Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
E' il 1981 ed il 31 Luglio Harry Potter compie un anno, mentre nello stesso mese la Famiglia McKinnon viene sterminata da Lord Voldemort.
In Settembre si svolge l'"83° Schools Potions Championship". Ma sarà in Ottobre che tutto cambierà per sempre...
Sopra un fiume sudicio, tra rive piene di erbacce e
rifiuti, un’immensa ciminiera – rudere di una fabbrica in disuso – si innalzava
cupa e minacciosa. Non c’erano rumori, a parte il sussurro dell’acqua nera e
nessun segno di vita, fino a quando un debolissimo pop fece apparire una sottile sagoma incappucciata.
La donna arrivò sulla sommità dell’argine, dove una
fila di vecchie sbarre separava il fiume da una stretta stradina acciottolata,
scivolando in un varco tra esse, attraversò la strada di corsa.
La pioggia aveva aumentato d’intensità e il
mantello che prima le fluttuava alle spalle, ora si era incollato alla sua
schiena.
Alcuni lampioni erano rotti, la donna correva tra
macchie di luce e di buio profondo e si infilò in un labirinto deserto di case
di mattoni. Infine, imboccò una strada, chiamata Spinner’s End, sulla quale la torreggiante ciminiera sembrava incombere come
un gigantesco dito ammonitore. I suoi passi echeggiarono sull’acciottolato
davanti a finestre sprangate e malandate, finché giunse all’ultima casa, dove
una luce tenue baluginava attraverso tende di una stanza al piano terra.
La pioggia era aumentata d’intensità, mentre bussava
alla porta ansante, inalando l’odore del fiume sporco portato dalla brezza
notturna. Pochi secondi dopo, avvertì un movimento dietro la porta, che si aprì
in uno spiraglio. Lo spicchio di un uomo la guardò: un uomo con lunghi capelli
corvini spartiti in due bande attorno al volto dagli occhi neri.
Lily gettò indietro il cappuccio mostrando i
capelli bagnati e appiccicati al viso. Gli occhi verdi fissavano la figura
scura, mentre l’uomo apriva un poco di più la porta, per poi farla velocemente
entrare.
«Lily? Che ci fai qui? Dove sapevi che…»
«Andromeda…» mormorò lei a mezza voce, non era il
caso di chiedere da chi quest’ultima lo avesse saputo.
La giovane dai capelli rossi era entrata in un
minuscolo salotto, che pareva un’oscura cella imbottita. Le pareti erano
foderate di libri, in gran parte rilegati in vecchia pelle nera o marrone; un
divano liso, una vecchia poltrona e un tavolo traballante erano riuniti in una
pozza di luce tenue, gettata da un lampadario a candele appeso al soffitto. Il
luogo aveva un’aria trascurata, come se di solito non fosse abitato.
Severus fece cenno a Lily di accomodarsi sul
divano. Lei si sfilò il mantello, lo gettò da un lato e sedette, tremava da
capo a piedi. L’uomo fece un gesto elegante con la bacchetta, l’asciugò e
altrettanto finemente accese il camino, prima di prendere posto su una poltrona
di fronte a lei. Le mani sui braccioli.
«Perché diavolo sei qui?»
«L’Ordine è sulle tue tracce!»
«E allora?»
Lily sospiro infastidita, sapeva molto bene che
dietro il suo modo di fare freddo e disinteressato c’era un cuore che batteva.
Uno che lei era riuscita a raggiungere e che poi codardamente aveva lasciato
andare.
«Il gioco a cui stai giocando è pericoloso. Ho
fiducia estrema nelle capacità tue e di Bellatrix, ma temo vi farete uccidere!»
Come sempre, la giovane donna non temeva di
esprimere la propria opinione, che in quel caso era velata da una
preoccupazione più grande: lui.
«Conosco il piano, ma temo non funzionerà… per
questo io e Andromeda ne abbiamo pensato un altro!»
Con orgoglio e un lampo di luce negli occhi guardò
quelli scuri dell’uomo di fronte a lei, ma non pareva interessato o almeno così
dava a vedere. La mascella era contratta e nemmeno l’ombra di un sorriso veleggiava
sul suo viso aguzzo.
«Non ci sono piani alternativi e lo sai!» rispose
cercando di mantenere il suo aplomb, ma Lily era stanca di quel suo
atteggiamento e del muro di gomma che aveva eretto, così senza pensarci lo
raggiunse inginocchiandosi al lato della poltrona su cui sedeva.
«Vedo il tuo odio e lo comprendo, ma questo va ben
oltre me… te… riguarda anche tutti gli altri coinvolti in questo… riguarda i
nostri amici…»
La sua voce non nascondeva agitazione e
preoccupazione. Il Voto Infrangibile che era stato stretto le bruciava ogni
giorno sul cuore come un’enorme macigno, ma aveva accettato come gli altri se
questo sarebbe servito a mettere fine a quella storia a prescindere dei
sacrifici che ognuno di loro aveva dovuto compiere.
«Credi sia facile per me e Andromeda? La storia che
abbiamo dovuto mettere su e raccontare? Forse non rischiamo in prima linea come
te o Bella, ma ne soffriamo. Narcissa è devastata!»
«Nessuno le ha chiesto di innamorarsi di Malfoy!»
«Come se fosse facile decidere chi amare, vero
Severus?»
Severus, che fino a quel momento non l’aveva
guardata, voltò appena lo sguardo e gli parve come se dopo un tempo
incalcolabile fosse tornato a respirare. Lei si morse un labbro e poi,
allungando una mano, la poggiò sul viso di lui e glielo accarezzò con la sola
punta delle dita.
«Lo hai sposato. Ci hai fatto un figlio…» scandì
lui con ira repressa, anche se era più delusione. Si scostò dal suo tocco e lei
alzandosi tornò a sedersi sul divano lacero.
«Quel che è fatto è fatto…»
«Hai scelto lui!» l’aggredì nuovamente. Il tono
calmo, ma tagliente come una lama.
«No, non l’ho fatto e lo sai molto bene! Non era
lui la mia scelta, ma tu mi hai ferita. Mi hai allontano, hai rinunciato a me.
Cosa ti aspettavi che facessi esattamente? Che recitassi la parte della dama addolorata?
Che stessi tutti i giorni a piangere senza andare avanti nella mia vita?»
Ora era Lily quella arrabbiata e non lo nascose,
mentre il viso si colorava di un leggero tono rossastro facendo pendant con i
suoi capelli color fuoco.
«James era innamorato di me, l’unica cosa a cui il
tuo comportamento ha contribuito è stato permettermi di dargli una possibilità.
E sì, mi sono innamorata, non sarebbe mai stato l’uomo della mia vita, ma
sarebbe stato uno con cui l’avrei condivisa volentieri. Non mi pento di nulla,
del matrimonio, di Harry… Io non ho nulla da recriminarmi e tu?»
Severus, che era stato ad ascoltarla deglutendo il
vuoto, scostò lo sguardo verso una delle sue librerie polverose, non riusciva a
sostenere oltre quella conversazione. Sapeva che era stato un codardo, motivo
per cui avercela con lei e odiarla era più facile.
«E quale sarebbe il grandioso piano che tu e
Andromeda avete creato?»
Pur di cambiare argomento Severus stava dando
l’opportunità a Lily di spiegargli il motivo per cui l’aveva cercato. Lei fece
un piccolo sorriso, trionfante, e poi sospirando lo guardò con una nota di
amarezza.
«L’Amore, l’unica magia che ci tiene tutti
intrappolati nella sua immensa ragnatela in un loop di causa ed effetto. Tutto
è causato per Amore ed ogni conseguenza deriva dall’Amore. Amore dato, negato,
perduto, sacrificato, sognato, tenuto segreto… Se la sua assenza totale ha
portato a tutto ciò, allora chissà se ritrovandolo sarà possibile colmare un
vuoto e cambiare il corso della storia…»
Era chiaro che l’uomo non si aspettava tale
risposta e così, mentre Lily lo guardava decisa, sicura e quasi beffarda, lui
aveva un’espressione indecifrabile di chi era ovviamente confuso, ma al
contempo colpito dalla genialità della donna per cui il suo cuore non aveva mai
smesso di battere.
NATALE
1977
Lily era a
casa per Natale, sarebbe stato il suo ultimo Natale come studentessa di
Hogwarts, in quanto quell’anno avrebbe avuto i M.A.G.O. Sua sorella più grande,
Petunia, aveva sette anni più di lei e lavorava come segretaria presso una
ditta di trapani. Non si poteva dire che fosse chissà quale impiego, ma la
donna era molto felice di dire che la sua carriera avanzava velocemente, anche
grazie alla laurea in economia, e da poco era stata promossa ad addetta alla
contabilità.
Si
frequentava con un ragazzo paffutello, ed un po’ suscettibile, del piano
vendite e forse anche se avrebbe potuto aspirare a molto di più aveva deciso di
accontentarsi di chi quanto meno la vedeva e l’apprezzava per quello che era.
Felice che
almeno quelle feste sarebbero state dedicate a lei ed ai suoi successi non
brontolò quando il campanello suonò e sua madre le chiese cortesemente di
andare a vedere di chi si trattava, mentre lei e Lily stavano aiutando il
marito a montare l’albero di Natale.
La ragazza
alta e longilinea, dal viso cavallino, ebbe un mancamento quando si trovò di
fronte un giovane dalla pelle olivastra, profondi occhi caffè e vestito da capo
a piedi di nero. Deglutì il vuoto fissandolo, quando questo prese la parola e
in tono cortese, ma atono, chiese: «Lily è in casa?»
«E-Ehm… s-sì…
la chiamo, a-aspetta qui…»
Scuotendo il
capo sconcertata per le amicizie della sorella, l’avvisò che un suo strambo
compagno di scuola era alla porta e Lily confusa, ma curiosa, la ringraziò e si
diresse all’ingresso, strabuzzando gli occhi alla vista di Severus.
Chiuse la
porta di casa, pur rimanendo sull’uscio. Nevischiava leggermente e lei si
stringeva le braccia al petto. Indossava un paio di jeans, delle polacchine color
caramello e un uglysweater natalizio con il muso di una renna.
«Severus
c-che ci fai qui?» chiese genuinamente sorpresa, mentre lui la guardava da capo
a piedi. Un lieve sorriso sulle labbra.
«V-Volevo
solo augurarti Buon Natale e… darti questo…» con fare impacciato tirò fuori un
pacchetto da sotto il mantello scuro e glielo porse. Era finemente
impacchettato e Lily sorrise eccitata facendo per aprirlo.
«Ma lo apri
ora?»
«Credi che
resisterei ancora cinque giorni? E poi sono troppo curiosa!» rispose lei e
senza aspettare oltre lo aprì. Ciò che si trovò dentro era una semplice
catenina d’argento da cui pendeva un minuscolo cuore di smerlando intorno cui
era avvolto un serpente.
«Era di mia
mamma, l’ho trovato facendo ordine e… ho pensato di dartelo…»
Lily stava
trattenendo le lacrime, ma cercando di non piangere, porse la collana a Severus
ed alzandosi i lunghi capelli rossi si voltò affinché lui potesse
allacciargliela. Una volta fatto si toccò la collana non mancando di arrossire
e no, non era solo colpa del freddo.
«Non ho
parole, i-io non ti ho fatto nulla!»
«E non
dovevi, non è nemmeno un vero regalo!»
«È molto di
più! È-È il tuo cuore questo?» gli chiese a bruciapelo e lo vide per un attimo
tentennare, ma poi alzando una mano le portò una ciocca di capelli rossi dietro
l’orecchio. Fece scivolare le sue dita lunghe e affusolate lungo il suo
profilo, sul collo, fino a sfiorare la collana.
«Ti
appartiene, lo sai…»
«Allora
chiedimelo!» lo supplicò lei. Ora aveva annullato le distanze tra loro e
poggiando le mani sul suo petto lo guardò speranzosa.
«Ho dato
un’opportunità a Potter è vero e… mi piace, ma… amo te. Chiedimelo! Chiedimi di
lasciarlo, chiedimi di essere tua e lo sarò!»
Tra loro non
c’era mai stato nulla. Frasi dette a metà, sguardi che dicevano più di mille
parole, abbracci carichi di sogni, dita che si sfioravano… ma null’altro.
Avevano parlato dei loro sentimenti, di quello che provavano e quando era
accaduto lui… Severus, l’aveva allontanata.
Averla così
vicina gli fece male e gli costò tutta la sua forza di volontà per metterle le
mani sulle spalle e scostarla, quando l’unica cosa che avrebbe voluto sarebbe
stata finalmente saggiare il sapore delle sue labbra.
«Finito
Hogwarts sai che me andrò…»
«E allora?»
«E allora?»
chiese lui adesso impettito.
«Dubito
fortemente che Miss Perfettina possa lasciare il futuro radioso che l’aspetta!
Hai tante belle parole Lily, ma tu non rinuncerai mai alla vita che Potter può
darti. Per chi? Per Mocciosus? Mi sembra già di
sentire le risa di Black e Lupin e tu? A te andrebbe bene?»
Lei sembrò
ferita e le mani che prima erano sul suo petto in cerca di un contatto più
intimo, ora lo sospinsero all’indietro.
«Come osi?
Parli a me di pregiudizi? IO? Devo ricordarti come mi hai trattato per lungo
tempo? Mai mi sono fermata di fronte alle tue offese, ho sempre avuto la
capacità di guardare oltre!»
«Eppure non
mi pare tu abbia mai rinnegato veramente quello che il tuo amato Potter mi
faceva!»
«Non ho mai
condiviso il suo modo di fare, lo sai. Ma ha saputo riconoscere i suoi errori!»
«Di fronte a
te. Ma credi ci creda davvero?»
«Stiamo
davvero parlando di quello che James è stato in grado più o meno di fare? Lo
stai facendo davvero?»
La voce di
Lily si spense sconsolata, ma non dimenticava quello che lui le aveva appena
detto.
«Sei un
codardo Severus e su questo James non si sbagliava, l’errore è stato mio a non
volergli credere.»
Lily non aggiunse
altro, per dire cosa poi? Era troppo ferita. Si strappò la collana e gettandola
ai piedi di Severus rientrò in casa sbattendo la porta. Solo in quel momento il
ragazzo si permise di lasciare che lacrime amare e silenziose gli rigassero il
viso.
Si chinò,
raccolse la collanina e ingoiando il dolore atroce che nel centro del petto
provava inspirò l’aria fredda che gli ferì i polmoni.
“Codardo”,
quella parola lo faceva star male peggio di una Maledizione Cruciatus
e lo faceva sanguinare in modo bene più copioso che di un Sectusempra.
Strizzò gli
occhi, si portò la catenina al petto e poi con un pop sparì,
nell’indifferenza del biancore di quel vicinato immacolato, ma nel dolore del
suo cuore infranto.
Andromeda Black aveva ben sette anni più di suo
cugino Sirius e i suoi amici, eppure i suoi tratti sempre estremamente
fanciulleschi la facevano apparire un’eterna bambina. Il viso tondo, gli occhi
vispi e un sorriso genuino la rendevano immediatamente simpatica a chiunque la
conoscesse.
Essere ospite a Grimmauld Place la metteva a
disagio e non solo perché quella era la residenza dei suoi zii, ove tante
festività infelici aveva passato, ma soprattutto perché era divenuta la sua
prigione di cristallo.
Lo era da circa un anno, da quando fuggita dalla
sua casa, aveva trovato rifugio lì. Ormai tutti i membri della famiglia di suo
cugino erano morti e lui, dopo aver ereditato la residenza, l’aveva messa a
disposizione dell’Ordine della Fenice: un insieme di maghi coraggiosi che
fronteggiava il Signore Oscuro. Con la garanzia di Sirius ci volle poco prima
che anche lei venisse accolta a braccia aperte tra loro, ma le mancava il
respiro ogni volta che ripensava al Voto Infrangibile che poco prima della sua
fuga aveva stretto. La vincolava a un segreto che la costringeva a un
atteggiamento verso le sue sorelle che lui detestava.
Ogni volta che Sirius o gli altri pronunciavano
sentenze o opinioni verso coloro che ormai designavano come nemici giurati, lei
era costretta a ingoiare la più grande varietà di rospi che esistesse. Molto di
quel disagio era mediato da Lily, con lei poteva condividere quel fardello e,
molto presto, per la loro affinità intellettuale si erano trovate a diventare
amiche.
Massaggiandosi le tempie, chiuse il grande tomo che
stava consultando. Fortunatamente, la biblioteca della casa era assai fornita e
Lily non mancava di farle arrivare le letture che le mancavano. Era da qualche
settimana che insieme avevano iniziato a pensare a un piano alternativo a
quello concordato con Severus e Bellatrix. A nessuna delle due andava l’idea di
far rischiare alle persone che più amavano la vita ed era divenuto del tutto
naturale cercare altre soluzioni. Da buone studiose non fu così difficile, la
vera difficoltà stava nel comprendere a come mettere in pratica tutto quanto.
“Tempo,
spazio, realtà non hanno un andamento lineare. Formano un prisma di infinite
possibilità in cui ogni scelta può diramarsi verso realtà infinite, creando
mondi alternativi a quelli già conosciuti. Ora qui, miei cari lettori, vi
chiederei di riflettere su una semplice domanda: «E se?»”
La ragazza aveva letto quelle parole fino a farsi
male alla vista, purtroppo il libro non approfondiva il tema dei viaggi nel
tempo e nello spazio, infatti, ancora molte informazioni le risultavano fosche.
Un bussare alla porta la portò bruscamente alla
realtà e, nascondendo velocemente il grande libro sotto il letto, diede il
permesso di entrare a colui che poi si mostrò essere Remus.
Portava un vassoio con la cena, non stava bene da
qualche giorno e lui che era venuto ospite alla residenza non mancava di
prendersi cura di lei. Ormai si conoscevano da un po’ e doveva ammettere che si
era trovava affascinata da quel giovane dal volto malaticcio, l’incarnato
spento e i vestiti sempre un po’ malandati.
«Come ti senti oggi?»
«Molto meglio, grazie!» rispose lei, mentre
accoglieva il vassoio sul suo letto. Poi si sporse, facendo attenzione a non
rovesciare nulla, e gli posò un bacio sulla guancia. Lo vide palesemente
arrossire.
«Ti senti sola?»
Lo sguardo di Remus era appesantito da occhiaie
violacee, la Luna Piena si stava avvicinando e il suo malessere era sempre più
evidente.
«Mi manca Lily… ha partorito da pochi giorni e
vorrei andare a vedere come sta…»
Andromeda spezzò il pane e si portò piccoli pezzi
di mollica alla bocca. A volte si sentiva lei quella appena uscita da Hogwarts.
La sua unica storia d’amore era stata con un giovane babbano, Ted Tonks, ma che
aveva dovuto interrompere per salvarlo da morte certa minacciata da suo padre
se non lo avesse fatto. Per il resto, non aveva mai avuto modo di avere dei
veri e propri rapporti sociali, un po’ come le sue sorelle. Le loro vite erano
sempre state direzionate e nessuna scelta era mai davvero loro.
Quindi tutta l’esperienza di vita di Lily, di
James, di Sirius, Severus o Remus a lei sembravano appartenere a ragazzi molto
più grandi di lei. Molto più adulti. L’età significava poco quando in confronto
era sempre stata tenuta sotto una campana di vetro. Si sentiva piccola sotto
tutti i punti di vista…
«Silente crede non sia opportuno che tu ti esponga.
Tuo padre e tua sorella sono a piede libero, potrebbero ucciderti per averli
traditi…»
Andromeda annuì sentendo quella terribile fitta
torcerle il cuore. Non riuscì a nascondere la sua espressione addolorata e
quando abbassò nuovamente la mano per spizzicare ancora un po’ di mollica dal
suo panino spezzato, la mano di Remus si posò sulla sua.
Lei alzò lo sguardo e guardandolo gli sorrise con
timidezza, ma riconoscente.
«So che conta poco, ma… hai me… Ti ho conosciuto
attraverso i racconti di Sirius, ma… è bello poterlo fare… anche dal vivo… Sei
speciale…»
«Speciale? Chi io?» chiese Andromeda poco convinta,
guardandosi intorno come se cercasse di capire di chi lui stesse parlando, ma
quando tornò a guardarlo Remus la guardava ancora sorridente.
«Anche tu sei speciale Remus. Sei buono,
comprensivo e un ottimo ascoltatore… ti sei sorbito tutti i miei pianti e i
miei sfoghi…»
«E sarò sempre qui per qualsiasi cosa tu avrai
bisogno…»
«Anche solo per farmi compagnia? Stanotte non
voglio rimanere da sola…»
Era chiaro che nella sua voce, come nella sua
espressione, non ci fosse malizia, ma solo una profonda tristezza. Remus
assentì e mentre il vassoio veniva spostato sul comodino, Andromeda si stese,
aspettando che il ragazzo lo facesse poco dopo al suo fianco. Stesi su un lato,
sentiva lui abbracciarla da dietro, mentre lei si lasciava andare a un pianto
liberatorio, percependo il piacere che dava il calore di un abbraccio. Si
sentiva così sola, così vuota… e dentro aveva un freddo che nulla pareva
riuscire a scaldare.
Remus la strinse forte e senza fiatare si fece
custode di quelle sue lacrime silenziose, amareggiato che nulla di ciò che lui
poteva fare l’avrebbe fatta star meglio. Ma non era così, Andromeda già stava
bene per il solo fatto di non essere sola, ma compresa e supportata.
MAGGIO
1980
La residenza
dei Black era nella brughiera di Bodmin, nella Cornovaglia settentrionale,
compresa tra i distretti del North Cornawall e di Caradon, situata a
nord/nord-est della città di Bodmin, da cui prendeva il nome. Indisegnabile e
nascosta agli occhi babbani, appariva come un grande maniero squadrato e
massiccio.
In classico
stile Tudor, ciò che colpiva appena entrati era il grande salotto, dalla
boiserie in legno scuro che arrivava fino al soffitto e continuava sui pavimenti.
Fulcro della stanza era un camino in marmo nero e intorno un mobilio antico ed
elegante in puro stile gotico. Ai lati della stanza, due imponenti scalinate
portavano al piano nobile, mentre due porte nascoste sotto le stesse conduceva
a un ampio corridoio semi circolare e a un susseguirsi di stanze.
A destra, la
grande biblioteca, la stanza dei giochi e l’ufficio di Cygnus Black III, il
capo famiglia. A sinistra, il giardino d’inverno e il gabinetto personale di
Druella Rosier, la matrona. Sia l’ufficio che il gabinetto dei genitori delle
sorelle Black affacciavano su un ingresso secondario che guardava sul grande
parco all’inglese.
Le cucine
erano nascoste al piano inferiore, sotto il livello della strada, e siccome gli
stessi potevano materializzarsi, l’unica porta che conduceva alle stesse era
collocata nelle cantine, a cui si accedeva dal parco.
Poteva
apparire come un luogo estremamente elegante e lussuoso, ma per le sorelle che
vi abitavano, a lungo andare, era solo divenuta una prigione dalle sbarre
dorate.
Il padre era
un uomo severo, duro e profondamente frustrato dall’incapacità della moglie di
dargli un erede maschio; mentre la madre era una donna all’antica, remissiva e
troppo debole per ribellarsi a quel matrimonio imposto e l’infelicità che ne
era derivata.
Bellatrix,
che aveva finito Hogwarts già da ben undici anni, aveva vissuto fin da subito
la pressione che comportava essere la primogenita. I suoi studi si erano
concentrati nell’obbiettivo di divenir un Auror, nonostante sapesse benissimo
che i suoi genitori non avrebbero approvato. I suoi G.U.F.O. e M.A.G.O. si
mossero in tale situazione. Tuttavia, non servì a nulla venir promossa con il
massimo dei voti, perché quello che accadde quasi immediatamente fu che,
nonostante per il primo anno riuscì di nascosto a studiare come tale e
affrontare tutte le prove del caso, fu costretta ad abbandonare. Un suo
compagno di Casata oltre che coetaneo, che da sempre le faceva la corte, aveva
preso molto male il suo essere rifiutato. Rodolphus Lestrange si preoccupò subito
di fare la spia al padre della giovane e lei si vide costretta a mettere da
parte i suoi sogni e sposarlo, perseguendo la strada che aveva promesso di
combattere.
Nei dieci
anni che seguirono ciò che fu costretta a vivere e diventare la cambiarono
profondamente, segnando i suoi eleganti tratti. In quegli anni erano state
poche le occasioni in cui aveva potuto re-incontrarsi con le sue sorelle, coloro
per cui tanto aveva sacrificato.
Andromeda,
era la sorella che più di tutte aveva assaporato un frammento di libertà.
Finite le scuole otto anni prima, aveva colto l’occasione per partecipare a un
erasmus presso Ilvermorny, ove avrebbe avuto modo di effettuare uno stage come
supplente di Difesa Contro le Arti Oscure. Successivamente, sarebbe andata
ovunque tale cattedra sarebbe stata disponibile. Lì aveva conosciuto il babbano
Ted Tonks e insieme vissero quattro anni di pura felicità. Stavano perfino pensando
di sposarsi, ma ben presto fu trovata da alcuni Mangiamorte messi dal padre
sulle sue tracce e sotto loro minaccia di torturare e uccidere Ted fu costretta
a lasciarlo e seguirli, solo per poi divenire prigioniera nella stessa casa da
cui tanto aveva cercato di allontanarsi. I quattro anni che seguirono non
conobbe altro che le pareti di quel maniero, senza però smettere di sperare di
poter scappare.
Narcissa, che
era la sorella più piccola, aveva concluso Hogwarts sette anni prima.
Indubbiamente delle tre era considerata la più bella. Dalla pelle diafana, i
capelli lunghi e biondi – quasi bianchi – e gli occhi color ghiaccio. Aveva
tratti da bambolina e il suo vestiario era sempre quello più curato e fine tra
le sorelle. Pizzi, merletti e tagli sartoriali. Velette, un make-up che
sottolineava lo sguardo con un filo di eyeliner, un blush rosato sulle guance e
rossetto nude.
Era il bon
ton fatto in persona, quella che più amava le tradizioni e le etichette, ma che
nonostante tutto soffriva molto la situazione in cui viveva. A differenza delle
sorelle, i suoi genitori non se l’erano mai presa con lei e mai avevano avuto
da ridire sulle sue scelte, anzi… Si era dimostrata come la figlia perfetta:
mansueta e rispettosa delle regole. Che non fiatava e faceva sempre quello che
le veniva chiesto.
Anche il suo
rapporto con il rampollo Malfoy era stato combinato e l’unica cosa che l’aveva
salvata era stato il trovarsi bene con Lucius. Non sapeva se lo amava, ma le
piaceva come lui la trattava. I suoi midi galanti e le attenzioni che le dava,
seppur la spaventava a morte il suo essere divenuto un Mangiamorte.
Il loro
fidanzamento era stato ufficializzato, con una grande festa, solo un anno prima
e fin tanto non si sarebbero sposati lei viveva nella residenza di famiglia.
Tutto sarebbe
andato esattamente come programmato, se non fosse stato per ciò che accadde in
una sera di maggio. Solo due settimane prima Andromeda e Narcissa avevano
ricevuto la visita di Bellatrix, la quale gli portava l’invito per una festa
che si sarebbe tenuta nella sua residenza. Le sorelle, che non potevano mai
lasciare il maniero, se non in occasioni simili e sempre in compagnia dei
genitori, avrebbero potuto così essere liberate. Bellatrix raccontò loro di
come aveva organizzato tutto affinché durante l’evento avrebbero potuto
fuggire.
Non tutto
però andò come previsto. L’indecisione di Narcissa, divisa tra il non
abbandonare le sorelle oltre che i principi in cui credeva e Lucius, verso cui
stava iniziando a provare un sentimento vero, la fecero tentennare e ciò fu
fatale per l’esito della missione. I Mangiamorte erano accorsi e la loro
possibilità di fuggire attraverso una passaporta erano minime. Sirius non ci
aveva pensato due volte e tra riuscire ad andarsene con Andromeda senza far
rischiare l’osso del collo a sé stesso e Lily o rischiare la vita di tutti per
tornare indietro per Narcissa, pensò a fuggire, e così fecero.
La più
piccola delle Black avrebbe subito grandi ripercussioni se non fosse stato per
Bellatrix, che prendendosi la colpa venne a lungo torturata dal padre. Subito, il
matrimonio con Malfoy venne velocizzato e in breve tempo la giovane andò a
vivere con il marito che per quanto l’amava, faticava a fidarsi di lei.
Narcissa ci mise mesi interi prima che lui si fidasse a farla uscire o peggio
incontrarsi con la sorella, ma ce la fece. Seppe stare nel suo, a capo chino,
senza mai protestare per nessuna delle scelte che venivano prese, anche per
lei… Andromeda, dal canto suo, era stata portata a casa del cugino, a Grimmauld
Place, ma lì viveva in profonda tristezza, sentendosi in colpa perenne per la
sua libertà in confronto alla condizione pietosa in cui, invece, le sue sorelle
vertevano.
Rodolphus Lestrange apparteneva con orgoglio alle
"Sacre Ventotto", condivideva l'ideologia della purezza del sangue
magico ed era fiero di vantare un legame così stretto con l'Oscuro Signore,
considerando che suo padre era andato a scuola con lui e era divenuto uno dei
suoi primi seguaci. Fin d’adolescente vantava amicizie con i rampolli delle
famiglie più importanti: Yaxley, Tiger, Bulstrode, Nott, Rosier... Bello,
elegante e dannato, era un leader nato per il carattere imperturbabile, ma
perverso. Era un sociopatico, incapace di provare qualsiasi sorta di empatia, eppure
i suoi modi raffinati ammaliavano chiunque: uomini e donne.
Suo fratello minore, Rabastan, era offuscato dallo
charme del fratello. L’odiava talmente tanto da non averci pensato due volte a
divenire Mangiamorte, anche solo per il gusto di poter mostrare almeno che per
una volta avrebbe potuto superarlo in qualcosa. Prefetto, Caposcuola, Capitano
di Quidditch, da sempre era stato il preferito del padre.
L'unica cosa che Rodolphus non era mai riuscito a
ottenere, e la cosa faceva sempre molto gongolare Rabastan, era stata Bellatrix
Black. Lei non era mai parsa interessata alle sue lusinghe e mentre qualsiasi
altra ragazza avrebbe pagato per così tante attenzioni, per divenire il centro
del suo mondo, Bella sapeva molto bene di essere solo l'ennesimo trofeo.
Il fatto, dunque, che fosse diventata sua moglie,
era per Rodolphus il massimo delle soddisfazioni, seppur una volta sposata più
per capriccio e per punirla del suo rifiuto, aveva perso ogni interesse in lei.
Motivo per cui la tradiva con qualsiasi sottana gli passasse davanti, senza
darsi nemmeno la decenza di nasconderlo.
Bellatrix era infatti nel loro elegante salotto
oscuro, quando alle sue spalle sentì la risatina stridula dell’ennesima
prostituta che si era portata a casa. Quando si voltò non si sorprese di
vederlo brillo, la camicia slacciata a mostrare i suoi pettorali e la donna in
sua compagnia in abiti succinti.
«La decenza non ti è mai appartenuta Lestrange, ma
stiamo superando il limite!»
La voce di Bellatrix era fredda, quando si alzò
dalla poltrona, incrociò le braccia e lo guardò fisso. Indossava un abito lungo
nero, era di pizzo, e la fodera era di un profondo verde smerlando. I capelli
scompigliati erano raccolti alla bell’e meglio e lo sguardo scuro per via del
trucco pesante squadrava la donna che lo accompagnava.
«Non sono affari tuoi chi porto a casa MIA!»
sottolineò lui con una risata di scherno. Non mancava mai di fargli notare
quanto nulla di tutto ciò che avessero fosse suo, come se lei fosse una povera
barbona che aveva raccolto per strada.
«Crucio!» urlò sua moglie e prima che lui potesse
fare qualsiasi altra cosa la sua accompagnatrice si contorceva a terra dal
dolore, il tempo di riprendersi che con l’affanno e spaventata a morte scappò
di corsa, mentre Rodolphus imprecava.
Ci mise pochi secondi per lanciare la stessa
maledizione alla moglie, dopo averla disarmata, e mentre ancora ingoiava il
dolore non dandogli la soddisfazione di urlare, lui non smise di infierire
accecato dall’umiliazione e i fumi dell’alcool.
«Urla! Devi urlare maledetta puttana! URLA!» diceva
lui con lo sguardo iniettato di sangue, continuando a ripetere la maledizione
senza nemmeno dare il tempo che la stessa concludesse il suo effetto. Smise
solo quando Bellatrix parve non dare più segno di forze, a terra, ansante e
rannicchiata su sé stessa. Si stringeva il bacino e nascondeva il viso. Mai
avrebbe permesso a quel mostro di godere delle sue lacrime.
«Sei inutile! Non sei stata nemmeno in grado di
darmi un erede, motivo per cui capirai bene che devo ottenerlo da
qualcun’altra!»
Sputò a terra accanto a lei e poi prendendo la bottiglia
di whisky incendiario, che la moglie stava bevendo prima del suo arrivo, si
ritirò nel suo ufficio sbattendo la porta.
La giovane donna rimase immobile, cercare di non
piangere le stava causando conati derivanti anche dal dolore che si propagava
in tutto il suo corpo. Sperava di abituarsi prima o poi al dolore, ma purtroppo
quello che sentiva dentro era ben peggiore di quello che fisicamente subiva fin
da quando era una ragazzina.
Chiuse gli occhi e si rifugiò nei pochissimi
ricordi felici, gli unici che le permettevano di non impazzire del tutto. In
essi c’erano sempre le sue sorelle e poi… c’era lui…
Era buffo, se così si poteva dire, perché gli unici
ricordi che a lui la legavano erano di litigate e confronti, ma nessuno
reale, non da parte sua. Lei che recitava una parte e lui che credeva
fosse vera, solo una volta avevano avuto un momento in cui non c’erano state
urla e accuse e per lei era il più prezioso dei tesori. Probabilmente, il
massimo della felicità a cui avrebbe mai potuto aspirare.
NATALE
1977
Sirius Black
era ormai considerato un traditore, era stato diseredato e per alcun motivo
sarebbe mai stato invitato alla festa di Natale dei suoi stessi genitori a
Grimmauld Place, ma Andromeda aveva confessato a Bellatrix che senza dubbio si
sarebbe fatto vivo per portarle il suo regalo. Non era un mistero che lei fosse
l’unica per cui rischiasse, l’unica della sua famiglia di cui ancora le
importasse. Soffriva della sua condizione e sognava ogni giorno di trovare il
modo di salvarla…
La neve aveva
iniziato a scendere nel buio della notte e la casa era affollata, elfi
domestici camminavano tra gli ospiti come piccoli tavolini con le gambe carichi
di cose da mangiare e da bere. Far uscire Andromeda non sarebbe stato così
difficile, se non fosse che il loro solito posto non era sicuro e così
Bellatrix si era proposta di uscire e incontrare il cugino.
Sirius era
nascosto dietro alcuni bidoni della spazzatura del vicolo accanto alla casa e
quando vide venirgli incontro la cugina che più di tutte odiava non esitò due
secondi a puntagli la bacchetta addosso e urlare «Stupefiucium», ma la giovane
donna era stata abbastanza abile per scostarsi prima di venir colpita.
«Shhh! Vuoi
che qualcuno ti senta o veda? Ancor peggio qualche babbano! Sono qui in suon di
pace!» disse lei alzando le mani e anzi infilandosi la bacchetta nel bustino
per mostrare che faceva sul serio.
«Sì, sì, come
no!» rispose lui poco convinto. Il braccio ancora teso contro di lei.
Come dargli
torto? Dal suo punto di vista Bella era solo l’ennesimo membro della sua
famiglia invasato e folle, che andava in giro a uccidere innocenti, che aveva
sposato con follia e orgoglio un’ideologia orribile.
Bellatrix si
passò le mani sulle braccia per via del freddo e si sforzò di sorridere, non lo
faceva da così tanto tempo che una strana espressione le si disegnò sul volto.
«Volevo solo
dirti di spostarti due vicoli più in là… qui non è sicuro… Rodolphus ha messo
dei suoi a fare la ronda… passano di qui ogni quindici minuti e… potrebbero
vederti…»
Sirius
dovette ammettere che era sorpreso dal suo tono pacato e gentile, ma non era
uno sciocco.
«È solo un
tranello, vuoi consegnarmi a loro!»
«Ascoltami,
se fosse così lo avrei già fatto e poi parliamo di mia sorella. Credi davvero
che farei qualcosa contro di lei?»
Quella frase
parve convincere il cugino, non che le credesse, ma… credeva che forse in
effetti tenesse a sua sorella. Abbassò la bacchetta e voltandole le spalle fece
per andarsene, lei lo fissò con l’ombra di un sorriso malinconico e fece per
voltarsi a sua volta, ma fu allora che Sirius la precedette guardandola.
Sembrò che volesse
dirle qualcosa, ma poi scosse il capo e lasciando perdere se ne andò.
Narcissa era appena uscita dalla stanza degli
ospiti quando di fronte vi trovò il marito che, a braccia conserte, la fissava
accigliato.
«Questa situazione deve finire!» disse perentorio.
Era stanco di essere svegliato in piena notte
dall’arrivo di sua cognata.
«Se litiga con suo marito sono affari suoi, non può
venire sempre qui!»
«Litiga? Lucius ma l’hai vista? Rodolphus la
picchia e dio solo sa quante volte deve anche averla stuprata!»
«È suo marito. Adempie ai suoi doveri coniugali!»
«Come fai a essere così cinico!»
Narcissa voltò il capo e camminò a passo deciso nel
lungo corridoio per tornare nella loro camera da letto. Loro figlio, Draco,
aveva ormai poco più di un anno e dormiva placido nella sua stanza… ignaro
dell’orrore in cui stava crescendo. Ogni giorno che passava si chiedeva se
aveva preso la decisione giusta a rimanere accanto a Lucius, lo amava alla
follia e sapeva che era un amore malsano.
Lui non si pentiva di ciò che faceva, credeva in
ciò che diceva e temeva che un giorno Draco sarebbe divenuto esattamente come
lui.
La luna che filtrava dalla finestra illuminò il suo
viso, era così chiara di pelle d’apparire priva di vita. Caratteristica in
comune con marito e figlio.
Quando Lucius entrò in stanza la trovò seduta sul
bordo del letto, gli dava le spalle e osservava fuori verso il cielo oscuro.
«Io non posso continuare così!» esclamò lei con un
fil di voce, gli occhi cristallino fissi sull’astro luminoso. Indossava una
vestaglia di seta nera con inserti in pizzo dello stesso colore. Lucius la
raggiunse, anche lui ne indossava una, ma era di pesante velluto verde scuro. I
capelli lunghi, biondi e quasi bianchi come quelli della moglie, rilucevano
argentei.
Allungò una mano e prese quella di Narcissa, solo
per rimanere assai ferito quando notò che lei velocemente la sfilò per
posarsela in grembo.
«Ti amo… lo sai, ma a che costo?» la sua voce
tremava, mentre fissandolo il suo sguardo di ghiaccio non nascondeva tutto il
suo dolore. Lei non era forte come le sue sorelle, non lo era mai stata e si
odiava per questo.
Dal canto suo, il viso appuntito del marito si
piegò da un lato, mentre i suoi occhi altrettanto glaciali la scrutavano nella
sincera paura di perderla. Non si era mai considerato un uomo romantico e tanto
meno capace di dimostrare amore, ma… sapeva che lei e Draco erano la sua vita e
che avrebbe sacrificato ogni cosa per tenerli al sicuro.
«Cissy… amor mio… sei stanca e… forse prima ho
esagerato…»
«Lo fai sempre! Tu sei così con me. Gentile,
premuroso… ma con gli altri? La severità che mostri nei confronti di Draco, che
è solo un bambino, non mi piace. Nemmeno la mancanza di tatto che hai verso mia
sorella e… tutto il resto… A che prezzo viviamo in tutto questo? Non sei stanco
del sangue che ci sporca le mani!?»
Lucius alzò gli occhi al cielo, avevano già
affrontato quella discussione. Lei più e più volte gli aveva chiesto di
scappare, di smettere di essere un Mangiamorte e ricominciare altrove, mentre
lui tutte le volte le aveva fatto notare che non sarebbe esistito posto al
mondo in cui avrebbero potuto nascondersi.
«Non voglio tornare sempre sullo stesso punto
Cissy…» esclamò infastidito e alzandosi le diede le spalle.
«E poi il sangue è sulle mie mani, non le tue!»
«Non è una giustificazione!» Adesso anche lei si
era alzata a prendendolo per un braccio lo aveva costretto a voltarsi.
Illuminati dai raggi lunari parevano due fantasmi che discutevano.
«In tutti questi anni sono stata in silenzio a
guardare tutto questo orrore crescere e non fare nulla mi rende complice tanto
quanto te. Vuoi la verità? Sì, amo il mio status social, amo la ricchezza in
cui vivo, le feste, i gioielli e tutto il resto, ma a che prezzo? Non sono più
disposta a pagarlo. Non ne sopporto il peso, non sopporto quello che comporta,
non se questo sta significando perdere le mie sorelle, te o Draco… che razza di
uomo credi sarà un giorno, mh? Non lo vedi!? Viviamo in un loop in cui noi
figli non facciamo altro che ripetere gli errori dei nostri genitori, qualcuno
deve spezzare questo cerchio… e io ho sempre creduto che non toccasse a me, ma
pensandola tutti in questo modo… non succede nulla! NULLA!»
Lucius era rimasto in silenzio, fissandola, non
amava quando cedeva a quelle crisi di nervi e si lasciava andare a sproloqui
che se, qualcuno avesse udito, avrebbe fatto guadagnare immediatamente a
entrambi una condanna a morte.
Per quello respirò profondamente, le mise le mani
sulle spalle e con dolcezza l’abbracciò accarezzandole i lunghi capelli eterei.
Lei singhiozzava, mentre lui assentiva all’elfo domestico apparso alle spalle
di Narcissa su suo ordine silenzioso. Gli bastò un cenno del capo e quello
ricomparve poco dopo con una pozione che avrebbe permesso alla donna di dormire
e rilassarsi.
A Lucius non piaceva dover tenere l’adorata moglie
sotto calmanti, ma se era l’unico modo di controllarla
e tenerle salva la vita l’avrebbe fatto.
APRILE
1980
Erano passati
due anni dalla fine di Hogwarts, due nei quali non aveva mai più rivisto
Severus e il suo cuore era riuscito lentamente a trovare un equilibrio. A
comprendere che quell’amicizia particolare sempre in equilibrio su un filo tra
odio e amore, comprensione e conflitti, problemi e risoluzioni… era giunta al
capolinea. Lei ci aveva provato, durante quel Natale del loro ultimo anno, a
fare la sua mossa. A dar voce a quei sentimenti che tra loro erano iniziati a
crescere senza poterli controllare, ma poi… dopo la violenta delusione che
aveva ricevuto dalla codardia di Severus, aveva deciso di metterci una pietra
sopra.
Dopotutto
amava James, aveva imparato a farlo con il tempo e con lui doveva ammettere che
quanto meno non era mai triste, non era mai in uno stato perpetuo di conflitto.
La faceva sentire leggera, forte e felice. Sirius, Remus e Peter erano una
sorta di prolungamento della loro famiglia e lentamente aveva imparato a
conoscerli meglio, nei loro pregi e difetti, e amarli per questo.
Entrare
nell’Ordine della Fenice poi, mettere in pratica ciò per cui aveva studiato e
fare qualcosa di utile la rendeva estremamente orgogliosa. Lì si era fatta
tanti nuovi amici, ne aveva ritrovati dei vecchi e a completare il tutto si era
sposata e credeva che nulla potesse cambiare quello stato di armonia che dopo
tanta fatica aveva trovato.
L’unico neo
era Petunia, anche lei si era sposata, ma le loro strade ormai parevano così
lontane da non potersi mai più ritrovare. Vernon, il babbano al quale si era
legata, si era rivelato un uomo pregiudizioso e arrogante. Era riuscito con il
suo odio ad allontanarla da lei, a mettergliela contro, alimentando
semplicemente la fiamma delle sue frustrazioni e invidie. Lily non aveva
desiderato altro per tutta la vita che frequentare Hogwarts con lei e sapeva
quanto l’aveva ferita scoprire di non possedere nulla di magico. Aveva
combattuto con le unghie e con i denti per non perderla, e ora che era
inevitabilmente successo si sentiva devastata.
Ci aveva
provato molte volte a presentarsi a Privet Drive, a camminare verso il numero 4
e trovare il coraggio di bussare alla porta, ma aveva sempre finito per non
farcela e tornare indietro. L’ultima volta era accaduto proprio in un giorno di
primavera, ma la vera sorpresa fu che quando si voltò, incapace di fare gli
ultimi pochi passi che la dividevano dall’abitazione, si ritrovò di fronte lui.
Il suo
aspetto sembrava più sciupato del solito, la pelle più grigia e stanca, gli
occhi più scuri. I capelli erano sempre gli stessi come quella perenna
sofferenza che ovunque lo accompagnava. Ma non era più il suo Severus, era un
Mangiamorte ora.
Lily sapeva
che non poteva attaccarlo in pieno giorno in una strada babbana e dunque si
fece seguire all’interno di un vicolo. Fu una volta lì che tirò fuori la
bacchetta e gliela puntò contro, ma lui fu più veloce. Le prese il polso prima
che lei potesse pensare a qualsiasi incanto, la costrinse a fissarla al cielo,
poi la fece arretrare con le spalle contro il muro di mattoni e in un pop
scomparvero per riapparire in un angusto appartamento.
Fu solo
quando si guardò intorno che sentì il panico assalirla. Tre paia di occhi la
guardavano: erano le sorelle Black.
Cercò di
divincolarsi spingendo all’indietro Severus che la bloccava contro la parete di
libri del piccolo salotto, non ci riuscì, semplicemente fu lui che si spostò e
fu allora che Bellatrix Black urlò: «Incarceramus!»
In quel
momento delle corde si strinsero intorno ai polsi e alle caviglie di Lily,
mentre nonostante le sue proteste lei veniva adagiata da Severus su una
poltrona di pelle scura lisa. Di fronte a lei le sorelle Black erano sedute sul
divano e la fissavano, tuttavia non parevano lì per torturarla o interrogarla.
Erano nervose, anche più di lei.
Severus le
lanciò un ultimo sguardo e poi si sedette su un bracciolo prendendo la parola.
«Mi spiace
averti portato qui in questo modo e con l’inganno, ma abbiamo poco tempo!»
«Dove sono? E
cosa diavolo vogliono un branco di Mangiamorte da me se non uccidermi?!»
rispose lei piccata, era spaventata ma mai avrebbe dato soddisfazione a loro di
vederlo. Alzò il viso con fierezza, mentre gli occhi verdi li scrutavano uno a
uno.
«Ti chiedo
solo di ascoltarci, come ti ha detto Severus abbiamo poco tempo…» e così
dicendo Bellatrix respirò pesantemente guardando negli occhi la giovane
Grifondoro di fronte a lei.
«IO ascoltare
VOI? O sono impazzita o mi state tendendo una trappola!»
«Allora
fidati di me! Sirius ti avrà parlato di sua cugina Andromeda giusto?»
Solo allora
Lily si volto verso la ragazza che in mezzo alle altre due, sembrava quella che
meno centrasse. I suoi abiti non erano né super lussuosi né da mago oscuro. La
conosceva attraverso i racconti dell’amico e mai una volta lui gliene aveva
parlato male o di lei aveva dubitato.
«Riuscire a
essere tutte e tre qui, in questo momento ci è costato molto. Vedi, io e le mie
sorelle viviamo da anni divise, ognuna prigioniera a suo modo…»
Gli occhi
colori nocciola di Andromeda erano lucidi, mentre in mezzo alle sorelle ne
cercava le mani e le stringeva forte. «So che tu, come chiunque altro, conosci
una storia molto diversa di noi. Ma posso assicurarti che… è la storia che
siamo state obbligate a raccontare!»
«Le mie
sorelle vivono prigioniere in casa dei miei genitori, sono qui solo perché
Severus ha assicurato di scortarle presso la mia dimora per farmi visita. Tutte
noi siamo figlie di una famiglia antica, purosangue e piena di pregiudizi…»
«Gli stessi
che mi hanno reso la vita impossibile da sempre! Ma mai, e dico mai mi hanno
scalfito!»
Lily lo disse
con fermezza e fierezza, ancora non si fidava della situazione, ma leggeva che
c’era paura in loro. La più piccola, dai lunghi capelli quasi bianchi, non
aveva ancora mai alzato lo sguardo e piangeva lacrime silenziose.
«Non è facile
cambiare mentalità quando fin da bambino sei indottrinato a tali pensieri, ma…
Hogwarts è stata per tutte noi una panacea…» proseguì Andromeda con tono dolce.
«Alla fine
degli studi, sia io che Bellatrix abbiamo tentato di prendere strade diverse,
ma non ci è stato permesso!»
Narcissa si
lasciò andare a un singhiozzo più forte degli altri, mentre Andromeda le
passava un braccio intorno alle spalle e le poggiava la testa sul capo.
«Cambiare non
è mai facile, ma ci vuole volontà! Voi avete ceduto alla strada che di fronte
vi è stata posta senza far nulla in merito. Siete stati codardi!»
Lily non poté
fare a meno di far saettare lo sguardo a Severus che, ovviamente, colto sul
vivo non la guardò. Gli occhi nascosti dietro la cortina di capelli lunghi e
neri.
«TU NON SAI
NIENTE!» Narcissa aveva urlato con voce stridula, mentre gli occhi azzurri, al
punto da sembrare quasi trasparenti, si fissarono in quelli stupiti di Lily.
«Non sai cosa
vuol dire sentirsi dire ogni giorno ad ogni ora cosa fare. Chiedere il permesso
per tutto… vedere tua sorella venir picchiata da tuo padre senza far nulla per
impedirlo…» mentre lo diceva Bellatrix alzò gli occhi al soffitto era chiaro
che stava cercando di mantenere la compostezza, per non cedere.
«Ognuna di
noi ha subito botte e torture, ma nessuno come lei. Spesso si è presa la colpa
per proteggerci o ha tentato di farlo… Nostro padre l’ha costretta a sposare
Lestrange, lui l’ha costretta a diventare una Mangiamorte…» proseguì con tono
più pacato Andromeda.
«Sì ma… ma…
potevi rifiutarti…» proseguì Lily con meno convinzione di prima. Lo sfogo della
più piccola delle Black l’aveva colpita come un pugno nello stomaco.
«Non poteva.
Nostro padre l’ha minacciata che se lo avesse fatto ci avrebbe dato…»
«Dato in
spose a mostri come mio marito!» continuò Bellatrix. La mascella serrata così
forte da rendere il suo viso ancora più spigoloso.
«Rodolphus
non ha mai fatto altro che proseguire il lavoro di mio padre, oltre che abusare
di me. Io non volevo questo per loro. Se dovevo diventare una Mangiamorte,
sopportare di diventare un mostro e subire le umiliazioni da Rodolphus era un
prezzo che avrei accettato se questo avrebbe salvato le mie sorelle!»
Nonostante i
suoi sforzi, gli occhi si velarono di lacrime che però mai corsero sul suo
viso. Lily per la prima volta si sentì esattamente nella stessa posizione di
chi aveva sempre criticato. Non era mai stata gentile verso coloro che
giudicavano senza conoscere e lei aveva fatto esattamente lo stesso.
Si rivedeva
molto in Bellatrix, nel suo orgoglio, nel suo tentativo di non mostrarsi mai
debole di fronte agli altri… con un’unica differenza, lei non era stata
coraggiosa come lei con Petunia. L’aveva semplicemente lasciata andare.
Anche i suoi
occhi erano lucidi adesso, le spalle erano basse e la postura rassegnata. Anche
per quello Severus sciolse l’incantesimo che la teneva legata. La giovane dai
lunghi capelli rossi quasi non se ne accorse, anzi distrattamente alzò il suo
sguardo smeraldino verso l’unico uomo nella stanza.
«T-Tu lo
sapevi?»
«Severus lo
scoprì per caso, venne a casa mia per un incontro con Rodolphus e lo colse sul
fatto… con me…»
«Da allora ci
ha aiutato come poteva… ancor più ha aiutato Bellatrix…»
Lily non
aveva smesso di guardare Severus anche mentre Bellatrix e Andromeda parlavano,
ma adesso tutto le era più chiaro.
«T-Tu, T-Tu…»
ormai in piedi la Grifondoro capì che il suo addio, le sue parole relative
all’andar via ed abbandonarla erano legate a tutto quello. Era diventato un
Mangiamorte non per servire il Signore Oscuro, ma per combatterlo…
«Testardo e
solitario come sempre…» lo disse a denti stretti. I pugni lungo i fianchi. Era
arrabbiata, perché non glielo aveva detto?
«Io e
Bellatrix abbiamo unito le forze, stiamo cercando di essere Mangiamorte fedeli
e leali, sperando di poterci avvicinare all’Oscuro Signore e carpire i suoi
segreti, il come batterlo…»
«Perché non
siete mai venuti all’Ordine? Perché non lo avete mai detto?»
«Per lo
stesso motivo per cui da anni mi sono fatta odiare da mio cugino e chiunque
altro. Solo interpretando questo personaggio non rischio che chi amo ci rimetta
e per Severus è lo stesso…»
Le parole
della più grande delle sorelle Black colpirono dritte in faccia Lily, lui lo
stava facendo per lei.
Lentamente
tornò seduta, mentre passandosi le mani sul viso cercò di fare chiarezza. Aveva
ricevuto troppe informazioni tutte insieme.
«P-Perché
sono qui?» pensò che tornare al punto focale della discussione fosse la scelta
più saggia, anche perché pensare ad altro ora l’avrebbe solo fatta impazzire.
«Per
chiederti aiuto. Ho bisogno che tu mi aiuti a far fuggire le mie sorelle. Ho
già un piano, ma né io né Severus possiamo fisicamente portarle via… possiamo
però creare il diversivo affinché ciò accada… Lo chiederei a Sirius, ma non si
fiderebbe mai di me e…»
«E non
rischierebbe mai per me. Ma lo farebbe per Andromeda!» concluse Narcissa che
dopo un sacco di tempo in silenzio aveva di nuovo parlato con voce tesa e
tremante.
«Severus si
fida ciecamente di te. Ci ha detto la brillante strega che sei, capace,
coraggiosa e intelligente…»
Lily fece un
piccolo e debole sorriso in direzione di Andromeda, quando l’avvicinarsi di Bellatrix
la distrasse. Quella si inginocchiò di fronte a lei e le prese le mani.
«Ti supplico
di aiutarmi. Aiutami a salvarle!»
«Consideralo
già fatto. Conta su di me!»
Non avrebbe
mai creduto di sentirsi così in sintonia con una Mangiamorte, una purosangue e
una Serpeverde, ma non era forse anche questo un pregiudizio? Le due donne
strinsero forte le loro mani e si guardarono grate, l’una lieta di aver trovato
nell’altra comprensione e verità.
Quella notte
segnò una svolta importante per quel gruppo di persone che strinse un Voto
Infrangibile, uno che li vincolava a tener segreto ciò che gli uni degli altri
avevano scoperto. Giurarono che non importava le situazioni in cui si sarebbero
trovati, tra loro non ci sarebbero stati più pregiudizi o luoghi comuni. I
segreti svelati quella notte sarebbero stati mantenuti nelle profondità del
loro cuore e insieme, fuori dai binari di quella guerra, avrebbero percorso una
via alternativa nella speranza di mettere fine al regno del terrore del Signore
Oscuro.
Considerati i tempi che correvano e le minacce che
a Lily e la sua famiglia erano state mosse, muoversi da Godric’s Hollow pareva
quasi impossibile, tuttavia, non poteva mancare assolutamente a quella
riunione. Lei e Andromeda ebbero bisogno dell’aiuto di Alice Paciock per
riuscire a lasciare Grimmauld Place, ove attualmente erano, e dirigersi a
Spinner’s End per incontrare Severus, Bellatrix e Narcissa.
Alice non era stata per nulla felice quando le sue
due amiche mostrarono interesse per uscire, gli altri erano assenti per
questioni dell’Ordine e lei si era data chiaramente il compito di tenerle
d’occhio. I Paciock erano sopravvissuti per il rotto della cuffia a un attacco
del Signore Oscuro, avevano deciso appena in tempo di trasferirsi a casa della
madre di Frank quando la loro casa era stata attaccata. Ora, sia loro che i
Potter erano sotto stretta sorveglianza, era opinione di Silente che le due
famiglie corressero un serio pericolo. Per questo motivo Alice non poteva
permettere che le due uscissero, Andromeda come loro doveva stare in allerta.
Era considerata una traditrice e qualsiasi Mangiamorte che per caso avrebbe
potuto vederla non ci avrebbe pensato due volte a ucciderla.
Fu dunque molto difficile per Lily e Andromeda
trovare una scusa convincente, ma alla fine ce la fecero. Assicurarono di
assentarsi solo per due ore, avrebbero preso la metropolvere e sarebbero giunte
a casa di Petunia, la sorella babbana di Lily. Non sarebbero mai uscite dunque
né da Grimmauld Place né da Prive Drive. Alice, che conosceva molto bene la
sofferenza dell’amica circa il distacco della sorella, si addolcì nel sapere
che aveva acconsentito a incontrarla e comprese ancora la necessità di
Andromeda di cambiare aria anche solo per qualche ora, era quasi un anno che
era bloccata tra quelle quattro pareti. Non le accompagnò nelle cucine quando
le due partirono e questo permise loro di arrivare in perfetto orario nel
piccolo appartamento di Severus.
Normalmente, il giovane uomo teneva il camino
bloccato, ma in quell’occasione aveva rimosso l’incanto per permettere alle sue
due amiche di giungere e così fu. Rimise la barriera magica appena le due
ruzzolarono fuori dal camino, ancora piene di polvere se lo spazzolarono di
dosso, mentre nemmeno il tempo di mettersi bene in piedi che Bellatrix si era
alzata abbracciando prima forte la sorella, che non vedeva da un anno, e poi
Lily.
Si osservarono per un lungo periodo, ma poi la loro
attenzione fu attirata da Narcissa. Seduta sul divano con sguardo vacuo beveva
il suo tè in silenzio. Sembrò accorgersi di loro solo per caso e con un sorriso
stralunato che non le apparteneva le salutò.
«Che diavolo le è successo?» chiese Andromeda
preoccupata prendendo posto accanto alla sorella.
Lily era in piedi vicino a Severus e nervosi si
osservavano, mentre Bellatrix con le mani sui fianchi rispondeva con fare
sbrigativo e preoccupato.
«Lucius! La riempie di pozioni calmanti e sospetto
anche che ogni tanto con la Maledizione Imperius. Credo lo faccia per tenerla
buona, nell’ultimo periodo – da quando è nato Draco – i suoi nervi sono
peggiorati. Ha spesso crisi. Credo che Lucius temi che possa lasciarlo,
scappare con il bambino…»
«Maledetto Malfoy!» sentenziò la rossa sedendosi
accanto alla Serpeverde. Le poggiò una mano sulla schiena e con gentilezza
l’accarezzò.
Sapeva cosa voleva dire fare qualsiasi cosa pur di
proteggere il proprio figlio. Aveva lasciato Harry con Alice, lui e Neville
andavano molto d’accordo e quella semi convivenza forzata aveva nel bene o nel
male legato il destino dei due bimbi. Anche per quello lei era lì. Per liberare
il mondo dal Signore Oscuro e dal suo giogo, ma principalmente per ridare la
libertà alle persone presenti in quella stanza che tanto erano state costrette
a sacrificare e infine per dare la possibilità di un domani ad Harry, Neville,
Draco...
«Due settimane fa ti sei presentata a casa mia
dicendo che tu e Andromeda avevate trovato un piano alternativo… è stato rischioso
organizzare questo incontro. Dunque direi di non perdere tempo che dite?»
Severus parlò con il suo solito modo pacato, ma
schietto. Si spostò sulla poltrona e fece comparire del vino elfico che offrì
alle sue ospiti. I bicchierini volarono fino alle stesse che prendendoli in
mano ne svuotarono il contenuto.
Lily e Andromeda, ai due lati di Narcissa, si
guardarono.
«Universi Paralleli!» esordì la Black, mentre
Bellatrix seduta sul bracciolo accanto a Lily la guardava corrucciando lo
sguardo.
«Partiamo dall’inizio! Ricordate la foto che
Bellatrix ha trovato del padre di Rodolphus a Hogwarts?»
«Quella che ci ha permesso di risalire a Tom
Riddle, l’identità del Signore Oscuro e… gli Horcrux?»
«Esatto! Da allora abbiamo concentrato la nostra
attenzione a cercare quest’ultimi e va bene così, ma… forse c’è un altro modo!»
«Io e Lily siamo stati incuriositi dalla presenza
di una Grifondoro, un Tassorosso e un Corvonero nel LumaClub, ma ancor più del
fatto che nella foto posassero accanto a Tom…»
Andromeda e Lily si alternavano nel parlare,
cercavano di essere più precise possibile, ma anche di raccontare il tutto
senza perdersi in dettagli inutili. Dopotutto, il tempo gli erano tiranno.
«Abbiamo scoperto che si trattava di Grisha
McLaggen, Wiglaf Sigurdsson e Lazarus Smith…»
«Eredi legittimi di Grifondoro, Corvonero e
Tassorosso!»
Lo sguardo di Bellatrix e Severus si illuminò,
mentre entrambi si sporsero maggiormente verso di loro.
«Come sappiamo, Riddle aveva scoperto di essere
l’Erede di Serpeverde, credo avrebbe trovato utile approcciarsi a loro…»
«Siamo convinte che avessero creato una sorta di
club segreto e questo lo sappiamo perché…»
Andromeda si morse il labbro guardandosi con Lily.
Avevano promesso di non esporsi, ma non avevano potuto.
«Non mi dite che li avete cercati…» le riprese
Severus severo.
«Dovevamo! Wiglaf è morto, ma Grisha e Lazarus no…
anzi si sono anche sposati! Lei ha risposto a una nostra lettera e grazie a
James siamo riuscite a incontrarla. Il tutto è avvenuto a casa dei suoi, mentre
io e Andromeda le abbiamo parlato in privato. Gli abbiamo assicurato che era
per l’Ordine, che eravamo convinte potesse aver notizie utili sul Signore
Oscuro essendo stata una sua vecchia compagna di classe…»
«Ovviamente abbiamo mentito su cosa abbiamo
scoperto. Lei ci ha mostrato dei ricordi, ma quello che abbiamo riferito sono
state poche informazioni e nemmeno troppo utili… molte delle quali noi abbiamo
in mano da molto tempo…»
Le due giovani fecero una pausa. Lily osservò con
apprensione il suo orologio da polso, non avevano più molto tempo.
«Grisha era innamorata di Tom e da quello che
abbiamo visto lui… beh, non le era indifferente. Forse quel sentimento è
l’unica cosa di cui abbia mai avuto davvero paura!»
Nel dirlo Lily fissò intensamente Severus, lui non
si era dimenticato tutti i suoi discorsi, soprattutto l’ultimo. Sull’Amore e
come tale sentimento avrebbe potuto essere la chiave per distruggere l’Oscuro
Signore. Lei aprì le labbra, sembrava volesse dire qualcosa, al di fuori di
tutta quella questione, ma sapeva che non era né il tempo né il luogo.
«Abbiamo trovato un incanto molto antico… Non è
stato facile comprenderlo e ancor meno comprendere il vasto tessuto dello
spazio del tempo, ma seguendo tali teorie esistono molteplici universi là fuori
ognuno creatosi dalle scelte che ogni essere vivente fa… E se noi viviamo
nell’universo in cui Tom Riddle non ha mai ceduto all’Amore…»
«Ne deve esistere uno in cui lo abbia fatto…» concluse
Bellatrix febbricitante, ma subito il suo entusiasmo si spense.
«E questo come ci aiuta?»
«Switchando il nostro Signore Oscuro con il Tom
Riddle di un universo in cui non lo è mai diventato!»
«È una pazzia! Costringere un altro universo alla
nostra condanna solo per essere liberi noi?»
Severus scattò in piedi iracondo. La sua rabbia era
tutta rivolta a Lily, lei lo chiamava egoista e codardo e poi le proponeva quel
tipo di soluzioni?
«Non lo faremmo mai e lo sai! Il Signor Oscuro come
ben sapete ormai non è più umano, ha rotto fin troppe volte la sua anima, non
sopporterebbe mai lo switch e Tom Riddle non potrebbe giungere mai a noi senza
uno scambio effettivo…»
«Quello che Lily vuole dire è che l’incanto
metterebbe in moto lo scambio, ma il Signore Oscuro verrebbe distrutto nel
tentativo di passaggio. Dall’altra parte Tom Riddle verrebbe attratto nel
nostro universo, ma come conseguenza della morte del suo doppio nella nostra
dimensione lo stesso non avverrebbe. È rischioso è vero, ma… metterebbe fine a
tutto con il minimo delle perdite!»
Lily aveva parlato con furore, lo sguardo carico di
rabbia nei confronti di Severus, motivo per cui Andromeda si era vista
costretta a intervenire.
Bellatrix si era alzata in piedi e iniziando a
camminare avanti e indietro con una mano sotto il mento pareva lavorare
freneticamente su tutte quelle informazioni. Faceva gola come soluzione, ma non
le era mancato di notare le ultime parole usate dalla sorella.
«Il minimo delle perdite?» chiese attirando le
attenzioni di tutti su di lei. Perfino di Narcissa che pareva non aver seguito
e capito nulla di tutto ciò di cui fino a quel momento si era discusso.
«Beh sì, chi rischia sono i presenti durante
l’incanto…»
Andromeda lo disse con un filo di voce, mentre
Severus scuoteva il capo, si era messo a camminare frenetico dal lato opposto
della piccola stanza. Di fronte alla finestra, fu allora che Lily si alzò e
raggiungendolo lo bloccò. Le mani sulle braccia e il suo sguardo in quello di
lui.
«È un rischio che va corso… Il Signore Oscuro mi
stata cercando… dobbiamo trarre questo a nostro vantaggio…»
«E davvero tu coinvolgeresti tuo maritoe tuo figlio
in questo?» Il modo in cui aveva pronunciato quelle parole non nascondeva tutto
il disgusto che gli dava sapere che lei ora aveva una famiglia. Che era andata
avanti con qualcuno che non era lui, anche se lui stesso l’aveva spinta a
questo.
«Giammai! Ho solo bisogno che il Signore Oscuro
creda di trovarci tutti nello stesso posto…» e così dicendo voltò il capo verso
Bellatrix che assentì piano.
«Peter Minus è un traditore, se lo sceglieste come
Custode Segreto…»
«James voleva Sirius, gli farò cambiare idea. Peter
eh? Chissà perché non mi sorprende…» mugugnò Lily scuotendo il capo disgustata,
ma poi tornò a guardare Severus. Lui continuava a scuotere il capo. Lo sguardo
duro e preoccupato.
«Rischierò, che ti piaccia o meno, la domanda è: me
lo farai fare da sola?»
«Mai! Lo sai che non ti abbandonerò, che sarò al
tuo fianco!» e nel dirlo le aveva preso il volto tra le mani. Bellatrix e
Andromeda non poterono fare a meno di scambiarsi un piccolo sorriso, prima di
farsi sentire a loro volta.
«Ci saremo anche noi! Io e Severus faremo in modo
di accompagnare l’Oscuro Signore!»
«E poi avrai bisogno che qualcuno ti aiuti per
assicurarti che James e Harry siano al sicuro!»
«Anche io voglio esserci!» la voce eterea di Narcissa
per un attimo spaventò tutti, quasi si erano dimenticati che era lì.
«S-Sono stanca di rimanere a guardare, ho bisogno
di fare qualcosa. Devo farlo per Draco…» i suoi occhi si riempirono di lacrime,
mentre si torturava le dita lunghe e sottili. Bellatrix si sedette al suo
fianco abbracciandola.
«Cissy è pericoloso e…»
«Non mi importa! Non voglio più separarmi da voi!»
«Potresti morire…» aggiunse Andromeda stringendole
le mani.
«Allora lo farò insieme alle mie sorelle! Siamo
state separate per troppo tempo!»
Lily era accanto a Severus e in modo del tutto
involontario aveva cercato la sua mano, le dita si sfioravano e combattevano
contro l’istinto di intrecciarsi l’una all’altra.
Quella sera fu l’inizio di tutto.
Una promessa come una ricompensa per aver
persistito alla vita da soli, come il credere in loro stessi e nella
possibilità dell'amore. Una decisione da ignorare che semplicemente riemerge
dal passato, un'alleanza che lega delle anime, ma che le separa dai precedenti
legami. La celebrazione di una facile vittoria e la sfida che la precede,
perché insieme era meglio che soli come una squadra dopo la tempesta dei mondi
e l'amore sarà sempre la forza che avrebbe guidato le loro vite.
INIZIO
OTTOBRE 1981
Samhain si stava avvicinando e ai fini del potente
incanto che avevano intenzione di mettere in atto Lily sapeva benissimo quanto
fossero importanti le energie che quel Sabbat aveva rilasciato. Come deciso con
gli altri suoi compagni, Codaliscia era stato scelto come Custode Segreto, ora
tutto stava nell’aspettare e sperare che il loro piano funzionasse.
Andromeda andava spesso a trovare Lily a Godric’s
Hollow, quanto al contrario i Potter andavano non di rado a Grimmauld Place.
L’amicizia ormai tra le due giovani era sempre più evidente e forte; questo
permetteva anche alle due donne di lavorare alla pozione che sarebbe stata
necessaria ai fini del rituale.
Non esistevano reali informazioni in merito, ciò
aveva voluto dire per Bellatrix, Severus e Narcissa fidarsi delle capacità da
pozionista di Lily e di conoscenza delle Arti Oscure di Andromeda. Purtroppo,
molta magia di quel tipo era necessaria per tale pozione e ringraziavano solo
di trovarsi in quel luogo ove la giovane Black sapeva assai bene dove scovare
gli ingredienti che a loro servivano. Kreacher, l’elfo domestico della casa,
era solito nascondere di tutto nel suo riluttante giaciglio nelle cucine e lì
avevano trovato riserve di ingredienti impossibili da recuperare se non a
Notturn Alley.
Era l’ennesimo pomeriggio che le due donne si erano
allontanate, non che fosse strano che potessero andare in camera e parlare.
Erano amiche ed entrambe molto affini per cultura e piacere nell’apprendere, ma
James non poteva fare a meno di iniziare a essere un poco sospettoso.
Davanti al grande camino di pietra annerito delle
cucine del palazzo, era in compagnia di Sirius e Remus. Teneva in braccio il
piccolo Harry e tutti e tre erano chinati sul grande e lungo tavolo di legno
grezzo ove spesso l’Ordine si riuniva per discutere e mangiare.
Il bambino sembrava assai interessato ad alcune
zollette di zucchero a cui suo zio Sirius aveva fatto spuntare le gambe e che
giocavano a rincorrersi.
«Inizio a chiedermi cosa abbiano sempre così tanto
da dirsi…» mormorò James, lo sguardo rivolto alla porta della cucina. Si
sistemò gli occhiali sul naso e poi si passò una mano tra i capelli castani e
ribelli. Era il solito bello seduttore di un tempo con la differenza che adesso
era padre e felicemente sposato.
«Beh, entrambe non hanno avuto molte persone con
cui parlare, oltre Alice e Molly… qui girano solo uomini…» mormorò un Remus
dall’aria stanca. Aveva una giacca di tweed più grande di lui, rattoppata sui
gomiti.
«Lunastorta ha ragione e poi che fai sei geloso di
mia cugina?» ironizzò Sirius. Si passò una mano sul mento che era coperto di un
pizzetto ben curato. Più passava il tempo e più diventava bello e dannato anche
se ormai le sue scappatelle erano decisamente diminuite, purtroppo la guerra lo
aveva un po’ allontanato dal suo hobby preferito.
«Non fare l’idiota ovvio che no e poi Eda mi cade
benissimo, ma… non lo so stanno sempre lì a confabulare…» continuò James un po’
perplesso, per poi tornare a Harry scuotendo il capo. Ma a cosa stava pensando?
«Effettivamente l’altro giorno le ho viste uscire
dalla camera di Eda e ora che ricordo ne usciva un odore strano… e poi non mi
ci fa più entrare!»
Remus aveva pronunciato quelle parole con buone
intenzioni, voleva solo esprimere un suo punto di vista sulla situazione, ma
non si aspettò che James iniziasse a ridacchiare dandogli una pacca sulla
spalla. Era seduto tra i suoi due amici e si stava ammazzando dalle risate alle
loro espressioni.
«E bravo il nostro Lunastorta… e quindi tu passavi
molto tempo in camera di Eda?»
«N-No, ma che… c-che pensate… i-io…»
«È mia cugina!»
Sirius era divenuto improvvisamente indignato.
Quasi si soffocò con il whisky incendiario che stava bevendo.
«E allora Felpato?»
«Ha 7 anni più di te!»
«No vabbè, tu che ora fai il moralista mi fa morire
da ridere… tu sei andato anche con donne più grandi ultimamente!»
«Smettetela tutti e due! Tu di fare insinuazioni e
tu di essere indignato! Eda è mia amica e gli sono solo stato molto vicino… si
è sentita sola…»
James ridacchiava ancora sotto i baffi, mentre
Sirius come sempre storceva il naso a quelle affermazioni sulla cugina.
«Non dovrebbe! Allontanarsi dalla sua famiglia le
ha fatto solo bene!»
«Ma sono le sue sorelle!»
«Oh beh, se è per quello Lunastorta, sono anche le
mie cugine, ma possono anche marcire all’inferno e prima Eda lo capirà e prima
starà meglio!»
Lily e James erano appena tornati a casa, gli
spostamenti erano strettamente sorvegliati e con attenzione soprattutto per
quanto riguardava la loro famiglia e quella dei Paciock. Nessuno sapeva
esattamente per quanto quella situazione sarebbe continuata, ma era chiaro che
stava stretta a entrambe le coppie fatta di maghi e streghe, che avrebbero
preferito di gran lunga lo scontro diretto al doversi nascondere.
Harry era crollato dopo cena e considerato che era
quasi mezzanotte, quando Lily lo posò nel suo lettino fece attenzione a non
svegliarlo. Gli rimboccò le coperte e rimase un po’ a fissarlo, mille pensieri
le vorticavano in testa. Non sapeva l’esito di ciò che avrebbero compiuto,
motivo per cui non sapeva se sarebbe sopravvissuta.
«Mi devi giurare che qualsiasi cosa accada, tu
sarai forte. Spero che un giorno capirai le mie scelte, che un giorno saprai
metterti nei miei panni e comprendere che quello che ho fatto l’ho fatto per
darti un futuro sereno e splendente… perché sono sicura che così sarà, ma Harry
fammi una promessa. Sii felice ed ogni scelta che farai che sia di cuore, non
ferire mai nessuno nella convinzione di fare la cosa giusta…»
Le parole erano uscite lente e sussurrate, mentre
con le mani appoggiate sulle sbarre del lettino osservava il bimbo con un
sorriso melanconico. Gli occhi verdi rilucevano nella penombra e i lunghi
capelli rossi le ricadevano da un lato del collo.
Sospirando uscì dalla stanza e raggiungendo la
camera da letto vi trovò James dal suo lato del letto, in piedi accanto allo
stesso. Di fronte a un lungo specchio dalla cornice in foglia d’oro si
osservava dopo essersi tolto il maglione leggero.
Il corpo atletico faceva sfoggiò di addominali
presenti, ma non eccessivamente marcati. Le spalle si erano allargate grazie
all’esercizio e i pettorali erano perfettamente proporzionati. Con indosso un
paio di pantaloni di tuta a mo’ di pigiama e i piedi nudi, si passò una mano
tra i capelli e si osservò notando solo in quel momento il riflesso della
moglie alle sue spalle. Una spalla poggiata allo stipite della porta e lo
sguardo cristallino che correva lungo la sua figura.
Quando si voltò a guardarla un sorriso sghembo ne
faceva intendere le intenzioni maliziose, ma quando la raggiunse e fece per
baciarla lei si scostò.
Facendo pochi passi raggiunse il servo muto e vi
poggiò sopra la giacca di pelle marrone che indossava, sentiva lo sguardo di
James trapassarla da parte a parte.
«Lily che hai? È da quando hai partorito che sei
strana…»
«Perché non facciamo più sesso?» chiese lei
voltandosi e fissandolo accigliata con le braccia conserte al petto.
La camera da letto non era molto ampia, ma era
arredata in modo curato. James dopotutto non era proprio povero e si erano
potuti permettere una prima casa che normalmente poche coppie giovani come loro
poteva anche solo sognare.
«No! Anche!» rispose lui seccato, per poi
sottolineare il fatto che in parte sì lo infastidisse. Si mosse verso di lei
sorridente e la prese per i fianchi, ma lei fece un passo indietro.
«Senti mi spiace ok? I-Io… I-Io sto mettendo in
discussione molte cose…»
«Stai mettendo in discussione? Lily di che parli?
Di noi? Credevo che… tutto andasse bene!» disse lui oltremodo confuso, lo
sguardo perso dietro gli occhiali. Le mani poggiate sui propri fianchi e il
capo piegato da un lato.
«Senti, l’unica che è strana tra noi due sei tu…
questo tuo modo di fare così distaccato… e parliamo di Eda? Da quando siete
così unite, mh?»
«Fai sul serio James? Sembra che tu non mi conosca…
Non sono mai stata una fidanzata tutta melassa e che frequenta solo gli amici
del suo ragazzo…»
«Eppure negli ultimi anni lo hai fatto!»
«E ho sbagliato! Mi sono annullata, rinnegando
parte di me… e tanto altro…»
James scosse il capo alquanto infastidito da tale
atteggiamento, si grattò il capo ridendo in modo arrogante. Come a schernirla.
«Non mi dire che davvero tra le righe mi stai
citando Mocciosus! Oh per l’amor del cielo, quel figlio di puttana è un
Mangiamorte!»
«E tu un bullo! Lo sei sempre stato e mai una volta
hai avuto empatia per lui, hai fatto solo finta per evitare di scontrarti con
me!»
«Stiamo davvero litigando per lui? Davvero Lily?»
I coniugi si stava parlando a un centimetro dal
viso uno dall’altro, James torreggiava di poco sopra la moglie, ma l’ira che li
muoveva entrambi era palpabile. Entrambi avevano caratteri forti e testardi,
nessuno avrebbe fatto un passo indietro circa la propria posizione.
«Tu lo hai tirato fuori e non io! Comunque non è
questo il punto James, il punto è che abbiamo fatto tutto di fretta. Troppo!»
«Mi stai dicendo ora che ti penti di avermi
sposato? Di Harry?» chiese lui alzando gli occhi al cielo e spalancando le
braccia prima di indicare la porta oltre la quale poco lontano loro figlio
dormiva.
«Assolutamente no! Non mi pentirei mai di nostro figlio
o del bello che abbiamo condiviso, ma… tutto è stato affrettato… Siamo troppo
giovani per sapere esattamente cosa proviamo!»
«Ma io lo so cosa provo! Io ti amo Lily… ti amo…»
Lei aveva gli occhi lucidi e con i pugni serrati
lungo i fianchi guardava altrove per trattenersi, lui fece un passo avanti, gli
prese le mani e gliele aprì. Le strinse dolcemente, perfino i suoi tratti
divennero più soavi e con tono leggero, ma spaventato le chiese: «E tu mi ami,
vero?»
Fu allora che qualcosa si incrinò, perché Lily
tornò a guardarlo, ma non rispose. Non poteva se non voleva mentirgli. Lui
parve capirlo perché dopo aver imprecato si voltò e diede un violento pugno al
muro alle sue spalle che essendo di cartongesso si bucò.
Lily sobbalzò, ma rimase fiera a guardarlo senza
fuggire.
«Forse è meglio che… che ci prendiamo una pausa,
per capire… cosa vogliamo… Ti chiedo domani mattina di raggiungere Grimmauld
Place con Harry e… io vi raggiungerò, tra qualche giorno. Ho bisogno di star
sola James… so che ora è pericoloso, ma lo saremmo in due luoghi sicuri e poi
quando tutto sarà finito, decideremo che fare…»
La giovane stava faticando a mantenere la
respirazione normale, mentre lui pareva ormai completamente fuori di sé. Non
disse nulla, prese un cuscino e uscì sbattendo la porta, avrebbe dormito sul
divano. Una volta sola, alla fine, Lily poté respirare e piangere. Non le
piaceva quella situazione, non le piaceva ferire James, ma tutto era
necessario. Era la cosa giusta da fare.
I giorni che Lily si era presa da James erano stati
propizi per mettere lui e Harry al sicuro, mentre con grande difficoltà
Bellatrix aveva fatto in modo di farle arrivare a casa con la metro polvere
Narcissa. La più grande delle Black aveva approfittato del fatto che Rodolphus
non c’era, aveva detto a Lucius che la sorella aveva bisogno di passare del
tempo con suo figlio da loro madre in campagna per riposare e star lontano da
tutto lo stress che la povera stava subendo. Con una Maledizione Imperius si
era assicurato che Druella tenesse loro il gioco, suo padre era fortunatamente
morto da qualche anno da eroe tra i Mangiamorte. Questo permise di far arrivare
la donna da Lily, Lucius aveva ricevuto una lettera scritta di proprio pugno
dalla suocera e ovviamente le aveva creduto. Bellatrix ne aveva mandata una a
Lily per avvisarla quando sarebbe arrivata. Draco venne tenuto al sicuro da
Andromeda che lo portò a Grimmauld Place, approfittò dell’odio del cugino per
dirle che aveva fatto un’azione rischiosa, era vero, ma che aveva voluto
salvare il nipote dalle grinfie della sua famiglia e nessuno ebbe niente in
contrario di tenerlo lì al sicuro.
Dal canto suo Andromeda si era praticamente
trasferita a Godric’s Hollow, alla fine James ne era anche felice. Era ancora
molto arrabbiato con Lily, ma non voleva che stesse sola e poi in cuor suo
sperava che l’amica potesse riuscire a farla ragionare.
In realtà, in definitiva, ciò che le due donne
facevano era in realtà concludere la pozione e prendersi cura di Narcissa. Da
quando era arrivata passava le sue giornate a letto. Lo sguardo vitreo, come
morta, fisso nel vuoto. Le due giovani donne le portavano da mangiare, le
leggevano un libro e facevano di tutto per farle compagnia e farla reagire.
Un giorno Andromeda era appena uscita dalla sua
stanza quando crollando sul divano del salotto dei Potter scoppiò a piangere.
Il viso tra le mani sconvolta. Lily l’abbracciava consolandola, la distruggeva
vederla così. Vederle entrambe in quello stato era difficile.
«Non so più che fare… Cissy sembra… sembra essere
scomparsa. Abbiamo aspettato troppo, Lucius l’ha… l’ha distrutta…»
In effetti ci avevano messo un po’ ad organizzare
tutto e le troppe Maledizioni Imperius ricevute oltre che le molteplici pozioni
calmanti, l’avevano ormai fatta cadere in uno stato semi catatonico. Respirava,
dormiva, mangiava… ma non faceva altro. Aveva perso l’uso della parola e
sembrava non capire quando le si parlava… quello aveva creato un altro piccolo,
ma grande problema, senza Narcissa, chi avrebbe messo l’ultimo ingrediente
quando il Signore Oscuro si sarebbe presentato? Insomma lei era l’asso nella
manica, contavano su di lei per l’effetto a sorpresa.
«Potremmo chiedere a Remus…» provò a proporre
Andromeda, mentre invano tentava di asciugarsi gli occhi gonfi con la manica
del maglione color castagna che indossava.
«Non lo farebbe mai, non abbiamo il tempo per
spiegargli tutto e poi ne parlerebbe con Sirius e James… No, dovremo
arrangiarci… lo farai tu!»
«Io? Ma Lily io sono il tuo supporto…»
«Non sarò sola, ci saranno Bella e Sev. Tu rimarrai
nascosta, affinché il Signore Oscuro mi trovi da sola… metterò qualcosa nel
lettino, un fagotto per fargli credere che sia Harry… Nasconderemo la pozione,
come concordato, nell’armadio… devi aspettare che io, tua sorella e Sev siamo
perfettamente allineati… quando lui sarà al centro del triangolo formato dalle
nostre posizioni aggiungerai il bezoar…»
«Che tutto cura… speriamo che così sia, che tutto
ciò che abbiamo creato funzioni!»
«Funzionerà! Vedrai! E poi ti ricordi cosa devi
fare?»
«Certo! Una volta aggiunto il bezoar dovrò dirigere
i fumi della pozione sul capo del Signore Oscuro…»
«Leveremo anche noi le nostre bacchette e apriremo
il passaggio!»
Avevano ripetuto quel piano talmente tante volte,
ormai d’averne la nausea, ma entrambe concordavano che avrebbero dovuto essere
non coordinati, molto di più. Un solo errore e non solo probabilmente sarebbero
morti tutti, ma niente di quell’incubo chiamata realtà sarebbe finito. Non ci
sarebbe stato futuro per Harry e Draco, libertà per Bella e Severus… tutti
sarebbero rimasti prigionieri dei propri incubi e il mondo magico avrebbe
continuato a vivere nella paura.
«In virtù di questo credo non sia sicuro che
Narcissa rimanga qui…»
Lily aveva parlato a mezza voce, temeva un po’ a
farle quella proposta e non sapeva nemmeno come lo avrebbe detto alla sorella,
ma le pareva l’idea più saggia.
«Lucius… non la cercherebbe mai nel mondo babbano,
nessuno lo farebbe… Oltretutto nelle condizioni in cui si trova non potrebbe
nemmeno prendersi cura di suo figlio. Mia sorella potrebbe nasconderla,
prendersene cura e quando si sarà ripresa si potrà ricongiungere con Draco…»
Andromeda soppesò quelle parole, aveva un groppo in
gola. Non aveva voglia di dividersi da lei, ma nulla in ciò che Lily le aveva
detto era insensato. Anzi.
«E tua sorella? Accetterà? Da quel che mi hai detto
non vi parlate da anni…»
«Lascia fare a me, ok?»
Lily aveva chiuso la questione con quella piccola
domanda retorica e un sorriso rassicurante, ma la verità è che sapeva benissimo
quanto difficile sarebbe stato. Motivo per cui non perse tempo e il giorno
successivo andò da lei. Preferì smaterializzarsi in Privet Drive e come mille
altre volte aveva fatto percorrere il vialetto che portava alla villetta dal
giardino perfettamente curato. Fino a quel momento mai una volta era arrivata
al punto di bussare alla porta, ma in quell’occasione non poteva indugiare.
Doveva affrontare i suoi demoni.
La giovane donna portava i lunghi capelli rossi
raccolti in una coda alta sul capo, indossava una gonna in tweed beige lunga
fino alle ginocchia e al di sotto stivali di pelle marrone. Sopra un semplice
maglioncino a righe color zucca. Un cappotto dal taglio dritto color crema e il
più genuino dei sorrisi sul volto. Come sempre il suo make-up era estremamente
naturale, ma curato, da far apparire i suoi tratti ancor più perfetti e
attraenti.
Dopo aver suonato al campanello rimase in attesa,
era un fascio di nervi, ma quando si trovò di fronte il viso cavallino della
sorella non poté non sorridere. Nonostante avesse solo 28 anni sembrava più
grande della sua età.
Il viso era scavato, ma perfettamente curato ed i
capelli lunghissimi e castani erano attentamente acconciati in un classico
stile Farah Fawcett. Indossava una camicia a quadri rosa e bianca allacciata
alla vita, un paio di jeans a sigaretta lunghi un po’ oltre in ginocchio,
scarpe da tennis bianche e un foulard allacciato sul capo. Era chiaro che
doveva star facendo qualche lavoro in casa, motivo per cui era in abiti comodi.
«Ehm… P-Posso entrare?» la sorella la guardò
interdetta, ma alla fine la lasciò passare. Grazie a Dio nessuno avrebbe potuto
immaginare cosa Lily fosse, ma nel dubbio che i vicini potessero parlare non
voleva tenerla sulla porta. Vernon era a lavoro e Dudley dormiva nel suo
lettino al piano superiore, aveva appena finito di pranzare e come sempre
crollava per il suo pisolino pomeridiano.
Petunia scortò nel piccolo salotto la sorella, che
si guardò intorno. Tutto era in ordine e quasi brillava da quanto era pulito.
Sorrise nervosa.
«W-Wow… questo posto è… è…»
«Eccezionalmente ordinato, pulito e di classe? Lo
so! Io e mio marito abbiamo estremo gusto, ma dubito tu sia venuta qui dopo
tutti questi anni per farmi i complimenti di come tengo e arredo casa mia!»
La voce di Petunia era fredda. Più alta e magra
della sorella, era quasi ossuta, ma nonostante la sua rigidità era ancora molto
bella seppur si ostinava quasi a voler nascondere la stessa sotto un modo di
fare e di tenersi che la faceva apparire più come una casalinga anni ’50, che
una giovane donna degli anni ’80.
«Non sono qui per litigare! So che tra noi ci sono
molte cose in sospeso e so anche che non basterebbe una vita intera per
chiarire tutto, ma… Non sarei qui se non fossi disperata!»
Petunia non diede segno di voler dire nulla, nella
sua posizione la a braccia conserte la fissava. Lo sguardo ridotto a due
fessure, motivo per cui Lily non indugiò oltre preferendo proseguire.
«Una mia cara amica ha subito violenza domestica,
necessita un luogo ove nascondersi dal marito e riprendersi. Sta molto male…»
Per un attimo la sorella tentennò, si morse
l’interno della guancia, mentre Lily faceva un passo verso di lei.
«Qui non si tratta di magia o non magia, si tratta
di aiutarci tra donne e credo che questo sia un valore universale non credi?»
«Beh, certo per chi mi hai preso, non tollero mica
queste cose!» disse lei con uno sbuffò infastidita. Lily per chi l’aveva presa?
«Posso portarla qui allora? Lei è una mamma come
te, ma… attualmente non è in grado di prendersi cura di suo figlio. Attualmente
è al sicuro, degli amici se ne stanno occupando…»
«Anche se accettassi, come farò con Vernon?»
«Da quando mia sorella dipende da un uomo? Petunia
tu sei una donna forte e intelligente, non mi è mai piaciuto Vernon e prima che
tu dica qualcosa, non è mai stato per il suo essere un babbano! Lo detesto
perché è maschilista, misogino e razzista. Non rispetta le minoranze e tanto
meno te! Non eri tu che sognavi di fare l’infermiera? Hai studiato commercio
solo per far felice mamma e papà e sperare così di apparire migliore in me ai
loro occhi in qualcosa, ma non te ne rendi conto? Tu lo sei sempre stata, ma la
tua stupida invidia ti ha reso cieca e la tua rabbia ti ha ridotto in una donna
sottomessa… Non farlo per me. Fallo per te Petunia, sii chi sei sempre stata e
se Vernon non lo accetta… beh quella è la porta giusto?»
Petunia si sforzò con tutta sé stessa per formulare
una bella risposta di rimando. Una in cui l’avrebbe umiliata e messa al suo
posto, ma la cosa terribile è che non poteva perché lei aveva ragione su tutto.
Giammai lo avrebbe ammesso e così con un gesto stizzito si spostò, lei nella
sua vivace arringa le aveva poggiato le mani sulle braccia.
«E va bene portamela qua. A Vernon ci penso io, ma
non lo faccio per te. E nemmeno per tutte le sciocchezze che hai detto!»
A Lily bastò. Sorrise infatti sotto i baffi felice
di scoprire che nonostante tutto sotto quella donna odiosa, ferrea e algida in
realtà c’era ancora sua sorella, quella che amava con tutta sé stessa. Non si
dissero altro, ma quando uscì di casa si sentì sollevata e carica di nuova
energia. Tutto era possibile e un passo per volta avrebbe messo ordine nella
sua vita. Ora come ora distruggere il Signore Oscuro era la priorità, ma dopo…
dopo avrebbe pensato a sé stessa e alla sua felicità.
E' il 1996 e gli eventi dell’”Ordine della Fenice” prenderanno una piega inaspettata per via di tre visitatrici che cambieranno alcune delle carte in tavola.
PARALLELES-2
E' il 1984 ed in Settembre il piccolo Charlie Weasley viene smistato in Grifondoro, mentre Ninfadora Tonks finisce in Tassorosso. Il Signore Oscuro è scomparso, la vita è tornata alla normalità se non fosse per attacchi sporadici di Mangiamorte ancora fuggitivi e ribelli. Ma per alcuni ricominciare è più difficile…
Sopra un fiume sudicio, tra rive piene di erbacce e
rifiuti, un’immensa ciminiera –rudere di una fabbrica in disuso –, si innalzava
cupa e minacciosa. Non c’erano rumori, a parte il sussurro dell’acqua nera e
nessun segno di vita, fino a quando un debolissimo pop fece apparire tre figure che, smarrite e confuse, si guardarono
intorno.
«Lily… Lily aspetta!»
La giovane donna dai capelli rossi sembrava la più
sconvolta delle tre, mentre camminando decisa arrivò alla sommità dell’argine,
dove una fila di vecchie sbarre separava il fiume da una stretta stradina
acciottolata. Poi, scivolando in un varco, attraversò la strada di corsa.
Andromeda dietro di lei aveva tentato di fermarla,
ma ignorò totalmente le sue parole costringendo lei e la sorella maggiore ad
affrettare il passo per starle dietro.
«Lily… Lily… fermati! Ascoltaci!»
Le sorelle Black avevano ormai raggiunto l’amica
che senza ascoltarle continuava a camminare imperterrita e decisa. Andare da lui era stata una decisione del tutto
istintiva e ora come ora era l’unica cosa che le pareva sensata. Era così sotto
shock da sentire che se si fosse fermata sarebbe crollata.
Alcuni lampioni erano rotti; le tre donne correvano
tra macchie di luce e di buio profondo. Bella raggiunse Lily prima che girasse
un altro angolo, e questa volta riuscì ad afferrarla per il braccio e farla
voltare.
«Lily non puoi farlo, non siamo certe di dove
siamo… non possiamo fidarci di lui… non possiamo fidarci di nessuno!»
«Credo che Bella abbia ragione, fin quando non
siamo certe di cosa ci sia accaduto e dove siamo non dovremmo parlare con
nessuno!»
Andromeda le aveva raggiunte, era ansante e si
teneva una mano sul fianco. Lily non parve della stessa idea e liberandosi da
quella stretta corsa in avanti. Le sorelle Black si guardarono preoccupate, e
poi tenendosi a distanza si addentrarono con Lily in un labirinto deserto di
case di mattoni. Infine, la ragazza imboccò una strada chiamata Spinner’s End, sulla quale la torreggiante
ciminiera sembrava incombere come un gigantesco dito ammonitore. I suoi passi
echeggiarono sull’acciottolato davanti a finestre sprangate e rotte, finché
giunse all’ultima casa, dove una luce tenue baluginava attraverso le tende di
una stanza al piano terra.
Lily bussò alla porta, prima che le sue due
accompagnatrici potessero fermarla e poi insieme rimasero in attesa, ansanti,
inalando l’odore del fiume sporco portato dalla brezza notturna. Pochi secondi
dopo, avvertì un movimento dietro la porta, che si aprì in uno spiraglio. Lo
spicchio di un uomo la guardò, un uomo con lunghi capelli corvini spartiti in
due bande attorno al volto, dagli occhi neri.
Severus era molto diverso
dall’uomo che tutte e tre conoscevano. Aveva almeno 35 anni, il viso era più
stanco e incavato. Il naso più aguzzo, la pelle grigia e gli occhi spenti.
Pareva invecchiato tutto d’un colpo e spaventò le tre ancor più quando, preso
dal panico alla loro vista, puntò loro contro la bacchetta. Qualsiasi fosse
l’incanto che voleva loro lanciare fu bloccato in tempo da Bellatrix
che creò uno scudo che protesse lei e le sue amiche. Subito dopo lo schiantò
all’interno della sua stessa casa, poi entrarono e chiusero la porta con un
tonfo.
Lily lo guardava sconvolta, lui la fissava come se
avesse visto un fantasma, ma anche quando osservò le donne in sua compagnia
parve scioccato. A terra indietreggiava sui gomiti, strisciando sul pavimento e
toccandosi continuamente la testa probabilmente convinto di essere stato confuso.
«Te lo avevo detto che non era una buona idea!»
«E che avremmo dovuto fare Bella mmh? Dove saremmo dovute andare?»
«Io credo che mia sorella abbia ragione Lily, non
dovevamo venire qui!»
Le tre parlavano concitate tra loro e solo in quel
momento Severus parve rendersi davvero conto che non
erano frutto della sua immaginazione, ma reali. Si aggrappò alla libreria alle
sue spalle per mettersi in piedi e deglutendo il vuoto, le fissò con occhi
sbarrati. Studiava ogni singolo loro movimento, atteggiamento e parola…
«Chi siete? Come fate ad avere quest’aspetto? La
pozione polisucco forse? No, no impossibile… siete metamorfomagus? Cosa volete da me?»
La sua voce era concitata e intrisa di panico,
mentre velocemente pensava puntando la bacchetta verso le tre per tenerle sotto
tiro. Anche Bellatrix agì d’istinto. Rimasero in
stallo per alcuni secondi fissandosi gli uni gli altri, ma poi Lily si fece
avanti. Poggiò dolcemente una mano sul braccio di Bella e glielo fece
abbassare, mentre lei contro i consigli bisbigliati delle amiche muoveva alcuni
passi verso Severus.
Lui la guardò con il capo alzato con fare fiero, in
realtà non voleva cedere davanti a lei. Gli pareva come un miraggio venuto lì a
torturarlo, come un sogno che non voleva arrivasse, come un ricordo dei suoi
errori… di ciò che le aveva fatto. Non era abbastanza la punizione di essere
stato la causa della sua morte? Di non averla potuta salvare? Di averla persa
una seconda volta?
Lacrime silenziose gli corsero lunghe le guance,
mentre cercava di trattenerle. Digrignò i denti, serrò la mascella e si preparò
a colpire quell’Infero o qualsiasi
altra cosa fosse.
Poi uno scintillio improvviso al collo di lei gli
fece strabuzzare gli occhi.
«Dove l’hai presa?!» urlò furioso. Lily si toccò
d’istinto la collanina che lui stava fissando.
«Me l’hai regalata tu, era il Natale del ’77… mi dicesti
che apparteneva a tua madre… te la gettai contro dopo che in quella stessa
occasione litigammo, ma… ma qualche giorno fa… prima che l’Oscuro Signore
venisse nella mia casa… all’ultimo nostro incontro, qui… t-tu me l’hai ridata.
Ricordi? Mi dicesti che era il tuo modo per ricordarmi che eri con me…»
Lui scosse forte la testa, la scosse come fuori di
sé e poi urlò.
«Accio collana!» ma non fu quella di Lily a volare
nella sua mano, ma un’altra. Una copia identica che era conservata in un
cassetto di uno dei due comodini della sua camera da letto, al piano di sopra.
Furioso la strinse e la mostrò alla donna di fronte
a lui.
«Io NON ti ho mai regalato nulla… questa collana
non ha mai lasciato questa casa!»
Ora pareva lei quella scossa. Lei e Severus avevano tanto in sospeso, ma mai lui l’aveva
trattata con tanto ribrezzo e disgusto e questo la feriva più di qualsiasi
altra cosa.
«Lily questo conferma tutto non credi?»
Andromeda si era fatta avanti, timorosa.
«L’incanto temo ci abbiamo trascinato in un altro
tempo e spazio.»
«Temo che questa non sia casa nostra…»
Aggiunse Bella che con fare protettivo aveva
appoggiato le mani sulle spalle di Lily facendole fare qualche passo indietro.
Severus però adesso
pareva curioso e mentre loro fecero per andarsene, questa volta fu lui a
fermarle.
«Aspettate! In che senso che questo non è il vostro
spazio e tempo?»
«Questo non è il 1981? Più precisamente la notte di
Samhain vero? Se così fosse tu saresti… più giovane…»
«E soprattutto non ci tratteresti così!»
La rossa era stata aggressiva aggregandosi alle
parole di Bellatrix, mentre Andromeda prendeva in
mano la situazione.
«Siamo alleati, Severus.
Tu, io, Lily, Bellatrix e Narcissa…
Abbiamo ideato tutto insieme… Sapevamo che era rischioso, ma pensavamo di
morire non di…»
«Finire in un universo parallelo?» chiese l’uomo
abbassando la bacchetta, mentre un forte giramento di testa lo costrinse a
sedersi su una delle poltrone in pelle scura e lisa del piccolo salotto.
«In che anno siamo?»
«1995»
A quella risposta, timidamente, Andromeda seguita
dalla sorella e Lily si sedettero sul divano di fronte a lui.
«Scomparso nella notte… nella notte di Samhain 1981…»
«Dopo aver ucciso me e James vero?»
A Lily vennero i brividi mentre lo diceva. Severus assentì senza aver il coraggio di guardarla in
volto.
«E noi?»
«Tu ti sei sposata appena finito Hogwarts con un babbano di nome TedTonks e l’anno dopo è nata
vostra figlia: Ninfadora e… tu… tu sei rinchiusa ad Azakban con tuo marito, RodoplhusLenstrange e suo fratello. Insieme a BartemiusCrouch Jr. siete stati
condannati per aver torturato fino alla pazzia con la Maledizione Crociatus i coniugi Paciock!»
La voce di Severus era
piatta, priva di intonazione, mentre riportava i fatti con estremo distacco.
Stava raccontando solo oggettivamente ciò che era accaduto, ma questo sconvolse
Bellatrix che si portò le mani alla bocca, mentre
Andromeda si posava una mano sul cuore che le batteva all’impazzata.
«N-No non è possibile, i-io… io… no no no! Non lo
avrei mai fatto! NON L’HO FATTO! Insieme abbiamo sempre tentato di… di fare
meno male possibile pur facendo di tutto per risultare tra i migliori Mangiamorte dell’Oscuro Signore… insomma era solo una
parte. Abbiamo sempre finto di essere dalla sua parte!»
Bellatrix necessitava di
dire quelle cose, necessitava di prendere una distanza più ampia possibile da
quella terribile versione di sé futura.
«Bella! Bella! Bella calmati, questa non sei tu!
Come questo non è il nostro Sev!»
Ora pareva Lily quella ferma e tranquilla, mentre
poggiava le mani sulla spalla e braccio dell’amica, non prima di lanciare uno
sguardo in tralice all’uomo di fronte a loro che trasalì a sentirsi chiamare
così dopo così tanto tempo.
«N-No! No infatti voi non siete le ragazze… le
donne che ho conosciuto… Solo che… che insomma questo complica tutto! Dovete
tornare nel vostro tempo, ma cosa ben più importante nella vostra dimensione!»
«Ma non sappiamo COME!»
«Inutile dire che vi darò una mano, ma fino ad
allora non potete andare in giro. Rimarrete qui, domani sistemerò il piccolo
appartamento accanto a questo così potrete alloggiarvi…»
Ogni parola venne detta in modo preciso e senza
alcuna emozione nella voce. Quello fece sentire molto strano tutte e tre le
ragazze, che non poterono far altro che assentire e affidarsi a lui. Non
avevano un posto dove andare ed erano troppo stanche per pensare. Si sarebbero
lasciate andare a un sonno ristoratore e chissà forse il giorno dopo al
risveglio avrebbero scoperto che era stato tutto un brutto sogno.
PARALLELES-2
(1983)
Era impossibile da immaginare, perfino per lei,
vivere nella normalità più totale. Senza magia, fuori dal suo ambiente naturale,
priva di ricchezza e comodità, ma felice come non lo era mai stata.
Narcissa Black aveva
trovato nella piccola strada di Privet Drive al
numero 20 la sua totale e completa felicità. La casa vittoriana che aveva preso
in affitto era composta da due piani non molto grandi, ma perfetti per lei e Draco. Il suo gusto, da sempre estremamente piccato e
attento, le aveva permesso non solo di arredare in modo impeccabile la propria
casa, ma anche quella di molte altre famiglie.
Si trovava ancora a casa di Petunia nei suoi ultimi
mesi di degenza, di fatto si era trattata di una disintossicazione da tutto ciò
che di magico le era stato inflitto, quando si era risollevata le maniche e
aveva deciso di darsi da fare. La morte delle sue sorelle l’aveva devastata, ma
sapeva che non poteva permettersi di crollare nuovo, non quando Draco dipendeva da lei e Lucius,
ora solo, disperato e ricercato era sulle loro tracce. E così seppur molto
confusa e molto poco abituata a quel mondo e le loro strane usanze, aveva
iniziato a lavorare come commessa in un negozio di antiquariato e in poco tempo
si era imposta mostrando non solo grande capacità di vendita, ma occhio anche
per i pezzi pregiati. Da lì poi quasi senza che se ne accorgesse aveva iniziato
a dispensare consigli, che erano diventate consulenze e ora di fatto si trovava
a lavorare come designer aiutando le persone nelle ristrutturazioni delle
proprie case.
Questo le aveva permesso di mettere da parte
abbastanza soldi per poter finalmente prendersi una casa, seppur in affitto, e
ora stava svuotando gli ultimi scatoloni mentre Draco
e Dudley con le loro testoline bionde giocavano sul tappetto del soggiorno.
Petunia non ci aveva pensato due volte a darle una
mano, felice che avesse trovato un posto nel suo stesso quartiere. Dopo la
perdita di Lily qualcosa si era mosso in lei, aiutare Narcissa
l’aveva costretta a riflettere molto sulle ultime parole della sorella e nel
dolore che l’aveva unita inaspettatamente alla donna che aveva promesso di
curare e nascondere, aveva riscoperto sé stessa e i suoi desideri.
Il divorzio che stava affrontando con Vernon non
era facile, lui non accettava quella che considerava da parte sua un’influenza
negativa da parte di Narcissa. “Chissà che maleficio deve averti fatto quella strega” era solito
dire, ma paradossalmente in tutto il tempo passato con lei, mai una volta la
parola magia era uscita e tanto meno se ne era parlato.
Petunia aveva scoperto ben presto che strega o meno
Narcissa era una donna come qualsiasi altra. Come di
mille sentiva ogni giorno al telegiornale che subivano violenza domestica, che
era nata e cresciuta in una famiglia che l’aveva manipolata e sottomessa. Una
donna che aveva dovuto rinunciare a sogni e speranze e ora si trovava a
combattere per essere abbastanza forte da prendersi cura da sola del proprio
figlio.
Fu questo il pomo della discordia, Vernon
continuava a parlare di questioni magiche, mentre per Petunia erano più
questioni umane e solidarietà femminile. Si rese conto quanto si era annullata e quanto non desiderava fare la fine di Narcissa
e così prima che fosse troppo tardi aveva chiesto il divorzio. Ora lui
minacciava un giorno sì e uno no di togliergli loro figlio. Lo stesso che aveva
ritrovato un peso forma normale e aveva corretto molti atteggiamenti prima che
fosse troppo tardi.
Narcissa e Petunia
concordavano spesso che se i loro padri fossero stati presenti probabilmente si
sarebbero trovati in un futuro non troppo lontano due figli indisponenti,
arroganti e senza alcun riguardo e rispetto per l’altro. Erano liete di essere
intervenute in tempo.
«Cissy che dici, la metto
qui?» la voce di Petunia arrivò squillante, mentre posizionava la foto
incorniciata di Narcissa con le sue sorelle.
La donna, ormai quasi trent'enne indossava un paio
di jeans azzurro chiaro a vita alta, delle semplici sneakers
bianche e un maglioncino rosa pallido con uno scollo a V sulla schiena che si
concludeva con un fiocchetto. I capelli castani erano lunghi fino a metà
schiena e permanentati le davano un perenne effetto mosso.
«Perfetta!»
Narcissa, che aveva solo
due anni meno di lei, le sorrise amorevolmente portandosi una mano sul petto. I
capelli erano più corti e il biondo era stato scurito, anche per non attirare
troppo l'attenzione. Il look che aveva deciso di prendere era molto simile a
quello di Lady D in cui si rispecchiava. Indossava un paio di pantaloni a
quadretti bianchi e rossi stretti e lunghi fino alle caviglie, ai piedi
indossava dei mocassini a ballerina bianchi. Sopra aveva una camicia candida
quasi quanto la pelle diafana e sopra un maglioncino della stessa tonalità di
rosso ciliegia dei quadretti dei pantaloni.
Le due si guardarono sorridenti, era ottobre e
ancora non faceva freddissimo, ma ciò non toglieva che in casa si stava bene
anche per via del camino accesso. Petunia fece per parlare, voleva proporre di
fermarsi dal sistemare per mangiare insieme un pezzo di torta che aveva fatto e
portato. Aveva appena saputo che sarebbe entrata alla scuola infermiere e non
poteva essere più felice, ma le due vennero interrotte dal suono del
campanello.
Immediatamente entrambe si guardarono preoccupate,
con i mariti che avevano vivevano sempre sul chi va là e così nonostante a
Petunia non piaceva molto, Narcissa recuperò la sua
bacchetta e la strinse nella mano mentre l’altra andava alla porta.
Tuttavia entrambe rilassarono le spalle, quando si
trovarono di fronte la figura di Remus che
guardandole alzò una mano con fare nervoso.
Ormai insegnava da due anni come insegnante di
Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts e dopo quello
che era successo a Godric’sHollow
era stato l’unico ad approcciarsi alle due donne. Un James fuori di sé dava
tutta la colpa della perdita della moglie a SeverusPiton, mentre Sirius aveva fatto
non poche resistenze quando la cugina aveva tentato di riprendersi Draco. L’accusava di essere in combutta con Mocciosus, non era interessato a sentire la sua versione o
capire quanto anche lei soffrisse per aver perso delle persone che amava.
Di conseguenza James, fuori di sé per come Petunia
poteva aiutarla e non credendo al suo racconto su Lily, le aveva proibito in
modo categorico di vedere Harry. Remus che aveva
assistito alle discussioni aveva deciso di dare una possibilità alle due e
aveva creduto alle loro versioni. C’era troppo dolore in loro per voler mentire
e così nonostante ai suoi amici non piacesse lui le andava a trovare e
soprattutto Narcissa: la aiutava come poteva per
tenerla al sicuro da Lucius.
Ora, i tre erano intorno al tavolo della cucina,
sotto la finestra a golfo, e mangiavano una fetta della torta alle pere e
cioccolata di Petunia insieme ai bimbi mentre si aggiornavano sulle ultime
novità.
«Con la cattura di Minus
e Crouch Jr. si può dire che la grande caccia ai Mangiamorte sia conclusa o almeno così hanno scritto sul
Profeta…»
«E Lucius? Lui e molti
altri sono a piede libero…»
«Il Ministero non li considera tra i più
pericolosi. James e Sirius, che come sai sono Auror, mi hanno confidato che le ricerche degli altri
proseguono, ma lo stato d’emergenza… per così dire… ecco… è stato abolito…»
Narcissa era sconvolta
dalle parole di Remus, scosse il capo abbandonando la
forchetta con il pezzo di torta che si stava portando alla bocca. Il tempo di
poggiarla sul piattino che la mano di Petunia le toccò il polso.
«E Cissy che dovrebbe
fare? Vivere nel terrore, guardarsi ogni giorno alle spalle?»
«Ci ho provato, giuro. Ho parlato anche con James e
Sirius, ma non credono che il tuo sia un caso in cui
tu possa aver diritto alla scorta!»
«Certo perché la odiano!»
Narcissa scosse il capo.
Il viso cavallino di Petunia si era irrigidito rendendo i suoi tratti ancora
più duri. Remus non rispose, ma con una smorfia
sconfortata fece ben comprendere che quella era la realtà dei fatti, benché
fosse lungi dall’accettarla.
Rimase ancora per un’oretta, prima di dover tornare
a Hogwarts, nella quale approfittò per parlare un po’
da solo con Narcissa. Seduti nel piccolo giardino di
fronte casa osservavano i due bimbi giocare sull’erba con Petunia che se ne
prendeva cura.
«Ti manca vero?» esordì la giovane donna voltandosi
verso Remus al suo fianco. Lui assentì lievemente con
il capo.
«Mi spiace che… non ci sia stato il tempo… per, beh
per darvi una possibilità…»
«Sai mi pento di non averglielo mai detto. Forse
lei mi avrebbe visto sempre e solo come un amico, ma… non lo saprò mai. Mi sono
sempre detto che per via della mia condizione non meritassi essere amato e
anche anzi sarebbe stato meglio così, ma… non lo so, con Eda… per un attimo ho
creduto che, forse…»
Narcissa allungò una sua
mano cadaverica e dalle lunghe sottili su quella di Remus
sorridendogli con fare mesto.
«Viviamo in un’epoca di rimpianti e rimorsi Remus, dopo quella notte a Godric’sHollow più nessuno di noi è stato lo stesso. Verità
taciute, verità inascoltate… frasi dette a metà, sentimenti inespressi e
ricordi che non torneranno. Se c’è una cosa che ho capito in questo lungo tempo
è che… nessuna lacrima, nessun dolore, nessuna supplica o preghiera farà
tornare indietro il tempo. Dobbiamo convivere con le nostre scelte e le loro
conseguenze e andare avanti…»
Narcissa con il suo
solito sguardo cristallino velato di lacrime tornò a guardare Draco. Spesso non si riconosceva nel riflesso che vedeva
allo specchio e non perché viveva in modo modesto rispetto un tempo o perché
aveva modificato il suo look. Erano state le esperienze vissute che l’avevano
profondamente cambiata, tanto dentro quanto fuori. E i solchi sul suo viso e i
riflessi nel suo sguardo ne erano la prova.
Arrivò dicembre portando con sé una valanga di
frustrazione oltre misura. Severus, che fino ad
allora era impegnato tanto con l’Ordine della Fenice, quanto a trovare una
soluzione per rispedire le sue ospiti a
casa, era stato fagocitato dagli eventi.
Quando poi Arthur Weasley
venne attaccato, non poté far altro che raccogliere attorno a sé le tre donne
che ospitava nel piccolo appartamento vicino al suo e parlare con loro.
Tutte avevano iniziato a mostrare segni d’insofferenza,
non ce la facevano più a stare notte e giorno chiuse in casa senza poter far
assolutamente nulla, motivo per cui si decise che l’unica soluzione era
iniziare a prendere in considerazione l’idea che in quella dimensione sarebbero
rimaste.
«Ne abbiamo parlato e per
quanto doloroso, per quanto non smetteremo di cercare una soluzione e tentare
di tornare a casa… dobbiamo andare avanti. Dobbiamo trovare il modo di trovarci
un posto in questo mondo… Non possiamo vivere segregate, Sev!»
Ogni volta che Lily usava quel nomignolo a lui
veniva la pelle d’oca. Era inutile dire che la rossa era rimasta profondamente
delusa da quella versione di Severus. Non gli piaceva
il suo modo arrogante e strafottente di porsi. Le trattava sempre con
sufficienza, anche se doveva ammettere che aveva notato che il modo distaccato,
freddo e risoluto con cui trattava lei non era lo stesso che riservava alle
sorelle Black.
Invitate dunque nel suo piccolissimo salotto, le
aveva messe al corrente degli eventi in quel mondo. Antecedentemente aveva
deciso di non sbilanciarsi troppo, ma adesso non poteva far altro. Se dovevano
muoversi in esso non potevano rischiare di dire o fare cose incoerenti con gli
eventi.
Inutile dire che tutte e tre parevano scosse dai
risvolti della faccenda, ancora più Lily che sapendo di Harry combatteva ogni
giorno contro l’istinto di andare a vederlo. Stringerlo. Parlargli. Ma non era
una sciocca, era sempre stata una strega abbastanza sveglia da riuscire a
mantenere la sua mente lucida quando si trattava di proteggere chi amava. In
quello somigliava molto a Severus, motivo per cui
spesso si era scontrata con James che l’aveva definitiva una macchina senza sentimenti. Se solo lui
avesse conosciuto tutto ciò che lei aveva sacrificato, le lacrime che aveva ingoiato
e quello che aveva perso proprio in virtù di
proteggere ciò che amava, l’avrebbe pensata diversamente.
«Ah e poi smettetela di chiamarlo l’Oscuro Signore,
qui usano quel termine solo i suoi Mangiamorte o gli
ex tali… Tutti gli altri lo chiamano Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato!»
«Questo è davvero stupido!» assentì Lily con le
braccia conserte al petto alzando un sopracciglio.
«Beh, così è! Ora che sapete tutto vi invito
nuovamente a essere caute… stiamo facendo tutto ciò perfino alle spalle di Silente
e dubito che lui possa essere ingannato, dunque dovrete scegliervi parti
convincenti e cambiare al massimo delle vostre possibilità il vostro aspetto!
Nessun contatto con persone strettamente legate a voi…» e nel dirlo Severus guardò Lily ovviamente riferendosi a Harry «…
persone le quali potrebbero essere influenzate dalla vostra presenza! Non
sappiamo cosa potrebbe accadere se i percorsi per noi scritti in questa
dimensione venissero deviati… E non sappiamo nemmeno cosa succederà se voi resterete
qui per molto tempo…»
Tutte e tre avevano assentito con gran vigore,
mentre di gran carriera venivano adottate delle misure in merito.
Andromeda divenne Cassiopea. I lunghi capelli
castani chiaro divennero rossi Weasley. Non era raro
vederli portare lisci a circondarle il viso, con un make
up acqua e sapone. Il look era estremamente romantico seppur decisamente sobrio
di chi voleva passare inosservata. Gonne a fiori lunghe di solito accompagnati
da top o maglioncini color pastello. Fu facile inserirla a Hogwarts
in supporto a Madama Chips in infermeria, la stessa era in cerca di
un'assistente e lei si propose come una giovane stagista in cerca d'esperienza.
Bellatrix divenne Vesta.
I capelli lunghi e mossi vennero domati, le onde rimanevano ma erano decisamente
più morbide. Il castano scuro era stato schiarito ed il make
up era stato alleggerito. Appariva sempre sensuale e letale, ma in modo più
armonioso ed elegante.
Indossava quasi sempre top a bustino che le
sottolineavano il seno, ma accompagnati da pantaloni di pelle scura oppure
gonne strette fino al ginocchio per un look sensuale. Non mancavano mai piccoli
monili come collana o bracciali che in oro o argento le davano uno stile
ricercato. Senza tutto ciò che l'appesantiva e le dava un aspetto trasandato,
sembrava un'altra.
Le due presero il cognome Goldstein,
insieme a Lily, avrebbero finto di essere sorelle e di provenire tutte e tre
dagli Stati Uniti e di aver studiato a Ilvermorny. Bellatrix. Lily voleva dare una mano all'Ordine, Severus non era d'accordo, ma dopo che lei lo minacciò di
presentarsi al Ministero per far domanda come Auror,
lui non poté fare a meno di accettare la richiesta, ma esigendo che lasciasse
fare a lui.
Infine Lily divenne Daisy. Il problema più grande
erano i suoi capelli che dunque divennero biondi grano, nonostante la
gradazione scura per via dei suoi occhi verdi non poté non ricordare Narcissa alle sorelle Black che si emozionarono nel
vederla.
Lei era solita indossare quasi sempre abiti lunghi,
più o meno sobri, ma sempre con una scollatura che risaltava il suo decolté.
Era solita indossare sopra gli stessi giacche di pelle nella stagione fredda o
cardigan di vari colori in quella più calda.
Teneva quasi sempre i capelli legati sul capo che
fossero raccolti in una coda o alla bene e meglio in modo finto spettinato.
Lily grazie alla giovane età fece poca fatica a essere accettata come
bibliotecaria, Madama Pince aveva preso la varicella di drago e si sarebbe
assentata per un lungo periodo. Severus non era
d'accordo al suo volersi proporre come sostituta, ma come sempre non poteva
niente contro la sua testardaggine.
PARALLELES-2
(1983)
L’arrivo del periodo natalizio rendeva sempre James
di pessimo umore, non era stato facile per lui riuscire a superare la perdita
di Lily. Per quanta rabbia repressa potesse covare, non avrebbe mai dimenticato
il fatto che lo aveva lasciato e tanto meno che quella notte giunto nella loro
casa l’aveva vista letteralmente agire in compagnia di Andromeda, Bellatrix e Severus. Aveva voluto
con tutto sé stesso convincersi che fosse sotto una Maledizione Imperius, ma alla fine aveva dovuto accettare la verità.
Silente stesso lo aveva fatto ragionare, ma questo
non aveva placato la sua ira dall’essere stato tagliato fuori, ma ancor più dal
credere fortemente che tutto fosse colpa di una sola persona: Mocciosus. LUI era stata la causa di tutto, lui l’aveva
convinta, lui l’aveva costretta e ora entrambi avevano perso la persona che
amavano, ma non era una vittoria seppur doveva ammettere che il saperlo
distrutto tanto quanto lui riusciva solo a lenire un poco il suo dolore insieme
all’accusarlo di ogni cosa.
Nonostante non esistessero corpi da seppellire,
aveva voluto che una lapide commemorativa venisse eretta nel cimitero di Godric’sHollow. Desiderava che
suo figlio avesse una tomba su cui piangere la madre un giorno, ma quando
arrivando vi trovò dei gigli bianchi la mascella gli si serrò.
Sapeva benissimo chi era colui che continuava a
portarglieli e quando ne vide in lontananza la sagoma avvolta in un svolazzante
mantello nero non ci pensò due volte a seguirlo lungo il vialetto del cimitero.
«Devi smetterla di venire!» gli urlò.
Severus si fermò sul
posto. Una profonda cicatrice gli attraversava il volto scavato da parte a
parte in modo obliquo. Sarebbe stato per lui il ricordo eterno di quella
maledetta notte, quella che tutti ricordavano come quella in cui il Signore
Oscuro era scomparso, ma per lui quella in cui aveva perso l’amore della sua vita.
Senza battere ciglio osservò James con il suo
solito sguardo freddo e distaccato.
«Potter» pronunciò quel nome quasi fosse una
parolaccia, a mo’ di saluto.
«È un luogo pubblico temo che tu non abbia
l’autorità per impedirmene l’accesso…»
«Non me ne frega nulla, vienici pure se vuoi, ma
gira alla larga da lei.»
«E chi me lo impedirebbe? Tu?»
Quella provocazione piatta fece scattare in avanti
James che senza pensarci urlò «Stupeficium», ma il
getto di luce rossa planò oltre la testa di Severus
che abbassandosi con ottimi riflessi sentì una lapide esplodere alle sue
spalle.
«Stai diventando patetico Potter!»
«Cru…» ma Severus schivò la maledizione.
«Una Maledizione Senza Perdono? Davvero? Lo stai
facendo davvero?»
Gli chiese alzando un sopracciglio con fare
beffardo. Del nevischio iniziò a scendere durante quel tramonto con ampie
nuvole grigie striate di rosso.
«Cru…» gridò per una
seconda volta James, ma Severus parò nuovamente tale
incanto.
«Pensavo che tu e il tuo amichetto, il cane, foste Auror!»
«E lo siamo e diamo la caccia a quelli come te!»
James aveva il braccio levato contro Severus, erano gli unici ospiti del cimitero a quell’ora.
Tutto era silenzioso intorno a loro.
«Incarce…» ruggì James,
ma l’uomo di fronte a lui deviò l’incantesimo con un cenno quadi pigro del
braccio.
«Reagisci lurido Mangiamorte!
Perché io lo so che tu lo sei ancora, non me ne frega un cazzo di quello che
dice Silente! Non mi fido di te, non credo alle cazzate che hai detto… che eri
una spia? Che non hai mai servito il Signore Oscuro? Hai infinocchiato perfino Remus, ma non me! Reagisci! Reagisci vigliacco!»
Quella fu la parola che fece perdere la
flemma a Severus. I capelli neri oscillarono, quando
si mosse contro il suo avversario. La sua bacchetta toccò il suo sterno.
«Mi hai chiamato vigliacco Potter?
Davvero? Io? O il vero codardo sei stato tu? Incapace di avere le palle per
accettare che Lily non ti amasse… incapace di lasciarla andare?!»
«Stupe…»
«Bloccato ancora, e ancora e ancora,
finché non imparerai a tenere la bocca sigillata e la mente chiusa, Potter!» lo
canzonò Severus, deviando ancora una volta l’incanto.
«Impedi…»
Ma prima che James riuscisse a finire
la formula, sentì un dolore lancinante: cadde sul freddo viottolo ciottolato,
il suo avversario aveva usato un incantesimo non verbale e lo aveva schiantato
indietro. Camminando con fare elegante, ma fiero, gli andò incontro e calciò
via la sua bacchetta. Non aveva più voglia di combattere.
«Un Auror e
non usi formule non verbali, sei patetico! Tu e Black siete sempre stati
uguali, vi basta perdere la testa per essere guidati dall’ira e non dalla
ragione! Dimenticate tutto ciò che avete imparato!»
Senza aggiungere altro, ma fissandolo
dalla sua posizione sopraelevata, un ghigno si dipinse sul suo volto. Era bello
per una volta essere in parti inverse. Potter a terra disarmato e umiliato e Piton che troneggiava al di sopra fiero e potente.
Una ventata disarmante sferzò l’aria,
ma prima che qualsiasi altra cosa avrebbe potuto accadere, con un piccolo pop
Severus era scomparso. James iniziò a imprecare,
si alzò in piedi e recuperando la bacchetta se ne andò. Non sarebbe finita lì.
Si sarebbe vendicato, quanto era vero iddio, Mocciosus l’avrebbe pagata cara!
Era la mattina della Vigilia di Natale e a GrimmauldPlace tutti la
passarono ad appendere decorazioni natalizie. Sirius
era di buonumore come non lo era da tempo immemore, addirittura cantava le
carole, deliziato di avere ospiti per Natale. Vesta udì la sua voce echeggiare
per il corridoio, quando entrata in casa venne investita dagli insulti e dalle
urla del quadro di sua zia. Nascondendo maggiormente il viso dietro il
cappuccio, mentre ci passava davanti, seguì Severus
nel freddo salotto. Aveva un ricordo diverso di quella casa, era sempre stata
fredda perché chi l’abitava non aveva mai saputo dispensare amore e armonia, ma
adesso il suo aspetto trasandato emanava anche esteriormente quello stesso
sentore.
Tuttavia gli attuali abitanti, doveva ammetterlo,
avevano fatto un ottimo lavoro per renderla ospitabile e calda. Sorrise per le
ghirlande appese, mentre il cugino scendeva dalla scala su cui era salito. Poco
dopo anche Molly Weasley entrò nella stanza seguita
da Remus Lupin e NinfadoraTonks. Le faceva strano pensare che quella ragazza, quasi
sua coetanea, fosse sua nipote o che quelli fossero le persone che lei
conosceva. Erano tutti così diversi… così… grandi!
«Oh cara tu devi essere Vesta Goldstein!
Silente ci ha avvisato del tuo arrivo!»
Molly aveva ancora indosso il grembiule, stava
cucinando, quando andandole incontro l’abbracciò forte prima che questa potesse
dire o fare qualsiasi cosa. Sorrise a mo’ di ringraziamento, non era abituata
ad accoglienze così forti e tanto meno così calorose.
Il tempo di togliersi il cappuccio e ben presto
tutti rimasero ben colpiti dalla sua innata bellezza. I capelli erano una
cascata di boccoli che le arrivavano fino a metà schiena, gli occhi erano
grandi ed espressivi, i tratti decisi, ma addolciti da un make
up leggero. Le labbra carnose erano una tentazione, come il decolté florido
messo in risalto dal top a bustino di un lungo abito nero dagli inserti verdi
di velluto. La gonna era sfrangiata e con numerosi spacchi mostrava le sue
gambe lunghe e toniche. Le maniche erano scampanate tanto da lasciarle le
braccia nude quando le alzava e un paio di stivaletti stringati le davano un
aspetto leggermente aggressivo. Ma tutto era commisurato a un’eleganza innata e
modi di altri tempi.
«Sì sono arrivata da New York solo da qualche
settimana con le mie sorelle!»
«Cassiopea e Daisy vero? Silente ce ne ha parlato,
ha detto che hanno preso servizio a Hogwarts!»
Era stato Remus a
parlare, non era un dongiovanni, ma non era rimasto indifferente alla sua
avvenenza. Ninfadora pareva essersene accorta e per questo adesso guardava Vesta un poco più torva.
«Vesta è un Auror ed una
mia amica di vecchia data, quando mi ha scritto avvisandomi del suo arrivo e
sapendo la situazione incresciosa in cui si trova il mondo magico ha voluto mettere
a disposizione i suoi servigi…»
«Visto come vanno le cose non credo sia una buona
idea rivolgermi al Ministero, era mia intenzione per trovare impiego qui in
Gran Bretagna, ma…»
«Oh sì cara i tempi non sono dei migliori, ma… che
dire siamo più che lieti di averti tra noi! Grazie, grazie per il tuo aiuto!»
Vesta sorrise apertamente, mentre lanciando uno
sguardo a Sirius aveva notato che lo stesso non aveva
ancora parlato. Era diverso da come lo ricordava, sempre la solita bellezza
ribelle, ma rovinata dal tempo in prigione. Non era riuscita a credere a ciò
che in quella dimensione gli era accaduto…
«Spero che ti avremo qui per Natale… tu e le tue
sorelle» ed eccolo che finalmente parlò. Lo sguardo come calamitato verso quello
della donna e la sua incredibile bellezza. Remus se
ne accorse ridendo sotto i baffi, mentre Molly che pareva non essersi accorta
di nulla le si illuminò lo sguardo.
«Ma certo, siete appena arrivate… non conoscete
nessuno, non potete passare il Natale da sole!»
Vesta stava già accettando, ma Severus
si mise in mezzo per tentare di impedirlo, inutile dire che non ci riuscì.
«Ottimo ottimo, allora vi
aspettiamo qui domani! Faremo un bel pranzo! Oh Severus
non fare quella faccia, vuoi lasciare queste tre povere ragazze a passare
Natale sole solette? E poi se Silente si fida e ha concesso oggi a Vesta di
venire qui per conoscere la base dell’Ordine… questo basta! A domani cara!»
Tutti si congedarono, ma non Sirius
che non era intenzionato a lasciarla andare via tanto velocemente.
«Ilvermony?» gli chiese
improvvisamente.
«Esattamente! Classe ’65!» rispose prontamente,
tutti si erano studiate bene una storia ricca di particolari per evitare di
essere prese di contropiede.
«’65 eh? ’59…» disse lui quasi a voler far ben
capire che quello indicava quanto fossero perfettamente compatibili. Non c’era
troppa differenza di età e nonostante lui non fosse nella posizione di avere
una storia in quel momento non riusciva a esserle indifferente.
«Vesta dobbiamo andare!» Severus
aveva palesato la sua presenza, non se ne era mai andato e non gli stava
piacendo il modo in cui Sirius stava, in modo del
tutto palese e sgraziato, flirtando con lei.
«Senti Moccious perché
non ti fai un giro? Io faccio vedere alla nostra ospite la sede dell’Ordine!»
«Giammai!» urlò quello scosso da brividi d’ira, per
quel nomignolo, da capo a piedi. Ma Black parve non sentirlo e porgendo il
braccio a Vesta la scortò via. Piton lo avrebbe
evitato, ma purtroppo Molly lo braccò con una disamina sui Doxy
e la necessità da parte sua di una pozione che avrebbe potuto aiutarla a
disfarsene una volta per tutte.
«È sempre così appiccicoso?» chiese improvvisamente
Sirius una volta solo con Vesta.
«Un po’…»
«Eppure non è il tuo… insomma…»
«NO!»
«No! Ecco appunto!»
Vesta aveva risposto di getto come se la sola idea
le desse i brividi e questo fece gongolare oltre misura Sirius
che rise accompagnato dalla risata cristallina di lei.
«Ha detto che vi conoscete da tempo, come se posso
chiedere?»
«Sua madre! Eileen Prince… era amica di penna della
mia… da bambini ci vedevamo ogni tanto, sai in estate… poi gli eventi e il
resto… avevamo perso i contatti…»
«Oh sì, immagino che il suo diventar un Mangiamorte e tu un Auror avesse
freddato le cose…»
Sirius lo disse in modo
canzonatorio, ma quello aveva leggermente irrigidito Vesta che tuttavia nascose
il tutto dietro la sorpresa per la visione di un ippogrifo. Sirius
infatti l’aveva scortata ai piani superiori e di fronte a quella vista aveva
sgranato gli occhi.
«Allora è vero?» chiese lei.
«Sai della tua fuga e il resto…»
«Non sapevo di essere famoso oltre oceano!» disse
passandosi una mano tra i lunghi capelli castani, un braccio poggiato allo
stipite della porta.
«Me ne ha parlato Severus…»
rispose lei come a tirargli le orecchie e fargli capire che doveva volare più
basso.
«Adesso però credo di dover andare, mi ha fatto
piacere conoscervi e… conoscerti… ci vediamo domani, per Natale allora…»
«Non vedo l’ora…» e mentre Vesta gli passava
accanto i loro sguardi si incatenarono. C’era elettricità nell’aria e un
brivido di piacere percorse le schiene di entrambi. Era come quando venivi
sospinto verso il desiderio ardente di compiere una determinata azione e
trattenersi costava un autocontrollo smisurato. Fu questo che entrambi
sentirono, Sirius ancor di più. Si voltò quasi nel
desiderio di fermarla, ma poi la lasciò andare fissandola scendere con fare
sinuoso ed elegante le antiche e scricchiolanti scale di legno.
PARALLELES-2
(1984)
Le vacanze di Natale erano passate con non poche
preoccupazioni, Petunia aveva ricevuto indietro l’atto del divorzio da parte di
Vernon, ma l’uomo pareva deciso oltre ogni misura a non volerlo firmare.
Ripeteva con vigore che non avrebbe mai permesso una tale umiliazione e per quanto i soldi scarseggiavano in casa, Petunia era
lieta che l’avvocato che l’assisteva fosse una sua ex compagna d’Università.
Avevano studiato il primo anno insieme economia e commercio e poi lei aveva
cambiato per giurisprudenza e ora si occupava di cause civili. Fu lei a
consigliare a Petunia di chiedere la separazione giudiziale.
«In parole povere faremo causa contro Vernon se
quest’ultimo continuerà a non volermi concedere il divorzio… Ti dirò, la cosa
mi frustra e non poco! L’esame finale da infermiera sarà tra pochi giorni e io
mi sento ogni giorno che passa sempre più stanca…»
Seduta nel salotto di Narcissa
si lasciava consolare dall’amica che con un braccio intorno alle spalle le dava
piccoli colpetti sul braccio. Petunia ancora era riuscita a non farsi sbattere
fuori da casa sua, nonostante lui insisteva che l’aveva comprata con i suoi
soldi e gli apparteneva, il giudice concordava che il bambino avesse bisogno di
un tetto e della propria madre e dunque per ora non vi era possibilità che lei
potesse essere cacciata via. Vernon era di un’altra idea, trovava inconcepibile
doversene andare dalla sua stessa casa!
Il salotto vittoriano di Cissy
era stato finemente decorato con vischio e ghirlande, sembrava essere uscito da
una rivista e nonostante non fosse facile per entrambe vivere lo spirito delle
feste, si erano ripromesse di fare del loro meglio, quanto meno per i loro
bambini.
Petunia rivolse un sorriso debole all’amica e poi
alzandosi per andare a prendere un bicchiere d’acqua ebbe un cedimento, si
aggrappò prontamente al banco della cucina e tranquillizzò la donna in sua
compagnia con un cenno del capo. Lei che si era già alzata per aiutarla.
Nei giorni seguenti continuò a dare la colpa dei
suoi malesseri all’ansia e lo stress, ma fu a pochi giorni dopo l’esame, i
primi di gennaio che la sua salute peggiorò. Petunia, infatti, quasi non si
teneva in piedi e soffriva di allucinazioni e giramenti di testa.
Prontamente Narcissa
l’aveva accompagnata a fare delle analisi, che però non avevano rivelato nulla
di anormale. Sospettando dunque che potesse trattarsi di altro, propose
all’amica una vista al mondo magico. Per motivi diversi nessuna delle due
voleva andarci: la Black temeva che così sarebbe potuta essere più “rilevabile”
da Lucius e dall’altra parte la Evans temeva che per
Vernon sarebbe stata l’occasione per portarle via Dudley e darle della pazza.
Tuttavia proprio per scongiurare quest’ultima cosa Cissy pensò fosse necessario. «Pensa se sapesse dei tuoi
malesseri, pensi che non ne approfitterebbe? A quel punto non servirebbe la
magia o qualsiasi altra scusa per lui!» fu quella frase che un giorno la bionda
disse a far accettare, a denti stretti, a Petunia la cosa che tuttavia si
rifiutava di mettere piede al San Mungo. Il compromesso che trovarono, anche
grazie all’aiuto di Remus, fu di chiedere aiuto a
Madama Chips che su permesso di Silente permise alla donna di raggiungere Hogwarts per essere visitata.
Draco e Dudley
soggiornavano, per sicurezza, a casa di una loro amica babbana.
Loro figlio giocava sempre al parco con i bimbi e non era raro che gli stessi
passassero a volte il pomeriggio a casa sua con suo figlio.
«Non avrei mai creduto di dirlo, ma esistono anche
sintomi da magia repressa…»
La voce di Madama Chips era lenta e chiara, di chi
voleva spiegare attentamente un concetto senza fronzoli o giri di parole.
Intorno al letto di Petunia; Narcissa, Remus e Silente stavano sentendo il responso della navigata
infermiera.
«Ne esistono davvero pochissimi casi, si tratta di
streghe o maghi che per qualche ragione non riescono a esprimere la loro magia,
è così lieve la loro traccia da non essere nemmeno rilevata. Essa tuttavia cova
nel paziente come una sorta di metastasi
dormiente. A lungo andare, come un vero tumore può causare gravi problemi
di salute…»
«Esiste una soluzione Poppy?»
chiese Silente con voce affabile. Petunia spaventata a morte stringeva la mano
di Narcissa. Remus al suo
fianco ascoltava in silenzio con le mani nelle tasche del completo liso di
tweed.
«Rilasciare tale magia. Ho come la sensazione cara,
che oltre a non sapere della tua magia, tu non abbia mai fatto nulla per
tentare… di esprimerla, giusto?»
Petunia sospirò pesantemente, le costava stare lì,
ma ancor più scoprire di essere una strega
inespressa. Non aveva desiderato altro in vita sua, tanto che quando aveva
creduto di non esserlo aveva basato tutta la sua vita nell’odiare ciò che era
magico, nell’odiare Lily.
Scuotendo il capo, senza il coraggio di guardare i
presenti, ascoltò Madama Chips proseguire: «Di questo allora si tratta. Fin
quando non deciderai di abbracciare la magia
in te non credo ci sia cura che possa guarirti. Certo non sarà facile,
spesso avrai l’impressione che nulla accada e questo ti demoralizzerà. Farai
più fatica di un piccolo e semplice studente di prima…»
«Io posso aiutarla!» disse immediatamente Remus con fare affabile.
«Ne sono sicuro e credo che anche il Professor Piton non si tirerà indietro. Cara Petunia questa però è
una scelta tua, si tratterebbe di accettare di trasferirti a Hogwarts e seguire lezioni private… Io stesso mi assicurerò
che tu abbia tutti i comfort. Un piccolo appartamento per te e tuo figlio, giù
a Hogsmeade, e anche l’assicurazione che verrà curato
in tua assenza. Signorina Black, se dovessi avere il piacere nell’accompagnare
la tua amica in ciò, assicurerei a te e tuo figlio le stesse attenzioni, oltre
che una protezione adeguata.»
Silente aveva parlato con quel suo solito tono cadenzato
di chi non ha alcuna intenzione di sospingerti in una scelta, ma che
accarezzandoti con parole tanto garbate ti invita dolcemente verso la stessa.
Narcissa doveva ammettere
che amava la sua nuova vita, ma era anche vero che era pur sempre una strega e
le mancava il mondo magico. Si sporse verso Petunia e aspettò un suo giudizio
prima di esprimersi.
«Solo se sarai con me…» disse quest’ultima senza
troppe cerimonie. Il capo ancora chino a guardare la mano ossuta che stringeva
il lembo delle coperte.
«E sia Professor Silente! Grazie… grazie a tutti…»
furono le sole parole commosse e sentite di Narcissa.
Severus Piton dubitava fortemente che Albus Silente
credesse, senza batter ciglio, alla menzogna che avevano messo in piedi,
tuttavia se aveva imparato a conoscerlo era certo che se nulla aveva detto era
perché al momento non ci fosse nulla da dire.
Probabilmente nemmeno lui aveva la soluzione a quell’increscioso
imprevisto e dunque fin tanto, apparentemente, non compievano scelte errate
nulla avrebbe detto e in alcun modo avrebbe interferito. Bellatrix in cuor suo,
se non fosse stato per la mancanza che di sua sorella aveva e la preoccupazione
circa la sua sorte, amava quella dimensione e non era così desiderosa di tornare
indietro. A cosa poi? Non aveva nulla di quel luogo che avrebbe dovuto chiamare
casa, che la rendeva felice.
Ripensava ancora al giorno prima e all’approccio
che con Sirius aveva avuto, ne aveva parlato con le sue amiche e ricordava che
la cosa che l’aveva fatta sentire bene era stato soprattutto essere vista da
lui e dagli altri senza maschere. Solo come quella sé stessa che mai aveva potuto
esternare. E perfino lui le aveva finalmente parlato senza ira, senza odio,
senza stare sul chi va là con quella gioiosità e modo di fare attrattivo che
probabilmente di solito riservava solo ai suoi amici e che in famiglia non gli
aveva mai visto avere.
Grimmauld Place fu irriconoscibile anche per
Andromeda, quando il giorno successivo con la sorella, Lily e Severus
arrivarono presso la residenza. I lampadari anneriti non erano più carichi di
ragnatele ma di ghirlande di agrifoglio e festoni d’oro e d’argento; mucchi di
neve magica scintillavano sui tappetti lisi; un grande albero di Natale era
stato addobbato con fate vive e aveva l’onere gravoso di nascondere l’albero
genealogico dei Black, e perfino le tetre teste d’elfo imbalsamate sulle pareti
portavano barbe e cappelli da Batto Natale.
La giovane si stava ancora guardando intorno persa
in tanta bellezza, quando stretta a braccetto con Lily ridacchiarono tra loro
prima che venissero presentate da Bellatrix a tutti gli altri. C’erano i
coniugi Weasley con tutti i loro figli tranne Charlie e Percy, Malocchio Moody,
Ninfadora Tonks, Remus Lupin, Kingsley Schacklebolt, Mundungus Fletcher, Sirius
Black, Harry Potter ed Hermione Granger.
Fu molto difficile rimanere del tutto indifferenti
a alcuni di loro. C’era chi conoscevano solo di vista, chi più profondamente e
soprattutto per Andromeda c’era sua
figlia e per Lily suo figlio.
Figli che sapevano non essere loro, ma delle loro doppelgänger di quella
dimensione. Tuttavia era veramente difficile rimanere indifferenti.
Finito il pranzo, i Weasley avevano in programma di
andare con Harry ed Hermione a trovare di nuovo il signor Weasley, scortati da
Malocchio e Ninfadora. Il resto del gruppo rimase a Grimmauld Place e
nonostante Severus Piton preferì congedarsi, era stato anche fin troppo per i
suoi standard, le ragazze erano ben liete di prolungare la loro presenza.
Il mago era appena uscito dalla casa, era sul
secondo gradino, quando alle sue spalle sentì una piccola mano sul suo braccio.
Si voltò per trovarsi di fronte Lily. I capelli biondi erano stati acconciati
con un’elegante treccia alla francese, due ciocche libere le incorniciavano il
viso chiaro. Indossava un lungo abito color verde, come i suoi occhi, era a
maniche lunghe e a collo alto a costine. Indosso aveva degli stivali marroni
della stessa tonalità della cintura che aveva in vita e della giacca di pelle.
«Sev aspetta… v-volevo darti questo…» e così
dicendo tirò timidamente fuori una scatolina dalla tasca della sua giacca.
«Lo so che meno hai a che fare con noi, con me… e
meglio stai, ma… non posso ignorare quello che per noi hai fatto e come ci stai
aiutando…»
Lui impettito squadrò la giovane donna, non aveva
intenzione di mostrarsi meno rigido e distaccato di quanto a fatica aveva fatto
fino a quel momento, ma prendendo la scatolina l’aprì. Al suo interno vi trovò
un timbro da ceralacca. Riportava una S simile a un serpente attorcigliata a
una corona. Lui rimase colpito, mentre lei sorrideva appena.
«L’ho vista l’altro giorno a Hogsmeade e… mi sono
ricordata del tuo alias a scuola… il Principe
Mezzosangue!»
Lui parve come scottato, mentre alzava lo sguardo
scuro su di lei. Sembrava incredulo.
«Tu lo sai?»
«Certo, te l’ho dato io!» rispose lei
semplicemente.
Lui, con fare drammatico, come il suo solito, si
voltò con il lungo mantello nero che lo seguì con uno sbuffo. Per quanto parve
convinto ad andarsene si fermò sull’ultimo gradino, il più basso, e voltandosi
tirò fuori quel qualcosa che da quasi due mesi continuava a ingoiare.
«Lui ha combattuto per te?»
Lei serrò la mascella mordendosi il labbro
inferiore e scendendo un gradino.
«Non quanto avrei voluto.»
«E tu?»
Lily scese un altro gradino.
«Avrei potuto fare di più!»
«Hai comunque sposato James…»
Non era una domanda, ma una triste e fastidiosa
constatazione. Quel dolore Lily lo conosceva bene. Scese un altro gradino, ora
di fronte a lui, solo un poco più alta per via della differenza di altezze dei
gradini.
«Siamo stati entrambi codardi, ma credo che entrambi ci stessimo preparando a fare
finalmente quel passo che sempre abbiamo evitato. Non so come fosse la tua
Lily, ma noi a Hogwarts, nonostante un inizio non proprio idilliaco, siamo
divenuti amici e mai abbiamo smesso di esserlo nemmeno dopo esserci confessati
il nostro amore… nemmeno dopo il tuo esserti tirato indietro o il mio essermi
messa con James…»
Severus parve farsi improvvisamente triste. Le
spalle si afflosciarono e la tensione sul suo viso sparì. Per la prima volta lo
vide… umano. Senza quella contrizione che costantemente indossava come una
maschera per nascondere i suoi veri sentimenti.
«Senza dubbio tu e il tuo Severus siete molto
diversi… dalle mie scelte, da quelle di Lily…» a quella frase la giovane non ce
la fece e con un dito gli spostò una ciocca di unti capelli neri dalla fronte,
prima di piegare il viso da un lato e sorridergli.
«Appunto! Io NON sono LEI. Quindi non mi vedere lei
quando mi guardi. Io sono solo il frutto di scelte diverse, come tu lo sei del
mio Sev. Non giudico le tue scelte in questa vita, chi sono per farlo? Tu non
farlo delle mie, te ne prego. Se davvero tanto l’amavi, aiutami a tornare da
lui, a darmi quella possibilità che voi non avete mai avuto…»
La sua voce pareva quasi una supplica, la mano
sulla guancia di lui, che senza più farcela si scostò come scottato. Gli faceva
così male tutto quello e chissà forse aveva ragione, non si stava impegnando
abbastanza perché invidioso come era stato di James adesso perfino lo era di
una sua versione alternativa. Strinse il presente di Lily nelle mani e
voltandosi se ne andò senza voltarsi indietro.
Bellatrix quel giorno indossava un abito bustier di
raso rosso ricoperto da un pizzo nero che lasciava intravedere la stoffa
sottostante. La gonna era un po’ arricciata mostrando parte delle gambe e le
maniche lunghe finivano come un tirabaci sulle mani. Le labbra erano rosse come
la stoffa e i capelli raccolti quasi a farla apparire una dea greca gotica.
Ginny era impazzita per lei dalla prima volta che l’aveva vista, non aveva
occhi se non per il suo stile e il gusto nel vestire. Anche i suoi fratelli
l’apprezzavano e non poco, ma per motivi ben diversi. Gli stessi che facevano
sempre indispettire Hermione soprattutto quando a fare battutine a mezza voce
era Ron.
In quel momento Bellatrix pareva sovrappensiero
quando stringendo il calice di vino elfico tra le mani osservava l’arazzo nascosto
dietro il grande albero di Natale. Era così persa nei suoi pensieri che non si
accorse quando Sirius le fece scivolare il bicchiere dalle mani per posarlo su
un mobile basso lì vicino. Sobbalzò un poco nervosa, mentre lo sentiva dietro
di lei. Le mani nelle tasche e il volto di poco sopra la sua spalla sinistra.
«La Nobile e
Antichissima Casata dei Black “Toujours pur”» disse con voce bassa leggendo
le parole sbiadite come l’arazzo su cui erano incise.
«Se l’albero non mi inganna la vista, tu non ci sei…»
«Oh io ero qui…» gli disse lui alzando un braccio e
indicandole un buchetto rotondo carbonizzato nel tessuto, simile a una
bruciatura di sigaretta. Nel farlo si era sporto un poco più verso di lei, il
suo alito caldo vicino al suo orecchio.
«La mia cara dolce madre mi ha incenerito dopo che
sono scappato di casa…»
Lei voltò appena il capo, ora osservava il suo
profilo, così vicino al suo.
«Sei scappato di casa?»
«Avevo quasi sedici anni» disse Sirius. «Non ne
potevo più.»
«Ti capisco, io però non ho avuto la stessa forza…»
la voce di Bellatrix divenne improvvisamente bassa, mentre si passava le mani
sulle braccia. Chiuse gli occhi e quei ricordi orribili, da cui tentava di
scappare, parvero ritrovarla.
«Anche tu hai combattuto contro la mania del sangue
puro? La mia famiglia era convinta che essere un Black rendesse praticamente
come appartenenti a una stirpe reale…»
«Qualcosa di simile, ma… aggiungi a questo l’essere
una donna, avere un padre maschilista che non accetta di avere tre figlie
femmine e subire ogni tipo di vessazione e offesa…»
Quelle parole fecero perdere a Sirius il suo piglio
altisonante e pieno di charme di chi era in mood piena conquista. Divenne più
naturale e sussurrando un «Mi spiace…» le andò di fianco posandole le mani
sulle braccia per farla voltare verso di lei. Un dito sotto il suo mento, lo
stesso con il quale le sollevò il viso.
«Fatico immaginarti come una donna che
permetterebbe a qualsivoglia uomo di metterle i piedi in testa…»
«E così è stato!» disse lei guardandolo fieramente.
La vicinanza gli permise di riempirsi le narici del suo odore: tabacco e
alcool, misto a un retro profumo di legno e spezie.
«Ma ho pagato per questo, non mi è mai importato di
essere picchiata al posto delle mie sorelle, pur di difenderle, ma quando le
minacce sono divenute ben più pesanti… ho dovuto sacrificare parte della mia
dignità. Sono finita in sposa molto giovane a un letterale figlio di puttana.
Un seduttore che non faceva altro che tradirmi, picchiarmi e prendersi da me
ciò che lui chiamava doveri matrimoniali…
Ho subito talmente tanti traumi al bacino che sono diventata sterile… un motivo
in più per deridermi…»
Sirius non sapeva cosa dire, si era immaginato
molte cose su quella strega che al primo sguardo l’aveva affascinato, ma
qualcosa del genere lo credeva impossibile. Lei gli aveva raccontato tutto
senza peli sulla lingua, la voce fredda e meccanica quasi parlasse di qualcun
altro, ma gli occhi lucidi e feriti.
Con un pollice asciugò una lacrima che era sfuggita
solitaria, voleva dire qualcosa. Ma cosa? Qualsiasi cosa sarebbe parsa solo una
banalità…
«Ti ammiro sai? Avrei voluto essere come te… andare
via… assaggiare la felicità… Sei stato coraggioso…»
«Oh no mia cara Vesta, fuggire non è un atto
coraggioso. Coraggio è rimanere nonostante l’orrore e sacrificarsi per chi si
ama…»
Sirius voleva raccontare la sua storia e far
passare le sue scelte come un attimo di ribellione figo e ammirabile, ma quello
poteva farlo con Harry quando gli parlava di suo padre e la sua amicizia con
suo padre. Non con una donna fatta e finita, nonostante la giovane età, come
quella che aveva davanti e già così tanto dolore aveva dovuto subire.
«Strano, mi pareva di aver capito tu fossi un
Grifondoro…» lo beffeggiò lei solo per spezzare quel momento così carico di tristi
ricordi. Lui fece un sorriso sghembo, mentre l’altra sua mano era scivolata sul
suo fianco e con un ultimo passo aveva annullato ogni distanza tra loro.
«Non mi definisco codardo… Non esageriamo. Ma sono
sempre stato più insubordinato, indomabile e avventato più che eroico…»
Erano così vicini che le loro labbra si sfiorarono
sulle ultime parole di Sirius. Bellatrix pareva aver perso la capacità di
muoversi. Semplicemente lo fissava inebriata da quella del tutto nuova e
inaspettata sensazione.
Una sua mano finì poggiata sul braccio che la
cingeva, l'altra era distrattamente appoggiata sul suo petto. Sul gilet
damascato della stessa fantasia dell'abito che indossava. Lui fece scivolare la
mano con la quale le teneva il mento lungo il viso, fin dietro al suo capo,
mentre avvicinava di nuovo le sue labbra a quelle di lei.
Non era una ragazzina eppure la sensazione era
quasi come se fosse per lei quello il suo primo vero bacio. Con la mano sul suo
capo la teneva a lui, mentre il bacio si faceva sempre più profondo. Le lingue
si cercavano e si intrecciavano in una danza di cui presto entrambe impararono
i passi.
Lei finì con una mano sul suo viso, che poi scivolò
lungo il suo petto e che lui con la mano con la quale le teneva il capo, le
prese stringendola contro il suo cuore.
Lei aveva sempre meno intenzione di staccarsi,
mentre anzi le braccia finivano entrambe intorno al suo collo, mentre la mano
di lui scivolava dal fianco alla sua gamba accarezzandola.
Finire in camera di lui fu quasi del tutto inevitabile,
in quel momento non c'era la lucidità da parte di nessuno dei due nel pensare
quanto potesse essere giusto o sensato. C'era solo un'attrazione che era
divampata dal primo secondo che avevano incrociato lo sguardo.
Lei ci mise molto poco a vedere cadere il proprio
abito e rimanere solo con un bellissimo completino di lingerie di pizzo nero.
Stesa sul letto, lui era tra le sue gambe e la baciava ancora completamente
vestito, almeno fin quando allontanandosi un poco da lei e stando sulle
ginocchia si tolse la giacca lanciandola da parte senza troppo riguardo, prima
di tornare a baciarla disperato per un suo nuovo bacio.
Lei corse veloce ai bottoni del suo gilet e poi
della sua camicia con un'urgenza che mai aveva sentito. Aveva conosciuto il
sesso in tutt’altra forma e senza volerlo immagini si soprapposero a quel
momento. Si odiava per sentire tutto tornare a galla nel momento meno
appropriato e senza nemmeno rendersene conto aveva già messo due mani sul dorso
nudo di Sirius e lo aveva spinto all’indietro. Mettendosi a sedere si prese la
testa tra le mani sconvolta.
«S-Scusa… S-Scusa io… io… non volevo, ma… ma vedevo
lui e…»
Si vergognava a morte, piangeva nascondendosi il
viso. Voleva finire sottoterra e probabilmente sarebbe scappata se non lo
avesse sentito alle sue spalle abbracciarla.
«Shhh non devi, scusami tu io… io, mi sono fatto
prendere e non ho pensato… Scusami…»
Solo allora lei trovò il coraggio di tornare a
guardarlo. Il rossetto era sbavato e l’eyeliner era colato eppure era sempre
bellissima agli occhi di Sirius che le accarezzò il volto con fare comprensivo.
Non c’era pregiudizio nel suo sguardo e quello se possibile la fece crollare
ancora di più. Era così abituata a soffrire, che sentirsi compresa e al sicuro
la vedeva come una cosa impossibile. Una realtà a cui non poteva affidarsi
perché temeva che come una bolla di sapone sarebbe scomparsa da un momento
all’altro e così sarebbe stato se fosse tornata a casa…
Si lasciò stendere da Sirius, mentre lui la copriva
con le coperte e stendendosi alle sue spalle tenne la mano che lei si portò al
petto. Di fatto stringendola.
«Ti spiace se… rimaniamo così?»
«Assolutamente no…»
Lui le posò un bacio sulla tempia e sorridendo
chiuse gli occhi godendosi quella sensazione. Era pazzesco come un’estranea l’avesse
acceso come un fiammifero, ma non era una fiamma passeggera. Lei gli era
entrata dentro come una scheggia di vetro tagliente, ma anche come un fuoco che
lo riportava alla vita. Gli anni ad Azakban non gli avevano fatto sentire la
mancanza solo dei suoi bisogni primari, ma anche di quello. Di qualcosa che
nemmeno da ragazzo aveva mai trovato, non era il solo calore umano, era proprio
quella sensazione di pizzicore nel basso ventre. Quel brivido alla schiena che
aumentava il battito cardiaco e quel groppo alla gola che accendeva una strana
sensazione di agitazione all’altezza dello stomaco.
Andromeda aveva avuto una certa apprensione nel
momento in cui aveva visto Bellatrix e Sirius baciarsi, ancor più quando si
erano allontanati. Nervosa li aveva osservati salire le scale. Indossava un
bellissimo abito, a maniche lunghe, rosa cipria. Si chiudeva a portafoglio sia
sulle maniche che dalla parte bassa della gonna, lunga fino alle caviglie, si
disegnavano come rami argentei che convergevano tutti verso il punto vista. Sobrio
ma elegante, il rosso rame dei capelli risaltava. Nervosa giocò con il ciondolo
d’argento che portava al collo, una “B” che tutte le sue sorelle possedevano.
Le faceva bene averlo vicino, le ricordava Narcissa, che infinitamente le mancava.
«Capisco la tua preoccupazione, ma non mi stupisce
il tutto…» Una voce mesta ma gentile giunse alle sue spalle. Il tempo di
voltarsi e vide torreggiare di fronte a lei Remus. Ricordava il suo caro amico,
la sua pelle sempre spenta e lo sguardo stanco, ma se possibile quella versione
più grandi di lui appariva ancora più ammalata. I baffetti gli davano un’aria
così accademica e il sorriso triste le faceva stringere il cuore.
Sorrise timidamente, così felice di averlo
ritrovato. Era chiaro che in quella dimensione la sua vita era stata
decisamente diversa, chissà forse per questo nemmeno si erano mai conosciuti.
Mai erano divenuti amici.
«Ehm… sì, non che non mi fidi di Sirius, ma… mia
sorella ha sofferto molto…» Non poteva certo dire che conosceva molto bene il
fare da dongiovanni del cugino, quanto comunque il sapere che non l’avrebbe mai
usata, ma non poteva essere certa del contrario. Lui era famoso per saltare da
un letto all’altro senza molti complimenti.
Remus assentì comprensivo lanciando uno sguardo
alle scale prima di tornare a guardarla. «Parlerò con Sirius, se questo può
farti sentire meglio…»
«Lo apprezzerei…»
Il silenzio era teso e per qualche ragione anche
imbarazzato, Remus parve notarlo e così con lei si incamminò un po’ teso verso
le cucine, prima che lei si fermasse di botto spaventando l’uomo con lei.
«Tutto bene Cassiopea?»
«Posso chiederti una cosa?»
«Certo!»
«Prima non ho potuto fare a meno di sentire mia
sorella e Sirius parlare, guardavano il grande albero genealogico alla parete,
nascosto dietro l’albero di Natale e mi chiedevo… sì insomma, cosa puoi dirmi
delle sorelle Black?» aveva detto una mezza verità, ma non sapeva come altro
chiedergli una cosa del genere.
Lui parve confuso, ma lesse quella come semplice
curiosità. Era stata catapultata con le sorelle in tutto quel ginepraio di
guerra e segreti, ci poteva stare che molte cose risultassero confuse.
«Da quello che ho capito solo Sirius si “salva”
della famiglia…» disse graffettando la parola con le dita. Come a dire che
fosse l’unico che non aveva ceduto al lato oscuro e tutto quello che ne
comportava.
«Oh no anche Andromeda, la mamma di Ninfadora. Sai
ha sposato un babbano e per questo anche lei è stata cancellata dall’albero
genealogico per indicare che anche lei come il cugino è stata diseredata. Non
ha mai fatto attivamente parte dell’Ordine, ma ci ha sempre aiutato, pensa
durante la prima guerra magica offrì anche casa sua come base, ma… preferisce
rimanere a margini. La sua vita semplice e normale le piace molto…»
«E tu l’hai conosciuta? Siete amici?»
«Amici è una parolona, ma la conosco. È una brava
donna…»
La giovane assentì mesta. Era così triste sentirlo
parlare di lei in modo così distaccato. Era chiaro che la possibilità di farsi
una vita con Ted, che lei non aveva avuto, le aveva regalato una bella
famiglia, ma quello che lei aveva sempre considerato un gran rimpianto della
sua vita adesso si rendeva conto fosse stata a modo suo una benedizione. Senza
quell’evento nefasto nulla di ciò che di bello aveva costruito con Remus era
esistito…
«Ha rapporti con le sue sorelle?»
«Per nulla! Bellatrix è una pazza assassina e
Narcissa ha accettato mestamente la vita che il marito le ha dato. È una donna
molto altezzosa e snob… Andromeda non ci è mai andata d’accordo, i legami tra
le tre non sono mai stati stretti…»
Quella fu una terribile pugnalata, strinse
maggiormente la collanina tra le mani e fece una smorfia. Remus se ne accorse e
le poggiò una mano sulla spalla.
«Tutto bene Cassiopea? Ho detto qualcosa di
sbagliato?
«Oh no! No… è che… che io e le mie sorelle abbiamo
un rapporto così diverso che mi pare quasi impossibile udire ciò. Le avversità
ci hanno unito… ciò che ci rende diverse è la nostra forza…»
Lui assentì notando il suo gesto nervoso, al ché la
giovane comprese che onde evitare fraintendimenti doveva inventarsi una buona
storia di cui quanto prima avrebbe dovuto mettere al corrente Bellatrix e Lily.
«È… è della nostra quarta sorella… sua iniziale…
l’abbiamo persa da poco… anche per quello ci siamo trasferite…»
«Oh, oh… perdonami non lo sapevo…»
Lei scosse il capo come a volerlo tranquillizzare.
Le gote arrossate.
I due erano ancora uno di fronte all’altro e si guardavano
scambiandosi ancora qualche parola, qualche sorriso il tutto con una confidenza
e una naturalezza che colpì come un secchio di acqua gelata Ninfadora. Era
andata a cercarli e aveva fatto un passo indietro immediatamente, nascondendosi
dietro lo stipite della porta, mentre continuava a fissarli. Quelle tre ragazze
non poteva dire che le stavano antipatiche, ma c’era qualcosa in loro di
strano. Sembrava che tutti gli uomini ne fossero attratti come calamite, il
loro magnetismo era inevitabile e perfino lei provava un certo qual tipo di
attrazione. Non era certamente sessuale, ma… era come se non potesse fare a
meno di osservarle, studiarle, porsi domande su di loro…
Solo quando li vide camminare verso la sua
direzione si riscosse dai suoi pensieri e prima che potessero notarla tornò
velocemente nella cucina ove poco dopo arrivarono. Ninfadora faceva saettare lo
sguardo da Cassiopea a Daisy con la promessa di indagare più a fondo…
Petunia stava vivendo sentimenti constatanti, stare
nel luogo causa del motivo per cui aveva odiato per tanti anni Lily era fonte
di grande conflitto dentro di lei.
Ormai l’anno era iniziato da pochi giorni e
sdraiata sul suo letto nell’infermeria di Hogwarts
osservava la neve che pigra scendeva, disegnando un paesaggio ancor più magico.
Si passò le mani sulle braccia, aveva provato improvvisamente freddo e non solo
per gli spifferi che dalla finestra ad arco provenivano, era qualcosa dentro di
lei. Come se tutto fosse sbagliato, come se non dovesse trovarsi lì, ma
paradossalmente non per i motivi che credeva…
L’invidia era stata l’emozione che per tutta la
vita l’aveva divorata. Fin da quando erano bambine aveva provato un odio/amore
per la sorella minore. Lei dal canto suo non aveva mai fatto nulla per
prevalere o al contrario per farla sentire inferiore.
L’intelligenza era di famiglia, ma Lily aveva
qualcosa in più già prima dell’arrivo della magia. Era sempre più brava di lei
a entrare in sintonia con le persone, era empatica e generosa, dalla risata
contagiosa e la mente brillante. Riusciva ad aver successo in ogni cosa che
faceva, ma pareva che meno le importasse e più i meriti e i riconoscimenti
arrivassero.
Petunia, che a differenza di lei teneva a quelle
cose e le inseguiva, si sentiva logorata dall’incapacità di ottenere gli stessi
risultati. I suoi genitori non l’avevano mai fatta sentire di meno, ma lei si sentiva
ugualmente così sviluppando a lungo andare un carattere altezzoso e arrogante
di chi credeva che se avesse fatto sentire peggio gli altri si sarebbe sentita
meglio lei e… per un po’ aveva funzionato; tuttavia, aiutare Narcissa l’aveva messa di fronte a tutti i suoi demoni,
quelli che con la morte di Lily l’avevano divorata.
«Perché non sei qui?» chiese con gli occhi ricolmi
di lacrime. Si abbracciava forte e fissava il vetro smerigliato della finestra
quasi vi vedesse il volto della sorella osservarla.
«Dovresti essere con me ora, ad aiutarmi… a farmi
capire che fare… tu eri la strega di famiglia e io non volevo altro, ma che
senso ha ora scoprire di esserlo se tu non sei al mio fianco per aiutarmi?»
«Già è uno spreco oltre ogni misura!»
Petunia sobbalzò. Non si aspettava che ci fosse
qualcuno, era ora di lezione e stava aspettando Madama Chips che le aveva detto
che probabilmente in giornata l’avrebbe dimessa.
Era lì da tre giorni e i suoi sintomi, anche grazie
alle pozioni assunte, erano diminuiti facendola sentire molto meglio. Adesso
però si trovava di fronte l’ultima persona che si aspettava di vedere: James
Potter.
I suoi capelli ribelli gli cadevano un po’ sulla
fronte e sugli occhiali tondi che nascondevano il suo sguardo ricolmo di
disprezzo. Indossava una giacca stile aviatore scamosciata marrone, il collo
era in pelo di una tonalità più scura, tipo ebano. Come il colore delle
Lumberjack che indossava sotto a un jeans blu scuro stretto. Al di sopra una
semplice camicia in stile country.
Petunia dal canto suo era molto diversa da come lui
la ricordava. Non poteva dire di averla vista molte volte, ma pareva essere
ringiovanita. Senza il look austero che si imponeva e un make up che risaltava
i suoi occhi grandi e tondi si poteva dire che appariva decisamente più
affascinante.
I capelli castani erano lisci e le circondavano il
viso cavallino molto più morbido di quanto ricordasse. Indossava un cardigan
crochet bianco, lo stresso che lei si strinse addosso, quando incrociò lo
sguardo con quello del suo insolito visitatore.
«Giuro che quando Remus
mi ha detto che eri qui non volevo crederci, pensavo fosse una barzelletta!»
«Sei venuto allora per deridermi?»
In piedi di fronte al letto aveva le mani nelle
tasche, mentre fissava la cognata con una ghigno che era tutto tranne che
divertito.
«Potrei, se fosse una battuta. Tanto tempo a
umiliare e offendere Lily con i peggiori epiteti e poi? Sei qui a farti aiutare
da chi hai sempre disprezzato e come se non bastasse, come ciliegina sulla
torta, in compagnia di una lurida Mangiamorte!»
«Narcissa non lo è!»
«Suo marito sì!»
«Un marito da cui è fuggita!»
«Codarda come tutti i Serpeverde!»
Il botta e risposta era stato secco e deciso,
mentre con le mascelle contrite si guardavano in cagnesco.
«Se sei venuto a ricordarmi la pessima sorella che
sono stata per Lily non avevo certo bisogno di te, ne porto già il peso dentro
ogni giorno!»
James gettò la testa all’indietro e rise, ma non
era divertito.
«Come se a te importasse, immagino come tu e tuo
marito vi siate rotolati dalle risate quando avete scoperto che era morta!»
«TACI JAMES! TACI! Tu NON sai NIENTE!»
Le urla aveva attirato l’attenzione di Madama Chips
che era arrivata allarmata e con sguardo di rimprovero verso James. Non le
importava che fosse un Auror e nemmeno perché fosse
lì, nessuno turbava i suoi pazienti.
«Potter, fuori di qui! Subito!»
«Oh non si preoccupi Madama Chips, non ho motivo di
rimanere!» e senza aggiungere altro se ne andò, mentre Petunia cercava di
rilassarsi, ma quello scontro l’aveva colpita più di quanto avrebbe voluto.
Tremava e l’infermiera se ne accorse.
«Tu devi stare tranquilla Petunia, sbalzi d’umore o
grandi emozioni possono danneggiare il tuo fragile equilibrio. Ti vado a
prendere da bere, ok?»
«Una pozione?»
«O no cara, solo una semplice tisana rilassante!»
E con un sorriso gentile si assentò, mentre Petunia
cercava invano di fermare la mano dal tremolio stringendola con l’altra. Chiuse
gli occhi e pianse tutte le sue lacrime.
«Lily dove sei? Lily… mi manchi…» sussurrava tra sé
e sé, singhiozzando e piangendo disperata.
Narcissa doveva abituarsi
di essere nuovamente nel mondo magico, non poteva dire di non essere contenta,
avrebbe mentito. Camminare per Hogsmeade, usare la
magia, vedere intorno a sé maghi e streghe… e poi Hogwarts
con la sua atmosfera… Si svegliava ogni giorno con un sorriso che ormai da anni
non aveva più. Era come tornare a vivere dopo un lunghissimo letargo. Era
tornare a respirare e credere che forse sì, c’era ancora del bello per cui
valesse vivere. Finora era andata avanti per inerzia, per Draco, ma ora avrebbe
potuto farlo anche per sé stessa. E amarsi ed essere felice era il primo passo
per dare a suo figlio davvero tutto ciò di cui aveva bisogno.
Con il piccolo nel passeggino, un bimbo vivace di
tre anni, il suo amichetto e coetaneo Dudley era in quello affianco spinto da Remus. Era il fine settimana e non avendo lezione era
andata a trovare Narcissa e darle una mano con i
bimbi, l’aria era fredda, la neve era ai bordi della strada e sui tetti alta
qualche centimetro, ma c’era un sole fioco e così avevano deciso di fare una
passeggiata.
Gli studenti ridacchiavano nel vedere il loro
professore in quella situazione, chissà forse credevano che la donna bellissima
con lui fosse la moglie, ma altri ne dubitavano. «Ma ti pare che una donna del genere si metterebbe con un tale
straccione?», «Non ce lo vedo! Il Professor Lupin con dei figli? E li può
mantenere?» alcuni si mostravano dei veri mostri con i loro commenti, ma Remus non ci faceva caso.
«Sono abituato a offese ben peggiori!»
«Lo so Remus, ma sono dei
maleducati e tu un professore! Dovresti metterli in punizione!»
Sbuffò lei quando vedendone passare due di fianco e
udendo le loro parole si indignò a tal punto di seguirli con lo sguardo di
ghiaccio fin quando non furono troppo lontani. Per via dei capelli corti Narcissa aveva indossato una grossa sciarpa di lana,
paraorecchie e guanti, tutti rigorosamente rosa antico. Indosso invece era
stretta in un pesante mantello color panna che le nascondeva per completo la figura.
«Che poi parlo io? A Hogwarts
ero una studentessa terribile, sempre pronta a giudicare tutti… altezzosa e
snob… amavo essere la più popolare, la più ricca e la più invidiata…»
Lo disse scuotendo il capo, mentre passavano
davanti a Zonkoe alcuni ragazzini ne uscirono così
entusiasti che se non si fosse fermate immediatamente con il passeggino,
l’avrebbero travolta. Li fulminò con lo sguardo e poi ripresero a camminare.
«Però lo ammetto, mi manca. Stare qui mi fa venir
voglia di tornare a scuola… se potessi riavvolgere il tempo vivrei quegli anni
in modo diverso. Me li godrei di più e… eviterei tanti sbagli…»
«Anche io a volte vorrei riavvolgere il tempo…»
La voce di Remus era un
sussurro lontano. Spingeva il passeggino con Dudley che, passando davanti a Mielandia, iniziò
a indicare i dolci in vetrina per attirare l’attenzione e pretendere che gliene
venissero comprati una grande quantità.
«Shhh Dudley, al ritorno
ci fermiamo!» lo tranquillizzò Narcissa sorridente,
prima di tornare a guardare l’uomo al suo fianco. Il suo sguardo era mesto e il
suo incedere malinconico.
«Le avresti detto di esserti innamorato di lei?»
gli chiese poi all’improvviso la giovane donna. Lui assentì un po’ timidamente.
Il mantello che indossava pareva quasi appesantire la sua figura, che si fece
più gobba, quando in realtà era un atteggiamento per nascondersi. Chiudersi al
mondo.
«Probabilmente non mi avrebbe mai ricambiato. Sono
più piccolo di lei… sono un lupo mannaro…»
«Conoscendo Andromeda non le sarebbe importato e
questo lo sai anche tu! Hai mostrato ampiamente quanto tu sia maturo, da
sempre… anche più dei tuoi amici! Loro mi odiano, tu mi sei amico…»
I due si erano fermati e Narcissa
aveva allungato una mano su quella di lui. Remus la
guardò con un gran sorriso. L’amicizia inaspettata con lei e Petunia, dopo
l’incidente, aveva un po’ incrinato i suoi rapporti con James e Sirius. Loro continuavano ovviamente a considerarlo un loro
migliore amico, ma a volte gli facevano battute poco felici riguardo al suo
atteggiamento: «Non è che ci diventi Codaliscia due, la vendetta!?» e non era bello. Peter
si era venduto al male, lui aveva visto del buono invece in chi veniva
discriminato per errori del passato. Tutti avevano diritto a una seconda
possibilità no? «Voi l’avete data a me,
quando vi ho detto di essere un lupo mannaro, perché a loro no?» era ciò
che ripeteva sempre e su quella domanda ogni discussione cadeva perché nessuno
dei due sapeva cosa dire.
Da lontano, ben nascosto sotto un ampio cappuccio
nero, un uomo li spiava. Seduto a uno dei tavolini esterni dei Tre Manici di Scopa aveva ordinato un
caffè bollente che intonso fumava sul tavolino davanti a lui.
Alcuni capelli biondi, quasi bianchi, gli
spuntavano sul viso cinereo, ma ben presto li nascose, mentre il suo sguardo di
ghiaccio fissava quella che era e sarebbe rimasta sua moglie. Non vedeva sua
figlio da poco più di due anni e ora eccolo lì, vivace e fiero come era giusto
che fosse. Era un Malfoy e lui si sarebbe rassicurato
che sarebbe cresciuto come tale. Con disgusto assistette alla scena ingoiando
la bile che in gola lo avvelenava, lo ripugnava quanto in basso fosse caduta Narcissa… ma lei e il suo amante l’avrebbero pagata…
Il risveglio fu dolce, mentre serena e calma come
non lo era mai stata Bellatrix si svegliò guardandosi
intorno ancora con espressione assonnata. Si stava bene sotto le pesanti
coperte, mentre il camino di fronte al letto scoppiettava diffondendo ulteriore
calore e un sole tiepido entrava dalla finestra, oltre le antiche tende consunte.
Ci mise un po’ per mettere a fuoco e ricordare dove si trovasse, ma fu quando
si voltò poggiando la schiena contro il materasso vuoto, ricordò. Ogni
dettaglio della sera precedente le tornò alla mente e contro ogni previsione le
gote le si arrossarono, mentre in un gesto del tutto automatico si toccava
notando le maniche lunghe di una camicia sulle braccia… era quella di Sirius della sera prima, quella che lei gli aveva tolto e
che ora aveva indosso lunga fino a metà coscia…
Si voltò su un lato affondando il viso nel cuscino
come a nasconderlo, le veniva da sorridere seppur si intimava di non farlo. Fu
distratta solo dalla porta che si apriva, ma fu quando con una mano arpionata
sul materasso si alzò a sedere che non crebbe a ciò che vide. Sirius le stava venendo incontro con un vassoio che poggiò
sul letto di fronte a lei, prima di sedersi a sua volta. Una gamba piegata
sulla trapunta.
«Non sapevo cosa potessi preferire. C’è pane tostato,
burro, marmellata, tè, aranciata e perfino del bacon con delle uova…»
Lei si portò una mano sulla bocca guardandolo
alquanto sorpresa e anche un po’ commossa. Quelle erano attenzioni che non le
erano mai state riservate nemmeno d’adolescente quando ancora viveva coi
genitori. Avevano servitori e tutto il resto, ma lei era l’unica che nemmeno da
malata aveva mai avuto il permesso di starsene a letto, in primo luogo perché
lei NON poteva ammalarsi. Agli occhi di suo padre, che la odiava, lei era la
cosa più simile che avrebbe avuto a un figlio maschio e da tale la trattava aspettandosi
da lei robustezza ed energia «Un vero
uomo non se ne sta a letto a farsi servire e riverire» era solito dirle e
lei gli rispondeva sempre che infatti lei non era un uomo e subito dopo veniva
picchiata.
«Ho esagerato?» chiese Sirius
un po’ turbato dal suo silenzio, ma lei scosse il capo. Allungò un braccio per
prendere del pane su cui mettere del burro e della marmellata e la camicia le
scivolò mostrando la sua spalla nuda.
«Non ne sono abituata… ma cosa devo pensare? Che
questo è il trattamento che riservi a tutte le tue conquiste?»
«Sono quindici anni che non ne posso vantare
alcuna, se non forse uno o due Dissenatori che ti
dirò, secondo me avevano una cotta per me…»
Bellatrix rise abbassando
il capo e l’ammasso di cappelli ricci le ricadde in avanti, anche lui si unì
alla sua risata. Era bella vederla felice dopo ciò che lei stessa gli aveva
raccontato e il modo in cui quella notte aveva pianto tra le sue braccia.
«Ma anche prima non ne sono mai stato il tipo, non
amo le cose troppe sdolcinate…»
«Dunque come dovrei leggere questo?»
La voce della giovane donna era curiosa, mentre
addentava il suo pane guardandolo maliziosa.
«Avere del riguardo. Credo di aver avuto poco tatto
ieri nel… sedurti e… il resto…»
«Le cose si fanno in due Black, ma accetto il tuo riguardo nei miei confronti. Il modo in
cui in silenzio mi sei stato accanto, in cui non hai giudicato la mia crisi…
questo… Mi dice che forse non sei solamente lo spaccone dongiovanni che vuoi
far credere di essere…»
«E chi mi ha definito così?» chiese Sirius piegando il capo da un lato, ma avvicinandosi al suo
viso.
«Piton.»
«Non ne avevo dubbi…»
Anche lei si era avvicinata e sulla sua ultima
battuta risero un attimo entrambi prima di scambiarsi un altro piccolo bacio.
Era difficile per i due resistere alla tentazione di toccarsi o baciarsi. Era
strano, ma a Sirius non dispiaceva sentirsi così.
Quando si staccarono lui sembrò improvvisamente
essersi ricordato di qualcosa e dalla tasca del completo nero ed estremamente
elegante che indossava, ne estrasse quello che sembrava uno specchietto
tascabile.
«Che cos’è?»
«Un modo per sentirci… se ti va… Come ben sai la
mia libertà attualmente è limitata a questa casa… dunque a meno che tu non
venga qui di continuo…»
«Il che non sarebbe il caso…»
«Con questo possiamo parlare, quando e se ti va. Io
ne ho uno uguale!»
Bellatrix assentì e poi
posandogli una mano sul volto ne disegnò la forma con un dito che quando arrivò
vicino alla sua bocca venne catturato dalle sue labbra per baciarlo. Sirius alzò una mano e prese quella di lei nelle sue.
«È strano, mi sembra di conoscerti da tutta la
vita…»
Lei si irrigidì facendo scivolare con molta
dolcezza la sua mano dalla sua stretta.
«Ho un viso molto comune!» spiegò in modo
sbrigativo abbassandolo sul vassoio.
«Al contrario… sei una bellezza rara. Enigmatica e
segnata da molte lotte e dolore…» aggiunse lui sollevandogliela dolcemente con
due dita sotto il mento.
«Sono tempi incerti, potremmo non avere un domani,
ma forse proprio per questo non dovremmo cogliere l’attimo?»
Era sera, eppure Ron ed Hermione erano in biblioteca, a lavorare sull’ultima
valanga di compiti della Umbridge, oltre a loro altri
studenti, quasi tutti del quinto anno, sedevano ai tavoli con il naso sui
libri; mentre le piume grattavano febbrili, il cielo fuori dalle finestre a
colonnine si faceva sempre più scuro. L’unico altro suono era il lieve
scricchiolio delle scarpe delle bibliotecarie, che camminavano minacciose su e
giù fra i tavoli.
Harry aveva i brividi; la cicatrice gli faceva
ancora male, si sentiva quasi la febbre. Quando sedette davanti a Ron ed Hermione, intravide la
propria immagine nella finestra di fronte, era molto pallido e la cicatrice
sembrava più vistosa che mai.
Da dietro lo scaffale Lily non aveva potuto fare a
meno di fermarsi a fissarlo. Si chiedeva se anche il suo Harry sarebbe stato
così da grande, così simile a suo padre. Pensava spesso a lui e a come James lo
stava crescendo. Non la preoccupava, era sicura del suo ottimo lavoro, ma le
mancava non assistervi. Non far parte della vita di suo figlio… Fortunatamente
era riuscita a mantenersi fredda e distaccata, era difficilissimo, ma
ricordarsi che quello non era davvero il suo Harry l’aiutava. Quando pochi
giorni fa avevano lasciato GrimmauldPlace l’aveva salutato calorosamente e così lui che a
quanto pareva la trovava simpatica al punto che lo aveva sentito dire ai suoi
amici di come era possibile che fosse amica di Severus.
«Le sorelle
Goldstein sono davvero alla mano e… secondo me Piton
se l’è inventato che sono amiche sue!»
«Secondo me
Harry ha ragione, Piton non ha amici tanto meno tre…
come loro… se capite cosa intendo!»
«Maschi!
Siete incredibili tutti e due! E poi perché il Professor Piton
non potrebbe conoscerle? Comunque concordo le trovo tutte e tre molto brillanti!»
Le voci dei ragazzi le rimbombavano nella mente e
la fecero sorridere, mentre spiandoli si portava i capelli biondi lontano dagli
occhi. Fece finta di sistemare dei libri sullo scaffale, voleva solo una scusa
per guardare ancora un po’ Harry.
«Com’è andata?» sussurrò Hermione,
e poi aggiunse preoccupata: «Stai bene, Harry?»
«Sì… bene… non lo so» disse lui sbrigativamente,
sussultando a una nuova fitta di dolore. Anche Lily che lo fissava ebbe un
sussulto.
«Sentite… ho appena capito una cosa…» e raccontò
quello che aveva appena intuito.
«Quindi… stai dicendo…» bisbigliò Ron, mentre Madama Pince passava scricchiolando, «che
l’arma… la cosa che Tu-Sai-Chi sta cercando… è al Ministero della Magia?»
Lily non poté che farsi più attenta, solo più tardi
raggiunta la camera che con Andromeda condivideva a Hogwarts
le raccontò tutto.
«Più precisamente nell’Ufficio Misteri… così ha
detto Harry. Ha spiegato che ha visto quella porta quando Arthur lo ha portato
in aula per l’udienza, la stessa che Weasley sorvegliava quando il serpente lo
ha morso…»
Lily era seduta alla toletta e aveva smesso di
pettinarsi i lunghi capelli biondi, per voltarsi sul pouf sul quale era seduta
e osservare Andromeda che pensierosa era sdraiata sul proprio letto. La stanza
era piccola e l’unica cosa che separava i due letti di ferro battuto era un elegante
comodino vittoriano. Una piccola porta dava accesso al modesto bagno in camera,
mentre dal lato opposto della toletta era presente un grande armadio in
quercia.
«SturgisPodmore stava cercando di forza una porta al Ministero
della Magia, ricordi? Lo hanno scritto sul Profeta! Doveva essere quella! Però
non lo so Lily… dovremmo rimanerne fuori…»
Andromeda pareva dubbiosa, aveva le gambe
incrociate e si torturava un lungo capello ramato. Indossava una felpa di Tassorosso più grande di lei e un paio di leggings neri.
Tutti gli abiti che si mettevano addosso li avevano recuperati dall’armadio
che, senza fondo, forniva loro esattamente ciò che serviva. Andromeda era
andata a cercarvi qualcosa per dormire e puff quei
vestiti erano stati sputati fuori.
«Potremmo non andarcene mai da qui Eda… a questo
punto portiamo avanti i nostri personaggi fino in fondo. Facciamo parte
dell’Ordine, aiutiamoli a liberarsi di Tu-Sai-Chi!»
«L’ultima volta non è andata proprio… bene!»
«Beh, in realtà ce l’abbiamo fatta! Lo abbiamo
visto sparire prima di farlo a nostra volta!»
Andromeda non pareva molto sicura.
«Abbiamo già il problema di Bellatrix
da sistemare…»
«L’amore non mi pare un problema!» rispose piccata
Lily che alzandosi la raggiunse. Anche lei indossava esattamente le stesse cose
dell’amica, con la differenza che la sua felpa era di Serpeverde.
Si sedette di fronte a lei, mentre entrambe erano
debolmente illuminate dalla luce fioca delle candele che dal soffitto pendevano
da un lampadario magico a bracci.
«Ma è Sirius!»
«E allora? Lo conosciamo no, lui è un seduttore
nato e ammetto che da adulto il suo fascino è ancora più forte… nonostante gli
anni in prigione!»
«Sì, ma non va bene. È una variazione a questa
linea temporale, non sappiamo che effetti potrebbe avere!»
«Se inizi a parlare come Sev
ti trasformo in un rospo!»
Lily la minacciò puntandole contro un dito, mentre
Andromeda allungava le mani sulle ginocchia dell’amica.
«Eda stai calma! Se qui dobbiamo vivere non
possiamo farlo standocene sotto una campana di vetro. Io sono la prima che
vuole tornare a casa da Harry… dal mio Severus, ma…
Dobbiamo anche pensare a cosa fare se non troviamo una soluzione e io non
voglio vivere da prigioniera!»
«Lo so, hai ragione, ma… che facciamo allora?»
«Per ora nulla. Lavoriamo a Hogwarts,
continuiamo a tenere le orecchie aperte… e poi se sarà necessario lo diremo a Severus… e lui lo dirà all’Ordine o Silente…»
Andromeda assentì e Lily l’abbracciò. Appena
possibile senza dubbio avrebbero parlato di quello con Bellatrix.
Lei sembrava l’unica a differenza loro di star davvero iniziando e intessendo
la sua vita in quella dimensione, senza alcuna intenzione di tornare indietro e
perché avrebbe dovuto farlo?
Lì poteva ricominciare senza un cognome gravoso
sulle spalle, un destino già scritto, dei pregiudizi già consolidati e
soprattutto con la possibilità di scegliere: chi amare, che strada percorrere…
Essere un Auror la rendeva così fiera, così felice,
che a tratti Andromeda e Lily temevano davvero a cosa sarebbe successo se
avessero per davvero trovato un modo per tornare a casa.
La presenza di James a
Hogwarts, quando casualmente
aveva incontrato Petunia, non era stata così casuale. Lui e Sirius erano stati convocati da Silente che in modo del
tutto confidenziale aveva chiesto ai suoi due ex allievi, nonché Auror, di accettare di vegliare sulla sicurezza di Narcissa Black.
Era inutile dire che
nessuno dei due era entusiasta della cosa, ma non potevano negare che
considerando LuciusMalfoy
a piede libero poteva essere molto facile che cercasse di avvicinare la moglie
e il figlio e quella sarebbe stata per loro l’occasione di prenderlo. Silente
si era proposto di parlare lui personalmente al Ministro per convincerlo che la
loro presenza sarebbe stata fondamentale non solo per garantire la sicurezza di
due civili, ma anche per farsi lustro di aver catturato uno dei pochi Mangiamorte ancora in circolazione.
E così fu nelle
settimane successive, seppur la giovane Black non era a conoscenza che la sua
sicurezza era affidata a niente meno che alle persone che più la odiavano.
Tra le mura di Hogwarts la donna era al sicuro, già di per sé la scuola
aveva difese inviolabili, ma quando si trattava di Hogsmeade
tutto cambiava e nell’ultimo fine settimana in cui lei era uscita con Remus sia James che Sirius si
erano accorti della strana figura che incappucciata l’aveva seguita e osservata
per tutto il tempo, mischiandosi tra gli avventori dei Tre Manici di Scopa.
I due Auror erano avvolti in pesanti mantelli di lana, mentre
camminavano nel buio della notte per Hogsmeade. Il
villaggio non era enorme, ma la ronda comportava un giro per ogni suo anfratto,
angolo e stradina. Gennaio stava giungendo alla sua fine, ma il freddo era
ancora ben presente. Il freddo pareva come spilli nella loro pelle, mentre
camminando tentavano di ripararsi dalle folate gelide nascondendo il volto
dietro le spesse sciarpe che indossavano.
«Se mi avessero detto
che mi sarei fatto venire la bronchite per mia cugina avrei riso a crepapelle!»
ironizzò Sirius, ma la sua voce era frustrata. Da che
erano lì, mai una parola avevano scambiato con lei o Petunia nonostante le
vedessero in giro per il villaggio, a lezione a Hogwarts
o con Remus.
«E Lunastorta
che ci è diventato amico!» gli fece eco James. Gli occhiali si appannavano ogni
volta che respirava, per evitarlo avrebbe dovuto tirare fuori il naso dalla sciarpa
ed era una tortura.
«Cerca pure di
convincerci che dovremmo dare una possibilità a Mocciosus…»
«Perché lui vuole
vedere il buono in tutti. Ripete che Silente si fida di lui allora dovremmo
farlo anche noi! Ammiro il Professore, ma lui non lo conosce come noi, Sirius! Lui non c’era quella notte, niente mi toglie dalla
mente che Lily si sia lasciata convincere… Eda ha creduto alle sue sorelle, lei
a… lui… come Remus
e Silente hanno cercato di vedere del bene dove non ce n’era… non so che razza
d’incanto stavano facendo, mai visto uno del genere, ma è chiaro che non è
andato come doveva visto che l’Oscuro Signore è morto…»
James aveva parlato
con furore, continuava a tornare con la mente a quella notte. A voler capire
esattamente come fosse successo, perché più ci pensava e più numerose cose non
gli tornavano.
«L’atteggiamento di
Lily, il suo complottare con Eda… troppe cose Sirius…
il suo lasciarmi… io… io credo che Mocciosus le abbia
fatto qualcosa…»
«Pensi a una
Maledizione Imperius?»
E nel chiederglielo
entrarono in un vicolo stretto, passarono davanti alla sala da tè di Madama Piediburroe
poi si incamminarono nel restante della calla che andava leggermente in salita.
Camminando uno di fianco all’altro toccavano i muri con le spalle.
«Perché no? Ha senso,
solo in questo modo avrebbe potuto coinvolgerla e…»
«Averla per sé?» alla
domanda di Sirius, l’amico si voltò a guardarlo e i
due si scambiarono uno sguardo più che eloquente. Ovvio che entrambi lo
pensassero.
Poi un movimento
improvviso nella notte attirò la loro attenzione, era come una macchina nera
dal capo opalescente. I due iniziarono a correre e poco dopo si divisero,
l’idea era circondare chiunque avessero visto e tagliargli così la strada.
Correndo Sirius voltò il capo a sinistra e nelle aperture tra una
casa e l’altra, di vicoli bui e privi di illuminazione, notò nel vicolo
parallelo qualcuno correre nella sua stessa direzione. James nel mentre stava
facendo un giro più largo, tanto che quando sbucò sulla strada principale
pensava di aver sbagliato e così aver lasciato a Malfoy
una via d’uscita, ma poco dopo quello sbucò due quadre più avanti e lui. Si
guardarono e quasi come dentro un film western rimasero a fissarsi nel silenzio
assordante della notte. Sirius uscì in quel momento
dal vicolo e fu allora che li vide alzare entrambi la bacchetta e due fiotti di
luce finire l’uno sull’altro.
Lucius
venne scagliato violentemente all’indietro e sarebbe andato subito verso di lui
pronto ad approfittare del suo momentaneo momento di perdita dei sensi per
arrestarlo, ma fu quando voltandosi verso James che gli si congelò il sangue
nelle vene.
Il sangue schizzò dal
volto e dal petto di James come se fosse stato colpito da una spada invisibile.
Barcollò all’indietro, lasciò cadere la bacchetta dalla mano afflosciata e
piombò per terra.
«No…» ansimò Sirius, senza fiato che si lanciò verso l’amico. Aveva il
viso lucido e rosso; le sue mani bianche raspavano il petto zuppo di sangue.
«No… No… James…»
James tremava in
maniera incontrollabile, in una pozza di sangue, mentre Sirius
era inginocchiato al suo fianco. Intanto, Lucius aveva
ripresi i sensi e provato, ma abbastanza in forze si sollevò. Recuperò la
bacchetta e osservando la scena buttò lì un’ultima frase prima di sparire nella
notte. «Un piccolo regalo del Principe Mezzosangue per voi!»
L’attacco a James
aveva svegliato il villaggio, anche Petunia e Narcissa
erano scese in camicia da notte e vestaglia in strada come tutti gli altri, svegliati
dai rumori e le urla. La scena che si trovarono di fronte era raccapricciante,
ma Petunia non perse tempo e si fece avanti. Poteva non saperne di magia, ma
era un’infermiera e avrebbe dato una mano. Narcissa
urlò al cugino di andare a chiamare Silente e seppur quello esitò a lasciare
James in loro compagnia, assentì e veloce e a perdifiato corse verso il
castello.
In infermeria Madama
Chips assicurò di non aver visto mai nulla del genere, non poteva garantire che
non sarebbero rimaste cicatrici, ma sicuramente avrebbe somministrato subito
del dittamo per tentare di evitarlo. Anche Severus
sopraggiunse in compagnia di Silente e per poco Sirius
non lo colpì malamente. Urlava che era colpa sua, che era complice di Lucius e che James sarebbe morto come Lily per i suoi piani
machiavellici.
Conosceva bene
quell’alias stupido, il Principe
Mezzosangue, aveva sempre odiato il fatto che lo usasse come un nome con
cui vantarsi, soprattutto quando lo sventolava sotto il naso di James per
ricordargli che Lily glielo aveva dato.
Narcissa
tremava, non sapeva che ciò che era accaduto era per colpa di Lucius e l’idea che fosse a pochi passi da lei la
terrorizzava. Silente chiese a Minerva McGranitt di
occuparsi di lei, i suoi nervi e i bambini: Draco e
Dudley, mentre lui cercava di calmare gli animi tra i due uomini. Madama Chips
aveva detto che non avrebbe avuto un responso sulle condizioni di Potter,
sarebbe stata in piedi tutta notte per monitorare le sue condizioni. Ogni due
ore doveva assumere una pozione ed ogni ora gli dovevano essere cambiate le
bende, Petunia si offrì di aiutarla e considerando che lei era sola e la
giovane donna aveva mostrato confidenza con il mondo medico, sotto
autorizzazione e consiglio di Silente, accettò.
«Chiedo a voi due, nel
mentre di evitare altre scenate come queste. Abbastanza ne avete fornite a
questa scuola in tempi non sospetti…»
La voce del preside
era risuonata gentile come al solito, ma perentoria. Remus
era appena sopraggiunto e insieme a Sirius
insistettero per rimanere fuori dall’infermeria. Severus
dal canto suo con sguardo furioso e fare impettito si allontanò, aveva una
pozione da preparare, una che doveva salvare la vita del loro odioso amico,
motivo per cui era ben felice di non perdere ulteriore tempo in loro compagnia.
«Nel mentre io
contatterò il Ministro, sono certo che vorrà sapere in che modo e cosa sia successo
a uno dei suoi più abili Auror…» e così dicendo
Silente posò una mano sulla spalla di Sirius, rivolse
a lui e Remus un sorriso e con il suo solito passo
cadenzato e sicuro si allontanò.
James non seppe mai
della notte d’angustia e attesa che aveva fatto passare alle persone che amava,
Harry era al sicuro a casa di Alice e Frank e l’unica cosa che riusciva a
pensare era di rivederlo. Quando alle prime luci dell’alba aprì gli occhi, si
sentiva prosciugato da ogni energia. Come se non avesse dormito per tutto quel
tempo.
Aveva perso molto
sangue e tutto il suo petto, compreso le braccia, erano ricoperte di bende puzzolenti
intrise di unguento autorigenerante. Aveva perso molto sangue, dunque la sua
pelle era cadaverica. Sentiva le palpebre pesanti, si sforzò per mantenerle
aperte mentre tentava di mettere a fuoco ciò che lo circondava. Senza occhiali
era un’impresa difficile. Fu poco dopo che si accorse di un’esile figura
femminile addormentata al suo fianco.
Le braccia erano
appoggiate sul letto, la testa era abbandonata al di sopra. Seduta in modo
scomposto dormiva con tutti i capelli scompigliati a coprirle il viso. Per un
attimo quasi si illuse fosse Lily, sorrise debolmente, mentre la figura
nebulosa di Madama Chips entrava nel suo campo visivo.
«La giovane Evans non
ha lasciato un attimo il tuo fianco, è un aiutante davvero dotata. Si è presa
cura di te tutta la notte Potter!»
L’infermiera aveva
detto quelle parole con affetto e ammirazione verso Petunia che di nulla pareva
essersi accorta.
«Molto lieta di
vederti sveglio, cerca di riposare. Non fare sforzi, non parlare…»
Lui voleva chiederle
cosa fosse successo. Come stava. Dov’era Sirius e che
fine avesse fatto, ma le sue parole sulla giovane al suo fianco lo fecero
sognare. Come un miraggio nel deserto non poteva credere a ciò che stava
accadendo, forse era la perdita di sangue e tutto il resto, ma la sua testa
davvero aveva formulato una realtà in cui Lily fosse lì. Lei si era presa cura
di lui. Evans e Potter di nuovo insieme, a Hogwarts,
come un tempo. Con quel pensiero chiuse gli occhi, l’ombra di un sorriso sulle
labbra sottili.
Madama Chips nel
mentre aveva appoggiato le mani dalle dita lunghi e sottili sulle spalle di
Petunia.
«Cara? Cara!?» la
chiamò scuotendola appena.
«Cara, vai a riposare…
ci penso io…»
«L-Lui come sta?»
chiese con voce impastata stirando la schiena. Si sentiva distrutta.
«Ha preso conoscenza
per pochi secondi prima, sta reagendo bene. Ora vai a dormire…»
Petunia assentì e si
alzò, si trascinò fuori dall’infermeria non stupendosi di trovare Sirius e Remus al di fuori. Erano
seduti e accasciati uno sull’altro, li avrebbe svegliati, ma era certa che
Madama Chips lo avrebbe fatto a breve. Non vedeva l’ora di buttarsi a letto e
dormire, mentre dentro di lei pensava all’ironia della sorte. Il suo sogno di infermiera,
che aveva messo da un lato, si era ridestato in lei grazie a una strega e ora
dopo aver preso l’abilitazione il suo primo paziente era stato un mago. Per un
attimo quasi le balenò nella mente che forse avrebbe potuto davvero avere un
futuro nel mondo magico…
Per Bellatrix era molto
soddisfacente essere fuori in missione, soprattutto visto che lo era da Auror facendo semplicemente ciò che aveva sempre voluto
fare. Non vedeva Eda e Lily da qualche giorno, dunque approfittò appena ne ebbe
l’occasione per andare da loro. Era primo pomeriggio e tutti i ragazzi erano in
classe, mentre loro avevano avuto il permesso dai rispettivi supervisori di
assentarsi per mezz’ora dai loro doveri. Decisero di vedersi nella Sala Grande,
non c’era nessuno e dunque in modo del tutto sereno e tranquillo erano seduti a
una delle lunghe tavole. Il fatto di essere sole faceva apparire la stanza
ancora più grande, dal soffitto incantato nevicava un leggero nevischio, un po’
come il reale meteo fuori dalle finestre. La luce che entrava dalle ampie
finestra gotiche era giallognola e illuminava ben poco.
Andromeda aveva approfittato del loro vedersi per
mostrare alle due una cosa, si trattava di un articolo sulla Gazzetta del
Profeta. Distendendo il giornale sul tavolo davanti a loro indicò dieci
fotografie in bianco e nero che occupavano tutta la prima pagina: erano nove
maghi e una strega. Alcuni si limitavano a esibire un’espressione beffarda;
altri tamburellavano con le dita sulle cornici delle loro foto, con aria
insolente. Sotto ciascuna immagine era scritto il nome della persona e il
crimine per cui era stata rinchiusa ad Azkaban.
AntoninDolohov, diceva la didascalia sotto un mago dal viso
pallido, lungo e contorto, che sorrideva sprezzante all’indirizzo di Lily, condannato per il brutale omicidio di Gideon e Fabian Prewett.
«Gideon sopravvisse e uccise
Dolohov… o per lo meno da noi andò così!» aggiunse la
rossa pensierosa.
AugustusRookwood, recitava quella di un uomo butterato dai
capelli unti, appoggiato al margine della propria foto con aria annoiata, condannato per aver rivelato segreti del
Ministero della Magia a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
«Di questo non so nulla, ma potrebbe benissimo
essere!» aggiunse Bellatrix, prima che il suo sguardo
fu attratto dall’unica strega. Aveva lunghi capelli scuri arruffati e incolti.
Fissava la sua giovane doppelgänger con scarsa
simpatia da sotto le palpebre pesanti, e un sorriso di arrogante disprezzo le
aleggiava sulle labbra sottili. Come Sirius, recava
le tracce di una grande bellezza, ma qualcosa, forse Azkban,
doveva avergliela sottratta quasi tutta.
Bellatrix Black, condannata per aver provocato con la tortura
l’invalidità permanente di Frank e Alice Paciock.
Le dava i brividi “osservarsi allo specchio”.
Sentiva di non essere lei, sentiva
anzi verso quella donna disgusto e ribrezzo. Era un “E Se…” che non avrebbe mai voluto scoprire.
Lily al suo fianco le toccò un braccio, mentre
Andromeda seduta di fronte a loro indicava alle due il titolo che ancora non
avevano letto.
EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN
IL MINISTERO TEME CHE BLACK SIA
IL
“PUNTO DI RIFERIMENTO”
PER GLI EX MANGIAMORTE
«Che sciocchezza!» esclamò Lily indignata. Poi le
due continuarono a leggere, l’articolo che Eda aveva già abbondantemente scorto
più e più volte.
Il Ministero
della Magia ha annunciato nella tarda serata di ieri un’evasione di massa da
Azkaban.
Parlando con
i giornalisti nel suo studio privato, il Ministro della Magia CorneliusCaramell ha confermato
che dieci prigionieri dell’ala di massima sicurezza sono evasi nelle prime ore
della serata di ieri e che il Primo Ministro Babbano è già stato informato
della natura pericolosa di questi individui.
«Ci troviamo
purtroppo nella stessa condizione di due anni e mezzo fa, quando fuggì il
pluriomicida Sirius Black» ha dichiarato Caramell. «E riteniamo che le due evasioni siano collegate.
Una fuga di questa entità presuppone un aiuto dall’esterno, e occorre ricordare
che Black, il primo che sia riuscito a evadere da Azkaban, sarebbe nella
posizione ideale per aiutare altri a seguire le sue orme. Riteniamo probabile
che questi individui, tra i quali c’è anche la cugina di Black, BellatrixLestrange, si siano
raccolti attorno a lui facendone il loro leader. Stiamo comunque tentando il
possibile per ritrovare i criminali e raccomandiamo a tutta la comunità dei
maghi la massima cautela. Per nessun motivo questi individui devono essere
avvicinati».
«Spero che non crediate a cotante sciocchezze!» la
voce di Remus Lupin fece sobbalzare le tre, quasi
istintivamente Andromeda piegò il giornale schiacciando i volti dei maghi sul
tavolo. Lui sorrise alle tre e prese posto accanto a lei.
«Nemmeno una parola. Severus
ci ha abbondantemente messo al corrente dei fatti al nostro arrivo…»
«Avrei voluto vederlo parlare positivamente di Sirius, ma sì così è!» disse lui con un sorriso mesto, ma
divertito nonostante la situazione.
Era vero che gli eventi avevano mostrato loro che
tutto poteva essere l’opposto di tutto, ma avevano capito fin dal primo momento
che Sirius e Remus erano
assolutamente identici ai loro: dalla nobiltà d’animo alla loro salda amicizia,
perfino al non andare d’accordo con Severus.
Bellatrix aveva una mano
sul petto, non riusciva a calmarsi. Si sentiva a disagio, aveva paura che
adesso la sua identità sarebbe stata in pericolo e ancor peggio che Sirius potesse esserlo. Nulla avrebbe potuta collegarla
alla sua doppelgänger adulta. Aveva quattordici anni
meno di lei, era giovane, ancora bellissima e fortunatamente ben lontana dalla
sua follia e dal suo aspetto consumato… ma questo non la tranquillizzava.
Remus si accorse del suo
stato d’animo, poteva farsi un’idea solamente da cosa poteva essere dovuto e
reagì al riguardo.
«Sai avevo intenzione di parlarti circa Sirius…»
La giovane alzò lo sguardo finemente truccato con
sfumature di nero e grigio, deglutì, mentre anche Andromeda e Lily osservavano
l’uomo nervoso.
«Tua sorella era preoccupata, per te e… anche io mi
sentivo di metterti all’erta sugli amori fugaci del mio più caro amico, ma ho
visto nei suoi occhi qualcosa di inaspettato. In virtù di questo mi sento
invece dunque di chiederti di occuparti di lui. Sirius
odia rimanere rinchiuso, teme per Harry e il suo carattere focoso…»
«Potrebbe fargli fare qualche sciocchezza…»
concluse lei assentendo piano.
«Già!»
«S-Sì gli parlerò tranquillo…»
Remus la ringraziò con il
suo solito modo di fare gentile e riservato, si alzò e posò una mano sulla spalla
di Andromeda.
«Ero qui per vedere Silente… ma mi chiedevo, se hai
ancora tempo ti andrebbe una passeggiata?»
Improvvisamente tutti sembravano essersi
dimenticati dei loro problemi. Andromeda arrossì e Bellatrix
e Lily si guardarono con fare complici affermando che entrambe avevano da fare
e così congedarsi.
Con tutte le preoccupazioni che le ragazze e Severus avevano circa gli eventi e la possibilità di
riuscire mai a trovare un modo per rimandare le ragazze a casa, gennaio parve
passare a una velocità allarmante. Prima che Andromeda se ne rendesse conto,
arrivò febbraio, portando con sé un clima più umido e mite e l’attesa del suo
appuntamento con Remus. Lui l’aveva invitata per
andare al villaggio insieme e lei aveva accettato.
Nell’ultimo periodo si erano molto avvicinati e lei
con il peso di ciò che in sospeso aveva lasciato nella sua dimensione, non poté
che non sentirsi coinvolta da quelle emozioni mai sopite dentro di lei.
Lui pareva un po’ preoccupato per la sua età, era
vero che sette anni di differenza non erano poi così tanti, ma era anche vero
che lui si sentiva vecchio il doppio. La sua natura poi non lo aiutava a
lasciarsi andare, ci aveva già messo una pietra sopra alla possibilità di
amare.
Oltretutto a quello si aggiungeva Ninfadora, ogni volta che erano insieme lei pareva
comparire dal nulla e andarsene sempre piuttosto indispettita. Remus non lo aveva notato, ma Andromeda sì e sapere che era
sua figlia se possibile la
sconcertava ancora di più.
«Ehm non lo so, non sono certa di starle simpatica…»
mormorò lei, mentre camminando per Hogsmeade, addobbata per San Valentino,
stava mangiando una frittella calda. Ne era golosa da sempre, Remus era al suo fianco e sorrideva a capo chino. Le
braccia dietro la schiena.
«Tonks? Oh no, secondo me
si indispettisce solo perché la chiami con il suo nome!»
«Il suo nome! Certo! Lo odia… è che non lo faccio
apposta giuro!» si scusò lei sbattendosi una mano sulla fronte.
Era adorabile avvolta nel suo lungo mantello verde
chiaro dello stesso colore dei paraorecchie. Con i capelli ramati pareva un
elfo dei boschi.
«Che tu non lo faccia apposta, tranquilla, ne sono
sicuro… sei una ragazza pura Cassiopea…»
Ogni volta che lui pronunciava il suo nome
inventato era come se fosse la parola che spezzava l’incantesimo. Le ricordava
che stava solo recitando una parte, che poi era una mezza verità. Lei era
sempre sé stessa.
Remus si accorse del suo
cambio d’umore e quando lei si scurì in volto fermandosi e gettando il pezzetto
di frittella calda che le era rimasto si preoccupò.
«Ho detto qualcosa che non dovevo?» le chiese
cercando il suo sguardo. Lo stesso che sollevò, mentre si sforzava di sorridere
scuotendo il capo. Le gote arrossate. Il viso tondo leggermente malinconico.
«Eppure ho la sensazione che così sia…» l’ammonì
lui con dolcezza, mentre alzando un dito le toglieva dei granelli di zucchero
dal lato della bocca. Lei sorrise imbarazzata. Toccandosi dove lui l’aveva
appena sfiorata. E poi tutto fu assolutamente naturale.
Il loro trovarsi vicini, il suo alzare il capo
verso di lui, era più alto dunque troneggiava un poco su di lei. Da vicino notò
meglio la sua pelle stanca, le rughe e perfino i fili d’argento che gli
striavano i capelli. Fu proprio lì che lo toccò, portandoglieli un po’ indietro
visto che il vento dispettoso lo spettinava. Lui avanzò ancora un poco verso di
lei, le posò una mano calda sul lato del volto e poi abbassandosi, le loro
labbra si sfiorarono. All’inizio saggiandosi solo, quasi a prendere le misure…
ad abituarsi a quel contatto e poi lievemente divenne un bacio sempre un poco
più… vero… approfondito.
Andromeda aveva gli occhi chiusi, ma le parve di
vedere il suo Remus. Lo stesso aspetto un po’
trasandato e sciatto, ma il cuore d’oro. Il suo viso giovane, il suo sorriso
contagioso… Baciò con più passione Remus stringendosi
a lui, mentre finalmente lo vedeva.
Di nuovo con lui, confessargli ciò che provava e lui ricambiare… ricordandole i
loro momenti passati insieme… Ma fu allora che Andromeda poggiò le mani sul
petto di lui e lo allontanò interrompendo il loro bacio.
«Non posso scusa…»
«S-Scusa, magari tu non volevi ed io…»
«Oh no, no… volevo eccome…»
Lo tranquillizzò immediatamente lei guardandolo. Ma
poi prese una mano tra le sue, doveva essere onesta con il suo cuore e per
quanto possibile anche con lui.
«Io ho lasciato il mio cuore in sospeso e lasciarmi
andare con te mi fa sentire, come…»
«Se lo tradissi?»
Andromeda arricciò il naso e assentì.
«Forse non ci sarà possibilità, ma… devo prima
esserne certa!»
Remus la capì molto bene,
anzi se possibile ora l’ammirava e gli piaceva ancora di più per quello. Ma
avrebbe rispettato il suo desiderio. Lei lo comprese e appoggiando il capo sul
suo petto si lasciò abbracciare, chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo
esprimendo un solo e semplice desiderio: che sarebbe potuta tornare da lui a
dirgli quanto l’amava.
Un paio di settimane dopo il sogno su Rookwood, Harry si trovava ancora una volta in ginocchio
sul pavimento dell’ufficio di Piton, cercando di
schiarirsi la mente. Era appena stato costretto a rivivere un flusso di ricordi
molto remoti, che non sapeva nemmeno di possedere ancora, la maggior parte dei
quali riguardava le umiliazioni che gli erano state inflitte da Dudley e dalla
sua banda alle scuole elementari.
«Quell’ultimo ricordo» disse Piton,
«Che cos’era?»
«Non lo so» rispose Harry, alzandosi esausto.
Trovava sempre più difficile sbrogliare ricordi distinti dal groviglio di
immagini e suoni che Piton continuava a richiamare.
«Vuol dire quello in cui mio cugino cercava di farmi entrare in piedi nel
water?»
«No» mormorò Piton, «Voglio
dire quello con l’uomo inginocchiato nella stanza buia…»
«Non è… niente» balbettò Harry.
Gli occhi scuri di Piton
perforarono quelli di Harry. Ricordando che Piton
aveva detto che il contatto visivo era essenziale per la Legilimanzia,
Harry batté le palpebre e distolse lo sguardo.
«Come mai quell’uomo e quella stanza si trovavano
nella tua testa, Potter?»
Lily non avrebbe dovuto udire quella conversazione,
ma considerando che con le sorelle stava cercando di mettere insieme i pezzi
degli eventi – nonostante il continuo intervento di Severus
che tentava di evitarlo – pensava che spiare il figlio fosse una buona idea.
Non la sorprendeva pensare che da grande anche il
suo Harry avrebbe potuto essere così con un talento naturale, come il padre,
per cacciarsi nei guai. Infatti dopo averlo involontariamente origliato
parlando con i suoi amici, anche Eda si era fatta attenta e presto avevano
scoperto quanto fossero coinvolti e conoscessero degli eventi, a tratti
probabilmente più dei diretti interessanti.
Aveva promesso di non approcciarlo, sarebbe stato
rischioso più di qualsiasi altro legame che stavano stringendo, anche quello
tra Bellatrix e Sirius lo
era… ma dopo averle parlato capì che se lei non lo faceva per evitare di
modificare la propria linea temporale, lei pareva invece far di tutto per
riuscirci.
Questo unito al fatto che aveva saputo delle
lezioni di Occlumanzia non poté fare a meno, con
attenzione, di assistervi ben attenta a non farsi scoprire nel corridoio buio
ad ascoltare dietro la porta chiusa. Digrignò spesso i denti per il modo
terribile in cui Severus lo trattava, ma cercò di
sbollire la rabbia concentrandosi sulle loro parole. Sapeva del legame di Harry
con l’Oscuro Signore in quella realtà e la cosa le dava i brividi, ma quindi
questo significava che dopo due mesi di lezioni lui non aveva fatto nessun
progresso. Quando lo sentì pronunciare «Solo
quello» capì lontano un miglio che mentiva, lo conosceva troppo bene. Anche
se il suo bambino era molto più piccolo di quel piccolo uomo, ciò non toglieva
che in un certo qual modo era sempre sua madre…
Fu l’improvviso urlo di Severus«BASTA COSI’!» a farla sobbalzare, il
tutto poi era stato seguito da un rumore simile a un colpo e vetri che si
rompevano. Avrebbe voluto entrare, ma si trattenne.
«POTTER!»
Harry aprì gli occhi. Era di nuovo disteso sulla
schiena, senza alcun ricordo di come ci era finito; stava ansimando, come se
avesse davvero corso lungo il corridoio dell’Ufficio Misteri, avesse davvero
oltrepassato la porta nera e trovato la stanza circolare.
«Spiegati!» esclamò Piton,
torreggiando su di lui, furioso.
«Io… non so che cos’è successo» disse sinceramente
Harry, alzandosi. Aveva un bozzo sulla nuca, dove aveva sbattuto, e si sentiva
febbricitante. «Non l’avevo mai visto prima. Glielo detto, ho sognato la porta…
ma non si era mai aperta…»
«Non ti impegni abbastanza!»
Per qualche motivo Piton
sembrava più arrabbiato adesso che due minuti prima, quando Harry aveva visto i
suoi ricordi.
«Sei pigro e sciatto, Potter, e non mi meraviglia
che l’Oscuro Signor…»
«Mi dice una cosa, signore?» domandò Harry, accalorandosi di nuovo. «Perché chiama Voldemort l’Oscuro Signore? Ho sempre sentito solo i Mangiamorte chiamarlo così.»
Piton apri la bocca in un
ringhio… e una donna entrò nella stanza. Entrambi si voltarono a guardarla.
Harry la riconobbe come la nuova bibliotecaria e approfittando della sua
entrata prese le sue cose e furioso se ne andò.
Lily attese che uscisse e poi chiudendo gli occhi,
con i pugni serrati, affrontò Severus. Gli arrivò
vicinissima, il viso a pochi centimetri.
«Si può sapere perché lo tratti così?»
«E tu da quando origli ed entri senza bussare?»
«Non è questo il punto! Dovresti aiutarlo non
vessarlo! Non mi stupisce che non si impegni!»
«Ah e ora sarebbe colpa mia di questo?»
«Assolutamente sì! Ti odia e non lo biasimo. Lui
NON è James!»
Quelle parole parvero scottare l’uomo che
voltandosi di scatto si allontanò dalla donna e si voltò verso la propria
cattedra. Le mani sul pensatoio di pietra, il viso dal naso adunco illuminato
dalla luce tenue dei suoi pensieri che dentro vi vorticavano.
«Eppure è sfrontato, maleducato e arrogante come
lui!» mormorò lui a denti stretti prima di voltare il capo verso Lily che lo
guardava con sguardo di fuoco.
«Non l’hai mai superata vero? Non hai mai superato
il fatto che lei lo abbia scelto…»
mormorò come se improvvisamente tutto le fosse più chiaro, ma ciò parve solo
farlo infuriare di più.
«Zitta!»
«Tu lo odi perché quando lo vedi, non vedi Harry…
vedi James… vedi come quello è il figlio che Lily ha avuto da lui… non da te…»
«Zitta!»
«Ha i miei occhi e questa è la stilettata finale,
perché è la certezza che non sei mai stato abbastanza… che non hai fatto
abbastanza… che sei stato debole e codardo e che per questo oltre non averla
mai avuta, l’hai anche persa!»
«ZITTA!»
Ma anche se lui adesso le era di fronte fuori di sé
e livido in volto, lei non si mosse di un centimetro, anzi se possibile lo
guardò con lo stesso identico sguardo che aveva Harry solo pochi minuti prima.
Lily scosse il viso disgustata, non riusciva a vedere nulla in quell’uomo che
gli ricordasse quello di cui lei si era innamorata. Quello che amava. Con occhi
lucidi e facendo un passo dietro con il viso in alto, gli fece ben capire che
non lo faceva per paura, ma per mettere quanta più distanza tra loro. Voltò le
spalle e uscì, mentre Severus sprofondava
maggiormente in una spirale di dolore e delusione. Di rabbia e frustrazione.
«Mettilo
giù…» gridò Lily. La sua espressione furiosa aveva un attimo quasi ceduto il
posto al sorriso.
«Ai tuoi
ordini» James fece scattare la bacchetta all’insù, e Piton
si afflosciò a terra. Districandosi dalla veste, si rialzò rapido, la bacchetta
pronta, ma Sirius gridò: «PetrificusTotalus!» e Piton cadde di
nuovo, rigido come un palo.
«LASCIATELO STARE!»
urlò Lily, ed estrasse a sua volta la bacchetta. James e Sirius
la fissarono preoccupati.
«Dai Evans,
non costringermi a farti un incantesimo» disse ansioso James.
«Allora
liberalo!»
James
sospirò, poi si voltò verso Piton e mormorò un contro
incantesimo.
«Ecco fatto»
disse, mentre Piton si rialzava a fatica. «Ti è
andata bene che ci fosse Evans, Moccious.»
«Non mi serve
l’aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!»
Lily trasalì.
Quel ricordo vorticò improvviso nel Pensatoio di Severus, ma anche nella mente di Lily. Ma c’era una
sostanziale differenza, qualcosa che aveva posato le fondamenta sulle quali
poco per volta era cresciuto ciò che lei aveva scoperto provare per lui.
«Ecco fatto»
disse, mentre Piton si rialzava a fatica. «Ti è
andata bene che ci fosse Evans, Mocciosus»
Severus si era alzato
in piedi e nemmeno il tempo di James di ridersela con Sirius
che lui aveva già riversato verso di loro un incanto oppugno che fece comparire
degli adorabili uccellini che poco dopo si scagliarono sui due Malandrini.
Tutti iniziarono a ridere di loro, anche Lily sotto i baffi, mentre osservava Severus lanciarle un timido sguardo di ringraziamento, per
poi allontanarsi approfittando che le attenzioni non erano più su di lui.
«Ehi
Evans… Evans… unamano?»
Ma Lily dopo
aver squadrato James da capo a piedi si strinse maggiormente i libri al petto
senza muovere un muscolo. «Sempre a spettinarti i capelli perché ti sembra
affascinante avere l’aria di uno che è appena sceso dalla scopa, sempre ad
esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei corridoi e
lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo perché sei capace… sei
così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra! Mi dai
la NAUSEA!»
E girando i
tacchi se ne andò ignorando le suppliche di James di aiutare lui e Sirius di liberarsi di quei maledetti uccellini. Dal canto
suo Lily ridacchiava tra sé e sé senza poter far a meno di pensare quanto
l’arguzia di Severus l’avesse colpita.
PARALLELES-2
(1984)
«Davvero non ha fatto nulla? Cioè semplicemente ha
preso e se ne è andata?»
«Oh sì e una volta, quando le chiesi di uscire, mi
rispose perfino “Non accetterei nemmeno
se dovessi scegliere fra te e una piovra gigante”.»
«Sì decisamente molto da Lily!»
James si era appena esibito in una perfetta
imitazione della ragazza, mentre Petunia lo ascoltava ridendo come non faceva
da un sacco di tempo. Non si era mai soffermata a pensare quante cose di sua
sorella non sapesse, quanti aneddoti e ricordi di cui avrebbe potuto fare parte
e da cui volutamente si era sottratta. Questo la rese
improvvisamente malinconica.
«Se penso a quante occasioni ho perso, di come la
nostra vita avrebbe potuto essere diversa, mi… viene un magone… qui al centro
del petto…» mormorò lei picchiettandosi tale parte con una mano.
Era passato un mese dalla morte di Lucius e Narcissa stava
combattendo strenuamente per non ricadere nella depressione. Purtroppo era
stato uno choc molto grande e seppur lei non amasse più da tempo quell’uomo, ciò
non toglieva che averlo ucciso l’aveva fatta entrare in un loop
mentale discendente. Pensava che non ci fosse salvezza, che non avrebbe mai
potuto redimere il suo nome e la sua eredità, che fosse scritto nel suo sangue
come una maledizione che mai le avrebbe permesso di rompere il circolo vizioso
in cui era nata e cresciuta. Temeva che anche per Draco
non ci fosse speranza e questo aveva portato Petunia a doversi riprendere cura
di lei giorno e notte. E con lo studio, il doversi prendere cura di Dudley e Draco, lavorare, c’erano giorni in cui non riusciva nemmeno
a respirare.
Era così che una sera, dopo che tutta la casa si
era addormentata, si era seduta sulla panchina intagliata proprio fuori
dall’abitazione, accanto alla porta. E bevendo un tè era rimasta a guardare la
luna nel silenzio del villaggio. James era passato per caso, di ritorno dai Tre Manici di Scopa e avevano scambiato
due parole, lei si era sfogata e da allora ogni tanto lui la raggiungeva e
semplicemente parlavano. Potevano essere ricordi del passato o preoccupazioni
del presente, l’obbiettivo era conoscersi, darsi una possibilità e alleggerirsi
dalle proprie pene.
«Sai sono giunto a una conclusione… Che ci si
imbatte nel destino proprio sulla strada per evitarlo…»
Entrambi avevano il viso rivolto verso la strada,
ma alla frase di lui lei si voltò assentendo un poco pensierosa. Effettivamente
entrambi si erano riscoperti simili nel loro essere estremamente testardi circa
il credere cosa volessero. Si erano ossessionati a tal punto che avevano fatto
di tutto per evitare di vedere
determinate cose, accettarne altre e sentirne altre ancora che preferivano
fingere non esistere. Solo che così facendo erano stati sospinti, forse,
esattamente sulla strada che li attendeva.
Per Petunia era accettare, comprendere e accogliere
il mondo della magia e tutto ciò che ne era derivato: abbracciare i suoi sogni,
riscoprire la sua indipendenza e contro ogni previsione trovare amicizie vere.
Per James era stato pressoché simile. Era accettare
che forse Lily lo amava, non come sperava. Comprendere che un amore che finisce
non sotto intende infrangere la promessa della famiglia che si è creata e
infine accogliere la possibilità di dover andare avanti senza di lei.
Petunia si accarezzò le braccia in un chiaro segno
che indicava quanto freddo provasse e James non ci pensò due volte a togliersi
la giacca e posargliela sulle spalle. Lei lo guardò sorridendo e poi entrambi
tornarono a guardare le stelle, uniche testimoni dei loro pensieri.
I prati intorno al
castello luccicavano sotto il sole come se fossero stati verniciati di fresco;
il cielo limpido sorrideva sulla levigata, scintillante, superficie del lago;
l’erba verde e setosa era increspata a tratti da una brezza gentile. Giugno era
arrivato, ma per Petunia voleva dire solo una cosa: incombeva l’ombra
minacciosa degli esami. Per lei sarebbe stato non proprio come per gli
studenti, ma aveva insistito per tenerli, quando aveva scoperto che senza gli
stessi non avrebbe mai potuto alla fine praticare nel mondo magico e a quel
punto che senso aveva avuto tanto studio.
«Pensavo lo facessi
solo per una questione di salute…» gli disse un pomeriggio James, mentre con
lei camminava per il parco passando accanto le serre di Erbologia
dove si stavano tenendo ormai le ultime lezioni dell’anno.
«All’inizio! Madama
Chips e Silente hanno registrato in me grandi miglioramenti e il motivo per cui
ho iniziato tutto questo diciamo ha trovato il suo motivo di essere, ma ora si
tratta di ben altro! Si tratta di me! Ho scoperto che per diventare guaritori è
necessario prendere O ai M.A.G.O. di Pozioni, Incantesimi, Erbologia,
Trasfigurazione e Difesa Contro le Arti Oscure...» e mentre lo diceva Petunia
indicava le materie con le dita. Era sovrappensiero e così entusiasta di ciò
che stava raccontando che nemmeno si accorse il modo in cui James la stava
guardando.
«Insistendo per questi
esami otterrei una sorta di attestato come se avessi frequentato quattro anni…
così facendo continuerei con il corso serale, ma potrei aspirare ai G.U.F.O. e
tra 2 anni ai M.A.G.O. Avrei trentatré anni per allora, lo so… ma Silente mi ha
assicurato che mi prenderebbe ufficialmente a lavorare ad Hogwarts e Madama
Chips sembra apprezzare oltre ogni misura un po’ di aiuto…»
Solo allora Petunia si
era fermata fissando James quasi preoccupata. Si toccò il viso e poi si guardò
addosso.
«Ho qualcosa che non
va?»
«No…»
«Allora perché mi
fissi?»
«Perché ero
affascinato dal sentirti parlare, così appassionata. Così decisa… avresti
dovuto guardarti in volto… eri luminosa…»
A quella frase Petunia
sorrise quasi imbarazzata, i capelli al sole avevano una fredda sfumatura
ramata pur rimanendo castani. Le cadevano mossi fino a metà schiena,
ultimamente amava acconciarli in onde morbide. Entrambi ripresero a ridere e
scherzare, mentre da una delle alte torri del castello qualcuno da lontano li
osservava.
Severus si trovò
per l’ennesima volta nella sua vita a provare invidia e rabbia nei confronti di
James Potter. Era appoggiato a una delle merlature, mentre alzava lo sguardo
dalla coppia complice al paesaggio intorno a sé. Non si trattava certamente di
provare quei sentimenti per ciò che alla sorella di Lily lo stava iniziando a
legare, dall’arrivo di Petunia al castello molto poco ci aveva avuto a che
fare. Il suo carattere schivo e scontroso non lo rendeva simpatico e tanto meno
facile d’approcciare e poi semplicemente amava la sua solitudine.
No. Si
trattava di altro. Si trattava che Potter più si comportava male, lo aveva
fatto anche con lei, e più otteneva ciò che voleva. Lui non perdeva mai ciò che
amava, anzi pareva che più fosse arrogante e spocchioso e più tutte le fortune
e le soddisfazioni gli venivano date. E lui? Lui era destinato a vivere di
ricordi, di scelte mai prese e rimpiangere occasioni che mai sarebbero tornate.
In cuor
suo era come se fosse certo che Lily fosse da qualche parte, non era
semplicemente il non accettare la sua morte, era percepire chiaramente la sua
presenza nel suo cuore. Vicina, ma lontana.
Andava
spesso sulla tua tomba e tutte le volte sperava quasi che quel fremito
cessasse, affinché gli desse un po’ di pace. Ma no, quello pareva invece
aumentare e per di più negli ultimi mesi aveva iniziato a fare strani sogni. In
essi lei c’era sempre, ma era diversa e in uno in particolare… lei era furiosa.
Gli faceva sempre male vederla così eppure nonostante vivesse tutto in prima
persona era certo che non parlasse con lui… perché all’interlocutore che lui
interpretava lei parlava del suo Severus. Di lui.
«Avevo
percepito un’interferenza nel tessuto della magia… ma pensavo fosse l’età a
giocarmi un brutto scherzo!»
La voce di
Silente fece scattare sull’attenti il giovane uomo, non si aspettava la sua
presenza, ma quello raggiungendolo gli batté la mano sulla schiena con un
sorriso gioviale. Lo sguardo azzurro nascosto dietro gli occhiali a mezzaluna
si perse sul paesaggio intorno a loro. Il sole rendeva tutti i colori più
vivaci e i suoi raggi scaldavano fin dentro al cuore.
«Un mio
caro amico, molto tempo fa era interessato alla teoria circa alla quale
esistevano 53 versioni di un'unica realtà. Stessa storia, stessa cronologia
degli eventi, ma scelte diverse…»
Severus attonito
osservava il saggio mago al suo fianco. Stava raccontando quella storia con
sguardo lontano e non solo perché perso all’orizzonte, ma anche perché
probabilmente rivolti verso ricordi di un passato lontano.
«Mi sta
dicendo che esistono 52 versioni di tutto questo?» chiese lui indicando tutto
ciò che li circondava.
«Di
questo, del mondo magico, quello babbano, del mondo intero… di me… di te e di
tutti noi…»
Severus si toccò
la fronte come a volersi assicurare di non avere la febbre, Silente ridacchiò
amorevolmente mentre si appoggiava con i gomiti sui mattoni della merlatura per
godersi meglio quel caldo pomeriggio di giugno. Anche lui vide James e Petunia
e dopo aver sorriso li indicò all’uomo al suo fianco.
«Da
qualche altra parte forse Petunia non è mai tornata sui suoi passi continuando
a serbare rancore nei confronti di sua sorella… in un altro ancora potrebbe
essere stata lei la strega di famiglia e non viceversa…»
«E in uno
Lily potrebbe non avermi mai amato…» lo disse tra sé e sé, ma era come se fosse
una consapevolezza. Non che lo riguardasse o meglio che lo facesse, ma non a
quella sua versione.
«Ma
Silente lei come fa a saperlo?»
Il giovane
professore non aveva dimenticato tutto quello che l’uomo aveva fatto per lui,
come lo aveva difeso al processo, come era riuscito a dimostrare il suo sempre
essere stato contro il Signore Oscuro e seppur lui lo faceva per conto suo,
Silente disse che stava agendo sotto suo ordine. Gli aveva salvato la vita e fu
fiero e felice quando lui gli propose di divenire non solo Professore di
Pozioni, ma anche capo casa di Serpeverde. Dopo la
perdita di Lily lui non aveva più ragione di vivere e Silente gliene aveva data
una.
«Non mi
hai mai voluto raccontare cosa accadde quella notte, ma ho sentito la
testimonianza di tutti… Mi ha colpito molto ciò che Potter, Black e Lupin
riportavano circa fulmini blu, vento, strani movimenti tettonici e la scomparsa
improvvisa di Lily Evans, Bellatrix Black e sua
sorella Andromeda. Ho visitato la casa prima dell’arrivo degli Auror, avevo sentito una turbolenza… ho notato il calderone e seppur non sono riuscito mai a
capire cosa vi era… ho riconosciuto qualcosa nell’aria qualcosa che mi
ricordava molto la magia delle giratempo… Sai Severus fa un profumo molto particolare… impossibile non
riconoscerlo!»
Silente
ora si era alzato e fronteggiando il suo ex studente gli aveva posato le mani
sulle spalle, lui fasciato nel suo solito austero abito nero lo guardava
confuso e colpito. Sapeva che Silente fosse un mago di straordinario talento
eppure riusciva sempre a stupirsi.
«Da allora
ho fatto alcuni sperimenti… chiamiamoli così…» mormorò sbattendo le mani tra
loro e muovendo il capo con fare complice, Severus fu
sicuro di vedere perfino un occhiolino.
«E questi
mi hanno portato… a me. O meglio a una versione più grande di me… in un altro
spazio o tempo…»
«Lo avete
incontrato?» la voce del professore perse il suo tono controllato, diventando
più calda e curiosa.
«In un
certo senso… i primi contatti sono stati onirici, poi abbiamo trovato un
compromesso attraverso il pensatoio… è molto complicato perché non si tratta di
ricordi e pensieri, ma… questo mi ha permesso di giungere a una conclusione,
che solo adesso posso condividere con te. Perché ne ho la certezza…»
Severus si era
sporto verso di lui. Si tormentava le mani, gli occhi lucidi e speranzosi.
«Le mie
brillanti ex allieve sono tutte vive e vegete. Ho chiesto al mio doppelgänger di prendersene cura. Tuttavia entrambi
concordiamo che la questione andrebbe risolta e in questi mesi abbiamo lavorato
a una soluzione…»
«La
pozione che abbiamo creato è impossibile rifarla, alcuni ingredienti erano
unici nel suo genere, ci vorrebbero anni prima di averne alcuni disponibili!»
La voce di
Severus si era fatta concitata e preoccupata, mentre
si passava una mano sul mento con fare ansioso.
«Ci
sarebbe un’alternativa, ma è alquanto… come dire… complessa…»
Il
professore si fermò, ma vedendo lo sguardo concitato dell’uomo di fronte a sé
decise di non tenerlo ulteriormente sulle spine. Dalla lunga veste lilla chiaro
e oro, tirò fuori una giratempo dalla sabbia
argentea.
«Dodici
giri di questa dovrebbero bastare, ma il tempo a disposizione è minimo. Un’ora
sola per trovarle e riportarle indietro…»
«È
impossibile, è troppo poco… come? Come potrei fare? Io…»
«Per
questo ho bisogno che tu aspetti il mio segnale. Conservala e quando te lo
comunicherò non perdere nemmeno un secondo. Dodici giri né uno in più né uno in
meno. Tienile vicine, un po’ come per una passaporta…
assicurati tocchino la giratempo allo scadere
dell’ora. È un’unica possibilità, chi rimarrà indietro lo rimarrà per sempre…
questa…» e indicò il prezioso monile, «sarà inservibile una volta usata…»
Silente
chiuse la mano ove sul palmo aveva messo a Severus la
giratempo. Lui fissò il proprio pugno e poi se lo
portò sul cuore tirando un lungo sospiro. Trovò calma e stabilità e poi con
sicurezza osservò Silente facendogli un leggero cenno del capo. Uno che
indicava quanto si fidava totalmente e ciecamente di lui, di come gli era grato
e che avrebbe
seguito ogni suo ordine.
PARALLELES-1 (1996)
«Sirius?»
una voce rimbombò nella vuota e immensa cucina di GrimmauldPlace numero 12. «Sirius,
ci sei?»
Purtroppo nessuno la
udì e l’unica persona che rispose alla galleggiante testa nel camino di Harry
Potter fu il pessimo elfo domestico Kreacher.
Sirius
non udì mai quella discussione e nemmeno la donna con lui, ma lo incrociò
quando dirigendosi verso le cucine, lo vide uscire dalle stesse. Una frase non
gli sfuggì, prima che si incrociasse con lei. «Il padrone non torna più
dall’Ufficio Misteri! Kreacher e la sua padrona sono
di nuovo soli!»
«Razza di…»
La frase di Harry
rimase a metà e quando Vesta entrò nella stanza era già scomparsa, si voltò con
rabbia verso l’elfo che tremante iniziò a sbattere il capo alla parete.
«Cosa diavolo hai
combinato! Elfo maledetto!» disse lei in preda al panico, prima di correre di
corsa al piano di sopra. Sirius era andato a dare da
mangiare a Fierobecco e lo incrociò sul pianerottolo
appena uscito dalla soffitta.
Vesta aveva il
fiatone, una mano sul fianco e la voce rotta. Si erano sentiti spesso in quel
periodo attraverso lo specchio, la notte prima di dormire o in altri momenti.
Soprattutto dopo il terribile articolo sulla Gazzetta del Profeta si era sentita in dovere di evitare che lui
facesse sciocchezze, ma in egual misura questo la agitava. Temeva che prima o
poi guardandola negli occhi si sarebbe accorto chi lei veramente fosse, il
sapere che la sua doppelgänger era libera la faceva
tremare. Non sapeva minimamente della sua esistenza eppure temeva che avrebbe
potuto cercarla.
«Vesta che è
successo?» chiese Sirius preoccupato avvicinandosi
alla donna che giorno dopo giorno gli rubava sospiri e il cuore, un pezzo alla
volta.
«Kreacher!
Harry ha appena tentato di mettersi in contatto con te, non ho fatto in tempo a
parlargli, ma quell’elfo maledetto temo gli abbia fatto credere che tu fossi in
pericolo… al… al… aspetta… ah sì! All’Ufficio Misteri!»
A quella frase Sirius era già scattato, ma Vesta velocemente si era
voltata fermandolo per un braccio.
«Non puoi andare!»
«Certo che andrò!
Sicuramente questa è una trappola… ad ogni modo non posso rischiare…»
«Sirius
sai che non puoi lasciare la casa!»
«E so anche che sei
qui perché Lunastorta te lo ha chiesto, teme che
faccia una pazzia!»
Lo disse con quel suo
solito sorriso sghembo, mentre lei scuoteva il capo. Il carattere deciso e sconsiderato
era identico in ogni dimensione, credeva che potevano esistere tante versioni
del mondo, ma era certa che in ognuna Sirius Black
sarebbe sempre stato lo stesso.
«E va bene! Ma
avvisiamo gli altri e io vengo con te!» disse decisa e lui immediatamente le
prese il viso tra le mani e avvicinandosi le diede un bacio sulle labbra.
«Per questo ti amo!»
quasi non si accorse di ciò che aveva detto, ma lo sguardo di Vesta glielo fece
velocemente notare. Si sentì a disagio, non era da lui. Velocemente si voltò
per scendere le scale e lei lo seguì, il suo sbigottimento era dovuto ad altro.
Ne era felice, ma sentiva sempre più vicina la sensazione che quella bolla di
bellezza e felicità si sarebbe presto infranta.
Prima di lasciare GrimmauldPlace attraverso i metodi concordati dell’Ordine ne
vennero avvisati i suoi membri e, con immenso piacere, Bellatrix
poté notare che Lupin, Moody, Tonk e Kingsley avevano risposto alla chiamata.
Ma non erano soli, con loro c’erano Lily e Andromeda.
Quando il gruppo entrò al Ministero ci mise un po’
a trovare i ragazzi, ma la fortuna era che il caos fosse molto e tra la loro
presenza e quella dei Mangiamorte non fu difficile seguire le briciole di pane, per trovarli. E quando accadde fu in
una misteriosa stanza dalla luce fioca e dalla forma rettangolare. La sua
particolarità era dovuta al fatto che al centro era concava formando una cavità
rocciosa profonda poco più di sei metri. Loro erano sulla fila superiore di una
serie di panche di pietra che correva tutt’attorno alle pareti e scendevano
sino in fondo alla cavità, ripide come i gradini di un anfiteatro. Al centro si
trovava una piattaforma di roccia sulla quale si ergeva un arco di pietra così
antico, rovinato e pieno di crepe, che c’era da meravigliarsi che fosse ancora
in piedi. Privi di pareti che lo reggessero, l’arco era chiuso da una logora
tenda nera, una specie di velo che, nonostante l’assoluta immobilità dell’aria
fredda tutto intorno, fluttuava come se qualcuno l’avesse appena toccata.
Fu difficile per le tre sorelle Goldstein essere attente e allerta perché, per la prima
volta dal loro soggiorno in quel luogo, percepivano tutto il loro disagio. Come
se fin dentro le viscere provassero quanto ciò fosse errato. Quando Malfoy levò la bacchetta verso di loro, Andromeda, che ne
incontrò lo sguardo, si pietrificò. Quel Lucius che tanto aveva ferito sua
sorella e che non aveva la minima idea di quanto una minaccia poteva ancora
essere per lei e suo nipote l’aveva congelata sul posto impedendole di muovere
un muscolo. Grazie a Dio Tonks fu molto più reattiva
e gli spedì immediatamente contro uno schiantesimo.
Scoccò un’occhiata infastidita a Cassiopea, come a incitarla a rendersi conto e
poi si allontanò per buttarsi nella mischia.
Tutti i Mangiamorte erano concentrati su di loro,
che velocemente scesero i gradini di pietra facendo piovere sugli stessi un
incantesimo dopo l’altro.
Sirius era impegnato
contro un Mangiamorte a tre metri di distanza; Kingsley supportato da Lily ne
stava fronteggiando due; Tonks, ancora a metà
discesa, sparava incantesimi contro Bellatrix… Vesta per non cedere a quella vista e la
sensazione che le dava essere nella stanza con lei si era lanciata in duello senza esclusioni di colpo contro un
Mangiamorte, era talmente tanto l’accanimento che non si vedevano quasi le loro
bacchette.
Malocchio che nel mentre aveva notato la difficoltà
in cui si trovava Harry diede una spallata al Mangiamorte che lo stava mettendo
in difficoltà e mentre lui riprendeva a confrontarsi con Dolohov,
Harry si allungò per trattenere con la punta delle dita quella che pareva una
sfera di cristallo.
«Harry… fuori di qui… ora! VAI!»urlò Sirius
individuando il proprio figlioccio, mentre l’uomo riusciva a scampare per un
soffio a un getto di luce verde. Vesta stava già correndo verso di lui, mentre
Cassiopea –dopo essere colpita da un incantesimo – iniziò a rotolare rimbalzando
sui gradini.
«Harry, prendi la profezia, agguanta Neville e
vattene!» urlò Sirius, correndo verso Bellatrix. Vesta che era accanto alla sorella,
assicurandosi che stesse bene, assistette alla scena, ma presto Lily entrò nel
suo campo visivo duellando con il butterato Rookwood.
Il caos era totale e tutto pareva perduto se non
fosse che improvvisamente l’arrivo di Albus Silente
portò speranza e fiducia. Stagliato sulla soglia della Stanza dei Cervelli, la
bacchetta levata, il volto pallido e furente. Scese i gradini in fretta,
passando accanto a Neville e Harry. Era già ai piedi della gradinata quando i
Mangiamorte più vicini si accorsero della sua presenza e urlarono un
avvertimento. Uno tentò di scappare, arrampicandosi come una scimmia sui gradini
di pietra. L’incantesimo di Silente lo trasse indietro senza sforzo, come se lo
avesse agganciato una lenza invisibile…
Soltanto due continuavano a combattere, a quel che
pareva ignari del nuovo arrivo. Vesta vide Sirius
schivare il fiotto di luce rossa di Bellatrix e
deriderla.
«Avanti, puoi fare di meglio!» le gridò, la voce
echeggiante nella vastissima sala.
Da quel momento in poi tutto fu come andare a
rallentatore. Cassiopea a terra notò lo sguardo della sorella e stringendole il
braccio scosse il capo. Aveva capito cosa volesse fare e mentre lei si alzava
Lily si lanciò in avanti per fermarla.
In quel preciso momento dei fulmini azzurri, un
vento inspiegabile e un tremare del terreno e delle fiamme delle torce confuse
tutti.
Sirius e Bellatrix si giravano intorno come il gatto con il topo,
lei aveva le spalle rivolte all’arco con il velo quando alzando il braccio per
colpire il cugino, il movimento di Vesta fu più veloce e un secondo fiotto di
luce rossa la colpì in pieno petto. La risata maligna non le si era ancora
spenta sul viso, ma il colpo le fece sgranare gli occhi. La donna parve
impiegare un’eternità a toccare terra: il suo corpo si piegò con grazia e cadde
all’indietro oltre il velo logoro appeso all’arco.
Vesta che stava correndo verso Sirius,
con ancora il braccio testo con la bacchetta puntata contro la sua doppelgänger, cadde a terra. Si tenne lo stomaco e
ansimante parve come se un maleficio invisibile l’avesse colpita.
«BELLA! BELLA!» senza alcun più attenzione ai loro
ruoli Andromeda si alzò e corse verso di lei. Tutti nella stanza la guardavano
confusa. Anche Lily la raggiunse, erano ancora sulla piattaforma. Tutti ancora attoniti
per ciò che stava accadendo, l’instabilità si fece maggiore e tutti furono
costretti a sorreggersi a qualcosa per rimanere in piedi. E poi dal nulla una
figura apparve accanto alle tre donne.
Sirius e Remus non credevano ai loro occhi, quello era davvero Piton? Piton da giovane?
Lily fu la prima a notarlo e sgranando gli occhi si
alzò in piedi, era inginocchiata accanto a Bella ed Eda, e lo abbracciò forte.
«M-Ma cosa? C-che sta succedendo… io, non…»
«Ci sarà tempo per spiegare, ora dobbiamo andare…
c’è poco tempo… sono comparso qui già cinquanta minuti fa, ma non vi ho subito
trovato… andiamo!»
Lily aiutò Eda ad alzare Bella, ma quest’ultima le
guardava ancora scossa con un malanno invisibile che la rendeva debole. Forse
uccidere la sua doppelgänger aveva creato qualche
turbolenza energetica, non lo sapeva. Tenendosi una mano sullo stomaco, debole,
fece un passo indietro guardando i tre di fronte a lei.
«Andate!»
«No! Non ti lascio qui Bella… ti prego… non
costringermi a rinunciare a un’altra sorella… ti prego…»
Andromeda piangeva, mentre i capelli le volavano di
fronte al viso.
«A casa non ho nulla Eda! Ho una vita che non è
vita, una reputazione che non sarà mai salvata… ho conosciuto solo violenza,
disprezzo e dolore… qui ho conosciuto l’amore…»
Gli occhi chiari scattarono dietro di lei, Sirius la guardava senza capire. Ascoltava ma le sue parole
non avevano senso. Lacrime le solcarono il viso come mai si era permesso che
accadesse. Ebbe un cedimento e Andromeda si fece avanti per sorreggerla e poi
abbracciarla forte. Oltre la sua spalla i suoi occhi erano su Remus che la guardava con una mano sugli occhi per
ripararsi dalla luce accecante dei lampi blu, Tonks
al suo fianco si sentiva morire. La donna che detestava era sua madre?
«Lily! Non c’è più molto tempo!»
Severus urlò per
sovrastare il rumore dei fulmini e del vento, ma Harry udì molto bene quel
nome.
«M-Mamma?» chiese guardandola deglutendo il vuoto,
lei gli ricambiò lo sguardo e in quel sorriso la vide oltre i capelli biondi e
il resto. Come aveva fatto a non accorgersene prima?
«Andate! Muovetemi! Rischiate di rimanere qui!»
Lily si gettò in avanti e abbracciò Bellatrix che la strinse con tutte le sue forze a sé.
Teneva ancora le loro mani, mentre le altre due libere le avevano posate sulla giratempo argentata. Le fiaccole si spensero, poi si
riaccesero senza più fulmini, vento o movimenti tellurici. Tutto era calmo, ma
le tre figure erano scomparse e Bellatrix osservava
il vuoto, le braccia ancora tese a stringere mani invisibili. Sopraffatta dai
singhiozzi cadde in ginocchio abbracciandosi, provando tanta felicità per la
possibilità di una nuova vita, ma al contempo tanta tristezza all’idea che non
avrebbe mai rivisto le uniche persone che aveva davvero amato.
«MAMMA!» urlò Harry. «Mamma!»
Era in fondo ai gradini, il fiato mozzo, i polmoni
in fiamme. Non poteva aver appena ritrovato sua madre e perderla. Di nuovo.
«Non puoi fare niente, Harry…»
«No! No… Dobbiamo fare qualcosa!»
«… è troppo tardi, Harry…»
Lupin lo stava trattenendo, anche lui era sconvolto
per tutto ciò che era accaduto, ma non poteva pensare a lui in quel momento.
Silente non perse tempo, nel dare disposizione
immediata su che fare per fermare i Mangiamorte presenti, mentre senza
possibilità di essere contraddetto ordinò a Remus di
lasciare Harry a lui, mentre questo si liberava e scappava via. Al contempo gli
chiese di prendere Sirius e Bellatrix
e di lasciare il Ministero. Lei doveva essere vista da Madama Chips, avrebbero
parlato al suo ritorno.
PARALLELES-2
(1984)
I tre apparvero dal nulla nel viottolo illuminato
dalla luna. Lily e Andromeda istintivamente si portarono le mani sulle braccia.
Avevano lasciato la dimensione in cui era un giugno, caldo e afoso, e lì adesso
si trovavano con i piedi affossati in neve che gli arrivava alle caviglie. Per
un istante rimasero immobili, il naso all’insù a guardare i fiocchi cadere nella
luce della luna.
Severus si tolse il
mantello e lo porse ad Andromeda, mentre passando un braccio intorno alle
spalle a Lily l’abbracciò a sé per darle il suo calore.
Il viottolo era delimitato a sinistra da rovi bassi
e selvatici, a destra da un’alta siepe molto curata.
I tratti dei tre, che avanzavano con passo lento,
scivolavano nell’ombra ogni volta che i rami degli alberi coprivano la luce
della luna. Voltarono a destra, in un ampio viale. L’alta siepe svoltò con
loro, sparendo in lontananza oltre i poderosi battenti del cancello di ferro
che sbarrava la strada.
Andromeda si bloccò preoccupata.
«Perché siamo qui?» Severus
si aprì in un sorriso tirato, faticava a mostrarsi affabile, ma voleva tranquillizzarla.
«Non temere per LuciusMalfoy, è morto…»
La ragazza sbarrò gli occhi e Lily si voltò a
guardare il volto dell’uomo a cui era abbracciata, in tutta quella confusione
solo adesso si rendeva davvero conto del suo aspetto. Della cicatrice che gli
passava lungo il viso.
«S-Sev, ma che…?»
La domanda rimase a metà. Severus
non diede ulteriori spiegazioni e invitò le due donne a proseguire con lui.
Senza esitazioni avanzarono verso il cancello di metallo scuro, attraversandolo
come se fosse fumo. Le siepi di tasso assorbivano il rumore dei loro passi.
Una bella dimora gentilizia emerse dall’oscurità
alla fine del viale; luci scintillavano dalle vetrate a rombi del piano terra.
Da qualche parte nel buio del giardino oltre la siepe gorgogliava una fontana.
La ghiaia scricchiolò al passaggio dei tre ospiti che si affrettavano verso la
porta d’ingresso, che si spalancò davanti a loro benché nessuno sembrasse
averla aperta.
L’atrio era vasto, poco illuminato, arredato con
sfarzo, uno splendido tappeto ricopriva gran parte del pavimento di pietra. I
tre si fermarono davanti a una pesante porta di legno, esitarono, poi Severus abbassò la maniglia di bronzo.
Andromeda quasi non la vide Narcissa,
quando le corse incontro in lacrime abbracciandola con tutta la forza di cui
era capace. Lei esitò per un attimo e poi si strinse così forte, quasi temesse
che tutto fosse solo un sogno.
Lily le guardò con un sorriso emozionato e poi mettendo
a fuoco l’elegante salotto notò Petunia e il suo ritirare velocemente la mano
che a James teneva. Rimase seduta a capo basso, quando questo si alzò e
andandole incontro l’abbraccio. Severus un passo
indietro li guardava. La postura rigida, mentre Lily non poté non ricambiare il
suo caldo benvenuto, era felice di vederlo. Sano, salvo e in salute.
Remus era balzato in
piedi, era seduto accanto a Narcissa e aveva avuto un
magone quando aveva rivisto le due donne rientrare. Vicino al camino, con un
braccio poggiato sulla mensola di marmo scuro, vi era Sirius.
Si manteneva a distanza, nervoso per l’attesa, ma lieto di rivederli tutti di
ritorno. Notando subito un’assenza.
«Bellatrix?» fu la sua
voce a rompere quel momento teso e tanto lieto, eppure pieno di questioni in
sospeso, domande e segreti. Si era stupito della sua domanda, non aveva mai
provato altro per la cugina se non odio e disprezzo, ma dopo la morte di Lucius
si era reso meno duro nei confronti delle sue idee. Vedere il crollo di Narcissa, volerle dare una possibilità standole vicino, non
abbandonandola, lo aveva portato a scoprire cose che… l’aveva portato a
rivalutare tutto ciò in cui credeva.
Era difficile vivere una vita intera nella
sicurezza dei propri principi, basati su verità che si credono assolute, perché
quando esse crollano cosa rimane? Nulla se non la consapevolezza di dover
rimettere tutto in discussione e non era facile…
A quella domanda Narcissa
guardò la sorella, Lily e poi Severus. Infine oltre,
quasi si aspettasse che lei entrasse. Ma allo sguardo commosso e triste di
Andromeda, non poté che piangere portandosi le mani davanti alla bocca.
«No… no…»
Lily si sentì in dovere di farsi avanti e
tranquillizzarla.
«Non è morta. Lei… lei sta bene… Lei è felice…»
Anche Andromeda piangeva, ma cercava tra le lacrime
di sorridere mentre assentiva con il capo.
«H-Ha trovato la felicità Cissy
e una seconda possibilità… non potevamo costringerla a tornare qui… dove non ha
nulla…»
La giovane dai capelli candidi parve capire, alzò
gli occhi al cielo quasi si aspettasse di vederla oltre il soffitto. Le mani
sul cuore e la felicità di saperla serena, seppur lontano da lei.
A tal proposito, Lily si voltò verso Petunia, non
credeva di vederla lì e in effetti avanzò verso di lei, mentre Sirius pareva molto colpito da quella rivelazione circa la
cugina. Ci stava ancora rimuginando, con le mani nelle tasche dei pantaloni
scuri fissando il fuoco e dando le spalle ai presenti, quando Lily senza
contenere la gioia si sedette accanto alla sorella e la abbracciò. Lei parve
trattenersi, ma alla fine non ce la fece e la strinse così forte che Lily si
sentì mancare l’aria.
«Sei orribile, il biondo non ti dona!»
Quando si staccarono ancora lacrimanti e scosse, la
giovane Evans scoppiò a ridere. Quella era la sua Petunia, quella che ricordava
quando erano bambine. Allegra, vivace, divertente… e ora che la guardava da
vicino era diversa. Aveva una nuova luce negli occhi… era… viva.
«Lily scusami… ti devo così tante scuse… per così
tante cose… perdonami… spero che un giorno potrai farlo…» senza volerlo per un
attimo aveva lanciato uno sguardo a James, ancora in piedi dietro sua sorella.
Lily non se ne accorse e scuotendo il capo le strinse forte le mani piangendo.
«Ma io l’ho già fatto, non ti devo scusare di
nulla! Oh abbiamo così tanto tempo da recuperare… e cose da dirci!»
Durante quel momento un altro si consumò. Cissy si era fatta da parte e voltandosi verso Remus gli aveva fatto segno di avvicinarsi. Fece un passo
indietro e Andromeda non ci pensò due volte a corrergli incontro e
abbracciarlo.
Lui affondò il capo tra i suoi capelli, stranito dal
suo colore, ma felice di risentirla. Lei si staccò appena e prendendogli il
capo tra le mani lo fissò. Aveva negli occhi la sua immagine più adulta. Con i
baffi, alcune striature d’argento nei capelli e alcune rughe a solcargli il
volto. Appariva più stanco e consunto della versione che aveva di fronte. Ma
non gli importava, sapeva che comunque lui sarebbe stato o diventato, nulla di
ciò che provava per lui sarebbe cambiato.
«Ti devo dire una cosa!» lo dissero all’unisono,
cosa che li fece ridere.
«Sono innamorato/a di te!» di nuovo parlarono
all’unisono e di nuovo risero, per poi sbarrare gli occhi emozionati e
finalmente incontrarsi in un bacio che sapeva di felicità pura.
Ci fu tempo per parlare, per raccontarsi, tutta la
notte si perse in quello e nella gioia si essersi ritrovati. Ci fu un momento
in cui a un certo punto Severus si era allontanato,
uscendo dal salotto e sedendosi su alcuni gradini dell’ampia scalinata che
portava al piano superiore. Lily lo notò, ma non si alzò. Non pensò che fosse
il momento e il luogo, ma con sua somma sorpresa la persona che la invitò a
raggiungerlo fu proprio James. Lei non chiese spiegazioni, certa che ci sarebbe
stato modo e così arrivando da lui si sedette al suo fianco. Allungò una mano e
prima che Sev potesse dire qualsiasi cosa, lei la
intrecciò con la propria. Appoggiò il capo sulla sua spalla e chiuse gli occhi.
Rimasero così… avvolti nel silenzio infranto solo dal chiacchiericcio
proveniente dalla sala al lato.
Narcissa aveva deciso di
tornare in quel luogo che tanta tristezza le aveva dato, lo aveva ereditato ed
era legittimamente suo. In un primo momento lo aveva rifiutato, ma poi aveva
pensato che avrebbe potuto riempirlo di qualcosa di diverso. D’amore e luce.
Quando Silente li aveva convocati, qualche mese prima raccontando loro tutta la
verità, era parsa l’idea più ovvia che Severus
sarebbe partito da lì e lì sarebbe tornato con le ragazze… lui stesso poi si
sarebbe occupato di dare una spiegazione circa la loro sparizione e il loro
ritorno…
«Ho visto l’odio che per lui provavi…» fu Severus a rompere il
silenzio. Lei sospirò e curiosa alzò il capo per guardarlo. Aveva scoperto che
la sua cicatrice era stata figlia da quella notte in cui tutto era cambiato.
Era ben visibile, ma non toglieva nulla al suo fascino, anzi se possibile lo
rendeva ancora più misterioso e attraente ai suoi occhi.
«Come fai a saperlo?»
«Facevo dei sogni, che poi Silente mi ha detto non
essere tali… e a volte avevo scorci di te… con lui…»
Lei sospirò e poi alzando una mano con la punta
delle dita gli accarezzò la cicatrice, lui chiuse gli occhi sentendo un lungo
brivido causato dal suo tocco leggero.
«Lui non
era il mio Sev. Non era te. Il suo amore per Lily
è come quello dei romanzi che tanto amo leggere. Leggendario e profondo, ma
dettato da molti errori, da un profondo egoismo e un’innegabile codardia…»
Quella parola aveva sempre il potere di
trafiggergli il petto, ma questa volta Lily gli sorrise serena, mentre gli
sollevava il viso che istintivamente lui aveva abbassato.
«Questo mi ha fatto rendere conto, di quanto tu non
lo sia mai stato. Tu hai combattuto per me… tu hai fatto le scelte giuste,
perché volevi farle. Per tutta la vita hai vissuto come una stella che cercava
il suo posto nel cielo, per non vedere che già lo avevi… Nel mio cuore…» e
mentre lo diceva, Lily gli mostrò la collana che tanto per loro significava.
L’accarezzò con una mano e poi tornò a guardarlo. Gli occhi scuri di Severus erano lucidi, ma nessuna lacrima solcava il suo
viso.
«Lui amava
Lily, ma non gli ha mai dato il suo cuore. Tu
sì. Ora io ti chiedo, SeverusPiton,
vuoi tu il mio?»
«Sempre» sussurrò semplicemente lui, una sua mano a
scostarle i capelli biondi dal volto.
Mai le loro labbra si erano incontrate e forse per
quello in quel momento le due si andarono incontro molto piano, toccandosi,
sfiorandosi, giocando e accarezzandosi.
Era un bacio appena accennato, le lingue ancora
nascoste… mentre lei si lasciava andare a quella sensazione e lui le teneva una
mano sul viso e l’altra su un fianco. Ed ecco finalmente la punta della sua lingua
saggiare il suo labbro inferiore… E di nuovo… avvicinarsi, approfondire un poco
di più e sentire quel sapore che solo avevano immaginato. Una mano di lei si
perse tra i suoi capelli scuri e l’altra sentiva il suo cuore battere forte
sotto di essa, appoggiata al suo petto.
Finalmente le lingue iniziarono una danza in
perfetta sincronia, mentre il calore nei loro corpi cresceva, la necessità si
trasformava nella voglia di sentirsi, stringersi e baciarsi con sempre più
trasporto. E così fecero sorridendo uno sulla bocca dell’altro, mentre a
un’infinita distanza da loro un altro SeverusPiton sorrideva. Steso nel suo letto e sognando la certezza
che da qualche parte una sua versione era felice. Imparando ad amare, e amarla,
come lei… Lily gli aveva insegnato.
Quello che era accaduto al Ministero della Magia
non si era concluso con lo strano evento a cui avevano assistito i membri
dell’Ordine della Fenice, Silente, Harry, Neville e alcuni Mangiamorte… era
continuata con un confronto contro gli stessi nel tentativo di fermarli.
Nell’arrivo di Voldemort e infine nella certezza più
sconcertante che ciò che da mesi Harry Potter tentava di dire fosse vero. Anche
Caramel nulla poté di fronte alla realtà dei fatti e probabilmente quello, più
la cattura di alcuni Mangiamorte, avrebbero indubbiamente scagionato una volta
per tutte Sirius Black. Ciò non toglieva che
nonostante la situazione fosse incresciosa, complessa e chiamava tutti alle
armi a fronte di una Guerra Magica che senza ombra di dubbio ormai era iniziata…
qualcosa, quella notte… aveva la priorità.
Quando Silente fece ritorno nel suo ufficio non si
stupì di trovarvi lì SeverusPiton.
L’uomo fissava l’anziana sagoma con sguardo duro e pieno di sgomento, questo
dal canto suo parve stanco e provato dalla lotta e gli eventi.
«Ho incontrato Lupin e Black fuori
dall’infermeria…» non aggiunse particolari a quella frase era chiaro che già
quello sotto intendesse che il segreto che si era tanto prodigato a tener
celato ormai era pubblico.
Silente si poggiò con fatica alla sua maestosa
scrivania, le mani ne strinsero il bordo. Con capo basso rivolse un sorriso
gentile alla pavimentazione di pietra.
«Caro Severus, è stato
sciocco da parte tua credere che non ne sarei venuto a conoscenza…»
«Ma non ha detto nulla!»
Nel suo abito scuro, aveva un atteggiamento
impettito, il mento alto, ma le mani serrate intorno al mantello che stringeva
un po’ sul petto.
«Perché ho avuto modo di indagare e ricevere
conferme da un bizzarro alleato…» e solo allora il suo sguardo chiaro nascosto
dietro gli occhiali di mezzaluna incontrarono quelle del suo professore.
«È una storia
molto lunga Severus, l’unica cosa che devi sapere è
che se ho mantenuto il segreto e ti ho aiutato nel farlo è perché sapevo che le
nostre tre ospiti necessitavano aiuto
e protezione. Anche se credo che i tuoi motivi siano stati diversi, sbaglio?»
Come se uno scorpione lo avesse punto, Severus fece un movimento brusco. Un brivido lo percorse
lungo la schiena, non apprezzava il modo in cui il preside lo stava guardando.
«Non è mai stata la tua Lily…»
Quella frase lo trafisse, lo uccise, lo spezzò in
due. Digrignò i denti, serrò la mascella, le labbra divennero due strisce
sottili. Ingoiava le lacrime e tutti i rimpianti dietro uno sguardo scuro e
fisso. Uno dentro il quale Silente riusciva a leggere e infatti muovendo pochi
passi verso di lui gli posò una mano sulla spalla rigida.
«Dopo tutto questo tempo?»
«Sempre!»
Disse tra i denti, mentre qualcosa al centro dal
petto lo attanagliava. Si era illuso? Forse. Come uno stupido si era lasciato
ammaliare da un sogno a occhi aperti che lei aveva spezzato mettendo in chiaro
di quanto nulla lui avesse a che fare con l’uomo di cui si era innamorata.
«A volte dobbiamo solo accettare che in questa vita
compiamo troppi errori affinché essi possano venir perdonati, ma c’è sempre una
speranza. Una versione migliore di noi che è riuscito ad afferrare quella
felicità che a noi è sfuggita tra le dita…»
La voce di Silente era bassa e calda, le sue parole
sagge erano una panacea che doveva prima bruciare per fare poi effetto e
portare pace e tranquillità.
Camminando con passo sommesso lo sorpassò, non gli
avrebbe chiesto di lasciare il suo ufficio, convinto che lo avrebbe fatto
appena se la sarebbe sentito. Severus era un
brav’uomo che doveva far pace con molti demoni e il più grande dei rimpianti,
Silente lo sapeva.
Ora però prima di occuparsi di altre questioni
urgenti ne aveva una che le superava tutte e si trovava in infermeria, quando
la raggiunse non si sorprese di trovarvi Remus e Sirius. Con loro Harry, tornato sano e salvo, ma scosso e
non solo per lo scontro diretto con Voldemort.
«Oh siete qui... Come immaginavo, state bene? Anche
tutti gli altri?»
«Sì, Madama Chips ha confermato che nessuno dei
ragazzi soffrirà danni permanenti in seguito agli eventi di questa notte…»
«Oh bene bene…»
«Loro forse no! Ma noi sì!»
Silente si era mostrato affabile e mentre Remus, nonostante lo choc cercava di seguirne l’onda, Sirius era furioso e Harry al suo lato pareva nella stessa condizione.
«Cosa è successo? Cosa diavolo è successo? Mia
madre? Mia madre se ne è andata con Piton?»
«E Bellatrix… Bellatrix ha ucciso mia cugina?»
Black e Potter, uno di fianco l’altro, con quella
stessa foga parevano aver portato indietro negli anni Silente e infatti li
osservò con un sorriso di chi ricorda i vecchi tempi.
«Oh mi sembrate James e… Sirius,
ovviamente!» una risata accompagnò le sue parole, ma i due parvero non sentir
di aver nulla di cui ridere.
«Silente… non voglio apparire scortese, ma siamo
davvero tutti, molto… confusi…» aggiunse Remus, il
suo solito tono calmo e pacato cercava di calmare gli animi da un lato, ma
dall’altra spingere il preside a parlare con loro.
L’uomo chiese ai tre di sedersi nella piccola
anticamera dell’infermeria, forse non era il luogo opportuno ove parlare, ma
paradossalmente in quel momento – essendo anche notte – era il più calmo. Con
molta difficoltà, ma anche molta pazienza cercò di spiegare in parole molto
semplici tutti i segreti relativi a quello che si credevano essere altre
versioni dello stesso mondo in cui vivevano. Di come anni prima, senza capire
come, era venuto in contatto con il suo doppelgänger
e di come via via aveva cercato di carpirne di più.
«Non è stato facile in tutto questo tempo trovare
un modo sicuro e più diretto di comunicare… Sapevano che dovevamo fare
qualcosa, ma sapevo che ci sarebbe voluto tempo… per lui, per me… È stata un’attesa
lunga e di preparazione a questo… a oggi…»
Il silenzio che li circondava pareva
insopportabile. Remus aveva le mani sulle ginocchia e
cercava di assorbire ogni parola di quel racconto, Sirius
invece si passò una mano tra i capelli troppo sconvolto per credere che fosse
vero e Harry faticava molto a comprendere il senso di tutto. In quel momento
avrebbe tanto voluto Hermione al suo fianco che gli
riassumesse tutto con parole semplici e chiare.
«Q-Quindi quello era davvero Piton?»
«Oh sì Remus, il loro… mio
compito era trovare l’occasione giusta in questa dimensione e comunicarla
all’altro me stesso. Lui ha detto che avrebbe mandato qualcuno…»
«Ma perché stanotte?»
«Harry… Harry… vedi la stanza in cui gli eventi si
sono svolti ha un’energia molto particolare. Quell’arco non è un semplice arco
e quel velo non è un semplice velo. È un passaggio. A lungo nell’Ufficio
Misteri si studia verso cosa… È mia convinzione che lo sia verso molti piani
della realtà… tra i quali altre realtà…»
«Ma sapere cosa sarebbe successo era impossibile!»
«Questo è vero Sirius,
per questo l’attesa. Ho puntato sugli eventi che stavamo vivendo:
imprevedibili, ma proprio per questo con più possibilità di eventi e situazioni
straordinarie…»
Silente rispose ad ogni domanda con precisione,
quasi stesse spiegando a tre bambini l’ABC della magia, quando invece
l’argomento era complesso e per i più solo una favola. Fu allora che si alzò e
fece per entrare, ma nessuno dei tre parve seguirlo.
«Credo fosse interessato alle condizioni della
Signorina Goldstein…» espresse con voce gentile verso Sirius.
Il viso si irrigidì.
«Chiamiamola con il suo nome! Bellatrix
Black!» e lo disse con tutto il disgusto che provava, ma molto di più. Era
rabbia. Era infastidito perché lei gli aveva mentito.
«Sì lo è…» si aggiunse Harry, ma se doveva
soppesare ciò che il preside aveva appena detto, «Ma non è la stessa che lei ha
ucciso… anche quella n-non era m-mia m-madre vero?»
Silente scosse il capo. Remus
sorrise melanconico toccandosi all’altezza del cuore. Non era stata
un’illusione ciò che tra lui e Andromeda si era creato. Era una complicità che
mai con la mamma di Ninfadora aveva avuto pur
conoscendola. Era una versione di cui sicuramente si sarebbe innamorato, una
che in effetti si era innamorata di lui, ma… di un altro lui. Ecco chi era la
persona di cui gli aveva parlato, quella da cui voleva tornare… con cui voleva
darsi una possibilità.
Con quella consapevolezza nel cuore toccò la spalla
dell’amico al suo fianco, che si voltò a guardarlo anche orgoglioso e teso. Non
ci fu bisogno di parole per capirsi e infatti poco dopo Sirius
si alzò per seguire Silente. Madama Chips aveva tirato le tende a tutti i
letti, loro dovettero raggiungere il fondo dell’infermeria prima di arrivare da
lei. L’infermiera le stava controllando con la bacchetta i parametri quando li
vide e per poco si prese un colpo alla presenza di Black, ma Silente la
tranquillizzò con il cenno di una mano.
«Come sta?» chiese semplicemente.
«Come qualcuna che qui non dovrebbe esistere… la
sua firma magica è completamente fuori sincrono. Non ho mai visto sintomi del
genere!»
«Si riprenderà?» chiese Sirius
apparentemente disinteressato, ma il suo sguardo non aveva potuto fare a meno
di creare una ruga preoccupata sulla fronte.
«Chi può dirlo? È come se il suo corpo rigetti… il
semplice funzionare come dovrebbe!»
«Uccidendo la sua doppelgänger
ne ha preso la firma energetica magica, ma lei ne possiede un’altra provenendo
da altrove. Sono certo che la
Signorina Goldstein sarà abbastanza forte per non rigettarla e così riprendersi
totalmente!»
La voce di Silente era pacata e attenta, mentre
appoggiando una mano sulla schiena di Madama Chips la invitava a seguirlo e
lasciare Sirius da solo con lei.
«Venga Poppy, credo che ci siano informazioni di cui
avrà bisogno per curare al meglio la Signorina Goldstein?»
«Non sarebbe meglio portarla al San Mungo?»
«Oh no, meglio qui. Venga venga…»
Silente lanciò uno sguardo a Sirius,
mentre l’infermiera seguiva il preside un po’ stranita e poco sicura di
lasciare la sua paziente con Black, ma si fidava dell’uomo con cui era. Gli
avrebbe affidato la vita a occhi chiusi e così dopo aver tirato la tenda per
dare ai due intimità, si allontanò.
Sirius prese una sedia di
metallo posta nell’angolo e senza pensarci si sedette affianco al letto.
Ricordava molto bene sua cugina da giovane o meglio credeva di ricordarla,
soffermandocisi a pensare in effetti il ricordo di lei era stato per lui sempre
talmente di poca importanza che non ne possedeva una vera immagine.
Lui la ricordava semplicemente sempre con lo
sguardo incavato e folle, senza bellezza perché divorata dall’oscurità e dal
male. Trasandata e confusa, si atteggiava per il suo status nobile e di
purosangue, ma mai aveva curato il suo aspetto o la sua persona. La ragazza che
aveva di fronte era molto diversa…
Addormentata appariva come una bambola di
porcellana cui il minimo tocco avrebbe potuto distruggerla. Sapeva che il
dolore che aveva provato e ciò che gli aveva raccontato non era una bugia.
L’aveva sentita tremare tra le sue braccia, piangere e trattenere così tanta
tristezza da farla star male… Si rendeva conto che doveva sapere solo la metà
di tutto e desiderava solo colmare quei vuoti…
La pelle brillava come alabastro alla luce della
luna, i capelli erano sparsi sui cuscini tanto da ricordargli l’Ofelia di
Millais. La veste da notte bianca come le lenzuola le davano un aspetto
funereo, bellissima e triste in egual misura.
Lei mosse appena il capo, con un piccolo mugugno,
le braccia stese lungo i fianchi si mossero verso il viso che si toccò come una
bimba che si sveglia da un lungo sonno e poi il suo sguardo incrociò quello di
lui.
I lunghi capelli di Sirius
erano scompigliati, alcune ferite creavano ulteriori segni sul suo viso oltre
le rughe, la giacca mancava e il gilet era slacciato. Le maniche della camicia
nera erano state arrotolate fino ai gomiti che erano poggiati sulle ginocchia.
La fissava meditabondo e scosso.
Bellatrix non aveva né la
forza né il coraggio di parlare, ma lo fissò senza rifuggire dal suo sguardo
pieno di domande. Fermo sulla difensiva.
«Eri una Mangiamorte?» gli chiese lui a bruciapelo
e Bellatrix assentì con vergogna.
«È-È stata
una conseguenza naturale… Sposare R-Rodolphus lo
richiedeva… mio p-padre lo faceva. M-Mi odiava, ma ero la c-cosa più vicina a un
e-erede m-maschio che aveva…»
La sua voce era gutturale, faticava a parlare. Sirius rizzò la schiena e passò le mani avanti e indietro
nervose sulle gambe lisciando le pieghe dei pantaloni.
«M-Mai lo sono s-stata… Io, S-Severus,
a-abbiamo salvato più vite che p-potevamo… c-che le circostanze c-ci
permettevano…»
«Quindi anche lui non lo era?» chiese l’uomo con
freddezza.
«L-Lo eravamo per n-necessità, se n-non potevamo
e-essere liberi dal nostro destino, lo avremmo p-piegato a nostro f-favore… il
n-nostro piano c-coinvolse E-Eda e L-Lily… E ce la f-facemmo sai? L’O-Oscuro
S-Signore… s-sparì…» e lo disse con orgoglio. La voce era un soffio soffocato,
ma lei sorrideva tra le lacrime che le solcavano il viso stanco.
«Q-Quella notte a-arrivammo q-qui…» concluse.
Dovette fermarsi perché davvero era troppo per lei.
Chiuse gli occhi e si portò le mani al grembo come se una fitta di dolore
l’attraversasse.
«Mi hai mentito!» la voce di Sirius
era ferma, ma solo in apparenza. Nascosto in penombra stava sforzandosi di
mantenere un atteggiamento distaccato e iroso.
«S-Sapevo che non avrei mai raggiunto la
f-felicità… m-mi andava bene m-morire quella notte ed essere finalmente
l-libera… e invece sono arrivata qui… e con te ho scoperto cosa volesse dire
e-essere amata, p-protetta… essere felici… Tu mi hai dato quello che… non solo
non ho mai avuto, ma non ho nemmeno sperato o sognato, perché faceva troppo
male s-sapere che mai sarebbe stata realtà… la m-morte era l’unica cosa bella
che ero s-sicura avrei potuto raggiungere…»
Ormai Bellatrix nemmeno
più ci provava a trattenersi, mentre piangeva a pezzi. Voleva solo crollare,
lasciare andare tutto e se doveva morire farlo con la tranquillità di chi
finalmente era libero da quei pesi che dal cuore mai aveva potuto togliere.
«Ho sempre a-ammirato la tua libertà… il tuo
coraggio di prendertela. M-Mi chiedevo se mai io ne avrei avuto la possibilità…
s-sei stata l’immagine più simile a un eroe che ho mai avuto…»
Sirius non si era nemmeno
accorto che delle lacrime avevano preso a scorrere sul viso, mentre sporgendosi
verso di lei allungò le braccia e senza più trattenersi le strinse una mano. Un
gesto che la scosse, perché era davvero tanto per lei. Contava moltissimo…
«E voi…»
La giovane scosse il capo.
«L-lui mi ha sempre odiato e io dovevo lasciare che
le cose rimanessero tali. L’immagine e-errata che tutti avevano di me era
n-necessaria per difendere chi amavo, l-le mie sorelle… l’unica cosa per cui ho
r-resistito… t-tutti questi anni. I-Io non sono Bellatrix
B-Black… non lo sono mai stata…» e nel dirlo le sue dita sottili si strinsero
maggiormente sulla mano di lui. Al che Sirius si alzò
e prese posto accanto a lei. Le accarezzava il volto, asciugando con il pollice
le sue lacrime calde.
«I-Io sono V-Vesta… p-perché lei mi ha permesso di
mostrarmi per come realmente s-sono… t-tutti i miei sogni… t-tutte le mie
speranza… p-prima che mi venissero portarti via…»
Fu allora che lui alzò la mano che di lei ancora
teneva la sua e se la portò sul petto. All’altezza del cuore.
«E io ti giuro che più nessuno lo farà. Che li
custodirò e li coltiverò finché diventeranno realtà. Per motivi diversi ad
entrambi ci hanno rubato anni di promesse, di rimpianti e rimorsi… anni che non
torneranno, ma molti altri ne abbiano davanti e possiamo viverli insieme…
realizzando ogni cosa, essendo l’uno per l’altra tutto ciò che abbiamo cercato
senza mai sperare di trovarlo per davvero…»
Bellatrix sorrise, il
volto piegato da un lato e il suo viso che si avvicinava al suo. Le labbra si
accarezzarono, si incontrarono, si fusero le une alle altre e in quel bacio
ritrovarono la calma… ritrovarono l’amore e quella sensazione di casa, l’unica
di cui avevano bisogno.
Era stato un Natale strano, condito dalla gioia del
ritorno di persone che credevano perdute, ma al contempo della malinconia che
lascia indietro tante cose avvenute in loro assenza. Tanto era cambiato e la
cosa più complessa era stato fare i conti con tutto ciò.
Petunia aveva a lungo parlato con Lily, divisa
dalla più grande gioia di averla ritrovata non solo fisicamente, ma anche nel
cuore. Riavvicinarsi, raccontarsi, sentirsi… riscoprire cosa voleva dire essere
sorelle senza invidie e incomprensioni di mezzo parve il miglior regalo che
entrambe potevano ricevere.
Tuttavia, i giorni passavano e come era giusto che
fosse lei, James e Harry stavano passando del tempo insieme a GrimmauldPlace. Sirius parve incontenibile nel riavere lì i suoi migliori
amici, che tuttavia insistevano con il trovare una loro sistemazione. Petunia
alla fine aveva deciso di trasferirsi definitivamente nel piccolo villaggio di Hogsmeade, in quel luogo che aveva imparato a chiamare
casa. Ne amava gli spazi piccoli, semplici, ma eleganti. Dudley cresceva in
fretta ed era lieto che fosse lontano, irraggiungibile, da un padre che mai
avrebbe saputo comprenderlo. Che lo avrebbe cresciuto tra vizi e false
credenze, rendendolo un egoista incapace di vedere il bello nelle sfumature
delle emozioni. Non voleva per suo figlio il suo stesso destino…
A questo e molto altro pensava nella penombra della
sua stanza, stesa sul letto, avvolta nella lunga vestaglia. L’anno era iniziato
da pochi giorni e lei faticava ogni giorno che passava a trovare pace nel suo
cuore. Non aveva messo in conto che il suo far tabula rasa l’avrebbe portata a
tutti quei cambiamenti, che amava, certo… aveva ritrovato la sua famiglia, si
era creata degli amici, stava inseguendo i suoi sogni, ma poi… era successo
altro. Qualcosa d’imperdonabile: si era innamorata.
Ormai James era nella sua mente ogni giorno. La
notte gli appariva in sogno e quando rimembrava la sua voce gli appariva come
la più dolce delle melodie. Non aveva mai amato Vernon, più che altro l’aveva
emozionata l’idea che qualcuno la vedesse,
era così accecata dalla gelosia per Lily che si era lasciata abbagliare da una
falsa emozione. Ma conoscere l’amore, sapere cosa volesse dire, che sapore
avesse, comportava per lei perderlo prima di viverlo…
Petunia si passò una mano sugli occhi che non
smettevano di far uscire lacrime silenziose. Dudley dormiva pacifico nella sua
stanza e lei stesa su un fianco non riusciva a prendere sonno. Al di sopra
delle coperte, stava immobile, stringendosi nella vestaglia, rannicchiandosi,
osservando la neve scendere fuori dalla finestra.
Quasi non si accorse dei passi leggeri che lenti si
avvicinavano, ebbe solo la sensazione di cosa stava accadendo quando le molle
del letto cigolarono e un peso al suo fianco le fece capire della presenza di
qualcuno. Lo stesso che le passo un braccio intorno alla vita e le posò un
bacio sulla guancia umida.
Lei si voltò di scattò, rimanendo alquanto sorpresa
di vederlo lì. Con lei.
«C-Che ci fai qui?» era felicemente sconvolta, ma
al contempo così colpevole.
«L-Lily, devi andartene…» ma lui le posò un dito
sulle labbra, per poi scostarle i lunghi capelli castani. Quando la madre di
suo figlio era ricomparsa, era stato ovvio e naturale ritrovarsi, passare del
tempo con Harry e chiarire tutto ciò che in sospeso avevano lasciato.
«Quando tu
sei scomparsa… ero distrutto. Io ancora ti amavo e non riuscivo a capire né
accettare come tu invece pensassi che tutto fosse finito. NON potevo capisci?
NON potevo concepire che tu non provassi quello che io provavo per te…»
Le immagini di quello che era accaduto in quei
giorni tornarono alla mente del giovane uomo, che rimase immobile. Anche
Petunia per quanto combattuta e scossa, non aveva la forza di muoversi, di
rinunciare a quel contatto.
«Ma ora
posso… la felicità di Harry dipende dalla nostra Lily, per questo dobbiamo
esserlo stando con chi amiamo…»
Lily sorrise
alle sue parole, erano seduti uno accanto all’altro sul bordo del letto in cui
quelle notti avevano dormito sì insieme, ma ben distanti, ognuno girato dal
proprio lato pensando e rimuginando su molte cose. Allungò una sua mano e
strinse quella di James per poi dire: «Non è ciò che ci aspettavamo, forse… ma
chi siamo noi per scegliere che forma debba avere l’amore? Petunia ha sofferto
molto, ti prego… prenditi cura del suo cuore… ti chiedo solo questo…»
James aveva ripetuto quelle parole, le stesse che
Lily gli aveva detto e la donna nelle sue braccia non credette alla loro
bellezza, se possibile quello le fece vibrare più forte le corde del cuore.
Come poteva sua sorella essere tanto buona? Come avrebbe mai potuto ripagarla
di tanto amore? Avrebbe voluto, se solo avesse potuto, rubare una stella al
cielo e regalargliela, solo per fare qualcosa di grande come quello che lei
aveva fatto per lei. Non era certa che una vita intera le sarebbe bastata per
ripagarla, ma una promessa le aveva fatto la notte della loro riunione e
l’avrebbe mantenuta: «Ho così tanto da
farmi perdonare, ma di una cosa sono certa. Mi prenderò cura del tuo sorriso,
affinché mai si spenga, tanto meno per colpa mia!»
Alzando una mano Petunia accarezzò i tratti gentili
e affascinanti di James, lei che tanto si era sentita in colpa anche per
quello. Come avrebbe potuto chiedere perdono a Lily anche per quell’ennesima
ferita? E invece, almeno in quel caso… era felice che… Che almeno quello
avrebbe potuto viverlo senza sensi di colpa.
«Ci siamo distrutti, ma grazie a loro siamo anche
rinati. Ciò che è nostro rimanga nostro… e che gli altri si comprino una vita
loro!»
James lo disse, perché sapeva che lei già lo stava
pensando. “Cosa avrebbero poi detto? La
sorella che ruba il marito a quella che credeva morta? Che razza di donna era?”
ma lei parole di lui la fecero arrossire.
«Da quando sei anche un legilimens?»
lo prese in giro lei ed entrambi risero.
«Oh… fidati c’è ancora tanto altro che di me non
sai!» replicò lui, muovendosi quel poco per farla girare e così potersi mettere
sopra di lei e baciarla. Non era il loro primo incontro di bocche, ma lo era
nella totale consapevolezza di non aver più ostacoli davanti al cammino.
SEVERUS
& LILY (1985)
Severus sapeva molto bene
che Lily aveva bisogno di tempo. Dopo Natale lei l’aveva supplicato di credere
in lei, di essere certo che sarebbe tornata, ma di aver pazienza. Aveva bisogno
di tornare con suo figlio, stare con lui e James. Aveva bisogno di parlargli,
di chiarirsi. Mai avrebbe potuto fare qualcosa nella consapevolezza di aver
lasciato cose non dette o non aver chiuso definitivamente un cerchio. Lily era
troppo buona e giusta per tradire James in qualsiasi modo, poteva non esserne
innamorata, ma voleva iniziare una nuova vita con Severus
alla luce del sole, senza nascondersi, senza paura.
Questo lui lo sapeva, ma faceva comunque male
saperla con James, sentirla ancora lontana e ancor peggio temere che lei
potesse cambiare idea. Che James avrebbe potuta riconquistarla. Aveva assistito
a ciò che di forte e lento tra lui e Petunia stava crescendo, ma aveva così
poca fede che… temeva che avrebbe ferito la donna senza problemi ora che la
moglie era tornata. Un terribile pensiero, ma non si cambiava opinione
dall’oggi al domani.
Seduto sul divano logoro del suo piccolo salotto
stringeva la collana con il cuore e il serpente che Lily gli aveva lasciato,
con la promessa che se la sarebbe ripresa: «E
quando me la rimetterai al collo, sarà il segno di un nuovo inizio. Uno libero
da ogni rimorso e rimpianto…» le aveva detto lei prima di lasciare il MalfoyManor in compagnia di
James.
Non sapeva quando e come il loro ritrovarsi sarebbe
accaduto, ma avrebbe sempre ricordato che accadde in una sera di gennaio.
Fredda e nevosa, con il cielo coperto e l’ululato del vento. Lei era apparsa
alla sua porta che lui aveva aperto chiedendosi se fosse un sogno averla
finalmente di fronte.
Lily era entrata e nemmeno il tempo di chiudere la
porta d’ingresso che la sua schiena era contro essa. Sorrideva sotto il
cappuccio, quando Severus glielo fece scivolare
indietro. I suoi capelli erano tornati rosso rame e le circondavano un volto
giovane, ma più saggio.
Lui aveva appoggiato una mano sulla porta e si era
sporto verso di lei, la fronte una contro l’altra.
I loro occhi, nero nel verde, si fissavano quasi
volessero registrare l'uno lo sguardo dell'altra. Rafforzare la connessione e
lasciare che quella tentazione che da sempre dentro di loro ribolliva
finalmente potesse esplodere.
La mano di Severus scivolò
sul suo fianco, sotto il mantello, intorno alla sua vita, mentre lei si leccava
le labbra in attesa di incontrare le sue e fu quello accadde poco dopo.
Dentro i loro dubbi e le loro paure, adesso sentivano
di poter lasciare fuori il dolore e rendere il loro amore il calore di cui
necessitavano durante un inverno freddo o il valore in una guerra creduta
persa.
Erano ciò che la magia aveva scoperto e il destino
scelto.
Con un piccolo slancio Lily gli fu in braccio, le
gambe intorno alla vita di lui, mentre il suo Sev la
stringeva a sé aiutandosi con la porta per sostenerla. I baci sempre più
urgenti e le mani che correvano a liberarsi dai fastidiosi indumenti che
indossavano. Lily si slacciò il mantello che cadde a terra, mentre Severus faceva smaterializzare entrambi nella piccola
camera da letto angusta del piano superiore.
Lei scivolò giù da lui ed indietreggiò finché non
sentì il bordo del letto dietro le gambe, lui le passò una mano sul fianco del
volto e le tirò indietro i capelli prima di scendere ad accarezzarle la spalla
e il braccio per poi giungere alla sua mano. Lei l’alzò e loro la intrecciarono
guardandosi sorridenti e ansanti. Fu allora che con la bacchetta Severus richiamò a sé la collana. La bacchetta finì sul
comodino e lei si voltò sollevandosi i capelli, mentre lui gliela rimetteva al
collo, il tempo di allacciarla che adesso gli stava lasciando una scia di baci
sul collo.
«Senza di te ho vissuto la metà di un sogno mai
realizzato, la metà di un bacio che si è dissanguato, la metà della mia
anima... E la vita mi ha castigato provocandomi ulteriori ferite. Immobile,
vederti andare avanti con un altro, una guerra che pensavo ormai persa...» gli
sussurrò lui, prima che lei voltandosi rimanesse incatenata al suo viso
sfregiato e illuminato a malapena dalla luce tremola delle candele della
stanza.
«E così avrebbe potuto esserlo… così per un Severus lo è stato…»
«Credo che quell’errore sarà la sua eterna pena…»
sussurrò lui. Gli occhi lucidi e un tremore che quasi non seppe controllare.
Come aveva potuto essere così sciocco? Ingenuo? Un errore che gli era costato
la vita della donna che amava.
«Ma non la tua. Adesso basta guardare al passato o
ad altrove. Siamo qui, in carne e
ossa… vivi e con mille possibilità davanti a noi!»
La voce di Lily era decisa, mentre prendeva le mani
di lui nelle sue per fermarle dal tremare e se le portava sui fianchi. Fu bello
sentirle finalmente sfiorarle la pelle, da sotto la maglia, per poi di nuovo
ritrovarsi in un nuovo bacio e sapere che sarebbe solo stato il primo di molti
altri.
REMUS
& ANDROMEDA (1985)
Remus aveva finito di
accendere l’ultima candela, quando sedendosi nell’elegante poltrona posta di
fronte all’immensa porta finestra gotica, si guardò intorno quasi a disagio. MalfoyManor era maestoso, freddo
e opulento, ma Narcissa insieme ad Andromeda giorno
dopo giorno si stavano impegnando a cambiarne i connotati in una residenza
gentilizia ricca d’amore. Fu inevitabile per Eda accettare immediatamente la
richiesta della sorella di vivere lì con lei, non si sarebbero più separate e
avrebbero tenuto insieme sempre vivo il ricordo di Bellatrix,
che mai mancava di essere in ogni loro gesto. Non voleva rendere vani tutti i
sacrifici che la loro sorella maggiore per loro aveva fatto, ora lei meritava
la felicità e a loro toccava essere quelle coraggiose.
Il Maniero era troppo grande solo per loro e dunque
Narcissa aveva deciso di adibirne una metà a rifugio.
Quello che era accaduto a lei le aveva rimembrato che il mondo magico era cieco
a molti problemi legati al mondo femminile. Soprusi, violenze e un maschilismo imperante
ancora impregnava la società e dunque lei voleva aiutare altre donne come era
stata aiutata lei. Sole o con figli, se cercavano un riparo ove poter sfuggire
da violenze di ogni tipo, allora lei ci sarebbe stata, in prima linea. Anche
Andromeda si era buttata a capofitto nel progetto, dopotutto nessuno come loro
aveva scoperto quanto chi ti fa più male spesso è proprio chi dice di amarti,
come aveva fatto loro padre. Un padrone insensibile e accecato da folli
credenze.
Avrebbero donato riparo, aiuto psicologico, fisico,
protezione e avrebbero fornito alle stesse tutti i mezzi per rifarsi una nuova
vita. Ora che anche loro madre era morta si ritrovavano con un’eredità che
meritava di essere condivisa e più quella di Malfoy,
avevano grandi progetti.
Quando Andromeda entrò in stanza raggiunse il letto
esausta. Narcissa era stata in giro tutto il giorno
per il loro progetto, per contatti e collaborazioni e lei si era occupata di
Draco, mentre la sorella era filata a letto. Solo che il piccolo era stata dura
addormentarlo e ora Andromeda, oltre già tutta la stanchezza che aveva addosso,
era distrutta.
Sorrise nel notare come nella camera brillassero
molteplici candele profumate. Remus quando poteva la
veniva a trovare, nonostante il suo lavoro ad Hogwarts.
Sorridendo dunque le andò incontro e sedendosi sul bordo del letto con un gesto
della bacchetta fece comparire una teiera che a mezz’aria riempì una tazza che
porse alla giovane donna al letto.
I suoi capelli erano di nuovo castani, lunghi e
setosi circondavano il suo viso tondo e gentile.
«Così mi vizierai…»
«Sarà per me un piacere!» sussurrò lui sorridendo
alla luce della luna calante, la luna piena era passata e anche il suo
malessere maggiore. Il viso appariva ancora spento e stanco, ma il suo sorriso
apprensivo rimaneva lo stesso.
«I riguardi che hai per me dovresti averli per te…»
lo rimproverò lei. Da che era tornata avevano ripreso a vedersi e frequentarsi,
timidi passi verso una relazione che entrambi desideravano. Tuttavia Remus pareva combattuto tra qualcosa che tanto aveva rimpianto,
in sua assenza, e che ora quasi temeva. Era forse egoistico costringerla a lui?
Pochi sapevano del suo essere un lupo mannaro, lei era tra questi. Mai aveva
mostrato paura o curiosità morbosa, ma credeva sbagliato privarla della libertà
di una relazione normale.
Quasi a leggere i suoi pensieri Andromeda poggiò
delicatamente la tazza sul comodino di mogano e sporgendosi verso di lui gli
spostò una ciocca di capelli che più lunga gli era caduta sulla fronte.
«Remus Lupin smettila!»
«Di fare cosa?»
«Sento gli ingranaggi della tua testolina che girano
furiosi! Pensi molto e rimugini anche troppo!»
«Sbaglio a farlo? O ti sto solo costringendo a una
vita a metà?»
Lui posò una mano sul materasso, accanto alle sue
gambe che adesso erano intrappolate tra il suo braccio e il resto del suo
corpo. Rifletté se dirgli quelle parole, ma alla fine prendendogli il volto tra
le mani glielo raccontò con un filo di voce.
«Nel luogo ove sono stata… esisteva una versione di
me, che sì riuscì a rimanere con Ted. A sposarlo e
perfino averci una splendida e particolare figlia…» ricordò con un sorriso
l’astio che proprio lei le teneva per il suo rapporto con quello che ora capì
essere il suo Remus.
Lui si irrigidì e quasi con l’espressione di un
cane bastonato abbassò appena lo sguardo.
«Questo avrebbe dovuto risvegliare in me qualcosa,
ma… non l’ha fatto. Nessun E Se… o
desiderio improvviso di diventare madre. Mi sono invece resa conto che ti amavo
ancora prima di conoscerti, quando eri un nome senza volto sulle labbra di mio
cugino. Quando poi gli eventi ci hanno portato a essere più vicini… mi sono
arresa di fronte alla luce della tua anima. È stato perdendoti che mi sono resa
conto che sempre sei stato ciò che speravo e ora che sei qui, di fronte a me… mi
rendo conto che lo spazio vuoto nel mio cuore è sempre rimasto tale perché
aspettava che tu lo riempissi…»
Era impossibile per Remus
rispondere a quelle parole, ma alzò lo sguardo e lo lasciò fisso nel suo.
Avvicinarono le fronti e poi senza alcuna remora o
dubbio Remus la baciò con la dolcezza di un amore da
favola. Una mano sul suo volto e un bacio sulle labbra, una sulla punta del suo
naso e infine sulla fronte. Di nuovo un altro sulla sua guancia, accanto alle
sue labbra e Andromeda immobile in balìa di tanta delicatezza, infine non ce la
fece a non voltarsi e prendendogli il viso tra le mani per baciarlo con più
intensità. Labbra contro labbra. Ora il bacio divenne più profondo, quando
facendosi da parte Eda lo invitò a raggiungerla al suo fianco. Il tempo che lui
si sedette sul letto e stese le gambe che lei velocemente gli si mise a
cavalcioni. Entrambi risero e poi le loro labbra si incontrarono di nuovo, le
mani di lui che correvano dai suoi lunghi capelli alla schiena che accarezzò da
sopra la lana del maglione, solo per poi porvi una mano al di sotto e cercare
la sua pelle. Andromeda rabbrividì a quel contatto, ma non ci pensò due volte a
far correre le mani alla sua giacca, che gettò da qualche parte lontano, al
nodo della sua cravatta che sciolse senza difficoltà.
«Sei l’unica luna di cui ho bisogno…» mormorò lui
sulle sue labbra, mentre la lingua ne disegnava il profilo e le mani
velocemente gli sfilavano il maglioncino che indossava. Anche la sua camicia
era finita lontana e la loro pelle si toccava e si cercava.
«Sarò la luna che cura le tue ferite, che lenisce
la tua anima e brilla gli angoli oscuri del tuo cuore. Quando l’altro suo volto
ti porterà lontano da me, in quelle notti, io sarò sempre qui…» e così dicendo
Eda accarezzò il suo petto all’altezza del cuore, accarezzando cicatrici varie
causate da quelle notti selvagge.
Lui sorrise e con un nuovo baciò morì su quelle
labbra, l’unica pozione di cui aveva bisogno e di cui mai avrebbe potuto fare a
meno.
SIRIUS
& VESTA (1997)
Ciò che Sirius Black non avrebbe mai potuto dimenticare di quella
strana sensazione era ciò che dentro gli aveva lasciato. Si chiedeva se era
possibile che una donna che mai aveva considerato e a cui aveva mai dato la
minima importanza potesse influenzare così tanto il suo equilibrio. Il suo modo
di vedere, vivere e pensare.
Ciò che aveva
perso non sarebbe mai tornato ed era folle, perché si poteva perdere qualcosa
che non si era mai avuto? In quei giorni tanto si era raccontato cosa non gli
aveva permesso di vedere e capire realmente in sua cugina che, per esempio,
Lily era riuscita a vedere.
Forse era
stata mancanza di tempo, di frequentarla maggiormente e osservarla. O forse
erano stati i tanti silenzi dettati dall’evitare scontri indesiderati. Forse,
molto più semplicemente, non era stato paziente. Non aveva atteso di cercare e
comprendere la verità, perché giudicarla e convincersi dell’idea che di lei
aveva era… più facile.
Ma ora tutti
quei pensieri avevano senso? Nulla di ciò che non era stato sarebbe potuto
tornare per cambiare le cose. Non serviva guardarsi allo specchio e
ripercorrere tutti gli errori fatti, certo non poteva fingere che non facesse
male perché era la consapevolezza di aver scelto deliberatamente di odiarla
perché era la via più facile. Adesso avrebbe dovuto fare i conti con quelle
azioni, quelle che lo mettevano di fronte al dato di fatto che non era la
persona così giusta o senza pregiudizi che si vantava di essere. Era un punto
d’inizio, un fardello che si sarebbe sempre portato dietro a monito di errori
che non avrebbero avuto soluzione, ma che almeno gli avrebbero permesso di
essere un uomo migliore.
Davanti allo specchio Sirius
si guardava, inconsapevole che una sua versione più giovane, in un’altra
dimensione, stava facendo lo stesso con mille pensieri, ma anche una forte
spinta a essere migliori per la stessa donna che nella sua di dimensione era
arrivato per riportarlo alla vita. Sembrava quasi che tutti i suoi anni ad Azkaban
fossero come spariti e non era solo perché adesso era un uomo libero, con la
reputazione ripulita e felice di poter avere Harry al suo fianco… Nonostante
l’oscurità che il ritorno dell’Oscuro Signore aveva portato con sé, lui adesso
vedeva solo luce e speranza. Con Vesta Goldstein, il nome e l’identità con cui
tutti la conoscevano – a parte l’Ordine della Fenice ed Harry e Neville che
conoscevano la verità – stava imparando doti che non sapeva nemmeno di avere.
La pazienza era una di queste.
La sua infatti era stata una riabilitazione lunga e
dura, mesi in cui l’assistette in ogni cosa. Dall’aiutarla a camminare, a
mangiare, ritrovare le forze e non darsi mai per vinta. Lei era testarda, era
terribilmente decisa e non mollava mai anche quando le sfide avevano la meglio.
Non accettava quella debolezza, non accettava che il suo corpo rifiutasse la
dimensione che le aveva dato la vita, mentre lei era rimasta lì per sfruttare
la gioia di goderla e scoprire il sapore della libertà. E così, ogni giorno era
una lotta fatta di dolore e lacrime, da cui non sfuggì mai. Se ciò riempiva
Vesta della paura che Sirius si sarebbe stancato di
lei, al contrario lui se ne innamorava ogni giorno che passava sempre più.
Trovando in lei un motivo in più per combattere. Mai era stato stimolato a
essere un uomo migliore come in quel momento e tutto grazie ad Harry e lei. Non
poteva e non voleva deluderli.
Ormai era aprile e un anno era passato da quella
notte al Ministero, quella che diede l’inizio a tutto e fece iniziare per lei
un calvario tanto fisico quanto psicologico. Sirius
rimase stupito del legame viscerale che la univa alle sue sorelle e sapere di
averle vicine, con la consapevolezza di non poterle approcciare perché non
erano loro era duro. Gli mancavano
ogni giorno di più, ma lentamente quel dolore si assopì nel calore di ricordi
che aveva imparato a usare per essere più forte e non più debole. Era questa
l’assurdità, l’amore faceva provare dolori che andavano oltre a quelli che
fisicamente era possibile provare. Era una magia potente che però nonostante le
lacrime, le notti insonni e i magoni… donava la più potente delle forze, quella
di non mollare mai, di alzare il capo e fieramente proseguire.
Guardandosi allo specchio Vesta non credette
all’immagine riflessa, una donna completamente rimessa, forte, fiera e felice.
Volteggiò nel suo abito verde smerlando, mentre guardandosi si chiedeva cosa
aveva fatto per meritarsi tutto ciò.
Spesso, nella disperazione più totale, ci si
ritrova a pregare nella speranza che qualcuno possa udire il nostro grido di
aiuto. Tuttavia, quando certe cose accadono, quando si ha la possibilità di
vivere delle seconde possibilità, allora si ha la certezza che quel qualcuno
non può non aver udito quelle suppliche.
Era ancora persa nei suoi pensieri, quando Sirius la raggiunse alle sue spalle.
La teoria voleva che sarebbero dovuto uscire per
una piccola festa che Molly aveva organizzato a La Tana. Nulla di che, solo una
cena in cui con alcuni amici si festeggiava il suo essersi completamente
ripresa. Vesta era stata fortunata, non solo Sirius
ma tutti dai membri dell'Ordine ai ragazzi, le erano stati vicini portandole
compagnia, supporto e tanta allegria. Con loro portavano la certezza che
qualcosa di buono arriva sempre, soprattutto per ricordare che tutto ciò che di
meno bello si è vissuto è valsa la pena... senza la notte, il sole non può
sorgere.
«Avrei preferito perire in battaglia che perderti…»
Le sussurrò all’orecchio e lei ogni volta si
indispettiva, non amava ricordare quella notte e di come davvero avrebbe potuto
rischiare di perderlo. E infatti corrucciò lo sguardo elegantemente truccato,
mentre lo guardava attraverso lo specchio.
Sirius le prese una mano
e tenendola nella sua con un dito le accarezzò il collo, la fece poi scivolare
giù verso la sua gamba. Lei aprì la mano e l'appoggiò sulla stoffa sottile,
mentre la bocca di lui era sul suo orecchio. Il suo alito caldo a regalarle
brividi incontrollati.
«Fortunatamente l’E Se… non esiste e noi siamo qui. Ti Amo come non credevo nemmeno
fosse possibile farlo…»
Lei chiuse gli occhi sospirando, mentre la sua
bocca le baciava il collo e la mano si stringeva sull'abito. Fu allora che lui
gliela sollevò e così insieme a lei fece sollevare l’abito mostrando la sua
gamba lunga e liscia. Vesta avrebbe voluto ricordargli che avevano una cena, ma
c’era ancora tempo e dopo un anno in cui non avevano potuto sentirsi, percepiva
che ogni cellula del suo corpo adesso lo bramava.
«Grazie a te per esistere… grazie a te ho potuto
resistere… Grazie a te è valsa la pena farlo… Ti amo… Ed è così strano, non ha
mai avuto senso per me questa frase, così vacua e priva di significato…»
Mentre lo diceva Vesta percepì la zip del suo abito
venir abbassato e lo stesso cadere a terra, la sua barba pizzicava sulla pelle
nuda della spalla, quando voltandosi cercò le sue labbra spingendolo indietro.
Lo fece sedere sul bordo del loro letto, mentre lei alzava un ginocchio e lo
puntava tra le sue, sporgendosi verso di lui. Il tutto senza mai smettere di
baciarsi, mentre le mani di Sirius correvano sulla
sua vita sottile e la pelle giovane e setosa, velocemente se la mise addosso
stringendosela quasi temesse potesse scomparire da un momento all’altro.
Sirius ne era certo, non
sapeva quando sarebbe stata la sua ora, ma quando la morte lo avrebbe raggiunto
allora che fosse stato per amore. Sì,
senza paura si sarebbe abbandonato alle sue braccia, perché quando lo avrebbe
fatto sarebbe sì morto, ma d’amore per lei.