The Beauty of the Snake (Paralleles-1 & 2)

di Christine Cecile Abroath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Prefazione II ***
Capitolo 8: *** Capitolo VI ***
Capitolo 9: *** Capitolo VII ***
Capitolo 10: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 11: *** Capitolo IX ***
Capitolo 12: *** Capitolo X ***
Capitolo 13: *** Capitolo XI ***
Capitolo 14: *** Capitolo XII ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 16: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 17: *** Capitolo XV ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 20: *** Capitolo XVIII ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


E' il 1981 ed il 31 Luglio Harry Potter compie un anno, mentre nello stesso mese la Famiglia McKinnon viene sterminata da Lord Voldemort. In Settembre si svolge l'"83° Schools Potions Championship". Ma sarà in Ottobre che tutto cambierà per sempre...

1977

26 anni Bellatrix-Rodolphus 24 anni Andromeda-Petunia 23 anni Lucius 22 anni Narcissa 18 anni Sirius 17 anni Lily-James-Remus-Severus

1980

29 anni Bellatrix-Rodolphus 27 anni Andromeda-Petunia 26 anni Lucius 25 anni Narcissa 21 anni Sirius 20 anni Lily-James-Remus-Severus

1981

30 anni Bellatrix-Rodolphus 28 anni Andromeda-Petunia 27 anni Lucius 26 anni Narcissa 22 anni Sirius 21 anni Lily-James-Remus-Severus

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


FINE AGOSTO 1981

Sopra un fiume sudicio, tra rive piene di erbacce e rifiuti, un’immensa ciminiera – rudere di una fabbrica in disuso – si innalzava cupa e minacciosa. Non c’erano rumori, a parte il sussurro dell’acqua nera e nessun segno di vita, fino a quando un debolissimo pop fece apparire una sottile sagoma incappucciata.

La donna arrivò sulla sommità dell’argine, dove una fila di vecchie sbarre separava il fiume da una stretta stradina acciottolata, scivolando in un varco tra esse, attraversò la strada di corsa.

La pioggia aveva aumentato d’intensità e il mantello che prima le fluttuava alle spalle, ora si era incollato alla sua schiena.

Alcuni lampioni erano rotti, la donna correva tra macchie di luce e di buio profondo e si infilò in un labirinto deserto di case di mattoni. Infine, imboccò una strada, chiamata Spinner’s End, sulla quale la torreggiante ciminiera sembrava incombere come un gigantesco dito ammonitore. I suoi passi echeggiarono sull’acciottolato davanti a finestre sprangate e malandate, finché giunse all’ultima casa, dove una luce tenue baluginava attraverso tende di una stanza al piano terra.

La pioggia era aumentata d’intensità, mentre bussava alla porta ansante, inalando l’odore del fiume sporco portato dalla brezza notturna. Pochi secondi dopo, avvertì un movimento dietro la porta, che si aprì in uno spiraglio. Lo spicchio di un uomo la guardò: un uomo con lunghi capelli corvini spartiti in due bande attorno al volto dagli occhi neri.

Lily gettò indietro il cappuccio mostrando i capelli bagnati e appiccicati al viso. Gli occhi verdi fissavano la figura scura, mentre l’uomo apriva un poco di più la porta, per poi farla velocemente entrare.

«Lily? Che ci fai qui? Dove sapevi che…»

«Andromeda…» mormorò lei a mezza voce, non era il caso di chiedere da chi quest’ultima lo avesse saputo.

La giovane dai capelli rossi era entrata in un minuscolo salotto, che pareva un’oscura cella imbottita. Le pareti erano foderate di libri, in gran parte rilegati in vecchia pelle nera o marrone; un divano liso, una vecchia poltrona e un tavolo traballante erano riuniti in una pozza di luce tenue, gettata da un lampadario a candele appeso al soffitto. Il luogo aveva un’aria trascurata, come se di solito non fosse abitato.

Severus fece cenno a Lily di accomodarsi sul divano. Lei si sfilò il mantello, lo gettò da un lato e sedette, tremava da capo a piedi. L’uomo fece un gesto elegante con la bacchetta, l’asciugò e altrettanto finemente accese il camino, prima di prendere posto su una poltrona di fronte a lei. Le mani sui braccioli.

«Perché diavolo sei qui?»

«L’Ordine è sulle tue tracce!»

«E allora?»

Lily sospiro infastidita, sapeva molto bene che dietro il suo modo di fare freddo e disinteressato c’era un cuore che batteva. Uno che lei era riuscita a raggiungere e che poi codardamente aveva lasciato andare.

«Il gioco a cui stai giocando è pericoloso. Ho fiducia estrema nelle capacità tue e di Bellatrix, ma temo vi farete uccidere!»

Come sempre, la giovane donna non temeva di esprimere la propria opinione, che in quel caso era velata da una preoccupazione più grande: lui.

«Conosco il piano, ma temo non funzionerà… per questo io e Andromeda ne abbiamo pensato un altro!»

Con orgoglio e un lampo di luce negli occhi guardò quelli scuri dell’uomo di fronte a lei, ma non pareva interessato o almeno così dava a vedere. La mascella era contratta e nemmeno l’ombra di un sorriso veleggiava sul suo viso aguzzo.

«Non ci sono piani alternativi e lo sai!» rispose cercando di mantenere il suo aplomb, ma Lily era stanca di quel suo atteggiamento e del muro di gomma che aveva eretto, così senza pensarci lo raggiunse inginocchiandosi al lato della poltrona su cui sedeva.

«Vedo il tuo odio e lo comprendo, ma questo va ben oltre me… te… riguarda anche tutti gli altri coinvolti in questo… riguarda i nostri amici…»

La sua voce non nascondeva agitazione e preoccupazione. Il Voto Infrangibile che era stato stretto le bruciava ogni giorno sul cuore come un’enorme macigno, ma aveva accettato come gli altri se questo sarebbe servito a mettere fine a quella storia a prescindere dei sacrifici che ognuno di loro aveva dovuto compiere.

«Credi sia facile per me e Andromeda? La storia che abbiamo dovuto mettere su e raccontare? Forse non rischiamo in prima linea come te o Bella, ma ne soffriamo. Narcissa è devastata!»

«Nessuno le ha chiesto di innamorarsi di Malfoy!»

«Come se fosse facile decidere chi amare, vero Severus?»

Severus, che fino a quel momento non l’aveva guardata, voltò appena lo sguardo e gli parve come se dopo un tempo incalcolabile fosse tornato a respirare. Lei si morse un labbro e poi, allungando una mano, la poggiò sul viso di lui e glielo accarezzò con la sola punta delle dita.

«Lo hai sposato. Ci hai fatto un figlio…» scandì lui con ira repressa, anche se era più delusione. Si scostò dal suo tocco e lei alzandosi tornò a sedersi sul divano lacero.

«Quel che è fatto è fatto…»

«Hai scelto lui!» l’aggredì nuovamente. Il tono calmo, ma tagliente come una lama.

«No, non l’ho fatto e lo sai molto bene! Non era lui la mia scelta, ma tu mi hai ferita. Mi hai allontano, hai rinunciato a me. Cosa ti aspettavi che facessi esattamente? Che recitassi la parte della dama addolorata? Che stessi tutti i giorni a piangere senza andare avanti nella mia vita?»

Ora era Lily quella arrabbiata e non lo nascose, mentre il viso si colorava di un leggero tono rossastro facendo pendant con i suoi capelli color fuoco.

«­James era innamorato di me, l’unica cosa a cui il tuo comportamento ha contribuito è stato permettermi di dargli una possibilità. E sì, mi sono innamorata, non sarebbe mai stato l’uomo della mia vita, ma sarebbe stato uno con cui l’avrei condivisa volentieri. Non mi pento di nulla, del matrimonio, di Harry… Io non ho nulla da recriminarmi e tu?»

Severus, che era stato ad ascoltarla deglutendo il vuoto, scostò lo sguardo verso una delle sue librerie polverose, non riusciva a sostenere oltre quella conversazione. Sapeva che era stato un codardo, motivo per cui avercela con lei e odiarla era più facile.

«E quale sarebbe il grandioso piano che tu e Andromeda avete creato?»

Pur di cambiare argomento Severus stava dando l’opportunità a Lily di spiegargli il motivo per cui l’aveva cercato. Lei fece un piccolo sorriso, trionfante, e poi sospirando lo guardò con una nota di amarezza.

«L’Amore, l’unica magia che ci tiene tutti intrappolati nella sua immensa ragnatela in un loop di causa ed effetto. Tutto è causato per Amore ed ogni conseguenza deriva dall’Amore. Amore dato, negato, perduto, sacrificato, sognato, tenuto segreto… Se la sua assenza totale ha portato a tutto ciò, allora chissà se ritrovandolo sarà possibile colmare un vuoto e cambiare il corso della storia…»

Era chiaro che l’uomo non si aspettava tale risposta e così, mentre Lily lo guardava decisa, sicura e quasi beffarda, lui aveva un’espressione indecifrabile di chi era ovviamente confuso, ma al contempo colpito dalla genialità della donna per cui il suo cuore non aveva mai smesso di battere.

 

NATALE 1977

Lily era a casa per Natale, sarebbe stato il suo ultimo Natale come studentessa di Hogwarts, in quanto quell’anno avrebbe avuto i M.A.G.O. Sua sorella più grande, Petunia, aveva sette anni più di lei e lavorava come segretaria presso una ditta di trapani. Non si poteva dire che fosse chissà quale impiego, ma la donna era molto felice di dire che la sua carriera avanzava velocemente, anche grazie alla laurea in economia, e da poco era stata promossa ad addetta alla contabilità.

Si frequentava con un ragazzo paffutello, ed un po’ suscettibile, del piano vendite e forse anche se avrebbe potuto aspirare a molto di più aveva deciso di accontentarsi di chi quanto meno la vedeva e l’apprezzava per quello che era.

Felice che almeno quelle feste sarebbero state dedicate a lei ed ai suoi successi non brontolò quando il campanello suonò e sua madre le chiese cortesemente di andare a vedere di chi si trattava, mentre lei e Lily stavano aiutando il marito a montare l’albero di Natale.

La ragazza alta e longilinea, dal viso cavallino, ebbe un mancamento quando si trovò di fronte un giovane dalla pelle olivastra, profondi occhi caffè e vestito da capo a piedi di nero. Deglutì il vuoto fissandolo, quando questo prese la parola e in tono cortese, ma atono, chiese: «Lily è in casa?»

«E-Ehm… s-sì… la chiamo, a-aspetta qui…»

Scuotendo il capo sconcertata per le amicizie della sorella, l’avvisò che un suo strambo compagno di scuola era alla porta e Lily confusa, ma curiosa, la ringraziò e si diresse all’ingresso, strabuzzando gli occhi alla vista di Severus.

Chiuse la porta di casa, pur rimanendo sull’uscio. Nevischiava leggermente e lei si stringeva le braccia al petto. Indossava un paio di jeans, delle polacchine color caramello e un ugly sweater natalizio con il muso di una renna.

«Severus c-che ci fai qui?» chiese genuinamente sorpresa, mentre lui la guardava da capo a piedi. Un lieve sorriso sulle labbra.

«V-Volevo solo augurarti Buon Natale e… darti questo…» con fare impacciato tirò fuori un pacchetto da sotto il mantello scuro e glielo porse. Era finemente impacchettato e Lily sorrise eccitata facendo per aprirlo.

«Ma lo apri ora?»

«Credi che resisterei ancora cinque giorni? E poi sono troppo curiosa!» rispose lei e senza aspettare oltre lo aprì. Ciò che si trovò dentro era una semplice catenina d’argento da cui pendeva un minuscolo cuore di smerlando intorno cui era avvolto un serpente.

«Era di mia mamma, l’ho trovato facendo ordine e… ho pensato di dartelo…»

Lily stava trattenendo le lacrime, ma cercando di non piangere, porse la collana a Severus ed alzandosi i lunghi capelli rossi si voltò affinché lui potesse allacciargliela. Una volta fatto si toccò la collana non mancando di arrossire e no, non era solo colpa del freddo.

«Non ho parole, i-io non ti ho fatto nulla!»

«E non dovevi, non è nemmeno un vero regalo!»

«È molto di più! È-È il tuo cuore questo?» gli chiese a bruciapelo e lo vide per un attimo tentennare, ma poi alzando una mano le portò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio. Fece scivolare le sue dita lunghe e affusolate lungo il suo profilo, sul collo, fino a sfiorare la collana.

«Ti appartiene, lo sai…»

«Allora chiedimelo!» lo supplicò lei. Ora aveva annullato le distanze tra loro e poggiando le mani sul suo petto lo guardò speranzosa.

«Ho dato un’opportunità a Potter è vero e… mi piace, ma… amo te. Chiedimelo! Chiedimi di lasciarlo, chiedimi di essere tua e lo sarò!»

Tra loro non c’era mai stato nulla. Frasi dette a metà, sguardi che dicevano più di mille parole, abbracci carichi di sogni, dita che si sfioravano… ma null’altro. Avevano parlato dei loro sentimenti, di quello che provavano e quando era accaduto lui… Severus, l’aveva allontanata.

Averla così vicina gli fece male e gli costò tutta la sua forza di volontà per metterle le mani sulle spalle e scostarla, quando l’unica cosa che avrebbe voluto sarebbe stata finalmente saggiare il sapore delle sue labbra.

«Finito Hogwarts sai che me andrò…»

«E allora?»

«E allora?» chiese lui adesso impettito.

«Dubito fortemente che Miss Perfettina possa lasciare il futuro radioso che l’aspetta! Hai tante belle parole Lily, ma tu non rinuncerai mai alla vita che Potter può darti. Per chi? Per Mocciosus? Mi sembra già di sentire le risa di Black e Lupin e tu? A te andrebbe bene?»

Lei sembrò ferita e le mani che prima erano sul suo petto in cerca di un contatto più intimo, ora lo sospinsero all’indietro.

«Come osi? Parli a me di pregiudizi? IO? Devo ricordarti come mi hai trattato per lungo tempo? Mai mi sono fermata di fronte alle tue offese, ho sempre avuto la capacità di guardare oltre!»

«Eppure non mi pare tu abbia mai rinnegato veramente quello che il tuo amato Potter mi faceva!»

«Non ho mai condiviso il suo modo di fare, lo sai. Ma ha saputo riconoscere i suoi errori!»

«Di fronte a te. Ma credi ci creda davvero?»

«Stiamo davvero parlando di quello che James è stato in grado più o meno di fare? Lo stai facendo davvero?»

La voce di Lily si spense sconsolata, ma non dimenticava quello che lui le aveva appena detto.

«Sei un codardo Severus e su questo James non si sbagliava, l’errore è stato mio a non volergli credere.»

Lily non aggiunse altro, per dire cosa poi? Era troppo ferita. Si strappò la collana e gettandola ai piedi di Severus rientrò in casa sbattendo la porta. Solo in quel momento il ragazzo si permise di lasciare che lacrime amare e silenziose gli rigassero il viso.

Si chinò, raccolse la collanina e ingoiando il dolore atroce che nel centro del petto provava inspirò l’aria fredda che gli ferì i polmoni.

“Codardo”, quella parola lo faceva star male peggio di una Maledizione Cruciatus e lo faceva sanguinare in modo bene più copioso che di un Sectusempra.

Strizzò gli occhi, si portò la catenina al petto e poi con un pop sparì, nell’indifferenza del biancore di quel vicinato immacolato, ma nel dolore del suo cuore infranto.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


INIZIO AGOSTO 1981

Andromeda Black aveva ben sette anni più di suo cugino Sirius e i suoi amici, eppure i suoi tratti sempre estremamente fanciulleschi la facevano apparire un’eterna bambina. Il viso tondo, gli occhi vispi e un sorriso genuino la rendevano immediatamente simpatica a chiunque la conoscesse.

Essere ospite a Grimmauld Place la metteva a disagio e non solo perché quella era la residenza dei suoi zii, ove tante festività infelici aveva passato, ma soprattutto perché era divenuta la sua prigione di cristallo.

Lo era da circa un anno, da quando fuggita dalla sua casa, aveva trovato rifugio lì. Ormai tutti i membri della famiglia di suo cugino erano morti e lui, dopo aver ereditato la residenza, l’aveva messa a disposizione dell’Ordine della Fenice: un insieme di maghi coraggiosi che fronteggiava il Signore Oscuro. Con la garanzia di Sirius ci volle poco prima che anche lei venisse accolta a braccia aperte tra loro, ma le mancava il respiro ogni volta che ripensava al Voto Infrangibile che poco prima della sua fuga aveva stretto. La vincolava a un segreto che la costringeva a un atteggiamento verso le sue sorelle che lui detestava.

Ogni volta che Sirius o gli altri pronunciavano sentenze o opinioni verso coloro che ormai designavano come nemici giurati, lei era costretta a ingoiare la più grande varietà di rospi che esistesse. Molto di quel disagio era mediato da Lily, con lei poteva condividere quel fardello e, molto presto, per la loro affinità intellettuale si erano trovate a diventare amiche.

Massaggiandosi le tempie, chiuse il grande tomo che stava consultando. Fortunatamente, la biblioteca della casa era assai fornita e Lily non mancava di farle arrivare le letture che le mancavano. Era da qualche settimana che insieme avevano iniziato a pensare a un piano alternativo a quello concordato con Severus e Bellatrix. A nessuna delle due andava l’idea di far rischiare alle persone che più amavano la vita ed era divenuto del tutto naturale cercare altre soluzioni. Da buone studiose non fu così difficile, la vera difficoltà stava nel comprendere a come mettere in pratica tutto quanto.

“Tempo, spazio, realtà non hanno un andamento lineare. Formano un prisma di infinite possibilità in cui ogni scelta può diramarsi verso realtà infinite, creando mondi alternativi a quelli già conosciuti. Ora qui, miei cari lettori, vi chiederei di riflettere su una semplice domanda: «E se?»”

La ragazza aveva letto quelle parole fino a farsi male alla vista, purtroppo il libro non approfondiva il tema dei viaggi nel tempo e nello spazio, infatti, ancora molte informazioni le risultavano fosche.

Un bussare alla porta la portò bruscamente alla realtà e, nascondendo velocemente il grande libro sotto il letto, diede il permesso di entrare a colui che poi si mostrò essere Remus.

Portava un vassoio con la cena, non stava bene da qualche giorno e lui che era venuto ospite alla residenza non mancava di prendersi cura di lei. Ormai si conoscevano da un po’ e doveva ammettere che si era trovava affascinata da quel giovane dal volto malaticcio, l’incarnato spento e i vestiti sempre un po’ malandati.

«Come ti senti oggi?»

«Molto meglio, grazie!» rispose lei, mentre accoglieva il vassoio sul suo letto. Poi si sporse, facendo attenzione a non rovesciare nulla, e gli posò un bacio sulla guancia. Lo vide palesemente arrossire.

«Ti senti sola?»

Lo sguardo di Remus era appesantito da occhiaie violacee, la Luna Piena si stava avvicinando e il suo malessere era sempre più evidente.

«Mi manca Lily… ha partorito da pochi giorni e vorrei andare a vedere come sta…»

Andromeda spezzò il pane e si portò piccoli pezzi di mollica alla bocca. A volte si sentiva lei quella appena uscita da Hogwarts. La sua unica storia d’amore era stata con un giovane babbano, Ted Tonks, ma che aveva dovuto interrompere per salvarlo da morte certa minacciata da suo padre se non lo avesse fatto. Per il resto, non aveva mai avuto modo di avere dei veri e propri rapporti sociali, un po’ come le sue sorelle. Le loro vite erano sempre state direzionate e nessuna scelta era mai davvero loro.

Quindi tutta l’esperienza di vita di Lily, di James, di Sirius, Severus o Remus a lei sembravano appartenere a ragazzi molto più grandi di lei. Molto più adulti. L’età significava poco quando in confronto era sempre stata tenuta sotto una campana di vetro. Si sentiva piccola sotto tutti i punti di vista…

«Silente crede non sia opportuno che tu ti esponga. Tuo padre e tua sorella sono a piede libero, potrebbero ucciderti per averli traditi…»

Andromeda annuì sentendo quella terribile fitta torcerle il cuore. Non riuscì a nascondere la sua espressione addolorata e quando abbassò nuovamente la mano per spizzicare ancora un po’ di mollica dal suo panino spezzato, la mano di Remus si posò sulla sua.

Lei alzò lo sguardo e guardandolo gli sorrise con timidezza, ma riconoscente.

«So che conta poco, ma… hai me… Ti ho conosciuto attraverso i racconti di Sirius, ma… è bello poterlo fare… anche dal vivo… Sei speciale…»

«Speciale? Chi io?» chiese Andromeda poco convinta, guardandosi intorno come se cercasse di capire di chi lui stesse parlando, ma quando tornò a guardarlo Remus la guardava ancora sorridente.

«Anche tu sei speciale Remus. Sei buono, comprensivo e un ottimo ascoltatore… ti sei sorbito tutti i miei pianti e i miei sfoghi…»

«E sarò sempre qui per qualsiasi cosa tu avrai bisogno…»

«Anche solo per farmi compagnia? Stanotte non voglio rimanere da sola…»

Era chiaro che nella sua voce, come nella sua espressione, non ci fosse malizia, ma solo una profonda tristezza. Remus assentì e mentre il vassoio veniva spostato sul comodino, Andromeda si stese, aspettando che il ragazzo lo facesse poco dopo al suo fianco. Stesi su un lato, sentiva lui abbracciarla da dietro, mentre lei si lasciava andare a un pianto liberatorio, percependo il piacere che dava il calore di un abbraccio. Si sentiva così sola, così vuota… e dentro aveva un freddo che nulla pareva riuscire a scaldare.

Remus la strinse forte e senza fiatare si fece custode di quelle sue lacrime silenziose, amareggiato che nulla di ciò che lui poteva fare l’avrebbe fatta star meglio. Ma non era così, Andromeda già stava bene per il solo fatto di non essere sola, ma compresa e supportata.

 

MAGGIO 1980

La residenza dei Black era nella brughiera di Bodmin, nella Cornovaglia settentrionale, compresa tra i distretti del North Cornawall e di Caradon, situata a nord/nord-est della città di Bodmin, da cui prendeva il nome. Indisegnabile e nascosta agli occhi babbani, appariva come un grande maniero squadrato e massiccio.

In classico stile Tudor, ciò che colpiva appena entrati era il grande salotto, dalla boiserie in legno scuro che arrivava fino al soffitto e continuava sui pavimenti. Fulcro della stanza era un camino in marmo nero e intorno un mobilio antico ed elegante in puro stile gotico. Ai lati della stanza, due imponenti scalinate portavano al piano nobile, mentre due porte nascoste sotto le stesse conduceva a un ampio corridoio semi circolare e a un susseguirsi di stanze.

A destra, la grande biblioteca, la stanza dei giochi e l’ufficio di Cygnus Black III, il capo famiglia. A sinistra, il giardino d’inverno e il gabinetto personale di Druella Rosier, la matrona. Sia l’ufficio che il gabinetto dei genitori delle sorelle Black affacciavano su un ingresso secondario che guardava sul grande parco all’inglese.

Le cucine erano nascoste al piano inferiore, sotto il livello della strada, e siccome gli stessi potevano materializzarsi, l’unica porta che conduceva alle stesse era collocata nelle cantine, a cui si accedeva dal parco.

Poteva apparire come un luogo estremamente elegante e lussuoso, ma per le sorelle che vi abitavano, a lungo andare, era solo divenuta una prigione dalle sbarre dorate.

Il padre era un uomo severo, duro e profondamente frustrato dall’incapacità della moglie di dargli un erede maschio; mentre la madre era una donna all’antica, remissiva e troppo debole per ribellarsi a quel matrimonio imposto e l’infelicità che ne era derivata.

Bellatrix, che aveva finito Hogwarts già da ben undici anni, aveva vissuto fin da subito la pressione che comportava essere la primogenita. I suoi studi si erano concentrati nell’obbiettivo di divenir un Auror, nonostante sapesse benissimo che i suoi genitori non avrebbero approvato. I suoi G.U.F.O. e M.A.G.O. si mossero in tale situazione. Tuttavia, non servì a nulla venir promossa con il massimo dei voti, perché quello che accadde quasi immediatamente fu che, nonostante per il primo anno riuscì di nascosto a studiare come tale e affrontare tutte le prove del caso, fu costretta ad abbandonare. Un suo compagno di Casata oltre che coetaneo, che da sempre le faceva la corte, aveva preso molto male il suo essere rifiutato. Rodolphus Lestrange si preoccupò subito di fare la spia al padre della giovane e lei si vide costretta a mettere da parte i suoi sogni e sposarlo, perseguendo la strada che aveva promesso di combattere.

Nei dieci anni che seguirono ciò che fu costretta a vivere e diventare la cambiarono profondamente, segnando i suoi eleganti tratti. In quegli anni erano state poche le occasioni in cui aveva potuto re-incontrarsi con le sue sorelle, coloro per cui tanto aveva sacrificato.

Andromeda, era la sorella che più di tutte aveva assaporato un frammento di libertà. Finite le scuole otto anni prima, aveva colto l’occasione per partecipare a un erasmus presso Ilvermorny, ove avrebbe avuto modo di effettuare uno stage come supplente di Difesa Contro le Arti Oscure. Successivamente, sarebbe andata ovunque tale cattedra sarebbe stata disponibile. Lì aveva conosciuto il babbano Ted Tonks e insieme vissero quattro anni di pura felicità. Stavano perfino pensando di sposarsi, ma ben presto fu trovata da alcuni Mangiamorte messi dal padre sulle sue tracce e sotto loro minaccia di torturare e uccidere Ted fu costretta a lasciarlo e seguirli, solo per poi divenire prigioniera nella stessa casa da cui tanto aveva cercato di allontanarsi. I quattro anni che seguirono non conobbe altro che le pareti di quel maniero, senza però smettere di sperare di poter scappare.

Narcissa, che era la sorella più piccola, aveva concluso Hogwarts sette anni prima. Indubbiamente delle tre era considerata la più bella. Dalla pelle diafana, i capelli lunghi e biondi – quasi bianchi – e gli occhi color ghiaccio. Aveva tratti da bambolina e il suo vestiario era sempre quello più curato e fine tra le sorelle. Pizzi, merletti e tagli sartoriali. Velette, un make-up che sottolineava lo sguardo con un filo di eyeliner, un blush rosato sulle guance e rossetto nude.

Era il bon ton fatto in persona, quella che più amava le tradizioni e le etichette, ma che nonostante tutto soffriva molto la situazione in cui viveva. A differenza delle sorelle, i suoi genitori non se l’erano mai presa con lei e mai avevano avuto da ridire sulle sue scelte, anzi… Si era dimostrata come la figlia perfetta: mansueta e rispettosa delle regole. Che non fiatava e faceva sempre quello che le veniva chiesto.

Anche il suo rapporto con il rampollo Malfoy era stato combinato e l’unica cosa che l’aveva salvata era stato il trovarsi bene con Lucius. Non sapeva se lo amava, ma le piaceva come lui la trattava. I suoi midi galanti e le attenzioni che le dava, seppur la spaventava a morte il suo essere divenuto un Mangiamorte.

Il loro fidanzamento era stato ufficializzato, con una grande festa, solo un anno prima e fin tanto non si sarebbero sposati lei viveva nella residenza di famiglia.

Tutto sarebbe andato esattamente come programmato, se non fosse stato per ciò che accadde in una sera di maggio. Solo due settimane prima Andromeda e Narcissa avevano ricevuto la visita di Bellatrix, la quale gli portava l’invito per una festa che si sarebbe tenuta nella sua residenza. Le sorelle, che non potevano mai lasciare il maniero, se non in occasioni simili e sempre in compagnia dei genitori, avrebbero potuto così essere liberate. Bellatrix raccontò loro di come aveva organizzato tutto affinché durante l’evento avrebbero potuto fuggire.

Non tutto però andò come previsto. L’indecisione di Narcissa, divisa tra il non abbandonare le sorelle oltre che i principi in cui credeva e Lucius, verso cui stava iniziando a provare un sentimento vero, la fecero tentennare e ciò fu fatale per l’esito della missione. I Mangiamorte erano accorsi e la loro possibilità di fuggire attraverso una passaporta erano minime. Sirius non ci aveva pensato due volte e tra riuscire ad andarsene con Andromeda senza far rischiare l’osso del collo a sé stesso e Lily o rischiare la vita di tutti per tornare indietro per Narcissa, pensò a fuggire, e così fecero.

La più piccola delle Black avrebbe subito grandi ripercussioni se non fosse stato per Bellatrix, che prendendosi la colpa venne a lungo torturata dal padre. Subito, il matrimonio con Malfoy venne velocizzato e in breve tempo la giovane andò a vivere con il marito che per quanto l’amava, faticava a fidarsi di lei. Narcissa ci mise mesi interi prima che lui si fidasse a farla uscire o peggio incontrarsi con la sorella, ma ce la fece. Seppe stare nel suo, a capo chino, senza mai protestare per nessuna delle scelte che venivano prese, anche per lei… Andromeda, dal canto suo, era stata portata a casa del cugino, a Grimmauld Place, ma lì viveva in profonda tristezza, sentendosi in colpa perenne per la sua libertà in confronto alla condizione pietosa in cui, invece, le sue sorelle vertevano.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


FINE AGOSTO 1981

Rodolphus Lestrange apparteneva con orgoglio alle "Sacre Ventotto", condivideva l'ideologia della purezza del sangue magico ed era fiero di vantare un legame così stretto con l'Oscuro Signore, considerando che suo padre era andato a scuola con lui e era divenuto uno dei suoi primi seguaci. Fin d’adolescente vantava amicizie con i rampolli delle famiglie più importanti: Yaxley, Tiger, Bulstrode, Nott, Rosier... Bello, elegante e dannato, era un leader nato per il carattere imperturbabile, ma perverso. Era un sociopatico, incapace di provare qualsiasi sorta di empatia, eppure i suoi modi raffinati ammaliavano chiunque: uomini e donne.

Suo fratello minore, Rabastan, era offuscato dallo charme del fratello. L’odiava talmente tanto da non averci pensato due volte a divenire Mangiamorte, anche solo per il gusto di poter mostrare almeno che per una volta avrebbe potuto superarlo in qualcosa. Prefetto, Caposcuola, Capitano di Quidditch, da sempre era stato il preferito del padre.

L'unica cosa che Rodolphus non era mai riuscito a ottenere, e la cosa faceva sempre molto gongolare Rabastan, era stata Bellatrix Black. Lei non era mai parsa interessata alle sue lusinghe e mentre qualsiasi altra ragazza avrebbe pagato per così tante attenzioni, per divenire il centro del suo mondo, Bella sapeva molto bene di essere solo l'ennesimo trofeo.

Il fatto, dunque, che fosse diventata sua moglie, era per Rodolphus il massimo delle soddisfazioni, seppur una volta sposata più per capriccio e per punirla del suo rifiuto, aveva perso ogni interesse in lei. Motivo per cui la tradiva con qualsiasi sottana gli passasse davanti, senza darsi nemmeno la decenza di nasconderlo.

Bellatrix era infatti nel loro elegante salotto oscuro, quando alle sue spalle sentì la risatina stridula dell’ennesima prostituta che si era portata a casa. Quando si voltò non si sorprese di vederlo brillo, la camicia slacciata a mostrare i suoi pettorali e la donna in sua compagnia in abiti succinti.

«La decenza non ti è mai appartenuta Lestrange, ma stiamo superando il limite!»

La voce di Bellatrix era fredda, quando si alzò dalla poltrona, incrociò le braccia e lo guardò fisso. Indossava un abito lungo nero, era di pizzo, e la fodera era di un profondo verde smerlando. I capelli scompigliati erano raccolti alla bell’e meglio e lo sguardo scuro per via del trucco pesante squadrava la donna che lo accompagnava.

«Non sono affari tuoi chi porto a casa MIA!» sottolineò lui con una risata di scherno. Non mancava mai di fargli notare quanto nulla di tutto ciò che avessero fosse suo, come se lei fosse una povera barbona che aveva raccolto per strada.

«Crucio!» urlò sua moglie e prima che lui potesse fare qualsiasi altra cosa la sua accompagnatrice si contorceva a terra dal dolore, il tempo di riprendersi che con l’affanno e spaventata a morte scappò di corsa, mentre Rodolphus imprecava.

Ci mise pochi secondi per lanciare la stessa maledizione alla moglie, dopo averla disarmata, e mentre ancora ingoiava il dolore non dandogli la soddisfazione di urlare, lui non smise di infierire accecato dall’umiliazione e i fumi dell’alcool.

«Urla! Devi urlare maledetta puttana! URLA!» diceva lui con lo sguardo iniettato di sangue, continuando a ripetere la maledizione senza nemmeno dare il tempo che la stessa concludesse il suo effetto. Smise solo quando Bellatrix parve non dare più segno di forze, a terra, ansante e rannicchiata su sé stessa. Si stringeva il bacino e nascondeva il viso. Mai avrebbe permesso a quel mostro di godere delle sue lacrime.

«Sei inutile! Non sei stata nemmeno in grado di darmi un erede, motivo per cui capirai bene che devo ottenerlo da qualcun’altra!»

Sputò a terra accanto a lei e poi prendendo la bottiglia di whisky incendiario, che la moglie stava bevendo prima del suo arrivo, si ritirò nel suo ufficio sbattendo la porta.

La giovane donna rimase immobile, cercare di non piangere le stava causando conati derivanti anche dal dolore che si propagava in tutto il suo corpo. Sperava di abituarsi prima o poi al dolore, ma purtroppo quello che sentiva dentro era ben peggiore di quello che fisicamente subiva fin da quando era una ragazzina.

Chiuse gli occhi e si rifugiò nei pochissimi ricordi felici, gli unici che le permettevano di non impazzire del tutto. In essi c’erano sempre le sue sorelle e poi… c’era lui…

Era buffo, se così si poteva dire, perché gli unici ricordi che a lui la legavano erano di litigate e confronti, ma nessuno reale, non da parte sua. Lei che recitava una parte e lui che credeva fosse vera, solo una volta avevano avuto un momento in cui non c’erano state urla e accuse e per lei era il più prezioso dei tesori. Probabilmente, il massimo della felicità a cui avrebbe mai potuto aspirare.

 

NATALE 1977

Sirius Black era ormai considerato un traditore, era stato diseredato e per alcun motivo sarebbe mai stato invitato alla festa di Natale dei suoi stessi genitori a Grimmauld Place, ma Andromeda aveva confessato a Bellatrix che senza dubbio si sarebbe fatto vivo per portarle il suo regalo. Non era un mistero che lei fosse l’unica per cui rischiasse, l’unica della sua famiglia di cui ancora le importasse. Soffriva della sua condizione e sognava ogni giorno di trovare il modo di salvarla…

La neve aveva iniziato a scendere nel buio della notte e la casa era affollata, elfi domestici camminavano tra gli ospiti come piccoli tavolini con le gambe carichi di cose da mangiare e da bere. Far uscire Andromeda non sarebbe stato così difficile, se non fosse che il loro solito posto non era sicuro e così Bellatrix si era proposta di uscire e incontrare il cugino.

Sirius era nascosto dietro alcuni bidoni della spazzatura del vicolo accanto alla casa e quando vide venirgli incontro la cugina che più di tutte odiava non esitò due secondi a puntagli la bacchetta addosso e urlare «Stupefiucium», ma la giovane donna era stata abbastanza abile per scostarsi prima di venir colpita.

«Shhh! Vuoi che qualcuno ti senta o veda? Ancor peggio qualche babbano! Sono qui in suon di pace!» disse lei alzando le mani e anzi infilandosi la bacchetta nel bustino per mostrare che faceva sul serio.

«Sì, sì, come no!» rispose lui poco convinto. Il braccio ancora teso contro di lei.

Come dargli torto? Dal suo punto di vista Bella era solo l’ennesimo membro della sua famiglia invasato e folle, che andava in giro a uccidere innocenti, che aveva sposato con follia e orgoglio un’ideologia orribile.

Bellatrix si passò le mani sulle braccia per via del freddo e si sforzò di sorridere, non lo faceva da così tanto tempo che una strana espressione le si disegnò sul volto.

«Volevo solo dirti di spostarti due vicoli più in là… qui non è sicuro… Rodolphus ha messo dei suoi a fare la ronda… passano di qui ogni quindici minuti e… potrebbero vederti…»

Sirius dovette ammettere che era sorpreso dal suo tono pacato e gentile, ma non era uno sciocco.

«È solo un tranello, vuoi consegnarmi a loro!»

«Ascoltami, se fosse così lo avrei già fatto e poi parliamo di mia sorella. Credi davvero che farei qualcosa contro di lei?»

Quella frase parve convincere il cugino, non che le credesse, ma… credeva che forse in effetti tenesse a sua sorella. Abbassò la bacchetta e voltandole le spalle fece per andarsene, lei lo fissò con l’ombra di un sorriso malinconico e fece per voltarsi a sua volta, ma fu allora che Sirius la precedette guardandola.

Sembrò che volesse dirle qualcosa, ma poi scosse il capo e lasciando perdere se ne andò.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


FINE AGOSTO 1981

Narcissa era appena uscita dalla stanza degli ospiti quando di fronte vi trovò il marito che, a braccia conserte, la fissava accigliato.

«Questa situazione deve finire!» disse perentorio.

Era stanco di essere svegliato in piena notte dall’arrivo di sua cognata.

«Se litiga con suo marito sono affari suoi, non può venire sempre qui!»

«Litiga? Lucius ma l’hai vista? Rodolphus la picchia e dio solo sa quante volte deve anche averla stuprata!»

«È suo marito. Adempie ai suoi doveri coniugali!»

«Come fai a essere così cinico!»

Narcissa voltò il capo e camminò a passo deciso nel lungo corridoio per tornare nella loro camera da letto. Loro figlio, Draco, aveva ormai poco più di un anno e dormiva placido nella sua stanza… ignaro dell’orrore in cui stava crescendo. Ogni giorno che passava si chiedeva se aveva preso la decisione giusta a rimanere accanto a Lucius, lo amava alla follia e sapeva che era un amore malsano.

Lui non si pentiva di ciò che faceva, credeva in ciò che diceva e temeva che un giorno Draco sarebbe divenuto esattamente come lui.

La luna che filtrava dalla finestra illuminò il suo viso, era così chiara di pelle d’apparire priva di vita. Caratteristica in comune con marito e figlio.

Quando Lucius entrò in stanza la trovò seduta sul bordo del letto, gli dava le spalle e osservava fuori verso il cielo oscuro.

«Io non posso continuare così!» esclamò lei con un fil di voce, gli occhi cristallino fissi sull’astro luminoso. Indossava una vestaglia di seta nera con inserti in pizzo dello stesso colore. Lucius la raggiunse, anche lui ne indossava una, ma era di pesante velluto verde scuro. I capelli lunghi, biondi e quasi bianchi come quelli della moglie, rilucevano argentei.

Allungò una mano e prese quella di Narcissa, solo per rimanere assai ferito quando notò che lei velocemente la sfilò per posarsela in grembo.

«Ti amo… lo sai, ma a che costo?» la sua voce tremava, mentre fissandolo il suo sguardo di ghiaccio non nascondeva tutto il suo dolore. Lei non era forte come le sue sorelle, non lo era mai stata e si odiava per questo.

Dal canto suo, il viso appuntito del marito si piegò da un lato, mentre i suoi occhi altrettanto glaciali la scrutavano nella sincera paura di perderla. Non si era mai considerato un uomo romantico e tanto meno capace di dimostrare amore, ma… sapeva che lei e Draco erano la sua vita e che avrebbe sacrificato ogni cosa per tenerli al sicuro.

«Cissy… amor mio… sei stanca e… forse prima ho esagerato…»

«Lo fai sempre! Tu sei così con me. Gentile, premuroso… ma con gli altri? La severità che mostri nei confronti di Draco, che è solo un bambino, non mi piace. Nemmeno la mancanza di tatto che hai verso mia sorella e… tutto il resto… A che prezzo viviamo in tutto questo? Non sei stanco del sangue che ci sporca le mani!?»

Lucius alzò gli occhi al cielo, avevano già affrontato quella discussione. Lei più e più volte gli aveva chiesto di scappare, di smettere di essere un Mangiamorte e ricominciare altrove, mentre lui tutte le volte le aveva fatto notare che non sarebbe esistito posto al mondo in cui avrebbero potuto nascondersi.

«Non voglio tornare sempre sullo stesso punto Cissy…» esclamò infastidito e alzandosi le diede le spalle.

«E poi il sangue è sulle mie mani, non le tue!»

«Non è una giustificazione!» Adesso anche lei si era alzata a prendendolo per un braccio lo aveva costretto a voltarsi. Illuminati dai raggi lunari parevano due fantasmi che discutevano.

«In tutti questi anni sono stata in silenzio a guardare tutto questo orrore crescere e non fare nulla mi rende complice tanto quanto te. Vuoi la verità? Sì, amo il mio status social, amo la ricchezza in cui vivo, le feste, i gioielli e tutto il resto, ma a che prezzo? Non sono più disposta a pagarlo. Non ne sopporto il peso, non sopporto quello che comporta, non se questo sta significando perdere le mie sorelle, te o Draco… che razza di uomo credi sarà un giorno, mh? Non lo vedi!? Viviamo in un loop in cui noi figli non facciamo altro che ripetere gli errori dei nostri genitori, qualcuno deve spezzare questo cerchio… e io ho sempre creduto che non toccasse a me, ma pensandola tutti in questo modo… non succede nulla! NULLA!»

Lucius era rimasto in silenzio, fissandola, non amava quando cedeva a quelle crisi di nervi e si lasciava andare a sproloqui che se, qualcuno avesse udito, avrebbe fatto guadagnare immediatamente a entrambi una condanna a morte.

Per quello respirò profondamente, le mise le mani sulle spalle e con dolcezza l’abbracciò accarezzandole i lunghi capelli eterei. Lei singhiozzava, mentre lui assentiva all’elfo domestico apparso alle spalle di Narcissa su suo ordine silenzioso. Gli bastò un cenno del capo e quello ricomparve poco dopo con una pozione che avrebbe permesso alla donna di dormire e rilassarsi.

A Lucius non piaceva dover tenere l’adorata moglie sotto calmanti, ma se era l’unico modo di controllarla e tenerle salva la vita l’avrebbe fatto.

 

APRILE 1980

Erano passati due anni dalla fine di Hogwarts, due nei quali non aveva mai più rivisto Severus e il suo cuore era riuscito lentamente a trovare un equilibrio. A comprendere che quell’amicizia particolare sempre in equilibrio su un filo tra odio e amore, comprensione e conflitti, problemi e risoluzioni… era giunta al capolinea. Lei ci aveva provato, durante quel Natale del loro ultimo anno, a fare la sua mossa. A dar voce a quei sentimenti che tra loro erano iniziati a crescere senza poterli controllare, ma poi… dopo la violenta delusione che aveva ricevuto dalla codardia di Severus, aveva deciso di metterci una pietra sopra.

Dopotutto amava James, aveva imparato a farlo con il tempo e con lui doveva ammettere che quanto meno non era mai triste, non era mai in uno stato perpetuo di conflitto. La faceva sentire leggera, forte e felice. Sirius, Remus e Peter erano una sorta di prolungamento della loro famiglia e lentamente aveva imparato a conoscerli meglio, nei loro pregi e difetti, e amarli per questo.

Entrare nell’Ordine della Fenice poi, mettere in pratica ciò per cui aveva studiato e fare qualcosa di utile la rendeva estremamente orgogliosa. Lì si era fatta tanti nuovi amici, ne aveva ritrovati dei vecchi e a completare il tutto si era sposata e credeva che nulla potesse cambiare quello stato di armonia che dopo tanta fatica aveva trovato.

L’unico neo era Petunia, anche lei si era sposata, ma le loro strade ormai parevano così lontane da non potersi mai più ritrovare. Vernon, il babbano al quale si era legata, si era rivelato un uomo pregiudizioso e arrogante. Era riuscito con il suo odio ad allontanarla da lei, a mettergliela contro, alimentando semplicemente la fiamma delle sue frustrazioni e invidie. Lily non aveva desiderato altro per tutta la vita che frequentare Hogwarts con lei e sapeva quanto l’aveva ferita scoprire di non possedere nulla di magico. Aveva combattuto con le unghie e con i denti per non perderla, e ora che era inevitabilmente successo si sentiva devastata.

Ci aveva provato molte volte a presentarsi a Privet Drive, a camminare verso il numero 4 e trovare il coraggio di bussare alla porta, ma aveva sempre finito per non farcela e tornare indietro. L’ultima volta era accaduto proprio in un giorno di primavera, ma la vera sorpresa fu che quando si voltò, incapace di fare gli ultimi pochi passi che la dividevano dall’abitazione, si ritrovò di fronte lui.

Il suo aspetto sembrava più sciupato del solito, la pelle più grigia e stanca, gli occhi più scuri. I capelli erano sempre gli stessi come quella perenna sofferenza che ovunque lo accompagnava. Ma non era più il suo Severus, era un Mangiamorte ora.

Lily sapeva che non poteva attaccarlo in pieno giorno in una strada babbana e dunque si fece seguire all’interno di un vicolo. Fu una volta lì che tirò fuori la bacchetta e gliela puntò contro, ma lui fu più veloce. Le prese il polso prima che lei potesse pensare a qualsiasi incanto, la costrinse a fissarla al cielo, poi la fece arretrare con le spalle contro il muro di mattoni e in un pop scomparvero per riapparire in un angusto appartamento.

Fu solo quando si guardò intorno che sentì il panico assalirla. Tre paia di occhi la guardavano: erano le sorelle Black.

Cercò di divincolarsi spingendo all’indietro Severus che la bloccava contro la parete di libri del piccolo salotto, non ci riuscì, semplicemente fu lui che si spostò e fu allora che Bellatrix Black urlò: «Incarceramus!»

In quel momento delle corde si strinsero intorno ai polsi e alle caviglie di Lily, mentre nonostante le sue proteste lei veniva adagiata da Severus su una poltrona di pelle scura lisa. Di fronte a lei le sorelle Black erano sedute sul divano e la fissavano, tuttavia non parevano lì per torturarla o interrogarla. Erano nervose, anche più di lei.

Severus le lanciò un ultimo sguardo e poi si sedette su un bracciolo prendendo la parola.

«Mi spiace averti portato qui in questo modo e con l’inganno, ma abbiamo poco tempo!»

«Dove sono? E cosa diavolo vogliono un branco di Mangiamorte da me se non uccidermi?!» rispose lei piccata, era spaventata ma mai avrebbe dato soddisfazione a loro di vederlo. Alzò il viso con fierezza, mentre gli occhi verdi li scrutavano uno a uno.

«Ti chiedo solo di ascoltarci, come ti ha detto Severus abbiamo poco tempo…» e così dicendo Bellatrix respirò pesantemente guardando negli occhi la giovane Grifondoro di fronte a lei.

«IO ascoltare VOI? O sono impazzita o mi state tendendo una trappola!»

«Allora fidati di me! Sirius ti avrà parlato di sua cugina Andromeda giusto?»

Solo allora Lily si volto verso la ragazza che in mezzo alle altre due, sembrava quella che meno centrasse. I suoi abiti non erano né super lussuosi né da mago oscuro. La conosceva attraverso i racconti dell’amico e mai una volta lui gliene aveva parlato male o di lei aveva dubitato.

«Riuscire a essere tutte e tre qui, in questo momento ci è costato molto. Vedi, io e le mie sorelle viviamo da anni divise, ognuna prigioniera a suo modo…»

Gli occhi colori nocciola di Andromeda erano lucidi, mentre in mezzo alle sorelle ne cercava le mani e le stringeva forte. «So che tu, come chiunque altro, conosci una storia molto diversa di noi. Ma posso assicurarti che… è la storia che siamo state obbligate a raccontare!»

«Le mie sorelle vivono prigioniere in casa dei miei genitori, sono qui solo perché Severus ha assicurato di scortarle presso la mia dimora per farmi visita. Tutte noi siamo figlie di una famiglia antica, purosangue e piena di pregiudizi…»

«Gli stessi che mi hanno reso la vita impossibile da sempre! Ma mai, e dico mai mi hanno scalfito!»

Lily lo disse con fermezza e fierezza, ancora non si fidava della situazione, ma leggeva che c’era paura in loro. La più piccola, dai lunghi capelli quasi bianchi, non aveva ancora mai alzato lo sguardo e piangeva lacrime silenziose.

«Non è facile cambiare mentalità quando fin da bambino sei indottrinato a tali pensieri, ma… Hogwarts è stata per tutte noi una panacea…» proseguì Andromeda con tono dolce.

«Alla fine degli studi, sia io che Bellatrix abbiamo tentato di prendere strade diverse, ma non ci è stato permesso!»

Narcissa si lasciò andare a un singhiozzo più forte degli altri, mentre Andromeda le passava un braccio intorno alle spalle e le poggiava la testa sul capo.

«Cambiare non è mai facile, ma ci vuole volontà! Voi avete ceduto alla strada che di fronte vi è stata posta senza far nulla in merito. Siete stati codardi!»

Lily non poté fare a meno di far saettare lo sguardo a Severus che, ovviamente, colto sul vivo non la guardò. Gli occhi nascosti dietro la cortina di capelli lunghi e neri.

«TU NON SAI NIENTE!» Narcissa aveva urlato con voce stridula, mentre gli occhi azzurri, al punto da sembrare quasi trasparenti, si fissarono in quelli stupiti di Lily.

«Non sai cosa vuol dire sentirsi dire ogni giorno ad ogni ora cosa fare. Chiedere il permesso per tutto… vedere tua sorella venir picchiata da tuo padre senza far nulla per impedirlo…» mentre lo diceva Bellatrix alzò gli occhi al soffitto era chiaro che stava cercando di mantenere la compostezza, per non cedere.

«Ognuna di noi ha subito botte e torture, ma nessuno come lei. Spesso si è presa la colpa per proteggerci o ha tentato di farlo… Nostro padre l’ha costretta a sposare Lestrange, lui l’ha costretta a diventare una Mangiamorte…» proseguì con tono più pacato Andromeda.

«Sì ma… ma… potevi rifiutarti…» proseguì Lily con meno convinzione di prima. Lo sfogo della più piccola delle Black l’aveva colpita come un pugno nello stomaco.

«Non poteva. Nostro padre l’ha minacciata che se lo avesse fatto ci avrebbe dato…»

«Dato in spose a mostri come mio marito!» continuò Bellatrix. La mascella serrata così forte da rendere il suo viso ancora più spigoloso.

«Rodolphus non ha mai fatto altro che proseguire il lavoro di mio padre, oltre che abusare di me. Io non volevo questo per loro. Se dovevo diventare una Mangiamorte, sopportare di diventare un mostro e subire le umiliazioni da Rodolphus era un prezzo che avrei accettato se questo avrebbe salvato le mie sorelle!»

Nonostante i suoi sforzi, gli occhi si velarono di lacrime che però mai corsero sul suo viso. Lily per la prima volta si sentì esattamente nella stessa posizione di chi aveva sempre criticato. Non era mai stata gentile verso coloro che giudicavano senza conoscere e lei aveva fatto esattamente lo stesso.

Si rivedeva molto in Bellatrix, nel suo orgoglio, nel suo tentativo di non mostrarsi mai debole di fronte agli altri… con un’unica differenza, lei non era stata coraggiosa come lei con Petunia. L’aveva semplicemente lasciata andare.

Anche i suoi occhi erano lucidi adesso, le spalle erano basse e la postura rassegnata. Anche per quello Severus sciolse l’incantesimo che la teneva legata. La giovane dai lunghi capelli rossi quasi non se ne accorse, anzi distrattamente alzò il suo sguardo smeraldino verso l’unico uomo nella stanza.

«T-Tu lo sapevi?»

«Severus lo scoprì per caso, venne a casa mia per un incontro con Rodolphus e lo colse sul fatto… con me…»

«Da allora ci ha aiutato come poteva… ancor più ha aiutato Bellatrix…»

Lily non aveva smesso di guardare Severus anche mentre Bellatrix e Andromeda parlavano, ma adesso tutto le era più chiaro.

«T-Tu, T-Tu…» ormai in piedi la Grifondoro capì che il suo addio, le sue parole relative all’andar via ed abbandonarla erano legate a tutto quello. Era diventato un Mangiamorte non per servire il Signore Oscuro, ma per combatterlo…

«Testardo e solitario come sempre…» lo disse a denti stretti. I pugni lungo i fianchi. Era arrabbiata, perché non glielo aveva detto?

«Io e Bellatrix abbiamo unito le forze, stiamo cercando di essere Mangiamorte fedeli e leali, sperando di poterci avvicinare all’Oscuro Signore e carpire i suoi segreti, il come batterlo…»

«Perché non siete mai venuti all’Ordine? Perché non lo avete mai detto?»

«Per lo stesso motivo per cui da anni mi sono fatta odiare da mio cugino e chiunque altro. Solo interpretando questo personaggio non rischio che chi amo ci rimetta e per Severus è lo stesso…»

Le parole della più grande delle sorelle Black colpirono dritte in faccia Lily, lui lo stava facendo per lei.

Lentamente tornò seduta, mentre passandosi le mani sul viso cercò di fare chiarezza. Aveva ricevuto troppe informazioni tutte insieme.

«P-Perché sono qui?» pensò che tornare al punto focale della discussione fosse la scelta più saggia, anche perché pensare ad altro ora l’avrebbe solo fatta impazzire.

«Per chiederti aiuto. Ho bisogno che tu mi aiuti a far fuggire le mie sorelle. Ho già un piano, ma né io né Severus possiamo fisicamente portarle via… possiamo però creare il diversivo affinché ciò accada… Lo chiederei a Sirius, ma non si fiderebbe mai di me e…»

«E non rischierebbe mai per me. Ma lo farebbe per Andromeda!» concluse Narcissa che dopo un sacco di tempo in silenzio aveva di nuovo parlato con voce tesa e tremante.

«Severus si fida ciecamente di te. Ci ha detto la brillante strega che sei, capace, coraggiosa e intelligente…»

Lily fece un piccolo e debole sorriso in direzione di Andromeda, quando l’avvicinarsi di Bellatrix la distrasse. Quella si inginocchiò di fronte a lei e le prese le mani.

«Ti supplico di aiutarmi. Aiutami a salvarle!»

«Consideralo già fatto. Conta su di me!»

Non avrebbe mai creduto di sentirsi così in sintonia con una Mangiamorte, una purosangue e una Serpeverde, ma non era forse anche questo un pregiudizio? Le due donne strinsero forte le loro mani e si guardarono grate, l’una lieta di aver trovato nell’altra comprensione e verità.

Quella notte segnò una svolta importante per quel gruppo di persone che strinse un Voto Infrangibile, uno che li vincolava a tener segreto ciò che gli uni degli altri avevano scoperto. Giurarono che non importava le situazioni in cui si sarebbero trovati, tra loro non ci sarebbero stati più pregiudizi o luoghi comuni. I segreti svelati quella notte sarebbero stati mantenuti nelle profondità del loro cuore e insieme, fuori dai binari di quella guerra, avrebbero percorso una via alternativa nella speranza di mettere fine al regno del terrore del Signore Oscuro.

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


SETTEMBRE 1981

Considerati i tempi che correvano e le minacce che a Lily e la sua famiglia erano state mosse, muoversi da Godric’s Hollow pareva quasi impossibile, tuttavia, non poteva mancare assolutamente a quella riunione. Lei e Andromeda ebbero bisogno dell’aiuto di Alice Paciock per riuscire a lasciare Grimmauld Place, ove attualmente erano, e dirigersi a Spinner’s End per incontrare Severus, Bellatrix e Narcissa.

Alice non era stata per nulla felice quando le sue due amiche mostrarono interesse per uscire, gli altri erano assenti per questioni dell’Ordine e lei si era data chiaramente il compito di tenerle d’occhio. I Paciock erano sopravvissuti per il rotto della cuffia a un attacco del Signore Oscuro, avevano deciso appena in tempo di trasferirsi a casa della madre di Frank quando la loro casa era stata attaccata. Ora, sia loro che i Potter erano sotto stretta sorveglianza, era opinione di Silente che le due famiglie corressero un serio pericolo. Per questo motivo Alice non poteva permettere che le due uscissero, Andromeda come loro doveva stare in allerta. Era considerata una traditrice e qualsiasi Mangiamorte che per caso avrebbe potuto vederla non ci avrebbe pensato due volte a ucciderla.

Fu dunque molto difficile per Lily e Andromeda trovare una scusa convincente, ma alla fine ce la fecero. Assicurarono di assentarsi solo per due ore, avrebbero preso la metropolvere e sarebbero giunte a casa di Petunia, la sorella babbana di Lily. Non sarebbero mai uscite dunque né da Grimmauld Place né da Prive Drive. Alice, che conosceva molto bene la sofferenza dell’amica circa il distacco della sorella, si addolcì nel sapere che aveva acconsentito a incontrarla e comprese ancora la necessità di Andromeda di cambiare aria anche solo per qualche ora, era quasi un anno che era bloccata tra quelle quattro pareti. Non le accompagnò nelle cucine quando le due partirono e questo permise loro di arrivare in perfetto orario nel piccolo appartamento di Severus.

Normalmente, il giovane uomo teneva il camino bloccato, ma in quell’occasione aveva rimosso l’incanto per permettere alle sue due amiche di giungere e così fu. Rimise la barriera magica appena le due ruzzolarono fuori dal camino, ancora piene di polvere se lo spazzolarono di dosso, mentre nemmeno il tempo di mettersi bene in piedi che Bellatrix si era alzata abbracciando prima forte la sorella, che non vedeva da un anno, e poi Lily.

Si osservarono per un lungo periodo, ma poi la loro attenzione fu attirata da Narcissa. Seduta sul divano con sguardo vacuo beveva il suo tè in silenzio. Sembrò accorgersi di loro solo per caso e con un sorriso stralunato che non le apparteneva le salutò.

«Che diavolo le è successo?» chiese Andromeda preoccupata prendendo posto accanto alla sorella.

Lily era in piedi vicino a Severus e nervosi si osservavano, mentre Bellatrix con le mani sui fianchi rispondeva con fare sbrigativo e preoccupato.

«Lucius! La riempie di pozioni calmanti e sospetto anche che ogni tanto con la Maledizione Imperius. Credo lo faccia per tenerla buona, nell’ultimo periodo – da quando è nato Draco – i suoi nervi sono peggiorati. Ha spesso crisi. Credo che Lucius temi che possa lasciarlo, scappare con il bambino…»

«Maledetto Malfoy!» sentenziò la rossa sedendosi accanto alla Serpeverde. Le poggiò una mano sulla schiena e con gentilezza l’accarezzò.

Sapeva cosa voleva dire fare qualsiasi cosa pur di proteggere il proprio figlio. Aveva lasciato Harry con Alice, lui e Neville andavano molto d’accordo e quella semi convivenza forzata aveva nel bene o nel male legato il destino dei due bimbi. Anche per quello lei era lì. Per liberare il mondo dal Signore Oscuro e dal suo giogo, ma principalmente per ridare la libertà alle persone presenti in quella stanza che tanto erano state costrette a sacrificare e infine per dare la possibilità di un domani ad Harry, Neville, Draco...

«Due settimane fa ti sei presentata a casa mia dicendo che tu e Andromeda avevate trovato un piano alternativo… è stato rischioso organizzare questo incontro. Dunque direi di non perdere tempo che dite?»

Severus parlò con il suo solito modo pacato, ma schietto. Si spostò sulla poltrona e fece comparire del vino elfico che offrì alle sue ospiti. I bicchierini volarono fino alle stesse che prendendoli in mano ne svuotarono il contenuto.

Lily e Andromeda, ai due lati di Narcissa, si guardarono.

«Universi Paralleli!» esordì la Black, mentre Bellatrix seduta sul bracciolo accanto a Lily la guardava corrucciando lo sguardo.

«Partiamo dall’inizio! Ricordate la foto che Bellatrix ha trovato del padre di Rodolphus a Hogwarts?»

«Quella che ci ha permesso di risalire a Tom Riddle, l’identità del Signore Oscuro e… gli Horcrux?»

«Esatto! Da allora abbiamo concentrato la nostra attenzione a cercare quest’ultimi e va bene così, ma… forse c’è un altro modo!»

«Io e Lily siamo stati incuriositi dalla presenza di una Grifondoro, un Tassorosso e un Corvonero nel LumaClub, ma ancor più del fatto che nella foto posassero accanto a Tom…»

Andromeda e Lily si alternavano nel parlare, cercavano di essere più precise possibile, ma anche di raccontare il tutto senza perdersi in dettagli inutili. Dopotutto, il tempo gli erano tiranno.

«Abbiamo scoperto che si trattava di Grisha McLaggen, Wiglaf Sigurdsson e Lazarus Smith…»

«Eredi legittimi di Grifondoro, Corvonero e Tassorosso!»

Lo sguardo di Bellatrix e Severus si illuminò, mentre entrambi si sporsero maggiormente verso di loro.

«Come sappiamo, Riddle aveva scoperto di essere l’Erede di Serpeverde, credo avrebbe trovato utile approcciarsi a loro…»

«Siamo convinte che avessero creato una sorta di club segreto e questo lo sappiamo perché…»

Andromeda si morse il labbro guardandosi con Lily. Avevano promesso di non esporsi, ma non avevano potuto.

«Non mi dite che li avete cercati…» le riprese Severus severo.

«Dovevamo! Wiglaf è morto, ma Grisha e Lazarus no… anzi si sono anche sposati! Lei ha risposto a una nostra lettera e grazie a James siamo riuscite a incontrarla. Il tutto è avvenuto a casa dei suoi, mentre io e Andromeda le abbiamo parlato in privato. Gli abbiamo assicurato che era per l’Ordine, che eravamo convinte potesse aver notizie utili sul Signore Oscuro essendo stata una sua vecchia compagna di classe…»

«Ovviamente abbiamo mentito su cosa abbiamo scoperto. Lei ci ha mostrato dei ricordi, ma quello che abbiamo riferito sono state poche informazioni e nemmeno troppo utili… molte delle quali noi abbiamo in mano da molto tempo…»

Le due giovani fecero una pausa. Lily osservò con apprensione il suo orologio da polso, non avevano più molto tempo.

«Grisha era innamorata di Tom e da quello che abbiamo visto lui… beh, non le era indifferente. Forse quel sentimento è l’unica cosa di cui abbia mai avuto davvero paura!»

Nel dirlo Lily fissò intensamente Severus, lui non si era dimenticato tutti i suoi discorsi, soprattutto l’ultimo. Sull’Amore e come tale sentimento avrebbe potuto essere la chiave per distruggere l’Oscuro Signore. Lei aprì le labbra, sembrava volesse dire qualcosa, al di fuori di tutta quella questione, ma sapeva che non era né il tempo né il luogo.

«Abbiamo trovato un incanto molto antico… Non è stato facile comprenderlo e ancor meno comprendere il vasto tessuto dello spazio del tempo, ma seguendo tali teorie esistono molteplici universi là fuori ognuno creatosi dalle scelte che ogni essere vivente fa… E se noi viviamo nell’universo in cui Tom Riddle non ha mai ceduto all’Amore…»

«Ne deve esistere uno in cui lo abbia fatto…» concluse Bellatrix febbricitante, ma subito il suo entusiasmo si spense.

«E questo come ci aiuta?»

«Switchando il nostro Signore Oscuro con il Tom Riddle di un universo in cui non lo è mai diventato!»

«È una pazzia! Costringere un altro universo alla nostra condanna solo per essere liberi noi?»

Severus scattò in piedi iracondo. La sua rabbia era tutta rivolta a Lily, lei lo chiamava egoista e codardo e poi le proponeva quel tipo di soluzioni?

«Non lo faremmo mai e lo sai! Il Signor Oscuro come ben sapete ormai non è più umano, ha rotto fin troppe volte la sua anima, non sopporterebbe mai lo switch e Tom Riddle non potrebbe giungere mai a noi senza uno scambio effettivo…»

«Quello che Lily vuole dire è che l’incanto metterebbe in moto lo scambio, ma il Signore Oscuro verrebbe distrutto nel tentativo di passaggio. Dall’altra parte Tom Riddle verrebbe attratto nel nostro universo, ma come conseguenza della morte del suo doppio nella nostra dimensione lo stesso non avverrebbe. È rischioso è vero, ma… metterebbe fine a tutto con il minimo delle perdite!»

Lily aveva parlato con furore, lo sguardo carico di rabbia nei confronti di Severus, motivo per cui Andromeda si era vista costretta a intervenire.

Bellatrix si era alzata in piedi e iniziando a camminare avanti e indietro con una mano sotto il mento pareva lavorare freneticamente su tutte quelle informazioni. Faceva gola come soluzione, ma non le era mancato di notare le ultime parole usate dalla sorella.

«Il minimo delle perdite?» chiese attirando le attenzioni di tutti su di lei. Perfino di Narcissa che pareva non aver seguito e capito nulla di tutto ciò di cui fino a quel momento si era discusso.

«Beh sì, chi rischia sono i presenti durante l’incanto…»

Andromeda lo disse con un filo di voce, mentre Severus scuoteva il capo, si era messo a camminare frenetico dal lato opposto della piccola stanza. Di fronte alla finestra, fu allora che Lily si alzò e raggiungendolo lo bloccò. Le mani sulle braccia e il suo sguardo in quello di lui.

«È un rischio che va corso… Il Signore Oscuro mi stata cercando… dobbiamo trarre questo a nostro vantaggio…»

«E davvero tu coinvolgeresti tuo marito e tuo figlio in questo?» Il modo in cui aveva pronunciato quelle parole non nascondeva tutto il disgusto che gli dava sapere che lei ora aveva una famiglia. Che era andata avanti con qualcuno che non era lui, anche se lui stesso l’aveva spinta a questo.

«Giammai! Ho solo bisogno che il Signore Oscuro creda di trovarci tutti nello stesso posto…» e così dicendo voltò il capo verso Bellatrix che assentì piano.

«Peter Minus è un traditore, se lo sceglieste come Custode Segreto…»

«James voleva Sirius, gli farò cambiare idea. Peter eh? Chissà perché non mi sorprende…» mugugnò Lily scuotendo il capo disgustata, ma poi tornò a guardare Severus. Lui continuava a scuotere il capo. Lo sguardo duro e preoccupato.

«Rischierò, che ti piaccia o meno, la domanda è: me lo farai fare da sola?»

«Mai! Lo sai che non ti abbandonerò, che sarò al tuo fianco!» e nel dirlo le aveva preso il volto tra le mani. Bellatrix e Andromeda non poterono fare a meno di scambiarsi un piccolo sorriso, prima di farsi sentire a loro volta.

«Ci saremo anche noi! Io e Severus faremo in modo di accompagnare l’Oscuro Signore!»

«E poi avrai bisogno che qualcuno ti aiuti per assicurarti che James e Harry siano al sicuro!»

«Anche io voglio esserci!» la voce eterea di Narcissa per un attimo spaventò tutti, quasi si erano dimenticati che era lì.

«S-Sono stanca di rimanere a guardare, ho bisogno di fare qualcosa. Devo farlo per Draco…» i suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre si torturava le dita lunghe e sottili. Bellatrix si sedette al suo fianco abbracciandola.

«Cissy è pericoloso e…»

«Non mi importa! Non voglio più separarmi da voi!»

«Potresti morire…» aggiunse Andromeda stringendole le mani.

«Allora lo farò insieme alle mie sorelle! Siamo state separate per troppo tempo!»

Lily era accanto a Severus e in modo del tutto involontario aveva cercato la sua mano, le dita si sfioravano e combattevano contro l’istinto di intrecciarsi l’una all’altra.

Quella sera fu l’inizio di tutto.

Una promessa come una ricompensa per aver persistito alla vita da soli, come il credere in loro stessi e nella possibilità dell'amore. Una decisione da ignorare che semplicemente riemerge dal passato, un'alleanza che lega delle anime, ma che le separa dai precedenti legami. La celebrazione di una facile vittoria e la sfida che la precede, perché insieme era meglio che soli come una squadra dopo la tempesta dei mondi e l'amore sarà sempre la forza che avrebbe guidato le loro vite.

 

INIZIO OTTOBRE 1981

Samhain si stava avvicinando e ai fini del potente incanto che avevano intenzione di mettere in atto Lily sapeva benissimo quanto fossero importanti le energie che quel Sabbat aveva rilasciato. Come deciso con gli altri suoi compagni, Codaliscia era stato scelto come Custode Segreto, ora tutto stava nell’aspettare e sperare che il loro piano funzionasse.

Andromeda andava spesso a trovare Lily a Godric’s Hollow, quanto al contrario i Potter andavano non di rado a Grimmauld Place. L’amicizia ormai tra le due giovani era sempre più evidente e forte; questo permetteva anche alle due donne di lavorare alla pozione che sarebbe stata necessaria ai fini del rituale.

Non esistevano reali informazioni in merito, ciò aveva voluto dire per Bellatrix, Severus e Narcissa fidarsi delle capacità da pozionista di Lily e di conoscenza delle Arti Oscure di Andromeda. Purtroppo, molta magia di quel tipo era necessaria per tale pozione e ringraziavano solo di trovarsi in quel luogo ove la giovane Black sapeva assai bene dove scovare gli ingredienti che a loro servivano. Kreacher, l’elfo domestico della casa, era solito nascondere di tutto nel suo riluttante giaciglio nelle cucine e lì avevano trovato riserve di ingredienti impossibili da recuperare se non a Notturn Alley.

Era l’ennesimo pomeriggio che le due donne si erano allontanate, non che fosse strano che potessero andare in camera e parlare. Erano amiche ed entrambe molto affini per cultura e piacere nell’apprendere, ma James non poteva fare a meno di iniziare a essere un poco sospettoso.

Davanti al grande camino di pietra annerito delle cucine del palazzo, era in compagnia di Sirius e Remus. Teneva in braccio il piccolo Harry e tutti e tre erano chinati sul grande e lungo tavolo di legno grezzo ove spesso l’Ordine si riuniva per discutere e mangiare.

Il bambino sembrava assai interessato ad alcune zollette di zucchero a cui suo zio Sirius aveva fatto spuntare le gambe e che giocavano a rincorrersi.

«Inizio a chiedermi cosa abbiano sempre così tanto da dirsi…» mormorò James, lo sguardo rivolto alla porta della cucina. Si sistemò gli occhiali sul naso e poi si passò una mano tra i capelli castani e ribelli. Era il solito bello seduttore di un tempo con la differenza che adesso era padre e felicemente sposato.

«Beh, entrambe non hanno avuto molte persone con cui parlare, oltre Alice e Molly… qui girano solo uomini…» mormorò un Remus dall’aria stanca. Aveva una giacca di tweed più grande di lui, rattoppata sui gomiti.

«Lunastorta ha ragione e poi che fai sei geloso di mia cugina?» ironizzò Sirius. Si passò una mano sul mento che era coperto di un pizzetto ben curato. Più passava il tempo e più diventava bello e dannato anche se ormai le sue scappatelle erano decisamente diminuite, purtroppo la guerra lo aveva un po’ allontanato dal suo hobby preferito.

«Non fare l’idiota ovvio che no e poi Eda mi cade benissimo, ma… non lo so stanno sempre lì a confabulare…» continuò James un po’ perplesso, per poi tornare a Harry scuotendo il capo. Ma a cosa stava pensando?

«Effettivamente l’altro giorno le ho viste uscire dalla camera di Eda e ora che ricordo ne usciva un odore strano… e poi non mi ci fa più entrare!»

Remus aveva pronunciato quelle parole con buone intenzioni, voleva solo esprimere un suo punto di vista sulla situazione, ma non si aspettò che James iniziasse a ridacchiare dandogli una pacca sulla spalla. Era seduto tra i suoi due amici e si stava ammazzando dalle risate alle loro espressioni.

«E bravo il nostro Lunastorta… e quindi tu passavi molto tempo in camera di Eda?»

«N-No, ma che… c-che pensate… i-io…»

«È mia cugina!»

Sirius era divenuto improvvisamente indignato. Quasi si soffocò con il whisky incendiario che stava bevendo.

«E allora Felpato?»

«Ha 7 anni più di te!»

«No vabbè, tu che ora fai il moralista mi fa morire da ridere… tu sei andato anche con donne più grandi ultimamente!»

«Smettetela tutti e due! Tu di fare insinuazioni e tu di essere indignato! Eda è mia amica e gli sono solo stato molto vicino… si è sentita sola…»

James ridacchiava ancora sotto i baffi, mentre Sirius come sempre storceva il naso a quelle affermazioni sulla cugina.

«Non dovrebbe! Allontanarsi dalla sua famiglia le ha fatto solo bene!»

«Ma sono le sue sorelle!»

«Oh beh, se è per quello Lunastorta, sono anche le mie cugine, ma possono anche marcire all’inferno e prima Eda lo capirà e prima starà meglio!»

 

Lily e James erano appena tornati a casa, gli spostamenti erano strettamente sorvegliati e con attenzione soprattutto per quanto riguardava la loro famiglia e quella dei Paciock. Nessuno sapeva esattamente per quanto quella situazione sarebbe continuata, ma era chiaro che stava stretta a entrambe le coppie fatta di maghi e streghe, che avrebbero preferito di gran lunga lo scontro diretto al doversi nascondere.

Harry era crollato dopo cena e considerato che era quasi mezzanotte, quando Lily lo posò nel suo lettino fece attenzione a non svegliarlo. Gli rimboccò le coperte e rimase un po’ a fissarlo, mille pensieri le vorticavano in testa. Non sapeva l’esito di ciò che avrebbero compiuto, motivo per cui non sapeva se sarebbe sopravvissuta.

«Mi devi giurare che qualsiasi cosa accada, tu sarai forte. Spero che un giorno capirai le mie scelte, che un giorno saprai metterti nei miei panni e comprendere che quello che ho fatto l’ho fatto per darti un futuro sereno e splendente… perché sono sicura che così sarà, ma Harry fammi una promessa. Sii felice ed ogni scelta che farai che sia di cuore, non ferire mai nessuno nella convinzione di fare la cosa giusta…»

Le parole erano uscite lente e sussurrate, mentre con le mani appoggiate sulle sbarre del lettino osservava il bimbo con un sorriso melanconico. Gli occhi verdi rilucevano nella penombra e i lunghi capelli rossi le ricadevano da un lato del collo.

Sospirando uscì dalla stanza e raggiungendo la camera da letto vi trovò James dal suo lato del letto, in piedi accanto allo stesso. Di fronte a un lungo specchio dalla cornice in foglia d’oro si osservava dopo essersi tolto il maglione leggero.

Il corpo atletico faceva sfoggiò di addominali presenti, ma non eccessivamente marcati. Le spalle si erano allargate grazie all’esercizio e i pettorali erano perfettamente proporzionati. Con indosso un paio di pantaloni di tuta a mo’ di pigiama e i piedi nudi, si passò una mano tra i capelli e si osservò notando solo in quel momento il riflesso della moglie alle sue spalle. Una spalla poggiata allo stipite della porta e lo sguardo cristallino che correva lungo la sua figura.

Quando si voltò a guardarla un sorriso sghembo ne faceva intendere le intenzioni maliziose, ma quando la raggiunse e fece per baciarla lei si scostò.

Facendo pochi passi raggiunse il servo muto e vi poggiò sopra la giacca di pelle marrone che indossava, sentiva lo sguardo di James trapassarla da parte a parte.

«Lily che hai? È da quando hai partorito che sei strana…»

«Perché non facciamo più sesso?» chiese lei voltandosi e fissandolo accigliata con le braccia conserte al petto.

La camera da letto non era molto ampia, ma era arredata in modo curato. James dopotutto non era proprio povero e si erano potuti permettere una prima casa che normalmente poche coppie giovani come loro poteva anche solo sognare.

«No! Anche!» rispose lui seccato, per poi sottolineare il fatto che in parte sì lo infastidisse. Si mosse verso di lei sorridente e la prese per i fianchi, ma lei fece un passo indietro.

«Senti mi spiace ok? I-Io… I-Io sto mettendo in discussione molte cose…»

«Stai mettendo in discussione? Lily di che parli? Di noi? Credevo che… tutto andasse bene!» disse lui oltremodo confuso, lo sguardo perso dietro gli occhiali. Le mani poggiate sui propri fianchi e il capo piegato da un lato.

«Senti, l’unica che è strana tra noi due sei tu… questo tuo modo di fare così distaccato… e parliamo di Eda? Da quando siete così unite, mh?»

«Fai sul serio James? Sembra che tu non mi conosca… Non sono mai stata una fidanzata tutta melassa e che frequenta solo gli amici del suo ragazzo…»

«Eppure negli ultimi anni lo hai fatto!»

«E ho sbagliato! Mi sono annullata, rinnegando parte di me… e tanto altro…»

James scosse il capo alquanto infastidito da tale atteggiamento, si grattò il capo ridendo in modo arrogante. Come a schernirla.

«Non mi dire che davvero tra le righe mi stai citando Mocciosus! Oh per l’amor del cielo, quel figlio di puttana è un Mangiamorte!»

«E tu un bullo! Lo sei sempre stato e mai una volta hai avuto empatia per lui, hai fatto solo finta per evitare di scontrarti con me!»

«Stiamo davvero litigando per lui? Davvero Lily?»

I coniugi si stava parlando a un centimetro dal viso uno dall’altro, James torreggiava di poco sopra la moglie, ma l’ira che li muoveva entrambi era palpabile. Entrambi avevano caratteri forti e testardi, nessuno avrebbe fatto un passo indietro circa la propria posizione.

«Tu lo hai tirato fuori e non io! Comunque non è questo il punto James, il punto è che abbiamo fatto tutto di fretta. Troppo!»

«Mi stai dicendo ora che ti penti di avermi sposato? Di Harry?» chiese lui alzando gli occhi al cielo e spalancando le braccia prima di indicare la porta oltre la quale poco lontano loro figlio dormiva.

«Assolutamente no! Non mi pentirei mai di nostro figlio o del bello che abbiamo condiviso, ma… tutto è stato affrettato… Siamo troppo giovani per sapere esattamente cosa proviamo!»

«Ma io lo so cosa provo! Io ti amo Lily… ti amo…»

Lei aveva gli occhi lucidi e con i pugni serrati lungo i fianchi guardava altrove per trattenersi, lui fece un passo avanti, gli prese le mani e gliele aprì. Le strinse dolcemente, perfino i suoi tratti divennero più soavi e con tono leggero, ma spaventato le chiese: «E tu mi ami, vero?»

Fu allora che qualcosa si incrinò, perché Lily tornò a guardarlo, ma non rispose. Non poteva se non voleva mentirgli. Lui parve capirlo perché dopo aver imprecato si voltò e diede un violento pugno al muro alle sue spalle che essendo di cartongesso si bucò.

Lily sobbalzò, ma rimase fiera a guardarlo senza fuggire.

«Forse è meglio che… che ci prendiamo una pausa, per capire… cosa vogliamo… Ti chiedo domani mattina di raggiungere Grimmauld Place con Harry e… io vi raggiungerò, tra qualche giorno. Ho bisogno di star sola James… so che ora è pericoloso, ma lo saremmo in due luoghi sicuri e poi quando tutto sarà finito, decideremo che fare…»

La giovane stava faticando a mantenere la respirazione normale, mentre lui pareva ormai completamente fuori di sé. Non disse nulla, prese un cuscino e uscì sbattendo la porta, avrebbe dormito sul divano. Una volta sola, alla fine, Lily poté respirare e piangere. Non le piaceva quella situazione, non le piaceva ferire James, ma tutto era necessario. Era la cosa giusta da fare.

 

I giorni che Lily si era presa da James erano stati propizi per mettere lui e Harry al sicuro, mentre con grande difficoltà Bellatrix aveva fatto in modo di farle arrivare a casa con la metro polvere Narcissa. La più grande delle Black aveva approfittato del fatto che Rodolphus non c’era, aveva detto a Lucius che la sorella aveva bisogno di passare del tempo con suo figlio da loro madre in campagna per riposare e star lontano da tutto lo stress che la povera stava subendo. Con una Maledizione Imperius si era assicurato che Druella tenesse loro il gioco, suo padre era fortunatamente morto da qualche anno da eroe tra i Mangiamorte. Questo permise di far arrivare la donna da Lily, Lucius aveva ricevuto una lettera scritta di proprio pugno dalla suocera e ovviamente le aveva creduto. Bellatrix ne aveva mandata una a Lily per avvisarla quando sarebbe arrivata. Draco venne tenuto al sicuro da Andromeda che lo portò a Grimmauld Place, approfittò dell’odio del cugino per dirle che aveva fatto un’azione rischiosa, era vero, ma che aveva voluto salvare il nipote dalle grinfie della sua famiglia e nessuno ebbe niente in contrario di tenerlo lì al sicuro.

Dal canto suo Andromeda si era praticamente trasferita a Godric’s Hollow, alla fine James ne era anche felice. Era ancora molto arrabbiato con Lily, ma non voleva che stesse sola e poi in cuor suo sperava che l’amica potesse riuscire a farla ragionare.

In realtà, in definitiva, ciò che le due donne facevano era in realtà concludere la pozione e prendersi cura di Narcissa. Da quando era arrivata passava le sue giornate a letto. Lo sguardo vitreo, come morta, fisso nel vuoto. Le due giovani donne le portavano da mangiare, le leggevano un libro e facevano di tutto per farle compagnia e farla reagire.

Un giorno Andromeda era appena uscita dalla sua stanza quando crollando sul divano del salotto dei Potter scoppiò a piangere. Il viso tra le mani sconvolta. Lily l’abbracciava consolandola, la distruggeva vederla così. Vederle entrambe in quello stato era difficile.

«Non so più che fare… Cissy sembra… sembra essere scomparsa. Abbiamo aspettato troppo, Lucius l’ha… l’ha distrutta…»

In effetti ci avevano messo un po’ ad organizzare tutto e le troppe Maledizioni Imperius ricevute oltre che le molteplici pozioni calmanti, l’avevano ormai fatta cadere in uno stato semi catatonico. Respirava, dormiva, mangiava… ma non faceva altro. Aveva perso l’uso della parola e sembrava non capire quando le si parlava… quello aveva creato un altro piccolo, ma grande problema, senza Narcissa, chi avrebbe messo l’ultimo ingrediente quando il Signore Oscuro si sarebbe presentato? Insomma lei era l’asso nella manica, contavano su di lei per l’effetto a sorpresa.

«Potremmo chiedere a Remus…» provò a proporre Andromeda, mentre invano tentava di asciugarsi gli occhi gonfi con la manica del maglione color castagna che indossava.

«Non lo farebbe mai, non abbiamo il tempo per spiegargli tutto e poi ne parlerebbe con Sirius e James… No, dovremo arrangiarci… lo farai tu!»

«Io? Ma Lily io sono il tuo supporto…»

«Non sarò sola, ci saranno Bella e Sev. Tu rimarrai nascosta, affinché il Signore Oscuro mi trovi da sola… metterò qualcosa nel lettino, un fagotto per fargli credere che sia Harry… Nasconderemo la pozione, come concordato, nell’armadio… devi aspettare che io, tua sorella e Sev siamo perfettamente allineati… quando lui sarà al centro del triangolo formato dalle nostre posizioni aggiungerai il bezoar…»

«Che tutto cura… speriamo che così sia, che tutto ciò che abbiamo creato funzioni!»

«Funzionerà! Vedrai! E poi ti ricordi cosa devi fare?»

«Certo! Una volta aggiunto il bezoar dovrò dirigere i fumi della pozione sul capo del Signore Oscuro…»

«Leveremo anche noi le nostre bacchette e apriremo il passaggio!»

Avevano ripetuto quel piano talmente tante volte, ormai d’averne la nausea, ma entrambe concordavano che avrebbero dovuto essere non coordinati, molto di più. Un solo errore e non solo probabilmente sarebbero morti tutti, ma niente di quell’incubo chiamata realtà sarebbe finito. Non ci sarebbe stato futuro per Harry e Draco, libertà per Bella e Severus… tutti sarebbero rimasti prigionieri dei propri incubi e il mondo magico avrebbe continuato a vivere nella paura.

«In virtù di questo credo non sia sicuro che Narcissa rimanga qui…»

Lily aveva parlato a mezza voce, temeva un po’ a farle quella proposta e non sapeva nemmeno come lo avrebbe detto alla sorella, ma le pareva l’idea più saggia.

«Lucius… non la cercherebbe mai nel mondo babbano, nessuno lo farebbe… Oltretutto nelle condizioni in cui si trova non potrebbe nemmeno prendersi cura di suo figlio. Mia sorella potrebbe nasconderla, prendersene cura e quando si sarà ripresa si potrà ricongiungere con Draco…»

Andromeda soppesò quelle parole, aveva un groppo in gola. Non aveva voglia di dividersi da lei, ma nulla in ciò che Lily le aveva detto era insensato. Anzi.

«E tua sorella? Accetterà? Da quel che mi hai detto non vi parlate da anni…»

«Lascia fare a me, ok?»

 

Lily aveva chiuso la questione con quella piccola domanda retorica e un sorriso rassicurante, ma la verità è che sapeva benissimo quanto difficile sarebbe stato. Motivo per cui non perse tempo e il giorno successivo andò da lei. Preferì smaterializzarsi in Privet Drive e come mille altre volte aveva fatto percorrere il vialetto che portava alla villetta dal giardino perfettamente curato. Fino a quel momento mai una volta era arrivata al punto di bussare alla porta, ma in quell’occasione non poteva indugiare. Doveva affrontare i suoi demoni.

La giovane donna portava i lunghi capelli rossi raccolti in una coda alta sul capo, indossava una gonna in tweed beige lunga fino alle ginocchia e al di sotto stivali di pelle marrone. Sopra un semplice maglioncino a righe color zucca. Un cappotto dal taglio dritto color crema e il più genuino dei sorrisi sul volto. Come sempre il suo make-up era estremamente naturale, ma curato, da far apparire i suoi tratti ancor più perfetti e attraenti.

Dopo aver suonato al campanello rimase in attesa, era un fascio di nervi, ma quando si trovò di fronte il viso cavallino della sorella non poté non sorridere. Nonostante avesse solo 28 anni sembrava più grande della sua età.

Il viso era scavato, ma perfettamente curato ed i capelli lunghissimi e castani erano attentamente acconciati in un classico stile Farah Fawcett. Indossava una camicia a quadri rosa e bianca allacciata alla vita, un paio di jeans a sigaretta lunghi un po’ oltre in ginocchio, scarpe da tennis bianche e un foulard allacciato sul capo. Era chiaro che doveva star facendo qualche lavoro in casa, motivo per cui era in abiti comodi.

«Ehm… P-Posso entrare?» la sorella la guardò interdetta, ma alla fine la lasciò passare. Grazie a Dio nessuno avrebbe potuto immaginare cosa Lily fosse, ma nel dubbio che i vicini potessero parlare non voleva tenerla sulla porta. Vernon era a lavoro e Dudley dormiva nel suo lettino al piano superiore, aveva appena finito di pranzare e come sempre crollava per il suo pisolino pomeridiano.

Petunia scortò nel piccolo salotto la sorella, che si guardò intorno. Tutto era in ordine e quasi brillava da quanto era pulito. Sorrise nervosa.

«W-Wow… questo posto è… è…»

«Eccezionalmente ordinato, pulito e di classe? Lo so! Io e mio marito abbiamo estremo gusto, ma dubito tu sia venuta qui dopo tutti questi anni per farmi i complimenti di come tengo e arredo casa mia!»

La voce di Petunia era fredda. Più alta e magra della sorella, era quasi ossuta, ma nonostante la sua rigidità era ancora molto bella seppur si ostinava quasi a voler nascondere la stessa sotto un modo di fare e di tenersi che la faceva apparire più come una casalinga anni ’50, che una giovane donna degli anni ’80.

«Non sono qui per litigare! So che tra noi ci sono molte cose in sospeso e so anche che non basterebbe una vita intera per chiarire tutto, ma… Non sarei qui se non fossi disperata!»

Petunia non diede segno di voler dire nulla, nella sua posizione la a braccia conserte la fissava. Lo sguardo ridotto a due fessure, motivo per cui Lily non indugiò oltre preferendo proseguire.

«Una mia cara amica ha subito violenza domestica, necessita un luogo ove nascondersi dal marito e riprendersi. Sta molto male…»

Per un attimo la sorella tentennò, si morse l’interno della guancia, mentre Lily faceva un passo verso di lei.

«Qui non si tratta di magia o non magia, si tratta di aiutarci tra donne e credo che questo sia un valore universale non credi?»

«Beh, certo per chi mi hai preso, non tollero mica queste cose!» disse lei con uno sbuffò infastidita. Lily per chi l’aveva presa?

«Posso portarla qui allora? Lei è una mamma come te, ma… attualmente non è in grado di prendersi cura di suo figlio. Attualmente è al sicuro, degli amici se ne stanno occupando…»

«Anche se accettassi, come farò con Vernon?»

«Da quando mia sorella dipende da un uomo? Petunia tu sei una donna forte e intelligente, non mi è mai piaciuto Vernon e prima che tu dica qualcosa, non è mai stato per il suo essere un babbano! Lo detesto perché è maschilista, misogino e razzista. Non rispetta le minoranze e tanto meno te! Non eri tu che sognavi di fare l’infermiera? Hai studiato commercio solo per far felice mamma e papà e sperare così di apparire migliore in me ai loro occhi in qualcosa, ma non te ne rendi conto? Tu lo sei sempre stata, ma la tua stupida invidia ti ha reso cieca e la tua rabbia ti ha ridotto in una donna sottomessa… Non farlo per me. Fallo per te Petunia, sii chi sei sempre stata e se Vernon non lo accetta… beh quella è la porta giusto?»

Petunia si sforzò con tutta sé stessa per formulare una bella risposta di rimando. Una in cui l’avrebbe umiliata e messa al suo posto, ma la cosa terribile è che non poteva perché lei aveva ragione su tutto. Giammai lo avrebbe ammesso e così con un gesto stizzito si spostò, lei nella sua vivace arringa le aveva poggiato le mani sulle braccia.

«E va bene portamela qua. A Vernon ci penso io, ma non lo faccio per te. E nemmeno per tutte le sciocchezze che hai detto!»

A Lily bastò. Sorrise infatti sotto i baffi felice di scoprire che nonostante tutto sotto quella donna odiosa, ferrea e algida in realtà c’era ancora sua sorella, quella che amava con tutta sé stessa. Non si dissero altro, ma quando uscì di casa si sentì sollevata e carica di nuova energia. Tutto era possibile e un passo per volta avrebbe messo ordine nella sua vita. Ora come ora distruggere il Signore Oscuro era la priorità, ma dopo… dopo avrebbe pensato a sé stessa e alla sua felicità.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Prefazione II ***


PARALLELES-1

E' il 1996 e gli eventi dell’”Ordine della Fenice” prenderanno una piega inaspettata per via di tre visitatrici che cambieranno alcune delle carte in tavola.

37 anni Sirius 36 anni Remus-Severus 30 anni Bellatrix 28 anni Andromeda

PARALLELES-2 E' il 1984 ed in Settembre il piccolo Charlie Weasley viene smistato in Grifondoro, mentre Ninfadora Tonks finisce in Tassorosso. Il Signore Oscuro è scomparso, la vita è tornata alla normalità se non fosse per attacchi sporadici di Mangiamorte ancora fuggitivi e ribelli. Ma per alcuni ricominciare è più difficile…

31 anni Petunia 30 anni Lucius 29 anni Narcissa 25 anni Sirius 24 anni James-Remus-Severus

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Capitolo 8
*** Capitolo VI ***


PARALLELES-1 (1995)

Sopra un fiume sudicio, tra rive piene di erbacce e rifiuti, un’immensa ciminiera –rudere di una fabbrica in disuso –, si innalzava cupa e minacciosa. Non c’erano rumori, a parte il sussurro dell’acqua nera e nessun segno di vita, fino a quando un debolissimo pop fece apparire tre figure che, smarrite e confuse, si guardarono intorno.

«Lily… Lily aspetta!»

La giovane donna dai capelli rossi sembrava la più sconvolta delle tre, mentre camminando decisa arrivò alla sommità dell’argine, dove una fila di vecchie sbarre separava il fiume da una stretta stradina acciottolata. Poi, scivolando in un varco, attraversò la strada di corsa.

Andromeda dietro di lei aveva tentato di fermarla, ma ignorò totalmente le sue parole costringendo lei e la sorella maggiore ad affrettare il passo per starle dietro.

«Lily… Lily… fermati! Ascoltaci!»

Le sorelle Black avevano ormai raggiunto l’amica che senza ascoltarle continuava a camminare imperterrita e decisa. Andare da lui era stata una decisione del tutto istintiva e ora come ora era l’unica cosa che le pareva sensata. Era così sotto shock da sentire che se si fosse fermata sarebbe crollata.

Alcuni lampioni erano rotti; le tre donne correvano tra macchie di luce e di buio profondo. Bella raggiunse Lily prima che girasse un altro angolo, e questa volta riuscì ad afferrarla per il braccio e farla voltare.

«Lily non puoi farlo, non siamo certe di dove siamo… non possiamo fidarci di lui… non possiamo fidarci di nessuno!»

«Credo che Bella abbia ragione, fin quando non siamo certe di cosa ci sia accaduto e dove siamo non dovremmo parlare con nessuno!»

Andromeda le aveva raggiunte, era ansante e si teneva una mano sul fianco. Lily non parve della stessa idea e liberandosi da quella stretta corsa in avanti. Le sorelle Black si guardarono preoccupate, e poi tenendosi a distanza si addentrarono con Lily in un labirinto deserto di case di mattoni. Infine, la ragazza imboccò una strada chiamata Spinner’s End, sulla quale la torreggiante ciminiera sembrava incombere come un gigantesco dito ammonitore. I suoi passi echeggiarono sull’acciottolato davanti a finestre sprangate e rotte, finché giunse all’ultima casa, dove una luce tenue baluginava attraverso le tende di una stanza al piano terra.

Lily bussò alla porta, prima che le sue due accompagnatrici potessero fermarla e poi insieme rimasero in attesa, ansanti, inalando l’odore del fiume sporco portato dalla brezza notturna. Pochi secondi dopo, avvertì un movimento dietro la porta, che si aprì in uno spiraglio. Lo spicchio di un uomo la guardò, un uomo con lunghi capelli corvini spartiti in due bande attorno al volto, dagli occhi neri.

Severus era molto diverso dall’uomo che tutte e tre conoscevano. Aveva almeno 35 anni, il viso era più stanco e incavato. Il naso più aguzzo, la pelle grigia e gli occhi spenti. Pareva invecchiato tutto d’un colpo e spaventò le tre ancor più quando, preso dal panico alla loro vista, puntò loro contro la bacchetta. Qualsiasi fosse l’incanto che voleva loro lanciare fu bloccato in tempo da Bellatrix che creò uno scudo che protesse lei e le sue amiche. Subito dopo lo schiantò all’interno della sua stessa casa, poi entrarono e chiusero la porta con un tonfo.

Lily lo guardava sconvolta, lui la fissava come se avesse visto un fantasma, ma anche quando osservò le donne in sua compagnia parve scioccato. A terra indietreggiava sui gomiti, strisciando sul pavimento e toccandosi continuamente la testa probabilmente convinto di essere stato confuso.

«Te lo avevo detto che non era una buona idea!»

«E che avremmo dovuto fare Bella mmh? Dove saremmo dovute andare?»

«Io credo che mia sorella abbia ragione Lily, non dovevamo venire qui!»

Le tre parlavano concitate tra loro e solo in quel momento Severus parve rendersi davvero conto che non erano frutto della sua immaginazione, ma reali. Si aggrappò alla libreria alle sue spalle per mettersi in piedi e deglutendo il vuoto, le fissò con occhi sbarrati. Studiava ogni singolo loro movimento, atteggiamento e parola…

«Chi siete? Come fate ad avere quest’aspetto? La pozione polisucco forse? No, no impossibile… siete metamorfomagus? Cosa volete da me?»

La sua voce era concitata e intrisa di panico, mentre velocemente pensava puntando la bacchetta verso le tre per tenerle sotto tiro. Anche Bellatrix agì d’istinto. Rimasero in stallo per alcuni secondi fissandosi gli uni gli altri, ma poi Lily si fece avanti. Poggiò dolcemente una mano sul braccio di Bella e glielo fece abbassare, mentre lei contro i consigli bisbigliati delle amiche muoveva alcuni passi verso Severus.

Lui la guardò con il capo alzato con fare fiero, in realtà non voleva cedere davanti a lei. Gli pareva come un miraggio venuto lì a torturarlo, come un sogno che non voleva arrivasse, come un ricordo dei suoi errori… di ciò che le aveva fatto. Non era abbastanza la punizione di essere stato la causa della sua morte? Di non averla potuta salvare? Di averla persa una seconda volta?

Lacrime silenziose gli corsero lunghe le guance, mentre cercava di trattenerle. Digrignò i denti, serrò la mascella e si preparò a colpire quell’Infero o qualsiasi altra cosa fosse.

Poi uno scintillio improvviso al collo di lei gli fece strabuzzare gli occhi.

«Dove l’hai presa?!» urlò furioso. Lily si toccò d’istinto la collanina che lui stava fissando.

«Me l’hai regalata tu, era il Natale del ’77… mi dicesti che apparteneva a tua madre… te la gettai contro dopo che in quella stessa occasione litigammo, ma… ma qualche giorno fa… prima che l’Oscuro Signore venisse nella mia casa… all’ultimo nostro incontro, qui… t-tu me l’hai ridata. Ricordi? Mi dicesti che era il tuo modo per ricordarmi che eri con me…»

Lui scosse forte la testa, la scosse come fuori di sé e poi urlò.

«Accio collana!» ma non fu quella di Lily a volare nella sua mano, ma un’altra. Una copia identica che era conservata in un cassetto di uno dei due comodini della sua camera da letto, al piano di sopra.

Furioso la strinse e la mostrò alla donna di fronte a lui.

«Io NON ti ho mai regalato nulla… questa collana non ha mai lasciato questa casa!»

Ora pareva lei quella scossa. Lei e Severus avevano tanto in sospeso, ma mai lui l’aveva trattata con tanto ribrezzo e disgusto e questo la feriva più di qualsiasi altra cosa.

«Lily questo conferma tutto non credi?»

Andromeda si era fatta avanti, timorosa.

«L’incanto temo ci abbiamo trascinato in un altro tempo e spazio.»

«Temo che questa non sia casa nostra…»

Aggiunse Bella che con fare protettivo aveva appoggiato le mani sulle spalle di Lily facendole fare qualche passo indietro.

Severus però adesso pareva curioso e mentre loro fecero per andarsene, questa volta fu lui a fermarle.

«Aspettate! In che senso che questo non è il vostro spazio e tempo?»

«Questo non è il 1981? Più precisamente la notte di Samhain vero? Se così fosse tu saresti… più giovane…»

«E soprattutto non ci tratteresti così!»

La rossa era stata aggressiva aggregandosi alle parole di Bellatrix, mentre Andromeda prendeva in mano la situazione.

«Siamo alleati, Severus. Tu, io, Lily, Bellatrix e Narcissa… Abbiamo ideato tutto insieme… Sapevamo che era rischioso, ma pensavamo di morire non di…»

«Finire in un universo parallelo?» chiese l’uomo abbassando la bacchetta, mentre un forte giramento di testa lo costrinse a sedersi su una delle poltrone in pelle scura e lisa del piccolo salotto.

«In che anno siamo?»

«1995»

A quella risposta, timidamente, Andromeda seguita dalla sorella e Lily si sedettero sul divano di fronte a lui.

«E l’Oscuro Signore?» chiese Bellatrix speranzosa.

«Scomparso nella notte… nella notte di Samhain 1981…»

«Dopo aver ucciso me e James vero?»

A Lily vennero i brividi mentre lo diceva. Severus assentì senza aver il coraggio di guardarla in volto.

«E noi?»

«Tu ti sei sposata appena finito Hogwarts con un babbano di nome Ted Tonks e l’anno dopo è nata vostra figlia: Ninfadora e… tu… tu sei rinchiusa ad Azakban con tuo marito, Rodoplhus Lenstrange e suo fratello. Insieme a Bartemius Crouch Jr. siete stati condannati per aver torturato fino alla pazzia con la Maledizione Crociatus i coniugi Paciock

La voce di Severus era piatta, priva di intonazione, mentre riportava i fatti con estremo distacco. Stava raccontando solo oggettivamente ciò che era accaduto, ma questo sconvolse Bellatrix che si portò le mani alla bocca, mentre Andromeda si posava una mano sul cuore che le batteva all’impazzata.

«N-No non è possibile, i-io… io… no no no! Non lo avrei mai fatto! NON L’HO FATTO! Insieme abbiamo sempre tentato di… di fare meno male possibile pur facendo di tutto per risultare tra i migliori Mangiamorte dell’Oscuro Signore… insomma era solo una parte. Abbiamo sempre finto di essere dalla sua parte!»

Bellatrix necessitava di dire quelle cose, necessitava di prendere una distanza più ampia possibile da quella terribile versione di sé futura.

«Bella! Bella! Bella calmati, questa non sei tu! Come questo non è il nostro Sev

Ora pareva Lily quella ferma e tranquilla, mentre poggiava le mani sulla spalla e braccio dell’amica, non prima di lanciare uno sguardo in tralice all’uomo di fronte a loro che trasalì a sentirsi chiamare così dopo così tanto tempo.

«N-No! No infatti voi non siete le ragazze… le donne che ho conosciuto… Solo che… che insomma questo complica tutto! Dovete tornare nel vostro tempo, ma cosa ben più importante nella vostra dimensione!»

«Ma non sappiamo COME!»

«Inutile dire che vi darò una mano, ma fino ad allora non potete andare in giro. Rimarrete qui, domani sistemerò il piccolo appartamento accanto a questo così potrete alloggiarvi…»

Ogni parola venne detta in modo preciso e senza alcuna emozione nella voce. Quello fece sentire molto strano tutte e tre le ragazze, che non poterono far altro che assentire e affidarsi a lui. Non avevano un posto dove andare ed erano troppo stanche per pensare. Si sarebbero lasciate andare a un sonno ristoratore e chissà forse il giorno dopo al risveglio avrebbero scoperto che era stato tutto un brutto sogno.

 

PARALLELES-2 (1983)

Era impossibile da immaginare, perfino per lei, vivere nella normalità più totale. Senza magia, fuori dal suo ambiente naturale, priva di ricchezza e comodità, ma felice come non lo era mai stata.

Narcissa Black aveva trovato nella piccola strada di Privet Drive al numero 20 la sua totale e completa felicità. La casa vittoriana che aveva preso in affitto era composta da due piani non molto grandi, ma perfetti per lei e Draco. Il suo gusto, da sempre estremamente piccato e attento, le aveva permesso non solo di arredare in modo impeccabile la propria casa, ma anche quella di molte altre famiglie.

Si trovava ancora a casa di Petunia nei suoi ultimi mesi di degenza, di fatto si era trattata di una disintossicazione da tutto ciò che di magico le era stato inflitto, quando si era risollevata le maniche e aveva deciso di darsi da fare. La morte delle sue sorelle l’aveva devastata, ma sapeva che non poteva permettersi di crollare nuovo, non quando Draco dipendeva da lei e Lucius, ora solo, disperato e ricercato era sulle loro tracce. E così seppur molto confusa e molto poco abituata a quel mondo e le loro strane usanze, aveva iniziato a lavorare come commessa in un negozio di antiquariato e in poco tempo si era imposta mostrando non solo grande capacità di vendita, ma occhio anche per i pezzi pregiati. Da lì poi quasi senza che se ne accorgesse aveva iniziato a dispensare consigli, che erano diventate consulenze e ora di fatto si trovava a lavorare come designer aiutando le persone nelle ristrutturazioni delle proprie case.

Questo le aveva permesso di mettere da parte abbastanza soldi per poter finalmente prendersi una casa, seppur in affitto, e ora stava svuotando gli ultimi scatoloni mentre Draco e Dudley con le loro testoline bionde giocavano sul tappetto del soggiorno.

Petunia non ci aveva pensato due volte a darle una mano, felice che avesse trovato un posto nel suo stesso quartiere. Dopo la perdita di Lily qualcosa si era mosso in lei, aiutare Narcissa l’aveva costretta a riflettere molto sulle ultime parole della sorella e nel dolore che l’aveva unita inaspettatamente alla donna che aveva promesso di curare e nascondere, aveva riscoperto sé stessa e i suoi desideri.

Il divorzio che stava affrontando con Vernon non era facile, lui non accettava quella che considerava da parte sua un’influenza negativa da parte di Narcissa. “Chissà che maleficio deve averti fatto quella strega” era solito dire, ma paradossalmente in tutto il tempo passato con lei, mai una volta la parola magia era uscita e tanto meno se ne era parlato.

Petunia aveva scoperto ben presto che strega o meno Narcissa era una donna come qualsiasi altra. Come di mille sentiva ogni giorno al telegiornale che subivano violenza domestica, che era nata e cresciuta in una famiglia che l’aveva manipolata e sottomessa. Una donna che aveva dovuto rinunciare a sogni e speranze e ora si trovava a combattere per essere abbastanza forte da prendersi cura da sola del proprio figlio.

Fu questo il pomo della discordia, Vernon continuava a parlare di questioni magiche, mentre per Petunia erano più questioni umane e solidarietà femminile. Si rese conto quanto si era annullata e quanto non desiderava fare la fine di Narcissa e così prima che fosse troppo tardi aveva chiesto il divorzio. Ora lui minacciava un giorno sì e uno no di togliergli loro figlio. Lo stesso che aveva ritrovato un peso forma normale e aveva corretto molti atteggiamenti prima che fosse troppo tardi.

Narcissa e Petunia concordavano spesso che se i loro padri fossero stati presenti probabilmente si sarebbero trovati in un futuro non troppo lontano due figli indisponenti, arroganti e senza alcun riguardo e rispetto per l’altro. Erano liete di essere intervenute in tempo.

«Cissy che dici, la metto qui?» la voce di Petunia arrivò squillante, mentre posizionava la foto incorniciata di Narcissa con le sue sorelle.

La donna, ormai quasi trent'enne indossava un paio di jeans azzurro chiaro a vita alta, delle semplici sneakers bianche e un maglioncino rosa pallido con uno scollo a V sulla schiena che si concludeva con un fiocchetto. I capelli castani erano lunghi fino a metà schiena e permanentati le davano un perenne effetto mosso.

«Perfetta!»

Narcissa, che aveva solo due anni meno di lei, le sorrise amorevolmente portandosi una mano sul petto. I capelli erano più corti e il biondo era stato scurito, anche per non attirare troppo l'attenzione. Il look che aveva deciso di prendere era molto simile a quello di Lady D in cui si rispecchiava. Indossava un paio di pantaloni a quadretti bianchi e rossi stretti e lunghi fino alle caviglie, ai piedi indossava dei mocassini a ballerina bianchi. Sopra aveva una camicia candida quasi quanto la pelle diafana e sopra un maglioncino della stessa tonalità di rosso ciliegia dei quadretti dei pantaloni.

Le due si guardarono sorridenti, era ottobre e ancora non faceva freddissimo, ma ciò non toglieva che in casa si stava bene anche per via del camino accesso. Petunia fece per parlare, voleva proporre di fermarsi dal sistemare per mangiare insieme un pezzo di torta che aveva fatto e portato. Aveva appena saputo che sarebbe entrata alla scuola infermiere e non poteva essere più felice, ma le due vennero interrotte dal suono del campanello.

Immediatamente entrambe si guardarono preoccupate, con i mariti che avevano vivevano sempre sul chi va là e così nonostante a Petunia non piaceva molto, Narcissa recuperò la sua bacchetta e la strinse nella mano mentre l’altra andava alla porta.

Tuttavia entrambe rilassarono le spalle, quando si trovarono di fronte la figura di Remus che guardandole alzò una mano con fare nervoso.

Ormai insegnava da due anni come insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts e dopo quello che era successo a Godric’s Hollow era stato l’unico ad approcciarsi alle due donne. Un James fuori di sé dava tutta la colpa della perdita della moglie a Severus Piton, mentre Sirius aveva fatto non poche resistenze quando la cugina aveva tentato di riprendersi Draco. L’accusava di essere in combutta con Mocciosus, non era interessato a sentire la sua versione o capire quanto anche lei soffrisse per aver perso delle persone che amava.

Di conseguenza James, fuori di sé per come Petunia poteva aiutarla e non credendo al suo racconto su Lily, le aveva proibito in modo categorico di vedere Harry. Remus che aveva assistito alle discussioni aveva deciso di dare una possibilità alle due e aveva creduto alle loro versioni. C’era troppo dolore in loro per voler mentire e così nonostante ai suoi amici non piacesse lui le andava a trovare e soprattutto Narcissa: la aiutava come poteva per tenerla al sicuro da Lucius.

Ora, i tre erano intorno al tavolo della cucina, sotto la finestra a golfo, e mangiavano una fetta della torta alle pere e cioccolata di Petunia insieme ai bimbi mentre si aggiornavano sulle ultime novità.

«Con la cattura di Minus e Crouch Jr. si può dire che la grande caccia ai Mangiamorte sia conclusa o almeno così hanno scritto sul Profeta…»

«E Lucius? Lui e molti altri sono a piede libero…»

«Il Ministero non li considera tra i più pericolosi. James e Sirius, che come sai sono Auror, mi hanno confidato che le ricerche degli altri proseguono, ma lo stato d’emergenza… per così dire… ecco… è stato abolito…»

Narcissa era sconvolta dalle parole di Remus, scosse il capo abbandonando la forchetta con il pezzo di torta che si stava portando alla bocca. Il tempo di poggiarla sul piattino che la mano di Petunia le toccò il polso.

«E Cissy che dovrebbe fare? Vivere nel terrore, guardarsi ogni giorno alle spalle?»

«Ci ho provato, giuro. Ho parlato anche con James e Sirius, ma non credono che il tuo sia un caso in cui tu possa aver diritto alla scorta!»

«Certo perché la odiano!»

Narcissa scosse il capo. Il viso cavallino di Petunia si era irrigidito rendendo i suoi tratti ancora più duri. Remus non rispose, ma con una smorfia sconfortata fece ben comprendere che quella era la realtà dei fatti, benché fosse lungi dall’accettarla.

Rimase ancora per un’oretta, prima di dover tornare a Hogwarts, nella quale approfittò per parlare un po’ da solo con Narcissa. Seduti nel piccolo giardino di fronte casa osservavano i due bimbi giocare sull’erba con Petunia che se ne prendeva cura.

«Ti manca vero?» esordì la giovane donna voltandosi verso Remus al suo fianco. Lui assentì lievemente con il capo.

«Mi spiace che… non ci sia stato il tempo… per, beh per darvi una possibilità…»

«Sai mi pento di non averglielo mai detto. Forse lei mi avrebbe visto sempre e solo come un amico, ma… non lo saprò mai. Mi sono sempre detto che per via della mia condizione non meritassi essere amato e anche anzi sarebbe stato meglio così, ma… non lo so, con Eda… per un attimo ho creduto che, forse…»

Narcissa allungò una sua mano cadaverica e dalle lunghe sottili su quella di Remus sorridendogli con fare mesto.

«Viviamo in un’epoca di rimpianti e rimorsi Remus, dopo quella notte a Godric’s Hollow più nessuno di noi è stato lo stesso. Verità taciute, verità inascoltate… frasi dette a metà, sentimenti inespressi e ricordi che non torneranno. Se c’è una cosa che ho capito in questo lungo tempo è che… nessuna lacrima, nessun dolore, nessuna supplica o preghiera farà tornare indietro il tempo. Dobbiamo convivere con le nostre scelte e le loro conseguenze e andare avanti…»

Narcissa con il suo solito sguardo cristallino velato di lacrime tornò a guardare Draco. Spesso non si riconosceva nel riflesso che vedeva allo specchio e non perché viveva in modo modesto rispetto un tempo o perché aveva modificato il suo look. Erano state le esperienze vissute che l’avevano profondamente cambiata, tanto dentro quanto fuori. E i solchi sul suo viso e i riflessi nel suo sguardo ne erano la prova.

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo VII ***


PARALLELES-1 (1995)

Arrivò dicembre portando con sé una valanga di frustrazione oltre misura. Severus, che fino ad allora era impegnato tanto con l’Ordine della Fenice, quanto a trovare una soluzione per rispedire le sue ospiti a casa, era stato fagocitato dagli eventi.

Quando poi Arthur Weasley venne attaccato, non poté far altro che raccogliere attorno a sé le tre donne che ospitava nel piccolo appartamento vicino al suo e parlare con loro.

Tutte avevano iniziato a mostrare segni d’insofferenza, non ce la facevano più a stare notte e giorno chiuse in casa senza poter far assolutamente nulla, motivo per cui si decise che l’unica soluzione era iniziare a prendere in considerazione l’idea che in quella dimensione sarebbero rimaste.

«Ne abbiamo parlato e per quanto doloroso, per quanto non smetteremo di cercare una soluzione e tentare di tornare a casa… dobbiamo andare avanti. Dobbiamo trovare il modo di trovarci un posto in questo mondo… Non possiamo vivere segregate, Sev

Ogni volta che Lily usava quel nomignolo a lui veniva la pelle d’oca. Era inutile dire che la rossa era rimasta profondamente delusa da quella versione di Severus. Non gli piaceva il suo modo arrogante e strafottente di porsi. Le trattava sempre con sufficienza, anche se doveva ammettere che aveva notato che il modo distaccato, freddo e risoluto con cui trattava lei non era lo stesso che riservava alle sorelle Black.

Invitate dunque nel suo piccolissimo salotto, le aveva messe al corrente degli eventi in quel mondo. Antecedentemente aveva deciso di non sbilanciarsi troppo, ma adesso non poteva far altro. Se dovevano muoversi in esso non potevano rischiare di dire o fare cose incoerenti con gli eventi.

Inutile dire che tutte e tre parevano scosse dai risvolti della faccenda, ancora più Lily che sapendo di Harry combatteva ogni giorno contro l’istinto di andare a vederlo. Stringerlo. Parlargli. Ma non era una sciocca, era sempre stata una strega abbastanza sveglia da riuscire a mantenere la sua mente lucida quando si trattava di proteggere chi amava. In quello somigliava molto a Severus, motivo per cui spesso si era scontrata con James che l’aveva definitiva una macchina senza sentimenti. Se solo lui avesse conosciuto tutto ciò che lei aveva sacrificato, le lacrime che aveva ingoiato e quello che aveva perso proprio in virtù di proteggere ciò che amava, l’avrebbe pensata diversamente.

«Ah e poi smettetela di chiamarlo l’Oscuro Signore, qui usano quel termine solo i suoi Mangiamorte o gli ex tali… Tutti gli altri lo chiamano Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato!»

«Questo è davvero stupido!» assentì Lily con le braccia conserte al petto alzando un sopracciglio.

«Beh, così è! Ora che sapete tutto vi invito nuovamente a essere caute… stiamo facendo tutto ciò perfino alle spalle di Silente e dubito che lui possa essere ingannato, dunque dovrete scegliervi parti convincenti e cambiare al massimo delle vostre possibilità il vostro aspetto! Nessun contatto con persone strettamente legate a voi…» e nel dirlo Severus guardò Lily ovviamente riferendosi a Harry «… persone le quali potrebbero essere influenzate dalla vostra presenza! Non sappiamo cosa potrebbe accadere se i percorsi per noi scritti in questa dimensione venissero deviati… E non sappiamo nemmeno cosa succederà se voi resterete qui per molto tempo…»

Tutte e tre avevano assentito con gran vigore, mentre di gran carriera venivano adottate delle misure in merito.

Andromeda divenne Cassiopea. I lunghi capelli castani chiaro divennero rossi Weasley. Non era raro vederli portare lisci a circondarle il viso, con un make up acqua e sapone. Il look era estremamente romantico seppur decisamente sobrio di chi voleva passare inosservata. Gonne a fiori lunghe di solito accompagnati da top o maglioncini color pastello. Fu facile inserirla a Hogwarts in supporto a Madama Chips in infermeria, la stessa era in cerca di un'assistente e lei si propose come una giovane stagista in cerca d'esperienza.

Bellatrix divenne Vesta. I capelli lunghi e mossi vennero domati, le onde rimanevano ma erano decisamente più morbide. Il castano scuro era stato schiarito ed il make up era stato alleggerito. Appariva sempre sensuale e letale, ma in modo più armonioso ed elegante.

Indossava quasi sempre top a bustino che le sottolineavano il seno, ma accompagnati da pantaloni di pelle scura oppure gonne strette fino al ginocchio per un look sensuale. Non mancavano mai piccoli monili come collana o bracciali che in oro o argento le davano uno stile ricercato. Senza tutto ciò che l'appesantiva e le dava un aspetto trasandato, sembrava un'altra.

Le due presero il cognome Goldstein, insieme a Lily, avrebbero finto di essere sorelle e di provenire tutte e tre dagli Stati Uniti e di aver studiato a Ilvermorny. Bellatrix. Lily voleva dare una mano all'Ordine, Severus non era d'accordo, ma dopo che lei lo minacciò di presentarsi al Ministero per far domanda come Auror, lui non poté fare a meno di accettare la richiesta, ma esigendo che lasciasse fare a lui.

Infine Lily divenne Daisy. Il problema più grande erano i suoi capelli che dunque divennero biondi grano, nonostante la gradazione scura per via dei suoi occhi verdi non poté non ricordare Narcissa alle sorelle Black che si emozionarono nel vederla.

Lei era solita indossare quasi sempre abiti lunghi, più o meno sobri, ma sempre con una scollatura che risaltava il suo decolté. Era solita indossare sopra gli stessi giacche di pelle nella stagione fredda o cardigan di vari colori in quella più calda.

Teneva quasi sempre i capelli legati sul capo che fossero raccolti in una coda o alla bene e meglio in modo finto spettinato. Lily grazie alla giovane età fece poca fatica a essere accettata come bibliotecaria, Madama Pince aveva preso la varicella di drago e si sarebbe assentata per un lungo periodo. Severus non era d'accordo al suo volersi proporre come sostituta, ma come sempre non poteva niente contro la sua testardaggine.

 

PARALLELES-2 (1983)

L’arrivo del periodo natalizio rendeva sempre James di pessimo umore, non era stato facile per lui riuscire a superare la perdita di Lily. Per quanta rabbia repressa potesse covare, non avrebbe mai dimenticato il fatto che lo aveva lasciato e tanto meno che quella notte giunto nella loro casa l’aveva vista letteralmente agire in compagnia di Andromeda, Bellatrix e Severus. Aveva voluto con tutto sé stesso convincersi che fosse sotto una Maledizione Imperius, ma alla fine aveva dovuto accettare la verità.

Silente stesso lo aveva fatto ragionare, ma questo non aveva placato la sua ira dall’essere stato tagliato fuori, ma ancor più dal credere fortemente che tutto fosse colpa di una sola persona: Mocciosus. LUI era stata la causa di tutto, lui l’aveva convinta, lui l’aveva costretta e ora entrambi avevano perso la persona che amavano, ma non era una vittoria seppur doveva ammettere che il saperlo distrutto tanto quanto lui riusciva solo a lenire un poco il suo dolore insieme all’accusarlo di ogni cosa.

Nonostante non esistessero corpi da seppellire, aveva voluto che una lapide commemorativa venisse eretta nel cimitero di Godric’s Hollow. Desiderava che suo figlio avesse una tomba su cui piangere la madre un giorno, ma quando arrivando vi trovò dei gigli bianchi la mascella gli si serrò.

Sapeva benissimo chi era colui che continuava a portarglieli e quando ne vide in lontananza la sagoma avvolta in un svolazzante mantello nero non ci pensò due volte a seguirlo lungo il vialetto del cimitero.

«Devi smetterla di venire!» gli urlò.

Severus si fermò sul posto. Una profonda cicatrice gli attraversava il volto scavato da parte a parte in modo obliquo. Sarebbe stato per lui il ricordo eterno di quella maledetta notte, quella che tutti ricordavano come quella in cui il Signore Oscuro era scomparso, ma per lui quella in cui aveva perso l’amore della sua vita.

Senza battere ciglio osservò James con il suo solito sguardo freddo e distaccato.

«Potter» pronunciò quel nome quasi fosse una parolaccia, a mo’ di saluto.

«È un luogo pubblico temo che tu non abbia l’autorità per impedirmene l’accesso…»

«Non me ne frega nulla, vienici pure se vuoi, ma gira alla larga da lei.»

«E chi me lo impedirebbe? Tu?»

Quella provocazione piatta fece scattare in avanti James che senza pensarci urlò «Stupeficium», ma il getto di luce rossa planò oltre la testa di Severus che abbassandosi con ottimi riflessi sentì una lapide esplodere alle sue spalle.

«Stai diventando patetico Potter!»

«Cru…» ma Severus schivò la maledizione.

«Una Maledizione Senza Perdono? Davvero? Lo stai facendo davvero?»

Gli chiese alzando un sopracciglio con fare beffardo. Del nevischio iniziò a scendere durante quel tramonto con ampie nuvole grigie striate di rosso.

«Cru…» gridò per una seconda volta James, ma Severus parò nuovamente tale incanto.

«Pensavo che tu e il tuo amichetto, il cane, foste Auror

«E lo siamo e diamo la caccia a quelli come te!»

James aveva il braccio levato contro Severus, erano gli unici ospiti del cimitero a quell’ora. Tutto era silenzioso intorno a loro.

«Incarce…» ruggì James, ma l’uomo di fronte a lui deviò l’incantesimo con un cenno quadi pigro del braccio.

«Reagisci lurido Mangiamorte! Perché io lo so che tu lo sei ancora, non me ne frega un cazzo di quello che dice Silente! Non mi fido di te, non credo alle cazzate che hai detto… che eri una spia? Che non hai mai servito il Signore Oscuro? Hai infinocchiato perfino Remus, ma non me! Reagisci! Reagisci vigliacco!»

Quella fu la parola che fece perdere la flemma a Severus. I capelli neri oscillarono, quando si mosse contro il suo avversario. La sua bacchetta toccò il suo sterno.

«Mi hai chiamato vigliacco Potter? Davvero? Io? O il vero codardo sei stato tu? Incapace di avere le palle per accettare che Lily non ti amasse… incapace di lasciarla andare?!»

«Stupe…»

«Bloccato ancora, e ancora e ancora, finché non imparerai a tenere la bocca sigillata e la mente chiusa, Potter!» lo canzonò Severus, deviando ancora una volta l’incanto.

«Impedi…»

Ma prima che James riuscisse a finire la formula, sentì un dolore lancinante: cadde sul freddo viottolo ciottolato, il suo avversario aveva usato un incantesimo non verbale e lo aveva schiantato indietro. Camminando con fare elegante, ma fiero, gli andò incontro e calciò via la sua bacchetta. Non aveva più voglia di combattere.

«Un Auror e non usi formule non verbali, sei patetico! Tu e Black siete sempre stati uguali, vi basta perdere la testa per essere guidati dall’ira e non dalla ragione! Dimenticate tutto ciò che avete imparato!»

Senza aggiungere altro, ma fissandolo dalla sua posizione sopraelevata, un ghigno si dipinse sul suo volto. Era bello per una volta essere in parti inverse. Potter a terra disarmato e umiliato e Piton che troneggiava al di sopra fiero e potente.

Una ventata disarmante sferzò l’aria, ma prima che qualsiasi altra cosa avrebbe potuto accadere, con un piccolo pop Severus era scomparso. James iniziò a imprecare, si alzò in piedi e recuperando la bacchetta se ne andò. Non sarebbe finita lì. Si sarebbe vendicato, quanto era vero iddio, Mocciosus l’avrebbe pagata cara!

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo VIII ***


PARALLELES-1 (1995)

Era la mattina della Vigilia di Natale e a Grimmauld Place tutti la passarono ad appendere decorazioni natalizie. Sirius era di buonumore come non lo era da tempo immemore, addirittura cantava le carole, deliziato di avere ospiti per Natale. Vesta udì la sua voce echeggiare per il corridoio, quando entrata in casa venne investita dagli insulti e dalle urla del quadro di sua zia. Nascondendo maggiormente il viso dietro il cappuccio, mentre ci passava davanti, seguì Severus nel freddo salotto. Aveva un ricordo diverso di quella casa, era sempre stata fredda perché chi l’abitava non aveva mai saputo dispensare amore e armonia, ma adesso il suo aspetto trasandato emanava anche esteriormente quello stesso sentore.

Tuttavia gli attuali abitanti, doveva ammetterlo, avevano fatto un ottimo lavoro per renderla ospitabile e calda. Sorrise per le ghirlande appese, mentre il cugino scendeva dalla scala su cui era salito. Poco dopo anche Molly Weasley entrò nella stanza seguita da Remus Lupin e Ninfadora Tonks. Le faceva strano pensare che quella ragazza, quasi sua coetanea, fosse sua nipote o che quelli fossero le persone che lei conosceva. Erano tutti così diversi… così… grandi!

«Oh cara tu devi essere Vesta Goldstein! Silente ci ha avvisato del tuo arrivo!»

Molly aveva ancora indosso il grembiule, stava cucinando, quando andandole incontro l’abbracciò forte prima che questa potesse dire o fare qualsiasi cosa. Sorrise a mo’ di ringraziamento, non era abituata ad accoglienze così forti e tanto meno così calorose.

Il tempo di togliersi il cappuccio e ben presto tutti rimasero ben colpiti dalla sua innata bellezza. I capelli erano una cascata di boccoli che le arrivavano fino a metà schiena, gli occhi erano grandi ed espressivi, i tratti decisi, ma addolciti da un make up leggero. Le labbra carnose erano una tentazione, come il decolté florido messo in risalto dal top a bustino di un lungo abito nero dagli inserti verdi di velluto. La gonna era sfrangiata e con numerosi spacchi mostrava le sue gambe lunghe e toniche. Le maniche erano scampanate tanto da lasciarle le braccia nude quando le alzava e un paio di stivaletti stringati le davano un aspetto leggermente aggressivo. Ma tutto era commisurato a un’eleganza innata e modi di altri tempi.

«Sì sono arrivata da New York solo da qualche settimana con le mie sorelle!»

«Cassiopea e Daisy vero? Silente ce ne ha parlato, ha detto che hanno preso servizio a Hogwarts

Era stato Remus a parlare, non era un dongiovanni, ma non era rimasto indifferente alla sua avvenenza. Ninfadora pareva essersene accorta e per questo adesso guardava Vesta un poco più torva.

«Vesta è un Auror ed una mia amica di vecchia data, quando mi ha scritto avvisandomi del suo arrivo e sapendo la situazione incresciosa in cui si trova il mondo magico ha voluto mettere a disposizione i suoi servigi…»

«Visto come vanno le cose non credo sia una buona idea rivolgermi al Ministero, era mia intenzione per trovare impiego qui in Gran Bretagna, ma…»

«Oh sì cara i tempi non sono dei migliori, ma… che dire siamo più che lieti di averti tra noi! Grazie, grazie per il tuo aiuto!»

Vesta sorrise apertamente, mentre lanciando uno sguardo a Sirius aveva notato che lo stesso non aveva ancora parlato. Era diverso da come lo ricordava, sempre la solita bellezza ribelle, ma rovinata dal tempo in prigione. Non era riuscita a credere a ciò che in quella dimensione gli era accaduto…

«Spero che ti avremo qui per Natale… tu e le tue sorelle» ed eccolo che finalmente parlò. Lo sguardo come calamitato verso quello della donna e la sua incredibile bellezza. Remus se ne accorse ridendo sotto i baffi, mentre Molly che pareva non essersi accorta di nulla le si illuminò lo sguardo.

«Ma certo, siete appena arrivate… non conoscete nessuno, non potete passare il Natale da sole!»

Vesta stava già accettando, ma Severus si mise in mezzo per tentare di impedirlo, inutile dire che non ci riuscì.

«Ottimo ottimo, allora vi aspettiamo qui domani! Faremo un bel pranzo! Oh Severus non fare quella faccia, vuoi lasciare queste tre povere ragazze a passare Natale sole solette? E poi se Silente si fida e ha concesso oggi a Vesta di venire qui per conoscere la base dell’Ordine… questo basta! A domani cara!»

Tutti si congedarono, ma non Sirius che non era intenzionato a lasciarla andare via tanto velocemente.

«Ilvermony?» gli chiese improvvisamente.

«Esattamente! Classe ’65!» rispose prontamente, tutti si erano studiate bene una storia ricca di particolari per evitare di essere prese di contropiede.

«’65 eh? ’59…» disse lui quasi a voler far ben capire che quello indicava quanto fossero perfettamente compatibili. Non c’era troppa differenza di età e nonostante lui non fosse nella posizione di avere una storia in quel momento non riusciva a esserle indifferente.

«Vesta dobbiamo andare!» Severus aveva palesato la sua presenza, non se ne era mai andato e non gli stava piacendo il modo in cui Sirius stava, in modo del tutto palese e sgraziato, flirtando con lei.

«Senti Moccious perché non ti fai un giro? Io faccio vedere alla nostra ospite la sede dell’Ordine!»

«Giammai!» urlò quello scosso da brividi d’ira, per quel nomignolo, da capo a piedi. Ma Black parve non sentirlo e porgendo il braccio a Vesta la scortò via. Piton lo avrebbe evitato, ma purtroppo Molly lo braccò con una disamina sui Doxy e la necessità da parte sua di una pozione che avrebbe potuto aiutarla a disfarsene una volta per tutte.

«È sempre così appiccicoso?» chiese improvvisamente Sirius una volta solo con Vesta.

«Un po’…»

«Eppure non è il tuo… insomma…»

«NO!»

«No! Ecco appunto!»

Vesta aveva risposto di getto come se la sola idea le desse i brividi e questo fece gongolare oltre misura Sirius che rise accompagnato dalla risata cristallina di lei.

«Ha detto che vi conoscete da tempo, come se posso chiedere?»

«Sua madre! Eileen Prince… era amica di penna della mia… da bambini ci vedevamo ogni tanto, sai in estate… poi gli eventi e il resto… avevamo perso i contatti…»

«Oh sì, immagino che il suo diventar un Mangiamorte e tu un Auror avesse freddato le cose…»

Sirius lo disse in modo canzonatorio, ma quello aveva leggermente irrigidito Vesta che tuttavia nascose il tutto dietro la sorpresa per la visione di un ippogrifo. Sirius infatti l’aveva scortata ai piani superiori e di fronte a quella vista aveva sgranato gli occhi.

«Allora è vero?» chiese lei.

«Sai della tua fuga e il resto…»

«Non sapevo di essere famoso oltre oceano!» disse passandosi una mano tra i lunghi capelli castani, un braccio poggiato allo stipite della porta.

«Me ne ha parlato Severus…» rispose lei come a tirargli le orecchie e fargli capire che doveva volare più basso.

«Adesso però credo di dover andare, mi ha fatto piacere conoscervi e… conoscerti… ci vediamo domani, per Natale allora…»

«Non vedo l’ora…» e mentre Vesta gli passava accanto i loro sguardi si incatenarono. C’era elettricità nell’aria e un brivido di piacere percorse le schiene di entrambi. Era come quando venivi sospinto verso il desiderio ardente di compiere una determinata azione e trattenersi costava un autocontrollo smisurato. Fu questo che entrambi sentirono, Sirius ancor di più. Si voltò quasi nel desiderio di fermarla, ma poi la lasciò andare fissandola scendere con fare sinuoso ed elegante le antiche e scricchiolanti scale di legno.

 

PARALLELES-2 (1984)

Le vacanze di Natale erano passate con non poche preoccupazioni, Petunia aveva ricevuto indietro l’atto del divorzio da parte di Vernon, ma l’uomo pareva deciso oltre ogni misura a non volerlo firmare. Ripeteva con vigore che non avrebbe mai permesso una tale umiliazione e per quanto i soldi scarseggiavano in casa, Petunia era lieta che l’avvocato che l’assisteva fosse una sua ex compagna d’Università. Avevano studiato il primo anno insieme economia e commercio e poi lei aveva cambiato per giurisprudenza e ora si occupava di cause civili. Fu lei a consigliare a Petunia di chiedere la separazione giudiziale.

«In parole povere faremo causa contro Vernon se quest’ultimo continuerà a non volermi concedere il divorzio… Ti dirò, la cosa mi frustra e non poco! L’esame finale da infermiera sarà tra pochi giorni e io mi sento ogni giorno che passa sempre più stanca…»

Seduta nel salotto di Narcissa si lasciava consolare dall’amica che con un braccio intorno alle spalle le dava piccoli colpetti sul braccio. Petunia ancora era riuscita a non farsi sbattere fuori da casa sua, nonostante lui insisteva che l’aveva comprata con i suoi soldi e gli apparteneva, il giudice concordava che il bambino avesse bisogno di un tetto e della propria madre e dunque per ora non vi era possibilità che lei potesse essere cacciata via. Vernon era di un’altra idea, trovava inconcepibile doversene andare dalla sua stessa casa!

Il salotto vittoriano di Cissy era stato finemente decorato con vischio e ghirlande, sembrava essere uscito da una rivista e nonostante non fosse facile per entrambe vivere lo spirito delle feste, si erano ripromesse di fare del loro meglio, quanto meno per i loro bambini.

Petunia rivolse un sorriso debole all’amica e poi alzandosi per andare a prendere un bicchiere d’acqua ebbe un cedimento, si aggrappò prontamente al banco della cucina e tranquillizzò la donna in sua compagnia con un cenno del capo. Lei che si era già alzata per aiutarla.

Nei giorni seguenti continuò a dare la colpa dei suoi malesseri all’ansia e lo stress, ma fu a pochi giorni dopo l’esame, i primi di gennaio che la sua salute peggiorò. Petunia, infatti, quasi non si teneva in piedi e soffriva di allucinazioni e giramenti di testa.

Prontamente Narcissa l’aveva accompagnata a fare delle analisi, che però non avevano rivelato nulla di anormale. Sospettando dunque che potesse trattarsi di altro, propose all’amica una vista al mondo magico. Per motivi diversi nessuna delle due voleva andarci: la Black temeva che così sarebbe potuta essere più “rilevabile” da Lucius e dall’altra parte la Evans temeva che per Vernon sarebbe stata l’occasione per portarle via Dudley e darle della pazza.

Tuttavia proprio per scongiurare quest’ultima cosa Cissy pensò fosse necessario. «Pensa se sapesse dei tuoi malesseri, pensi che non ne approfitterebbe? A quel punto non servirebbe la magia o qualsiasi altra scusa per lui!» fu quella frase che un giorno la bionda disse a far accettare, a denti stretti, a Petunia la cosa che tuttavia si rifiutava di mettere piede al San Mungo. Il compromesso che trovarono, anche grazie all’aiuto di Remus, fu di chiedere aiuto a Madama Chips che su permesso di Silente permise alla donna di raggiungere Hogwarts per essere visitata.

Draco e Dudley soggiornavano, per sicurezza, a casa di una loro amica babbana. Loro figlio giocava sempre al parco con i bimbi e non era raro che gli stessi passassero a volte il pomeriggio a casa sua con suo figlio.

«Non avrei mai creduto di dirlo, ma esistono anche sintomi da magia repressa…»

La voce di Madama Chips era lenta e chiara, di chi voleva spiegare attentamente un concetto senza fronzoli o giri di parole. Intorno al letto di Petunia; Narcissa, Remus e Silente stavano sentendo il responso della navigata infermiera.

«Ne esistono davvero pochissimi casi, si tratta di streghe o maghi che per qualche ragione non riescono a esprimere la loro magia, è così lieve la loro traccia da non essere nemmeno rilevata. Essa tuttavia cova nel paziente come una sorta di metastasi dormiente. A lungo andare, come un vero tumore può causare gravi problemi di salute…»

«Esiste una soluzione Poppy?» chiese Silente con voce affabile. Petunia spaventata a morte stringeva la mano di Narcissa. Remus al suo fianco ascoltava in silenzio con le mani nelle tasche del completo liso di tweed.

«Rilasciare tale magia. Ho come la sensazione cara, che oltre a non sapere della tua magia, tu non abbia mai fatto nulla per tentare… di esprimerla, giusto?»

Petunia sospirò pesantemente, le costava stare lì, ma ancor più scoprire di essere una strega inespressa. Non aveva desiderato altro in vita sua, tanto che quando aveva creduto di non esserlo aveva basato tutta la sua vita nell’odiare ciò che era magico, nell’odiare Lily.

Scuotendo il capo, senza il coraggio di guardare i presenti, ascoltò Madama Chips proseguire: «Di questo allora si tratta. Fin quando non deciderai di abbracciare la magia in te non credo ci sia cura che possa guarirti. Certo non sarà facile, spesso avrai l’impressione che nulla accada e questo ti demoralizzerà. Farai più fatica di un piccolo e semplice studente di prima…»

«Io posso aiutarla!» disse immediatamente Remus con fare affabile.

«Ne sono sicuro e credo che anche il Professor Piton non si tirerà indietro. Cara Petunia questa però è una scelta tua, si tratterebbe di accettare di trasferirti a Hogwarts e seguire lezioni private… Io stesso mi assicurerò che tu abbia tutti i comfort. Un piccolo appartamento per te e tuo figlio, giù a Hogsmeade, e anche l’assicurazione che verrà curato in tua assenza. Signorina Black, se dovessi avere il piacere nell’accompagnare la tua amica in ciò, assicurerei a te e tuo figlio le stesse attenzioni, oltre che una protezione adeguata.»

Silente aveva parlato con quel suo solito tono cadenzato di chi non ha alcuna intenzione di sospingerti in una scelta, ma che accarezzandoti con parole tanto garbate ti invita dolcemente verso la stessa.

Narcissa doveva ammettere che amava la sua nuova vita, ma era anche vero che era pur sempre una strega e le mancava il mondo magico. Si sporse verso Petunia e aspettò un suo giudizio prima di esprimersi.

«Solo se sarai con me…» disse quest’ultima senza troppe cerimonie. Il capo ancora chino a guardare la mano ossuta che stringeva il lembo delle coperte.

«E sia Professor Silente! Grazie… grazie a tutti…» furono le sole parole commosse e sentite di Narcissa.

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Capitolo 11
*** Capitolo IX ***


PARALLELES-1 (1995)

Severus Piton dubitava fortemente che Albus Silente credesse, senza batter ciglio, alla menzogna che avevano messo in piedi, tuttavia se aveva imparato a conoscerlo era certo che se nulla aveva detto era perché al momento non ci fosse nulla da dire.

Probabilmente nemmeno lui aveva la soluzione a quell’increscioso imprevisto e dunque fin tanto, apparentemente, non compievano scelte errate nulla avrebbe detto e in alcun modo avrebbe interferito. Bellatrix in cuor suo, se non fosse stato per la mancanza che di sua sorella aveva e la preoccupazione circa la sua sorte, amava quella dimensione e non era così desiderosa di tornare indietro. A cosa poi? Non aveva nulla di quel luogo che avrebbe dovuto chiamare casa, che la rendeva felice.

Ripensava ancora al giorno prima e all’approccio che con Sirius aveva avuto, ne aveva parlato con le sue amiche e ricordava che la cosa che l’aveva fatta sentire bene era stato soprattutto essere vista da lui e dagli altri senza maschere. Solo come quella sé stessa che mai aveva potuto esternare. E perfino lui le aveva finalmente parlato senza ira, senza odio, senza stare sul chi va là con quella gioiosità e modo di fare attrattivo che probabilmente di solito riservava solo ai suoi amici e che in famiglia non gli aveva mai visto avere.

Grimmauld Place fu irriconoscibile anche per Andromeda, quando il giorno successivo con la sorella, Lily e Severus arrivarono presso la residenza. I lampadari anneriti non erano più carichi di ragnatele ma di ghirlande di agrifoglio e festoni d’oro e d’argento; mucchi di neve magica scintillavano sui tappetti lisi; un grande albero di Natale era stato addobbato con fate vive e aveva l’onere gravoso di nascondere l’albero genealogico dei Black, e perfino le tetre teste d’elfo imbalsamate sulle pareti portavano barbe e cappelli da Batto Natale.

La giovane si stava ancora guardando intorno persa in tanta bellezza, quando stretta a braccetto con Lily ridacchiarono tra loro prima che venissero presentate da Bellatrix a tutti gli altri. C’erano i coniugi Weasley con tutti i loro figli tranne Charlie e Percy, Malocchio Moody, Ninfadora Tonks, Remus Lupin, Kingsley Schacklebolt, Mundungus Fletcher, Sirius Black, Harry Potter ed Hermione Granger.

Fu molto difficile rimanere del tutto indifferenti a alcuni di loro. C’era chi conoscevano solo di vista, chi più profondamente e soprattutto per Andromeda c’era sua figlia e per Lily suo figlio. Figli che sapevano non essere loro, ma delle loro doppelgänger di quella dimensione. Tuttavia era veramente difficile rimanere indifferenti.

Finito il pranzo, i Weasley avevano in programma di andare con Harry ed Hermione a trovare di nuovo il signor Weasley, scortati da Malocchio e Ninfadora. Il resto del gruppo rimase a Grimmauld Place e nonostante Severus Piton preferì congedarsi, era stato anche fin troppo per i suoi standard, le ragazze erano ben liete di prolungare la loro presenza.

Il mago era appena uscito dalla casa, era sul secondo gradino, quando alle sue spalle sentì una piccola mano sul suo braccio. Si voltò per trovarsi di fronte Lily. I capelli biondi erano stati acconciati con un’elegante treccia alla francese, due ciocche libere le incorniciavano il viso chiaro. Indossava un lungo abito color verde, come i suoi occhi, era a maniche lunghe e a collo alto a costine. Indosso aveva degli stivali marroni della stessa tonalità della cintura che aveva in vita e della giacca di pelle.

«Sev aspetta… v-volevo darti questo…» e così dicendo tirò timidamente fuori una scatolina dalla tasca della sua giacca.

«Lo so che meno hai a che fare con noi, con me… e meglio stai, ma… non posso ignorare quello che per noi hai fatto e come ci stai aiutando…»

Lui impettito squadrò la giovane donna, non aveva intenzione di mostrarsi meno rigido e distaccato di quanto a fatica aveva fatto fino a quel momento, ma prendendo la scatolina l’aprì. Al suo interno vi trovò un timbro da ceralacca. Riportava una S simile a un serpente attorcigliata a una corona. Lui rimase colpito, mentre lei sorrideva appena.

«L’ho vista l’altro giorno a Hogsmeade e… mi sono ricordata del tuo alias a scuola… il Principe Mezzosangue!»

Lui parve come scottato, mentre alzava lo sguardo scuro su di lei. Sembrava incredulo.

«Tu lo sai?»

«Certo, te l’ho dato io!» rispose lei semplicemente.

Lui, con fare drammatico, come il suo solito, si voltò con il lungo mantello nero che lo seguì con uno sbuffo. Per quanto parve convinto ad andarsene si fermò sull’ultimo gradino, il più basso, e voltandosi tirò fuori quel qualcosa che da quasi due mesi continuava a ingoiare.

«Lui ha combattuto per te?»

Lei serrò la mascella mordendosi il labbro inferiore e scendendo un gradino.

«Non quanto avrei voluto.»

«E tu?»

Lily scese un altro gradino.

«Avrei potuto fare di più!»

«Hai comunque sposato James…»

Non era una domanda, ma una triste e fastidiosa constatazione. Quel dolore Lily lo conosceva bene. Scese un altro gradino, ora di fronte a lui, solo un poco più alta per via della differenza di altezze dei gradini.

«Siamo stati entrambi codardi, ma credo che entrambi ci stessimo preparando a fare finalmente quel passo che sempre abbiamo evitato. Non so come fosse la tua Lily, ma noi a Hogwarts, nonostante un inizio non proprio idilliaco, siamo divenuti amici e mai abbiamo smesso di esserlo nemmeno dopo esserci confessati il nostro amore… nemmeno dopo il tuo esserti tirato indietro o il mio essermi messa con James…»

Severus parve farsi improvvisamente triste. Le spalle si afflosciarono e la tensione sul suo viso sparì. Per la prima volta lo vide… umano. Senza quella contrizione che costantemente indossava come una maschera per nascondere i suoi veri sentimenti.

«Senza dubbio tu e il tuo Severus siete molto diversi… dalle mie scelte, da quelle di Lily…» a quella frase la giovane non ce la fece e con un dito gli spostò una ciocca di unti capelli neri dalla fronte, prima di piegare il viso da un lato e sorridergli.

«Appunto! Io NON sono LEI. Quindi non mi vedere lei quando mi guardi. Io sono solo il frutto di scelte diverse, come tu lo sei del mio Sev. Non giudico le tue scelte in questa vita, chi sono per farlo? Tu non farlo delle mie, te ne prego. Se davvero tanto l’amavi, aiutami a tornare da lui, a darmi quella possibilità che voi non avete mai avuto…»

La sua voce pareva quasi una supplica, la mano sulla guancia di lui, che senza più farcela si scostò come scottato. Gli faceva così male tutto quello e chissà forse aveva ragione, non si stava impegnando abbastanza perché invidioso come era stato di James adesso perfino lo era di una sua versione alternativa. Strinse il presente di Lily nelle mani e voltandosi se ne andò senza voltarsi indietro.

 

Bellatrix quel giorno indossava un abito bustier di raso rosso ricoperto da un pizzo nero che lasciava intravedere la stoffa sottostante. La gonna era un po’ arricciata mostrando parte delle gambe e le maniche lunghe finivano come un tirabaci sulle mani. Le labbra erano rosse come la stoffa e i capelli raccolti quasi a farla apparire una dea greca gotica. Ginny era impazzita per lei dalla prima volta che l’aveva vista, non aveva occhi se non per il suo stile e il gusto nel vestire. Anche i suoi fratelli l’apprezzavano e non poco, ma per motivi ben diversi. Gli stessi che facevano sempre indispettire Hermione soprattutto quando a fare battutine a mezza voce era Ron.

In quel momento Bellatrix pareva sovrappensiero quando stringendo il calice di vino elfico tra le mani osservava l’arazzo nascosto dietro il grande albero di Natale. Era così persa nei suoi pensieri che non si accorse quando Sirius le fece scivolare il bicchiere dalle mani per posarlo su un mobile basso lì vicino. Sobbalzò un poco nervosa, mentre lo sentiva dietro di lei. Le mani nelle tasche e il volto di poco sopra la sua spalla sinistra.

«La Nobile e Antichissima Casata dei Black “Toujours pur”» disse con voce bassa leggendo le parole sbiadite come l’arazzo su cui erano incise.

«Se l’albero non mi inganna la vista, tu non ci sei…»

«Oh io ero qui…» gli disse lui alzando un braccio e indicandole un buchetto rotondo carbonizzato nel tessuto, simile a una bruciatura di sigaretta. Nel farlo si era sporto un poco più verso di lei, il suo alito caldo vicino al suo orecchio.

«La mia cara dolce madre mi ha incenerito dopo che sono scappato di casa…»

Lei voltò appena il capo, ora osservava il suo profilo, così vicino al suo.

«Sei scappato di casa?»

«Avevo quasi sedici anni» disse Sirius. «Non ne potevo più.»

«Ti capisco, io però non ho avuto la stessa forza…» la voce di Bellatrix divenne improvvisamente bassa, mentre si passava le mani sulle braccia. Chiuse gli occhi e quei ricordi orribili, da cui tentava di scappare, parvero ritrovarla.

«Anche tu hai combattuto contro la mania del sangue puro? La mia famiglia era convinta che essere un Black rendesse praticamente come appartenenti a una stirpe reale…»

«Qualcosa di simile, ma… aggiungi a questo l’essere una donna, avere un padre maschilista che non accetta di avere tre figlie femmine e subire ogni tipo di vessazione e offesa…»

Quelle parole fecero perdere a Sirius il suo piglio altisonante e pieno di charme di chi era in mood piena conquista. Divenne più naturale e sussurrando un «Mi spiace…» le andò di fianco posandole le mani sulle braccia per farla voltare verso di lei. Un dito sotto il suo mento, lo stesso con il quale le sollevò il viso.

«Fatico immaginarti come una donna che permetterebbe a qualsivoglia uomo di metterle i piedi in testa…»

«E così è stato!» disse lei guardandolo fieramente. La vicinanza gli permise di riempirsi le narici del suo odore: tabacco e alcool, misto a un retro profumo di legno e spezie.

«Ma ho pagato per questo, non mi è mai importato di essere picchiata al posto delle mie sorelle, pur di difenderle, ma quando le minacce sono divenute ben più pesanti… ho dovuto sacrificare parte della mia dignità. Sono finita in sposa molto giovane a un letterale figlio di puttana. Un seduttore che non faceva altro che tradirmi, picchiarmi e prendersi da me ciò che lui chiamava doveri matrimoniali… Ho subito talmente tanti traumi al bacino che sono diventata sterile… un motivo in più per deridermi…»

Sirius non sapeva cosa dire, si era immaginato molte cose su quella strega che al primo sguardo l’aveva affascinato, ma qualcosa del genere lo credeva impossibile. Lei gli aveva raccontato tutto senza peli sulla lingua, la voce fredda e meccanica quasi parlasse di qualcun altro, ma gli occhi lucidi e feriti.

Con un pollice asciugò una lacrima che era sfuggita solitaria, voleva dire qualcosa. Ma cosa? Qualsiasi cosa sarebbe parsa solo una banalità…

«Ti ammiro sai? Avrei voluto essere come te… andare via… assaggiare la felicità… Sei stato coraggioso…»

«Oh no mia cara Vesta, fuggire non è un atto coraggioso. Coraggio è rimanere nonostante l’orrore e sacrificarsi per chi si ama…»

Sirius voleva raccontare la sua storia e far passare le sue scelte come un attimo di ribellione figo e ammirabile, ma quello poteva farlo con Harry quando gli parlava di suo padre e la sua amicizia con suo padre. Non con una donna fatta e finita, nonostante la giovane età, come quella che aveva davanti e già così tanto dolore aveva dovuto subire.

«Strano, mi pareva di aver capito tu fossi un Grifondoro…» lo beffeggiò lei solo per spezzare quel momento così carico di tristi ricordi. Lui fece un sorriso sghembo, mentre l’altra sua mano era scivolata sul suo fianco e con un ultimo passo aveva annullato ogni distanza tra loro.

«Non mi definisco codardo… Non esageriamo. Ma sono sempre stato più insubordinato, indomabile e avventato più che eroico…»

Erano così vicini che le loro labbra si sfiorarono sulle ultime parole di Sirius. Bellatrix pareva aver perso la capacità di muoversi. Semplicemente lo fissava inebriata da quella del tutto nuova e inaspettata sensazione.

Una sua mano finì poggiata sul braccio che la cingeva, l'altra era distrattamente appoggiata sul suo petto. Sul gilet damascato della stessa fantasia dell'abito che indossava. Lui fece scivolare la mano con la quale le teneva il mento lungo il viso, fin dietro al suo capo, mentre avvicinava di nuovo le sue labbra a quelle di lei.

Non era una ragazzina eppure la sensazione era quasi come se fosse per lei quello il suo primo vero bacio. Con la mano sul suo capo la teneva a lui, mentre il bacio si faceva sempre più profondo. Le lingue si cercavano e si intrecciavano in una danza di cui presto entrambe impararono i passi.

Lei finì con una mano sul suo viso, che poi scivolò lungo il suo petto e che lui con la mano con la quale le teneva il capo, le prese stringendola contro il suo cuore.

Lei aveva sempre meno intenzione di staccarsi, mentre anzi le braccia finivano entrambe intorno al suo collo, mentre la mano di lui scivolava dal fianco alla sua gamba accarezzandola.

Finire in camera di lui fu quasi del tutto inevitabile, in quel momento non c'era la lucidità da parte di nessuno dei due nel pensare quanto potesse essere giusto o sensato. C'era solo un'attrazione che era divampata dal primo secondo che avevano incrociato lo sguardo.

Lei ci mise molto poco a vedere cadere il proprio abito e rimanere solo con un bellissimo completino di lingerie di pizzo nero. Stesa sul letto, lui era tra le sue gambe e la baciava ancora completamente vestito, almeno fin quando allontanandosi un poco da lei e stando sulle ginocchia si tolse la giacca lanciandola da parte senza troppo riguardo, prima di tornare a baciarla disperato per un suo nuovo bacio.

Lei corse veloce ai bottoni del suo gilet e poi della sua camicia con un'urgenza che mai aveva sentito. Aveva conosciuto il sesso in tutt’altra forma e senza volerlo immagini si soprapposero a quel momento. Si odiava per sentire tutto tornare a galla nel momento meno appropriato e senza nemmeno rendersene conto aveva già messo due mani sul dorso nudo di Sirius e lo aveva spinto all’indietro. Mettendosi a sedere si prese la testa tra le mani sconvolta.

«S-Scusa… S-Scusa io… io… non volevo, ma… ma vedevo lui e…»

Si vergognava a morte, piangeva nascondendosi il viso. Voleva finire sottoterra e probabilmente sarebbe scappata se non lo avesse sentito alle sue spalle abbracciarla.

«Shhh non devi, scusami tu io… io, mi sono fatto prendere e non ho pensato… Scusami…»

Solo allora lei trovò il coraggio di tornare a guardarlo. Il rossetto era sbavato e l’eyeliner era colato eppure era sempre bellissima agli occhi di Sirius che le accarezzò il volto con fare comprensivo. Non c’era pregiudizio nel suo sguardo e quello se possibile la fece crollare ancora di più. Era così abituata a soffrire, che sentirsi compresa e al sicuro la vedeva come una cosa impossibile. Una realtà a cui non poteva affidarsi perché temeva che come una bolla di sapone sarebbe scomparsa da un momento all’altro e così sarebbe stato se fosse tornata a casa…

Si lasciò stendere da Sirius, mentre lui la copriva con le coperte e stendendosi alle sue spalle tenne la mano che lei si portò al petto. Di fatto stringendola.

«Ti spiace se… rimaniamo così?»

«Assolutamente no…»

Lui le posò un bacio sulla tempia e sorridendo chiuse gli occhi godendosi quella sensazione. Era pazzesco come un’estranea l’avesse acceso come un fiammifero, ma non era una fiamma passeggera. Lei gli era entrata dentro come una scheggia di vetro tagliente, ma anche come un fuoco che lo riportava alla vita. Gli anni ad Azakban non gli avevano fatto sentire la mancanza solo dei suoi bisogni primari, ma anche di quello. Di qualcosa che nemmeno da ragazzo aveva mai trovato, non era il solo calore umano, era proprio quella sensazione di pizzicore nel basso ventre. Quel brivido alla schiena che aumentava il battito cardiaco e quel groppo alla gola che accendeva una strana sensazione di agitazione all’altezza dello stomaco.

 

Andromeda aveva avuto una certa apprensione nel momento in cui aveva visto Bellatrix e Sirius baciarsi, ancor più quando si erano allontanati. Nervosa li aveva osservati salire le scale. Indossava un bellissimo abito, a maniche lunghe, rosa cipria. Si chiudeva a portafoglio sia sulle maniche che dalla parte bassa della gonna, lunga fino alle caviglie, si disegnavano come rami argentei che convergevano tutti verso il punto vista. Sobrio ma elegante, il rosso rame dei capelli risaltava. Nervosa giocò con il ciondolo d’argento che portava al collo, una “B” che tutte le sue sorelle possedevano. Le faceva bene averlo vicino, le ricordava Narcissa, che infinitamente le mancava.

«Capisco la tua preoccupazione, ma non mi stupisce il tutto…» Una voce mesta ma gentile giunse alle sue spalle. Il tempo di voltarsi e vide torreggiare di fronte a lei Remus. Ricordava il suo caro amico, la sua pelle sempre spenta e lo sguardo stanco, ma se possibile quella versione più grandi di lui appariva ancora più ammalata. I baffetti gli davano un’aria così accademica e il sorriso triste le faceva stringere il cuore.

Sorrise timidamente, così felice di averlo ritrovato. Era chiaro che in quella dimensione la sua vita era stata decisamente diversa, chissà forse per questo nemmeno si erano mai conosciuti. Mai erano divenuti amici.

«Ehm… sì, non che non mi fidi di Sirius, ma… mia sorella ha sofferto molto…» Non poteva certo dire che conosceva molto bene il fare da dongiovanni del cugino, quanto comunque il sapere che non l’avrebbe mai usata, ma non poteva essere certa del contrario. Lui era famoso per saltare da un letto all’altro senza molti complimenti.

Remus assentì comprensivo lanciando uno sguardo alle scale prima di tornare a guardarla. «Parlerò con Sirius, se questo può farti sentire meglio…»

«Lo apprezzerei…»

Il silenzio era teso e per qualche ragione anche imbarazzato, Remus parve notarlo e così con lei si incamminò un po’ teso verso le cucine, prima che lei si fermasse di botto spaventando l’uomo con lei.

«Tutto bene Cassiopea?»

«Posso chiederti una cosa?»

«Certo!»

«Prima non ho potuto fare a meno di sentire mia sorella e Sirius parlare, guardavano il grande albero genealogico alla parete, nascosto dietro l’albero di Natale e mi chiedevo… sì insomma, cosa puoi dirmi delle sorelle Black?» aveva detto una mezza verità, ma non sapeva come altro chiedergli una cosa del genere.

Lui parve confuso, ma lesse quella come semplice curiosità. Era stata catapultata con le sorelle in tutto quel ginepraio di guerra e segreti, ci poteva stare che molte cose risultassero confuse.

«Da quello che ho capito solo Sirius si “salva” della famiglia…» disse graffettando la parola con le dita. Come a dire che fosse l’unico che non aveva ceduto al lato oscuro e tutto quello che ne comportava.

«Oh no anche Andromeda, la mamma di Ninfadora. Sai ha sposato un babbano e per questo anche lei è stata cancellata dall’albero genealogico per indicare che anche lei come il cugino è stata diseredata. Non ha mai fatto attivamente parte dell’Ordine, ma ci ha sempre aiutato, pensa durante la prima guerra magica offrì anche casa sua come base, ma… preferisce rimanere a margini. La sua vita semplice e normale le piace molto…»

«E tu l’hai conosciuta? Siete amici?»

«Amici è una parolona, ma la conosco. È una brava donna…»

La giovane assentì mesta. Era così triste sentirlo parlare di lei in modo così distaccato. Era chiaro che la possibilità di farsi una vita con Ted, che lei non aveva avuto, le aveva regalato una bella famiglia, ma quello che lei aveva sempre considerato un gran rimpianto della sua vita adesso si rendeva conto fosse stata a modo suo una benedizione. Senza quell’evento nefasto nulla di ciò che di bello aveva costruito con Remus era esistito…

«Ha rapporti con le sue sorelle?»

«Per nulla! Bellatrix è una pazza assassina e Narcissa ha accettato mestamente la vita che il marito le ha dato. È una donna molto altezzosa e snob… Andromeda non ci è mai andata d’accordo, i legami tra le tre non sono mai stati stretti…»

Quella fu una terribile pugnalata, strinse maggiormente la collanina tra le mani e fece una smorfia. Remus se ne accorse e le poggiò una mano sulla spalla.

«Tutto bene Cassiopea? Ho detto qualcosa di sbagliato?

«Oh no! No… è che… che io e le mie sorelle abbiamo un rapporto così diverso che mi pare quasi impossibile udire ciò. Le avversità ci hanno unito… ciò che ci rende diverse è la nostra forza…»

Lui assentì notando il suo gesto nervoso, al ché la giovane comprese che onde evitare fraintendimenti doveva inventarsi una buona storia di cui quanto prima avrebbe dovuto mettere al corrente Bellatrix e Lily.

«È… è della nostra quarta sorella… sua iniziale… l’abbiamo persa da poco… anche per quello ci siamo trasferite…»

«Oh, oh… perdonami non lo sapevo…»

Lei scosse il capo come a volerlo tranquillizzare. Le gote arrossate.

I due erano ancora uno di fronte all’altro e si guardavano scambiandosi ancora qualche parola, qualche sorriso il tutto con una confidenza e una naturalezza che colpì come un secchio di acqua gelata Ninfadora. Era andata a cercarli e aveva fatto un passo indietro immediatamente, nascondendosi dietro lo stipite della porta, mentre continuava a fissarli. Quelle tre ragazze non poteva dire che le stavano antipatiche, ma c’era qualcosa in loro di strano. Sembrava che tutti gli uomini ne fossero attratti come calamite, il loro magnetismo era inevitabile e perfino lei provava un certo qual tipo di attrazione. Non era certamente sessuale, ma… era come se non potesse fare a meno di osservarle, studiarle, porsi domande su di loro…

Solo quando li vide camminare verso la sua direzione si riscosse dai suoi pensieri e prima che potessero notarla tornò velocemente nella cucina ove poco dopo arrivarono. Ninfadora faceva saettare lo sguardo da Cassiopea a Daisy con la promessa di indagare più a fondo…

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Capitolo 12
*** Capitolo X ***


PARALLELES-2 (1984)

Petunia stava vivendo sentimenti constatanti, stare nel luogo causa del motivo per cui aveva odiato per tanti anni Lily era fonte di grande conflitto dentro di lei.

Ormai l’anno era iniziato da pochi giorni e sdraiata sul suo letto nell’infermeria di Hogwarts osservava la neve che pigra scendeva, disegnando un paesaggio ancor più magico. Si passò le mani sulle braccia, aveva provato improvvisamente freddo e non solo per gli spifferi che dalla finestra ad arco provenivano, era qualcosa dentro di lei. Come se tutto fosse sbagliato, come se non dovesse trovarsi lì, ma paradossalmente non per i motivi che credeva…

L’invidia era stata l’emozione che per tutta la vita l’aveva divorata. Fin da quando erano bambine aveva provato un odio/amore per la sorella minore. Lei dal canto suo non aveva mai fatto nulla per prevalere o al contrario per farla sentire inferiore.

L’intelligenza era di famiglia, ma Lily aveva qualcosa in più già prima dell’arrivo della magia. Era sempre più brava di lei a entrare in sintonia con le persone, era empatica e generosa, dalla risata contagiosa e la mente brillante. Riusciva ad aver successo in ogni cosa che faceva, ma pareva che meno le importasse e più i meriti e i riconoscimenti arrivassero.

Petunia, che a differenza di lei teneva a quelle cose e le inseguiva, si sentiva logorata dall’incapacità di ottenere gli stessi risultati. I suoi genitori non l’avevano mai fatta sentire di meno, ma lei si sentiva ugualmente così sviluppando a lungo andare un carattere altezzoso e arrogante di chi credeva che se avesse fatto sentire peggio gli altri si sarebbe sentita meglio lei e… per un po’ aveva funzionato; tuttavia, aiutare Narcissa l’aveva messa di fronte a tutti i suoi demoni, quelli che con la morte di Lily l’avevano divorata.

«Perché non sei qui?» chiese con gli occhi ricolmi di lacrime. Si abbracciava forte e fissava il vetro smerigliato della finestra quasi vi vedesse il volto della sorella osservarla.

«Dovresti essere con me ora, ad aiutarmi… a farmi capire che fare… tu eri la strega di famiglia e io non volevo altro, ma che senso ha ora scoprire di esserlo se tu non sei al mio fianco per aiutarmi?»

«Già è uno spreco oltre ogni misura!»

Petunia sobbalzò. Non si aspettava che ci fosse qualcuno, era ora di lezione e stava aspettando Madama Chips che le aveva detto che probabilmente in giornata l’avrebbe dimessa.

Era lì da tre giorni e i suoi sintomi, anche grazie alle pozioni assunte, erano diminuiti facendola sentire molto meglio. Adesso però si trovava di fronte l’ultima persona che si aspettava di vedere: James Potter.

I suoi capelli ribelli gli cadevano un po’ sulla fronte e sugli occhiali tondi che nascondevano il suo sguardo ricolmo di disprezzo. Indossava una giacca stile aviatore scamosciata marrone, il collo era in pelo di una tonalità più scura, tipo ebano. Come il colore delle Lumberjack che indossava sotto a un jeans blu scuro stretto. Al di sopra una semplice camicia in stile country.

Petunia dal canto suo era molto diversa da come lui la ricordava. Non poteva dire di averla vista molte volte, ma pareva essere ringiovanita. Senza il look austero che si imponeva e un make up che risaltava i suoi occhi grandi e tondi si poteva dire che appariva decisamente più affascinante.

I capelli castani erano lisci e le circondavano il viso cavallino molto più morbido di quanto ricordasse. Indossava un cardigan crochet bianco, lo stresso che lei si strinse addosso, quando incrociò lo sguardo con quello del suo insolito visitatore.

«Giuro che quando Remus mi ha detto che eri qui non volevo crederci, pensavo fosse una barzelletta!»

«Sei venuto allora per deridermi?»

In piedi di fronte al letto aveva le mani nelle tasche, mentre fissava la cognata con una ghigno che era tutto tranne che divertito.

«Potrei, se fosse una battuta. Tanto tempo a umiliare e offendere Lily con i peggiori epiteti e poi? Sei qui a farti aiutare da chi hai sempre disprezzato e come se non bastasse, come ciliegina sulla torta, in compagnia di una lurida Mangiamorte!»

«Narcissa non lo è!»

«Suo marito sì!»

«Un marito da cui è fuggita!»

«Codarda come tutti i Serpeverde

Il botta e risposta era stato secco e deciso, mentre con le mascelle contrite si guardavano in cagnesco.

«Se sei venuto a ricordarmi la pessima sorella che sono stata per Lily non avevo certo bisogno di te, ne porto già il peso dentro ogni giorno!»

James gettò la testa all’indietro e rise, ma non era divertito.

«Come se a te importasse, immagino come tu e tuo marito vi siate rotolati dalle risate quando avete scoperto che era morta!»

«TACI JAMES! TACI! Tu NON sai NIENTE!»

Le urla aveva attirato l’attenzione di Madama Chips che era arrivata allarmata e con sguardo di rimprovero verso James. Non le importava che fosse un Auror e nemmeno perché fosse lì, nessuno turbava i suoi pazienti.

«Potter, fuori di qui! Subito!»

«Oh non si preoccupi Madama Chips, non ho motivo di rimanere!» e senza aggiungere altro se ne andò, mentre Petunia cercava di rilassarsi, ma quello scontro l’aveva colpita più di quanto avrebbe voluto. Tremava e l’infermiera se ne accorse.

«Tu devi stare tranquilla Petunia, sbalzi d’umore o grandi emozioni possono danneggiare il tuo fragile equilibrio. Ti vado a prendere da bere, ok?»

«Una pozione?»

«O no cara, solo una semplice tisana rilassante!»

E con un sorriso gentile si assentò, mentre Petunia cercava invano di fermare la mano dal tremolio stringendola con l’altra. Chiuse gli occhi e pianse tutte le sue lacrime.

«Lily dove sei? Lily… mi manchi…» sussurrava tra sé e sé, singhiozzando e piangendo disperata.

 

Narcissa doveva abituarsi di essere nuovamente nel mondo magico, non poteva dire di non essere contenta, avrebbe mentito. Camminare per Hogsmeade, usare la magia, vedere intorno a sé maghi e streghe… e poi Hogwarts con la sua atmosfera… Si svegliava ogni giorno con un sorriso che ormai da anni non aveva più. Era come tornare a vivere dopo un lunghissimo letargo. Era tornare a respirare e credere che forse sì, c’era ancora del bello per cui valesse vivere. Finora era andata avanti per inerzia, per Draco, ma ora avrebbe potuto farlo anche per sé stessa. E amarsi ed essere felice era il primo passo per dare a suo figlio davvero tutto ciò di cui aveva bisogno.

Con il piccolo nel passeggino, un bimbo vivace di tre anni, il suo amichetto e coetaneo Dudley era in quello affianco spinto da Remus. Era il fine settimana e non avendo lezione era andata a trovare Narcissa e darle una mano con i bimbi, l’aria era fredda, la neve era ai bordi della strada e sui tetti alta qualche centimetro, ma c’era un sole fioco e così avevano deciso di fare una passeggiata.

Gli studenti ridacchiavano nel vedere il loro professore in quella situazione, chissà forse credevano che la donna bellissima con lui fosse la moglie, ma altri ne dubitavano. «Ma ti pare che una donna del genere si metterebbe con un tale straccione?», «Non ce lo vedo! Il Professor Lupin con dei figli? E li può mantenere?» alcuni si mostravano dei veri mostri con i loro commenti, ma Remus non ci faceva caso.

«Sono abituato a offese ben peggiori!»

«Lo so Remus, ma sono dei maleducati e tu un professore! Dovresti metterli in punizione!»

Sbuffò lei quando vedendone passare due di fianco e udendo le loro parole si indignò a tal punto di seguirli con lo sguardo di ghiaccio fin quando non furono troppo lontani. Per via dei capelli corti Narcissa aveva indossato una grossa sciarpa di lana, paraorecchie e guanti, tutti rigorosamente rosa antico. Indosso invece era stretta in un pesante mantello color panna che le nascondeva per completo la figura.

«Che poi parlo io? A Hogwarts ero una studentessa terribile, sempre pronta a giudicare tutti… altezzosa e snob… amavo essere la più popolare, la più ricca e la più invidiata…»

Lo disse scuotendo il capo, mentre passavano davanti a Zonko e alcuni ragazzini ne uscirono così entusiasti che se non si fosse fermate immediatamente con il passeggino, l’avrebbero travolta. Li fulminò con lo sguardo e poi ripresero a camminare.

«Però lo ammetto, mi manca. Stare qui mi fa venir voglia di tornare a scuola… se potessi riavvolgere il tempo vivrei quegli anni in modo diverso. Me li godrei di più e… eviterei tanti sbagli…»

«Anche io a volte vorrei riavvolgere il tempo…»

La voce di Remus era un sussurro lontano. Spingeva il passeggino con Dudley che, passando davanti a Mielandia, iniziò a indicare i dolci in vetrina per attirare l’attenzione e pretendere che gliene venissero comprati una grande quantità.

«Shhh Dudley, al ritorno ci fermiamo!» lo tranquillizzò Narcissa sorridente, prima di tornare a guardare l’uomo al suo fianco. Il suo sguardo era mesto e il suo incedere malinconico.

«Le avresti detto di esserti innamorato di lei?» gli chiese poi all’improvviso la giovane donna. Lui assentì un po’ timidamente. Il mantello che indossava pareva quasi appesantire la sua figura, che si fece più gobba, quando in realtà era un atteggiamento per nascondersi. Chiudersi al mondo.

«Probabilmente non mi avrebbe mai ricambiato. Sono più piccolo di lei… sono un lupo mannaro…»

«Conoscendo Andromeda non le sarebbe importato e questo lo sai anche tu! Hai mostrato ampiamente quanto tu sia maturo, da sempre… anche più dei tuoi amici! Loro mi odiano, tu mi sei amico…»

I due si erano fermati e Narcissa aveva allungato una mano su quella di lui. Remus la guardò con un gran sorriso. L’amicizia inaspettata con lei e Petunia, dopo l’incidente, aveva un po’ incrinato i suoi rapporti con James e Sirius. Loro continuavano ovviamente a considerarlo un loro migliore amico, ma a volte gli facevano battute poco felici riguardo al suo atteggiamento: «Non è che ci diventi Codaliscia due, la vendetta!?» e non era bello. Peter si era venduto al male, lui aveva visto del buono invece in chi veniva discriminato per errori del passato. Tutti avevano diritto a una seconda possibilità no? «Voi l’avete data a me, quando vi ho detto di essere un lupo mannaro, perché a loro no?» era ciò che ripeteva sempre e su quella domanda ogni discussione cadeva perché nessuno dei due sapeva cosa dire.

Da lontano, ben nascosto sotto un ampio cappuccio nero, un uomo li spiava. Seduto a uno dei tavolini esterni dei Tre Manici di Scopa aveva ordinato un caffè bollente che intonso fumava sul tavolino davanti a lui.

Alcuni capelli biondi, quasi bianchi, gli spuntavano sul viso cinereo, ma ben presto li nascose, mentre il suo sguardo di ghiaccio fissava quella che era e sarebbe rimasta sua moglie. Non vedeva sua figlio da poco più di due anni e ora eccolo lì, vivace e fiero come era giusto che fosse. Era un Malfoy e lui si sarebbe rassicurato che sarebbe cresciuto come tale. Con disgusto assistette alla scena ingoiando la bile che in gola lo avvelenava, lo ripugnava quanto in basso fosse caduta Narcissa… ma lei e il suo amante l’avrebbero pagata…

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XI ***


PARALLELES-1 (1995)

Il risveglio fu dolce, mentre serena e calma come non lo era mai stata Bellatrix si svegliò guardandosi intorno ancora con espressione assonnata. Si stava bene sotto le pesanti coperte, mentre il camino di fronte al letto scoppiettava diffondendo ulteriore calore e un sole tiepido entrava dalla finestra, oltre le antiche tende consunte. Ci mise un po’ per mettere a fuoco e ricordare dove si trovasse, ma fu quando si voltò poggiando la schiena contro il materasso vuoto, ricordò. Ogni dettaglio della sera precedente le tornò alla mente e contro ogni previsione le gote le si arrossarono, mentre in un gesto del tutto automatico si toccava notando le maniche lunghe di una camicia sulle braccia… era quella di Sirius della sera prima, quella che lei gli aveva tolto e che ora aveva indosso lunga fino a metà coscia…

Si voltò su un lato affondando il viso nel cuscino come a nasconderlo, le veniva da sorridere seppur si intimava di non farlo. Fu distratta solo dalla porta che si apriva, ma fu quando con una mano arpionata sul materasso si alzò a sedere che non crebbe a ciò che vide. Sirius le stava venendo incontro con un vassoio che poggiò sul letto di fronte a lei, prima di sedersi a sua volta. Una gamba piegata sulla trapunta.

«Non sapevo cosa potessi preferire. C’è pane tostato, burro, marmellata, tè, aranciata e perfino del bacon con delle uova…»

Lei si portò una mano sulla bocca guardandolo alquanto sorpresa e anche un po’ commossa. Quelle erano attenzioni che non le erano mai state riservate nemmeno d’adolescente quando ancora viveva coi genitori. Avevano servitori e tutto il resto, ma lei era l’unica che nemmeno da malata aveva mai avuto il permesso di starsene a letto, in primo luogo perché lei NON poteva ammalarsi. Agli occhi di suo padre, che la odiava, lei era la cosa più simile che avrebbe avuto a un figlio maschio e da tale la trattava aspettandosi da lei robustezza ed energia «Un vero uomo non se ne sta a letto a farsi servire e riverire» era solito dirle e lei gli rispondeva sempre che infatti lei non era un uomo e subito dopo veniva picchiata.

«Ho esagerato?» chiese Sirius un po’ turbato dal suo silenzio, ma lei scosse il capo. Allungò un braccio per prendere del pane su cui mettere del burro e della marmellata e la camicia le scivolò mostrando la sua spalla nuda.

«Non ne sono abituata… ma cosa devo pensare? Che questo è il trattamento che riservi a tutte le tue conquiste?»

«Sono quindici anni che non ne posso vantare alcuna, se non forse uno o due Dissenatori che ti dirò, secondo me avevano una cotta per me…»

Bellatrix rise abbassando il capo e l’ammasso di cappelli ricci le ricadde in avanti, anche lui si unì alla sua risata. Era bella vederla felice dopo ciò che lei stessa gli aveva raccontato e il modo in cui quella notte aveva pianto tra le sue braccia.

«Ma anche prima non ne sono mai stato il tipo, non amo le cose troppe sdolcinate…»

«Dunque come dovrei leggere questo?»

La voce della giovane donna era curiosa, mentre addentava il suo pane guardandolo maliziosa.

«Avere del riguardo. Credo di aver avuto poco tatto ieri nel… sedurti e… il resto…»

«Le cose si fanno in due Black, ma accetto il tuo riguardo nei miei confronti. Il modo in cui in silenzio mi sei stato accanto, in cui non hai giudicato la mia crisi… questo… Mi dice che forse non sei solamente lo spaccone dongiovanni che vuoi far credere di essere…»

«E chi mi ha definito così?» chiese Sirius piegando il capo da un lato, ma avvicinandosi al suo viso.

«Piton

«Non ne avevo dubbi…»

Anche lei si era avvicinata e sulla sua ultima battuta risero un attimo entrambi prima di scambiarsi un altro piccolo bacio. Era difficile per i due resistere alla tentazione di toccarsi o baciarsi. Era strano, ma a Sirius non dispiaceva sentirsi così.

Quando si staccarono lui sembrò improvvisamente essersi ricordato di qualcosa e dalla tasca del completo nero ed estremamente elegante che indossava, ne estrasse quello che sembrava uno specchietto tascabile.

«Che cos’è?»

«Un modo per sentirci… se ti va… Come ben sai la mia libertà attualmente è limitata a questa casa… dunque a meno che tu non venga qui di continuo…»

«Il che non sarebbe il caso…»

«Con questo possiamo parlare, quando e se ti va. Io ne ho uno uguale!»

Bellatrix assentì e poi posandogli una mano sul volto ne disegnò la forma con un dito che quando arrivò vicino alla sua bocca venne catturato dalle sue labbra per baciarlo. Sirius alzò una mano e prese quella di lei nelle sue.

«È strano, mi sembra di conoscerti da tutta la vita…»

Lei si irrigidì facendo scivolare con molta dolcezza la sua mano dalla sua stretta.

«Ho un viso molto comune!» spiegò in modo sbrigativo abbassandolo sul vassoio.

«Al contrario… sei una bellezza rara. Enigmatica e segnata da molte lotte e dolore…» aggiunse lui sollevandogliela dolcemente con due dita sotto il mento.

«Sono tempi incerti, potremmo non avere un domani, ma forse proprio per questo non dovremmo cogliere l’attimo?»

 

Era sera, eppure Ron ed Hermione erano in biblioteca, a lavorare sull’ultima valanga di compiti della Umbridge, oltre a loro altri studenti, quasi tutti del quinto anno, sedevano ai tavoli con il naso sui libri; mentre le piume grattavano febbrili, il cielo fuori dalle finestre a colonnine si faceva sempre più scuro. L’unico altro suono era il lieve scricchiolio delle scarpe delle bibliotecarie, che camminavano minacciose su e giù fra i tavoli.

Harry aveva i brividi; la cicatrice gli faceva ancora male, si sentiva quasi la febbre. Quando sedette davanti a Ron ed Hermione, intravide la propria immagine nella finestra di fronte, era molto pallido e la cicatrice sembrava più vistosa che mai.

Da dietro lo scaffale Lily non aveva potuto fare a meno di fermarsi a fissarlo. Si chiedeva se anche il suo Harry sarebbe stato così da grande, così simile a suo padre. Pensava spesso a lui e a come James lo stava crescendo. Non la preoccupava, era sicura del suo ottimo lavoro, ma le mancava non assistervi. Non far parte della vita di suo figlio… Fortunatamente era riuscita a mantenersi fredda e distaccata, era difficilissimo, ma ricordarsi che quello non era davvero il suo Harry l’aiutava. Quando pochi giorni fa avevano lasciato Grimmauld Place l’aveva salutato calorosamente e così lui che a quanto pareva la trovava simpatica al punto che lo aveva sentito dire ai suoi amici di come era possibile che fosse amica di Severus.

«Le sorelle Goldstein sono davvero alla mano e… secondo me Piton se l’è inventato che sono amiche sue!»

«Secondo me Harry ha ragione, Piton non ha amici tanto meno tre… come loro… se capite cosa intendo!»

«Maschi! Siete incredibili tutti e due! E poi perché il Professor Piton non potrebbe conoscerle? Comunque concordo le trovo tutte e tre molto brillanti!»

Le voci dei ragazzi le rimbombavano nella mente e la fecero sorridere, mentre spiandoli si portava i capelli biondi lontano dagli occhi. Fece finta di sistemare dei libri sullo scaffale, voleva solo una scusa per guardare ancora un po’ Harry.

«Com’è andata?» sussurrò Hermione, e poi aggiunse preoccupata: «Stai bene, Harry?»

«Sì… bene… non lo so» disse lui sbrigativamente, sussultando a una nuova fitta di dolore. Anche Lily che lo fissava ebbe un sussulto.

«Sentite… ho appena capito una cosa…» e raccontò quello che aveva appena intuito.

«Quindi… stai dicendo…» bisbigliò Ron, mentre Madama Pince passava scricchiolando, «che l’arma… la cosa che Tu-Sai-Chi sta cercando… è al Ministero della Magia?»

Lily non poté che farsi più attenta, solo più tardi raggiunta la camera che con Andromeda condivideva a Hogwarts le raccontò tutto.

«Più precisamente nell’Ufficio Misteri… così ha detto Harry. Ha spiegato che ha visto quella porta quando Arthur lo ha portato in aula per l’udienza, la stessa che Weasley sorvegliava quando il serpente lo ha morso…»

Lily era seduta alla toletta e aveva smesso di pettinarsi i lunghi capelli biondi, per voltarsi sul pouf sul quale era seduta e osservare Andromeda che pensierosa era sdraiata sul proprio letto. La stanza era piccola e l’unica cosa che separava i due letti di ferro battuto era un elegante comodino vittoriano. Una piccola porta dava accesso al modesto bagno in camera, mentre dal lato opposto della toletta era presente un grande armadio in quercia.

«Sturgis Podmore stava cercando di forza una porta al Ministero della Magia, ricordi? Lo hanno scritto sul Profeta! Doveva essere quella! Però non lo so Lily… dovremmo rimanerne fuori…»

Andromeda pareva dubbiosa, aveva le gambe incrociate e si torturava un lungo capello ramato. Indossava una felpa di Tassorosso più grande di lei e un paio di leggings neri. Tutti gli abiti che si mettevano addosso li avevano recuperati dall’armadio che, senza fondo, forniva loro esattamente ciò che serviva. Andromeda era andata a cercarvi qualcosa per dormire e puff quei vestiti erano stati sputati fuori.

«Potremmo non andarcene mai da qui Eda… a questo punto portiamo avanti i nostri personaggi fino in fondo. Facciamo parte dell’Ordine, aiutiamoli a liberarsi di Tu-Sai-Chi!»

«L’ultima volta non è andata proprio… bene!»

«Beh, in realtà ce l’abbiamo fatta! Lo abbiamo visto sparire prima di farlo a nostra volta!»

Andromeda non pareva molto sicura.

«Abbiamo già il problema di Bellatrix da sistemare…»

«L’amore non mi pare un problema!» rispose piccata Lily che alzandosi la raggiunse. Anche lei indossava esattamente le stesse cose dell’amica, con la differenza che la sua felpa era di Serpeverde.

Si sedette di fronte a lei, mentre entrambe erano debolmente illuminate dalla luce fioca delle candele che dal soffitto pendevano da un lampadario magico a bracci.

«Ma è Sirius

«E allora? Lo conosciamo no, lui è un seduttore nato e ammetto che da adulto il suo fascino è ancora più forte… nonostante gli anni in prigione!»

«Sì, ma non va bene. È una variazione a questa linea temporale, non sappiamo che effetti potrebbe avere!»

«Se inizi a parlare come Sev ti trasformo in un rospo!»

Lily la minacciò puntandole contro un dito, mentre Andromeda allungava le mani sulle ginocchia dell’amica.

«Eda stai calma! Se qui dobbiamo vivere non possiamo farlo standocene sotto una campana di vetro. Io sono la prima che vuole tornare a casa da Harry… dal mio Severus, ma… Dobbiamo anche pensare a cosa fare se non troviamo una soluzione e io non voglio vivere da prigioniera!»

«Lo so, hai ragione, ma… che facciamo allora?»

«Per ora nulla. Lavoriamo a Hogwarts, continuiamo a tenere le orecchie aperte… e poi se sarà necessario lo diremo a Severus… e lui lo dirà all’Ordine o Silente…»

Andromeda assentì e Lily l’abbracciò. Appena possibile senza dubbio avrebbero parlato di quello con Bellatrix. Lei sembrava l’unica a differenza loro di star davvero iniziando e intessendo la sua vita in quella dimensione, senza alcuna intenzione di tornare indietro e perché avrebbe dovuto farlo?

Lì poteva ricominciare senza un cognome gravoso sulle spalle, un destino già scritto, dei pregiudizi già consolidati e soprattutto con la possibilità di scegliere: chi amare, che strada percorrere… Essere un Auror la rendeva così fiera, così felice, che a tratti Andromeda e Lily temevano davvero a cosa sarebbe successo se avessero per davvero trovato un modo per tornare a casa.

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XII ***


PARALLELES-2 (1984)

La presenza di James a Hogwarts, quando casualmente aveva incontrato Petunia, non era stata così casuale. Lui e Sirius erano stati convocati da Silente che in modo del tutto confidenziale aveva chiesto ai suoi due ex allievi, nonché Auror, di accettare di vegliare sulla sicurezza di Narcissa Black.

Era inutile dire che nessuno dei due era entusiasta della cosa, ma non potevano negare che considerando Lucius Malfoy a piede libero poteva essere molto facile che cercasse di avvicinare la moglie e il figlio e quella sarebbe stata per loro l’occasione di prenderlo. Silente si era proposto di parlare lui personalmente al Ministro per convincerlo che la loro presenza sarebbe stata fondamentale non solo per garantire la sicurezza di due civili, ma anche per farsi lustro di aver catturato uno dei pochi Mangiamorte ancora in circolazione.

E così fu nelle settimane successive, seppur la giovane Black non era a conoscenza che la sua sicurezza era affidata a niente meno che alle persone che più la odiavano.

Tra le mura di Hogwarts la donna era al sicuro, già di per sé la scuola aveva difese inviolabili, ma quando si trattava di Hogsmeade tutto cambiava e nell’ultimo fine settimana in cui lei era uscita con Remus sia James che Sirius si erano accorti della strana figura che incappucciata l’aveva seguita e osservata per tutto il tempo, mischiandosi tra gli avventori dei Tre Manici di Scopa.

I due Auror erano avvolti in pesanti mantelli di lana, mentre camminavano nel buio della notte per Hogsmeade. Il villaggio non era enorme, ma la ronda comportava un giro per ogni suo anfratto, angolo e stradina. Gennaio stava giungendo alla sua fine, ma il freddo era ancora ben presente. Il freddo pareva come spilli nella loro pelle, mentre camminando tentavano di ripararsi dalle folate gelide nascondendo il volto dietro le spesse sciarpe che indossavano.

«Se mi avessero detto che mi sarei fatto venire la bronchite per mia cugina avrei riso a crepapelle!» ironizzò Sirius, ma la sua voce era frustrata. Da che erano lì, mai una parola avevano scambiato con lei o Petunia nonostante le vedessero in giro per il villaggio, a lezione a Hogwarts o con Remus.

«E Lunastorta che ci è diventato amico!» gli fece eco James. Gli occhiali si appannavano ogni volta che respirava, per evitarlo avrebbe dovuto tirare fuori il naso dalla sciarpa ed era una tortura.

«Cerca pure di convincerci che dovremmo dare una possibilità a Mocciosus…»

«Perché lui vuole vedere il buono in tutti. Ripete che Silente si fida di lui allora dovremmo farlo anche noi! Ammiro il Professore, ma lui non lo conosce come noi, Sirius! Lui non c’era quella notte, niente mi toglie dalla mente che Lily si sia lasciata convincere… Eda ha creduto alle sue sorelle, lei a… lui… come Remus e Silente hanno cercato di vedere del bene dove non ce n’era… non so che razza d’incanto stavano facendo, mai visto uno del genere, ma è chiaro che non è andato come doveva visto che l’Oscuro Signore è morto…»

James aveva parlato con furore, continuava a tornare con la mente a quella notte. A voler capire esattamente come fosse successo, perché più ci pensava e più numerose cose non gli tornavano.

«L’atteggiamento di Lily, il suo complottare con Eda… troppe cose Sirius… il suo lasciarmi… io… io credo che Mocciosus le abbia fatto qualcosa…»

«Pensi a una Maledizione Imperius

E nel chiederglielo entrarono in un vicolo stretto, passarono davanti alla sala da tè di Madama Piediburro e poi si incamminarono nel restante della calla che andava leggermente in salita. Camminando uno di fianco all’altro toccavano i muri con le spalle.

«Perché no? Ha senso, solo in questo modo avrebbe potuto coinvolgerla e…»

«Averla per sé?» alla domanda di Sirius, l’amico si voltò a guardarlo e i due si scambiarono uno sguardo più che eloquente. Ovvio che entrambi lo pensassero.

Poi un movimento improvviso nella notte attirò la loro attenzione, era come una macchina nera dal capo opalescente. I due iniziarono a correre e poco dopo si divisero, l’idea era circondare chiunque avessero visto e tagliargli così la strada.

Correndo Sirius voltò il capo a sinistra e nelle aperture tra una casa e l’altra, di vicoli bui e privi di illuminazione, notò nel vicolo parallelo qualcuno correre nella sua stessa direzione. James nel mentre stava facendo un giro più largo, tanto che quando sbucò sulla strada principale pensava di aver sbagliato e così aver lasciato a Malfoy una via d’uscita, ma poco dopo quello sbucò due quadre più avanti e lui. Si guardarono e quasi come dentro un film western rimasero a fissarsi nel silenzio assordante della notte. Sirius uscì in quel momento dal vicolo e fu allora che li vide alzare entrambi la bacchetta e due fiotti di luce finire l’uno sull’altro.

Lucius venne scagliato violentemente all’indietro e sarebbe andato subito verso di lui pronto ad approfittare del suo momentaneo momento di perdita dei sensi per arrestarlo, ma fu quando voltandosi verso James che gli si congelò il sangue nelle vene.

Il sangue schizzò dal volto e dal petto di James come se fosse stato colpito da una spada invisibile. Barcollò all’indietro, lasciò cadere la bacchetta dalla mano afflosciata e piombò per terra.

«No…» ansimò Sirius, senza fiato che si lanciò verso l’amico. Aveva il viso lucido e rosso; le sue mani bianche raspavano il petto zuppo di sangue.

«No… No… James…»

James tremava in maniera incontrollabile, in una pozza di sangue, mentre Sirius era inginocchiato al suo fianco. Intanto, Lucius aveva ripresi i sensi e provato, ma abbastanza in forze si sollevò. Recuperò la bacchetta e osservando la scena buttò lì un’ultima frase prima di sparire nella notte. «Un piccolo regalo del Principe Mezzosangue per voi!»

 

L’attacco a James aveva svegliato il villaggio, anche Petunia e Narcissa erano scese in camicia da notte e vestaglia in strada come tutti gli altri, svegliati dai rumori e le urla. La scena che si trovarono di fronte era raccapricciante, ma Petunia non perse tempo e si fece avanti. Poteva non saperne di magia, ma era un’infermiera e avrebbe dato una mano. Narcissa urlò al cugino di andare a chiamare Silente e seppur quello esitò a lasciare James in loro compagnia, assentì e veloce e a perdifiato corse verso il castello.

In infermeria Madama Chips assicurò di non aver visto mai nulla del genere, non poteva garantire che non sarebbero rimaste cicatrici, ma sicuramente avrebbe somministrato subito del dittamo per tentare di evitarlo. Anche Severus sopraggiunse in compagnia di Silente e per poco Sirius non lo colpì malamente. Urlava che era colpa sua, che era complice di Lucius e che James sarebbe morto come Lily per i suoi piani machiavellici.

Conosceva bene quell’alias stupido, il Principe Mezzosangue, aveva sempre odiato il fatto che lo usasse come un nome con cui vantarsi, soprattutto quando lo sventolava sotto il naso di James per ricordargli che Lily glielo aveva dato.

Narcissa tremava, non sapeva che ciò che era accaduto era per colpa di Lucius e l’idea che fosse a pochi passi da lei la terrorizzava. Silente chiese a Minerva McGranitt di occuparsi di lei, i suoi nervi e i bambini: Draco e Dudley, mentre lui cercava di calmare gli animi tra i due uomini. Madama Chips aveva detto che non avrebbe avuto un responso sulle condizioni di Potter, sarebbe stata in piedi tutta notte per monitorare le sue condizioni. Ogni due ore doveva assumere una pozione ed ogni ora gli dovevano essere cambiate le bende, Petunia si offrì di aiutarla e considerando che lei era sola e la giovane donna aveva mostrato confidenza con il mondo medico, sotto autorizzazione e consiglio di Silente, accettò.

«Chiedo a voi due, nel mentre di evitare altre scenate come queste. Abbastanza ne avete fornite a questa scuola in tempi non sospetti…»

La voce del preside era risuonata gentile come al solito, ma perentoria. Remus era appena sopraggiunto e insieme a Sirius insistettero per rimanere fuori dall’infermeria. Severus dal canto suo con sguardo furioso e fare impettito si allontanò, aveva una pozione da preparare, una che doveva salvare la vita del loro odioso amico, motivo per cui era ben felice di non perdere ulteriore tempo in loro compagnia.

«Nel mentre io contatterò il Ministro, sono certo che vorrà sapere in che modo e cosa sia successo a uno dei suoi più abili Auror…» e così dicendo Silente posò una mano sulla spalla di Sirius, rivolse a lui e Remus un sorriso e con il suo solito passo cadenzato e sicuro si allontanò.

James non seppe mai della notte d’angustia e attesa che aveva fatto passare alle persone che amava, Harry era al sicuro a casa di Alice e Frank e l’unica cosa che riusciva a pensare era di rivederlo. Quando alle prime luci dell’alba aprì gli occhi, si sentiva prosciugato da ogni energia. Come se non avesse dormito per tutto quel tempo.

Aveva perso molto sangue e tutto il suo petto, compreso le braccia, erano ricoperte di bende puzzolenti intrise di unguento autorigenerante. Aveva perso molto sangue, dunque la sua pelle era cadaverica. Sentiva le palpebre pesanti, si sforzò per mantenerle aperte mentre tentava di mettere a fuoco ciò che lo circondava. Senza occhiali era un’impresa difficile. Fu poco dopo che si accorse di un’esile figura femminile addormentata al suo fianco.

Le braccia erano appoggiate sul letto, la testa era abbandonata al di sopra. Seduta in modo scomposto dormiva con tutti i capelli scompigliati a coprirle il viso. Per un attimo quasi si illuse fosse Lily, sorrise debolmente, mentre la figura nebulosa di Madama Chips entrava nel suo campo visivo.

«La giovane Evans non ha lasciato un attimo il tuo fianco, è un aiutante davvero dotata. Si è presa cura di te tutta la notte Potter!»

L’infermiera aveva detto quelle parole con affetto e ammirazione verso Petunia che di nulla pareva essersi accorta.

«Molto lieta di vederti sveglio, cerca di riposare. Non fare sforzi, non parlare…»

Lui voleva chiederle cosa fosse successo. Come stava. Dov’era Sirius e che fine avesse fatto, ma le sue parole sulla giovane al suo fianco lo fecero sognare. Come un miraggio nel deserto non poteva credere a ciò che stava accadendo, forse era la perdita di sangue e tutto il resto, ma la sua testa davvero aveva formulato una realtà in cui Lily fosse lì. Lei si era presa cura di lui. Evans e Potter di nuovo insieme, a Hogwarts, come un tempo. Con quel pensiero chiuse gli occhi, l’ombra di un sorriso sulle labbra sottili.

Madama Chips nel mentre aveva appoggiato le mani dalle dita lunghi e sottili sulle spalle di Petunia.

«Cara? Cara!?» la chiamò scuotendola appena.

«Cara, vai a riposare… ci penso io…»

«L-Lui come sta?» chiese con voce impastata stirando la schiena. Si sentiva distrutta.

«Ha preso conoscenza per pochi secondi prima, sta reagendo bene. Ora vai a dormire…»

Petunia assentì e si alzò, si trascinò fuori dall’infermeria non stupendosi di trovare Sirius e Remus al di fuori. Erano seduti e accasciati uno sull’altro, li avrebbe svegliati, ma era certa che Madama Chips lo avrebbe fatto a breve. Non vedeva l’ora di buttarsi a letto e dormire, mentre dentro di lei pensava all’ironia della sorte. Il suo sogno di infermiera, che aveva messo da un lato, si era ridestato in lei grazie a una strega e ora dopo aver preso l’abilitazione il suo primo paziente era stato un mago. Per un attimo quasi le balenò nella mente che forse avrebbe potuto davvero avere un futuro nel mondo magico…

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo XIII ***


PARALLELES-1 (1996)

Per Bellatrix era molto soddisfacente essere fuori in missione, soprattutto visto che lo era da Auror facendo semplicemente ciò che aveva sempre voluto fare. Non vedeva Eda e Lily da qualche giorno, dunque approfittò appena ne ebbe l’occasione per andare da loro. Era primo pomeriggio e tutti i ragazzi erano in classe, mentre loro avevano avuto il permesso dai rispettivi supervisori di assentarsi per mezz’ora dai loro doveri. Decisero di vedersi nella Sala Grande, non c’era nessuno e dunque in modo del tutto sereno e tranquillo erano seduti a una delle lunghe tavole. Il fatto di essere sole faceva apparire la stanza ancora più grande, dal soffitto incantato nevicava un leggero nevischio, un po’ come il reale meteo fuori dalle finestre. La luce che entrava dalle ampie finestra gotiche era giallognola e illuminava ben poco.

Andromeda aveva approfittato del loro vedersi per mostrare alle due una cosa, si trattava di un articolo sulla Gazzetta del Profeta. Distendendo il giornale sul tavolo davanti a loro indicò dieci fotografie in bianco e nero che occupavano tutta la prima pagina: erano nove maghi e una strega. Alcuni si limitavano a esibire un’espressione beffarda; altri tamburellavano con le dita sulle cornici delle loro foto, con aria insolente. Sotto ciascuna immagine era scritto il nome della persona e il crimine per cui era stata rinchiusa ad Azkaban.

Antonin Dolohov, diceva la didascalia sotto un mago dal viso pallido, lungo e contorto, che sorrideva sprezzante all’indirizzo di Lily, condannato per il brutale omicidio di Gideon e Fabian Prewett.

«Gideon sopravvisse e uccise Dolohov… o per lo meno da noi andò così!» aggiunse la rossa pensierosa.

Augustus Rookwood, recitava quella di un uomo butterato dai capelli unti, appoggiato al margine della propria foto con aria annoiata, condannato per aver rivelato segreti del Ministero della Magia a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.

«Di questo non so nulla, ma potrebbe benissimo essere!» aggiunse Bellatrix, prima che il suo sguardo fu attratto dall’unica strega. Aveva lunghi capelli scuri arruffati e incolti. Fissava la sua giovane doppelgänger con scarsa simpatia da sotto le palpebre pesanti, e un sorriso di arrogante disprezzo le aleggiava sulle labbra sottili. Come Sirius, recava le tracce di una grande bellezza, ma qualcosa, forse Azkban, doveva avergliela sottratta quasi tutta.

Bellatrix Black, condannata per aver provocato con la tortura l’invalidità permanente di Frank e Alice Paciock.

Le dava i brividi “osservarsi allo specchio”. Sentiva di non essere lei, sentiva anzi verso quella donna disgusto e ribrezzo. Era un “E Se…” che non avrebbe mai voluto scoprire.

Lily al suo fianco le toccò un braccio, mentre Andromeda seduta di fronte a loro indicava alle due il titolo che ancora non avevano letto.

EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN

IL MINISTERO TEME CHE BLACK SIA

 IL “PUNTO DI RIFERIMENTO”

PER GLI EX MANGIAMORTE

«Che sciocchezza!» esclamò Lily indignata. Poi le due continuarono a leggere, l’articolo che Eda aveva già abbondantemente scorto più e più volte.

Il Ministero della Magia ha annunciato nella tarda serata di ieri un’evasione di massa da Azkaban.

Parlando con i giornalisti nel suo studio privato, il Ministro della Magia Cornelius Caramell ha confermato che dieci prigionieri dell’ala di massima sicurezza sono evasi nelle prime ore della serata di ieri e che il Primo Ministro Babbano è già stato informato della natura pericolosa di questi individui.

«Ci troviamo purtroppo nella stessa condizione di due anni e mezzo fa, quando fuggì il pluriomicida Sirius Black» ha dichiarato Caramell. «E riteniamo che le due evasioni siano collegate. Una fuga di questa entità presuppone un aiuto dall’esterno, e occorre ricordare che Black, il primo che sia riuscito a evadere da Azkaban, sarebbe nella posizione ideale per aiutare altri a seguire le sue orme. Riteniamo probabile che questi individui, tra i quali c’è anche la cugina di Black, Bellatrix Lestrange, si siano raccolti attorno a lui facendone il loro leader. Stiamo comunque tentando il possibile per ritrovare i criminali e raccomandiamo a tutta la comunità dei maghi la massima cautela. Per nessun motivo questi individui devono essere avvicinati».

«Spero che non crediate a cotante sciocchezze!» la voce di Remus Lupin fece sobbalzare le tre, quasi istintivamente Andromeda piegò il giornale schiacciando i volti dei maghi sul tavolo. Lui sorrise alle tre e prese posto accanto a lei.

«Nemmeno una parola. Severus ci ha abbondantemente messo al corrente dei fatti al nostro arrivo…»

«Avrei voluto vederlo parlare positivamente di Sirius, ma sì così è!» disse lui con un sorriso mesto, ma divertito nonostante la situazione.

Era vero che gli eventi avevano mostrato loro che tutto poteva essere l’opposto di tutto, ma avevano capito fin dal primo momento che Sirius e Remus erano assolutamente identici ai loro: dalla nobiltà d’animo alla loro salda amicizia, perfino al non andare d’accordo con Severus.

Bellatrix aveva una mano sul petto, non riusciva a calmarsi. Si sentiva a disagio, aveva paura che adesso la sua identità sarebbe stata in pericolo e ancor peggio che Sirius potesse esserlo. Nulla avrebbe potuta collegarla alla sua doppelgänger adulta. Aveva quattordici anni meno di lei, era giovane, ancora bellissima e fortunatamente ben lontana dalla sua follia e dal suo aspetto consumato… ma questo non la tranquillizzava.

Remus si accorse del suo stato d’animo, poteva farsi un’idea solamente da cosa poteva essere dovuto e reagì al riguardo.

«Sai avevo intenzione di parlarti circa Sirius…»

La giovane alzò lo sguardo finemente truccato con sfumature di nero e grigio, deglutì, mentre anche Andromeda e Lily osservavano l’uomo nervoso.

«Tua sorella era preoccupata, per te e… anche io mi sentivo di metterti all’erta sugli amori fugaci del mio più caro amico, ma ho visto nei suoi occhi qualcosa di inaspettato. In virtù di questo mi sento invece dunque di chiederti di occuparti di lui. Sirius odia rimanere rinchiuso, teme per Harry e il suo carattere focoso…»

«Potrebbe fargli fare qualche sciocchezza…» concluse lei assentendo piano.

«Già!»

«S-Sì gli parlerò tranquillo…»

Remus la ringraziò con il suo solito modo di fare gentile e riservato, si alzò e posò una mano sulla spalla di Andromeda.

«Ero qui per vedere Silente… ma mi chiedevo, se hai ancora tempo ti andrebbe una passeggiata?»

Improvvisamente tutti sembravano essersi dimenticati dei loro problemi. Andromeda arrossì e Bellatrix e Lily si guardarono con fare complici affermando che entrambe avevano da fare e così congedarsi.

 

Con tutte le preoccupazioni che le ragazze e Severus avevano circa gli eventi e la possibilità di riuscire mai a trovare un modo per rimandare le ragazze a casa, gennaio parve passare a una velocità allarmante. Prima che Andromeda se ne rendesse conto, arrivò febbraio, portando con sé un clima più umido e mite e l’attesa del suo appuntamento con Remus. Lui l’aveva invitata per andare al villaggio insieme e lei aveva accettato.

Nell’ultimo periodo si erano molto avvicinati e lei con il peso di ciò che in sospeso aveva lasciato nella sua dimensione, non poté che non sentirsi coinvolta da quelle emozioni mai sopite dentro di lei.

Lui pareva un po’ preoccupato per la sua età, era vero che sette anni di differenza non erano poi così tanti, ma era anche vero che lui si sentiva vecchio il doppio. La sua natura poi non lo aiutava a lasciarsi andare, ci aveva già messo una pietra sopra alla possibilità di amare.

Oltretutto a quello si aggiungeva Ninfadora, ogni volta che erano insieme lei pareva comparire dal nulla e andarsene sempre piuttosto indispettita. Remus non lo aveva notato, ma Andromeda sì e sapere che era sua figlia se possibile la sconcertava ancora di più.

«Ehm non lo so, non sono certa di starle simpatica…» mormorò lei, mentre camminando per Hogsmeade, addobbata per San Valentino, stava mangiando una frittella calda. Ne era golosa da sempre, Remus era al suo fianco e sorrideva a capo chino. Le braccia dietro la schiena.

«Tonks? Oh no, secondo me si indispettisce solo perché la chiami con il suo nome!»

«Il suo nome! Certo! Lo odia… è che non lo faccio apposta giuro!» si scusò lei sbattendosi una mano sulla fronte.

Era adorabile avvolta nel suo lungo mantello verde chiaro dello stesso colore dei paraorecchie. Con i capelli ramati pareva un elfo dei boschi.

«Che tu non lo faccia apposta, tranquilla, ne sono sicuro… sei una ragazza pura Cassiopea…»

Ogni volta che lui pronunciava il suo nome inventato era come se fosse la parola che spezzava l’incantesimo. Le ricordava che stava solo recitando una parte, che poi era una mezza verità. Lei era sempre sé stessa.

Remus si accorse del suo cambio d’umore e quando lei si scurì in volto fermandosi e gettando il pezzetto di frittella calda che le era rimasto si preoccupò.

«Ho detto qualcosa che non dovevo?» le chiese cercando il suo sguardo. Lo stesso che sollevò, mentre si sforzava di sorridere scuotendo il capo. Le gote arrossate. Il viso tondo leggermente malinconico.

«Eppure ho la sensazione che così sia…» l’ammonì lui con dolcezza, mentre alzando un dito le toglieva dei granelli di zucchero dal lato della bocca. Lei sorrise imbarazzata. Toccandosi dove lui l’aveva appena sfiorata. E poi tutto fu assolutamente naturale.

Il loro trovarsi vicini, il suo alzare il capo verso di lui, era più alto dunque troneggiava un poco su di lei. Da vicino notò meglio la sua pelle stanca, le rughe e perfino i fili d’argento che gli striavano i capelli. Fu proprio lì che lo toccò, portandoglieli un po’ indietro visto che il vento dispettoso lo spettinava. Lui avanzò ancora un poco verso di lei, le posò una mano calda sul lato del volto e poi abbassandosi, le loro labbra si sfiorarono. All’inizio saggiandosi solo, quasi a prendere le misure… ad abituarsi a quel contatto e poi lievemente divenne un bacio sempre un poco più… vero… approfondito.

Andromeda aveva gli occhi chiusi, ma le parve di vedere il suo Remus. Lo stesso aspetto un po’ trasandato e sciatto, ma il cuore d’oro. Il suo viso giovane, il suo sorriso contagioso… Baciò con più passione Remus stringendosi a lui, mentre finalmente lo vedeva. Di nuovo con lui, confessargli ciò che provava e lui ricambiare… ricordandole i loro momenti passati insieme… Ma fu allora che Andromeda poggiò le mani sul petto di lui e lo allontanò interrompendo il loro bacio.

«Non posso scusa…»

«S-Scusa, magari tu non volevi ed io…»

«Oh no, no… volevo eccome…»

Lo tranquillizzò immediatamente lei guardandolo. Ma poi prese una mano tra le sue, doveva essere onesta con il suo cuore e per quanto possibile anche con lui.

«Io ho lasciato il mio cuore in sospeso e lasciarmi andare con te mi fa sentire, come…»

«Se lo tradissi?»

Andromeda arricciò il naso e assentì.

«Forse non ci sarà possibilità, ma… devo prima esserne certa!»

Remus la capì molto bene, anzi se possibile ora l’ammirava e gli piaceva ancora di più per quello. Ma avrebbe rispettato il suo desiderio. Lei lo comprese e appoggiando il capo sul suo petto si lasciò abbracciare, chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo esprimendo un solo e semplice desiderio: che sarebbe potuta tornare da lui a dirgli quanto l’amava.

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XIV ***


PARALLELES-1 (1996)

Un paio di settimane dopo il sogno su Rookwood, Harry si trovava ancora una volta in ginocchio sul pavimento dell’ufficio di Piton, cercando di schiarirsi la mente. Era appena stato costretto a rivivere un flusso di ricordi molto remoti, che non sapeva nemmeno di possedere ancora, la maggior parte dei quali riguardava le umiliazioni che gli erano state inflitte da Dudley e dalla sua banda alle scuole elementari.

«Quell’ultimo ricordo» disse Piton, «Che cos’era?»

«Non lo so» rispose Harry, alzandosi esausto. Trovava sempre più difficile sbrogliare ricordi distinti dal groviglio di immagini e suoni che Piton continuava a richiamare. «Vuol dire quello in cui mio cugino cercava di farmi entrare in piedi nel water?»

«No» mormorò Piton, «Voglio dire quello con l’uomo inginocchiato nella stanza buia…»

«Non è… niente» balbettò Harry.

Gli occhi scuri di Piton perforarono quelli di Harry. Ricordando che Piton aveva detto che il contatto visivo era essenziale per la Legilimanzia, Harry batté le palpebre e distolse lo sguardo.

«Come mai quell’uomo e quella stanza si trovavano nella tua testa, Potter?»

Lily non avrebbe dovuto udire quella conversazione, ma considerando che con le sorelle stava cercando di mettere insieme i pezzi degli eventi – nonostante il continuo intervento di Severus che tentava di evitarlo – pensava che spiare il figlio fosse una buona idea.

Non la sorprendeva pensare che da grande anche il suo Harry avrebbe potuto essere così con un talento naturale, come il padre, per cacciarsi nei guai. Infatti dopo averlo involontariamente origliato parlando con i suoi amici, anche Eda si era fatta attenta e presto avevano scoperto quanto fossero coinvolti e conoscessero degli eventi, a tratti probabilmente più dei diretti interessanti.

Aveva promesso di non approcciarlo, sarebbe stato rischioso più di qualsiasi altro legame che stavano stringendo, anche quello tra Bellatrix e Sirius lo era… ma dopo averle parlato capì che se lei non lo faceva per evitare di modificare la propria linea temporale, lei pareva invece far di tutto per riuscirci.

Questo unito al fatto che aveva saputo delle lezioni di Occlumanzia non poté fare a meno, con attenzione, di assistervi ben attenta a non farsi scoprire nel corridoio buio ad ascoltare dietro la porta chiusa. Digrignò spesso i denti per il modo terribile in cui Severus lo trattava, ma cercò di sbollire la rabbia concentrandosi sulle loro parole. Sapeva del legame di Harry con l’Oscuro Signore in quella realtà e la cosa le dava i brividi, ma quindi questo significava che dopo due mesi di lezioni lui non aveva fatto nessun progresso. Quando lo sentì pronunciare «Solo quello» capì lontano un miglio che mentiva, lo conosceva troppo bene. Anche se il suo bambino era molto più piccolo di quel piccolo uomo, ciò non toglieva che in un certo qual modo era sempre sua madre…

Fu l’improvviso urlo di Severus «BASTA COSI’!» a farla sobbalzare, il tutto poi era stato seguito da un rumore simile a un colpo e vetri che si rompevano. Avrebbe voluto entrare, ma si trattenne.

«POTTER!»

Harry aprì gli occhi. Era di nuovo disteso sulla schiena, senza alcun ricordo di come ci era finito; stava ansimando, come se avesse davvero corso lungo il corridoio dell’Ufficio Misteri, avesse davvero oltrepassato la porta nera e trovato la stanza circolare.

«Spiegati!» esclamò Piton, torreggiando su di lui, furioso.

«Io… non so che cos’è successo» disse sinceramente Harry, alzandosi. Aveva un bozzo sulla nuca, dove aveva sbattuto, e si sentiva febbricitante. «Non l’avevo mai visto prima. Glielo detto, ho sognato la porta… ma non si era mai aperta…»

«Non ti impegni abbastanza!»

Per qualche motivo Piton sembrava più arrabbiato adesso che due minuti prima, quando Harry aveva visto i suoi ricordi.

«Sei pigro e sciatto, Potter, e non mi meraviglia che l’Oscuro Signor…»

«Mi dice una cosa, signore?» domandò Harry, accalorandosi di nuovo. «Perché chiama Voldemort l’Oscuro Signore? Ho sempre sentito solo i Mangiamorte chiamarlo così.»

Piton apri la bocca in un ringhio… e una donna entrò nella stanza. Entrambi si voltarono a guardarla. Harry la riconobbe come la nuova bibliotecaria e approfittando della sua entrata prese le sue cose e furioso se ne andò.

Lily attese che uscisse e poi chiudendo gli occhi, con i pugni serrati, affrontò Severus. Gli arrivò vicinissima, il viso a pochi centimetri.

«Si può sapere perché lo tratti così?»

«E tu da quando origli ed entri senza bussare?»

«Non è questo il punto! Dovresti aiutarlo non vessarlo! Non mi stupisce che non si impegni!»

«Ah e ora sarebbe colpa mia di questo?»

«Assolutamente sì! Ti odia e non lo biasimo. Lui NON è James!»

Quelle parole parvero scottare l’uomo che voltandosi di scatto si allontanò dalla donna e si voltò verso la propria cattedra. Le mani sul pensatoio di pietra, il viso dal naso adunco illuminato dalla luce tenue dei suoi pensieri che dentro vi vorticavano.

«Eppure è sfrontato, maleducato e arrogante come lui!» mormorò lui a denti stretti prima di voltare il capo verso Lily che lo guardava con sguardo di fuoco.

«Non l’hai mai superata vero? Non hai mai superato il fatto che lei lo abbia scelto…» mormorò come se improvvisamente tutto le fosse più chiaro, ma ciò parve solo farlo infuriare di più.

«Zitta!»

«Tu lo odi perché quando lo vedi, non vedi Harry… vedi James… vedi come quello è il figlio che Lily ha avuto da lui… non da te…»

«Zitta!»

«Ha i miei occhi e questa è la stilettata finale, perché è la certezza che non sei mai stato abbastanza… che non hai fatto abbastanza… che sei stato debole e codardo e che per questo oltre non averla mai avuta, l’hai anche persa!»

«ZITTA!»

Ma anche se lui adesso le era di fronte fuori di sé e livido in volto, lei non si mosse di un centimetro, anzi se possibile lo guardò con lo stesso identico sguardo che aveva Harry solo pochi minuti prima. Lily scosse il viso disgustata, non riusciva a vedere nulla in quell’uomo che gli ricordasse quello di cui lei si era innamorata. Quello che amava. Con occhi lucidi e facendo un passo dietro con il viso in alto, gli fece ben capire che non lo faceva per paura, ma per mettere quanta più distanza tra loro. Voltò le spalle e uscì, mentre Severus sprofondava maggiormente in una spirale di dolore e delusione. Di rabbia e frustrazione.

«Mettilo giù…» gridò Lily. La sua espressione furiosa aveva un attimo quasi ceduto il posto al sorriso.

«Ai tuoi ordini» James fece scattare la bacchetta all’insù, e Piton si afflosciò a terra. Districandosi dalla veste, si rialzò rapido, la bacchetta pronta, ma Sirius gridò: «Petrificus Totalus!» e Piton cadde di nuovo, rigido come un palo.

«LASCIATELO STARE!» urlò Lily, ed estrasse a sua volta la bacchetta. James e Sirius la fissarono preoccupati.

«Dai Evans, non costringermi a farti un incantesimo» disse ansioso James.

«Allora liberalo!»

James sospirò, poi si voltò verso Piton e mormorò un contro incantesimo.

«Ecco fatto» disse, mentre Piton si rialzava a fatica. «Ti è andata bene che ci fosse Evans, Moccious

«Non mi serve l’aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!»

Lily trasalì.

Quel ricordo vorticò improvviso nel Pensatoio di Severus, ma anche nella mente di Lily. Ma c’era una sostanziale differenza, qualcosa che aveva posato le fondamenta sulle quali poco per volta era cresciuto ciò che lei aveva scoperto provare per lui.

«Ecco fatto» disse, mentre Piton si rialzava a fatica. «Ti è andata bene che ci fosse Evans, Mocciosus»

Severus si era alzato in piedi e nemmeno il tempo di James di ridersela con Sirius che lui aveva già riversato verso di loro un incanto oppugno che fece comparire degli adorabili uccellini che poco dopo si scagliarono sui due Malandrini. Tutti iniziarono a ridere di loro, anche Lily sotto i baffi, mentre osservava Severus lanciarle un timido sguardo di ringraziamento, per poi allontanarsi approfittando che le attenzioni non erano più su di lui.

«Ehi Evans… Evans… una mano

Ma Lily dopo aver squadrato James da capo a piedi si strinse maggiormente i libri al petto senza muovere un muscolo. «Sempre a spettinarti i capelli perché ti sembra affascinante avere l’aria di uno che è appena sceso dalla scopa, sempre ad esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo perché sei capace… sei così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra! Mi dai la NAUSEA!»

E girando i tacchi se ne andò ignorando le suppliche di James di aiutare lui e Sirius di liberarsi di quei maledetti uccellini. Dal canto suo Lily ridacchiava tra sé e sé senza poter far a meno di pensare quanto l’arguzia di Severus l’avesse colpita.

 

PARALLELES-2 (1984)

«Davvero non ha fatto nulla? Cioè semplicemente ha preso e se ne è andata?»

«Oh sì e una volta, quando le chiesi di uscire, mi rispose perfino “Non accetterei nemmeno se dovessi scegliere fra te e una piovra gigante”.»

«Sì decisamente molto da Lily!»

James si era appena esibito in una perfetta imitazione della ragazza, mentre Petunia lo ascoltava ridendo come non faceva da un sacco di tempo. Non si era mai soffermata a pensare quante cose di sua sorella non sapesse, quanti aneddoti e ricordi di cui avrebbe potuto fare parte e da cui volutamente si era sottratta. Questo la rese improvvisamente malinconica.

«Se penso a quante occasioni ho perso, di come la nostra vita avrebbe potuto essere diversa, mi… viene un magone… qui al centro del petto…» mormorò lei picchiettandosi tale parte con una mano.

Era passato un mese dalla morte di Lucius e Narcissa stava combattendo strenuamente per non ricadere nella depressione. Purtroppo era stato uno choc molto grande e seppur lei non amasse più da tempo quell’uomo, ciò non toglieva che averlo ucciso l’aveva fatta entrare in un loop mentale discendente. Pensava che non ci fosse salvezza, che non avrebbe mai potuto redimere il suo nome e la sua eredità, che fosse scritto nel suo sangue come una maledizione che mai le avrebbe permesso di rompere il circolo vizioso in cui era nata e cresciuta. Temeva che anche per Draco non ci fosse speranza e questo aveva portato Petunia a doversi riprendere cura di lei giorno e notte. E con lo studio, il doversi prendere cura di Dudley e Draco, lavorare, c’erano giorni in cui non riusciva nemmeno a respirare.

Era così che una sera, dopo che tutta la casa si era addormentata, si era seduta sulla panchina intagliata proprio fuori dall’abitazione, accanto alla porta. E bevendo un tè era rimasta a guardare la luna nel silenzio del villaggio. James era passato per caso, di ritorno dai Tre Manici di Scopa e avevano scambiato due parole, lei si era sfogata e da allora ogni tanto lui la raggiungeva e semplicemente parlavano. Potevano essere ricordi del passato o preoccupazioni del presente, l’obbiettivo era conoscersi, darsi una possibilità e alleggerirsi dalle proprie pene.

«Sai sono giunto a una conclusione… Che ci si imbatte nel destino proprio sulla strada per evitarlo…»

Entrambi avevano il viso rivolto verso la strada, ma alla frase di lui lei si voltò assentendo un poco pensierosa. Effettivamente entrambi si erano riscoperti simili nel loro essere estremamente testardi circa il credere cosa volessero. Si erano ossessionati a tal punto che avevano fatto di tutto per evitare di vedere determinate cose, accettarne altre e sentirne altre ancora che preferivano fingere non esistere. Solo che così facendo erano stati sospinti, forse, esattamente sulla strada che li attendeva.

Per Petunia era accettare, comprendere e accogliere il mondo della magia e tutto ciò che ne era derivato: abbracciare i suoi sogni, riscoprire la sua indipendenza e contro ogni previsione trovare amicizie vere.

Per James era stato pressoché simile. Era accettare che forse Lily lo amava, non come sperava. Comprendere che un amore che finisce non sotto intende infrangere la promessa della famiglia che si è creata e infine accogliere la possibilità di dover andare avanti senza di lei.

Petunia si accarezzò le braccia in un chiaro segno che indicava quanto freddo provasse e James non ci pensò due volte a togliersi la giacca e posargliela sulle spalle. Lei lo guardò sorridendo e poi entrambi tornarono a guardare le stelle, uniche testimoni dei loro pensieri.

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Capitolo 17
*** Capitolo XV ***


PARALLELES-2 (1984)

I prati intorno al castello luccicavano sotto il sole come se fossero stati verniciati di fresco; il cielo limpido sorrideva sulla levigata, scintillante, superficie del lago; l’erba verde e setosa era increspata a tratti da una brezza gentile. Giugno era arrivato, ma per Petunia voleva dire solo una cosa: incombeva l’ombra minacciosa degli esami. Per lei sarebbe stato non proprio come per gli studenti, ma aveva insistito per tenerli, quando aveva scoperto che senza gli stessi non avrebbe mai potuto alla fine praticare nel mondo magico e a quel punto che senso aveva avuto tanto studio.

«Pensavo lo facessi solo per una questione di salute…» gli disse un pomeriggio James, mentre con lei camminava per il parco passando accanto le serre di Erbologia dove si stavano tenendo ormai le ultime lezioni dell’anno.

«All’inizio! Madama Chips e Silente hanno registrato in me grandi miglioramenti e il motivo per cui ho iniziato tutto questo diciamo ha trovato il suo motivo di essere, ma ora si tratta di ben altro! Si tratta di me! Ho scoperto che per diventare guaritori è necessario prendere O ai M.A.G.O. di Pozioni, Incantesimi, Erbologia, Trasfigurazione e Difesa Contro le Arti Oscure...» e mentre lo diceva Petunia indicava le materie con le dita. Era sovrappensiero e così entusiasta di ciò che stava raccontando che nemmeno si accorse il modo in cui James la stava guardando.

«Insistendo per questi esami otterrei una sorta di attestato come se avessi frequentato quattro anni… così facendo continuerei con il corso serale, ma potrei aspirare ai G.U.F.O. e tra 2 anni ai M.A.G.O. Avrei trentatré anni per allora, lo so… ma Silente mi ha assicurato che mi prenderebbe ufficialmente a lavorare ad Hogwarts e Madama Chips sembra apprezzare oltre ogni misura un po’ di aiuto…»

Solo allora Petunia si era fermata fissando James quasi preoccupata. Si toccò il viso e poi si guardò addosso.

«Ho qualcosa che non va?»

«No…»

«Allora perché mi fissi?»

«Perché ero affascinato dal sentirti parlare, così appassionata. Così decisa… avresti dovuto guardarti in volto… eri luminosa…»

A quella frase Petunia sorrise quasi imbarazzata, i capelli al sole avevano una fredda sfumatura ramata pur rimanendo castani. Le cadevano mossi fino a metà schiena, ultimamente amava acconciarli in onde morbide. Entrambi ripresero a ridere e scherzare, mentre da una delle alte torri del castello qualcuno da lontano li osservava.

 

Severus si trovò per l’ennesima volta nella sua vita a provare invidia e rabbia nei confronti di James Potter. Era appoggiato a una delle merlature, mentre alzava lo sguardo dalla coppia complice al paesaggio intorno a sé. Non si trattava certamente di provare quei sentimenti per ciò che alla sorella di Lily lo stava iniziando a legare, dall’arrivo di Petunia al castello molto poco ci aveva avuto a che fare. Il suo carattere schivo e scontroso non lo rendeva simpatico e tanto meno facile d’approcciare e poi semplicemente amava la sua solitudine.

No. Si trattava di altro. Si trattava che Potter più si comportava male, lo aveva fatto anche con lei, e più otteneva ciò che voleva. Lui non perdeva mai ciò che amava, anzi pareva che più fosse arrogante e spocchioso e più tutte le fortune e le soddisfazioni gli venivano date. E lui? Lui era destinato a vivere di ricordi, di scelte mai prese e rimpiangere occasioni che mai sarebbero tornate.

In cuor suo era come se fosse certo che Lily fosse da qualche parte, non era semplicemente il non accettare la sua morte, era percepire chiaramente la sua presenza nel suo cuore. Vicina, ma lontana.

Andava spesso sulla tua tomba e tutte le volte sperava quasi che quel fremito cessasse, affinché gli desse un po’ di pace. Ma no, quello pareva invece aumentare e per di più negli ultimi mesi aveva iniziato a fare strani sogni. In essi lei c’era sempre, ma era diversa e in uno in particolare… lei era furiosa. Gli faceva sempre male vederla così eppure nonostante vivesse tutto in prima persona era certo che non parlasse con lui… perché all’interlocutore che lui interpretava lei parlava del suo Severus. Di lui.

«Avevo percepito un’interferenza nel tessuto della magia… ma pensavo fosse l’età a giocarmi un brutto scherzo!»

La voce di Silente fece scattare sull’attenti il giovane uomo, non si aspettava la sua presenza, ma quello raggiungendolo gli batté la mano sulla schiena con un sorriso gioviale. Lo sguardo azzurro nascosto dietro gli occhiali a mezzaluna si perse sul paesaggio intorno a loro. Il sole rendeva tutti i colori più vivaci e i suoi raggi scaldavano fin dentro al cuore.

«Un mio caro amico, molto tempo fa era interessato alla teoria circa alla quale esistevano 53 versioni di un'unica realtà. Stessa storia, stessa cronologia degli eventi, ma scelte diverse…»

Severus attonito osservava il saggio mago al suo fianco. Stava raccontando quella storia con sguardo lontano e non solo perché perso all’orizzonte, ma anche perché probabilmente rivolti verso ricordi di un passato lontano.

«Mi sta dicendo che esistono 52 versioni di tutto questo?» chiese lui indicando tutto ciò che li circondava.

«Di questo, del mondo magico, quello babbano, del mondo intero… di me… di te e di tutti noi…»

Severus si toccò la fronte come a volersi assicurare di non avere la febbre, Silente ridacchiò amorevolmente mentre si appoggiava con i gomiti sui mattoni della merlatura per godersi meglio quel caldo pomeriggio di giugno. Anche lui vide James e Petunia e dopo aver sorriso li indicò all’uomo al suo fianco.

«Da qualche altra parte forse Petunia non è mai tornata sui suoi passi continuando a serbare rancore nei confronti di sua sorella… in un altro ancora potrebbe essere stata lei la strega di famiglia e non viceversa…»

«E in uno Lily potrebbe non avermi mai amato…» lo disse tra sé e sé, ma era come se fosse una consapevolezza. Non che lo riguardasse o meglio che lo facesse, ma non a quella sua versione.

«Ma Silente lei come fa a saperlo?»

Il giovane professore non aveva dimenticato tutto quello che l’uomo aveva fatto per lui, come lo aveva difeso al processo, come era riuscito a dimostrare il suo sempre essere stato contro il Signore Oscuro e seppur lui lo faceva per conto suo, Silente disse che stava agendo sotto suo ordine. Gli aveva salvato la vita e fu fiero e felice quando lui gli propose di divenire non solo Professore di Pozioni, ma anche capo casa di Serpeverde. Dopo la perdita di Lily lui non aveva più ragione di vivere e Silente gliene aveva data una.

«Non mi hai mai voluto raccontare cosa accadde quella notte, ma ho sentito la testimonianza di tutti… Mi ha colpito molto ciò che Potter, Black e Lupin riportavano circa fulmini blu, vento, strani movimenti tettonici e la scomparsa improvvisa di Lily Evans, Bellatrix Black e sua sorella Andromeda. Ho visitato la casa prima dell’arrivo degli Auror, avevo sentito una turbolenza… ho notato il calderone e seppur non sono riuscito mai a capire cosa vi era… ho riconosciuto qualcosa nell’aria qualcosa che mi ricordava molto la magia delle giratempo… Sai Severus fa un profumo molto particolare… impossibile non riconoscerlo!»

Silente ora si era alzato e fronteggiando il suo ex studente gli aveva posato le mani sulle spalle, lui fasciato nel suo solito austero abito nero lo guardava confuso e colpito. Sapeva che Silente fosse un mago di straordinario talento eppure riusciva sempre a stupirsi.

«Da allora ho fatto alcuni sperimenti… chiamiamoli così…» mormorò sbattendo le mani tra loro e muovendo il capo con fare complice, Severus fu sicuro di vedere perfino un occhiolino.

«E questi mi hanno portato… a me. O meglio a una versione più grande di me… in un altro spazio o tempo…»

«Lo avete incontrato?» la voce del professore perse il suo tono controllato, diventando più calda e curiosa.

«In un certo senso… i primi contatti sono stati onirici, poi abbiamo trovato un compromesso attraverso il pensatoio… è molto complicato perché non si tratta di ricordi e pensieri, ma… questo mi ha permesso di giungere a una conclusione, che solo adesso posso condividere con te. Perché ne ho la certezza…»

Severus si era sporto verso di lui. Si tormentava le mani, gli occhi lucidi e speranzosi.

«Le mie brillanti ex allieve sono tutte vive e vegete. Ho chiesto al mio doppelgänger di prendersene cura. Tuttavia entrambi concordiamo che la questione andrebbe risolta e in questi mesi abbiamo lavorato a una soluzione…»

«La pozione che abbiamo creato è impossibile rifarla, alcuni ingredienti erano unici nel suo genere, ci vorrebbero anni prima di averne alcuni disponibili!»

La voce di Severus si era fatta concitata e preoccupata, mentre si passava una mano sul mento con fare ansioso.

«Ci sarebbe un’alternativa, ma è alquanto… come dire… complessa…»

Il professore si fermò, ma vedendo lo sguardo concitato dell’uomo di fronte a sé decise di non tenerlo ulteriormente sulle spine. Dalla lunga veste lilla chiaro e oro, tirò fuori una giratempo dalla sabbia argentea.

«Dodici giri di questa dovrebbero bastare, ma il tempo a disposizione è minimo. Un’ora sola per trovarle e riportarle indietro…»

«È impossibile, è troppo poco… come? Come potrei fare? Io…»

«Per questo ho bisogno che tu aspetti il mio segnale. Conservala e quando te lo comunicherò non perdere nemmeno un secondo. Dodici giri né uno in più né uno in meno. Tienile vicine, un po’ come per una passaporta… assicurati tocchino la giratempo allo scadere dell’ora. È un’unica possibilità, chi rimarrà indietro lo rimarrà per sempre… questa…» e indicò il prezioso monile, «sarà inservibile una volta usata…»

Silente chiuse la mano ove sul palmo aveva messo a Severus la giratempo. Lui fissò il proprio pugno e poi se lo portò sul cuore tirando un lungo sospiro. Trovò calma e stabilità e poi con sicurezza osservò Silente facendogli un leggero cenno del capo. Uno che indicava quanto si fidava totalmente e ciecamente di lui, di come gli era grato e  che avrebbe seguito ogni suo ordine.

 

PARALLELES-1 (1996)

«Sirius?» una voce rimbombò nella vuota e immensa cucina di Grimmauld Place numero 12. «Sirius, ci sei?»

Purtroppo nessuno la udì e l’unica persona che rispose alla galleggiante testa nel camino di Harry Potter fu il pessimo elfo domestico Kreacher.

Sirius non udì mai quella discussione e nemmeno la donna con lui, ma lo incrociò quando dirigendosi verso le cucine, lo vide uscire dalle stesse. Una frase non gli sfuggì, prima che si incrociasse con lei. «Il padrone non torna più dall’Ufficio Misteri! Kreacher e la sua padrona sono di nuovo soli!»

«Razza di…»

La frase di Harry rimase a metà e quando Vesta entrò nella stanza era già scomparsa, si voltò con rabbia verso l’elfo che tremante iniziò a sbattere il capo alla parete.

«Cosa diavolo hai combinato! Elfo maledetto!» disse lei in preda al panico, prima di correre di corsa al piano di sopra. Sirius era andato a dare da mangiare a Fierobecco e lo incrociò sul pianerottolo appena uscito dalla soffitta.

Vesta aveva il fiatone, una mano sul fianco e la voce rotta. Si erano sentiti spesso in quel periodo attraverso lo specchio, la notte prima di dormire o in altri momenti. Soprattutto dopo il terribile articolo sulla Gazzetta del Profeta si era sentita in dovere di evitare che lui facesse sciocchezze, ma in egual misura questo la agitava. Temeva che prima o poi guardandola negli occhi si sarebbe accorto chi lei veramente fosse, il sapere che la sua doppelgänger era libera la faceva tremare. Non sapeva minimamente della sua esistenza eppure temeva che avrebbe potuto cercarla.

«Vesta che è successo?» chiese Sirius preoccupato avvicinandosi alla donna che giorno dopo giorno gli rubava sospiri e il cuore, un pezzo alla volta.

«Kreacher! Harry ha appena tentato di mettersi in contatto con te, non ho fatto in tempo a parlargli, ma quell’elfo maledetto temo gli abbia fatto credere che tu fossi in pericolo… al… al… aspetta… ah sì! All’Ufficio Misteri!»

A quella frase Sirius era già scattato, ma Vesta velocemente si era voltata fermandolo per un braccio.

«Non puoi andare!»

«Certo che andrò! Sicuramente questa è una trappola… ad ogni modo non posso rischiare…»

«Sirius sai che non puoi lasciare la casa!»

«E so anche che sei qui perché Lunastorta te lo ha chiesto, teme che faccia una pazzia!»

Lo disse con quel suo solito sorriso sghembo, mentre lei scuoteva il capo. Il carattere deciso e sconsiderato era identico in ogni dimensione, credeva che potevano esistere tante versioni del mondo, ma era certa che in ognuna Sirius Black sarebbe sempre stato lo stesso.

«E va bene! Ma avvisiamo gli altri e io vengo con te!» disse decisa e lui immediatamente le prese il viso tra le mani e avvicinandosi le diede un bacio sulle labbra.

«Per questo ti amo!» quasi non si accorse di ciò che aveva detto, ma lo sguardo di Vesta glielo fece velocemente notare. Si sentì a disagio, non era da lui. Velocemente si voltò per scendere le scale e lei lo seguì, il suo sbigottimento era dovuto ad altro. Ne era felice, ma sentiva sempre più vicina la sensazione che quella bolla di bellezza e felicità si sarebbe presto infranta.

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo XVI ***


PARALLELES-1 (1996)

Prima di lasciare Grimmauld Place attraverso i metodi concordati dell’Ordine ne vennero avvisati i suoi membri e, con immenso piacere, Bellatrix poté notare che Lupin, Moody, Tonk e Kingsley avevano risposto alla chiamata. Ma non erano soli, con loro c’erano Lily e Andromeda.

Quando il gruppo entrò al Ministero ci mise un po’ a trovare i ragazzi, ma la fortuna era che il caos fosse molto e tra la loro presenza e quella dei Mangiamorte non fu difficile seguire le briciole di pane, per trovarli. E quando accadde fu in una misteriosa stanza dalla luce fioca e dalla forma rettangolare. La sua particolarità era dovuta al fatto che al centro era concava formando una cavità rocciosa profonda poco più di sei metri. Loro erano sulla fila superiore di una serie di panche di pietra che correva tutt’attorno alle pareti e scendevano sino in fondo alla cavità, ripide come i gradini di un anfiteatro. Al centro si trovava una piattaforma di roccia sulla quale si ergeva un arco di pietra così antico, rovinato e pieno di crepe, che c’era da meravigliarsi che fosse ancora in piedi. Privi di pareti che lo reggessero, l’arco era chiuso da una logora tenda nera, una specie di velo che, nonostante l’assoluta immobilità dell’aria fredda tutto intorno, fluttuava come se qualcuno l’avesse appena toccata.

Fu difficile per le tre sorelle Goldstein essere attente e allerta perché, per la prima volta dal loro soggiorno in quel luogo, percepivano tutto il loro disagio. Come se fin dentro le viscere provassero quanto ciò fosse errato. Quando Malfoy levò la bacchetta verso di loro, Andromeda, che ne incontrò lo sguardo, si pietrificò. Quel Lucius che tanto aveva ferito sua sorella e che non aveva la minima idea di quanto una minaccia poteva ancora essere per lei e suo nipote l’aveva congelata sul posto impedendole di muovere un muscolo. Grazie a Dio Tonks fu molto più reattiva e gli spedì immediatamente contro uno schiantesimo. Scoccò un’occhiata infastidita a Cassiopea, come a incitarla a rendersi conto e poi si allontanò per buttarsi nella mischia.

Tutti i Mangiamorte erano concentrati su di loro, che velocemente scesero i gradini di pietra facendo piovere sugli stessi un incantesimo dopo l’altro.

Sirius era impegnato contro un Mangiamorte a tre metri di distanza; Kingsley supportato da Lily ne stava fronteggiando due; Tonks, ancora a metà discesa, sparava incantesimi contro BellatrixVesta per non cedere a quella vista e la sensazione che le dava essere nella stanza con lei si era lanciata in duello senza esclusioni di colpo contro un Mangiamorte, era talmente tanto l’accanimento che non si vedevano quasi le loro bacchette.

Malocchio che nel mentre aveva notato la difficoltà in cui si trovava Harry diede una spallata al Mangiamorte che lo stava mettendo in difficoltà e mentre lui riprendeva a confrontarsi con Dolohov, Harry si allungò per trattenere con la punta delle dita quella che pareva una sfera di cristallo.

«Harry… fuori di qui… ora! VAI!»  urlò Sirius individuando il proprio figlioccio, mentre l’uomo riusciva a scampare per un soffio a un getto di luce verde. Vesta stava già correndo verso di lui, mentre Cassiopea –dopo essere colpita da un incantesimo – iniziò a rotolare rimbalzando sui gradini.

«Harry, prendi la profezia, agguanta Neville e vattene!» urlò Sirius, correndo verso Bellatrix. Vesta che era accanto alla sorella, assicurandosi che stesse bene, assistette alla scena, ma presto Lily entrò nel suo campo visivo duellando con il butterato Rookwood.

Il caos era totale e tutto pareva perduto se non fosse che improvvisamente l’arrivo di Albus Silente portò speranza e fiducia. Stagliato sulla soglia della Stanza dei Cervelli, la bacchetta levata, il volto pallido e furente. Scese i gradini in fretta, passando accanto a Neville e Harry. Era già ai piedi della gradinata quando i Mangiamorte più vicini si accorsero della sua presenza e urlarono un avvertimento. Uno tentò di scappare, arrampicandosi come una scimmia sui gradini di pietra. L’incantesimo di Silente lo trasse indietro senza sforzo, come se lo avesse agganciato una lenza invisibile…

Soltanto due continuavano a combattere, a quel che pareva ignari del nuovo arrivo. Vesta vide Sirius schivare il fiotto di luce rossa di Bellatrix e deriderla.

«Avanti, puoi fare di meglio!» le gridò, la voce echeggiante nella vastissima sala.

Da quel momento in poi tutto fu come andare a rallentatore. Cassiopea a terra notò lo sguardo della sorella e stringendole il braccio scosse il capo. Aveva capito cosa volesse fare e mentre lei si alzava Lily si lanciò in avanti per fermarla.

In quel preciso momento dei fulmini azzurri, un vento inspiegabile e un tremare del terreno e delle fiamme delle torce confuse tutti.

Sirius e Bellatrix si giravano intorno come il gatto con il topo, lei aveva le spalle rivolte all’arco con il velo quando alzando il braccio per colpire il cugino, il movimento di Vesta fu più veloce e un secondo fiotto di luce rossa la colpì in pieno petto. La risata maligna non le si era ancora spenta sul viso, ma il colpo le fece sgranare gli occhi. La donna parve impiegare un’eternità a toccare terra: il suo corpo si piegò con grazia e cadde all’indietro oltre il velo logoro appeso all’arco.

Vesta che stava correndo verso Sirius, con ancora il braccio testo con la bacchetta puntata contro la sua doppelgänger, cadde a terra. Si tenne lo stomaco e ansimante parve come se un maleficio invisibile l’avesse colpita.

«BELLA! BELLA!» senza alcun più attenzione ai loro ruoli Andromeda si alzò e corse verso di lei. Tutti nella stanza la guardavano confusa. Anche Lily la raggiunse, erano ancora sulla piattaforma. Tutti ancora attoniti per ciò che stava accadendo, l’instabilità si fece maggiore e tutti furono costretti a sorreggersi a qualcosa per rimanere in piedi. E poi dal nulla una figura apparve accanto alle tre donne.

Sirius e Remus non credevano ai loro occhi, quello era davvero Piton? Piton da giovane?

Lily fu la prima a notarlo e sgranando gli occhi si alzò in piedi, era inginocchiata accanto a Bella ed Eda, e lo abbracciò forte.

«M-Ma cosa? C-che sta succedendo… io, non…»

«Ci sarà tempo per spiegare, ora dobbiamo andare… c’è poco tempo… sono comparso qui già cinquanta minuti fa, ma non vi ho subito trovato… andiamo!»

Lily aiutò Eda ad alzare Bella, ma quest’ultima le guardava ancora scossa con un malanno invisibile che la rendeva debole. Forse uccidere la sua doppelgänger aveva creato qualche turbolenza energetica, non lo sapeva. Tenendosi una mano sullo stomaco, debole, fece un passo indietro guardando i tre di fronte a lei.

«Andate!»

«No! Non ti lascio qui Bella… ti prego… non costringermi a rinunciare a un’altra sorella… ti prego…»

Andromeda piangeva, mentre i capelli le volavano di fronte al viso.

«A casa non ho nulla Eda! Ho una vita che non è vita, una reputazione che non sarà mai salvata… ho conosciuto solo violenza, disprezzo e dolore… qui ho conosciuto l’amore…»

Gli occhi chiari scattarono dietro di lei, Sirius la guardava senza capire. Ascoltava ma le sue parole non avevano senso. Lacrime le solcarono il viso come mai si era permesso che accadesse. Ebbe un cedimento e Andromeda si fece avanti per sorreggerla e poi abbracciarla forte. Oltre la sua spalla i suoi occhi erano su Remus che la guardava con una mano sugli occhi per ripararsi dalla luce accecante dei lampi blu, Tonks al suo fianco si sentiva morire. La donna che detestava era sua madre?

«Lily! Non c’è più molto tempo!»

Severus urlò per sovrastare il rumore dei fulmini e del vento, ma Harry udì molto bene quel nome.

«M-Mamma?» chiese guardandola deglutendo il vuoto, lei gli ricambiò lo sguardo e in quel sorriso la vide oltre i capelli biondi e il resto. Come aveva fatto a non accorgersene prima?

«Andate! Muovetemi! Rischiate di rimanere qui!»

Lily si gettò in avanti e abbracciò Bellatrix che la strinse con tutte le sue forze a sé. Teneva ancora le loro mani, mentre le altre due libere le avevano posate sulla giratempo argentata. Le fiaccole si spensero, poi si riaccesero senza più fulmini, vento o movimenti tellurici. Tutto era calmo, ma le tre figure erano scomparse e Bellatrix osservava il vuoto, le braccia ancora tese a stringere mani invisibili. Sopraffatta dai singhiozzi cadde in ginocchio abbracciandosi, provando tanta felicità per la possibilità di una nuova vita, ma al contempo tanta tristezza all’idea che non avrebbe mai rivisto le uniche persone che aveva davvero amato.

«MAMMA!» urlò Harry. «Mamma!»

Era in fondo ai gradini, il fiato mozzo, i polmoni in fiamme. Non poteva aver appena ritrovato sua madre e perderla. Di nuovo.

«Non puoi fare niente, Harry…»

«No! No… Dobbiamo fare qualcosa!»

«… è troppo tardi, Harry…»

Lupin lo stava trattenendo, anche lui era sconvolto per tutto ciò che era accaduto, ma non poteva pensare a lui in quel momento.

Silente non perse tempo, nel dare disposizione immediata su che fare per fermare i Mangiamorte presenti, mentre senza possibilità di essere contraddetto ordinò a Remus di lasciare Harry a lui, mentre questo si liberava e scappava via. Al contempo gli chiese di prendere Sirius e Bellatrix e di lasciare il Ministero. Lei doveva essere vista da Madama Chips, avrebbero parlato al suo ritorno.

 

PARALLELES-2 (1984)

I tre apparvero dal nulla nel viottolo illuminato dalla luna. Lily e Andromeda istintivamente si portarono le mani sulle braccia. Avevano lasciato la dimensione in cui era un giugno, caldo e afoso, e lì adesso si trovavano con i piedi affossati in neve che gli arrivava alle caviglie. Per un istante rimasero immobili, il naso all’insù a guardare i fiocchi cadere nella luce della luna.

Severus si tolse il mantello e lo porse ad Andromeda, mentre passando un braccio intorno alle spalle a Lily l’abbracciò a sé per darle il suo calore.

Il viottolo era delimitato a sinistra da rovi bassi e selvatici, a destra da un’alta siepe molto curata.

I tratti dei tre, che avanzavano con passo lento, scivolavano nell’ombra ogni volta che i rami degli alberi coprivano la luce della luna. Voltarono a destra, in un ampio viale. L’alta siepe svoltò con loro, sparendo in lontananza oltre i poderosi battenti del cancello di ferro che sbarrava la strada.

Andromeda si bloccò preoccupata.

«Perché siamo qui?» Severus si aprì in un sorriso tirato, faticava a mostrarsi affabile, ma voleva tranquillizzarla.

«Non temere per Lucius Malfoy, è morto…»

La ragazza sbarrò gli occhi e Lily si voltò a guardare il volto dell’uomo a cui era abbracciata, in tutta quella confusione solo adesso si rendeva davvero conto del suo aspetto. Della cicatrice che gli passava lungo il viso.

«S-Sev, ma che…?»

La domanda rimase a metà. Severus non diede ulteriori spiegazioni e invitò le due donne a proseguire con lui. Senza esitazioni avanzarono verso il cancello di metallo scuro, attraversandolo come se fosse fumo. Le siepi di tasso assorbivano il rumore dei loro passi.

Una bella dimora gentilizia emerse dall’oscurità alla fine del viale; luci scintillavano dalle vetrate a rombi del piano terra. Da qualche parte nel buio del giardino oltre la siepe gorgogliava una fontana. La ghiaia scricchiolò al passaggio dei tre ospiti che si affrettavano verso la porta d’ingresso, che si spalancò davanti a loro benché nessuno sembrasse averla aperta.

L’atrio era vasto, poco illuminato, arredato con sfarzo, uno splendido tappeto ricopriva gran parte del pavimento di pietra. I tre si fermarono davanti a una pesante porta di legno, esitarono, poi Severus abbassò la maniglia di bronzo.

Andromeda quasi non la vide Narcissa, quando le corse incontro in lacrime abbracciandola con tutta la forza di cui era capace. Lei esitò per un attimo e poi si strinse così forte, quasi temesse che tutto fosse solo un sogno.

Lily le guardò con un sorriso emozionato e poi mettendo a fuoco l’elegante salotto notò Petunia e il suo ritirare velocemente la mano che a James teneva. Rimase seduta a capo basso, quando questo si alzò e andandole incontro l’abbraccio. Severus un passo indietro li guardava. La postura rigida, mentre Lily non poté non ricambiare il suo caldo benvenuto, era felice di vederlo. Sano, salvo e in salute.

Remus era balzato in piedi, era seduto accanto a Narcissa e aveva avuto un magone quando aveva rivisto le due donne rientrare. Vicino al camino, con un braccio poggiato sulla mensola di marmo scuro, vi era Sirius. Si manteneva a distanza, nervoso per l’attesa, ma lieto di rivederli tutti di ritorno. Notando subito un’assenza.

«Bellatrix?» fu la sua voce a rompere quel momento teso e tanto lieto, eppure pieno di questioni in sospeso, domande e segreti. Si era stupito della sua domanda, non aveva mai provato altro per la cugina se non odio e disprezzo, ma dopo la morte di Lucius si era reso meno duro nei confronti delle sue idee. Vedere il crollo di Narcissa, volerle dare una possibilità standole vicino, non abbandonandola, lo aveva portato a scoprire cose che… l’aveva portato a rivalutare tutto ciò in cui credeva.

Era difficile vivere una vita intera nella sicurezza dei propri principi, basati su verità che si credono assolute, perché quando esse crollano cosa rimane? Nulla se non la consapevolezza di dover rimettere tutto in discussione e non era facile…

A quella domanda Narcissa guardò la sorella, Lily e poi Severus. Infine oltre, quasi si aspettasse che lei entrasse. Ma allo sguardo commosso e triste di Andromeda, non poté che piangere portandosi le mani davanti alla bocca.

«No… no…»

Lily si sentì in dovere di farsi avanti e tranquillizzarla.

«Non è morta. Lei… lei sta bene… Lei è felice…»

Anche Andromeda piangeva, ma cercava tra le lacrime di sorridere mentre assentiva con il capo.

«H-Ha trovato la felicità Cissy e una seconda possibilità… non potevamo costringerla a tornare qui… dove non ha nulla…»

La giovane dai capelli candidi parve capire, alzò gli occhi al cielo quasi si aspettasse di vederla oltre il soffitto. Le mani sul cuore e la felicità di saperla serena, seppur lontano da lei.

A tal proposito, Lily si voltò verso Petunia, non credeva di vederla lì e in effetti avanzò verso di lei, mentre Sirius pareva molto colpito da quella rivelazione circa la cugina. Ci stava ancora rimuginando, con le mani nelle tasche dei pantaloni scuri fissando il fuoco e dando le spalle ai presenti, quando Lily senza contenere la gioia si sedette accanto alla sorella e la abbracciò. Lei parve trattenersi, ma alla fine non ce la fece e la strinse così forte che Lily si sentì mancare l’aria.

«Sei orribile, il biondo non ti dona!»

Quando si staccarono ancora lacrimanti e scosse, la giovane Evans scoppiò a ridere. Quella era la sua Petunia, quella che ricordava quando erano bambine. Allegra, vivace, divertente… e ora che la guardava da vicino era diversa. Aveva una nuova luce negli occhi… era… viva.

«Lily scusami… ti devo così tante scuse… per così tante cose… perdonami… spero che un giorno potrai farlo…» senza volerlo per un attimo aveva lanciato uno sguardo a James, ancora in piedi dietro sua sorella. Lily non se ne accorse e scuotendo il capo le strinse forte le mani piangendo.

«Ma io l’ho già fatto, non ti devo scusare di nulla! Oh abbiamo così tanto tempo da recuperare… e cose da dirci!»

Durante quel momento un altro si consumò. Cissy si era fatta da parte e voltandosi verso Remus gli aveva fatto segno di avvicinarsi. Fece un passo indietro e Andromeda non ci pensò due volte a corrergli incontro e abbracciarlo.

Lui affondò il capo tra i suoi capelli, stranito dal suo colore, ma felice di risentirla. Lei si staccò appena e prendendogli il capo tra le mani lo fissò. Aveva negli occhi la sua immagine più adulta. Con i baffi, alcune striature d’argento nei capelli e alcune rughe a solcargli il volto. Appariva più stanco e consunto della versione che aveva di fronte. Ma non gli importava, sapeva che comunque lui sarebbe stato o diventato, nulla di ciò che provava per lui sarebbe cambiato.

«Ti devo dire una cosa!» lo dissero all’unisono, cosa che li fece ridere.

«Sono innamorato/a di te!» di nuovo parlarono all’unisono e di nuovo risero, per poi sbarrare gli occhi emozionati e finalmente incontrarsi in un bacio che sapeva di felicità pura.

Ci fu tempo per parlare, per raccontarsi, tutta la notte si perse in quello e nella gioia si essersi ritrovati. Ci fu un momento in cui a un certo punto Severus si era allontanato, uscendo dal salotto e sedendosi su alcuni gradini dell’ampia scalinata che portava al piano superiore. Lily lo notò, ma non si alzò. Non pensò che fosse il momento e il luogo, ma con sua somma sorpresa la persona che la invitò a raggiungerlo fu proprio James. Lei non chiese spiegazioni, certa che ci sarebbe stato modo e così arrivando da lui si sedette al suo fianco. Allungò una mano e prima che Sev potesse dire qualsiasi cosa, lei la intrecciò con la propria. Appoggiò il capo sulla sua spalla e chiuse gli occhi. Rimasero così… avvolti nel silenzio infranto solo dal chiacchiericcio proveniente dalla sala al lato.

Narcissa aveva deciso di tornare in quel luogo che tanta tristezza le aveva dato, lo aveva ereditato ed era legittimamente suo. In un primo momento lo aveva rifiutato, ma poi aveva pensato che avrebbe potuto riempirlo di qualcosa di diverso. D’amore e luce. Quando Silente li aveva convocati, qualche mese prima raccontando loro tutta la verità, era parsa l’idea più ovvia che Severus sarebbe partito da lì e lì sarebbe tornato con le ragazze… lui stesso poi si sarebbe occupato di dare una spiegazione circa la loro sparizione e il loro ritorno…

«Ho visto l’odio che per lui provavi…» fu Severus a rompere il silenzio. Lei sospirò e curiosa alzò il capo per guardarlo. Aveva scoperto che la sua cicatrice era stata figlia da quella notte in cui tutto era cambiato. Era ben visibile, ma non toglieva nulla al suo fascino, anzi se possibile lo rendeva ancora più misterioso e attraente ai suoi occhi.

«Come fai a saperlo?»

«Facevo dei sogni, che poi Silente mi ha detto non essere tali… e a volte avevo scorci di te… con lui…»

Lei sospirò e poi alzando una mano con la punta delle dita gli accarezzò la cicatrice, lui chiuse gli occhi sentendo un lungo brivido causato dal suo tocco leggero.

«Lui non era il mio Sev. Non era te. Il suo amore per Lily è come quello dei romanzi che tanto amo leggere. Leggendario e profondo, ma dettato da molti errori, da un profondo egoismo e un’innegabile codardia…»

Quella parola aveva sempre il potere di trafiggergli il petto, ma questa volta Lily gli sorrise serena, mentre gli sollevava il viso che istintivamente lui aveva abbassato.

«Questo mi ha fatto rendere conto, di quanto tu non lo sia mai stato. Tu hai combattuto per me… tu hai fatto le scelte giuste, perché volevi farle. Per tutta la vita hai vissuto come una stella che cercava il suo posto nel cielo, per non vedere che già lo avevi… Nel mio cuore…» e mentre lo diceva, Lily gli mostrò la collana che tanto per loro significava. L’accarezzò con una mano e poi tornò a guardarlo. Gli occhi scuri di Severus erano lucidi, ma nessuna lacrima solcava il suo viso.

«Lui amava Lily, ma non gli ha mai dato il suo cuore. Tu sì. Ora io ti chiedo, Severus Piton, vuoi tu il mio?»

«Sempre» sussurrò semplicemente lui, una sua mano a scostarle i capelli biondi dal volto.

Mai le loro labbra si erano incontrate e forse per quello in quel momento le due si andarono incontro molto piano, toccandosi, sfiorandosi, giocando e accarezzandosi.

Era un bacio appena accennato, le lingue ancora nascoste… mentre lei si lasciava andare a quella sensazione e lui le teneva una mano sul viso e l’altra su un fianco. Ed ecco finalmente la punta della sua lingua saggiare il suo labbro inferiore… E di nuovo… avvicinarsi, approfondire un poco di più e sentire quel sapore che solo avevano immaginato. Una mano di lei si perse tra i suoi capelli scuri e l’altra sentiva il suo cuore battere forte sotto di essa, appoggiata al suo petto.

Finalmente le lingue iniziarono una danza in perfetta sincronia, mentre il calore nei loro corpi cresceva, la necessità si trasformava nella voglia di sentirsi, stringersi e baciarsi con sempre più trasporto. E così fecero sorridendo uno sulla bocca dell’altro, mentre a un’infinita distanza da loro un altro Severus Piton sorrideva. Steso nel suo letto e sognando la certezza che da qualche parte una sua versione era felice. Imparando ad amare, e amarla, come lei… Lily gli aveva insegnato.

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo XVII ***


PARALLELES-1 (1996)

Quello che era accaduto al Ministero della Magia non si era concluso con lo strano evento a cui avevano assistito i membri dell’Ordine della Fenice, Silente, Harry, Neville e alcuni Mangiamorte… era continuata con un confronto contro gli stessi nel tentativo di fermarli. Nell’arrivo di Voldemort e infine nella certezza più sconcertante che ciò che da mesi Harry Potter tentava di dire fosse vero. Anche Caramel nulla poté di fronte alla realtà dei fatti e probabilmente quello, più la cattura di alcuni Mangiamorte, avrebbero indubbiamente scagionato una volta per tutte Sirius Black. Ciò non toglieva che nonostante la situazione fosse incresciosa, complessa e chiamava tutti alle armi a fronte di una Guerra Magica che senza ombra di dubbio ormai era iniziata… qualcosa, quella notte… aveva la priorità.

Quando Silente fece ritorno nel suo ufficio non si stupì di trovarvi lì Severus Piton. L’uomo fissava l’anziana sagoma con sguardo duro e pieno di sgomento, questo dal canto suo parve stanco e provato dalla lotta e gli eventi.

«Ho incontrato Lupin e Black fuori dall’infermeria…» non aggiunse particolari a quella frase era chiaro che già quello sotto intendesse che il segreto che si era tanto prodigato a tener celato ormai era pubblico.

Silente si poggiò con fatica alla sua maestosa scrivania, le mani ne strinsero il bordo. Con capo basso rivolse un sorriso gentile alla pavimentazione di pietra.

«Caro Severus, è stato sciocco da parte tua credere che non ne sarei venuto a conoscenza…»

«Ma non ha detto nulla!»

Nel suo abito scuro, aveva un atteggiamento impettito, il mento alto, ma le mani serrate intorno al mantello che stringeva un po’ sul petto.

«Perché ho avuto modo di indagare e ricevere conferme da un bizzarro alleato…» e solo allora il suo sguardo chiaro nascosto dietro gli occhiali di mezzaluna incontrarono quelle del suo professore.

«È una storia molto lunga Severus, l’unica cosa che devi sapere è che se ho mantenuto il segreto e ti ho aiutato nel farlo è perché sapevo che le nostre tre ospiti necessitavano aiuto e protezione. Anche se credo che i tuoi motivi siano stati diversi, sbaglio?»

Come se uno scorpione lo avesse punto, Severus fece un movimento brusco. Un brivido lo percorse lungo la schiena, non apprezzava il modo in cui il preside lo stava guardando.

«Non è mai stata la tua Lily…»

Quella frase lo trafisse, lo uccise, lo spezzò in due. Digrignò i denti, serrò la mascella, le labbra divennero due strisce sottili. Ingoiava le lacrime e tutti i rimpianti dietro uno sguardo scuro e fisso. Uno dentro il quale Silente riusciva a leggere e infatti muovendo pochi passi verso di lui gli posò una mano sulla spalla rigida.

«Dopo tutto questo tempo?»

«Sempre!»

Disse tra i denti, mentre qualcosa al centro dal petto lo attanagliava. Si era illuso? Forse. Come uno stupido si era lasciato ammaliare da un sogno a occhi aperti che lei aveva spezzato mettendo in chiaro di quanto nulla lui avesse a che fare con l’uomo di cui si era innamorata.

«A volte dobbiamo solo accettare che in questa vita compiamo troppi errori affinché essi possano venir perdonati, ma c’è sempre una speranza. Una versione migliore di noi che è riuscito ad afferrare quella felicità che a noi è sfuggita tra le dita…»

La voce di Silente era bassa e calda, le sue parole sagge erano una panacea che doveva prima bruciare per fare poi effetto e portare pace e tranquillità.

Camminando con passo sommesso lo sorpassò, non gli avrebbe chiesto di lasciare il suo ufficio, convinto che lo avrebbe fatto appena se la sarebbe sentito. Severus era un brav’uomo che doveva far pace con molti demoni e il più grande dei rimpianti, Silente lo sapeva.

Ora però prima di occuparsi di altre questioni urgenti ne aveva una che le superava tutte e si trovava in infermeria, quando la raggiunse non si sorprese di trovarvi Remus e Sirius. Con loro Harry, tornato sano e salvo, ma scosso e non solo per lo scontro diretto con Voldemort.

«Oh siete qui... Come immaginavo, state bene? Anche tutti gli altri?»

«Sì, Madama Chips ha confermato che nessuno dei ragazzi soffrirà danni permanenti in seguito agli eventi di questa notte…»

«Oh bene bene…»

«Loro forse no! Ma noi sì!»

Silente si era mostrato affabile e mentre Remus, nonostante lo choc cercava di seguirne l’onda, Sirius era furioso e Harry al suo lato pareva nella stessa condizione.

«Cosa è successo? Cosa diavolo è successo? Mia madre? Mia madre se ne è andata con Piton

«E BellatrixBellatrix ha ucciso mia cugina?»

Black e Potter, uno di fianco l’altro, con quella stessa foga parevano aver portato indietro negli anni Silente e infatti li osservò con un sorriso di chi ricorda i vecchi tempi.

«Oh mi sembrate James e… Sirius, ovviamente!» una risata accompagnò le sue parole, ma i due parvero non sentir di aver nulla di cui ridere.

«Silente… non voglio apparire scortese, ma siamo davvero tutti, molto… confusi…» aggiunse Remus, il suo solito tono calmo e pacato cercava di calmare gli animi da un lato, ma dall’altra spingere il preside a parlare con loro.

L’uomo chiese ai tre di sedersi nella piccola anticamera dell’infermeria, forse non era il luogo opportuno ove parlare, ma paradossalmente in quel momento – essendo anche notte – era il più calmo. Con molta difficoltà, ma anche molta pazienza cercò di spiegare in parole molto semplici tutti i segreti relativi a quello che si credevano essere altre versioni dello stesso mondo in cui vivevano. Di come anni prima, senza capire come, era venuto in contatto con il suo doppelgänger e di come via via aveva cercato di carpirne di più.

«Non è stato facile in tutto questo tempo trovare un modo sicuro e più diretto di comunicare… Sapevano che dovevamo fare qualcosa, ma sapevo che ci sarebbe voluto tempo… per lui, per me… È stata un’attesa lunga e di preparazione a questo… a oggi…»

Il silenzio che li circondava pareva insopportabile. Remus aveva le mani sulle ginocchia e cercava di assorbire ogni parola di quel racconto, Sirius invece si passò una mano tra i capelli troppo sconvolto per credere che fosse vero e Harry faticava molto a comprendere il senso di tutto. In quel momento avrebbe tanto voluto Hermione al suo fianco che gli riassumesse tutto con parole semplici e chiare.

«Q-Quindi quello era davvero Piton

«Oh sì Remus, il loro… mio compito era trovare l’occasione giusta in questa dimensione e comunicarla all’altro me stesso. Lui ha detto che avrebbe mandato qualcuno…»

«Ma perché stanotte?»

«Harry… Harry… vedi la stanza in cui gli eventi si sono svolti ha un’energia molto particolare. Quell’arco non è un semplice arco e quel velo non è un semplice velo. È un passaggio. A lungo nell’Ufficio Misteri si studia verso cosa… È mia convinzione che lo sia verso molti piani della realtà… tra i quali altre realtà…»

«Ma sapere cosa sarebbe successo era impossibile!»

«Questo è vero Sirius, per questo l’attesa. Ho puntato sugli eventi che stavamo vivendo: imprevedibili, ma proprio per questo con più possibilità di eventi e situazioni straordinarie…»

Silente rispose ad ogni domanda con precisione, quasi stesse spiegando a tre bambini l’ABC della magia, quando invece l’argomento era complesso e per i più solo una favola. Fu allora che si alzò e fece per entrare, ma nessuno dei tre parve seguirlo.

«Credo fosse interessato alle condizioni della Signorina Goldstein…» espresse con voce gentile verso Sirius. Il viso si irrigidì.

«Chiamiamola con il suo nome! Bellatrix Black!» e lo disse con tutto il disgusto che provava, ma molto di più. Era rabbia. Era infastidito perché lei gli aveva mentito.

«Sì lo è…» si aggiunse Harry, ma se doveva soppesare ciò che il preside aveva appena detto, «Ma non è la stessa che lei ha ucciso… anche quella n-non era m-mia m-madre vero?»

Silente scosse il capo. Remus sorrise melanconico toccandosi all’altezza del cuore. Non era stata un’illusione ciò che tra lui e Andromeda si era creato. Era una complicità che mai con la mamma di Ninfadora aveva avuto pur conoscendola. Era una versione di cui sicuramente si sarebbe innamorato, una che in effetti si era innamorata di lui, ma… di un altro lui. Ecco chi era la persona di cui gli aveva parlato, quella da cui voleva tornare… con cui voleva darsi una possibilità.

Con quella consapevolezza nel cuore toccò la spalla dell’amico al suo fianco, che si voltò a guardarlo anche orgoglioso e teso. Non ci fu bisogno di parole per capirsi e infatti poco dopo Sirius si alzò per seguire Silente. Madama Chips aveva tirato le tende a tutti i letti, loro dovettero raggiungere il fondo dell’infermeria prima di arrivare da lei. L’infermiera le stava controllando con la bacchetta i parametri quando li vide e per poco si prese un colpo alla presenza di Black, ma Silente la tranquillizzò con il cenno di una mano.

«Come sta?» chiese semplicemente.

«Come qualcuna che qui non dovrebbe esistere… la sua firma magica è completamente fuori sincrono. Non ho mai visto sintomi del genere!»

«Si riprenderà?» chiese Sirius apparentemente disinteressato, ma il suo sguardo non aveva potuto fare a meno di creare una ruga preoccupata sulla fronte.

«Chi può dirlo? È come se il suo corpo rigetti… il semplice funzionare come dovrebbe!»

«Uccidendo la sua doppelgänger ne ha preso la firma energetica magica, ma lei ne possiede un’altra provenendo da altrove. Sono certo che la Signorina Goldstein sarà abbastanza forte per non rigettarla e così riprendersi totalmente!»

La voce di Silente era pacata e attenta, mentre appoggiando una mano sulla schiena di Madama Chips la invitava a seguirlo e lasciare Sirius da solo con lei.

«Venga Poppy, credo che ci siano informazioni di cui avrà bisogno per curare al meglio la Signorina Goldstein?»

«Non sarebbe meglio portarla al San Mungo?»

«Oh no, meglio qui. Venga venga…»

Silente lanciò uno sguardo a Sirius, mentre l’infermiera seguiva il preside un po’ stranita e poco sicura di lasciare la sua paziente con Black, ma si fidava dell’uomo con cui era. Gli avrebbe affidato la vita a occhi chiusi e così dopo aver tirato la tenda per dare ai due intimità, si allontanò.

Sirius prese una sedia di metallo posta nell’angolo e senza pensarci si sedette affianco al letto. Ricordava molto bene sua cugina da giovane o meglio credeva di ricordarla, soffermandocisi a pensare in effetti il ricordo di lei era stato per lui sempre talmente di poca importanza che non ne possedeva una vera immagine.

Lui la ricordava semplicemente sempre con lo sguardo incavato e folle, senza bellezza perché divorata dall’oscurità e dal male. Trasandata e confusa, si atteggiava per il suo status nobile e di purosangue, ma mai aveva curato il suo aspetto o la sua persona. La ragazza che aveva di fronte era molto diversa…

Addormentata appariva come una bambola di porcellana cui il minimo tocco avrebbe potuto distruggerla. Sapeva che il dolore che aveva provato e ciò che gli aveva raccontato non era una bugia. L’aveva sentita tremare tra le sue braccia, piangere e trattenere così tanta tristezza da farla star male… Si rendeva conto che doveva sapere solo la metà di tutto e desiderava solo colmare quei vuoti…

La pelle brillava come alabastro alla luce della luna, i capelli erano sparsi sui cuscini tanto da ricordargli l’Ofelia di Millais. La veste da notte bianca come le lenzuola le davano un aspetto funereo, bellissima e triste in egual misura.

Lei mosse appena il capo, con un piccolo mugugno, le braccia stese lungo i fianchi si mossero verso il viso che si toccò come una bimba che si sveglia da un lungo sonno e poi il suo sguardo incrociò quello di lui.

I lunghi capelli di Sirius erano scompigliati, alcune ferite creavano ulteriori segni sul suo viso oltre le rughe, la giacca mancava e il gilet era slacciato. Le maniche della camicia nera erano state arrotolate fino ai gomiti che erano poggiati sulle ginocchia. La fissava meditabondo e scosso.

Bellatrix non aveva né la forza né il coraggio di parlare, ma lo fissò senza rifuggire dal suo sguardo pieno di domande. Fermo sulla difensiva.

«Eri una Mangiamorte?» gli chiese lui a bruciapelo e Bellatrix assentì con vergogna.

«È-È stata una conseguenza naturale… Sposare R-Rodolphus lo richiedeva… mio p-padre lo faceva. M-Mi odiava, ma ero la c-cosa più vicina a un e-erede m-maschio che aveva…»

La sua voce era gutturale, faticava a parlare. Sirius rizzò la schiena e passò le mani avanti e indietro nervose sulle gambe lisciando le pieghe dei pantaloni.

«M-Mai lo sono s-stata… Io, S-Severus, a-abbiamo salvato più vite che p-potevamo… c-che le circostanze c-ci permettevano…»

«Quindi anche lui non lo era?» chiese l’uomo con freddezza.

«L-Lo eravamo per n-necessità, se n-non potevamo e-essere liberi dal nostro destino, lo avremmo p-piegato a nostro f-favore… il n-nostro piano c-coinvolse E-Eda e L-Lily… E ce la f-facemmo sai? L’O-Oscuro S-Signore… s-sparì…» e lo disse con orgoglio. La voce era un soffio soffocato, ma lei sorrideva tra le lacrime che le solcavano il viso stanco.

«Q-Quella notte a-arrivammo q-qui…» concluse.

Dovette fermarsi perché davvero era troppo per lei. Chiuse gli occhi e si portò le mani al grembo come se una fitta di dolore l’attraversasse.

«Mi hai mentito!» la voce di Sirius era ferma, ma solo in apparenza. Nascosto in penombra stava sforzandosi di mantenere un atteggiamento distaccato e iroso.

«S-Sapevo che non avrei mai raggiunto la f-felicità… m-mi andava bene m-morire quella notte ed essere finalmente l-libera… e invece sono arrivata qui… e con te ho scoperto cosa volesse dire e-essere amata, p-protetta… essere felici… Tu mi hai dato quello che… non solo non ho mai avuto, ma non ho nemmeno sperato o sognato, perché faceva troppo male s-sapere che mai sarebbe stata realtà… la m-morte era l’unica cosa bella che ero s-sicura avrei potuto raggiungere…»

Ormai Bellatrix nemmeno più ci provava a trattenersi, mentre piangeva a pezzi. Voleva solo crollare, lasciare andare tutto e se doveva morire farlo con la tranquillità di chi finalmente era libero da quei pesi che dal cuore mai aveva potuto togliere.

«Ho sempre a-ammirato la tua libertà… il tuo coraggio di prendertela. M-Mi chiedevo se mai io ne avrei avuto la possibilità… s-sei stata l’immagine più simile a un eroe che ho mai avuto…»

Sirius non si era nemmeno accorto che delle lacrime avevano preso a scorrere sul viso, mentre sporgendosi verso di lei allungò le braccia e senza più trattenersi le strinse una mano. Un gesto che la scosse, perché era davvero tanto per lei. Contava moltissimo…

«E voi…»

La giovane scosse il capo.

«L-lui mi ha sempre odiato e io dovevo lasciare che le cose rimanessero tali. L’immagine e-errata che tutti avevano di me era n-necessaria per difendere chi amavo, l-le mie sorelle… l’unica cosa per cui ho r-resistito… t-tutti questi anni. I-Io non sono Bellatrix B-Black… non lo sono mai stata…» e nel dirlo le sue dita sottili si strinsero maggiormente sulla mano di lui. Al che Sirius si alzò e prese posto accanto a lei. Le accarezzava il volto, asciugando con il pollice le sue lacrime calde.

«I-Io sono V-Vesta… p-perché lei mi ha permesso di mostrarmi per come realmente s-sono… t-tutti i miei sogni… t-tutte le mie speranza… p-prima che mi venissero portarti via…»

Fu allora che lui alzò la mano che di lei ancora teneva la sua e se la portò sul petto. All’altezza del cuore.

«E io ti giuro che più nessuno lo farà. Che li custodirò e li coltiverò finché diventeranno realtà. Per motivi diversi ad entrambi ci hanno rubato anni di promesse, di rimpianti e rimorsi… anni che non torneranno, ma molti altri ne abbiano davanti e possiamo viverli insieme… realizzando ogni cosa, essendo l’uno per l’altra tutto ciò che abbiamo cercato senza mai sperare di trovarlo per davvero…»

Bellatrix sorrise, il volto piegato da un lato e il suo viso che si avvicinava al suo. Le labbra si accarezzarono, si incontrarono, si fusero le une alle altre e in quel bacio ritrovarono la calma… ritrovarono l’amore e quella sensazione di casa, l’unica di cui avevano bisogno.

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Capitolo 20
*** Capitolo XVIII ***


JAMES & PETUNIA (1985)

Era stato un Natale strano, condito dalla gioia del ritorno di persone che credevano perdute, ma al contempo della malinconia che lascia indietro tante cose avvenute in loro assenza. Tanto era cambiato e la cosa più complessa era stato fare i conti con tutto ciò.

Petunia aveva a lungo parlato con Lily, divisa dalla più grande gioia di averla ritrovata non solo fisicamente, ma anche nel cuore. Riavvicinarsi, raccontarsi, sentirsi… riscoprire cosa voleva dire essere sorelle senza invidie e incomprensioni di mezzo parve il miglior regalo che entrambe potevano ricevere.

Tuttavia, i giorni passavano e come era giusto che fosse lei, James e Harry stavano passando del tempo insieme a Grimmauld Place. Sirius parve incontenibile nel riavere lì i suoi migliori amici, che tuttavia insistevano con il trovare una loro sistemazione. Petunia alla fine aveva deciso di trasferirsi definitivamente nel piccolo villaggio di Hogsmeade, in quel luogo che aveva imparato a chiamare casa. Ne amava gli spazi piccoli, semplici, ma eleganti. Dudley cresceva in fretta ed era lieto che fosse lontano, irraggiungibile, da un padre che mai avrebbe saputo comprenderlo. Che lo avrebbe cresciuto tra vizi e false credenze, rendendolo un egoista incapace di vedere il bello nelle sfumature delle emozioni. Non voleva per suo figlio il suo stesso destino…

A questo e molto altro pensava nella penombra della sua stanza, stesa sul letto, avvolta nella lunga vestaglia. L’anno era iniziato da pochi giorni e lei faticava ogni giorno che passava a trovare pace nel suo cuore. Non aveva messo in conto che il suo far tabula rasa l’avrebbe portata a tutti quei cambiamenti, che amava, certo… aveva ritrovato la sua famiglia, si era creata degli amici, stava inseguendo i suoi sogni, ma poi… era successo altro. Qualcosa d’imperdonabile: si era innamorata.

Ormai James era nella sua mente ogni giorno. La notte gli appariva in sogno e quando rimembrava la sua voce gli appariva come la più dolce delle melodie. Non aveva mai amato Vernon, più che altro l’aveva emozionata l’idea che qualcuno la vedesse, era così accecata dalla gelosia per Lily che si era lasciata abbagliare da una falsa emozione. Ma conoscere l’amore, sapere cosa volesse dire, che sapore avesse, comportava per lei perderlo prima di viverlo…

Petunia si passò una mano sugli occhi che non smettevano di far uscire lacrime silenziose. Dudley dormiva pacifico nella sua stanza e lei stesa su un fianco non riusciva a prendere sonno. Al di sopra delle coperte, stava immobile, stringendosi nella vestaglia, rannicchiandosi, osservando la neve scendere fuori dalla finestra.

Quasi non si accorse dei passi leggeri che lenti si avvicinavano, ebbe solo la sensazione di cosa stava accadendo quando le molle del letto cigolarono e un peso al suo fianco le fece capire della presenza di qualcuno. Lo stesso che le passo un braccio intorno alla vita e le posò un bacio sulla guancia umida.

Lei si voltò di scattò, rimanendo alquanto sorpresa di vederlo lì. Con lei.

«C-Che ci fai qui?» era felicemente sconvolta, ma al contempo così colpevole.

«L-Lily, devi andartene…» ma lui le posò un dito sulle labbra, per poi scostarle i lunghi capelli castani. Quando la madre di suo figlio era ricomparsa, era stato ovvio e naturale ritrovarsi, passare del tempo con Harry e chiarire tutto ciò che in sospeso avevano lasciato.

«Quando tu sei scomparsa… ero distrutto. Io ancora ti amavo e non riuscivo a capire né accettare come tu invece pensassi che tutto fosse finito. NON potevo capisci? NON potevo concepire che tu non provassi quello che io provavo per te…»

Le immagini di quello che era accaduto in quei giorni tornarono alla mente del giovane uomo, che rimase immobile. Anche Petunia per quanto combattuta e scossa, non aveva la forza di muoversi, di rinunciare a quel contatto.

«Ma ora posso… la felicità di Harry dipende dalla nostra Lily, per questo dobbiamo esserlo stando con chi amiamo…»

Lily sorrise alle sue parole, erano seduti uno accanto all’altro sul bordo del letto in cui quelle notti avevano dormito sì insieme, ma ben distanti, ognuno girato dal proprio lato pensando e rimuginando su molte cose. Allungò una sua mano e strinse quella di James per poi dire: «Non è ciò che ci aspettavamo, forse… ma chi siamo noi per scegliere che forma debba avere l’amore? Petunia ha sofferto molto, ti prego… prenditi cura del suo cuore… ti chiedo solo questo…»

James aveva ripetuto quelle parole, le stesse che Lily gli aveva detto e la donna nelle sue braccia non credette alla loro bellezza, se possibile quello le fece vibrare più forte le corde del cuore. Come poteva sua sorella essere tanto buona? Come avrebbe mai potuto ripagarla di tanto amore? Avrebbe voluto, se solo avesse potuto, rubare una stella al cielo e regalargliela, solo per fare qualcosa di grande come quello che lei aveva fatto per lei. Non era certa che una vita intera le sarebbe bastata per ripagarla, ma una promessa le aveva fatto la notte della loro riunione e l’avrebbe mantenuta: «Ho così tanto da farmi perdonare, ma di una cosa sono certa. Mi prenderò cura del tuo sorriso, affinché mai si spenga, tanto meno per colpa mia!»

Alzando una mano Petunia accarezzò i tratti gentili e affascinanti di James, lei che tanto si era sentita in colpa anche per quello. Come avrebbe potuto chiedere perdono a Lily anche per quell’ennesima ferita? E invece, almeno in quel caso… era felice che… Che almeno quello avrebbe potuto viverlo senza sensi di colpa.

«Ci siamo distrutti, ma grazie a loro siamo anche rinati. Ciò che è nostro rimanga nostro… e che gli altri si comprino una vita loro!»

James lo disse, perché sapeva che lei già lo stava pensando. “Cosa avrebbero poi detto? La sorella che ruba il marito a quella che credeva morta? Che razza di donna era?” ma lei parole di lui la fecero arrossire.

«Da quando sei anche un legilimens?» lo prese in giro lei ed entrambi risero.

«Oh… fidati c’è ancora tanto altro che di me non sai!» replicò lui, muovendosi quel poco per farla girare e così potersi mettere sopra di lei e baciarla. Non era il loro primo incontro di bocche, ma lo era nella totale consapevolezza di non aver più ostacoli davanti al cammino.

 

SEVERUS & LILY (1985)

Severus sapeva molto bene che Lily aveva bisogno di tempo. Dopo Natale lei l’aveva supplicato di credere in lei, di essere certo che sarebbe tornata, ma di aver pazienza. Aveva bisogno di tornare con suo figlio, stare con lui e James. Aveva bisogno di parlargli, di chiarirsi. Mai avrebbe potuto fare qualcosa nella consapevolezza di aver lasciato cose non dette o non aver chiuso definitivamente un cerchio. Lily era troppo buona e giusta per tradire James in qualsiasi modo, poteva non esserne innamorata, ma voleva iniziare una nuova vita con Severus alla luce del sole, senza nascondersi, senza paura.

Questo lui lo sapeva, ma faceva comunque male saperla con James, sentirla ancora lontana e ancor peggio temere che lei potesse cambiare idea. Che James avrebbe potuta riconquistarla. Aveva assistito a ciò che di forte e lento tra lui e Petunia stava crescendo, ma aveva così poca fede che… temeva che avrebbe ferito la donna senza problemi ora che la moglie era tornata. Un terribile pensiero, ma non si cambiava opinione dall’oggi al domani.

Seduto sul divano logoro del suo piccolo salotto stringeva la collana con il cuore e il serpente che Lily gli aveva lasciato, con la promessa che se la sarebbe ripresa: «E quando me la rimetterai al collo, sarà il segno di un nuovo inizio. Uno libero da ogni rimorso e rimpianto…» le aveva detto lei prima di lasciare il Malfoy Manor in compagnia di James.

Non sapeva quando e come il loro ritrovarsi sarebbe accaduto, ma avrebbe sempre ricordato che accadde in una sera di gennaio. Fredda e nevosa, con il cielo coperto e l’ululato del vento. Lei era apparsa alla sua porta che lui aveva aperto chiedendosi se fosse un sogno averla finalmente di fronte.

Lily era entrata e nemmeno il tempo di chiudere la porta d’ingresso che la sua schiena era contro essa. Sorrideva sotto il cappuccio, quando Severus glielo fece scivolare indietro. I suoi capelli erano tornati rosso rame e le circondavano un volto giovane, ma più saggio.

Lui aveva appoggiato una mano sulla porta e si era sporto verso di lei, la fronte una contro l’altra.

I loro occhi, nero nel verde, si fissavano quasi volessero registrare l'uno lo sguardo dell'altra. Rafforzare la connessione e lasciare che quella tentazione che da sempre dentro di loro ribolliva finalmente potesse esplodere.

La mano di Severus scivolò sul suo fianco, sotto il mantello, intorno alla sua vita, mentre lei si leccava le labbra in attesa di incontrare le sue e fu quello accadde poco dopo.

Dentro i loro dubbi e le loro paure, adesso sentivano di poter lasciare fuori il dolore e rendere il loro amore il calore di cui necessitavano durante un inverno freddo o il valore in una guerra creduta persa.

Erano ciò che la magia aveva scoperto e il destino scelto.

Con un piccolo slancio Lily gli fu in braccio, le gambe intorno alla vita di lui, mentre il suo Sev la stringeva a sé aiutandosi con la porta per sostenerla. I baci sempre più urgenti e le mani che correvano a liberarsi dai fastidiosi indumenti che indossavano. Lily si slacciò il mantello che cadde a terra, mentre Severus faceva smaterializzare entrambi nella piccola camera da letto angusta del piano superiore.

Lei scivolò giù da lui ed indietreggiò finché non sentì il bordo del letto dietro le gambe, lui le passò una mano sul fianco del volto e le tirò indietro i capelli prima di scendere ad accarezzarle la spalla e il braccio per poi giungere alla sua mano. Lei l’alzò e loro la intrecciarono guardandosi sorridenti e ansanti. Fu allora che con la bacchetta Severus richiamò a sé la collana. La bacchetta finì sul comodino e lei si voltò sollevandosi i capelli, mentre lui gliela rimetteva al collo, il tempo di allacciarla che adesso gli stava lasciando una scia di baci sul collo.

«Senza di te ho vissuto la metà di un sogno mai realizzato, la metà di un bacio che si è dissanguato, la metà della mia anima... E la vita mi ha castigato provocandomi ulteriori ferite. Immobile, vederti andare avanti con un altro, una guerra che pensavo ormai persa...» gli sussurrò lui, prima che lei voltandosi rimanesse incatenata al suo viso sfregiato e illuminato a malapena dalla luce tremola delle candele della stanza.

«E così avrebbe potuto esserlo… così per un Severus lo è stato…»

«Credo che quell’errore sarà la sua eterna pena…» sussurrò lui. Gli occhi lucidi e un tremore che quasi non seppe controllare. Come aveva potuto essere così sciocco? Ingenuo? Un errore che gli era costato la vita della donna che amava.

«Ma non la tua. Adesso basta guardare al passato o ad altrove. Siamo qui, in carne e ossa… vivi e con mille possibilità davanti a noi!»

La voce di Lily era decisa, mentre prendeva le mani di lui nelle sue per fermarle dal tremare e se le portava sui fianchi. Fu bello sentirle finalmente sfiorarle la pelle, da sotto la maglia, per poi di nuovo ritrovarsi in un nuovo bacio e sapere che sarebbe solo stato il primo di molti altri.

 

REMUS & ANDROMEDA (1985)

Remus aveva finito di accendere l’ultima candela, quando sedendosi nell’elegante poltrona posta di fronte all’immensa porta finestra gotica, si guardò intorno quasi a disagio. Malfoy Manor era maestoso, freddo e opulento, ma Narcissa insieme ad Andromeda giorno dopo giorno si stavano impegnando a cambiarne i connotati in una residenza gentilizia ricca d’amore. Fu inevitabile per Eda accettare immediatamente la richiesta della sorella di vivere lì con lei, non si sarebbero più separate e avrebbero tenuto insieme sempre vivo il ricordo di Bellatrix, che mai mancava di essere in ogni loro gesto. Non voleva rendere vani tutti i sacrifici che la loro sorella maggiore per loro aveva fatto, ora lei meritava la felicità e a loro toccava essere quelle coraggiose.

Il Maniero era troppo grande solo per loro e dunque Narcissa aveva deciso di adibirne una metà a rifugio. Quello che era accaduto a lei le aveva rimembrato che il mondo magico era cieco a molti problemi legati al mondo femminile. Soprusi, violenze e un maschilismo imperante ancora impregnava la società e dunque lei voleva aiutare altre donne come era stata aiutata lei. Sole o con figli, se cercavano un riparo ove poter sfuggire da violenze di ogni tipo, allora lei ci sarebbe stata, in prima linea. Anche Andromeda si era buttata a capofitto nel progetto, dopotutto nessuno come loro aveva scoperto quanto chi ti fa più male spesso è proprio chi dice di amarti, come aveva fatto loro padre. Un padrone insensibile e accecato da folli credenze.

Avrebbero donato riparo, aiuto psicologico, fisico, protezione e avrebbero fornito alle stesse tutti i mezzi per rifarsi una nuova vita. Ora che anche loro madre era morta si ritrovavano con un’eredità che meritava di essere condivisa e più quella di Malfoy, avevano grandi progetti.

Quando Andromeda entrò in stanza raggiunse il letto esausta. Narcissa era stata in giro tutto il giorno per il loro progetto, per contatti e collaborazioni e lei si era occupata di Draco, mentre la sorella era filata a letto. Solo che il piccolo era stata dura addormentarlo e ora Andromeda, oltre già tutta la stanchezza che aveva addosso, era distrutta.

Sorrise nel notare come nella camera brillassero molteplici candele profumate. Remus quando poteva la veniva a trovare, nonostante il suo lavoro ad Hogwarts. Sorridendo dunque le andò incontro e sedendosi sul bordo del letto con un gesto della bacchetta fece comparire una teiera che a mezz’aria riempì una tazza che porse alla giovane donna al letto.

I suoi capelli erano di nuovo castani, lunghi e setosi circondavano il suo viso tondo e gentile.

«Così mi vizierai…»

«Sarà per me un piacere!» sussurrò lui sorridendo alla luce della luna calante, la luna piena era passata e anche il suo malessere maggiore. Il viso appariva ancora spento e stanco, ma il suo sorriso apprensivo rimaneva lo stesso.

«I riguardi che hai per me dovresti averli per te…» lo rimproverò lei. Da che era tornata avevano ripreso a vedersi e frequentarsi, timidi passi verso una relazione che entrambi desideravano. Tuttavia Remus pareva combattuto tra qualcosa che tanto aveva rimpianto, in sua assenza, e che ora quasi temeva. Era forse egoistico costringerla a lui? Pochi sapevano del suo essere un lupo mannaro, lei era tra questi. Mai aveva mostrato paura o curiosità morbosa, ma credeva sbagliato privarla della libertà di una relazione normale.

Quasi a leggere i suoi pensieri Andromeda poggiò delicatamente la tazza sul comodino di mogano e sporgendosi verso di lui gli spostò una ciocca di capelli che più lunga gli era caduta sulla fronte.

«Remus Lupin smettila!»

«Di fare cosa?»

«Sento gli ingranaggi della tua testolina che girano furiosi! Pensi molto e rimugini anche troppo!»

«Sbaglio a farlo? O ti sto solo costringendo a una vita a metà?»

Lui posò una mano sul materasso, accanto alle sue gambe che adesso erano intrappolate tra il suo braccio e il resto del suo corpo. Rifletté se dirgli quelle parole, ma alla fine prendendogli il volto tra le mani glielo raccontò con un filo di voce.

«Nel luogo ove sono stata… esisteva una versione di me, che sì riuscì a rimanere con Ted. A sposarlo e perfino averci una splendida e particolare figlia…» ricordò con un sorriso l’astio che proprio lei le teneva per il suo rapporto con quello che ora capì essere il suo Remus.

Lui si irrigidì e quasi con l’espressione di un cane bastonato abbassò appena lo sguardo.

«Questo avrebbe dovuto risvegliare in me qualcosa, ma… non l’ha fatto. Nessun E Se… o desiderio improvviso di diventare madre. Mi sono invece resa conto che ti amavo ancora prima di conoscerti, quando eri un nome senza volto sulle labbra di mio cugino. Quando poi gli eventi ci hanno portato a essere più vicini… mi sono arresa di fronte alla luce della tua anima. È stato perdendoti che mi sono resa conto che sempre sei stato ciò che speravo e ora che sei qui, di fronte a me… mi rendo conto che lo spazio vuoto nel mio cuore è sempre rimasto tale perché aspettava che tu lo riempissi…»

Era impossibile per Remus rispondere a quelle parole, ma alzò lo sguardo e lo lasciò fisso nel suo.

Avvicinarono le fronti e poi senza alcuna remora o dubbio Remus la baciò con la dolcezza di un amore da favola. Una mano sul suo volto e un bacio sulle labbra, una sulla punta del suo naso e infine sulla fronte. Di nuovo un altro sulla sua guancia, accanto alle sue labbra e Andromeda immobile in balìa di tanta delicatezza, infine non ce la fece a non voltarsi e prendendogli il viso tra le mani per baciarlo con più intensità. Labbra contro labbra. Ora il bacio divenne più profondo, quando facendosi da parte Eda lo invitò a raggiungerla al suo fianco. Il tempo che lui si sedette sul letto e stese le gambe che lei velocemente gli si mise a cavalcioni. Entrambi risero e poi le loro labbra si incontrarono di nuovo, le mani di lui che correvano dai suoi lunghi capelli alla schiena che accarezzò da sopra la lana del maglione, solo per poi porvi una mano al di sotto e cercare la sua pelle. Andromeda rabbrividì a quel contatto, ma non ci pensò due volte a far correre le mani alla sua giacca, che gettò da qualche parte lontano, al nodo della sua cravatta che sciolse senza difficoltà.

«Sei l’unica luna di cui ho bisogno…» mormorò lui sulle sue labbra, mentre la lingua ne disegnava il profilo e le mani velocemente gli sfilavano il maglioncino che indossava. Anche la sua camicia era finita lontana e la loro pelle si toccava e si cercava.

«Sarò la luna che cura le tue ferite, che lenisce la tua anima e brilla gli angoli oscuri del tuo cuore. Quando l’altro suo volto ti porterà lontano da me, in quelle notti, io sarò sempre qui…» e così dicendo Eda accarezzò il suo petto all’altezza del cuore, accarezzando cicatrici varie causate da quelle notti selvagge.

Lui sorrise e con un nuovo baciò morì su quelle labbra, l’unica pozione di cui aveva bisogno e di cui mai avrebbe potuto fare a meno.

 

SIRIUS & VESTA (1997)

Ciò che Sirius Black non avrebbe mai potuto dimenticare di quella strana sensazione era ciò che dentro gli aveva lasciato. Si chiedeva se era possibile che una donna che mai aveva considerato e a cui aveva mai dato la minima importanza potesse influenzare così tanto il suo equilibrio. Il suo modo di vedere, vivere e pensare.

Ciò che aveva perso non sarebbe mai tornato ed era folle, perché si poteva perdere qualcosa che non si era mai avuto? In quei giorni tanto si era raccontato cosa non gli aveva permesso di vedere e capire realmente in sua cugina che, per esempio, Lily era riuscita a vedere.

Forse era stata mancanza di tempo, di frequentarla maggiormente e osservarla. O forse erano stati i tanti silenzi dettati dall’evitare scontri indesiderati. Forse, molto più semplicemente, non era stato paziente. Non aveva atteso di cercare e comprendere la verità, perché giudicarla e convincersi dell’idea che di lei aveva era… più facile.

Ma ora tutti quei pensieri avevano senso? Nulla di ciò che non era stato sarebbe potuto tornare per cambiare le cose. Non serviva guardarsi allo specchio e ripercorrere tutti gli errori fatti, certo non poteva fingere che non facesse male perché era la consapevolezza di aver scelto deliberatamente di odiarla perché era la via più facile. Adesso avrebbe dovuto fare i conti con quelle azioni, quelle che lo mettevano di fronte al dato di fatto che non era la persona così giusta o senza pregiudizi che si vantava di essere. Era un punto d’inizio, un fardello che si sarebbe sempre portato dietro a monito di errori che non avrebbero avuto soluzione, ma che almeno gli avrebbero permesso di essere un uomo migliore.

Davanti allo specchio Sirius si guardava, inconsapevole che una sua versione più giovane, in un’altra dimensione, stava facendo lo stesso con mille pensieri, ma anche una forte spinta a essere migliori per la stessa donna che nella sua di dimensione era arrivato per riportarlo alla vita. Sembrava quasi che tutti i suoi anni ad Azkaban fossero come spariti e non era solo perché adesso era un uomo libero, con la reputazione ripulita e felice di poter avere Harry al suo fianco… Nonostante l’oscurità che il ritorno dell’Oscuro Signore aveva portato con sé, lui adesso vedeva solo luce e speranza. Con Vesta Goldstein, il nome e l’identità con cui tutti la conoscevano – a parte l’Ordine della Fenice ed Harry e Neville che conoscevano la verità – stava imparando doti che non sapeva nemmeno di avere. La pazienza era una di queste.

La sua infatti era stata una riabilitazione lunga e dura, mesi in cui l’assistette in ogni cosa. Dall’aiutarla a camminare, a mangiare, ritrovare le forze e non darsi mai per vinta. Lei era testarda, era terribilmente decisa e non mollava mai anche quando le sfide avevano la meglio. Non accettava quella debolezza, non accettava che il suo corpo rifiutasse la dimensione che le aveva dato la vita, mentre lei era rimasta lì per sfruttare la gioia di goderla e scoprire il sapore della libertà. E così, ogni giorno era una lotta fatta di dolore e lacrime, da cui non sfuggì mai. Se ciò riempiva Vesta della paura che Sirius si sarebbe stancato di lei, al contrario lui se ne innamorava ogni giorno che passava sempre più. Trovando in lei un motivo in più per combattere. Mai era stato stimolato a essere un uomo migliore come in quel momento e tutto grazie ad Harry e lei. Non poteva e non voleva deluderli.

Ormai era aprile e un anno era passato da quella notte al Ministero, quella che diede l’inizio a tutto e fece iniziare per lei un calvario tanto fisico quanto psicologico. Sirius rimase stupito del legame viscerale che la univa alle sue sorelle e sapere di averle vicine, con la consapevolezza di non poterle approcciare perché non erano loro era duro. Gli mancavano ogni giorno di più, ma lentamente quel dolore si assopì nel calore di ricordi che aveva imparato a usare per essere più forte e non più debole. Era questa l’assurdità, l’amore faceva provare dolori che andavano oltre a quelli che fisicamente era possibile provare. Era una magia potente che però nonostante le lacrime, le notti insonni e i magoni… donava la più potente delle forze, quella di non mollare mai, di alzare il capo e fieramente proseguire.

Guardandosi allo specchio Vesta non credette all’immagine riflessa, una donna completamente rimessa, forte, fiera e felice. Volteggiò nel suo abito verde smerlando, mentre guardandosi si chiedeva cosa aveva fatto per meritarsi tutto ciò.

Spesso, nella disperazione più totale, ci si ritrova a pregare nella speranza che qualcuno possa udire il nostro grido di aiuto. Tuttavia, quando certe cose accadono, quando si ha la possibilità di vivere delle seconde possibilità, allora si ha la certezza che quel qualcuno non può non aver udito quelle suppliche.

Era ancora persa nei suoi pensieri, quando Sirius la raggiunse alle sue spalle.

La teoria voleva che sarebbero dovuto uscire per una piccola festa che Molly aveva organizzato a La Tana. Nulla di che, solo una cena in cui con alcuni amici si festeggiava il suo essersi completamente ripresa. Vesta era stata fortunata, non solo Sirius ma tutti dai membri dell'Ordine ai ragazzi, le erano stati vicini portandole compagnia, supporto e tanta allegria. Con loro portavano la certezza che qualcosa di buono arriva sempre, soprattutto per ricordare che tutto ciò che di meno bello si è vissuto è valsa la pena... senza la notte, il sole non può sorgere.

«Avrei preferito perire in battaglia che perderti…»

Le sussurrò all’orecchio e lei ogni volta si indispettiva, non amava ricordare quella notte e di come davvero avrebbe potuto rischiare di perderlo. E infatti corrucciò lo sguardo elegantemente truccato, mentre lo guardava attraverso lo specchio.

Sirius le prese una mano e tenendola nella sua con un dito le accarezzò il collo, la fece poi scivolare giù verso la sua gamba. Lei aprì la mano e l'appoggiò sulla stoffa sottile, mentre la bocca di lui era sul suo orecchio. Il suo alito caldo a regalarle brividi incontrollati.

«Fortunatamente l’E Se… non esiste e noi siamo qui. Ti Amo come non credevo nemmeno fosse possibile farlo…»

Lei chiuse gli occhi sospirando, mentre la sua bocca le baciava il collo e la mano si stringeva sull'abito. Fu allora che lui gliela sollevò e così insieme a lei fece sollevare l’abito mostrando la sua gamba lunga e liscia. Vesta avrebbe voluto ricordargli che avevano una cena, ma c’era ancora tempo e dopo un anno in cui non avevano potuto sentirsi, percepiva che ogni cellula del suo corpo adesso lo bramava.

«Grazie a te per esistere… grazie a te ho potuto resistere… Grazie a te è valsa la pena farlo… Ti amo… Ed è così strano, non ha mai avuto senso per me questa frase, così vacua e priva di significato…»

Mentre lo diceva Vesta percepì la zip del suo abito venir abbassato e lo stesso cadere a terra, la sua barba pizzicava sulla pelle nuda della spalla, quando voltandosi cercò le sue labbra spingendolo indietro. Lo fece sedere sul bordo del loro letto, mentre lei alzava un ginocchio e lo puntava tra le sue, sporgendosi verso di lui. Il tutto senza mai smettere di baciarsi, mentre le mani di Sirius correvano sulla sua vita sottile e la pelle giovane e setosa, velocemente se la mise addosso stringendosela quasi temesse potesse scomparire da un momento all’altro.

Sirius ne era certo, non sapeva quando sarebbe stata la sua ora, ma quando la morte lo avrebbe raggiunto allora che fosse stato per amore.  Sì, senza paura si sarebbe abbandonato alle sue braccia, perché quando lo avrebbe fatto sarebbe sì morto, ma d’amore per lei.

 

 

 

 

 

 

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