato tuo padre dicendo che c'era un'emergenza senza neanche dirmelo?".
"Ho sentito che dicevi alla zia Silver che stavi male perché avresti voluto sistemare le cose con papà, così l'ho chiamato: non arrabbiarti con me mamma, pensavo che fosse la cosa giusta!". 
Abby rimase interdetta per qualche secondo quando sentí le braccia esili di sua figlia stringerle il collo, mentre udiva Mary iniziare a piangere in maniera incontrollata e scusarsi con la voce spezzata dai singhiozzi, dicendole ancora una volta che volesse solamente prendersi cura di lei come facesse Abby ogni giorno; la ragazza sospirò e ricambiò la stretta chiudendo gli occhi sentendoli pizzicare, pensando a quanto fosse commovente la sensibilità dei bambini. 
La sollevò fra le braccia e presto Mary le passò le gambe attorno al busto, continuando a piangere a dirotto mentre si nascondeva dietro alla lunga treccia che Silver avesse sapientemente annodato con cura e attenzione; Abby fece segno col capo a Dean di entrare e il ragazzo sospirò, seguendola fino al salotto dove la vide sedersi sul divano, e Dean salutò Silver con un gesto della mano. 
"Basta piccola mia, non piangere.." sussurrò Abby allontanando appena la bambina dal suo petto che si sedette sulle sue ginocchia e mostrò il suo viso arrossato dal pianto e dalle lacrime, piangendo a dirotto senza controllo. "Guardami, dai sù: un respiro dopo l'altro topina, dai".
Mary scosse vigorosamente la testa e strinse forte il vestito della madre, respirando più lentamente senza rendersene conto e calmandosi. "Non sono una t-topina..". 
"Oh, certo che lo sei: una topina dispettosa" aggiunse Dean sorridendo ed allungando le braccia verso la figlia per farla sedere sulle sue gambe, baciandola la guancia ancora bagnata dalle lacrime e facendole il solletico, sentendola ridere di gusto. 
Presto Abby e Dean spiegarono alla figlia che la parola emergenza poteva riferisi solamente ad un male fisico e la madre le spiegò che tutto ciò che le servisse per stare bene fosse proprio lei, e che avendola al suo fianco sarebbe stata bene, e nel dirlo Abby si ritrovò appoggiata alla spalla di Dean senza neanche rendersene conto, completamente vicina a lui mentre carezzava il viso della bambina.
"Papà può restare qui stanotte?". 
Subito Abby e Dean si scambiarono un'occhiata, leggendo uno negli occhi dell'altra dei sentimenti contrastanti e l'unico a prendere parola fu proprio Dean, che tornò a guardare Mary con un sorriso. "Ti farebbe stare meglio?". 
"Si papà, promettimi che resterai!". 
Dean guardò negli occhi verdi della sua bambina che si voltò a guardarla perché sapeva che l'ultima parola spettasse alla sua mamma, ed Abby sospirò accennando un grande sorriso carezzandole la guancia con dolcezza. 
"Certo, il tuo papà può restare quanto vuole qui con noi!". 
Mary si sporse per abbracciare entrambi e genitori e i due ragazzi la baciarono contemporaneamente, per poi voltarsi a guardare l'uno negli occhi dell'altra. 
Venne istintivo a Dean sfiorare la testa di Abby con una carezza gentile e dolce accennando un sorriso nella sua direzione, ed Abby si ritrovò a fare altrettanto. 
"Adesso è l'ora di andare a letto però, mostriciattolo.." sussurrò Silver avvicinandosi ridendo di gusto e afferrando la piccola fra le braccia con forza, che rise e si dimenò. "Dai un bacio alla mamma e uno a papà e andiamo di sopra!".
Mary li strinse nuovamente e li baciò, prima di essere portata via dalla zia al piano di sopra per essere messa a letto dopo aver lavato i dentini; Abby e Dean si scambiarono uno sguardo per un lungo istante, e Dean allungò una mano verso il suo viso per sfiorarle la guancia e non c'era più traccia della rabbia e della delusione che Abby avesse letto nel suo sguardo il giorno prima al bunker. "Mi dispiace di essere piombato qui e di aver rovinato qualsiasi cosa tu debba fare stasera". 
"No, dispiace a me di non avere controllato Mary a sufficienza" rispose Abby sospirando e scuotendo la testa, facendo appena spallucce mentre guardava nei suoi occhi verdi. 
Dean la guardò con aria seria studiando i suoi occhi mentre ancora le sfiorava la guancia, ma Abby si sottrasse da quel contatto visivo e prese la parola prima che l'uomo al suo fianco potesse fare qualche altra domanda. "Ci sono novità su Amara?".
Dean accennò un sorriso debole e face spallucce, mentre sospirava al solo pensiero di ciò che si fosse spinto a fare pur di raccogliere qualche informazione in più sull'Oscurità. "Ci stiamo lavorando".
Ascoltò le sue parole ed udí il suo tono strano della voce, conoscendolo benissimo: qualcosa lo preoccupava, lo teneva in tensione e non gli permetteva di agire lucidamente. 
Abby avrebbe voluto chiedere cosa ci fosse che non andasse più del solito, eppure per la prima volta era davvero fuori dai giochi almeno per metà. 
Non voleva essere nuovamente trascinata dentro. 
Con fatica sollevò lo sguardo serio fino ad incrociare quello di Dean che non l'avesse mai distolto da lei, e studiò i suoi occhi verdi che le confermarono che ci fosse qualcosa che non andasse. 
Non seppe dire se passarono solo una manciata di secondi o dei lunghissimi minuti, ma nessuno dei due disse più nulla e si limitarono a guardarsi con un sorriso sulle labbra. 
Dean si schiarí la gola e deglutí a fatica, mentre Abby strinse appena la mascella perché era davvero passato tanto tempo dall'ultima volta che lo avesse guardato in quella maniera. "Sei bella da spezzare il fiato con questo vestito". 
La ragazza sorrise imbarazzata ed abbassò nuovamente lo sguardo mordendosi il labbro inferiore, sentendo nuovamente il cuore battere così forte da quasi schizzarle fuori dal petto.
Forse era stato troppo duro con lei e forse le aveva fatto troppo male nel corso della loro relazione. 
Dean se ne rendeva conto solamente in quel momento, mentre indugiava sul suo viso con le dita con una carezza per poi scostarle i ciuffi ribelli che Mary avesse scombinato da quella treccia perfetta. 
"Che mi risponderesti se ti chiedessi di tornare al bunker?". 
Abby sollevò di scatto lo sguardo nella sua direzione, tradendo la sua sorpresa e guardandolo con aria dubbiosa mentre assottigliava gli occhi per leggere nei suoi se fosse un'idea buttata lì in un momento nostalgico o se fosse davvero ciò che volesse. 
"Si, insomma. È successa una cosa. Volevo dirtelo ieri, ma ero arrabbiato. Venerdì ho preso Mary a scuola e le maestre mi hanno trattenuto per parlarmi". 
"Certo che ti hanno trattenuto: provano a farsi notare da te dal primo giorno in cui Mary ha cominciato ad andarci" rispose di getto Abby sollevando un sopracciglio e guardandolo con aria infastidita perché non voleva sentire quei racconti, ma presto udì la risata di cuore di Dean che scosse la testa e si affrettò a spiegarsi. 
"Mary ha litigato con un bambino e lo ha spinto a terra: le maestre hanno notato dei comportamenti che sono riconducibili ad un improvviso cambiamento nella vita della bambina e l'unica cosa che è cambiata è che..". 
"..non vive più con i suoi genitori sotto lo stesso tetto, certo" disse Abby annuendo completando la sua frase, voltandosi nella sua direzione ed appoggiando il gomito sinistro alla spalliera del divano mentre sospirava. "Perché non me l'hai detto subito?". 
"Abbiamo avuto fin troppa carne sul fuoco, non trovi?" chiese Dean sollevando un sopracciglio per guardarla con aria più seria, soffiando aria dal naso al ricordo di Edward che la teneva stretta a sé ed Abby che lo baciava, ma cercò di rimuovere quei pensieri e sospirò. "Se tornassi al bunker forse Mary starebbe meglio. E sareste entrambe più protette, specialmente adesso che Amara sa della vostra esistenza".
Abby scosse la testa e sospirò perché per un momento aveva dimenticato dell'esistenza della sorella di Dio nelle loro vite e della maniera morbosa con cui si fosse attaccata a Dean, e strinse la mascella al ricordo del bacio che Amara e Dean si fossero scambiati, ma presto sentí le dita del ragazzo sollevarle il viso dal mento e tornare a guardarla negli occhi. "Allora cosa mi rispondi? Torneresti al bunker con me?". 
Abby lo guardò per un lungo istante negli occhi e strinse le labbra in una smorfia, perché sembrava l'idea migliore per risolvere tutti i loro problemi e per far sì che Mary non crescesse arrabbiata con il mondo, e che anzi fosse felice insieme ai suoi genitori, ma sospirò e scosse la testa mentre parlava con voce bassa. "Non so se ci riesco, Dean".
L'uomo la guardò per dei lunghi istanti e iniziò a riflettere su come un venerdì sera di qualche settimana prima, nel momento in cui avesse messo Mary a letto nella sua stanza nel bunker, sua figlia avesse iniziato a chiedere perché lei e la sua mamma non vivessero più insieme a lui, se avessero litigato come fanno i grandi, chiedendo con le lacrime agli occhi al padre di farle tornare perché le mancava passare tutti i giorni con loro e non voleva più continuare a stare lontano da loro. 
"Io voglio solamente tornare qui con la mia mamma e stare con te e con gli zii".
A Dean si era davvero spezzato il cuore in quel momento, perché sapeva che lui ed Abby stessero facendo del male alla loro bambina stando separati, e avrebbe voluto davvero dire a Mary che la vita degli adulti fosse molto diversa da quella dei che potesse immaginare e che non sempre era facile rimettere a posto le cose, ma invece si era ritrovato a promettere alla sua bambina che presto sarebbero tornati nuovamente tutti insieme. 
E adesso che Dean guardava Abby negli occhi perdendosi come sempre dentro quei pozzi azzurri, sapeva che anche la donna davanti a sé gli stesse velatamente chiedendo la stessa cosa; il loro sguardo divenne più intenso e improvvisamente nella mente di entrambi vi era posto solamente per tutti i ricordi positivi e belli, per le sensazioni piacevoli e felici provate insieme.
Senza accorgersene Dean si ritrovò a stringere appena più forte la presa su di lei, facendo salire la sua mano sinistra per tutta la coscia destra scoperta di Abby, e si chiese da quanto tempo la stesse toccando con un gesto cosi intimo dettato dall'abitudine, abbassando lo sguardo per osservare la sua stessa mano. 
Abby sgranò appena gli occhi quando si rese conto della sua mano ruvida a contatto con la pelle nuda della sua coscia che avesse scostato il suo vestito senza riflettere, e deglutí a fatica mentre lo vide tornare a guardarla con una strana espressione sul viso. 
Sarebbe bastato poco per avvicinarla di più a sé e trattenerla, impedendo che Abby potesse andare a quell'appuntamento, ma Dean si ritrovò a distogliere lo sguardo e a sospirare. "Dio, non riesco a.. Scusa, non dovevo toccarti così..". 
Abby rimase perplessa per qualche istante e sgranò gli occhi, specialmente quando lo vide alzarsi bruscamente e mettere maggiore distanza fra di loro, e la ragazza iniziò a pensare che quella reazione fosse la conseguenza di ciò che Dean sapesse fosse successo con Edward, ma si ritrovò palesemente nel torto quando il ragazzo si voltò nuovamente verso di lei. 
"Devo andare". 
"Perché? Hai promesso a Mary che saresti rimasto". 
Dean strinse la mascella e scosse la testa, mentre indossava di nuovo la sua giacca evitando accuratamente il suo sguardo. "Tornerò domani prima che si svegli". 
Abby aggrottò le sopracciglia e lo vide passarle davanti per raggiungere l'ingresso senza aggiungere una parole, e la ragazza schizzò in avanti appena in tempo per bloccarlo da un braccio, ma Dean non si voltò a guardarla. "Che è successo?". 
Strinse la mascella, scosse la testa: qualsiasi fosse stata la sua reazione, adesso non c'era più il Marchio da incolpare. 
C'erano solamente la sua rabbia e le delusioni accumulati in tutti quegli anni. 
Si voltò ad incrociare il suo sguardo confuso e Dean sospirò, allargando appena le braccia. "Ti meriti una persona come lui, Abby. Edward può renderti felice più di quanto io abbia mai potuto fare". 
"Questo dovrei deciderlo io, non trovi?" chiese Abby aggrottando le sopracciglia e lasciando la presa su di lui, allargando le braccia. 
Dean scosse la testa sorridendo nervosamente e stringendo forte i pugni, mentre si trovò costretto a distogliere lo sguardo e si chiedeva perché non riusciva mai a smettere di provare quei sentimenti verso di lei. 
"Sai che ti dico, Dean? Puoi portare Mary al bunker se ti va: oggi, domani, fra una settimana. Ma non tornerò mai lì, insieme a te". Abby lo guardò con aria perplessa mentre Dean si avviava a grandi passi verso la porta; la ragazza si sentí così infastidita che neanche provò a fermarlo, voltandosi dalla parte opposta per raggiungere il mobiletto bar che vi fosse nel piccolo salotto.
Dean si fermò con la mano a mezz'aria sulla maniglia della porta e si voltò ad osservare Abby che si allontanava a grandi passi, lasciando oscillare quel vestito bianco che Dean conoscesse a memoria perché glielo aveva sfilato almeno un milione di volte nella loro casa del Kentucky. "Forse mi sono espresso male prima, ragazzina. Ma quello che intendevo è che devi tornare al bunker anche tu". 
Abby mandò giù un lungo sorso di Bourbon che si fosse versata e si voltò verso di lui, reggendo con una mano il bicchiere mentre metteva l'altra contro il fianco. "Io devo? E vuoi dirmi come pensi di costringermi?". 
"Non fare la bambina! Amara potrebbe usarti come ostaggio e..". 
"Sempre meglio che passare ogni giorno in tua presenza!" esclamò Abby sovrastando il suo tono di voce, facendo dei passi avanti nella sua direzione senza neanche rendersene conto e avvertendo il cuore battere più velocemente nel petto per la rabbia. "Io non posso farlo, non posso vivere tutti i giorni con te!". 
"È una questione temporanea, finché non troveremo un modo per sconfiggere Amara! Metterai da parte la tua rabbia ed il tuo rancore per un po' e poi potrai anche tornare ad odiarmi!". 
"Odiarti..". Abby sgranò gli occhi ascoltando quelle parole e sentí gli occhi pizzicare, ma non voleva dargli quella soddisfazione così ricacciò le lacrime e mandò giù l'ultimo sorso di Bourbon prima di puntargli un dito contro. "Dio cosa darei per riuscire ad odiarti, ma non posso! Non ci riesco perché non posso smettere di amarti, non importa che tu sia un uomo che sta soffrendo o un demone che ha perso il controllo".  
Il campanello suonò proprio in quell'istante ed Abby abbassò subito lo sguardo pensando che Edward non potesse azzeccare momento migliore e si spazzò via dal viso le due singole lacrime che fossero scivolate sul suo viso per la forte rabbia; si avvicinanò all'ingresso per prendere la sua borsa a tracolla e la sua giacca leggera di cotone che Silver avesse scelto per lei, e gli passò accanto senza neanche rivolgergli uno sguardo. 
Dean la osservò infilare la giacca e sistemarsela addosso, portandosi la treccia sulla spalla destra ed osservando il suo riflesso sullo specchio posto all'ingresso prestando attenzione che le lacrime non avessero sciolto il trucco. 
"Abby, dico sul serio: devi tornare al bunker. Non posso proteggerti da Amara se siamo separati".
Lo sguardo glaciale che Abby gli riservò gli fece quasi accapponare la pelle, e Dean sospirò scuotendo la testa. 
Non si aspettò di vedere Abby fare qualche passo veloce per avvicinarsi nuovamente a lui e togliersi bruscamente la collana a forma di cuore blu che Dean stesso gli avesse regalato tanti anni prima. 
Gliela sbatté sul petto e lo guardò in cagnesco, sentendosi tremendamente furiosa con lui e con sé stessa: lo amava ancora nonostante tutto e sapeva quanto anche lui ancora l'amasse, ma non era disposto a darle ciò di cui avesse bisogno.
Tranquillità e serenità, un taglio alla caccia. 
"Se non fosse per Mary sparirei per sempre senza lasciare più traccia, pur di allontanarmi da te. La cosa peggiore che mi sia capitata nella vita è stata proprio innamorarmi di te, Dean".
Lo aveva ferito, lo lesse nei suoi occhi verdi che la guardavano con aria allibita per la sua reazione. 
Ma ad Abby non sembrava importare, dato il modo in cui lo stesse guardando.
Scosse la testa e si allontanò da lui per dirigersi verso la porta d'ingresso, mentre Dean stringeva fra le mani quella collana che era a tutti gli effetti il simbolo del loro amore. 
La vide aprire la porta e ricambiare l'abbraccio di Edward per ringraziarlo dei fiori che avesse comprato per lei e Dean la sentí ridere prima di chiudersi completamente la porta alle spalle per fare in modo che i due ragazzi non incrociassero lo sguardo, nonostante fosse sicuro che Edward avesse notato la sua Impala parcheggiata sul marciapiede opposto alla casa. 
Sentí il rumore della grossa Jeep di Edward rombare e li sentí allontanarsi senza che potesse fare nulla: sospirò e mise la collana a forma di cuore nella sua tasca, avvicinandosi al mobiletto bar e versandosi un lungo bicchiere di Bourbon. 
Portò il bicchiere alla bocca e si sedette sul divano, scuotendo la testa e pensando di aver appena commesso un grande sbaglio nel lasciare che Abby andasse via in quel modo, senza nemmeno provare a fermarla. 

 

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Capitolo 60
*** Capitolo 53 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 53




La luce filtrò dalla grande finestra presente nella stanza e colpí la sua schiena nuda, sfiorandole la pelle e scaldandola. 
Abby si stiracchiò sul letto e si chiese come mai non avesse sentito la sveglia, sicura che quella mattina avesse fatto più tardi del solito. 
Ma era così rilassata che non le importava neanche. 
E poi non c'era nulla di cui si dovesse occupare.
Allungò una mano dalla parte opposta del letto per cercare Edward perché aveva una voglia matta di riprendere dal punto in cui quella notte si fossero interrotti, ma sfiorò unicamente le lenzuola vuote. 
Abby si voltò e sollevò il viso alla ricerca dell'uomo con cui ormai dividesse il letto da qualche settimana, e si sedette sul materasso portandosi il lenzuolo al petto mentre sbatteva gli occhi per mettere a fuoco la stanza attorno a sé, ma di Edward non c'era alcuna traccia. 
Aggrottò le sopracciglia e raccolse la lunga maglia di Edward dei Led Zeppelin dal pavimento che le arrivasse a metà coscia e la indossò, affrettandosi a sollevare i lunghi capelli per farli scivolare sulla schiena. 
Uscì dalla stanza e raggiunse il salotto, ma lo trovò vuoto, silenzioso e ordinato. 
Abby si morse il labbro e decise che avrebbe cercato Edward solamente dopo aver bevuto almeno un bicchiere di latte freddo, ma roteò gli occhi e maledí se stessa per non aver messo il latte nel frigo. 
Così sospirò e aprí la porta dell'appartamento dopo aver indossato i suoi pesanti scarponi, scendendo al piano di sotto per frugare nel frigo della cucina e versarsi un lungo bicchiere di latte.
Attraversò la porta che l'avrebbe portata al locale che trovò già invaso dalla luce del sole, segno che le finestre fossero state aperte e che Edward fosse già sceso ad aprire il locale. 
Si avviò a grandi fino a giungere al bancone e aggrottò le sopracciglia per il silenzio tombale che iniziava ad incutere, rendendosi conto di non aver portato con sé neanche un'arma e di essere mezza nuda. 
Ma proprio quando stava per uscire a cercarlo fuori, lo vide perfettamente seduto a gambe incrociate sulle tegole del pavimento della sala più luminosa. 
Teneva gli occhi chiusi, le mani sulle ginocchia ed un'espressione serena sul viso, i capelli legati in un codino alto.
Se ne stava a petto nudo e con indosso dei pantaloncini neri, ed Abby indugiò con lo sguardo sul suo corpo scultoreo, frutto del duro lavoro. 
Nonostante fosse ancora distante da lui, Abby era perfettamente in grado di vedere le cicatrici sparse sul suo corpo: quella all'addome era sicuramente quella che aveva richiesto più tempo per sanarsi, sembrava essere stata fatta con un corpo sottile come una pallottola ma decisamente più devastante. 
Lasciò scivolare lo sguardo sulle braccia ed anche lì non si contavano neanche le ferite ormai rimarginate che avevano lasciato il segno sulla sua pelle. 
Si chiese quanta amarezza e sofferenza avesse dovuto ingoiare a forza per andare avanti, ed Abby sospirò appena: avrebbe voluto aiutarlo in qualche modo, fargli capire che avrebbe potuto parlarle e liberarsi di quel peso. 
Ma Edward era sempre molto riservato e criptico per quanto riguardasse il suo vecchio lavoro: le aveva raccontato tutto della sua vita, si era messo completamente a nudo per lei, eppure ogni volta che Abby faceva qualche domanda sulla sua vita da Marine, Edward si chiudeva a riccio e cambiava discorso. 
Abby aggrottò le sopracciglia e bevve un abbondante sorso di latte mentre lo osservava rimanere perfettamente immobile, tanto da sembrare una statua. 
Accennò un sorriso perché non sapeva che Edward fosse un tipo da meditazione e forse non lo aveva mai sentito sgusciare dal letto per farlo; non voleva disturbarlo, così si mosse il più silenziosamente possibile verso il bancone ed iniziò a frugare alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, tornando al frigo della cucina e trovandovi all'interno il cartone della pizza che fosse avanzata la sera prima, e gli occhi le si illuminarono per la gioia. 
Tornò nuovamente oltre il bancone, rimanendo a distanza da Edward per non infastidirlo ma sedendosi su una delle sedie e sollevando gli scarponi sul tavolo; aprí il cartone ed iniziò a mangiare la sua pizza, gustandola morso dopo morso forse con un po' troppa enfasi, dato il modo in cui Edward avesse aperto gli occhi e l'avesse guardata con un piccolo sorriso sulle labbra. 
"Non volevo disturbarti, scusami" disse Abby dopo aver mandato giù il boccone ed aver riso divertita, mentre l'uomo continuò con la sua meditazione. 
Finí il primo trancio di pizza e decise di mangiarne un secondo deliziandosi di quei sapori, per poi sollevarsi dalla sedia con aria innocente e raggiunse Edward che ancora cercasse disperatamente di ultimare ciò che considerasse la sua valvola di sfogo. 
Abby si sentí infastidita perché la stesse deliberatamente ignorando, così sorrise divertita e si chinò per abbracciarlo dalle spalle,  trovandolo sudato e subito capí che oltre alla meditazione, quella mattina Edward si fosse anche allenato. 
Sorrise divertita e si chiese dove trovasse tutte quelle energie. 
Edward aprì definitivamente gli occhi e sospirò rumorosamente, voltando il viso di poco verso di lei e sollevando un sopracciglio mentre la guardava fintamente in cagnesco. "Menomale che non volevi disturbarmi". 
Abby mise su un'espressione fintamente dispiaciuta, portandosi la mano destra alle labbra e guardandolo con aria desolata, ma durò solamente per un attimo dato il modo in cui scoppiò a ridere divertita. "Mi spiace, ma la voglia di infastidirti era più forte di me". 
Edward rise divertito e la prese fra le braccia, portandosela davanti e facendola sedere sulle sue gambe aperte, avvicinandola a sé dai fianchi. "Dovresti meditare anche tu, sai rossa? Ti rilasserebbe". 
Guardò nei suoi occhi sforzandosi di tenere un'aria seria, ma presto sorrise compiaciuta perché per la prima volta nella sua vita si sentiva davvero bene. 
Era già rilassata, sciolta, felice. 
Gli sfiorò il viso barbuto con una carezza e sollevò un sopracciglio guardandolo con aria di sfida. "Ho in mente altre idee per rilassarmi. Se sei fortunato ne condividerò con te una o due". 
Il sorriso di Edward si allargò pienamente mentre guardava nei suoi occhi azzurri e rise divertito, chinandosi a baciarle le labbra in maniera tutt'altro che casta ed Abby chiuse gli occhi e si lasciò trasportare, avvolgendogli le braccia al collo. 
"Andrew arriverà da un momento all'altro".
Aprí gli occhi nell'udire la sua voce profonda e rauca, ed Abby sentí il suo cuore battere più velocemente mentre lo guardava e si sentiva investita da una moltitudine di emozioni che non credeva avrebbe mai potuto provare per qualcuno all'infuori di Dean. "Beh, allora dobbiamo sbrigarci". 
Edward rise divertito e la sollevò di peso facendo ridere anche la ragazza che istintivamente si strinse più a lui, e l'adagiò sul bancone mentre si chinava su di lei a baciarla per poi lasciare vagare le mani sul suo corpo fasciato unicamente dalla lunga maglietta. 
Si affrettò a sbottonare i suoi pantaloni e sicuramente non avrebbero perso neanche un altro istante, quando Abby sentí Edward irrigidirsi sotto le sue mani e si staccò velocemente da lei.
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, mentre ancora entrambi avevano il fiato corto nato dal forte desiderio che provassero l'uno per l'altra e dai baci passionali che si fossero scambiati. "Che c'è?". 
Edward scostò il cartone di pizza in maniera arrabbiata, affrettandosi ad indicare degli opuscoli che vi fossero sotto. La guardò con sguardo accusatore e quando Abby capì a cosa si riferisse, sospirò e scosse la testa lentamente. "Ed, io..". 
"Come aiutare un veterano? I cinque consigli per alleviare i sintomi da PTSD". Edward lesse ad alta voce il titolo di quell'opuscolo e sgranò gli occhi sentendosi totalmente arrabbiato, guardandola con occhi sgranati e furiosi. "Credi che abbia bisogno di aiuto?!". 
Abby rimase immobile nonostante Edward avesse alzato il tono della voce fino a farle male ai timpani, e lo guardò con aria seria e labbra serrate; qualche giorno prima era rimasta da sola al locale poiché Andrew e Edward erano andati a sbrigare delle faccende con i fornitori, ed Abby aveva iniziato a sfogliare le pagine virtuali di alcuni giornali alla ricerca di qualche caso nelle vicinanze a cui dedicarsi che non richiedesse troppo tempo. 
Quando una pubblicità sull'arruolamento militare aveva attirato la sua attenzione ed aveva iniziato ad informarsi sempre di più, fino a mettersi in contatto con alcuni centri che aiutassero gli ex soldati che avessero combattuto per il Paese. 
"Si, Edward. Penso che tu sia una persona fantastica ed io amo stare con te, ma hai una grande rabbia dentro che certe volte ti annebbia la mente: ho visto il modo in cui blocchi le risse qui dentro e finisce sempre con te che prendi in pugni in faccia qualcuno perché non riesci a controllarti!". 
"Tu non hai la minima idea di che parli". L'uomo rise nervosamente e lasciò la presa su di lei e strappò gli opuscoli con un veloce gesto delle mani, allontanandosi da lei e vanificando tutti i progressi che avesse fatto con la meditazione quella mattina. 
Abby scese dal bancone e gli andò dietro, avvicinandosi a lui e prendendogli una mano per fermarlo. "Hai ragione: non ho nessuna idea di ciò che hai passato. Ma posso provare ad aiutarti se me lo permetti". 
"Smetti di parlare!". Edward si voltò a guardarla con aria ancora più furiosa rispetto a prima stringendo i pugni con forza, ed Abby era sicura che il suo cuore stesse battendo velocemente nel suo petto per l'agitazione e l'ansia: quel comportamento stonava parecchio con l'Edward sempre calmo e rilassato con cui ormai passasse tutte le sue giornate. 
Rimase immobile come a dimostrargli che non avesse paura di lui, dato il modo in cui fosse teso e sembrasse davvero una montagna da scalare, ed Abby gli prese una mano fra le sue accennando un sorriso. 
Gli si avvicinò e si portò la mano sulla guancia, sfiorandogli il braccio e poi la guancia mentre Edward continuava a guardarla con aria furiosa. "Va tutto bene". 
Ma l'uomo scosse la testa e non sciolse la sua espressione, rimanendo sempre contratto e molto teso; tirò via la mano dalla guancia morbida della ragazza, nonostante tutto ciò che volesse era rimanere insieme ad Abby e lasciarsi stringere in un abbraccio caldo. "No, non va bene per niente". 
Parlò con voce calma e pacata, scuotendo la testa e guardandola un'ultima volta negli occhi prima di superarla e dirigersi verso l'uscita. 
Abby lo osservò indossare una maglietta a mezze maniche e la sua giacca a vento, mettere le scarpe distrattamente e prendere le chiavi della sua Jeep, prima di uscire nel parcheggio pronto ad andare via lasciando la ragazza piena di rammarico a sospirare. 


Sorrise con una grande felicità mentre fissava lo schermo del suo telefono, sentendo il cuore battere molto velocemente nel petto. 
Dan le aveva appena mandato una foto di Mary che teneva il piccolo Nathan fra le braccia, mentre Silver stringeva la bambina. 
Abby sorrise e sfiorò lo schermo, sentendo però gli occhi diventare lucidi perché le dispiaceva terribilmente perdersi certi momenti importanti di sua figlia. 
Posò il telefono con un sospirò e pensò che presto il weekend sarebbe arrivato e sarebbe stato il suo turno di passare quei giorni con Mary. 
Si voltò con aria scocciata ad osservare i tanti cacciatori che avessero invaso il locale e avessero iniziato ad ordinare come se fossero dei selvaggi, è Abby osservò il modo in cui Andrew stesse provando a destreggiarsi fra i numerosi ordini e le varie richieste dei clienti, così si rimboccò le maniche e decise di fare il possibile per supportarlo. 
Iniziò a colmare bicchieri di birra e di qualsiasi cosa desiderassero i clienti, ringraziando di aver fatto quel tipo di lavoro quando era una ragazzina che le desse una certa scioltezza nel lavorare, mentre lanciava qualche occhiata di tanto in tanto in giro per il locale alla ricerca di Edward, che ancora non fosse tornato da quella mattina. 
"Voglio un Bourbon, subito". 
Abby incrociò lo sguardo di Andrew, che sollevò un sopracciglio nel sentire il tono imperativo che avesse usato Rose; le sorrise fintamente e le riempí il bicchiere con ciò che avesse ordinato, aspettando che pagasse prima di porgerglielo. 
Prese i soldi con un sorriso e li depositò in cassa, quando la donna dalla parte opposta del bancone si schiarí la gola e scosse la testa. "Non è quello che ti ho chiesto. Ho detto liscio, tu hai messo il ghiaccio". 
"No, non l'hai detto". Abby sollevò di nuovo lo sguardo verso di lei e la guardò con aria divertita, avvicinandosi in silenzio nella sua direzione e togliendo con le dita i tre cubetti di ghiaccio che avesse sprecato nel suo bicchiere con un gesto rozzo ma liberatorio, porgendole nuovamente il bicchiere come se nulla fosse. 
Non ascoltò nemmeno le sue lamentele e proteste, volgendo lo sguardo verso Andrew e facendo spallucce, mentre il ragazzo se la rideva e spariva in cucina. 
Si mise ad asciugare i bicchieri puliti dato che tutti i clienti avesse un bibita fra le mani, ed Abby si limitò ad aiutare come meglio poteva mentre la sua mente volgeva verso Edward e si chiedeva dove fosse e come stesse. 
"Tu ti credi perfetta, eh?". 
Abby aggrottò le sopracciglia e si voltò appena per capire con chi stesse parlando Rose, notando che il suo sguardo adirato fosse rivolto verso di lei; si volse completamente nella direzione della ragazza e mise le mani contro i fianchi, sospirando con un'espressione adirata. "Di che stai parlando?". 
Rose la guardò con grande ilarità, sorridendo e scuotendo la testa mentre ancora teneva fra le mani il bicchiere di Bourbon che avesse ordinato ma che non avesse ancora bevuto. "I cacciatori guardano a te ed ai tuoi amici Winchester con ammirazione: siete voi ad aver sconfitto Lucifer, a scongiurare un'Apocalisse dopo l'altra. Raccontano storie leggendarie, eppure si dimenticano di aggiungere che siete sempre stati voi quelli a causare ogni catastrofe che si è abbattuta su questo mondo". 
Scosse la testa e la guardò con enorme fastidio, voltandosi in silenzio per tornare nuovamente ad asciugare i bicchieri perché non aveva nessuna voglia di iniziare una conversazione insieme a lei.
Passò l'asciugamano all'interno del boccale quando sentí Rose ridere divertita alle sue spalle, ottenendo nuovamente la sua attenzione. "Chissà come reagirebbero tutti se sapessero la verità sull'Oscurità: sei stata tu a trovare l'incantesimo per liberarla, pur di togliere il Marchio di Caino dal tuo amore Dean". Rose abbassò il tono della voce quel tanto che bastasse per permettere ad Abby di sentirla, lasciando che per gli altri cacciatori la sua voce venisse sovrastata dalle note della canzone rock che qualcuno avesse messo al vecchio jukebox. "Chissà come reagirebbe Edward sapendo che rimani con lui solamente perché Amara e Dean hanno questo strano feeling che li unisce per via del Marchio".
Abby rimase sul posto immobile, in silenzio mentre sentiva il cuore accelerare e pompare tutta la sua rabbia in ogni fibra del suo essere; improvvisamente le mani iniziarono a pruderle e tutto ciò che avrebbe voluto fare Abby era proprio di togliere quel ghigno malefico e soddisfatto di Rose, che si scostò i capelli biondi sulla schiena e fece spallucce divertita. "E tu come sai tutte queste cose?". 
Rose sorrise più ampiamente e si morse il labbro inferiore, ridendo divertita mentre si prendeva gioco di lei con lo sguardo. "Perché ho cacciato in Ohio la settimana scorsa: le persone morivano per via di una maledizione, il bacio della morte. Ho incontrato Sam e Dean, ma non ti racconterò nulla su com'è andata la caccia perché sono sicura che presto saprai cos'è successo. Quello che non ti diranno è cos'è successo dopo la caccia". 
Abby sentí un nodo stringerle la gola mentre la sentiva parlare, perché anche se non conosceva la storia sapeva cosa stesse per dire Rose.
Istintivamente si portò le braccia al petto incrociandole sotto il seno, prendendo un lungo respiro mentre la esortava con glo sguardo a proseguire il suo racconto. "Dì quello che hai da dire e falla finita". 
Rose accennò un altro sorriso diabolico e divertito e fece spallucce, mordendosi ancora il labbro ed sporgendosi verso di lei sul bancone. "Diciamo solamente che Dean ha un problema con l'alcol: mi ha offerto da bere una, due, tre.. Non ricordo più quante volte. E mentre eravamo al bar e si sbronzava, mi ha raccontato così tante cose che.. Wow! Adesso ti conosco meglio di quanto pensi, Abigail Harrison. Dean mi ha raccontato le cose più interessanti su di te e su Mary, prima di sistemarsi i pantaloni mentre usciva dalla mia stanza e mi ringraziava perché non si divertiva così da anni. Chissà come reagirebbero i cacciatori se sapessero di Mary, della sua vera identità e di come lei..". 
La presa ferrea della mano destra di Abby si strinse attorno al collo di Rose, che cercò di parare quel colpo e di liberarsi, ma Abby era stata più veloce. 
Con la mano sinistra le bloccava le mani e con la destra le faceva mancare il respiro, avvicinandosi al viso della bionda mentre la guardava con gli occhi iniettati di sangue e l'aria più furiosa che avesse mai messo su. 
"Devi essere folle per aver provato a minacciarmi usando mia figlia". Abby strinse la presa sul suo collo e la vide dimenarsi agitata perché le mancava l'aria e non respirava più, mentre guardava nei suoi occhi con puro odio ed il chiacchiericcio attorno a loro si fosse drasticamente ridotto perché si erano tutti soffermati ad osservarle con aria incuriosita. "Puoi essere stata a letto con Edward quando non lo conoscevo e con Dean lo scorso weekend, questo non mi riguarda. Puoi odiarmi perché sono sempre qui con Edward. Ma non puoi nominare Mary in un bar pieno di cacciatori! Non devi mai più di parlare di lei, sono stata chiara?!". 
Rose cercò di liberarsi, di divincolarsi dalla sua presa ma la stretta di Abby era equiparabile a quella di una tenaglia stretta attorno al collo e più si muoveva, più lei stringeva. 
"Abby! Fermati subito!". La voce di Andrew alle sue spalle giunse alle sue orecchie facendole riprendere contatto con la realtà, facendole capire che non fosse accaduto nulla di grave e che Mary stesse bene. 
Ma Rose era andata troppo oltre, aveva minacciato la sua bambina ed Abby aveva giurato che avrebbe distrutto qualsiasi minaccia si fosse messe fra lei e Mary.
"Lasciala subito ed esci di qui! Edward ti aspetta sul retro!". 
Il suo istinto le diceva di dover chiudere quella faccenda subito, di dover uccidere Rose all'istante perché l'aveva detestata dal primo istante e per come si fosse appena comportata, ma questa non l'avrebbe resa diversa dai mostri a cui dava la caccia da tutta la vita o da Syria. 
Con un grande sospiro ed una grande forza di volontà, Abby lasciò la presa sulla donna diventata quasi cianotica e la vide accasciarsi sul bancone ed iniziare a tossire forte, mentre i suoi polmoni recuperavano aria. 
Abby la guardò negli occhi per l'ultima volta con uno sguardo eloquente, intimandole di non tornare mai più altrimenti sarebbe andata fino in fondo, ed Andrew si precipitò ad aiutarla per quanto limitatamente potesse. 
Ignorò gli sguardi confusi e curiosi dei cacciatori che avrebbero attribuito quell'aggressione alla gelosia, ma ad Abby non importava: che pensassero ciò che volessero. 
Si voltò verso la cucina e l'attraversò a grandi passi fino a giungere alla porta sul retro per uscire dal locale nella fredda notte che la fece rabbrividire. 
Si guardò attorno alla ricerca del suo bartender di fiducia e quasi iniziò a pensare che Andrew avesse solamente voluto attirata fuori per farle lasciare la presa su Rose, quando mentre camminava sul retro poco illuminato si scontrò con qualcosa di duro che la fece sobbalzare e quasi cadere, se solamente due braccia forti non l'avessero sorretta. 
Abby sollevò lo sguardo verso Edward che sembrava essere magicamente apparso dal nulla e si massaggiò la guancia che avesse sbattuto mentre scuoteva la testa e lo guardava in cagnesco. "Dannazione, dobbiamo smettere di incontrarci così". 
"E tu dovresti iniziare a guardare dove cammini". Edward la guardò con ilarità e sembrò tornare esattamente l'uomo con cui Abby avesse diviso il letto fino a quella mattina, prima della loro litigata. 
Si sporse verso di lei per stringerla in un abbraccio altamente possessivo e forte, respirando il suo profumo direttamente dal suo collo. 
Si beò di quel contatto e avrebbe solamente voluto sparire con Edward al piano di sopra e dimenticare il locale per tutta la notte; eppure Abby scosse la testa e sollevò lo sguardo verso di lui con aria seria e distaccata, lasciando che intendesse che non sarebbe facilmente passata sopra al modo in cui avesse reagito Edward quella mattina. 
L'uomo la guardò con aria più seria ed annuì perché neanche lui aveva intenzione di lasciar correre ciò che fosse accaduto, così le sfiorò la testa con un movimento delicato e sospirò. "Avevi ragione stamattina: sono me stesso fin quando mi arrabbio e perdo il controllo ed in quei momenti tutto ciò a cui penso è la guerra, solo che non è facile per me ammetterlo e parlarne". 
Abby ascoltò in silenzio mentre guardava nei suoi occhi dispiaciuti e seri, annuendo poi e facendo spallucce: la rabbia che avesse provato qualche istante prima verso Rose, dispiacere sentito per Edward per tutto il giorno e la preoccupazione che gli fosse accutl qualcosa insieme al resto delle emozioni negative di quella giornata sparirono dal suo cuore e Abby si sentí incredibilmente vicina a lui. "Parlamene".
Edward si irrigí mentre ancora la teneva stretta a sé deglutí a fatica mentre un pesante macigno si posizionò all'altezza del petto, impedendogli quasi di respirare mentre i ricordi dei giorni più bui della sua vita continuassero a scorrere davanti ai suoi occhi. 
"Non ti piacerebbe sapere che persona fossi un tempo: le cose che ho fatto capitanando l'armata speciale sono indicibili". 
Abby sorrise in maniera dolce e intenerita, scuotendo la testa e sospirando lentamente. "Non mi importa di chi eri, Edward. Mi importa solamente di chi sei adesso". 
Abbassò lo sguardo per qualche istante e prese un lungo respiro, prendendosi il suo tempo per trovare le parole adatte per poter descrivere ciò che avesse vissuto nonostante fosse fin troppo titubante perché non ne aveva mai parlato con nessuno, ma quando tornò ad incrociare gli occhi azzurri di Abby capí che fosse pronto a tirar fuori tutto ciò che passato unicamente con lei e grazie a lei. 
"Ti ho accennato di Peter, il padre di Andrew e di come sia morto per salvarmi. Ciò che non ti ho detto è che avrei potuto salvarlo". 
Abby aggrottò le sopracciglia davanti a quella confessione e lo sentí sospirare rumorosamente, per poi sciogliere la presa su di lei e voltarsi per darle le spalle e camminare nervosamente per sul retro. 
"L'obiettivo dell'attacco ero io e gli aggressori se ne sono andati subito dopo aver sparato perché credevano di avermi preso, invece Peter si era messo in mezzo per salvarmi. Quando se ne sono andati e sono rimasto solo con lui, Peter aveva così tante ferite e perdeva molto sangue..". Sussurrò Edward con un filo di voce, scuotendo la testa mentre il rumore degli spari che squarciavano l'aria e delle urla tornarono a tormentarlo. 
Prese un lungo respiro e si costrinse a mandarle via, rimanendo di spalle perché non aveva il coraggio di guardare Abby negli occhi. "Avrei dovuto tamponare le sue ferite, bloccare l'emorragia e chiamare l'elisoccorso, ed invece sono rimasto lì spaventato a morte come un bambino a guardare il mio migliore amico morire". 
Ascoltò in silenzio e gli diede il tempo per poter esprimere ciò che sentisse con totale calma e senza sollecitazioni, ed Abby gli si avvicinò di qualche passo per sfiorargli la schiena con dolcezza mentre cercava le parole adatte che potessero alleviare le sue sofferenze. "Eri sotto shock, Edward. Non sei stato tu a premere il grilletto e..".
"È come se lo avessi fatto. Ho ucciso io il capo degli uomini che sono venuti a cercarmi per vendetta".
Edward si voltò nella sua direzione con uno sguardo supplichevole, chiedendole silenziosamente di dirgli che fosse l'uomo peggiore del mondo, il mostro più terribile che avesse mai incontrato, ma Abby scosse la testa ed accennò un sorriso di forte ammirazione, sfiorandogli la guancia con delicatezza. "Eseguivi soltanto gli ordini, era il tuo lavoro". 
"Tu non hai idea di quello che c'è in questi posti: bambini imbottiti di tritolo che venivano sacrificati per uccidere più Marines possibili, i corpi dilaniati dei miei uomini". Edward guardò nei suoi occhi e scosse la testa, sentendo gli occhi pizzicare e mordendosi nervosamente l'intero delle guance. "E Peter era così solare nonostante tutto, era l'unico che mi permetteva di affrontare tutto quell'orrore, quella paura e quella violenza. E quando è morto, io..". 
Si affrettò ad avvicinarsi di più a lui, sfiorandogli anche l'altra guancia e prendendo il suo viso fra le mani, parlando in maniera lenta e calma. "Dillo. Se sei pronto, dillo".
Edward sapeva a che cosa si riferisse anche se non avessero mai parlato. Sapeva che Abby avesse capito e centrato il punto della situazione.
Tirò su col naso e sentí delle lacrime solitarie ma cariche di dolore scivolargli lungo le guance barbute e infrangersi contro le mani della ragazza, a cui venne da piangere nel vedere attraverso i suoi occhi tutto il dolore che ci fosse dentro di lui. "Ho perso tanti uomini durante il mio lavoro, ma mai nessuno come Peter. Io non sono speciale, non sono più intelligente di chiunque altro e non ho doni particolari: non meritavo di vivere più di Peter, che aveva un bambino di solamente nove anni ad attenderlo. Perché mi ha salvato? Io non meritavo questa seconda chance, io non..".
Abby si sollevò sulle punte e lo strinse forte in un abbraccio al quale Edward si aggrappò con tutte le sue forze, stringendolo con dolcezza al suo petto e sfiorandogli la testa per consolarlo mentre lo sentiva sfogarsi contro la sua pelle. 
Edward si era lasciato andare a quelle confessioni solamente perché spinto dal forte sentimento che lo legasse ad Abby, piangendo sulla sua spalla mentre la ragazza lo cullava dolcemente per calmarlo. 
"Sono sicura che Peter abbia deciso di salvarti perché ti voleva bene nello stesso modo in cui tu ne volevi a lui. E non vorrebbe vederti sprecare questa possibilità di essere finalmente felice insieme a suo figlio".
Sollevò lo sguardo verso i suoi occhi: nella sua vita Edward, si era sempre considerato orgoglioso, con un grosso ego ed una forte arroganza.
Non aveva mai permesso a nessuno di piegarlo, neanche quelle rare volte in cui era stato catturato dal fuoco nemico e gli avevano lasciato addosso tutte quelle cicatrici proprio per il suo atteggiamento riluttante al cedimento. 
Ma mentre guardava nei suoi occhi Edward si sentiva trasparente e chiaro come un cristallo o uno specchio d'acqua. 
Per la prima volta nella sua vita si era messo totalmente a nudo nelle mani di un'altra persona, che stava lentamente rimettendo insieme i pezzi dentro di lui. 
Si asciugò le guance e aggrottò le sopracciglia mentre la guardava con aria sorpresa. "Hai ragione, rossa. E da oggi in poi inizierò ad onorare appieno il suo sacrificio e sarò l'uomo che Peter voleva che fossi e l'uomo che sarà per sempre in debito con te".
Abby sorrise sentendosi fiera di lui e gli strinse le mani con cui le stesse sfiorando le guance, sollevandosi sulle punte per depositare un casto e piccolo bacio sulle sue labbra, e Edward la strinse più a sé come se fosse la sua personale boa che gli impedisse di affondare nel suo personale mare di devastazione ed afflizione. 
La ragazza si stava per scostare per dire qualcosa, quando un'improvviso nodo alla gola le fece sgranare gli occhi e portare le mani alla porzione di pelle che le facesse male.
Sgranò gli occhi e provò a parlare, ma non riusciva a dire una singola parola e si spaventò tanto da agganciarsi alla sua giacca guardandolo con aria confusa e impaurita. 
"Che c'è che non va, Abby?". 
Edward aggrottò le sopracciglia e le prese il volto fra le mani per studiare il suo sguardo in preda al panico, ma la ragazza non riusciva più a dire neanche una parola.
E poi tutto accadde così velocemente che Edward non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo: Abby cadde sulle ginocchia come se le avessero mandato una scarica elettrica lungo i nervi delle gambe facendola crollare a terra, ed iniziò a tossire sempre più forte fino a sputare e vomitare sangue misto a saliva.
Edward sgranò gli occhi e scosse la testa, afferrandola dalle braccia e tirandola su in piedi, ma Abby non aveva più forza di reggere se stessa e si accasciò contro di lui mentre altri conati di vomito le risalivano lungo la gola. 
Nonostante il panico iniziale, Abby si tenne alla sua camicia e lo guardò sperando che riuscisse a capire cosa ci fosse che non andava. 
"Ro..se..mi..sta..facendo..qualcosa..Ro..se..Ro..se".
Edward sgranò gli occhi e non capí cosa cercasse di dirgli, ma poi prestissimo i neuroni del ragazzo si attivarono insieme e capí cosa volesse dire. 
L'aiutò a scivolare lungo la parete del locale, facendola sedere a terra ed intimandole di stare seduta e di non accasciarsi, prima di scoccare un bacio fra i suoi capelli ed entrare velocemente nel suo bar. 
Ripercorse la cucina fino ad arrivare al bancone, dove incontrò presto lo sguardo di Andrew che sorrise nella sua direzione e gli si avvicinò velocemente, mentre Edward faceva vagare lo sguardo sui cacciatori presenti che lo salutarono felici non appena lo videro. 
"Spero tanto che tu e Abby abbiate risolto i vostri problemi, perché altrimenti dovrai pagarmi il doppio turno dato il modo in cui mi avete abbandonato entrambi per fare chissà cosa sul retr-..". 
"Stà zitto!". Edward lo guardò in cagnesco e ruggí nella sua direzione, stringendo la mano attorno alla sua maglietta ed avvicinandosi di più a lui. "Rose, dimmi che sai dov'è andata". 
"È appena uscita dal locale qualche minuto fa con uomo che la stava aiutando dopo che Abby l'ha aggredita. Perché ti interessa?". 
Ma Edward smise di ascoltarlo ed estrasse il suo fucile da sotto il bancone e lo scavalcò con un unico salto, mentre tutti i cacciatori lo guardarono con aria incuriosita e stupendosi che l'uomo non si fermasse a scambiare quattro chiacchiere come avesse sempre fatto. 
Corse letteralmente fuori dal locale spintonando chiunque si mettesse sulla sua strada e si mise a girare per il parcheggio, caricando l'arma con proiettili antistrega mentre la rabbia cresceva nuovamente dentro di sé. 
Camminò per un minuto buono, fino ad avvicinarsi all'unico posto in cui Rose avrebbe potuto svolgere ciò che stesse facendo, ed infatti la trovò nello spiazzale adiacente al locale, che generalmente fosse sempre pieno zeppo di macchine dei clienti del bar. 
Udí la voce di un uomo di colore sulla quarantina intento a ripetere una serie di frasi in probabilmente latino, davanti ad un fuoco che ardesse mentre le lingue frastagliate delle fiamme blu si alzassero sempre più alte ad ogni frase. 
L'uomo teneva fra le mani la collana con un ciondolo a forma di croce che Abby avesse ereditato da suo padre e Edward si chiese come avesse fatto Rose a strappargliela dal collo dato che Abby non se ne separasse mai; Rose se ne stava in piedi accanto a quell'uomo, continuando a gettare delle polveri nel fuoco di tanto in tanto che lo facessero scoppiettare ed aumentare di intensità. 
Nessuno dei due si accorse di Edward, fin quando tolse la sicura del fucile e lo sollevò alto verso entrambi.  "Lasciate andare Abby immediatamente o vi riduco ad un colabrodo". 
Rose sussultò e lo guardò con aria accigliata e quasi furiosa, perché detestava il modo in cui Edward si fosse legato alla nuova ragazza e non capiva cosa ci trovasse in lei, oltre ad un bel faccino e ad un terribile carattere che fosse risaputo in tutto il mondo dei cacciatori. 
Edward si avvicinò con aria perentoria, puntando il fucile nella direzione dell'uomo che ancora recitasse le sue litanie magiche e che stesse lentamente condannando Abby a morte. "Se non la lasci, ti sparo in testa". 
"Fa' pure: così non ci sarà nessuno in grado di fermare la magia e la tua amica morirà".
Ascoltò Rose parlare e ridere di lui e della sua preoccupazione per Abby, vedendola avanzare verso di lui con un sorriso sicuro che non le avrebbe mai fatto del male. Edward la guardò con rabbia, stringendo i pugni mentre ancora impugnava la sua arma. "Ti conosco Rose: non avresti fatto tutto questo solamente perché ti ho respinta l'altra sera, quindi dimmi perché lo stai facendo". 
Rose rise come una bambina viziata e si portò le mani alle labbra con un gesto infantile, continuando ad emettere dei fastidiosi ridolini mentre lo guardava con divertimento. "Avrò una ricompensa più grande dopo che l'avrò uccisa. Ho trovato qualcuno che mi apprezza per quello che sono, al contrario di te".
Edward la guardò con ilarità ed indicò l'uomo che finalmente si fosse fermato dal ripetere quelle frasi e lo stesse guardando con un sorriso compiaciuto, dando un po' di tregua ad Abby. "Questo tizio sarebbe l'uomo che ti apprezza? Facendoti rubare la collana di Abby per ucciderla in questo modo da vigliacchi?". 
Rose strinse i pugni e lo guardò in cagnesco, puntando i piedi sempre in modo poco immaturo; sbuffò aria dal naso e scosse la testa, fulminandolo con lo sguardo. "No, lui è soltanto uno dei tanti servitori del nostro Signore e Padrone". 
Edward dischiuse leggermente la bocca per la sorpresa, mentre il suo cuore batteva più velocemente cercando di capire il vero significato dietro alle strane e confuse parole di Rose. "Di che stai parlando?". 
"Lui è tornato: è uscito dalla gabbia e vuole ottenere la sua vendetta su Abby. Mi ha chiesto solamente di consegnargliela e quando gliela porterò, mi darà ciò che ho sempre sognato". 
Vide il sorriso sul volto di Rose diventare più ampio e felice, rasserenandosi e facendogli l'occhiolino tornando a ridere felice e contenta. 
Quando Edward alternò lo sguardo sull'uomo alle spalle di Rose, vide i suoi occhi neri nonostante il buio della notte e subito mise insieme tutti i pezzi e capí cosa stesse succedendo e cosa Rose stesse cercando di dirgli. 
Scosse la testa e li guardò entrambi in cagnesco, mentre l'istinto prese il sopravvento su di sé e lo trasformava nel solito soldato che diventasse durante le cacce. "No, io non credo!". 
Sollevò il fucile per poi premere il grilletto verso l'uomo alle spalle di Rose, che cadde a terra fra atroci tormenti prima di fare di nuovo silenzio e cessare di esistere. 
Rose gridò e puntò gli occhi su Edward guardandolo con timore ed indietreggiando, mentre si chiedeva come avesse fatto a fabbricare dei proiettili in grado di uccidere i demoni. Sollevò le mani in segno di resa e scosse la testa, deglutendo a fatica. "Non uccidermi, ti prego". 
Edward soffiò aria dal naso con rabbia, avanzando ad ogni passo che Rose si allontanasse e guardandola con aria furiosa. "Non avresti dovuto provare ad uccidere Abby. Lei è la mia felicità: non avresti dovuto provare a portarmela via". 
Scosse la testa e sussurrò un paio di scuse terribili, dicendogli che fosse stata Abby ad iniziare quella lotta con lei ma Edward non l'ascoltò nemmeno, fino a quando l'asfalto sotto i piedi di Rose si esaurí e sentí iniziare il bosco alle sue spalle. "Se mi uccidi, le dimostrerai di essere ancora l'assassino che eri un tempo. Il sicario che veniva pagato dal nostro Paese per uccidere i capi delle fazioni rivali. Non sei cambiato, Edward? Pensavo che non fossi più quella persona".
Strinse i pugni e l'odio che provava dentro di sé, crebbe a dismisura mentre la guardava con occhi infuocati dalla rabbia. 
Edward era così tremendamente preso dalla collera, che sollevò il fucile verso la testa di Rose e provò dentro di sé il forte desiderio di premere il grilletto ed ucciderla per ciò che aveva fatto ad Abby. 
Ma Edward la vide iniziare a tremare ed a piangere mentre lo supplicava di risparmiarla, e presto vide il sangue di Abby che ancora imbrattasse le sue mani. 
Rose doveva pagare per ciò che le avesse fatto, questo gli suggeriva ogni fibra del suo essere. 
Eppure una piccola parte di sé ripensò a ciò che avesse detto ad Abby poco prima: voleva essere migliore, voleva essere diverso dall'uomo che fosse tornato dalla guerra. 
Così scosse la testa con rassegnazione e sospirò rumorosamente, abbassando la sua arma e continuando a guardare Rose in cagnesco. 
Pensa alle parole di Abby di non sprecare questa seconda possibilità che Peter gli avesse regalato, così decise di fare ciò che non avrebbe mai fatto prima di conoscere Abby. Lasciò andare Rose. 
"Se ti rivedrò ancora qui, giuro che non esiterò e ti ucciderò". 
La donna sgranò gli occhi e respirò velocemente in preda al panico: senza dire nulla, si voltò verso il bosco buio e tetro ed iniziò a correre fra la vegetazione pur di allontanarsi il più velocemente possibile dal locale e da Edward.
L'uomo tirò un respiro di sollievo e scosse la testa, osservando il demone che giacesse a terra senza vita e sollevò un sopracciglio mentre lo osservava, ripensando alle parole di Rose. 
Edward aveva capito che Lucifer fosse tornato e che volesse Abby morta, e sapeva che non avrebbe smesso di provarci fin quando non ci sarebbe riuscito. 
Scosse la testa e spostò il corpo sul ciglio della strada, decidendo che se ne sarebbe occupato dopo. 
Tornò in fretta verso il locale, osservando i curiosi che lo avessero seguito per capire cosa ci fosse che non andava: nessuno però fece domande, limitandosi ad una lunga occhiata confusa. 
Attraverso il bar e rimise il suo fucile a posto, trovando Andrew dietro il bancone a guardarlo con aria confusa. "Cos'è successo, Ed?". 
L'uomo scosse la testa ed accennò un sorriso amaro, scompigliandogli i capelli e sospirando rumorosamente per poi voltarsi gli altri cacciatori e guardarli con aria seria e perentoria. "Il locale è chiuso da adesso: prendete le vostre cose e andatevene, zoticoni. E non preoccupatevi di saldare il conto, stasera offre la casa". 
I cacciatori espressero il loro assenso all'ultima frase, dicendogli che lo avrebbero perdonato solamente perché gli avesse offerto da bere e Edward li guardò indossare nuovamente le proprie giacche prima di uscire dalla porta del locale. 
Mandò a casa anche Andrew dedicandogli un sorriso più ampio, ma non aspettò che il locale fosse vuoto prima di tornare sul retro. 
Attraversò la cucina a passo svelto ed uscì, trovando Abby nello stesso punto in cui l'avesse lasciata con il viso e la maglia sporchi di sangue. 
Le sfiorò il viso con dolcezza ed Abby aprí gli occhi, guardandolo con aria sfinita ed incredibilmente debole ed a giudicare da tutto il sangue che avesse perso, era proprio un miracolo che fosse ancora viva. 
"Andrà tutto bene adesso. Mi prenderò cura di te". 
Abby respirò a fatica e sollevò una mano per prendere la sua, accennando un sorriso e reggendosi a lui con forza. "Ne ho passate di peggiori". 
La testa le girava, si sentiva così debole che non avrebbe saputo mettere due passi in fila e questo lo sapeva, eppure si tenne forte al petto di Edward e si sollevò, retta dalle forti braccia dell'uomo. 
Abby riusciva a percepire le sue ferite interne che avessero causato quelle emorragie, che si stessero lentamente rimarginando. 
E sapeva che ciò volesse solamente significare una cosa. 
Guardò nei suoi occhi e vide il modo in cui le stesse nascondendo qualcosa, così Abby sospirò mentre si teneva ancora a lui e lo guardò con occhi supplichevoli di dirle la verità. "È tornato, non è vero? Lucifer è uscito dalla gabbia? Lo sento". 
Edward avrebbe voluto negare per tranquillizzarla, permetterle di rimettersi in forze e poi dirle tutta la verità, ma non riuscí a mentire mentre guardava nei suoi occhi tristi e sfiniti. "Si, Lucifer è tornato. Ma lo fermeremo, te lo prometto. Non ti farà mai più del male". 
La vista di Abby si annebbiò ulteriormente e perse definitivamente i sensi crollando sul petto di Edward, che prontamente l'afferrò impedendole di cadere. 
La prese fra le braccia e la strinse al suo petto, baciandole la testa con un sospiro. "Andrà tutto bene, rossa. Ti proteggerò". 


Quando aprí gli occhi, la linea sottile sul parquet delineata dal sole che entrasse dalla finestra non era più così marcata e forte, segno che fosse ormai pomeriggio inoltrato. 
Provò a mettersi più dritta e ad appoggiare la schiena alla spalliera, ma la testa le faceva male e pulsava forte. 
Abby si guardò attorno con aria ancora parecchio stanca e decise che sarebbe scesa dal letto, così si scoprí velocemente e poggiò i piedi a terra. 
Si mosse in silenzio verso la porta ed uscì dalla stanza, muovendosi fino a raggiungere il salotto dell'appartamento ed è lì che vide Edward: se ne stava in piedi con il corpo rivolto verso la finestra ed Abby riuscì ad osservare la sua espressione seria e preoccupata dal riflesso sulla finestra.
Ricordava perfettamente cosa fosse accaduto la sera precedente, stranamente aveva ancora la sensazione che il suo corpo non fosse del tutto guarito dopo il modo in cui Rose avesse tentato di ucciderla con la magia ed in più sapeva che Lucifer fosse tornato: doveva immaginare che Edward dovesse essere preoccupato. 
"Sono così contento di vederti in piedi". 
La voce di Edward uscì con un sussurro e subito si voltò per stringerla forte contro il suo petto, piegandosi su di lei per baciarle la testa con dolcezza. 
Abby accennò un sorriso e si appoggiò al suo petto, lasciandosi andare a quell'abbraccio così intimo che quasi la commuoveva. 
"Quando ho pensato che fossi in pericolo e ti ho vista sanguinare, io..". 
Abby emerse dal suo petto e sollevò il viso nella sua direzione, scuotendo la testa e sollevando le mani fino alla sua direzione per prendergli il viso fra le mani mentre lo guardava con aria rassicurante. "Non è la prima volta che una strega prova a farmi fuori. Non preoccuparti". 
Edward annuì in silenzio e si chinò sul suo viso per colmare la distanza fra i loro volti con un bacio casto e dolce che fece battere il loro cuore più velocemente, stringendola più vicina a sé perché aveva avuto una grandissima paura di perderla. 
Guardò nei suoi occhi azzurri e sentí qualcosa che non aveva mai provato per nessuno, qualcosa che gli faceva sentire le budella contorcersi, il cuore impazzire, che gli faceva venire voglia di raccontarle la storia dietro ad ogni più piccola cicatrice, voglia di proteggere la sua vita a costo della sua. 
Abby si distaccò per prima, abbassando il volto e respirando pesantemente mentre si torturava le mani e mise un po' di distanza fra loro, spostandosi verso la finistra con occhi tristi e bassi. 
Sospirò lentamente mentre raggiungeva il davanzale e vi si appoggiava, incrociando le braccia al petto e facendo spallucce mentre parlava con voce bassa e roca. "La favola è finita Ed: devo tornare al bunker, devo proteggere Mary e devo decisamente rispedire Lucifer in gabbia. Di nuovo". 
Edward ascoltò le sue parole in silenzio, respirando lentamente ed annuendo mentre osservava le sue spalle curve e aveva idea che sul suo viso si fosse dipinta un'espressione triste e dispiaciuta. 
Capiva ciò che Abby gli stesse dicendo, ma Edward sapeva che ci fosse qualcos'altro che la tenesse in agitazione. Così si avvicinò alla ragazza fino a giungere alle sue spalle, incrociando il suo sguardo riflesso sul vetro della finestra. 
"Stai cercando di dire che cambierà qualcosa fra noi quando tornerai al bunker?".
"No!". Abby scosse la testa e si voltò immediatamente verso di lui, rispondendo senza nessuna esitazione mentre lo guardava negli occhi con sincerità. Prese le mani di Edward fra le sue ed accennò un sorriso per tranquillizzarlo, perché sapeva che la sua paura fosse che rivedendo Dean dopo tutto quel tempo, Abby sarebbe tornata da lui. "Come puoi pensarlo? Se dipendesse da me, non lascerei mai questo bar, se potessi. Voglio ancora stare con te: tornare al bunker non cambierà ciò che sento per te". 
Edward cercò di nascondere il sospiro di sollievo ed il fatto che avesse trattenuto il fiato per tutto il tempo che Abby si fosse presa per rispondere, e scosse la testa accennando un sorriso e scostandole i capelli dal volto con una carezza dolce e intima. "Non ti lascerò affrontare tutto da sola: starò accanto a te, ti aiuterò a fermare Lucifer". 
"No, potresti morire. Non sai di cosa Lucifer sia capace e..". 
"Non importa". 
"A me si!". Abby alzò il tono della voce e lo guardò in cagnesco, liberandosi della sua presa mentre lo fulminava con lo sguardo. "L'ultima volta che è entrato nella mia vita, ha distrutto la mia famiglia. Sam è saltato in un cazzo di buco nel terreno per chiuderlo in gabbia, Dean è quasi morto insieme a suo fratello. Mi ha quasi uccisa ieri sera usando Rose, vuole vendicarsi per quello che gli ho fatto. Non è un demone qualunque, è Lucifer. E potrebbe fare del male anche te, ed io non potrei sopportare se ti fac-..".
Edward l'aveva raggiunta con un balzo per zittirla con un bacio sulle labbra, prendendole il viso fra le mani per poi stringerla in un forte abbraccio. 
La guardò con dolcezza e sciolse quella stretta, accennando un sorriso e sfiorandole il viso con delicatezza. "Non c'è niente che tu possa dire che mi farà cambiare idea. Andrò dove andrai anche tu: fine della storia".
Lo sguardo carico d'amore con cui Edward la costrinse ad abbassare il proprio, scuotendo la testa ed appoggiando la testa sul suo petto per nascondere gli occhi umidi. 
Edward era testardo almeno quanto lei ed Abby sapeva che ormai avesse deciso. "Sono ancora molto stanca, mi sento debole". 
Edward sorrise e le depositò un tenero bacio fra i capelli, passandole un braccio attorno alle spalle ma reggendola saldamente, mentre la conduceva nuovamente verso il grande letto che padroneggiasse la stanza a fianco il salotto. 
La mise sotto le coperte e si stese accanto a lei, permettendole di appoggiare la testa nell'incavo del suo collo mentre le carezzava i capelli ed aveva la convinzione dentro di sé che non avrebbe mai permesso a nessuno di farle mai più del male. 





Sbatté le palpebre un paio di secondi e chiuse la bocca per non fare rumore, mentre le mani le tremavano pressando con forza la ferita sul fianco che continuava a sanguinare parecchio. 
Stava rannicchiata dietro al bancone del locale di Edward e respirava a fatica, mentre sentiva il pavimento scricchiolare sotto il peso dell'uomo che avesse riconosciuto immediatamente quando qualche istante prima fosse entrato nel bar. 
"Sapevo che se si vuole una cosa fatta bene, tocca sempre farla da sé. Per questo sono venuto a cercarti personalmente". 
La ragazza ritrovò la lucidità e si diede alla ricerca delle armi che solitamente Edward nascondesse sotto al bancone, ma lui non aveva mai avuto a che fare con angeli o arcangeli, quindi non vi erano altro che fucili con pallottole di sale e spranghe di ferro contro gli spettri. 
Scosse la testa e vide la sua lama angelica giacere a terra che le fosse scivolata durante la colluttazione, ma che fosse decisamente troppo lontana per far sì che lei potesse arrivarci senza esporsi troppo.
"Abby, Abby, Abby. Ragazza mia. Dove sei, cara?". 
"Chi è questo pazzo?".
Abby udí il bisbiglio di Andrew rannicchiato al suo fianco, che la guardasse con aria confusa e spaventata: decisamente non aveva mai voluto che Andrew scoprisse in quel modo la verità sul vero lavoro di Abby e Edward. E decisamente non aveva mai voluto metterlo in pericolo. 
"È il diavolo". Sollevò una mano imbrattata del suo stesso sangue e gliene prese una fra le sue stringendola forte ed accennò un sorriso dispiaciuto, mentre si avvicinava a lui e sussurrava al suo orecchio con tono imperativo. "Passa dalla cucina ed esci dal retro, subito!". 
Andrew sgranò gli occhi e scosse la testa con aria sicura, guardandola come se quella fosse l'idea peggiore di sempre. "No Abby! Non ti lascio qui da sola con quello psicopatico che ha ucciso la metà dei nostri clienti!".
Abby sospirò rumorosamente e lasciò scivolare lo sguardo sul corpo del cacciatore che avesse provato a fermare Lucifer, ma che fosse stato schiacciato come una formica e scaraventato aldilà del bancone mentre l'arcangelo continuava ad uccidere gli altri presenti.
Fu per difendere uno dei cacciatori che Abby venne colpita al fianco proprio da Lucifer, che l'aveva guardata come se avesse finalmente trovato ciò che stesse cercando e che bramasse di più al mondo. 
"Non fare lo stupido: io me la caverò. Ma tu devi uscire di qui e devi cercare Edward, lui saprà cosa fare. Va' Andrew, ti prego".
Gli occhi del ragazzino divennero così lucidi che le sue emozioni si condensarono in un paio di lacrime che solcarono le sue guance, e si sporse con le braccia verso Abby per stringerla in un abbraccio stretto. 
La ragazza lo allontanò e lo guardò con aria severa, perché sentiva i passi di Lucifer farsi sempre più vicini ed aveva paura per l'incolumità di Andrew, il quale guardò Abby negli occhi e poi la sua ferita al fianco, ed annuì silenziosamente prima di scattare oltre la porta della cucina lasciando Abby completamente da sola con Lucifer. 
"Questo posto è davvero fantastico, capisco perché hai lasciato i due Winchester! Anche io pagherei per stare in un posto simile!" esclamò l'arcangelo muovendosi oltre il bancone ed osservando le pareti del bar abbellite da numerosi oggetti musicali. 
Lucifer si mosse lentamente e si sporse oltre il bancone, osservandolo completamente vuoto e capendo che Abby si fosse silenziosamente spostata. 
Scosse la testa e si sistemò il lungo trench beige che il suo tramite Castiel indossasse, muovendosi nuovamente per il locale fino a raggiungere il vecchio jukebox. 
Lo sfiorò con le dita e lesse un paio di titoli per poi trovarsi completamente senza voglia di perdere tempo nella scelta, e selezionò una canzone casuale sentendo le note musicali diffondersi per tutto l'ambiente. 
"Comunque non puoi sfuggirmi, Abby: l'ultima volta eri così ansiosa di stare con me, che non hai pensato alle conseguenze del rituale".
Abby stava provando a sgattaiolare fuori dal locale mentre udiva le parole dell'arcangelo, ma presto lo sentí voltarsi nella sua direzione e la ragazza si paralizzò sul posto. 
Stavano ai due lati opposti del locale, perché Abby aveva quasi raggiunto l'uscita e Lucifer stava vicino al bancone, ma in pochissimi istanti i loro sguardi si incrociarono. 
Lucifer piegò le sue labbra in un sorriso divertito mentre guardava nel suo azzurro ed Abby sgranò gli occhi, deglutendo a fatica mentre indietreggiava fino a schiacciarsi contro la parete. 
"Ho sognato questo momento ogni giorno, da quando sono tornato nella gabbia: sognavo di te e di come mi sarei vendicato per avermi ingannato". 
Abby smise persino di respirare mentre continuava a comprimere la ferita all'addome dalla quale continuava a perdere molto sangue e scosse la testa, mentre lo guardava avanzare lentamente, scansando i cadaveri dei cacciatori che avesse ucciso precedentemente. 
"Ti sei legato a me, Lucifer: se mi uccidi, cosa ne sarà di te?". 
Lucifer fece una smorfia col viso arricciando il naso e la guardò in cagnesco, stringendo i pugni con rabbia. "So che non posso ucciderti, ma io mi voglio divertire e tu puoi guarire velocemente: posso condannarti ad una sofferenza eterna per farti pagare il tradimento". 
"So che puoi farlo. Per questo ti chiedo di lasciarmi esprimere un ultimo desiderio, prima". Abby deglutí a fatica e scosse la testa parlando con voce tremante, guardandolo con un'espressione seria e spaventata ed osservando il modo scocciato con cui avesse annuito e le avesse fatto segno di andare avanti e parlare. 
Così la donna accennò un sorriso sicuro di sé e lo guardò in modo sereno e tranquillo, facendogli l'occhiolino. "Va' all'inferno!". 
Abby concluse il sigillo che avesse disegnato sulla parete del locale alle sue spalle col suo stesso sangue mentre intratteneva Lucifer parlando, toccando il sigillo per l'ultima volta ed osservando una grande luce bianca riempire la stanza fino a farle male agli occhi; Lucifer non ebbe neanche il tempo di capire cosa avesse fatto Abby, che venne invaso dalla stessa luce e venne trasportato in un posto lontano, lasciando il locale seppur temporaneamente. 
Quando rimase da sola all'interno del bar, Abby si tenne alla parete e sentí la vista annebbiarsi perché le forze stavano iniziando a venirle meno. 
Aveva perso troppo sangue e non aveva la più pallida idea di dove fosse il suo telefono, non avendo così neanche la possibilità di chiedere aiuto.
Così strinse la mascella e si fece coraggio, muovendosi lentamente fino alla porta del locale per uscire nel posteggio e raggiungere la sua auto; proprio prima di uscire, Abby si voltò ad osservare i cacciatori morti ed insanguinati che Lucifer avesse ucciso e le sfuggirono un paio di lacrime mentre pensava che fosse tutta colpa sua. 
Sarebbe dovuta andare via e lasciare il locale la stessa sera in cui Rose aveva cercato di ucciderla, invece era rimasta insieme ad Edward per ripristinare le forze.
Si avviò sul portico esterno e scese i pochi scalini con una grande lentezza, sentendosi così confusa ma sicura che da lì a breve avrebbe perso i sensi. Almeno fin quando vide arrivare nella sua direzione la sua Hyundai azzurra ed aggrottò le sopracciglia perché doveva essere un miraggio: Andrew uscì dalla macchina e si affrettò a raggiungerla, afferrandola dalle braccia e sostenendola. 
Adesso che era sicura che nulla di brutto sarebbe potuto accadere, Abby si lasciò guidare da Andrew dentro la sua stessa macchina e lo osservò metterle la cintura mentre guardava con aria seriamente preoccupato la ferita al fianco. 
"Devo portarti immediatamente in ospedale". 
Abby sgranò gli occhi e si sporse verso la sua direzione, che stava per fare il giro e far partire la macchina, ma Andrew venne bloccato dalle mani deboli della donna che lo trattennero. "No, niente ospedale". 
"Ma morirai". 
"Ho detto di no, ragazzino! Devi portarmi da mio fratello senza fare i capricci: Dan chiamerà Anael, mi aiuteranno. Ma devi anche avvisare Edward, promettimi che lo farai!".
Andrew la guardò in cagnesco, chiedendosi perché fosse sempre così testarda e scuotendo la testa, così sbuffò e si affrettò a fare il giro dell'auto salendo dal lato guidatore, chiedendosi cosa potesse fare il fratello di Abby in più rispetto ad un dottore al pronto soccorso; accese il motore e corse il più velocemente possibile nella direzione che Abby gli avesse indicato prima di abbandonarsi contro il sedile e perdere i sensi. 



I rumori giungevano alle sue orecchie in modo ovattato, ma riusciva a percepire che le voci che sentisse attorno a sé fossero spaventate e preoccupate. 
Abby cercò di aprire gli occhi e di guardarsi attorno, ma tutto ciò che sentiva erano un paio di mani ruvide che sostituivano le sue nel pressare la ferita all'addome. 
Non sapeva se stesse ancora sanguinando, ma sapeva che le persone attorno a sé fossero tutte preoccupate e si stessero dando da fare per permetterle di sopravvivere alla ferita. 
"Cos'è successo?".
Dan. 
Avrebbe voluto sorridere e dire a suo fratello che andasse tutto bene, che si sarebbe ripresa, invece la voce non accennava ad uscire dalle sue labbra. 
"Anael! Lascia qualsiasi cosa tu stia facendo e porta il tuo culo piumoso qui: Abby è in pericolo di vita, ha bisogno di te".
Dean. 
Abby ascoltò la sua voce dopo tanto tempo e sentí il cuore battere più velocemente per lui.
O forse batteva così forte nel tentativo di pompare il poco sangue rimasto in giro per il corpo e soddisfare tutti i distretti tissutali. 
"Ma che diavolo è successo?".
Sam. Abby sentí la preoccupazione nella sua voce, mentre le sue mani le pressavano la ferita ed iniziava a ricucirle la pelle. 
"Un tizio col trench è entrato al locale e ha ucciso tutti, ma voleva Abby. Si è presa una pugnalata per salvare un cliente, ma quell'uomo era troppo forte". 
Andrew.
Anche se teneva gli occhi chiusi, Abby immaginava le espressioni su ognuno dei presenti. 
Sapeva che Sam tenesse le labbra strette mentre con l'ago perforava la sua pelle per chiudere quella brutta ferita; immaginava che quella di Dean fosse piegata in un'espressione seria e furiosa, in ansia di ricongiungersi con il suo amico Castiel e di salvarlo dalla possessione di Lucifer.
Sapeva che Dan fosse invece ad occhi sgranati, scuotendo la testa mentre la guardava con terrore di perdere sua sorella, ed Andrew lo immaginava sotto shock per tutto ciò che aveva visto quel giorno. 
Il ragazzo era anzi riuscito a portarla al bunker molto più velocemente di quanto pensasse e l'aveva portata giù dalle scale in ferro battuto, dove Dan l'aveva strappata dalle sue braccia per sdraiarla sul grandissimo tavolo della sala centrale. 
Il bunker: era l'unico luogo in cui Abby si sarebbe potuta sentire protetta, l'unico dove sarebbe potuta sopravvivere in qualche modo. 
Sentí Andrew chiedere che cosa stesse accadendo ma nessuno prestò caso al ragazzo del tutto confuso e spaventato, così Abby si sforzò di aprire gli occhi ed  di guardare nella direzione del ragazzo al suo fianco, guardandolo con aria suppliche. "Va tutto bene, Andrew. Starai bene. Ma devi chiamare Edward.. Devi dirgli di non tornare al locale. Subito". 
Andrew annuí e le strinse forte una mano fra le sue, sforzandosi di sorriderle con dolcezza per non farle capire quanta paura avesse: non era tanto per l'essere stato in pericolo di vita o per aver visto i cacciatori morire davanti ai suoi occhi, piuttosto era per le sensazioni che avesse provato quando aveva visto Abby venire pugnalata e perdere tutto quel sangue. 
Abby non era Edward, non si prendeva cura di lui da anni, non gli aveva dato un tetto, un lavoro ed un'auto per far colpo sulle ragazze. 
Abby aveva iniziato a frequentare il locale assiduamente negli ultimi tre mesi, non c'era stata per la maggior parte della vita di Andrew.
Però il ragazzo non aveva fatto altro che affezionarsi ad Abby in un modo indicibile: era l'unica figura femminile che si curasse di lui, che lo canzonava quando sbagliava qualcosa e che gli facesse una carezza quando prendeva un bel voto a scuola. 
Abby dal primo momento si era interessata alla sua vita ed aveva provato in tutti i modi a dargli dei suggerimenti per guidarlo, data la sua giovane età.
Ed Andrew era inevitabilmente finito ad associarla alla figura materna. 
La sua vera madre era morta quando lui era soltanto un bambino, Andrew non ricordava neanche cosa volesse dire averne una. 
Ma con Abby al suo fianco, stava finalmente iniziando a capire come si comportasse una madre. 
E adesso che la vedeva pallida e sporca di sangue, Andrew sentiva dentro di sé una terribile paura di perderla. 
Strinse la sua mano un'ultima volta e si allontanò dai tre uomini che stessero chiudendo la ferita e chiamando a gran voce Anael, e si allontanò di qualche passo per prendere il suo telefono e chiamare Edward. 
"Ma che diavolo è successo?". 
Abby spostò lo sguardo dal ragazzino a Dean che le avesse posto la domanda con un tono terribilmente spaventato, avanzando di qualche passo verso di lei. "Lucifer.. Deve aver trovato il modo di uscire dalla gabbia ed è venuto a cercarmi".
Abby si aspettava una reazione di sgomento, di vederli saltare letteralmente sul posto a quel nome perché non poteva essere vero, ma invece vide l'intesa fra i tre uomini che le fece sollevare un sopracciglio e guardarli con aria incredula.
Scostò con aria infastidita le mani di Sam dalla sua pelle, che ormai avesse dato l'ultimo punto e stesse mettendo un grosso cerotto sulla ferita. Si sollevò a sedere sul tavolo e li guardò tutti e tre in cagnesco. "Voi lo sapevate? Sapevate che fosse tornato?". 
"È complicato, Abby. Noi.." iniziò Sam avvicinandosi e sospirando rumorosamente, cercando di spiegare ciò che fosse accaduto ma la ragazza non lo fece finire. 
"Lucifer, l'ex storico di Syria, viene liberato e non avete pensato che potesse provare ad attaccarmi?" chiese Abby guardandoli tutti e con aria furiosa e ritrovando improvvisamente le forze; si soffermò con lo sguardo su suo fratello, che sospirò e scosse la testa. "Sono tua sorella, Dan: avresti dovuto chiamarmi immediatamente!".
"Non prendertela con lui, noi siamo stati occupati e..".
Abby interruppe velocemente anche Dean che rimase a guardarla un po’ più lontano rispetto al fratello, con le braccia conserte ed un'espressione dura sul volto. 
Abbassò la sua maglietta insanguinata e si sedette sul tavolo, facendo scivolare il suo sguardo furioso fino a lui mentre lo osservava con espressione più dura. "E se ci fosse stata Mary con me, mmh? Se Lucifer avesse preso anche nostra figlia?!". 
"Ma Mary é sempre stata qui, quindi..". 
Lo guardò con aria incredula e scosse la testa rimanendo incredula e senza parole, ed Abby scese dal tavolo col corpo ma rimanendo seduta, sospirando per poi alternare lo sguardo adirato fra i tre uomini.
"Che è successo? Almeno puoi dircelo, Abby?" chiese Sam con tono calmo e pacato, accennando un sorriso facendo un passo avanti. 
Abby si voltò ad osservarlo e si prese dei momenti per rispondere, pensando alle aggressioni che avesse subito in meno di ventiquattro ore e sospirò. "Ha mandato qualcuno per farmi catturare ieri sera e stamattina è venuto di persona al locale di Edward per trascinarmi all'inferno per vendicarsi di ciò che gli ho fatto: ecco cos'è successo, Sammy" rispose Abby gemendo per il male che le arrecasse quella ferita e scendendo definitivamente dal tavolo. Barcollò tenendosi alle sedie che costeggiassero il tavolo per raggiungere Dean e strappargli fi mano la bottiglia di Scotch che stringesse, bevendone alcuni lunghi sorsi per far diminuire il dolore. 
I due Winchester si scambiarono un'occhiata eloquente e sospirarono scuotendo la testa, fin quando Dean fece qualche passo avanti attirando l'attenzione di Abby che sollevò lo sguardo verso di lui, cercando di capire cosa volesse. "Come hai fatto a sfuggirgli?". 
Abby sospirò e scosse la testa, allontanandosi dal ragazzo di qualche passo e fece spallucce mentre si sedeva su una delle sedie di legno del tavolo, gemendo appena per la ferita. "Perché l'ho ingannato, come sempre". 



"Sapete del ritorno di Lucifer da una settimana e non avete minimamente pensato di raccontarmelo, senza contare che ha anche preso possesso del corpo di Castiel..". 
Abby si mosse nervosamente per la sala centrale dopo essersi fatta una doccia e cambiata con dei vestiti che avesse fortunatamente dimenticato al bunker e dopo aver messo qualcosa sotto i denti per recuperare le forze, e si avvicinò al mobile bar per versarsi un lungo bicchiere di Whisky, chiudendo gli occhi per qualche secondo e sentendosi tremendamente stanca. 
Si voltò nuovamente verso la sala e si avvicinò al tavolo per sedersi sulla sedia, appoggiando i piedi al legno scuro del tavolo e gustandosi sorso dopo sorso quel liquido alcolico che la stava già aiutando a stare meglio, fin quando sentí lo sguardo di Dean puntato su di lei e la ragazza fece vagare il suo fino ad incontrare gli occhi verdi di Dean che non aspettassero altro. 
Abby mandò giù il superalcolico che ancora stesse bevendo e rimase per qualche istante in silenzio, a guardarlo. "Cosa c'è adesso?".
Il ragazzo fece spallucce e accennò un sorriso amaro, sedendosi dalla parte opposta del tavolo e sospirando rumorosamente. "Perché hai smesso di rispondere alle mie chiamate, Abby?". 
"Tu sai perché". 
La sua risposta fu molto sintetica ed Abby gli riservò uno dei suoi sorrisi più finti, continuando poi a bere qualche sorso del suo bicchiere, per poi sporgersi appena per afferrare la bottiglia dal mobile alle sue spalle, riempiendosi per la seconda volta un bicchiere. 
Mentre si muoveva e beveva, Abby continuava a sentire il suo sguardo indagatore su di lei come se Dean fosse alla ricerca di qualcosa dentro di lei. "Come ti senti?". 
"Come una che è stata appena torturata da Lucifer". 
Dean strinse la mascella e scosse la testa, mantenendo lo sguardo su di lei e sospirando rumorosamente guardandola anche un po' in cagnesco. "Sai che detesto quando fai così, vero?". 
"Oh si".
Rimasero per qualche istante a fissarsi negli occhi ed Abby si rese conto che nonostante fossero passati tre mesi dall'ultima volta che lo avesse visto e avesse parlato con lui, nulla fosse cambiato dentro il suo cuore, che prese a battere più veloce nel suo petto dal primo momento in cui fosse entrata nuovamente in quel bunker; Dean non riuscì che pensare la stessa cosa mentre la guardava e accennava un sorriso amaro, ripensando al modo in cui il loro rapporto si fosse drasticamente interrotto la sera del primo appuntamento con Edward di più di tre mesi prima ormai. 
In questo periodo di totale assenza fra di loro, Dean non aveva dormito per nulla bene, svegliato continuamente dai suoi sensi di colpa per come avesse gestito le cose e per averle fatto del male la sera in cui Mary avesse lanciato l'SOS fantasma: Dean aveva incubi riguardanti quella sera, sognava Abby sconvolta e con le lacrime agli occhi urlargli contro che non avrebbe mai voluto innamorarsi di lui, e tutte le notti Dean faceva ciò che non avesse fatto nella vita reale. 
Le impediva di uscire dalla porta di casa per raggiungere Edward, dicendole quanto anche lui l'amasse. 
Era uno strano meccanismo di autodifesa o uno di puro masochismo, dato che Dean cercava di rimediare alle sue azioni tutte le notti; aveva provato a contattarla mte volte durante quei lunghi tre mesi, ma Abby non aveva mai risposto alle sue chiamata delineando un netto distanziamento fra di loro. 
E anche quando Dean chiamasse con il telefono di suo fratello, Abby non rispondeva. 
Non andava più al bunker a prendere Mary, ma lasciava che Dan portasse la nipote a casa di sua madre o al locale di Edward, perché Abby non voleva proprio incontrarlo. 
Dean sospirò rumorosamente e fece spallucce, muovendosi nervosamente sulla sedia mentre tornava a guardare nei suoi occhi azzurri e vi leggeva dentro migliaia di muri che Abby avesse tirato su per tenerlo lontano dal suo cuore. "Ho avuto modo di riflettere molto in questo periodo e voglio scusarmi con te, anche se so che non valgono molto per te. Ma voglio che tu sappia che se potessi tornare indietro, io..".
Interruppe il flusso delle sue parole quando Abby abbassò il viso e si lasciò andare ad una leggera risata nervosa, scuotendo la testa e portandosi il bicchiere alle labbra per bere distrattamente qualche sorso. 
Quando tornò a guardarlo, Dean se ne stava con le sopracciglia aggrottate ed un'espressione interrogativa sul volto lasciando intuire che non capisse perché Abby si stesse comportando in quel modo, così la ragazza sorride nervosamente e lo guardò con aria seria e anche un po' furiosa. "Se potessi tornare indietro non distruggeresti la nostra relazione e non andresti a letto con chiunque, come per esempio con Rose?". 
Dean sgranò gli occhi e la guardò con labbra dischiuse, mentre una grande espressione confusa gli si disegnava sul volto, e scosse la testa mentre la guardava. "C-come sai di Rose?".
Abby sollevò le sopracciglia e bevve qualche altro sorso di Scotch svuotando il suo bicchiere, per poi abbandonarlo sul tavolo e guardare Dean mentre le sfuggiva un'altra risata totalmente nervosa. "Perché l'ha mandata Lucifer: lei ha cacciato con voi, si è fatta invitare a bere qualcosa con te perché voleva che le spifferassi tutto sulla nostra vita mentre entrava nel tuo letto. E quando è uscita, è venuta a cercare me insieme ad un demone che è arrivato a tanto così dall'uccidermi, dopo aver minacciato di esporre Mary. Ma non preoccuparti, ci ha già pensato Edward a chiudere la bocca di Rose e del demone per sempre".
Dean la guardò con sopracciglia aggrottate ed occhi sgranati, rimanendo in silenzio a metabolizzare le sue parole con rammarico: ormai viveva di rimpianti da un pezzo e per una volta che aveva trovato una ragazza carina con cui passare il tempo e divertirsi un po', si era rivelata essere un messaggero di Lucifer. 
Non sopportava lo sguardo con cui Abby lo stesse guardando: la donna era turbata, arrabbiata ed anche delusa mentre gli riservava un'occhiata furiosa. 
Eppure il suo cuore batteva più velocemente mentre lo guardava negli occhi. 
Dei colpi frenetici alla porta interruppero la loro conversazione e si voltarono immediatamente verso l'ingresso: Abby scosse la testa e distolse lo sguardo da Dean, alzandosi a fatica dalla sedia mentre sentiva lo sguardo dell'uomo seguirla e non perderla mai di vista. 
I due ragazzi videro Sam e Dan impugnare la loro arma antiangelo con aria sospettosa, salendo le scale velocemente senza fare troppo rumore. 
Abby roteò gli occhi a quella vista e scosse la testa, appoggiandosi al tavolo della sala principale mentre li osservava con un sorriso divertito. "Non é necessario, ragazzi". 
Serrò le braccia al petto mentre aspettava, sentendo Dean avvicinarsi alle sue spalle e guardarla con sopracciglia aggrottate perché gli sfuggiva quello che invece fosse palese per Abby. 
Sam scambiò un'occhiata con Dan e al tre spalancò la porta, per poi puntare le lame verso chiunque vi fosse dall'altro lato della grossa porta in ferro battuto in cima alle scale. 
Edward guardò i tre uomini e le armi puntate contro di sé con aria confusa e sollevò un sopracciglio rimanendo sorpreso e basito per qualche momento, perché non era certamente quella l'accoglienza che si aspettasse. 
"Edward, sono qui..". 
L'uomo superò i due cacciatori senza nemmeno sforzarsi, passando fra loro e dando una spallata ad entrambi, e quando si appese dalle scale ed incrociò i suoi occhi, Edward non notò neanche che Abby fosse incredibilmente vicina a Dean nonostante i mesi di separazione. 
Edward presto scese quei gradini velocemente fino a quando raggiunse la ragazza e le prese il viso fra le mani, guardandola con aria spaventata. "Ma che diavolo è successo? Andrew mi ha chiamato e ho fatto prima possibile. Mi avete fatto morire di paura". 
Abby accennò un sorriso debole e scosse la testa, sfiorando gli avambracci posti ai lati del suo viso e fece spallucce. "Sto bene, davvero".
"Lascia che sia io a giudicarlo: Andrew parlava di una ferita e che hai perso troppo sangue".
Edward le sfiorò i fianchi e le sollevò la maglia scura che avesse indossato apposta per non mettere in evidenza le eventuali perdite di sangue, e sfiorò l'enorme cerotto che le coprisse la pelle ricucita dal poco. "Dannazione".
La donna accennò un sorriso leggermente divertito nonostante le facesse male ogni parte del corpo e fece spallucce, avanzando di più verso di lui e distraendolo dall’ispezionamento del suo viso perché sicura che Edward avesse già notato i graffi sul viso e lo zigomo leggermente gonfio. "Ti spiegherò tutto, ma prima devi decidere cosa raccontare ad Andrew: ho risposto in modo molto evasivo alle sue domande, ma vuole delle risposte su quello che ha visto".
Edward sospirò sonoramente e scosse la testa, mentre si domandava come avrebbe potuto spiegare quel mondo ad Andrew, che nel corso degli anni aveva sentito tante di quelle storie dai cacciatori ubriachi da dover essere preparato a quella verità. 
Annuí in silenzio e la strinse in una presa delicata e gentile per non farle male, respirando il suo profumo e ringraziando il cielo che fosse viva. "Dov'è Andrew?". 
"L'ho piazzato a cucinare con Mary: la cucina è in fondo al corridoio, prima porta a destra" rispose velocemente Abby sorridendo e beandosi di quel contatto con Edward, ma sentendo lo sguardo adirato dell'uomo alle sue spalle scavarle la schiena.
Sciolse l'abbraccio e guardò negli occhi preoccupati ma sereni di Edward, che le sfiorò il viso con le mani e si chinò su di lei per unire le loro labbra e baciarla con estrema dolcezza, ed Abby ricambiò quel bacio mentre pensava a quanto amassasse il modo in cui Edward si prendesse cura di lei. 
Sciolse il contatto e si inoltrò nel corridoio per raggiungere Andrew e rispondere alle sue domande, ed Abby sospirò con un sorriso felice sulle labbra che scemò quando incrociò lo sguardo serio di Dean, che sollevò un sopracciglio e la guardò con aria critica. "Edward è davvero molto premuroso. Forse anche troppo: non lo sa che non sei fatta di cristallo e che ne hai passate di peggiori?". 
Abby guardò il maggiore che parlò con voce sprezzante e quasi infastidita, ed incrociò le braccia sotto al seno restituendogli la stessa occhiata che lui le stesse riservando. "Si prende cura di me e vuole proteggermi: sei infastidito perché a Edward viene naturale e non deve impegnarsi duramente tanto quanto facevi tu?". 
La ragazza lo vide sollevare le sopracciglia e scuotere la testa in modo molto serio dopo essersi ammutolito, ed in quel momento Abby desiderò di rimangiarsi le parole appena pronunciate perché lo aveva ferito. 
Dean abbassò lo sguardo e si voltò per non lasciarle a disposizione i suoi occhi e si avvicinò al primo tavolo vicino le scale, appoggiandosi ad esso con la schiena e serrando le braccia al petto. 
Sam si schiarí la gola ricordando ai due che non fossero soli e che Mary potesse sentire qualsiasi discussione potesse iniziare da un momento all'altro, ed si ammutulí anche Abby voltando il viso nella direzione del corridoio. 
Dan le si avvicinò e si assicurò che sua sorella stesse bene, carezzandole i capelli e stringendola in un abbraccio perché felice che stesse bene, quando Dean sospirò rumorosamente attirando la loro attenzione. 
Decisamente non poteva sopportare di rimanere nello stesso luogo in cui si trovasse Edward senza scatenare un'altra rissa fra loro, così si sollevò dal tavolo ed Abby non si aspettò il modo in cui Dean la guardò con aria gelida e quasi arrabbiata, per poi afferrare la sua giacca di pelle marrone abbandonata sulla sedia ed indossarla con uno scatto, mentre si dirigeva velocemente verso il corridoio in modo scocciato. "Porto Mary a prendere un gelato fuori". 


La strinse forte a sé attraversando la sala centrale del bunker mentre sentiva la ragazza fra le sue braccia singhiozzare e tremare: erano entrambe coperte di sangue, così come Sam, Dean e Edward con cui avesse fatto irruzione all'inferno per salvare Anael dalla detenzione forzata di Lucifer, il quale si era dilettato a torturare l'angelo semplicemente per noia, ma badando bene dal chiudere efficacemente Castiel nell'angolo più remoto della sua mente per evitare che provasse ad espellerlo. 
Avevano massacrato i demoni uno dopo l'altro, mentre quelli più furbi erano scappati via quando si accorsero che i Winchester, Crowley, Abby e Edward avessero fatto un'irruzione all'inferno; adesso che era riuscita a riavere Anael con sé, Abby si occupò di rimetterla in sesto così come faceva sempre. 
La portò nella stanza che ormai fosse diventata quella canonica di Anael e le diede dei vestiti puliti, facendola sdraiare a letto e sentendola respirare faticosamente perché le ferite sul corpo le facevano ancora troppo male, inflitte dai demoni solamente per divertimento; Abby si sentí impotente perché non sarebbero bastati degli antidolorifici per alleviare il dolore di Anael, essendo comunque un essere celeste. 
La vegliò fino a quando Abby non la sentí dormire e da ciò la ragazza dedusse che tutta la grazia dell'angelo fosse stata consumata da Lucifero, osservando Anael cadere in un sonno ristoratore come se fosse umana. 
Mentre le carezzava i lunghi capelli biondi puliti e gemeva di dolore per la ferita al fianco, Abby ripensò al modo in cui la situazione avesse preso una piega inaspettata han volta scesi all'inferno: avevano trovato il modo di fare entrare Crowley dentro il tramite che Castiel e Lucifer condividessero, mentre Rowena permetteva al figlio di richiamare Castiel nella sua mente e fargli espellere Lucifer. 
Ciò che non si aspettavano fu proprio la presenza di Amara, contro la quale Lucifer si fosse scagliato con il suo potere e con quello della Mano di Dio, senza però avere alcun effetto; Amara si era portata via il tramite di Lucifer, portando con sé anche Castiel, e non aveva ascoltato neanche Dean che l'aveva supplicata di restituirgli il loro amico. 
Abby rimase seduta sul bordo del letto dell'amica, stringendole delicatamente le mani e sentendo gli occhi pizzicare, ma sobbalzò spaventata e quasi urlò quando sentí una mano sfiorarle la spalla sinistra, e si voltò di scatto. 
"Calmati rossa, sono solo io..". 
La ragazza sospirò rumorosamente e si tranquillizzò, rilassandosi contro il suo tocco ed osservando Edward piegarsi sulle ginocchia fino a raggiungere lo stesso livello di Abby ed insinuandosi fra le sue cosce per avvicinarsi di più e sfiorandole il viso con delicatezza. 
Le scostò alcune lunghe ciocche di capelli dietro la schiena per liberarle il viso e sfiorare la pelle, e quando guardò nei suoi occhi subito Edward capí la grande sofferenza che la sua donna provasse per la sua amica; non ebbe bisogno di dire nulla mentre guardava nei suoi occhi: l'avvolse in uno di quei caldi abbracci che la facevano sempre rilassare e sciogliere, ed Abby si abbandonò completamente a quel contatto affondando il viso sul suo petto e stringendo la sua giacca con le mani. 
Edward la strinse a sé e le baciò i capelli, sfiorandole la schiena con le mani e sospirando insieme a lei. "Vedrai che troveremo il tuo amico angelo e Anael starà bene, sta tranquilla rossa".
Abby scosse la testa e mise un po' di distanza fra di loro e sentí gli occhi pizzicare, sollevando lo sguardo triste fino a incrociare i suoi occhi nocciola e percependo la propria voce spezzata dal dolore e dalla sofferenza. "Come troviamo Castiel? Amara non è esattamente rintracciabile con il GPS e potrebbe ucciderlo mentre tortura Lucifer in qualsiasi momento!". 
Edward strinse la mascella perché detestava vederla così triste e col cuore spezzato, e le prese il viso fra le mani mentre la guardava con aria sicura e fiduciosa, annuendo ed accendendo un sorriso mentre le sfiorava la pelle con dolcezza. "Non so ancora come faremo, ma troveremo un modo, d'accordo? Ti prometto che lo riporteremo a casa". 
Abby sapeva che quelle fossero solamente parole per confortarla e per alleviare un po' delle sue sofferenze, eppure riuscì a parzialmente a tranquillizzarsi e gli sorrise amaramente, sfiorando i suoi capelli mossi e lunghi fino al collo con delicatezza, e non si sorprese quando trovò se stessa a colmare la distanza fra di loro con un lungo bacio a fior di labbra. 
Respirò a fatica e mise quel minimo di distanza fra loro che le consentisse di parlare, ed Abby aumentò il suo sorriso ed intrecciò la mano destra con la sua lunga barba. "Sono così felice che tu sia qui con me". 
Edward accennò un sorriso compiaciuto ascoltando quel sussurro quasi sulle sue labbra, osservando la ragazza che ancora tenesse gli occhi chiusi e fosse totalmente aggrappata alle sue spalle. 
Le sfiorò una guancia, fin quando Abby aprí gli occhi e mise su un sorriso felice. "Non c'è nessun altro posto in cui vorrei trovarmi, se non dove sei tu, rossa". 
Abby appoggiò la fronte alla sua e sospirò, annuendo leggermente e mantenendo su il suo sorriso, mentre sentiva le sue braccia avvolgerle i fianchi e sentendosi immediatamente al sicuro.  
Abby sapeva che fosse unicamente grazie a Edward se il suo cuore fosse nuovamente tutto intero e se non avesse perso la capacità di provare amore; con la sua presenza, Edward le aveva permesso di sentirsi bene come da troppo tempo non fosse più. 
Nonostante fossero molto impegnati con la gestione del locale, le ricerche su Amara che Abby non avesse mai voluto sospendere ed i vari casi standard a cui fossero abituati, Edward non perdeva occasione per ritagliarsi dei momenti di intimità con Abby: la portava fuori a cena, la sorprendeva con degli enormi mazzi di fiori o portando Abby a vedere le sue amate gare di Rally, faceva lunghe passeggiate insieme a lei e Mary. 
Più passava il tempo, più qualsiasi cosa provasse per Edward crescesse giorno dopo giorno, e ciò non poteva far altro che farla sentire felice ed appagata.
Gli sfiorò una guancia e sorrise dolcemente, chinandosi a baciarlo con la stessa dolcezza di prima mentre Edward ricambiava quel contatto. 
La porta si aprì di scatto e rivelò proprio Dean entrare senza neanche aver bussato e subito i due ragazzi ancora avvinghiati sobbalzarono; Abby si scostò da quel contatto intimo con Edward, ed entrambi si voltarono verso la porta trovando il maggiore con aria parecchio sconvolta e dispiaciuta, oltre che sorpresa per ciò che avesse visto, iniziando a pensare che avrebbe dovuto farci l'abitudine. 
"Scusate, io volevo solo controllare Anael, ma torno più tardi.."
"Non è necessario, stavo andando via.." sussurrò Edward con aria seria, mettendosi nuovamente in piedi e dritto con la schiena e guardando la ragazza con aria tranquilla. "Andrew ha preso bene questa storia della caccia, Sam gli sta spiegando di più in che cosa consiste la nostra vita. Ma voglio essere sicuro che abbia metabolizzato tutto quanto, quindi lo accompagno a casa e torno presto qui, va bene?". 
"Ci vediamo dopo, bartender". 
Abby annuì accennando un sorriso e lo vide chinarsi su di lei per darle un rapido bacio a fior di labbra, uscendo poi rapidamente dalla stanza dopo aver scambiato un'occhiata seria con Dean; la ragazza tornò presto a stringere la mano dell'angelo ridotto allo stremo che dormisse nel letto, sentendo gli occhi pizzicare e provando un forte senso di colpa nei suoi confronti. 
Sentí Dean muoversi nella stanza fino a giungere vicino a lei, mentre guardava Anael con il viso deturpato dai colpi che Lucifer e gli altri demoni avessero inferto su di lei, e strinse forte i pugni scuotendo la testa. 
"È tutta colpa mia". 
Dean sollevò un sopracciglio e si sedette sulla sedia accanto ad Abby, voltandosi verso di lei e guardandola con aria confusa. "Di che stai parlando?". 
Abby spostò lo sguardo su di lui solamente per qualche istante, sospirando rumorosamente e facendo spallucce mentre sentiva uno strato lucido condensarsi sui suoi occhi. "Anael veniva a trovarmi di tanto in tanto, ma nell'ultimo periodo non rispondeva più alle mie chiamate. Non ci ho dato troppo peso perché ero troppo distratta dalla mia vita e da ciò che mi preoccupava. L'ho trascurata, l'ho ignorata e adesso lei è ridotta così..". 
Dean osservò le lacrime scivolare lungo il viso delicato di Abby e ascoltò la voce spezzata dal senso di colpa con cui parlasse, e ciò lo ferí più di quanto avrebbe mai potuto ammettere.
Sospirò e si sporse leggermente verso di lei, passandole dolcemente una mano sulla schiena e facendola voltare nella sua direzione per incrociare i suoi occhi e capire cosa stesse pensando dentro quella testa avvolta dalla chioma rossa; Dean  le sorrise e presto appoggiò i gomiti sulle cosce ed inarcò la schiena per piegarsi in avanti, facendo spallucce. "Sai perché non ti ho detto del ritorno di Lucifer? Mi sentivo un po' troppo in colpa. Ha preso il corpo di Castiel, il mio migliore amico, e io non me ne sono neanche accorto: Cas è entrato dentro quella gabbia per proteggerci e ha detto di si per lo stesso motivo. Sembrava sempre il solito vecchio e strambo Cas, ed invece il diavolo era dentro di lui". 
"Cas ha fatto la sua scelta. Non è stata colpa tua, Dean" rispose immediatamente Abby spazzandosi via le lacrime e tirando su con il naso, incrociando di nuovo il suo sguardo e scuotendo la testa. 
Il ragazzo accennò un sorriso amaro e avrebbe potuto dirle che nonostante lo sapesse, sentiva ugualmente il senso di colpa dentro di lui, ma si limitò a fare spallucce e sospirare. "Beh, neanche quello che è successo ad Anael è colpa tua: non potevi saperlo. Non devi sentirti in colpa perché hai avuto bisogno di un po' di normalità e di pace, che hai trovato con Edward e Andrew". 
Abby annuì un po' più convinta e accennò un sorriso, mordendosi il labbro mentre lo guardava e si sentiva nervosa. 
Dean accennò un sorriso e si sporse verso di lei quel tanto che bastava per sfiorarle il viso, impedendo che abbassasse gli occhi. 
Per tre mesi le era stato lontano, non aveva infranto la parola data a sé stesso e non era andato a trovarla neanche una volta. 
L'aveva chiamata spesso, è vero. Ma perché sapeva che Abby non gli avrebbe mai risposto.
Averla di nuovo vicina, gli permetteva di tornare finalmente a respirare: come se avesse tenuto la testa sott'acqua per tre mesi e finalmente fosse riuscito a tirarla fuori. 
Osservava il suo viso arrossato dalle lacrime che avesse versato prima e le sue ciglia che ancora trattenessero delle microgocce, le labbra dischiuse ed il respiro leggermente accelerato, gli occhi azzurrissimi che splendevano come non mai. 
Dean strinse le labbra in un'espressione di disappunto perché non era stato lui a curarle le ferite interne, come sempre aveva fatto. 
Abby era sempre stata sua e non si sarebbe mai allontanata da lui, se Dean non l'avesse spinta a farlo. 
"Mi dispiace per quel che Rose ti ha fatto".
La donna sorrise amaramente ed abbassò lo sguardo, fingendo che sapere che quell'argomento non la toccasse, ma la toccava eccome. 
La faceva soffrire, nonostante dividesse il letto ogni notte con Edward. 
Nonostante lui avesse rimesso insieme i pezzi di lei, nonostante la facesse finalmente stare bene. 
Nonostante Abby provasse dei sentimenti anche per Edward. 
Quando la vicinanza con Dean stava diventando così profonda da essere ormai inadeguata, Abby scansò la sua mano e scosse la testa, alzandosi dal letto per dirigersi verso la porta e mettere spazio fra di loro mentre il suo cuore batteva velocemente nel suo petto. 
Aveva faticato tanto per essere di nuovo felice, non avrebbe permesso a Dean di vanificare i suoi sforzi e la sua storia con Edward. "Vado a vedere cosa fa Mary".
Dean la vide tenere lo sguardo basso e sgattaiolare fino alla porta scappando come se fosse una ladra colta in flagrante sul fatto, ma l'uomo sospirò rumorosamente e si alzò in piedi, richiamandola e guardandola con aria più seria. 
"Dovresti trasferirti di nuovo qui, Abby: potresti stare più vicina a nostra figlia e soprattutto saresti protetta. Amara, Lucifer: ti vogliono morta. Questo bunker è l'unico posto in cui non possono entrare".
Abby lo guardò per un lungo istante sentendo il cuore battere più forte: sapeva che avesse ragione, sapeva che sarebbe stata un bersaglio facile fuori dal bunker. 
Ma sapeva anche di non poter chiedere a Edward di vivere insieme a lui al bunker, quindi sospirò brevemente annuendo in silenzio per poi voltarsi verso la porta ed uscire senza dire una parola, chiedendosi quale fosse la cosa giusta da fare.
 

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Capitolo 61
*** Capitolo 54 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 54


"Sua moglie è stata molto irriverente nei nostri confronti. Siamo felici di non averla qui un secondo di più!" esclamò lo sceriffo sulla cinquantina e dei lunghi baffi argentati, indossando un grosso cappello ed un'espressione ancora irritata sul viso. "La cauzione è di duemila e cinquecento dollari". 
Dean sollevò un sopracciglio e guardò l'uomo seduto sulla sedia dalla parte opposta della scrivania, intento a preparare i documenti per l'uscita di prigione di sua moglie e lo guardò con l'aria di chi avesse capito il suo gioco. "È stata molto irriverente, eh?". 
"Sua moglie ha picchiato un agente. È fortunata a non essere stata denunciata". 
"Non ho dubbi che questa corrisponda alla descrizione di mia moglie. La faccia uscire, avanti" rispose Dean roteando gli occhi e sospirando rumorosamente sentendosi ormai stanco di quello scambio di battute, estraendo dalla tasca il libretto degli assegni mentre osservava l'agente sorridere soddisfatto e faceva segno ad un suo uomo molto più giovane di liberare la prigioniera. 
Il ragazzo lo vide iniziare a compilare un modulo e lo ascoltò dire che fosse accusata di un crimine molto grave e che presto Anna Grayson sarebbe stata convocata per l'udienza con il giudice, dove avrebbe dovuto rispondere dell'aggressione all'agente che fosse stato portato in ospedale con una prognosi di dieci giorni, e indicò la parte destra del suo modulo che gli porse insieme alla penna. "Deve firmare qui". 
Dean sospirò e scosse la testa firmandosi come Andrew Hegger e presto gli porse nuovamente il foglio con un sorriso finto di cortesia e si sistemò il lungo cappotto nero ancora bagnato nei punti in cui la stoffa avesse intrappolato la neve ormai sciolta, mentre il ragazzo scendeva dalla sua auto per arrivare alla centrale di polizia. 
Il secondo agente più giovane e smilzo si affrettò a fare il suo ingresso nel suo ufficio, portando con sé un Abby molto irritata e furiosa che gli intimò di toglierle subito le manette o gliele avrebbe fatte ingoiare; a quelle parole Dean non riuscì a trattenere una risata, che camuffò con un colpo di tosse quando lo sceriffo lo guardò storto.
Abby incrociò lo sguardo di Dean e aggrottò le sopracciglia, per poi sospirare e scuotere la testa; si lasciò trascinare all'esterno senza dire una parola, né ringraziarlo, ed entrò nell'Impala in silenzio provando però un certo effetto, perché era passato tanto tempo da quando fosse stata dentro quell'auto. 
Dean inserì la chiave nel quadro generale della macchina mentre se ne stava indeciso se parlarle o meno, ma fu Abby a voltarsi verso di lui per guardarlo con aria accigliata e infastidita. "Come diavolo sapevi che mi avessero arrestata? Non ho chiamato nessuno". 
"Beh Anna Grayson, risulto ancora come il tuo unico contatto di emergenza: mi ha chiamato lo sceriffo" rispose Dean sollevando un sopracciglio e facendo spallucce, per poi modificare la sua espressione e piegare le labbra in un sorriso divertito. "Ma che hai combinato? Lo sceriffo mi ha detto che hai investito un agente". 
"Questo non é affatto vero: stavo guidando e mi sono distratta solamente un momento e ho preso di striscio un cavallo, e poi il tizio ch-..". 
"Hai investito un cavallo?" chiese Dean interrompendola bruscamente e scoppiando in una sonora risata, mettendo le mani sul volante e piegando addirittura la testa all'indietro.
Abby rimase per qualche istante in silenzio ad osservare l'uomo al suo fianco che ridesse in quella maniera sguaiata, che le aveva sempre fatto scaldare il cuore, rimanendo interdetta ma accennando un sorriso divertito senza rendersene conto, voltandosi a guardarlo con tutto il corpo ed appoggiando il gomito sinistro alla spalliera. "C'era un ciuffo piccolissimo di peli attaccato al parafango, credimi! È il vecchio culo grasso dell'agente che si è sbilanciato ed è caduto da solo!". 
La ragazza lo vide sgranare gli occhi e ridere ancora più forte di quanto immaginasse possibile o gli avesse visto fare negli ultimi tempi, ed Abby aggrottò le sopracciglia allargando le braccia e scuotendo la testa, cercando di camuffare l'espressione divertita. "Oh ma insomma, la vuoi piantare?". 
"Scusami, ma questo è il momento più esilarante della settimana!" esclamò Dean fra una risata e l'altra perché proprio non riusciva a trattenersi, passandosi indice e pollice sulle palpebre e scuotendo la testa sentendo su di sé lo sguardo fintamente arrabbiato della ragazza. 
Abby lo guardò con attenzione e sospirò sentendolo ancora ridacchiare e incrociò le braccia al petto, pensando che fosse passato davvero tanto tempo dall'ultima volta in cui avessero parlato: probabilmente quando Anael si fosse ripresa fisicamente e Abby l'aveva portata via con sé nella sua casa a Summerfield per consentirle di ripristinare la sua grazia in un luogo tranquillo e meno frequentato del bunker, rifiutando per l'ennesima volta la proposta di Dean di tornare a vivere con loro che le avesse fatto ormai un mese e mezzo prima. 
Abby amava più di ogni altra cosa cosa sua figlia e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, ma vivere insieme a Dean e vederlo tutti i giorni, avrebbe voluto dire tornare ad essere risucchiata da quel vortice nero dentro cui fosse già sprofondata più di una volta e da cui aveva faticato per uscire aggrappandosi totalmente a Edward. 
Dean incrociò il suo sguardo nell'abitacolo buio dell'auto e tornò più serio, guardando nei suoi occhi e sospirando appena prima di volgere lo sguardo all'esterno della sua auto. "Da quant'è che non mangi?". 
Lo stomacò di Abby rispose al posto suo come se fosse stato interpellato, emettendo un suono inequivocabile che gli fece capire che la ragazza avesse davvero fame; Abby sorrise un po' imbarazzata e disse che avrebbe preferito tornare a casa, dove pensò che avrebbe potuto mangiare e prendere la sua auto per raggiungere Edward a cui avesse dato buca ormai da più di dieci ore, ma Dean scosse la testa e rifiutò l'idea di lasciarla andare senza assicurarsi che avesse mangiato; accese il motore e ignorò le proteste di Abby, che dopo qualche istante si rassegnò e si rilassò sul sedile, estraendo dalla sua tasca il telefono per scrivere un messaggio a Edward e rassicurarlo che fosse ancora viva e dicendogli che lo avrebbe richiamato al più presto. 
Dean guidò lentamente come a volersi godere quei pochi istanti insieme ad Abby e di tanto in tanto la osservava con la coda dell'occhio, fino a quando notò per la strada l'insegna di un ristorante cinese che entrambi conoscessero bene, esattamente lo stesso in cui erano soliti mangiare negli anni in cui facessero base da Bobby.
"Allora, che ci facevi in quella strada, quando hai investito il poliziotto a cavallo?".
Abby sollevò lo sguardo verso di lui mentre se ne stava seduto al tavolo di fronte a Dean, e fece spallucce per poi lasciare scivolare lo sguardo verso il resto della sala piena, iniziando a pensare di essere stati molto fortunati a trovare un posto per due in una serata affollata come quella. 
Ma Dean non aveva nessuna intenzione di archiviare l'argomento in quella maniera e la richiamò, perché Abby aveva chiaramente eluso la domanda facendo finta di nulla, e la ragazza si ritrovò a roteare gli occhi per poi tornare a guardarlo. 
"Passavo di qui per caso, giuro". 
L'uomo sorrise debolmente e scosse la testa, guardandola con aria accusatrice mentre lei guardava ogni cameriere che passasse vicino al loro tavolo con delle pietanze fra le mani che le facessero venire ancora l'acquolina in bocca e Dean la vide stringere le labbra perché stava davvero soffrendo. 
"Ti rendi conto che abbiamo passato gli ultimi undici anni a stretto contatto e che ti conosco come nessuno farà mai? So sempre quando mi menti e adesso lo stai facendo, quindi saltiamo questa parte e dimmi perché sei tornata qui a Sioux Falls". 
Abby spostò il suo sguardo su di lui mentre ascoltava le sue parole e sospirò divenendo più seria, ma presto abbassò lo sguardo perché pensava che avesse ragione: dopo metà della loro vita trascorsa insieme, una figlia e mille battaglie affrontate spalleggiandosi l'un l'altra non poteva sperare che Dean non riconoscesse le sue menzogne.
Tornò a guardarlo ed accennò un sorriso debole nella sua direzione, osservando la sua espressione sciogliersi e divenire meno seria mentre rimaneva in attesa di una risposta. 
Ma proprio quando Abby stesse per aprire la bocca per iniziare il suo discorso, si avvicinò il cameriere portando loro i piatti che avessero ordinato e la ragazza sgranò gli occhi davanti a quella bontà; disse che gli avrebbe raccontato tutto solamente dopo che avrebbe finito di mangiare e Dean acconsentì, perché anche lui aveva fin troppa fame per parlare invece che mettere sotto i denti ciò che avesse nel piatto.
Abby lo prese in giro perché come sempre Dean non aveva la più pallida idea di come si impugnassero le bacchette finendo sempre per utilizzare la classiche posate e Dean prese in giro Abby perché in preda alla fame aveva ordinato più piatti di quanto riuscisse realmente a mangiare, e la ragazza si ritrovò ad accennare un sorriso divertito verso di lui ed a passargli il piatto che non riuscisse a terminare. 
Inavvertitamente Dean le sfiorò il dorso della mano mentre afferrava il piatto che gli stesse porgendo mentre ancora rideva, ed i due ragazzi tornarono a guardarsi negli occhi mentre il cuore batteva forte nel petto. 
Solo per un attimo ai due sembrò che il tempo non fosse mai passato e che nulla li avesse mai separati.
Ma presto Abby spostò le sue mani e spostò lo sguardo sugli altri clienti, alla ricerca di qualcosa che la distraesse dai sentimenti che stesse spingendo nella parte più profonda di sé. 
Dean finí il piatto e pagò il conto per entrambi in modo molto veloce, tanto che la ragazza non se ne accorse neanche e aiutò Abby ad indossare il lungo cappotto proprio prima che varcassero la soglia dal ristorante, e la donna lo ringraziò con uno sguardo e con un sorriso; stavano per raggiungere l'Impala, ma Abby la superò in silenzio ed accennò un piccolissimo sorriso nella sua direzione, facendogli segno di seguirla e Dean senza rendersene conto si ritrovò a passeggiare in uno dei parchi vicini al ristorante. 
Falls Park, lo stesso in cui Dean ed Abby si recarono insieme qualche giorno dopo la morte di John Winchester. Il primo posto in cui Dean si fosse aperto con Abby, mostrandole come fosse fatto all'interno e che fosse molto diverso dalla corazza di arroganza e sarcasmo che indossava da tutta la vita. 
"Mio padre". 
"Mmh?". Dean la guardò con aria di chi non seguisse dato che si fossero seduti su una panchina del parco da un abbondante quarto d'ora e fino a qualche istante prima stavano parlando di come Mary avesse letteralmente costretto Sam a comportarsi da principessa e lui l'avesse accontentata pur di giocare insieme a lei, scatenando le battute e le risate del fratello maggiore. 
"Mi hai chiesto perché sono qui: per mio padre. È da due settimane che mi continuano ad accadere cose strane: luci che tremano in casa, la stanza che diventa fredda, oggetti che si spostano da soli. E stamattina presto ho trovato un suo vecchio appunto sul mio comodino, con su scritto di andare a Sioux Falls" disse Abby rabbrividendo appena dentro al suo cappotto e cercando di scaldarsi le mani sfregandole fra di loro. 
Subito osservò l'uomo davanti a sé sporgersi più avanti per afferrarle le mani e stringerle fra le sue con un sorriso divertito, facendole l'occhiolino mentre provava a scaldarla. 
Abby guardò nei suoi occhi verdi e sentí le sue mani tremare sotto il suo tocco e fu felice di poter dare la colpa al freddo pungente di quella sera.
Si schiarí la gola e fece spallucce, mordendosi le labbra ed abbassando lo sguardo per qualche istante. "Sono venuta qui e non sapevo chi o cosa cercare, fin quando mi è sembrato di vedere mio padre camminare sul marciapiede mentre guidavo e ho sterzato di botto per fermarmi, ma poi il cavallo si è messo in mezzo. Il resto lo sai". 
Dean ascoltò attentamente le sue parole e sospirò, sollevando un sopracciglio mentre la guardava con aria stranita di chi cercasse di capire; Abby accennò un sorriso imbarazzato e fece spallucce, appoggiando la schiena contro lo schienale, mentre lo osservava analizzare nella sua mente varie ipotesi. "Ne hai parlato con Anael? Lei e Castiel non si erano assicurati che tuo padre fosse in Paradiso?". 
"No, Anael è ancora molto turbata per la scomparsa di Castiel ed io non voglio che si preoccupi anche per questo.." sussurrò Abby facendo spallucce e guardandosi attorno nella speranza di vedere o sentire qualcosa, ma tornò a posare il suo sguardo deluso su quello dell'uomo fingendo un sorriso tranquillo mentre ancora Dean sfregava le mani contro le sue per scaldarla. "Si sta facendo tardi ed è chiaro che io mi sia sbagliata e che probabilmente la mia mente mi sta facendo brutti scherzi, quindi è meglio che ti lasci tornare a qualsiasi cosa tu stessi facendo prima di farmi uscire di prigione". 
Dean sgranò gli occhi ed annuì in maniera poco convinta: lasciò la presa su di lei con una mano per estrarre velocemente il cellulare della sua tasca, ma non trovò alcuna chiamata persa del fratello e sollevò un sopracciglio preoccupandosi immediatamente perché aveva mollato un caso in piena regola per accorrere in soccorso di Abby, e gli sembrò strano che il fratello non avesse chiamato per informarlo su eventuali sviluppi. 
"Va tutto bene?". 
L'uomo scosse la testa e guardò lo schermo vuoto del suo telefono per qualche altro istante, per poi scuotere la testa e sospirare. "C'è qualcosa che non va e ci sono delle cose pazzesche che dovresti sapere". 
Dean iniziò a rivelarle tutto ciò che fosse accaduto, mettendola a conoscenza di ciò che Abby non sapesse guardandola sgranare gli occhi fino all'inverosimile, scaturendo in lui un leggero sorriso ironico perché sapeva quanto la situazione potesse sembrare incredibile; ciò di cui però i due ragazzi non si accorsero fu una figura femminile nascosta nel punto più buio del parco. 
La donna sulla cinquantina indossava vestiti dall'aria molto costosa e aveva un portamento quasi regale, il corpo asciutto e atletico, il viso magro a forma di cuore e degli occhi azzurrissimi che spiccassero sul suo volto adornato da una folta chioma rossa mogano tenuta legata in una coda molto alta; se ne stava in disparte ad osservare i due ragazzi parlare su quella panchina e si ritrovò a sollevare un sopracciglio, scocciata perché aveva preso un aereo e aveva fatto tanta strada per incontrare la donna seduta in quel parco, sperando di trovarla sola. 
Il suo telefono squillò nella tasca del suo cappotto e la donna sospirò, capendo che il suo momento personale fosse finito e dovesse tornare necessariamente a lavoro; diede un ultimo sguardo ai due ragazzi accennando un sorriso malinconico sospirando lentamente per poi voltarsi nella direzione opposta e sparire nuovamente nell'ombra esattamente nello stesso modo in cui fosse arrivata, lasciando che la brezza della sera portasse via le sue parole con la speranza che presto o tardi l'avrebbe potuta incontrare. "Tuo padre ti ha guidata fino a qui per permettermi di ammirarti da lontano, mio tesoro: è stato bello rivederti dopo tutto questo tempo, ma ci vedremo presto, piccola Abigail ". 


"Oh Dio, non ci credo!". 
Si portò la mano sulle labbra e aggrottò le sopracciglia, cercando supporto nello sguardo dei due Winchester che fecero spallucce nella sala comune pensando che anche per loro ci fosse voluto un po' di tempo per accettare l'idea. 
"Tu sei lo stronzo che scriveva di noi! Lo stesso stronzo che ha messo tutta la nostra vita dentro un cazzo di libro e ha venduto centinaia di copie in giro per il paese!" esclamò Abby sgranando gli occhi e indicando con un dito e sguardo accusatorio l'uomo in boxers davanti a sé, che si affrettò a chiudere la vestaglia di cotone che avesse appena indossato. "Tu, tu saresti Dio?". 
"È la stessa reazione che ho avuto io.." sussurrò un uomo sulla cinquantina con dei lunghi capelli bianchi ed un viso tondo e pieno che Abby avesse sentito chiamare da Sam e Dean con il nome Donatello, osservandolo accennanre una risata del tutto fuoriluogo e beccandosi un'occhiataccia dalla ragazza che però pensò che in un'altra circostanza le avrebbe fatto anche piacere conoscerlo, ma non in quel momento. 
"Scusami, Chuck ha per caso descritto dettagliatamente la tua vita sessuale e l'ha spedita in giro per l'America? Perché è quello che ha fatto con noi tre!". 
Chuck sospirò e si avvicinò di qualche passo alla ragazza, afferrandole una mano fra le sue e chiudendo gli occhi per qualche istante perdendosi dietro un sorriso e dietro chissà quale pensiero astratto, fin quando Abby tirò indietro la mano di scatto e l'uomo tornò a fissarla nuovamente negli occhi. "Si, è proprio vero: hai perfezionato Syria in una maniera sublime e speciale. Se tu morissi oggi, la tua anima finirebbe sicuramente in Paradiso".
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria di sgomento, facendo un passo indietro per poi cercare lo sguardo di Dean che subito si avvicinò a lei con un'espressione seria, fino a raggiungere il suo fianco e sfiorarlo con la punta delle dita; Dean capiva la sua agitazione ed il suo nervosismo nel venire a scoprire che Chuck in realtà fosse Dio e che avrebbe potuto impedire l'avvenimento della maggior parte delle cose brutte che fossero capitate loro. "Stiamo cercando di trovare Castiel, ok? Facciamo una cosa per volta". 
La ragazza lo guardò con un forte mal di testa e scosse la testa, spostando poi lo sguardo su Chuck che nel frattempo fosse tornato a mangiare i suoi cereali dalla tazza con un sorriso rilassato sul volto. "E come facciamo, Dean? Col Dio ubriacone e mezzo nudo che teniamo nel salotto di casa? Insomma Chuck è Dio, Dio è Chuck: mi farò venire il mal di testa se continuerò a ripeterlo".
Sam roteò gli occhi al cielo e sospirò, avanzando velocemente e sventolando le mani davanti ai due ragazzi con aria piuttosto seria e scocciata da quella perdita di tempo. "Non perdiamo di vista il vero punto della situazione: dobbiamo concentrarci sul trovare Castiel e Amara". 
"Io so dov'è Amara". 
La voce alle spalle dei ragazzi li fece voltare verso quello strano signore robusto e con i capelli bianchi sparsi in maniera disordinata che gli ricadevano sul collo, che li guardò con titubanza. 
"Mi ripetete chi diavolo è lui?" chiese Abby allargando le braccia e guardando l'uomo, inclinando la testa e pensando che le cose fossero diventate troppo strane da quando avesse smesso di frequentare il bunker. 
Sam roteò per l'ennesima volta gli occhi al cielo e fece finta di non notare lo scambio di sguardi fra suo fratello ed Abby che sembravano essere tornati improvvisamente in sintonia dopo quei mesi di lontananza, e si avvicinò a Donatello con aria interessata. "Te l'ho detto, Abby: è un profeta. Adesso Donny dimmi: come sai dove si trova Amara?". 
"È molto semplice, ragazzo. Io.." iniziò il profeta con un sorriso stranito sul volto, avanzando verso di loro per spiegargli tutto ciò che sapesse quando udì la porta in cima alle scale del bunker aprirsi. 
Tutti i presenti si voltarono verso l'origine del suono e videro sbucare sul pianerottolo della scala un uomo alto e robusto, con l'inconfondibile chioma lunga e corvina che assottigliò gli occhi per individuare qualcuno fra i ragazzi al piano di sotto. 
"Merda". 
Questo fu il primo pensiero di Abby quando si rese conto di aver completamente dimenticato di richiamarlo e sgranò gli occhi quando vide Edward scendere velocemente le scale con aria preoccupata, sgranando gli occhi e avvicinandosi velocemente mentre la guardava con aria accigliata e infuriata. 
"E lo show continua con un bel triangolo amoroso.." sussurrò Chuck sendosi sulla sua sedia per continuare a mangiare e abbassando parecchio la voce, ma fu abbastanza sufficiente da farsi sentire dai due Winchester e dalla ragazza che lo fulminarono con uno sguardo.
"Abby, mi hai fatto preoccupare: ieri ti ho aspettato per un paio di ore, ma non rispondevi alle chiamate e mi sono occupato di quel nido da solo! Che è successo?". 
La ragazza scosse la testa e lasciò il fianco di Dean, avanzando velocemente verso Edward ed allargando le braccia per stringerlo in un veloce abbraccio mentre l'uomo la stringeva e guardava con uno sguardo di fuoco il maggiore dei Winchester.
Abby chiuse gli occhi per qualche istante e si strinse a lui godendosi il momento, ma presto scosse la testa e sospirò rumorosamente, sciolse l'abbraccio e gli prese le mani fra le sue sentendosi davvero mortificata ad essersi completamente dimenticata di avvisarlo che fosse tornata al bunker. "Mi dispiace tanto Edward, davvero. Ma sono stata arrestata e..". 
"Sei stata arrestata?" chiese Edward sgranando gli occhi ed aggrottando le sopracciglia mentre la guardava con aria molto sorpresa. 
Abby annuì e stava per dirgli ciò che fosse accaduto, ma sentí Dean iniziare a ridacchiare divertito ripensando alla storia del cavallo e la ragazza decise che avrebbe raccontato tutto a Edward in un secondo momento. "Mi dispiace tanto di averti lasciato da solo ad affrontare il nido. Quando sono stata rilasciata, sono stata parecchio impegnata e..". 
"Adesso andare a cena fuori con il padre di tua figlia e passeggiare in modo romantico in un parco illuminato dal chiarore della luna tenendosi mano nella mano è definito essere impegnati? Devo aggiornarmi, ragazzi?".
Chuck non si aspettava che tutti i presenti nella stanza si sarebbero voltati verso di lui per fulminarlo con lo sguardo, specialmente Abby e Dean che si chiesero come diavolo facesse a sapere cosa avessero fatto la sera precedente e perché Chuck avesse sentito il bisogno di esternarlo proprio in quel momento. "Oh scusate, era un segreto?". 
Abby lo guardò con sgomento e scosse la testa, voltandosi poi a guardare Edward che sgranò gli occhi e la guardò con aria indagatrice e sorpresa. "No, Chuck non sa quello che dice. Non è andata così, te lo assicuro: noi..". 
"Sarebbe bello stare qui a parlare insieme di come ognuno di noi passi le proprie serate, ma abbiamo una certa urgenza di trovare il nostro amico angelo prima che Amara lo distrugga, quindi.." sussurrò Dean facendo spallucce e accennando un sorriso ironico, un po' perché si sentiva più infastidito del solito dalla presenza di Edward nonostante ormai ci avesse fatto l'abitudine e un po' perché pensava di andare in soccorso di Abby cambiando argomento, togliendola momentaneamente dai guai. 
Sam osservò lo scambio di una serie di sguardi di fuoco fra suo fratello e l'uomo appena entrato e si augurò che entro fra i due non scoppiasse l'ennesima rissa, ma cercò di ignorare questo presentimento ed avanzò di qualche passo verso Donatello che stava cercando di capire chi fosse l'uomo appena entrato nella stanza, spostando poi la sua attenzione sul minore di Winchester che si schiarí la gola al suo fianco. "Allora, dicevi di sapere dove si trova Amara? Portaci lì!". 


"La mamma lo fa sempre con le mani, perché tu usi il frullatore?". 
Edward iniziò a far scivolare l'impasto dal robot da cucina fino al ripiano d'acciaio, guardando con un grosso sorriso intenerito la piccola Mary alla sua sinistra che si stesse sporgendo sul top metallico della cucina per osservare cosa stesse facendo l'uomo, con il viso sporco di farina così come il maglione azzurro chiaro sotto al grembiule bianco. "Con il frullatore si fa prima" 
Abby che era rimasta sulla soglia ad osservare a braccia conserte Edward giocare bonariamente con la piccola Mary facendola ridere continuamente, sollevò un sopracciglio e fece scoccare la lingua all'interno della bocca, mimando un no con l'indice destro e sorridendo divertita mentre raggiungeva sua figlia e le faceva l'occhiolino, tirandosi su le maniche della felpa nera ed iniziando a preparare gli ingredienti sul ripiano metallico dell'isola del bunker. "Questa è la scusa che usa chi non sa cucinare, piccola. Cucinare è un'arte Mary, è anche fisica, ma soprattutto chimica: frullando la farina, il lievito, il sale e l'acqua insieme le molecole di glutine si rompono. Ma se le impasto a mano, le molecole rimangono intatte e verrà una base più abbondante, soffice e buona".
Mary sgranò gli occhi e guardò la madre con aria sorpresa quando la osservò unire gli ingredienti insieme fino ad ottenere un impasto omogeneo e più voluminoso rispetto a quello appena fatto da Edward nel frullatore; Abby scambiò un'occhiata vittoriosa con l'uomo al suo fianco, che si avvicinò ridendo divertito nella sua direzione e si chinò su di lei per darle un sonoro bacio sulla testa, facendola sorridere e facendole l'occhiolino. 
Edward si voltò verso Mary che lo guardasse con aria felice e divertita, e si abbassò al suo livello sollevandola dai fianchi e caricandosela in spalla sentendo la sua armoniosa risata riempirgli il cuore. "Non è ancora detta l'ultima parola, piccola: il nostro impasto può ancora battere quello della mamma se durante la lievitazione diventa più grande del suo!". 
La bambina rise di gusto e si strinse all'omone che la tenesse stretta a sé, e Mary si tenne ai suoi lunghi capelli e lo abbracciò stretto. "Si, battiamo la mamma, zio Eddie!".
Abby e Edward si scambiarono un'occhiata fugace quando sentirono il modo in cui Mary lo avesse chiamato e l'uomo cercò ci nascondere che quell'appellativo fosse così importante per lui; non aveva mai sopportato i bambini prima di conoscere Mary. 
Ma come faceva con tutti, Mary aveva stregato anche il cuore di Edward e gli aveva fatto perdere la testa per lei, riducendosi a fare dei giochetti infantili e divertendosi insieme alla piccola, dimenticando in quei momenti il fatto di essere un veterano e un cacciatore di mostri. 
Abby sorrise divertita e si avvicinò ai due, sollevandosi sulle punte per baciare Edward sulle labbra mentre sentiva Mary tirargli capelli in modo delicato. 
I due si scostarono solamente quando la piccola iniziò a reclamenre la loro totale attenzione, battendo le manine sulla loro testa.
Abby la guardò e le sfiorò i capelli mentre ancora stesse sulle spalle di Edward, osservando la sua piccola ridere divertita. "Perché non vai a giocare nella tua stanza, mmh? Ci vorrà del tempo prima che la pizza sia pronta! Inizia ad andare: troverai papà, io arrivo subito". 
Mary accennò un sorriso e schioccò un grosso bacio sulla guancia della madre e su quella di Edward: non se lo fece ripetere due volte e corse immediatamente lungo il corridoio per raggiungere il padre nella stanza. 
Abby sorrise divertita e spostò lo sguardo su Edward, avvicinandosi con aria serena a lui mentre lo osservava togliersi il grembiule chiaro dal quale si sollevò una nuvola di farina bianca, e la ragazza rise divertita portandosi le mani alle labbra e scuotendo la testa. 
Edward rise insieme a lei e incrociò il suo sguardo, piegando il grembiule e facendo spallucce. "Che c'è di tanto divertente, rossa?". 
"È solo che ci troviamo in un bunker super segreto e nostro salotto c'è Dio che fa terapia di coppia con Lucifer assistiti da Sam e mio fratello, per fargli unire le forze e sconfiggere la zietta Amara e noi ci limitiamo a cucinare.." sussurrò Abby ridendo di gusto e facendo qualche passo avanti per avvicinarsi al ragazzo. 
Edward si lasciò contagiare dalla sua risata pensando che quella fosse una situazione piuttosto surreale, e non ci pensò un secondo di più per avvolgerle le braccia attorno alla vita ed avvicinarla a sé; Abby accennò un sorriso e gli sfiorò la guancia rimettendo a posto una ciocca riccia che si fosse ribellata e fosse scivolata dal codino alto che Edward si avesse fatto prima di iniziare a preparare l'impasto. 
Si chinò su di lei per baciarla in maniera tutt'altro che casta perché Edward aveva sentito la sua mancanza ed Abby ricambiò con la stessa intensità mentre si stringeva a lui.  
Quando quel bacio stava diventando qualcosa di più, qualcosa che non fosse adatto alla cucina del bunker, Abby ridacchiò e scosse la testa mentre sentiva il suo cuore battere più velocemente; mise una leggera distanza fra i loro volti per poter guardare meglio nei suoi occhi nocciola e si morse il labbro inferiore con nervosismo, per poi sospirare leggermente.
Ciò che sentiva per Edward aumentava la sua intensità giorno dopo giorno, facendole capire cosa Abby volesse davvero e a che cosa non sarebbe più stata risposta a rinunciare.
Gli sfiorò una guancia mentre sentiva il fiato venirle meno e si aggrappò più saldamente alle sue braccia, sentendo il cuore battere piú velocemente nel petto ed abbassando lo sguardo sul suo petto fasciato da una leggera maglietta di cotone nera a mezze maniche. "Senti Edward, per quello che ha detto Chuck prima.. Non è come pensi: Dean è il contatto di emergenza per il nome che uso sotto copertura. E quando mi hanno arrestata, la centrale lo ha chiamato ed è venuto a riprendermi per portarmi a casa. Non è successo niente tra noi". 
Per qualche istante, Edward rimase rigido ad ascoltare le sue parole: dentro di sé sentiva una grande rabbia che in altri tempi lo avrebbe costretto a dare un pugno al muro per scaricarsi.
Ma da quando Abby era entrata nella sua vita, lo aveva aiutato a controllare i suoi sentimenti negativi.
Fece un lungo respiro e con l'indice ed il pollice della mano destra le sollevò il mento per incrociare i suoi occhi azzurri così limpidi da fargli vedere l'oceano.  
La guardò in modo molto serio mentre analizzava le sue parole ed il suo sguardo, sentendo il suo respiro accelerato. 
Sospirò rumorosamente ed  annuì in silenzio, sfiorandole la guancia destra con estrema delicatezza mentre studiava i suoi occhi: Abby sembrava così sincera, il sguardo era così puro che Edward presto si sciolse in un'espressione sorridente. 
Voleva disperatamente crederle, voleva che rivedere Dean e passare del tempo con lui non le facesse capire che tutto ciò che voleva fosse qualcosa di diverso da ciò che già avesse.
Ma in cuor suo Edward sapeva che Abby non avrebbe mai smesso di provare dei sentimenti forti per Dean, ma riusciva a percepire ciò che Abby provasse per lui ogni volta che lo guardasse negli occhi.
Ogni volta che la tenesse vicina e sentiva il suo cuore battere più velocemente, il respiro accelerare. 
"Mi fido di te, Abby".
Parlò con voce rauca e profonda, ed il cuore di Abby iniziò a scalpitare nel suo petto facendola deglutire con fatica. 
Con una frase e quello sguardo carico di amore, Edward aveva appena quietato il caos che si fosse scatenato dentro Abby qualche ora prima, quando Dean si fosse avvicinato a lei in modo molto diverso. 
Con dolcezza gli sorrise e si sollevò sulle punte dei piedi per baciarlo delicatamente gustandosi quel momento così intenso.
Stare vicino a Edward era sempre un'esperienza mistica.
Sciolse la presa su di lui e gli sorrise, sospirando di felicità e si allontanò da lui dicendo che avrebbe cercato Mary, perché troppo preoccupata dalla presenza di Lucifer nel bunker. 
Quando uscí dalla cucina e sentí lo sguardo del ragazzo su di lei, Abby tornò nuovamente a pensare alle parole che Dean le avesse detto il giorno prima: la situazione stava precipitando e grazie alle indicazioni di Donatello erano riusciti ad individuare il luogo in cui si trovasse Amara, e Dean aveva deciso di andare ad affrontarla da solo mentre gli altri pensavano a mettere in salvo Castiel e con lui anche Lucifer.
Ma prima di andare, Dean l'aveva richiamata con una scusa chiedendole di seguirlo nella stanza di Mary e prima che potesse anche solamente dire una parola l'aveva baciata: non era stato niente di passionale o di malizioso, e nessuno dei due aveva intenzione di avvicinarsi al letto che padroneggiasse la stanza. 
L'aveva baciata in modo molto dolce ed Abby sentiva le braccia possenti di Dean cingerle i fianchi per attirarla di più a sé: a Dean non importava che Edward fosse nello stesso bunker e che sicuramente lo avrebbe preso a pugni se avesse saputo cosa stesse facendo, perché Dean aveva solamente bisogno di un po' di carica e di forza prima di andare ad affrontare e ingannare l'Oscurità. 
E se invece fosse morto perché Amara si fosse stancata dei suoi tradimenti e del suo continuare a resisterle, almeno sarebbe andato via senza alcun rimpianto. 
Si era presto allontanato dalle sue labbra e le aveva sfiorato il viso con delicatezza, guardandola con lo stesso grande amore che avesse sempre caratterizzato il suo sguardo. "Resta qui. Quando tutto sarà finito con l'Oscurità e se sopravviveremo, torna al bunker. Torna a casa dalla tua famiglia, torna a casa da me. Torna da me, ragazzina. Ho bisogno di te".
Abby lo aveva guardato a bocca aperta ed era rimasta impietrita, sentendo il petto esplodere per la moltitudine di sentimenti che la sua mente avesse rispolverato nel momento in cui si fosse instaurato quel contatto fra loro due; era tornata a guardare quegli occhi verdi da così vicino dopo così tanto tempo e aveva sentito gli occhi pizzicare, mentre il cuore batteva forte nel petto e si chiese perché ogni volta che pensasse di stare quasi bene, Dean trovasse il modo per farla cadere nuovamente a picco. 
Non si era stupita di sentire i suoi sentimenti per Dean tornare a galla e bussare alla porta del suo cuore, ma Abby si era sentita così arrabbiata e furiosa tanto da liberarsi in fretta dalla sua presa, mentre lo guardava in cagnesco.
Non poteva comportarsi così, non adesso che stava bene, non adesso che avesse instaurato una relazione così profonda con Edward.
Non disse una parola, ma si era limitata ad uscire dalla stanza sentendosi disperatamente stanca e frastornata, ed era partita subito insieme agli altri e ad Edward nel folle tentativo di salvare Castiel, e di conseguenza Lucifero.
Abby sapeva che avrebbe dovuto raccontare a Edward ciò che fosse accaduto fra lei e Dean il giorno prima, avrebbe dovuto dirgli la verità e parlarne insieme a lui, ma aveva deciso di non dire nulla perché lei stessa non avrebbe saputo come riuscire a spiegare ciò che sentisse dentro di sé. 
I sentimenti che provasse per Edward erano ciò che di più certo avesse Abby, ed erano estremamente forti.
Ma Dean.. Era tornato nella sua vita da cinque minuti e l'aveva già stravolta. 
La ragazza continuò a camminare per il corridoio fino ad arrivare alla stessa stanza in cui Dean l'avesse portata prima di uscire dal bunker, la stessa stanza che un tempo condivideva con lui, ed osservò Mary e suo padre giocare insieme ad uno strambo gioco inventato dalla bambina, quando ad un tratto la piccola si alzò da terra e protese le sue manine verso il padre con un sorriso. 
Abby vide Dean sorridere di gusto e farle l'occhiolino, afferrando le sue piccole mani ed iniziando a muovere la figlia dalle braccia, mimando un ballo divertito e scoordinato, facendola ridere si gusto. "Manca la musica, papà! Ancora!".
"Prima della musica, la danza è fatta di numeri amore mio.." sussurrò Dean correggendo la figlia con un grosso sorriso, fermandosi per qualche secondo e ripartendo in un ballo più composto ed ordinato che Abby non gli avesse mai visto fare. "Un, due, tre, quattro; un, due, tre, quattro. Bravissima tesoro, così!". 
Abby rise di gusto appoggiandosi alla porta ed incrociando le braccia al petto, sgranando gli occhi quando vide padre e figlia interrompere il loro ballo e voltarsi verso di lei: si affrettò ad invitarli a continuare a ballare e a divertirsi senza badare alla sua presenza che se la rideva nel vedere Dean soddisfare ogni singola richiesta della figlia. 
"Voglio vedere voi, voglio vedere voi!" esclamò Mary iniziando a saltellare per la stanza, trascinando dalla mano Dean per avvicinarlo ad Abby, per poi guardare entrambi con gli occhi da cucciolo tipici dello zio Sam. 
Abby si affrettò a dire di no ed a scuotere la testa, dicendo che avrebbe preferito vedere lei e suo padre continuare a ballare e divertirsi, ma davanti a quel viso tenero e quei pozzi azzurri Abby pensò che avrebbe fatto sempre qualsiasi cosa che sua figlia le avrebbe chiesto di fare; avanzò nervosamente e scosse la testa, mordendosi il labbro inferiore mentre sentiva la mano sinistra di Dean sfiorare la sua mentre l'altra scendeva a stringerle forte il fianco. 
Mary iniziò a contare il tempo ed a storpiare le note della canzone che venissero fuori dalla piccola radio, ed Abby rise divertita spostando lo sguardo sulla figlia che prese a battere le mani per la felicità, e poi guardò Dean negli occhi nello stesso modo: tutti i suoi sentimenti erano ormai riafforati a galla, uno dopo l'altro l'attanagliavano senza neanche tenere in considerazione lo sforzo che avesse fatto per nascondere il suo amore nel punto più profondo di lei. 
Ma era bastato quel riavvicinamento fra loro in quei lunghi mesi d'assenza per rovesciare l'enorme vaso dentro cui avesse rinchiuso i suoi sentimenti e per farle sentire nuovamente il terremoto dentro di lei che fece riemergere dal punto più profondo di sé ciò che provasse veramente per Dean. 
"Allora, ci hai pensato? Ti trasferirai qui?". 
Abby distolse lo sguardo dal suo per osservare il modo in cui Dean le stesse sfiorando il dorso della mano e sentì come la presa sul suo fianco si fece più forte per avvicinarla ancora a sé.
Accennò un sorriso amaro e scosse la testa, per poi sollevare lo sguardo fino al suo e guardarlo in cagnesco perché era tremendamente furiosa con lui e Dean doveva averlo intuito dato il sorrisino divertito che gli si dipinse sulle labbra. "Credi che basti così poco, Dean? Credi che un bacio e una richiesta di tornare qui possa rimettere le cose a posto fra me e te?". 
L'uomo sospirò lentamente e continuò a muoversi in maniera quasi scoordinata rispetto alla musica, se non fosse stato per Abby che lo muovesse nella direzione giusta, e lesse nei suoi occhi una profonda rabbia. "Beh, certo che no ma..".
"Mi hai detto di andare avanti e l'ho fatto!" esclamò Abby interrompendolo di colpo, guardandolo con astio e facendo un passo indietro per mettere un po' di distanza fra loro. "Io non voglio rovinare il mio rapporto con Edward per tornare qui e permetterti di spezzarmi il cuore, ancora e ancora. Non ti permetterò di fare niente di tutto questo". 
Per qualche istante Dean vide nei suoi occhi la supplica di lasciarla andare e di non tornare mai più sull'argomento, ma l'uomo sollevò le dita fino al suo viso ed accennò un sorriso quando lesse nei suoi occhi che una piccola, minuscola ed incontrollabile parte di Abby gli stesse confessando che sarebbe voluta rimanere lì con lui; non ci pensò due volte ad afferrarle nuovamente il braccio e ad attirarla nuovamente a sé, mimando nuovamente un ballo da cui Abby non si tirò nuovamente indietro quando sentí Mary urlare di felicità e tornare a canticchiare la canzone che uscisse dallo stereo. 
Dean accennò un sorriso e l'avvicinò di più a sé fino a sfiorare con il viso il suo guardandola negli occhi da così vicino, e strinse di più la presa su di lei fino ad insinuare il viso fra i suoi capelli; respirò dopo tanto tempo il suo odore, quello che Dean non avrebbe potuto dimenticare mai. 
Risalí con il viso e le sfiorò il collo esposto con le labbra, depositandole un tenero bacio per poi raggiungere il suo orecchio con la bocca, dove utilizzò un tono basso e quasi rauco per parlarle. "Volevo solo proteggere te e Mary, per tutto il tempo. Non ho mai avuto dubbi su quello che provo per te. Non è mai cambiato ragazzina, mai". 
Abby teneva ancora la sua mano sinistra attorno alle sue spalle, mentre la destra era avvolta attorno a quella di Dean che le sfiorava il dorso con il pollice disegnando degli invisibili cerchi concentrici; quel contatto fu così profondo dopo tutto quel tempo che la fece tremare, ma quando udì le sue parole sentí il cuore esplodere letteralmente dentro di sé. 
Una parte di sé sarebbe voluta rimanere a nascondersi dentro quell'abbraccio mentre sentiva Mary urlare di felicità e ballare attorno a loro; Abby si sarebbe voluta nascondere sul suo petto e non staccarsi mai. 
Ma mise un po' di distanza e lo guardò negli occhi sollevando lentamente lo sguardo fino a lui e trovandolo così vicino; vide dopo mesi l'uomo che aveva amato per quasi tutta la sua vita e che adesso non si nascondeva, ma anzi la guardava con aria sorridente e serena come se non fosse mai cambiato nulla. 
Scosse la testa ed abbassò lo sguardo sul suo petto: nonostante una parte di sé volesse così disperatamente dargli un'altra chance e provarci ancora, Abby decise di non farlo.
Aveva bisogno dell'amore che Edward le dava ogni giorno, del suo essere presente. 
Non le aveva mai fatto del male, si era sempre preso cura di lei. 
Stava attento ai suoi bisogni. 
Edward era tutto ciò che Abby avesse sognato da quando era solamente una bambina che fantasticava sull'idea dell'amore. 
Non voleva perdere l'unica persona che davvero le facesse bene al cuore.
"No. Devi lasciarmi andare". Scosse la testa e fece un passo indietro, osservando le loro mani allontanarsi sempre di più fino a lasciarsi completamente, mentre Abby ancora indietreggiava e sollevò lo sguardo molto serio e dispiaciuto verso di lui. "È troppo tardi, Dean..". 
Abby accennò un grandissimo sorriso dietro cui nascose tutto il suo dispiacere mentre il suo orgoglio pulsava nel petto e si voltò verso la piccola Mary che ancora rideva e non si fosse accorta di nulla, e le baciò la testa con dolcezza dicendole che stesse andando a prepararle la cena e di continuare a giocare con il papà, che si affrettò a sorridere anche lui senza fare capire a Mary quanto quel ballo gli avesse fatto male. 


L'orologio segnava le due e mezza del mattino nel bunker e i ragazzi facevano a turno per dormire mentre controllavano che Lucifer e Chuck non litigassero ma anzi elaborassero un piano, e quando quella sera Sam  avesse detto ai due fratelli Harrison di andare a riposare almeno qualche ora, Abby non n'era stata poi così felice. 
Dormiva male ultimamente e dopo tutto quello che era successo nelle ultime ore, il sonno era proprio l'ultima cosa a cui pensava.
Dopo essersi girata e rigirata su quell'enorme letto, così grande e vuoto senza Edward, Abby decise di scendere dal materasso ed uscire dalla sua camera, dirigendosi poi nel corridoio ed accennando il primo sorriso della serata quando vide la porta socchiusa della stanza di suo fratello. 
Entrò lentamente e se la chiuse alle spalle, guardando Dan dormire in una delle sue assurde posizioni per il cui la mattina seguente si sarebbe sicuramente lamentato per il forte mal di schiena. 
Si infilò nel letto insieme al fratello cercando di non svegliarlo e di fare piano come faceva quando era solamente una bambina e faceva dei brutti sogni, ma Dan sgranò immediatamente gli occhi e cercò subito di prendere la lama che tenesse sotto al cuscino per colpire l'intrusa nel suo letto, accorgendosi solamente dopo che si trattasse di sua sorella. "Abby?! Avrei potuto ucciderti! Ma che ci fai qui?".
"Non riuscivo a dormire.." sussurrò la ragazza con voce spezzata facendo spallucce ed appoggiando la schiena alla testiera di legno del letto, abbassando lo sguardo sulle sue mani che iniziò a torturare per il nervosismo. 
Dan avrebbe iniziato a sbraitare e l'avrebbe cacciata dal suo letto perché aveva davvero bisogno di dormire, ma notò la maniera in cui Abby nascondesse il suo sguardo e capí immediatamente che qualcosa non andasse in lei; rimise a posto il suo pugnale e si sedette sul materasso accanto a lei, aggrottando le sopracciglia ed osservandola con aria curiosa. "E non potevi tenere sveglio Edward, invece che me?". 
La sorella si voltò a guardarlo con aria ferita, facendo spallucce e accennando un sorriso amaro dietro cui nascose il suo dolore. "Se n'è andato". 
"Che vuol dire che se n'è andato?" chiese Dan sollevando un sopracciglio con titubanza dopo averci pensato su qualche istante e svegliandosi totalmente, ma quando vide Abby scuotere la testa e abbassare nuovamente lo sguardo, capí che qualcosa doveva essere andata davvero storta, così sospirò. "Che è successo?". 
La donna fece spallucce e sospirò mettendo su il broncio, e per un istante a Dan sembrò di tornare indietro alla loro infanzia, quando la notte la piccola Abby di cinque e sei anni si intrufolasse nel suo letto perché aveva avuto degli incubi e a Dan toccava calmarla per non svegliare il loro padre. "Dean mi ha chiesto di tornare qui dopo che tutta la faccenda con Amara sarà finita e io ho detto di no, perché.. perché non voglio vivere questa vita. Volevo solamente tornare al bar con Edward e stare con lui e Mary, vivere una vita quasi normale; ma Edward ci ha visti mentre ballavamo perché Mary adesso ha questa fissazione per la danza, e mi ha fatto un'unica domanda.. e io non ho saputo rispondere". 
Dan ascoltò le parole della sorella con attenzione e sollevò un sopracciglio mordendsi il labbro, inclinando appena il viso e trattenendo una risata di cuore perché Abby negli ultimi tempi era riuscita a rompere uno dopo l'altro gli equilibri che si erano venuti a creare in quel bunker. "Cosa ti ha chiesto?". 
Abby deglutí a fatica e sospirò sentendo uno strato liquido formarsi suoi suoi occhi, e scosse la testa mordendosi il labbro mentre ricordava ciò che fosse accaduto qualche ora prima.

Era appena entrata in cucina per prendere una birra dopo aver cenato insieme agli altri, quando aveva trovato Edward con entrambe le mani appoggiate al bancone darle le spalle. 
Non ci aveva dato troppo peso nonostante avesse visto uno strano comportamento da parte del ragazzone durante la cena e si era avvicinata a Edward, sfiorandogli la schiena con le dita ed appoggiando il capo fra le sue scapole: lo abbracciò stretto e sorrise inalando il suo odore mischiato a quello del sigaro che si ostinasse a fumare, e depositò un bacio al centro della sua schiena.
Tenerlo stretto a sé le dava tutta la felicità di cui avesse bisogno, le riempiva il cuore e la faceva stare bene.
Rimanendo insieme a Edward, Abby riusciva a dimenticare tutti gli orrori della caccia, tutti i mostri che avesse ucciso e che l'avessero quasi uccisa.
Tutto il dolore e la sofferenza, la paura ed il caos.
Gli angeli, i demoni.
Il bene, il male.
Tutto spariva quando stava insieme a Edward.
Ed Abby stava così bene che non avrebbe mai rinunciato al suo rapporto con lui.
Edward si mosse nervoso dentro al suo abbraccio e si voltò verso di lei liberandosi dalla sua presa.
Abby osservò il suo viso ed aggrottò le sopracciglia quando incrociò i suoi occhi nocciola così arrabbiati: il viso era contratto in un'espressione arrabbiata, le labbra erano strette in una smorfia furiosa.
Ed Abby pensò di averlo visto così arrabbiato solamente quando parlava di ciò che gli fosse accaduto durante il suo decennio nei Marines.
Pensava di averlo davvero aiutato a superare quegli orrori, pensava di avergli fatto sputare fuori tutto il veleno che l'esercito gli avesse cacciato in gola a forza.
Ed invece Abby in quel momento capí che ci fosse ancora del lavoro da fare.
Si avvicinò di più e accennò un sorriso tranquillo, sollevando una mano per sfiorargli il viso.
"Che ti passa per la mente, bartender?". 
Edwaed aveva scosso la testa e si era liberato della sua mano con rabbia, continuando a guardarla in cagnesco e fulminandola con lo sguardo. "Devi essere molto onesta adesso Abby, perché non ti darò più questa occasione. Non posso vivere con questo dannato dubbio ancora, quindi dimmelo una volta per tutte. Dimmi se lo ami ancora". 
Abby gli riservò un'occhiataccia per il modo in cui Edward avesse scacciato la sua mano, ma quando udí le sue parole sgranò gli occhi e lo guardò come se fosse pazzo, sorridendo ironicamente per respingere la concreta possibilità di perderlo. "Perché mi chiedi questo?". 
"Perché è stato Dean a riportarti a casa dopo il tuo arresto, perché oggi sono venuto a cercarti e ti ho visto ballare con lui nella sua stanza e ho visto il modo in cui lo guardavi: è qualcosa di speciale e di unico, e se lo guardi così dopo tutto questo tempo che non state più insieme, io non so più cosa pensare.." sussurrò Edward scuotendo la testa ed allargando le braccia, facendo un altro passo avanti mentre il suo sguardo cambiava: era ancora molto arrabbiato, così tanto che avrebbe potuto distruggere la cucina e spaccare qualcosa a terra, eppure aveva iniziato a guardarla con aria ferita e sofferente. "Vedo il modo in cui ti guarda e non lo sopporto, mi fa' impazzire".
Abby cercò le parole per dirgli quanto il suo pensiero fosse sbagliato e che ciò che avesse visto quel pomeriggio fossero solamente  due genitori che stessero semplicemente esaudendo uno dei desideri della loro bambina e che non ci fosse più niente fra lei e Dean, ma le parole le morirono in gola senza che potesse farci niente; scosse la testa sentendo gli occhi pizzicare perché non aveva la più pallida idea di cosa rispondere in quel momento.
La paura che Edward uscisse dalla sua vita la paralizzava al punto da non riuscire a farla ragionare. "Non è così, io..".
"Quando sei entrata nel mio locale la prima volta sentivo che saresti stata pericola per me ed infatti abbiamo iniziato ad uscire insieme, e sono finito per innamorarmi di te fino ad arrivare qui, mentre faccio il ridicolo e mi sporco di farina solo per far divertire Mary.." sussurrò Edward sollevando le mani per afferrarle il viso fra le mani con un sorriso speranzoso, annuendo mentre guardava nei suoi occhi. "Non occorre che me lo dica anche tu adesso se non ti senti pronta, ma ho bisogno che tu risponda adesso alla mia domanda: tu lo ami ancora?".
Abby lo guardò come se quella fosse l'idea più ridicola del momento e all'inizio stava quasi per convincerlo, se solo i suoi occhi azzurri non l'avessero tradita lasciando intendere che tra tutta la confusione che Abby avesse avuto in testa nell'ultimo anno, l'amore per Dean era sempre stata l'unica cosa di cui fosse stata assolutamente certa. Abbassò lo sguardo e scosse la testa, sentendo delle lacrime bagnare il suo viso e il senso di colpa batterle nel petto perché aveva davvero perso la testa per Edward e stare insieme a lui la faceva sentire felice come mai prima d'ora.
Scosse la testa e tornò a guardare nel suoi occhi, facendo spallucce e sollevando le mani fino ad intercettare le sue che ancora le avvolgevano il viso. "Tu lo sapevi, Ed. Quando è iniziata fra di noi, sapevi che lo amavo ancora, non l'ho mai negato". 
Per qualche istante Edward rimase a guardarla negli occhi con aria profondamente ferita, ma quando un sottile strato lucido fece capolinea sui suoi occhi nocciola il ragazzone scosse la testa, lasciando la presa sul suo viso e voltandosi nella direzione opposta per non incrociare più il suo sguardo e per non farle sapere quanto profondamente lo avesse ferito. 
"Ma mi sono allontanata da lui per mia volontà. Ho scelto te, Ed". Abby avanzò fino a giungere al suo fianco, afferrandogli il braccio sinistro per costringerlo a voltarsi, ma Edward rimase rigido e non incrociò il suo sguardo. "E ho continuato a scegliere te, ogni giorno. Io voglio solamente tornare al bar: solamente tu ed io, Andrew e Mary. Tu mi fai stare bene e mia figlia è pazza di te, e io voglio..".
"Sai quanto questo suoni ambiguo e confuso, Abby?". Edward si voltò di colpo e la guardò con aria quasi arrabbiata, scuotendo la testa ed allargando le braccia senza più parole. 
Abby strinse la mascella e cacciò indietro le lacrime, avvicinandosi a lui ed afferrando la sua mano destra fra le sue sentendo il suo cuore pulsare velocemente fra il senso di colpa e la sofferenza. "Quello che sto cercando di dire è che era da tanto tempo che non mi sentivo così, Ed: così desiderata, così amata, così in pace nonostante la nostra vita sia così piena di esseri diabolici che continuano a sbucare fuori per rovinare la nostra felicità. Quella che tu mi dai ogni giorno. Questa è la verità". 
Edward strinse la mandibola serrando i denti e scosse la testa, sentendosi un mostro perché leggeva nei suoi occhi il panico e la sofferenza che l'idea di perderlo le procurasse.
E sicuramente si sarebbe allungato verso di lei per tenerla stretta e baciarla, dirle che si sentisse un idiota per ciò che avesse detto.
Ma il treno della rabbia era già partito e Edward sapeva che si sarebbe odiato l'indomani per ciò che stesse per fare.
Scosse la testa e nuovamente si liberò dalla presa di Abby, superandola e raggiungendo il tavolo alle sue spalle mentre si ripeteva che non poteva continuare a vivere in quella maniera, sentendosi continuamente in bilico sui sentimenti che Abby provasse per lui. 
"Sei solamente arrabbiato per ciò che credi di aver visto, Edward. Lo capisco, ma proprio tu non hai nulla di cui preoccuparti. Io so cosa voglio. Davvero". La donna rimase a guardarlo con la speranza che Edward capisse e che tornasse sui suoi passi, mentre il suo cuore batteva forte nel petto e si tenne stretta al bancone d'acciaio, osservandolo scuotere la testa con fermezza. 
Deglutì a fatica e scosse la testa con aria incredula, percependo qualcosa che non aveva mai sentito fra di loro: vi era solamente un'enorme silenzio e la distanza fra loro sembrava aumentare ogni istante di più, come mai prima d'ora. "Quindi vuoi dirmi che è finita, stai rompendo con me?".
Edward si voltò immediatamente nella sua direzione e la guardò negli occhi con aria molto seria, facendo sì che Abby sentisse lo stomaco rigirarsi ed il cuore che battesse più velocemente, mentre le mani le sudavano per l'ansia.
L'ultima cosa che voleva, era proprio lasciare Abby.
Ma Edward era così furioso al ricordo di come avesse visto le mani di Dean muoversi sui fianchi di lei, a come l'avesse stretta a sé durante il loro ballo, al modo in cui Abby e Dean si erano guardati.
Strinse i pugni e scosse la testa, perché sapeva che sarebbe stata un'impresa ardua lasciarla andare specialmente per ciò che provasse per lei, ma sarebbe stato ancora più duro e complicato fingere di non capire cosa ancora ci fosse fra lei e Dean.
Così prese un lungo respiro ed iniziò a riflettere su cosa fosse la cosa giusta per sé stesso: era stato un amico per Abby, una roccia, qualcuno a cui appoggiarsi per consolare il suo cuore infranto. 
Le era stato accanto quando faceva male e le era stato accanto quando invece era diventato tutto perfetto. 
Avevano fatto insieme delle bellissime esperienze, la più bella fra tutti fu proprio innamorarsi ogni giorno di Abby. 
Si era preso cura di lei, del suo cuore spezzato e di sua figlia. 
Edward credeva che tutto ciò sarebbe bastato ad Abby per dimenticare il suo amore per Dean ed innamorarsi di lui, e pensava che se in quel momento Abby gli avesse confessato di essersi innamorata anche di lui, sarebbe stato un motivo valido per restare. 
Ma Edward non aveva intenzione di dividerla con nessuno.
Deglutí a fatica e scosse la testa mentre ancora la guardava negli occhi azzurri e lucidi, notando come fossero uno specchio dei suoi e come faticasse a trattenere le lacrime. "Tutto questo non è abbastanza per me, Abby. Mi dispiace". 

Abby sbatté le palpebre e tornò al presente, voltandosi verso il fratello che l'avesse sentita parlare con la voce spezzata dal dolore e accennò un sorriso amaro, afferrandola con delicatezza e abbracciandola stretta mentre le carezzava i capelli, nella speranza di tranquillizzarla e di consolarla.
 

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Capitolo 62
*** Capitolo 55 ***


Hunter’s Legacies
Capitolo 55


"Mamma, stai bene?". 
Abby guardava la bambina con delle lunghe trecce biondicce che le ricadessero sulle spalle ed un vestitino violetto che avesse insistito per indossare quel giorno, e la tenne stretta fra le sue braccia mentre le faceva un grosso sorriso, nonostante tutto ciò che avesse voglia di fare era proprio piangere e disperarsi: ma Abby era anche una mamma e molto spesso questo veniva prima di tutto, venendo meno a sé stessa. 
"Ora che sono con te amore, si. Sto bene.." sussurrò Abby chinandosi a baciarle la guancia e sentendola poi ridere e dimenarsi.
Ridacchiando in modo divertito, Mary scese dalle gambe della madre seduta sul materasso di Dean per iniziare a correre nel bunker, alla ricerca di uno dei suoi giochi preferiti. 
La donna rimase in silenzio per qualche secondo e trattenne dentro di sé il dolore per essere stati sconfitti appena qualche ora prima, causando così la fine dell'intero mondo; avevano stretto delle alleanze con tutto ciò che ci fosse sulla terra: dagli angeli, ai demoni, alle streghe, a Dio stesso e avevano fallito miseramente quando tutte queste forze insieme vennero respinte una dopo l'altra da Amara senza troppo sforzo. 
Si era vendicata ferendo mortalmente Chuck e aveva garantito che avrebbe distrutto il mondo, uccidendo tutte le creature di Dio. 
Abby sospirò rumorosamente e si alzò dal letto della stanza di Dean dove avesse precedentemente trovato Mary a giocare, e si avvicinò alla cassettiera posta sotto all'ampia scrivania sentendosi lieta di scoprire che Dean non avesse mai cambiato le sue abitudini e che avesse continuato a tenere gli alcolici nello stesso punto.
Si sedette sulla sedia della scrivania e scosse la testa bevendo qualche sorso dal bicchiere di Scotch che si fosse appena versata e sospirò mentre controllava per l'ennesima volta il cellulare, dove non trovò alcuna notifica: nonostante fossero passate ormai tre settimane dalla rottura con Edward e non ci fosse stato più alcun tipo di contatto fra loro, Abby gli aveva da poco scritto un messaggio di avvertimento su quanto fosse accaduto con l'Oscuritá.
Mise via il telefono riportandolo nella sua tasca e bevendo qualche altro sorso, sentendosi dispiaciuta perché sentiva tremendamente la mancanza di quell'omone che era in grado di rallegrarle la giornata con un sorriso, più di quanto avesse potuto immaginare.
Edward era diventato molto importante per lei, così tanto che non avere la minima idea come stesse le faceva male.
Avevano passato gli ultimi momenti di quella giornata a pensare che ormai fosse finita, che non ci fosse più nulla da fare per salvare la terra e tutte le persone che amava da Amara. Ed Abby aveva così paura che qualcosa di brutto potesse accadere alla sua bambina. 
Qualcuno di schiarí la gola alle sue spalle ed Abby si voltò verso la porta con aria curiosa, notando Dean fare capolino sull'uscio mentre la  guardava come se la stesse cercando da un po' ed avesse urgente bisogno di parlare con lei; Abby si affrettò a fare spallucce e sorridere amaramente, indicando con lo sguardo il suo bicchiere prima di portarselo alla bocca. "Scusa per l'intrusione: Mary era qui dentro e mi sono fermata un momento a dissacrare la tua bottiglia di Scotch del '78".
Dean sollevò un sopracciglio e accennò un sorriso amaro, avvicinandosi a lei con aria piuttosto seria. 
Le sollevò il viso con le dita della mano sinistra ed incrociò il auo sguardo con aria molto seria, intenzionato però a godersi quell'ultimo momento insieme, sapendo che da lì a poco l'avrebbe probabilmente sconvolta più di quanto immaginasse. "Devo parlarti. Abbiamo elaborato un nuovo piano". 
"Non funzionerà, stiamo parlando dell'Oscurità: un nuovo piano non servirà a niente!" esclamò Abby scuotendo la testa e ridendo nervosamente, liberandosi dalla presa del ragazzo con nervosismo e portandosi poi il bicchiere alle labbra mentre pensava a ciò che Amara avesse fatto al Sole, che ormai non splendesse più nel cielo. 
Dean scosse la testa con decisione respingendo l'idea di arrendersi e la guardò in una maniera che quasi la spaventò, facendole posare immediatamente il bicchiere e guardandolo con l'aria più seria che l'avesse mai visto mettere su, così si diresse verso la porta della stanza per chiudersela alle spalle; fece un grosso sospiro e poi si voltò nuovamente verso la ragazza, cercando di tranquillizzarla con lo sguardo mentre si avvicinava. "Adesso parliamo..". 
Abby aggrottò le sopracciglia davanti a quella serietà e drizzò le orecchie per ascoltare con attenzione le parole che Dean iniziò a pronunciare, intuendo immediatamente dove volesse andare a parare con tutto quel discorso in cui diceva che avrebbe agito unicamente per salvare la sua famiglia, proteggendo così anche la vita di Mary che avrebbe potuto continuare a vivere come una bambina tranquilla e spensierata com'era giusto che fosse.
Abby iniziò presto a rendersi conto che tutte quelle belle parole servivano solamente a camuffare la brutta e dura realtà che le stesse spiattellando in faccia addobbata con la promessa che lei e Mary sarebbero state bene, mentre Dean sarebbe stato l'unico a sacrificarsi. 
Dean osservò bene il viso della ragazza che non tradiva alcuna emozione, rimanendo semplicemente a fissarlo mentre il suo cervello cercava di elaborare il vero significato delle sue parole, e dopo secondi che gli sembrarono infinitamente lunghi Dean si preparò a vederla esplodere. 
Abby si alzò dalla sedia di scatto sgranando gli occhi ed andandogli incontro scuotendo la testa e fulminandolo con lo sguardo. "Che vuol dire che Rowena costruirà una bomba e che devi essere tu a portarla?". 
"Esattamente quello che hai capito, ragazzina.." sussurrò Dean sospirando e facendo spallucce, parlandole con voce calma e rassicurante mentre le si avvicinava con un sorriso amaro sul viso per sfiorarle la guancia con una dolce carezza e la intrappolò con il suo sguardo. 
In quel momento in cui si guardarono con quell'intensità, Abby  sentí gli occhi pizzicare e pensò a quanto in ogni circostanza della loro vita, Dean continuava a mettere la vita delle persone che amava dinanzi alla propria. 
Sentendo la rabbia montare dentro di sé, Abby afferrò la sua mano con poca delicatezza e se la tolse dal viso, fulminandolo con lo sguardo. "No! Non ti lascerò suicidare in questo modo: troveremo un'altra soluzione". 
Dean la osservò superarlo e fare per andare via dalla stanza ancora troppo agitata e arrabbiata, ferita e delusa, e la bloccò stringendo una mano attorno al suo braccio per tirarla indietro ed alzando il tono della voce. "Hai detto anche tu che non ci sono altre soluzioni! Pensi che io voglia morire proprio adesso che ho una figlia così splendida, facendole vivere lo stesso dolore che ho provato io alla sua età quando ho perso mia madre? Certo che no, ma è l'unico modo per salvare Mary e per salvare te!".
Abby si voltò a guardarlo con gli occhi pieni di lacrime e scosse la testa, spintonandolo e togliendosi la sua mano di dosso per la seconda volta e trattenendosi dal colpirlo dritto in faccia per fargli recuperare almeno un po' di senno; scosse la testa mentre sentiva dentro di sé che qualsiasi altra cosa avrebbe potuto dire o fare sarebbe stata inutile perché Dean non avrebbe mai cambiato idea. 
Abbassò la testa sentendo il respiro irregolare mentre gli stava vicino perché i sentimenti che stava cercando di reprime ormai da quando fossero stati sconfitti da Amara stavano uscendo prepotentemente dalla parte più profonda di lei dove li avesse nascosti.
Dean non perse tempo e l'avvicinò velocemente a sé per avvolgerla in un abbraccio da cui Abby cercò di scappare, ma il ragazzo oppose un po' di forza per trattenerla e stringerla più forte a sé mentre la sentiva piangere e scuotere la testa, aggrappandosi forte alla sua camicia blu come se fosse la sua ancora in mezzo all'oceano. 
"No! Non è giusto! Come hai potuto pensare che potessi vivere senza di te?!". 
Dean rimase leggermente impietrito udendo quelle parole mentre la stringeva forte a sé, sentendola gemere e singhiozzare fra le sue braccia, e Dean strinse forte la mascella riconoscendo le stesse parole che Abby avesse usato molti anni prima davanti alla tomba di suo padre quando stava lentamente tornando umana dopo essersi trasformata in una furia, e aveva usato proprio quella frase riferendosi alla morte di Jack e al fatto che Dean l'avrebbe presto lasciata allo scadere del suo contatto. "Starai bene, ragazzina. Tu e Mary starete di nuovo bene, ve lo prometto". 
Quando Dean aveva chiesto ad Abby di tornare al bunker e l'aveva baciata prima di andare ad affrontare Amara, per distrarla mentre lei e gli altri andavano a salvare Castiel posseduto da Lucifer, aveva pensato che Abby sarebbe tornata da lui. 
Ne era così estremamente sicuro che pensava che una volta rientrati al bunker, Abby sarebbe corsa fra le sue braccia. 
Ma così non fu. 
Abby non tornò da lui neanche quando Edward lasciò il bunker e non si presentò più, e Dean lo aveva visto salire in fretta le scale tenendo il suo borsone in spalla ed uno sguardo a metà fra la rabbia e la sofferenza. 
Lo aveva chiamato per nome e quando Edward si voltò, tutto ciò che vide prima che il ragazzo se ne andasse da quel luogo, fu una rabbia cieca che fosse interamente indirizzata a lui. 
Anche in quell'occasione, Dean aveva pensato che Abby sarebbe tornata da lui.
Ma neanche in quel momento Abby tornò.
Dean cominciò a pensare che qualcosa fosse davvero cambiato dentro di lei e avesse smesso di amarlo una volta per tutte, rifiutando di ammettere l'idea che Abby si fosse davvero innamorata di Edward.
Dean l'aveva vista molto distratta e distaccata in quelle tre settimane, molto spesso la trovava a guardare il vuoto persa dietro chissà quale pensiero. Ed era sinceramente dispiaciuto perché Abby stesse soffrendo, così tanto che Dean sarebbe andando fino al bar di Edward a Summerfield e lo avrebbe costretto a tornare pur di vedere Abby tornare a sorridere. 
Eppure una parte di sé gli suggerí di non intromettersi, poiché quando Abby non era persa dietro a chissà quale pensiero, sembrava essere la solita ragazza quando passava il tempo con Mary e con il resto della sua famiglia.
Ma adesso che Dean la guardava negli occhi arrossati dal pianto e la vedeva così disperata all'idea di perderlo, Dean finalmente capì. 
Abby aveva solamente bisogno del tempo per guarire se stessa ed il suo cuore, per poi mettersi in piedi e prendere finalmente la sua decisione definitiva quando si sarebbero calmate le acque. 
Adesso che lo teneva stretto e gli chiedesse di non andare, Dean capí quale alla fine sarebbe stata la sua scelta. 
"No, no.." sussurrò Abby con voce spezzata in preda al pianto, sollevando la testa e guardandolo negli occhi e lasciando che lui scorgesse il suo dolore e la sua sofferenza che la paralizzassero. "Avrei dovuto dirtelo prima lo so, ma si: mi trasferirò di nuovo qui al bunker e potremo stare di nuovo tutti insieme se troviamo un'altra soluzione, perché ti amo. Ma per favore non lasciarmi così, Dean. Non scegliere di morire in questo modo". 
Il ragazzo si era ritrovato a sentire il suo stesso dolore nel petto e percepiva il suo cuore battere così forte che da un momento all'altro sarebbe esploso nel petto, e scosse la testa sentendo gli occhi pizzicare mentre la sua sofferenza si condensava sotto forma di due singole lacrime, e appoggiò la fronte contro la sua; chiuse gli occhi per qualche istante e poi sentí le dita fredde di Abby risalire fino al suo viso con lentezza, avvertendo come si stesse sollevando sulle punte per baciarlo con delicatezza. 
Rispose a quel bacio perché era sempre stato tutto ciò che volesse dalla vita nonostante in certe occasioni fosse stato troppo testardo per ammetterlo, e la strinse di più a sé sentendo il sapore salato delle sue labbra, fino a quando mise un po' di distanza e respirò con fatica.
Aprí gli occhi e guardò nei suoi occhi ancora arrossati dal pianto accennando un sorriso amaro mentre sentiva dentro di lui che il suo più grande desiderio fosse quello di passare ancora più tempo con lei e Mary. 
"Ti amo anche io Abby, ma questo non cambia il fatto che non appena Rowena e Sam avranno messo insieme le anime e avranno creato la bomba, io andrò da Amara e la ucciderò perché sono l'unico che può farlo". 
Dean lesse il dolore e la rassegnazione nei suoi occhi prendere vita sotto forma di calde lacrime sulle sue guance e la vide scuotere appena la testa, aggrappandosi nuovamente a lui come se ciò bastasse a non farlo andare via. "Ti prego.. Non posso vivere se tu muori".
Avrebbe anche cercato le parole adatte per farla sentire appena un po' meglio, ma abbassò lo sguardo ed estrasse dalla tasca dei suoi pantaloni la collana che portasse con sé da ormai tre mesi.
Dalla sera in cui Abby se la fosse strappata dal collo per restituirgliela con rabbia.
Dean guardò per qualche istante il cuore tempestato di pietre blu che spiccasse sul palmo della sua mano e sorrise felice, intercettando lo sguardo di Abby che improvvisamente divenne più serio.
Le sorrise con dolcezza e Abby scansò i suoi lunghi capelli rossi per permettere a Dean di rimettere la collana al collo della legittima proprietaria, prendendo posto insieme alla collana d'oro che appartenesse a Jack e che Abby portasse dal giorno della sua morte.
Abby tornò presto a guardarlo mentre ancora sfiorava quella collana che avesse un significato molto importante per entrambi.
Fece spallucce e sentí gli occhi pizzicare, sorridendo amaramente e indicando con lo sguardo la collana per ricordarle cosa davvero significasse. "Potrò anche morire, ma io non ti lascerò mai, ragazzina. Lo hai sempre saputo". 
Non seppe spiegare come, ma dopo un anno di distanza e dopo aver trascorso dei lunghissimi momenti ad osservarsi in silenzio, Abby annullò la distanza fra i loro volti con un bacio tutt'altro che casto, spingendolo indietro fino a toccare il letto con i polpacci e obbligandolo a sedere; Dean la guardò con aria confusa, chiedendole con lo guardo se fosse davvero sicura di voler andare fino in fondo ed Abby rispose con un sorriso convinto ed un cenno del capo, per poi mettersi a cavalcioni su di lui mentre sentiva le sue mani cingerle la schiena ed avvicinarla al suo corpo. 
Abby sapeva che da quella situazione non ci fosse modo di tornare indietro e che Dean sarebbe davvero morto; era un'opzione che odiava e detestava, ma presto si rese conto che fosse davvero l'unico modo per salvare Mary e il mondo intero. 
Si guardarono negli occhi per dei lunghi istanti ed Abby si strinse di più a lui, cercando continuamente le sue labbra e baciando e mordendo ogni lembo di pelle che trovasse disponibile, così come fece Dean che sorrise e le torturò il collo con i denti, solamente per udire un'ultima volta il suono della sua risata. 
Insieme raggiunsero l'apice del piacere e Dean rimase a indugiare per qualche altro istante sopra di lei, appoggiando la fronte contro la sua e accennando un sorriso felice. "Ho amato sempre e solo te nella mia vita, ragazzina". 
Abby sorrise e si allungò appena per dargli un casto bacio stringendolo di più dalla schiena, fin quando lasciò scivolare la sua mano fino al braccio del ragazzo appoggiato accanto al proprio viso, percorrendolo tutto alla ricerca di qualcosa che sapeva di trovare esattamente al suo posto, così come tanti anni prima: sfiorò il bracciale di cuoio che gli avesse regalato molti anni prima e che fosse ancora perfettamente integro e sorrise felice quando sfiorò la scritta Always with you che avesse fatto incidere. "Non mi sono mai pentita di essermi innamorata di te, ne è valsa la pena e ne varrà sempre". 


Il liquido alcolico che bevve velocemente da sola in uno dei bar che avesse trovato in quell'orribile città, le bruciò forte nel petto fino a farle male.
Sollevò la mano verso la barista e ne ordinò un altro perché Abby voleva solamente smettere di sentire quel dolore: aveva la certezza che Dean fosse morto e avesse portato Amara con sé quando vide il Sole tornare a splendere alto nel cielo.
Ce l'aveva fatta, aveva salvato il mondo da solo e aveva perso la vita, e non sopportando quel dolore Abby decise di rimanere in quel bar per tutto il giorno fino a sera a fissare le bottiglie in silenzio, sentendo lo stomaco rigirarsi ad ogni cicchetto che mandasse giù mentre pensava che le persone attorno a lei non avrebbero mai saputo di essere state salvate da un uomo straordinario che si fosse sacrificato per tutti. 
Abby non aveva voluto partecipare all'addio di Dean alla sua famiglia e aveva scelto di portare via Mary dopo che l'uomo l'avesse pienamente salutata e stretta a sé un'ultima volta, prima di consegnarla nuovamente fra le braccia di sua madre e baciarla con delicatezza: non aveva detto una singola parola, non aveva più pianto né aveva provato a fermarlo. 
Dean aveva deciso e nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea. 
Neanche Abby. 
La donna aveva preso sua figlia fra le braccia e lo aveva guardato un'ultima volta in silenzio.
Dean cercò la sua mano e la strinse forte con la sua, comunicando con lei con lo sguardo ed intimandole di andare via e di portare la piccola con sé.
"Non posso farlo se non ho la certezza che tu e Mary sarete al sicuro" le aveva detto dopo aver passato quelle ultime ore con lei nella sua stanza.
Ed Abby era rimasta seria ad osservarlo, perché sapeva che avesse ragione.
Adesso Abby ricambiò la stretta alla sua mano e si sollevò sulle punte per baciargli la guancia con un gesto dolce e lento, mentre una singola lacrima sfuggì al suo controllo e le rigò la guancia. 
Abbassò lo sguardo per non incrociare più il suo, né quello di nessun altro dei presenti, rifiutando che persino Anael la seguisse.
Salí le scale del bunker in silenzio e aveva sentito Mary agitare la manina per salutare a gran voce il padre mentre gli sorrideva felice.
Una volta fuori dal bunker, Abby l'aveva messa nel suo seggiolino sui sedili posteriori della sua auto e le aveva messo le cinture, le aveva carezzato il viso udendo Mary ridere spensierata mentre giocava con le sue bambole ed Abby si era messa alla guida per raggiungere casa di sua sorella, dove avrebbe lasciato Mary e sarebbe andata da qualche parte a bere fino a svenire pur di non sentire più quel dolore almeno per un attimo.
Aveva appena permesso a sé stessa di sentire appieno ciò che sentisse per Dean e lo aveva perso nello stesso giorno, e questo faceva male più che mai. 
"Andrà tutto bene, mammina. Rivedremo di nuovo papà, io lo so". 
Abby aveva trattenuto un conato di vomito mentre ascoltava le ultime parole che sua figlia le avesse dedicato prima che la lasciasse frae braccia di Silver e lasciasse la sua casa; avrebbe tanto voluto risponderle che si, presto il suo papà sarebbe tornato a casa e sarebbe andato tutto bene. 
Ma Abby non ce la fece e accennò solo un piccolo sorriso, baciandole la testa e chiudendosi la porta di casa di Silver e Matt alle spalle, sentendo le lacrime scivolare sul viso. 
Il Sole era tornato alto e luminoso nel cielo, l'equilibrio era stato ristabilito e tutto poteva tornare alla normalità. 
O quasi tutto. 
Pagò il conto alla barista e si alzò dal bancone, dirigendosi a passi lenti verso la sua auto mentre si chiedeva perché la sua vita fosse stata così terribile; guidò in silenzio e molto lentamente, rendendosi conto che probabilmente fosse proprio sotto shock. 
Arrivò al bunker in silenzio e posteggiò a fianco dell'Impala nel garage, sfiorandone la superficie lucida e scintillante mentre sentiva gli occhi pizzicare al ricordo di tutto ciò che lei e Dean avessero condiviso, pensando a ciò che significasse per lui quell'ammasso di lamiera e motore. 
Abby tirò su con il naso e scosse la testa, salendo le scale fino ad arrivare alla sala lettura e sentendo dentro di lei un gran vuoto che da quel momento in avanti l'avrebbe sempre accompagnata.
Avevano vinto e sconfitto l'Oscurità, ma non era stata una vera vittoria.
Arrivò in cima alle scale sbucando dalla parte posteriore della sala e si avviò lentamente verso il corridoio di fianco alle scale in ferro battuto, quando l'odore metallico del sangue attirò la sua attenzione e la destò dai suoi pensieri: si guardò attorno e vide la sostanza rossiccia a terra proprio in corrispondenza dell'arco e subito si chinò con occhi sgranati, chiedendosi cosa diavolo fosse successo e dove fossero tutti gli altri. 
Quando udì il suono della rimozione della sicura da una pistola puntata alle sue spalle, Abby dimenticò tutto il dolore che provasse dentro di sé e sollevò un sopracciglio; più velocemente di quanto il suo avversario potesse aspettarsi, Abby lo colpí con un calcio alla gamba facendo cadere a terra il suo aggressore, e si alzò di scatto. 
Diede un calcio alla pistola per allontanarla dalla donna che fosse caduta di pancia, ed Abby la osservò con aria confusa perché non vedeva altro che una lunga matassa di capelli biondi fino a quando vide la donna alzarsi di scatto e sentí le sue mani afferrarla per la gola e scaraventarla contro il tavolo, contro cui la bloccò. "Chi diavolo sei tu e che cosa vuoi dai miei figli?". 
Abby non si difese e rimase così sorpresa mentre guardava la donna bionda che la tenesse schiacciata contro il tavolo, sgranando gli occhi e spalancando la bocca mentre la guardava come se fosse un fantasma; presto la donna che stringesse una mano attorno al collo di Abby si rese conto dello sguardo nei suoi occhi, molto simile a quello che avesse visto in quelli di suo figlio quando l'aveva trovata al centro del bosco. 
"Mamma no! Lasciala andare, lei non è uno dei cattivi!". 
Mary si voltò a guardare suo figlio Dean, appena entrato nella sala centrale e che rimase per un istante sconvolto da ciò che fosse appena accaduto, ma presto la donna bionda la lasciò andare liberandola dalla sua presa.
Abby si portò una mano alla gola per massaggiare il punto in cui fosse stata attaccata, sgranando gli occhi e chiedendosi come diavolo fosse possibile che Mary Winchester fosse proprio davanti a lei in carne ed ossa, quando spostò il suo sguardo sulla seconda figura appena entrata nella stanza e sentí il suo cuore prendere a battere velocemente nel suo petto. 
"Dean..". 
L'uomo accennò un sorriso entusiasta spostando lo sguardo su di lei e facendo spallucce, sentendosi davvero felice di vederla come prima persona in quel bunker e rimase a guardarla con un sorriso felice come non ne faceva da mesi. "Ho fatto come dicevi tu: ho trovato un altro modo, ragazzina". 
Abby non ci pensò più di un secondo e mezzo per alzarsi da quel tavolo e corrergli incontro con un grosso sorriso, gettandosi fra le sue braccia e sentendo la sua risata tranquilla che pensava che non avrebbe mai più sentito, e presto lo attirò a sé per baciarlo con dolcezza e felicità, per poi aprire gli occhi e guardarlo con aria confusa. "Cosa.. Come? Che è successo?". 
"Ti spiegherò tutto, ragazzina.." sussurrò Dean contro le sue labbra sorridendo mentre la stringeva più vicino a sé con forza, baciandole la fronte. Ma troppo presto sciolse il loro abbraccio per farla voltare verso la donna bionda che l'avesse aggredita qualche momento prima e che li guardasse con aria stranita. "Adesso vorrei farti conoscere mia madre: mamma, questa è Abby". 
Mary si avvicinò con aria confusa e guardò la ragazza dai lunghi capelli rossi, porgendole una mano e dicendole che fosse davvero un piacere conoscerla, scusandosi per averla attaccata qualche istante prima perché era ancora molto spaesata. "Voi due state insieme?". 
"Oh si.." sussurrò Dean tenendo ancora una delle mani di Abby fra le sue, accennando un grosso sorriso e attirandola dalla schiena contro il suo petto, per poi diventare appena più serio. "Amara ha riportato mia madre in vita, ma non riesco a trovare Sam. Sai dov'è?". 
Abby si allontanò appena per mettere distanza fra di loro e guardarlo con aria più seria e fece spallucce. "Io non sono andata con loro: avevo bisogno di tempo da sola per.. metabolizzare".
Dean capí ed annuì stringendole la mano più forte mentre le sorrideva, concentrandosi momentaneamente su di lei. "E Mary dov'è?". 
"Da mia sorella. Avevo bisogno di stare da sola e non ero in grado di occuparmi di lei senza crollare.." sussurrò la ragazza scuotendo la testa e facendo spallucce, sentendo i passi della madre di Dean farsi leggermente più distanti. 
Mary sollevò un sopracciglio e li guardò con aria confusa, sentendosi del tutto spaesata e disorientata. "Scusate, ma chi è quest'altra Mary?".
Abby sgranò appena gli occhi e guardò Dean che però continuò a sorridere con aria tranquilla mentre le stringeva ancora la mano fra le sue. "Beh mamma, Mary è nostra figlia".



"Lei aveva ragione: sei forte! Ma io lo sono di più!"
La donna di fronte a lei aveva sorriso vittoriosa pregustando la vittoria e si era subito chinata su di lei per afferrarle dalla giacca per tirarla su dall'asfalto..
Abby aveva notato il modo in cui la donna dai capelli raccolti in modo impeccabile e dall'espressione seria e impassibile la guardasse, ma non riusciva a capire cosa volesse da lei.
Era sicura di non averla mai vista e subito aveva approfittato di quella sua distrazione e invertí le posizioni con forza, facendo cadere sulla schiena la donna davanti a sé al centro della strada; Abby cercò Dean e Castiel con lo sguardo, trovandoli stesi sull'asfalto dopo essere stati messi ko proprio da quella donna, Ms. Watt e dal suo tirapugni antiangelo.
"Di che stai parlando?". Abby si era messa a cavalcioni sulla donna, bloccandole le braccia contro il pavimento. "Chi è questa lei che aveva ragione su di me?"
La ragazza la sentí ridere di cuore e in breve tempo riuscì a ribaltare le posizioni, bloccando Abby sotto di sé e colpendola forte con il tirapugni in ferro; i suoi tentativi furono vani, era inutile provare a contrastare la donna sopra di lei perché era davvero troppo più forte, fin quando udì uno sparo e vide subito fuoriuscire del sangue dal petto di Ms. Watt, cadendole rovinosamente addosso priva di vita. 
Mary era subito andata in suo soccorso gettando la pistola e l'aveva aiutata ad alzarsi, per poi fare lo stesso con suo figlio e Castiel, e presto Dean si avvicinò ad Abby per capire se stesse davvero bene.
"Sai che non sono delicata come sembro".
Dean sorrise davanti alle sue parole, ma ugualmente le sfiorò il viso con un tovagliolo pulito per tamponare il sottile taglio che Mrs. Watt le avesse aperto sullo zigomo ed Abby gli toccò la mano mentre lo guardava negli occhi, ed il respiro le veniva meno.
Mary si schiarí la gola ed attirò la loro attenzione, osservando suo figlio aiutare Abby a rialzarsi mentre Castiel si avvicinava loro con aria sorpresa.
Avevano scoperto che Sam fosse stato rapito da una strana organizzazione ed erano riusciti a localizzarlo ma prima ancora di poterlo raggiungere, l'Impala con loro dentro era stata urtata dalla donna che adesso giacesse a terra priva di vita. 
Tornarono in macchina e si misero in marcia sfrecciando il più velocemente possibile per raggiungere Sam nel Missouri. 
Dopo aver sentito parlare fra di loro Mary e Dean sulla vita da cacciatori, Abby notò lo sguardo un po' spaesato della donna dentro l'abitacolo dell'Imapala e accennò un sorriso amaro, pensando che ci sarebbe voluto un po' di tempo per potersi abituare al nuovo mondo dopo ben trentatré anni di lontananza; Abby pensava anche a suo fratello Dan, che non rispondeva alle chiamate né ai suoi messaggi, e la ragazza si sentì profondamente agitata perché non riusciva più a capire cosa stesse accadendo. 
Si era ritrovata davanti alla fattoria dove il GPS di Sam li avesse condotti e la trovarono interamente protetta da simboli enocchiani indicati da Castiel, che nel frattempo fosse andato nell'appartamento dove Anael si stesse ancora riprendendo dalle ferite che Lucifer le avesse inflitto. 
Abby e Dean scesero immediatamente, e l'uomo disse a Mary di aspettarlo fuori dato che fosse appena tornata sulla terra, ed insieme i due ragazzi si avviarono verso la proprietà tenendo le pistole ben strette nelle loro mani. 
Entrarono in silenzio, si mossero piano sulle assi di legno scricchiolanti della veranda e la donna fece segno al ragazzo che avrebbe perlustrato il piano di sopra, mentre Dean scese nel seminterrato attirato da dei strani suoni; Abby salì le scale con lentezza, guardando nelle varie stanze a frugando fra i bagagli di qualcuno senza riuscire a capire chi diavolo fosse e cosa volesse da loro. 
Entrò nella seconda stanza da letto e la trovò molto più ordinata della precedente, con una valigia chiusa adagiata sul letto; senza fare rumore Abby si avvicinò al materasso per far scorrere la cerniera della valigia fino a quando non fu completamente aperta, rimanendo per qualche istante con occhi sgranati. 
Frugando fra i vestiti femminili e di alta classe all'interno della valigia, aveva fatto scivolare accidentalmente sul letto una piccola foto ingiallita dal tempo e quando Abby la prese fra le mani rimase per un istante senza parole: conosceva l'uomo e la donna che si stringessero in quella foto, così come la neonata ed i due bambini che stessero davanti a loro e guardassero l'obiettivo della macchina fotografica con un sorriso. 
Iniziò a pensare che quell'attacco fosse più personale di quanto pensasse e chiuse nuovamente la valigia di scatto, scuotendo la testa e deglutendo a fatica; uscí in fretta dalla stanza perché quella storia iniziava a darle i brividi e scese le scale per cercare Dean trovando il piano terra completamente vuoto, così con un sospiro decise di scendere nel seminterrato dopo essersi guardata attorno per l'ennesima volta. 
Scese le scale con lentezza e si guardò attorno, fino a quando sgranò gli occhi nel vedere Sam e Dean svenuti e completamente legati ognuno ad una sedia con delle grosse funi ed una donna molto elegante con dei lunghi capelli biondi raccolti in una treccia posta su un lato della spalla, ad attenderla con un sorriso. 
"Ms. Harrison, l'aspettavamo!". 
Abby sollevò un sopracciglio e si avvicinò guardandosi attorno, storcendo il naso nell'udire l'accento inglese e stringendo più forte la sua pistola fra le mani mentre si chiedeva cosa diavolo stesse accadendo e chi fosse quella strana donna che le sorridesse in quel modo strano. 
"Ho sentito molte storie su di lei, conoscerla è davvero un piacere". 
"Che cosa gli hai fatto, stronza? Se non parli immediatamente ti farò un grosso buco in fronte, te lo prometto!" esclamò Abby a denti stretti e sentendosi accecata dalla rabbia, ignorando le sue parole mentre osservava Sam e Dean ancora privi di conoscenza. 
Ma la donna bionda rise e si alzò dalla sua sedia, posando il suo taccuino sul tavolo adiacente su cui vi fossero degli strani strumenti da tortura. "Non gli farò del male, a patto che mi raccontino tutto quello che sanno". 
Abby sollevò un sopracciglio e si avvicinò alla donna guardandola con uno dei suoi peggiori sguardi di sfida, e sicuramente sarebbe stata pronta a fare fuoco e sparare senza neanche porsi il problema, quando l'ultima voce che pensava di sentire la richiamò mentre scendeva velocemente dalle scale con aria agitata.
La ragazza vide Dan scendere l'ultimo scalino e andarle incontro con aria sollevata di essere arrivato in tempo e sgranò gli occhi. "Abby, abbassa la pistola".
Ma la ragazza non diede peso alle parole di Dan e neanche si chiese perché lui fosse lì e come ci fosse arrivato, tornando a guardare la donna davanti a sé con aria ancora più sicura di prima perché adesso era appena arrivato il suo fratello maggiore. "Dan, libera Sam e Dean mentre tengo l'inglesina sotto tiro". 
"No. Non ancora". 
Abby rimase per qualche secondo di pietra e il suo sorriso scemò, mentre il suo cervello cercava di elaborare la strana risposta del fratello; si voltò verso di lui e lo guardò con aria accigliata, guardandolo in maniera eloquente ed intimandogli di sbrigarsi. "Che vuol dire non ancora?! Dan, sbrigati!". 
La donna davanti ad Abby non aspettò altro momento di distrazione e subito le fu addosso, disarmandola e colpendola al viso con un pugno, e subito Dan le andò in soccorso, sollevando di peso la donna bionda e liberando la sorella. "No, non è così che facciamo qui. Non è così che agiamo, Toni!". 
La donna sospirò e si liberò dalla presa dell'uomo, per poi fulminarlo con lo sguardo e serrare le braccia al petto. "Quante volte ancora dovranno passarla liscia? Tu eri qui! Tu hai visto cosa questi cacciatori hanno fatto! Dobbiamo fermarli e..".
Abby si tirò a sedere sul pavimento scricchiolante e osservò il fratello litigare con quella donna come se si conoscessero e anche parecchio bene, voltandosi a guardare i due Winchester ancora legati e intercettò lo sguardo di entrambi, probabilmente svegliati da quella confusione e subito la ragazza fece scivolare sul pavimento il coltellino che tenesse nella tasca della sua giacca in maniera tale che i due fratelli si potessero liberare dalle corde che li tenessero bloccati, mentre Abby si alzò nuovamente. 
"Silenzio".
Il tono fu così forte e perentorio che Abby sobbalzò e si voltò verso le scale del seminterrato, iniziando ad osservare una figura femminile e vestita in modo molto elegante: la folta chioma rossa mogano ricadeva libera sulla schiena, gli occhi azzurrissimi che spiccassero sul viso roseo, il corpo asciutto fasciato da un completo scuro dall'aria molto costosa. 
E quando la vide, quando finalmente la riconobbe ed ebbe la certezza che fosse lei, Abby sentí il cuore battere più velocemente nel petto e le forze venirle meno. 
"No, no, no, no. Tu sei morta. Ti abbiamo seppellito tanto tempo fa e.." iniziò Abby scuotendo la testa e facendo un passo indietro con occhi sgranati e voce tremante iniziando a sentirsi tremendamente confusa. 
Ma poi il suo sguardo si spostò sul fratello in cerca di aiuto, che invece andò incontro alla donna appena entrata e l'abbracciò forte con un sorriso. "Dan..". 
L'uomo si voltò con un sorriso nella sua direzione dopo aver sciolto l'abbracciò con la donna dai capelli rosso mogano e si avvicinò alla sorella allungando una mano verso di lei con dolcezza. "Non aver paura, ti spiegheremo tutto e vedrai che..". 
"Lascia stare, ci penserò io a spiegarle tutto, figliolo.." sussurrò la donna avanzando verso di lei con un sorriso tenero e dolce.
La donna avanzò verso Abby che ancora rimase pietrificata ad osservarla ad occhi sgranati, fino a raggiungerla e ad afferrarle le mani fra le sue. 
Gli occhi le si riempirono di lacrime così come quelli della donna davanti a sé, e presto Abby percepí il forte l'abbraccio che la donna davanti a sé le stesse riservando.
Riuscí a riconoscere quel profumo che Abby non sentiva da quando era solamente una bambina, sentí il calore di quella stretta e tutto ciò che sapeva di casa. "Mamma?". 
Isobel sciolse l'abbraccio e le carezzò il viso asciugando le lacrime che le fossero scivolate sul viso,  sorridendo con felicità e mentre guardava negli occhi di sua figlia che avessero il suo stesso identico colore. "Dio mio, come sei cresciuta. Eri solo una bambina di sei anni che mi seguiva dappertutto quando ti ho vista l'ultima volta". 
Abby rise di gusto ed annuì, ricordando come la sua vita si orientasse in funzione della madre quando era ancora molto piccola, ricordando quanto amasse stare in sua compagnia e quanto volesse la mamma prima di dormire, per mangiare, per giocare, per fare il bagnetto. 
Dan era più grande e più indipendente, Silver era troppo piccola persino per ricordare qualcosa di sua madre, ma Abby era la figlia più attaccata a Isobel. 
La stessa figlia a cui si era spezzato il cuore quando aveva visto la bara andare sotto terra, nel cimitero di Louisville. 
Ma Abby non era più quella bambina, era cresciuta ed era diventata una cacciatrice esperta grazie a tutti gli insegnamenti di suo padre Jack.
Mise a dormire la sua parte emotiva e divenne molto più seria nonostante sentisse il cuore batterle più forte nel petto.
Sciolse la presa su sua madre e le spostò via le mani, regolarizzando il suo respiro e spazzandosi via le lacrime che fossero scese sul suo volto, e la guardò con distacco mentre metteva un po' più di distanza fra di loro indietreggiando. "No, no, no. Tu eri morta, ho visto il tuo corpo immerso nel sangue e il tuo cuore non batteva più, eri fredda. Quindi chi diavolo sei tu?!". 
Isobel accennò un sorriso e cercò di afferrarle nuovamente le sue mani per attirarla a sé per dirle che tutto sarebbe andato bene, ma Abby si allontanò e scosse la testa intimandole di non toccarla, così la donna fece spallucce e guardò brevemente il figlio, che si avvicinò e sorrise appena.
Dan sfiorò la spalla sinistra di Abby e la guardò con occhi sinceri, annuendo come se volesse convincerla di qualcosa che ad Abby sembrava impossibile. "Come puoi vedere, la mamma non è morta. Lei è solo andata via per un po', ma adesso è tornata e vedrai che..". 
Lo scatto della sicura della pistola di Abby fece voltare i tre verso la loro destra ed Abby vide Dean stringere l'arma con aria sicura di sé mentre le faceva segno di avvicinarsi a lui; in preda all'agitazione, la ragazza ci mise un po' a capire di dovere mettere in fila i passi per avvicinarsi all'uomo, ma presto raggiunse Dean ed Abby aiutò Sam a liberarsi, trovando alcune ferite sul suo corpo. 
Isobel accennò un sorriso divertito e si avvicinò all'uomo che le puntasse ancora una pistola contro, divaricando appena le gambe e unendo le mani mentre lo osservava con un sopracciglio sollevato. "Dean Winchester. Ti sembra il caso di puntare la pistola di mia figlia contro di me? In fondo siamo parenti. Siamo una famiglia". 
L'uomo fece spallucce e con la coda dell'occhio osservò Sam appoggiarsi ad Abby e mettersi in piedi per raggiungerlo, e poi guardò nella direzione di Isobel con aria seria scuotendo la testa. "No, non lo siamo". 




Fissava un punto impreciso della sala centrale tenendo le gambe sollevate ed i piedi appoggiati all'angolo del tavolo di fronte a sé, sul quale giacessero due lattine di birra ormai vuote; era sommersa dai suoi pensieri, dalle sue incertezze e da delle strane domande che avevano preso a ronzarle per la mente. 
Abby aveva sempre pensato che sua madre fosse morta tanti anni prima, questa era una delle poche certezze riguardo la sua vita: aveva toccato il suo corpo privo di vita quella notte di più di vent'anni fa. 
Aveva pianto, aveva sofferto per lei. 
Venire a sapere che Isobel fosse viva l'aveva scossa completamente, spingendola a chiedersi quale fosse il motivo per il quale sua madre fosse scomparsa dalle loro vita. 
E perché Dan lo sapesse e non avesse mai detto di essere a conoscenza della verità. 
"Hai lasciato che per 27 anni i tuoi figli credessero che tu fossi morta?". 
Abby aveva accompagnato Sam fino alle scale reggendolo in piedi mentre lo sentiva gemere di dolore per ciò che Tony gli avesse fatto, ma arrivata al primo gradino aveva sentito dentro di sé l'impellente desiderio di tornare indietro; aveva fatto passare il braccio di Sam attorno al collo di Dean che la guardò in maniera confusa, ed era tornata indietro armata unicamente di rabbia e delusione, guardando negli occhi di Isobel che così somigliassero ai suoi. 
"Dove cazzo sei stata e perché sei ricomparsa proprio adesso?" aveva continuato ad urlare Abby fulminandola con lo sguardo, per poi spostarlo sul fratello che sospirò. "E tu come facevi a sapere che lei fosse viva?". 
Isobel aveva sospirato e fatto un passo avanti con aria seria e dal suo volto sparí ogni traccia materna e di bontà, mettendo su uno sguardo duro. "Ho lasciato che voi credeste alla mia morte solamente per proteggervi".
"Proteggerci da cosa?!" aveva chiesto Abby con voce alterata e tono serio, sgranando gli occhi ed iniziando a pensare quanto poco conoscesse della sua stesse vita, e poi guardò nuovamente Dan con aria seria e dura. "Come lo sapevi, Dan? Dimmi la verità prima che ti prenda a calci in culo". 
L'uomo sospirò e fece spallucce, avvicinandosi alla sorella con aria accigliata dal suo comportamento, come se fosse proprio lei ad essere in torto ed a sbagliare ogni cosa. "Tu e Silver avete sempre pensato che io lavorassi a Louisville per fare ricerca e la facevo, ma non quella che pensi tu. Comunque sarebbe opportuno parlarne in privato, solo noi della famiglia".
Abby sgranò gli occhi davanti a quella richiesta e lo fulminò con lo sguardo stringendo i pugni con rabbia mentre si chiedeva come potesse considerare Sam e Dean estranei alla sua famiglia, iniziando a pensare a tutte le rispostacce con cui avrebbe potuto zittire suo fratello, ma la sua voce venne sovrastata da quella dell'uomo furioso alle sue spalle; Dean gesticolò nervosamente con la mano in cui tenesse ancora stretta la pistola e guardò Dan in cagnesco, mentre con il braccio sinistro reggeva ancora il fratello. "Come hai potuto mentire in questo modo alla tua stessa sorella? Noi ci siamo sempre fidati di te, ti abbiamo anche affidato nostra figlia per tutto questo tempo!". 
"E io l'ho sempre protetta perché è mia nipote e le voglio bene, ma questo non c'entra niente, idiota!" aveva risposto Dan senza peli sula lingua, ricambiando l'occhiataccia e mettendo le mani sui fianchi con aria spazientita. 
Abby scosse la testa con aria confusa e guardò sua madre che continuava a guardarla in modo serio e duro senza che la ragazza ne capisse il motivo, e fece un passo indietro scuotendo la testa e sentendosi ingannata e tradita dal suo stesso fratello; sollevò lo sguardo lucido fino a quello di Dan, che strinse le labbra in una smorfia dispiaciuta e sospirò. "Torna a casa con noi, non importa quello che è successo. Tu sei mio fratello e risolveremo tutto, ma adesso devi venire con me così potrai spiegarmi"
Dan scosse la testa e allargò appena le braccia, facendole capire che avesse declinato la sua proposta e che sarebbe rimasto lì, avendo ponderato a sufficienza su quella decisione. "No. Il mio posto è qui, con gli Uomini di lettere Britannici. E dovrebbe essere anche il tuo, sorellina". 
"Abby?". 
Sbatté le palpebre un paio di volte e tornò al presente, guardandosi attorno fino a percepire la mano di Dean sulla sua schiena ed inclinò appena il viso per guardarlo meglio e accennare un sorriso, mentre sentiva la piccola sopra di sé dormire beatamente sul suo petto; Abby si mosse appena e strinse di più le braccia attorno alla sua bambina, che tenesse già stretta a sé da un bel pezzo per farla dormire e le diede un bacio sullo fronte. 
"Si è addormentata.." sussurrò Abby accennando uno sbadiglio, sollevando nuovamente lo sguardo sull'uomo davanti a sé, che sorrise e si chinò su di lei per prendere la piccola Mary fra le braccia per portarla nel suo letto, facendole segno di seguirlo. 
La donna sospirò e si alzò, seguendo Dean nei corridoio del bunker mentre osservava con un sorriso il visino addormentato di sua figlia sporgere dalla spalla del padre, ed Abby si rasserenò leggermente mentre pensava a come la sua piccola avesse fatto la conoscenza della nonna, di cui portasse il nome. 
Mary aveva guardato la bambina con aria incredula e per la prima volta da quando era tornata sulla terra aveva fatto un ampio sorriso felice, non riuscendo a credere che suo figlio avesse tramandato il suo nome ad una creatura così bella come sua nipote.
La piccola fu felice di conoscerla ed iniziò a programmare tutto ciò che avrebbe avuto intenzione di fare insieme a lei; per essere la sua prima giornata sulla terra dopo trentatré anni, tutto si era svolto esattamente come se lo ricordava.
La caccia non era mancata, le lotte ed il sangue. Ma aveva da poco ritrovato i suoi due figli ed aveva fatto la conoscenza della sua unica nipote. Mary però quella sera era così stanca ed ancora confusa che presto si congedò e andò a riposare nella stanza che i suoi figli avessero preparato per lei. 
Dean entrò nella cameretta rosa di Mary, piena di peluche e di bambole di tutte le forme e le dimensioni, e la mise a letto per poi rimboccarle le coperte con dolcezza ed osservarla rigirarsi per trovare la posizione più comoda, per poi schioccarle un grosso bacio sulla fronte così come fece Abby dopo pochi istanti. 
Uscirono insieme dalla stanza e Dean le cinse le spalle depositando un bacio fra i capelli stringendola più a sé, ma Abby parve non accorgersene neanche presa per come fosse dai suoi pensieri. 
Raggiunsero la sua stanza qualche porta più in là e Dean osservò Abby togliersi i jeans e la maglia, per indossare uno dei suoi soliti corti pigiami che non lasciassero mai granché spazio all'immaginazione, facendolo sorridere perché in un'altra occasione avrebbero avuto tanto da festeggiare, ma chiaramente Abby non era dell'umore. 
La vide sedersi sul letto e continuare a fissare l'armadio come se fissando le ante chiuse riuscisse a identificare quale fossero le ragioni dietro alle domande esistenziali che più l'assillassero, ma in realtà il suo sguardo era solo perso nel vuoto, ripensando a ciò che fosse accaduto ancora e ancora. 
"Stai bene?". 
Abby sbatté le palpebre e lo guardò con aria confusa conscia di essersi estraneata un'altra volta e si affrettò ad accennare un sorriso e ad annuire come se fosse vero, osservando poi il ragazzo sedersi accanto a lei con un sopracciglio sollevato, osservando con attenzione il punto in cui Abby avesse posato insistentemente il suo sguardo fino a qualche istante prima. "Beh, è un bell'armadio. Colorazione perfetta che si intona benissimo con l'arredo e con tutto il resto. Dovremmo prenderne un altro, non trovi?".
Abby ci mise qualche istante a capire che Dean la stesse solamente prendendo in giro ed accennò un sorriso un po' meno tirato rispetto a quello precedente, per poi annullare la distanza fra loro nascondendo il viso nel suo petto mentre sentiva le sue braccia avvolgerle la schiena. "Ma che diavolo sta succedendo? Perché mio fratello non è venuto con me?". 
Dean la strinse e le carezzò i capelli con dolcezza, sentendo il tono triste e la voce tirata con cui Abby avesse parlato per trattenere il pianto, e si ritrovò a sospirare prima di baciarle la testa. "Ti prometto che scopriremo tutto, d'accordo ragazzina? Ma adesso devi riposare perché è stata una lunga giornata e avrai bisogno energie per poter scoprire la verità".
Senza opporre resistenza Abby si lasciò trasportare sotto le lenzuola insieme a Dean che la coprì e la strinse più forte a sé, e la ragazza sollevò il viso per guardarlo negli occhi con un sorriso più accentuato e sincero.
Gli sfiorò la guancia irsuta e guardò nei suoi occhi verdi nonostante il buio della stanza, chinandosi su di lui per baciarlo con la stessa dolcezza con cui lui la stessa guardando. "Sono felice di che tu sia qui con me, Dean". 
Le sorrise ampiamente e lasciò risalire la sua mano dal fianco fino alla sua nuca, avvicinando nuovamente i loro visi per unire ancora una volta le loro labbra.
 

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Capitolo 63
*** Capitolo 56 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 56


"Dormi bene, piccola mia. E non uscire dal letto stanotte: mi piacerebbe dormire almeno un paio d'ore ogni tanto, topina". 
Seduta sul bordo del letto, Isobel le sfiorò la testa con dolcezza e le depositò un bacio dolce fra i lunghi capelli rossicci esattamente come i suoi, facendole il solletico sulla pancia e facendola ridere di gusto; Abby si mosse nel suo lettino, spingendo appena le mani della madre per farla smettere nonostante le piacesse quel modo complice con cui la sua mamma giocasse insieme a lei. 
"Mamma, puoi fare venire Dan nella mia stanza? Ti prego, finché non mi addormento!" esclamò la piccola giungendo le mani in preghiera, mettendo su la sua espressione più dolce per far cedere la madre. 
Isobel sorrise intenerita e scosse la testa in segno di negazione, ricordando alla figlia che ormai fosse una bambina grande di sei anni e che non doveva aver paura di stare da sola la notte, ed Abby in risposta mise su il broncio tipico di quando stesse per piangere facendo sgranare gli occhi alla mamma che scosse la testa; si allungò per raggiungere il comodino della bambina, afferrando il suo coniglietto di pezza preferito e muovendolo con un sorriso incoraggiante davanti al suo viso. "Che ne dici di dormire con Mr. Jackson? Potrebbe fare la sua danza speciale nel caso in cui tu avessi paura". 
Abby rise divertita e afferrò il suo coniglietto che le avesse regalato il suo papà qualche anno prima e lo mise sotto le coperte insieme a lei, e sentí il bacio caldo e amorevole di sua madre sulla sua fronte, tranquillizzandosi subito e stiracchiandosi appena, segno che fosse pronta per dormire. 
Isobel strofinò con delicatezza il suo naso contro quello di sua figlia e sorrise, alzandosi e dirigendosi verso la porta, indugiando qualche secondo prima di spegnere la luce. 
"Ti voglio tanto bene, Abby. Sei la mia bambina speciale e la tua mamma non ti lascerà mai. Te ne ricorderai per sempre, non è vero? Qualsiasi cosa succederà, tu rimarrai sempre il mio cuore". 
La piccola annuí con un sorriso felice ed osservò la madre spegnere la luce della stanza ed accostare la porta, per poi sparire nel corridoio della casa e raggiungere il padre al piano di sotto. 
Abby era una bambina allegra, sempre sorridente e sempre pronta a giocare con le sue amichette e specialmente con il fratello Daniel che, nonostante fosse sette anni più grande e adesso fosse un ragazzetto di dodici anni, non aveva mai smesso di stare dietro alla sua sorellina; Isobel e Jack erano soliti definirli come due gemelli siamesi che vivevano la loro vita a stretto contatto, per quanto il loro rapporto fosse stretto. 
Abby chiuse gli occhi e bastò poco per farla sprofondare in un profondo sonno, stanca per le corse sfrenate in giardino in cui lei e Dan si fossero lanciati per tutto il pomeriggio mentre la piccola Silver si dimenava nel box posto sulla veranda e osservava i suoi fratelli.
Sarebbe stata una notte come tutte le altre, se solo un forte rumore di vetri infranti non l'avesse fatta sobbalzare nel suo lettino; sgranò gli occhi e si spaventò molto, stringendo forte al petto il suo Mr. Jackson per controllare la paura e fece come le avesse insegnato suo padre, controllando il respiro e chiudendo gli occhi. 
Delle strane voci al piano di sotto la inquietarono parecchio ed Abby non riuscì a controllarsi, e scese velocemente dal suo lettino spinta dalla paura stringendo ancora a sé il suo pupazzo di pezza, e corse in direzione della porta della sua stanza uscendo di corsa nel corridoio senza neanche guardare dove stesse andando.
Sbatté con l'intero corpo contro qualcosa di duro, ritrovandosi sdraiata sul pavimento e senza rendersene conto dalla sua gola uscí un grido terrorizzato, tenendo ancora gli occhi chiusi per la paura di trovarsi davanti ad un mostro o qualcosa di simile. 
"Smettila di urlare, stupida. Sono io!".
Abby sentí le lacrime rigarle il volto e aprì gli occhi immediatamente perché aveva riconosciuto quella voce così familiare e guardò il fratello chinarsi su di lei per aiutarla ad rialzarsi, asciugandole il viso bagnato con delicatezza. 
Un rumore al piano di sotto attirò la loro attenzione ed entrambi si girarono verso le scale, ed Abby subito si attaccò alla gamba del fratello maggiore iniziando nuovamente a piangere, mentre degli strani passi lenti giungevano sempre più vicini a loro dalla scala. 
"Che cos'è?". 
Dan zittí la sorella e la spinse dietro di sé tirandola dal suo pigiama rosa, sgranando gli occhi ed indietreggiando lentamente mentre un'ombra strana veniva proiettata sul pavimento del primo piano; passo dopo passo, Abby si spaventò sempre di più ed aumentò la stretta sulla gamba del fratello, che le strinse una mano per cercare di tranquillizzarla. "Ti proteggerò sempre Abby, nessuno ti farà mai del male finché ci sono io. Non avere paura, sorellina". 
La figura di un uomo sulla sessantina con gli occhi neri e uno strano giubbotto catarifrangente sbucò improvvisamente dalla scala, ed Abby non riuscì a trattenersi iniziando ad urlare con un acuto assordante facendo girare il demone nella sua direzione, e Dan sgranò gli occhi per qualche secondo, fin quando afferrò forte la sorella e la prese fra le braccia, correndo il più velocemente possibile nella camera dei genitori e chiudendosi a chiave. 
L'uomo iniziò a colpire la porta forte intimando ai due bambini di aprirgli e che non gli avrebbe fatto nulla di male, e tutti quei colpi svegliarono la piccola Silver nella culla accanto al lettone dei genitori, unendosi al pianto e alle urla incontrollate di Abby che si tenesse ancora stretta a suo fratello.

Abby sgranò gli occhi e si tirò a sedere di scatto sul letto svegliandosi bruscamente, respirando in modo affannoso e pressandosi una mano sul petto in tempo per sentire il suo cuore battere velocemente, quasi avesse tutta l'intenzione di uscire e fare un giro nella stanza. 
Passò l'altra mano fra i capelli, sentendo la fronte madida di sudore mentre nella sua mente circolarono ancora una volta le immagini di quell'incubo fin troppo vivido che avesse iniziato a sognare nelle notti delle ultime tre settimane. 
Abby sentí Dean sbuffare al suo fianco e guardare l'orologio al suo polso, per rendersi conto che fossero ancora le quattro meno un quarto del mattino e che la donna avesse avuto un altro dei suoi ormai soliti incubi; si sedette sul letto ed allungò una mano verso la abat jour sul comodino per accendere la luce, appoggiando la schiena contro la spalliera di legno del letto e sospirando mentre si voltava leggermente verso di lei. "Solito incubo?". 
La ragazza annuì leggermente con il respiro ancora irregolare, passandosi le mani sul volto con aria profondamente stanca perché aveva davvero bisogno di dormire, ma quell'incubo non le permetteva di farlo: era sempre lo stesso, non cambiava mai nulla. 
Ma non andava mai neanche avanti, impedendole così di capire cosa diavolo fosse accaduto quando i due fratelli fossero rimasti chiusi nella stanza dei genitori, mentre la sorellina minore piangeva nella culla, non prendendo neanche per un istante in considerazione che quei bambini potessero essere proprio lei ed i suoi fratelli. 
"Scusa, non volevo svegliarti. Torna pure a dormire..". 
Abby si alzò ed indossò un cardigan scuro abbandonato sulla sedia della scrivania, chiudendoselo alla vita e lasciando fuoriuscire i lunghi capelli rossicci sulle spalle; quasi non si accorse del fatto che Dean si fosse alzato nel suo stesso momento e l'avesse raggiunta, fin quando non le cinse i fianchi con le braccia e la strinse contro il suo corpo. 
Si beò di quel contatto respirando sul suo petto e lasciandosi cullare dall'uomo che in quelle tre settimane in cui fossero tornati insieme a tutti gli effetti, stesse provando di tutto per aiutarla. "Non arrabbiarti per ciò che sto per dirti, ma dovresti proprio chiamare Dan". 
Si irrigidí e sollevò un sopracciglio, stringendo i pugni e sentendo ancora la rabbia montarle dentro quando sentiva parlare di suo fratello; così Abby scosse la testa e sollevò il viso verso di lui con un sorriso perché non voleva litigare, sollevandosi sulle punte per baciargli castamente le labbra. "Torna a letto, vado a controllare Mary e torno subito". 
Dean la vide divincolarsi dalla sua presa ed aprire la porta per poi richiudersela alle spalle, sfuggendo per l'ennesima volta all'argomento di cui lui cercasse di parlarle più spesso; capiva che fosse arrabbiata, ma Abby non era neanche rimasta a sentire le motivazioni del suo stesso fratello, né aveva deciso di fermarsi a parlare con la madre che avesse appena ritrovato. 
Si era solamente ritrovata ad avvertire Silver, che diede di matto quando venne a sapere del ritorno di Isobel e del fatto che Dan ne fosse a conoscenza da probabilmente molto tempo: esattamente come Abby, anche Silver si era chiusa a riccio nei confronti del loro fratello maggiore, e adesso Dan si ritrovava ad avere due sorelle arrabbiate a morte con lui. 
Dean aveva ascoltato il consiglio di sua madre Mary, che però ancora dopo tre settimane faticasse ad adattarsi al nuovo mondo, che gli avesse detto di lasciare ad Abby il suo spazio ed il suo tempo per metabolizzare ciò che avesse scoperto, ma a Dean sembrava tanto una stronzata: lui conosceva Abby meglio di chiunque altro, sapeva come ragionava, ciò che pensava. 
E sapeva come funzionasse la sua mente, capendo su cosa fossero incentrati quegli incubi senza che lei avesse bisogno di parlare. 
Ma Abby si rifiutava anche solo di sfiorare l'argomento Isobel e Dan, e per tutto il resto del tempo fingeva di poter vivere in tranquillità, di essere in pace con sé stessa, anche se dentro di lei bruciasse il desiderio di conoscere la verità.
E in più Dean aveva capito quanto le mancasse suo fratello, quanto avesse bisogno di lui. 
Senza neanche rendersene conto, Dean si era ritrovato seduto sul bordo del suo letto tenendo fra le mani il suo cellulare, intento a fissare il nome e il numero del maggiore degli Harrison sentendo dentro di sé una grossa titubanza. Fanculo, lo faccio.
Si portò il telefono all'orecchio e iniziò a sentire gli squilli tipici di una chiamata, passandosi l'indice e il pollice sulle palpebre ed iniziando a sperare che Dan non fosse troppo impegnato per non rispondere, quando dopo una lunghissima attesa quasi eterna Dean udì una voce maschile dall'altro capo del telefono. "Pronto?". 



"Mi spiegate perché oggi avete tutta questa voglia di andare da mia sorella? Ci sarà rigurgito di bambino ovunque, Nathan è un idrante a spruzzo negli ultimi giorni.." sussurrò Abby sospirando seduta sui sedili posteriori dell'Impala, sistemando per l'ennesima volta la cintura che Mary avesse iniziato a togliersi per divertimento, solamente per far arrabbiare la madre. 
"Ma mamma, a me piace stare dalla zia Silver! E il mio cuginetto è così strano e divertente!" esclamò Mary ridendo di gusto e iniziando a giocare con la sua bambola cercando di sporgersi sul sedile anteriore. 
Dean sollevò un sopracciglio e guardò Abby tramite lo specchietto retrovisore con espressione fiera e divertita, conscio dopo le parole di sua figlia di aver fatto bene a portare tutta la famiglia a casa di Silver; mise su la sua espressione da te lo avevo detto e la donna scosse la testa, voltandosi verso il finestrino e sbuffando. 
"Dico solo che avremmo tante altre cosa da fare: come cercare voi sapete chi prima che distrugga l'ennesimo tramite. E poi abbiamo lasciato Mary da sola al bunker!". 
Sam accennò un sorriso e la guardò dallo specchietto laterale senza che lei se ne rendesse conto e vide il suo viso tirato e contratto dal nervosismo di vedere sua sorella, dato che avesse smesso da un bel pezzo di rispondere anche a Silver.
"Castiel e Anael si stanno occupando di tu sai chi e nostra madre starà bene ugualmente anche se per una giornata starà da sola. Credo che le faccia bene del tempo per sé stessa". 
Abby ascoltò l'opinione di Sam e fece spallucce senza neanche rispondere, fingendo di non notare la maniera in cui Sam e Dean si fossero scambiati un'occhiata eloquente: sapevano che Abby avrebbe sicuramente amato di più aiutare i loro due anici angelici nella ricerca di Lucifer, piuttosto che passare una giornata in famiglia. 
Forse perché sapeva che non fosse più proprio una famiglia dopo il tradimento di Dan che ancora le bruciasse nelle vene; forse perché le dava parecchio fastidio che suo fratello non si fosse fatto vivo in tre settimane, che non avesse cercato di spiegarle e che l'avesse lasciata andare, che avesse scelto Isobel invece che lei. 
Abby si risvegliò dai suoi pensieri quando udì Mary urlare di felicità e battere la manine, iniziando a oscillare la testa portando con sé le trecce che sua nonna le avesse fatto per concedere ad Abby e Dean almeno il tempo di farsi una doccia e di prepararsi prima di uscire; la madre sorrise a quelle urla piacevoli, perché sapeva quanto sua figlia fosse felice di vedere gli zii Silver e Matt ed il cuginetto Nath. 
Quando sentí Dean tirare il freno a mano e sentí la macchina completamente ferma, Abby si sporse per baciare forte la guancia della sua piccola ed attirarla più vicina a sé, facendola ridere di gusto mentre si divincolava e le metteva le mani piccole su tutta la faccia, facendo ridere anche la madre che si affrettò a toglierle la cintura per farla scendere dal lato del marciapiede con un sorriso, mentre la vedeva correre verso il vialetto della casa di sua sorella. 
Scese anche Abby e presto Dean le afferrò una mano per attirarla il più vicino alla casa, iniziando a distrarla con dei discorsi che suonarono parecchio strani alla ragazza, che sollevò un sopracciglio e cercò lo sguardo di Sam per capire cosa stesse accadendo, quando si accorse che il minore non fosse mai sceso dall'auto e che fosse rimasto in auto e che Dean stesse portando con un sé un borsone che riconobbe come il proprio. 
Piantò i piedi a terra e sgranò gli occhi, guardandosi attorno con aria confusa quando solo in quel momento riconobbe il Suv nero posteggiato proprio davanti l'Impala, la stessa auto che avrebbe riconosciuto fra mille; sollevò lo sguardo furioso verso il suo e Dean pensò che non avesse mai davvero avuto paura nella sua vita fino a quel momento. 
"Dovevi affrontarlo prima o poi, ragazzina. Lo sai. Ho solo accorciato i tempi!" esclamò Dean facendo spallucce e sospirando rumorosamente, deglutendo a fatica per il modo in cui lo stesse guardando. 
Abby cercò di dire quanto fosse stato uno stupito ad agire alle sue spalle in quel modo e che avrebbe subito ripreso Mary per tornare a casa in più velocemente possibile, perché non aveva nessuna intenzione di parlare con chi fosse all'interno della casa, ma quando la porta di casa si aprí un urlo sorpreso e felice giunse alle sue orecchie facendole capire che ormai fosse troppo tardi anche per scappare. "Zio Daaan!!".
Le risate divertite della piccola giunsero alle orecchie dei due genitori e Abby scosse la testa passandosi la mano sulla fronte, rassegnata all'idea di subire ciò che Dean avesse organizzato a sua insaputa; l'uomo si avvicinò di più a lei e le passò il borsone, sporgendosi per baciarle la guancia in maniera tenera e dolce e sospirando. "Cerca di essere ragionevole e di ascoltare, per una volta. È sempre tuo fratello". 
Abby serrò le braccia al petto e sbuffò aria dal naso, guardandolo in cagnesco e iniziando a capire ciò che l'avesse spinto a compiere quel gesto, ma nonostante ciò la ragazza mantenne un'espressione quasi più dura che andò via via scemando. "E dopo la trappola in cui mi hai attirata oggi, tu potresti essere il mio ex ragazzo. Di nuovo". 
Dean la guardò con aria divertita per le sue parole, scuotendo la testa ed afferrandole il viso fra le mani per poi baciarle la fronte con un sorriso. "Non puoi vivere senza di me come io non posso vivere senza di te, lo sai". 
Abby roteò gli occhi al cielo infastidita e lo spinse appena indietro per entrare in casa, ma guardando nei suoi occhi si rese conto che lui e Sam non sarebbero rimasti, e sollevò un sopracciglio. "Vai a caccia e mi scarichi qui, non è vero?". 
Dean accennò un sorriso e fece spallucce, avvicinandola a sé dai fianchi e prendendosi un momento per guardarla meglio fino a diventare più serio. "Castiel e Anael hanno una pista su Lucifer a Los Angeles. Ma la prossima volta sarai dei nostri, se vorrai. Te lo prometto". 
Non le diede il tempo di rispondere e si chinò su di lei per baciarla con dolcezza, stringendola più forte e sospirando per poi guardala nuovamente con un sorriso amaro. "Giuro che mi farò perdonare quando torneremo al bunker, ok? Ma tu fa la brava". 
"E voi fate attenzione.." sussurrò Abby con aria un po' preoccupata, stringendo le labbra in un'espressione tesa per poi sciogliere l'abbraccio e lasciar vagare lo sguardo verso la porta d'ingresso della casa, trovando suo fratello a tenere fra le braccia la sua bambina. Sospirò rumorosamente e scosse la testa, tornando a guardare il ragazzo davanti a sé e lasciando definitivamente le sue mani. "Chiamami quando scoprite qualcosa, ok?". 
Dean annuì e la salutò nuovamente, detestando l'idea di lasciare Abby e sua figlia in casa con chi collaborasse con un gruppo di psicopatici che avessero torturato suo fratello, ma era davvero stufo di veder soffrire Abby tutte le notti in preda ad incubi e alle urla dei suoi incubi. 
Le sorrise cercando di non lasciar trasparire la sua agitazione e preoccupazione mentre si dirigeva verso l'Impala, sedendosi e accendendo presto il motore per poi partire prima che Abby potesse cambiare idea e decidere di sparargli, facendole un segno con la mano così come fece Sam. 
"Torci un solo capello alle tue sorelle o ai tuoi nipoti e ti rincorrerò in cima al mondo per ucciderti in maniera molto lenta e cruda, Dan. Sono stato chiaro?". 
Dean sospirò e si rilassò alla guida, ricordando le ultime parole che avesse detto a Dan quando lo avesse chiamato per organizzare quell'incontro, e con l'anima appena più tranquilla imboccò con la macchina la direzione per Los Angeles. 


Stette sul divano del salotto a muovere il piede nervosamente contro il pavimento mentre beveva un po' dello Scotch che Silver le avesse preparato non appena l'avesse vista fermarsi con l'Impala davanti casa sua, seduta accanto alla sorella minore che invece bevesse la sua tisana alle erbe per calmare i nervi che da un paio di settimane non la lasciavano dormire serenamente la notte, mentre Dan continuava a muoversi avanti e indietro per il salotto. 
Il maggiore sapeva che entrambe le sorelle fossero arrabbiate con lui per ciò che avesse omesso di raccontare loro per tutti questi anni e non aveva la minima idea di come affrontare quella situazione con loro, specialmente per l'astio che continuava a leggere negli occhi di Abby che sentisse puntati contro come un fucile carico e pronto a fare fuoco.
Non appena Abby aveva messo piede in casa, aveva tolto sua figlia dalle braccia del fratello quasi immediatamente mandando Mary a cercare Matt e Nathan pur di allontanarsi dallo zio malefico, e poi Abby aveva chiesto a Dan con voce sprezzante ed arrabbiata dove fosse Silver, chiedendogli ironicamente se l'avesse già uccisa o se aspettasse che gli Uomini di Lettere Britannici facessero il lavoro sporco per lui. 
"So che è una situazione molto strana, ma..". 
"La nostra famiglia è nata fra stronzate del genere, Daniel: potevamo sopportarlo" si affrettò a rispondere Abby con tono aspro e arrabbiato, sollevando un sopracciglio mentre lo guardava in cagnesco e si beccava un'occhiataccia da parte di sua sorella. 
Dan prese un lungo respiro e la guardò con un'aria mista fra dispiacere e profonda serietà, ma poi fece spallucce e fece un passo avanti smettendo di muoversi come una trottola per tutta la stanza. "No, no invece. Se aveste saputo tutta la verità, avreste avuto paura per tutta la vita. Almeno chi di noi non ha mai cacciato". 
Silver si sentí tirata in causa e sollevò lo sguardo verso il fratello fulminandolo con gli occhi, allontanando dalle labbra il bicchiere di tisana. "Che vorresti dire con questo? Che non sono forte abbastanza solo perché ho scelto una vita diversa dalla caccia, forse?!". 
"Si" rispose Dan con veemenza, facendo spallucce e sospirando. "Si Silver, perché è stato difficile anche per me accettarlo che vivo fra mostri e stronzate simili da tutta la vita". 
Abby sollevò un sopracciglio e bevve l'ultimo sorso del suo Scotch per poi poggiare il bicchiere vuoto sul tavolino in vetro che separasse i due divani posti uno davanti all'altro nel salotto open space, e si grattò distrattamente la nuca per il nervosismo per poi fissarlo con aria accigliata. "Vuoi piantarla con tutto questo mistero per iniziare a parlare di cose più serie? Come per esempio spiegarci come accidenti ha fatto la mamma a tornare dal mondo dei morti e perché cazzo non ce l'hai detto!". 
Dan sospirò e si sedette al centro del divano davanti al loro, alternando lo sguardo fra le due sorelle per qualche istante fino a quando non si sentí pronto ad iniziare a parlare. "Cosa ricordate della notte in cui abbiamo tutti creduto che la mamma fosse morta?".
Abby sollevò gli occhi al cielo e si alzò dal divano per dirigersi verso il mobiletto bar con nuovamente il suo bicchiere in mano, con tutta l'intenzione di versarsi un altro po' di Scotch; se lo portò subito alle labbra quando udì Silver dire che fosse troppo piccola per ricordare ciò che fosse accaduto quella notte, così la maggiore tornò sui suoi passi e iniziò a parlare gesticolando nervosamente. "Ti dico cosa ricordo io: sono entrata in cucina e ho trovato il corpo freddo della mamma immerso in una pozza di sangue mentre papà si disperava per averla persa e piangeva inginocchiato al suo fianco". 
Dan la guardò e l'ascoltò attentamente, annuendo lentamente mentre le immagini di ciò che fosse successo iniziarono a riaffiorargli nella mente. "E poi? Cos'altro?". 
"Aver trovato il cadavere di mia madre a 6 anni non è già abbastanza traumatico, Dan?" chiese Abby sgranando gli occhi ed allargando le braccia con una risata nervosa. 
L'uomo sospirò a tono alto, scuotendo la testa mentre la guardava con aria stanca. "Muoviamoci con ordine: siamo stati tutti svegliati da un rumore al piano di sotto, io non sono uscito dal letto fin quando non ho sentito la mamma urlare e poi ho trovato te, Abby, ad urlare nel corridoio perché mi hai sbattuto contro mentre correvi verso la mia stanza". 
Abby aggrottò le sopracciglia e per un attimo si sentí frastornata mentre il ricordo dell'incubo che la tormentasse la notte da ormai tre settimane si fece parecchio più vivido nella sua mente, facendola sentire confusa. "No, no, non può essere. Stai descrivendo ciò che sogno da quando io e Dean siamo venuti in quella fattoria per salvare Sam; come fai a saperlo?". 
"Ti stanno tornando i ricordi dopo tutto questo tempo? È possibile, Silver?" chiese Dan sollevando un sopracciglio e fissando la sorellina di cui si fosse preso cura per tutta la vita guardarlo con aria confusa e accigliata. 
"Non ho studiato psicologia, ma credo che quando una persona venga esposta ad un fattore che rievochi un trauma passato, i ricordi che la mente ha tenuto nascosti possano iniziare a riaffiorare". 
"Come un eco di memoria?". 
"Si esatto".
Abby rimase in silenzio ad ascoltare gli scambi di battute fra i due fratelli e sollevò un sopracciglio con aria stranita mentre scuoteva la testa con vigore. "No. Penso che i miei sogni siano solamente frutto dello stress di tutti questi anni e delle cacce!".
Dan la guardò per un lungo istante e si rese conto che sua sorella avrebbe potuto continuare a negare all'infinito ed a non accettare la realtà se non avesse agito nella maniera corretta; la guardò con aria tranquilla e serena, appoggiando i gomiti sulle cosce e piegando la schiena in avanti. "Dimmi solo come continua il tuo incubo allora".
Abby ricambiò quello sguardo e sospirò, avanzando fino a sedersi sul bracciolo del divano per stare inconsciamente più vicina alla sorella e lasciò scivolare le sue mani ed il bicchiere sulle sue cosce, abbassando lo sguardo su di esse mentre una strana sensazione si fece largo nel suo petto. "Non lo so. Ci sono due bambini chiusi nella stanza dei genitori, una neonata che piange e poi di solito mi sveglio..". 
Ma Abby sapeva che non fosse tutto lì, sapeva ancora di potersi fidare di suo fratello nonostante tutto: in fondo erano sempre stati uniti e non l'aveva mai tradita.
Guardò nei suoi occhi e sospirò, mordendosi l'interno della guancia con nervosismo. "Ma all'inizio c'era un uomo con gli occhi completamente neri. E se si trattasse davvero di noi tre questo sarebbe impossibile, perché papà ha iniziato a cacciare dopo che la mamma è morta". 
Dan sospirò e si alzò dal divano spinto dal nervosismo, avvicinandosi alle due sorelle e sedendosi sul bordo di legno del robusto tavolino, e tolse il bicchiere dalle mani della sorella di mezzo, accennando un sorriso. "Sono entrati dei demoni quella notte e mamma e papà non avevano la minima idea di come affrontarli perché non erano mai stati dei cacciatori. Hanno colpito la mamma e le hanno svelato tutta la verità prima di pugnalarla al ventre pensando di ucciderla, ma nostra madre è troppo dura per morire". 
Silver cercò lo sguardo della sorella maggiore, che però non trovò perché Abby era intenta a fissare Dan negli occhi con aria confusa e sorpresa, probabilmente perché stava riesaminando nella sua mente tutto ciò che fosse una certezza, trasformandola in incertezza. "Non ha senso: perché sono venuti allora? Cosa cercavano?". 
"La bambina dentro cui risiedesse il male antico e la tragedia per eccellenza" rispose Dan afferrando le mani delle sue sorelle ed accennando un sorriso amaro, carezzadone il dorso con dolcezza. 
Silver sgranò gli occhi e guardò il fratello con aria sorpresa e sconvolta, facendosi appena più avanti con la schiena. "Vuoi dire Syria? Cercavano lei?!". 
Dan la guardò ed annuí in silenzio, deglutendo a fatica per poi spostare il suo sguardo nuovamente su Abby, che pareva essersi chiusa nella sua mente con occhi sgranati; la ragazza tirò indietro la sua mano con rabbia spezzando quel contatto con suo fratello, perché se tutta quella faccenda fosse stata vera avrebbe avuto tutto il diritto di saperlo prima. "Perché?". 
"Perché Syria sapeva come portare Lucifer fuori dalla gabbia senza spezzare i sigilli, senza aver bisogno di Lilith" rispose Dan sospirando e scuotendo la testa, passandosi le dita sul viso teso.
Abby lo guardò con occhi lucidi e spaventati, mentre un grande senso di colpa nacque dentro di lei e le fece venir meno il respiro per qualche istante, ma subito si costrinse a tornare in sé mentre parlava con voce spezzata. "Vuoi dire che i demoni erano li per me?". 
"Si, piccola.." sussurrò Dan sospirando e sfiorandole le cosce con delicatezza, cercando di trasmetterle sicurezza e tranquillità accennando un sorriso. "Gli Uomini di Lettere ci hanno salvati quella notte e mamma si è unita a loro per salvarti".

 

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Capitolo 64
*** Capitolo 57 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 57


"Jefferson Rooney? Il presidente degli Stati Uniti, Rooney?".
"Mi dispiace, lo dirò più lentamente così che voi possiate capirlo: Lucifer si è impossessato del Presidente!".
Dean scosse la testa e fulminò Crowley con lo sguardo, chiedendosi quanto fosse stupido e superbo il Re, ma istintivamente lo ignorò e si avvicinò ad Abby che teneva fra le braccia la piccola Mary e decise di allontanarsi per non far sentire a sua figlia ciò che il demone stesse dicendo.
"Mamma, chi è Lucifer?" chiese la piccola con tranquillità e pacatezza mentre giocava con i capelli della madre che le ricadevano sulla schiena.
Abby sospirò, chiedendosi quante altre volte ancora Mary avrebbe dovuto sentire qualcosa di sbagliato che non avrebbe dovuto sentire, e si diresse in cucina dove depositò la piccola sul bancone con un sorriso, per poi guardarla con aria divertita. "Vuoi cucinare qualcosa? Ti faccio i pancake, tesoro?".
Mary iniziò a battere le mani e annuire, gridando un assordante e acuto sii che fece ridere di gusto la madre, e presto Abby iniziò a prendere tutti gli ingredienti dal frigo con un sorriso per disporli sul piano da lavoro metallico dell'isola, mentre Mary in completa autonomia si mosse nella cucina per prendere il suo rialzo e vi salì sopra, arrivando così al top di acciaio. 
"Vi serve una mano?". 
Abby e la piccola si voltarono verso  la porta della cucina, trovando Mary appoggiata alla soglia a guardarle con un sorriso e la nipote iniziò ad urlare eccitata di sì, perché amava trascorrere il suo tempo con la nonna. 
Mary si avvicinò al piano, intimando alla donna di sedersi al tavolo perché facesse fin troppo in quel bunker e avesse decisamente bisogno di un po' di riposo, ed Abby accettò il consiglio sedendosi sulla panca ed appoggiando la schiena al muro per guardare perfettamente ciò che la nonna Mary e la nipote facessero insieme. 
"Allora, hai parlato con tua madre Abby?". 
Mary sollevò lo sguardo verso la ragazza, che scosse la testa con una smorfia e sospirò appena, facendo spallucce. "No, ma mio fratello ogni due giorni mi chiama per sapere come sto e se ho metabolizzato ciò che mi ha rivelato, se ho voglia di parlarne".
Mary distolse un momento gli occhi dall'impasto che sua nipote stesse sbattendo energicamente schizzando da ogni parte, correggendole il modo di tenere la forchetta ogni tanto, e li fissò su quelli della donna seduta con aria più seria. "E tu gliene parli?". 
"Non proprio.." sussurrò Abby sbuffando sonoramente, scuotendo la testa e distogliendo lo sguardo con nervosismo. 
La donna lasciò che la piccola Mary si divertisse a mescolare l'impasto dei pancake ancora un altro po' nonostante fosse già abbondantemente mescolato, e si avvicinò al tavolo per sedersi di fronte ad Abby con un sorriso dolce, tanto che Abby si ritrovò a pensare di non aver mai avuto una figura materna fino a quel punto, a parte Ellen. 
"Dovresti parlargliene, tenere tutto dentro non ti farà bene. E poi Isobel è comunque tua madre, chi non ha bisogno della mamma?" chiese Mary accennando un sorriso e stringendole una mano con dolcezza, volgendo presto lo sguardo verso la nipote che rise di gusto quando lasciò scivolare metà dell'impasto sul ripiano e guardò entrambe le donne con espressione imbarazzata lasciando sfuggire un piccolo Oops!.
Abby accennò un sorriso e poi tornò a guardare Mary negli occhi, sedendosi più composta per avvicinarsi di più e guardarla con aria tranquilla. "Tu come stai? Ti stai ambientando?". 
Non tardò a percepire il disagio negli occhi della donna che non si aspettasse quella domanda, nascondendo appena la verità dietro al muro che avesse costruito per non far percepire ai suoi figli cosa realmente provasse da quando fosse tornata sulla terra.
Mary annuì e fece un sorriso, alzandosi dal tavolo per raggiungere la nipote dicendole che fosse ora di prepare quei pancake per evitare che tutto l'impasto finisse sul pavimento. 
Abby le osservò cucinare insieme con un sorriso e doveva ammettere che sarebbe stato proprio bello se anche il suo papà fosse stato lì insieme a loro; diventare madre senza che sua figlia potesse avere dei nonni era già una grande privazione secondo lei, ma non avere un nonno come Jack.. Beh, forse pesava più ad Abby che a sua figlia. 
Avrebbe adorato se Jack fosse stato lì insieme a loro, se avesse viziato e coccolato Mary fino all'inverosimile come aveva fatto con lei quando era solo una bambina; vivere senza la sua presenza, senza i suoi consigli, senza la sua mano nella sua era già un fardello molto pesante da sopportare e le faceva così male nonostante fossero passati quasi dodici anni dalla sua morte. 
Non si era ancora abituata alla sua perdita, probabilmente non lo avrebbe mai fatto, ed era in momenti come quelli quando si sentiva più vulnerabile e aveva bisogno della sua guida ferma e sicura che Abby sentiva la mancanza di suo padre più delle altre volte. 
Lo stomaco le si rigirò improvvisamente come se le fosse esplosa una bomba all'interno e sentí un conato di vomito risalirle su per la gola, affrettandosi a coprirsi le labbra con una mano mentre si irrigidiva parecchio; quel dettaglio non sfuggì a Mary che si voltò a guardare la donna con espressione stranita, ed Abby provò a mandare tutto giù insieme ai sentimenti negativi che lasciava chiusi dentro di sé, ma la forza dei conato stava aumentando e la ragazza non riusciva più a controllarsi. 
Fece segno a Mary di stare attenta alla piccola solo per un istante e si diresse nel corridoio per correre nella sua stanza e nel suo bagno, badando poco al fatto che nel farlo si fosse scontrata contro i due Winchester che fossero andati a dirle cosa Crowley avesse riferito loro. 
Non disse nulla e continuò a coprirsi la bocca ed a tenerla sigillata mentre correva verso la stanza, raggiungendola velocemente e buttando giù quasi la porta del bagno, prima di accasciarsi contro il water e liberarsi di tutto ciò che avesse dentro il corpo; si tenne stretta alla ceramica mentre si sentiva improvvisamente debole e tutto prese a girarle, gemendo appena tra un conato e l'altro. 
Quasi si spaventò quando sentí le mani di Dean sostituire le sue e tenerle indietro i capelli, cercando di tenerla più dritta per favorire la risalita dei liquidi attraverso il corpo, ma presto Abby si accasciò contro il suo petto priva di forze respirando affannosamente. 
"Ti senti meglio, ragazzina? Che succede?". 
Abby scosse la testa perché non voleva parlare per sentirsi dire che quello fosse il risultato del reprimere i suoi sentimenti, che esplodessero dentro di lei in quel modo quando meno se lo aspettasse; si aggrappò alle sua braccia con forza per rialzarsi e tirare lo sciacquone, arrivando a tentoni fino al lavandino per sciacquarsi il viso e la bocca con acqua fredda, sentendosi appena meglio. 
Intercettò lo sguardo di Dean attraverso lo specchio e sospirò, scuotendo la testa e passandosi una mano sul viso ancora bagnato per scostare i capelli che fossero finiti sul lavandino, e respirò più lentamente; proprio quando stesse per aprire la bocca e canzonare il ragazzo ed il modo severo in cui la stesse guardando, lo sguardo di Abby cadde improvvisamente sugli assorbenti dimenticati sul mobiletto a muro vicino al lavandino da ormai quasi due mesi, ed inclinò la testa mentre aggrottava le sopracciglia chiedendosi quanto tempo prima avesse avuto l'ultimo ciclo. 
Dean seguì il suo sguardo e ci mise circa cinque secondi per capire a cosa stesse pensando la mente di Abby, e sgranò gli occhi con espressione sorpresa e quasi terrorizzata dischiudendo appena le labbra. "Ooh..".
Abby deglutí a fatica e si voltò verso il ragazzo alle sue spalle continuando a reggersi al lavandino ed intercettando i suoi occhi quasi scioccati. "Credo che abbiamo un problema, Dean". 


"Un generatore di impulsi iperbolici? Wow, sono senza parole.." sussurrò Abby avanzando sull'asfalto caldo di qualche passo fino a raggiungere ciò che il fratello avesse fra le mani, sollevando un sopracciglio ed osservando quello strano uovo metallico con aria alquanto sorpresa, per poi tornare a guardare Dan con un sospiro. "Questo non mette a posto le cose fra di noi. Non mi fido lo stesso di te". 
Dan sollevò gli occhi al cielo e studiò una risposta da dare alla sorella, perché dopo quasi un mese e mezzo era davvero stanco dell'atteggiamento indisponente di Abby che si rifiutò persino di vedere la madre, ma l'altro uomo che fosse con lui fece un passo avanti e tolse il generatore dalle mani di Dan; l'uomo era alto e aveva uno sguardo tipico di chi fosse sicuro di sé e di ciò che potesse fare, e sorrise audacemente nella direzione della donna mentre si avvicinava di più a lei, osservando però i due Winchester arrivare fino alle sue spalle e guardarlo con aria dura. "Non mi sono presentato: il mio nome è Arthur Ketch. Proveremo che la nostra organizzazione ha a cuore unicamente il bene dell'intero mondo lasciandovi questo, Ms. Harrison. È stato progettato per separare un demone dal proprio tramite, ma penso che potrà funzionare anche su Lucifer". 
Abby lo guardò con aria seria e arrabbiata e sollevò un sopracciglio perché non aveva nessuna intenzione di accettare un compromesso del genere con gli stessi Uomini di Lettere che avessero catturato e torturato Sam, ma sapeva di dover mettere da parte il suo orgoglio per pensare al bene del pianeta; si voltò appena per guardare i due Winchester alle sue spalle, che annuirono appena per farle capire che fosse la loro unica speranza, ed Abby si ritrovò a dire che andava bene e che avrebbe accettato il loro aiuto. "Sarà meglio che questa roba funzioni, altrimenti ti verrò a cercare e ti ucciderò, Arthur Ketch". 
L'uomo sorrise divertito ed annuí riconoscendo lo stesso temperamento di Isobel, osservando la ragazza voltarsi nella direzione opposta e dirigersi verso i due Winchester senza neanche ringraziare per averli salvati dalle forze armate del Presidente che Lucifer gli avesse mandato contro, né del prestito del generatore.
Proprio quando Abby stesse per entrare in auto, Ketch fece un passo avanti tenendo le mani giunte sul grembo e spalle dritte: la guardò in le labbra piegate in un sorriso compiaciuto, facendo spallucce. "Ci farebbe comodo il tuo aiuto, Abby: tuo fratello e tua madre sono bravi, ma tu sei sempre stata la migliore". 
La ragazza si voltò a guardarlo con aria confusa, aggrottando le sopracciglia e cercando la soluzione nello sguardo di suo fratello, che alle spalle dell'uomo scosse la testa in modo confuso. "Che vuoi dire?". 
"Non crederai che tutte queste armi pazzesche si siano sviluppate da sole?" chiese Ketch ridendo ironicamente e facendo spallucce, indugiando sul suo sguardo in un modo che non piacque molto a Dean, che si avvicinò con aria seria e intimò all'uomo di stare indietro. "Abbiamo un vasto campo di ricercatori, tutti bravissimi ed esperti, ma io ho parlato con qualcuno dei tuoi professori all'università e hanno tutti espresso delle parole particolari su di te: eri la migliore, sei sempre stata la migliore in ogni campo scientifico. La tua intelligenza ci farebbe comodo". 
Abby rimase a guardarlo con aria seria mentre ascoltava le sue parole che sembravamo somigliare vagamente ad una proposta di lavoro, ma la donna sapeva che dietro ci fosse Isobel, così scosse la testa e rise di gusto a tono molto alto mentre lo guardava con l'espressione di chi lo stesse prendendo in giro; entrò in auto senza dire neanche una parola, continuando a guardare l'uomo dal finestrino con aria ironica e divertita, notando come anche suo fratello stesse ridendo sotto i baffi.
Dean mise in moto l'Impala e insieme ai due ragazzi si diresse al motel in cui Castiel e Anael stessero facendo il possibile per attirare Kelly dopo aver avvertito un grande disturbo delle frequenze angeliche, cosa che avvenisse unicamente quando veniva procreato un Nephilim; l'obiettivo era far cadere Lucifer nella trappola e chiuderlo per sempre nella gabbia grazie all'aiuto di Rowena e di Crowley, contrastando prima l'arcangelo con tutto ciò che avessero per indebolirlo. 
Per tutto il viaggio Abby cercò di ignorare le continue occhiate del maggiore dallo specchietto retrovisore, che continuasse a chiederle incessantemente se stesse bene e se avesse bisogno di fermarsi, e notò persino il modo stranito in cui Sam guardasse tutti e due perché di certo non era il primo viaggio che Abby facesse in auto; quando finalmente arrivarono al motel, la ragazza ringraziò Dio di aver posato i piedi per terra e di poter cacciare e distrarsi dal continuo dubbio che le attanagliava la mente, spingendola ad innervosirsi per il modo diverso in cui Dean avesse iniziato a trattarla. 
Abby gli aveva detto che si sarebbero tolti il dubbio dopo aver rispedito Lucifer in gabbia, ma Dean era nervoso e poco concentrato sulla caccia, preoccupandosi per l'incolumità di Abby; proprio prima che potesse attraversare la soglia della stanza dentro cui vi fosse Kelly, Dean la afferrò delicatamente per un braccio e le aveva fatto segno di seguirlo senza darle chance di sfuggire. 
"Torniamo subito".
Abby aveva messo su un sorriso imbarazzato, chiudendo di scatto la porta e sfuggendo così agli sguardi di Sam, Rowena, Crowley e Kelly, che li guardarono chiedendosi cosa diavolo ci fosse di più importante di imprigionare di nuovo Satana stesso; Abby lo fulminò con lo sguardo liberandosi dalla sua presa e chiedendogli di smettere di essere così apprensivo dato che non avevano ancora una certezza, ma Dean non rispose neanche e la trascinò con sé senza dire una parola nonostante le lamentele della ragazza. 
"Ma che ci facciamo qui?!" esclamò Abby guardandolo con aria accigliata, dopo che Dean l'avesse spinta dentro ad una camera distante da quella in cui si trovassero tutti gli altri. 
Lo osservò chiudersi la porta alle spalle e guardarla con aria seria e perentoria con un sopracciglio sollevato e sguardo serio, mentre uscí dalla tasca interna della giacca un sacchettino bianco con dentro quattro pacchetti di carta che Abby riconobbe subito; la ragazza scosse la testa e li spinse via con aria sconvolta, sospirando. "Dean, non è il momento: dobbiamo catturare Lucifer e trovare una soluzione per Kelly, non possiamo pensare adesso anche a quest-..". 
"Abbiamo ancora qualche minuto, quindi fai questi maledetti test e sta' zitta, ragazzina". 
Abby sollevò un sopracciglio e lo guardò in cagnesco, avendo l'assoluta certezza che Dean non l'avrebbe fatta uscire da quella stanza a meno che non avesse acconsentito a fare ciò che volesse; sospirò e prese malamente dalle sue mani i pacchetti con dentro i test delle migliori marche, e si chiese ironicamente quanto Dean volesse esserne sicuro al cento per cento. "Ok, ma non usare questo tono autoritario con me o ti sbatto fuori". 
Si voltò senza neanche dargli la possibilità di rispondere alla sua frase, avanzando verso il bagno della stanza matrimoniale extra che Dean avesse preso sotto falso nome, ed iniziò a sbottonare la sua cintura ed i suoi jeans, ma si bloccò ancor prima di abbassarli, voltandosi a guardarlo con aria dubbiosa. 
Dean rimase appoggiato al lavandino con le braccia conserte ed aria accigliata, intercettando il suo sguardo e la maniera contrariata con cui lo stesse guardando. "Che c'è? Hai bisogno di una mano?". 
"No! Esci di qui: non lo farò davanti a te".
Sollevò gli occhi al cielo e scosse la testa, non muovendo neanche un muscolo e guardandola nuovamente con aria perentoria. "Hai fatto pipí davanti a me milioni di volte: abbassa quei pantaloni e bagna quei bastoncini, così ci togliamo il pensiero!". 
Abby soffiò forte l'aria dal naso e scosse la testa roteando gli occhi, perché odiava sentirsi dire cosa dovesse fare, specialmente in quel momento così delicato. "Dean, è già una situazione complicata e sono nervosa e tesa, non rendere le cose più difficili. Quindi esci di qui o almeno voltati!". 
Scosse la testa spazientito e le diede le spalle sollevando le mani in aria in segno di resa perché non aveva alcuna intenzione di discutere, né di perdere tempo in quel modo; sentí Abby abbassarsi i pantaloni e sedersi sul water mentre iniziava a scartare quei pacchi con aria di chi ne avesse già utilizzati in precedenza, e Dean si chiese cosa avesse provato Abby quando avesse scoperto di essere davvero incinta di Mary e si fosse ritrovata da sola, senza di lui al suo fianco che fosse rimasto intrappolato in Purgatorio.
Appoggiò le mani ai bordi del lavandino cercando di reprimere il senso di colpa per non esserle stata accanto la prima volta, ed iniziò a sentire l'agitazione nascere dentro di sé.
La osservò dallo specchio tirarsi su i jeans e sospirare, avvicinandosi a lui e mettendo i quattro test uno vicino all'altro sul lavandino, per poi sollevare lo sguardo ansioso verso il suo. "Ho fatto: adesso dobbiamo solamente aspettare il risultato". 
 

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Capitolo 65
*** Capitolo 58 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 58
"Lo rivedremo mamma, sta tranquilla. Papà tornerà presto a casa. Io lo so". 
Abby era rimasta a fissare sua figlia con aria un po' sbalordita, le labbra schiuse e l'espressione confusa, quando fece scivolare lo sguardo su Mary ed Anael, sedute attorno al tavolo della sala centrale intente a fare delle ricerche su uno strano caso di mutilazione del bestiame che avevano trovato a Denver.
Abby si era avvicinata alla sua bambina seduta per terra e intenta a giocare con le sue bambole accennando un sorriso, sedendosi sul pavimento accanto a lei per sfiorarle i capelli, e la piccola si era voltata a guardare la madre con un grosso sorriso sul viso. 
Mary lo aveva rifatto, aveva detto nuovamente le stesse parole che avesse usato quando Dean le aveva salutate con il petto pieno di anime per andare ad affrontare l'Oscurità; nuovamente la stessa frase, di nuovo la stessa tranquillità nell'affrontare la lontananza dal padre da più di cinque settimane.
Abby le scostò i lunghi capelli biondi dal viso e li portò sulla schiena della bambina, sotto lo sguardo attento di Mary e Anael. 
"Che volevi dire, tesoro? Come fai a sapere che il tuo papà tornerà?". 
"Perché lui mi ha detto di non piangere per papà, tornerà presto" sussurrò la bambina ridendo come se quel concetto fosse la cosa più ovvia del mondo, muovendo le sue principesse ed immaginando la sua storia. 
Abby aveva deglutito a fatica quando sua figlia la guardò negli occhi con aria sicura di sé, molto tranquilla e spensierata sorridendo felicemente; si schiarí la gola e sospirò, perché si sentiva quasi rassegnata all'idea che Sam e Dean fossero morti, o fossero comunque molto lontani da dove fossero stati arrestati con l'accusa di tentato omicidio del Presidente degli Stati Uniti. 
C'erano alla fine riusciti: avevano imprigionato Lucifer e salvato il suo contenitore umano prima che l'arcangelo lo consumasse del tutto.
Avevano vinto ancora una volta.
Eppure adesso Abby si ritrovava a crescere Mary da sola ed a soffrire per la mancanza di Dean. "Chi te l'ha detto, amore mio?"
Abby aveva sentito Mary ridere e tornare a guardarla con aria seria, per poi afferrare una mano della madre con decisione e avvicinarla di più a sé. "È un uomo molto gentile, mi tiene spesso compagnia prima di dormire perché sa che ho paura del buio. E mi racconta sempre una bella favola prima di dormire, la favola del bambino e del leone". 
Abby sgranò gli occhi mentre guardava in quelli verdi di sua figlia e lasciò cadere il telefono ed il bicchiere di caffè che ancora tenesse fra le mani,  guardando la piccola Mary con aria incredula perché non c'era modo che lei potesse sapere il significato delle sue parole e che anche lei conoscesse bene quella favola, perché suo padre Jack era solito raccontargliela prima di dormire quando era piccola.
Abby sentí Mary e Anael alzarsi dalle sedie ed avvicinarsi per rimediare al pantano di caffè che si fosse riversato su tutto il pavimento e vide Mary portare via la piccola per cambiarla, dato che l'intero vestito fosse stato schizzato. 
Anael si affrettò a ripulire senza neanche capire cosa la bambina avesse appena detto e Abby la guardò con aria accigliata, perché probabilmente lei lo sapeva e non aveva mai detto nulla; bloccò la mano dell'angelo che stesse per raccogliere da terra i giochi ed i cocci della tazza che si fosse rotta scagliandosi contro il pavimento, costringendola a guardarla e leggendo nei suoi occhi l'ammissione di ciò che stesse accadendo. 
"Tu lo sapevi. Lui è qua, non è vero Anael? Mio padre è ancora qua! Ma perché ? Castiel mi aveva detto che vi eravate assicurati che non fosse rimasto sulla terra! Perché è ancora qua?".
Anael sospirò e si avvicinò alla ragazza, strofinandole una mano sulla schiena ed accennando un sorriso con dolcezza mentre si chiedeva se dirle tutta la verità le avrebbe fatto bene. "Io non potevo dirtelo, non spetta a me dirtelo. Noi angeli non possiamo farlo, è contro le regole". 
"Che si fottano le regole: che sta succedendo?". 
In aiuto di Anael era arrivato Castiel con il tipico battito di ali, avvicinandosi a loro per dirgli come Sam e Dean risultassero irrintracciabili persino per lui e che nessun angelo avrebbe partecipato alla ricerca, così come Crowley avesse espressamente detto che avrebbe preferito morire che aiutarli a trovare i due cacciatori. 
Anael si scusò con lo sguardo e raggiunse il fianco di Castiel, probabilmente comunicando con lui telepaticamente per spiegargli cosa stesse accadendo e cosa avesse detto Mary e i due angeli decisero che Abby avrebbe sicuramente scoperto la verità a tempo debito, e le dissero che sarebbero andati a Denver per occuparsi del caso. 
Abby rimase ancora qualche momento seduta sul pavimento, cercando di controllare il respiro per tranquillizzarsi mentre si chiedeva cosa diavolo stesse succedendo e con dolcezza sfiorò il proprio ventre che fosse leggermente più rotondo, carezzandolo con un sorriso mentre ripensava a ciò che fosse accaduto prima che attuassero il loro piano contro Lucifer, quando Dean l'avesse trascinata in quella stanza del motel per obbligarla a fare dei test. 
"Due lineette vuol dire incinta?". 
Abby si era voltata con occhi sgranati e si era allontanata dalla finestra del bagno a cui fosse affacciata per ingannare l'attesa di quei tre minuti, in cui Dean era diventato silenzioso come una tomba per il nervosismo. 
La donna si era avvicinata di corsa, rimanendo stupita quando osservò le due lineette rosa apparse su tutti e quattro i test di gravidanza, sgranando gli occhi e rimanendo in silenzio per dei lunghi istanti. 
"Dalla tua faccia immagino che sia un si" aveva continuato Dean sospirando rumorosamente ed appoggiando le mani al lavandino, scuotendo la testa ed osservando il riflesso della donna dallo specchio che sembrava essere diventata pallida più di un lenzuolo. "Noi siamo sempre stati attenti, com'è possibile Abby?". 
La ragazza aveva sollevato lo sguardo da quei test con molta difficoltà, fino a intercettare quello di Dean attraverso lo specchio: la sua mente iniziò a mettere in scena una dopo l'altra così tante ipotesi da farle venire l'emicrania, specialmente quando Abby iniziò ad avere dei dubbi su chi potesse essere il padre di quel bambino.
Abby scosse la testa per respingere quei pensieri e lo guardò con aria confusa, stringendo le dita attorno al lavandino per sorreggersi. "Attenti come quando ho scoperto di aspettare Mary o attenti come la notte in cui mi hai detto che stavi andando a suicidarti per uccidere Amara? Ecco, perché in entrambe le occasioni non siamo stati proprio attenti". 
Dean la guardò con un sorriso compiaciuto mentre ricordava quelle notti di passione, ma presto tornò più serio voltandosi ed appoggiando la schiena al bordo del lavandino.
Dean l'aveva osservata per dei lunghi istanti, notando il modo in cui Abby sembrasse sotto shock e chiaramente Dean era in grado di leggere sul suo viso tutti i pensieri che le passassero nella mente perché la conosceva meglio di chiunque altro.
Sospirò rumorosamente e afferrò le mani fredde e sudate della ragazza fra le sue per attirarla più vicina a sé. 
Incrociò il suo sguardo e le sorrise dolcemente, sfiorandole il viso con una mano per tranquillizzarla. "Come ti senti?". 
Abby lo guardò negli occhi con aria seria senza dire niente, perché la loro vita era già abbastanza incasinata con una bambina, figuriamoci due, e le si strinse il cuore perché probabilmente in un universo parallelo lei e Dean avrebbero esultato all'idea di aspettare un secondo figlio, lo stesso universo in cui non vivessero di caccia e avessero una casa tutta loro dove Mary potesse giocare senza aver la preoccupazione che qualche strana creatura potesse ucciderla. "Non lo so. Sotto shock, credo. E tu?". 
Dean avrebbe voluto dirle che sembrava tutto così surreale ma che probabilmente potesse costituire un ulteriore rinforzo del loro già profondo legame, che sarebbe potuto andare tutto bene e che avrebbero trovato un modo per farla funzionare, ma il suo telefono iniziò a squillare nella sua tasca facendoli sobbalzare appena. 
Abby lo osservò rispondere e sospirò, voltandosi ed iniziando a camminare per il bagno in maniera nervosa, perché non poteva credere di essere davvero nuovamente incinta, quando le mani di Dean la riagganciarono per avvicinarla più a sé. "Il piano sta partendo, io devo andare e finire il lavoro, ma tu devi restare qui per..". 
"No!". 
"Abby!".

"Non rimarrò dentro questa stanza da sola mentre voi rischiate la vita lì fuori, devo essere con voi! Io devo..
"Non lascerò che tu possa rischiare la vita così! Tu devi stare qui a proteggere il bambino e io tornerò presto, ma per favore non venire con me. È rischioso, ti supplico, resta qui!". Le parole erano uscite dalla bocca del maggiore senza neanche rendersene conto, avvicinandosi velocemente a lei fino ad afferrarle il viso fra le mani e supplicarla con lo sguardo di seguire ciò che le avesse chiesto di fare, avvicinando poi i loro volti e baciandole teneramente le labbra, accennando un sorriso. 
Dean lasciò scivolare una mano fino al ventre della ragazza per carezzarlo con delicatezza ed Abby rimase stupita quando lesse nei suoi occhi la quasi felicità, aggrottando le sopracciglia perché davvero non si aspettava una reazione del genere. "E comunque non sarai sola, c'è sempre lui con te". 
Abby sbatté le palpebre e tornò al presente, asciugandosi le lacrime che scesero lungo le sue guance a quel ricordo, scuotendo la testa e trovando la forza per alzarsi da quel pavimento, cercando poi di scacciare la rabbia e la frustrazione per non aver ancora trovato un modo per riportare indietro Sam e Dean; un'idea balzò nella sua mente, qualcosa a cui probabilmente avesse già pensato prima ma avesse subito scartato per orgoglio. 
Cercò di ripulire il telefono dal caffè che fosse caduto sopra con la manica della sua giacca e iniziò a digitare il numero che conosceva a memoria da tutta la sua vita; sentí il telefono squillare tante volte, così tante che Abby pensò che non avrebbe risposto, ma proprio un istante prima che chiudesse la chiamata in corso, la donna udì l'altra voce alla parte opposta del telefono. "Sorellina, sono sorpresa della tua chiamata!". 
"Vuoi riavere la mia fiducia, Dan? Allora aiutami!". 


L'auto nera sfrecciò velocemente sull'asfalto muovendosi nel buio della strada e masticando un chilometro dopo l'altro, mentre si avvicinavano di più alla meta; all'interno dell'abitacolo regnava il silenzio, perché dopo che Abby e Dan fossero partiti insieme dal bunker non si erano più detti neanche una parola. 
Dan si era subito mobilitato per aiutare la sorella, localizzando i due Winchester che fortunatamente erano riusciti a liberarsi da qualsiasi luogo nel quale fossero rinchiusi, ed Abby aveva tirato un sospiro di sollievo quando aveva sentito la voce di Dean nuovamente al telefono e Dan fosse riuscito a trovare esattamente il punto in cui i due ragazzi si trovassero. 
"Se mi avessi chiamato prima, saremmo riusciti a trovarli subito ed a scagionarli: gli Uomini di Lettere hanno conoscenze ovunque!" aveva detto Dan non appena era arrivato al bunker guardando la sorella con aria quasi arrabbiata, per poi ammorbidirsi e scompigliare i capelli della nipote con un sorriso. "Non trattarmi così, Abby. Sono sempre stato sincero con te". 
"Sincero tu? Omettendo di dirmi che la mamma fosse viva e che tu lavorassi con gli inglesi sei stato proprio cristallino" aveva risposto Abby scuotendo la testa ed allontanando la figlia dallo zio, non riuscendo ancora a capire se potesse fidarsi di lui, e condusse Mary fino ad Anael dicendole che avrebbe dovuto fare la brava e che presto sarebbe tornata da lei. 
Dopo averle lasciato un bacio in fronte, Abby si voltò verso il fratello e gli fece segno di andare, osservando brevemente il suo viso contrariato. 
Non si era più detti nulla, né si chiesero come stessero o che cosa combinassero in quelle settimane in cui non si sentirono più dopo essersi visti a casa di Silver; Dan sentiva tanto la mancanza delle sue sorelle: erano sempre stati loro tre contro il mondo, sempre uniti su ogni fronte a pararsi le spalle a vicenda sin da piccoli, e questa lontananza gli faceva male. 
Spense l'auto dopo qualche altro chilometro, fermandosi nel bel mezzo del nulla e rispondendo alla domanda della sorella ancora prima che Abby parlasse, dicendole che quello fosse il punto indicato dai tecnici dei Letterati.
Iniziò a picchiettare nervosamente le dita contro il volante mentre guardava la strada buia davanti a sé, iniziando a chiedersi quale fosse il modo corretto per far sì che la sorella tornasse a fidarsi di lui, e subito intuì che l'unico modo fosse dirle il resto della storia che avesse omesso di raccontare. 
"Sono padre". 
Abby si voltò immediatamente verso di lui, sgranando gli occhi per la sorpresa e guardandolo come se non avesse la minima idea di cosa stesse dicendo e sentendosi appena sconvolta dopo quella rivelazione. "Ma di che stai parlando?". 
Dan la guardò con aria seria e poi accennò un sorriso amaro, annuendo e afferrando il proprio portafoglio dalla giacca, estraendo una fotografia ripiegata ed osservandola quasi con nostalgia mentre passava un polpastrello sul volto del bambino raffigurato quasi fosse una carezza invisibile e dolce, per poi passarla alla sorella. "Questo è Henry, mio figlio. Ha sette anni". 
Abby osservò la foto con occhi sgranati e con aria incredula, mentre guardava l'espressione dolce del bambino che potesse avere non più di tre anni e mezzo, e con ancora gli occhi spalancati tornò a guardare il fratello con uno sguardo di rimprovero. "Daniel! Perché non me l'hai detto?". 
"Perché non mi hai mai detto che eri incinta di Mary, quando Dean è finito in Purgatorio?".
Lo vide sollevare un sopracciglio e guardarla con quasi un sorriso amaro sul volto ed Abby scosse la testa, capendo immediatamente il perché Dan avesse tenuto la bocca chiusa per tutto quel tempo e sospirò. "Per proteggerla e perché avresti fatto domande a cui non potevo rispondere, certo. Quindi tutte le volte che partivi per dei viaggi di lavoro o per i corsi di aggiornamento, in realtà andavi a trovare tuo figlio?". 
Dan annuí con un sorriso più grande, abbassando gli occhi sulla foto che la sorella tenesse fra le mani e pensando a quanto quel bambino gli avesse cambiato la vita e come tutto ciò che facesse fosse improntato unicamente sulla sicurezza di suo figlio e della sua famiglia. "All'inizio non volevo unirmi agli Uomini di Lettere, sai che non mi è mai importato nulla della caccia, non come a te o papà almeno. Ma quando Toni è rimasta incinta, io ho finalmente capito che dovevo farlo per mio figlio: lavorare duramente per permettere che Henry e tutti i bambini del mondo potessero vivere in un mondo senza mostri, senza demoni o angeli e.. ".
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria accigliata e incredula, spalancando addirittura la bocca. "Un momento: con Toni intendi Toni Bevell? La psicopatica che ha rapito Sam e aggredito me e Dean?". 
Dan fece spallucce e sorrise, annuendo e guardando l'espressione della sorella passare dall'incredulo allo sconvolto, così rise nervosamente e le sfiorò una mano com'era sempre stato solito fare, prendendola fra le sue. "Si, io e Toni stiamo insieme da ormai quasi nove anni. Avrà dei modi sgarbati, ma posso assicurarti che è una brava persona e una madre fantastica". 
"Spero che sia più amorevole con te e tuo figlio di quanto lo sia stata con noi!" esclamò Abby scuotendo la testa e sospirando, tornando a fissare la foto che avesse ancora fra le mani e le scappò un sorriso intenerito perché dopo tutto quello era pur sempre suo nipote. "Mi piacerebbe conoscerlo, sembra così dolce".
Dan sorrise teneramente ed annuì stringendo di più la mano della sorella con un sorriso, facendo spallucce e tornando a guardarla negli occhi. "Lo è. È intelligente e furbo, e assomiglia tanto a papà: la maniera in cui parla già a sette anni, il modo in cui pensa è incredibile per un bambino della sua età. E quando tutto questo sarà finito ve lo farò conoscere, promesso sorellina".
Abby lo guardò negli e ricambiò la stretta perché per un momento scordò la maniera in cui Dan l'avesse ferita e tradita, ma presto tutto ciò che Dan le avesse nascosto rimbalzò nella sua mente e la ragazza sciolse la sua mano da quella del fratello e sospirò, divenendo più seria e scuotendo la testa.
Se c'era una persona a cui Abby avrebbe voluto dire della sua seconda gravidanza, quella era proprio il suo fratellone Dan, ma adesso aveva persino paura che lui lo scoprisse, per paura che gli Uomini di Lettere potessero usare quell'informazione contro di lei. 
Il telefono di Dan squillò e il ragazzo lesse il messaggio con aria seria, annuendo appena e facendo segno alla sorella di scendere perché Sam e Dean erano stati avvistati correre nel bosco nella loro direzione e sarebbe stata solo questione di qualche minuto prima che li vedessero sbucare dalla fitta vegetazione. 
Abby non se lo lasciò ripetere due volte e si addentrò insieme al fratello all'inizio del bosco guardandosi attorno alla ricerca dei due ragazzi, quando udì dei leggeri scricchiolí qualche metro più in là e subito si voltò in quella direzione. 
Per primo vide Sam, che corse dritto liberandosi un varco fra i forti rami del bosco che impedissero il passaggio e quando incrociò lo sguardo di Abby e la riconobbe, sgranò gli occhi perché pensava che sarebbero venuti sua madre e Castiel.
Sam subito si avvicinò a lei avvolgendola fra le braccia a stringendola forte ringraziando il cielo che stesse bene, e dopo qualche istante fu il turno di Dean che non appena la vide sentí gli occhi pizzicare e si avvicinò a lei per abbracciarla forte e depositare dei baci sul suo viso fino a raggiungere le sue labbra. 
Abby ricambiò ogni contatto e tornò a gettargli le braccia al collo per trattenere le lacrime, ma presto sentí la mano sinistra del ragazzo scendere a sfiorarle il ventre, proprio come quando avessero visto le due lineette marcate sui test. 
"Mi siete mancati tanto. Come state tu e il bambino? Come sta Mary?". 
Abby si sollevò nuovamente sulle punte per baciarlo e per zittirlo, perché non voleva che Dan sentisse le parole di Dean e ne interpretasse il significato. "Andiamo a casa, ti racconterò tutto ma adesso andiamocene da qui". 


"Che diavolo ci fa lei qui?". 
La voce uscí dalla sua bocca come se fosse un ringhio degno di un animale, lasciando trasparire tutta la sua agitazione e la sua rabbia mentre osservava la donna dai lunghi capelli rossi intenta a sorseggiare un bicchiere di Whisky elegantemente seduta al tavolo centrale della sala lettura. 
"Non lo so, non l'ho neanche sentita arrivare!" esclamò Anael sgranando gli occhi e afferrando la piccola Mary per spingerla dietro la sua schiena ed indietreggiando per mettere maggiore distanza. 
Abby guardò il fratello con aria arrabbiata pensando che tutte quelle chiacchiere in macchina fossero state unicamente finalizzate a tenere la sua mente impegnata e non farle percepire che Isobel sarebbe arrivata a chiedere qualcosa in cambio dopo aver mobilitato i suoi uomini per trovare e salvare i due Winchester; Dan scosse la testa e sollevò le mani in aria, avanzando verso la sorella e guardandola in modo molto serio. "Io non ne sapevo niente Abby, te lo giuro. Puoi fidarti di me". 
Isobel roteò gli occhi al cielo e scosse la testa, sciogliendo le gambe magre perfettamente incrociate e alzandosi dalla sedia con eleganza, lisciando con le mani il completo nero che stesse indossando e lasciando scivolare i suoi capelli mogano sulle spalle, dopodiché accennò un sorriso e si avvicinò alla ragazza accerchiata dai due Winchester a mo' di scudo, facendola ridere di gusto. "Bei vestiti ragazzi, oggi i giovani si vestono così in America?". 
Dean sollevò un sopracciglio e fece un passo avanti, ignorando la battuta sulla divisa grigia da carcerato che gli avessero imposto di indossare gli uomini dei servizi di sicurezza mentre tenevano lui e suo fratello separati per settimane facendoli quasi impazzire.
Il maggiore aveva iniziato a temere che nessuno li avrebbe mai potuti far uscire da quella cella, per questo aveva stretto l'unico patto che sembrasse conveniente stringere.
Seduto sul letto della sua cella spartana di isolamento, Dean non faceva altro che pensare alla sua famiglia, si chiedeva come stesse crescendo Mary senza di lui e come stesse Abby ed il bambino che aspettasse; Dean si chiese se sua madre si fosse finalmente ambientata o se si aggirasse ancora per il bunker con l'aria spaesata. 
Dentro quella cella stava davvero perdendo il senno per questo aveva stretto un patto di sangue con Billy, così come fece anche Sam: la mietitrice lì aiutò a liberarsi, ingannando la morte per l'ultima volta, e fece sì che i due ragazzi uscissero incolumi dall'edificio in cui l'esercito li avesse portati con l'unica promessa che entro mezzanotte si sarebbe palesata e avrebbe preso la vita di uno di loro. 
Quando fu il momento e Billy pretese la sua ricompensa, il suo petto venne trafitto dalla lama angelica di Castiel, il quale ignorò le conseguenze cosmiche e disse loro che la terra avesse ancora bisogno di loro e che non potevano permettersi di morire. 
"Sei qui perché ci hai fatto un favore riportando me e mio fratello a casa e adesso vuoi qualcosa in cambio, quindi dimmi chiaramente che cosa vuoi". 
Isobel sorrise e si avvicinò al ragazzo studiando il suo volto ed osservando la maniera in cui avesse gonfiato il petto per farla sentire minacciata e come il suo viso fosse contratto e serio; si avvicinò con lentezza mantenendo il contatto visivo, ponendosi davanti a lui e fissandolo fin quando fu Dean ad iniziare a sentirsi minacciato, indietreggiando appena per tenere Abby dietro di sé. "Capisco cosa mia figlia veda in te, somigli molto al mio defunto marito: hai la stessa aria da duro, lo stesso atteggiamento di chi sacrificherebbe tutto per lei. Eppure dentro di te vedo un cuore molto più dolce che mi fa dubitare delle voci che ho sentito, Dean. Sei davvero l'assassino a sangue freddo che tutti dicono?".
Sam provò un forte fastidio quando udì il nome suo fratello associato alla parola assassino e fece un passo avanti parando persino Dean e guardando con aria intimidatrice Isobel, che lo guardò dall'alto in basso nonostante fosse molto più minuta e bassa di lui. "Ed eccolo qui, Sammy. Mi hanno detto che sei quello dal cuore più puro, ma in te leggo il fuoco della caccia". 
Il minore la fissò senza lasciarsi spaventare dai suoi sguardi e continuò a fare dei passi avanti fino a costringere la donna davanti a sé ad indietreggiare a sufficienza da allontanarsi dal fratello. "Non ci piacciono gli intrusi, specialmente tu".
"Ehi, è sempre nostra madre!". Dan si avvicinò velocemente e afferrò Sam da un braccio per allontanarlo, ma il ragazzo riuscì a ribaltare la presa e girò il suo avambraccio dietro la schiena, costringendolo a fermarsi. "Grazie per averci aiutati, ma questo non compensa ciò che la donna inglese mi abbia fatto alla fattoria, quindi fuori dai piedi". 
Abby distolse lo sguardo da quella scena, perché aveva visto lo sguardo dolorante di Dan e lo aveva anche sentito gemere, e ciò le fece male tanto che avvertì il suo stesso dolore; ma fu sufficiente un altro gemito ed Abby uscí dal luogo sicuro in cui Dean l'avesse confinata e si avvicinò a Sam senza neanche pensarci due volte, stringendo forte la mano con cui stesse stringendo il braccio a suo fratello. "Va tutto bene Sammy, lascialo andare". 
Sam sospirò rumorosamente e fece come la ragazza gli avesse chiesto con tono dolce e pacato, osservando poi Abby avvicinarsi al fratello e guardarlo con aria dispiaciuta, chiedendogli se stesse bene; non appena finí di controllare che si fosse ripreso, Abby si voltò verso la madre con un sospiro sentendo i passi di Dean raggiungerla e rimanerle al fianco. 
Guardò nei suoi grandi e splendenti occhi azzurri, gli stessi che avesse supplicato di rivedere almeno un'ultima da bambina quando piangeva fino a notte fonda perché le mancava la mamma, gli stessi occhi che vedeva nello specchio ogni giorno perché il colore era pressoché lo stesso. Sospirò appena cercando di ignorare il cuore che battesse un po' più forte nel petto e allargò le braccia. "Che cosa vuoi, Isobel?". 
"Ti sorprenderà, ma volevo parlare con mia figlia.." sussurrò Isobel accennando un sorriso dolce e tenero nei suoi confronti, facendo un passo avanti nella sua direzione. 
"Vieni fino a qui per parlare con me, ma non ti degni neanche di conoscere tua figlia Silver? Quanto aveva l'ultima volta che l'hai vista, 8 mesi?". 
"Abby.." iniziò la madre cercando di dire qualcosa che l'avrebbe potuta quasi giustificare per la sua assenza lunga 27 anni, ma la figlia la interruppe bruscamente. 
"Perché dovremmo darti la possibilità di spiegare? Tu ci hai abbandonati, Isobel!".
La donna sollevò lo sguardo verso quello di Abby e ciò che lesse negli occhi di sua figlia non le piacque per niente, tanto che per un attimo Isobel si chiese per la prima in tutti quei lunghissimi anni di distanza cosa sarebbe successo se fosse rimasta, invece di cercare una soluzione altrove. 
"Tu non sei mia madre, non fai parte della mia famiglia. Le persone che reputo tali non si lascerebbero mai indietro l'un l'altro come hai fatto tu con noi. Quindi esci da casa mia perché non ho nulla di cui parlare con te!". 
Isobel si trovò costretta ad abbassare lo sguardo dopo infiniti minuti in cui lesse negli occhi di sua figlia la profonda ferita che le avesse provocato rivelandole di essere ancora viva; notò la ragazza guardarla con durezza e poi con indifferenza, come se il fatto di essere legate dal sangue non fosse abbastanza per perdonarla.
Abby diede le spalle e si avvicinò a Dean che protese le braccia verso di lei, ed Abby si avvicinò a lui afferrando una delle sue mani che strinse forte perché tutto ciò che voleva era trascorrere un po' di tempo insieme a lui, date le molte cose che avrebbero dovuto dirsi. 
"Mi dispiace Abby, ma dopo la morte di vostro padre io ho sempre cercato di controllarvi, mi sono assicurata che stesse tutti e tre bene e..". 
Si irrigidì talmente tanto che Dean iniziò a pensare che avesse smesso persino di respirare mentre la guardava negli occhi, e vide Abby elaborare la frase della madre per poi voltarsi di scatto nella sua direzione piena di astio nello sguardo. "Vuoi dire che tu sapevi cos'è successo dopo che papà è morto?". 
Isobel sospirò lentamente e fece spallucce, stringendo le labbra in una smorfia dispiaciuta. "Si, lo sapevo".
"Sapevi di Silver che aveva perso il controllo, perché era a pezzi per aver perso l'unico genitore che le fosse rimasto a soli diciassette anni? Sapevi di Dan che beveva così tanto per svenire e dimenticare di essere diventato tutore legale di una ragazzina alla sbaraglio che non aveva la minima idea di come gestire? Sapevi di me, che ho preso la macchina di papà dopo il funerale e me ne sono andata per un anno? Che sono stata attaccata dai demoni più e più volte, che mi hanno quasi uccisa dozzine di volte? Sapevi tutte queste cose e non hai mai fatto niente?!".
Abby strinse forte i pugni e sentí nuovamente la rabbia scalpitarle nel petto, mentre i suoi occhi si imperlavano di un sottile strato lucido mentre ripensava a tutti quei momenti dolori che si fossero susseguiti dopo la morte di Jack.
Ma Isobel non si scompose: ascoltò le sue parole e tornò a guardarla sentendosi dispiaciuta, mortificata e addolorata, ma era anche troppo orgogliosa per mostrarlo in una stanza piena di persone. "Ma cosa volevi che facessi?". 
Nonostante ricoprisse uno dei più alti ruoli all'interno dei Letterati e fosse quindi sempre abituata ad avere un comportamento consono alla situazione, serio, freddo e distaccato, Isobel in quel momento riuscì a sentire un sonoro crack sull'armatura che si era cucita addosso ormai da tantissimi anni e da cui faticava a separarsi: vedere Abby così sconvolta le fece rigirare lo stomaco e sentire il senso di colpa riaffiorare a galla, perché nonostante tutto era sempre sua figlia e l'aveva amata dal momento in cui avesse saputo della sua esistenza, così come con gli altri due suoi figli. 
Si avvicinò velocemente e le afferrò le braccia con delicatezza, carezzandola ed accennando quello che fosse più simile ad un sorriso amorevole. "Non sono mai intervenuta perché sapevo che ve la sareste cavata perché siete in gamba e avete preso le parti migliori da tuo padre e da me!".
Abby sgranò gli occhi mentre ascoltava le sue parole e rimase incredula, scuotendo la testa e sentendo il dolore dissolversi e trasformarsi in totale indifferenza nei suoi confronti.
Non aveva battute sagaci con cui rispondere, non aveva frasi ad effetto per concludere quella conversazione.
Si limitò semplicemente ad osservarla mentre faceva spallucce e scuoteva la testa. "Ti ringrazio per avermi aiutata nel ritrovare la mia famiglia oggi. Solamente.. adesso va' via, Isobel".  
Dan osservò la sorella e sapeva che non ci fosse niente di peggio di quando Abby perdesse interesse in qualcuno. 
Cercò di salvare il salvabile e Dan si avvicinò ad Isobel, guardandola con aria seria e stringendole una mano attorno al braccio. "Mamma, andiamocene adesso. Lascia stare Abby".
"Io non ho ancora finito e poi..". 
"Invece si. Andiamo!".
Isobel rimase a guardare negli occhi di sua figlia per molti istanti, chiedendosi se Abby l'avrebbe mai perdonata e pensando che solamente suo padre sarebbe stato in grado di calmarla e di farla ragionare. Sospirò e afferrò in fretta la sua giacca piegata con eleganza ed appoggiata sullo schienale della sedia, abbassando lo sguardo e superando tutti i presenti con aria accigliata per dirigersi verso la scala in ferro battuto ed uscire dal bunker. 
Dan sospirò e si avvicinò alla sorella, afferrandole il mento fra indice e pollice per sollevarle il viso e guardare i suoi occhi con un sorriso. "Ti voglio bene, sorellina. Se le cose fossero diverse io resterei qui, ma sai che devo andare". 
Abby lo guardò negli occhi e sospirò, annuendo ed allungando le braccia nella sua direzione per stringerlo in un forte abbraccio: non era importante che stessero in due fazioni opposte, ma quella sera aveva proprio bisogno dell'abbraccio del suo fratellone e del suo conforto. Nascose il viso sul suo petto e sentí Dan avvolgerla fra le sua braccia, baciandole la testa e stringendola appena più forte. "Ti chiamo domani, ok? Tu riposati, sembri molto stanca". 
Annuì e accennò un sorriso, osservando il fratello sciogliere la presa su di lei e allontanarsi dalla sorella con aria dispiaciuta, per poi fare un cenno col capo ai presenti e salire le scale velocemente per raggiungere la madre, con la consapevolezza che della donna amorevole e dolce che era abituato a vedere quando era solo un bambino non fosse davvero rimasto più nulla. 
 

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Capitolo 66
*** Capitolo 59 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 59



 
Il gel freddo a contatto con il suo addome la fece ansimare appena per il fastidio, muovendosi in maniera irrequieta sul lettino su cui la ginecologa l'avesse fatta stendere per dare un'occhiata alla crescita del suo bambino tramite l'ecografia di routine: il tempo sembrava essere letteralmente volato dato che Abby avesse superato il terzo mese di gravidanza di ormai tre settimane.
Sentí la sonda muoversi sulla sua pelle e sospirò rumorosamente mentre guardava lo schermo grigio con la consapevolezza di non riuscire a distinguere niente da quelle immagini poco nitide, al contrario della dottoressa che non faceva altro che indicare dei punti sullo schermo e parlare con una voce dolce. 
Spostò lo sguardo fino ad intercettare il viso di Dean completamente appoggiato sul lettino e totalmente assorto dalla parole della ginecologa a cui iniziò a fare tutta una serie di domande per sapere se il loro bambino stesse bene, se il cuore funzionasse così come tutto il resto, sentendo la dottoressa provare a placare ogni sua curiosità con un sorriso. 
"Non ho mai visto un papà così interessato e preparato come lei, molti rimangono ad aspettare fuori perché si impressionano, sa?". 
Abby soffocò una risata e roteò gli occhi, perché non avrebbe mai immaginato che Dean potesse diventare più apprensivo di quanto già non fosse da quando si era nuovamente trasferita nel bunker con la piccola Mary: adesso stava attento a ciò che Abby mangiasse o bevesse, vietandole tassativamente la caffeina in ogni forma. 
Non le dispiaceva sentirlo così presente e così attento a lei, ma non riusciva a fare a meno di pensare che Dean agisse in quella maniera per il senso di colpa di non esserci stato durante la prima gravidanza; Abby sentí la sonda pressare appena un po' più forte contro il suo corpo e si mosse appena più indietro nel tentativo di sfuggire, ma Dean le carezzò la testa e il collo nel tentativo di tranquillizzarla. 
"Volete sapere il sesso del bambino?". 
"Si!" esclamò impaziente Dean, sgranando gli occhi e stringendo la mano di Abby con più forza, sentendo il cuore battere più forte nel petto. 
Abby si voltò a guardarlo e sorrise, sollevando la mano per carezzargli il volto con dolcezza perché sapeva in cosa sperasse con tutto sé stesso e si voltò verso la dottoressa annuendo con decisione. 
Mosse la sonda in un punto preciso del suo addome ancora piatto ma leggermente più rotondo e indicò un punto particolare sullo schermo, con un sorriso.
"Congratulazioni mamma e papà: aspettate un maschio!". 
Dean si ritrovò a sorridere fin troppo, sentendosi fin troppo euforico e non vedeva l'ora di dirlo a Sam e a sua madre, di chiamare Castiel e Anael e festeggiare tutti insieme, e trattenne l'impulso di iniziare a gesticolare nervosamente e di stringere Abby contro il suo petto, limitandosi a guardarla senza dire una parola perché per l'emozione le parole gli morirono in gola. 
Abby lo guardò e sorrise, perché anche lei in fondo un po' ci sperava e solo in quel momento si sentí pienamente felice di quella gravidanza; ma presto i suoi pensieri vennero interrotti dal viso di Dean che divenne via via più pallido e della sua stretta contro la mano della ragazza che divenne sempre meno forte, facendole sgranare gli occhi. 
"Sta bene, signor Hegger?". 


"È stato solo un calo di pressione perché ho mangiato poco stamattina! E poi queste cavolo di visite le prenotano quasi ad ora di pranzo!" esclamò Dean scuotendo la testa dopo aver sollevato le sopracciglia con aria accigliata, spegnendo il motore dell'Impala all'interno del garage del bunker.
Abby rise divertita portandosi persino una mano alla bocca per camuffarne il suono, ma Dean la notò presto e la fulminò con lo sguardo mentre la donna ancora se la rideva.
Fece per scendere dall'auto perché aveva così tanta voglia di mangiare, quando sentì la mano di Dean posarsi sulla sua coscia per attirare la sua attenzione.
Abby si voltò a guardarlo e sorrise aggrottando le sopracciglia, chiedendosi ironicamente quale fosse adesso il problema e quale altro limite volesse imporle per far si che la sua gravidanza non corresse alcun rischio.
Dean guardò nei suoi occhi e sorrise con amore, sollevando la mano per sfiorarle il viso e scostarle una lunga ciocca di capelli rossi dietro le spalle. 
Poi prese un lungo respiro e quando fu pronto, disse ciò su cui rimuginasse da quando aveva scoperto che Abby fosse incinta. "Devo parlarti, ma non devi agitarti, ok? Non vado da nessuna parte, a meno che non sia tu a chiedermelo".
Abby sollevò un sopracciglio con aria confusa ed il suo sorriso scemò velocemente, mentre la preoccupazione iniziò a farsi strada dentro di lei osservando l'espressione seria di Dean che stesse cercando di camuffare con un sorriso tranquillo. "Che diavolo è successo adesso?".
Dean guardò nei suoi occhi ma presto distolse lo sguardo, puntandolo davanti a sé ad osservare le tante altre auto appartenenti a degli Uomini di Lettere che ormai fossero morti e sepolti da più di mezzo secolo. "Non sono mai stato una cima in matematica ed infatti sbagliavo quasi tutti i compiti che mi assegnavano a scuola, ma sono in grado di fare uno o due conti, Abby".
La donna continuò a guardarlo con aria seria e preoccupata, anche quando Dean si decise e tornò ad incrociare il suo sguardo sforzandosi di mantenersi calmo e sereno. "Conti? Stai parlando di..".
"Dimmi perché Edward se n'è andato, quasi tre mesi fa e mezzo fa". Dean mantenne un tono pacato nonostante nel suo petto il cuore battesse così forte da fargli paura. 
Osservò Abby deglutire a fatica e muoversi in modo nervoso all'interno dell'abitacolo: avrebbe voluto dare l'impressione che quel pensiero non l'avesse mai scalfita, eppure Abby ci aveva pensato spesso. 
Abbassò lo sguardo e fece spallucce, scuotendo appena la testa, fingendo che parlare di Edward non avesse alcun effetto su di lei, ma Abby non poteva negare almeno a sé stessa che sentisse ancora il dispiacere e la mancanza del ragazzone senza il quale non sarebbe mai riuscita ad arrivare dove si trovasse adesso. "A causa tua. Edward se n'è andato perché sapeva che avrei sempre amato te più di quanto avrei potuto amare lui, e non riusciva a sopportarlo".
Dean ascoltò le sue parole e avrebbe dovuto sorridere ed essere felice, il suo petto doveva essere gonfio di orgoglio, invece rimase serio ad osservare la donna che teneva lo sguardo basso e non riusciva più a guardarlo negli occhi. "Ed è davvero così?".
Incrociò il suo sguardo per qualche istante e scosse la testa guardandolo in modo allibito, iniziando a sentire lo stomaco rigirarsi dentro di lei. "Non voglio parlare del mio rapporto con Edward con te".
Dean sentì l'aria venirgli meno all'interno dell'abitacolo della sua auto, così scosse la testa ed aprí la portiera per uscire e tornare a respirare. 
Rimase qualche istante a riflettere per l'ennesima volta sul modo in cui avrebbe potuto affrontare quel discorso, mentre la bocca gli si asciugava e le mani gli sudavano perché aveva paura che qualcuno potesse sottrargli un pezzo della sua famiglia da un momento all'altro.
Fece il giro della vettura ed aprí la portiera del passeggero, incrociando lo sguardo confuso di Abby che aggrottò le sopracciglia quando lo vide piegarsi sui talloni per raggiungere il suo livello mentre ancora la guardava. "Quello che sto cercando di dirti è che lo so: ci sono delle buone possibilità che questo bambino possa non essere mio, ma non mi importa se non importa neanche a te".
"Cosa?". Aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, studiando i suoi occhi verdi ed il suo sorriso sicuro di sé.
Dean prese le sue mani con le sue e se le portò alle labbra, baciandole con dolcezza mentre l'avvicina di più a sé. "Non mi importa di sapere di chi è questo bambino: è per metà tuo e questo è sufficiente per me per amarlo. Ma devi promettermi che nessuno verrà mai ad arrancare dei diritti su ciò che è mio".
Abby respirò in modo affannoso e scosse la testa mentre ascoltava le sue parole, non riuscendo a credere alle sue orecchie; credeva che se Dean avesse avuto un sospetto del genere si sarebbe infuriato e avrebbe reagito in tutt'altro modo.
Ma adesso che stava davanti a lei a guardarlo con aria supplichevole mentre le stringeva le mani, e tratteneva il respiro in attesa di una sua risposta, Abby sentì due lacrime solitarie scivolarle lungo le guance. "Ma certo, Dean. Come puoi pensare questo? Questo bambino è tuo e sarà sempre tuo".
Dean tornò a respirare dopo aver sentito la sua frase e annuí in silenzio mentre la guardava e si sollevava quel tanto che bastasse per depositarle un bacio sulle labbra con dolcezza, come per siglare quel tacito accordo fra loro due.
E presto Abby lo attirò a sé stringendolo forte, sentendo il modo in cui Dean si fosse appoggiato con la guancia al suo ventre.
Lo sfiorò con delicatezza e accennò un sorriso sereno, non riuscendo a fare a meno di immaginare come quel bambino avrebbe cambiato le loro vite.
Non lo disse ancora ad Abby, ma Dean stava già cercando una casa non troppo distante dal bunker dove potersi trasferire insieme a lei ed ai bambini; stava cercando un lavoro normale per avere una vita tranquilla in periferia, adesso che la sua famiglia fosse finalmente completa.
Chiuse gli occhi e si strinse al ventre si Abby mentre sentiva le sue esili mani sfiorargli la testa con dolcezza e Dean si beò di quel momento con gioia, perché sapeva che quella fosse solamente l'inizio di una lunga vita normale insieme.
"Mamma! Papà! Siete tornati?".
La voce della piccola Mary sbucò giunse velocemente alle loro orecchie ed Abby e Dean si guardarono ridendo divertiti, udendo i suoi passi veloci mentre correva prima lungo il corridoio e poi per le scale che conducessero al garage.
Dean si alzò e fece l'occhiolino ad Abby, afferrandole la mano con dolcezza per aiutarla ad alzarsi dalla macchina; lo guardò con gli stessi occhi innamorati con cui l'avesse sempre guardato e Dean si chinò velocemente per depositarle un bacio a fior di labbra.
"Papino, prendimii!". Mary urlò felice e saltò non appena fosse giunta proprio vicino al padre, che subito si distaccò da Abby per afferrare la figlia fra le braccia, sollevandola di peso. 
L'afferrò fra le braccia facendola ruotare e sentendola ridere mentre gli gettava le braccia al collo. 
"Mi siete mancati, ma dove siete stati tutto il giorno senza di me?". 
Abby si avvicinò e le diede dei baci sul visino che sbucava dalla spalla del padre e le carezzò i capelli biondi che diventavano sempre più lunghi e folti. "Anche tu ci sei mancata, piccolina. Ma avevamo delle cose da sbrigare prima di tornare qui". 
Mary si mise più dritta ed alternò i suoi occhioni verdi tra quelli del padre e quelli della madre, mettendo su un broncio parecchio triste e piegando le sottili labbra all'ingiù, segno che da lì a poco sarebbe scoppiata in uno di quei pianti inconsolabili che divennero molto frequenti da un paio di giorni a quella parte. "E non potevate portarmi con voi?". 
Dean la strinse più forte tra le braccia facendole poggiare nuovamente il viso sulla sua spalla e sospirò, accennando un sorriso e guardando Abby negli occhi trattenendo una risata perché la melodrammaticità doveva averla presa necessariamente da lei. "Ci penso io, ragazzina. Tu perché non vai riposarti un po'? Sarai stanca". 
Non le diede neanche il tempo di dire una parola e si avviò a grandi passi verso il corridoio per portare la piccola nella stanza dove le avrebbe fatto tornare il sorriso con una delle sue strane fiabe, iniziando a chiedersi se Mary riuscisse ad avvertire che fosse in arrivo un cambiamento, come un fratellino. 
Dean entrò nella camera di Mary ed accennò un sorriso, pensando a quanto la sua vita non fosse stata poi chissà che grande spettacolo fino a quando non aveva incontrato i suoi stessi occhi verdi in quelli della bambina, ricordando quanto fosse stato bello prendersi cura di lei. 
Ricordò ciò che fosse accaduto nelle ultime due settimane, dopo che lui e suo fratello riuscirono ad evadere dal carcere, come imbattersi in quella famiglia di stregoni che passo dopo passo erano riusciti a fargli dimenticare dalle cose più banali come il nome di una lampada, a cose molto più importanti come il nome di sua figlia, il suo gioco preferito, fino a far sparire anche il suo volto dalla memoria. 
Abby gli era stata accanto per tutto il tempo, occupandosi personalmente del caso insieme a Sam e Rowena, ma Dean ricordava il suo sguardo ferito quando l'aveva guardata senza riconoscerla. 
Mentre cercava di calmare sua figlia che avesse iniziato a piangere senza sosta, Dean iniziò a ripensare con dispiacere ciò che sua madre Mary avesse detto loro appena due sere prima, quando di punto in bianco fosse tornata al bunker dopo una caccia confessando loro di aver iniziato a lavorare con gli Uomini di Lettere e da quel momento lui e Sam non le avevano più parlato nonostante chiamasse e scrivesse spesso.
"Hanno una tecnologia formidabile, sapremmo sempre dove trovare i mostri e chi uccidere. Hanno delle armi molto potenti e insieme possiamo collaborare per rendere il mondo un posto migliore: un mondo dove non dovete più cacciare, dove i vostri figli non dovranno avere paura di cosa c'è nell'ombra!". 
Dean ricordò di aver guardato Mary in cagnesco e di averle puntato un dito contro in preda alla rabbia, alzando di molto il tono della voce. "Non usare mia figlia come scusa per la scelta che hai fatto: sei stata morta per trentatré anni! Adesso che sei finalmente tornata, decidi di partire e cacciare insieme a quegli stronzi vestiti bene che hanno quasi ucciso entrambi i tuoi figli, piuttosto che rimanere qui e fare la madre?!". 
"Ciò che è accaduto fra voi e gli inglesi è stato solo un grosso malinteso e Lady Bevell è stata allontanata! Ragazzi per favore, lo sto facendo per voi e per i miei nipoti!" aveva esclamato Mary muovendosi nervosamente al centro della sala lettura del bunker, guardando negli occhi i due figli e supplicandoli di capire il suo punto di vista, ma Sam scosse la testa ed abbassò lo sguardo e Dean l'aveva guardata con aria ancora più arrabbiata di prima.
Mary spostò lo sguardo sulla ragazza che stesse in piedi un po' più lontana, quasi di spalle per non risultare troppo invadente in quella conversazione in famiglia, ma Mary fece un passo verso di lei e le sfiorò una spalla. "Abby, per favore. Almeno tu..".
La ragazza si era voltata a guardare Mary accennando un sorriso amaro ma scuotendo la testa, non riuscendo a fare a meno di sentirsi un po' ferita dal completamento della donna a cui  stava iniziando ad affezionarsi. "Mi dispiace Mary. Ma gli inglesi hanno cercato di uccidere Sam e hanno provato a farlo anche con me e Dean. Quindi per quanto mi piacciano le armi all'avanguardia e saper sempre dove trovare i mostri: no, non posso aiutarti questa volta, scusami".


Picchiettò nervosamente le unghie della mano destra contro il tavolo della sala centrale e con l'altra si teneva il viso, col gomito appoggiato al legno scuro del ripiano. 
Stava in silenzio a pensare agli avvenimenti degli ultimi giorni, pensava a Isobel, a Dan e a Mary, agli inglesi ed al loro modo di lavorare e per un istante Abby valutò le parole che Ketch le disse l'ultima volta che lo vide, proponendole un lavoro. 
Sam le aveva raccontato della maniera in cui i britannici avessero completamente individuato e sterminato tutti i vampiri dal territorio americano, di come fossero riusciti ad uccidere l'alfa e di come la situazione sul territorio americano stesse cambiando così in fretta dal loro arrivo. 
Anche Dean era rimasto un po' sorpreso ed Abby aveva letto nei suoi occhi come stesse lentamente iniziando a cambiare idea, dopo essere tornato dalla caccia ai vampiri con Ketch.
E tutto ciò la faceva pensare che forse in tutto quel marcio dell'organizzazione, ci potesse essere un unico lato positivo che avrebbe potuto sfruttare. 
Sentí dei passi dietro di sé che la destarono dai suoi pensieri ed Abby prestò avvertì le braccia possenti del ragazzo cingerle la vita ed inclinare la schiena per raggiungere il suo livello, fino ad affondare il viso irsuto sul suo collo. "Ciao ragazzina..". 
Abby sorrise riconoscendo il tono di voce che avesse messo su per sussurrare al suo orecchio e presto i brividi iniziarono a percorrerle la schiena quando sentí le labbra del ragazzo stuzzicarle il collo; voltò il viso nella sua direzione e lo guardò per pochi istanti, per poi approfondire un lungo bacio dolce e tenero che accese in entrambi il fuoco. 
Sentí le sue mani sollevarla dalla sedia per approfondire quel contatto ed Abby rise divertita, afferrandogli una mano e muovendosi a grandi passi verso il corridoio; Dean la seguì senza opporre resistenza e si mosse più velocemente per evitare che qualcuno potesse vederli o sentire, nonostante Mary fosse a letto già da un pezzo. 
Una volta raggiunta la camera Abby lo spinse dentro e se la chiuse alle spalle con un sorriso, avvicinandolo nuovamente a sé e tornando a baciarlo con un po' più di trasporto riuscendo ad avvertire il sapore del Whisky dalla sua bocca. 
Presto si ritrovarono sul loro letto con i vestiti sparsi sul pavimento ed Abby sentí il modo impacciato con cui Dean cercasse di non pesarle troppo addosso e di non fare del male a lei e al bambino, e ciò la fece ridere divertita; lo strinse più forte e aumentò l'intensità e il ritmo delle spinte per fargli capire che non fosse fatta proprio di cristallo, e Dean parve tranquillizzarsi un po' di più. 
Appoggiò la fronte contro quella della ragazza dopo istanti lunghissimi in cui entrambi raggiunsero il culmine del piacere, ed Abby si ritrovò a sospirare di felicità tornando poi a baciarlo con dolcezza. 
Scese dal suo corpo con delicatezza per non farle male e l'attirò contro il suo petto, facendole appoggiare il capo su di lui e Dean la strinse a sé con delicatezza, baciandole la fronte con dolcezza e coprendola con il lenzuolo. 
Non solo si sentiva davvero super felice di aver avuto la conferma che aspettassero un maschio, ma dall'altro lato Dean tremava dentro perché aveva il terrore di sbagliare qualcosa e di non essere in grado di crescerlo, non dopo la maniera in cui John avesse cresciuto lui e suo fratello. 
Con Mary era diverso, era più semplice dato che la piccola non fosse altro che una mini versione di Abby più testarda e cocciuta, ma l'idea di avere un maschietto lo terrorizzava parecchio. 
Spostò lo sguardo sulla donna fra le sue braccia perché forse era arrivato il momento di esternare le proprie preoccupazioni e condividere con lei la paura che avesse nel crescere quel bambin, ma quando osservò il suo viso contratto in un'espressione pensierosa capí di non essere l'unico avvolto nelle preoccupazioni. "Ehi ragazzina, tutto bene?".
Abby sollevò lo sguardo serio su di lui e lo guardò per dei lunghi istanti mentre decideva se fosse davvero il caso di dire ciò che le passasse per la mente da qualche giorno a quella parte, sospirando appena e facendo spallucce. 
Sapeva che prima o poi avrebbero dovuto affrontare quella conversazione, quindi meglio tardi che mai. 
Si scostò appena per guardarlo meglio e appoggiò il viso al braccio sinistro piegato e appoggiato contro il materasso, osservando i suoi occhi verdi così curiosi di capire cosa stesse accadendo. "Sto iniziando a pensare che forse dovrei accettare la proposta degli inglesi adesso che non sono troppo incinta per farlo".
Dean accennò un sorriso pensando che Abby stesse solamente scherzando, ma quando vide il viso della ragazza rimanere serio esattamente come prima, Dean sollevò un sopracciglio e la guardò con aria perentoria. "No". 
"Dean, forse potrei dare una mano per testare le armi chimiche contro i mostri. Ho parlato con Dan e mi ha raccontato degli esperimenti che sta conducendo da anni, ma gli manca qualcosa e se solo guardarsi il suo lavoro potrei aiut-..". 
"Ho detto di no!". 
Abby sollevò un sopracciglio e lo guardò con aria accigliata, perché di certo non stava parlando con Dean per ottenere un permesso, ma voleva solamente discuterne con lui e ragionare insieme sulla possibilità di poter trovare un compromesso con gli inglesi. "Sai che lo farei unicamente per Mary e per il nostro bambino, per Nathan e anche Henry, il figlio di quell'idiota di mio fratello! E sto iniziando a pensare che forse tua madre non aveva tutti i torti quando se n'è andata due settimane fa".
Dean si sedette di scatto sul letto lasciando scivolare il lenzuolo bianco fino al suo basso ventre, guardandola in cagnesco per aver tirato fuori l'argomento Mary e la guardò per un lungo istante prima di scuotere la testa ed iniziare a raccattare i suoi vestiti da terra. "È fuori discussione che tu ti unisca a loro, smettila di parlarne". 
Abby si sedette sul letto con un sospirò, appoggiando la schiena contro la spalliera di legno del letto ed osservando il ragazzo iniziare a rivestirsi con rabbia. "Perché? Non andrò a caccia, starò in laboratorio dove sarò protetta e dovrò solamente limitarmi a fare il mio lavoro, quello per cui ho studiato per anni all'università. E tu e Sam potreste cacciare insieme a Dan, guardarvi le spalle a vicenda e..". 
"Hai già sistemato tutto nella tua mente, vero?!" chiese Dean infilandosi la maglietta e chiudendo la cinta dei suoi jeans, per poi avvicinarsi nuovamente alla ragazza ancora a letto, puntandole un dito contro e guardandola in cagnesco. "Tu lavori con tuo fratello in laboratorio e studierai, che so?, i licantropi? Trovi un'arma efficace e mandi me, Sam e Dan a caccia per sterminare i lupi uno dopo l'altro. Sembra un ottimo piano, davvero. E dove sta la fregatura?". 
Abby lo guardò con aria seria e sospirò, facendo spallucce mentre si lasciava andare ad un leggero sorriso amaro. "È questo il punto, Dean. Non credo che ce ne siano. Vogliono aiutarci e non penso che farsi la guerra l'un l'altro possa portare all'estinzione di massa dei mostri. Mary ha solo quattro anni, prestò lascerà l'asilo e inizierà la scuola e avrà bisogno di un luogo diverso dal bunker in cui vivere e questo bambino che sta arrivando avrà le stesse esigenze. Non te l'ho detto perché voglio che tu prenda una decisione adesso, ma puoi pensarci, parlarne con Sam e decidere di non farne parte. Ma io lo farò: domani pomeriggio Dan mi mostrerà la base".
Dean ascoltò il suo discorso con attenzione e sospirò rumorosamente, scuotendo la testa e guardando nei suoi occhi così decisi un po' più a lungo, sapendo che Abby avesse già deciso e che glielo stesse solamente comunicando; scosse la testa sospirando e le diede le spalle, avanzando fino alla porta e sbattendosela alle spalle forse con troppa forza dato il forte tonfo che produsse, mentre sentiva la rabbia crescere dentro di lui.
Voleva proteggere Abby ed il bambino, era ciò che avesse sempre voluto.
Ma Dean sapeva che se Abby si fosse allontanata troppo da lui, probabilmente non sarebbe più riuscito a preservarla dall'attacco di ogni loro nemico. 
 

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Capitolo 67
*** Capitolo 60 ***


Hunter's Legacies
Capitolo 60



 

"Non sa che piacere sia per noi avere una mente come la sua dalla nostra parte: con lei qui, sentiamo che sia finalmente arrivato il momento di crescere e di evolverci ancora di più. Lasci che le parli delle armi in fibra di carb-..".
Abby roteò gli occhi e si guardò attorno, osservando le tante facce nuove che la guardassero per capire se davvero fosse all'altezza della fama decantata da Dan, e la ragazza sospirò appena tornando a guardare Ketch intento ancora a illustrarle le qualità di quel posto e di cosa fossero capaci. "Ho capito, damerino. Dov'è mio fratello?". 
Ketch si interruppe bruscamente e la guardò con uno strano sorriso ambiguo, non lasciando trasparire il reale fastidio che provasse in presenza della ragazza e quanto detestasse il fatto che si fosse unita a loro, perché contrariamente a quanto avesse detto a parole, dentro di sé non voleva che un'estranea americana ficcasse il naso nei loro affari. "Dan sta già lavorando, lasci che la conduca da sua madre: Isobel è impaziente di vederla".
"Non ho alcuna voglia di vedere Isobel, grazie. Invece Mary Winchester è qui?" chiese Abby scuotendo la testa e tornando a guardarlo con aria scocciata, incrociando le braccia al petto con aria di chiusura. 
"Purtroppo la nostra Mary non è qui: è andata a caccia di un Wendigo nel Missouri" rispose Ketch continuando a sorridere in maniera strana, sentendosi nuovamente disturbato e infastidito per le domande che stesse continuando a fare. 
"Ok, vado a cercare Dan". 
Abby accennò un sorriso tirato e gli diede le spalle, muovendosi nella base dei letterati con la scusa di cercare suo fratello, ma iniziando a dare un'occhiata a quell'enorme luogo che sembrava essere troppo bello per essere vero.
Diede sfogo alla sua voglia di sbirciare un po' ovunque perché desiderava tantissimo trovare qualcosa di sospetto e avere un pretesto per mollare ancora prima di iniziare; osservò gli inglesi parlare fra di loro mentre la osservavano, sbalorditi probabilmente per il modo in cui avesse trattato una figura di rilievo come Ketch, che Abby fu sicura essere rimasto a guardarla con aria furiosa mentre tratteneva la voglia di iniziare una lotta. 
Entrò in un lungo corridoio e quei LED bianchi per poco non le perforarono le retine per quanto fossero forti e rimase appena sbalordita quando cercò di oltrepassare diverse porte, trovandole tutte apribili unicamente con l'impronta digitale di alcuni membri scelti; Abby pensò ironicamente che le sarebbe piaciuto staccare la mano di Ketch e portarsela dietro per dare un'occhiata a tutte quelle stanze chiuse, mentre provava a forzare alcune delle porte con insuccesso.
"Abby?". 
Una voce fin troppo familiare la fece voltare di scatto e la fece desistere dal provare ad aprire l'ennesima porta, sgranando gli occhi e trovandosi davanti l'ultima persona che pensava di vedere in quel posto.
Si fermò a guardare il ragazzone che stesse in piedi di fronte a lei, distante solamente pochi metri in quel corridoio ed Abby sentì il cuore battere più velocemente quando incrociò i suoi occhi nocciola.
"Edward.. ciao..". 
L'uomo alto e massiccio avanzò verso di lei con passo incerto guardandola con aria accigliata perché non si aspettava di trovarla lì, e sollevò un sopracciglio notando la sua mano scivolare dalla maniglia della porta che stesse provando ad aprire. "Che ci fai tu qui?".
Abby lo guardò con un sorriso tirato sul volto mordendosi la lingua e ricordando come l'ultima volta che fossero stati insieme, Edward se ne fosse andato via senza ascoltarla.
Deglutì a fatica sentendo le mani sudare e fece spallucce, mentre ancora lo guardava. "Sto lavorando. O almeno dovrei iniziare oggi".
"Hai detto di si agli Uomini di Lettere?" chiese Edward aggrottando le sopracciglia e accennando un sorriso divertito, facendo un altro passo avanti nella sua direzione lei mentre la osservava meglio e la trovava in gran forma. "Cavolo, conoscendoti pensavo che avresti detto di ficcarsi la loro proposta nel più profondo del..". 
Abby rise nervosamente e giocò in modo distratto con le sue stesse mani, scuotendo la testa e facendo spallucce, rispondendo prima che il ragazzo ultimasse la sua frase. "Beh, ho dovuto rivedere le mie priorità ultimamente". 
Edward annuì come se capisse le sue ragioni e il sorriso scemò dalle sue labbra quando rimase a guardare nei suoi occhi azzurri in silenzio, perché neanche lui aveva dimenticato tutto ciò che fosse accaduto l'ultima volta che fosse stato al bunker insieme a lei.
"Quindi i britannici hanno reclutato anche te?".
"Sono piuttosto convincenti, si". L'uomo fece spallucce ed annuí, mettendo fine alla conversazione per rimanere a guardarla negli occhi mentre sospirava leggermente e sentiva il cuore agitarsi nel petto.
Abby lasciò vagare lo sguardo sul corridoio per qualche istante per non incrociare il suo sguardo: sapeva di possedere il lusso di aver davvero conosciuto Edward come probabilmente l'uomo non avesse lasciato fare a nessuno prima di lei.
Tornò presto a guardarlo studiando la sua espressione seria ed Abby sentì il respiro accelerare.
Avrebbe voluto dirgli che era ancora molto dispiaciuta per come fossero andate le cose fra di loro, che aveva gestito tutta la situazione male perché era molto sconvolta e ferita.
Voleva che sapesse che quello che c'era stato fra di loro era autentico e che le aveva spezzato il cuore per il modo in cui se ne fosse andato.
Abby avrebbe voluto dirgli che nonostante tutto lo capiva, ma voleva nascondergli che avesse spesso pensato a come sarebbero andate le cose se lui fosse rimasto.
Proprio quando aprì la bocca per dirgli l'insieme di tutte queste cose mentre guardava nei suoi occhi che gli fossero mancati così tanto da farle male, sentí il nome dell'uomo chiamato da una voce femminile provenire alle sue spalle e lo vide voltarsi nella direzione opposta mentre una donna si avvicinava a lui con un grosso sorriso sul volto. 
"Ciao Ashley".
Edward si affrettò a chinarsi sulle labbra della donna accorsa nella sua direzione che avesse già arpionato le sue sottili dita alla camicia per sollevarsi sulle punte e baciarlo, accennando un sorriso riservato.
La ragazza bionda mise su un ghigno felice, stringendosi a lui e passandogli un braccio attorno alla schiena per abbracciarlo. 
Abby sbatté le palpebre un paio di volte perché non credeva ai suoi occhi sentendosi estremamente sbalordita nell'osservare quella scena, chiedendosi con che diritto avesse pensato che Edward non sarebbe andato avanti con la sua vita come avesse fatto lei.
Osservò la ragazza davanti a lei con aria confusa, notando i suoi capelli biondi che ricadevano sulle spalle e gli occhi scuri che spiccassero sul suo viso molto dolce, e dalla sua espressione Abby pensò che fosse più giovane di lei e che potesse avere più o meno venticinque, ventisei anni. 
Sorrise ironicamente ed evitò lo sguardo di entrambi, mentre pensava che Edward dovesse avere davvero un debole per le ragazze più giovani di lui.
"Ashley, ti presento Abby Harrison". 
La ragazza si voltò nella direzione della donna davanti a sé e le riservò lo stesso sguardo indagatore che Abby le avesse rivolto non appena l'avesse vista, osservandola con attenzione e notando la sua espressione fintamente sorridente.
Ma presto le labbra della bionda si piegarono in sorriso e si sporse per tendere una mano alla ragazza. "Abby, che piacere conoscerti! Ho sentito molto parlare di te!".
Abby sollevò le sopracciglia e la guardò con espressione ironica, afferrando la sua mano e stringendola saldamente mentre sentiva lo sguardo di Edward posarsi su di lei. "Davvero? E chi ti ha parlato di me?". 
Ashley aggrottò le sopracciglia e accennò una risata, inclinando appena la testa per osservarla meglio dopo aver tirato indietro la mano e fingendo che la stretta non le avesse fatto quasi male. "Beh, sei la figlia del Capo della base: qui tutti aspettavano il tuo arrivo". 
Abby sgranò gli occhi ascoltando le sue parole e dischiuse appena le labbra in un'espressione confusa, rivolgendo finalmente un'occhiata ad Edward con aria seria e incredula. "Isobel è il Capo, qui?". 
"Si, dirige questa succursale. Non dirmi che non lo sapevi?" chiese Edward sollevando un sopracciglio e guardandola con aria stranita, mettendo una piccola distanza fra lui ed Ashley per incrociare le braccia al petto tornando a sembrare davvero una montagna troppo alta da scalare.
La guardò con aria seria ed anche un po' arrabbiata poiché era rimasto sorpreso quando circa due mesi prima si era unito ai britannici e avesse incontrato Dan che lavorasse insieme a loro, ma si sentí quasi sconvolto quando aveva scoperto che Isobel fosse la madre di Abby.
Edward aveva iniziato a pensare che Abby gli avesse mentito su molte altre cose, a parte i forti sentimenti che ancora provasse per Dean, perché la ragazza gli aveva raccontato che la madre fosse morta quando era solamente una bambina.
Abby parve notare quel cambiamento di atteggiamento ma non era più in vena di fare spiegazioni, così prese un lungo respiro mettendo su la sua faccia poker per non lasciare trasparire le sue emozioni, accennando un sorriso finto ed annuendo. "Scusatemi, ma adesso devo proprio trovare mio fratello". 
Velocemente superò Ashley ed Edward che ancora avessero lo sguardo posato su di lei, ed Abby si guardò attorno sentendosi confusa ma trovando immediatamente la scritta Lab con una grossa freccia blu sulla parete che la rassicurò sulla corretta direzione nella quale si stesse muovendo.
"Aspetta un momento..". Ashley fece un passo avanti nella sua direzione per richiamarla ed Abby si voltò ad osservarla con aria curiosa, notando il modo in cui stesse alternando lo sguardo fra lei ed il ragazzone che le stesse al fianco. "Non mi avete detto come fate voi due a conoscervi".
Abby sollevò un sopracciglio mentre osservava il suo viso sorridente in attesa di una risposta e presto incrociò lo sguardo di Edward, ed in quell'istante nella mente di entrambi passarono tutti quei momenti che avessero passato insieme: dal primo sguardo, alla prima chiacchierata, al primo bacio, al mondo in cui si fossero sostenuti a vicenda, alla prima notte insieme.
Le cacce, le lotte, le liti che finissero sempre in degli stretti abbracci perché nessuno dei due riusciva ad essere mai veramente arrabbiato con l'altro.
Ricordarono il modo in cui Abby lo avesse spronato a parlare della sua decade da Marines e gli orrori che avesse visto, ed anche la maniera in cui Edward l'avesse aiutata a trasferirsi via dal bunker con il cuore spezzato, per poi incollare insieme tutti i pezzi fino a quando l'aveva vista tornare a sorridere e ad essere felice. 
Tornarono a pensare al sentimento che li avesse legati con decisione ed alla stupida decisione di Edward di lasciarla, nonostante Abby gli avesse chiaramente detto che avrebbe scelto lui ancora ed ancora. 
Abby si schiarí la gola e distolse lo sguardo dall'uomo, facendo spallucce ed osservando Ashley.
Avrebbe voluto sorridere, ma non riuscì neanche a fingere perché evidentemente la ferita per il suo abbandono non si era ancora risanata.
In fondo erano passati solamente quattro mesi, lo stesso periodo della sua gravidanza.
Abby si morse il labbro con nervosismo mentre guardava negli occhi scuri della ragazza, e con voce rotta sussurrò: "Sono una cliente del suo bar".
"Oh ma è fantastico! Dovremmo bere qualcosa insieme, qualche volta".
Abby vide il modo in cui Ashley le stesse sorridendo e si rese conto che davvero non avesse la minima idea di ciò che fosse accaduto fra lei e Edward.
Fece spallucce e si lasciò andare ad una risatina nervosa, scuotendo la festa prima di voltarsi per raggiungere i lavoratori ed inserire le mani all'interno della grande tasca unica della sua felpa. "Certo, non vedo l'ora".
 


Sbatté le palpebre un paio di volte guardandosi attorno nel tentativo di realizzare dove si trovasse, ma presto sbuffò sonoramente quando sentí Dan sedersi sulla sedia accanto alla brandina presente sul retro del laboratorio e l'odore del caffè le arrivò dritto nelle narici; si sedette sul materasso singolo e duro, appoggiando i gomiti alle cosce e passandosi le mani sul viso con aria ancora parecchio stanca ed assonnata. 
"Da quando dormi sul lavoro, dormigliona?".
Abby sollevò gli occhi ancora mezzi chiusi verso di lui e lo fulminò con lo sguardo, strappandogli la tazza di caffè in più che Dan avesse portato per lei ed iniziando a bere dei lunghi sorsi sentendosi subito meglio; sorrise pensando che non essere controllata su cosa ingerisse ventiquattr'ore su ventiquattro fosse l'unica nota positiva del restare a dormire alla base degli inglesi. 
Erano ormai passata due settimane da quando Abby avesse iniziato il suo lavoro lì e anche se non lo avrebbe mai ammesso con i Letterati, era rimasta piacevolmente sorpresa scoprendo ciò che fossero in grado di fare: erano dotati di una straordinaria tecnologia, ma più di tutto non badavano a spese quando si trattava della ricerca.
Insieme al fratello aveva iniziato a studiare la particolare biologia della maggior parte delle creature che avesse già affrontato e ucciso almeno un milione di volte: vampiri, licantropi, mutaforma. 
Ogni giorno Abby mappava il loro genoma insieme al fratello e le ricerche diventavano sempre più  elettrizzanti; Abby aveva sempre amato il suo lavoro, specialmente adesso che fosse esteso anche al suo particolare stile di vita, unendo ciò che avesse studiato sin da piccola a ciò che le premesse di più: liberare la terra dai mostri per far sì che i suoi figli potessero vivere in un mondo migliore.
"Mentre sonnecchiavi, sono andato avanti con la ricerca. Dobbiamo riprendere dal DNA dei licantropi e studiare la cura che è riuscita a salvare la tua amica". 
Abby prese un ulteriore sorso del suo caffè ed annuì per poi restituirgli la tazza mezza piena, dicendogli che prima avrebbe fatto una doccia e che poi avrebbe potuto lavorare: Dan si riferiva proprio a Claire, la figlia del tramite di Castiel, morsa da un licantropo durante una caccia insieme ai Winchester e sopravvissuta miracolosamente grazie ad una cura al plasma che dei biologi prima di loro avessero testato sui topi. 
Abby stessa insieme a Mick aveva cercato di persuadere i due ragazzi dal somministrare quella cura a Claire, perché l'unica volta che quel siero fosse stato testato su un umano non era andata a finire bene, ma la ragazza avrebbe preferito la morte piuttosto che rimanere un mostro per sempre. 
Abby li aveva raggiunti immediatamente e aveva osservato Claire contorcersi dal dolore, in preda ad una forte agonia per il modo in cui la cura la stesse facendo tornare del tutto umana; solamente dopo molte ore di agonia, i presenti riuscirono a vedere come le zanne e gli artigli scomparvero, e Abby capí che Claire fosse un miracolo vivente. 
Le aveva prelevato alcune provette di sangue per analizzarlo e confrontarlo con quello dei licantropi, e dopo aver velocemente salutato i due Winchester, Castiel e Claire, Abby era tornata alla sua auto per dirigersi nuovamente verso la base degli inglesi: aveva trascorso tutta la notte ad analizzare il suo sangue e ad annotare cosa quel siero fosse andato a modificare, sedando la mutazione del veleno. 
Era ancora lontana dal capire cosa potesse aver fatto scaturire la reazione inversa in Claire, eppure ci stava lavorando insieme a Dan.
Sentí il telefono squillare e fu distratta dai suoi pensieri, e si affrettò ad uscire dalla doccia velocemente per afferrarlo in tempo, notando con un sorriso amaro che si trattasse proprio di Dean e si tenne pronta per la sfuriata. "Pronto?". 
"Ma dove diavolo sei? Non sei tornata al bunker stanotte!". 
Abby sospirò e annuì, tirando più su l'asciugamano attorno al suo corpo e appoggiandosi con il fondoschiena al lavandino. "Si, si è fatto tardi e io e Dan..". 
Dean sospirò rumorosamente ed Abby sentí i suoi passi nel bunker, allontanandosi da Mary per evitare che la piccola potesse sentire. "È la terza sera di seguito, Abby! Tua figlia chiede di te!".
Scosse la testa e si morse la lingua, perché quello era davvero un colpo basso e Dean non avrebbe dovuto dire quelle parole per farla sentire in colpa più di quanto Abby già non si sentisse. 
La parte più terribile del suo nuove lavoro era proprio avere troppo poco tempo da trascorrere con la sua famiglia. "Oggi la prendo io a scuola e la porto al bunker, d'accordo? Non tornerò qui prima di domani mattina, lo prometto. Trascorriamo il pomeriggio insieme, Dean". 
"Fa' come ti pare!". 
Restò per qualche secondo con ancora il telefono all'orecchio e gli occhi chiusi perché detestava che Dean le parlasse con quel fino.
Non era arrabbiato, era deluso.
Aveva immaginato di trascorrere quei mesi in maniera diversa e adesso che Abby aveva scelto di diventare una delle ricercatrici degli Uomini di Lettere, il loro equilibrio sembrava sgretolarsi.
Scosse la testa e raggiunse la sua stanza, iniziando a vestirsi velocemente mentre pensava che Dean fosse già abbastanza contrariato per la sua decisione e quella di sua madre di lavorare con gli inglesi, aveva quasi raggiunto il suo limite quando Claire era stata attaccata da quel licantropo mentre seguiva un caso che i britannici avessero affidato loro, e con Abby che non tornava neanche più a casa la sera aveva davvero perso le staffe. 
Due nocche contro la sua porta la fecero quasi sussultare e Abby si affrettò ad indossare i suoi jeans chiari molto velocemente. "Si, puoi entrare".
Udí la porta aprirsi ed i passi farsi largo all'interno della sua stanza quando si piegò all'interno dell'armadio per afferrare una maglietta di cotone scura e fece appena in tempo ad indossarla ed a coprirsi l'addome che stesse cominciando a diventare più rotondo del solito, quando si voltò e sobbalzò trovando Edward in piedi al centro della stanza che la osservava con sopracciglia aggrottate e aria confusa. "Edward, mi hai spaventata!".
Abby sgranò gli occhi e sentì il cuore battere più velocemente per l'agitazione, osservando l'omone davanti a sé grattarsi la nuca in un gesto nervoso mentre la guardava con aria appena imbarazzata. 
"Che? Sei stata tu a dirmi di entrare".
"Pensavo che fosse Daniel". La ragazza trattenne una risata mentre lo guardava essere così impacciato nella sua stanza, intenerendosi davanti al suo modo di fare; portava i capelli ricci e scuri liberi sulle spalle, che fossero più corti di almeno tre o quattro centimetri rispetto all'ultima volta che lo avesse visto.
E la sua folta barba era stata per la maggior parte rasata, avendone una più contenuta ma ancora abbastanza lunga.
Inoltre Edward sembrava aver dedicato più tempo che mai agli allenamenti, dato il modo in cui il suo corpo apparisse più massiccio e definito rispetto a quattro mesi prima.
Mentre Abby continuava ad osservarlo con ancora un sorriso sulle labbra, lo sguardo curioso del ragazzo finì su di lei ed iniziò ad analizzare come sembrasse sempre la stessa donna bellissima e straordinaria che gli facesse sempre asciugare la bocca e perdere il controllo.
Ma Edward conosceva bene il corpo di Abby, durante la loro relazione aveva avuto modo di scoprire con attenzione ogni singolo centimetro della sua pelle.
Conosceva le sue curve e le avrebbe riconosciute anche ad occhi chiusi.
Le conosceva così bene che avrebbe potuto disegnarle anche se non l'avesse vista per anni.
Per questo Edward aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria interrogativa, notando il modo in cui i suoi fianchi apparissero leggermente più larghi ed il suo ventre appena più tondo.
Abby si rese conto di non aver indossato ancora la sua larga felpa che nascondesse il suo cambiamento fisico dovuto all'avanzamento della gravidanza e presto si voltò verso l'armadio ancora aperto per afferrarla ed indossarla, sottraendosi allo sguardo curioso di Edward.  
"Perché sei venuto qui?".
L'uomo si schiarí la gola e fece spallucce, osservandola coprirsi con quella lunga e larga felpa nera che nascondesse ogni centimetro della sua pelle. "Sono appena tornato da una caccia e ho incontrato tua madre: mi ha chiesto di dirti che vuole vederti". 
Abby si voltò con aria più sicura di sé dentro quella larga felpa, anche se una parte di sé un po' si sentiva dispiaciuta nel dover nascondere ciò che le stesse accadendo proprio a Edward.
Fece spallucce ed avanzò verso di lui con aria seria, notando le occhiaie sul suo viso e la forte stanchezza: probabilmente aveva viaggiato tutta la notte insieme a Jimmy, anche lui convertito alla causa dei britannici.
"Da quando Isobel ti manda a chiamare le persone? Pensavo che fossi uno dei suoi soldati". 
Edward accennò un sorriso e la osservò superarlo subito dopo per afferrare il suo camice bianco dall'attaccapanni vicino alla porta.
Abby lo indossò molto velocemente come se fosse abituata a farlo ed Edward le si avvicinò di più fino a giungere a pochi passi da lei.
Sollevò una mano nella sua direzione e sfiorò con le dita la targhetta con su scritto il nome completo e la sua professione, che spiccasse sulla destra del suo camice ancora aperto, e poi tornò a guardarla negli occhi con un sorriso ironico sul volto. "Pensavo che tu fossi più un tipo d'azione, non una che sta dietro i banconi ad analizzare provette". 
"Lo so. Ma se ti piacciono le nuove armi che ti hanno fornito qui e che uccidono i mostri con un solo colpo.." iniziò Abby sollevando un sopracciglio e guardando l'uomo davanti a sé con aria divertita. ".. beh, sappi che è merito di uno come me che ha analizzato il DNA di una di quelle bestie per trovarne il punto debole ed usarlo contro di loro". 
Edward rise di gusto udendo quella frecciatina nei suoi confronti e scosse la testa alzando le mani a mezz'aria in segno di resa, distogliendo poi lo sguardo e facendo per andare via dalla stanza.
Aprí la porta e fece per uscire, quando qualcosa dentro di lui lo fece esitare sulla soglia e non riuscì ad oltrepassarla; si prese qualche secondo perché aveva tante cose da dire ad Abby, tante questioni irrisolte da voler finalmente sciogliere.
Si voltò verso la donna che era rimasta ancora immobile a dargli le spalle, intenta ad afferrare degli scritti dalla sua scrivania, ed Edward accennò un sorriso sincero nella sua direzione.
Osservava come i capelli le ricadessero dritti lungo la schiena, alcuni ciuffi le sfioravano il viso e anche da quella distanza riusciva a vedere l'azzurro dei suoi occhi brillare sul suo viso. "Ti va di pranzare insieme a me oggi?". 
Abby aggrottò le sopracciglia e si voltò nella sua direzione, tenendo stretti a sé il suo taccuino ed alcuni fogli su cui la notte precedente invece di dormire, avesse appuntato delle prove che avrebbe dovuto fare quel giorno in laboratorio. 
Incrociò il suo sguardo con aria molto seria, deglutendo a fatica e sentendo il cuore battere più forte nel petto.
Avrebbe dovuto rifiutare all'istante, dire che fosse troppo impegnata e che avesse da fare con il suo lavoro e che inoltre sarebbe dovuta andare via prima dal lavoro per prendere Mary a scuola.
Ma invece Abby accennò un sorriso e annuì in silenzio, prendendosi tutto il tempo necessario per riflettere su quale fosse la cosa giusta da fare, ma trovò la risposta nello sguardo dell'uomo davanti a sé.
"Si, certo. Mi piacerebbe. In fondo abbiamo alcune cose di cui parlare, Eddie". 
Rise divertita e si portò una mano sulle labbra dopo aver calcato con la voce quel nomignolo che avesse sentito dire ad Ashley durante la sua permanenza alla base. 
Non voleva essere invadente o entrare nei suoi affari, ma si sentiva quasi in diritto di prenderlo in giro in quel modo. 
Edward roteò gli occhi e li sollevò al cielo, sbuffando e mettendo su un'espressione fintamente infastidita, e dentro di sé fu sicuro che durante i pranzi o le cene nella sala comune della base, Abby avesse spesso ascoltato le conversazioni fra lui e Ashley, rimanendo seduta qualche tavolo più in là insieme a Dan. 
Non avrebbe dovuto classificarla come gelosia ma piuttosto come pura curiosità, e questo Edward lo sapeva bene, ma gli faceva sempre piacere sapere che Abby si interessasse a lui.
Dopotutto Abby era lì da un paio di giorni e Edward non aveva sentito alcun accenno a Dean, nonostante avesse spesso incontrato Sam. 
"Bene. Allora ci vediamo al laboratorio alle 12 e 30". 
Accennò un sorriso e si congedò dalla stanza con un cenno del capo lasciando aperta la porta, ed Abby lo guardò sparire nel corridoio.
Sospirò rumorosamente e fece spallucce, per poi osservare il taccuino che si portasse sempre dietro e che la sera portasse con sé fino alla sua camera per non perderlo mai di vista, avendo il timore che qualcuno potesse darvi un'occhiata e potesse procedere con dei dati affrettati e indurre la sperimentazione umana su alcune delle cure che Dan pianificasse da anni, e che Abby avesse opportunamente modificato in determinati punti iniziando a pensare che potesse davvero funzionare. 
Si avviò a grandi passi verso il corridoio centrare e salutò un paio di persone che già alle sei del mattino fossero in giro per la base e perfettamente operativi, e raggiunse la stanza principale bussando alla porta con forza: passò poco prima che venisse aperta dalla donna a cui Abby somigliasse tantissimo, che accennò un sorriso nella sua direzione. 
"Ciao tesoro, entra pure".
Sollevò un sopracciglio con una smorfia, perché ad Abby non piacevano quei soprannomi se provenissero da persone che non la conoscessero affatto come Isobel, ma entrò nella stanza e si sedette su una delle due sedie poste davanti alla scrivania e sospirò. "Le ricerche procedono, ma io non faccio rapporto quindi non aspettarti da me che ti presenti un resoconto del mio lavoro perché non lo farò mai. Se vuoi saperne di più prima che io abbia ottenuto dei risultati concreti, convoca Dan".
"Non ti ho chiamato per questo, io volevo solamente parlare con te: sapere come stai, come ti stai trovando qui.." sussurrò Isobel con un tono della voce molto più tranquillo e dolce di quanto ricordasse, sedendosi alla sedia della sua scrivania proprio davanti a lei e guardandola con un sorriso.
Ma Abby non ricambiò e fece spallucce, guardandosi attorno nel suo ufficio ed osservando tutto ciò che la donna tenesse nel suo studio: vi era solamente una grossa scrivania piena zeppa di documenti e di carpette di varia natura ordinate in maniera molto meticolosa oltre che un computer, e alle sue spalle vi era solamente un largo e grosso armadio con dentro altre carpette con dei nomi scritti sopra. 
Fece scoccare la lingua nella sua bocca e tornò a guardare la madre con espressione molto seria e dura, facendo appena spallucce. "Sto bene, ma gradirei che non mandassi qualcuno alle sei di mattina nella mia stanza per convocarmi". 
"Ho mandato Edward perché so della vostra conoscenza: pensavo che ti avrebbe fatto piacere vedere un viso familiare che non fosse tuo fratello" rispose Isobel accennando un sorriso e guardandola con aria innocente e dolce.
Si sforzò di non lasciare trasparire quale fosse la sua vera reazione alle sue parole ed Abby sospiro, facendo spallucce. "Ho solo bisogno di vedere la mia famiglia, quindi oggi torno da loro". 
"E il tuo lavoro qui?". 
"Mia figlia viene prima di tutto: lo so che è un concetto astratto per te, ma ci sono genitori che provano dolore a stare separati dai propri bambini!" esclamò Abby con tono serio e sguardo accusatore, sollevando un sopracciglio mentre la guardava in cagnesco. "C'è altro di cui vorresti parlare o posso andare a guadagnare i bei soldoni per cui svolgo il mio lavoro?".
Isobel accennò un sorriso amorevole e sospirò, annuendo e dicendole che potesse andare e che non avesse mai avuto l'intenzione di rubarle del tempo prezioso, ma che avesse solamente voglia di parlare con lei e vide sua figlia uscire dalla stanza con sicurezza, senza mai voltarsi indietro a guardarla. 
Quando la porta si chiuse, un'altra alle sue spalle si aprì: era una porta molto diversa da quella d'ingresso, poco visibile per chi non la conoscesse dato che si mimetizzasse perfettamente con le pareti bianche. 
Dei passi maschili avanzarono fino a raggiungere la donna ancora seduta alla scrivania, facendola sospirare appena e scuotere la testa. "Quindi la distrarai tu a pranzo?". 
"Si.." sussurrò Edward sospirando rumorosamente e mordendosi il labbro, scuotendo la testa e guardando la donna con stupore perché non amava fare il doppio gioco. "Ma è proprio necessario? Abby si sta davvero impegnando per far sì che le cose funzionino qui, sta lavorando duramente!".
Ma Isobel scosse la testa e distese il viso nell'accenno di un sorriso, voltandosi verso di lui e guardandolo con aria seria. "Mia figlia è sempre stata la migliore bugiarda dei miei figli: sin da piccola quando capiva che le potessi essere utile in qualcosa, Abby mi girava sempre attorno e approfittava del fatto che io stravedessi per lei per ottenere ciò che volesse. Io credo che stia facendo lo stesso adesso, ma non ho ancora capito perché: devo solo mettere le mani su quel suo dannato taccuino che si porta sempre dietro". 


Spense lo schermo del suo telefono muovendosi nervosa all'interno del laboratorio dopo aver avuto l'ennesima lite con il padre dei suoi figli. 
Dean era ancora molto agitato per via del fatto che Abby si stesse dedicando anima e corpo a quel progetto con gli Uomini di lettere inglesi. 
Dean sentiva molto la sua mancanza, eppure sapeva che Abby volesse solamente proteggere Mary e il piccolo che portasse in grembo, oltre che Nathan ed Henry, e tutta la nuova generazione della sua famiglia, perché non poteva accettare che anche solamente uno di loro soffrisse come aveva fatto lei.
Avrebbero avuto i loro dolori, come il cuore spezzato o la morte di un genitore, ma avrebbero tutti seguito il corso naturale delle cose. 
Niente più mostri, niente più incubi da cui venir svegliati nella notte. Niente più paura.
Ecco perché Abby lottava, ecco perché si fosse unita ai britannici, inseguendo la chimera del mondo libero da ogni creatura malvagia. 
Dan le passò accanto con un sorriso e le sfiorò una spalla, all'interno del suo camice e con indosso gli occhialini di protezione, ed Abby ricambiò il sorriso. 
Iniziò a pensare che forse Dan avesse avuto ragione a far parte dei Letterati sin dal principio: forse se avessero iniziato prima la loro ricerca, adesso la loro vita sarebbe diversa. 
Sollevò lo sguardo dal campione che stesse analizzando al microscopio e sbuffò sonoramente perché anche quell'esperimento era stato un insuccesso, quando intercettò lo sguardo di Edward che la guardasse già da un pezzo attraverso la porta a vetro del laboratorio. 
Accennò un sorriso osservandolo fermo ad aspettarla, appoggiato con la schiena contro il muro e le braccia conserte sul petto, e presto si schiarí la gola mentre si toglieva il camice, cercando di mantenere un tono normale e di non far cogliere al fratello la strana felicità che si impadroní di lei quando vide l'uomo dietro la vetrata. "Io vado a pranzo". 
Dan la seguí con lo sguardo e aggrottò le sopracciglia, riconoscendo il tono tipico della sorella che utilizzasse quando si stesse cacciando nei guai e notò come avesse estratto la matita dai suoi capelli con cui avesse creato un perfetto chignon qualche ora prima, mentre lasciava che adesso i lunghi capelli rossi e mossi le scivolassero lungo la schiena. "Ricorda che Mary fra due ore esce da scuola". 
Prima di uscire dalla stanza, Abby si voltò a guardarlo con aria turbata e con un sopracciglio sollevato per via del tono canzonatorio di suo fratello. "Lo so, Dan: è mia figlia". 
Sollevò le mani in alto a mo' di scuse, ma Abby non vi prestò molta attenzione. 
Si diresse verso la porta del laboratorio e una volta chiusa alle spalle, si avvicinò all'omone alto e massiccio che fece un passo verso di lei con aria impacciata e nervosa. "Ce ne hai messo di tempo, rossa". 
Sorrise divertita e gli fece segno con la testa di incamminarsi verso la sala comune. 
Passare il tempo insieme a Edward, le scaldava sempre il cuore e faceva bene a quella parte di sé che aveva scoperto essere sempre latente. 
Aveva portato una ventata di aria fresca nella sua vita nel periodo più buio che avesse mai attraversato e le aveva ricordato cosa volesse dire essere davvero felice. 
E quando si fosse separata da Edward quella sera al bunker, Abby sentiva di aver perso quella felicità. 
Aveva ritrovato sé stessa e aveva ritrovato l'amore per Dean, aumentato enormemente dalla notizia dell'arrivo del loro bambino.
Ma qualcosa mancava dentro di lei ed adesso che guardava negli occhi nocciola di Edward, sapeva cosa fosse.  
Inizialmente il pranzo fu piuttosto silenzio e faticoso: chiacchierarono di alcune cacce che Edward avesse seguito in quei quattro mesi di lontananza ed Abby gli fece il resoconto di come avesse fatto insieme ai Winchester a respingere l'ennesima apocalisse.
Seguì qualche istante di silenzio, qualche momento imbarazzante, ma presto Abby ed Edward si sciolsero e si ritrovarono a non smettere di parlare neanche per un momento, esattamente come prima della loro separazione.
Non c'erano più silenzi imbarazzanti, non c'erano inutili rancori. 
Solamente delle lunghe chiacchierate e delle lunghe risate che vennero silenziosamente criticate dagli sguardi di sgomento degli inglesi seduti ai tavoli adiacenti a loro. 
Abby e Edward si scambiarono un'occhiata eloquente e dato che avessero finito il loro cibo da un pezzo, l'uomo le fece segno di seguirlo fuori dalla sala comune dove molti sguardi si erano posati su di loro, compresi quelli di Dan e di Isobel. 
Camminarono fra i corridoi continuando ancora a scherzare tra loro, fino a quando arrivarono all'esterno della struttura. 
La base era davvero fantastica e all'avanguardia all'interno, ma all'esterno era solamente un ammasso di cemento con nulla attorno. 
"Allora, dimmi di Ashley: come l'hai conosciuta?". 
Edward sollevò un sopracciglio, ma non si voltò nella sua direzione mentre continuavano a camminare fianco a fianco attorno alle mura sorvegliate della base. 
Sorrise divertito chiedendosi da quanto Abby morisse dalla voglia di chiederglielo ed incrociò il suo sguardo con ilarità. "Ci siamo conosciuti qui quando i britannici ci hanno reclutati, due mesi fa". 
Abby guardò il suo voltò così rilassato e rimase in silenzio per qualche istante, notando la sua espressione serena e priva di sofferenza, così diversa da quella che avesse l'ultima volta che passarono del tempo insieme. 
E quasi ne fu infastidita. "Sono felice che ti faccia stare bene. Sembra una brava persona". 
Edward si voltò per incrociare il suo sguardo ed un'ombra passò ad eclissare il nocciola dei suoi occhi: era dispiacere, forse rimpianto, ma durò solamente per qualche istante mentre l'uomo si chiedeva con rammarico come Abby potesse davvero pensare che facesse sul serio con Ashley. 
Le sorrise amaramente ed annuì, tornando a volgere lo sguardo davanti a sé con un sospiro. "Cos'è successo dopo che sono andato via, Abby?".
"Beh, la vita è continuata Ed". Abby fece spallucce e continuò a camminare al suo fianco, sospirando mentre pensava che per continuare quella chiacchierata e dimezzare il nervosismo avrebbe tanto voluto stringere fra le labbra una sigaretta, ormai vietata da quando avesse scoperto di essere incinta. "Amara e Chuck si sono affrontati, si è creato il caos e a quanto pare Lucifer ha messo incinta una donna, generando un Nephilim che nascerà a breve". 
Edward scosse la testa e sospirò, mordendosi l'interno della guancia con nervosismo. 
La guardò negli occhi per qualche istante e subito Abby capí: tutte quelle informazioni, Edward le conosceva già. 
Gli Uomini di Lettere lo avevano già aggiornato. 
L'uomo si schiarí la gola e si fermò davanti a lei, interrompendo anche il moto della donna che rimase in piedi davanti a lui a guardarlo negli occhi. "Intendo tu e Dean? State di nuovo insieme, non è vero?". 
La sua espressione divenne più seria, serrò la mascella e si limitò a guardare Edward negli occhi: non voleva ferirlo, non voleva fargli credere di essere corsa nuovamente da Dean quando Edward avesse lasciato lei ed il bunker. 
Eppure, suonava esattamente così. 
Edward sorrise mestamente come se gli facesse davvero piacere sapere che Abby avesse trovato nuovamente la sua strada verso Dean, e la donna scosse la testa distogliendo lo sguardo. "Dannazione Abby.. ho provato così tanto a farti aprire gli occhi, a farti capire che razza di uomo è Dean, ma tu non mi hai mai voluto ascoltare. Sapevo che sarebbe successo. Siete così legati che è impossibile per voi stare lontani". 
Abby tenne lo sguardo basso e inserì le mani all'interno della grossa tasca della sua felpa, facendo spallucce mentre sentiva il suo sguardo indagatore su di sé.
Sentiva il cuore battere più velocemente e si sentí sommersa dal senso di colpa perché, nonostante Edward cercasse di nasconderlo e fosse pure bravo nel farlo, Abby aveva colto uno strano scintillio nei suoi occhi. 
Lo stesso che avesse visto quella sera, quando le avesse chiesto se amasse ancora Dean. 
Quando tornò a guardare nei suoi occhi nocciola, lesse il suo stesso senso di colpa riflesso nel suo sguardo ed Abby aggrottò le sopracciglia.
Edward si avvicinò nella sua direzione di qualche passo, prendendo un lungo respiro come per farsi coraggio per iniziare a confessare qualcosa di cui probabilmente avesse un po' di paura. "Quella sera non sarei dovuto andare via e lasciarti in quel modo. Sarei dovuto rimanere con te. Per quello che può valere Abby, se potessi tornare indietro, non me ne andrei. Sono stato un totale idiota e volevo solamente che tu sapessi che mi disp-..".
La melodia della suoneria di Abby iniziò a fluire fra loro, interrompendo il discorso che Edward si fosse preparato per mesi per dire ad Abby come davvero si sentisse, approfittando di quel giorno in cui Ashley fosse a caccia da sola.
Abby sgranò gli occhi e si scusò mentre estraeva il telefono dalla tasca, inorridendo nel leggere i messaggi furiosi che avesse ricevuto da parte di Dean quando capì che passare del tempo con Edward l'avesse del tutto distratta dai suoi doveri genitoriali. "Dannazione! Dovevo prendere Mary a scuola due ore fa!". 
Quando incrociò i suoi occhi, Edward accennò un sorriso comprensivo ed annuí come se ci fosse abituato.
"Certo, la piccola Mary: non ti trattengo oltre allora".
Abby rimase ad osservarlo mentre respirava in modo accelerato, elaborando solamente in quell'istante tutte le parole che Edward le avesse detto prima di essere interrotto dal suo telefono.
Aveva sperato con tutta se stessa che Edward non lasciasse il bunker; aveva creduto che sarebbe tornato, ravvedendosi sulle sue azioni.
Ma le settimane passarono dopo la loro rottura e di Edward non c'era stata più traccia.
Edward le sorrise e le fece segno di andare, che fosse tutto a posto e di non preoccuparsi, perché avrebbero potuto riprendere il discorso davanti ad una birra in un altro momento, ed Abby si ritrovò a fargli un cenno con la mano prima di incamminarsi verso la sua auto posteggiata qualche metro più avanti in quel parcheggio di cemento. 
Stava quasi per salire in auto sentendosi parecchio frastornata e confusa dopo le sue parole, quando si ritrovò ferma per qualche istante a sollevare lo sguardo verso Edward che ancora la guardasse. 
Il suo cuore adesso batteva forte nel petto ed Abby sospirò rumorosamente, deglutendo a fatica mentre un nodo di stabilizzava all'altezza della gola senza farla respirare e cercava dentro di sé le parole giuste. "Non passa giorno in cui io non pensi a come siano andate male le cose fra noi, alla fine. Ma voglio che tu lo sappia". 
Edward aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra in un'espressione sorpresa e curiosa. "Che sappia cosa?". 
Guardò nei suoi occhi nocciola e ciò che avesse seppellito dentro di sé da ormai quattro mesi, uscì dalle sue labbra come un fiume in piena senza che lei stessa potesse averne il controllo. "Edward, sarei rimasta con te. Se tu non fossi andato via, se mi avessi ascoltata quella sera, io sarei rimasta con te. Ti amavo e ti ho aspettato. Ho sperato che tornassi da me, ma.. la situazione ha preso una piega diversa". 
Con il cuore che batteva ancora forte nel petto e uno strato lucido che le imperlò gli occhi, Abby mise a tacere la sua voce tremante e spezzata dalle emozioni che presero a fluire dentro di lei al ricordo di quella notte, e scosse la testa accennando un sorriso amaro, mentre osservava il volto composto di Edward che non tradiva nessuna emozione. 
Forse non gli faceva piacere sentire quelle frasi, forse Edward era andato avanti davvero e non voleva rivangare il passato doloroso. 
O forse non gli importava più nulla e pranzare insieme voleva essere per lui un modo per dimostrare a se stesso di averla superata. 
Abby gli fece un altro cenno con la mano ed entrò in macchina indossando i suoi occhiali da sole per nascondere gli occhi lucidi. 
Edward sentí il motore rombare e la vide uscire dal parcheggio senza più guardarlo. 
Quelle parole, gli avevano fatto male. 
Non poteva negarlo. 
Gli avevano dato la conferma che avesse commesso il più grande errore ad andare via.
Ma ormai faceva parte del passato ed Edward non poteva far altro che lasciare andare. 
Quando della Hyundai azzurra non ci fu più alcuna traccia, Edward sospirò e scosse la testa, estraendo dalla tasca il taccuino di pelle che avesse precedente sfilato dalla tasca di Abby. 
Sospirò e se lo ritirò fra le mani, chiedendosi cosa ci fosse scritto di così speciale e perché Isobel lo bramasse così tanto. 
Ma dopo quelle ore insieme, una cosa fu talmente chiara a Edward da risultare ovvia: era ancora così tanto innamorato di Abby, che non avrebbe potuto tradire la sua fiducia in quel modo. 
"Dannazione!!" sibilò fra i denti e sospirò rumorosamente, rimettendo in tasca il taccuino di pelle e scuotendo la testa, preferendo perdere il suo posto tra gli Uomini di Lettere per aver fallito un compito, piuttosto che rivelare qualsiasi cosa Abby avesse appuntato all'interno di quei fogli. 


 
"È il mio bambino, io non voglio che lui muoia! Per favore!". 
I tre ragazzi guardarono la donna davanti a loro, seduta sul bordo del materasso della stanza di motel dove Castiel la tenesse quasi in ostaggio dopo essere riuscito a trovarla grazie alla collaborazione con i Winchester; Abby invece stava appoggiata alla parete con le braccia incrociate al petto ed un sopracciglio sollevato, rimanendo in disparte mentre guardava Kelly disperarsi e non poteva far altro che dispiacersi per lei, perché riusciva ad immaginare quanta forza ci volesse a combattere così duramente per salvare la vita della persona che amava più al mondo e che portasse in grembo. 
"Eri d'accordo anche tu, Kelly: volevi togliere di mezzo questo bambino prima ancora di farlo crescere così tanto dentro di te e adesso dobbiamo trovare un'altra soluzione per liberarcene!". 
Dean parlò spinto dalla rabbia accumulata negli ultimi giorni e con un tono molto alto, facendo sobbalzare la ragazza davanti a sé che istintivamente si passò le mani sul suo pancione come se potesse proteggere il suo bambino da quei tre uomini che volevano fare di tutto per uccidere suo figlio. 
Abby incrociò il suo sguardo e lo guardò in modo allibito, fulminandolo con gli occhi e chiedendosi come diavolo facesse a parlare in quel modo ad un'altra donna che aspettasse un figlio proprio come lei.
Avanzò di qualche passo nella stanza deglutendo a fatica perché non aveva la minima idea di cosa avrebbe potuto dire per aiutare la donna davanti a sé e arrivò vicino a lei cercando di sorridere e di tranquillizzarla. 
"Non preoccuparti Kelly, troveremo un'altra soluzione. Noi non vogliamo uccidere il tuo bambino, te lo prometto". 
Kelly guardò nei suoi occhi con aria spaventata e supplicandola di aiutarla, e qualcosa dentro di lei le fece capire che Abby dicesse il vero e che non volesse fare del male a suo figlio; fu istintivo per lei afferrarle una mano e posarla con forza sul suo pancione nonostante Abby cercasse di allontanarsene. 
Un unico contatto che Dean non riuscì ad impedire perché fu troppo veloce anche per lui e vide la mano di Abby illuminarsi di una strana luce dorata, spostarsi sul suo braccio fino ad attraversare il suo collo e farle scintillare gli occhi della stesse luce, ed Abby si immobilizzò sgranando gli occhi. 
Abby si irrigidì come un tronco di legno ed inarcò la schiena all'indietro fino ai suoi limiti, determinando l'apertura della sua solita giacca di pelle che avesse iniziato a starle stretta che rivelò la pancia ormai più tonda che mai.
"Lasciala andare!". 
Dean la tirò velocemente indietro afferrandola dalle spalle e con poca delicatezza staccò la mano di Kelly da quella di Abby; le prese il viso fra le mani e guardò nei suoi occhi per capire se stesse bene, scuotendole il volto ed osservando il modo in cui Abby stesse lentamente tornando in sé, scuotendo la testa e sbattendo le palpebre un paio di volte. 
Guardò il ragazzo davanti a sé senza dire una parola, scorgendo dentro di lui la stessa rabbia con cui le avesse urlato contro due giorni prima, quando Abby era rimasta troppo a lungo alla base dei letterati, scordandosi della promessa di prendere Mary a scuola. 
"Che cos'era quello?" chiese Abby liberandosi della presa di Dean e guardando in direzione di Kelly con aria stupita, sgranando gli occhi e deglutendo a fatica. 
"Sei incinta anche tu, Abby. Sei una madre: tu sai cosa si prova a dover dare via il proprio bambino. Ho visto come hai provato a salvare la tua primogenita!" esclamò Kelly accennando un sorriso ed annuendo convinta, sollevandosi dal materasso con fatica mentre provava a tenersi in equilibrio dato il suo ormai enorme pancione, per avvicinarsi ad Abby che indietreggiò scuotendo la testa. "Morirò per dare alla luce mio figlio, ma tu sarai ancora qui e potrai salvarlo. So che lo farai". 
"Perché diavolo dovrei farlo?!" esclamò Abby con tono più arrabbiato, massaggiandosi la mano che Kelly le avesse precedentemente afferrato per toccare il suo pancione, notando come Castiel e Sam si fossero avvicinati a lei per farle da scudo insieme a Dean. "Perché dovrei salvare il figlio del diavolo?". 
Kelly fece spallucce e accennò un sorriso, sfiorandosi il pancione con dolcezza e guardandolo come se potesse vedere e sentire davvero suo figlio. "Perché sei una madre e so tutto di te, perché mio figlio lo ha visto quando ti ho toccata. Perché salverai te stessa, salvando il mio bambino".


Rimasero tutti paralizzati e scioccati quando udirono il rumore dello sparo che squarciò la notte; aver riottenuto la Colt era stata una grande vittoria e adesso Eileen avrebbe potuto fornirgliene un'altra, se solo Dagon non fosse sparita prima che la pallottola indirizzata a lei la colpisse, lasciando che un Uomo di Lettere inglese morisse al posto suo. 
E adesso erano punto a capo, con le armi puntate l'un l'altro e Mick e Isobel che avrebbero dovuto uccidere Eileen per aver assassinato involontariamente uno di loro; Abby non ci pensò due volte ad estrarre la pistola e puntarla contro i due, intimando alla madre di dare l'ordine di abbassare le armi ai suoi uomini. "Isobel, ti prego. È stato un incidente". 
Erano tutti lì per ottenere lo stesso risultato: attirare Dagon nella trappola lanciata da Kelly stessa e uccidere il demone, ma le cose avevano preso una strana piega. 
E adesso la situazione stava per peggiorare drasticamente. 
Dopo che Dean e Sam riuscirono a far ragionare gli Uomini di Lettere, anche Abby abbassò la sua pistola per riporla nella guaina della sua cintura. 
Si allontanò appena dai ragazzi per avvicinarsi a Mick, il quale si fosse rivelato essere un vero amico al bunker, nonostante non si fidasse fino in fondo di lui. 
Ma Abby riusciva a vedere quanto fosse diverso dagli altri inglesi e prestò si avvicinò a lui come se si trattasse di un fratello minore; gli mise una mano sulla spalla e lo condusse appena più lontano dalle orecchie indiscrete degli altri Uomini di Lettere, avvicinandosi alla loro auto per parlare con lui e dirgli di aver fatto la scelta giusta. 
Dean la guardò con un piccolo sorriso, perché sapeva quanto Abby si affezionasse alle persone in rare occasioni e cercasse sempre di aiutarle prendendole a cuore, un po' come accadde tanti anni prima quando conobbe Anael. 
Isobel si avvicinò ai due Winchester con un sospiro, attirando l'attenzione dei due su di sé e guardando per qualche istante il corpo del suo uomo giacere a terra senza vita, con la camicia imbrattata di sangue e bucata in corrispondenza del cuore, esattamente dove la pallottola lo avesse perforato. "Scusate, è nostra abitudine vendicare la morte di uno dei nostri uomini. E John era un bravo soldato, davvero un bravo, bravo soldato". 
"È stato un incidente" si affrettò a ribadire Dean, sollevando un sopracciglio e tenendosi pronto ad ogni evenienza mentre osservava la donna che ancora continuava a guardare il corpo del suo uomo privo di vita. 
Isobel lo guardò negli occhi con aria molto seria per dei lunghi istanti, non lasciando trasparire neanche un'emozione e ciò che provasse davvero e dopo poco accennò un sorriso amaro; osservò Sam guardarla con aria preoccupata, rimanendo in allerta nel caso in cui avesse cambiato idea ed il ragazzo si spinse vicino ad Eileen per allontanarla.
Isobel seguí lo sguardo di Dean, trovandolo posato su Abby che fosse ancora lontana ed intenta a parlare con Mick vicino ad una delle loro auto, e la donna sollevò un sopracciglio con aria sicura di sé. "Ad ogni modo, sono contenta che tu e Abby abbiate chiarito le vostre divergenze". 
Dean aggrottò le sopracciglia con aria stupita, guardandola senza parole e studiando nuovamente il suo sguardo; sapeva che Abby avrebbe preferito essere torturata piuttosto che aprirsi con Isobel e raccontarle qualcosa di personale. "Di quali divergenze parli?". 
"Beh, forse non dovrei dirtelo ma.. Edward mi ha raccontato di come tu ti sia infuriato quando hai saputo che Abby non avesse preso Mary a scuola perché stavano pranzando insieme e devo ammettere che quando li ho visti, sembravano molto complici e intimi. Ma vedo che l'hai superata, quindi sono contenta per voi".
Isobel lo guardò con aria eloquente, sollevando un sopracciglio e sorridendo in maniera maliziosa perché voleva che capisse ciò che avesse detto fra le righe e che il seme del dubbio si impiantasse in lui; lo vide cambiare espressione e sforzarsi di sorridere, rassicurandola che andasse tutto bene e presto si allontanò dalla donna per arrivare al fianco di Abby. 
Le fece segno di andare e la ragazza salutò Mick con un gesto della mano, osservandolo poi salire in auto con Isobel e sfrecciare via da quell'ampio piazzale in cui avessero attirato Dagon per far si che mollasse la presa su Kelly.  
Quando l'auto fu abbastanza lontana ed Abby notò il modo in cui Sam ed Eileen stessero parlando fra di loro, la ragazza si voltò verso Dean con aria preoccupata perché avevano di nuovo perso Kelly e adesso sarebbe stato più difficile trovarla, ma lesse qualcosa di strano nello sguardo del ragazzo e capí che da lì a poco ci sarebbe stata una forte litigata. 
Sbuffò sonoramente ed allargò le braccia, sentendosi davvero esausta per quei continui battibecchi. "Che c'è, Dean? Perché ce l'hai con me adesso?". 
Dean indugiò con lo sguardo su di lei per capire se ci fosse ancora qualcosa che non andasse fra di loro, ma non trovò alcuna traccia di titubanza o di rabbia nascosta, e il ragazzo fece spallucce scuotendo la testa assumendo un'aria fin troppo seria. "Hai dimenticato nostra figlia a scuola perché stavi pranzando con Edward?".
Abby lo guardò con aria stranita chiedendosi come facesse a sapere del suo pranzo con Ed e del suo coinvolgimento con gli inglesi, ma sospirò rumorosamente e scosse la testa, voltandosi dalla parte opposta osservando il piazzale fino a qualche istante prima gremito di persone, ormai del tutto vuoto. "Si Dean, è cosi". 
"Wow, davvero.." sussurrò Dean ridendo nervosamente e scuotendo la testa, osservando distrattamente il fratello intento a consolare Eileen per aver ucciso una persona, ma presto tornò a guardarla con aria arrabbiata. "Perché non mi hai detto che lavora anche lui con gli inglesi? E perché stavi pranzando con lui, dannazione?". 
Abby aggrottò le sopracciglia e accennò un sorriso nervosa, voltandosi nella sua direzione con aria incredula ed allargando le braccia. "E perché avrei dovuto? Per aumentare i problemi che già abbiamo? Per farti pensare che tra me e Edward ci sia di nuovo qualcosa?".
"Dimmelo tu!". Dean alzando fin troppo la voce e stringendo la mascella per il nervosismo mentre la guardava con aria furiosa, stringendo anche i pugni e posando il suo sguardo accusatorio sui suoi occhi. "Siete di nuovo molto intimi, no? Insomma, hai dimenticato tua figlia a scuola per stare con lui! Tua figlia! E come se non bastasse gli hai anche raccontato della nostra litigata!". 
Abby sgranò gli occhi e aggrottò nuovamente le sopracciglia, rimanendo sorpresa delle sue accuse e di ciò che volessero davvero dire, così scosse la testa e fece un passo indietro. "Io ed Edward ci siamo incontrati alla base e abbiamo pranzato insieme, in una sala piena di persone, una sola volta. Non lo vedo da quel giorno, quindi non posso avergli raccontato di come hai perso la ragione e mi hai praticamente accusata di non essere una buona madre quando ho fatto tardi". 
Dean la guardò con profonda rabbia, sentendo dentro di sé il sangue ribollire e iniziando a pensare che non avrebbe mai dovuto permetterle di far parte dei Letterati, scuotendo la testa. "Stai mentendo: quante altre persone erano presenti quando io e te abbiamo discusso su nostra figlia? E sai cosa mi fa pensare, tutto questo? Che hai fatto la scelta sbagliata! Che vorresti essere rimasta insieme a lui e forse così non ci sarebbe stato questo bambino in arrivo, che probabilmente ti è solamente d'intralcio!". 
Abby sgranò gli occhi e dischiuse le labbra con aria incredula mentre ascoltava le sue parole, guardandolo in cagnesco e sentendosi profondamente ferita dalle sue accuse. 
Poteva capire il fastidio che Dean provasse nel saperla a stretto contatto con Edward, ma non si aspettava un comportamento del genere proprio da lui, l'unico che avrebbe dovuto fidarsi di lei e credere alle sue parole senza esitazione. 
Tirò su col naso e lo guardò attraverso uno strato lucido che si fosse formato sui suoi occhi, carezzando inconsciamente il suo ventre appena più rotondo come se potesse proteggere il bambino che portasse in grembo dall'udire quelle parole. "Sai essere proprio stronzo quando ti impegni, Dean. Non posso credere che tu l'abbia detto". 
Ma Dean non ascoltava più e scosse la testa con un sorriso amaro sul volto, deciso più che mai a credere alla propria versione piuttosto che stare ad ascoltare quella che leggesse negli occhi della ragazza davanti a sé. 
La superò per arrivare all'Impala in pochi passi, non degnandosi più neanche di guardarla in viso perché si sentiva fin troppo arrabbiato anche solo per farlo. "Senti, lascia stare, non mi importa. Rimani pure alla base quanto ti pare e non ti disturbare a tornare al bunker: mi prenderò io cura di Mary!". 
Abby lo vide salire nell'Impala in attesa che Sam ed Elieen si avvicinassero per tornare a casa, e per un istante Abby lo guardò con odio, perché sapeva che per quanto si sforzassero fra di loro le cose non sarebbero mai cambiate; c'era stato un tempo in cui Dean credeva ad ogni sua singola parola senza mai metterla in dubbio, adesso invece credeva che tutto ciò che dicesse fosse una bugia solamente perché aveva iniziato a lavorare con i britannici per concedere ai loro figli una vita diversa rispetto a quella che avevano avuto loro. 
Si mosse arrabbiata superando l'Impala smettendo di guardare Dean, arrivando fino alla sua Hyundai e salendo all'interno nonostante la sua vista fosse offuscata dalle lacrime; accese il motore e presto uscí sgommando da quel piazzale senza guardarsi più indietro, mentre Dean la guardò andare via dallo specchietto retrovisore con il cuore più pesante. 
Entrambi però furono ignari del fatto che la prima macchina uscita da quel piazzale con dentro Isobel, non fosse in realtà andata via e fosse rimasta nascosta dietro a degli alberi ad osservare la scena con un sorriso vittorioso di chi avesse ottenuto ciò che volesse; accese la sua auto e sorrise ancora, uscendo dal suo nascondiglio per tornare alla base per far si che il suo piano potesse continuare a prendere atto. 

 

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Capitolo 68
*** Capitolo 61. ***


Hunters’ Legacies
Capitolo 61.

"Castiel scappa con Kelly e io devo venirlo a sapere dagli inglesi?". 
Lo sguardo adirato che Abby riservò ai due ragazzi fu il peggiore che la donna avesse mai messo su in tutti quegli anni, guardandoli con rabbia e delusione con le braccia serrate al petto; Dean si limitò a guardarla con aria accigliata, perché davvero non capiva più cosa la ragazza si aspettasse da lui e che cosa ci facesse lì. "È stato tutto un casino ultimamente. E poi mi sembra che ti trovi bene alla base con loro, no?". 
Abby scosse la testa sentendo gli occhi pizzicare ed abbassò lo sguardo passandosi l'indice ed il pollice della mano destra sule palpebre, perché sentiva che a breve sarebbe esplosa nella rabbia soprattutto adesso che le sue emozioni venivano amplificate dalla gravidanza. 
Tornò a guardarlo con aria delusa, fredda e distaccata, e fece un passo avanti fino a raggiungerlo seduto al secondo tavolo della sala centrale. 
"Quanto durerà questo trattamento? Sai che sto cercando solamente di aiutare, di collaborare per far sì che Mary e il bambin-..".
"Non me ne frega proprio un cazzo in questo momento, Abby!" esclamò Dean alzandosi di scatto dalla sedia della grande sala del bunker e alzando molto il tono di voce mentre la guardava in cagnesco. "Tu dovresti stare qua insieme alla tua famiglia! Dovremmo parlare del bambino, preparare una stanza per lui, dovremmo discutere anche sul nome da dargli e prepare Mary insieme, ma tu sei troppo impegnata a stare con le persone sbagliate!". 
"Dean, cerca di darti una calmata!".
Sam sollevò lo sguardo arrabbiato verso il fratello maggiore e lo canzonò con lo sguardo, scuotendo la testa perché proprio non gli piaceva il tono con cui si fosse rivolto alla ragazza davanti a sé.
Entrambi si voltarono verso Sam, ed Abby gli riservò un sorriso gentile ringraziandolo silenziosamente.
A Sam non importava ciò che accadesse fra di loro: considerava Abby come una sorella, ormai.
Era la madre di Mary, la bambina che adorava e che avesse cambiato la vita di Sam e di tutta la loro famiglia.
Sam non aveva mai smesso di rimanere in contatto con Abby, vedendosi molto spesso alla base degli inglesi e quasi sempre Sam si intrufolava nei laboratori e ragionava insieme ad Abby e a Dan sulle ipotetiche armi che potessero utilizzare sui campioni di tessuto delle varie creature.
Le dava supporto, le parlava di tutto e cercava di farla distrarre il più possibile, rassicurandola che anche quella turbenza con Dean sarebbe passata.
Abby però abbassò lo sguardo e si sentí ancora una volta ferita da quelle parole, perché non solo per l'ennesima volta le aveva detto fra le righe di essere una madre poco presente e disinteressata, ma la stava anche accusando di non essere minimamente interessata al bambino che sarebbe arrivato.
Scosse la testa e sorrise amaramente, sentendo gli occhi pizzicare: avrebbe voluto rispondergli, dirgli che fosse un idiota a non ascoltarla davvero, ma silenziosamente lo sorpassò senza dire niente, dirigendosi verso il corridoio per lasciarselo alle spalle nonostante sentisse la sua voce pentita richiamarla, ma Abby era già andata via.
Si mosse nel corridoio buio che ormai conoscesse a memoria e si diresse fino alla cameretta della sua bambina.
Aprí la porta in silenzio e trovò Mary a dormire nel suo letto stretta alla sua bambola di pezza, ed Abby sorrise dolcemente quando la vide; si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò alla piccola, sedendosi sul materasso e sfiorandole la testa biondiccia mentre la guardava dormire serena.
Senza fare bruschi movimenti si sdraiò sul lettino accanto a lei, stringendola fra le braccia e chiudendo appena gli occhi pensando a quanto la sua piccola le mancasse alla base. 
Se non avesse mai avuto figli, Abby probabilmente non si sarebbe mai lasciata convincere a far parte di quell'organizzazione, ma ormai era responsabile per altre due vite e non era importante se per un po' sarebbe stata lontana da Mary, se l'obiettivo più grande fosse quello di offrire un mondo più sicuro alle persone che amava di più. 
Strinse la figlia a sé e rimase a coccolarla con dolcezza, pensando che tutto il senso della vita risiedesse sulle fossette delle guance di sua figlia e sorrise con tenerezza, mentre sentiva l'umore dentro di sé tornare finalmente a dei livelli molto alti.
Senza fare nulla, la sua piccola le riempiva il cuore e la faceva sentire nuovamente invincibile.
Semplicemente esistendo, Mary le permetteva di affrontare qualsiasi cosa pur di proteggerla.
Dove a riconoscere che Dean stesse facendo un notevole lavoro con Mary: tutti i giorni la preparava e l'accompagnava a scuola, le preparava da mangiare, si prendeva il tempo per stare insieme a lei ed in più doveva anche continuare le ricerche su Kelly che fosse sparita.
Era davvero un ottimo genitore ed Abby non avrebbe potuto desiderare padre migliore per i suoi figli.
Abby rimase probabilmente più di due ore sdraiata sul letto di sua figlia a coccolarla mentre dormiva, a rimboccarle le coperte ed a baciare la testolina, quando il suo telefono squillò nella sua tasca ed Abby si affrettò ad afferrarlo per non svegliare Mary.
Si accertò che la piccola dormisse ancora e solamente dopo si apprestò a leggere il contenuto del messaggio che fosse arrivato sul suo cellulare.  Per qualche istante Abby rimase interdetta ed incredula, deglutendo a fatica e sgranando gli occhi perché non poteva credere ai suoi occhi.
Diede un ultimo bacio sulla fronte della bambina e si alzò silenziosamente, arrivando fino alla porta per raggiungere nuovamente i due ragazzi ancora svegli che trovò in cucina a sorseggiare qualche bevanda alcolica, che presto allontanarono quasi a nasconderla quando videro Abby entrare nella stanza. 
La ragazza si diresse verso la macchinetta del caffè, sentendosi colta nuovamente dalla solita stanchezza da gravidanza, e si affrettò a portare la tazza alle labbra per berne qualche sorso, sforzandosi di ignorare gli sguardi di disapprovazione del maggiore. 
"Ho una brutta, brutta notizia da darvi.." sussurrò Abby sospirando rumorosamente, avvicinandosi al tavolo e guardando i due ragazzi per poi soffermarsi su Sam con aria triste e dispiaciuta, sedendosi accanto a lui e sfiorandogli la schiena. "Ho un un sistema nel telefono che mi aggiorna sulle strane morti e su ciò che di strano trova la polizia: hanno trovato un cadavere, pensano sia stato attaccato da un animale, ma ho visto le immagini e penso sia opera di un cerbero. Si tratta di Eileen, Sam. Mi dispiace tanto". 


L'aver visto il corpo freddo steso su un tavolo di acciaio d'obitorio della donna che sentiva non essere solamente un'amica, l'aveva fatto sentire davvero uno straccio mentre sentiva delle vecchie ferite tornare a ricordargli che non potesse assolutamente affezionarsi a qualcuno senza che questo morisse. 
Ma la sensazione di smarrimento e il dolore provato a quella vista da Sam, furono nulla quando suo fratello trovò una lettera che Eileen gli avesse scritto appena qualche giorno prima di morire, dicendo loro che sarebbe tornata al bunker perché era convinta che qualcuno la stesse spiando e volesse ucciderla. 
Qualcuno come gli Uomini di Lettere inglesi. 
La prima cosa che i due fratelli fecero fu quella di andare alla ricerca di eventuali microfoni sparsi nel bunker, in modo da avere in mano la prova schiacciante che i Letterati li stessero spiando, e presto ne trovarono qualcuno posizionato proprio sotto il tavolo centrale e sotto quello della cucina.
Dean non ci pensò due volte prima di afferrare il telefono e chiamare Abby per avvertirla, ma più il telefono squillava più si rendeva conto che non potesse parlare apertamente all'interno di quel bunker, né da nessun'altra parte perché probabilmente anche i loro telefoni erano sotto controllo, e subito fu chiaro al ragazzo che la litigata fra lui e Abby fosse stata perfettamente architettata da Isobel solamente per allontanarli.
"Dean?".
Il ragazzo rimase un momento in silenzio, guardando il fratello con occhi sgranati perché non aveva pensato a come poter parlare con Abby senza fare insospettire dei Letterati; si schiarí la gola e sospirò, sentendosi terribilmente dispiaciuto per ciò che stesse per dire. "Ciao Abby.. Mmh, io ci ho pensato e credo che dovremmo parlare di noi e di Mary. Dobbiamo trovare una soluzione che non le faccia male". 
Abby rimase di ghiaccio a sentire quelle parole, sentendo il cuore battere più forte all'idea che Dean potesse ferirla in quel modo in un momento così deli sto come la gravidanza, e non aveva esitato a lasciare il lavoro per dirigersi verso l'indirizzo fornito da Dean, sentendosi però completamente terrorizzata.
Se ne stava seduta all'interno della sua auto posteggiata sul ciglio della strada guardandosi attorno alla ricerca del ragazzo che sarebbe dovuto arrivare entro un paio di minuti ed Abby si sentiva tremendamente dispiaciuta e avrebbe tanto voluto tornare al bunker e chiudere quella faccenda una volta per tutte. 
Ma presto vide arrivare l'Impala affiancarsi proprio accanto alla sua Hyundai ed Abby lo guardò per qualche istante, trovandolo con uno sguardo fin troppo serio. 
Deglutì a fatica e scese dalla sua auto, e vide il ragazzo farle segno di salire nella sua senza neanche guardarla in viso, e si chiese quando si fossero allontanati in quel modo così orribile. 
Abby credeva che andasse tutto bene, che fossero felici e che l'arrivo del bambino lo avesse reso pienamente contento, ma adesso a guardarlo guidare senza neanche aver detto una parola Abby avrebbe giurato che fosse tutto il contrario. 
"Dean..".
"Aspetta solamente un momento, ok? Un momento e ti spiegherò tutto". 
Abby annuí in silenzio nonostante fosse spaventata da ciò che le avrebbe detto da lì a breve, sospirando e guardandosi attorno senza avere la minima idea di dove la stesse portando, ed istintivamente si sfiorò il ventre come a rassicurare anche il suo bambino che tutto sarebbe andato per il verso giusto. 
Il ragazzo accostò davanti ad un vecchio motel e spense il motore facendo sollevare un sopracciglio di Abby, perché non capiva davvero cosa avesse intenzione di fare; per la prima volta la donna incrociò gli occhi di Dean da quando fosse salita sulla sua auto, e subito si sentí appena più tranquilla quando vi lesse serenità. "Pensavo che mi avessi chiesto di vederci per parlare".
La maschera seria di Dean si sciolse in un sorriso divertito che si affrettò a nascondere dietro ad un'espressione più seria, facendole segno di scendere dalla macchina ed Abby lo seguì senza battere ciglio, perché era davvero curiosa di capire cosa diavolo stesse accadendo fra di loro e perché Dean l'avesse portata in un motel.
Scosse la testa e lo seguì, osservandolo affittare una stanza matrimoniale e ringraziare il gestore del posto, facendo segno ad Abby di andargli dietro mente ignorava il suo sguardo confuso. 
Quando la porta si chiuse alle spalle di Dean, Abby lo osservò avvicinarsi alla finestra e chiudere le tende in modo ossessivo e la ragazza non riuscì a far altro che voltarsi verso di lui con aria spazientita e perentoria, sollevando un sopracciglio e guardandolo in cagnesco. "Ok Mr. Stranezza, adesso mi sono stancata. Vuoi dirmi che diavolo ci facciamo qui o no?!". 
Dean cercò davvero le parole giuste per dirle tutto ciò che stesse accadendo, iniziando da Isobel che li avesse fatti litigare fino ad arrivare agli Uomini di Lettere che avessero ucciso Eileen, ma iniziò subito a pensare che la ragazza gli fosse mancata fin troppo per rimanere lì a parlarle; si avvicinò di scatto e le afferrò il viso fra le mani, chinandosi su di lei per baciarle le labbra. 
Inizialmente Abby rimase impietrita a guardarlo con occhi sgranati, perché le sue stranezze le facevano girare la testa, ma presto Abby si strinse di più a lui e lo baciò con la stessa intensità, beandosi di quel contatto così intimo e così dolce. 
Sentí le sue mani scostare la sua felpa larga e scendere a sfiorarle la schiena per attirarla più vicina a sé mentre sorrideva contro le sue labbra, ed Abby aprí gli occhi per guardarlo con lo stesso sorriso.
Prima che Dean potesse nuovamente annullare la distanza fra i loro volti, Abby riuscì ad avere un unico momento di lucidità da rendersi conto che Dean non le avesse dato alcuna spiegazione, così lo allontanò spingendogli una mano sul petto. 
Lo guardò negli occhi per qualche istante e vide il sorriso sincero e divertito che le stesse riservando, il modo in cui la guardasse e come la stringesse più vicino al suo corpo, ed in quel momento Abby pensò che si fosse sbagliata e che non fosse mai cambiato nulla fra di loro. 
Il suo sorriso svaní quando però il ricordo della litigata della sera in cui Dagon avesse ripreso con sé Kelly tornò nella sua mente, e ripensò anche alla telefonata in cui Dean le disse di dover parlare con urgenza, ed il sangue le ribollí nelle vene. "No! Non puoi tenermi il muso per settimane e poi portarmi qui e baciarmi come se fosse tutto a posto! Che diavolo significa?". 
Dean sospirò rumorosamente e le sfiorò il viso con un sorriso dispiaciuto, pensando che Abby fosse sempre in grado di sorprenderlo facendo spallucce mentre la guardava. "Prima dimmi che tu e il piccolo state bene: conta solo questo per me adesso". 
Abby accennò un sorriso e si portò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio, avvicinandosi nuovamente al ragazzo e sollevandosi sulle punte per dargli un bacio dolce a fior di labbra chiudendo gli occhi e beandosi di quel momento. "Stiamo bene". 
Dean sorrise e si portò le sue mani alle labbra per depositarvi dei piccoli baci mentre la guardava negli occhi, e presto la condusse sul piccolo divano presente nella stanza per farla sedere e permettere di stare più più comoda, mentre lui si limitava a star seduto su una sedia di legno davanti a lei, parlando e sfiorandole l'addome che diventava sempre più tondo. 
Le raccontò tutto ciò che avessero scoperto: dai microfini alla verità sulla morte di Eileen, e Dean vide l'espressione di Abby divenire tremendamente arrabbiata quando iniziò a capire che dietro a tutto ciò ci fosse unicamente Isobel, ed iniziò a pensare che avrebbe potuto affrontarla una volta per tutte, avrebbe potuto ucciderla e toglierla dai giochi, ma nonostante non l'avesse vista negli ultimi 27 anni, Isobel rimaneva sempre sua madre ed Abby non era un'assassina a sangue freddo. 
"È una situazione terribile davvero e mi dispiace tanto per tutto, ma mi hai fatto morire di paura con quella telefonata: ho creduto che volessi lasciarmi, lo sai?" disse Abby muovendosi in maniera irrequieta sul divano con occhi lucidi, iniziando a sentire i disturbi tipici della gravidanza e sollevando i piedi sul tavolino alle spalle del ragazzo, che si avvicinò con un piccolo sorriso per rassicurarla, ma tutto ciò che ottenne fu una piccola spinta sul petto ed una minaccia tutt'altro che finta. "Se lo fai di nuovo ti uccido: sei un idiota e non ti perdonerò mai per avermi spaventata così". 
Dean sorrise appena e si sedette a fianco della ragazza, avvicinandola a sé con un sorriso e passandole un braccio attorno alle spalle. "Andiamo ragazzina, dove pensi che ti possa lasciare andare senza di me? Sai che non ti ho mai lasciata uscire dal raggio del mio sguardo. Mai".
Abby accennò un sorriso e si avvicinò per baciarlo nuovamente con dolcezza, mentre sentiva la sua mano giocare con la sua felpa solamente per poter continuare a toccarle il ventre e la sua pelle, e la ragazza si sentí talmente al sicuro e a casa che pensò di non tornare mai più alla base degli inglesi. "Quindi che facciamo? Scopriamo cosa vogliono da noi fingendo di esserci davvero lasciati? Non mi piace l'idea di starti lontano". 
Dean annuí silenziosamente e sospirò, stringendola appena più forte e baciandole la tempia con dolcezza. "È l'unico modo per scoprire cosa sta succedendo, ragazzina. Darei qualsiasi cosa per prendere il tuo posto e lasciare te e Mary al sicuro". 

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Capitolo 69
*** Capitolo 62 ***


Hunters' Legacies
Capitolo 62.


"Maledizione, stavamo andando così bene! Cos'è andato storto?". 
Dan si mosse freneticamente nel laboratorio, camminando avanti e indietro mentre analizzava gli appunti delle dosi dei reagenti cercando di capire come mai tutto il loro lavoro fosse improvvisamente collassato sotto i suoi stessi occhi, e preso dalla rabbia e dalla frustrazione diede un forte calcio alla gamba del tavolo, facendo cadere alcune provette che si infransero al suolo. 
Abby cercò di essere più sorpresa possibile, avvicinandosi al fratello e cercando di capire cosa fosse accaduto, nonostante lo sapesse benissimo: da quando era stata informata di ciò che i Letterati avessero fatto, spiandoli ed iniziando ad uccidere i cacciatori americani che non aderivano al loro progetto, Abby aveva capito che se se ne fosse andata gli inglesi sarebbero stati troppo sospettosi, così decise di agire dall'interno in maniera tale da non essere scoperta. 
Sabotò l'intera ricerca che stesse conducendo con suo fratello, nonostante fosse così dispiaciuta di vedere il suo duro lavoro andare in fumo.  
Lasciò scivolare sul campione il reagente sbagliato, che con una piccola esplosione distrusse tutto il lavoro che avessero fatto in quei mesi. 
"Ricominceremo da capo, sta tranquillo Daniel". 
Abby si tolse il camice e sospirò facendo spallucce ed apparendo appena seccata, mentre sentiva la nausea tornare a darle fastidio ed istintivamente si mise una mano sull'addome, sfiorandolo appena da sopra una delle sue felpe lunghe e larghe che avesse iniziato ad indossare per nascondere la gravidanza che ormai iniziava a notarsi sempre di più. 
Dan sollevò lo sguardo arrabbiato verso di lei e scosse la testa, sbuffando per poi osservare la sorella sfiorargli la testa e accennargli un sorriso per tranquillizzarlo, prima di uscire dal laboratorio. 
Si diresse verso la sua stanza, perché aveva davvero bisogno di stendersi un po' e di riposare, probabilmente anche di vomitare il poco cibo che fosse riuscita a mandare giù quella mattina dato il modo in cui il bambino avesse iniziato a farsi sentire, muovendosi in maniera irrequieta tanto da procurarle una forte ondata di nausea.
Indugiò sulla porta della sua stanza, tenendo la mano sulla maniglia e chiudendo gli occhi mentre si lasciava andare ad un'espressione dolorosa mentre sentiva il piccolo continuare a muoversi ed Abby scosse la testa, perché anche Mary aveva iniziato a farsi sentire dal quinto mese di gravidanza in poi. 
Stava per entrare nella sua stanza dopo aver ritrovato un po' di pace ed aver pressato con le dita sul suo addome per intimare al piccolo di non muoversi troppo, quando dei passi alle sue spalle la fecero voltare di scatto, tirando un sospiro di sollievo nel vedere Edward avvicinarsi a lei senza nessuno di quegli irritanti Uomini di Lettere inglesi.
"Ehi rossa. Stai bene?" 
Abby lo guardò con aria seria e sospirò, voltandosi interamente nella sua direzione ed annuendo mentre guardava nei suoi occhi nocciola con tranquillità. "Si, sto bene. E tu? Sembri molto stanco". 
Edward accennò un sorriso e fece spallucce perché un cacciatore non sarebbe mai stato completamente riposato e rilassato, e studiò la sua espressione diversa dal solito e capì che qualcosa in lei non andasse. "Ho parlato con Dan, prima. Mi ha raccontato del vostro esperimento che non è andato e io.. volevo solamente dirti che mi dispiace". 
Abby si appoggiò alla porta con la schiena e guardò l'omone davanti a sé con un sorriso, facendo spallucce e scuotendo la testa.
Dean le aveva detto di tenersi distante anche da Edward, di rimanere sospettosa e di non fidarsi troppo di lui perché poteva essere coinvolto nei traffici loschi dei Lettorati, che avrebbe potuto fare del male a lei ed al bambino. Ma Abby sapeva che non fosse possibile, perché Edward non le avrebbe mai fatto del male neanche sotto tortura.
"Grazie Ed. Lo apprezzo".
L'uomo davanti a sé accennò un sorriso ed indugiò sul sul sguardo per qualche altro istante, sospirando perché non aveva la minima voglia di andare via e lasciarla per l'ennesima volta, ma fece spallucce e la salutò con un cenno della mano prima di voltarsi ed incamminarsi lungo il corridoio.
Ed Abby rimase ad osservarlo per un paio di secondi con ancora un sorriso sulle labbra ed il cuore che batteva più velocemente nel petto.
Si voltò ed abbassò la maniglia della sua porta, e stava proprio per entrare e chiudersela alle spalle se Edward non l'avesse richiamata, fermandola appena in tempo.
Si voltò ad osservare il suo viso contratto dall'indecisione, fino a quando fece dei grossi passi verso di lei e le si avvicinò guardandola con aria dispiaciuta. "Senti, non prendere nel modo sbagliato quello che sto per dirti, ma.. Isobel è davvero strana. Le sue richieste sono.. bizzarre e io mi trovo in una posizione in cui non vorrei essere".
"Di che richieste parli?".
Edward sospirò e mise una mano sulla porta della stanza della ragazza dopo essersi guardato attorno in modo furtivo, facendole segno col capo di entrare insieme a lui.
Abby si mosse in silenzio lasciando che entrasse nella sua stanza e notando il sorriso divertito di Edward nell'osservare la grande pila di vestiti disordinati che Abby avesse ammassato su una sedia, perché troppo pigra per piegarli e rimetterli al proprio posto.
"Smettila di prendermi in giro".
"Io non ho detto niente, rossa". Edward fece spallucce e la guardò con uno di quei grossi sorrisi che scaldassero il cuore ad Abby, finendo per abbassare lo sguardo e coinvolgerla, facendo sorridere anche lei.
Quando Abby fu pronta a sollevare gli occhi fino ai suoi, si era già seduta al centro del suo letto e lo stava guardando con aria più seria dopo essersi schiarita la gola. "Quindi, qali sono queste richieste strane di Isobel?".
Edward smise di indugiare con lo sguardo sul disordine che ci fosse in quella stanza, allontanando dalla sua mente le immagini di quando Abby si fosse trasferita a casa sua e stessero insieme, ricordando involontariamente come faticasse a trovare le chiavi della sua auto, il telecomando o addirittura le chiavi del locale perché vi era quasi sempre una maglia o dei vecchi jeans di Abby a coprirli.
Tornò a guardare la ragazza davanti a sé seduta sul letto e cercò le parole giuste che potessero fare sembrare normale e sano ciò che stesse per dire, ma si arrese scuotendo la testa perché sapeva che niente avrebbe potuto abbellire o camuffare le sue parole. "Isobel voleva capire le tue reali intenzioni verso l'organizzazione e per farlo voleva che io passassi del tempo insieme a te. Tua madre sa dei nostri.. trascorsi".
Abby sgranò gli occhi e lo guardò con aria confusa, inclinando la testa mentre elaborava la sua frase detta tutta d'un fiato e guardava nei suoi occhi nocciola che parevano molto sinceri. 
Accennò un sorriso amaro e scosse appena la testa, abbassando lo sguardo ferito mentre si torturava le mani con le unghie. "Quindi cos'ero io per te? Una missione da portare a termine? Quando mi hai chiesto di pranzare insieme, dovevi solamente obbedire ad uno dei suoi stupidi ordini?".
Edward sospirò e le si avvicinò in silenzio, sedendosi al suo fianco sul letto mentre continuava a guardarla nonostante Abby evitasse il suo sguardo come se fosse un tizzone ardente che potesse bruciarle la pelle. "Sai che non è così, Abby: io volevo passare il tempo insieme a te, volevo sapere come stessi". 
Sollevò lo sguardo arrabbiato e deluso verso i suoi occhi, fulminandolo con lo sguardo e stringendo i pugni chiusi sulle cosce: credere che niente di ciò che fosse accaduto fra loro fosse stato spontaneo, le fece pensare che Dean avesse davvero ragione e dirle di stare lontana da Edward. 
Si alzò di scatto dal materasso e scosse la testa, muovendosi in maniera agitata sentendo il bambino muoversi dentro di lei in maniera irrequieta, ed Abby si dovette appoggiare alla parete davanti a sé per riuscire a rimanere in piedi mentre controllava il respiro. "Per favore, va' via".
"No che non me ne vado". Edward si alzò come una molla e le si avvicinò guardandola con aria seria e preoccupata, osservando il modo in cui Abby stesse respirando affannosamente. "So che tu sai qualcosa che a quanto pare a me sfugge sui Letterati. Devi dirmi cosa sta succedendo, ti prego".
"È complicato, Edward".
Scosse la testa quando il suo respiro tornò regolare e gli diede le spalle perché non voleva che l'uomo guardasse nei suoi occhi ed intuisse che gli nascondesse qualcosa di importante, e per qualche istante Abby si chiese se potesse davvero fidarsi di lui.
Ma sentiva lo sguardo penetrante di Edward che le scavava la schiena, come per farle capire che non avrebbe mollato presto la presa su di lei, così Abby scosse la testa e si voltò a guardarlo; la guardava con lo sguardo di chi non ammettesse repliche e di chi esigesse con aria perentoria di sapere la verità, così la ragazza sospirò rumorosamente ed iniziò a parlare. "Sono finita nei guai, Ed".
Per qualche istante, l'uomo davanti a sé rimase a guardarla con una maschera seria, che presto si sciolse in un'espressione preoccupata.
Le si avvicinò di più, facendo sì che Abby indietreggiasse per non lasciarlo avvicinare ancora a sé, perché non aveva ancora deciso se classificarlo come amico o nemico, nonostante quel solo pensiero suonasse altamente ridicolo per lei. "Se sei in pericolo Abby, devi dirmelo subito". Edward si fermò sul posto ed intrappolò i suoi occhi azzurri con i suoi nocciola, studiando la sua espressione per riuscire a carpire qualche informazione, ma Abby sembrava troppo impenetrabile quella sera. "Pensaci, rossa: passi tutto il giorno qui alla base. Solo io qui posso proteggerti da qualsiasi cosa ti minacci. Ma devi fidarti di me: ti fidi ancora?".
Abby osservò l'uomo davanti a sé accennare un sorriso sincero nella sua direzione, annuendo in modo convinto ed allungando una mano verso di lei in modo speranzoso; il fatto che Edward facesse parte dei Letterati prima ancora di lei, le faceva credere che gli inglesi avessero avuto tutto il tempo necessario per iniziare a creare dei dubbi nella sua mente per poi usarli contro di lui.
Ma più Abby guardava nei suoi occhi nocciola, più riconosceva solamente l'uomo con cui avesse passato alcuni dei mesi più intensi ed importanti della sua vita.

"Ma certo che mi fido di te".
Si affrettò ad afferrare la sua mano e lo tirò verso di sé, sollevando le braccia fino a stringerle attorno al suo collo mentre sentiva le mani dell'uomo avvolgerle la schiena e stringerla di slancio nello stesso modo in cui avesse stretto lei.
Affondò il viso nel suo petto e respirò dopo tanto tempo il suo odore mischiato a quello del sigaro che Edward adorasse, e si strinse più forte a lui.
Le era mancato ed era innegabile, e adesso Edward se ne stava rendendo conto.   
L'uomo sciolse l'abbraccio forse troppo presto solamente per scostarsi quanto servisse per guardare nei suoi occhi, accennando un sorriso amaro e sospirando; sollevò una mano per sistemarle un ciuffo dei suoi lunghi capelli ribelli dietro all'orecchio sinistro, ed Abby riuscì a leggere nei suoi occhi ed a percepire la sincerità. "Ha a che fare con ciò che sta succedendo ai cacciatori americani? Jimmy non torna alla base da ormai una settimana, così come altri miei amici che non rispondono al telefono. Sono preoccupato, specialmente per te".
Abby accennò un sorriso amaro e gli toccò la mano con cui ancora Edwards sfiorasse la guancia e continuò a guardarlo negli occhi, ma presto abbassò lo sguardo perché incapace di sostenere il suo. 
I suoi occhi nocciola erano carichi di sincera preoccupazione sulla sua incolumità. 
Edward avrebbe voluto proteggerla da qualsiasi cosa stesse accadendo, avrebbe dato la vita per lei, ed Abby questo riusciva a percepirlo.
Abby sentiva di non meritare ciò che Edward provasse per lei, sapeva che fosse sbagliato e che fosse ingiusto, eppure l'uomo sembrava non avere mai smesso di sentire per lei ciò che portava quando stavano ancora insieme. 
"Starò bene, promesso. Ma tu non dare troppo nell'occhio e non mancare agli ordini di Isobel: non voglio che ti succeda nulla". Abby fece spallucce e sospirò rumorosamente, accennando un sorriso debole e triste al pensiero che la sua stessa madre stesse cospirando contro di lei.
Poi la ragazza prese un lungo respiro ed abbassò lo sguardo, facendo un passo indietro e scuotendo la testata per mettere maggiore distanza fra di loro. "Dovresti andare, prima che si chiedano perché sei rimasto tanto nella mia stanza. Ma grazie per preoccuparti ancora per me, nonostante tutto".
Edward annuì e sorrise amaramente, mordendosi il labbro inferiore mentre la terribile volgia di non lasciarla da sola dirompeva nel suo petto, così come la sensazione che da lì a breve qualcosa di molto grave sarebbe accaduto.
Lasciò la presa sul suo viso delicato con molta fatica, sedato la voglia di abbracciarla un'altra volta e di respirare il suo odore ancora una volta. L'odore di violetta che Edward amasse tanto respirare sul suo collo.
Si allontanò lentamente e la superò con fatica, giungendo fino alla porta e lanciando un'ultima occhiata ad Abby che ricambiò quello sguardo scocciato nel doversi separare.
Stava quasi per uscire dalla stanza, quando la voce di Abby lo richiamò e Edward si voltò nuovamente nella sua direzione. 
"Non ti ho ringraziato per avermi riportato il mio taccuino: lì dentro annoto ogni risultato dei miei esperimenti, ogni mio risultato. C'era tutto il mio mondo, quindi grazie per avermelo riportato".
Edward sollevò le sopracciglia udendo quelle parole, sentendosi del tutto preso alla sprovvista: qualche giorno prima, si era introdotto nel laboratorio e aveva rimesso a posto il taccuino di Abby, lasciando sopra una nota scritta su di un pezzo di carta.
"Sei la solita sbadata.
-Ed
".
Edward fece spallucce e si morse il labbro, volgendo lo sguardo attorno a sé, sorridendo ampiamente e scuotendo la testa. "L'ho trovato nel parcheggio. Dev'esserti scivolato mentre passeggiavamo". 
Annuí sorridendo e accennò un sorriso sincero, ringraziandolo per averla informata e diventando sempre più convinta che Edward fosse davvero innocente e che fosse stato tratto in un tranello dagli inglesi.
Dopo che Edward uscì dalla stanza lasciandola sola, passò poco tempo prima che Abby si decidesse a muoversi velocemente nella direzione della porta ed a muoversi velocemente nel corridoio, colpendo involontariamente con una spallata almeno tre o quattro Letterati mentre si sforzava di arrivare velocemente nell'unica stanza dove avrebbe trovato una persona che avrebbe protetto lei ed il suo bambino. 
L'unica di cui si fidasse più di Edward, di Dan e certamente più della sua stessa madre. 
Bussò sonoramente alla porta richiamando la donna all'interno e sperando che vi fosse, ma quando non ricevette risposta iniziò a provare dentro di sé la paura che le fosse accaduto qualcosa e che fosse arrivata tardi; presto scassinò la serratura ed entrò all'interno della camera, chiudendosi la porta alle spalle. 
Non trovò nessuno all'interno della stanza e le sembrò tutto perfettamente in ordine a tal punto che iniziò a pensare che qualcuno fosse già passato di lì per ripulire qualsiasi cosa fosse successa; prese immediatamente il telefono e velocemente mandò un messaggio di SOS a Dean, mentre le mani le tremavano e dentro di sé si diffuse la grande consapevolezza di essere tremendamente in pericolo.
Sobbalzò quando la porta del bagno si spalancò sotto si suoi occhi e si portò una mano sul cuore, essendosi davvero spaventata perché Abby dava per scontato che la stanza fosse vuota senza aver controllato il bagno, ma si rasserenò e pensò di essersi preoccupata per nulla quando vide Mary uscire da lì con uno sguardo interrogativo. "Ciao tesoro, che ci fai qui?". 
Abby tirò un respiro di sollievo e senza pensarci due volte si avvicinò alla donna, stringendola in un forte abbraccio senza dire una parola ma sentendo dentro di sé la felicità per saperla sana e salva senza neanche un graffio; Mary le era sempre stata accanto da quando Abby avesse messo piede alla base degli inglesi, cercava di farla sentire a suo agio e fu felice di vederla lì insieme a lei e che avesse finalmente capito il motivo per cui Mary avesse preferito gli Uomini di Lettere alla sua stessa famiglia. 
Perché anche Abby lo aveva fatto per un bene più grande, per salvare il futuro dei suoi figli. 
Inoltre era l'unica persona alla base a sapere che lei e Dean aspettassero un altro bambino. 
"Stai bene, Abby? Ti vedo un po' scossa.." sussurrò Mary sciogliendo l'abbraccio e accennando un sorriso dolce, tenendole ancora le mani fra le sue e guardando nei suoi occhi azzurri per capire cosa ci fosse che non andasse. "Devi calmarti, altrimenti tuo figlio si agiterà con te".
"Ci sto provando, Mary" rispose la ragazza sospirando ed abbassando lo sguardo per un momento, sentendosi fin troppo vulnerabile e sola in quella base, desiderando di poter solamente tornare a casa. Prese un lungo respiro e tornò a guardare la donna, accennando un sorriso e facendo spallucce. "Sta succedendo qualcosa di strano: i cacciatori americani vengono uccisi uno dopo l'altro e Ketch mi guarda come come se io fossi la prossima nella sua lista da serial killer. Quell'uomo mi mette i brividi e avevo bisogno di sapere che almeno tu sei dalla mia parte e che mi guardo le spalle". 
Mary accennò un sorriso molto dolce guardandola con aria intenerita e le sfiorò il viso con un gesto materno che le scaldò il cuore, ed Abby per un istante immaginò che quello fosse proprio il modo in cui si dovesse comportare una madre nei confronti della figlia; la donna le portò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio sinistro e cercò di tranquillizzarla. "Non preoccuparti Abby, nessuno ti farà del male. Ci sono io qui con te, ok?". 
La ragazza accennò un sorriso ed annuì con un sospiro, pensando che fosse davvero fortunata ad avere almeno Mary, Dan e Edward insieme a lei in quel covo di killer; fece scivolare lo sguardo per la stanza spartana per afferrare una sedia e riposare qualche istante, ma il suo sguardo incontrò presto dei vestiti sporchi di sangue che sporgevano da sotto il letto e sgranò appena gli occhi cercando di non farsi troppo notare. 
Ed in un secondo, tutto le fu chiaro. 
Non sapeva come né quando, ma Abby capí che gli inglesi avessero compromesso anche Mary; si irrigidí e lasciò la presa sulle sue mani, accennando un grosso sorriso fin troppo accentuato, facendo istintivamente un passo indietro. "Forse ho esagerato e qui non sta succedendo niente di strano; è meglio che io torni a lavoro, nel laboratorio. Ci vediamo più tardi, ok?". 
Non le diede il tempo di rispondere né di fermarla, ed Abby si voltò immediatamente senza guardarla più in volto, arrivando alla porta per scappare via da quella stanza, iniziando a pensare che avrebbe dovuto impiegare tutte le sue forze per uscire di lì da sola; uno sparò squarciò l'aria vicino al suo viso ed Abby cadde rovinosamente a terra sbattendo il fianco e la testa contro il pavimento.
A Mary non importò che avesse appena sparato alla ragazza di suo figlio e alla madre di sua nipote, né fece caso al pancione che avesse rivelato la felpa che Abby indossasse, aprendosi sul davanti in seguito alla caduta.
Mary avanzò verso di lei con ancora la pistola fra le mani e lo sguardo freddo e vuoto, così vuoto che Abby ebbe paura di cadervi dentro quando iniziò a sbattere le palpebre e si teneva forte la spalla sinistra che rpese a sanguinare. 
Abby era completamente terrorizzata, spaventata all'idea di perdere la vita e di conseguenza terminare anche quella di suo figlio non ancora nato, e istintivamente toccò con la mano sinistra il suo addome rotondo e la destra la mise fra lei e Mary, chiedendole di non ucciderla con le lacrime agli occhi. 
Ma Mary non rispose, né smise di guardarla con quell'aria seria e priva di emozioni, fin quando la colpí dritta in viso con il calcio della pistola, facendo cadere Abby in un sonno profondo. 



Sbatté le palpebre un paio di volte cercando di abituarsi all'ambiente fin troppo luminoso in cui si trovasse e cercò di ricordare come fosse finita lì e che cosa fosse accaduto, quando si rese conto di essere completamente legata ad una sedia da delle corde doppie che le intoepidissero le braccia e le gambe, ricordando immediatamente la maniera in cui Mary le avesse sparato alla spalla e come l'avesse poi colpita al volto. 
Si mosse agitata guardando la stanza bianca completamente vuota attorno a sé, con solamente un tavolino con le rotelle alla sua destra su cui fossero posizionati degli strumenti che le ricordasse quelli da tortura, e subito Abby sentí gli occhi pizzicare mentre tremava di paura per ciò che sarebbe potuto accadere al suo bambino, che però sentí muoversi leggermente dentro di sé come per rassicurla che stesse bene. 
La porta davanti a lei si spalancò ed Abby deglutí a fatica quando vide entrare Ketch insieme a Mary, notando come l'uomo sorridesse mentre la donna fosse molto seria, quasi priva di emozioni. 
"Brutto figlio di puttana, ti farò supplicare la morte se solo mi toccherai. Ti strapperò il cuore, mi hai sentito?!". 
Abby urlò con tutto l'odio che avesse in corpo, sentendosi completamente terrorizzata e cercando di ricacciare indietro le lacrime che volessero scivolare sulle sue guance, ma vide l'uomo ridere divertito e avvicinarsi a lei per guardarla con un sorriso vittorioso. 
"Non vogliamo farti del male, solo modificare una parte di te: sei una guerriera formidabile, perché ucciderti se possiamo usarti?" chiese Ketch sorridendo, mettendo le mani all'interno delle tasche del suo completo elegante e facendo spallucce. 
Abby sgranò gli occhi e lo guardò con aria incredula, non capendo completamente ciò che volesse lasciare intendere l'uomo davanti a lei e deglutí lentamente. "Usarmi? Ma che razza di psicopatico sei?! Che cosa vuoi da me?!". 
"Ti ricordi l'amichetta di tuo fratello, Lady Bevell? Arriverà a breve, lei sarà in grado di farti cambiare punto di vista cambiando una parte della tua psiche" rispose l'uomo accennando un sorriso, avvicinandosi per allungare una mano nella sua direzione e sfiorarle il viso con una carezza delicata. "Ovviamente le nostre cacciatrici non possono dare alla luce un bambino, quindi dovremmo occuparci anche di quello".
Abby sgranò gli occhi e si ritrasse immediatamente con quel contatto, sentendo due lacrime scivolarle lungo le guance e provò nuovamente a liberarsi dalle corde, finendo solamente per farsi del male; sollevò nuovamente lo sguardo verso di lui, trovandolo compiaciuto e divertito come se si stesse godendo lo spettacolo, e la ragazza rabbrividí nuovamente quando incrociò il suo sguardo. "È quello che avete fatto a Mary? Avete modificato la sua prospettiva manipolandole la mente? Beh mi dispiace bastardo, ma con me non funzionerà!". 
Ketch scoppiò in una fragorosa risata, scuotendo la testa e voltandosi a guardare con aria divertita Mary che però non contagiò, ma rimase con sguardo freddo e vitreo; l'uomo fece spallucce e continuò a sorridere, per poi piegarsi appena sulla donna legata alla sedia e guardarla più da vicino. "Perché? Credi di essere abbastanza forte da opporti al processo? Non è così, piccola; tutti cedono prima o poi: ti arrenderai e finirà per piacerti essere una di noi"
Abby cercò di allontanarsi nonostante continuasse a guardarlo negli occhi per fargli capire che non avesse alcuna paura di lui, e avrebbe tanto voluto trovare il modo di liberarsi per colpirlo dritto in viso e aprirgli la gola in due, quando sentí la porta spalancarsi nuovamente; Ketch si mise nuovamente dritto dopo dei lunghi secondi in cui avesse guardato la donna davanti a sé con aria piuttosto seria e perentoria, e presto si voltò a guardare in direzione della soglia, sgomberando anche la visuale ad Abby. 
La donna entrò silenziosamente e si avvicinò ai due con aria molto seria dopo aver riservato un'occhiata di sufficienza alla ragazza legata, la quale scosse la testa e sollevò gli occhi al cielo sentendosi di nuovo completamente sola: anche Isobel era a conoscenza del piano di Ketch di bloccarla in quella stanza e di farle fare il lavaggio del cervello, perdendo di conseguenza il suo bambino. 
Sentí Isobel parlare come se nulla fosse con Ketch e con Mary, istruendo la donna su altri cacciatori americani che non si fossero piegati alla loro volontà e  che avrebbe dovuto uccidere, così come aveva fatto con la sua stessa famiglia il giorno precedente. 
Il cuore iniziò a battere sempre più velocemente nel petto della donna fino a che divenne l'unica cosa che riuscì a udire, ed Abby iniziò a sentire tutte le certezze dentro di sé sgretolarsi una dopo l'altra: il sangue che avesse visto sui vestiti di Mary sotto il letto non apparteneva a dei cacciatori qualsiasi, ma proprio a Sam e Dean. 
Sentí le lacrime rigarle il volto e udì Mary uscire dalla stanza mentre Isobel restò sola con Ketch, a parlare di come si sarebbe svolto il loro nuovo piano di assediamento sul territorio americano. 
"Mary li ha uccisi? Sam, Dean.. Mia figlia? Sono tutti morti?". 
La voce di Abby tremò e fu un tale sussurro che pensò che non l'avessero sentita, ma vide i due voltarsi verso di lei e sorriderle compiaciuti, ed in quel momento la donna capí che fosse davvero finita.
Avevano perso. 
Non era rimasto più nessuno da salvare. 
Ketch si avvicinò alla ragazza con aria vittoriosa, afferrandole il viso fra le mani per costringerla a guardarlo. "Si e sono morti soffrendo terribilmente mentre erano alla ricerca di ossigeno, dopo che io e Mary li  abbiamo chiusi dentro il bunker senza possibilità di uscita! Sono tutti morti e tu non hai più una famiglia".
Abby sentí altre lacrime rigarle il volto e il cuore spezzarsi dentro di lei, perché il dolore all'idea che la sua famiglia e che sua figlia fossero morti fu indescrivibile con qualsiasi parola; iniziò a tremare per il dolore e per la rabbia, ma non abbassò lo sguardo e rimase a fissarlo negli occhi con tutta la sua furia, sussurrando fra i denti: "Un giorno non troppo lontano, ti prometto che morirai per mano mia Ketch. E non sarà rapido, non sarà un taglio netto: sarà lungo e lento e la pagherai". 
Ketch rise di gusto come se si stesse trovando ad un party e quella fosse la miglior battuta che avesse sentito durante tutta la giornata. "Hai davvero una fantasia eccezionale, Abigail. Mi sarà utile quando dovremo lavorare fianco a fianco nelle cacc-..".
Uno sparo squarciò l'aria ed Abby sobbalzò incapace di poter unire le mani e proteggere il suo bambino, ma vide Ketch davanti a lei diventare immediatamente serio mentre la sua camicia si inzuppava di sangue a tal punto da fargli venire meno le forze, osservandolo cadere rovinosamente a terra del tutto incosciente. 
Le liberò la vista a tal punto che Abby riuscì a vedere la madre  proprio davanti a sé, con l'arma ancora fumante puntata contro l'uomo a terra e lo sguardo tremendamente dispiaciuto e addolorato, e vide Isobel scattare in avanti e rinfoderare la sua pistola nella guaina della cintura, per poi estrarre un coltellino svizzero dalla sua giacca ed iniziare a tagliare le corde che la tenessero bloccata. 
Fu tanta la sorpresa, che Abby non riuscì a dire nulla mentre la osservava liberarle le braccia e le gambe, limitandosi a guardarla senza parole con occhi sgranati.
"Dobbiamo andare, tesoro. Andiamo, ti porto fuori di qua".
La ragazza non disse più nulla e si chiese perché Isobel la stesse aiutando, perché avesse sparato a Ketch pur di salvarla, ma si lasciò condurre dalle mani della madre che l'afferrarono di peso, costringendola ad alzarsi ed uscire dalla stanza in cui fosse stata tenuta prigioniera. Forse si sarebbe salvata, forse avrebbe trovato un modo per far nascere il bambino dentro di sé, ma Abby non poteva sopportare di aver perso sua figlia e l'amore della sua vita; così si chiuse in sé e lasciò che sua madre la facesse passare attraverso un lungo corridoio che Abby non avesse mai percorso, fino ad arrivare ad una stanza con delle scale a muro, che davano l'accesso all'esterno. 
Isobel le ordinò di salire ed Abby si ritrovò a mettere i piedi in fila uno dopo l'altro, salendo le scale fino ad emergere in superficie trovandosi nel piazzare di un parcheggio buio, quando due paia di braccia diversi l'afferrarono facendola sobbalzare e quasi cadere, ma i due uomini la tirarono fuori da lì con forza. 
Abby incontrò lo sguardo di Dan e di Edward, e poi quello di Isobel alle sue spalle, e subito capí che gli unici alleati in quella base fossero sempre stati solamente loro tre, a parte Mary. 
Non resistette e si abbandonò contro le braccia di suo fratello appoggiando il mento sulla sua spalla mentre guardava Edward ed allungava una mano nella sua direzione, che l'uomo si apprestò a stringere con dolcezza mentre osservava le lacrime scendere dagli occhi di Abby mentre pensava a sua figlia ed a Sam e Dean. "Andrà tutto bene, sorellina". 
Dei passi dietro di sé la fecero trasalire ed Abby si affrettò ad asciugarsi le lacrime dagli occhi, sfiorandosi poi il ventre mentre sentiva il suo bambino muoversi irrequieto dentro di lei, non dovendosi più preoccupare di abbassare la felpa e nascondere la verità alle persone che aveva davanti. 
Dan rise di gusto e scosse la testa, osservando la pancia rotonda ma ancora contenuta della sorella e la sfiorò con le dita con dolcezza, mentre Edward si avvicinò silenziosamente con un sopracciglio sollevato, osservandola con aria confusa, quasi si fosse dimenticato come mettere in fila due parole per formulare una frase. "Quindi era questa la piega inaspettata che aveva preso la situazione, mmh?".
Abby guardò nei suoi occhi nocciola mentre ancora sentiva le lacrime intrappolate nelle sue lunghe ciglia ed annuí, mentre ancora stringeva la mano dell'omone davanti a sé con la sua.
Edward rimase serio per qualche istante ad osservarla con aria dubbiosa, sollevando un sopracciglio ed osservando il suo addome mentre faceva una stima approssimativa del mese di gravidanza in cui Abby si potesse trovare, ricordando di aver lasciato il bunker non meno di cinque mesi prima.
E quando vide Abby abbassare lo sguardo con aria colpevole e tirare indietro la mano, Edward sgranò gli occhi e scosse la testa mentre la guardava con aria incredula. "Abby, sei incinta..".
Edward lo ripeté come se stesse davvero prendendo atto di quell'informazione solamente in quel momento, sentendosi parecchio confuso e spaventato da quella notizia, ma presto la voce di Dan li distrasse, che tornò ad avvicinarsi a loro in modo molto veloce. "Dobbiamo andare: non è ancora finita ragazzi". 
Abby annuì con occhi lucidi sentendosi amareggiata per il modo in cui Edward la stesse letteralmente accusando con lo sguardo, e presto guardò la madre agitata ed intenta a guardarsi le spalle alla ricerca di qualche Uomo di Lettere che potesse averla seguita, e indicò con lo sguardo la macchina, facendo loro segno di andare. "Aspetta. Dove vuoi portarci?". 
"Abbiamo appena dichiarato guerra ai Letterati, sorellina. Dobbiamo andarcene alla svelta!" esclamò Dan sospirando, avvicinandosi verso la sua auto nera pronta alla fuga da quando sua madre gli avesse detto che Abby fosse stata catturata da Ketch e Mary, manipolata da Toni. "Dobbiamo organizzarci e star attenti ad evitare gli attacchi frontali finché non saremo pronti". 
Abby si lasciò condurre in silenzio da sua madre e da suo fratello, mentre sentiva Edward camminarle dietro mentre si affrettava a sostenerla, visibilmente provata per gli avvenimenti più recenti; una pioggia di proiettili giunse nella loro direzione e li investì completamente ed Abby venne tirata indietro appena in tempo da Edward, che le evitò almeno tre o quattro colpi casuali sparati unicamente con l'intenzione di uccidere i quattro fuggitivi.


Doveva essere a pezzi.
Chiunque al suo posto sarebbe stato a pezzi, affranta, paralizzata dal dolore che le attanagliava il cuore.
Aveva perso la sua intera famiglia e la sua bambina in un solo giorno.
Ketch aveva confessato di averli uccisi, prima che Isobel gli sparasse.
E se non fosse stato per il bambino che portasse in grembo, Abby avrebbe trovato sollievo nel trovare la morte.
Eppure Abby si trovava ancora in piedi, ancora a lottare nella pioggia di fuoco che si fosse estesa a tutto il parcheggio.
Gli Uomini di Lettere si stavano avvicinando sempre di più, nonostante Dan ed Isobel provassero a contrastare la loro potenza di fuoco.
Quando la prima ondata di proiettili era arrivata, il gruppo di quattro si era presto diviso: Edward aveva tirando indietro Abby per evitare che venisse colpita, e Isobel e Dan avevano continuato ad avanzare per mettersi in salvo.
Abby scambiò un'occhiata eloquente con Dan nonostante fosse lontano, nascosto insieme a sua madre dietro alla fiancata di un'auto, esattamente come fecero Abby e Edward.
Si voltò verso il ragazzone chinato alle sue spalle esattamente come lei ed Abby tornò ad essere la solita fredda cacciatrice scrupolosa e furiosa. 
Incrociò i suoi occhi nocciola e sospirò, allungando una mano aperta nella sua direzione. "Dammi la tua pistola".
Edward le rivolse un'occhiataccia e la scansò con forza, scuotendo la testa e sollevando un sopracciglio, mentre si sollevava quel tanto che bastasse per mettere sotto tiro due Letterati che si stessero avvicinando troppo e sparare due colpi veloci e centrali, uccidendoli sul colpo. "Maneggio armi da prima che tu imparassi a guidare, rossa. Non dimenticarlo".
Abby si ritrovò a sorridere della sua espressione fiera ed orgogliosa che faceva sfoggio della sua maggiore esperienza mentre lo guardava negli occhi nonostante la situazione difficile in cui si trovassero, ma divenne repentinamente seria quando udí un grugnito doloroso di Edward, che si sistemò contro fiancata dell'auto appoggiandovi la schiena. 
Sgranò gli occhi e si affrettò ad aprirgli la giacca velocemente, trovando la sua camicia del tutto zuppa di sangue ed Abby capí che quando Edward l'avesse salvata dalla pioggia di proiettili, li aveva in realtà presi al posto suo.
La donna sentì il cuore fermarsi per qualche istante per la forte paura, per poi tornare a battere più velocemente.
"No. Ho perso troppe persone oggi, non perderò anche te bartender".
Si tolse immediatamente la felpa che indossasse, iniziando a tamponare i due punti in cui le pallottole fossero entrate ma non fossero più uscite. Doveva innanzitutto fermare l'emorragia e portare Edward via da quel posto, per poterlo medicare e salvarlo.
"Abby: è il momento".
La voce di suo fratello la fece voltare nonostante il sangue di Edward stesse già imbrattando le sue mani ed Abby avrebbe solamente voluto avere più tempo, che però non sembrava essere dalla sua parte.
Guardò in viso Edward e vide come apparisse già più pallido e sudato, ma Abby accennò un sorriso convincente e gli prese la pistola dalle mani. "Ok bartender: ti porto via di qua".
"Quella è la mia pistola".
Edward cercò di opporsi quando Abby fece uno sforzo fisico fin troppo spinto, sollevandolo con forza da terra e costringendolo a passarle un braccio attorno al collo per appoggiarsi completamente a lei, ma Abby era testarda e cocciuta.
"Te la ridarò presto, non preoccuparti".
Aspettò che Dan mettesse in moto l'auto che avrebbe usato per scappare insieme a sua madre, distraendo i Letterati che spararono addosso alla vettura, ed Abby cercò il più possibile di correre mentre teneva saldamente Edward, il quale a sua volta si tamponava le due ferite senza emettere un fiato.
Riuscí a raggiungere il retro dove solitamente Abby parcheggiasse la sua auto, senza che nessun Letterato li notasse sgattaiolare via dal parcheggio principale.
Aprí lo sportello della sua auto ed Abby lo fece sedere con attenzione sul sedile del passeggero, per poi correre al posto del guidatore ed uscire sgommando da quel parcheggio.
Il suo cuore batteva così velocemente da farle paura, specialmente quando due Uomini di Lettere si accorsero della loro fuga ed iniziarono a sparare contro la Hyundai azzurra di Abby, la quale per tutta risposta gli puntò contro la pistola di Edward e sparò solamente due colpi, centrando perfettamente il loro petto ed uccidendoli prima che potessero dare l'allarme.
"Sei sempre così sexy quando uccidi i cattivi".  
Abby sgommò fuori dal parcheggio ed accelerò sempre di più, muovendosi a zig zag fra le macchine sulla strada per far si che chiunque li stesse seguendo, perdesse le loro tracce il prima possibile.
Accennò un sorriso dopo aver sentito le parole di Edward, che rise divertito e le fece l'occhiolino per complimentarsi della sua bravura ma presto tornò a gemere di dolore per le ferite che riportasse. 
Lo ignorò e gli intimò di continuare a pressare con la sua felpa, ma quando lo sentí lamentarsi ancora una volta, Abby guardò lo specchietto retrovisore mentre sfrecciava ad una velocità sostenuta, osservando le macchine alle sua spalle.
Nessuna sembrava familiare, nessuna sembrava appartenere agli inglesi che li volessero morti.
Così Abby decise di seguire il suo istinto: si accostò appena possibile e seguí le indicazioni per un motel ad ore che non fosse troppo lontano e quando finalmente lo raggiunse, Edward era già svenuto da un pezzo.
Tornò in sé quando Abby teneva già le chiavi di una stanza fra le dita e lo fece scendere dall'auto, trovandolo completamente senza forze.
Abby gli permise di aggrapparsi completamente a sé, sollevandolo con forza e muovendosi fino alla camera al piano terra da lei scelta.
Il suo respiro era lento ed irregolare, sentiva le forze venire sempre meno mentre riusciva a percepire le pallottole muoversi dentro di lui ed affondare sempre più in profondità ad ogni movimento.
Abby lo fece sdraiare sul materasso della stanza con decisamente troppa poco grazia, ma a giudicare dal suo fiatone e dal modo in cui si toccasse l'addome doveva essersi affaticata parecchio nel portarlo fino a lì. 
"Devi guardarmi e restare sveglio, Edward. Puoi farlo per me, bartender?".
Edward voleva chiudere gli occhi così disperatamente, voleva dormire e riposare, non era importante se si trattasse del riposo eterno.
Si sentiva così stanco ed affaticato come si fosse sentito solamente altre due o tre volte nella sua vita nelle quali aveva rischiato la vita come in quel momento.
Ma Abby gli stava chiedendo di rimanere sveglio per lei e Edward non poteva deluderla di nuovo.
Si sforzò di tenere gli occhi aperti nonostante non avesse più alcuna energia e notò il modo in cui Abby si era sistemata i capelli in una crocchia improvvisata e come tenesse vicino a sé la valigetta del pronto soccorso che probabilmente avesse recuperato dal bagno della camera. "Tornerei anche dal regno dei morti se a chiedermelo fossi tu, rossa". 
Abby non si lasciò distrarre dalle sue parole nonostante le avesse udite perfettamente, e gli sbottonò velocemente la camicia zuppa di sangue.
Osservò le due ferite sul suo torace e prese a disinfettare i bordi di quella al fianco destro, utilizzando a tradimento delle pinzette per recuperare la pallottola dalla ferita, avendola già intravista dall'esterno.
Edward contrasse i muscoli e le afferrò le mani per scansarle vie, gemendo di dolore e guardandola in cagnesco, ma almeno Abby sorrise soddisfatta perché lo aveva visto tornare ad acquistare un po' più di coscienza. "Sei un dannato macellaio: i soldati in guerra preferirebbero essere lasciati a morire, piuttosto che essere salvati da te!".
Abby si lasciò andare ad una risata di cuore mentre lo guardava e sentiva il cuore battere di felicità, perché mentre fermava l'emorragia e chiudeva quella ferita vedeva come il suo viso stesse lentamente iniziando ad essere più roseo. "Beh, se tu sai fare di meglio puoi estrarre la seconda pallottola da solo, soldato". 
Edward sospirò rumorosamente quasi fosse un ringhio di una bestia rabbiosa ed Abby fece spallucce, avvicinandosi alla sua spalla per osservare la seconda ferita.
La pallottola non era facilmente visibile dall'esterno, segno che fosse scivolata in profondità ed Abby prese un lungo respiro perché non aveva la minima voglia di farlo soffrire più del dovuto.
Stava per inserire le pinzette all'interno della ferita, quando Edward sollevò una mano nella sua direzione e le scostò una ciocca sfuggita alla sua crocchia e le sfiorò una guancia mentre la guardava. 
Abby lasciò scivolare i suoi occhi su quelli dell'omone disteso a letto che fossero ormai più vigili e presenti, e sospirò lentamente. 
Per qualche istante rimasero a guardarsi come se il tempo non fosse mai passato e come se non fossero ancora in pericolo, quando Edward interruppe quel contatto visivo e scivolò ad osservare l'ormai esposto addome tondo di Abby, fasciato unicamente da una maglietta sottile di cotone.
Lo osservò per degli istanti lunghissimi senza neanche azzardarsi a pensare di poter allungare una mano e sfiorarlo ed Abby si chiese dietro quale pensiero si fosse perso Edward e perché ci mettesse così tanto a dire qualcosa, quando poi sollevò finalmente lo sguardo ferito verso il suo e fece un'unica domanda.
"A che mese sei?".
Abby prese un lungo sospiro e chiuse gli occhi mentre sentiva le lacrime fare capolinea pronte ad essere riversate sulle sue guance, ma le cacciò indietro e scosse la testa e tornò a guardarlo con occhi estremamente lucidi. "Cinque mesi e.. tre settimane".
Sentiva il cuore battere forte nel petto mentre guardava nei suoi occhi nocciola così delusi e feriti, mentre lo osservava rendersi conto che quel periodo di tempo coincidesse perfettamente con il periodo in cui ancora Abby vivesse al bar insieme a lui.
Adesso lo sapeva anche Edward, come lo sapeva Abby e lo aveva saputo anche Dean.
Dean
Abby provò quasi un senso di mancamento quando si rese conto di aver indirettamente infranto la promessa che gli avesse fatto, quando l'aveva pregata di fare si che mai nessuno gli portasse via quel bambino.
Ma Dean era morto, lo aveva ucciso Ketch.
Era rimasto intrappolato nel bunker ed Abby sapeva che non ci sarebbe stato modo di aiutare Dean, la piccola Mary ed il resto della sua famiglia, perché era ormai troppo tardi.
Abbassò lo sguardo mentre le lacrime scivolarono sulle sue guance, cercando di scacciare il pensiero che la sua famiglia non ci fosse più perché altrimenti sarebbe crollata e non poteva permetterselo in un momento come quello; ci stava provando a non sentire tutto quel dolore perché sapeva che avrebbe fatto male al suo bambino. 
Ma come poteva sopravvivere ad un dolore così immenso?
"Dean sarà così felice di diventare di nuovo padre".
Abby tornò a respirare solamente in quell'istante quando udí la voce di Edward e fu lieta di concentrarsi su qualcos'altro.
Sollevò lo sguardo colpevole verso di lui e si asciugò le lacrime, scuotendo la testa. "Non ha più importanza: Dean è morto ieri notte".
"Per quanto l'idea mi alletti, sono abbastanza sicuro che non sia morto" rispose Edward con tono confuso tirandosi su sul letto fino ad appoggiare le spalle alla testiera, aggrottando le sopracciglia mentre la guardava negli occhi ed osservava la sua espressione cambiare. "Dan ha parlato al telefono con lui prima che Isobel venisse a liberarti: Dean, Sam la loro madre e la piccola Mary. Si stanno tutti riorganizzando contro i Letterati a casa di un poliziotto, Jody Mills".
Abby si portò le mani alla bocca per la sorpresa e nuove lacrime sfuggirono al suo controllo, questa volta di gioia, e la ragazza si trovò ad allungare le braccia verso Edward per affondare il viso sul suo collo, ed il ragazzo si protese verso di lei per stringerla a sé imbrattandole la  maglietta e la pelle del suo sangue.
Il suo cuore esplodeva di felicità a quella notizia ed Abby si lasciò stringere da Edward, che fu lieto di sentirla finalmente meno tesa e più serena nonostante non fossero ancora sfuggiti al pericolo.
Forse si mosse troppo bruscamente ed Abby lo sentí gemere di dolore ancora una volta, così si scostò da Edward troppo presto e gli regalò uno di quei sorrisi che gli facevano battere il cuore più forte. "Devo estrarre l'ultima pallottola".
Edward guardò nei suoi occhi azzurri e accennò un sorriso, continuando a stringere forte le sue mani con fermezza. "Si, devi decisamente farlo prima che muoia dissanguato".
Abby annuí in silenzio e lo allontanò appena, spingendolo contro la testiera ed avvicinandosi di più a lui con le pinzette, pronta ad estrarre la seconda pallottola mentre Edward si preparava ai modi maldestri e poco pratici di Abby.
Trattenne il dolore chiudendo velocemente la bocca per evitare che qualsiasi suono potesse uscire dalle sue labbra perché anche se la ferita gli faceva male, non era nulla di paragonabile a ciò che provasse quando leggeva il senso di colpa nei suoi occhi dopo aver fatto un movimento sbagliato con le pinze ed aver visto il dolore sul suo viso; continuò a sentirla mentre si muoveva dentro la sua ferita e la voce di Abby giunse alle sue orecchie in modo ovattato.
Le orecchie gli fischiavano, vedeva tutto sfocato e sentiva le forze azzerarsi molto velocemente e Edward raccolse le ultime energie che avesse per guardare Abby e sorriderle, dicendole qualcosa di cui la ragazza fosse già a conoscenza ma che le impedì di continuare il suo lavoro di estrazione della pallottola, per poi vedere tutto nero e perdere definitivamente conoscenza.


Aprí gli occhi sentendosi parecchio stanco, aveva una maledetta emicrania che lo stava facendo impazzire e riusciva persino a sentire il suo battere più velocemente nel petto.
Quando si guardò attorno e osservò la stanza del motel in cui si trovasse, Edward si chiese persino come diavolo ci fosse arrivato lì e cosa fosse successo; si mosse e fece per scostare le coperte trovandosi a torso nudo, vestito unicamente dalle fasciature abbastanza strette attorno alle due ferite che riportasse ed immediatamente Edward ricordò la sparatoria e la pioggia di proiettili da parte dei Letterati inglesi.
Ricordò il modo in cui avesse tirato a sé Abby per stringerla, facendole da scudo umano per prendere le pallottole al posto suo.
Quando si sentí tirare dal braccio, Edward notò la flebo che fosse collegata alle sue vene attraverso un ago e sollevò le sopracciglia chiedendosi come avesse fatto Abby a procurarsi quella roba, quando con sua grande sorpresa trovò due sacche di sangue ormai vuote ed accartocciate insieme a tante garze sporche gettate all'interno del cestino della stanza.
Notò le pallottole sul comodino conservate probabilmente come souvenir di tutta quella faccenda, ed Edward sorrise divertito.
Fece vagare ancora il suo sguardo per la stanza quando finalmente la vide: Abby se ne stava seduta sul davanzale con lo sguardo stanco rivolto fuori dalla finestra, mentre si perdeva dietro a chissà quale pensiero che le aggrovigliasse il cervello.
Non riusciva a vederla in faccia, ma Edward era sicuro che Abby fosse ancora molto preoccupata e tesa, e si chiese se tutte quelle forti emozioni le facessero bene data la sua condizione delicata.
"Rossa".
La richiamò con un sussurro, che giunse alle orecchie di Abby facendola quasi sobbalzare, per poi osservarla voltarsi verso di lui con l'espressione più felice di sempre a cui Edward non riuscì a non rispondere, se non con lo stesso sorriso.
"Sei sveglio! Come ti senti?".
Edward si tirò su a sedersi sul materasso e ci pensò su qualche istante, muovendo la spalla e sentendola essere già molto migliorata dall'ultima volta che fosse stato cosciente. "Davvero bene per essere quasi morto".
Le sorrise e presto lasciò scivolare lo sguardo sul tavolo accanto ad Abby, osservando delle grosse fiale di un probabile antibiotico e delle siringhe già utilizzate abbandonate sulla superficie della scrivania. 
Aggrottò le sopracciglia e si schiarí la gola, guardandola con aria sorpresa mista all'ironia. "Hai.."
Abby lo interruppe con una risata nervosa, avanzando lentamente ed incrociando le mani sotto al suo grembo. ".. rubato del sangue ed i farmaci per evitare che morissi? Certo che l'ho fatto!".
L'uomo sorrise divertito mentre la guardava, scuotendo la testa e rimanendo incredulo per ciò che avesse fatto per lui.
Aveva fatto molto di più del ricucirgli le ferite.
Gli aveva salvato la vita. 
"Mi hai fatto una trasfusione, rossa".
"Due, a dire il vero" lo corresse Abby sciogliendo la sua espressione seria in un sorriso, avanzando di qualche altro passo e facendo spallucce. "Volevo essere sicura che rimanessi vivo, tutto qui".
Edward sorrise del suo modo nervoso di parlare e di muoversi, e notò che Abby si fosse cambiata e che non portasse più i vestiti sporchi di sangue della sera precedente. 
Adesso la donna davanti a lui indossava dei jeans neri ed un pullover bianco che metteva in risalto il suo addome rotondo, e Edward ricordò la confessione di Abby della notte precedente mentre cercava di farlo sopravvivere.
E mentre guardava il pancione di Abby non ancora del tutto cresciuto, il sorriso di Edward scemò fino al punto di diventare serio. "Perché sei rimasta qui?".
"Qualcuno doveva assicurarsi che non morissi". 
Abby fece spallucce e rispose con una semplicità disarmante, sollevando lo sguardo dalle sue mani che si torturasse sotto il grembo fino ad incrociare i suoi occhi seri.
Edward non disse più neanche una parola mentre la guardava, sforzandosi di non accusarla con lo sguardo di averlo tenuto all'oscuro di ciò che le stesse accadendo, ed Abby scosse la testa e preferí rimanere in silenzio perché non avrebbe saputo da dove iniziare a parlargli.
Se ne stava in piedi a pochi passi dal letto su cui Edward fosse seduto, e ripensare alla telefonata di qualche ora prima con Dean le diede la forza per affrontare quel momento.
Abby era stata così dannatamente felice di poter parlare con Dean, sentire la sua voce e quella di Mary, sapere che stessero bene così come Sam, Dan ed Isobel.
Aveva sentito la piccola Mary dirle per telefono che avesse fatto la conoscenza della nonna Isobel, ed Abby fu lieta che ciò fosse finalmente accaduto.
In fondo Isobel si era messa contro un'intera organizzazione quando aveva saputo che Ketch avesse preso Abby.
Aveva messo insieme un piano che prevedesse la presenza solamente di Dan e di Edward, ed era corsa a salvare sua figlia ignorando gli avvisi del suo Capo, che le aveva promesso delle severe conseguenze.
"Quando ci raggiungi, mamma?".
Abby aveva sentita la piccola Mary parlare con impazienza al telefono perché aveva bisogno di lei così come anche Abby ne avesse di sua figlia; inoltre Abby sapeva che ci fosse ancora una situazione parecchio tesa dato il modo in cui gli Uomini di Lettere inglesi avessero fatto il lavaggio del cervello a Mary Winchester.   
Sam stava capitanando l'incursione all'interno della base dopo aver radunato più cacciatori americani possibili, a cui Dean non avrebbe potuto partecipare a causa della ferita al ginocchio che si era fatto per riuscire ad aprire un varco nelle spesse pareti del bunker e salvare tutti, compresa sua figlia.
Eppure Abby aveva sospirato perché sapeva che avrebbe potuto aiutare unicamente fornendo un po' di supporto morale, ma si era voltata ad osservare Edward incosciente a letto e aveva deciso che piuttosto che esporlo ad un ulteriore viaggio pericolo, sarebbe rimasta con lui per aiutarlo a riprendersi per tutto il tempo necessario.
"Presto, amore mio. Ma adesso passami papà". 
Aveva sentito Mary bonfonchiare uno strano saluto prima di passare il telefono al padre che fosse proprio lì vicino, e Dean se l'era portato all'orecchio mentre se ne stava seduto su una poltrona ed osservava Jody distrarre la piccola Mary con un vecchio libro che suo figlio amasse leggere. "Rimarrai ancora lì, non è vero?".
Abby aveva sospirato con le lacrime agli occhi e aveva scosso la testa, perché non riusciva a comprendere come fosse finita in una situazione come quella. "Solamente finché Edward non si riprenderà, promesso".
"Certo..".
"È in questa situazione per colpa mia, Dean: ha salvato me ed il bambino".
Udí Dean sospirare dalla parte opposta del telefono, mentre il suo cuore batteva così forte nel petto e sentiva gli occhi farsi lucidi. "Lo so, lo so. Ma torna presto da me, ragazzina. Intesi?".
"Non vedo l'ora, Dean".

Sbatté le palpebre un paio di volte e tornò al presente, prendendo un lungo respiro mentre ancora Edward la guardava in modo accusatorio.
Raccolse il suo coraggio e si avvicinò lentamente al suo letto sedendosi sul bordo perché le gambe iniziavano a farle male, e controllò chea flebo funzionasse ancora e che continuasse a far scivolare la fisiologica nelle sue vene.
Quando tornò a guardare nei suoi occhi nocciola, Abby sospirò rumorosamente e fece spallucce. "Perché te ne sei andato quella sera dal bunker?".
Edward rimase per qualche istante ad osservarla rimanendo in silenzio, perfettamente immobile quasi fosse una statua.
Il rimorso, il rammarico, il dispiacere tornarono prepotenti dentro di lui mentre aveva la certezza che andando via quella sera avesse rovinato l'unica cosa bella che avesse avuto nella sua vita. 
Distolse lo sguardo perché era incapace di guardare nei suoi occhi e leggere la sofferenza che lui stesso le avesse procurato con le sue azioni, e guardò dritto davanti a sé tornando ad appoggiare la schiena alla testata del letto.
Edward sapeva di averla ferita andando via, perché Abby si era totalmente aperta con lui e gli aveva permesso di vedere attraverso i fantasmi della sua anima più di quanto avesse mai fatto con chiunque altro. 
E lui se n'era andato, nonostante ciò.
"L'autosabotaggio fa parte del PTSD: è quello che mi ha detto il terapista del gruppo di sostegno per veterani".
Abby sollevò le sopracciglia e lo guardò con aria sorpresa, accennando un sorriso contento ed annuendo. "Quindi ci sei andato, alla fine".
Edward volse lo sguardo per incrociare i suoi occhi fieri per qualche istante ed accennò un piccolo sorriso amaro, annuendo . "Eri stata molto insistente, così mi sono detto perché no?"
Abby annuí e strinse le labbra in una smorfia, voleva sorridere perché era felice che finalmente Edward l'avesse ascoltata e si stesse prendendo cura di sé stesso affrontando i suoi traumi della guerra, eppure le faceva male che non lo avesse fatto prima.
Approfittò del fatto che Edward la stesse di nuovo guardando negli occhi e che non accennasse a distogliere lo sguardo dal suo.
Sentí gli occhi pizzicare ed in un attimo fu Abby ad abbassare il proprio, posandolo sulle mani che si stesse torturando con nervosismo. 
"Mi hai fatto male, Ed".
"Lo so".
"Mi hai spezzato il cuore quando te ne sei andato".
"E non mi perdonerò mai per questo".
Sollevò lo sguardo verso di lui, trovandolo tremendamente sincero e con gli occhi gonfi di chi stesse trattenendo il pianto.
Avrebbe voluto stringergli una mano, sfiorargli il viso.
Dirgli che tutto sarebbe andato bene.
Ma nessuno lo aveva fatto con lei, quando era Abby stessa a soffrire in quel modo.
Scosse la testa perché era arrabbiata e si alzò per nascondere le lacrime che fossero scese sul suo viso.
"Non sono tornata da Dean perché te ne sei andato, se te lo stessi chiedendo".
Strinse i pugni sopra il lenzuolo udendo quelle parole, osservando la ragazza muoversi nuovamente fino alla finestra per tornare a guardare fuori mentre parlava con voce incrinata da ciò che stesse provando.
"E allora perché sei tornata da lui?".
"Perché lo amo e non posso immaginare la mia vita senza di lui". Si voltò a pronunciare quelle parole per guardarlo dritto negli occhi, e Edward ebbe la sensazione che lo stesse facendo per convincere più se stessa che lui. 
Abby accennò un sorriso sincero, facendo spallucce e sfiorandosi appena il ventre con dolcezza mentre spostava lo sguardo su Edward. "Poi è arrivato questo bambino e ho desiderato così tanto di non rivederti mai più, perché sono ancora così dannatamente arrabbiata con te per essertene andato e ti odio per averlo fatto proprio quando ero così innamorata di te".
Edward abbassò lo sguardo incapace di sostenere il suo così furioso e ferito mentre dentro provava il rimorso più grande della sua vita, e la intravide voltarsi verso nuovamente verso la finestra per osservare il sole diventare sempre più alto nel cielo. "Non avrei dovuto lasciarti, quella notte. Sarebbe andato tutto diversamente se fossimo rimasti insieme, rossa".
Si voltò per guardare Edward negli occhi, ma l'uomo non la guardava più; teneva gli occhi fissi sul suo grembo tondo a pensare a chissà cosa.
La stanza le sembrò rimpicciolirsi sempre di più e la ragazza ebbe la sensazione di sentire l'aria mancare dai suoi polmoni.
"Devi riposare, torna a dormire un altro po' ".
Senza rendersene conto Abby si era già avvicinata al piccolo tavolo ed aveva indossato la sua giacca di pelle nera, lasciando scivolare i lunghi capelli all'esterno.
"Dove stai andando?".
Abby scosse la testa e rimase con la mano a mezz'aria per qualche istante, sentendo Edward tornare a sedersi sul letto e fare per scendere, mentre parlava con un tono imperativo.
Se non gli avesse dato un motivo convincente, Abby era sicura che Edward l'avrebbe seguita nonostante non si sentisse ancora bene.
Non poteva di certo dirgli la verità, cioè che stargli vicino le faceva ancora male.
Specialmente perché credeva che Edward fosse arrabbiato con lei per aver tenuto un bambino che lui non voleva senza neanche renderlo partecipe ed Abby credeva di aver letto il sollievo negli occhi nocciola di Edward quando aveva capito che Dean si fosse offerto di crescere quel bambino al posto suo.
Se solo Abby glielo avesse chiesto, Edward avrebbe smentito questi suoi due pensieri.
Ma Abby non chiese spiegazioni, perché avrebbero solamente complicato la situazione ancora di più.
Così si sforzò di accennare un sorriso, facendo spallucce. "Sono le otto del mattino, bartender. Ho bisogno del mio dannato caffè e di mangiare qualcosa. E anche tu ne hai bisogno, se vogliamo andarcene presto da questo dannato motel". 


"Mammaaa!". 
Una voce fin troppo familiare e che pensava di non aver più la possibilità di sentire giunse alle sue orecchie all'interno della casa deserta di Jody facendole esplodere il cuore di felicità, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.  
Istintivamente Abby si piegò sulle ginocchia per afferrare fra le braccia la piccola Mary che le corse incontro ridendo e la sollevò stringendola al suo petto, mentre respirava l'odore di sua figlia e sentiva gli occhi diventare sempre più lucidi.
Sentí le esili braccia di Mary circondarle il collo e Abby la strinse più forte, baciandole la testa mentre sentiva la paura di averla persa per sempre scivolare via da lei, abbandonandosi ad un senso di felicità. 
"Ragazzina..".
La donna si voltò istintivamente verso quella voce ed incrociò lo sguardo di Dean, osservando il modo in cui faticasse a stare in piedi e come fosse ferito ad una gamba tanto da doversi reggere alla parete del salotto; Abby si mosse verso di lui senza neanche dire una parola e portò con sé anche la loro bambina, stringendo anche lui in un grosso e unico abbraccio, affondando il viso sul suo petto e mentre sentiva le braccia di Dean cingerle le spalle ed abbracciare Abby e la piccola Mary. 
Entrambi avevano provato la stessa paura e lo stesso dolore all'idea di essersi persi, ma adesso che erano di nuovo insieme tutto scomparve.
La paura, la sofferenza, l'incertezza.
Abby sollevò lo sguardo fino ad incrociare quello di Dean, che le sfiorò il viso e le sorrise chinandosi su di lei per annullare la distanza fra di loro con un bacio lento e profondo, avvicinandola di più a sé e stringendola forte contro il suo petto mentre faceva scivolare una mano sul suo ventre per salutare anche il piccolo che crescesse dentro di lei. 
Le afferrò il viso fra le mani e si distaccò appena dal suo volto, sentendo Mary, che ancora stesse stretta al collo di Abby, parlottare per ottenere la loro attenzione; Dean si sforzò di sorriderle e di sminuire quanto avesse avuto paura di morire insieme a suo fratello e sua figlia nel bunker, di quanto fosse terrorizzato all'idea che la piccola Mary non rivedesse più la luce del sole e non respirasse più. 
Ed Abby nascose dietro alle sue ciglia ancora bagnate ciò che avesse pensato quando Ketch la tenesse in ostaggio e avesse minacciato di farle perdere il bambino, di trasformarla in un automa da comandare come..
"Tua madre! Come sta tua madre?!".
Dean sospirò e fece spallucce, scuotendo la testa guardandola con aria dubbiosa, perché neanche lui sapeva come stesse davvero. "Dan l'ha portata via insieme a Toni: sono tornati al bunker e probabilmente riusciranno a farla tornare Mary Winchester ancora una volta".
Abby annuí in silenzio guardandolo con aria dispiaciuta, ma Dean si affrettò ad accennare un sorriso amaro come a nascondere il male che le avesse fatto vedere sua madre manipolata in quel modo dagli Uomini di Lettere.
Stava per dire quanto le dispiacesse e voleva davvero aiutarlo a superare tutto, quando Mary prese ad agitarsi fra le braccia della madre fino a farsi mettere giù, e presto la bambina corse verso la porta d'ingresso che si fosse appena aperta lasciando svolazzare il suo vestitino rosa cipria.
"Zio Eddie!".
Mary corse verso Edward con un grosso sorriso urlando il suo nome in modo felice, non avendo mai dimenticato il tempo che avessero passato insieme ed il modo in cui l'uomo la facesse divertire; non avrebbe mai dimenticato i loro balli sfrenati sulle note delle canzoni dei cartoni preferiti di Mary, le loro finte lotte sui letti prima di dormire o le favole lunghissime e ricchissime di particolari che Edward amasse raccontarle prima di vederla sprofondare nel sonno profondo. 
E Edward non avrebbe mai dimenticato tutto il tempo passato insieme alla bambina che gli avesse scaldato il cuore, insegnandogli ad amare e gli aveva fatto il regalo più bello di tutti: aveva fatto si che Edward capisse quanto in realtà amasse la paternità, facendogli desiderare più di ogni altra cosa di avere un figlio.
Ed a giudicare dal pancione di Abby, la vita sembrava aver accontentato quel desiderio di Edward. 
Eppure sapeva che non sarebbe mai stato l'uomo che quel bambino avrebbe chiamato papà.
Si piegò sulle ginocchia ed allargò le braccia per afferrare la piccola e sollevarla in alto facendola ridere di gusto, udendo Mary dirgli che le fosse molto mancato. 
Il dolore alla spalla ed al torace sparirono immediatamente nell'udire quelle parole, specialmente quando Mary fece passare le sue esili braccia attorno al suo collo e lo abbracciò stretto.
"Mi sei mancata anche tu, pulce".
Edward le diede un grosso bacio sulla tempia, pensando che fosse impossibile non volere bene ad una bambina dolce come lei.
"Adesso non andrai più via, non è vero zio Eddie? Voglio stare sempre insieme a te, per me sei lo zio preferito!".
Sentì lo stomaco rigirarsi ed il cuore sciogliersi e battere più veloce a quelle parole, guardandola con una dolcezza infinita mentre le sfiorava la testolina e le rimetteva a posto i capelli biondi che le arrivassero alle spalle e guardava dentro gli occhi verdi del tutto uguali a quelli di Dean. 
Abby sospirò lentamente e lasciò le mani di Dean dopo avergli lanciato uno sguardo sereno, avvicinandosi poi a Edward con un sorriso amaro sul volto.
Sfiorò la testa di Mary e le sorrise, sollevandosi per baciare la guancia alla piccola che avesse appena ritrovato. "Lascia stare Edward, amore. Si sta riprendendo da una brutta ferita, ha bisogno di riposare".
Mary guardò negli occhi azzurri della madre ed aggrottò le sopracciglia, perché l'omone che ancora la tenesse in braccio non le sembrava ferito, così iniziò a scostare i suoi vestiti fino a scorgere la fasciatura sulla sua spalla e sgranò gli occhi, guardandolo con aria dispiaciuta. "Quindi non puoi stare un altro po' con me, zio?".
Abby sospirò e deglutí a fatica perché Mary aveva messo su lo sguardo da cucciolo tipico di Sam, ma Edward prese il suo posto e rispose prima che Abby potesse dire qualcosa. "La prossima volta staremo insieme tutto il tempo che vorrai, te lo prometto piccola".
Mary parve convincersi e lasciò che Edward la mettesse di nuovo a terra dopo che le avesse dato un bacio sulla guancia e l'avesse tenuta stretta a sé con amore per qualche istante in più, ma Abby era in grado di dire che Edward avesse appena mentito alla piccola per non farla soffrire.
Mary raggiunse il fianco di suo padre e allungò una mano verso Isobel, apparsa da poco vicino a Dean per aiutarlo nel raggiungere la poltrona date le condizioni del suo ginocchio.
Abby sorrise alla madre, che le fece un cenno sereno ed annuí, distraendo Mary e coinvolgendo anche Dean per darle il tempo necessario per dire addio a Edward.
Quando si voltò ed incrociò nuovamente i suoi occhi nocciola, Abby sospirò in silenzio: c'erano almeno un milione di cose che avrebbe voluto dire, dubbi da chiarire e questioni da risolvere.
Ma Abby era ancora arrabbiata e questo Edward lo sapeva.
Se n'era accorto soprattutto quando durante il viaggio di ritorno, la ragazza non aveva detto neanche una parola: dopo averla vista rientrare con la colazione nella stanza del motel che avesse affittato per curarlo e dopo aver mangiato insieme a lei, Edward aveva scorto nei suoi occhi quanta rabbia vi fosse nei suoi occhi e come lo guardasse ancora con aria accusatoria.
Probabilmente perché Abby aveva ingenuamente creduto di poter essere ferita da qualsiasi persona sulla terra, ma mai da Edward. 
Quando era rientrata nella stanza del motel, Abby aveva persino stentato a riconoscerla per come l'avesse trovata in perfetto ordine: Edward si era affrettato ad eliminare le sacche vuote, le flebo, gli aghi e le garze sporche.
Aveva rifatto il letto e piegato persino i vestiti di Abby ancora inzuppati del suo sangue.
Si era fatto una doccia, aveva cambiato le fasciature ed aveva indossato i vestiti puliti che Abby aveva preso per lui mentre ancora Edward fosse incosciente e stesse recuperando le forze.
E fece tutte queste pulizie in meno di quindici minuti, il tempo che Abby si fosse assentata per comprare la colazione.
"Hai bisogno di riposo. Ed anche il bambino" le aveva detto mentre indossava la sua giacca di pelle e le prendeva le chiavi della Hyundai dalle mani, meritandosi un'occhiataccia da parte di Abby che però decise di ignorare.
Ma Abby non aveva fatto altre obiezioni e si era avviata verso la macchina, aspettandolo in auto e trascorrendo tutto il viaggio verso casa di Jody Mills con gli occhi chiusi, fingendo di dormire.
Erano rimasti in silenzio, nessuno aveva osato proferire più parola.
Ed anche adesso che fossero in piedi uno davanti all'altra nel salotto vuoto di Jody, nessuno dei due disse una parola.
E dato che non riusciva a parlare e che il suo cuore stesse battendo forte, Abby si sollevò sulle punte e lo strinse in un abbraccio che Edward non si aspettava, tanto da rimanere sorpreso.
L'uomo ricambiò subito la sua stretta, avvicinandola a sé ed immergendo il viso nel suo collo per riuscire a respirare ancora una volta il profumo di violetta che tanto gli fosse mancato.
Entrambi sciolsero quell'abbraccio troppo presto rispetto al solito e presto si guardarono negli occhi; Abby gli strinse appena le mani come per trattenerlo e gli sorrise debolmente. "Non sparire, bartender".
Edward ricambiò il sorriso ed annuí mentre la guardava per l'ultima volta, facendo spallucce e sospirando. "Non lo farò, rossa".
Lo vide mettere maggiore distanza fra di loro fino a quando perse la presa sulle mani della ragazza e rivolse lo sguardo verso Dean, Mary ed Isobel per salutarli con un cenno della mano, prima di voltarsi verso la porta ed andare via chiudendosi la porta alle spalle.
Ed in quel momento Abby sentí un lungo brivido lungo la schiena, avendo la certezza che Edward stesse mentendo e che non sarebbe mai più tornato.
Una mano le sfiorò la spalla mentre ancora Abby guardava la porta chiusa dell'ingresso e quando si voltò, trovò Isobel accennare un sorriso verso la figlia mentre si apprestava a stringerla in un forte abbraccio dicendole che Dean e Mary si fossero spostati in cucina. 
"Non ho mai visto una persona soffrire cosi terribilmente all'idea di separarsi da qualcuno, come quel ragazzone sta soffrendo nell'allontanarsi da te".
Abby non disse nulla, rimase con gli occhi chiuse stretta nell'abbraccio di sua madre mentre una singola lacrima sfuggì al suo controllo e le inimidí la guancia, sentendo il piccolo muoversi dentro di lei e protestare.





Davanti a quello squarcio temporale luminoso che si chiuse di colpo sul retro della casa, i due fratelli si scambiarono un'occhiata confusa ed agitata perché non avevano la più pallida idea di come riaprirlo e riportare indietro Mary. 
Sam guardò il fratello maggiore con la speranza che almeno lui avesse un'idea e che presto avrebbe trovato una soluzione per far tornare nel loro mondo la loro mamma, ma adesso che guardava nello sguardo perso e addolorato di Dean, aveva la certezza che niente sarebbe tornato più al posto giusto. 
Avevano appena riavuto Mary con loro, Toni alla fine era riuscita a riprogrammare la sua mente per tornare ad essere la solita donna risoluta e forte che i suoi due figli conoscessero, eppure Mary si era appena lanciata attraverso quel portale magico per portare Lucifer il più lontano possibile da quella casa in cui Kelly stesse per dare alla luce il suo bambino.
Il minore spostò lo sguardo sul corpo che giacesse a pochi passi da loro, pugnalato a morte da Lucifero in persona e lo osservò bene: Castiel era morto e questa volta non ci sarebbe più stata la possibilità di tornare indietro. 
Lucifer lo aveva pugnalato mortalmente prima di sparire insieme a Mary dentro quel portale che conduceva verso un altro mondo, e per un momento i due fratelli si sentirono completamente sconfitti, pensando che le cose non potessero andare peggio di così. 
Ma un forte boato li fece voltare di scatto verso la casa a cui davano le spalle, riuscendo a vedere chiaramente dalla finestra la forte luce che si fosse irradiata nella casa partendo proprio dalla stanza in cui Kelly fosse entrata in travaglio. Dean scattò correndo senza neanche rendersene conto, pensando ad Abby che fosse rimasta da sola insieme alla donna per aiutarla nel parto. 
Volò letteralmente per le scale salendole a due a due mentre chiamava il suo nome a gran voce, ma tutto ciò che udì fu solo un grande silenzio, mentre il suo cuore iniziò a battere più velocemente per la paura. 
Si limitò ad osservare il corpo senza vita di Kelly che giacesse sul letto e gli parve di vedere un sorriso felice sul suo volto, come se fosse completamente serena di essere riuscita a dar alla luce il suo bambino come ultimo gesto della sua vita. 
Ma a Dean in quel momento non importava nulla della progenie di Satana o di Kelly: chiamò a gran voce Anael che aveva promesso di stare accanto ad Abby ed a Kelly e di non lasciarle, ma dell'angelo non vi fu alcuna traccia.
E Dean sgranò gli occhi cercando di mettere a fuoco il buio della stanza, chiedendosi dove fossero finiti Abby ed Anael, quando un leggero gemito proveniente dalle sue spalle lo fece voltare sollevando la sua pistola a mezz'aria: quando Dean la riconobbe, mise via la sua arma e si avvicinò correndo alla donna che giaceva a terra, che faticava anche solo a rimettersi in piedi per sedersi, e presto si inginocchiò sul pavimento di legno per afferrare Abby dalla schiena e per farla stare appena più dritta nel tentativo di respirare meglio. 
"Ma che è successo? Stai bene, ragazzina?". 
Abby scosse la testa e si portò una mano al ventre mentre con l'altra si aggrappava forte alla giacca di Dean, scuotendo la testa energicamente mentre sentiva delle forti fitte attraversarle il grembo e farla gemere di dolore. "Il bambino di Kelly è nato e c'è stata un'esplosione. C'è qualcosa che non va, Dean. Lo sento: c'è qualcosa che non va!". 
Sentí il tono terrorizzato della donna mentre accarezzava il suo grembo per stringerlo forte e osservò le lacrime scendere lungo il suo viso, e mai come in quel momento Dean ebbe paura. 
La corsa in ospedale fu folle: Dean aveva detto al fratello che avrebbero cercato il figlio di Lucifer solamente dopo essersi assicurati che Abby e il bambino stessero bene, e lasciò che Sam guidasse la sua auto mentre Dean stava sui sedili posteriori con Abby, stringendola a sé e cercando di tranquillizzarla. 
Ma la ragazza continuava a ripetere fra le lacrime che c'era qualcosa che non andava e che non riusciva più a sentire il bambino muoversi, rivelandosi completamente vulnerabile e fragile come nessuno dei due fratelli l'avesse mai vista fino a quel momento. 
"Guida più in fretta, Sam!". 
E Sam lo fece, spingendo la loro auto fino al limite ed infrangendo tutti i limiti di velocità, mantenendo le quattro frecce di emergenza accese mentre ripensava a quante cose assurde fossero successe in meno di settantadue ore: aveva guidato un grosso numero di cacciatori verso la base degli Uomini di Lettere britannici, facendola saltare in aria ed uccidendoli uno dopo l'altro; Mary era riuscita a tornare la donna di sempre, prima che i fratelli la perdessero di nuovo attraverso il portale creato dal bambino di Kelly; Toni era tornata in Inghilterra da suo figlio Henry, e Dan le aveva detto che avrebbero presto dovuto discutere sui termini per la custodia; Castiel era morto ed Anael era sparita. 
Quando arrivarono in ospedale ai due ragazzi fu imposto di aspettare nella sala d'attesa mentre i medici portarono via Abby su una barella, che si contorceva dal dolore e continuava a tenersi il ventre fra le mani, pregando che tutte le sue sensazioni fossero sbagliate e che suo figlio stesse ancora bene, e Dean strinse i pugni e sentí di stare per crollare dopo tutte le perdite che avesse subito quella sera.
Si allontanò dal fratello uscendo addirittura dal pronto soccorso a grandi passi, lasciando Sam da solo nella sala d'aspetto quasi vuota a quell'ora della notte. 
Sam sapeva che suo fratello avesse bisogno di un momento in solitudine per sfogare tutto ciò che tenesse chiuso dentro, come la paura ed il dolore, cercando di riacquistare almeno un po' di speranza, e Sam si sedette su una delle sedie ed estrasse il suo telefono, portandoselo alle orecchie e provando a chiamare Anael, per rintracciarla. 
Il cellulare era staccato, ma il ragazzo decise di raccontare alla sua segreteria tutto ciò che fosse accaduto, iniziando con la morte di Castiel e terminando con la situazione grave di Abby, sperando che l'angelo si facesse viva al più presto. 
Dopo essersi aggrovigliato il cervello per pensare a qualsiasi cosa tranne il reale motivo per cui si trovasse in ospedale, Sam vide arrivare un medico nella sua direzione con aria quasi molto stanca e si trovò a sperare per il meglio mentre si alzò di scatto e gli andò incontro con impazienza. 
"La paziente è fuori pericolo, ma la stiamo ricoverando. Per ora lei e il bambino stanno bene, ma dovrà portare a termine la gravidanza qui, se non vuole perdere il bambino o peggio". 
Sam tirò appena un sospiro di sollievo, sentendosi più tranquillo ed accennando un leggero sorriso perché almeno Abby ed il bambino erano ancora vivi, annuendo e ringraziando il dottore sui cinquant'anni con lo sguardo. "Che cos'è successo?". 
"C'è stato un improvviso distacco della placenta dalla parete uterina: questo ha provocato i forti dolori alla paziente e la ricoveriamo per poter monitorare la situazione giorno per giorno. Le abbiamo dato un antidolorifico adatto ad una donna nella sua condizione perché era troppo agitata e avrebbe peggiorato la situazione. Adesso sta riposando: potrete vederla non appena la stanza sarà pronta". 
Sam accennò un sorriso grato e non ebbe il tempo di chiedere qualcos'altro dato il modo in cui il medico gli diede le spalle e si affrettò a raggiungere una coppia di signori anziani seduti qualche panca più in là, che attendessero notizie sul loro parente. 
Sam sospirò sentendosi molto più sollevato nonostante sapesse che la situazione non sarebbe stata proprio una passeggiata; si voltò per andare alla ricerca del fratello, quando improvvisamente lo vide tornare dal corridoio e dirigersi verso di lui con grandi passi, avendo visto da lontano il medico di Abby rientrare nell'aria critica in cui i parenti non potessero accedere.
Dean teneva lo sguardo basso quanto più possibile per non fare notare probabilmente i suoi occhi rossi e teneva i pugni stretti in una morsa ferrea, la mascella serrata, la posa fin troppo rigida. 
Sam sapeva che suo fratello stesse soffrendo molto, così senza pensarci due volte si avvicinò a lui con un sorriso battendogli una mano sulla spalla e stringendolo in un abbraccio senza dargli la possibilità di scappare, per poi dirgli tutto ciò che il medico gli avesse riferito, osservandolo rasserenarsi almeno per il momento.
 

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Capitolo 70
*** Capitolo 63 ***


Hunters’ Legacies
Capitolo 63.


"Occorre che voi siate preparati ad ogni eventualità e che capiate cosa significhi portare avanti questa gravidanza". 
Seduta sul materasso della sua camera d'ospedale, Abby aveva immediatamente aggrottato le sopracciglia perché non era sicura di aver capito cosa la ginecologa in piedi al centro della sua stanza stesse disperatamente cercando di non dire mentre teneva stretta fra le dita la cartella clinica con tutti gli esami di Abby, continuando ad analizzarli davanti ai due ragazzi con la speranza di trovare almeno una traccia di miglioramento; dopotutto erano passate già quattro settimane da quando Abby fosse stata ricoverata e per quanto cercassero di fare finta di niente e di evitare il discorso, Abby e Dean avevano perfettamente capito come si sarebbe evoluta quella situazione. 
La donna aveva cercato subito lo sguardo di Dean sentendo il cuore batterle più forte per la paura e sentendosi immediatamente peggio, mentre tornava a stringere le mani attorno al suo ventre che avesse appena superato i sette mesi; ma Dean non l'aveva ancora guardata, teneva gli occhi accusatori sulla dottoressa davanti a sé che si era presto congedata dicendo che sarebbe tornata a controllarla prima che il suo turno finisse. 
Aveva parlato di interruzione di gravidanza per sicurezza e che un cesareo non avrebbe garantito la sopravvivenza né di Abby né del piccolo; aveva detto che Abby fosse ancora giovane e che avrebbe potuto avere altre gravidanze, che purtroppo c'era la grossa possibilità che una lesione del genere avrebbe compromesso la sua vita fino a spezzarla, e aveva aggiunto che non avessero più tempo per decidere, dicendo loro prima di varcare la soglia e andare via che in casi come questi un supporto psicologico avrebbe giovato alla loro situazione. 
Abby era rimasta in silenzio ad osservare lo sguardo di Dean perso nel vuoto, appoggiato con le spalle al muro della stanza con le braccia conserte ed espressione contratta di chi si stesse mordendo la lingua per non iniziare ad urlare. 
Provò a chiamarlo un paio di volte, ma il ragazzo non si voltò a guardarla né parve sentirla, così Abby si schiarí la gola e utilizzò un tono più alto. 
"Dean, dai vieni qui. Si risolverà tutto..".
Il sangue le si ghiacciò nelle vene quando vide il ragazzo voltarsi lentamente nella sua direzione guardandola in cagnesco per aver anche solo osato dire una cosa del genere, e dalla maniera in cui la guardava Abby capí presto che Dean la stesse incolpando per l'accaduto: se solo non fosse stata così testarda e non avesse insistito nel seguire lui e Sam alla ricerca di Kelly e del suo bambino, lei sarebbe stata bene. Sarebbe stata al bunker insieme a sua figlia, insieme alla sua famiglia e avrebbero trovato una soluzione per tutto ciò che stesse accadendo. 
Castiel era morto e Sam e Dean avevano dovuto osservare il suo corpo bruciare fra le fiamme del rogo che avessero acceso loro stessi, mentre Anael si disperava e si reggeva al minore dei Winchester trovandosi completamente distrutta per la morte del suo compagno mentre desiderava di morire lei stessa per seguirlo ovunque fosse finito; Mary era scomparsa insieme a Lucifer in un altro mondo e Dean sapeva bene che l'arcangelo l'avesse uccisa immediatamente una volta capito di essere rimasto intrappolato lì. 
E poi c'era Jack che viveva nel bunker insieme a loro, all'apparenza un giovane ragazzo dagli occhi dolci, ma Dean sapeva che fosse sempre il figlio di Lucifer e che prima o poi avrebbe provato ad ucciderli. 
Dean incolpava Jack per aver causato tutto quanto: se lui non fosse mai nato, lo squarcio temporale non si sarebbe mai aperto e Mary sarebbe rimasta insieme a loro, Castiel non sarebbe mai morto e Abby non sarebbe stata investita dall'esplosione di energia che si fosse palesata al momento della nascita, e non avrebbe rischiato la vita in quel modo. 
Solamente nascendo, Jack lo aveva privato di tre delle persone che più amava al mondo e per questo prima o poi Dean gliel'avrebbe fatta pagare. 
Con tutta la rabbia che avesse in corpo, Dean si voltò verso la donna ancora seduta sul materasso iniziando a gesticolare ed a usare un tono infuriato. "Ci hanno appena detto che potresti morire, Abby. Non ci sono stati miglioramenti in quattro settimane e..". 
"Sono tenuti a dirlo per legge, perché nel peggiore dei casi loro sono tutelat-..".
Dean sgranò gli occhi e la guardò con aria furiosa, chiedendosi come facesse a non comprendere la gravità della situazione. "Tu puoi morire, cazzo!". 
Abby sospirò rumorosamente e scosse la testa leggermente, abbassando gli occhi e sentendoli diventare velocemente lucidi. "Lo so, me ne rendo conto. Ma non posso affrontare un cesareo e rischiare che il bambino muoia, ha quasi sette mesi: il suo cuore batte, lo sento muoversi dentro di me". 
Dean rimane qualche istante in silenzio osservando la donna accennare un sorriso amaro e tornare a guardarlo con aria calma e tranquilla, come se ci avesse già pensato davvero tanto e avesse già deciso senza neanche consultarlo. "Lascerai Mary con tutta questa facilità? Lascerai me così, come se nulla fosse?". 
Sentí gli occhi pizzicare e questa volta non riuscì a trattenere le lacrime che scivolarono agli angoli dei suoi occhi, ma si affrettò a spazzarle via con velocità cercando di mettersi più dritta ed ignorare i  crampi ei dolori che avvertisse ogni qualvolta si muovesse. 
Cercò di scivolare dal letto per arrivare vicino al ragazzo e avvicinarlo a sé, ma fu colta da un crampo molto forte che la fece desistere dal scendere, e rimase con le gambe a penzolone mentre con una mano carezzava la sua pancia e con l'altra afferrò quella di Dean per fargli fare lo stesso. 
Abby lo guardò con un sorriso dolce sul volto e sentí il piccolo muoversi rispondendo al tocco di entrambi. "Non voglio lasciarti Dean e non voglio lasciare neanche Mary, ma se la scelta è tra me e il bambino, io scelgo lui". 
Dean si prese qualche momento per guardare il ventre di Abby, sentendo il piccolo reagire contro la sua mano ed istintivamente accennò un sorriso amaro, mentre sentiva gli occhi pizzicare all'idea che non potesse neanche godersi la gravidanza della persona che amava e l'arrivo del suo secondo figlio senza dover perdere per forza uno dei due. 
Aveva pensato tanto al fatto che quella volta si sarebbero comportati proprio come una vera famiglia, che Abby avrebbe dato alla luce il bambino e avrebbero vissuto come delle persone normali; in fondo era proprio questo che Dean voleva: smettere definitivamente di cacciare e vivere la sua vita con la sua famiglia, ma presto si rese conto che nulla di tutto ciò gli fosse concesso.
Scosse la testa con rabbia e allontanò la mano dal corpo di Abby facendo un passo indietro, divenendo nuovamente serio ed furioso, e puntò un dito nella sua direzione. "È una scelta che dovremmo prendere insieme! È anche mio figlio dannazione, ma se tu interrompi la gravidanza adesso potremo averne altri se proprio ci tieni, ma almeno saresti viva!". 
Abby aggrottò le sopracciglia guardandolo con aria incredula, non riuscendo a credere a ciò che fosse appena uscito dalla sua bocca, e scosse la testa serrando le labbra in una smorfia addolorata mentre si sistemava sul letto per stare più comoda, e la sua voce venne presto incrinata dalla sofferenza. "Come puoi parlare così? Tu dovresti starmi accanto e rassicurarmi, dovresti dirmi che andrà tutto bene..".
"Beh non posso Abby, perché non solo i dottori non possono aiutarti, ma neanche Anael può! E mi lascerai solo con Mary, che avrà il cuore spezzato per la perdita di sua madre per sempre!". 
La ragazza faticò a trattenere le lacrime e scosse la testa mentre sentiva il cuore battere forte nel suo petto, guardandolo per dei lunghi istanti negli occhi mentre uno strano dubbio si insinuò nella sua mente, facendole sollevare un sopracciglio e scrutare nei suoi occhi verdi con aria indagatrice. "E con il bambino, Dean. Ci sarà anche lui insieme a Mary". 
Lesse nei suoi occhi tutto ciò che Abby non avrebbe mai voluto leggere, facendole tremare il cuore ed appannare la vista, mentre stringeva più forte il piccolo che si muoveva nel suo ventre, e notò la maniera in cui Dean stesse scuotendo la testa con rabbia e avesse completamente smesso di ragionare. "Vuoi dirmi che non ti prenderesti cura di lui, se io morissi?". 
"Certo che no! Lui ti sta uccidendo!". 
Sollevò lo sguardo verso di lui lasciando che Dean potesse leggere nei suoi occhi quanto l'avesse ferita e delusa con una semplice frase, ed Abby si ritrovò per l'ennesima volta ad asciugare le sue lacrime. Mise su l'aria più fredda e distaccata possibile, fulminandolo con lo sguardo e scuotendo la testa. "Vattene". 
Solo quando capí la sofferenza che le avesse causato con le sue parole, Dean tornò davvero in sé e sgranò gli occhi cercando di avvicinarsi a lei per scusarsi e per dirle che non intendesse dire tutto ciò che avesse detto da quando la dottoressa fosse andata via e che fosse sconvolto tanto quanto lei, che avesse paura di perderla perché l'amava più di ogni altra cosa al mondo, ma quando provò ad avvicinarsi e ad affarrerle la mano, Abby si scansò in maniera poco delicata e scosse la testa guardandolo in cagnesco e alzando di molto il tono della voce. "Ho detto di andartene, dannazione!". 
Rimase incredulo in piedi accanto al suo letto ad osservarla con aria dispiaciuta e addolorata, ad osservare i suoi occhi lucidi accusatori che lo stessero lentamente uccidendo, e se la porta non si fosse spalancata probabilmente Abby gli avrebbe detto di andarsene ancora una volta, ma si fecero strada nella stanza Isobel e Dan con un sorriso, del tutto ignari di ciò che fosse accaduto. 
Senza dire nulla, Dean scosse la testa e tirò su con il naso, lasciando la stanza in silenzio e a testa bassa, capendo immediatamente di aver commesso un grosso errore a parlare con Abby in quella maniera; la ragazza si voltò verso il muro, scuotendo la testa e cercando di reprimere le lacrime che stesse tremendamente provando a ricacciare indietro, ma fu troppo anche per lei e si portò le mani al viso perché le faceva male. 
Ignorò sua madre e Dan cercare di capire cosa stesse accadendo, finché suo fratello si stese nel letto accanto a lei com'erano soliti fare quando erano piccoli ed Abby appoggiò il viso sulla sua camicia bianca bagnandola completamente, mentre Dan la strinse forte a sé e le carezzò il ventre, dicendole di calmarsi perché quell'agitazione faceva male al bambino. 
Incrociò lo sguardo di Isobel che la guardava preoccupata e le sfiorava i capelli con delicatezza, sussurrando a sua figlia che sarebbe andato tutto bene e che presto sarebbe uscita di lì con il suo bambino. 



"Oddio, sono così felice che tu sia qui!". 
Scese dal letto per la contentezza con un grosso sorriso stampato in faccia, arrivando vicino all'angelo con il trench che fosse appena e testo all'interno della sua camera d'ospedale insieme ad Anael, ed Abby lo strinse in un forte abbraccio sentendo le sue braccia avvolgerle la schiena e toccarla come se fosse fatta di cristallo e avesse paura di farle male; Abby ignorò quella sensazione, godendosi la felicità per il ritorno di Castiel dovuto unicamente a Jack che a quanto pare aveva anche il potere di riportare in vita gli angeli, e la donna intercettò lo sguardo di Dean che sembrava essere più sereno e quasi felice. 
"Sono stato un grande idiota a dire quelle cose e ti chiedo perdono. Ho solo così paura di perderti che non riesco a pensare e ad agire lucidamente" le aveva detto Dean con le lacrime agli occhi il giorno dopo la loro litigata, prima di avvicinarsi a lei per chinarsi fino a baciarla con dolcezza mentre la teneva più stretta a sé ed il suo cuore batteva fin troppo nel suo petto. "Ti amo ragazzina, amo Mary e amo anche questo bambino. So che puoi farcela, so che tornerete a casa insieme".
Abby sorrise e tornò al presente sciogliendo l'abbraccio, allontanandosi da Castiel ed iniziando immediatamente a fare tutta una serie di domande sul suo ritorno, tornando a sedersi sul suo letto seguita da Anael che non la perdeva di vista neanche un momento; lo ascoltò dirle che probabilmente fosse stato Jack anche se non era ancora in grado di controllare i suoi poteri e le raccontò di cosa avesse fatto alla guardia giurata nel Kansas, ma subito la ragazza notò la strana occhiata di ammonimento che Sam e Dean avessero riservato all'angelo per farlo smettere immediatamente di parlare davanti ad Abby. 
Sapeva che i due ragazzi non le raccontassero proprio tutto delle cacce che seguissero per non farla preoccupare, ma Abby aveva una talpa all'interno del bunker che fosse proprio Anael, che quando non vegliava su di lei andava a controllare che la piccola Mary stesse bene. 
Due colpi alla porta fecero voltare tutti i presenti verso l'ingresso della stanza, mentre una vocina allegra e giocosa fin troppo familiare arrivò dritta alle loro orecchie, ed Abby si ritrovò a sorridere di felicità quando vide la sua piccola correrle incontro e salire autonomamente sul suo letto per poi gettare le braccia attorno al collo della madre. "Mamminaaa!". 
Abby rise di gusto e se la portò sulle gambe, coccolandola e stendendosi sul letto insieme alla figlia iniziando a tempestare di domande anche lei, ma mentre la piccola parlava Abby fece vagare lo sguardo sulla bella famiglia che si riunisse nella sua stanza ogni pomeriggio da quando fosse stata ricoverata: osservò Silver e Matt insieme a Isobel e Dan entrare dalla porta e avvicinarsi a lei, i quali avessero portato Mary a trovare la sua mamma, e poi Abby osservò Sam e Dean parlare con Castiel e Anael con un tono più basso, non riuscendo però a capire la natura del loro discorso che sembrasse così serio a giudicare dai loro sorrisi fin troppo tirati e finti.
Ma andava bene così, perché finché Abby aveva vicino a sé tutte quelle persone, la sua famiglia, tutto sarebbe andato nel verso giusto. 
Rimase a parlare con i suoi fratelli  e con la madre per un'abbondante mezz'ora mentre continuava a giocare con sua figlia, ma ben presto l'orario di visita terminò ed Abby osservò tutti i presenti essere costretti ad andare via e a lasciarla lì da sola in quella stanza; diede un grosso bacio alla figlia e la strinse forte a sé, non riuscendo a fare a meno di sentire la mancanza della sua piccola che avesse appena compiuto cinque anni, e poi la mise fra le braccia del padre, che salutò con un lungo abbraccio e con un bacio casto a fior di labbra, e Dean si affrettò a dirle che sarebbe tornato presto e che comunque Anael sarebbe passata in tarda serata per controllarla. 
Rimase da sola e decise che avrebbe mangiato qualcosa unicamente per sfamare il figlio che crescesse dentro di lei, perché ultimamente Abby aveva del tutto perso l'appetito.
Non era qualcosa di positivo e questo Abby lo sapeva bene, però preferiva evitare allarmare Dean o i dottori stessi. 
Allontanò il vassoio con sdegno avendo mangiato appena metà della sua razione e si sporse ad afferrare il telecomando della televisione, iniziando a fare zapping spinta dalla noia, perché le giornate all'interno di quella stanza iniziavano a diventare fin troppo monotone e snervanti, nonostante si dilettasse in letture impegnative tutte suggerite da Sam.
Un frusciò alla porta tipico di un battito di ali la fece sorridere ma non la fece neanche voltare, perché Abby sapeva perfettamente chi fosse appena entrata nella sua stanza. 
"Anael, sto bene! Non sei stanca di vegliare su di me tutto il temp-..". 
Non ebbe il tempo di concludere la frase e di ridere, che si accorse che la figura nella penombra della soglia non fosse esattamente quella della donna che conoscesse bene, ma che piuttosto fosse una sagoma maschile decisamente diversa da quella di Castiel. 
Aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria serena, e presto capí di chi si trattasse nonostante non lo avesse mai visto e lo guardò con un sorriso. "Tu non sei il mio angelo". 
Il ragazzo fece dei passi incerti in avanti venendo illuminato dalla luce della televisione permettendo così ad Abby di vederlo in viso e sollevò una mano a mo' di saluto, accennando un ampio sorriso timido e dolce. "Ciao, sono Jack. Jack Kline". 



"Io rimetterò tutto a posto: tutte le cose brutte che ho fatto da quando sono venuto al mondo, una dopo l'altra".
Abby lo aveva guardato attentamente seduto sulla sedia accanto al suo letto, e sospirò lentamente stendendo bene le gambe e stiracchiandosi appena; lei e Jack erano rimasti a parlare fino a notte fonda, e il ragazzo le aveva raccontato senza rendersene conto tante di quelle cose che i Winchester le stessero nascondendo per non farla preoccupare, e capí che anche Anael le stesse raccontano un quarto dei veri problemi che avessero davvero al bunker. 
Jack le disse ciò che fosse accaduto con Asmodeus, la maniera in cui avesse condizionato la sua mente ed il fatto che avesse preso la guida dell'inferno mentre aspettava che Lucifer tornasse dall'altro mondo; le raccontò delle persone che avesse ferito o ucciso senza volerlo perché ancora non sapeva come controllare i suoi poteri.
Abby non riuscì a far altro che sentirsi molto intenerita e dispiaciuta per il ragazzo ingenuo e volenteroso che avesse davanti, specialmente quando Jack le disse di averla vista e conosciuta tramite gli occhi di Kelly quando era incinta di lui, quando Abby aveva posato una mano sul pancione di sua madre e di come avessero comunicato tramite quel contatto. 
Jack le disse di come Sam stesse davvero cercando di aiutarlo, incoraggiandolo a non mollare perché credeva in lui e nella sua bontà, di come Castiel gli fosse stato sempre intorno da quando lo avesse fatto tornare sulla terra, delle giornate trascorse sui libri a studiare le strane creature che vi fossero nel mondo e come fosse diventato bravo a trovare dei casi online, leggendo fra le righe degli articoli di giornale. 
"Perché non parli mai di Dean o mia figlia?". 
La domanda le era uscita spontanea mentre aggrottava le sopracciglia ma subito notò il modo in cui Jack si ammutolí ed il suo sorriso scemò, abbassando appena lo sguardo e divenendo appena più triste. "Dean.. beh, lui è molto riservato. Non mi parla tanto, tranne quando vuole ricordarmi che al primo passo falso mi ucciderà, e mi tiene sempre a distanza: credo che abbia paura che io possa fare del male alla bambina". 
Abby si era messa un po' più dritta e aveva sollevato un sopracciglio perché quelle erano davvero delle parole tipiche di Dean, e sospirò accennando un sorriso mentre osservava lo sguardo basso di Jack ed il modo in cui il suo viso fosse diventato improvvisamente triste. "Ehi, guardami ragazzino: tu faresti del male a mia figlia?".
"N-no, mai!" aveva esclamato Jack sgranando gli occhi e scuotendo la testa, sollevando lo sguardo verso di lei ed afferrandole istintivamente la mano con la speranza che lei gli credesse, perché lui non avrebbe mai fatto del male a nessuno. 
"Bene allora: hai il mio permesso di avvicinarti a mia figlia" aveva risposto Abby facendo spallucce e accennando un sorriso tranquillo, ricambiando la presa del ragazzo con dolcezza mentre il suo istinto materno le suggeriva di potersi fidare completamente di lui. 
La ragazza vide la sua espressione sorpresa, mentre leggeva nei suoi occhi le numerose domande che la sua mente stesse ponendo, perché Jack non riusciva a capire come mai Abby fosse così diversa da Dean, come mai non lo avesse cacciato anche lei dalla stanza nonostante avesse sentito cosa avesse fatto alla guardia giurata appena qualche giorno prima. "Sai Jack, conoscevo tua madre: era una brava persona e ti amava tantissimo. Credeva in te, credeva che tu fossi buono e quando ti ho toccato quando eri ancora un bambino nella sua pancia, l'ho sentito anche io".
Abby accennò un sorriso sereno e carezzò il viso del ragazzo seduto accanto a lei, che si fosse sporto sul materasso per appoggiare i gomiti sul letto per avvicinarsi di più a lei: Jack la osservò guardarla con aria tranquilla e con serenità, non leggendo alcuna paura o ostilità nel suo sguardo, ma presto la vide portarsi le mani al pancione e stringere appena gli occhi in una smorfia di dolore, perché era stata appena colta da un altro crampo doloroso che la fece gemere appena. "Io ti devo le mie scuse, Abby: è colpa mia se sei qui e se tu e il tuo bambino state male. Se io non fossi mai nato, tu staresti bene e mia madre sarebbe ancora viva". 
Abby lo guardò nuovamente con sopracciglia aggrottare e aria confusa, osservando come il ragazzo avesse abbassato lo sguardo colpevole e vicino quasi al pianto, e la donna non ebbe bisogno di chiedergli chi gli avesse messo un'idea così stramba in testa, capendo che Dean non avesse perso la testa solamente con lei ma che la poca lucidità l'avesse portato a dire quelle cose anche a Jack. 
Sollevò lo sguardo lucido e addolorato verso di lei, toccandole di nuovo la mano che fosse ancora sul suo pancione con delicatezza, mentre sentí dentro di sé il grande desiderio di essere migliore come Kelly voleva che fosse. "Io non farei mai del male a nessuno: vorrei solamente poter aiutare le persone come fanno Sam, Dean e Castiel e Anael. E vorrei aiutare te". 
Jack non ebbe il tempo di finire la frase, che una forte luce venne irradiata dalle sue mani poggiate sul ventre di Abby fino a tutta la stanza, mentre la luce soffusa della televisione iniziò a tremare come se ci fossero delle interferenze.
Abby sgranò gli occhi che divennero accesi e chiari come quelli di Jack, e la donna sentí qualcosa avvenire dentro di lei in maniera fin troppo tangibile e presto il dolore che provava sparì insieme alla luce. 
La donna si toccò la pancia e si sedette sul materasso con aria sconvolta, ma non si ritrasse dal contatto con le mani del ragazzo seduto al suo fianco. "Che diavolo è successo, Jack?". 
"Non lo so: ho solo desiderato che tu guarissi completamente e tornassi al bunker, poi è arrivata la luce". 
Guardava negli occhi tornati marroni del ragazzo accanto a sé ed Abby non riuscí a trattenere un sorriso quando provò a muoversi e non avvertì i crampi o i fastidi che avesse fino a qualche momento prima, ma tutto ciò che riusciva a sentire era solamente il bambino muoversi dentro di sé con tranquillità.  
Guardò Jack con gratitudine e sorride pensando alle parole che Kelly le avesse detto quando Abby aveva toccato il suo pancione. 
"Lo salverai perché salverai te stessa, salvandolo".
Gli sfiorò la mano con dolcezza e gli fece l'occhiolino nel tentativo di tranquillizzarlo, passandogli poi una mano fra i capelli con una carezza gentile. "Vuoi scegliere qualcosa in televisione?".
Il sorriso che nacque sul voltò del ragazzo non ebbe prezzo per Abby, che si ritrovò a ridere di gusto mentre gli passava il telecomando e lo osservava iniziare a cambiare canale mentre osservava tutto ciò che vi fosse in TV, facendole una domanda dopo l'altra proprio come se fosse un bambino davanti ad una novità. "Grazie Abby, è stupendo: Dean non mi permette mai di scegliere il canale".
Non si rese conto dell'ora in cui si addormentò, né lo avvertì alzarsi e andare via, ma tutto ciò che Abby sapeva era che Jack le fosse stato accanto per la maggior parte della notte, ma quando la mattina seguente l'inserviente le portò la colazione, Abby non trovò alcuna traccia del ragazzo nella sua stanza. 
Si alzò dal letto senza neanche rendersene conto e si sedette sul piccolo tavolo che ci fosse al centro della stanza, rimanendo sorpresa del grande appetito che le si presentò quella mattina, iniziando a divorare tutto ciò che vi fosse sul vassoio. 
Una volta finito si diresse in bagno per fare una doccia e solo dopo essersi avvolta il corpo con un asciugamano si guardò allo specchio, trovando il suo viso nuovamente roseo e un po' più pieno, niente a che vedere con il viso fin troppo magro e pallido che avesse assunto da quando fosse stata ricoverata. 
Si tolse il camice ed indossò un vestito abbastanza largo da contenere il suo grande pancione ed aspettò impazientemente i medici che giornalmente la monitorassero con delle ecografie e degli esami del sangue. 
Abby non rimase troppo sorpresa quando i dottori la guardarono con aria incredula, facendo a turno mentre insistevano con il gel e la sonda sul punto del suo ventre dove doveva esserci il distacco placentare, probabilmente adesso totalmente assente. 
"Non è mia accaduta una cosa del genere".
"Lei è una donna molto fortunata". 
"C'è un angelo che veglia su di lei".
"Questo è un miracolo!".
 
Fu costretta a sentire una serie di frasi che la fecero sorridere, perché i dottori non avevano la minima idea di quanto avessero ragione; Abby si fece mettere nero su bianco che stesse bene e potesse tornare alla vita di sempre, e aspettò il foglio di dimissioni dall'ospedale che quasi la fece urlare di gioia. 
Afferrò i due borsoni sentendosi benissimo e chiamò velocemente un taxi, indicandogli la strada per il bunker e guardando fuori dal finestrino come ogni cosa della città le fosse mancata dopo essere stata in ospedale per più di un mese. 
Scese le scale del bunker con un sorriso ignorando che fossero ancora le otto del mattino, ed Abby mollò i bagagli proprio alla fine delle scale lasciandosi guidare dal profumo del caffè, fino ad arrivare alla cucina dove si godette quella visione per qualche istante: Dean teneva Mary sulle gambe, esortandola a mangiare oppure avrebbe fatto tardi a scuola, mentre Sam, Castiel e Dan giocavano muovevano le bambole e dei pupazzi sul tavolo nel tentativo di animare una delle storie che stessero raccontando alla piccola Mary, ridendo di gusto. 
Anael ed Isobel invece stavano preparavano degli altri pancakes nel caso in cui quelli sul tavolo non fossero bastati, ed Abby li osservò con un ampio sorriso sul volto mentre sentiva la felicità battere sul suo petto. 
"Mamma!!". 
"Abby!". 
Contemporaneamente padre e figlia si accorsero della presenza della donna, che sorrise loro e li guardò con amore; Mary fu la prima a scattare nella sua direzione sollevando le braccia per essere presa in braccio ed Abby si chinò per stringerla e sollevarla con una risata di gusto, baciando la sua piccola sulle guance. 
Dean si avvicinò con aria incredula afferrando Mary dalle sue braccia per non farle fare sforzi, ma Abby la trattenne e lo fulminò per qualche secondo con lo sguardo, per poi sorridere ed estrarre dalla sua tasca del suo vestito blu il certificato che le avessero rilasciato appena un'ora prima in ospedale. 
Sam si avvicinò al fratello per leggere insieme a lui, così come i due angeli, Isobel e Dan, e rimasero tutti sorpresi di leggere che Abby stesse bene e che non vi fosse più traccia di un distacco placentare. 
Il maggiore scosse la testa e sollevò lo sguardo verso di lei con aria confusa, assottigliando gli occhi. "No, non è possibile. Tu stavi male, soffrivi anche solamente a stare in piedi fino a ieri sera, e adesso prendi in braccio tua figlia di quindici chili come se fossero due grammi?!". 
"Va' a finire la colazione, ok amore?  Oggi faremo una lunghissima passeggiata al parco e niente scuola, va bene?" chiese Abby accennando un sorriso e coccolando il viso della figlia che urlò in preda alla felicità, e la fece scendere per osservarla tornare al tavolo. 
Abby sospirò e fece spallucce, guardando poi i presenti davanti a lei ad osservarla con aria stranita e confusa, e si limitò a fare spallucce. "Stanotte ho conosciuto Jack. Abbiamo parlato tanto, mi ha raccontato tutto quello che mi tenevate nascosto, come il fatto che ci sia un Principe Infernale a governare l'inferno. E poi Jack mi ha guarita. Voleva solamente rimediare perché se non fosse stato per la sua nascita, Kelly sarebbe viva e io non sarei mai finita in ospedale".
Istintivamente puntò gli occhi accusatori verso Dean che riconobbe le sue stesse parole e strinse la mascella, scuotendo la testa ed accennando un sorriso amaro iniziando a pensare che forse si sbagliava e che Jack fosse solamente il figlio di Lucifer; fece un passo avanti smettendo di pensare a Jack e concentrandosi solamente su Abby, avvolgendola in un grosso abbraccio e baciandole la tempia mentre pensava di essere davvero felice di riaverla a casa con sé. "Ciao ragazzina". 
Abby accennò un sorriso e ricambiò la stretta affondando il viso sul suo petto mentre sentiva le braccia di Dean avvicinarla quanto possibile a sé; la ragazza sollevò il viso sulla sua spalla destra di Dean, osservando Sam avvicinarsi di più a lei e abbracciandola anche lui, dandole un leggero bacio sulla testa mentre cercava di nascondere i suoi occhi lucidi, perché probabilmente anche lui si era davvero spaventato all'idea di perderla. 
E poi fu il turno dei due angeli, che la guardarono come se fosse un miracolo con le gambe e come se fosse la dimostrazione che il loro ragazzo fosse davvero buono, seguiti da Dan e da Isobel che la strinsero a loro con tutto l'amore che la famiglia potesse darle. 
"Dov'è Jack? Non ho avuto modo di ringraziarlo perché mi sono addormentata e stamattina era sparito.." sussurrò Abby alternando sguardo fra i presenti un sorriso sul volto. 
Per un lungo istante Dean la guardò osservando il suo viso nuovamente roseo e meno scavato, i suoi occhi più vispi e senza la traccia di uno dei dolori derivanti dai crampi che il distacco placentare le provocasse e che cercasse di nascondergli ogni volta che Dean fosse andata a trovarla, e sospirò felicemente mentre le sfiorava le guance con le dita. "Jack ieri sera se n'è andato, pensavamo che fosse stato rapito dagli angeli o dai demoni. Ma invece è stato tutta la notte da te, quindi dobbiamo solamente capire dove potrebbe essere andato adesso".



Molto prima di quanto si aspettasse, Abby fu costretta ad abbandonare le ricerche che i ragazzi stessero conducendo nella sala centrale: stava cercando disperatamente di rintracciare Jack, ma di lui sembrava essersi dissolta qualsiasi traccia.
Anael e Castiel erano presto spariti in una delle loro ricerche angeliche, sperando di trovare Jack attraversando ogni singolo centimetro della terra, ma non lo trovarono.
Iniziarono a pensare che Jack non si trovasse più su loro pianeta, ma nessuno lo disse ad Abby.
Preferirono continuare le ricerche e far finta di non averlo già capito, quando Abby si alzò dal tavolo e si scusò perché era davvero troppo stanca e non avrebbe retto a leggere anche solamente un'altra pagina dell'ennesimo libro.
Dean la osservò muoversi all'interno di quel vestito blu mentre i lunghi capelli mogano le ricadessero lungo le spalle, e pensò che quel giorno Abby splendesse con una bellezza micidiale.
La vide afferrare la manina di Mary, seduta qualche sedia più in là intenta a colorare uno dei suoi strambi disegni, e dire che sarebbero andate a riposare un po' in stanza, che volesse dire che avrebbe guardato qualche vecchio cartone mentre stringeva a sé Mary.
Dean la osservò con il cuore in gola che battesse fin troppo forte, riuscendo a sentire persino la sensazione delle farfalle nello stomaco dopo tutti quegli anni insieme.
E quando Abby posò gli occhi di lui, entrambi si guardarono in quel modo unico che li avrebbe sempre legati, e la donna colse il desiderio nel suo sguardo.
Abby sorrise quando fu vicino alla sua sedia e si chinò su di lui, baciandolo con dolcezza mentre sentiva il modo in cui Dean l'avesse avvicinata di più sfiorandole i fianchi.
Ricambiò il suo bacio e percepí la mano esile di Abby sfiorargli il petto ed arpionarsi alla sua camicia  per farlo più vicino, e sentí il cuore battere così forte che sarebbe potuto uscire dalla stanza e fare un giro per il bunker. 
"Così mi uccidi, ragazzina. Fa dormire Mary, ti raggiungo subito e..".
Un colpo di tosse da parte di Dan li fece voltare entrambi, che si resero conto di non essere da soli ed Abby sorrise imbarazzata, tornando a guardare Dean che maledisse il giorno in cui avesse aperto le porte del bunker agli altri.
Abby lo salutò con bacio a fior di labbra e Dean la guardò andare via, portando con sé la piccola Mary che le stringesse la mano.
La donna attraversò il lungo corridoio insieme a Mary, rispondendo alle domande che la bambina non smettesse mai di fare, fino a giungere alla camera che condividesse con Dean.
Abby si distese insieme a Mary ea strinse forte a sé, per poi leggere la figlia una parte di uno dei libri che più le piacessero, sentendo il respiro di Mary farsi sempre più pesante fino a quando la sentì crollare e sprofondare in un sonno profondo.
La madre sorrise felice e le carezzò i lunghi capelli biondi mentre la guardava con dolcezza e con immenso amore, mentre Mary riposava con la testolina poggiata sul suo petto.
Più la guardava e più Abby si innamorava della splendida figlia che lei e Dean avessero messo al mondo. 
La strinse più a sé incantandosi a guardare la sua bambina che respirava lentamente e che l'abbracciasse a sua volta.
Sfiorò il suo ventre, carezzando anche il suo secondo figlio che ancora crescesse dentro di lei e lo sentí muoversi piano, probabilmente perché anche lui stesse dormendo.
Abby sorrise ed osservò il grosso pancione che avesse al settimo mese e non riusciva neanche a pensare che ne occorressero ancora altri due prima di conoscerlo.
Si sentiva così elettrizzata e piena di speranza verso il futuro, investito da una grande positività che le faceva pensare che tutto sarebbe andato per il meglio.
Abby si mise più comoda e strinse Mary, afferrando il suo cellulare per ingannare un po' il tempo nell'attesa che davvero Dean terminasse le sue ricerche per stare un po' insieme a lei, e presto iniziò a scorrere fra gli ultimi messaggi ricevuti.
Trovò quelli di Dean, di Isobel, Silver.
E poi quelli di Edward.
Strinse le labbra in una smorfia pensando che fosse passato davvero molto tempo dall'ultima volta che avesse parlato con lui, e desiderò così tanto sentire la sua voce.
Sospirò sentendo il cuore battere più forte e si decise a pigiare con il dito sullo schermo per avviare la telefonata. 
Portò il telefono all'orecchio, udendo gli squilli susseguirsi uno dopo l'altro e presto Abby chiuse gli occhi con nervosismo mentre pensava che fosse venerdì sera e che probabilmente Edward fosse impegnato al locale. 
O forse era in compagnia di una ragazza.
Di chiunque non fosse lei.
Stava per riagganciare e spegnere il telefono riconoscendo di aver fatto un errore a fare quella chiamata, quando udí un forte chiacchiericcio proveniente dal telefono e la musica fare da sottofondo. "Rossa..". 
La donna accennò un sorriso e aprí gli occhi, ascoltando la sua voce calda e profonda che giunse alle sue orecchie con un tono preoccupato e dispiaciuto. "Ciao bartender". 
Sentí Edward ridacchiare dalla parte opposta del telefono e presto la confusione divenne notevolmente più bassa, segno che l'uomo si fosse allontanato dal bar affollato per poter svolgere la conversazione al meglio.
Si schiarí la gola e deglutí a fatica, stringendo la mascella e mordendosi le labbra con nervosissimo. "Come stai, Abby? Sam mi ha detto che non te la sei passata bene nell'ultimo periodo". 
"Da quando parli a Sam, invece di parlare a me? Ti avevo chiesto di non sparire". Abby aggrottò le sopracciglia e parlò con tono a metà tra l'essere infastidita e l'essere divertita, riflettendo sul fatto che da quando avessero distrutto la sede americana degli Uomini di Lettere, Edward non si fosse più fatto vivo neanche scrivendole un messaggio. 
Lo sentí sospirare dall'altra parte del telefono, per poi udire lo scatto tipico di un accendino ed Abby immaginò che Edward stesse iniziando a fumare uno dei sigari che gli piacessero tanto. "Non volevo essere d'intralcio alla tua famiglia, Abby".
"L'ultima volta che ho controllato, ne facevi parte anche tu".
Edward ascoltò il suo tono sincero e leggermente più basso mentre sputava fuori il fumo del suo sigaro, per poi sentirla sospirare rumorosamente. 
Si appoggiò alla porta del retro del locale e chiuse gli occhi qualche istante mentre continuava a fumare e rifletteva sulle sue parole, e poi scosse la testa sorridendo amaramente. "Io e Dean che facciamo parte della stessa famiglia? Riusciamo a malapena a far parte della stessa squadra".
Mary si mosse sulla madre e cambiò respiro, aggrappandosi di più al suo petto e voltando il viso dalla parte opposta per stare più comoda, e Abby accennò un sorriso più grande mentre le sfiorava il visino e la copriva al meglio. 
Sospirò e strinse il telefono un po' più vicino al volto, respirando lentamente e chiudendo gli occhi. "Già, eppure una cosa in comune ce l'avete: siete proprio due grandissimi testardi". 
"Si, e siamo tremendamente innamorati della stessa donna". 
Nel momento in cui lo disse, Edward chiuse gli occhi e scosse la testa sospirando piano mentre sentiva il silenzio dall'altra parte del telefono perdurare per qualche istante di troppo.
Senza dubbio quelle parole avevano avuto effetto su Abby: la facevano sentire tremendamente in colpa, perché sapeva che Edward provasse ancora dei forti sentimenti per lei, eppure non riusciva a lasciarlo andare completamente. 
Abby sospirò lentamente ed Edward ascoltò il suo respiro, cercando di decifrare i suoi pensieri, ma non si aspettò comunque quando la sentí parlare con un tono affranto. "Avrei voluto che ci fossi stato anche tu, quando ero in ospedale. Sono state quattro settimane difficili e ti avrei voluto lì, con me". 
"Me? Perchè proprio me?”.
"Perché sarei potuta morire e ho avuto paura: volevo almeno vederti un'ultima volta, nel caso in cui fossi morta". 
Ad ascoltare quelle parole, il cuore di Edward accelerò nel suo petto: solo Dio poteva sapere quanto avrebbe voluto essere presente per Abby in quel lungo periodo di degenza ospedaliera. 
Avrebbe voluto aiutarla, parlare con i medici, scoprire cosa ci fosse che non andava in prima persona; invece aveva creduto che la scelta migliore fosse quella di chiamare Sam ogni giorno, che lo informava sugli alti e bassi a cui Abby andava incontro giornalmente.
E gli faceva male non essere accanto a lei, non poter stringerle la mano ed esserle di conforto o semplicemente non poter guardare nei suoi occhi azzurri. 
"Ed, vieni a darmi una mano: c'è un delirio nel locale!". 
La voce di Andrew giunse alle orecchie di entrambi e Abby sorrise con amore nel ricordare quel ragazzo a cui volesse davvero molto bene, mentre Edward si voltò nella direzione del suono con aria infastidita e sospirò rumorosamente. 
"Stai lavorando: mi spiace di averti sottratto del tempo, Ed". La voce le tremò mentre parlava e si asciugava le guance rigate dalle lacrime scese al ricordo della paura che avesse provato in ospedale. 
"Aspetta Abby..". Edward alzò il tono della voce per richiamarla prima che chiudesse; avrebbe voluto dirle che il suo cuore fosse a pezzi all'idea di ciò che stesse passando e che avrebbe voluto passare quei momenti insieme a lei stringendole la mano perché sapeva che avesse avuto paura. Avrebbe voluto aggiungere tante cose, ma Edward sentì il cuore battere più forte nel petto mentre il dispiaceva albergava dentro di lui, così scosse la testa e sospirò. "Solamente.. Abbi cura di te, ok rossa?". 
Abby annuí come se Edward potesse vederla ed interpretare la sua risposta, ed allontanò il telefono chiudendo la chiamata e posando il telefono sul comodino.
Avvolse entrambe le braccia attorno al corpicino di sua figlia e si sforzò di chiudere gli occhi, stringendola più a sé mentre sperava di precipitare presto in un sonno profondo insieme a lei.
 

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Capitolo 71
*** Capitolo 64 ***


Hunters' Legacies
Capitolo 64.
 


Un fastidioso crampo si era palesato quella mattina in maniera così forte da farle mancare il fiato, costringendola a reggersi ai bordi di ceramica del lavandino mentre cercava di riprendere il controllo con il respiro; lentamente il dolore iniziò a scemare ed Abby fu in grado di rimettersi dritta ed aprire la porta per dirigersi verso letto della sua stanza, dove trovò i vestiti della piccola Mary sparsi per la stanza, perché Dean non li aveva ancora rimessi a posto dopo avere preparato la loro piccola per la scuola. 
Abby sospirò e accennò un grande sorriso carezzando il pancione mentre pensava che ormai fosse questione di giorni prima che dovesse tornare nuovamente in ospedale per il cesareo per cui avesse optato; la ragazza si sentí sollevata, sapendo che almeno questa volta avrebbe avuto dei veri dottori a controllare lei e il bambino e ad anestetizzarla. 
Si vestì in maniera molto lenta, rifiutandosi categoricamente di chiamare qualcuno per allacciarsi le scarpe nonostante fosse quasi impossibile raggiungere i lacci con quel grosso pancione, e sorrise divertita, perché in fondo amava sentire il suo piccolo dentro di lei e sapeva già che le sarebbe mancato una volta partorito. 
Negli ultimi due mesi che Abby passò nuovamente al bunker non accusò alcun dolore e non vi fu alcun problema nella crescita del suo bambino, così Abby aveva potuto trascorrere il suo tempo insieme alla sua famiglia: aveva legato davvero molto con Isobel, che da quando avesse lasciato gli Uomini di Lettere inglesi per salvarla aveva dimostrato quanto davvero tenesse alla sua famiglia, alternandosi fra i suoi tre figli in maniera tale da stare insieme a loro. 
Isobel passava la mattina da Silver per aiutarla con il piccolo Nathan e aveva avuto il piacere di conoscere la sua splendida figlia più piccola; il pomeriggio stava invece con Dan e il piccolo Henry, che il padre avesse portato in America dall'Inghilterra dopo aver ottenuto la custodia totale del piccolo ed insieme andavano al bunker a trovare Abby, che ultimamente stava sempre più spesso da sola con la piccola Mary, dato che Sam e Dean avessero sempre tantissime faccende scottanti da risolvere. 
Gestire il ritorno di Ketch dal momento dei morti per esempio; cercare di far tornare indietro Jack e Mary dal mondo alternativo dopo che il Nephilim fosse riuscito ad entrare grazie alla dreamwalker Kaia; cercare di raccogliere tutti gli ingredienti dettati da Donatello dopo aver tradotto la Tavoletta dei demoni per aprire un secondo portale per quel mondo. 
Il ritorno di Rowena insieme a delle streghe che avevano soggiogato completamente Dean tramite un incantesimo d'amore. 
Ma fu Ketch che fece smuovere davvero le acque quella mattina, quando si presentò al bunker con l'ultimo ingrediente rubato al Principe Infernale con il quale avrebbero potuto aprire il portale, l'arcangelo Gabriel che fosse interamente impazzito dopo anni e anni di tortura da parte di Asmodeus; l'inglese disse ai cacciatori che il Micheal dell'altra dimensione fosse vicino ad arrivare nel loro mondo, per questo avevano davvero poco tempo per recuperare Mary e Jack e provare ad uccidere Micheal. 
Abby non fu affatto felice della proposta che Dean fece a Ketch, sentendogli dire che insieme avrebbero attraversato il portale per l'altro mondo; Dean aveva letto negli occhi azzurri di Abby la preoccupazione e quanto fosse contrariata per quella decisione, ma non poteva lasciare che fosse Sam a rischiare la vita in quel modo e fu certo che anche Abby lo avesse intuito per il modo in cui subito lo si sollevò sulle punte per avvolgerlo in un abbraccio e lo strinse a sé. "Torna da noi tutto intero, ok?".
"Lo farò, ragazzina.." sussurrò Dean al suo orecchio accennando un sorriso e scostandole un ciuffo dei suoi lunghi capelli mogano per accedere alle sue labbra e baciarla con dolcezza e tenerezza. 
L'uomo si chinò per baciare il pancione della donna, dicendo al piccolo di prendersi cura della mamma mentre lui era via e di non fare scherzi, dopodiché tornò a guardare la donna con un sorriso nel volto. "Ti amo, Abby. Ci vediamo fra ventiquattro ore". 
Abby gli sorrise mentre lo guardava con tutto l'amore che provasse per lui, ma lo lasciò andare senza rispondere perché incapace di parlare dato il modo in cui si stesse sforzando per nascondere il secondo forte crampo che l'avesse colta alla sprovvista proprio in quel momento.
Dean parve non accorgersi del suo sorriso finto e si voltò verso Ketch e Dan e fargli segno di andare insieme a lui. 
Certamente Abby non aveva nessuna intenzione di rovinargli la ricerca di sua madre perché sapeva quando Dean fosse disperato all'idea di saperla dispersa in un modo apocalittico, però nel momento in cui vide Dean varcare il portale, Abby capí di aver fatto un grosso errore a non averlo fermato. 
Cercò di non dare nell'occhio mentre in terzo crampo molto più doloroso dell'altro la sorprese, ed Abby si morse la guancia con forza per trattenere il gemito di dolore che le sarebbe sicuramente uscito dalla bocca, e si toccò il pancione cercando di carezzare il bambino e di tranquillizzarlo, sentendolo muoversi in maniera irrequieta dentro di lei. Rimasto al suo fianco per osservare il fratello, Ketch e Dan saltare dentro quel portale ricreato tra loro, Sam si voltò ad osservarla con attenzione, avvicinandosi a lei e sollevandole il viso per guardarla meglio e subito capí che avesse nascosto qualcosa a Dean e la fulminò con lo sguardo. "Abby, cosa c'è che non va?". 
La ragazza accennò un sorriso e scosse la testa, facendo spallucce mentre lo guardava negli occhi e nascondeva il suo dolore per non farlo preoccupare. "Sto bene, ma andrò a stendermi per un po': comincia a diventare insopportabile tutto questo peso".
Abby si era allontanata senza aggiungere una parola e non lo aveva più guardato, né tantomeno aveva incrociato lo sguardo di Anael che avrebbe capito all'istante che qualcosa non andasse, e si era diretta nella sua stanza in silenzio; negli ultimi giorni Abby aveva notato nuovamente la diminuzione di appetito, la troppa stanchezza e i crampi che non la lasciavano in pace, e sapeva benissimo cosa volesse significare. 
Aveva scelto di ignorare tutti questi segnali per non fare preoccupare Dean, che altrimenti l'avrebbe portata di nuovo in ospedale dove avrebbero detto nuovamente che fosse avvenuto un distacco placentare. 
E senza Jack nei paraggi, Abby sapeva che quelli fossero i suoi ultimi giorni e non aveva alcuna intenzione di passarli in una stanza d'ospedale lontana dalla sua famiglia e da sua figlia: aveva scelto di trascorrere il tempo che le rimanesse con le persone che amava di più, di poter vivere ancora quel poco di normalità che normalità non fosse. 
Si stese sul materasso e chiuse gli occhi mentre sentiva la stanchezza impadronirsi di lei, mentre lentamente scivolava in un sonno ristoratore e per la prima volta si ritrovò a pregare davvero che quella non fosse la sua ultima giornata sulla terra e di riuscire a resistere fino per aspettare il ritorno di Dean. 



"No, no, no, non adesso, ti prego. No, no". 
Se ne stava in piedi e teneva le mani appoggiate al bordo del tavolo della sala centrale, gli occhi chiusi ed il viso contratto in una smorfia di dolore, non riuscendo più neanche a camuffare il dolore che si fosse impossessato di lei da quando Asmodeus fosse arrivato al bunker con la sola intenzione di riprendersi Gabriel, e per farlo era arrivato persino a far del male fisico a tutti i presenti, compresa lei; ed in quel momento Abby aveva sentito chiaramente qualcosa dentro di lei distruggersi.
Si agitò muovendosi nervosamente mentre sentiva le prime contrazioni coglierla di sorpresa e travolgerla come un fiume in piena, ed Abby si lasciò sfuggire dalle labbra serrate un gemito di sofferenza a tono fin troppo alto affinché i suoi familiari non si voltassero verso di lei e la guardassero con un'orribile sensazione addosso. 
Anael abbandonò la postazione vicino al tavolo principale dove controllasse che il portale rimanesse costantemente aperto, e si avvicinò velocemente alla ragazza facendo segno a Sam di seguirla, e presto afferrò Abby da un braccio con delicatezza. "Che succede?". 
Abby aprí gli occhi per guardarla meglio, ma il dolore fu tale che Abby non riuscì a rispondere e lasciò libero sfogo al suo dolore, permettendo di condensarsi con un sonoro urlo: le gambe non la ressero più e sarebbe caduta rovinosamente a terra se Sam non l'avesse sorretta con forza dalle braccia. "Abby, che c'è che non va?".
Nonostante Abby non avesse più la forza di rispondere alle loro domande, Anael e Sam notarono subito il liquido chiaro che scivolò fra le gambe della ragazza e subito entrambi sgranarono gli occhi capendo immediatamente che le si fossero rotte le acque. 
Aneal intimò a Castiel di prendere il suo posto e di continuare a nutrire l'incantesimo per mantenere il portale aperto dato che erano passate solamente dodici ore da quando Dean, Ketch e Dan lo avessero attraversato, e l'angelo disse a Sam di aiutarla a portare Abby nella sua stanza per farla stenderle sul letto; inevitabilmente passarono davanti alla cucina, dove Isobel fosse intenta a far cenare la piccola Mary, che subito si rese conto di ciò che stesse succedendo e accompagnò la bambina nella sua stanza con aria tranquilla, facendo giocare la piccola con uno dei suoi giochi e accendendo lo stereo per mettere della musica allegra e coprire le urla di Abby che provenissero da una delle stanze adiacenti. 
Aneal si affrettò a sollevarle il vestito molto largo che Abby indossasse quel giorno, sfilandole l'intimo per controllare a che punto fosse arrivata del travaglio, e si stupì immediatamente quando la vide già a buon punto. "Da quanto tempo stai soffrendo senza dire nulla, Abby?". 
"Da quando Dean è partito, non volevo farlo senza di lui ma poi.." la frase della ragazza venne duramente interrotta da un'altra contrazione che la fece urlare di dolore, stringendo le mani attorno al lenzuolo per cercare di scaricarne un po'. 
Sam si mosse agitato alle spalle dell'angelo non avendo la minima idea di cosa sarebbe successo da lì a breve, e sgranò gli occhi guardando Anael con aria spaventata. "Sai quel che fai?". 
"Certo, ho fatto nascere io Mary e..". 
Abby non riuscì a sentire la fine della frase dell'angelo perché venne colta da un dolore così lancinante che fu costretta a contorcersi nuovamente su se stessa, capendo chiaramente che fosse decisamente molto diverso dal travaglio che ebbe quando partorì Mary. 
Chiuse gli occhi e respirò affannosamente, urlando di più per i crampi ed i dolori, mentre sentiva le lacrime scivolarle sulle guance per la paura che il piccolo potesse non farcela. 
Avvertì una mano intrecciarsi alla sua e sentí Sam posizionarsi dietro di lei sul letto, attirandola a sé in modo da farle appoggiare la schiena contro il suo petto, e le carezzò i capelli già umidi di sudore per lo sforzo: non fu sorpresa che Sam avesse assunto le veci di suo fratello, tenendola più dritta con la schiena e cercando di rassicurarla mentre le sussurrava all'orecchio che tutto sarebbe andato per il meglio. 
Strinse forte la mano del ragazzo e voltò il capo verso di lui mentre piangeva e lo guardava con aria terrorizzata, stringendosi a lui per sentirsi più protetta mentre Sam le sussurrava che tra poco avrebbe conosciuto suo figlio e che sarebbe stata presto bene. "Sam c'è qualcosa che non va, di nuovo. Lo sento". 
Lesse nei suoi occhi l'assurda consapevolezza di morte e Sam deglutí a fatica, annuendo e accennando un sorriso per tranquillizzarla, per poi spostare lo sguardo su Anael. "Dobbiamo portarla in ospedale, adesso!". 
"Non può essere spostata! Non posso aiutarla se inizia a partorire in auto!" rispose Anael sgranando gli occhi e rispondendo a tono fin troppo alto per sovrastare la voce di Abby che urlava di dolore. 
Sam la guardò con rabbia nonostante non fosse assolutamente colpa sua e alzò il tono di molto. "Allora trasportala tu con i tuoi poteri!" 
"Non può farlo.." sussurrò Abby respirando affannosamente e lasciando ricadere il capo sul petto dell'uomo per qualche momento nel tentativo di riposarsi un po', sapendo che da un momento all'altro sarebbe arrivata un'altra contrazione. "Le contrazioni sono troppo vicine e Anael è troppo debole. Devo farlo qui". 
La porta si spalancò per poi essere richiusa subito dopo, lasciando entrare Isobel con aria preoccupata nella stanza che da fuori sentiva le urla di dolore di sua figlia, e subito arrivò al suo fianco sedendosi sul letto e sorridendo mentre le sfiorava il viso. "Piccola mia, sono qui..". 
Abby aprí gli occhi e la guardò con un sorriso amaro, sentendo la sua mano sul suo volto e presto le venne da piangere perché tornò a sentirsi fin troppo fragile e sola senza avere Dean insieme a lei in quel momento; la contrazione arrivò prima del previsto ed Abby non fu capace di trattenersi piegandosi su se stessa e urlando di dolore, stringendo forte le mani di Sam che continuava a dirle all'orecchio che sarebbe andato tutto bene e di tenere duro. 
Abby tornò a chiudere gli occhi quando la contrazione passò tornando ad abbandonarsi sul petto di Sam, e quindi non notò lo sguardo che i tre si scambiarono immediatamente quando videro un fiume di sangue uscire da Abby e bagnare completamente il letto. 
Non ci fu bisogno di esprimere a parole come tutto quello non fosse normale e che probabilmente fosse l'accumulo di sangue del distacco placentare, ma la ragazza presto se ne accorse e si sporse in avanti guardando quella grande chiazza rossa che aumentava sempre di più, mentre il terrore cresceva dentro di lei. 
Anael accennò un sorriso per tranquillizzarla e mise una mano sul pancione della donna, chiudendo gli occhi e concentrandosi mentre usava i suoi poteri, e presto tornò a guardare Abby con un'espressione appena più tranquilla, ma comunque preoccupata. "Il bambino sta bene, ma tu hai una grave emorragia: aiuto te o faccio nascere il bambino, non posso fare entrambe le cose". 
Accennò un sorriso amaro e sospirò, capendo che quello non fosse proprio l'epilogo che avesse immaginato: aveva sempre pensato che la sua vita sarebbe finita lottando o magari per un attacco di cuore a settant'anni, mentre stava ancora con Dean in una casa in periferia dopo aver avuto l'occasione di di guardare i suoi figli crescere. "Pensa al bambino". 
Sam sgranò gli occhi e scosse la testa, scuotendo appena Abby per farsi guardare, osservandola con aria seria e perentoria. "No! Ti porto in ospedale". 
"No! Non c'è tempo e il bambino potrebbe morire!" esclamò Abby scuotendo la testa energicamente mentre sentiva l'arrivo di una delle ultime contrazioni. "Il bambino deve nascere qui e adesso!". 
Anael attese un cenno da parte di Isobel e di Sam, che annuirono nonostante non condividessero la scelta di Abby, e l'angelo la guidò in ogni momento del parto, invitandola a spingere e poi a riprendere fiato mentre osservava la testa del piccolo iniziare a sporgere, fino ad uscire completamente. 
Con un'ultima spinta, il piccolo fu completamento espulso dal corpo di Abby insieme ad un'enorme quantità di sangue, che Anael provò immediatamente a bloccare cercando di utilizzare i suoi poteri, ma l'emorragia non accennava a diminuire.
Sam si accorse di quanto il respiro di Abby fosse diventato debole e di come faticasse a tenere gli occhi aperti e presto le afferrò il viso fra le mani, sporgendosi in avanti per guardarla negli occhi con aria seria. "Non ti azzardare a morire, Abby. Tuo figlio è appena nato, devi resistere per lui!". 
Isobel si avvicinò con le lacrime agli occhi con il piccolo avvolto in un asciugamano pulito e lo porse alla ragazza, che sorrise teneramente sentendolo piangere e strillare a pieni polmoni fra le braccia di sua madre, notando come fosse ancora tutto sporco di sangue e necessitasse del suo primo bagnetto. 
Sentí gli occhi divenire sempre più deboli e pesanti e istintivamente si strinse a Sam perché aveva un disperato bisogno di sentirsi protetta e al sicuro, di annullare quella fragilità e debolezza che la colse. "Dean..". 
Sam deglutí a fatica e la strinse contro il suo petto, abbracciandola e tenendo le sue mani strette mentre appoggiava il mento sul suo capo per nasconderle le lacrime che gli stessero rigando il viso quando fu costretto ad affrontare la dura verità e Anael fece segno a lui e a Isobel che non riuscisse a guarire il corpo di Abby. "Arriverà presto e tu starai bene". 
Abby rise debolmente perché sapeva che fossero entrambe delle bugie e chiuse gli occhi definitivamente, sentendo il suo respiro divenire sempre più lento e si sentiva sempre più debole. "Sam ti prego, digli di non essere arrabbiato con il bambino". 
Il ragazzo scosse la testa e non riuscì a frenare le lacrime che presero a scivolargli sul viso, mentre i milioni di momenti in cui Abby fosse stata presente nella sua vita e gli fosse stato vicino iniziarono a scorrere nella sua mente, ed il cuore gli si spezzò inevitabilmente perché sapeva che non ci fosse modo di fermare la sua morte. "Non si arrabbierà, ma devi restare qui con me per dirglielo. Ti prego, Abby". 
Divenne difficile anche solo scuotere la testa, parlare o addirittura respirare, ma la ragazza impiegò le ultime forte che gli fossero rimaste per afferrargli forte un braccio, spinta dalla carica che il pianto del suo bambino le stesse dando. "No Sam, devi dirglielo. Fai promettere a Dean che si prenderà cura di lui come fa con Mary anche se io non ci sarò. Per favore, devi farlo per me". 
Sam ricambiò la stretta e annuì, dicendole che glielo avrebbe fatto promettere e che suo fratello si sarebbe preso cura di entrambi i suoi figli, che lei sarebbe stata bene, ma presto il ragazzo avvertì la presa di Abby sul suo braccio diventare sempre meno forte, fino a lasciar scivolare la mano sul materasso, e dalle espressione dell'angelo e della madre della ragazza, Sam capí che fosse ormai troppo tardi e che Abby avesse perso troppo sangue e che non fosse più tra loro. 
La strinse più forte a sé, dando sfogo al suo dolore e si accorse di come un altro paio di braccia esili si fossero intrufolate in quell'abbraccio e Sam si rese conto che non ci fosse davvero nulla di peggio di una madre che piangesse la propria figlia quando vide Isobel strappargli il corpo di Abby per stringerla forte a sé ed iniziando a piangere senza controllo. 
La situazione volle che i presenti cogliessero la sottile ironia della sorte, che prendesse una vita e nello stesso momento ne avesse generata una nuova limpida e pura, con l'anima chiara e non ancora marchiata dal quel mondo crudele che lo avrebbe aspettato una volta cresciuto, e che lo avesse già ferito non appena nato privandolo dell'unica cosa che avrebbe davvero rimpianto per il resto della vita, la sua mamma. 



Varcando il portale per tornare al bunker dalla sua famiglia, Dean aveva letto qualcosa di diverso e di terribile negli occhi di suo fratello, ma non ci aveva dato molto peso.
Aveva sentito Sam informarlo del fatto che Gabriel fosse riuscito a scappare dal bunker, lasciandoli così senza neanche un po' di grazia di arcangelo per aprire nuovamente il portale che lo avrebbe condotto nuovamente nell'altro mondo, facendo così tornare definitivamente Jack e Mary. 
Ma Dean non ebbe neanche il tempo di arrabbiarsi e di dirgli cosa avesse visto nell'altro mondo, che lesse negli occhi di Castiel e di Sam qualcosa di ancora più grave che probabilmente fosse accaduto mentre lui era via; aggrottò le sopracciglia e fece un passo avanti guardandoli in cagnesco, ma non riuscì a pronunciare neanche una parola perché un pianto arrivò dritto alle sue orecchie facendogli piegare le estremità delle labbra all'insù in un grosso sorriso.
Anael avanzò con un piccolo bimbo fra le braccia, avvolto da una tutina blu e da una grossa coperta per tenerlo al caldo. 
A Dean tremarono letteralmente le gambe quando osservò quel bambino che avesse atteso per così tanto tempo, essere finalmente davanti a lui.
Sentí una grande emozione dentro di lui e sorrise sentendosi incredibilmente felice, avvicinandosi ad Anael per prendere il piccolo fra le braccia, osservandolo muoversi contro di lui e accennare un piccolo sorriso. "Ciao ometto..". 
Aveva una fitta peluria scura sulla testa e degli occhi scuri che decisamente non avesse ereditato da Dean o da Abby.
Ma decisamente aveva ereditato il loro spirito critico, a giudicare da come il piccolo lo stesse osservando con aria curiosa. 
La sua piccola manina afferrò l'indice con cui gli stesse carezzando il viso e Dean sentí il cuore esplodere di felicità, dimenticando per un momento di non essere stato accanto ad Abby durante il parto; sollevò lo sguardo verso suo fratello minore e gli disse con grande emozione che fosse diventato di nuovo papà, che adesso avesse un maschio e che sarebbe stato importante crescerlo bene, tramandandogli i suoi gusti musicali, il suo modo di fare e di parlare con le ragazze.
Ma più parlava, più Dean notava il modo in cui il sorriso scemasse dal volto di Sam e dei due angeli che gli stessero attorno.
Ketch aveva già capito data l'espressione afflitta che Castiel avesse messo su da quando fosse entrato all'interno della sala comune ed a giudicare dalla faccia di Dan, anche lui doveva avere capito.
Più Dean guardava i volti dei suoi familiari con un sorriso felice sul volto mentre ancora reggeva fra le braccia il suo bambino, più sentiva il cuore prendere a battere più velocemente nel petto, mentre una strana paura si impossessò di lui. 
"Com'è sta Abby? Dov'è?".
Sam abbassò per qualche secondo lo sguardo triste e presto tornò a guardarlo, avanzando in silenzio verso il fratello e mettendogli una mano sulla spalla, guardandolo bene negli occhi e scuotendo appena la testa per fargli capire che non ce l'avesse fatta. "È nella vostra stanza. Abby ha perso troppo sangue, non abbiamo avuto neanche il tempo di portarla in ospedale e..".
Si scrollò la presa del fratello di dosso e lasciò che il bambino scivolasse fra le braccia di Anael, superando i tre ragazzi e correndo a grandi passi per il bunker urlando a gran voce il nome di Abby, nella speranza di sentire la sua voce rispondergli, ma tutto ciò che udì fu solamente il silenzio. 
Dean sfondò quasi la porta della loro stanza per entrare più velocemente, ma rimase immediatamente impietrito sulla soglia ad osservare ciò che gli si fosse parato davanti: Abby se ne stava stesa sul letto con il ventre nuovamente piatto ed i lunghi capelli le correvano lungo il petto e le braccia. 
L'espressione sembrava molto serena e in pace, ma le sue guance tradivano un pallore fin troppo accentuato che gli fece paura. 
"No!!". 
Si avvicinò con un balzo e l'afferrò velocemente fra le braccia, scuotendola ed ignorando come il suo corpo apparisse freddo e rigido sotto le sue dita, afferrandole il viso fra le mani ed intimandole di aprire gli occhi e che non poteva lasciarlo così.
La strinse più forte mentre la teneva fra le braccia e le baciava la tempia fredda sperando ancora che potesse reagire contro il suo tocco poco delicato.
Si sedette accanto a lei sul materasso e se la portò sulle le gambe, abbracciandola stretta mentre poggiava il mento sulla sua testa e piangeva maledicendo Chuck per non averla aiutata, perché Dean non aveva smesso neanche un momento di pregarlo di salvarla e di non farla morire, pensando che Chuck lo avrebbe ascoltato e che avrebbe esaudito quell'unico desiderio che si fosse permesso di esprimere in tutta la sua vita; ma Chuck non lo fece e non rispose mai a nessuna delle sue suppliche.
Dean rimase seduto a pregare Abby di tornare da lui ed a crogiolarsi nel suo dolore per aver perso l'unica donna che avesse davvero amato in tutta la sua vita, mentre le lacrime rigarono il suo viso fino a bagnare quello ormai freddo e senza vita di Abby.
 

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Capitolo 72
*** Capitolo 65 ***


Hunters' Legacies
Capitolo 65


Spense il motore della sua auto nel garage del posto che chiamava casa ma che si fosse ritrovato ad odiare più di qualsiasi cosa al mondo, rimanendo per qualche istante al buio all'interno di quell'ampio vano pieno di auto e di moto di uomini morti già da tempo, e Dean non dovette faticare molto a capire come ci si sentisse, perché anche lui si sentiva morto dentro: aveva continuato la sua vita come se nulla fosse, arrivando inevitabilmente ad indurirsi come una pietra fino a trattare la sua famiglia in maniera più aspra e mano a mano che il tempo passasse, Dean non riuscì a far altro che capire totalmente suo padre. 
Adesso sapeva perché John fosse saltato su quella stessa auto in cui adesso Dean si trovasse e fosse andato in cerca della bestia che avesse ucciso sua moglie, trascinando i suoi due bambini in giro per il paese senza neanche preoccuparsi del modo in cui sarebbero cresciuti.
Capiva perché suo padre fosse stato così duro e chiuso con loro, così severo per prepararli ad un mondo crudele che non facesse sconti proprio a nessuno. 
Adesso Dean capiva cosa avesse sentito John quando aveva perso sua moglie e si ritrovò con due figli piccoli da crescere e il cuore pieno di dolore che reclamava vendetta. 
Lo capiva solamente adesso dopo più di trent'anni, perché anche lui si trovava nella sua stessa situazione: sarebbe sicuramente partito e avrebbe dato la caccia al mostro che gli avesse portato via la sua Abby, se solo ci fosse stato qualcuno da incolpare. 
Ma Dean sapeva che ciò che fosse accaduto alla sua Abby fosse stato solamente colpa della vita che l'avesse costretta a condurre. 
"Andiamo: Abbadon è morta, Sam se la caverà, Mary vive con noi. Perché non andiamo da qualche parte, solamente noi tre?". 
Dean le aveva sorriso mentre la teneva stretta sui sedili posteriori della sua stessa auto, guardandola e non riuscendo a fare a meno di sentire il suo cuore battere più forte perché l'amava più di ogni altra cosa al mondo, e avrebbe fatto di tutto per lei; aveva spostato di più la coperta sulla ragazza per non farle sentire freddo e le aveva sfiorato la guancia con delicatezza. "Vuoi andare via dal bunker?"
Abby gli aveva sorriso e aveva fatto spallucce, nascondendo il viso sul suo petto nudo con una risata imbarazzata perché non amava farsi vedere così fragile. "Potremmo tornare a Louisville nella casa dei miei genitori e riprendere la nostra vita da dove l'abbiamo lasciata. L'unica differenza è che questa volta saremmo in tre".
Dean aveva accorciato la distanza fra i loro volti e l'aveva baciata nuovamente, ma presto la passione nacque dentro di loro ancora una volta e Abby si era mossa su di lui per baciarlo di più e far aderire i loro bacini, provocandogli un gemito di piacere. "Sai che vuol dire questo affare sul mio braccio, giusto ragazzina? Non posso scappare dal Marchio". 
"Ma potremmo trovare una soluzione, nella nostra casa, stare insieme e vivere come una famiglia normale. Ci sarà sempre qualcosa che ci terrà legati a questa vita, dobbiamo solamente iniziare dando un taglio netto" aveva risposto Abby aggrottando le sopracciglia e guardandolo con aria di disappunto, tirandosi un po' più su per guardarlo meglio. 
Dean aveva scosso la testa e aveva sospirato rumorosamente, facendo spallucce e guardandola con aria dispiaciuta per non poterle dare ciò di cui avesse bisogno e cercò di non dare troppo peso alla delusione e alla tristezza che lesse nello sguardo della ragazza. "Non posso, Abby. Non adesso". 
Sbatté le palpebre e tornò al presente, distogliendo lo sguardo dai sedili posteriori su cui insieme alla ragazza avesse vissuto quel momento, così come tanti altri, e Dean strinse forte le mani attorno al volante mentre sentiva gli occhi pizzicare e la rabbia crescere dentro di lui; scese dalla sua auto e sbatté in maniera molto forte lo sportello perché era arrabbiato, furioso, accecato dal dolore, perché ovunque guardasse, qualunque cosa toccasse all'interno del bunker e dell'Impala stessa tutto ciò che vedeva era sempre e solo Abby. 
Salí le scale del garage fino a raggiungere la sala centrale, avvicinandosi al mobile bar e mandando giù due grossi bicchieri di Whisky uno dopo l'altro senza darsi neanche il tempo di respirare, ottenendo unicamente come effetto quello di sentirsi peggio, e lanciò con tutta la sua forza la bottiglia contro il muro, concludendo così la sua routine di ogni sera.
Quando era stato costretto a bruciare il corpo di Abby, Dean aveva lasciato che Isobel, Silver ed Anael si occupassero di pulire via tutto quel sangue che non avrebbe mai dimenticato, preparandola per il funerale da cacciatori.
Sam e Dan si erano occupati di tagliare la legna e preparare la grande pila da ardere, mentre Castiel era stato promosso a babysitter e provava in tutti i modi a consolare Mary che piangesse incessantemente per la morte della madre.
L'unico momento di sollievo che provò Dean in quella triste storia, fu quando il grosso pugno di Edward si scontrò contro la sua mascella facendolo cadere rovinosamente a terra. 
Inizialmente non aveva reagito e aveva lasciato che Edward sfogasse il suo dolore contro di lui afferrandolo dalla giacca con una mano mentre con l'altra continuava a colpirlo imbrattandosi di sangue.
Ma presto Dean era stato posseduto da una rabbia mai provata prima, e aveva iniziato a restituire il favore. 
Neanche Sam, che avesse dato la brutta notizia a Edward solamente qualche ora prima, era riuscito a separare i due uomini che continuarono a picchiarsi selvaggiamente nel bosco, poiché estremamente disperati. 
"È colpa tua. L'hai uccisa tu: saresti dovuto rimanere accanto a lei, avresti dovuto proteggerla! Invece Abby è morta mentre tu eri in un altro maledetto mondo, e questo rimorso ti tormenterà per tutta la vita" aveva detto Edward alzandosi dal terreno polverone del bosco in cui si fossero tutti radunati per dare l'ultimo saluto a Abby. 
Si era alzato e aveva lasciato Dean a terra con il volto pieno di sangue mentre guardava il cielo azzurro, ancora disteso fra le foglie bagnate. 
Edward si era avvicinato al corpo di Abby sdraiato fra i cumuli di legna che i Winchester avessero preparato per accendere il fuoco. 
La guardava stesa dentro a quel vestito bianco che Edward conosceva bene e gli sembrò che niente fosse reale.
Abby non poteva essere davvero morta.
Eppure le sue guance erano così bianche da somigliare fin troppo al suo vestito.
Aveva allungato una mano con titubanza per sfiorarle la pelle, l'aveva scossa leggermente perché sperava ancora che aprisse gli occhi ma Abby rimase immobile.
Edward si lasciò andare in un pianto doloroso, mentre si chinava su di lei e respirava per l'ultima volta il suo profumo direttamente dal suo collo, sfiorando i suoi capelli mogano che spiccassero adesso più che mai sulla sua pelle diafana. 
Le prese il volto fra le mani e le scoccò un bacio sulle labbra per dirle addio, mentre tremava perché il dolore era troppo grande per lui.
Quella sensazione, Edward non l'avrebbe mai dimenticata. 
Toccare Abby e sentire il freddo scottante.
Aveva visto le fiamme bruciare il legno ed avvolgere il corpo della persona che amava ed ebbe la convinzione che mai si sarebbe ripreso da quel momento.
I giorni passarono lentamente e Dean cercava di dimenticare ciò che fosse accaduto, di dimenticare il modo in cui Abby avesse dato la sua vita pur di far nascere il suo secondo figlio, e quando Dean credeva di essere quasi riuscito a trovare un solo momento di pace sentiva il pianto di Mary che reclamasse la madre o quello del piccolo che avesse fame, e tornava nuovamente dentro il circolo. 
Il dolore fu talmente grande che gli tagliò le gambe, iniziando a farlo fallire anche sotto tanti altri punti di vista: Dean non era più un padre, non si prendeva più cura della bambina che adorava e che amava dal primo momento in cui avesse saputo della sua esistenza, e non aveva più neanche preso in braccio il piccolo a cui non aveva neanche dato un nome. 
"Andrew?". 
"Non mi piace". 
"Anthony". 
"Peggio". 
"Jasper". 
"Sii seria". 

Abby aveva sbuffato seduta sul suo letto con le gambe sopra quelle del ragazzo accanto a lei, mentre teneva fra le mani il libro dei nomi che Isobel le avesse regalato qualche tempo prima. "Perché non ne proponi qualcuno tu, invece di bocciare tutti i miei nomi?". 
Dean aveva riso di gusto, toccandole le gambe fino a risalire ed arrivare al pancione, sentendo il suo bambino muoversi dentro di lei. "Robert?"
"Robert? Robert come Bobby?". Abby lo aveva guardando con un sorriso divertito sul viso, facendo spallucce e annuendo. "Sai che non mi dispiacerebbe? Mary e Robert, suona bene". 
"Oppure potremmo provare con il nome di tuo padre"
Abby lo guardò con aria sorpresa, rimanendo per qualche istante interdetta perché non aveva voluto toccare quell'argomento per non metterlo in difficoltà, e Dean la vide sorridere e tentare di nascondere quanto in realtà le sarebbe piaciuto. "Abbiamo già un Jack nel bunker, non vorrai averne due?". 
Ma Dean aveva sorriso e scosso la testa, sollevando un sopracciglio e guardandola con aria incredula. "Credi che io non sappia il vero nome di tuo padre e che Jack sia solamente il secondo?".
"E tu come..".
"Mi è capitato di sbirciare fra le cose di tuo padre quando stavamo a Louisville. Richard Winchester, suona bene, no?".
 
Abby non ebbe il tempo di dire quanto fosse sorpresa che lui lo sapesse, ne di quanto ne fosse entusiasta, quando il bambino scalciò forte dentro di lei facendola sussultare e sgranare gli occhi. "Credo che gli piaccia, ma per sicurezza non dirlo più o mi prenderà a calci per tutto il giorno". 
Entrambi avevano riso e Dean si era subito chinato su di lei per baciarla con dolcezza, perché era proprio quello che aveva sempre sognato in segreto dentro di lui: una famiglia che fosse sua, Abby al suo fianco da ormai tanti anni. 
Dean tornò al presente dopo aver attraversato nella sua mente un ricordo dopo l'altro e bevve l'ultimo sorso di Whisky che fosse rimasto nel bicchiere prima che avesse infranto la bottiglia contro la parete, e strinse forte le nocche perché non riusciva più a sopportare tutto quel dolore dentro di lui; era passato già un mese dalla morte di Abby e la vita gli iniziò a sembrare sempre più pesante e inutile. 
Poco gli importava ormai che di Gabriel non ci fossero più notizie, che Mary o Jack fossero ancora bloccati nell'altro mondo, o che Rowena fosse passata dalla loro parte. 
Il dolore era troppo forte da paralizzarlo. 
Nella sua lunga vita piena di perdite e dolore, Dean aveva sempre incassato il colpo ed era andato avanti facendo il suo lavoro perché era quello che faceva sempre, perché c'era sempre Abby al suo fianco pronta ad assorbire le nuvole nere del suo malumore per trasformarle in un cielo azzurro con un solo sguardo; averla persa lo dilaniava a tal punto che non poteva andare avanti. 
Non voleva. Non più. 
Aveva deciso. 
Probabilmente sarebbe andato solamente a caccia e avrebbe sperato fino all'ultimo di morire, sapendo che comunque i suoi figli sarebbero stati al sicuro e che avrebbero avuto tutto l'amore che lui non poteva più dargli, perché il suo cuore era rotto e non era più capace di amare.
Prese un'altra bottiglia dal mobile bar e iniziò a bere direttamente della bottiglia, ritrovandosi a pensare che la sua vita gli avesse sempre e solo portato dolore, sofferenza e morte e che forse finirla lì sarebbe stata la cosa più saggia da fare per non portare giù nel baratro anche i suoi figli. 



La forte pioggia le picchettò sul viso infastidendola a tal punto da farle aprire gli occhi, svegliandola dal suo sonno ed osservando come le grosse gocce si infrangessero contro il suo corpo. 
Si alzò dal prato all'inglese sul quale fosse distesa e aggrottò le sopracciglia, guardandosi attorno con confusione ed iniziando a pensare che conoscesse fin troppo bene quel posto, specialmente la casa che sorgesse al centro del terreno: Abby accennò un sorriso ed iniziò a correre verso la veranda quando un forte tuono seguito da un fulmine squarciarono il cielo, mentre sentiva il temporale diventare sempre più violento e la pioggia diventare grandine, colpendole il corpo fino a farle male. 
Aprí la porta di quella casa che era proprio la sua casa, la stessa in cui fosse cresciuta insieme ai suoi fratelli e ai suoi genitori, nonostante non avesse la più pallida idea di come fosse arrivata lì; rimase per qualche istante a fissare l'intensità con la quale la grandine colpisse la casa insieme ad un forte vento e aggrottò le sopracciglia mentre pensava che non avesse mai visto un'ondata così violenta.  
"Il temporale è normale. Potrebbe durare per anni o per pochi mesi, dipende dall'intensità con cui le persone ti piangono" disse una voce fin troppo familiare alle spalle di Abby, che si voltò in direzione del salone ed osservò con aria incredula l'uomo davanti a sé, intento a fissarla con un grosso sorriso e a pulirsi le mani sporche di grasso con una vecchia pezza. "Il mio temporale è durato molto tempo, finché un giorno sei stata guarita dal dolore della mia perdita, dalla stessa persona che adesso sta causando quel nubifragio lì fuori".
Abby si ritrovò a ridere divertita senza neanche ascoltare le sue parole, correndo nella sua direzione mentre gli gettava le braccia al collo e si sentí sollevare dall'uomo sulla sessantina, che rise insieme a lei e la strinse forte. 
Entrambi sentirono il cuore scoppiare di felicità nell'essersi nuovamente ritrovati e l'uomo la fece ruotare con forza, sollevandola di peso ed iniziando a baciarle le guance con dolcezza. "Ciao piccola mia!". 
Sciolse l'abbraccio e tornò a guardarlo con dolcezza, stringendogli forte le mani ancora sporche di grasso di motore, non riuscendo a trattenere la felicità. "Papà, sono così felice di poterti finalmente vedere! Ti ho sentito nella mia casa quando mi spostavi gli oggetti, quando mi hai fatto capire di andare a Sioux Falls per cercare la mamma, quando parlavi con Mary!".
"Si, ho visto la possibilità di scendere sulla terra e sono venuto a trovarvi: ho osservato Mary ed è una bambina davvero dolce" rispose il padre accennando un sorriso e sfiorandole il viso con delicatezza e dolcezza. "Ti ho sentito tutte le volte che mi hai parlato, ero sempre vicino a te e ai tuoi fratelli". 
Abby sorrise e si sporse nuovamente per stringerlo in un forte abbraccio, non riuscendo a credere che fosse davvero tutto vero e che non stesse sognando. "Aspetta, come faccio a poterti vedere e toccare? Sei diventato un fantasma bravo fino a questo punto?". 
Jack si staccò appena dall'abbraccio per guardarla in viso e divenne più serio, facendo spallucce e sospirando rumorosamente; le fece segno di seguirlo e si mosse nel salotto insieme a lei, giungendo alla porta sul retro fino ad arrivare al garage, dove Jack stesse precedentemente lavorando alla sua auto. 
Abby osservò la sua Hyundai azzurra con il cofano aperto e degli attrezzi uno vicino all'altro appoggiati sulla scatola del motore, e vide suo padre tornare a lavorare e sporcarsi di nuovo le mani. 
"Ho insistito per essere io il primo ad accoglierti, il primo a parlarti e aiutarti a ricordare ed a realizzare ciò che è successo, perché ti conosco meglio di chiunque altro, tesoro" disse Jack avvitando di più un perno all'interno di qualcosa che Abby non avesse la minima idea di come si chiamasse ma che fosse sicura che appartenesse al motore, accennando un sorriso amaro e facendo spallucce. "Stavo aspettando che ti risvegliassi sul quel prato da tantissimo tempo, così tanto che sarei venuto io stesso a prenderti a schiaffi se non l'avessi fatto da sola entro una settimana". 
Abby aggrottò le sopracciglia senza capire cosa stesse dicendo suo padre, aggrottando le sopracciglia per poi sentire il suo sguardo più serio del solito su di sé facendola quasi tremare per la paura. "Papà, io non capisco di che cosa stai parlando..". 
Jack sospirò e la guardò in viso con aria molto seria, abbassando il cofano della sua auto e tornando a pulirsi le mani con la vecchia pezza che poi lanciò in un angolo. "Puoi vedermi e toccarmi, parlarmi e ridere con me tesoro mio, perché sei morta anche tu. Il tuo spirito ha lasciato il tuo corpo da ormai un mese terreno, ma qui il tempo è diverso ed è già passato un decennio".



Si piegò sulle ginocchia e si pulí il sangue sulle mani direttamente sulla giacca del tizio sdraiato a terra del tutto incosciente dopo che Dean lo avesse pestato a sangue solamente per averlo guardato storto, e scosse la testa alzandosi con aria fin troppo seria, muovendosi fino a raggiungere l'uscita di quel vicolo in cui quell'uomo lo avesse costretto; si mise in tasca le mani piene di escoriazioni per i pugni che avesse sferrato, stringendosi appena nel giubbotto per via dell'aria gelida della notte e sospirò mentre raggiungeva di nuovo la sua auto. 
Salí in macchina che era ancora abbastanza sbronzo e si diede un momento per sospirare e realizzare che neanche quella sera fosse stata proficua: aveva invocato un altro demone degli incroci, aveva provato a convincerli a stringere un accordo e riportare Abby indietro da ovunque si trovasse, ma la risposta era sempre la stessa. 
No. Un gigantesco no. 
E Dean aveva perso la testa, piantandogli la sua lama angelica dritta nel petto, osservando il demone contorcersi dal dolore fino a morire.
Aveva provato di tutto: demoni, divinità, sciamani, miti e vecchie leggende, aveva persino provato ad evocare Morte per supplicarla di riportare indietro Abby, ma nessuno lo ascoltava. 
Nemmeno Chuck o Amara. 
Era solo, nessuno gli avrebbe dato ciò che desiderava ardentemente con tutto il cuore, ed in preda alla rabbia colpí il volante con tutta la forza che avesse in corpo, sfogando la sua rabbia e la sua frustrazione per non avere trovato assolutamente nessun modo di mettere a posto le cose. 



Quando quella mattina aveva bussato alla porta del bunker presentandosi senza preavviso, aveva sperato così tanto che Abby non lo avrebbe cacciato via perché ancora troppo arrabbiata con lui.
Ma in fondo era stata proprio lei a chiamarlo il due mesi prima, chiedendogli di non sparire.
Ed Edward non aveva mai chiamato, non aveva mai scritto un messaggio.
Riceveva tutte le notizie da Sam, che lo avesse informato del modo in cui Abby fosse tornata in forma dopo l'ospedale.
La porta si aprí e Edward incrociò lo sguardo confuso di Isobel, che aggrottò le sopracciglia e accennò un sorriso nella sua direzione. 
Non voleva intromettersi negli affari di sua figlia, ma Isobel aveva un forte debole per Edward e vedeva in lui la persona che sarebbe dovuta stare al fianco di Abby.
Gli fece l'occhiolino come a dire che non avrebbe fatto parola con nessuno della sua presenza lì e si avviò verso la porta, superandolo perché stava andando via per raggiungere Silver. "Abby è in cucina; sai dov'è, non è vero?".
Edward aggrottò le sopracciglia ed annuí mentre la osservava fargli un cenno di saluto e andarsene, lasciandolo in cima alle scale completamente solo senza neanche palesare la sua presenza.
Così sospirò e decise di fare da sé, scendendo le scale in ferro battuto ed incamminandosi lungo il corridoio per giungere nella cucina del bunker.
Si avvicinò alla soglia ed osservò Abby guardare uno dei soliti programmi di cucina che tanto adorasse, seduta al tavolo mentre allontanava il piatto di uova cucinate probabilmente da Isobel, che ancora fosse del tutto integro.
Edward aggrottò le sopracciglia chiedendosi perché non mangiasse, ma poi vide il modo in cui Abby splendesse ed il suo cuore perse qualche battito davanti alla sua bellezza.
Si schiarì la gola per annunciare la sua presenza e quando Abby finalmente scollò gli occhi dal televisore per incrociare i suoi nocciola, sgranò gli occhi per qualche istante.
"Edward!".
Si alzò di scatto e fece per fare un balzo e raggiungerlo, ma lui fu più veloce e si avvicinò repentinamente all'interno della cucina.
Abby si sporse per abbracciarlo stretto e Edward fece lo stesso, chinandosi per godersi quel momento chiudendo gli occhi e respirando il suo profumo.
Presto si sedettero vicini sulla panca ed iniziarono a raccontarsi di come Abby si fosse ripresa grazie a Jack e di come adesso fosse intrappolato in un'altra dimensione insieme a Mary Winchester, ed Edward le raccontò del modo in cui fosse tornato a lavoro al bar, dei continui incontri con il gruppo di supporto per veterani. 
Abby rimase ad ascoltare i suoi racconti, sentendolo parlare di come quelle sedute lo stessero davvero aiutando a gestire la rabbia ed i suoi sentimenti, di come avesse finalmente iniziato a parlare di Peter e di ciò che avesse fatto per lui, salvandolo.
Stava per dirgli quanto fosse felice che finalmente Edward avesse trovato un equilibrio e che potesse sentirsi meglio, quando fu costretta ad appoggiare le mani sul tavolo per via di un crampo al ventre che la colse e la fece gemere di dolore.
Subito Edward le si avvicinò di più e la guardò con occhi sgranati, notando come progressivamente Abby tornasse lentamente in sé e lo guardava con un sorriso sereno sul volto.
Ma Edward scosse la testa per restituirle uno sguardo più serio e meno comprensivo. "Corri un grande pericolo a portare avanti questa gravidanza". 
"Non preoccuparti". Abby sorrise tranquilla e gli fece l'occhiolino, guardandolo con serenità. "I dottori dicono che è stato un miracolo e che non c'è più alcuna traccia del distacco placentare. Io ed il piccolo stiamo bene".
Ma Edward si rese sordo alle sue parole, scuotendo la testa e sospirando mentre la guardava con aria scocciata ed anche un po' arrabbiata perché non condivideva quella sua scelta terribilmente masochista.
Ad Edward importava solamente che Abby stesse bene, che sopravvivesse. 
La ragazza lo guardò e lasciò scivolare i lunghi capelli mogano su una spalla, stava per aprire la bocca per dire qualcosa, quando tutto ciò che uscì fu un altro gemito e si portò le mani al ventre. 
"Ok rossa, questo non può essere normale!".
Edward la guardò preoccupato ed allarmato, sgranando gli occhi e preparandosi a caricarsela in braccio per giungere alla macchina per portarla in ospedale, ma Abby lo guardò ridendo e sul suo viso non vi era alcuna traccia di dolore. 
"Il bambino.. sta scalciando. Ma è diverso questa volta, non l'ho mai sentito agitarsi in questo modo".
Edward aggrottò le sopracciglia mentre la guardava in modo serio e preoccupato. "Che vuol dire?".
Abby guardò nei suoi occhi nocciola e sorrise dolcemente, avvicinandosi a lui ed ignorando le sue proteste quando afferrò la sua grande mano destra per portarsela sul grembo. 
Edward non era mai riuscito a capire come i genitori si emozionassero nel sentire il battito del cuore del proprio bambino o che impazzissero di felicità nel sentirlo muovere nel ventre materno, ma adesso che Abby gli premeva la mano sul suo pancione e riusciva a sentire il bambino reagire e seguire con la manina i suoi movimenti, Edward sentì il cuore battere più forte ed una grande emozione nascere dentro di lui.
Sgranò gli occhi e guardò Abby con aria sconvolta, mentre ancora pressava sulla sua pelle per poi sentire come il piccolo rispondesse.
"Penso che tu gli piaccia. E anche tanto. Non reagisce così neanche con Dean".
Edward sollevò ancora una volta lo sguardo fino ad Abby e sorrise ampiamente udendo quelle parole, mentre sentiva il bambino scalciare contro il ventre di Abby.
Risero divertiti mentre Edward intrecciava la sua mano a quella di Abby e continuava a sfiorare la pelle.
Ed ancora una volta Edward capí che il suo più grande rimpianto sarebbe sempre stata la notte di più di nove mesi prima quando se ne fosse andato da quel bunker, lasciando Abby da sola.
E si rese conto di avere davanti tutto ciò che avesse sempre voluto: Abby, il bambino, l'amore.
Adesso che si trovava più vicino al suo viso, Edward era in grado di vedere la sua espressione stanca e provata da quella gravidanza.
Ed in più Dean non era neanche molto presente in quell'ultimo periodo, dato il modo in cui si stesse concentrando per riportare Mary e Jack nel loro mondo.
Con la mano libera le sfiorò il volto con dolcezza e si avvicinò a lei di più, mentre guardava nei suoi occhi azzurri con tutto l'amore che potesse provare. "Non potrei sopportare se ti succedesse qualcosa, rossa".  
Edward le continuava a sfiorare l'addome tenendo la sua mano intrecciata alla sua e continuava a toccarle con delicatezza una guancia, e si chinó su di lei per baciarle la fronte ma Abby si sollevò di più per abbracciarlo stretto gettandogli le braccia al collo, e lui la strinse come se non aspettasse nient'altro dalla vita. 
Finalmente si sentiva bene e si sentiva intera, e adorava la sensazione del bambino che si muovesse dentro di lei in preda alla felicità, come se avesse potuto riconoscere che quel nuovo tocco fosse proprio quello di Edward, di chi lo avesse concepito.
"Andrà tutto bene, Edward. Questa volta lo sento: staremo tutti bene e questo bambino nascerà forte e sano". 
Tiene la testa appoggiata sulla sua spalla, le braccia avvolte attorno al suo collo mentre con le mani gioca con la crocchia ordinata in cui Edward avesse racchiuso i suoi capelli.
Respirò il suo odore di sigaro mischiato a quello di Edward che sapeva di muschio, sandalo e colonia, e quando sollevò lo sguardo verso di lui, Abby lo guardò con le lacrime agli occhi. "Andrà tutto bene, bartender. Promesso".


Si tirò a sedere sul materasso con un balzo, svegliandosi di soprassalto mentre le immagini dell'ultima volta che avesse visto Abby viva al bunker lo tormentavano ogni volta che chiudesse gli occhi per riposare quel minimo di tempo per recuperare le forze.
La fronte madida di sudore, il cuore che battesse troppo forte nel petto e la sofferenza che gli ricordasse che Abby fosse morta e che non sarebbe mai più tornata.  
Si sforzò di dimenticare la sensazione del contatto con la pelle diafana e gelida di Abby, di quando le avesse baciato le labbra fredde e rigide, ma il pensiero finiva sempre lì.
Si alzò di scatto dal letto e si diresse verso il salotto, dove vi fossero tanti cartoni di pizza sparsi ovunque e vari residui di cibo disseminati per la stanza, così come le troppe bottiglie e lattine vuote di birra ed i vari bicchieri abbandonati sul pavimento.
Scese le scale per raggiungere il locale e si rese conto che fosse già pomeriggio inoltrato quando trovò Andrew intendo a sistemare il locale, preparandolo per l'apertura.
Lo sguardo che quel ragazzino gli rivolse fu molto preoccupato e dispiaciuto, sentendosi anche lui in lutto per aver perso Abby.
Andrew avrebbe voluto aiutare Edward, ma non sapeva come potesse anche solamente alleviare tutto quel dolore.
Edward gli si avvicinò sorridendo amaramente e gli scompigliò i capelli con una mano ed una carezza dolce e gentile. "Prenditi un altro giorno libero, ragazzo".
Andrew aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, notando come si stesse avvicinando alle bottiglie di liquore e lo osservò prenderne una in modo del tutto casuale e versarsela direttamente in bocca. "Edward! Sono tre giorni che non apriamo, i clienti cominceranno ad andare da qualche altra parte e.." 
Mandò giù il liquido che scorresse lungo la sua gola e Edward si voltò nella direzione del ragazzo con aria furiosa, alzando il tono della voce. "Ho detto che oggi non apriamo! E adesso vattene, ragazzino!".
Gli riservò un'occhiata di fuoco e lo accompagnò all'uscita, aprendo la porta del locale ed assicurando che Andrew se ne andasse, perché aveva fin troppo bisogno di rimanere da solo.
Edward iniziò a rimettere le sedie sui tavoli che Andrew avesse sceso pensando ingenuamente che quel giorno sarebbe stato in grado di affrontare tutti i clienti, di poter fingere e ridere, di poter essere il loro confidente o compagno di bevute.
Ma Edward non voleva entrare a contatto con nessuno.
Tutto quello che voleva era bere e svenire sul pavimento del suo locale per dimenticare ciò che fosse accaduto ad Abby.
Afferrò una bottiglia di Whisky e se la portò alle labbra, lasciandosi scivolare con le spalle contro il bancone fino a sedersi.
Anche il locale stesso era intriso di ricordi con lei: ricordava il jukebox e le sue canzoni preferite, il loro bacio e tutti gli altri che si fossero scambiati li dentro.
Poteva sopportare di non stare insieme a lei.
Ma non poteva sopravvivere sapendo che Abby fosse morta.
Bevve un altro sorso molto lungo ed estrasse il telefono dalla sua tasca, aprendo la galleria per osservare le foto scattate insieme ad Abby, l'unico periodo della sua vita davvero felice.
Si soffermò ad osservarne una in particolare, in cui Abby stava seduta sulle gambe di Edward e gli cingeva il collo con entrambe le braccia sorridendo felice.
Almeno poteva consolarsi dicendo a sé stesso di averla vista sempre sorridente nel periodo che Abby trascorse al bar insieme a lui.
Mentre scorreva le foto e continuava a bere qualche sorso di quella bottiglia, il tempo passava inesorabilmente.
Il locale stava iniziando a diventare buio dato come il sole fosse ormai tramontato da un pezzo e la luce proveniente dalla cucina non riusciva ad illuminare nemmeno metà della sala più piccola.
Ma a Edward andava bene così, mentre chiudeva gli occhi ed appoggiava la nuca alle sue spalle sperando di non svegliarsi più.
Due forti colpi alla porta principale ancora chiusa lo costrinsero ad aprire gli occhi e Edward si chiese cosa ci fosse di così difficile nel leggere il grande cartello che indicasse che il locale sarebbe rimasto chiuso. 
"Siamo chiusi".
Lo disse a voce così bassa che anche Edward ebbe difficoltà ad udire la sua stessa voce.
Ma altri due colpi alla porta lo fecero sobbalzare, mentre sentiva la rabbia iniziare a ribollire dentro di lui.
Decise di ignorarli: chiunque fosse prima o poi si sarebbe stufato e se ne sarebbe andato.
Ma presto udí altri colpi a quella porta di legno e Edward strinse i pugni per la rabbia.
Si alzò di scatto e posò la bottiglia di Whisky sul bancone insieme al suo telefono, decidendo di distruggere i progressi fatti con il gruppo di sostegno per i veterani che gli avessero insegnato a gestire la rabbia.
Ma Edward non voleva gestire un bel niente: aveva passato giornate intere a bere per dimenticare ciò che fosse accaduto, aveva provato a rimettersi in piedi ed a trovare un qualsiasi modo che gli avrebbe permesso di riportare Abby in vita, ma quando capì che nulla glielo avrebbe permesso si era nuovamente buttato sull'alcol.
E adesso che qualcuno stesse nuovamente bussando alla sua porta, Edward gli si avvicinò con tutta la furia che avesse in corpo pronto a colpirlo con un forte pugno sul viso. "Non c'è un altro bar dove puoi portare il tuo culo, brutto figlio di put-..". 
Edward rimase con il pugno a mezz'aria e l'espressione furiosa sul viso per qualche istante, quando si rese conto di che grande scherzo gli stesse facendo il destino.
Dean se ne stava in piedi dalla parte opposta della porta, teneva le mani all'interno delle tasche della sua giacca nera e lo guardava con un sorriso amaro sul volto. "Volevi davvero colpire un cliente?".
Edward lo guardò negli occhi con disprezzo, perché lo odiava più di quanto avrebbe mai potuto odiare qualcuno.
Gli aveva tolto Abby in tutti i modi possibili: prima l'aveva strappata da lui, poi l'aveva lasciata morire.
Lo odiava così tanto che avrebbe voluto ricominciare da dove si fossero interrotti l'ultima volta al funerale, quando se l'erano date di santa ragione.
Ma Edward non disse nulla né lo colpì, e si lasciò andare ad una leggera risata divertita probabilmente dovuta alle massicce quantità di alcol che avesse ingerito nelle ultime ore.
Lo lasciò entrare e Dean entrò per la prima volta all'interno di quel locale, guardandosi attorno ed osservando i cimeli storici della musica rock che avesse appesi alle pareti, notando le grandi casse di ottima qualità che vi fossero ad ogni angolo.
In altre circostanze, Dean sarebbe davvero andato d'accordo con Edward.
Avevano gli stessi gusti in praticamente ogni campo, soprattutto in fatto di donne.
Dean si avvicinò al bancone notando come Edward stesse bevendo da solo del Whisky e si ritrovò ad osservare una foto dallo schermo ancora acceso del telefono di Edward, in cui Abby fosse stretta a lui e sorrideva felice.
Edward si avvicinò velocemente e prese il suo telefono per sottrarlo alla vista di Dean, guardandolo come se avesse osato troppo e avesse invaso la sua privacy, e Dean si scusò con lo sguardo sedendosi al bancone quando osservò Edward fare lo stesso.
Prese due bicchieri puliti e li riempí con dell'abbondante Whisky, e quando fecero scontrare i bicchieri e si guardarono negli occhi, entrambi gli uomini sapevano che il loro cuore bruciava per la mancanza di Abby. 
Rimasero in silenzio per dei minuti che sembravano eterni, nel locale semibuio per far capire ai clienti che continuassero ad arrivare che fosse chiuso.
Per dei minuti lunghissimi i due uomini rimasero persi dietro ai propri pensieri, probabilmente chiedendosi che cosa Abby trovasse di interessante nell'uno e nell'altro.
Fin quando Dean sollevò il suo sguardo fino a quello di Edward ed incrociò i suoi occhi nocciola: lo odiava anche lui.
Detestava che fosse andato tutto a rotoli da quando Abby lo avesse conosciuto.
Detestava il modo in cui Edward la guardava.
Dean detestava proprio Edward ed il fatto che Abby lo avesse davvero amato.
Ma presto Dean fece un lungo sospiro e lo guardò con aria più tranquilla, facendo spallucce e bevendo qualche altro sorso del suo drink.
"Perché diavolo sei venuto qui?". 
"Perché non c'è nessuno al mondo che stia passando attraverso lo stesso inferno in cui mi trovo io". Dean non ci mise molto a rispondere, anzi fu proprio veloce.
Probabilmente perché si era già posto quella domanda mentre si ritrovava a guidare la sua auto verso il locale di Edward.
Perché sapeva che Edward non lo avrebbe guardato con dispiacere o con compassione, perché anche lui stava soffrendo nella sua stessa identica maniera.
Si grattò distrattamente la barba che fosse ormai troppo lunga e si portò sulle spalle i capelli lunghi e ricci, mentre scuoteva la testa con leggerezza e beveva un altro sorso del suo Whisky pensando che non avrebbe mai potuto immaginare di stare seduto nel suo locale insieme a Dean, bevendo insieme a lui. 
"Lei ti amava".
Edward udì le parole di Dean e si voltò ad osservarlo chiedendosi quanto diavolo dovesse essere forte quel Whisky per sentirlo parlare in quel modo, ma quando Dean incrociò di nuovo il suo sguardo si rese conto che fosse lucido più che mai.
Dean fece spallucce ed accennò un sorriso amaro, mentre lo guardava sentendosi in pace perché aveva ormai accettato di non essere l'unico uomo che Abby avesse davvero amato.  "Non me l'ha mai confessato, ma sono sicuro che ti amasse davvero. E so che anche tu l'amavi allo stesso modo. Tu mi avevi detto di lasciarla andare perché non me ne sapevo prendere cura, ma allora perché te ne sei andato e l'hai lasciata?".
Edward rimase ad ascoltare in silenzio lasciando che la rabbia scorresse fuori da sé mentre mandava giù altre quantità di Whisky che gli annebbiassero la mente ed alleviassero il suo dolore. 
Fece spallucce e sospirò rumorosamente. "Perché ero spaventato da quello che provavo per lei. Era così forte che.. credevo che mi avrebbe distrutto".
Dean lo ascoltò in silenzio, annuendo lentamente ed elaborando il significato delle sue parole, trovandosi a sorridere perché anche Dean c'era passato.
Guardare come Edward si fosse ridotto, gli faceva capire che anche lui stesso non avesse un aspetto tanto diverso da quello del barista che gli stesse accanto.
Sorrise appena e fece spallucce. "Ma ti sei reso conto di non poter vivere senza di lei". 
"Perché, tu ci riesci?".
Lo sguardo di fuoco che Edward gli avesse riservato gli fece intuire che forse avesse sconfinato ancora una volta nella sua zona privata, e Dean aggrottò scosse la testa iniziando a giocare con il suo bicchiere. "Abby diceva sempre che la morte non è definitiva, che prima o poi ci saremmo tutti incontrati di nuovo in un posto migliore. Come diavolo dovrebbe consolarmi, questo?". 
Edward accennò un sorriso amaro riconoscendo le sue parole, scuotendo la testa mentre ricordava quante volte avesse ascoltato i discorsi strampalati della donna. "Non chiederlo a me, amico. Non capisco queste genere di cose in cui crede Abby".
Il piccolo sorriso sul viso di Edward svanì del tutto quando si rese conto di cosa avesse detto, scuotendo la testa e tornando ad incupirsi ancora una volta. "Credeva. In cui credeva Abby". 
Dean lo osservò mandare giù l'ultimo sorso di Whisky e respirare rumorosamente neanche fosse un uomo delle caverne, e presto vide il modo in cui riempí nuovamente entrambi i bicchieri, e pensò che sarebbero stati perfetti compagni di bevuti.
Distrattamente si bagnò le labbra con quel liquido alcolico che stava iniziando a disgustarlo e scosse la testa, abbassando lo sguardo. "Ho provato di tutto, sai? Angeli, demoni, sciamani, stregoni, incantesimi di qualsiasi tipo. Ma non esiste un modo per riportarla qui. Io e Sam siamo tornati in vita così tante volte che ho perso il conto, quindi perché non riesco a trovare un modo per riportare Abby qui?".
Edward guardò nei suoi occhi così disperati e addolorati, e sentì il propri essere ricoperti da uno strato lucido perché gli faceva male sentire quelle parole.
Probabilmente non lo avrebbe ammesso, ma quando non era troppo sbronzo anche lui continuava le sue ricerche per trovare un modo per riportare Abby a casa.
Dean tirò su col naso e continuò a parlare come se fosse un fiume in piena, facendo spallucce. "Ho bisogno di vederla ancora, un'ultima volta. E poi prenderei il suo posto per smettere di sentire questo dannato vuoto nel petto".
Ed eccola, pensò Edward, ecco qual è la vera differenza fra noi due.
A Edward non importava di smettere di soffrire, non importava di non sentire più quella voragine nel petto che diventava ogni giorno più profonda, perché era la prova che l'avesse amata più della sua stessa vita.
Voleva solamente che Abby potesse tornare sulla Terra, che potesse tornare a ridere ed a stringere i suoi bambini.
Voleva trovare il modo di regalarle ciò che non aveva mai potuto avere: una casa felice, una vita normale.
Voleva restituirle la vita che le fosse stata strappata ingiustamente.
Non gli importava di averla di nuovo con sé, di strapparla a Dean o al bunker.
Voleva solamente che fosse viva e potesse vivere la sua vita.
Era un amore puro, quello di Edward.
Non c'era traccia di egoismo nelle sue azioni e non ci sarebbe mai stato.
Edward voleva solamente il meglio per Abby.
Mentre Dean voleva che Abby tornasse in vita per smettere di sentire quel bruciante dolore che lo tormentava.
E se il qualsiasi modo che avrebbe trovato per portare Abby indietro avesse richiesto un sacrificio, Dean sarebbe stato felice di scambiare la sua vita con quella di Abby perché così sarebbe stato più facile.
Non sarebbe più stato lui quello a soffrire.
E questo, Edward lo chiama proprio egoismo.
Il barista distolse lo sguardo dal suo dopo aver capito tutto ciò e scosse la testa, riscoprendosi ad odiarlo con una maggiore intensità.
Mandò giù l'ultimo sorso di Whisky e sospirò, parlando senza neanche guardarlo. "Questo giro lo offro io. Adesso alzati e torna dai tuoi figli: non delurderli. E non ti azzardare a deludere Abby: è morta per salvare il suo bambino, se scoprisse che li hai abbandonati ti prenderebbe a pugni in faccia". 
Dean rimase in silenzio a guardalo, mentre lo osservava scendere dal suo sgabello e fare il giro del bancone; Edward mise a posto la bottiglia quasi finita di Whisky e continuò a dargli le spalle fino a quando lo sentí bere l'ultimo sorso e posare il bicchiere sul bancone.
"Grazie per la bevuta".
Rimase a mordersi la lingua mentre sentiva i passi di Dean farsi sempre più vicini alla porta, segno che presto sarebbe stato di nuovo da solo.
Poteva resistere per qualche altro istante, si disse.
Poteva tenere la bocca chiusa perché era quello che Abby avrebbe voluto.
Ma Edward strinse forte i pugni e provò una forte rabbia verso di lui, voltandosi e richiamando la sua attenzione. "Dicevo sul serio prima, Dean: devi prenderti cura dei bambini".
Dean si voltò a guardarlo con aria accigliata, aggrottando le sopracciglia mentre lo osservava poggiare entrambe le mani al bancone ed allargare le braccia, ed a Dean sembrò di vedere un grosso orso che lo stesse minacciando.
"Se non ti comporterai da padre con Richard, io ti farò a pezzi anche se Abby ti amava. Sono stato chiaro?". 
L'espressione di Dean divenne molto tesa e rigida mentre guardava nei suoi occhi nocciola che gli stessero silenziosamente promettendo che l'avrebbe tenuto d'occhio e che non avesse più freni da quando Abby fosse morta.
Senza neanche rispondergli Dean si voltò ed ultimò i pochi passi che lo separassero dall'uscita per andare via da quel locale. 
Ed Edward tornò a respirare, scuotendo la testa ed abbassando la testa: era già doloroso aver perso Abby, ma Edward era quello che stesse soffrendo più di tutti.
Nello stesso giorno aveva perso la donna che amava ed il suo unico figlio.
Scosse la testa e si mosse barcollando verso il retro, attraversando la cucina che brillasse come mai avesse fatto, date le pulizie che Andrew avesse fatto negli ultimi tre giorni di chiusura.
Uscì dal retro per raggiungere il magazzino che fosse situato proprio dietro al locale, dove di solito Edward tenesse le birre confezionate ed i prodotti a lunga conversazione.
Ma ultimamente Edward stava utilizzando quel magazzino per altri scopi: diede una breve occhiata al grosso tavolo che si trovasse al centro di quel magazzino vuoto, trovandolo pieno di pergamene fatte di strani materiali ottenute a caro prezzo, su cui vi fossero scritti degli incantesimi particolari. 
Vi erano delle ciotole poggiate sulle estremità del tavolo di legno, alcune che contenessero strane ossa di animali, altre vedevano la presenza di strane erbe di cui Edward non aveva sentito parlare fino ad allora. 
Oltre a dei tomi impilati uno sull'altro sul pavimento, tutti riguardanti la magia nera.
Sospirò ed iniziò a sfogliare alcune delle pergamene su cui gli incantesimi fossero scritti in lingue troppo antiche, dovendo pazientare per poter tradurre quegli incantesimi. 
E poi guardò una foto di Abby scattata proprio da lui, che Edward tenesse cartacea su quel tavolo: la ritraeva intenta a sorridere, come sempre da quando si era trasferita al bar con lui.
Era vestita solamente della maglietta a mezze maniche dei Led Zeppelin di Edward che le arrivasse quasi alle ginocchia, stava seduta su uno sgabello del locale e teneva le mani strette attorno ad un grosso boccale di birra rossa a cui Abby non era mai riuscita a resistere. 
Edward sorrise e sfiorò la guancia di Abby attraverso la fotografia, ricordando come la notte di quell'episodio Abby ed Edward non erano riusciti a sedare la passione che ci fosse fra di loro ed erano finiti per far l'amore nel locale senza controllo; Edward poi se l'era caricata addosso e l'aveva portata nel suo appartamento, salendo le scale.
Fu quella la notte in cui Richard venne concepito, in cui Abby ed Edward si erano amati oltre ogni modo.
Asciugò le lacrime che gli fossero scivolare sul viso nel ricordare quell'episodio e scosse la testa, imponendosi di iniziare a lavorare per riportare Abby indietro molto presto. 


"Dovresti andarci piano con i drink". 
Dean sussultò e sgranò gli occhi, voltandosi nella direzione dei sedili posteriori e guardando l'angelo dentro la sua auto con aria stupita che lo avesse trovato: era stato attento a non farsi seguire, non aveva detto a nessuno dove fosse diretto e aveva lasciato a casa tutti i suoi telefoni.
Farsi trovare davanti al locale del suo rivale in amore, non era ciò che volesse.
"Che diavolo ci fai qui, Castiel?". 
L'angelo in trench fece spallucce e sospirò guardando il suo amico nel buio dell'abitacolo e accennando un sorriso amaro mentre leggeva dentro di lui la grande sofferenza che mai nessuno sarebbe stato capace di cancellare. "Sei sparito da una settimana, volevo sapere se fossi ancora vivo". 
Dean scosse la testa e tornò a guardare dritto davanti a sé, sospirando e facendo spallucce osservando la flebile luce all'interno del locale di Edward spegnersi. "Sono vivo, puoi tornare da dove sei venuto adesso". 
Castiel sospirò ed abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia, scuotendo la testa perché riusciva a comprendere perfettamente cosa Dean stesse provando perché anche lui si era sentito così ogni volta in cui avesse creduto di aver perso Anael. "Sono stato in Paradiso: sta cadendo a pezzi perché la mia razza si sta estinguendo e non crederai mai a chi lo sta gestendo in questo momen-..". 
Appoggiò il gomito alla base del finestrino dell'auto, scuotendo la testa e grattandosi distrattamente la nuca. "Va' a raccontarlo a chi importa, perché a me non frega proprio un cazzo del tuo Paradiso".
Castiel rimase a fissare l'espressione seria e perentoria del suo amico che lo stesse fissando con rabbia dallo specchietto retrovisore e sospirò lentamente, rimanendo a guardarlo con aria seria. "Dean, devi tornare a casa. Hai due figli che hanno bisogno di te: il piccolo non ha neanche un nome e non lo hai nemmeno mai guardato da quando Abby è mort-..".
Come una molla, Dean scese dall'auto in preda alla furia cieca e aprí lo sportello posteriore afferrando l'angelo dal colletto costringendolo ad uscire con la forza; lo tenne fermo contro la portiera del guidatore, iniziando a colpirlo a tradimento al volto per avere anche solo osato dire quelle parole. 
Castiel iniziò a difendersi e ribaltò le posizioni, bloccandolo fra lui e l'auto mentre cercava di annullare tutti i suoi tentativi di colpirlo in viso e di fargli del male; ma se c'era una cosa in cui Dean fosse davvero imbattibile era decisamente il corpo a corpo, e presto fu in grado di liberarsi dalla presa ferrea dell'angelo, afferrandolo dalle braccia e scaraventandolo contro la fiancata dell'Impala.
"Il suo nome è Richard! Io ed Abby lo abbiamo scelto insieme!" esclamò Dean alzando la voce ed allargando le braccia mentre osservava l'angelo iniziare a rimettersi in piedi nonostante lo avesse colpito con molta forza. "Non devi dirlo mai più, non parlare più così di lei!".
"Perché? Altrimenti sarebbe fin troppo reale?" chiese Castiel piegandosi sulle ginocchia ed iniziando a sollevarsi con lentezza mentre lo guardava negli occhi come se potesse scrutargli l'anima. "Abby è morta e la stai disonorando non rispettando la sua ultima volontà: lei voleva che tu ti occupassi della vostra famiglia, mentre invece non li vedi da più di un mese e non ti curi di loro come se non fossero mai esistiti!".
Castiel non vide arrivare l'ennesimo pugno che lo colpí dritto in faccia, facendogli perdere l'equilibrio e sbattere sonoramente la testa contro la fiancata dell'Imapala a cui si tenne per non cadere. 
Lentamente si voltò per tornare a guardarlo mentre pensava che non avessero davvero tempo per tutto ciò e che dovesse tornare al bunker per dare una mano con l'evoluzione della situazione, ma non avrebbe potuto fare ritorno senza Dean perché lo aveva promesso e lui manteneva sempre la sua parola. "Mary ha subito un grandissimo trauma perdendo la persona che amava più al mondo, la sua mamma. Perdere anche te significa condannarla per sempre ad un dolore troppo grande da sopportare".
Dean si trattenne dal colpirlo un'altra volta e fu incapace di continuare a guardarlo, abbassando lo sguardo e scuotendo la testa mentre sentiva il cuore battere di più nel petto ed il dolore dilaniarlo insieme al senso di colpa. 
Si sentiva un grandissimo egoista per aver abbandonato i suoi figli, per averli lasciati da soli ad affrontare un dolore così grande, ma anche lui stava soffrendo in maniera smisurata. E in più ogni volta che guardava Mary, Dean non poteva far altro che vedere Abby in lei, nei suoi gesti, nella sua risata, nel suo modo di fare. 
"Se percorrerai questa strada, finirai per morire da solo e i tuoi figli ti odieranno per sempre. Devi tornare, Dean. Abby avrebbe voluto che tu continuassi a lottare per loro, per salvarli da tutto ciò che sta accadendo e se Micheal riuscirà davvero a tornare in questo mondo allora sarà la fine per tutti noi e loro moriranno: i tuoi figli moriranno. Mary morirà, anche il piccolo Richard morirà e Abby avrà perso la vita per niente. Ha avuto così poco valore per te il sacrificio della donna che amavi, Dean?".
Sollevò lo sguardo verso di lui e avrebbe tanto voluto tornare a colpirlo così forte da rompergli quella stupida mascella per evitare che potesse continuare a tormentarlo con la sua voce, e istintivamente si voltò dalla parte opposta per non mostrargli gli occhi lucidi, passandosi immediatamente indice e pollice sulle palpebre chiuse per ricacciare indietro le lacrime. 
"Non c'è nulla che vorrei di più che tornare a casa dalla mia famiglia, ma io non.. non posso farcela: abbiamo ingannato la morte così tante volte e adesso non riesco a trovare un modo per riportarla indietro. Non c'è un modo e io non posso vivere senza di lei".
Sentì i passi leggeri di Castiel farsi più vicini fino a giungere alle sue spalle, fino a quando gli diede una leggera pacca sulla spalla che lo fece voltare nuovamente verso di lui e Castiel questa volta lo guardò cercando di rassicurarlo, accennando un sorriso e stringendo la presa su di lui. "Devi solamente lasciarla andare".
Dean lo guardò negli occhi e gli sembrarono così sinceri, e pensò che fidarsi del suo amico fosse la cosa migliore da fare per cercare di non annegare in quell'immenso mare di disperazione e dolore in cui stesse annegando; la presa su di lui lo fece sentire quasi al sicuro, come se avesse davvero un posto dove tornare e che la vita non fosse finita lì.
Si lasciò condurre a casa e Castiel cercò di distrarlo per tutto il tempo del viaggio raccontandogli tutto ciò che fosse avvenuto in sua assenza, come le continue ricerche di Sam su Gabriel e su Lucifer.
Dean presto capí di dover davvero tornare in attività ed evitare che Micheal raggiungesse il loro mondo per distruggerlo come aveva fatto con il proprio. 
Parlarono tanto come probabilmente non facevano più da tanto tempo; Castiel lo fece sentire come se non si fosse mai assentato, per via dei suoi racconti così ricchi di particolari.
E Dean si sfogò totalmente, dicendogli tutto ciò che sentisse dentro di sé da quando Abby fosse morta, compresa la paura che avesse nel crescere quel due bambini da soli.
Posteggiò nel garage del bunker e Castiel lo invitò a fare una bella dormita per poi cominciare dall'indomani, e Dean accennò un sorriso amaro salendo le scale del garage per arrivare alla sala centrale e si guardò attorno. 
Era tutto così uguale, nulla era cambiato, eppure per lui il mondo era stato stravolto. 
Deglutí a fatica sentendo già l'aria mancargli e si incamminò silenziosamente nel corridoio, fino ad arrivare alla sua vecchia stanza; mise la mano sulla maniglia ed aprì la porta senza rifletterci abbastanza su, e l'immagine di Abby priva di vita stessa si quel letto tornò a rimbalzargli velocemente nella mente.
La chiuse di scatto, scuotendo la testa e sospirando, capendo di non poter più dormire dove Abby avesse perso la vita. 
Così lentamente si diresse nell'unica altra camera dove sarebbe potuto andare; fece appena due passi e aprí lentamente la porta, accennando un sorriso mentre la stanza illuminata da una leggera luce calda e soffusa e notava tutti quei glitter colorati sparsi per la stanza e osservò attentamente i numerosi fogli di carta sulla scrivania, prendendone uno fra le mani: era un disegno colorato, un sole molto grande nell'angolo sinistro e quattro figure una accanto all'altra che si tenevano per mano. 
Dean non ci mise molto a riconoscere se stesso, Abby, Mary e anche il nuovo piccolo Rich, e provò una grande tenerezza quando guardò la sua bambina che dormiva nel letto.
Si avvicinò a Mary, osservando dormire serenamente nel letto e le sfiorò il viso con dolcezza, scostandole i capelli biondi dal viso per farla respirare meglio.
"Papà? Sei tornato?". 
Mary si stropicciò gli occhi e parlò con la vocina assonnata, mentre si accertava che la figura in piedi accanto a sé fosse proprio lui.
Dean sentì il cuore battere più velocemente ed annuí, affrettandosi a farle segno di rimanere in silenzio portandosi l'indice sulle labbra e mimando un shh con un sorriso sulle labbra.
Dean si tolse la giacca e le scarpe e si apprestò ad osservare la culla che Isobel avesse piazzato proprio accanto al letto di Mary per poter controllare entrambi i bambini, e Dean si avvicinò alla donna che dormiva seduta sulla poltrona vicino al letto, con un libro ancora aperto poggiato sul grembo, che lo guardò con aria estremamente molto stanca. 
La mandò a letto con un sorriso e la ringraziò con lo sguardo per essersi presa cura della sua famiglia mentre lui non c'era, ed Isobel rispose stringendolo in un abbraccio perché anche lei faticava a stare a galla: aveva il viso scavato dalle occhiaie e dal dolore per la perdita della figlia, ma non aveva mai abbandonato la sua famiglia ed i suoi nipoti. 
Dean la osservò uscire dalla stanza per godersi probabilmente la prima notte di sonno dopo tanto tempo e silenziosamente Dean raccolse il suo coraggio e si avvicinò alla culla: osservò il piccolo Richard che dormiva sereno nella sua culla avvolto nelle coperte.
Era già cresciuto dall'ultima volta in cui lo avesse visto.
I suoi capelli erano diventati un po' più folti e scuri, e sembrava essere già un bambino di almeno tre mesi.
Dean sorrise teneramente e si chinó su di lui per sfiorargli il viso e le manine con dolcezza, osservandolo muoversi appena contro il suo tocco.
"Mi dispiace per non esserci stato, ometto. Ti prometto che farò del mio meglio da oggi in poi".
Rich continuò a dormire sornione e Dean gli sorrise con amore, voltandosi più verso Mary che ancora lo guardasse con aria assonnata e protese le braccia verso di lui; con un sorriso Dean si stese al fianco della figlia con grandi difficoltà, ma le fece segno di abbracciarlo forte, e così la piccola fece, stringendolo e appoggiando la testa sul suo petto, mentre il padre la coccolava con dolcezza per farla tornare a dormire. 
"Te ne andrai di nuovo, papà?". 
Dean respirò lentamente ed ascoltò quella domanda incerta, sapendo che non avrebbe potuto mai cancellare il dolore che la sua figlia maggiore avesse provato e che avrebbe continuato a sentire dentro di lei per il resto della vita.
Era di poco più piccolo di Mary quando aveva perso la sua mamma, quindi Dean la capiva.
Ma sapeva che avrebbe potuto provare a rimediare al suo errore di fuggire via dalla sua famiglia solamente con la sua presenza.
Spostò lo sguardo sulla piccola distesa accanto a lui, accennando un sorriso mentre guardava nei suoi grandi occhi verdi. "No, amore mio. Starò sempre con te e tuo fratello, te lo prometto". 



"Passami quella chiave". 
"Questa?". 
Jack sollevò la testa dal motore della sua Hyundai e alzò lo sguardo seccato verso la figlia, che rispose con un sorriso divertito scuotendo la testa mentre gli passava la chiave inglese giusta che il padre le avesse chiesto, conoscendo a memoria tutti i suoi attrezzi da lavoro. 
Lo osservò iniziare a stringere qualche bullone, passare il grasso in determinati connettori del motore, pulire i filtri e sostituire l'olio, ed Abby se ne stava seduta a cavallo della panca vicino alla loro auto nel garage aperto.
Doveva ammettere di sentirsi tremendamente bene come mai si fosse sentita sulla terra.
Sollevò lo sguardo verso il cielo, osservando come il tempo fosse drasticamente cambiato e le nubi stessero lentamente lasciando lo spazio per il grande cielo azzurro e per il sole molto caldo che Abby tanto amasse. 
Si ritrovò a sospirare rumorosamente e abbassò lo sguardo, rigirandosi fra le mani una delle chiavi inglesi del padre mentre pensava a quante volte fosse rimasta accanto al suo papà mentre lo osservava sistemare la sua auto quando entrambi fossero vivi, e quante volte invece Abby avesse osservato il suo nuovo meccanico di fiducia sistemarle la Hyndai al posto suo.
Abby sorrise amaramente ripensando a quante volte Dean le avesse riparato l'auto, quante volte avesse sentito un rumore di cui lei non si accorgesse neanche, quante volte si fosse presa cura di lei. 
E divenne triste mordendosi l'interno delle guance mentre pensava a lui, a quanto avrebbe voluto vederlo un'ultima volta prima di morire.
Quante cose c'erano ancora da dire, quante parole non dette per orgoglio. E pensò alla sua piccola Mary ed a quanto l'avesse amata, quanto fossero state complici nei loro giochi e nei loro dispetti verso Dean o Sam, o chiunque fosse il mal capitato di turno.
Pensò ad Edward e al dispiacere che provasse nel non avergli detto addio, a quanto avesse desiderato che ci fosse durante quegli ultimi momenti per dirgli ciò che non avesse mai trovato il coraggio di dirgli.
Pensò al piccolo Richard che avesse potuto conoscere solamente per pochi istanti, non riuscendo a tenerlo in braccio neanche una volta, limitandosi solamente ad osservarlo fra le braccia di Anael. 
"Hai visto come sta schiarendo? Probabilmente stanno già guarendo". 
Abby sollevò lo sguardo verso il padre e si distrasse dai suoi pensieri, accennando un sorriso verso di lui ed annuendo perché sapeva il significato delle sue parole e ne era contenta, ma si ritrovò a fare spallucce ed a guardare nuovamente il cielo, sigillando le labbra perché non aveva nessuna intenzione di parlare. 
Jack sospirò appena e si mise a cavalcioni sulla panca proprio davanti alla figlia, sorridendole teneramente mentre serrava le braccia al petto e si metteva più dritto con la schiena per guardarla meglio. "La parte peggiore per me è stata non riuscire a vedere i miei figli diventare quello che sono adesso. Daniel, Silver e tu, piccola mia: ogni giorno volevo scendere sulla terra per vedervi. Ma poi qualcuno mi ha detto che avremo tutta l'eternità per stare insieme, perché sareste arrivati presto dato che il tempo scorre in maniera diversa qui". 
Abby lo guardò e aggrottò leggermente le sopracciglia, accennando un sorriso amaro. "Chi ti ha detto questo, papà?". 
"Anael" rispose Jack sorridendo di più e sospirando appena ripensando all'angelo che gli fosse sempre stato accanto da quando avesse perso la moglie ed i suoi figli erano ancora molto piccoli. "Lei veniva regolarmente qui e mi ha detto tutto quello che hai passato da quando sono morto: Azazel, Lucifer, i Leviatani, il Marchio di Cain e tutto il resto. È stata dura per te".
Abby abbassò lo sguardo lacrimoso perché ripensare a tutto ciò che avesse passato negli anni le faceva venire male al cuore, pensando solamente che avesse sempre desiderato una vita normale.
Jack sospirò e le sorrise, prendendole una mano con amore fra le sue e stringendola forte. "Ma adesso puoi finalmente riposarti, Abby: niente più dolore o sofferenza, solo amore. Questo ripaga tutto il viaggio difficile per arrivare fino a qui, non è vero?". 
Sollevò lo sguardo verso suo padre ed Abby accennò un sorriso annuendo appena, voltandosi per grattarsi nervosamente il collo: capiva le parole di suo padre, aveva ragione. Aveva sperato di finire in un posto come quello almeno in un milione di occasioni, ma mai da quando aveva conosciuto la pura felicità fra le braccia di sua figlia. 
Adesso avrebbe solamente voluto trovare un modo per tornare da loro e vederli un'ultima volta, ricordargli quanto li amasse. 
Ma Abby sapeva che quella fosse stata una sua scelta: se avesse davvero interrotto la gravidanza, lei sarebbe stata ancora viva, ma non il suo piccolo Richard.
Sospirò rumorosamente e fece spallucce, tornando a guardare il padre con un sorriso un po' più sincero e acceso. "Quindi cosa faremo? Staremo qui ad aspettare?". 
"Staremo insieme, non è già abbastanza?" chiese Jack ridendo di gusto, afferrando le mani della figlia e stringendole forte per la contentezza. 
Abby annuì sorridendo felice, sentendo per la prima volta dentro di sé un forte senso di accettazione e di tranquillità, non provando più alcuna nostalgia né dolore all'idea di aver perso i suoi cari.
Sentí le lacrime bagnarle gli occhi ed Abby guardò suo padre con felicità, parlando con lui mentre la voce le tremava per l'emozione. "Veramente papà, stare qui insieme a te.. è la ricompensa migliore per tutto il viaggio". 
Senza pensarci due volte Abby affondò il viso sul petto del padre e lo abbracciò stretto, chiudendo forte gli occhi mentre sentiva il cuore battere in maniera diversa nel suo petto, come se si fosse davvero aggiustato qualcosa dentro di lei con quella semplice chiacchierata. 
Le braccia possenti di suo padre l'avvolsero stretta ed Abby si sentí grata di aver avuto proprio lui nella sua vita, pensando che lo avrebbe scelto un altro milione di volte come padre. 
Ma presto vennero entrambi accecati da un fortissimo sole che li costrinse a stringere appena gli occhi nonostante fossero sotto alla grande tettoia di lamiera del garage. 
"Ma che succede?". 
Jack sciolse l'abbraccio e si alzò, afferrandole una mano e conducendola dalla parte opposta del garage; si lasciò andare ad una grande risata fiera, facendole l'occhiolino ed annuendo mentre Abby si guardava attorno con aria confusa. "Sono così orgoglioso: io ci ho messo il doppio del tempo per capire come trovarla, ma tu sei già pronta!". 
"Non eri così criptico quando eri sulla terra: di che parli? Trovare cosa?" chiese la ragazza osservando il padre ridere mentre le apriva la portiera del guidatore e le faceva segno di entrare. 
Jack sorrise e le sfiorò i capelli con dolcezza, ricordando tutti i momenti in cui loro due fossero stati così vicini sulla terra, quante cose avessero fatto insieme, quanto si fossero voluti bene e Jack l'avesse sempre protetta. "Il temporale, il sole: non dipendevano dai cari che ti piangono, ma dipendevano da te. Hai trovato la felicità dentro di te in questo stato di morte perché lo hai accettato, abbandonando l'idea di poter un giorno tornare. E adesso possiamo andare nel luogo dove sei sempre stata destinata ad andare: andiamo a casa. In Paradiso. Insieme". 
Abby rimase a bocca aperta per qualche secondo e lo guardò con un po' di aria incerta perché era tutto nuovo per lei, ma si fidava di suo padre.
Capí che Jack avesse ragione e che guardare indietro nella speranza che qualcuno la riportasse indietro fosse davvero sbagliato; guardò il sole alto nel cielo e sentí un po' il cuore battere forte dentro di lei per l'emozione, ma poi fece spallucce e sorrise, annuendo convinta di potercela fare e di meritarsi quel riposo.
Guardò la sua auto e si morse il labbro, pregustando la sua ultima guida insieme a suo padre per poi tornare a guardarlo con un sorriso divertito sul volto. "Si papà, andiamo a casa".
 

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Capitolo 73
*** Capitolo 66 ***


Hunters' Legacies
Capitolo 66.


Guardando la donna dai lunghi capelli ramati seduta per terra con le lacrime agli occhi e il volto contratto in un'espressione sofferente, Dean e Sam non riuscirono a far altro che provare compassione e immedesimarsi in lei, comprendendo ma non condividendo il motivo per cui avesse dato la caccia a molti umani, uccidendoli uno dopo l'altro solamente per scombinare l'ordine naturale della terra e per attirare l'attenzione di Morte. 
Billy si era effettivamente presentata, ma non aveva concesso a Rowena il ritorno di suo figlio perché il destino di Crowley era compiuto e mai nessuno sarebbe stato capace di riportarlo indietro dopo che si fosse sacrificato in quel modo per salvarli tutti, chiudendo il portale sull'altro mondo che Jack avesse accidentalmente aperto mentre Kelly era in travaglio. 
I due fratelli ascoltarono bene le parole di Billy, che specificò che chiunque fosse morto non sarebbe più potuto tornare: non importava quanto loro si sarebbero sforzati, perché Morte non avrebbe mai lasciato che uno dei loro cari tornasse nuovamente in vita sconvolgendo l'equilibrio che lei stessa avesse faticato per ripristinare. 
In quel momento Dean si ritrovò a distogliere lo sguardo dagli occhi scuri e perentori di Morte e strinse la mascella, capendo che quello fosse il vero motivo per cui ogni volta che si fosse sentito quasi vicino a trovare un modo per riportare Abby indietro, esso fallisse miseramente. 
Morte glielo avrebbe sempre impedito, ma Dean sapeva essere tenace e caparbio quando voleva, tanto che sollevò nuovamente lo sguardo verso Morte e le sorrise con aria di sfida: erano passati ormai due mesi e mezzo da quando Abby avesse perso la vita e nonostante non riuscisse neanche a respirare quando si soffermava a pensare a cosa fosse accaduto, Dean stava imparando a conviverci. 
Era tornato ad essere il padre che Mary ricordasse, cercando sempre di distrarla quando capiva che la bambina stesse pensando alla madre, e aveva imparato anche ad occuparsi del piccolo Richard tutto da solo, divertendosi davvero molto con il suo bambino, che non faceva altro che regalargli grandi sorrisoni.
Rowena alternò lo sguardo fra i due fratelli, entrambi seduti a terra come lei con la schiena appoggiata al muro, e lì guardò con occhi sinceramente addolorati per ciò che fosse arrivata a fare spinta dal dolore della perdita. "Credete che io possa trovare un modo per redimermi? Per riempire questo vuoto che porto dentro da quando il mio unico figlio si è sacrificato e ha dato la vita per salvare quella del pianeta?". 
Entrambi accennarono un sorriso e annuirono, perché potevano comprendere il dolore che la donna si portasse dentro: il senso di vuoto che nemmeno il sesso o l'alcol potessero riempire, il dolore più profondo che bruciasse dentro. 
Dean la guardò negli occhi per dei lunghi istanti sperando di non sbagliarsi e capí che Rowena fosse davvero dispiaciuta, che probabilmente fosse davvero cambiata. "Il vuoto che hai dentro non passerà mai: farà male e brucerà sempre dentro di te. Sarà difficile da sopportare e preferiresti essere morta piuttosto che portare questo dolore, ma alla fine della giornata ti renderai conto che sei viva e che puoi scegliere come incanalare le tue energie. Puoi piangerti addosso o uccidere qualcuno, oppure puoi redimerti aiutandoci a fermare l'ennesima apocalisse. Di nuovo". 
Rowena accennò un sorriso intenerito verso Dean e presto guardò anche Sam nello stesso modo, dicendo loro che sarebbe stata pronta ad affrontare nuovamente Lucifer ed a fermare qualsiasi arcangelo volesse fare loro del male, confermando che all'occorrenza sarebbe stata lì per aiutare ed i due ragazzi riuscirono a mettersi in marcia verso il bunker con la consapevolezza di avere a fianco un'alleata in più in quella battaglia così dura e ardua da vincere. 
Il viaggio verso casa fu tranquillo e quasi piatto, e Dean pensava che avrebbe passato l'intera tratta ad ascoltare qualche brano delle sue solite tre cassette mentre Sam fosse impegnato a russargli accanto dormendo in delle posizioni così assurde, che Dean avrebbe fatto bene a scattare qualche foto per far sapere al fratello quanto sembrasse ridicolo raggomitolato su se stesse. Ma Sam riuscì a smontare tutte le sue aspettative quando in macchina intraprese dei lunghi e strani discorsi, chiedendogli di fermarsi a mangiare uno dei suoi soliti doppi cheeseburger e magari anche di passare in uno strip club per allentare un poa tensione, facendo ridere da matti il maggiore che non si lasciava andare in esternazioni come quelle da ormai più di due mesi. 
"Vuoi davvero portarmi in un luogo pieno di perdizione e di assenza paterna? Proprio tu, Sammy?" chiese Dean iniziando a ridere di gusto nonostante quella risata non coinvolse neanche lontanamente gli occhi e scosse la testa guardando il fratello con aria divertita. 
Sam aggrottò le sopracciglia e accennò un sorriso, voltandosi a guardarlo con una leggera ironia nello sguardo e facendo spallucce come se quella fosse una cosa del tutto normale anche per lui. "Si, perché no? Hai bisogno di un po' di tempo per rilassarti, ne hai il diritto dopo tutto! Ti farebbe bene allentare la tensione di tanto in tanto e scaricare il peso che porti sulle spalle". 
Dean indugiò sul sul sguardo per qualche secondo ed il suo sorriso scemò, tornando poi a guardare la strada davanti a sé mentre l'Impala masticava un miglio dopo l'altro.
Allentare un po' la tensione, mangiare un cheeseburger, entrare in uno strip club e sbronzarsi portando con sé una delle ballerine prima di lasciare il locale: erano tutte cose tipiche di Dean, cose che aveva sempre amato fare e che avesse fatto così tante volte da perdere il conto.
Dean avrebbe voluto avere ancora la voglia di fare almeno una di queste cose, ma da quando Abby era morta non c'era niente che potesse tirarlo su, se non i suoi due figli in cui vedeva una parte diversa di lei in entrambi.
Il maggiore sapeva cosa volesse davvero il fratello e di certo non era portarlo in un locale pieno di donne mezze nude a cui avrebbe inserito qualche banconota nell'elastico degli slip; Dean prese un lungo respiro e tornò a guardare brevemente il fratello, mordendosi nervosamente il labbro mentre diventava via via più serio. "Senti, lo so che hai capito che il discorso di Morte non fosse riferito solamente a Rowena: ho provato in tutti i modi a riportare Abby indietro, ci ho provato Sam. Davvero. Sono andato a parlare con persone di tutti i tipi, dagli sciamani ai guaritori, dai sensitivi ai demoni, ma nessuno ha potuto aiutarmi perché Billy non permetterà mai che lei possa tornare a vivere". 
Rimase per qualche secondo in silenzio con un'espressione seria mentre guardava il fratello con aria stranita perché non si aspettava che Dean si sarebbe lasciato andare a delle confessioni così facilmente, e aggrottò le sopracciglia mentre lo guardava con il dispiacere che si leggesse sul viso, riflettendo sulle parole del ragazzo mentre lo osserva stringere le mani attorno al volante con più forza e serrare la mascella per soffocare la sofferenza che provasse anche solamente a parlare. "Perché non me l'hai detto prima? Ti avrei potuto aiutare, Dean". 
"Se ti avessi detto che ero pronto a morire pur di riportarla indietro, tu me lo avresti lasciato fare?". Il maggiore scosse la testa accennando un sorriso amaro non togliendo lo sguardo di dosso all'auto davanti a sé, incapace di voltarsi a guardare brevemente il fratello per non mostrargli lo strato lucido che si fosse condensato nei suoi occhi. "Abby era.. è l'amore della mia vita, Sam. Non esisterà mai nessun'altra per me e.. e mi ha dato due figli. Mi ha dato una famiglia. Il minimo che io potessi fare era provare a riportarla indietro. Dio, ho perfino provato a tornare in Purgatorio per capire se fosse finita lì. Ma non c'è niente che io possa fare per farla tornare, quindi devo lasciarla andare. Non importa che io continui ad amarla in questo modo così folle, Abby non tornerà mai più".
Sam sentí gli occhi pizzicare udendo le parole di suo fratello ed abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia, stringendo le labbra in una smorfia sottile per non far capire a Dean  quanto quel discorso lo avesse toccato nel profondo; tirò su con il naso ed annuì, accennando un sorriso e tornando a guardarlo con aria quasi contenta. "Abby sarebbe fiera di te e di come ti stai comportando con i bambini: stai facendo un ottimo lavoro con loro".
Dean accennò un sorriso amaro e sentí le budella rigirarsi nello stomaco, costringendolo a fare una smorfia di sgomento mentre continuava a focalizzarsi sulla macchina davanti a sé e stringeva forte il volante fra le mani; prese un altro lungo respiro e fece spallucce, mentre il cuore batteva forte nel suo petto. "Quello che voglio adesso è far tornare indietro la mamma e Jack: di questo almeno posso occuparmi".
Sam annuì e presto si ritrovò a stringere la spalla del fratello con una mano, cercando di fargli sentire che fosse sempre accanto a lui pronto a sostenerlo ed a stargli vicino nei momenti bui che stesse passando, e lo vide voltarsi verso di lui accennando un sorriso amaro. "Ci riusciremo, Dean. Te lo prometto". 


"Il tempo passa, ma continua proprio a fare schifo!". 
Jack la guardò per qualche momento e poi scoppiò a ridere in una fragorosa risata quando vedeva sua figlia sputare nel lavandino della loro casa un intero sorso di Gin, facendo una smorfia ed uscendo la lingua per dimostrare tutto il suo disgusto mentre lo osservava starsene seduto a capotavola, con i piedi sollevati sulla sedia davanti intento a bere la sua preziosa bevanda alcolica che avesse sempre adorato. "Come fa a non piacerti? È sempre migliore del tuo Whisky, Scotch o Bourbon che ti piacciono tanto". 
Abby scosse la testa e fece spallucce, appoggiandosi con i gomiti al lavandino per osservare il cielo sempre azzurrissimo e sereno tramite la finestra rettangolare posta sopra il lavabo, accennando poi un grande sorriso prima di voltarsi per tornare a guardarlo. "Abbiamo fatto il nostro giro in auto come tutte le mattine, hai cucinato la tua ricetta segreta per colazione, ci siamo persi dietro qualche altro ricordo, abbiamo bevuto dell'orrendo Gin, e adesso che facciamo?". 
Jack accennò un sorriso e mandò giù l'ultimo sorso della sua bevanda, scendendo le gambe dalla sedia per mettersi in piedi, avvicinandosi alla figlia e facendole l'occhiolino. "Dovresti rilassarti: non hai più una vita frenetica come sulla terra. Non hai scadenze, non hai orari né nessuno a cui fare rapporto, qui funziona così: fai quello che vuoi, quando vuoi, come vuoi. Nessuno viene a disturbarti se non fai niente di sbagliato". 
"Cosa potrei fare di sbagliato? Siamo tornati a Louisville da, mmh, non lo so? Dieci anni e mezzo?" chiese Abby aggrottando le sopracciglia mettendoci qualche secondo per fare mente locale e calcolare il rapporto fra il tempo in Paradiso e quello terreno, e fece spallucce guardando il padre con aria annoiata. "Mi manca la vita, papà. Anael non è ancora venuta a trovarci e ad aggiornarci, e io non ho la minima idea di cosa stia accadendo lì giù". 
Jack fece un passo avanti e sorrise, mettendo le mani sulle spalle della figlia per scuoterla leggermente mentre la guardava con aria sicura di sé. "Vedrai che staranno bene: i tuoi fratelli, Dean, i tuoi bambini. Stanno vivendo le loro vite e presto arriveranno qui, dopo aver vissuto una lunga vita intera piena di amore e di soddisfazioni. Non essere impaziente". 
Abby scosse la testa e sospirò rumorosamente, liberandosi della presa del padre ed avanzando nuovamente verso il lavabo dove appoggiò le mani, sbuffando appena mentre guardava la forte luce del sole colpire il giardino e trasmetterle serenità e pacatezza. "Sono solo preoccupata per loro: vorrei solamente sapere che stanno bene e che se la cavano. Se Mary è già cresciuta o se Richard ha già messo su qualche dente. Tutto qui, papà: ho capito e ho accettato la mia morte, e anche se potessi non vorrei mai tornare in vita. Mi piace stare qui con te, anche se sei un vecchio brontolone". 
Jack la sentí ridere divertita e sapeva che stesse facendo un grosso sorriso anche se non poteva vederla in viso, e l'uomo sapeva che se la figlia avesse avuto anche un solo ripensamento sulla sua nuova vita avrebbe fatto di tutto per evadere e il temporale sarebbe ricominciato: ma il sole splendeva alto nel cielo ormai da anni ed Abby sorrideva, stava bene ed era felice della sua nuova vita. 
Il padre avrebbe anche provato a rispondere per le rime, perché dei due l'unica brontolona era sempre stata lei, ma un bagliore alla loro destra li fece voltare verso l'ingresso della casa, dove videro una figura troppo illuminata quasi accecarli, costringendoli a coprirsi gli occhi con le mani.
Abby pensò subito con un sorriso che si trattasse di Anael o di Castiel venuti a parlare con loro per fare una chiacchierata e aggiornarli su quanto fosse accaduto sulla terra, ma quando si scoprì il viso e il bagliore dimuí, la ragazza sgranò gli occhi e spalancò la bocca proprio come fece il padre, rimanendo sconvolta per la nuova presenza che si fosse palesata in quella casa. 
"La mia ragazza!". 
Abby udì le parole del padre giungere alle sue orecchie e lasciare il suo fianco per andare incontro alla donna che fosse appena apparsa sulla soglia di casa, osservando Jack prenderla fra le braccia e sollevarla da terra con un sorriso per poi girare su se stesso; quella visione sbloccò ad Abby tanti ricordi legati alla sua ultima incarnazione, ricordi che ormai fossero sbiaditi dal tempo e dalla frenesia della vita, perché appartenevano alla piccola Abby di sei anni che osservava i suoi genitori giocare e ridere in quel modo così unico e speciale, desiderando un giorno di trovare un amore come il loro.
"Mamma?".
Isobel distolse lo sguardo felice da quello di Jack quando l'uomo la rimise a terra e lo spostò sulla giovane donna che fosse rimasta ferma in cucina, a guardarla come se avesse visto qualcosa di impossibile con i suoi stessi occhi. 
Lasciò la presa sul marito e avanzò lentamente verso la figlia, sorridendole con tenerezza e stringendola in un forte abbraccio: ad Isobel si era spezzato il cuore quando aveva guardato negli occhi di Abby e li aveva visti privi di vita, stesa sul letto ancora sporco dalla massiccia fuoriuscita di sangue che l'avesse uccisa. 
La strinse forte a sé e trattenne le lacrime di gioia nel poterla vedere ancora una volta, nel poterla toccare e nel poterla stringere forte a sé mentre pensava che un genitore non dovesse mai sopravvivere ai figli, altrimenti sarebbero arrivati a compiere un gesto estremo come quello che aveva fatto Isobel per lei. "Ciao, bambina mia". 
Abby sciolse l'abbraccio e sgranò gli occhi, stringendo la madre dalle braccia mentre la guardava con aria incredula e preoccupata. "Sei morta anche tu? Che ti è successo?". 
Isobel le prese il viso fra le mani con tantissima dolcezza, spostandole i capelli sulle spalle e sorridendo con aria fiera mentre sentiva il cuore battere forte nel suo petto per la felicità, iniziando a pensare che non ci fosse modo migliore di concludere la sua vita, se non in quel modo; la sua voce venne incrinata dalle troppe emozioni che provò quando rivide la sua bambina dopo aver pensato per tanto tempo che non l'avrebbe mai più toccata o vista. "Voglio solamente che tu sappia che ho sempre amato te e i tuoi fratelli, vi ho sempre messi sopra ogni altra cosa anche se ero lontana: l'ho fatto per proteggervi, amore mio. Volevo ripulire il mondo per voi, per farvi vivere in un posto più sicuro, così come hai fatto tu quando già aspettavi il tuo secondo bambino. Spero che adesso tu possa capirlo..". 
Abby aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria confusa, scuotendo la testa e guardando per qualche istante il padre dietro la donna, il quale sembrava essersi tramutato in una statua troppo rigida e immobile, tanto da far irrigidire e preoccupare anche lei; tornò a guardare la madre che non aveva smesso neanche per un secondo di sorriderle e sollevò un sopracciglio, iniziando a sentirsi a disagio dentro il suo stesso corpo. "Io non capisco, mamma. Perché mi stai dicendo queste cose adesso? Dimmi cos'è successo e basta".
Isobel si chinò a baciarle teneramente la fronte con un dolce sorriso, guardandola per qualche altro secondo negli occhi azzurri di sua figlia così identici ai suoi e le sfiorò i capelli rosso mogano che avesse ereditato da lei, mentre pensava che non esistessero creature più belle dei suoi tre figli. "Buon viaggio, piccola Abby. Va' a riprenderti la vita che meriti. Ci rivedremo presto, te lo prometto". 
Non ebbe il tempo di chiedere per l'ennesima volta alla madre cosa diavolo fosse successo e perché anche lei si trovasse in Paradiso insieme a loro, quando la sensazione di disagio di Abby iniziò ad estendersi sempre di più a tutto il corpo, facendola tremare e sentire freddo nello stesso modo che provava quando era umana.
Ebbe così paura quando sentí il corpo come se si stesse sgretolando e guardò il padre con espressione supplichevole, chiedendogli aiuto perché non capiva cosa le stesse succedendo, ma presto vide Jack sorriderle ed annuire, dicendole con un po' di nostalgia negli occhi di non opporsi al processo e che fosse stato davvero felice di aver trascorso quei quasi vent'anni insieme a lei, nella loro vecchia casa a Louisville. 
Guardò i suoi genitori per un'ultima volta, chiedendogli di spiegarle e di aiutarla perché faceva davvero male, ma pesto Abby iniziò a vedere tutto buio attorno a sé, sentendosi immediatamente risucchiata all'indietro, come se venisse afferrata dalle spalle facendola urlare per il dolore e per la paura. 



Inizialmente fu soltanto una lieve sensazione piacevole sul viso e su tutto il corpo, facendola persino sorridere mentre teneva gli occhi chiusi e si rannicchiava di più su se stessa per non disperdere il calore e il tepore del suo stesso corpo.
Ma successivamente sentì la forte pioggia iniziare a picchiettare sul viso con prepotenza ed Abby si costrinse a sbattere le palpebre un po' più forte, aprendo gli occhi di scatto in preda alla paura. 
Si guardò attorno con aria smarrita, riuscendo a distinguere davvero poco dell'ambiente attorno a sé per via del fitto buio della notte, illuminato solamente dal chiarore della luna; Abby tremò per il freddo e la paura di trovarsi da sola in mezzo ad un bosco che non riconosceva mentre la pioggia incessante continuava a bagnarla da capo a piedi, inzuppandola e facendola tremare.
Fece leva con le mani sul terreno bagnato ed argilloso su cui si trovasse, sporcandosi il corpo ed i vestiti di fango e di foglie che le si appiccicarono addosso, e presto si mise in piedi iniziando a correre fra la fitta vegetazione senza neanche sapere in che direzione andasse. 
Ricordava di essere stata con suo padre nella loro casa a Louisville e che fosse arrivata anche sua madre, ricordava le parole senza senso di Isobel di cui non aveva capito il significato.
Corse velocemente, corse fino a non avere più fiato in corpo mentre cercava di schivare i rami e la pioggia le appannava la vista; corse fino a superare la coltre di vegetazione per raggiungere la strada asfaltata senza neanche capire come ci fosse arrivata, spinta dalla paura e dall'agitazione. 
Abby ricordava perfettamente di come si fosse svegliata in Paradiso, bagnata da quella stessa pioggia mentre stava sdraiata sul prato sempre verde di casa sua, ricordava come si fosse sentita subito in pace e al sicuro, niente a che vedere rispetto a come si sentisse in quel preciso momento: aveva bisogno di un luogo chiuso in cui ripararsi, in cui schiarirsi le idee e capire cosa fosse accaduto dopo l'arrivo di sua madre. 
Ma la strada statale in cui fosse sbucata era deserta e priva di case in cui potersi rifugiarsi, ma Abby continuò a correre come se fosse inseguita da qualcuno, come se dovesse scappare da qualcosa; tutto attorno a sé regnava il silenzio, rotto unicamente dalla pioggia che si scontrava contro ogni superficie che incontrasse: le cime degli alberi, i rami, le foglie, l'asfalto, il pietrisco. 
Ed Abby tremava mentre correva, tremava di paura e di confusione, mentre qualche lacrima di rabbia sfuggì al suo controllo quando si rese conto che nessuna di quelle emozioni le fossero appartenute in Paradiso e questo voleva dire unicamente che non si trovasse più lì e che.. 
Un lampeggiante rosso e blu e una sirena alle sue spalle interruppe i suoi pensieri e la sua corsa, e la ragazza si voltò di scatto, accecata dalla luce troppo forte dell'auto che le si fosse accostata accanto; si portò una mano davanti agli occhi per ripararli dalla luce abbagliante e udì la portiera aprirsi per poi tornare rumorosamente al suo posto, mentre due uomini sulla cinquantina iniziarono a puntarle delle torce contro. 
"Signorina, sta bene?". 
Abby vide i due poliziotti avvicinarsi a lei sempre di più, mentre la guardavano con aria interrogativa ma tenevano entrambi la mano sulla pistola posta ancora nella guaina della cintura, pronti a qualsiasi evenienza. 
Non rispose e abbassò la mano, guardandoli e studiandoli mentre la pioggia iniziò ad inzuppare le loro uniformi, e li vide scambiarsi un'occhiata stranita davanti al suo silenzio. 
"Qualcuno le ha fatto del male? Che cosa sta facendo a quest'ora della notte nel bosco? Morirà assiderata se non torna subito a casa!" esclamò uno dei due uomini aggrottando le sopracciglia e facendo un passo incerto verso di lei, mentre osservava i suoi vestiti strappati ed il suo corpo sporchi di fango e foglie. "Ce l'ha una casa, signorina? La possiamo accompagnare lì e potrà dirci perché correva sotto la pioggia alle quattro del mattino". 
Abby accennò un sorriso dolce e innocente, annuendo mentre osservava l'agente avvicinarsi a lei e porgerle una mano con delicatezza, sperando che la donna la prendesse senza fare scherzi e che potesse concludere il suo turno di notte accompagnandola a casa e poi tornando alla stazione di polizia; ma poi tutto accadde così in fretta che l'uomo non si rese neanche conto di essere rimasto intrappolato in una presa mortale fin quando non si trovò le braccia della donna attorno al collo, che lo stringevano forte fino a fargli mancare il respiro, animata da una violenza animalesca. "Christus
La ragazza strinse la presa sempre di più fino a quando non osservò l'agente non riuscire a contrastare la forza con cui lei lo stesse strangolando, del tutto convinta che quelli fossero due demoni venuti a portarle via il Paradiso che le spettasse di diritto. 
Abby non voleva andarsene, non voleva tornare a combattere, ma sapeva di doverlo fare per riuscire a raggiungere nuovamente i suoi genitori da cui fosse stata ingiustamente allontanata. 
Voleva solamente tornare a Louisville e trovare Jack ed Isobel ad attenderla sul porticato, come quando tornava da scuola e loro erano sempre li ad osservarla scendere dallo scuolabus con un grande sorriso sulle labbra. 
Lei voleva solamente tornare dalle persone che amava di più e che fossero in Paradiso, voleva una spiegazione per essere stata sputata via come se fosse un rifiuto; Abby meritava di riposare in pace insieme ai suoi genitori. 
Aveva perso troppo per essere scaraventata in un luogo come l'Inferno. 
Un urlo uscí dalla sua bocca costringendola ad allentare la presa fino a lasciare completamente la presa sul collo dell'agente che stesse stringendo fino ad ucciderlo, osservandolo cadere rovinosamente in ginocchio alla ricerca di aria mentre veniva colta da un forte dolore proprio alla schiena; si voltò per qualche secondo e fece in tempo ad osservare il secondo uomo che le avesse appena sparato contro usando un teiser, per poi crollare contro il freddo e bagnato asfalto sbattendo il viso mentre chiudeva gli occhi e tutto divenne immediatamente nero.

 
 

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Capitolo 74
*** Capitolo 67 ***


Hunters' Legacies
Capitolo 67


Il cuore batteva ancora forte nel petto per l'agitazione con cui fosse stato svegliato in piena notte da una chiamata proveniente da un vecchio telefono che teneva sepolto sotto gli altri, dentro il secondo cassetto della scrivania della sua vecchia camera da letto che condivideva con Abby. 
Aveva risposto nonostante non riconoscesse quel numero e si chiese chi diavolo potesse essere a quell'ora della notte, ma presto Dean sgranò gli occhi nell'udire la voce dall'altra parte del telefono; non si fece scrupoli a chiamare Castiel ed a buttare giù dal letto Sam per raccontare loro il contenuto della chiamata, e subito i tre uomini partirono velocemente, lasciando gestire il bunker ed i tre bambini a Dan. 
Adesso che era arrivato nella stazione di polizia di una città di cui neanche conosceva l'esistenza, Dean non sentiva neanche tutte le accuse che l'uomo in uniforme in piedi accanto a sé stesse farneticando; Dean non ci prestò attenzione perché si strinse di più nel suo cappotto rabbrividendo mentre osservava attraverso le sbarre il corpo della donna steso sul letto dentro la cella, mentre la rabbia gli ribolliva nel sangue: chiunque fosse quell'essere lì dentro, l'avrebbe pagata cara per aver scelto di impersonare proprio lei.
Dean l'avrebbe portata fuori da lì e avrebbe iniziato a torturarla finché non avrebbe confessato il motivo per cui avesse assunto l'aspetto di Abby, per poi ucciderla senza pietà. 
Sentí la grata della cella chiudersi dietro di sé e Dean deglutí a fatica, annuendo e voltandosi per lanciare uno sguardo di ringraziamento all'agente. 
"Può lasciarci da soli? Non ci vediamo da un po', abbiamo bisogno di un po' di privacy".
L'agente con dei grossi segni rossi tendenti al violaceo intorno al collo accennò uno sguardo comprensivo ed annuì, per poi dirigersi verso l'uscita della stanza dicendo che sarebbe tornato entro cinque minuti e che nel frattempo avrebbe delineato insieme agli avvocati della signora i termini concessi per farla uscire. 
Dean prese un lungo respiro e annuì, tornando a voltarsi verso la donna incosciente e stesa sul letto; fece qualche passo avanti per osservarla più da vicino e subito notò le mani, le braccia nude, il viso, i capelli ed i vestiti interamente zuppi e sporchi di fango. 
Si avvicinò ancora fino ad osservare il grosso ematoma che avesse sul lato destro della fronte provocato durante la colluttazione con gli agenti, e Dean si piegò sulle ginocchia per osservarla meglio, mentre sentiva il cuore esplodergli nel petto nel vederla così rannicchiata su se stessa in cerca di un calore che la canottiera nera e bagnata che indossasse non le permettesse di accumulare. 
Dean deglutí a fatica perché sembrava davvero la sua Abby, eppure non poteva illudersi e sperare, per poi soffrire ancora: in cuor suo sapeva che quella non potesse essere Abby, perché aveva bruciato il suo corpo. Lo aveva visto avvolto dalle fiamme, era stato lui steso ad appiccare il fuoco. 
Non riuscì a trattenere l'impulso di avvicinare una mano con lentezza e quasi con paura, arrivando persino ad accennare un sorriso ed a sfiorarle la guancia con delicatezza, sentendo il cuore battere sempre più forte; ma Abby sgranò immediatamente gli occhi a quel contatto con la sua mano calda e per qualche secondo lo guardò negli occhi, sorpresa di vederlo tanto quanto lui. 
E quei pochi secondi bastarono a Dean per leggere dentro di lei e trovare la stessa ragazza che avesse amato negli ultimi quattordici anni, rifiutando l'idea che si trattasse di un mutaforma o di altre creature.
Abby lo colpí con forza con un calcio in pieno petto, facendogli perdere l'equilibrio e cadere a terra, mettendosi presto a cavalcioni su di lui e iniziando a colpirlo al viso prendendolo alla sprovvista, ma presto Dean riuscì a togliersela di dosso ed a immobilizzarla invertendo le posizioni e bloccandola con forza contro il pavimento con tutto il suo peso. "Abby, sono io! Fermati!". 
La donna lo guardò in cagnesco e si liberò dalla sua presa colpendo con un sonoro pugno sul volto e con una gomitata dritta fra le costole per allontanarlo definitivamente, mettendosi subito in piedi e guardandolo con aria furiosa. "No non é vero, sei un demone. Dean è ancora vivo!". 
Ebbe il tempo di rimettersi in piedi e di cercare di analizzare le parole della donna, che di nuovo Abby tornò alla carica cercando di colpirlo nuovamente ma Dean fu bravo a schivare, girandole attorno e stringendole le braccia attorno alla vita intrappolandola in una morsa ferrea, bloccandole la schiena contro il suo petto. "No, non c'è nessun demone qui. Sono solo io, Abby. Fermati e ascoltami!". 
"Va' all'inferno!". Lo colpí con una testata secca sul setto nasale, costringendolo ad allentare la presa su di lei per il dolore e obbligandolo a indietreggiare fino a sbattere con forza le spalle contro le sbarre d'acciaio della cella; si liberò della sua presa e fu veloce a sfilargli la pistola dall'interno della sua giacca, ed Abby si stupì di trovarla nello stesso punto in cui la tenesse il vero Dean. 
Fece una smorfia e gliela puntò contro con rabbia, togliendo la sicura e guardandolo in cagnesco, mentre Dean rimase sorpreso ad osservarla con il fiatone, guardandola ad occhi sgranati.  
"Brutto figlio di puttana, ma che cosa vuoi da me? Perché mi hai portata via da lì?!". 
Dean vide il modo in cui Abby fosse agitata e confusa, notò il modo arrabbiato in cui lo stesse guardando e gli stesse puntando la pistola contro, rimanendo però in attesa, esitando; annuì silenziosamente e fece un mezzo passo verso di lei, arrestandosi immediatamente quando la vide fargli segno di fermarsi, e Dean lo fece sollevando le mani in segno di resa. 
"Tu piangi sempre quando in televisione mandano film sdolcinati come Le pagine della nostra vita".
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò perplessa, inclinando appena la testa di lato e accennando una risata nervosa. "Ma che diavolo stai dicendo?". 
"Ho sempre fatto finta di non vederti perché so quanto tu ti senta a disagio nel farti vedere così emotiva, ma ti ho sempre vista.." sussurrò Dean accennando un sorriso amaro e nostalgico, facendo spallucce per poi indicare un punto preciso sul suo collo. "E quella collana che indossi, era di mia madre e io l'ho data a te molti anni fa per dirti che eri l'unica per me. Ee.. E certe volte sei proprio una pessima cuoca, bruci tutto quello che cucini e sei convinta che mettere sopra delle strane salse migliori il sapore ma lo peggiora solamente. L'unica cosa che cucini bene è la pizza, ma solamente perché usi la ricetta che ti ha lasciato tuo padre, che tieni nascosta nel doppiofondo del cassetto delle posate della cucina". 
Il suono della sua risata divertita arrivò dritta alle orecchie della ragazza, che scosse la testa e fece un passo indietro mentre le mani cominciavano a tremarle incontrollate. "Come sai tutte queste cose?!". 
"Perché sono io, Abby. Sono Dean, il vero Dean". 
Cercò di ignorare il suo sorriso dolce e felice e scosse immediatamente la testa con dissenso, mordendosi la guancia per un momento per evitare che i sentimenti che sentisse dentro uscissero tutti insieme in quel momento. "No, questa è solo un'illusione, perché tu non sei il vero te e io..".
"Hai affidato Mary ad una famiglia di Austin per salvarla da questa vita e io non ho capito subito questa tua scelta, ma poi ho capito che lo hai fatto per proteggerla" disse Dean parlando molto velocemente con aria più seria e sguardo leggermente più duro, solamente per nascondere quanto male gli facesse ancora parlare di quel brutto periodo in cui avessero dovuto tenere sua figlia lontana da loro. "E quando l'abbiamo portata a casa con noi lei ha detto la sua prima parola, papà. L'ha detta una sola volta e poi ha iniziato a ripetere mamma all'infinito. È stata l'unica parola che diceva per settimane, ricordi?". 
Abby rimase ad osservarlo per dei lunghi istante mentre guardava nei suoi occhi verdi e per la prima volta da quando si fosse svegliata in quel bosco e fosse stata allontanata dal Paradiso, provò un sentimento che non sentiva dentro di sé da parecchio tempo: l'indecisione, la titubanza. 
Sentí le lacrime agli occhi perché era davvero combattuta: credeva di essere all'inferno o in posto simile, ma poi rimase ad osservare il suo sguardo e non riuscì a fare altro che riconoscerlo, mentre la mano con cui tenesse la pistola le tremava sempre di più. "Dean?". 
"Si ragazzina, sono io..". 
Vide il suo grande sorriso sul volto, vide la sua tranquillità e la sua pacatezza, ed Abby tornò a scuotere la testa energicamente. "No, non puoi essere qui, io sono morta e tu..". 
Con un veloce colpo Dean avanzò e le fece cadere la pistola dalle mani lanciandole vicino alle sbarre, per poi avvicinarsi velocemente ad Abby per stringerla in un forte abbraccio, affondando il viso fra i suoi capelli ancora bagnati per la poggia. 
Abby rimase rigida e tesa all'inizio avendo quasi paura e cercando di scappare da quel contatto, ma presto venne invasa da sensazioni piacevoli, da ricordi bellissimi e da uno strano calore che le fece battere più forte il cuore e diventare gli occhi più lucidi mentre tornava a respirare il profumo dell'uomo che tanto le fosse mancato; si sollevò sulle punte e gli avvolse le braccia attorno al collo, mentre una singola lacrima sfuggì al suo controllo. 
Dean si distaccò appena per scivolare con il viso contro quello della donna, lasciando che leggesse nei suoi occhi il suo dolore e la completa distruzione che la sua perdita avesse provocato, e si chinò a baciarla con dolcezza e tenerezza, stringendola di più al suo corpo così come fece Abby, sentendo entrambi quel sapore di casa e quella grande emozione nascere dentro di loro.
Si distaccarono a corto di fiato per la grande passione e per l'amore che provassero l'uno per l'altra, e Dean le sfiorò il viso con un sorriso amaro, intrappolando i suoi occhi azzurri con i suoi. "È solo un sogno, vero? Adesso mi sveglio e tu non sarai più al mio fianco..". 
Abby rimane in silenzio per qualche secondo, beandosi del contatto e dell'effetto che la mano ruvida del cacciatore che le sfiorava la guancia avesse su di lei, e accennò un sorriso amaro, capendo con un po' di tristezza e di nostalgia che quella non fosse affatto una trappola, che nessuno le stesse dando la caccia e che avesse picchiato un agente solamente per confusione. 
Capí che Dean non fosse neanche morto e che non fosse andato nella sua dimensione in Paradiso, ma che fosse ancora vivo e vegeto davanti a lei; una leggera lacrima scivolò sul suo viso tradendo il suo dispiacere e la sua delusione, nonostante fosse felice di vedere di nuovo Dean. 
Abby si rese conto che la situazione fosse peggiore: non era lui ad essere arrivato in Paradiso, ma era lei ad essere tornata sulla terra, l'unica cosa che non avrebbe mai più voluto fare. 
Tirò su con il naso e scosse la testa, nascondendo il suo dolore nel più profondo di sé stessa com'era solita fare quand'era ancora viva, e accennò un sorriso dolce prima di affondare il viso sul suo petto e chiudere gli occhi. "Portami a casa". 



Un gemito di dolore uscí dalle sue labbra in maniera incontrollata sentendo la fronte pizzicare, mentre Dean cercava di farle meno male possibile disinfettandole con cura la ferita che si fosse procurata durante la colluttazione con il poliziotto, ed Abby accennò un piccolo sorriso mentre stringeva le mani attorno al bordo del tavolo centrale della sala lettura del bunker sul quale fosse seduta. 
Si guardarono per qualche istante ed entrambi accennarono un sorriso e Dean istintivamente tirò un sospiro di sollievo nel vederla lì insieme a lui, sapendo di poterla toccare e che fosse davvero tornata. 
Castiel aveva messo a dormire i pochi agenti che ci fossero nella stazione di polizia del Nebraska e aveva portato Abby e i due Winchester fuori da lì, trasportandoli contemporaneamente al bunker dove la ragazza si sarebbe potuta ambientare e dare una ripulita, e Abby aveva provato un forte senso di disagio a rimettere piede nel posto dove fosse morta, affrettandosi però a nasconderlo nel più profondo di sé stessa per non farlo pesare troppo a Dean. 
"Abby, non ricordi proprio niente?".
La voce di Sam la fece voltare alla sua sinistra, osservando il giovane ragazzo avvicinarsi a lei di qualche passo con un sorriso sincero sul volto perché era davvero felice di riaverla con loro e il grande abbraccio che le avesse riservato quando la vide ne fu la prova, ma a Sam ancora sfuggiva qualcosa e le tessere del puzzle non si incastravano più. 
Abby fece spallucce e accennò un sorriso amaro, guardando il ragazzo negli occhi e sospirò lentamente. "Un momento prima ero con te mentre stavo morendo e tu cercavi di aiutarmi, un momento dopo mi sono ritrovata a correre in quel bosco".
Sam annuì leggermente, ipotizzando che la ragazza dovesse essere ancora molto confusa, ma intuì presto che ci fosse ancora qualcosa che non andasse per il modo frettoloso in cui rispose, distogliendo presto lo sguardo dal suo per poi farlo vagare per la stanza.
Castiel aggrottò le sopracciglia facendo un passo avanti fino a raggiungere il minore dei Winchester mentre guardava la ragazza con aria perplessa. "Sono passati quattro mesi dalla tua morte: che è successo? Eri morta, abbiamo bruciato il tuo corpo. Se non ricordi posso entrare nella tua mente e aiutarti a ricord-..".
"Ma volete piantarla, tutti e due?!" esclamò Dean alzando il tono della voce e guardandoli in cagnesco, allargando le braccia e rimanendo davvero sorpreso dal modo in cui stessero bombardando di domande la ragazza appena tornata, scuotendo la testa e facendo segno ad entrambi di finirla. "Non ricorda niente e di certo non si farà rovistare il cervello da un ficcanaso piumato!". 
Abby lo guardò perplessa per qualche secondo ma non aveva neanche troppa voglia di parlare, così accennò un sorriso appena imbarazzato e si portò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio, sollevando nuovamente lo sguardo verso Dean sfiorandogli il petto mettendosi in piedi. "Io vado a fare una doccia. Sarà meglio che mi faccia trovare presentabile quando arriveranno i bambini".
Si congedò dai tre uomini senza dire un'altra parola o aspettare che potessero risponderle, e mentre intraprese il corridoio riuscì a udire il tono canzonatorio di Dean con cui stesse ancora rimproverando i due, dicendo loro di lasciarla in pace e di non pressarla troppo perché erano passate solamente poche ore da quando l'avessero finalmente ritrovata. 
Sospirò e si fece forza aprendo la porta della sua vecchia stanza trovandola sempre uguale, come se non fosse mai cambiato nulla lì dentro in tutto quel tempo, e sentí il disagio crescere dentro di lei e farle male al cuore, quando osservò il letto su cui avesse perso la vita, morendo dissanguata durante il parto istigato dall'attacco di Asmodeus. 
E mentre indugiava sulla soglia per osservare la stanza, in un attimo si rivide stesa su quel letto mentre Sam l'aiutava a tenersi più dritta, Anael la guidava durante il parto e Isobel le diceva parole rassicuranti per incoraggiarla, ma tutto ciò che Abby riusciva a sentire durante quei momenti era il più grande dolore fisico che avesse mai provato mentre il sangue fluiva attraverso lei. 
"No, non entrare. Ho cambiato stanza, io.." iniziò il ragazzo arrivando alle sue spalle, affrettandosi a chiudere la porta per non farle vedere altro, accennando un sorriso amaro e rimanendo nuovamente intrappolato negli occhi che pensava di non aver più la possibilità di vedere ancora una volta. "Non potevo vivere lì e quindi..".
Abby non rispose ma annuì in silenzio osservando il modo diverso in cui Dean la guardasse, come se sospettasse che da un momento all'altro potesse sparire e smaterializzarsi come se fosse solamente un'allucinazione; le fece segno di seguirlo ed in silenzio la ragazza si lasciò condurre stringendo la sua mano, arrivando fino alla stanza più vicina a quella di Mary.
Finalmente Abby accennò il primo sorriso sincero da quando fosse tornata, pensando che probabilmente la sua piccola fosse cresciuta di altri dieci centimetri in quei mesi di lontananza.
Entrò dentro la stanza in cui Dean le fece segno, mostrandole la camera ed il bagno con un grande sorriso palesemente finto, perché Abby era ancora piuttosto rigida e Dean non aveva la minima idea di come comportarsi. "Vado a prenderti qualcosa di pulito da indossare, oppure no. Preferisci che io resti qui con te per aiutarti?".
L'espressione sempre seria di Abby si tramutò in un sorriso divertito e a Dean parve che la stanza diventasse meno grigia e più assolata, tranquillizzandosi di più. "Sono sicura di ricordare ancora come si faccia una doccia, quindi puoi andare. Io sarò qui quando tornerai".
Dean annuì appena mentre il suo sorriso scemò, perché soffriva anche solamente a lasciarla da sola per cinque minuti dopo averla persa per quei quattro mesi, e adesso Abby stava davanti a lui e sorrideva come se fosse tutto normale, mandandolo fuori di testa come sempre. 
Si chiuse la porta del bagno alle spalle lasciandola sola ed Abby sospirò rumorosamente voltandosi ad osservare il suo riflesso nello specchio: la ferita sulla tempia non era poi così grande, nonostante ci fossero voluti due punti per richiuderla, e sembrava sempre la stessa, solita Abby. 
Ma qualcosa era cambiato. 
Era cambiata lei stessa e non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione che fosse tutto sbagliato e che non appartenesse più a quel luogo. 
Si tolse i vestiti e osservò il suo corpo nudo allo specchio, notando che tutte le cicatrici, tutti i piccoli segni delle lotte che portasse sul corpo con orgoglio, adesso erano tutti spariti: un corpo nuovo di zecca per ricominciare a vivere per l'ennesima volta sulla terra. 
Lasciò che l'acqua portasse via quelle sensazioni sgradevoli: il dolore che provava all'idea di aver perso la pace e che qualcuno gliel'avesse tolta prepotentemente senza che lei potesse opporre resistenza. Aveva amato ogni momento di ogni decennio passato insieme a suo padre in Paradiso e aveva accettato la sua morte, non sperava più che qualcuno potesse tirarla fuori da lì. 
"E adesso puoi finalmente riposarti, Abby: niente più dolore o sofferenza, solo amore. Questo ripaga tutto il viaggio difficile per arrivare fino a qui, no?"
Sentí la voce di suo padre nella sua testa ed Abby si morse la lingua per non piangere a dirotto, perché riusciva a sentire che quella vita non le appartenesse più e voleva solamente tornare indietro, restare morta. 
Impedire che Isobel la riportasse indietro. 
Sciacquò il sapone dal suo corpo e sentí l'acqua picchiettarle addosso con una sensazione ormai familiare, accennando un sorriso mentre si chiedeva perché fosse toccato a lei: dovevano esserci davvero molte persone pronte a dare qualsiasi cosa per tornare alla propria vita sulla terra, ma non lei.
Allora perché era stata scelta? Perché non l'avevano lasciata in pace? 
Sospirò rumorosamente mentre ancora l'acqua la scaldava e subito si irrigidí, riuscendo a percepire la presenza di qualcuno all'interno del bagno ormai pieno di vapore che rendeva difficile la visuale, ma accennò un sorriso quando riconobbe il cuore che batteva a pochi passi da lei, nascosto dalla tenda della doccia. 
Chiuse il rubinetto e spostò la tenda leggera, rimanendo seria a fissare negli occhi il ragazzo davanti a sé, che sospirò e le sorrise; le passò un asciugamano attorno al corpo e l'afferrò di peso per aiutarla a scendere, facendola ridere di gusto per la prima volta da quando fosse tornata.
Abby si ritrovò così vicina a lui e lo guardò negli occhi, riuscendo a leggere tutto il dolore che avesse provato ed il senso di colpa che provasse in quel momento per non essere stato lui la persona che l'avesse riportato alla vita. 
Poteva leggere attraverso i suoi occhi arrossati che quasi si vergognasse per non esserci riuscito e Abby provò una grande tenerezza mentre il suo nuovo cuore vivo batteva dentro lei sempre più forte. 
Gli sfiorò la guancia con delicatezza ed Abby notò il modo in cui Dean chiuse gli occhi e appoggiò il viso contro la sua mano, stringendola poi con la sua, e lo vide avvicinarla di più fino ad appoggiare la fronte contro la sua.
"Ho perso la testa senza di te, avrei fatto qualsiasi cosa pur di riportarti qui. Ho provato di tutto, ma nessuno aveva una soluz-..". 
Si sollevò sulle punte e lo zittí con un bacio casto, dolce e lento che gli fece tremare il cuore, mentre Abby pensava che se proprio era stata costretta a restare, probabilmente avrebbe fatto meglio a godersi quel nuovo giro di pista che le fosse stato assegnato. 
Dean si distaccò presto e la guardò con aria titubante, sfiorandole la pelle come se fosse fatta di cristallo e potesse sparire, ma poi lesse negli occhi di Abby che non fosse quello che voleva, e così la strinse più forte a sé. 
"Quando tornano i bambini?". 
"Tra un'ora. Abbiamo un'ora..".
Accennò un sorriso e fece scivolare le mani sul suo petto, sfiorando la camicia blu che l'avesse sempre fatta impazzire quando gliela vedeva addosso e con un gesto lento gliela sfilò tornando a guardarlo con aria divertita, mentre Dean sollevò un sopracciglio in risposta con aria sorpresa perché non aveva fino in fondo capito le sue intenzioni. 
Abby lo bagnò completamente quando le sfilò la tovaglia dal corpo facendola infrangere al suolo, e gli inzuppò i vestiti con i capelli ancora gocciolanti; l'afferrò con forza dalle cosce, sollevandola e dirigendosi verso il letto nella stanza iniziando a baciarla e stringerla più forte come non facesse da tempo, assaporando ogni singolo centimetro della sua pelle che avesse a disposizione e ripensando a quanto gli fosse mancato il suo sapore, la sua morbidezza, il suo calore. 
Non c'era spazio per parole né per chiarimenti, ma solamente per l'amore che provassero l'uno per l'altra e per il tanto tempo che dovessero recuperare dopo quella separazione forzata.



Le lacrime di gioia che Mary iniziò a versare stringendosi a lei con forza senza più lasciarla andare fecero commuovere anche lei, che strinse forte la sua piccola fra le braccia e le lasciò una serie di baci sulla guancia paffutella; Abby era rimasta ferma in ginocchio sul pavimento della sala comune, stringendo sua figlia fino a caricarsela completamente addosso e si alzò dopo dei lunghi minuti di silenzio in cui tutto ciò che udì fu il pianto rotto dai singhiozzi di Mary. 
Aprí gli occhi ancora bagnati dalle lacrime e guardò nella direzione della sua famiglia, osservando il piccolo Henry tenersi alla gamba del padre Dan e nascondersi quasi con timidezza, perché non aveva ancora capito che la zia Abby fosse davvero tornata, e guardò Dan negli occhi, accennando un sorriso. 
Senza dire una parola si avvicinò al fratello, che incapace di trattenersi si lasciò andare in un pianto liberatorio mentre l'avvolgeva in forte abbraccio, coinvolgendo anche il figlio che accennò un sorriso in direzione della zia che non aveva ancora avuto modo di conoscere bene, e la strinse forte. 
Dan sciolse l'abbraccio e si chinó su di lei per baciarle una guancia con dolcezza, facendo segno alla sorella di voltarsi.
I vagiti tipici di un neonato giunsero alle sue orecchie facendola irrigidire ed Abby si voltò con aria confusa mentre guardava il seggiolino portatile con cui Dan riuscisse a trasportate con più facilità il bambino.
Vide il piccolo Richard muoversi mentre ancora le cinture lo bloccassero al seggiolino ed Abby rimase a guardarlo con aria incantata: il bambino che Abby avesse protetto fino al suo ultimo respiro, preferendo morire piuttosto che farsi guarire a discapito del figlio che stesse partorendo.
Abby rimase stupita per qualche momento osservando i suoi grandi occhi tendenti al nocciola. 
Lasciò che Mary si arpionasse alla sua coscia rifiutandosi di lasciarla andare ed Abby si sporse verso il piccolo intento a giocare con un grosso sonaglio, muovendolo con dei movimenti scoordinati davanti al viso. 
Si sporse con le lacrime agli occhi, afferrando con delicatezza il piccolo che pensava che non avrebbe mai visto crescere e gli sfiorò il viso con dolcezza, osservando Richard guardarla divertito e farle un grosso sorriso, diverso da quello che riservasse agli altri.
Abby studiò il suo viso adornato da dei capelli scuri e tendenti al riccio, incantandosi poi ad osservare quegli occhi nocciola che avesse già visto solamente in una persona.
Sentí le lacrime scivolarle lungo il viso e strinse a sé il piccolo con delicatezza, mentre pensava che avesse ereditato da Edward quegli occhi nocciola che Abby amasse tanto.
Si voltò nella direzione opposta, guardando dietro di sé come se avesse percepito la presenza di un'altra persona che Abby conoscesse bene e la donna sorrise commossa quando vide l'angelo dai lunghi capelli biondi che la guardasse con impazienza, perché anche lei voleva salutarla.
"Oh Anael..".
Abby colmò la distanza fra loro con due lunghi passi mentre ancora stringeva il piccolo Rich a sé e avvolse Anael in un forte abbraccio, nascondendo il viso nel suo collo mentre sentiva nuovamente il sapore di casa con la maggior parte della sua famiglia attorno; Anael era sicuramente una fetta molto importante della sua quotidianità, l'unica ad averla davvero sostenuta fino in fondo e che non si fosse mai opposta al suo volere. 
Era l'amica di sempre, la sorella presente ed a volte aveva anche ricoperto il ruolo della madre, canzonandola e rimproverandola quando avesse una delle sue idee folli; ma adesso sembrava tutto tornato alla normalità, sembrava che tutto fosse tornato al giusto posto e che il puzzle fosse tornato tutto intero, ed Abby si guardò attorno pensando che forse tutto quell'amore e quell'affetto avrebbero potuto competere con la pace e la gioia che le avesse offerto il Paradiso per dei lunghi anni. 
"Chiamo di nuovo la mamma, sarà così felice di saperti di nuovo qui!" esclamò Dan asciugandosi le lacrime con un grande sorriso felice, afferrando il suo telefono e cominciando a comporre il numero della donna. "Silver sta già partendo da casa, non vede l'ora di vederti e vuole passare tutto il giorno qui, tutti insieme. Sta venendo insieme a Matt e Nathan". 
Abby sospirò rumorosamente ascoltando le parole di suo fratello alle sue spalle e tornò nuovamente rigida come quando qualche istante prima di salutare il resto della sua famiglia.
Divenne tesa e assunse un'espressione seria, sciogliendo l'abbraccio con l'angelo. 
Abby tornò a guardare il piccolo Rich che si agitasse fra le sue braccia ed emettesse dei vagiti teneri, avvicinandosi a Dean per adagiarlo fra le sue braccia.
L'uomo si affrettò a prendere il piccolo fra le braccia ed incrociò lo sguardo di Abby con aria confusa, sapendo che da lì a breve sarebbe successo qualcosa.
Abby diede un bacio tenero sulla testolina di Rich mentre ancora guardava Dean negli occhi e sfiorò la testa della piccola Mary che ancora fosse aggrappata alla sua gamba con felicità, notando quanto fosse cresciuta in sua assenza e quanto probabilmente le avesse fatto male quel distacco forzato. 
La afferrò fra le braccia nonostante fosse diventata parecchio pesante e l'abbracciò stretta, guardandola ancora negli occhi verdi per qualche momento e carezzandole i lunghi capelli biondicci che le fossero cresciuti, prima di guardare il fratello aggrottare le sopracciglia e sentirlo lasciare un messaggio alla segreteria della madre. 
"Non chiamarla più, Dan..". 
L'uomo aggrottò le sopracciglia e sollevò un sopracciglio, sorridendo ironicamente e facendo spallucce, facendo poi oscillare lo sguardo fra i presenti. "Perché? L'avete già avvertita voi?". 
Tutti gli sguardi furono puntati addosso alla ragazza, che sospirò nuovamente e baciò delicatamente la testa della sua bambina mentre la metteva nuovamente giù e le diceva di prendere il cuginetto Henry e di andare a giocare nella loro stanza, e che presto sarebbe arrivata anche lei; nonostante protestasse all'inizio, Mary sbuffò ed eseguí il suggerimento della madre, prendendo per mano Henry e sparendo poi oltre il corridoio, fin quando di loro restarono solamente delle risate lontane. 
Abby serrò le braccia al petto e rispose ad ognuno di quegli sguardi indagatori in attesa di avere una risposta e fece spallucce, scuotendo la testa perché non c'era un modo semplice per dirlo, così optò per la strada secondaria, volgendo lo sguardo verso il minore dei Winchester che stesse in piedi ad osservarla con aria curiosa. "Puoi rintracciare il cellulare di Isobel, per favore?". 
Sam annuì accennando un sorriso confuso ma aggrottando le sopracciglia, perché non capiva il motivo per cui dovesse farlo e fece spallucce. "Certamente, perché?". 
Abby deglutí a fatica e si voltò verso Anael, stringendosi di più nella sua giacca sentendosi come se stesse tremando, ma sapeva che non fosse per il freddo. "Ti prego Anael, chiama Silver e dille di venire da sola". 
"Matt e Nathan saranno così felici di rivederti. Perché dovrei farlo?" chiese l'angelo aggrottando le sopracciglia, sentendosi confusa e cercando una spiegazione nello sguardo degli altri, che però non arrivò.
Presto Abby capí che il momento della verità fosse arrivato e sospirò rumorosamente, scuotendo la testa ed abbassando lo sguardo sul pavimento perché non voleva davvero pronunciare quelle parole; sentí la mano fin troppo familiare di Dean sfiorarle la schiena con delicatezza attraverso la giacca e presto sollevò lo sguardo verso il suo, chiedendosi come avrebbe potuto guardarli negli occhi e dire quelle parole. "Così ci fai preoccupare, ragazzina. Che succede?". 
Prese un lungo respiro e spostò lo sguardo sul fratello, mordendosi il labbro e scuotendo la testa. "Io credo che Isobel sia morta".
Castiel avanzò verso di lei con aria accigliata, sollevando un sopracciglio e guardandola con aria  dubbiosa. "Perché dici così? Cosa te lo fa pensare?".
Abby lo guardò attentamente e capí che lui fosse l'unico ad avere dei sospetti, nonostante mostrasse la sua solita aria solenne e pacata, ma presto la ragazza si voltò verso il fratello ancora impietrito dalla sua affermazione e sospirò. "Prima di risvegliarmi nel bosco, l'ho vista".
"Vista dove?!". 
Si voltò nuovamente verso Castiel che non accennava a placare quella sua curiosità, assottigliando gli occhi e guardandola con aria indagatrice mentre avanzava di qualche altro passo verso di lei. "Isobel mi ha detto che lo aveva fatto per me e che adesso avessi un'altra chance di continuare la mia vita, che..". 
"Ti ho fatto una domanda, Abby: dove hai visto tua madre?". 
L'angelo la interruppe bruscamente e avanzò nuovamente nella sua direzione sollevando una mano per toccarle la fronte, ma presto Dean fece un passo avanti allontanando bruscamente il suo braccio dalla ragazza e spintonandolo indietro, mentre ancora tenesse suo figlio in braccio. "Ma che diavolo fai, Castiel?".
L'angelo sgranò gli occhi e lo guardò con aria sorpresa, notando come la ragazza dietro di lui avesse abbassato lo sguardo senza più risollevarlo, e sgranò gli occhi guardando il suo amico. "Mi voglio solamente assicurare che la donna che è tornata sia davvero la Abby che conoscevamo!". 
Dean lo fulminò con lo sguardo, guardandolo in cagnesco e assottigliando gli occhi mentre continuava a fare da scudo alla ragazza dietro di sé. "È lei". 
Castiel allargò le braccia guardandolo con aria stupita, scuotendo la testa e cercando l'approvazione di Anael o di Sam, ma entrambi lo guardarono stupiti perché non comprendevano quel suo modo di fare. "Come fai ad esserne sicuro? Non le hai fatto alcun test prima di farla entrare di nuovo a casa tua, farle rivedere i tuoi figli e..". 
"Vattene!". 
L'angelo rimase in silenzio per qualche secondo dopo essere stato interrotto dal ragazzo e sospirò, scuotendo la testa senza dire un'altra parola rimanendo però a fissare negli occhi un Dean parecchio alterato ed infastidito; Castiel fece un passo avanti nella sua direzione e gli si accostò afferrandogli il braccio, scuotendo la testa ed iniziando a sussurrargli all'orecchio delle parole ad un tono così basso che solamente lui potesse sentire. "La sua aura, la sua energia, il suo spirito: sono diversi. Abby è sempre stata pura e bianca, adesso è diventato tutto nero. Devi credermi". 


"Ho la posizione: si trova a neanche due isolati da qui in un vecchio garage che aveva affittato da tre mesi e mezzo".
Dean aveva guardato il fratello intento a mostrargli il GPS del telefono di Isobel che lampeggiava sullo schermo del suo PC e Sam lo aveva guardato con aria preoccupata. "Qual è la data precisa dell'inizio del contratto?". 
"Una settimana dopo la morte di Abby".
 
La ragazza aveva sentito abbastanza, seduta sul tavolo accanto a Dean e disse ai due ragazzi di andare subito a controllare perché sentiva dentro di sé di avere la certezza che in quel garage avrebbero trovato solamente il cadavere di sua madre; Anael e Castiel ero rimasti al bunker sentendosi in fibrillazione per ciò che avrebbero trovato i cacciatori in quel posto, e l'angelo dai lunghi capelli biondi aveva provato a calmare il suo compagno, con dei pessimi risultati. "Siamo angeli, Anael. Siamo guerrieri di Dio, non babysitter"
E con questa frase l'aveva lasciata con rabbia dentro quella che aveva cominciato a sentire un po' casa sua, partendo insieme ai quattro cacciatori. 
Adesso che Dan aveva tirato su la saracinesca di quel garage disperso nel nulla, i ragazzi e l'angelo rimasero impietriti davanti allo spettacolo che si era presentato davanti ai loro occhi: era una stanza completamente buia, con un'unica luce che illuminava il centro di un tavolo largo e spesso di legno all'apparenza molto robusto, su cui vi erano posate due diverse ciotole piene di ingredienti che i ragazzi avessero visto solamente in poche occasioni nella loro lunga carriera di stranezze e di assurdità. 
Ma ciò che colpí maggiormente i due fratelli Harrison fu l'unica candela bianca molto tozza a due punte che giavese sull'asse di legno posizionata in orizzontale, notando come apparisse consumata solamente da uno dei due lati, osservando come come ad essa fosse appoggiata una foto che ritraesse Abby sorridente, con il viso evidenziato da un cerchio fatto col sangue.
Dean avanzò prima che lo potesse fare uno dei due e rimase di stucco quando riconobbe sul pavimento il cadavere ormai gelido della donna che avesse conosciuto bene nel corso di quei duri mesi, sdraiato a terra con una grossa ferita da taglio proprio sul cuore. 
Si voltò verso Abby e Dan con espressione sconvolta e dispiaciuta, facendo poi segno al fratello di fermarli. "Non avanzate, state fermi lì..". 
"No, perché? Cos'hai trovat-..". 
Le parole di Dan morirono in bocca ancora prima che venissero pronunciate quando il ragazzo si sporse dalla spalla di Sam e osservò la scena che temeva di più: rimase di sasso per qualche secondo e il sangue gli si ghiacciò nelle vene facendolo rabbrividire, mentre un'ondata di emozioni nacquero dentro di lui osservando il corpo della madre. 
Si voltò di scatto ed uscí dal garage, colpendo con un forte pugno la saracinesca aperta a metà, prima di sparire nel buio della notte dietro di loro, mentre Abby rimase a guardarlo per qualche istante con il cuore più pesante. 
Fece un passo avanti per raggiungere il corpo di Isobel, ma Sam le si parò davanti per consigliarle di non guardare e che dovesse portarsi un ricordo migliore di sua madre, ma ad Abby bastò incrociare il suo sguardo per fargli capire che se non si fosse tolto di mezzo, lo avrebbe fatto lei; lo stesso sguardo lo riservò a Dean che provò a fare lo stesso, ma sapeva quanto la ragazza sapesse essere cocciuta, e la lasciò passare. 
Osservò il corpo senza vita di sua madre e pensò che non avrebbe mai dimenticato l'espressione sofferente e addolorata che avesse sul viso, non riuscendo neanche a immaginare quanto coraggio e quando amore le ci fosse voluto per compiere un gesto estremo come quello; si piegò sulle ginocchia e sospirò rumorosamente, scuotendo la testa mentre sentiva gli occhi pizzicare, ma ricacciò le lacrime indietro mentre allungava una mano per chiuderle gli occhi e carezzarle il viso pallido e freddo. 
Il silenzio attorno a lei divenne assordante a tal punto che avrebbe voluto riempirlo urlando a Isobel che non avrebbe dovuto fare un rituale così potente e pericoloso per riportarla indietro, alterando ancora una volta l'equilibrio di cui tanto parlasse Billy. 
Si sollevò stringendo forte la mascella mentre il suo viso serio non tradiva alcuna espressione, sentendo gli occhi di tutti puntati su di lei, specialmente quelli dell'angelo che avesse tanto insistito per seguirli. Abby non ci fece caso perché aveva davvero tante altre cose a cui pensare in quel momento e iniziò ad osservare dei fogli all'apparenza molto antichi, con su scritto un grande rituale in una lingua diversa dal latino e intuì presto che la candela bianca a due punte avesse come scopo quella di riportare indietro la figlia operando uno scambio di vite: Isobel aveva fatto passare tutta la sua linfa vitale nel corpo della figlia, ricostituendo l'involucro di carne per poi riportare la sua anima all'interno. "Questa è magia nera, negromanzia". 
Castiel avanzò in silenzio fino a raggiungerla, mentre provava a leggere ciò che ci fosse scritto sul foglio che ma ragazza tenesse fra le dita. "Una vita per una vita. Tua madre si è annientata completamente per riportarti indietro ed è stata attaccata da così tante forze del male che avrebbero dovuto distruggere la sua anima e divorarla. Eppure tu dici di averla vista". 
"È così!" esclamò Abby fra i denti, perdendo la pazienza e guardando in cagnesco l'angelo al suo fianco notando come anche lui stesse facendo lo stesso. 
"Dico solo che se questo incantesimo avesse davvero funzionato, Isobel sarebbe stata divorata dalle forze più temibili dell'inferno e tu non avresti potuto parlare con lei, a meno che anche tu non ti trovassi lì" rispose Castiel ammorbidendo appena il modo in cui la guardasse, serrando le labbra in una smorfia a metà fra il dispiacere e la rabbia. "Sei stata all'inferno per tutto questo tempo, non è vero?". 
Abby deglutí a fatica e lo fulminò con lo sguardo, sobbalzando all'indietro di qualche passo come se l'angelo avesse toccato un nervo scoperto che le facesse davvero male, e si ritrovò a stringere forte i pugni accartocciando involontariamente l'incantesimo che sua madre avesse recitato per salvarla.
Si chiese con che parole avrebbe potuto descrivere il luogo in cui fosse stata in quei lunghissimi quattro mesi, come avrebbe potuto dire ai suoi fratelli che la loro mamma fosse morta per nulla, perché si era sacrificata per portarla via dall'unico posto in cui sarebbe voluta restare. 
"Sta zitto, Castiel". 
Vide Dean avvicinarsi istintivamente pronto a chiedere conferma su ciò che avesse appena detto Castiel e notò il modo in addolorato in cui anche Sam la stesse guardando, così scosse la testa e strinse più forte i pugni insieme al rituale che ancora si ostinasse a stringere fra le mani.
Decisa più che mai a non affrontare quel discorso, Abby si avviò a grandi passi verso l'esterno mentre sentiva gli occhi pizzicare sempre di più.
Uscì da quel magazzino in fretta ed iniziò a chiamare Dan a gran voce nel buio della notte illuminata solamente dai fari dell'Impala che fossero ancora puntati verso di il garage, e cercò il fratello con la speranza che non fosse corso via, che non avesse anche lui un patto da proporre per salvare la madre, ma presto lo trovò seduto sul terreno ed appoggiato con la schiena contro il tronco di uno degli alberi che circondassero il magazzino.
Dan se ne stava rannicchiato su se stesso nonostante la stazza, con la testa appoggiata fra le ginocchia mente il suo corpo veniva scosso da gemiti e da singhiozzi di sofferenza. 
Non voleva farsi vedere mentre soffriva e Abby questo lo capiva, ma non avrebbe fatto l'errore commesso molti anni prima alla morte del loro padre, andando via e lasciando lui e Silver da soli; si sedette accanto al fratello e gli passò una mano sulle spalle, avvolgendolo in un caldo abbraccio e spostandosi più verso di lui, appoggiando la sua testa contro la spalla del ragazzone che adesso le sembrò essere tornato un bambino indifeso che aveva sempre bisogno della mamma. 
Lo sentí piangere di rabbia e di dolore, mentre le afferrava una mano fra le sue per stringerla forte perché era l'unica persona che volesse accanto e da cui fosse disposto a farsi vedere fragile, e Abby non riuscì a trattenere le lacrime che scivolarono dai suoi occhi mentre fissava un punto indefinito nel buio della notte e pensava a quanto tutta quella storia fosse unicamente colpa sua. 

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Capitolo 75
*** Capitolo 68 ***


Hunters' Legacies
Capitolo 68
(Parte I)


Si mossero dentro quel covo di vampiri dentro cui fossero finiti per salvare una ragazza innocente che fosse stata rapita e usata come una sacca di sangue personale, ed i tre cacciatori combatterono con tutte le loro forze per contrastare quella dell'interno nido: erano in minoranza, dieci contro tre, ma i tre ragazzi sapevano bene quel che facevano, specialmente con i novellini appena trasformati che fossero unicamente interessati a colpire alla cieca senza avere una tecnica.
Dean non perse mai di vista il fratello e Abby, e continuò a combattere con forza contro il bestione che si fosse imputato con lui, sollevandolo da terra come se fosse fatto di piuma e lanciandolo con forza contro uno dei due tavoli di legno sporchi di sangue che ci fossero dentro quel fienile, facendoglielo spaccare con la schiena e spezzandogli il fiato. 
La ragazza si era presto occupata dei due uomini che fossero stati trasformati da poco più di due settimane, staccando loro la testa di netto, e presto corse in soccorso del maggiore, iniziando una vera e propria lotta con il vampiro che fosse tre volte più grosso e due volte più alto.
Lo colpí più e più volte al viso facendolo indietreggiare, pronta a muovere la sua lama in direzione del suo collo, ma il vampiro l'afferrò con forza dalle braccia e la sbatté contro uno dei pilastri di legno, facendola gemere di dolore.
Il vampiro afferrò la lama dalle sue mani ed iniziò a girarla con forza puntandola in direzione del cuore di Abby per poi spingere con forza con tutta l'intenzione di ucciderla, ma la donna riuscì a spostarsi all'ultimo secondo lasciando che la lama le aprisse una ferita sulla spalla e non sul cuore.
Si lamentò ad alta voce, attirando l'attenzione di Sam e Dean che si voltarono a guardarla, e il maggiore si affrettò ad uccidere l'altro vampiro che gli si fosse scaraventato addosso per poi avvicinarsi a lei per aiutarla, ma ciò che vide lo lasciò interdetto per qualche momento: Abby aveva presto spezzato il braccio a quel grosso vampiro come se fosse stato un biscotto e con una grande ferocia facendolo urlare e dimenare, colpendolo con un forte calcio al petto. 
Abby si chinò per prendere il suo machete caduto e lo utilizzò per pugnalare quel vampiro dritto al cuore, guardandolo con espressione dura e arrabbiata mentre urlava e le mostrava i denti con rabbia per come si stesse prendendo gioco di lui; una cacciatrice come lei doveva sapere che una pugnalata al cuore non lo avrebbe ucciso, eppure Abby sembrava averlo fatto unicamente per gustarsi lo spettacolo mentre lo osservava soffrire con un sorriso sulle labbra. 
Dopo dei secondi interminabili in cui rimase a guardarlo negli occhi, Abby estrasse la lama e gli staccò di netto la testa mettendo fine alle sue sofferenze e provando dentro di lei un po' di gelosia mentre guardava il cadavere cadere a terra senza vita. 
Si guardò attorno alla ricerca di altri vampiri da eliminare ma il pavimento terroso del fienile era costellato dai corpi decapitato dell'intero nido ed Abby sorrise soddisfatta, facendo spallucce e voltandosi per uscire da quel posto che sapeva di sangue e morte. 
Il viaggio di ritorno fu molto silenzioso, interrotto solamente dalla telefonata di Dan che avvertiva loro che i bambini fossero già tutti a letto e che anche lui stesse andando a riposare; Abby guardò l'orologio e sospirò rumorosamente, perché erano già le undici passate e si sentiva davvero stanca. 
Quando arrivarono al motel, i due fratelli si salutarono e Abby e Dean si recarono verso la loro stanza mantenendo il silenzio, e presto la ragazza iniziò a togliersi i vestiti sporchi di sangue dirigendosi in bagno per fare una lunga doccia per ripulirsi; sentí l'acqua scorrerle addosso e accennò un sorriso rilassato, osservando il vapore iniziare a riempire la stanza. 
Pensò al modo in cui lei e i suoi due fratelli si fossero riuniti per bruciare il corpo di sua madre, a come Silver avesse chiesto spiegazioni ed a come lei non avesse affatto indorato la pillola, dicendole senza peli sulla lingua che sua madre si fosse sacrificata per riportarla indietro. 
Non aveva lasciato un biglietto d'addio, né una lettera in cui spiegava le sue motivazioni, ma si limitò semplicemente a trapassarsi il cuore con una lama ed a morire da sola in un dannato magazzino. 
Più passavano i giorni e le settimane, più Abby riusciva a sentire di non appartenere più a quel luogo: non importava quanto fosse bello essere tornata in vita, poter vedere la sua famiglia ed i suoi due figli crescere, Abby si sentiva costantemente a disagio. 
L'unico momento in cui tornava a sentirsi viva era proprio durante le lotte con i nemici.
Sbuffò sonoramente e chiuse il rubinetto, scuotendo la testa ed uscendo dalla doccia mentre si avvolgeva l'asciugamano in vita, e rimase qualche secondo ad indugiare sulla porta perché sapeva che dall'altra parte avrebbe trovato Dean con delle domande a cui non avrebbe potuto rispondere. 
"Sei stata all'inferno? Perché non me lo hai detto?" le aveva chiesto circa una settimana prima rientrando al bunker subito dopo il funerale da cacciatrice della madre, ed Abby lo aveva guardato con aria stanca e supplichevole di non fare domande, ma lui era fatto così e continuò a insistere. "Ci sono stato anche io, posso aiutarti se me lo permetti". 
"Non ne voglio parlare. Né con te, né con nessuno".
La risposta della ragazza fu secca ed aspra, perché Dean aveva continuato a fare domande ogni qualvolta se ne fosse presentata l'occasione, offrendole il suo aiuto e dicendole che tenersi tutto dentro non le avrebbe fatto bene, ma Abby aveva sempre declinato la sua proposta perché non voleva tirar fuori ciò che custodisse gelosamente dentro di sé. 
Sospirò rumorosamente e uscí dal bagno con ancora l'asciugamano addosso, senza neanche guardare il ragazzo seduto sul letto ed intento a guardare qualcosa che non gli interessasse in TV, ma non appena la vide entrare in stanza Dean aveva distolto lo sguardo dallo schermo e l'aveva guardata con aria seria. "Possiamo parlare?". 
Abby non rispose subito e neanche lo guardò in viso, limitandosi a fare spallucce, asciugandosi bene il corpo per poi iniziare ad indossare dei vestiti puliti sotto lo sguardo attonito del ragazzo, che non si perse neanche un movimento osservandola tirare su la vecchia tuta che usasse come pigiama e una canottiera scura smanicata, per poi tamponarsi la ferita alla spalla con l'asciugamano. "Se vuoi parlare, parla". 
Si diresse in bagno e passò una mano sul vetro dello specchio per vederci meglio, osservando la ferita ancora aperta e sanguinante sulla sua spalla sinistra, e gemette appena sfiorandola con le dita; prese ago e filo ed iniziò a ricucirsi i lembi di pelle insieme, ma le veniva fin troppo male raggiungere dei punti così lontani, e presto Dean le tolse l'ago dalle mani con delicatezza, iniziando a ricucirla al posto suo.
"Ti ho vista oggi". 
Abby incrociò il suo sguardo attraverso lo specchio del bagno e lo guardò con aria accigliata, aggrottando le sopracciglia e mordendosi le labbra mentre scuoteva la testa. "Di che parli?". 
Dean la guardò brevemente e poi tornò a ricucirle la ferita, sicuro di farle davvero molto male ma si sorprese quando dalla bocca della ragazza non uscí neanche un gemito e la sua espressione rimase impassibile. "Del modo in cui hai ucciso quel vampiro. Lo hai colpito al cuore, perché?". 
Abby accennò un sorriso divertito e scosse la testa, tornando a guardare dritto davanti a sé e facendo spallucce. "È stato divertente".
"Di certo non per lui".
"Beh, allora è stata una fortuna che fossi io quella ad avere il machete in mano". 
Dean si fermò e tornò a guardarla stupito per il tono autoritario che avesse usato Abby, notando il suo sguardo sicuro di sé e fiero.  
L'uomo si affrettò a dare l'ultimo punto sulla sua ferita chiudendo e disinfettando, per poi mettere un grosso cerotto di protezione; la trattenne dal braccio prima che potesse sgattaiolare fuori dal bagno e la fece voltare nella sua direzione, avvicinandosi a lei e sfiorandole il viso con una mano. 
"So quanto possa essere difficile, neanche io volevo parlarne. Ma poi l'ho fatto con Sammy e con te, e devo dire che mi ha almeno un po' aiutato. Quindi qualsiasi cosa tu abbia fatto, non pensare che io ti possa mai giudicare male". 
Abby lo guardò negli occhi per qualche secondo e si chiese cosa sarebbe accaduto se gli avesse detto cosa davvero sentisse o ciò che provasse in ogni singolo momento da quando fosse tornata.
Si chiese come avrebbe reagito se solamente Dean avesse saputo che Abby avrebbe preferito rimanere morta.
Scosse la testa e distolse lo sguardo lucido, pensando che per quanto lo amasse non avrebbe mai potuto parlarne con lui perchè non avrebbe capito. "Castiel ha ragione, io ricordo tutto: ricordo il momento in cui sono morta e il momento in cui mi sono ritrovata da qualche altra parte, e sarà per sempre chiuso dentro di me. Non voglio parlarne Dean, smettila di aspettarti che lo faccia. E fatti una doccia: hai sangue di vampiro dappertutto!".
Abby gli aveva fatto l'occhiolino, sorridendo divertita ed era uscita dal bagno in fretta, chiudendosi la porta alle spalle senza neanche aspettare una sua risposta; afferrò la sua giacca e il suo pacchetto di sigarette per dirigersi fuori dalla stanza, pensando ironicamente che fosse ricascata nel fumo dopo tutto quel tempo di astinenza mentre si metteva una sigaretta fra le labbra e l'accendeva, respirando quel fumo con un sospiro.
Si sedette sul portico del motel scuotendo la testa e guardando il cielo illuminato dalle stelle, pensando che mai avrebbe pensato di potersi ancora fermare a guardarle per qualche minuto, e poi abbassò lo sguardo sulle sue cosce iniziando a sentirsi così sbagliata e fuori posto da farle male e farle venire le lacrime agli occhi.
Il suo ritorno non era stato normale e adesso sapeva per certo che Castiel stesse cercando di nuovo di convincere la sua famiglia che lei non fosse davvero Abby, che la sua anima non era più pura come un tempo: Abby lo aveva sospettato, ma quando l'angelo aveva detto quelle parole aveva capito che fosse vero. 
Isobel aveva macchiato anche la sua anima con la magia nera, l'aveva resa più oscura e meno luminosa, ed Abby questo riusciva a sentirlo; provava anche un forte dolore, perché sapeva che non sarebbe più stata riammessa in Paradiso con l'anima toccata da un incantesimo così potente e oscuro. 
Inspirò il suo ultimo tiro di sigaretta e scosse la testa, tornando a guardare il cielo ed abbracciandosi le gambe al petto, guardando le stelle più luminose e chiedendosi se sarebbe mai riuscita a conquistarsi nuovamente quell'angolo di Paradiso che si era costruita. 


Varcare la porta del Red Right Hand le faceva tornare in mente tanti vecchi ricordi così piacevoli da essere forse inappropriati per una donna appena tornata in vita.
Udí la confusione dovuta all'alto chiacchiericcio della clientela che sembrava essere aumentata, che riusciva a sovrastare persino la musica proveniente dalle casse posti negli angoli alti delle due sale.
Perché si trovasse nel locale di Edward, Abby non se lo spiegava.
Stava cercando di rintracciare Gabriel insieme ai due Winchester, quando improvvisamente aveva deciso di voler sapere se Edward sapesse del suo ritorno e della morte di Isobel.
Aveva detto a Dean che avrebbe voluto fare un giro da sola e di non seguirla, ed era salita sulla sua Hyundai per andare via dal bunker; adesso che si trovava al bar e si stesse muovendo fra quell'ammasso di gente, Abby iniziò a pensare che una sorpresa di sabato sera non fosse poi una grande idea.
Si avvicinò al bancone e osservò Andrew preparare uno dei suoi drink ad un cliente ed Abby sorrise compiaciuta nell'osservare come il ragazzone fosse cambiato, diventando sempre più grosso e massiccio probabilmente perché avesse iniziato ad allenarsi insieme ad Edward.
Aveva anche lasciato allungare i capelli castani, che adesso legava con un codino ordinato sulla nuca, e teneva la barba rasa.
Del tutto casualmente sollevò lo sguardo nella direzione in cui si trovasse Abby e per poco non fece cadere il bicchiere e le bottiglie che avesse attorno quando la vide, sobbalzando e facendo un passo indietro.
Abby rise di gusto e si avvicinò a lui sollevando le mani in aria per rassicurarlo. "Non sono un fantasma: sono solo io, sono tornata e volevo solamente salut-".
Andrew fece il giro del bancone in fretta scavalcando tutte le persone e spintonandole e raggiunse Abby con un balzo, afferrandola fra le braccia e sollevandola di peso per stringerla forte a sé.
Inizialmente non si aspettava un gesto del genere, ma presto Abby ricambiò l'abbraccio e strinse il ragazzo a sé.
"Come fai ad essere tornata? Edward mi aveva detto che eri morta e..".
Abby sciolse l'abbraccio e sorrise dolcemente, sfiorandogli i capelli in modo molto materno ed ignorando i cacciatori che la guardassero perché a quanto pare la notizia della sua morte si era diffusa velocemente fra di loro. "È una lunga storia, te la racconterò se vorrai. Ma sto cercando.."
"Edward si trova nel magazzino, sta facendo l'inventario".
Abby sollevò le sopracciglia con un'espressione sorpresa davanti a quella sua frase, sorridendo divertita mentre guardava nei suoi occhi scuri. "E ti lascia solo con tutta questa confusione?".
Andrew fece spallucce e sorrise, stringendole le mani mentre guardava le occhiatacce che i cacciatori assetati gli stessero lanciando, ed indicò con lo sguardo un'altra figura che stesse in piedi oltre il bancone. "Edward ha assunto Bree da un paio di mesi, ci da una mano per gestire la confusione".
Abby seguì il suo sguardo ed osservò una donna che potesse avere più o meno la sua età: portava i capelli neri sciolti lungo le spalle, che si sposassero perfettamente con la sua pelle scura, mentre gli occhi neri da cerbiatta si posarono per qualche istante su di lei prima di tornare a riempire delle grosse birre da porgere agli uomini che reclamassero da bere in modo rozzo.
Ed Abby la guardò pensando che fosse una delle donne più belle ed affascinanti che avesse mai visto.
E allo stesso tempo sentì lungo la schiena un brivido di gelosia, perché Bree era stata assunta da Edward.
Andrew si scusò con lo sguardo e le fece segno di dover tornare a lavoro, ed Abby accennò un sorriso ed annuí, salutandolo con un cenno della mano mentre usciva dal locale sentendo lo sguardo della nuova barista su di sé.
Fece il giro del locale per raggiungere il retro, giungendo fino al magazzino dove Abby fosse entrata davvero una volta o due durante il suo periodo di permanenza al locale ed intravide Edward con dei fogli fra le mani intento a contare le casse di birra e degli alcolici, impilandole poi una sopra l'altra con ordine.
Rimanendo alle sue spalle Abby riusciva a vedere i suoi capelli ricci decisamente più corti, notando però che avesse mantenuto la barba lunga.
Lo vide del tutto assorto nella sistemazione di quelle scatole e presto sollevò una mano nella sua direzione per sfiorargli la spalla, ma ancora prima che potesse sfiorargli la maglia leggera che indossava, Edward si voltò di scatto e le afferrò la mano bloccandola dal polso.
Incrociò il suo sguardo nel buio della notte e Edward sgranò gli occhi mentre la guardava, dimenticando persino come si respirasse.
Provò a scostare il polso dalla sua presa, ma Edward continuava a stringerla ed allora Abby si trovò costretta ad usare l'altra mano per liberarsi.
L'uomo davanti a sé bloccò anche il secondo polso e la spinse con forza fino a costringerla contro la parete del magazzino.
Edwarda le teneva bloccati entrambi i polsi e la schiacciava contro la parete e ad Abby sfuggì una risata divertita, mentre l'uomo continuava a guardarla con incredulità, come se non fosse reale o se fosse un fantasma.
Un fantasma a cui poteva stringere i polsi e di cui riusciva a sentire il respiro sul viso, non lo aveva mai visto però. 
"Vedo che i tuoi riflessi da Marine sono ancora ottimi e che prenderti di sorpresa è ancora impossibile, accidenti!". 
"Questo perché sei ancora troppo rumorosa, rossa".
Edward sgranò gli occhi e si sorprese lui stesso per il modo in cui si fosse lasciato trascinare in quel gioco di botta e risposta in cui fossero soliti finire sempre.
Però l'ultima volta in cui Edward fosse stato in sua presenza, Abby era morta. 
Era stato lì, accanto al suo corpo senza vita. 
Le aveva sfiorato la guancia pallida, le aveva baciato le labbra fredde. 
E poi aveva visto bruciare il suo corpo insieme ai tronchi di legno. 
Abby immaginava cosa gli stesse passando per la mente, così sospirò ed accennò un sorriso amaro nella sua direzione, addolcendo il suo tono di voce. "Ciao bartender". 
Edward sembrava essersi trasformato in una statua di cera, troppo conteso dalle emozioni contrastanti che si affollavano nel suo petto per capire come reagire; così Abby decise di liberarsi i polsi e di sollevare le braccia fino al suo collo per abbracciarlo stretto, sentendo finalmente Edward avere una reazione e sollevarla di peso per stringerla forte a sé mentre affondava il viso sul collo per respirare quel profumo che si era convinto non avrebbe mai più sentito.



Mentre teneva la mano intrecciata a quella di Edward lasciandosi condurre attraverso la confusione del locale per avvicinarsi alle scale che li avrebbero condotti nell'appartamento al piano di sopra, Abby non riuscí a fare a meno di sentire gli sguardi dei cacciatori su di loro.
In fondo la conoscevano ormai come una Winchester e vederla ancora una volta insieme ad Edward gli faceva storcere il naso.
Ma uno sguardo fra tutti fece voltare Abby, trovando la nuova barista intenta a lanciare un'occhiata fugace a lei ed a Edward.
Cercò di non farci caso più di tanto, scuotendo la testa e seguendo l'uomo che salisse le scale davanti a sé; varcò la soglia dell'appartamento di Edward ed entrò nel soggiorno in silenzio.
Abby si sentiva ancora strana e sbagliata ad essere tornata sulla terra, ma adesso che era in sua compagnia si sentiva un po' meno così.
Lo vide continuare a muoversi fino a giungere nel nuovo angolo bar che Abby non avesse mai visto e lo osservò prendere due bicchieri puliti per riempirli con del Bourbon, tenuto in una vecchia bottiglia impolverata. 
Edward si voltò verso di lei e si avvicinò brandendo i due bicchieri pieni, ma rimase fermo a pochi passi da Abby mentre continuava a guardarla in modo strano, come se si fosse accertato che lei fosse davvero lì e che quella non fosse un'allucinazione o chissà quale altra diavoleria. 
Si portò alle labbra uno dei due bicchieri bevendo l'intero contenuto e poi fece lo stesso con l'altro, sentendo il liquido alcolico scendere lungo la gola e bruciargli nel petto.
Quel gesto tradì il suo nervosismo ed Abby trattenne una risatina, specialmente quando lo vide voltarsi nuovamente per raggiungere l'angolo bar e riempire nuovamente i due bicchieri. 
Mentre sentiva la bottiglia tremare nelle mani di Edward e riusciva a percepire il suo nervosismo, Abby accennò un sorriso amaro mentre lasciava vagare il suo sguardo per la casa di Edward, e molti ricordi la investirono tanto da farla tornare a sorridere.

Mary stava seduta sulle gambe di Edward, a sua volta seduto sul materasso del loro grande letto mentre teneva le spalle appoggiate alla testiera.
"Andiamo, raccontami l'ultima storia. L'ultima volta, per favore zio Eddie".
Abby, che se ne stava sulla soglia a spiarli dalla porta per non disturbarli, sorrise mestamente e si portò una mano all'altezza del cuore mentre si commuoveva: la sua bambina aveva appena imparato l'arte della ruffianaggine e stava sbattendo gli occhi da cerbiatta perché sapeva che lo zio Edward non avrebbe resistito davanti a quelli occhioni da cucciolo.
Ed infatti Edward sollevò gli occhi al cielo ed annuí, abbracciandola stretta. "E va bene: l'ultima storia, ma poi voglio vederti dormire".
Abby aveva sentito Mary ridere soddisfatta mentre appoggiava il viso sul petto di Edward, il quale le sfiorava i capelli e la schiena per farla rilassare e far si che si addormentasse più velocemente perché aveva perso tutte le idee per creare delle nuove storie fantastiche che tanto piacessero alla piccola.
La sua voce pacata, calda e profonda guidò Mary attraverso i sentieri del mondo dei sogni ed Abby pensò di non avere mai desiderato altro dalla vita mentre li guarda insieme.
E fu in quel momento che Abby si sentì sicura che Edward l'avesse incastrata, perché ormai era troppo innamorata di lui per riuscire ad andare via.
Quando Mary chiuse gli occhi ed il suo respiro cambiò diventando più pesante, Edward smise di parlare e si soffermò ad osservare il viso della piccola che si fosse addormentata fra le sue braccia.
Le sfiorò i lunghi capelli biondi con dolcezza, non riuscendo ad evitare di sentire Mary anche un po' sua.
Non era suo padre e non lo sarebbe mai stato, eppure quella bambina aveva svegliato qualcosa dentro di lui.
Edward le aveva permesso di distendersi meglio e di abbracciare il cuscino, rimboccandole le coperte e depositandole un dolce bacio sulla testa. "Dormi bene, principessa".
Sentiva il cuore battere più velocemente per tutto l'amore che provava verso quella bambina; si alzò definitivamente e quando sollevò lo sguardo verso la porta semiaperta, Edward incrociò lo sguardo commosso di Abby.
Per qualche istante rimase interdetto, perché non voleva infastidirla per il modo forse troppo amorevole con cui trattasse Mary, ma poi osservò le sue labbra piegate in un sorriso e le si avvicinò lentamente. "Pensavo fossi di sotto".
Abby aveva colmato la distanza fra di loro avvicinandosi di più e gettandogli le braccia al collo. "Si, ma mi mancavi quindi sono venuta a cercarti".
Edward sorrise cingendole i fianchi mentre si chinava di più su di lei per appoggiare la fronte alla sua, ed Abby chiuse gli occhi beandosi di quella vicinanza. 
Si sollevò quel che bastasse per baciarlo con dolcezza, mentre sentiva il cuore esplodere dalla felicità e si convinceva sempre di più che di Edward si potesse fidare ciecamente e che non le avrebbe mai e poi mai fatto del male.
Il bacio divenne sempre più intenso, le mani dell'uno scorrevano su quelle dell'altra, mentre i loro sospiri di piacere iniziavano a diventare sempre più rumorosi.
Abby si scansò quel tanto che bastasse per osservare preoccupata Mary che continuava a dormire beatamente, e Edward le sfiorò il volto per riportare lo sguardo sul suo. "Non si sveglierà".
"Certo, l'hai stesa con la tua storia".
Edward rise divertito e tornò a tuffarsi sulle sue labbra, baciandole con dolcezza fin quando Abby rise divertita e si scostò, chiudendo la porta della camera da letto e trascinandolo giù dalle scale fino ad arrivare al locale.
Edward la schiacciò contro il bancone, baciandole il collo e scostando la leggera maglia che indossava per baciarle la spalla, ed Abby iniziò a sfilargli la canottiera che indossasse; si guardarono per qualche istante con una grandissima intesa che avrebbe fatto invidia a chiunque, fino a quando Edward si chinó nuovamente su di lei per sollevarla dalle cosce e farla sedere sul bancone, tornando a baciarla in modo famelico. 


"Vuoi bere qualcosa?".
Abby aggrottò le sopracciglia mentre guardava ancora da lontano la stanza da letto la cui porta fosse spalancata e si voltò a guardare Edward che fosse arrivato proprio accanto a lei, porgendole un bicchiere pieno di Bourbon. 
Abby lo accettò riservandogli uno sguardo grato e bevve degli abbondanti sorsi mentre ancora lo guardava, sforzandosi di non fargli capire che avesse notato come le stanze apparissero fin troppo perfettamente ordinate.
O il letto del tutto sfatto nella sua camera, con un reggiseno che pendeva dall'angolo della testiera.
Abby osservò il modo in cui la guardasse, esattamente come avesse fatto Dean. O Sam. Dan, Silver, Cas ed Anael.
Ed Abby lo detestava, perché non aveva chiesto lei di tornare.
Deglutì a vuoto e si voltò per sottrarsi al suo sguardo, muovendosi in silenzio e lentamente attraverso il soggiorno. 
"Quindi io muoio di parto come se fossimo bloccati a cinquant'anni fa e tu ti fai la nuova barista".
Abby si morse la lingua perché sapeva di non aver alcun diritto per pronunciare quelle parole, ma non riuscí a trattenere quell'istinto nato nel momento in cui avesse posato gli occhi su Bree. Ed il silenzio di Edward le fece capire di avere ragione. 
La donna si voltò ad osservare Edward, che guardandola negli occhi scosse la testa e sorrise amaramente versandosi un altro bicchiere.
E poi Edward si soffermò ad osservare come Abby stesse lentamente sorseggiando il suo bourbon e come si muove per il soggiorno, osservando attentamente ogni cosa.
"Quindi sei tornata".
Non si voltò neanche a guardarlo, sentendosi tremendamente gelosa e arrabbiata come se fosse nella posizione per poterlo essere e scosse la testa, mettendo su una voce acida. "In carne ed ossa. Sono venuta qui perché immaginavo quanto stessi soffrendo per la mia morte e quanto il tuo cuore fosse spezzato, e invece vedo che ti sei dato da fare e ti sei consolato abbastanza in fretta".
"Bree mi da solamente una mano al locale: ha più esperienza di Andrew e mi sostituisce mentre io ho il tempo di occuparmi di altro..".
La sua voce era così pacata e calma che Abby riusciva a percepire il suo dispiacere disseminato fra le parole, ma la ragazza scosse la testa e si voltò a guardarlo con un sorriso ironico sul viso. "No, no Ed: se tu sei felice così, sono contenta anche io per te. Davvero".
Edward guardò nei suoi occhi azzurri intrappolandola con lo sguardo per studiarla, sapendo che Abby non fosse affatto contenta.
Ma quello sguardo era un'arma a doppio taglio perchè mentre Edward leggeva il suo fastidio e la sua gelosia e rabbia mal celate, Abby si aprì un varco dentro di lui fino alla parte più profonda di Edward: Abby vedeva qualcosa nei suoi occhi nocciola che gli fossero mancati da matti, qualcosa di oscuro che non riesce a decifrare.
Qualcosa che però le fece scemare il sorriso ironico, quando iniziò a riflettere sul fatto che avrebbe tanto voluto sapere cosa lo stesse turbando in quel modo.
Se fosse stata la solita Abby, probabilmente sarebbe riuscita a fargli tirare fuori il rospo e fargli dire cosa non andasse nella sua vita. 
Ma Abby non era più quella ragazza.
E Edward sembrò capirlo, perché anche lui lesse nei suoi occhi azzurri che qualcosa non andasse in lei.
Non importava che fosse di nuovo viva davanti a lui, che gli parlasse e sorridesse. 
Negli occhi di Abby mancava qualcosa di più importante. 
Qualcosa che ci fosse sempre stato nonostante le mille disavventure.
Mancava la voglia di vivere.
E quando Abby capì cosa avesse trovato Edward nei suoi occhi, si affrettò a volgere lo sguardo in giro per la stanza ed a bere qualche abbondante sorso di Bourbon.
Edward si schiarí la gola e fece qualche passo avanti per raggiungerla, mentre Abby continuava a rigirarsi nervosamente all'interno del suo soggiorno. "Come stai?".
"Abbastanza bene per essere morta da quattro mesi. La cremazione è stata una benedizione, sai? Dovresti vedere il mio corpo: non ho più neanche una cicatrice". Abby rise nervosamente mentre pronunciava quelle parole, nonostante non trovasse quell'argomento minimamente divertente.
Avrebbe voluto dire semplicemente che stesse bene e che avesse trovato il suo equilibrio da quando fosse tornata così come ripeteva a Dean ogni giorno, ma non voleva mentire proprio a Edward.
Quindi giocò nervosamente con il bicchiere osservando ondeggiare il liquido all'interno, evitando così di guardare nei suoi occhi.  
Ma riusciva a sentire la presenza di Edward molto vicina a sé e percepiva il suo sguardo, che non fosse poi così indagatore perché evidentemente sapeva più di quanto dicesse.
"Sam te l'ha detto, non è vero?". Abby sorrise amaramente, sospirando piano per poi sollevare lo sguardo verso di lui con espressione fintamente serena, e Edward annuí in silenzio sollevando una mano nella sua direzione per spostare un ciuffo di capelli che le fosse ricaduto sul viso. "Che cosa ti ha detto?".
"Solamente che all'inizio eri un po'.." iniziò Edward mentre ancora la guardava, sentendo il cuore duolergli alla visione dei suoi occhi lucidi e sofferenti. "..confusa".
"Confusa". Ripetè Abby lasciandosi andare ad una risatina nervosa, scuotendo la testa e liberandosi dalla sua presa delicata. Bevve l'ultimo sorso di Whisky e si avvicinò all'angolo bar prima di riempirsi di nuovo il bicchiere, sedendosi poi sul divano e muovendo le gambe in modo nervoso. "Non credo che sia il termine più corretto. Che altro ti ha detto?".
Edward sospirò lentamente e scosse la testa, fermandosi per qualche istante ad osservarla: evidentemente Abby non stava bene e ciò che avesse scorto nei suoi occhi qualche momento prima ne era la conferma. "Vuoi sapere se so dell'Inferno?".
Abby lo guardò immediatamente quando gli sentì pronunciare quelle parole e sgranò leggermente gli occhi, scuotendo la testa e sentendo i suoi occhi inumidirsi. 
Nonostante non amasse farsi vedere in quel modo da nessuno, Abby continuava a fidarsi così ciecamente di Edward da lasciare che vedesse quella parte di sé così fragile e delicata, che solamente due persone avessero visto prima di lui: suo padre Jack e Dean.
E mentre si spazzava le lacrime dalle guance, Abby realizzò di essersi ritrovata a guidare nella direzione del Red Right Hand perché aveva un bisogno disperato di tirare fuori ciò che avesse dentro.
Di sfogarsi e di parlare.
Ed Abby voleva parlare solamente con Edward, perché sapeva che non l'avrebbe mai e poi mai giudicata. 
"Sono a pezzi, Ed. Sento che sto crollando giorno dopo giorno e non so come tirarmene fuori questa volta".
Edward rimase in silenzio, limitandosi a sbattere più velocemente le palpebre per spazzare via le lacrime che si fossero condensate nei suoi occhi, perché vedere Abby così sofferente gli spezzava il cuore più di qualsiasi altra cosa; si avvicinò lentamente per sedersi proprio al suo fianco sul divano.
Non aveva detto una parola, perché sapeva che Abby non avesse bisogno di sentire una risposta da lui.
Le aveva sfiorato la schiena e poi aveva lasciato scivolare la sua mano sul fianco della ragazza per avvicinarla di più a sé ed Abby non aveva perso tempo a tuffarsi sul suo collo, trovando il posto dove potesse sfogarsi senza doverlo necessariamente guardare negli occhi.
"Non sono mai stata all'inferno, Ed. Io ero in pace, con mio padre e con tutte le persone che ho perso in questi anni. Non provavo altro che felicità li, non dovevo guardarmi le spalle continuamente, non dovevo combattere. Ero in pace. E sono stata strappata da quel posto per sempre".
Edward sentì la voce di Abby tremare e presto sospirò scuotendo la testa, appoggiando la schiena al divano e portandola con sé; Abby si sistemò sul suo petto chiudendo gli occhi mentre ancora lacrime le rigavano le guance, e Edward le carazzeva i capelli e le braccia per permetterle di rilassarsi ed aiutarla a liberarsi del peso che portava. "Eri in.. Paradiso?". 
Abby accennò un sorriso e sollevò lo sguardo fino ad incrociare i suoi occhi nocciola, prendendosi gioco di Edward perché sapeva quanto per lui fosse difficile credere in quella storia del Paradiso e dell'inferno.
Ma la ragazza annuí e Edward la strinse un po' più forte, avvicinandosi a lei per baciarle la fronte con dolcezza e facendole il solletico con la barba.
Quando tornò a guardare nei suoi occhi azzurri, Edward le sfiorò la guancia e l'asciugò dalle lacrime prima di sorriderle con dolcezza. "Starai bene. Te lo prometto".
Abby sorrise amaramente guardando nei suoi occhi mentre sentiva la presa su di lei farsi sempre più stretta.
Edward l'avvicinò ancora di più a sé e avrebbe voluto consolarla il più possibile, aiutarla a dimenticare ciò che avesse passato.
Quando lo sguardo di uno cadde sulle labbra dell'altra ed Abby sentiva il cuore iniziare a batterle più forte nel petto.
Sapeva che si stesse facendo coinvolgere un po' troppo e che se non si fosse alzata probabilmente avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentita.
Così abbassò lo sguardo e scosse la testa mentre sentiva ancora il suo respiro irregolare, e si alzò da quel divano per tornare a respirare di nuovo e per mettere un po' di distanza fra loro. 
Sentì il sospiro di disappunto di Edward ed Abby giunse fino alla finestra del soggiorno che dava direttamente sul parcheggio e sull'ingresso del locale, notando come le auto dei clienti continuassero ad arrivare sempre più numerose.
Sentì il Bourbon scivolare dalla bottiglia fino ad un bicchiere, ed Abby capì che Edward si fosse alzato per farsi un'altra bevuta e non fu sorpresa quando si voltò e lo vide al suo fianco mentre le riempiva il bicchiere. 
Incrociò nuovamente lo sguardo dell'uomo al suo fianco che le sorrise e fece scontrare il bicchiere col suo primo di portarselo alle labbra. "Amo passare il tempo insieme a te, ma questa non è solamente una visita di cortesia, bartender". 
Edward sorrise ed annuí in silenzio, guardando fuori dalla finestra e riconoscendo tanti dei suoi soliti clienti. "Che ti serve?".
Abby accennò un sorriso complice nella sua direzione, nonostante una parte di sé fosse tremendamente dispiaciuta perché non era stata in grado di parlare con Dean come avesse appena fatto con Edward, recandosi fino al locale per liberarsi del peso che portava dentro e per sentirsi appena un po' meglio.
Ma Abby sapeva che Edward non l'avrebbe mai giudicata e che avrebbe trovato il modo di aiutarla, così la ragazza si fece coraggio e parlò. "C'è qualcosa che non va, in me. Mi sento così diversa ed inadeguata, come se non appartenessi a questo mondo". 
"Che vuoi dire?".
Abby sentì il suo sguardo confuso su di lei e la ragazza si trovò a deglutire a fatica, sentendo il cuore battere più velocemente per l'agitazione ed il nervosismo.
Stringeva ancora il bicchiere fra le mani, così Abby decise che avesse bisogno di un altro po' di coraggio liquido e decise di mandarlo giù tutto d'un fiato.
Si voltò di scatto, tornando verso il salotto ed abbandonando il bicchiere vuoto sul tavolo di legno davanti al divano, e presto estrasse dalla tasca interna della sua giacca un foglio.
Non era perfettamente piegato, anzi era visibilmente spiegazzato come se fosse stato appallottolato fra le mani.
Abby aveva provato a ripiegarlo in modo ordinato, ma le pieghe ormai avevano regalato alla carta delle sottili venature più scure.
Edward non perse neanche uno dei suoi movimenti, avendola seguita per tutto il tempo con lo sguardo, e quando Abby sollevò lo sguardo per osservarlo, sospirò e gli si avvicinò velocemente mettendogli il foglio fra le mani.
L'uomo la guardò in maniera confusa e poi aveva dato un'occhiata a quel foglio: era bastato un rapido sguardo per capire di cosa si trattasse.
Edward aveva già letto e studiato le parole che ci fossero scritte.
Aveva lavorato sodo per tradurre il testo originale in quello semplificato che adesso stringeva fra le mani. 
Lo aveva imparato a memoria, ricordava ogni singola parola.
Il suo magazzino era pieno di ogni singolo ingrediente elencato su quel foglio che avesse scritto proprio lui.
Si schiarì la gola e si finse sorpreso, tornando a guardare gli occhi azzurri di Abby con la paura che la ragazza avesse scoperto tutta la verità sul suo ritorno, ed iniziò a pensare a tutti i modi possibili con cui avrebbe potuto spiegarle come fossero andate le cose, ma Abby parlò prima che Edward potesse anche solamente mettere insieme una frase. 
"È il rituale di magia nera che Isobel ha usato per riportarmi in vita. L'ho trovato accanto al suo cadavere".
Tirò un sospiro di sollievo pensando di avere schivato quella pallottola, nonostante Edward sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dirle la verità. 
Ma Abby avanzò di nuovo verso di lui dopo essersi mossa in maniera nervosa per il soggiorno e sospirò, giungendo le mani in preghiera. "Devi parlare con il tuo amico Dylan per me".
"Abby..".
Edward scosse la testa e scosse la testa con aria preoccupata, chiedendosi perché dopo tutto quel tempo la donna davanti a sé non avesse ancora capito che Dylan non fosse un suo amico, ma che piuttosto tollerasse la sua presenza chissà per quale strano motivo.
La vide scuotere la testa ed avanzare, afferrandogli con le dita la mano con cui stringesse ancora il foglio. "Ti prego, Ed. Io non posso andare: fra i bambini che hanno bisogno di me e Micheal in arrivo dall'altro mondo, non posso assentarmi dal bunker. Devi farlo tu, per me".
Scosse la testa mentre guardava nei suoi occhi azzurri così speranzosi, perché anche se Dylan avesse trovato delle risposte e si sarebbe sentito così gentile per dirglielo, Edward non avrebbe saputo come dire ad Abby la verità sulla morte di sua madre.
"Questo non ti ridarà tua madre. Isobel è morta". 
"Questo lo so. Ma Castiel dice che Isobel si è distrutta contro delle forze del male per riportarmi in vita. E mi ha marchiata, Ed. Ha marchiato la mia anima ed io devo scoprire come rimediare".
Di nuovo i suoi occhi speranzosi divennero lucidi e di nuovo Edward percepí il suo cuore stringersi a quella visione, e si chiese come avesse potuto lasciare che Abby affondasse le radici così in profondità nel suo cuore, trasformandolo in quell'essere così stupido ed emotivo che l'amasse in maniera così incondizionata da renderlo un idiota senza spina dorsale. "Oh maledetta ragazza, certo che ci andrò. Andrei fino in capo al mondo, se fossi tu a chiedermelo. Troverò Dylan per te, rossa. Te lo prometto". 
Abby accennò un grande sorriso contento e non ci pensò più di tanto prima di sollevarsi sulle punte e stringerlo in un abbraccio stretto, affondando la testa sul suo petto mentre lo sentiva cingerle la schiena. 
"Grazie bartender".
Sciolse quell'abbraccio prima del previsto e lo guardò negli occhi con uno sguardo grato e.. colmo d'amore. 
Ma Edward la conosceva e sapeva a che punto della conversazione fossero arrivati, così sospirò. "Devi andare, non è vero? Va' allora. Ti chiamo quando ho novità". 
Abby lasciò scivolare le mani sul suo petto possente ed accennò un sorriso amaro, annuendo in silenzio e facendo spallucce.
Lasciò la presa su Edward ed indossò nuovamente la sua giacca di pelle lasciando scivolare i capelli sulla schiena, e gli lanciò un ultimo sguardo grato prima di giungere alla porta per scendere al locale. 
Ma si fermò sulla soglia mentre ancora teneva la porta aperta, indugiando sul pianerottolo prima di tornare a voltarsi verso di lui facendo un passo incerto nella sua direzione. 
Edward aggrottò le sopracciglia e si avvicinò appena, chiedendole con lo sguardo cos'altro le servisse, ma Abby abbassò il proprio per una manciata di secondi, pensando che da quando era tornata sulla Terra non era riuscita a sentire più niente, ma da quando fosse entrata nel locale quella sera e avesse stretto la sua mano, Abby era tornata a sentirsi come la stessa ragazza di quattro mesi prima.
"Richard.. lui.. beh, volevo che sapessi che.. sta bene. E ha i tuoi stessi occhi, sai? Sono sicura che anche i suoi capelli diventeranno ricci come i tuoi".
La ragazza tornò a guardarlo con lo sguardo lucido, facendo spallucce e sospirando mentre sentiva il cuore battere forte per il nervosismo. "Se un giorno vorrai conoscerlo, sappi che potrai venire quando vuoi al bunker".
Edward accennò un sorriso amaro nella sua direzione, nascondendo il fatto che avesse aspettato quelle parole da quando l'aveva rivista. 
Annuì in silenzio, trovandosi costretto a distogliere lo sguardo da Abby per non permetterle di vedere i suoi occhi lucidi prossimi al pianto.
Ma quando la sentí uscire dalla stanza, questa volta fu lui a fare un passo avanti ed a richiamarla a voce alta, osservandola voltarsi nuovamente verso di lui.
Edward respirò lentamente e tirò su col naso, scuotendo la testa e guardandola con aria seria e solenne.  "Posso accettare di non stare più insieme a te Abby, ma non posso sopportare di perderti".
Abby accennò un sorriso dolce nei suoi confronti e se fosse stata vicino a lui gli avrebbe sicuramente stretto le mani, ma la situazione stava diventando sempre più profonda ed Abby doveva tornare dai suoi figli ed a Dean, l'uomo che aveva scelto.
"Non mi hai persa, Edward. Sei la prima persona a cui ho detto come mi sento davvero; il primo a cui ho mostrato il rituale. Perché, che tu ci creda o no, neanche io posso accettare l'idea di tenerti fuori dalla mia vita e di perderti, bartender".

 
 

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Capitolo 76
*** Capitolo 68 ***


Hunters' Legacies
Capitolo 68
(Parte II)


 
Gabriel li guardò con aria sospetta e mise le mani avanti, annuendo e sospirando. "Un patto è un patto. Avete fatto la vostra parte, adesso farò la mia". 
I tre cacciatori lo guardarono e annuirono all'interno del bunker, iniziando a preparare gli ingredienti per il rituale che Rowena avrebbe dovuto compiere da lì a breve, ignorando le occhiate maliziose che la strega e l'arcangelo continuassero a mandarsi e fingendo di non sentire persino le parole taglienti che Lucifer continuasse a dire, legato e imprigionato in un incantesimo di confinamento in cui Rowena lo avesse chiuso per sfruttarne la grazia e mantenere aperto il portale sull'altro mondo.
Mentre si stava preparando per affrontare il viaggio, Abby si sentí afferrare il braccio con forza e presto si voltò a guardare l'uomo che le stesse al suo fianco e che la guardasse con espressione seria. 
Dean si morde il labbro e la guardò con dispiacere, facendo spallucce e sospirando. "Tu non puoi venire con noi, ragazzina". 
"Certo che verrò, ma cosa dici?".
Dean scosse la testa e la tirò più in disparte, allontanandola dalle orecchie indiscrete di Lucifer legato, e sospirando rumorosamente. "Abby, se mi succedesse qualcosa ho bisogno che tu possa essere sana e salva, in questo mondo. Devi pensare tu ai bambini mentre io sarò via e se non dovessi tornare..". 
"Torneremo, insieme. Smettila di fare così, mi agiti" disse in fretta Abby liberandosi dalla sua presa e scuotendo la testa, rifiutando l'idea di separarsi e tornando a sistemare le sue armi dentro al borsone. 
Dean sospirò rumorosamente e le si fece più vicino, sfiorandole un fianco con dolcezza e accennando un mezzo sorriso mentre avvicinava il suo viso al suo orecchio per parlare sottovoce. "Lo so che è stata dura, tornare qui ed ambientarti. Ti ho vista faticare, ma ci stai riuscendo. Ma se io non dovessi tornare, Mary e Richard avrebbero comunque te, se tu restassi qui. Io sono stato in quel mondo Abby, è pericoloso". 
La sicurezza che lesse negli occhi di Dean quando a metà discorso di voltò a guardarlo, la rese titubante e il modo in cui le parlava, la fece desistere dal continuare ad insistere. 
Annuì controvoglia perché sapeva che avesse ragione, che i bambini avrebbero avuto bisogno di almeno uno di loro, e sospirò rumorosamente facendogli capire che lo avrebbe ascoltato e presto sentí le sue braccia possenti avvolgerla con forz.a, facendole appoggiare il viso sul suo petto. "Tornerai, Dean. È già pesante vivere qui, non lasciarmi da sola, per favore".
"Farò del mio meglio, ragazzina".
Le baciò la testa velocemente e sciolse l'abbraccio, accennando un sorriso poco convinto mentre continuava a guardarla negli occhi e annullava la distanza fra i loro volti con un bacio che divenne più intenso ogni secondo di più esprimendo tutto l'amore che provassero l'uno per l'altra, e Abby rispose con un sorriso, sfiorandogli il petto con dolcezza. "Fai attenzione e torna a casa da me". 
Lo osservò afferrare la borsa che Abby avesse riempito di armi e di proiettili antiangelo e raggiungere Sam, Dan, Castiel, Anael e Gabriel che lo stessero attendendo per attraversare il varco insieme, e Abby lo guardò attraversare il portale senza più guardarsi indietro, perché detestava prolungare quell'addio nel caso lo fosse stato davvero. 
Abby scosse la testa con preoccupazione e si chiese se fosse la cosa giusta, avanzando silenziosamente e sedendosi accanto a Rowena, che si voltò a guardarla con un sorriso tranquillizzante. "Torneranno tutti molto presto, lo vedrai tesoro".
Abby rispose con un sospiro facendo spallucce, incurvando le spalle ed iniziando ad osservare tutto ciò che la strega avesse fatto fino a quel momento, pronta a fare tutto ciò di cui vi fosse bisogno nel caso in cui qualcosa andasse storto.
Proprio quando aprí la bocca per dire qualcosa, le due donne si voltarono verso Lucifer che iniziò a canticchiare una vecchia canzone a tono fin troppo alto e stonato solamente per dar loro fastidio, ed Abby scosse la testa incrociando le braccia al petto. 
"Fa schifo essere tenuti in panchina mentre l'intera squadra gioca, non è vero principessa?".
Si voltò a guardarlo con aria arrabbiata stringendo i pugni e fulminandolo con lo sguardo, udendo come Lucifer avesse iniziato a ridere dopo aver notato quanto la sua frase le avesse dato fastidio; Abby guardò Rowena sospirando e accennando un sorriso. "Vado a prendere da bere". 


Quante volte si era ritrovato a stringere quelle mani affusolate e fin troppo esili per una donna che faceva il loro mestiere?
Edward glielo aveva ripetuto spesso durante la loro relazione, prendendola in giro solamente per vederla mettere su quell'espressione di sfida e cercare in tutti i modi di vincere lo scontro fisico con lui.
Puntualmente Abby si arrabbiava e si lasciava andare in delle grosse risate mentre cercava di zittire Edward con la forza, divertendosi parecchio quando l'uomo la sollevava di peso o la zittiva con dei lunghi baci che sfociavano sempre in una grande passione.
Il cuore di Edward sanguinava ferito, adesso che le stringeva quelle mani fredde ed osservava la sua pelle pallida mentre il corpo di Abby senza vita se ne stava avvolto in un vestito bianco attorniato dai tronchi di legno provenienti dal bosco.
Si era chinato su di lei per baciarle le labbra fredde per l'ultima volta, pensando che probabilmente si sarebbe arrabbiata se fosse stata viva.
E poi il fuoco.
Edward non avrebbe mai dimenticato la grande fiammata con cui il corpo di Abby aveva preso a bruciare.
Ma Edward non era rimasto a lungo per osservarlo diventare cenere.
Aveva osservato Silver stretta a Dan, Sam, Dean ed Isobel. 
Tutti accerchiati attorno alla pila infiammata per dare l'ultimo addio ad Abby. 
E questo Edward non lo capiva perché non c'era più nessuno a cui dire addio: toccando il suo corpo freddo, non aveva percepito alcuna traccia della donna che amava.
La sua essenza era volata via e Edward non aveva potuto guardare l'ultima volta nei suoi occhi azzurri per dirle addio.
"Non ho mai capito che rapporto ci fosse fra te ed Abby, ma riesco a sentire il tuo profondo dolore, Edward".
Si voltò nella direzione di quella voce così rauca e profonda e Edward guardò negli occhi celesti di Castiel, che lo guardava in modo serio e solenne.
Aggrottò le sopracciglia mentre si chiedeva che cosa diavolo volesse quell'angelo da lui, ma ricordò il modo giocoso in cui Abby glielo avesse descritto, dicendo che spesso usasse parole incomprensibili ma che fosse dalla loro parte.
Ma Edward avrebbe voluto dargli un pugno in faccia per far si che smettesse di scavargli dentro con quegli occhi così penetranti.
Avrebbe voluto picchiare tutti, in realtà. 

Avrebbe voluto ricominciare la lotta di qualche istante prima con Dean, di cui portasse ancora i segni sul viso e sulle nocche delle mani.
Ma nulla di tutto ciò che avrebbe riportato in vita Abby.
Superò l'angelo e tutti i presenti e si incamminò verso il bunker, mentre sentiva le lacrime continuare a bagnargli il volto.
Aveva bisogno di bere e aveva bisogno di far uscire tutto il suo dolore.
Voleva esplodere e morire anche lui, raggiungere Abby.
Sentiva che niente sarebbe più stato lo stesso da quel momento in poi, perché vedere bruciare in quel modo l'amore della sua vita gli aveva fatto capire che non si sarebbe mai più ripreso.
La parte di Edward più bella, quella più allegra e più felice, quella che amava la vita e si lasciava amare, moriva e se ne andava insieme ad Abby.
Scese in fretta le scale del bunker e si affrettò a raggiungere la cucina imboccando il corridoio, avvicinandosi poi al lavabo per lavarsi le mani sporche di terra e sangue, e sciacquarsi il viso.
Si asciugò utilizzando una vecchia pezza e si appoggiò al top della cucina chiudendo gli occhi, mentre sentiva tutto il suo dolore battere nel petto e si chiese come avrebbe fatto a sopravvivere senza Abby a guidarlo.
Raccolse quel minimo che fosse rimasto del suo coraggio e delle sue ultime forze, avviandosi a grandi passi nuovamente verso la sala centrale per salire le scale ed andare via da quel bunker orribile, ma non ebbe neanche il tempo di oltrepassare la soglia della cucina che un pianto proveniente da una delle stanze adiacenti attirò la sua attenzione.
Fu come un richiamo per Edward, come se una sirena stesse cantando per lui e lo guidasse attraverso il corridoio per arrivare fino alla sorgente di quel suono. 
Il pianto diventava più forte ad ogni passo, fino a quando Edward arrivò sulla soglia di una stanza ed osservò cosa stesse accadendo all'interno.
Anael tenava fra le braccia il bambino di Abby appena nato, cullandolo in modo sbagliato mentre brandiva un biberon e cercando in tutti i modi di far mangiare il piccolo che si agitava e strillava piangendo dei grossi lacrimoni. 
Senza accorgersene, Edward si era ritrovato ad avanzare nella sua direzione sorridendo con dolcezza.
Senza dire una parola ed avendo occhi solamente per il piccolo appena venuto al mondo, Edward iniziò a cullarlo nel modo giusto dopo averlo preso dalle braccia di Anael che lo guardò in maniera confusa.
L'angelo dai lunghi capelli biondi lo guardò con titubanza e anche con un po' di gelosia, ma presto osservò come il piccolo si fosse tranquillizzato e come avesse iniziato a guardare l'uomo che adesso lo teneva fra le braccia.
"Ciao piccolo mio". 
Edward lo cullò con amore mentre guardava nei suoi occhi nocciola così simili ai suoi ed il piccolo si mosse leggermente iniziando ad emettere dei vagiti teneri. 
L'uomo sorrise dolcemente ed il suo cuore diventava più leggero ogni momento che passava a stringere quel bambino dai fitti capelli scuri.
Avvolse la sua manina minuscola attorno all'indice di Edward facendolo ridere, e l'uomo distolse lo sguardo dal piccolo solamente per prendere dalle mani dell'angelo il biberon per far bere il latte al bambino che stringesse fra le braccia.
Anael si ritrovò a sorridere davanti a quella scena, conoscendo perfettamente i segreti di Abby perché era stata la sua confidente in quelle lunghe settimane di degenza ospedaliera e le aveva raccontato come stessero davvero le cose. 
Si avvicinò a Edward e si sporse verso di lui per osservare il piccolo muoversi fra le sue braccia continuando a bere il suo latte, e l'angelo sorrise mentre notava che il bambino sembrasse ancora più piccolo tra le braccia di un omone come lui.  
"È bellissimo"
Edward sorrise più ampiamente sentendosi orgoglioso mentre cullava il bambino e continuava a farlo mangiare, guardandolo con tutto l'amore che potesse provare. "Certo che lo è".
Mentre lo guardava e lo cullava, Edward sentì delle sensazioni di contrastanti dentro di sé: sentì il dolore per la perdita di Abby rimbalzargli addosso e percepí le lacrime bagnargli il viso, scivolargli lungo le guance.
Ma guardando il piccolo tutto ciò che sentiva era amore e pace, qualcosa che non aveva pensato di poter provare ancora dopo aver perso Abby. 
"Ha amato questo bambino a costo della sua vita. Amava Mary e Dean. Amava la sua famiglia. Ed Abby amava te più di quanto immagini. L'ho visto nella sua mente prima che morisse. Tu e Dean siete stati i suoi ultimi pensieri: si augurava che fra di voi regnasse la pace per il bene del piccolo Richard". 
Edward guardò negli occhi azzurri dell'angelo dai lunghi capelli biondi che gli parlò con estrema pacatezza, accennando un sorriso dolce mentre si sollevava per sfiorargli i lunghi capelli ricci e scuri.
E l'uomo annuí tra le lacrime, tirando su col naso mentre stringeva di più il bambino a sé.
In quel momento Edward capì che una parte di lui era morta e se n'era andata insieme ad Abby quella notte.
Ma un'altra parte, una nuova e che Edward stesso non avesse mai conosciuto, stava sorgendo mentre stringeva il piccolo fra le braccia.
Tornò a sorridere mentre lo osservava, sfiorandogli il nasino e ridendo di felicità.
"Mi spezza il cuore che tu abbia perso la tua mamma, piccolo. Lo so come ti senti: l'amavo anche io nello stesso modo. Ma ti prometto che ti basterà allungare una mano, per trovare la mia pronta a sorreggerti. Sei mio figlio e ti amo, Richard. Sarò sempre al tuo fianco".



Adesso che si trovava per l'ennesima volta a scendere le scale di ferro battuto, Edward ricordava ciò che avesse promesso a Richard la prima volta che lo avesse tenuto in braccio.
E non aveva mai infranto quella promessa in quei lunghissimi 4 mesi: ogni giorno Edward si presentava al bunker per passare del tempo con Rich.
Si occupava di farlo mangiare, di cambiargli i pannolini o semplicemente di tenerlo in braccio per farlo addormentare.
Passava più tempo con Richard quando Dean era stato via per più di un intero mese e si era occupato di consolare Mary e di distrarla, mentre conosceva e scopriva il nuovo nato.
E quando Dean era tornato al bunker decidendo di prendersi cura dei suoi figli, Edward non aveva smesso di andare a trovare i bambini e di passare il suo tempo con Richard.
Dean capiva di non poter impedire a Edward di vedere sul figlio, ma non nascose il sollievo che aveva provato quando quelle visite si interruppero di colpo da quando Abby fosse tornata in vita.
"Edward Randall, è sempre un piacere vederti".
L'uomo aggrottò le sopracciglia quando notò andargli incontro una rossa diversa rispetto a quella che si aspettasse. "Rowena?".
La donna sorrise e sbattè le lunghe ciglia da cerbiatta, avvicinandosi nella sua direzione e mordendosi il labbro mentre osservava il suo corpo scultoreo nascosto dall'ingombro dei vestiti, ritrovandosi a pensare a quanto gli sarebbe piaciuto passare dei momenti da sola con lui. "Uomini come te non ne fanno più, mio caro: sei uno spettacolo per gli occhi".
Edward si era ritrovato a soffocare una risata divertita perché sapeva il debole che Rowena provasse per lui, esattamente come l'ultima volta in cui si fossero visti ed avesse provato a farlo entrare nel suo letto. 
"Vuoi piantarla, ginger? Tu sei fatta per venerare e servire creature diaboliche e meschine come me".
Una forte voce dal fondo della sala centrale gli fece sgranare gli occhi osservando come Rowena avesse chiuso i propri, mostrando ad Edward quanto fosse sfinita e stanca di quella situazione.
L'uomo la superò e attraversò la sala centrale fino a trovare quello che ormai Edward conoscesse abbastanza bene, legato con delle manette luminose che avessero tutta l'aria di essere incantate dalla magia della strega alle sue spalle. "Lucifer, in gabbia ancora una volta".
L'arcangelo fece un cenno con la mano e lo guardò con un sorriso divertito sul volto facendogli l'occhiolino, e Edward vide la ferita che avesse sul collo e che venisse mantenuta aperta per permettere la fuoriuscita della sua grazia direttamente all'interno di un recipiente di ottone, che Rowena stesse usando per tenere aperto un gigante squarcio nella loro realtà, un portale che conducesse nell'altro mondo.
"Porca puttan-"
"Edward! Perché sei qui?".
L'uomo distolse lo sguardo da quel portale e si voltò verso l'entrata della sala, notando Abby che lo guardasse con occhi sgranati ed anche un po' spaventati. "Ti ho chiamata, ma non mi hai risposto. Volevo dirti che ho parlato con Dylan".
Abby sgranò gli occhi ancora una volta e gli fece segno di seguirla dove delle orecchie angeliche non potessero sentirli, così Edward fece un piccolo sorriso di incoraggiamento a Rowena che era presto tornata a concentrarsi sull'incantesimo per tenere aperto il portale, sforzandosi di ignorare Lucifer ed il modo in cui avesse iniziato a blaterale solamente per infastidire la strega.
Edward seguì Abby fino a quando la vide fermarsi a metà corridoio dopo aver superato la cucina, serrando le braccia al petto ed appoggiandosi con la schiena al muro freddo.  
Osservò la ragazza davanti a lui che gli apparisse appena più rigida e tesa rispetto all'ultima volta in cui l'avesse vista, notando i suoi lunghi capelli rossi ricadere sulle spalle e sulla scollatura della sua maglietta nera di cotone.
Lo guardò rimanendo in attesa delle informazioni, ma Edward si prese un momento per osservare quanto fosse dannatamente bella.
"Dylan, ecco lui..". L'uomo si schiarí la gola portando il suo sguardo su quello della ragazza e sorridendo appena, facendo spallucce. "Secondo lui la tua anima non è stata marchiata da Isobel, ma piuttos-".
Abby sollevò un sopracciglio e lo guardò con aria dubbiosa, iniziando a gesticolare nervosamente con una mano. "Ma Castiel parlava di un'aura nera, non più pura. Com'è possibile?". 
Edward roteò gli occhi e sospirò rumorosamente, facendole segno di fare silenzio. "Se mi avessi lasciato finire di parlare, sapresti che secondo Dylan non si tratta di un marchio sulla tua anima ma piuttosto di alcuni strascichi dovuti alla magia nera che tua madre ha praticato".
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, gesticolando con una mano e facendo spallucce. "E come posso rimediare a questi strascichi?".
"Non devi fare niente, Abby" rispose Edward accennando un sorriso più ampio ed avvicinandosi di qualche passo per afferrare la mano che ancora la donna agitasse a mezz'aria, prendendola fra le sue e stringendola. "Non sei stata tu ad eseguire quel rituale: Isobel ha già pagato il suo prezzo prima di morire. È finita, non devi avere paura".
Lo sguardo di Abby divenne più sereno e felice mentre ascoltava le sue parole, cercando di capire e di elaborare il significato.
Quando lo capì fece una smorfia per trattenere delle lacrime di felicità e strinse la sua mano con dolcezza ricambiando la stretta.
La ragazza stava per gettargli le braccia al collo per abbracciarlo forte data la felicità, ma si fermò appena in tempo quando vide nei suoi occhi nocciola qualcosa sfuggirle e nascondersi nella parte più profonda di Edward, facendole rigirare lo stomaco e sgranare gli occhi.
"Perché diavolo mi stai mentendo?".
"C-cosa?". Edward aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria confusa mentre il suo sorriso scemava perché non c'era traccia di menzogna nelle sue parole, eppure Abby ritirò la mano dalla sua presa e lo guardò in cagnesco.
"Lo leggo nei tuoi occhi che c'è qualcosa che non mi stai dicendo!".
La donna scosse la testa e fece per andare via verso la sala perché profondamente arrabbiata ma non aveva il tempo di approfondire la questione, quando una presa ferrea sul suo polso glielo impedì.
Edward la stava bloccando dall'andare via, tirandola verso di sé con uno scatto fino ad arrivare a poche spanne dal suo viso. "Ti sto dicendo la verità, Abby. Che motivo avrei di mentirti?".
"Non lo so e non toccarmi finchè non ti deciderai a dirmi tutto!". Abby si liberò in fretta dalla sua presa spintonandolo dal petto mentre lo guardava in cagnesco continuando però a guardare nei suoi occhi nella speranza di sbagliarsi.
Scosse la testa e strinse forte i pugni per la rabbia, leggendo ancora la menzogna nel suo sguardo. "Vattene da qua, non ho tempo per questi giochetti!".
Abby si voltò verso la parte opposta del corridoio, decisa più che mai a raggiungere Rowena per aiutarla a mantenere il portare aperto e per far stare in po' zitto Lucifer che da quando fosse stato imprigionato non smetteva neanche un istante di parlare per sfinirle, ma di nuovo Edward l'afferrò con più forza dal braccio e l'attirò a sé con fermezza.
Le bloccò entrambi i polsi e la spinse contro la parete come avesse fatto la sera in cui Abby fosse piombata al suo locale per dirgli che fosse tornata dal regno dei morti, bloccandola fra il suo corpo ed il muro; il suo sguardo era rabbioso e furente, mentre le bloccava ogni via di fuga e la incastrava con i suoi occhi.
Ciò che provava per lei era così intenso da fargli male: avevano ancora delle questioni irrisolte che Edward avrebbe voluto affrontare adesso che era finalmente tornata, eppure il modo in cui adesso Abby lo stesse guardando gli faceva letteralmente perdere il controllo.
E si ritrovò a pensare a come si fosse malamente soddisfatto la sera in cui Abby se ne fosse andata dal suo bar, quando Bree era andata a cercarlo nel suo appartamento ed Edward era finito per incollarsi alle sue labbra e trascinarla a letto con lui per cercare di riempire quel vuoto e quella voragine che Abby lasciava ogni volta che se ne andasse via.
Edward sapeva di stare solamente usando la nuova barista che avesse assunto, ma aveva un tremendo bisogno di sfogare la sua frustrazione e la sua rabbia dato che gli allenamenti e la meditazione non bastano più.
Abby si avvicinò al suo volto di qualche spanna e lo guardò con aria perentoria e molto seria dopo aver provato inutilmente a liberarsi da quella presa ferrea con cui l'uomo davanti a sé la stringesse. "Lo vedo anche adesso nei tuoi occhi: ti senti in colpa perché mi stai mentendo. Allora non farlo, dimmi la verità. Cos'altro ti ha detto Dylan?".
Edward strinse forte la mandibola in un'espressione del tutto combattuta ed arrabbiata, perché detestava che Abby fosse così brava a leggergli dentro.
Continuò a guardarla mentre stava così vicina al suo volto e riusciva a respirare il suo profumo dai suoi capelli, così come Abby riuscisse a sentire l'odore pungente del sigaro che Edward si ostinasse a fumare.

"Non dirglielo".
Edward aveva guardato negli occhi di Dylan, il veggente eremita che vivesse in un vecchio casolare abbandonato fra le montagne da ormai più di trent'anni e che poco amasse le visite.
Aveva parlato prima che Edward uscisse dalla sua casa, dopo aver letto il rituale e gli avesse spiegato come Abby si fosse allarmata per niente.
"Cos'hai detto?". 
"Non dirglielo. Non ancora" aveva ripetuto Dylan guardandolo nonostante i suoi occhi fossero del tutto bianchi a causa della cecità che lo avesse reso un veggente. Si scostò i capelli grigi e lisci che gli ricadessero sulla fronte e continuò a parlargli con la massima serietà ed autorevolezza. "Se non vuoi perderla, non dirle la verità. Non è ancora pronta per scoprire qual è stato il tuo ruolo nella sua resurrezione. Ti vedrebbe come un assassino e ti odierebbe per sempre". 


Edward tornò a guardare Abby negli occhi dopo aver ricordato le parole di Dylan e scosse la testa, allentando la presa su di lei fino a risultare quasi nulla; abbassò lo sguardo e prese un lungo sospiro, scuotendo la testa e liberando la mente, prima di tornare a guardarla negli occhi con espressione calma e serena.
"Tutto quello che ti ho detto è la verità, rossa. Lo giuro. Non ti nasconderei mai nulla".
Abby studiò la sua espressione e per la prima volta si sentì titubante, perché voleva così disperatamente credere che Edward non le tenesse nascosto nulla di importante, ma allo stesso tempo sentiva che ci fosse qualcosa che non le quadrasse in quel puzzle.
Eppure conosceva i suoi occhi e le sue espressioni, e Edward stava cercando in tutti i modi di convincerla che non nascondesse nulla.
In fondo era andato a cercare Dylan solamente per lei e per rassicurarla.
Deglutì a fatica mentre stava ancora così vicina ad Edward da sentire il suo respiro irregolare sul viso ed Abby strinse le labbra in una smorfia, dicendosi che fosse solamente una stupida sensazione e che Edward non le avesse mai dato motivo di dubitare della sua buona fede e della sua parola.
Accennò un debole sorriso ed annuí in silenzio, sollevandogli la mano fino al viso e sfiorandogli la guancia mentre incastrava i loro sguardi e precipitava nel nocciola dei suoi occhi.
"Scusami, non so che mi è preso. Per un attimo ho creduto che tu sapessi del piano di Isobel e che.. ".
"Ragazzi, un aiutino!!". 
La voce spaventata e sofferente di Rowena giunse alle loro orecchie dalla sala principale, ed entrambi sgranarono gli occhi per la sorpresa, accorrendo immediatamente nella loro direzione sperando che non fosse troppo tardi.



Si rialzò a fatica tenendosi al tavolo e sentendo l'intero corpo farle male dopo che Lucifer si fosse riuscito a liberare, riuscendo nel suo intento dopo averle distratte entrambe con le sue parole pungenti; prima di attraversare il portale per trovare suo figlio, Lucifer aveva afferrato Abby per la maglia appena accorsa in aiuto di Rowena, sollevandola con forza e sbattendola senza delicatezza contro la liberia a muro e l'aveva guardata con i suoi occhi rossi, facendola quasi tremare. 
"Io so i tuoi piccoli sporchi segreti" le aveva canticchiato all'orecchio ridendo divertito, avvicinando ancora di più il volto al suo e annusando il suo collo con un grande respiro. "Il mio fratellino Gabriel si è lasciato sfuggire che sei stata all'inferno, ma io so la verità: non eri nella fossa, perché è questo il tuo inferno. So anche cosa nascondete tu ed il ragazzone che è appena entrato". 
Abby lo aveva guardato in cagnesco mentre i gemiti di dolore di Rowena arrivarono alle sue orecchie, cercando di rimettersi in piedi dopo che l'arcangelo avesse colpito lei e Edward con tutta la sua energia scaraventandoli dalla parte opposta della sala.
Abby lo aveva colpito con forza alle braccia, facendogli perdere la presa su di lei e prendendolo a pugni in faccia per immobilizzarlo come se fosse un qualsiasi demone senza potere, mettendosi a cavalcioni su di lui e bloccandogli i polsi. 
Lucifer rise di gusto sputando sangue, scuotendo la testa e mordendosi il labbro inferiore mentre la guardava con ilarità. "Cerchi di fare la dura, cerchi di non dire alla tua famiglia cosa senti veramente, ma non puoi ingannare me. Io e te siamo ancora collegati anche se non vuoi ammetterlo: scommetto che non lasceresti mai che mi facessero del male". 
Abby istintivamente gli aveva sferrato un pugno ben assestato sul viso spaccandogli uno zigomo ed approfittando del fatto che fosse a corto di potere per via di tutta la grazia persa, sentendolo però presto tornare a ridere. "Vorrei guardarti morire anche adesso tra atroci sofferenze brutto figlio di puttana, mentre implori pietà che nessuno avrebbe per un mostro come te".
Lucifer le sorrise divertito mentre stava ancora sotto di lei e l'aveva nuovamente guardata facendo scintillare i suoi occhi rossi, mentre sentiva le forze iniziare lentamente a tornargli e presto ribaltò le posizioni mettendosi su di lei e stringendole una mano attorno al collo con forza, facendole mancare il respiro. "Sono sicura che la vecchia Abby lo avrebbe fatto, ma tu speri invece che sia io a toglierti la vita in questo momento, non è vero? Per farti uscire dal tuo inferno". 
Abby era rimasta inerme mentre lo guardava, schiacciata sotto di lui senza avere la minima idea di come uscire da quella situazione e non avendo neanche le forze necessarie per liberarsi e bloccare nuovamente i suoi poteri. 
Scosse la testa e sentí gli occhi pizzicare, perché tutto ciò che Lucifer le avesse detto adesso non era una bugia ma la pura verità, come se le avesse letto dentro e avesse fatto un resoconto molto dettagliato del suo stato emotivo. 
Lo vide avvicinare nuovamente il viso al suo e istintivamente Abby si voltò dalla parte opposta per non guardarlo, incrociando quello di Rowena, che nel frattempo si stesse avvicinando silenziosamente pronta a rilasciare un altro incantesimo per bloccarlo, e quello di Edward che aprí gli occhi in quell'istante e si sollevò dal pavimento freddo, mentre Lucifer stringeva la sua mano con più forza attorno al collo di Abby. "Potrei accontentarti, spezzarti l'osso del collo sarebbe così facile e tu non opporresti alcuna resistenza, eppure non lo farò: ti lascerò vivere la tua triste e miserabile vita, mentre io andrò a governare il mondo insieme a mio figlio". 
Il piano di Rowena sarebbe stato perfetto dato che Lucifer si era del tutto concentrato su Abby e non l'avrebbe neanche sentita arrivare alle sue spalle, ma l'apertura della porta del bunker in cima alle scale lo aveva fatto voltare di scatto ridendo di gusto; videro Silver scendere gli scalini tenendo il piccolo Richard fra le braccia e tenendo la mano del piccolo Nathan, mentre Mary e Henry scendevano le scale ridendo fra di loro ed ignorando il pericolo che li attendesse giù. 
"Nooo!". 
L'urlo disperato di Abby aveva messo in guardia la sorella, che sgranò gli occhi quando si accorse di ciò che fosse appena accaduto, e Silver cercò di far invertire rotta ai bambini correndo nuovamente su dalle scale, ma una morsa invisibile la bloccò, facendola impietrire interamente sul posto; Lucifer rise divertito ancora di più, bloccando tutti i presenti con una morsa invisibile per non farli muovere e si avvicinò ai bambini con un sorriso divertito sul volto. 
"Ciao piccolina, finalmente ti conosco: ho sentito tanto parlare di te, la piccola Mary. La reincarnazione di Colette".
Mary si tirò appena indietro guardandolo con aria spaventata specialmente quando riconobbe il nome pronunciato dall'uomo davanti a lui, come se sapesse chi effettivamente fosse Colette e presto sentí due braccia afferrarla dai fianchi e caricarsela addosso con una risata. "Non ti farò del male, sarai la mia garanzia. Vuoi andare a trovare il tuo papà in una delle sue avventure?". 
La bambina annuì accennando un sorriso rilassandosi appena fra le sue braccia e facendo vagare lo sguardo alla ricerca della madre che però non vide, dato che Lucifer avesse provveduto ad occultarne il corpo con la sua magia angelica, facendo sì che Mary non la vedesse e non la sentisse. 
Furono inutili gli sforzi che Rowena fece per allontanare la bambina da Lucifer con la magia, l'arcangelo la allontanò muovendo solamente un dito per non spaventare la bambina fra le sue braccia; quando Edward gli si lanciò addosso brandendo la lama angelica che lo avrebbe potuto ferire ed infatti gli aprì una lunga ferita sulla spalla.
Lucifer lo guardò con aria infastidita dopo aver provato dolore per quella ferita, e con rabbia mosse una mano per scaraventare Edward con forza contro una libreria che gli cadde addosso schiacciandolo con tutto il peso del legno e dei libri.
Abby non ebbe neanche il tempo di raggiungerlo per assicurarsi che stesse bene, che Lucifer si avvicinò al portale pensando che aver reso Syria immortale senza sapere che aspettasse un figlio da un altro uomo fosse stato l'errore più grande della sua vita fino a quel momento, in cui il frutto del tradimento della donna che amava parecchi secoli prima adesso gli fosse tornato davvero utile.
Indugiò per qualche secondo prima di entrare all'interno del portale, voltandosi nuovamente a guardare Abby ancora immobilizzata sul pavimento intenta a maledirlo dicendogli che lo avrebbe ritrovato e ucciso se fosse successo qualcosa a sua figlia, e Lucifer roteò gli occhi ridendo di gusto. "Tranquilla mammina, non torcerò un capello alla tua bambina. Almeno finché mi sarà utile". 
Adesso, ripensando a tutte le occasioni che avesse avuto per intrappolare nuovamente l'arcangelo dagli occhi rossi, Abby si morse la lingua mentre camminava con passo spedito fra i boschi di quel posto che non conosceva, senza avere la più pallida idea di dove andare; dopo che l'influenza di Lucifer fosse terminata, Abby aveva controllato che Edward stesse bene e respirasse e lo aveva tirato via da sotto la libreria, voltandosi ad osservare Rowena che la guardò con occhi sgranati e spaventati.
Abby subito preparò uno zaino pieno di armi tenendo sempre fra le mani la lama angelica e senza guardarsi indietro aveva fatto un salto dentro a quel portale ignorando i richiami di Rowena e di Silver. 
Lucifer aveva preso la sua Mary, non poteva permettere che sua figlia fosse esposta a un pericolo come quello tutta sola in una dimensione che non conosceva, Abby non poteva rimanersene buona ad attendere che Dean tornasse con la speranza Lucifer fosse stato così stupido da farsi vedere da lui con Mary fra le braccia. 
Corse fra i boschi seguendo l'unico sentiero che ci fosse e avvertì la strana sensazione di essere osservata e seguita, ma ogni qualvolta si guardasse attorno o provasse a chiudere gli occhi per percepire la presenza di qualcuno, Abby si ritrovava sola in quel bosco; camminò fino ad arrivare a quello che sembrava esser stato un accampamento, ormai distrutto e ridotto in cenere dagli angeli, ed Abby sentí il cuore stringersi quando osservò dei cadaveri di bambini dell'età di Mary che giacessero al suolo privi di vita. 
Abby corse fino allo sfinimento, corse fino a quando il sole tramontò e tutto attorno a lei divenne buio, facendole percepire la totalità del nulla in quel luogo: non era rimasto più niente, non c'era più nessuno dopo che gli angeli avessero invaso e distrutto la terra per combattere la loro stupida apocalisse. 
Si accasciò strisciando la schiena contro al tronco di un albero, sentendosi priva di forze dopo aver corso per almeno quattro ore di fila alla disperata ricerca di sua figlia e bevve un sorso d'acqua mentre delle piccole lacrime si addensarono sul suo volto all'idea di aver perso sua figlia. 
Fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto, Abby sarebbe riuscita a ritrovarla ed a trovare un modo per uccidere quel figlio di puttana dagli occhi rossi. Lo avrebbe disintegrato e fatto a pezzi, e poi.. 
Una forte stretta al suo collo le impedí di respirare e presto si toccò con le mani, riuscendo a percepire delle mani estranee che la stringessero forte mentre la sollevavano con forza; Abby lo guardò in viso con aria spaesata, cercando di capire cosa fosse accaduto e chi fosse quell'uomo sui trent'anni di colore che le fosse davanti e la stesse attaccando senza motivo, ma presto lui le sorrise tenendola su con una sola mano mentre con l'altra le carezzava una guancia. "Credevo che su questo pianeta non ci fosse più nessuno, invece poi ho sentito il tuo inutile piagnisteo mentale e ti ho trovata. Non appartieni a questo mondo quindi dimmi, perché sei così uguale a Syria?". 
Abby guardò nei suoi occhi scuri che tutto ad un tratto scintillarono di bianco, dimostrandole di essere un angelo e anche piuttosto potente, e furono inutili tutti i suoi tentativi di riuscire a liberarsi, perché l'uomo la stringeva sempre di più. 
"Lasciala andare Michi, lei è con me".
Immediatamente la presa su di lei cessò ed Abby si lasciò cadere rovinosamente a terra per tornare a recuperare aria mentre si massaggiava la gola, tornando poi a sollevare lo sguardo ed osservando gli occhi rossi di Lucifer risplendere nel buio; subito si sollevò da terra come una molla scagliandosi contro di lui con rabbia e forza, colpendolo in viso con i tirapugni con incise le scritte in enocchiano, scaraventandolo a terra. "Dov'è Mary?!".
Lucifer rise divertito rialzandosi e guardandola con ilarità mentre lei assumeva un'aria particolarmente disperata. "Rilassati dolcezza: Dean si è ripreso la tua bambina prima di andare via da questo mondo e sigillarti qui insieme a me ed a mio fratello".
Abby deglutí a fatica e fece un passo indietro, scorgendo negli occhi di Lucifer nuovamente la dura verità che le fece male, facendole scuotere il viso ed abbassando lo sguardo perché non poteva credere a quelle parole. "No, Dean non mi avrebbe mai lasciata indietro, mai!". 
Lucifer tornò a ridere divertito, facendo spallucce e presto si avvicinò afferrandola per un braccio solamente per trasportarla insieme a lui davanti al punto in cui Abby fosse arrivata in quel mondo e dove si fosse chiuso il portale da poco; si guardò attorno con aria impaurita, scuotendo la testa alla ricerca del portale del tutto assente in quel punto. "No, no, no!". 
Lucifer rise divertito, mettendosi le mani nelle tasche anteriori dei jeans e facendo spallucce, osservando il suo volto apparire sempre più disperato. "Andiamo Abby: la scelta era tra salvare l'intero mondo evitando che io, Micheal e te potessimo tornare, oppure lasciarci tornare tutti insieme e distruggere l'intero universo. Tu che avresti scelto?".

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Capitolo 77
*** Capitolo 69 ***


Hunters' legacies
Capitolo 69.


"Sento ancora l'olio santo che mi brucia la pelle, ma sto bene..". 
Abby accennò un sorriso ironico sollevando lo sguardo verso Dean seduto al suo fianco nella sala centrale, mentre Mary stava seduta sulle sue gambe ed Abby la stringeva fra le braccia affondando il viso fra i suoi capelli biondi e sospirando; tutto si era svolto così velocemente da farle girare la testa: Lucifer e Michael avevano aperto nuovamente il portale sull'altra dimensione e avevano portato Abby con sé, per usarla come scudo umano nel caso i cacciatori avessero attaccato e per fare uno scambio di ostaggi, in maniera tale che Lucifer potesse essere ricongiunto con suo figlio Jack. 
Scosse la testa e mandò giù un po' di Scotch dal suo bicchiere, osservando Silver andarle incontro mentre le prendeva la bambina ormai addormentata dalle braccia per portarla subito a letto, evitando il rischio che Mary potesse svegliarsi con tutto il trambusto che facessero i cacciatori provenienti dal mondo apocalittico. 
"Avete fatto un buon lavoro, siete stati bravi" disse Abby accennando un sorriso mentre faceva vagare lo sguardo per la sala, osservando la madre di Sam e Dean parlare con una versione di Bobby proveniente dall'altro mondo, e con tante altri sopravvissuti; ma poi il suo sorriso divenne meno luminoso e Abby fece spallucce, mordendosi il labbro. "Mi dispiace di non essere riuscita a tenere buono Lucifer. Io e Edward stavamo parlando e.. e Lucifer deve aver detto qualcosa per distrarre Rowena dall'incantesimo. Quando ci siamo avvicinati era già troppo tardi per..". 
Dean scosse la testa e guardò nei suoi occhi azzurri arrossati ed afflitti, afferrandole una mano fra le sue e portandosela alle labbra con un sospiro; quando era tornato al bunker insieme ai sopravvissuti tenendo sua figlia sana e salva fra le braccia, subito Silver e Rowena gli erano andate incontro per informarlo di come Abby si fosse lanciata in quel mondo pur di salvare sua figlia e Dean aveva avuto nuovamente una paura tremenda di averla perso di nuovo. 
Inoltre la presenza di Edward al bunker lo aveva infastidito molto, specialmente quando lo vide tenere fra le braccia il piccolo Rich per calmarlo da tutto quel trambusto e quel forte vociare proveniente dalla sala centrale. 
Edward aveva provato ad attraversare il portale senza neanche sapere che posto vi fosse dall'altra parte, ma esso si era chiuso ancora prima che potesse varcarlo, proprio quando Dean stava tornando insieme a tutti gli altri. 
Per la rabbia, Dean aveva sollevato una sedia e l'aveva spaccata con forza contro uno dei pilastri portanti del bunker, facendo spaventare tutta la gente appena raccolta nella sala e specialmente Mary, che corse nascondersi dietro la gamba di Edward.
L'uomo aveva sospirato e le aveva passato una mano sulla schiena mentre con l'altro braccio reggesse Rich, ed aveva fulminato con lo sguardo Dean: anche Edward era disperato e distrutto all'idea di aver ancora una volta perso Abby, ma dovevano pensare con razionalità per riuscire a riportarla a casa.
Ma riportarla a casa sarebbe stato troppo difficile questa volta: Gabriel era morto nell'altra dimensione e Lucifer era rimasto intrappolato lì insieme ad Abby.
Anche volendo aprire un nuovo portale, mancava loro l'ingrediente principale: la grazia di un arcangelo. 
Tutti si erano presto rimessi a lavoro, cercando fra i libri e facendo numero chiamate, ma i giorni passavano e la paura che Abby potesse non tornare più diventava sempre più concreta e reale.
Trascorsero due settimane e nessuno sembrava avere la risposta su come squarciare lo spazio ed il tempo senza avere a disposizione tutti gli ingredienti.
Mentre guardava Rich agitarsi e piangere nel suo box, Dean non ebbe neanche il tempo di avvicinarsi e stringerlo a sé che un paio di braccia si piegarono verso di lui per tirarlo su e cullarlo.
Dean sospirò rumorosamente osservando come Edward si prendesse cura del piccolo Richard ed iniziò a pensare che non sarebbe mai riuscito ad avere tutto ciò che volesse sullo stesso piano esistenziale.
Voleva Abby e voleva la loro famiglia unita, tagliando per sempre Edward dalle loro vite.
Ma Abby era ancora intrappolata in quel mondo senza speranza di ritorno e Richard ormai sembrava amare di più le braccia di Edward, rispetto alle sue. 
Solamente per un istante, la loro attenzione era stata completamente distolta da Abby e dal suo ritorno, quando una strana morte fra i sopravvissuti del bunker li aveva allarmati, e quel giorno Dean fu grato di essere uscito ed aver raggiunto un potenziale sospettato dell'omicidio.
Insieme a Sam ed a Castiel, Dean era stato attaccato da Michael in persona, riuscito a tornare dall'altro mondo e tenendo con una presa ferrea Abby dal braccio; dopo essere riusciti a liberarsi di lui con l'olio santo ed a strappargli la ragazza dalle braccia dell'arcangelo, i quattro si erano diretti verso il bunker con velocità, e Sam e Castiel si erano subito messi ad elaborare un nuovo piano per difendersi da qualsiasi cosa stesse per colpirli, venendo poi a sapere del fatto che anche Lucifer fosse tornato e fosse passato dal bunker per portare via con sé Jack.
Dean sospirò e scosse la testa tornando al presente e cercando di lasciarsi alle spalle ciò che di brutto fosse accaduto, sentendosi finalmente felice di avere ritrovato Abby.
"Non è colpa tua, ragazzina". Accennò un sorriso ampio, intrecciando poi la sua mano con quella della donna e chinandosi su di lei. "Sei qui con me, questo è l'importante". 
Abby lo guardò con aria molto seria, scuotendo la testa e rabbrividendo dentro al suo maglioncino di lana: quelle due settimane lontana da casa non erano state affatto semplici.
Specialmente perché Abby non sapeva se la sua Mary stesse davvero bene, se Dean ed il resto della loro famiglia fossero tornati a casa sani e salvi.
Ed in quel tempo aveva pensato così tanto a cosa avrebbe fatto se fosse riuscita a tornare a casa.
Voleva tremendamente rimettere le cose a posto: lasciarsi alle spalle la morte di Isobel e accettare il fatto di essere ormai tornata in vita.
Voleva tornare a combattere più duramente per far si che la loro terra fosse sicura, che Mary e Rich potessero crescere come dei comuni bambini.
Intercettò lo sguardo di Edward alle spalle di Dean che ancora tenesse fra le braccia il piccolo Rich nel tentativo di farlo mangiare, e l'uomo le rivolse uno sguardo grato e felice che fosse finalmente tornata.
Ed il suo cuore batteva più forte nel petto mentre li vedeva insieme.
Quando tornò a guardare negli occhi verdi di Dean, Abby sapeva quanto fosse difficile per lui accettare quella situazione, ma sapeva che Dean lo stesse facendo unicamente perché l'amava tanto.
La ragazza strinse la presa sulla sua mano con dolcezza e si avvicinò a lui quel tanto che bastasse per unire le labbra alle sue e baciarlo con dolcezza, stringendosi a lui con tutta l'intenzione di fargli sentire quanto anche lei lo amasse.
Ignorò lo sguardo di Edward che opportunamente si voltò e lasciò loro un po' di privacy, e poi Abby si scansò da quel bacio solamente per guardarlo negli occhi perché sapeva che fosse arrivato il momento di dirgli la verità. "Da quando sono tornata sono stata scontrosa, arrabbiata e poco disponibile, e tu sei stato così paziente con me e hai provato ad aiutarmi, ma io ti chiudevo fuori tutte le volte. Mi dispiace tanto". 
Dean accennò un sorriso comprensivo e scosse la testa, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e piegando la schiena sulla sedia per avvicinarsi più a lei, stringendole forte le mani. "Sei stata all'inferno, Abby. So quant'è difficile poi ambientarsi e..". 
"Non sono stata all'inferno" si affrettò a correggerlo accennando un sorriso amaro e abbassando lo sguardo per qualche momento per superare la barriera emotiva che avesse messo fra lei e il resto del mondo da quando fosse tornata, e quando lo sollevò vide lo sguardo confuso di Dean, che aggrottò le sopracciglia senza capire cosa stesse dicendo. "Io ero in pace, Dean. Esattamente in armonia con il mondo e con il Paradiso, in equilibrio con tutto ciò che avessi attorno. Ero a casa mia, ero con mio padre, Jo, Ellen e Ash, che tra parentesi stanno alla grande".
Abby fermò il suo racconto per riprendere fiato quando vide lo sguardo di Dean farsi sempre più serio mentre il suo sorriso scemava, iniziando a guardarla in maniera diversa; abbassò nuovamente il capo per qualche momento, per poi tornare a guardarlo con un sorriso amaro mentre faceva spallucce ed i suoi occhi erano lucidi. "All'inizio mi mancavate così tanto che non c'era spazio per la pace e l'armonia, ma quando ho capito che prima o poi sareste tutti arrivati e che presto avremmo ripreso da dove avevamo interrotto, stavo bene! Non provavo dolore, disperazione, solitudine o mancanze: ero felice. Non c'erano mostri o apocalissi da fermare! C'era solo pace e tranquillità, fin quando mia madre mi ha riportata a vivere in un mondo dove io non volevo stare". 
Dean rimase a guardarla in silenzio per dei minuti lunghissimi, percependo immediatamente i discorsi dei cacciatori attorno a lui come dei lievi ronzii nelle orecchie mentre rimaneva a fissare Abby negli occhi con aria seria e sconvolta per quella liberazione.
Delle dense lacrime scivolarono sul volto della ragazza, che si affrettò a spazzare via con le dita mentre lo guardava con il cuore che batteva più veloce nel letto per l'agitazione. "Io non pensavo.. Credevo che tu fossi in un brutto posto e che avessi bisogno di aiuto, e..". 
"Tu e Sam siete finiti all'inferno e siete stati torturati per tanto tempo, volevate tornare per far cessare quel dolore. Mentre se fosse dipeso da me, io non sarei mai tornata qui sulla terra, Dean.." sussurrò Abby abbassando gli occhi e sentendo altre lacrime farsi strada sul volto, scuotendo la testa e sospirando. "Sarò una persona orribile a dirlo, ma io stavo meglio lì. E Lucifer aveva ragione: è questo il mio inferno".
Dean rimase in silenzio a guardarla senza sapere che cosa dire, senza sapere come reagire davanti alle sue parole, perché capiva il senso del suo discorso, ma per lui la pace non sarebbe stata sufficiente a farlo desistere dal tornare dalla sua famiglia; fu un fulmine a ciel sereno, proprio in un momento come quello in cui aveva persino pensato di sistemare le ultime cose e ritirarsi in pensione dalla caccia, vivendo una vita normale con suo fratello e la sua famiglia, dato che ormai ci fossero nuovi cacciatori e Jack sulla terra. 
La osservò asciugarsi le lacrime dal volto e tornare a guardarlo con un sorriso amaro, facendo spallucce e sospirando. "Adesso sai perché è stato così difficile per me: io volevo solamente una vita normale. L'ho sempre voluta per me, per noi, per i bambini. Ma mi rendo conto che non sarà mai possibile: non usciremo mai da questo girone, se non morendo durante una caccia andata male". 
Dean deglutí a fatica e sollevò un sopracciglio sentendola parlare in quel modo, sentendosi ancora un po' sconvolto dalla sua rivelazione; solo per un momento scorse la malinconia e la rassegnazione nello sguardo di Abby, e Dean si sentí trasportare indietro a molti anni prima, quando entrambi erano solamente dei ragazzi ancora troppo giovani e inesperti, e si ritrovò nella camera di Abby nella sua casa a Louisville, mentre lei cercava di dirgli che avrebbe lasciato i suoi fratelli per tornare a cacciare insieme a loro, aiutandoli a trovare un modo per salvarlo dall'inferno. 
"È una bella vita, ma questa non è la mia. Io sono fatto per cacciare, Abby". 
"Non voglio cacciare per sempre: vorrei essere normale, avere una vita normale. Ho solo 23 anni, Dean!". 

Rabbrividí a quel ricordo, sorridendo amaramente mentre ripensava a quanta strada avessero fatto insieme e presto Dean la guardò negli occhi alla ricerca della stessa ragazza che avesse pronunciato quelle parole circa quattordici anni prima, la stessa Abby solare, sempre sorridente e pronta a fare una battuta dietro l'altra solamente per dargli fastidio, fino a portarlo all'esasperazione e farlo cedere su qualsiasi cosa volesse da lui.
Ma di quella ragazza non sembra esserci più traccia.
"Non puoi dire così, ragazzina: io voglio la normalità e anche tu la volevi un tempo!" esclamò Dean scuotendo la testa con disapprovazione, allentando la presa sulle sue mani per sollevare una mano e sfiorarle una guancia. "Avremo la normalità, solo non adesso". 
Abby lo guardò con aria ironica ridendo di gusto per il nervosismo ed alzandosi dalla sedia, camminandogli vicino fino a fermarsi davanti a lui con entrambe le mani sui fianchi: avrebbe potuto dirgli che aveva sentito quella frase almeno un milione di volte e che ci contasse davvero perché era fin troppo stanca della loro assurda vita che si fosse spinta fin troppo oltre. 
Ma Abby invece sorrise amaramente e fece spallucce mentre lo guardava. "No, non l'avremo mai, o almeno non io, e l'ho capito quando sono rimasta bloccata nell'altra dimensione: ho passato due settimane con Micheal. Anche lui conosce Syria, ovviamente. Ma non quella di questo mondo. Micheal pensa che io sia Syria, la sua". 
Den rimase a guardarla con aria indagatrice, alzandosi e serrando le braccia al petto mentre si chiedeva dove volesse andare a parare. "Non ti seguo".
Abby fece spallucce e sospirò rumorosament, serrando anche lei le braccia al petto e scuotendo la testa perché sapeva quanto si sarebbe arrabbiato da lì a breve. "Nella sua dimensione lei non lo ha mai lasciato per Lucifer: Syria e Micheal sono rimasti insieme, finché lei non è morta. Pensava di averla ritrovata quando mi ha incontrata: mi vuole con sé a tutti i costi. E prima che tu possa dire qualcosa, sai benissimo che il modo per sbarazzarci di lui è colpirlo a tradimento. Ed io posso farlo. Ma devi lasciarmi and-..".
"Credi che possa permetterti di fare una cosa del genere? È un fottuto arcangelo: non abbiamo un'arma in grado di ucciderlo ed in più c'è Lucifer a piede libero con Jack! Non posso perdere anche te!" esclamò Dean guardandola in cagnesco e alzando fin troppo il tono della voce, sentendo il sangue ribollire nelle vene all'idea di perderla per l'ennesima volta mentre Abby accennò un sorriso imbarazzato verso gli altri cacciatori che avessero iniziato ad ascoltare la loro conversazione facendo calare il silenzio nella sala, compreso Edward che lasciò Richard fra le braccia di Anael e fece qualche passo verso di loro.
Abby roteò gli occhi ed afferrò Dean per un braccio fino a spostarlo con forza verso il corridoio del bunker, invitandolo ad abbassare il tono della voce, ma Dean era ormai stanco di continuare a perdere le persone che amava. "Ci risiamo, non è vero? C'è sempre qualcosa che vuole tenerci lontano. Ma tu non hai mai perso la speranza: uniti abbiamo una possibilità contro questi stronzi, ma se ti arrendi così adesso e ti consegni a lui, è finita. La vita insieme, la casa, i bambini: finirà tutto. Quindi resta, lavoriamo tutti insieme: almeno fino all'ultimo momento, starò accanto a te".
Abby guardò nei suoi occhi così speranzosi e scosse la testa, abbassando lo sguardo perché non aveva la minima voglia di discutere.
Si chiedeva perché nessuno volesse lasciarla andare e permetterle di trovare un modo di uccidere Michael da sola, mentre loro avrebbero continuato la loro vita sano e salvi.
Abby voleva vivere, solamente non voleva più farlo in quel mondo fatto di caccia e sangue.
Abby accennò un sorriso amaro nella sua direzione e avrebbe tanto voluto cingergli il collo con le braccia, nascondere il viso nell'incavo del suo collo e respirare il suo odore; voleva sentire le sue braccia massicce cingerle i fianchi ed attirarla a sé.
Ma all'infuori di Dean, Edward ed i bambini, Abby non sentiva più nulla.
Come se fosse anestetizzata.
Si sollevò sulle punte per schiacciare le sue labbra contro quelle dell'uomo davanti a sé, cingendogli il volto con le mani mentre lo attirava a sé con dolcezza.
Lo baciò lasciando che Dean riuscisse a percepire ciò che Abby provasse per lui e che avesse sempre provato, volendo che sentisse tutto il suo amore per l'ultima volta.
Poi si scostò da quel breve contatto e sollevò lo sguardo fino a lui, accennando un sorriso amaro nella sua direzione mentre lo guardava.
"No". La sua risposta fu secca mentre ancora lo guardava negli occhi, sollevando le spalle e scuotendo la testa. "Devi lasciarmi fare la cosa giusta quando sarà il momento, ma per ora devo concentrarmi sul trovare un'arma in grado di ucciderlo".
Dean sgranò gli occhi mentre ascoltava le sue parole, ma non ebbe il tempo di rispondere e di provare a persuaderla a non tentare il suicidio consegnandosi a Micheal, quando un forte terremoto scosse il bunker facendo spaventare tutti i presenti.
I cacciatori si guardarono attorno con aria confusa perché nessuno aveva la minima idea di ciò che stesse accadendo e si prepararono a prendere le loro armi perché quello voleva solamente dire che l'arcangelo li avesse trovati, quando la porta in acciaio rinforzato impossibile da buttare giù venne scaraventata dalla parte opposta del bunker.
Abby e Dean si avvicinarono alla sala comune rimanendo nel corridoio e l'uomo trattenne con forza Abby dalle braccia per evitare che corresse nella direzione dei bambini, notando già come Edward li avesse presi entrambi e fosse sparito in uno degli altri corridoio per metterli in salvo.
Dei forti passi giunsero alle orecchie dei cacciatori nascosti ed ancora storditi per ciò che fosse accaduto, ed Abby si sporse appena per osservare come l'uomo di colore mosso da Micheal farsi sempre più vicino.
Ed in quel momento Abby scosse la testa e smise di lottare fra le braccia di Dean, perché aveva perso la speranza e sapeva che nessuno di loro sarebbe sopravvissuto. "Avresti dovuto lasciare che mi consegnassi a lui e basta. Adesso è troppo tardi".



"Avevamo un accordo". 
Sbatté le palpebre un paio di volte guardandosi attorno con aria disorientata.
Le orecchie le fischiavano, la testa le girava un po' ed il freddo le penetrava nelle ossa facendola tremare.
Le parole piene di rabbia di Dean riecheggiavano nella sua mente, facendole immediatamente ricordare ciò che fosse avvenuto subito dopo che fossero finalmente riusciti a sconfiggere Lucifer una volta per tutti. 
"Grazie per il vestito". 
Quando Micheal era arrivato pieno di rabbia al bunker per riprendersi Abby ed uccidere tutti i cacciatori, Dean era stato il primo ad avanzare per ostacolare l'arcangelo.
Dean voleva così disperatamente salvare la vita di Abby che non gli sarebbe importato di perdere la sua, osservando con la coda dell'occhio come la ragazza fosse caduta a terra dopo che lui stesso l'avesse spinta via da Michael.
Ma Dean non fu l'unico, dato il modo in cui Edward accorse in suo aiuto e cercò in tutti i modi di liberare Dean dalla presa mortale che Michael esercitasse attorno al suo collo, ma l'arcangelo bloccò anche lui nella stessa morsa.
Rise divertito e strinse forte la presa su entrambi gli Uomini, lasciando vagare lo sguardo fino ad Abby, che lo guardava con aria supplichevole.
"Queste sono le conseguenze per avermi abbandonato, Abby. Potrei ucciderli in modo molto veloce, ma mi gusterò ogni istante".
Abby si era faticosamente alzata e stava proprio per scagliarsi contro di lui, dicendo che lo avrebbe seguito solamente se li avesse risparmiati, quando Jack si materializzò nella sala mettendosi fra di loro. 
"Ho sentito la tua preghiera, Sam".
Abby si era voltata a guardare il minore dei Winchester con aria confusa, riconoscendo che pregare Jack di unirsi a loro e di aiutarsi fosse una grande mossa.
Così avevano tutti assistito al modo in cui Jack costrinse Michael a lasciare andare i due uomini, che caddero rovinosamente a terra tossendo e cercando di regolarizzare il loro respiro, mentre Abby si chinó su di loro per aiutarli a stare più dritti e si assicurava che entrambi stessero bene, e con uno schioccò di dita gli occhi del giovane si accesero di un dorato intenso ed iniziò a far urlare Michael di dolore.
Il tradimento che seguì dopo, fu una delle lezioni più importanti che Jack potesse imparare.
Venire a scoprire dell'accordo fra Micheal e Lucifer gli aveva fatto perdere quel minimo di fiducia che Jack riponesse nel suo padre biologico.
Anael e Castiel accorsero in soccorso di Jack, che li guardò sentendosi disorientato e debole quando Lucifer gli rubò la grazia per accrescere i suoi poteri, prima di scappare via e portare con sé Jack e Sam che si fosse avvicinato per separarli. Adesso i cacciatori sapevano che non ci fosse più nessuno che avrebbe potuto fermare Lucifer, nessuno tranne Michael stesso se fosse stato opportunamente potenziato.
L'arcangelo aveva deciso di esaudire i loro desideri, cioè di non portare via con sé Abby e di uccidere Lucifer solamente ad una condizione: prendere il controllo del corpo Dean, la sua vera spada.
Abby aveva provato a dissuaderlo ed a dirgli che fosse una menzogna, che Michael non avrebbe mai rispettato la parola data di lasciarlo andare subito dopo lo scontro.
Lo aveva supplicato di non dire di si.
"Se la scelta è fra me e te, lascia che sacrifichi me stesso per salvarti, ragazzina".
Dean non le aveva dato il tempo di rispondere, chinandosi su di lei e baciandola con fermezza mentre le sfiorava una guancia.
Le aveva sorriso per tranquillizzarla, prima di ricordarle quanto l'amasse.
Poi si era voltato per affrontare Michael che lo attendesse come un felino pronto a balzare sulla preda ed a insinuare i suoi artigli malefici nella sua carne, ma Dean si era presto voltato per guardare gli occhi nocciola di Edward.
Non si erano detti nulla, ma Edward sapeva cosa Dean gli stesse silenziosamente dicendo.
"Molto probabilmente non tornerò mai, quindi prenditi cura di loro".
Edward si era limitato ad annuire e per la prima volta lo aveva guardato con rispetto e gratitudine per il sacrificio che stesse compiendo, mentre si avvicinava ad Abby e le passava una mano sulla schiena nel tentativo di darle conforto.
"Si".
Una parola, due lettere pronunciate ad alta voce.
Ed una grande luce illuminò la sala centrale del bunker, facendo si che Micheal prendesse pieno possesso del corpo di Dean, prima di allungare una mano con forza verso Abby e volare via in un battito di ali.
Michael aveva afferrato Abby a tradimento, strappandola dalle braccia di Edward per portarla nella cripta dove Lucifer aveva invece portato Jack e Sam, e la ragazza era rimasta inerme a guardarli combattere insieme a loro.
Quando la battaglia si concluse ed il corpo senza vita di Lucifer cadde rovinosamente a terra, Sam, Abby e Jack si scambiarono un'occhiata felice ma incredula, perché finalmente Lucifer era morto. 
La felicità durò almeno fino a quando Michael utilizzò le forti mani di Dean per afferrarla saldamente, volando via insieme a lei e poggiando due dita sulla testa per farle smettere di opporre resistenza.

Si tirò a sedere sul freddo mattonato di quella strana chiesa abbandonata e tetra in cui si fosse risvegliata, guardandosi attorno con aria confusa fino a raggiungere con lo sguardo una sagoma seduta sull'unica panca di legno ancora intatta che vi fosse; Abby si mise in piedi e si avvicinò al ragazzo di spalle pensando che lo avrebbe riconosciuto fra mille.
Corse verso di lui velocemente, superandolo ed osservandolo con aria seria rimanendo di stucco ed incredula per qualche secondo mentre osservava la sua espressione seria e solenne. 
"Dean?". 
I vestiti eleganti, la giacca accuratamente ripiegata accanto a sé, il basco francese, lo sguardo duro e il mezzo sorriso che si dipinse sulle labbra del ragazzo che stesse davanti a lei e che fissasse da chissà quanto tempo la grande statua di Gesù malmessa al centro dell'abside: tutto ciò le fece venire la pelle d'oca e la fece indietreggiare ad occhi sgranati. "Tu non sei Dean". 
L'uomo si alzò lentamente come se si stesse gustando quel momento fra di loro e si avvicinò alla ragazza che continuava ad indietreggiare fino a sbattere con le gambe contro ciò che restasse di una panca, piegando appena la schiena all'indietro e appoggiandovi entrambi i palmi nel tentativo di stargli il più lontana possibile; Micheal usò la mano di Dean per sfiorarle la guancia sinistra, notando come Abby cercasse di allontanarsi da quel contatto e l'arcangelo mise su un ghigno felice, avvicinandosi di un altro passo per poter sfiorare la sua pelle con l'intero palmo.
"Lascia andare Dean, subito". 
Michael rise leggermente divertito scuotendo appena la testa per poi lasciare che la sua mano scivolasse sul suo collo con delicatezza, iniziando a scendere sempre più giù fino a quando Abby lo guardò in cagnesco e gli bloccò la mano a mezz'aria, spingendolo e costringendolo a indietreggiare prima di lasciare la presa su di lui. L'angelo rise di gusto e si morse il labbro inferiore, per poi sollevare le mani in segno di resa mentre la guardava con aria seria. "Devi scusarmi, ma ho sempre avuto occhi per una sola donna, la stessa che amo e che ho perso da millenni. E tu sei dannatamente identica a Syria". 
Abby notò il modo in cui Micheal la stesse guardando, il modo in cui stesse osservando ogni singolo centimetro di lei facendola sentire a disagio, come se stesse rivivendo dentro la sua testa qualcosa che riguardasse anche lei, costringendola a fare una smorfia ed a scuotere la testa. "Beh, sappi che io non sono Syria: né in questo mondo, né nel tuo". 
"Oh, questo l'ho già capito.." sussurrò l'angelo iniziando a girarle attorno con passo lento riuscendo ad annusare il suo profumo ed a bearsene, accennando un sorriso famelico per poi tornare davanti a lei e studiare i suoi occhi così sicuri. "Nelle due settimane che abbiamo trascorso insieme, faticavo parecchio a capirti. Non ti conoscevo, non sapevo la tua storia, e poi Lucifer minacciava di uccidermi ogni volta che mi avvicinavo troppo a te. Ma adesso mia cara Abby, io so tutto di te, perché le sa Dean: so che non sei Syria, ma so anche che potresti esserlo di nuovo. E adesso che sono dentro l'uomo a cui non puoi resistere, tu farai ogni cosa che ti chiederò di fare. Perché lo ami e non vuoi che io gli faccia del male". 
Micheal la intrappolò con il suo sguardo magnetico mentre la osservava aggrottare le sopracciglia e scuotere la testa guardandolo con occhi lucidi: l'arcangelo era in grado di sentire la confusione dentro di lei, la paura che Abby provasse all'idea che qualcosa di male potesse accadere a Dean. 
Le sorrise pacatamente come a dirle che tutto sarebbe andato bene se lei avesse fatto la brava e le si avvicinò con un balzo, davanti al quale Abby non indietreggiò: la ragazza rimase immobile e non sussultò, per dimostrargli di non avere alcuna paura di lui.
L'aveva presa, l'aveva allontanata dalla sua famiglia, eppure Abby non si sarebbe mai lasciata spezzare da Micheal.
L'arcangelo sorrise, utilizzando entrambe le mani di Dean per scostarle i lunghi capelli dietro la schiena e ritrovandosi ancora una volta vicino al suo volto; la vide chiudere gli occhi per qualche istante e riaprirli per sostenere ancora il suo sguardo, deglutendo a fatica mentre si sforzava di apparire rilassata e tranquilla.
Ma Micheal riusciva a sentire il suo cuore battere fin troppo velocemente nel suo petto.
Micheal riusciva a sentire la sua agitazione e la sua paura, nonostante Abby si sforzasse così tanto di nascondere quei sentimenti.
"Avvicinati".
Abby lo guardò aggrottando le sopracciglia e tremando leggermente, scuotendo appena le braccia e distogliendo lo sguardo come segno di dissenso, quando Micheal la fulminò con gli occhi e le fece capire che sarebbe tutto peggiorato se non avesse obbedito.
Così Abby fece un unico passo avanti arrivando a pochissima distanza da Micheal e dal volto di Dean, disteso in un sorriso compiaciuto.
"So che hai paura di me, ma non devi" disse Micheal mentre le sfiorava il viso e la sentiva così rigida sotto le sue mani. "Non ti farò del male: io ho bisogno di te, ma non per quello che credi tu".
Abby tornò ad incrociare il suo sguardo mentre lo sentiva parlare e percepiva il suo respiro contro il suo viso, e sospirò lentamente scrutando negli occhi verdi di Dean e chiedendosi quanto stesse soffrendo nel sapere che Micheal l'avesse rapita o sentirlo parlare con lei in quel modo.
Così Abby prese un lungo respiro e si decise a vincere la sua paura per fare ciò che avrebbe voluto fare sin dall'inizio.
Le sembrò tutto così surreale, perché gli occhi che stesse guardando non erano affatto quelli gentili e attenti di Dean, ma quelli pieni di arroganza e di fierezza di Micheal; Abby respirò lentamente mentre sapeva che l'angelo stesse solamente aspettando una parola da parte sua, ma proprio prima di farlo la ragazza accennò un sorriso mesto e fiero nella sua direzione.
Estrasse velocemente la sua arma dalla propria cintura dei pantaloni e la puntò con forza contro l'arcangelo, che però prontamente l'afferrò dalle braccia con rabbia e la scaraventò contro il muro della chiesa, facendola cadere rovinosamente a terra; ma Abby riuscí a parare il corpo ed a cadere nel giusto modo e presto si rialzò puntandogli la pistola contro, sollevando un sopracciglio con aria di sfida. "Sono proiettili antiangelo, stronzo. Lascia il corpo di Dean o ti ridurrò come un colabrodo". 
Micheal lesse la fermezza nei suoi occhi e quasi credette che avrebbe premuto il grilletto, ma invece di cedere e arrendersi decise che avrebbe preferito provocarla e divertirsi un po' con lei.
Le si avvicinò lentamente fino a giungere proprio vicino a lei, afferrando la canna della pistola e puntandola dritta al centro del suo petto, sfidandola a sua volta con lo sguardo; osservò gli occhi sorpreso di Abby divenire subito meno sicuri di sé e la ragazza deglutí a fatica mentre vedeva andare in fumo il suo unico piano per costringere l'arcangelo proveniente da un altro modo a lasciare il corpo di Dean, e adesso si ritrovava letteralmente con le spalle al muro e la pistola puntata al petto dell'unica persona a cui non avrebbe mai fatto del male. "Non è così facile quando sai che feriresti me, ma uccideresti l'amore della tua vita, giusto?". 
La ragazza lo guardò in cagnesco e sentí gli occhi pizzicare, leggendo nel suo sguardo che quello fosse solamente l'inizio e che Micheal non l'avrebbe lasciato andare così facilmente nessuno dei due. "Dean vorrebbe che facessi di tutto per farti uscire". 
"Allora sparami: magari mi riduci così male che sarò costretto ad andarmene da questo corpo. Ma il punto è sempre quello: Dean non sopravvivrebbe e tu questo non puoi permetterlo.." sussurrò Micheal ridendo divertito e guardandola con sicurezza e con fermezza, mentre ancora stringeva la canna della sua pistola. "Nella sua mente ho visto tutta la vostra storia e so che voi due non riuscite mai ad allontanarvi l'uno dall'altra. Quindi puoi capire come mi senta io ad aver perso Syria da secoli: io vorrei solamente riaverla. Ma so che non posso e che devo accontentarmi di te, quindi tu mi aiuterai a compiere la mia missione su questo pianeta".
Abby aggrottò le sopracciglia con aria confusa sentendo le sue mani sfiorarle quella con cui tenesse la pistola, piegandole il polso con forza e facendola gemere di dolore fin quando la ragazza fu costretta ad aprire il palmo lasciando scivolare a terra la sua arma; si liberò dalla sua presa e lo guardò con aria arrabbiata, massaggiandosi il polso destro con la mano sinistra provando dolore per la maniera in cui lui l'avesse stretta, e deglutí a fatica mentre continuava a guardare i suoi grandi occhi verdi. "Che cosa vuoi da me?". 
Micheal si avvicinò nuovamente e la intrappolò contro la parete appoggiando le mani ai lati del suo viso, bloccandola in quella morsa ed osservando il modo in cui Abby si fosse tirata indietro per non farsi toccare, e poi le sfiorò la guancia sinistra con il dorso della mano, accennando un grosso sorriso. "Ci sono tante cose che vorrei farti fare e Dean sta osservando tutto attraverso i miei occhi: dice che mi farà a pezzi se ti toccherò. Ma io voglio toccarti in molti modi che lo renderebbero così geloso, tutto sotto ai suoi occhi impotenti". 
"Va' all'inferno, psicopat-..". 
La voce di Abby le morí in gola quando la mano dell'arcangelo con cui le stesse carezzando la guancia, si strinse forte attorno al suo collo facendole mancare il respiro, e la ragazza la afferrò con entrambe le mani senza però riuscire a recuperare aria. "Devi portarmi rispetto, ragazzina: tu non sei niente, potrei distruggerti in un solo istante oppure ucciderti in modo molto lento e dolor-..". 
"Se mi avessi voluta morta lo sarei già da un pezzo: non sei il primo ex pazzo di Syria che incontro. E di certo non mi tieni qui perché vuoi che io sia lei, quindi te lo ripeto Micheal: cosa diavolo vuoi da me?". Abby riuscí a parlare di nuovo quando Micheal allentò la presa sul suo collo permettendole di tornare a respirare completamente e la ragazza lo guardò in cagnesco, deglutendo a fatica.
Micheal accennò un sorriso divertito sistemandole un ciuffo di capelli dietro le orecchie ed avvicinò di poco il volto al suo, guardando nei suoi grandi occhi azzurri con aria perentoria. "Lo vedrai. Ho grandi piani per questo pianeta: farò le cose in grande stile e sarà fantastico, te lo prometto".

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Capitolo 78
*** Capitolo 70 ***


Hunters' legacies
Capitolo 70.



La vite lunga e sottile che avesse estratto con pazienza dalla rete del materasso e che stesse utilizzando per scassinare la serratura della porta le si ruppe tra le mani e cadde a terra, facendola imprecare ad alta voce provando una fortissima rabbia: era l'ennesimo tentativo che faceva per evadere dalla stanza in cui Micheal l'avesse rinchiusa ormai da più di una settimana ed Abby ben presto iniziò a capire che l'intero corpo del rudere antico e abbandonato in cui si trovasse, fosse completamente sigillato dalla magia dell'arcangelo.
E ciò significava che qualsiasi tentativo avesse fatto per scappare, sarebbe stato vanificato perché Micheal non l'avrebbe lasciata andare. 
Sospirò rumorosamente e si guardò attorno, sentendo che sarebbe impazzita se non fosse riuscita ad andarsene: Micheal le aveva chiesto di avere un po' di pazienza, chiedendole di aspettare qualche altro giorno per dargli il tempo di organizzare il suo piano per quel mondo che ancora stava imparando a conoscere attraverso i ricordi e le conoscenze di Dean, dicendole che presto sarebbe arrivato il suo momento per aiutarlo. 
Appoggiò le spalle al muro sotto la finestra dalla quale continuava ad entrare una forte luce che illuminava la stanza e si sedette sul freddo marmo antico del pavimento con aria stanca: appoggiò i gomiti alle ginocchia piegate e pensò che quella stanza fosse fin troppo spartana e che se non avesse trovato un modo per impiegare il tempo sarebbe impazzita. 
Abby pensava ai suoi figli chiedendosi specialmente come la sua piccola Mary dovesse essersi sentita quando i suoi genitori non fossero più tornati a casa e pensò ai suoi due fratelli, alla sua famiglia: si chiese se stessero bene, se fossero sulle loro tracce, se avessero qualche indizio e se fossero sulla giusta via per trovarli, nonostante sapesse che Micheal fosse troppo furbo e intelligente per farsi scoprire. 
Il rumore della serratura che scattò la fece immediatamente alzare, rimanendo ad osservare con aria furiosa l'arcangelo entrare nella sua stanza come se nulla fosse, chiudendosela presto la porta alle spalle. 
Il loro sguardo si incrociò ed Abby sollevò un sopracciglio osservando il sacchetto da fast food che tenesse fra le mani, mentre avanzava verso di lei con un grosso sorriso sul viso. 
"È il tuo preferito: ho avuto un piccolo suggerimento dal mio coinquilino" disse Micheal sorridendo compiaciuto ed indicandosi la testa con l'indice sinistro mentre le porgeva il sacco pieno di delizie a cui Abby non avesse mai potuto resistere. 
La ragazza lo guardò quasi del tutto scioccata e ignorò la fitta allo stomaco che le suggerisse di afferrare il cibo e mangiare, cercando di non pensare al fatto che avesse una fame da lupi dato che non mangiasse da tre giorni. 
Lo guardò in cagnesco fulminandolo con lo sguardo, serrando le braccia al petto e divaricando le gambe con aria accigliata. "Quante persone hai ammazzato questa volta?". 
Micheal assottigliò gli occhi e ricambiò l'occhiataccia, iniziando a pensare che Abby gli facesse sprecare del tempo prezioso quando si comportava in quel modo, ma presto l'arcangelo accennò un sorriso ironico. "Non fare la moralista con me: l'ultima volta ho ucciso quell'uomo alla tavola calda solamente per errore. Il mio programma è di ucciderne molti di più: sono soltanto umani". 
Abby osservò il modo in cui Micheal la stesse incoraggiando con lo sguardo di afferrare il suo pranzo, ma la ragazza colpí il sacchetto con forza, scaraventandolo contro la parete accanto al letto e facendolo rovinosamente cadere a terra. 
Lo guardò in cagnesco ignorando il suo sguardo irritato e tornò a sedersi sotto la finestra, incrociando le gambe e serrando le braccia al petto mentre lo guardava con aria di protesta. 
"Era il tuo unico cibo, non avrai altro". 
"Bene" rispose Abby sostenendo il suo sguardo arrabbiato, facendo spallucce e cercando di essere più snervante possibile per trovare un modo di svincolarsi da quella situazione. 
Ma Micheal sorrise ironicamente e fece un passo avanti, afferrando il sacchetto che la ragazza aveva fatto cadere e la raggiunse, piegandosi poi sui talloni e porgendoglielo nuovamente con aria più tranquilla. "Morirai se non mangerai". 
"Lascia che avvenga allora!" esclamò Abby guardandolo in cagnesco, sentendo però lo stomaco stringersi mentre l'odore del cheeseburger arrivò dritto alle sue narici, facendola deglutire a fatica. "Ma tu non sei così stupido da farmi morire: hai bisogno di me per qualcosa, altrimenti mi avresti già uccisa".
Micheal accennò un sorriso divertito e scosse la testa pensando che la ragazza fosse più intelligente di quanto sembrasse, e posò sulle sue cosce il sacchetto di carta pieno di cibo facendole l'occhiolino, per poi tornare dritto e guardarla dall'alto. Ma dal suo sguardo capì che Abby non avrebbe mangiato neanche se avesse condizionato la sua mente, così sospirò rumorosamente e divenne più serio, piegando e porgendole il braccio sinistro con un sorriso e facendole segno con la testa di seguirlo. "Stavi cercando di uscire da qui prima che arrivassi, no? Vieni con me". 
Abby sbuffò sonoramente e si rimise presto in piedi ignorando il leggero capogiro che l'avesse colta per via del suo mancato nutrimento, e neanche considerò l'appoggiò che l'arcangelo le avesse offerto, passando oltre e dirigendosi verso la porta d'ingresso della stanza riuscendo finalmente a varcarla, sfruttando l'occasione per guardarsi intorno e studiare il posto; Micheal le fu presto accanto e la condusse verso la sala centrale di quel rudere, non riuscendo a fare a meno di compiacersi e ammirare il suo modo testardo e tenace di relazionarsi con lui, riconoscendo in lei dei tratti che amasse particolarmente di Syria. 
Abby si guardò attorno dentro quella sala interamente in pietra, osservando con sgomento almeno sette o otto persone legate e imbavagliate che giacessero sul pavimento, e istintivamente sgranò gli occhi facendo un passo indietro, scontrandosi con forza con il petto di Micheal che fosse rimasto dietro di lei per bloccare un'eventuale fuga; ma lei si voltò e lo guardò con aria sconvolta, indicando con un dito le persone per la maggior parte svenute che avesse rapito. "Prendi altri ostaggi adesso? Non ti bastavo io?". 
Micheal scosse la testa e si chiuse la porta alle spalle sigillandola con i suoi poteri e non distolse mai lo sguardo dal suo, accennando un sorriso divertito per poi superarla, arrivando davanti ad un bancone da lavoro. "Loro non sono ostaggi, tesoro: sono cavie". 
Aggrottò le sopracciglia e fece un passo incerto in avanti, osservando come l'arcangelo stesse iniziando a sistemare su quel tavolo degli strani utensili da tortura che le fecero venire dei brividi lungo la schiena, trovandosi a deglutire a fatica. "Cavie per cosa?". 
"Per i miei esperimenti, mi sembra ovvio" rispose Micheal accennando una sottile risata divertita, afferrando una lama molto affilata con aria compiaciuta per poi guardarla con aria seria. "Ed è qui che entri in gioco tu". 
"Io? Non ti aiuterò a torturare la gente!". Abby lo guardò in cagnesco e scosse la testa, osservandolo poi avanzare lentamente verso di lei mentre teneva ancora la lama tagliente fra le mani, e iniziò a muoversi attorno a lei fino a piazzarsi alle sue spalle; la ragazza si irrigidí quando sentí le dita di Micheal carezzarle la schiena in un modo del tutto diverso da come facesse solitamente Dean, spostandole i capelli tutti sulla spalla destra e lasciandole scoperto il collo. 
Micheal si avvicinò di più fino a sfiroarle la schiena col petto e insinuare il suo viso vicino al suo orecchio sinistro, al quale sussurrò con voce più profonda e rauca. "Non voglio torturare nessuno, voglio solamente creare il mostro perfetto: ci provo da decenni, ma c'è sempre qualcosa che non va bene nel mio lavoro ed alla fine i miei ibridi muoiono. Ma ho scoperto dalla mente di Dean che tu hai già lavorato ad esperimenti simili con gli Uomini di Lettere inglesi, quindi devi trovare un modo che permetta alle mie creature di poter sopravvivere".
Abby sgranò gli occhi e scosse la testa, voltando il suo viso verso il suo troppo vicino mentre lo guardava con aria sconvolta e senza parole non riuscendo a credere che una parte del suo piano fosse proprio quella; guardò negli occhi verdi di Dean ma ancora una volta non trovò alcuna traccia del ragazzo che amava e presto si allontanò di qualche passo raggiungendo il centro della stanza mentre si guardava attorno, notando come gli uomini legati stessero lentamente riprendendo conoscenza e si muovessero sul freddo pavimento di pietra, gemendo appena. "No. No Micheal. Non ti aiuterò mai a fare del male a queste persone, non importa chi deciderai di uccidere per punire questa mia decisione. Non ti aiuterò". 
Prima che potesse anche solamente voltarsi e guardarlo in cagnesco, Abby venne afferrata saldamente dalle spalle e spinta in avanti con fermezza dalle braccia possenti dell'arcangelo che la costrinse ad avanzare fino a raggiungere il primo degli ostaggi che si fosse svegliato e che si fosse messo in piedi immediatamente; con un gesto della mano Micheal lo incollò alla parete più vicina, continuando ad avanzare portando la ragazza con sé fino a farla parare davanti al primo ostaggio, tenendola ad una distanza di sicurezza. 
Non riuscì a capire cosa stesse facendo, né perché Micheal la bloccasse così vicina a quell'uomo, ma presto Abby si accorse di come i suoi denti si trasformassero in zanne e come i suoi occhi divennero gialli e diversi: sentí la sua bocca mordere l'aria mentre si dimenava nel vano tentativo di raggiungerla e azzannarla e Abby istintivamente cercò di allontanarsi per proteggersi, sentendo il braccio di Micheal girarle attorno e bloccarla forte contro il suo petto mentre tornava a parlarle all'orecchio con un sorriso sulle labbra. "Queste non sono persone, Abby. Sono dei licantropi, dei mostri, gli stessi che tu hai ucciso numerose volte: voglio solamente perfezionarli e renderli diversi e migliori per poter compiere il mio lavoro nel tuo mondo e purificarlo. E tu mi aiuterai oppure non mi servirai più a nulla e ti lascerò diventare il loro nuovo pasto". 


Le urla e i pianti incessanti giunsero presto alle sue orecchie facendole chiudere gli occhi e rannicchiandosi di più sul suo letto: era stata nuovamente rinchiusa nella stanza che Micheal avesse designato per lei ed Abby aveva ripreso a mangiare dati i crampi della fame divenuti insostenibili, ma ancora rifiutava di aiutare l'arcangelo che avrebbe solamente avuto bisogno di Abby per trovare il suo errore. 
Ma la ragazza non aveva alcuna intenzione di dargliela vinta e si limitava a trascorrere le giornate chiusa in quella stanza, osservando il sole sorgere e splendere alto nel cielo mentre pensava alla sua famiglia ed a quanto le mancassero i suoi bambini, per poi osservarlo tramontare; aveva provato davvero di tutto per evadere, ma la magia di Micheal era fin troppo potente. 
Abby si sedette sul letto e drizzò le orecchie guardandosi attorno come se potesse vedere oltre i muri, ma tutto ciò che riuscì a udire fu un improvviso silenzio: non c'erano più urla disperate, né suppliche di risparmiare loro la vita, né rumori di lame che dilaniavano. 
Ma solo un assoluto silenzio che le fece più paura di qualsiasi urlo agghiacciante avrebbe potuto sentire.
Un colpo alla porta la fece sobbalzare e sgranare gli occhi, quando vide la maniglia abbassarsi e Micheal fare capolino alla soglia con un sorriso sadico sul viso sporco del sangue di una delle sue vittime; Abby cercò di capire cosa volesse ancora e si preparò a ribadire che non lo avrebbe aiutato, ma presto si accorse di una seconda figura seduta a terra che gemesse appena e che l'arcangelo tenesse per le larghe spalle. 
Micheal entrò velocemente nella stanza portando la figura con sé facendole sgranare gli occhi perché non capiva cosa stesse accadendo, fin quando l'arcangelo colpí con un sonoro pugno l'uomo che avesse portato nella stanza di Abby per poi scaraventarlo contro la parete accanto al letto, facendo sussultare la ragazza. 
Abby scese immediatamente dal letto per dirigersi verso l'uomo a terra che avesse subito riconosciuto, scostandogli i capelli ricci dal volto insanguinato per i colpi ricevuti e per poi afferrarglielo con delicatezza fra le mani; lo costrinse ad incrociare i suoi grandi occhi nocciola con i suoi e la ragazza sospirò di sollievo quando vide Edward accennare un sorriso affaticato verso di lei. "Ehi rossa, credo che il tuo ragazzo sia ancora un po' arrabbiato per la nostra storia". 
Non ebbe neanche il tempo di rispondere alla sua battuta o di assicurarsi che stesse effettivamente bene, che Abby vide Edward iniziare a contorcersi nel tentativo di appoggiare la schiena alla parete, iniziando a vomitare fiotti di sangue mentre si lamentava in preda ai dolori; capí presto quale fosse il vero motivo per cui Micheal lo avesse portato lì proprio in quel momento e subito Abby si voltò a guardarlo con aria arrabbiata e occhi lucidi. "Smettila, lascialo andare! Lui non c'entra nulla con questo". 
Micheal accennò un sorriso divertito e aprí la mano destra stretta a pugno con cui stesse facendo del male a Edward con la sua morsa invisibile, e presto abbottonò la sua giacca scura del completo elegante facendo qualche passo avanti mentre guardava la ragazza negli occhi. "Sai, avrei potuto prendere uno dei tuoi figli o uno della tua famiglia per convincerti ad aiutarmi, ma invece ho deciso di fare un favore a Dean prendendo il tuo bel barista: Dean si sta davvero godendo la vista, ha sempre desiderato ridurlo in questo stato, ma non voleva che tu vedessi il vero mostro che è, quindi..". 
Accennò un ghigno divertito mettendo le mani all'interno delle tasche dei suoi pantaloni facendo spallucce, piantando i suoi occhi in quelli della ragazza mentre sentiva nuovamente le urla di Edward farsi strada nella stanza, il quale si chinò sul pavimento appoggiandovi entrambe le mani mentre tornava a vomitare sangue.
Abby si apprestò a sorreggere l'uomo per farlo stare più dritto, carezzandogli la testa e cercando di aiutarlo a respirare, ma vide Edward peggiorare momento dopo momento, così si voltò verso l'arcangelo tornando a supplicarlo di fermarsi. 
Micheal roteò gli occhi e si avvicinò lentamente, sentendo l'uomo respirare pesantemente mentre Abby lo sosteneva e cercava di pulirgli il viso per farlo respirare meglio, facendogli appoggiare la schiena contro la fredda parete; si avvicinò ai due e si piegò sui talloni, arrivando al loro livello e guardando entrambi con lo stesso sorriso divertito e impertinente. 
Allungò una mano verso Abby sfiorandole la guancia destra con delicatezza e mordendosi il labbro inferiore con una leggera risata, osservando nella ragazza la paura ed il dolore nel vedere come Edward fosse rimasto coinvolto. "Leggo nella mente di Dean e non ha mai trovato il coraggio di chiederti se lo amavi. Ammetto di essere abbastanza curioso anche io, piccola Abby". 
La ragazza lo guardò in cagnesco fulminandolo completamente con lo sguardo mentre stringeva ancora il viso sfinito di Edward, non riuscendo a fare a meno di chiedersi se se la sarebbe cavata o se Micheal lo avrebbe ucciso in qualsiasi caso, ma serrò la mascella e parlò a denti stretti. "Sei un fottuto bastardo!". 
Micheal rise divertito e poi fece schioccare la lingua dentro la sua bocca, scuotendo la testa e stringendo la presa sul suo viso con sempre meno delicatezza. "Non è la risposta giusta, tesoro". 
Edward tornò presto a vomitare sangue ed a contorcersi per il dolore mentre gemeva e urlava, stringendosi alle mani di Abby che tenesse sul suo viso e presto la donna sgranò gli occhi lacrimosi e tornò a guardare l'arcangelo. "Ok, basta ti prego! La risposta è si: lo amavo. Ma adesso lascialo andare, ti prego!". 
Micheal annuí contento e si avvicinò ad Abby con un ghigno vittorioso sul viso, lasciando scivolare lentamente la mano di Dean fino al suo collo per poi risalire ed intrecciare le dita con i capelli alla base della nuca della ragazza per voltarle il viso verso il suo.
Tutto quello che Micheal cercava era la sincerità e quando la trovò, si lasciò andare ad un sorriso soddisfatto. "Mi dispiace per Dean, ma questa è un'ottima notizia per me! Ti dò l'ultima opportunità, Abby: aiutami nel mio lavoro o il prossimo che torturerò sarò proprio Edward, e ti costringerò a guardare!". 
Abby lo guardò negli occhi per qualche istante leggendo che non vi fosse alcuna traccia di titubanza o di indecisione nel suo sguardo, riuscendo a scorgere invece la fermezza e la risolutezza come segno che Micheal stesse facendo sul serio mentre si rimetteva in piedi davanti a lei in attesa della sua risposta.
La ragazza volse lo sguardo su quello sofferente di Edward che respirava a fatica e si teneva il petto con le mani sentendo ancora dolore, ma riuscí comunque ad allungarsi verso di Abby per liberarla dalla presa che ancora Micheal avesse sui suoi capelli e per prenderle il volto fra le mani. "Ehi, ehi rossa, no no. Guardami: lascia che mi torturi o che mi uccida, a me va bene. Ma non devi fare niente di ciò che ti chiede, promettimelo".
Abby rimase in silenzio ad osservare nei suoi occhi nocciola e scosse la testa, perché non poteva permettere che Micheal gli facesse ancora del male.
Sarebbe stato solamente l'inizio.
Osservò il sangue ancora sul suo viso, sporcargli la barba e la giacca, ed Abby scosse la testa sentendo le lacrime scivolare sulle guance. 
Sfuggí dalla presa di Edward senza incrociare i suoi occhi, accennò un sorriso amaro e volse lo sguardo lacrimoso verso Micheal, cercando ancora una volta qualche traccia di Dean sul suo volto, ma Abby non trovò ciò che cercasse; così scosse la testa mentre il suo respiro accelerato andava via via calmandosi, alzandosi in piedi e mettendosi davanti l'arcangelo che fosse in atteso di una sua risposta. 
"Ti aiuterò". 
Micheal accennò un sorriso compiaciuto ed annuí come se avesse sempre saputo come sarebbero andate le cose e si voltò verso la porta, facendole segno di seguirlo con la testa ed Abby si trovò costretta ad eseguire quell'ordine dopo aver lanciato un ultimo sguardo dispiaciuto a Edward, che continuava ad urlarle di fermarsi e di non fare nulla di ciò che l'arcangelo le avrebbe chiesto.
"Se le farai del male, ti ucciderò maledetto!". Edward grugní come fosse un grosso grizzly arrabbiato, sbattendo i palmi delle mani sul pavimento sentendo una grossa rabbia dentro di sé mentre osservava Abby allontanarsi da lui, mentre Micheal si chiudeva la porta alle spalle.
Lentamente si tirò più dritto con la schiena appoggiandola contro la parete, mentre continuava a respirare faticosamente ma il dolore al petto sembrava essere quasi del tutto sparito.
Le fitte alla testa però non gli lasciavano presagire nulla di buono e quando Edward si portò una mano alla nuca, osservò come essa apparisse colma di sangue.
Sospirò con rabbia perché sapeva di avere poco tempo prima di perdere conoscenza per via della brutta ferita, quindi doveva agire in fretta.
Frugò nelle tasche dei suoi pantaloni per raggiungere il cellulare che fosse miracolosamente sopravvissuto a tutte le volte in cui Micheal lo avesse sollevato di peso per lanciarlo contro una delle pareti, spaccando alcuni mobili con la schiena.
Edward però si trovò a sorridere per la prima volta da quando tutta quella storia fosse cominciata, stringendo il telefono fra le mani. "Bingo, figlio di puttana!". 
Selezionò il contatto da chiamare e si portò il telefono all'orecchio, sentendolo squillare innumerevoli volte fin quando tutto ciò che udì dall'altra parte del telefono fu la voce di Sam che rappresentasse la sua unica via di fuga e che lo chiamasse, ma Edward chiuse gli occhi sentendosi privo di forze anche solamente per rispondere, ripensando unicamente a come Micheal fosse stato in grado di trovarlo e di rapirlo. 


"Dean Winchester? Ci sei davvero tu dentro a quel completo da cinquemila dollari?".
Andrew si voltò ad osservare con aria stranita l'uomo che si fosse da poco seduto al bancone, ma che avesse un aspetto del tutto diverso rispetto all'ultima volta che lo avesse e visto al bunker con addosso dei jeans usurati ed una vecchia camicia di flanella.
Lo guardò con confusione perché il suo completo era fin troppo elegante per il Red Right Hand ed aveva uno sguardo sofisticato ed altolocato, tanto da sembrare un principe.
Quando incrociò i suoi occhi verdi, Andrew percepí che qualcosa non andasse ed accennò un sorriso imbarazzato nella sua direzione per il modo in cui quell'uomo si fosse voltato ad osservarlo: il suo sguardo era così penetrante e risoluto da mettergli paura e fargli tremare le gambe, mentre un mezzo sorriso gli increspava le labbra.   
Andrew scambiò una veloce occhiata con Bree che stesse servendo dei clienti con delle grosse punte di birra a qualche passo di distanza, e si schiarí la gola davanti al silenzio dell'uomo seduto sullo sgabello oltre il bancone.
Ma prima che il ragazzo potesse anche solamente dire qualcosa, un secondo uomo si avvicinò a loro.
Si trattava di Tommy, uno dei clienti abituali del bar che fosse sempre gentile e cortese con i ragazzi che lavoravano al locale, lasciando delle mance abbastanza alte da quando la bella Bree avesse iniziato a lavorare lì con loro.
Tommy si mosse nei suoi abiti di flanella trasandati e decisamente poco puliti, fino ad arrivare alle spalle dell'uomo elegante per mettergli una mano sulla spalla e richiamare la sua attenzione con un'allegra risata. "Dean Winchester: che piacere vederti ancora una volta!".
Gli diede una seconda pacca sulla spalla senza neanche notare l'occhiataccia che l'uomo elegante gli stesse riservando, e Tommy si voltò a guardare Andrew ridendo divertito. "Io e questo bastardo abbiamo combattuto insieme contro dei Ruguru, circa quindici anni fa! È incredibile che tu sia ancora vivo, amico: ho sentito storie pazzesche su di te! Come te la passi?".
L'uomo elegante aveva continuato a guardare con aria fredda e distaccata il cacciatore Tommy che ancora teneva la mano sulla sua spalla, guardando con espressione disgustata prima di rivolgere uno sguardo ad Andrew ed a Bree, che fingeva di pulire lo stesso punto del bancone ancora e ancora solamente per stare a origliare la conversazione.
"Niente di personale Tommy, riesco a sentire che anche Dean è felice di vederti e che vuole proteggerti, ma sfortunatamente mi sei d'intralcio".
Il sorriso largo sul suo volto pieno e barbuto di Tommy scemò, per guardarlo con sopracciglia aggrottate e confusione.
Fece scintillare i suoi occhi di quel blu ghiaccio tipico degli angeli e Tommy fece un passo indietro spaventato, mentre Micheal si alzava e si toglieva con eleganza la giacca firmata, per poi adagiarla con delicatezza sullo sgabello al suo fianco.
Guardò Tommy con un sorriso mentre si tirava su le maniche della camicia bianca che indossava, e Micheal fece si che il volto di Dean si piegasse in un sorriso divertito e felice quando sentì il chiacchierio abbassarsi nel locale mentre il resto dei cacciatori capirono che ci fosse qualcosa che non andasse e si avvicinarono a Tommy chiedendo spiegazioni.
"Non mi è mai piaciuto uccidere senza spargere un po' di sangue, quindi divertiamoci ragazzi!"
Micheal aveva massacrato ogni singolo cacciatore e cliente innocente che vi fosse all'interno del locale, divertendosi e gustando tutte le urla che le persone emettessero ad ogni suo colpo mentre sentiva Dean urlare nella sua testa.
Aveva provato a prendere il controllo del suo corpo più di una volta, agitandosi e urlando che gliela avrebbe fatta pagare, ma Micheal lo aveva spinto nella parte più recognita del suo subconscio solamente per non sentire più i suoi piagnistei.
Micheal avrebbe ucciso persino Andrew e Bree che avevano preso a sparargli addosso dei proiettili d'argento pensando che fosse un mutaforma, ottenendo l'unico effetto di farlo arrabbiare di più. 
Ma invece preferí disarmarli con un semplice gesto della mano, perché tutti quei proiettili iniziavano a dargli sui nervi e presto guarì il corpo di Dean, permettendogli di rimanere ancora vivo e vigile insieme a lui.
Immobilizzò i due ragazzi legandoli stretti con delle corde e si sedette al bancone, sorseggiando del Bourbon e rimanendo in attesa.
Dovette aspettare qualche oretta, perché sembrava che il proprietario non volesse più arrivare, quando Edward varcò la soglia del suo locale e sgranò gli occhi davanti alla carneficina che lo stesse aspettando.
E quando incrociò lo sguardo di Micheal attraverso quello di Dean, Edward sgranò gli occhi e strinse forte i pugni. "Ma che diavolo hai fatto?".
"Volevo attirare la tua attenzione, immagino".

Micheal bevve l'ultimo sorso del suo drink e si alzò dal bancone su cui abbandonò il suo bicchiere, avvicinandosi lentamente che fosse rimasto in piedi sulla soglia del locale ad osservare i cadaveri dei suoi vecchi amici e dei nuovi ed il sangue che decorassero il pavimento, per poi fare vagare lo sguardo fino a Bree ed Andrew, tirando un sospiro di sollievo nel vederli ancora vivi.
Edward vide Micheal avanzare sempre di più nella sua direzione e lo guardò in cagnesco, stringendo i pugni per la rabbia. "Ridammi Abby, subito".
"Oh, ti ricongiungerai presto con la tua Abby. Te lo prometto". L'arcangelo sorrise divertito ed annuí con aria perentoria, guardando nei suoi occhi nocciola e gustandosi quel momento mentre gli si avvicinava fino ad arrivare a poche spanne del suo viso. "Posso sentire i pensieri di Dean, sai? Lui ti odia. Insomma, ti odia davvero: sei riuscito a portargli via l'amore della sua vita, ma sappiamo entrambi che Abby ha sempre avuto occhi solo per Dean anche quando credevi che fosse finalmente tua".
Edward aveva sollevato un sopracciglio davanti alle sue parole mentre sentiva il sangue ribollire nelle vene per la rabbia che provò,a scosse la testa e sorrise come se fosse divertito perché non voleva permettergli di usare i suoi sentimenti contro di lui per manipolarlo. 
Lo vide ridere di gusto davanti alla sua reazione, guardandolo come se si stesse allegramente prendendo gioco di lui, e Micheal scosse la testa compiaciuto. "Hai mai pensato che sei solamente una piccola crepa nella loro opera d'arte? Anche se Richard è tuo, Abby ha preferito che a crescerlo fosse Dean perché sapeva che è lui l'uomo migliore per lei. Perché Dean è sempre il migliore in tutto ed Abby sceglierà sempre lui". 
Edward strinse forte la mascella ed i pugni per il nervosismo, scuotendo appena la testa mentre lo guardava con tutta la rabbia che avesse in corpo; Micheal però continuò a ridere di lui, guardandolo e girandogli attorno come se fosse la sua preda.  "Dimmi cosa diavolo vuoi e finiamola qui, Micheal". 
Edward lo osservò Dean scoppiare in una risata composta ed elegante che poco si addicesse al cacciatore rozzo che gli avesse messo le mani addosso in diverse occasioni, e piegò appena la testa di lato con un sorriso compiaciuto e divertito. "Sono il principe del Regno Celeste e sarò presto il Re di questo mondo allo sbaraglio, ragazzo. Sono il distruttore di mondi che porterà un nuovo ordine su questa terra e tu avrai il privilegio di aiutarmi"
Lo aveva visto schioccare le dita ed aveva subito tenuto per il peggio, perché Micheal poteva aver ucciso Andrew e Bree prima di lasciare quel locale e trascinare Edward nello stesso casolare abbandonato dove teneva prigioniera Abby, per ottenere il massimo dai suoi loschi scopi.


"Lo sto trattenendo, ma non so per quanto ancora ci riuscirò, Sammy: portali via da qui, presto!". 
Il minore guardò negli occhi di suo fratello prendendosi un momento per scavare dentro di lui e leggere il suo enorme sforzo nel trattenere l'arcangelo dentro di sé che lottava e si dimenava per riacquisire il controllo, e presto Dean si trovò a gemere di dolore, tenendosi al tavolo della stanza con sopra tutti gli attrezzi da tortura che Micheal avesse disposto per la sua ricerca. 
Sam molto velocemente fece passare le braccia sotto le gambe di Abby per sollevarla di peso e non farla affaticare troppo data la ferita all'addome che riportasse dopo che Micheal l'avesse ferita solamente per dimostrare che facesse sul serio; Dean lo osservò con aria seria, accennando un sorriso amaro e dispiaciuto mentre intimava loro di scappare e di andare via il più velocemente possibile, osservando Sam che reggeva Abby e Dan che aiutava Edward scappare verso Castiel ed Anael che si affrettato a toccarli ed a sparire da quel luogo di tortura e morte. 
Abby si dimenò quando riprese conoscenza appena prima che Anael li trasportasse via e guardò negli occhi di Dean, cercando di allungarsi e di raggiungerlo perché l'unico lato positivo di essere stata sequestrata e ricattata da Micheal era proprio quello di stare con Dean e di assicurarsi che non gli capitasse nulla di grave; ma Sam l'aveva tenuta saldamente bloccando ogni suo movimento fino a quando non si trovarono tutti nella sala centrale del bunker, dove i due angeli e il cacciatore iniziarono immediatamente a ricucire le loro ferite dopo averli distesi sul grande tavolo.
Data la cospicua perdita di sangue, presto Abby perse conoscenza mentre ancora Sam la reggeva lasciando cadere la testa di lato mentre due singole lacrime scivolavano sul suo viso al pensiero che adesso Dean fosse rimasto completamente da solo e che non ci sarebbe stato più modo di assicurarsi che stesse bene.
Edward gemette appena quando sentí l'angelo dai lunghi capelli biondi ricucirgli la ferita sul braccio destro, non riuscendo a smettere di pensare a ciò che avessero vissuto da poco insieme a Dean, mentre provava una forte rabbia osservando Sam afferrare Abby fra le braccia per poi sparire insieme a lei nel corridoio.
"Dannazione!!".
Diede un forte strattone alla pila di libri posta sul tavolo della sala centrale, colpendoli con forza perché odiava quella situazione e detestava che Abby fosse stata ferita.
Castiel e Anael volsero lo sguardo verso di lui e poi lo incrociarono fra loro, sospirando rumorosamente; l'angelo dai lunghi capelli biondi diede l'ultimo punto alla ferita di Edward, dopodiché accennò un sospiro e gli abbassò la manica della maglietta sporca di sangue. 
Si sedette accanto a lui e fece spallucce guardandolo con l'espressione più seria che Edward avesse mai visto, facendo ciò che gli umani sapessero fare meglio.
"Troveremo una soluzione, Edward. Insieme".
Anael strinse la sua mano con dolcezza ma anche con fermezza e gli sorrise mentre annuiva con convinzione, perché annientare Micheal e riportare Dean a casa era tutto ciò che fosse rimasto d'importante.
 

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Capitolo 79
*** Capitolo 71 ***


Hunters' legacies
Capitolo 71



Un forte pianto giunse alle sue orecchie facendola sedere di scatto sul letto e drizzare le orecchie perché riconosceva bene quel suono, portandosi una mano sul ventre per via di una dolorosa fitta; Abby si tirò appena più su la maglietta, per osservare la sua ferita completamente ricucita che si stesse già risanando molto velocemente pensando che fosse merito di Anael, e presto si guardò attorno mentre quel pianto non smetteva di giungere dall'esterno della stanza. 
Si mise in piedi ignorando il dolore fisico spinta dall'istinto primordiale di trovare e consolare Richard che ancora piangesse, e sforzandosi di non pensare di essere stata allontanata da Dean aprì la porta della stanza muovendosi poi nel corridoio fino a giungere alla sala centrale molto velocemente, dove si fermo sulla soglia per osservare la scena che le si parò davanti con aria sorpresa: Edward teneva fra le braccia Richard, lo cullava e cercava di farlo mangiare attraverso il biberon. 
Edward si mosse ritmicamente e canticchiò una vecchia canzone per attirare l'attenzione del piccolo, che si quietò nello stesso momento in cui iniziò a bere il suo latte: per qualche secondo Abby rimase ferma a fissare il suo bambino perché non aveva avuto occasione di salutarlo una volta tornata, né tanto meno di rivedere la piccola Mary, e si chiese se fosse cresciuto in quelle quasi due settimane di lontananza, se avesse sentito la sua mancanza. 
Nei secondi successivi, Abby si soffermò ad osservare il modo paterno in cui Edward stringesse il piccolo Richard ed il cuore iniziò a batterle più forte nel petto per la gioia mentre si godeva quella scena. 
Tirò su col naso sentendosi commossa e si avvicinò lentamente all'uomo con un sorriso titubante; gli sfiorò le spalle larghe con le dita e quando incrociò il suo sguardo, Edward si fermò ed un ampio sorriso nacque sul suo volto. 
Abby rimase a guardarlo mentre il suo cuore batteva più velocemente, felice di vedere che fosse stato completamente guarito da Anael o da Castiel.
Rimasero in silenzio per qualche istante, perché non c'era bisogno di parole fra loro. 
Non c'era mai stato. 
Semplicemente guardandosi, esprimevano ciò che a parole non osavano dire ad alta voce. 
Abby si sporse in avanti e sollevò le braccia fino a stringerle attorno al suo collo, e subito avvertí la mano libera di Edward avvolgerle la schiena. 
Per un breve momento, Abby respirò il suo odore fra i suoi capelli ricci e lunghi e si sentí felice; chiuse gli occhi per qualche istante e si fece più vicina a lui, lasciando intendere quanto avesse sentito la sua mancanza. "Sono così felice che tu stia bene". 
Edward sorrise amaramente e la strinse di più a sé, respirando il suo profumo sul suo collo dove depositò un piccolo bacio con un gesto dolce, per poi sciogliere l'abbraccio e tornare a guardarla negli occhi azzurri. 
E si incantò, come sempre accadeva. 
Il pianto del piccolo Rich si insinuò fra loro due ed Abby spezzò quel collegamento fra loro, accennando un sorriso dolce e sfiorandogli il pancino attraverso la tutina che indossasse mentre osservava Edward tornare a concentrarsi per farlo mangiare. "
È incredibile quanto sia cresciuto: era così piccolo quando è nato".
Abby accennò un sorriso dolce mentre li guardava, notando come il piccolo Rich continuasse ad avere occhi solamente per Edward e come studiava ogni sua singola mossa. "Sembri nato per questo". 
"Per fare da babysitter?". Edward sollevò lo sguardo verso la donna davanti a sé, sorridendo divertito mentre continuava a cullare il piccolo e lo faceva mangiare.
"Per la paternità" si affrettò a correggerlo mantenendo sulle sue labbra lo stesso sorriso, osservando i suoi occhi nocciola guardarla con aria sorpresa. Così Abby si guardò attorno ed osservò come la sala fosse deserta perché a quell'ora della notte gli umani erano a letto e gli angeli erano andati a fare qualsiasi cosa facessero gli angeli di notte, e sospirò. "Ne parliamo?".
Edward sgranò leggermente gli occhi con aria tremendamente sorpresa, non aspettandosi che Abby avrebbe mai voluto dire ad alta voce ciò che entrambi sapessero, ma che non aveva mai davvero ammesso ad alta voce. "Vuoi parlarne davvero?".
Abby lo guardò per dei lunghi istanti, sospirando lentamente e facendo spallucce, indietreggiando di qualche passo fino ad appoggiarsi con i glutei al forte tavolo di legno della sala centrale.
Gli sorrise appena, ma annuí con decisione dando un'occhiata al piccolo che ancora mangiasse fra le braccia di Edward. 
"Ti ho incontrato che avevo il cuore a pezzi e tu sei riuscito a farmi sentire di nuovo viva, intera. E non mi sono neanche accorta di quanto tremendamente fossi innamorata di te, fino a quando non è stato troppo tardi. E credevo che non mi avresti mai ferita, Ed. Ci credevo così tanto che quando sei andato via, ho chiuso fuori tutti i miei sentimenti per te". La sua voce tremò appena ed abbassò il suo sguardo per un paio di secondi, in cui Abby provò a deglutire un paio di volte, ma la sua salivazione era drasticamente diminuita proprio per via del suo nervosismo. 
Si schiarì la gola e tornò a guardare nei suoi occhi in attesa delle sue parole, così si rilassò e prese un lungo respiro. "Io credevo che non mi amassi e che non ti importasse neanche di questo bambino. Anzi, credevo che fossi arrabbiato con me perché avevo deciso di tenerlo. Ma Sam mi ha detto di come ti sei preso cura di Rich quando non c'ero, e mi rendo conto di aver sbagliato tutto. Mi dispiace tanto, Edward".
L'uomo davanti a lei rimase ad osservarla mentre i suoi occhi divennero lucidi, ma fu incapace di distoglierli da quelli di Abby; sentiva il cuore pompare forte il sangue nel suo corpo, cercando di aumentare l'ossigenazione al cervello per farlo pensare meglio, ma Edward riusciva solamente a pensare a quanto quella situazione fosse anche colpa sua.
Non poteva farne una colpa ad Abby per come fossero andate le cose: era stato proprio Edward ad andarsene la prima volta.
Annuì in silenzio ed abbassò lo sguardo sul piccolo Rich che adesso cercava in tutti i modi di cominciare con loro attraverso degli strani vocalizzi divertenti che sdrammatizzavano la situazione pesante.
E nonostante dovesse sentirsi furioso e ferito, il suo cuore si calmò nel momento in cui incrociò gli occhi nocciola di suo figlio, sempre più identici ai suoi. "Non è colpa tua, rossa".
Abby sorrise appena ed abbassò lo sguardo udendo la sua voce pacata e serena, scuotendo la testa con disappunto. "Lo è, invece. E troverò una soluzione, spiegherò a Richard che sei suo padre. Te lo prometto".
Edward accennò un sorriso amaro nella sua direzione, facendo un passo avanti unicamente per sfiorarle la guancia con dolcezza. "Pensiamo solamente a fermare Micheal adesso, d'accordo?".
Ma Abby abbassò lo sguardo ed inclinò meglio il biberon mentre osservava il modo in cui suo figlio stesse mangiando famelicamente, per poi risalire con uno sguardo mortificato il corpo di Edward con un sospiro, mentre le immagini di ciò che lui avesse dovuto subire proprio dall'arcangelo iniziarono a scorrere nella sua mente. "Mi dispiace tanto che Micheal ti abbia coinvolto". 
Edward scosse la testa e si portò i capelli all'indietro mentre accennava un sorriso imbarazzato, facendo spallucce e sospirando leggermente perché aveva intuito ciò che Abby non stesse dicendo. "Neanche questa è colpa tua, rossa. Smettila di addossarti le colpe di tutto". 
Si morse il labbro e sospirò, ingoiando il boccone amaro e fece spallucce tornando a guardare il piccolo che Edward teneva ancora fra le braccia che avesse iniziato a muoversi in maniera leggermente meno agitata, probabilmente perché dopo quella scorpacciata di latte aveva bisogno proprio di dormire, e Abby sorrise intenerita perché aveva sentito così tanto la mancancanza del suo bambino durante i giorni in cui Micheal l'avesse tenuta in ostaggio. 
Quasi non credeva al fatto di poter finalmente stare con suo figlio e che presto avrebbe visto anche la sua piccola Mary, e fu grata per questo nonostante un'abbondante porzione del suo cuore fosse ancora fuori dal bunker. 
Edward sospirò e si appoggiò accanto a lei, osservandola con un sopracciglio sollevato e aria più severa perché ormai aveva imparato a conoscerla e sapeva che si stesse torturando mentalmente perché una parte di lei sarebbe voluta rimanere prigioniera di Micheal solamente per poter controllare che Dean fosse ancora vivo. "Sam e sua madre sono usciti per incontrare un cacciatore che ha delle informazioni su Micheal, Castiel e Anael sono andati in Paradiso per cercare aiuto, Dan è andato a letto più di un'ora fa e la piccola Mary dorme: solamente questo mascalzone si rifiutava di dormire alle quattro di mattina". 
Per pochi secondi Abby lo guardò negli occhi e accennò un sorriso cosi triste e sofferente che gli fece paura, ma presto la ragazza distolse lo sguardo e fece spallucce per tornare a guardare il suo bambino che ormai faticava a tenere gli occhi aperti ed a non dormire, spinto dal movimento ondulatorio delle braccia di Edward. 
Lo vide avvicinarsi alla culla posta in mezzo alla sala comune ed Abby neanche si chiese perché si trovasse lì e non nella sua stanza, deducendo che l'avessero spostata lì per comodità e per poter controllare meglio il piccolo mentre andavano avanti con le ricerche; Abby sospirò e si mise nuovamente dritta dopo aver coperto il piccolo, volgendo lo sguardo verso il ragazzo che avesse appena messo giù RIchard e che adesso si fosse nuovamente appoggiato al tavolo. 
Guardò nei suoi grandi occhi marroni e accennò un sorriso timido mentre sentiva il cuore battere forte ed agitarsi nel suo petto mentre gli stava accanto, abbassando appena lo sguardo per qualche secondo per poi tornare a guardarlo con un velo di ironia dietro cui nascondeva la sua vera preoccupazione e rabbia; avanzò lentamente e deglutí a fatica mentre si avvicinava al mobile bar proprio dietro di lui, estraendo una bottiglia di Tequila e due bicchieri di vetro che mise sopra il tavolo. 
Si affrettò a versare l'alcolico e presto si avvicinò a Edward per porgergli il suo bicchiere forse un po' troppo colmo, guardandolo dritto negli occhi con aria seria. "Facciamoci una bevuta, bartender".



"Quindi il nostro angioletto preferito Jack è diventato completamente umano e invece Nick è sopravvissuto allo scontro tra Lucifer e Micheal, e tutto quello che abbiamo noi sono dei cacciatori dall'altro mondo che si occupano dei lavoretti in giro per il Paese mentre noi ci occupiamo dei casi più grossi, come Micheal che cerca di distruggere il mondo?". 
Abby sollevò un sopracciglio mentre parlava e guardava la sua famiglia attorno a sé ricambiare la sua occhiata preoccupata, e si sistemò meglio sulla sedia della stanza centrale del bunker senza neanche avvertire il dolore all'addome dettato dalla sua ferita ormai quasi del tutto risanata; scosse la testa che sentiva iniziare a fare male per tutti quei pensieri e si alzò sorpassando Edward, Sam e Dan che stessero alla sua destra fino ad arrivare alle spalle dei due angeli, dietro cui vi fosse il mobiletto bar. 
Si versò un grosso bicchiere di Whisky e lo mandò giù dopo aver sospirato, mentre ringraziava mentalmente che la sua Mary fosse a scuola e che Richard giocasse pacatamente con i suoi peluche nel suo box e regalasse alla sua famiglia delle dolci risatine di tanto in tanto. 
"Vi abbiamo cercato dappertutto: se Micheal non avesse commesso un passo falso rapendo Edward, probabilmente non vi avremmo mai trovato" disse Jack alle sue spalle avanzando di qualche passo mentre cercava l'approvazione nello sguardo di Castiel, che sorrise appena ed annuì. Jack sospirò e osservò Abby piegare appena il viso nella sua direzione nonostante rimanesse di spalle ad ascoltare, e strinse forte i pugni per l'agitazione. "Troveremo Dean e lo riporteremo a casa, sta tranquilla Abby. Ma devi capire che se dovremo scegliere fra neutralizzare Micheal, e Dean con lui, e salvare la terra, sceglieremo la seconda". 
Sollevò un sopracciglio e si voltò interamente verso il ragazzo mentre teneva ancora il bicchiere fra le mani, appoggiandosi con la schiena al mobiletto basso mentre lo guardava con aria accigliata: voleva bene a Jack, si era affezionata a lui ed ormai lo considerava come un membro della sua famiglia. Senza contare che avesse anche salvato la  sua vita e quella di Richard, quindi non avrebbe mai smesso di essergli grata.
Ma leggeva nei suoi occhi quanto disperatamente si stesse impegnando per far funzionare le cose adesso che non avesse più i poteri e aveva sentito di come Bobby, Dan ed Edward a turno lo aiutassero nei combattimenti fisici.
Scosse la testa mentre tornava a pensare alle parole di Jack, pensando che che mai e poi mai avrebbe permesso che Dean perdesse la vita a causa fi Micheal, e lasciò scivolare lo sguardo sui suoi familiari, per poi tornare sul ragazzo davanti a sé. "Concentriamoci sul trovare Dean, ok Jack?". 
L'espressione quasi intimidita nonostante cercasse di mostrarsi sicuro di se svanì sul volto del ragazzo, che lasciò spazio ad un sorriso più audace e più tranquillo; presto si avvicinò al tavolo sul fondo della sala per aprire il suo portatile alla ricerva di qualche notizia che potesse catturare la sua attenzione e che fosse sospettosa, mentre Abby scambiava un'occhiata eloquente con i presenti, per poi avvicinarsi al box di Richard ed osservarlo alzare lo sguardo verso di lei e sorriderle agitando un vecchio peluche di Mary. 
"Mi dispiace farti rivivere ciò che hai passato fino a ieri tesoro, però devo chiedertelo Abby: hai idea di dove possa essere Micheal?". 
Mary si avvicinò alla ragazza guardandola quasi con aria di supplica perché avrebbe tanto voluto avere qualche notizia su suo figlio e su come liberarlo, ed Abby capí perfettamente cosa stesse provando; annuí e sospirò, intercettando lo sguardo di Edward che le fece un sorriso e la incoraggiò a parlare, rivelando tutto ciò che Abby gli avesse raccontato quella notte dopo un paio di bicchierini di troppo. 
"So perfettamente dov'è e cosa sta facendo: Micheal è un tipo stabile e stazionario, non si muoverà da dove ha portato me e Ed" disse Abby sospirando e facendo un passo avanti, fino a raggiungere il tavolo per salirvi con il fondo schiena. "Anzi sono convinta che ci stia aspettando per capire se il mio lavoro è stato accurato come pensa". 
Sam aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria confusa, chiedendo delle spiegazioni con lo sguardo perché davvero non capiva cosa intendesse dire. "Che lavoro? Di che stai parlando?". 
Abby accennò un sorriso amaro mentre osservava il volto di Sam stranamente adornato da una lunga barba, ma presto sospirò quando lesse la preoccupazione nello sguardo di ognuno di loro, e fece spallucce prima di mandare giù il suo ultimo sorso di Whisky nel suo bicchiere. "Voleva che io lo aiutassi a formare il mostro perfetto, perché sapeva del mio lavoro con i Letterati inglesi. Ma io non ho mai ceduto, almeno fino a quando non ha preso una delle persone che amo". 
Edward scosse la testa ed si alzò in piedi imprecando a voce bassa quando la vide abbassare lo sguardo ed incollarlo al pavimento, intuendo che la ragazza stesse provando vergogna e dispiacere per ciò che avesse fatto, nonostante non ne fosse pentita perché aveva salvato la vita di Edward. "Avresti dovuto lasciare che mi facesse a pezzi piuttosto che permettergli di averla vinta!". 
"Non ti avrei mai lasciato morire!" esclamò Abby sollevando lo sguardo verso di lui e guardandolo in cagnesco dato che avevano passato gran parte della notte ad affrontare quella conversazione, ma poi la ragazza sospirò rumorosamente e scosse la testa. "E comunque non l'ho fatto, non del tutto almeno! I suoi ibridi sono più forti e più resistenti adesso, ma niente che un machete non possa sistemare!". 
Edward la guardò con aria di chi comprendesse le sue parole e che non gliene facesse una colpa. 
Teneva le braccia contro i fianchi quando decide di fare qualche passo verso di lei mentre la guardava negli occhi sorridendo amaramente: capiva perché avesse deciso di aiutare Micheal, perché anche lui a parti invertite avrebbe ceduto senza battere ciglio pur di salvarle la vita.
Annuì nella sua direzione e poi sospirò, tornando ad osservare i presenti e concentrandosi poi su Sam.
"Prepariamoci: andiamo a riprenderci Dean". 



"Sono io, ragazzi. Sono Dean".
Guardò il suo riflesso muoversi nel vetro e si prese un breve momento per osservarsi: il suo viso era sempre uguale, il suo corpo era rimasto invariato eppure riusciva a vedere nei suoi stessi occhi verdi una grandissima differenza da quando Micheal avesse lasciato il suo corpo e lui fosse tornato nel bunker. 
Dean ricordava ogni momento, ogni singolo istante in cui fosse stato prigioniero dentro il suo corpo, spettatore inerme delle sue stesse mani che propagassero morte e distruzione ovunque andasse. 
Si era osservato fare male a tanti innocenti e poi a diversi mostri, fino a quando Micheal lo costrinse a trafiggere Abby all'addome, imbrattandosi la camicia e la giacca del suo sangue: qualcosa era scattato dentro Dean e aveva scoperto una grande forza che neanche pensava di avere, che utilizzò per bloccare i poteri dell'arcangelo così come molti anni prima riuscì a fare Sam prima di lanciarsi nella gabbia di Lucifer. 
Dean aveva dato il tempo a suo fratello di prendere Abby e di portarla via, mentre Dan trascinava Edward fuori dall'edificio abbandonato, e mentre Dean si sforzava di trattenere la potenza angelica avvertì dentro di sé Micheal urlare e scalciare, dimenarsi per riacquistare il controllo. 
E c'era presto riuscito, fino a far crollare completamente Dean in un angolo della sua mente che ormai esausto e privo di forze non oppose resistenza, scivolando sempre di più dentro di sé. 
Ma ciò che Dean non si aspettava era proprio il modo in cui Micheal avesse completamente abbandonato il suo corpo dopo aver scagliato i suoi esperimenti con i licantropi contro i ragazzi appena entrati nel suo rifugio per la seconda volta: aveva bisogno di testare se la formula di Abby funzionasse per davvero e Micheal pensò che non ci fosse mossa più giusta che scagliarli proprio contro di lei. 
Dean era tremendamente esausto, stanco e privo di ogni forza mentale e fisica.
Essere posseduto da Micheal era stata l'esperienza più brutta e traumatica della sua vita, sentendosi affogare ogni istante di più. 
Sentí due nocche bussare alla porta e Dean strizzò un paio di volte gli occhi per tornare al presente, osservando comparire la figura della ragazza che rimase sulla soglia del bagno, ferma ad osservarlo con un sorriso fra le labbra.
"Scusa, non volevo disturbarti. È solo che volevo sapere come stessi e.." iniziò Abby guardandolo con sincerità e pacatezza, facendo un passo più deciso ed entrando nella stanza mentre si torturava le mani per il nervosismo. ".. volevo vederti".
Dean la guardò per qualche istante ricambiando il sorriso, leggendo nei suoi occhi tutto l'amore che provasse per lui e presto annullò quella distanza troppo grande con un abbraccio, stringendola contro il suo petto con delicatezza: nonostante non si fosse mai separato da Abby mentre Micheal muoveva le redini del suo corpo dentro di lui, Dean aveva sentito la mancanza della ragazza. 
Aveva provato dolore per ciò che l'arcangelo l'avesse costretta a fare, ma sapeva che Abby lo avesse accontentato solamente per evitare che Micheal gli facesse del male: il suo modo di guardalo non aveva niente a che vedere al modo in cui Abby guardasse Micheal. 
Dean aveva sentito la mancanza di quello sguardo colmo d'amore che lei gli avesse sempre riservato, e aveva provato a fermare con tutte le sue forze l'arcangelo che l'avesse minacciata costantemente. 
Aveva anche percepito il desiderio bruciante di Micheal nei confronti di Abby, e Dean aveva avuto davvero paura che lui avrebbe potuto prenderla con la violenza, soddisfando le sue voglie senza controllo o curarsi che dentro il suo corpo ci fosse ancora Dean; sapeva che se Micheal non se ne fosse andato dal suo corpo, probabilmente avrebbe fatto del male ad Abby in quel modo, dato che vedesse in lei la Syria del suo mondo e provasse ancora amore per lei. 
Senza rendersene conto Dean si irrigidí fin troppo inarcando la schiena mentre la presa sulla donna andava via via scemando, e il ragazzo si ritrovò a fare un passo indietro mettendo un po' di distanza fra loro due; intercettò lo sguardo confuso di Abby, che aggrottò le sopracciglia e lo guardò senza capire perché si fosse allontanato. 
"Va tutto bene?". 
Abby fece un passo avanti e strinse la sua mano attorno a quella del ragazzo, capendo presto che il timore di Dean fosse sempre quello di farle del male senza volerlo, e con sorriso più convinto se la portò contro la guancia, chiudendo gli occhi per qualche istante mentre si beava di quella carezza che tanto avesse aspettato durante la sua prigionia insieme a Micheal. 
Tornò presto a guardarlo e lesse nei suoi occhi verdi la paura di toccarla nel modo sbagliato mentre ancora i pensieri di Micheal gli ronzavano per la mente, ma Abby si affrettò a fargli capire che non aveva paura di lui; si fece più vicina e sollevò il viso fino a guardarlo dritto negli occhi, osservando però ancora il modo rigido con cui Dean cercasse di allontanarla.
Si sollevò sulle punte e sfiorò con la guancia destra quella barbuta del ragazzo, sentendo il suo viso affondare nel suo collo fra i suoi lunghi capelli, e con molta fatica Dean si abbandonò a quel contatto e la strinse più forte a sé mettendole le mani sui fianchi per attirarla più vicina; sentí la ragazza sfiorargli la pelle del viso con la bocca e baciargli la guancia mentre scivolava sempre piu vicino alle sue labbra, fino a quando Dean la vide posizionarsi davanti al suo viso e guardarlo con amore, rivelandogli in silenzio quanto lo amasse e quanto avesse sentito la sua mancanza. 
Si rilassò contro il suo tocco sentendo le mani di Abby risalire il suo petto fino a sfiorargli le spalle ed in un momento Dean tornò ad essere il solito ragazzo che Abby avesse sempre conosciuto; le sfiorò il viso e si prese un momento per guardarla negli occhi. 
Sapeva che Abby non lo avrebbe lasciato da solo ad affrontare il fantasma di Micheal che ancora aleggiasse dentro di lui.
Annullò la distanza fra i loro volti con un bacio casto e dolce che presto si trasformò in un bacio più passionale e forte quanto il loro amore, ed Abby gli strinse le mani attorno alla nuca lasciando che le dita affondassero fra i suoi capelli appena più lunghi, stringendolo più forte a sé con trasporto. 
Dean avanzò senza interrompere quel contatto portando la ragazza con sé finendo per entrare nella loro stanza e si sedette sul letto, facendo sedere Abby a cavalcioni sulle sue gambe: lasciò che le sue mani percorressero tutto il suo corpo, scendendo a baciarle il collo in maniera famelica e decidendo di abbandonarsi a quel desiderio bruciante di lei che in quelle settimane fosse nato in Micheal tanto quanto in Dean. 
Sentí le dita affusolate di Abby sfilargli la camicia bianca che ancora indossasse e la sentí sbuffare giocosamente quando si accorse che portasse ancora una maglia bianca a mezze maniche; Dean tornò a baciarla con più trasporto mentre sorrideva felice di essersi lasciato convincere ad aprirsi, e in quel momento la sentí completamente sua come mai fino a quel momento. 
Senza accorgersene si ritrovò a interrompere quel bacio così passionale afferrandole il viso fra le mani per allontanarla e guardarla meglio con un sorriso sulle labbra, ed Abby assottigliò appena gli occhi, abbassando lo sguardo sul suo petto dove tenesse ancora le mani e si morse il labbro perché continuava a sentirsi in imbarazzo quando Dean la guardava in quel modo, non importava che fossero passati ormai più di quattordici anni dalla loro unione. "Non guardarmi così..". 
Per tutta risposta, Dean sorrise soddisfatto e le sollevò il viso con le mani per costringerla a guardarlo negli occhi e studiò i suoi pozzi azzurri con tenerezza, sospirando appena di felicità: aveva ritrovato la sua famiglia, aveva ritrovato i suoi due bambini e aveva ritrovato lei. 
E quasi Dean si sentí in colpa a provare felicità per tutto questo, perché sapeva che la loro caccia non si fosse ancora conclusa, eppure era tremendamente felice. 
"Ti amo, Abby". 
Lo vide fare spallucce ed accennare un sorriso felice mentre le sfiorava ancora il viso ed Abby sentí gli occhi pizzicare appena, perché per un momento aveva creduto che non avrebbe mai più ritrovato il suo Dean. 
Lasciò che la mano destra risalisse il suo petto fino a sfiorargli il mento con delicatezza, sorridendo più felicemente mentre guardava nei suoi occhi verdi così sinceri. "Ti amo anch'io". 
Ritrovarono presto la via per arrivare l'uno all'altra, intercettando nuovamente le loro labbra e tornando a baciarsi con tutta la mancanza e la passione che provassero, e presto Dean ribaltò le posizioni facendo stendere Abby sul letto per mettersi sopra di lei con delicatezza, insinuandosi fra le sue cosce con dolcezza.
Si guardarono di tanto in tanto ed Abby sentiva dentro di lei che non ci potesse essere nulla di più perfetto di quel momento e che nulla avrebbe potuto rovinarglielo; lasciò scivolare le mani sulle sue braccia toniche e muscolose che Dean teneva appoggiate ai lati del suo viso, e le strinse forte con un sorriso mentre lasciava che le sue dita risalissero con poca delicatezza fino alle sue spalle. 
Insinuò le dita sotto le maniche corte della maglietta del ragazzo e sfiorò la sua pelle con desiderio, fin quando con l'indice sfiorò qualcosa di insolito e che non ricordasse proprio che Dean avesse sulla parte alta del braccio destro. 
Abby aprì gli occhi e vide il ragazzo fare lo stesso come se se ne fosse accorto anche lui solo in quel momento, e Dean si tirò a sedere su di lei con aria confusa mentre con le dita si sfiorava il punto appena toccato dalla donna. "Che cos'è?". 
Dean scosse la testa e fece spallucce scendendo dal letto fino ad arrivare davanti allo specchio del bagno sentendo i passi della ragazza dietro di sé, osservando per qualche secondo il viso confuso di Abby riflesso sullo specchio e sporgere da sopra la sua spalla: Dean sospirò osservando sulla superficie riflettente quell'escrescenza che neanche sapesse di avere sul braccio, chiedendosi perché non ricordasse nulla di essa. "È una cicatrice".
 
 

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Capitolo 80
*** Capitolo 72 ***


Hunters' legacies
Capitolo 72




Si sedette sulla panchina che dava proprio sul parco dove avesse portato la sua Mary, osservandola correre e inseguire uno dei bambini che aveva ormai imparato a conoscere fin troppo bene e con cui molto spesso si ritrovava per giocare; la ragazza sospirò e sorrise con orgoglio mentre osservava la sua bambina che aveva compiuto sei anni proprio qualche giorno prima, per cui avessero dato una grande festa al bunker interamente addobbato da Mary con nastrini rosa e luccichii colorati, che aveva insistito per sorprendere in quel modo la nipote.
C'era sempre stato un legame profondo tra le due, e non soltanto perché portassero lo stesso nome: la piccola Mary amava profondamente sua nonna, l'ascoltava e molto spesso voleva che fosse proprio lei a leggerle la storia della buonanotte od a prepararle la colazione.
E Mary ricambiava questo affetto nei confronti della nipote, in cui non riusciva a non vedere i comportamenti infantili tipici di Dean quando aveva la sua età.
La piccola Mary era stata così contenta di festeggiare il suo compleanno con la sua intera famiglia dopo il modo in cui fossero stati spesso separati negli ultimi tempi: aveva urlato di felicità quando aveva visto Silver, Matt e Nathan scendere le scale del bunker, così come quando aveva visto Dan ed Henry, o Anael e Castiel avvicinarsi con un grosso pacco incartato, con il suo nome scritto sopra.
Quando però aveva visto Andrew scendere dalle scale del bunker alle spalle di Edward, intento a portare i rifornimenti alcolici per gli adulti, Abby aveva sgranato gli occhi per la sorpresa.
Rivedere il ragazzo a cui voleva bene e per cui si sentiva anche un po' responsabile considerandolo anche come un figlio, le aveva fatto battere il cuore più velocemente.
Erano mesi che non vedeva Andrew e non di certo per disinteresse, ma Edward non faceva altro che raccontarle di come il ragazzo si fosse impegnato a scuola e che l'anno successivo sarebbe partito per il college.
Abby aveva lasciato i suoi fratelli con cui stesse parlando e si era fiondata su Andrew, che con una grossa risata felice si era chinato su di lei per abbracciarla e sollevarla di peso.
"Adesso si, la mia famiglia è completa" aveva pensato Abby mentre si stringeva contro il petto muscoloso di Andrew, che nonostante avesse appena diciotto anni fosse già di molto più alto di lei.
Edward aveva osservato la scena soddisfatto e aveva fatto l'occhiolino a Andrew, come a dirgli un evidente te l'avevo detto, ragazzino: Abby ti vuole ancora molto bene.
Abby aveva esultato di gioia sciogliendo l'abbraccio ed osservando quanto Andrew fosse cresciuto e come ancora la guardava con quello sguardo colmo d'amore, ed Abby gli aveva preso la mano dopo aver scambiato una rapida occhiata con Edward, che le sorrise e si affrettò a posare sul tavolo le casse di birra che avesse portato al bunker; la donna si era affrettata a presentare il giovane che ancora le stringesse la mano a chi non lo conoscesse ancora, per poi ridere quando Mary sfuggí dalle braccia di Dean per correre nella sua direzione, come testimonianza che non avesse mai dimenticato il tempo passato al bar di Edward quando Abby viveva lì insieme a lui.
La giornata di festa scivolò velocemente tra una risata ed un altro palloncino scoppiato dal modo irruento in cui Mary, Nathan ed Henry avessero preso a rincorrersi nella grossa sala centrale.
Mary aveva deciso il modo in cui avrebbero giocato tutti insieme, costringendo tutti ad indossare dei cappellini rosa da festa a forma di unicorno che Abby aveva comprato, e nessuno di loro avrebbe mai dimenticato i visi tirati e poco felici di Dean, Sam e Edward mentre indossavano quegli orribili capelli. 
Con ancora il sorriso nel ricordare la festa di sua figlia e l'ultima volta in cui tutta la sua famiglia fosse stata riunita sotto lo stesso tetto, Abby diede un'occhiata al piccolo Richard che fosse tornato a dormire nel passeggino al suo fianco e tirò su la copertina per tenerlo al caldo, per poi lasciar scivolare lo sguardo sul ragazzo in piedi accanto a sé, intento a guardare i bambini giocare e rincorrersi con aria entusiasta e curiosa, ed Abby presto capì che quella fosse proprio la prima volta in cui Jack fosse entrato in un parco. 
Accennò un sorriso intenerito e si morse il labbro inferiore, pensando che dovesse essere davvero strano per lui aver saltato completamente la fase infantile e adolescenziale, crescendo così velocemente fino a che il suo corpo era diventato quello di un giovane adulto. 
Lo osservò distogliere lo sguardo dai bambini e da Mary, avvicinandosi ad Abby con un'espressione corrucciata e sedendosi al suo fianco mentre la guardava con aria stranita. "Credo che il bambino lì in fondo abbia morso quello con cui giocava..". 
Abby accennò una risata leggera, annuendo e facendo spallucce mentre si passava una mano fra i lunghi capelli per lasciarli ricadere sulle spalle, volgendo lo sguardo sui due bambini che stessero giocando in maniera fin troppo animata. "Si, sono un po' troppo energici, ma stanno solamente giocando. Sta' tranquillo e rilassati, Jack". 
Jack la guardò per dei lunghi istanti mentre cercava di capire come quel genere di comportamento da parte dei bambini potesse essere normale e presto accennò un sorriso nella direzione della donna davanti a sé e che aveva insistito tanto affinché uscisse insieme a lei dal bunker per prendere un po' d'aria.
Il ragazzo appoggiò la schiena alla spalliera con un sospiro, guardandosi attorno fin oltre il parco giochi ed osservando per bene un punto in cui vi fossero riuniti molti ragazzi sui diciotto-vent'anni, e quando Abby seguì il suo sguardo persistente si iniziò a chiedere se degli amici coetanei fossero ciò che servissero a Jack per integrarsi a tutti gli effetti, adesso che aveva perso i suoi poteri da Nephilim dopo che Lucifer gli avesse rubato la grazia. 
Aveva infatti visto il modo inesperto e ingenuo con cui Jack avesse tentato in tutti i modi di interagire con Andrew per tutta la durata della festa di Mary, ed Andrew era stato molto disponibile con lui, soddisfando ogni sua curiosità e lasciandogli il suo numero, nel caso in cui avesse voluto un amico con cui parlare o uscire.
La donna sospirò appena e scosse la testa, tornando a guardare Mary giocare con una bambina della sua età mentre la sua mente tornò indietro di qualche giorno, quando insieme ai ragazzi al bunker e grazie all'aiuto di Jody avessero scoperto che la cicatrice sull'avambraccio di Dean fosse stata provocata dalla lancia di Kaia; erano riusciti a trovarla e presto erano riusciti a spingerla a confidare loro che Micheal aveva mandato dei suoi ibridi per prendere la sua arma, unica in grado di ferirlo mortalmente fino a costringerlo a lasciare il tramite che stesse possedendo. 
Abby sospirò pensando che era stato proprio un peccato che non fossero stati in grado di fermare la fuga Kaia e con lei anche la sua lancia, l'unica arma che avrebbero potuto usare per sconfiggere una volta per tutte Micheal.
La sera di quel giorno, Abby aveva sentito la conversazione che Dean avesse avuto con Sam, Edward e Dan quando, riuniti nella sala centrale, aveva raccontato loro quanto fossero state atroci quelle settimane in cui era stato posseduto da Micheal, confessando che si fosse sentito per tutto il tempo come se stesse annegando e non avesse la minima possibilità di sopravvivere. 
Abby lo aveva sentito discutere su quanto avesse avuto paura che Micheal facesse del male a lei, dato il modo con cui l'arcangelo continuava a tenere Abby vicina proprio perché era del tutto identica a Syria. 
Abby aveva capito perché Dean aveva preferito sfogarsi e parlare di quell'argomento con Sam, con Dan che era diventato come un fratello per entrambi i Winchester ormai da anni, e con Edward che aveva iniziato solo recentemente ad apprezzare.
In fondo Dean sapeva quanto Edward fosse buono e gentile, oltre che uno dei cacciatori più forti e intelligenti che avesse mai conosciuto.
Aveva spirito di iniziativa, sapeva affrontare le situazioni molto difficili in forti momenti di stress, ed inoltre era riuscito a tenere unita l'intera famiglia mentre lui ed Abby erano stati via, rapiti da Micheal.
Dean sapeva che Edward aveva protetto Sam molte volte durante la sua assenza, suo fratello glielo aveva confidato.
E si era persino preso cura di Mary e dei cacciatori provenienti dall'altro mondo.
Aveva organizzato una fitta rete di comunicazione attraverso la quale i diversi cacciatori potessero scambiare le informazioni durante le varie cacce, ed aveva lasciato che a guidare tutto ciò fosse proprio Sam.
Ed in più Edward non aveva mai smesso di prendersi cura dei bambini, né tantomeno di cercare Dean ed Abby per riportarli a casa insieme.
Quando lo guardava, Dean non provava più solamente un forte odio nei suoi confronti per ciò che fosse accaduto tra lui ed Abby.
Adesso provava gratitudine ed anche un po' di affetto amichevole, riuscendo a sentire che fosse del tutto ricambiato, ma per farlo Dean aveva dovuto dimenticare il piccolo dettaglio che Edward fosse ancora innamorato di Abby e che fosse il vero padre di Richard.
Più il bambino cresceva, più Dean riusciva a cogliere delle enormi somiglianze fra i due: a partire dagli occhi nocciola che brillavano nello stesso modo, fino ad arrivare allo sguardo penetrante ed all'essere esageratamente permalosi.
Ed inoltre Richard era così dannatamente legato ad Edward da fargli salire il sangue al cervello per il nervosismo, perché non importava quale sangue scorresse nelle sue vene, Richard sarebbe sempre stato un Winchester e sarebbe sempre stato suo, esattamente come la piccola Mary.
Lo squillare del suo cellulare fece distogliere Abby da quei pensieri che avesse letto scorrere sul viso di Dean quando lo aveva colto a guardare storto Edward che teneva fra le braccia Richard, e la ragazza istintivamente si affrettò ad afferrare il telefono dalla sua tasca per rispondere il più velocemente possibile perché non voleva che Richard potesse sentirsi disturbato ed iniziasse a piangere proprio al parco, mentre Jack si voltò ad osservarla con aria seria. "Pronto?". 
"Ciao ragazzina, abbiamo un caso: Maggie non risponde da qualche giorno e stando alle ultime immagini che ha mandato pensiamo che possa essere stata attaccata da un ghoul o una creatura simile". 
Ascoltò le parole di Dean con molta attenzione e aggrottò le sopracciglia, roteando gli occhi mentre si chiedeva perché non potesse avere mai un momento di tranquillità e normalità insieme ai suoi bambini. "Sam fa indossare ai cacciatori delle telecamere? Ingegnoso. Ma anche pauroso, quasi da sociopatico". 
"È solo prudenza, Abby". 
Si ritrovò a sorridere ed a scuotere la testa mentre sentiva la voce del minore dei Winchester giungere dall'altro capo del telefono, e presto capì che Dean l'avesse messa in vivavoce e che anche Sam la stesse ascoltando. 
"Si certo, sono d'accordo Sammy.." sussurrò Abby con ironia, seguendo con lo sguardo Mary sull'altalena che veniva spinta dalla sua amichetta, mentre si divertiva parecchio. "Comunque non azzardatevi a partire senza di me: sarò al bunker fra dieci minuti. Ho proprio bisogno di prendere a calci in culo un ghoul!". 
Non diede loro il tempo di rispondere né di obiettare sul suo piano, che chiuse la chiamata subito dopo aver finito di parlare e fece l'occhiolino in direzione di Jack, che nel frattempo si fosse già alzato e che avesse capito che fosse l'ora di andare, recandosi con dolcezza all'interno del parco giochi per richiamare Mary per poi prenderla fra le braccia con agilità, sorridendole in maniera buffa e facendola ridere.
Ciò scaldò il cuore di Abby a tal punto che quando Jack le si avvicinò tenendo ancora Mary in braccio, la donna si sporse per carezzargli la guancia in modo così amorevole che per un momento ricordò a Jack la dolcezza con cui Kelly lo accarezzasse e gli parlasse quando non era ancora nato.
Il ragazzo la guardò con uno dei suoi buffi e goffi sorrisi mentre sentiva che il suo desiderio di avere la sua grossa famiglia unita si fosse davvero avverato; mise giù la piccola Mary che subito prese la mano di Jack e lo spinse verso la direzione di casa ed Abby accennò un sorriso dolce affrettandosi a spingere il passeggino con il piccolo Richard all'interno, mentre pensava che il ruolo di fratello maggiore calzasse davvero perfettamente a Jack. 
 


"Mamma, papà!!".
Aprí di scatto gli occhi quando le voci distinte di due bambini giunsero alle sue orecchie facendola sussultare e ridestare dal suo sonno, ed Abby si mise seduta come una molla e accese la bajour posta sul suo comodino mentre si stropicciava gli occhi con le dita della mano sinistra. 
Sentí due diversi pesi saltare sul suo letto e accennò un sorriso divertito quando acchiappò il suo Richard di quattro anni e mezzo fra le braccia, baciandogli la fronte e stringendolo forte a sé mentre osservava la sua Mary di quasi dieci anni scivolare sul corpo dell'uomo che ancora provava a resistere a quella sveglia senza pietà.
Abby rise gusto e afferrò anche Mary facendola cadere su di sé, chinandosi a baciarle le guance farle il solletico mentre pensava che quella fosse la solita piacevole routine di ogni mattina; desiderava che i suoi bambini non crescessero mai e che ogni risveglio fosse uguale a quello, mentre Mary e Richard la assalivano e l'abbracciavano stretta.
Abby sentí i suoi bambini ridere e rise anche lei mentre li carezzava entrambi, pensando con malinconia che fossero cresciuti fin troppo in fretta. "Piccola mia, perché non aiuti tuo fratello a prepararsi per la scuola mentre io e papà prepariamo la colazione?". 
Mary sbuffò e roteò gli occhi al cielo, ma obbedí alla madre e afferrò il suo fratellino per una mano per guidarlo fino alla sua stanza, ed Abby sentí il cuore scaldarsi a quella vista; rimase ad osservarli sparire oltre la porta e si strinse appena di più nel piumone quando avvertí la presa ferrea sul suo ventre di due grosse mani che conoscevano bene il suo corpo e l'avvicinavano a sé. 
"Finalmente soli..". 
Abby rise divertita e si strinse in quell'abbraccio caldo e confortevole, sentendo il viso barbuto dell'uomo contro la sua guancia mentre il suo profumo arrivava dritto alle sue narici; si voltò senza pensarci due volte, mettendosi a cavalcioni su di lui e chinandosi per baciarlo con avidità e dolcezza, mentre sentiva le sue grosse mani intrufolarsi sotto la sua maglietta di cotone che usava come pigiama. 
Ben presto l'uomo che si fosse ormai del tutto svegliato, invertí le posizioni e si mise su di lei, insinuandosi fra le sue cosce e baciandola in quel modo che le faceva sempre perdere la testa, mentre Abby lasciò scivolare le dita fra i suoi lunghi capelli scuri e ricci, attirandolo più vicino a sé. 
Quando sentí le sue labbra scendere a torturarle il collo, la donna gemette di piacere e scosse la testa provando ad allontanarlo nonostante tutto ciò che volesse fosse continuare a rimanere sotto le coperte insieme a suo marito stringendolo più forte a sé, ma l'uomo rise divertito e mise un po di distanza per osservarla meglio.
Edward allungò una mano fino al suo viso mentre le sorrideva con l'espressione più felice che avesse, sfiorandole la guancia ed il labbro inferiore. "Dio, sei sempre così bella". 
Abby rise di gusto e se lo scrollò di dosso dopo avergli dato un ultimo e non proprio casto bacio, alzandosi dal letto mentre lo sentiva sbuffare contrariato ed appoggiare la schiena alle testiera del loro grande letto, per riuscire ad osservarla meglio mentre si muoveva per la loro stanza alla ricerca del suo cardigan rosa pastello, incrociando il suo sguardo con aria divertita; si avvicinò nuovamente al letto per sedersi accanto al marito mentre inevitabilmente il suo sguardo vagava sul suo petto nudo e la sua chioma scompigliata dal sonno, soffermandosi con le dita ad accarezzare i contorni del tatuaggio sul suo avambraccio sinistro, ed Abby si ritrovò a sospirare di felicità perché finalmente aveva tutto ciò che avesse sempre voluto. "Com'è andata al locale ieri sera?". 
Edward fece spallucce e sorrise, appoggiando meglio la schiena contro la testiera ed afferrando le mani della donna fra le sue, baciandole il dorso in un gesto romantico mentre tornava a guardarla con l'amore che traboccava dagli occhi. "Solite risse, solita gente. Niente di diverso da ogni altra sera, rossa. Ho sentito la tua mancanza tutto il tempo".
Abby sorrise dolcemente e fece scivolare la mano su cui spiccava il suo grosso anello sul petto di Edward per sfiorarlo con dolcezza, facendo spallucce e sollevando un sopracciglio. "Dubito che portare i bambini in un locale come il tuo sia la scelta più saggia, bartender". 
L'uomo sorrise dolcemente nell'udire quel soprannome e annuì, facendo vagare le sue forze mani sui fianchi di Abby per avvicinarla di più a sé e poterla stringere con possessività, udendo poi i bambini litigare nella stanza a fianco mentre Abby roteava gli occhi al cielo. "Lo so, ma mi manchi, rossa: la mattina vai a lavoro, il pomeriggio ti occupi dei bambini, la sera io gestisco il locale. Ci incrociamo solamente la mattina, ma sei sempre di fretta". 
Abby sospirò rumorosamente e si avvicinò a lui ancora, sfiorandogli il viso e la folta barba scura con delicatezza mentre guardava nei suoi occhioni marroni, accennando un sorriso amorevole prima di tuffarsi sulle sue labbra e baciarlo con dolcezza.
Negli ultimi quattro anni erano cambiate davvero molte cose: dalla morte di Dean per mano di Micheal, al matrimonio con Edward dopo che Abby aveva trovato dentro di sé il coraggio di ammettere quanto in realtà lo amasse, a Jack che aveva finalmente ucciso Micheal permettendo così che potessero vivere tutti quanti una vita normale al di fuori della caccia. 
Ma mai Abby avrebbe pensato di non essere in grado di incastrare tutti i pezzi della sua vita normale in maniera tale da non far sentire nessuno della sua famiglia trascurato. "Mi manchi anche tu Edward, ogni momento che non stiamo insieme. Oggi cercherò di uscire prima dal lavoro, ok? Prendo i bambini e passiamo la giornata insieme, solo noi quattro". 
Edward la guardò per qualche secondo e lesse nei suoi occhi quanto anche lei volesse fare funzionare  il loro rapporto, e con un sorriso contento annullò la distanza fra di loro con un bacio casto e dolce mentre pensava a quanto amasse la sua vita insieme ad Abby e ai bambini; proprio quando entrambi sentivano che quel contatto stesse diventando qualcosa di più profondo, le grida dei bambini nell'altra stanza si fecero più forti e il pianto del piccolo Richard divenne più forte al punto tale che i due ragazzi si distaccarono controvoglia, ridendo però di gusto perché in fondo la vita da genitori normali non gli dispiacesse più di tanto. 
"Papà!!".
La voce di Richard giunse alle loro orecchie ed Edward si alzò dal letto con un grosso sorriso dopo aver baciato un'ultima volta sua moglie e andò a controllare cosa stesse accadendo nella stanza dei bambini, mentre Abby sorrise amorevolmente rimanendo sulla soglia ad osservare come il piccolo Richard si fosse lasciato prendere dal padre, rifugiandosi fra le sue grandi braccia mentre piangeva per uno stupido dispetto fatto da Mary, che adesso guardava suo fratello con rabbia mentre si massaggiava il braccio destro, segno che Richard le avesse probabilmente dato un morso.
Edward le fece l'occhiolino e le lasciò intendere che ci avrebbe pensato lui, così Abby annuí divertita mentre scendeva la scala interna della loro casa, arrivando al piano di sotto ed iniziando a preparare la colazione per tutti. 
Mise la padella sul fuoco per prepare le uova ed iniziò a prepare il latte per il suo piccolo ometto, ed Abby avrebbe anche continuando a cucinare, se non fosse per una strana sensazione che nacque dentro di lei: osservò quella cucina, quegli utensili e tutte le foto appese sul frigorifero di viaggi fatti negli ultimi quattro anni in giro per il mondo insieme alla sua famiglia, eppure non riuscì a ricordare nulla di tutto ciò. 
Venne colta da un fortissimo mal di testa mentre si sforzava di portare alla mente tutto ciò che non ricordasse, quando delle forti fitte alla testa la fecero cadere in ginocchio ed ansimare sempre di più per il dolore, finendo per cadere sul pavimento con un forte tonfo mentre una strana sensazione di freddo e di buio l'avvolgeva completamente. 



"Sto bene, quante volte devo ripeterlo?". 
Abby roteò gli occhi in preda alla frustrazione, seduta sul divano del salotto con le gambe appoggiate al tavolino posto davanti a sé mentre guardava Edward tenere il telefono all'orecchio, intento a parlare con un medico mentre la sua espressione tradiva preoccupazione e agitazione. 
Non riuscì a capire cosa davvero stesse accadendo, ma Abby sapeva di aver perso i sensi probabilmente per un semplice abbassamento di pressione; non c'era nulla di cui preoccuparsi, stava bene.
Udí la porta di casa aprirsi ed i suoi bambini correre giù dalle scale già perfettamente vestiti e pronti per la scuola, ed Abby li osservò con aria accigliata salutarla e darle un bacio a testa per poi scappare via correndo fuori dalla porta di casa che Edward tenesse aperta. 
Si alzò velocemente ignorando l'ennesimo capogiro e si avvicinò all'ingresso reggendosi alla parete ed ai mobili che incontrava lungo il suo tragitto, raggiungendo l'uomo che stesse ancora salutando Mary e Richard con un sorriso mentre entravano all'interno dell'auto nera che Abby conoscesse bene e la ragazza si sporse per salutare il fratello Dan e il nipote Henry, che mossero la mano nella sua direzione con un sorriso. 
Quando l'auto partí, Abby volse lo sguardo verso Edward che accennò un sorriso amaro e la invitò a tornare a sedersi ed a stare a riposo, guidandola nuovamente fino al divano del salotto dove si sedette anche lui. 
"Deduco che tu abbia detto a Dan di non aspettarmi a lavoro" disse Abby sospirando rumorosamente, sollevando un sopracciglio e guardandolo in cagnesco perché odiava essere trattata in quel modo. 
Serrò le braccia al petto e sbuffò sonoramente, guardando nei suoi occhi marroni così fieri e orgogliosi, nonostante Abby sapesse che Edward stava cercando di prendersi cura di lei come aveva promesso ormai da quattro anni. "Senti, apprezzo che ti preoccupi per me, ma sto bene! Ho avuto un capogiro e poi sono caduta, ma non c'è niente di strano e non sono malata!". 
Edward guardò nei suoi occhi azzurri ed osservò come il suo viso fosse tornato roseo, così sciolse la sua espressione preoccupata e sospirò rumorosamente scuotendo la testa, abbassando per qualche secondo lo sguardo sulle sue mani che muoveva in maniera nervosa, e poi tornò a guardarla con uno sguardo quasi terrorizzato. "Forse ho esagerato a chiamare Dan, ma devi capirmi: per me è tutto nuovo, tu ci sei già passata due volte. Ti ho vista a terra e mi è preso il panico, ho avuto paura che fosse successo qualcosa a te o alla bambina".
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, grattandosi nervosamente la nuca e mordendosi il labbro mentre sentiva il cuore battere più velocemente. "Di che stai parlando, Ed?". 
"Della gravidanza ovviamente" rispose Edward guardandola con aria un po' meno seria, sciogliendo la sua espressione in un grosso sorriso intenerito mentre si sporgeva verso di lei ed allungava una mano per sfiorarle il ventre con dolcezza, avvicinandola di più per baciarle la tempia con dolcezza. "Non vedo l'ora di conoscere la nostra piccola Audrey". 
Abby sgranò gli occhi e lo guardò con aria incredula sentendo il sangue ghiacciarsi nelle vene, mentre rimaneva inerme davanti a quelle parole di cui capì il significato solamente quando abbassò lo sguardo sulla mano dell'uomo che la stesse toccando.
Riusciva a percepire dentro di sé la sensazione che tutto fosse sbagliato e che le stesse sfuggendo qualcosa, eppure si era ritrovata a sorridere mentre osservava il viso felice e rilassato di Edward. 
Sentiva nel più profondo del suo cuore che Edward fosse tutto ciò che desiderava davvero e che costruire una vita insieme a lui fosse stata la scelta più sensata della sua vita.
Si sporse nella sua direzione quel tanto che bastava per baciarlo, mentre lo stesso sorriso felice si faceva largo anche sulle sue labbra.
Abby era felice.
Davvero, davvero felice.
Come probabilmente non era mai stata.
Aveva tutto ciò che avesse sempre desiderato.
Aveva desiderato quella vita ordinaria e tranquilla, una vera casa dove crescere i suoi bambini che non ricordasse neanche lontanamente il bunker.
Amava aver lasciato la caccia e non dover più rischiare la vita per ogni caso.
Amava quella stabilità.
Amava Edward ed i suoi bambini, e nonostante le sembrasse così strano di essere di nuovo in dolce attesa, Abby si strinse più forte ad Edward e sorrise felicemente.
Era tutto così perfetto, tutto così come lo aveva sognato tante volte durante le notti insonne in cui se ne stava distesa sul materasso malridotto di uno squallido motel, aspettando l'alba per potersi rimettere in marcia.
Era tutto troppo perfetto.
Non ebbe neanche il tempo di pensarlo, che Abby venne invasa con prepotenza da una sensazione di stranezza mentre un altro forte mal di testa le fece stringere gli occhi per il dolore, mentre delle strane visioni di un magazzino buio e umido la fecero sussultare e tirare indietro dalla presa di Edward, che aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria confusa. 
"Stai bene, Abby?".
Non fece in tempo a rispondere, che l'oscurità l'avvolse e tutto ciò che la ragazza riuscí a sentire era solamente la fastidiosa sensazione degli aghi incastrati nelle sue vene che le succhiavano via la linfa vitale, mentre tutto si faceva buio e perdeva definitivamente conoscenza.



Mosse lentamente i passi incerti sul curatissimo prato verde, perché voleva concedersi ancora qualche altro minuto per schiarirsi le idee.
Abby si era recata davvero poche volte in quel posto: si era sempre detta che i bambini prendessero tutto il suo tempo e che avesse il lavoro e la sua famiglia a cui pensare. 
Ma dentro di sé Abby sapeva che era solamente una scusa per non trovarsi in quel luogo, faccia a faccia con uno dei suoi dolori più grandi. 
Una folata di vento le solleticò il viso quasi come se fosse una carezza invisibile ed Abby diede un'occhiata distratta alle fitte nuvole grigie che schermassero la luce del sole nel cielo e si strinse nel suo cappotto scuro, mentre nervosamente si mordeva il labbro e si voltava a guardare la lapide di pietra; osservò la foto che spiccava dell'uomo sorridente e sospirò rumorosamente. 
Si avvicinò lentamente fino a chinarsi sui talloni, sfiorando l'immagine con le dita mentre un sorriso amaro le si dipinse sul volto: non aveva mai capito perché Sam avesse voluto quel tipo di sepoltura per suo fratello, né si era mai opposta o aveva detto la sua, ma adesso che si trovava davanti alla tomba di Dean si iniziò a chiedere se quella sarebbe potuta essere proprio l'opzione scelta da lui. 
"Ciao Dean.." sussurrò Abby a denti stretti mentre sentiva il dolore che teneva sempre chiuso e celato nel più profondo di se stessa iniziare a scuotersi fino a liberarsi, attraversandola completamente. 
Tirò su con il naso e sentí il labbro inferiore tremare, perché avrebbe solamente voluto sentire il tocco di Dean contro la sua pelle, le sue dita sul suo viso, la sua voce rispondere al suo saluto e pronunciare un'ultima volta il suo tipico Ciao ragazzina
Nonostante fossero passati ormai quattro anni dalla sua morte, il dolore di Abby rimaneva intatto ed immutabile, ed ogni giorno si chiedeva perché quella caccia glielo avesse portato via per sempre: lei e Sam avevano provato di tutto arrivando persino a supplicare Morte, ma tutto fu inutile perché niente riuscì a riportarlo indietro. 
Erano stati anni difficili, anni pieni di dolore e di tormento. 
Dopo un lungo periodo di disorientamento, Sam era tornato all'università per completare gli ultimi esami e per abilitarsi alla professione di avvocato e fra un caso giuridico ed un altro, aveva conosciuto una donna piuttosto intelligente e dolce con cui fosse andato presto a convivere. 
"Come vorrei che tu fossi qui. Darei qualsiasi cosa per farti tornare.." sussurrò Abby con voce rotta, sfiorando la foto sulla pietra e sospirando rumorosamente mentre due lacrime si fecero strada sul suo viso. Le spazzò via e scosse la testa, deglutendo a fatica per poi tornare a guardare il sorriso sghembo di Dean in quella foto che non gli rendesse abbastanza giustizia, e la sfiorò ancora con un sorriso più convinto. "Mi sembra di non avere la più pallida idea di come io sia arrivata fin qui, dopo la tua morte. I bambini sono cresciuti così velocemente, Edward è davvero fantastico. È tutto quello che ho sempre desiderato, davvero. Ma ho una strana sensazione dentro di me, che non mi permette di essere totalmente felice".
Abby tirò su col naso, mentre altre calde lacrime le rigarono le guance e strinse forte i pugni per la rabbia che prese a montare dentro di lei tenendo ancora gli occhi fissi sul volto di Dean rappresentato in quella foto. "È solo un sogno, non è vero? Niente di tutto questo è reale? Il mio lavoro, il mio matrimonio con Ed e la nostra famiglia, la bambina in arrivo.. è frutto della mia mente. Deve esserlo. Perché sono davvero felice qui e se fossimo nella vita reale, sarebbe già accaduto qualcosa di brutto a sconvolgere l'equilibrio..".
Con gli occhi pieni di lacrime, Abby non riuscì a continuare e si appoggiò completamente contro la lapide, scuotendo la testa e chiudendo gli occhi mentre il respiro divenne corto e irregolare, sentendo il cuore battere forte nel petto focalizzando nella sua mente tutti i momenti più felici e belli che avesse condiviso con Dean. 
Mentre scivolava seduta sul terreno e stringeva forte le dita attorno alla lapide, Abby si rendeva conto che tutti i suoi sogni si erano realizzati e che fosse pienamente felice ed appagata, ma si sentiva così tremendamente in colpa per non essere riuscita a condividere le stesse cose con Dean. 
Si sentí sfiorare una spalla ed Abby scosse la testa affrettandosi a spazzare via le lacrime sul suo viso perché sapeva che l'unico ad averla trovata lì sarebbe potuto essere solamente Edward, e si preparò a voltarsi per incrociare il suo sguardo perché aveva così bisogno di lui in quel momento; ma ciò che vide quando si voltò la fece rimanere impietrita e senza parole, costringendola a chiudere gli occhi per via della forte luce che improvvisamente si irradiò verso di lei, riuscendo solamente a distinguere la figura maschile che le si parò davanti e che avrebbe riconosciuto ovunque. "Dean?!". 


"Non mi farai nulla con quella!". 
Abby sbatté le palpebre e si sentí così disorientata e debole da riuscire appena a percepire la presa ferrea di due braccia sconosciute sul suo torace, che la tenevano in piedi schiacciata contro il petto di un uomo che non aveva mai visto nella sua vita. 
Sentí quelle parole giungere alle sue orecchie in maniera ovattata, ma solamente quando riuscì a mettere a fuoco la stanza attorno a sé si rese conto che quell'uomo non stesse parlando con lei: Abby riconobbe la figura di Dean e di Sam distanti solamente pochi metri da loro e quella di Edward, legato dalle braccia attraverso delle corde che penzolavano dal tetto: la maglietta che indossava zuppa di sangue, così come il suo viso, era il segno che Edward avesse combattuto fino alla fine prima di essere catturato.
La donna diede una rapida occhiata a sé stessa nel momento in cui uno strano pizzichio alle braccia la costrinse ad abbassare lo sguardo, notando gli aghi di alcune flebo che ancora affondavano dentro alle sue vene; notò i suoi polsi pieni di escoriazioni per il modo in cui quell'uomo avesse stretto le corde e l'avesse tirata su per cibarsi della sua linfa vitale mentre Abby rimaneva chiusa nella sua mente a vivere forse il sogno più bello della sua vita.
E in quell'istante, Abby venne investita da una grossa quantità di ricordi e capì: era stata catturata dal Djinn e, insieme a lei, anche Edward. 
Abby gemette appena quando si sentí strattonare indietro dalle possenti braccia del Djinn, ma non avendo la forza di reagire si limitò a sollevare lo sguardo per incrociare quello di Dean, che accennò un sorriso sicuro di sé nella sua direzione e le fece l'occhiolino mentre teneva la sua pistola sollevata e puntata verso la creatura che ancora la teneva in piedi.
"Infatti questo proiettile non è per te". 
La voce di Dean giunse alle sue orecchie e subito ad essa seguí il forte suono di uno sparo che la costrinse a chiudere gli occhi senza potersi difendere; presto sentí la spinta dell'uomo che fino a quel momento l'avesse tenuta forte a sé come garanzia che non gli venisse fatto del male, adesso liberarla e sbilanciarla, tanto che Abby non riuscì a mantenere l'equilibrio e cadde in avanti senza forza, scontrandosi con il freddo pavimento polveroso che la fece appena gemere di dolore. 
Sentí dei passi avvicinarsi a lei con velocità, forti braccia familiari afferrarla e caricarsela addosso per poi scostarle i capelli dal viso per incrociare il suo sguardo, colpendole delicatamente le guance per farla riprendere, ed Abby si costrinse a recuperare le energie rimaste ed a guardarsi attorno per rendersi conto di ciò che fosse accaduto: Dean doveva aver sparato al lampadario di ferro sotto cui il Djinn l'avesse tenuta in ostaggio, facendo si che la lasciasse andare per evitare di finire schiacciato. 
Vide Sam correre verso il Djinn a terra e li sentí parlare di come quello fosse stato tutto un piano di Micheal, che gli avesse chiesto di uccidere più cacciatori possibile e di infettare Abby con il suo veleno in attesa che arrivasse. 
La ragazza non fu sorpresa e scosse la testa debolmente, lasciando scivolare lo sguardo verso quello preoccupato di Dean e accennò un sorriso amaro nella sua direzione prima di perdere nuovamente conoscenza fra le sue braccia. 
"Stai bene. Sei salva adesso, ragazzina..".

Abby non seppe dire come si fosse conclusa quella caccia o quando avesse lasciato quel luogo, ma si ritrovò distesa sul letto familiare del bunker, con le ferite disinfettate sul corpo ed una flebo probabilmente messa da suo fratello Dan per riuscire ad eliminare dal suo corpo il veleno del Djinn il più in fretta possibile; sospirò e si sedette sil bordo del letto mentre osservava Dean dormire al suo fianco con l'aria parecchio stanca, le occhiaie scure e marcate sul viso testimoniavano come non si fosse mai fermato da quando Abby e Edward erano spariti insieme.
Dean doveva aver capito che qualcosa non andasse e che il Djinn doveva averli presi, e aveva sicuramente fatto l'impossibile pur di ritrovarla.
Abby sorrise nella sua direzione e si limitò a coprirlo meglio per non svegliarlo, sorridendo poi amaramente mentre sgusciava silenziosamente fuori dal letto e dalla stanza il più silenziosamente possibile. 
Passò davanti alla camera dei suoi bambini che dormivano profondamente e si diresse in cucina in cerca di suo fratello o di Mary, ma la trovò vuota; si passò una mano sul collo e gemette appena sentendosi ancora molto indolenzita e stanca, ma camminò ugualmente fino alla sala comune pensando che una bevuta fosse ciò di cui avesse bisogno, quando invece vide il suo bartender personale di spalle intento a bere qualche sorso dalla sua bottiglia di birra. 
Abby rimase qualche momento in silenzio ad osservarlo dal corridoio, mentre le immagini del sogno indotto dal Djinn piombarono in maniera fin troppo prepotente nella sua mente ricordandole che fosse ancora in tempo per vivere quella vita che aveva assaporato: sicura per lei e per i suoi bambini, lontana dalla caccia e piena di amore. Perfetta.
Allora perché Dean non ne faceva parte? si chiese Abby aggrottando le sopracciglia.
Sospirò e fece qualche passo in avanti, giungendo fino al fianco di Edward che la notò subito, accennando un piccolo sorriso mentre la guardava e la invitava a sedersi accanto a lui; Abby non se lo fece ripetere e prese posto sulla sedia accanto alla sua ed accettò la birra che l'uomo le passò con un sorriso, bevendo qualche lungo sorso per poi passargliela con un sorriso. 
Abby lo osservò per una manciata di secondi interminabili, notando il labbro spaccato che si stesse lentamente rimarginando e le ferite sulle braccia, ed Abby increspò il labbro e storse il naso al pensiero che qualcuno gli avesse potuto fare del male; Edward ricambiò quello sguardo con aria sorridente e tranquilla, lasciando Abby a chiedersi cosa gli passasse per la testa in quel momento. "Tu sei sempre intorno ultimamente..". 
Edward aggrottò le sopracciglia e accennò un sorriso, facendo spallucce e gustando qualche sorso della sua birra, continuando a percepire lo sguardo della ragazza su di sé. "Non crederai che voglia lasciare tutto il divertimento con quel pazzo di Micheal unicamente a voi?". 
Abby lo guardò ancora per qualche istante, annuì e fece spallucce, rilassandosi sulla sedia e guardando un punto davanti a sé perché capiva cosa Edward volesse dire: sapeva ciò che aveva passato quando Micheal lo avesse rapito per usarlo come ostaggio contro Abby, immaginava cosa doveva aver provato quando il Djinn li avesse presi entrambi, e si ritrovò a pensare che probabilmente non esistesse nessuno in grado di comprenderla come facesse lui. 
"Stai bene, rossa?". 
Abby tornò a guardarlo con estrema naturalezza e accennò un sorriso amaro, facendo spallucce e stringendosi più su se stessa. "Solo qualche graffio, e tu?". 
Edward la guardò con aria seria e indagatrice, allungando istintivamente una mano sul suo volto per spostarle una ciocca dietro l'orecchio e osservare meglio il suo viso, accennando poi un sorriso. "Lo sai, rossa: ci vuole più di una botta in testa e del veleno da Djinn per stroncarmi". 
Abby sorrise alla sua affermazione e rimase a guardarlo ancora per qualche secondo, fin quando provò una forte malinconia per ciò che avesse vissuto insieme a lui nel sogno indotto dal Djinn e si sentí appena arrossire per il modo in cui la stesse guardando, così abbassò lo sguardo con un sospiro pronunciato.
Edward afferrò il suo mento con molta delicatezza, sollevandolo con pollice e indice destri mentre la guardava con la stessa dolcezza di qualche istante prima. "Posso chiederti che cos'hai visto, quando il Djinn ci ha intrappolati?". 
Guardare Edward negli occhi da così vicino assumeva tutto un altro significato, dopo ciò che avesse visto e vissuto sotto effetto dell'influenza del Djinn, che aveva svelato ciò che il suo cuore desiderasse di più.
Avrebbe voluto sfiorare il suo volto anche lei.
Quella notte Abby si stava ritrovando a desiderare di più: più contatto con Edward, più vicinanza, più sintonia, più fisicità.
Voleva così disperatamente tornare nel suo sogno e baciarlo un'ultima volta, per dire addio a quella vita splendente che aveva visto.
Ma adesso era tornata alla realtà, alla vita vera dove era tutto molto diverso 
Scosse la testa ed annullò quel contatto visivo troppo intimo liberandosi dalla presa dell'omone accanto a lei mettendosi più dritta con la schiena per schiarirsi la gola, spostando lo sguardo un po' ovunque pur di non incrociare i suoi occhi.  
"Ho visto una vita bella e tranquilla, dove i miei figli non dovevano avere paura di cosa ci fosse nell'ombra.." sussurrò Abby con un filo di voce che tradiva una certa nostalgia e sofferenza, torturandosi le dita per concentrarsi sul dolore piuttosto che sul piacere e l'appagamento che le avesse dato quella vita. 
Prese un lungo respiro e presto tornò a guardarlo negli occhi con aria rassegnata e dispiaciuta, mentre i suoi occhi si riempivano di un sottile strato lucido. "Era davvero una vita meravigliosa, Ed. Semplice e fantastica. Così tanto che sarei voluta restare lì".
L'uomo rimase ad osservare con aria molto seria i suoi occhi azzurri arrossati dal pianto, serrando la mascella mentre provava il forte disagio che Abby avesse completamente realizzato i suoi sogni attraverso il Djinn; strinse le labbra in una smorfia e fece spallucce, sospirando mentre la guardava. "Beh, dovevi essere davvero felice di vivere la tua vita perfetta insieme a Dean".
Il suo cuore prese a battere più velocemente del solito e deglutì a fatica mentre ancora lo guardava, quando arrivò sul punto di distogliere lo sguardo, ma presto Edward notò l'aria seria con cui Abby lo stesse guardando ed il modo in cui si stesse torturando il labbro nel tentativo di non dire ciò che così disperatamente voleva che uscisse dalle sue labbra.
Ma Dean non era l'unico a conoscere bene Abby: Edward conosceva il significato dietro ad ogni suo sguardo, riusciva a decifrare i suoi pensieri, anche quello più oscuri ed annodati in delle complicate matasse.
E quando riuscí a leggere nei suoi occhi azzurri le parole che Abby non volesse assolutamente pronunciare, Edward dischiuse appena le labbra per la sorpresa e la guardò allo stesso modo. "Non eri con Dean". 
La ragazza sospirò a quell'affermazione ed abbassò lo sguardo facendo spallucce, pensando di aver forse rivelato troppo nonostante non avesse detto neanche una parola; si alzò per dirigersi nella sua stanza e tornare da Dean, sperando di avere almeno un'altra oretta di sonno, ma proprio prima di incamminarsi verso il corridoio Abby tornò a guardare Edward alle sue spalle, con un sorriso sereno e tranquillo sul  volto perché sapeva che i suoi segreti sarebbero stati al sicuro con lui. "Quando stavamo insieme mi hai parlato della tua sorellina più piccola, che non c'è più da parecchi anni. Mi sto sforzando così tanto di ricordare il suo nome, ma probabilmente non ho ancora smaltito tutto il veleno del Djinn". 
Per qualche istante Edward sgranò gli occhi e si pietrificò come se fosse un'antica statua di bronzo, guardandola con aria sorpresa e sconvolta perché iniziava a pensare che Abby voleva a tutti i costi che sapesse ciò che avesse davvero visto in quel mondo creato dal Djinn, che era stato plasmato sui suoi desideri più inconsci. 
"Audrey. Mia sorella si chiamava Audrey". 
"Esattamente. Come la bambina del sogno.." sussurrò Abby accennando un sorriso dolce e avvicinandosi quel tanto che bastasse per sfiorargli il viso adornato dalla lunga barba curata e soffice, scostandogli i capelli mossi all'indietro, mentre leggeva nei suoi occhi nocciola la consapevolezza che si stesse proprio rendendo conto solo in quel momento che avessero condiviso lo stesso identico sogno. 
Senza averne mai davvero discusso insieme, i loro cuori avevano espresso lo stesso identico desiderio.
Si guardarono per qualche altro secondo rimanendo in silenzio, prima che Abby si chinasse su Edward che fosse ancora seduto per depositare un bacio sulla sua guancia barbuta e respirando il suo profumo mischiato a quello del suo solito sigaro, stringendo leggermente la presa su di lui.
Presto Abby annullò quel contatto e si sottrasse ai suoi occhi, abbassando lo sguardo e sospirando con aria più seria mentre si dirigeva verso il corridoio. "Buonanotte bartender".
 

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Capitolo 81
*** Capitolo 73 ***


Hunters' legacies
Capitolo 73


Passò una mano fra i suoi lunghi capelli rossicci e se li portò sulle spalle per bloccarli con un mollettone proprio sopra la nuca, lasciando che le lunghezze scivolassero sulla sua schiena, e tornò a muovere il cibo con la forchetta nel suo piatto ed a fingere di mangiare, dato che non fosse proprio dell'umore quella sera per cenare. 
Stava seduta a capotavola del tavolo ormai troppo piccolo per contenere tutti i membri di quella famiglia,  osservando distrattamente Mary ed Henry mangiare seduti proprio accanto alla sua destra e sorrise quando li udì giocare fra di loro, mentre Richard stava seduto sul seggiolone proprio Edward e Daniel, alla sua sinistra.
Abby sospirò tornando a giocare con il cibo nel suo piatto mentre pensava a come l'ultimo mese fosse stato fin troppo ostico, catapultando lei e la sua famiglia fra un tornado ed un altro.
Quel terribile periodo era iniziato con l'improvvisa morte di Jack, per cui nessuno di loro si sentisse pronto e che li scosse sin nel profondo, facendoli soffrire non poco; ma presto Sam aveva trovato una soluzione e Jack era tornato a respirare ed a riempire le loro giornate, facendoli sorridere per l'ingenuità che fin troppo spesso dimostrava.
Ma la magia usata da Sam richiedeva un caro prezzo e Jack non avrebbe potuto più usare i suoi poteri da Nephilim, altrimenti avrebbe bruciato la sua anima.
Nessuno capì come Castiel e Anael fossero riusciti a bloccare l'anima di Jack in Paradiso, e non ebbero il tempo di fare chiarezza su quella situazione che presto furono costretti a viaggiare fino a Kansas City, fronteggiando un importante attacco che Micheal stesse facendo alla città proprio la notte di Natale utilizzando gli ibridi che avesse creato con la sua Grazia. 
Spinta dal senso di colpa per aver aiutato l'arcangelo e avergli dato ciò che volesse di più al mondo, Abby non ci pensò due volte prima di affrontare senza alcuna paura Micheal. 
Ma proprio quando pensava di averlo in pugno, Micheal si fece nuovamente largo nel corpo di Dean e spezzò in due l'unica arma che sapevano sarebbe stato in grado di ferirlo davvero, la lancia di Kaia, prima di svanire nel nulla.
Le disperate ricerche di Micheal, la speranza che Dean fosse ancora vivo all'interno del suo corpo e la paura di non rivederlo più passarono per la mente dei ragazzi per la maggior parte del tempo in cui lo cercarono.
Erano tutti a pezzi, anche se cercavano di non darlo troppo a vedere.
Riuscirono a localizzare l'arcangelo e ad entrare nella sua mente in modo da costringere Dean ad espellerlo dal suo corpo; il maggiore riuscì a confinare Micheal in un angolo della sua mente dal quale non sarebbe più stato capace di uscire, a patto che Dean rimanesse concentrato nel tenerlo in gabbia per tutto il tempo. 
Abby aveva cominciato a notare come Dean non riuscisse più a dormire bene, a mangiare, a cacciare e soprattutto a stare con la sua famiglia: non riusciva più a stare insieme alla piccola Mary o ad interagire con Richard, perché perdeva spesso la pazienza dato il modo in cui Dean fosse provato in quel periodo.
Aveva persino difficoltà a relazionarsi con Abby, come quando si era avvicinato nel loro letto per stringerla durante la notte ed Abby aveva colmato la distanza fra di loro con un lungo bacio ed un sorriso. 
"Riesco a sentire quanto anche lui ti desideri: non posso farlo. Non finché continuerò ad avere Micheal rinchiuso nella mia mente". 
Abby lo aveva visto alzarsi dal letto con velocità ed andare via di corsa, lasciandola sola a pensare a come tutti gli sforzi che tutti stessero compiendo per aiutare Dean sembrassero alquanto inutili: non avevano trovato nessuna traccia, nessuna teoria su come poter controllare e far uscire Micheal dalla mente di Dean senza che lui scatenasse un'apocalisse. 
Lo sguardo di Edward che mal celava il suo modo indagatore di guardarla, si posò su di lei; l'uomo si portò la bottiglia di birra alle labbra e accennò un sorriso gentile verso Dan seduto al suo fianco, con il quale stesse vedendo una partita in TV, per ricordargli che quella sera fosse il suo turno di mettere i bambini a letto.
Edward era sempre stato bravo a leggere il volto di Abby, specialmente quando vi era qualcosa che lei cercasse di nascondere, riuscendo sempre a capirlo; la osservò muovere la sua forchetta sempre nello stesso punto e vide il suo sguardo preoccupato chino sul piatto, così sospirò con aria piuttosto seria e preoccupata. 
Edward non aveva mai lasciato il bunker in quel lungo mese e mezzo dopo che fossero stati rapiti dal Djinn, se non le sere più tranquille per assicurarsi che il suo locale fosse ancora in piedi nelle mani di Andrew, e doveva ammettere che rimanere al bunker stava davvero iniziando a piacergli: era diventato molto amico di Sam e Dan, chiacchieravano spesso di qualsiasi argomento e bevevano quasi sempre insieme tutte le sere, aveva iniziato a stringere una sorta di legame con Jack e con i due angeli, non lasciando mai il fianco di Abby e dei bambini quando Dean non riusciva ad esserci e negli ultimi tempi capitava sempre più spesso. 
Edward si schiarí la voce e fece segno a Dan che probabilmente fosse arrivata l'ora di mettere a letto suo figlio e i suoi due nipotini, e Dan annuì rendendosi conto solamente in quel momento che si fosse fatto tardi, portando via i tre bambini che protestarono per rimanere svegli ancora un po', rassegnandosi davanti all'autorevolezza dell'uomo. 
Edward si lasciò scivolare sulla panca della cucina fino ad arrivare vicino ad Abby, seduta a capotavola mentre ancora fissava la porta dietro cui fossero spariti i suoi figli e suo nipote insieme a Dan, e sospirò schiarendosi la voce per attirare l'attenzione ed osservando Abby voltare la testa e guardarlo con aria parecchio stanca e preoccupata. 
Per qualche secondo quando gli occhi azzurri di Abby incrociarono i suoi nocciola, Edward scordò ciò che stesse per dire e si morse il labbro inferiore mentre sentiva il cuore battere più velocemente: sapeva che starle vicino per tutto quel tempo fosse proprio un'arma a doppio taglio. 
Più trascorreva il tempo insieme a lei, più Edward non riusciva a separarsene.
Sapeva che prima o poi Dean avrebbe trovato il modo per tornare a casa e rimettere le cose a posto, e Edward si chiedeva come si sarebbe dovuto comportare.
"Stai bene, rossa?". 
Abby sospirò lentamente ed annuì in modo poco convinto, accennando un sorriso finto ed allontanando da lei il suo piatto ancora intanto per serrare le braccia al petto, ma Edward la conosceva bene e non gli era di certo sfuggito il suo essere mentalmente assente per tutta la giornata. "Non hai ancora sentito Dean?". 
La ragazza fece una smorfia e fece spallucce, sbuffando rumorosamente e facendo vagare lo sguardo per la stanza, osservando ancora la televisione mandare in onda le ultime azioni della partita. "Stamattina mi ha chiesto tutti gli attrezzi di mio padre e molti dei suoi libri di fai da te: dice che sua madre ha bisogno del suo aiuto per sistemare dei mobili a casa sua ed è andato ad aiutarla..". 
L'uomo la guardò con fare indagatore nonostante Abby si sforzasse così tanto di apparire serena, e accennò un sorriso amaro sollevando un sopracciglio, portando la bottiglia di birra alla bocca per bere l'ultimo sorso. "E tu pensi che ci sia qualcosa sotto. Per questo hai mandato Sam a scoprire cosa Dean stia facendo da Mary?".
Lo guardò con aria sorpresa, non riuscendo a capacitarsi su come Edward facesse ad essere sempre così attento e ad osservare con così tanta attenzione, e fece nuovamente spallucce mordendosi il labbro inferiore; si alzò sospirando ed iniziando ad impilare i piatti uno sopra l'altro per sparecchiare, mettendoli poi sul fondo del lavandino dando le spalle al ragazzo. "Sam è voluto andare a controllare che tutto fosse tranquillo e mi ha detto di non preoccuparmi, ma è partito un'ora dopo Dean e non mi ha ancora chiamata..".
Abby iniziò a togliere gli avanzi dai piatti con lentezza, non riuscendo a farsi scivolare addosso la sensazione che ci fosse qualcosa che davvero non andasse e che la situazione fosse precipitata e che nessuno volesse dirglielo, che Micheal sarebbe riuscito ad uscire senza che lei potesse effettivamente fare qualcosa, che Dean soffrisse più di quanto ammettesse insieme a lei; presto percepí una presa leggera e dolce sulla sua mano e si chiese mentalmente quando Edward si fosse alzato e come mai non lo avesse sentito avvicinarsi. 
Sollevò lo sguardo verso il ragazzone davanti a sé e non riuscì a non percepire quell' assurda sensazione familiare di casa e di sicurezza che aveva sempre provato vicino a lui, quella sensazione di serenità e di certezza assoluta che tutto sarebbe andato per il verso giusto. 
"Vieni con me..". 
Abby non oppose resistenza e si lasciò trascinare di qualche passo mentre lo guardava negli occhi con fin troppa intensità, ma presto piantò i piedi a terra e si fermò, scuotendo la testa con più fermezza e accennando una leggera risata nervosa. "Non posso: i bambini mi aspettano e..".
"Penserà Dan a loro, sta tranquilla.." sussurrò Edward accennando un sorriso più tranquillo e cercando di infonderle sicurezza, ma presto lesse nei suoi occhi una grande preoccupazione e ansia, e si ritrovò a sospirare ed a sfiorarle la mano che ancora stringesse fra le sue. "Sei preoccupata per Dean, giusto? Andiamo a trovare anche noi Mary, vedrai che tutto è a posto e ti tranquillizzerai".


"Sam e Dean stanno sistemando un vecchio armadio nel garage: se mi avessi chiamata te lo avrei detto per risparmiarti il viaggio, tesoro..". 
Abby aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria stranita mentre ascoltava le parole di Mary e la osservava portare i capelli biondi dietro l'orecchio con un gesto parecchio nervoso che non sfuggí né ad Edward né ad Abby.
La ragazza si voltò a guardare l'uomo al suo fianco con espressione preoccupata, mentre nella sua mente iniziarono a passare milioni di ipotesi non troppo felici; Edward si sforzò di sorriderle per infonderle coraggio e renderla più serena, dicendole di andare a capire cosa i due Winchester stessero facendo insieme mentre lui avrebbe fatto un paio di domande in più a Mary che tutto ad un tratto aveva assunto un'espressione molto colpevole.
Prese un lungo respiro e ringraziò Edward con lo sguardo, accennando un sorriso e dirigendosi verso il buio retro della casa appena illuminato da un unico lampione; camminò lentamente controllando i passi per fare in modo di non essere sentita, e si avvicinò al grande capannone riuscendo perfettamente ad udire dall'esterno i rumori degli stessi attrezzi che sentisse utilizzare dal padre quando era solamente una bambina. 
Si avvicinò alla porta aperta della struttura, inarcando le sopracciglia mentre osservava Sam e Dean lavorare in silenzio ad una cassa molto strana, con dei simboli che Abby non aveva mai visto prima di quel momento; si chiese di cosa diavolo si trattasse e perché Sam non l'avesse richiamata per dirle che fosse tutto tranquillo, quando il minore lasciò cadere la chiave inglese che stringesse tra le mani sul pavimento con un forte tonfo e la sua voce ruppe il silenzio. 
"Tutto questo è da pazzi, Dean".
Abby osservò il maggiore fermarsi dall'avvitare l'ennesimo bullone e sospirare rumorosamente, per poi guardare il fratello con aria stanca. "Ne abbiamo già parlato, Sam. Non ho scelta, devo farlo". 
"Cosa pensi che dirà quando scoprirà che l'uomo che ama l'ha lasciata senza neanche averle detto addio, senza aver salutato i suoi figli? E per cosa poi? Per trascorrere un'eternità dentro una cassa insieme ad un arcangelo pazzo, nel più profondo dell'oceano? Questo sbaglio ti torturerà Dean e lo farà per sempre!". 
Abby sgranò gli occhi e si portò entrambe le mani alla bocca per non emettere suoni, sentendo immediatamente lo stomaco rigirarsi ed il cuore battere più forte nel petto mentre lentamente capiva il significato della cassa e delle parole di Sam, e aveva la certezza che il suo istinto avesse ragione a suggerirle da tutto il giorno che qualcosa non andasse con Dean. 
"È proprio per loro che lo faccio: se non sistemo questa faccenda adesso, non ci sarà modo di fermare Micheal e io non posso correre il rischio che lui faccia loro del male! Preferisco marcire sul fondo dell'oceano insieme a Micheal per l'eternità, anche se questo vuol dire non vedervi mai più!". 
Abby sentí gli occhi pizzicare quando le parole di Dean giunsero alle sue orecchie in maniera prepotente e quasi violente, aprendo l'ennesima ferita sul suo cuore già malconcio; se quello che stava dicendo Sam era vero, Abby avrebbe potuto non rivedere mai più Dean. 
Bastò un attimo ancora prima che Dean percepisse la sua presenza lì, voltandosi verso la porta per riuscire ad  osservare il suo sguardo sconvolto. "Abby, ragazzina io..". 
Gli occhi accusatori, arrabbiati, delusi e addolorati di Abby gli impedirono di andare avanti e di cercare di trovare una bella favola da raccontarle per addolcire la pillola, trovandosi per la prima volta in tanti anni senza la minima idea di cosa dire e di come giustificarsi; la vide aprire la bocca nel tentativo di riuscire a dire qualcosa, tentando di dirgli probabilmente quando l'avesse delusa, ma Abby non riuscì ad emettere neanche un suono, rimanendo ad osservarlo con gli occhi coperti da un denso strato lucido che le tolse la facoltà di tenere alzata la barriera che da tanto tempo tenesse su. 
Senza dire nulla Abby si voltò e ripercorse i suoi passi a ritroso per raggiungere il suo porto sicuro, sentendo l'impellente bisogno di andare via, ma mentre camminava velocemente nel vialetto rischiò di cadere rovinosamente a terra quando si scontrò con il petto solido e robusto di Edward fasciato dalla giacca di pelle beige, che l'aveva vista arrivare dall'interno della cucina e fosse subito corso verso di lei insieme a Mary. "Ehi, ehi, rossa: guardami. Va' tutto bene, troveremo una soluzione". 
Abby sentì le sue mani afferrarle il viso con dolcezza e carezzarono le guance, e la ragazza aggrottò le sopracciglia nell'udire le sue parole che sembravano sapere più di quanto avesse detto. 
Spostò lo sguardo su Mary che sospirò lentamente e la guardò in modo totalmente rassegnato con la sofferenza negli occhi,  ed Abby capì che Mary fosse a conoscenza di cosa i suoi figli stessero davvero facendo in garage e che avesse appena informato Edward di quella novità.
Scosse la testa con delusione e tornò a guardare l'uomo di fronte a sé, afferrando le sue mani ed aggrappandosi ad esse. "Voglio andare via, puoi portarmi via da qui adesso, per favore?".
Prima che Edward fosse in grado di dire qualcosa, la voce di Dean giunse alle loro orecchie facendoli sussultare, fin quando lo videro arrivare correndo verso la loro direzione seguito da Sam, tenendo le mani in tasca e lo sguardo colpevole chino. 
Con un sospiro Edward sciolse la presa su di lei per permetterle di voltarsi ed osservò Dean avvicinarsi a grandi passi verso di lei, agitandosi per non farla andare via.
"Abby aspetta! Lasciami spiegare!". 
La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte e si voltò nella sua direzione udendo quelle parole, guardandolo in cagnesco mentre la rabbia montava dentro di sé. "Cosa diavolo vuoi spiegare? Che ti saresti buttato nell'oceano da solo, senza neanche dirmi addio?". 
Dean deglutí a fatica mentre continuava ad avvicinarsi nella speranza di farsi ascoltare, ma vide il modo in cui Abby indietreggiò di qualche passo, incrociando le braccia al petto e guardandolo in modo ferito e deluso. "È l'unico modo per evitare un'altra apocalisse, non lo capisci? Non potevo dirtelo, perché tu, Sam e i bambini, siete gli unici che avreste potuto farmi cambiare idea e poi..".
"Pensavo che dopo tutto quello che abbiamo passato insieme non ci tenessimo più le cose nascoste, ma invece vedo che siamo sempre allo stesso punto.." sussurrò Abby in maniera aggressiva senza riuscire più a trattenere il dolore che ci fosse dentro di sé; si voltò verso Edward, che si sforzava di rimanere neutrale nonostante pensasse che il gesto di Dean fosse nobile tanto quanto folle.
Abby gli afferrò un braccio con una mano, deglutendo a fatica mentre lo guardava. "Portami via da qui Ed, ti prego".
Dean sgranò gli occhi e fece un balzo in avanti per trattenerla dal braccio e richiamare la sua attenzione, facendola avvicinare di più a sé e guardandola con aria supplichevole e quasi disperata. "Dannazione Abby, non è qualcosa che stiamo passando insieme: sono io a dover lottare ogni giorno con Micheal, che non fa altro che urlare nella mia testa. Vuole essere liberato e io non sono abbastanza forte per resistere! Non capisci che non sono neanche in grado di sfiorarti senza che voglia farlo anche lui? Micheal vuole te, più di qualsiasi altra cosa, più dei suoi ibridi, più del pianeta. Lui vuole te e se adesso io non sprofondo nell'abisso dell'oceano insieme a lui, Micheal prima o poi ti avrà e io non potrò farci niente!".
Rimase a guardarlo negli occhi da così vicino, leggendo la paura e la preoccupazione che albergava dentro di lui, insieme alla rabbia e alla disperazione che sembrarono essersi impadroniti di lui nell'ultimo periodo, oltre che il grande amore che nutriva per lei e per la loro famiglia; ma Abby era troppo arrabbiata per lasciare che quelle parole facessero breccia nel suo cuore, impietrito e solidificato dalla grande paura di perderlo per sempre. 
Notò come Edward si fosse piano piano intromesso fra loro, afferrando il braccio di Dean mentre lo guardava con aria gelida mentre decretava con lo sguardo che sarebbe rimasto neutro fin tanto che Dean avesse tenuto le sue mani giù da Abby, facendogli segno di lasciare la presa sul braccio di Abby e che probabilmente le facesse male; la ragazza si liberò da quella morsa e fece segno a Edward che tutto fosse a posto come per tranquillizzarlo e sospirò alternando lo sguardo fra Sam e Mary, che silenziosamente le confermarono che fossero già al corrente del piano suicida di Dean. 
Sentí Edward rilassarsi alle sue spalle, ma tenersi pronto nel caso in cui Dean provasse a riagganciarla, e osservò l'uomo davanti a sé con il dispiacere negli occhi, non riuscendo a nascondere il dolore che le sue azioni le avessero provocato. "Tu mi hai mentito, di nuovo. Mi hai usata, di nuovo. Mi hai ferita, di nuovo. E adesso preferisci morire che combattere, preferisci trascorrere un'eternità di sofferenza piuttosto che trovare una soluzione insieme. È l'eternità Dean, l'eternità!". 
Dean strinse la mascella perché detestava vederla così sofferente, così ferita per ciò che avesse deciso di fare nonostante sapesse che fosse inevitabile, e provò ad avvicinarsi per sfiorarle il viso, ma Abby si ritrasse da quel contatto, indietreggiando fino a sfiorare il petto di Edward con la schiena. 
Lo guardò per dei lunghi istanti in viso, scuotendo la testa e pensando che quella volta la sua mania suicida avesse avuto la meglio e fece spallucce. "Ok Dean, hai vinto. Fa' quello che devi fare, ma sappi che non io non avrai il mio supporto. Questo è un addio". 
Non gli diede il tempo di risponderle, né tanto meno di provare a fermarla, che Abby si voltò e guardò Edward chiedendogli di portarla via da quella casa, avvicinandosi al vialetto per raggiungere la sua auto.
Salí in silenzio, senza avere la forza di aggiungere qualcosa o di guardare nessuno dei tre della famiglia Winchester, e si sedette sul sedile serrando subito le braccia al petto e fissando un punto vuoto davanti a sé. 
Edward la guardò salire in auto in maniera arrabbiata e sospirò, scuotendo il capo e voltandosi verso il maggiore che gli stesse ancora davanti in silenzio, con lo sguardo basso e probabilmente il cuore distrutto; fece un passo avanti e si avvicinò a lui per mettergli una mano sulla spalla ed attirando la sua attenzione, facendo si che alzasse lo sguardo verso di sé. "Dannazione, non lo fare. Non fare niente di stupido Dean, troveremo un altro modo, te lo prometto. Abby non ti perdonerà mai se la lascerai in questo modo". 
Dean lo guardò con aria seria e quasi sorpresa, non aspettandosi che Edward potesse lasciarsi sfuggire un'occasione come quella in quel modo, e studiò attentamente gli occhi cercando di capire se davvero Ed fosse dalla sua parte, ma presto Dean si rese conto che l'uomo grande e grosso davanti a sé, tenesse unicamente alla felicità di Abby e che agisse nel suo interesse. "La riporto a casa, lasciala sbollire per questa notte".
Dean lo osservò fare spallucce e sospirare nuovamente, prima di fare un passo indietro ed entrare dentro l'auto di Abby, partendo subito dopo e sparendo dal vialetto di casa di Mary senza più voltarsi indietro. 


Il suono del bollitore giunse alle sue orecchie in maniera fin troppo forte, facendola farfugliare un'imprecazione dopo l'altra e tutte rivolte a Edward, che nel frattempo se la rideva mentre preparava un infuso per farla rilassare; Abby picchiettò con le unghia contro il tavolo ed iniziò a sospirare, guardandolo in cagnesco mentre lo osservava prendere delle erbe da alcuni armadietti della cucina che Abby non avesse mai aperto, e la donna si chiedeva come Edward facesse ad essere così tranquillo e sereno, fin quando lo vide avvicinarsi al tavolo e sedersi proprio davanti a lei con due tazze fumanti. 
"Bevi, ti sentirai meglio". 
Abby sollevò un sopracciglio e lo guardò in cagnesco, scuotendo la testa ma afferrando la sua tazza per portarsela alle labbra, iniziando immediatamente a chiedersi perché mai un infuso avrebbe dovuto calmarla come sosteneva il ragazzo; osservò Edward portarsi i capelli indietro e legarli in una crocchia improvvisata prima di afferrare una bottiglietta di vetro dal bancone di metallo della cucina, per poi aprirla e versarla completamente nella sua tazza. 
"È rum: te ne avevo già messo un po', ma dalla tua faccia capisco che non è abbastanza" disse Edward accennando un sorriso, sollevando la sua tazza e bevendone qualche sorso. 
Il viso imbronciato di Abby si sciolse in un sorriso lasciandosi persino scappare una risata allegra, e anche il suo sguardo cambiò, lasciando che Edward intuisse di aver appena scavalcato il suo muro invisibile, bevendo qualche sorso della sua bevanda rimanendone piacevolmente sorpresa. "E questo dove lo hai imparato?". 
Edward rise di gusto e allungò la mano destra nella sua direzione, afferrando quella di Abby e stringendo fra le sue e facendole l'occhiolino e mordendosi il labbro. "Gestisco un pub da quasi vent'anni e ogni volta che sono di pessimo umore, sprofondo in un vortice fatto di alcool e rimpianti". 
Abby sorrise più ampiamente e gli strinse la mano per qualche istante, guardandolo negli occhi con più spensieratezza pensando che probabilmente aveva ragione lui e che la tisana fosse tutto ciò che le servisse per scordare per un po' il fatto che da lì a breve sarebbe diventata un genitore single. 
Abbassò lo sguardo e tirò via la mano a quel pensiero, sospirando mentre il sorriso sul suo viso scemava e prendeva un lungo sorso dalla sua tazza e Edward sospirò abbassando lo sguardo sul suo liquido bollente. "Allora rossa: che hai intenzione di fare?".
Abby tornò a guardarlo e fece una smorfia, scuotendo la testa e facendo spallucce. "Domani accompagnerò i bambini a scuola, tornerò qui e cercherò un caso per uccidere qualche figlio di puttana, in tempo per tornare a casa per la cena!". 
Edward osservò il suo modo pieno di collera di muoversi sulla panca e sbuffò aria dalla bocca e scosse la testa, accennando un sorriso amaro mentre intrappolava i suoi occhi azzurri con i suoi. "Certe volte tu e quell'idiota siete proprio troppo simili, è per questo che non funziona fra voi: pensate allo stesso modo e questo non sempre è un bene". 
"Non sono come Dean, non sono per niente come lui!" esclamò Abby aggrottando le sopracciglia, guardandolo in cagnesco e scuotendo la testa.
"Oh si, siete fin troppo uguali invece.." sussurrò Edward sospirando e facendo spallucce, portandosi la tazza alle labbra e gustando il sapore del suo infuso mischiato al rum. 
Abby studiò il suo volto per qualche istante e sollevò un sopracciglio, notando nel suo sguardo che ci fosse qualcosa che morisse dalla voglia di dire, ma che si sforzava e non dire. "Andiamo, dimmi cosa intendi veramente, Ed". 
Prese un altro lungo sorso e sospirò, ricambiando lo sguardo indagatore e mettendosi più dritto con la schiena. "Hai accusato Dean di averti usata, ma tu stavi facendo lo stesso con me oggi". 
"Ma di che stai parlando?". Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria accigliata, non capendo davvero a cosa si riferisse.  
Edward divenne serio e poggiò la tazza sul tavolo, sollevando un sopracciglio e guardandola con attenzione. "Volevi farlo arrabbiare di più, vero? Credevi che si sarebbe ingelosito, che avrebbe pensato che c'è ancora qualcosa fra noi solamente perché siamo andati lì insieme e che avrebbe riconsiderato qualsiasi cosa stesse tramando?". 
Abby rimase per qualche istante di ghiaccio come una statua ad osservare il suo sguardo indagatore, ma presto si lasciò andare ad un'allegra risata mentre lo guardava con franchezza. "No, non è così Ed. Non ci avevo neanche mai pensato, avevo solamente bisogno di avere una persona di cui mi fidassi davvero al mio fianco oggi. Non so se lo hai notato, ma la mia cerchia della fiducia si è drasticamente ridotta".
Edward indugiò con lo sguardo su di lei per qualche istante per studiarla, poi inarcò le spalle e appoggiò gli avambracci sul tavolo, abbassando lo sguardo sulla tazza per qualche istante per poi tornare ad osservare i suoi occhi azzurri. "Sono contento di sentirlo, Abby..".
La ragazza sorrise e si sporse appena sul tavolo, afferrando una delle sue grosse e maldestre mani per stringerla forte, incrociando i loro sguardi: a volte dimenticava quanto Edward potesse essere dolce e premuroso, nonostante la sua stazza suggerisse il carattere di un uomo tutto d'un pezzo che non si sciogliesse di fronte a nulla. 
Indugiò sul suo viso, sui suoi occhi nocciola, sulla sua barba folta e i suoi capelli ricci lunghi, le cui lunghezze tendessero ad un colore di due o tre toni più chiaro, ed Abby sorrise teneramente mentre ricordava quanto lo avesse conosciuto a fondo, nonostante la loro relazione fosse durata solamente qualche mese. "Io tengo moltissimo a te, Ed. Non ho mai smesso, in realtà. E dovresti saperlo: se Micheal avesse preso in ostaggio qualsiasi altra persona, non lo avrei mai aiutato a formare nuovi ibridi. Né Sam, né Cas o Anael, né Jack. C'è un motivo per cui Micheal ha preso te: ha trovato il mio punto debole e l'ha usato contro di me..". 
Edward dischiuse appena le labbra in un'espressione sorpresa perché non si aspettava quel fiume di parole da parte di Abby, specialmente in un momento come quello, e si affrettò a ricambiare la stretta contro la sua mano esile stringendola forte mentre un piccolo sorriso nacque sul suo volto; sollevò la mano e si sporse più avanti per carezzarle il viso con dolcezza, notando come Abby si fosse pienamente appoggiata al palmo della sua mano col volto, nel probabile tentativo di sentirsi più sicura. 
Edward sentí il cuore battere più in fretta mentre rimaneva a guardarla negli occhi per ancora qualche manciata di secondi e si rese conto solamente in quel momento di essere ancora disposto a fare di tutto per vederla sorridere, provando l'unico desiderio di metterla al sicuro insieme alle persone che amava, evitando che potesse soffrire. "Andrà tutto bene, Abby". 
Guardò nei suoi occhi nocciola e sorrise amaramente perché leggeva la sincerità e l'amore, qualcosa che in quel periodo scarseggiasse nella sua vita.
Abby sospirò e scosse la testa mandando giù ciò che rimanesse del suo infuso di erbe, stringendo forte i pugni sul tavolo e serrando la mascella per qualche momento mentre la rabbia si faceva largo dentro di lei. "Sono così arrabbiata, Ed. Ho voglia di prendere a pugni qualcuno". 
Nell'udire quelle parole, per Edward fu naturale sciogliere la sua espressione in un sorriso divertito, facendo scivolare la sua mano dal viso della donna davanti a sé per intrecciare le dita alle sue, e quando Abby lo guardò con aria confusa, l'uomo rise leggermente. "Vieni con me". 
Senza obiettare, Abby si alzò e lo seguí per l'ennesima volta, lasciandosi condurre all'esterno della cucina ed attraversando il lungo corridoio; le fece segno di fare piano quando passarono vicino alle camere in cui dormissero i bambini e Dan, per poi scendere delle scale ed arrivare in una grande stanza in cui Abby non entrava quasi mai.
Sgranò gli occhi quando vide Edward chiudersi la porta alle spalle, rimanendo sbalordita nell'osservare tutto ciò che la circondasse; rise sinceramente divertita e scosse la testa. "Non posso crederci. Ti sei organizzato una palestra qui?". 
Edward sorrise e sciolse la presa sulle sue dita, muovendosi nell'ampia stanza tra i bilancieri e i manubri di diverso peso, fino ad appoggiarsi ai laterali di una sorta di ring improvvisato, con tanto di corde che ne definissero il perimetro quadrato. "Avevo un weekend libero. E poi a Dean serviva un posto dove sfogarsi ogni tanto". 
Sgranò leggermente gli occhi, guardandolo con aria sbalordita e si avvicinò lentamente verso di lui, continuando a far vagare lo sguardo fra tutti quei pesi, e si lasciò sfuggire un sorriso divertito mentre immaginava tutti gli uomini di quel bunker che a turno usassero quello stanza. 
Gli si avvicinò fino a giungere a pochi passi da lui e sollevò un sopracciglio, sorridendo molto divertita. "Dean viene in questo posto?". 
"Non esserne così sorpresa: è stata molto dura per lui e ogni tanto fare a pugni lo ha aiutato a sfogare la sua frustrazione". Edward si sforzò di accennare un sorriso, facendo spallucce e serrando le labbra in un'espressione tranquilla, pensando a quante volte nelle ultime settimane avesse aiutato il maggiore dei Winchester a controllare le urla di Micheal nella sua testa anche tramite la meditazione. 
Si tolse la felpa per poi farla scivolare su una panca adiacente, indossando una semplice canottiera che rivelasse i suoi grossi muscoli ed il suo petto scultoreo. 
Le porse una mano e le sorrise con più convinzione quando incrociò i suoi occhi. "Andiamo?". 
Si ritrovò a seguirlo ancora una volta come se fosse sotto effetto di una stregoneria, ed Abby scavalcò la corda per poi trovarsi dentro il ring insieme a Edward, che si allontanò di qualche passo. "Perché mi hai portata qui?".
"Perché hai bisogno di sfogarti. Quindi muoviti rossa, indossali e colpiscimi".
Abby sgranò gli occhi quando Edward le lanciò dei guantoni da box rossi che avrebbe dovuto utilizzare per iniziare una lotta, ma rifiutò categoricamente l'idea e scosse la testa, lasciandoli scivolare al suolo. "No, non voglio farti del male". 
"Hai detto anche tu che hai voglia di prendere a pugni qualcuno: ne hai bisogno". Edward si lasciò andare in una lunga risata divertita e afferrò un altro paio di guantoni per sé, tenendoli in mano mentre reggeva lo sguardo di Abby che diventava più adirato istante dopo istante. 
Abby scosse la testa e lo guardò con aria allibita, cercando di nascondere le mani che avessero cominciato a tremare per il nervosismo. 
In più Edward la stava davvero infastidendo con il suo sguardo impertinente che avesse messo su solamente per irritarla, così scosse la testa e si voltò, avvicinandosi alla corda pronta per scavalcarla ed uscire da quella stanza. 
"Sei arrabbiata perché sei morta per colpa di Jack e ti sei persa i primi mesi di Richard, ammettilo". 
Come se avesse ricevuto un forte schiaffo in pieno viso, Abby rimase immobile sul posto, con ancora la gamba a mezz'aria pronta per scendere da quel quadrato, ma non si voltò, mentre però sentiva il cuore pompare rabbia nelle sue vene. "Ma come cazzo ti viene in mente di dire una cosa così meschina?". 
Per tutta risposta Edward rise divertito, facendo qualche passo verso di lei mentre guardava la sua schiena ed i suoi lunghi capelli scivolarle lungo i fianchi. "Jack ha firmato la tua condanna a morte. Dillo". 
"Smettila". 
"I tuoi figli piangevano perché avevano bisogno di te, ma tu non c'eri più. Dean li ha abbandonati per mesi, passando da un locale ad un altro". 
"Edward, basta!". 
"Ma la cosa più grave è che ti hanno strappata al tuo stesso paradiso. Eri in pace, con il caro papà. La tua famiglia. Non ne volevi proprio sapere di tornare sulla terra, ma sei stata trascinata qui comunque". 
Edward la vide tremare e stringere i pugni, probabilmente mentre serrava la mascella e stringeva i denti. 
Sorrise, fece qualche altro passo fino a giungere alle sue spalle, mentre sentiva il suo respiro diventare sempre più pesante. "Sei rimasta intrappolata in un mondo in cui non volevi stare e devi occuparti di Dean che vuole morire. Si lascerà gettare nell'oceano con quella cassa, tutto da solo, ad affogare ed a ritornare in vita in compagnia di Micheal. Lo torturerà per l'eternità e tu non potrai farci assolutamente nul-..".
Come una molla carica al massimo, Abby si voltò e scattò nella sua direzione, liberando tutta la sua rabbia con un forte pugno destro dritto sulla sua mascella che lo fece barcollare all'indietro.
Il suo respiro era accelerato mentre guardava Edward portarsi una mano al viso e muovere la mascella, mentre rideva divertito e fiero per aver fatto nascere una reazione in Abby. 
Si portò le mani alla bocca e sgranò gli occhi, rimanendo immobile sul posto mentre il senso di colpa nasceva dentro di sé. "Oddio Edward, mi dispiace. Non volevo farlo, scusam-..". 
Prima che potesse accorgersene, Abby si ritrovò le braccia del ragazzo ad avvolgerle la vita, stringendola in una morsa ferrea dalla quale faticò a liberarsi. "Stai andando bene, rossa. Adesso arrabbiati di più". 
Abby non voleva fargli del male, non voleva colpirlo ancora: era troppo importante per lei per farlo soffrire. 
Eppure contro ogni logica si ritrovò a schivare i suoi colpi, ad allontanarlo da sé, fin quando iniziò a reagire e a colpirlo a sua volta. 
Ogni singolo momento doloroso si ripresentò nella mente della ragazza, iniziando dal momento in cui la sua vita cambiò per sempre: la notte in cui Azazel uccise suo padre. 
Il patto di Dean, il suo ritorno, l'inferno, il purgatorio, aver dato in adozione Mary per permetterle di avere una vita migliore, Abaddon, i Letterati, Jack, aver perso il suo posto in Paradiso. 
Quando Edward la intrappolò in un'altra ferrea presa, con un forte scatto di reni, Abby lo afferrò dalle braccia e lo scaraventò sul pavimento di gomma, sentendolo gemere di dolore. 
Quando si mise a cavalcioni su di lui per bloccargli le mani, entrambi avevano il fiato corto. 
Rimasero a guardarsi negli occhi, mentre Edward se la rideva soddisfatto per averle fatto tirar fuori tutto ciò che le avrebbe fatto arrovellare il cervello, facendola soffrire. 
Lasciò i suoi polsi e gli sfiorò il petto con una carezza delicata  attraverso la canotta che indossasse, fino a sfiorargli la parte sinistra e percependo il suo cuore accelerato, e per tutta risposta Edward le sfiorò i fianchi con delicatezza, intercettando il bordo della sua maglietta ed insinuando le sua dita ruvide fino a sfiorarle la pelle.
Abby non parve infastidita da quel contatto e Edward ne approfittò per stringerla un po' più forte. 
E per qualche istante, entrambi si sentirono trasportati a qualche anno prima. 
Con ancora il respiro corto, Abby fece scivolare le dita sotto alla sua canotta e lo guardò con un sorriso compiaciuto. "Se avessi avuto una lama, adesso te l'avrei pianta nel cuore e saresti morto". 
Edward sorrise divertito e scosse la testa, e quando fu sicuro che Abby fosse pienamente distratta, con uno scatto di reni invertí le posizioni e la bloccò sotto di lui, bloccandole i polsi esili con una sola mano. "Come avresti potuto, se ti lasci sfuggire tutte le possibilità?". 
Abby rise di gusto, sentendosi divertita come non le succedesse da tempo e scosse la testa. Provò a far leva sulle braccia, ma Edward le bloccava così saldamente che le fu impossibile liberarsi. 
Ruotò entrambe le gambe attorno alla sua destra facendo leva, lo sentí allentare la presa sui suoi arti superiori, tanto che Abby fu capace di sgusciare via e liberarsi. 
Rimasero seduti sul quadrato, con il fiato corto mentre ancora ridevano per il loro incontro divertente, fino a quanto Abby si sentí davvero meglio: era ancora arrabbiata, la rabbia l'aveva sempre mossa nelle azioni della sua vita, ma dopo essersi scaricata con Edward, le mani non le prudevano più per la voglia di picchiare qualche mostro. 
Accennò un sorriso grato nei suoi confronti, notando per l'ennesima volta come al fianco di quell'omone alto, massiccio e muscoloso, apparisse come uno scricciolo. "Grazie per avermi portata qui: ho scaricato le energie negative". 
Edward sorrise e le fece l'occhiolino, seduto davanti a lei a pochi centimetri dal suo corpo. 
Continuò a guardarla e sentí che tutti i buoni propositi che si fosse prefissato, fossero andati perduti uno dopo l'altro, dato che più tempo passasse insieme a lei, più fosse difficile allontanarsene. 
Divenne più serio, abbassò lo sguardo per qualche istante e quando tornò a guardarla le sorrise ed allungò una mano fino a sfiorarle il viso. "Non permetterò che accada nulla a Dean, te lo prometto. Troverò una soluzione, rossa. Lo farò per te". 
Abby deglutí a fatica mentre guardava nei suoi occhi nocciola e lo guardò aggrottando le sopracciglia mentre sentiva le sue dita carezzarle la guancia con delicatezza, mentre reggere il suo sguardo divenne più difficile. Sospirò e fece spallucce. "Perché lo fai?". 
"Non è ovvio, Abby?". Edward si specchiò nei suoi occhi azzurri e sorrise ampiamente, facendo spallucce e sollevando la mano fino ai suoi lunghi capelli rossi per sfiorarli con delicatezza. "Così quando supereremo questa storia di Micheal e la tua famiglia starà bene, se sentirai ancora questa rabbia, se sarai infelice.. saprai di avere un'altra scelta. Se tu lo vorrai, porterò te, Mary e nostro figlio ovunque tu voglia pur di rendervi felici".
 
 

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Capitolo 82
*** Capitolo 74 ***


Hunters' legacies
Capitolo 74
 
"Dammi più tempo, Dean!" . 
"Non abbiamo tempo!". 
"Jack fa parte della famiglia, non ti permetterò di ucciderlo!". 
"Ha ucciso mia madre, Abby! Jack è un mostro, è pericoloso!". 

Abby era rimasta impietrita davanti a quella risposta così risoluta e arrabbiata, così seria e sicura di sé da parte di Dean che le diede i brividi su tutto il corpo, facendola indietreggiare di qualche passo all'interno della sala comune del bunker.
Mentre Abby continuava a sostenere il suo sguardo furioso, non fece più neanche caso a Sam, Edward o a Castiel e Anael ancora presenti alle sue spalle; si concentrò sugli occhi feriti e addolorati di Dean che con tutta la sua fermezza le stava annunciando che avrebbe trovato il modo di uccidere Jack una volta per tutte. 
Distolse lo sguardo quando sentì gli occhi pizzicare: le faceva male che proprio Jack avesse ucciso Mary.
La faceva impazzire che il ragazzo che avessero cresciuto un po' come se fosse uno dei loro figli, adesso fosse diventato il nome principale della lista dei mostri da uccidere di Dean.
Jack aveva completamente bruciato la sua anima usando i suoi poteri, unicamente per salvare la sua famiglia; aveva ucciso Micheal per proteggere tutti, ma ad un prezzo troppo alto.
E più passava il tempo, più si accorgevano di come Jack non fosse più davvero se stesso.
E quando aveva perso la testa ed aveva ucciso Mary, Abby aveva sentito il cuore spezzarsi perché sapeva cosa sarebbe successo.
Dean avrebbe voluto Jack morto e ci sarebbe riuscito, prima o poi.
Abby era stata vicina a Sam e lo aveva stretto in uno dei loro lunghi abbracci silenziosi, mentre sentiva il modo in cui il ragazzo si stesse stringendo a lei.
Abby gli aveva permesso di sfogarsi lontano da occhi indiscreti e aveva pianto insieme a lui, perché in fondo Mary era stata un enorme punto di riferimento anche per lei.
Era sempre stata molto amorevole con Abby, le stava vicino.
Ed era sempre stata un'ottima confidente.

"Sappiamo entrambe che Dean può essere parecchio.. irascibile alle volte. Ma ti ama davvero".
Abby aveva sollevato lo sguardo dalla sua pistola smontata sul tavolo della sala centrale e lo aveva puntato verso di lei, che le aveva appena sorriso e si era seduta sulla sedia proprio accanto a lei. 
"Voglio dire che tornerà, Abby. Riusciremo a riportarlo a casa: Micheal non avrà la meglio su  di lui".
Mary l'aveva guardata con un'espressione così serena ed aveva annuito come se sapesse molto più di quanto dicesse, ed Abby aveva fatto spallucce per poi tornare a pulire la canna della sua pistola. "Dean è forte, ma Micheal lo è più di lui. Sono stata con lui per parecchio tempo mentre cercava di creare i suoi ibridi e devo dirlo: Micheal non si fermerà fin quando non avrà distrutto anche questo pianeta".
"Forse. O forse morirà prima di riuscirci. Ma so per certo che Dean non morirà con lui". Mary scostò i suoi capelli biondi che stessero nuovamente ricrescendo e che le sfiorassero ormai le spalle, sollevando una mano per sfiorare la guancia di Abby con un sorriso di incoraggiamento: Mary sapeva quanto la ragazza dovesse sopportare.
I suoi due bambini richiedevano la sua costante attenzione dopo le due settimane che avessero passato senza la loro mamma, rapita da Micheal. Ma tutto ciò che voleva Abby era riportare indietro Dean, concentrarsi sulla caccia e salvarlo.
Era un periodo davvero duro per Abby, ma lo sarebbe stato ancora di più se non avesse avuto accanto a lei qualcuno in grado di alleviare il suo dolore.
Mary si schiarí la gola e sospirò leggermente mentre la guardava, accennando un sorriso amaro. "Non sei sola in questa battaglia, Abby. Credevo che la presenza del gigante ti facesse stare meglio".
Abby sgranò leggermente gli occhi e la guardò con aria seria, perché parlare di Edward con la madre di Dean era proprio l'ultima cosa a cui avesse pensato quel giorno.
Eppure Mary non sembrava accusarla con lo sguardo. Anzi sembrava essere molto a suo agio e tranquilla.
La ragazza sospirò e fece spallucce, abbandonando definitivamente la sua arma sul tavolo ed appoggiandovi i gomiti per portarsi le mani al viso, nascondendolo fra le dita mentre sentiva il cuore battere più velocemente.
Sospirò lentamente e dopo una manciata di secondi tornò a guardare Mary al suo fianco, facendo spallucce. "Non so cosa fare, Mary".
La donna le sorrise dolcemente, non riuscendo a non considerare Abby come se fosse un po' sua figlia. "Dean ti ama oltre ogni suo limite, Abby. E ne avete passate tante, ma il suo amore non cambierà mai. Edward è pazzo di te, lo noterebbe anche un cieco. Potrebbe pretendere di crescere Richard come suo, di riconoscerlo, ma non vuole che i bambini si arrabbino con te. Preferisce che suo figlio chiami papà Dean, piuttosto che rovinare la tua famiglia. Credo che questa sia una dimostrazione enorme del suo amore per te".
Abby accennò un sorriso amaro mentre sentiva gli occhi pizzicare e le lacrime fare capolinea sul suo viso, che si affrettò a ricacciare indietro; guardò Mary negli occhi e fece spallucce lentamente, scuotendo la testa. 
La donna le prese una mano fra le sue e la strinse forte, accennando un sorriso di incoraggiamento. "Non sono qui per dirti che devi stare con mio figlio, Abby. Dean è altruista,  profondamente buono e dolce, ma non ti dà ciò il tuo cuore desidera veramente".
"E cos'è che voglio veramente?" chiese Abby affrettandosi ad asciugare una lacrima che fosse sfuggita al suo controllo.
"Una casa. Una stabilità, una famiglia da crescere fuori dalla caccia. Ci sarà sempre l'ultimo caso da seguire con Dean e questo lo sai". Mary disse quelle parole con dispiacere mentre sentiva gli occhi pungere: avrebbe dovuto sostenere suo figlio in quella discussione con Abby, ma la considerava come parte della sua famiglia e non voleva continuare a vederla soffrire. "Ma Edward non vede l'ora di darti tutte queste cose, perché ti ama ed anche tu lo ami: devi solamente essere abbastanza coraggiosa da ammetterlo a te stessa".
Il labbro inferiore le tremò perché trattenere tutti quei sentimenti contrastanti che provasse dentro di lei iniziava ad essere difficile, ed Abby si sporse verso Mary per stringerla in un abbraccio che la donna ricambiò per consolarla come avrebbe fatto una madre.
Mentre Mary le sfiorava i capelli e la consolava, sussurrandole parole che avrebbero dovuto farla sentire meglio, Abby si strinse di più a lei chiudendo gli occhi mentre pensava che solamente Mary aveva sempre trovato le parole giuste per aiutarla nei momenti più difficili della sua vita.



Abby tornò al presente all'interno del bunker mentre ancora osservava Dean guardarla in cagnesco, convinto più che mai che trovare un modo per uccidere Jack fosse la soluzione a tutti i suoi mali.
Eppure la ragazza aveva visto la parte più fragile di lui, quando subito dopo il funerale di Mary, Dean si era totalmente lasciato andare in un pianto che l'aveva spaventata.
E subito Abby aveva capito che non importava che Dean fosse un uomo grande e grosso con due bambini da crescere ed una famiglia propria: perdere un genitore avrebbe fatto male ad ogni età allo stesso modo.
Abby lo aveva stretto fra le braccia e Dean aveva lasciato che il dolore uscisse dal suo cuore sotto forma di grosse lacrime che le fecero male al cuore.
Ma la rabbia era rimasta dentro Dean.
La rabbia e la vendetta albergavano nel suo cuore e non sarebbero andate via fino a quando non avesse ucciso Jack.
 Abby non ci aveva messo troppo tempo a schierarsi con Castiel per almeno tentare di recuperare l'anima di Jack, e Edward si era aggiunto a loro solamente per assicurarsi che Abby ne uscisse illesa.
Anael era lentamente dalla parte di Dean, scusandosi con lo sguardo ma ritenendo giusto che qualcuno fermasse quel Nephilim senza controllo; mentre Dean, Sam ed Anael escogitavano il loro piano, Abby, Ed e Castiel erano andati in cerca dell'amuleto attraverso cui sarebbe stato possibile contattare Dio per chiedergli di restituire l'anima a Jack. 
Ma quando non riuscirono a mettersi in comunicazione con lui, tornarono al bunker con la speranza di poter trovare un'altra soluzione con i Winchester ed Anael, ma ciò che trovarono li fece rabbrividire.
Entrata nella sala centrale, Abby notò immediatamente Dean che stringeva Mary e Richard in una coperta, entrambi tremanti e con le lacrime agli occhi, e subito intuì che qualcosa di brutto fosse appena accaduto. 
"Hai rinchiuso Jack nella tua stupida scatola di Malak?" chiese Abby sgranando gli occhi ed avvicinandosi al ragazzo con aria furiosa, sollevando un dito accusatorio nei suoi confronti. "Te l'avevo detto che non sarebbe finita bene e che ci sarebbero state delle pessime conseguenze, ti avevo avvertito e guarda cosa diavolo hai fatto!". 
Dean la guardò in modo furioso soffiando aria dal naso, mettendosi più dritto con le spalle per assumere un'aria ancora più imponente di quanto già non fosse. "Beh, almeno io sto provando a fermare Jack!". 
"È un ragazzino: lo hai spaventato, lo hai tradito e adesso Jack non si fida più di noi ed è sparito!" esclamò Abby sgranando gli occhi ancora di più mentre continuava ad alzare la voce ed a puntargli l'indice contro. "Hai rischiato la vita dei bambini, Dean: che avresti fatto se avesse ucciso anche loro, mmh?!". 
"Non lo avrei mai permesso! Io ritroverò Jack e lo colpirò con tutto ciò che ho a disposizione pur di distruggerlo!" rispose Dean alzando di più il tono per sovrastare quello della ragazza, ma prima che Abby potesse controbattere udirono due differenti pianti chiassosi che conoscevano bene.
Abby e Dean si erano subito voltati in direzione dei bambini in lacrime che iniziarono a piangere disperatamente ed a coprirsi le orecchie per tutte quelle urla. 
Solamente in quel momento Abby e Dean si resero conto di non essere da soli e quando il pianto dei due piccoli arrivò dritto alle loro orecchie, incrociarono il loro sguardo per qualche istante sentendo un sonoro crack.
Ebbero la consapevolezza che qualcosa si fosse definitivamente e irrimediabilmente rotto fra di loro e che non ci fosse più speranza di riconciliazione: avevano attraversato il punto del non ritorno e adesso era troppo tardi per rimediare.
Abby distolse lo sguardo per prima e si avvicinò ai due piccoli seduti sul tavolo, piegandosi sui talloni davanti a loro ed iniziando ad asciugare le loro lacrime, sforzandosi di sorridere e di tranquillizzarli mentre li stringeva forte a sé. 
"È tutto finito, bambini. Non preoccupatevi".
Abby si piegò in avanti per stringerli in un abbraccio a cui Mary e Richard si aggrapparono, piangendo contro il suo petto ed inzuppandole la maglietta.
"Perché litigate sempre, mamma? Perché urlate così tanto?". 
Il cuore di Abby si spezzò alle parole di sua figlia e fu sicura che anche per Dean fu lo stesso: lo sentí avvicinarsi con passi lenti e chinarsi accanto a lei per stringerla in un forte abbraccio, e carezzando le teste dei loro figli con amore. "Andrà tutto bene, piccoli. Ve lo prometto, mamma e papà troveranno una soluzione..". 



Il rumore di uno sparo aveva squarciato l'aria di quel vecchio cimitero e tutti i presenti trattennero il fiato per la tensione quando Chuck e Sam caddero rovinosamente sul corto e curato prato; l'equalizer, la pistola progettata da Chuck stesso per uccidere Jack e che avesse consegnato nelle mani dei Winchester, scivolò di mano al minore, che immediatamente si portò una mano alla spalla sinistra gemendo di dolore. 
Abby ed Anael erano accorse nella sua direzione senza neanche guardare in direzione di Chuck, controllando che Sam fosse ancora vivo e che la ferita non fosse troppo grave. 
Dean, Edward e Castiel rimasero davanti a loro tre come a far da scudo con il loro corpo, mentre attendevano notizie di Sam e guardavano Chuck ancora a terra che gemeva e si contraeva per il dolore. 
In fondo era stato proprio loro a chiamare Dio ed a chiedergli aiuto per restituire l'anima a Jack in qualsiasi modo, ma Dio aveva altri piani per loro: voleva vedere la sua storia ripetersi ancora e ancora, spingendo Dean ad uccidere Jack come Abramo e Isacco, ma proprio prima di premere il grilletto della nuova arma fornita da Chuck stesso, Dean si era fermato, rendendo Dio molto nervoso e suscettibile, tanto che con uno schiocco di dita portò a termine il lavoro da solo. 
I presenti videro Chuck uccidere Jack come se stesse schiacciando una formica, rifiutando di fermarsi nonostante lo avessero pregato, e a quel punto fu Sam a utilizzare l'equalizer, sparando contro Chuck con tutta l'intenzione di ucciderlo. 
Tutto ciò che accade dopo fu davvero tremendo per tutti, che si ritrovarono bloccati all'interno della città per via dell'Apocalisse che Chuck avesse scagliato contro di loro. "Benvenuti alla fine". 
Erano state le sue ultime parole prima di sparire e permettere che i morti uscissero dalle loro tombe posseduti dai demoni e dagli spiriti dell'inferno che continuavano ad uscire dallo squarcio sulla terra, aperto proprio da Chuck. 
Riuscirono a trovare rifugio all'interno di una cripta abbandonata dopo essersi liberati dell'infinità di demoni che li avevano accerchiati. Chiusi lì dentro Sam e Dean continuavano a discutere con Edward ed i due angeli su quale fosse il modo migliore per uscire da lì dentro, confrontandosi su un paio di modi diversi che avrebbero raggiunto lo stesso obiettivo: Dean ed Edward sostenevano di poter uscire dalla cripta con la forza, che insieme sarebbero riusciti a scappare fino a raggiungere le loro auto e trovare una soluzione al sicuro, che i due angeli fossero ancora abbastanza forti da riuscirci.
Ma le loro voci raggiungevano le orecchie di Abby in maniera ovattata, che lentamente si era tirata indietro rispetto al cerchio che i presenti avessero creato per parlare e discutere su quale fosse il miglior piano di fuga.
Abby riusciva a sentire solamente le mani dei demoni che sbattevano contro le porte della cripta.
Udiva i loro lamenti.
Aveva ancora il sangue di qualcuno di loro che le imbrattava la maglietta bianca che aveva deciso di indossare quel giorno.
Si tirò indietro fino a raggiungere la parete fredda della cripta della schiena, mentre con occhi sbarrati continuava a rivivere nella sua testa ciò che ci più orrendo avesse mai visto nella sua vita.

"No, non lo fare. Sei meglio di così, Dean" aveva gridato Abby sfuggendo alla presa ferrea di Edward che voleva a tutti i costi tenerla in disparte e proteggerla, ma la ragazza non ci aveva pensato due volte prima di raggiungere il fianco di Dean e di strattonarlo con forza per supplicarlo di guardarla e di tornare in sé .
Ma Dean, in piedi su quel prato del cimitero, non aveva mai distolto lo sguardo da quello di Jack, inginocchiatosi davanti a lui e pronto ad affrontare il suo destino con rassegnazione. 
"Va' tutto bene, Abby. Me lo merito. Lo capisco".
Dean era rimasto ad ascoltare le parole di Jack, intento a guardarlo con aria seria ed anche un po' dispiaciuta, nonostante in lui non vi fosse alcuna traccia di pentimento: Jack sapeva di aver commesso un'azione sbagliata, sapeva che aver ucciso una persona innocente come Mary fosse ciò di più sbagliato che ci potesse essere.
Eppure non lo sentiva con il cuore.
La sua anima era svanita, Jack non sentiva più quei sentimenti.
Poteva solamente cercare di ricordare ciò che sentisse dentro di lui quando la sua anima era ancora al suo posto.
Così Jack aveva deciso di prendere alcuni dei più importanti insegnamenti impartiti della sua grande famiglia e da sua madre Kelly, decidendo di essere responsabile e coraggioso: per questo si era inginocchiato davanti a Dean ad aspettare che premesse il grilletto per chiudere quella faccenda una volta per tutte.
Ma Dean aveva presto abbassato la pistola e lo sguardo, rendendosi presto conto di non poter portare a termine quel compito perché nonostante fosse tremendamente addolorato per la morte di sua madre e volesse vendicarla più di ogni altra cosa, una parte di sé continuava a nutrire un enorme affetto verso Jack.
Chuck aveva sgranato gli occhi e si era avvicinato verso Dean, allargando le braccia e guardandolo con aria scocciata mentre lo osservava gettare la pistola ai piedi delle ragazzi dicendo di non potercela fare.
"Certo che puoi, Dean! È l'unico modo per fermare questo abominio! Devi farlo!". 
I presenti si erano scambiati un veloce sguardo iniziando a capire cosa davvero volesse da loro Chuck, e Edward scosse la testa e avanzò di qualche passo fino a raggiungere Dean, mettendogli una mano sulla spalla senza timore. "No, non è vero! Chuck vuole solamente portare a termine il suo manoscritto, vuole che la storia si ripeta. Abramo e Isacco, giusto Chuck?". 
Dean si voltò ad osservare Edward alle sue spalle, guardando nei suoi occhi nocciola lasciando che intuisce il suo vacillamento, e Sam presto approfittò di quel momento di apertura di suo fratello maggiore per avvicinarsi e guardando Dean con aria rassicurante. "Edward ha ragione. Chuck sta solamente giocando con noi, lo ha sempre fatto per tutta la nostra vita". 
Chuck roteò gli occhi al cielo mentre osservava gli sguardi increduli e carichi di odio che i due angeli gli stessero riservando, così come fecero i Winchester, Abby ed Edward. "Uccidilo, Dean. Uccidilo e la riporterò indietro: tua madre tornerà a vivere, lo prometto".
Il labbro inferiore di Dean tremò appena mentre udiva quell'offerta così allettante, perché dentro di sé continuava a sentirsi completamente diviso in due: era consumato dal fuoco della vendetta, eppure dentro Dean sapeva che non sarebbe mai stato in grado di uccidere Jack. 
Era pur sempre il ragazzo che aveva salvato Abby tanto tempo prima, lo stesso che aveva salvato tutti uccidendo Micheal, lo stesso ragazzo che non si fosse neanche dovuto impegnare troppo per essere diverso dal suo padre biologico. 
Jack era pur sempre la stessa persona a cui aveva concesso di guidare la sua auto, lo stesso che aveva portato a pesca.
Lo stesso ragazzo che aveva amato come un figlio e che gli aveva spezzato il cuore quando si era ammalato fino a morire.
Il maggiore incrociò lo sguardo di Chuck con aria sconvolta, prima di fare un passo indietro e scuotere la testa con una forte rabbia nello sguardo. "Sentirò la mancanza di mia madre per il resto dei miei giorni, ma lei non vorrebbe che facessi questo. Quindi Dio o no, tu puoi andare all'inferno!"
Nessuno avrebbe più scordato la furia negli occhi di Chuck, la rabbia che lo portò a schioccare le dita ed in un paio di secondi Jack si trovò ad urlare in preda ai dolori, mentre il suo viso veniva illuminato da una luce bianca che lo uccise fin troppo velocemente. 
Abby non avrebbe mai dimenticato la sua espressione carica di dolore, il modo in cui chiedesse loro un aiuto che non avrebbero mai potuto dargli, rimanendo ad osservare inermi il suo corpo cadere a terra mentre ancora bruciava, pervaso della fiamme celesti indotte da Chuck stesso.

Sbatté le palpebre per tornare al presente all'interno di quella cripta osservando i ragazzi ed i due angeli che ancora in cerchio continuassero ad analizzare le poche vie di fuga che offrisse quella vecchia cripta, ed Abby iniziò a trovare difficile persino respirare.
Mise i piedi in fila per raggiungere il corpo di Jack che Castiel avesse trasportato fino al freddo pavimento della cripta, ed in silenzio Abby si piegò sui talloni per avvicinarsi di più; accennò un sorriso amaro per nascondere il dolore che traboccasse dal suo cuore, osservando i suoi occhi completamente cavi e liquefatti.
Chuck lo aveva fatto soffrire molto prima di ucciderlo e l'avrebbe sicuramente pagata, si disse Abby.
Prese una mano fra le sue e la strinse forte, sentendo le lacrime scivolarle lungo il volto mentre il cuore le batteva più velocemente nel petto.
"Mi dispiace tanto, Jack. Non doveva andare così" pensò Abby mentre ancora stringeva la sua mano fredda fra le sue, sperando che ovunque fosse finita l'essenza di Jack, fosse in grado di sentire questo suo pensiero.
Chiuse gli occhi per qualche istante dopo essersi asciugata di fretta le lacrime dal viso, quando la stretta sulla sua mano venne ricambiata ed Abby chiaramente sentì le dita fredde di Jack stringersi attorno alle sue.
"Ciao Abby".
La ragazza sgranò gli occhi e sobbalzò, alzandosi di scatto e compiendo alcuni lunghi passi indietro per mettere maggiore distanza fra lei ed Jack, che nel frattempo si fosse seduto sul pavimento e si stesse alzando con il suo solito sorriso buffo ed impacciato.
Anael afferrò Abby dalle braccia per tranquillizzarla, ma la ragazza si scansò anche dal suo tocco come se si fosse ustionata ed osservò l'angelo dai lunghi capelli biondi voltandosi ad osservare Jack con aria furiosa, esattamente come Castiel che avanzò fino al suo fianco.
"Jack?" chiese Sam con tono insicuro, facendo un passo avanti nella sua direzione rimanendo sempre tra Edward e Dean che increduli guardavano il Nephilim sollevare la mano destra a mo' di saluto.
Anael avanzò con lo stesso sguardo arrabbiato, stringendo i pugni. "Non è Jack".
"È un demone abominevole" continuò Castiel al suo fianco, pronunciando quelle parole a denti stretti ed avanzando quel tanto che bastasse per afferrare il corpo di Jack e costringerlo ad indietreggiare mentre gli puntava la sua lama angelica dritta alla gola. "Lascia subito il corpo di Jack o giuro che..".
Il demone nel corpo del Nephilim scosse la testa ed accennò una piccola risata divertita, facendo spallucce e voltandosi verso gli altri presenti all'interno della cripta mentre notava il modo difficoltoso con cui lo guardassero in viso. "Ho sentito che non avete alcuna idea di come lasciare questo posto. Beh, io posso aiutarvi se mi lasciate vivere!".
 

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Capitolo 83
*** Capitolo 75 ***


Hunters' legacies
Capitolo 75


 
Adesso che se ne stava in ginocchio sul pavimento del salotto di Silver e stringeva fra le sue braccia i suoi due figli, Abby capiva quanto ne fosse valsa la pena di aver percorso tutti quei chilometri per rivederli.
Sentì le voci confuse di Dan e di Silver che chiedevano a Edward cosa diavolo stesse accadendo e perché Abby fosse così sconvolta, ma Edward non ebbe il tempo di dire neanche una parola quando udì la piccola Mary richiamarlo con gioia.
"Zio Eddie!".
E presto Edward li aveva raggiunti, sedendosi sul pavimento del salotto per stringere la piccola in un forte abbraccia, così come fece con il piccolo Richard che mosse i suoi passi ancora incerti fino a lui, gettandogli le braccia al collo con un tenero ridolino.
Abby non ci pensò due volte prima di unirsi al loro abbraccio, stringendo i suoi bambini e Edward in un lungo abbraccio mentre Dan e Silver rimasero interdetti sulla soglia ad osservarlo con aria confusa.
"Che sta succedendo, Abby?".
Presto la ragazza aveva sciolto la stretta, chinandosi a baciare i capelli dei suoi due bambini per poi accennare un sorriso amaro mentre osservava gli occhi nocciola di Edward palesemente provato per aver guidato per tutte quelle ore senza mai fermarsi un momento.
Abby si era rimessa in piedi e si era avvicinata ai suoi due fratelli, facendo spallucce e sospirando. "Siamo in guerra. E probabilmente sarà una guerra senza precedenti, perché non abbiamo mai affrontato nulla di tutto ciò".
Dan aveva scambiato una rapida occhiata di Silver, per poi guardare Abby con aria confusa mentre sollevava le spalle e si avvicinava di qualche passo. "Lo so che sei spaventata, ma Jack è solamente un ragazzino: riusciremo a farlo ragionare e..".
Abby si schiarí la gola e lo interruppe, scuotendo la testa e facendo segno di no con la mano. "Jack è morto. Dio.. Chuck lo ha ucciso e adesso ci sta mandando contro l'ennesima apocalisse. Una per cui non siamo neanche preparati".
Per dei lunghi istanti, Dan e Silver rimasero in silenzio senza dire una parola.
Lasciarono che la loro mente corresse alla ricerca di una risposta alle parole della sorella, che aveva l'aria di essere totalmente a pezzi.
"Zia Abby!".
Il piccolo Nathan sbucò dalla cima delle scale e scese di corsa con un grosso sorriso sulle labbra, raggiungendo la zia con una veloce corsa prima di avvolgerle le braccia attorno ai fianchi per abbracciarla stretta.
Abby gli passò una mano fra i capelli scuri che stessero diventando piuttosto lunghi ed osservò i suoi occhi azzurri con dolcezza, accennando un sorriso e non riuscendo a non sentirsi responsabile anche per lui.
Presto Silver richiamò il bambino che lasciò il fianco della zia per raggiungere quello della madre, ed Abby sospirò rumorosamente mentre sentiva Edward raggiungerla mentre teneva ancora Richard in braccio e stringeva la mano di Mary.
Accennò un sorriso nella loro direzione, per poi tornare a guardare i suoi fratelli che avevano messo su una delle espressioni più spaventate che avesse mai visto.
"Troveremo una soluzione. Mi faccio sentire io appena so qualcosa".
Senza dire nulla Abby baciò le fronti dei suoi bambini, scompigliò i capelli di Nathan con un gesto affettuoso ed accennò un sorriso per nulla confrontate nei confronti di Silver e Dan, prima di uscire dalla casa con dei grandi passi per raggiungere velocemente la jeep di Edward posteggiata nel vialetto.
Aprì la portiera ed entrò all'interno dell'abitacolo velocemente, chiudendosi la portiera alle spalle mentre con un sospiro chiudeva gli occhi e pensava a come diavolo sarebbero potuti uscire da quella difficile situazione con Chuck in persona che aveva dichiarato loro guerra.
Non avevano chance di potercela fare in partenza, specialmente adesso che la sua famiglia non fosse più unita.
Abby faticava ad ammetterlo, ma una frattura si stava allargando sempre di più fra di loro e li stava lentamente separando.
Lo aveva capito quando i Winchester, i due angeli, Edward ed Abby erano rimasti chiusi all'interno della cripta ed insieme non erano riusciti a mettersi d'accordo per collaborare ed uscire da quella situazione difficile, mentre i corpi posseduti dai fantasmi e dai demoni sbattevano le mani contro le porte della cripta.
Erano riusciti ad uscirne unicamente grazie a Belfagor, un demone che aveva preso possesso del corpo senza vita di Jack e che avesse mostrato loro un valido incantesimo per separare i fantasmi dagli ospiti che possedevano.
Ed una volta fuori, mentre Abby li sentiva discutere su quale fosse la prossima mossa per riuscire a rimediare al danno combinato da Chuck ed osservava come il corpo di Jack venisse ancora usato da Belfagor perché era in grado di chiudere la falla sull'inferno aperta da Dio, Abby strinse i pugni e si fermò dal camminare su prato del cimitero mentre il suo respiro accelerava.
Fu Edward il primo ad accorgersi dell'assenza di Abby, e subito si voltò per cercarla con lo sguardo mentre si interrompeva, smettendo di continuare la conversazione con Dean; Edward le si avvicinò velocemente, facendo sì che i presenti si voltassero nella sua direzione.
Abby incrociò ad uno ad uno lo sguardo confuso ed interrogativo della sua famiglia, soffermandosi su Edward che si era sporto per chiederle cosa fosse accaduto, e su Dean che rimane lontano ad osservarla con aria critica.
"Non posso venire con voi".
Dean l'aveva ascoltata senza modificare la sua espressione, serrando le labbra ed assumendo l'aspetto di una statua per quanto fosse rimasto immobile. "A qualsiasi cosa tu stia pensando, può aspettare. Dobbiamo pensare a risolvere il problema in questa città prima".
Abby aveva fatto spallucce, scuotendo appena la testa mentre si torturava le mani e sentiva gli occhi pungere per la rabbia, avanzando e guardando Dean in cagnesco. "Non me ne frega niente di questa città! Mary e Rich sono da soli! Chuck potrebbe prenderli in qualsiasi momento e..".
"A Chuck non importa di loro, sono solamente due bambini. Se n'è andato, ha smesso di controllarci e..". Dean le parlò con voce calma e pacata, provando con tutte le sue forze a rassicurarla con lo sguardo e con il suo sorriso, ma Abby sgranò gli occhi e scosse la testa con fermezza e si tenne pronta a ribattere a qualsiasi cosa avesse potuto dire. "D'accordo Abby, va' da loro. Ci occuperemo noi di questa città, senza di te".
La donna non aveva messo molto a superare tutti i presenti, superare anche Dean con una forte spallata perché voleva che sapesse quanto fosse arrabbiata.
Era furiosa.
Come poteva un uomo come Dean così attaccato alla sua famiglia, non voler andare insieme a lei a verificare di persona che i suoi figli stessero bene e che Chuck non avesse fatto loro del male?
La terra era piena di altri cacciatori, qualcuno se ne sarebbe occupato al posto loro.
Come poteva agire così dopo la morte di Jack?
Dean strinse la mascella ed abbassò lo sguardo sul folto prato per un paio di secondi, scuotendo la testa in maniera impercettibile mentre stringeva i pugni per la rabbia.
Anche lui era addolorato.
Anche lui era arrabbiato.
Anche lui voleva correre dai suoi bambini e metterli al sicuro.
Ma non esisteva più una via di fuga.
Dean non avrebbe potuto portare i suoi figli in un luogo protetto, perché questa volta il nemico era Dio in persona e se li avesse voluti uccidere sarebbe bastato uno schiocco di dita.
Invece poteva rimanere lì, in quella città. Poteva assicurarsi che lo squarcio sull'inferno venisse totalmente chiuso e poteva trovare un modo per fare rientrare le anime dannate nelle loro celle.
Solamente così avrebbe potuto proteggere i suoi bambini.
Li avrebbe tenuti al sicuro da esseri battibili come fantasmi e demoni.
Dean si stupí che Abby non riuscisse a capirlo ed a vederla nel suo stesso modo.
Aveva sospirato ed aveva sollevato lo sguardo verso Edward, che aveva provato a richiamare Abby perché aveva paura che qualcosa potesse accadere, e poi aveva fulminato con lo sguardo Dean stesso, ricordandogli silenziosamente l'accordo che avessero fatto quando Abby era morta dopo aver dato alla luce Richard.
"Se non ti comporterai da padre con loro, ti farò a pezzi".
Dean aveva finto di non leggere che la rabbia nei suoi occhi nocciola fosse interamente indirizzata a lui per aver fatto soffrire Abby, e lo supplicò con lo sguardo di andare insieme a lei.
Di proteggerla per tutto il viaggio. 
Di tenerla al sicuro.
E per tutta risposta Edward lo guardò con un'aria così superiore da fargli venire i brividi, che aveva tutta l'aria di dirgli che avrebbe accompagnato Abby in qualsiasi caso. 
E così aveva fatto. 
Viaggiando notte e giorno per portarla dai suoi figli e farle vivere almeno un momento di pura felicità, mentre li stringeva fra le braccia.

Pensava a questo Abby quando aveva visto Edward salire in auto dal lato del guidatore e sorriderle in modo incoraggiante.
Non aveva detto nulla, si era solamente limitato ad accendere il motore ed a sospirare mentre guardava la casa di Silver, perché anche lui aveva il cuore pesante all'idea di lasciare i bambini per tornare a lottare.
Abby allungò una mano verso la sua pressata contro il volante mentre con l'altra si grattava il mento barbuto per il nervosismo, e la intrecciò alla sua, provando in qualche modo a dargli un po' di sollievo. 
Edward voltò il viso nella direzione di Abby, accennando un sorriso amaro e ricambiando la stretta sulla sua mano, prima di portarsela alle labbra e depositare un dolce bacio sul suo dorso. 
Senza dire nulla distolse lo sguardo e fece partire l'auto mentre ancora le stringeva la mano ed Abby si era avvicinata di più a lui per appoggiare la testa contro la sua spalla, stringendosi a lui esattamente come quando quella notte Edward aveva accostato la jeep in una piazzola di sosta decidendo che fosse troppo stanco per poter anche solamente fare un altro miglio.
E quando vide Abby voltarsi verso di lui, pensò che stesse per dirgli di spostarsi perché voleva guidare lei mentre lui riposava, ma invece la donna si era limitata a gettarsi fra le sue braccia mentre singhiozzava per il forte pianto che avesse trattenuto per tutta quella giornata.
Edward aveva sospirato e le avvolse le braccia attorno al corpo, permettendole di appoggiare la testa sul suo petto e di inzuppare la sua camicia mentre provava a calmare i suoi tremori.
Si era chiesto più volte quando sarebbe accaduto, quando Abby avrebbe perso il controllo su quel suo modo fin troppo composto di gestire il dolore e di trattenerlo chiuso nel suo cuore.
Non aveva la minima idea di come poter calmare quel pianto inconsolabile, quel dolore che le lacerava il cuore. 
Edward sapeva quando Abby tenesse a Jack, aveva visto il loro rapporto diventare sempre più forte giorno dopo giorno e aveva anche visto come Jack avesse reagito ogni volta che Abby si fosse trovata in pericolo.
Perdere Jack aveva scatenato in lei un dolore troppo forte e troppo radicato in profondità. 
Si era mossa in quell'abbraccio incastrando la testa fra l'incavo del suo collo e la sua spalla per nascondere il viso ed i suoi occhi all'omone che la stringesse forte; Edward la strinse di più mentre appoggiava il mento sulla sua testa, lasciandole dei piccoli baci di tanto in tanto. 
"Mi dispiace tanto per il tuo dolore, rossa". 
"Era solamente un ragazzino..
". 
Si lasciò stringere e lasciò che Edward se la caricasse addosso per mettersi più dritto con la schiena, ed Abby si trovò seduta sulle sue gambe all'interno dell'abitacolo della Jeep di Edward.
Si sarebbe dovuta sentire in difetto, doveva pensare che quello fosse il modo sbagliato per consolare un'amica, ma Abby si trovava così beatamente seduta su di lui che si strinse di più ad Edward come se si trattasse della sua personale ancora.
Le carezzava il viso ed i capelli, le asciugava le lacrime che continuavano a scivolarle sul viso, le baciava le guance accaldate dal pianto.
Cercò di farla rilassare, coprendola con il suo grosso giubbotto di tela quando la sentí iniziare a tremare dal freddo e le sfiorò la schiena per tranquillizzarla, ed in breve tempo Edward sentì il suo pianto bloccarsi, lasciando un forte silenzio fra di loro mentre continuavano a rimanere stretti l'uno all'altra.
Dopo un numero imprecisabile di ore Abby era lentamente emersa dal petto di Edward, scostando il suo giubbotto che le facesse da coperta mentre sentiva il viso tirare per le lacrime che si fossero asciugate sul suo viso ed aveva sollevato lo sguardo verso di lui, incrociando il suo sguardo nel buio dell'auto.
Osservò il suo viso e le sue occhiaie profonde, notando la sua aria stanca, l'aria di chi avesse passato gran parte della notte a vegliare e calmare i suoi incubi, provando almeno in parte a facilitare il processo di guarigione del suo cuore. 
Non l'aveva mai abbandonata un momento, le era stata accanto quando più ne aveva avuto bisogno e non solamente quella notte. 
Nell'ultimo periodo Edward si preoccupava che Abby mangiasse a sufficienza, che dormisse una quantità di ore accettabili. 
Non aveva smesso un momento di essere il suo braccio destro e di sorreggerla. 
Abby rimase in silenzio mentre guardava nei suoi occhi così seri, percependo dentro di sé un grosso vuoto che si facesse sentire più di ogni cosa e in silenzio Abby sollevò una mano verso il suo viso ed accennò un sorriso intenerito e dolce, un sorriso di ammirazione, mentre il suo cuore batteva più forte nel petto. 
Edward rimase immobile ad assecondare i suoi movimenti, limitandosi a rafforzare la presa su di lei per stringerla ed avvicinarla di più, ed Abby sorrise sinceramente per la prima volta dopo giorni. "Grazie per tutto quello che fai, Ed: senza di te sarei persa". 
Edward ricambiò il suo sorriso, rimanendo però in silenzio e come risposta allungò una mano per tornare a sfiorarle i lunghi capelli rossicci e la guancia, avvicinando il suo volto per scaricarle un tenero bacio sulla tempia.
Appoggiò di nuovo la testa sul suo petto con un sorriso sul volto, mentre respirava il suo profumo mischiato a quello del sigaro. Edward le aveva dato il suo spazio per vivere e provare le sue emozioni senza interferire con il suo dolore. 
Aveva lasciato che si sfogasse, rannicchiata per com'era contro il suo petto.
E adesso Abby voleva ricambiare il favore, promettendogli silenziosamente che sarebbe stata bene e che avrebbe potuto chiudere gli occhi per riposarsi.
Forse perché troppo stanco o perché troppo provato, Edward si lasciò andare ad un grugnito di stanchezza e chiuse gli occhi sentendosi stremato, decidendo di riposarsi quel tanto che bastasse prima di rimettersi in marcia e raggiungere i bambini a casa di Silver, pur di regalare un altro sorriso ad Abby.


Sam diede un'occhiata a Rowena che ancora sembrava scossa per come fosse andato il suo incantesimo, quando aveva provato a rafforzare la barriera magica attorno a quella città per contenere i fantasmi e per errore si era messa in comunicazione con loro, avvertendo il loro dolore e la loro rabbia.
Aveva detto che era tutto finito e che sarebbero morti tutti dopo aver comunicato con gli spettri ed i demoni: avrebbero dovuto avere paura, eppure Sam e Dean erano più arrabbiati che preoccupati.
Arrabbiati con Dio per avergli scagliato contro l'ennesima apocalisse, per averlo usati come giocattoli per tutta la vita, controllando ogni loro mossa e guardando la loro vita come se fossero il suo show personale.
Sam accennò un sorriso di incoraggiamento a Rowena che si asciugò le lacrime agli occhi mentre ancora stava seduta sul pavimento di quella cripta, e si voltò a cercare suo fratello maggiore che ancora stesse seduto sull'unica panchina di marmo intento a caricare con proiettili di sale tutte le armi che avesse all'interno del borsone che raramente uscisse dal portabagagli della sua auto. 
"Che stai facendo?".
Dean voltò appena lo sguardo accigliato nella direzione del fratello, fermandosi solo per qualche istante dal caricare la sua pistola per poi continuare a fare ciò che stesse facendo ormai da una buona mezz'ora.  "Solamente perché il piano è fallito, non me ne starò con le mani in mano aspettando che uno di quegli esseri lì fuori ci uccida, Sam. Io non mi arrendo!".
Il minore osservò la mascella contratta del fratello ed il modo rabbioso con cui avesse gettato la pistola all'interno del borsone per poi afferrare un fucile, iniziando a pulirne la canna in modo molto meticoloso.
Prese posto accanto a lui, sospirando rumorosamente ed abbassando lo sguardo perché sapeva cosa stesse passando Dean: anche lui stava provando ciò che provasse suo fratello, anche lui aveva perso Jack. E anche Sam era furioso con Chuck per ciò che avesse fatto per tutta la loro vita. "Sei arrabbiato".
"Puoi scommetterci che sono arrabbiato" confermò Dean con voce perentoria, poggiando il fucile smontato sulla sua coscia per poi voltarsi a guardare il fratello in modo iroso. "Non so più cosa sia reale ormai, Sam".
Il fratello annuí in silenzio mentre scrutava i suoi occhi verdi, leggendo dei grandi dubbi che fossero apparsi da ormai qualche settimana ma che Dean non aveva avuto il coraggio di esternare neanche con sé stesso.
Sam sospirò e fece spallucce, guardandolo con aria più tranquilla e leggera. "Hai sentito Abby?". 
Il volto di Dean si rilassò in un'espressione ironica, ma più tranquilla. Fece spallucce mentre osservava suo fratello, prima di voltarsi ed afferrare nuovamente il suo fucile per tornare a caricarlo. "Si: i bambini stanno bene, come avevo detto. Li ha lasciati a Silver e Dan: Abby e Edward torneranno presto". 
Sam osservò il suo nervosismo e lesse fra le righe delle sue parole trovando la rabbia e la gelosia mal celata, e si morse il labbro inferiore con nervosismo mentre pensava che suo fratello avrebbe dovuto seguire Abby senza neanche pensarci su. "Ascolta Dean, so che non è il momento adatto per parlarne, ma..".
"Esatto Sam, non è il momento adatto".
Dean rispose con troppa veemenza, ma scosse la testa e lasciò andare il fucile che ormai fosse sufficientemente carico, scuotendo la testa con un grosso sospiro.
Sam lo osservò piegare la schiena in avanti ed appoggiare i gomiti sulle proprie cosce, passandosi le mani sul volto mentre teneva gli occhi chiusi e pensava a chissà quale assurda teoria che la sua mente poteva architettare in quel momento di tensione così alto. "Quello che vi ha unito per tutti questi anni: ecco cos'è reale. Abby ti ama ancora, Dean. È solo schiacciata dal dolore e dalla perdita. Non voleva allontanarsi da te: Abby è andata via perché ha perso Jack e ha avuto paura di perdere anche Mary e Rich, e si è arrabbiata perché voleva che andassi insieme a lei". 
Inizialmente Dean si voltò a guardare il fratello con uno sguardo furioso perché quello era un argomento così delicato che a malapena affrontava con sé stesso, e di certo non aveva la minima voglia di parlarne con Sam.
Ma con il trascorrere del tempo il suo volto si rilassò e Dean si ritrovò ad annuire con aria colpevole, mentre faceva spallucce. "Già, e ha ragione ad essere arrabbiata. Ma probabilmente hai ragione: forse troveremo un modo per farla funzionare, ancora. O forse Edward le è entrato così tanto sotto la pelle che non le importa più".
Sam guardò nei suoi occhi verdi con aria sorpresa, perché non credeva che suo fratello si sarebbe lasciato andare a delle confessioni così profonde insieme a lui.
Ma Dean accennò un sorriso amaro mentre lo guardava, facendo spallucce ed annuendo. "Ormai lo conosciamo da un po', abbiamo cacciato al suo fianco e sappiamo che persona sia davvero: so che insieme a lui, Abby sarà al sicuro. Mi fido di Edward. Quindi ammettiamolo per una buona volta: lui è tutto ciò che io non sarò mai. Edward è presente, sa come parlare con Abby quando è spaventata, sa come tranquillizzarla.  Ultimamente quando mi avvicino e parlo con lei, sembra che io la agiti solamente".
Sam deglutì a fatica mentre guardava il volto di suo fratello così rassegnato.
Per il modo sicuro in cui aveva parlato, a Sam sembrò che suo fratello si fosse ripetuto quelle parole migliaia di volte prima di trovare il coraggio di dirle ad alta voce insieme a lui.
Non sapendo cosa dire e come consolare suo fratello, Sam sollevò una mano e la adagiò sulla sua spalla stringendola, mentre annuiva ed in silenzio gli faceva capire che sarebbe andato tutto bene.
Ma Dean si limitò a sospirare rumorosamente ed a distogliere lo sguardo, facendo spallucce e scrollandosi la presa di suo fratello mentre si alzava in piedi ed afferrava il suo borsone zeppo di armi per metterselo in spalla.
Guardò Rowena che avesse ancora l'aria affranta e si chiede dove fossero spariti i due angeli con Belfagor, prima di tornare a guardare suo fratello con la stessa aria dura di prima e fargli un cenno con la testa. "Andiamo adesso, abbiamo del lavoro da fare".



Quando aveva varcato la soglia di quel cimitero camminando al fianco di Edward, lo stato d'animo di Abby e decisamente migliore rispetto all'ultima volta che vi fosse stata.
Aveva avuto la possibilità di tirare fuori tutto ciò che sentiva dentro di lei, e con il dolore erano venuti fuori anche altri tipi di sentimenti.
Li aveva provato di nuovo dopo tanto tempo, mentre guardava Edward negli occhi.
E non importava quanto avesse provato a reprimerli, li aveva disseppelliti e adesso sarebbe stato molto più faticoso nasconderlo nuovamente nella parte più profonda di sé stessa.
Era entrata nella cripta insieme a Edward che le sfiorava la schiena di tanto in tanto, solamente per ricordarle che lui le fosse accanto in quella situazione.
Ma quando Abby non aveva incrostato Dean all'interno della cripta, aveva subito capito che qualcosa fosse accaduto in sua assenza: il nuovo piano di Rowena e di Sam era appena partito.
Anael e Castiel erano scesi all'inferno ormai quasi deserto insieme a Belfagor alla ricerca del Corno di Lilith che, una volta suonato, avrebbe richiamato nelle proprie celle tutte le anime fuggite.
San e Rowena dovevano recitare l'incantesimo, mentre Dean se ne stava vicino alla falla tenendo fra le mani un sacchetto per maledizioni che Rowena stesso aveva costruito e che avrebbe dovuto gettare all'interno dello squarcio non appena il segnale fosse scattato.
"Vado a vedere se Dean ha bisogno di una mano".
"Vengo con te". Edward lo disse senza neanche pensarci come se ormai fosse un'abitudine andare dove andasse Abby per tenerla al sicuro da ogni minaccia, e alla ragazza non era mai dispiaciuta la sua presenza dato il sorriso che fece nella sua direzione, come a ringraziarlo per non lasciarla da sola, ma Sam si era schiarito la voce ed aveva fatto un passo avanti per mettersi fra loro.
Sam guardò Edward negli occhi e ricordò tutti i bei momenti passati insieme a lui, tanto da considerarlo ormai quasi come un fratello.
Ma Dean era il suo sangue, la sua famiglia, e Sam voleva solamente proteggerlo.
"Abbiamo bisogno di te qui".
"Di me?". Edward aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, accennando un sorriso divertito mentre osservava Rowena fermarsi dal preparare gli ingredienti del suo incantesimo per sollevare un sopracciglio curioso verso il minore dei Winchester, che annuí con convinzione mentre guardava nei suoi occhi nocciola.
"Sei l'unico che abbia un minimo di esperienza con le stregonerie, a parte me. Quindi devi darci una mano: Abby se la caverà".
Edward scrutò nei suoi occhi e per qualche istante lo guardò in cagnesco per ciò che avesse detto, ed infatti presto Abby giunse al suo fianco e lo guardò con aria confusa, aggrottando le sopracciglia ed accennando un sorriso divertito nei suoi confronti. "Da quando pratichi la magia, Ed?".
L'uomo fulminò Sam con lo sguardo perché solamente lui era a conoscenza dell'unico segreto che tenesse con Abby e che si sarebbe portato nella tomba per sempre.
Avrebbe fatto di tutto pur di non farglielo scoprire.
Dylan stesso gli aveva detto di non rivelare mai quella verità ad Abby, perché non avrebbe capito e lo avrebbe cancellato dalla sua vita.
Sam capí lo sguardo di Edward e si scusò con un'occhiata per ciò che avesse detto, non avendo riflettuto abbastanza sulle parole dette in presenza di Abby.
Il minore dei Winchester fece un sorriso alla donna che ancora lì guardasse con aria confusa, facendo spallucce e per la prima volta da quando la conoscesse Sam mentí ad Abby. "Gli ho prestato alcuni dei miei libri, si limita a fare delle piccole magie. Ma è l'unico che può aiutarci, perciò..".
Abby accennò un sorriso divertito, facendo spallucce e dando una pacca sulla spalla a Edward che inevitabilmente si rilassò dopo aver visto la ragazza fare altrettanto. "Eh va bene Sabrina vita strega, vado a dare una mano a Dean. Ci vediamo dopo".
Edward la vide uscire dalla cripta velocemente, troppo per poterla fermare e chiedere di non andare, ma presto si voltò verso Sam allargando le braccia, per poi osservare Rowena che sembrava aver intuito la matassa di menzogne che Sam e Edward tenessero fra loro, accennando un sorriso.
"Bene bene, ragazzi miei: è l'ora di fare qualche magia".

Più si avvicinava alla falla sopra l'inferno, più uno strano vento molto forte le rendeva difficile persino camminare ed Abby si tenne alle varie lapidi durante il suo percorso.
Udí il suono di quello che ipotizzava essere il Corno di Lilith, segno che i due angeli e Belfagor stessero riuscendo nel loro piano, e quando Abby intravide Dean immediatamente corse nella sua direzione.
Arrivò al suo fianco prima di quanto pensasse dato il forte vento che continuasse a schiacciarla a terra, ed Abby accennò un sorriso quando appoggiò la schiena sulla lapide distante da Dean solamente un paio di centimetri. "Non dirmi che ti stai divertendo senza di me".
Dean sorrise divertito mentre osservava i suoi occhi azzurri pensando a quanto si fosse preoccupato per lei e quanto avesse sentito la sua mancanza.  
"Stai bene?".
Sei tornata da me, non potrei stare meglio pensò Dean con un ampio sorriso, facendole l'occhiolino ed avvicinandosi di più a lei per sentire il suo calore contro la sua pelle. "Si, e tu?".
Abby si guardò attorno, osservando le anime venire risucchiate all'interno dell'Inferno con una forte velocità, facendole svolazzare i lunghi  capelli che fossero sfuggiti dalla crocchia improvvisata che aveva creato mentre usciva dalla cripta. "Mai stata meglio".
Dean la guardò per dei lunghi istanti ed il suo sorriso scemò, divenendo più serio mentre faceva spallucce ed abbassava lo sguardo perché incapace di sostenere quell'azzurro limpido che gli faceva battere più veloce il cuore. "Mi dispiace, Abby. Dovevo rimanerti accanto, assicurarmi che la nostra famiglia stesse bene. Non dovevo lasciare che partissi da sola".
"Non ero da sola, Dean". 
Abby lo guardò con sopracciglia aggrottate e parlò con molta velocità, non riflettendo sulle sue parole.
Aveva detto la verità, in fondo.
Accennò un sorriso tirato nella sua direzione e fece spallucce, distogliendo lo sguardo per qualche momento perché era ancora arrabbiata per il modo in cui Dean avesse scelto di rimanere lì e di non seguirla, ma non poteva fargliene una colpa perché sapeva quale fosse il suo carattere.
Era sul punto di dire qualcosa, quando il sacchetto per maledizioni fatto da Rowena si illuminò di un viola acceso, e quello fu il segnale che Dean stesse aspettando.
Lo gettò all'interno della falla con estrema velocità, quando il vento continuò ad aumentare ed Abby sgranò gli occhi, dovendo applicare molta forza per tenersi alla lapide e non rotolare via mentre le anime continuavano ad essere risucchiate.
Dean si accorse della difficoltà di Abby e non ci pensò più di mezzo secondo, prima di allungare le braccia nella sua direzione e di afferrarla fra le sue per proteggerla dal forte vento.
La schiacciò contro il suo petto e Dean la strinse a sé con vigorisitá ma anche con molta pacatezza.  
Abby si voltò ad osservare Dean e trovò il suo volto molto vicino al suo. 
Avvolse le braccia totalmente attorno al suo corpo, stringendola a sé per protezione ed Abby accennò un sorriso compiaciuto mentre lo sentiva parlare al suo orecchio. "Scommetto che avresti preferito rimanere con i bambini".
Abby sorrise divertita udendo quelle parole e guardandolo, non facendo minimamente caso al fatto che il Corno avesse smesso di suonare ormai da più di qualche secondo, per poi scuotere la seria e diventare più seria, stringendogli una mano fra le sue. "Non c'è un posto diverso in cui vorrei essere, se non a rischiare di scivolare dentro ad una crepa sull'inferno mentre cerchiamo di chiuderla".
Dean rise della sua ironia, aumentando la presa ed affondando il mento sulla sua spalla con un gesto che avesse compiuto milioni di volte insieme a lei, e si chiese mentalmente come avevano potuto arrivare fino a quel punto.
"Dean, Abby".
I due ragazzi si voltarono di scatto alla loro destra, trovando i due angeli in piedi che non venissero minimamente scalfiti dal forte vento.
Abby guardò Anael e la trovò ferita, con dei tagli in viso e quella che sembrava essere una pugnalata in pieno stomaco, e sarebbe scattata in piedi per aiutarla se solamente Dean non l'avesse trattenuta, ricordandole che non fosse una buona idea dato il forte vento che continuava a soffiare.
"Che diavolo è successo?".
"Belfagor. Ci ha traditi".


Ascoltava il respiro profondo e pesante dei suoi tre bambini, lo stesso respiro di chi si stesse godendo il proprio sonnellino ampiamente distesi sul letto matrimoniale di Silver.
Abby rimase a guardare Mary, Richard e Nathan ancora un po', addormentati subito dopo una lunga sessione di gioco con dei soldatini e delle bambole.
Avvertì il telefono vibrare nella tasca dei suoi jeans e presto lo estrasse con aria curiosa, aggrottando le sopracciglia ed affrettandosi ad aprire i messaggi che da poco le fossero arrivati.
State bene? Mi mancate, tutti e tre. Ti amo.
Andrew sta bene, l'ho avvertito di stare in guardia. Terrà gli occhi aperti. Tu ed i bambini come state?
.
Abby chiuse gli occhi rimanendo seduta sulla poltrona accanto al letto e sospirò, scuotendo la testa per l'ennesima volta.
Il primo era di Dean, il secondo di Edward.
Sentiva la mancanza di entrambi.
Dopo che Abby e Dean avevano visto arrivare i loro due angeli malconci dalla lotta con Belfagor e un altro demone che volessero entrambi appropriarsi del Cono per assorbire le anime ed aumentare il loro potere per governare l'inferno, avevano visto arrivare Sam, Rowena ed Edward che avanzavano verso la crepa.
Sam aveva le lacirme agli occhi ed era distrutto e Edward sembrava incredibilmente pallido, nonostante la sua pelle apparisse perennemente abbronzata.
Abby e Dean si misero in piedi adesso che il vento era diminuito di molto, e si chiesero che cosa stesse accadendo e perché Rowena presentasse una ferita all'addome che non smettesse di sanguinare.
Una volta arrivata in prossimità della crepa la strega ssi era voltata per guardarli uno ad uno, regalando un ultimo sorriso ai presenti ed uno sguardo carico di amore e di felicità mentre compieva il sacrificio più grande: barattare la propria vita per quella di tutti.
"Addio ragazzi".
Rowena si era lasciata scivolare dentro la falla sull'inferno dopo aver fatto loro un cenno con la mano, ed Abby e Dean fecero un passo avanti quasi contemporaneamente, con il vano tentativo di afferrarla e di salvarla.
Ma lo sguardo di Sam e di Edward la diceva lunga, facendo capire loro che la morte della loro strega fosse necessaria.
Ed infatti lo squarcio iniziò a chiudersi nel giro di pochi istanti, cessando il vento ed ogni fenomeno paranormale e sinistro.
I presenti si scambiarono un piccolo sorriso vittorioso nonostante avesse comportato la perdita di una delle persone più importanti.
Presto avevano radunato le proprie cose per tornare al bunker per riposare almeno qualche ora, prima di iniziare a riflettere su cosa avrebbero fatto da quel momento in poi, ormai fuori dall'influenza ed il controllo di Chuck.
Giunti alle macchine, Abby aveva incrociato lo sguardo di Dean e di Edward, ognuno dei quali si aspettava di vederla salire sulla propria auto.
Ma Abby scosse la testa e li superò, sussurrando un piccolo ma chiaro Vado a riprendere i bambini. Da sola.
Era entrata nella sua Hyundai ed aveva salutato i presenti con un gesto della mano, prima di partire per un lungo e solitario viaggio che le avrebbe permesso di schiarirsi un po' le idee.
Aveva raggiunto casa di Silver durante la prima mattina, motivo per cui i tre cuginetti avevano saltato la scuola per stare con Abby, che non aveva smesso di coccolarli e di giocare con loro per dimenticare gli orrori e le lotte. 
Ma adesso che i bambini erano crollati in un profondo sonnellino e che Abby avesse spento il telefono per non ricevere alcuna chiamata, la ragazza si alzó da quella poltrona per raggiungere la sorella che la attendeva sul divano mentre scriveva un pezzo per la rivista che l'avesse assunta da ormai qualche anno.
Si sedette accanto a Silver che sollevò lo sguardo verso di lei ed Abby non ebbe alcun bisogno di parlare.
Silver allontanò il computer e protese la braccia verso la sorella maggiore, che in silenzio appoggiò la testa sulla sua spalla per sentire un minimo di consolazione. 
"Andrà tutto bene, sorella".
Abby annuí in silenzio lasciandosi cullare dalle braccia di Silver, prima di chiudere gli occhi e decretare che avrebbe affrontato i suoi problemi l'indomani per riuscire a chiudere occhio per almeno qualche ora, mentre pensa che un'altra apocalisse non fosse poi così difficile da gestire rispetto ai sentimenti contrastanti che battessero nel suo cuore ormai da un paio di anni.
 

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Capitolo 84
*** Capitolo 76 ***


Hunters' legacies
Capitolo 76


 
"Aprilo, se ne hai il fegato: è un omaggio di paparino per te".
Abby aveva aggrottato le sopracciglia e serrò le labbra in una smorfia di disapprovazione, fissando la scatola di legno posta sopra al letto di quella stanza del motel e la giovane donna bionda rinchiusa dentro una delle trappole del diavolo. 
Solamente dopo un paio di secondi aveva scambiato uno sguardo con Dean e Sam, sospirando appena mentre sentiva il cuore battere più forte ed una brutta sensazione farsi largo dentro di lei, chiedendosi come fosse possibile che un semplice vaso che aveva deciso di seguire con i Winchester per schiarirsi le idee, si fosse in realtà trasformato in qualcosa di molto più personale.
"Sai, ho sempre pensato che tu e Dean foste davvero destinati, infatti è paparino ad avervi messo insieme. Solamente non pensavo che il tuo vero tipo fosse un uomo rozzo e spartano come il barista dai capelli lunghi" aveva detto Lilith ridendo di gusto, mordendosi il labbro e guardandola come se sapesse più di quanto volesse ammettere. 
Abby aveva aggrottato le sopracciglia e si era voltata ad osservare il demone che avessero sconfitto ormai molti anni prima, che adesso era stato riportato in vita proprio da Chuck.
Ma la ragazza perse interesse per quella parte della storia, focalizzandosi sulle sue parole.
"Che cazzo c'entra Ed in tutto questo, puttana?". 
Abby aveva fatto uno scatto avanti con tutta l'intenzione di entrare all'interno del sigillo disegnato sul pavimento di quella stanza di motel, ma presto Dean le si parò davanti e la guardò con aria seria, prendendole il viso fra le mani con dolcezza mentre la guardava negli occhi e cercava di tranquillizzarla con un sorriso.
Mal sopportava che Chuck stesse facendo tornare la maggior parte dei mostri che insieme ai Winchester avesse spedito all'inferno per impedire che potessero fare del male a qualcuno, ma la presenza di Lilith l'aveva urtata non poco, specialmente perché si fosse finta la vittima del loro caso prendendoli in giro: adesso che lavorava per Chuck, voleva che Abby ed i Winchester le consegnassero l'equalizer, ma prima che Lilith potesse avanzare altre pretese  erano riusciti a bloccarla all'interno del sigillo disegnato da Sam permettendole solamente di parlare. 
"Vediamo che c'è dentro la scatola, ok? Non l'ascoltare, sono qui proprio accanto a te, ok?" le aveva detto Dean accennando un sorriso rassicurante e facendole l'occhiolino, facendole segno con la testa di andare con lui. 
Abby sospirò e annuì ignorando le risatine diaboliche di Lilith, voltandosi e dirigendosi verso la scatola ed esitò per qualche secondo, guardando la scatola di legno semplice e liscia, priva di qualsiasi incisione e senza neanche un gancio di chiusura, avendo il presentimento che qualsiasi cosa ci fosse lì dentro non sarebbero stato nulla di buono. 
Dopo aver scambiato un altro sguardo con Dean e con Sam, che nel frattempo si era avvicinato, Abby si fece coraggio e sentí la mano di Dean sulla sua schiena, e la ragazza si tranquillizzò appena sapendo di averlo accanto. 
Quando allungò una mano e sollevò il coperchio di legno, rimase di ghiaccio ad osservare il contenuto inorridita, prima di fare un passo indietro e far chiudere il coperchio con un sonoro tonfo: all'interno vi era un anulare destro con ancora un anello indossato, e immediatamente Abby capì a chi appartenesse. 
Si era scagliata contro Lilith entrando nella trappola e spintonandola fuori, colpendola con ferocia e con rabbia, decisa più che mai a tirarle fuori come e perché il dito di Edward fosse finito dentro quella scatola; la situazione era precipitata ben presto, tant'è che Lilith riuscì ad avere la meglio e a liquefare la pistola che tanto Chuck bramasse, fin quando Sam ribaltò la situazione e trafisse mortalmente Lilith, che cadde rovinosamente a terra, così come le speranze di Abby di ritrovare vivo Edward. 



"Sei sicura che funzioni?". 
Sam rimase a braccia conserte ad osservare i due fratelli Harrison perfezionare quella freccia, dall'aspetto innocuo ma che probabilmente sarebbe stata la loro unica arma per salvare Edward: dopo che ebbero ucciso Lilith, presto i tre fecero ritorno al bunker, dove Abby si mise subito a lavoro per trovare un'arma che potesse ferire Chuck tanto quanto l'equalizer, e lavorò senza sosta insieme a Dan per almeno quattro o cinque ore fino a trovare il mix che probabilmente avrebbe funzionato. 
I due Winchester li avevano osservati iniziare a parlare nella loro lingua scientifica troppo tecnica, non riuscendo a capire cosa significasse e non riuscendo ad aiutarli. 
Abby accennò un sorriso e annuì, soddisfatta mentre caricava la freccia nella sua balestra, osservando con orgoglio come la capsula che portasse sulla punta fosse progettata per rompersi a contatto con il suo bersaglio, rilasciando la tossina che avrebbe concesso loro il tempo di scappare, una volta preso Edward. "Si. Sarà pure Dio, ma se riesco a prenderlo quando è distratto, Chuck si troverà dentro un corpo fatto di cellule il tempo necessario per noi per riuscire a scappare".
Sam sospirò e accennò un'espressione più tranquilla, sciogliendo le braccia serrate e scambiando uno sguardo d'intesa con il fratello, che lentamente si avvicinò ad Abby e sospirò; Dean accennò un sorriso tirato nella sua direzione, afferrando con delicatezza la balestra mentre osservava l'espressione confusa sul suo volto. "Lascia la balestra. Lo farò io".
"Cosa? No! L'arma è mia, la sperimento io!" esclamò Abby aggrottando le sopracciglia e facendo per tirare via la balestra, ma Dean la trattenne guardandola con aria perentoria. "Ma che fai, Dean?!". 
L'uomo sospirò e continuò a strattonare l'arma, notando il modo con cui Abby la tenesse stretta, così Dean sospirò e la guardò con aria più seria. "Sei prevedibile, Abby: Chuck ha progettato questa trappola per te, si aspetterà che tu abbia un asso nella manica per salvare Edward".
"La trappola è per tutti, Dean. Sa che Edward è diventato parte della famiglia, sa che tutti teniamo a lui: perché dovrei essere io l'unica prevedib-..". 
"Per i tuoi sentimenti per lui: Chuck lo ha capito.." sussurrò Dean interrompendola, sospirando brevemente quando riuscì finalmente a farle lasciare la presa sulla balestra. Vide il suo viso confuso come se fosse appena caduta dalle nubi e non si aspettasse quelle parole pronunciate in quel preciso momento, proprio da lui. "Lo abbiamo capito tutti, in realtà". 
Abby deglutí a fatica e fece un passo indietro sentendo le mani sudare, abbassando lo sguardo perché incapace di sostenere quello speranzoso di Dean, che volesse unicamente sentirla dire che stesse delirando e che avrebbe lavorato duramente per riportare a casa qualsiasi altra persona.
Non riuscendo a trovare dentro di lei il coraggio per continuare a guardarlo senza riuscire a dire le parole necessarie per contraddirlo, Abby sembrava aver accettato passivamente l'imposizione di Dean di escluderla dal piano; la ragazza avrebbe tanto voluto fermarsi a parlare, dirgli che non fosse come pensasse, che fra lei e Edward non fosse mai cambiato nulla, ma dentro di sé Abby sentiva che non fosse più così.
"Non preoccuparti, ragazzina: non sbaglierò mira. Te lo riporterò sano e salvo". 
Abby sentí il dispiacere ed il dolore nelle sue parole, e percepí il suo sguardo pungente indugiare su di lei con la speranza che Abby sollevasse lo sguardo solamente per dirgli che avesse completamente frainteso; ma non fu così e Dean sospirò appena, voltando lo sguardo verso quello discreto di suo fratello, che annuì e fece partire l'operazione di recupero in pochissimi secondi. 
Castiel, Dan ed i due Winchester furono pronti a partire, pregando Abby di non fare nulla di stupido e di aspettare che tornassero insieme a Edward.
Per qualche istante Abby si era sentita così disorientata, perché era successo tutto troppo velocemente ed iniziava a sentirsi così confusa.
Ma in tutto quel caos, Abby sapeva che ci fosse solamente una cosa più importante: salvare Edward.
Fece vagare lo sguardo in giro per la grande sala centrale del bunker ed Abby osservò il suo angelo chino su Richard, che stesse seduto sul seggiolone mentre Anael lo imboccava e lo distraeva con delle assurde storie solamente per farlo mangiare, mentre Mary stava seduta al tavolo della sala giocando con le macchinine di suo fratello.
Abby sorrise davanti a quella scena, pensando che con un padre come Dean che si intendesse di auto ed una madre come lei, che amasse la velocità e la potenza, Mary non poteva di certo passare il suo tempo a giocare con le principesse.
Si avvicinò lentamente ad i suoi figli ed all'angelo e si ritrovò a pensare che Anael sarebbe davvero stata un'ottima madre e che avrebbe amato avere dei figli tutti suoi, che avrebbe cresciuto con amore ed i suoi forti valori; fece qualche passo verso di lei, sperando che Anael avrebbe messo da parte quei valori per qualche momento, decidendo di non rispettare la promessa che avesse appena fatto a Dean di tenere Abby al sicuro. 
Fu breve il momento in cui Abby incastrò i suoi occhi con quelli azzurrissimi dell'angelo, che smise immediatamente di sfamare Richard e la guardò con disappunto.
Erano poche le persone che conoscessero Abby in quel modo, riuscendo ad intuire cosa pensasse senza aver bisogno di sentirla parlare.
Anael la conosceva in quel modo stretto e viscerale, poiché ormai erano legate a doppio filo e nessuna delle due poteva immaginare la sua vita senza l'altra.
Ma Anael scosse immediatamente la testa, lasciando scivolare i suoi lunghi capelli biondi sulla schiena mentre agitava le mani davanti alla sua amica per lasciarle intendere che non avrebbe assecondato l'ennesima pazzia. "No Abby, questa volta non posso aiutarti. L'ho promesso a Dean, l'ho promesso a Castiel: non posso metterti in pericolo. Non guardarmi così, per favore". 


Lo osservò camminare avanti e indietro in maniera irrequieta nella hall del piccolo hotel a cinque stelle dove avesse sterminato ogni essere umano che avesse incrociato il suo cammino, e notò l'espressione corrucciata e tesa, come se stesse attendendo una risposta che tardasse ad arrivare, sentendolo persino bisbigliare fra di sé e sé con un certo nervosismo. 
Edward deglutí a fatica e cercò per l'ennesima volta di liberarsi dalle catene che lo tenessero legato alla sedia, sentendo la ferita alla mano destra bruciare e far davvero troppo male: nel corso della sua vita da Marine o di ogni caccia a cui si fosse dedicato, aveva riportato così tante ferite da perdere il conto persino delle cicatrici che avesse su tutto il corpo.
Pensava di aver provato ogni tipo di dolore nella sua vita, ma non aveva mai provato il dolore che conseguisse dal taglio netto di una falange.
Sarebbe morto dissanguato dopo che Lilith gli aveva staccato il dito con una grossa mannaia, se solamente Chuck non gli si fosse avvicinato con aria nervosa e quasi disgustata dall'osservare quella brutta ferita,  cauterizzandola con le sue stesse mani che si illuminarono di una luce bianca e calda. 
"Non è un po' troppo che aspetti, Chuck? Secondo me dovresti smettere di attendere che la biondina faccia ritorno qui: non sarebbe la prima volta che i Winchester la uccidono.." sussurrò Edward ridendosela bellamente e guardandolo con aria di scherno, mettendo su la sua classica aria di sfida che nel corso della sua vita aveva fatto arrabbiare parecchia gente, scatenando così tante risse che Edward aveva ormai perso il conto. 
Ma Chuck arrestò completamente il suo movimento per la hall, voltandosi verso di lui con aria glaciale, sollevando un sopracciglio e sospirando. "Lilith è troppo furba per essere morta: mi preoccuperei più per te stesso che per lei, se fossi in te". 
"Naah, io so di essere arrivato alla fine del mio viaggio: mi gusto gli ultimi minuti del film, prima di andare" rispose Edward con aria così serena da fare impallidire persino Dio, che non aveva mai visto quell'alto grado di accettazione. Edward aveva poi riso nuovamente a pieni polmoni, facendo spallucce e mostrando spavalderia mentre sosteneva lo sguardo di Dio. 
Chuck lo osservò per qualche momento con aria indagatrice mentre rifletteva sulle parole dell'uomo incatenato davanti a sé e dopo qualche secondo si lasciò andare ad una grossa risata, scuotendo la testa ed avvicinandosi a lui per mettergli una mano sulla spalla. "Pensi che ti ucciderò? No. mio caro Edward: tu sei la mia esca, sei la mia chiave". 
"Non sono così importante per loro come pensi, non ti daranno quello che vuoi" rispose seccamente Edward divenendo appena piu serio, sollevando un sopracciglio e guardandolo con sfida mentre si scrollava la spalla per far scivolare la sua mano dal suo corpo. 
"Oh, non sai quanto ti sbagli tanto, ragazzo mio.." sussurrò Chuck piegando le ginocchia per abbassarsi al suo livello, sorridendo vittorioso e annuendo. "Sei importante per Abby e questo mi basta: farà di tutto pur di salvarti e convincerà i Winchester a consegnare la pistola. Tutto solamente perché ti ama". 
Edward rimase a fissarlo negli occhi senza mai distogliere lo sguardo e si avvicinò quel tanto che bastasse per trovarsi faccia a faccia con lui, mostrandosi così spavaldo e senza paura da sembrargli quasi pazzo: le immagini di ciò che avesse fatto Chuck per catturarlo corsero nella sua mente una dopo l'altra.
La mattina del giorno precedente, Edward aveva ricevuto un messaggio dal suo fratellino minore, Roger. 
Lo stesso che Edward avesse quasi totalmente escluso dalla sua vita per proteggerlo. 
Ed Abby aveva subito capito che qualcosa non andasse, tanto che iniziò a pensare che qualcosa di brutto fosse accaduto ad Andrew, ma Edward si era affrettato a spiegarle che aveva solamente una brutta sensazione, perché Roger non scriveva mai.
Si era proposta proposto di accompagnarlo per non lasciarlo con le spalle scoperte ed anche perché era un po' curioso di conoscere il fratellino di Edward, ma il ragazzo aveva scosso la testa ed aveva deciso di andare da solo. 
L'aveva salutata nel garage del bunker chinandosi per baciarle la fronte con dolcezza ed Abby si era sollevata sulle punte per stringerlo in uno dei suoi lunghi e stretti abbracci, pregandolo di stare attento. 
E Edward le aveva sorriso mentre la stringeva di più a sé e respirava il suo profumo direttamente dal suo collo, inebriandosene e facendone scorta.
Si era presto messo alla guida della sua Jeep e aveva guidato fino a raggiungere l'hotel in cui il suo fratellino alloggiava: Roger era un ragazzo di appena trent'anni con tutta la vita davanti, un futuro brillante e una donna con cui condividerlo.
Ma quando Edward era entrato in quell'hotel e aveva visto il suo fratellino seduto al bancone del bar, da subito un grosso sorriso era nato sul suo viso. 
Più passava il tempo, più Roger finiva per somigliargli.
Era più basso di lui di un paio di centimetri, ma aveva la stessa struttura muscolare: era possente e forte, ma portava i capelli più corti e rasati ai lati, e un accenno di barba gli adornava il viso.
Aveva gli stessi occhi nocciola di Edward se non più scuri di qualche tono.
Lo stesso sguardo fiero e coraggioso.
Quando Roger si accorse di lui, bevve l'ultimo sorso del suo drink e si alzò per raggiungerlo. 
Arrivò davanti al fratello maggiore e accennò un sorriso, prima di avvicinarsi di più e stringerlo in un forte abbraccio che Edward si affrettò a ricambiare.
Avevano subito iniziato a raccontarsi l'un l'altro come la vita stesse procedendo e Roger mostrò a suo fratello qualche foto di suo figlio, che fosse nato da poco e che già amasse oltre ogni immaginazione.
Edward avrebbe voluto fare lo stesso e raccontargli dell'unica donna che avesse mai amato e con la quale avesse avuto un figlio in una situazione decisamente non classica e particolare, di come considerasse Mary anche un po' sua, ma non ne ebbe il tempo.
Improvvisamente una grossa lama aveva trafitto il cuore di Roger senza che Edward potesse fare niente per fermarla, rimanendo ad osservare con aria confusa una grossa chiazza rossa sporcare il maglione di suo fratello minore.
"No!".
Roger cadde sul pavimento agonizzante, riuscendo a malapena a respirare ed a dire le sue ultime parole, e Edward si era subito chinato su di lui cercando di bloccare il sangue che continuasse ad uscire dalla sua ferita. 
Come se bloccare l'emorragia avrebbe potuto salvarlo.
Quando sollevò lo sguardo, osservò Chuck ed una ragazza bionda con le mani ancora intrise di sangue che Dio chiamò Lilith e Edward dedusse che quello fosse il suo nome.
Lilith lo aveva subito immobilizzato e legato ad una sedia, portandolo via con forza dal corpo del suo fratellino che stesse lentamente morendo completamente da solo e senza nessuno a stringergli la mano.


Chuck aveva capito che l'unico modo per avere indietro la pistola che avesse creato per uccidere Jack, fosse quello di individuare il punto debole della catena e spezzarlo.
Edward era decisamente un cacciatore troppo intelligente e furbo per cadere in una qualsiasi trappola, sapendo che nonostante apparisse così duro e forte, non riuscisse a resistere al richiamo della famiglia. 
E Chuck conosceva così bene Sam e Dean da sapere che avrebbero trovato un modo per ribaltare la situazione a loro favore. 
L'unica variabile rimaneva solamente Abby.
Nonostante fosse una cacciatrice riflessiva e poco propensa ad esporsi ai pericoli da quando era diventata madre, Abby continuava ad avere un'indole molto impulsiva.
Abby smetteva di ragionare, quando le persone che amava di più si trovavano in pericolo.
Chuck aveva visto come la ragazza aveva reagito quando 
Micheal aveva catturato Edward per convincerla ad aiutarlo nella creazione dei suoi ibridi.
Chuck sapeva che, se uno di loro avrebbe potuto non seguire il piano spinto dall'impulsività e dargli ciò che volesse, quella era sicuramente Abby.
Per questo aveva condizionato Roger affinché chiamasse Edward per attirarlo in quell'hotel, in modo da catturarlo ed usarlo come esca.
Al resto ci avrebbe pensato sicuramente Abby.
Edward sbuffò aria dal naso e lo guardò in cagnesco per dei lunghi istanti mentre ripensava al modo in cui Roger fosse morto da solo e agonizzante su quel pavimento, sentendo la rabbia crescere nel suo petto mentre guardava negli occhi di Dio con aria solenne. Gli parlò con aria calma e lenta, lasciando trasparire la sua grande ira: "Se mi lasci in vita, ti prometto che sarò io la persona che ti distruggerà, Chuck. Hai ucciso mio fratello, io ti toglierò tutto e poi ti farò pagare tutto il male che hai fatto". 
Chuck rimase qualche secondo interdetto su cosa rispondere a quella minaccia che avesse tutti l'aria di essere una vera e propria promessa, ma sorrise divertito ed annuì, conscio che mai nessuno avrebbe potuto fermarlo perché lui era Dio e non esisteva nessun potere equiparabile al suo.
Proprio quando aprì la bocca per rispondere un piccolo rumore attirò la sua attenzione dietro di sé e presto Chuck distolse lo sguardo da Edward e si rimise dritto, voltandosi verso le entrate della hall che però trovò vuote. 
"Ci siamo" sussurrò con un sorriso divertito ed elettrizzato, rimanendo ad attendere la mossa di chiunque fosse appena entrato all'interno del suo hotel. 



"Forse è arrivato il momento di mischiare un po' le carte in tavola: credete che la vostra famiglia sia così solida e unita? Beh, vi sbagliate!" esclamò Chuck ridendo di gusto, scuotendo la testa e afferrando l'ennesima freccia che Dean gli avesse sparato contro, spezzandola fra le dita e sbriciolandola come se fosse stato un biscotto. "In questa stanza ci sono così tanti segreti: perché non lo tiriamo fuori una volta per tutte? Che ne dite di condividere?". 
Abby udì le parole di Chuck muovendosi in silenzio sul controsoffitto, osservando Dean e Sam che fossero già a terra a seguito di un'iniziale lotta con Dio, mentre Castiel e Dan rimanevano in piedi ad ascoltare i deliri di Chuck. 
La ragazza continuò a muoversi in modo silenzioso in quel condotto fin troppo stretto anche per lei, ma Abby doveva andare avanti per avvicinarsi di più alla sua famiglia: intravide Edward e osservò le corde che Chuck gli aveva avvolto attorno ai polsi ed alle caviglie, che avrebbero lasciato dei segni sulla sua pelle olivastra.
Abby osservò l'espressione sofferente sul viso di Edward e notò la fasciatura insanguinata sulla sua mano destra, dove mancasse l'anulare che Chuck aveva voluto usare come segno che facesse sul serio.
La ragazza scosse la testa e si affrettò a muoversi nel condotto, sforzandosi di non pensare a come fosse mal ridotto il suo bartender, e si concentrò sul piano di Dean che fosse miseramente fallito, esattamente come aveva immaginato. 
Abby aveva capito sin dall'inizio che Dean avrebbe trovato un modo per estrometterla dal salvataggio, per questo aveva preparato un proiettile ad espansione pieno della stessa tossina con cui avesse cosparso la punta delle frecce, da utilizzare in caso di emergenza. 
Sapeva che sarebbe stata costretta ad intervenire, sapeva che per quanto fosse la più prevedibile, fosse anche l'unica persona che sarebbe riuscita a fregare Chuck.
E non ebbe neanche il tempo di fermare quel pensiero, che una strana forza invisibile la trascinò via dalla condotto, e presto il pannello su cui si trovava si aprì improvvisamente, facendola cadere rovinosamente sul pavimento della hall mentre Chuck se la rideva di gusto, osservando tutti gli sforzi che i suoi personaggi preferiti stessero facendo pur di contrastarlo.
Abby atterrò sul grande tavolo della hall, distruggendolo con la schiena e sentendo il legno spezzarsi sotto il suo peso; gemette di dolore, ruotando su se stessa per riuscire a trovare la forza per rialzarsi nonostante quella caduta le avesse spezzato il fiato.
Lasciò vagare lo sguardo fra i presenti quando riuscí a mettersi a pancia sotto, puntando le mani sul pavimento per provare a sedersi nonostante le forti fitte alla schiena che le facevano male, consapevole che quella caduta avrebbe lasciato numerosi lividi sul suo corpo.
Osservò lo sguardo furioso di Dean e di Sam, oltre quello preoccupato di Dan e di Castiel che si stessero chiedendo come diavolo avesse fatto a raggiungerli così velocemente.
Così Abby volse lo sguardo verso quello di Edward che cercò di liberarsi per poterla raggiungere ed aiutarla, e subito accennò un'occhiataccia nella sua direzione, canzonandola con lo sguardo per essere venuta a cercarlo perché era troppo pericoloso, e stava rischiando la vita inutilmente.
"Bene piccola guastafeste, adesso che ci sei anche tu la festa è completa, possiamo cominciare!". Chuck fece dei passi tranquilli nella sua direzione fino a raggiungerla, piegandosi sui talloni e mordendosi il labbro mentre la osservava tirarsi su a sedere ignorando il dolore che le avesse procurato con quella caduta. 
"Hai già ottenuto quello che volevi: l'equalizer non esiste più. Non possiamo ucciderti. Quindi perché non ci lasci andare e ti trovi un altro pianeta dove ancora non ti odiano?".
Chuck udí le parole di Abby e provò il forte impulso di colpirla con un forte schiaffo in viso, ma decise di non cedere alle sue provocazioni ed al suo sguardo impertinente. "Vi lascerò andare, lo prometto: ma prima voglio distruggere la vostra famiglia, vedervi separati, spezzati".
"Non succederà mai" fosse Abby fra i denti mentre lo guardava in cagnesco, sentendo il cuore battere più velocemente per l'agitazione.
"Davvero? Neanche se ti rivelassi un piccolo segreto sulla morte di tua madre?".
Abby aggrottò le sopracciglia o lo guardò con aria confusa, perché davvero non si aspettava che Chuck potesse tirare fuori un argomento come quello.
Sorrise amaramente e scosse la testa perché doveva aspettarsi che Chuck avrebbe presto toccato tutti i loro punti deboli per far abbassare loro la guardia.
"Vedi Abby, la tua mamma era una brava cacciatrice: trovava tutto ciò che le servisse. Libri, tomi antichi, rituali. Ma non è stata lei a trovare il rituale che ti ha riportata in vita". 
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, deglutendo a fatica quando lo vide avvicinarsi di più a lei per studiare meglio le emozioni che passassero attraverso i suoi occhi e da ciò Chuck non facesse altro che cogliere ispirazione.
Dio tornò in piedi molto presto, osservando la stanza piena dei suoi personaggi che lo guardassero confusi perché non avevano la minima idea di cosa stesse succedendo. 
Arrivò vicino a Edward, il quale aveva iniziato a fremere su quella sedia cercando in tutti i modi di spezzare le corde che lo tenessero legato alla sedia solamente per prenderlo a pugni ed impedirgli di proseguire quella conversazione, ma Chuck gli sorride con aria vittoriosa e fece un cenno della testa verso la ragazza alle sue spalle, mentre ancora lo guardava. "Vuoi dirlo tu ad Abby?".
"Non farlo. Per favore". Edward lo guardò con aria supplichevole, deglutendo a fatica mentre sentiva lo sguardo indagatore della ragazza su di lui. "Non dirle quello che hai detto a me prima, ti prego. 
Le farai del male così".
"Farò del male a lei o ne farò a te?". Chuck gli sorride compiaciuto e fece spallucce, scuotendo la testa perché quella situazione iniziava a divertirlo davvero molto e non vedeva l'ora di capire come avrebbe reagito Abby una volta saputa l'intera verità.
"Ma di che state parlando?". Abby aggrottò le sopracciglia e li guardò con aria confusa, appoggiandosi al braccio di Dean mentre Dan la reggeva dalla schiena per aiutarla a sollevarsi ed a rimettersi in piedi.
Dopo dei lunghi istanti in cui Chuck e Edward rimasero a guardarsi negli occhi con una sfida silenziosa a chi lo abbassasse per primo, il cacciatore strinse forte i pugni e lo guardò in cagnesco: aveva ucciso Roger, lo aveva legato e torturato semplicemente per passare il tempo mentre aspettava che Abby ed i Winchester arrivassero e adesso voleva togliergli Abby, far in modo che lei lo odiasse, e Edward sapeva che ci sarebbe riuscito.
"La mia risposta rimane sempre quella: non ti ucciderò, Chuck. Ti torturerò e ti farò a pezzi per ciò che hai fatto".
Chuck udí la sua promessa detta fra i denti ed accennò un sorriso divertito, facendogli l'occhiolino prima di tornare a voltarsi verso Abby che stesse in piedi tra suo fratello e Dean. 
"È stato Edward a fornire il rituale di magia nera a Isobel, è stato lui ad ucciderla per farti tornare". Chuck si voltò ad osservare il volto di Abby mentre parlava, notando come i suoi begli occhi azzurri adesso fossero sgranati e quasi fuori dalle orbite per la sorpresa mentre la sua mente metteva in moto dei pensieri e dei collegamenti che avvalorassero la sua tesi. "Ed il nostro Sammy sapeva tutto: avrebbe potuto fermarlo, ma non ha fatto nulla. Lui gli dava lezioni di magia, gli suggeriva il modo migliore per eseguire il rituale. Sam è responsabile della morte di Isobel tanto quanto Edward: entrambi hanno le mani sporche di sangue". 
Scosse la testa in modo energico e agitò le mani in modo nervoso.
Non credere alle parole del tuo nemico: troveranno il tuo punto debole e lo useranno contro di te. Era stata la prima lezione che Abby aveva imparato quando era solamente una bambina e suo padre le insegnava le basi della vita da cacciatrice.
Quindi Abby rifiutò quelle parole, accennando anche una risata divertita perché conosceva Edward e non le avrebbe mai fatto un torto del genere, così guardò l'uomo ancora legato alla sedia ed indugiò nei suoi occhi alla ricerca di qualcosa che le desse la convinzione che Chuck stesse mentendo, ma Edward deglutì a fatica e la guardò con un lungo sguardo colpevole prima di distoglierlo dal suo.
E la vista le si annebbiò mentre il cuore le batteva forte nel petto.
La reazione di Dan invece fu molto diversa rispetto a quella della sorella: istintivamente si mosse nella direzione di Sam con uno scatto che fece sobbalzare Abby, pronto a colpire Sam per la rabbia che quella notizia avesse suscitato in lui, quando Dean si parò davanti a lui e lo bloccò.
Ma Dan era così infuriato che stava quasi per scansare Dean e raggiungere Sam, così Dean si trovò costretto ad atterrare Dan con un colpo di reni, immobilizzandolo sul pavimento di quella hall. "Calmati Dan! Chuck sta mentendo, ovviamente!".
"Non sta mentendo!" esclamò Dan con aria furiosa, continuandosi a dimenare dalla sua presa. 
Così Dean si voltò ad osservare brevemente Edward, per poi soffermarsi sullo sguardo di Sam che si sforzò di apparire tranquillo, ma il senso di colpa traboccava dai suoi occhi.
Ed in quell'istante anche Dean si sentí tremendamente furioso con il suo stesso fratello.
Mentre Chuck se la rideva allegramente davanti alle reazioni dei presenti sentendosi pienamente soddisfatto del risultato che avesse ottenuto, Abby scosse la testa e lo guardò in modo molto serio mentre incalanava la sua rabbia tutti nei suoi confronti perché, arrabbiati fra loro o meno, dovevano ancora portare a termine la missione di salvataggio. "Sei stato tu. Tu li hai influenzati per farlo: Sam ed Edward non avrebbero mai fatto una cosa del genere a Isobel. Non lo avrebbero mai fatto a me".
Chuck si voltò a guardarla negli occhi mentre ascoltava la sua voce incrinata dal dolore che stesse provando ed il suo grande sorriso si ridusse ad una sottile smorfia,  sbuffando sonoramente per poi tornare ad alternare lo sguardo fra i tre uomini e l'angelo che fecero irruzione nella hall, lasciandolo scivolare fino a Edward, per poi tornare nuovamente su Abby. "Io sono Dio: permetto la creazione di ogni organismo che sta respirando in questo momento su tutto il pianeta e io decido la sua storia. Ma quello che hanno fatto Sam ed Edward non l'ho deciso io. Era scritto che fosse Dean a trovare la soluzione per riportarti indietro dalla morte, perché siete sempre stati scritti per essere destinati a stare insieme. Vi ho creati per poter far combaciare tutti i vostri punti spigolosi: io ho scelto che vi innamoraste e che creaste una famiglia. Volevo che nascessero degli eredi per continuare la mia storia, ma poi hai conosciuto Edward e.. non era previsto che vi attaccaste in questo modo. Infatti, io..". 
"No, non è vero!" esclamò Abby fra i denti, con le braccia stese lungo i fianchi e stringendo forte i pugni per la rabbia che provasse. "Stai mentendo!".
"Non sto mentendo!". Chuck alzò il tono della voce così tanto da farla rabbrividire mentre le puntava un indice contro e la guardava in cagnesco per la rabbia di essere stato interrotto, ma presto tornò a respirare per calmarsi e scosse la testa avanzando lentamente verso di lei, tornando a parlare con un tono di voce più calmo e pacato. "Non sto mentendo, Abby. Non sono stato io a scrivere che Edward si desse parecchio da fare per trovare quel rituale e che Sam gli fornisse gli strumenti per eseguirlo. Devo ammettere che è stato parecchio snervante: è riuscito a fare qualcosa che nessuno aveva mai fatto".
Dean si rialzò dopo aver lasciato la presa su Dan che si fosse calmato e avesse perso interesse nella lotta con Sam.
Si mise di nuovo in piedi e guardò Chuck in cagnesco, stringendo forte i pugni dopo aver udito le infinità di parole con cui Dio amasse crogiolarsi, mentre Dean iniziava lentamente ad accettasse che ogni cosa che avesse pensato, voluto o amato nella sua vita, fosse stata dettata unicamente da Chuck. "Cos'è riuscito a fare di tanto eccezionale?".
Chuck spostò lo sguardo da Abby fino ad incrociare quello di Dean, sollevando un sopracciglio ed avvicinandosi di qualche passo fino a giungere a pochi passi da loro. "Ha fatto ciò che non avevo scritto: ha sconvolto la mia storia. E io adesso me la riprendo".
Scosse la testa ricacciando le lacrime indietro, riuscendo a malapena ad incrociare lo sguardo di Edward che sentisse su di sé, così Abby guardò ancora una volta Chuck con aria furiosa e strinse la mascella prima di parlare fra i denti serrati. "No, non credo neanche ad una sola delle tue stronzate. Tu non puoi aver..".
"Avervi influenzato per tutta la vostra vita? Certo che posso" rispose Chuck ridendo divertito, rispondendo ancor prima che Abby potesse terminare la frase come a sottolineare che anche ogni cosa di quella giornata fosse stata meticolosamente studiata e stesse andando esattamente come avesse deciso. "Sono uno scrittore. E tutto quello che volevo era continuare la mia storia, continuare a seguire le mie dinastie preferite. Ma poi hai usato il tuo libero arbitrio per avvicinarti a Edward, che avevo progettato per essere solamente un personaggio secondario e di poco spessore, ed ha iniziato ad occupare sempre più spazio nella mia storia".
A quelle parole Edward si lasciò andare ad una risata disperata, scuotendo la testa mentre osservava Chuck tornare a voltarsi nella sua direzione per guardarlo con aria divertita. "Questo perché non puoi mettere la mia personalità in un angolo ed aspettarti che io me ne stia buono". 
"Ecco, hai visto? Questa battuta non faceva parte del mio libro". Chuck lo guardò in modo molto infastidito, stringendo la mano in un pugno ed osservando come Edward avesse sgranato gli occhi ed a muoversi in modo confuso, alla ricerca disperata di un po' di ossigeno che Dio continuasse a negargli.
Abby fece un balzo in avanti ed istintivamente Dean la bloccò dalla vita, impedendole di avvicinarsi troppo ad Edward che provava in tutti i modi a respirare, impedito da Chuck.
Si voltò a guardarla e sorrise divertito, facendo spallucce mentre osservava gli occhi disperati di Abby che si dimenava fra le braccia di Dean.
"Dovete accettarlo, Abby. Ho deciso per voi in ogni situazione della vostra vita: come scegliere la vostra strada, quali casi seguire, le persone da perdere. Ho scelto tutto e continuerò fino alla fine del mio libro" disse Chuck sorridendo ed avvicinandosi ad Abby di qualche passo, mentre Dean non faceva altro che indietreggiare, portando Abby con sé mentre le sussurrava all'orecchio di non provocarlo. "Ti stai disperando nel vedere Edward in queste condizioni, non è vero?".
"Lascialo andare". Abby smise di muoversi fra le braccia di Dean e guardò Chuck negli occhi, mentre la voce le si spezzava per il dolore. "Lascialo andare, ti prego".
Chuck scrutò i suoi occhi azzurri e aggrottò le sopracciglia mentre prendeva davvero in considerazione l'idea di cambiare qualche riga del suo libro per risparmiare Edward. 
Abby lo guardava con aria così supplichevole e, a prescindere de come fosse precipitato il rapporto con i suoi personaggi, Abby rimaneva sempre la sua preferita. Quella con cui sentisse un legame speciale ed in cui avesse messo un po' del suo carattere e di quello di Amara.
Le si avvicinò con un sospiro e fece spallucce. "Mi basterebbe schioccare le dita ed i tuoi sentimenti per Dean verrebbero cancellati perché sono falsi, creati da me per far funzionare la storia. Ma cosa ti rimarrebbe? Odi già Edward per aver scoperto che è l'assassino di tua madre o non è ancora abbastanza?".
Edward si mosse un modo più dinamico sulla sedia, mentre dei suoni strozzati provenivano dalla sua gola ed il suo viso diventava sempre più cianotico, ed Abby tornò ad agitarsi mentre Dean tornava a stringerla di più e ad allontanarla da Chuck. "Lascialo vivere, ti prego".
"Ok, lo salverò" rispose immediatamente Chuck annuendo in modo convinto ma profondamente infastidito, sbuffando aria dal naso. "Ma dovrai togliermi una curiosità, prima. Dimmelo: chi sceglieresti?".
Abby distolse lo sguardo da Edward per volgerlo su quello di Chuck davanti a sé, deglutendo a fatica e sgranando appena gli occhi. "C-cosa?".
Chuck roteò gli occhi e sospirò, facendo spallucce e parlando con aria stufa. "Hai capito: se dovessi uccidere uno dei due, chi vorresti che fosse? Chi vorresti che sopravvivesse?".
Sgranò gli occhi e lo guardò con aria schifata mentre lo sentiva avvicinarsi a sé con aria di sfida negli occhi, ed Abby capì che niente di tutto ciò fosse scritto nel suo libro e che adesso neanche Chuck aveva la più pallida idea di come sarebbe continuata quella vicenda.
Scosse la testa come segno di dissenso e che non avrebbe mai risposto ad una domanda come quella, e Chuck le si fece ancora più vicino mentre la guardava con curiosità. "È troppo difficile per te scegliere fra Dean ed Edward, Abby? Forse non sei poi così diversa da Syria a volerli entrambi, non credi?".
Abby sbatté le palpebre un paio di volte guardandolo con uno sguardo molto diverso rispetto a prima: aveva appena ottenuto quello che voleva, aveva aspettato fino a quando Chuck non fosse totalmente coinvolto nella narrazione del suo romanzo e fino a quando si fosse interamente fuso con esso.
Abby aveva aspettato così tanto per poter arrivare fino a quel punto, fino a renderlo totalmente intriso con i suoi personaggi, che neanche Chuck sapeva cosa si nascondesse dietro al suo sguardo. "Oh no Chuck, siamo diverse. Io sono più furba e sono più brava con le distrazioni di quanto Syria lo sia mai stata".
Chuck aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria confusa perché una risposta come quella davvero non se l'aspettava e neanche la capiva. 
Ma Dean sembrava aver intuito, tanto che allentò la presa su di lei ed Abby estrasse la pistola dai suoi jeans per sollevarla a mezz'aria e sparare un unico proiettile dritto sul petto di Chuck.
La prova che Abby e Dan avessero individuato la giusta tossina per fermare Chuck la ebbero quando Dio si piegò su se stesso ed urlò in preda ai dolori, mentre Sam si chinó ad afferrare la balestra da terra per sparare l'ultima freccia dritta sul suo costato, prima di vederlo sparire dissolvendosi nell'aria mentre Edward iniziava a tossire quando l'aria riuscí nuovamente ad entrare nei suoi polmoni.



Entrò all'interno della sala lettura in maniera silenziosa e vide il fratello maggiore seduto su una sedia che gli dava le spalle e fissava un punto indefinito con lo sguardo vitreo mentre reggeva il suo bicchiere di vetro ormai vuoto; Dean aveva l'aria di chi avesse già bevuto una certa quantità di alcol, affogando i dispiaceri ed i pensieri che fin troppo affollavano la sua mente in quel periodo, e questo Sam lo capiva bene. 
Aveva visto suo fratello maggiore, la sua roccia, sbriciolarsi giorno dopo giorno da quando avevano scoperto che le loro vite erano probabilmente state influenzate da Chuck stesso per scrivere la sua storia perfetta; Sam aveva visto Dean perdere la fiducia nella loro vittoria contro Dio e aveva capito come Dean non stesse affatto prendendo bene il cambiamento di Abby. 
E adesso che Chuck aveva detto loro che non c'era mai stato niente di vero tra loro, Dean sembrava lentamente sprofondare sempre più in basso in quella valle oscura che fosse la sua confusione e disperazione.
Sam fece qualche altro passo avanti e sospirò, schiarendosi poi la gola e prendendo posto accanto al fratello che parve riacquistare il pieno controllo di se stesso interrompendo il filo dei suoi pensieri. 
Dean osservò Sam riempirsi il bicchiere di Whisky e fare lo stesso con il suo, mentre se lo portava alle labbra e continuava a pensare a come Abby fosse completamente sparita in una delle camere insieme a Edward ed ai due angeli per medicare le sue ferite; Dean scosse la testa e sospirò, guardando il fratello con insistenza perché aveva tutta l'intenzione di affrontare le parole d'accusa che Chuck aveva lanciato contro di lui quel giorno, fino a quando Sam fu pronto ad affrontare l'argomento e prese un respiro voltandosi ad osservare il fratello.
"Sapevi davvero quello che Edward e Isobel stavano architettando?". 
"Si".
"E non hai pensato di dirmelo?".
"No". 
Dean rimase incredulo per la tempestività delle sue risposte, leggendo nel suo sguardo la totale assenza del senso di colpa, tanto da osservarlo portarsi nuovamente il bicchiere alle labbra per bere un altro sorso come se niente fosse. 
Dean aggrottò le sopracciglia e lo guardò in maniera truce, colpevolizzando con lo sguardo, mantenendo il suo tono di voce molto basso.  "Stavo soffrendo, Sam. Stavo diventando pazzo. Ho provato a offrire la mia anima a ogni stregone o demone, ho parlato con centinaia di medium e di sensitivi per trovarla. Stavo impazzendo quando Abby è morta e tu non mi hai detto che avevi trovato qualcosa di concreto per riportarla in vita?". 
Sam sospirò rumorosamente e sollevò la schiena dalla spalliera della sedia, sporgendosi appena per guardarlo meglio mentre faceva spallucce. "Dirtelo per cosa? Per farti vivere con la speranza che Abby potesse un giorno tornare? Non era sicuro, Dean. Era magia nera e nessuno di noi aveva mai avuto a che fare con qualcosa di così potente e oscuro! Non sapevamo cosa sarebbe potuto accadere e..". 
"Me ne sono andato per più di un dannato mese, Sam! Ho lasciato i miei figli da soli per un mese perché non riuscivo a vivere senza di lei, e tu non potevi avere un po' di pietà e alleviarmi tutto quel dolore?!" chiese Dean alzando il tono della voce mentre lo guardava in cagnesco, sentendo il sangue ribollire nelle sue vene per la forte ira. 
Sam scosse la testa e distolse lo sguardo sospirando profondamente ed alzandosi dalla sedia, comprendendo il suo stato d'animo ma iniziando a chiedersi come potesse non capire le sue ragioni. "Dean, se fosse stata una strada senza uscita, come avresti reagito all'ennesimo buco nell acqua? Volevo risparmiarti altro dolore". 
Scosse la testa e sospirò, stringendo i pugni per un breve momento mentre guardava suo fratello minore in cagnesco; afferrò nuovamente il suo bicchiere e bevve l'ultimo sorso con rabbia, tornando a guardarlo con aria irosa. "So soltanto che Isobel è morta in maniera atroce per questo: Abby ha sofferto tanto per la perdita di sua madre, ero io a calmarla quando la notte aveva gli incubi e stava male. Avrei potuto fare qualcosa di più se solamente lo avessi saputo, Sam". 
Sospirò silenziosamente e si morse il labbro per trattenere le lacrime, ricordando quel periodo come un tragico momento della sua vita; Sam riorganizzò i pensieri e tornò a rispondere al fratello, ma Abby aveva perso interesse nell'udire quella conversazione.
Abbassò lo sguardo rimanendo nell'ombra nel corridoio da cui sarebbe sbucata se solo avesse voluto interrompere la conversazione dei due fratelli Winchester; ma Abby non voleva entrare nella grande sala comune, non aveva il coraggio di incrociare lo sguardo di Dean dopo quanto accaduto quel giorno.
Cercò di muoversi in silenzio mentre ancora udiva Dean che canzonava suo fratello per aver tenuto un segreto come quello con lui, ed Abby  sgattaiolò a ritroso lungo il corridoio. 
Mise in fila in passi fino a raggiungere la stanza dove i suoi bambini dormissero sereni, ed Abby si limitò ad osservare Mary e Richard che se ne stessero sotto le coperte a sognare qualcosa di bello, e la ragazza di grata che almeno qualcuno nel bunker non avesse il cuore avvelenato da tutte le cacce ed il dolore.
Chiuse la porta in silenzio dopo aver lanciato un'ultima occhiata ai suoi bambini ed Abby si ritrovò a camminare nel corridoio fino ad arrivare alla stanza dove si trovava Edward, notando Castiel ed Anael uscire proprio in quell'istante; le dissero di aver fatto il possibile per aiutarlo, ma che molte ferite sarebbero dovute guarire da sole perché i due angeli non avevano più la forza di guarire come un tempo. 
Abby li ringraziò con un sorriso e sospirò, sorpassandoli mentre faceva un grande respiro,  trovando la forza per entrare all'interno della stanza: Edward dormiva sul letto, ma aveva un'aria così sofferente che lo stomaco le si rigirò a quella vista.
Le ferite al volto erano quasi del tutto sanate e la fasciatura alla mano sinistra era stata rimossa dai due angeli per unire le forze e rimettere il dito di Edward nel giusto posto e Abby tirò un sospiro di sollievo quando lo vide completamente ripulito dal suo stesso sangue. 
Eppure la sua espressione era così carica di dolore da spaventarla e farle male.
Avanzò verso di lui in silenzio, sedendosi sul bordo del letto e gli carezzò il viso barbuto, sfiorandogli poi i capelli con delicatezza, ricordando come l'avesse guardata mentre lei si prendeva cura delle sue ferite insieme ai due angeli: le aveva afferrato la mano con cui stesse disinfettando le ferite all'addome, guardandola con l'aria più seria che Abby gli avesse mai visto mettere su. 
L'ho perso. Ho perso il mio fratellino. L'ultima persona che era rimasta della mia famiglia.
Abby si era sentita il cuore stringersi più forte quando Edward si era lasciato andare a quella confessione, permettendole di vedere il suo lato più vulnerabile e pieno di dolore, ed Abby non ci aveva pensato due volte prima di sporgersi in avanti per stringerlo in un forte abbraccio, lasciando che Edward appoggiasse il suo viso sul suo petto; si era aggrappato a lei come se fosse la sua ancora di salvezza e si era lasciato andare in un pianto liberatorio mentre Abby provava a calmarlo, sussurrandogli che tutto sarebbe andato bene, ma il ragazzo aveva perso conoscenza per quanto fosse sconvolto. 
Adesso che gli stava seduta a fianco e gli sfiorava i capelli con un gesto quasi impercettibile, Abby lo vide muoversi risvegliandosi dal sonno in cui fosse sprofondato poco prima, ed istintivamente continuò a carezzargli la guancia mentre gli sorrideva teneramente. "Ciao bartender". 
Edward aprì gli occhi guidato dalla sua voce e si guardò intorno con aria disorientata per un paio di secondi, strizzando gli occhi nella stanza nonostante fosse illuminata semplicemente dalla bajour sopra il comodino e che quindi vi fosse una luce molto tenue; cercò gli occhi di Abby e quando li incrociò cercò di muoversi per avvicinarsi a lei, ma si ritrovò a gemere dal dolore, sentendo i punti delle sue ferite tirare e fare male. 
"Sta fermo, ti abbiamo ricucito ma non sei ancora al massimo.." sussurrò la ragazza sorridendogli teneramente, spingendolo con delicatezza dal petto per intimargli di stare fermo e riposare.
Ma più Edward resta sveglio e più la guardava negli occhi, più Abby leggeva nel suo sguardo un'aria più lucida e capì da come la stesse guardando che si fosse ricordato ogni cosa accaduta quel giorno insieme a Chuck. 
Abby sospirò e divenne più seria, mettendo un po' più di distanza fra loro e distogliendo lo sguardo, afferrando un flaconcino arancione e mostrandoglielo. "Questi sono antidolorifici; prendili. Ti sentirai meglio, poi torna a riposare". 
Indugiò sui suoi occhi per qualche altro secondo nella speranza di riuscire a proseguire una conversazione tranquilla con Edward, ma presto sentì gli occhi pungere e la delusione affiorare dentro di sé, così si alzò dal letto e si diresse verso la porta, ignorando il suo sguardo che le implorasse di rimanere.
Edward si tirò appena più su appoggiando le spalle alla testiera di legno del letto e gemendo di dolore per delle ferite all'addome che neanche ricordava che gli fossero state inferte, ed allungò una mano nella direzione della ragazza come se potesse davvero afferrarla e trattenerla. "Abby, aspetta: mi dispiace tanto, io non ho mai voluto farti del male". 
La ragazza rimase qualche istante a fissare la porta davanti a sé mentre udiva le sue parole, sospirando pesantemente quando Edward le confermò con quell'unica frase che ciò che avesse detto Chuck fosse vero. 
Si voltò silenziosamente e si sforzò di sorridere, ma tutto ciò che uscí fuori fu uno sguardo arrabbiato e deluso, mentre i suoi occhi si riempivano di uno strato lucido. "Eri l'unica persona di cui mi fidassi davvero e adesso..".
"Lascia che ti spieghi, non è andata come pensi.." sussurrò Edward cercando di scendere dal letto per raggiungerla ma il dolore all'addome glielo impedì, e tornò a guardarla supplicandola con lo sguardo di aspettare. 
Abby sorrise nervosamente e scosse la testa, mentre sentiva due lacrime solitarie rigarle il viso. "Hai lasciato che accadesse, per me è come se l'avessi uccisa tu, Edward".
"No, non è andata così e..". 
"Mi dispiace tanto per tuo fratello, dico sul serio. Vorrei fare qualcosa per alleviare il tuo dolore, ma adesso non riesco a guardarti senza pensare a quello che.." sussurrò Abby interrompendolo e fermando se stessa dal proseguire, scuotendo la testa e spazzando via le lacrime dal suo viso. Tirò su con il naso e sospirò, guardando nei suoi occhi nocciola così dispiaciuti che gli facessero venir voglia di gettarsi fra le sue braccia e perdonarlo. "È finita, Ed. Fra noi è finita".


Con le mani tremanti e la vista annebbiata dalle lacrime, Abby provò per l'ennesima volta ad inserire le sue chiavi all'interno della serratura della sua auto, ma l'unico risultato che ottenne fu di fare scivolare le chiavi sul pavimento del garage del bunker. Di nuovo.
Si arrabbiò e si chinó per raccoglierle per l'ennesima volta mentre le lacrime scivolavano sul suo viso copiose, ed Abby effettuò un altro tentativo provando ad inserire le chiavi nella serratura, ma ancora le caddero dalle mani fin troppo tremanti.
Abby scosse la testa e venne scossa da dei singhiozzi che cercò di ingoiare per essere il più silenziosa possibile, perché l'ultima cosa che voleva era proprio che qualcuno la cogliesse in quel momento di massima fragilità che non aveva potuto controllare.
Era uscita di corsa dalla stanza di Edward e si era subito diretta al garage per lasciare il bunker e trovare il luogo appropriato dove sfogarsi, ma le sue emozioni avevano avuto la meglio e l'avevano colta di sorpresa.
Non si era neanche accorta di essere passata davanti a Dean, seduto al tavolo della grande sala centrale ed intento a bere ancora l'ennesimo bicchiere di Whisky dopo aver chiesto a Sam di lasciarlo da solo perché aveva bisogno di tempo per riflettere su molte cose.
Dean avrebbe voluto non desiderare di alzarsi e seguirla, avrebbe tanto voluto provare a smettere di amarla in quel modo così fosse che a quanto pare non era neanche autentico.
I loro sentimenti, ciò che li avesse uniti, la loro famiglia. Era tutto falso.
Ciò che provava ogni volta che guardava nei suoi occhi azzurri o che le stringeva la mano, era stato meticolosamente progettato da Chuck.
Eppure Dean aveva smesso di pensare e si era alzato velocemente per seguire Abby, notando il modo sconvolto in cui gli fosse passata davanti per raggiungere eil garage.
L'aveva seguita e aveva visto la disperazione ed il dolore nel provare così ardentemente ad uscire da quel bunker.
E quando aveva visto le chiavi dell'auto scivolare sul pavimento per l'ennesima volta, Dean si era avvicinato ed aveva palesato la sua presenza afferrandole al posto suo e tenendole fra le mani.
Abby si voltò ad osservarlo dopo un sobbalzo, perché credeva di essere da sola e che Dean fosse andato via data l'assenza dell'Impala, che probabilmente avesse preso Sam.
E Dean aveva potuto osservare le sue guance arrossate, le lacrime che le rigassero il volto e le sciogliessero il trucco.
Ed in quel momento Dean desiderò di smettere di sentire quell'amore incondizionato nei suoi confronti, sperando che il dolore di Abby non fosse più il suo, che non gli spezzasse il cuore vederla così disperata.
Ma Dean fece quello che aveva fatto sempre nell'arco della vita passata insieme a lei e le si avvicinò, prendendole il viso fra le mani e passando i pollici sulle sue guance per asciugare le copiose lacrime.
Provò a sorriderle nel vano tentativo di consolarla e di infonderle coraggio, ma Dean non riuscì ad accennare neanche una smorfia convinta.
Senza dire una parola e senza rifletterci, Abby trovò rifugio sul suo petto e Dean presto la strinse a sé come aveva sempre fatto, abbracciandola e lasciandola sfogare mentre la sentiva stringersi di più a lui, quasi volesse entrargli nel petto fino a scomparire.
Dean sospirò rumorosamente mentre le carezzava la schiena in silenzio, sfiorandole i capelli con delicatezza perché sapeva quanto la facesse rilassare. Avrebbe voluto dirle che sarebbe andato tutto bene e che avrebbero trovato un modo per sconfiggere Chuck, per trovare la strada per ricongiungersi, ma Dean rimase in silenzio perché non poteva consolarla con una menzogna.
Dopo un paio di minuti, Dean la sentì tranquillizzarsi appena un po' ed il suo pianto sembrava essere ormai arrivato agli sgoccioli, eppure il cacciatore si rifiutava di lasciarla andare.
Pensava che potesse essere l'ultima volta per stringerla, l'ultima per sentire ciò che sentisse mentre la teneva tra le braccia.
Non gli importava più che probabilmente fra loro non ci fosse stato niente di vero a causa di Chuck.
Voleva solamente fermare il tempo e crogiolarsi in quell'abbraccio. 
Abby si mosse ed emerse dal suo petto, asciugandosi le lacirme dal viso e scusandosi con lo sguardo per aver imbrattato la sua camicia blu con il trucco, ma Dean accennò una risata divertita e con i pollici eliminò dal suo viso i residui neri del mascara.
Quando tornarono a guardarsi negli occhi, entrambi si chiesero se fosse il momento giusto per parlare di ciò che Chuck avesse detto loro. 
Se dovessero interrogarsi su ciò che provassero l'uno per l'altra, dopo tutti quegli anni trascorsi insieme.
Ma Dean si schiarí la gola e scosse la testa, tornando ad osservare le chiavi della Hyundai che teneva ancora tra le mani. "Dove volevi andare?".
Abby rimase ad osservarlo per qualche istante sentendo come il fiato le mancasse ogni volta che lo guardasse, perché era troppo confusa su ciò che fosse reale e ciò che non lo fosse. "Il fratello di Ed.. lui è rimasto lì, in quell'hotel. Volevo recuperare il corpo per.. seppellirlo, forse".
Dean strinse le labbra in un'espressione più seria, porgendole le chiavi ed annuendo mentre faceva spallucce. "Ci penso io".
Fece per superarla e per raggiungere la Hyundai di Abby, dato che Sam era andato via da un pezzo con l'Impala, quando la ragazza lo bloccò afferrandolo dalla camicia e lo guardò con aria seria. "No, riguarda Ed. Voglio farlo io".
Dean guardò nei suoi occhi e notò il modo perentorio con cui avesse parlato e con cui lo trattenesse, e sapeva che Abby non lo avrebbe lasciato andare via con la sua auto.
Così si limitò ad annuire ed a porgerle le chiavi, guardandola con aria seria. "Bene. Allora verrò con te".
Abby non capiva esattamente perché Dean volesse aiutarla a recuperare il fratello dell'altro uomo della sua vita, l'uomo che a detta di Chuck avesse scelto senza la sua influenza.
Ma lo vide fare il giro dell'auto ed entrare dal lato del passeggero, mentre le faceva segno di salire in auto e di andare.
Abby obbedì senza dire più una parola: entrò nella sua Hyundai e per tutto il viaggio nessuno dei due disse una parola.
Entrambi erano persi nel cercare di capire quanto le parole di Chuck corrispondessero al vero.
Abby aveva guidato superando ogni limite come fosse solita fare quando aveva bisogno di riflettere ed il guidare la rilassava, caratteristica acquisita indirettamente trascorrendo la sua adolescenza a sfrecciare sulle autostrade del paese con suo padre per scovare i mostri.
Arrivarono in hotel molto presto.
La hall era ancora deserta, tanto da fare sembrare quel luogo spettrale e tetro.
Nessuno avrebbe potuto scommettere che fosse un hotel di successo e sempre pieno di clienti, non dopo il passaggio di Chuck.
Adesso la hall era adornata dalle numerose chiazze di sangue che appartenessero a Edward.
Abby si avvicinò e sfiorò con le dita la sedia su cui Chuck avesse tenuto Edward legato per quell'infinitá di tempo. 
Dove lo aveva torturato, utilizzando Lilith per infierire sul corpo mal ridotto di Edward.

Il demone aveva sfogato la propria creatività direttamente su di lui, colpendolo al viso e spaccandogli lo zigomo.
Il sangue gli copriva gran parte del viso inzuppando la sua barba ed il suo collo, ma ciò non bastava a Lilith che aveva trovato in Edward la vittima che più amava.
Non si lamentava, non piangeva, non le gridava di fermarsi, non supplicava di smettere di procurargli dolore.
Edward rimaneva ad incassare ogni singolo colpo contraendo i muscoli o assecondando i movimenti del demone.
Non emetteva neanche un fiato per non dargli  la soddisfazione di averlo fatto urlare, mentre dentro di sé gestiva il dolore come meglio poteva.
In fondo aveva trascorso più di dieci anni nei paesi meno civilizzati e dimenticati da tutti, dove era stato spesso preso in ostaggio e torturato.
Edward era un Marine tutto d'un pezzo e gli avevano insegnato a resistere al dolore, a non cedere alle ferite.
Ma Lilith era fantasiosa e amava procurare dolore alle anime che scendevano all'inferno, e sapere che Edward non stesse esternando nemmeno un po' di dolore la incentivò a fare di più, così afferrò un pugnale che Chuck le avesse messo a disposizione e lo pugnalò al ventre.
Dalle labbra di Edward uscì un leggero gemito di dolore, piegandosi in avanti mentre sentiva Lilith rigirare il pugnale fra le sue viscere, ed Edward chiuse gli occhi per qualche istante mentre sentiva il sangue risalirgli la gola e gocciolargli dalle labbra.
Trovò rifugio nella sua mente perché era cosciente che non sarebbe più stato in grado di uscire vivo da quella situazione, ripensando a quanto amore avesse provato negli ultimi della sua vita: pensò ad Abby ed all'amore che nutrisse per lei, l'unica donna capace di oltrepassare i suoi muri interiori invalicabili e di fargli risolvere i suoi problemi legati alla vita passata da Marine.
Il suo cuore si gonfiò di orgoglio quando ripensò a Richard ed all'amore con cui lo avesse stretto fra le braccia non appena fosse nato, ripensando a quanto avrebbe adorato poter vederlo crescere e stargli accanto per sempre.
Udí la risata divertita di Lilith ed Edward si resse ai braccioli della sedia e sollevò con lentezza il viso, spostando lo sguardo fino ad incrociare quello del demone davanti a sé, che la guardò con aria compiaciuta. 
"È tutto questo quello che sai fare, puttana?".
Lilith sgranò gli occhi e lo guardò con rabbia, colpendolo con l'ennesimo pugno al viso mentre il pugnale fosse ancora incastrato nel suo corpo. "Ti farò raggiungere il tuo fratellino fra non molto, non preoccuparti".
Non ci pensò più di un momento, prima di estrarre con forza il pugnale dall'addome di Edward facendolo gemere di dolore ad un tono leggermente più alto, per poi afferrare la sua mano destra e tagliare di netto il suo anulare destro, che cadde rovinosamente sul pavimento.
Il cacciatore sgranò gli occhi e avrebbe tanto voluto lasciare uscire l'urlo che gli salì per la gola, ma invece il dolore fu tanto che Edward piegò nuovamente la testa in avanti e sarebbe caduto se le corde non lo avessero tenuto stretto alla sedia.
Con un ghigno soddisfatto e felice, Lilith si piegò per prendere il dito di Edward dal pavimento notando come il ragazzo avesse perso conoscenza e fosse svenuto, e presto si avvicinò a Chuck con un sorriso divertito, porgendo la falange a Dio, che scosse la testa e fece un passo indietro mentre la guardava con aria disgustata. "Ecco la tua garanzia, Chuck: ti daranno quello che vuoi, se mostrerai loro questo".


Con un gesto fulmineo, Abby ritrasse la mano dalla sedia sporca del sangue di Edward che aveva voluto sfiorare. 
Con quell'unico contatto, le immagini della lunga tortura del suo bartender erano passate nella sua mente come se fosse stata presente, ad osservare Lilith commettere quelle atrocità.
Abby sobbalzò all'indietro e si allontanò da quella sedia mentre sentiva gli occhi iniziare a pungere nuovamente, sapendo che da lì a poco le lacrime si sarebbe riversate sul suo volto al solo pensiero di ciò che fosse accaduto ad Edward.
La mano di Dean sulla schiena la spaventò e la fece sobbalzare ancora e Abby sgranò gli occhi prima di voltarsi ad incrociare il suo sguardo; il cacciatore fece spallucce e sospirò lentamente prima di prendere parola e di spezzare il silenzio che fosse regnato fra loro da quando avevano lasciato il bunker.
"Scusa, volevo solamente dirti che.. ho portato il corpo del fratello di Edward in auto. Possiamo seppellirlo".
Abby annuí mentre ancora guardava nei suoi occhi verdi ed accennò un sorriso per ringraziarlo con lo sguardo, abbassando lo sguardo ed osservando le chiazze di sangue che macchiavano il pavimento prima di parlare con tono basso e pacato. "Si chiamava Roger. E non dovremmo seppellirlo, dobbiamo ardere il suo corpo".
"Ma questa è un'usanza dei cacciatori" rispose Dean guardandola con sopracciglia aggrottate, chiedendo spiegazioni con lo sguardo.
"È quello che vorrebbe Edward". Abby si limitò ad accennare un sorriso amaro nella sua direzione, sfiorandogli il braccio ed appoggiando il capo sulla sua spalla perché aveva tanto bisogno di sentire il calore e l'amore di Dean.
Dopo averle scoccato un bacio fra i capelli ed aver respirato il suo profumo un'altra volta, Dean si incamminò verso l'uscita di quel posto terrificante insieme ad Abby.
Raggiunsero un bosco non troppo lontano e si fermarono su una piazzola di sosta, prima di addentrarsi fra la vegetazione.
Avevano abbattuto qualche albero, avevano tagliato i rami e formato delle alte pile di legno abbastanza capienti contenere un cadavere, e quando ebbero finito di completare le pile che si sarebbero accese nel giro di pochi istanti,  insieme si recarono vicino all Hyundai ed Abby osservò Dean caricarsi in spalla il corpo di Roger.
Quando lo adagiò fra i legni ed i rami secchi, Abby che lo vide per la prima volta ebbe il tempo di esaminare il suo viso, nello stesso modo in cui fece Dean.
Edward e Roger erano davvero due gocce d'acqua. Così simili da sembrare quasi gemelli, se non fosse per il viso di Roger che tradiva una giovinezza più marcata rispetto a quella del fratello maggiore.
Dean scosse la testa e fu costretto a distogliere lo sguardo dal viso di Roger, sentendosi così tremendamente dispiaciuto per la fine che gli fosse toccata perché Roger era lì sempre un innocente che Chuck aveva fatto uccidere da Lilith senza motivo.
Fu proprio Dean ad accendere la torcia ed a gettarla fra i rovi, osservando le fiamme iniziare a divorare i rami secchi attorno a Roger.
Indietreggiò fino a raggiungere Abby, seduta sul cofano della sua auto mentre teneva le mani nell' tasche ed osservava il viso di Roger.
Rimasero in silenzio a guardare il corpo del ragazzo che veniva lentamente inghiottito dalle altre fiamme sempre più aggressive, degradando la sua pelle ed i suoi vestiti.
Abby chiuse gli occhi ed appoggiò il capo sulla spalla di Dean, mentre sentiva i brividi passarle lungo la schiena.
Questa volta Dean non la strinse, non la consolò e non cercò di darle coraggio.
Rimase al suo fianco ad osservare le lingue di fuoco danzare, gonfiate dal vento che ogni tanto si alzava e rinvigoriva le fiamme facendolo bruciare più velocemente fino a che tutto ciò che rimase di Roger fu cenere.
Abby sollevò la testa dalla sua spalla solamente quando le fiamme erano ormai spente e delle enormi pile di legno non vi fosse più alcuna traccia.
Guardò Dean appoggiato al cofano accanto a lui ed il ragazzo annuí, aiutandola a scendere dal cofano ed accennando un sorriso amaro nella sua direzione, che Abby ricambiò prima di voltarsi ed entrare dal lato passeggero, dichiararsi silenziosamente stanca anche solamente per guidare.
Dean accese il motore e lasciò scivolare l'auto via da quella piazzola, fino ad immettersi di nuovo sulla strada e guidare nella direzione di casa.
Era passata da poco l'alba, tra poche ore sarebbe passata Silver per prendere i bambini e portarli a scuola, prima di trasferirli completamente a casa sua.
Né Abby, né Dean avevano grandi progetti per quella giornata.
Avrebbero voluto riposare, entrare a letto e dormire per tutta la giornata dopo che i bambini avrebbero lasciato il bunker.
O almeno questo era tutto ciò che Dean voleva.
Una volta giunti al bunker, Abby sparì nel corridoio che portasse alle camere da letto e non disse neanche una parola a Dean, che preferí rimanere nella sala centrale mentre si versava un bicchiere di Whisky e sospirava rumorosamente.
Sentiva un macigno sulle spalle.
Tante responsabilità e così poca chiarezza.
Come avrebbe potuto soddisfare le aspettative di tutti e fermare Chuck adesso che la loro famiglia si era fratturata in più punti?
Non ebbe il tempo di rispondere alla sua domanda, che percepí la presenza di Abby alle su spalle e Dean si voltò ad osservarla mentre ancora stringeva il bicchiere in mano.
Se lo portò alle labbra e bevve qualche sorso mentre osservava i vestiti puliti di Abby, il suo viso nuovamente truccato per nascondere le occhiaie e la stanchezza. 
Ma ciò che notò subito Dean, fu proprio il borsone che Abby tenesse sulla spalla destra e che quasi cercasse inconsciamente di nascondere.
Prima che Dean potesse chiedere qualsiasi cosa, Abby fece un passo avanti e prese un grande respiro prima di guardarlo in viso. "Devo schiarirmi le idee".
Dean sorrise amaramente mentre la guardava perché sapeva a cosa si riferisse, trovandola nuovamente sull'orlo di un'altra crisi probabilmente perché aveva sentito la voce di Mary provenire dalla sua stanza che chiamasse la sua mamma non appena sveglia.
Bevve l'ultimo sorso e lasciò andare il bicchiere vuoto sul tavolo della sala centrale, prima di avvicinarsi ad Abby e sorpassarla per rispondere al suo posto al richiamo di sua figlia. "Va bene. Ma non metterci troppo, ragazzina".
 

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Capitolo 85
*** Capito 77 ***


Hunters' legacies
Capitolo 77

"Papà, che stai facendo?". 
Dean si voltò immediatamente nella direzione della vocina che avrebbe riconosciuto fra un milione ed accennò immediatamente un grandissimo sorriso chiudendo di scatto le pagine aperte sul suo computer, alla ricerca dell'ombra di strani segnali che indicassero il passaggio di Chuck, o almeno qualche caso che avrebbe potuto seguire con Sam.
"Vieni qui, piccola".
L'uomo protese le braccia verso la sua bambina che immediatamente si avvicinò, tuffandosi sulle sue gambe e Dean l'attirò a sé baciandole la testolina profumata facendola ridere. 
Per qualche secondo Dean osservò il volto di sua figlia, i lineamenti in continuo cambiamento, gli occhi azzurri come quelli di sua madre ed i capelli biondo cenere come i suoi, e iniziò a chiedersi quando la sua bambina fosse diventata così grande.
Mary aveva compiuto sette anni e diventava sempre più grande, intelligente e bella ogni giorno che passava: aveva ormai preso tutti i tratti caratteristici del modo di fare di Abby, a volte rimanendo in silenzio ad osservare tutti e capendo ogni cosa che accadesse nel bunker, e senza rendersene conto questa piccola creatura salvava suo padre ogni giorno dallo scivolare nel profondo abisso della disperazione. 
Si sistemò sulle sue gambe e accennò un sorriso al padre, aggrappandosi alla sua camicia celeste mentre lo guardava con aria indagatrice. "Papà, perché la mamma non è qui con noi?". 
Il sorriso sul viso di Dean si sarebbe sciolto se solo il cacciatore non avesse avuto il pieno controllo della sua espressione, così rimase sereno e sorridente davanti alla sua bambina che stesse studiando ogni minimo cambiamento impercettibile del suo viso, esattamente con lo stesso sguardo di Abby.
Dean le carezzò la testa con un gesto delicato e fece spallucce, avvicinandola di più a sé. "Va tutto bene, Mary. La mamma ha delle cose da sbrigare, ma tornerà presto".
Mary sollevò un sopracciglio davanti alle parole del padre che riusciva a percepire come molto dubbioso, e lo guardò con aria attenta e seria, muovendosi irrequieta sulle sue gambe. Ma poi sollevò il mignolo destro verso di lui e accennò un sorriso. "Promesso?". 
Dean sorrise più ampiamente e afferrò il suo mignolo con il suo, finendo per ridere di gusto davanti al gesto così innocente della sua bambina. "Promesso, piccola". 
La mano di Dean scivolò fino a solleticarle il pancino, facendola ridere di gusto e rendendole impossibile la via di fuga, e Mary cercò in tutti i modi di divincolarsi dalla stretta del padre mentre rideva di gusto e si muoveva sulle sue gambe; quando la lasciò scendere, Mary continuò a ridere e si avvicinò nuovamente stringendo il padre in un forte abbraccio e, proprio come se fosse stata un'adulta che capiva davvero cosa stesse accadendo, gli prese il viso irsuto fra le mani e lo guardò negli occhi con aria più seria. "Lo so che qualcosa non va, papà. Ma andrà tutto bene, papà. Io ti voglio bene". 
Per qualche istante Dean rimase interdetto, pietrificato sul posto mentre udiva le parole di sua figlia ed il modo fin troppo adulto con cui Mary lo stesse guardando.
Le parole erano uscite fuori dalla sua bocca con naturalezza, denotando una grande maturità e spirito di osservazione, ed un po' Dean si sentí un pessimo padre per aver lasciato che Mary scoprisse che stava mentendo e che non ci fosse niente che andasse per il verso giusto. 
Con aria mortificata e dispiaciuta, Dean si chinó a baciarle la testa e la strinse in un forte abbraccio, facendole appoggiare il mento sulla sua spalla. "Sei la parte migliore di me e della mamma, Mary. Ti voglio bene, pulce". 
Mary sorrise mestamente, non riuscendo a comprendere a pieno l'enorme dichiarazione d'amore che suo padre le stesse facendo, ma riusciva a sentire il forte legame che ci fosse tra loro. 
Dean indugiò per qualche altro momento in quell'abbraccio, trattenendo la bambina che tornò a ridere e che sarebbe voluta scendere dalle sue gambe per giocare in qualche modo insieme a lui, quando una voce piccola e tenera si fece largo nella stanza, chiamando a gran voce il padre e la sorella maggiore. "Maaryy, papaa". 
Dean e Mary si voltarono verso l'ingresso della cucina e videro entrare Eileen ed Anael con in braccio il piccolo Richard che allungò le braccia in direzione  del padre, e la donna si avvicinò a Dean con una risata mentre osservava il modo in cui Richard quasi si tuffò su di lui per essere preso in braccio.
Con un grosso sorriso Dean afferrò il bambino fra le braccia mentre il suo cuore si riempiva di gioia e si sentiva pienamente felice, stringendo i suoi due bambini fra le braccia e rendendosi conto che non avesse bisogno di altro per essere felice e che avrebbe lottato contro Dio stesso pur di proteggerli.
Osservò la donna accanto all'angelo dai lunghi capelli biondi e Dean sorrise ad Eileen che salutò Mary con il linguaggio dei segni che la bambina si fosse offerta di voler imparare e per un attimo Dean pensò che avessero fatto la scelta giusta riportando Eileen alla vita, dopo che Sam l'aveva ritrovata sotto forma di spirito. 
Le ultime erano state delle settimane strane, delle settimane in cui Chuck non si era fatto vivo e non aveva lasciato neanche una traccia, perché sicuramente stava tramando qualcosa di terribile. 
Abby si faceva viva di tanto in tanto al bunker unicamente per passare del tempo insieme ai loro bambini, viziandoli e trascorrendo con loro ogni singolo momento fino a quando diventava troppo tardi ed arrivava il tempo di metterli a letto.
Abby e Dean non si erano più parlati molto, parlando unicamente dei bambini e dei loro bisogni: sembrava essersi chiusa a riccio nei confronti di tutti, specialmente verso quello di Dean e di Edward.
L'unica differenza era che almeno con Dean parlava di tanto in tanto, fingendo malamente che di Edward non le importasse più quando Dean la informava sulle condizioni di salute del ragazzo che stavano lentamente migliorando.
Eppure una sera Abby aveva accettato l'invito di rimanere a cena, spinta dalle suppliche di Mary e Richard.
Avevano cenato loro quattro come una vera famiglia.
Mary si era sporcata il vestito rosa cipria che indossava con il cibo e Richard aveva lasciato più della metà della sua cena, ed Abby e Dean si erano ritrovati a sorridere mentre li cambiavano e li preparavano per la cena.
Dopo aver spento la luce della loro camera sentendoli respirare più affannosamente come segno che stessero dormendo, Abby si era lasciata convincere da Dean a bere un drink insieme a lui prima di lasciare il bunker.
Aveva eluso le sue domande su dove alloggiasse e su cosa facesse nei momenti in cui non si trovasse al bunker insieme a loro, aveva evitato di rispondere a qualsiasi domanda che potesse farle, mentre Dean continuava a versarle da bere.
All'ennesimo bicchiere Abby aveva iniziato a sentirsi più leggera e piu tremendamente stanca, tanto da prendere posto accanto a Dean al tavolo della sala centrale.
Lo aveva guardato ed aveva iniziato a rispondere a tutte le domande che Dean le aveva silenziosamente posto.
E non perché si sentisse leggermente brilla, ma unicamente perché non sopportava più quella continua tensione che vi fosse tra loro due.
Confessó quanto si sentisse confusa e stranita in tutta quella situazione con Dio, specialmente con Dean stesso, eppure lui parve tranquillo nonostante dentro di lui ci fosse una grande tempesta.
Dean aveva preso un lungo respiro, prima di iniziare a pronunciare ad alta voce le parole a cui avesse pensato per intero giorni in sua assenza. "Ci siamo, ragazzina: siamo arrivati al punto in cui non possiamo più stare insieme. Siamo cresciuti da quando eravamo solamente due ragazzini che si sono incontrati alla locanda di Ellen: crescendo siamo diventati diversi. Noi adesso litighiamo, abbiamo pensieri diversi su moltissime cose e ci facciamo male perché non è più lo stesso e tu lo sai. Io ho solo il coraggio di dirlo ad alta voce. Ma va bene, fa parte della vita". 
Abby lo aveva guardato negli occhi per tutto il tempo in cui Dean avesse parlato e aveva sentito il cuore battere più forte, come se avesse tutta l'intenzione di uscirle dal petto.
Aveva poi abbassato lo sguardo perché in fondo Abby la pensava esattamente con lui, eppure l'idea di dirgli addio le faceva male da morire. 
"Ti amo ancora, Abby. Ti amerò per sempre, ma è cambiato il modo in cui lo faccio e so che è lo stesso per te".
La ragazza aveva sollevato lo sguardo verso di lui ancora una volta rimanendo ad ascoltarlo e sospirò nuovamente, avvicinandosi poi a lui per appoggiare la testa sulla sua spalla e chiudere gli occhi per qualche secondo, nascondendo le lacrime che fossero sfuggite al suo controllo. "Non importa cosa dice Chuck. Ti amerò per sempre anche io". 
Dean le aveva stretto una mano e aveva trattenuto le lacrime, perché quelle parole gli bruciavano dentro e rimanevano impresse sul suo cuore come con un marchio robente.
Passò poco prima che Abby sciogliesse la presa su di lui e si alzasse, salendo le scale di ferro battuto per andar via dal bunker come tutte le sere, andando alla ricerca di qualcosa per trovare Chuck e capire qualsiasi cosa stesse tramando.
Per qualche altro momento Dean rimase lì seduto al tavolo, sfiorandosi ancora il punto della guancia in cui Abby lo avesse baciato prima di andare via, e raccolse i cocci del suo cuore rimettendoli a posto con un sospiro mentre osservava il punto in cui la ragazza fosse da poco sparita.
"Le hai mentito.." aveva sussurrato alle sue spalle una voce maschile che conoscesse bene, avanzando dal corridoio e palesando la sua presenza, arrivando fino alla soglia. "Non volevo ascoltare, ma ho sentito quello che hai detto a Abby: perché l'hai lasciata andare così facilmente?".  
Dean osservò Edward per qualche istante notando come il suo viso fosse ormai del tutto guarito dai colpi inferti da Lilith, eppure la ferita all'addome lo bloccava ancora al bunker e non gli permetteva di essere in condizioni tali per poter andare via.
Sospirò rumorosamente e bevve il suo ultimo sorso di birra, alzandosi lentamente per avvicinarsi all'omone in piedi sulla soglia mentre pensava che Edward fosse proprio l'ultima persona che avrebbe voluto intorno in quel momento; sospirò, facendo spallucce e accennando un sorriso amaro nella sua direzione.
"Perché avrei dovuto farla sentire in colpa e farla soffrire?" aveva chiesto Dean aggrottando le sopracciglia e dando una pacca sulle spalle a Edward, che annuì divenendo serio mentre Dean si era ritrovato ad ammettere ad alta voce ciò che non avrebbe mai voluto neanche pensare. "Non è colpa sua se si è innamorata di te mentre stavamo insieme. Non vi conoscereste neanche se lei non ti fosse venuta a cercare per aiutare me con il Marchio. E che si fotta Chuck e la sua storia". 
Edward era rimasto ad indugiare sui suoi occhi che gli apparissero così tristi e delusi, ed inavvertitamente fece una smorfia di dolore quando avvertì i punti sul suo addome tirare e  procurargli una fitta.
Si sfiorò la parte dolente con le dita e presto tornò a guardare Dean con aria più seria. "È completamente terrorizzata dall'idea che tu possa allontanarti da lei: Abby ha ancora bisogno di te nella sua vita". 
Dean aveva annuito e stretto le labbra in una smorfia sofferente, facendo spallucce e riflettendo qualche istante in più mentre lo guardava. "E io ho bisogno di lei nella mia, Abby è tutto quello che ho. Occuperò qualsiasi ruolo lei voglia che assuma: sarò il suo migliore amico, la sua spalla su cui piangere, il padre dei suoi figli, il suo compagno, ma non posso farla uscire dalla mia vita, perché.. Semplicemente non posso".
Edward era rimasto in silenzio ad osservarlo, non trovando parole sufficientemente adatte per una situazione come quella; per quanto amasse Abby dal primo momento in cui i loro sguardi si incontrarono, in fondo gli dispiaceva leggere quel dolore negli occhi Dean.
"Va' a riposarti. Le tue ferite sono ancora piuttosto serie". Dean si era sforzato di sorridere e lo aveva superato dopo avergli dato un'altra pacca sulla spalla, prima di sparire nel corridoio alle sue spalle.


Sam osservò Dean stringere forte i suoi due bambini mentre se ne stava ancora seduto al tavolo della sala centrale e rideva insieme a loro, ed il minore pensò che Mary e Richard fossero l'unica cosa che permettesse loro di non perdere la testa e di rimanere umani; era un momento difficile per tutti, ma per Dean più che gli altri e Sam stava provando a stargli accanto senza essere troppo invadente. 
Si diresse in cucina mentre ancora le risate allegre dei suoi nipoti arrivavano alle sue orecchie, insieme a quelle di Dean e di Eileen che avevano preso a giocare in modo molto energico insieme ai due bambini, e quando Sam vi entrò trovò Edward seduto sulla panca: le sue grosse spalle ricurve erano rivolte verso la porta ed i gomiti stavano appoggiati al tavolo, lo sguardo serio fisso in un punto indefinito.
In silenzio Sam arrivò fino al frigo e si chinó per prendere una birra, che stappò immediatamente per prenderne qualche sorso; con molta titubanza il ragazzo di avvicinò al tavolo e sollevò lo sguardo su quello dell'omone seduto davanti a sé; Sam ed Edward avevano legato abbastanza nel periodo trascorso a lavorare insieme agli Uomini di Lettere.
Si erano scoperti ad avere parecchi lati del proprio carattere in comune, specialmente quelli che li avessero spinti a collaborare per trovare un modo per riportare in vita Abby che aveva perso la vita a seguito del complicato parto di Richard.
Ed anche se Edward era riuscito a trovare il rituale da solo supplicando Dylan di dargli una mano, Sam gli aveva spiegato come si eseguisse correttamente nei minimi dettagli.
Adesso che Sam gli stava davanti e lo guardava con aria interrogativa, Edward sollevò lo sguardo fino al cacciatore ed accennò un sorriso amaro facendo scontrare il collo della sua bottiglia di birra semi vuota con quello di Sam, che ricambiò il sorriso e bevve qualche sorso della sua bevanda. "Stai bene, Ed?". 
Per qualche momento, Edward lo guardò negli occhi per cercare una risposta che avrebbe potuto silenziare la conversazione perché l'ultima cosa che voleva era stare in compagnia.
La dannata ferita all'addome stava finalmente guarendo e ogni giorno Castiel ed Anael univano le forze per accelerare il processo di guarigione, e presto Edward avrebbe potuto lasciare il bunker.
Il ragazzo sospirò e fece spallucce, osservando Sam indugiare con lo sguardo su di lui ed esortarlo a rispondere alla sua domanda, così Edward roteò gli occhi e fece spallucce, portandosi alle labbra la bottiglia e bevendo qualche lungo sorso della sua birra. "Sono vivo. Il mio corpo sta guarendo, le mie dita sono ancora tutte attaccate e nessuno ha ancora provato ad uccidermi questa settimana. Posso considerarlo un progresso".
Sam lo guardò con aria accigliata perché sapeva che Edward stesse eludendo la sua domanda, così lo guardò in cagnesco e l'omone seduto davanti a sé sospirò rumorosamente, facendo spallucce ed accennando un sorriso nervoso. "Ho visto Abby, stamattina. È passata per salutare i bambini e lei rideva insieme a loro, era così radiosa mentre parlava con loro e li stringeva. E quando Mary si è accorta di me ed è corsa ad abbracciarmi, il sorriso di Abby è svanito. Dissolto nel nulla. E avrei solamente voluto avvicinarmi e dirle che il rituale che io e Isobel.. che io ho trovato era destinato a me, che dovevo usarlo io ed ero pronto a morire per riportarla indietro dalla sua famiglia, ma Isobel me l'ha impedito". 
Sam ascoltò attentamente le sue parole ed osservò i suoi occhi nocciola così sofferenti, prima che Edward lo distogliesse per continuare a parlare con sguardo vitreo, fissando un punto indefinito alle spalle di Sam e parlava con voce spezzata.
Sam lesse nel suo sguardo un grandissimo senso di colpa e un elevato grado di malinconia, e non riuscì a non sentirsi tremendamente dispiaciuto per ciò che stesse affrontando il suo amico. "Non capisco, Ed: eri con lei, potevi dirle la verità. Perché non lo hai fatto?".
Edward sollevò lo sguardo verso di lui e accennò un grosso sorriso amaro, mentre si chiedeva come facesse a non capire le sue motivazioni.  "Abby era troppo arrabbiata, non mi avrebbe ascoltato. Crede che io sia un mostro, che l'abbia uccisa io". 
Lo sguardo di Edward si perse nuovamente nel vuoto dopo aver pronunciato quelle parole e Sam sospirò, pensando che avrebbe potuto fare un tentativo e cercare di chiamarla e di parlare con Abby, ma la ragazza era fin troppo arrabbiata anche con lui; si portò la birra alle labbra ed abbassò lo sguardo mentre pensava a come avrebbe potuto risolvere quella situazione con lei, quando entrambi udirono dei passi provenire dal corridoio, ed entrambi sollevarono lo sguardo fino alla porta.
Ben presto Dean fece capolino dalla porta e li osservò con l'aria di chi avesse ascoltato gran parte della loro conservazione e si avvicinò con un sospiro, sedendosi sulla panca vicino al fratello, per poi sollevare lo sguardo fino a quello interrogativo di Edward. "Sai, Abby è davvero una persona fantastica, ma certe volte sa proprio farti sentire come se fossi il più grande stronzo della terra. Devi solamente aspettare che la rabbia le passi e che sia pronta ad ascoltarti. E se non lo sarà, la costringerai a sentire ogni parola delle tue spiegazioni". 
Edward ascoltò le sue parole con un sorriso appena accennato sul volto e annuì guardando i due fratelli Winchester davanti a sé e sospirò, colpendo le loro bottiglie di birra con il collo della sua, accennano un sorriso. "Salute, fratelli". 


Mosse velocemente le corde che lo ancorassero alla sedia, strattonandole con le braccia ed imprecando a bassa voce mentre sentiva il mostro nella cella bere il suo sangue attraverso la flebo che il suo stesso amico di lunga data gli avesse messo al braccio; Dean non si aspettava che decidendo di seguire un caso in Texas da solo, avrebbe incontrato il suo amico Lee Webb con cui aveva passato i suoi primissimi anni di caccia quando Sam era partito via per il college e John era troppo arrabbiato con lui da mandarlo via.
Rivederlo era stato per lui una ventata d'aria fresca: proprio come un tempo avevano trascorso la serata insieme a bere, ridere e scherzare, raccontandosi ciò che fosse successo in quegli anni di lontananza. 
E Dean si era sentito appena più leggero e meno afflitto dalla situazione di Chuck e dal capire cosa fosse reale o meno, e si era lasciato coinvolgere in ogni attività quella sera, salendo sul palco del locale del suo amico ed iniziando a cantare insieme a lui. 
Adesso che Lee stesso lo aveva legato nel seminterrato per fare da cibo al suo mostro della fortuna che tenesse dentro una cella, Dean si disse di dover rivedere quali fossero davvero i suoi amici; ma i suoi pensieri vennero interrotti quando sentí la porta in cima alle scale cigolare e aprirsi lentamente, e Dean iniziò a pensare che Lee fosse venuto a terminare i lavoro. 
Si mosse ancora più velocemente strattonando le corde nel tentativo di liberarsi, mentre sentiva dei passi farsi sempre più vicino e puntò gli occhi adirati verso le scale pronto ad urlare contro Lee che fosse d'un grande bastardo, ma invece ciò che vide gli fece curvare le labbra in un grosso sorriso. 
"Abby!!". 
La ragazza scese gli ultimi scalini tenendo la sua pistola fra le mani, osservando con aria seria l'ambiente semi buio attorno a sé e sgranò gli occhi quando incrociò lo sguardo dell'uomo legato davanti a sé. "Dean? Ma che diavolo sta succed-..".
Dean la interruppe con una grassa risata, scuotendo la testa perché sapeva che se c'era qualcuno che avrebbe potuto andare in suo soccorso, era proprio lei. "Non sono mai stato più felice di vederti!". 
"No tesoro, sono sicura che ci siano state altre circostanze dove sei stato sicuramente più felice di vedermi". Abby sorrise sarcasticamente con un po' di malizia e si avvicinò velocemente, mettendo via la sua pistola nella guaina dei pantaloni e chinandosi su Dean per sciogliere i nodi stretti delle corde e togliergli via la flebo dal braccio, udendo il mostro nella cella accanto lamentarsi sonoramente perché il pasto si era concluso. 
Dean le sorrise sghembo e la guardò per qualche momento negli occhi dimenticando persino la motivazione per cui si trovasse lí, e la ringraziò con lo sguardo facendo un cenno con il capo, mentre Abby accennava un sorriso timido nella sua direzione e scioglieva l'ultima corda che l'ancorasse alla sedia.
L'uomo si alzò immediatamente e si massaggiò i polsi, guardandola con un sorriso. "Grazie: senza di te probabilmente sarei morto". 
"Saresti morto molto tempo fa se io non avessi continuato a salvarti il culo" rispose Abby sarcasticamente facendo spallucce e facendogli l'occhiolino in modo complice, quando le lamentele del mostro continuarono ad aumentare, sentendolo sbattere con forza contro la grata della cella ed entrambi i cacciatori tornarono seri. "Dobbiamo andarcene di qui". 
Dean dimenticò il modo dolce in cui Abby lo avesse deriso e dimenticò il modo in cui lei lo avesse fatto distrarre da tutta quella atrocità, ricordando invece ciò che il suo amico gli avesse fatto; divenne serio e sospirò, estraendo il machete dalla cinta della ragazza di fianco a sé senza bisogno di guardare perché conosceva perfettamente le sue abitudini, e guardò la creatura che da lì a poco si sarebbe liberata nel seminterrato. "Ci penso io". 


"Perché ti importa cosi tanto?". 
"Perché a qualcuno deve improntare!". 

Dopo che Abby aveva lasciato che Dean uccidesse quel mostro tutto blu che Lee teneva in gabbia, la ragazza aveva lo aveva osservato salire le scale del seminterrato per regolare i conti con il suo amico Lee.
Si era tenuta a distanza da quello scontro, anche perché i due non facevano altro che spararsi addosso prima di esaurire i colpi ed iniziare una lotta fisica fra i due.
Seppur distante, Abby aveva udito quelle parole biascicate fra i due prima che Dean trafiggesse Lee dritto al cuore.
La ragazza aveva intuito che fra i due ci fosse stato un forte legame in passato nonostante Dean non le avesse mai parlato di Lee, e prima di fare qualche passo ed avvicinarsi a lui Abby aveva aspettato che Dean fosse pronto per distogliere lo sguardo dal suo amico ormai senza vita. 
Lentamente uscí dal bancone dietro cui Dean stesso l'aveva confinata per affrontare Lee e proteggerla da eventuali colpi, e gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla, notando Dean tornare alle realtà sbattendo più volte le palpebre, distogliendo il suo sguardo dispiaciuto da Lee; volse lo sguardo su quello di Abby, che accennò un sorriso dolce e strinse la presa sul suo braccio e gli carezzava la nuca con un gesto tenero. "Stai bene?". 
Dean sospirò e scosse appena la testa, facendo spallucce mentre la guardava sapendo che Abby capisse più di quanto lasciasse trasparire. "Si, sto bene". 
La ragazza annuì e gli fece segno con la testa di andare mentre scioglieva la presa su di lui e lo sorpassò dirigendosi verso la porta d'ingresso del locale ormai distrutto dalla lotta fra i due uomini. "Andiamo a casa".
Dean rimase immobile e non la seguì, prendendo un lungo respiro profondo e scuotendo la testa mentre un sottile sorriso ironico gli si disegnava sul viso, perché non avrebbe mai immaginato di arrivare a quel punto.
La richiamò brevemente, facendola voltare verso di lui e la guardò per un breve momento, chiedendosi per qualche secondo come avessero potuto lasciare che le cose si spezzassero in quel modo fra di loro. 
Le sorrise ancora una volta e fece un passo incerto verso di lei, cercando di trasmetterle la serenità necessaria per affrontare quella discussione. "Quand'è l'ultima volta che hai sentito Edward?". 
Per qualche momento Abby rimase incredula nel sentire quelle parole fuoriuscire proprio della sua bocca ed aggrottò immediatamente le sopracciglia, dischiudendo appena le labbra per la sorpresa mentre rimaneva senza parole. "C-cosa?". 
Dean roteò gli occhi e sospirò rumorosamente, allargando appena le braccia mentre la guardava con aria eloquente e sollevava un sopracciglio. "Secondo me dovresti chiamarlo, sentire cos'ha da dire". 
Abby si ritrovò a ridere nervosamente mentre distoglieva lo sguardo dal suo, guardando per qualche momento in giro per il locale nella speranza che qualche altro mostro venisse a interrompere quell'assurda conversazione, ma nessuno strano essere uscì dall'ombra per salvarla.
Così Abby tornò a guardarlo negli occhi, allargando le braccia e mettendo su uno sguardo parecchio infastidito, di cui però il ragazzo davanti a lei pareva fregarsene. "Dean, non parlerò di questo con te. Quindi andiamo a casa, raggiungiamo la nostra famiglia!".
L'uomo la osservò afferrare il suo machete con cui Dean aveva ucciso il mostro e lo inserí nuovamente nella guaina dei pantaloni, muovendosi in fretta verso l'uscita del locale perché non aveva più nessuna intenzione di ascoltare le parole del cacciatore.
Ma Dean doveva avere altri piani in mente, dato il modo in cui avanzò e come la richiamò con aria seria e perentoria, facendola fermare ancora prima che potesse varcare la soglia.
"Certo: torniamo pure al bunker così che tu possa ignorare Edward, sapendo che è ancora in convalescenza dopo quello che Lilith gli ha fatto!". Il tono che Dean usò forse fu un po' troppo alto e un po' troppo arrabbiato, meritandosi una brutta occhiataccia da parte della ragazza che lo fulminò con uno sguardo, dando tutta l'aria di essere pronta a sbranarlo qualora avesse deciso di aggiungere un'altra parola. 
Ma Dean la conosceva e se n'era sempre infischiato dei momenti di rabbia di Abby, passandoci sopra e costringendola ad ascoltare le sue parole. "Dico solo che non potrai essere arrabbiata con lui per sempre: non è cattivo, Edward e Sam non avrebbero mai fatto male a Isobel intenzionalm-..". 
"Perché mi stai dicendo questo?" chiese Abby interrompendolo bruscamente e rivelando quando ancora la rabbia pulsasse dentro lei, nonostante fossero passate settimane,  guardandolo in cagnesco mentre si voltava nuovamente nella sua direzione. "Che diavolo ti importa di come vanno le cose fra me ed Edward? Credevo che saresti stato felice nel sapere che non voglio più avere a che fare con lui!".
Dean rimase a guardarla per qualche altro momento sgranando appena gli occhi nell'udire quelle parole. 
Doveva riconoscere che una parte di lui era davvero felice che finalmente Abby avesse chiuso il suo rapporto con Edward, anzi avrebbe voluto spedirlo via dal bunker e dirgli non farsi vedere mai più.
Ma col tempo Dean aveva avuto modo di apprezzare ogni aspetto di quell'uomo ed aveva iniziato a capire cosa Abby avesse visto in Edward sin dall'inizio.
Dean aveva persino iniziato a nutrire affetto per lui, specialmente per il modo in cui trattasse i suoi bambini e per il modo sconfinato in cui amasse Abby.
Se Dean avesse dovuto decidere di affidare la sua famiglia a qualcuno, sicuramente avrebbe scelto Edward: era forte, addestrato, risoluto e spietato quando si trattava di proteggere la sua famiglia.
Eppure Dean aveva visto oltre la corazza del cacciatore, trovando un cuore puro che ne avesse passate tante e che chiedesse unicamente di non rovinargli troppo il cuore, mentre dispensava amore ai suoi bambini e ad Abby.
"Tu sei spaventata di sentire la sua versione perché hai paura che ti possa davvero convincere; hai paura di venire meno a te stessa e perdonarlo perché.." sussurrò Dean mentre leggeva negli occhi azzurri ed agitati di Abby, ma le parole gli morirono in gola subito dopo perché probabilmente era ancora troppo presto anche per lui per poter affrontare un discorso del genere. Si schiarí la gola e sospirò, allargando appena le braccia. "Perché quello che provi per Edward ti spaventa: Chuck ti ha fornito una buona scusa per allontanarlo". 
Abby sgranò gli occhi e scosse la testa mentre lo guardava con aria furiosa, stringendo i pugni per la rabbia che le sue parole le fecero provare, e lo osservò roteare gli occhi con un segno di disapprovazione; pensò di averne abbastanza, così la ragazza si voltò verso l'uscita e fece qualche passo pronta ad uscire ed a lasciarlo da solo, quando udí i passi di Dean dirigersi verso il bancone di Lee per afferrare una bottiglia di Chivas e due bicchieri puliti, dentro i quali versò la bevanda. "Io so che ti stai nascondendo dietro a delle scuse, lo so perché hai fatto lo stesso con me, all'inizio. Tu non volevi legarti a me dopo la morte di tuo padre e mi tenevi lontano: adesso fai la stessa cosa con Edward perché hai perso ..". 
"Te. Perché ho perso te". 
Abby rispose di getto senza rifletterci su, rimanendo di spalle ed inarcando leggermente la testa verso l'altro mentre rispediva indietro le lacrime che rendessero i suoi occhi lucidi.
Sentì il cuore battere più velocemente dentro di sé mentre percepiva lo sguardo di Dean puntato sulla sua schiena, così Abby prese un grande respiro e si voltò verso di lui per raggiungere il bancone ed afferrare il bicchiere che Dean avesse preparato per lei, mandando giù quel cicchetto che durò però troppo poco.  Quando trovò il coraggio di tornare a guardarlo, lo sguardo di Dean sembrava più libero e sereno. 
Accennò un sorriso amaro e trattenne l'impulso di allungare una mano verso il suo viso, rendendosi conto che probabilmente il momento del chiarimento fra di loro fosse finalmente arrivato, così prese un respiro e provò a parlare, ma Abby scosse la testa e fece un altro passo sedendosi su uno degli sgabelli, prendendo posto ed iniziando a parlare in molto molto frenetico e agitato. "Ero così devastata, accecata dalla rabbia e dalla vendetta; pensavo che non sarei più stata felice quando mio padre è stato ucciso. Mi sentivo vuota e spezzata. E poi ti ho incontrato e mi hai fatta sentire di nuovo viva, amata, al sicuro. Mi hai salvata da una vita miserabile e solitaria. Sapevo che qualsiasi cosa sarebbe successa fra noi, tu saresti rimasto l'unico punto fermo nella mia vita, l'unico che sarebbe rimasto al mio fianco".
"Ed è ancora così, Abby. Potrai sempre contare su di me" si affrettò a rispondere Dean aggrottando le sopracciglia e guardandola con aria dispiaciuta, ma la ragazza scosse la testa.
"Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme, non posso stare qui davanti a te a guardarti negli occhi ed a parlare dei sentimenti che provo per un altro uomo" continuò Abby sentendo un leggero strato liquido offuscarle la vista, che però si affrettò a cacciare sbattendo le palpebre e tornando a guardarlo più decisa che mai. "Non importa ciò che dici: ti ho perso. Ho perso ciò che pensavo che non avrei mai perso e fa così male che, Chuck o non Chuck, non riesco a credere che separarci sia stata la scelta giusta". 
La sua voce tremò, così come la sua schiena venne attraversata da un lungo brivido affatto piacevole. 
Si appoggiò al bancone con i gomiti distogliendo finalmente lo sguardo da quello di Dean, giocando nervosamente con il bicchierino ormai vuoto su cui teneva il suo sguardo ormai offuscato dalle lacrime. 
Da un lato si sentiva così leggera ad aver ammesso ad alta voce di provare dei sentimenti per Edward, ma dall'altro si sentiva così tremendamente distrutta da non pensare di voler più scollare lo sguardo dal fondo del bicchiere che si rigirava fra le mani in modo nervoso.
Non aveva più il coraggio di posare gli occhi sui suoi, pensando di averlo ferito e di aver straparlato nel momento in cui Dean volesse parlare di meno.
Lo sentí sospirare rumorosamente e prendere posto accanto a sé, distendendo gli avambracci sul bancone e sollevando lo sguardo verso di lei, ma Abby non lo guardava. 
Dean pensò che sarebbe bastato così poco per attirarla a sé, per stringerla fra le braccia e convincerla a tornare sui suoi passi.
L'amore tra loro non era sparito e probabilmente Chuck non avrebbe mai rimediato a ciò che avesse scritto nel suo libro.
Avrebbe potuto riaverla, se davvero avesse voluto. 
Allungò una mano per sfiorarle i capelli con un dolce gesto e poi lasciò scivolare le sue dita sulla sua guancia morbida, notando il modo tenero in cui Abby si fosse appoggiata contro il palmo della sua mano. 
Ed in un attimo i loro occhi si incontrarono ed iniziarono a scavare l'uno nell'altra, e Dean lesse tutta la sua paura, il suo dolore e soprattutto il suo grande senso di colpa.
Le sorrise dolcemente e strinse leggermente la presa sul suo viso. 
"Non mi hai perso, Abby. Non mi perderai mai e sarò sempre con te. Rimarrai sempre l'amore della mia vita e in quanto tale, voglio solamente che tu sia felice: non importa se con me o con Edward". 
"No Dean, io non ..". 
"Va tutto bene, ragazzina. Non devi sentirti in colpa per niente, mi hai sentito? Nulla di tutto questo è colpa tua".
Abby sentí gli occhi inumidirsi e scosse la testa perché non voleva ascoltare le sue parole desiderava solamente allontanarsi dai suoi occhi così indagatori, quando sentí la mano di Dean scivolarle dal viso per afferrare il suo sgabello ed avvicinarlo di più a sé, sentendo il suo profumo da così vicino.
La ragazza deglutí a fatica leggendo nei suoi occhi l'attesa di una risposta, ed Abby scosse la testa con aria confusa allungando però una mano per sfiorargli la mano che Dean tenesse posata sul bancone.
Quando si sfiorarono, inevitabilmente un unico brivido coinvolse entrambi facendo accelerare i loro cuori, ed Abby tornò a guardare il ragazzo davanti a sé che deglutì a fatica e sospirò lentamente, continuando a sfiorargli la mano con le dita. "Chuck ha detto che quello che sentiamo lo ha scritto lui, ma è uno scrittore e mente di professione. Quindi come posso sapere se quello che sento adesso mentre ti tocco, lo sento perché lo voglio io e non perché lo ha scritto Chuck? C'è stato qualcosa di vero fra me e te? Cos'è reale, Dean? Perché io non lo capisco più".  
Guardare nei suoi occhi azzurri così confusi non gli era mai piaciuto. Guardare nei suoi occhi azzurri e percepire il dolore, era ciò che Dean odiava di più. 
Ma quella confusione e quel dolore regnavano anche dentro al cuore di Dean, e mentre Abby continuava a disegnare dei piccoli cerchi concentrici invisibili sulla sua mano, Dean non poteva che sentire il suo cuore battere più velocemente.
C'era una parte di lui, quella più meschina ed egoista, che gli suggeriva che quello fosse il momento in cui Abby era più vulnerabile. 
Che quello fosse il momento adatto per farla tornare da lui e non lasciarla più andare via.
E non avrebbe neanche dovuto impegnarsi tanto, dato che Abby lo stesse silenziosamente supplicando di dirle quale fosse la cosa giusta. 
E Dean era così stanco di dover fare la cosa giusta, negando a sé stesso ciò che desiderasse davvero. 
Si schiarí la gola e sospirò sentendosi fin troppo provato da quella situazione, distogliendo lo sguardo e passando a rassegna le poche bottiglie che fossero sopravvissute alla sparatoria con Lee.
Ma quando la presa di Abby sulla sua mano si fece più forte, il ragazzo si voltò tornando a guardarla, e la parte più razionale e ragionevole di sé prese il controllo.
"Tutto quello che so è che Chuck si è divertito a giocare con le nostre vite e potrà anche averci uniti all'inizio, ma so che abbiamo scelto noi ogni giorno di restare insieme superando tutte le avversità che ci lanciava contro. Questo è reale, ragazzina".
Mentre parlava Dean ricambiò la stretta sulla mano di Abby, guardando nei suoi occhi e notando come si fossero appena alleggeriti dal senso di colpa.
La ragazza annuí in silenzio mentre il cuore le batteva forte guardando i suoi occhi verdi ed il sorriso più sicuro che si disegnò sul volto di Dean. 
Lo osservò distogliere lo sguardo per qualche istante mentre usava la mano libera per versare un altro po' di Whisky nei due bicchieri, porgendogliene uno e portandosi il proprio alle labbra per bere due o tre abbondanti sorsi.
Abby non si perse neppure un movimento e si chiese quante volte fosse rimasta insieme a lui, a bere qualcosa in silenzio dopo una caccia come quella. 
Tenne la mano intrecciata ancora a quella di Dean ed usò quella libera per afferrare il bicchiere colmo che le avesse passato da qualche istante: fece oscillare ili liquido alcolico all'interno e lo osservò per una manciata di minuti, scuotendo la testa e sospirando.
Stava per portarselo alle labbra e bere quel liquido, quando si fermò e si voltò ad osservare Dean; incrociò di nuovo il suo sguardo, accennando un sorriso complice. 
Miliardi di momenti passati insieme investirono la loro mente.
Il dolore, i pianti, la perdita. 
Le risate, le nottate di passione, la felicità. L'amore.
Dean deglutí a fatica perché sembrava aver rievocato gli stessi ricordi e tornò a guardare davanti a sé con il fiato corto, ma Abby non riuscì più a contenere ciò che provasse dentro di sé. 
Lasciò andare il bicchiere ancora pieno e adagiò la sua mano libera sul suo braccio,  e Dean tornò a guardarla negli occhi. 
Nessuno dei due proferí parola, ma Abby si avvicinò lentamente mentre studiava il suo sguardo e si sollevò su quello sgabello per raggiungere il suo volto e scoccargli un casto bacio sulle labbra che avesse assaporato per anni. 
Durò solamente qualche istante, presto Abby si scostò e tornò a sedersi sul suo sgabello, continuando a guardare nei suoi occhi verdi per capire cosa volesse Dean.
Avrebbe dovuto respingere quel suo modo confuso di approcciarsi a lui.
Doveva dire ad Abby che per quanto pensasse che il loro amore fosse stato reale, dovevano ancora fare chiarezza.
Abby doveva capire cosa la legasse a Edward e quale fosse l'uomo adatto per lei.
Dovevano trovare un modo per fermare Chuck senza avere delle distrazioni.
Dovevano comportarsi da adulti per non ferire i loro bambini.
Ma quella notte Dean decise di dire alla sua coscienza di chiudere quella boccaccia e che poteva ficcarsi i suoi consigli in un posto preciso.
Per quella notte Dean decise di prendersi ciò che voleva almeno un'ultima volta.
Questa volta fu Dean ad avvicinarsi ad Abby, alzandosi dallo sgabello e chinandosi su di lei per baciarla con un'estrema passione che le avrebbe fatto tremare le gambe se solamente Abby non fosse stata seduta.
Si strinse a lui come se fosse un istinto primordiale e gli circondò il collo con le braccia, mentre sentiva le sue labbra muoversi sulle sue.
Le mani di Dean scesero a sfiorarle le cosce e presto la sollevò, caricandosela addosso per sentirla più vicina. 
Abby si strinse a lui e avvolse le gambe attorno al suo bacino, mentre i baci divennero famelici e saziarsi l'uno dell'altra diventava sempre più difficile.
Si mosse nel locale fino a raggiungere il tavolo da biliardo che fosse ancora integro, appoggiando la ragazza sul bordo e stringendo le sue cosce con forza, mentre sentiva Abby baciarlo con trasporto e sfilargli la giacca e la camicia, che caddero sul pavimento con un forte tonfo. 
Dean le sfilò il maglione per fargli fare la stessa fine e per un istante i due ragazzi tornarono a guardarsi negli occhi rimanendo in silenzio mentre il fiato diventava corto e la bocca gli si asciugava.
Entrambi sorrisero e Dean sollevò una mano fino alla guancia di Abby, sfiorandola con il pollice ed avvicinando il viso fino al suo per appoggiare la fronte contro la sua.
Proprio quando Dean pensò di avere appena ritrovato la lucidità e di riuscire a fermarsi prima che fosse troppo tardi, Abby tornò a baciarlo con estrema foga mentre le sue mani vagavano sul corpo di Dean fino a raggiungere la fibbia dei suoi pantaloni, sentendolo ansimare contro le sue labbra. 
Dean scese a stuzzicarle il collo ed Abby lo strinse di più, chiudendo gli occhi e gemendo di piacere.
Eppure il ragazzo sapeva che se non si fosse fermato in quell'istante, probabilmente avrebbe passato un'altra delle migliori notti della sua vita insieme ad Abby, ma che non avrebbe risolto assolutamente nulla.
Scosse la testa ed interruppe quel bacio famelico, allontanandosi quel tanto che bastasse per aumentare la distanza tra loro e guardare Abby negli occhi. "No, non così ragazzina. Aspetta".
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, chiedendogli spiegazioni con lo sguardo: sentiva che Dean la desiderava allo stesso modo, ma allora come mai si era fermato?
Dean accennò un sorriso più convinto prendendole il viso fra le mani e respirando il suo profumo così invitante, che gli aveva sempre fatto perdere il controllo. "Non c'è niente che io voglia più di questo, Abby: sentirti mia, sentire che il tuo cuore e la tua testa vogliono la stessa cosa. Ma sei ancora confusa ed io non posso approfittare di questo momento, non se prima non avrai fatto chiarezza su quello che vuoi".
Abby ascoltò le sue parole e sentì il cuore battere più velocemente, sentendo le sue dita sfiorarle le guance con delicatezza.
Quelle sue parole non facevano altro che convincerla che fosse nata per amarlo, per trascorrere la sua vita insieme a lui.
Eppure una piccola parte di lei le suggeriva che Dean avesse ragione e che se voleva davvero essere sicura di una sua scelta, avrebbe dovuto fare luce sui suoi sentimenti.
Si aggrappò alla sua maglia accartocciandola sotto le dita per avvicinarlo di più a sé quasi come se potesse scapparle da un momento all'altro, e Dean le sorride amaramente mentre ancora le sfiorava il viso e notava i suoi occhi farsi più tristi. "Va tutto bene, Abby".
"No, non va bene per niente. Sto rovinando tutto: la nostra famiglia, noi".
Avrebbe voluto dirle che le sue parole non fossero vere, ma Dean sapeva che qualsiasi cosa avesse detto, Abby non lo avrebbe ascoltato.
Dean ci aveva pensato molto ed aveva capito che nessuno gli aveva imposto di innamorarsi di Abby: avevano potuto mediare il loro incontro, ma Dean sapeva che si sarebbe innamorato di lei in ogni universo. Senza un motivo o una spiegazione.
Quando vide le lacrime fare capolinea sui suoi occhi, Dean scosse la testa e si affrettò ad asciugare, sfiorandole le guance e le labbra rosse e carnose. "Voglio che tu vada via, adesso. Dovrai affrontare Edward prima o poi".
"Dean..".
"Non è sbagliato se lo ami".
Il labbro inferiore le tremò mentre ascoltava quelle parole, chiedendosi come potesse Dean guardarla con quello sguardo carico di amore mentre la spingeva fra le braccia di un altro uomo. 
Davanti a quell'altruismo Abby sentì il suo cuore battere più velocemente, pensando che stesse compiendo uno dei gesti più nobili.
Le sfuggí un singhiozzo ed Abby si rifugiò sul suo petto, appoggiandovi il capo mentre Dean le sfiorava i capelli, tenendola stretta per tranquillizzarla.
Aveva bisogno di coraggio e di forza per potersi  convincere a mettere i piedi in fila e ad uscire da sola da quel locale.
Quando finalmente fu pronta, Abby sollevò lo sguardo verso di lui ed accennò un sorriso più sicuro e pieno nei suoi confronti.
Dean ricambiò quel suo sorriso e le fece l'occhiolino, non aspettandosi quando Abby si sollevò quel tanto che bastasse per unire le loro labbra in un bacio lento e casto che gli fece girare la testa ed impazzire il cuore, sapendo inevitabilmente di addio.
Quando la vide allontanarsi dalle sue labbra ed andare via, Dean ebbe l'unico rimpianto di non averla trattenuta qualche altro istante.
Abby sciolse la presa su di lui ed abbassò lo sguardo, senza dire una parola scese dal biliardo e si allontanò senza guardarlo più.

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Capitolo 86
*** Capitolo 78 ***


Hunters' legacies
Capitolo 78 
 

Il silenzio regnava all'interno della sala comune del bunker mentre Abby non distoglieva lo sguardo dallo squarcio interdimensionale a pochi metri da lei, creato dall'arcangelo Micheal che aveva deciso di aiutarli a rintracciare uno specifico fiore reperibile solamente in Purgatorio, utile per fermare Chuck.
Era passata ormai più di una settimana da quando Abby avesse raggiunto Dean in Texas, aiutando ad evadere dalla prigionia in cui il suo amico storico lo avesse rinchiuso per aver ficcato il naso dove non gli competesse. 
C'erano stati dei giorni di tensione dopo, come quando Sam avesse iniziato ad avere visioni sui diversi finali ideati da Chuck, i quali terminavano sempre con uno dei due fratelli che uccidesse l'altro; qualsiasi cosa stesse architettando Chuck, sarebbe avvenuto piuttosto presto, quindi dovevano preparare un piano prima che fosse troppo tardi.
Adesso Abby continuava a rimanere seduta al tavolo della grande sala centrale al bunker, fissando lo squarcio temporale dentro cui fossero entrati Dean, Dan, Castiel ed Anael per rintracciare il il fiore suggerito da Micheal. 
Era stato Donatello a rivelare loro che fosse l'arcangelo la chiave per fermare Chuck e lo avevano cercato fino all'inferno, dove con sorpresa trovarono Rowena a governare un inferno diverso e più corretto. 
Sam ed Eileen erano invece andati ad aiutare un'amica cacciatrice durante un caso piuttosto difficile, lasciando così Abby e Edward completamente soli nel bunker, con un countdown di dodici ore prima che il portale si richiudesse; erano rimasti in silenzio per tanto tempo e Abby aveva aperto bocca solamente quando Silver l'aveva chiamata per informarla che i bambini stessero bene.
Ma adesso le ore passavano lentamente e rimanere insieme in quella stanza senza dirsi neanche una parola iniziava ad essere difficile, proprio per loro che passavano le giornate a parlare di tutto e di niente, ridendo e scherzando su qualsiasi cosa; involontariamente Abby incontrò lo sguardo di Edward che raramente lo distoglieva dal suo e rimase qualche secondo a indugiare su di lui, sentendo il cuore battere più forte nel petto mentre guardava nei suoi occhi nocciola.
Il suo sguardo era ancora accusatorio ed arrabbiato e Edward si era ritrovato a pensare che l'ultima volta che Abby fosse stata veramente arrabbiata con lui, ci aveva messo mesi a superarla.
"Abby, io..".
"No".
Edward sospirò e scosse la testa, seduto dal lato opposto rispetto a quello di Abby, mentre la osservava distogliere lo sguardo e voltarsi a guardare nuovamente il portale con aria agitata.
Nascondere ciò che provava in sua presenza era faticoso, così tanto che Abby dovette impiegare tutte le sue forze per non guardarlo o avvicinarsi a lui.
Sentiva la sua mancanza più di quanto volesse ammettere, più di quanto il suo orgoglio le permettesse di sentire.
"Volevo solamente..".
"Non voglio sentirlo".
Abby incrociò il suo sguardo con aria perentoria, ma si stupí quando vide i suoi occhi arrabbiati suggerirle di lasciarlo parlare senza interromperlo.
Ed infatti Edward sospirò e continuò il suo discorso. "Dean mi ha detto quello che hai fatto per mio fratello. Non eri tenuta a farlo e..".
"Volevo farlo".
"Beh, grazie. È molto importante per me che lo abbia fatto tu, rossa".
Abby lo guardò negli occhi e le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro e triste, e lo osservò allungare una mano sul tavolo come segno di resa, come segno di riappacificazione.
Edward voleva così tanto che Abby afferrasse la sua mano e lo perdonasse, o che almeno le lasciasse spiegare.
La ragazza guardò la sua mano destra aperta in attesa di stringere la sua e avrebbe tanto voluto prenderla e ricambiare la presa.
Avrebbe tanto voluto chiedergli come stesse, se il suo cuore e le sue ferite si fossero risanate.
Avrebbe voluto stargli vicino e abbracciarlo come aveva fatto la notte del loro ritorno al bunker, lasciandogli sfogare il suo dolore mentre si aggrappava a lei come se fosse la sua ancora.
Ma Abby scosse la testa e distolse lo sguardo, alzandosi in silenzio e muovendosi per la sala per allontanarsi il più velocemente possibile da Edward.
Con lo sguardo la seguì e la osservò sparire dentro al corridoio, probabilmente diretta in cucina o da qualche altra parte.
Avrebbe potuto seguirla e costringerla ad ascoltarlo, ma Edward sapeva che quello non fosse proprio il momento.
Sbuffò sonoramente mentre si alzava per recarsi al mobiletto bar, afferrando un bicchiere e del Whisky per versarsi dei lunghi sorsi che si affrettò a bere velocemente. "Sarà una lunga notte". 


Tornare al bunker quella sera aveva il sapore di una grossa sconfitta.
Sam ed Eileen erano stati attirati in una trappola di Chuck, che aveva provato a spezzare l'animo di Sam fino a quando non c'era riuscito, essendo l'unico modo per rompere quel legame stabilito dall equalizer. 
Sam stesso aveva distrutto l'unica arma che avessero contro Chuck, di cui facesse parte il fiore del Purgatorio, dicendo che quello non fosse il modo migliore per concludere la storia e che probabilmente, confinare Chuck in una prigione come lui fece con Amara, non fosse il giusto epilogo. 
Abby e Dean si scambiarono una rapida occhiata quando Sam era entrato nella sala centrale dove fossero tutti riuniti per bere una birra in silenzio, dicendo ai presenti che non fosse pentito della sua azione, perché aveva visto cosa sarebbe potuto accadere se avessero portato a termine la missione.
Dopo qualche ora quando tutti si fossero dileguati nelle proprie stanze per cercare di dimenticare che stessero esaurendo le carte da giocare, Edward che non aveva esitato un momento ad aiutarli a recuperare Sam, mettendosi in gioco e tornando sul campo nonostante la sua ferita all'addome non fosse del tutto rimarginata, si mosse nel corridoio fino ad arrivare alla sala comune, rimanendo per qualche istante immobile ad osservare la scena che gli si fosse parata davanti: vide Sam a pezzi e ancora molto confuso, avvicinarsi e baciare Eileen, distrutta anche lei dal modo in cui Chuck l'avesse usata quel giorno, e Edward gli sentí dire che quella fosse la realtà, non quella costruita da Chuck stesso. 
Sospirò lentamente e osservò i due ragazzi continuare a scambiarsi qualche parola, e presto Edward si voltò in silenzio per tornare sui suoi passi, camminando lentamente per il corridoio fino a superare le stanze dei ragazzi. 
Si fermò con la mano a mezz'aria davanti alla porta di Abby e prese un lungo respiro, chiudendo gli occhi ed esprimendo il desiderio di essere ascoltato, poi si fece forza e bussò. 
"Avanti". 
La voce flebile della ragazza arrivò dall'interno della stanza e Edward abbassò la maniglia ed entrò, richiudendosi la porta alle spalle. 
Osservò il suo viso diventare più rigido e più serio, aggrottando le sopracciglia chiedendosi probabilmente del perché si trovasse nella sua camera, e serrò le braccia al petto, rimanendo seduta al tavolino vicino a letto con il computer acceso che stesse utilizzando per fare delle ricerche. 
Abby decise che non lo avrebbe mandato via quella sera, ma che fosse arrivato il momento di affrontarlo una volta per tutte.
Così rimase a guardarlo con aria arrabbiata assottigliando gli occhi per guardarlo in cagnesco, pensando a mille parole che avrebbe potuto dirgli, ma ciò che fece fu molto diverso: mantenne il contatto visivo guardandolo in modo accusatorio. "Tu mi hai mentito. Ed io non voglio perdonarti". 
Edward si ritrovò ad accennare un sorriso divertito e disperato mentre osservava la ragazza davanti a sé con addosso quell'aria così arrabbiata, e per un momento gli sembrò una bambina viziata che puntasse piedi e lo additasse. "No, non ci credo. Dubito che tu mi voglia fuori di qui, dubito che non voglia perdonarmi". 
Abby sgranò gli occhi e lo guardò seria, sentendo la rabbia dentro di lei crescere sempre più, mentre udiva le sue parole. "Tu hai ucciso mia madre".
"No, affatto: io ho trovato un rituale". 
Abby serrò le labbra in un'espressione adirata, continuando a guardarlo in cagnesco e Edward sospirò rumorosamente, scuotendo la testa e diventando più serio mentre il suo sorriso scemava: leggeva nei suoi occhi la rabbia e l'ira, sapeva che non le sarebbe passata facilmente, ma Edward iniziava a sentirsi infastidito da quel suo comportamento, così avanzò velocemente e si sedette sulla sedia di fronte alla sua mentre Abby lo guardava con un sopracciglio sollevato e aria infastidita. "Vuoi che ti dica che mi dispiace? Che vorrei non aver trovato quel rituale? Che vorrei che tu fossi morta?". 
"Si! Perché è così che vanno le cose: la gente muore e chi rimane si abitua, e tu non avevi nessun diritto di riportarmi indietro!" esclamò Abby allargando le braccia e puntandogli un dito contro, dilatando le narici per la rabbia. 
"Come puoi.." iniziò Ed sgranando gli occhi e scuotendo la testa, mentre le parole gli morivano in bocca e rabbrividiva al solo pensiero, lasciando che il suo sguardo faceva trasparire la delusione ed il dolore. Ma presto l'uomo cambiò atteggiamento: la guardò in cagnesco e alzò la voce di qualche tono per la rabbia, sbattendo i pugni sul tavolo con rabbia, mentre rabbrividiva al ricordo del giorno del funerale di Abby. "Non mi sentirò ancora in colpa per averti riportata alla vita: tu non hai la minima idea di come sia stato perdere te. Ho visto il tuo corpo senza vita e ho toccato la tua pelle gelida, per poi vederti bruciare! È stato.. il dolore più grande che io abbia mai provato. Quindi no, non mi scuserò per averti riportata indietro, per aver restituito ai tuoi figli la loro madre!". 
Abby sgranò gli occhi e fu completamente investita da quelle parole, tanto che non riuscì a sostenere lo sguardo di Edward e abbassò il suo.
Si sentì così schiacciata dal suo sguardo e da quelle parole, così si alzò da quella sedia e lo sorpassò per mettere un po' di distanza fra loro.
Deglutì a fatica tornando a serrare le braccia al petto quando sentì un peso stabilirsi sul petto mentre sentiva il suo sguardo seguirla per la stanza, così si voltò dandogli le spalle perché non aveva la minima idea di come comportarsi. 
Abby sapeva quale motivo avesse spinto Edward a fare ciò che avesse fatto, non aveva bisogno di chiarimenti perché probabilmente anche lei avrebbe fatto lo stesso a parti invertite, eppure non riusciva a fare a meno di desiderare che lui non l'avesse fatto. 
"Dovevo essere io".
Si voltò in silenzio trovando il coraggio di guardare nuovamente Edward negli occhi così scuri e feriti che si fosse appena alzato, eppure percepí dalla sua voce più calma il suo dolore, e immediatamente capí che anche lui soffrisse. "Di che stai parlando?".
"Quando lo stregone mi ha dato questo rituale, sapevo che richiedesse un sacrificio: è magia nera! E io ero pronto a scambiare la mia vita per la tua: ero andato nel mio bar e stavo per iniziare, quando qualcuno mi ha sparato alla spalla.." sussurrò Edward sospirando rumorosamente e annuendo, scostando appena la sua maglietta scura per farle vedere la cicatrice che ancora portasse su di sé. "Era Isobel: aveva capito che io avessi davvero trovato qualcosa quella volta e mi aveva seguito. Lei mi ha sparato e mi ha steso con un tirapugni, rubando il mio rituale. E se n'è andata. Non l'ho più vista, ma poi Sam mi ha chiamato per dirmi che eri tornata e ho capito che doveva essere stata Isobel". 
Abby sgranò gli occhi mentre osservava la cicatrice sulla sua spalla a cui non aveva neanche fatto caso quando insieme ad Anael e Castiel si era presa cura di Edward dopo la tortura di Lilith.
Si portò una mano alle labbra e scosse la testa guardandolo con stupore, lasciando che il suo sguardo sbalordito gli rivelasse qualcosa su cui Abby non avesse mai davvero riflettuto: l'idea che Edward potesse sacrificarsi per lei non aveva mai sfiorato la sua mente, nonostante Abby fosse sempre stata pronta a dare la vita per lui. 
Ma il suo sguardo così sicuro di sé e così ferito, le fece intuire che stesse dicendo la verità e che davvero sarebbe morto per riportarla indietro. 
Edward tirò su con il naso e sbatté le palpebre per qualche momento, sospirando profondamente prima di tornare a guardarla ed a parlare con voce addolorata e tirata, facendo qualche passo verso di lei. "Mi spezza il cuore che dopo tutto quello che abbiamo passato insieme, dopo il modo in cui ci siamo legati in tutto questo tempo, tu possa pensare che io possa essere capace di fare del male a qualcuno che tu ami. Non ho ucciso tua madre Abby, non avrei mai potuto farti soffrire così. E prima che Isobel mi fermasse dall'iniziare il rituale, ho sperato che le tue stronzate sulla reincarnazione fossero reali solamente per poterti incontrare di nuovo in un'altra vita e poter stare di nuovo con te".
Abby serrò la mascella e lo guardò con occhi lucidi mentre sentiva le sue parole e osservava il suo viso contratto dal dolore, e lo vide avvicinarsi lentamente facendo appena pochi passi nella sua direzione con espressione sofferente, e la ragazza si ritrovò a sentire il suo cuore battere forte nel petto mentre lo stomaco le si rigirava per l'agitazione. 
Mentre guardava nei suoi occhi scuri, leggeva tutto ciò che Edward stesse ancora omettendo di dire, e con voce flebile si avvicinò al gigante dal cuore buono e chiese: "Avresti fatto questo per me?".
Edward rilassò il viso in un sorriso tenero, abbassando lo sguardo sulle mani della ragazza di fronte a sé che afferrò fra le sue, e annuì. "Si. Sono qui, Abby. Non me ne sono andato prima e non me ne andrò adesso. Sono innamorato di te, ma questo lo hai sempre saputo. Ti ho amata dal primo istante in cui ti ho vista entrare nel mio locale, ti ho amata quando siamo stati insieme e ho continuato ad amarti quando non lo siamo stati più. Ti amo. E amo i bambini. Siete la cosa più bella che mi potesse capitare. Sei la mia vita Abby, io non so più come dirtelo". 
Per qualche istante rimase immobile ad osservare il forte sentimento prendere forma negli occhi di Edward, ascoltando le sue parole mosse da emozioni forti. 
Si sentí così dannatamente commossa da quelle parole, mentre il suo cuore batteva unicamente per lui.
E nonostante il suo cuore le stesse suggerendo di aver perdonato Edward nel momento stesso in cui lo aveva stretto a sé, dopo averlo riportato al bunker per curarlo quella sera, qualcosa la tratteneva ancora e non le permetteva di compiere il passo che l'uomo davanti a sé le stesse chiedendosi di fare.
"Non so più cosa sia reale, Edward. Ho amato Dean perché l'ha voluto Chuck, ma ciò che sento per te..".
".. l'hai deciso tu".  Edward la avvicinò di più mentre ancora teneva la sua mano fra le sue, portandosi la destra sul suo petto per farle sentire come il suo cuore stesse battendo velocemente solamente standole vicino. "Questo è reale, rossa: quello che c'è tra noi lo abbiamo deciso noi. Nessun angelo o Dio ha potuto interferire con quello che sentiamo l'uno per l'altra. Questo è autentico, è reale".
Mentre lo guardava negli occhi e sentiva la vista annebbiarsi per qualche momento, Abby sapeva di dover compiere una decisione in quell'istante e se avesse scelto male, probabilmente se ne sarebbe pentita per tutta la vita.
Avrebbe voluto tirarsi indietro e tirare via la mano, scappare dalla stanza e dal bunker per il modo in cui Edward la faceva sentire.
Le faceva tremare le gambe e sentire il cuore in gola, le mani sudate.
Ma si chiese per quanto tempo ancora avrebbe potuto trattenere quel sentimento così forte che fosse nato dentro di lei qualche anno prima, quando era entrata al Red Right Hand senza sapere cosa l'aspettasse conoscendo il proprietario di quel locale.
Edward le sorrise dolcemente e con l'altra mano le sfiorò il viso con dolcezza, guardando nei suoi occhi lucidi. "Ti amo, rossa".
Una lacrima sfuggì al suo controllo ed Abby non riuscì più a trattenere ciò che sentisse davvero. "Ti amo anch'io".
Con gli occhi pieni di lacrime, Abby annullò la distanza fra di loro afferrandolo dalla maglietta per costringerlo a chinarsi, mentre lei si sollevava sulle punte dei piedi per unire le loro labbra in un bacio di urgenza, un bacio carico di mancanze e di dolcezza.
Edward le strinse le braccia attorno alla vita, stringendola a sé più stretta mentre la baciava con delicatezza, e Abby gli stringeva le braccia attorno al collo.
E dopo anni, sentì di nuovo il suo sapore. Sentì le sue grandi mani muoversi su di lei e farle girare la testa. 
Quando entrambi aprirono gli occhi per riprendere fiato e si guardarono per qualche istante, suoi volti di entrambi nacque un sorriso. 
Edward la strinse così forte ed Abby riuscì solamente a fare altrettanto, appoggiando la fronte alla sua mentre si beava di quel contatto così intimo. 
"Mi dispiace di non aver capito, mi dispiace di essermi arrabbiata. Ti ho trattato male, sono stata dura e...". 
"Shh, rossa. È tutto a posto.." sussurrò Edward accennando un sorriso e sfiorandole le guance strette mentre osserva i suoi occhi sinceri. 
Abby sospirò rumorosamente sentendosi tremendamente in colpa per come lo avesse trattato, ma nel contempo il cuore le stava schizzando via dal petto per la paura e per la felicità.
Edward non disse niente ma rimase a guardare nei suoi occhi e accennò un sorriso sereno, chinandosi sul suo viso per darle un casto e leggero bacio, mentre pensava che finalmente niente sarebbe potuto andare storto.
Abby era sua. 
Per davvero questa volta.
Completamente.
Era sua perché aveva scelto di stare con lui, esattamente come voleva.
Il bacio divenne sempre più intenso ed il respiro più corto e bastò uno sguardo per far capire a Edward cosa volesse.
L'uomo ridacchiò sulle sue labbra e si chinó per sollevarla dalla cosce prendendola fra le braccia mentre Abby aggrovigliò le gambe attorno al suo bacino ed insinuò le mani fra i suoi capelli ricci. 
Lo baciò in maniera famelica, lo desiderava più di qualsiasi altra cosa al mondo; Edward si sedette sul bordo del letto tenendola fra le braccia, e le sfilò la sottile maglietta di cotone bianca che indossava mentre Abby gli aprì la camicia, rivelando il suo corpo scultoreo che le faceva sempre girare la testa. 
Ma Abby si distrasse ed interruppe quel bacio quando con le dita sfiorò l'ampio cerettone che copriva una parte dell'addome di Edward, e la ragazza lo guardò come se si fosse appena ricordato della sua ferita.
"Mi dispiace così tanto, Ed..".
Edward guardò nei suoi occhi preoccupati e sorrise divertito, sfiorandole la guancia mentre con l'altra mano la faceva scivolare sulle sue gambe per attirarla più vicina a sé. "Ne ho viste di peggiori, te lo assicuro rossa".
Prima che potesse sentirsi in colpa ancora una volta, Edward tornò ad unire le loro labbra ed a baciarla con la stessa intensità di prima, perché non c'era proprio niente che volesse di più di avere finalmente Abby tutta per sé.
Quando fu di nuovo coinvolta e Edward si distese sul letto portandola a cavalcioni su di sé, il resto dei vestiti raggiunse velocemente il pavimento, Abby non riusciva a credere a come il suo stesso cuore stesse battendo così forte da quasi farle male. 
Le sue mani si muovevano su di lei e Edward la baciava in quella maniera possessiva da farle perdere ogni controllo, e Abby si sentiva finalmente completa e pienamente cosciente della scelta che il suo cuore avesse fatto all'interno di quella stanza.
 

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Capitolo 87
*** Capitolo 79 ***


Hunters' legacies
Capitolo 79



Dean camminava con aria seria fra le tante persone che si ammassavano all'interno di quel Luna Park, scansando bambini che esternavano a voce fin troppo alta la propria felicità mentre pensava che avrebbe adorato portare Mary su quelle giostre.
Aveva appena scambiato un cenno del capo con suo fratello e con Abby che andarono in una direzione, e con Edward ed Eileen che andarono in un'altra. 
Stavano percorrendo tutte le vie possibili per riuscire a bloccare il mostro che stessero braccando: si trovavano a New York, dove sempre più ragazzini sparivano uno dopo l'altro o venivano ritrovati con il collo dilaniato. 
Avevano immaginato che si trattasse di un nido di vampiri, ed infatti i cacciatori erano riusciti a trovarlo ed a raderlo al suolo, lasciandosene sfuggire solamente uno: lo avevano seguito fino al luogo più affollato vicino la casa abbandonata in cui dimorassero. 
Abby si mosse attorno ad una giostra con discrezione girando attorno ai gruppi di persone sorridenti, suggerendo con lo sguardo a Sam di girare dalla parte opposta rispetto alla sua, confondendosi tra la folla e con le urla divertite dei presenti e con il loro odore in modo da non farsi riconoscere. 
Girò attorno a quell'ammasso di lamiera e bulloni che emanava delle luci luminose e verdi, e quando arrivò sul retro vide l'uomo alto che stava cercando completamente chinato su una giovane donna, nel collo della quale aveva affondato i suoi lunghi denti. 
Osservò la donna rimanere in silenzio con il collo spezzato ed il sangue che usciva frenetico dal suo collo, così Abby si avvicinò a grandi passi con il suo grosso machete in mano cercando di essere più silenziosa possibile. 
Giunse a pochi passi dal vampiro e udí il suo respiro pesante mentre si nutriva, simile a quello di un leone che stesse spolpando la sua preda.
Nonostante Abby avesse ucciso dozzine di mostri nell'arco della sua vita, il suo cuore batteva molto forte mentre si avvicinava al vampiro e una scarica di adrenalina la attraversava da capo a piedi. 
Sollevò il machete per coglierlo a tradimento e staccargli di netto la testa, quando con velocità il vampiro lasciò cadere a terra la donna ormai priva di vita che stringesse fra le braccia e si voltò di scatto verso di lei, afferrandole il braccio e bloccando quel colpo.
Per qualche istante Abby lo guardò in viso, sollevando le sopracciglia con aria sorpresa mentre si chiedeva che cosa sarebbe successo adesso. 
Quel vampiro era un davvero molto alto, robusto e massiccio più di quanto pensasse possibile; i suoi muscoli straripavano dalla giacca di pelle aderente che indossava e aveva messo su un'aria molto minacciosa.
I suoi occhi erano color ghiaccio, tutti accerchiati dalle vene rosso scuro che fossero in rilievo, mostrando la sua vera natura; i suoi denti sporgevano dalle sue labbra, sporco di sangue fino al mento. 
Le fece un ghigno malvagio agghiacciante e la guardò come se fosse il piatto che stesse aspettando impazientemente sul menù. "Deve essere il mio giorno fortunato, cacciatrice". 
In qualche secondo, Abby si ritrovò schiacciata contro il retro del furgone dietro cui si fosse nascosto il vampiro per dissanguare la donna che adesso giacesse a terra, e le strinse una mano attorno al collo per sollevarla da terra. 
Abby lasciò cadere il machete sgranando gli occhi mentre provava a liberarsi dalla presa ferrea che le attanagliasse la gola, ma quel vampiro era troppo più forte di lei. 
In qualsiasi punto lo colpisse, Abby non riusciva a fargli perdere la presa su di lei né tantomeno indebolirla.
Lo sentí ridere divertito mantenendo il suo ghigno diabolico sul viso, fino a quando abbassò la sua presa per avvicinare i loro volti. "Voi mi avete portato via il mio nido, la mia famiglia. Adesso farò lo stesso con te, tesoro. E farà davvero male". 
Quando il vampiro lasciò la presa sul suo corpo per affondare per il viso sul suo collo e dilaniarle la pelle, Abby non riuscì neanche ad emettere un suono, figuriamoci gridare. 
Cercò di colpirlo e di fargli perdere la presa su di lei, ma ad ogni suo movimento Abby percepiva i canini affilati del vampiro scendere sempre più in profondità, riuscendo a percepire il sangue lasciare il suo corpo. 
Abby non aveva mai avuto paura nella sua vita, non le era stato insegnato, e non ne ebbe neanche in quel momento in cui le forze la stessero lentamente abbandonando. 
Ma il terrore la invase quando il vampiro allontanò il viso dal suo collo per guardarla con aria divertita, mentre si mordeva il suo stesso polso per avvicinarlo alle labbra della cacciatrice. "Pensavi che mi sarei nutrito di te per poi ucciderti? Questo, tesoro: sarà questo il tuo incubo peggiore".
Quando sentí il sapore metallico del sangue sulla lingua, Abby provò a dimenarsi e a sputarlo fuori, ma il vampiro la tenne stretta e la costrinse a bere il suo sangue. 
Percepí la sua ferita al collo iniziare a chiudersi guarendo magicamente, e Abby scosse la testa mentre sentiva le lacrime scorrere sul suo viso perché avrebbe preferito morire che percorrere un destino simile. "N-no..". 
Il vampiro rise divertito e scosse la testa, carezzandole la testa con un gesto leggero mentre la guardava con ilarità. "Si, si, tesoro. Tu ed i tuoi amici ci avete quasi sterminati, ma adesso tu dovrai sterminare loro. Vieni a cercarmi quando ti sveglierai". 
L'ultima cosa che sentí quando il vampiro la lasciò andare e cadde in ginocchio a terra, fu una voce in lontananza che la chiamava e aveva tutta l'aria di essere spaventata e preoccupata. 
Sam
Non ebbe il tempo di assicurarsi che fosse davvero venuto a salvarla e che non lo avesse immaginato, che cadde rovinosamente a terra ed i suoi occhi si chiusero perché colti dalla peggiore stanchezza che avesse mai provato in vita sua. 




Risvegliarsi dal sonno in cui fosse precipitata, fu ciò che di più difficile avesse mai fatto. 
Si mosse sul letto su cui fosse sdraiata e cercò di aprire gli occhi per mettere a fuoco il luogo in cui si trovasse, ma le luci la accecarono a tal punto che Abby dovette proteggersi gli occhi con le mani. 
Si sentiva debole e infastidita da tutto ciò che avesse attorno, specialmente ciò che riusciva ad udire: sentiva le persone parlare fuori da quella stanza, le macchine sfrecciare nel parcheggio ed uno strano suono a cui prestò maggiore attenzione. 
Non aveva mai sentito nulla di tutto ciò e solo dopo qualche istante capì che fosse dato dal suo cuore che pompava energicamente sangue nelle vene, ed in quel momento capì di non essere sola nella stanza dati gli altri tre cuori che battevano agitati. 
Si sentí frastornata, non capiva cosa stesse succedendo, e quando si mise più dritta con la schiena sedendosi sul letto in cui si fosse svegliata, udí il mormorio nella stanza terminare immediatamente. "Ma che succede?".
Sentí i cuori all'interno della stanza accelerare e pompare il sangue sempre più forte nel corpo, e quando Abby aprí nuovamente gli occhi molto sensibili alle luci della stanza del motel in cui si trovassero, riconobbe subito i tre uomini con cui avesse cacciato. 
Dean fu il primo ad avvicinarsi a lei, accennando un sorriso fingendosi tranquillo mentre le si avvicinava con cautela. "Ciao ragazzina, come ti senti?". 
Abby non riuscì a mantenere gli occhi aperti, quella luce la stava accecando ed in più non riusciva a respirare, percependo come rarefatta l'aria che vi fosse in quella stanza. 
Scosse la testa e sentí il suo stesso respiro accelerare, mentre la rabbia montava dentro di sé ed il cuore le batteva più velocemente nel petto. 
Voleva semplicemente spegnere la luce della abat-jour posta sul comodino, ma udí lo schianto della lampada contro la parete ed il vetro andare in frantumi rendendosi conto di averla appena colpita con un forte pugno. 
Quando Abby poté tirare un respiro di sollievo e aprire finalmente gli occhi senza che venissero troppo feriti dalla luce, si sedette sul bordo del letto e guardò tutti i presenti. 
Per qualche strana ragione, Dean si era fatto più indietro rispetto a qualche istante prima. 
Fece vagare lo sguardo sugli altri due uomini ed Abby incrociò quello di Edward, il quale aveva messo su un'espressione molto rassicurante e tranquilla, sorridendole e dandole conforto, al contrario di Dean che era molto serio e non perdeva nessuno dei suoi movimenti. 
Ma quando guardò Sam, Abby trattenne il respiro e quasi tremò: era uno dei cacciatori più formidabili del mondo, la persona più buona e generosa che conoscesse, ma non era mai, mai stato capace di nasconderle la più orrenda verità. 
Abby si concentrò su di lui e tutto ad un tratto le ritornò in mente la voce di Sam, che urlava il suo nome. 
Ricordava di trovarsi in una situazione di pericolo, che si fossero divisi e che aveva individuato il vampiro a cui dava la caccia, e dopo averlo trovato tutto ciò che ricordò fu la sensazione della pelle che si lacerava ed i denti che affondavano dentro di lei. 
"No..". 
I suoi occhi divennero lucidi ed Abby si alzò di scatto, e Dean non parve spaventato ma rimase a fissarla con le mani piegate in avanti, pronto ad afferrarla se la situazione gli fosse sfuggita di mano. "Abby, devi calmarti. C'è una soluzione". 
Ma Abby scosse la testa mentre sentiva la rabbia crescere dentro di lei e si portò la mano sinistra al collo, mentre sentiva ancora la stretta ferrea ed invisibile del vampiro su di lei. "Mi ha trasformata, non è vero? Si è nutrito di me e poi mi ha trasformata!". 
Edward avanzò senza paura con passo svelto ed un sorriso sul volto, afferrandole il viso fra le mani ancora sporco di sangue secco; intrappolò i suoi occhi azzurri così terrorizzati con i suoi nocciola così sereni. 
Per molti secondi rimasero fermi a guardarsi, mentre Edward la calmava e le intimava che tutto sarebbe andato bene, e Abby annuì lentamente, quasi convincendosene. "C'è un modo per farti tornare umana. Dimenticheremo presto questa storia molto presto, te lo prometto. Va bene, rossa?". 
Abby rimase ancora ad osservarlo con un sorriso debole sul volto, annuì in silenzio quasi convincendosi che tutto sarebbe andato davvero per il meglio, che sarebbe tornata presto a casa e che avrebbe presto rivisto i suoi bambini. 
Ma in un attimo il suo respiro divenne più pesante, il suo cuore iniziò a battere più velocemente ed i suoi occhi persero quel briciolo di tranquillità che le fosse rimasto. 
Abby spostò il suo sguardo vitreo dagli occhi di Edward, lasciandoli scivolare sul naso, poi sulle sue labbra carnose ed invitanti, e qui Abby dovette deglutire un paio di volte mentre strani pensieri lussuriosi le invasero la mente, fino a quando il suo sguardo cadde sul suo collo. 
Sapeva che Edward e Dean le stessero ancora parlando, eppure Abby si era ritrovata a far risalire le sue mani sul petto di Edward mentre respirava pesantemente e con debolezza. 
Tutti i rumori attorno a lei sparirono ed Abby si concentrò sul battito cardiaco accelerato di Edward, percependo il movimento del sangue attraverso nelle sue vene; si leccò le labbra ed ebbe quasi l'acquolina in bocca quando intravide da sotto la pelle olivastra dell'uomo, la giugulare pulsare in maniera ritmica. 
D'improvviso il sangue iniziò a richiamarla e non si accorse neanche del momento in cui i suoi nuovi denti uscirono dalle gengive, mentre la sua vera natura veniva rivelata ed i suoi occhi diventavano quelli di una bestia inferocita. 
La mente di Abby venne totalmente sovrastata dalla sua nuova parte vampiresca, provando una fame così disperata da farle male mentre la gola le bruciava. 
"Abby, sei più forte di così!". 
Quando i suoi occhi tornarono normali ed Abby riuscí a placare la sua sete, si era ritrovata seduta sul pavimento della stanza. 
Sbatté le palpebre un paio di volte come se avesse avuto il blackout per qualche istante, non avendo avuto alcun controllo sul suo corpo in quei momenti, e si accorse di come tutto fosse cambiato attorno a sé: il tavolo era stato ribaltato, qualche sedia spezzata, alcuni fogli ancora svolazzavano a mezz'aria, mentre i tre cacciatori avevano ancora il fiato corto e rimanevano in allerta, pronti ad iniziare un'ulteriore lotta.
Si rese presto conto di aver attaccato Edward e qualcuno di loro doveva averla spinta indietro per impedire che potesse nutrirsi ed affondare i suoi denti nel suo collo. 
Sam, Edward e Dean erano disposti a semicerchio tutti attorno a lei, guardandola con aria addolorata e dispiaciuta e Abby li guardò con occhi lucidi e dispiaciuti, mentre sentiva le sue emozioni amplificarsi sempre di più. 
"È tutta colpa mia, Abby. Mi dispiace tanto, non ci saremmo dovuti separare, ti avrei dovuto proteggere". 
Abby guardò Sam negli occhi mentre sentiva le sue parole sinceramente affrante, lesse il suo senso di colpa albergare dentro di lui e vide come fosse così tremendamente dispiaciuto da farle male. 
Sapeva che non era stata colpa sua, che era stato un incidente e le sarebbe potuto capitare mille volte nel suo lavoro. 
Sospirò e sollevò le mani in segno di resa, scusandosi con lo sguardo con Edward che ancora una volta la guardava con aria rassicurante e tranquilla, al contrario di Dean che invece non tentò neanche di nascondere la sua preoccupazione. 
"Dovete legarmi. O proverò ad uccidere uno di voi, ancora".



Stava seduta a terra, con il polso destro sollevato poiché legata al termosifone con delle forti manette d'acciaio. 
Non si sarebbe potuta liberare, a meno che non si fosse rotta la mano stessa. 
Abby sospirò nervosamente e mosse il piede destro sul pavimento, mordendosi le labbra e scuotendo la testa mentre guardava Edward seduto su una delle sedie ancora superstiti, intento ad effettuare delle ricerche al computer per aiutarla. 
Le sembrava passata un'eternità da quando i due Winchester avessero lasciato la stanza per andare alla ricerca del vampiro che l'avesse trasformata; avere il suo sangue avrebbe significato riuscire a creare una cura per fare tornare Abby umana. 
Eppure Abby non riusciva a smettere di essere nervosa, di agitare il polso intrappolato nelle manette, mentre la realtà attorno a sé veniva aumentata. 
Tutti i rumori fuori da quella stanza le stavano facendo esplodere la testa ed Abby avrebbe fatto di tutto per poter rimanere in silenzio con i suoi pensieri per qualche istante. 
Pensava ai suoi figli incessantemente, pensava al fatto che se qualcosa fosse andato storto nel loro piano, non avrebbe mai più visto Mary e Richard. 
Avevano bisogno della loro mamma, quando lei avesse bisogno di loro. 
Non poteva lasciarli per la seconda volta, doveva riuscire a tornare umana.
Ed il tempismo con cui quel vampiro l'avesse trasformata faceva proprio schifo, perché non avevano tempo da perdere ma dovevano proseguire le loro ricerche su Chuck per trovare un modo per eliminarlo dai giochi.
"Sta' calma, rossa. Vedrai che tra poco torneranno con il sangue e sarai di nuovo umana prima di poterlo pensare". 
Fece vagare gli occhi fino a Edward, che si fosse voltato con l'intera sedia a guardarla chissà da quanto tempo, mentre Abby cercava di escludere dalla sua mente tutti i rumori esterni. 
Lo guardò negli occhi ed il nervosismo cessò mentre veniva invasa da una strana calma, così riuscì a fare un respiro profondo ed a calmare il suo respiro accelerato. 
Si sedette meglio sul pavimento e facendo spallucce, scuotendo appena la testa mentre si piegava in avanti e guardava negli occhi nocciola di Edward. "Non funzionerà: non sapete neanche che aspetto abbia il vampiro". 
"Sappiamo com'è vestito". 
"Certo. Credi che andare in giro con i vestiti sporchi di sangue gli permetterà di poter cacciare con più facilità?". 
Edward sospirò e roteò gli occhi in un segno di disperazione, mentre pensava che nonostante Abby fosse in transizione per diventare vampiro e stesse ricevendo così tanti stimoli dall'ambiente in cui si trovava, aveva ancora la concentrazione per poter trovare il modo di contraddirlo.
Il cacciatore si piegò in avanti con i gomiti sulle ginocchia per guardarla meglio: sembrava sempre la solita Abby, ma nel suo sguardo qualcosa sembrava diverso. "Cosa suggerisci?". 
Fu il turno di Abby di roteare gli occhi, alzandosi faticosamente in piedi ed indicando il suo polso legato con lo sguardo. "Io so che aspetto ha quel figlio di puttana. Conosco il suo odore, posso seguirlo. Liberami: lo trovo, lo uccido, porto il sangue e Sam fa il rituale. Siamo tutti in orario per la cena e saremo liberi di dimenticarci questa storia". 
Edward sollevò un sopracciglio e si mise in piedi anche lui, lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi mentre si avvicinava lentamente. 
Non le tolse mai gli occhi di dosso, mentre notava il suo sguardo speranzoso rimanere impassibile nonostante la vicinanza. "Cosa ti impedirebbe di farmi a pezzi e poi fare lo stesso con le persone fuori da quella porta, se ti liberarsi?". 
Quasi avrebbe voluto rimangiarsi la frase appena detta, quando vide il viso di Abby piegarsi in un'espressione ferita. 
La ragazza abbassò gli occhi e scosse la testa, mentre sentiva il suo cuore battere più velocemente, esattamente come quello di Edward: sapeva che aveva ragione, che avrebbe potuto fare del male a qualcuno. 
Eppure Abby sapere di riuscire a fare la cosa giusta per tornare dalla sua famiglia.
Dopo qualche istante tornò a guardarlo e sospirò, facendo spallucce e mostrandogli i suoi occhi lucidi. "Io ho due figli, Ed: pensi che mi nutrirei di qualcuno, mettendo a repentaglio la mia vita con loro? Non c'è nessuno più di me che mi voglia di nuova umana". 
"Si, questa è la tua parte razionale a parlare. Ma che mi dici dell'altra? Hai cercato di mordermi prima". 
Abby sospirò scuotendo la testa e fece un passo nella direzione, perché desiderava da matti riuscire ad avvicinarsi a lui e toccarlo per mostrargli quanto realmente fosse dispiaciuta per ciò che fosse accaduto. "Sento il tuo cuore battere più velocemente da quando ti sei avvicinato. Hai paura di me? Pensi che io possa farti del male intenzionalmente?". 
I suoi occhi erano così sinceri che Edward non riuscì a non crederle, ma era pur sempre un cacciatore e aveva visto i mostri fingersi buoni centinaia di volte.
Eppure si trattava di Abby e Edward voleva così disperatamente crederle, così disperatamente aiutarla e farla stare bene. 
Quando fece dei passi avanti fino a giungere vicino alla ragazza, così tanto che Abby avrebbe potuto raggiungere il suo collo con un piccolo scatto, Edward la studiò per dei lunghi istanti e non la vide mai perdere il controllo o vacillare. 
Niente denti da vampiro, niente vene rosse attorno agli occhi, niente brama di sangue. 
Sembrava la solita Abby e lui l'amava troppo per farla soffrire in quel modo. 
Inoltre pensava che Abby avesse ragione e che Sam e Dean non avrebbero potuto trovare quel vampiro, capace di mimetizzarsi fra le altre numerose persone presenti al luna park.
Edward sbuffò sonoramente, mentre borbottava qualcosa di incomprensibile, che assomigliasse ad un Cosa non farei per te?
Inserí la chiave all'interno delle manette, aprendole brevemente per poi chiuderla attorno al proprio polso come garanzia. 
Poi sollevò lo sguardo verso di lei e sorrise dolcemente, allungando una mano verso la sua guancia per sfiorarle la guancia senza alcun timore. "Non farmene pentire, rossa". 
Abby sorrise debolmente e sospirò, appoggiandosi alla sua mano e ringraziandolo con lo sguardo, per averle creduto e per amarla così tanto. "Non lo farò. Adesso andiamo a dare la caccia a quel figlio di puttana".



Si mossero in fretta l'uno accanto all'altra, nascondendo il loro legame d'acciaio dentro alle maniche delle giacche, scansando le persone all'interno di quel Luna Park. 
Abby aguzzava la vista e vedeva più in lontananza rispetto a Edward, che teneva la mano intrecciata alla sua e la seguiva tenendo sempre gli occhi aperti, sempre pronto ad intervenire nel caso in cui la situazione gli fosse sfuggita di mano. 
Edward non era uno stupido: sapeva che Abby avrebbe perso il controllo dentro quella stanza di motel, sapeva che era questione di tempo prima che sbriciolasse il termosifone e si avventasse su di lui o su chiunque fosse nei paraggi. 
Così aveva deciso di tenerla vicinissima a sé e di portarla in mezzo a tutte quelle persone per darle qualcosa che desiderasse più del sangue: la vendetta.
Edward continuava a tenerla d'occhio e aveva sempre una mano pronta per afferrare la siringa di sangue di uomo morto che avesse precedentemente messo nella sua giacca. 
Se Abby avesse perso la testa e le fosse venuta voglia di uccidere, l'avrebbe messa al tappeto senza sforzo. 
Eppure la donna se la stava cavando bene, seguendo i suoi sensi. 
Usava il suo naso per captare l'odore del suo creatore che avesse memorizzato e sorrise compiaciuta, quando lo percepí. "È qui, lo sento". 
Scansò un gruppo di persone forse troppo bruscamente, tant'è che Edward si dovette scusare con un sorriso dispiaciuto, e le si avvicinò velocemente, tenendola più vicina a sé. "Fa' piano, Abby. Così mi staccherai la mano".
Ma la donna non sentí la sua battuta, presa per com'era a seguire la sua traccia in mezzo ad almeno altri mille odori che cercassero di coprirlo. 
Si fermò sul posto proprio accanto ad uno stand di tiro al bersaglio, osservando distrattamente dei ragazzini che stessero provando invano di far cadere le ruote giranti per vincere almeno un peluche per le proprie conquiste, ma presto voltò il viso dalla parte opposta, divenendo più seria. "Da questa parte".
Edward si guardò attorno e sospirò, costretto a seguirla senza aver voce in capitolo su dove sarebbero potuti andare. 
La guardava mentre camminavano fianco a fianco ed a Edward sembrò che si trattasse di una semplice caccia: Abby non era diversa, non si comportava in maniera strana, non aveva voglia di squarciare nessuna gola. 
Stava cacciando il mostro che le avesse fatto del male, ed Edward non poté fare a meno di esserne fiero. 
Aveva sempre saputo che Abby fosse forte e dura, ma stava eccellendo dove anche i migliori cadevano. 
Lo guidò fra degli stand in cui fossero esposte una notevole quantità di dolci, caramelle, mele ricoperte di cioccolato. 
Camminarono ancora fra le persone, continuando a guardarsi attorno, e all'uomo sembrò che stessero girando in tondo. 
Ad un tratto Abby si fermò, nuovamente. 
Non disse nulla, non modificò neanche la sua espressione, ma fu quello il momento in cui Edward capì che, per quanto Abby stesse andando bene, aveva sbagliato a non considerare che un vampiro in transizione fosse comunque un vampiro.
L'odore del suo creatore questa volta venne coperto da un altro, molto più intenso e forte, molto più piacevole. 
"Sangue..".
Fu solo un sussurro, ma fu sufficiente affinché Edward lo sentisse e subito piantò i piedi a terra, fermando se stesso e costringendo di conseguenza anche Abby a fermare la sua corsa. 
Le prese le spalle con le mani e la guardò negli occhi, ma Abby continuava a far vagare lo sguardo a destra e a sinistra, mentre il suo respiro accelerava incontrollato e si agitava come se Edward me stesse tenendo la testa sott'acqua impedendole di respirare.
"Abby, devi controllarti. Subito!".
"Mi sta prendendo in giro: sa che sono qui. Continua a spostarsi e.." sussurrò Abby con voce tremante, incurvando le spalle e scuotendo la testa mentre il suo cuore batteva forte nel petto ed alzava lo sguardo verso l'uomo che la tenesse stretta. "C'è tanto sangue, Ed. Riesco a sentirlo: vuole che io mi nutra. E lo voglio anche io, così disperatamente. Sto morendo di fame". 
I suoi nuovi denti si fecero largo tra le sue gengive senza che riuscisse ad accorgersene ed istintivamente Edward si fece più vicino per proteggerla dallo sguardo delle altre persone, avvicinando inavvertitamente il suo collo ad i suoi denti. 
Per Abby fu una sofferenza atroce: sentí le sue vene seccarsi nel corpo e la fame bruciante pulsarle nella gola e nel petto, aumentare mano a mano che si avvicinasse al collo di Edward.
Percepí i suoi denti uscire completamente ed emise un ringhio quasi animalesco, coperto dalla forte musica proveniente da ogni stand. 
"Calmati, rossa. Io ti conosco, so che non vuoi farlo. Non ti nutrirai: pensa ai tuoi figli". 
Abby scosse la testa e non riuscì a distogliere lo sguardo dal suo collo esposto e dalla giugulare pulsante. 
Bramava sangue e questa volta non ci sarebbe stato nessuno a fermarla. 
Ogni fibra del suo corpo le suggeriva che quella fosse la giusta cosa da fare, che attaccare Edward ed attaccarsi al suo collo fosse l'unico modo per sopravvivere.
La presa sulle sue spalle divenne ferrea, Edward la teneva a distanza per quanto possibile, ma sempre abbastanza vicina da far sì che nessuno potesse vedere il suo viso cambiare e dovette impiegare tutta la forza che avesse, dato il modo in cui Abby stesse spingendo per annullare la distanza fra loro. 
Immaginava già il sangue bagnarle le labbra, colarle per la gola, placare la sua fame, e non poté immaginare nulla di più eccitante e delizioso. 
Poco prima che riuscisse ad affondare i denti nel suo collo, Edward la spinse con tutta la forza che avesse in corpo, continuandola a bloccare dalle braccia per proteggere se stesso e chi gli stesse attorno. "Pensa a Mary e a Richard: hanno bisogno di te, sei la loro mamma. Non ti potrai avvicinare più a loro se non ti curi". 
Come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso,  Abby sgranò gli occhi e l'immagine dei suoi bambini giunse nella sua mente, mentre il suo cuore batteva più velocemente per l'agitazione.
Sollevò lo sguardo mortificato verso Edward e smise di spingere verso la sua direzione, che quando la guardò nuovamente vide il suo viso tornare ad essere normale. 
"Mi dispiace, Ed. Perdonami". Abby scosse la testa e sentí gli occhi pizzicare, sentendosi nuovamente in colpa per tutto ciò. Aveva tentato di ucciderlo, di nuovo. E questa volta ci era andata fin troppo vicino. "Non posso metterti ancora in pericolo. Devo allontanarmi da te". 
Senza neanche rendersene conto, Abby sbriciolò fra le dita quelle manette d'acciaio come se fosse un biscotto, liberandosi finalmente da Edward e spingendolo indietro con forza; lo vide cadere addosso ad un gruppo di ragazzi alle sue spalle e travolgerli con il suo corpo, ma non rimase a lungo per vedere ciò che sarebbe successo. 
Si voltò ed iniziò a camminare seguendo quell'odore che la stava facendo impazzire: avrebbe trovato il suo creatore e sarebbe tornata umana. 
Ma il suo cammino risultò essere più difficile che mai: i rumori giunsero alle sue orecchie in maniera amplificata, la musica già ad alto volume, il forte vociare delle persone e il rumore delle giostre stavano facendo esplodere i suoi timpani. 
Senza contare il suono melodioso di tutti quei cuori che battessero, pompando il sangue nei loro corpi. 
Di nuovo, il forte odore di sangue arrivò alle sue narici facendole rigirare lo stomaco ed accendendole il desiderio bruciante in gola, mischiato all'odore dei dolciumi. 
Come prima in stanza quando aveva attaccato Edward, anche adesso Abby percepí il proprio corpo muoversi senza neanche riuscire a controllarlo. 
Metteva in fila i passi come se fosse un istinto primordiale a spingerla, fino a quando si ritrovò alle spalle di uno degli stand: adesso le luci non l'accecavano più, vi era solamente qualche lampione che riuscisse scarsamente ad illuminare la sua strada. 
La musica non le faceva più male alle orecchie. 
Tutto ciò che vedeva era esclusivamente il suo creatore, con le labbra sporche di sangue e che teneva fra le braccia una ragazzina di quattordici o quindici anni, che tremante non smettesse di piangere. 
Per Abby fu difficile rinunciare a quell'istinto naturale di avventarsi sul collo già ferito della ragazza. 
Vedeva il sangue colarle addosso fino a raggiungere ed inzuppare la sua maglietta ed il suo stomaco blontolò, ritrovandosi a pensare che ciò fosse un totale spreco di risorse. 
Deglutí a fatica e ricacciò indietro i suoi denti, trovandosi estremamente controllata. 
"Lasciala andare". 
L'uomo rimase ad osservarla da lontano, piegando le labbra imbrattate dal sangue in un sorriso compiaciuto. Si avvicinò di qualche passo, portando con sé la ragazzina. 
"Sono sorpreso del tuo autocontrollo: ti sei appena trasformata, eppure ti opponi alla tua sete. Dimmi, cara: com'è?". 
"Doloroso. Terribile. Crudele". Abby sputò fuori la verità, stringendo forte i pugni, mentre lo osservava avvicinarsi ancora. "È un tormento che mi hai dato tu, e sarai tu stesso a salvarmi".
Il vampiro rise divertito, scuotendo la testa e tornando a leccare il sangue colare dal collo ragazzina che la implorasse con lo guardo di salvarla. Ma Abby non poteva muoversi in quel difficile momento in cui cercava in tutti i modi di trattenere l'istinto che le suggeriva di avventurarsi sul suo collo. "Ho sentito i tuoi amici parlare della cura: sono qui attorno, a cercami. Ma non sanno che li ho fiutati da quando hanno messo piedi in questo posto: volevo ucciderli. Ma poi ho fiutato te e la tua disperazione, non ho potuto resistere ad offrirti il dolce". 
Per un breve istante, Abby lasciò scivolare il suo sguardo sul collo squarciato e non sentí più la ragazza piangere. Era entrata in stato di shock, aveva perso troppo sangue. Sarebbe sicuramente morta se non l'avesse salvata. 
"Non fai niente di male se ne assaggi un po'". 
Strinse la mascella e sollevò lo sguardo su di lui, stringendo i pugni e scuotendo la testa. "Non posso". 
"Si, si che puoi.." sussurrò il vampiro avvicinandosi di più, costringendo la ragazza a piegare di più il volto per mostrare ad Abby il suo collo dilaniato da cui fuoriusciva del sangue. "Bevi e non avrai più alcuna responsabilità, non porterai più il peso del mondo sulle spalle. Bevi e potrai essere libera da tutto ciò che ti fa male. Bevi e diventerai la mia famiglia". 
Adesso il profumo del sangue si faceva sempre più forte ed il suo cuore accelerò sempre di più, mentre la fame la fece ansimare per il dolore; neanche si accorse di aver iniziato a tremare e che i suoi denti fossero nuovamente esposti. Sentí la ragazza urlare per la paura di aver visto il suo volto cambiare, ma ad Abby non parve importare. 
Fece un passo incerto in avanti, fino a giungere a pochi passi dal suo creatore, che continuava ad incitarla nel fare ciò che non si sarebbe mai più perdonata. 
Era sul punto di farlo, completamente soggiogata dalla fame e dalle parole del vampiro, quando delle voci la riportarono alla realtà. 
"Abby, non farlo!". Sam
"Non cedere, ragazzina. So che puoi farcela". Dean
"Respira, calmati e tirati indietro, rossa. Pensa ai tuoi figli: non vuoi deluderli così!". Edward
Sbatté forte gli occhi per riprendere i contatti con la realtà, cercando invano di allontanare dalla sua mente quella voglia incessante di strappare la giugulare alla ragazza già debilitata davanti a sé. 
Guardò negli occhi il suo creatore, che apparve spaventato da tutti quei cacciatori che lo stessero accerchiando mostrando fieramente le loro armi, e presto Abby capí quale fosse la cosa giusta da fare per placare finalmente la sua sete di sangue insopportabile e per non uccidere la ragazza davanti a sé. 
Scambiò un'occhiata eloquente con Dean che accennò un sorriso di incoraggiamento, annuendo. 
"Io ho già una famiglia". 
Strappò la ragazza dalle mani del vampiro e con forza la gettò addosso ai tre cacciatori, che prontamente la afferrarono al volo per evitarle il contatto con il duro pavimento pietroso, e poi fece ciò che avrebbe voluto fare dal primo momento in cui fosse arrivata al Luna Park. 
Si avventò sul suo creatore e, non importava che fosse più alto, più massiccio e decisamente più forte di Abby. 
Fu preso alla sprovvista quando Abby si aggrappò al suo petto e gli morse il collo con tutta la forza che avesse. 
Si nutrí del suo stesso creatore e gli rimase attaccata fino a quando non ebbe prosciugato fino all'ultima goccia del suo sangue, e si sentí così euforica ed alterata come probabilmente nessuna droga avrebbe potuto renderla. 
Quando il vampiro si abbandonò contro il suo corpo, privo ormai di vita perché Abby lo aveva aggredito con una tale ferocia da spezzargli il collo e da staccargli la testa dal collo, la donna non aveva sentito neanche i richiami dei tre cacciatori che le avessero immediatamente intimato di non farlo. 
Lasciò il corpo ormai decapitato scivolare a terra e fece un grosso respiro soddisfatto, mentre sentiva gli ultimi fiotti di sangue che non avesse ingoiato scivolarle lungo il mento.
Si voltò ad osservare i cacciatori mentre si leccava le labbra, gustando il sapore metallico del sangue sbatterle sulla lingua ed invaderla di sensazioni che non avesse mai sperimentato e che non sapesse neanche che esistessero. 
Riusciva ancora a percepire i cuori dei cacciatori pulsare, ma questa volta non aveva più voglia di attaccarli e bere da loro. 
Questa volta si sentiva di nuovo se stessa, senza istinti animaleschi a guidarla. 
Abby sentí i suoi denti rientrare e osservò lo sguardo sconvolto di Edward guardarla ad occhi sgranati, così come stesse facendo Sam, che stringeva ancora fra le braccia la ragazza con sguardo incredulo. 
Non ebbe neanche il tempo di chiedersi dove fosse Dean, quando avvertì la sensazione dolorosa di qualcosa che le perforasse il collo. 
Sgranò gli occhi e si voltò, notando alle sue spalle Dean intento ad iniettarle una siringa di sangue di uomo morto. 
Il suo sguardo era serio, profondamente preoccupato e dispiaciuto, e solo quando Abby si guardò attorno capí cosa avesse appena fatto. 
Si era nutrita. La transizione si era conclusa. 
Era diventata un vampiro. 
"Dean, io non volevo..". 
"Shh, ragazzina. Troveremo un modo, te lo prometto". 
I suoi occhi divennero pesanti, così come la sua testa ed il suo corpo.
Si lasciò cadere al suolo perché non riusciva più a stare in piedi, ma sentí due forti braccia reggerla e circondarle la vita, ed affondò il viso nella sua giacca di pelle, la stessa che Dean avesse indossato almeno un milione di volte mentre uccideva dei vampiri insieme lei.
 

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Capitolo 88
*** Capitolo 80 ***


Hunters’ legacies
Capitolo 80


"Chuck sta sterminando pianeti pieni di persone innocenti e il nostro sarà il prossimo: come puoi prendere le sue difese? Come puoi scegliere di non aiutarci nel fermare lo stesso mostro che ti ha lasciata a marcire in una gabbia per millenni?"
Gli argomenti di Sam non furono poi così convincenti come credesse, dato che Amara aveva scelto di non aiutarli e di rimanere dalla parte di suo fratello, lasciando che i due ragazzi tornassero alla loro auto con nient'altro che un pugno di mosche tra le mani; ma presto Dean aveva iniziato a muoversi in maniera nervosa nell'abitacolo, fino a quando spense la sua auto e si diresse nuovamente nel bar dove avesse incontrato Amara pochi istanti prima. 
Sam lo vide scendere dalla macchina chiedendogli di restare lì in modo da poter parlare da solo con Amara, e osservò suo fratello parlare con la donna attraverso i vetri del locale: vide il viso rabbioso con cui Dean si rivolgesse a lei ed immaginò che il suo tono dovesse essere altrettanto furioso, e poi vide i modi di Amara cambiare, divenire quasi dispiaciuti e questo gli bastò a sorridere soddisfatto, capendo davvero che suo fratello riuscisse ad essere davvero persuasivo quando voleva. 
Infatti Dean tornò in macchina con aria quasi più serena, annuendo brevemente nella sua direzione senza dire una parola, e ciò bastò a Sam per capire che Dean avesse ottenuto la sua piccola vittoria dentro quella tavola calda; ma presto il telefono del minore squillò e quando lesse chi fosse a chiamarlo accennò un sorriso amaro, mettendo subito il vivavoce.
"Anael, ti sentiamo: siamo riusciti a concludere con Amara, va tutto bene al bunker?".
"Billie è stata qui: dice di avere una nuova missione per Jack, qualcosa che lo purificherà totalmente e solamente dopo sarà pronto ad affrontare Chuck". 
I due fratelli si scambiarono una breve occhiata d'intesa e si capirono al volo: Dean accese la macchina facendo rombare il motore e presto lasciò il parcheggio muovendosi verso il bunker. "Siamo già per strada". 


"Come ho fatto a non capirlo? Anche mia madre è morta. Vi chiedo perdono". 
Davanti a Jack disperato fra le lacrime, anche il cuore più glaciale si sarebbe sciolto; Sam annuí e cercò di trattenere le sue lacrime, tant'è che si avvicinò all'interno della cucina del bunker per mettere una mano sulla spalla del ragazzo che aveva appena riacquistato la sua anima grazie all'Occultum che lo aveva portato al cospetto del Giardino dell'Eden. 
Dean era rimasto appena più in disparte sentendolo piangere e supplicare il loro perdono per la morte di Mary, non si mosse e si limitò leggermente ad annuire mentre accennava un leggero sorriso; in fondo dentro di lui Dean sapeva che Jack non fosse cattivo, che non fosse come il suo padre biologico.
Castiel però storse le labbra in una smorfia e sospirò, avanzando lentamente verso i ragazzi mentre li guardava con aria decisamente fin troppo seria: infatti quando fu un grado di parlare da solo con Dean, gli rivelò quale fosse il reale piano di Billie. 
Jack avrebbe dovuto annientare Chuck e Amara, ma insieme a loro sarebbe dovuto morire anche lui, e Jack era pronto a redimersi per mezzo della morte. 
"Non posso occuparmene adesso. Scusa Cass". Dean si allontanò dall'angelo giungendo nel corridoio del bunker, dove si portò la testa fra le mani e sentí gli occhi pizzicare, avvertendo tutto il peso era sulle sue spalle. 
Jack sarebbe morto, di nuovo. 
Lo avrebbe fatto per un fine più grande, certo. Li avrebbe salvati tutti. 
Eppure nonostante il rancore e l'odio più profondo, Dean non poteva negare che quella notizia gli spezzasse il cuore. 
Non poteva odiare chi avesse amato con tutto il cuore. 
Non poteva odiare chi avesse considerato un figlio, nonostante tutto ciò che avesse fatto. 
E questa sua visione la doveva unicamente ai suoi due figli, che giornalmente gli avessero insegnato l'amore vero ed il perdono sincero.
Si era ritrovato davanti alla porta 7b e aveva sospirato disperato prima di entrare: quando aprí la porta, ciò che vide gli spezzò il cuore per l'ennesima volta. 
Abby se ne stava seduta sul pavimento con i polsi incatenati al muro, la carnagione pallida e scarna, la fronte madida di sudore. 
Quella visione gli spezzò il cuore così tanto, che avrebbe voluto urlare. 
Si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò di qualche passo, fino a giungere vicino alla ragazza che tenesse gli occhi chiusi. 
Le sfiorò il viso e scosse la testa, quando vide le sacche di sangue che avesse rubato in ospedale per lei, tenute il più lontano possibile dal suo corpo. 
Abby si stava punendo per essersi nutrita e, adesso che non ci fosse un modo per riportarla nuovamente umana, aveva preso una decisione che li avesse distrutti tutti: se nessuno avesse trovato il coraggio di usare il machete su di lei ed ucciderla, Abby si sarebbe lasciata morire. 
Sarebbe stato doloroso, ma era l'unica via che le rimanesse. 
"Ti prego, ragazzina: devi mangiare". 
Abby aprí debolmente gli occhi e piantò i sui occhi azzurri e deboli in quelli verdi del cacciatore, accennando un piccolo sorriso mentre il suo respiro era pesante poiché non le erano rimaste energie a sufficienza neanche per quello. "Stavo sognando.. di quella volta in cui abbiamo portato Mary al maneggio. Ricordi quanto era felice su quel cavallo?". 
Dean serrò la mascella e deglutí a fatica quando la sentí parlare con una voce così debole e la osservò chiudere di nuovo gli occhi, scuotendo la testa e mordendosi il labbro per evitare che le lacrime gli rigassero il viso: vedere la sua Abby ridotta in quella maniera, lo stava facendo impazzire. 
Sapere di non poterla salvare dal suo nuovo destino, lo distruggeva.
Abby respirò a fatica e si appoggiò senza forze alla sua mano, annuendo lentamente. "Dico sul serio: portala di nuovo a cavallo, quando avrete sconfitto Chuck e io sarò morta".
"Non dire così, per favore. Non devi morire per forza". 
Abby sentí il suo tono spezzato dal dolore e si sforzò di aprire gli occhi, incrociando di nuovo i suoi pozzi verdi e guardandolo con un accennò di ilarità nella voce. "L'alternativa non è un'opzione per me, Dean. Non posso essere un mostro". 
Dean ricambiò il sorriso debole e annuí, avvicinandosi di più incurante del pericolo ed afferrandole il viso fra le mani. "Troveremo una soluzione, te lo prometto. Decidi di vivere, nutriti: per me, per i bambini, per la tua famiglia". 
Gli occhi di Abby divennero lucidi e scosse la testa: l'avevano rinchiusa da ormai qualche settimana e non era passato giorno in cui non avesse sentito attraverso quei muri, i suoi figli piangere disperati perché sentissero la sua mancanza. 
Sentiva Dean ogni sera entrare e piazzarsi davanti alla sua porta, aprirsi una birra e tenerle compagnia.
Così come aveva fatto anche Sam, Anel e Castiel.
Così come faceva Edward ogni giorno.
"È proprio per voi che lo faccio: non posso essere un vampiro, Dean. Non posso rischiare di uccidere i bambini ogni volta che mi stanno accantonato. Sarei dovuta morire quella sera, in quel Luna Park. Sarebbe stato più semplice". 
Incapace di trattenere le lacrime, Dean scosse la testa e le lasciò accanto la nuova sacca di sangue che le avesse portato per cena: vide i suoi occhi cambiare, diventare più attenti, per poi annusare appena l'aria fin quando fiutò l'odore del sangue fresco. 
Vide Dean allontanarsi da lei e dirigersi verso la porta, chiudendosela alle spalle. 
Avrebbe dovuto sapere che Abby sarebbe riuscita a sentire le lacrime scivolargli sul viso, così come il battito accelerato del suo cuore, straziato dalla sofferenza. 
Abby spinse quella sacca con forza, lanciandola il più lontano da lei.
Poi sospirò e chiuse gli occhi ancora una volta, appoggiando la testa al freddo muro mentre aspettava che la morte la cogliesse per salvarla da quello strazio. 




Il suo cuore batteva forte e agitato nel petto, mentre le emozioni presero a giocargli un brutto scherzo: il suo stomaco si contorse, le mani gli sudarono, un nodo si stabilizzò all'altezza della gola. 
La sua agitazione peggiorò mentre abbassava la maniglia della stanza 7b e guardava la donna che amava giacere seduta a terra, con le spalle e la testa appoggiate al muro a cui fosse ammanettata. 
"Perché pensi che io possa farle cambiare idea? Abby è cocciuta: ha già deciso". 
Dean lo aveva guardato con aria furiosa dopo quella risposta al suo invito di fare un altro tentativo anche lui e di convincere Abby a non lasciarsi morire. "Lei ti ascolta più di quanto abbia mai fatto con me. Se c'è qualcuno che può salvarla, sei tu!". 
Edward lo aveva guardato per dei lunghi istanti mantenendo un'aria molto seria, mentre scrutava nei suoi occhi la totale sicurezza e si chiedeva quanto gli fosse costato dire quelle parole ad alta voce.
Scosse la testa e sospirò, perché Edward sapeva che se Abby avesse cambiato idea, non sarebbe dipeso da lui: ci avevano già provato Sam, Eileen, Anael e Jack, senza però ottenere risultati. "No, Dean. Se Abby deciderà di vivere non lo farà per me: lo farà solamente per i suoi bambini".
Edward sospirò e tornò al presente, prendendo un lungo respiro e scuotendo la testa mentre avanzava lentamente verso la donna che tenesse ancora gli occhi chiusi. 
Vide la sua espressione sofferente ed udì il suo respiro molto lento e pesante, così Edward fece un sospiro e si sedette accanto a lei appoggiando la schiena contro la parete, limitandosi a guardarla dormire mentre si chiedeva cosa avrebbe potuto dire per farle prendere una decisione differente. 
"Ci hai messo tanto.." sussurrò Abby con un filo di voce, aprendo gli occhi e sciogliendo la sua espressione in un sorriso quasi felice. "Sei stato qui fuori da quella porta per così tanto tempo, che pensavo che alla fine non saresti entrato". 
Edward deglutí a fatica mentre guardava nei suoi occhi così diversi rispetto all'ultima volta in cui l'avesse vista, così spenti e privi di vitalità. 
Si sforzò di sorridere e prese un lungo respiro, allungando un braccio verso di lei per afferrare una delle sue mani esili e pallide, e subito percepí quanto la sua pelle fosse gelida. "Stavo cercando le parole giuste per entrare qui e dirti addio". 
"Le hai trovate?". 
"No". 
Il sorriso sul suo volto scemò quando Abby udì il suo tono di voce spezzarsi e la presa sulla sua mano farsi più forte, lasciando intendere che gli facesse troppo male essere lì, insieme a lei. Abby sospirò appena, voltando la testa interamente verso di lui mentre guardava nei suoi occhi nocciola, pensando che gli sarebbero mancati da morire. 
"La prima volta che ti ho vista, qualcosa è cambiato dentro di me. Ero così traumatizzato dalla guerra, annegavo nel senso di colpa e nel dolore, e tu mi hai salvato. Non l'ho mai detto ad alta voce, ma è solo grazie a te se sono riuscito a sopravvivere a tutto quel dolore. E adesso tu mi chiedi di ricominciare tutto da capo, mi chiedi di lasciarti morire e di rivivere tutto".
"Non sarai da solo questa volta. Hai Richard, Mary ed il resto della famiglia. Non ti lasceranno andare giù".
"Io ti amo, Abby. Sei il mio cuore. Come puoi chiedermi di lasciarti andare e di vederti morire per la seconda volta ?". 
Edward tirò su col naso e si asciugò l'unica lacrima che fosse sfuggita al suo controllo, per poi distogliere lo sguardo dal suo e strizzare gli occhi un paio di volte, mentre il suo cuore batteva forte.
Abby sospirò pesantemente ed allungò una mano fino al suo viso, sfiorandogli la pelle calda ed accennando un sorriso amaro: non voleva lasciare nessuno della sua famiglia.
Non voleva lasciare Edward, non adesso che si fossero appena ritrovati.
"Se mi ami davvero, devi lasciarmi andare".
Si voltò a guardarla si scatto con occhi furiosi, guardandola come se quella non fosse mai stata un'opzione contemplata.
Scosse la testa e si scostò da lei solamente quel tanto che bastava per afferrare dalla sua tasca un foglio stropicciato, in cui spiccassero dei colori molto allegri e vivaci. "Richard ha fatto un disegno, voleva che lo avessi tu. Ci siamo tutti noi: Dean, gli zii Sam, Dan e Silver e ci sono anche io. E questa figura centrale, questa sei tu Abby: ti ha disegnata più grande rispetto agli altri perché sei la persona che ama di più. Richard voleva che lo sapessi. Gli si spezzerà il cuore quando morirai. È solo un bambino che ha bisogno della sua mamma, e anche Mary ne ha".
Abby scosse la testa udendo quelle parole e cercò di allontanare la sua mano da quella di Edward per mettere maggiore distanza fra loro, ma si rifiutò di lasciarla andare. 
Deglutí senza forze e lo guardò in cagnesco. "No. Non farlo, Ed. Non fare leva sui miei bambini e sul senso di colpa: non voglio essere un vampiro". 
Edward ricambiò l'occhiataccia e strinse il disegno fra le mani, mostrandoglielo ancora una volta perché si rifiutava di capire. "La loro vita sarà distrutta senza di te". 
"No, ci sarete voi per loro. La loro famiglia e..". 
"Non si riprenderanno mai!". Edward alzò il tono della voce e le riservò uno sguardo accusatorio, rabbioso e deluso, puntandole un dito contro mentre ancora teneva stretto il disegno ormai stropicciato. "Bevi quella cazzo di sacca!". 
Abby sgranò gli occhi e lo guardò in cagnesco dilatando le narici per la rabbia, ed in quel momento si animò molto più rispetto a quanto lo fosse stata nelle settimane precedenti, spintonandolo dal petto nel vano tentativo di allontanarlo da sé. "Proprio non vuoi capire? Non posso farlo, è immorale: ci sono delle persone che stanno soffrendo in ospedale e hanno bisogno di questo sangue. Sono persone innocenti Edward, persone buone. Non posso rubare loro il sangue, mi sento già un mostro così!". 
Edward ascoltò le sue parole rimanendo in silenzio per qualche istante, sospirando brevemente.
Sorrise debolmente mentre la guardava come se fosse la cosa più preziosa al mondo ed allungò una mano per sfiorarle i capelli ed il viso pallido, scarno e gelido: Edward sapeva che fosse quello il vero motivo per cui non volesse nutrirsi delle sacche ed era riuscito a manipolare il discorso fino al punto in cui volesse arrivare, senza che Abby se ne rendesse conto.
Abbassò lo sguardo e finse di riflettere su qualcosa su cui avesse già abbondantemente riflettuto prima di varcare quella soglia, così si scoprí un polso e lo avvicinò al suo viso. "Bevi da me, allora: non sono una sacca".
Abby sgranò gli occhi e lo guardò sorpresa ma presto il suo sguardo divenne furioso, tentando di allontanare il suo polso con rabbia, ma Edward era ormai più forte si lei. "Vattene di qua. Va via! Sei pazzo". 
Edward strinse i pugni e la guardò con l'aria più severa ed imperativa che avesse mai usato, fulminandola con lo sguardo. "Hai studiato il DNA di molti esseri quando lavoravi per i britannici, compresi i vampiri. Sei in grado di trovare una cura. Dan è già a lavoro".
Rifiutò ancora l'idea e lo spinse via, sforzandosi di alzarsi, ma le forze le vennero meno così rimase incollata alla parete a guardarlo con aria seria. "No, è impossibile: non c'è nessuna cura. Mio fratello non può farci niente e.. " 
"Invece si. Sta studiando un modo per farti tornare umana, ma devi essere viva per quando ci riuscirà. E se non dovesse mai riuscirci, se ancora vorrai morire, te lo lasceremo fare perché avrai fatto almeno un tentativo". 
Il suo sguardo cambiò, nel momento in cui Edward la cominciò a mettere letteralmente con le spalle al muro: Abby non voleva morire, ma non voleva neanche nutrirsi di sangue. 
Ma se ci fosse stata una cura, Abby sapeva di essere fra le poche persone in grado di riuscire a trovarla, insieme a Daniel. 
Scosse la testa rifiutando l'idea, chiudendo gli occhi mentre le lacrime le rigavano il volto. "No, non mi nutrirò di te, non lo chiederò a nessuna delle persone che amo".
Edward le sfiorò il viso con una carezza delicata, sentendo la sua pelle fredda. Sapeva che sarebbe stata solamente questione di tempo e che se non l'avesse convinta in quel momento, Abby sarebbe morta davvero. 
"Non lo hai chiesto. Ma io voglio farlo lo stesso: bevi, rossa. Ti prego. Non posso perderti". 
Abby scosse la testa mentre ancora le lacrime bagnassero le sue guance: la proposta l'allettava fin troppo, ma era molto titubante. 
Così Edward annuì guardandola con un sorriso dolce, avvicinando il suo polso alla donna. 
Ed Abby non riuscì neanche a percepire i suoi nuovi denti farsi largo nelle gengive, almeno fin quando non li usò per perforare la pelle sottile del polso di Edward percependo il suo sangue fluire all'interno della sua bocca, scivolandole in gola. 
Quel sapore metallico era così inebriante e intenso e le era mancato così tanto che Abby emise un gemito di piacere, e Edward non si piegò neanche in una smorfia di dolore quando la sua pelle venne lacerata: le passò un braccio attorno alle spalle per attirarla di più a sé con dolcezza mentre Abby si rannicchiò contro il suo petto mentre stringeva con entrambe le mani il suo polso, bevendo a sufficienza e saziandosi.
Lo lasciò andare prima che fosse troppo tardi e prima di prendere troppo sangue, così con un sospiro Abby sentì Edward stringerla di più a sé in un abbraccio dolce.
Sospirò appoggiando la testa fra la spalla di Edward ed il collo, respirando il suo odore e stringendo una delle sue grosse mani fra le sue. "Grazie della bevuta, bartender". 
E l'uomo non riuscì a far altro che sorridere soddisfatto perché era davvero riuscito a convincerla a non lasciarsi morire. 
Le baciò la fronte e le carezzò i capelli, sentendosi felice di aver salvato la vita della donna che amava.
 

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Capitolo 89
*** Capitolo 81 ***


Hunters’ legacies
Capitolo 81

"Dobbiamo trovare Adamo: è l'ultimo passaggio affinché Jack diventi abbastanza potente per affrontare Chuck". 
"Adamo. Intendi l'Adamo di Eva, con tanto di mela e serpente?". 
Abby sollevò le sopracciglia per la sorpresa, mentre teneva il suo telefono vicino all'orecchio sentendo il suo interlocutore ridere appena. 
Fece scattare la sedia girevole all'interno di quel laboratorio di patologia ormai in disuso da qualche anno, in cui si trovasse da ormai quasi tre settimane. 
Si morse il labbro con nervosismo e sospirò, perché avrebbe tanto voluto trovarsi nel bunker insieme alla sua famiglia per riuscire a trovare un altro modo per sconfiggere Chuck. "Il piano di Billie è piuttosto complesso, eh? Prima i cuori, poi l'Occultum, adesso Adamo. Cosa dovrà fare dopo Jack?". 
Abby sentí Dean trattenere il fiato per dei lunghi istanti, per poi fare un respiro profondo e pesante che non lasciava presagire nulla di buono. "Non c'è un dopo, ragazzina. Quando avrà ciò che vuole da Adamo, Jack sarà in grado di fermare Chuck e lui non.. Non sarà più in grado di tornare". 
Il suo cuore batteva più velocemente di quanto pensasse, mentre dentro di sé sentiva la sofferenza nel leggere fra le parole di Dean. Sentí le lacrime bagnarle le guance e sospirò, scuotendo la testa. "Jack morirà, non è vero? È questo il piano di Billie?". 
Udì il suo tono rauco e addolorato, e Dean sospirò ancora dall'altro lato del telefono. Se c'era una cosa che non volesse, era proprio quella di farla agitare dandole una notizia del genere. Ma era stato inevitabile per Dean: aveva raccontato quale fosse il vero piano di Jack a Sam, nonostante avesse promesso al Nephilim di non rivelare la verità. E adesso lo aveva detto anche ad Abby, che gli sembrava molto sconvolta. 
Dean sospirò nuovamente e strinse più forte il telefono, mentre se ne stava seduto al centro della sala comune del bunker a bere una birra e ad osservare i suoi bambini ed il piccolo Henry rincorrersi e giocare. "Tu come stai, ragazzina?".
Si asciugò le lacrime e sospirò, facendo spallucce e mordendosi ancora il labbro con nervosismo mentre pensava ad un modo valido e sincero per rispondere a quella semplice domanda.

Abby era rimasta ad osservarlo con aria dubbiosa e sinceramente un po' dispiaciuta, mentre Dean si teneva a qualche entro da lei rimanendo dalla parte opposta dell'isola di acciaio della cucina.
Il cacciatore l'aveva vista uscire dalla stanza 7b ed era rimasto stupito mentre la osservava e la trovava così del tutto identica alla donna che avesse avuto accanto negli ultimi quindici anni; con un sorriso aveva osservato le gote rosee ed il suo viso finalmente più pieno, l'aveva vista piene di energie mentre rideva alle battute di Edward, che cercava unicamente di tirarle su il morale e di non farle pesare troppo il viaggio che stessero per intraprendere.
Abby si era nutrita e aveva scelto di vivere, e Dean non poteva che esserne entusiasta. Eppure aveva trovato ancora integre le sacche di sangue che aveva rubato in ospedale per Abby ed aveva visto il cerotto sul polso di Edward, e con un po' di disgusto Dean aveva presto capito cosa fosse accaduto.
Avrebbe dovuto dire che fosse del tutto sbagliato e immorale, eppure Dean si era perso a guardare gli occhi azzurri di Abby ed il suo sorriso furbo ed incantevole. 
Stava di nuovo bene, poteva parlarle e toccarla, ed era questo l'importante.
Con estrema lentezza Dean era avanzato all'interno di quella cucina, mentre osservava Abby intenta a preparare tutto il necessario per il suo viaggio con Edward, riempiendolo di cibo e di birra.
E quando Abby lo aveva sentito avvicinarsi a lei, si era irrigidita più di quanto pensava mentre udiva il cuore di Dean battere più velocemente e si chiedeva se fosse dovuto a ciò che provasse per lei o se fosse solamente spaventato dalla sua nuova natura.
Si era lentamente voltata ad osservarlo con aria piuttosto seria, ma quando vide la sua espressione serena Abby si lasciò sfuggire un piccolo sorriso.
Per un momento Dean dimenticò cosa Abby fosse diventata e che stesse partendo per trovare una cura.
Colmò la distanza fra loro e si chinó di lei per depositarle un bacio fra i capelli, avvicinandola a sé con dolcezza.
La ragazza rimase rigida, non avendo la minima idea di come Dean avrebbe potuto interpretare il suo modo di reagire a quell'abbraccio.
"Sono felice che tu sia viva, ragazzina. Non importa cosa tu sia: finché respirerai, ci sarà speranza. Tu e Dan troverete una cura e tornerai qui, dalla tua famiglia".
Abby aveva aggrottato le sopracciglia mentre lo sentiva parlare al suo orecchio, percependo il suo cuore battere in modo molto veloce nel petto.
Non aveva bisogno del superudito da vampiro per capire che Dean non fosse davvero convinto delle sue parole, né del super olfatto per sapere che nella tasca della sua giacca vi fosse una siringa piena di sangue di uomo morto pronta all'uso.
Sapeva riconoscere tutti i suoi toni, ed Abby sapeva che in quel preciso momento Dean era convinto che non esistesse nessuna cura per lei e che fosse l'ultima opportunità per stringerla.
Quando sciolse la presa su di lei e la guardò sforzandosi di sorridere, Abby divenne seria guardando nei suoi occhi verdi scuotendo appena la testa mentre si sentiva così triste.
Non ebbe il coraggio di dire niente, nemmeno quando provò ad afferrargli la mano e Dean la scansò sentendola così gelida al tatto.
Lo vide uscire dalla cucina senza aggiungere un'altra parola, andando nella direzione della stanza dei bambini probabilmente per distrarre loro e sé stesso.
Così Abby scosse la testa ed abbassò lo sguardo sul pavimento, mentre si chiedeva come avrebbe potuto trovare una soluzione al suo problema se neanche un cacciatore come Dean credeva che fosse possibile.
Sentì dei passi decisi avvicinarsi a lei, ed Abby sollevò di nuovo lo sguardo mentre osservava il volto felice e sorridente di Edward, mentre le si avvicinava per ultimare la preparazione di ciò che servisse loro per affrontare il viaggio. 
Avrebbe voluto dirgli che probabilmente stessero sbagliando, che se persino Dean avesse paura di lei forse avrebbe fatto bene ad averne anche Edward.
Abby non voleva lasciare la sua famiglia, specialmente in un momento come quello.
L'uomo le fece l'occhiolino e le sorrise, chiudendo la cerniera della borsa piena di approvvigionamenti. "Vogliamo andare rossa?".
La ragazza lo guardò mentre ancora se ne stava schiacciata contro all'isola di acciaio contro cui l'aveva confinata Dean qualche istante prima, e deglutì a fatica mentre sosteneva il suo sguardo ed ascoltava il cuore di Edward battere in modo regolare, proprio perché era calma e confidente  nei confronti dell'ipotetica cura che l'avrebbe fatta tornare umana. "Si. Si Ed, andiamo".


"Sto bene per essere diventata uno di quei mostri a cui diamo la caccia". 
Abby scherzò senza però riuscire neanche a sorridere, così si alzò dalla sedia per dirigersi verso la finestra; scostò le tende malconce per osservare l'ampio parcheggio e vide arrivare la Jeep ormai molto familiare, e sorrise. "Come stanno i bambini?". 
Dean strinse le labbra in una smorfia, impegnandosi per non far tremare la sua voce: avrebbe dovuto dirle che Mary e Richard non prendessero sonno la sera, se non dopo aver pianto perché volevano che la mamma rimboccasse loro le coperte o che gli leggesse una storia come facesse sempre. 
Avrebbe dovuto dirle che Mary volesse diventare un dottore per trovare la cura alla malattia della mamma, e che Richard volesse trovare il dottore migliore al mondo
Invece accennò un sorriso e si portò la birra alle labbra. "A scuola Mary ha preso una A in scienze e Richard ha iniziato a fare le sue costruzioni tutto da solo. Mary sta passando il suo periodo in cui è in fissa con la cucina: ha preparato una torta insieme a Richard ed a Eileen. Saresti fiera". 
"Lo sono già". 
La sua voce tremò e strinse appena gli occhi, mentre pensava a quanto le mancassero i suoi figli. Ma doveva tenere duro, doveva trovare una soluzione per loro. 
Quando aprí gli occhi, vide Edward scendere dalla Jeep portando con le braccia un sacco dall'aria molto pesante, e Abby sospirò mordendosi il labbro. "Devo andare. Aggiornami se ci sono novità con Jack, ok?". 
"Si, e Abby?". Dean deglutí a fatica mentre un grosso nodo gli si stabilizzava in gola perché avrebbe avuto tante cose da dire in quel momento: voleva dirle che gli dispiacesse di non essere insieme a lei, che sentisse la sua mancanza fin dentro le ossa. 
Voleva dirle che avrebbe accompagnato Jack da Adamo e che poi avrebbero tolto dai giochi Chuck una volta per tutti, e che tutte queste cose le avrebbe volute fare insieme a lei. 
Ma decise di non dire niente di tutto ciò, perché sapeva troppo di addio e Dean non era bravo in questo. "Sta' attenta, ragazzina. Trova il modo e torna a casa, intesi?". 
Abby annuì silenziosamente e sorrise, stringendo il telefono fra le mani con forza perché sentiva la sua mancanza anche lei. "Lo farò. A presto, Dean". 
Chiuse la chiamata pigliando il tasto rosso sul suo schermo e un sospiro crebbe nel suo petto, mentre pensava a quanto avrebbe voluto stare insieme alla sua famiglia. 
Ebbe il tempo di mettere il telefono in tasca, quando la porta del laboratorio si aprí e Edward fece il suo ingresso: si avvicinò per posare sul bancone della stanza il sacco di carta che tenesse in mano e presto le si avvicinò, studiandola. 
Ci era voluta una settimana piena, ma Abby adesso era tornata a splendere come sempre: le sue gote erano rosee, la sua pelle era colorita, i suoi occhi emanavano una luce intensa ed il suo volto non era più scarno. 
I lunghi capelli lisci le correvano lungo le spalle, fasciate da una giacca nera di tela con sotto una maglietta di cotone leggera dello stesso colore, mentre dei jeans aderenti le fasciavano le gambe. 
Le si avvicinò e le scoccò un sonoro bacio fra i capelli, stringendola a sé per dei secondi che ad entrambi apparvero troppo brevi, e poi tornò verso il bancone, estraendo dal sacco due grossi barattoli alti e robusti ripieni di sangue. "Ti ho portato la cena". 
Abby lo guardò con aria disgustata e fece una smorfia, incrociando le braccia al petto mentre faceva un passo indietro: l'odore metallico giunse fino al suo naso e, nonostante avesse un certo languore, scosse la testa per indicare che non avrebbe voluto bere in quel momento. "Non voglio neanche sapere come te lo sei procurato".
"I macellai della zona mi credono un satanista, ma almeno hai un pasto sempre fresco". 
Abby lo vide ridere divertito mentre sistemava quei grossi barattoli colmi di sangue animale all'interno del frigo basso e bianco, mettendoli fra il cibo cinese che fosse avanzato la sera prima e degli hamburger che Edward e Dan avrebbero potuto mangiare quella sera. 
Contagiata dal suo buonumore, Abby gli avvicinò silenziosamente sfiorandogli un braccio e sollevando lo sguardo verso di lui e accennando un piccolo sorriso che Edward ricambiò, quando tornò a mettersi dritto dopo aver chiuso il frigorifero.
La guardò dall'alto del suo metro e novantatre, mentre Abby dovette piegare il collo all'insù per riuscire a guardarlo bene.
Abbassò lo sguardo sul suo petto per qualche istante, per poi sollevarlo nuovamente fino ad incrociare i suoi occhi nocciola e deglutí a fatica, mentre il suo cuore sembrava essere impazzito per quanto battesse forte. 
Da quando era diventata un vampiro, tutto ciò che avesse provato da umana non aveva fatto altro che amplificarsi, compresi i suoi sentimenti per Edward. 
Le aveva salvato la vita, aveva trovato il modo di farle scegliere la vita invece di lasciarsi andare alla morte. Le aveva dato speranza che tutto sarebbe andato bene, le aveva fatto credere che si sarebbe salvata.
Ogni volta che le era accanto, non la guardava con timore, non aveva paura che Abby potesse saltargli alla gola. 
Aveva trovato un'alternativa al sangue umano per lei. 
Ogni giorno, continuava a prendersi cura di lei. 
Risalí il suo avambraccio con i polpastrelli fino a sfiorargli il braccio e lo vide sorriderle, mentre sollevava la mano fino a toccarle una guancia con un gesto delicato, guardandola nello stesso modo in cui avesse fatto sempre. "Grazie, Ed. Non eri obbligato, ma..". 
L'uomo si avvicinò fino a colmare lo spazio fra i loro visi, baciandole la fronte con un gesto delicato. "Ne usciremo insieme, rossa. Non sarai mai sola, te lo prometto". 
Si allontanò quel tanto che bastasse per guardarlo nuovamente negli occhi, mentre un milione di sensazioni l'assalissero prepotentemente ed il suo cuore battesse velocemente, e lo stomaco le si rigirasse. 
Fu spontaneo per Edward avvicinarsi nuovamente al suo volto e posare le sue labbra su quelle della donna davanti a sé con un gesto lento e casto e Abby non si tirò indietro, sorridendo contro le sue labbra mentre Edward le sfiorava le guance con le mani. 
Stare vicino a lui, le faceva perdere il controllo. 
Ed il fatto che Edward non la temesse, le dava un grande conforto e molta fiducia in sé stessa e nei risultati che avrebbe ottenuto in quel laboratorio. 

Se ne stava seduta sul bordo del suo nuovo letto nella sua nuova stanza, nell'edificio di patologia ormai in disuso che Dan era riuscito a trovare.
Ed in più gli ultimi Uomini di Lettere inglesi rimasti, avevano informato Dan sulle nuove tecniche genomiche scoperte negli ultimi anni.
Tra i macchinari ancora funzionanti trovati nel laboratorio e le ultime ricerche dei Letterati, Dan sapeva di potercela fare a trovare una cura per sua sorella.
Mentre Abby invece non era molto convinta.
Teneva la testa bassa e lo sguardo incollato su quel copriletto verde petrolio, mentre vi disegnava sopra dei cerchi concentrici seguendo delle linee immaginarie.
La sua mente vagava così lontano da quel laboratorio, tornando al bunker e pensando alla famiglia che si fosse lasciata alle spalle nella speranza di trovare una cura.
Forse Dean aveva ragione a non credere che esisteva davvero, si era ritrovata a pensare la ragazza mentre tirava su col naso.
Non ebbe neanche il tempo di pensare a quanto quella situazione fosse disastrosa, che la ragazza percepí i passi leggeri di Edward mentre le si avvicinava e si sedeva sulla parte opposta del singolo letto su cui anche Abby fosse seduta.
Sollevò lo sguardo fino al suo e Edward fu in grado di vedere la sua espressione così crucciata e triste, mentre i lunghi capelli mogano lisci le ricadevano ai lati del viso.
Abby aveva sentito il cuore battere più velocemente mentre incrociava i suoi occhi nocciola, riuscendo a percepire come anche quello di Edward stesse pulsando ad un ritmo sostenuto.
Nonostante la sua espressione apparisse seria ed impassibile, Abby dentro di sé provava tante di quelle emozioni da confonderla, rimanendo sicura unicamente del sentimento che la legasse ad Edward.
L’uomo si sporse nella sua direzione e prese una sua mano fra le sue, cercando di non lasciar trasparire di aver notato che fosse tremendamente gelida e pallida. "Dovresti mangiare un po' ".
Abby aggrottò le sopracciglia mentre lo guardava, sentendosi appena divertita dalle sue parole: durante il loro viaggio dal bunker al laboratorio, Edward aveva fermato l'auto soltanto una volta e quando era risalito sulla sua Jeep dove Abby lo aveva atteso con pazienza, si affrettò a nascondere fra i suoi bagagli una busta di carta che aveva portato con sé.
Abby era riuscita a percepire l'odore di sangue provenire da quella busta, dandogli una breve occhiata a cui Edward rispose con un sorriso tranquillizzante, come se comprare del sangue animale in macelleria fosse ciò che di più normale ci fosse. 
La ragazza storse il naso e le labbra in una smorfia disgustata dall'idea di doversi nutrire, perché la sua parte razionale continuava a respingere gli impulsi della sua nuova natura. "Non ho fame adesso, Ed".
Edward sospirò appena, sollevando una mano verso il suo viso per scostarle i capelli dal viso e per sfiorarle la pelle con una delicatezza e dolcezza tale da farle venire i brividi lungo la schiena. "Stanno tutti bene al bunker, rossa. Non preoccuparti".
Percepí il tocco sulla sua guancia, la sua mano calda sfiorale la guancia gelida, ed Abby sentì dentro di sé come le emozioni si amplificassero istante dopo istante mentre guardava nei suoi occhi nocciola.
Abby rimase incantata da come il suo modo di guardarla non fosse mai cambiato, nonostante fosse Abby ad essere davvero cambiata e ad aver assunto una nuova natura.
Edward continuava ad usare quello sguardo che le faceva sempre perdere la testa, guardandola come se fosse la creatura più unica e rara del pianeta.
Con i suoi nuovi sensi Abby riusciva a percepire come il sangue gli stesse scorrendo velocemente nelle vene, sotto la spinta del suo cuore che batteva così freneticamente.
"Non era a loro che stavo pensando". 
Uscì come un sussurro dalle sue labbra, ma Edward fu in grado di sentire le sue parole ed il suo respiro accelerare lentamente mentre ancora lo guardava in modo eloquente, sfiorandolo con la mano che ancora Edward tenesse intrappolata fra le sue.
Con un movimento lento ma audace, Edward le si avvicinò fino a colmare la distanza fra i loro volti e baciandole le labbra in modo casto, nonostante tutto ciò che voleva fosse proprio baciarla con trasporto. 
Presto si distaccò da lei per guardare nei suoi occhi, cercando di capire se tutto fosse a posto o se Abby avesse avuto uno reazione avversa a quel contatto così intimo con lui ma la ragazza lo guardò con un sorriso divertito sulle labbra, avvicinandosi poi a lui per baciarlo a sua volta in modo tutt'altro che casto.
Ricambiò quel gesto allungandosi e spingendosi su di lei, mentre Abby si stendeva sul materasso sentendolo adagiarsi sul suo corpo.
Lo strinse di più a sé, spinta dall'improvvisa voglia di averlo che fosse nata dentro di lei da solamente uno sguardo.
Avrebbe voluto dare la colpa al suo cambiamento di natura, ma Abby aveva sempre provato quella forte attrazione fisica per il suo bartender, appieno corrisposta.
Edward si mosse sopra di lei, staccandosi dalle sue labbra per scendere a baciarle il mento e la guancia, facendole il solletico con la sua barba folta, lasciando una scia umida fino al collo dove si concentrò e la baciò con dolcezza, sentendola rispondere a quel gesto con un gemito di piacere mentre allungava le mani su di lui per togliergli la giacca con prepotenza. 
Tornarono a guardarsi e ad Edward sembrò che Abby non fosse mai cambiata, data la sua pelle gelida che stava diventando più calda tramite il contatto con la sua che diventava sempre più rovente, e tornò a baciarla chiudendo gli occhi mentre Abby intrecciava le sue dita con i suoi lunghi capelli ricci.
Per tutta risposta Edward inserì le mani sotto alla sua sottile maglietta con tutta l'intenzione di strapparla via, iniziando a toglierle qualche strato di dosso e tornando a baciarle il collo per poi scendere con le labbra.
E proprio quando Abby si sentiva totalmente coinvolta e pronta a trascorrere la notte con lui, e si convinse di potercela fare e di essere in grado di controllarsi, iniziò a sentire solamente il battito di Edward accelerato e le pulsazioni attraverso la sua giugulare.
Aprì gli occhi di scatto e si irrigidì anche se Edward sembrava non averci fatto troppo caso mentre ancora la baciava e l'attirava a sé.
I suoi nuovi denti retrattili si fecero strada attraverso le sue gengive ed Abby ripensò a quando Edward l'avesse supplicata di bere dal suo polso per non lasciarsi morire.
Ricordò il sapore del suo sangue ed il modo in cui sgocciolasse attraverso la sua gola, e si ritrovò a desiderare di affondare i denti sulla sua pelle solamente per gustarlo di nuovo.
"No!".
Con forza lo spinse via da sé finendo sul lato opposto del letto, ed Abby si alzò di scatto per allontanarsi da lui giungendo vicino alla finestra e dandogli le spalle.
Strinse le mani attorno alla spalliera della sedia di legno per sfogare la sua rabbia e chiuse gli occhi, provando in tutti i modi a smettere di desiderare di squarciargli la gola e di convincere i suoi denti a rientrare.
"Abby..".
La ragazza scosse la testa e chinó il capo mentre lo sentiva avvicinarsi a lei e parlarle con un tono colpevole, ed Abby sapeva che Edward si stesse mentalmente dando la colpa perché doveva immaginare che Abby non fosse pronta e che si era spinto troppo oltre.
Quando lo sentì avvicinarsi a lei e quasi afferrale il volto, Abby si scansò tenendo lo sguardo basso mentre sentiva gli occhi riempirsi di lacrime.
Aveva avuto così paura di non riuscire a fermarsi e di fargli del male, si era spaventata così tanto che il desiderio di sangue venne scavalcato dalla paura di perderlo mentre le lacrime le rigavano le guance. 
Edward osservò il modo in cui Abby cercasse di sfuggirgli, così con un sospiro di avvicinò più velocemente fino ad incrociare i suoi occhi azzurri arrossati dal pianto.
"Mi dispiace tanto, Ed. Non volevo, io..".
"No, è colpa mia, mi sono lasciato prendere troppo la mano".
Abby scosse la testa e si asciugò le lacrime mentre lo guardava, tirando su con il naso mentre si sentiva così spaventata di potergli fare male di nuovo. "Devo nutrirmi. Non posso rischiare di farti di nuovo del male".
Edward annuì in silenzio e si diresse verso il piccolo frigo posto all'angolo di quella stanza molto spartana che Dan aveva allestito per lei prima della partenza; si chinó per afferrare il sacco di carta, dal quale uscì un grosso barattolo pieno del liquido rosso che Abby avrebbe dovuto bere.
Ne travasò meno della metà in un bicchiere pulito ed in silenzio si avvicinò ad Abby con un sorriso sincero, ma la ragazza prese un lungo sospiro prima di lasciare scivolare lo sguardo dagli occhi nocciola di Edward così sicuri e sereni, fino al sangue di cui non aveva mai smesso di sentire l'odore da quando lo aveva comprato per lei.
Abby deglutí a fatica e scosse la testa, controllando il suo istinto di scolare velocemente il contenuto del bicchiere per poi continuare e finire in un istante anche quello presente nel barattolo.
In maniera rigida allungò una mano ed afferrò il bicchiere, continuando a guardare il sangue e detestando di esserne così disgustosamente attratta.
Quando Edward le fece cenno di andare fino in fondo e di berne il contenuto, Abby fece un passo indietro e lo guardò con aria molto seria, mordendosi il labbro per qualche istante. "Non posso farlo. Non con te vicino, devi andare via".
Edward sollevò le sopracciglia davanti a quella richiesta come se fosse la cosa più ridicola che avesse sentito, scuotendo la testa in modo convinto ed avvicinandosi a lei con aria sicura di sé. 
Le sfiorò la guancia con dolcezza, cercando di convincerla con lo sguardo che tutto andasse bene, ma Abby sapeva che non fosse così. "Non me ne andrò. Non ho paura di te, Abby".
"Dovresti. Avrei potuto ucciderti prima: volevo farlo".
Edward sospirò e scosse la testa, detestando quel tentativo di Abby di allontanarlo da lei: Edward sapeva in che cosa si fosse cacciato, decidendo di partire insieme a lei, avrebbe accettato qualsiasi conseguenza pur di starle accanto.
Ma sapeva riconoscere quando Abby fosse in lei e quando invece l'altra parte di lei prendesse  il sopravvento, e avrebbe agito di conseguenza.
"No. Quando ti guardo, vedo la stessa donna meravigliosa che amo".
Abby sentì gli occhi diventare lucidi e sentì come il cuore di Edward battesse in modo regolare: non stava mentendo e non aveva paura di lei, probabilmente non la vedeva neanche come un mostro come pensava lei.
Il suo sguardo sembrava suggerirle che Edward sapeva che ciò che le fosse capitato non era stata colpa sua. 
Accennò un sorriso ed annuí appena più convinta, portandosi il bicchiere alle labbra mentre ancora lo guardava negli occhi.
Quando sentì il sangue scivolare sulla sua lingua e sul suo palato, inizialmente Abby lo mandò giù con aria disgustata perché quel sapore metallico le dava il voltastomaco e l'avrebbe presto fatta vomitare.
Ma prima che se ne rendesse conto, i suoi occhi cambiarono ed Abby iniziò a bere con più gusto, chiudendo le palpebre e gemendo di piacere.
Lo bevve tutto fino all'ultimo sorso e tornò a guardare Edward, visibilmente sorpreso per il suo essere così famelica; accennò un sorriso e le riempí di nuovo il bicchiere, terminando completamente il barattolo.
Abby non perse tempo nel tornare a bere, chiudendo nuovamente gli occhi ed assaporando quel sapore così diverse dal sangue umano che avesse bevuto dal suo creatore e da Edward.
Non le importava, perché riusciva a soddisfare la sua voglia quel tanto che bastava ad impedirle di avere ancora fame e di fare male alle persone che amava.
Edward le tolse il bicchiere dalle mani quando ebbe finito e lo posò nel piccolo lavabo, avvicinandosi poi a lei con un breve sorriso; sollevò una mano verso il suo volto e con il pollice le pulí gli angoli della bocca in cui fosse rimasto ancora un po' di sangue. 
Abby sentì i suoi denti rientrare ed i suoi occhi tornare normali, e Edward capì che fosse di nuovo in lei quando gli lanciò un lungo sguardo indagatore, studiando il suo viso e la sua espressione.
"Pensavo che mi sarei sentita a disagio".
Edward fece spallucce e sospirò appena, lasciando scivolare la mano in cerca di quella di Abby per tranquillizzarla. "Forse il sapore è un po' diverso da quello che ti aspettavi, ma..".
"Non mi riferisco al sangue" si affrettò ad interromperlo accennando finalmente un sorriso più convinto, mentre lo guardava e faceva un passo più avanti per avvicinarsi di più. 
"Credevo che mi avresti considerato un mostro mentre mi osservavi nutrirmi, ma invece tu continui a guardarmi in questo modo così speciale che mi fa perdere il controllo". Abbassò lo sguardo sul suo petto fasciato da una camicia blu notte e deglutì a fatica mentre gliela sfiorava con le dita, percependo lo sguardo interrogativo di Edward su di lei.
Si schiarí la gola e sollevò gli occhi fino ad incontrare i suoi, e subito Edward si sciolse in un sorriso più convinto quando capì. 
Le avvolse i fianchi e l'attirò a sé con un sorriso ed Abby gli aprì la camicia soltanto per sfiorargli la parte sinistra del petto, riuscendo ad udire come il suo cuore stesse battendo più velocemente per lei.
Lo guardò in maniera totalmente assorta ed Edward parve capire ancora una volta, tanto che sorride più ampiamente e le sfiorò il volto. "Il mio cuore batte sempre così quando mi sei vicina". 
Abby accennò un sorriso compiaciuto mentre lo guardava, stringendosi di più a lui mentre tutto ciò che sentiva erano i suoi sentimenti per lui. 
La sete era sparita, ma la paura di fargli male rimaneva presente dentro di lei, nonostante si sentisse bruciare per il modo in cui lo desiderava.
Respirò in modo affannoso e si aggrappò di più a lui, alternando lo sguardo fra i suoi occhi e le sue labbra.
Così Edward si chinò su di lei per baciarla e la ragazza ci mise poco prima di avvolgergli le braccia attorno al collo e di intrecciare le mani con i suoi capelli, mentre Edward la sollevava dalle cosce e le permetteva di avvolgergli le cosce attorno al bacino.
In modo fin troppo frenetico si gettarono sul materasso ed entrambi risero divertiti quando udirono qualche doga saltare ed  il letto iniziare a cigolare per gran parte della notte, pensando con una grande ilarità che per loro fortuna Dan non fosse ancora tornato al laboratorio per continuare le sue ricerche. 


"Abby, devi darmi una mano con la chemiotassi delle cellule dei tuoi tessuti e.. Oh, scusate".
La donna sospirò rumorosamente contro le labbra di Edward, scuotendo la testa ed abbassandola con ancora gli occhi chiusi, mentre Edward se la rideva. 
Si leccò le labbra con la lingua e mentre stava ancora abbracciata ad Edward, voltò la testa verso il fratello ancora sulla soglia stretto nel suo camice bianco, che la guardava con un sopracciglio sollevato ed un'espressione di chi la sapesse lunga perché Dan non capiva cosa stesse esattamente accadendo fra la sorella e Edward, ma neanche gliene importava, concentrato per come fosse proprio sulle ricerche che conducesse ormai da una vita. 
Abby tornò a guardare l'uomo davanti a sé, che continuava a guardarla in quel modo unico e speciale, e si sollevò sulle punte quel tanto che bastava per baciarlo velocemente sulle labbra. "Torno subito".
Edward annuí e le sorrise mentre osservava il suo viso un'ultima volta, prima di dirigersi verso la porta d'ingresso estraendo il suo cellulare per chiamare Andrew per sapere come andassero le cose al bar, e Abby si avvicinò nella direzione del fratello che l'aspettasse ancora con le braccia conserte e un sopracciglio sollevato. 
"Quindi tu e Edward state insieme?". 
Abby roteò gli occhi e superò Dan, sentendosi però pronta ad una domanda del genere perché sapeva che suo fratello avesse notato che Abby ed Edward dormissero in un unico letto, oltre ad essersi accorto dei modi in cui Edward si prendeva cura di Abby.
La ragazza entrò dentro il vero e proprio laboratorio ed indossò il suo camice con un gesto meccanico che avesse ripetuto centinaia di volte nella sua vita. "Che hai trovato?". 
Dan la seguì velocemente, avvicinandosi al tavolo con il vetrino ed il microscopio che avesse precedentemente preparato, fermandola dal permetterle di osservare il campione. "Sul serio Abby, voglio capire: tu e Dean vi siete lasciati e adesso stai con Edward? O ti diverti con entrambi?".
Abby sgranò gli occhi e lo fulminò con lo sguardo mentre suo fratello se la rideva, fissandolo in cagnesco e serrando le braccia al petto mentre pensava che suo fratello avesse sempre avuto pochissimo tatto nella sua vita. "No, non mi diverto con entrambi, idiota. Io e Dean ci siamo lasciati, mentre con Edward.. credo che ci stiamo entrambi godendo il momento".
Dan sollevò un sopracciglio e la guardò con aria indagatrice, avvicinandosi di qualche passo. "Tu lo ami?". 
Non ebbe bisogno di guardare negli occhi riservati della sorella per capire cosa provasse per il loro ormai amico fraterno, né tantomeno aveva bisogno di chiederle se le decisioni che avesse preso negli ultimi tempi fossero state dettate dalle rivelazioni di Chuck.
Dan sospirò e scosse la testa, facendo spallucce mentre si avvicinava e le passava un braccio attorno alle spalle, continuando a stringere con l'altra mano la siringa piena di sangue di uomo morto che teneva sempre nella tasca del suo camice. "So che non ti importa ciò che penso, ma sorellina.. penso che Edward sia decisamente l'uomo giusto per te: lui ti ama sul serio e so che anche tu lo ami, ti fa sentire al sicuro e amata. Ma tu e Dean avete provato tante volte a stare lontani: è l'amore della tua vita, il tuo vero lieto fine".
A sentire quelle parole Abby sentì un brivido attraversare l'intera lunghezza della sua schiena, come se le sue parole fossero profetiche e avrebbe effettivamente fatto ciò che suo fratello avesse detto. 
Lo guardò negli occhi e una parte molto profonda di sé, pensò che avesse totalmente ragione: avrebbe sofferto molto e, con lei, anche i due uomini che aveva trascinato dentro quel triangolo amoroso. 
Sospirò ed abbassò lo sguardo, deglutendo a fatica mentre si mordeva l'interno della guancia con nervosismo rimanendo a braccia conserte, pensando che avrebbe davvero conosciuto la verità su ciò che il suo cuore provasse una volta sconfitto Chuck, quando tutti sarebbero stati liberi dal suo controllo e sarebbero stati in grado di scegliere per conto proprio.
Abby scosse la testa per allontanare quel pensiero, superando il fratello per osservare il vetrino attraverso la lente del microscopio: osservò le sue stesse cellule che avesse prelevato dal suo corpo, e per qualche momento le osservò. 
Le cellule erano complete, la membrana esterna era compatta e tutti gli organelli all'interno erano perfettamente funzionanti.
Aggrottò le sopracciglia e guardò suo fratello con aria confusa, che però lo guardava con aria fiera e compiaciuta, sollevando un sopracciglio. "Cosa devo guardare? Le cellule stanno bene".
Dan sgranò gli occhi con aria seria e mentre si avvicinava scansò la sorella per osservare anche lui il vetrino, rimanendo sbalordita per ciò che vide. 
Tornò a guardarla scuotendo la testa con aria delusa ed arrabbiata. "Cazzo! Avevo esposto il campione al patogeno più tossico che ho trovato in questo laboratorio: le cellule direttamente esposte si sono disintegrate. Le ho monitorate per più di trenta minuti e non c'era cenno di rigenerazione cellulare". 
Dan diede un pugno al tavolo chiaro facendo tremare tutto ciò che vi fosse sopra e provando un rumore di vetreria, chiedendo gli occhi per qualche istante e deglutendo con fatica mentre pensava che il suo asso più forte lo avesse ormai giocato. 
Dovevano trovare una cura, ma ogni volta che provavano una via che sembrava fare al caso loro, le loro lunghe ore di lavoro venivano distrutte in poche ore. 
Abby sospirò rumorosamente cercando di nascondere la sua delusione e la sua tristezza, perché ogni fallimento la portava più lontana dall'idea di poter riabbracciare i suoi figli.
Si avvicinò al fratello e gli diede una pacca sulle spalle di Dan, legandosi poi i capelli in una coda alta per poi inserire dei guanti monouso. "Andiamo, abbiamo molto lavoro da fare".
 

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Capitolo 90
*** Capitolo 82 ***


Hunters' legacies
Capitolo 82



Le mani di Abby tremavano mentre inseriva l'ennesimo campione sul vetrino del microscopio, dopo aver tentato per così tanto tempo di trovare una qualsiasi reazione che riprogrammasse le sue cellule e la facesse tornare umana: Dan aveva lasciato il laboratorio da qualche giorno per trascorrere dei giorni insieme ad Henry, dato che non lo vedeva da molto, e Abby non lo poteva di certo biasimare. 
Anche lei sarebbe scappata dai suoi figli, se avesse potuto. 
Mandò giù un grosso bicchiere colmo di sangue prima di avvicinarsi di nuovo alle lenti del microscopio ed osservare come si stessero comportando le cellule, mordendosi il labbro per il nervosismo.
Quando ciò che vide le fece capire di avere di nuovo sbagliato strada, Abby frantumò il suo secondo microscopio lanciandolo contro la parete con rabbia e nervosismo perché non era ancora riuscita a trovare ciò che facesse per lei. 
Sapeva che la strada sarebbe stata dura ed in salita, ma sperava di poter contare su un pizzico di fortuna. 
Strinse forte i pugni sul tavolo e chiuse gli occhi, serrando la mascella e trattenendo la voglia di urlare per la frustrazione.
Trasalí quando avvertí la presa delicata di una mano sul fianco sinistro e fece scattare lo sgabello, aprendo gli occhi e voltandosi nella direzione dell'uomo che la guardava con un'espressione consolatrice. "Non ti ho sentito arrivare. Da quant'è che sei qui?". 
Edward sorrise forzatamente e fece spallucce, sentendosi dispiaciuto per non parlare la sua stessa lingua scientifica e per non poterla aiutare con le ricerche, nonostante trascorreva le giornate a leggere dei grossi volumi sulle basi della biologia mentre Abby la metteva in pratica nel laboratorio. 
"Adesso che sei un vampiro pensavo che non potesse sfuggirti niente, invece scopro che non riesci ancora a percepire ciò che ti accade intorno quando sei concentrata". Edward le fece l'occhiolino e strinse la presa sul suo fianco, avvicinandosi ulteriormente per guardarla meglio in viso, insinuandosi fra le sue cosce. 
Quando la vide non riuscire neanche a sorridere alle sue battute e rimanere seria, Edward le sfiorò il viso con una mano intrappolandole il mento tra indice e pollice per impedirle di abbassarlo. "Dovresti uscire di qui per un po', rossa". 
Abby scosse la testa per dissenso, sospirando ed accennando un sorriso amaro. "No, non posso. Devo trovare una cura, non posso perdere tempo". 
"Si, ma devi riposare. Distrarti. Altrimenti non troverai un bel niente". 
Abby guardò nei suoi occhi nocciola così sicuri delle sue parole e avrebbe tanto voluto avere la sua stessa fiducia, ma la ragazza si limitò a rivolgergli lo sguardo di chi non potesse davvero capirla e sospirò. "Dovrai tenere fede al nostro accordo, Ed: se non troverò la cura, dovrai uccidermi. Lo hai promesso".
Il volto di Abby era contratto dalla disperazione e dalla rabbia, le labbra erano serrate e la sua espressione era quella di chi avrebbe perso le speranze di lì a poco. 
Edward strinse forte la mascella mentre ancora la guardava e sospirò rumorosamente, continuandola a tenere stretta a sé mentre provava la tremenda paura di perderla di nuovo.

Sistemò gli ultimi vestiti all'interno del suo borsone, piegandoli in maniera impeccabile ed ottimizzando gli spazi così come gli era stato insegnato durante il percorso di addestramento nei Marines.
Ancora ricordava le ore passate sul campo, gli allenamenti estenuanti, la sveglia presto ed il poco riposo.
Edward ricordava il sudore della fronte, il duro lavoro quando ancora fosse un semplice soldato e quanto si fosse impegnato nel corso degli anni per riuscire a diventare Sergente maggiore.
Il sangue versato, le migliaia di missioni a cui aveva preso parte, gli uomini persi, le armi imbracciate, le uccisioni.
Essere tornato dalla guerra con il PTSD, le notti in bianco a bere fino a collassare sul pavimento, le riunioni dei veterani a cui aveva partecipato per uscire dal girone in cui era precipitato.
Dopo tutto quel lavoro sulla sua vita, dopo più di una decade nei Marines ed una vita nella caccia, Edward adesso iniziava a credere di non aver mai avuto paura come in quell'esatto momento, mentre inseriva la sua maglietta pulita nera all'interno del suo borsone e le mani gli tremavano.
Aveva lasciato che Abby lo aspettasse all'interno della sua Jeep nel parcheggio del suo locale.
Le aveva espressamente chiesto di rimanere in auto, lasciando che credesse che fosse per l'incolumità dei clienti all'interno del locale e di Andrew, ma in realtà Edward aveva bisogno di qualche momento per respirare e trovare il coraggio necessario per riuscire a compiere quel viaggio insieme ad Abby.
Avevano lasciato il bunker da poco dopo che Abby avesse bevuto dal suo polso, l'aveva vista salutare la sua famiglia ed andare via insieme a lui.
L'aveva vista trattenere le lacrime e stringere la sua mano mentre Edward guidava verso il locale.
Ma la verità era che Edward provava la sua stessa paura, se non peggiore.
Sapeva di non riuscire a sopravvivere senza di lei, di non potere vivere sapendo che Abby fosse morta.
Dovevano trovare una cura, un modo per far si che tornasse umana.
Non poteva vederla morire per la seconda volta.
Scosse la testa e chiuse di scatto la cerniera del suo borsone, stringendo forte la mascella mentre cercava di allontanare quegli orribili pensieri dalla mente.
Se lo portò su una spalla e strinse forte la spallina del borsone, dirigendosi verso l'uscita della stanza da letto.
Entrò nel salotto del suo appartamento e si fermò sul posto, sgranando gli occhi e trattenendo il respiro qualche momento mentre osservava la figura di spalle di Abby che se ne stava in piedi, tenendo fra le mani un foglio.
La ragazza era così presa dalla lettura che neanche si accorse quando Edward entrò nel soggiorno, continuando a leggere le righe di quella lettera che portava il suo nome sulla busta.
Edward si schiarí la gola, guardandola quasi in cagnesco per non aver aspettato in auto rischiando la vita dei presenti al piano di sotto, ed Abby si voltò a guardarlo con aria sorpresa e quasi sconvolta, sollevando la lettera a mezz'aria per mostrargliela.
Non aveva bisogno di leggerla, per capire di che lettera si trattasse.
Era stato proprio Edward a scriverla, la sera in cui si era convinto ad eseguire il rituale per riportare Abby in vita, prima che Isobel lo interrompesse e lo eseguisse al posto suo.
Edward sospirò rumorosamente e fece spallucce, avanzando di qualche passo mentre sosteneva i suoi occhi azzurri così sconvolti probabilmente per come Edward le avesse scritto quanto profondamente e intensamente l'amasse, così tanto da rinunciare alla sua stessa vita pur di riportarla indietro.
Abby deglutí a fatica mentre guardava nei suoi occhi nocciola, continuando ad agitare la lettera. "Hai davvero lasciato il bar a Richard?".
"Certo che l'ho fatto: così avrà sempre un posto dove andare" si affrettò a rispondere Edward, sollevando un sopracciglio e facendo spallucce come se quella fosse la cosa più naturale a cui riuscisse a pensare; ma quando si accorse della sua aria sorpresa e ancora sconvolta, Edward lasciò andare il borsone e le si avvicinò con sopracciglia aggrottate. "Richard è anche mio figlio, Abby. Non dovresti stupirti se voglio dargli tutto ciò che ho e tenerlo al sicuro".
Abby accennò un sorriso amaro nella sua direzione mentre ancora sosteneva il suo sguardo sicuro di sé; sospirò appena perché doveva aspettarsi una mossa del genere da Edward.
Richard era suo figlio, lo aveva cresciuto esattamente come tale, dandogli più amore di qualsiasi altra persona e non lasciandolo mai da solo.
Edward c'era sempre stato e per Richard fu naturale chiamarlo distrattamente papà, e nessuno lo aveva mai corretto. Il legame fra Richard e Edward era ormai divenntato indissolubile.
Abby annuí posando la lettera sul tavolo da cui l'avesse pescata e sorrise un po' di più mentre rileggeva le frasi d'amore profondo che Edward le avesse dedicato.
Si avvicinò in silenzio mentre lo guardava negli occhi e deglutì a fatica, sentendo il cuore battere molto velocemente. "Mi dispiace non volevo leggerla, ma ero qui a cercarti e poi l'ho vista, c'era scritto il mio nome e.. quello che hai scritto..".
"Credevo di morire". Edward sciolse l'espressione arrabbiata con cui la stesse guardando e scosse la testa, sospirando rumorosamente mentre le si avvicinava di più e le prendeva il viso fra le mani. 
"Mi ami ancora nello stesso modo che ti ha portato a scrivere quella lettera? Nello stesso modo che ti ha spinto a decidere di morire eseguendo quel rituale per farmi tornare?".
Edward aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria sospettosa, scrutando nei suoi occhi azzurri così limpidi e seri. "Ti amo di più di prima".
Abby accennò un sorriso udendo quelle parole e gli sfiorò il viso barbuto, sollevandosi sulle punte per raggiungere le sue labbra e baciarlo in modo casto con dolcezza. 
Quando pose fine a quel contatto, Abby tornò a guardarlo con un sorriso più ampio sul viso osservando ogni più piccolo particolare e si strinse di più a lui. "Allora devi promettermi che se io e Dan non troveremo una cura, mi ucciderai".
"Cosa?". Edward sgranò gli occhi e la guardò con aria confusa, credendo di aver udito male perché Abby non poteva davvero aver usato quelle parole con lui.
Ma lo sguardo della donna era serio e sicuro di sé, tanto che Edward mise un po' di distanza fra i loro volti per guardarla meglio sperando di aver sentito male.
Lasciò la presa sul suo viso e la scostò in modo arrabbiato, facendo qualche passo indietro e scuotendo la testa. "Ma come ti viene in mente di chiedermi una cosa del genere?".
Con rabbia e con i pugni stretti, Edward la superò velocemente muovendosi all'interno del suo salotto e scaricando a terra il borsone che ancora avesse in spalla.
Si avvicinò alla finestra e scosse la testa sentendosi furioso più che mai, non vedendo nemmeno le auto dei clienti che continuavano ad arrivare al locale.
Abby sospirò silenziosamente ed abbassò lo sguardo sul pavimento, sentendo gli occhi inumidirsi e credendo di aver davvero commesso un errore a chiedere proprio a Edward di procurarle la morte, nel caso in cui non fosse riuscita a trovare una cura.
Ma quando sollevando lo sguardo lo trovò di spalle, completamente immobile e palesemente infuriato, Abby riuscí a sentire il cuore di Edward battere nel petto.
Sentì la velocità con cui continuava a contrarsi e la donna aveva ormai imparato a distinguere gli stati d'animo associati.
Sapeva che Edward stesse soffrendo tanto quanto lei.
Sapeva che voleva aiutarla ancora una volta, che voleva averla tutta per sé ancora per un po'.
Che ciò che le stesse capitando non era giusto, specialmente adesso che Abby aveva finalmente capito che fosse lui l'uomo con cui voleva passare il resto della sua vita.
Il suo miglior amico, il suo confidente migliore, l'uomo che amava e per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Ma guardando il polso di Edward ancora fasciato nel punto in cui Abby aveva affondando i suoi denti per non lasciarsi morire, capì di preferire la morte e perdere tutto ciò che avesse, piuttosto che essere costretta a compiere un gesto simili di nuovo.
 "Se mi ami davvero, dovrai lasciarmi andare". 
Edward ricacciò indietro le lacrime e scosse la testa, riemergendo dai pensieri terribili in cui stesse affogando per l'ennesima volta e si voltò per incrociare i suoi occhi azzurri con rabbia ed osservando l'aria affranta con cui lo guardava, e ciò gli fece ancora più male.
Ma Abby fece dei passi avanti fino a raggiungerlo, afferrandogli le mani fra le sue mentre lo guardava con aria supplichevole e parlava con voce spezzata. "Non posso farlo da sola, ho bisogno di te. Ti prego Ed, promettimelo: promettimi che mi ucciderai prima che diventi un pericolo per la nostra famiglia, per i bambini. Non voglio diventare un mostro".
Davanti a quegli occhi azzurri arrossati per il pianto trattenuto, Edward sentì tutta la sua rabbia svanire dal suo corpo.
In fondo la capiva, anche lui avrebbe agito nello stesso modo al suo posto.
Ma dover uccidere Abby.. non riusciva neanche a pensarci.
Le si avvicinò e le prese il volto fra le mani, scuotendo la testa mentre pensava che non sarebbe mai stato capace di farle del male, di torcerle anche solamente un capello. 
"Se perderai il controllo e cercherai di fare del male si bambini. Se inizierai ad uccidere persone, se ci saranno spargimenti di sangue. Solamente se tutto ciò si verificherà, io.. ti ucciderò, promesso. Ma so che non sarà necessar-".
Abby si sollevò istantaneamente e lo zittí con un bacio, a cui Edward però non rispose e si limitò a stringerla più forte a sé, mentre guardava con occhi vitrei un punto indefinito davanti a sé.
Adesso non sarebbe più potuto tornare indietro.
Lo aveva promesso e quindi Edward sapeva che, presto o tardi, avrebbe dovuto tenere fede a quella promessa.


Edward sospirò e si avvicinò, carezzandole una guancia mentre guardava nei suoi occhi: ancora non riusciva a spiegarsi come Abby riuscisse a tirare fuori il meglio di lui in ogni circostanza, anche nella più tragica.
Accennò un sorriso amaro ed annuí in silenzio. "Io credo in te, Abby. So che puoi fare tutto e so che troverai questa dannata cura: è solo questione di tempo. E se non dovessi riuscirci, spero che continuerai a lottare per sopravvivere". 
La donna lo guardò con gli occhi lucidi ed il cuore in tumulto, scosse la testa ed abbassò brevemente il capo incapace di riuscire a sostenere il suo sguardo. "Non ti merito. Non merito il tuo amore. Dovrei mandarti via: sono diventata un mostro e rischi la vita ogni istante che passi con me. Potrei uccid-..". 
Le sue parole vennero interrotte dalle labbra di Edward che si posarono su di lei, interrompendo il suo discorso e baciandola con una dolcezza tale da spezzarle il cuore. 
Quando si guardarono negli occhi, Abby lo vide sorridere e sfiorarle il volto con un movimento convinto. 
Non sentí più la sete di sangue bruciarle nelle gola, nonostante sapesse che sapore avesse quello di Edward, che l'aveva nutrita e l'aveva salvata dalla morte, continuando a farlo giorno dopo giorno. 
Adesso sentiva solamente il più grande desiderio bruciante che avesse mai provato e la voglia crebbe così tanto dentro di lei, che si ritrovò schiacciata contro le sue labbra a baciarlo con avidità. 
Edward la strinse a sé, cercando di mantenere vigile la parte più razionale di sé perché sapeva che fosse pericoloso, eppure non riusciva a far altro che sentire la donna fra le sue braccia come la solita Abby. 
Strinse le sue mani attorno alle sue forti e massicce spalle per far scivolare meglio la pesante giacca sul pavimento e Edward la sollevò dalle cosce per farla sedere sul bancone del laboratorio, mentre continuava a baciarla con desiderio. 
Le sfiorò la pelle dei fianchi facendo scivolare le dita all'interno della sua maglietta e Abby come risposta a quel tocco si strinse più a lui, attorcigliando le gambe attorno al suo bacino; scese a baciarle il collo e Abby ansimò di piacere, intrecciando le dita ai suoi lunghi capelli ricci per prolungare quel contatto. 
Come avesse già fatto nelle lunghe notti che trascorsero insieme all'interno del laboratorio, Abby sarebbe andata fino in fondo senza pensarci due volte perché lo amava e lo desiderava troppo, se solo il timer di uno dei macchinari di analisi non avesse iniziato a suonare diffondendo la melodia nella stanza. 
Si voltò immediatamente verso la macchina, percependo Edward fermarsi dal baciarle la pelle e sospirò rumorosamente, incrociando i suoi occhi con aria dispiaciuta. 
Ma l'uomo le sorrise e le fece l'occhiolino con aria complice. 
"Va' a controllare, rossa". 
Stregata dai suoi occhi e dai sentimenti che provasse per lui, Abby gli sfiorò il volto con dolcezza e gli sorrise, perdendosi nei suoi occhi nocciola. "Dio, ti amo così tanto..".
Gli regalò un ultimo bacio lento e più casto, ma presto Abby scese dal bancone e sparí nella parte più lontana del laboratorio. 
La guardò allontanarsi con un sorriso sulle labbra e Edward sospirò di felicità, perché non si era ancora abituato a quelle manifestazioni di affetto di Abby.
Non era la prima volta in cui Abby gli dicesse apertamente ciò che provasse per lui, ma sentirglielo dire era sempre un momento unico e speciale. 
Si sedette sullo sgabello e si appoggiò con il gomito al bancone, mentre afferrava il taccuino su cui Abby aveva appuntato una serie di esperimenti che avesse fatto sui propri tessuti: erano tutti sbarrati con una x, tranne l'ultimo. 
Le idee della donna e di suo fratello erano finite, e Edward sapeva che ciò che si trovasse nel macchinario verso cui fosse sparita Abby dovesse essere il suo ultimo tentativo. 
Sperò con tutto se stesso che fosse la volta buona e che potesse trovare una cura perché sapeva che Abby non scherzasse quando diceva di preferire la morte, piuttosto che passare un'eternità da vampira. 
Stare lontano dai suoi figli la stava facendo impazzire e per quanto ci provasse, Edward sapeva di non poter reggere il confronto con Mary e Richard. 
Un forte rumore di vetri infranti lo distrasse dai suoi pensieri e Edward subito scese dallo sgabello e si diresse verso il punto in cui Abby era sparita: entrò nel laboratorio correndo e quasi impallidì quando la vide stesa a terra del tutto incosciente, vicina ad una siringa usata.
"Abby!". Sgranò gli occhi e corse nella sua direzione, chinandosi su di lei per sollevarla e prenderla fra le braccia, iniziando a colpirla con degli schiaffi sul viso per farla rinvenire. "Svegliati! Che cosa ti sei iniettata?". 
In preda all'agitazione le sfiorò il collo con due dita per sentire il battito e la scosse più forte quando non sentí il suo cuore pulsare.
"No, no, no! Non ti lascerò morire!". 
Edward la sdraiò nuovamente sul pavimento ed iniziò una manovra di rianimazione, pressandole il petto e soffiando aria nella sua bocca. 
Continuò per dei minuti molto lunghi che gli sembrarono infiniti mentre la paura e la rabbia scorrevano dentro le sue vene, ma Abby continuava ad avere nessuna reazione.
Per qualche istante si fermò e la osservò ancora incosciente, ma presto tornò a scuoterla con forza e le urlò più volte di svegliarsi, che non poteva fargli una cosa del genere. 
Fin quando un forte respiro lo fece sussultare, osservando Abby sedersi di scatto sul pavimento e sgranate gli occhi. 
La donna iniziò a tossire sempre più forte, fino a quando si liberò della presa dell'uomo per chinarsi di lato e vomitare: si liberò del sangue che avesse bevuto a pranzo, tenendosi con le mani sul pavimento, per poi pulirsi le labbra con la manica della sua felpa. 
Edward rimase così sconvolto da non riuscire a distogliere lo sguardo da Abby, che col fiato corto tornò a guardarlo con aria stanca. "Ma che cazzo è successo?".
Abby ansimò di dolore perché sentiva che qualcosa dentro di lei stesse cambiando, percependo il proprio sangue scorrere in maniera diversa. 
Si passò una mano sulla fronte madida di sudore e sospirò, guardandosi attorno con aria confusa. "Le cellule stavano rispondendo bene al mio esperimento, ho pensato che fosse il momento adatto per provare e..". 
"Hai pensato di provare?". Il tono di Edward era sicuramente un tono di rimprovero che avrebbe potuto far tremare persino i più scaltri, ma Abby si limitò a fare spallucce mentre guardava nei suoi occhi e si metteva più dritta con la schiena. "Mi hai fatto morire di paura! Ho pensato che fossi morta!". 
Abby vide il suo sguardo ancora spaventato all'idea di averla persa ed il modo in cui tenesse i pugni ancora stretti, così allungò una mano fino a sfiorarli sentendosi affranta per ciò che gli avesse fatto passare, non sono in quei mesi al laboratorio. "Mi dispiace, ma non potevo lasciarmi sfuggire questa occasione. Sto bene, davvero. È solo che..". 
La donna si morse il labbro continuando a guardarsi attorno con aria confusa, respirando più lentamente e drizzando le orecchie per udire meglio, ma scosse la testa e tornò a guardarlo con aria preoccupata. "Non li sento più, Ed.. i rumori esterni, il sangue che scorre nelle tue vene, il tuo cuore che batte".
Edward aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria seria, non azzardandosi neanche ad accennare un sorriso e ad esultare prima di essere completamente sicuro. "Non hai neanche sete?".
Passò qualche istante a riflettere su quella domanda, lasciando scivolare lo sguardo sul collo di Edward che in quei mesi insieme aveva rappresentato per lei una vera e propria tentazione.
Ma adesso tutto ciò che sentiva mentre lo guardava, era il desiderio di appoggiarvi il viso per lasciarsi abbracciare.
Velocemente si sporse verso Edward, che rimase immobile davanti al suo scatto nella sua direzione, ed allungò le mani fino a prendere il coltellino svizzero che l'uomo portasse sempre attaccato alla sua cintura di cuoio.
Senza dire una parola Abby puntò la lama sul palmo della mano sinistra e fece pressione, procurandosi un lungo taglio che iniziò presto a sanguinare.
Rimasero entrambi con il fiato sospeso ad osservare quella ferita che si sarebbe dovuta rimarginare in pochi secondi. 
Ma così non fu ed Abby sgranò gli occhi e li puntò su Edward, che la guardò con sguardo incerto senza essere sicuro di aver davvero capito. "Non guarisce, Ed. La mia ferita non guarisce più!". 
Stordito da ciò che fosse accaduto in quei pochi minuti, Edward afferrò la sua mano e la portò più vicina al suo viso per osservare meglio che le ferite non si stessero rimarginando, e sgranò gli occhi. "Hai trovato la cura, Abby. Ce l'hai fatta!". 
Abby si sporse con convinzione verso di lui e lo baciò per qualche istante sentendosi felice come una bambina, e presto gli gettò le braccia al collo ridendo per la felicità. 
Edward ricambiò la stretta e se la portò più vicina, baciandole i capelli e ridendo insieme a lei, per poi baciarle le labbra in un modo tutt'altro che casto. 
 


Quando aveva varcato la soglia del bunker insieme a Edward, non aveva idea di cosa sarebbe accaduto da lì a breve: Abby ricordava di aver sentito le urla di Dean provenire dal corridoio, intimando a suo fratello di non sbarrargli la strada, e quando Abby e Edward si avvicinarono videro Dean estrarre la sua pistola e puntarla contro il suo stesso fratello mentre ancora teneva per un braccio un Jack molto debilitato e barcollante. 
Abby non ricordava di aver mai visto Dean così disperato e così stanco da tutta quella storia. Aveva lasciato scivolare il Nephilim a terra e con uno scatto fulmineo aveva colpito suo fratello con un pugno in pieno viso, così che Sam si spostasse mentre cadeva all'indietro.   
Tutto ciò che importava a Dean in quel momento, era solamente chiudere quella storia per sempre ed essere liberi, specialmente adesso che Amara era riuscita a portare Chuck nel bunker e si fosse decisa ad aiutarli.
Castiel e Anael si fecero avanti per bloccare la strada a Dean e a Jack, ma Dean non riusciva proprio a calmare quel fuoco che ardeva dentro di sé, così uscì dalla propria giacca la lama Angelica, puntandola verso i due angeli.  "Dean, che diavolo stai facendo?".
Quando udì la sua voce, Dean rimase rigido per qualche istante. 
Era passato tanto tempo, così tanto da aver iniziato a pensare che non l'avrebbe mai più vista.
Così si voltò nella sua direzione e sgranò gli occhi, deglutendo a fatica mentre Abby lo guardava con sguardo incerto e leggeva nei suoi occhi l'assoluta confusione ed una furia cieca che lo stesse divorando dall'interno. 
Dean fece scivolare lo sguardo sul suo volto roseo, sui suoi occhi preoccupati e poi sulle sua esile mano intrecciata a quella di Edward, focalizzandosi però sulla fasciatura che le avvolgeva le pelle: aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria sorpresa, dischiudendo appena le labbra e sollevando le sopracciglia con sorpresa. "Hai trovato la cura, ragazzina". 
Abby sorrise più ampiamente ed annuí, lasciò il fianco di Edward e la sua mano, avvicinandosi velocemente al cacciatore per stringergli le braccia attorno al collo ed affondare il viso sul suo petto. 
Dean si affrettò ad avvolgerla fra le braccia con strinse forza, chiudendo gli occhi lucidi ed appoggiando il mento sulla sua testa; averla con sé e poterla toccare, poter sentire di nuovo il suo profumo rappresentava davvero tanto per lui.
Si sentì così tremendamente felice di rivederla dopo quei mesi di lontananza da non trovare la voglia di lasciarla andare, mentre la stringeva a sé ancora di più.
Abby sorrise contro il suo petto premendo la guancia sulla sua maglietta scura di cotone, per poi sollevare il capo fino ad incrociare il suo sguardo con un sorriso. 
Dopo tanto tempo Abby guardò nei suoi occhi verdi mentre ancora stringeva le braccia attorno al suo torace, e Dean le sfiorò la guancia con una mano sentendosi grato perché fosse ancora viva.
Ma presto vennero interrotti da un gemito di Jack che non si resse in piedi e scivolò a terra, tenendosi lo stomaco con entrambe le mani.
Abby sgranò gli occhi e guardò i due angeli e Sam, che nel frattempo si fosse alzato e lo avesse raggiunti pensando che la ragazza avesse avuto un tempismo formidabile. 
Il minore si avvicinò guardandola con aria felice di vederla finalmente sana e in salute, e le mise una mano sulla spalla con fare affettuoso. "Sono felice che tu stia bene, Abby. Ma non possiamo seguire il piano di Billie: vuole che Jack uccida Chuck, solamente per poter prendere il suo posto. Sarà un Dio peggiore di Chuck! Non possiamo permettere che accada". 
Lo sguardo di Dean divenne di nuovo glaciale, tanto che lasciò la presa sul corpo di Abby e si voltò verso il fratello, afferrando Jack da un braccio mentre ansimava. "No, dobbiamo chiudere questa storia adesso! Spostatevi! Dobbiamo fermarl-..". 
"Ciao figli miei!".
Una voce che ormai conoscevano fin troppo bene interruppe la loro breve discussione e tutti i presenti in quella direzione, notando Chuck avvicinarsi verso di loro con un sorriso compiaciuto; inserì il bottone centrale della sua giacca all'interno della corrispondente asola e li guardò con un sorriso compiaciuto sulle labbra sottili, sbattendo le palpebre un paio di volte per permettere loro di vedere di essere riuscito ad ottenere ciò che volesse di più: un occhio azzurro, un occhio nero.
Chuck li guardò ad uno ad uno e si mise più dritto con le spalle assumendo un atteggiamento autoritario e fiero, comunicando loro di aver appena assorbito sua sorella Amara e che niente avrebbe più potuto fermarlo.
 

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Capitolo 91
*** Capitolo 83 ***


Hunters' legacies
Capitolo 83


"Mamma!".
Le loro voci erano presto giunte alle orecchie di Abby.
Li aveva visti scendere dalle scale del bunker correndo verso di lei con aria molto felice, e Abby aveva allungato le braccia nella loro direzione; sollevò Richard e lo strinse forte al petto, mentre Mary le strinse le braccia attorno alla vita.
Mentre continuava a stringere il piccolo Richard fra le braccia, Abby si inginocchiò davanti a Mary che aveva iniziato a piangere per la gioia, e strinse forte anche la sua bambina fra le braccia.
Il suo cuore era di nuovo felice, Abby si sentiva finalmente completa.
Era passato più di un mese dall'ultima volta che fosse stata al bunker, quasi tre dall'ultima volta che li avesse stretti in un abbraccio come quello.
Silver scese le scale insieme al piccolo Nathan, che si uní a quell'abbraccio per salutare la zia, e fu grata che sua sorella maggiore stesse bene. Ma Abby conosceva Silver meglio di chiunque altro e, per quanto si stesse sforzando di concentrarsi sui tre bambini che l'abbracciavano stretta e su Edward che si fosse chinato al suo fianco per salutarli insieme a lei, non le sfuggí il modo in cui Silver si fosse avvicinata a Sam e Dean, intenti ad osservare la scena con un sorriso sulle labbra.
La minore divenne più seria e si portò i capelli corvini dietro le orecchie, deglutendo a fatica mentre guardava i due Winchester ma si sforzava di mantenere un'espressione tranquilla. "Sono spariti tutti".
Dean strinse le labbra in una smorfia arrabbiata ma soprattutto confusa, così come Sam che sgranò gli occhi e si chiese se Eileen stesse bene.
Il maggiore sospirò e scosse la testa mentre guardava Silver, che fece spallucce e lo guardò con occhi pieni di lacrime. "Dan sta arrivando con Henry, ma è l'unico che siamo riusciti a contattare: Bobby, Jody, Donna, Charlie. Non è rimasto più nessuno".
Silver si morse l'interno della guancia per non iniziare a piangere per la disperazione, perché tutto ciò aveva il sapore amaro della fine e lei non era pronta a lasciare tutto ciò che aveva costruito e per cui aveva lottato così duramente.
Si fece forza, perché almeno tutta la sua famiglia fosse stata risparmiata e sarebbero presto stati tutti sotto lo stesso tetto.
Abby le si avvicinò presto con ancora i tre bambini a seguirla con gioia, e strinse la sua sorellina in un abbraccio pieno di amore.
Asciugò le lacrime sul volto della sorella e sorrise audacemente, avendo da poco ritrovato la sua fede nella loro causa. "Troveremo un modo, Silver".



Vedere Chuck supplicare piangente mentre cercava invano di stare al passo con la loro auto, non avrebbe mai potuto competere con nessuna soddisfazione che ciascuno di loro avrebbe potuto provare nella loro vita. 
Dopo aver vinto una volta per tutte ed aver salutato Jack, che fosse diventato il nuovo Dio, erano diventati finalmente liberi. 
Liberi di decidere il proprio destino senza interferenze angeliche, liberi di poter essere ciò che volessero, liberi di poter amare chi volessero. 
Dopo aver fatto tornare tutti gli abitanti della terra, i Winchester e gli Harrison si erano tutti radunati al bunker per l'ultima volta: avevano preparato insieme una squisita cena per trascorrere il tempo come una splendida famiglia normale che sanciva l'inizio di una meravigliosa vita.
Non ci sarebbero stati più mostri, né creature da uccidere. 
Erano tutti d'accordo: mai più caccia. 
Quella sera erano tutti così euforici, tutti così felici.
Brindarono ai membri della loro grande famiglia che non ci fossero più e quelli che invece erano ancora troppo piccoli per capire che eredità fosse ricaduta sulle loro spalle. 
Le risate scandirono ogni singolo istante di quella sera, la felicità brillava negli occhi di tutti i presenti. 
Con tranquillità e senza avere una nuvola nera di preoccupazioni a chi pensare, decisero che quella fosse la sera giusta per insegnare a Castiel ed Anael come si giocasse a poker, volendo trascorrere insieme a loro fino all'ultimo momento prima che si recassero in Paradiso per affiancare Jack nel nuovo ruolo da Dio.
Abby si affrettò a togliere le ultime stoviglie dal grande tavolo mentre scambiava un'occhiata di intesa con Edward, che le sorrise con amore.
La ragazza rispose facendogli l'occhiolino mentre si ritrova a pensare che senza il coraggio che Edward le avesse trasmesso durante il periodo al laboratorio, Abby non sarebbe stata in grado di trovare la cura e tornare umana.  
Lasciò la sala centrale tenendo fra le mani dei piatti sporchi, avviandosi a grandi passi verso la cucina.
Abbandonò le stoviglie nel lavandino e si affrettò a sciacquarsi le mani, sentendo dopo qualche istante uno strano sguardo perforarle le spalle. 
Lo conosceva bene, l'aveva percepito per metà della sua vita. 
Quando si voltò ed i suoi occhi incrociarono gli occhi verdi di Dean, per qualche istante rimase in silenzio mentre lo osservava avvicinarsi a lei per impilare degli piatti nel lavandino.
Abby accennò un sorriso sereno nei suoi confronti, ripensando al momento in cui avessero privato Chuck dei suoi poteri rendendolo mortale.
Anche in quel momento, mentre quello che una volta era considerato il forte e potente Dio giaceva a terra ad implorarli di avere pietà ed ucciderli, Abby e Dean avevano cercato lo sguardo l'uno dell'altra.
Per dei lunghi istanti si erano guardati mentre Chuck ancora blaterava e Sam gli rispondeva che avrebbe vissuto una vita da comune umano e che adesso fossero tutti in grado di prendere delle decisioni fuori dalla sua influenza.
Qualcosa era cambiato quando Chuck aveva perso i poteri.
Qualcosa si era spezzato dentro di loro.
Sia Abby che Dean lo avevano percepito mentre Chuck piangeva strisciando al suolo.
Il loro legame era stato spezzato.
Adesso non erano più obbligati ad amarsi 
Adesso che si guardavano in silenzio capirono che avrebbero finalmente potuto capire da soli che cosa il loro cuore desiderasse di più.
Cosa volessero essere l'una per l'altro.
Abby prese un lungo respiro tornando al presente in quella cucina e si asciugò le mani alla meno peggio sui pantaloni mentre continuava a guardare nei suoi occhi; si mordicchiò il labbro e lo guardò, facendo spallucce ed insinuando le mani all'interno delle tasche dei propri jeans. 
Dean si sporse verso il frigo per prendere due birre e ne porse una alla ragazza, mentre in silenzio faceva sbattere il collo delle bottiglie di vetro con un sorriso sincero sul volto.
Presero qualche sorso in silenzio mantenendo lo sguardo l'uno sull'altra, fin quando Abby si schiarí la gola e gli si avvicinò di qualche passo.
"Dì un po': non avresti scommesso neanche un dollaro che saremmo arrivati fino a qui sani e salvi, eh?".
Dean accennò un sorriso e fece spallucce, allontanando la bottiglia dalle sue labbra. "No, sapevo che ce l'avremmo fatta. Solo non credevo che quell'idiota di tuo fratello non si sarebbe fatto uccidere".
Abby rise divertita alla sua battuta, scuotendo la testa e colpendolo appena sul petto con un gesto amichevole, scuotendo la testa.
E per la prima volta Dean si sentì veramente felice di vederla ridere in quel modo perché fin troppo spesso la sofferenza aveva toccato il suo cuore.
Abbassò lo sguardo e si grattò distrattamente la guancia irsuta, distogliendo lo sguardo per un paio di secondi per poi schiarirsi la gola e tornare a guardarla con aria più seria. "Abby, io volevo ringraziarti".
"Ringraziarmi per cosa?".
Dean osservò le sue sopracciglia aggrottare e la sua espressione curiosa, mentre si portava la bottiglia alle labbra per prendere qualche sorso di birra. "Se non ti avessi incontrata e non ti avessi amato con ogni fibra del mio essere, nessuno degli ubriaconi che adesso si trovano nell'altra sala sarebbe qua. Tu ci hai messi tutti insieme. Abbiamo una famiglia solamente perché sei sempre stata troppo testarda per impedire che ognuno di noi andasse per strade diverse: Silver e Dan, quel testone di Sam ed io, Castiel ed Anael, Edward e Andrew. Siamo tutti insieme per merito tuo, quindi grazie per avermi dato tutto questo, ragazzina. Non lo dimenticherò mai".
Abby rimase in silenzio ad ascoltare quelle parole mentre lo guardava negli occhi, che divennero incredibilmente lucidi.
Milioni di momenti della sua vita tornarono prepotenti nella sua mente; momenti atroci e sofferenti: la morte delle persone che aveva amato di più, come suo padre Jack, Isobel, Jo, Ellen, Ash.
E poi fu la volta dei momenti di puro amore: le notti di passione con Dean ed i loro infantili giochi che li avessero spesso messi nei guai, le risate sfrenate con Dan e Silver, i momenti di spensieratezza con Sam e l'amore con Edward. 
Abby accennò un sorriso e fece un passo indietro per guardarlo meglio, appoggiandosi contro il bancone di metallo mentre si rendeva conto di non essersi sbagliata e che Dean continuasse a guardarla nel modo unico e speciale che le avesse sempre riservato.
Come a dirle che avesse capito che Chuck aveva potuto forzargli la mano all'inizio, ma che Dean  aveva scelto di amarla giorno dopo giorno in quei lunghi quindici anni.
Si passò una mano fra i capelli e fece spallucce, ridendo divertita. "Andiamo Dean: ho quasi quarant'anni. Forse è il momento che tu smetta di chiamarmi in quel modo".
Dean rise divertito e le si avvicinò di un passo chinandosi per depositarle un bacio fra i capelli con dolcezza, per poi prenderle una mano fra le sue e condurla attraverso la cucina per raggiungere la loro famiglia. "Si beh, hai ragione. Ma smetterò di farlo quando l'inferno congelerá, ragazzina!".
Abby rise e si lasciò condurre ricambiando la stretta amichevole di Dean sulla sua mano, udendo la risata divertita di Mary e del suo Edward che giungevano dalla sala comune, e la donna sospirò di felicità perché finalmente aveva tutto ciò che avesse sempre desiderato.
 

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Capitolo 92
*** Capitolo 84 ***


Hunters' legacies
Capitolo 84

5 anni dopo

 
Fece scivolare con delicatezza la spazzola attraverso i lunghi capelli della bimba seduta davanti a lei sul piccolo letto della stanzetta, ed Abby sorrise mentre osservava la chioma mogano della sua terzogenita, del tutto identica alla sua.
Audrey se ne stava chinata su di un foglio stringendo con la mano destra un pastello viola con cui creava un disegno molto colorato e acceso: Abby le sfiorò la testa e fece un largo sorriso perdendosi ad osservare i suoi occhi nocciola, identici a quelli di suo padre. "Che stai disegnando, amore?". 
Audrey sorrise leggermente rimanendo molto composta e ordinata, voltandosi verso la madre che smise di spazzolarla per guardarla in viso e sfiorarle la testa con delicatezza. 
"È la nostra famiglia, mamma".
Con orgoglio Abby sfiorò il foglio con le dita, osservando il modo in cui Audrey avesse ritratto tutti i componenti della famiglia; sfiorò il disegno, soffermandosi su tutte le figure rappresentate ed il suo cuore si colmò di felicità. 
Si chinò a baciare la fronte della piccola Audrey guardandola con aria profondamente innamorata: per Abby non c'era nulla che avrebbe potuto competere con l'amore che provasse per ciascuno dei suoi tre figli. 
Le sfiorò la guancia morbida con dolcezza rimanendo al suo fianco per ancora qualche altro lungo istante, osservando Audrey smettere di disegnare e avvicinarsi alla madre per stringerla in un grande abbraccio. "Perché non vai a giocare con i tuoi fratelli? Sono al piano di sotto con i vostri cugini". 
Audrey annuí divertita ed i suoi occhi si illuminarono all'idea, così strinse appena di più la madre e poi si allontanò per uscire dalla stanza e raggiungere le scale. 
Abby rimase seduta sul bordo del letto della stanzetta piena di giocattoli ad osservarla muoversi con quei modi aggraziati che senza dubbio non avesse ereditato da lei, e aggrottò le sopracciglia quando la vide esitare sulla soglia per qualche istante. 
Audrey si voltò verso la madre e si tenne allo stipite della porta giocando nervosamente con una ciocca di capelli rossi, guardandola con un grosso sorriso felice. "Hai dimenticato di dirmi una cosa, mammina". 
Abby la guardò con aria confusa aggrottando le sopracciglia iniziando a riflettere su ciò che intendessero le sue parole e strinse le labbra in un'espressione confusa. 
Presto però si sciolse in un sorriso molto ampio quando capí cosa volesse dire la sua piccola e Abby le fece l'occhiolino mentre la guardava. "Va' a giocare tranquilla, amore: ci sono tre angeli che vegliano su di te". 
Audrey emise un ridolino elettrizzato e si divincolò dallo sguardo della madre, uscendo dalla stanza e scendendo al piano di sotto con velocità.
Abby rise divertita e scosse la testa, alzandosi poi dal letto ed iniziando a raccogliere dal letto i pastelli ed i disegni della figlia con cura, spostandoli al centro della scrivania che Audrey condividesse con la sorella maggiore Mary. 
Diede una sistemata ordinando i giocattoli con velocità e per qualche istante Abby sentí il suo cuore battere più velocemente nel petto, commossa davanti alla foto che Mary tenesse sul suo comodino.
Era il suo quindicesimo compleanno e tutta la famiglia si era riunita per festeggiarla. Nella foto Mary dai lunghi capelli biondi e con i suoi occhioni di un verde brillante se ne stava dietro ad un tavolo con una grossa torta poggiata sopra, mentre teneva sulle gambe il fratellino Richard di ormai sette anni e la sorellina Audrey.
Abby e Dean sbucavano dietro ai bambini e stringevano Mary, mentre Edward se ne stava chino su un ginocchio per aiutare la ragazza a sorreggere la piccola Audrey.
Sui visi di tutti vi erano dei sorrisi felici ed indubbiamente rilassati. 
I loro occhi esprimevano la felicità per cui avessero lottato per anni. 
Avevano finalmente ottenuto tutto ciò che avevano sempre desiderato.
O quasi.
Il campanello suonò ed Abby ricacciò indietro le lacrime: quello era un giorno felice, uno di quei giorni dove niente potrà andare storto.
Non avrebbe pianto, non importa che fossero lacrime di felicità.
Uscí dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle avviandosi per le scale, udendo distrattamente i modi maldestri con cui Dan e Matt stessero provando ad accendere il barbecue in giardino con scarsi risultati, mentre Silver ed Eileen si prendevano gioco di loro schernendoli bonariamente.
Osservandola muoversi nel corridoio in direzione della porta, Sam si affrettò ad avvicinarsi ad Abby sbucando dalla sala da pranzo, mentre teneva fra le braccia il piccolo Dean che agitava il suo caschetto dorato mostrando il suo sorriso fenestrato.
Abby sorrise divertita e osservò il bambino muoversi fra le braccia del padre, allungarsi fino a sfiorarle il viso. "Zia Abby..". 
La donna si lasciò commuovere da quel faccino tenero e si sporse a baciargli le guanciotte morbide, mentre il piccolo Dean giocava con i suoi capelli.

"Mi hai sempre messo prima di tutti, persino prima di te stesso. Voglio che tu sappia che io ed Eileen aspettiamo il nostro primo figlio e abbiamo deciso che si chiamerà come suo zio: il fratello che ha vegliato su di me da quando aveva quattro anni e ha faticato molto per tenermi sulla retta via". 
Abby ricordava il modo commosso con cui Sam avesse messo a conoscenza la famiglia e Dean della sua prossima paternità e del modo con cui avrebbe onorato il legame con suo fratello. 
La ragazza ricordò il modo in cui Dean avesse cercato così duramente il modo di non dare a vedere come quel gesto e quelle parole lo avessero toccato nel profondo, ma non fu in grado di dire neanche una parola.
Si avvicinò al suo fratellino con le lacrime agli occhi e lo aveva stretto in uno dei suoi abbracci più sentiti, mentre silenziosamente gli ricordava quanto fosse importante per lui chiudendo gli occhi ed un nodo si stabilizzò alla gola per l'emozione. "Sei sempre la solita spina nel fianco, non è vero fratellino?".


Il campanello suonò nuovamente e Abby sgranò appena gli occhi distogliendoli da quelli chiari del piccolo Dean, sollevando lo sguardo fino ad incrociare quelli di Sam.
L'uomo le sorrise ed annuí silenziosamente, ricambiando quell'occhiata mentre teneva suo figlio fra le braccia. "È arrivato".
La donna annuì ed accennò un sorriso più ampio mentre si voltava verso l'ingresso. 
Si mosse fino alla porta di ingresso ed aprì la porta con calma, sollevando gli occhi fino ad incontrare quelli verdi di Dean che accennò un sorriso più dolce quando la vide, agitando delle bottiglie a mezz'aria. "Ho portato da bere, ragazzina. Spero di essermi guadagnato un posto al tuo tavolo". 
Abby sorrise divertita quando lo vide sollevare a mezz'aria il suo vino preferito e scosse la testa, pensando che nonostante gli anni trascorsi, Dean non dimenticava mai ciò che amasse di più.
Istintivamente l'uomo si chinò in avanti per avvolgere Abby in un caloroso abbraccio e la donna gli avvolse le braccia attorno alle spalle sollevandosi sulle punte dei piedi per essergli più vicino; chiuse gli occhi mentre sentiva dentro di sé la grande tranquillità che lui fosse solito trasmetterle. 
Sciolse l'abbraccio e gli passò la mano sul braccio, sfregandola sul suo giubbotto nero di tela. 
Come sempre, non c'erano bisogno di parole fra di loro, un solo sguardo era sufficiente a comprendersi. 

"Quindi hai deciso: lasci il bunker". 
Abby gli riservò una breve occhiata con aria quasi accigliata e confusa, come se si aspettasse che in qualche modo lui le sarebbe sempre rimasto accanto, nonostante la sua scelta. 
Dean serrò le labbra e la guardò con aria più seria mentre Abby se ne stava appoggiata al bancone di quella tavola calda con gli occhi bassi a rigirarsi la tazza di caffè fumante fra le dita. "Pensavi che sarei rimasto a vivere lì?". 
"Certo che no". Mantenne lo sguardo sul liquido fumante che continuasse ad agitare, e serrò la mandibola mentre il cuore le batteva forte nel petto. "Dove andrai?".
Dean sospirò appena e prese qualche sorso del suo caffè, inumidendosi le labbra prima di tornare a guardarla.
Si schiarí la gola e sospirò, bevendo ciò che rimanesse del suo caffè allontanando poi da sé la sua tazza. "Non troppo lontano, ragazzina".
Abby sollevò lo sguardo ed incrociò i suoi occhi udendo quello che era diventato il suo soprannome, ed accennò un sorriso amaro. "Bene. Perché non puoi sparire dalla vita di Mary e di Richard".
Dean sorrise compiaciuto udendo quelle parole ed annuí in silenzio mentre la osservava negli occhi azzurri: sapeva che Abby si sentiva in colpa perché credeva che la decisione di Dean di trovare una casa tutta sua ed iniziare davvero la sua vita fosse dovuta al pancione che presto avrebbe sfoggiato.
Ma la verità era che Abby non c'entra nulla con quella scelta.
Dean si schiarí la gola mentre la guardava e fece spallucce. "Ho incontrato una persona sei mesi fa, Abby". 
La osservò sollevare le sopracciglia in modo sorpreso nella sua direzione e avrebbe giurato che la donna fosse pronta a dire qualcosa, ma presto la vide accennare un sorriso più sereno e rilassato mentre lo guardava. "Si chiama Rebekah; penso che ti piacerebbe: è molto divertente, ha studiato arte e lavora in una casa d'aste. Odia i classici rock che ascolto in auto e cerca sempre di nascondermi le cassette, ma adora la musica jazz e crede di potermi fare ballare. E.. credo che mi ami davvero".
Strinse le labbra in un sorriso compiaciuto e felice mentre ascoltava le qualità che avesse la nuova donna che avesse conosciuto; guardò nei suoi occhi verdi e si chiese se forse la vita sarebbe andata in maniera diversa, eppure dentro di sé Abby sentiva che non ci fosse nulla di sbagliato nelle loro vite. 
Sospirò in silenzio e si grattò distrattamente la nuca, per poi guardarlo con aria più tranquilla e serena. "E tu la ami?". 
Per dei lunghi istanti rimase a guardare nei suoi occhi azzurri che attendessero una risposta sincera alla sua domanda, e accennò un sorriso debole mentre si passava indice e pollice agli angoli delle labbra, per poi grattarsi la nuca con un gesto che tradiva il suo nervosismo.
Abby osservò i suoi occhi verdi e vide che non vi era alcuna traccia di indecisione o di paura: c'era una grande sicurezza ed un barlume di felicità che fosse destinato a diventare sempre più grande. 
Sorrise con aria serena e annuì, distogliendo lo sguardo e annuendo mentre avvicinava la sua tazza alle labbra per bere qualche sorso abbondante di caffè. 
Sentiva ancora lo sguardo penetrante e pesante di Dean su di sé nel tentativo di capire cosa stesse provando in quel momento.
Quando lo guardò di nuovo, trovò Dean al suo fianco sorriderle e non riuscì a far altro che ricambiare. 
L'uomo allungò una mano fino a stringere la sua sopra al bancone, perché sapeva che ne avesse più bisogno lei in quell'istante. "Andare a vivere con Rebekah non mi porterà via dai nostri bambini, Abby. Te lo prometto".
Sentí uno strano calore attorno al cuore quando fu sicura che finalmente Dean avesse trovato il suo equilibrio e stesse finalmente per ricevere tutto ciò che la vita avesse in serbo per lui: aveva iniziato a lavorare in una delle officine più rinomate della città conquistando il cuore del capo che gli permetteva di lavorare su delle auto più speciali e non delle semplici utilitarie.
La convivenza con Rebekah era l'ultimo anello che avrebbe completato la catena ed Abby non poteva che esserne entusiasta. "Sono contenta per te, Dean. Sono davvero felice".
Dean strinse la sua mano un po' più forte ed accennò un piccolo sorriso. "E io sono felice per il nuovo bambino in arrivo".
"In realtà è una bambina" lo corresse Abby accennando un sorriso ed abbassando lo sguardo per qualche momento, per poi tornare a guardarlo. 
Mentre ancora si stringevano la mano, i due si resero conto di come il loro rapporto fosse destinato ad evolversi e trasformarsi in qualcosa di più forte: continuavano ad essere una famiglia e quell'amore nessuno avrebbe potuto spezzarlo.
Dopo aver salutato Dean con uno stretto abbraccio ed aver lasciato quella tavola calda da sola, Abby aveva pensato che se c'era qualcosa che avesse imparato dalla sua vita era proprio che non sempre l'anima gemella corrispondeva all'amore romantico. 
Ecco perché si rifiutava di lasciare andare Dean nonostante fosse più che felice ed innamorata insieme ad Edward.
Perché erano una famiglia e mai nessuno avrebbe potuto cancellarlo.



"Abby!!".
La ragazza sbatté le palpebre e si affrettò a tornare al presente, osservando la donna alle spalle di Dean che stesse salendo i pochi gradini del portico di legno per poi avvicinarsi nella sua direzione muovendosi su dei vertiginosi tacchi.
Rebekah fece oscillare i suoi capelli biondi lisci e dritti come spaghetti, prima di scavalcare Dean e abbracciare Abby in uno stretto abbraccio.
"Bekka, sono felice di vederti!".
Ed era vero. 
Abby lo pensava davvero mentre stringeva in un forte abbraccio la bionda, che la prese per mano e la portò dentro casa iniziando a dirle che avrebbe dovuto raccontarle tante di quelle cose che non sarebbe bastata l'intera giornata.
In quei lunghi anni, Abby era diventata sinceramente molto amica della donna di Dean che presto sarebbe diventata sua moglie, scoprendo con felicità che fosse davvero come lui l'avesse descritta. 
"Mi accomodo da solo, non preoccuparti ragazzina!". Dean allargò le braccia ed entrò in casa alzando la voce con tono ironico, notando la linguaccia che Abby e Rebekah gli avessero riservato contemporaneamente mentre attraversavano il corridoio per giungere in giardino. "Ma quanti anni avete, dodici?".
Le donne riservo divertite mentre continuavano a parlare tra di loro e Dean si tolse la giacca, appoggiandola all'attaccapanni.
Osservò Sam giocare con il piccolo Dean, ed un sorriso nacque spontaneo sul suo viso mentre osservava suo nipote sorridere nella sua direzione.
L'uomo sospirò di felicità perché finalmente avevano ottenuto ciò che avessero sempre voluto durante quei lunghissimi anni di caccia, guerra, ossa rotte e sangue.
Non ci sarebbe stato più dolore, nessuna sofferenza, solamente tutto l'amore ed il calore che una famiglia potesse offrire.
Insieme tutti i presenti prepararono la tavola per il pranzo, sistemando i bicchieri, le posate e tutto ciò che sarebbe servito loro; Sam e Dean si occuparono di accendere il barbecue mentre i bambini scorrazzavano liberi nel giardino e gli adulti parlottavano fra di loro.
Abby diede un'ultima occhiata alla sua Mary seduta sul dondolo esterno che tenesse sulle ginocchia il fratellino Richard, entrambi ad ascoltare le storie di Henry, ormai quasi maggiorenne, su come fosse l'Inghilterra e ciò che avesse imparato a scuola, insieme a Nathan che ormai fosse un undicenne piuttosto intraprendente. 
Il cuore le si scaldò e si sentí ancora più felice quando vide il piccolo Dean e la piccola Audrey giocare in maniera innocente fra loro con delle vecchie macchinine. 
Si congedò da Rebekah e si recò in cucina ormai vuota per organizzare gli ultimi preparativi per il pranzo, e nel farlo passò davanti ad una parete colma di foto: alcune ritraevano i suoi due figli insieme a Nathan ed Henry, Silver e Dan, altre in cui vi fossero Sam, Eileen ed il piccolo Dean. 
Alcune ritraevano Bobby insieme ad Ellen e Jo, alcune Castiel, Anael e Jack; quelle più rovinate e ingiallite dal tempo ritraevano i genitori di Abby. Altre invece erano foto della famiglia di Edward, del fratello minore e del bambino di cui Edward si prendesse cura dopo la sua morte.
Era stata una bella vita la sua, si era ritrovata a pensare molte volte Abby. 
Molto spesso si era ritrovata a terra, debole e insanguinata, senza la forza per andare avanti, eppure la vita l'aveva ricompensata con un'amore sconfinato ed una famiglia unita ed Abby non poteva esserne più felice.
Sentí una presa imponente sul suo fianco destro ed Abby non ebbe bisogno di voltarsi, perché sapeva a chi appartenesse il braccio che si stesse stringendo attorno alla sua vita. 
La donna sorrise felice e appoggiò il capo sul petto dell'uomo dietro di lei, che doveva essere appena tornato a casa dal lavoro.
Come al solito si era avvicinato a lei in modo furtivo senza che Abby potesse sentirlo; lo sentí ridacchiare al suo orecchio mentre la stringeva più forte. "Ciao rossa". 
Si voltò silenziosamente e sollevò i suoi occhi azzurri fino ad incrociare quelli nocciola di Edward, che le sorrise ampiamente. 
Come potesse amarlo in quel modo e come potesse farle battere il cuore così forte nel petto dopo gli anni passati insieme, Abby non era ancora riuscita a capirlo. "Ciao bartender".
Rimase ad osservarlo per qualche istante con il sorriso di chi stese osservando ciò che amasse di più al mondo, mentre l'uomo sorrideva e si chinava per baciarla: portava la barba ed i capelli leggermente più lunghi rendendolo più affascinante di quanto pensasse, mentre i suoi occhi brillavano con una nuova luce che Abby non pensava di aver mai visto in lui. 
Adesso Edward portava un anello all'anulare sinistro così come facesse Abby da quando avevano radunato amici e parenti per dirsi di .
Edward continuava a gestire il suo locale con l'aiuto del giovane Andrew, ed aveva iniziato a tenere dei corsi per aiutare i veterani affetti da traumi e ptsd, mentre ad Abby era stato offerto un posto di lavoro in un luogo abbastanza familiare per lei. 
Da quando Dan si fosse trasferito a Londra insieme ad Henry, aveva iniziato a gestire la nuova sede degli Uomini di Lettere britannici ed aveva assunto Abby come sua ricercatrice nella nuova sede americana a Louisville: dopotutto era stata lei a trovare la cura per il vampirismo.
Non avrebbe mai più dovuto cacciare, eppure avrebbe potuto continuare a contribuire a lasciare un mondo meno pericoloso ai suoi figli ed ai suoi nipoti. 
Si allontanarono di qualche centimetro e Edward le sorrise profondamente contento, sfiorandole il viso con una carezza dolce e delicata. "I bambini stanno giocando in giardino?". 
Abby annuì e sorrise facendo scivolare le mani sui suoi polsi, intercettando le dita con cui Edward le stesse toccando le guance. "Si. Ma preparati perché fra meno di qualche ora si alleeranno tutti contro noi poveri adulti".
"Tutto ciò dovrebbe spaventarmi, eppure non potrei desiderare una vita migliore di questa". 
Ridacchiò divertito per poi chinarsi a baciare le sue labbra con dolcezza e con amore ancora una volta e sentí il cuore battere più forte nel petto. 
Si, tutto ciò che avessero adesso valeva quanto duramente avessero lottato e sofferto per ottenerlo. 
"Andiamo dalla nostra famiglia, rossa". 
Abby sorrise ed annuì felicemente, intrecciando la mano alla sua e dirigendosi verso il loro giardino dove la loro famiglia li attendesse'. 




Henry si passò una mano fra i capelli che portasse lunghi, facendo oscillare il suo ciuffo mentre si allontanava dalla sua famiglia di molti passi: erano ancora tutti seduti attorno al lungo tavolo posto sulla veranda sul retro, mentre lui si muoveva nella direzione del giardino. 
Henry li sentiva ridere divertiti, scherzare fra loro e raccontarsi buffe storie di vita quotidiana. 
Sorrise con finta spensieratezza, mentre il suo unico pensiero continuava ad essere sempre sua madre Toni.
L'aveva persa quando era solamente eun bambino e suo padre Dan gli aveva sempre detto che fosse stato un incidente.
Una disgrazia. Una sciagura.
Una tragedia che aveva colpito la loro famiglia.
Concretamente Dan non gli aveva mai spiegato cosa fosse accaduto a Toni ed Henry non si era posto nessuna domanda.
Si fidava ciecamente di suo padre e poi erano passati tanti anni.
Ma ormai non era più un ragazzino, tra un paio di mesi avrebbe raggiunto la maggiore età, e in più in Inghilterra aveva visto suo padre uccidere un uomo con una delle tante armi tecnologiche che provenissero dal laboratorio di altissima sicurezza in cui lavorasse. 
Henry avrebbe voluto chiedere spiegazioni, eppure aveva preferito intrufolarsi all'interno del laboratorio di nascosto, riuscendo a passare inosservato poiché aveva ereditato da entrambi i suo genitori la tecnica della distrazione. 
Aveva spulciato il database del pc di quella strana organizzazione chiamata Uomini di Lettere Britannici e aveva fatto lo stesso una volta giunto in America, hackerando i fascicoli top secret sul computer di lavoro di sua zia Abby, bloccando tutti i sistemi di protezione ed avendo accesso a tutti i dati. 
Così Henry aveva scoperto un mondo del tutto nuovo per lui: demoni, vampiri, licantropi, Djinn. 
Aveva persino ricollegato tutti gli strani episodi accaduti quand'era solamente un bambino e capí quale fosse il vero lavoro segreto della sua famiglia, iniziando a pensare che qualcosa non tornasse sulla morte di sua madre.
Henry aveva provato a mettere in pratica ciò che avesse letto sui migliaia di libri trovati all'interno di un vecchio bunker abbandonato nel Lebanon, Kansas, trovandolo spoglio e disabitato, ma molto ricco di informazioni.
Aveva dato la caccia da solo ad un demone divoratore ed era riuscito a scamparla per un pelo uccidendo quella creatura con una fucilata alla tempia, uscendo da quel combattimento molto malandato. 
"Ma che fai, idiota? Se tuo padre ti vedesse fumare, ti ucciderebbe".
Henry quasi sobbalzò e sgranò gli occhi udendo quella voce, nascondendo istintivamente la sua sigaretta dietro alla schiena, ma presto si rilassò quando vide sua cugina Mary avvicinarsi a lui con un sorriso divertito sul viso. 
Roteò gli occhi e sospirò, allontanandosi di qualche passo per continuare a fumare in tranquillità e non essere visto da nessuno della sua famiglia. "Sei una spina nel fianco, lo sai?". 
"Ricorda che questa spina nel fianco ti ho salvato la vita, una volta!". Mary sollevò le sopracciglia e serrò le braccia al petto, ridendo divertita mentre osservava il cugino fulminarla con lo sguardo. 
Era stata proprio Mary a trovarlo malconcio e sanguinante dopo che avesse affrontato il demone divoratore: aveva disinfettato le sue ferite e lo aveva ricucito alla meno peggio, dopo aver urlato per una buona mezz'ora davanti a tutto quel sangue. 
Henry era stato costretto a raccontarle tutta la verità su ciò che avesse scoperto, poiché Mary aveva minacciato di spifferare tutto ad Abby ed a Dean: non fu un forte shock per la ragazza dover accettare le parole del cugino. 
Henry e Mary erano gli unici due ad aver vissuto un'infanzia di cui avessero davvero pochi ricordi, costellata da così tanti buchi neri e da fatti inspiegabili che non riuscivano a capire e che fino a quel momento avessero considerato parte della propria immaginazione. 
Insieme avevano dato la caccia ad un vampiro circa quattro città più a nord, dicendo ai propri genitori che si sarebbero recati ad un concerto rock, ed era stato un grandissimo disastro: per poco Mary non era stata morsa al collo ed Henry non era finito giù dal molo in cui avessero trovato il mostro. 
Mary si schiarí la gola ed osservò suo cugino lanciare la sigaretta molto lontano da sé con un gesto della mano, e si avvicinò a lui con le braccia conserte. "Allora Henry, stai cacciando qualcosa?". 
Il ragazzo roteò gli occhi e sbuffò sonoramente scuotendo la testa, avvicinandosi alla cugina a grandi passi ed abbassando di molto la voce. "Non devi parlarne, Mary. Non con la nostra famiglia tutta riunita: se scoprissero quello che abbiamo fatto..". 
"Non lo scopriranno, Henry. Siamo io e te contro questo nuovo mondo che stiamo conoscendo solamente adesso, lo hai dimenticato? Siamo una squadra". 
Henry scosse la testa con aria seria quando la vide avvicinarsi a lui sbattendo gli occhi come una cerbiatta, ed il ragazzo riconobbe lo stesso modo adulatore che Mary usasse quando erano solamente dei bambini e lo volesse convincere a giocare a fare qualsiasi cosa che andasse contro le regole imposte dai loro genitori. "No, non lo siamo. La zia Abby mi ucciderebbe".
Mary aggrottò le sopracciglia e sorrise divertita, facendo spallucce e mordendosi le labbra con un leggero nervosismo. "Pensavo che avessi paura di mio padre, più che di mia madre".
Henry le fece segno di no agitando le dita e fece una smorfia spaventata. "Oh lo zio Dean mi farebbe a pezzi e sono sicuro che anche mio padre non me lo perdonerebbe mai. Ma tua madre sarebbe in grado di farmi rigare dritto con uno sguardo: trascinare sua figlia in giro per il paese per uccidere mostri mi sembra un modo molto facile di farla arrabbiare". 
Lesse la sua preoccupazione nello sguardo e sospirò, avanzando verso il cugino e mettendogli la mano sinistra sulla spalla, mentre con la destra gli sfiorò il viso con un gesto affettuoso e fraterno. 
Gli sorrise e annuì brevemente, facendo spallucce e sospirando leggermente. "Ho trovato altri come noi, Henry. Ci sono ancora tanti cacciatori in giro per il paese, sono già in contatto con alcuni di loro: conoscono la nostra famiglia, raccontano storie su di loro. Dicono che sono delle leggende". 
Henry guardò a lungo nei suoi occhi verdi scintillanti di speranza e sospirò, notando nel suo sguardo uno scintillio che non avesse mai visto fino a quel momento. 
Lesse la sete di avventura, la voglia di adrenalina e la speranza di fare del bene. 
Tutti sentimenti che descrivessero la personalità della sua cuginetta. 
Henry fece spallucce e si morse la lingua per qualche istante, per poi lasciarsi andare ad un forte sospiro. "Perché ti importa così tanto?". 
Mary strinse le labbra in una smorfia di disappunto e sollevò gli occhi al cielo perché nonostante Henry fosse la persona più intelligente che conoscesse, a volte sapeva essere molto poco perspicace; si lasciò andare ad una risata divertita e fece spallucce, guardandolo con sguardo sereno. "Perché siamo noi, Henry. Io e te, e un giorno anche i miei fratelli ed il piccolo Dean: siamo la prossima generazione di cacciatori. C'è ancora tanto lavoro da fare: è la nostro eredità".



NOTE:

Eccoci qui, giunti al termine di questa storia!
Spero che vi abbia trasmesso le stesse emozioni che ha trasmesso a me mentre lo scrivevo e lo vivevo.
Ringrazio tutti coloro abbiano seguito la storia.
Ahimè, siamo arrivati al termine di quello che per me è stato un viaggio meraviglioso... forse.

Potrei essere già al lavoro su una possibile continuazione, che si discosterebbe un po' dai due Winchester, ma che vede la presenza dei loro eredi.
Chissà un giorno riuscirò a pubblicare anche questa.

Non mi resta che salurvi, sperando di tornare presto a scrivere della serie che ho amato per eccellenza! 
A presto!





 
 

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